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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 21 gennaio 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    nell'estate del 2015, in occasione del recepimento della normativa europea sul bail in, i parlamentari attualmente appartenenti alla componente del gruppo Misto «conservatori e riformisti» indicarono il rischio di frettolosità e superficialità con cui si affrontava il problema. Lo stesso Parlamento e le stesse forze politiche che avevano dedicato mesi interi a discutere di temi assai meno rilevanti per cittadini e risparmiatori decisero invece di adottare in modo veloce e pressoché acritico la nuova normativa europea, ignorando ogni preoccupazione e osservazione;
    in una logica liberale, non si trattava certo di riproporre o perpetuare la logica dei salvataggi di Stato, a spese dei contribuenti, con il bail out. Ma si spiegava, da parte dei medesimi parlamentari, che doveva esserci un'adeguata preparazione al passaggio alla nuova fase;
    si chiese che la Banca d'Italia venisse a informare tempestivamente sulle situazioni anche potenzialmente più critiche: e invece, in ogni sede, si ripetevano rassicurazioni sull'assoluta solidità delle banche italiane;
    si chiese che partisse una immediata e capillare campagna di informazione a favore dei cittadini (anche attraverso la Rai concessionaria del servizio pubblico) sui rischi esistenti e sull'opportunità di diversificare gli investimenti;
    su tutto, i suddetti parlamentari ottennero risposta negativa;
    più recentemente, in occasione della nota crisi che ha coinvolto quattro istituti bancari italiani, i parlamentari della componente del gruppo Misto «conservatori e riformisti» proposero di ricorrere al Fondo interbancario di tutela dei depositi: denaro privato, non pubblico, per una iniezione di capitale per le banche sofferenti. E invece l'Esecutivo ha accettato di subire quello che fu presentato come un veto europeo;
    in realtà, la lettera al Governo italiano proveniente dalla Commissione europea, successivamente resa nota, pur nella sua ambiguità, lasciava, uno spazio per una trattativa con le autorità europee. Sia per ricorrere al fondo interbancario di tutela dei depositi, sia – su un altro piano – per ricorrere a dei warrant a favore degli obbligazionisti, secondo il modello utilizzato nel 1982 dopo la crisi del Banco Ambrosiano;
    tuttora non si comprende perché il Governo italiano si sia fermato, rinunciando a una serrata trattativa con le autorità europee,

impegna il Governo:

   come principio generale, a non assumere iniziative che gravino sui cittadini-contribuenti, in quanto non c’è ragione per cui la mala gestione di alcuni amministratori (verso i quali occorre assumere ogni iniziativa anche legale e giudiziaria) debba pesare sulle spalle di tutti i contribuenti, sulla fiscalità generale e/o sulla spesa pubblica;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza per acquisire tempestivamente, dettagliati elementi sulle altre situazioni anche solo potenzialmente a rischio;
   a disporre, in primo luogo attraverso il servizio pubblico radiotelevisivo, capillari e tempestive campagne a favore dei cittadini-contribuenti, spiegando le situazioni critiche e le caratteristiche della nuova normativa, sottolineando il principio generale della opportunità della diversificazione degli investimenti;
   a operare per favorire l'introduzione, in aggiunta ai prospetti informativi più complessi, di documenti informativi sintetici e di immediata comprensibilità per risparmiatori e investitori, anche caratterizzati da denominazioni/classificazioni/sigle che possano favorire l'informazione, la consapevolezza dei cittadini sui rischi e le opportunità legate a ogni investimento;
   in caso di nuove situazioni critiche, a riproporre la soluzione del fondo interbancario di tutela dei depositi, e – su un altro piano – ad assumere iniziative per assegnare warrant ai soggetti danneggiati, secondo il modello «Banco Ambrosiano»;
   come extrema ratio, anche per favorire la campagna di informazione e un'adeguata preparazione al nuovo regime, ad adottare iniziative per una moratoria di 18 mesi della regolamentazione del bail in, disponendo una diversa data (il 1o luglio 2017) per l'entrata in vigore della nuova normativa.
(1-01099) «Palese, Altieri, Marti, Capezzone, Ciracì, Distaso, Chiarelli, Fucci, Latronico, Bianconi, Corsaro».


   La Camera,
   premesso che:
    dietro ogni «grande evento» c’è sempre una disputa fra favorevoli e contrari e, questo, è praticamente inevitabile; tuttavia va ricordato che i Giochi Olimpici, come è stato EXPO sono una enorme vetrina che il Paese ospitante apre sul mondo;
    il 25 giugno 2015 l'Assemblea Capitolina ha approvato la mozione n. 39 con l'85 per cento dei voti dei consiglieri rappresentanti dei cittadini con la quale candida la città ad ospitare i Giochi Olimpici e Paralimpici 2024;
    la candidatura della città di Roma è stata approvata all'unanimità dal Consiglio nazionale del CONI nella seduta del 2 luglio 2015;
    la candidatura è poi stata presentata e accolta dal CIO il 16 settembre 2015;
    Roma 2024 può ripetere il successo delle Olimpiadi del Sessanta, le prime dell'era tecnologica, le più innovative, le prime Paralimpiadi. Quei giochi hanno segnato il rilancio nel mondo dell'immagine di Roma e dell'Italia come luogo di cultura millenaria di grande Paese moderno, risorto dalle rovine della guerra. Sul piano sportivo quei giochi sono entrati nella leggenda e hanno portato all'attenzione del mondo atleti che hanno fatto la storia dello sport, come Wilma Rudolph e Cassius Clay;
    al di là degli spettatori che raggiungeranno i luoghi delle gare, ci saranno telespettatori sintonizzati sulle dirette televisive e l'evento di apertura è capace di tenere incollati sugli schermi milioni di persone non necessariamente appassionate di sport, ma curiose di conoscere il Paese ospitante;
    non è necessario ricordare quali sono i messaggi positivi che lo sport e la pratica sportiva veicolano, pur senza fare grande distinzione fra emozioni e benefici che ricadono indistintamente su ogni fascia di popolazione;
    i Giochi Olimpici sono un evento duplice perché comprendono anche l'organizzazione dei Giochi Paralimpici, che permettono ad atleti con disabilità fisiche di gareggiare nelle diverse discipline. La prima edizione riconosciuta come tale si disputò nel 1960 proprio in Italia;
    i Giochi Olimpici e Paralimpici sono un evento globale, capace di far convivere, all'insegna dei valori dello sport e del vivere civile, la quasi totalità dei Paesi del mondo, catalizzando l'attenzione in ogni angolo del pianeta e mescolando in un'enorme manifestazione «di pace» identità, religioni, usi e costumi differenti. Basti ricordare come ai Giochi Olimpici e Paralimpici di Londra 2012 abbiano partecipato 204 delegazioni in rappresentanza dei 5 continenti;
    l'EXPO ha potuto contare sulla partecipazione di 146 Paesi mantenendo il forte spirito di condivisione;
    lo slogan di EXPO «Nutrire il pianeta, energia per la vita» ha promosso l'importanza della nutrizione e ha ribadito la necessità di un'educazione alimentare per i suoi risvolti positivi sulla salute;
    i Giochi Olimpici e Paralimpici si integrano perfettamente in questo percorso formativo. La locuzione latina mens sana in corpore sano ne è una sintesi molto efficace;
    la «buona scuola» promuove la «cultura in corpore sano», introduce l'educazione motoria a partire dalla scuola primaria e permette di valutare nei percorsi scolastici dei ragazzi delle scuole superiori, anche le attività extrascolastiche, tra le quali è annoverata la pratica sportiva;
    il CONI è uno dei partner più assidui del Governo; lo coadiuva in alcune scelte, fra le quali quella dei tutor (per l'attività motoria fin dalle scuole elementari), nell'individuazione di priorità per progetti destinati a ragazzi e che vedono coinvolte associazioni sportive di ogni disciplina, oltre che nella promozione, nel supporto e nel sostegno della pratica sportiva e della diffusione dei valori dello sport;
    l'organizzazione dei Giochi Olimpici e Paralimpici Roma 2024 potrebbe facilmente rappresentare il culmine di tutto il percorso fatto finora ed è coerente con le linee guida politiche del Governo;
    il previsto Giubileo 2025 prevede già di far convergere degli investimenti sulla capitale e richiederà finanziamenti aggiuntivi per garantire accessibilità, trasporti, salute, sicurezza e servizi;
    le strutture sulle quali convergeranno i finanziamenti, come per EXPO, potrebbero essere destinate a percorsi formativi, affidate in gestione al CONI o a società ad hoc per la pratica agonistica o riutilizzate per organizzare eventi sportivi, meeting, gare masters e altro. Inoltre, l'esperienza di altre realtà, come ad esempio Londra, che dopo aver ospitato i Giochi Olimpici e Paralimpici, ha trasferito gli impianti, preventivamente costruiti come «mobili», in altre zone della Nazione dove necessitavano, può rappresentare un percorso da valutare ed eventualmente seguire, al fine di migliorare l'impiantistica sportiva e non solo di diverse realtà del nostro Paese;
    come per l'EXPO ci sarà la possibilità per tantissimi giovani «volontari» italiani e stranieri di candidarsi per un lavoro e vivere il «sogno» di condividere con centinaia di campioni l'emozione di una kermesse che abbatte barriere, supera differenze, unisce a tavola, insegna a comunicare con gesti e occhi prima che con le parole;
    è legge lo jus soli sportivo che favorirà il tesseramento degli atleti stranieri minorenni regolarmente residenti nel territorio italiano con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani e resterà valido fino al completamento delle procedure per l'acquisizione della cittadinanza;
    lo jus soli fa dello sport un eccellente strumento di integrazione e questo è da considerarsi un valore perché «nello sport nessuno è straniero»;
    lo studio commissionato al gruppo coordinato dal professor Beniamino Quintieri (preside della facoltà di economia – università Tor Vergata) per stabilire qual è il valore aggiunto in termini di sostenibilità e legacy della candidatura olimpica di Roma, rileva che i Giochi garantirebbero un miliardo di euro in più di entrate in termini di benefici socioeconomici reali per la città di Roma e per l'Italia e si stima che offrirà 180 mila posti di lavoro per i giovani;
    il comitato promotore ha già annunciato che sarà una candidatura che risponderà alle richieste del CIO che con l'Agenda 2020 vuole favorire Giochi sostenibili e costi bassi;
    i risultati di uno studio commissionato dalla regione Lombardia (Università LIUC) stimano che l'impatto economico di EXPO è stato pari a 12,5 miliardi nel 2015 (5,3 miliardi nella ricettività e ristorazione; 4,1 miliardi nel commercio, intrattenimento e tempo libero; 3,2 miliardi nei trasporti); gli effetti positivi si percepiranno anche nel 2016 anche se in misura del 35/40 per cento; la produzione aggiuntiva generata è stata dello 0,4 per cento del prodotto interno lordo nazionale e le ricadute positive si sono registrate anche nell'area di Malpensa; in termini occupazionali EXPO ha prodotto 87 mila unità di lavoro (il 30 per cento delle quali verrà conservato anche per il futuro); il settore turistico ha segnato un più 9,2 per cento a fronte del dato nazionale del 2,2 per cento;
    come per EXPO una parte dei finanziamenti potrebbero venire dagli sponsor;
    l'organizzazione dei Giochi Olimpici e Paralimpici Roma 2024 permetterebbe allo sport italiano di usufruire di fondi aggiuntivi atti a supportare iniziative, progetti e linee di intervento per lo sviluppo dell'attività sportiva di base e d’élite, garantendo così all'Italia una prospettiva di qualità dei talenti sportivi ma anche un aumento della pratica sportiva nel Paese, così come già avvenuto nei Paesi ospitanti un'edizione dei Giochi Olimpici e Paralimpici;
    gli investimenti sullo sport e la promozione dei corretti stili di vita, a partire dall'alimentazione e dalla salute, come da studi ed analisi, comportano un abbattimento sensibile della spesa sanitaria nazionale,

impegna il Governo:

   a sostenere, in tutte le sedi opportune e con ogni iniziativa necessaria, la candidatura di Roma 2024 restando coerente con le scelte fin qui fatte;
   a coinvolgere l'intero Paese nel «sogno olimpico», attraverso azioni di comunicazione che abbiano al centro lo sport, i suoi valori e la capacità dello stesso di rappresentare uno dei motori propulsori dell'orgoglio nazionale;
    a utilizzare il tempo che manca al 2024 per pianificare in collaborazione con il CONI gli interventi necessari per censire le strutture esistenti, renderle competitive e fruibili successivamente alle associazioni che operano sul territorio e alle scuole che non hanno ancora palestre adeguate e sono carenti per la sicurezza;
   a investire su Roma 2024 per promuovere i valori positivi dello sport come ha fatto con EXPO per l'alimentazione;
    a utilizzare al meglio le opportunità dei Giochi Olimpici e Paralimpici per restituire alla città di Roma la visibilità e il prestigio che merita, in un percorso ideale che dalla storia la proietti con interventi strutturali, ambientali e tecnologici nella modernità.
(1-01100) «Vezzali, Monchiero, Molea, Antimo Cesaro».


   La Camera,
   premesso che:
    i dati sul Mezzogiorno diffusi nel 2015 dagli Istat e Svimez fotografano una situazione drammatica sia dal punto di vista del gap infrastrutturale, sia da quello dell'arretratezza socio-economica. Una situazione endemica, resa ancor più grave dalla crisi economica che negli ultimi anni ha colpito tutto il Paese ma ha particolarmente falcidiato il Mezzogiorno;
    secondo l'Istat nel Mezzogiorno il 44 per cento dei giovani è disoccupato;
    l'ultimo rapporto Svimez rivela che nel Sud 1 su 3 è a rischio povertà;
    dal 2007 ad oggi il prodotto interno lordo è crollato del 13 per cento (rispetto al calo del 7,4 nel centro-nord); dal 2008 al 2014 al Sud i consumi sono calati del 13/16 per cento; tra il 2001 e il 2014 sono emigrati dal Sud verso il Centro-Nord oltre 1 milione 667 mila meridionali; dei circa 811 mila posti di lavoro persi in Italia dal 2008 al 2014, ben 576 mila si sono registrati nel Mezzogiorno (oltre il 70 per cento); dal 2008 al 2014 gli investimenti nel Mezzogiorno sono crollati del 38 per cento a fronte del 27 per cento nel centro Nord;
    l'Eurostat dice che la crescita italiana è la più lenta dell'Unione europea a causa del divario Nord-Sud;
    a fronte di tale situazione, gli unici fondi realmente disponibili e destinati allo sviluppo del Mezzogiorno, ossia i fondi comunitari, continuano a registrare un utilizzo poco efficiente e poco efficace;
    a valere sulla programmazione 2007-2013 i fondi non spesi e destinati al Mezzogiorno, ammontano a circa 9,3 miliardi di euro;
    a fronte delle tante difficoltà, certo non sempre giustificate, che incontrano regioni ed enti locali nel programmare la spesa ed approntare i progetti da finanziare con risorse comunitarie, l'atteggiamento del Governo in questi ultimi due anni è apparso più orientato a «riappropriarsi» delle quote di cofinanziamento per destinarle ad altri interventi, non sempre nel Mezzogiorno, che quello di voler coadiuvare e sostenere gli enti nel raggiungimento di performance efficaci di spesa;
    l'ultima legge di stabilità, addirittura, con il comma 804 dell'articolo 1 elimina il vincolo territoriale di spesa per 7,4 miliardi di cofinanziamento e, di fatto, distoglie fondi che sono delle regioni del Sud a fronte di un impegno futuro a rimetterle sul fondo di sviluppo e coesione a partire dal 2017;
    ad agosto del 2015, sulla scia dell'eco drammatica degli ultimi dati Istat e Svimez e degli appelli rivolti dall'Europa e dal Presidente della Repubblica ad adottare politiche di sostegno al Mezzogiorno, il Governo ha annunciato la presentazione di un masterplan per il Sud, del quale al momento non vi è traccia;
    nel suo rapporto, Svimez «consiglia» alcune strade da percorrere per favorire la ripresa nelle regioni del Sud, tra cui: prorogare nel Mezzogiorno anche per il 2016 con la stessa intensità e la stessa durata l'esonero dal pagamento dei contributi INPS a carico del datore di lavoro per i nuovi assunti a tempo indeterminato; introdurre misure di contrasto alla povertà nelle famiglie a rischio; definire una nuova politica industriale per il rilancio del Mezzogiorno; utilizzare l'energia geotermica del sottosuolo; creare zone economiche speciali, investire maggiormente in scuola, università, ricerca e sviluppo;
    delle misure consigliate dallo Svimez, e peraltro recepite e proposte anche dai firmatari del presente atto di indirizzo in numerosi emendamenti alla legge di stabilità, il Governo Renzi ha inteso esclusivamente rifinanziare il credito d'imposta, peraltro utilizzando fondi europei;
    l'emergenza economica e sociale sin qui delineata e lo scarso impatto registrato dalle misure sin qui adottate dal Governo, impongono decisioni in tempi rapidi, anche a livello europeo, in netta controtendenza rispetto alla cornice normativa attualmente prevista, in grado di mettere in campo una strategia di sviluppo nazionale, che ponga al centro dell'azione del Governo il rilancio del Mezzogiorno, attraverso la riduzione degli squilibri economico e sociali intensificati nell'attuale periodo di crisi;
    occorre, in primo luogo, riproteggere le risorse che spettano alle regioni del Sud e, a tal fine, il rispetto del vincolo di territorialità necessita di essere adeguatamente rafforzato, in coerenza, peraltro, con quanto disposto dai passati Governi;
    la dimensione macroeconomica dell'area, dove risiede un terzo della popolazione in cui si produce circa un quarto del prodotto interno, richiede, pertanto, in considerazione degli articolati rilievi in precedenza indicati, politiche di correzione e di riequilibrio per le aree meridionali; la crescita dell'economia italiana appare indissolubilmente legata al miglioramento dell'utilizzo delle risorse produttive del Sud,

impegna il Governo:

   a mettere in atto un'azione di sistema che reintroduca il meccanismo delle politiche di coesione di fatto smantellato;
   a creare, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una cabina di regia nella quale un interlocutore unico con delega del Governo sieda con i presidenti delle regioni del Sud ben prima delle scadenze delle rendicontazioni ed in via preliminare, con la finalità di stilare un piano di azione, con tempi e priorità, atto a garantire assistenza, efficacia ed efficienza nella programmazione e nella spesa delle risorse della vecchia e della nuova programmazione europea;
   a prevedere un pacchetto di riforme che contenga, ad esempio: decontribuzione per nuove assunzioni, reinserimento del vincolo di territorialità nella destinazione/ripartizione delle risorse del fondo di coesione, misure di contrasto alla povertà nelle famiglie a rischio, incremento degli investimenti nelle politiche industriali e nei settori della scuola, dell'università, della ricerca e dello sviluppo, istituzione di zone franche;
   ad assumere iniziative per introdurre, con riferimento alle regioni del Mezzogiorno, norme, anche speciali e straordinarie, tese alla sburocratizzazione delle procedure di investimento e di avviamento di iniziative imprenditoriali e al disbrigo di contenziosi, specie con le pubbliche amministrazioni.
(1-01101) «Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   MOGNATO, VENITTELLI, ZOGGIA, MARTELLA, MURER, MORETTO, CRIVELLARI, DE MENECH, CASELLATO, RUBINATO, NACCARATO, CAMANI, MIOTTO, NARDUOLO, ROSTELLATO, ZAN, ZARDINI, D'ARIENZO, GINATO, ROTTA, DAL MORO, SBROLLINI e CRIMÌ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1979 e il decreto ministeriale 5 agosto 1994 avevano esteso — per gli anni dal 1995 ad 1997 — alle imprese artigiane e industriali manifatturiere e dei servizi, alberghiere, delle costruzioni e della pesca localizzate entro il perimetro lagunare (Venezia, isole della laguna e centro storico di Chioggia) il campo di applicazione del regime di sgravi contributivi di cui erano già beneficiarie quelle del Mezzogiorno (Sicilia, Calabria, Sardegna, Basilicata, Puglia, Molise e Abruzzi);
   la Commissione europea aveva successivamente aperto una procedura d'infrazione contro lo Stato italiano per non aver notificato la misura d'aiuto ed aveva condannato lo Stato Italiano (decisione n. 2000/394/CE del 25 novembre 1999) a procedere al recupero degli importi concessi alle imprese, in quanto quelle misure non erano state notificate ed erano state comunque giudicate incompatibili con il mercato comune avendo introdotto delle provvidenze assimilabili ad aiuti di Stato e, come tali, astrattamente idonee a falsare la libera concorrenza e ad incidere sugli scambi intracomunitari;
   ne era seguito un contenzioso a diversi livelli che ha visto il suo epilogo nel 2012 ad opera dello Stato italiano intervenuto con la legge di stabilità n. 228 del 2012 che aveva sancito l'inefficacia di tutte le sentenze nel frattempo pronunciate a favore delle imprese e disposto una nuova e specifica attività istruttoria mirata a verificare presso i soggetti beneficiari la concreta idoneità delle agevolazioni contributive a falsare la libera concorrenza e gli scambi comunitari;
   al termine dell'istruttoria ed a seguito di pronuncia del Consiglio di Stato che aveva avvalorato l'operato istruttorio ancorché non svolto «caso per caso», l'Inps aveva ingiunto alle imprese il pagamento della quota capitale riservandosi di richiedere gli interessi dopo una pronuncia della Corte di giustizia del Lussemburgo in un procedimento che risultava pregiudiziale all'applicazione del criterio di calcolo;
   nelle more, con sentenza del 17 settembre 2015 (Commissione c. Italia, C-367/14), la Corte di giustizia aveva condannato l'Italia al pagamento di penalità semestrale di 12 milioni di euro e ad una somma forfettaria di 30 milioni di euro quale sanzione per non aver adottato le misure necessarie a dare esecuzione della sentenza del 6 ottobre 2011 (Commissione c. Italia, C-302/09), concernente il mancato recupero degli aiuti concessi alle imprese nei territori di Venezia e Chioggia recanti sgravi dagli oneri sociali;
   le oltre 160 imprese ancora interessate avevano iniziato a restituire la quota capitale che ammontava complessivamente a circa 30 milioni di euro, ma — a seguito di ciò — alcune di esse avevano cessato l'attività o acceduto a procedure concorsuali;
   la prossima richiesta della quota interessi calcolata secondo il criterio dell'interesse composto (ancorché la procedura di recupero fosse iniziata nel 2002 quando vigeva il criterio di calcolo dell'interesse semplice a tassi che la Commissione aggiornava periodicamente anche tenendo conto dell'effettivo costo del denaro che di volta in volta mutava), genererebbe un ulteriore danno alle attività già provate dalla restituzione della quota capitale, al punto che molte sarebbero costrette alla chiusura;
   la stessa richiesta di un aggio per Equitalia dell'8 per cento quando all'atto della prima richiesta esso era del 4 per cento costituirebbe un ulteriore aggravio;
   le imprese risultano incolpevoli rispetto al danno subito in quanto sono state costrette a restituire in una sola volta quanto era stato ad esse corrisposto nell'arco di un triennio e per reali motivi in quanto il sostegno parziale e temporaneo andava a compensare i maggiori costi di lavorare in un ambiente disagiato rispetto a quelle di terraferma e quindi con l'intento politico di contrastare l'esodo e la monocultura turistica;
   la chiusura di molte imprese — oltre a rendere incerto l'esito del recupero — genererebbe un effetto domino lungo tutta la filiera della fornitura dei beni e servizi creando un danno anche occupazionale, di gran lunga maggiore di quello diretto, e procurando oneri aggiuntivi ai bilanci dell'Istituto di previdenza per i dovuti sostegni di mobilità o di integrazione salariale;
   consentire la restituzione della quota interessi calcolata secondo il criterio dell'interesse semplice al saggio di volta in volta fissato nel periodo interessato ed il pagamento di un aggio ridotto e con modalità compatibili con la sopravvivenza delle attività coglierebbe l'obiettivo di sanare le conseguenze della condanna dello Stato italiano evitando oneri aggiuntivi collegati al decadimento della situazione occupazionale di quel territorio e non incidendo negativamente su di un tessuto economico già fragile;
   per le cooperative della pesca operanti ai sensi della legge n. 250 del 1958 (i cui soci assumono la qualifica di imprenditore ittico), l'impresa cooperativa assolve, tramite versamento cumulativo, l'obbligo contributivo in nome e per conto dei propri associati che risultano solo assicurati ai fini previdenziali ai sensi della legge n. 250 del 1958. Conseguentemente, l'aiuto di Stato è in capo non alla cooperativa ma al singolo imprenditore-pescatore che, in diversi casi, ricadrebbe in regime di «de minimis»;
   rimuovere le condizioni ostative sulla base della giurisprudenza Deggendorf, permetterebbe allo Stato italiano di riconsiderare il sistema di sostegno all'economia lagunare nel rispetto delle normative comunitarie –:
   se il Governo sia al corrente dei fatti sopra esposti e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per evitare le conseguenze paventate. (3-01947)


   LENZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 178 del 2012 in applicazione della legge n. 183 del 2010 prevede la riorganizzazione della Croce Rossa Italiana;
   tale decreto prevede all'articolo 1 la privatizzazione della CRI attraverso la costituzione dell'associazione Croce Rossa Italiana e quindi «Le funzioni esercitate dall'Associazione italiana della Croce rossa (CRI), sono trasferite alla costituenda Associazione della Croce Rossa italiana»;
   detta nuova associazione è persona giuridica di diritto privato ai sensi del libro primo, titolo II, capo II, del codice civile ed è iscritta di diritto nel registro nazionale, nonché nei registri regionali e provinciali delle associazioni di promozione sociale, applicandosi ad essa, per quanto non diversamente disposto dal presente decreto, la legge 7 dicembre 2000, n. 383. L'Associazione è di interesse pubblico ed è ausiliaria dei pubblici poteri nel settore umanitario, è posta sotto l'alto Patronato del Presidente della Repubblica, non è ancora costituita e, dopo vari rinvii, dovrebbe nascere nel 2016;
   i comitati locali e provinciali esistenti alla data del 31 dicembre 2013, «, assumono, alla data del 1o gennaio 2014, la personalità giuridica di diritto privato, sono disciplinati dalle norme del titolo II del libro primo del codice civile e sono iscritti di diritto nei registri provinciali delle associazioni di promozione sociale, applicandosi ad essi, per quanto non diversamente disposto dal presente decreto, la legge 7 dicembre 2000, n. 383»;
   la gestione della fase transitoria era demandata all'ente strumentale della Croce Rossa Italiana che manteneva la personalità giuridica di diritto pubblico, e che doveva essere costituito nel 2016 in contemporanea alla nascita della associazione;
   tale organico disegno, che prevedeva la contemporanea trasformazione di tutti i livelli organizzativi della precedente CRI, da ente pubblico ad associazione di diritto privato rientrante tra le associazioni di promozione sociale, è stato profondamente modificato da due interventi normativi in decreti di proroga che hanno permesso la trasformazione delle associazioni locali e provinciali e rinviato alla fine del 2015 la trasformazione delle associazioni regionali e nazionali. In questo momento quindi, in modo assolutamente anomalo per enti che gestiscono servizi, i livelli provinciali sono associazioni di diritto privato iscritte di diritto al registro delle associazioni di promozione sociale mentre, le associazioni regionali e nazionale sono rimaste enti pubblici;
   tale situazione inoltre implica un in pianto assai diverso da quello prefigurato del decreto legislativo n. 178 del 2012, senza che, ad avviso dell'interrogante, si sia stata una chiara decisione parlamentare in tal senso;
   l'articolo 6 del decreto suddetto regolamentava la situazione del personale dipendente prevedendo la possibilità di opzione e successivamente l'applicazione della normativa per le eccedenze di personale nelle pubbliche amministrazioni;
   con decreto-legge 192 del 2014 è stata introdotta una modifica alla legge 190 del 2014 per estendere le disposizioni sulla mobilità del personale delle ex-province anche al personale CRI, allo scopo di rendere più agevole il processo di riordino dell'Ente;
   al momento della privatizzazione dei comitati provinciali solo una piccola parte del personale (l'1,7 per cento) ha scelto di rimanere come dipendente della associazione provinciale e quindi il personale è stato assegnato alle sedi regionali o al nazionale;
   nelle more della definizione delle procedure per la gestione degli esuberi sul territorio si sta procedendo ad assunzioni di personale precario presso i comitati provinciali (si veda, ad esempio, il bando per assunzione di autista soccorritore del comitato provinciale di san donato milanese del 10 febbraio 2015) per svolgere funzioni che potrebbero benissimo essere svolte dal personale transitato alla sede regionale e al quale il sistema pubblico ancora paga lo stipendio;
   l'attuale articolo 1, comma 4, del decreto n. 178 del 2012 stabilisce che le funzioni della CRI sono tra le altre:
    «d) organizzare e svolgere, in tempo di pace e in conformità a quanto previsto dalle vigenti convenzioni e risoluzioni internazionali, servizi di assistenza sociale e di soccorso sanitario in favore di popolazioni, anche straniere, in occasione di calamità e di situazioni di emergenza, di rilievo locale, regionale, nazionale e internazionale; e) svolgere attività umanitarie presso i centri per l'identificazione e l'espulsione di immigrati stranieri, nonché gestire i predetti centri e quelli per l'accoglienza degli immigrati ed in particolare dei richiedenti asilo»;
   lo stesso decreto all'articolo 1, comma 6, riconosce la possibilità per l'associazione di stipulare convenzioni con enti pubblici e la sua ancora permanente natura di ente pubblico non economico facilita le possibilità di assegnazione di servizi senza necessità di gara;
   questa facoltà è stata utilizzata per ottenere affidamento di servizi, per poi sub-appaltarli alla associazione privata provinciale con relativa assunzione di personale, come accaduto per l'affidamento diretto effettuato dalla prefettura di Milano per la gestione del Cara all'associazione regionale e da quest'ultima girato alla CRI associazione privata provinciale (http://www.ilgiorno.it);
   in diverse relazioni e/o dichiarazioni (si veda, ad esempio, l'annuale relazione al parlamento) l'attuale presidente nazionale della CRI, l'avvocato Rocca, ha ribadito l'auspicio che tale configurazione mista che permette di assumere la qualifica di soggetto pubblico o di soggetto privato, quando conviene, venga mantenuta –:
   se, il Governo sia al corrente della situazione suesposta e se non ritenga opportuno chiarire le prospettive dell'ente CRI nonché la natura della sua organizzazione. (3-01949)


