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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 23 marzo 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2011 il Parlamento ha approvato il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, (cosiddetto Salva Italia). L'articolo 5 del decreto-legge contiene le indicazioni per la definizione del nuovo ISEE. È in quell'articolo che viene previsto di considerare come reddito anche le provvidenze assistenziali di qualsiasi natura (pensioni sociali, indennità di accompagnamento, assegni di cura ed altro);
    in attuazione dell'articolo 5 del decreto-legge «salva Italia» il Governo ha poi adottato il «Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)», di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, in vigore dall'8 febbraio 2014;
    si tratta di un provvedimento che interessa milioni di cittadini italiani poiché la dichiarazione ISEE (DSU) viene richiesta per l'accesso a prestazioni sociali agevolate cioè servizi o aiuti economici rivolti a situazioni di bisogno o necessità (solo a titolo di esempio: dalle prestazioni ai non autosufficienti ai servizi per la prima infanzia, dalle agevolazioni economiche sulle tasse universitarie a quelle per le rette di ricovero in strutture assistenziali, alle eventuali agevolazioni su tributi locali);
    lo Stato, pertanto, si trova nell'imbarazzante posizione di dover riconoscere come voce di reddito e, quindi, di ricchezza le indennità che esso stesso corrisponde ai beneficiari sulla base di un'effettiva condizione di svantaggio e che mirano al superamento di tale condizione, così come recita l'articolo 3 della Costituzione; un paradosso a cui si è successivamente cercato di porre rimedio attraverso la previsione di apposite franchigie;
    contro il provvedimento le associazioni e le federazioni di categoria hanno alzato subito la voce ma senza trovare piena sponda in Parlamento;
    tali disposizioni, invero, hanno introdotto il principio secondo cui un soggetto destinatario delle provvidenze assistenziali vedrà innalzarsi la propria fascia reddituale. In questo modo non si è proceduto ad una razionalizzazione nel determinare i redditi ma si è di fatto prodotta l'esclusione da servizi sociali di famiglie a basso reddito, anziani e persone disabili che si sono ritrovati ad essere riconosciuti come ricchi e quindi non aventi diritto a servizi;
    il Tar del Lazio è fortunatamente intervenuto per affermare che tale normativa fosse da rivedere procedendo alla esclusione delle provvidenze assistenziali nella determinazione del reddito, rimediando ad un'evidente stortura: il giorno 11 febbraio 2015, infatti, il tribunale amministrativo ha accolto, pur parzialmente, tre ricorsi presentati delle associazioni di categoria e delle famiglie di persone con disabilità contro il citato decreto del presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013;
    le tre sentenze modificano parzialmente l'impianto di calcolo dell'Indicatore della situazione reddituale, cioè di una delle due componenti dell'ISEE;
    ebbene, l'adito Tar con tre sentenze (Tar Lazio, Sezione I, n. 2454/2015, 2458/2015 e 2459/2015) ha:
     a) accolto il secondo motivo di ricorso, per l'effetto annullando l'articolo 4, comma 2, lettera f) del decreto del presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, nella parte in cui ha incluso, tra i dati da considerare ai fini ISEE per la situazione reddituale i trattamenti assistenziali, previdenziali ed indennitari percepiti dai soggetti portatori di disabilità;
     b) accolto pure il terzo motivo di ricorso, annullando così l'articolo 4, comma 4, lettera d) del decreto del presidente del Consiglio dei ministri, soltanto nella parte in cui, nel fissare le franchigie da detrarre dai redditi, aveva introdotto «... un'indistinta differenziazione tra persone disabili maggiorenni e minorenni, consentendo un incremento di franchigia solo per quest'ultimi, senza considerare l'effettiva situazione familiare della persona disabile maggiorenne...»;
    le pronunce, data la loro immediata esecutività, avrebbero avuto il pregio di favorire gran parte dell'utenza, con l'effetto di diminuire il valore finale dell'ISEE per l'accesso alle prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria;
    il Governo ha tuttavia deciso di andare contro tali sentenze, presentando ricorso al Consiglio di Stato, chiedendo contestualmente il congelamento degli effetti nelle more della pronuncia definitiva;
    il Consiglio di Stato si è conseguentemente pronunciato non concedendo la sospensiva agli effetti delle sentenze del Tar, di cui veniva ribadita l'immediata esecutività, sancendo l'illegittimità dell'operato del Governo per non aver dato applicazione a quanto stabilito dal Tar;
    con sentenza del 29 febbraio 2016 (n. 00842/2016) il Consiglio di Stato ha infine respinto il ricorso dell'esecutivo contro le sentenze del Tar del Lazio dell'11 febbraio 2015, confermando in toto le statuizioni del giudice amministrativo di prime cure;
    secondo il Consiglio di Stato, «l'indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all'accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un'oggettiva e ontologica situazione d'inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest'ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica della persona disabile rispetto alla persona non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa»;
    si legge ancora nella pronuncia del Consiglio di Stato: «Deve il Collegio condividere l'affermazione degli appellanti incidentali quando dicono che ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dalle persone disabili significa allora considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito – come se fosse un lavoro o un patrimonio – ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, non un sostegno alla persona disabile, ma una “remunerazione” del suo stato di invalidità oltremodo irragionevole, oltre che in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione»;
    il Consiglio di Stato ha quindi sostanzialmente confermato quanto già sentenziato dal Tar del Lazio, il quale aveva respinto «una definizione di reddito disponibile che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale»: in sintesi, le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate come reddito;
    fintantoché il Governo non deciderà di adeguarsi alle pronunce del Tar e del Consiglio di Stato, modificando finalmente l'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, il nuovo ISEE 2015, così come formulato, deve pertanto ritenersi illegittimo;
    a tal proposito il collegio si è espresso chiaramente: «Non convince infine il temuto vuoto normativo conseguente all'annullamento in parte qua di detto DPCM, in quanto, in disparte il regime transitorio cui il nuovo ISEE è sottoposto, a ben vedere non occorre certo una novella all'articolo 5 del DL 201/2011 per tornare ad una definizione più realistica ed al contempo più precisa di “reddito disponibile”. All'uopo basta correggere l'articolo 4 del DPCM e fare opera di coordinamento testuale, giacché non il predetto articolo 5, comma 1 del DL 201/2011 (dunque, sotto tal profilo immune da ogni dubbio di costituzionalità), ma solo quest'ultimo ha scelto di trattare le citate indennità come redditi»;
    il MoVimento 5 Stelle, prestando ascolto alle numerose, più che giustificate, critiche in merito provenienti da tutto il mondo della disabilità, ha sempre tenuto alta l'attenzione sul tema della necessaria riforma dell'ISEE, presentando alla Camera dei deputati e al Senato della repubblica numerosi atti parlamentari in merito, sia di sindacato ispettivo che di indirizzo, da ultimo una mozione in Senato (atto n. 1-00532), che non è stata calendarizzata, nonché un emendamento (1-01124/11. Di Vita e altri) alla mozione n. 1-01124 presentata dal deputato Maurizio Lupi sulle politiche a sostegno della famiglia, che ha ricevuto però il voto contrario della maggioranza dell'aula il 2 marzo 2016. Relativamente alle circostanze appena citate risulta difficile comprendere le ragioni per cui il Governo abbia propeso verso una valutazione in senso negativo, dal momento che ogni opzione relativamente al tema di cui si discute appare ormai obbligata, vista la precisa direzione tracciata dalla pronuncia del Consiglio di Stato;
    il 17 marzo 2016 è stata altresì approvata in Commissione VII (Cultura) la risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00175 (Ghizzoni e altri) sul diritto allo studio universitario connesso al nuovo metodo di calcolo dell'ISEE, con cui, in particolare, il Governo tenuto conto della sentenza del TAR Lazio sopra richiamata, si è impegnato ad esplicitare normativamente lo scorporo dell'ISEE dell'assegno di disabilità percepito dal nucleo familiare, nel caso di studenti disabili o appartenenti ad un nucleo familiare in cui uno o più membri percepiscano tale assegno, nonché a prevedere interventi compensativi per gli studenti che siano rimasti esclusi dai benefici nell'anno accademico 2015/2016 sebbene non avessero modificato le condizioni economiche delle famiglie;
    da più recenti fonti stampa si apprende che, secondo le cifre fornite dal Ministero dell'economia e delle finanze, sarebbero un milione e duecentomila le dichiarazioni ISEE delle famiglie con persone disabili falsate dalla impropria inclusione dei sussidi ai fini del calcolo del reddito familiare, e che hanno creato ulteriori difficoltà a queste famiglie che, in molti casi, non hanno potuto accedere ad altre agevolazioni in virtù di un reddito ISEE ingiustamente superiore alla soglia di accesso;
    il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti ha assicurato che dopo la decisione del Consiglio di Stato sarà modificato il regolamento sull'ISEE per allinearsi a ciò che la sentenza richiede, manifestando tuttavia contrarietà alla previsione di eventuali forme risarcitorie o di ristoro nei confronti delle famiglie medio tempore danneggiate dal provvedimento in questione;
    secondo le famiglie promotrici del ricorso, invece, nella vicenda vi sarebbe stato un accanimento da parte del Governo, che ben avrebbe potuto applicare la sentenza del Tar in attesa di quella del Consiglio di Stato, ma scegliendo invece deliberatamente di non farlo, ritengono, abbia conseguentemente procurato danni in alcuni casi molto consistenti;
    il ricalcolo dell'ISEE rischia di trasformarsi in un vero e proprio caos e, proprio per questo motivo, le associazioni delle famiglie con persone disabili sollecitano il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti a convocare un tavolo di discussione per la modifica della normativa di calcolo dell'ISEE. Un tavolo al quale le associazioni chiedono di partecipare per evitare il rischio che, per compensare il costo derivante dalla sentenza del Consiglio di Stato, vengano inasprite le soglie di accesso ai servizi;
    alla luce di tale sentenza appare totalmente condivisibile l'affermazione delle associazioni ricorrenti, le quali hanno affermato con forza che ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dalle persone disabili significa considerare la disabilità alla stregua di una fonte di reddito, come se fosse un lavoro o un patrimonio, ed i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni non un sostegno alla persona disabile, ma una «remunerazione» del suo stato di invalidità: un dato oltremodo irragionevole oltre che in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione;
    la decisione del Consiglio di Stato ripristina un principio di giustizia, ma pone altresì una serie di questioni assai rilevanti, prima tra tutte il risarcimento dei cittadini che a causa del meccanismo previsto dalla normativa ISEE non hanno potuto usufruire dei servizi sociali che sarebbero loro spettati,

impegna il Governo:

   ad intraprendere le opportune e improcrastinabili iniziative, affinché il calcolo dell'ISEE sia effettuato tutelando i soggetti più deboli della nostra società, quali sono gli anziani malati e i disabili in condizione di gravità, conformemente alla citata sentenza del Consiglio di Stato;
   ad assumere iniziative per porre in essere entro il 30 giugno 2016 una complessiva riforma del vigente sistema di calcolo dell'ISEE al fine di pervenire alla totale esclusione delle provvidenze assistenziali di qualsiasi natura;
   nelle more di un intervento di riforma della normativa vigente in conformità alla sentenza citata del Consiglio di Stato, ad adottare urgentemente iniziative per definire linee guida applicabili su tutto il territorio nazionale dirette agli enti locali e agli organi preposti alla ricezione del modello ISEE e alla definizione del suo valore, indicanti le modalità transitorie di calcolo da effettuarsi in base alle disposizioni normative antecedenti alla riforma intervenuta con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 3 dicembre 2013;
   a procedere ad una ricognizione e ad una quantificazione del valore delle prestazioni non erogate a causa delle disposizioni sul sistema di calcolo ISEE censurate dal Consiglio di Stato e a fornirne puntuale comunicazione al Parlamento;
   a predisporre celeri interventi compensativi o procedure per il risarcimento immediato dei cittadini che, a causa dalle disposizioni sul sistema di calcolo ISEE censurate dal Consiglio di Stato, non hanno potuto usufruire di prestazioni che sarebbero loro spettate o hanno dovuto contribuire con una compartecipazione più alta di quella dovuta;
   a convocare un tavolo di discussione con le associazioni delle famiglie con disabili per la modifica della normativa di calcolo dell'ISEE;
   a disporre una specifica informativa pubblica tramite i propri canali di comunicazione istituzionale, allo scopo di rendere a tutti soggetti interessati, ovvero coloro i quali hanno presentato delle dichiarazioni ISEE non conformi alla citata sentenza del Consiglio di Stato, tutte le informazioni e i chiarimenti del caso, compresa l'indicazione della procedura da seguire per la corretta compilazione del modello ISEE.
(1-01196) «Di Vita, Silvia Giordano, Mantero, Colonnese, Lorefice, Grillo, Baroni, Agostinelli, Alberti, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, De Rosa, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, D'Incà, Manlio Di Stefano, Dieni, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Grande, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lupo, Mannino, Marzana, Micillo, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FRANCO BORDO, GREGORI, FASSINA, RICCIATTI, FOLINO, CARLO GALLI, PANNARALE, MELILLA, SANNICANDRO e DURANTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 21 marzo 2016 l'amministratore delegato di Telecom Italia spa rassegnato le proprie dimissioni, la cui efficacia è subordinata all'approvazione da parte dei competenti organi sociali dei relativi termini e condizioni;
   all'origine del divorzio, le distanze crescenti con il gruppo Vivendi, che è di fatto il nuovo proprietario di Telecom Italia, avendo una quota del 24,9 per cento. Entrati nel consiglio di amministrazione poco prima di Natale, gli uomini di Vincent Bolloré, guidati da Arnaud Roy de Puyfontaine hanno progressivamente preso il controllo del board, riducendo lo spazio di manovra per Patuano, che è arrivato alla decisione lasciare, poche ore dopo l'approvazione del consiglio di amministrazione ai conti consolidati 2015;
   come emerso, il casus belli delle dimissioni Patuano pare sia stato la svalutazione, imposta dalla maggioranza del consiglio di amministrazione, ma non prevista dall'amministratore delegato per 240 milioni della quota in Tim Brasil. Operazione con una duplice valenza: da un lato strategica, perché coerente con i desideri dei francesi di preparare l'uscita dal Brasile per concentrarsi sui contenuti; dall'altro societaria, perché equivaleva a riscrivere il bilancio che Patuano stava presentando proprio in quel momento;
   le associazioni dei piccoli azionisti e investitori di Telecom Italia, nonché centinaia di dipendenti dell'azienda, hanno manifestato tutta la loro preoccupazione circa il proprio futuro, anche attraverso una campagna di protesta direttamente rivolta al Governo;
   al riguardo, le tensioni interne al consiglio di amministrazione sarebbero relative proprio alla volontà di Bolloré e di Vivendi di innalzare i tagli previsti all'interno di Telecom dai 600 milioni di euro al miliardo di euro. Una prospettiva inaccettabile secondo gli interroganti perché secondo gli interroganti significherebbe mettere a repentaglio i livelli occupazionali dell'azienda, cedendo il passo a migliaia di licenziamenti;
   inoltre, gli annunciati piani di Vivendi per un accordo industriale con Mediaset, un piano a largo raggio che ingloberebbe gran parte del mercato televisivo italiano, se andranno ad intersecarsi con una nuova Telecom a «trazione» francese rischierebbero di determinare un vero monopolio nel settore delle telecomunicazioni;
   la mancata chiusura dell'operazione delle torri di Inwit, società appartenente al gruppo Telecom, e l'allontanamento di Patuano potrebbero essere, secondo gli interroganti, l'indicazione che gli azionisti francesi stanno già provando ad indirizzare la cessione di Inwit ad EiTowers, società di torri che fa riferimento al gruppo Mediaset –:
   quali iniziative urgenti, anche a carattere normativo, s'intendano avviare per salvaguardare, a fronte degli importanti cambiamenti societari occorsi in Telecom Italia spa, i livelli occupazionali e i progetti industriali di sviluppo in un settore strategico e inerenti ad aspetti di sicurezza nazionale quale quello delle telecomunicazioni;
   se non si ritenga opportuno valutare di assumere iniziative normative per rafforzare gli strumenti di controllo e di soluzione in merito alla sussistenza di eventuali patti o alleanze, anche a carattere informale o occulto, volti all'acquisizione di quote di monopolio nel settore delle telecomunicazioni da parte di un unico soggetto economico o, comunque, di soggetti differenti che hanno sottoscritto tali accordi. (5-08224)


   DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   ENAV è la società a cui lo Stato demanda la gestione e il controllo del traffico aereo civile in Italia. Nel 1996 fu trasformata in ente pubblico economico ed è diventata società per azioni nell'anno 2001. ENAV è controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze che attualmente detiene il 100 per cento del capitale sociale ed è vigilata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   del gruppo Enav fanno parte anche le società Techno Sky, responsabile della gestione tecnica, della manutenzione e dello sviluppo hardware/software degli impianti e dei sistemi per l'assistenza alla navigazione aerea, ENAV Asia Pacific con sede a Kuala Lumpur (Malesia) inaugurata nel 2013 con l'obiettivo di migliorare le prestazioni dei clienti del Sudest asiatico attraverso la fornitura di servizi dedicati e il Consorzio SICTA che realizza progetti di ricerca nell'ambito dei sistemi relativi ai servizi di traffico aereo;
   l'ENAV assieme ai principali ANSP europei, AENA, DSNA, DFS, NATS, Skyguide e NAV Portugal, è socio fondatore della società di diritto francese ESSP SAS (European Satellite Services Provider), di cui detiene il 16,67 per cento del capitale azionario;
   alle dipendenze di Enav ci sono circa 3.300 dipendenti che salgono a 4.265 se si considera l'intero gruppo Enav di cui il 70 per cento sono ingegneri, controllori del traffico aereo, metereologi. In Italia ENAV fornisce i servizi di avvicinamento, decollo, atterraggio dalle torri di controllo di 44 aeroporti sul territorio nazionale e i servizi di rotta da 4 centri di controllo d'area di Brindisi, Milano, Padova e Roma;
   dai dati del gruppo Enav riferiti all'anno 2014 si apprende che il gruppo abbia avuto ricavi per 835,5 milioni di euro e un utile netto di 40 milioni di euro;
   dalla nota del Ministero dell'economia e delle finanze del 30 ottobre 2015 sugli obiettivi d'incasso 2015 si evince che nell'anno 2015 circa 200 milioni di euro sono giunti al Ministero dell'economia e delle finanze dal dividendo straordinario riconosciuto dall'Enav per esubero di capitale;
   il 16 maggio 2014 il Consiglio dei ministri ha approvato il testo definitivo dei decreti per la privatizzazione di Poste Italiane e di Enav in cui si prevede all'articolo 1, l'alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze in ENAV spa che determini comunque il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di ENAV spa non inferiore al 51 per cento;
   nel suddetto decreto di privatizzazione di ENAV si prevede come prioritaria un'offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia e a investitori istituzionali italiani e internazionali e, in tal caso, potranno essere previste per gli stessi, forme di incentivazione tenuto conto anche della prassi di mercato e di precedenti operazioni di privatizzazione, in termini di prezzo e/o di priorità in sede di assegnazione. Tuttavia, non è esclusa una trattativa diretta da realizzare attraverso procedure competitive;
   come si apprende dal sito web del Ministero dell'economia e delle finanze in merito alle privatizzazioni avviate negli anni Novanta, la principale motivazione che ha spinto l'Italia ad intraprendere e realizzare un così ampio processo di dismissione di aziende pubbliche, è stata l'esigenza di ridurre in modo consistente il debito pubblico. Dal 1994 al 2010 le privatizzazioni hanno determinato introiti complessivi per lo Stato di circa 95 miliardi di euro con conseguente risultante riduzione del debito – passato, in rapporto al prodotto interno lordo, dal 121 per cento del 1994 al 106,4 del 2005 – ha determinato una minore spesa per interessi dell'ordine di 30 miliardi in termini cumulati;
   tuttavia, a fronte di una riduzione di spesa di interessi del debito pubblico di soli 30 miliardi di euro, le privatizzazioni hanno di contro concorso alla riduzione di sovranità nazionale in settori che determinano servizi atti anche a garantire i diritti dei cittadini come quelli riferibili all'energia, alle comunicazioni, ai trasporti e a servizi fondamentali come il credito bancario che sono passati al mercato e ai privati con contestuale aumenti delle spese per la cittadinanza e per le amministrazioni;
   dal comunicato stampa del Ministero dell'economia e delle finanze n. 191 del 29 settembre 2015 si apprende che il Ministero dell'economia e delle finanze definito la struttura del consorzio di garanzia e collocamento per l'operazione di apertura al mercato del capitale di Enav spa conferendo a Barclays Capital, Credit Suisse e Mediobanca l'incarico di global coordinator e a JP Morgan e Unicredit l'incarico di joint bookrunner. Il piano delle attività prevede che l'operazione possa essere realizzata nella prima metà del 2016, compatibilmente con le condizioni dei mercati;
   il global coordinator è un soggetto che coordina il consorzio di collocamento e segue una società in tutto il processo di offerta dei propri strumenti finanziari sul mercato, mentre il joint bookrunner è un intermediario che raccoglie e accentra tutti gli ordini di acquisto/sottoscrizione proposti dagli investitori istituzionali in merito ai titoli oggetto di offerta. L'attività svolta dal bookrunner consente di stimare le curve di domanda e di offerta dei titoli oggetto di offerta e, in tal modo, contribuisce a determinare il prezzo di collocamento;
   JP Morgan è nota per le vicende legate ai mutui subprime che hanno dato il via alla crisi mondiale e alla manipolazione del mercato dell'energia negli Stati Uniti D'America ed è protagonista anche dello scandalo della London Whale in Inghilterra. Inoltre, nel documento da essa redatto «Europe Economic Research» del 28 maggio 2013, individua, dal suo punto di vista, tra le riforme strutturali più urgenti quelle in termini di riduzione dei costi del lavoro, di aumento della flessibilità e della libertà di licenziare, di privatizzazione, di deregolamentazione, di liberalizzazione dei settori industriali «protetti» dallo Stato. Secondo JP Morgan il problema in Europa è legato anche a un «eccesso di democrazia» che andrebbe ridimensionato lasciando intendere, a giudizio dell'interrogante, che le Costituzioni dei Paesi del Sud d'Europa, e quindi anche quella italiana – atte a garantire le libertà e i diritti dei cittadini e dei lavoratori – andrebbero accantonate;
   Barclays insieme a JP Morgan, è coinvolta nello scandalo Libor, in merito alla manipolazione del mercato dei cambi concordando in anticipo alcune transazioni in maniera tale da ricavarne plusvalenze a scapito dei clienti;
   ai sensi dell'articolo 13, comma 6, del decreto-legge n. 332 del 1994 modificato dalla legge n. 474 del 1994, il Ministro dell'economia e delle finanze trasmette al Parlamento una relazione semestrale sulle operazioni di cessione delle partecipazioni in società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, effettuate nel semestre precedente, nella quale sono espressamente indicati per ogni singola cessione, i proventi lordi, le forme e le modalità ammesse per il pagamento del corrispettivo dell'alienazione, i compensi per gli incarichi di consulenza e di valutazione e le quote dei proventi lordi destinate alla copertura degli oneri e dei compensi connessi alle operazioni di collocamento e di cessione. Dall'anno 2011 non vengono più presentate le relazioni al Parlamento;
   a detta dell'interrogante risulta incomprensibile la privatizzazione di ENAV, una società pubblica e fondamentale per la sicurezza dello spazio aereo e delle rotte commerciali dei vettori aerei che non solo chiude in attivo i propri bilanci, ma distribuisce anche dividendi allo Stato a maggior ragione, perché in questo processo di privatizzazione sono coinvolti soggetti come JP Morgan e Barclays che non sono attendibili a fronte dei problemi evidenziati in premessa e per tanto un ripensamento della privatizzazione di Enav dovrebbe esser considerato come prioritario –:
   se il Governo, anche alla luce di quanto accaduto per Ferrovie dello Stato italiane, intenda assumere iniziative per bloccare o rimandare la privatizzazione di ENAV;
   se il Governo intenda assumere iniziative per istituire forme di incentivazione alla privatizzazione di ENAV e in quali modalità e termini intendano provvedere;
   quali siano i motivi per cui dall'anno 2011 non risultino più trasmesse al Parlamento le relazioni sulle privatizzazioni ai sensi dell'articolo 13, comma 6, del decreto-legge n. 332 del 1994 modificato dalla legge n. 474 del 1994 e se intendano provvedere alla loro trasmissione.
(5-08225)


   LOREFICE, GRILLO, DI VITA, BARONI, SILVIA GIORDANO, MANTERO e COLONNESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo l'articolo 34 della Costituzione «La scuola è aperta a tutti». Al dovere statale di istituire, su tutto il territorio nazionale, scuole di ogni ordine e grado, fa fronte il diritto civico dei cittadini di accedere liberamente al sistema scolastico. Lo stesso diritto fondamentale ed inalienabile della persona è sancito anche dall'articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani dell'Onu;
   al fine di garantire il diritto all'istruzione a tutti i cittadini, anche a quelli impossibilitati fisicamente o psichicamente l'articolo 12, comma 2 della «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate», legge 5 febbraio 1992, n. 104, statuisce che: «È garantito il diritto all'educazione e all'istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie»;
   l'articolo 2, comma 1, della legge 30 marzo 1971, n. 118 introducendo la normativa per la frequenza scolastica, stabilisce che ai soggetti disabili viene assicurato il trasporto gratuito dalla propria abitazione alla sede della scuola e viceversa;
   nonostante le previsioni normative gli studenti disabili dell'ex provincia di Ragusa, oggi Libero Consorzio, non hanno potuto frequentare quasi 2 mesi di scuola all'inizio dell'attuale anno scolastico a causa della non disponibilità di fondi a garanzia del trasporto scolastico;
   ripartito il servizio di trasporto scolastico nel mese di novembre 2015, ad inizio anno 2016 sembravano ripresentarsi le prime avvisaglie di disservizio, per cui il mese scorso il governatore siciliano Crocetta ha garantito uno stanziamento straordinario per l'emergenza e soprattutto per assicurare i servizi essenziali, a cominciare da quello per l'assistenza specialistica e il trasporto degli alunni disabili;
   dal 1o marzo 2016 è stato nuovamente violato il diritto all'istruzione dei ragazzi disabili delle scuole medie superiori in quanto il servizio di trasporto è stato sospeso costringendo associazioni e genitori a manifestare contro quella che appare una illegittima violazione di un diritto costituzionale;
   solo dopo diversi giorni è ripartito il precario servizio che pare verrà assicurato per circa un mese, e comunque non per l'intero anno scolastico;
   il Ministero dell'interno aveva stanziato nel mese di agosto 2015 con decreto-legge 19 giugno 2015, n.78, la somma di 415.000 euro da destinarsi al trasporto dei ragazzi disabili delle scuole medie superiori;
   con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5/06597 svoltasi il 8 ottobre 2015 in Commissione affari sociali era già stato esposto tale problema e, in quell'occasione, il Sottosegretario di Stato Franca Biondelli aveva riferito che «Per quanto concerne, altresì, i contributi, previsti dal decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, destinati all'assistenza degli alunni con handicap, il Ministero dell'interno ha reso noto che al predetto Libero consorzio comunale verrà destinata una quota di circa 415 milioni di euro. Si rappresenta, inoltre che è stato predisposto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri necessario per l'assegnazione delle predette somme e che attualmente tale decreto è alla firma delle Amministrazioni coinvolte»;
   qualche giorno dopo lo svolgimento dell'interrogazione in Commissione, in considerazione dell'urgenza e del disagio che stanno vivendo tanti ragazzi disabili, la prima firmataria del presente atto ha sollecitato la Presidenza del Consiglio dei ministri affinché venisse apposta la firma al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prima possibile;
   il 10 dicembre 2015 la Presidenza del Consiglio dei ministri rispondeva all'interrogante che «il decreto è stato bollinato in data 1o dicembre scorso ed ora è alla firma del concertante Ministro dell'economia. Possiamo pertanto ritenere che sia di prossima adozione»;
   secondo quanto riferito dai funzionari della ex provincia di Ragusa la somma stanziata dal decreto legge 19 giugno 2015, n. 78 non sarebbe ad oggi stata effettivamente assegnata –:
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per accelerare i passaggi burocratici al fine di assegnare il prima possibile le somme stanziate 7 mesi fa agli enti che ne hanno fatto richiesta e conseguentemente garantire a tutti il diritto costituzionale allo studio, consentendo a tanti ragazzi disabili di poter frequentare regolarmente la scuola. (5-08228)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARCOLIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sembra essere oramai al collasso la situazione finanziaria in cui versa la provincia di Vibo Valentia;
   dalle stesse dichiarazioni delle istituzioni provinciali emerge una situazione finanziaria dell'ente gravissima e, oltre che dal dissesto, lo sconforto maggiore proviene dalla sensazione di una improbabile via d'uscita;
   i dipendenti, da diversi mesi senza retribuzione, da quattro anni in sofferenza per i continui ritardi nei pagamenti, impossibilitati ad espletare proficuamente il proprio lavoro per mancanza di risorse finanziarie e strumentali, in un territorio già martoriato da una profonda crisi economica e sociale, si trovano quotidianamente ad affrontare situazioni al limite della disperazione;
   in questo quadro desolante, questi lavoratori, che dignitosamente, continuano a svolgere, pur con le enormi difficoltà, il loro lavoro, sono nuovamente in protesta per il mancato pagamento degli ultimi quattro mesi di stipendio e, sono tornati ad occupare, le sedi del Monte dei Paschi di Siena, tesoreria dell'ente. Così, il 14 marzo 2016 un gruppo di dipendenti si è recato presso la sede dell'istituto di credito per reclamare il pagamento delle mensilità arretrate. In banca sarebbero infatti disponibili alcune somme per la corresponsione della paga di dicembre 2015, non ancora versate ai dipendenti. La tesoreria ha fatto però sapere di non poter procedere al pagamento, poiché con tali fondi dovranno prima essere pagati i mutui contratti dalla provincia con gli istituti di credito. La delegazione di lavoratori si è a questo punto recata nel municipio cittadino per chiedere al comune di versare al più presto alla provincia le somme derivanti da tari e suap. La provincia sembra vantare infatti diversi crediti, per oltre un milione di euro;
   la protesta, poi, si è spinta sino a Cosenza dove una delegazione di lavoratori, nel corso della visita del Presidente del Consiglio Renzi in Calabria nei giorni scorsi, ha incontrato il sottosegretario Luca Lotti e il Ministro Graziano Delrio;
   da notizie di stampa si è appreso che dopo aver ascoltato della situazione disastrosa in cui versa attualmente l'ente, il Ministro Delrio avrebbe comunicato ai lavoratori che i fondi statali, in credito alla provincia dal 2015, presto saranno trasferiti, permettendo il pagamento di tutte le mensilità dovute ai dipendenti –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati abbiano intenzione di porre in essere al fine di dare certezze ai lavoratori in questione in merito alle mensilità arretrate;
   quali iniziative, per quanto di competenza intendano intraprendere per dare una continuità lavorativa a queste persone anche prevedendo strumenti di mobilità al fine di salvaguardare le professionalità acquisite. (4-12613)


