Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 30 luglio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    da notizie di stampa si apprende che dalle intercettazioni sull'inchiesta della centrale a carbone di Vado ligure viene citato nella carte dei Noe dei carabinieri numerose volte il nome del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti;
    riguardo a De Vincenti – non indagato – gli investigatori dicono: «Le registrazioni dimostrano come la pubblica amministrazione con particolare riferimento all'allora viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, si adoperi per suggerire la strada a Tirreno Power per aggirare la prescrizione che impone la copertura del carbone»;
    De Vincenti, secondo gli investigatori, avrebbe ipotizzato di chiedere al Csm un'azione disciplinare contro il pm Francantonio Granero. Un lavoro corposissimo quello della procura di Savona e dei Noe: 800 mila pagine. Le frasi dei dirigenti dei ministeri sono rivelatrici: «Se si volesse fare una cosa pulita», «Questa pulita non potrà mai essere, meno sporca...»;
    ancora: «Abbiamo una porcata da fare in trenta minuti, scritta da loro, dallo sviluppo economico «Mi sputerei in faccia da solo». Fino a un riferimento forse all'Ilva: «Stiamo scrivendo un'altra norma porcata... c'ho un conato». Dal rapporto del Noe emergerebbero gli appoggi della società Tirreno Power; fino a pochi anni fa controllata da Sorgenia, che faceva capo al gruppo De Benedetti, ora è detenuta con quote paritetiche con la società ENGIE (ex Gdf Suez);
   sempre in un'altra conversazione tra Massimiliano Salvi (direttore di Tirreno Power) e due dirigenti del ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare risulta: «La Severino (Paola, ex Ministro della giustizia, oggi avvocato di Tirreno Power, ndr) mi dice... in questo Paese i governatori possono fare quello che vogliono... pure De Vincenti ieri mi dice... ma non si può fare un esposto al Csm ? Non si può fare aprire un'indagine al ministero della giustizia...», dice Salvi. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Renzi, che si occupava di una centrale responsabile – per i pm – della morte di centinaia di persone, di fatto ipotizza con i dirigenti di perseguire i magistrati;
    risulta anche una riunione organizzata dal viceministro Claudio De Vincenti per mostrare uno studio dell'Istituto superiore della sanità che «invalida» la perizia dei pm. Quella che parla di 440 morti per la centrale di Vado. Governatori, sindaci, sindacati, perfino vescovi. I manager Sorgenia e Tirreno Power le provano tutte. Ma il loro «asso nella manica», secondo i pubblici ministeri, è De Vincenti;
    i magistrati savonesi avevano chiesto di registrare i suoi colloqui: «In un ristorante di Roma verrà organizzato un incontro tra i vertici Cir-Sorgenia Andrea Mangoni, Francesco Claudio Dini e De Vincenti...» si richiede la registrazione del «colloquio che lascia ben presupporre l'organizzazione di attività corruttiva». Ma il Gip boccia la richiesta. Pranzi, telefonate, sms e mail. Il sottosegretario è in stretto contatto con la società;
    il passaggio più scomodo è: «Claudio De Vincenti ha fissato una riunione con il ministero della salute e quello dell'ambiente... per fare in modo, insomma, il ministero della salute dica che c’è questo studio dell'Istituto Superiore della Sanità che... diciamo così... fortemente critico verso le perizie e le invalida... e che a quel punto auspicabilmente il ministero dell'ambiente ne tenga conto»;
    a luglio 2014 Mangoni parla con De Vincenti di Tirreno Power, ma non vuole usare il telefono: «Vorrei parlartene a quattr'occhi, non per questa via». Il 4 agosto c’è un incontro e Mangoni alla sua collaboratrice racconta di un documento da inviare: De Vincenti «suggeriva indirizzari ancora più impegnativi... tipo Renzi, Del Rio». L'incontro, soprattutto sulla questione del mercato elettrico, è «molto virile» (parole di Mangoni). Il manager smorza in un sms: «Abbiamo idee diverse, ma da quando sei arrivato tu le politiche sono decisamente cambiate (in meglio)». De Vincenti: «Confido nella tua amicizia cui tengo moltissimo»;
    colloqui frequenti, come quello in cui Mangoni arriva a parlare in prima persona del Pd: «A noi ci viene da lì... a livello istituzionale ma anche parlamentare di collegi... intendo dire nostre... di Pd una richiesta di avere un segnale da parte del Governo». Il manager pare chiedere a De Vincenti di tenere calmi i politici liguri. Il vice-ministro protempore risponde: «Fammi sentire Claudio Burlando (governatore della Liguria, Pd, ndr)... tieni conto che come spesso fanno i parlamentari devono mettersi in mostra... devo evitare di dare l'impressione di ingerenza»;
    Burlando (indagato con tutta la sua giunta) riferisce a una collaboratrice: «Mi ha chiamato De Vincenti dice di convocare una riunione». Il 14 ottobre Mangoni parla con Massimiliano Salvi (Tirreno Power): De Vincenti «mi ha detto... per noi sarebbe di importanza capitale, per potervi dare tutto l'appoggio necessario, far sopravvivere i gruppi a gas»;
    dai fatti su descritti si evince chiaramente, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, un coinvolgimento e una responsabilità seppur non sia indagato, da parte del sottosegretario De Vincenti nell'inchiesta della centrale a carbone di Vado ligure prima di assumere le funzioni, i Sottosegretari di Stato prestano giuramento nelle mani del Presidente del Consiglio dei ministri con la seguente formula: «Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della nazione»;
    il rapporto fiduciario tra Camere e Governo non può non riflettersi anche sul rapporto con i Sottosegretari di Stato, in considerazione del loro ruolo di indirizzo, di supporto e di supplenza dell'attività di Governo nelle sedi parlamentari,

impegna il Governo

ad avviare immediatamente le procedure di revoca – su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri – della nomina a Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri di Claudio De Vincenti.
(1-00964) «Businarolo, Da Villa, Battelli, Crippa, Simone Valente, Mantero, Vallascas, Fantinati, Della Valle».


   La Camera,
   premesso che:
    la prostituzione minorile è una emergenza sociale globale, un dramma tristemente diffuso a livello mondiale, un orrore non limitato a realtà di estrema povertà o a Paesi sottosviluppati, ma che interessa diffusamente anche stati socialmente avanzati come l'Italia;
    si tratta di un fenomeno complesso e articolato, spesso fortemente connesso alla criminalità organizzata e che, ad oggi, resta ancora in gran parte sommerso;
    al di là dei procedimenti penali avviati, dei crimini repressi, delle bambine e dei bambini salvati dalla «strada» e dall'abuso, sono infatti moltissimi i minorenni sfruttati sessualmente che restano invisibili alle autorità e agli operatori sociali;
    a oltre 25 anni dalla Convenzione dei diritti del fanciullo di New York è necessaria una risposta forte ed immediata anche da parte del nostro Paese per proteggere bambine e bambini da ogni forma di violenza e di sfruttamento sessuale;
    nel nostro Paese la prostituzione minorile interessa soprattutto minorenni straniere (rumene, nigeriane, albanesi e moldave), come evidenziato dall'indagine conoscitiva sulla prostituzione minorile 2012, svolta dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza;
    il fenomeno è strettamente connesso alla tratta, definita dal Protocollo delle Nazioni Unite del 2000 «sulla prevenzione, soppressione e persecuzione del traffico di esseri umani, in particolar modo donne e bambini» (Protocollo di Palermo) come «il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l'accoglienza e l'ospitalità di persone, dietro minaccia di ricorso o ricorso alla forza o ad altre forme di costrizione, o tramite rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità, o dietro pagamento o riscossione di somme di denaro o di altri vantaggi per ottenere il consenso di una persona esercitando su di essa la propria autorità, a scopo di sfruttamento»;
    il rapporto globale 2014 sulla tratta di esseri umani diffuso il 24 novembre 2014 a Vienna da parte dell'Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine rileva come un terzo delle vittime della tratta di esseri umani siano bambini, che nell'80 per cento dei casi vengono sfruttati sessualmente (sulla base dei dati forniti dall'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile del Dipartimento Pari Opportunità);
    un secondo aspetto, spesso sconosciuto o ampiamente sottovalutato è il fenomeno della prostituzione minorile maschile, in forte crescita e strettamente connesso all'aumento dei minorenni stranieri non accompagnati (ben 8.201 nel nostro Paese secondo il «Report Nazionale» del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del giugno 2015); il gruppo CRC, nel suo ottavo rapporto, individua un incremento della prostituzione maschile in special modo per quanto riguarda i minorenni rom e marocchini, con un passaggio dalla situazione di accattonaggio a quella ancor più grave di sfruttamento sessuale;
    la prostituzione dei minorenni italiani è invece inquadrabile in una duplice realtà: da un lato riguarda bambini e ragazzi appartenenti a famiglie disagiate, che utilizzano tale pratica come mezzo di sussistenza per sé e per il proprio nucleo familiare, in un contesto di povertà sempre più aggravato dalla crisi economica; dall'altro coinvolge minorenni che regolarmente od occasionalmente si prostituiscono non per soddisfare bisogni primari, ma per acquisire beni di consumo, alcol o sostanze stupefacenti; si tratta cioè delle «baby squillo», adolescenti che, spesso assecondate o incoraggiate dagli stessi genitori, si prostituiscono in quartieri benestanti, dove i clienti sono per lo più professionisti o soggetti con stato economico medio-alto; queste adolescenti sono confuse in merito alla loro sessualità, in situazioni di grave fragilità psicologica, spesso aggravata da messaggi distorti dei media, dalla caduta della moralità, dal degrado culturale ed educativo, con adulti di riferimento assenti, non in grado di fornire una risposta genitoriale adeguata o persino conniventi;
    sono purtroppo sempre più numerosi i casi di cronaca riguardanti la prostituzione di adolescenti in contesti accomunati da ambienti di benessere economico e povertà educativa e culturale; per citarne solo alcuni:
     a Roma la vicenda relativa alla prostituzione di ragazze di età compresa fra i 14 e i 15 anni in un appartamento di viale Parioli si è conclusa con numerose condanne e dieci anni di reclusione per il promotore del giro di prostituzione;
     a Milano nel novembre 2013 spunta il caso delle «ragazze doccia», studentesse di licei privati, fra i 14 e i 16 anni di età e appartenenti a famiglie benestanti, che si sarebbero prostituite nei bagni delle scuole per denaro e beni di consumo;
     nel luglio 2014 il titolare di un'agenzia fotografica romana è stato arrestato e indagato per pornografia e prostituzione minorile, nella sua attività avrebbe chiesto a ragazze minorenni di spogliarsi e mostrarsi in pose sessualmente provocanti per ottenere lavoro;
     nel gennaio 2015 l'arma dei Carabinieri di Lecco ha portato alla luce un giro di prostituzione di ragazze fra i 16 e i 17, stando alla cronaca si sarebbe trattato di ragazze immagine in cerca di soldi facili e notorietà, spinte da una persona che si occupava di pubbliche relazioni alla prostituzione;
     nel maggio 2015 una operazione di polizia contro la prostituzione minorile ha portato all'arresto di sei persone tra Roma, Rieti, Viterbo e Napoli; attività di intercettazione e audizioni protette hanno permesso di accertare come la stazione Termini di Roma costituisse punto di incontro e adescamento di minorenni dediti alla prostituzione;
    il numero di minorenni avviati alla prostituzione è di difficile quantificazione: molte giovani donne vengono infatti costrette a prostituirsi in luoghi privati o sono tenute in stato di segregazione in appartamenti, hotel o night club, dove il rischio di sfruttamento è ancora più elevato; mentre se la prostituzione avviene su strada esse sono oggetto di rapidi e regolari spostamenti sul territorio al fine di farne perdere le tracce;
    i dati più recenti, riportati dall'ottavo rapporto del gruppo CRC 2014-2015 e facenti riferimento ad uno studio in corso di pubblicazione, riferiscono la presenza di 1.079 minori di 18 anni in strada, 135 nei centri di ascolto e 92 nell'accoglienza residenziale;
    nell'audizione del febbraio 2015 presso la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza il procuratore aggiunto Maria Monteleone, titolare dell'inchiesta relativa alle «baby, squillo» del Parioli, ha evidenziato come il fenomeno sia aumentato in due anni del 442 per cento, con il passaggio da 35 casi di procedimenti penali riguardanti l'induzione, il favoreggiamento o lo sfruttamento della prostituzione minorile registrati nel 2012 a 191 casi nel 2014, registrando altresì un'impennata della prostituzione maschile del 50 per cento;
    l'ordinamento italiano ha adottato adeguati strumenti legislativi di contrasto alla prostituzione minorile, anche a seguito della ratifica con legge, 1o ottobre 2012, n. 172 della Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale nonché tramite l'emanazione del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24 in attuazione della direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI e del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 39, in attuazione della direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, che sostituisce la precedente decisione quadro in materia 2004/68/GAI;
    il codice penale italiano punisce severamente all'articolo 600-bis il reclutamento, l'induzione, il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione di una persona inferiore degli anni diciotto nonché il soggetto che compie atti sessuali con un minore di età compresa fra i quattordici e i diciotto anni in cambio di un corrispettivo in denaro o di altra utilità, anche solo promessi; a sua volta, l'articolo 600-quinquies punisce le iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile;
    l'articolo 601 del codice penale punisce con la reclusione sino a venti anni la tratta di persone;
    nonostante la normativa presente nel codice penale, si individua, ad oggi, una carenza di interventi a livello educativo, sociale e culturale, nonché di strumenti di monitoraggio e prevenzione, in special modo per quanto riguarda i gruppi a rischio e i minori stranieri non accompagnati;
    mancano altresì le necessarie misure di tutela e accompagnamento delle giovani vittime in percorsi di riabilitazione e di recupero;
    mancano cioè tuttora provvedimenti relativi alla disciplina delle procedure per l'accertamento dell'età dei minorenni stranieri vittime di tratta e l'adozione di un programma di emersione, assistenza e protezione sociale previsti rispettivamente dagli articoli 4 e 8 del decreto legislativo 4 marzo 2014 n. 24 e all'adozione del piano nazionale di azione contro la tratta, di cui all'articolo 9 del medesimo atto normativo;
    manca una collaborazione sinergica fra le Forze dell'ordine, il terzo settore, i servizi socio educativi e la scuola, decisiva per la lotta al fenomeno, soprattutto per incentivare e facilitare la denuncia di situazioni di abuso o sfruttamento; gli istituti scolastici in particolare possono farsi carico di un importante ruolo attivo nell'educazione dei giovani al rispetto del proprio corpo vigilando sull'emersione di situazioni di disagio riconducibili ai comportamenti illeciti descritti;
    mancano adeguati strumenti di conoscenza e repressione degli aspetti legati al web e alla rete internet, sia per quanto riguarda l'utilizzo di questo strumento per l'offerta della prestazione sessuale, sia per il purtroppo diffuso fenomeno dell'adescamento online di minorenni, che, secondo i dati di Telefono Azzurro nel solo periodo gennaio-dicembre 2014, ha prodotto 5862 segnalazioni, delle quali il 3,2 per cento ha riguardato casi di abuso sessuale e pedofilia, anche nei confronti di ragazze molto giovani fra i 12 e i 14 anni,

impegna il Governo:

   ad attivare, nel più breve tempo possibile, un sistema strutturato e istituzionalizzato di raccolta dati e monitoraggio del fenomeno su tutto il territorio italiano;
   ad intensificare, tramite il coinvolgimento delle Forze dell'ordine, vigilanza, controllo e repressione della prostituzione minorile che avviene sulla strada;
   a rafforzare gli strumenti di tutela e accompagnamento delle giovani vittime in percorsi di rieducazione, riabilitazione e recupero;
   a sostenere e potenziare l'attività di repressione relativa alla diffusione di materiale pedopornografico tramite la rete internet e all'adescamento online di minorenni operata dalla polizia postale e delle comunicazioni;
   ad incentivare, attraverso la collaborazione del terzo settore, dei servizi socio educativi e della scuola, interventi a sostegno della genitorialità, anche al fine di contrastate la povertà educativa e culturale dei minorenni e delle famiglie;
   ad accelerare l’iter relativo all'adozione dei provvedimenti concernenti l'assistenza e la protezione sociale per minorenni straniere e stranieri vittime di tratta, nonché per l'adozione di un piano nazionale di azione come previsto dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24.
(1-00965) «Iori, Albanella, Amato, Antezza, Arlotti, Beni, Blazina, Paola Boldrini, Capone, Capozzolo, Carloni, Carnevali, Carocci, Carra, Carrozza, Casati, Coccia, Cova, Covello, D'Incecco, Dallai, Dell'Aringa, Marco Di Maio, Donati, Fragomeli, Gadda, Gandolfi, Gasparini, Ghizzoni, Giuliani, Gnecchi, Gribaudo, Iacono, La Marca, Lodolini, Patrizia Maestri, Malisani, Marchi, Minnucci, Patriarca, Piazzoni, Porta, Preziosi, Quartapelle Procopio, Realacci, Richetti, Romanini, Paolo Rossi, Rotta, Senaldi, Sbrollini, Sgambato, Taricco, Venittelli, Verini, Zan, Zanin».