   BATTELLI e PETRAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa e da un generico comunicato del dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri si apprende che l'Italia ha presentato una proposta di revisione dell'Unione economica e monetaria (UEM) da sottoporre ai «quattro presidenti» (sono così denominati il presidente della Commissione, il presidente del Consiglio europeo, il Presidente dell'eurogruppo e il presidente della Banca centrale europea);
   la proposta prende le mosse da un report preparato dai 4 presidenti e discusso durante il Consiglio europeo informale di febbraio 2015, che si concludeva con una richiesta di proposte di revisione dell'UEM agli Stati membri;
   sempre da fonti di stampa si apprende che l'Italia propone, una serie di misure, in parte limitative della sovranità nazionale, ampliando i poteri dell'Unione europea in tema non solo di governance economica, ma anche in materia fiscale. Nel documento sembra auspicarsi una svolta dell'Unione europea nel senso della creazione di un'unione più politica. Si propone inoltre di affiancare alle politiche economiche e monetarie delle misure redistributive atte a controbilanciare gli squilibri derivanti dall'unione monetaria. Una proposta di questo tipo comporta un evidente cessione di sovranità nazionale da parte dell'Italia all'Unione europea e pertanto dovrebbe essere sostanziata dalla legittimità popolare che solo il Parlamento potrebbe fornirgli;
   la proposta italiana è stata inviata dal Governo direttamente in sede europea, senza essere stata preventivamente trasmessa al Parlamento né tanto meno aver messo le Camere nelle condizioni di approvare atti di indirizzo;
   il trattato di Lisbona prevede all'articolo 12 che i parlamenti abbiano un ruolo centrale nell'integrazione comunitaria, principio rafforzato con il protocollo n. 1 allegato al trattato stesso, non solo nel controllo del rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, ma anche un ruolo fondamentale nell'ambito delle proposte legislative presentate delle istituzioni comunitarie e dagli Stati membri stessi;
   in virtù dei principi costituzionali, è da intendersi chiaro, ad avviso degli interroganti, come qualsiasi proposta che tratta di nuove cessioni di sovranità, debba preventivamente passare per il vaglio del Parlamento italiano, unico organo rappresentativo dei cittadini, dove solo dopo una discussione e un voto su un atto di indirizzo il Governo può ritenersi legittimato a portare avanti nuove proposte di governance in seno all'Unione europea;
   l'articolo 7 della legge n. 234 del 2012, in particolare letto alla luce dell'articolo 6 a cui fa riferimento, prevede che sugli atti quali i progetti di atti dell'Unione europea o atti preordinati alla formulazione degli stessi e le loro modificazioni i competenti organi parlamentari possono adottare ogni opportuno atto di indirizzo al Governo, secondo le disposizioni dei regolamenti delle Camere. Parimenti si prescrive che il Governo è tenuto ad assicurare che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio dell'Unione europea ovvero di altre istituzioni od organi dell'Unione, sia coerente con gli indirizzi definiti dalle Camere; se ne deduce un obbligo del Governo a trasmettere alle Camere atti come quelli in esame –:
   su che basi ed in virtù di quale principio il Governo abbia ritenuto di non dover consultare le Camere prima della trasmissione in sede europea della proposta descritta in premessa;
   quale sia la legittimazione democratica di una proposta che cede sovranità popolare senza coinvolgere il Parlamento;
   cosa intenda fare il Governo per coinvolgere il Parlamento nel processo di completamento dell'Unione economica e monetaria. (3-01950)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TARICCO, GRIBAUDO, GIUSEPPE GUERINI, DALLAI, OLIVERIO, LODOLINI, GALPERTI, TARTAGLIONE, PREZIOSI, DE MENECH e RAVETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   i mesi di novembre e dicembre 2015 sono stati caratterizzati da un'anomala persistenza di condizioni anticicloniche sul territorio italiano e purtroppo nella regione Piemonte anche a gennaio 2016;
   questa situazione meteorologica ha determinato un importante deficit di precipitazione con temperature ben al di sopra della media del periodo: da stime dell'ARPA, Agenzia della regione Piemonte per la protezione ambientale, nel mese di novembre 2015 le precipitazioni si contano addirittura in soli 8 millimetri di media, determinando così un deficit pluviometrico di 704 millimetri nei confronti della norma climatologica del periodo 1971-2000, pari a circa il – 89 per cento;
   il deficit del mese di dicembre è stato ancora più marcato, pari al – 94 per cento, facendo registrare in media 3,1 millimetro di precipitazioni sull'intera regione Piemonte;
   anche lo zero termico è stato molto elevato per il periodo, in particolare nelle prime due decadi di novembre, in cui è stato mediamente al di sopra dei 3600 metri (rispetto ad un valore climatologico per quella stagione di 2200 metri). Il radiosondaggio effettuato a Cuneo Levaldigi alle ore 12 UTC del 10 novembre 2015 ha registrato un livello di zero termico pari a 4500 metri circa, che risulta essere il secondo più elevato per il mese in esame da quando viene effettuata questa misura, dopo quello del 6 novembre 2013;
   l'anomalia della temperatura, in particolare della temperatura massima, è stata rilevante: nel mese di novembre circa +5oC rispetto alla media climatica del periodo 1971-2000. Anche il mese di dicembre ha fatto registrare un'anomalia termica positiva di circa +4.1oC nelle temperature massime, con circa il 27 per cento delle stazioni che ha registrato il record mensile di temperatura;
   in questo modo, gli ultimi due mesi dell'anno 2015 si pongono rispettivamente come il terzo e il secondo mese più secco nella distribuzione storica degli ultimi 58 anni;
   in particolare, in montagna le anomalie della temperatura massima sono state più significative, raggiungendo anche gli 8-9oC in alcune località nel mese di novembre e tutto ciò, ha determinato un'importante anomalia dal punto di vista delle precipitazioni nevose, totale assenza di nevicate salvo esigui apporti sporadici nei mesi di novembre e dicembre;
   analizzando tutta la serie storica, i mesi di novembre e dicembre 2015 sono in assoluto i più carenti di neve da quando si dispone di dati diffusi sul territorio con continuità (ultimi 90 anni). Se si considerano i valori di neve al suolo al 31 dicembre 2015 registrati dalle stazioni della rete nivometrica di Arpa Piemonte, si rileva come la copertura nevosa sia stata praticamente assente al di sotto dei 2500 metri e discontinua alle quote superiori. Le deboli nevicate di gennaio hanno modificato lo scenario, ma gli apporti sono comunque stati quantitativamente bassi;
   le difficoltà degli operatori del settore turistico e sportivo legati alla neve sono quindi evidenti: rispetto al normale iter della stagione sciistica il ritardo di apertura negli impianti è stato molto forte e, nonostante il procedimento di innevamento artificiale — per altro difficile da programmare con quest'andamento climatico in quanto le alte temperature lo hanno reso difficoltoso —, tutt'ora, non tutte le discese e gli impianti sono attivi;
   tutte le attività e le imprese commerciali che ruotano attorno al turismo montano stanno affrontando difficoltà enormi: fra le più penalizzate le società degli impianti, che hanno dovuto lasciare a casa gli impiantisti ed allo stesso modo i maestri di sci che praticamente non hanno ancora iniziato l'attività;
   anche le vallate che hanno negli anni sviluppato forme di turismo montano più improntato alla valorizzazione di percorsi di fondo o di passeggiate con le «ciastre» (racchette da neve) oppure dello sci alpino hanno perso sino ad oggi tutta l'attività e stanno ricevendo disdette per la stagione a venire;
   le strutture alberghiere che hanno subito numeri così importanti di disdette delle prenotazioni e tutto l'indotto commerciale e turistico legato al «turismo bianco» hanno subito ripercussioni economiche che rischiano di pregiudicarne il futuro –:
   se il Governo non ritenga pertanto opportuno, oltreché indispensabile, dichiarare lo stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992;
   se non ritenga urgente adottare iniziative straordinarie, con l'obiettivo di arginare difficoltà e danni causati dalla carenza di neve nelle zone montane, viste le evidenti e calcolabili difficoltà causate dalla situazione descritta a lavoratori, imprese, attività economiche ed enti locali dei territori montani in particolare del Piemonte, che poggia larga parte del proprio turismo ed indotto proprio sulla neve. (5-07472)


   LUIGI GALLO, SIMONE VALENTE, MARZANA, D'UVA, VACCA, DI BENEDETTO e BRESCIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 dicembre 2015 si è provveduto ad autorizzare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad avviare le procedure di reclutamento a tempo indeterminato per n. 63712 unità di personale docente della scuola, per il triennio 2016/2018, ai sensi dell'articolo 35, comma 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   il numero di unità da assumere citato in precedenza è stato individuato a seguito della nota firmata dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, protocollo n. AOOUFGAB.31764 del 3 novembre 2015, con la quale si chiede l'autorizzazione ad avviare le procedura concorsuale di cui sopra al fine di assumere a tempo indeterminato n. 63712 docenti di cui n. 52828 docenti comuni, n. 5766 docenti di sostegno e n. 5118 posti di potenziamento;
   non vi è traccia telematica della sopracitata nota a firma del Ministro per cui non è stato possibile evincere i dati che hanno portato all'individuazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, delle unità da assumere ascritte al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 dicembre 2015;
   la legge 27 dicembre del 1997, n. 449, al comma 3 dell'articolo 39, prevede che il Consiglio dei ministri provveda alla individuazione del numero massimo complessivo delle assunzioni anche in funzione delle cessazioni relative all'anno precedente –:
   quale sia il numero di cessazioni previste per il triennio 2016/2018 per ciò che concerne il personale docente del comparto scuola;
   quale sia il numero di posti da docente, compresi i posti di insegnante di sostegno, che nel 2015 sono stati assegnati con un contratto fino al 30 giugno 2016 o al 31 agosto 2016;
   quali siano stati i criteri che hanno portato a individuare in n. 63712 le unità di personale docente da assumere per il triennio 2016/2017 e quali siano le motivazioni, sulla base delle prescrizioni di cui al comma 3 dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, 449, che hanno portato ad autorizzare la procedura di assunzione di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 dicembre del 2015. (5-07478)


   DAGA, MANNINO, VILLAROSA, TERZONI, ZOLEZZI, MICILLO, DE ROSA, BUSTO e VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la delibera CIPE del 30 aprile 2012, n. 60, ha destinato alle regioni del Mezzogiorno (Basilica, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia) la somma complessiva di euro 1.643.099.690,59 a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione per interventi che attengono ai settori del collettamento e depurazione delle acque;
   il 19 dicembre 2015 è stato accolto l'Ordine del giorno Daga 9/03444-A/182, che impegna il Governo a valutare l'opportunità di adottare gli adeguati strumenti normativi per operare una ricognizione dei fondi citati in premessa e non utilizzati, al fine di renderli immediatamente disponibili predisponendo anche un piano nazionale che contenga i progetti validi immediatamente cantierabili, anche al fine di evitare la terza condanna europea. Tali strumenti normativi dovranno inoltre prevedere anche sanzioni rilevanti nei confronti di quei gestori del servizio idrico integrato che non hanno provveduto a realizzare le infrastrutture necessarie per cui i fondi erano già disponibili;
   all'interrogazione a risposta immediata in commissione n. 5-05774 del mese di giugno 2015 ai presentatori è stato risposto dal Sottosegretario delegato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare che: «Relativamente all'articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 133 dell'11 settembre 2014 (Sblocca Italia), che prevede la costituzione di un fondo, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da alimentare mediante la revoca delle risorse stanziate dal CIPE con la delibera 30 aprile 2012, n. 60 del 2012 destinate a 183 interventi nel settore della depurazione, per i quali ricorrano alcuni presupposti di impossibilità tecnica, progettuale, urbanistica, o di inerzia e alla data del 30 settembre 2014, non fossero stati assunti atti giuridicamente vincolanti: Sul punto si rappresenta che, sebbene la disposizione rimandi all'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la fissazione di criteri, modalità ed entità delle risorse da destinare al finanziamento degli interventi sempre in materia di adeguamento dei sistemi depurativi, la stessa norma non ha previsto l'assegnazione delle risorse revocate, in «entrata di bilancio dello Stato». Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da mesi avrebbe predisposto un emendamento per colmare il vuoto normativo, ma tale modifica ad oggi non ha trovato alcuna collocazione nei provvedimenti legislativi approvati. In ogni caso il testo si trova attualmente all'esame dei competenti uffici della presidenza del Consiglio dei ministri»;
   il 4 agosto 2015, nella seduta n. 475, l'ordine del giorno Daga n. 9/3262/40, che impegna il Governo ad intervenire quanto prima in relazione al fondo per le risorse idriche di cui in premessa inserendo in uno dei prossimi provvedimenti all'esame dell'Assemblea la disposizione che prevede l'assegnazione delle risorse revocate «in entrata di bilancio dello Stato». Tale norma risulta tuttora inattuabile e dalle verifiche predisposte risulta che il Governo non abbia ancora dato attuazione all'ordine del giorno approvato;
   sul quotidiano La Stampa del 17 ottobre 2015, solo per citarne uno, si legge che: in Italia ci sono 3,5 miliardi stanziati negli ultimi quindici anni e mai spesi. L'Authority calcola che solo il 55 per cento delle opere necessarie e pianificate è stato realizzato. Le cause sono: ricorsi giudiziari, errori progettuali, conflitti politici, inedia burocratica, incapacità, ruberie. Le conseguenze sono: un terzo dell'Italia vive con un sistema idrico fuorilegge e depuratori inesistenti, inadeguati, insufficienti, liquami in mare e nelle falde acquifere che ci dissetano, nella terra che ci nutre. L'Unione europea non concede più proroghe e all'inizio del 2016 scatteranno le sanzioni fino a 500 milioni di euro l'anno. Ed è del 2000 la direttiva che impone di raggiungere un buono stato delle acque entro il 2015, quindici anni non sono bastati. L'Italia ha subito la prima condanna nel 2012 e la seconda nel 2014. La terza e più pesante arriverà prossimamente.  L'Italia è già in mora, è questione di mesi. Bisognerà pagare subito 200 milioni di euro, ma il conto può sfiorare i 500 milioni l'anno. La cosa che fa più rabbia è che nell'ultimo decennio politici, amministrazioni pubbliche e burocrazie assortite non sono riuscite a spendere molti miliardi per evitare quelle sanzioni;
   nell'articolo del Sole 24 ore del 2 dicembre 2015 si legge che «Il ritardo registrato sino ad oggi – continua il ministro – rende decisamente più difficile garantire un adeguato livello di prestazione del servizio, con evidenti ripercussioni anche sulle situazioni emergenziali». Un chiaro riferimento a Messina che, secondo Galletti, è un «caso eclatante, ma ce ne sono tanti altri che meritano attenzione». Alcuni numeri fanno riflettere: «Nove milioni di persone hanno ancora problemi di qualità e quantità di acqua al rubinetto. Tre italiani su dieci non sono allacciati a fognature e depuratori»;
   le rilevazioni del Ministero scoperchiano molti ritardi. Sono otto le regioni a rischio commissariamento. Su di loro, il Governo ha da tempo acceso un faro: si tratta di Calabria, Campania, Sicilia, Abruzzo, Basilicata, Lazio, Lombardia e Sardegna. «Abbiamo avviato – spiega Galletti – una forte attività di monitoraggio dello stato di adeguamento della governance del sistema idrico integrato e siamo intenzionati ad utilizzare i poteri sostitutivi che l'ordinamento prevede»;
   sull’Unità del 2 gennaio 2016 (http://www.unita.tv) si legge inoltre che «Per colmare il grave deficit infrastrutturale nelle nostre reti e negli impianti di depurazione servirebbero 5 miliardi di euro all'anno per i prossimi dieci anni. Il 2016 inizia con una nuova grana ambientale sul tavolo del Governo: l'arrivo delle sanzioni europee per circa 480 milioni causate da circa 2500 comuni fuorilegge e sotto infrazione per mancata depurazione degli scarichi urbani e che inquinano fiumi e tratti di costa»;
   il 28 dicembre 2015 è stata approvata dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI) la delibera 664/2015/R/idr che detta le norme per definire le tariffe dei servizi di acquedotto fognatura e depurazione nel periodo 2016-2019;
   si apprende il tramite #italiasicura che gli impianti di Grassano, Irsina, Latronico, Marsico Vetere, Matera, Pisticci in Basilicata, Crotone, Castrovillari, Montebello Jonico, San Calogero, Fidaldelfia, in Calabria, Ischia, Napoli Est, Mondragone in Campania, Cervignano, Rivignano, Pordenone, Sacile in Friuli Venezia Giulia, Roma nel Lazio, Bari Ovest in Puglia, Thiene in Veneto, Misterbianco, Augusta, Adrano, Campobello di Mazara, Carlentini, Mazara del Vallo, Messina, Santa Flavia, Scordia, Militello Val di Catania, Vittoria Scoglitti, Acireale, Caltagirone, Patti, Capo d'Orlando, Castellammare del Golfo, Cefalù, Fumari, Gioiosa Marea, Macchitella, Marsala, Mascali, Misilmeri, Niscemi, Palermo, Ragusa, Sant'Agata di Militello, Terrasini, Torregrotta in Sicilia sono stati commissariati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
   sempre su #italiasicura si legge che «Nel frattempo, sono stati nominati commissari governativi per la realizzazione di fognature e impianti per la depurazione, oltreché nell'isola, in Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Puglia, Friuli Venezia Giulia e Veneto. Il 2016 sarà un anno cruciale per il «governo» dell'acqua e l'esito della partita si misurerà soprattutto su un punto: la realizzazione di nuove infrastrutture. Un dato su tutti spiega lo stato dell'emergenza, dal punto di vista finanziario e non solo: ci sono 3,2 miliardi di euro stanziati, 2,8 miliardi dei quali soltanto per il Sud, per quasi 900 opere tra depuratori, fognature e acquedotti. Il risultato ? Queste opere non sono ancora state avviate nemmeno a gara. «È facile immaginare che anche triplicando le tariffe, senza un gestore efficiente, organizzato e capace di realizzare economie di scala, gli investimenti potrebbero non crescere proporzionalmente alle disponibilità finanziarie e le risorse potrebbero essere disperse in interventi troppo frammentati» ha sottolineato Grassi –:
   se il Ministro interrogato ritenga che sussista conferma il rischio di ricevere la terza condanna, per inadempienza relativamente alla direttiva 91/271/CEE sui sistemi di collettamento e depurazione delle acque, da parte della Commissione europea e qual’è la stima dell'eventuale ammontare;
   in quali tempi il Ministro ritenga di dare attuazione all'ordine del giorno Daga 9/03444-A/182 accolto il 19 dicembre 2015 e relativo ai 3,5 miliardi stanziati per depurazioni e fognature negli ultimi quindici anni e mai spesi citati in premessa;
   in quali tempi il Ministro ritenga di dare attuazione all'ordine del giorno Daga 9/3262/40 approvato il 4 agosto e se il fondo previsto dal decreto-legge n. 133 del 2014, con una norma di fatto inattuabile, sarà sbloccato nei prossimi mesi;
   se il Ministro sia in grado di fornire un quadro completo della situazione di depurazioni e fognature in Italia e dei fondi necessari sia per affrontare la situazione sia per pagare quanto richiesto dalla Commissione europea, con annesso piano d'azione;
   in che modo, da chi e con quali fondi verranno pagate le sanzioni previste dall'Unione europea;
   se il Governo intenda fornire aggiornamenti relativamente all'utilizzo dei poteri sostitutivi, con conseguente commissariamento, già avviato per 8 regioni che ad oggi sembrerebbero non aver ancora adempiuto a quanto previsto dal decreto-legge n. 133 del 2014 e in base a quali criteri siano stati effettuati tali commissariamenti e con quali tempistiche i commissari nominati dovranno provvedere alla realizzazione delle opere. (5-07482)


   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI, LOMBARDI, DALL'OSSO, DE ROSA, CARINELLI, CASO, MANLIO DI STEFANO, PESCO, ALBERTI e VILLAROSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in più di un'occasione, diversi esponenti dell'attuale Governo si sono espressi favorevolmente riguardo alla creazione di nuovi posti di lavoro tramite l'evento Expo Milano 2015, tenutosi a Rho-Pero (Milano) dal 1o maggio 2015 al 31 ottobre 2015, e al loro mantenimento anche dopo la chiusura. A tal proposito, si vuole citare l'intervista rilasciata in data 10 aprile 2014 dal Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, al sito «expo2015notizie.it», dove il medesimo dichiarava che grazie all'esposizione universale si sarebbero creati 84 mila nuovi posti di lavoro. Alla domanda sulla tutela dei posti di lavoro che si sarebbero creati con Expo 2015, lo stesso ha risposto che un «altro tema, a cavallo tra la manifestazione e il dopo, è quello dei posti di lavoro che verranno potenzialmente creati, non solo nei settori strettamente legati all'evento, ma anche nella logistica e nei trasporti». Lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri assicurava poi che «trasparenza nei criteri di assunzione e nei guadagni vengono chiesti con insistenza per i potenziali 9 mila nuovi posti di lavoro, di cui 6 mila solo in Lombardia che saranno disponibili, secondo la Camera di Commercio di Milano»;
   le stesse ottimistiche opinioni sono state da sempre espresse dall'amministratore delegato di Expo 2015, Giuseppe Sala. Infatti, già molto tempo prima dell'intervista sopraindicata e precisamente in data 25 novembre 2010, l'amministratore delegato, commentando lo studio del Centro di economia regionale, dei trasporti e del turismo della Bocconi, che calcolava l'impatto dell'evento sul sistema Paese, stimava in 61 mila i posti di lavoro previsti di media in dieci anni, con picchi di 130 mila occupati nel triennio dal 2013 al 2015, allargati anche agli indotti creati dall'evento;
   tali eclatanti numeri, con il passare del tempo sono stati ritoccati sempre più al ribasso anche da chi Expo ha avuto tutto l'interesse a volerla. È eloquente in tal senso l'articolo apparso sul sito «linkiesta.it», in data 20 marzo 2015, dove persino lo stesso Giuseppe Sala, dopo essere arrivato con il passare del tempo addirittura ad una stima di quasi 200 mila posti di lavoro grazie ad Expo, dichiarava di aver ridotto le sue previsioni a 15-16 mila persone impiegate nel sito espositivo, tra la costruzione dei padiglioni e i sei mesi dell'evento, suddivisi in 4 mila posti di lavoro attivati dalle aziende e dai Paesi partecipanti e 9 mila lavoratori impiegati dagli appaltatori nella gestione dell'evento. Tali numeri sono risultati comunque privi di precisione a causa della mancanza di un sistema informativo indicante con certezza la forza lavoro utilizzata dalle imprese che hanno lavorato intorno ad Expo. L'inesistente sistema di monitoraggio ha determinato l'impossibilità di distinguere tra persone assunte per opere già progettate prima e indipendentemente da Expo e quelle per opere connesse all'esposizione, come dichiarato da Livio Lo Verso, responsabile dell'osservatorio sul mercato del lavoro della provincia di Milano. Lo stesso ha aggiunto che, dal 2012, nelle comunicazioni obbligatorie, le aziende che operavano in città potevano indicare se l'assunzione fosse avvenuta in vista di Expo in maniera del tutto facoltativa visto che si trattava di un'autodichiarazione. Inoltre erano numeri che riguardavano solo i datori di lavoro della provincia di Milano, per un totale delle imprese milanesi coinvolte nell'esposizione (Expo spa esclusa) di 1.897, che dal 2012 a gennaio 2015, hanno assunto 4.679 lavoratori, con il preciso riferimento, per ogni lavoratore, di essere stato assunto per attività finalizzate alla realizzazione di Expo 2015. Di questi, il maggior numero di lavoratori apparteneva al settore delle costruzioni (1.143), ma il numero più alto di imprese coinvolte ha riguardato il turismo e il settore della ristorazione;
   lo stesso Livio Lo Verso insieme ad Ermes Cavicchini, nel Rapporto sulla città di Milano 2014 della Fondazione Ambrosianeum, teneva a precisare che l'impatto occupazionale prodotto da Expo 2015 è aumentato, ma che, allo stesso tempo, non ha inciso in modo significativo sul trend negativo che ha caratterizzato la domanda di lavoro milanese nel corso dell'ultimo biennio. I nuovi rapporti di lavoro posti in essere dalle imprese impegnate nella realizzazione delle opere e nelle altre attività di servizio connesse alla manifestazione dei 2015, sono risultati pari allo 0,10 per cento del totale del 2012 e allo 0,31 per cento nel 2013. Numeri che rappresentano poco o nulla per le aspettative create dall'evento internazionale, molto lontani da quelli indicati alla vigilia;
   lo stesso osservatorio poneva dubbi ancora più fondati sulla stima di quanto i benefici occupazionali avrebbero potuto rivelarsi duraturi nel tempo, ossia dall'occupazione creta dalle nuove imprese che, tramite Expo, avrebbero potuto trarre le motivazioni per la loro attivazione, soprattutto nei settori dell'accoglienza, del commercio e del turismo;
   a conclusione dell'esposizione universale, i numeri iniziali preventivamente calcolati, riguardanti i posti di lavoro creati, sono risultati palesemente sovrastimati. A tal proposito, basti pensare al ritorno più che negativo avuto nel campo del turismo e in quello delle opere infrastrutturali progettate per Expo e mai portate a termine, con la conseguenza di non avere avuto, per i soli due settori considerati, il numero di lavoratori stimati preventivamente;
   tali teorie trovano conferma anche nell'articolo pubblicato in data 17 gennaio 2016, sul quotidiano Il Giorno, riguardante la ricollocazione dei lavoratori che hanno partecipato ad Expo Milano 2015;
   in detto articolo, veniva specificato che su 13 mila lavoratori che da maggio ad ottobre 2015 hanno lavorato nel sito di Rho-Pero, circa 5.600 sono quelli che possono accedere al percorso di uscita. Manpower, l'agenzia interinale che ha firmato il maggior numero di contratti dopo essersi aggiudicata nel 2014 il bando per fornire personale all'evento, ha somministrato 600 addetti ad Expo e quattromila ne ha destinati a diversi padiglioni. Ha stabilito che ne ricollocherà altri mille, tutti dipendenti di Expo, dopo aver siglato un impegno tra le due società;
   in una nota, l'agenzia ha spiegato che circa 900 persone hanno aderito al programma per il ricollocamento e che circa 700 di queste hanno preso parte al percorso di formazione. Molti dei lavoratori in questione hanno mostrato la loro fretta di arrivare al termine del programma, ossia al colloquio, visto che per diversi di loro a metà febbraio 2016, scadranno gli ammortizzatori sociali. L'agenzia ha inoltre affermato che il 20 per cento circa dei lavoratori, sono stati ricollocati;
   i sindacati del settore hanno rilevato che, nell'anno 2015, la disoccupazione nell'area di Milano sarebbe calata dello 0,3 per cento, proiezione che sancisce che Expo non ha prodotto alcun effetto sperato sulle assunzioni come aveva preventivamente affermato lo studio sopracitato dell'osservatorio sul mercato del lavoro della provincia di Milano;
   in provincia di Milano, tra il 2012 e il 2014, l'incidenza dei contratti siglati per attività legate all'esposizione universale, corrisponde all'1 per cento sul totale di quelli conclusi;
   a metà gennaio 2016, a quanto consta agli interroganti, non sarebbero ancora stati erogati gli stipendi mancanti ai lavoratori che hanno prestato il loro servizio presso il padiglione di Palazzo Italia;
   gli interroganti, da sempre, hanno espresso il proprio dissenso nei confronti dell'evento Expo 2015 appena terminato, per il devastante impatto ambientale che l'evento ha portato, per l'eccessivo ed insostenibile costo che lo stesso ha portato alla collettività, per i ritorni economici pressoché irrilevanti, per le infiltrazioni malavitose e i comportamenti illegali che si sono verificati più volte nei periodi di progettazione e realizzazione del sito espositivo e, non ultimo, per il tema qui trattato della più che esigua creazione di posti di lavoro. Gli interroganti, da molto prima dell'inaugurazione dell'evento internazionale in questione, hanno preferito il progetto di un'Expo alternativa, formulato anni prima dell'inizio dell'evento ufficiale dal Politecnico di Milano. Tale progetto, decisamente meno impattante e meno costoso, economicamente più redditizio e più attrattivo, sempre a giudizio degli interroganti, sarebbe stata la soluzione migliore da adottare, al fine di non lasciare una pesante eredità quale è quella consegnata dal sito espositivo –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di prolungare la cassa integrazione nel caso in cui i lavoratori vadano oltre la data stabilita di metà febbraio 2016, termine ultimo oltre il quale ai lavoratori non verrà più erogato, salvo proroghe, l'ammortizzatore sociale in questione;
   quale sia il criterio adottato per selezionare solo 5.600 lavoratori su 13 mila totali che da maggio ad ottobre 2015 hanno lavorato nel sito di Expo 2015, e se non ritenga iniquo il criterio di esclusione adottato in tale scelta;
   rispetto al totale dei circa 13 mila lavoratori che da maggio ad ottobre 2015 hanno lavorato nel sito di Expo 2015, quale sia il numero di lavoratori effettivamente ricollocati;
   se siano a conoscenza della destinazione del sopraindicato 20 per cento circa di lavoratori già ricollocati, annunciati dall'agenzia interinale Manpower e se siano a conoscenza di quale genere di contrattualistica sia stata utilizzata per la loro assunzione e in quali settori lavorativi siano stati ricollocati;
   se siano a conoscenza della destinazione dei sopraindicati 1.000 lavoratori per cui è prevista la ricollocazione da parte dell'agenzia interinale Manpower e se siano a conoscenza di quale genere di contrattualistica si intenda utilizzare per la loro assunzione e in quali settori lavorativi si intenda ricollocarli;
   quante delle imprese che hanno iniziato la loro attività con l'evento Expo 2015, siano tuttora operative e quanti posti di lavoro abbiano creato e quanti, allo stato attuale, stiano mantenendo;
   come il Governo, per quanto di propria competenza, intenda risolvere la sopraindicata situazione degli stipendi non ancora erogati ai lavoratori del Padiglione Italia. (5-07483)