   RUSSO e CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel corso del question time svoltosi l'8 agosto 2015, in risposta all'interrogazione n. 3-01597, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare rispose che la questione delle ecoballe (...) è una vera e propria emergenza ambientale; va dunque risolta in maniera efficace, in collaborazione con tutte le forze politiche e i soggetti interessati, andando oltre la mera contestazione. A seguito dell'emergenza rifiuti, che ha interessato la regione Campania – ricordo – tra il 2000 e il 2009, sono stati accumulati circa 5 milioni di tonnellate di rifiuti tritovariati, suddivisi in circa 4 milioni di ecoballe, stoccati in 22 siti, la cui gestione è affidata a società provinciali, che provvedono anche a corrispondere i canoni di locazione per gli 11 siti di proprietà privata. Il costo complessivo della gestione è di circa 16 milioni di euro annui, come lei ricordava. La mancata rimozione delle ecoballe espone, oltre che ad un impatto sull'ambiente e sulla salute, al possibile pagamento di una sanzione, che potrà essere erogata all'Italia dalla Corte di giustizia dell'Unione europea per inadempimento degli articoli 4 e 5 della direttiva 2006/12/CE, relativa alla gestione dei rifiuti nella regione Campania. Le cifre individuate dagli interroganti possono essere considerate indicativamente plausibili. La situazione ovviamente non riguarderebbe solo le ecoballe, ma anche l'inadempimento della regione Campania nella gestione del ciclo dei rifiuti. Credo che la soluzione del problema debba rispettare alcuni principi condivisi: l'eliminazione dei pericoli per l'ambiente; il contenimento dei tempi dello smaltimento e messa in sicurezza per contenere la penalità; la minimizzazione dei costi e, non per ultimo per importanza, l'accettabilità sociale della scelta, operata in condivisione con la regione. Gli uffici del Ministero hanno individuato una serie di ipotesi tecniche per lo smaltimento delle ecoballe. Queste misure sono attualmente oggetto di un confronto con gli uffici dell'Unione europea. Ne cito alcune: la realizzazione di un impianto di termovalorizzazione dedicato nel comune di Giugliano. Tale soluzione richiede tre anni per la costruzione dell'impianto e circa 14 anni – cioè fino al 2033 – per il completo smaltimento delle ecoballe e sconta le perplessità della popolazione residente. Vi è poi l'ipotesi di smaltimento presso impianti di termovalorizzazione, esistenti in Italia e all'estero, con un costo di circa 800 milioni di euro e una durata di circa dieci anni. Come terza soluzione, vista la notevole differenza esistente tra i diversi siti di stoccaggio, è possibile ipotizzare un approccio diversificato in rapporto alle dimensioni dei siti. Per quello più grande si prevede la messa in sicurezza permanente dei rifiuti, così come già avviene in altri Paesi di Europa, per esempio in Germania. Il sito di stoccaggio sarebbe trasformato in una discarica a norma, con impermeabilizzazione della falda, captazione del biogas prodotto e copertura delle ecoballe con strutture definitive e destinato sia per scopi sociali che per la produzione di energie rinnovabili.»;
   il 10 agosto del 2015, il governo della regione Campania approvava una delibera con la quale stabiliva che le «ecoballe» saranno aperte e saranno recuperati i materiali riciclabili, il resto verrà bruciato nei cementifici o usato come copertura per le cave dismesse. Il 12 per cento delle ecoballe sarà invece bruciato in inceneritori fuori regione. Previsto anche il potenziamento degli STIR di Giugliano e Caivano;
   il piano della regione Campania avrebbe previsto una divisione dei 5,5 milioni di tonnellate di ecoballe da smaltire in base ai depositi dove sono conservate ormai da oltre 15 anni. Gli interventi più importanti riguardano le ecoballe dei siti di Giugliano e Villa Literno (4,4 milioni di tonnellate) e Caivano (409 mila tonnellate). Il piano prevede che le ecoballe siano aperte e venga recuperato tutto il materiale differenziabile (plastiche e metalli), una quantità che i tecnici della regione Campania stimano nel 40 per cento della massa complessiva. Ciò che resta sarà impiegato o come riconfigurazione delle cave dismesse o dei territori che necessitano di riconfigurazione morfologica, oppure smaltito nei cementifici come combustibile solido secondario (CSS) che è un prodotto derivante dal processo di lavorazione dei rifiuti urbani considerati non pericolosi e viene considerato «rifiuto speciale» in base al Testo Unico Ambientale (decreto legislativo n. 156 del 2008;
   l'apertura delle balle, il recupero dei materiali differenziabili ed il trattamento della frazione residua sarà effettuato negli STIR di Giugliano e Caivano. I due impianti, fondamentali per la gestione del ciclo dei rifiuti ordinario della provincia di Napoli, saranno potenziati con nuove linee dedicate esclusivamente al trattamento delle ecoballe. Nell'impianto di Giugliano saranno trattati i 2,3 milioni di tonnellate di balle depositate a Taverna del Re, mentre in quello di Caivano saranno trattate complessivamente 2,5 milioni di tonnellate di balle attualmente conservate nei depositi di Villa Literno e Caivano. Per garantire che il sistema degli impianti non collassi a causa della mole di lavoro dovuta al trattamento delle ecoballe, sarà potenziato l'impianto STIR di Tufino che sgraverà gli STIR di Giugliano e Caivano di una parte dei rifiuti ordinari che quotidianamente lavorano;
   oltre allo smaltimento nei cementifici e nel riempimento delle cave, il piano per le ecoballe della regione Campania prevede una terza azione: lo smaltimento di una quota di ecoballe negli inceneritori fuori dalla regione Campania. Si tratta, secondo le stime dei tecnici, del 12 per cento del totale delle ecoballe che sono attualmente conservate nei depositi più piccoli disseminati nella regione: Casalduni, Fragneto Monforte, Capua, Marcianise, Santa Maria la Fossa, San Tammaro, Marigliano, Terzigno, Avellino, Nocera Inferiore, Battipaglia, Persano ed Eboli;
   ad oggi, non si hanno notizie circa la realizzazione concreta di questo piano per lo smaltimento delle ecoballe, anzi, le uniche certezze sono i crediti inesigibili che vanta la gestione commissariale nei riguardi delle amministrazioni locali pari a 314 milioni di euro, i 221 milioni di euro di debiti accertati in carico alla gestione commissariale e la spesa in affitti delle piazzole che ospitano le ecoballe pari ad almeno 240 milioni di euro per i prossimi 11 anni;
   questa vera e propria bomba ambientale, a cui si aggiunge il mancato sviluppo della raccolta differenziata, sta per scoppiare sulla pelle dei cittadini campani e necessita dell'intervento risolutore ed urgente da parte del Governo;
   a giudizio degli interroganti, l'inceneritore di Acerra è già arrivato al limite del suo utilizzo sia per la gestione dei rifiuti prodotti correntemente, sia per la bruciatura di una parte delle ecoballe proveniente dalla cosiddetta «emergenza rifiuti» degli anni scorsi che attendono di essere smaltite, ovverossia bruciate, e non si dovrebbe prevedere che l'inceneritore debba svolgere ulteriori e più gravosi compiti;
   la popolazione che risiede nel comprensorio del comune di Acerra ha già subito abbastanza in termini di mancato diritto alla salute e d'impatto ambientale a carico del suo territorio, per poter anche, solo immaginare di aumentare il carico dell'inceneritore;
   a giudizio degli interroganti, una politica concreta e positiva che agevoli, favorisca ed incrementi la percentuale di raccolta differenziata deve vedere coinvolti tutti i soggetti, pubblici e privati, nel raggiungimento di questo importante obiettivo;
   si deve passare dalla gestione dei rifiuti intesa come costo per la collettività e per l'ecosistema ad una gestione intesa come valorizzazione di una risorsa collettiva –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-12619)


   MERLO e BORGHESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   è oramai sotto gli occhi del mondo intero la drammatica situazione economica e sociale in cui versa oggi il Venezuela;
   questo stato di cose comporta enormi problemi di sicurezza per la popolazione, compresa la nutrita comunità italo venezuelana;
   nel Paese risiedono 150.000 connazionali, più mezzo milione di discendenti;
   dalle notizie pubblicate sui media locali si evince che gli italiani residenti in questo Paese spesso sono intimoriti dai criminali e non denunciano, pertanto, tutti i casi di rapimento che accadono per timore di essere assassinati;
   lo Stato non dispone di strumenti sufficienti per proteggere i connazionali dalla criminalità organizzata;
   una lunga serie di delitti e sequestri — sembra oltre un centinaio all'anno – si registra ai danni dei cittadini italiani residenti in Venezuela, noti anche come rapimenti lampo, alcuni dei quali, purtroppo, si sono risolti drammaticamente con la morte violenta del sequestrato;
   i ripetuti incontri istituzionali tra le autorità italiane e venezuelane, realizzati nell'ottica del rilancio delle relazioni di aiuti bilaterali, non hanno sino ad ora procurato un sostanziale intervento risolutivo delle problematiche con le quali è chiamata a confrontarsi la collettività italiana residente in Venezuela, in particolare sotto il profilo della sicurezza;
   la presenza di un «esperto antisequestri», in ambasciata, è stata di grande aiuto in passato, intervenendo in situazioni delicate con grande professionalità e affiancando le famiglie colpite dalla criminalità;
   con la riduzione drastica dei fondi, questa figura è stata eliminata, privando così la comunità italiana di un servizio fondamentale sia dal punto di vista operativo, nelle trattative con i criminali, che dal punto di vista dell'assistenza agli italiani familiari delle vittime di (La Voce del 13 agosto 2007 – sequestro Doriana Rocca e Mercedes Montiel in Pardi, evidenzia che le stesse sono tornate a casa sane e salve. Loreto Rocca, padre di Doriana ringrazia: «...L'esperto dell'Ufficio Antisequestro dell'Ambasciata d'Italia. Ci è stato sempre vicino. Ci ha consigliato; ci ha aiutato a superare i momenti di paura. Insomma, per noi è stato un vero e proprio “angelo custode”»);
   quali iniziative di competenza il Governo intenda mettere in atto per coadiuvare le azioni delle autorità venezuelane volte a proteggere la collettività italiana, date le dimensioni assunte dal fenomeno dei sequestri negli ultimi tempi;
   se si intendano assumere iniziative per ripristinare in maniera urgente presso l'ambasciata di Caracas la figura dell'esperto antisequestri, la cui azione in passato si è dimostrata efficace per i crimini in cui sono coinvolti i nostri connazionali;
   se non si ritenga opportuno intervenire presso le autorità venezuelane affinché, per la questione dei «sequestri lampo», ci possa essere una collaborazione tra Venezuela e Italia, semmai anche valutando se sussistano i presupposti per la costituzione di una « task force nazionale», costituita da rappresentanti delle istituzioni e delle forze dell'ordine, da inviare in missione in Venezuela, con lo scopo di favorire tutti gli interventi necessari e di stare vicino alle famiglie vittime di questi delitti per dimostrare che l'Italia non si ricorda degli emigrati soltanto nelle commemorazioni ufficiali, ma è presente soprattutto nei momenti di difficoltà come questi. (4-12627)


   NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si legge a pagina 10 de « Il Quotidiano del Sud» di lunedì 21 marzo 2016, ci sarebbe un nuovo presunto caso di malasanità in Calabria, su cui ora starebbe indagando anche la procura di Catanzaro;
   nel succitato articolo, a firma Teresa Aloi, si legge infatti che un uomo di 51 anni, catanzarese, «è deceduto dopo tre giorni trascorsi tra ospedale e Guardia Medica»;
   secondo quanto raccontato, «la sua agonia era iniziata con dolori forti all'ano – e stipsi cronica. Un quadro clinico che lasciava supporre che l'uomo soffrisse di emorroidi. Una prima visita chirurgica, accertamenti radiologici, il 6 marzo scorso, e poi l'invito dei medici ospedalieri a farsi visitare dal proprio medico per accertamenti»;
   le condizioni della vittima, Salvatore Talarico, tuttavia non miglioravano: «Il 10 marzo, oltre al dolore nella zona rettale, l'uomo aveva cominciato ad accusare difficoltà respiratorie. Altri farmaci, nuove prescrizioni sanitarie e di nuovo rispedito a casa. Ma le sofferenze erano aumentate e a quelle già in atto si era associato anche il tremore»;
   stando ancora a quanto raccontato dalla giornalista de « il Quotidiano del Sud», il 14 marzo Talarico si recava nuovamente dalla Guardia medica e il giorno dopo, 15 marzo, tornava all'ospedale Pugliese, per la terza volta in pochi giorni;
   questa volta, tuttavia, l'uomo veniva portato dal pronto soccorso al reparto di chirurgia e da lì, dopo poche ore, direttamente nel reparto di Rianimazione: «Broncopolmonite acuta bilaterale e insufficienza renale e non emorroidi, questa volta la diagnosi», scrive ancora Teresa Aloi;
   la situazione, a questo punto precipitava: «Uno dei polmoni non funziona più e l'altro lo fa solo a metà. Alle 1,10 del 17 marzo la telefonata che getta nel dolore la famiglia: Salvatore Talarico non c’è più»;
   a parere dell'interrogante tali vicende non possono prescindere da un'analisi della grave carenza di personale medico e sanitario e dei posti letto che si registrano in Calabria;
   tali carenze, ovviamente, sono causa di pesanti sofferenze dell'utenza;
   in una situazione di tale gravità non mancano, pertanto, anche i casi di malasanità, come già denunciato nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-01564 nella quale si raccontava della morte del signor Cesare Ruffolo, affetto da 24 anni da leucemia linfatica cronica, il quale veniva ricoverato presso reparto cosiddetto «Valentini» dell'ospedale «Annunziata», lì ricevendo una trasfusione di sangue errata, rivelatasi letale per l'anziano signore;
   in quest'occasione, oltre ai casi già summenzionati, si ricordano le interrogazioni n. 4-07916 riguardante una signora quasi novantenne completamente abbandonata all'ospedale di Crotone, n. 4-07323, riguardante il signor Nicola Guarna, morto a causa di soccorsi tardivi all'ospedale di Vibo Valentia, n. 4-07674 riguardante la signora Santina Cortese, anche lei vittima della negligenza del suo medico curante e della struttura ospedaliera, ancora dell'ospedale di Vibo Valentia;
   a parere dell'interrogante, è evidente che un tale stato dell'arte pregiudichi il pieno rispetto del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione –:
   quali iniziative di competenza intendano intraprendere per assicurare i livelli essenziali di assistenza in Calabria;
   se il Ministro della salute non intenda promuovere iniziative ispettive per far luce su quanto accaduto e su eventuali criticità organizzative e cliniche delle strutture coinvolte. (4-12637)


   NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sul portale della testata giornalistica « Il Quotidiano del Sud», si legge, in un articolo di Nicola Costanzo pubblicato in data 22 marzo 2016, che «la Procura della Repubblica di Vibo sta indagando su una morte sospetta avvenuta all'ospedale di Vibo Valentia»;
   l'articolo informa che la vittima è «una donna di Rombiolo, Domenica Mandaradoni, 40 anni compiuti a febbraio scorso, spirata ieri sera al nosocomio del capoluogo, che aveva avvertito forti malori dovuti alla febbre probabilmente causata da un virus intestinale»;
   la donna «venerdì – racconta l'articolo succitato – era stata trasportata al Pronto Soccorso dello "Jazzolino" da dove era stata dimessa in giornata, ma ieri mattina la seconda crisi e il nuovo trasporto, questa volta d'urgenza, nuovamente alla postazione di prima emergenza sanitaria vibonese»;
   l'articolo prosegue: «In serata, verso le 22,30, il dramma. Il suo cuore ha smesso di battere. Il marito, Nazzareno Sangeniti, ha sporto immediata denuncia alla Squadra Mobile di Vibo che ha provveduto, quindi, a sequestrare la cartella clinica e la salma della giovane mamma che lascia anche due figli. Sulla vicenda anche l'Asp avrebbe aperto un'inchiesta interna per verificare compiutamente il protocollo adottato nell'episodio, con il direttore sanitario facente funzioni Michelangelo Miceli in queste ore sta preparando una relazione da far pervenire sul tavolo del direttore generale Angela Caligiuri. Sulle cause esatte della morte bisognerà attendere l'esito dell'esame autoptico che dovrebbe essere disposto, su indicazione del magistrato di turno, nella giornata di domani, ma è anche plausibile ritenere che si rendano necessari ulteriori approfondimenti clinici. Restano i tanti dubbi e l'amarezza per una giovane vita spezzata a soli 40 anni»;
   il resoconto giornalistico rappresenta una dinamica che va approfondita anche dal Ministero della salute –:
   se siano a conoscenza dei fatti riassunti;
   se, con urgenza, il Ministro della salute non intenda promuovere iniziative ispettive, come accaduto in casi analoghi, per far luce su quanto accaduto e su eventuali profili critici sul piano organizzativo e clinico. (4-12638)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   BENI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il Cairo Institute for Human Rights Studies è una delle maggiori organizzazioni indipendenti per i diritti umani accreditata presso le Nazioni Unite, che coordina il Forum nazionale delle organizzazioni non governative egiziane per i diritti umani con sedi al Cairo, Tunisi, Bruxelles e Ginevra;
   nei giorni scorsi due esponenti dello staff del Cairo Institute avrebbero ricevuto un mandato a comparire davanti al giudice investigativo per un'inchiesta del 2011 avente ad oggetto il divieto legale di ricevere fondi dall'estero, in quanto considerato dalla legge egiziana come un tradimento dell'interesse nazionale;
   la maggior parte dei progetti delle organizzazioni non governative egiziane è finanziata da fondi internazionali provenienti da altre organizzazioni, da istituzioni europee o da agenzie Onu;
   recentemente, in relazione al caso di Giulio Regeni, il Cairo Institute aveva elaborato un importante report sull'aumento delle torture, delle sparizioni forzate, dei morti in stato di detenzione e sulla repressione contro chiunque difenda i diritti umani in Egitto;
   questa è solo l'ultima di una serie di intimidazioni e di atti repressivi che si sarebbero susseguiti negli ultimi tempi nei confronti di chi in Egitto difende i diritti umani;
   infatti, secondo le organizzazioni sociali per i diritti umani, solo a novembre 2015 sarebbero stati registrati 49 casi di tortura e un aumento esponenziale delle sparizioni forzate;
   le torture e le sparizioni forzate rappresentano una grave minaccia per la sicurezza nazionale egiziana;
   di fronte ai continui attacchi, alle intimidazioni, alle torture e ai gravissimi crimini commessi in Egitto nei confronti di chiunque provi a difendere i diritti umani, è necessario che le istituzioni europee e internazionali si adoperino per contribuire a garantire la giusta protezione alla società civile egiziana, denunciando in ogni sede possibile simili barbarie –:
   alla luce di quanto espresso in premessa, in che modo si intendano denunciare gli atti repressivi e intimidatori subiti dalle organizzazioni indipendenti per i diritti umani nelle sedi di relazione bilaterale con il Governo egiziano;
   se siano già state denunciate al Consiglio dei diritti umani dell'Onu le restrizioni, gli atti normativi e le procedure amministrative contro la società civile, al fine di garantire alla stessa la giusta protezione e la sicurezza dell'intera regione. (3-02135)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 13 marzo 2016 si è verificato un pericoloso incidente sulle coste delle isole Kerkennah, nella regione di Sfax in Tunisia, che ha causato uno sversamento di petrolio in mare, quindi un problema ecologico molto grave che deve essere risolto il più rapidamente possibile;
   la stampa italiana ne ha parlato poco e con notizie contrastanti, poiché le poche fonti a disposizione non riportano notizie univoche;
   problemi ambientali si sono comunque verificati sin dall'inizio dell'attività di trivellazione nel golfo di Gabes perché l'inquinamento collegato alle attività estrattive ha fatto diminuire drasticamente il numero delle spugne esistenti nell'area e il pescato;
   il Ministro dell'ambiente, Nejib Derouiche, ha viaggiato per la zona e ha chiesto al governatore di Sfax di indire una riunione d'emergenza della Commissione ambiente regionale per organizzare le operazioni di bonifica e per chiarire le cause della perdita. Anche il procuratore del primo tribunale di Sfax, informato dell'incidente, ha iniziato un'indagine per accertare le cause e per individuare i responsabili;
   come detto, l'incidente è stato praticamente ignorato dalla stampa e le poche fonti disponibili sostengono che per le autorità tunisine la situazione sarebbe sotto controllo sorvolando sui danni arrecati alla società in conseguenza della catastrofe ecologica che ha ricoperto di greggio molti chilometri di spiaggia in una località dove l'economia è basata in gran parte ancora sulla pesca;
   la scarsità di notizie sul fatto grave accaduto in una località posta a soli 120 chilometri a sud dell'isola di Lampedusa, avviene a pochi giorni dallo svolgimento del referendum del 17 aprile 2016 sulle trivellazioni in mare nel nostro Paese, evento anch'esso poco pubblicizzato;
   per il sovrintendente del mare per la regione siciliana, la notizia della marea nera che si è formata da una settimana al largo dell'arcipelago Kerkennah deve preoccupare anche il Governo perché potrebbe raggiungere le coste italiane: «Da quel che ci risulta la marea si sposta verso nord e dunque verso Lampedusa, ma tutto dipende dal vento. In ogni caso è la prova dei rischi che si corrono puntando sul petrolio» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti e quali iniziative intendano assumere al fine di avere informazioni attendibili dal Governo tunisino;
   quali iniziative urgenti di competenza intendano a assumere per evitare che la macchia nera possa raggiungere le coste italiane, in particolare prevedendo un monitoraggio satellitare per verificare eventuali rischi di arrivo dell'olio, materiale altamente inquinante, nelle acque territoriali italiane. (4-12621)


   MERLO e BORGHESE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la nazione venezuelana è alle prese con una grave crisi economica e sociale mai registrata oggi al mondo; infatti la maggior parte della popolazione vive in uno stato di povertà assoluta; numerose persone a causa della perdita delle prestazioni assistenziali (trattamento minimo, maggiorazioni sociali, assegni familiari) hanno anche dissipato il loro reddito di sussistenza;
   in questo Paese si registra l'inflazione più alta del mondo, basti pensare che 10 «bolivares» valgono meno della carta usata per riprodurre la moneta stessa e anche le pensioni sono state quasi riportate a zero, in quanto la moneta locale venezuelana si è svalutata velocemente generando così un processo di iperinflazione senza precedenti; la Banca centrale venezuelana ha dichiarato che l'inflazione negli ultimi anni ha sfiorato il 700 per cento;
   per gli italiani che ricevono, in convenzione con l'Italia, un'integrazione della loro pensione la situazione è particolarmente grave. I pensionati italiani lì percepiscono circa 10 euro al mese. Una ristrettezza che non gli permette di vivere in modo adeguato;
   la condizione rispetto all'economia e alla gestione pubblica di questo Stato è insostenibile. Il Venezuela ha il secondo più alto tasso di omicidi pro capite al mondo e negli ultimi 10 mesi ciò ha riguardato in particolar modo cittadini italiani. Mancano medicine, il latte per i bambini, generi per l'igiene e di prima necessità e manca in certe zone anche l'acqua potabile. La situazione è sull'orlo del collasso;
   in questo Paese risiedono almeno 150.000 connazionali, più di mezzo milione di discendenti, disperati e senza protezione che meritano urgentemente l'attenzione del nostro Governo –:
   vista la situazione di emergenza per la comunità italiana in Venezuela, se non si intendano assumere iniziative per rendere disponibili, in via urgente ed eccezionale, fondi necessari per l'assistenza sociale e fondi per i consolati che sono impegnati a fare assistenza diretta ai connazionali che vivono una situazione disagiata sotto il profilo umano, facendo sì che i pensionati italo-venezuelani possano percepire l'equipollente reale della pensione minima al valore di mercato. (4-12630)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LATRONICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Basilicata ha circa 40 chilometri di costa ionica dove sono presenti importanti località turistiche balneari che ogni anno richiamano numerosi turisti. Le avversità atmosferiche dei giorni scorsi e le violente mareggiate hanno eroso la spiaggia di Terzo Madonna a Scanzano Jonico (MT) infliggendo un ulteriore colpo al litorale ionico;
   circa il 75 per cento della costa lucana è interessata da fenomeni erosivi in atto, con una situazione di rischio molto elevato, soprattutto per l'effetto di esondazione dei corsi d'acqua che hanno portato alla scomparsa di ampi settori di spiaggia e di parte delle dune;
   il fenomeno dell'erosione, da anni, sta interessando la costa ionica della provincia di Matera con ingentissimi danni di natura ambientale, provocando alterazioni agli ecosistemi e danni alle attività economiche ed agli insediamenti presenti nell'area;
   vista la situazione di emergenza in cui versa il litorale ionico si devono creare le condizioni affinché si possa realizzare un'efficace strategia di gestione sia per quanto riguarda la disponibilità di superfici adeguate per l'attività turistico-balneare sia per la sicurezza del territorio;
   le spiagge del Metapontino necessitano di essere attenzionate affinché esse possano essere oggetto di interventi maggiormente rispondenti alla tutela e valorizzazione del territorio e possa essere affrontato in maniera adeguata l'approssimarsi della stagione estiva per la tutela degli operatori turistici –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e quali iniziative il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, intenda promuovere per affrontare il problema dell'erosione costiera istituendo un tavolo istituzionale con la presenza di tutti i soggetti interessati, al fine di favorire interventi strutturali per la salvaguardia ambientale.
(5-08220)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 58 del codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006), intitolato «Competenze del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio», dispone che «1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione, ferme restando le competenze istituzionali del Servizio nazionale di protezione civile.
  2. In particolare, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio:
   a) formula proposte, sentita la Conferenza Stato-regioni, ai fini dell'adozione, ai sensi dell'articolo 57, degli indirizzi e dei criteri per lo svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna e per la realizzazione, gestione e manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;
   b) predispone la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico, da allegare alla relazione sullo stato dell'ambiente di cui all'articolo 1, comma, della legge 8 luglio 1986, n. 349, nonché la relazione sullo stato di attuazione dei programmi triennali di intervento per la difesa del suolo, di cui al articolo 9, da allegare alla relazione previsionale e programmatica. La relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico e la relazione sullo stato dell'ambiente sono redatte avvalendosi del Servizio geologico d'Italia – Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT);
   c) opera, ai sensi dell'articolo 2, commi 5 e, della legge 8 luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli interventi per la tutela e l'utilizzazione delle acque e per la tutela dell'ambiente.

