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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 13 novembre 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XIV Commissione,
   premesso che:
    l'iniziativa dei cittadini (ICE) è un istituto previsto dal Trattato di Lisbona in particolare attraverso i dettami degli articoli 11 del TUE (Trattato sull'Unione europea) e 24 del TFUE (Trattato sul funzionamento dell'Unione europea). Sulla base delle citate previsioni è stato approvato il regolamento (EU) n. 211/2011, pubblicato il 16 febbraio 2011 e applicabile dai cittadini europei a partire dal 1o aprile 2012;
    l'iniziativa dei cittadini europei può essere promossa in uno dei settori di esclusiva o concorrente competenza dell'Unione europea, affinché la Commissione europea definisca una proposta normativa sulle questioni identificate dai proponenti l'ICE;
    una proposta di ICE deve raccogliere un minimo di un milione di firme verificate, appartenenti a cittadini di almeno un quarto degli Stati membri dell'Unione europea, per essere sottoposta al vaglio della Commissione affinché essa sia tenuta ad esaminarla. È inoltre stato definito per ciascuno Stato membro un numero minimo di firme;
    l'ICE persegue l'obiettivo di migliorare la democrazia partecipativa a livello europeo, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, concorre alla partecipazione attiva dei cittadini, alla definizione e all'indirizzo della politica dell'Unione e contribuisce a sanare il deficit democratico dell'Unione europea;
    come evidenziato nel report di analisi sull'ICE «Report on the application of Regulation (EU) No 211/2011 on the citizens’ initiative» (COM(2015) 145 final) pubblicato dalla Commissione europea a 3 anni dall'introduzione dell'istituto dell'iniziativa dei cittadini europei su 51 proposte di ICE solo 3 sono riuscite a concludere l’iter e ad essere vagliate dalla Commissione europea. Inoltre, il rapporto individua una serie di problematiche che la sperimentazione pratica dell'ICE ha portato alla luce e propone possibili soluzioni per migliorare il sistema;
    al contempo, il Parlamento europeo, sulla base dello studio intitolato «The European Citizens’ Initiative: the experience of the first three yearsEuropean Implementation Assessment» ha presentato un rapporto d'iniziativa sull'iniziativa dei cittadini europei (2014/2257(INI)) volto a richiamare un intervento tempestivo della Commissione europea in merito alla revisione del regolamento (EU) n. 211/2011, ad individuare gli elementi principali su cui la Commissione europea dovrebbe concentrarsi nella revisione del regolamento e a fornire alla stessa indicazioni puntuali per gli interventi da realizzare. Il rapporto d'iniziativa è stato adottato il 28 settembre 2015 all'unanimità in Commissione affari costituzionali ed il successivo 28 ottobre in assemblea plenaria ad amplissima maggioranza;
    diversi esperti e gruppi di interesse della società civile, incluse organizzazioni di rilevante levatura internazionale, hanno contribuito al dibattito sollevato dalle istituzioni europee identificando gli elementi principali che, qualora inseriti nel regolamento, apporterebbero dei miglioramenti sostanziali all'efficacia e all'applicabilità dell'iniziativa dei cittadini europei. L'analisi istituzionale e quella svolta da esperti, società civile e gruppi di interesse sono giunti ad una sostanziale convergenza sugli elementi principali che migliorerebbero l'ICE;
    appare opportuno migliorare l'efficacia dell'ICE quale principale strumento di democrazia diretta nell'Unione europea attraverso cui i cittadini dell'Unione possono partecipare alla definizione delle politiche europee e indirizzare il lavoro delle istituzioni,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per assicurare una disciplina di raccolta dei dati semplificata per coloro che intendano sostenere l'ICE, in linea con le best practice definite a livello di Unione;
   a promuovere campagne informative volte a migliorare il livello di conoscenza dell'ICE in Italia e contestualmente, diffondere l'apertura di ciascuna nuova iniziativa dei cittadini europei;
   ad assumere iniziative per fornire, di comune accordo con il «Comitato economico e sociale europeo», una traduzione ufficiale tempestiva e gratuita in italiano di tutte le ICE proposte;
   a istituire o a contribuire al corretto funzionamento di uffici territoriali appositamente dedicati a supportare e consigliare coloro che intendono promuovere un ICE;
   ad attivarsi nelle opportune sedi per promuovere una rapida revisione del regolamento (UE) n. 211/2011 che accolga le raccomandazioni contenute nel report del Parlamento europeo, e nell'analisi della Commissione, nonché quelle esplicitate dagli esperti e dai gruppi di interesse ascoltati nelle audizioni ed in particolare a sostenere le seguenti modifiche al regolamento:
    a) estendere l'ambito di applicazione dell'iniziativa dei cittadini europei, includendo la possibilità di proporre emendamenti ai trattati comunitari;
    b) migliorare la qualità e la chiarezza delle motivazioni qualora la Commissione europea non accetti le proposte di ICE e contestualmente fornire ai promotori il supporto legislativo, logistico ed economico per modificarla e renderla accettabile;
    c) introdurre nel sistema di «online collection software» la possibilità di raccolta degli indirizzi email dei cittadini che esprimono la dichiarazione di sostegno;
    d) permettere ai promotori di scegliere la data di inizio della raccolta firme, purché essa sia ricompresa in un periodo di massimo tre mesi dalla data di registrazione dell'ICE;
    e) imporre il vincolo per la Commissione europea, qualora un ICE giunga a compimento, di presentare una proposta legislativa entro un anno, così come attualmente previsto per le richieste del Parlamento europeo;
    f) organizzare delle audizioni, presso il Parlamento europeo, al raggiungimento delle 200 mila firme, anche al fine di facilitare il dibattito pubblico sulla tematica sollevata dall'ICE e facilitare la raccolta firme;
    g) prevedere la redazione da parte della commissione parlamentare competente di una relazione sull'oggetto dell'ICE con un co-relatore nominato dal comitato dei promotori dell'ICE e il successivo dibattimento del report in seduta plenaria, seguito da un voto;
    h) abbassare l'età minima per sostenere un ICE dai 18 anni attuali a 16 anni;
    i) estendere a 18 mesi il lasso di tempo per cui un ICE è sottoscrivibile.
(7-00843) «Fraccaro, Battelli, Nesci, Petraroli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRARESI, SARTI, DELL'ORCO, D'UVA, PAOLO BERNINI, SPADONI e DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   mercoledì 28 ottobre 2015, a Bologna, con l'udienza preliminare è iniziato il processo nato dall'inchiesta cosiddetta «Aemilia», considerato uno dei più importanti processi alla malavita organizzata del nord Italia;
   219 imputati, 21 dei quali modenesi tra i quali la famiglia Bianchini di San Felice S.P., con Augusto Bianchini, titolare dell'omonima impresa, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e Giulio Gerrini, capo ufficio lavori pubblici del comune di Finale Emilia, che dovrà rispondere di abuso d'ufficio continuato con aggravante: nella richiesta di rinvio a giudizio la direzione distrettuale antimafia gli contesta infatti l'aggravante di «avere agito al fine di agevolare l'attività dell'associazione di stampo mafioso denominata ’ndrangheta... attraverso l'assegnazione di appalti pubblici alle imprese riconducibili a Bianchini Augusto e indirettamente a Bolognino Michele...»;
   l'11 giugno 2015 il prefetto di Modena, Michele di Bari, ha inviato una commissione d'accesso incaricata di ispezionare il comune di Finale Emilia, composta dal viceprefetto vicario di Ravenna Antonio Giannelli, dal maggiore dei carabinieri Carmelo Rustico e dal tenente colonnello Giuseppe Micelli della guardia di finanza di Modena;
   come previsto, a inizio settembre, la commissione ha concluso il proprio lavoro consegnando la relazione al prefetto di Modena;
   da numerose indiscrezioni di stampa, in primis Espresso e Gazzetta di Modena, nella relazione della Commissione verrebbero evidenziate numerose carenze amministrative che avrebbero causato una «diffusa illegalità», emergerebbe, tra l'altro, che su 55 appalti del post terremoto ben 17 fossero senza certificazione antimafia, con la particolarità che le fonti di tali informazioni, trapelate quest'ultime già a mezzo stampa, non sarebbero accessibili direttamente ai cittadini;
   anche la procura della Repubblica di Modena starebbe esaminando la relazione dei tre commissari;
   il parere da parte del prefetto sulla relazione è già in possesso del Ministro dell'interno;
   tale relazione è attualmente secretata, e non risulterebbe agli interroganti essere negli atti del processo in corso a Bologna –:
   in quali tempi il Ministro dell'interno intenda valutare la relazione inviata dal prefetto di Modena;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative perché, tutta o in parte, la relazione venga declassificata rendendola accessibile e disponibile per tutti i cittadini. (5-06988)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DAGA, TERZONI, MICILLO, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, ZOLEZZI, VIGNAROLI, RUOCCO, DI BATTISTA, LOMBARDI e BARONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'accesso all'utilizzo dell'acqua, secondo criteri di parità sociale, viene pacificamente riconosciuto come diritto fondamentale di ogni persona;
   l'accesso all'acqua come diritto fondamentale di ogni persona, secondo criteri di parità sociale e di solidarietà, è stato, altresì, recentemente ribadito dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite (risoluzione ONU del 29 Luglio 2010);
   anche la giurisprudenza italiana si è più volte espressa contro l'interruzione del servizio idrico per le utenze domestiche, sulla base del principio che, anche laddove fosse conclamata la morosità, «la sospensione della fornitura di un bene primario come l'acqua appare sproporzionato a fronte di un inadempimento pecuniario» (si vedano il decreto del tribunale di Bari – 9 settembre 2004, l'ordinanza tribunale di Enna; il provvedimento del tribunale di Tempio Pausania, sezione staccata di Olbia, del 6 luglio 2012), e la pratica dei distacchi per morosità è stata dichiarata, dalla decisione emessa dal tribunale ordinario di Latina – sez. I civile in data 31 ottobre 2006, «vessatoria» in relazione ai bisogni primari che la somministrazione della fornitura idrica va a soddisfare;
   si apprende da organi di stampa (http://www.romapost.it) che dal 10 novembre 2015 sessanta famiglie a Ponte di Nona, in Via Roul Follereau 145 sono senza acqua. Come riporta l'articolo «Alla base di tutto ci sarebbe il più classico dei “garbugli” burocratici. In sostanza, il comune non spedisce il bonifico all'amministratore condominiale, che a sua volta non paga Acea. Quest'ultima, così, provvede al distacco»;
   il comune di Roma, maggiore azionista di Acea, è in questo caso il moroso che non paga la fornitura idrica dei suoi appartamenti di edilizia popolare e questo va a ricadere sugli inquilini che pagano la fornitura idrica con il bollettino mensile riservato agli oneri accessori, acqua compresa;
   un'amministrazione comunale ha il dovere di garantire ai propri cittadini l'accesso ai diritti primari, tra i quali è certamente annoverabile quello della fruibilità dell'acqua –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopracitati;
   se il Governo intenda assumere iniziative normative per disciplinare in modo efficace la tematica dei distacchi, eventualmente prevedendo modalità tali da salvaguardare il diritto alla fornitura di un bene primario anche a fronte di un inadempimento pecuniario, tanto più se lo stesso non sia imputabile alla generalità degli utenti distaccati, prevedendo anche modalità di dilazione/agevolazione dei pagamenti quando questi configurino inadempimenti privi dei necessari requisiti di gravità; (4-11105)


   GIANLUCA PINI e FEDRIGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione europea ha approvato con proprio provvedimento nuove linee guida volte a garantire la tracciabilità dei prodotti provenienti dai territori occupati dallo Stato d'Israele dopo la Guerra dei sei giorni, determinando la reazione politica del Governo di Gerusalemme, che ha annunciato ritorsioni, ponendo temporaneamente fine ad alcuni formati di dialogo politico aperti con le istituzioni comunitarie;
   la formulazione delle linee guida sopra menzionate sembrerebbe ricomprendere non soltanto gli insediamenti dei coloni israeliani in Cisgiordania che in base agli accordi di Oslo ricadono nell'ambito territoriale soggetto all'amministrazione dell'Autorità nazionale palestinese, ma anche porzioni di territorio ancora sotto la piena giurisdizione dello Stato ebraico, che tuttora rifiuta la prospettiva di tornare ai confini antecedenti alla Guerra dei sei giorni, comportando tra l'altro il completo abbandono della capitale Gerusalemme;
   non sarebbe quindi sorprendente la forte reazione politica dello Stato ebraico;
   il Governo di Gerusalemme ha convocato il rappresentante del servizio di azione esterna dell'Unione europea per comunicargli le proteste del caso;
   risulta che la Commissione europea abbia agito in base a sollecitazioni provenienti da 16 Stati membri dell'Unione, fra i quali anche il nostro Paese;
   mentre sono evidenti le pesanti ripercussioni politiche negative della decisione assunta dall'Unione europea, meno chiare sono le motivazioni che hanno indotto i 16 Stati europei a sollecitare un'iniziativa della Commissione europea, che viene tuttora presentata come esclusivamente tecnica;
   nulla soprattutto si sa in merito alle ragioni che hanno indotto il Governo italiano ad inserirsi nel novero dei Paesi richiedenti alla Commissione iniziative per rendere tracciabili i prodotti provenienti dai cosiddetti territori occupati –:
   se il Governo abbia effettivamente sollecitato la Commissione europea ad assumere la decisione che ha fatto precipitare la crisi diplomatica in atto tra Unione europea e Stato d'Israele;
   qualora sia effettivamente accaduto, se il Governo intendesse in questo modo soltanto rassicurare i consumatori italiani rispetto al rischio di importare prodotti non garantiti, oppure se, consapevole delle probabili conseguenze politiche che ne sarebbero derivate, intendesse dar corso a quella che appare agli interroganti una sottile forma di pressione nei confronti dell'esecutivo israeliano;
   quali iniziative il Governo abbia in programma ora di assumere per evitare un deterioramento delle relazioni bilaterali italo-israeliane ed in che tempi.
(4-11111)


   DE LORENZIS, SPESSOTTO, PETRAROLI e DI VITA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il 21 novembre 2015 si terrà presso la Reggia di Venaria il cosiddetto Italian digital day, un'iniziativa nella quale, da quanto si apprende da fonti di stampa, il Presidente del Consiglio lancerà «[..] un nuovo patto con il Paese», un Digital Action Plan «di un centinaio di punti, con obiettivi, tempi e responsabili»;
   tale iniziativa da quanto risulta dal sito web ufficiale accessibile all'URL www.italiandigitalday.it sembra organizzata dalla Presidenza del Consiglio come emerge, peraltro, dall'utilizzo del logo della Presidenza che campeggia sulla pagina di apertura (home page) del sito;
   il suddetto sito web secondo quanto emerge dal servizio whois risulta essere stato registrato il 5 ottobre 2015 da Riccardo Luna che risulta sia come «Registrant Organization» che quale «Admin Contact» per i contatti amministrativi di gestione del predetto sito web;
   la direttiva n. 8 del 2009 del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione recante disposizioni «per la riduzione dei siti web delle pubbliche amministrazioni e per il miglioramento della qualità dei servizi e delle informazioni ordine al cittadino» sancisce nelle Premesse l'ambito di applicazione e l'obbligatorietà dell'iscrizione al dominio «.gov.it» di tutti i siti tenuti da pubbliche amministrazioni;
   allo stato attuale né sul sito web indicato né sul sito ufficiale della Presidenza del Consiglio è dato conoscere le risorse finanziarie destinate all'organizzazione e alla tenuta della suddetta iniziativa –:
   quali ragioni tecniche abbiano indotto la Presidenza del Consiglio a non utilizzare un sito web con estensione gov.it per l'iniziativa descritta;
   quali risorse finanziarie siano state destinate all'organizzazione e alla tenuta dell'evento denominato Italian Digital Day che si terrà a Venaria Reale il 21 novembre 2015. (4-11120)


   PARENTELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante in data 23 aprile 2015 ha presentato l'atto di sindacato ispettivo n. 4-08903, ancora senza risposta, denunciando la «forzatura dirigistica», voluta dal Ministero dello sviluppo economico, e ad avviso dell'interrogante contraria al Titolo V della Costituzione, che bypassa l'intesa con le regioni e stabilisce corsie preferenziali e poco trasparenti per le valutazioni ambientali e per il rilascio di concessione uniche di ricerca e coltivazione di idrocarburi;
   a due settimane (30 settembre) dal deposito da parte di dieci consigli regionali di 6 quesiti referendari contro le trivellazioni in mare, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ha decretato in data 13 ottobre 2015 la compatibilità ambientale relativamente al progetto di un rilievo sismico 3D nell'area del permesso di ricerca idrocarburi denominato «d 73 FR.-SH» e «d 74 FR.-SH» presentato dalla Società Shell Italia E&P S.p.A. Il permesso di ricerca e ubicato nel Mar Ionio (Zona F) ed ha un'estensione rispettivamente di 730,4 chilometri quadrati e 617,8 km quadrati. Il loro inquadramento geografico è descritto nella sintesi non tecnica del progetto redatto dalla Shell: «Il punto più a Nord del blocco in oggetto si trova a circa (meno) 12 miglia nautiche da Capo Spulico, la parte più orientale dista circa 8 miglia marine da Trebisacce, mentre il punto più a Sud dista circa 14 miglia da Punta Alice»;
   il progetto prevede una indagine geofisica (rilievo 3D) che mira a comprendere l'estensione e la natura delle strutture geologiche. Il Governo ha dunque dato parere positivo per le attività di ricerca di idrocarburi nel Mar Ionio della compagnia petrolifera Shell;
   secondo uno studio del Ministero dello sviluppo economico l'area di ricerca è interferente al 100 per cento con una lunga serie di aree interdette ai sensi del «decreto Prestigiacomo» (SIC: Fiumara Trionto, Macchia della Bura, Fondali Crosia Pietrapaola, Dune di Camigliano). Il 30 novembre 2010, infatti, il Ministero dello sviluppo economico notificò alla Shell un preavviso di rigetto. La stessa sorte toccò in pari data alla «d73 F.R- SH» perché interferente per intero con la zona di protezione speciale Alto Jonio Cosentino;
   con il decreto-legge n. 133 del 2014 («Sblocca Italia») – che ha modificato le norme sulla prospezione, ricerca e coltivazione idrocarburi – le autorizzazioni avranno effetto di variante urbanistica cosa che porterà i comuni interessati ad essere spogliati delle proprie competenze strategiche sulla programmazione territoriale (piani regolatori). Grazie allo «Sblocca Italia», si fa concreta la possibilità che, una volta individuato il piano delle aree e ottenuti i permessi di ricerca, la compagnia olandese richieda e ottenga la conversione dei titoli di ricerca in titoli concessori unici: questo vuol dire che individuata la presenza di idrocarburi, la Shell non dovrà più chiedere permessi, potendo procedere in automatico e senza preavviso alle trivellazioni e all'attività estrattiva –:
   se il Governo ritenga opportuno che venga portata, avanti attività di prospezione, ricerca ed estrazione di idrocarburi e stoccaggio sotterraneo del gas, nonostante dieci Consigli regionali abbiano già espresso la propria ferma opposizione con la deliberazione in merito alla presentazione di 6 quesiti referendari contro le trivellazioni in mare e quali iniziative di competenza si intendano assumere al riguardo. (4-11121)