   TULLO, FIORIO, FERRARI, FERRO, FIANO, STUMPO, ERMINI, VENITTELLI, MARIANI, GIACOBBE, CAROCCI, BASSO, VAZIO e MOGNATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 gennaio 2016 la guardia costiera francese ha sequestrato un peschereccio italiano (denominato «Mina») a largo tra Ventimiglia e Mentone trainandolo nel porto di Nizza con l'accusa, riportano fonti di stampa, di aver pescato gamberi in acque territoriali francesi. Sempre secondo gli organi di informazione le autorità italiane non sarebbero state preventivamente avvertite e all'equipaggio sarebbe stato impedito anche di comunicare con le rispettive famiglie, mentre la barca è ad oggi ancora requisita;
   secondo l'equipaggio della «Mina» e le autorità portuali italiane (il particolare la direzione marittima della Liguria) il peschereccio avrebbe condotto invece l'attività della pesca in acque territoriali italiane;
   è emerso, sempre da fonti stampa, che l'azione della, guardia costiera francese sarebbe stata intrapresa a seguito all'accordo bilaterale Italia e Francia del 21 marzo 2015 dove sono stati rivisti i confini marittimi delle due nazioni;
   tale accordo non è comunque ancora in vigore perché non ancora ratificato dal Parlamento italiano;
   tale accordo, secondo le amministrazioni territoriali e le associazioni di categoria, sarebbe notevolmente peggiorativo per l'intero sistema della pesca italiana, ed in particolare della Liguria, in quanto cederebbe allo stato francese la celebre «fossa del cimitero» attualmente in acque italiane ricchissima di pesce pregiato e gamberi rossi –:
   quali siano i contenuti all'accordo bilaterale Italia e Francia del 21 marzo 2015 citato in premessa, quali sono le motivazioni che hanno portato alla definizione del documento, quali sono stati gli enti territoriali coinvolti nella sua stesura e quali le ricadute positive nel sistema economico, sociale ed occupazionale nazionale rispetto alle modifiche apportate;
   perché tale atto non sia stato ancora sottoposto all'esame del Parlamento;
   se il Governo non ritenga necessario intraprendere iniziative urgenti, nelle sedi comunitarie ed internazionali competenti, per tutelare i cittadini italiani che esercitano l'attività della pesca, al fine di evitare che episodi come quello che ha coinvolto l'equipaggio della «Mina» possano ripetersi. (5-07484)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIULIETTI, SERENI, LAFFRANCO, VERINI, ASCANI e GALGANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (CNSAS), fondato nel 1954, è composto da oltre 7.800 tecnici, che operano prevalentemente lungo l'arco alpino e la dorsale appenninica;
   il Corpo opera nell'ambito del «sistema sanitario 118» e fa parte del sistema nazionale della protezione civile;
   il CNSAS è presente su tutto il territorio nazionale e si articola in 21 servizi suddivisi per regioni o province autonome dello Stato italiano. Ad essi convergono 31 delegazioni alpine e 16 delegazioni speleologiche che a loro volta racchiudono i nuclei operativi, chiamati stazioni, alle quali spetta il compito di portare soccorso. Le stazioni alpine sono 242, mentre quelle speleologiche 27;
   l'attività formativa si svolge seguendo programmi consolidati messi a punto dalle scuole nazionali e regionali alle quali è demandata la formazione dei tecnici in tutte le discipline;
   nel 2014 sono stati compiuti 7.153 interventi, soccorrendo 7.295 persone, impiegando 21.561 soccorritori, le giornate/uomo 22.911 per un totale di 188.171 ore di effettivo utilizzo;
   si è fatto ricorso all'impiego complessivo di 2.385 elicotteri, nella maggioranza dei casi si è trattato di mezzi del sistema sanitario nazionale (118), presso le cui basi di elisoccorso è sempre presente un tecnico di elisoccorso del soccorso alpino e speleologico (nel periodo invernale anche un'unità cinofila da ricerca in valanga). L'utilizzo dell'elicottero è aumentato considerevolmente negli anni, contribuendo a salvare numerosi infortunati grazie alla tempestività dell'intervento;
   importante l'operato del CNSAS anche nei contesti internazionali, infatti oltre ad effettuare eventi formativi ed addestrativi per le organizzazioni di soccorso estere, nel giugno 2014 è stato chiamato dal Governo federale tedesco per effettuare il recupero di uno speleologo infortunato in una grotta ad oltre mille metri di profondità;
   le operazioni, durate 11 giorni, hanno visto i tecnici del CNSAS compiere un intervento di soccorso da guinnes, mai compiuto a quella profondità:
   il CNSAS ha il compito di provvedere alla vigilanza e prevenzione degli infortuni nelle attività alpinistiche, escursionistiche e speleologiche, soccorso degli infortunati, dei pericolanti e al recupero dei caduti nel territorio montano, nell'ambiente ipogeo e nelle zone impervie del territorio nazionale;
   i compiti e le funzioni del CNSAS sono definiti da uno specifico e articolato quadro normativo;
   una legge fondamentale è la n. 74 del 21 marzo 2001, integrata dalla legge n. 26 del 26 febbraio 2010;
   in particolare, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 74 del 2001, al comma 1, la Repubblica riconosce il valore di solidarietà sociale e la funzione di servizio di pubblica utilità del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico CNSAS del Club alpino italiano, CAI;
   il successivo comma 2 precisa che il CNSAS provvede in particolare, nell'ambito delle competenze attribuite al CAI dalla legge 26 gennaio 1963, n. 91, e successive modificazioni, al soccorso degli infortunati, dei pericolanti e al recupero dei caduti nel territorio montano, nell'ambiente ipogeo e nelle zone impervie del territorio nazionale. Restano ferme le competenze e le attività svolte da altre amministrazioni o organizzazioni operanti allo stesso fine; nel caso di intervento di squadre appartenenti a diverse organizzazioni, la funzione di coordinamento è assunta dal responsabile del CNSAS;
   sempre in materia di coordinamento dei soccorsi in ambienti impervi e ostili, un'altra legge del 27 dicembre 2002, n. 289 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 2002, articolo 80, comma 39, prevede che «il soccorso in montagna, in grotta, in ambienti ostili ed impervi, sia, di norma, attribuito al CNSAS del CAI ed al Bergrettungs — Dienst (BRD) dell'Alpenverein Südtirol (AVS). Al CNSAS ed al BRD spetta il coordinamento dei soccorsi in caso di presenza di altri enti o organizzazioni, con esclusione delle grandi emergenze o calamità»;
   la legge n. 74 del 2001, all'articolo 2, nel definire i rapporti con il servizio sanitario nazionale, specifica che: per lo svolgimento delle attività previste dall'articolo 1, comma 2, il CNSAS opera in stretto coordinamento con il servizio sanitario nazionale (comma 1); le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano individuano nelle strutture operative regionali e provinciali del CNSAS i soggetti di riferimento esclusivo per l'attuazione del soccorso sanitario nel territorio montano ed in ambiente ipogeo (comma 2); le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito dell'organizzazione dei servizi di urgenza ed emergenza sanitaria, possono stipulare apposite convenzioni con le strutture operative regionali e provinciali del CNSAS, atte a disciplinare i servizi di soccorso e di elisoccorso;
   inoltre, la legge n. 74, assicura la competenza autonoma del CNSAS per la certificazione e verifica delle figure professionali tramite le proprie scuole (articolo 4, comma 1); il riconoscimento delle scuole (articolo 5) e delle singole figure professionali (articolo 6); la regolamentazione convenzionale dei criteri di formazione, aggiornamento e verifica del personale del servizio sanitario nazionale per il campo di competenza del CNSAS (articolo 4, comma 3); la capacità di proposta all'E.N.A.C. per la disciplina delle certificazioni delle figure professionali destinate all'elisoccorso in montagna (articolo 4, comma 5);
   infine, il decreto-legge n. 195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2010, ha inserito all'articolo 4 un comma 5-bis, con il quale si dispone che le società esercenti o concessionarie di impianti funicolari aerei in servizio pubblico, stipulano apposite convenzioni con il CNSAS per l'evacuazione e per la messa in sicurezza dei passeggeri;
   i tecnici del C.N.S.A.S. sono esperti conoscitori dell'ambiente montano, aventi una comprovata esperienza e specifiche capacità tecniche, oltre ad un forte senso di altruismo e solidarietà per gli altri frequentatori della montagna, molti dei tecnici del CNSAS posseggono ulteriori qualifiche e titoli specifici. Oltre alla componente sanitaria, come medici ed infermieri, si può ad esempio evidenziare la presenza di guide alpine, guide speleologiche, maestri di sci, istruttori nazionali, regionali e sezionali di alpinismo, sci-alpinismo, arrampicata, speleologia, torrentismo, delle più rappresentative organizzazioni del settore: Cub alpino italiano, Società speleologica italiana, Associazione italiana canyoning, formatori per i lavori in quota e spazi confinati;
   il CNSAS ha visto nel tempo accrescersi significativamente tanto l'ambito quanto la professionalizzazione delle funzioni di pubblico servizio svolte a favore della popolazione, senza che a ciò abbia corrisposto alcun sostanziale adeguamento del suo status giuridico –:
   se il Governo intenda porre in essere iniziative volte a superare, nello specifico, la disciplina di cui alla legge 21 marzo 2001, n. 74, che vincola a tutt'oggi il Corpo all'esclusivo utilizzo di personale volontario, secondo una limitazione divenuta di ostacolo alla piena operatività delle attività di soccorso e di elisoccorso e alle attività di formazione, svolte oggi dal CNSAS in forma peculiare e altamente professionale, tenendo presente che le figure interessate, individuate dagli articoli 5 e 6, della legge 21 marzo 2001, n. 74, la cui presenza viene richiesta con continuità, non supera il 10 per cento di tutti i volontari del CNSAS e che sarebbe importante prevedere la figura del «tecnico di centrale operativa». (4-11749)


   GALLINELLA, AGOSTINELLI, TOFALO, FRUSONE, NESCI, MANLIO DI STEFANO, GAGNARLI, PARENTELA e BENEDETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da notizie stampa il Consiglio dei ministri si appresta a formalizzare la nomina del viceministro dello sviluppo economico Carlo Calenda a rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea;
   la rappresentanza permanente degli Stati membri a Bruxelles svolge un ruolo chiave nel promuovere e difendere le posizioni nazionali presso l'Unione europea, nella gestione degli eventuali contenziosi in merito all'attuazione del diritto comunitario e nella assistenza alle amministrazioni per la notifica delle procedure relative alla verifica degli aiuti di Stato;
   la sostituzione dell'attuale rappresentante con un non diplomatico di carriera sembra evidenziare la volontà del Governo di cambiare radicalmente l'impostazione dei rapporti con Bruxelles: in più di una occasione il viceministro Calenda, titolare del dossier «Cina», ha espresso riserve sull'imminente riconoscimento alla Cina dello status di economia di mercato, così come sono note le sue «simpatie» in merito ad un'altra questione di estrema rilevanza, il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti TTIP;
   la necessità di difendere maggiormente le posizioni nazionali in un consesso europeo dove la condivisione e la solidarietà, principi ispiratori dell'integrazione, sembrano dissolti in accentuati burocratismi e in più o meno marcati egoismi nazionali e dove più che unità si vede diffidenza reciproca, per quanto non esplicitata, tra gli Stati membri, sarebbe cosa positiva oltre che saggia se sulle recenti operazioni del Governo non gravassero pesanti ombre;
   non sfugge infatti agli interroganti che il Presidente del Consiglio stia assegnando posti decisivi delle istituzioni a uomini del suo entourage come nel caso di Marco Carrai, recentemente candidato a essere preposto all'Agenzia per la cyber security, cosa che, a parere degli interroganti, rappresenta di fatto un commissariamento dei servizi di sicurezza, o della probabile candidatura dell'attuale responsabile dell'ufficio legislativo di Palazzo Chigi, Antonella Manzione, già comandante del corpo dei vigili urbani di Firenze, al Consiglio di Stato –:
   al fine di dissipare le legittime preoccupazioni espresse in premessa, se non ritenga di dover chiarire meglio le motivazioni dell'avvicendamento alla rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione europea e se, contestualmente alla nomina del viceministro Calenda, intenda chiedere al Parlamento il mandato di rinegoziare alcuni dei dossier più importanti per il nostro Paese, quello cinese e il TTIP. (4-11758)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con sentenza no 2536/2012 emessa dal tribunale di Milano, Syndial s.p.a., società del gruppo ENI, è stata condannata dal giudice a dare corretta esecuzione alla bonifica e alla messa in sicurezza del sito inquinato di Crotone, così come era già stato concordato, in sede stragiudiziale, nel P.O.B. (piano ordinario di bonifica);
   con la stessa sentenza Syndial s.p.a. è stata condannata al pagamento della somma di 46.200.000,00 euro a titolo di risarcimento del danno ambientale residuo, per la bonifica dell'area archeologica non ricompresa nel P.O.B. e della somma di 10.000.000,00 euro per il danno all'integrità ambientale;
   il risarcimento del danno ambientale, pari euro 56.200.000,00, oltre interessi, è stato riconosciuto in sentenza alla Presidenza del Consiglio, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Commissario delegato per l'emergenza ambientale;
   dalla risposta scritta del 8 settembre 2015 – seduta 477 – del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a interrogazione a risposta scritta – del 03 marzo 2015 – n. 4/08212 – si evince che, in ottemperanza alla sentenza n. 2536/2012 del tribunale di Milano, la società Syndial s.p.a. in data 17 aprile 2015 ha versato la somma di euro 70.849.885,64, a titolo di risarcimento del danno ambientale;
   inoltre, il 6 maggio 2012, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha richiesto al Ministero dell'economia e delle finanze la riassegnazione dei citati fondi, sul proprio capitolo di bilancio e i competenti uffici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno avviato l’iter, in fase di perfezionamento, relativo alla nomina di un «Commissario Straordinario delegato al fine di accelerare la progettazione e l'attuazione degli interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nel sito contaminato di interesse nazionale di Crotone-Cassano-Cerchiara», ai sensi dell'articolo 4-ter, della legge 21 febbraio 2014, n. 9, recante «Interventi urgenti di avvio del piano “Destinazione Italia”»;
   da notizie di stampa si apprende che le somme versate da Syndial nelle casse dello Stato sarebbero destinate al comune di Crotone e che in un incontro svoltosi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con gli enti locali coinvolti nella vicenda, sarebbe stato ribadito che le stesse sono da considerarsi a esclusivo titolo di risarcimento del danno e non comprensive, dunque, delle risorse che Syndial dovrà investire per la bonifica del sito inquinato;
   sempre da notizie di stampa risultano dichiarazioni contradditorie tra esponenti politici per cui da un lato c’è chi garantisce l'utilizzo del risarcimento come somma diretta ad azioni di nuovo sviluppo territoriale, e dall'altro chi lo indirizza esclusivamente per gli interventi di bonifica e messa in sicurezza del sito di interesse nazionale;
   l'articolo 4-ter del «Decreto Destinazione Italia» destina «le somme liquidate per il risarcimento del danno ambientale a favore dell'amministrazione dello Stato con sentenza del tribunale di Milano n. 2536/2012, alla progettazione e attuazione degli interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nel sito contaminato di interesse nazionale di Crotone» e allo scopo preannuncia la nomina di un commissario delegato;
   all'articolo 4 del «Decreto Destinazione Italia» si prevede la possibilità che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e quello dello sviluppo economico, d'intesa con le altre amministrazioni dello Stato competenti e la regione territorialmente interessata, stipulino accordi di programma con uno o più proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico produttivo in siti di interesse nazionale;
   la riparazione del danno ambientale richiederebbe non solo il risanamento del sito d'interesse nazionale di Crotone ma anche la predisposizione di un vero progetto di sviluppo sostenibile che tenga Conto delle esigenze occupazionali di quell'aera e delle caratteristiche proprie del territorio –:
   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere, a partire dalla nomina del commissario delegato per il danno ambientale nel sito d'interesse nazionale di Crotone rimasta inattuata dal 2012;
   quali iniziative, oltre alla nomina del commissario, il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intendono mettere in campo per assicurare al più presto la bonifica dell'area interessata;
   quale progetto di sviluppo sostenibile, anche al fine di favorire nuova occupazione, il Governo intenda sviluppare nell'area del sito d'interesse nazionale di Crotone come previsto dall'articolo 4 del cosiddetto «Decreto Destinazione Italia». (4-11760)


   NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato sul sito «Articolo 21», i giornalisti e i poligrafici dell'edizione della Basilicata de «Il Quotidiano del Sud» sono stati collocati in cassa integrazione a zero ore senza alcun preavviso e con «motivi poco trasparenti», come denunciato in una nota dallo stesso comitato di redazione;
   nel succitato articolo si racconta che «per i giornalisti del Quotidiano del Sud, edizione Basilicata, ieri pomeriggio (11 gennaio, nda) non vi è stata possibilità di preparare l'edizione di oggi (12 gennaio, nda). A deciderlo il commissario liquidatore della società Luedi, che fornisce il service giornalistico e poligrafico alla società EPS (Edizioni Proposta Sud) che edita Il Quotidiano del Sud. Lo stesso commissario ha deciso – come suesposto dalla scrivente – di collocare in cassa integrazione a zero ore tutto il personale (giornalisti e poligrafici), decisione che ha generato rammarico rabbia tra gli stessi dipendenti»;
   la decisione è evidentemente contraria a quanto concordato in data 26 novembre 2015, data in cui sono stati siglati accordi la Luedi srl e le organizzazioni sindacali di categoria, alla presenza dell'assessore regionale della Basilicata alle attività produttive, del dirigente regionale dell'ufficio politiche del lavoro e del funzionario della direzione territoriale del lavoro di Potenza;
   con detti accordi veniva concordata la richiesta di cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività per la durata di 12 mesi, a causa della perdurante crisi economica in cui, ormai da mesi, versa la Luedi srl;
   per quanto specificato, l'intesa prevedeva peraltro la cassa integrazione guadagni con riduzione di orario «al fine di consentire di ricercare soluzioni nel corso dei 12 mesi per la ricollocazione dei 22 lavoratori interessati»;
   l'azienda peraltro, senza dare alcuna comunicazione preventiva alle parti firmatarie, nominava un liquidatore il quale, il 30 dicembre 2015, ha inviato ai lavoratori una nota, ponendo condizioni che appaiono vessatorie agli stessi (cassa integrazione guadagni al 72 per cento o in alternativa cassa integrazione guadagni a zero ore e affidamento ad altra agenzia del service dell'edizione lucana de «Il Quotidiano del Sud»);
   secondo quanto comunicato dai suddetti lavoratori, nonostante l'accettazione
delle suddette condizioni (cassa integrazione guadagni a 72 ore), il liquidatore, in data 11 gennaio, comunicava la messa in cassa integrazione guadagni a zero ore;
   il personale ha espresso, a riguardo, «profondo sdegno, rammarico e rabbia per la decisione unilaterale e improvvisa assunta dal commissario liquidatore della società di collocare la totalità del personale in cassa integrazione a zero ore»;
   la nota del comitato di redazione spiega che «la comunicazione ufficiale da parte del liquidatore ha preceduto solo di qualche minuto l'amara sorpresa con cui i lavoratori hanno dovuto fare i conti. l'inibizione all'accesso al sistema editoriale. A dispetto di questo, la società Eps ha già provveduto ad assegnare la commessa del service per la realizzazione delle pagine a un'agenzia terza campana. Per tali motivi – scrivono – prendiamo la più netta distanza da quanto sarà pubblicato sull'edizione lucana del Quotidiano del Sud che sarà in edicola da oggi»;
   anche l'Ordine dei giornalisti della Basilicata ha espresso solidarietà e vicinanza ai colleghi de «Il Quotidiano del Sud» che, attraverso un'azione lesiva della dignità dei giornalisti, sono stati inibiti nello svolgimento della loro attività professionale. In un comunicato, infatti, l'ordine di giornalisti ha auspicato che «non solo gli organismi di categoria, ma le istituzioni e la società della Basilicata sappiano dare una risposta forte e univoca che miri a tutelare la pluralità del sistema informazione nella Regione che è garanzia per la crescita e fondamento del sistema democratico»;
   uguale posizione ha assunto anche Assostampa Basilicata, secondo cui il comportamento del commissario liquidatore è a dir poco deprecabile, anche perché si sono disattesi accordi sindacali sottoscritti due mesi fa al tavolo con la regione;
   a parere dell'interrogante, peraltro, è a dir poco singolare e sospetto che l'editore avesse già trovato un'altra società cui affidare le pagine lucane;
   preme sottolineare al riguardo, che la società «Edizioni Proposta Sud srl», che edita «Il Quotidiano del sud» gode dei finanziamenti pubblici per l'editoria;
   il 22 dicembre 2015 il dipartimento per l'Informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri ha provveduto ad assegnare i contributi pubblici alle testate ammesse al finanziamento, secondo quanto specificato dall'articolo 3 della legge n. 250 del 1990 e successive modificazioni e dal decreto-legge n. 63 del 18 maggio 2012, convertito nella legge n. 103 il 16 luglio 2012;
   tra i tanti beneficiari c’è anche, appunto, «Il Quotidiano del Sud», che ha beneficiato di 968.330,90 –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti;
   quali iniziative di competenza intendano assumere a tutela dei diritti dei giornalisti e dei poligrafici interessati e per la salvaguardia dell'attività d'informazione. (4-11761)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DURANTI, PIRAS, MARCON e PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni organi di stampa, è stata riportata la notizia che il 16 gennaio 2016 un nuovo ed ulteriore carico di bombe – a bordo di un cargo «Boeing 747» della compagnia azera «Silk Way» – sarebbe partito dall'aeroporto di Cagliari Elmas con destinazione l'Arabia Saudita, nello specifico la base della Royal Saudi Air Force della città di Ta'if della provincia della Mecca;
   questa sarebbe la quinta spedizione che il Governo italiano avrebbe autorizzato negli ultimi mesi, dopo quella del 29 ottobre 2015 (da Cagliari Elmas); quella del 18 novembre (da Cagliari Elmas); quella del 22 novembre (oltre mille bombe caricate su di un cargo nel porto di Olbia, successivamente trasportato a Piombino con destinazione finale l'Arabia Saudita); quella del 14 dicembre 2015 (dal porto canale di Cagliari);
   suddette bombe sono prodotte dalla «RWM Italia» – azienda tedesca facente parte del gruppo «Rheinmetall» – con sede legale a Ghedi (BS) e stabilimento a Domunovas (Carbonia – Iglesias);
   il 26 marzo 2015, l'Arabia Saudita ha assunto la guida di una coalizione, cui fanno parte anche gli Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Kuwait, Qatar ed Egitto, che è intervenuta con operazioni militari nel conflitto in corso in Yemen. Tale operazione non ha avuto avallo e/o mandato dell'ONU;
   ad oggi, ed in seguito a tali operazioni militari non autorizzate, le agenzie dell'ONU definiscono in oltre seimila le vittime del conflitto. Di queste oltre la metà ha colpito la popolazione civile e con oltre 700 bambini deceduti. Si riscontrano anche oltre 20000 feriti e milioni di sfollati;
   le stesse agenzie dell'ONU hanno ripetutamente denunciato «gli attacchi sproporzionati di zone densamente popolate» da parte della coalizione saudita. In tal senso si sono espressi duramente anche il segretario generale Ban Ki moon (condannando i bombardamenti su strutture sanitarie ed ospedali) e l'Alto rappresentante per i diritti umani, Zeid Ra'ad Al Hussein, che ha inviato al consiglio di sicurezza dell'Onu un rapporto che documenta «fondate accuse di violazione del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani». Stesse denunce anche da Rete italiana per il disarmo ed Amnesty international;
   diversi atti di sindacato ispettivo sono stati diretti al Governo in questi mesi circa la questione sopra esposta, ottenendo risposte a giudizio degli interroganti evasive sia dal Ministro Gentiloni (interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-01875) che dal sottosegretario Della Vedova (interpellanza urgente 2/01188). Lo stesso Ministro Pinotti ha negato, anche a mezzo stampa (videoforum di Repubblica TV), la vendita di bombe da parte dell'Italia all'Arabia;
   ulteriori atti di sindacato ispettivo, presentati da colleghi del gruppo di Sinistra Italiana, attendono invece ancora risposta (interrogazione a risposta scritta 4-11204; interrogazione a risposta scritta 4-09775);
   con la legge n. 185 del 9 luglio 1990, successivamente modificata dalla legge n. 148 del 17 giugno 2003, si sono introdotte norme sul controllo della esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento;
   nello specifico, si prevede il divieto di esportazione di armamenti verso: Paesi in stato di conflitto armato; Paesi la cui politica sia in contrasto con l'articolo 11 della Costituzione, Paesi sotto embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte dell'ONU o dell'Unione europea; Paesi con accertate gravi violazioni delle Convenzioni sui diritti umani –:
   se i Ministri interrogati non intendano fornire dettagliati elementi circa gli invii di materiale bellico apparentemente in contrasto con quanto previsto dalla legge n. 185 del 1990 ed, in particolare, se non intendano assumere iniziative per sospendere immediatamente, ove confermate, tali forniture di armamenti. (5-07476)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   NICOLA BIANCHI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 novembre 2015 la comunità del parco, organo dell'ente parco nazionale dell'Asinara, si è riunita a Porto Torres per la designazione di due componenti del consiglio direttivo dell'ente, come si legge nella nota pubblicata sul sito internet della regione autonoma della Sardegna;
   come nuovi membri del consiglio direttivo, in sostituzione di Beniamino Scarpa e Paolo Denegri, sono stati designati il sindaco di Porto Torres, Sean Christian Wheeler, e Marco Vannini, professore ordinario di scienze economiche e aziendali dell'università di Sassari;
   ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica del 16 aprile 2013, n. 73, il quale ha disposto con l'articolo 1, comma 1, la modifica dell'articolo 9, comma 4, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, il consiglio direttivo è formato dal presidente e da otto componenti nominati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro trenta giorni dalla comunicazione della rispettiva designazione;
   il decreto ministeriale di nomina dei due nuovi componenti, da quanto risulta agli interroganti, non è ancora stato emanato per cui il consiglio direttivo appare oggi privo di due membri;
   il consiglio direttivo, dopo la seduta del 16 gennaio 2016, sarà verosimilmente convocato nuovamente entro i primi venti giorni del mese di febbraio 2016 ai fini, in particolare, dell'approvazione del bilancio –:
   se non intenda il Ministro interrogato procedere con urgenza alla nomina dei due membri vacanti del consiglio direttivo dell'ente parco nazionale dell'Asinara e quali siano le motivazioni che hanno impedito fino a oggi l'emanazione del decreto citato. (4-11757)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sul territorio del comune di Acerra, in provincia di Napoli, dal 2008 è in attività una centrale termoelettrica a biomassa liquida di proprietà della «FRI-EL Acerra SRL». E alimentata a olio di palma (Crude Palm Oil) e la sua capacità installata complessiva, pari a 74,8 megawatt, fa dell'impianto di Acerra la seconda maggiore centrale termoelettrica a olio vegetale d'Europa;
   all'interrogante negli ultimi mesi sono giunte ripetute segnalazioni contenenti le denunce che alcuni ambientalisti di Acerra (Napoli) hanno inviato negli anni scorsi a una pluralità di istituzioni tra cui la procura della Repubblica, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il sindaco, gli assessori comunali e alcuni dirigenti amministrativi del comune di Acerra, la provincia di Napoli, la regione Campania, l'ARPA Campania e l'ASL Napoli 2 Nord;
   in tali denunce si chiedeva alle istituzioni destinatarie di procedere alla sospensione dei provvedimenti autorizzativi che consentono l'attività della FRI-EL sulla base di alcune deduzioni e osservazioni puntualmente argomentate in tali denunce;
   in particolare, nella denuncia inoltrata da alcuni Comitati di cittadini in data 24 ottobre 2012 si argomenta la richiesta di sospensione dell'attività della FRI-EL poiché: «esercita una attività insalubre senza aver effettuato la preliminare caratterizzazione del suolo in area SIN; non ha mai esibito un parere di compatibilità ambientale o l'AIA della precedente attività; ha usato olio di palma contenente PCB; presumibilmente emette sostanze oleose che si depositano su alberi e balconi; non si è verificato dove defluiscono gli scarichi dei fluidi di esercizio; non sono controllate le qualità e le provenienze degli altri oli vegetali alternativi all'olio di palma (potrebbero essere oli esausti); non si è verificato l'inquinamento acustico con il piano di zonizzazione; non si è verificato dove si depositano e si smaltiscono i rifiuti industriali; non si è verificato l'aumento di diossina dovuto al traffico degli oli. Si rammenta che ai sensi dell'articolo 328 del codice penale, in piena armonia con l'articolo 32 della Costituzione che tutela la salute pubblica come valore primario, il mancato intervento è contemplato quale omissione di atti di ufficio con specifica responsabilità in capo ai soggetti destinatari»;
   desta particolare impressione la denuncia di alcuni abitanti della zona di via Seminario ad Acerra secondo i quali viene rinvenuta una coltre oleosa sul fogliame degli alberi e/o sulle colture orticole localizzate nel comprensorio nord di Acerra;
   al fine di chiarire la situazione fino ad ora descritta, l'interrogante ha inoltrato – per il tramite della segreteria – in due occasioni richiesta alla FRI-EL di poter effettuare una visita presso lo stabilimento;
   nel luglio 2015, i responsabili dello stabilimento hanno respinto la richiesta poiché all'epoca sarebbero state svolte non meglio precisate «attività di manutenzione straordinaria che, per evidenti ragioni di sicurezza, limiterebbero fortemente la visita della centrale alle sole aree amministrative e di controllo. Sarà nostra premura ricontattarLa non appena ultimati i lavori di cui sopra al fine ai fissare una nuova data»; a novembre 2015, non ricevendo alcun contatto, l'interrogante ha inoltrato ulteriore richiesta di visita, nuovamente respinta poiché, secondo quanto riferito, «le attività di manutenzione straordinaria dell'impianto, più complicate di quanto inizialmente previsto, non sono ancora ultimate e siamo costretti a differire ulteriormente la visita»;
   poiché ad oggi la FRI-EL non si è fatta viva, a distanza di sei mesi dal primo contatto parrebbe all'interrogante emergere in tutta evidenza un intento dilatorio degli amministratori con riferimento alla richiesta di visita, gettando così pesanti ombre sulle accuse formulate dai comitati ambientalisti dell'acerrano –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto segnalato in premessa e se non ritenga di dover svolgere – per quanto di competenza e anche con l'ausilio del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente – degli accertamenti finalizzati a chiarire la piena corrispondenza delle attività dello stabilimento FRI-EL di Acerra con quanto previsto dalla normativa vigente. (4-11762)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CANCELLERI e CRIPPA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'ENIT (Agenzia nazionale del turismo) è l'ente che ha il compito di promuovere l'immagine unitaria dell'offerta turistica nazionale e di favorirne la commercializzazione secondo i seguenti obiettivi: cura la promozione integrata delle risorse turistiche delle regioni; promuove le varie tipologie dell'offerta turistica nazionale; realizza le strategie promozionali a livello nazionale e internazionale, di informazione all'estero e di sostegno alla commercializzazione dei prodotti turistici italiani; svolge attività di consulenza e di assistenza per lo Stato, le regioni e per gli altri organismi pubblici in materia di promozione di prodotti turistici, individua idonee strategie commerciali che permettano all'Italia di presentarsi in modo efficace sui mercati stranieri; organizza servizi di consulenza, assistenza e collaborazione in favore di soggetti pubblici e privati, ivi compresi gli uffici e le agenzie regionali, per promuovere e sviluppare processi indirizzati ad armonizzare i servizi di accoglienza e di informazione ai turisti e attua forme di collaborazione con gli uffici della rete diplomatico-consolare del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;
   da fonti giornalistiche si apprende che dopo la trasformazione in ente pubblico economico, ENIT non riesca a gestire l'ordinaria amministrazione, come pagare le imprese di pulizia, le agenzie di sorveglianza degli uffici, le bollette del telefono e della luce, gli stipendi dei 78 dipendenti della sede centrale di Roma, gli impiegati nelle sedi periferiche sparse in tutto il mondo, gli affitti delle sedi estere non i ospitate nelle ambasciate italiane, Mosca, Francoforte, Madrid e Pechino;
   da fonti giornalistiche si apprende che il nuovo direttore del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Francesco Palumbo, ha inviato una lettera al consiglio d'amministrazione ENIT in cui si legge: «Con nostra nota dell'11 dicembre si è richiesto sia il consuntivo al 7 ottobre 2015 dell'Enit ente pubblico non economico, sia il preventivo dall'8 ottobre al 31 dicembre 2015 del nuovo ente trasformato, nonché il bilancio preventivo per il 2016». Se aveste rispettato questi adempimenti, ammonisce il collaboratore del Ministro, avreste «acquisito tutti gli elementi necessari per predisporre quanto richiesto»;
   se la notizia risultasse veritiera, l'ente che dovrebbe promuovere l'immagine della Penisola nel mondo, si troverebbe senza fondi – oltre che senza strategia come si evincerebbe dall'audizione dello stesso Consiglio d'amministrazione in Commissione attività produttive – proprio nell'anno del Giubileo;
   la redazione del bilancio preventivo 2016 risulta, quindi, slittata e non si sa su quali risorse possa contare e soprattutto su quale organico) visto che i dipendenti della vecchia gestione manterranno il contratto pubblicistico;
   all'interno del consiglio d'amministrazione ENIT vi sarebbero, a quanto risulta all'interrogante, dei conflitti di interesse. Difatti l'amministratore Lazzerini pare continui ad essere nello stesso tempo il responsabile della compagnia aerea estera, Emirates e il consigliere Antonio Nicola Preiti è proprietario al 77 per cento di una società, Sociometrica, che si occupa della «organizzazione, promozione e realizzazione di iniziative nel campo della promozione turistica». Lo stesso identico lavoro che svolge l'Enit –:
   se trovino conferma i fatti descritti in premessa e quali iniziative intendono intraprendere per eliminare i conflitti di interesse all'interno dell'ente;
   se intendano adottare iniziative e quali per risanare i problemi economici che riguardano l'ENIT. (5-07479)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e MUCCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge del 31 maggio 2014, n. 83, recante «Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo», convertito con modificazioni dalla legge n. 29 luglio 2014, n. 106, all'articolo 16 è stata disposta la trasformazione dall'agenzia nazionale del turismo (Enit) in ente pubblico economico, mediante la nomina di un commissario straordinario per l'attuazione della riforma e, in contemporanea, la messa in liquidazione della società Promuovi Italia spa società controllata al 100 per cento dall'Enit e dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, attiva nell'assistenza tecnica alla pubblica amministrazione;
   dopo quasi un anno durante il quale non sono stati pagati dipendenti e fornitori, il 20 maggio 2015 la società ha annunciato di aver richiesto ai giudici il concordato preventivo; il successivo 30 giugno il tribunale di Roma ne ha sancito il fallimento, mentre l'11 agosto, l'Avvocatura generale dello Stato, in ragione della posizione creditoria del Ministro dello sviluppo economico ha depositato un atto avverso l'istanza di fallimento di Promuovi Italia sancendo di fatto uno scontro tra lo stesso Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   il 16 novembre 2015 una nota pubblicata sul sito del Ministero dello sviluppo economico recitava: «Promuovitalia: firmato accordo al Mise per ricollocazione dei lavoratori – È stato firmato oggi presso il Ministero dello sviluppo economico l'accordo definitivo che consentirà di ricollocare i lavoratori della società Promuovitalia Spa, posta in liquidazione per legge, alle società Invitalia, Italia Lavoro e all'Enit»;
   nonostante sia trascorso più di un mese da quell'annuncio e siano scaduti i termini della cassa integrazione guadagni in deroga il 12 dicembre 2015 nell'imminenza del licenziamento collettivo previsto dagli accordi sindacali, la testata Wired ha pubblicato una comunicazione indirizzata il 18 dicembre da Francesco Rocchi e Vincenzo Loffredi, rispettivamente curatore fallimentare e legale della procedura fallimentare di Promuovitalia, ad Enit, Invitalia e Italia Lavoro con la quale si evidenzia l'invio, giunto a diversi ex dipendenti di Promuovitalia, di proposte di ricollocazione con la richiesta di sottoscrivere, contestualmente al nuovo contratto di lavoro, clausole di rinuncia a rivalersi nei confronti di Promuovitalia – qualora la sentenza di fallimento dovesse essere riconosciuta invalida a seguito dell'opposizione del Ministero dello sviluppo economico;
   oggetto delle richieste di rinuncia sarebbero le iniziative intraprese dai lavoratori per vedersi riconosciuti gli stipendi non pagati (in molti casi l'arretrato arriva addirittura ad un anno), i contributi previdenziali non versati, il Tfr non erogato e per portare a compimento i contenziosi giuslavoristici già in corso. Ne è conseguita la richiesta unitaria, formulata il 22 dicembre 2015 dalle organizzazioni sindacali nei confronti di Invitalia, Italia Lavoro e Enit, che «tali clausole vengano cancellate o, in subordine, venga inserita una clausola di salvaguardia»;
   non risulta, tra l'altro, nonostante gli accordi relativi agli obblighi di assunzione da parte di Enit, Italia Lavoro ed Invitalia degli ex dipendenti di Promuovitalia, che Invitalia abbia in maniera informale inoltrato delle proposte di ricollocazione attraverso dei contratti a termine, tradendo gli accordi per una conferma a tempo determinato sottoscritti presso il Ministero dello sviluppo economico;
   una lettera inviata in data 5 maggio 2015 (prot. Mbac – DgPt0002077) da Onofrio Cutaia, direttore generale turismo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, al liquidatore di Promuovitalia e, per conoscenza, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed al Ministero dello sviluppo economico, lamenta le segnalazioni, giunte al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, del mancato pagamento degli emolumenti di tirocinanti e tutor del progetto lavoro e sviluppo. Nella missiva si indica il versamento a Promuovitalia, da parte del Ministero dello sviluppo economico, di 12.400.000 euro quale anticipo della terza annualità del progetto lavoro e sviluppo e si richiede al curatore fallimentare di comunicare al personale sia l'estraneità del Ministero di beni e delle attività culturali e del turismo dalle mancate corresponsioni di quanto dovuto, sia le reali motivazioni di tali mancanze –:
   se siano al corrente di quanto esposto;
   se intendano intervenire affinché siano rispettati gli accordi relativi al ricollocamento degli ex dipendenti di Promuovitalia spa;
   se si intendano verificare i contenuti delle proposte pervenute ai lavoratori da parte di Invitalia, Enit ed Italia Lavoro;
   se trovi conferma che Invitalia abbia inoltrato delle proposte di ricollocazione attraverso dei contratti a termine;
   se, alla luce dell'accertamento dello stato passivo di Promuovitalia depositato presso il Tribunale di Roma, siano state individuate le motivazioni che hanno portato al fallimento, se risulti a quale gestione sia imputabile e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare per accertare eventuali responsabilità degli organi amministrativi in carica nei periodi in questione;
   se intenda comunicare le motivazioni per le quali Promuovitalia non abbia provveduto al pagamento degli emolumenti dei tirocinanti e tutor del progetto lavoro&sviluppo e se le somme destinate a tale finalità siano state utilizzate per scopi diversi. (4-11754)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   RIZZO, FRUSONE, CANCELLERI, DI BENEDETTO, NUTI, LOREFICE, BASILIO, PAOLO BERNINI, MARZANA, GRILLO, D'UVA, VILLAROSA, CORDA, TOFALO, MANNINO, LUPO e DELL'ORCO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 10 aprile 2015, sull'autostrada A19 Catania-Palermo, all'altezza del viadotto Himera, chilometro 61 tra gli svincoli di Scillato e Tremonzelli, direzione del capoluogo etneo, hanno ceduto due piloni a causa di una frana in movimento dal 2005 sulla strada provinciale Scillato-Caltavuturo;
   la procura della Repubblica di Termini Imerese ha aperto una inchiesta per «disastro colposo» proprio per accertare eventuali responsabilità sul disastro che, di fatto, ha paralizzato l'unica infrastruttura in grado di collegare le due città siciliane;
   sin dal 2004, il comune di Caltavuturo ha segnalato alla provincia regionale di Palermo il rischio generato dal dissesto idrogeologico di questo zona dell'isola e tale comune è rimasto isolato a causa delle frane avvenute che hanno bloccato la strada provinciale n. 20 e la strada statale n. 120;
   il trasporto su ruote rappresenta l'unica possibilità di transito di merci in Sicilia, anche alla luce dei disinvestimenti applicati sul sistema ferroviario locale da parte di Rete ferroviaria italiana e, a causa del blocco parziale dell'autostrada A19, il traffico sui tratti autostradali A20 Messina-Palermo e A18 Catania-Messina è aumentato notevolmente, con gravi e pesanti disagi alla circolazione ordinaria e ulteriori aggravi di costi ai consumatori, visto che questi tratti autostradali sono gravati da pedaggio ed in considerazione delle già drammatiche situazioni di rischio frane che affliggono soprattutto l'autostrada A18, come documentato dalle recenti frane del 5 ottobre 2015;
   grazie allo stanziamento di 300 mila euro, ricavato dal taglio dei stipendi dei portavoce M5S dell'assemblea regionale siciliana il 31 luglio 2015 è stata inaugurata una regia trazzera «riesumata» e sistema con colate di calcestruzzo, canali di scolo, guard-rail e un impianto semaforico;
   non è una soluzione definitiva al problema, ma permette, allo stesso tempo, di raggiungere due obiettivi: garantire una via di fuga ai paesi madoniti e aver fatto risparmiare ai cittadini siciliani dai 40 ai 50 minuti di percorrenza per raggiungere Catania da Palermo e viceversa;
   sempre il Movimento 5 Stelle si era fatto avanti con un progetto di «bypass» alternativo per la A19 che tagliava costi e tempi rispetto a quelli prospettati dall'Anas. Progetto inizialmente accolto con entusiasmo dal Ministro Graziano Delrio che aveva ricevuto i portavoce nazionali e regionali, salvo poi ricredersi e comunicare, tramite gli uffici tecnici ministeriali, che il progetto non stava in piedi nonostante illustri docenti avevano detto che il progetto avanzato dal MoVimento 5 Stelle fosse valido;
   il 14 luglio 2015, in occasione di una visita presso il cantiere della regia trazzera in fase di realizzazione, casualmente, il primo firmatario del presente atto ha incontrato i militari del 4o reggimento genio guastatori di Palermo a cui ha potuto chiedere ragguagli rispetto la loro presenza sul luogo del ponte Himera, colpito dal dissesto idrogeologico del 10 aprile;
   il giorno prima, il 13 luglio, si era tenuta la conferenza di servizi per autorizzare il proseguimento dell’iter relativo al progetto presentato da ANAS, scartando gli altri progetti tra cui quello del MoVimento 5 Stelle; quindi il primo firmatario del presente atto trovava fuori tempo e fuori luogo il fatto che solo il 14 luglio, vale a dire il giorno dopo, fosse avvenuto un sopralluogo da parte dei militari nonostante una risoluzione in commissione ambiente alla Camera fosse stata presentata immediatamente dopo il cedimento del pilone, chiedendo l'immediato intervento dell'Esercito italiano e nonostante il commissario nominato a gestire l'emergenza dal Ministro Delrio, il dottor Guardabassi, avesse trovato criticità sulle capacita tecniche e sulle disponibilità di adeguate attrezzature Corpo militare del Genio come da sue dichiarazioni riscontrabili su un articolo del 30 giugno 2015 apparso su Repubblica.it;
   alle dipendenze del comando genio dell'Esercito insiste il 4o reggimento genio guastatori con sede a Palermo che ha anche il compito di sostenere il Paese in caso di calamità naturali per ripristinare la viabilità; molti sono stati gli interventi sul territorio siciliano comandati ai militari di questo reparto dell'Esercito italiano in questi ultimi decenni; citandone solo i più importanti si ricordano: la crisi idrica a Corleone (PA) nel 1986, la demolizione di opere abusive nella valle dei Templi (AG) nel 2001, l'emergenza Etna nel 2002-03, l'emergenza Stromboli nel 2003, l'operazione «Drink Water» a Misilmeri (PA);
   l'Esercito italiano risulta essere costantemente impegnato in operazioni in Patria, sulla base di specifiche necessità del Paese, dimostrando prontezza e preparazione nello svolgimento delle azioni cui viene chiamato, come l'operazione «Strade Sicure»;
   in data 5 ottobre 2015 il primo firmatario del presente atto ha inviato una richiesta di accesso agli atti via «posta elettronica certificata» all'ufficio di gabinetto del Ministero per chiedere ed ottenere copia del verbale redatto dai militari del IV Reggimento genio guastatori di Palermo durante la visita del 14 luglio presso il ponte Himera, per conoscere, in relazione all'attività svolta durante questa legislatura in Commissione difesa, le risultanze sulle reali capacità di questo reparto dell'Esercito italiano nell'affrontare l'emergenza viabilità e accelerare i tempi necessari alla riapertura del tratto autostradale con attrezzature e mezzi nelle loro disponibilità;
   in data 12 ottobre 2015 il Ministero della difesa, respinge la richiesta del primo firmatario del presente atto di accesso agli atti, con risposta a firma del capo di gabinetto, Amm. Sq. W. Girardelli, in quanto pur essendo portatore di interessi pubblici, il primo firmatario del presente atto non viene ritenuto soggetto con interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è stato chiesto l'accesso –:
   se il sinistro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali siano i contenuti del verbale di sopralluogo redatto dai militari del IV Reggimento genio guastatori di Palermo svoltosi il 14 luglio e che non risulta agli interroganti siano stati segretati, con particolare riferimento alle criticità rilevate sul progetto predisposto dal Movimento 5 Stelle e alle eventuali soluzioni proposte per la sua realizzazione e se ne intenda consegnare una copia agli interroganti;
   se non riscontri un possibile danno economico nell'aver autorizzato un sopralluogo, ad ormai «giochi fatti», presso il ponte Himera; (3-01951)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio Nazionale Forense ha recentemente deciso di realizzare un quotidiano cartaceo denominato « Il Dubbio», curato da Piero Sansonetti, ex direttore de « Il Garantista». Lo ha annunciato il presidente Mascherin, durante l'Agorà degli Ordini, affermando che «è una novità assoluta nel panorama editoriale italiano. Nessuna professione ha avviato un progetto di questo genere, che si caratterizzerà per la sua natura assolutamente non autoreferenziale, rivolta alla cittadinanza e aperta al dibattito su tutti i grandi temi sociali, con lo sguardo volto ai diritti delle persone, proprio degli Avvocati»;
   da tali informazioni si deduce che il Consiglio nazionale forense, organo giurisdizionale di secondo livello ed ente pubblico non economico, spenderà dei fondi pubblici per realizzare questo progetto editoriale –:
   se il Ministro della giustizia sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e ritenga conforme al quadro normativo vigente che un ente pubblico non economico, nonché organo giurisdizionale di secondo grado, possa essere altresì editore. (5-07480)

Interrogazione a risposta scritta:


   CRIPPA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 6 febbraio 2016 si terrà a Novara (NO) un convegno dal titolo «Verso una mobilità nuova» organizzato dal comune di Novara, in collaborazione con i gestori dei parcheggi a pagamento novaresi e della partecipata SUN spa e con il patrocino di ANCI e ANCI Piemonte;
   a questo incontro parteciperanno fra gli altri il sindaco del comune di Torino, Piero Fassino (PD), l'assessore alla mobilità del comune di Torino, Claudio Lubatti (PD), il sindaco del comune di Pesaro, Matteo Ricci (PD), l'assessore alla mobilità del comune di Pavia, Davide Lazzari (PD), e il deputato della Commissione trasporti della Camera, Paolo Gandolfi (PD);
   secondo le locandine di presentazione e le comunicazioni inviate ai propri professionisti aderenti, l'Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori delle province di Novara e del Verbano Cusio Ossola e il collegio dei geometri e geometri laureati della provincia di Novara riconoscerebbero ai partecipanti crediti formativi nell'ottica della formazione continuativa obbligatoria prevista dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137 (regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali, a norma dell'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148);
   in particolare, per la partecipazione prevista per l'intera giornata, l'Ordine degli architetti riconoscerebbe ai propri iscritti 6 crediti formativi, mentre il collegio dei geometri riconoscerebbe 3 crediti;
   secondo quando riportato dal comma 2, dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137: «I corsi di formazione possono essere organizzati, ai fini del comma 1, oltre che da ordini e collegi, anche da associazioni di iscritti agli albi e da altri soggetti, autorizzati dai consigli nazionali degli ordini o collegi. Quando deliberano sulla domanda di autorizzazione di cui al periodo precedente, i consigli nazionali trasmettono motivata proposta di delibera al ministro vigilante al fine di acquisire il parere vincolante dello stesso»;
   secondo il regolamento per l'aggiornamento dello sviluppo professionale continuo in attuazione dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012 n. 137 del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori (CNAPPC), pubblicato all'interno del bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n.17 del 15 settembre 2013, articolo 2 (Gestione dell'aggiornamento e sviluppo professionale continuo), comma 3, lettera b) «L'Ordine territoriale, in osservanza delle linee guida dettate dal CNAPPC ai sensi del presente Regolamento [...] istruisce le richieste di validazione di eventi formativi avanzate da soggetti terzi, da inviare al CNAPPC per la procedura di cui all'articolo 7 comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137»;
   secondo il regolamento per la formazione professionale continua ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012 n. 137 del Consiglio nazionale dei geometri e geometri laureati (CNGeGL), pubblicato all'interno del bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 15 del 15 agosto 2014, articolo 10 (Autorizzazione delle associazioni degli iscritti e altri soggetti):
   «1. Ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, articolo 7, comma 2, i corsi formativi possono essere organizzati da associazioni di iscritti e altri soggetti, ivi compresi Enti Pubblici. [...]
   3. Il Consiglio Nazionale, acquisito il parere della Commissione nazionale formazione professionale continua, di cui all'articolo 9 del presente regolamento, esprime motivata proposta di delibera e la trasmette al Ministero vigilante, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, articolo 7, comma 2.
   4. Acquisito il parere vincolante del Ministero vigilante, il Consiglio Nazionale delibera e comunica al richiedente l'autorizzazione allo svolgimento del corso, o il diniego [...]»;
   per quanto riguarda la formazione riferita agli iscritti all'ordine degli ingegneri, come si apprende dall'articolo 2 dell'apposito regolamento per l'aggiornamento della competenza professionale, adottato dal Consiglio nazionale degli ingegneri e pubblicato all'interno del bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 13 del 15 luglio 2013, per «Apprendimento informale» si intende quell’«[...] apprendimento che, anche a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza nell'esercizio della professione di Ingegnere nelle situazioni ed interazioni del lavoro quotidiano [...]»;
   il Consiglio nazionale degli ingegneri ha pertanto diffuso e reso noto il, modello di autocertificazione e la relativa guida alla compilazione (circolare 449/2015 per il 2014; circolare 624/2015 per il 2015) per consentire agli ingegneri, tenuti all'obbligo di aggiornamento professionale, di autocertificare l'aggiornamento informale connesso alla propria attività lavorativa professionale, richiedendo quindi i crediti formativi riferibili a tali attività;
   il regolamento di formazione degli ingegneri già citato permette di fatto, come facilmente riscontrabile nelle sezioni dedicate alla formazione dei vari ordini territoriali in tutta Italia, la valenza di convegni e incontri di presentazione di nuovi prodotti sponsorizzati da privati imprenditori come momenti di formazione la cui frequenza darebbe diritto a crediti formativi ai partecipanti –:
   se possa riportare i tempi medi di risposta del Ministero della giustizia alle richieste di parere vincolante riguardante incontri formativi organizzati da soggetti esterni a ordini, consigli e collegi professionali come riportato dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, dal momento della loro ricezione;
   se il Ministero della giustizia abbia inviato presso il Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori e presso il Consiglio nazionale dei geometri e geometri laureati il parere vincolante secondo procedura descritta nell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137, e nei regolamenti citati in premessa e, nel caso, in quale data;
   nel caso di risposta affermativa, se possa confermare che il parere espresso sia stato positivo;
   nel caso di parere positivo, come si sia ritenuto di dare un valore formativo ad un evento che in buona parte rischia di diventare un momento di propaganda politica in vista delle prossime elezioni amministrative che si terranno a Novara nel 2016;
   se non si ritenga necessaria un'iniziativa normativa al fine di fissare un criterio di valutazione unitario che non possa portare diverse professioni tecniche a fornire valori formativi diversi tra loro per la partecipazione dei propri iscritti ad uno stesso evento;
   se non si ritenga necessario vigilare e monitorare riguardo alla congruità, alla concretezza e alla serietà dei percorsi formativi proposti, facendo in modo che i diversi ordini, consigli e collegi possano limitarne nel caso le ore complessive ma provvedendo ad aumentarne la qualità degli stessi, evitando così fenomeni di autocertificazione professionale o eventi caratterizzati fondamentalmente dalla sponsorizzazione e presentazione di prodotti commerciali. (4-11763)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   in data 19 gennaio 2016 il territorio calabrese è stato investito da una significativa perturbazione con abbondanti precipitazioni nevose che hanno reso problematico il traffico sulle strade e autostrade;
   particolarmente drammatica è stata la situazione vissuta dagli automobilisti nel tratto cosentino dell'autostrada A3 compreso tra gli svincoli di Cosenza e Altilia Grimaldi, in particolare presso il valico di Rogliano;
   sin dal primo pomeriggio per una serie di mezzi che si sono messi di traverso a causa della neve e del ghiaccio si sono formate code per circa 15 chilometri;
   è stata evidente l'impreparazione dell'Anas che solo verso le 18, quindi dopo diverse ore, nonostante sui social network centinaia di messaggi già dal primo pomeriggio richiamassero l'attenzione sulla criticità che si era venuta a creare in autostrada, faceva sapere di essere all'opera per risolvere suddetto blocco;
   in verità, al messaggio non corrispondeva un reale intervento dei mezzi tant’è che il blocco della circolazione è durato circa 10 ore con automobilisti rimasti letteralmente intrappolati in quel tratto di autostrada;
   suddetto tratto autostradale è tra i più critici dell'intero tracciato e necessita di interventi infrastrutturali come da progetto originario proprio in considerazione della particolare orografia e non di semplice ampliamento;
   la protezione civile aveva ampiamente previsto le abbondanti precipitazioni e aveva preannunciato tali avverse condizioni meteo, con neve fino a 200 metri, ben 36 ore prima con bollettini meteo anche all'Anas;
   risulterebbe che Anas non abbia adottato nessun provvedimento preventivo per fronteggiare suddetta situazione a partire dalla mancata circolazione dei mezzi spargi sale;
   solo nella notte è stato consentito alla protezione civile di intervenire per portare ristoro alle persone ferme in autostrada nonostante Anas, sempre per voce del responsabile dei rapporti istituzionali, avesse assicurato sin dalla serata la presenza di aiuti agli automobilisti bloccati;
   nella notte il presidente dell'Anas, Gianni Vittorio Armani, ha proceduto a nominare una commissione d'inchiesta interna per verificare l'accaduto e proceduto a commissariare la struttura di Esercizio dell'A3 Salerno-Reggio Calabria;
   in base alla decisione assunta dal presidente dell'Anas l'esercizio dell'autostrada e la prosecuzione delle operazioni di soccorso degli automobilisti rimasti bloccati dalla neve sono stati assunti dal vicedirettore dell'esercizio nazionale Roberto Mastrangelo;
   quanto accaduto è indegno per il nostro Paese ed è inaccettabile che si sia verificata una paralisi del traffico in relazione ad una precipitazione abbondantemente prevista da giorni –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di propria competenza, per evitare che simili drammatici disagi possano verificarsi nuovamente lungo l'autostrada A3, anche in considerazione del suo peculiare tracciato, e per dotare l'Anas di un maggior numero di mezzi e uomini finalizzati ad assicurare la massima sicurezza agli automobilisti che la percorrono, nonché per realizzare un migliore e più efficace coordinamento della catena di comando in situazioni di emergenza con l'obiettivo di scongiurare cortocircuiti istituzionali che nella circostanza esposta in premessa hanno messo a repentaglio l'incolumità di centinaia di persone.
(2-01231) «Magorno, Aiello, Battaglia, Bruno Bossio, Censore, Covello, Oliverio, Stumpo, Schirò, Manfredi, Luciano Agostini, Cuomo, Antezza, Bargero, Tullo, Gianni Farina, Amendola, Terrosi, Carra, Lacquaniti, Malpezzi, Carrescia, Falcone, Di Salvo, Romanini, Fitzgerald Nissoli, Marrocu, Cassano, Casellato, Lattuca, Galperti, Sani, Anzaldi».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DA VILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Forte San Felice costituisce un monumento dal valore storico, architettonico, paesaggistico e ambientale inestimabile, che fa parte fin dalla sua edificazione della struttura urbana della città di Chioggia e che connota tutto il landscape della bocca di porto meridionale della laguna di Venezia;
   tale opera rappresenta, altresì, una delle più significative fortificazioni costiere dell'Adriatico, mirabile esempio di stratificazione nel tempo di interventi difensivi e militari;
   l'immobile appartiene al demanio militare, ma è stato inserito nel decreto del rettore generale dei lavori e del demanio 5 marzo 2010 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 149 del 29 giugno 2010), emanato in attuazione dell'articolo 4-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, converto, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, per essere oggetto di dismissione diretta da parte del Ministero della difesa;
   sono in corso trattative avanzate fra la Marina militare, attuale usuaria del bene, e il comune di Chioggia per il trasferimento dell'intero compendio al patrimonio comunale;
   il trasferimento al comune di Chioggia faciliterebbe il reperimento dei finanziamenti indispensabili per un organico intervento di manutenzione straordinaria e di restauro conservativo del bene, impedito alla Marina militare in quanto istituzionalmente obbligata ad impiegare i fondi di cui dispone per compiti di difesa e non per la salvaguardia del patrimonio storico e artistico della Nazione;
   tale intervento non è più procrastinabile stante il grado di compromissione delle strutture causato dall'esposizione all'ambiente marino, dal mancato utilizzo e dall'assenza di manutenzione ordinaria; la gravità della situazione è stata recentemente constatata anche dalla soprintendente alle belle arti e paesaggio per Venezia e Laguna, durante un sopralluogo ove sono emersi il crollo della copertura del portale settecentesco e la rovina del tetto del vano scale del castello;
   è stato, peraltro, proposto di inserire il forte nella Tentative List dei siti patrimonio mondiale dell'UNESCO (di cui alla legge 6 aprile 1977, n. 184, alla legge 20 febbraio 2006, n. 77, e all'articolo 135 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) all'interno della candidatura «Le opere di difesa veneziane tra XV e XVII secolo» proprio per agevolare la richiesta di finanziamenti; ma nel dicembre del 2014 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha espunto il bene dalla lista proprio a causa del cattivo stato di conservazione;
   inoltre, il Forte non risulta inserito dell'elenco degli immobili di appartenenza statale oggetto di finanziamenti di restauro previsti dal programma triennale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nonostante nel veneziano siano inseriti altri beni nella disponibilità della Marina militare, come ampiamente documentato recentemente dalla stampa locale;
   il Forte San Felice, da ultimo, è stato inserito fra le misure compensative imposte dall'Unione europea al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti — magistrato alle acque di Venezia (ora provveditorato interregionale alle opere pubbliche per il Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia), e per suo tramite al concessionario unico Consorzio Venezia Nuova, per la realizzazione delle opere alla bocche di porto di regolazione delle acque alte (cosiddetto Sistema MOSE);
   in particolare, il recupero della struttura è stato inserito fra gli interventi che hanno una spiccata valenza positiva sul miglioramento dell'ecosistema lagunare con riferimento alle finalità della direttiva 92/43/CEE e della ex direttiva 79/409/CEE, ora 2009/147/CE, in quanto ricompreso nella ZPS IT3250046;
   a seguito dello scandalo scoppiato nell'estate 2014, che ha coinvolto gli organi periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Consorzio Venezia Nuova, portando alla soppressione del magistrato alle acque di Venezia e al commissariamento del consorzio, c’è il rischio che anche questi finanziamenti per il recupero del forte, insieme ad altri interventi previsti dalle misure compensative, vengano azzerati o comunque fortemente ridimensionati, sebbene lo Stato italiano debba rendicontare l'attuazione delle misure compensative all'Unione europea secondo un vero e proprio piano di monitoraggio –:
   se il Governo intenda riconfermare le misure compensative imposte dall'Unione europea per la realizzazione delle opere alle bocche di porto di regolazione delle acque al nella laguna di Venezia (cosiddetto sistema MOSE), e in tal caso se condivida necessità e urgenza di tradurre al più presto tale intendimento negli opportuno provvedimenti;
   se il Governo intenda riconfermare l'inserimento del «recupero del forte San Felice» tra le misure compensative del MOSE (categoria 2), sia nei suoi aspetti naturalistici che in quelli storici ed architettonici;
   se il Governo abbia comunque previsto interventi immediati, anche parziali, per salvaguardare con urgenza da danni irreparabili un bene di inestimabile valore appartenente al demanio pubblico dello Stato. (5-07469)


   DE LORENZIS e SPADONI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   il 18 febbraio 2016 saranno applicabili agli Stati membri dell'Unione europea le disposizioni di cui al regolamento (UE) n. 83, approvato in Commissione il 29 gennaio 2014, recante la disciplina dei tempi di volo, di servizio e di riposo degli equipaggi (di seguito denominato «Parte ORO-FTL»), con l'eccezione delle attività effettuate da velivoli «aerotaxi» (voli non di linea a domanda con velivoli aventi configurazione posti passeggeri non superiore a 19), velivoli impiegati in attività di emergenza sanitaria (EMS), velivoli impiegati in attività CAT con un solo pilota ed attività effettuata con elicotteri;
   il citato regolamento prevede i requisiti che devono essere soddisfatti da un operatore e i suoi membri d'equipaggio in merito ai limiti dei tempi di volo e di servizio e requisiti relativi ai tempi di riposo per i membri d'equipaggio, definendo tempi di riferimento, alloggi, tipi di servizi, periodi e relativi riposi, nel minimo e nel massimo, oltre che le responsabilità dell'operatore e dei membri d'equipaggio;
   con specifico riferimento ai tempi di volo ed ai periodi di servizio, la nuova disciplina prevede regimi assai elevati: si pensi, a titolo esemplificativo, che come periodo di servizio di volo massimo giornaliero, per i membri d'equipaggio acclimatati, previsto per 2 tratte fino a 12 ore e 45 minuti, per 4 tratte fino a 11 ore e 45 minuti, per 7 tratte fino a 10 ore e 30 minuti. In termini generali, i periodi di servizio totali ai quali un membro d'equipaggio può essere assegnato non devono superare: 1) 60 ore di servizio in un periodo di 7 giorni consecutivi; 2) 110 ore di servizio in un periodo di 14 giorni consecutivi; e 3) 190 ore di servizio in un periodo di 28 giorni consecutivi, ripartite il più omogeneamente possibile in tale periodo. Il tempo di volo totale delle tratte alle quali un membro d'equipaggio assegnato come membro d'equipaggio operativo non deve superare: 1) 100 ore di volo in un periodo di 28 giorni consecutivi; 2) 900 ore di volo per anno di calendario; 3) 1 000 ore di volo in un periodo di 12 mesi di calendario consecutivi. Il servizio post-volo calcolato come periodo di servizio;
   sussistono tuttavia ulteriori ipotesi di aggravio dei tempi di volo e di servizio con la previsione della riduzione dei periodi di riposo minimi e di circostanze impreviste durante le operazioni di volo che possono modificare i limiti sul servizio di volo, il servizio e i periodi di riposo a discrezione del comandante. A questo riguardo al Titolo 2, ORO.FTL.205 Periodo di servizio di volo (PSV), lettera f), in merito alle «Circostanze impreviste durante le operazioni di volo – Discrezionalità del comandante», si prevede un aumento delle ore massime di volo, senza cambiare equipaggio, di due ore: per cui, a titolo esemplificativo, nel caso di check in dalle 6 alle 13:29, con tempo di volo massimo di 13 ore, l'equipaggio terminerebbe indicativamente per le ore 19 senza considerare le eventuali ulteriori 2 ore allungando il servizio fino alle ore 21;
   il peggioramento del previsto regime evidente se si pensi al caso in cui, nella fascia di orario dalle 5:45 alle 5.59 del mattino, si effettui un massimo di 12 ore e 45 minuti per due settori, eventualmente da allungarsi considerando le due ore a discrezione del comandante. Ne deriva, a titolo esemplificativo, che un pilota di una determinata compagnia aerea che abbia effettuato un check in alle 5.50 presso l'aeroporto di Fiumicino per andare a Boa Vista, con expected flight time di 6 ore di volo, opera in 2 settori con servizio massimo fino alle 18.35. Potrebbe prospettarsi il caso che a Boa Vista si presenti un qualsiasi problema per cui il comandante a sua discrezione, magari per esigenze familiari, decida comunque di tornare il prima possibile a Fiumicino allungando i tempi e il servizio fino a due ore. Pertanto, l'intero equipaggio di un volo, in applicazione della normativa modificata, potrà effettuare un atterraggio alle 20,30, essendo in servizio dalle 5,45 e, presumibilmente, sveglio almeno dalle 4,30;
   l'agenzia europea per la sicurezza aerea chiamata, ai sensi dell'articolo terzo paragrafo, del regolamento n. 83 del 2014, che introduce l'articolo 9-bis al regolamento n. 965 del 2012, ad effettuare un esame continuo dell'efficacia delle disposizioni concernenti i limiti dei tempi di volo e di servizio e i requisiti relativi ai tempi di riposo previsti dalla normativa europea richiamata;
   tale esame in funzione di controllo presuppone il coordinamento e l'assistenza degli Stati membri e, quindi, dei soggetti competenti in materia, fra cui evidentemente ENAC a garanzia della sicurezza dell'aviazione civile;
   sulla questione incidono altresì le norme a tutela dei lavoratori derivanti dall’«Accordo europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo dell'aviazione civile», (di cui al decreto legislativo 185 del 2005 attuativo della direttiva 2000/79/CE) –:
   come il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda evitare che l'applicazione del regolamento (UE) 83/2014 – che, secondo gli interroganti, prevede un regime deteriore per le ragioni illustrate in premessa in ordine ai tempi di volo e di servizio – causi un aumento dei rischi legati alla sicurezza in volo;
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti possa specificamente illustrare le misure previste, anche dai competenti soggetti come ENAC, per consentire l'esame continuo dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea sull'efficacia delle disposizioni concernenti i limiti di volo e redigere la relativa relazione, al fine di garantire la sicurezza dei voli;
   come il Ministro del lavoro e delle politiche sociali intenda assicurare un adeguato livello di tutela del lavoro nel rispetto della normativa vigente, con specifico riferimento al personale di volo dell'aviazione civile. (5-07471)


   OLIARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in base alla nuova regola internazionale SOLAS adottata in sede IMO (International Maritime Organization), dal 1o luglio 2016 tutti i container da caricare sulle navi dovranno essere accompagnati dal documento di massa lorda verificata (verified gross mass — VGM), prodotto dal caricatore (shipper), che ne è responsabile;
   sono previsti due metodi per avere il documento VGM, utilizzando strumenti di pesatura omologati. A questo fine l'IMO con circolare 1475/2014 ha adottato delle linee guida, tra le quali si prevede che gli strumenti di pesa utilizzati rispettino gli standard di accuratezza e i requisiti dello Stato in cui l'attrezzatura viene usata;
   per quanto concerne l'Italia, la direzione competente del Ministero dello sviluppo economico ha dichiarato che gli strumenti di pesatura devono rispondere ai requisiti, molto stringenti, contenuti al momento nel decreto legislativo n. 517 del 1992, di recepimento della direttiva 90/384/CE, in attesa del recepimento della direttiva 2009/23/CE che al riguardo non modifica i contenuti della precedente direttiva. Non sarebbero quindi previste deroghe a detti requisiti di omologazione;
   alcuni Stati membri dell'Unione europea (esempio Inghilterra e Olanda) hanno adottato proprie linee guida per l'implementazione dei nuovi requisiti stabiliti dalla predetta nuova regola SOLAS;
   in Italia il comando generale delle capitanerie di porto si sta occupando della questione e, a quanto è dato conoscere, prossimamente convocherà un incontro tra tutti gli stakeholder interessati (caricatori, trasportatori terrestri, interporti e centri merci, compagnie di navigazione, agenti marittimi, spedizionieri, terminalisti portuali, e altri);
   diversi operatori esprimono preoccupazioni circa l'impatto di questa nuova regola sulla fluidità dei traffici logistici e sulla relativa operatività –:
   dal momento che tutte le parti interessate dovrebbero essere sensibilizzate sulla questione, per evitare un impatto negativo, se il Governo non ritenga opportuno adottare un approccio molto pragmatico circa l'applicazione di questa nuova normativa e, in particolare, se non ritenga utile:
    a) consentire l'omologazione di strumenti di pesa aventi tolleranze superiori a quelle stabilite dal decreto legislativo n. 517 del 1992;
    b) raccomandare al comando generale delle capitanerie di porto di non prevedere in capo ai caricatori requisiti e adempimenti ulteriori rispetto a quelli previsti nella richiamata circolare IMO;
    c) proporre in sede dell'Unione europea la previsione di un periodo transitorio e di prima applicazione, almeno di alcuni mesi, atto a consentire agli operatori interessati di organizzarsi adeguatamente per affrontare i nuovi adempimenti, nonché sensibilizzare la Commissione europea circa l'adozione di linee guida omogenee tra i vari Stati membri sull'implementazione della nuova regola, onde evitare l'eventuale rischio di distorsione della concorrenza. (5-07473)


   CIMBRO, AMATO, CARLONI, GASPARINI, PALMA, MAGORNO, MANFREDI, MELILLA, ROMANINI, SCHIRÒ e TERROSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal 2006, anno di entrata a regime dell'obbligo di fideiussione a garanzia degli anticipi dati alle imprese da parte degli acquirenti, le famiglie coinvolte nei 10 mila fallimenti nel settore dell'edilizia residenziale sono 100 mila; il danno accusato ammonta a oltre 2,5 miliardi di euro. Per citare solo l'ultimo caso, dal 2 di novembre 2015 la C.A.S.E.R., cooperativa di abitazione e servizi Emilia Romagna, è in liquidazione coatta amministrativa: 250 famiglie vedranno sfumare la casa, e i risparmi spesi per acquistarla;
   se quello menzionato è il danno provocato alle famiglie, ben più consistente è quello provocato al sistema Paese: al credito, ai subappaltatori, ai dipendenti, e agli enti locali. Danno stimabile in oltre 10 miliardi di euro;
   tutto questo avviene, a quanto risulta agli interroganti, grazie alla disapplicazione della normativa: il 70 per cento delle nuove costruzioni viene venduto infatti senza garanzia fideiussoria. La mancanza di un adeguato impianto sanzionatorio favorisce l'elusione della legge e il pesante coinvolgimento nelle crisi aziendali, come detto, di migliaia di famiglie; in generale, le imprese e il settore nel suo complesso subiscono il pesante contraccolpo provocato dalla presenza di migliaia di imprese inaffidabili, di cui il sistema creditizio non si fida a causa della loro fragilità imprenditoriale. Esse gravano sul mercato, lo condizionano e in definitiva impediscono la ristrutturazione del comparto e la sua fuoriuscita dalla crisi attraverso iniziative di qualità, costruttiva e finanziaria;
   il decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, recante «Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210», ponendo la necessità per il costruttore di essere considerato «garantibile», stimola il miglioramento della qualità imprenditoriale, diminuendo così il rischio di default. Inoltre, l'obbligo di fornire l'assicurazione decennale postuma, con i conseguenti controlli pretesi dalle assicurazioni, costringe a elevare la qualità dell'immobile, e a rispettare le norme costruttive;
   a fallire, quindi, è il caso di ribadirlo, sono proprio le imprese che non applicano il decreto legislativo 122 del 2005: quelle che lo fanno, invece, reggono meglio l'urto della crisi, continuano a fare utili e garantiscono la partecipazione del settore al mantenimento del Pil;
   è urgente che il legislatore modifichi e introduca meccanismi sanzionatori efficaci e coerenti con gli obiettivi della legge. Al riguardo, in sede di esame al Senato del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, recante misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per EXPO 2015 è stato accettato l'ordine del giorno G10.0.200 che impegna il Governo a predisporre entro sei mesi un adeguato impianto sanzionatorio a carico del costruttore, in caso di mancata attuazione degli adempimenti obbligatori relativi al rilascio al promissario acquirente della garanzia fideiussoria, dell'assicurazione contro vizi e difetti della costruzione –:
   quali siano state e quali saranno le iniziative del Governo per risolvere questo annoso problema, in un momento, peraltro, in cui la necessità della tutela del risparmio si è fatta urgente, viste le crisi di CariFerrara, Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti. (5-07475)

Interrogazione a risposta scritta:


   DIENI, NESCI e PARENTELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata del 19 gennaio 2016 un'ondata di freddo e di neve, peraltro prevista dai bollettini meteorologici, si è riversata sulla Calabria;
   la zona più colpita dalle precipitazioni nevose è stata, nello specifico, quella al confine con la Basilicata e la zona di Falerna, nel Catanzarese;
   le ripercussioni di tale evento, tutto sommato non qualificabile come straordinario e comunque ampliamente preventivato dalla protezione civile, sono state però pesanti soprattutto sull'autostrada A3, specie nella zona di Rogliano, in provincia di Cosenza, dove gli automobilisti hanno subito le peggiori conseguenze con rallentamenti e blocchi alla circolazione;
   in quel punto la neve depositatasi sulla carreggiata ha portata ad un blocco della circolazione che si è via via aggravato fino a causare la formazione di una fila di veicoli fermi che è giunta sino all'uscita di Rende-Cosenza Nord;
   è tuttavia in molti tratti dell'A3 che sono state registrate difficoltà alla circolazione con incolonnamenti che hanno raggiunto i 15 chilometri;
   va rilevato che solo con molto ritardo sono iniziate le procedure di filtro, che avrebbero dovuto impedire l'ingresso in autostrada di mezzi sprovvisti di catene o di gomme invernali;
   ciò ha portato, secondo la stampa locale, all'impossibilità per molti veicoli, e specialmente dei mezzi pesanti, che in molti casi si sono intraversati, di procedere;
   oltre a questo, una volta verificatesi le code, si è registrato un inconcepibile ritardo della macchina dei soccorsi, ostacolati peraltro da una circolazione ormai bloccata;
   molti automobilisti sono stati costretti a subire per ore gravissimi disagi, nell'attesa di interventi che avrebbero dovuto invece essere urgenti ed organizzati;
   si sono registrate situazioni ad alto rischio per tantissime persone, tra cui molti minori, bloccate nei veicoli al freddo e senza assistenza;
   la circolazione è stata ripristinata solo alla mezzanotte e mezzo;
   l'Anas ha informato di aver soccorso i passeggeri di 200 auto fornendo quindi la dimensione di un evento che avrebbe potuto trasformarsi in tragedia;
   il presidente dell'Anas, Gianni Vittorio Armarli, ha attivato il commissariamento della struttura di esercizio dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, condividendo il fatto che «è inammissibile che centinaia di automobilisti siano rimasti bloccati per tante ore su un'autostrada: e evidente che qualcosa non ha funzionato»;
   una tale ammissione tuttavia non può bloccare gli accertamenti e azioni conseguenti da parte del Ministro interrogato –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se intenda sanzionare, per quanto di competenza, e in che modo, le inadempienze dimostrate da Anas spa nella gestione dell'emergenza verificatasi a seguito del blocco dell'autostrada A3 il 19 gennaio 2016 e quali iniziative di competenza intenda adottare per evitare il ripetersi di tali situazioni. (4-11755)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   MAGORNO, BATTAGLIA, COVELLO, BRUNO BOSSIO, CENSORE, STUMPO, OLIVERIO e BARBANTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   desta forte preoccupazione l’escalation di atti intimidatori registrati ai danni di amministratori locali e non solo che nelle ultime settimane hanno interessato il territorio calabrese;
   è stata incendiata l'auto al presidente della Commissione regionale antimafia, Arturo Bova, presso il comune di Amaroni;
   gli atti intimidatori agli amministratori della Valle del Torbido, della locride, l'incendio di uno scuolabus presso il comune di Martone (Reggio di Calabria), le fiamme appiccate alla Casa della cultura e delle tradizioni popolari di Caulonia, le minacce al giornalista Rettura, e quelle al segretario di circolo del Pd di Villapiana (CS), sono tutti segnali inquietanti che non possono essere sottovalutati;
   il gravissimo atto riportato dalle cronache che ha riguardato il figlio del procuratore Nicola Gratteri, sono il segnale inequivocabile del clima di tensione che si vive in Calabria con l'evidente obiettivo di indebolire l'importante azione di contrasto alla criminalità organizzata portata avanti per ridare dignità a questo territorio;
   la Calabria e le tante energie sane della società a partire dai giovani respingono questo attacco e ritengono indispensabile un rafforzamento delle politiche di contrasto della criminalità organizzata e una rinnovata mobilitazione civica per scuotere coscienze e tutelare i germogli di riscatto che si stanno manifestando –:
   quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine di rafforzare la presenza dello Stato sul territorio calabrese e se non ritenga opportuno convocare e presiedere in terra di Calabria una riunione del Comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico articolato per ciascuna provincia in maniera da rendere più efficace l'azione di contrasto della criminalità organizzata. (3-01945)


   LOSACCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi un ragazzo nigeriano di 20 anni a Bisceglie ha sventato una rapina ai danni di un supermercato;
   un malvivente armato di coltello da cucina ha fatto, ingresso nel supermercato di Via Gentile in Bisceglie e minacciando la cassiera si è fatto consegnare l'incasso portando via anche il cassetto del registratore di cassa;
   il rapinatore salito su uno scooter ha cercato di fuggire, ma è stato prontamente inseguito dal ragazzo nigeriano;
   nella fuga è caduto il cassetto del registratore di cassa con il denaro e fermatosi il rapinatore è stato raggiunto dal ragazzo nigeriano con il quale è iniziata una colluttazione;
   il rapinatore è riuscito inizialmente a dileguarsi senza l'incasso recuperato dal cittadino nigeriano e grazie alla sua testimonianza è stato possibile risalire alla sua identità e ad arrestarlo, si trattava tra l'altro di un sorvegliato speciale ben noto alle forze dell'ordine;
   il ragazzo nigeriano sosta ogni giorno davanti al supermarket aiutando i clienti a trasportare la spesa per racimolare qualche euro per comprarsi da mangiare e ha rischiato la propria incolumità nell'inseguire il rapinatore;
   si è trattato di un gesto di grande coraggio che merita di essere segnalato alle autorità competenti;
   in base al comma 2 dell'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 in materia di cittadinanza, è previsto che la cittadinanza italiana possa essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica sentito il Consiglio di Stato previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, allo straniero che abbia reso eminenti servizi all'Italia, o quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato;
   l'avvio della procedura non richiede un atto di impulso del soggetto interessato, ma necessita di una proposta avanzata da enti, personalità pubbliche, associazioni e altri sulla base di una ragionevole valutazione circa la sussistenza dei requisiti previsti;
   l'interrogante ritiene che, sulla scorta di quanto espresso in premessa sia possibile promuovere per il caso in questione una riflessione in merito a suddetto punto –:
   se il Ministro non intenda valutare l'opportunità, sentito l'ufficio territoriale di Governo territorialmente competente, di avviare le procedure per la concessione della cittadinanza italiana nei confronti del ragazzo nigeriano che ha sventato la rapina in considerazione del coraggio dimostrato e della testimonianza di condivisione di valori di legalità che appartengono alla nostra comunità. (3-01946)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DI BENEDETTO, BRESCIA, MARZANA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 11 gennaio 1996, n. 23, istituì l'osservatorio per l'edilizia scolastica con compiti di promozione, indirizzo e coordinamento delle attività di studio, ricerca e normazione tecnica espletate dalle regioni e dagli enti locali territoriali nel campo delle strutture edilizie per la scuola e del loro assetto urbanistico, nonché di supporto dei soggetti programmatori e attuatori degli interventi previsti dalla stessa legge. Per molti anni tale strumento non fu utilizzato;
   recentemente, con la legge 13 luglio 2015 n. 107, e in particolare con l'articolo 1, comma 159, viene dato nuovo impulso e vengono ampliati i compiti dell'osservatorio, comprendendo anche quelli di indirizzo, programmazione degli interventi in materia di edilizia scolastica, nonché di diffusione della cultura della sicurezza. Viene, inoltre, sancito che alle riunioni è ammessa, su specifiche materie, la partecipazione delle organizzazioni civiche aventi esperienza e competenza comprovate sulla base di criteri oggettivi e predefiniti;
   il decreto ministeriale 30 settembre 2015, attuativo dalla legge 107, specifica quali debbano essere i requisiti validi per l'ammissione alle riunioni dell'osservatorio, vale a dire la competenza specifica nelle materie oggetto della seduta, lo svolgimento stabile delle attività connesse alle materie da trattare nel corso delle sedute, la cura di interessi diffusi tra i fini statutari, il possesso di una struttura organizzativa articolata e rappresentativa a livello nazionale;
   inoltre, le associazioni interessate a partecipare alle sedute, il cui ordine del giorno è pubblicato, di volta in volta sul sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, possono presentare, almeno tre giorni prima della data fissata per la seduta, apposita richiesta di partecipazione, corredata dalla documentazione utile per dimostrare il possesso dei requisiti di legge. Il formale invito a partecipare alla singola seduta è subordinato alla verifica dei suddetti requisiti;
   tuttavia la ratio normativa di composizione partecipata degli interessi in materia di edilizia scolastica, così come definita dalle disposizioni su citate, viene tradita dalla prassi applicativa che non vede un effettivo coinvolgimento delle parti civiche;
   infatti, le prime associazioni interessate, quali «Cittadinanzattiva» e «Legambiente» lamentano la mancanza totale di trasparenza e pubblicità e l'inadempimento degli obblighi sanciti nel decreto ministeriale di attuazione della legge n. 107 del 2015. In un comunicato, emesso in data 12 gennaio 2016, le stesse associazioni dichiaravano di non essere state mai invitate o invitate solo informalmente alle riunioni dell'osservatorio. Ad ogni modo, spesso l'invito informale riguardava le riunioni del tavolo tecnico, vale a dire la struttura di supporto dell'osservatorio, istituita anch'essa con legge n. 23 del 1996, e successivamente individuata dal decreto ministeriale n. 88 del 2014, ma non alle riunioni dell'osservatorio vero e proprio;
   non è stato rispettato neanche l'obbligo di pubblicazione dell'ordine del giorno, oltre che del modulo on-line (utile a far richiesta di partecipazione), relativamente alle prime sedute del 1o ottobre 2015, e del 18 dicembre 2015. Seppur poteva essere ammessa tale mancanza in relazione alla prima data, in quanto molto vicina temporalmente all'emanazione del decreto attuativo di settembre 2015, non si può dire altrettanto per la seconda data del 18 dicembre 2015. Oltretutto, il tema trattato in quest'ultima riunione era la situazione dell'anagrafe dell'edilizia scolastica e sicuramente sarebbe stata utile la partecipazione, in particolare, di Cittadinanzattiva dato che, da anni, essa produce report a livello nazionale con dati aggiornati sullo stato dei nostri edifici scolastici;
   non si comprende, in tal modo, quale sia la natura della partecipazione delle organizzazioni civiche. Il loro status rimane ibrido, a metà tra l'essere e non essere membri dell'osservatorio. Da qui sorgono dubbi anche in relazione al valore delle loro osservazioni, se debbano avere valore vincolante o meno e, in ogni caso, se l'osservatorio debba prenderle quantomeno in debito conto e, quindi, motivare eventuali scostamenti da esse;
   inoltre, il decreto ministeriale fissa i termini perentori per le parti interessate per inviare richiesta di partecipazione alle sedute, ma non stabilisce un termine massimo entro cui il Ministero competente deve inviare comunicazione di quelle stesse sedute, unitamente al relativo ordine del giorno;
   si deve anche dire che l'obbligo di trasparenza che deve guidare l'azione amministrativa vuol dire anche accessibilità e facile reperibilità di tutti i documenti utili per partecipare ed essere a conoscenza delle riunioni dell'osservatorio, a partire dai decreti attuativi delle disposizioni di legge, fino ai moduli on-line, delle convocazioni, degli ordini del giorno e dei report delle sedute. Si veda, a esempio, come l'emanazione di un importante decreto, come era quello del 30 settembre 2015, attuativo della legge n. 107 del 2015, non sia stato mai pubblicizzato nella homepage o nella sezione «News» del sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, bensì direttamente in una sezione specifica del sito non facilmente accessibile;
   Cittadinanzattiva e Legambiente affidano al comunicato stampa del 12 gennaio 2016 le seguenti doglianze: qualora fosse stato permesso loro di partecipare attivamente alle riunioni dell'osservatorio, avrebbero chiesto garanzie circa l'ennesima proroga di un anno delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di prevenzione incendi per le scuole, oltre che chiarimenti circa l'ulteriore rinvio dell'assegnazione dei fondi Cipe residui e dei cosiddetti mutui Bei (Banca europea degli investimenti), che ritarda gli interventi di messa in sicurezza e riqualificazione di centinaia di scuole, nonché, in ultimo, avrebbero attivamente contribuito alle modifiche dell'anagrafe dell'edilizia scolastica che, dopo anni di attesa, è stata pubblicata ancora incompleta;
   l'apporto di conoscenze da parte delle associazioni del settore è estremamente rilevante perché le stesse dimostrano un impegno civico da oltre 15 anni. È grazie a loro, per esempio, che, per molto tempo, nelle more della pubblicazione dell'anagrafe dell'edilizia scolastica, è stato possibile avere un monitoraggio costante e un report nazionale sullo stato dei nostri edifici scolastici. È quindi utile valorizzare la loro adesione ai processi decisionali e non considerarla di secondo piano –:
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per una definizione maggiormente chiara dello status delle organizzazioni civiche ammesse a partecipare all'osservatorio e del valore delle osservazioni dalle stesse presentate durante le sedute;
   se il Ministro interrogato possa fare chiarezza circa gli inadempimenti degli obblighi fissati dal decreto ministeriale del 30 settembre 2015, così come anche rilevato da alcune associazioni;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative volte a modificare il decreto su citato, fissando un termine massimo in cui il Ministero debba dare comunicazione delle sedute alle organizzazioni civiche. (5-07470)


