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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 23 novembre 2015

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   la prevenzione e il contrasto del terrorismo fondamentalista si realizzano non soltanto sul piano militare, ma anche sul piano culturale;
   il terrorismo fondamentalista si avvale della collaborazione di giovani immigrati di seconda generazione che, ancor più quando cresciuti nelle aree metropolitane periferiche, appaiono disorientati e alla ricerca di risposte a una loro diffusa domanda di senso della vita e al loro bisogno di appartenenza a comunità di riferimento;
   in molti Paesi europei sono falliti tanto i modelli di integrazione fondati sul multiculturalismo indifferente quanto quelli impostati sull'assimilazione ai principi dell'illuminismo –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga opportuno attivarsi al fine di aprire nell'ambito dell'Unione europea un processo di revisione dei suoi trattati fondamentali così come modificati a Lisbona il 13 dicembre 2007 ed entrati in vigore nel 2009, affinché siano inseriti espliciti riferimenti alla tradizione culturale greco-giudaico-cristiana, che è comune a tutti i Paesi membri;
   se condivida l'esigenza di promuovere un piano nazionale per l'integrazione fondato sul binomio «identità-incontro», ovvero sulla necessità di rafforzare la diffusione dei contenuti identitari della nazione quale premessa dell'accoglienza di culture diverse;
   se non ritenga necessario assumere iniziative da un lato per separare l'acquisizione della cittadinanza italiana da meri elementi formali e, dall'altro, per collegarla a verificabili percorsi volitivi di rispetto e conoscenza della lingua, delle leggi, delle istituzioni, degli usi e dei costumi dell'Italia, nonché di inclusione nel servizio sanitario nazionale e nel sistema educativo, qualora si tratti di persone in età di istruzione dell'obbligo.
(2-01169) «Pagano».

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIBILIA, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, SPADONI, GRANDE, DEL GROSSO e SCAGLIUSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 novembre 2015, la trasmissione televisiva «Report», in onda su Rai3, ha trasmesso un reportage avente a oggetto il caso di alcuni soggetti italiani incaricati di addestrare milizie nel Corno d'Africa;
   da anticipazioni del contenuto dell'inchiesta giornalistica, consultabili sul sito della Rai, emergono le dichiarazioni rese da un trafficante di armi italiano, che, in base a quanto riferito dal giornalista Rai, Giorgio Mottola, nel servizio, avrebbe condotto «trattative riservate in Africa e in Medio Oriente» e per tale ragione sarebbe «in contatto con i servizi segreti di vari Paesi»;
   secondo tali dichiarazioni, l'Italia avrebbe «armato l'ISIS a sua insaputa armando la Siria di Assad e addestrando le sue milizie che poi sono passate all'ISIS»;
   in particolare, il trafficante ha fatto riferimento a un episodio che si sarebbe verificato nel mese di febbraio 2015, quando «i militari sotto la guida dei nostri Servizi hanno addestrato nello Yemen un centinaio di combattenti arabi da utilizzare contro l'ISIS, peccato però che finito l'addestramento, nel giro di 36 ore, i combattenti si sono dileguati e si sono arruolati nelle milizie dell'ISIS»;
   la fonte ha aggiunto inoltre che «in Italia c’è una struttura clandestina composta anche da trafficanti di armi che è stata incaricata da un somalo di addestrare delle milizie per finalità sconosciute» –:
   se il Governo sia a conoscenza dell'episodio riguardante l'addestramento di alcuni combattenti da parte dell'Italia poi passati tra le fila dell'ISIS;
   se il Governo intenda smentire o confermare l'impiego di contingenti italiani, a qualsiasi titolo, presenti in Yemen e nell'area del Corno d'Africa con tale finalità;
   quali siano gli elementi di valutazione che hanno portato alla determinazione della scelta di realizzare programmi di addestramento a favore di forze militari o di polizia nell'ambito di Paesi terzi, con particolare riferimento a quelli in contesti geopolitici caratterizzati da forte instabilità;
   se le attività di addestramento di combattenti, qualora confermate, si siano svolte a seguito di accordi multilaterali o sotto l'egida di organizzazioni internazionali o se, al contrario, si siano svolte sulla base di accordi bilaterali tra l'Italia e i suddetti Paesi. (4-11226)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'ultimo documento di economia e finanza prevedeva un risparmio di spesa, dovuto alla cosiddetta spending review, di 10 miliardi di euro;
   secondo quanto riporta il settimanale Panorama, invece, i tagli effettivi per il 2015 ammontano a soli 5,8 miliardi di euro;
   i tagli alle agevolazioni fiscali individuate dal professore Perotti, oltre ai tagli alle spese dei Ministeri, infatti, avrebbero fatto risparmiare quasi 6 miliardi di euro alle casse dello Stato;
   le proposte del professor Perotti per la revisione della spesa pubblica, oltre a quelle appena descritte, non sono state prese in considerazione. Il professore si è dimesso dall'incarico e non avrà nemmeno la soddisfazione di vedere pubblicata la sua relazione/proposta di tagli come avvenuto, almeno, nel caso del professor Cottarelli;  
   il «dossier Perotti» non e stato reso pubblico ed il motivo, a giudizio del settimanale Panorama, sarebbero i tagli proposti ai Ministeri dell'interno e degli affari esteri e delle cooperazioni internazionali che avrebbero scontentato migliaia di «privilegiati» e «foraggiati» da detti dicasteri;
   per i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'istruzione, dell'università e della ricerca i tagli proposti erano di lieve entità, mentre i Ministeri della difesa, della salute e della giustizia non sarebbero stati analizzati dal professor Perotti in quanto tale decisione spettava alla parte politica del Governo;
   al netto dei 2 miliardi di euro risparmiati sulla sanità, le risorse derivanti dalla revisione della spesa si sono fermate, quest'anno, a soli 3 miliardi di euro. La maggior parte dei quali dall'accorpamento delle centrali d'acquisto della pubblica amministrazione;
   ben poco, a giudizio di Panorama e dell'odierno interrogante, rispetto ai promessi 20 miliardi di euro, di tagli della spesa pubblica del Presidente del Consiglio dei ministri; 
   è di tutta evidenza che i mancati tagli alla spesa pubblica, senza un corrispondente aumento delle entrate pubbliche dovute ad un migliore ciclo economico, porteranno ad un aumento del deficit statale a carico dei bilanci statali futuri –:
   se intenda pubblicare la relazione del professor Perotti;
   quali iniziative, per quanto di competenza, abbia intenzione di adottare il Presidente del Consiglio dei ministri per attuare una seria e concreta revisione della spesa statale. (4-11234)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, parte V, recante «norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera», prevede i limiti di emissione che devono essere rispettati dai cogeneratori a biogas;
   i limiti succitati vengono calcolati secondo l'indicatore COT (carbonio organico totale), che rappresenta la somma di tutti gli inquinanti derivanti dalla combustione del carbonio organico presente dalla digestione anaerobica delle biomasse, ma non è previsto uno specifico limite per ogni elemento inquinante;
   il COT viene normalmente distinto in molecole di origine metanica e non metanica tuttavia la normativa vigente considera come inquinante ai fini del calcolo delle emissioni consentite soltanto la parte non metanica che comprende i composti tossici, mentre il metano essendo un componente naturale non viene considerato un inquinante;
   al riguardo, si rappresenta che il metano oltre ad essere il maggiore costituente del biogas è anche uno dei maggiori costituenti dei suoi residui di combustione allo scarico, con il conseguente rilascio in atmosfera di abbondanti quantità di questo gas, che incide notevolmente sull’«effetto serra»;
   il problema dell'esclusione del metano nel computo del COT, ha fatto nascere a livello nazionale diversi problemi che, da ultimo, hanno portato la provincia di Novara a bloccare un impianto biogassista per aver superato il limite delle emissione inquinanti consentite dalla legge, computando nel conteggio del COT anche la parte metanica;
   il Tar Piemonte con la sentenza 9 ottobre 2013, n. 1046, ha avallato l'interpretazione della provincia di Novara, specificando che ai fini della verifica del superamento dei limiti imposti dalla autorizzazione integrata ambientale (Aia) per le emissioni di un impianto a biogas da biomassa nel carbonio organico totale emesso dall'impianto, va considerata anche la componente metano;
   secondo i giudici amministrativi, infatti, se il legislatore avesse inteso il COT come non comprensivo della componente metanica, avrebbe disciplinato a parte i limiti per le emissioni di metano, la cui dannosità per l'ambiente ai tempi dell'entrata in vigore del codice ambientale (2006) risultava acclarata;
   da ultimo, la Corte di Cassazione con sentenza del 15 luglio 2015, n. 30481, ha confermato l'orientamento della giurisprudenza, secondo la quale il calcolo del parametro del COT deve essere fatto includendovi le componenti metaniche, poiché, a detta dei giudici, se il legislatore avesse voluto escludere dal computo del COT la componente metanica lo avrebbe fatto espressamente;
   in aggiunta a ciò, i giudici della Corte di cassazione hanno rilevato che il fatto che il decreto legislativo 155 del 2010 in merito ai composti organici volatili (COV) afferma che devono intendersi tali «tutti i componenti organici diversi dal metano», trova applicazione soltanto ai fini dell'applicazione del suddetto decreto e che non può essere esportata questa definizione estendendola al decreto legislativo 152 del 2006;
   parimenti, negli scorsi mesi la procura della Repubblica di Macerata, dopo segnalazione da parte dell'Arpam, è intervenuta sulle centrali biogas di Corridonia e Loro Piceno sequestrando gli impianti per il superamento dei livelli di COT, a dimostrazione che il problema delle emissioni inquinanti ed a effetto climalterante delle centrali a biogas sta diventando un problema di dimensione nazionale;
   il Governo è in procinto di approvare una modifica al decreto legislativo 152 del 2006 ridefinendo il limite di emissione in atmosfera della frazione di COT da parte degli impianti per la produzione energetica tra cui quella a biogas;
   nello specifico, il Governo, con decreto interministeriale, si propone di abbassare il limite di COT da 150 a 100 mgC/Nm3, mantenendo comunque inalterata la decisione di escludere il metano incombusto dal computo del COT;
   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere iniziative per valutare in fase di revisione e aggiornamento del decreto legislativo 152 del 2006, l'opportunità di inserire, nel computo dei limiti del COT, la parte metanica, tenendo in debito conto la nutrita giurisprudenza che si è formata su tale questione, come evidenziato in premessa, ma soprattutto tenendo presente che la riduzione delle emissioni di metano è considerata dalla comunità internazionale una scelta inevitabile contro il riscaldamento globale, necessaria per creare una società resiliente ai cambiamenti climatici. (5-07067)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ATTORRE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel 2012 il comune di Fiano ha chiesto alla società Terna lo spostamento la linea aerea di alta tensione da via Milano, in quanto insediamento abitativo per più di 200 persone;
   la società Terna accolse la richiesta e approntò un progetto di spostamento a valle di tale elettrodotto;
   la pratica fu prima mandata alla regione Lazio che gestiva la materia per conto dello Stato, ma dopo la mancata risposta della regione, lo Stato riprese la competenza di tutte le domande presentate e non esaminate da tutte le regioni;
   ora la pratica del comune di Fiano giace al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la valutazione di impatto ambientale –:
   se il Ministro interrogato non intenda licenziare detta pratica con urgenza prima che il protrarsi della presenza dell'elettrodotto procuri danni alla salute dei cittadini residenti nella zona. (4-11222)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   POLVERINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   attualmente il possessore dell'apparecchio televisivo paga un solo canone anche se ne detiene più di uno o se risulta proprietario di abitazioni diverse purché non affittate;