Risoluzione in Commissione:


   La XII Commissione,
   premesso che:
    in data 29 ottobre 2013, la Camera dei deputati ha votato all'unanimità la mozione concernente iniziative in favore dei celiaci, con particolare riferimento alla normativa comunitaria;
    si stima che ogni anno in Italia si spendono 320 milioni di euro per prodotti aglutinati, di cui 240 milioni di euro sono quelli erogati gratuitamente dal servizio sanitario nazionale per pazienti con celiachia diagnosticata;
    da una nuova indagine sulla variazione dei prezzi dei prodotti senza glutine effettuata dall'osservatorio dell'Associazione italiana celiachia, risulta che a parità di prodotto, quelli venduti in farmacia sono molto più alti rispetto a quelli venduti nella grande distribuzione organizzata. La differenza media nazionale è di 12,60 euro, con diversi andamenti nelle singole regioni, dove la maggior differenza è in Toscana con 21,05 euro di maggiorazione rispetto alle regioni Emilia Romagna con 5,32 euro e Umbria con 6,64 euro. Una differenza di prezzo notevole che influisce certamente nell'economia delle famiglie italiane con persone celiache;
    essere celiaci o avere persone celiache in famiglia significa non solo cucinare e mangiare escludendo il glutine dalla dieta e prestando attenzione al problema delle contaminazioni, ma per prima cosa significa selezionare e acquistare alimenti adatti. La dieta delle persone che soffrono di celiachia è composta sia da alimenti naturalmente senza glutine che da alimenti specificamente formulati per celiaci, che vanno a sostituire quelli che contengono glutine e tradizionalmente fanno parte delle tavole italiane: pane, pasta, biscotti e altri prodotti da forno;
    dalla pubblicazione del «decreto Veronesi» del 2001, il Ministero della salute ha ampliato la possibilità di erogare i prodotti per celiaci anche al di fuori del canale farmaceutico mediante convenzioni tra servizio sanitario locale e grande distribuzione organizzata o negozi specializzati. Purtroppo a oggi la possibilità di acquisto tramite la prescrizione del servizio sanitario nazionale è scarsamente diffusa sul territorio nazionale, infatti, sono solo 13 le regioni che hanno consentito l'acquisto nella grande distribuzione organizzata. Ciò è dovuto non alla difficoltà delle singole regioni di individuare sistemi volti all'identificazione e inserimento nei sistemi amministrativi delle Asl delle opportune procedure di acquisto e rimborso, ma all'intervento delle Associazioni di categoria delle Farmacie che hanno promosso in passato ricorsi per ottenere l'annullamento delle delibere regionali che consentano l'acquisto di prodotti senza glutine nella grande distribuzione organizzata mediante i «buoni spesa»;
    l'ampliamento dell'erogazione in grande distribuzione organizzata è facilitato da meccanismi di rendicontazione e rimborso che utilizzino la dematerializzazione e l'informatizzazione dei buoni, come i casi delle regioni Lombardia e Umbria dimostrano,

impegna il Governo:

   a tutelare i celiaci, categoria vulnerabile della popolazione, con iniziative che consentano su tutto il territorio nazionale, il libero acquisto di prodotti aglutinanti anche presso la grande distribuzione, nell'ambito del tetto di spesa mensile stabilito dal servizio sanitario nazionale;
   ad assumere iniziative affinché il servizio sanitario nazionale si faccia carico di sistemi di erogazione gratuita dei prodotti aglutinati mediante la lettura della tessera del servizio sanitario europeo anche nella grande distribuzione organizzata, al fine di poter liberamente acquistare prodotti senza glutine ove si ritiene più conveniente;
   a farsi carico del problema della distribuzione dei prodotti oggi fruibili per il paziente nella sola provincia o/e regione di residenza, promuovendo, in collaborazione con le regioni, linee guida per l'erogazione dei prodotti aglutinati in persone diagnosticate affette da celiachia, su tutto il territorio nazionale, mediante un sistema che preveda la lettura del tetto di spesa mediante la tessera del servizio sanitario europeo;
   a individuare modalità e procedure di attuazione a difesa dell'acquisto dei prodotti senza glutine tra i canali distributivi quali farmacie, negozi specializzati e grande distribuzione organizzata.
(7-00752) «Monchiero, Vezzali, Vargiu, Pinna, Quintarelli, Molea, Capua, Mazziotti Di Celso, Sottanelli, D'Agostino, Galgano».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PREZIOSI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a giorni è prevista la chiusura delle redazioni locali de Il Messaggero di Pesaro e Ascoli Piceno;
   le ragioni di tale scelta sarebbero dettate da esigenze aziendali di contenimento dei costi;
   i 4 giornalisti della redazione di Pesaro (3 articolo 1 e 1 part time) e 2 dei 3 giornalisti in forza alla redazione di Ascoli dovranno trasferirsi ad Ancona dove continueranno a fare – in base ai contenuti della lettera di trasferimento – lo stesso lavoro, ovvero le cronache di Pesaro e di Ascoli;
   il capo della redazione di Ascoli assumerà pari incarico anche per quanto riguarda la sede di Terni;
   in realtà tali scelte presentano non pochi dubbi anche sulla efficacia del raggiungimento degli obiettivi di presunto risparmio preventivati dal gruppo editoriale considerati il limitato risparmio per l'affitto delle due sedi locali e i «costi» che il suddetto trasferimento comporterà;
   la chiusura delle due redazioni è una cattiva notizia per i territori e più in generale per il mondo dell'informazione;
   la presenza fisica di queste redazioni vuol dire «prossimità» alle comunità di riferimento, capacità di ascolto e di comprensione dei fenomeni che si registrano in provincia, nonché dare voce a cittadini, istituzioni, corpi sociali;
   desta quindi non poca preoccupazione tale decisione assunta dal gruppo editoriale «Caltagirone» perché rischia di uscirne mortificato ancora una volta il pluralismo in uno dei segmenti più delicati che afferiscono alla democrazia –:
   se il Governo non intenda adoperarsi al fine di scongiurare tali chiusure e promuovere un tavolo di confronto tra gruppo editoriale e organizzazioni sindacali per individuare soluzioni alternative che possano consentire alle redazioni citate di poter svolgere il proprio lavoro nelle sedi territoriali di riferimento.
(5-06213)


   FAENZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'eccezionale ondata di caldo che ha interessato il Paese, per l'intero mese di luglio 2015, ha determinato una serie di gravi effetti all'ambiente marino, al suo ecosistema e alla biodiversità, le cui ripercussioni sotto il profilo ambientale ed economico, stanno causando nel complesso notevoli difficoltà nelle attività imprenditoriali, legate al commercio e alla produzione;
   in particolare, il disastro avvenuto nella laguna di Orbetello, determinato dalle elevate temperature che hanno causato un calo di concentrazione di ossigeno nell'acqua (a partire dal 28 luglio e per i successivi tre giorni), provocando la morte di oltre 200 tonnellate di pesce di allevamento (spigola, orata, cefalo e sogliola, pari all'80 per cento della produzione ittica complessiva e danni stimati in oltre 15 milioni di euro), evidenzia la necessità di migliorare le politiche di prevenzione e di tutela dell'intero ecosistema marino e della fauna ittica, nell'attuale fase di mutamento dei cambiamenti climatici;
   secondo le prime stime delle associazioni nazionali di pesca, il comparto, delle peschiere del territorio grossetano, che si caratterizza come uno dei più importanti a livello nazionale, rischia di essere seriamente compromesso, in quanto l'intero ed ingente quantitativo di pesce andato distrutto (milioni di avannotti, i piccoli di spigola, orata, cefalo e sogliola) nell'arco dei prossimi 18 – 20 mesi sarebbe diventato prodotto commerciale;
   al riguardo, l'interrogante evidenzia come l'economia territoriale di Orbetello sia caratterizzata prevalentemente dall'attività ittica la cui laguna, si contraddistingue per la tradizione storica legata all'acquacoltura, che in Toscana è una pratica che affonda le sue radici in tempi remoti; l'avvenuto disastro ecologico, che non si verificava da oltre 70 anni, secondo quanto sostiene il Corpo forestale dello Stato, rischia di provocare gravissimi danni all'intera filiera interessata;
   le iniziative intraprese a livello regionale per deliberare lo stato di calamità e attivare di conseguenza una serie di misure per sostenere le attività ittiche produttive e commerciali, che hanno subito danni economici derivanti dall'ingente moria di pesci, a giudizio dell'interrogante, sebbene condivisibili, risultano tuttavia insufficienti in considerazione della gravità del fenomeno accaduto, se si valuta l'impatto sulla tenuta occupazionale, nonché l'esigenza di effettuare gli indispensabili interventi di bonifica e di ricostruzione dell’habitat e dello stock ittico, necessario all'interno di un'area di elevato pregio ambientale e di valore economico per la comunità locale e l'intera regione;
   a giudizio dell'interrogante, occorre pertanto affiancare agli interventi di sostegno previsti dalla regione Toscana, ulteriori iniziative di sostegno, anche attraverso agevolazioni fiscali, in favore del distretto ittico di Orbetello colpito da un'emergenza nella laguna senza precedenti –:
   quali siano gli orientamenti del Governo con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se in considerazione della situazione di estrema gravità che ha interessato la laguna di Orbetello e degli effetti preoccupanti causati dalla consistenza del fenomeno climatico sulla fauna ittica autoctona e sull'ecosistema marino, non ritenga urgente ed opportuno deliberare lo stato di emergenza in favore della regione Toscana, ai sensi di quanto previsto, dalla legge n. 225 del 1992;
   in caso contrario, se non ritengano opportuno valutare la possibilità di introdurre misure agevolative di tipo fiscale, nei confronti delle imprese e delle famiglie dei territori di Orbetello e dell'Argentario, colpiti dal grave fenomeno atmosferico e ambientale che ha interessato il territorio lagunare toscano;
   quali iniziative anche preventive, il Governo, intenda intraprendere al fine di sostenere la ripresa dell'attività ittica nelle aree interessate, posto che la moria di pesci e i danni causati alla fauna acquatica dall'innalzamento costante delle temperature avvenuto nel corso del mese di luglio 2015, rischiano di provocare evidenti squilibri per il delicato ed importante ecosistema nel quadro dei cambiamenti climatici in corso nel nostro pianeta. (5-06217)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DAGA, TERZONI, DE ROSA, BUSTO, MANNINO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 27 dicembre 2013), sono stati inseriti tre commi, all'articolo 1 (nn. 303, 304 e 305) recanti norme specifiche che consentano «l'ammodernamento o la costruzione di impianti sportivi, con particolare riguardo alla sicurezza degli impianti e degli spettatori, attraverso la semplificazione delle procedure amministrative e la previsione di modalità innovative di finanziamento»;
   nell'aprile 2012 la AS Roma ha avviato un procedimento per la selezione dell'area idonea alla realizzazione di un nuovo stadio, individuata nell'area di Tor Di Valle, di proprietà di Eurnova, gruppo Parnasi, e ha presentato a Roma Capitale una proposta per realizzare un complesso edilizio includente lo stadio;
   dopo l'esame dello studio di fattibilità in conferenza di servizi preliminare, ai sensi del predetto comma 304, l'assemblea capitolina ha espresso voto favorevole alla delibera di pubblico interesse dell'opera da realizzarsi in variante al piano regolatore generale e in deroga al piano generale del traffico urbano. L'area di intervento, all'esito della trasformazione, assumerà la destinazione urbanistica «centralità a pianificazione definita stadio della Roma», con nuove cubature per quasi a 1.113.000 metri cubi, delle quali solo il 14 per cento, destinate a fini sportivi e il rimanente a destinazione direzionale – commerciale;
   attraverso il procedimento semplificato introdotto dalla legge n. 147 del 2013 in luogo di un mero impianto sportivo viene ad essere realizzato un rilevante intervento urbanistico che per dimensioni e consistenza avrebbe richiesto ad avviso degli interroganti il procedimento ordinario del piano regolatore generale comprensivo delle forme di pubblicità e partecipazione dei cittadini e del confronto con soluzioni alternative, oltre a un'accurata verifica della sostenibilità urbanistica, ambientale, economica e sociale delle iniziative proposte, tali da assicurare elevati livelli di qualità urbana ed ambientale e di partecipazione democratica;
   in data 15 giugno 2015 la AS Roma ha presentato al comune di Roma il cosiddetto «progetto definitivo», nonostante quelle che agli interroganti appaiano numerose carenze documentali rispetto a quanto prescritto ai sensi del citato articolo 93 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e degli articoli 24 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010;
   in assenza dei prescritti elementi di definizione dell'opera, il progetto in questione secondo gli interroganti non assolve alla funzione tipica del progetto definitivo pertanto, non è idoneo a consentire la redazione del progetto esecutivo di cui all'articolo 93, comma 5, del  decreto legislativo n. 163 del 2006, ma soprattutto non risponde al dettato della legge n. 147 del 2013, che, al comma 304, lettera b), prescrive che il comune si esprima in via definitiva sul progetto definitivo, da intendersi completo di tutti i suoi elementi essenziali normativamente prescritti;
   il procedimento semplificato, introdotto dalla legge n. 147 del 2013, è finalizzato a consentire l'utilizzo delle risorse del fondo di garanzia istituito presso l'istituto per il credito sportivo, di cui al comma 303 dell'articolo 1 della predetta legge;
   il comma 304 prescrive che lo studio di fattibilità non può prevedere altri tipi di intervento, salvo quelli strettamente funzionali alla fruibilità dell'impianto e al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa;
   inoltre, il comma 305 prescrive che gli interventi, laddove possibile, siano realizzati prioritariamente mediante recupero di impianti esistenti o localizzati in aree già edificate;
   in merito all'opportunità di costruire un nuovo stadio nell'area di Tor di Valle sono in corso indagini della procura;
   è necessaria infine un'attenta valutazione dell'opera dal punto di vista paesaggistico –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative normative volte a rendere più stringenti le disposizioni che regolano il procedimento di cui ai commi 303-305 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013, con particolare riferimento ai presupposti per il raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario degli interventi tenendo conto che tale procedimento è preordinato all'erogazione di rilevanti risorse pubbliche;
   se, in ogni caso, non ritenga di dover avviare un'attenta valutazione in merito al possibile impatto dell'opera sotto il profilo paesaggistico, nel rispetto dell'articolo 9 della Costituzione e del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. (4-10063)


   MURA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 30 luglio 2015 sono state rese pubbliche le anticipazioni del rapporto dello Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2015, che delineano un quadro allarmante — per non dire catastrofico — dell'Italia e in particolare del Mezzogiorno, area che viene considerata una delle più depresse e arretrate d'Europa;
   secondo il rapporto, dal 2000 al 2013, quindi in tredici armi, l'Italia è stato il Paese che è cresciuto meno a livello continentale, +20,6 per cento rispetto al +37,3 per cento dell'area euro a 18, addirittura meno della Grecia, che ha segnato +24 per cento quale effetto della forte crescita negli anni pre crisi, che è riuscita ad attenuare in parte il crollo successivo;
   particolarmente critica, è la situazione al Sud, che nello stesso periodo è cresciuto che cresce la metà della Grecia, +13 per cento: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni convergenza dell'Europa a 28 (+53,6 per cento);
   una situazione che Svimez fotografa così: «Il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l'assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all'area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente»;
   crescono anche le distanze tra il nord e il sud del Paese, come dimostrato i dati sul prodotto. Il divario del prodotto interno lordo pro capite tra Centro-Nord e Sud è tornato ai livelli del secolo scorso. In particolare, in termini di prodotto interno lordo pro capite, il Mezzogiorno nel 2014 è sceso al 63,9 per cento del valore nazionale, un risultato mai registrato dal 2000 in poi;
   le riforme promosse dal Governo, approvate e in discussione nel Parlamento, necessitano di un impulso maggiore proprio per arginare la grave condizione in cui si trova il Sud del Paese, malgrado i tiepidi segnali di ripresa recentemente individuati da un importante studio della Confindustria;
   altro dato allarmante è quello sul fronte del lavoro anche se è doveroso evidenziare come la situazione sia stata fotografata prima dell'entrata in vigore della riforma del settore approvata dal Parlamento: il numero degli occupati nel Mezzogiorno, ancora in calo nel 2014, è arrivato a 5,8 milioni, il livello più basso almeno dal 1977, anno di inizio delle serie storiche Istat;
   al Sud, inoltre, lavora solo una donna su cinque. Nel 2014, a fronte di un tasso di occupazione femminile medio del 64 per cento nell'Europa a 28 in età 35-64 anni, il Mezzogiorno è fermo al 35,6 per cento. Dal rapporto emerge poi che i consumi delle famiglie meridionali sono ancora scesi, arrivando a ridursi nel 2014 dello 0,4 per cento, a fronte di un aumento del +0,6 per cento nelle regioni del Centro-nord;
   la povertà assoluta è aumentata al Sud rispetto al 2011 del 2,2 per cento contro il +1,1 per cento del Centro-nord. Nel periodo 2011-2014 al sud le famiglie assolutamente povere sono cresciute di oltre 190 mila nuclei in entrambe le ripartizioni, passando da 511 mila a 704 mila al sud e da 570 mila a 766 mila al Centro-nord;
   preoccupa la situazione demografica: nel 2014 al sud si sono registrate solo 174 mila nascite, livello al minimo storico registrato oltre 150 anni, fa, durante l'Unità d'Italia: «il Sud sarà interessato — è scritto nel rapporto – nei prossimi anni da uno stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili», sono le parole del rapporto –:
   quali iniziative urgenti intendano adottare per impedire che il Sud precipiti, come evidenziato nelle anticipazioni del rapporto dello Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2015, in una situazione di sottosviluppo permanente;
   quali iniziative intendano adottare per evitare il rischio di desertificazione industriale dell'area meridionale dell'Italia che avrebbe serie ripercussioni sulla ripresa economica nazionale e avrebbe pesanti conseguenze sotto il profilo sociale e della tenuta democratica nel Paese;
   quali iniziative urgenti intendano adottare per contrastare i seguenti fenomeni nel Mezzogiorno:
    a) disoccupazione giovanile;
    b) occupazione femminile, che nel sud e nelle isole ha gli indici più bassi in Europa;
    c) povertà assoluta, fenomeno che riguarda oramai anche la cosiddetta classe media del Paese;
    d) calo delle nascite, decremento demografico e spopolamento di intere aree, in particolare quelle interne, con punte allarmanti in Sardegna, Sicilia, Calabria e Puglia. (4-10066)


   RONDINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   le notizie di stampa riportano di nuove morti di giovani a causa dell'uso di stupefacenti;

   nel 2008 sotto l'egida della Presidenza del Consiglio dei ministri fu istituito il dipartimento per le politiche antidroga (Dpa);

   sempre da notizie di stampa si apprende che, dopo l'allontanamento del dottor Serpelloni nell'aprile 2014, la struttura sia entrata in un tunnel di abbandono, che potrebbe precludere la chiusura, peraltro auspicata da una aggregazione trasversale di politici e operatori;

   al vertice del dipartimento per le politiche antidroga oggi c’è un avvocato, non più un medico, Patrizia De Rose, con un solido curriculum di dirigente nelle istituzioni, che, a quanto consta all'interrogante, non si mai occupata di droghe;

   le notizie riportano come le istituzioni europee, le Nazioni Unite e altri referenti istituzionali, hanno per apprezzato i progetti del dipartimento per le politiche antidroga di Serpelloni, in particolare quel sistema di allerta integrato voluto per intercettare le nuove droghe vendute via internet;

   notizie negative vengono dal fatto che da otto mesi sospeso il monitoraggio della rete, che pure aveva permesso di segnalare ai Nas oltre 500 siti in cui si vendeva droga (poi oscurati), di intercettare oltre un centinaio di rave party, che sono l'occasione per lanciare sul mercato nuove sostanze;

   il sistema d'allerta segnalava tempestivamente alle autorità sanitarie e alle forze dell'ordine il pericolo di nuove droghe affinché si potessero attirare strumenti di prevenzione per evitare le morti di overdose. Sulla inspiegabile stagnazione del dipartimento per le politiche antidroga che pure avrebbe risorse per almeno 20 milioni di euro, si mosso anche il Codacons, che ha presentato più esposti alla magistratura –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione e se intenda intervenire al più presto, al fine di riorganizzare il Dipartimento per le politiche antidroga nelle sue piene potenzialità soprattutto riattivando il monitoraggio della rete, che avrebbe potuto, ma potrebbe sicuramente, intercettare tutte quelle nuove droghe, che normalmente vengono reperite anche attraverso il web. (4-10072)


   FASSINA, SANNICANDRO, RICCIATTI, DANIELE FARINA, QUARANTA, PIRAS, MELILLA, PALAZZOTTO, ZARATTI, FRATOIANNI, SCOTTO, PAGLIA, FRANCO BORDO, PELLEGRINO, KRONBICHLER, NICCHI e CIVATI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i vertici dell'azienda di trasporto pubblico locale di Roma Capitale, Atac, hanno sospeso a tempo indeterminato il dipendente, Christian Rosso, che aveva denunciato una serie di disservizi dell'azienda;
   tale provvedimento appare all'interrogante in contrasto con le disposizioni legislative in tema di diritto del lavoro, che stabiliscono la libera manifestazione pacifica del dissenso, per tutti i lavoratori subordinati, siano essi dipendenti pubblici o privati;
   peraltro, l'azienda versa in obiettive condizioni critiche a livello di sostenibilità finanziaria e di bilancio e anzianità del parco mezzi, come sottolineato anche da relazioni del Ministero dell'economia e delle finanze e dalla Corte dei Conti. Condizioni che non possono essere ricondotte alla condotta dei lavoratori, ma alla gestione direzionale dell'azienda negli anni passati;
   la Repubblica italiana, in tutte le sue articolazioni territoriali, deve tutelare e non sopprimere i più fondamentali diritti, come quello dello sciopero e della manifestazione del dissenso –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intendano assumere iniziative normative per tutelare il diritto dei lavoratori di manifestare il dissenso e di denunziare disservizi e anomalie che riguardano la gestione di enti pubblici e di aziende che forniscono servizi di pubblica utilità. (4-10074)


   RUBINATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il primo maggio 2015 è stata inaugurata a Milano l'esposizione universale Expo 2015, una vetrina mondiale in cui i Paesi mostrano il meglio delle proprie tecnologie per dare una risposta all'esigenza di assicurare cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli. Si tratta di un'area espositiva di 1,1 milioni di metri quadrati, con più di 140 Paesi e organizzazioni internazionali coinvolti;
   tra i padiglioni più apprezzati dai visitatori ci sono quelli anche dell'Oman e del Qatar, alla cui apertura ha partecipato il Ministro dell'economia e delle finanze Pier Carlo Padoan;
   per la loro realizzazione l'investitore Cityneon Middle East W.L.L., su incarico dei predetti Stati, ha firmato il contratto di appalto con l'impresa di costruzioni Giuseppe Montagna s.r.l. che, a sua volta, ha subappaltato i lavori all'azienda Tecnostrutture s.r.l.;
   Tecnostrutture s.r.l. ha portato a compimento i lavori nel rispetto dei termini assegnati, consapevole dell'importanza dell'evento EXPO 2015, nonostante Montagna s.r.l. il 3 febbraio 2015 avesse presentato istanza di ammissione alla procedura di concordato preventivo;
   in particolare Tecnostrutture si è adoperata fattivamente per la regolare consegna delle opere ai committenti confidando nella «prededucibilità» del proprio credito, che – secondo l'articolo 1665 del codice civile – nei contratti di appalto sorge al momento dell'accettazione dell'opera da parte del committente, stante l'unitarietà e l'indivisibilità delle opere commissionate; si è quindi attivata sia nei confronti della società subappaltante, sia della committente principale Cityneon Middle East W.L.L., informandola e rendendosi disponibile a qualsiasi soluzione che salvaguardasse il regolare adempimento del contratto ed il pagamento del corrispettivo, ivi compresa quella della cessione del credito stesso alla Cityneon Middle East W.L.L.;
   il credito vantato dalla Tecnostrutture s.r.l., a quanto risulta all'interrogante, non è stato soddisfatto;
   così ad oggi la Tecnostrutture ed essa si trova in condizione di difficoltà rispetto alla necessità di salvaguardare il futuro alle 50 famiglie dei propri dipendenti, in quello che all'interrogante appare il più totale disinteresse dei soggetti, che pure hanno ricevuto ed inaugurato l'opera, alle sorti di un'azienda seria e delle sue maestranze;
   di questa vicenda sono stati interessati dal legale rappresentante di Tecnostrutture s.r.l. il commissario di Expo 2015 ed anche rappresentanti del Governo italiano nel tentativo di indurre una positiva soluzione della vicenda –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere, anche attraverso la sensibilizzazione dei rappresentanti dei Paesi coinvolti, per favorire la tutela delle legittime ragioni delle imprese italiane che hanno realizzato i padiglioni per Stati partecipanti all'evento EXPO 2015, dando lustro al made in Italy con la capacità creativa delle loro maestranze, in particolare con riferimento all'impresa Tecnostrutture s.r.l. che ha realizzato i padiglioni dell'Oman e del Qatar, alla cui inaugurazione il Ministro ha partecipato. (4-10077)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CASELLATO, MOGNATO, MARTELLA e ZOGGIA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 4 gennaio 2008 Paolo Durante e Bruna Guernieri, residenti a Ponzano in provincia di Treviso, con le figlie Emma e Sofia, in vacanza in Venezuela, si imbarcarono su un piccolo velivolo, con un'altra decina di persone, con meta le isole di Los Roques. Alle 9,23 il primo allarme per un guasto al motore, un quarto d'ora dopo il «mayday», poi del velivolo non ci fu più traccia;
   qualche tempo dopo venne ritrovato il corpo del copilota, in una spiaggia a 300 chilometri di distanza dal punto probabile dell'incidente. Da allora le famiglie Guernieri e Durante, residenti a Ponzano e a Noale (Venezia) iniziarono un calvario di appelli e richieste per conoscere la verità sulla scomparsa dei loro cari;
   nel giugno 2013 il Let-410 è stato individuato a una profondità di 975 metri;
   si considera che la zona è particolarmente infausta, sono infatti sparite decine di aerei, tra i quali quello in cui viaggiava Vittorio Missoni con la moglie e altre 44 persone, il 4 gennaio 2013;
   il procuratore generale di Caracas, Luisa Ortega Diaz, nel giugno 2013, aveva assicurato che dopo Missoni (i corpi sono stati recuperati nell'ottobre 2013) si sarebbero anche occupati dell'aereo con gli otto italiani precipitato nel 2008;
   Romolo Guernieri, padre di Bruna, ha lanciato a mezzo stampa un appello a tutti i parlamentari veneti, e in particolare a quelli di Treviso e Venezia, perché si adoperino con il Governo, affinché le ricerche vengano riattivate –:
   se il Ministro non ritenga di incontrare personalmente i famigliari di Bruna Guernieri e Paolo Durante, insieme alle famiglie degli altri dispersi;
   se il Ministro ritenga di interessare ulteriormente l'ambasciata del Venezuela in Italia, per un approfondimento sullo stato delle ricerche e sugli esiti delle stesse in questi anni;
   cosa intenda fare il Governo per non lasciare inascoltato l'appello rivolto da parte dei famigliari. (5-06215)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PORTA, FEDI, GIANNI FARINA, GARAVINI, LA MARCA e TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   sono quasi 30.000 i cittadini italiani residenti in Perù e oltre 120.000 i cittadini peruviani residenti in Italia i quali lavorano, pagano le tasse e versano i contributi agli presidenziali dei due Paesi;
   tra l'Italia e il Perù non esiste un accordo bilaterale di sicurezza sociale che tuteli e disciplini adeguatamente diritti e doveri previdenziali dei cittadini emigrati da un Paese all'altro, spesso con le famiglie al seguito;
   sono pressanti le richieste del Governo del Perù e della collettività italiana lì residente affinché si giunga al più presto alla ratifica dell'accordo;
   l'Italia ha da tempo stipulato con i Paesi di emigrazione italiana in America latina — Argentina, Brasile, Uruguay, Venezuela — accordi bilaterali di sicurezza sociale;
   la finalità degli accordi di sicurezza sociale è quella di garantire la parità di trattamento di lavoratori e pensionati che si spostano, spesso permanentemente, dall'uno all'altro Paese contraente e l'esportabilità delle prestazioni previdenziali di cui sono o saranno eventualmente titolari, e di consentire, inoltre, ai lavoratori italiani emigrati e ai lavoratori stranieri immigrati in Italia, i quali, per varie ragioni, al compimento dell'età pensionabile non sono in grado di maturare un diritto previdenziale autonomo nel loro Paese d'origine per insufficienza contributiva, di attivare il meccanismo della totalizzazione dei contributi versati nei Paesi contraenti, ai fini del perfezionamento del diritto a un pro-rata (quota parte di pensione) e quindi di utilizzare proficuamente contributi che altrimenti rimarrebbero inutilizzati;
   con il Perù se non si stipula un accordo si rischia la perdita dei contributi che i lavoratori italiani in Perù e i lavoratori peruviani in Italia hanno versato alle casse degli enti di previdenza; contributi che invece di servire a pagare le loro pensioni, servono e serviranno a pagare le pensioni di altri;
   la consistenza della presenza di cittadini italiani in Perù e di cittadini peruviani in Italia, privi di tutela previdenziale in convenzione, impone all'Italia, se lo si ritiene un dovere di un Paese civile, la stipula di una convenzione bilaterale che tuteli adeguatamente questi lavoratori nell'ambito socio-previdenziale, anche per evitare che i lavoratori immigrati in Italia rappresentino un onere per il nostro Stato, richiedendo all'Inps, al compimento dell'età prevista, l'erogazione dell'assegno sociale che dovrà essere concesso in mancanza di una prestazione erogata dal Paese di provenienza;
   i benefici che deriverebbero dalla vigenza di un accordo di sicurezza sociale con il Perù sarebbero fruiti non solo dai lavoratori ma anche dalle imprese italiane che sono interessate a evitare la doppia contribuzione (in Italia e all'estero) al fine di migliorare la propria competitività sul piano internazionale rispetto alle imprese di altri Paesi che invece beneficiano di analoghe convenzioni –:
   se il Ministero non ritenga utile e opportuno avviare con il Perù i negoziati per la stipula di un accordo bilaterale di sicurezza sociale al fine di individuare il numero dei potenziali beneficiari, stabilire i diritti e i soggetti da tutelare, considerare i benefici e infine quantificare i relativi costi, per potere quindi valutare con cognizione di causa la realizzabilità di tale accordo. (4-10061)


   NICOLETTI, QUARTAPELLE PROCOPIO e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   secondo fonti attendibili della cooperazione italiana, nei giorni scorsi l'esercito libanese ha sgomberato 41 campi profughi siriani che ospitavano circa 5300 persone e altri 13 sgomberi, per un totale di oltre 800 persone, sono previsti in questi giorni;
   dai primi mesi dell'anno, su richiesta del Governo libanese, l'UNHCR ha sospeso la registrazione dei profughi siriani rifugiatisi in Libano che fino ad allora contavano 1.172.753 persone;
   è del tutto verosimile che negli ultimi mesi la situazione sia progressivamente sfuggita al controllo, tanto che ormai si parla di stime di più di 1,2 milioni di profughi siriani su una popolazione libanese di poco meno di 4,5 milioni di abitanti;
   i campi profughi sgomberati dall'esercito, insistendo lungo le principali vie di comunicazione, avevano quindi un carattere provvisorio;
   lo sgombero dei campi pone le persone evacuate sulla strada, sotto il sole cocente e senza alcuna protezione. È di tutta evidenza che senza una supervisione e un coordinamento delle Nazioni Unite la situazione dei profughi in Libano possa degenerare sia in termini di sicurezza che per conseguenze di carattere igienico sanitario;
   rebus sic stantibus, l'emergenza umanitaria in Libano non potrà che crescere esponenzialmente con il prosieguo dei mesi estivi e questi interventi di ordine pubblico dell'esercito libanese ne rappresentano un campanello di allarme;
   è d'altra parte parimenti evidente che i profughi siriani in questo momento non hanno alcuna possibilità di rientrare nel loro Paese;
   questo stato di cose pone i nuovi profughi di fronte all'opzione di emigrare per mare con tutto quello che, come dimostrano gli esodi dalla costa libica, questo comporta in termini di incolumità fisica;
   lo Stato libanese fino ad ora ha dimostrato una grande disponibilità accogliendo e ospitando un grandissimo numero di profughi in proporzione alla popolazione;
   tra Italia e Libano intercorrono rapporti di amicizia di lunga data, rafforzati anche dal pluriennale comando italiano della missione UNIFIL che ha dato al nostro Paese una credibilità speciale presso i libanesi;
   a tutt'oggi l'Italia è il primo partner commerciale della Repubblica del Libano –:
   quali iniziative il Governo intraprenderà sia in sede di Unione europea sia in sede di Nazioni Unite, nonché attraverso il contributo della cooperazione allo sviluppo al fine di garantire il rispetto dei diritti umani dei profughi della guerra civile in Siria e al fine di sostenere lo Stato libanese nello sforzo di accoglienza e protezione. (4-10065)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, LOMBARDI, PESCO, ALBERTI, TONINELLI e BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 23 luglio 2015, in Commissione agricoltura alla Camera dei deputati, è stata data risposta all'interrogazione n. 5-05053, presentata a prima firma del deputato Davide Tripiedi del M5S, nella quale veniva trattato il tema della pesca di frodo sul fiume Po;
   nell'interrogazione veniva illustrata anche la questione riguardante la realizzazione della struttura per il passaggio dei pesci attraverso la diga della centrale idroelettrica più grande d'Italia ad acqua fluente disposta sul fiume Po, sita all'Isola Serafini, nel comune di Monticelli d'Ongina (PC). Tra i soggetti sostenitori dell'opera, vi è anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il progetto del corridoio ecologico fluviale, iniziato il 3 dicembre 2012, è volto a ripristinare le rotte di migrazione della fauna ittica per centinaia di chilometri dal mare Adriatico sino al lago di Lugano e, considerato come un obiettivo prioritario, ha come data di ultimazione prevista, il 30 giugno 2017. I lavori per la creazione di tale corridoio, fondamentale anche per poter preservare la riproduzione delle specie ittiche nel corso del fiume, allo stato attuale non solo non sono ancora iniziati ma hanno subìto ulteriori rinvii. Proprio su quest'ultima questione, nell'interrogazione veniva posto il quesito riguardante, la possibilità, da parte del Governo, di velocizzare i lavori per la realizzazione del corridoio ecologico fluviale appena citato. La risposta ricevuta dal sottosegretario per le politiche agricole alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione, precisava che il progetto era stato sottoposto alle procedure di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale e a valutazione ambientale strategica da parte della competente direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   a giudizio degli interroganti, tali ritardi sulla creazione di un'opera estremamente necessaria per la preservazione della fauna ittica del fiume Po, sono da considerarsi drammaticamente gravi. Destano ulteriori interrogativi i ritardi nelle procedure di verifica di valutazione di impatto ambientale e valutazione ambientale strategica al corridoio ecologico fluviale citato. Il tutto assume aspetti ancor più tragici in considerazione del fatto che nelle zone del delta del Po, esiste una terribile situazione causata dai noti e ripetuti atti di bracconaggio a cui il Governo e le amministrazioni regionali, provinciali e locali, non riescono a porre fine per mancanze di rigide norme che evitino tale illegittima pratica, come confermato nella risposta all'interrogazione citata –:
   se il Ministro interrogato possa confermare o meno il corretto rispetto delle tempistiche riguardanti le procedure di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale e a valutazione ambientale strategica e, nel caso siano confermati i ritardi, se sia a conoscenza dei motivi per i quali questi si siano verificati, attivandosi per velocizzare l’iter di autorizzazione e la realizzazione del corridoio ecologico fluviale sopracitato. (5-06210)