   BOSSA, AMENDOLA, CARLONI, COCCIA, IMPEGNO, MIGLIORE, SALVATORE PICCOLO e VALERIA VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a Napoli — nel cuore del centro storico – è in attività uno dei più prestigiosi e antichi conservatori del mondo, il San Pietro a Majella;
   nato nei primi anni dell'Ottocento (1807), il San Pietro a Majella di Napoli, già Real collegio, ha avuto tra i suoi allievi Vincenzo Bellini e Francesco Cilea e tra i suoi direttori le figure più prestigiose della cultura musicale italiana, da Giovanni Paisiello e Gaetano Donizetti a Roberto De Simone;
   il Conservatorio di Napoli, che ha sede nell'antico Convento dei Padri Celestini, ospita una prestigiosa biblioteca in cui si conservano manoscritti e stampe rare come autografi di Alessandro e Domenico Scarlatti, Pergolesi, Paisiello, Cimarosa, Rossini, Bellini, Donizetti e altri; dispone, inoltre, di un archivio storico di 10 mila pezzi, ed è proprietario di 62 unità immobiliari;
   la prima firmataria del presente atto, unitamente a una delegazione di deputati del Partito democratico, ha compiuto negli ultimi mesi due visite presso la struttura, incontrando i vertici direttivi, parlando con docenti e allievi, sincerandosi direttamente, dopo alcuni articoli di stampa, della situazione e recuperando un quadro complessivo delle attività e delle condizioni del Conservatorio;
   le condizioni strutturali, organizzative, gestionali in cui versa attualmente il Conservatorio San Pietro a Majella appaiono ancora problematiche e sono ben note al Ministero, dal momento che molti esposti sono stati indirizzati direttamente al Ministro e che, precedentemente, sono stati prodotti, sulla vicenda, altri atti di sindacato ispettivo;
   già nel luglio del 2012, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca pro tempore, Francesco Profumo, dispose una visita ispettiva presso il Conservatorio di Napoli; successivamente, in data 21 dicembre 2012 insediò, con decreto 227, il dottor Achille Mottola come commissario straordinario, affidando allo stesso le funzioni assegnate al presidente e al consiglio di amministrazione; il commissariamento fu giustificato con la necessità di «ristabilire correttezza dell'azione amministrativa e contabile;
   il commissariamento Mottola ha dato luogo ad una relazione corposa consegnata in data 13 dicembre (prot. 8584) al Ministro dell'istruzione e al direttore generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   alcune delle criticità, ad oggi, pur terminata quella fase commissariale, sembrano ancora aperte; diverse, infatti, sono gli appelli-denuncia di docenti e allievi;
   il 14 settembre del 2014, l'edizione napoletana del quotidiano La Repubblica titola così: Allarme studenti conservatorio Napoli: «Siamo nel degrado». Appello al ministero. Aule fatiscenti, strumenti vecchi e scordati, prof precari. Eppure è una delle più antiche e prestigiose scuole musicali d'Italia. «Bisogna intervenire subito per salvarlo»;
   nel lungo servizio si denunciano le condizioni critiche in cui versa tutto il complesso di San Pietro a Majella: «Tre sole stanzette in locali fatiscenti per quasi 100 studenti — si legge nell'articolo –, niente acqua, niente e bagni, sporcizia, strumenti vecchi e scordati, professori precari che non riescono a garantire il numero di ore di studio previste. Sono condizioni vergognose»;
   servizi giornalistici dello stesso tenore, con ulteriori denunce di problemi interni alla struttura, con tensioni nel corpo docente, sono apparsi su altri quotidiani cittadini nei mesi successivi;
   numerose denunce sono giunte alla prima firmataria del presente atto da componenti del corpo docente riguardo alle condizioni del Conservatorio, in ordine a conflitti e anomalie, a difformità gestionali che sarebbero alla base delle difficoltà didattiche della struttura;
   tra i casi segnalati: una complessa vicenda riguardante le borse di studio, che non sarebbero state messe a bando per tempo; la denuncia di alcuni membri del Consiglio accademico che lamentano di non avere sempre le documentazioni a loro destinate, lamentando al tempo stesso che le verbalizzazioni delle riunioni del consiglio accademico sarebbero lacunose, parziali, incomplete, omissive di alcune dichiarazioni per cui, più volte, avrebbero rifiutato la firma; la mancata pubblicazione dei verbali, dal momento che – secondo una denuncia di alcuni docenti – non sarebbero stati pubblicati molti verbali del consiglio accademico relativi a sedute tenutesi dall'aprile 2012; negli ultimi anni solo alcuni verbali sarebbero stati pubblicati nella sala professori, ma privi degli allegati che ne costituiscono arte integrante –:
   se e in che tempi ritenga di intervenire, così come prospettato rispondendo ad altri atti di sindacato ispettivo, nell'ambito dei suoi poteri e delle sue competenze, per verificare quanto sopra esposto; come e in che tempi ritenga di attivarsi, nell'ambito di una strategia più complessiva, al fine di dare al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli il ruolo di prestigio e di guida che merita nei panorama culturale e musicale internazionale. (5-07485)

Interrogazione a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   un gruppo di genitori di bambine e bambini frequentanti le scuole primarie (degli istituti comprensivi Damiano Novello, San Biagio, Darsena, Mare, Randi, Ricci Muratori e Manara Valgimigli) di Ravenna ha dato vita a una raccolta firme sul problema del blocco delle supplenze;
   il combinato tra l'articolo 1, comma 333, della legge di Stabilità 2014 e la legge n. 107 del 2015 «Riforma del Sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», conosciuta come «Buona scuola», impone alle scuole pubbliche dall'anno scolastico 2015-2016 di non chiamare supplenti in nessun caso per il primo giorno di assenza dei docenti e per i primi sette giorni di assenza dei collaboratori scolastici. L'applicazione della normativa non viene sospesa neppure nei casi di lavoratori titolari della legge n. 104 del 1992, che hanno esigenza di usufruire dei loro permessi in gran parte per singole giornate;
   in poco più di un mese sono state raccolte oltre 1600 firme (e la raccolta è ancora in corso) per denunciare queste situazioni, e nei prossimi giorni una delegazione di genitori incontrerà la direzione dell'ufficio scolastico provinciale di Ravenna per discutere della questione;
   i genitori spiegano, in una nota inviata alla stampa, che l'applicazione di questa norma sta producendo effetti consistenti in quanto a fronte dell'assenza di insegnanti «si stanno verificando situazioni gravi e preoccupanti». I bambini e le bambine senza insegnante vengono infatti spesso distribuiti nelle altre classi del plesso con conseguente sovraffollamento e superamento della capienza massima delle classi, determinando «problemi di sicurezza in caso di evacuazione e interruzione della didattica programmata». Alunne e alunni vengono smistati in altre classi, lasciati in custodia ad educatori (non insegnanti) oppure, l'insegnante di sostegno o l'insegnante di attività alternativa alla religione viene impegnato in sostituzione del supplente. Spesso sono gli insegnanti facenti parte dell'organico di potenziamento, recentemente nominati, a diventare all'occorrenza supplenti;
   la situazione risulta altrettanto preoccupante nel caso di assenza del personale Ata per il quale non è prevista alcuna sostituzione per i primi sette giorni di assenza, nonostante tra i loro compiti ci siano quelli fondamentali di accoglienza e di sorveglianza che si aggrava nei casi di classi situate su piani diversi. Si segnala, inoltre, il grave stato igienico di bagni e locali;
   si ricorda che nello stesso articolo 1 viene sottolineato che le nuove disposizioni vanno applicate «Ferme restando la tutela e la garanzia dell'offerta formativa»;
   nella petizione i genitori chiedono che, qualora non sia possibile tutelare e garantire il diritto allo studio degli alunni e l'incolumità e la sicurezza degli stessi e poiché lo smistamento degli alunni in altre classi non è uno strumento adeguato a soddisfare tali garanzie, vi sia la nomina dei supplenti da parte dei dirigenti scolastici;
   analoghe difficoltà sono state riscontrate e denunciate in tutta Italia; esse emergono in misura inversamente proporzionale all'età degli studenti, con effetti particolarmente rovinosi nelle scuole primarie e dell'infanzia –:
   se il Governo sia a conoscenza dei disagi provocati dall'articolo 1, comma 333, della legge di stabilità 2014 e dalla legge n. 107 del 2015, denunciati dai genitori dei bambini di Ravenna, e se non ritenga opportuno, a salvaguardia della sicurezza e dell'igiene degli studenti di ogni ordine e grado, intervenire per ripristinare la possibilità di coprire le assenze fin dal primo giorno per i docenti e dalla prima settimana per il personale Ata. (4-11753)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   GALATI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con la raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 22 aprile 2013, l'Europa ha invitato tutti gli Stati membri ad impegnarsi ad adottare un piano di contrasto alla disoccupazione giovanile, attraverso misure si sostegno adeguate alle circostanze nazionali, regionali e locali; misure di sostegno che contribuissero all'integrazione del mercato del lavoro, all'utilizzo strategico e funzionale dei fondi dell'Unione, alla valutazione ed al costante miglioramento del sistema e ad una rapida attuazione degli obiettivi programmatici diretti all'obiettivo di garantire ai giovani un'offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio;
   tale raccomandazione evidenziava come, in tutta l'Unione, i giovani che non si trovano né in una situazione lavorativa, né seguono un percorso scolastico o formativo (cosiddetto «NEET») ammontavano (al momento dell'adozione della raccomandazione) a 7,5 milioni, ovvero il 12,9 per cento dei giovani europei di età compresa tra i 15 ed i 24 anni;
   il Consiglio evidenziava dunque la necessità di introdurre misure di sostegno adeguate, riconoscendo comunque la responsabilità individuale dei giovani nel trovare una strada per inserirsi nell'attività economica, una impostazione che risulta perfettamente conciliabile con il principio fondamentale dell'ordinamento italiano di cui all'articolo 4 della Costituzione, secondo cui, da una parte, si impegnano le istituzioni dello Stato a riconoscere a tutti i cittadini il diritto al lavoro e a promuovere le condizioni che rendano effettivo tale diritto; dall'altra si afferma, al secondo comma, che ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società;
   prima l'ordinamento costituzionale italiano e poi l'ordinamento internazionale europeo propugnano dunque l'attuazione di un principio fondamentale, attraverso azioni che consentano una integrazione coerente ed efficace del diritto-dovere al lavoro;
   per la declinazione di tali interventi ed obiettivi a livello nazionale, il programma Garanzia Giovani richiede una strategia unitaria e condivisa tra Stato e regioni ai fini di un'efficace attuazione a livello territoriale;
   l'implementazione del piano ha previsto dunque che, accanto al piano nazionale, che individua le azioni comuni su tutto il territorio nazionale, fosse posto a carico di ciascuna regione il compito di adottare un proprio piano attuativo per definire quali sono le misure del programma da attivare sul territorio, in coerenza con la strategia nazionale;
   secondo quanto riportato dal sito web www.garanziagiovani.gov.it, alla Calabria sono stati assegnati 67.668.432 euro per attuare il piano regionale a sostegno dell'occupazione giovanile, con la destinazione di ingenti risorse alle seguenti aree: bonus occupazionali affinché le aziende offrissero una concreta opportunità a chi ha meno di 30 anni; tirocini e percorsi di formazione sul campo, misure di affiancamento, formazione professionale, servizio civile, sostegno all'auto-impiego ed auto-imprenditorialità e programmi di mobilità transnazionale;
   con riferimento al programma regionale calabrese, i giovani aderenti al programma sono stati migliaia ed in molti casi hanno aderito a tirocini formativi e stage; in particolare ad oggi i tirocini attivati nell'ambito del programma Garanzia Giovani in Calabria sarebbero stati oltre 4.600;
   si tratta di un risultato importante che evidenzia la voglia di fare dei giovani calabresi e, al contempo, la fiducia che gli stessi ripongono nelle istituzioni ma accompagnato però da un dato negativo, capace di inficiare e cancellare il risultato raggiunto dell'incentivazione dei livelli di occupazione e partecipazione dei giovani al mondo del lavoro perché in moltissimi casi, alle collaborazioni attivate non hanno corrisposto, ad oggi, i compensi spettanti in favore dei giovani tirocinanti;
   come segnalato con grande amarezza da alcuni giovani partecipanti al programma, e come comunque è stato documentato a gran voce ed in moltissimi casi a mezzo stampa, solo una piccola percentuale dei giovani ha percepito dei compensi (peraltro parziali), altri sarebbero rientrati in alcuni decreti di liquidazione delle spettanze, senza comunque ricevere alcun accredito in proprio favore ed altri ancora non sono stati neppure inclusi in alcun provvedimento amministrativo per la liquidazione dei compensi. Si tratta di gravi ritardi ed inadempienze perpetrati nelle more degli iter burocratici regionali. La vicenda è stata oggetto di molte polemiche e recentemente anche di formali richieste politiche di chiarimenti e spiegazioni agli amministratori regionali competenti, i quali, in un'ultima dichiarazione a mezzo stampa rilasciata in data 14 gennaio 2016 hanno comunque ammesso che l'istruttoria sarebbe in corso di svolgimento negli uffici regionali competenti (dove dunque dovrebbero essere ricercate le responsabilità dei ritardi) e che l'INPS procede alle erogazioni sulla base dell'istruttoria svolta dai competenti uffici della regione;
   si tratta di una situazione inaccettabile ed intollerabile nelle modalità di management, attuazione, declinazione del programma europeo a livello nazionale e locale, che rischia di vanificare completamente lo sforzo importante che istituzioni di Governo, nazionali ed europee, hanno profuso in questo processo, e di intaccare e rendere priva di contenuto la valenza simbolica e l'impatto positivo e propositivo che le misure adottate avrebbero potuto determinare su un territorio regionale nel quale i dati evidenziano livelli di criticità elevatissimi. Basti pensare ai recenti dati diffusi dal rapporto Svimez, che hanno rappresentato le condizioni drammatiche dell'economia regionale meridionale, area territoriale per la quale esiste un rischio concreto ed imminente di scivolare sotto la soglia del sottosviluppo; un quadro generale sconfortante nel quale la regione Calabria, secondo le recenti rilevazioni, risulta tra le prime per numero dei NEET e per livello di disoccupazione giovanile e dispersione scolastica e di conseguenza, di emigrazione giovanile e fuga dei cervelli;
   l'interrogante ritiene che il persistere di una simile situazione mini alla base qualsiasi ipotesi di crescita per un territorio che si rileva ancora una volta incapace di trattenere i propri giovani e di registrare un impegno leale da parte delle istituzioni di Governo in ordine alle prospettive di crescita sociale e di permanenza dei giovani sul territorio, disincentivando sul nascere ogni progetto di possibile investimento futuro e permanenza su un territorio difficile –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei ritardi nella corresponsione dei compensi in favore dei giovani tirocinanti impegnati nel programma Garanzia Giovani in Calabria;
   in che misura il Ministro ritenga di poter intervenire per quanto di competenza, per addivenire alla celere soluzione di una inaccettabile situazione di ritardo nell'erogazione delle spettanze in favore dei giovani. (4-11748)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   PINNA, CATALANO, GALGANO, SOTTANELLI, VEZZALI, OLIARO e D'AGOSTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 13 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), disposizione di portata generale e carattere orizzontale, riconosce gli animali in quanto esseri senzienti e stabilisce che, nella formulazione e nell'attuazione di alcune politiche dell'Unione europea, si tenga pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali;
   tuttavia, in un arco di tempo di oltre trent'anni in ambito europeo sono stati adottati più di trenta atti di base relativi al benessere degli animali la maggior parte dei quali non riconosce sufficientemente gli animali quali esseri senzienti;
   la strategia dell'Unione europea per la protezione e il benessere degli animali 2012-2015 ha rappresentato un passo avanti nella tutela degli stessi. La risoluzione 2015/2957(RSP) approvata dal Parlamento europeo il 26 novembre 2015 invita a rivalutare la strategia passata e mettere a punto un nuovo e ambizioso piano per la protezione e il benessere degli animali per il periodo 2016-2020;
   la produzione industriale di uova negli Stati membri, fra cui l'Italia, cela pratiche cruente che spesso i consumatori ignorano. Oltre alle condizioni non ottimali delle galline ovaiole (carenze fisiche, malformazioni del becco, infezioni, problemi alle zampe, ferite, decessi, plumofagia, problemi al piumaggio, alimentazione indotta e sovraffollamento), denunciate dalle associazioni per la tutela degli animali, annualmente vengono eliminate decine di milioni di pulcini maschi che appena nati sono soppressi mediante gas o tritacarne, macchinari ad alta velocità dotati di lame rotanti;
   i cosiddetti sessatori separano, appena nati, i pulcini maschi dalle femmine ammassandoli a migliaia in contenitori. In seguito, le femmine sono ulteriormente esaminate per valutarne lo stato (ferite o eventuali difetti) e se trovate non idonee sono uccise, nei modi sopra citati, insieme ai pulcini maschi;
   suddette pratiche sono «giustificate» dallo sviluppo intensivo del settore avicolo in quanto i pulcini maschi delle specie selezionate per produrre uova non sono sufficientemente produttivi. Nello specifico i polli da carne appartengono a razze selezionate in grado di garantire un rapido sviluppo del petto, tali animali se non venissero macellati da giovani non sopravvivrebbero, diversamente i pulcini maschi delle galline ovaiole appartengono a una specie a crescita più lenta, che non sviluppa una massa muscolare così importante nel petto e sono pertanto considerati scarti per l'industria alimentare, in base ai poco etici principi economici della zootecnica intensiva;
   i pulcini sono, dunque, considerati merce e non esseri senzienti, come vorrebbe il sopracitato articolo 13 del TFUE, pertanto la «merce» non remunerativa viene distrutta;
   sulla base di studi svolti da ricercatori veterinari dell'università di Lipsia vi sarebbe un metodo che consente di determinare il sesso dell'animale fin dall'ottavo giorno di incubazione, in base al tasso di estrogeni presenti nel guscio dell'uovo, interrompendo così l'uccisione cruenta di pulcini maschi di galline ovaiole. Ciò sarebbe possibile mediante lo sviluppo di sistemi di identificazione in-ovo, ovvero incubatrici che consentano di determinare il sesso degli embrioni prima che i pulcini si formino, in modo da effettuare una divisione di genere nella fase embrionale, eliminando i pulcini prima che nascano;
   la Unilever, multinazionale proprietaria di molti dei più famosi marchi nel campo dell'alimentazione e presente in più di 170 Paesi, si è impegnata recentemente affermando di voler finanziare la ricerca e sviluppare suddetti macchinari mirando al raggiungimento del cento per cento di materie prime agricole sostenibili entro il 2020 al fine di rendere il settore agricolo più rispettoso dell'ambiente e degli animali;
   inoltre, i cittadini europei nutrono un forte interesse per il benessere degli animali e sono desiderosi di poter compiere scelte più informate in quanto consumatori, ma per la stragrande maggioranza non sono al corrente delle pratiche di eliminazione dei pulcini;
   infine, dal 2017 la Germania potrebbe vietare alle aziende agricole la sopra descritta eliminazione dei pulcini rendendo illegali tali pratiche. Ugualmente, in ambito europeo Dominique Bilde e Sophie Montel, europarlamentari francesi, hanno presentato una proposta di risoluzione sul divieto di soppressione dei pulcini maschi (B8-0625/2015) –:
   se sia al corrente dell'utilizzo dei metodi di eliminazione dei pulcini maschi, enunciati in premessa, e quali siano i dati relativi a tali pratiche in Italia;
   se intenda sollecitare in sede europea la promozione della ricerca su metodi di determinazione prenatale del sesso dei pulcini al fine di consentire una selezione precoce dei pulcini nell'uovo ed evitarne quindi la soppressione mediante gas o trituramento;
   se intenda sviluppare delle campagne di sensibilizzazione sul tema del benessere degli animali coinvolti nei settori della produzione alimentare;
   se ritenga opportuno avviare dei tavoli di concertazione che coinvolgano esperti per il benessere degli animali, organizzazioni produttrici di uova, fornitori e le altre parti interessate al fine di intraprendere un dialogo diretto all'adozione di best practices volte al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità agricola e ambientale. (4-11750)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, NICCHI, GREGORI, PANNARALE, COSTANTINO, DURANTI, PELLEGRINO, QUARANTA, PIRAS, SANNICANDRO, SCOTTO e FRATOIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   una analisi della CGIL Marche, basata sulla relazione del Ministro della salute sull'attuazione della legge 194 del 1978 tutela sociale maternità e interruzione volontaria di gravidanza (dati preliminari 2014 e dati definitivi 2013) del 2015 e su dati forniti dalla regione Marche, ha evidenziato diverse criticità nell'applicazione della legge 194 del 1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza nella regione;
   tra i dati più significativi vi è innanzitutto quello delle interruzioni volontarie di gravidanza effettuate nella provincia di residenza delle donne che chiedono di accedere al trattamento: nelle Marche tale percentuale e pari al 61,7 per cento, a fronte del dato nazionale (76,3 per cento) e delle regioni del Centro (79,4 per cento);
   come più volte segnalato dall'interrogante con precedenti atti di sindacato ispettivo, a causa dell'elevato numero di errori di coscienza concentrato in determinate strutture, molte donne che vogliono accedere all'interruzione volontaria di gravidanza sono costrette a cercare una struttura disponibile al di fuori della propria provincia;
   il numero di interventi in una provincia della regione diversa da quella di residenza si aggira, infatti, nelle Marche al 28,5 per cento rispetto all'11,3 per cento del dato nazionale e del 10,3 per cento di quello delle regioni del Centro Italia;
   il dato del 2013 della presenza di obiettori di coscienza nelle Marche è così composto: 67,1 per cento dei medici, il 51,1 per cento degli anestesisti e il 43,3 per cento dei paramedici;
   il dato generale diventa particolarmente allarmante dove si valuti la concentrazione di personale sanitario che ha dichiarato la propria obiezione di coscienza per le singole strutture ospedaliere: ad Ascoli Piceno risultano obiettori di coscienza tutti i medici e i paramedici, oltre all'82,4 per cento degli anestesisti; stessa situazione all'ospedale di Jesi (Ancona); a Fano (Pesaro Urbino) è obiettore il 92,3 per cento dei paramedici e il 71,4 per cento dei medici (l'attività di interruzione volontaria di gravidanza viene garantita dal personale proveniente dal vicino ospedale di Pesaro); mentre è impossibile accedere al trattamento di interruzione volontaria di gravidanza negli ospedali di Osimo (Ancona) e di Fermo, dove sono obiettori rispettivamente l'87,5 per cento e il 90,0 per cento dei medici;
   lo studio citato ha rilevato, inoltre, come nel 2013 il numero di obiettori sia aumentato rispetto ai 6 anni precedenti di 18 medici e 23 anestesisti;
   le Marche hanno, inoltre, il primato negativo nell'adozione delle «Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine», che è stata approvata solo nel 2014 con il DGR n. 675, ultima tra le regioni d'Italia ad aver disciplinato il ricorso all'aborto farmacologico;
   la legge 194 del 1978 appare in molte circostanze di fatto non applicata, a causa di un poco efficace criterio organizzativo, nella distribuzione del personale sanitario obiettore all'interno delle diverse strutture, che non consente di assicurare il trattamento dell'interruzione volontaria di gravidanza nel rispetto delle scelte individuali dei singoli medici;
   tale disfunzione organizzativa nega evidentemente, per le donne, un diritto riconosciuto dall'ordinamento, mentre penalizza in modo evidente il personale sanitario non obiettore, costretto a farsi carico da solo delle interruzioni di gravidanza –:
   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere il Ministro, al fine di rendere effettivo il diritto delle donne ad accedere all'interruzione volontaria di gravidanza e alle altre prescrizioni sancite dalla legge 194 del 1978. (5-07468)