   secondo una ricerca del centro studi di Federproprietà, associazione che raggruppa circa 400 mila proprietari di casa, non è ancora possibile stabilire con certezza a chi verrà addebitato effettivamente tale pagamento;
   con la nuova normativa, posta in essere per evitare l'evasione del canone, si parlava anche di realizzare un risparmio per i contribuenti onesti. In questo momento, invece, non è stato ancora specificato come faranno le varie società distributrici di corrente elettrica in tutta Italia (si parla di circa 500 aziende) a stabilire a quale abitazione verrà addebitato il pagamento del canone stesso. Si corre il rischio che chi possiede un'abitazione in città ed una casa per le vacanze paghi due abbonamenti. Se poi è anche intestatario della casa lasciata in eredità dai genitori rischia di vedersene attribuire addirittura tre;
   questo non poteva avvenire in precedenza perché la RAI gestiva direttamente la riscossione valida per tutte le abitazioni purché risultasse evidente che il proprietario era sempre lo stesso –:
   come verrà gestito il pagamento del canone di abbonamento alla RAI-Radiotelevisione italiana che, dal prossimo anno, dovrebbe essere abbinato a quello di fornitura della corrente elettrica. (4-11224)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni 19 e 20 novembre 2015, presso tribunale di Ragusa, si è assistito ad uno spiegamento di forze dell'ordine ad avviso dell'interrogante senza precedenti, con la presenza di decine e decine di uomini dei carabinieri, della polizia di Stato, della guardia di finanza e dei vigili urbani;
   negli stessi giorni era fissata l'udienza preliminare relativa al delitto «Lorys», per il quale risulta imputata la madre Veronica Panarello;
   a giudizio dell'interrogante, al di là dell'aspetto mediatico della vicenda, non vi sono particolari esigenze di sicurezza di ordine pubblico che giustifichino un tale spiegamento delle forze dell'ordine;
   ciò è avvenuto anche nella giornata del 19 novembre, anche se, come anticipato da tutti i mass media, tale udienza sarebbe stata di mero rinvio –:
   quanti uomini delle forze dell'ordine siano stati impiegati complessivamente presso il tribunale di Ragusa e le vie limitrofe nei giorni 19 e 20 novembre 2015;
   quale sia il costo complessivo di tale operazione;
   quali siano le specifiche ragioni che hanno reso necessario tale impiego, assolutamente spropositato a parere dell'interrogante, a maggior ragione in un momento come l'attuale che richiede la massima attenzione e tutela degli obiettivi sensibili, rispetto alla vicenda che riguarda una madre sventurata coinvolta o attrice in una tragica vicenda. (4-11227)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'intervento di raddoppio e velocizzazione della tratta ferroviaria Spoleto-Campello si colloca nell'ambito del progetto di potenziamento infrastrutturale della linea Orte-Falconara;
   l'opera, che interessa i comuni di Spoleto e di Campello sul Clitunno, presenta uno sviluppo complessivo di 9,7 chilometri, di cui circa 6,2 chilometri in affiancamento alla sede ferroviaria esistente e circa 3,5 chilometri in variante, in galleria artificiale;
   nell'ambito di questo intervento le opere più significative sono: la galleria artificiale «San Giacomo», lunga 3,5 chilometri, il Sottovia in «Località Madonna di Lugo» (luce di 21 metri), un Ponte su Fosso «Cortaccione» (luce di 12,7 metri), il rifacimento del Ponte Canale «Fosso Fabbreria» (luce di 16,68 metri) e opere di attraversamento del «Torrente Spina». La stazione di Campello è stata completamente rimodernata con il rifacimento dei marciapiedi e la realizzazione di nuovo sottopasso pedonale;
   a marzo del 2012 è avvenuta la consegna del cantiere della suddetta tratta, aperto nel 2001 e costato, tra fallimenti, sospensioni e inadempienze delle ditte aggiudicatarie, oltre 100 milioni di euro;
   a completare quel 20 per cento di lavori rimasti in sospeso, il cui costo complessivo è stato stimato in 28.688.271,87 euro, è stata individuata l'Ati Tecnis spa di Catania, composta dalla Cogip spa, dalla Pavesi & C. spa e dall'Alstom Ferroviaria spa. Le tre ditte associate si sono aggiudicate l'appalto da 37,6 milioni di euro, pubblicato da Italferr-Rfi nell'estate 2010, sbaragliando, con un'offerta economica ribassata del 25,1 per cento, i diciassette raggruppamenti di impresa che avevano risposto al bando;
   secondo quanto previsto nella cinquantina di pagine di bando, i lavori dovevano avere un tempo di esecuzione di 770 giorni, a cui però ne andavano aggiunti altri 430 per l'installazione delle tecnologie impiantistiche dell'opera, pertanto l'ultimazione dei lavori era prevista in quaranta mesi;
   nonostante il raddoppio ferroviario della tratta Spoleto-Campello dovesse essere terminato nel giugno 2015, allo stato attuale la fine dei lavori deve ancora avvenire;
   nel 2001 c’è stato il primo appalto da 57,8 milioni. L'intervento si sarebbe dovuto concludere nel 2006, ma il fallimento dell'aprile 2003 della prima cooperativa affidataria dei lavori e, poi, la revoca dei lavori datata settembre 2009 hanno fatto lievitare all'inverosimile tempi e costi. Il cantiere è stato infatti aperto nel 2001 dalla Coop costruttori di Argenta (Ferrara) che si era aggiudicata un appalto da 57,8 milioni (al lordo del ribasso), salvo poi tra il gennaio e il marzo 2003 trovarsi in una difficilissima condizione economica sfociata nel commissariamento giudiziale della società e poi nella sospensione dei lavori nell'aprile 2003;
   nel 2005 c’è stato il secondo appalto da 37 milioni di euro. Nell'agosto 2005 un nuovo bando individuava nella Cogel spa, composta dalla Seap costruzioni generali spa e dalla Cornacchini srl, il soggetto aggiudicatario del nuovo appalto da 37 milioni (al lordo ribasso), sulla quale però nell'estate 2009 iniziarono a pendere pesanti inadempienze che, anche qui, portarono alla chiusura del cantiere nel settembre 2009;
   la necessità del completamento della linea è motivata dal fatto che l'assenza del doppio binario comporta notevoli ritardi alla circolazione ferroviaria locale, soprattutto in caso di irregolarità della circolazione, dovuti all'incrocio dei convogli che si potrebbero evitare con il completamento dell'opera;
   inoltre, sono stati spesi consistenti fondi per la riqualificazione della stazione di Campello sul Clitunno dove, però, si ferma un numero esiguo di treni e quindi sono stati eseguiti lavori importanti, non giustificati dall'impiego della fermata stessa frequentata da pochissimi utenti. Il tutto mentre il raddoppio della linea non è stato ancora completato;
   la stessa Cgil, che già da diverso tempo segue le vicende dei circa venticinque dipendenti che lavorano al cantiere per conto dell'azienda, ha denunciato il 10 ottobre 2015: «Da circa dieci anni si attende la conclusione degli interventi per il raddoppio ferroviario tra Spoleto e Campello, neanche dieci chilometri di tracciato. Dopo due fallimenti causati principalmente dalla logica del massimo ribasso, anche la Tecnis ha avuto e sta continuando ad avere gravi problemi legati ad alcune varianti che dovevano essere approvate da Fs e ai tempi di pagamento della stessa stazione appaltante, tanto che negli ultimi quattro mesi gli operai hanno usufruito della cassa integrazione a rotazione, ma il problema è che da 10 anni aspettiamo la conclusione di questi interventi, mentre occorre andare in pressing sul Ministero dei trasporti e delle infrastrutture per il raddoppio fino a Terni»;
   la recente indagine sugli appalti dell'Anas ha coinvolto anche l'azienda che dal 2012 sta eseguendo i lavori del raddoppio ferroviario, dal momento che tra le persone arrestate dalla guardia di finanza nell'ambito di tale inchiesta ci sono anche due noti imprenditori ai vertici della società Tecnis, considerata un colosso delle costruzioni con 1.200 lavoratori in organico;
   alla bufera giudiziaria è seguita l'interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Catania a carico dell'azienda che è stata quindi commissariata;
   nei prossimi giorni dovrebbe essere già nominato il commissario prefettizio, ma la situazione resta comunque critica e i lavori per i raddoppio Spoleto-Campello rischiano di fermarsi ancora una volta;
   inoltre, come riferito dalla Cgil, sui venticinque dipendenti che lavorano al cantiere e che da quasi tre mesi non percepiscono più lo stipendio incombe l'ipotesi della cassa integrazione straordinaria che potrebbe scattare a partire dal 15 dicembre 2015 –:
   se il Governo sia a conoscenza dell'annosa vicenda che interessa il cantiere in questione e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per arrivare al completamento di un tratto di appena 10 chilometri che viene rinviato da ben quattordici anni e la cui ultimazione è di fondamentale importanza per il trasporto ferroviario locale dell'Umbria, visto che proprio la mancanza del doppio binario comporta ritardi ai treni anche di quaranta minuti. (5-07065)

Interrogazione a risposta scritta:


   CRIPPA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-04203 depositata in data 26 marzo 2014 indirizzata i Ministri dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti, il firmatario del presente atto chiedeva informazioni riguardanti, tra le altre, la rotatoria che sorge lungo la strada statale 32 «Ticinese», all'altezza del bivio con la SP83 e Cascina Rosa, segnalando peraltro come questa risultasse già ai tempi priva della prevista illuminazione (in quanto al centro vi sorge una torre faro) e di qualsiasi tipo di segnaletica temporanea;
   con risposta pervenuta al sottoscritto in data 6 agosto 2014 a firma del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore Lupi, il Governo informava di come, secondo le informazione da esso raccolte, «[...] il suddetto impianto di illuminazione risulta regolarmente funzionante [...]»;
   come si può leggere dall'articolo pubblicato in data 19 novembre 2015 sul sito www.corrieredinovara.it dal titolo: «Strada statale 32 chiusa parzialmente al traffico», si apprende di come la «Strada statale 32 chiusa nel tratto compreso tra la rotonda della Procos e la rotonda di Cavagliano, che conduce all'aeroporto di Cameri. Qui per cause in fase di ricostruzione da parte della polizia stradale di Novara un'autovettura è andata a sbattere contro la torre faro, danneggiandola gravemente alla base»;
   nell'aggiornamento pubblicato poche ore dopo sullo stesso sito web già citato dal titolo: «Ancora chiusa l'ex statale 32: riapertura probabile nel pomeriggio», si riporta come «Intanto i residenti in zona lamentano l'assenza di illuminazione. “Quella rotonda – riferisce Federico Mazzaron – è sempre spenta. Ovvio che, con la nebbia, diventi pericolosa ! Sono giorni che, con questa forte nebbia, la rotonda non si vede nemmeno e sono anni che i residenti chiedono un immediato intervento”» –:
   se si intenda provvedere riguardo all'ormai continua e palese mancanza di fornitura elettrica all'impianto installato presso la rotonda in questione;
   se possano, dopo aver contattato tutti gli enti preposti, indicare una data precisa entro cui tale impianto di illuminazione entrerà definitivamente in funzione;
   una volta in funzione, se si intenda verificare periodicamente che il soggetto competente per la gestione e manutenzione dell'impianto provveda realmente all'erogazione del servizio. (4-11225)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 18 novembre 2015, in seguito ai fatti di Parigi, si è svolta a Cosenza una riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica per fare il punto sulle misure di prevenzione del terrorismo islamico;
   tra i punti all'ordine del giorno vi era anche il carcere di Rossano, la struttura che ospita ventuno detenuti stranieri accusati di terrorismo, uno dei quali appartenente all'ISIS e uno all'ETA, oltre a diciannove integralisti islamici, tutti condannati con pena definitiva, al fine di analizzare le misure di sicurezza predisposte con riferimento allo stesso;
   si è, inoltre, discusso dell'episodio verificatosi nel carcere di Rossano all'indomani degli attentati di Parigi, quando almeno quattro dei terroristi islamici detenuti nella sezione speciale del penitenziario calabrese, dopo aver appreso la notizia della strage, avrebbero esultato inneggiando alla «liberazione» della Francia dagli «infedeli»;
   lo stesso giorno il segretario generale del SAPPE ha denunciato come nella sezione speciale del carcere di Rossano nella quale sono ristretti i terroristi islamici vi sia «un livello di sicurezza pari a zero» e come l'inadeguatezza della struttura determini un rischio altissimo per la sicurezza;