   ANTONIO MARTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia dispone per le esigenze di trasporto di Stato di una flotta aerea comprendente elicotteri AW139, turboelica Piaggio P.180, trireattori Dassault Falcon 50 e 900 e bireattori Airbus A319CJ, basati a Ciampino dove sono gestiti dal 31o Stormo dell'Aeronautica militare per conto della Presidenza del Consiglio;
   l'Airbus A319 ha una cabina divisa in tre comparti, comprendenti una zona per 40 passeggeri, una cabina presidenziale e una zona lavoro; è dotato di modem-fax, computer, telefoni satellitari; ha un'autonomia sino a 8.500 chilometri pari a 10 ore di volo;
   per taluni particolari compiti esiste ulteriormente una flotta di trireattori Falcon gestiti dalla Compagnia aerea italiana, emanazione diretta del Ministero dell'interno;
   in anni recenti, nel quadro generale della «spending review», è stata decisa la riduzione della flotta di Stato, in particolare ponendo in vendita nel marzo 2015 i Falcon 900 matricola militare 62171 e 62172 e nell'aprile 2015 l'Airbus A319CJ matricola militare 62174;
   nell'ambito della stessa manovra sono stati concentrati presso il 31o stormo i P.180 e gli AW139 prima gestiti da CAI, conseguendo forti efficienze gestionali;
   dall'estate 2015 la stampa ha più volte parlato dell'acquisizione di un velivolo Airbus da destinare a trasporto aereo di Stato;
   nessun avviso di gara, di qualsiasi genere, risulta sia stato pubblicato, in qualsiasi forma, per l'approvvigionamento in oggetto;
   la stampa ha in questi giorni pubblicato immagini che mostrano un quadrireattore Airbus A340-500 verniciato di bianco con scritta Repubblica italiana, del tutto analoga a quella dei velivoli del 31o stormo ma recante l'immatricolazione emiratina A6-EHA;
   la stampa ha ulteriormente riferito che il velivolo sarebbe stato acquisito in leasing;
   l'immatricolazione A6-EHA corrisponde all'esemplare con numero di costruzione 748, munito di motori Rolls-Royce Trent 531, che ha fatto il primo volo il 30 marzo 2006 con l'immatricolazione F-WWTS ed è stato quindi consegnato alla compagnia Etihad, che lo ha utilizzato sino all'ottobre 2015;
   l'Airbus A340 è un aereo con peso massimo al decollo di 372 tonnellate, con capacità da 313 a 375 passeggeri; ciò ne farà l'aereo più grande mai utilizzato dalle forze armate italiane;
   l'aeroporto di Ciampino dispone di una sola pista di 2.200 metri, mentre il decollo al peso massimo dell'A340, necessario per conseguirne l'autonomia, richiede una pista di 3.050 metri;
   nel novembre 2011 Airbus ha annunciato la fine della produzione di tutte le versioni dell'A340, che aveva riscontrato scarso successo commerciale, con appena 377 esemplari costruiti in 20 anni;
   la versione A340-500 è stata costruita in soli 34 esemplari;
   nessuna compagnia aerea italiana utilizza o ha utilizzato l'Airbus A340 o i motori RollsRoyce Trent, per i quali dunque non esistono nel Paese infrastrutture tecniche o di supporto;
   le testate specializzate Aviation Week & Space Technology e Flightglobal hanno segnalato, sin dall'estate 2013, il ritiro anticipato dal servizio degli A340 da parte delle compagnie arabe a causa degli alti costi operativi e degli elevati consumi di carburante;
   sempre secondo la stampa specializzata, a sostegno delle vendite Airbus avrebbe offerto alle compagnie la garanzia di riacquisto;
   il prezzo degli A340 usati sarebbe in forte calo –:
   a quale esigenza corrisponda l'ampliamento della flotta di Stato, in marcato contrasto con la tendenza dei precedenti Governi e con la linea di doveroso rigore imposta dalla situazione economica;
   quante volte negli ultimi 10 anni siano state effettivamente svolte missioni di trasporto di Stato a lunghissimo raggio e contemporanea fortissima capacità;
   quali alternative siano state valutate per soddisfare l'eventuale esigenza, ivi compresa la possibilità di adattare con kit di rapida installazione i Boeing KC-767A dell'Aeronautica militare, in grado di portare oltre 190 passeggeri ad oltre 12.000 chilometri;
   quale procedura sia stata seguita per scegliere il tipo di velivolo, in particolare riguardo all'opportunità di introdurre un tipo di velivolo non presente nelle flotte civili e militari italiane, al contrario di quanto avvenuto con i precedenti tipi utilizzati in analogo ruolo;
   se siano stati acquisiti i pareri degli enti di aeronavigabilità (preposti, tra l'altro, all'iscrizione sul registro italiano) e degli operatori;
   una volta scelto l'A340, come siano stati individuati l'esemplare da acquisire, il fornitore, la modalità contrattuale;
   se il fornitore sia la compagnia Etihad, ultimo utilizzatore del velivolo, oppure il costruttore Airbus (o società finanziaria a esso collegata, o intermediario finanziario, o altre modalità);
   se sia stato calcolato il costo complessivo dell'operazione (comprensivo, a titolo esemplificativo, dei costi di addestramento e supporto) e quale esso sia;
   quali siano stati i costi per l'adattamento al ruolo di trasporto di Stato, e se essi siano compresi o aggiuntivi al canone di noleggio; come questi incidano sulle condizioni contrattuali, ivi compresa la possibilità di recedere, ed a quali condizioni, qualora i costi si dimostrassero eccessivi o l'esigenza sovrastimata;
   quali siano i costi previsti per il mantenimento delle abilitazioni di un sufficiente numero di equipaggi, stante la prevedibile bassa utilizzazione di un aereo tanto specializzato;
   quali dotazioni specifiche, già presenti sulla flotta nazionale, per il trasporto di Stato siano state introdotte, anche ai fini della «security» delle personalità trasportate e della doverosa riservatezza delle comunicazioni ufficiali durante i lunghi voli;
   quale sia l'arco temporale del contratto, e se all'interno di questo non risulti più conveniente l'acquisto diretto, stante anche il basso valore residuo dei velivoli non più in produzione; in subordine, se il contratto di noleggio comprenda l'opzione di acquisto e con quali tutele per l'interesse dell'amministrazione;
   da dove si intenda far operare il velivolo, attese le insufficienti dimensioni dell'aeroporto di Ciampino, e quindi quali costi comporterebbe basare il velivolo in uno scalo civile quale Fiumicino, anche in termini di sicurezza, distanza dalla base del 31o stormo, manutenzione di linea.
(4-11123)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARIANI, GHIZZONI, BRAGA, BRATTI, BORGHI e GADDA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 9 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, al fine di realizzare interventi di incremento i dell'efficienza energetica degli edifici scolastici e universitari, ha disciplinato la possibilità di concedere, nel limite di 350 milioni di euro, finanziamenti a tasso agevolato a valere sulle risorse del fondo rotativo per il finanziamento delle misure finalizzate all'attuazione del Protocollo di Kyoto, avvalendosi della Cassa depositi e prestiti spa quale gestore del fondo stesso;
   il decreto ministeriale 14 aprile 2015 ha successivamente individuato i criteri e le modalità di concessione, erogazione e rimborso dei finanziamenti fissando il 22 settembre quale data ultima per presentare la domanda di ammissione al finanziamento;
   in particolare, gli interventi finanziabili riguardavano: l'analisi, il monitoraggio, l'audit e la diagnosi energetica; sostituzione dei soli impianti, incluse le opere necessarie alla loro installazione e posa in opera, comprensivi della progettazione e certificazione energetica ex ante ed ex post; riqualificazione energetica dell'edificio inclusi gli impianti e l'involucro comprese le opere necessarie alla installazione e posa in opera, oltre che della progettazione e certificazione energetica ex ante ed ex post;
   le istanze registrate dal Ministero competente risultano essere state solo 248, per un totale di 610 interventi distribuiti su tutto il territorio italiano, con un impegno di spesa pari a 110 milioni di euro, poco meno di un terzo dei fondi invece stanziati;
   i requisiti minimi da rispettare – al fine di accedere al finanziamento – come indicati all'articolo 4, comma 1, del decreto ministeriale 14 aprile 2015, non parevano particolarmente restrittivi;
   al programma avrebbero dovuto pervenire maggiori richieste, data l'ampia disponibilità di risorse finalizzate all'innovazione mediante tecnologie sostenibili e, quindi, destinate a rendere le scuole quali ambienti più sicuri, efficientate energeticamente e meno onerose nella gestione;
   considerato ancora il basso livello medio della qualità e dell'impiantistica di molti edifici scolastici, è da escludere la mancanza di interventi necessari –:
   se il Ministro interrogato non ravveda vincoli o restrizioni nel decreto ministeriale 14 aprile 2015 tali da causare l'esiguità delle istanze pervenute e accolte;
   quali iniziative intenda assumere per definire un migliore utilizzo – e in quali tempi – del fondo rotativo per il finanziamento delle misure finalizzate all'attuazione del protocollo di Kyoto;
   quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere – anche in raccordo con il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca e con l'unità di missione per il coordinamento e impulso nell'attuazione di interventi di riqualificazione dell'edilizia scolastica – al fine di rendere le scuole più efficienti e sostenibili dal punto di vista energetico. (5-06993)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FANTINATI, BUSINAROLO e SPESSOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la ALF S.r.l., situata nella zona industriale di Bovolone, in provincia di Verona, è una società nata nel maggio del 2010, specializzata nello stoccaggio di materiali ferrosi, non ferrosi, legno e plastiche;
   nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 2015, circa 250 tonnellate di materiale ferroso sono andate in fumo nell'incendio divampato nello stabilimento;
   stante quanto riferiscono gli organi di informazione, i vigili del fuoco parlano di cause da accertare, i carabinieri indicano come principio d'incendio il cattivo funzionamento di una macchinario «tritura ferro», mentre i quotidiani locali non escludono l'origine dolosa;
   nei mesi scorsi, l'attività di trattamento di tali rifiuti aveva destato allarme, preoccupazione e anche proteste tra la cittadinanza a causa di una polvere scura che, riferiscono fonti di stampa, «si deposita su tutte le superfici, all'esterno ma anche all'interno degli edifici... Passando una mano resta sul palmo una patina di ruggine finissima, che una calamita riesce a catturare e, il solo pensiero che finisca nei polmoni, terrorizza gli abitanti»;
   a creare ulteriore apprensione è il fatto che le strade dell'area produttiva sono utilizzate da giovani ciclisti per i loro allenamenti;
   tale fenomeno inquinante è stato denunciato, dai residenti al comune, alla provincia di Verona, alla Ulss 21 e, in seguito a numerose e ripetute segnalazioni, ci sono stati i sopralluoghi dei vigili urbani e dei tecnici dell'Arpav, che hanno mosso rilievi alla società;
   la provincia di Verona, a fine agosto 2015, ha ordinato all'azienda la «sospensione delle operazioni di recupero che coinvolgano rifiuti pulverulenti» entro il termine del 25 settembre, termine ultimo entro cui l'Alf srl avrebbe dovuto anche presentare una relazione;
   giunti alla scadenza, il sindaco di Bovolone, Emilietto Mirandola, ha emesso un'ordinanza urgente imponendo «l'immediata cessazione di ogni attività di trattamento di rifiuti non pericolosi che possa liberare polveri nell'ambiente circostante causando disagio per la popolazione residente e potenziale pericolo per la salute pubblica» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e se, trattandosi di una questione che riguarda la salute dei cittadini, quindi estremamente seria per ammettere leggerezze o disattenzioni, non s'intendano avviare immediatamente, per quanto di competenza, una verifica da parte del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente al fine di valutare i reali livelli di inquinamento addebitabili all'Alf srl. (4-11107)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'area del golfo di Manfredonia è presente un'area a elevata valenza naturalistica denominata riservetta e ricompresa nel sito di interesse comunitario (SIC) «zone umide di Capitanata» e la zona di protezione sociale (ZPS) «Paludi presso il golfo di Manfredonia»; 
   la regione Puglia, con deliberazione della Giunta regionale, n. 102 del 26 gennaio 2011, pubblicata sul Bollettino ufficiale della regione Puglia n. 24 del 15 febbraio 2011, ha approvato il progetto LIFEO9NAT/IT/000150 «Interventi di conservazione degli habitat delle zone umide costiere del SIC Zone umide della Capitanata», finanziato dalla Commissione europea ed ammesso a finanziamento comunitario per l'importo complessivo di 3.181.825,00 euro, di cui 2.365.368,00 euro a carico dell'Unione europea e 816.457,00 euro a carico dei soggetti proponenti;
   con i provvedimenti della presidenza n. 60 del 7 febbraio 2011 e della deputazione amministrativa n. 116 del 28 febbraio 2011, il Consorzio per la bonifica della Capitanata ha rispettivamente deliberato e ratificato di aderire, quale beneficiario associato, al partenariato per il Progetto «Life»; con il compito di eseguire direttamente, con propri uomini e mezzi, talune azioni previste in progetto, tra cui l'azione C2;
   la predetta azione C2 prevede specificamente il ripristino di 40 ettari dell'habitat 1510, delle «lagune costiere», in un'area già adibita a «Valle da Pesca» e contraddistinta in catasto al foglio 52 particella 3 dell'agro di Manfredonia, posta alla foce del torrente Candelaro;
   sull'area insistono i seguenti vincoli: parco nazionale del Gargano, di una zona qualificata dall’«alta pericolosità idraulica» del Piano stralcio per l'assetto idrogeologico (PAI) per la Puglia, del SIC «Zone umide della Capitanata», della ZPS «Paludi presso il golfo di Manfredonia», vincolo paesaggistico vincolo idraulico;
   ai sensi dell'articolo 7 delle norme tecniche di attuazione del PAI per la Puglia, nelle aree ad alta pericolosità idraulica non sono consentiti nuovi interventi di costruzione;
   l'area in questione, già ricompresa nelle aree gravate da usi civici sul territorio denominato «Paludi Sipontine» è stata oggetto di un annoso contenzioso tra il Consorzio per la bonifica della Capitanata e il comune di Manfredonia, definitosi dinanzi al Commissariato per la liquidazione degli usi civici di Bari, con transazione del 9 ottobre 2009, regolarmente omologata, in forza della quale l'area costituisce all'attualità bene di interesse pubblico del consorzio per la bonifica della Capitanata, con destinazione vincolata di patrimonio naturale;
   con il provvedimento del dirigente del servizio per l'assetto del territorio della regione Puglia n. 128 del 10 aprile 2014 è stata adottata la determinazione di conclusione con esito favorevole della conferenza di servizi per l'acquisizione dei pareri sul progetto definitivo, così come previsti dalla normativa vigente;
   in seguito ai sopralluoghi esperiti sull'area oggetto dell'azione C2 per l'esecuzione degli interventi connessi, è stata rilevata la presenza di opere non autorizzate – talune delle quali di recente realizzazione ed altre già oggetto di ordinanze di demolizione, emesse dal comune di Manfredonia negli anni ‘80 e tuttora non ancora eseguite – e di occupazioni abusive che ostacolano l'avvio dell'azione;
   nei numerosi incontri convocati dal prefetto di Foggia con i rappresentanti della regione Puglia, del comune di Manfredonia, del parco nazionale del Gargano, del consorzio per la bonifica della Capitanata, dell'oasi Lago Salso e delle forze di polizia, si è convenuto, al fine di risolvere le problematiche emerse e consentire l'accesso alle aree e la ricognizione dello stato dei luoghi, di richiedere la collaborazione delle forze dell'ordine per procedere all'individuazione degli autori delle opere abusive e degli occupanti le aree interessate, attività propedeutiche all'avvio delle procedure amministrative sanzionatorie e della emissione dei conseguenti provvedimenti da parte del comune di Manfredonia per l'abbattimento dei manufatti abusivi ed il ripristino delle aree;
   il comune di Manfredonia, ad oggi, nonostante gli inviti rivoltigli, non risulta agli interroganti abbia ancora assunto alcuna iniziativa al riguardo, né abbia dato seguito ad alcun provvedimento finalizzato alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi;
   analoga inerzia, relativamente agli abusi recenti, appare in capo all'ente parco nazionale del Gargano, che non risulta agli interroganti abbia esercitato i poteri interdittivi e sanzionatori previsti dall'articolo 29 della legge n. 394 del 1991;
   il Consorzio per la bonifica della Capitanata ha la disponibilità economica, rinveniente dal progetto «Life»; per procedere agli abbattimenti degli abusi edilizi presenti sull'area;
   con deliberazione della deputazione amministrativa n. 1377 dell'8 giugno 2015, il Consorzio per la bonifica della Capitanata, esercitando il potere autoritativo di autotutela, spettante alla pubblica amministrazione per i beni demaniali, come specificamente disciplinato dall'articolo 823, comma 2, del codice civile, ha ordinato a chiunque occupi abusivamente i terreni ex «Valle da Pesca» di lasciarli liberi e vuoti da persone e cose entro 60 giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza all'Albo consortile;
   avverso il provvedimento alcuni occupatori abusivi hanno proposto ricorso al TAR Puglia (R.G. n. 1088-2015) con contestuale istanza cautelare di sospensione degli effetti dell'atto impugnato. Con ordinanza, del 24 settembre 2015 tale istanza è stata disattesa e rigettata dal TAR adìto e pertanto il provvedimento impugnato conserva la sua efficacia erga omnes;
   la permanenza di occupatori abusivi su un'area ad alta pericolosità idraulica, posta alla foce di un torrente, oltre a comportare un danno ambientale, mette continuamente a repentaglio la stessa vita degli occupatori abusivi –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra riportati e se siano in grado di indicare quali attività repressive degli abusi commessi sull'area in questione siano stati posti in essere;
   quali iniziative intendano intraprendere i Ministri interrogati, ciascuno per quanto di competenza, il Ministro, affinché sia ripristinata la legalità nell'area in questione, al fine di consentire la realizzazione del progetto «Life» e tutelare la pubblica e privata incolumità;
   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, ciascuno per quanto di competenza, al fine di garantire il rispetto delle direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE in riferimento ai siti IT9110005 SIC «zone umide di Capitanata» e della ZPS IT9110038 «Paludi presso il golfo di Manfredonia». (4-11117)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALBINI, BECATTINI, BENI e FOSSATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è notizia riportata dai maggiori quotidiani locali, che per alcuni lavoratori del Maggio musicale fiorentino è stato dato il via ai licenziamenti collettivi, questa volta di personale tecnico e amministrativo, dopo che qualche mese fa erano stati effettuati i licenziamenti delle maschere che prestavano servizio da 10-15 anni;
   secondo quanto riferito da una nota dal sindacato Slc-Cgil di Firenze, la decisione definitiva è stata ufficializzata dalla direzione del Maggio dopo che la Corte dei conti – con comunicazione giunta alla direzione il 3 novembre 2014 – ha avallato il risanamento del Teatro secondo quanto pianificato dalla direzione stessa. I licenziamenti collettivi saranno effettuati secondo la legge n. 223 del 1991, il cui articolo 4 prevede la facoltà delle aziende di avviare le pratiche di mobilità dopo l'esame della situazione economico-finanziaria che deve avvenire con i rappresentanti sindacali e i rappresentanti di categoria. In seguito all'esamina della situazione poi l'azienda ha facoltà di procedere con i licenziamenti collettivi che devono avvenire entro 120 giorni. Il tutto in base alla legge n. 106 del 2014, articolo 5, in materia di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, entrata in vigore il 31 luglio di quest'anno;
   a quanto si apprende la normativa legata al provvedimento sarà utilizzata retroattivamente: questo significa che saranno applicate in modo retroattivo condizioni economiche peggiorative stabilite dal nuovo contratto aziendale, pertanto con il conguaglio che ne seguirà i lavoratori non solo saranno licenziati ma dovranno restituire delle somme in busta paga;
   così come riportato dagli atti del consiglio comunale di Firenze dello 19 ottobre 2015:
    «PRESO ATTO della delibera del Consiglio comunale 408/2015 (“Nuovo Teatro dell'Opera – Costituzione diritto d'uso a favore della Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino”);
    PRESO ATTO dell'audizione del 13/10/2015 del Sovrintendente Bianchi al quale è stato chiesto se ci fosse la possibilità di reintegrare i membri residui del corpo di ballo o esplorare altre strade per tutelarli;
    PRESO ATTO che il Sovrintendente ha pubblicamente dichiarato che non esiste alcun margine di trattativa e che quindi perseguirà nei licenziamenti; Invita il Sindaco e l'amministrazione comunale ad adoperarsi nei confronti della Direzione del Maggio affinché si receda dai licenziamenti messi in atto nei confronti dei quattro dipendenti del corpo di ballo o che si esplorino nuove strade per il loro reimpiego all'interno della Fondazione.» –:
   se i Ministri interrogati non ritengano necessario intervenire, per quanto di competenza, affinché i dipendenti del corpo di ballo licenziati vengano reintegrati, o affinché si esplorino nuove strade per il loro reimpiego all'interno della Fondazione, così come da intendimenti assunti dal consiglio comunale di Firenze del 19 ottobre 2015. (4-11116)