   CARLONI, ROBERTA AGOSTINI, AMENDOLA, BOSSA, CUOMO, DI LELLO, FAMIGLIETTI, TINO IANNUZZI, MANFREDI, MIGLIORE, GIORGIO PICCOLO, RAGOSTA, ROSTAN, SGAMBATO, TARTAGLIONE e VALERIA VALENTE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'assessorato per la sanità della regione Campania, in applicazione del decreto-legge 1o dicembre 1995, n. 509, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 1996, n. 34 (articolo 3, comma 4, concernente i fondi CIPE, con una riserva vincolata per il settore materno-infantile), aveva previsto specifici finanziamenti per il potenziamento della rete consultoriale delle aziende sanitarie locali e per la realizzazione di 5 case di maternità/consultori interdistrettuali (delibera della giunta regionale n. 9035 del 30 dicembre 1999 e delibera della giunta n. 7259 del 27 dicembre 2001);
   successivamente con delibera della giunta regionale n. 14/2000 si stanziavano 33,6 miliardi di lire alle aziende sanitarie, di cui 10 miliardi di lire circa proprio per il potenziamento della rete materno infantile anche per dare vita a 4 «Case del parto» tra cui quella presso il presidio ospedaliero S. Maria del Popolo degli Incurabili di Napoli;
   la Casa del parto era il primo tassello di un più ampio progetto attraverso il quale si proponeva di restituire al percorso nascita la sua legittima valenza sociale e una più adeguata collocazione in un ambito sanitario e rientrava nei programmi della regione Campania per abbattere le percentuali di parto cesareo che in questa regione è superiore al 50 per cento con punte del 70 per cento nelle strutture private;
   a tutt'oggi le «case del parto» non sono mai entrate in funzione;
   successivamente, con deliberazione n. 460 del 20 marzo 2007 la giunta regionale della Campania ha approvato l'accordo attuativo, ed il piano di rientro dal disavanzo e di riqualificazione e razionalizzazione del servizio sanitario nazionale ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311;
   al punto e) del citato piano sono previste le misure che la regione Campania si è impegnata ad attuare in tema di ristrutturazione riqualificazione della rete ospedaliera e riduzione dei ricoveri inappropriati;
   in data 24 luglio 2009 la regione Campania è stata sottoposta a commissariamento a norma dell'articolo 4 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159;
   con deliberazione del Consiglio dei ministri del 24 aprile 2010 il nuovo presidente della regione Campania è stato nominato commissario ad acta per il piano di rientro con il compito di proseguire nell'attuazione del piano stesso:
   detta deliberazione nell'individuare gli atti ai quali attendere in via prioritaria al punto c) dispone di procedere al «riassetto della rete ospedaliera e territoriale con adeguati interventi per la dismissione/riconversione/riorganizzazione dei presidi non in grado di assicurare adeguati profili di efficienza e di efficacia»;
   sulla base del riassetto della rete ospedaliera al presidio S. Maria degli Incurabili è stato chiuso il reparto di pronto soccorso medico chirurgico e la casa del parto non è mai entrata in funzione;
   di recente, inoltre, con verbale di diffida del 16/1272015 di polizia autonoma locale a seguito del sopralluogo dei vigili del fuoco sono stati inibiti alle attività i locali della unità operativa complessa di ostetricia e ginecologia, sala parto e neonatologia del presidio ospedaliero S. Maria degli Incurabili;
   con la chiusura del punto nascita degli Incurabili nel popolosissimo centro storico di Napoli è diventato difficile nascere all'interno del servizio pubblico;
   l'incerto destino, infatti, dell'Ospedale Annunziata, una storica struttura ospedaliera a vocazione ostetrica e pediatrica, che già ha visto chiudere il suo punto nascita, sebbene raggiungesse la ragguardevole cifra di 1300 parti all'anno, ha privato nei fatti un tradizionale approdo per la maternità nel centro antico;
   inoltre, il 2 gennaio 2015 è stato chiuso il punto nascita all'ospedale S. Gennaro, vero fiore all'occhiello dell'assistenza sanitaria del centro antico di Napoli, rinnovato solo pochi anni prima con spese ragguardevoli per il raggiungimento di standard di efficienza e qualità e con una sala parto dedicata ed esclusiva ed attigua al reparto di degenza post partum –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopraesposta e del grave disagio che patiscono migliaia di donne napoletane in seguito alla chiusura di tutti gli storici punti nascita del centro antico di Napoli;
   se sia a conoscenza delle condizioni in cui versa il presidio ospedaliero S. Maria degli Incurabili e se, per quanto di sua competenza, anche tramite il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, non ritenga opportuno assumere iniziative urgenti volte a dirimere la situazione non solo affinché l'unità operativa complessa di ostetricia e ginecologia, sala parto e neonatologia possa riaprire quanto prima, ma anche affinché le «case del parto» possano finalmente essere operative. (5-07474)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dalla segnalazione fatta alle forze dell'ordine da parte di un'insegnante che aveva visto arrivare a scuola un'alunna con lividi sospetti – ospite della struttura di Licata «Suami società cooperativa sociale» che accoglie minori disabili –, nel 2014 sono state avviate le indagini coordinate dal sostituto procuratore di Agrigento, che ha permesso di scoprire i maltrattamenti che erano inflitti ai piccoli ospiti;
   il 20 gennaio 2016, da fonti di stampa si apprende che nel centro di accoglienza, gli ospiti della struttura erano sottoposti quasi quotidianamente a punizioni e privazioni, ripetute violenze fisiche e psichiche che andavano dal digiuno al divieto di chiamare i familiari, fino all'essere rinchiusi all'interno delle stanze, venivano poi costretti a mangiare cibo scaduto e mal conservato e a bere acqua contaminata da batteri coliformi, come hanno accertato i carabinieri intervenuti nella struttura. Un minore disabile veniva addirittura legato ventiquattrore il giorno, con catene al suo letto;
   sempre da fonti di stampa si apprende inoltre che il giorno 20 gennaio 2016 i carabinieri hanno dato esecuzione a otto provvedimenti cautelari nei confronti di soggetti facenti parte della struttura. La responsabile della struttura è stata messa agli arresti domiciliari e risultai il presidente del consiglio comunale di Favara in qualità di amministratore unico della «Suami società cooperativa sociale», società cui fa capo il centro per minori disabili di Licata;
   i fatti narrati a giudizio degli interroganti sono da troppo tempo reiterati a danno dei minori disabili ospiti della struttura di Licata «Suami società cooperativa sociale»;
   episodi tali purtroppo sono frequenti nelle strutture che ospitano minori e anziani –:
   di quali elementi disponga il Governo e se, alla luce di quanto occorso, non ritenga necessario avviare un monitoraggio, per quanto di competenza, sulle strutture di accoglienza di persone disabili e anziani, valutando se sussistano i presupposti per assumere iniziative volte a introdurre l'obbligo di dotarsi di telecamere a circuito interno al fine di garantire non solo un deterrente contro il ripetersi di simili fatti e violenze poste in atto dal personale che ivi lavora ma anche per assicurare agli ospiti un soggiorno sicuro e finalizzato al miglioramento delle condizioni fisiche e psichiche. (5-07481)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, PALAZZOTTO, KRONBICHLER, COSTANTINO, DURANTI, GREGORI, NICCHI, PANNARALE e PELLEGRINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, meglio noto come «decreto Lorenzin» si è proceduto all'individuazione e definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera;
   tale decreto segue l'esito della conferenza Stato-regioni che ha proceduto ad individuare parametri e standard relativi ai servizi ospedalieri e nello specifico l'accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane sul documento concernente «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo» del 16 dicembre 2010;
   per effetto di tale decreto, procede a chiusura dei «punti nascita» che non registrano un numero di parti su anno, pari o superiori al numero di 500; in tale situazione, con un numero di parti pari a 128 nel corso del 2014, si trova il punto nascite dell'ospedale Madonna dell'Alto nel comune di Petralia Sottana che serve l'intero comprensorio madonita in provincia di Palermo;
   da fonti di stampa si apprende che, in presenza di adeguato e moderno apparato tecnico e di una struttura moderna, il principale ostacolo per rientrare nei parametri riguarda il personale. Tale situazione, verificatasi già nei presidi di Corleone e Partinico, è stata risolta accorpando i due presidi e ricorrendo alla turnazione, garantendo così gli standard richiesti nelle more dell'assunzione del personale vincitore di concorso;
   a tal riguardo, è utile sottolineare la particolarità del territorio montano della Madonie, nonché la condizione della viabilità in direzione del punto nascite di Termini Imerese che, con la chiusura di Petralia, diventerebbe la struttura più vicina per numerosi comuni dell'area;
   tale situazione di particolarità comporta tempi di percorrenza vicini ai 90 minuti in condizioni meteorologiche buone o ottimali. Condizioni che, vista altezza e posizionamento geografico dei centri madoniti, sono da considerare situazioni non certo garantibili, soprattutto durante i mesi invernali;
   la particolarità del territorio è, per altro, evidente nella decisione di inserire l'area della Madonie nel percorso della strategia nazionale sulle aree interne. Ad evidenziarne una particolarità che poco si concilia con le scelte di chiusura e trasferimento dei servizi sanitari;
   nel corso del 2014, l'ospedale Madonna dell'Alto ha registrato circa 300 casi di interruzione volontaria della gravidanza e rimane l'unica struttura in grado di svolgere l'attività correlata alla legge n. 194 del 1978. Tanto da diventare struttura essenziale per garantire la reale applicazione della legge citata in una regione con circa l'80 per cento di medici «obiettori». A dimostrazione di ciò va registrato come le degenze relative alle procedure di interruzione volontaria della gravidanza registrate nell'ospedale di Petralia non siano riferibili solo alla popolazione residente nell'area delle Madonie;
   da notizie di stampa si apprende che altre strutture, pur in condizioni di parti su anno simili a quelle registrate a Petralia, otterranno una deroga per continuare ad operare;
   da tempo, nell'area madonita, amministratori locali e popolazione sono impegnati in una strenua difesa dei servizi sanitari, partendo proprio dall'ospedale Madonna dell'Alto;
   in data 8 gennaio 2016 i sindaci dei comuni di Gangi, Bompietro, Geraci Siculo, Alimena, Polizzi Generosa, Petralia Sottana, Petralia Soprana, Blufi Castellana Sicula hanno manifestato al prefetto di Palermo i rischi gravissimi se si dovesse giungere alla chiusura del punto nascite di Petralia;
   la chiusura del punto nascite appare, così come percepita dagli abitanti del comprensorio madonita, come l'ennesimo atto di disinteresse per un territorio che conta circa 27 mila residenti e vive tutte le difficoltà (collegamenti stradali, rischio idrogeologico, fenomeni di spopolamento) a cui un'area montana è esposta; in analoga situazione si trova il punto nascite di Mussomeli, in provincia di Caltanissetta, ospitato dall'ospedale «Longo»;
   la struttura costituisce l'unico punto di riferimento per l'area cosiddetta «Vallone-Alto Platani», composta da numerosi comuni della Sicilia interna a cavallo tra le province di Palermo, Agrigento e Caltanissetta e nello specifico i comuni di Mussomeli, Acquaviva Platani, Sutera, Campofranco, Milena, Bompensieri, Villalba, Vallelunga, Marianopoli, Casteltermini, Cammarata, S. Giovanni Gemini, Roccapalumba, Castronovo, Lercara, Alia, Valledolmo;
   come nel caso dell'ospedale Madonna dell'Alto di Petralia, il centro di Mussomeli serve un'area caratterizzata da notevolissimi disagi derivanti tanto dalle condizioni generali, che dallo stato di dissesto delle arterie provinciali;
   le condizioni, pertanto, appaiono, come nel caso di Petralia, foriere di rischi negli spostamenti per raggiungere i punti nascita alternativi, con lunghi tempi di percorrenza;
   la decisione della regione Marche di eliminare il punto nascite del reparto materno infantile dell'ospedale Bartolomeo Eustachio di San Severino Marche ha mobilitato tutta la popolazione del territorio afferente alla struttura, unita nel protesta contro tale decisione;
   oltre alla preoccupazione espressa alla regione dalle assise comunali, dai primi cittadini e dai presidenti delle unioni montane di San Severino Marche, Camerino e San Ginesio, si è costituito un comitato per la salvaguardia del punto nascite che serve un territorio dell'entroterra in gran parte montano, molto vasto e disagiato per quanto riguarda la viabilità che, soprattutto nel periodo invernale, moltiplica i tempi di percorrenza;
   tale comitato ha dato, e continua a dare, vita a varie manifestazioni di protesta che riempiono le piazze (11 dicembre 2015); il comitato a portato la protesta presso la sede della regione Marche (15 dicembre 2015), in occasione della discussione delle mozioni, cercando di dialogare con il presidente della regione Marche. Inoltre, esso si accingerebbe, a quanto si apprende da notizie diffuse dalla stampa, a firmare un esposto. Tali iniziative sono finalizzate a ottenere una revisione della decisione da parte della regione Marche;
   qualora il punto nascite di San Severino Marche venisse chiuso, l'utenza delle aree, interne e montane, sarebbe costretta a rivolgersi al reparto di ostetricia più vicino, situato a Macerata. In tale ipotesi, una donna si troverebbe ad affrontare, durante il travaglio, lunghi viaggi con il rischio di neve, gelo, incidenti, strade impervie, raddoppiando in più casi i tempi di percorrenza ad oggi previsti per raggiungere l'ospedale di San Severino Marche. Ciò anche in situazioni d'emergenza, dove è fondamentale la vicinanza alla struttura ospedaliera, quali parti improvvisi o distacchi di placenta come verificatosi nella cittadina, in un caso risalente agli inizi di novembre 2015, dove solo un tempestivo cesareo ha salvato la vita ad una mamma e a suo figlio nato prematuramente;
   nel reparto di ostetricia dell'ospedale Bartolomeo Eustachio ci sono un numero di nascite superiori alle 500, ma si è chiesto comunque di applicare il decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70 (cosiddetto «decreto Lorenzin»);
   la regione non ha infatti ritenuto sufficienti, per conservare il servizio, le oltre 515 nascite effettuate sino alla data odierna, motivando la decisione con una questione di sicurezza, non essendo in quel nosocomio presente il reparto di rianimazione neonatale;
   tale valutazione mette in realtà, ad avviso degli interroganti, in risalto proprio il necessario investimento da fare per offrire ai cittadini un adeguato servizio sanitario;
   il comitato «tutti uniti per l'ospedale di Osimo» è composto da padri, padri e nonni che si oppongono alla scelta politica di chiudere i punti nascita senza tenere in debito conto le esigenze delle persone che vivono in territori dove gli spostamenti risultano più difficili;
   l'accordo Stato-regione dichiara che vengano chiusi i reparti sotto i 500 parti;
   Osimo ne conta una media di 650. L'accordo Stato-regione indica la riduzione del ricorso ai cesarei, di cui Osimo è al primo posto nelle Marche, col 29 per cento dei casi, su una, media nazionale del 38 per cento, e tale dato va considerato anche rispetto ad altri ospedali marchigiani, come ad esempio il Salesi, con il 51 per cento. Quindi, di conseguenza, il punto nascita di Osimo è primo anche per parti fisiologici con il 71 per cento dei casi;
   l'accordo Stato-regione impegna le regioni a migliorare, sostenere e proteggere l'allattamento materno alla nascita e nel puerperio, al fine di incrementare i centri delle nascite classificati «amico del bambino», secondo i criteri Unicef e Oms e Osimo è ospedale amico del bambino, con certificazione Unicef e Oms;
   nel punto nascita di Osimo vengono mamme dall'Umbria, dall'Abruzzo, dal Molise proprio in quanto esso è considerato eccellenza Unicef;
   Osimo ha gli stessi parti di strutture come Jesi, Fermo e Senigallia. Al Salesi già ci sono madri appoggiate in altri reparti, in quanto non riescono a soddisfare tutti, quindi è facile immaginare cosa succederebbe se chiudesse il punto nascita di Osimo, visto che il punto nascita più vicino e quello di Jesi a più di un'ora di strada;
   pochi giorni fa una ragazza ha partorito in ambulanza perché non è riuscita a raggiungere l'ospedale;
   la Val Musone conta 100.000 abitanti ed è spontaneo chiedersi quante mamme partoriranno in ambulanza per raggiungere Jesi, e quali conseguenze si potrebbero verificare in presenza di problemi correlati al parto come un'emorragia;
   la decisione della regione Marche di eliminare il reparto di ostetrica e ginecologia dell'ospedale Profili di Fabriano ha mobilitato la cittadinanza alla protesta. Un coordinamento cittadino si è infatti costituito proprio per cercare di impedire che questa decisione diventi operativa e per chiedere alla regione di applicare il decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, cosiddetto «decreto Lorenzin», della cui possibilità di attuazione il Ministro ha rassicurato direttamente il sindaco della città;
   nelle Marche altri punti nascita dell'entroterra saranno chiusi, San Severino Marche ed Osimo, salvaguardando, invece, gran parte dei punti nascita situati lungo la costa;
   Fabriano si trova in una zona montana, dove il clima è spesso avverso. Più volte, durante l'arco dell'anno, il traffico nell'unica strada che collega la città alla costa (e quindi all'ospedale di Jesi dove le donne dovranno andare a partorire, a partire dal 2016) viene interrotto a causa dei frequenti incidenti stradali che bloccano il traffico ogni volta per diverse ore. Le donne del comprensorio fabrianese dovranno intraprendere questo viaggio durante il travaglio, con il rischio di incontrare per strada neve, gelo, o di imbattersi in un incidente stradale;
   vi sono anche le situazioni d'emergenza come i parti improvvisi o i distacchi di placenta, solo per fare alcuni esempi, in cui la vicinanza della struttura ospedaliera è fondamentale;
   il coordinamento si è già mobilitato con tre manifesta ione a cui hanno aderito quasi 1.000 persone ed ha cercato di dialogare con il presidente della regione Marche, Luca Ceriscioli, al quale spetta la decisione, invadendo per giorni la sua bacheca Facebook, senza ottenere risposte affermative;
   la regione Marche ne fa un caso di sicurezza, in quanto manca la rianimazione neonatale sia ad Osimo che a San Severino, mentre a Fabriano è operativa, ma manca quella neonatale, mettendo in realtà in risalto proprio il necessario investimento da fare per offrire ai cittadini un adeguato servizio sanitario;
   va comunque sottolineato che vi sono ambiti territoriali più disagiati, dove, per peculiari caratteristiche di isolamento territoriale o difficoltà di trasferimento dei pazienti alle strutture ostretico-ginecologiche più vicine, quali per esempio molte zone montane, è indispensabile mantenere punti nascita, seppur con un numero di parti annui inferiore a 500 o in deroga ad alcuni degli standard individuati dal suddetto accordo Stato-regioni –:
   quali siano i motivi per cui non si è inteso concedere alcuna deroga nei confronti dell'ospedale Madonna dell'Alto e dell'ospedale «Longo» di Mussomeli e quali siano i criteri in base ai quali detta deroga sia stata conosciuta invece alle strutture di Bronte e Licata;
   se la chiusura del punto nascite di Petralia non comporti, per quanto esposto, una ulteriore lesione del diritto alla scelta per le donne di cui alla legge n. 194 del 1978 riguardante l'interruzione volontaria della gravidanza;
   se non sia grave e foriero di pericolo costringere partorienti ad un viaggio verso la struttura di Termini Imerese con tempi di percorrenza superiori anche ai 90 minuti e con il rischio di fenomeni meteorologici quali neve, ghiaccio, nebbia soliti nelle aree montane nei periodi invernali;
   se le particolari condizioni dell'area su cui insiste l'ospedale Madonna dell'alto non siano tali da ritenere la struttura indispensabile per garantire i livelli essenziali di assistenza, il diritto alla salute e all'accesso alle cure;
   se il Ministro non ritenga, anche alla luce di quanto esposto in premessa, che le condizioni particolari delle aree interne della Sicilia meritino l'individuazione di un ulteriore parametro per la concessione del nulla osta operativo, oltre al criterio numerico dei parti registrati su base annua;
   se non si ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza, per le ragioni esposte in premessa, al fine di garantire la permanenza di punti nascita, seppur in deroga ad alcun parametri e standard individuati dall'accordo raggiunto in seno alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 16 dicembre 2010;
   come si intendano garantire, per quanto di competenza, i livelli essenziali di assistenza e il diritto alla salute, che trova tutela al più elevato rango dell'ordinamento, in considerazione degli oggettivi rischi per la salute delle mamme e dei nascituri causati dalla difficoltà, dovute a viabilità limitata e caratteristiche meteo-territoriali disagiate, di raggiungere il nosocomio designato dalla nuova proposta di organizzazione avanzata dalla regione Marche;
   quanti e quali siano attualmente le strutture ospedaliere che non rispettano i parametri e gli standard suesposti;
   se non si ritenga di assumere iniziative volte a garantire la permanenza di punti nascita seppure al di sotto di 500 parti/anno e in deroga ad alcuni parametri e standard individuati dall'accordo raggiunto in seno alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 16 dicembre 2010, qualora ubicati in aree critiche quali quelle dei territori montani o quelle segnate da frammentazione territoriale, o da particolari caratteristiche orografiche, o distanti da altre strutture ostetrico/ginecologiche di livello superiore. (4-11751)


   BORGHESE e MERLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da indagini realizzate dalla maggior parte dei media italiani sugli ospedali che sono a Roma pare che le condizioni sia logistiche che sanitarie dei nosocomi romani non siano troppo esaltanti;
   la maggior parte degli ospedali siti nella capitale non godono di buone condizioni strutturali, tanto da impedire che nelle sale operatorie avvengano, ogni anno, almeno 140 mila interventi a rischio. Per non parlare poi dei troppi ricoveri inutili, come la riduzione delle fratture al femore entro 48 ore, termine indicato da tutti gli indicatori internazionali per evitare, soprattutto agli anziani, di finire i propri giorni in carrozzina a rotelle;
   un esempio molto rilevante è quello dell'ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma – INMI (Istituto nazionale malattie infettive) e IRCCS (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) – che svolge la funzione di ospedale civile per sicurezza nazionale e che il Ministero della salute ha identificato quale polo nazionale di riferimento per il bioterrorismo; l'Istituto detiene l'unico laboratorio italiano di livello di bio-sicurezza 4 (livello che consente di coltivare agenti patogeni molto pericolosi per la salute umana come il vaiolo e l'ebola) e cinque laboratori di livello 3 oltre ad una banca criogenica, che può ospitare fino a 20 contenitori di azoto liquido e 28 contenitori a -80oC, dotata di un laboratorio di livello 3 per la manipolazione e la preparazione dei campioni da congelare. In questo speciale nosocomio una delle questioni più rilevanti sarebbe attinente alla inadeguatezza del laboratorio BSL4 in quanto il padiglione Del Vecchio sarebbe una struttura non adatta allo scopo per la sua peculiare ubicazione perché è locato in un quartiere ad alta densità abitativa ed in vicinanza di un asilo; per quanto risulta agli interroganti non risponderebbe ai requisiti di biosicurezza e ai protocolli di contenimento biologico degli agenti infettanti, mancherebbe delle uscite di sicurezza e sarebbe contraddistinta da evidenti crepe strutturali di rilievo;
   inoltre, la condizione attuale dell'ospedale Umberto I, è a dir poco critica. I locali mancherebbero completamente degli elementi minimi;
   pare che le stanze di alcuni reparti in certi piani si possano definire «un bagno»: mancherebbero inoltre carta igienica, sapone, carta per le mani e a volte persino la luce;
   lo scenario spesso è sconfortante: spazzoloni riversi nei bidet, assorbenti a terra, contenitori per la carta divelti, porta saponi spezzati, tavolette giacenti a terra e altro;
   il piano nazionale esiti (pne), sviluppato per conto del Ministero della salute da Agenas, l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, pare sia attualmente quello addetto a fare l'ennesimo check up agli ospedali nazionali soprattutto a quelli romani;
   il presidente delle Federazione di asl e ospedali nazionali spesso ha affermato che con il pne si viene a conoscere dove si commette uno sbaglio e quindi è possibile intervenire là dove più si può essere carenti di strutture –:
   quali iniziative di competenza, anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dei disavanzi sanitari regionali, intenda adottare al fine di mettere in condizioni ottimali i migliori ospedali della Capitale romana al fine di rendere sicuri i cittadini quando necessitano di cure ospedaliere. (4-11752)