   la decisione presa nell'ambito del predetto vertice di innalzare il livello di sicurezza del carcere, unico in Italia a ospitare jihadisti, con un pattugliamento armato all'esterno della struttura, non appare all'interrogante sufficiente a garantire la messa in sicurezza della struttura detentiva e dell'intera città, mentre, invece, si dovrebbe provvedere al trasferimento dei terroristi in strutture site in località isolate, lontane dai centri abitati –:
   se siano informati dei fatti di cui in premessa e se non ritengano di disporre con urgenza il trasferimento dei detenuti di cui in premessa al fine di garantire adeguati livelli di sicurezza sia all'interno della struttura carceraria sia al suo esterno. (4-11228)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dopo gli attacchi terroristici che hanno colpito sia l'Europa, sia, stando a quanto emerso dalle indagini in corso sul disastro aereo dell'airbus A321, la Russia, l'innalzamento dei livelli di allerta dovrebbe imporre un ragionamento complessivo sulla strategia di difesa del nostro territorio e dei cittadini;
   il 12 novembre 2015, giorno che ha preceduto gli attentati di Parigi, si è svolto un blitz antiterrorismo dei carabinieri in Italia e in altri Paesi d'Europa, sulla base di tre anni di indagini, nell'ambito del quale sono state eseguite ordinanze di custodia per diciassette persone accusate di associazione con finalità terroristiche aggravate dalla trans nazionalità, sette delle quali si trovavano in Italia;
   secondo quanto emergerebbe dalle oltre milleduecento pagine dell'inchiesta, gli indagati si stavano concentrando sull'organizzazione di attentati all'estero, con particolare riferimento alla Norvegia, ma soprattutto nell'azione di reclutamento di volontari da avviare alla causa del terrorismo con modalità suicide;
   crocevia e centro nevralgico di questa organizzazione criminale sarebbe la città di Merano, in Alto Adige, dove risiedono quattro degli indagati, mentre altri due si troverebbero a Bolzano ed uno in un comune limitrofo;
   stando alle intercettazioni telematiche e telefoniche la struttura altoatesina aveva allestito una vera e propria sede logistica nell'abitazione dell'indagato, Nauroz Adbul Rahman, attualmente in carcere a Trento, dove si svolgevano anche momenti di «formazione» per i più giovani, con l'ausilio delle immagini dei video prodotti e diffusi dall'ISIS sulle decapitazioni degli infedeli;
   stando all'inchiesta nell'agosto del 2014 gli indagati avrebbero festeggiato la decapitazione del giornalista americano James Wright Foley;
   le tempistiche con cui si è addivenuti all'arresto hanno subito dei rallentamenti procedurali non indifferenti, in quanto, dopo tre anni di indagini dei Ros, alla richiesta di arresto degli indagati fatta più di un anno fa dalla, procura di Roma, a firma del capo del pool antiterrorismo, l'ordinanza di applicazione di custodia cautelare per i diciassette indagati sarebbe stata emessa ben otto mesi più tardi, ai quali sono seguiti ulteriori quattro mesi per effettuare le traduzioni in curdo;
   quattro giorni dopo gli arresti, e in seguito al trasferimento dell'inchiesta alla procura di Trento per la competenza territoriale, il procuratore capo trentino ha revocato le misure cautelari per i sette presunti terroristi, scarcerandone due mentre gli altri cinque risultano essere irreperibili;
   uno degli arrestati, attualmente in carcere a Trento, risponde al nome di Nauroz Abdul Rahman ed era particolarmente attivo sul web con azioni di reclutamento e lezioni «di terrorismo» svolte nel suo appartamento di Merano;
   stando alle indagini nelle riunioni svolte nella sua abitazione si tentava di convincere gli allievi a «partecipare a azioni di guerra o terroristiche suicide», al fine di «uccidere ebrei e americani prima di avere pace»;
   il Nauroz viveva sul territorio italiano in qualità di rifugiato politico avendo raccontato di essere stato minacciato di morte da Ansar Al Islam, l'organizzazione di cui invece risulterebbe far parte;
   in forza di questo status, Nauroz godeva di un sussidio sociale e l'affitto dell'appartamento in cui risiedeva, sede logistica del gruppo terrorista, era a carico pubblico, come confermato dal diretto interessato che, in una telefonata, tranquillizza l'interlocutore affermando: «Devo essere paziente. Ricevo denaro e mi continuano a pagare l'affitto. Se loro interrompono i pagamenti, ti faccio sapere»;
   un altro degli arrestati, Hasan Samar, personaggio che secondo le indagini intendeva arruolarsi con Al Baghdadi, risulta che vivesse con un assegno familiare di duemila euro mensili per mantenere i suoi cinque figli –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, e quali iniziative intendano porre in essere per rispondere al necessario innalzamento delle soglie d'attenzione sul fenomeno del terrorismo;
   se non ritengano le attuali tempistiche della giustizia incompatibili con la pericolosità e fluidità del fenomeno terrorismo e in caso affermativo, quali iniziative di competenza intendano adottare in merito;
   sulla base di quali requisiti il Nauroz sia stato riconosciuto idoneo a vedersi attribuire lo status di rifugiato per ragioni politiche, e quali siano state le prove documentali e testimoniali che avrebbero suffragato l'esistenza degli stessi;
   se corrisponda al vero che il cittadino straniero Hasan Samar percepisca il citato assegno mensile e se non ritengano opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per la sua sospensione, visto il suo documentato coinvolgimento in attività criminali. (4-11229)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   indubbiamente la legge sulla «Buona Scuola», legge 13 luglio 2015, n. 107, è una buona legge e contiene passaggi molto interessanti rispetto all'inclusione di bambini che presentano difficoltà di vario tipo. Al comma 7 dell'articolo 1 recita, tra l'altro: «(...) potenziamento dell'inclusione scolastica e del diritto allo studio degli alunni con bisogni educativi speciali attraverso percorsi individualizzati e personalizzati anche con il supporto e la collaborazione dei servizi sociosanitari ed educativi del territorio e delle associazioni di settore»;
   la legge sull'autismo «Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie (legge 134, del 18 agosto 2015)», all'articolo 5 afferma: «Il Ministero della salute promuove lo sviluppo di progetti di ricerca riguardanti la conoscenza del disturbo dello spettro autistico e le buone pratiche terapeutiche ed educative;
   nel gennaio 2015 la revisione dei livelli essenziali di assistenza che il servizio sanitario nazionale garantisce ai «minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico» prevedeva anche la «collaborazione con le istituzioni scolastiche per l'inserimento e l'integrazione nelle scuole di ogni ordine e grado, in riferimento alle prestazioni previste dalla legge 104/1992 e successive modificazioni e integrazioni»;
   nonostante quanto stabilito dalle due leggi citate, approvate a poca distanza l'una dall'altra nell'arco di un mese, entrambe volte alla piena integrazione dei bambini con disturbi dello spettro autistico e alla assistenza alle loro famiglie, si segnala il caso avvenuto a Trieste dove un bambino di 8 anni, ha frequentato come ripetente soltanto il primo giorno della seconda elementare pubblica. Il secondo giorno ha avuto una crisi, caratterizzata da un comportamento aggressivo che la maestra non è stata in grado di gestire. Quando si è presentato il terzo giorno i dirigenti e gli insegnanti hanno obbligato la madre che lo accompagnava a firmare per l'educazione parentale perché altrimenti avrebbero chiamato l'ambulanza;
   la madre allora, avendo visto che tutte le sue richieste si rivelavano inutili, ha provveduto ad allestire una scuola in casa, ed ha utilizzato le competenze di uno psicologo esperto assunto privatamente, che è riuscito a creare una relazione sufficientemente normalizzata con il bambino;
   è da notare che durante l'estate la madre aveva chiesto in base alla legge n. 104 del 1992 una certificazione, che le era stata negata proprio dalla commissione di Trieste, dove siede anche il rappresentante dei servizi sociali del comune. Questo nonostante il bambino fosse seguito dalla neuropsichiatria infantile da oltre un anno. La madre aveva anche preannunciato alla dirigente scolastica la sindrome del figlio, senza ottenere nessuna misura concreta;
   il vero aspetto paradossale della situazione è che dopo questi fatti, i servizi sociali del comune di Trieste avrebbero accusato la madre di avere interrotto l'educazione del figlio, ed il tribunale dei minori avrebbe prelevato il bambino, mettendolo in casa famiglia, dove sarebbe ancora rinchiuso a distanza di quasi un anno. Da allora il bambino sarebbe sottoposto ad un trattamento farmacologico di 25 gocce al giorno di promazina (Talofen);
   sarebbero ormai diversi mesi che il bambino non vive più con la mamma tra poco un anno. Il 29 dicembre sarebbero arrivati in 9, tutti in borghese, per portarlo via come previsto dal decreto del tribunale per i minorenni di Trieste. La mamma, S. non sarebbe stata avvertita. Le avrebbero consegnato il decreto ed avrebbero imposto il trasferimento del bambino presso la comunità. Il padre, un rifugiato curdo, da alcuni mesi non viveva più con la madre, che si è trovata a fronteggiare la situazione da sola e che da allora non ha più potuto contare su una sorta di alleanza né con i servizi scolastici né con quelli sociali;
   l'intervento dei servizi sociali avrebbe interrotto un percorso psico-educativo che in soli tre mesi aveva portato il bambino a un discreto inserimento scolastico, con l'assistenza per 4 ore al giorno di uno psicopedagogista privato, e dall'altro la continuità della cura che l'IRCCS La Nostra Famiglia di Udine aveva intrapreso con successo, evitando il ricorso a neurolettici come il risperidone e la promazina;
   il fatto concreto è che in Italia gli insegnanti di sostegno non sono sufficientemente esperti per trattare i bambini anche durante le loro crisi, senza fare del male ai bambini e senza farsi fare del male. Insegnanti ed educatori non sanno prevenire né gestire le crisi, perché non conoscono le strategie educative necessarie per una piena presa in carico di questi bambini, nonostante le affermazioni contenute nelle due leggi di cui sopra;
   non c’è dubbio che la presa in carico dei minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico preveda un'azione congiunta e coordinata tra servizi scolastici e servizi socio-sanitari, ma alla prova dei fatti questa integrazione è sempre deficitaria e chi paga un prezzo altissimo sono i bambini e le loro famiglie;
   l'inadeguatezza delle competenze degli insegnanti, compresi quelle degli insegnanti di sostegno, crea dei circuiti pericolosi, per cui si supplisce con la somministrazione di psico-farmaci alla mancanza dei giusti interventi sul piano psico-pedagogico, Si creano nel tempo situazioni di rischio ulteriore, come è stato recentemente ricordato anche al Parlamento europeo e come ha ribadito il Ministro Lorenzin in occasione della XXV giornata dei diritti dei minori –:
   quali iniziative e concrete stia attualmente adottando il Ministro per rendere operativo quanto affermato nella legge sulla «buona scuola» in merito alla integrazione di bambini con disabilità;
   quanti siano in effetti i bambini attualmente totalmente o parzialmente esclusi dal servizio di integrazione socio-psico-pedagogica delle scuole, essendo questa esperienza la più importante chance per ognuno di loro per sviluppare ambiti di socializzazione e di sviluppo di competenze con i coetanei. (3-01863)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, PANNARALE, GIANCARLO GIORDANO, MARCON, MELILLA, DURANTI, FERRARA, SCOTTO, FRATOIANNI, COSTANTINO, QUARANTA e SANNICANDRO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 19 novembre 2015 la testata online Senigallia Notizie ha riportato la notizia della denuncia mossa dal professor Luciano Montesi, docente dell'istituto comprensivo Centro-Fagnani di Senigallia e rappresentante sindacale, il quale ha annunciato di voler depositare un esposto alla procura della Repubblica sulla gestione del personale nella scuola;
   il rappresentante sindacale sostiene che le misure di spending review, previste nella legge di stabilità 2014, abbiano creato condizioni tali da incidere in modo estremamente negativo sulla qualità del servizio scolastico;