   PARENTELA e NESCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a Crotone, in località Ponticelli, nella fascia costiera che è zona a vocazione turistica, sorge un impianto di trattamento dei rifiuti solidi urbani (RSU) e di valorizzazione della raccolta differenziata gestito dalla ditta Ecologia Oggi S.p.A. ex T.E.C. S.p.A.. L'area risulta tra quelle a rischio esondazione ai sensi del cosiddetto Piano Versace;
   da oltre dieci anni, gli abitanti denunciano, a tutte le autorità competenti, il grave rischio sanitario dovuto alle «nauseabonde esalazioni riconducibili ai rifiuti RSU in putrefazione» provenienti dall'impianto, così come più volte attestato dai sopralluoghi – gli ultimi sono datati 1, 7, 12 e 14 del corrente mese – effettuati dall'ASP (azienda sanitaria provinciale) di Crotone congiuntamente alla polizia municipale;
   nel corso di precedenti sopralluoghi e stata evidenziata la situazione del canale che attraversa in direzione est-ovest l'area dedicata all'impianto e sbocca direttamente in mare. Dagli accertamenti eseguiti dagli uffici competenti, è emerso che gli scarti dell'impianto non sono a norma e, a quanto risulta agli interroganti, non esistono informazioni accessibili al pubblico in ordine allo smaltimento del percolato;
   l'impianto, attualmente opera in assenza del parere sanitario favorevole, inizialmente rilasciato in data 27 aprile 2011 ma poi, a seguito del continuo riproporsi di inconvenienti igienici sanitari, ritirato, dal servizio di igiene ambientale dell'azienda sanitaria provinciale, con nota n. 796/I.A. del 19 settembre 2011;
   il dipartimento politiche dell'ambiente della regione Calabria, con DDG n. 8099/2013 ha dichiarato decaduta l'autorizzazione integrata ambientale (DDG n. 7368/2011) rilasciata all'impianto;
   al momento, l'impianto è privo di autorizzazione all'esercizio, ma la sua attività di fatto prosegue, in contrasto con la normativa europea in materia ambientale, come le direttive 2008/98/CE e 2004/35/CE;
   i problemi riguardanti il contesto dove è ubicato l'impianto di trattamento dei rifiuti, sono stati segnalati da parte del servizio di igiene ambientale dell'ASP con le note n. 242/T.A. del 28 luglio 2005, n. 252/T.A. del 2 agosto 2005, n. 297/T.A. del 23 agosto 2005, n. 409/T.A. del 17 luglio 2006, n. 440/T.A. del 26 agosto 2008, n. 796/I.A. del 19 settembre 2011, n. 409/I.A. del 16 maggio 2012, n. 372/I.A. del 17 luglio 2013, n. 55514 del 17 ottobre 2014 inviate a tutti gli enti preposti e da altrettante comunicazioni di reato (CNR n. 241/T.A. del 28 luglio 2005, CNR n. 251/T.A. del 2 agosto 2005, CNR n. 296/T.A. del 22 agosto 2005, CNR n. 404/T.A. del 14 luglio 2006, CNR n. 1066/DP/IP del 7 agosto 2006, CNR n. 435/T.A. del 21 agosto 2008, CNR n. 887/I.A. del 14 ottobre 2011, CNR n. 388/I.A. del 15 maggio 2012, CNR del 19 luglio 2012, CNR del 10 agosto 2012, CNR 13 settembre 2014, CNR 7579 dell'11 febbraio 2015) trasmesse alla procura della Repubblica di Crotone, a seguito degli inconvenienti igienico sanitari segnalati dai cittadini abitanti nella zona e rilevati dal personale del servizio di igiene ambientale dell'ASP di Crotone –:
   se intenda promuovere una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente nell'ottica di scongiurare il pericolo di inquinamento ambientale derivante dallo sversamento in mare del percolato prodotto dall'impianto di trattamento di rifiuti solidi urbani (RSU) e di valorizzazione della raccolta differenziata, sito in località Ponticelli, a Crotone che continua ad operare in assenza del parere sanitario favorevole, dell'autorizzazione integrata ambientale e dell'autorizzazione all'esercizio;
   quali iniziative intendano assumere i Ministri per scongiurare una procedura di infrazione in sede comunitaria per la violazione continuativa delle direttive 2008/98/CE e 2004/35/CE in materia ambientale. (5-06216)

Interrogazione a risposta scritta:


   BORGHESI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il lago di Idro rappresenta una meta turistica di rilievo per l'intera valle Sabbia con enormi potenzialità da valorizzare viste le bellezze paesaggistiche e naturali che attirano migliaia di turisti anche dal nord Europa;
   infatti, sulle sponde del lago vige un inflessibile vincolo paesaggistico di tutela, per decreto ministeriale, vincolo n. 30657 – sponde orientale ed occidentale del lago nel territorio del comune di Idro notevoli per la varietà dei rilievi alternati a prati godibili dalle vie e dal lago, di cui al decreto 5 luglio 1971, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 dell'11 novembre 1971;
   il lago d'Idro è il primo lago naturale italiano ad essere regolato da uno sbarramento artificiale ed è da sempre conteso per diversi usi: agricoli e di irrigazione nella bassa mantovana e bresciana, turistici e di balneazione dei comuni rivieraschi del lago, di tutela degli aspetti ecologico – ambientali con la definizione del deflusso minimo vitale;
   la variazione dei livelli del lago e la frequenza e permanenza di tali livelli incidono sulla vita del lago e sui relativi impatti per l'ambiente lacuale, come descritto anche nel parere della commissione VIA e VAS n. 1128 del 14 dicembre 2012 – procedura VIA opere per la messa in sicurezza della traversa di regolazione del lago di Idro in provincia di Brescia di cui al decreto di compatibilità ambientale prot. n. DVADEC-2013-107 del 17 aprile 2013;
   la laboriosità della disciplina che ha dato vita alle modalità di gestione delle acque del bacino del lago e del fiume Chiese, le diverse esigenze che vi si contrappongono e le innumerevoli manifestazioni promosse per garantire il deflusso minimo vitale compatibile con la «sopravvivenza» del lago e delle attività ad esso collegate sono una chiara dimostrazione della complessità della situazione;
   nel mese di luglio 2015 a tali problematiche «storiche» di regolazione del livello del lago si è aggiunta anche quella relativa al clima eccessivamente caldo che ha prodotto siccità e provocato l'esplosione del fenomeno alghe portando ad una evidente situazione di degrado ambientale proprio nel momento di maggiore afflusso di turisti;
   la proliferazione di alghe dipende molto, oltre che dalla diminuzione del livello del lago, anche dallo sversamento di acque reflue non trattate correttamente;
   le acque reflue non trattate costituiscono una minaccia per la salute umana a causa della possibile contaminazione con batteri e virus nocivi. Esse contengono inoltre nutrienti come l'azoto e il fosforo, che possono danneggiare le acque dolci e l'ambiente marino favorendo la proliferazione di alghe che soffocano le altre forme di vita (processo noto come «eutrofizzazione»);
   la Commissione europea ha più volte sollecitato l'Italia a conformarsi alla direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, modificata dalla direttiva 98/15/CE della Commissione, del 27 febbraio 1998, con l'obiettivo di proteggere l'ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi delle acque reflue urbane;
   ai sensi della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, entro il mese di dicembre 1998 gli Stati membri erano tenuti a garantire che tutti gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 10.000 fossero dotati di impianti per il trattamento delle acque reflue urbane riversate in aree sensibili. Benché gli Stati membri non fossero formalmente tenuti ad inviare relazioni specifiche in merito alla scadenza del dicembre 1998, la Commissione ha tuttavia deciso, di propria iniziativa, di chiedere agli Stati membri di fornire informazioni al riguardo, inviando una formale richiesta agli Stati membri nel mese di aprile 1999, seguita, nel marzo 2000, da una lettera di sollecito. Agli Stati membri si chiedeva inoltre di fornire informazioni anche sul trattamento delle acque reflue nei principali agglomerati, anche se questi non scaricavano le acque in aree sensibili;
   a seguito alle informazioni fornite dall'Italia, la Commissione europea ha già avviato una serie di procedure di infrazione ed emesso sentenze di condanna per la cattiva applicazione della direttiva dal nostro Paese e, anche ultimamente, la Commissione europea ha espresso un parere motivato – articolo 258 TFUE, per violazione del diritto dell'Unione europea, in ordine all'attuazione della direttiva 1991/271/CEE (procedura d'infrazione 2014–2059);
   pertanto, anche per evitare ulteriori procedure di infrazione, occorre assicurare sia il livello idrico regolamentato sia il buon funzionamento dei depuratori dei comuni e delle attività limitrofe al lago di Idro, in quanto la fioritura delle alghe è un indicatore sensibile sulle carenze qualitative delle acque –:
   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda porre in essere per procedere all'individuazione dei problemi legati alla proliferazione delle alghe nel lago di Idro e per ovviare alle conseguenze negative di degrado ambientale di un'area altamente vincolata a livello paesaggistico, anche in considerazione del particolare periodo di elevata frequentazione turistica dell'area e dell'esigenza di adempiere agli obblighi derivanti dalla partecipazione all'Unione europea, e se non si intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a stanziare le opportune risorse economiche per adottare interventi concreti in favore delle attività economiche penalizzate da tale situazione. (4-10060)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   D'INCECCO, CARLONI, CASTRICONE, DONATI, FOSSATI, FUSILLI, GALPERTI, IORI, LA MARCA, PATRIZIA MAESTRI, MONGIELLO, ROMANINI, RUBINATO, SBROLLINI, TARICCO e VERINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la cultura, la musica e lo spettacolo sono fondamentali per la ripresa economica del nostro Paese, che può vantare una ricchezza artistica e culturale unica al mondo;
   le prime indiscrezioni sui finanziamenti FUS (fondo unico per lo spettacolo) per il triennio 2015-2017 stanno provocando reazioni di forte preoccupazione;
   dagli organi di stampa si apprende che Anbima (Associazione bande musicali italiane autonome), fondata a Roma e portatrice di cultura musicale bandistica, e Feniarco (Federazione nazionale delle associazioni corali regionali), emblema della coralità italiana che raccoglie attorno a sé oltre 2700 cori iscritti e 150.000 tra cantori e collaboratori, sarebbero state escluse dai finanziamenti fondo unico dello spettacolo;
   tra le associazioni penalizzate figurano anche l'orchestra Toscanini di Parma: meno 230 mila euro;
   la scuola di musica di Fiesole: meno 170 mila euro e rischio di chiusura per l'orchestra giovanile italiana, uno dei principali laboratori per la formazione di giovani musicisti; i corsi di perfezionamento di musica da camera di Duino che sarebbero stati cancellati;
   sembra sia a rischio anche il prestigioso teatro lirico sperimentale di Spoleto;
   l'eventuale scomparsa di queste importanti e prestigiose realtà musicali comporterebbe la dispersione di un grande patrimonio artistico e metterebbe a rischio la promozione culturale del nostro Paese –:
   se siano fondate le indiscrezioni relative alle risorse del fondo unico dello spettacolo;
   quali iniziative intenda intraprendere per una più equilibrata ripartizione dei fondi e per valorizzazione della ricca e proficua tradizione musicale italiana.
(5-06212)


   CIPRINI, GALLINELLA, D'UVA, LUIGI GALLO, CHIMIENTI e COMINARDI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Duomo di Orvieto è interessato da lavori di manutenzione dei mosaici situati nel timpano centrale della cattedrale stessa. I lavori, finanziati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e attuati dalla Soprintendenza delle belle arti e del paesaggio dell'Umbria sotto la direzione dell'architetto Maurizio Damiani, ammontano a circa 250 mila euro;
   per l'effettuazione di tali interventi di messa in sicurezza dei mosaici della facciata si è reso necessario l'allestimento propedeutico di ponteggi e impalcature per raggiungere l'altezza ove sono posti i mosaici;
   come riportato dalla stampa (Il Messaggero del 16 luglio 2015), con segnalazione del 15 luglio 2015 prot. 32/2015 diretta al Soprintendente architetto Stefano Gizzi della soprintendenza delle belle arti e del paesaggio dell'Umbria, la sezione di Orvieto di Italia Nostra, a firma del presidente Lucio Riccetti, ha denunciato criticità sulle modalità di ancoraggio dei ponteggi: «I ponteggi recentemente addossati alla facciata del Duomo di Orvieto — scrive Riccetti alla Soprintendenza corredando la missiva con alcune foto scattate nei giorni scorsi in corrispondenza dei lavori – sono stati ancorati alla stessa facciata del Duomo tramite perforazione dei marini, compresi gli stipiti del portale centrale e delle aree ricoperte dai mosaici, e inserimento di occhielli a vite. Il danno e la mancanza di attenzione nei confronti di un monumento qual è il Duomo di Orvieto è evidente. Per altro — incalza Riccetti – l'inserimento degli occhielli interessa aree già restaurate. Fatta salva la sicurezza sul lavoro, si chiede a questo ufficio la verifica della congruità di tale procedura e di un'operazione che sembrerebbe a prima vista ossimorica: per montare i ponteggi si danneggia ciò che le stesse impalcature dovrebbero permettere di restaurare e salvaguardare»
   l'architetto Maurizio Damiani, direttore dei lavori attuati dalla stessa Soprintendenza, all'indomani delle verifiche sollecitate da Italia Nostra, si è affrettato a spiegare che «L'ancoraggio dei ponteggi alla facciata del Duomo avviene utilizzando vecchi fori presenti e, nel caso di nuove perforazioni, in maniera del tutto non invasiva, secondo progetto conforme alla normativa» (da Corriere dell'Umbria del 17 luglio 2015);
   nel restauro della cattedrale non sarebbe coinvolta l'Opera del Duomo di Orvieto, ente dotato di autonomia giuridica con il compito di provvedere alla manutenzione e conservazione del Duomo e all'amministrazione dei suoi beni;
   purtuttavia, nonostante la giustificazione proveniente dal direttore dei lavori, rimane forte la preoccupazione per le modalità di esecuzione del restauro e della posa dei ponteggi e delle impalcature: il Duomo di Orvieto è monumento di rilevanza fondamentale non solo per il patrimonio artistico della città di Orvieto ma anche per l'intero Paese per la bellezza dei suoi mosaici e per la sua unicità: è necessario che il Governo intervenga per verificare l'adeguatezza delle modalità dell'allestimento delle suddette impalcature e per scongiurare eventuali danni alla cattedrale che avrebbero effetti irreversibili sul monumento –:
   se il Ministro sia conoscenza della situazione descritta;
   se, in considerazione dei principi costituzionali di tutela del paesaggio, del territorio, dell'ambiente, dei beni architettonici e monumentali, il Ministro interrogato non intenda attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di accertare se la direzione dei lavori della sovrintendenza dell'Umbria, nel procedere alla realizzazione del restauro e al posizionamento dei ponteggi, abbia pienamente rispettato le regole dell'arte, di diligenza, di perizia e di massima cautela poste a tutela dell'integrità e della tutela dei monumenti e del Duomo di Orvieto, adottando le opportune iniziative e fornendo rassicurazioni in ordine alle paventate preoccupazioni sull'impatto delle impalcature sulla facciata del Duomo;
   per quali motivi per il posizionamento delle impalcature non sia stato utilizzato un ponteggio autoportante o un ponteggio ancorato negli appositi alloggi enti esistenti sul sagrato del Duomo;
   se esista una mappatura dei vecchi fori esistenti sulla facciata del Duomo ove sarebbero state poste le nuove impalcature;
   se nella fase di ideazione e realizzazione del restauro sia stato coinvolto e/o consultato l'ente Opera del Duomo di Orvieto. (5-06220)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Santarcangelo in Emilia Romagna si è di recente svolto il Festival Internazionale del teatro in piazza;
   la realizzazione del Festival ha avuto un costo di oltre 750.000 euro, ed è stato finanziato mediante contributi provenienti dallo Stato per 110.000 euro, dalla regione per 300.000 euro, dalla provincia per 18.000 euro, da 128.700 euro finanziati dallo stesso comune di Santarcangelo, oltre a più di ventimila euro raccolti da altri comuni ed enti, da privati e da fondi europei;
   in una delle serate del festival i cittadini santarcangiolesi si sono ritrovati davanti allo spettacolo messo in atto da un ballerino completamente nudo che oltre ad esibire per tutta la durata dello spettacolo i genitali al pubblico, ha poi continuato la sua performance toccandosi le proprie parti intime, per poi urinare nella piazza dove si stava svolgendo lo spettacolo;
   tale spettacolo ha oltrepassato ogni normale decoro che la legge raccomanda in un luogo pubblico, ed è tanto più riprovevole per il fatto che si è svolto davanti a famiglie, anziani, mamme e bambini;
   a quanto consta all'interrogante un gruppo di cittadini, insieme a un esponente politico locale, ha sporto formale denuncia alle autorità di pubblica sicurezza per atti osceni in luogo pubblico, chiedendo alle autorità competenti che siano accertate le responsabilità civili e penali e che sia punito a norma di legge, non solo di chi ha eseguito la performance, ma anche di chi ha permesso e autorizzato la sua esecuzione –:
   se sia informato di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere al riguardo, alla luce delle esperienze erogate a carico del bilancio dello Stato. (4-10069)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   FORMISANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   dal 30 aprile 2015, presso l'Expo Milano 2015, risultano impiegati 2.400 militari, di cui 1.800 nell'ambito di un programma di sicurezza per l'evento e 600 per l'operazione «strade sicure»;
   a causa della mancanza di posti nelle caserme dell’hinterland milanese almeno la metà di tale personale militare interforze avrebbe ricevuto come alloggio una sistemazione in tenda; per lo più detta dislocazione ha riguardato il personale dell'Esercito e perdurerà per tutto l'evento espositivo, e dunque, fino al 31 ottobre;
   soprattutto nell'accampamento all'interno della caserma Babini di Bellinzago Novarese, le problematiche logistiche/organizzative non sono di poco conto: i servizi igienici risultano essere pochi rispetto al numero dei militari e spesso inagibili a causa del sovraffollamento; la struttura dista almeno un'ora e mezza di viaggio dal sito dell'Expo; pertanto i militari non riescono ad usufruire del servizio mensa messo a loro disposizione, perché non coincidente negli orari con gli spostamenti necessari, per cui i pasti sono spesso costituiti da qualche fetta di pane, cibo in scatola e merendine; il riposo in tenda è reso pressoché difficoltoso, alla luce delle elevate temperature che si raggiungono durante il giorno, amplificate dal tessuto di cui le tende sono costituite;
   a fine maggio 2015, durante l'ondata di maltempo che ha investito il nord Italia, l'acqua ha allagato le tende dove erano stati alloggiati gli alpini friulani dell'ottavo reggimento di Cividale e Venzone e gli effetti personali che avevano sistemato all'interno sono finiti sott'acqua, ma altre situazioni sono state segnalate dai militari di stanza a Cividale, Venzone, ma anche da Villa Opicina, oltre che da altri reparti provenienti dal resto della penisola;
   il dispiegamento delle Forze armate alla manifestazione dell'Expo è reso ovviamente necessario per poter garantire che l'evento si svolga in condizioni di elevata sicurezza pubblica;
   il Co.Ce.R. è seriamente preoccupato per la situazione sopra esposta e altre preoccupazioni di natura economica sorgono per la mancanza di direttive, anche amministrative, derivanti da un decreto di missione per i militari stessi;
   il Co.Ce.R. sostiene giustamente che «.. i militari hanno diritto alla propria dignità e alla tutela della salute come tutti i lavoratori di una nazione civile, pensare che delle persone uomini e donne solo perché militari si possano ritrovare nelle condizioni disastrose “denunciate” dalla stampa è semplicemente assurdo..»;
   a breve la stagione secca lascerà il posto a frequenti e violenti acquazzoni, già presenti in alcune zone a causa delle onde di calore –:
   se il Ministro interrogato abbia già posto in essere azioni volte al miglioramento delle condizioni di sistemazione del personale militare impegnato nelle operazioni volte a garantire la sicurezza dell'Expo, ciò anche al fine di non creare problemi di uniformità con il resto delle altre forze di polizia impegnate in tale manifestazione, che ha avuto la fortuna di essere allocato in strutture più dignitose. (4-10057)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo i dati diffusi dalla Cgia di Mestre dal 2008 al primo trimestre del 2015 si sono persi 932mila posti di lavoro, di cui più della metà nelle regioni meridionali;
   oltre il 60 per cento di detti posti di lavoro è concentrata al Sud con oltre 580mila nuovi disoccupati;
   tale dato la dice lunga sulla necessità di interventi specifici che tengano conto della condizione di difficoltà nella quale versa l'economia del Sud;
   a giudizio dell'interrogate ciò impone di intervenire per evitare un acuirsi della terribile crisi sociale che avrebbe conseguenze imprevedibili;
   secondo le previsioni del Fondo monetario internazionale, occorrono 20 anni per tornare ai livelli pre-crisi;
   secondo la Cgia i settori più colpiti sono l'edilizia, il manifatturiero e il piccolo commercio;
   a giudizio dell'interrogante, occorre intervenire su questi settori varando provvedimenti che sollecitino la domanda, detassino e favoriscano una maggiore concessione del credito alle piccole e medie aziende;
   a giudizio dell'interrogante, una sensibile riduzione della pressione fiscale, in linea con il cosiddetto «piano Zanetti», e una fiscalità di vantaggio studiata per il Sud, costituirebbero un primo e significativo passo in avanti per evitare che il Sud sia lasciato al suo destino;
   a giudizio dell'interrogante, senza il rilancio del Mezzogiorno non c’è possibilità di rilancio per l'intero Paese –:
   se i Ministri interrogati non ritengano, di doversi rendere promotori nell'ambito del Consiglio dei ministri del varo di un piano straordinario di misure che serva a rilanciare l'economia e l'occupazione nelle regioni meridionali. (4-10059)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI, BONACCORSI, GELLI e MAGORNO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   ha destato molto scalpore nella pubblica opinione l'assoluzione dei sei giovani già condannati in primo grado per lo stupro avvenuto nel 2008, a Firenze, ai danni di una ragazza allora ventitreenne;
   pur nel pieno rispetto dell'autonomia della magistratura sarebbe opportuno un approfondimento della intera vicenda;
   si fa fatica a comprendere perché la magistratura dell'accusa, dopo la condanna di primo grado, non abbia ritenuto che ci fossero i presupposti per il ricorso alla Corte di Cassazione avverso l'assoluzione in appello;
   si tratta di una decisione che ad avviso degli interroganti presenta profili di abnormità e che rischia di mostrarsi come un ulteriore atto di violenza nei confronti di una vittima di un reato odioso –:
   quali iniziative, nell'ambito delle prerogative attribuite, il Ministro interrogato intenda assumere in merito a quanto accaduto e se non ritenga di valutare l'opportunità di inviare una ispezione presso la competente procura. (5-06225)