   FEDRIGA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   dal 21 novembre al 13 dicembre si svolgerà a Lucca la mostra fotografica «Photolux», dove saranno esposte fotografie di Andrés Serrano e Bettina Rheims, in un percorso a tema «Sacro e profano»;
   si apprende, con disappunto, che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo avrebbe concesso il proprio patrocinio alla mostra, visto che è in programma l'esposizione di fotografie altamente lesive del sentimento religioso dei cristiani;
   sembra inoltre che anche il comune di Lucca e la provincia siano partner istituzionali dell'evento e, quindi, probabilmente anche co-finanziatori;
   più che di sacro e profano, si tratterà semplicemente di un triste esempio di umiliazione e scherno del sentimento religioso dei cristiani: ad esempio, sarà esposta la famosa «Piss Christ» (letteralmente «Cristo di piscio»), una fotografia del 1987 che mostra un crocefisso immerso in un barattolo di urina dell'autore (Serrano). Anche le opere della Rheims sono a dir poco controverse, come nel caso di una Vergine Maria ritratta con una generosa scollatura sui seni e con sguardo provocante;
   sorprende (o forse non sorprende affatto) come le fotografie riguardanti l'Islam, al contrario di quelle con soggetti cristiani, non siano per nulla blasfeme;
   il problema non è di una presunta troppa tolleranza nei confronti dell'Islam: al contrario, la stessa attenzione e la stessa cautela (giustissime, trattandosi di un tema delicato come il vissuto e il sentimento religioso) che viene adottata per trattare la religione musulmana, deve essere mantenuta anche riguardo a soggetti cristiani –:
   se risponda al vero che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo abbia concesso il patrocinio della mostra Photolux ed anche un finanziamento;
   in caso affermativo se il Ministro fosse effettivamente a conoscenza dell'evento per il quale ha concesso il patrocinio istituzionale, visto che risulta difficile da comprendere come possa aver accordato il proprio assenso ad una mostra dai simili contenuti sacrileghi e lesivi del sentimento religioso della Nazione;
   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso ritirare immediatamente il patrocinio alla mostra fotografica di cui in premessa, anche per non associare la sua immagine e quella del dicastero da lui diretto ad una simile mostra che, più che esprimere contenuti artistici, sembra all'interrogante rappresentare l'ennesima espressione di sentimento antireligioso e anticristiano, in particolare mirato innanzitutto ad umiliare il sentimento religioso e la fede di milioni di cittadini italiani. (4-11119)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CANCELLERI e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i buoni fruttiferi postali sono titoli emessi dalla Cassa depositi e prestiti per propri fini istituzionali, garantiti dallo Stato italiano e collocati in esclusiva da Poste italiane; i relativi rendimenti sono stabiliti dall'emittente ed approvati dal Ministero dell'economia e delle finanze; i rendimenti e le tabelle con il relativo calcolo sono stampati sul retro di ogni singolo buono fruttifero postale;
   con il decreto del 13 giugno 1986 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del giugno 1986) il Ministro del tesoro istituì una nuova serie di buoni con la lettera «Q» e stabilì che tutti i buoni fruttiferi postali delle serie precedenti (le serie L, M, N, O) fossero convertiti in titoli della nuova serie Q; l'attribuzione delle nuova serie Q rappresentava un vero e proprio «declassamento» delle serie precedenti, presentando tassi di interesse notevolmente più bassi rispetto a quelli sottoscritti al momento dell'acquisto;
   il potere di modificare il tasso di interesse previsto anche con riferimento a serie di buoni postali già emesse, oltre che a quelle di nuova emissione, era conferito al Ministro del tesoro dall'articolo 173 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, (poi abrogato dal decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 284); in particolare, la norma prevedeva la possibilità di modificare i tassi d'interesse sia per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, sia per quelli relativi a serie emesse in precedenza; lo stesso articolo 173 prevedeva inoltre che gli interessi dovevano essere corrisposti sulla base della tabella riportata a tergo dei buoni e che tale tabella, in caso di successiva variazione dei tassi, dovesse essere integrata con quella messa a disposizione dei titolari dei buoni stessi presso gli uffici postali;
   per un buono postale fruttifero trentennale del valore di lire 500.000, serie O n. 000.370, la somma da corrispondersi alla scadenza naturale del 31 dicembre 2014 è pari a lire 17.329.651, oggi euro 8950,02;
   il buono postale, sul fronte e sul retro, riportava le condizioni per il rimborso del maggiorato degli interessi. In particolare, sul fronte veniva indicato buono postale fruttifero non cedibile e pagabile con gli interessi maturati, presso qualunque Ufficio postale, giusta la tabella a tergo»;
   sul retro, venivano specificate le somme rimborsabili secondo una dettagliata tabella riportante l'indicazione degli anni e dei relativi bimestri e del saggio di interesse applicabile; sul buono non veniva riportato alcun riferimento ad alcuna disposizione normativa che potesse prevedere un mutamento unilaterale dei saggi di interesse convenuti e/o delle somme rimborsabili;
   Poste italiane spa, che è una società di diritto privato, nella sua qualità di soggetto emittente e pagatore di buoni postali fruttiferi (articolo 171 del decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973) non si tratta, quindi, nel presente caso, di interpretare le clausole di un contratto di prestito pubblico, quanto piuttosto di valutare l'inapplicabilità o meno di una normativa (nello specifico, l'articolo 173 del decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973, integrato, se e con quali effetti, dall'articolo 6 del decreto ministeriale n. 148 del 13 giugno 1986) ad un buono postale fruttifero, che è stato emesso da Poste Italiane ai sensi dell'articolo 171 del decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973 e quindi, come tale, non è un titolo di Stato (non costituendo una forma di indebitamento dello Stato, ma di altro soggetto, e precisamente, Poste Italiane s.p.a.);
   tale natura è chiaramente riconosciuta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 13979 del 2007, che sul punto, nel riprendere i principi sanciti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 303 del 1998, si è così pronunciata: «Occorre ricordare che, anche quando servizi postali come quello in esame erano offerti da un'azienda dello Stato (la quale, con la legge n. 71 del 1994, fu poi trasformata nell'Ente Poste, avente natura di ente pubblico economico, e quindi in società per azioni), essi si caratterizzavano per l'essere organizzati e gestiti in forma d'impresa: donde – già allora conseguiva la conformazione dei rapporti con gli utenti come rapporti contrattuali, fondamentalmente soggetti al regime del diritto privato» (così Corte Cost. n. 303 del 1988);
   con l'abrogazione delle disposizioni contenute nei capi V e VI del titolo I del libro IIII del decreto del Presidente della Repubblica, n. 156 del 1973 (fra le quali è compreso l'articolo 173), l'articolo 7, comma 3, del decreto legislativo n. 284 del 1999 prevede che «i rapporti già in essere (...) continuano ad essere regolati dalle norme anteriori», consentendo così il protrarsi della denunciata disparità di trattamento in danno della tutela del risparmio e dei diritti fondamentali dell'individuo, penalizzando, altresì, il risparmiatore di ieri rispetto a quello di oggi, ancorché entrambi siano fruitori dei medesimi servizi di risparmio postale;
   l'indagine deve ora focalizzarsi sulla violazione del principio di irretroattività della legge di cui all'articolo II delle preleggi da parte del combinato disposto di cui agli articoli 173 del decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973 e 6 del decreto ministeriale del Ministero del Tesoro n. 148 del 1986;
   l'applicazione da Poste Italiane invocata del combinato disposto di cui agli articoli 173 del decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973 e 6 del decreto del Ministero del Tesoro n. 148 del 1986, oltre a determinare una disparità di trattamento tra risparmiatori più volte stigmatizzata dalla giurisprudenza sotto il profilo della legittimità costituzionale, comporta secondo gli interroganti un'evidente violazione del diritto di irretroattività della legge sancito dall'articolo 1 delle preleggi, che statuisce: «La legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo»;
   l'articolo 173 statuisce la possibilità di una variazione retroattiva dei tassi di interesse (anche in peius) su buoni postali fruttiferi già emessi in forza di una disposizione normativa che, ai sensi dell'articolo II delle preleggi, dovrebbe disporre soltanto per il futuro e non per il passato, ammettendo per giunta che tale variazione possa essere disposta in virtù di una norma regolamentare di rango secondario (il decreto ministeriale) e senza prevedere che di essa venga data specifica e personale comunicazione ai titolari dei buoni «variati» ai fini del diritto di recesso;
   considerato che, come ritenuto dalla Corte di cassazione, il risparmiatore deve essere tutelato nel caso in cui, pur vigendo determinati tassi di interessi, i buoni postali fruttiferi emessi a suo favore siano stati rilasciati con l'apposizione a tergo di una tabella di tassi più favorevoli ma già superati al momento dell'emissione del buono stesso, a maggior ragione dovrà essere tutelato il sottoscrittore, che abbia acquistato un buono postale fruttifero, corredato di una tabella per la liquidazione dei tassi di interesse perfettamente corrispondente a quella prevista dalla normativa che lo ha istituito, senza essere stato contrattualmente informato della possibilità di successiva variazione dei tassi anche in senso peggiorativo (per non essere state apposte sul buono clausole contrattuali, stampigliature e/o diciture in tal, senso) e che, a seguito dell'intervento di una normativa di rango secondario (il decreto del Ministero del tesoro n. 148 del 1986) si veda decurtato di molto il rendimento del buono, in contrasto con le condizioni contrattuali sottoscritte al momento della emissione del buono stesso e senza ricevere alcuna comunicazione personale ad hoc, che gli consenta, ove ritenuto, di esercitare il legittimo diritto di recesso;
   un giudice di pace di Savona, Andrea Grammatico, ha accolto una ventina di ricorsi, che erano stati presentati un anno fa dal Movimento dei consumatori di Savona per conto di altrettante persone, citando le stesse motivazioni di cui sopra –:
   se si intendano assumere iniziative per modificare la posizione assunta dal Ministero dell'economia e delle finanze e dalle società emittenti da esso partecipate (Poste italiane spa e Cassa depositi e prestiti spa) in relazione alle richieste di rimborso aventi ad oggetto buoni fruttiferi postali interessati dalle modifiche introdotte dal decreto ministeriale del 13 giugno 1986, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 28 giugno 1986, specificando in particolar modo il numero e lo stato delle procedure di rimborso avviate e/o concluse con il pagamento di interessi al saggio indicato nelle tabelle apposte a tergo dei buoni medesimi (anziché quello inferiore previsto dal detto decreto ministeriale) nonché l'autorità preposta alla gestione e al controllo di tali procedure, che possa legittimamente facilitare un accordo tra le parti senza sacrificare, come a giudizio degli interroganti si è voluto, i diritti dei cittadini e dei risparmiatori. (5-06994)

Interrogazioni a risposta scritta:


   QUINTARELLI, ALFREIDER, BARGERO, BOCCADUTRI, BARBANTI, BONACCORSI, BRUNO BOSSIO, COPPOLA, D'AGOSTINO, DE LORENZIS, MATARRESE, MOLEA, PALLADINO, RABINO, SOTTANELLI, TENTORI, VARGIU e VECCHIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   su Repubblica del 22 ottobre 2015 si legge che il pilota di MotoGP Valentino Rossi denunciava un comportamento da parte del pilota Marc Marquez teso ad alterare il normale svolgimento del campionato mondiale di motociclismo MotoGP: «Voglio che sappia che io so. Che è tutto chiaro. Erano diverse gare che stavo «nasando» la situazione. Me lo dicevano tutti ma non ci volevo credere. Invece sì, lo spiegano chiaramente i dati rilevati a Phillip Island»;
   nella gara di Sepang il pilota Marc Marquez consentiva al pilota Jorge Lorenzo di sopravanzarlo facilitandogli il sorpasso;
   nella medesima gara di Sepang lo stesso pilota Marc Marquez ingaggiava un serrato comportamento ostruzionistico nei confronti del pilota Valentino Rossi con numerosi sorpassi e successivi rallentamenti;
   nella gara finale di Valencia, che avrebbe assegnato il campionato mondiale, lo stesso pilota Marc Marquez su motocicletta Honda non tentava mai un sorpasso nei confronti del pilota in prima posizione Jorge Lorenzo su Yamaha, pur essendo nel fine gara al secondo posto ed essendo le motociclette Honda più veloci del pilota Jorge Lorenzo di un secondo al giro, come dimostrato dalle performance del compagno di squadra Honda, Daniel Pedrosa, che si trovava al terzo posto;
   sempre secondo fonti stampa, nella medesima gara finale di Valencia il pilota Marquez richiedeva al suo personale dei box di comunicargli la posizione del pilota Valentino Rossi, che non era in competizione con lui;
   su più fonti stampa si riporta in un virgolettato la dichiarazione del pilota Jorge Lorenzo che afferma «Il momento più difficile è stato vedere Pedrosa avvicinarsi. Pensavo di rischiare di finire terzo e perdere il Mondiale ma loro, sapendo che mi giocavo il titolo, sono stati rispettosi perché il titolo rimanesse in Spagna» ed anche «Ho dato il massimo per tutta la gara ma era difficile con le Honda – Loro sono spagnoli come me, sapevano quello che mi giocavo e senza il piccolo aiuto delle Honda Valentino poteva togliermi il campionato. Il titolo è mio, nostro, ma anche della Spagna»;
   secondo notizie stampa la società di scommesse online Bwin Italia ha rimborsato le giocate degli scommettitori ed il dirigente Moreno Marasco, ha dichiarato «riteniamo giusto rimborsare gli scommettitori che hanno creduto nella vera competizione e nell'agonismo» –:
   se nella verifica costante dell'operato dei concessionari di gioco e nella mirata azione di contrasto all'irregolarità eseguita dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, siano state riscontrate, a partire dalla gara di Phillip Island del campionato mondiale MotoGP, anomalie nell'andamento delle scommesse riguardanti l'esito del campionato stesso. (4-11110)


   LOMBARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel 2007 è stato inaugurato a Roma Poste Bimbi il nido aziendale di Poste Italiane in viale Europa 190, realizzato attraverso un finanziamento da parte del comune di Roma pari a 250.000 euro;
   all'inaugurazione sono intervenuti l'allora ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni, il sindaco del tempo Walter Veltroni, l'assessore alle politiche educative e scolastiche al comune di Roma Maria Coscia e Vittorio Mincato, presidente di Poste Italiane dal 2005 al 2007;
   già al 2006 erano presenti sul tetto dell'edificio di viale Europa 190 tre stazioni radio base (SRB Vodafone protocollo 33486 del 22 maggio 2003 e 40360 del 28 giugno 2004 e 50877 del 13 luglio 2006 e 33952 del 21 maggio 2009 e 45782 del 15 luglio 2010 ), più una quarta SRB TIM dal 2012 (SRB TIM protocollo 25393 del 29 marzo 2012);
    va aggiunto inoltre che borderline al limite dei 100 metri ce ne sarebbero altre due SRB site in viale Asia 98 (SRB Vodafone protocollo 16277 dell'11 marzo 2010 – SRB WIND Prot. 6131 del 23 gennaio 2014 – stazione radio base Società Soc. WIND spa richiesta il 20 marzo 2014), i cui effetti vanno aggiunti alle tre summenzionate e per le quali l'unità organizzativa tecnica non ha trovato aree di proprietà comunale da individuare come siti alternativi;
   con la medesima prossimità al limite vi sarebbe la SRB sita in viale Beethoven 52;
   tutto ciò significa che si è dato vita ad un asilo nido aziendale esattamente sotto 3 antenne SRB preesistenti, nonostante vigesse il protocollo d'intesa tra il comune di Roma e le società concessionarie di telefonia mobile, definito vincolante per ambo le parti da Tar Lazio (sentenza n. 1021/2014) e Consiglio di Stato (sentenza 306/2015) per ciò che concerne il divieto assoluto di installazione di antenne radiomobili a meno di 100 metri dai siti sensibili quali ospedali, case di cura, scuole, asili nido e case di riposo –:
   se il Governo, anche in considerazione della partecipazione azionaria in Poste italiane spa, sia a conoscenza della grave situazione descritta in premessa, assai pericolosa per i minori presenti quotidianamente nel nido aziendale;
   in caso affermativo, quali iniziative intendano adottare per rimuovere ogni condizione di reale grave pericolo.
(4-11113)


   BASILIO, AGOSTINELLI, COLLETTI, ALBERTI, PESCO, COMINARDI, SORIAL, CORDA e RIZZO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie provenienti da organi di stampa locali e nazionali, emerge un preoccupante quadro relativo alle condizioni di bilancio dell'azienda AIPA s.p.a., società specializzata nei servizi di accertamento e riscossione di tributi di numerosi enti locali, tra cui i comuni di Bari, Bergamo, Brescia, Genova e che, per diffusione e capillarità, risulta essere seconda soltanto ad Equitalia;
   ad esempio, nelle scorse settimane soltanto nella provincia di Bergamo la guardia di finanza di Lecco, nell'ambito dell'inchiesta che aveva portato all'arresto del presidente di AIPA, ha sequestrato conti correnti e beni immobili riconducibili ad AIPA, che nella zona gestisce i servizi inerenti ai versamenti dell'imposta sulla pubblicità e sui diritti delle pubbliche affissioni;
   dagli approfondimenti della finanza lecchese sarebbe emerso come, agli 800 comuni che hanno affidato la gestione degli incassi ad AIPA s.p.a. – di cui oltre 400 in Lombardia – sarebbe giunta solo parte di quanto in loro nome riscosso a titolo di imposte comunali;
   per garantire la solvibilità della società nei confronti degli enti locali danneggiati e dell'erario, è stato quindi eseguito un sequestro conservativo su tutti i conti corrente ed i beni immobili fino al raggiungimento di quanto sarebbe stato illecitamente sottratto;
   nel marzo del 2014, infatti, l'allora Presidente di AIPA Daniele Santucci venne arrestato per una truffa da ben sette milioni di euro, posta in essere attraverso l'indebito utilizzo dei tributi sulle affissioni per l'acquisto di cavalli da rodeo, ranch, auto di lusso, monete d'oro e lingotti;
   tale dissesto finanziario, che coinvolgerebbe anche altre società collegate, tra cui Poste Tributi (divisione di Poste Italiane), ammonterebbe a diverse decine di milioni di euro e rischia di danneggiare non solo gli enti locali interessati, privi delle entrate riscosse dalla società, ma anche gli stessi cittadini, vessati da tributi locali sempre più ingenti;
   si apprende, inoltre, che AIPA spa avrebbe in corso una trattativa per la vendita di un proprio «ramo di azienda» ad un gruppo denominato «KGS Spa», con facoltà di subaffitto, prontamente utilizzata a favore di certa MAZAL GLOBAL SOLUTIONS Srl;
   appare quantomeno anomala agli interroganti una operazione di cessione di ramo d'azienda nei confronti di una società come la MAZAL, dalla diffusione capillare analoga a quella di AIPA, con sedi in tutta Italia, dalla Campania all'Emilia Romagna, dal Molise al Friuli, dalla Sicilia al Veneto, con un capitale sociale di 10 milioni di euro e con una mission aziendale pressocché analoga a quella di AIPA;
   tali movimentazioni, in regime di dissesto finanziario, potrebbero rappresentare, ad avviso degli interroganti, l'anticamera della creazione di una «bad company» , in quanto nel frattempo le attività potrebbero essere trasferite a terzi, come KGS e MAZAL che subentrano nelle concessioni dei comuni, con altissimo rischio di fallimento e bancarotta e indebitamento che verrà posto a carico dei contribuenti –:
   se non ritengano possibile, avvalendosi dei poteri di vigilanza e di controllo previsti dall'ordinamento, verificare in capo alla società interessata la sussistenza dei requisiti di legge per le attività di accertamento, liquidazione e riscossione di tributi ed, in caso negativo, disporne l'immediata cancellazione dall'albo dei soggetti privati abilitati alla riscossione dei tributi locali;
   quali ulteriori elementi possano riferire in merito alle ultime operazioni condotte dalla guardia di finanza di Lecco. (4-11114)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COMINARDI, FERRARESI, SORIAL e ALBERTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di cronaca (Corriere della sera dell'8 luglio 2014) di una rapina in villa a Pontoglio, nell'ovest bresciano, in cui Pietro Raccagni, 53enne, di professione macellaio, rientrato in casa la notte tra il 7 e l'8 luglio 2014, dopo una colluttazione con dei malviventi sorpresi in garage, cade sbattendo violentemente il capo. Ricoverato in fin di vita all'ospedale civile di Brescia, Pietro Raccagni morirà dopo 11 giorni. Sulle pagine del Corriere di Brescia del giorno 15 ottobre 2015, viene pubblicata la notizia della cattura del quarto e ultimo componente della banda di albanesi, autori materiali della rapina, arrestato a Dubrovnik, Croazia. La mattina del 15 settembre 2015 all'esterno del tribunale di Brescia si è tenuto un presidio organizzato dal comitato «Uniti con Pietro nel cuore», per chiedere la certezza della pena e giustizia per la vedova Raccagni. Nell'occasione, la signora Federica Pagani, costituitasi parte civile insieme al comune di Pontoglio, ha annunciato di voler fondare un'associazione intitolata al marito per tutelare le famiglie delle vittime di violenza domiciliare;
   il caso sopra citato rientra nella fattispecie dei danni derivanti da reati violenti per i quali la direttiva europea 2004/80/CE, è intervenuta a tutela delle vittime e tale direttiva oltre ad istituire un sistema volto a facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere è rivolta a uniformare la normativa degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali commessi nei rispettivi territori. In particolare, al Capo II, l'articolo 12, paragrafo 2, stabilisce che «Tutti gli stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime». Il termine ultimo per conformarsi è fissato al 1o luglio 2005;
   al punto 8 della sentenza del 29 novembre 2007, causa C-112/07, Commissione C Italia, la V sezione della Corte di giustizia europea ha ritenuto fondato il ricorso presentato dalla Commissione europea, il quale ipotizzava che l'Italia fosse venuta meno agli obblighi su di essa incombenti in forza di detta direttiva, ritenendo che quest'ultima non fosse stata recepita nell'ordinamento giuridico nazionale nel termine prescritto. Nel suo controricorso la convenuta Repubblica italiana non contestava nel merito le motivazioni del ricorso;
   il ricorso presentato dalla Commissione europea presso la Corte di giustizia europea in data 22 dicembre 2014 pone la Repubblica italiana come parte convenuta per essersi sottratta all'obbligo di cui l'articolo 12, II capo, paragrafo 2, della direttiva 2004/80CE, non prevedendo un sistema generale di indennizzo che riguardi le vittime di tutti i reati che il codice penale italiano individua e qualifica come intenzionali violenti;
   la giurisprudenza italiana risulta essere discordante nel merito, come evidenziato in alcune sentenze tra loro contrastanti emesse dai tribunali nazionali: CIT sent. corte d'appello di Torino n. 106 del 23 gennaio 2012, Tribunale di Milano n. 10441 del 26 agosto 2014, Tribunale di Trieste R.G.1655/2013 –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei dati e degli elementi riportati in premessa;
   quali iniziative i Ministri intendano intraprendere al fine di eliminare le discrepanze nel sistema giudiziario nazionale rispetto a quanto previsto dall'articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80/CE;
   se i Ministri intendano assumere iniziative per istituire un fondo per l'indennizzo nel rispetto di un sistema generale che tuteli le vittime di tutti i reati che il codice penale italiano individua e qualifica come intenzionali violenti;
   se i Ministri interrogati intendano illustrare, fornendo un dettagliato resoconto, l'attuale posizione dell'Italia in merito ad eventuali procedure d'infrazione pendenti in conseguenza al mancato o parziale recepimento della direttiva 2004/80 CE. (5-06991)

Interrogazione a risposta scritta:


   PELLEGRINO, CAUSIN, DALLAI, SEGONI, COSTANTINO e MELILLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 ottobre 2015, con la proclamazione degli eletti, si sono concluse le elezioni per il rinnovo del Consiglio nazionale dei geologi (Cng), occasione che vede gli oltre 13.000 geologi italiani chiamati ad eleggere i loro rappresentanti;
   le precedenti elezioni di tale consiglio, nell'anno 2010, furono turbate da disordini all'unico seggio elettorale di Roma, con l'intervento delle forze dell'ordine e seguite da azioni legali a causa delle diverse irregolarità e anomalie; ad esempio, fu riscontrato che centinaia di schede riportavano voti espressi in maniera identica, tutte con lo stesso errore di scrittura nella trascrizione del nome di uno dei candidati. Tali operazioni elettorali furono anche oggetto di esposto alla procura della Repubblica di Milano e di Torino. Ciò nonostante quelle elezioni non vennero annullate. Il procedimento di impugnazione delle elezioni del Consiglio nazionale dei Geologi, infatti, prevede una prima fase amministrativa dinanzi allo stesso Consiglio eletto. Tale fase si è protratta per quasi un anno, con esito, del resto ipotizzabile, negativo per i ricorrenti. È seguita la fase giurisdizionale durata tre anni e conclusasi solo un anno fa con la conferma del risultato elettorale, non potendo il giudice civile procedere a nuovo controllo delle schede;
   le ultime elezioni per il rinnovo del Consiglio nazionale geologi, ancor prima dello spoglio dei voti, secondo informazioni in possesso degli interroganti, sarebbero risultate già inficiate da irregolarità e anomalie quali appaiono essere quelle di seguito esposte;
   le schede elettorali, prive delle indicazioni riferite alla presente consultazione elettorale, in violazione dell'articolo 5 della legge n. 616 del 1966, comma 1, non sono state siglate dagli scrutatori;
   le schede siffatte sarebbero state inviate a tutti gli elettori, contrariamente alla norma che ne dispone l'invio solo a coloro che ne abbiano fatto richiesta al fine di esercitare l'opzione di voto per raccomandata postale (comma 7, articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 2005);
   i componenti del seggio elettorale sarebbero stati nominati diversi giorni dopo l'invio massivo a tutti gli elettori delle stesse schede elettorali che essi avrebbero dovuto siglare; in tal modo sarebbero state messe in circolazione in tutta Italia migliaia di schede, non verificate dai componenti del seggio elettorale;
   l'operazione di voto da parte degli elettori sarebbe stata formalmente possibile a partire dal 23 settembre 2015, quando il termine per la presentazione delle liste era stato fissato per il 1o ottobre 2015;
   tali fatti sono stati tempestivamente e formalmente segnalati da diversi candidati ed elettori mediante due esposti presentati agli uffici competenti, ufficio libere professioni presso il Ministero della giustizia (in data 7 ottobre 2015), e al medesimo Ministero della giustizia, nonché all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e allo stesso presidente del seggio elettorale aperto presso il Consiglio nazionale dei geologi a Roma (in data 9 ottobre 2015), quindi in fase ancora di espressione del voto e preliminarmente allo spoglio;
   contrariamente a quanto avvenuto in relazione alle schede inviate agli elettori per raccomandata – prive di sigla – per i votanti, al seggio le schede sarebbero state siglate dagli scrutatori. Si è in tal modo verificato che, nella medesima urna, sono confluite, schede elettorali siglate e schede elettorali non siglate, rendendo possibile, dunque, il riconoscimento delle espressioni di voto a mezzo posta;
   in data 15 ottobre 2015, 18 ottobre 2015 e 20 ottobre 2015, da parte di alcuni candidati, sarebbero stati formalizzati al Cng – con richiesta di trasmissione via posta elettronica certificata al presidente del seggio aperto presso la medesima sede del Cng – alcuni specifici rilievi al riguardo; non risulta, al momento, che tali azioni di segnalazione abbiano avuto significativo riscontro;
   nella giornata del 17 ottobre 2015, durante lo scrutinio, si sarebbe ripetuto quanto già avvenuto nelle scorse elezioni con l'intervento delle forze dell'ordine per riportare la dovuta calma all'interno del seggio elettorale, ove si stavano registrando alcune intemperanze;
   nella fase di esame della validità delle buste pervenute al seggio, il presidente di seggio avrebbe accantonato oltre 800 buste, pari a circa il 25 per cento delle buste pervenute, e le avrebbe successivamente riesaminate, ritenendone ammissibili circa 600; in tale seconda fase, egli avrebbe impedito ai rappresentanti di lista di verificare la correttezza del suo operato e quindi l'osservanza di quanto disposto dall'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 e successive modificazioni e integrazioni ove è stabilito che «nelle legalizzazioni devono essere indicati il nome e cognome di colui la cui firma si legalizza. Il pubblico ufficiale legalizzante deve indicare la data e il luogo della legalizzazione, il proprio nome e cognome, la qualifica rivestita nonché apporre la propria firma per esteso e il timbro dell'ufficio»; in particolare, sarebbe stato vietato l'accesso alla stanza del seggio con apposita guardianìa esercitata da una guardia giurata, per tutti i giorni in cui si sono svolte tali operazioni, e quindi da giovedì 15 ottobre a martedì 20 ottobre 2015;
   l'apertura delle buste contenenti le schede votate e, quindi, la verifica che l'autenticazione delle firme apposte fosse avvenuta in osservanza della normativa di riferimento, si sarebbe compiuta senza che alcun candidato avesse la possibilità di controllarne la legittimità. Altrettanto si sarebbe realizzato per lo scrutinio dei voti;
   quanto avvenuto per le elezioni dei rappresentanti nazionali dei geologi, risulterebbe agli interroganti inficiato da gravi irregolarità e violazioni di legge;
   gli eletti ai Consigli nazionali degli ordini professionali, nell'ambito delle attribuzioni di competenza, vigilano sull'osservanza di tutte le leggi riguardanti la professione, nella fattispecie della professione di geologo; ne consegue come debba considerarsi circostanza imprescindibile ed inderogabile che tali cariche, siano assunte con modalità pienamente legittime ed attraverso elezioni non viziate da qualsivoglia irregolarità e/o illegittimità;
   compete al Ministro della giustizia la vigilanza sulle attività degli organi rappresentativi delle categorie professionali, quali il Consiglio nazionale geologi. Tali poteri di vigilanza comportano la facoltà per il Ministero di procedere, ove ne ricorrano i presupposti di legge, al commissariamento e financo allo scioglimento nel caso non siano in grado di funzionare, ovvero se ricorrono altri gravi motivi (articolo 11 legge 3 febbraio 1963, n. 112);
   a seguito della proclamazione del risultato delle elezioni, avvenuta in data 24 ottobre 2015, il Ministero della giustizia dovrà procedere alla convocazione degli eletti per l'insediamento;
   preliminarmente all'insediamento dei geologi proclamati eletti, il Ministero della giustizia ha dunque, anche in considerazione di quanto esposto, la possibilità di verificare la regolarità delle operazioni elettorali attraverso l'acquisizione dei verbali di seggio e quant'altro ritenuto necessario –:
   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato circa quanto riferito in premessa;
   se abbia promosso iniziative di competenza al riguardo e/o intenda eventualmente promuovere specifiche iniziative utili alla verifica dei fatti sopra segnalati, fatti che se confermati integrerebbero, a giudizio degli interroganti, la patente violazione delle norme vigenti in materia elettorale, al fine di garantire la legittimità delle operazioni di voto, anche attraverso l'eventuale adozione di provvedimenti di sospensione dell'insediamento e di commissariamento. (4-11115)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il progetto per la realizzazione del «Sistema tangenziale di Lucca. Viabilità Est di Lucca comprendente i collegamenti tra Ponte a Moriano e i caselli dell'A11 Frizzone e Lucca Est» è stato oggetto di rilevanti eccezioni procedurali pregiudiziali, che hanno messo in discussione la legalità degli atti, come denunciato nel Rapporto Interdisciplinare predisposto dall'autorità competente, di cui si ignorano gli esiti istruttori;
   inoltre il «Sistema tangenziale di Lucca — Tratto Lucca est 1o stralcio» è anche stato oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo in merito alla presunta qualifica di «opera strategica» attribuita alla suddetta opera viaria e ai finanziamenti previsti per la sua realizzazione;
   tuttora irrisolto è il nodo relativo alla legittimità del finanziamento e della programmazione economica del «Sistema tangenziale di Lucca — Tratto Lucca est 1o stralcio» di cui alla delibera del CIPE del 14 febbraio 2014 «contratto di programma ANAS 2014 (delibera n. 4 del 2014)» – pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 agosto 2014 ed, a cascata, sull'infrastruttura nel suo insieme;
   l'ANAS, nell'ambito della propria concessione, vede determinare dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (e dal Ministero dell'economia e delle finanze limitatamente agli aspetti finanziari) un contratto di programma che individua «gli obiettivi perseguibili per la gestione, la manutenzione, il miglioramento e l'incremento della rete stradale e autostradale di interesse nazionale» (CFR. articolo 3 del decreto legislativo n. 143 del 1994 e decreto interministeriale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del Ministero dell'economia e delle finanze del 9 novembre 2007 – Reg. Corte Conti 17 dicembre 2007 Reg. 9 F. 322 –);
   in particolare, si rileva come, ai sensi della citata delibera del CIPE, l'effettivo inserimento della infrastruttura di cui in premessa nel contratto di programma del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti-ANAS 2007-2011 rappresenti la pregiudiziale per ottenere in maniera legittima i finanziamenti vantati per il «sistema tangenziale di Lucca – tratto Lucca est – 1o stralcio», ovvero per inserire la medesima opera nel «contratto di programma ANAS 2014»;
   inoltre, l'inchiesta pubblica, compiuta unitamente alla procedura di VIA speciale, dall'amministrazione provinciale di Lucca sul «Sistema tangenziale di Lucca Viabilità Est di Lucca comprendente i collegamenti tra Ponte a Moriano e i caselli dell'A11 Frizzone e Lucca Est» si è conclusa con una relazione dei garanti sui lavori svolti ed un giudizio sui risultati emersi dal Rapporto Interdisciplinare di VIA (provincia di Lucca – protocollo N.0211563/2014 del 21 ottobre 2014), in cui il comitato dei garanti denuncia l'incertezza sull'effettivo inserimento nel contratto di programma Ministero delle infrastrutture e dei trasporti-Anas 2007 e, a cascata, su tutti gli atti che ne sono discesi nel tempo. Nell'Atto alcun riferimento al soggetto responsabile della copertura di tale finanziamento. L'assenza dello anche l'Autorità nazionale anti corruzione si è interessata alle numerose criticità esposte in premessa, aprendo sulla questione un fascicolo (n. 3821/2014) e richiedendo al capo struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed al presidente di ANAS, informazioni aggiornate sulle questioni attinenti alla fase economica – finanziaria dell'intervento medesimo e del suo inserimento negli strumenti di programmazione, in particolare nel Programma MIT-ANAS 2007/2011. Nella nota di riscontro prot. n. CDG-0040163-P del 27 marzo 2015 il presidente pro-tempore di ANAS non ha fornito il chiarimento richiesto dall'autorità circa l'effettivo inserimento dell'opera nel programma Ministero delle infrastrutture e dei trasporti-ANAS 2007/2011;
   in merito alla pretesa illegittimità del finanziamento e della programmazione economica della suddetta opera viaria, è stato di recente presentato anche un esposto alla sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti da parte di Legambiente — città di Lucca, associazione che ha contestato l'effettivo inserimento dell'opera in questione nel contratto Ministero delle infrastrutture e dei tasporti-ANAS 2007-2011, denunciando, a cascata, la legittimità degli atti amministrativi che ne sono seguiti nel tempo –:
   se, in relazione all’iter tecnico-amministrativo dell'opera in questione, il Ministro interrogato, vista la necessità e l'urgenza, possa riferire ulteriori ed aggiornate informazioni circa la legittimità del finanziamento e della programmazione economica e finanziaria del sistema viario tangenziale di Lucca — tratto Lucca est;
   a fronte di quanto esposto in premessa in merito alla presunta carenza, discordanza e contraddittorietà degli atti amministrativi relativi alla programmazione infrastrutturale del sistema tangenziale di Lucca, se il Governo, vista la necessità e l'urgenza, non ritenga opportuno e oltremodo urgente, anche in considerazioni delle possibili conseguenze negative per la finanza pubblica, assumere iniziative per rimuovere l'opera dalla lista delle infrastrutture strategiche di cui «legge obiettivo» ovvero all'annullamento in autotutela di quella parte della delibera CIPE 14 febbraio 2014, basata su un presupposto che all'interrogante appare infondato. (5-06990)

Interrogazione a risposta scritta:


   AGOSTINELLI, TERZONI e CECCONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   gli interroganti hanno presentato l'interrogazione n. 5-06706 del 19 ottobre 2015, ancora senza risposta riguardante la paventata soppressione dei treni nel tratto Ancona Centrale-Ancona Marittima a partire dal prossimo anno;
   la giunta della regione Marche, nell'adunanza del 19 ottobre 2015, ha approvato l'atto n. 20 «approvazione dello schema di Accordo tra Regione Marche, Autorità Portuale, Comune di Ancona e RFI S.p.A. per la regolamentazione dei servizi ferroviari, sulla tratta Ancona-Ancona Marittima, dal 13 dicembre 2015»;
   il documento istruttorio del predetto deliberato della giunta, contiene una serie di valutazioni che hanno portato alla decisione della giunta e in particolare:
    con nota n. 0735895 del 7 novembre 2013 l'autorità portuale ha evidenziato che, completati i lavori di messa in sicurezza, i tempi di chiusura delle barriere determinerebbero l'interdizione al traffico veicolare per un tempo complessivo di circa 4 ore giornaliere, provocando condizioni non sostenibili con le esigenze e le dinamiche connesse con le operazioni e le dinamiche connesse con le operazioni di imbarco e sbarco delle navi traghetto;
    il 21 novembre 2013, l'autorità, portuale ha rappresentato l'interesse a ridurre il numero dei treni e i tempi di sosta e che in tale circostanza Trenitalia ha evidenziato il numero dei passeggeri saliti e discesi quotidianamente da e per Ancona Marittima sono 660 discesi e 350 saliti (già indicato nella precedente interrogazione 1.010 al giorno, oltre 280.000 passeggeri anno) considerando che nei giorni di domenica e festivi non ci sono treni);
    con nota del 10 febbraio 2014 l'autorità portuale ha evidenziato l'opportunità di una riduzione dei passaggi ferroviari, segnalando che il rallentamento del traffico avrebbe portato i vettori marittimi verso scelte commerciali alternative, con inevitabili ricadute sul traffico e più in generale sull'economia portuale;
   il 26 gennaio 2015 rete ferroviaria italiana proposto di prevedere uno studio per una viabilità alternativa in area portuale che consentisse ai mezzi pesanti di evitare il passaggio a livello ma avverso tale proposta ha sollevato opposizione l'autorità portuale «per la complessità dei soggetti coi volti e per i problemi di sicurezza (agenti marittimi, guardia di finanza, capitaneria di porto e altro);
   con nota del 10 marzo 2015 ha nuovamente segnalato la necessità di ridurre il traffico ferroviario per non penalizzare il traffico portuale e il deflusso dei mezzi da e per l'imbarco, nonché per evitare l'aumento delle emissioni inquinanti dovute all'incremento dei tempi di deflusso;
   il 27 marzo 2015 la regione Marche ha avanzato la proposta di sopprimere alcuni treni nel periodo estivo, così come attuato nei mesi precedenti;
   in data 24 luglio il comune di Ancona ha chiesto la sospensione dei transiti ferroviari in ragione dell'aumento dei tempi di chiusura dei passaggi a livello a seguito dei lavori e del conseguente intasamento del traffico in area portuale;
   il 30 luglio 2015 l'autorità portuale ha rinnovato l'esigenza di sicurezza e incolumità di tutti gli utenti nei tempi di chiusura del passaggio a livello;
   con mail dell'8 ottobre 2015 il comune di Ancona ha sottoposto una proposta di accordo da sottoscrivere tra regione Marche, autorità portuale, comune di Ancona, rete ferroviaria italiana e ATMA, nella quale prevede di sopprimere i servizi ferroviari di trasporto passeggeri sulla tratta Ancona-Ancona Marittima, nonché l'impegno del comune, per l'anno 2016 a fornire un servizio aggiuntivo e sostitutivo su gomma finanziandone i costi quantificati, in via presuntiva, in euro 26.595,00;
   sono stati previsti interventi mitigatori per i passeggeri muniti di abbonamento già stipulato fino alla scadenza degli stessi e comunque non oltre il 31 dicembre 2016 e i mancati introiti da bigliettazione della società dei trasporti su gomma dal 13 dicembre 2015 al 31 dicembre 2016 saranno compensati da un contributo una tantum dell'autorità portuale;
   il documento istruttorio precisa che l'articolo 6 comma 1, lettera f), della legge regionale n. 45 del 1998, prevede che in materia di trasporto pubblico regionale locale la regione svolge funzioni amministrative di programmazione e amministrazione i servizi ferroviari di interesse regionale e locale, di cui all'articolo 5, comma 2 e stipulazione dei relativi contratti di servizio e che al termine della sperimentazione, e quindi a partire dal 1o gennaio 2017, la regione Marche, nell'ambito della programmazione dei servizi su gomma valuterà l'entità del e risorse necessarie da aumentare il numero di corse su gomma e l'incremento delle stesse, sopprimendo di fatto, ad avviso degli interroganti, l'uso sei treni e della linea ferroviaria. Il precitato accordo proposto da sottoscrivere tra regione Marche, autorità portuale, comune di Ancona e rete ferroviaria italiana s.p.a., nelle premesse cita che rete ferroviaria italiana, nell'ambito della realizzazione del nuovo impianto di comando e controllo nella stazione di Ancona, nel rispetto delle prescrizioni disposte dall'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie (ANSF) ha necessita di modificare l'attuale passaggio a livello chilometri 14283 denominato «Varco Dogana» e quello denominato «Varco Lazzaretto» dotandoli di barriere con collegamenti di sicurezza con i segnali ferroviari; che l'autorità portuale in relazione a tali lavori ha rappresentato le seguenti criticità: marcato incremento dei tempi di deflusso dei mezzi provenienti dagli imbarchi e di quelli destinati all'imbarco con conseguente aumento dei ritardi negli orari dei traghetti ed evidenti disagi all'utenza portuale; aumento dei tempi di attesa dei veicoli pesanti; sensibile aumento delle emissioni inquinanti in misura direttamente proporzionale al progressivo aumento di attese forzate dei veicoli leggeri e pesanti; incremento degli ostacoli e conseguenti rallentamenti riferibili alle attività di pronto intervento, prime fra tutte quelle di primo soccorso ed antincendio, con palesi ripercussioni per la sicurezza dello scalo, come evidenziato dagli organi competenti nel corso della seduta del Comitato Portuale nel corso della seduta del 28 luglio 2015;
   ad avviso degli interroganti la ricostruzione della vicenda denota un atteggiamento pregiudiziale, in particolare da parte dell'autorità portuale di Ancona, con l'appoggio del comune di Ancona, contro il trasporto pubblico dei passeggeri su ferro e sull'esistenza della stessa linea ferroviaria, fino al punto di strumentalizzare il tema sicurezza dei convogli ferroviari e dei veicoli e in particolare la nota dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie. Infatti, sul sito dell'autorità portuale di Ancona è stato pubblicato dall'autorità portuale stazione Marittima (già indicato nella precedente interrogazione): «L'ANSF ha emesso le seguenti prescrizioni per consentire la circolazione dei treni: automazione del passaggio a livello del Mandracchio; realizzazione di due nuovi passaggi a livello automatizzati, uno davanti alla Mole e l'altro antistante l'accesso alle aree di imbarco in porto (Facility 1); rafforzamento delle balaustre di protezione della linea ferroviaria»;
   dalla nota dell'ANSF protocollo 3559 del 5 maggio 2015, ad avviso degli interroganti, emerge che l'Agenzia non ha emesso tali prescrizioni e comunque il tema della sicurezza è utilizzato in modo improprio, a giudizio degli interroganti, in relazione alla soppressione del collegamento ferroviario, incuranti di oltre 1.000 passeggeri che si servono dei treni (280.000 persone all'anno). Intanto il documento dell'autorità portuale è scomparso, a quanto consta agli interroganti, dal sito dell'autorità. I dati forniti dalla medesima autorità sul transito giornaliero dei veicoli appare, agli interroganti, sovrastimato, sicuramente per quanto riguarda il Varco Dogana, e addirittura in modo lunare per il varco Lazzaretto, ove i veicoli si calcolano nell'ordine delle decine. Anche il numero dei treni giornalieri e i tempi di percorrenza risultano sovrastimati rispetto alla realtà come dimostrato nella nota trasmessa agli interroganti e ai consiglieri regionali delle Marche in base ad uno studio predisposto autonomamente dall'ex responsabile (oggi pensionato) del compartimento FS di Ancona-Bari. Analogamente, si tendono a drammatizzare le conseguenze delle misure di sicurezza persino sull'inquinamento ambientale quando i mezzi pesanti restano con i motori accesi in porto anche per diverse ore al giorno e le navi sostano per ore in porto con i motori accesi per alimentare i servizi di bordo. Vengono paventate conseguenze per i mezzi di pronto soccorso e antincendio quando all'interno del Porto c’è la Caserma dei vigili del fuoco e tutte le aree portuali sono raggiungibili 24 ore su 24 sia nella parte riguardante il molo sud mediante l'asse attrezzato e il bypass di Palombella che il molo nord mediante il varco della Repubblica. Una situazione profondamente diversa rispetto ad alcuni anni, fa quando l'unica via d'uscita carrabile per l'intera zona portuale e l'area ZIPA era rappresentata dal varco del Mandracchio ove insisteva il passaggio a livello con barriere per proteggere la ferrovia in cui transitavano un numero maggiore di treni viaggiatori e merci. Un atteggiamento quello messo in atto dall'autorità portuale e dal comune che mal si concilia, ad avviso degli interroganti, con le istituzioni pubbliche e in particolare con quella di rilevanza statale che in ogni caso deve fornire una corretta interpretazione dei dati e dei fatti; è inaccettabile la decisione di stabilire addirittura un indennizzo di 12.000 euro una tantum (con fondi pubblici) al comune di Ancona che fortemente vuole sopprimere la ferrovia. Se mai, d avviso degli interroganti, si sarebbe dovuto prevedere un risarcimento per i pendolari e per la stessa RFI che ha speso negli anni consistenti investimenti sulla linea ferroviaria e per attrezzare le altre stazioni per realizzare il progetto di uso metropolitano delle ferrovie, che subirebbe un duro colpo con la soppressione della Marittima;
   appare altresì evidente, ad avviso degli interroganti, che si sono verificati interventi ad opera di soggetti, diversi da RFI e regione, che non hanno competenze sul trasporto ferroviario e atteggiamenti preclusivi persino a fronte della disponibilità di RFI a studiare una o più soluzioni alternative, per spingere sulla so pressione dei treni;
   una decisione che ha provocato la protesta dei cittadini e delle associazioni ambientaliste e la richiesta di una proroga del provvedimento da parte di sindaci e di consigli comunali, ultimo quello di Pesaro del 9 novembre 2015 –:
   se sia a conoscenza dei fatti suesposti e se e quali iniziative intenda assumere per evitare la soppressione dei treni che privano del servizio giornaliero oltre mille persone;
   se e quali iniziative intenda, adottare per verificare il comportamento dell'autorità portuale di Ancona e se la stessa e gli altri organi competenti per la sicurezza hanno effettuato analisi sui livelli d'inquinamento dell'area portuale e con quali esiti o se intendano farlo con urgenza;
   se e per quali motivi siano stati trasmessi dati, a giudizio degli interroganti infondati sui volumi di traffico veicolare sui due punti di intersezione denominati Lazzaretto e Dogana che, se calcolati correttamente non avrebbero determinato il superamento del «momento di traffico» necessario all'innalzamento delle misure di sicurezza dei passaggi a livello e l'obbligo delle barriere bensì l'installazione di un lampeggiante e di un semaforo come avviene ne resto d'Italia in linee similari;
   se e come intenda intervenire in relazione alla decisione dell'autorità portuale di elargire contributi una tantum mediante fondi di bilancio. (4-11125)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
   da notizia di stampa riportata in data 10 novembre 2015 sul quotidiano online Palermo Today si apprende che la procura della Repubblica di Palermo ha emesso 41 provvedimenti di fermo in tutta Italia nei confronti di ventotto italiani, otto indiani, tre bengalesi, un pakistano, un rumeno, diciotto circhi e diversi impresari di settore, accusati di aver favorito l'immigrazione clandestina;
   l'operazione denominata «Golden Circus» ha portato all'individuazione di un'associazione criminale internazionale dedita al traffico clandestino di centinaia di migranti provenienti principalmente dall'India, dal Bangladesh e dal Pakistan, a cui era concesso un visto d'ingresso come acrobati o giocolieri dipendenti dei circhi coinvolti, in cambio del pagamento non inferiore a 15.000 euro pro capite;
   il capo della squadra mobile di Palermo, Rodolfo Ruperti, dichiara che il visto d'ingresso per ragioni di lavoro concesso ai migranti clandestini era ottenuto grazie alla collaborazione di dipendenti dell'assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro della regione siciliana e che tale traffico illecito ha generato un giro d'affari di circa 7 milioni di euro;
   difatti, tra le 41 persone nei cui confronti è stato predisposto il provvedimento di fermo vi è Vito Gambino, dipendente dell'assessorato al lavoro della regione siciliana, accusato di aver favorito la tratta clandestina di migranti fornendo, dietro compenso economico, la fittizia autorizzazione all'assunzione dei circhi firmata dalla regione all'associazione criminale internazionale;
   secondo quanto riportato dal succitato articolo, gli inquirenti della procura della Repubblica di Palermo dichiarano che «gli impresari circensi inoltravano la domanda di assunzione dello straniero a Vito Gambino, il quale predisponeva, pure in mancanza dei presupposti, il “nulla osta al lavoro per prima occupazione o visto d'ingresso cittadini extracomunitari”», documento che, insieme ad altri certificati, permette il rilascio al cittadino extracomunitario del visto d'ingresso da parte dell'ambasciata italiana;
   in base alla ricostruzione degli inquirenti, Vito Gambino aveva il compito di contattare direttamente le questure siciliane territorialmente competenti al fine di consentire il rilascio dei nulla osta nel più breve tempo possibile. Per la realizzazione dei documenti dovrebbe essersi servito di un falso timbro dell'Ufficio immigrazione della questura di Palermo oppure avrebbe dichiarato la presenza agli atti dei nulla osta della questura attraverso fittizi provvedimenti dell'assessorato;
   le indagini confermano, inoltre, il coinvolgimento degli impresari di noti circhi, i quali avrebbero ricevuto somme di denaro pari a 2.000 o 3.000 euro a seconda che l'assunzione dei migranti come ballerini, attrezzisti, facchini nei circhi fosse fittizia o meno. Tra i più famosi circhi implicati si annoverano: Circo Sandra Orfei, Circo Lino Orfei, Circo Bizzarro, Circo Città di Roma, Circo Vienna Roller, Circo Martin, Circo di Praga, Circo Cristiani Bros, Circo Karoli, Circo Wigliams Brother, Circo Acquatico, Circo Acquatico Jonathan, Circo Acquatico Splash, Circo Martini, Circo Blasis, Circo Marinescu, circo Kumar;
   come è noto, per effetto della legge 30 aprile 1985, n. 163 (istitutiva del fondo unico per lo spettacolo), anche le attività circensi e dello spettacolo viaggiante beneficiano di contributi ministeriali e relativamente all'anno 2015 gli stanziamenti assegnati alle attività circensi ammontano ad euro 4.5 milioni. Considerate le recenti vicende incresciose che hanno coinvolto numerose imprese circensi nel reato di sfruttamento dell'immigrazione clandestina, c’è il fondato timore che alcune di queste realtà abbiano usufruito delle risorse a valere sul fondo unico per lo spettacolo come previsto dalle nuove assegnazioni per l'anno 2015 di cui al decreto direttoriale 9 luglio 2015, n. 738;
   il decreto ministeriale 1o luglio 2014, n. 71, recante i nuovi criteri, per l'erogazione dei contributi del fondo unico per lo spettacolo agli articoli 7 e 8 disciplina rispettivamente le modalità con cui il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo attua verifiche e controlli sulle attività sovvenzionate nonché i casi di decadenza, revoca o rinuncia ma nulla esplicita nel caso in cui una impresa ammessa al fondo unico per lo spettacolo si renda responsabile di un illecito penale –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare affinché casi simili di traffico clandestino di migranti tramite imprese che beneficiano di contributi pubblici, come nel caso in questione, non si verifichino nuovamente;
   se non si ritenga opportuno procedere ad una verifica circostanziata e inequivocabile, volta ad accertare che le imprese circensi coinvolte nell'inchiesta non abbiano usufruito dei contributi fondo unico per lo spettacolo, considerato il fatto che spesso la denominazione dell'impresa circense che richiede il contributo può differire dalla persona effettivamente titolare dell'impresa stessa (articolo 31 decreto ministeriale n. 71 del 2014);
   se non si ritenga doveroso, nelle more di un accertamento delle responsabilità penali, verificare se sussistano i presupposti per procedere ad una revoca del relativo finanziamento o quanto meno ad una sospensiva nell'attesa di un quadro più chiaro delle indagini.
(2-01164) «Brescia, Simone Valente, Vacca, Di Benedetto, Marzana, D'Uva, Di Vita, Parentela».