  3. Ai fini di cui al comma 2, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio svolge le seguenti funzioni: a) programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa del suolo»;
   su viverejesi del 6 ottobre 2015 è stata pubblicata una lettera del professore Mauro Coltorti, ordinario di geomorfologia e geomorfologia applicata presso il dipartimento di scienze della terra dell'università di Siena, nella quale viene denunciata l'inutilità di alcuni interventi osservati lungo l'alveo del fiume Esino («Lettera: ’A chi servono questi lavori lungo l'alveo del fiume Esino ?»;
   si veda anche DOC 1. – determinazione del dirigente della provincia di Ancona del 29 dicembre 2015 n. 587 – settore VII – tutela e valorizzazione dell'ambiente – area ecologia e segreteria amministrativa – oggetto: O.C.D.P.C. n. 264/2015 – eventi alluvionali marzo 2015, disposizioni urgenti di protezione civile, decreto dirigenziale regione Marche, commissario delegato n. 02/CDM15 – approvazione del piano degli interventi di somma urgenza ed indifferibilità. Individuazione della provincia di Ancona quale ente attuatore per i bacini idrografici dei fiumi Musone, Esino e Nevola. Accertamento risorse statali e contestuale assunzione impegno di spesa);
   nella lettera si legge che «lungo l'Esino a valle di Jesi si possono osservare delle ruspe in alveo che lavorano per giorni e giorni ... prendono ghiaia all'interno dell'alveo e la accumulano sulle sponde, o meglio ai lati del canale attivo perché le sponde sono molto lontane ed in genere corrispondono al bordo del letto di piena ordinario, cioè l'area occupata dall'aumento di livello idrico durante le piene ...»;
   secondo il professor Coltorti, lo scopo di questi lavori sarebbe quello di ridurre il livello medio dell'alveo che ha subito un aumento in vari settori a causa dell'accumulo di ghiaia: «localmente, come nei pressi del Ponte San Carlo (Minonna), questo aumento è di oltre 1 metro di altezza. Aumentando il livello medio del fiume aumenta la probabilità che durante le piene il fiume esondi e vada ad occupare tratti significativi della pianura, come talora accade durante le piene straordinarie.Ma approfondire il canale o i canali attivi serve a mitigare questa pericolosità ? NO, NON SERVE A NULLA. ANZI PEGGIORA LA SITUAZIONE ... Se si volesse aumentare la sezione occupata dall'acqua durante una piena si dovrebbe togliere la ghiaia ma non rimetterla sui fianchi del canale. Infatti in questo modo la sezione potenzialmente occupata dall'acqua rimane la stessa dato che sia il canale che l'area adiacente durante l'inverno vengono interessate dal flusso idrico. Si ottiene un peggioramento della situazione per il semplice motivo che mentre la ghiaia accumulata naturalmente dopo qualche anno si è compattata ed è dunque più difficile eroderla, prenderla in carico e trasportarla a valle. Dunque non si comprende proprio la logica di questi lavori in un periodo di crisi economica dove non si trovano risorse per interventi a lungo termine sui nostri fiumi ... Questa mobilizzazione di ghiaia con mezzi meccanici favorisce dunque l'erosione ed il trasporto della ghiaia verso valle ... c’è un'altra conseguenza degli interventi che si stanno facendo lungo il fiume. Abbiamo visto che i sedimenti estratti dalle ruspe e posti ai lati del canale attivo vengono più facilmente trasportati verso valle. DOVE VANNO QUESTI SEDIMENTI ? ? Una quantità elevatissima di sedimenti dopo la diversione è stata trasportata a valle e tuttora naturalmente vanno verso valle. Difficilmente però questi sedimenti raggiungeranno il mare dove farebbero un gran bene alla nostra costa interessata ovunque da erosione ... Il risultato del trasporto ha dunque come conseguenza di trasmettere a settori posti più a valle il problema della sedimentazione in alveo e dell'aumento del rischio di esondazione ... l'aumento della sedimentazione in alveo a valle implicherà che estesi settori della bassa Vallesina verranno interessati da esondazioni... Ma quando verrà effettuata una corretta gestione dei fiumi basata su una pianificazione che vede il fiume come un sistema integrato acqua sedimenti lungo tutto il suo percorso ? Continueremo a risolvere i problemi locali o lavoreremo per inserire la situazione locale nel contesto generale che tiene in conto di tutti i settori fluviali ed anche dei problemi della costa ?»;
   a conferma di interventi sull'alveo del fiume, vi sono anche fonti stampa, dalle quali si apprende di «proteste lungo il fiume Esino per il passaggio di una ruspa inviata dalla Provincia all'interno dell'alveo»;
   a segnalare l'episodio è stato Lucio Santoni ambientalista e socio della scuola lancio e pesca a mosca di Camerata Picena «che avrebbe avvistato il mezzo meccanico attorno alle 10 di lunedì proprio nel tratto tra Camerata Picena e Chiaravalle». Secondo quanto affermato dallo stesso Santoni «il passaggio di mezzi negli alvei dei fiumi è vietato per legge ... ma nonostante le tante segnalazioni, non sono stati fatti più controlli ... in questo modo il fiume viene sistematicamente distrutto dalle ruspe. Il mio appello è rivolto anche alla Provincia: il mezzo era stato inviato dall'ente, ma come accaduto anche in passato non ha rispettato le regole dettate anche dal Pai»;
   l'azione di ruspe in alveo è segnalata anche da altre fonti stampa. Su viverejesi.it del 21 febbraio 2015 si legge: «l'Esino e i suoi affluenti devastati dalle ruspe ! Un attacco ai danni degli ecosistemi fluviali con lavori spacciati per manutenzione ordinaria o per interventi di somma urgenza che in realtà distruggono interi boschi ripariali e rendono i fiumi più vulnerabili e pericolosi per l'incolumità pubblica»;
   anche Fiorenzo Beldomenico, presidente del Mosca Club Vallesina di Jesi, ha denunciato la dannosità dei lavori che stanno interessando, in particolare, il tratto di Serra San Quirico: «l'allargamento effettuato per evitare fuoriuscite del fiume dall'alveo durante le piene è stato condotto in modo scriteriato, abbattendo alberi e arbusti, le cui radici sarebbero invece servite per arginare la velocità del fiume. Senza contare che l'ingresso delle ruspe nel fiume ha ucciso tutte le specie ittiche che costituivano l'ecosistema fiume»;
   i predetti lavori in alveo comportano un'alterazione dell'ecosistema fluviale a giudizio dell'interrogante in contrasto con la direttiva 2000/60/CE e con il decreto legislativo 152 del 2006 che dispongono, tra l'altro, la salvaguardia e il ripristino degli assetti ecologici dei fiumi –:
   se siano a conoscenza dei fatti come sopra esposti;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere in relazione a quanto esposto in premessa, con particolare riguardo al monitoraggio, anche per il tramite dell'Ispra e del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, dei possibili rischi di dissesto idrogeologico dell'area, considerato che tali lavori in alveo apparentemente, inutili e dannosi per l'avifauna, le specie ittiche e, più in generale, l'ecosistema fluviale, in base alle informazioni in possesso dell'interrogante non risultano chiari né agli scopi, né alle finalità. (5-08229)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Torre Salsa è una riserva naturale regionale, sito di interesse comunitario, di circa 760 ettari gestita dal WWF Italia in convenzione con la regione siciliana, istituita nel giugno del 2000, sita nel comune di Siculiana, in provincia di Agrigento;
   la riserva di Torre Salsa rappresenta un pregio del patrimonio naturalistico, regionale e nazionale, in cui si trovano diverse specie protette di flora e fauna mediterranea;
   la riserva di Torre Salsa svolge attività di ricerca scientifica, attività agricole e formative di sensibilizzazione ed educazione ambientale attraverso la realizzazione di campi di lavoro rivolti ai più giovani;
   si apprende da un servizio del Tg5 andato in onda in data 20 marzo 2016, nonché da altri servizi giornalistici, che sul quel sito parrebbe essere in atto un tentativo di speculazione edilizia che prevede la costruzione di una struttura turistico-recettiva, resort e centro benessere;
   il resort nascerà in contiguità con i terreni della riserva di Torre Salsa, ma dentro il sic (sito di interesse comunitario) e ne utilizzerà una parte dei tracciati e delle spiagge;
   il comune di Siculiana con deliberazione della giunta comunale n. 21 del 10 marzo 2016 ha dato parere favorevole alla costruzione della suddetta struttura recettiva –:
   se il Governo fosse già a conoscenza dell'esistenza del progetto di costruzione della struttura turistica recettiva sita a Torre Salsa e della concessione alla costruzione da parte del comune di Siculiana e quali siano gli orientamenti, per quanto di competenza, ai fini della tutela del sito di interesse comunitario di cui in premessa, di notevole rilevanza per la biodiversità del Mediterraneo. (4-12624)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   SANTELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'antica città ellenica di Caulonia, nella marina di Monasterace, Reggio Calabria, sta affondando pezzo dopo pezzo nello Jonio;
   nell'estate del 2013 è stato scoperto il più grande mosaico della Magna Grecia, quello dei draghi e dei delfini, sito nella «Casa Matta» e, tra i resti, è stata rinvenuta una tavola di bronzo con il testo più lungo in alfabeto acheo;
   a causa delle forti e violente mareggiate susseguitesi negli ultimi tre anni, l'intera area archeologica è stata fortemente indebolita e danneggiata;
   il 1o dicembre 2013, il passaggio del ciclone Nettuno, ha colpito il tempio dorico di Kaulon, cominciando a demolire il perimetro che originariamente era formato da sassi scolpiti ed incastrati tra di loro;
   nel febbraio 2014 sono stati stanziati, in somma urgenza, da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo 300.000,00 euro per un primo intervento di messa in sicurezza straordinario, attraverso il quale sono stati fatti solo i lavori necessari su un tratto di 150 metri nella zona del tempio, con una copertura di pietre ingabbiate, che mal si adatta al contesto;
   successivamente la regione Calabria aveva programmato un intervento per contrastare l'erosione costiera con un contributo di 2,5 milioni di euro, che, ad oggi, non è impiegabile a causa di contenziosi tra le ditte che hanno partecipato al bando di gara;
   a luglio 2014 è stato annunciato, da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo finanziamento da 700.000,00 euro, che prevedeva la riqualificazione dell'area archeologica e la salvaguardia completa del sito, dato l'effettivo e tangibile stato di degrado e di abbandono;
   il finanziamento da 700 mila euro è rimasto fermo. I fondi, non solo non sono stati ancora spesi, ma non è stata neanche indetta la gara per l'aggiudicazione dell'appalto da parte della direzione regionale per i beni culturali calabrese;
   dalla soprintendenza ai beni archeologici della Calabria arrivano segnali preoccupanti, atteso che il mare ha tirato via un po’ di costa, porzioni di terreno sono crollate, anche quelle a ridosso dei preziosi mosaici, e parte della duna continua a franare trascinando in mare porzioni di resti;
   l'area archeologica di Monasterace rappresenta uno dei siti tra i più importanti della Calabria e la tutela di questo patrimonio artistico rappresenterebbe un volano per il turismo e l'economia dell'intera regione –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare:
    a) al fine di garantire un immediato utilizzo dei finanziamenti già stanziati ed un eventuale impegno di nuove risorse, atte ad assicurare la messa in sicurezza dell'intera area archeologica;
    b) al fine di rendere il sito archeologico di Monasterace luogo di studi, ricerca e turismo. (4-12607)


   CANCELLERI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   secondo l'articolo 9 della Costituzione «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione»;
   in Sicilia una circolare del dipartimento dei beni e delle attività culturali e del turismo invita i dirigenti dei siti a non utilizzare nei festivi il personale della Sas: si tratta dei guardiani messi a disposizione dalla partecipata regionale che impiega il maggior numero di precari;
   il personale della Sas è indispensabile per garantire l'apertura e i turni di guardiania quindi questo porta a chiudere i musei la domenica e i festivi e a impedire l'accesso ai turisti a ruderi e a quadri anche a Pasqua e probabilmente in estate;
   cittadini e turisti dovranno rinunciare a gite e visite, con un grosso danno economico e d'immagine per l'isola che si ripete ogni anno;
   la Sicilia è la seconda regione nel Mezzogiorno, dopo la Campania per numero di arrivi, oltre 4,1 milioni, e di presenze, circa 14 milioni (peso su Mezzogiorno rispettivamente del 23,5 per cento e del 18,5 per cento). Il Pil turistico regionale è di 2,6 miliardi di euro ed ogni presenza turistica aggiuntiva (sia esso un nuovo arrivo o un prolungamento di presenza) genera 49 euro di Prodotto interno lordo aggiuntivo, valore più elevato rispetto al dato del Mezzogiorno (41 euro). Sono questi alcuni degli aspetti emersi dal «Rapporto sul settore turistico della Sicilia» dall'Srm, società che realizza studi, analisi e ricerche per contribuire alla diffusione della conoscenza e della cultura economica;
   la strada da seguire è quella di potenziare investimenti e strategie finalizzate ad aumentare il numero dei turisti, e non quella di bloccare la possibilità di usufruire delle ricchezze nazionali, come ad esempio i musei e i siti archeologici;
   nella serata del 18 settembre 2015 il Consiglio dei ministri ha varato il cosiddetto «decreto-legge Colosseo», con cui i musei e i luoghi culturali diventerebbero servizi essenziali e come tali vincolati a precise e più rigide regole per quanto concerne la regolamentazione di scioperi e assemblee –:
   quali iniziative intenda intraprendere per fare in modo che venga garantita la fruizione di musei e dei luoghi culturali che devono essere considerati anche in Sicilia servizi essenziali. (4-12620)


   GIULIETTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la professione di guida turistica in Italia è regolamentata;
   l'articolo 3 della legge n. 97 del 2013 recante «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea — Legge europea 2013» prevede, al comma 3 che, con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la Conferenza unificata, sono individuati i siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una specifica abilitazione;
   in data 7 aprile 2015 è stato pubblicato un decreto ministeriale, visibile sul sito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo senza visto della Corte dei conti, recante «Individuazione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una specifica abilitazione per lo svolgimento della professione di guida turistica, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 3, comma 3, della Legge 6 agosto 2013, n. 97»;
   in data 26 febbraio 2016 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 47 il decreto ministeriale n. 565 dell'11 dicembre 2015 recante «Individuazione dei requisiti necessari per l'abilitazione allo svolgimento della professione di guida turistica e procedimento di rilascio dell'abilitazione». Il decreto che, però, non costituisce la legge fondamentale di riordino della professione malgrado il titolo, reca l'individuazione dei requisiti necessari ad ottenere la specifica abilitazione per lo svolgimento della professione di guida turistica in determinati siti, individuati con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo sentita la Conferenza unificata, nonché il procedimento di rilascio della stessa abilitazione;
   la Corte di Giustizia europea, con la sentenza del 26 febbraio 1991, Causa C-180/89, ha stabilito che, con riguardo alla prestazione dei servizi di una guida turistica che proviene da altro Stato membro con un gruppo di turisti, quando si tratti di visite guidate in determinati musei o monumenti storici, tali visite possono essere effettuate solo da una guida professionista ovvero specializzata come stabilito anche nel decreto ministeriale n. 565 del 2015 sopra riportato;
   con il decreto legislativo n. 15 del 28 gennaio 2016, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 9 febbraio 2016, l'Italia ha recepito la direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, recante modifica della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI»), testo rilevante ai fini del SEE;
   l'articolo 11 del decreto legislativo n. 15 del 2016, recante «Modifiche all'articolo 9 del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206» al comma 1, lettera b, stabilisce che dopo il comma 3 è inserito il seguente: «3-bis. Nel caso di attività stagionali, le autorità competenti di cui all'articolo 5 possono effettuare controlli per verificare il carattere temporaneo ed occasionale dei servizi prestati su tutto il territorio nazionale. A tal fine possono chiedere, una volta all'anno, informazioni in merito ai servizi effettivamente prestati in Italia, qualora tali informazioni non siano già state comunicate su base volontaria dal prestatore di servizi.»;
   nel 2015, sul sito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, era reperibile l'elenco «ESERCIZIO DELLA PRESTAZIONE DI SERVIZI TEMPORANEA ED OCCASIONALE DI GUIDA TURISTICA IN ITALIA PER L'ANNO 2015 (aggiornato al 5 novembre 2015) che comprendeva 391 nominativi; lo stesso elenco aggiornato al 3 marzo 2016 riporta già 112 nominativi;
   a quanto risulta all'interrogante qualche giorno fa, nel Museo archeologico di Napoli, uno dei siti in elenco, una guida turistica di altro Stato membro in libera prestazione di servizi ha effettuato una visita guidata sostenendo, come riportato oralmente dallo stesso prestatore di servizi ad una guida turistica presente sul luogo, che, durante una telefonata intercorsa con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo gli sarebbe stato confermato che anche le guide in libera prestazione di servizi possono esercitare la professione nei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali, invece, occorre la citata specifica abilitazione –:
   come si spieghi che le guide in libera prestazione di servizi possano esercitare la professione nei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una specifica abilitazione quando il punto 8 dell'articolo 8 del decreto ministeriale n. 565 del 2015 recita che «Sono fatte salve, in ogni caso, le disposizioni relative al diritto di stabilimento per le guide turistiche»;
   risultassero comportamenti delle guide in libera prestazione di servizi non conformi alle leggi vigenti in materia quali iniziative di competenza intenderebbe assumere il Ministro interrogato;
   quali tipi di controlli sul territorio il Ministro interrogato intenda avviare, per quanto di competenza, per verificare il corretto esercizio della libera prestazione di servizi delle guide turistiche, nel rispetto delle normative vigenti riguardo, in particolare, alla durata della prestazione stessa, alla sua frequenza, alla sua periodicità e alla sua continuità. (4-12623)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Marigliano (Napoli) in via Giannone n. 121 è ubicato il complesso storico architettonico denominato «Masseria Pandolfo-Granata» (coordinate lat. nord 40o 55’ 46", long. est 14o 27’ 25") distinto al N.C.E.U./N.C.T. al foglio n.16 Allegato A) con particelle numeri 531-533- 532 (parte);
   il complesso masseriale, realizzato in epoca aragonese, costituisce uno degli esempi più significativi dell'architettura rurale campana del XV-XVI secolo;
   la fabbrica, costruita all'esterno delle mura urbiche che un tempo cingevano l'antica cittadina di Marilianum, nella zona a nord in prossimità della «Porta di Padule», risulta nel 1580 di proprietà di Prospero Pandolfo, personaggio chiave della borghesia imprenditoriale napoletana, che aveva affittato dalla Santa Casa dell'Annunziata di Napoli per 1600 ducati le rendite della città e del lago di Lesina in Capitanata, assicurandosi il monopolio nei traffici commerciali con la capitale del Regno del mercato del sale e del pesce in particolare dei cefali, follache, gamberi, capitoni e anguille;
   il complesso masseriale mostra un posizionamento insolito rispetto alla strada che ne ha condizionato lo sviluppo planimetrico ed è chiaramente individuabile nella cartografia storica di Rizzi Zannoni del 1793 e nella cartografia dei primi decenni del XIX secolo (1817-1818) dove viene indicata con il toponimo «Granata»;
   del tutto integro nella volumetria e nelle dimensioni, il complesso presenta elementi di notevole interesse culturale e impegno architettonico: il corpo di fabbrica in tufo giallo e grigio dallo sviluppo fortemente orizzontale che si affaccia su una corte principale e una secondaria; le possenti scale poggianti su una serie di archi rampanti a collo d'oca rafforzate al centro da un robusto contrafforte a pianta quadrangolare, gli ambienti voltati, la torre-colombaia alta più di 14 metri con copertura a quattro falde, le loggette, il torrino-lanterna, i volumi destinati ai servizi e all'alloggiamento per i cavalli e l'allevamento;
   arricchiscono, inoltre, il prospetto dell'edificio principale anche qualificanti elementi decorativi come i portaletti in pietra, i bugnati angolari, le cornici in pietra o stucco che riquadrano le finestre, le ginelle in lapillo e pietra arenaria mentre nell'angolo della parete meridionale della fabbrica è presente un'edicola con colonnine del XVI secolo disposte su mensola, che sorreggono un architrave con lunetta. Le colonne sono composte da un unico fusto che sorregge tramite un collarino dentellato dei capitelli a tutto tondo con rosette terminanti con piccole volute;
   lungo il muro di cinta delle partt. 532-533, che separa il complesso masseriale dal parco del castello ducale di Marigliano (f. 20 particolo 321), sono presenti una serie di cappelle ad arcosolio in conce di tufo giallo con antiche pitture a fresco di soggetto religioso in cattivo stato di conservazione;
   lo storico complesso rurale, da pochi mesi non più abitato a causa della morte dall'ultimo colono, le strutture annesse e le aree agricole risulterebbero fortemente minacciati da stravolgimenti e progetti invasivi che stanno suscitando notevoli preoccupazioni nell'opinione pubblica, tra la comunità intellettuale e le associazioni ambientaliste e culturali provinciali e regionali –:
   quali iniziative urgenti di tutela e salvaguardia il Ministro abbia adottato per evitare il danneggiamento, la distruzione o la perdita di un'importantissima testimonianza di civiltà;
   quali iniziative di tutela diretta e indiretta intenda predisporre per garantire la salvaguardia architettonica e paesaggistica del complesso masseriale «Pandolfo-Granata» e dei beni culturali pertinenti al fine di prevenire nuovi sfregi al centro storico di Marigliano (Na) deturpato dalla speculazione edilizia e da distruttive lottizzazioni che ne stanno cancellando la storia e l'identità. (4-12628)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio di Balvano (Pz) in contrada «San Giovanni» è ubicato il santuario di Santa Maria di Costantinopoli, per secoli uno dei luoghi sacri legati al mondo pastorale-commerciale più importanti della Lucania Settentrionale;
   il complesso monumentale di proprietà del comune di Balvano (Pz) fu costruito nel 1630 e due anni dopo fu popolato con la prima comunità di oblati che si occupavano del luogo di culto, dell'alloggio e della permanenza dei pellegrini;
   i terribili eventi sismici del 1980-1981 arrecarono ingenti danni alle strutture della chiesa che, a seguito degli interventi di rimozione delle parti pericolanti, fu completamente smantellata del tetto, della parete destra e della facciata con il timpano;
   dell'antica fabbrica a navata unica oggi sopravvivono la parete sinistra, parte della facciata, il campanile a cuspide, ristrutturato nel 1975, mentre quasi integro anche se degradato è l'antico romitorio seicentesco dove vivevano gli oblati e dove veniva offerta ospitalità ai viandanti e ai forestieri;
   sulla parete in situ della chiesa sono ancora visibili la decorazione a stucco realizzata da Pietro Sernicola e quella dipinta a fresco e a tempera, commissionata nel 1639 dalla nobildonna Rosa De Ferrariis, raffigurante episodi della vita di Maria racchiusi in una nicchia, ad arco ribassato e bipartita in altezza, con colonne laterali e lunetta superiore. Nel centro di questa architettura dipinta è riconoscibile una Madonna con Bambino circondata da angeli mentre nell'ordine sottostante, sempre al centro, è raffigurata la Visita di Maria a Santa Elisabetta. Nella lunetta è, invece, dipinta una colomba bianca con le ali aperte mentre in altre zone della parete si scorgono altre stratificazioni di intonaco dipinto sui toni dell'ocra, a disegno geometrico e a ricorso verticale;
   risulta all'interrogante che al complesso monumentale siano stati assegnati 6 milioni di vecchie lire nel 1981 per gli interventi più urgenti mentre altri 450 milioni di lire siano stati appostati nel bilancio 1989-1990 dalla Soprintendenza generale agli interventi post-sismici in Campania e Basilicata per la ricostruzione e il restauro, mai realizzati;
   a distanza di trentasei anni dal terremoto del 1980, il sito monumentale di Santa Maria di Costantinopoli di Balvano (Pz) versa ancora in condizioni di abbandono e avanzato degrado;
   la mancanza di una semplice copertura provvisoria della parete della chiesa unita alla prolungata esposizione agli agenti atmosferici e alle infiltrazioni nelle fessure stanno arrecando notevoli danni a ciò che rimane della decorazione pittorica seicentesca facendo temere una sua perdita definitiva;
   lo stato di collasso delle strutture del monumento è stato più volte denunciato da numerosi quotidiani elettronici e cartacei regionali e nazionali ma, a quanto consta all'interrogante, nessun provvedimento è stato finora adottato mortificando il ruolo, l'immagine, la missione del dicastero indirizzata alla tutela, alla valorizzazione e alla fruizione del patrimonio culturale nazionale –:
   se intenda circostanziare le iniziative tecniche e amministrative prodotte per la tutela del bene culturale vincolato, in particolare le vicende relative ai finanziamenti destinati alla ricostruzione e al restauro del complesso monumentale;
   se sia stata esercitata – in tempi recenti – un'attività ispettiva, per quanto di competenza, da parte della Soprintendenza per le belle arti e il paesaggio della Basilicata e se siano state redatte relazioni tecniche o dichiarazioni circa gli interventi necessari da eseguire;
   se abbia assunto iniziative per tutelare il sito di Santa Maria di Costantinopoli ai sensi dell'articolo 32 del codice dei beni culturali e del paesaggio;
   se, vista l'urgenza, non ritenga di adottare iniziative straordinarie di conservazione, per quanto di competenza, per la messa in sicurezza del complesso monumentale di proprietà pubblica al fine di evitare nuovi e devastanti effetti alle strutture della chiesa, del campanile e del romitorio;
   se non ritenga opportuno intraprendere, per quanto di competenza, iniziative dirette e non particolarmente onerose per l'eliminazione dello stato di pericolo della decorazione pittorica superstite;
   se intenda promuovere e sostenere, con il concorso del comune di Balvano (Pz), un progetto di restauro e riconfigurazione del sito monumentale che rappresenta uno degli ultimi simboli della memoria e dell'identità collettiva della comunità e del territorio azzerate dal catastrofico sisma del 1980 e dalla successiva, brutale ricostruzione. (4-12632)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   tra gli archivi storici appartenenti a enti locali territoriali della provincia di Napoli, le guide archivistiche del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo segnalano per consistenza e importanza storica quelli dei comuni di Cercola, costituito da 4980 unità archivistiche dal 1809, Marigliano, costituito da 1950 unità archivistiche dal 1809 e Cicciano, costituito da 1325 unità archivistiche dal 1809;
   il codice dei beni culturali e del paesaggio impone che gli archivi storici degli enti pubblici territoriali debbano essere ordinati (articolo 30, comma 4), conservati correttamente in sicurezza (articolo 30, comma 1), senza danni (articolo 20, comma 1), rispettandone l'integrità (articolo 20, comma 2) e l'organicità (articolo 30, comma 4), curati con idonea manutenzione (articolo 29, comma 3), restaurati se necessario (articolo 29, comma 4) e non adibiti ad usi incompatibili con il loro carattere (articolo 20, comma 1);
   in merito agli archivi storici comunali summenzionati, tuttavia, risultano all'interrogante, notevoli criticità con totali o parziali inottemperanze rispetto agli obblighi sanciti dal codice dei beni culturali e del paesaggio –:
   se abbia assunto le iniziative di competenza per dichiarare gli archivi storici dei comuni di Cercola, Marigliano e Cicciano, in provincia di Napoli, di «particolare importanza»;
   di quali elementi disponga il Governo in ordine allo stato di conservazione e di custodia degli archivi storici di cui in premessa, alle condizioni delle sedi e all'inventariazione degli atti conservati attraverso la Soprintendenza archivistica della Calabria e della Campania;
   se, in caso d'urgenza, non ritenga di adottare immediatamente le iniziative conservative necessarie per il materiale archivistico più deteriorato e a rischio.
(4-12633)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Avellino, in località Gradelle ai Miracoli o Rampa Tofara, sono ubicati i resti del tempietto altomedievale di San Nicola dei Greci;
   il monumento, già attestato nel X secolo, conserva elementi di straordinario interesse storico e culturale: dal portale esterno archivoltato all'aula separata da colonne con capitelli e conci classici di reimpiego, dalla torre in pietrame listato alle decorazioni scolpite in tufo grigio e giallo delle finestre e dei portali;
   danneggiato dai terribili eventi sismici del 1980, il sito monumentale versa oggi in condizioni di inagibilità e fatiscenza: a distanza di trentasei anni dal terremoto, il tempietto di San Nicola dei Greci di Avellino è stato completamente abbandonato a una desolante incuria tra il disinteresse più totale;
   la mancata realizzazione dei previsti interventi post-terremoto di consolidamento e miglioramento sismico della struttura, il peggioramento del quadro fessurativo e deformativo, la vulnerabilità e l'avanzato degrado dei materiali e degli elementi costruttivi, l'assenza di protezione, le evidenti condizioni di rischio stanno pregiudicando la sicurezza e la stessa sopravvivenza del bene culturale;
   un'incredibile testimonianza di storia, architettura e archeologia dell'Alto Medioevo rischia di essere irrimediabilmente perduta anche per quelle che l'interrogante giudica le inadempienze e le condotte omissive dell'amministrazione dei beni culturali che avrebbe dovuto adottare già da tempo le misure necessarie per la conservazione dell'importante testimonianza artistica e culturale  –:
   se il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo abbia assunto iniziative per avviare il procedimento per la dichiarazione dell'interesse culturale dell'immobile denominato chiesa di San Nicola dei Greci nel comune di Avellino;
   se siano stati intimati ai proprietari, possessori o detentori del bene culturale gli interventi necessari per assicurarne la conservazione ovvero provvedervi direttamente ai sensi dell'articolo 32 del codice dei beni culturali e del paesaggio;
   se intenda chiarire la consistenza e i contenuti, per quanto di competenza, delle attività ispettive della Soprintendenza per le belle arti e il paesaggio di Avellino e Salerno in merito alla valutazione periodica dello stato di conservazione della chiesa di San Nicola dei Greci nel comune di Avellino, dell'individuazione delle criticità, delle verifiche dei furti e delle depredazioni;
   quali iniziative intenda assumere per una maggiore tutela del decoro del bene culturale e del suo contesto;
   se, vista l'urgenza, non ritenga necessario promuovere interventi diretti, straordinari e poco onerosi, relativi alla messa in sicurezza del tempietto altomedievale di San Nicola dei Greci nel comune di Avellino;
   se intenda assumere iniziative per concorrere, parzialmente o totalmente nella spesa, per il restauro conservativo dell'edificio monumentale allo scopo di recuperarlo e restituirlo alla piena fruizione da parte dell'intera collettività, fissando anche appositi accordi con la proprietà per l'accessibilità pubblica.
(4-12634)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   negare il nesso tra esposizione all'uranio impoverito per i militari che hanno ricoperto incarichi in teatri di guerra e l'insorgenza di patologie tumorali secondo i più recenti pronunciamenti giudiziari produce danno erariale;
   il Tar Toscana, con la sentenza n. 462 depositata il 15 marzo 2016 rinvia il caso al vaglio della Corte dei conti perché valuti il danno erariale in seguito al comportamento degli organi giudicanti interni al Ministero della difesa;
   il nesso secondo il Tar Toscana è dimostrato da numerosi studi ma il Comitato di verifica per le cause di servizio (che opera presso il Ministero dell'economia e delle finanze) ha reiteratamente negato questo legame, aderendo alla posizione del Ministero della difesa;
   secondo i giudici questo comportamento denota «grave negligenza», perché ingenera un massiccio contenzioso che si traduce in un consistente esborso per l'erario «per oneri processuali, maggiori somme per interessi e quant'altro»;
   la Corte dei Conti dovrà valutare il danno erariale sinora generato da tale comportamento;
   la sentenza del Tar ha accolto in parte il ricorso di un sottufficiale dei carabinieri si è ammalato di poliadenopatia inguinale dopo aver partecipato tra il 1991 ed il 2005 a numerose missioni internazionali di pace in territori dove è stato fatto uso di proiettili all'uranio impoverito (Iraq, Somalia, Bosnia, Albania);
   il Comitato di verifica per le cause di servizio ha colpevolmente e gravemente ritenuto che la malattia sviluppata dal carabiniere non poteva essere riconosciuta dipendente da causa di servizio;
   nel dispositivo della sentenza il Tar Toscana ritiene «illogica e priva di ogni supporto descrittivo-motivazionale» l'affermazione del Comitato, considerato che «sia la letteratura scientifica che quella giuridica hanno posto in rilievo il nesso di causalità intercorrente tra l'impiego di militari in zone di guerra caratterizzate da utilizzo di uranio impoverito e l'insorgenza di gravi patologie tumorali»;
   le condizioni di impiego dei militari italiani all'estero, rilevano i magistrati, «costituiscono fattori probabilistici di causalità o concausalità, che non si possono sbrigativamente liquidare dal Comitato di verifica»;
   «il reiterato comportamento del Comitato», fa emergere secondo il Tar Toscana «grave negligenza»;
   il Tar ha trasmesso la sentenza al Ministro dell'economia e delle finanze e al capo di gabinetto dello stesso Ministro, nonché alla procura regionale Toscana della Corte dei conti, in relazione «al ricorrente contenzioso che il predetto comportamento del Comitato di verifica ingenera, con i conseguenti esborsi a carico dell'onorario per oneri processuali, maggiori somme per interessi e quant'altro» –:
   se il Governo non ritenga di dover prendere atto di tale sentenza e assumere iniziative per rimuovere dall'incarico tutti i componenti del comitato stesso di verifica per il grave potenziale danno erariale che avrebbero generato;
   se non ritenga di dover predisporre iniziative normative da sottoporre urgentemente al Parlamento per superare il comitato di verifica ed evitare le procedure viziate che generano sempre di più un potenziale danno erariale;
   se non ritenga di dover assumere, senza ulteriori perdite di tempo e tentativi che secondo l'interrogante ostacolano l'emergere di precise responsabilità un'iniziativa anche di natura normativa che riconosca automaticamente i danni e i conseguenti risarcimenti per tutti i militari e i civili che abbiano contratto malattie rientranti nella casistica già abbondantemente esplorata da organismi scientifici relativa all'impiego di personale in scenari di guerra e missioni varie all'estero, in poligoni e in basi militari italiane e non solo. (5-08218)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATALANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 settembre 2009 il gruppo Poste Italiane si è dotato di un codice etico, definendo le linee guida a cui debbono ispirarsi i comportamenti delle persone di Poste Italiane nelle relazioni interne e nei rapporti con tutti gli stakeholder;
   come previsto al punto 8.1, «nei rapporti con i clienti-risparmiatori i comportamenti dei destinatari sono improntati alla massima correttezza, trasparenza e riservatezza»;
   in data 29 febbraio 2016, CISL SLP Sicilia ha inviato una articolata lettera al responsabile regionale mercato, privati, al responsabile commerciale mercato privati, al responsabile R.U.O.S., al responsabile R.I. e ai direttori di filiale della Sicilia;
   con tale lettera, il sindacato postale ha denunciato diffusi comportamenti posti in essere dalla dirigenza, che contrasterebbero sia con il codice etico, sia con norme di legge;
   si tratterebbe, in particolare, di un'attività di pressione estremamente forte e costante, in materie delicate, quali MIFID e profilazioni, finalizzata a spingere i clienti ad acquistare prodotti finanziari, anche a costo di svalutare i risultati che provengono dal MIFID sopravvalutando le capacità e la consapevolezza del risparmiatore nell'acquisto degli stessi;
   la cronaca recente (v. La Repubblica del 20 gennaio 2016) ha evidenziato, in occasione del dissesto di Banca Etruria, l'importanza della corretta compilazione e valutazione del MIFID, in assenza della quale i risparmiatori possono essere indebitamente spinti a operazioni finanziarie delle quali non sono in grado di valutare correttamente i profili di rischio;
   dal tenore della lettera, la centrale sindacale pare avere elementi, verosimilmente anche documentali, relativi a diversi episodi, a sostegno della propria denuncia –:
   quali urgenti iniziative di competenza intenda il Governo adottare al fine di verificare e assicurare il pieno rispetto delle norme su MIFID e tutela dei risparmiatori all'interno di Poste Italiane, con particolare attenzione alle strutture territoriali di cui in premessa. (4-12625)


   ZAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia delle entrate – direzione provinciale di Padova – ufficio controlli ha disposto un avviso di accertamento (nr. T6S 040904580) a carico di una associazione sportiva dilettantistica, la New Athletic & Martial School Center di Padova (notificato in data 20 dicembre 2014), in cui si ritiene che l'attività di gestione di tale associazione sia di fatto finalizzata al mero conseguimento di un utile;
   tale associazione ha come attività principale, non solo statutaria ma effettiva, l'esercizio di arti marziali e i suoi membri fondatori sono maestri e/o istruttori federali delle arti marziali di riferimento;
   l'associazione è riconosciuta dal Coni e affiliata alla U.S. A.c.l.i., e ha l'intento e l'interesse primario di favorire, sostenere e organizzare attività motorie, ludiche e sportive rivolte a soggetti di ogni età e di ogni condizione, con particolare attenzione alle persone più esposte a rischi di emarginazione fisica e sociale;
   l'Associazione non si limita a svolgere l'attività sportiva, ma ha sviluppato una serie di attività senza scopo di lucro connesse con lo sport, quali attività di promozione dello sport attraverso manifestazioni e incontri culturali, spettacoli, lezioni teorico-pratiche, la prevenzione e contrasto al disagio dei minori preadolescenti, l'inserimento e avviamento dei bambini allo sport, soprattutto se provenienti da famiglie disagiate e iniziative di carattere umanitario, con le quali sono state coinvolte anche le istituzioni locali (assessorati allo sport e alla cooperazione internazionale) e ricevendo il patrocinio dell'università di Padova e della Regione Veneto;
   in quanto ente non commerciale di tipo associativo, l'associazione svolge attività istituzionale a favore degli associati e si avvale dei benefici previsti dalla specifica normativa in materia di imposte sui redditi (articolo 148, del TUIR e articolo 4, del decreto del Presidente della Repubblica 633 del 1972), ovvero tratta gli incassi come istituzionali (de-commercializzati);
   nonostante vi sia prova che l'associazione svolge in via esclusiva attività sportive dilettantistiche per le quali ha ottenuto il riconoscimento dal Coni e non altre, difformi dalle finalità statutarie e dai principi dell'ordinamento sportivo, l'Agenzia delle entrate, sul presupposto che l'attività svolta non sarebbe sportiva dilettantistica ma meramente commerciale, ha proceduto alla tassazione ordinaria dell'utile di esercizio ritenuto conseguito dall'associazione e ha applicato l'iva ordinaria sull'ammontare dei ricavi, senza procedere alla detrazione dell'iva a credito;
   l'Agenzia delle entrate, a quanto risulta all'interrogante, contesta infatti che l'attività della New Athletic & Martial School Center avrebbe perseguito finalità di lucro sulla mera scorta di dati contabili, senza indagare sugli elementi idonei a chiarire il punto fondamentale relativo alla più che meritoria attività di promozione, avviamento dei giovani e vero e proprio esercizio della pratica di taluni sport d'elezione;
   il Coni ha tuttavia stabilito che le arti marziali sono uno sport a tutti gli effetti; ne deriva che, essendo il Coni l'unico ente titolato a riconoscere e certificare l'effettiva attività sportiva delle associazioni, non può che essere ancora il Coni stesso a disconoscerne eventualmente le medesime finalità, e non certo l'Agenzia delle entrate;
   va detto che le agevolazioni fiscali riconosciute alle associazioni sportive dilettantistiche sono una mera conseguenza del riconoscimento del loro status, certificato esclusivamente dal Coni: non è quindi possibile che l'ufficio controlli dell'Agenzia delle entrate, autonomamente, ponga in essere l'atto presupposto alla disapplicazione di dette agevolazioni fiscali, ovvero la loro revoca. Il legislatore, inoltre, ha previsto appositi regimi contabili e fiscali di favore affinché le associazioni sportive svolgano attività anche puramente e semplicemente commerciali (senza peraltro perdere la qualifica neppure in caso di prevalenza dell'attività commerciale: articolo 149 ultimo comma Tuir), proprio per consentire loro l'autofinanziamento;
   l'Agenzia delle entrate, nel caso di specie, per quanto consta all'interrogante, non avrebbe fornito prova sulla pretesa commercialità delle prestazioni e delle attività svolte dall'associazione e non avrebbe compiuto indagini a supporto del preteso scopo di lucro che possa provare la distribuzione diretta o indiretta di utili; peraltro, nulla è stato rilevato riguardo al requisito della democraticità intera all'Associazione e le delibere e le convocazioni esaminate in sede di verifica sono risultate pienamente idonee ad assolvere gli obblighi di legge e a garantire la democraticità della struttura associativa;
   la stessa Agenzia con la circolare 6 agosto 2014 n. 26/E della sede centrale ha invitato gli uffici periferici a «evitare di perseguire le situazioni di minima rilevanza, che nonostante le ridotte dimensioni assumono evidente rilievo sociale in relazione al contesto in cui operano gli enti, come nei casi, ad esempio, in cui l'attività istituzionale riguardi la formazione sportiva dei giovani, oppure sia rivolta ad anziani o a soggetti svantaggiati, evitando rilievi e contestazioni di carattere meramente formale»;
   tutto ciò premesso, ne consegue, secondo l'interrogante l'iniquità dell'accertamento, nonché la piena applicabilità, nel caso di specie, del regime di cui all'articolo 61 lettera M) e dell'articolo 69, comma 2 del TUIR –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere affinché sia garantito il normale prosieguo delle attività della New Athletic & Martial School Center di Padova quale associazione sportiva dilettantistica riconosciuta dal Coni, con le agevolazioni fiscali previste per legge;
   quali iniziative il Ministro intenda intraprendere affinché gli uffici periferici dell'Agenzia delle entrate prendano atto, adeguino e conformino i loro comportamenti e atti di accertamento alla norme in vigore e agli indirizzi, anche interpretativi, già in essere, in materia di associazioni sportive dilettantistiche. (4-12626)


   CAPODICASA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'anno 2014 ad iniziativa della direzione generale della giustizia tributaria del dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze è stata bandita una procedura di interpello per la nuova attribuzione degli incarichi non dirigenziali di direttore degli uffici di segreteria delle commissioni tributarie;
   in esito alla procedura di interpello sono stati esclusi dall'incarico diversi funzionari di area III F3/F4/F5 alcuni dei quali hanno contestato l'esito della selezione lamentando varie violazioni procedurali, di normative vigenti e di determine dirigenziali, oltre che ingiustificati declassamenti e demansionamenti di direttori in servizio che avevano ben meritato nell'espletamento della loro funzione;
   a seguito di ricorsi presso i tribunali ordinari, tali procedure sono state dichiarate illegittime, che l'amministrazione finanziaria è stata condannata al pagamento delle spese legali ed il giudice ha disposto il rinnovo della procedura di conferimento degli incarichi di direzione degli uffici di segreteria;
   con determina n. 147437 del dicembre 2015 è stato pubblicato il nuovo interpello che si discosta nettamente dalla precedente determina, correggendone le più vistose illegittimità che avevano portato ad una alterazione delle corrette procedure di selezione;
   tuttavia, come viene lamentato da numerosi aspiranti agli incarichi di direzione di tali uffici, esso presenterebbe altre e ben evidenti profili di dubbia legittimità che potrebbero influenzare l'esito della selezione;
   il bando, in particolare, è stato aperto a tutti i funzionari di area III, e non solamente, come previsto dall'articolo 35, comma 1, del decreto legislativo 545 del 1992, a quelli appartenenti alla fascia F4-F5;
   prevede l'imposizione di un limite triennale prima del raggiungimento dei requisiti per il pensionamento, non prevista da nessuna legge dello Stato ed in aperto contrasto con i principi costituzionali;
   tra l'altro, vi è contenuta una curiosa e sproporzionata attribuzione di ben 15 punti al colloquio con il dirigente generale, in grado, secondo l'interrogante, di squilibrare e stravolgere ogni ponderata valutazione dei titoli professionali posseduti dai concorrenti –:
   se sia a conoscenza della problematica sopra richiamata;
   se, in caso contrario, non ritenga di dover acquisire ogni utile elemento al riguardo;
   se, ove riscontrate le suesposte irregolarità, non ritenga di dovere intervenire per riportare a normalità tale procedura e garantire, così, un sereno funzionamento degli uffici di segreteria delle commissioni tributarie ed il rispetto delle leggi e delle procedure. (4-12631)


   LIUZZI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   terremoto dell'Irpinia del 23 novembre del 1980 colpì la Campania centrale e la Basilicata centro-settentrionale. Caratterizzato da una magnitudo di circa 6.9 (scala Richter), causò circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e 2.914 morti;
   ai sensi del decreto-legge n. 75 del 1981 convertito, con modificazioni nella legge n. 219 del 1981, lo Stato intervenne edificando degli alloggi destinati a coloro che non possedevano più un'abitazione agibile. Tra le province maggiormente sinistrate rientrò anche quella di Potenza, che utilizzando i finanziamenti della Cassa depositi e prestiti in virtù della legge prima citata, consentì al comune di Potenza di costruire gli alloggi ubicati in contrada Malavaccaro (che ad oggi ospita 354 famiglie);
   cinque anni dopo, la legge n. 341 dell'8 agosto 1985 articolo 21-bis, sancì che gli alloggi costruiti ai sensi della legge n. 219 del 1981, erano ceduti a titolo gratuito a coloro che ne avevano avuto formale assegnazione (anche provvisoria);
   l'Avvocatura generale dello Stato, in merito all'interpretazione della norma 219 del 1981, chiarì che nel caso in cui i prefabbricati in questione fossero di proprietà di enti pubblici diversi dallo Stato, gli stessi avrebbero potuto ugualmente essere ceduti gratuitamente dai medesimi enti a soggetti aventi diritto ai sensi della citata legge n. 341 del 1995;
   il comune di Potenza nel 1994 con delibera n. 304 (a dispetto della norma nazionale prima citata e dell'interpretazione dell'Avvocatura generale dello Stato), nell'ambito del programma di dismissione del proprio patrimonio immobiliare procedette all'alienazione degli alloggi e delle aree ubicate in contrada Malavaccaro, includendo le stesse nelle proposte di vendita del capoluogo di regione lucano. La regione Basilicata intervenne allora sulla questione – secondo fonti stampa – asserendo che gli alloggi di contrada Malavaccaro erano beni patrimoniali dello Stato, pertanto il comune di Potenza non aveva nessun titolo per procedere alla loro alienazione. Successivamente, la stessa regione Basilicata con delibera reg. n. 40 del 24 agosto 1995, autorizzò la vendita degli alloggi di contrada Malavaccaro;
   sulla base del parere legale dell'Avvocatura generale dello Stato, la direzione centrale del demanio con foglio n. 72932 del 1o giugno 1999 impartì alle competenti direzioni compartimentali del territorio di Napoli e Bari (competente per la Basilicata) il compito di provvedere alla cessione a titolo gratuito dei soli prefabbricati da ritenersi di proprietà statale in quanto realizzati con fondi statali su aree demaniali;
   il 7 novembre 2003 l'Agenzia del demanio (filiale di Matera – sezione staccata di Potenza) sanciva che gli alloggi prefabbricati di proprietà degli enti potevano essere gratuitamente ceduti dagli enti stessi ai soggetti che ne avevano fatto richiesta;
   il 20 dicembre 2003, l'allora Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze intervenne sulla questione rispondendo all'interrogazione n. 4.02821 dell'onorevole Molinari stabilendo che gli alloggi della contrada Malavaccaro nel comune di Potenza non erano stati realizzati né con fondi statali né in aree demaniali;
   dalla succitata interpretazione dell'articolo 21-bis della legge 341 del 1995 gli immobili di contrada Vaccaro vennero considerati dal comune come non prefabbricati (in quanto edificati con edilizia tradizionale) e non di proprietà dello Stato, nonostante questi avessero usufruito dei finanziamenti della Cassa depositi e prestiti nel programma di ricostruzione di cui all'articolo 2 della legge n. 219 del 1981;
   durante la seduta comunale del 25 febbraio 2015, il consigliere comunale del gruppo del M5S Savino Giannizzari interrogava il sindaco sulla questione contrada Malavaccaro, chiedendo il rilascio dell'elenco (con allegate le relative domande) degli aventi diritto alla cessione a titolo gratuito dell'alloggio loro assegnato, trasmesso al comune di Potenza da parte dell'ufficio del Demanio di Matera in data 31 ottobre 2003 (prot. 10676) e successivamente nell'anno 2007 (prot. 2007/4545) su richiesta del comune di Potenza con nota n. 1415 del 13 ottobre 2006;
   il consigliere comunale Savino Giannizzari in quella sede, evidenziava che in alcuni comuni campani, come nel comune di Salerno, gli alloggi costruiti con le caratteristiche rispondenti alla legge 219 del 1981 e le costruzioni post-terremoto degli anni ‘80 erano state trasferite a titolo gratuito agli aventi diritto;
   al quesito del consigliere comunale, il sindaco di Potenza rispondeva che «la questione verte sull'interpretazione dell'espressione “alloggi prefabbricati”, perché gli alloggi di contrada Malavaccaro sono stati realizzati con tecniche tradizionali, avendo soltanto una piccola componente prefabbricata relativa alle travi o solai prefabbricati» ed ha rimandato ad un approfondimento legislativo anche per vedere «come altri Comuni si sono comportati, in maniera differente rispetto al Comune di Potenza»;
   il 5 maggio 2015 il comune di Potenza trasmetteva al consigliere Savino Giannizzari, la documentazione in risposta alle richieste presentate nell'interrogazione (prot. 6647 del 2 febbraio 2015). Il comune ribadiva la legittimità dell'alienazione degli alloggi di contrada Malavaccaro e alla luce della delibera comunale n. 26 del 25 febbraio 2015 sanciva la possibilità per gli assegnatari di sanare la propria morosità e di acquistare l'alloggio;
   a Potenza è sorto un comitato cittadino spontaneo che tuttora rivendica il diritto alla casa sita in contrada Malavaccaro sulla base delle leggi nazionali che prevedono la cessione gratuita degli alloggi. Alcuni assegnatari degli edifici, nel corso degli anni, hanno aperto un contenzioso che pende in sede di appello e per il quale si attende un pronunciamento, più volte rinviato, entro la fine del 2017;
   l'articolo 2, comma 2, della legge 219 del 1981 stabilisce espressamente che «la Cassa Depositi e prestiti [ ... ] provvede al finanziamento degli enti locali colpiti dal terremoto del novembre 1980 e del febbraio 1981 ed alla relativa assistenza tecnica 11 per l'urgente realizzazione, anche con l'adozione di procedimenti di prefabbricazione, di alloggi da locare ai sensi della legge 392/78 agli abitanti rimasti privi di abitazioni per effetto del sisma»;
   la legge n. 341 dell'8 agosto 1985, articolo 21-bis, già citata in premessa, dispone al comma 1 che gli alloggi prefabbricati costruiti dallo Stato nei territori della Campania e della Basilicata ai senti del decreto-legge 19 marzo 1981, n. 75, sono ceduti in proprietà a titolo gratuito insieme alle parti comuni, a coloro che ne hanno avuto formale assegnazione, ancorché provvisoria;
   la legge n. 148 del 26 luglio 2005, articolo 5-bis (Disposizione relative al patrimonio abitativo), che dispone al comma 3: «all'articolo 21-bis, comma 1, del Decreto-Legge 23 giugno 1995 n. 244, convertito, con modificazioni, dalla Legge 8 agosto 1995 n. 314, stabilisce che: “Le disposizioni di cui al precedente periodo si applicano anche agli alloggi prefabbricati che siano stati realizzati con parziale ricorso a tecniche di edilizia tradizionale, fatta salva la facoltà del Comune cedente di determinare un prezzo di cessione commisurato agli eventuali oneri di manutenzione sostenuti”»;
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra citati e se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di armonizzare l'applicazione della normativa relativa alla cessione a titolo gratuito degli alloggi conformi alla legge 219 del 1981 (4-12635)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   grande attenzione è stata data sulla stampa locale nei giorni scorsi a un episodio accaduto nel tribunale di Lecce e che, senza l'intervento immediato di un funzionario dello stesso tribunale, avrebbe potuto concludersi in tragedia;
   l'episodio ha ancora una volta sottolineate la situazione di precarietà logistica negli uffici giudiziari leccesi sia per quanto attiene alle sedi della giustizia penale (palazzi viale De Pietro – tribunale penale e procura della Repubblica) che per quella civile (palazzi di via Brenta Polo – polo giustizia civile), situazione resa ancor più drammatica dall'accorpamento delle sezioni staccate per cui il «Palazzo di Giustizia di viale Michele De Pietro si trasforma in una comunità di migliaia di persone la mattina dei primi cinque giorni della settimana»;
   tale inadeguatezza logistica delle strutture giudiziarie investe anche il versante della sicurezza, come indicato in un documento inviato nei mesi scorsi (ottobre 2015) dal tribunale al Ministero della giustizia, così come riportato dalla stampa, dove venivano analizzate le carenze strutturali degli edifici e degli uffici ed elencate le opere da realizzare, questione più volte definita di estrema importanza;
   a questo proposito, ovvero relativamente alla necessità di una ricollocazione e ampliamento degli uffici giudiziari, si ricorda il percorso messo in atto dal comune di Lecce volto alla definizione progettuale di una Cittadella della giustizia al fine di un accorpamento — come per legge – di tutti gli uffici giudiziari con la pubblicazione del bando pubblico con manifestazione di interesse per l'individuazione di siti idonei alla localizzazione della cittadella, l'individuazione di otto siti, la trasmissione del provvedimento esito del bando alla commissione di manutenzione della corte d'appello di Lecce;
   da notizie di stampa si apprende, inoltre, che l'amministrazione comunale di Lecce ha nei mesi scorsi chiesto formalmente al Ministero della giustizia di reperire seppur momentaneamente e per un determinato periodo di tempo — nuove strutture di proprietà dello Stato presenti sul territorio comunale al fine di sopperire alla mancanza di sedi nelle quali destinare tutti gli uffici giudiziari –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e dell'esigenza più volte ravvisata; come il Ministro intenda, nell'ambito delle proprie competenze, procedere relativamente al progetto della cittadella della giustizia a Lecce il cui percorso sembrerebbe avviato dal comune e in ogni caso, se il Ministro abbia già risposto, e in quale maniera, alle richieste avanzate dal tribunale di Lecce e alla sollecitazione di reperire nuovi spazi sia pure per un determinato periodo di tempo per sopperire alla mancanza di sedi lamentata; in quale modo, ogni caso, il Ministro ritenga di affrontare quella che appare, fuor di dubbio, come una vera e propria emergenza logistica tale da ostacolare e purtroppo a volte impedire il buon andamento del lavoro degli uffici giudiziari, con conseguente danno delle numerose professionalità impiegate e della numerosa utenza territoriale. (5-08221)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo della polizia penitenziaria è stato costituito nel 1990 con la legge n. 395 del 15 dicembre 1990;
   la citata legge ha sciolto il precedente corpo degli agenti di custodia e ha dato vita, unendo anche il ruolo delle vigilatrice penitenziarie, come detto, al Corpo della polizia penitenziaria, che fa parte della polizia, così come previsto dall'articolo 57 del codice di procedura penale, inserendolo nel comparto sicurezza;
   tra i diversi compiti che la citata legge n. 395 del 1990 prevede vi è quello di garantire l'ordine, la sicurezza e la disciplina dei detenuti carceri;
   il Corpo partecipa anche alle attività di trattamento, si occupa delle traduzioni dei detenuti e dei piantonamento presso i luoghi esterni di cura dei reclusi;
   svolge, inoltre, compiti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, come previsto dal già ricordato articolo 57 codice di procedura penale, ed espleta anche i compiti previsto dall'articolo 12 del codice della strada, svolgendo anche funzioni di polizia stradale;
   inoltre, il Corpo partecipa ai compiti di ordine pubblico presso gli stadi di calcio e durante varie manifestazioni pubbliche, alla pari delle altre forze di polizia, oltre ad avere anche compiti di scorta e tutela di importanti personalità dello Stato;
   sono, inoltre, stati costituiti nel tempo reparti di eccellenza, quali il nucleo investigativo centrale, il quale attraverso la conduzione di indagini ha contribuito all'arresto di pericolosi latitanti;
   questi cenni bastano a dimostrare quanto importante sia il ruolo del Corpo della polizia penitenziaria;
   preoccupano, quindi, le sempre più forti voci che vogliono che il Corpo venga sciolto per entrare nel costituendo Corpo della giustizia dello Stato;
   in particolare, si fa riferimento al tavolo 15 (Operatori penitenziari e formazione) degli stati generali dell'esecuzione penale costituito presso il Ministero della giustizia;
   quanto si legge, infatti, sul sito dello stesso Ministero «emerge la proposta di semplificare la complessità dei bisogni e delle relazioni, spesso anche conflittuali, attraverso un modello organizzativo e operativo da costruire all'interno di un Corpo di Giustizia al servizio dell'intera Amministrazione di giustizia, in sostituzione dell'attuale Corpo di Polizia penitenziaria»;
   si tratta, certo di una proposta animata da buone intenzioni ma che, di fatto, rischia di disperdere, se applicata, tutte le specializzazioni del Corpo di polizia penitenziaria evidenziate sopra, con uno svilimento delle professionalità tanto faticosamente acquisite sul campo;
   inoltre, la realizzazione della proposta sopra citata rischierebbe di provocare una vera e propria fuga da parte del personale coinvolto, che certamente chiederebbe di poter transitare verso altre forze di polizia di Stato o dell'Arma dei carabinieri, con un inevitabile caduta quantitativa e qualitativa del personale inserito nel nuovo Corpo di giustizia dello Stato –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per fugare le preoccupazioni su esposte, evitando quella dispersione di professionalità di cui si è detto in premessa e che certamente porterebbe anche a gravi difficoltà di gestione della sicurezza in un momento certamente non facile come questo. (4-12614)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MASSIMILIANO BERNINI, SPESSOTTO e GAGNARLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 285 del 1992 (nuovo codice della strada), all'articolo 111, era stata disciplinata la revisione delle macchine agricole;
   dal 1o gennaio 1993 il Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, poteva disporre, con decreto ministeriale, la revisione generale o parziale delle macchine agricole soggette all'immatricolazione a norma dell'articolo 110, al fine di accertarne la permanenza dei requisiti minimi di idoneità per la sicurezza della circolazione, nonché lo stato di efficienza;
   il previsto decreto ministeriale per disciplinare l'obbligo della revisione delle macchie agricole, che sarebbe dovuta avvenire con cadenze non inferiori a 5 anni, come previsto dall'articolo 295 del regolamento di attuazione revisione delle macchine agricole in circolazione, non è mai stato emanato con conseguente mancata applicazione dell'articolo 111 del codice della strada;
   nel corso del 2012, e più precisamente il 18 dicembre 2012, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale la legge 17 dicembre 2012, n. 221, che ha convertito il decreto-legge n. 179 del 2012 recante, «Ulteriori misure urgenti per crescita del Paese». Il comma 48 dell'articolo 34 del citato decreto-legge riguardante la sicurezza e la revisione delle macchine agricole in circolazione:
    «Al fine di garantire adeguati livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro e nella circolazione stradale, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con decreto da adottare entro e non oltre il 28 febbraio 2013, dispone la revisione obbligatoria delle macchine agricole soggette ad immatricolazione a norma dell'articolo 110, al fine di accertarne lo stato di efficienza e la permanenza dei requisiti minimi di idoneità per la sicurezza della circolazione. Con il medesimo decreto è disposta, a far data dal 1o gennaio 2014, la revisione obbligatoria delle macchine agricole in circolazione soggette ad immatricolazione in ragione del relativo stato di vetustà e con precedenza per quelle immatricolate antecedentemente al 1o gennaio 2009, e sono stabiliti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, i criteri, le modalità ed i contenuti della formazione professionale per il conseguimento dell'abilitazione all'uso delle macchine agricole, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 73 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81»;
   i termini previsti per l'emanazione del decreto e l'entrata in vigore della revisione sono stati più volte prorogati fino all'emanazione del decreto «Milleproroghe» (decreto-legge n. 192 del 31 dicembre 2014, convertito dalla legge n. 11 del 28 febbraio 2015) con il quale è stata differita l'emanazione del decreto al 30 giugno 2015 e l'entrata in vigore della revisione al 31 dicembre 2015;
   per effetto di tale disposizione è stato pubblicato il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 20 maggio 2015 (G.U. 30 giugno 2015, n. 149) «Revisione generale periodica delle macchine agricole ed operatrici, ai sensi degli articoli 111 e 114 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285». Con detto decreto sono stabilite le tipologie di macchine che devono essere soggette a revisione nonché la relativa tempistica per l'effettuazione della revisione in relazione al loro grado di vetustà (si veda tabella allegata al decreto). La prima scadenza è fissata per il 31 dicembre 2017. Inoltre, tale decreto prevede all'articolo 5 che le modalità di esecuzione della revisione siano definite con successivo decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali;
   da ultimo, con il decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, l'entrata in vigore della revisione è stata ulteriormente procrastinata dal 31 dicembre 2015 al 30 giugno 2016, contrariamente all'indirizzo formulato nella risoluzione presentata dalla senatrice Gatti approvata in data 13 maggio 2015, a far sì che non si prevedessero ulteriori proroghe rispetto all'entrata in vigore dell'obbligo della revisione delle macchine agricole –:
   entro quali tempi i Ministri interrogati ritengono di adottare il decreto atto a specificare le modalità di esecuzione della revisione delle macchine agricole e operatrici ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 20 maggio 2015 (G.U. 30 giugno 2015, n. 149) «Revisione generale periodica delle macchine agricole ed operatrici, ai sensi degli articoli 111 e 114 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e quali saranno i suoi contenuti;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno dare tempi certi all'emanazione del decreto suddetto evitando, per quanto di competenza, iniziative volte a ulteriori proroghe o rimandi. (5-08216)