Interrogazione a risposta scritta:


   MATARRELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la disposizione contenuta nell'articolo 3 del decreto legislativo del 21 giugno 2013, n. 69, prevede che «I laureati in giurisprudenza all'esito di un corso di durata almeno quadriennale, in possesso dei requisiti di onorabilità di cui all'articolo 42-ter, secondo comma, lettera g), del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, che abbiano riportato una media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo, ovvero un punteggio di laurea non inferiore a 105/110 e che non abbiano compiuto i trenta anni di età, possono accedere, a domanda e per una sola volta, a un periodo di formazione teorico-pratica presso le Corti di appello, i tribunali ordinari, gli uffici e i tribunali di sorveglianza e i tribunali per i minorenni della durata complessiva di diciotto mesi»;
   a coloro che siano risultati in possesso di determinati requisiti previsti dalla citata norma, la legge attribuisce ai sensi dell'articolo 73, comma 8-bis e ter, una borsa di studio determinata in misura non superiore ad euro 400 mensili;
   il comma 8-ter del succitato decreto, infatti dispone: «Il Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, con decreto di natura non regolamentare, determina annualmente l'ammontare delle risorse destinare all'attuazione degli interventi di cui al comma 8-bis del presente articolo sulla base delle risorse disponibili (...)»;
   per tutto quanto esposto, pur riconoscendo i vantaggi offerti da tale tirocinio ai giovani laureati in giurisprudenza, non si può trascurare l'importanza del contributo che i laureati inseriti in percorsi teorico-pratici stanno offrendo all'organizzazione degli uffici giudiziari di tutta Italia, nell'intento di favorire un più celere superamento del sovraccarico che affligge le aule giudiziarie, di supporto all'attività dei magistrati;
   la previsione legislativa relativa alle borse di studio risale al mese di agosto 2014 e, ad oggi, la stessa è rimasta ancora inattuata –:
   quali iniziative nell'immediato il Ministro interrogato intenda adottare affinché le risorse per le borse di studio vengano al più presto determinate e distribuite, anche con efficacia retroattiva, dal momento che i tirocinanti sostengono comunque delle spese di trasporto poiché molto spesso non risiedono nella città ove è ubicato l'ufficio giudiziario. (4-10067)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   come denunciato dalle associazioni dei consumatori e dimostrato dalle innumerevoli testimonianze degli utenti, da settimane i disagi e i disservizi sui treni sono ormai all'ordine del giorno, resi ancora più gravi dalle altissime temperature che si sono registrate ultimamente;
   quotidianamente arrivano notizie sulle proteste da parte di pendolari e turisti per viaggi in treno che diventano vere e proprie odissee, soprattutto perché in questi giorni molte carrozze infuocate a causa delle temperature estive da record sono prive di aria condizionata e, per di più, con i finestrini bloccati;
   nelle ultime settimane da Nord a Sud sono innumerevoli le segnalazioni sui pesanti ritardi dei treni, sull'allungamento dei tempi di percorrenza, sulle carrozze obsolete e sporche, sui guasti ai convogli, sul malfunzionamento dei sistemi elettrici e di climatizzazione, sul sovraffollamento di passeggeri costretti a viaggiare in piedi per tutto il tragitto, sulle pessime condizioni di viaggio, sui controllori fantasma, sulla carente informazione ai viaggiatori;
   questi disagi e disservizi, oltre a creare un danno enorme per l'immagine dell'Italia, non rappresentano la strategia ideale per incoraggiare i cittadini a lasciare l'auto a casa, in un Paese in cui si vuol favorire l'utilizzo dei mezzi pubblici;
   anche sulla linea direttissima Roma-Firenze si sono registrati nell'intero mese di luglio 2015 pesanti e continui disservizi: numerosi ritardi e aumenti dei tempi di percorrenza, convogli surriscaldati a causa delle alte temperature, costanti guasti ai condizionatori, pessime condizioni di viaggio a bordo di tutti i treni della linea, bagni guasti e maleodoranti, viaggiatori pigiati, carente e tardiva comunicazione ai passeggeri;
   i comitati Assoutenti e i comitati dei pendolari della linea in alcune note indirizzate a Trenitalia, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e agli assessori regionali hanno segnalato i pesanti disservizi di cui sono oggetto nelle ultime settimane i collegamenti regionali, interregionali e gli intercity sulla tratta Roma – Firenze;
   in particolare, i comitati lamentano il fatto che numerosi treni regionali e intercity hanno condizionatori vetusti e malfunzionanti che arrecano gravi disagi a migliaia di pendolari e turisti che ogni giorno utilizzano treni con temperature in carrozza anche superiore ai 45 gradi;
   per questi motivi hanno inviato a Trenitalia e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alcune proposte e richieste di intervento per fronteggiare lo stato di emergenza e rendere il viaggio più umano e confortevole;
   nel dettaglio, le misure messe in campo dai comitati negli ultimi giorni concernono una raccolta di firme per chiedere innanzitutto il rimborso del biglietto a tutti i viaggiatori di carrozze non condizionate su treni intercity o regionali o interregionali;
   inoltre, i comitati chiedono a Trenitalia l'attivazione di presidi di manutenzione dei sistemi di climatizzazione e di pronto intervento nelle stazioni, con tecnici abilitati a riparazioni veloci di impianti di condizionamento fuori uso o pronta sostituzione delle carrozze senza aria condizionata, l'attivazione di presidi sanitari nelle grandi stazioni per fronteggiare l'emergenza sanitaria dei viaggiatori che accusano malori in treno. Al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i comitati chiedono invece tempi certi per il contratto di servizio universale e al più presto il ritiro di carrozze e locomotori guasti e vetusti e la loro sostituzione, attraverso l'acquisto di elettrotreni;
   l'ufficio stampa di Trenitalia ha spiegato che sta affrontando l'emergenza in tutta Italia mediante un potenziamento ed un rafforzamento dei presidi di personale all'interno delle carrozze ed è in contatto con le ditte esterne che si occupano di manutenzione dei condizionatori affinché, nel caso di guasti malfunzionamento degli impianti, intervengano tempestivamente per risolvere il problema;
   in una nota Rete, ferroviaria italiana e Trenitalia riconoscono le difficoltà delle ultime settimane dovute all'eccezionale e prolungata ondata di caldo torrido che si sta ripercuotendo anche sulla qualità del viaggio in treno e si impegnano con tutto il loro personale tecnico e dirigenziale a garantire la massima sicurezza della circolazione ferroviaria e, durante il viaggio, i migliori standard di comfort possibili;
   Trenitalia, dopo le sollecitazioni degli utenti e delle associazione dei consumatori, apre agli indennizzi ai viaggiatori per i disagi arrecati: «Se gli standard di comfort risultano in alcuni circostanze insufficienti non è, in nessun caso, per negligenza o scarso impegno. Pronto, in tale eventualità, l'intervento del personale di assistenza di Trenitalia, volto a mitigare, per quanto possibile, i disagi. Ai clienti coinvolti vanno comunque le doverose e sincere scuse dell'azienda e, laddove sussistano le condizioni, gli indennizzi previsti». Insomma, chi si è trovano in condizione di reale disagio potrà chiedere i danni;
   Trenitalia spiega che, nelle ore più calde degli ultimi giorni, in alcune zone la temperatura sui binari, ha raggiunto i 60 gradi centigradi e, in ogni caso, i protocolli adottati da Rete ferroviaria italiana stanno consentendo di garantire sempre la sicurezza del servizio ferroviario, anche in queste condizioni estreme;
   sempre secondo quanto riferito dall'ufficio stampa di Trenitalia, da luglio sono state distribuite oltre trentamila bottiglie d'acqua e 11.300 kit per colazione, pranzo e cena, nonché sono stati garantiti, ai viaggiatori che non hanno potuto ultimare il viaggio in treno, 260 pernottamenti in hotel e 145 trasferimenti in taxi. Nelle ultime settimane sul fronte «emergenza caldo» sono stati impegnati migliaia di ferrovieri, 300 tecnici soltanto per la manutenzione dei climatizzatori dei treni regionali e oltre 700 impegnati full time per assistere ed informare i clienti di Frecce, Intercity e treni regionali;
   tuttavia, queste misure che Trenitalia avrebbe messo in atto negli ultimi giorni sono ancora inefficaci e insufficienti;
   a testimoniare il malcontento dei viaggiatori è arrivato il rapporto annuale dell'Autorità dei trasporti sulla qualità del trasporto locale e delle ferrovie, presentato al Parlamento il 15 luglio 2015 dal presidente Andrea Camanzi;
   oltre alle percentuali che mettono in evidenza il grado di soddisfazione dei passeggeri italiani (il 32 per cento si dichiara abbastanza o decisamente insoddisfatto, il 44 per cento «boccia» totalmente il servizio, mentre il 38 per cento reputa il servizio soddisfacente), a emergere è il numero di reclami ricevuti dall'Autorità, che da qualche mese si occupa anche dei diritti degli utenti;
   tra le oltre 300 lamentele, le più frequenti fanno riferimento «a soppressione dei servizi, carenze delle informazioni sulle cause di mancate coincidenze, inadeguatezza di stazioni e convogli alle esigenze di persone con disabilità, difficoltà ad ottenere rimborsi» –:
   se non ritenga urgente intervenire presso Trenitalia perché adotti al più presto efficaci interventi per ovviare all’«emergenza caldo» e ai continui disservizi, per offrire condizioni di viaggio più confortevoli e dignitose e un servizio più puntuale di informazione e assistenza ai passeggeri, al fine di evitare che il viaggio in treno si trasformi per molti pendolari e turisti in un vero calvario;
   se non ritenga necessario, per evitare questi spiacevoli inconvenienti in origine, assumere iniziative per una manutenzione costante degli impianti di condizionamento, nonché per controlli più puntuali sui sistemi di climatizzazione nei treni e di pronto intervento nelle stazioni, per affrontare le emergenze e garantire un'assistenza ai clienti quanto più efficace e tempestiva possibile;
   se non ritenga opportuno che si lavori su investimenti di medio e lungo periodo per migliorare la qualità e l'efficienza dei servizi del trasporto ferroviario. (3-01653)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI BATTISTA, DELL'ORCO e DELLA VALLE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'E.N.A.C. (Ente nazionale per l'aviazione civile) è l'unica autorità di regolazione tecnica, certificazione, vigilanza e controllo nel settore dell'aviazione civile in Italia;
   è un ente pubblico, istituito con decreto legislativo n. 250 del 25 luglio 1997, sottoposto all'indirizzo, vigilanza e controllo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (articoli 1 e 11 del decreto legislativo 250 del 1997);
   l'E.NA.C. si occupa della regolazione dell'aviazione civile, del controllo e vigilanza sull'applicazione delle norme adottate nonché della disciplina degli aspetti amministrativo-economici del sistema del trasporto aereo;
   le competenze dell'ente vanno dal controllo della sicurezza dal punto di vista della progettazione, costruzione, manutenzione ed esercizio degli aeromobili, alla garanzia della qualità dei servizi resi all'utente, fino alla tutela dell'ambiente e del territorio con attente valutazioni volte alla limitazione dell'impatto ambientale dei sedimi aeroportuali e alla riduzione dell'inquinamento acustico e atmosferico prodotto dagli aeromobili;
   quanto a quest'ultimo aspetto gli interroganti sono venuti a conoscenza di alcune problematiche relative allo scalo di Roma-Ciampino, G.B. Pastine;
   i movimenti aerei giornalieri su questo aeroporto sono limitati da una specifica ordinanza di ENAC, la n. 14 del 2007 emessa dalla direzione aeroportuale di Ciampino;
   in particolare, la predetta ordinanza ha disposto, all'articolo 1, che «a decorrere dalla stagione winter 2007/2008 potranno essere allocati sullo scalo di Ciampino un numero massimo di movimenti commerciali in possesso di slot pari a 100 al giorno da assegnarsi nella fascia oraria compresa tra le 06.00 e le 23.30 l.t.»;
   tali disposizioni sono state di recente ribadite con provvedimento del direttore generale, Alessio Quaranta, del 23 giugno 2015, con il quale, in risposta ad un'istanza del vettore Ryanair di aumento del limite giornaliero di movimenti, è stato disposto quanto segue: «i movimenti massimi consentiti sullo scalo di Ciampino rimangano circoscritti al numero di 100 come disposto dall'ordinanza 14/2007 rafforzando, dunque, l'attuale limitazione operativa a evitare di alterare lo scenario acustico posto alla base della zonizzazione approvata in data successiva all'ordinanza in commento»;
   difatti, la zonizzazione acustica dell'aeroporto di Ciampino, approvata con la conferenza di servizi del 1o luglio 2010 (Gazzetta Ufficiale della regione Lazio n. 37 del 7 ottobre 2010) è scaturita da un'impronta acustica derivante da uno scenario di traffico esattamente rispondente all'ordinanza 14 del 2007 succitata;
   conseguentemente, determinando un aumento del numero dei movimenti commerciali rispetto a quelli definiti dall'ordinanza, pari a 100, si giungerebbe, inevitabilmente, a un superamento dei limiti acustici nelle zone circostanti lo scalo di Ciampino;
   l'ENAC è pervenuto a tale conclusione anche dopo aver consultato la regione Lazio, Legambiente Lazio nonché i comuni di Marino e Ciampino – tutti contrari all'aumento dei movimenti giornalieri – e, nello stesso senso, si può segnalare quanto evidenziato dallo stesso Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, con note dell'11 gennaio 2013 e del 21 febbraio 2013, ha sottolineato che «un'eventuale decisione che possa aumentare gli attuali voli giornalieri apparirebbe in contrasto con quanto stabilito dal recente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri datato 21 dicembre 2012, che ha approvato ... il contratto di programma in deroga stipulato tra ENAC e ADR)»;
   il predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha, tra l'altro, previsto la delocalizzazione del traffico aereo dall'aeroporto di Ciampino verso Fiumicino;
   nello specifico, i comuni di Ciampino e di Marino, hanno chiesto un'ulteriore riduzione dei movimenti aeroportuali, proprio al fine di tutelare il diritto alla salute dei cittadini che risiedono nelle immediate vicinanze dello scalo;
   gli interroganti, però, hanno appreso che, a partire dalla chiusura del Terminal 3 di Roma Fiumicino, a causa dell'incendio divampato in data 7 maggio 2015, molto probabilmente il numero dei movimenti su Ciampino, è considerevolmente aumentato rispetto al limite stabilito con la citata ordinanza 14/07;
   il presidente dell'ENAC, Vito Riggio, ha infatti esplicitamente dichiarato, con comunicato del 26 giugno 2015, che circa 266 mila passeggeri sono stati provvisoriamente spostati sullo scalo di Roma Ciampino;
   tali numeri fanno presumere, dunque, un superamento dei limiti dell'ordinanza ENAC di cui in precedenza;
   per quanto risulta agli interroganti, ciò sarebbe avvenuto in assenza di un provvedimento dell'ENAC che abbia determinato nuovi e più elevati limiti o, comunque, che abbia autorizzato una deroga al superamento dei limiti stessi;
   gli interroganti comprendono la necessità di assicurare l'operatività del più grande scalo aeroportuale italiano, nell'ottica di evitare di arrecare disagi ai passeggeri; nello stesso tempo, però, si ritiene che ogni provvedimento debba essere adottato con la massima trasparenza e, in ogni caso, contemperando le esigenze del trasporto aereo con il diritto alla salute dei cittadini e con la tutela dell'ambiente –:
   quale sia stato il numero di movimenti commerciali giornalieri sull'aeroporto di Roma-Ciampino in relazione al periodo gennaio-luglio 2015;
   se corrisponda al vero che vi sia stato un superamento dei limiti giornalieri di movimenti, di cui all'ordinanza 14/2007 citata in premessa, e, in caso di risposta affermativa, in forza di quali disposizioni o provvedimenti sia stato deciso e attuato tale superamento;
   qualora nessun provvedimento sia stato adottato nel caso di specie, se possa ritenersi corretto, dal punto di vista normativo e giuridico, un superamento di fatto dei limiti de quibus e come si intenda procedere al fine di garantire il pieno rispetto delle disposizioni vigenti in materia;
   quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di evitare un'alterazione dello scenario acustico posto alla base della zonizzazione acustica dell'intorno aeroportuale dello scalo di Roma-Ciampino G.B. Pastine e così scongiurare possibili sforamenti dei limiti acustici nelle zone circostanti lo scalo. (4-10058)