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   sul sito web «wwvv.registrorazzista.it» è dedicato alla creazione di una lista di personaggi pubblici accusati di essere omofobi, razzisti o entrambe le cose;
   chiunque può registrarsi al sito in forma anonima e inserire i nominativi di chi ritiene razzista o omofobo, oltre a specificare le motivazioni per le quali il soggetto è ritenuto tale, che possono essere le più disparate;
   lo stesso sito sembrerebbe gestito in forma rigorosamente anonima;
   ad avviso dell'interrogante, ferme restando le valutazioni che saranno eventualmente svolte dall'autorità giudiziaria, la lista pubblicata sul sito finisce per somigliare pericolosamente ad una lista di proscrizione e, oltre a poter dar luogo a un incitamento all'odio e alla violenza, appare lesiva dei più elementari principi costituzionali –:
   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda adottare, anche tramite la polizia postale, con riferimento ai fatti di cui in premessa. (4-11104)


   RICCIATTI, NICCHI, FERRARA, QUARANTA, COSTANTINO, PIRAS, MELILLA, DURANTI, PLACIDO, AIRAUDO e SANNICANDRO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 novembre 2015 il quotidiano Il Corriere Adriatico ha riportato la notizia di un terribile episodio di abuso su minori, avvenuto nel comune di Macerata Feltria (Pesaro Urbino), ai danni di 5 fratelli e sorelle, tutti minorenni, figli di una coppia originaria dell'Est Europa, versante in una grave situazione di indigenza;
   per il caso citato sono attualmente in stato di fermo quattro persone, tutte residenti nella provincia, tra i quali un ultraottantenne, un noto imprenditore ed una ragazza di 22 anni, accusati di aver favorito la prostituzione dei minorenni, organizzando gli incontri con i clienti;
   dal quadro investigativo attualmente noto è emerso che i minori incontravano in media due o tre clienti al giorno, in genere anziani, ricevendo dai 30 ai 50 euro per ogni prestazione, con la probabile complicità dei genitori;
   i fatti riportati, come in tantissimi altri episodi di questo genere, rappresentano solo la punta dell’iceberg del fenomeno, considerato il clima di omertà che generalmente circonda tali situazioni di abuso;
   dalla relazione al Parlamento sull'attività di coordinamento, effettuata ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 269 del 1998 (recante «Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù»), del 2012, è emerso un quadro allarmante dell'incidenza di tale fenomeno nella realtà italiana. I dati forniti dal comando generale dell'Arma dei carabinieri, nell'ambito delle attività di contrasto alle condotte di abuso e sfruttamento sessuale in danno di minori, hanno evidenziato come le condotte maggiormente contestate siano state quelle di «violenza sessuale» (articolo 609-bis c.p.) e di «atti sessuali con minore» (articolo 609-quater c.p.), che secondo i dati raccolti costituiscono il 50 per cento delle fattispecie perseguite;
   nel corso degli ultimi anni, il fenomeno si è tutt'altro che attenuato, come sottolineato più volte da diverse organizzazioni, tra le quali «Telefono Azzurro», che registrano anzi un suo incremento;
   il riferimento normativo, a livello internazionale sul tema, è la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla protezione dei minori dall'abuso e dallo sfruttamento sessuale (cosiddetta Convenzione di Lanzarote), che definisce l'abuso sessuale sui minori come «la condotta intenzionale di chi abbia rapporti sessuali con un minore che non abbia raggiunto l'età del consenso prevista dalla legge dello Stato, o con un minore di diciotto anni con l'uso della coercizione, della forza, della minaccia o abusando, anche in ambito familiare, di una posizione di fiducia, autorità o influenza nei suoi confronti» (Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile);
   nel 2014 il Consiglio d'Europa ha diffuso la stima secondo la quale in Europa un bambino su cinque è vittima di abusi sessuali, anche a causa della diffusione delle nuove tecnologie informatiche che agevolano i rapporti tra adulti e bambini;
   l'esperienza della violenza sessuale in età infantile o adolescenziale comporta un alto rischio per disturbi di natura neurobiologica per le vittime;
   insieme alla necessaria repressione degli abusi sotto il profilo penale, resta fondamentale ed urgente il rafforzamento di attività e progetti volti alla prevenzione ed alla protezione dei minori da situazioni come quella descritta in premessa, condizionata e favorita in modo evidentemente rilevante anche dalla condizione di indigenza ed estremo disagio della famiglia dei minori;
   nella legge di stabilità 2014, come ha rilevato lo stesso Telefono Azzurro, il «Fondo per il contrasto alla pedopornografia» è stato ridotto a soli 39.000 euro –:
   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, per rafforzare il contrasto del fenomeno degli abusi sui minori e della prostituzione minorile, garantendo la salvaguardia dei fanciulli tutelata ai più alti ranghi normativi del nostro ordinamento;
   quali iniziative intendano assumere sul piano della prevenzione e del controllo sociale sulle condizioni idonee a favorire lo sviluppo di tali fenomeni;
   se non intendano assumere iniziative per prevedere maggiori risorse per progetti ed iniziative di prevenzione e monitoraggio. (4-11112)


   GIANLUCA PINI, SALTAMARTINI, RONDINI, GRIMOLDI, SIMONETTI, BUSIN, CAPARINI e ATTAGUILE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   durante la notte fra sabato e domenica 2015 sono stati trovati quattro focolai di incendio lungo la linea dell'alta velocità Bologna-Milano, Bologna-Piacenza e Bologna-Verona dove ignoti hanno dato alle fiamme dei cavi elettrici interrati nella sottostazione elettrica in zona Santa Viola, nella periferia della città di Bologna, lasciando una scritta a terra con la vernice rossa: «8-11, sabotare un mondo di razzisti e di frontiere»;
   l'atto delinquenziale, accaduto poche ore prima dell'arrivo dei manifestanti leghisti nel capoluogo emiliano, oltre ad aver causato disagi nella mobilità con ritardi dei treni e cancellazioni, è stato palesemente provocatorio e intimidatorio nei confronti delle migliaia di persone che stavano giungendo a Bologna per partecipare ad una manifestazione pacifica;
   già in passato, il 23 dicembre 2014, la stessa zona fu interessata da un altro simile atto di sabotaggio dell'alta velocità, ma mentre il passato incendio era «firmato» con una generica scritta «no tav» ed era difficile persino capire se fosse stata realizzata il giorno stesso, il sabotaggio di pochi giorni fa riporta anche la data scritta a terra, quasi a voler rimarcare la paternità e il destinatario del gesto;
   il sabotaggio della linea ferroviaria dell'alta velocità è stato rivendicato su un sito di un'area anarchica attraverso una mail anonima in cui si specificava che l'intento era quello di ostacolare la manifestazione nazionale della Lega Nord;
   va riconosciuto con fermezza e chiarezza che si tratta di un attentato alla democrazia che va condannato duramente perché, a prescindere dalla condivisione o meno delle idee politiche, non possono essere giustificati il danneggiamento di infrastrutture pubbliche e i relativi pericoli per i passeggeri, nonché i disagi alla circolazione ferroviaria;
   le critiche unanimi da parte dei diversi esponenti politici a quanto accaduto, non sono sufficienti, ad avviso degli interroganti, se vengono affiancate da una «cultura» che giustifica i sabotaggi come manifestazione di libertà d'espressione;
   la procura di Bologna dopo il sabotaggio dell'alta velocità ha aperto un'inchiesta, contro ignoti, per attentato alla sicurezza dei trasporti con l'aggravante dei fini eversivi e danneggiamento aggravato ed ha acquisito le immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza –:
   se risulti al Governo se dalle immagini riprese dalle telecamere, siano stati identificati i soggetti che hanno partecipato all'azione di sabotaggio dell'infrastruttura ferroviaria della linea dell'alta velocità nella notte fra il 7 e l'8 novembre 2015 –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per condannare fermamente tali episodi sottolineando che forme di sabotaggio violente non possono essere in alcun modo assimilabili a libere manifestazioni di pensiero. (4-11118)