   in particolare – secondo il rappresentante sindacale – i collaboratori scolastici non verrebbero sostituiti per i primi sette giorni di assenza, così come gli insegnanti per il primo giorno, mentre il personale di segreteria non verrebbe sostituito affatto. Ciò produrrebbe disfunzioni nelle pulizie e nella vigilanza degli alunni, una pessima qualità della didattica ed un sovraccarico di lavoro per il personale in servizio;
   tra le pratiche irregolari denunciate dal rappresentante sindacale vi è il ricorso ai docenti di sostegno come sostituti degli insegnanti assenti, a scapito dell'attività con bambini affetti da patologie o disabilità; la redazione da parte delle insegnanti della scuola materna di una «graduatoria di gravità delle difficoltà dei bambini» per consentire alle maestre con casi meno «gravi» di fare sostituzioni; oltre a richieste di cambi di plesso, per sostituire i colleghi assenti, sia per i docenti che per i collaboratori scolastici;
   episodi di analoga gravità interesserebbero anche la scuola media dell'istituto comprensivo citato, dove, agli insegnanti che si rendono disponibili per lo svolgimento delle attività alternative all'insegnamento della religione cattolica, verrebbe chiesto di «dichiarare la propria disponibilità a fare sostituzioni, trascinandosi, in tal caso, per le classi i ragazzi con cui dovrebbero fare attività alternativa». In caso di mancata disponibilità degli stessi, non verrebbero più assegnate tali ore di insegnamento;
   a diversi docenti sarebbe, inoltre, chiesto di rinunciare al proprio giorno libero, spesso con scarsissimo preavviso, attraverso pressioni indebite;
   molte classi con insegnanti assenti, per i quali non è possibile individuare dei sostituti, verrebbero «spezzate», con conseguente ripartizione degli alunni tra una classe e l'altra, con significativi disagi per l'attività didattica anche a causa del sovraffollamento nelle classi, che arrivano a contenere 28 o 29 bambini in aule da 25 –:
   se il Ministro interrogato considerata la gravità delle contestazioni mosse, non ritenga opportuno inviare degli ispettori del Ministero presso l'istituto comprensivo Centro-Fagnani di Senigallia, al fine di verificare la sussistenza delle stesse;
   in caso di esito positivo dell'accertamento, quali iniziative intenda adottare per far fronte ai disagi causati dalla spending review e per garantire un servizio scolastico dignitoso. (5-07066)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VALERIA VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   relativamente alla prova di ammissione ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia per l'anno accademico 2015/2016, con decreto ministeriale n. 463 del 3 luglio 2015, articolo 2, comma 2, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca stabiliva che: «La prova di ammissione consiste nella soluzione di sessanta quesiti che presentano cinque opzioni di risposta, tra cui il candidato deve individuarne una soltanto, scartando le conclusioni errate, arbitrarie o meno probabili, su argomenti di: cultura generale e ragionamento logico; biologia; chimica; fisica e matematica. Sulla base dei programmi di cui all'Allegato A, che costituisce parte integrante del presente decreto, vengono predisposti: due (2) quesiti di cultura generale; venti (20) di ragionamento logico; diciotto (18) di biologia; dodici (12) di chimica; otto (8) di fisica e matematica»;
   il medesimo decreto ministeriale n. 463 del 3 luglio 2015 fissava per le ore 11,00 del giorno 8 settembre 2015 lo svolgimento delle prove concorsuali, su tutto il territorio nazionale, assegnando un tempo di cento minuti;
   con successivo decreto interministeriale 29 luglio 2015 n. 517, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, relativamente al riparto dei posti tra le università per le immatricolazioni, per l'anno accademico 2015-2016, determinava in n. 9530 i posti a livello nazionale per le immatricolazioni al corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia, destinati agli studenti comunitari e non comunitari residenti in Italia, di cui all'articolo 26 della legge 30 luglio 2002, n. 189, precisando che essi «sono ripartiti fra le Università secondo la tabella allegata, che costituisce parte integrante del presente decreto»;
   nella citata tabella, al Campus Bio-Medico di Roma venivano assegnati n. 120 posti per le immatricolazioni;
   precedentemente ai decreti ministeriali sopra citati, con decreto del rettore n. 75 del 17 aprile 2015, l'università Campus Bio-Medico di Roma provvedeva ad emanare il bando di concorso per l'ammissione degli studenti al primo anno del corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia, stabilendo i posti disponibili (122) per l'anno accademico 2015/2016, salvo diversa, successiva attribuzione dei posti da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   il bando di concorso, che costituisce parte integrante del decreto rettorale sopra citato, stabilisce una prova scritta della durata di 2 ore e 30 minuti consistente in un test di 100 domande a risposta multipla di cui: logica (50 domande); biologia (15 domande); chimica (15 domande); fisica (10 domande); matematica (10 domande). Lo svolgimento della prova è fissato alle ore 10,00 del 27 agosto 2015;
   alla prova scritta è assegnato un punteggio massimo di 50 punti (0,5 punti per ogni risposta esatta x 100);
   sono ammessi alla prova orale, da tenersi nei giorni 2-3-4 settembre 2015, i candidati classificati nei primi 500 posti della graduatoria parziale di merito;
   la commissione esaminatrice del Campus Bio-Medico valuta la prova orale sostenuta da ciascun candidato formulando un giudizio al quale corrisponde un punteggio che va da un minimo di nove punti ad un massimo di 45 punti;
   i criteri di selezione, previsti ed applicati per la ammissione ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia per l'anno accademico 2015/2016 al Campus Bio-Medico di Roma, risultano aver derogato ampiamente ai criteri fissati dai Ministri interrogati, con riferimento al numero dei quesiti proposti dal Campus Bio-Medico di Roma prevedendo n. 100 quesiti, a fronte dei 60 stabiliti dai Ministro, nonché fissando un punteggio massimo di 50 punti riservato alla prova scritta e un punteggio pressoché analogo assegnato alla prova orale, previsto fino ad un massimo di 45 punti, sebbene la prova orale sia consistita in un colloquio non inerente alle materie oggetto della prova scritta, bensì relativo ad argomenti riguardanti il tempo libero dei candidati, le loro preferenze in campo cinematografico o culinario, soggettive valutazioni sui personaggi della storia contemporanea ritenuti più significativi dai candidati medesimi;
   la prova orale, pertanto, pur essendo consistita in un colloquio a giudizio dell'interrogante decisamente generico e privo di valenza oggettiva, tanto nelle domande quanto nelle risposte, ha, di fatto, costituito elemento determinante per la selezione dei candidati ammessi ai corsi;
   la ragione della persistenza del numero chiuso per l'accesso a specifici corsi di laurea è il mantenimento della adeguatezza dell'offerta didattico-pratica delle università in rapporto al numero di studenti iscritti, nonché la valutazione di ragionevoli prospettive del loro successivo inserimento professionale, una volta acquisiti i titoli di studio ad accesso programmato;
   nel quadro di principi di valenza costituzionale, quali il diritto alla studio e alla libertà di realizzazione del progetto di vita di ciascuno, la selezione degli ammessi ai corsi di laurea a numero programmato, nelle direttive previste dall'ordinamento, deve, pertanto, conseguirsi attraverso la selezione dei più meritevoli, tra i richiedenti l'accesso, utilizzando, a tale finalità, criteri massimamente oggettivi e sottratti alla mera discrezionalità delle commissioni esaminatrici –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della difformità delle modalità di selezione adottate dal campus biomedico di Roma per l'ammissione ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia per l'anno accademico 2015/2016 rispetto ai criteri fissati a tal fine dai Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della salute e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere con riferimento alla selezione anzidetta nonché a quelle che seguiranno, per la iscrizione ai corsi del prossimo anno accademico e dei successivi, perché siano rispettati i principi dettati dalla normativa nazionale in materia di accesso ai corsi di laurea a numero programmato. (4-11230)


   MINARDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   per l'anno scolastico 2016/2017 è stato avviato un piano straordinario di mobilità territoriale e professionale su tutti i posti vacanti dell'organico dell'autonomia, rivolto ai docenti assunti a tempo indeterminato entro l'anno scolastico 2014/2015. Tale personale partecipa, a domanda, alla mobilità per tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia, di cui all'articolo 399, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, per tutti i posti vacanti e disponibili inclusi quelli assegnati in via provvisoria nell'anno scolastico 2015/2016 ai soggetti di cui al comma 96, lettera b), assunti ai sensi del comma 98, lettere b) e c);
   successivamente, i docenti di cui al comma 96 lettera b) assunti a tempo indeterminato a seguito del piano straordinario di assunzioni ai sensi del comma 98, lettere b) e c) e assegnati su sede provvisoria per l'anno scolastico 2015/2016, partecipano per l'anno scolastico 2016/2017 alle operazioni di mobilità su tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, ai fini dell'attribuzione dell'incarico triennale;
   limitatamente all'anno scolastico 2015/2016, i docenti assunti a tempo indeterminato entro l'anno scolastico 2014/2015, anche in deroga al vincolo triennale sopra citato, possono richiedere l'assegnazione provvisoria interprovinciale. Tale assegnazione può essere disposta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel limite dei posti di organico dell'autonomia disponibili e autorizzati;
   il comma 108 dell'articolo 1 della legge 13 luglio, n. 107, riguardante il piano straordinario di mobilità, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia, non è rivolto a tutte le categorie dei docenti assunti a tempo indeterminato, ma riguarda:
    a) «...docenti assunti a tempo indeterminato entro l'anno scolastico 2014/2015...»;
    b) «...docenti di cui al comma 96 lettera b) (...gli iscritti a pieno titolo (...) nelle graduatorie ad esaurimento (...) assunti a tempo indeterminato a seguito del piano straordinario di assunzioni ai sensi del comma 98, lettera b) (... docenti che non risultano destinatari di proposta di assunzione nella fase a ...) e lettera c) (...docenti che non risultano destinatari della proposta di assunzione nelle fasi a o b (...)»;
   rimangono immotivatamente esclusi dal piano straordinario di mobilità 2016-2017 i docenti assunti a tempo indeterminato per primi nel 2015 (fase ZERO ed A), cioè quei docenti indicati al comma 98 lettera a) [i soggetti di cui al comma 96, lettere a) e b)] assunti entro il 15 settembre 2015, nel limite dei posti vacanti e disponibili in organico di diritto di cui al primo periodo del comma 95, secondo le ordinarie procedure di cui all'articolo 399 del testo unico di cui decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni) ovvero quei docenti che sono stati assunti con la vecchia normativa su posti vacanti e disponibili, che comunque sarebbero stati dati per l'immissione in ruolo anche senza il piano straordinario di assunzioni;
   ci si chiede come mai tale piano di mobilità straordinario previsto per l'anno scolastico 2016-2017 include:
    a) docenti già immessi in ruolo nell'anno scolastico 2014-2015 (legati al vincolo triennale suddetto) ai quali la deroga a tale vincolo è stata palesemente concessa perché sarebbero stati danneggiati ai fini della mobilità 2016-2017, dal piano straordinario di immissioni in ruolo 2015;
    b) docenti che verranno assunti nelle fasi b) e c) del piano straordinario di assunzioni 2015;
   si escludono invece da tale piano straordinario di mobilità soltanto i docenti assunti a tempo indeterminato per primi (fase ZERO ed A) entro il 15 settembre 2015, che resterebbero di fatto gli unici legati al vincolo triennale di permanenza nella provincia, e quindi anche gli unici danneggiati ai fini della mobilità, dal piano straordinario di immissioni in ruolo 2015 (pur non facendone parte di fatto da quest'ultimo come i docenti immessi in ruolo nell'anno scolastico 2014-2015). Ci si chiede perché quest'ultima categoria di docenti (immessi in ruolo nelle fasi ZERO ed A nel 2015), che oltretutto bene ricordare occupavano meritatamente le prime posizioni delle Graduatorie ad esaurimento o delle graduatorie di merito del concorso docenti bandito nel settembre 2012, non sarebbe meritevole di partecipare a suddetta mobilità straordinaria, come tutte le altre categorie di insegnanti e perché si sia verificata questa disparità di trattamento;