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società Mistral Air è un operatore aereo italiano che è presente nel settore charter a medio raggio ed è l'unica compagnia aerea italiana a capitale italiano, operante con aeromobili jet nel settore merci. È stata fondata nel 1981 da Carlo Pedersoli (in arte Bud Spencer) e dal 2002 è di proprietà del Gruppo Poste Italiane;
   da fonti stampa si apprende che in passato la società ha avuto diversi problemi di bilancio, avendo chiuso nel 2013 con una perdita di 7,4 milioni di euro anche a causa dei problemi politici verificatisi in Egitto, dove la compagnia effettuava voli per conto di tour operator;
   sempre da fonti stampa si apprende che, nella relazione allegata ai conti del bilancio 2013, descritta dai revisori della Pricewater house Coopers: «Gli amministratori della società hanno illustrato che il bilancio d'esercizio al 31 dicembre 2013 è stato predisposto nel presupposto della continuità aziendale, sulla base dell'impegno irrevocabile del socio unico Poste Italiane spa a supportare patrimonialmente e finanziariamente la controllata Mistral Air srl»;
   nell'anno 2014 la Mistral Air ha operato più di 10.000 voli, per un totale di circa 18.000 ore di volo e ha trasportato oltre 800.000 passeggeri. Da giugno 2014 inoltre Mistral Air opera per conto di Alitalia con 5 aeromobili ATR 72 e un Boeing 737 con le seguenti rotte:
    3 frequenze giornaliere da Roma per Ancona;
    3 frequenze giornaliere da Pantelleria per Palermo e Trapani;
    3 frequenze giornaliere da Lampedusa per Palermo e Catania;
    2 frequenze giornaliere da Trieste per Milano Linate;
    1 frequenza giornaliera da Trieste per Napoli;
   dal sito internet della Mistral Air si apprende che l'utilizzo della flotta aerea sui collegamenti in partnership con Alitalia rappresenta il primo passo nell'ambito dell'accordo di cooperazione industriale e di sviluppo delle sinergie fra Alitalia e Poste italiane, a seguito dell'investimento di Poste italiane nel capitale azionario di Alitalia;
   sembrerebbe quindi che la società Mistral Air abbia cambiato la sua vocazione da voli charter a voli di linea per conto di Alitalia, acquisendo aerei ATR e riducendo gli aerei Boing 737, ma tuttavia, da recenti fonti stampa, si apprende che la nuova Alitalia-Etihad avrebbe improvvisamente e prematuramente sospeso una parte di questi voli, annunciando la sospensione di tutti i contratti in essere tra la stessa società e la società Mistral;
   inoltre, sembrerebbe che Mistral Air al momento sia sprovvista di un piano economico indipendente da Alitalia e quindi tali cambi di strategie da parte di Alitalia-Etihad che potrebbero provocare problemi legati all'esistenza stessa della società Mistral Air, con conseguenti ripercussioni negative in ambito occupazionale che coinvolgerebbero circa 200 lavoratori;
   Alitalia-Etihad sembrerebbe orientata ad affidare le rotte prima affidate a Mistral Air ad un altro operatore Darwin (Ethiad, Regional). In merito, Ethiad regional è una compagnia che opera con COA Svizzero, ed essendo extracomunitaria potrebbe violare le libertà dell'area del codice di navigazione nel momento in cui eseguisse tratte interne in Italia;
   a giudizio dell'interrogante appare quindi anomalo e non corretto che Poste italiane sia precedentemente intervenuta in supporto di Alitalia, contribuendo quindi ad incrementare il capitale sociale, ed ora Alitalia-Etihad sia disposta a non continuare ad usufruire dei servizi di Mistral Air, provocando inoltre preoccupanti ripercussioni in ambito lavorativo –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti espressi in premessa e possano confermare, per quanto di competenza, quanto esposto, in particolare fornendo elementi anche in merito alle ragioni per cui Alitalia-Etihad avrebbe improvvisamente e prematuramente sospeso una parte dei voli realizzati da Mistral Air annunciando, al contempo, la sospensione di tutti i contratti in essere tra la stessa società a la società Mistral Air, nonostante l'incremento di capitale apportato da Poste ad Alitalia;
   di quali elementi disponga il Governo in merito alle prospettive future della compagnia Mistral Air e se siano già stati considerati i piani economici e industriali al fine di mantenere operativa la società e l'attuale assetto occupazionale;
   quali iniziative si intendano adottare al fine di salvaguardare l'occupazione dei lavoratori di Mistral Air. (5-08222)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sul quotidiano il Resto del Carlino del 5 marzo 2016 viene data notizia «Uscita a Ovest nel mirino della Corte dei conti. Il collegamento tra porto e A14 insieme alle grandi opere in odore di cricca». L'articolo prosegue: «Anche le procedure per la progettazione dell'uscita a ovest finiscono nel mirino della Corte dei conti insieme alle opere del G8 e agli intrecci tra aziende pubbliche e Mafia Capitale. È quanto è emerso dalla relazione del Procuratore regionale della Corte dei conti del Lazio Angelo Raffaele De Dominicis, che ieri ha inaugurato l'anno giudiziario e ha illustrato alcune delle inchieste avviate lo scorso anno. Tra queste, appunto, quella sul progetto Anas per il collegamento tra il porto di Ancona, l'autostrada A14 e la strada statale 16». Inoltre «L'inchiesta contabile si sarebbe sviluppata tutta a Roma, seguendo le fila delle procedure avviate dall'Anas. Già nel 2015 sulla bretella per l'uscita a ovest avevano messo gli occhi i magistrati di Firenze: secondo la Procura toscana i cantieri da aprire al porto di Ancona erano finiti nella cricca delle Grandi Opere. – A quanto pare Stefano Perotti aveva attivato i suoi contatti anche per dirigere i cantieri dell'uscita, almeno stando a quanto emerge da un'intercettazione telefonica del 20 ottobre 2014, Giulio Burchi, ex presidente del CdA di Italfer e attualmente figura di vertice in società partecipate a capitale misto pubblico privato, parlando al telefono con un amico critica il sistema per cui le direzioni lavori vengono affidate dalle imprese aggiudicatarie con lo schermo del general contractor. Ad un certo punto dice: sta negoziando le ultime direzioni lavori per Perotti che sono Porto di Ancona e il secondo tratto della Treviglio». In effetti il Procuratore generale della Corte dei conti, nella sua relazione (pagine 3 e 4), ha affermato: «Inoltre, vanno segnalate alcune istruttorie, di assoluto rilievo contabile iniziate proprio nel 2015. Tra esse, gli illegittimi compensi nella progettazione delle opere del G.8 a “La Maddalena”, in Sardegna; il progetto ANAS per il collegamento tra il Porto di Ancona e la A14 e SS16; l'inchiesta sulle tangenti ANAS, ....»;
   un'altra istruttoria sull'affare relativo all'uscita a ovest di Ancona è stata attivata dall'Anac, a seguito di esposti dall'interrogante e dal movimento Sinistra per Ancona; indagine che, come risulta all'interrogante, è tutt'ora in corso;
   le innumerevoli irregolarità che hanno caratterizzato l'affare uscita a ovest sono già state evidenziate in precedenti atti di sindacato ispettivo degli interroganti, che sono ancora senza risposta. In particolare, è già stato segnalato come nel primo schema di convenzione del 19 novembre 2012 era prevista all'articolo 11.8, che «in sede di approvazione del progetto definitivo si terrà conto in particolare: a) ....(omissis); b). ... (omissis); c) delle modificazioni degli scenari macroeconomici sopravvenuti alla proposta con riferimento ai livelli di traffico attesi e alle condizioni di accesso al credito. Ove sia necessario attingere a fonti addizionali alla revisione tariffaria per assicurare l'equilibrio del PEF/PFR, al concessionario potrà essere riconosciuto, anche in aggiunta ad un eventuale contributo pubblico, l'accesso ai benefici fiscali previsti dalle leggi applicabili ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 183 del 12 novembre 2011». Eppure la gara è stata vinta dall'ATI Impregilo, Astaldi, Pizzarotti ed Itinera, con il presupposto che il concessionario avrebbe progettato, costruito e gestito l'opera SENZA ALCUN CONTRIBUTO PUBBLICO; Un project financing senza contributi pubblici;
   nel secondo schema di convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali, rappresentata dal capo della struttura di vigilanza Mauro Coletta e il presidente della Passante Dorico S.p.a., ingegnere Michele Longo, siglata il 18 dicembre 2013 scompare il predetto contributo statale, ma restano altre condizioni capestro per lo Stato come quelle previste agli articoli 9-bis 1 e 9-bis 2; In particolare si rileva che l'articolo 9-bis 1 dispone che «fermo restando quanto previsto al precedente articolo 9, il Concessionario avrà diritto, nel rispetto del principio di affidamento, ad un indennizzo/risarcimento a carico del Concedente in ogni caso di recesso, revoca per motivi di pubblico interesse, risoluzione per inadempimento del Concedente e/o comunque cessazione anticipata del rapporto di Convenzione pur indotto da atti o fatti estranei alla volontà del Concedente, anche di natura straordinaria e imprevedibile.; l'articolo 9-bis 2 stabilisce che in tal caso – fermo restando il subentro del Concedente in tutti i rapporti attivi e passivi di cui è titolare il Concessionario e relativi all'oggetto della presente convenzione – l'indennizzo/risarcimento di cui al comma 1, dovuto dal Concedente al Concessionario sarà pari ad un importo corrispondente alla seguente sommatoria: a) il valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero nel caso in cui le opere non abbiano ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal Concessionario; b) le penali e gli altri sostenuti o da sostenere in conseguenza della risoluzione; c) un indennizzo, a titolo di risarcimento del mancato guadagno, pari al 10 per cento del valore delle opere da eseguire ovvero della parte del servizio ancora da gestire valutata sulla base del piano economico finanziario»;
   anche tali irregolarità vengono segnalate dall'interrogante in atti di sindacato ispettivo e mediante note al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Ragioneria generale dello Stato;
   dopo nove mesi, il 2 settembre 2014, viene firmata una «Scrittura integrativa» alla Convenzione già firmata il 18 dicembre 2013 tra l'architetto Coletta e l'ingegnere Longo. Scrittura integrativa che recepisce, almeno in parte, i rilievi mossi dal Ministero dell'economia e delle finanze, dagli interroganti e da altri soggetti che da tempo seguono lo stranissimo comportamento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e della struttura di vigilanza sulle concessioni autostradali. Scrittura integrativa che viene firmata dalle stesse persone (architetto Coletta – ing. Longo) e che viene trasmessa, ai fini del concerto per l'emanazione del decreto interministeriale da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze inerente all'approvazione della concessione;
   a seguito dell'emanazione del decreto interministeriale la società Passante Dorico ha prodotto il progetto definitivo per l'uscita a ovest. Nel frattempo, il Vice Ministro, Senatore Nencini, ha rilasciato una serie di dichiarazioni come riportate dalla stampa. In una del 17 gennaio 2015 tra l'altro sostiene: «Voglio essere chiarissimo. Perché un privato ha interesse a intervenire ? C’è una legge dello Stato che prevede la defiscalizzazione ed è del 2011, non è stata fatta per l'uscita a ovest. E poi c’è il pedaggiamento. È un piano che criticamente tiene. (...) Quindi vigilanza e attenzione sul piano economico. Ad oggi non vedo alternative ad un investimento da parte dello Stato, sostitutivo del privato. A giorni spero arrivi la bollinatura della Corte. Se arrivasse in tempi molto rapidi, c’è anche la possibilità di agganciare finanziamenti comunitari».
   il 30 maggio 2015 Il vice Ministro Nencini: «L'uscita a ovest è confermata. A cavallo tra agosto e settembre l'impresa concessionaria presenterà il progetto definitivo. Siamo a buon punto. Il concessionario continua a sostenere che il piano regge. E il rischio che finisca per attingere ai fondi pubblici è scongiurato dall'intenzione del Ministro Delrio di negare sovvenzioni statali alle opere realizzate da privati»;
   sul Messaggero del 28 dicembre 2015: «L'incognita invece resta sempre il collegamento tra il porto di Ancona e la A14. Si tratta del progetto dell'uscita a ovest, dallo scorso ottobre al vaglio del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze. Da Roma avevano promesso un'istruttoria rapida, non oltre un paio di mesi, per poter recuperare il tempo perso e passare al più presto alla fase di progettazione esecutiva, con l'obiettivo di tagliare il nastro tra il 2020 e il 2021. La luce verde dai ministeri però non è ancora arrivata. Cosa sta succedendo ? I tecnici stanno valutando se tornano i conti e i numeri forniti dalla cordata di imprese vincitrici. Allo studio infatti c’è sia il piano del traffico che deve conteggiare il volume di veicoli in transito lungo la bretella sia il piano economico finanziario dell'opera da 480 milioni di euro, IVA esclusa, da realizzare in project financing, cioè ripagata attraverso il pagamento dei pedaggi da parte di trasportatori e automobilisti senza aiuti dallo Stato»;
   benché siano trascorsi altri quattro mesi, la verifica dei dati non ha sortito alcun effetto e l'uscita a ovest è al centro di varie indagini da parte della magistratura contabile e dall'Anac –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti;
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, siano state assunte in relazione a eventuali responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare alla luce delle ipotizzate condotte infedeli come individuate dalla Corte dei conti del Lazio;
   quale sia il costo dell'opera risultante dal progetto definitivo redatto dalla società Passante Dorico Spa, concessionaria per la realizzazione del progetto;
   quali siano le tariffe di pedaggiamento previste per le diverse categorie di veicoli; quali volumi di traffico vengano ipotizzati nel corso degli anni; se il piano economico finanziario e il piano finanziario regolatorio prevedano contributi da parte dello Stato o misure di defiscalizzazione a carico dello Stato. (5-08232)


   CANCELLERI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso dagli organi dagli organi di stampa dell'operazione Damanera2 in merito a vicende corruttive gravi nell'ANAS, operata dalla Guardia di finanza, culminata con gli arresti dell'11 marzo 2016, il quotidiano online Meridionews scriveva «Un marciume diffuso all'interno di uno degli enti pubblici più in vista nel settore economico degli appalti. A scriverlo è il gip del Tribunale di Roma, che oggi ha firmato le nuove ordinanze di custodia cautelare nell'ambito del secondo capitolo dell'inchiesta Dama Nera, l'indagine su appalti sospetti e mazzette che riguarda Anas e imprenditori. Anche stavolta, tra i nomi delle 19 persone – in tutto sono 36 gli indagati – per le quali la Procura di Roma ha disposto le misure restrittive, ci sono gli imprenditori Mimmo Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice, vertici del colosso dell'edilizia catanese Tecnis che di recente è stato sequestrato su impulso della direzione investigativa antimafia. Le accuse vanno dalla corruzione alla turbata libertà degli incanti, passando per l'autoriciclaggio e favoreggiamento personale. Secondo gli inquirenti, i vertici Anas avrebbero facilitato l'aggiudicazione di gare d'appalto a specifiche imprese, nei confronti delle quali si sarebbero mossi anche per sbloccare contenziosi, disapplicare penali e assicurare indebiti indennizzi in relazione a procedure di esproprio. L'operato dei funzionari pubblici per anni si sarebbe concretizzato in un «mercimonio», dove in cambio dei servizi illeciti prestati i dirigenti avrebbero ottenuto vantaggi e utilità (...) Gli imprenditori beneficiari del sistema corruttivo avrebbero pagato circa 800mila euro, cifra sequestrata dalle fiamme gialle. A finire al centro dell'attenzione della magistratura diversi appalti: dall'itinerario basentano – compreso il raccordo autostradale Sicignano-Potenza – ai lavori sulla statale 117 Centrale Sicula. In quest'ultimo caso, gli interventi aggiudicati nel 2014 furono cofinanziati dalla Regione Sicilia. Le altre gare condizionate sarebbero quelle per i lavori alla ss96 Barese e alla ss268 del Vesuvio, ma anche quella per la realizzazione, nel 2011, della nuova sede Anas a Campobasso. L'operazione ha portato anche all'arresto di un avvocato romano, responsabile, secondo gli inquirenti, di essere stato «intermediario, per conto di un'azienda romana» del pagamento di una tangente da 10mila euro ad Antonella Accroglianò, la dirigente le cui ammissioni hanno dato il la alla prima inchiesta Dama Nera»;
   a proposito delle indagini su Damanera2 la Voce delle Voci ha scritto il 12 marzo 2016: «Eccoci ora a due sigle che fanno capolino tra le carte investigative. E che ci conducano ad altri politici di riferimento (anche se non inquisiti). Si tratta di due candide «fondazioni onlus», di prassi costituite per fini umanitari e solidaristici, stavolta messe in vita per raggiungere scopi un po’ più prosaici. Di pretto sapore Onu la prima, nientemeno che «Fondazione della libertà per il bene comune», sicuramente nel Pantheon le icone di Gandhi e papa Francesco, che forse non avrebbero condiviso la scelta della sede nell'elegantissima location di Fontanella Borghese, a un passo da maison Fendi: alla guida Altero Matteoli, ex ministro dell'Ambiente e delle Infrastrutture, ex duro di An poi berlusconiano convinto, inquisito dalla procura di Venezia per lo scandalo del Mose. Al suo fianco il neo indagato nella seconda tranche dell'inchiesta Anas, il deputato toscano Marco Martinelli, che disegna lo stesso tragitto politico del «capo»: da colonnello di An a forzista doc. Membro della commissione lavori pubblici alla Camera, Martinelli è il vice presidente della Fondazione che si batte per libertà e beni comuni (sic). Siamo solo all'inizio, perché l'organigramma della Fondazione-onlus è ancora tutto da scoprire: del team, infatti, fanno parte Roberto Serrentino, per molti anni componente del collegio sindacale dell'Anas ed Erasmo Cinque, grande amico di Matteoli, costruttore, coinvolto nell'inchiesta sul Mose. Ma, soprattutto, Giovan Battista Papello: un nome, una storia da raccontare. Faccendiere a tutto campo, Papello, il cui nome fa capolino diverse volte nelle inchieste dell’ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris (oggi sindaco di Napoli e con ottime chance per una riconferma alle amministrative di giugno), impegnato allora a ricostruire le trame d'affari — spesso e volentieri all'ombra delle logge massoniche — in Calabria. Commissario straordinario per l'emergenza idrica e ambientale in quella regione, Papello ha fatto parte del cda di Anas, per diventarne poi consulente. Una vocazione, la sua, quella di viaggi & trasporti: in gita verso la Svizzera, venne fermato con una borsa carica di banconote, la bellezza di due milioni di euro. (...) Passiamo alla seconda società che compare tra le carte degli inquirenti impegnati nella «Dama Nera connection». Evocativo il suo nome, «Formiche». E come laboriose formichine, infatti, si rimboccavano le maniche i suoi animatori. Al timone Alberto Brandani, alias ’O professore, altro nome altra storia. Un buon tratto della sua carriera, guarda caso, viene percorso sotto il protettivo ombrello del Monte dei Paschi di Siena, crocevia di tanti affari e troppi misteri (tre anni fa veniva «suicidato» il capo delle piene David Rossi, un anno dopo l'archiviazione, da qualche mese la riapertura del giallo). Poi passa all'Anas, Brandani, e il suo tragitto comincia con la presidenza di Vincenzo Pozzi, nominato nel 2002 dal ministro-progettista Pietro Lunardi, berlusconiano doc: Brandani fa il suo ingresso nel consiglio d'amministrazione. Ma è con Ciucci che fa il salto, quando passa a capeggiare la strategica area della «Sorveglianza» di tutti i lavori Anas (...). Elisabetta Parise. Ed eccoci alla seconda «Dama» più o meno nera della story. Arrestata l'11 marzo scorso dai finanzieri del Gico e del nucleo tributario, responsabile delle «risorse umane» in casa Anas, la Parise è accusata di alcuni episodi di corruzione, agevolati, stando alle imputazioni, «dalle relazioni da lei vantate con il mondo della politica». In particolare, avrebbe agevolato i rapporti tra Dama Accroglianò e alcuni politici, tra cui proprio Martinelli. Tornando alla Fondazione numero 2, Formiche, la Parise figura nell'organigramma in qualità di «responsabile del settore giovani». Ai quali fornire, dunque, una preparazione a base di mazzette e raccomandazioni risolvitutto e di corsie preferenziali stile Anas»;
   il Fatto quotidiano dell'11 marzo 2016 rendeva noto che, secondo gli inquirenti le trattative per una parte delle «mazzette» Anas di cui alla indagine «Damanera» si tenevano all'interno degli uffici romani della Fondazione della Libertà per i Beni comuni;
   d'altronde, l'Espresso, 2015 con Turano il 15 dicembre 2015 così sosteneva: «Nell'elenco della Tributaria figurano ’nove società, tutte sottoposte a perquisizione: Tecnis-Cogip, De Sanctis, Vidoni, Ricciardello, Vittadello, Aleandri, Lauro, Società italiana costruttori stradali e Sac. Il gruppo Tecnis-Cogip degli imprenditori catanesi Concetto Bosco Lo Giudice e Francesco Domenico Costanzo, entrambi arrestati insieme ad Accroglianò, rappresenta l'esempio ideale per mostrare il potere della dirigenza di medio livello ma pone interrogativi anche sul vertice aziendale. Ascesa e caduta di Tecnis. Il 2013 è un anno d'oro per Tecnis-Cogip, impresa emergente nel panorama delle opere pubbliche con appalti assegnati dall'Anas per centinaia di milioni di euro, incluso il viadotto Scorciavacche sulla Palermo-Agrigento, smottato un anno fa pochi giorni dopo l'inaugurazione. Nel marzo 2013 Bosco e Costanzo, attraverso il loro consorzio Uniter, ottengono un premio di accelerazione da 26 milioni di euro per un piccolo lotto da 11 chilometri fra Calabria e Basilicata sul tracciato della Salerno-Reggio Calabria, l'autostrada che Ciucci ha promesso urbi et orbi di terminare appunto entro il 2013. Quattro mesi dopo, a luglio, arriva un altro successo. Tecnis vince l'appalto per la variante di Morbegno, un lavoro da 145 milioni di euro assegnato in via definitiva alla fine del 2013, con la progettazione del potente Antonio Bevilacqua di Italconsult e grazie all'appoggio di Ugo Dibennardo, dirigente del compartimento siciliano dell'Anas in Sicilia per cinque anni, direttore centrale progettazione con Ciucci. Ma la Tecnis è in difficoltà finanziarie. Si tiene l'appalto per un anno. In questo periodo iscrive riserve che accrescono il costo dell'opera e poi, nell'impossibilità di realizzarla, la cede per 15 milioni di euro alla Cossi, storica impresa valtellinese acquisita dal colosso Condotte nel 2008. All'inizio di novembre, durante un interrogatorio nel carcere romano di Rebibbia, la Dama nera ha confermato le relazioni privilegiate delle società catanesi con il democrat calabrese Luigi Meduri, ex sottosegretario alle infrastrutture messo agli arresti nell'inchiesta Dama nera. Ma non era il solo Meduri a garantire buone relazioni e lavoro lobbistico fra imprenditori privati e manager pubblici. Il tandem Bosco-Costanzo, secondo Accroglianò, aveva «relazioni importanti in Anas, con i vertici». Quando i giudici hanno chiesto chiarimenti, la Dama Nera è stata esplicita. «Il punto di riferimento di Meduri all'Anas era Ciucci. Non ero io. Meduri incontrava Ciucci, non so dire con che frequenza»;
   a parere degli interroganti il sistema che emerge dalle indagini e dai passi riportati al riguardo, dagli organi di stampa citati è particolarmente subdolo e impressionante; già il sistema Anas era stato squassato dalle inchieste su Tangentopoli degli anni 90 e l'azienda Anas che ne era uscita dalle ceneri, era tutt'altro che esente da vicende corruttive; anzi si è insediata una struttura di comando che contava su un dirigente come la Accroglianò, la dama Nera, sul capo delle risorse umane; la garanzia della libera concorrenza e del mercato negli appalti ANAS sembrava essere una chimera, al più un richiamo utile come slogan. I convegni: il caso della Tecnis, che vinceva molti appalti «truccati» è emblematico, in quanto senza l'artificio dei trucchi ad avviso dell'interrogante difficilmente avrebbe potuto «reggere» nel campo degli appalti, giacché malgrado gli aiuti corruttivi era pure in una situazione di difficoltà finanziarie;
   a parere degli interroganti è pure particolarmente inquietante l'intreccio, emerso dalle indagini della Guardia di finanza, tra determinati gruppi politici nazionali e locali con alcune fondazioni, che delinea anomalie; in particolare, emerge il ruolo della Fondazione della libertà per il bene comune il cui Presidente, Matteoli, già più volte Ministro, è indagato per le vicende Mose e Damanera, il cui vicepresidente, Martinelli, è indagato per Damanera, il cui socio fondatore Erasmo Cinque è indagato per la vicenda Mose ed è più volte presente in vari passi delle intercettazioni di molti imputati di cui al processo Mafiacapitale/Mondodimezzo –:
   se il Governo non ritenga opportuna una dettagliata attività di audit sulla macrostruttura dell'Anas per correggere eventuali punti critici che possano rimettere in piedi la rete corruttiva, rigenerando così i meccanismi che inibiscono la libera concorrenza tra imprese;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per riformare i sistemi di controllo sull'Anas;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per riformare il sistema delle fondazioni in considerazione delle relazioni pericolose che possono intercorrere tra politica, finanziamenti e attività di lobbying e in ogni caso promuovere, nell'esercizio dei poteri di vigilanza di cui all'articolo 25 del codice civile, un'ispezione, per il tramite della competente prefettura, per verificare il rispetto del principio di legalità nella Fondazione della Libertà per i beni comuni. (5-08233)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FIANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 17 marzo 2016 a Roma un tifoso dello Sparta Praga, giunto nella capitale per seguire l'incontro di calcio dell'Europa League contro la Lazio, si è reso protagonista insieme ad altri tifosi, di un episodio deplorevole, urinando su una donna che era intenta a chiedere l'elemosina su Ponte Sant'Angelo, suscitando risate di scherno tra i suoi compagni di viaggio, nell'indifferenza dei passanti;
   la fotografia scattata da un passante, che raffigurava la grave umiliazione di cui era vittima la mendicante romena nel cuore della Capitale, successivamente identificata come una donna di 45 anni di nome Emanuela, ha rapidissimamente fatto il giro del mondo, sollevando interrogativi e domande, e suscitando il generale disprezzo per un atto così deplorevole;
   l'episodio citato ha certamente rappresentato il raggiungimento di uno dei punti più bassi cui può giungere l'essere umano, e ha costituito una grave offesa all'umanità intera che non può restare indifferente –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di giungere al più presto all'identificazione e al perseguimento degli autori di questo vile gesto, anche al fine di ottenere che siano ufficialmente e pubblicamente rese le scuse alla mendicante rumena che ha subito tale umiliazione. (5-08230)


   MARTELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 marzo 2016 è avvenuta presso il deposito Actv, azienda di trasporto pubblico, in via Matteotti a Dolo (Prov. Ve) una aggressione ai danni di un autista dell'azienda;
   non è la prima volta che dipendenti dell'azienda di trasporto pubblico locale vengono aggrediti durante lo svolgimento del loro lavoro;
   si tratta della seconda aggressione registrata in meno di dieci giorni;
   da una prima ricostruzione dei fatti sembra che l'aggressore stesse aspettando l'autobus alla fermata di Ca’ Tron, lungo la Brentana, fermata che viene sospesa durante gli orari di ingresso e uscita degli studenti delle scuole superiori;
   l'aggressore, vedendo arrivare l'autobus, si è messo in mezzo alla strada per fermare il mezzo di trasporto e ha iniziato a tirare calci contro il mezzo e ad inveire nei confronti dell'autista che gli spiegava che non poteva farlo salire poiché esiste un ordine di servizio;
   l'autobus è poi ripartito e ha finito la propria corsa al deposito di Dolo;
   l'aggressore ha anch'esso raggiunto il deposito e la discussione è degenerata con l'autista colpito al volto da una testata che gli ha procurato una frattura al setto nasale;
   l'aggressore è poi scappato nonostante il tentativo dei colleghi dell'autista di fermarlo;
   sulla vicenda stanno indagando i carabinieri della Tenenza di Dolo;
   da tempo sono stati attivati più controlli, anche con la collaborazione dell'associazione nazionale Carabinieri, coinvolgendo gli ex militari in pensione come fattore di deterrenza ma non è sufficiente –:
   se il Governo non ritenga opportuno, di fronte al ripetersi di episodi quali quelli descritti in premessa, valutare la possibilità di realizzare, d'intesa con l'ente locale, la regione e l'azienda di trasporto, sistemi che tutelino efficacemente la sicurezza sui mezzi pubblici, in particolare mediante l'installazione di sistemi di videosorveglianza e di dispositivi SOS collegati con le centrali operative delle forze dell'ordine, adoperandosi, a tal fine, per accedere a finanziamenti rinvenienti da fondi comunitari 2014-2020. (5-08231)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come è stato ripreso anche dai quotidiani locali, nel mese di luglio 2015 erano giunti a Cantù sei stranieri, forse richiedenti asilo, per essere alloggiati temporaneamente in un appartamento gestito dalla Croce Rossa Italiana;
   secondo gli ultimi dati disponibili alla data del 20 gennaio 2016 dell'Ufficio del monitoraggio delle presenze e della movimentazione presso la direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'Interno, risulta invece che a Cantù nelle strutture temporanee di accoglienza sono registrate in totale ben trentatré presenze;
   oltre ai sei di cui era già nota la presenza, si apprende ora che nel frattempo altri ventisette stranieri sarebbero stati alloggiati in quattro diversi appartamenti e la loro accoglienza sarebbe gestita, come in numerosi altri comuni della zona, dalla cooperativa Intesa Sociale;
   sebbene i dati di cui sopra siano ufficiali e vengano comunicati dalla prefettura alla direzione centrale dei servizi civili, non si è avuta preventiva notizia, come invece accaduto nel mese di luglio 2015, dell'arrivo di ulteriori stranieri nel territorio canturino –:
   di quale nazionalità siano le trentatré persone ospitate nei cinque appartamenti a Cantù, sia in quello gestito dalla Croce Rossa che nei quattro gestiti dalla Cooperativa Intesa Sociale, se abbiano presentato domanda di asilo, a quale punto sia la procedura per l'esame della domanda ed eventualmente, se vi siano stati il rigetto o il riconoscimento della protezione internazionale;
   se da luglio 2015 i sei stranieri ospitati dalla Croce Rossa Italiana siano gli stessi;
   da quando i ventisette stranieri siano ospitati a Cantù e dove siano ubicati gli alloggi in cui dimorano;
   se qualcuna delle persone ospitate abbia precedenti penali o denunce a carico. (4-12609)