   FITZGERALD NISSOLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il nostro Paese individua, tra le priorità in materia di diritti umani, la tutela della libertà di religione e credo e la protezione dei diritti degli appartenenti alle minoranze religiose, operando con determinazione affinché siano oggetto di un'azione più efficace anche a livello internazionale;
   unitamente agli altri Stati membri dell'Unione europea, l'Italia promuove annualmente una risoluzione dell'Assemblea generale dell'ONU sulla libertà di religione o credo e di condanna di ogni forma di intolleranza e discriminazione su base religiosa. La più recente di queste risoluzioni (A/RES/69/175), adottata all'unanimità nel dicembre 2014, pone particolare attenzione agli episodi di violenza contro gli appartenenti alle minoranze religiose;
   l'Italia sostiene inoltre le attività del relatore speciale ONU sulla libertà religiosa, che ha anche il compito di rivolgere raccomandazioni agli Stati per migliorare la difesa della libertà religiosa nel mondo;
   le «Linee Guida UE sulla libertà di religione o credo», adottate nel 2013, proprio su impulso italiano, fanno espresso riferimento all'esercizio collettivo della libertà di religione a tutela delle comunità religiose minoritarie. La stessa Commissione sulla libertà religiosa degli Stati Uniti (USCIRF) ha riconosciuto il grande impegno del nostro Paese, citandolo quale esempio di nazione attiva nella promozione del fondamentale diritto alla libertà di religione e di credo;
   occorre tuttavia sottolineare, come evidenziato, tra l'altro, nella raccomandazione del Consiglio d'Europa n. 1804 (2007), «State, religion, secularity and human rights», che «Tali libertà non sono illimitate: una religione la cui dottrina o pratica si scontri con altri diritti fondamentali sarà inaccettabile... le restrizioni che possono essere applicate a tali libertà sono quelle “previste dalla legge e sono necessarie in una società democratica nell'interesse della sicurezza pubblica, per la protezione dell'ordine, della morale, e della salute pubblica, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui” (articolo 9.2 della Convenzione). Gli Stati non possono nemmeno permettere la diffusione di principi religiosi che, se applicati, violerebbero i diritti umani»;
   d'altro canto, l'imprescindibile difesa e promozione del diritto alla libertà di religione e di credo, nonché il riconoscimento e la tutela delle minoranze religiose e spirituali contro ogni forma di intolleranza e discriminazione, non dovrebbero costituire un’impasse rispetto alla protezione delle vittime di organizzazioni culturali abusanti e/o totalitarie, né un freno all'attuazione di indispensabili e specifiche politiche informativo-preventive nell'interesse di tutti i connazionali;
   nel 2006 il Rapporto sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza realizzato dall'Osservatorio nazionale sull'infanzia, nel contesto di un ampio capitolo dedicato ai minori inseriti in gruppi coercitivi, evidenziava come, all'indomani della pubblicazione nel 1999 del noto Rapporto UCIGOS, «Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia», i culti e i loro sostenitori avessero iniziato, con «intraprendente aggressività una controffensiva in nome delle libertà religiose»; reazione, a quanto risulta all'interrogante, proseguita e amplificatasi sino ai nostri giorni, non solo attraverso palesi tentativi di minimizzare il fenomeno e disinformare l'opinione pubblica, ma anche mediante campagne di pesante discredito e altre condotte verosimilmente illecite poste in essere, in particolare sulla rete web, in danno di associazioni di volontariato, dei loro rappresentanti e in generale di tutti quei soggetti attivi in questo delicato settore, nonché, e primariamente, delle stesse ex vittime, come più volte dettagliatamente denunciato da colleghi parlamentari nel contesto dei loro atti di indirizzo e di sindacato ispettivo che stante la totale mancanza di risposte dei Ministeri interrogati, non può che sollevare legittimi dubbi in merito alla sussistenza, accanto a una inaccettabile indifferenza sull'argomento, di possibili pressioni e/o timori rispetto alle questioni rilevate (Mozione onorevole Arlotti e altri atto n. 1-00565 Camera del 31 luglio 2014, interrogazione onorevole Arlotti e altri atto n. 4-04316 Camera del 2 aprile 2014, interrogazione senatore Casellati e altri atto n. 4-01758 del 26 febbraio 2014, interrogazione senatore Casellati e altri atto n. 4-00374 del 19 giugno 2013, interrogazione senatore Allegrini e Gallone atto n. 4-08890 del 18 dicembre 2012, interrogazione senatore Casellati e altri atto n. 4-08835 del 6 dicembre 2012);
   il Consiglio d'Europa, in considerazione dell'inquietante diffusione a livello europeo del fenomeno delle cosiddette «sette», di violazioni dei diritti umani e di drammatici avvenimenti determinati dalle condotte delittuose di gruppi o movimenti a carattere settario, ha approvato nel corso di circa un ventennio, molteplici risoluzioni e raccomandazioni finalizzate, tra l'altro, alla promozione di mirate politiche educative e preventive, in particolare a tutela dei soggetti maggiormente vulnerabili e dei minori, nella fattispecie, degli stessi «figli di membri di gruppi religiosi, esoterici o spirituali, in caso di maltrattamenti, stupri, negligenza, indottrinamento attraverso lavaggio del cervello e mancata iscrizione scolastica»;
   già con raccomandazione 1412 (1999), il Consiglio d'Europa, sollecitava inoltre l'istituzione di centri nazionali e regionali d'informazione e di organizzazioni non governative di aiuto per le vittime e per le loro famiglie e la creazione di un Osservatorio europeo con lo scopo di facilitare lo scambio tra detti centri nazionali;
   ad oggi, a quanto consta all'interrogante, e come ribadito anche nell'ottobre 2012 dai rappresentanti della Commissione dei diritti dell'uomo, nell'ambito della Conferenza delle organizzazioni non governative, presso il Consiglio d'Europa, gli Stati membri, con l'eccezione di pochi Paesi, non risultano avere ancora assunto concrete e fattive misura all'altezza della sfida rappresentata da gruppi coercitivi o estremisti che agiscono al riparo della libertà religiosa e che sono «causa di procedimenti di infrazione, in particolare, nel campo della salute, dell'educazione e della vita privata e familiare degli individui, che attentano ai diritti dell'uomo, alle libertà fondamentali dei cittadini e ai principi fondamentali delle società democratiche», e questo, nonostante il fenomeno abbia continuato a dilagare nei Paesi dell'Europa centrale e orientale, né risulti diminuito nei Paesi dell'Europa occidentale;
   in questi ultimi anni, come riferiscono concordemente recenti relazioni e dati forniti da organizzazioni operanti in questo settore, nonché gli annuali rapporti della Missione interministeriale di vigilanza e contrasto alle derive settarie – Miviludes –, istituita presso il Governo francese, si sono anzi registrati un aumento di movimenti controversi, un'accresciuta richiesta di consulenza e aiuto da parte dei cittadini europei, un'infiltrazione massiccia di derive settarie in particolare nei settori della salute e del benessere, una più facile e rapida diffusione del fenomeno attraverso l'accresciuto utilizzo della rete internet e delle nuove tecnologie, con il reclutamento e indottrinamento dei soggetti maggiormente sensibili e dei giovani, nonché una trasformazione e atomizzazione dei gruppi che ne rende particolarmente problematico il riconoscimento e la relativa, eventuale attività di vigilanza. A questo va aggiunto il preoccupante fenomeno di adolescenti e minorenni europei auto-radicalizzati e reclutati attraverso il web nei cosiddetti «culti della morte», quali il famigerato Stato Islamico;
   al riguardo, preme rilevare che, accanto alle analisi degli studiosi di settarismo, anche alcuni tra i massimi esperti e docenti di terrorismo e di storia dell'Islam e altro, hanno convenuto nel valutare la presenza di marcate affinità, nelle strategie di captazione del consenso, reclutamento e indottrinamento dei membri, tra realtà quali l'ISIS e i culti distruttivi;
   secondo quanto reso noto dal Centro d'informazione e consulenza sui movimenti settari nocivi (CIAOSN), struttura indipendente attivata presso il Servizio pubblico federale giustizia del Belgio, nel 2014, il numero di dossier concernenti l'attività del centro è quasi raddoppiato nel corso di un anno, ancorché CIAOSN abbia precisato che le cifre riportate in un articolo del gruppo Sudpresse, abbiano potuto erroneamente far intendere che si trattasse di una lista di gruppi, piuttosto che dei vari soggetti trattati dal centro https://favisonlus.wordpress.com/?s=CIAOSN;
   l'AIAP, la più importante associazione Iberoamericana per la ricerca sull'abuso psicologico, composta da una équipe di professionisti specializzati in relazioni settarie, culti distruttivi e altre dinamiche di condizionamento psicologico, diretta dal dottor Miguel Perlado, membro della prestigiosa International Cultic Studies Association (ICSA), attesta che in Spagna opererebbero attualmente oltre 250 culti coercitivi, stimando in circa 600 mila il numero di spagnoli sotto l'influenza di gruppi abusanti. A Valencia le cosiddette «sette» avrebbero ad esempio registrato un incremento del 22 per cento nel corso dell'ultimo decennio. E proprio presso l'Università di Valencia, nel dicembre scorso, il Prof. Miguel Cuevas Barranquero dell'Università di Malaga e vicepresidente AIAP, nell'ambito di un master su criminologia e sicurezza, ha tenuto un importante intervento sul tema dei minori nei culti, passando in rassegna le evidenze scientifiche emerse dall'attività di ricerca di altri studiosi del fenomeno, che confermano i gravi rischi per i bambini inseriti in tali gruppi. I movimenti a crescita maggiore sarebbero quelli pseudo-terapici e new age, come confermato già nel 2013 anche dalla piattaforma di esperti della Rete iberoamericana di studio sulle sette-RIES;
   nel Rapporto annuale stilato dal Centro di Informazione sulle sette «INFOSEKTA», reso pubblico nell'aprile 2015, l'associazione zurighese ha registrato nell'anno 2014, 2055 domande, con un incremento del 21 per cento rispetto al 2013: il terzo aumento annuale consecutivo;
   analogo discorso per il Regno Unito. In un'intervista del dicembre 2014 il Direttore del Cult Information Centre, operante nel settore dal 1987, dichiarava la presenza di un numero compreso tra i 500 e i 1000 gruppi abusanti e ne attestava la crescita esponenziale;
   per la Miviludes, che ha reso pubblico il suo ultimo Rapporto il 4 maggio 2015, sarebbero mezzo milione i francesi toccati dal fenomeno e quasi il 39 per cento delle segnalazioni pervenute alla struttura riguarderebbe il settore della salute, con ben 4000 sedicenti psicoterapeuti e 3000 medici legati a movimenti settari. Peraltro, l'accresciuto numero di metodi terapeutici deviati e di pseudo-operatori privi di qualifiche riconosciute dallo Stato, motivati essenzialmente dal mero desiderio di predominio e asservimento psicologico delle vittime e dall'avidità di denaro, costituiscono fonte di grande preoccupazione per le autorità che hanno intrapreso una vasta attività preventiva. Il professor Philippe-Jean Parquet, psichiatra e membro del consiglio di orientamento della Miviludes, ha osservato che le derive settarie infiltrate nell'ambiente della salute, mietono soprattutto vittime tra i malati di cancro e i pazienti affetti da gravi patologie. Secondo le recenti dichiarazioni del dottor Patrick Romestaing, vice presidente del CNOM (Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Medici francesi), sempre più movimenti settari si presentano con un certo bagaglio accademico o in alcuni casi, un medico presente al loro interno funge da garante scientifico, coprendo così attività poco trasparenti e non di rado pericolose per la salute degli individui;
   il rapporto annuale Miviludes non ha mancato di porre l'accento anche sul ruolo di internet nello sviluppo di credenze estreme che potrebbero dar luogo a nuovi fenomeni settari difficilmente controllabili. Gérald Bronner, autorevole specialista di sociologia cognitiva, professore presso l'Università Paris Diderot e già codirettore del Centro di Studi sociologici alla Sorbona, nel suo apprezzato saggio del 2013 «La Démocratie des crédules», sottolineava, basandosi sulla diffusione su vasta scala di credenze radicali, come ad esempio le teorie cospirazioniste che stanno attraendo persone sempre più giovani o il già citato fenomeno della auto-radicalizzazione sulla rete degli apprendisti jihadisti, i rischi della emersione «di nuovi tipi di credenze settarie» ancora più difficili da rintracciare non essendo più strutturate attorno a un gruppo localizzato o a un guru. Questi nuovi, inafferrabili movimenti, difficili da identificare ma in grado di produrre individui disposti a passare all'azione, costituirebbero, secondo il professor Bronner, una nuova sfida per la stessa democrazia;
   in Germania, l'associazione Infosekte NRW, un centro di informazione e consulenza psicosociale su nuove comunità ideologiche, religiose e psico-gruppi, promosso dallo Stato del Nord-reno Vestfalia, nel suo rapporto, reso noto nel marzo 2015 e concernente l'anno 2014, ha evidenziato come la richiesta di informazioni e consulenze continui a rimanere elevata;
   nel, nostro Paese la situazione non risulta dissimile. La dottoressa Maria Carla Bocchino, 1o dirigente responsabile divisione analisi del servizio centrale operativo presso la direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, che da anni segue l'evoluzione di queste realtà, ha infatti riferito lo scorso anno che «il fenomeno rispetto al passato è cambiato: ora riguarda soprattutto centri terapici di cure alternative, corsi di yoga o associazioni che propongono un “incremento del potenziale umano”, promettendo successo e raggiungimento del benessere»;
   in una precedente intervista rilasciata al settimanale Panorama, la dottoressa M. C. Bocchino riferiva il preoccupante aumento di giovani attirati, in particolare sul web, da gruppi di satanismo acido; dati confermati anche dall'attività di Polizia postale. La fascia di rischio individuata tra i nuovi «simpatizzanti» risulterebbe quella compresa tra i 12 e 22 anni;
   in relazione all'allarmante crescita dei ciarlatani della salute, in data 11 maggio 2015 il Prof. Diego Piazza, Presidente dell'Associazione dei medici chirurghi ospedalieri italiani, come riportato dal Quotidiano Sanità, ha dichiarato «Si sta, affermando una pericolosa sottocultura che ha preso di mira la scienza, la chirurgia e la medicina ufficiale. Tra rimedi “alternativi” e teorie del complotto, pericolosi siti fanno disinformazione sulla pelle delle persone più ingenue e meno attrezzate culturalmente. Inorridisco quando, da chirurgo ed esponente della comunità scientifica, leggo di miracolose cure anticancro basate addirittura sull'autoguarigione... Si deve porre rimedio ad un fenomeno in preoccupante aumento. Invitiamo, allora, il governo a lanciare una campagna pubblica per difendere e diffondere la cultura della scienza e contro i ciarlatani in campo medico»;
   per il Centro studi sugli abusi psicologici (CESAP), una onlus italiana, affiliata alla Federazione europea dei centri di ricerca e informazione sul settarismo Fecris, (organizzazione non governativa rappresentata al Consiglio d'Europa e all'ONU, che rappresenta con le associazioni federate 25 Paesi dell'Unione europea), in Italia opererebbero almeno 500 gruppi le cui attività sconfinerebbero nell'abuso psicologico, a cui andrebbero aggiunte annualmente una cinquantina di nuove realtà controverse o di organizzazioni riciclatesi sotto altra denominazione, anche se, sottolineano concordemente le associazioni e la prima dirigente della Divisione analisi del servizio centrale operativo della Polizia di Stato, si tratta di stime relative, non essendo di fatto possibile, per plurimi motivi, pervenire a dati certi;
   l'associazione onlus Familiari delle vittime delle sette, anch'essa federata FECRIS, gestisce da alcuni anni un blog con notizie aggiornate dall'Italia e dall'estero, articoli scientifici e documentazione concernente casi giudiziari e sentenze processuali, che offre un quadro obiettivo di questo fenomeno sociale anche nel nostro Paese, con risvolti particolarmente drammatici nel caso degli abusi, non di rado raccapriccianti, commessi nei confronti di adolescenti e bambini;
   per quanto concerne la più ampia categoria del mondo dei maghi, guaritori, sensitivi, satanisti improvvisati e altro, secondo il rapporto 2013-2014 dell'Osservatorio antiplagio, ancorché la crisi economica abbia determinato negli ultimi anni una diminuzione del volume di affari degli operatori dell'occulto del 25 per cento, attestandosi su 4,5 miliardi di euro annui, non sarebbe tuttavia diminuita la richiesta di consulenza;
   si ricorda anche che la regione autonoma del Friuli Venezia Giulia ha approvato la legge regionale 31 maggio 2012, n. 11, «Norme per il sostegno dei diritti della persona e la piena libertà intellettuale, psicologica e morale dell'individuo», finalizzata al contrasto del fenomeno della dipendenza psicologica attuata da individui, o gruppi, anche apparentemente religiosi, tramite tecniche di manipolazione mentale e comportamentale che mirano, per diversi fini, all'annullamento dell'identità della vittima e all'assoggettamento della sua volontà;
   di fatto, accanto a drammatiche vicende che hanno avuto ribalta internazionale, come quella del gruppo di giovani denominati «Le Bestie di Satana» macchiatisi di plurimi omicidi, le cronache giudiziarie nel nostro Paese hanno continuato, con inquietante frequenza, a informarci sulle attività illegali poste in essere in danno degli stessi adepti, da sedicenti maestri, guru e leader di gruppi di varia matrice, in particolare religiosa e/o spirituale o pseudo-terapica, ovvero propria dei movimenti del potenziale umano, di auto-miglioramento o di guarigione, noti anche come psico-sette. Eppure, va contestualmente rilevato, rifacendosi ancora alle dichiarazioni della dottoressa Maria Carla Bocchino, come l'attività di contrasto risenta del fatto che, raramente, le vittime denunciano e i reati quasi mai sono procedibili d'ufficio; considerazione che porta a desumere come il fenomeno rimanga in buona parte sommerso;
   se non può che ritenersi sconcertante e scoraggiante l'atteggiamento di mancata attenzione e partecipazione fattiva delle istituzioni e dunque di sensibilizzazione dei connazionali su queste tematiche, eccezion fatta per l'apprezzabile operato della «Squadra anti-sette», assolutamente inaccettabile risulta l'indifferenza riservata ai minori nati o cresciuti in contesti gruppali ad alta richiesta o in organizzazioni di tipo fondamentalista;
   si ritiene indispensabile rammentare come la stessa vicenda legata alla tristemente nota comunità di affido minori il Forteto, – il cui leader, Rodolfo Fiesoli, detto «il Profeta», è stato condannato in primo grado a 17 anni e 6 mesi di reclusione, in data 17 giugno 2015, per violenze sessuali e maltrattamenti in danno dei piccoli ospiti –, sia stata anche oggetto di un'ampia, accurata e purtroppo agghiacciante indagine della Commissione d'inchiesta della regione Toscana, che ne ha individuato indubitabili similarità con una vera e propria organizzazione settaria. Conclusione che ha trovato piena conferma, sia da quanto emerso nel corso del procedimento penale contro il Fiesoli più altri, che in un prestigioso saggio pubblicato sulla Rivista italiana di Freniatria, (la più antica pubblicazione italiana in tema di salute mentale), secondo il cui giudizio, fondato anche sul contributo offerto da altri psichiatri, il Forteto era una «comunità ideologica», con molte affinità con le sette dominate da un «culto totalizzante e distruttivo». D'altro canto, nelle motivazioni della monumentale sentenza di quasi 1000 pagine, i giudici scrivono testualmente che «Il Forteto», fin dal suo nascere, aveva le caratteristiche tipiche di una setta, con un «credo» essenzialmente legato alle prospettive liberatorie proprie di un approccio terapeutico (ancorché praticato da persone totalmente incompetenti)... Il termine setta non è utilizzato a caso, non c’è stata udienza in questo processo durante la quale non sia stato svolto un tentativo di comprendere aspetti (piuttosto stravaganti) della vita di questa comunità»;
   nel marzo 2014, studiosi italiani di fama internazionale, unitamente a riconosciute associazioni di tutela dei minori, a centri per lo studio degli abusi psicologici e per la prevenzione dei rischi criminologici, ad associazioni di informazione e ricerca sul fenomeno settario e di tutela dell'individuo e delle famiglie e altro, inoltravano una documentata ed esaustiva lettera alla Presidente dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, onde rappresentare la situazione italiana concernente i minori vittime di gruppi abusanti;
   nella missiva, consultabile online si legge, tra l'altro, che «Una delle più importanti realtà associative italiane per la tutela dei minori, il Telefono Azzurro, che dal 2003 gestisce, per conto del Ministero delle Comunicazioni, Ministero per le Pari Opportunità e Ministero del Lavoro, il Servizio emergenza infanzia, già nel suo 5o Rapporto Nazionale sulla Condizione dei Minori e degli Adolescenti (2005), realizzato con Eurispes..., rilevava che «Il coinvolgimento di minori nelle sette è fenomeno alquanto complesso e difficile da descrivere: per questo non va trascurato, poiché, anche se in modo poco visibile, i minori vi sono coinvolti sia come vittime (attraverso abusi psicologici e sessuali), sia come autori di reato (con l'uso di alcol e droghe fino a forme estreme di crimine). L'abuso sessuale sui minori è una realtà tangibile, come denunciano i numeri forniti alla Direzione centrale della Polizia Criminale»;
   altresì nel 9o Rapporto nazionale sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza, pubblicato nel 2009, i relatori del documento hanno drammaticamente sottolineato come «i bambini vittime delle sette sono bambini che “non esistono”, vittime dimenticate, ignorate e perfino negate», e ulteriormente constatato che «i bambini che sono riusciti ad uscire da sette nelle quali hanno subito abusi e violenze possono avere livelli di sviluppo fisico, psicologico, relazionale, emotivo, cognitivo e comportamentale che si discostano molto dalla norma: sembrano più piccoli di quello che effettivamente sono per ciò che concerne le capacità decisionali, di giudizio, la memoria e il linguaggio. Innumerevoli sono le conseguenze cui un bambino vittima di queste sette può andare incontro, a vari livelli: fisico, cognitivo, emotivo, relazionale, di costruzione della propria identità». Nel marzo 2006 veniva discussa e approvata dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia, una importante relazione, realizzata in forma di bozza dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza, per conto dello stesso Osservatorio nazionale e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, titolata «Rapporto sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia». Nell'ampio capitolo dedicato alla situazione dei minori coinvolti nelle cosiddette «sette», si evidenziava, da un lato, come il fenomeno fosse presente in larga misura nel nostro paese e le gravi implicazioni per gli stessi minori, dall'altro, come occorresse pervenire all'attuazione di adeguate politiche preventive informative a fattiva tutela dei bambini... Inoltre secondo il Report realizzato nel 2010 dal gruppo di lavoro presieduto dal dott. Luca Bernardo, (direttore dell'Ambulatorio per il Disagio degli Adolescenti presso l'Ospedale Fatebenefratelli di Milano e all'epoca presidente della Commissione bullismo del Ministero dell'istruzione, ricerca e università), ben 240 mila minori e adolescenti sarebbero entrati in contatto, solo in quell'anno, con «sette» e gruppi legati al satanismo –:
   se e quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare, sia sul piano interno che in sede comunitaria, al fine di promuovere un'efficace azione di sensibilizzazione e prevenzione del fenomeno, anche mediante appositi programmi educativi e formativi, in particolare nei settori della scuola e della salute, così come da rinnovati solleciti espressi in ambito europeo;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per attivare, con la massima tempestività, un'indagine Ministeriale per far luce sulla condizione dei minori inseriti in contesti gruppali ad alta richiesta, in considerazione di quanto già evidenziato, tra l'altro, nel «Rapporto sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia» (2006) dell'Osservatorio nazionale sull'infanzia e in base a quanto ripetutamente emerso dalle osservazioni di associazioni di tutela minori, da passate e recenti vicende di cronaca giudiziaria nonché dagli accertamenti degli organi di polizia;
   di quali elementi i Ministri, per quanto di competenza, dispongono in relazione alle sconcertanti dichiarazioni riferite da un dichiarato membro attivo della Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova nell'articolo pubblicato il 28 aprile 2015 da Linkiesta in merito a presunti abusi sessuali commessi in danno di bambini che la comunità religiosa avrebbe silenziato anche in riferimento a «inquietanti» politiche interne di gestione degli abusi sessuali su minori, come d'altra parte drammaticamente emerso nel recente caso di studio esaminato dalla Commissione reale australiana sulle risposte istituzionali alle accuse di abusi sessuali su minori;
   se il Governo non ritenga necessario e opportuno valutare l'istituzione di un centro nazionale ovvero di una struttura statale analoga alla missione interministeriale di vigilanza e contrasto alle derive settarie Miviludes operante in Francia, in considerazione del proliferare di organizzazioni controverse, sia per quanto concerne possibili aspetti di pericolosità individuale e sociale, che per i risvolti illeciti di natura economica e fiscale e tenuto conto dell'esistenza di reti di collegamento tra i vari gruppi coercitivi e/o oltranzisti, attivi sul territorio nazionale ed europeo, come già da tempo segnalato anche nelle Relazioni dei servizi segreti italiani sulla politica informativa e della sicurezza;
   se non si ritenga necessario e opportuno, in considerazione dell'evoluzione che, nel corso degli ultimi anni, il fenomeno ha assunto anche nel nostro Paese, in particolare interessando l'ambito del benessere e della salute, monitorare, per quanto di competenza, il suo sviluppo e contestualmente avviare una campagna pubblica finalizzata alla promozione della cultura scientifica;
   se siano o meno a conoscenza dell'aggressiva e pressante campagna a fini diffamatori di cui sono a tutt'oggi bersaglio le associazioni impegnate in questo settore, la stessa squadra anti-sette e gli ex membri di gruppi abusanti e quali iniziative di tutela i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano promuovere in favore delle ex vittime e delle loro famiglie, nonché in supporto dell'azione condotta dalla specialità del dipartimento di pubblica sicurezza e dalle menzionate associazioni di volontariato. (4-11122)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   seguendo un copione ormai consueto e già sperimentato in numerosi istituti scolastici italiani, la preside dell'istituto comprensivo Biagio Siciliano di Capaci, Giovanna Genco, utilizzando impropriamente la normativa contro la violenza di genere e il contrasto al bullismo, ha organizzato presso l'istituto una serie di eventi ed incontri, nell'ambito dei quali l'Arcigay, col placet anche del presidente del consiglio di istituto Vincenzo Vassallo, ha avuto modo di diffondere le proprie teorie socio-psicoanalitiche, ad avviso dell'interpellante, prive di qualunque base scientifica;
   si rinnova una prassi consueta consistente nel fatto che ai genitori dei ragazzi viene data una comunicazione parziale, per non dire del tutto scorretta e i ragazzi si ritrovano a partecipare a tutt'altro; una metodologia, che appare all'interpellante, arbitraria e prevaricante e che ha prodotto le reazioni dei genitori, nate sull'onda di quanto riferito dai ragazzi in merito a ciò che realmente era accaduto a scuola;
   tutto comincia a novembre 2014. La scuola organizza un programma di due giorni dal titolo «Stop alla violenza e alla discriminazione, la scuola apre la porta al dialogo» che coinvolge tutti i ragazzi dalla prima alla terza media. Si sono tenuti laboratori diversi, fra cui alcuni giochi di ruolo sul tema del bullismo, della discriminazione e dei pregiudizi di ogni tipo;
   nel giro di pochi giorni una mamma inizia a raccontare un'altra versione dei fatti a radio e giornali. «Mia figlia ha chiesto di poter chiamare a casa perché non si sentiva bene. ... La bambina ha cominciato a dire che due persone omosessuali in classe parlavano di famiglia gay e della possibilità di avere figli con l'inseminazione artificiale...»; un'altra bambina di seconda media ha raccontato alla madre che in classe si era parlato di masturbazione. Si parla anche di «visione di filmati con scene di omosessuali in intimità»;
   violente e sopra le righe, ma tuttavia più che giustificate, sono le reazioni dei genitori sui social media, giustamente rimosse dalla polizia postale; l'unico attività di natura giudiziaria che si segnala è un esposto alla procura della Repubblica da parte della preside, che si è sentita «aggredita»;
   sono quindi questi i risultati della norma contro la «discriminazione di genere» contenuta nell'ancora vigente articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119: invece di insegnare la tolleranza e il rispetto verso la diversità, a giudizio dell'interpellante, si fa propaganda e indottrinamento;
   è anche opportuno ricordare che nei «giochi di ruolo sul tema, della discriminazione e dei pregiudizi di ogni tipo» accade che gli alunni sono costretti a cambiar sesso, tramite i vestiti o il trucco, a simulare tendenze omosessuali e a fare dichiarazioni «sentimentali» ai propri compagni; di questo esiste ampia documentazione riportata anche in atti di sindacato ispettivo;
   si ricorda che il 19 giugno 2015 il sottosegretario per l'istruzione, l'università e la ricerca Davide Faraone ha chiesto di mandare gli ispettori all'Istituto comprensivo «P. A. Micheli» di Roma perché le preside aveva inviato una circolare ai genitori degli alunni che frequentano l'istituto per metterli in guardia sulla teoria «Gender»;
   il 20 maggio 2015 il Governo ha accolto, in sede di approvazione del disegno di legge sulla «buona scuola» l'ordine del giorno 9/2994-A/46 che impegna il Governo medesimo a garantire che l'attività di sensibilizzazione di docenti, studenti e famiglie sulla parità dei sessi, contro la violenza di genere e tutte le discriminazioni, venga condotta in conformità dell'articolo 30 della Costituzione e delle convenzioni internazionali; questa parte politica contesterà e contrasterà puntualmente, sino ad invocare il blocco della didattica e a denunciare i trasgressori, qualsiasi atto o fatto posti in essere in violazione del diritto dei genitori, stabilito dai citati atti, ad indirizzare l'educazione dei propri figli e ad essere perfettamente e preventivamente edotti su cosa viene insegnato agli stessi;
   in termini generali, sarebbe opportuno che il Ministro prendesse atto che:
    a) non si rileva, negli indirizzi ministeriali e negli istituti scolastici, altrettanta sollecitudine nel proporre attività scolastiche di approfondimento riguardanti la famiglia tradizionale e la maternità e paternità responsabili (in un Paese dover si assiste al crollo delle nascite);
    b) le norme di contrasto alla violenza di genere, ad avviso dell'interpellante, sono state erroneamente utilizzate non per insegnare la non violenza e la tolleranza nella diversità, ma l'intolleranza in una sorta di eguaglianza forzosamente indotta –:
   se non ritenga opportuno inviare gli ispettori ministeriali all'istituto comprensivo Biagio Siciliano di Capaci:
    a) per comprendere cosa realmente sia accaduto rispetto a quanto esposto in premessa, ascoltando non solo le parole dei dirigenti scolastici, ma anche quelle delle famiglie e dei ragazzi;
    b) per valutare, anche ai fini dell'emanazione di una circolare esplicativa, quali differenze si siano verificate tra le comunicazioni inviate alla famiglia e le attività realmente tenutesi e, se del caso, per promuovere le necessarie iniziative disciplinari;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per vietare:
    a) qualsiasi «gioco di ruolo» nelle attività scolastiche destinate al contrasto della discriminazione di genere, in quanto forieri di generare sconcerto nelle famiglie e soprattutto nelle menti in formazione degli studenti;
    b) l'adozione di qualunque strumento didattico, quantomeno fino alle classi liceali, che comporti richiami sessuali (libri a sfondo sessuale o omosessuale, kit di peluche riproducenti organi maschili e femminili, insegnamenti su masturbazione e penetrazione e altro);
    c) l'adozione di richiami alla teoria del gender o di orientamenti tendenti a dimostrare la sua validità nei libri di testo di altre materie;
    d) l'accesso a scopo «didattico» di esponenti di associazioni omosessuali nelle scuole, salvo che non sia bilanciato dal contestuale accesso di esponenti di associazioni o di realtà culturali che propugnano punti di vista diversi, anche totalmente diversi;
   se possa chiarire sulla base di quale evidenza scientifica, non limitata evidentemente alla sola presa di posizione di gruppi di psicologi, ma comprovata ed accettata a livello multidisciplinare da tutta la comunità scientifica internazionale, le differenze di sesso non debbano generare differenze di comportamenti;
   sulla base del principio di precauzione, come sia possibile che il Ministro accetti senza discutere ed applichi sui bambini, teorie psicologiche ancora da dimostrare, con l'aggravante del rischio di manipolazione delle menti in formazione;
   se il Ministro condivida l'equazione della «lobby» gay in base alla quale trattare i temi della famiglia costituzionalmente tutelata deve considerarsi «attività omofoba».
(2-01163) «Pagano».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a Militello Val di Catania da tempo vi è il problema della ubicazione di alcune aule facenti parte dell'istituto scolastico di scuola primaria «Carrera» poiché a seguito della carente sicurezza di un'ala dell'istituto sono state trasferite dall'amministrazione comunale in prossimità dell'obitorio comunale;
   è evidente che avere delle finestre che danno non su un cortile o un parco giochi ma sull'ingresso di un obitorio non è indicato per una scuola primaria;
   da tempo i genitori e alcuni insegnanti protestano per avere una soluzione diversa in grado di consentire agli alunni frequentanti spazi e ambienti più consoni e funzionali anche perché gli attuali non rispondono a canoni di sicurezza;
   vi sarebbe la possibilità di poter usufruire di aule e spazi adeguati presso l'istituti di scuola secondaria «Orlando» sempre ubicato a Militello val di Catania;
   inspiegabilmente fino ad ora questa opzione non è mai stata presa in considerazione dal sindaco e dalla giunta municipale –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative intenda adottare nell'ambito delle proprie competenze, al fine di assicurare agli alunni della scuola primaria «Carrera» aule e spazi maggiormente rispondenti a canoni di sicurezza e opportunità. (5-06987)