   per l'anno scolastico 2016/2017 è avviato un piano straordinario di mobilità territoriale e professionale su tutti i posti vacanti dell'organico dell'autonomia, rivolto ai docenti assunti a tempo indeterminato:
    a) entro l'anno scolastico 2014/2015;
    b) entro il 15 settembre 2015 (fase ZERO ed A) secondo le ordinarie procedure di cui all'articolo 399 del testo unico di cui del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni;
   tale personale partecipa, a domanda, alla mobilità per tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia, di cui all'articolo 399, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, per tutti i posti vacanti e disponibili inclusi quelli assegnati in via provvisoria nell'anno scolastico 2015/2016 ai soggetti di cui al comma 96, lettera b), assunti ai sensi del comma 98, lettere b) e c). Successivamente i docenti di cui al comma 96, lettera b), assunti a tempo indeterminato a seguito del piano straordinario di assunzioni ai sensi del comma 98, lettere b) e c), e assegnati su sede provvisoria per l'anno scolastico 2015/2016, partecipano per l'anno scolastico 2016/2017 alle operazioni di mobilità su tutti gli ambiti territoriali a livello nazionale, ai fini dell'attribuzione dell'incarico triennale. Limitatamente all'anno scolastico 2015/2016, i docenti assunti a tempo indeterminato entro l'anno scolastico 2014/2015, anche in deroga al vincolo triennale sopra citato, possono richiedere l'assegnazione provvisoria interprovinciale. Tale assegnazione può essere disposta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel limite dei posti di organico dell'autonomia disponibili e autorizzati –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare, a livello normativo, per includere nel piano straordinario di mobilità previsto dal comma 108 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia, anche i docenti assunti a tempo indeterminato per primi (fase ZERO ed A) entro il 15 settembre 2015, secondo le ordinarie procedure di cui all'articolo 399 del testo unico di cui del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni. (4-11232)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LABRIOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Ilva è una società per azioni, attualmente in amministrazione straordinaria, che si occupa prevalentemente della produzione e trasformazione dell'acciaio, nata dalla dismessa Italsider con il nome della originaria azienda fondata nel 1905, derivante dal nome latino dell'isola d'Elba, dalla quale era estratto il minerale di ferro che alimentava i primi altiforni costruiti in Italia a fine Ottocento;
   le numerose problematiche legate allo stabilimento di Taranto sono state affrontare dall'interrogante in diversi atti di sindacato ispettivo nel corso della corrente legislatura e numerosi sono stati gli interventi legislativi volti a sanare gli effetti devastanti da esse derivanti;
   si è ritornato recentemente a parlare di Ilva a seguito di un incedente mortale occorso all'interno dello stabilimento. La vittima, come riporta il quotidiano on line «IlFattoquotidiano.it» in un articolo del 17 novembre 2015, è Cosimo Martucci, 49enne di Massafra (Taranto), operaio della ditta d'appalto Pitrelli. L'incidente sarebbe avvenuto nel reparto agglomerato a seguito di lavori di smontaggio di una canna fumaria;
   quindi, come riporta la stampa, a causa dell'incidente i sindacati avrebbero indetto per lo stesso giorno uno sciopero dei lavoratori, protrattosi fino allo ore 7 del giorno successivo (18 novembre) in segno di protesta;
   inoltre, il sito www.inchiostroverde.it ha pubblicato il 18 novembre 2015 un articolo in cui si segnala che dopo l'incidente del giorno prima, presso l'Ilva di Taranto, nel reparto Cco1 (colata continua) si sia verificato un ulteriore incidente, durante la fase di colaggio, consistente in un'esplosione con fuoriuscita di un certo quantitativo di acciaio fuso;
   sempre secondo l'articolo non ci sarebbero state gravi conseguenze per i lavoratori, e sembrerebbe che un operaio sia stato portato nell'infermeria dello stabilimento per un malore causato dal forte spavento;
   i reparti di colata continua del complesso siderurgico non sono nuovi ad incidenti, infatti, l'8 giugno 2015, presso l'altoforno 2, aveva perso la vita, quattro giorni dopo l'accaduto, l'operaio Alessandro Morricella a seguito di una fiammata, mentre era intento a misurare la temperatura della ghisa, che lo aveva ustionato gravemente;
   come si legge da un articolo de il Sole 24 Ore, pubblicato il 16 giugno 2015, la procura della Repubblica di Taranto avrebbe avviato un'inchiesta per omicidio colposo a carico di ben 10 responsabili d'area, di reparto e tecnici;
   la procura avrebbe aperto una doppia inchiesta, una riguardante l'alto forno 2, per cercare di capire cosa abbia determinato l'incidente, e l'altra relativa all'accertamento delle caratteristiche e dell'idoneità degli indumenti di protezione usati dal personale dell'Ilva addetto ai piani di colata degli altiforni;
   inoltre, viene evidenziato che i commissari dell'Ilva, Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi, hanno diffuso dati relativi alla gestione dell'azienda nel periodo che va dal 21 gennaio 2015 al 30 aprile scorso: per gli infortuni invalidanti l'indice degli infortuni sarebbe passato da 34 del 2014 a 28 del 2015, mentre l'indice sarebbe stato di 39 nel 2013 e di 42 nel 2012; per gli infortuni indennizzati l'indice del 2015 sarebbe di 24 contro il 27 del 2014, il 30 del 2013 ed il 33 del 2012. Infine, l'indice di gravità, secondo i dati forniti, risulterebbe dello 0,8 per cento nel 2015 contro l'1 per cento del 2014 e l'1,1 per cento del 2012;
   un ulteriore articolo, pubblicato il 9 luglio 2015 su Repubblica.it, riporta che, presso l'altoforno 1 dell'impianto di Taranto, sia avvenuto un altro incidente, il secondo in un mese dalla morte dell'operaio Morricella, a danno di un operaio della ditta appaltatrice Losa, impegnata per conto della Paul Wurth nelle attività per il rifacimento dell'altoforno. L'operaio avrebbe riportato ustioni di primo e secondo grado al viso causate da un getto di vapore fuoriuscito da un automezzo su cui stava lavorando;
   occorrerebbe chiarire quale sia il numero complessivo degli incidenti che avvengono all'interno dello stabilimento inclusi quelli di minor conto non riportati dalla stampa ma ugualmente lesivi per la sicurezza e la salute degli operai dell'intero impianto –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e di quali ulteriori dati siano in possesso;
   quali iniziative urgenti di competenza intendano adottare per salvaguardare la salute degli operai dello stabilimento ed in che modo intendano intervenire;
   se non ritengano, anche di concerto con gli enti locali, inviare ispettori per valutare, per quanto di competenza, la reale situazione di sicurezza degli impianti ed eventuali responsabilità. (5-07069)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANNI FARINA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nella XVI legislatura il 17 marzo 2010 l'interrogante aveva presentato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-06546 sull'istituto Diomede Carafa di Ariano Irpino (Avellino), che era stata ripresa da diversi giornali cartacei e online irpini; nell'interrogazione si evidenziava in particolare che, sul sito internet dell'istituto, risultava che una delle insegnanti, Cecilia Majello Sampietro, fosse titolare dell'istituto e si rilevava che la stessa fosse chiamata preside;
   in seguito, la dottoressa Cecilia Majello Sampietro smentì pubblicamente alcune delle constatazioni dell'interrogante; in particolare, tra le dichiarazioni della dottoressa, desta particolare attenzione, secondo l'interrogante, l'affermazione della stessa di non essere né preside, né dirigente scolastico, bensì di svolgere la funzione di direttrice/gestore;
   quindi di essere sì amministratore dell'istituto Diomede Carafa srl, che è configurato commercialmente come ditta individuale, ma anche dipendente dell'impresa, quale direttrice/gestore –:
   se all'INPS risulti quanto dichiarato in premessa e, in caso affermativo, ciò sia conforme alla normativa vigente;
   se il Diomede Carafa srl corrispondesse i contributi INPS e INAIL per la dipendente direttrice/gestore Cecilia Majello. (4-11233)

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POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI e GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   da diversi anni, l'ufficio brevetti dell'Unione europea, – European Patent Office (EPO) – ha iniziato a rilasciare brevetti di tipo industriale per colture, o processi di coltivazione, tradizionali, registrando così pomodori con minor quantità di acqua, broccoli ad alto contenuto di proprietà antitumorali e, da ultimo, peperoni senza semi; brevetto, questo, riferito a tali prodotti, rilasciato alla multinazionale Syngenta qualche mese fa;
   il peperone, pensato per non contenere semi all'interno e creato senza utilizzare alcuna tecnica, di ingegneria genetica potrà essere venduto come prodotto fresco, tagliato o lavorato, per esempio in scatola; il brevetto rilasciato alla Syngenta copre la trattazione della pianta, la coltivazione, il raccolto e le sementi;
   allo stato attua A la normativa europea sui brevetti, in particolare l'articolo 53 b) della Convenzione europea del brevetto, non prevede che sulle tecniche di coltura convenzionali vengano apposti brevetti; in particolare, non è ammessa la brevettazione di varietà vegetali o di razze animali e non è ammessa la brevettazione di procedimenti essenzialmente biologici per l'ottenimento di vegetali o di animali, con l'esclusione dei procedimenti microbiologici ed i prodotti ottenuti mediante questi procedimenti;
   la logica che sottende a tale limitazione della possibilità di ottenere brevetti, è quella di salvaguardare la libera fruibilità degli incroci tra individui della stessa specie con caratteristiche diverse, incroci che avverrebbero spontaneamente in natura, pur con frequenze diverse; infatti, le nuove varietà vegetali vengono tradizionalmente tutelate nei Paesi europei, ricorrendo ad un titolo di privativa, il cosiddetto «brevetto vegetale», che viene concesso secondo i criteri della Convenzione della International Union for the Protection of New Varieties of Peanuts (UPOV) adottata nel 1961 e che, a livello comunitario, è gestito da una apposita agenzia denominata Community Plant Variety Office CPVO, tuttavia, anche in campo vegetale, per la tutela delle invenzioni biotecnologiche, da alcuni anni è stato dato spazio al «brevetto di tipo industriale», rilasciato, appunto, dall'EPO di Monaco, ma la differenza tra i due regimi è che la tutela secondo i principi dell'UPOV consente ad altri costitutori di varietà vegetali di utilizzare varietà protette per il proprio lavoro di ricerca, mentre la tutela di tipo industriale di norma non ammette questa facoltà;
   le associazioni a difesa delle sementi (tra cui No Patents on Seeds, o, per l'Italia, Rete Rurale) stanno da tempo segnalando il rischio che brevetto dopo brevetto, i «giganti sementieri», possano prendere il controllo della nostra catena alimentare, incoraggiando, di fatto, un ulteriore concentrazione del mercato e rendendo agricoltori e azionisti del settore alimentare ancor più dipendenti da un ristretto numero di grandi multinazionali, restringendo ulteriormente le possibilità di scelta dei consumatori;
   nonostante la normativa comunitaria appaia chiara, l'EPO continua comunque a concedere brevetti, ottenendo, come nei famosi casi di pomodoro e broccolo, anche il favore dell'Alta Camera dei Ricorsi e il rischio è quello che, ammettendo la brevettazione di una piante ottenibile esclusivamente attraverso un procedimento biologico, si finisce, di fatto, con l'estendere la privativa industriale anche nei confronti del processo biologico stesso, in netto contrasto con quanto stabilito dall'articolo 53 b) dalla Convenzione sul brevetto europeo;
   appare quindi evidente la necessità di fare chiarezza sulla normativa europea in materia di brevettabilità vegetale –:
   se, nell'ambito delle proprie competenze relativamente al fenomeno esposto in premessa, il Ministro interrogato non ritenga di intervenire, nelle apposite sedi europee al fine di richiedere un chiarimento della normativa in materia di rilascio di brevetti industriali per materie vegetali e animali, con l'obiettivo di tutelare la ricerca in campo vegetale e il miglioramento varietale. (5-07064)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO, BARONI, COLONNESE, DI VITA e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel giugno 2015 la prima firmataria del presente atto ha effettuato una verifica presso gli ospedali della provincia di Catania;
   da documenti consegnati dai responsabili del presidio ospedaliero di Paternò (CT) in merito ai passaggi di pronto soccorso, risulta che i dati di tale presidio ospedaliero differiscano da quelli indicati sul sito del piano nazionale esiti (PNE);
   in particolare, i dati degli accessi al pronto soccorso del 2013 in possesso della struttura ospedaliera di Paternò (CT) indicano in 29.795 passaggi, mentre quelli indicati sul sito del piano nazionale esiti (PNE) per il 2013 sono 26.065;
   i dati in possesso del presidio ospedaliero di Paterno risultano, in questo modo, maggiorati di oltre del 10 per cento rispetto a quelli pubblicati dal sito del piano nazionale esiti –:
   se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali risultino i dati ufficiali riguardanti gli accessi al pronto soccorso del presidio ospedaliero di Paternò (CT) per l'anno 2013, 2014, 2015;
   quali iniziative, per quanto di competenza, siano state intraprese per acquisire dati certi relativamente a tutti i presidi ospedalieri della regione siciliana per gli anni 2013, 2014, 2015. (5-07068)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DAGA, TERZONI, MICILLO, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in seguito all'inchiesta della trasmissione Report andata in onda in due parti, il 7 giugno 2015 e il 15 novembre 2015 il sindaco di Fontenuova Fabio Cannella e l'assessore all'ambiente Donatella Ibba sono stati costretti ad apporre i sigilli alla Casetta dell'acqua sita in piazza delle Rose in Santa Lucia di Fontenuova; 
   sempre dal servizio di Report, si apprende che la società installatrice della suddetta Casetta dell'acqua è la Anyacquae Srl di proprietà del figlio di Felice Maniero, ex boss della Mala del Brenta, la quale risulta gestire anche la Casetta dell'acqua del comune di Aprilia;
   a seguito dello scandalo emerso dall'inchiesta di giugno il sindaco non solo ha apposto i sigilli, ma ha anche commissionato analisi complete all'ufficio igiene alimenti e nutrizione della ASL RMG che hanno rivelato valori dell'arsenico presenti nell'acqua in uscita oltre 17 volte superiori rispetto all'acqua in entrata;
   inoltre, da analisi effettuate privatamente dallo stesso sindaco risultava una carica batterica dell'acqua in entrata estremamente inferiore a quella rilevata in uscita;
   nel proseguo dell'inchiesta è stato svelato il motivo di tali valori fuori limite: la totale mancanza di manutenzione ordinaria consistente nella pulizia e cambio dei filtri della Casa dell'acqua;
   le case dell'acqua risultano essere un costo aggiuntivo che i cittadini pagano surrettiziamente nelle bollette dell'acqua e non risultano agli interroganti essere un servizio infrastrutturale fondamentale per la comunità che già ha accesso all'acqua dai propri rubinetti di casa;
   la conferenza dei sindaci di Ato 2 ha autorizzato, con delibera n. 9 del 2014, il gestore Acea Ato 2 spa ad inserire negli investimenti coperti dalla tariffa del servizio idrico integrato, l'importo di circa 3 milioni di euro per la realizzazione a Roma di 100 case dell'acqua –:
   se il Governo intenda assumere iniziative normative, per quanto di competenza, che vadano a regolamentare e ad uniformare a livello nazionale le procedure di installazione e di manutenzione delle suddette case dell'acqua;
   se il Governo intenda assumere iniziative normative tese a favorire una riconversione di tali tipi di investimenti in vere opere infrastrutturali e, cioè, in manutenzione del sistema idrico e fognario piuttosto che in un servizio come quello delle case dell'acqua a giudizio degli interroganti non essenziale per la comunità;
   se il Governo intenda intraprendere iniziative normative atte a rivedere complessivamente la disciplina relativa alla rilevazione della qualità delle acque.
(4-11223)


   DI BATTISTA, PETRAROLI e PESCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Ente unico di supporto amministrativo regionale (ESTAR) – subentrato, a decorrere dal 1o gennaio 2015, ai tre ESTAV del servizio sanitario regionale, con successione a titolo universale in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi dei rapporti e riallocazione delle effettive risorse umane e strumentali – è competente in materia di approvvigionamento beni e servizi per le tre sezioni territoriali di area vasta della regione Toscana, Nord ovest, Centro e Sud est;
   il predetto ente, dotato di personalità giuridica pubblica e di autonomia amministrativa, organizzativa, contabile, gestionale e tecnica, è stato istituito ai sensi della legge regionale Toscana n. 40 del 2005 e successive modificazioni ed integrazioni, al fine di supportare le aziende sanitarie per i servizi tecnico-amministrativi;
   in particolare, l'ESTAR, nell'esercizio delle funzioni di cui alla lettera a) dell'articolo 101 della legge regionale n. 40 del 2005, in materia di approvvigionamento di beni e servizi, opera quale «central(e) di committenza ai sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e dell'articolo 1, comma 455 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per conto delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliero-universitarie e(d) (è) pertanto soggett(o) a tutte le disposizioni nazionali e regionali che disciplinano gli acquisti delle aziende stesse» (articolo 101, comma 1-bis, della legge regionale n. 40 del 2005);
   l'ESTAR, con bando pubblicato in data 27 maggio 2015, prot. 31571, in esecuzione della deliberazione del direttore generale n. 167 del 26 maggio 2015, ha indetto una procedura negoziale concorsuale per la fornitura di letti bilancia (Lotto 1) e poltrone bilancia (lotto 2) per le esigenze delle aziende USL 1 di Massa e Carrara, USL 2 di Lucca, USL 5 di Pisa, USL 6 di Livorno;
   completate le operazioni di gara si classificava prima la ditta che ha formulato l'offerta economicamente più vantaggiosa per un importo pari ad euro 123.851,63, la Malvestio s.p.a.;
   successivamente l'ESTAR, con determinazione del direttore di area portante n. 1089 del 3 agosto 2015, ha emesso un provvedimento di aggiudicazione definitiva in favore della predetta società Malvestio s.p.a. per la fornitura di letti bilancia (LOTTO 1) e poltrone bilancia (LOTTO 2) da destinare alle citate aziende USL della regione Toscana;
   con riferimento alla predetta gara, però, gli interroganti hanno appreso – dalla lettura di un ricorso al TAR presentato da una società che ha partecipato alla predetta procedura negoziata e dalla documentazione prodotta innanzi alla magistratura amministrativa – che il provvedimento di aggiudicazione potrebbe presentare alcuni rilevanti vizi di legittimità oltre a diverse gravi irregolarità;
   la stazione appaltante, nell'aggiudicare la gara, sembra, difatti, aver omesso di approfondire gli aspetti legali che caratterizzano il letto bilancia e la poltrona bilancia, quali dispositivi medici con funzione di misura, ritenendo validi, ai fini dell'aggiudicazione, alla stregua di certificati di approvazione CE del tipo, documenti di tutt'altra natura e di dubbia autenticità;
   in primo luogo i prodotti offerti dalla ditta aggiudicataria non sono dispositivi medici legali e, quindi, letti e poltrone bilancia, bensì articoli realizzati con l'assemblaggio di singoli elementi (letto con annesso sistema di pesatura), non certificati nella loro interezza: difatti, non sembra esistere una certificazione del prodotto finale assemblato e, come sembra, manca l'approvazione CE del tipo del dispositivo medico con funzione di misura aggiudicato in gara;
   per ottenere l'approvazione CE del tipo di un dispositivo medico con funzione di misura, il produttore deve sottoporre i medesimi dispositivi, completi in ogni loro parte (e dunque pronti all'uso) a numerose prove da effettuarsi presso laboratori terzi dove vengono eseguiti tutti i necessari test sul dispositivo;
   superate le prove di laboratorio, il fabbricante deve poi rivolgersi ad un organismo notificato, accreditato per la direttiva 90/384/CE e successive modificazioni ed integrazioni – che regolamenta gli aspetti metrologici di un dispositivo medico con funzione di misura – fino ad ottenere, se del caso, l'approvazione CE del tipo, che ha valenza certificatoria del sistema di pesatura facente parte del dispositivo medico, in quanto letto bilancia e poltrona bilancia;
   tutti questi aspetti non risulterebbero dalla documentazione prodotta dalla società aggiudicataria;
   per contro, l'ESTAR, ha ritenuto sufficiente la produzione di un certificato afferente solo alla direttiva 93/42/CE e successive modificazioni ed integrazioni, relativa al dispositivo medico e non anche a quella relativa a letti bilancia e poltrone bilancia in quanto strumenti per pesare a funzionamento non automatico, per tale via omettendo di acquisire evidenza che i sistemi di pesatura in questione fossero realmente conformi anche alla suddetta direttiva 90/384/CE (certificazione che dovrebbe essere richiesta in sede di gara, escluso ogni altro apparecchio diversamente qualificato);
   a ciò si aggiunga che nessuno dei prodotti della ditta aggiudicataria sembra corrispondere, prima o dopo l'assemblaggio, ad un dispositivo medico con funzione di misura;
   in particolare, i prodotti presentati dalla società (di cui ai codici identificativi nn. 346065 e PG84012) che ha vinto la gara, non risultano neppure sull'elenco dei dispositivi medici del Ministero della salute, né come «nome commerciale o modello», né come codice attribuito dal fabbricante;
   senza contare che, dalla documentazione presentata dalla Malvestio, emerge una dichiarazione di compatibilità, rilasciata dalla società i «Bilanciai» srl riferita unicamente agli «strumenti per pesare a funzionamento non automatico» e non, come richiesto dal bando di gara, a letti e poltrone con bilancia;
   tale dichiarazione di compatibilità, inoltre, riporterebbe addirittura un'autorizzazione di assemblaggio di componenti elettronici (di cui al prot. 182/CL. IB intestata alla ditta 5.9 srl Care Weighing System) che non risulta nota al Ministero dello sviluppo economico (in particolare, il Ministero, rispondendo ad una richiesta di accesso agli atti ha espressamente affermato di non aver mai rilasciato la predetta autorizzazione);
   la dichiarazione de qua, infine, sembra mancare dei requisiti minimi di autenticità e veridicità poiché priva di data, con firma anonima e recante rapporto di prove anch'esso non datato;
   alla luce delle considerazioni e dei dubbi appena evidenziati, gli interroganti ritengono che si debba procedere ad un'attenta e puntuale verifica, anche da parte del Ministro interrogato, anche al fine di garantire l'omogeneità degli approvvigionamenti di detti apparecchi a livello nazionale, in quanto trattasi di dispositivi medici impiegati soprattutto per il trattamento di emodialisi;
   come noto, difatti, la dialisi è una terapia molto invasiva che ha una durata di circa 4 ore, durante le quali i pazienti, vengono posti su letti o poltrone bilancia e sono collegati ad un rene artificiale che ha la funzione di filtrare le impurità del sangue;
   il calo ponderale, variabile di paziente in paziente, è di circa 1 chilogrammo per ora;
   la bilancia letto e la bilancia poltrona vengono, allora, utilizzati al fine di verificare il corretto decremento del peso durante la terapia poiché un calo di peso eccessivo o insufficiente può causare gravi malori, fino a provocare la morte del paziente;
   a parere degli interroganti non è accettabile che un'azienda sanitaria locale, attraverso le procedure negoziate avviate dall'ente di cui alla legge regionale della Toscana n. 40 del 2005, possa procedere all'acquisto di dispositivi che sembrano non rispettare il bando di gara nonché tutte le necessarie normative soprattutto in termini di certificazioni CE;
   ciò in quanto anche piccoli errori nella rilevazione del peso potrebbero rivelarsi pericolosi per la salute dei pazienti che devono subire i trattamenti di emodialisi;
   il diritto alla salute, previsto dall'articolo 32 della Costituzione, ai sensi del quale «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività», rientra a pieno titolo tra i diritti fondamentali della personalità di cui all'articolo 2 della Costituzione che lo Stato deve garantire a tutti i livelli e senza eccezioni;