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 20 settembre 2012 in occasione di un evento di forte maltempo alcuni massi sono caduti sui binari della linea ferroviaria Roma-Terracina, causando l'interruzione del traffico in tale tratta;
   da allora la stazione ferroviaria di Terracina è stata chiusa e la città è rimasta priva di un servizio essenziale come è il collegamento ferroviario per Roma;
   il mancato ripristino della tratta, infatti, costringe i passeggeri diretti a Roma a un estenuante cambio di mezzo di trasporto per continuare in pullman dalla stazione di Priverno sino a Terracina –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative intenda assumere per l'immediato ripristino della tratta ferroviaria in oggetto. (4-10068)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ARTINI, MUCCI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, PRODANI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è stata disposta la straordinaria e temporanea gestione con riferimento a 8 appalti affidati dalle prefetture a società legate alla cooperativa La Cascina, coinvolta nell'inchiesta su Mafia Capitale. Il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, ha disposto tale provvedimento su 52 appalti affidati dalle pubbliche amministrazioni ad imprese controllate dalla Cascina, tra cui spiccano tre accordi quadro stipulati dalla stessa prefettura di Roma per l'accoglienza dei migranti, di cui due con il raggruppamento temporaneo d'imprese costituito da Tre Fontane e Senis Hospes e, uno con la Casa della Solidarietà;
   il primo accordo tra la prefettura di Roma e l'Rti Tre Fontane/Senis Hospes, è stato registrato il 29 maggio 2015 per il periodo compreso tra il 1o giugno 2015 e il 31 dicembre 2015 e riguarda la messa a disposizione di 11 strutture per alloggiare i migranti, di cui due a Roma, uno a Colleferro, uno a Pisoniano, uno a Tivoli, uno a Guidonia, uno a San Vito, uno a Nettuno, uno a Pomezia, e due ad Anzio;
   il secondo accordo tra prefettura di Roma e l'Rti Tre Fontane/Senis Hospes, è stato registrato il 1o ottobre 2014 per il periodo compreso tra il 1o giugno 2015 e il 31 luglio 2015 e riguarda la messa a disposizione di 3 strutture per alloggiare i migranti, di cui una a Roma, una a Tivoli e una a Pomezia;
   il terzo accordo tra prefettura di Roma e la Casa della Solidarietà, è stato registrato il 1o ottobre 2014 per il periodo compreso tra il 1o luglio 2015 e il 31 agosto 2015 e riguarda la messa a disposizione di 3 strutture per alloggiare i migranti, di cui due a Roma e una a Fiano Romano;
   è stato sottoposto a straordinaria e temporanea gestione anche l'appalto, del 10 marzo 2015, tra la prefettura di Cagliari e il Consorzio Casa della Solidarietà per i servizi di accoglienza e gestione del Cara di Elmas;
   sempre in Sardegna è stato «commissariato» l'appalto affidato dalla prefettura di Sassari alla Cooperativa Tre Fontane, con una scrittura privata del 7 maggio 2015, per la gestione del centro di accoglienza nel comune di Valledoria;
   anche il contratto (del 17 settembre 2014 prorogato il 29 dicembre 2014) stipulato dalla prefettura di Lecco con la Cooperativa Domus Caritatis per la fornitura di servizi di prima accoglienza dei cittadini stranieri è stato compreso nel decreto che dispone la straordinaria e temporanea gestione degli appalti adottato da Gabrielli;
   nella lista dei contratti «commissariati» spiccano anche quelli fatti dalla prefettura di Bari con la Cascina Global Services per la gestione del centro di accoglienza per i richiedenti asilo del Cara (convenzione sottoscritta a ottobre del 2012 e vigente fino al 31 ottobre 2015). Tale atto risulta stipulato ma non registrato. Inoltre, sempre la prefettura di Bari, ha stipulato anche una convenzione (nell'ottobre 2012) con la Cascina Global Service per il servizio di gestione del centro di accoglienza per richiedenti asilo nel Cara di Bari Palese, ma anche tale atto non risulta registrato;
   inoltre, tra gli appalti in questione, ce ne è uno stipulato dal Ministero, dipartimento dei vigili del fuoco della direzione regionale Umbria, il 9 gennaio 2015 con la società Vivenda spa per la fornitura dei servizi di ristorazione –:
   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, se intenda fornire chiarimenti sulle modalità che hanno consentito e reso possibile il fatto che delle prefetture abbiano stipulato contratti con società coinvolte nell'inchiesta Mafia Capitale, anche nel periodo successivo alla pubblicazione delle notizie sulla inchiesta, e come si spieghi che il prefetto di Roma abbia dovuto disporre la straordinaria e temporanea gestione con riferimento ad appalti affidati dalla stessa struttura da lui guidata. (5-06219)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DURANTI, FRATOIANNI, PIRAS, RICCIATTI, SANNICANDRO, DANIELE FARINA, QUARANTA, COSTANTINO e PANNARALE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da notizie stampa, in data 27 luglio 2015, presso lo stabilimento balneare «La Cambusa» di «Torre Chianca», sita a pochi chilometri da Lecce (LE), un ragazzo diciassettenne originario della Nuova Guinea è stato vittima di un furto e, successivamente, di pesanti violenze fisiche che hanno rischiato di provocarne la morte del soggetto;
   le condotte sono state operate da due giovani del luogo, che avrebbero prima sottratto della merce al minorenne e, in seguito alle richieste di restituzione, avrebbero iniziato a malmenarlo violentemente, arrivando sino al punto di tenergli la testa in immersione in acqua per diversi secondi, col rischio di annegarlo;
   i due uomini, Federico Ferri e Mirko Castelluzzo, arrestati per tentato omicidio in seguito alle loro azioni, erano già noti alle forze dell'ordine, in quanto ritenuti vicini alla criminalità organizzata del capoluogo salentino; inoltre, uno dei due che, in particolare, ha avviato il pestaggio in spiaggia del ragazzo, era soggetto ad obbligo di dimora;
   durante l'aggressione nessuno dei bagnanti presenti sulla spiaggia è intervenuto per interrompere il pestaggio e, anzi, all'intervento dei poliziotti nel corso della violenza, molti di loro hanno anche agevolato la fuga dei due aggressori, manifestando apertamente insulti a sfondo razziale;
   quando il diciassettenne è riuscito ad uscire dall'acqua dolorante per i numerosi colpi presi alla testa, al collo, agli zigomi ed alle parti intime, è stato accompagnato in ospedale dove è stato sottoposto alle cure del caso e dimesso con una prognosi di dieci giorni. Successivamente è stato riaccompagnato a casa, dove vive con i propri familiari, tutti lavoratori e con regolare permesso di soggiorno;
   le indagini dei poliziotti hanno anche consentito di identificare e denunciare per offese a sfondo razziale altre tre persone, di cui una anche denunciata per furto, che durante le concitate fasi di intervento delle forze dell'ordine hanno inveito contro il ragazzo, rubandogli cinque paia di occhiali oltre a 40 euro;
   nella notte successiva all'aggressione è stato esploso un ordigno nei pressi del sopra citato stabilimento balneare, e gli inquirenti non escludono che il fatto sia collegato con il pestaggio del minorenne –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa i fatti riferiti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per promuovere campagne di comunicazione finalizzate a evitare inaccettabili comportamenti di violenza e discriminazione a sfondo razziale, come accaduto nel caso di cui in premessa.
(4-10071)


   CANCELLERI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007) ha eliminato, con decorrenza dal 1o gennaio 2008, il vincolo normativo contenuto nell'articolo 47, comma 1, della legge n. 449 del 1997 – recante misure per la stabilizzazione della finanza pubblica – e successive modifiche e integrazioni che imponeva l'erogazione delle risorse finanziarie da parte dello Stato a favore delle province solo al raggiungimento di determinati limiti di giacenza nelle tesorerie di tali enti;
   in applicazione della citata disposizione, la provincia regionale di Caltanissetta vanta un credito nei confronti del Ministero dell'interno pari ad euro 45.194.230,06, a titolo di trasferimenti erariali regolarmente assegnati dal 1993 al 2004 ma non corrisposti in virtù del vincolo di cui al citato articolo 47 legge n. 449 del 1997 relativo ai cosiddetti «crediti perenti»;
   in data 19 febbraio 2015, all'esito della Conferenza Stato-città ed autonomie locali (si veda il documento redatto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in materia), gli aventi diritto hanno siglato un «Accordo sui residui perenti iscritti nel bilancio del Ministero dell'interno per assegnazioni finanziarie dovute a province, comuni e città metropolitane» riconoscendo nuovamente, in quella sede, il diritto della provincia di Caltanissetta di ottenere l'erogazione di euro 45.194.230,06;
   con la sua nota protocollo n. 6/1014 il Ministero dell'interno ha accertato il diritto della provincia al trasferimento dei crediti in seguito all'abrogazione della norma di cui articolo 47, comma 1, della legge n. 449 del 1997. In particolare, nella nota è specificato: «si conferma che attualmente l'importo dei trasferimenti erariali assegnati alla provincia di Caltanissetta e non erogati ammonta a complessivi euro 45.194.230,06»;
   «tale nota conferisce al credito vantato dalle province sopra richiamate i crismi di certezza, esigibilità e liquidità sottesi all'accoglimento della richiesta di emissione del decreto ingiuntivo senza, peraltro, dover ricorrere al giudizio ordinario;
   la data a partire dalla quale la suddetta provincia ha potuto vantare il diritto al trasferimento dell'importo dovuto è il 1o gennaio 2008;
   in tale data è infatti entrata in vigore la legge finanziaria per il 2008 che ha eliminato il vincolo normativo contenuto nell'articolo 47, comma 1, della legge n. 449 del 1997, richiamato in precedenza;
   quindi il Ministero ha riconosciuto il debito; va tenuto conto inoltre che la provincia di Caltanissetta versa in una difficile situazione finanziaria –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per effettuare entro tempi certi e celeri, il pagamento in favore della provincia regionale di Caltanissetta della somma di euro 45.194.230,06, oltre che degli interessi dalla nascita del diritto fino al soddisfo. (4-10073)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 26 luglio 2015, due gruppi di immigrati extracomunitari differenti, il secondo composto da nord africani, sono saliti successivamente a bordo di un bus in servizio sulla linea 6 che congiunge Maslianico a Como;
   non appena trovatisi a bordo del bus, e a contatto, i due gruppi hanno scatenato una violenta rissa, minacciando altresì l'autista ad ogni suo tentativo di fermare la corsa;
   l'autista è tuttavia riuscito comunque ad arrestare il bus a Tavernola, in prossimità di un'autovettura della polizia locale, attraverso la quale è riuscito ad ottenere l'intervento dei carabinieri di Como, che hanno sedato gli scontri e portato tre degli stranieri in caserma per procedere ad accertamenti;
   a dispetto di questo incidente e malgrado la già forte presenza di sedicenti profughi nella provincia comasca, all'indomani, il 27 luglio 2015, giungeva proprio a Tavemola un ulteriore gruppo di migranti irregolari, composto da circa 60 persone, che sono state alloggiate nelle strutture del Salesianum ed affidati alla gestione della cooperativa «Il Focolare» –:
   se il Governo non ritenga che il numero di migranti irregolari aspiranti alla concessione della protezione internazionale assegnati alla provincia di Como sia ormai incompatibile con il mantenimento dell'ordine pubblico locale, alla luce di quanto accaduto il 26 luglio 2015;
   se intenda valutare la sussistenza dei presupposti per assumere misure amministrative nei confronti di coloro che si sono resi protagonisti della rissa scatenata a bordo del bus della linea 6, generalizzata nella premessa. (4-10075)


   SIMONETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso – che:

   nella tarda serata del 27 luglio 2015, intorno alle 22,30, una pattuglia della Guardia di finanza intervenuta nel centro di Biella, in via Italia, per fermare un extracomunitario in evidente stato di ebbrezza, un sudanese di 25 anni risultato titolare di un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria, che era intento a spintonare i passanti;

   l'extracomunitario ha tuttavia opposto una significativa resistenza, salendo sul cofano dell'autovettura della Guardia di finanza in servizio di pattuglia, sfondandone quindi il parabrezza per poi arrampicarsi sul suo tettuccio;

   i finanzieri erano finalmente riusciti ad averne ragione e si accingevano ad immobilizzarlo quando sono stati aggrediti da un secondo uomo, un diciottenne tunisino residente al medesimo domicilio del sudanese, intervenuto a sua volta sulla scena per cercare di liberare l'amico;

   il finanziere capo-pattuglia, a quel punto, per indurre il secondo uomo a desistere e farsi a sua volta immobilizzare, estraeva l'arma di ordinanza;

   interveniva infine sulla scena anche una volante della polizia di Stato –:

   se il Governo non ritenga opportuno verificare la sussistenza dei presupposti per riconsiderare la concessione del permesso di soggiorno a causa di protezione sussidiaria di cui beneficia il 25enne sudanese resosi protagonista dei fatti occorsi nel centro di Biella il 27 luglio 2015, o comunque quali misure amministrative si conti di adottare nei suoi confronti;

   se risulti quale sia la posizione del giovane tunisino intervenuto in suo soccorso e a quali eventuali misure amministrative si ritenga di adottare al riguardo. (4-10076)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   già nel precedente atto di sindacato ispettivo n. 4-09829, presentato il 15 luglio 2015, l'interrogante portava all'attenzione del Governo la gravissima situazione economica in cui versa, assieme ad altri istituti musicali nazionali, l'Istituto «Gaetano Braga» di Teramo;
   l'Istituto «Gaetano Braga» è una delle più antiche ed eccellenti istituzioni musicali in Italia, fondato nel 1895 (dal 1937 Istituto «Cetra-Braga») di altissimo livello professionale e specializzato nella formazione, da qui sono usciti grandi talenti del panorama musicale nazionale;
   l'Istituto «Gaetano Braga» si trova oramai, a causa dei continui tagli alla spesa attuati da enti locali e nazionali, al collasso, senza i bilanci dal 2013 né entrate, tant’è che il personale dell'Istituto vanta un arretrato di ben 14 mensilità;
   l'Istituto ha una situazione debitoria che ammonta a 1.500.000 euro e manca della copertura economica per il 2015;
   occorrono fondi urgenti per la ristrutturazione dell'edificio di piazza Verdi; infatti, l'Istituto, nel periodo delle vacanze pasquali del 2015, è stato improvvisamente dislocato a causa di un presunto problema di sicurezza, trasferendo temporaneamente (senza un termine dato) le proprie attività didattiche in alcune aule dell'università di Teramo, situazione che ha creato problemi per le lezioni e un comprensibile disagio per gli allievi, come ha pubblicamente dichiarato il «Comitato dei genitori» recentemente costituitosi;
   la sentenza del TAR del Lazio n. 733/14 del 21 gennaio 2014, che nominava per l'Istituto «Gaetano Braga» commissario ad acta è passata in giudicato;
   successivamente con provvedimento del 24 febbraio 2015 il commissario ad acta ha proceduto alla statizzazione dell'Istituto musicale pareggiato «Gaetano Braga» di Teramo;
   nello specifico, inoltre, il provvedimento stabilisce che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ai sensi dell'articolo 7 del protocollo d'intesa del 24 marzo 2005, si impegni ad erogare un contributo di 500 mila euro per il 2015 ed un contributo pari a 800 mila euro per la copertura delle spese di funzionamento dal 2016 fino alla definitiva statizzazione, più le spese per la copertura del Fondo di istituto;
   la provincia di Teramo, ai sensi dell'articolo 5 del protocollo d'intesa e ai sensi dell'articolo 10 del decreto del commissario ad acta, e in seguito all'operazione di spending review che la porterà alla chiusura, dovrebbe cedere oneri passivi e attivi alla regione Abruzzo;
   la regione Abruzzo, per i suddetti motivi ed ai sensi dell'articolo 5 del protocollo d'intesa e ai sensi dell'articolo 10 del decreto del commissario ad acta, dovrebbe impegnarsi ad erogare un contributo ordinario pari a 400 mila euro fino alla definitiva statizzazione ed a coprire il debito pregresso, interamente imputabile alla provincia di Teramo di 1.200.000 euro;
   in particolare, l'articolo 10, comma 1 di detto provvedimento, stabilisce che la regione Abruzzo, il comune di Teramo, l'amministrazione provinciale di Teramo e il comune di Giulianova, a norma dell'articolo 2, comma 8, della legge n. 508 del 1999, provvedono – a mezzo di specifica convenzione da sottoscriversi ed entro 90 giorni dalla stipula della stessa, come peraltro già previsto dall'articolo 4 del protocollo d'intesa del 20 aprile 2005 – alla copertura finanziaria della retribuzione del personale docente e non docente che presta servizio presso l'Istituto con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, fino ad esaurimento del ruolo;
   tali analisi e proposte sono state condivise anche dall'assemblea del personale delle rappresentanze sindacali unitarie, tenutasi in data 22 luglio 2015;
   le rappresentanze sindacali unitarie hanno più volte chiesto un incontro al Ministero, senza però ottenere alcuna risposta;
   il Consiglio di Stato, con sentenza 3 aprile 2015, ha rigettato il ricorso proposto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca contro il giudizio di ottemperanza;
   il consiglio accademico dell'Istituto «Gaetano Braga» con delibera del 30 giugno 2015 ha determinato l'organico per l'anno accademico 2015/16;
   la legge del 13 luglio 2015 n. 107, al comma 173 (cosiddetta «buona scuola») recita: «Nelle more dell'adozione dei regolamenti di cui all'articolo 2, comma 7, della legge 21 dicembre 1999, n. 508, l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 19, comma 4, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito in legge 8 novembre 2013, n. 128, (Nelle more di un processo di razionalizzazione degli Istituti superiori di studi non statali ex pareggiati nell'ambito del sistema dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, al fine di rimediare alle gravi difficoltà finanziarie degli stessi, è autorizzata per l'anno finanziario 2014 la spesa di 5 milioni di euro), è incrementata di 2,9 milioni di euro per l'anno 2015 e di 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016»;
   la crisi in cui versano importanti istituti culturali è diffusa in tutta Italia e l'interrogante stesso è cofirmatario della proposta di legge n. 2573 che mira alla soluzione della questione, divenuta esplosiva; l'interrogante sottolinea la disattenzione del Governo verso il potenziale culturale del nostro Paese, che proprio per la sua importante cultura musicale vanta da sempre riconoscimenti mondiali –:
   se non ritenga il Ministro interrogato quanto mai urgente e necessario dover assumere, per quanto di competenza, un ruolo attivo convocando gli enti storicamente finanziatori: provincia e comune di Teramo, Comune di Giulianova e regione Abruzzo, al fine di definire gli specifici impegni economici e scongiurare un destino analogo a quello dell'Istituto ex IMP «Pergolesi» di Ancona, chiuso definitivamente per mancanza di fondi;
   se non ritenga di favorire, con ogni iniziativa di competenza, per la stipula della convenzione tra l'Istituto e i succitati enti che garantisca il pieno funzionamento dell'istituto «Gaetano Braga», anche al fine di chiarire la ratio della mobilità del personale prevista dal decreto del commissario ad acta.
(2-01051) «Melilla».

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CAPONE e MARIANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 20 luglio 2015, nelle campagne salentine tra Nardò e Avetrana, in località Pittuini, mentre era intento al lavoro nei campi, un bracciante agricolo immigrato di nazionalità sudanese, Abdullah Mohammed, 47 anni, giunto in Salento solo da pochi giorni, si è accasciato al suolo, stroncato da un malore, mentre era intento al lavoro nei campi di pomodoro;
   così gli organi di informazione hanno ricostruito la vicenda: «ieri mattina – lunedì 20 luglio, ndr – la colonnina di mercurio nei campi aveva superano i 40 gradi, il caldo era insopportabile. Stando agli elementi raccolti dai carabinieri della stazione di Porto Cesareo sembra che il lavoratore sudanese si sia sentito male intorno alle 14. Sarebbe stato uno dei suoi colleghi a telefonare al 118 viste le sue condizioni. Ma quando l'ambulanza è arrivata sul posto, alle 16.49, lo straniero era già morto. I colleghi lo avevano fatto appoggiare vicino a un albero, per tenerlo al riparo dal sole. Infarto è stato il responso dei sanitari, che hanno ritenuto doveroso allertare i carabinieri». E ancora: «in questi giorni la raccolta è faticosissima, il sole insopportabile. Per questo i ragazzi ieri, proprio nel campo dove è accaduto il peggio, avevano chiesto “rinforzi”. Le chiamano squadre di aiuto. Mohammed ne faceva parte ed aveva iniziato una sorta di secondo turno intorno alle 11»;
   dalle prime indagini è emerso che Abdullah Mohammed, che lascia moglie e due figli, fosse in possesso di regolare permesso di soggiorno valido fino al 2019 ma non di regolare contratto di lavoro, e che la paga giornaliera fosse di circa 6 euro e 50 l'ora;
   successivamente gli inquirenti hanno iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di omicidio colposo la titolare dell'azienda agricola alle cui dipendenze si trovava il lavoratore, il marito della donna, già coinvolto nell'operazione «Sabr» sullo sfruttamento della manodopera nei campi e sul caporalato ed attualmente sotto processo, un sudanese che avrebbe svolto attività di intermediazione tra il lavoratore e l'azienda e si sarebbe occupato del loro trasporto nelle campagne;
   proprio il coinvolgimento nell'operazione «Sabr» di uno degli indagati getta più di una luce inquietante su quanto accaduto rischiando di confermare – come già emerso negli anni scorsi grazie al lavoro degli inquirenti e a numerose inchieste giornalistiche – le campagne in agro di Nardò come un luogo di lavoro durissimo, sottopagato, privo delle più elementari norme di sicurezza e di tutela del lavoro. Come si legge sulla stampa in un'intervista ai volontari che prestano assistenza ai lavoratori immigrati: «È l'assenza dell'acqua (nei cosiddetti ghetti dove i lavoratori stagionali vivono, ndr) il dato più preoccupante perché questi ragazzi, dopo ore estenuanti di lavoro sotto il sole, devono andare in città percorrendo chilometri, a caricare taniche di acqua anche solo per lavarsi le mani e il viso, poi per bere. Noi forniamo assistenza sanitaria e legale, supporto umano, stiamo gestendo i contatti con Emergency, facciamo quello che possiamo ma quello che succede qui è, come ogni anno, intollerabile»;
   in effetti le campagne dove è deceduto il lavoratore sudanese sono state teatro, quattro anni fa, del primo sciopero dei braccianti immigrati stagionali e dell'operazione «Sabr», (dal nome di uno dei caporali) che sfociò, il 23 maggio del 2012, in 22 ordinanze di custodia cautelare in carcere e nel processo in Corte d'Assise di Lecce. Tra gli imputati, accusati di aver trattato come bestie i lavoratori nei campi, costringendoli a turni massacranti, anche 12-13 ore di fila a raccogliere pomodori e angurie), c'era lo stesso imprenditore iscritto nel registro degli indagati martedì 22 luglio 2015 e altri sei imprenditori locali. I reati contestati a vario titolo sono: riduzione in schiavitù, associazione per delinquere, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, estorsione, violenza privata, falsità materiale, favoreggiamento dell'ingresso e della permanenza di lavoratori stranieri in condizioni di clandestinità;
   questo stato di cose è rilevato, puntualmente, nella «indagine conoscitiva su taluni fenomeni del mercato del lavoro nero (lavoro nero, caporalato e sfruttamento della manodopera straniera)» promossa nel 2009-2010 dalla Commissione lavoro della Camera. Indagine dove tra l'altro si evince come il lavoro nero ben lungi dal rappresentare un'eccezione sia un elemento viceversa strutturato di precisi segmenti dell'economia italiana e possa essere adeguatamente contrastato solo a patto di «favorire un corretto incontro tra domanda ed offerta di lavoro straniero partendo dal dato inconfutabile che la richiesta attuale di manodopera viene considerata come non adeguatamente soddisfatta, ponendo con forza la questione relativa alle modalità di reclutamento di tale manodopera e a come regolamentarne la permanente sul territorio». D'altra parte si deve proprio a questa indagine l'introduzione nel codice penale con il decreto-legge del 13 agosto 2011, n. 138, del reato di «Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro», articolo 603-bis che prevede per i soggetti ritenuti colpevoli – a meno che i fatti accertati non costituiscano fattispecie più gravi di reati – la reclusione da cinque a otto anni e multe pecuniarie da mille a duemila euro per ciascuno dei lavoratori reclutati;
   tale grave stato di cose è assunto anche alla base del «Protocollo sulla raccolta dei prodotti stagionali nell'area nord ovest della provincia di Lecce sottoscritto da Confagricoltura, Coldiretti, Cia e Flai Cgil, Fai Cisl, Uila Uil, teso ad introdurre meccanismi di incontro tra domanda e offerta di lavoro, come tra l'altro previsto dalla determina regionale che ha introdotto le liste di prenotazione» e del «Protocollo d'intesa per la costituzione di rapporti di collaborazione interistituzionale contro l'illegalità e il lavoro sommerso» siglato a Bari il 5 agosto 2013 tra regione Puglia, prefetture di Bari, Foggia, BAT, Brindisi, Taranto, Lecce, direzione regionale Inps, direzione regionale Inail, Ministero dell'interno con l'Istituzione di un Tavolo istituzionale interforze permanente presso la prefettura di Bari «per la programmazione di mirate e sinergiche attività di controllo nei diversi settori produttivi, finalizzate a debellare i fenomeni delle assunzioni fittizie e del lavoro nero»;
   purtuttavia anche in questa estate 2015, come si evince da numerosi articoli apparsi su organi di stampa nazionale e territoriale, le campagne tra Nardò ed Avetrana sono tornate ad essere luogo di lavoro migrante sfruttato e sottopagato caratterizzato da fenomeni di intermediazioni riconducibili al caporalato, condotto in condizioni palesemente inumane (addirittura senza la previsione di zone d'ombra-nei campi di raccolta) come per tempo è stato denunciato dall'organizzazione umanitaria indipendente «Medici per i diritti umani» che nei primi giorni di luglio ha fatto tappa anche a Nardò denunciando peraltro come «Il Piano regionale per contrastare il caporalato e sostenere le imprese e “Capo free ghetto off” sia rimasto in gran parte un Libro dei desideri», e con condizioni di permanenza dei lavoratori immigrati stagionali al limite dell'umano, mentre il presidio medico di Emergency – che, lo si leva en passant, è una realtà attiva quasi esclusivamente nei luoghi di conflitto estremo – quest'anno non ha ancora potuto insediarsi per tempo a Nardò a causa di problemi burocratici –:
   se i Ministeri interrogati attraverso le opportune verifiche siano in possesso di dati aggiornati sullo stato dell'arte dei protocolli su menzionati e di eventuali altre intese siglate con l'obiettivo di contrastare lavoro nero, sfruttamento del lavoro, intermediazione e caporalato;
   se i Ministri interrogati non ritengano di istituire, per tempo e in modo permanente, un tavolo con tutti i soggetti istituzionali sociali coinvolti perché episodi come quello del lavoratore sudanese non debbano più accadere e, in ogni caso al fine di impedire l'intermediazione di manodopera immigrata nelle condizioni in cui e solita accadere;
   se anche in accordo con gli enti territoriali i Ministri interrogati non ritengano di promuovere opportune modalità di trasferimento degli immigrati nei campi di lavoro, anche con ticket a pagamento da parte degli stessi immigrati se gli oneri non sono sostenuti dagli enti pubblici, perché il circolo vizioso della relazione, con i caporali sia drasticamente interrotto;
   se anche in accordo con gli enti territoriali, questi Ministri non ritengano di dover sostenere e favorire cornici istituzionali tali da garantire modalità di accoglienza e permanenza che impediscano la costituzione dei ghetti nelle campagne dove anche la ristorazione, a quanto emerge dalle ricostruzioni giornalistiche, sarebbe appannaggio degli stessi caporali;
   se i Ministri non ritengano di favorire e sostenere, anche in accordo con le imprese e le istituzioni territoriali, la creazione di un marchio per i prodotti agricoli provenienti da questa come da altre aree caratterizzate da simili fenomeni distorsivi del mercato del lavoro e lesivi della dignità umana e dei più elementari diritti, tale da poter aiutare il consumatore a riconoscere nei prodotti immessi sul mercato quelli garantiti da condizioni di lavoro regolare e tutelato;
   quali altre iniziative siano comunque in essere o siano in fase di attivazione. (5-06222)