Interrogazione a risposta scritta:


   QUINTARELLI, BRUNO BOSSIO, CAPUA e DE LORENZIS. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 settembre 2014 veniva sottoposta ai Ministri interrogati una interrogazione a risposta scritta n. 4-05980, rimasta senza risposta in ordine al fatto che diversi atenei italiani abbiano dismesso o stiano dismettendo i propri sistemi di gestione di posta elettronica istituzionale, per aderire all'offerta di servizi gratuiti della società USA Google inc.;
   si sottolineava, in proposito, che queste scelte sviliscono le capacità tecnologiche del personale delle università e mettono a rischio la riservatezza delle e-mail private di docenti, ricercatori e studenti e delle e-mail che contengono informazioni oggetto di segreto o di divieto di divulgazione previsti dall'ordinamento o informazioni segrete ai sensi dell'articolo 98 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30; inoltre, costringono in linea generale gli utenti ad adottare servizi che prevedono politiche di gestione dei dati personali che offrono tutele assai inferiori a quelle precedentemente assicurati dagli istituti, a prescindere dalla volontà degli utenti stessi;
   ricorrono ora condizioni che rendono doveroso ritornare sul tema, auspicando una risposta che abbia l'urgenza che la questione merita;
   infatti, il 6 ottobre 2015 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha emesso la sentenza nel caso C-362/14 – Schrems con la quale ha annullato la decisione n. 2000/520 della Commissione del 26 luglio 2000 «a norma della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull'adeguatezza della protezione offerta dai principi di approdo sicuro e dalle relative “Domande più frequenti” (FAQ) in materia di riservatezza pubblicate dal Dipartimento del commercio degli Stati Uniti»;
   nella stessa sentenza si legge che la Commissione ha constatato che le autorità degli Stati Uniti sono stati in grado di accedere ai dati personali trasferiti dagli Stati membri verso gli Stati Uniti e trattarli in modo incompatibile, in particolare, con le finalità per cui sono stati trasferiti, al di là di quanto strettamente necessario e proporzionato alla tutela della sicurezza nazionale. Inoltre, la Commissione ha rilevato che le persone interessate non avevano mezzi di ricorso amministrativo o giudiziario che consentono, in particolare, di accedere ai propri dati e, se del caso, rettificarli o cancellarli (punto 90) e che una legislazione che consente alle autorità pubbliche di avere accesso in maniera generalizzata al contenuto delle comunicazioni elettroniche deve essere considerata come una compromissione dell'essenza del diritto fondamentale al rispetto della vita privata, come garantito dall'articolo 7 della Carta (punto 94);
   è quindi ora concreta la possibilità che i cittadini facciano valere la violazione del loro diritto alla vita privata nei confronti delle istituzioni educative del nostro Paese che non abbiano trattato i loro dati in modo sufficientemente accorto –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per supportare le istituzioni educative del nostro Paese affinché gestiscano i propri sistemi informativi nel rispetto dei diritti fondamentali di docenti, ricercatori e studenti italiani tutelando le informazioni segrete e/o riservate del sistema di ricerca italiano e quale sia la posizione del Governo rispetto al problema della tutela della sovranità tecnologica del nostro Paese e dell'Unione europea e dei diritti fondamentali dei cittadini italiani ed europei a fronte del rischio che vengano attuati programmi di controllo di massa nel cloud computing.
(4-11108)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   con delibera n. 199 del 2 marzo 2015, la giunta della regione della Toscana ha formalmente riconosciuto come aree di crisi Piombino, con i comuni del polo siderurgico di Campiglia Marittima, San Vincenzo, Sassetta e Suvereto; Livorno, con i comuni di Livorno, Collesalvetti e Rosignano Marittimo; Massa Carrara, con i comuni compresi nella provincia;
   in tutti questi casi gli interventi si inseriscono nell'ambito di altrettanti accordi di programma con l'esecutivo che sono stati firmati nel mese di maggio 2015;
   l'obiettivo di tali accordi è la reindustrializzazione e la riqualificazione di questi territori, l'attrazione di nuovi investimenti ma, soprattutto, il rilancio dello sviluppo e dell'occupazione;
   infatti, questi territori sono stati duramente colpiti dalla crisi ed appare quantomai necessario coordinare interventi mirati al sostegno delle politiche occupazionali;
   soprattutto nelle aree di Piombino e di Livorno si registrano i casi più drammatici: infatti, da dicembre 2015, in mancanza di una riforma della normativa, almeno un migliaio di lavoratori di Livorno e alcune centinaia dell'indotto di Piombino si troveranno senza alcuna forma di sostegno al reddito;
   il 27 ottobre 2015 il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, ha scritto al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, per chiedere l'estensione dei tempi degli ammortizzatori sociali ed in particolare della mobilità ai lavoratori che rientrano nelle «aree di crisi complessa»;
   in queste aree, riconosciute con decreti del Ministero dello sviluppo economico, sono in atto progetti di riconversione e riqualificazione industriale, che però hanno tempi più lunghi rispetto al termine degli ammortizzatori sociali;
   in questo senso il presidente ha ravvisato l'estrema urgenza che, almeno nelle realtà riconosciute come aree di crisi complessa ai sensi della normativa nazionale, si possano attivare tempi di copertura degli ammortizzatori, in particolare della mobilità, più ampi di quelli previsti in via generale, proprio per permettere che gli effetti dei progetti di riconversione possano produrre effetto positivo per questi lavoratori;
   il prefetto di Livorno Tiziana Costantino nella relazione inviata al Governo ha evidenziato la gravità problema –:
   quali iniziative urgenti si intendano promuovere nelle zone in cui sono stati firmati i suddetti accordi di programma per accompagnare i lavoratori verso il reinserimento lavorativo e sostenere le istituzioni locali in questa drammatica fase di emergenza economico-sociale.
(2-01165) «Rocchi, Bersani, Bossa, Martelli, Pollastrini, Ermini, Peluffo, Braga, Simoni, Pierdomenico Martino, Ferro, Minnucci, Giacobbe, Blazina, Terrosi, Carocci, Argentin, Bini, Parrini, Manciulli, Scanu, Cinzia Maria Fontana, Albanella, Vico, Becattini, Fiorio, Ghizzoni, Rostan, Malisani, Coccia, Sani, Gelli, Bratti, Mariani, Coscia».

Interrogazione a risposta orale:


   VICO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – per sapere – premesso che:
   una dipendente del call center «Teleperformance» di Taranto, affetta da polipi alle corde vocali ed in procinto di dover affrontare un intervento in riferimento a suddetta patologia, ha chiesto all'azienda, supportata anche da visita medica specialistica, di poter essere, temporaneamente, assegnata ad altra mansione per limitare l'uso della voce;
   l'azienda ha negato tale possibilità e la lavoratrice è stata necessitata a collocarsi in malattia;
   la lavoratrice è originaria di Torre del Greco come il marito, attualmente fuori per lavoro essendo imbarcato, e ha due bambine in età scolastica;
   nei giorni compresi tra il 28 e il 30 settembre la lavoratrice non si è recata al lavoro per il problema alle corde vocali; in quella circostanza ha notato una autovettura appostata nei pressi della sua abitazione che l'ha seguita nel percorso per andare a prendere le figlie all'uscita da scuola preoccupandosi a tal punto da indurla a chiamare la polizia;
   in data 10 ottobre la suddetta lavoratrice avrebbe ricevuto una lettera di contestazione da parte dell'azienda in cui veniva riportata la circostanza in cui la vedeva impegnata nella pulizia del terrazzino della propria abitazione e nell'andare ad accompagnare e riprendere le figlie a scuola, fuori dagli orari di visita fiscale;
   la lavoratrice si sarebbe rivolta al sindacato per rispondere alle obiezioni mosse al suo comportamento ed in tutta risposta in data 3 novembre 2015 avrebbe ricevuto una nuova lettera dall'azienda con addebito di un'ora ed un esplicito avviso di possibile rivalsa qualora l'accertamento della polizia producesse conseguenze per l'azienda –:
   se, in considerazione di quanto esposto in premessa, il Governo non intenda, nell'ambito delle proprie competenze, valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative utili a chiarire le circostanze riportate e verificare se ai danni della suddetta lavoratrice non sia tuttora in essere un'azione discriminatoria e lesiva dei propri diritti. (3-01850)

Interrogazione a risposta scritta:


   PIRAS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'EniChem Fibre spa è stata la controllata del gruppo EniChem operante nel settore della produzione di fibre sintetiche e di intermedi per materie plastiche;
   sorta come settore dell'Anic, che aprì lo stabilimento principale in Basilicata, a Pisticci nel 1967, nacque ufficialmente nel 1984 a seguito della decisione dell'EniChem di creare società controllate per i rispettivi settori merceologici e produttivi: gli stabilimenti principali si trovavano a Pisticci e ad Ottana (Nu);
   sono numerose le testimonianze su quanto accadeva nello stabilimento di Ottana negli anni ’90 e a ridosso del terzo millennio, in merito al contatto diretto degli allora lavoratori con l'amianto, in particolare attraverso l'inalazione della fibra in condizioni di lavoro non protetto;
   i dati ufficiali sulle bonifiche del sito, parlano di 193.940 chili di amianto estratto in varie forme dei diversi reparti dello stabilimento;
   appare del tutto verosimile che – al di là alle bonifiche ufficiali sopracitate – siano ancora presenti materiali inquinanti nell'impianto derivanti dallo smaltimento non documentato;
   sono decine i morti per tumori asbesto correlati che hanno lavorato all'interno della Enichem Ottana, e altrettante persone oggi lottano contro la malattia;
   nonostante ciò, non esiste alcun riconoscimento ufficiale, da parte delle istituzioni dello Stato, della correlazione fra l'esposizione all'amianto e le patologie contratte dai lavoratori di Enichem: infatti, alle famiglie dei deceduti o di coloro che oggi lottano contro le malattie contratte sul luogo di lavoro, non sono riconosciuti i risarcimenti per morte o danno alla salute legate a causa professionale;
   è stata riconosciuta l'esposizione all'amianto all'interno dei cicli produttivi dell'impianto Enichem di Ottana;
   nel novembre 2015, è stato presentato un esposto alla procura della Repubblica di Nuoro da parte dell'Associazione nazionale per la tutela degli ex lavoratori ammalati di patologie asbesto conciate, per chiedere che le famiglie delle vittime dell'amianto e i lavoratori colpiti da malattie derivanti dallo stesso, possano beneficiare al pari degli altri, dei diritti previsti per legge, quali risarcimenti alle famiglie delle vittime, risarcimenti per le cure degli ammalati e lo «scivolo» pensionistico di 5 anni previsto per i lavoratori esposti all'amianto –:
   se non ritenga opportuno predisporre, per quanto di competenza, ulteriori ed urgenti iniziative di controllo della salubrità dell'ambiente, all'interno del sito della ex Enichem Ottana, in cui l'utilizzo dell'amianto viene descritto come «imponente», e, secondo numerose testimonianze, sono presenti sostanze inquinanti frutto di stoccaggio abusivo;
   se non ritenga opportuno, in relazione ai fatti sopracitati, avviare una verifica approfondita, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente e le altre strutture statali a ciò preposte, per far sì che venga verificata la presenza di sostanze inquinanti derivanti principalmente dall'amianto presso gli stabilimenti del polo industriale della chimica di Ottana;
   per quali motivazioni non sia inserito lo stabilimento Enichem di Ottana nella lista dei siti contaminati da amianto;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per inserire le famiglie dei lavoratori deceduti per malattie riconducibili all'amianto e dei lavoratori che hanno contratto le stesse malattie ad Ottana nell'elenco degli esposti all'amianto, per poter beneficiare dei dovuti indennizzi previsti dalla legge. (4-11109)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI, BARONI, DAGA, VIGNAROLI e DI BATTISTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da fonti di stampa si è appreso inoltre che tra il 2013 e il 2014 si sono verificate 19 morti «sospette» negli ospedali Perrino di Brindisi e al centro neurolesi di Ceglie Messapica. La morte pare essere riconducibile proprio ad un'infezione nosocomiale da Klebsiella pneumonia. Negli ultimi quattro mesi, da maggio e settembre, i casi di infezione accertati sono stati 37. Da fonti di stampa risulta che la procura della Repubblica di Brindisi abbia recentemente aperto un fascicolo per approfondire la vicenda, a seguito dell'esposto dei familiari di alcuni pazienti deceduti, e che la direzione generale dell'asl abbia istituito una task force per verificare quali possano essere stati i fattori che hanno provocato le infezioni;
   sono stati segnalati agli interroganti altri due casi simili recenti verificatisi presso il policlinico Umberto I di Roma. A luglio 2015 il signor R.R. è deceduto per infezione da Klebsiella e i parenti hanno segnalato che nel reparto di rianimazione non sono stati utilizzati dispositivi di protezione dal contagio, che chiunque poteva accedere al reparto senza subire particolari controlli, che il personale utilizzava le uscite di emergenza poste dietro i letti dei pazienti per uscire all'esterno a fumare, e soprattutto che svariati erano i casi di pazienti affetti da infezioni alle vie respiratori coesistenti all'interno del reparto. Allo stesso modo il signor A.M. ha denunciato il caso del decesso della madre avvenuto il 4 ottobre 2015 presso la «Casa sollievo della sofferenza» di San Giovanni Rotondo (Fg) a causa di uno «shock settico da Klebsiella multi resistente con insufficienza multi organo» la cui infezione è avvenuta presso il Policlinico Umberto I giacché la signora è stata ricoverata presso Dipartimento di Chirurgia P. Valdoni nel periodo 19 giugno 2015/15 settembre 2015 ed ha riferito altresì che nello stesso reparto anche un'altra paziente ha contratto la stessa infezione da batterio Klebsiella;
   in base a quanto disposto dalla delibera ASL, n. 675 del 25 giugno 2012 la comunicazione delle infezioni avvenute nei siti chirurgici deve avvenire entro 48 ore;
   non risulta agli interroganti se siano state adottate misure atte a prevenire il diffondersi dell'infezione, né risulta se la direzione sanitaria abbia intrapreso le necessarie verifiche sull'ambiente delle sale operatorie con le colture ed i tamponi per la verifica di mantenimento della carica batterica;
   già nel periodo febbraio-aprile 2013 a Roma vi è stato, presso il policlinico Umberto I dipartimento di chirurgia «Pietro Valdoni», il decesso di una signora a seguito di un'infezione nosocomiale da Klebsiella pneumonia;
   il Ministro della Salute non ha dato risposta all'interrogazione a risposta in commissione n. 5-05998 presentata dal primo firmatario del presente atto nella quale si chiedeva se era intenzionato a disporre un'ispezione del comando dei carabinieri per la tutela della salute con relativa relazione presso il Policlinico Umberto I e se intendeva assumere iniziative, nell'ambito del SiVeAS, volte ad accertare che attualmente siano assicurati adeguati livelli di sterilizzazione e sanificazione degli ambienti operatori e postoperatori presso il medesimo ospedale –:
   se il Ministro sia a conoscenza del numero di infezioni da Klebsiella avvenute negli ultimi 5 anni presso il Policlinico Umberto I di Roma;
   se il Ministro sia a conoscenza del numero di decessi causati da infezione da batterio Klebsiella, o altri batteri patogeni gravi, presso il Policlinico Umberto I di Roma negli anni 2013, 2014 e 2015;
   se il Ministro sia a conoscenza di comunicazioni di infezioni inoltrate dal Policlinico Umberto I di Roma ai sensi della delibera ASL n. 675 del 25 giugno 2012;
   se il Ministro abbia già o intenda promuovere un'ispezione ministeriale presso il Policlinico Umberto I, e qualora abbia già disposto l'ispezione se sia possibile avere contezza del contenuto di tale relazione che il Ministero non ha fornito al primo firmatario del presente atto, nonostante apposita richiesta. (5-06989)

Interrogazione a risposta scritta:


   SILVIA GIORDANO, MANTERO, LOREFICE, DI VITA, GRILLO e COLONNESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 5 ottobre 2015 il Ministero della salute ha pubblicato i dati dell'Istituto superiore di sanità (ISS) sui tassi di vaccinazione pediatrici. La copertura nel nostro Paese per poliomielite, tetano difterite e epatite B sono al di sotto del 95 per cento valore che scende all'86 per cento per anti morbillo, rosolia e parotite: 4 punti in meno rispetto alla rilevazione precedente;
   dopo la pubblicazione dei suddetti dati, i vaccini sono stati al centro del dibattito dell'opinione pubblica; sul tema si sono moltiplicati articoli e interviste con tesi molto contrastanti, sia su in giornali che in televisione;
   il 18 ottobre 2015 il dottor Stefano Montanari è stato ospite in prima serata nel programma «open space» in cui ha affermato: «Noi abbiamo analizzato 28 vaccini, in 27 vaccini abbiamo trovato la presenza di polveri inquinanti solide, inorganiche, non biodegradabili e non biocompatibili. Queste sostanze fanno terribilmente male. Queste sono polveri che sono quasi sempre molto piccole, più piccole di 2,5 micron, questa è una misura importante, perché OMS nel 2013 ha stabilito, quello che noi aveva detto molti anni prima, cioè queste polveri sono cancerogene, queste polveri passano da madre a feto, queste polveri possono arrivare al cervello e causare malattie neurologiche, cosa peraltro scritta in tutti i bugiardini dei vaccini. I risultati di queste analisi sono stati pubblicati nel libro Case Studies in Nanotoxicology edito da Academic Pr uno dei più grandi editori al mondo del settore»;
   il 21 ottobre 2015 nella trasmissione televisiva la gabbia, andata in onda in prima serata su La 7, il dottor Montanari ha affermato «analizzando 27 vaccini ho trovato la presenza di acciaio, alluminio, ferro, sodio, rame, cloro e tantissime altre particelle. Queste particelle nella maggior parte dei casi non provocano nulla, ma se e quando arrivano al cervello fanno dei disastri, possono provocare dei danni irreversibili. Io non sono contrario alle vaccinazioni, le vaccinazioni sono utilissime, io sono contro i vaccini per come sono preparati oggi, che sono un vero e proprio cocktail di porcherie, su 27 vaccini ad uso umano analizzati 27 risultano inquinati»;
   secondo i dati auditel tali trasmissioni sono seguite da un pubblico che varia da 600.000 alle 800.000 persone, onde evitare ulteriori allarmismi è parere dell'interrogante che il Ministero chiarisca i fondamenti scientifici di quanto dichiarato dal dottor Montanari, data la mancanza di affermazione del Ministero al riguardo;
   la dottoressa Antonietta Gatti su «La Stampa» ha scritto «Nelle mie osservazioni al microscopio elettronico io ho visto presenze estranee che a mio avviso non hanno niente a che fare con il vaccino e la sua funzione. Particelle di Piombo, di acciaio, di Zolfo e Bario. Suppongo che si tratti d'inquinanti, cioè di qualcosa di non voluto correlato al processo industriale di produzione. Le ditte produttrici hanno un controllo solo sul processo e le verifiche sul prodotto finito non sono così stringenti. Ora l'iniezione di questi corpi estranei e di virus anche molto aggressivi seppur "debilitati" può produrre tutti gli effetti indesiderati che la casa farmaceutica dichiara. È una questione di causalità. Se il detrito come uno di quelli che ho rilevato nei vaccini portato dal sangue va ad aderire alle pareti del cuore, può indurre una semplice tachicardia. Se, invece, finisce nel cervello, può indurre infiammazioni, cioè encefalopatie e, per la sua tossicità chimica, può indurre necrosi»;
   i risultati scientifici delle analisi sui vaccini condotte dal dottor Montanari e dalla dott.ssa Gatti sono stati pubblicati nel libro Case Studies in Nanotoxicology;
   in una intervista il dottor Montanari ha affermato: «Se da una parte imperversano le mamme che, palesemente ignoranti sull'argomento, incolpano i vaccini di ogni male del mondo e, giusto tra parentesi, mi è stato appena chiesto se i vaccini possono causare scoliosi, dall'altra il campo è occupato da veri e propri criminali. Mentire sull'attività reale dei vaccini, mentire sugli effetti collaterali negando anche le evidenze più evidenti, insabbiare sul nascere il problema degli inquinanti come se si trattasse d'immaginazione, condurre sperimentazioni addirittura ridicole, minacciare chi ha dubbi ed è restio a vaccinare i figli, praticare vaccinazioni palesemente illegali come la famigerata esavalente: tutte cose al di fuori della morale e della legittimità. Ecco, io non posso accettare situazioni del genere e chiedo che sia fatta finalmente luce sui vaccini. Malauguratamente vaccini e quattrini fanno una rima baciata e, se è vero che con i quattrini non si compra tutto, si possono comprare molte cose. Compresa l'anima di chi l'anima la mette in vendita. Se la luce non vuole essere fatta, mi si permetta di pensare male»;
   secondo il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Walter Ricciardi, i medici sfavorevoli alla vaccinazione sono la minoranza ma sufficienti per innescare nei genitori la miccia del dubbio sulla presunta pericolosità di farmaci, poi il passaparola tra le mamme fa il resto. Per invertire la curva occorre intervenire sui medici con iniziative di formazione. Solo un cambiamento culturale può risolvere il problema alla radice;
   come affermato anche dal nuovo PNPV 2014 – 2016 che auspica la realizzazione di interventi di informazione e comunicazione di provata efficacia per fronteggiare il fenomeno della esitazione sui vaccini –:
   se siano state eseguite analisi sui vaccini al fine di verificare l'eventuale presenza di micro e nanoparticelle metalliche, e in caso di risposta affermativa quali sono stati i risultati e dove è possibile visionare tale pubblicazione;
   se non ritenga necessario, per eliminare il dubbio sulla presunta pericolosità dei vaccini, smentire pubblicamente quanto affermato dal dottor Montanari con dati scientifici;
   se non siano state eseguiti tali accertamenti, se non ritenga opportuno intervenire affinché l'Istituto superiore di sanità svolga analisi dettagliate ed adeguate a verificare l'eventuale presenza di polveri inquinanti nei vaccini, e quali siano le ragioni di tali ritardi;
   se i dati esposti sui vaccini nel libro Case Studies in Nanotoxicology siano corretti. (4-11106)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LIUZZI, FICO, NESCI, DELL'ORCO, SPESSOTTO, NICOLA BIANCHI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e DE LORENZIS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nella fase di transizione del sistema radiotelevisivo dalla tecnologia analogica a quella digitale, il Ministro dello sviluppo economico pro tempore, Paolo Romani, concluse un accordo con lo Stato della Città del Vaticano volto a recuperare all'Italia un certo numero di frequenze ritenute indispensabili per la chiusura del piano digitale;
   all'epoca dello switch-off il Vaticano, sulla base degli accordi internazionali di Ginevra, aveva diritto ad alcune frequenze di qualità pregiata, ovverosia i canali 6 e 11 in Vhf, il 21 in Uhf (banda, 4) e il 57 in Uhf (banda 5);
   attraverso l'accordo del 14 e 15 giugno 2010, la Santa Sede concedeva in uso all'Italia le proprie frequenze a condizione che, secondo quanto riportato dal sottosegretario Giacomelli durante la seduta del 3 luglio 2014 della IX Commissione della Camera, l'Italia assicurasse alla Santa Sede «il trasporto gratuito del programma dello Stato del Vaticano su un canale nazionale e su un canale radiofonico»;
   nella ricostruzione effettuata dal quotidiano «La Repubblica», nell'articolo intitolato «L'ira del Vaticano. L'Italia deve darci radio e televisione che ha promesso», la Santa Sede avrebbe dovuto ricevere entro Natale 2012 una capacità trasmissiva su scala nazionale per una sua televisione ad una velocità di 4Mbit/s, in cambio della concessione in uso all'Italia delle citate frequenze;
   ancora secondo la ricostruzione giornalistica, l'Italia non avrebbe rispettato l'accordo, spingendo il Vaticano a sollecitare dapprima il Governo Monti e successivamente il Governo Letta, ottenendo l'assicurazione della fornitura dei canali non più tardi del dicembre del 2013;
   neppure tale ultima scadenza pare essere stata rispettata, motivo per il quale l'8 aprile 2014 il direttore della Sala Stampa vaticana, Padre Federico Lombardi, avrebbe inviato un sollecito al Ministero dello sviluppo economico;
   sempre nel corso della seduta del 3 luglio 2014 della IX Commissione della Camera, il sottosegretario Giacomelli, a proposito della cessione delle frequenze al Vaticano, dichiarava che «mentre sulla radio questo sta avvenendo, ancorché su un'assegnazione provvisoria, non definitiva, bisogna ancora individuare le procedure per assicurare il rispetto di quest'accordo»;
   a quanto consta agli interroganti, in una relazione illustrativa a un emendamento al disegno di legge di stabilità 2016, il Governo avrebbe precisato che l'accordo è stato perfezionato con scambio di note verbali del 14 e 15 giugno 2010 –:
   quali siano precisamente i contenuti dell'accordo fra Italia e Santa Sede siglato nel 2010 nonché delle note verbali integrative del medesimo accordo richiamate in premessa. (5-06992)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GUIDESI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Terna spa sembra voglia procedere alla riorganizzazione delle attività di controllo e conduzione della rete ad alta tensione regionale attraverso l'accorpamento dei centri di controllo, dove si governa tutto il traffico dell'energia elettrica trasportata in alta tensione per le regioni;
   attualmente il gruppo è proprietario di tutta la rete ad alta tensione nazionale, ad eccezione della quota dell'1 per cento della rete ferroviaria, e conta otto centri di controllo della rete alta tensione in tutta Italia e tre centri di teleconduzione; la nuova struttura dovrebbe contemplare solo tre centri a livello nazionale: l'area Nord Ovest con sede a Torino, l'area Nord Est con sede a Scorzè e l'area Centro-Sud, con sede a Napoli;
   la Lombardia, stando così gli intenti, perderebbe il suo presidio strategico nella sede di Pero, in provincia di Milano, che oggi sovraintende la rete alta tensione di tutta la regione;
   oltre alle ricadute occupazionali, a preoccupare sono le criticità che potrebbero sorgere su un servizio così complesso e vitale per il sistema elettrico; il presidio di Pero governa ininterrottamente i carichi in rete e gestisce guasti ed emergenze, offrendo un servizio di elevata qualità ed efficienza;
   la Lombardia rappresenta il 22 per cento delle stazioni alta tensione italiane, il 15 per cento delle linee gestite da Terna e il 17 per cento della potenza che transita sulla rete nazionale. Sono numeri significativi che dovrebbero portare l'azienda a riflettere sul proprio progetto, riconoscendo nella sede di Pero un presidio strategico per il controllo del territorio e la sicurezza degli impianti;
   a rischio, infatti, è la sicurezza della rete e la qualità del servizio erogato, sia in condizioni normali, sia, e soprattutto, in presenza di eventi meteorologici eccezionali, sempre più frequenti nel territorio; sono evidenti poi i rischi connessi ad una gestione esterna del servizio, il quale verrà molto probabilmente coordinato da operatori che hanno una scarsa conoscenza del territorio e degli impianti esistenti, con inevitabili ricadute sull'efficienza del servizio erogato e sulla sicurezza;
   in passato diverse emergenze sono state gestite con efficacia, come il black out dell'estate 2013, oppure, guardando a fatti più recenti, l'eccellenza del presidio lombardo è confermata anche dal successo dell'evento legato ad Expo, che ha assorbito un'eccezionale quantità di energia senza generare ripercussioni sulla sicurezza della rete e sulla qualità del servizio elettrico –:
   se il Ministro intenda intervenire, per quanto di competenza, affinché Terna spa riveda le proprie scelte lasciando attivo il centro di controllo di Pero e tutte le attività ad esso connesse, mantenendo gli attuali livelli occupazionali, a garanzia della sicurezza del sistema elettrico di tutto il territorio lombardo e della qualità del servizio offerto ai cittadini. (4-11099)


   COMINELLI, CINZIA MARIA FONTANA, GALPERTI, LACQUANITI, NARDUOLO, CAMANI e MOGNATO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Pulex s.r.l. è attiva dal 1963 e specializzata nella fabbricazione di attrezzature per la pulizia industriale e nel luglio 2015 è stata coinvolta, assieme a Ready Sistem e Euromop, nella fusione per incorporazione in Ipc Tools;
   è una realtà che conta circa 700 dipendenti distribuiti nelle sue quattro sedi presenti nei territori di Reggio Emilia, Venezia, Cremona e Padova;
   lo stabilimento di Brescia risulta essere tra i migliori del gruppo in termini di efficienza produttiva (quasi il 100 per cento), l'andamento economico è in assoluto equilibrio, i dati di bilancio sono rassicuranti e il fatturato annuo si aggira attorno ai sette milioni di euro;
   nel mese di ottobre 2015 l'azienda ha comunicato l'intenzione di trasferire lo stabilimento bresciano ed i 36 dipendenti in provincia di Padova dove sono presenti altri due stabilimenti;
   stando alle richieste della nuova proprietà, per continuare a lavorare, i dipendenti dovranno trasferirsi a Padova, oppure fare i pendolari a 160 chilometri di distanza;
   quando, si apprende da fonti sindacali e giornalistiche (articolo del Corriere della Sera Brescia del 5 ottobre 2015 a firma Giulietti), nell'ambito della maxi-fusione aziendale ai lavoratori e ai sindacati era stato assicurato che nulla sarebbe cambiato, né per quanto riguarda il tasso occupazionale né per quanto riguarda i contratti;
   se l'azienda dovesse mantenere ferma la sua posizione significherebbe che il territorio bresciano subirebbero ulteriori contraccolpi in termini occupazionali, specialmente di manodopera femminile, visto che 20 su 36 dipendenti sono donne, molte delle quali in una situazione di part time lavorativo che mal si concilierebbe con una trasferta richiesta così impegnativa;
   è stato predisposto dai dipendenti un presidio permanente per richiedere una diversa soluzione rispetto al trasferimento, presidio a cui ha aderito il 100 per cento di loro, ma che non ha bloccato la produzione che è stata garantita con turni a scacchiera;
   con comune di Brescia, provincia di Brescia e sindacati si è già aperto un tavolo di confronto a livello provinciale da cui è emerso un compromesso: sospensione della richiesta di trasferimento per tutto il 2016 a fronte della rinuncia a un incremento del contratto di secondo livello da parte dei lavoratori –:
   se siano al corrente di quanto espresso in premessa e se non ritengano utile istituire un tavolo di confronto ministeriale per una realtà aziendale come questa che risulta ad oggi priva di un vero e proprio piano industriale. (4-11100)


   SORIAL. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo i più recenti dati dell'Osservatorio trimestrale sul commercio e turismo condotto da Confesercenti, nel terzo trimestre del 2015, i fallimenti nel nostro Paese sono tornati ad aumentare ed anzi si è rilevato il numero più alto di fallimenti mai registrato in Italia dal 2009: +5,6 per cento rispetto al 2014 e +123 per cento rispetto al 2009;
   nonostante le esternazioni ottimistiche del Governo Renzi, l'Italia non è affatto uscita dalla crisi, anzi, infatti secondo la ricerca di cui sopra, dopo i risultati relativamente positivi di aprile-maggio-giugno, a luglio, agosto e settembre di quest'anno sono state ben 530 le imprese di commercio e turismo che hanno dovuto dichiarare il proprio fallimento;
   nei primi nove mesi di quest'anno, hanno avviato le procedure fallimentari circa 7 negozi o attività turistiche al giorno, per un totale che supera le 1.860 unità;
   a livello regionale il numero maggiore di imprese fallite nel commercio e nel turismo si registrano in Lombardia, seguono poi Lazio e Campania;
   se si considera l'incidenza del numero totale di attività fallite sullo stock complessivo di imprese di commercio e turismo nelle singole regioni, la regione italiana che ha avuto la percentuale peggiore di fallimenti sul totale delle imprese è l'Umbria dove, da inizio anno, sono state 43 le attività turistiche e commerciali a portare i libri in tribunale;
   secondo il segretario generale di Confesercenti, Mauro Bussoni, «L'osservatorio di Confesercenti di questo trimestre ci mostra chiaramente che gli effetti della crisi sono ancora lungi dall'essere smaltiti. Commercio e Turismo vengono da una fase negativa durata quattro anni aggravata dal crollo dei consumi e – nel caso dei negozi – dalla deregulation degli orari, e da cui non sarà facile uscire senza sostegno. Per tutelare questi due settori, che garantiscono milioni di posti di lavoro, c’è bisogno di agire subito»;
   il dato dei fallimenti in forte crescita è stato rilevato proprio nel trimestre nel quale vendite e servizi avrebbero dovuto crescere grazie al turismo vacanziero e al contemporaneo evento dell'Expo e questo dimostra quanto profonda sia la crisi in atto nel tessuto del commercio e degli esercizi pubblici, che costituisce la base dell'economia italiana;
   per colpa della crisi sono esplose le cifre delle procedure di fallimento nei tribunali italiani: il cosiddetto contenzioso riguardante le situazioni concorsuali e fallimentari si aggira su valori che vanno dai 17 ai 45 miliardi di euro –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente della notizia riportata in premessa e quali orientamenti intenda esprimere a questo proposito;
   quali iniziative intenda adottare per frenare il trend negativo che sta mettendo in serio pericolo il tessuto di base dell'economia italiana costituito dalle piccole e medie imprese che ogni giorno sempre più sono costrette a chiudere anche in regioni una volta trainanti per l'economia del Paese come la Lombardia. (4-11101)


   FOLINO e PLACIDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in diversi comuni della Basilicata il segnale di Rai3 arriva in maniera non adeguata e, in particolare, in alcuni comuni della zona nord conosciuta come «Alto Bradano» non si vede il TG3 Basilicata bensì regolarmente il TG3 della Puglia;
   la questione è stata più volte sollevata in diverse sedi (regione Basilicata, Corecom Basilicata) senza trovare soluzione alcuna;
   tutto ciò non è giusto nei confronti dei cittadini di quelle comunità che pagano regolarmente il canone radiotelevisivo;
   a seguito del passaggio dalla trasmissione analogica al digitale terrestre sono innumerevoli le difficoltà di ricezione del segnale, in particolare dei canali RAI, riscontrate in ampie aree del Paese;
   a questo scopo sono state destinate alla RAI, negli anni, ingenti risorse come, ad esempio, nel decreto-legge n. 225 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011, nel quale venivano destinati circa 60 milioni di euro;
   la Rai, in qualità di concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, così come previsto dall'articolo 45 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, dovrebbe svolgere un servizio pubblico sul territorio italiano, sulla base di un contratto nazionale stipulato con il Ministero dello sviluppo economico, assicurando a tutti i cittadini la possibilità di usufruirne –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per far sì che il diritto di accesso alle reti del servizio pubblico radiotelevisivo sia garantito con copertura integrale sul territorio nazionale, così come previsto dall'articolo 45 del decreto legislativo n. 177 del 2005 e dal contratto di servizio stipulato tra l'azienda e il Ministero;
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda porre in essere e in quali tempi per ovviare a tale grave disservizio. (4-11102)


   PAGLIA, SCOTTO, FRATOIANNI, FASSINA, CARLO GALLI, AIRAUDO, MARCON, PIRAS, PANNARALE, DURANTI, MELILLA, RICCIATTI e ZACCAGNINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa apprendiamo che il fondo statunitense Sk Capital sarebbe in trattativa avanzata con ENI per acquisire il 70 per cento di Versalis;
   la possibilità sarebbe stata confermata dagli stessi vertici di ENI in un confronto con le organizzazioni sindacali sul futuro del settore chimica del Gruppo;
   si confermerebbe così la volontà del management di trasformare progressivamente ENI in una pura società oil & gas, con la conseguenza di cedere a investitori esteri un patrimonio di conoscenza industriale che occupa ancora oltre 5.000 lavoratori;
   gli azionisti di controllo di ENI s.p.a. sono il Ministero dell'economia e delle finanze e la Cassa depositi e prestiti, rispettivamente con il 4,34 per cento e 25,74 per cento;
   la posizione dominante dello Stato non può considerarsi finalizzata solo all'incasso dei dividendi, ma deve ritenersi utile a determinare politiche industriali coerenti con l'interesse nazionale a mantenere una presenza attiva in settori strategici;
   ENI, in particolare, aveva garantito un piano di investimento pluriennale, finalizzato tanto allo sviluppo della chimica tradizionale, quanto e soprattutto alla conversione delle attività nel senso della «chimica verde», che rischia di essere compromesso dal suo disimpegno –:
   quali siano gli orientamenti del Governo, in qualità di azionista, in merito alla ventilata cessione della partecipazione di controllo di ENI in Versalis;
   se non si ritenga di dover intervenire presso il management per scongiurare un'operazione che rischia di privare l'Italia di un presidio strategico di produzione e ricerca, con conseguenze negative non solo sui lavoratori del comparto, ma sull'intero tessuto industriale nazionale.
(4-11103)


   PILI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le centrali sarde sono state escluse dal regime di essenzialità, ovvero non avranno più il riconoscimento di centrali strategiche;
   la comunicazione finale e ufficiale è avvenuta con la trasmissione, nella giornata dell'8 novembre 2015 alle sedi legali delle centrali della decisione assunta dall’Authority e resa operativa da Terna;
   Portotorres, Portovesme e Ottana non saranno più supportate da un riconoscimento economico insulare per la loro gestione;
   sostanzialmente queste centrali non avranno contributi per sopperire ai maggiori costi gestionali legati al rischio di black out derivanti dall'essere un'isola;
   in sostanza, senza contributo gestionale, tali centrali sono destinate alla chiusura;
   Terna garantisce la continuità elettrica, ma lo fa senza alcun tipo di sicurezza e soprattutto mettendo in conto il drastico taglio del consumo di energia in Sardegna legato alla chiusura della gran parte dell'apparato industriale e produttivo sardo;
   la società di gestione della trasmissione elettrica, Terna, sostanzialmente garantisce per il futuro l'energia, fondando questa affermazione sulla permanente fine della produzione industriale;
   la decisione assunta è gravissima perché il taglio dell'essenzialità alle centrali sarde è di fatto l'annuncio del «funerale» del sistema produttivo sardo, da quello di Porto Torres a quello di Portovesme, passando per Ottana che potrebbe chiudere già dalle prossime settimane;
   si tratta di un colpo letale alla Sardegna consumato nello scandaloso silenzio della giunta regionale, che risulta, a giudizio dell'interrogante, sempre più incapace di affrontare la gestione di queste vertenze strategiche per l'isola;
   con questa decisione si aggrava su due fronti la situazione del comparto industriale sardo: da una parte, essa pregiudica la quantità di energia disponibile e, dall'altra, garantendo l'affidabilità del sistema elettrico, mette in seria discussione il regime di «interrompibilità» e «super interrompibilità» in discussione a Bruxelles per le industrie energivore, tra le quali Alcoa e Portovesme srl;
   in questa direzione, si aggrava la vertenza Alcoa: a distanza di tre anni dalla chiusura degli impianti, non è stato fatto un solo passo in avanti sulla questione energetica;
   con questo passaggio si rischia di pregiudicare alla radice la vertenza Alcoa, e di creare seri problemi alla Portovesme srl;
   è evidente che Terna, dando le assicurazioni di totale affidabilità della trasmissione elettrica in Sardegna, ha sostanzialmente e contemporaneamente lasciato intendere che non servono regimi di interrompibilità;
   tutto questo sta avvenendo con il silenzio e la sostanziale accondiscendenza del Governo nazionale e della giunta regionale;
   si stanno drammaticamente precostituendo scenari tecnici che avranno un effetto letale sul sistema produttivo industriale sardo;
   nel caso di Ottana, con la decisione di negare il regime di essenzialità a Ottana Energia, il risultato rischia di essere catastrofico;
   è possibile che, già nelle prossime settimane, la proprietà decida di chiudere la centrale e questo finirebbe per pregiudicare anche il futuro di Ottana polimeri, compreso l'acquisto dell’asset Eni necessario a chiudere la filiera del Pet in Sardegna;
   in questa direzione appare evidente, il rischio della fine di qualsiasi tipo di attività industriale nella Sardegna industriale;
   la «complicità» tra Governo e regione rispetto alle decisioni assunte è gravissima, così come è insostenibile il silenzio delle forze politiche sarde, a giudizio dell'interrogante, sempre più succubi dei partiti romani;
   è necessario ed urgente, ad avviso dell'interrogante, che il Governo adotti ogni iniziativa di competenza, anche seguendo le modalità procedurali e di interlocuzione con l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico già adottate in precedenza, affinché si pervenga con urgenza al ripristino, proprio per le condizioni insulari della Sardegna, del regime di essenzialità per le centrali escluse –:
   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, nel senso indicato dall'interrogante;
   se non ritenga di dover assumere iniziative utili ad abbattere il costo energetico in Sardegna per consentire la ripresa e la continuità produttiva per le industrie energivore. (4-11124)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Paglia n. 4-10637, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Franco Bordo.

  L'interrogazione a risposta scritta Sibilia e altri n. 4-10950, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 novembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Micillo.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta orale Burtone n. 3-01846 dell'11 novembre 2015 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-06987.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Laffranco e altri n. 4-11096 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 520 dell'12 novembre 2015. Alla pagina 30926, prima colonna, dalla riga trentatreesima alla riga trentaquattresima deve leggersi: «svincolo di Scopoli, nel comune di Foligno, in provincia Perugia» e non come stampato.