   al Ministro della salute, ai sensi dell'articolo 47-bis del decreto legislativo n. 300 del 1999, «nell'ambito e con finalità di salvaguardia e di gestione integrata dei servizi socio-sanitari e della tutela dei diritti alla dignità della persona umana e alla salute, sono attribuite ... le funzioni spettanti allo Stato in materia di tutela della salute umana, di coordinamento del Sistema sanitario nazionale»;
   in particolare il Ministero, ai sensi dell'articolo 47-ter del predetto decreto legislativo n. 300 del 1999, svolge le funzioni di spettanza statale relativamente al «monitoraggio della qualità delle attività sanitarie regionali con riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni erogate, sul quale il Ministro riferisce annualmente al Parlamento»;
   il caso appena descritto è emblematico delle criticità che caratterizzano l'attuale sistema di approvvigionamento di beni e servizi in campo sanitario, criticità che si manifestano sull'intero territorio nazionale e che rischiano di compromettere i livelli essenziali di assistenza e anche di produrre effetti pregiudizievoli sul piano della spesa pubblica –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa, con particolare riguardo ai possibili rischi per la salute degli utenti e al rispetto dei livelli essenziali di assistenza, e se non intenda promuovere, per quanto di competenza, un monitoraggio sulle procedure di acquisto di beni e servizi da parte del sistema sanitario per ottenere un quadro aggiornato di quanto accade nelle singole realtà regionali;
   in particolare, quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di garantire che le forniture di dispositivi medici avvengano nel rispetto di tutte le normative e di tutte le certificazioni del caso, così garantendo la tutela del diritto alla salute costituzionalmente garantito dall'articolo 32 della Costituzione. (4-11231)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   così come descritto e riportato da più organi di stampa, la zona di Castel San Giorgio è interessata dalla domanda di autorizzazione di impianto geotermico pilota definito «Castel Giorgio», presentata dalla Società ITW & LKW Geotermia Italia S.p.A. Sulla vicenda, al di la delle valutazioni circa il dissenso manifestato dai comitati locali, che da sempre si oppongono alla realizzazione dell'impianto, per considerazioni e motivi di ordine ambientale e di difesa del patrimonio paesaggistico e culturale del territorio, ciò che risulta all'interrogante, è che, da quando ha preso avvio questo progetto, nel 2011, si sono verificate una serie di irregolarità;
   il Professor Franco Barberi viene nominato, fin dal 1o dicembre 2011, componente della commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie (CIRM), in qualità di esperto in materia di risorse geotermiche, – «anche in relazione all'esame delle proposte progettuali presentate per impianti pilota geotermici», si legge nel testo del decreto direttoriale del 1o dicembre 2011 – pur essendo noto allo stesso Ministero dello sviluppo economico, sin dalla data del 19 luglio 2011, data di presentazione del progetto ITW & LKW Geotermia Italia S.p.A., che il prof. Franco Barberi era firmatario e project supervisor del progetto riguardante i due impianti denominati «Castel Giorgio» e «Torre Alfina» e che quindi si sarebbe trovato nella condizione di evidente conflitto di interesse, dovendo esprimere parere, come membro della commissione ministeriale CIRM, in merito al progetto che portava la sua firma. Inoltre, il progetto di impianto geotermico pilota è stato predisposto, facendo riferimento a relazioni e dati forniti dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) in base ad una convenzione firmata il 5 marzo 2013, tra Ingv e la società ITW-LKW spa. Dai documenti reperiti sul sito dell'Ingv, e dai documenti allegati al progetto presentato al Ministero dello sviluppo economico ed alla procedura di valutazione di impatto ambientale, esperita presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, risulta che sia stata incaricata, dall'Ingv di supervisionare la convenzione, i relativi rapporti e le relative misurazioni, la dottoressa Maria Luisa Carapezza, che risulta coniugata con il Prof. Barberi. Dagli stessi documenti risulta la presenza e la supervisione costante e diretta della dottoressa Maria Luisa Carapezza in tutte le fasi di elaborazione di rapporti e di dati a supporto del progetto, dati e relazioni che sono stati alla base delle decisioni prese dalla CIRM del Ministero dello sviluppo economico e dalla Commissione Via del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. In base a quanto descritto, la CIRM, non solo aveva al suo interno quello che appare all'interrogante un grave problema di conflitto di interessi, ma non aveva nemmeno secondo l'interrogante agito in modo pienamente legittimo nel campo delle autorizzazioni per impianti geotermici. La Commissione CIRM del Ministero dello sviluppo economico ha concesso l'autorizzazione per la realizzazione dell'impianto relativo a Castel Giorgio e Torre Alfina, con azioni di dubbia legittimità, sia dando parere positivo al progetto in data 13 marzo 2012, sia, susseguentemente, con analogo parere in data 19 marzo 2014, in sede di esame dell'istanza di variazione del programma dei lavori. Infatti, l'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 22 dell'11 febbraio 2010, recante «Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche, a norma dell'articolo 27, comma 28, della legge 23 luglio 2009, n. 99», prevede che «[...] con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, è istituita un'apposita sezione della Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 78, con compiti relativi alla ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche. La citata sezione della CIRM può avvalersi di esperti individuati dal Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare tra il personale in organico di ISPRA, ENEA, CNR ed Università statali senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica [...]». Tale disposizione legislativa non è stata mai attuata a quanto risulta all'interrogante. Pertanto, quando si sono dovute sottoporre alla commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie (CIRM) istanze relative alla ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche si è utilizzata, in mancanza della costituzione della suddetta apposita sezione – una delle tre sottocommissioni in cui si articola la CIRM e, segnatamente, la sottocommissione con compiti, in base al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 78, le commissioni relativi alla attività di ricerca e coltivazione di ricerche minerarie, è stata inoltre integrata con i poteri conferiti al direttore generale per l'energia e le risorse minerarie, di cui all'articolo 9 del citato decreto del Presidente della Repubblica con la nomina del Prof. Franco Barberi, docente ordinario di vulcanologia e geotermia dell'Università di Roma Tre (decreto direttoriale 1o dicembre 2011), in qualità di esperto in materia di risorse geotermiche, «anche in relazione all'esame delle proposte progettuali presentate per impianti pilota geotermici». In assenza di una commissione di esperti ad hoc, prevista dalla legge, unico esperto di geotermia nella commissione CIRM è rimasto il prof. Franco Barberi, a quanto consta all'interrogante in assenza di contraddittorio con altri esperti del settore. Tutta la procedura di approvazione del CIRM appare, di conseguenza, pesantemente viziata al punto da spingere alcuni sindaci della zona e la provincia di Viterbo a ricorrere al TAR del Lazio;
   rispetto alle anomalie delle persone designate e coinvolte nel processo di autorizzazione del progetto, il caso del Professor Barbieri non è l'unico. Così come riportato da più organi di stampa, il presidente della Commissione Via nazionale, Guido Monteforte Specchi, risulta essere stato consulente per la società ITW & LKW Geotermia Italia S.p.A per un progetto presentato a Via regionale in Umbria. Nell'ambito di tale procedimento, la regione richiedeva una valutazione al Ministero in merito ad un parere pro veritate, redatto per l'azienda dallo stesso Guido Monteforte Specchi in qualità di consulente. Antonio Venditti, attualmente responsabile unico del procedimento di plurimi procedimenti di valutazione di impatto ambientale, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha risposto affermando che il parere pro veritate era firmato «dall'Ing. Guido Monteforte Specchi, presidente della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS», quando il parere era firmato dal professionista in forma del tutto privata e non in qualità di massimo rappresentante della Commissione. Venditti concludeva la nota di risposta alla regione Umbria sull'impianto di geotermia, ritenendo «condivisibili l'analisi e le conclusioni alle quali perviene Monteforte Specchi in merito alla non necessità di ripubblicare la documentazione per la VIA a seguito di una variante progettuale». Ma la giunta regionale ritenne di scrivere al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, una nota in cui esprimeva perplessità sul ruolo dell'ingegnere nella vicenda. Tra l'altro, la stessa società ITW & LKW Geotermia Italia S.p.A. risulta aver presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un ulteriore progetto con procedura di VIA nazionale (progetto «Impianto geotermico pilota Castel Giorgio - TR»), il quale, secondo quanto riporta il sito del Ministero, avrebbe ottenuto parere positivo con prescrizioni dalla Commissione VIA nazionale n. 1641 del 31 ottobre 2014;
   oltre a questi casi, vi sono da segnalare alcuni altri comportamenti di dubbia regolarità, che hanno accompagnato tutto l'iter del progetto:
    a) il funzionario della regione Lazio, Ing. Bruno Placidi, direttore della direzione regionale infrastrutture ambiente, che approva la compatibilità ambientale dell'impianto – in base alla determina n. G 16974 del 25 novembre 2014 per pronuncia di VIA da parte regione Lazio, direzione regionale infrastrutture, ambiente e politiche abitative dopo che una sua commissione tecnica, appositamente convocata, diretta dall'architetto Paola Pelone ha chiaramente espresso, nel documento di istruttoria, forti dubbi, gli stessi espressi dai comitati e dai sindaci locali: «[...] in merito alle relazioni esistenti tra l'attività di coltivazione della risorsa geotermica [...] e l'aumento e/o innesco di attività sismica, come risulta evidente dal dibattito nella comunità scientifica internazionale, allo stato attuale delle conoscenze non esistono criteri certi di valutazione del rischio di sismicità indotta e/o innescata [...]» E ancora: «Considerata quindi la complessità del progetto proposto, la sua natura sperimentale e l'attuale incertezza nelle conoscenze scientifiche per la valutazione degli effetti indotti relativamente alla sismicità, subsidenza, flusso di gas ed evoluzione del serbatoio geotermico nel tempo, si rimanda a studi specialistici che esulano dalla competenze di questi Uffici Regionali [...]». E ancora: «Considerato che i pozzi di estrazione e di reiniezione interferiscono dal punto di vista quali/quantitativo con l'acquifero Vulsino, in particolare con la falda idropotabile di importanza regionale captata in numerosi pozzi e sorgenti dell'area [...]». Ciò nonostante l'ingegner Bruno Placidi – funzionario della regione Lazio – ha firmato il suo parere positivo di compatibilità ambientale del progetto:
    il quadro complessivo descritto delinea, secondo l'interrogante, un iter di approvazione del progetto che appare fortemente problematico e ricco di profili di dubbia legittimità;
   in tema di geometria, in merito alla procedura di autorizzazione, vi è da sottolineare la scissione del progetto iniziale, all'atto della presentazione della VIA. Il progetto, approvato dal CIRM come progetto complessivo comprendente due impianti contigui, quello di Castel Giorgio e quello di Torre Alfina, viene presentato alla procedura di VIA in tempi diversi, come due impianti separati. Come se non insistessero sullo stesso bacino sotterraneo. Una operazione che appare all'interrogante di «salami slicing», contraria alle direttive europee, e chiaramente tesa ad evitare la valutazione degli effetti ambientali cumulativi dei due impianti;