   ANDREA MAESTRI, BRIGNONE, CIVATI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 20 marzo 2016 la trasmissione Mediaset «Le Jene» ha trasmesso un agghiacciante servizio che ha denunciato una realtà già nota, purtroppo, che persiste nell'area della stazione Termini di Roma dove vi sono minorenni che si prostituiscono e spacciano droghe;
   si tratta di ragazzi stranieri aventi un'età di 13 anni, o di poco più, i quali, per pochi euro, si vendono per prestazioni sessuali ad adulti i quali ben conoscono il giro di prostituzione che da troppi anni esiste nei pressi della stazione e che, nonostante blitz saltuari da parte della polizia, continua a essere un luogo sicuro di adescamento di sesso a bassissimo costo;
   intorno alle 8.30 di un normale giorno feriale, quando i ragazzi dovrebbero frequentare la scuola, il giornalista della trasmissione inizia il proprio giro alla stazione facendosi credere un «adescatore»;
   inizialmente utilizza un linguaggio fatto di sottintesi e, in seguito all'individuazione di un giovane di 15 anni disponibile, parlando chiaro e spacciandosi per un cliente, si fa dire i luoghi dove gli atti solitamente vengano svolti: i bagni pubblici o le carrozze dei treni fermi dove si può accedere tranquillamente perché lasciati senza alcun controllo;
   il ragazzo appare come un emigrato del tutto simile a tanti suoi coetanei. È giunto in Italia da pochi mesi, è orfano di padre, non ha soldi e non è gay, ma vende il suo corpo a uomini adulti per guadagnare qualche soldo. L'intervistatore scopre poi con orrore che il ragazzo non si dota nemmeno della più elementare precauzione, utilizzare un preservativo, per non mettere a rischio continuo la propria vita a causa del possibile contagio di malattie come l'HIV o l'epatite C;
   l'intervistatore arrivato a quel punto del servizio si svela per ciò che è realmente perché di fronte a sé ha un bambino, inconsapevole degli altissimi rischi a cui va incontro con la sua condotta e cerca di scuoterlo e di farlo ragionare, pur sapendo che una volta salutato continuerà con la sua solita misera vita. Il giro continua e l'inviato trova dopo poco un altro ragazzino disponibile a fare le stesse cose;
   alla stazione si trovano con uguale facilità minori che vendono droga: cocaina o hashish. Infatti il giornalista, continuando il suo servizio, individua un gruppetto di adolescenti aventi un'età compresa tra i 13 e i 15 anni che negano di venderla perché ancora piccoli, ma che indirizzano i clienti verso chi invece la vende: ragazzini sempre minorenni poco più grandi di loro;
   il servizio televisivo prosegue rivelando numerose situazioni di disagio, emarginazione e criminalità organizzata in cui i protagonisti principali sono sempre minori stranieri sui quali nessuno vigila;
   loro stessi confessano di vivere nelle case famiglia (o di esserne scappati), dove non esiste controllo, di essere arrivati in Italia con i «barconi», di aver pagato migliaia di euro per quei viaggi e di fare questi lavori inizialmente per saldare il debito e poi di proseguire per pagarsi la droga per sé stessi, cosa che gli è necessaria per non pensare ai propri problemi. Confessano di essere arrivati in Italia pensando di trovare un buon lavoro e di essersi resi conto solo dopo che in Italia gli arabi non li vuole nessuno;
   il seguito del servizio mette in luce un'altra miserevole realtà dove, sempre minori migranti, lavorano nei mercati generali in nero e sottopagati, pur vivendo nelle case famiglia. I responsabili di questi centri, intervistati, hanno candidamente ammesso di non poter controllare i ragazzini quando escono, non essendo le case famiglie delle carceri, quindi specificando anche di garantire loro cibo e vestiario;
   le linee guida del Ministero dell'interno prevedono, però, che, oltre a cibo e vestiario, essi debbano garantire il diritto all'istruzione, all'assistenza sanitaria e il diritto al lavoro, ma solo al compimento dei 15 anni, se assolto l'obbligo scolastico. È evidente che questo non è sempre ciò che accade;
   si ricorda che le case famiglia, in questo caso di Roma, percepiscono dallo Stato italiano dai 50 ai 150 euro a minore, al fine di occuparsene e tutelarlo;
   da fonti di stampa locale si è appreso che il 30 gennaio 2016, è stato arrestato alla stazione Termini un ingegnere americano 52enne con l'accusa di pedofilia. L'uomo è conosciuto nell'ambiente come «l'inglese» e dopo l'arresto soprannominato «l'orco» della stazione Termini;
   l'ingegnere consumava rapporti sessuali con minorenni, adescati nei pressi della stazione, in cambio di un lauto compenso. Il tutto accadeva in un appartamento affittato, secondo gli inquirenti, proprio per questo scopo;
   il suo arresto, effettuato dalla polizia di Stato, scaturisce dai servizi di controllo effettuati quotidianamente nella zona della stazione Termini, secondo il piano predisposto dal questore D'Angelo. In particolare, gli investigatori del commissariato Viminale, diretti dal dottor Antonio Pignataro, venuti a conoscenza della notizia, hanno dato il via ad una serrata attività d'indagine che ha permesso di individuare l'appartamento in questione. È stato quindi pianificato un attento servizio di osservazione, anche attraverso l'installazione di telecamere, che ha permesso di accertare gli abusi sessuali, che duravano ormai da alcune settimane, ed avevano coinvolto numerosi bambini, soprattutto stranieri. Gli agenti hanno quindi fatto una vera e propria irruzione all'interno dell'appartamento dove l'uomo è stato bloccato proprio durante la consumazione di un rapporto sessuale;
   è stato un bene aver predisposto controlli, telecamere e servizi di osservazione eppure, ad avviso degli interroganti chiunque dotato di un minimo di spirito di osservazione, recandosi alla stazione Termini, potrebbe rendersi rendere conto di quanti ragazzi circolano in quell'area, inoccupati e palesemente «in attesa» di clienti –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere per effettuare un monitoraggio costante e risolutivo, affinché venga interrotto lo sfruttamento sessuale di minori e il loro coinvolgimento nel traffico di droga;
   se, alla luce di quanto ampiamente descritto, non ritenga opportuno assumere iniziative volte a promuovere, per quanto di competenza, verifiche e controlli presso le case famiglia al fine di vigilare efficacemente sulla corretta attuazione delle linee guida per i minori stranieri non accompagnati. (4-12611)


   CAPARINI e INVERNIZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   alcuni giorni fa è stata aggredita su un treno nella tratta Treviglio-Milano una ragazza bergamasca di 22 anni, che si trova ancora all'ospedale San Raffaele di Milano;
   come appreso dai media locali e nazionali, la ragazza è stata assalita da un romeno di 32 anni che l'ha colpita brutalmente con un martello frangivetro recuperato in una carrozza;
   la giovane malcapitata ha rischiato di essere uccisa per un cellulare e 15 euro, ovvero il magro bottino che l'uomo si è portato via dopo averla sorpresa alle spalle e colpita ripetutamente alla testa con un martello, così forte da spaccarle la teca cranica;
   la giovane, nonostante la brutale violenza, non ha perso conoscenza ed è riuscita a fornire elementi importanti per l'identificazione dell'uomo, ripreso dalle telecamere di sorveglianza della stazione di Treviglio (BG), mentre saliva a bordo del treno sul quale è avvenuta l'aggressione;
   il 32enne ha precedenti per reati violenti e nel 2015 era già stato accompagnato alla frontiera in esecuzione di un ordine di espulsione dall'Italia –:
   se non ritenga opportuno verificare che i provvedimenti di espulsione siano effettivamente eseguiti e quali siano le misure adottate per evitare il rientro di coloro che siano stati espulsi;
   quali urgenti iniziative di competenza intenda intraprendere affinché non si ripetano episodi di tale ingiustificabile crudeltà. (4-12612)


   RICCIATTI, COSTANTINO, FAVA, SCOTTO, FRATOIANNI, PANNARALE, QUARANTA, PIRAS, SANNICANDRO, MELILLA e DURANTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 marzo 2016 si è tenuta una vasta operazione antidroga dei carabinieri di Ancona, Pesaro, Ascoli Piceno e Foggia, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Ancona (Ansa, 22 marzo 2016);
   l'operazione denominata «damasco», che ha avuto avvio all'alba, ha portato all'arresto di 10 persone: 9 italiani, provenienti tutti dal Sud Italia e trapiantati da anni nelle Marche e uno straniero, con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di cocaina, hascisc e marijuana;
   le sostanze stupefacenti venivano acquistate anche all'estero, per essere rivendute nelle province di Ancona e Pesaro da una rete di spacciatori gestita esponenti della criminalità siciliana;
   secondo gli inquirenti l'organizzazione criminale utilizzava spesso metodi violenti per il recupero di denaro di precedenti forniture di droga, come ad esempio l'incendio delle automobili dei debitori come atto intimidatorio. Inoltre, disponeva di armi e quantità di denaro utilizzate anche per il sostegno economico e legale sia agli associati che ai piccoli spacciatori, nell'eventualità di un loro arresto. Una modalità organizzativa tipica delle organizzazioni criminali «mature»;
   tra i 45 indagati, destinatari provvedimenti da parte della magistratura, spicca anche un collaboratore di giustizia, legato a Cosa Nostra;
   l'episodio richiamato è l'ennesimo relativo ad infiltrazioni criminali di stampo mafioso nella regione Marche –:
   se il Ministro interrogato non intenda riferire sul livello delle infiltrazioni criminali che sta interessando la regione Marche negli ultimi anni;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di contrastare con maggiore efficacia l'espansione delle organizzazioni criminali nel territorio suddetto. (4-12615)


   MARTELLI e ZARATTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è ormai imminente lo sgombero di tutti gli ospiti accolti nel «centro di raccolta rom» di via Salaria 97. La data nella quale detto sgombero sarà esecutivo, decisa dal comune di Roma, è stata infatti stabilita — come ricorda l'Associazione 21 Luglio — per il 28 marzo 2016 e questo comporterà l'allontanamento forzato di 325 persone rom, tra cui 139 minori e decine di anziani gravemente malati;
   peraltro la decisione del comune di Roma di allontanare tutti gli ospiti accolti nel centro di raccolta rom, è stata presa senza concedere loro alcuna alternativa abitativa adeguata;
   come denunciato anche dall’«Associazione 21 luglio», lo sgombero che il comune intende porre in atto, avrebbe come conseguenza quella di rendere ulteriormente vulnerabili uomini, donne e bambini e di interrompere inevitabilmente il percorso scolastico di 55 minori che attualmente frequentano regolarmente la scuola;
   si segnala, inoltre come nei fogli di dimissioni notificati alle famiglie e firmati dal dipartimento delle politiche sociali, si fa riferimento al superamento «del tempo di permanenza presso la struttura, in considerazione del carattere di temporaneità dell'accoglienza». Tuttavia, sottolinea l'Associazione 21 luglio, l'entità del periodo di accoglienza nel centro di via Salaria non è presente in alcun regolamento della struttura, né è mai stato comunicato alle famiglie al momento dell'ingresso;
   già nel passato era emersa la necessità di un superamento di una struttura priva dei requisiti strutturali e organizzativi previsti dalla legge regionale e nazionale e in cui, dal novembre 2009, sono concentrate comunità rom su base etnica e in violazione dei diritti fondamentali. Il centro, peraltro, è gestito dal Consorzio Casa della Solidarietà, che è stato commissariato in virtù degli sviluppi dell'inchiesta su «Mafia Capitale»;
   il superamento di questa struttura, non può però avvenire attraverso dimissioni collettive che non prevedono adeguate alternative abitative per le 325 persone rom;
   si ricorda che con l'attuazione della «strategia nazionale d'inclusione dei rom, sinti e camminanti», già approvata dal Governo nel febbraio del 2012, il comune di Roma, così come le altre città d'Italia avrebbe potuto accedere ai finanziamenti europei con totale risparmio per le già «saccheggiate» casse pubbliche. Con la decisione dello sgombero forzato, e quindi di mettere sulla strada i suddetti nuclei familiari, interrompere la frequenza scolastica dei bambini, negare l'accoglienza a decine di anziani con invalidità anche gravi, Roma si pone secondo gli interroganti in chiaro contrasto con la medesima strategia nazionale;
   più in generale, si segnala peraltro che i costi economici, sociali e umani degli sgomberi sono estremamente alti: al di là della lesione degli stessi diritti umani subita troppo spesso dai soggetti che si vedono allontanati con la forza, il costo economico medio di un solo sgombero è di circa 75 mila euro, con l'effetto conseguente di vedere spesso il moltiplicarsi di micro-insediamenti e minuscole baraccopoli –:
   se non intendano adoperarsi d'intesa con il comune di Roma e nell'ambito delle proprie competenze anche alla luce della «strategia nazionale d'inclusione dei rom, sinti e camminanti», già approvata dal Governo nel febbraio del 2012, per una sospensione della prevista chiusura del «centro di raccolta» di via Salaria e l'apertura di un tavolo di confronto, che veda coinvolti i rom, per la definizione di scelte che vadano verso il superamento del «centro di raccolta» secondo tempi congrui e nel rispetto dei diritti umani delle 325 persone attualmente accolte nel medesimo centro;
   se non si ritenga indispensabile assumere iniziative per fare chiarezza, attraverso l'avvio di un serio monitoraggio nell'ambito della citata «strategia nazionale d'inclusione dei rom, sinti e camminanti», sui reali costi conseguenti all'attuazione degli sgomberi. (4-12618)


   BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Il Mattino di Padova del 17 marzo 2016 pubblica un articolo che mette in evidenza il legame tra Padova Tre srl, società che gestisce il servizio rifiuti nella Bassa padovana e nel Piovese, i cui vertici hanno denunciato un «buco» di trenta milioni di euro, con la cooperativa Ecofficina Educational, «l'asso pigliatutto» in tema di accoglienza profughi nella Bassa padovana;
   fino a luglio 2015 vice presidente di Padova Tre srl – nonché suo direttore – era Simone Borile che nel contempo era anche presidente del Consorzio Padova Sud (che della Padova Tre srl è proprietario), ed è tuttora commissario liquidatore del Bacino Padova 3 (consorzio obbligatorio per i rifiuti della Bassa padovana); si dà il caso che fino al novembre del 2014 Padova Tre srl avesse una partecipazione in Ecofficine; oggi della cooperativa è amministratore delegato Sara Felpati, la moglie di Simone Borile;
   la coop negli ultimi anni ha aumentato esponenzialmente il valore della produzione, passando da 100 mila euro nel 2011 a oltre 2 milioni nel 2014. E l'asticella dei ricavi è destinata ad alzarsi: Ecofficina Educational, infatti, è una delle due coop candidate alla gestione dei due hub provinciali per l'ospitalità dei profughi (Bagnoli e Prandina a Padova). Ma partecipa anche con la disponibilità di 436 posti alla micro accoglienza;
   nello stesso articolo si legge una dichiarazione del presidente nazionale di Federcontribuenti che definisce Ecofficina «una holding milionaria sulla pelle dei profughi dopo il crac dei rifiuti» ed aggiunge «è giunta l'ora per chi ha responsabilità politica di fare chiarezza sulla vicenda di Ecofficina e di Simone Borile, che è stato vicepresidente della Padova Tre srl, infarcita di "parenti eccellenti" e ha accumulato 30 milioni di buco; qualcuno dovrebbe chiedere conto del potere crescente di Borile che è passato con disinvoltura dall'azienda dei rifiuti alla coop che si occupa di profughi; Ecofficina è diventata una sorta di asso pigliatutto, fatturando direttamente e indirettamente un volume di affari che stimiamo non inferiore a 10 milioni di euro. Dopo aver creato una voragine nei conti pubblici della Bassa padovana, rischiando di far saltare il pareggio di bilancio di metà comuni che afferivano al suo consorzio, Borile tutto d'un tratto è diventato un manager capace di far quadrare i conti; non vorremmo che la stessa situazione si ripresentasse nel padovano e nel vicentino dove Borile riceve ingaggi milionari dalle prefetture. Sarebbe davvero triste che dopo le vicende di Mafia Capitale, si scoprisse che esiste un "mondo di mezzo" anche in Veneto, fatto di rifiuti, migranti, milioni di euro e personaggi con padrini politici neanche troppo occulti; basta guardare alle assunzioni fatte alla Padova Tre durante la vice presidenze Borile, per capire chi ne protegge e forse ne muove, le attività»;
   il giornalista conclude spiegando che il riferimento finale è all'attuale sottosegretario per l'ambiente ed ex presidente della provincia di Padova Barbara Degani, la cui sorella è nell'organico della Padova Tre srl;
   la seconda delle due coop candidate alla gestione dei due hub provinciali per l'ospitalità dei profughi (Bagnoli e Prandina a Padova) sarebbe un raggruppamento temporaneo formato dalle cooperative Senis Hospes e Tre Fontane; due realtà legate alla Casina, realtà coinvolta nell'inchiesta «Mafia Capitale». Nel luglio 2015 però il prefetto di Roma Franco Gabrielli ha commissariato l'intero gruppo, affidandolo a Raffaele Ferrara e Antonio Ilacqua. Dunque, come ha confermato recentemente il prefetto di Padova Patrizia Impresa, non ci sarebbero ostacoli all'aggiudicazione –:
   se, alla luce dei rapporti intrattenuti dalle società e dalle cooperative di cui in premessa con le prefetture, non ritenga necessario ed urgente, per quanto di competenza, fare tutte le verifiche del caso sulle società e cooperative citate, nonché sui legami esposti in premessa, e assumere iniziative, anche normative, per evitare il determinarsi di situazioni caratterizzate dal cumulo di cariche in enti pubblici e società private ove possano dar luogo ad un problema di incompatibilità. (4-12636)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   RIBAUDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 508 del 21 dicembre 1999 ha riformato l'intero settore dell'istruzione artistica, musicale e coreutica, definendola definitivamente come formazione superiore di livello universitario di natura specialistica e dando così finalmente applicazione all'articolo 33 della Costituzione (l'articolo 2, comma 1, della legge dispone: «Le Accademie [...] gli ISIA, [...] i Conservatori di musica, [...] gli Istituti musicali pareggiati costituiscono, nell'ambito delle istituzioni di alta cultura cui l'articolo 33 della Costituzione riconosce il diritto di darsi ordinamenti autonomi, il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale»);
   con la legge n. 508 del 1999 (articolo 2, comma 4), è previsto che le istituzioni di Alta formazione artistica, musicale e coreutica (Afam), riconosciute parte del sistema italiano di istruzione superiore, sono definite «sedi primarie di alta formazione, di specializzazione e di ricerca nel settore artistico e musicale». Come le università, «sono dotate di personalità giuridica e godono di autonomia statutaria, didattica, scientifica, amministrativa, finanziaria e contabile ai sensi del presente articolo, anche in deroga alle norme dell'ordinamento contabile dello Stato e degli enti pubblici, ma comunque nel rispetto dei relativi principi»;
   con successivo decreto del Presidente della Repubblica 28 febbraio 2003, n. 132, in applicazione della legge n. 508 del 1999, le istituzioni Afam acquistano autonomia statutaria pari a quella delle università, potendosi dotare di propri statuti e quindi eleggere propri organi di autogoverno;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 212 dell'8 luglio 2005, sempre in applicazione della legge n. 508 del 1999, indica i princìpi e i criteri generali dell'autonomia didattica del settore Afam, prevedendo l'articolazione degli studi in 3 cicli, secondo il modello già adottato dal sistema universitario e ispirato dalla «Dichiarazione di Bologna»;
   i titoli conseguiti col nuovo ordinamento (diplomi accademici di I e II livello) vengono equiparati ai titoli universitari (rispettivamente a lauree e lauree magistrali). Le corrispondenze sono stabilite definitivamente dalla legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013, articolo 1, commi 102-106) che prevede, nel dettaglio:
    a) l'equipollenza dei diplomi accademici di I livello alle lauree universitarie della classe L-3 (Lauree triennali in discipline delle arti figurative, della musica, dello spettacolo e della moda);
    b) l'equipollenza dei diplomi accademici di II livello alle lauree, magistrali universitarie (Lauree quinquennali nella classe LM 45 – musicologia per conservatori, istituti musicali pareggiati e Accademia nazionale di danza; classe LM 12 – Design per l'ISIA; classe LM 65 – scienze dello spettacolo e produzione multimediale per l'Accademia nazionale di arte drammatica; classe LM 89 – storia dell'arte, classe LM 12 – design e classe LM 65 – Scienze dello spettacolo e produzione multimediale per le accademie di belle arti);
   in coincidenza con il rilascio dei nuovi diplomi accademici, è previsto anche il rilascio del nuovo tipo europeo di certificazione dei titoli universitari, noto come supplemento al diploma (Diploma Supplement);
   i diplomi conseguiti con il vecchio ordinamento vengono dapprima equiparati alla laurea (triennale) dalla legge n. 268 del 2002 e successivamente ai diplomi accademici di II livello (e dunque alla laurea magistrale quinquennale) dalla legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013, articolo 1, commi 107 e 107-bis, quest'ultimo introdotto dalla legge n. 21 del 2016);
   viene prevista l'istituzione di master, corsi di perfezionamento e specializzazione, corsi di formazione alla ricerca (equiparati ai dottorati di ricerca universitari), in maniera corrispondente all'università;
   sempre in maniera corrispondente all'università, i diplomi accademici di II livello (e dunque anche quelli di vecchio ordinamento) costituiscono titolo di accesso per i corsi accademici universitari di specializzazione e di dottorato di ricerca;
   con il decreto ministeriale n. 137 del 2007 viene istituito, a partire dall'anno accademico 2007/2008, il diploma accademico di II livello per la formazione dei docenti, dotato di valore abilitante per l'insegnamento della musica e dello strumento musicale nella scuola secondaria di primo e secondo grado, alla stessa stregua delle lauree magistrali abilitanti istituite dall'università;
   con l'articolo 5 della legge n. 508 del 1999, alle istituzioni Afam si applica la normativa vigente in materia di edilizia universitaria;
   con l'articolo 6 della legge n. 508 del 1999, agli studenti delle istituzioni Afam si applicano le disposizioni di cui alla legge 2 dicembre 1991, n. 390, e successive modificazioni (diritto allo studio per gli studenti universitari);
   nelle istituzioni Afam, parimenti alle università, viene utilizzato il sistema di crediti Ects (European Credit Transfer System). Sinteticamente, l'Ects facilita la mobilità studentesca e il riconoscimento accademico tra le istituzioni accademiche dell'istruzione superiore europea;
   gli studenti Afam fanno parte del programma Erasmus (acronimo di European Region Action Scheme for the Mobility of University Students), nato nel 1987 per opera dell'Unione europea per dare la possibilità a studenti universitari europei di effettuare in un'università straniera un periodo di studio legalmente riconosciuto dalla propria università;
   nella nota del direttore generale per il personale scolastico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, prot. n. 6629 del 10 agosto 2011, con riferimento ai titoli rilasciati dalle accademie di belle arti e dai conservatori di musica, viene affermato che «sia i titoli di primo, che di secondo livello sono compresi nell'ambito del Quadro dei Titoli Italiani (QTI), che costituisce lo strumento ufficiale di descrizione del nostro sistema al fine di favorire una più corretta comprensione e comparabilità tra differenti sistemi nazionali di istruzione superiore». Consultando il quadro dei titoli italiani sul sito web ufficiale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si evince che:
    1) nell'elenco delle istituzioni italiane dell'istruzione superiore vi sono le istituzioni Afam;
    2) che il quadro dei titoli italiani è inserito nella sezione dedicata all'università;
    3) sono sullo stesso livello e di eguale valore:
     a) la laurea rilasciata dalle università e il diploma accademico di primo livello rilasciato dalle istituzioni Afam, classificate entrambe come 1o ciclo;
     b) laurea magistrale/specialistica rilasciata dalle università e il diploma accademico di secondo livello rilasciato dalle istituzioni Afam, classificate entrambe come 2o ciclo;
     c) il dottorato di ricerca rilasciato dalle università e il diploma accademico di formazione alla ricerca rilasciato dalle istituzioni Afam, classificati entrambi come 3o ciclo;
    4) gli altri titoli rilasciati dalle università e dalle istituzioni Afam sono identici e, precisamente, per le università sono il diploma di specializzazione, il master universitario di I livello, il master universitario di II livello e il diploma di perfezionamento, mentre, per le istituzioni Afam, sono il diploma accademico di specializzazione (di I e II livello) e il diploma di perfezionamento o master (di I e II livello);
   nella nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca prot. n.7989 del 31 ottobre 2007, il direttore generale per l'Alta formazione artistica, musicale e coreutica inviata al direttore generale del personale della Scuola viene, tra l'altro, dichiarato: «...si ricorda che la legge 508/99 ha posto il settore artistico allo stesso livello delle Università, dichiarando le Accademie e le altre istituzioni artistiche, sedi primarie di alta formazione, di specializzazione e di ricerca nel settore artistico e musicale». «Per quanto sopra, si invita codesta Direzione a dare indicazioni agli Uffici scolastici competenti, chiarendo che i master o i corsi di perfezionamento del settore AFAM, sono equiparati ai master universitari e, come tali, valutabili per l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento. Ciò al fine di non danneggiare gli studenti del suddetto settore e non creare disparità di trattamento con gli studenti universitari»;
   nella nota circolare n. 9 del 31 gennaio 2008 dell'ufficio per il personale delle pubbliche amministrazioni – Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento della funzione pubblica, nella nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del direttore generale per il personale scolastico, prot. n. AOODGPER 6012 del 19 luglio 2011, viene richiamata la legge 21 dicembre 1999, n. 508, «che ha considerato il settore artistico allo stesso livello delle Università ed ha definito le Accademie e le altre istituzioni artistiche, quali sedi primarie di alta formazione, di specializzazione e di ricerca nel settore artistico e musicale»;
   la nota operativa dell'ufficio I normativo Inpdap n. 25 del 14 maggio 2009, con la quale vengono emanate direttive riguardanti gli studenti iscritti ai corsi Afam, tenuto conto del parere della direzione generale Afam, afferma: «L'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 212 («Regolamento recante disciplina per la definizione degli ordinamenti didattici delle Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, a norma dell'articolo 2 della legge 21 dicembre 1999, n. 508») prevede specificamente che, in analogia al sistema universitario, dette istituzioni attivino corsi e rilascino i seguenti titoli:
    a) diploma accademico di primo livello;
    b) diploma accademico di secondo livello;
    c) diploma accademico di specializzazione;
    d) diploma accademico di formazione alla ricerca;
    e) diploma di perfezionamento o master».
   «Il MIUR ha altresì precisato che gli studenti che si iscrivono ai nuovi corsi di cui al richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 212 del 2005 hanno diritto alle stesse provvidenze destinate agli studenti universitari, tanto più che l'articolo 6 della legge n. 508 del 1999 ha previsto l'estensione agli studenti delle istituzioni dell'alta formazione artistica e musicale delle disposizioni sul diritto agli studi universitario di cui alla legge 2 dicembre 1991, n. 390 che è stata recepita dall'articolo 15 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 aprile 2001, tutt'ora vigente»;
   «da tutto quanto precede consegue che l'iscrizione alle istituzioni, specificate in oggetto, di alta formazione artistica, musicale e coreutica, a decorrere dall'anno accademico 1o novembre 2005-1o ottobre 2006, è equiparata all'iscrizione ai corsi universitari»;
   con la nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dipartimento per l'università, l'alta formazione artistica, musicale e coreutica e per la ricerca, direzione generale per l'università, lo studente e il diritto allo studio universitario, ufficio protocollo n. 602 del 18 maggio 2011, viene espressamente dichiarato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, addirittura agli studenti stranieri, che i corsi presso le istituzioni Afam sono corsi universitari;
   l'Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) ha la stessa area di valutazione sia per le istituzioni Afam che per le università degli studi;
   l'articolo 3-quinquies della legge 9 gennaio 2009, n. 1, di conversione del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca, ha avuto come effetto il definitivo mutamento delle funzioni dei docenti delle istituzioni Afam nel senso di avvicinarle a quelle dei docenti universitari; ad esso sono infatti seguiti i decreti ministeriali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (3 luglio 2009, nn. 89 e 90; 30 settembre 2009, nn. 123, 124, 125, 126 e 127; 3 febbraio 2010 nn. 16, 17 e 22) e i decreti della direzione generale Afam (nn. 229 e 230 del 1o dicembre 2010 e nn. 280 e 281 del 21 dicembre 2010), che hanno portato all'istituzione di settori artistico-disciplinari, nei quali sono stati inquadrati i professori Afam (allo stesso modo dei professori delle università degli studi, inquadrati in settori scientifico-disciplinari);
   le norme sopra citate hanno determinato il superamento dell'ormai obsoleta e non più applicabile norma di cui all'articolo 2, comma 6, della legge n. 508 del 1999, riguardante il mantenimento delle funzioni didattiche precedenti alla legge stessa e il mantenimento del correlato trattamento economico, venendo a determinare la necessità urgente di parificare lo status giuridico ed economico dei docenti Afam a quello dei docenti universitari;
   la sentenza del Consiglio di Stato – Sezione VI, 18 marzo 2011, n. 1673, dichiara che «Conservatori di musica e Istituti musicali pareggiati italiani rilasciano titoli di livello universitario e che tale carattere si evince dall'essere gli stessi definiti dalla legge “istituzioni di alta cultura”, nel senso di cui all'articolo 33 della Costituzione» nonché che il servizio di insegnamento svolto nelle istituzioni Afam non può che avere identica valenza rispetto a quello universitario, «attenendo al medesimo livello ed alla stessa categoria culturale»;
   la sentenza del Consiglio di Stato – Sezione VI, 23 gennaio 2013, n. 389, afferma che «l'articolo 2, comma 4, della legge 21 dicembre 1999, n. 508 equipara le Accademie di belle arti alle Università riconoscendo loro, quali sedi primarie di alta formazione, di specializzazione e di ricerca nel settore artistico e musicale, la potestà di rilasciare, al termine dei corsi di formazione, diplomi accademici di primo e secondo livello, nonché di perfezionamento, di specializzazione e di formazione alla ricerca in campo artistico e musicale...»; «a ciò deve aggiungersi che l'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 212, recante la disciplina per la definizione degli ordinamenti didattici delle Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, prevede fra i titoli che possono essere rilasciati dalle Accademie di belle arti anche i master e che l'articolo 7 del predetto decreto stabilisce che per essere ammessi ad un corso o ad un master è necessario possedere il diploma accademico di primo livello o quello di laurea. [...] Il quadro normativo delineato, dunque, evidenzia la sostanziale equiparazione delle Accademie alle Università e, in particolare per quanto d'interesse nella circostanza de qua, la completa equiparazione della laurea e degli altri titoli di studio universitari ai diplomi ed ai titoli di studio rilasciati dalle Accademie, fra cui i master rilasciati dalle accademie di belle arti»;
   la sentenza del Consiglio di Stato – Sezione VI, 18 aprile 2013, n. 2179 – , afferma che il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale rappresenta «il massimo grado di formazione riconosciuto nel settore culturale in questione: settore accomunato alle università, anche sotto il profilo dell'autonomia di ordinamento, dal ricordato articolo 33 della Costituzione»;
   la legge 9 maggio 1989, n. 168, sancisce che l'istruzione superiore sia impartita parimenti in due tipologie di istituzioni e cioè negli istituti di istruzione superiore di grado universitario e nelle università;
   la sentenza del Tar Lombardia 27 dicembre 2007, n. 6806, ha dichiarato che le istituzioni Afam fanno parte degli istituti di istruzione superiore di grado universitario di cui al comma 1 dell'articolo 1 della legge n. 168 del 1989 e quindi della «Università»;
   l'articolo 2103 del codice civile, e l'articolo 13 dello Statuto dei lavoratori, impongono che al lavoratore che abbia svolto mansioni superiori per un periodo superiore a tre mesi debbano essere applicati il trattamento economico e la normativa corrispondenti al lavoro svolto; numerose sentenze della Cassazione Civile, Sezione Lavoro, confermano questo assunto, e dichiarano che la qualità del lavoro svolto è determinante ai fini dell'applicazione dell'articolo 2103 del codice civile (con riguardo alla qualità del lavoro dei professori Afam, si veda la citata sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1673 del 2011);
   l'articolo 33 della Costituzione pone sullo stesso livello sia l'arte che la scienza, e sia le istituzioni Afam che le università, così come tra l'altro dichiarato dalle citate sentenze del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1673 del 2011 e n. 2179 del 2013;
   varie sentenze della Corte costituzionale censurano la disparità di trattamento in situazioni simili (si veda ex plurimis, la sentenza n. 78 del 2013, la sentenza n. 111 del 1981 e la sentenza n. 96 del 1980);
   la garanzia dell'assoluta libertà di insegnamento artistico e scientifico, tutelata dall'articolo 33 della Costituzione, il trattamento giuridico ed economico dei professori universitari è regolato solo ed esclusivamente dalla legge; al contrario, nonostante Costituzione, leggi, decreti, sentenze e note sopra citate stabiliscano chiaramente l'equiparazione tra Afam e università, il trattamento giuridico del personale docente Afam è regolato per l'interrogante con atti di dubbia legittimità costituzionale, ossia da contrattazione collettiva, al pari di quello scolastico (articolo 2, comma 6, legge n. 508 del 1999); di conseguenza, il trattamento economico, anch'esso regolato dalla contrattazione collettiva e sostanzialmente agganciato a quello scolastico, è di circa il 50 per cento in meno ad inizio carriera e arriva ad essere circa il 75 per cento in meno a fine carriera rispetto ai professori delle università;
   il Governo pro tempore, il 30 novembre 2011, ha compreso l'importanza della questione e ha preso l'impegno di equiparare lo status giuridico ed economico dei professori Afam a quello dei professori universitari, accogliendo un ordine del giorno al disegno di legge n. 1693 del 30 novembre 2011 approvato al Senato nella XVI legislatura;
   anche la mozione n. 1-00091 dell'11 giugno 2013 della Camera dei deputati ha impegnato il Governo a prevedere significativi investimenti finanziari per il settore Afam, con l'obiettivo della pari dignità tra istituzioni della formazione superiore. Secondo gli interroganti, una pari dignità tra le istituzioni e tra gli studenti non potrà mai esserci in assenza della imprescindibile e improcrastinabile condicio sine qua non della pari dignità giuridica ed economica, e di conseguenza anche professionale e sociale, tra tutti i decenti delle Istituzioni della formazione superiore di grado universitario;
   il 16 aprile 2014, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in videochat a La Stampa.it, dichiara che il comparto Afam è un capitolo dell'Istruzione superiore e che nei conservatori di musica si conseguono «...lauree musicali...» e si effettua uno «...studio universitario...»;
   dopo una serie di progetti di legge presentati alle Camere nelle scorse legislature (si vedano, tra gli altri la proposta di legge n. 5144, XIV legislatura; la proposta di legge n. 1139 e il disegno di legge n. 1926, XV legislatura; il disegno di legge n. 539, XVI legislatura), sono stati da ultimo depositati alla Camera le proposte di legge n. 825 (Formisano ed altri) e n. 873 (Vezzali ed altri) i cui presentatori hanno dichiarato che la situazione dei professori Afam costituisce un'ingiustizia e un'illogicità manifesta;
   tutti gli studenti dell'istruzione superiore di rango universitario devono avere i medesimi diritti, compreso il diritto di avere professori egualmente retribuiti, senza differenziazioni giuridiche, economiche e sociali tra di essi;
   tenuto conto di quanto fin qui espresso, gli articoli 3, 33, 36 e 97 della Costituzione e l'articolo 2103 del Codice civile appaiono palesemente violati, con conseguente grave pregiudizio per i professori, gli studenti, le istituzioni e tutto il sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica;
   la disparità giuridica ed economica, e di conseguenza professionale e sociale, è in atto da troppi anni ormai per poter essere ancora sopportabile;
   il personale docente delle istituzioni Afam e delle istituzioni universitarie fa in definitiva parte, con eguale dignità, del sistema accademico statale italiano riconducibile all'articolo 33, ultimo comma della Costituzione, svolge identiche funzioni e rilascia pari titoli del massimo livello ottenibile in Italia, egualmente spendibili ai fini dei pubblici concorsi, ivi compresi i titoli di conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento per il personale docente scolastico –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere per far cessare, con la massima urgenza, la disparità di trattamento e di dignità tra i professori dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica (Afam) e i professori delle università, considerato che si tratta di disparità ad avviso dell'interrogante illogica, ingiusta, illegittima e di dubbia legittimità costituzionale;
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere per modificare la norma di cui all'articolo 2, comma 6, della legge n. 508 del 1999, riguardante gli istituti di Alta formazione e specializzazione artistica e musicale, in base alla quale è previsto il mantenimento delle funzioni didattiche che questi avevano prima dell'entrata in vigore della suddetta legge e il mantenimento del correlato trattamento economico dei docenti che vi operano;
   quali iniziative normative i Ministri interrogati intendano assumere affinché i professori delle istituzioni di Alta formazione artistica, musicale e coreutica (Afam), già equiparati di fatto al personale docente delle università, siano definitivamente equiparati, anche sotto il profilo del trattamento giuridico ed economico, ai professori universitari. (3-02134)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   un centinaio di docenti sardi che ha ottenuto una cattedra di ruolo nel piano di assunzioni messo a punto dal Governo con la legge n.107 del 2015 («La Buona scuola») ha rappresentato in modo netto e chiaro tutti i limiti e le gravissime conseguenze che tale provvedimento ha generato per chi vive in una regione insulare come la Sardegna;
   la legge richiamata ha fatto seguire alla fase standard di assunzioni su base provinciale, denominata fase 0, altre tre fasi di immissione straordinaria: la fase A su posti disponibili in regione e le fasi B e C su posti disponibili a livello nazionale rispettivamente su organico didattico, (cattedra) e su organico di potenziamento, (copertura di supplenze brevi e potenziamento didattico);
   le fasi A, B e C prevedevano l'accesso secondo due canali: quello dalle graduatorie ad esaurimento (Gae) e quello dalle graduatorie di merito, (Gm), redatte a seguito di un concorso pubblico che ha avuto inizio nel 2012 e si è concluso nel 2013;
   per accedere al meccanismo di reclutamento era necessario presentare nel mese di agosto una domanda on-line nella quale si doveva indicare l'ordine di preferenza delle province di assunzione. Nella graduatoria dovevano figurare obbligatoriamente tutte le province italiane;
   il criterio di appartenenza alle fasi A, B o C era, chiaramente e giustamente, meritocratico ovvero sarebbero stati chiamati prima i docenti con maggior punteggio e poi, a scalare, gli altri;
   al momento della domanda nessuno poteva sapere con certezza in quale fase sarebbe rientrato, ma, comunque, i docenti sarebbero stati assegnati ad una fase piuttosto che ad un'altra in funzione del punteggio posseduto nella Gae o nella Gm;
   in entrambi i canali si verificava il posizionamento dei docenti all'interno di una graduatoria nazionale generata fondendo tutte le graduatorie regionali per ogni singola classe di concorso;
   solo la fase A era, va ribadito, su posti disponibili a livello regionale. Per gli altri il funzionamento doveva essere il seguente: fino ad esaurimento dei posti disponibili il docente con migliore posizionamento in graduatoria sarebbe rientrato in fase B (su cattedra) e quello con peggiore posizionamento si sarebbe dovuto accontentare della fase C (di potenziamento);
   era anche previsto che la mancata presentazione della domanda o il rifiuto della eventuale proposta di assunzione avrebbe comportato la cancellazione da qualsiasi graduatoria scolastica e non è stata data (e ci si chiede perché mai sarebbe stato necessario) la possibilità di scegliere ai docenti in fase B di rientrare, volontariamente, nella fase C;
   secondo quanto riportato, a posteriori dagli organi di stampa, i posti disponibili su tutte le classi di concorso in Sardegna sarebbero ammontati a 132 nella fase A, 171 nella fase B e 1451 nella fase C;
   nel mese di settembre 2015, a fasi 0 ed A esaurite, gli uffici scolastici hanno verificato il numero delle cattedre scoperte nelle varie materie di insegnamento in tutti gli istituti del territorio nazionale;
   questa verifica ha definitivamente permesso l'individuazione nelle graduatorie nazionali degli insegnanti necessari per ricoprire le cattedre e per completare anche la fase B;
   il 15 settembre 2015 questi docenti sono stati assunti a tempo indeterminato nella prima provincia in cui c’è stata la disponibilità di cattedra secondo l'ordine indicato nella domanda (non necessariamente dunque, e anzi quasi mai, coincidente con la prima provincia delle cento dell'elenco);
   nel caso particolare di tecnologia nelle scuole medie, la materia d'insegnamento richiamata, secondo una stima piuttosto accurata, sessantasette insegnanti sardi, compresi i cento docenti richiamati in premessa, hanno ottenuto il posto a tempo indeterminato in fase B per ricoprire una cattedra in una provincia fuori regione (nella maggior parte dei casi nel nord Italia);
   qui inizia l'assurdo dell'applicazione e dell'attuazione di questa nefasta legge;
   nei mesi successivi, gli uffici scolastici regionali hanno esaminato le richieste nelle quali i dirigenti delle scuole chiedevano dei docenti per il potenziamento dell'offerta formativa e, in tal modo, in Sardegna, sono comparsi ben ulteriori 1.451 posti disponibili;
   questi posti sono stati coperti in regione nel mese di novembre 2015, dagli assunti nella fase C, cioè dai docenti presenti nelle posizioni residue delle graduatorie di tutte le classi di concorso, cioè in coda a tutte le altre fasi del piano assunzionale;
   al contrario di quanto previsto per ricoprire una cattedra, infatti, nel caso di assunzione in potenziamento non è strettamente necessario essere in possesso un'abilitazione specifica;
   in molti contesti è accaduto che il dirigente scolastico abbia richiesto come docente di potenziamento un insegnante di matematica e che, invece, gli sia stato assegnato d'ufficio un insegnante di educazione fisica;
   a titolo di esempio in base alla specifica situazione richiamata: 67 docenti di tecnologia, insegnanti altamente qualificati (in genere ingegneri ed architetti), che precedevano nelle graduatorie, hanno preso il ruolo fuori regione in organico didattico e 1.451 docenti, che seguivano nelle graduatorie, hanno ottenuto un posto all'interno delle scuole regionali in organico di potenziamento. Sono cioè rimasti a casa loro;
   oltre al danno si è dunque verificata la beffa;
   la «Buona scuola» prevede, infatti, che la differenziazione tra organico didattico e organico di potenziamento decada alla fine dell'anno scolastico 2015-2016;
   questi due organici convergeranno l'anno prossimo nell'organico dell'autonomia e sarà il dirigente scolastico a decidere a chi assegnare la cattedra (ad esempio, ad un docente entrato in ruolo col potenziamento) e a chi invece assegnare altre mansioni (anche ad un docente entrato in ruolo su cattedra);
   dall'anno prossimo dunque i 67 docenti di tecnologia fuori regione potrebbero perdere la cattedra e i 1.451 docenti assunti in regione potrebbero acquisirla;
   inutile dire che se i docenti di tecnologia assunti in fase B avessero solo ipotizzato una situazione di questo tipo si sarebbero probabilmente impegnati a passare il concorso pubblico commettendo qualche errore;
   la gestione scandalosa della legge non finisce qui;
   nella legge n. 107 era previsto il vincolo triennale di permanenza nella Provincia di assunzione;
   durante il mese di gennaio i sindacati ed il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno portato avanti un tavolo di lavoro finalizzato a definire le regole della mobilità dei docenti assunti a seguito della «Buona scuola». Tutti gli insegnanti «emigrati di fase B» hanno sperato che si rimediasse all'ingiustizia appena sintetizzata;
   a seguito dell'accordo con i sindacati, il Ministero, in quello che l'interrogante ritiene un brevissimo momento di lucidità, ha derogato per un anno al vincolo triennale di permanenza ed ha istituito quattro fasi di mobilità denominate (giusto per semplificare le cose), anch'esse fasi A, B, C e D da realizzarsi temporalmente l'una di seguito all'altra;
   la fase relativa ai trasferimenti interprovinciali era quella che avrebbe permesso ai docenti emigrati di tornare a casa;
   in questo piano di mobilità, la possibilità di richiedere il trasferimento interprovinciale per gli «emigrati di fase B» è stata fatta coincidere con la fase «D», posizionata in coda a tutte le altre richieste di trasferimento da parte degli altri docenti;
   fatto salvo che i docenti assunti in fase C in Sardegna, così come in tutte le altre regioni, non avranno alcun interesse a richiedere la mobilità interprovinciale in uscita e che non ci sarà più alcuna differenziazione tra organico didattico e organico funzionale, la situazione, già estremamente grave, è diventata, grazie al deludente accordo sulla mobilità, tragica e le speranze di rientrare a casa si sono dissolte definitivamente;
   tutto, a questo punto, si sarebbe risolto in lacrime e sangue se il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con l'ultimo colpo di coda, non avesse riservato anche qualche amara circostanza;
   recentemente, in data 26 febbraio 2016, è stato pubblicato il bando per il nuovo concorso della scuola con 67 posti banditi di tecnologia nelle scuole medie nella regione Sardegna;
   l'ufficio scolastico regionale avrebbe potuto parzialmente riscattarsi, in questa fase, evitando di inserire posti a bando su classi di concorso che presentano un numero di docenti fuori regione pari al fabbisogno reale;
   questa situazione si avvia alla sua triste conclusione anche grazie alla totale disinformazione da parte di tutte le categorie che avrebbero dovuto e dovrebbero supportare insegnanti e cittadini;
   l'ufficio scolastico regionale non è a conoscenza del numero dei posti messi a bando nel prossimo concorso;
   tanti insegnanti sardi si sono dovuti separare dai propri figli che iniziano a vedere i primi segni della lontananza nei loro occhi e negli occhi delle proprie compagne e dei propri compagni;
   gli spostamenti del papà o della mamma che inizialmente venivano percepiti come un gioco si sono trasformati in traumi;
   i bambini hanno capito che papà e mamma tornano, se e quando ce la fanno, e restano tre giorni, poi partono e stanno via un mese, quando va bene;
   questi docenti sono stati lasciati soli a combattere la loro battaglia per tornare a casa;
   assunto uno stipendio medio, «bonus» di Renzi compreso, pari a circa 1500 euro si hanno spese per gli affitti che si aggirano intorno ai 600/700 euro;
   a questo si aggiungono le bollette e qualche sporadico rientro a casa;
   questi pochi numeri sono più che sufficienti per descrivere la situazione da questo punto di vista –:
   se non ritenga di dover adottare urgenti iniziative per eliminare queste gravissime conseguenze per tali docenti sardi;
   se non ritenda di dover tener conto di quanto richiamato in premessa per la palese contraddittorietà c’è nell'applicazione della norma e l'evidente discriminazione di cui tali docenti sono vittime;
   se non ritenga di dover adottare criteri adeguati per far fronte alla gravissima condizione insulare, con il dramma familiare, sociale ed economico docenti sono vittime. (5-08219)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GNECCHI, ALBANELLA, ARLOTTI, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, DI SALVO, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GRIBAUDO, INCERTI, PATRIZIA MAESTRI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, ROSTELLATO, SIMONI, TINAGLI e ZAPPULLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 24, comma 15-bis, della legge 28 dicembre 2011, n. 214 – manovra «salva-Italia» prevede che:
    «In via eccezionale per i lavoratori dipendenti del settore privato le cui pensioni sono liquidate a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive della medesima:
     a) i lavoratori che abbiano maturato un'anzianità contributiva di almeno 35 anni entro il 31 dicembre 2012 i quali avrebbero maturato, prima dell'entrata in vigore del presente decreto, i requisiti per il trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2012 ai sensi della Tabella B allegata alla legge 23, agosto 2004, n. 243, e successive modificazioni, possono conseguire il trattamento della pensione anticipata al compimento di un'età anagrafica non inferiore a 64 anni;
     b) le lavoratrici possono conseguire il trattamento di vecchiaia oltre che, se più favorevole, ai sensi del comma 6, lettera a), con un'età anagrafica non inferiore a 64 anni qualora maturino entro il 31 dicembre 2012 un'anzianità contributiva di almeno 20 anni e alla medesima data conseguano un'età anagrafica di almeno 60 anni di età»;
   con la circolare dell'Inps n. 35 del 14 marzo 2012, al punto 6, si forniscono le istruzioni per l'applicazione della normativa in argomento, introducendo fra l'altro, pur non essendo previsto dalla succitata legge, il vincolo di essere in attività lavorativa alla data del 28 dicembre 2011 per la fruizione della deroga prevista dal comma 15-bis dell'articolo 24:
    «6. Disposizioni eccezionali (Articolo 24, comma 15-bis);
   In via eccezionale:
    a) i lavoratori dipendenti del settore privato iscritti all'A.G.O. e alle forme sostitutive della medesima possono conseguire il trattamento della pensione anticipata al compimento del 64o anno di età al ricorrere delle seguenti condizioni:
     possesso di un'anzianità contributiva di almeno 35 anni al 31 dicembre 2012;
     maturazione entro il 31 dicembre 2012 dei requisiti per il trattamento pensionistico di cui alla tabella B allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243 (circolare n. 60 del 15 maggio 2008, punti 1.1 e 2.1);
    b) le lavoratrici dipendenti del settore privato iscritte all'A.G.O. e alle forme sostitutive della medesima possono conseguire il trattamento di vecchiaia alternativamente:
     al ricorrere dei presupposti di cui al punto 1.1;
     al compimento del 64o anno di età, ove in possesso al 31 dicembre 2012 di un'anzianità contributiva di almeno 20 anni e di un'età anagrafica di almeno 60 anni.
   Le predette disposizioni si applicano ai lavoratori ed alle lavoratrici che alla data di entrata in vigore della legge di conversione con modifiche del decreto in esame (28 dicembre 2011) svolgono attività di lavoro dipendente nel settore privato, a prescindere dalla gestione a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico;
   ai fini dell'identificazione dei soggetti ai quali sono applicabili le disposizioni eccezionali in esame rileva la natura giuridica privata del rapporto di lavoro;
   al requisito anagrafico di 64 anni, si applica l'adeguamento agli incrementi della speranza di vita di cui all'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
   Per quanto riguarda la disciplina delle decorrenze rispettivamente della pensione anticipata e della pensione di vecchiaia si fa rinvio a quanto illustrato al punto 3 della presente circolare»;
   appare ovvio che nel corrente anno 2016, lavoratori e lavoratrici dipendenti del settore privato, nati nel 1952, potranno fruire della norma eccezionale prevista dal comma 15-bis dell'articolo 24, solo se regolarmente in attività lavorativa alla data del 28 dicembre 2011, mentre coloro che erano disoccupati o inoccupati a quella data e si può presumere lo siano ad oggi, quindi senza alcun reddito, non potranno andare in pensione; si tratta di permettere il pensionamento a 64 anni e 7 mesi all'anno di nascita che è risaputo sia stato quello che ha subito in assoluto la maggiore penalizzazione a pochi mesi dal diritto a pensione; si tratta di un atto di giustizia nei loro confronti, già riconosciuto dal Governo Monti, almeno per gli/le iscritte all'assicurazione generale obbligatoria –:
   se risulti quale sia stata la quantificazione della platea di lavoratori e lavoratrici del settore privato nati nel 1952 e relativi oneri, in sede di definizione della norma eccezionale prevista dal comma 15-bis dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011;
   quale sia stata la quantificazione della platea di lavoratori e lavoratrici dipendenti del settore privato nati nel 1952 e relativi oneri, a seguito del vincolo, introdotto con la circolare dell'Inps n. 35 del 2012, di essere in attività lavorativa alla data del 28 dicembre 2011;
   quale sarebbe la potenziale platea di lavoratrici e lavoratori autonomi, nati nel 1952 e relativi oneri, nell'ipotesi di un'eventuale iniziativa volta a estendere la norma eccezionale prevista dal comma 15-bis dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011;
   quale sarebbe la potenziale platea di lavoratrici e lavoratori dipendenti del settore pubblico, nati nel 1952 e relativi oneri, nell'ipotesi di un'eventuale iniziativa volta a estendere la norma eccezionale prevista dal comma 15-bis dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011. (5-08217)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRARESI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio del 20 febbraio 2006, relativo a un regime temporaneo per la ristrutturazione dell'industria dello zucchero in Europa, prevede, per ogni impresa produttrice di zucchero, isoglucosio o sciroppo di inulina, alla quale sia stata assegnata una quota entro il 10 luglio 2006, l'introduzione di un incentivo economico sostanziale, sotto forma di congruo aiuto alla ristrutturazione, per indurre le imprese meno produttive ad abbandonare la produzione di zucchero entro quota e a rinunciare alle quote corrispondenti, nonché consentire, nel contempo, di tenere in debito conto gli impegni sociali ed ambientali connessi all'abbandono della produzione, subordinato al completo o parziale smantellamento degli impianti di produzione;
   per godere di tali benefici è richiesta, tra l'altro, la cessazione completa e definitiva della produzione di zucchero, isoglucosio e sciroppo di inulina da parte degli impianti di produzione interessati, lo smantellamento totale o parziale dei relativi impianti di produzione, il ripristino di buone condizioni ambientali nel sito dismesso e l'agevolazione del reimpiego della manodopera;
   all'articolo 6 del regolamento (CE) n. 968/2006 della Commissione del 27 giugno 2006, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio, viene riportato il termine del 30 settembre 2010 per lo smantellamento degli impianti di produzione e per l'adempimento dei requisiti sociali ed ambientali;
   tali prescrizioni venivano ulteriormente ribadite nella risposta del Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, all'interrogazione parlamentare presentata alla Camera n. 5-00630 del 2013, che cita testualmente: «Le imprese produttrici di zucchero che rinunciano alla quota di produzione sono tenute a smantellare completamente gli impianti di produzione, ripristinare buone condizioni ambientali nel sito dismesso (...). I contributi comunitari erogati alle industrie saccarifere che hanno dismesso quote di produzione ed hanno quindi cessato le attività negli stabilimenti produttivi sono, pertanto, espressamente ed esclusivamente finalizzati a queste azioni: smantellamento, bonifica e piani sociali»;
   a suffragare quanto detto, si cita la prescrizione n. 132, prevista dalla deliberazione della giunta regionale dell'Emilia-Romagna nel rapporto conclusivo della conferenza di servizi (allegato 1 della deliberazione della giunta regionale del 28 marzo 2011, n. 395, pag. 134, del bollettino ufficiale della regione Emilia-Romagna – parte seconda – n. 53 del 7 aprile 2011), che, a proposito dell'ex zuccherificio Eridania SADAM di Russi di Ravenna, proposto da PowerCrop Spa., così recita: «Dismissione e ripristino del sito – all'atto della cessazione dell'attività, il sito su cui sorgerà l'impianto dovrà essere ripristinato ai sensi della normativa vigente in materia di bonifiche e ripristino ambientale, tenendo conto delle potenziali fonti permanenti o accidentali di inquinamento del suolo e del sottosuolo; in ogni caso il gestore dovrà provvedere a: lasciare il sito in sicurezza; bonificare impianti, vasche, serbatoi, contenitori, reti di raccolta acque reflue, pipeline ecc. provvedendo ad un corretto recupero ovvero smaltimento del contenuto; rimuovere tutti i rifiuti provvedendo ad un corretto recupero ovvero smaltimento degli stessi. Prima di effettuare le operazioni di ripristino del sito, il gestore dovrà comunicare alla provincia di Ravenna un crono-programma di dismissione approfondito relazionando sugli interventi previsti; eventuali dismissioni in corso di esercizio, dovranno essere attuate con modalità similari.»;
   la demolizione delle strutture preesistenti è stata autorizzata con DIA (denuncia inizio attività) n. 295 del 6 novembre 2007 (posizione edilizia) e autorizzazione del responsabile dello sportello unico del comune di Russi n. 67 del 2007;
   la provincia, con provvedimento n. 112 del 25 marzo 2009, dichiarava l'area dell'ex zuccherificio non contaminata, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, e dava atto che la procedura di bonifica relativa al sito ex Eridania Sadam spa era da ritenersi conclusa;
   si ipotizza che in ragione della qual cosa PowerCrop abbia percepito la prevista quota di aiuti comunitari; le opere di demolizione di cui alle varianti DIA n. 7 del 2010 e n. 188 del 2010 sono state dichiarate ultimate solo in data 18 gennaio 2012, con comunicazione di fine lavori che ne attesta la conclusione;
   il termine ultimo per le opere di smantellamento e demolizione era il 30 settembre 2011, poi prorogato al 31 marzo 2012, ma solo il 6 novembre 2012 viene richiesto il certificato di conformità edilizia e agibilità;
   la società PowerCrop ha presentato, in data 8 luglio 2015, a firma del direttore operativo, comunicazione in merito alla «necessità di effettuare un'attività di demolizione delle fondazioni interrate del vecchio zuccherificio che insisteva sull'area in oggetto»;
   in data 27 luglio 2015 la società PowerCrop ha iniziato le attività di demolizione e rimozione, tuttora in corso; i lavori di demolizione riguardano la rimozione di strutture direttamente riconducibili all'attività di produzione dello zucchero (cessata nell'anno 2005) tra cui la rimozione di serbatoi interrati per gasolio in acciaio e di raccolta acqua piovana;
   per l'attività di demolizione l'azienda farebbe riferimento al permesso di costruire PG 2896/2011, quando, risulterebbe che tale permesso sia relativo esclusivamente ai lavori di costruzione del polo energetico –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere in considerazione della vicinanza della zona con aree di tutela e di interesse comunitario SIC (sito di interesse comunitario) e ZPS (zone di protezione speciale);
   se siano a conoscenza della presenza di strutture sotterranee nell'area, quali serbatoi di gasolio (mai valutati fino ad ora), che sono potenziali fonti di contaminazione del sottosuolo e delle falde acquifere;
   se non ritengano, nei limiti delle proprie competenze, necessaria una precisa identificazione del quadro complessivo dello stato dell'area, tenuto conto della presenza di strutture sotterranee quali serbatoi di gasolio;
   se siano stati erogati gli aiuti previsti dalle norme comunitarie e nazionali e in quale misura;
   quali iniziative di competenza intendano assumere nei confronti di Eridania Sadam spa, considerando che, per godere degli aiuti europei, doveva necessariamente tenere in debito conto gli impegni sociali ed ambientali connessi all'abbandono della produzione, nonché procedere allo smantellamento ed alla bonifica entro il termine del 30 settembre 2010 o tutt'al più entro il marzo del 2012. (5-08226)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BRIGNONE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) sono citati per la prima volta nel regio decreto del 1938 n. 1631;
   gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico come gli ospedali, accanto a prestazioni di ricovero e cura, svolgono attività di ricerca con lo scopo di migliorare l'assistenza clinica;
   alla luce del loro sistema giuridico – diverso da quello che regola le aziende sanitarie e le università – la caratteristica fondamentale degli IRCCS è rappresentata dalla compresenza e sinergia tra assistenza e ricerca;
   il decreto legislativo 269 del 1993 conferma l'attribuzione della duplicità di funzioni e definisce gli IRCCS come «Enti che perseguono finalità di ricerca nel campo biomedico e in quello dell'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, insieme con prestazioni di ricovero e cura», qualificandoli in armonia con le aziende ospedaliere introdotte con il decreto legislativo n. 502 del 1992 «ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione» aventi la funzione di fornire agli organi ed enti del Servizio sanitario nazionale supporto tecnico e operativo finalizzato al perseguimento degli obiettivi;
   a seguito della duplice funzione svolta dagli IRCCS, essi facevano riferimento alle regioni per quanto attinente al settore dell'assistenza e al Ministero della salute per quanto attinente al settore della ricerca;
   gli IRCCS sono stati commissariati dal 1994 al 2003. Nel 2003, è entrato in vigore il decreto legislativo n. 288 contenente il «Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell'articolo 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3»;
   il riordino apportato dal decreto legislativo n. 288 del 2003 prevede che gli IRCCS siano enti dotati di personalità giuridica la cui natura può essere sia pubblica che privata. Pertanto, l'investimento in ricerca sanitaria è lasciato prevalentemente a un mercato privatistico in sfavore di un sistema di ricerca sanitario integrato pubblico;
   inoltre, la riforma introduce il concetto di prevalenza della ricerca – traslazionale – mettendo, di fatto, all'angolo la ricerca di base, cioè quella più innovativa, attribuendo alle regioni il controllo totale sugli IRCCS;
   il risultato è quindi stato l'aumento esponenziale del numero di IRCCS e l'introduzione di notevoli disomogeneità organizzative tra una regione e l'altra: ad esempio, nel numero di posti letto e nel volume delle attività di ricerca, anche a causa di una non chiara normativa sui criteri cui attenersi per ottenere il riconoscimento degli IRCCS;
   a suddetta situazione si sono aggiunte riorganizzazioni improbabili disposte da regioni in mancanza di fondi con il caso eclatante rappresentato dall'Istituto, tumori di Genova che, nel 2011, è stato oggetto di fusione con l'azienda ospedaliera universitaria San Martino, con conseguenze a giudizio dell'interrogante disastrose sia sulle attività di ricerca sia sulla qualità dell'assistenza;
   il decreto ministeriale 14 marzo 2013 contiene «Documentazione necessaria per il riconoscimento degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico» ha tentato di dare una risposta al caos senza riuscire nell'intento, essendo privo d'indici quantitativi di riferimento;
   oltre che nell'ambito delle disposizioni indicate gli IRCCS sono coinvolti in tutte le normative e regolamenti che riguardano il Servizio sanitario nazionale creando un vero problema, poiché le difficoltà organizzative e della gestione, gli avanzamenti di carriera, il reclutamento del personale, la formazione e la valutazione dei lavoratori e l'orario di lavoro non sono adeguate alle specificità delle strutture –:
   se il Governo non ritenga necessario e urgente assumere iniziative per la corretta interpretazione del decreto legislativo n. 288 del 2003 al fine di chiarire i criteri cui attenersi per l'ottenimento del riconoscimento degli IRCCS;
   quali iniziative il Governo intenda assumere affinché la ricerca biomedica resti esclusivamente in mano pubblica, quindi indipendente dagli interessi delle cause farmaceutiche;
   se non si ritenga vi sia la necessità, nel campo della ricerca medica svolta in fondazioni o istituti privati di assumere iniziative per definire regole e parametri più congrui stabilendo una percentuale massima di lavoratori impiegati in modo da ridurre il finanziamento privato «a pioggia» a discapito di quello pubblico;
   se non si ritenga doveroso risolvere il problema del precariato nel campo della ricerca biomedica e, nell'eventualità positiva, come intenda sanare la situazione di migliaia di ricercatori alcuni dei quali hanno trascorso già dieci anni di precariato;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per rivedere i criteri di reclutamento per l'accesso al dottorato di ricerca, attualmente distinto discriminatoriamente tra le «specialità» e «i cinque anni di comprovata attività di ricerca» non essendo riconosciuti titoli equipollenti per i concorsi;
   se non si ritenga necessario assumere iniziative per fissare un numero limite al riconoscimento di fondazioni ed enti privati nel campo della ricerca e della biomedica, al fine di evitare una dispersione di denaro pubblico che porta loro profitto, ma corrispondenti scarsi benefici per l'utenza poiché utilizzando personale proprio e strutture già esistenti, potranno compiere la ricerca a loro più utile e consona, tralasciando e non favorendo la ricerca più vantaggiosa per la collettività. (5-08215)