   ATTAGUILE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto dell'assessorato regionale della sanità 28 gennaio 1998, n. 24469, ha emanato le linee guida sulla contabilità analitica per centri di costo, sulle caratteristiche generali del sistema di contabilità analitica, sui metodi per classificare e per rilevare i costi e sui principi generali per l'attività di reporting;
   la legge regionale 17 marzo 2000, n. 8, avente come oggetto «Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2000», all'articolo 31 «Contabilità e controllo di gestione delle aziende sanitarie ed ospedaliere», modificato dall'articolo 52, punto 1, della legge regionale n. 26 del 18 dicembre 2000, così recita: «Le Aziende USL, le Aziende Ospedaliere (...) adottano, in via sperimentale, a decorrere dal 1o gennaio 2002, la contabilità economico-patrimoniale, la contabilità analitica per centri di costo ed il controllo di gestione di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche ed integrazioni»;
   la nota dell'assessorato regionale della sanità 28 aprile 2000, procedendo all'assegnazione della quota di fondo sanitario di parte corrente per l'anno 2000, al punto 2 analizza e regolamenta, tra l'altro, gli strumenti per la gestione ed il controllo della spesa sanitaria, ribadendo preliminarmente la necessità che nelle Aziende Sanitarie si realizzi «lo sviluppo di una forte azione formativa tendente all'acquisizione della Cultura Aziendale (...) ai nuovi strumenti introdotti nella gestione delle Aziende Sanitarie (Controllo di Gestione, Centri di Costo, Budget, DRG ecc.)» ed in particolare, volendo razionalizzare l'uso delle risorse ed aumentare l'efficienza e l'efficacia della gestione, individua il sistema di budget quale valido strumento per il controllo della gestione aziendale;
   si ha modo di rilevare che sono state omesse le disposizioni normative che, qualora osservate, non avrebbero certamente determinato il catastrofico noto dissesto economico che oggi grava pesantemente sui cittadini siciliani e sull'intero comparto dell'assistenza specialistica, in grave stato di collasso finanziario, con particolare riferimento alla patologia clinica e alla radiologia, le cui decurtazioni di dubbia legittimità hanno determinato l'impossibilità di gestire in attivo le strutture private accreditate;
   alla luce delle diseconomie che caratterizzano la fallimentare gestione delle aziende sanitarie provinciali si è resa necessaria la predisposizione di un piano di rientro pagato a caro prezzo dai cittadini siciliani e dagli operatori sanitari privati accreditati;
   in relazione al grave stato di crisi in cui versano i laboratori pubblici siciliani si osserva che la mancata attivazione della contabilità analitica per centri di costo ed il continuo ripiano dei disavanzi, con delibere ad hoc da parte dei direttori generali delle aziende sanitarie provinciali, ha determinato sprechi talmente elevati che hanno creato un deficit che non consente di comprare neanche i reagenti routinari come è accaduto in diversi ospedali catanesi;
   l'auspicata «cultura aziendale», tanto propagata e dai vari atti normativi, appare l'antitesi di quanto ha caratterizzato la gestione reale della sanità siciliana trovandosi essa senza alcuna programmazione coerente con le esigenze sanitarie della popolazione e con costi che hanno di fatto reso inapplicabile la normativa sulla contabilità analitica per centro di costo;
   altro grave problema è che a distanza di quasi 14 anni dall'emanazione della normativa non sono stati ancora attivati i bacini di utenza ai sensi dell'articolo 5 del D.A. 890/2002 il quale stabilisce che «Entro il termine di un anno dall'entrata in vigore del presente decreto la Regione darà attuazione a quanto disposto dalla legge n. 405/01 sulla rideterminazione dei posti letti per acuti all'indice del 4 per mille abitanti e provvederà a ridefinire i bacini di utenza per le singole attività, ivi comprese quelle specialistiche, ai sensi dell'articolo 8-ter del decreto legislativo n. 502/92 e successive modifiche ed integrazioni, in relazione al fabbisogno di assistenza e alle strutture già esistenti ed autorizzate»;
   si ritiene utile e necessario assegnare a ciascun comparto il proprio ruolo senza sconfinamenti ed in particolare, alla struttura ospedaliera che deve essere funzionale alla capacità ricettiva sul territorio di competenza al fine di essere in grado di provvedere alle cure primarie e di fungere da specifico filtro evitando inaccettabili sprechi –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda avviare, per quanto di competenza e anche alla luce del piano di rientro dai disavanzi in atto, una verifica per conoscere ciò che sta alla base delle gravi disfunzioni della sanità siciliana analizzando gli operati che stanno determinando la completa deregulation della sanità in Sicilia, poiché solo grazie all'impegno serio della classe politica si potrà avere una sanità più efficiente ed economica soprattutto in un frangente così grave, qual è l'attuale momento di crisi, ove un'appropriata programmazione non è più derogabile. (4-11756)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   LENZI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende da notizie di stampa, il comando dei vigili del fuoco di Bologna avrebbe messo a bando il ruolo di medico del lavoro nella locale caserma, per un compenso annuo complessivo di 4.000 euro annui, e tale incarico sarebbe stato assegnato al dottor Ercole De Castro;
   il dottor De Castro risulta essere uno stimato professionista e vanta una difficilmente eguagliabile esperienza medica, dall'alto dei suoi 92 anni;
   il direttore regionale del dipartimento dei vigili del fuoco, Tolomeo Litterio, intervistato dalla stampa locale sulla singolare circostanza che ha portato alla nomina del dottor De Castro, sulla base di un bando di gara per soli titoli e senza alcun limite di età, ha difeso tale scelta in virtù della riconosciuta capacità diagnostica del professionista e del suo instancabile impegno lavorativo;
   pur con riferimento a ruoli e inquadramenti del tutto differenti, uno dei primi provvedimenti adottati dal Governo in carica, il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, all'articolo 1, ha riguardato il cosiddetto ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, ma notizie come quelle del comando dei vigili del fuoco di Bologna appaiono andare in direzione del tutto opposta allo spirito della richiamata norma –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione all'episodio sommariamente illustrato in premessa, se non ritengano necessario adottare le opportune iniziative al fine di valutare l'opportunità di tale selezione e, in prospettiva, per prevenire il riproporsi di scelte analoghe. (3-01948)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TRIPIEDI, COMINARDI, DE ROSA, CIPRINI, LOMBARDI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, CARINELLI, CASO, MANLIO DI STEFANO, PESCO, VILLAROSA, ALBERTI, TONINELLI e DIENI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   General Electric Company è una multinazionale statunitense fondata nel 1892, leader nei settori di tecnologia, finanza, del manifatturiero e dei media;
   nel 1988, la General Electric acquisì Alsthom che, nel 1998, prese il nome di Alstom, rendendo la pronuncia senza la «h» più facile nei vari Paesi ove è presente. Alstom, sin dal 1928, anno della sua fondazione, è specializzata nella costruzione di locomotive ed equipaggiamenti a trazione elettrica. Nel 1999 Alstom creò una joint venture con la multinazionale ABB, denominata ABB Alstom Power, nel campo dei sistemi di produzione di energia, della quale ha poi assunto il completo controllo. Il 2 novembre 2015, i settori di produzione di energia e distribuzione di energia, sono stati definitivamente ceduti a General Electric Company;
   in data 13 gennaio 2016, veniva pubblicata sui più importanti quotidiani italiani, la notizia riguardante la decisione della General Electric di tagliare nelle divisioni europee della ex Alstom, 6.500 posti di lavoro sui 35 mila esistenti nel continente;
   un portavoce della General Electric, ha spiegato che la scelta è stata necessaria a causa del netto calo della domanda di turbine a gas registrata negli ultimi anni;
   in Europa, verranno eliminate 1.700 posizioni negli impianti situati in Germania, 765 in Francia e fino a 1.300 in Svizzera;
   nel nostro Paese, i tagli riguarderanno esclusivamente l'impianto di Sesto San Giovanni (MI) e non le sedi di Lecco e della provincia di Padova. Nella sede di Sesto San Giovanni, dove a lavorare attualmente sono 400 dipendenti, sono previsti 223 licenziamenti nell'anno 2016 e 26 nell'anno 2017, per un totale di 249;
   Antonio Sansone, coordinatore nazionale della Fim-Cisl per il gruppo Alstom, ha reso noto che dei 236 previsti licenziamenti, 130 circa riguardano i lavoratori del comparto produttivo, mentre i restanti dipendenti sono addetti ai servizi amministrativi, di manutenzione e progettazione;
   Giuseppe Mansolillo, segretario generale della Fim-Cisl di Milano, ha definito il piano dei licenziamenti decisi dall'azienda inaccettabile per l'interesse dei lavoratori, del territorio, del Paese e della stessa Confindustria;
   sulla stessa linea di pensiero, Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl, che ha anch'esso definito le decisioni dell'azienda di licenziare inaccettabili e incomprensibili sull'aspetto industriale e non sostenibili sul piano sociale. Ha aggiunto che la lunga esperienza del sito di Sesto San Giovanni e le rilevanti competenze dei lavoratori hanno consentito, anche in tempi recenti, di risolvere criticità in molti stabilimenti europei. Lo stabilimento di Sesto San Giovanni è, infatti, leader in Italia per il service di tutte le centrali elettriche del Paese ed ha elevata importanza anche in Nord Africa, Sud America e Medio Oriente ed è l'unico, nel gruppo Alstom, a garantire interventi anche su turbine e generatori non di progettazione Alstom;
   la stessa Fim ha chiesto alla General Electric di rivedere tali scelte, dettate da miopi logiche finanziarie che disperdono un importante patrimonio industriale e generano un grave problema sociale ai lavoratori e alle loro famiglie e ha chiesto al Governo l'apertura di un tavolo di confronto per individuare le prospettive industriali utili a mantenere l'attività e l'occupazione;
   in data 15 gennaio 2016, un corteo di circa 300 lavoratori di Alstom Power con le organizzazioni sindacali guidate dalla Fiom e alla presenza dei sindaci di Sesto San Giovanni, Cormano (MI), Cusano Milanino (MI), e diversi assessori di altri territori, è stato ricevuto dal prefetto di Milano, il quale, a quanto risulta agli interroganti, si è impegnato personalmente a richiedere un tavolo di confronto al Ministero dello sviluppo economico e per informare il Consiglio dei ministri;
   la regione Lombardia, anche in seguito a 2 audizioni svoltesi negli ultimi 2 anni con il sindacato Fiom, grazie anche alle quali ha dichiarato che il problema occupazionale e di dismissione del sito produttivo di Sesto San Giovanni ha un'importanza fondamentale per il territorio lombardo, ha comunicato che si attiverà al più presto per richiedere un tavolo di confronto al Ministero dello sviluppo economico e per informare il Consiglio dei ministri;
   in data 22 gennaio 2016, è previsto un incontro al comune di Sesto San Giovanni con i rappresentanti sindacali e territoriali di General Electric-Alstom Power, alla presenza di tutti i sindaci dei comuni ove sia residente anche un solo dipendente dell'azienda, al fine di coinvolgere tutto il territorio rappresentato dal problema sociale che i licenziamenti previsti da parte di General Electric comporteranno;
   in data 29 gennaio 2016, la Fiom nazionale ha convocato a Bruxelles tutte le categorie sindacali europee per approntare un piano europeo contro la dismissione che General Electric vuole attuare a livello continentale –:
   se i Ministri interrogati non intendano organizzare, qualora non l'abbiano già fatto, un tavolo nazionale di confronto con l'azienda e le parti sociali, al fine di evitare i licenziamenti dei lavoratori della sede di Sesto San Giovanni e garantire, in prospettiva futura, un serio piano industriale atto al mantenimento dell'occupazione. (5-07477)

Interrogazione a risposta scritta:


   NICOLA BIANCHI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dal quotidiano locale La Nuova Sardegna il 3 e il 10 gennaio 2016, da anni i residenti delle frazioni di San Lorenzo e San Lorenzo Valle del comune di Osilo, a pochi chilometri da Sassari, non possono usufruire con continuità dei servizi di telefonia fissa a causa di ripetuti malfunzionamenti della rete telefonica, nonostante i costi di bollettazione affrontati, vivendo pertanto una condizione di forte disagio;
   la situazione risulta critica, poiché nelle zone citate non è possibile comunicare neanche con i telefoni cellulari per la totale assenza di segnale;
   tali disservizi, di conseguenza, mettono a rischio la sicurezza dei cittadini che abitano nelle frazioni del comune sardo, la maggior parte dei quali sono persone anziane, che in caso di emergenza potrebbero non riuscire a richiedere soccorsi immediati –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle informazioni esposte in premessa e se non ritenga di dover intervenire, per quanto di competenza, affinché sia superata nel più breve tempo possibile la criticità suddetta e nelle due frazioni del comune di Osilo sia garantita la fornitura del servizio universale, anche alla luce dei rischi sopra delineati. (4-11759)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Rocchi e altri n. 7-00887, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 gennaio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cova.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Quartapelle Procopio e Cinzia Maria Fontana n. 2-01207, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Currò.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Crippa n. 5-06141, pubblicata nel allegato B ai resoconti della seduta del 23 luglio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Da Villa.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Dorina Bianchi n. 1-00976, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 477 dell'8 settembre 2015.

   La Camera,
   premesso che:
    con la legge di stabilità per il 2016 il tema del Mezzogiorno è nuovamente entrato nell'agenda della politica italiana;
    questo dato rappresenta un elemento di novità preparato e fortemente voluto dalle forze politiche di maggioranza che non hanno mancato di esercitare un ruolo di stimolo e di indirizzo nei confronti del Governo. Sia attraverso mozioni parlamentari, sia grazie ad una mirata azione emendativa durante l'esame della legge di stabilità, il Parlamento ha permesso di superare una pericolosa tendenza alla rimozione della realtà e dei rischi del grave dualismo economico che colpisce il nostro Paese;
    come da tempo segnalato con allarme, questo dualismo si è accentuato negli anni della lunga crisi. Anche i dati più recenti lo confermano: ISTAT, Rapporto Svimez, 2015;
    si deve, peraltro, dare atto al Governo di aver saputo recepire prontamente gli indirizzi parlamentari e di avere accolto – nonostante la difficile situazione dei saldi di finanza pubblica – quegli emendamenti parlamentari che hanno dato sostanza a tali indirizzi;
    con i commi 98 e seguenti dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 si è introdotto un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle regioni del Sud dal 1o gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2019. La misura di questa agevolazione è opportunamente differenziata in relazione alle dimensioni aziendali – 20 per cento per le piccole imprese, 15 per cento per le medie imprese, 10 per cento per le grandi imprese – allo scopo di massimizzarne l'efficacia in relazione alla particolare struttura industriale della nostra economia. L'entità di questa misura è pari a 617 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017, 2018 e 2019;
    con i commi 109 e 110 si estende anche alle assunzioni a tempo indeterminato dell'anno 2017 l'esonero contributivo a favore dei datori di lavoro privati operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna;
    con il comma 886 si riserva ad imprese localizzate nelle regioni meridionali una quota non inferiore al 20 per cento delle risorse assegnate dal fondo di garanzia per le piccole e medie imprese costituito presso il Mediocredito centrale s.p.a., di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a) della legge n. 662 del 1996;
    inoltre, con i commi 792-803 si introducono una serie di misure di accelerazione della spendibilità delle risorse destinate agli investimenti cofinanziati con le istituzioni europee, intervenendo sia sulla chiusura del ciclo di programmazione 2007-2013 che sul nuovo ciclo 2014-2020. Uno specifico intervento riguarda poi il ruolo della Cassa depositi e prestiti, ai fini dei progetti ricompresi nel Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS); a questi quattro interventi principali – che costituiscono gli assi portanti dell'azione di Governo esplicitamente indirizzata al riequilibrio del dualismo economico – si aggiungono una lunga serie di interventi puntuali che – come usualmente accade in occasione della approvazione della legge di stabilità – mirano a risolvere specifiche e localizzate criticità: dalla continuità territoriale della Sicilia, al trasporto regionale marittimo della Campania, al collegamento marittimo della Sardegna, al trasporto pubblico locale campano e altro;
    tuttavia non deve essere sottovalutato il dato politico di fondo: la presa d'atto della necessità di aprire una nuova stagione della politica economica nella quale il tema del Mezzogiorno abbia uno spazio specifico e non marginale;
    la valenza di questa scelta ha carattere generale e, non a caso, su di essa si è realizzata la convergenza di un ampio schieramento che travalica la provenienza territoriale dei parlamentari: la ripresa dell'economia meridionale non è una rivendicazione dei parlamentari eletti in questa area geografica, né questo tema può essere monopolizzato dai governatori delle regioni meridionali. La ripresa dell'economia meridionale infatti è molto di più: è una conditio sine qua non della ripresa dell'economia italiana e dello sviluppo di tutto il Paese; il Governo e il Parlamento nazionale hanno dimostrato di aver questa consapevolezza e la ferma volontà di intervenire, in una visione unitaria del Paese e in un quadro di rafforzamento delle istituzioni di Governo e di superamento delle tante tendenze centrifughe ancora attive nel nostro sistema istituzionale;
    almeno quattro sono gli elementi all'origine di questa nuova consapevolezza: il dualismo economico deve ridursi perché è troppo alto il rischio che esso dia origine ad una grave crisi sociale; particolarmente preoccupanti sono le tendenze che investono la popolazione giovanile delle aree meridionali; il Sud esprime una economia produttiva rilevante – poco «riconosciuta» e addirittura poco conosciuta – ma manca una politica industriale per il Sud; il Paese fa fatica ad esprimere una efficace proiezione mediterranea che è l'unico contesto nel quale il Mezzogiorno d'Italia può riacquisire centralità;
    il dualismo economico rischia di essere all'origine di una grave crisi sociale, come testimoniato dai dati sulla povertà che hanno visto in questi anni una crescita più che proporzionale nelle aree meridionali rispetto al resto del Paese; la crisi delle aree urbane meridionali si intreccia con la crisi della legalità: annualmente Il Sole 24 ore pubblica un'indagine sulla qualità della vita condotta nelle 107 città italiane capoluogo di provincia. Anche per il 2015 le città decisamente peggio collocate sono tutte quelle meridionali; questi fattori di arretratezza e questo basso livello di benessere rappresentano non solo l'effetto, ma anche il terreno di coltura ideale per la criminalità;
    particolarmente allarmante è lo stato di quei delicati meccanismi che presiedono alla formazione e alla riproduzione del capitale sociale, cioè le competenze che si acquisiscono, si consolidano e si stratificano nella popolazione giovanile di un territorio. Ebbene, sono proprio questi meccanismi che rischiano oggi di incepparsi nel Mezzogiorno. Particolarmente allarmanti sono i dati sul calo demografico della popolazione giovanile: secondo Istat da qui a venti anni si assisterà ad un grave decremento della popolazione giovanile nel Sud, a fronte di un lieve aumento nel resto del Paese, determinato sostanzialmente dall'immissione di giovani immigrati; altrettanto preoccupante è il divario nello stato dell'istruzione universitaria: la pericolosa caduta delle immatricolazioni è molto più accentuata nelle università del Sud; contribuiscono a questa caduta dell'istruzione universitaria nel Mezzogiorno sistemi di certificazione della qualità inadeguati e fatti su misura delle realtà del Centro Nord, dai quali discendono premialità economiche che danneggiano ulteriormente tutte le università meridionali, quindi i giovani meridionali e, in modo particolare (come testimoniato da studi della Banca d'Italia) quelli appartenenti alle fasce di reddito più basse;
    nel Sud è localizzata una base produttiva non irrilevante, ma manca una strategia di sviluppo industriale ed economico per il Sud: il numero di occupati nell'industria degli autoveicoli nel Mezzogiorno è superiore a quello di aree altamente industrializzate quali la Catalogna, il Belgio, la Sassonia, l'Austria; il numero di occupati nell'industria degli altri mezzi di trasporto è superiore a quello dei Paesi Bassi e di poco inferiore a quello della Baviera; il numero di occupati nell'elettronica è superiore a quello dell'intera Danimarca o del Belgio; il numero di pernottamenti turistici supera di gran lunga quello di Paesi come la Svezia, la Repubblica ceca, la Danimarca o di aree ad altissima vocazione turistica come la Provenza-Costa azzurra; questi dati sono ancora troppo poco conosciuti e non formano oggetto di una azione strategica guidata dalle autorità di Governo; si è ancora prigionieri di una parcellizzazione dei temi produttivi e di sviluppo territoriale, ereditata da un regionalismo esasperato, che ha fatto il suo tempo non per una volontà accentratrice del Governo, ma semplicemente perché non ha mantenuto nessuna delle sue promesse;
    infine, il Paese non riesce ancora ad esprimere adeguatamente una sua proiezione mediterranea, premessa indispensabile del recupero di un ruolo attivo e produttivo del nostro Mezzogiorno: al netto della instabilità politica legata ai focolai di guerra in Siria e in Nord Africa, frutto di gravissimi errori strategici del recente passato imputabili – in diversa misura – a diversi attori internazionali, l'Italia non riesce ancora a sviluppare una visione coraggiosa e fiduciosa di sé. L'espressione più evidente di tale difficoltà è la perdurante miopia con cui una parte dell'opinione pubblica guarda ad uno sviluppo competitivo della logistica nel Sud e a progetti infrastrutturali ambiziosi e coraggiosi: completamento della rete ferroviaria ad alta velocità fino a Reggio-Palermo, area metropolitana dello Stretto, grande portualità gateway di Taranto e Gioia Tauro e collegamento dei principali porti meridionali alle reti TEN-T per l'instradamento di merci lungo i corridoi continentali; il perdurare di una visione del Mezzogiorno come area vocata ad una utopistica rinaturalizzazione impedisce al Paese di vedere con lucidità la sorda opposizione al ruolo mediterraneo dell'Italia e alle sue potenzialità esercitata dai Paesi dell'Europa del Nord che traggono una rendita di posizione proprio dall'inerzia italiana su queste partite di valenza strategica;
    se questa è la diagnosi, appare urgente e necessario inquadrare gli interventi approvati dalla legge di stabilità 2016 quale espressione di un primo momento di svolta e quali premesse di una nuova politica per il Mezzogiorno che va costruita attraverso successivi interventi, organici e accomunati da una forte visione strategica;
    in questo quadro appare ancora insufficiente il metodo del masterplan lanciato dal Governo, che va messo a punto e potenziato, altrimenti rischia di essere troppo condizionato dal complesso negoziato con le regioni, già visto tante volte in azione, al quale si aggiungono ora le città metropolitane; una strategia per il Mezzogiorno non potrà mai discendere dalla sommatoria delle strategie regionali, ma deve invece partire da una visione del Mezzogiorno come area geoeconomica unitaria, dotata di enormi potenzialità di sviluppo, visione che solo il Parlamento e il Governo possono esprimere, senza aggirare il costante dibattito con le regioni, ma senza neanche delegare ad esse compiti e funzioni che riguardano il futuro dell'intero Paese,

impegna il Governo:

   a monitorare in modo unitario e sistematico – riferendo periodicamente al Parlamento – gli effetti delle misure varate dalla legge di stabilità per il 2016 per il rilancio dell'economia del Mezzogiorno al fine di rafforzare tempestivamente le misure più efficaci e di arricchire ed affinare il quadro normativo in materia di investimenti industriali, nuove assunzioni a tempo indeterminato promosse dall'esonero contributivo, assegnazione di quote del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, con la prospettiva di un potenziamento di tali interventi e di un loro indirizzamento verso obiettivi di politica industriale centrati sullo sviluppo logistico del Mezzogiorno e sull'adeguamento infrastrutturale per la cattura di flussi di traffico internazionali e intercontinentali; in questo quadro ad affrontare il tema della istituzione di zone economiche speciali (ZES) in aree particolarmente vocate ad attrarre investimenti di grandi gruppi internazionali nelle attività indotte dallo sviluppo logistico;
   parallelamente, a sviluppare un'iniziativa politica e legislativa verso obiettivi di politica sociale e della formazione di sviluppo e risanamento delle aree urbane e di rilancio dei processi e delle istituzioni a cui è affidata la formazione del capitale sociale del Sud, con particolare impegno alla ricognizione degli effetti perversi di meccanismi di valutazione e di premialità delle università che rischiano di ribaltarsi a danno della popolazione giovanile meridionale e, segnatamente, di quella appartenente alle fasce di reddito più basse;
   con riferimento alla programmazione dei fondi comunitari 2014-2020, a implementare le innovazioni introdotte dai commi 792-803 dell'articolo della legge di stabilità per il 2016, e a prevedere anche meccanismi che consentano l'utilizzo di una quota delle risorse disponibili per la realizzazione di un «masterplan Mezzogiorno» definito e monitorato da una cabina di regia unica, dotata di poteri effettivi, fra i quali il ricorso tempestivo ai poteri sostitutivi del Governo in materia di utilizzo delle risorse comunitarie, previsti dall'articolo 9 del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013, e dall'articolo 12 del decreto-legge n. 133 del 2014 in caso di ritardo delle regioni nelle assegnazioni ed erogazioni;
   con riferimento alle politiche di coesione, a garantire un robusto contributo della dotazione 2014-2020 del fondo per lo sviluppo e la coesione allo sviluppo infrastrutturale, attraverso una definizione più chiara e un esercizio più deciso e visibile della responsabilità di guida strategica degli interventi, considerato che le risorse non irrilevanti a disposizione del fondo, pari ad oltre 43 miliardi di euro, richiedono una visione di medio termine e una forte capacità di governo dei processi attuativi, anche utilizzando al meglio le innovazioni normative introdotte dalla legge di stabilità per il 2015 (articolo 1, commi 703-706).
(1-00976)
«Dorina Bianchi, Buttiglione, Adornato, Bernardo, Binetti, Bosco, Calabrò, Cera, Cicchitto, D'Alia, De Mita, Garofalo, Marotta, Minardo, Misuraca, Pagano, Piccone, Sammarco, Scopelliti, Tancredi, Vignali».

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Di Benedetto n. 5-06601, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 497 del 7 ottobre 2015.

   DI BENEDETTO, CANCELLERI, BRESCIA, MARZANA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale n. 499 del 2015, emanato in attuazione dei commi da 87 a 91 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107 (cosiddetta Buona Scuola), prevede le modalità di svolgimento di un corso intensivo di formazione, e relativa prova scritta finale, volta all'immissione di soggetti, in possesso di determinati requisiti, nel ruolo di dirigenti scolastici;
   tali soggetti sono individuati, dal comma 88, lettera a), in coloro già vincitori ovvero utilmente collocati nelle graduatorie o che abbiano positivamente superato tutte le fasi di procedure concorsuali successivamente annullate in sede giurisdizionale, relative al concorso per esami e titoli per il reclutamento di dirigenti scolastici indetto con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università, e della ricerca 13 luglio 2011, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 56 del 15 luglio 2011;
   oltre che nei soggetti, individuati dal comma 88, lettera b), che abbiano avuto una sentenza favorevole almeno nel primo grado di giudizio ovvero non abbiano avuto, alla data di entrata in vigore della legge n. 107 del 2015, alcuna sentenza definitiva, nell'ambito del contenzioso riferito ai concorsi per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 94 del 2004, al decreto del Ministero della pubblica istruzione n. 76 del 2006, ovvero avverso la rinnovazione della procedura concorsuale ai sensi della legge 3 dicembre 2010 n. 202;
   altresì, il comma 90 include, nell'elenco, anche i soggetti, di cui al comma 88, lettera a), che nell'anno scolastico 2014/2015 hanno prestato servizio con contratto di dirigente scolastico. Per costoro è prevista una sessione speciale d'esame consistente nell'espletamento di una prova orale sull'esperienza maturata, il cui superamento con esito positivo da luogo alla conferma dei rapporti di lavoro già instaurati con l'amministrazione;
   da qui l'evidente disparità di trattamento tra i ricorrenti del 2011, e, dall'altra parte, quelli del 2004, 2006, 2010 la quale sarebbe, inoltre, reiterata;
   infatti i ricorrenti del 2004, 2006 avevano già potuto beneficiare in passato di una sanatoria. In particolare per quelli del 2004, con legge finanziaria del 2007, oltre che con la legge 3 dicembre 2002 (cosiddetta legge Siragusa), si prevedeva la ricorrezione delle prove scritte in cui molti ricorrenti erano stati bocciati per una seconda volta; mentre, ai ricorrenti del 2006, con un anno di servizio come presidi incaricati era stata data facoltà di partecipare a un corso-concorso selettivo di formazione riservato, indetto ai sensi del decreto ministeriale 3 ottobre 2006;
   oltre a ciò, bisogna menzionare la particolare situazione dei concorsi banditi in Sicilia. Molti dei concorrenti, in contrasto con quanto disposto dall'articolo 1, comma 88, lettera a) non solo erano stati bocciati per ben due volte alla prova scritta e non avevano nemmeno superato la prova preselettiva del concorso del 2011, ma, in contrapposizione con quanto previsto dall'articolo 1 comma 88 lettera b), risultavano altresì avere ricorsi perenti o ricorsi con sentenze definitive;
   nonostante ciò, questi stessi sono riusciti a partecipare al corso di formazione e alla relativa prova finale, favoriti a giudizio degli interroganti da una negligente e poco trasparente gestione delle procedure da parte dell'ufficio scolastico regionale della Sicilia, il quale ammetteva i candidati al corso, con riserva di accertamento dei requisiti e facendo salva la facoltà di escluderli in ogni momento della procedura (finanche dopo la sottoscrizione del contratto individuale di lavoro);
   pur se tale operazione era legittima, poiché «contenuta» nelle maglie larghe della legge, i principi di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione avrebbero richiesto maggiore accuratezza dei controlli, ovvero la previsione di un obbligo per i candidati di un'autocertificazione riguardo al possesso dei requisiti richiesti prima dell'inizio del corso, ovvero di un'autodichiarazione di ricorso pendente;
   perciò molti degli esclusi dalla lista ufficiale, tra i quali vi erano anche ricorrenti del concorso 2004 e 2006 oltre che ricorrenti del 2011, hanno partecipato ugualmente al corso, con il beneplacito dell'ufficio scolastico regionale salvo poi, in corso d'opera, in data 18 agosto 2015, vedersi recapitare un decreto di espulsione (in numero totale pari a 36), riguardanti, in particolare, candidati in elenco del concorso 2006, dichiarato perento e dunque non in possesso dei requisiti previsti in forza del comma 88 lettera b) già citato;
   la «mala gestione» del concorso tenuto dall'ufficio scolastico poteva, altresì, ravvisarsi nell'emanazione del provvedimento finale prot. n. 11466 da parte della direzione generale, in data 6 agosto 2015, che conteneva l'elenco degli ammessi al corso intensivo di formazione, che necessita di numerose rettifiche e integrazioni. Veniva emanato, infatti, un'ulteriore provvedimento del 21 agosto 2015, che sanciva che gli ammessi alla prova scritta non erano più 153, come in origine, ma 120 e i non ammessi erano in numero pari a 36, come suddetto;
   nonostante ciò, il giorno della prova scritta nell'istituto adibito a sede della prova, i candidati pronti a svolgere la prova d'esame erano 150. Alcuni di essi esibivano contestualmente un decreto cautelare da parte del TAR di Palermo di riammissione. Tutto questo avveniva in carenza di controlli da parte del presidente della commissione d'esame;
   bisogna menzionare, invero, un'altra impugnativa proposta dai presidi incaricati siciliani che avrebbero, in maniera diversa, titolo e giustificazione dopo anni di contratti di incarico di presidenza a una giusta e corretta sanatoria;
   in definitiva, il corso-concorso era stato indetto dalla direzione regionale della Sicilia per i ricorrenti che, non avendo superato il concorso ordinario del 2004 e del 2006, avevano presentato ricorso e avevano nel corso di questi anni conseguito delle sentenze favorevoli da parte della magistratura, che secondo gli interroganti ha operato con lentezza esasperante. In tali fattispecie, grazie anche alle inefficienze dell'ufficio scolastico regionale, si sono, in maniera a dir poco di dubbia legittimità, inseriti docenti che non avevano mai avuto alcun titolo alla partecipazione al corso, alla relativa prova scritta finale né tantomeno alla nomina di dirigente;
   la ratio della cosiddetta Buona Scuola era in senso deflattivo dei ricorsi pendenti nei confronti del Ministero per iniziare, con nuove procedure nazionali, l'espletamento del concorso per dirigente scolastico, cancellando le anomalie accadute in forza delle leggi regionali. Tale finalità non sembra attualmente essere stata rispettata –:
   se il Ministro intenda assumere iniziative nei confronti dell'ufficio scolastico della regione siciliana che ha gestito in maniera secondo gli interroganti inefficiente il corso-concorso per dirigenti scolastici, in contrasto con i princìpi di trasparenza, efficienza, nonché buon andamento della pubblica amministrazione;
   se il Ministero abbia tenuto in debita considerazione la posizione dei soggetti ricorrenti che hanno un contenzioso aperto riferito al concorso del 2011 ma che sono stati esclusi dalla previsione di cui al comma 88 lettera b) della legge n. 107 del 2015 e se intenda assumere iniziative o provvedimenti al riguardo. (5-06601)

Ritiro di firme da mozioni.

  Mozione Dorina Bianchi e altri n. 1-00976, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 settembre 2015: sono state ritirate le firme dei deputati: De Girolamo, Piso.

  Mozione Baldelli e altri n. 1-01085, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 dicembre 2015: è stata ritirata la firma del deputato Melilla.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Lenzi n. 5-05830 del 17 giugno 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-01948;
   interrogazione a risposta in Commissione Battelli e Petraroli n. 5-05892 del 24 giugno 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-01950;
   interrogazione a risposta in Commissione Lenzi n. 5-06700 del 16 ottobre 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-01949;
   interrogazione a risposta in Commissione Mognato e altri n. 5-06874 del 4 novembre 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-01947;
   interrogazione a risposta in Commissione Rizzo e altri n. 5-07208 del 16 dicembre 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-01951.