   vi è inoltre da specificare che, con riferimento alla pratica geotermica, si è sviluppato un ampio dibattito, in cui si sottolinea la necessità di sperimentare nuove tecnologie geotermiche che siano capaci di non avere impatti significativi sui territori come la geotermia di «Terza Generazione» (Borehole Heat Exchangers – BHE), che estrae dal giacimento solo calore, attraverso circuiti a tubo chiuso, che non «muovono» in alcun modo i fluidi geotermici, assicurando così l'assoluta assenza di emissioni e di scorie. Una modalità capace in sostanza di «tagliare la testa al toro», andando ad utilizzare il calore terrestre direttamente nel punto di disponibilità del sottosuolo, senza l'estrazione ed il trasporto di fluidi geotermici verso la superficie. Tale tecnologia si differenzia profondamente dalla, pur collaudata, tecnologia di «Prima Generazione» (Idrotermale), ove il contatto con i fluidi geotermici è indispensabile, e dalla tecnologia sperimentale di «Seconda Generazione» (Hot Dry Rock), ove vi è ancora contatto diretto fra i fluidi iniettati dalla superficie e le rocce fratturate create in profondità per attivare lo scambio termico;
   a tal proposito, vi è da precisare come, anche a fronte di un dibattito ricco di contributi e ricerche, nel caso dell'impianto geotermico pilota definito «Castel Giorgio», nessuno al Ministero dello sviluppo economico o al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia avuto nulla da eccepire, a quanto consta all'interrogante, rispetto alla totale inesperienza della società proponente. La ITW&LKW Geotermia Italia S.p.A. non ha mai realizzato un impianto geotermico, in precedenza. Tantomeno, si è tenuto conto se essa utilizzasse un tipo di geotermia, così come descritto in precedenza, meno impattante a livello ambientale. È altrettanto singolare, secondo l'interrogante, che nessuna delle autorità preposte alla verifica di questi progetti si sia soffermata su quella che appare all'interrogante una sostanziale inconsistenza patrimoniale della società proponente. Dalle visure camerali risulta che la ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. è una società vuota, essendo il capitale sociale di soli duecentomila euro; solo in data 25 settembre 2015 è stato innalzato il capitale sociale ad 1 milione di euro. Il curriculum del suo presidente, Dott. Garrone, sembra all'interrogante non tanto quello di un imprenditore, ma quello di un commercialista. Dalle visure risulta che la società italiana ha un socio unico: ITW & LKW BETEILIGUNGS GMBH, società di investimenti a responsabilità limitata di diritto austriaco, con soli trentacinquemila euro di capitale, presieduta dal sig. Werner Vogt e, apparentemente, interamente di proprietà di una piccola società del Liechtenstein, registrata a nome dello stesso sig. Vogt. Il bilancio al 31 dicembre 2014 sembra riportare perdite e un patrimonio negativo di circa 206.000 euro. Il bilancio 2013 evidenzia la situazione tipica di una azienda in avviamento, la cui sopravvivenza sembrerebbe, secondo l'interrogante strettamente legata all'intenzione dell'azionista unico di continuare a sostenerla finanziariamente. Infatti, gli investimenti effettuati, circa due milioni di euro, sono stati possibili grazie a un prestito del socio unico come risulta dal bilancio 2013. Secondo il settimanale L'Espresso per realizzare i due progetti occorrono almeno 50 milioni di euro. Secondo l'interrogante né la società italiana né il socio unico austriaco disporrebbero di un adeguato capitale sociale, necessario per realizzare i progetti di Castel Giorgio e di Torre Alfina. La realizzazione del progetto dipenderebbe quindi per l'interrogante dalle intenzioni e dai prestiti del signor Vogt. Ma il bilancio della società austriaca;
   esprime attualmente un deficit. Quanto affermato è facilmente verificabile dall'esame di visure camerali facilmente disponibili. Non è ugualmente facile la ricerca per conoscere a chi appartiene la società presieduta dal sig. Vogt, essendo le informazioni tuttora protette dalle procedure vigenti in Liechtenstein. Navigando in internet, si possono reperire informazioni sul proprietario della società austriaca, presieduta dal sig. Vogt, che sarebbe presente anche nella società ITW Geothermie Beteiligungs Aktiengesellschaft che è una società per azioni del Liechtenstein con soli 100.000 franchi svizzeri di capitale, costituita nel 2011;
   il Ministero dello sviluppo economico, prima di autorizzare il progetto geotermico di Castel Giorgio aveva il dovere di accertare non solo la compatibilità ambientale, giudicata favorevole sulla base della relazione di un astrofisico, quindi non competente in materia, ma anche la reale solvibilità finanziaria del proponente, riguardo in particolare ai danni possibili causati alle falde potabili e ad altre risorse naturali, verificando inoltre se la costruzione dell'impianto fosse fatta correttamente e se non fosse il caso di «reintegrare» sotto la «normativa Seveso» tali impianti –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa e quali iniziative intendano intraprendere in merito; se non reputino opportuno verificare, per quanto di competenza, l'eventuale sussistenza dei conflitti d'interesse esposti in premessa, in particolare per le persone del professor Barberi e sua moglie, la dottoressa Carapezza, e per il dottor Monteforte Specchi; conflitti di interessi, che rischiano, secondo l'interrogante, di inficiare l'atto con cui è stato dato parere positivo al progetto di cui in premessa;
   se i Ministri interrogati non reputino opportuno assumere iniziative per assicurare il pieno rispetto delle norme comunitarie in tema di «salami slicing» e di danno ambientale e paesaggistico;
   se i Ministri interrogati non reputino opportuno acquisire ulteriori elementi sulla società ITW-LKW Geotermia Italia S.p.A. e sulla sua conformazione, sul capitale sociale e sul curriculum in relazione alla aggiudicazione del permesso per procedere con la realizzazione di un impianto pilota come quello di Castel Giorgio così come descritto in premessa;
   se i Ministri interrogati non reputino necessario verificare, per quanto di competenza, l'eventuale sussistenza di conflitti d'interesse in relazione alle aziende che detengono i brevetti delle tecnologie degli impianti per i quali si chiede autorizzazione e i personaggi citati in premessa che hanno partecipato al lavoro delle commissioni ministeriali;
   se i Ministri interrogati intendano fornire un aggiornamento riguardo allo stato di elaborazione delle linee guida nazionali per lo sviluppo dell'energia geotermica, in attuazione dell'impegno assunto dal Governo con la risoluzione Braga approvata dalla commissione ambiente e che prescrive un termine di 6 mesi per l'emanazione delle linee guida medesime;
   se i Ministri interrogati stiano considerando la necessità di prevedere per il nostro Paese esclusivamente l'utilizzo delle tecnologie maggiormente rispettose delle risorse naturali per lo sfruttamento dell'energia geotermica, quali appunto gli impianti di terza generazione Borehole Heat Exchangers – BHE citati in premessa; mentre ad oggi, secondo l'interrogante, le autorizzazioni in materia sono state avanzate esclusivamente per tecnologie di prima generazione che prevedono il contatto diretto fra i fluidi iniettati dalla superficie e le rocce fratturate e criticità ben maggiori rispetto alla tecnologia BHE, la quale estrae dal giacimento solo calore, attraverso circuiti a tubo chiuso, che non «muovono» in alcun modo i fluidi geotermici, assicurando così l'assoluta assenza di emissioni e di scorie;
   se i Ministri non ritengano di dover rivedere il percorso autorizzativo degli impianti, in particolare riguardo alle parti di competenza dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia con riferimento alle quali si ravvisi un conflitto d'interesse tale da inficiare gli atti esperiti;
   se i Ministri non ritengano di dover rivedere, per quanto di competenza, il percorso autorizzativo in quanto esso non risulta all'interrogante conforme alla legge che disciplina la necessaria istituzione di un'apposita sezione all'interno della Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 78, con compiti relativi alla ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche; infatti, a quanto consta all'interrogante, invece che essere costituita una commissione ad hoc all'interno della Commissione CIRM, è rimasto il solo professor Franco Barberi come esperto incaricato di valutare le autorizzazioni in assenza di altri esperti del settore.
(2-01170) «Zaccagnini».

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Caparini n. 5-07038, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 524 del 18 novembre 2015.

   CAPARINI e ALLASIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Albini di Bergamo – dal 2012 partner di NK in un progetto di rilancio della filatura di Ceto – ha comunicato la rescissione dal contratto di fornitura. Costituendo la principale entrata della filatura della Valle Camonica ne mette ovviamente a rischio il futuro. Le assemblee hanno confermato lo stato di agitazione. È evidente come la decisione di interrompere la partnership con la NK sulla produzione di alta qualità nella filatura di Valle Camonica sia determinata dal crollo del mercato: il gruppo Albini ha realizzato un investimento importante fatto in un momento in cui la crisi era estremamente pesante. «Proprio per questo, però, – ha aggiunto Beppe Marchi, segretario generale della Femca Cisl di Brescia – è doveroso chiedere oggi alle realtà industriali di dare un tempo più lungo alla vita di questa scommessa industriale che potrebbe anche intercettare una ripresa economica ormai concretamente avviata»;
   NK ha sede centrale ad Albino, uno stabilimento a Brebbio in provincia di Varese, due in Egitto e uno nella Repubblica Ceca a proposito della fabbrica in Valle Camonica l'azienda bergamasca scrive: «L'attenzione alle materie prime è stata nuovamente confermata nel 2012 con l'inizio della produzione diretta di filati di altissima qualità nella nuova linea di filatura all'interno dello stabilimento di Ceto. Qui il gruppo Albini, in partnership con il Gruppo Niggeler & Küpfer, abbina alla produzione di filati un'intensa attività di ricerca e sviluppo per ottenere filati e, quindi, tessuti ancora più innovativi». Un progetto naufragato – stando alle dichiarazioni fatte dalla direzione della NK in un incontro con le organizzazioni sindacali avvenuto nella sede dell'Associazione Industriale. Bresciana – per la perdita di mercato del prodotto realizzato nella filatura di Valle Camonica. Una motivazione che non convince Femca Cisl e Filctem Cgil, visto che «il contratto di solidarietà in vigore dal primo gennaio 2015 è stato firmato a fronte di investimenti e obiettivi a medio e lungo termine». «Se la decisione di recesso del contratto con il committente principale dovesse essere definitiva – scrivono le organizzazioni sindacali in un comunicato – l'impatto sociale sarà pesantissimo in quanto ricadrà su un territorio già colpito dalla crisi industriale e privo di alternative occupazionali»;
   la IV Commissione permanente attività produttive e occupazione del consiglio regionale ha audito le rappresentanze sindacali della NK di Ceto di trovare una prospettiva certa di lavoro per gli oltre 70 dipendenti dell'azienda. All'incontro in commissione promosso dal consigliere Donatella Martinazzoli, oltre ai sindacalisti (le rappresentanze sindacali unitarie dell'unità produttiva; Enzo Torri e Beppe Marchi per la Cisl, Gazzoli e Meloni per la Cgil) e ai rappresentanti delle istituzioni locali (il sindaco di Ceto Marina Lanzetti e il presidente della comunità montana Oliviero Valzelli; i rappresentanti di provincia di Brescia e provincia di Bergamo), erano presenti anche Aib e Confindustria Bergamo, Bernardo Mignani per la NK e Romani per il Gruppo Albini;
   si auspica che l'attenzione registrata in Commissione possa tradursi in una conferma degli impegni assunti con il sindacato («L'accordo sui contratti di solidarietà – ha ribadito Marchi della CISL – ha comportato rinunce da parte dei lavoratori in termini di orario e di salario, scelte fatte per accompagnare il rilancio dell'unità produttiva, non la sua chiusura». «Abbiamo anche evidenziato ha concluso Torri – la necessità che si rifletta su un possibile allargamento della committenza per una migliore ripartizione dei costi di gestione del progetto industriale») e nell'avvio di una verifica sugli effetti degli investimenti che ha bisogno di tempi lunghi per essere correttamente valutata. La commissione ha segnalato la possibilità di accedere per il caso specifico della NK di Ceto a fondi regionali per la ricerca industriale e la competitività –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per il mantenimento dei livelli occupazionali della NK di Ceto. (5-07038)