   VICO e PELILLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la ASL di Taranto paga una penalizzazione storica quantitativa e qualitativa, per errori di valutazione (carichi di lavoro e piante organiche) e per mancata istituzione di servizi;
   i piani di riordino precedenti prevedevano reparti e unità operative per il pubblico e per il privato, il privato li ha realizzati, nel pubblico non sono mai stati avviati. Con il piano di riordino 2016 il quadro che si definisce è il seguente:
    600 posti letto in meno [lo standard nazionale è 3,7 posti letto per ogni 1000 abitanti, la regione Puglia è indirizzata verso il 3,4. Intanto, a Bari (1 milione 200 mila abitanti) sono previsti 4.433 posti letto pari al 37,6 x mille, a Taranto (560 mila abitanti) sono previsti 1161 posti letto pari allo 0,29 x mille abitanti];
    2000 occupati in meno nella ASL Taranto;
   ne consegue un gap per carenza di risorse in termini di assistenza e qualificazione futura con prevedibile impossibilità a rientrare negli standard. In particolare, l'impossibilità di rientrare nei termini previsti dalla legge di stabilità 2016: scostamento tra costi (rilevati nel modello ministeriale CE consuntivo) e ricavi (determinati come remunerazione dell'attività) pari o superiore al 10 per cento dei ricavi o, in valore assoluto, pari ad almeno 10 milioni di euro;
   con riferimento agli obiettivi del piano di riordino: «La ratio della legge è quella di ricondurre le strutture ospedaliere dentro un regime gestionale che coniughi efficienza economica, alti volumi, adeguata qualità e la migliore sicurezza delle cure». In particolare, l'efficienza economica (rispetto degli standard e dei volumi) pone tra gli indici di verifica lo standard relativo alla degenza media: meno di 7 giorni di degenza per i ricoveri ordinari;
   la delibera della giunta regionale sintetizza il decreto ministeriale n. 70 del 2015, in particolare:
    «individuazione dei fabbisogni prestazioni ospedaliere, ai fini della ridefinizione della rete ospedaliera dei letti per acuti e postacuti, con individuazione analitica del numero dei posti letto suddivisi per struttura, disciplina; (...)»;
    «Aumento del numero di posti letto ospedalieri per postacuti per l'adeguamento agli standard nazionali al fine di migliorare la qualità dell'assistenza offrendo al paziente la giusta intensità di cura per le sue condizioni cliniche e la presa in carico globale (...)»;
   il piano di riordino approvato dalla giunta regionale penalizza la ASL di Taranto ed il presidio ospedaliero di 2o livello SS. Annunziata-Moscati per quanto attiene ai posti letto per acuti (si veda la pneumologia) e soprattutto per quanto attiene i posti letto postacuti;
   non è possibile rientrare negli standard senza un percorso assistenziale completo che gestisca le dimissioni ordinarie e le dimissioni protette rendendo disponibili posti sia per le acuzie sia per l'emergenza;
   le lungodegenze non rientrando nello standard delle degenze (60 giorni di degenza come limite massimo) rappresentano l'area ideale di postacuzie;
   nella ASL Taranto sono previsti per la lungodegenza 24 posti letto: 12 posti letto a Martina Franca e 12 posti letto a Manduria. Questa previsione è certamente utile per il bacino d'utenza di questi ospedali, ma non tiene conto della città di Taranto e del polo occidentale. Infatti, la lungodegenza, indispensabile per i pazienti e le famiglie fragili ed in difficoltà, non è prevista per l'ospedale di 2o livello di Taranto con bacino d'utenza maggiore di 300.000 abitanti (Taranto e comuni limitrofi e del presidio ospedaliero di 1o livello di Castellaneta, con bacino d'utenza di circa 120.000 abitanti). Ne deriva che la gran parte della provincia di Taranto, quella più colpita a livello ambientale ed in crisi economica, non ha una dotazione sufficiente di posti letto di lungodegenza;
   nelle ASL confinanti, che dovrebbero costituire la futura macro ASL, il Perrino di Brindisi concentra 20 posti letto; il Fazzi di Lecce è dotato di 24 posti letto; tutta la ASL Lecce 158 posti letto (nell'insieme un ospedale diffuso che salvaguarderà il raggiungimento degli standard ed eviterà la gestione controllata);
   il S. Marco di Grottaglie è riconvertito da H-ASL (plesso di II livello) a PPA (riabilitazione postacuzie). Viene eliminata l'unica lungodegenza del POC di II livello SS Annunziata-Moscati riducendo fortemente la possibilità di dimissioni protette per quei pazienti che necessitano di ulteriore periodo di cure o che sono in attesa di un posto in residenza sanitaria assistenziale (RSA)/residenza socio-sanitaria assistenziale (RSSA), e che soprattutto non sono nelle condizioni di avviare una riabilitazione nel PPA. Questa amputazione non tiene conto dei dati epidemiologici medici e sociali che affliggono la terza città più popolosa dell'Italia meridionale peninsulare, e della improponibilità per i malati fragili di essere collocati, ove vi fosse posto, presso presidi ospedalieri distanti oltre il prevedibile, dalla propria famiglia;
   analoghe considerazioni riguardano le stesse reti cliniche che «devono integrare l'attività ospedaliera per acuti e postacuti con l'attività territoriale (...)». In particolare, la rete delle emergenze cardiologiche, Rete ICTUS, Rete Traumatologica e altro non potranno essere funzionali per l'affollamento. La carenza di posti letto renderà impossibile il completamento dei PDTA e la completa presa in carico con dequalificazione e paralisi delle reti;
   l'affollamento che si registra da anni, con una gestione dirigenziale che ha come unico rimedio il blocco dei ricoveri per l'elezione e l'imposizione dei ricoveri «extra locati» (in altri reparti) continuerà a ridurre sempre di più l'attrattiva e la qualità dell'accoglienza e della presa in carica, rendendo improbabile il rientro negli standard ottimali dei volumi (decreto ministeriale n. 70 del 2015) e caricando sulle responsabilità individuali di medici e personale infermieristico le carenze gestionali;
   l'allungarsi della degenza ha come conseguenza lo sforamento degli standard:
    aumento del turnover (>100 per cento);
    aumento della degenza media (>7 giorni);
    anomala occupazione dei posti letto (>100 per cento);
   come unica possibilità operativa proponibile il S. Marco di Grottaglie deve conservare, oltre alle riabilitazioni specialistiche assegnate, la medicina-postacuzie e la lungodegenza (con i servizi previsti), gestite per intensità delle cure in rete con il P.O.C.;
   a differenza di quanto indicato in tutti i piani regionali deliberati sino al 2015, nel piano di riordino pugliese 2016 riguardante la sanità ionica pubblica della asl di Taranto, non sono più previste pneumologia e chirurgia toracica;
   vengono attribuiti ai privati i 37 posti letto di pneumologia;
   scompare definitivamente la chirurgia toracica che prevede posti letto a Foggia (12+10), Bari (24+16+8), Lecce (20), predeterminando i futuri HUB delle macro asl;
   Taranto è l'unica asl in Puglia priva di pneumologie pubbliche;
   il SS Annunziata-Moscati è l'unico presidio ospedaliero di 2o livello in Puglia privo di pneumologia ospedaliera:
    nella provincia di Bari sono previsti 109 posti letto. Tutti gli ospedali di II livello sono dotati di pneumologia;
    a Brindisi il Perrino 20 posti letto + 20 Ostuni;
    nella BAT Barletta 12 posti letto;
    Foggia 50 posti letto + 12 posti letto;
    Lecce 30 posti letto + 12 + 18;
   il danno ambientale di Taranto e provincia merita ben altro riconoscimento e risarcimento. Le malattie acute e croniche respiratorie e la patologia oncologica toracica si manifestano a Taranto con percentuali tra le più alte in Italia;
   la pneumologia di un ospedale di II livello è anche UTSIR (unità di terapia semi-intensiva respiratoria) fondamentale per assistere i pazienti che giungono dal pronto soccorso e dalla rianimazione con cui collabora nella presa in carico delle insufficienze respiratorie gravi. Rappresenta elemento insostituibile della rete urgenza-emergenza. La pneumologia è anche servizio di broncoscopia interventistica, necessaria alla tipizzazione delle lesioni polmonari e alla successiva terapia oncologica. È fisiopatologia respiratoria ed è necessaria alla valutazione dei pazienti critici chirurgici e della rianimazione;
   non è concepibile che un presidio ospedaliero di II livello non sia dotato di quanto necessario ai percorsi dell'urgenza respiratoria acuta o riacutizzata e che non possa completare l’iter diagnostico delle neoplasie polmonari;
   la cancellazione della pneumologia pubblica e la scomparsa dai programmi della oncoematologia pediatrica meritano la conoscenza delle motivazioni che hanno portato la regione a definire questo progetto di marginalizzazione della sanità jonica, dal momento che nessun tipo di consultazione territoriale è stata attivata dalla stessa regione Puglia –:
   se sia a conoscenza della situazione descritta e del piano di riordino pugliese 2016 afferente alla ASL di Taranto e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per fronteggiare le emergenze sanitarie ed ambientali di Taranto e provincia già note al Ministro interrogato e garantire pienamente i livelli essenziali di assistenza. (5-08223)


   FABBRI, ROBERTA AGOSTINI, LENZI, INCERTI e ZAMPA. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 15 dicembre 2015 n. 212, l'Italia dà attuazione alla direttiva 2012/29/UE in tema di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. La fonte europea stabilisce norme minime che assicurino alle vittime di reato adeguati livelli di tutela e assistenza, sia nelle fasi di accesso e partecipazione al procedimento penale, sia al di fuori e indipendentemente da esso;
   il 1o agosto 2014 è entrata in vigore la «Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica», meglio nota come Convenzione di Istanbul: essa prevede che venga fornita alle vittime di violenza ogni forma di protezione e supporto, anche economico, e costituisce il primo strumento internazionale vincolante sul piano giuridico per prevenire e contrastare la violenza contro le donne e la violenza domestica e si fonda su tre pilastri: prevenzione, protezione e punizione, ponendo particolare enfasi sui primi due, gli unici in grado di sradicare una violazione dei diritti umani ormai sistemica in Europa;
   il Governo ha adottato il 14 agosto 2013 il decreto-legge n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province»;
   nella Convenzione di Istanbul si prevede che, per il sostegno alle vittime di violenza, gli Stati si dotino di un fondo e di tutte le misure finanziarie necessarie per sostenere le vittime di violenza e le loro famiglie nel loro difficile percorso di ritorno alla vita;
   gli atti di efferata violenza contro le donne e i femminicidi non accennano a diminuire. I casi di Chiara Insidioso (massacrata dal compagno due anni fa e ridotta in fin di vita e che ora deve convivere con gravissime lesioni cerebrali) o di Lucia Annibali, (sfregiata dall'acido dal suo fidanzato) o di Carla Caiazzo (incinta e ustionata dal fidanzato) sono i casi di cronaca più emblematici per l'efferatezza e la violenza perpetrata;
   questi atti di inaudita ed efferata violenza, negli ultimi tempi, hanno visto coinvolti come vittime anche degli uomini: è il caso, ad esempio, di Pietro Barbini, 22enne aggredito e sfregiato con l'acido da Martina Levato, Alexander Boettcher e Andrea Magnani, accusati di associazione per delinquere finalizzata al compimento di aggressioni mediante l'utilizzo di acido e attualmente sotto processo;
   eventi di violenza così drammatica che, oltre all'infinito dolore, comportano alle vittime, e ai loro familiari, di dover fronteggiare le conseguenze economiche, con risorse finanziarie personali, per le cure mediche, la riabilitazione fisica e psicologica, per vedere riconosciuti i danni subiti ed eventualmente far fronte alla perdita di reddito per l'impossibilità di tornare al lavoro;
   spesso infatti l'efferatezza della violenza nei confronti delle vittime è tale che l'obiettivo principale non è quello di uccidere ma di sfigurarle per cercare comunque di farle morire dentro, impedire loro di ripensarsi come persone felici con un futuro ed una vita affettiva davanti;
   il nostro ordinamento risulta carente nel garantire la «continuità della presa in carico» della vittima, quando uscita dall'ospedale rimane a vita in uno stato di invalidità che, a volte, può comunque consentire la ripresa del lavoro, magari in un contesto protetto e, in altri casi, sempre più spesso, invece, richiede un'assistenza permanente da parte dei genitori o di strutture specializzate. I costi di questi danni, rimangono permanentemente sulle persone coinvolte e sui loro familiari, i quali non sempre sono nelle condizioni di poterli affrontare;
   a parere degli interroganti lo Stato dovrebbe avere l'obbligo di intervenire con una compensazione economica e con un accesso agevolato a forme di assistenza ai fini della riabilitazione e di reinserimento verso una vita il più possibile normale, alle vittime che sopravvivono alla violenza in una condizione di grave danno fisico e psichico;
   Chiara, Lucia, Carla, Pietro, così come tutti gli altri cittadini italiani, hanno già accesso alle prestazioni socio — assistenziali di cui ai livelli essenziali di assistenza (LEA), l'insieme di tutte le prestazioni, servizi e attività che i cittadini hanno diritto a ottenere dal Servizio sanitario nazionale (SSN), ma non sempre sono ricomprese ad esempio le cure psicologiche conseguenti ad episodi di violenze, che possono protrarsi addirittura per tutta la vita, la chirurgia plastica per la ricostruzione di un viso sfregiato dall'acido o il sostegno psicologico per i figli e/o familiari di quelle donne che molto spesso sono spettatori loro malgrado dell'uccisione della persona cara –:
   se e quali livelli essenziali di assistenza siano garantiti nei casi di violenza e di aggressione citati in premessa e se i Ministri interrogati non ritengano, con particolare riferimento alle vittime di reato, di assumere iniziative di competenza per prevedere un adeguamento dei livelli essenziali di assistenza laddove non si rivelino sufficienti per sostenere le necessità e le cure delle vittime e dei loro familiari. (5-08227)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SBROLLINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Costituzione sancisce all'articolo 32 che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»;
   la mortalità materna correlata al travaglio e/o al parto è un fenomeno sempre più raro nei Paesi socialmente avanzati;
   la morte materna rappresenta un evento drammatico e un indicatore cruciale, benché complesso, delle condizioni generali di salute e di sviluppo di un Paese;
   in Italia, in analogia con gli altri Paesi industrializzati, il rapporto di mortalità è progressivamente diminuito da 133 per 100.000 nel 1955, a 53 nel 1970, 13 nel 1980, 9 nel 1990 per essersi poi stabilizzarsi negli ultimi anni;
   ogni anno nel nostro Paese circa 50 donne muoiono di parto. Il rapporto più basso è stato stimato in Toscana (4,6 ogni 100 mila nati vivi), quello più alto in Campania (13,4 ogni 100 mila nati vivi);
   le indagini stimano che circa la metà delle morti materne rilevate potrebbe essere evitata grazie a migliori standard assistenziali;
   a Bassano del Grappa (Vicenza) si è verificata la morte di una neonata in seguito a complicazioni post-parto: la piccola sarebbe nata e subito dopo le sue condizioni sono apparse molto critiche; è deceduta qualche ora più tardi, dopo essere entrata in coma;
   la neonata era stata presa in carico dalla pediatria dell'ospedale di Bassano del Grappa e monitorata costantemente, ma successivamente considerato il peggioramento delle condizioni cliniche, è stato deciso il trasporto alla terapia intensiva neonatale del San Bortolo di Vicenza, in base a quanto previsto dal protocollo regionale Veneto. Ma per la bimba non c’è stato nulla da fare;
   la procura di Vicenza ha aperto un'inchiesta chiedendo l'acquisizione delle cartelle cliniche del reparto di ostetricia dell'ospedale bassanese;
   solo pochi mesi fa, a dicembre 2015, nella stessa struttura si erano verificati altri casi tragici nei quali una giovane mamma aveva perso la vita durante il parto e nel giorno di Natale un altro neonato, il piccolo Kevin Brandalise, era morto in seguito alle complicanze del parto solo dopo pochi minuti dalla nascita –:
   se il Governo sia informato dei fatti esposti;
   se non ritenga di dover promuovere, come accaduto in casi analoghi, un'ispezione, presso il reparto di ostetricia, ginecologia e pediatria dell'ospedale San Bassiano di Bassano del Grappa (Vicenza), per verificare le eventuali criticità dal punto di vista organizzativo e clinico in relazione a questo ennesimo decesso all'interno dell'ospedale di Bassano;
   quali iniziative il Governo intenda adottare per migliorare la prevenzione sanitaria così da ridurre l'incidenza della mortalità materna correlata al travaglio o al parto. (4-12610)


   ALBERTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende dalla stampa nei giorni scorsi la Procura di Brescia avrebbe iscritto più di trenta persone nel registro degli indagati tra cui diversi allevatori e responsabili di caseifici che dovranno rispondere di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari in quanto avrebbero usato latte contaminato da aflatossine, sostanza cancerogena prodotta da funghi che attaccano il mais;
   a quanto risulta il Nucleo anti sofisticazioni di Brescia avrebbe sequestrato migliaia di forme di Grana Padano che potrebbero contenere valori troppo alti di aflatossine;
   la commercializzazione di prodotti contaminati è spesso causa di una diffusa insorgenza di malattie e tumori;
   le cause della diffusione della aflatossine sarebbero da ricercare alla radice e cioè nella produzione del mais usato nei mangimi, che nelle sempre più frequenti estati calde e secche, verrebbe erroneamente lasciato in campo ad essiccare, raccogliendolo a un livello di umidità troppo basso; giocano un ruolo importante nella diffusione delle aflatossine anche la tecnica della monocoltura, l'uso di tecniche non appropriate di irrigazione e rapporti sbilanciati di azoto, fosforo e potassio nel terreno –:
   se il Governo sia al corrente di quanto riportato in premessa;
   se abbia preso o stia per assumere qualche iniziativa in merito;
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere iniziative di natura normativa o di avviare ispezioni ministeriali, al fine di individuare le cause che avrebbero portato o potrebbero portare alla contaminazione delle produzioni lattiere per prevedere eventuali indicazioni e rimedi, nonché per individuare eventuali alimenti contaminati immessi nel mercato. (4-12622)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il pagamento del canone di abbonamento alla concessionaria radiotelevisiva dovrebbe essere pagato, secondo quanto stabilito nella legge di stabilità 2016, a partire da luglio 2016 contestualmente alla fattura elettrica;
   il decreto attuativo per stabilire i termini e le modalità di pagamento, con molto ritardo visti i grandi problemi pratici che la scelta governativa ha comportato per le compagnie elettriche e l'Agenzia delle entrate, è ancora in fase di bozza e deve essere inviato all'Autorità per l'energia e al Consiglio di Stato per i dovuti pareri;
   il problema dei compensi ai gestori, visto che non era stata prevista alcuna copertura per questo, è stato riso o con un contributo alle società elettriche, che riceveranno dall'Agenzia delle entrate 14 milioni di euro nel 2016 ed altri 14 milioni nel 2017, a risarcimento per la gestione del canone nella bolletta della luce. L'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico deciderà come dividere i 14 milioni di euro tra le diverse società elettriche;
   non è ancora chiaro se e come sono stati superati i problemi legati alla regolarizzazione delle situazioni in cui ci sono più bollette elettriche nella stessa famiglia, mentre il canone è dovuto una sola volta per ogni famiglia anagrafica, indipendentemente dal numero delle sue residenze;
   per rendere operativa questa nuova riscossione del canone, è necessario conoscere, tramite l'anagrafe tributaria, chi paga il canone pur non essendo intestatario di contratti elettrici uso domestico, mentre sono disponibili solo i dati sulle forniture domestiche nello stesso luogo di residenza sino a 3 kw (tariffa elettrica D2). A questo punto ci sarà un allineamento anagrafico tra sistemi informativi delle imprese elettriche e anagrafe tributaria e una gestione delle variazioni. Solo dopo l'Agenzia delle entrate fornirà all'acquirente unico l'elenco che verrà trasmesso alle imprese elettriche perché lo inseriscano nelle bollette. L'Agenzia delle entrate, quindi, ha un compito gravoso, anch'esso da adempiere entro 15 giorni dall'emanazione del decreto del Ministro dello sviluppo economico. L'acquirente unico trasmetterà gli elenchi ordinati alle imprese elettriche entro il 31 maggio 2016;
   non è ancora stato pubblicato dall'Agenzia delle entrate il provvedimento direttoriale con le modalità per dichiarare che non si possiede l'apparecchio televisivo, che riguarda circa il 2-3 per cento delle famiglie italiane –:
   se il Governo, considerati i problemi legati alla scelta governativa di riscuotere il canone Rai contestualmente alla fattura elettrica, soprattutto per le famiglie che devono presentare un'autocertificazione per l'esenzione, non ritenga opportuno assumere urgentemente al fine di esplicitare le modalità per la dichiarazione di non possesso dell'apparecchio televisivo e per l'esenzione dall'imposta. (4-12608)


   PIRAS, DURANTI, RICCIATTI e QUARANTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dal 21 marzo 2016 i tre segretari dei metalmeccanici del Sulcis Iglesiente hanno iniziato la loro protesta, per lo strato della vertenza Alcoa, salendo sul silos delle materie prime dell'impianto di Portovesme, a 60 metri di altezza;
   il processo di chiusura definitiva dell'unità di Portovesme è iniziato a metà del 2012, nel contesto di un piano di ristrutturazione globale della azienda. Nell'agosto del 2014 l'azienda comunicò la chiusura dello « smelter» — ovvero l'impianto di fusione — sancendo così la chiusura definitiva dello stabilimento stesso;
   l'Alcoa di Portovesme occupava migliaia di persone in un contesto, quello del Sulcis, fra i più colpiti di Italia da un violento e repentino processo di deindustrializzazione, che ha visto — nello specifico — cessare la gran parte della produzione di alluminio, causando quindi una pesante ricaduta a cascata sul complesso dell'economia del territorio;
   il 16 febbraio 2016 il sottosegretario De Vincenti aveva rassicurato sindacati e lavoratori sul risultato finale della trattativa con «Glencore» — soggetto interessato a rilevare l'azienda di Portovesme — con la proposta di cosiddetta «superinterrompibilità» ed un prezzo dell'energia di 20 euro a Mwh;
   il 21 marzo 2016 la Ministra Guidi ha sollecitato una risposta di «Glencore» sulla proposta di cui sopra;
   dal 2012 gli operai Alcoa e le loro famiglie vivono in una condizione sociale difficilissima –:
   se il Ministro interrogato non intenda rendere noto lo stato dell'arte della trattativa con «Glencore». (4-12616)


   L'ABBATE e SCAGLIUSI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con decisione della Commissione europea C(2007)6820 del 20 dicembre 2007 è stato approvato il programma operativo interreregionale Fesr 2007-2013 (POI energia) con una dotazione finanziaria di 1.606.500.000 euro;
   il POI energia ha assegnato alla regione Puglia il ruolo di capofila delle regioni convergenza attribuendole inizialmente la funzione di autorità di gestione;
   dal 17 febbraio 2011 a mezzo di protocollo di intesa tra Ministro per i rapporti con le regioni e la regione Puglia, la titolarità dell'autorità di gestione è stata trasferita da quest'ultima al Ministero dello sviluppo economico (MISE);
   l'asse II misura 2.6 del POI finanzia interventi di animazione e sensibilizzazione, ovvero campagne di informazione rivolte alle popolazioni. L'organismo intermedio è la DGCLE (direzione generale per il clima e l'energia, già DGSEC-direzione generale sviluppo sostenibile energia e clima) del Ministero dello sviluppo economico che ha stipulato convenzione con la Sogesid, società in house del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) con una dotazione complessiva di 76 milioni di euro;
   l'asse III misura 3.4 «Accompagnamento e Assistenza Tecnica» finanzia azioni di comunicazione e informazione con una dotazione finanziaria iniziale di 6 milioni di euro. Responsabile di questa misure è l'autorità di gestione ossia la direzione generale per il mercato elettrico, le rinnovabili e l'efficienza energetica, il nucleare (DGMEREEN) del Ministero dello sviluppo economico che ha affidato all'Osservatorio interregionale cooperazione allo sviluppo (OICS), con sede a Roma e presieduto dal 2009 dalla regione Puglia, la realizzazione dell'intervento con una dotazione di 5 milioni di euro;
   dall'elenco dei beneficiari al 31 dicembre 2014, pubblicato sul sito web del POI Energia (www.poienergia.gov.it) risulta che l'OICS ha utilizzato solo in parte i fondi della misura 3.4 per effettuare azioni di comunicazione e informazione –:
   a che punto sia lo stato di avanzamento delle citate misure 2.6 e 3.4 e, in particolare, se la spesa sin qui realizzata rispetto alla dotazione complessiva delle stesse, sia stata oggetto di apposite procedure di evidenza pubblica da parte dei soggetti responsabili delle stesse e che si sono succeduti nel corso dell'attuazione del POI energia, nonché, in caso affermativo, quali siano gli esiti degli affidamenti, le aziende beneficiarie e gli importi oggetto degli affidamenti, specificando se tali affidamenti siano stati oggetto di procedure pubbliche o meno;
   quale sia, ad oggi, la spesa complessiva delle citate misure 2.6 e 3.4 ed il relativo dettaglio di spesa per ciascuna misura e azione;
   in caso di esistenza di residui sulla dotazione complessiva iniziale delle citate misure 2.6 e 3.4, quali siano le linee strategiche che i soggetti attuatori adotteranno per il loro utilizzo e le relative modalità che intendono impiegare, anche in considerazione del breve tempo a disposizione prima della chiusura dell'intero intervento del POI energia. (4-12617)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende da fonti sindacali e di stampa, l'azienda Almaviva nei giorni scorsi ha convocato le rappresentanze sindacali unitarie (RSU) e le segreterie territoriali e regionali delle organizzazioni sindacali per comunicare l'avvio delle procedure di riduzione del personale (mobilità) ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223 per 218 posizioni di lavoro cosiddetto full time equivalent. Tuttavia, secondo quanto comunicato dalle organizzazioni sindacali, considerato l'orario ridotto mediamente praticato sul sito, la soppressione di tali posizioni può comportare fino ad un massimo di 400 lavoratori in esubero; secondo altre fonti di stampa i posti a rischio per la sede aziendale di via Brin a Napoli sarebbero addirittura 620;
   secondo quanto riferito dalle organizzazioni sindacali, le cause del verificarsi di una simile situazione sono da ricercarsi una politica industriale fallimentare posta in essere dai vertici aziendali che in questo modo starebbero scaricando sui lavoratori le conseguenze di tali scelte scellerate;
   occorre, inoltre, considerare quanto sta avvenendo presso la sede di Gepin Contact di Casavatore: vicende che l'interrogante ha già denunciato con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-12517 del 15 marzo 2016;
   ormai appare evidente che la situazione si è trasformata in una vera e propria crisi di settore, dove il mercato appare dominato da una serie di fattori distorsivi che alterano il contesto competitivo; tra questi si citano: il mancato rispetto delle norme sulle delocalizzazioni in Paesi extra Unione europea e l'utilizzo opportunistico degli incentivi per l'occupazione;
   con riferimento alla situazione di Almaviva, occorre considerare che la situazione è grave anche a livello nazionale: secondo quanto si apprende da fonti di stampa, sarebbero 2988 su 7862 gli esuberi dichiarati per le sedi di Napoli (400), Roma (918) e Palermo (1670);
   al netto di ogni valutazione sulle responsabilità del determinarsi di una situazione così grave per la tutela dei livelli occupazionali nel territorio campano, l'interesse pubblico preminente coincide con il fatto che il Governo profonda il massimo degli sforzi possibili per la cessazione delle procedure di mobilità –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro dello sviluppo economico al fine di risolvere la situazione descritta in premessa e se non intenda, in particolare, convocare le parti sociali ad un tavolo di crisi per verificare ogni possibile soluzione, anche mediante l'utilizzo delle cosiddette «clausole sociali»;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere il Ministro dello sviluppo economico al fine di impedire che le aziende committenti, spesso a partecipazione statale, delocalizzino i servizi telefonici;
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro del lavoro e delle politiche sociali per la tutela dei livelli occupazionali in un tessuto sociale già di per sé così martoriato dalla crisi economica.
(4-12629)