   GREGORI, SANNICANDRO, DANIELE FARINA, RICCIATTI, QUARANTA, PIRAS, MELILLA, PALAZZOTTO, GIANCARLO GIORDANO, COSTANTINO, MARCON, PANNARALE, AIRAUDO, ZACCAGNINI, PELLEGRINO, FRANCO BORDO, NICCHI, KRONBICHLER, PAGLIA, ZARATTI, FRATOIANNI, SCOTTO, FASSINA e CIVATI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la regione Campania, con delibera n. 117 del 24 aprile 2014 della giunta regionale ha approvato il bando per il piano di attuazione regionale «Garanzia Giovani»;
   la regione Campania ha stipulato un protocollo d'intesa per l'utilizzo di tirocinanti presso gli uffici dei distretti delle corti d'appello di Napoli e Salerno utilizzando le risorse stanziate per il piano regionale «Garanzia Giovani in Campania»;
   la «Garanzia Giovani» è uno strumento giuridico in materia di politiche attive per il lavoro disciplinato sia a livello comunitario, sia a livello nazionale, attraverso un piano di azione nazionale, preceduto da disposizioni legislative inserite nel decreto-legge 76 del 2013;
   le regioni, dunque, pur libere di attuare i propri piani regionali, sono vincolate al rispetto di rigorose condizioni stabilite dal diritto dell'Unione europea, in armonia con l'applicazione del piano «Garanzia Giovani» negli altri Paesi membri e il conseguente utilizzo di risorse pubbliche;
   in questo senso, il protocollo stipulato tra la regione Campania e gli uffici dei distretti delle corti di appello di Napoli e Salerno appare all'interrogante carente e non conforme a quanto disposto da fonti di rango superiore e con il generale indirizzo politico-amministrativo del governo sul progetto «Garanzia Giovani»;
   sotto il profilo del tetto di età anagrafica stabilito dal piano nazionale per l'accesso al programma «Garanzia Giovani» – il limite stabilito è di 29 anni – il protocollo d'intesa stabilisce lo stanziamento di risorse del programma «Garanzia Giovani» anche per soggetti di età superiore, contravvenendo dunque a quanto stabilito dall'Unione europea e dal Governo;
   inoltre, in risposta ai quesiti sollevati da alcune regioni, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali aveva già chiarito il divieto di attivare stage o tirocini presso enti pubblici, stanti il prevalente obiettivo e compito del progetto «Garanzia Giovani» di favorire l'inserimento lavorativo dei giovani e le modalità di accesso alle carriere pubbliche per concorso;
   tale disposizione ministeriale aveva altresì un carattere prescrittivo e non negoziabile; dunque tutte le regioni sono state richiamate al rispetto di tale indicazione, anche al fine di non pregiudicare i legittimi diritti del bacino di utenza del programma «Garanzia Giovani» e distrarre fondi destinati alla ricerca di un posto di lavoro per quanti hanno fatto domanda di accesso al programma;
   secondo i dati del Ministero della giustizia, il profilo anagrafico e lavorativo dei tirocinanti e del personale precario dei tribunali, anche campani, non coincide affatto con la platea di utenza progetto. In questo modo, le autorità regionali rischiano di suscitare un contrasto tra due categorie ugualmente disagiate e ugualmente aventi diritto ad interventi di stabilizzazione, delineando profili di legittimità sia per l'una, sia per l'altra categoria;
   se l'obiettivo è quello, assolutamente necessario, di stabilizzare il personale precario dei tribunali italiani, allora sembra opportuno individuare risorse specifiche, laddove tralaltro, sono stati già numerose le richieste di intervento dell'interrogante, avvenute attraverso la presentazione di emendamenti ed ordini del giorno;
   il problema dell'omogeneità nell'applicazione del programma «Garanzia Giovani» è il principale elemento, di criticità riscontrato dai dati sul monitoraggio, la stipula del suddetto protocollo rischia, dunque, di suscitare un precedente pericoloso e dannoso –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda promuovere un confronto con le regioni, volto a chiarire le condizioni di accesso al piano «Garanzia Giovani» e per il conseguente utilizzo delle sue risorse, anche alla luce dei vincoli posti dal diritto dell'Unione europea e dagli atti comunitari adottati in materia;
   quali iniziative urgenti di competenza si intendano assumere per procedere ad una stabilizzazione del personale precario presente negli uffici giudiziari e nei tribunali. (5-06224)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FORMISANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il terremoto del 6 aprile 2009 avvenuto in provincia dell'Aquila ha causato 309 vittime ed oltre 1.600 feriti, alcuni dei quali rimasti inabili, mentre altri, in gran parte giovani, sono rimasti orfani e spesso senza casa e lavoro;
   il Governo è già stato chiamato, nel recente passato, a verificare la possibilità di prevedere una forma di riconoscimento in favore di tali categorie di cittadini delle zone colpite dal terremoto;
   tale verifica è stata espletata tenendo presente gli obiettivi di finanza pubblica ed il rispetto dei vincoli finanziari europei;
   invero, con atto ufficiale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell'8 gennaio 2010 il Governo pro tempore poca aveva comunicato che già in passato erano state emanate disposizioni normative volte a riconoscere la qualifica di infortunati del lavoro a cittadini rimasti invalidi, deceduti o dispersi in conseguenza di una calamità naturale, per cui nulla ostava alla emanazione di un provvedimento indirizzato agli orfani ed invalidi del sisma;
   la problematica di cui innanzi è più attuale che mai, non essendo venute meno le criticità che decine e decine di orfani del sisma del 6 aprile 2009 continuano ad affrontare nella loro quotidianità –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno approntare un'iniziativa normativa volta a provvedere alle seguenti necessità:
    a) riconoscimento di un indennizzo e/o sussidio per le persone rimaste orfane e/o invalide in conseguenza del sisma del 6 aprile 2009;
    b) riconoscimento ai cittadini rimasti invalidi o deceduti in conseguenza del sisma del 6 aprile 2009 della qualifica di infortunato del lavoro e, conseguentemente, dei benefici che da tale qualifica discendono, prevedendo un'indennità anche in favore degli eredi delle persone decedute o disperse in conseguenza dell'evento sismico;
    c) estensione della reversibilità oltre il compimento del ventiseiesimo anno, in favore dei figli rimasti orfani indipendentemente dalla qualifica di studente o dal riconoscimento di inabilità al lavoro.
(4-10062)


   ANTIMO CESARO e PALLADINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   gli accordi sottoscritti in sede di Conferenza Stato-regioni il 21 dicembre 2011, in materia di formazione per la salute e sicurezza sul lavoro, che interessano potenzialmente circa 22 milioni di soggetti ed oltre 5 milioni di imprese, riguardano nello specifico, anche l'accordo per la formazione dei lavoratori e l'accordo per lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi, previsti rispettivamente dall'articolo 37, comma 2, e dall'articolo 34, commi 2 e 3, del decreto legislativo n.81 del 2008 e successive modificazioni;
   l'accordo Stato-regioni descrive cosa si intende per e-learning, in particolare, l'Allegato I precisa le condizioni in base alle quali si può ricorrere alle modalità e-learning. Tra queste merita segnalare: la garanzia di un esperto (tutor o docente), con esperienza almeno triennale, a disposizione per la gestione dell'intero percorso formativo; la previsione di prove di autovalutazione «in itinere», dovendo in ogni caso la verifica finale di apprendimento essere effettuata «in presenza»; la tracciabilità dei tempi di fruizione (ore di collegamento), con la possibilità di ripetere parti del percorso formativo secondo obiettivi didattici prefissati. Le ore dedicate alla formazione (anche presso il domicilio del partecipante) vanno peraltro considerate come orario di lavoro effettivo;
   le linee guida applicative degli accordi, pubblicate in Gazzetta Ufficiale n. 192 del 18 agosto 2012, prevedono che la verifica finale «in presenza», può essere effettuata anche in «videoconferenza», in quanto realizza una situazione di contesto tale da renderla equivalente alla presenza fisica. Infatti, la videoconferenza consente la interattività contestuale ed immediata di tutti i partecipanti: tra docente e discenti e tra discenti tra loro, contesto non realizzabile con la semplice modalità e-learning;
   la formazione specifica, a parere degli interroganti, avendo finalità e modalità diverse dall'addestramento, previsto in altro ambito della norma, può essere erogata mediante videoconferenza –:
   quale sia l'orientamento del Ministro in merito e se ritenga opportuno consentire al mondo produttivo di operare in un quadro di certezza attraverso la possibilità di formazione specifica, da impartire, in videoconferenza, specificandone i principi essenziali con l'emanazione di ulteriori linee guida dirette alla formazione specifica dei lavoratori sulla salute e sicurezza sul lavoro. (4-10064)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TARICCO, CAPOZZOLO, TERROSI e ANTEZZA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Popillia japonica è un coleottero parassita, lungo circa 12 millimetri, con torace verde dorato che mangia le radici delle piante; può attaccare 295 specie vegetali, coltivate o spontanee, di cui almeno cento di forte interesse economico, come il mais, la vite, il pomodoro, alberi da frutto come vite, nocciolo, meli, piccoli frutti e ancora tiglio, acero, faggio, betulla, ontano, soia, erba medica, fagioli, asparagi, zucchine, rose, dalie;
   le sue larve bianche mangiano sottoterra le radici delle piante e, quando sono numerose, possono fare sparire un intero prato, tanto che nella normativa fitosanitaria quest'insetto è inserito fra gli organismi di quarantena, di cui deve essere vietata l'introduzione e la diffusione nel territorio dell'Unione europea;
   la Popillia japonica è originaria del Giappone ed è stata scoperta a Turbigo, nel parco del Ticino, non lontano da Malpensa, nel luglio del 2014; era già presente in Europa, ma soltanto nelle isole Azzorre;
   secondo la Banca dati mondiale delle specie invasive sono oltre 200 quelle presenti nel nostro Paese e i commerci spregiudicati o incoscienti, il turismo o più semplicemente incauti spostamenti di persone e materiali possono essere causa di calamità;
   è risaputo che negli Stati Uniti, dove è presente dal 1916, il coleottero giapponese rappresenta la specie di insetto infestante più diffusa e, secondo il dipartimento di agricoltura degli Usa, gli interventi di controllo arrivano a costare più di 460 milioni di dollari all'anno; pertanto, nella graduatoria delle specie infestanti più nocive, la Popillia japonica è sul terzo gradino del podio;
   va considerato che durante quest'inverno non c’è stato un vero gelo, così gli insetti che normalmente non passano la stagione vivi, come i pidocchi delle piante, le farfalle dei gerani, le zanzare, sono sopravvissuti e anche quelli che dovrebbero subire una forte riduzione, non sono affatto indeboliti;
   per debellare l'attacco di questo parassita, sono state usate trappole attrattive, per catturare migliaia di esemplari e distruggerli, ma anche insetticidi, chiaramente nei limiti consentiti per i trattamenti chimici;
   fondamentale è trovare un antagonista naturale, così come si è fatto con l'insetto parassitoide Torymus contro il cinipide galligeno del castagno, per ricostruire un equilibrio ecologico; ma i tempi per questo risultato sono a tre, cinque o dieci anni;
   i coltivatori sono chiaramente molto preoccupati dalla globalizzazione dei parassiti, in quanto ci si trova a fare i conti con specie originarie dell'Asia o delle Americhe, per le quali l'ambiente italiano non è preparato e non ha predatori naturali;
   così come il dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari dell'università di Torino sta sperimentando un sistema radar contro la vespa velutina, la cosiddetta vespa «killer» delle api, allo stesso modo è necessario che la ricerca e la sperimentazione di nuove tecniche di monitoraggio e di prevenzione ad ampio raggio, tutelino campi e coltivazioni da queste nuove specie aggressive di parassiti (come la Diabrotica del mais, il tarlo asiatico, la Xylella) in tempi utili a preservare raccolti e frutti;
   le organizzazioni di categoria di alcune province del nord Italia hanno lanciato l'allarme sulla presenza della Popillia japonica, in aree peraltro dove l'agricoltura è già pesantemente penalizzata dalla presenza con danni ingenti di animali selvatici e quindi molto sensibile e preoccupata da ogni nuova potenziale difficoltà che possa pregiudicare le prospettive delle produzioni e del territorio –:
   se il Governo sia in possesso di informazioni circa il problema e la sua pericolosità e i rischi potenziali per i territori;
   se e quali iniziative il Ministro intenda mettere in atto per affrontare i rischi ed i potenziali danni a colture e territori da questo nuovo aggressivo parassita. (5-06209)


   VENITTELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 5 comma 3-bis del decreto-legge n. 151 del 2015 incrementa la dotazione finanziaria (250.000 euro per l'anno 2015 e 2 milioni di euro per il 2016) del fondo di solidarietà nazionale della pesca e dell'acquacoltura di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 154 del 2004, così come modificato dal decreto legislativo 100 del 2005;
   l'accesso alle risorse di tale fondo di solidarietà — in base al comma 4 dell'articolo 14 del decreto legislativo 154 del 2004 — può essere richiesto da una o più regioni o dalle associazioni di categoria; successivamente il Ministro dispone una verifica da parte di un istituto scientifico (CNR o ICRAM) e infine, con proprio decreto, dichiara lo stato di calamità o di avversità meteomarine. Solo al termine di questo iter le imprese di pesca o acquacoltura coinvolte in eventi calamitosi e che hanno subito danni economicamente quantificabili possono inviare le istanze per accedere agli interventi del fondo di solidarietà;
   il decreto-legge 51 del 2015 prevede che le imprese del settore, che operano in territori colpiti da avversità atmosferiche nel periodo tra il 1o gennaio 2012 e la data di entrata in vigore del decreto medesimo, possano presentare domanda per accedere agli interventi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (4 luglio 2015) e quindi entro i primi giorni di settembre 2015;
   i tempi per completare l'iter previsto dal comma 4 dell'articolo 4 del decreto legislativo 154 del 2004 sopra descritto rischiano di erodere buona parte dei 60 giorni a disposizione delle imprese colpite da calamità per inoltrare le domande di accesso agli interventi del fondo di solidarietà, con il risultato di rendere inapplicabile la norma e di lasciare le imprese danneggiate prive della possibilità di ottenere un risarcimento almeno parziale dei danni subiti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di assumere iniziative volte ad accelerare i tempi di emanazione del decreto per la dichiarazione dello stato di calamità o di avversità meteomarine ovvero a prorogare il termine per la presentazione, da parte delle imprese di pesca o acquacoltura coinvolte in eventi calamitosi, delle domande per accedere agli interventi del fondo di solidarietà di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 154 del 2004 così come modificato dal decreto legislativo 100 del 2005. (5-06214)


   CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il batterio della cosiddetta Xylella fastidiosa è stato rilevato nella provincia di Lecce nell'ottobre del 2013 ed ha colpito gli ulivi del Salento costringendo le istituzioni locali ed il Ministero competente ad intraprendere drastiche misure di contenimento della diffusione del batterio;
   nel mese di luglio del 2014 è stata pubblicata la decisione di esecuzione 2014/497/UE della Commissione, che ha disposto lo svolgimento di ispezioni per rilevare l'organismo nocivo ed ha stabilito una serie di disposizioni e misure per quanto riguarda le zone delimitate;
   a seguire della decisione dell'Unione europea, sono state emanate numerose disposizioni destinate a contrastare, più o meno efficacemente, il diffondersi del batterio nel Salento, nel territorio della regione Puglia ed in quello nazionale;
   da ultimo, è stata pubblicata la decisione di esecuzione 2015/789 della Commissione del 18 maggio 2015 relativa alle «Misure per impedire l'introduzione nell'Unione della Xylella fastidiosa»;
   all'articolo 9 di detta decisione, la cui rubrica recita testualmente «Spostamento delle piante specificate all'interno dell'Unione», il comma 1 stabilisce che è vietato lo spostamento all'interno dell'Unione, all'interno o all'esterno delle zone delimitate, di piante specificate che sono state coltivate per almeno una parte del loro ciclo di vita in una zona delimitata stabilita ai sensi dell'articolo 4 (della stessa decisione);
   il comma successivo indica tutte le deroghe al primo comma dell'articolo 9 della decisione 789;
   quello che è accaduto nella realtà, invece, è che Paesi come la Francia hanno bloccato l'importazione di piante di ulivo salvo poi sbloccarla dopo aver ricevuto idonea documentazione da parte degli uffici regionali competenti circa la salubrità delle piante;
   accade che quasi tutti gli Stati del Nordafrica hanno imposto divieti di importazione per i vegetali sensibili al batterio della Xylella fastidiosa;
   questi divieti, al danno si è aggiunta la beffa, sono applicati a tutti gli operatori economici dell'intero territorio nazionale. I vivai siciliani, veneti, sardi o friulani non possono vendere le loro piante a causa di decisioni unilaterali da parte di Stati come la Francia, la Giordania, il Marocco, l'Algeria;
   nell'immediatezza dell'accaduto il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali si è limitato a scrivere una nota a firma del Capo dipartimento delle politiche europee ed internazionali e dello sviluppo rurale alle istituzioni europee;
   a causa di un fenomeno circoscritto alla sola provincia di Lecce, che riguarda una specifica serie di alberi e piante e che, ancora oggi, non ha uniformità di pareri scientifici da parte del mondo accademico e della ricerca universitaria, un intero settore economico nazionale (il florovivaismo) rischia di pagare conseguenze gravissime;
   una Nazione seria avrebbe reagito conseguentemente nei riguardi di Paesi di pari civiltà scientifica e istituzionale come la Francia e nei riguardi di Paesi vicini e con i quali s'intrattengono buoni rapporti diplomatici ed economici come quelli del Mediterraneo;
   non si può consentire che gli operatori economici italiani subiscano una tale ingiustizia a tutto beneficio di altre economie che hanno minori controlli di natura fito-sanitaria;
   a giudizio dell'interrogante si sarebbe dovuto fare di più e meglio nei riguardi delle istituzioni europee e della diplomazia degli altri Paesi extra-europei piuttosto che una semplice lettera di un Capo dipartimento del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali –:
   a che punto sia l'attuazione delle misure richieste dall'Unione europea con la decisione 789/2015 per il contenimento e l'eradicamento di tutte le piante di ulivo infestate dal batterio della Xylella e quali iniziative abbia adottato il Ministro interrogato per sollecitare una maggiore efficacia nella lotta alla Xylella anche a livello territoriale;
   quali altre iniziative intendano assumere i Ministri interrogati per risolvere le problematiche esposte in premesse. (5-06218)


   CENNI, OLIVERIO, CARRA, COVA, TERROSI, TENTORI e ZANIN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 29 novembre 2011 è stato bandito un concorso per il reclutamento di 400 allievi vice ispettori del Corpo forestale dello Stato la cui graduatoria è stata approvata con decreto del capo del Corpo forestale il 24 luglio 2014 e rettificata in data 21 ottobre dello stesso anno;
   l’iter concorsuale è stato complesso e si è protratto per tre anni circa e dalla graduatoria finale di merito sono risultati 1.046 candidati idonei di cui 828 esterni e 218 interni;
   il 20 novembre 2014 è partito il corso di formazione ed addestramento della durata di 15 mesi per cui, a seguito dell'incorporazione dei 481 candidati vincitori, di rinunce e dimissioni, l'attuale graduatoria conterebbe ancora 520 candidati idonei non vincitori;
   di fatto il Corpo forestale dello Stato è destinato a confluire in altro, Corpo di polizia;
   comunque le competenze e le attività svolte dal Corpo forestale dello Stato in materia di salvaguardia e difesa del territorio e del patrimonio rurale e boschivo, in materia di antincendio e di contrasto alla contraffazione agroalimentare, dovranno essere garantite;
   non è chiarito come, in questo contesto, potrebbero essere utilizzate le graduatorie del concorso richiamato in premessa;
   si stima che oggi il Corpo forestale dello Stato abbia 8.000 unità di personale a fronte delle 9.360 unità previste, e 1.477 unità di ispettori a fronte delle 1.590 previste;
   le competenze in capo agli idonei potrebbero utilmente essere utilizzate tramite scorrimento della graduatoria, anche nell'ambito delle assunzioni ipotizzate per il prossimo Giubileo;
   i giovani idonei del concorso hanno dato vita ad un comitato ufficiale denominato «Comitato 400 VIsp CFS», registrato regolarmente in data 10 novembre 2014 presso l'Agenzia delle entrate, che sta seguendo l’iter del concorso e della graduatoria auspicando l'assunzione di tutti gli idonei –:
   quali siano gli orientamenti e le intenzioni del Governo in merito alla graduatoria in essere, al suo scorrimento e all'utilizzo degli idonei, sia nell'ambito della riorganizzazione delle funzioni oggi esercitate dal Corpo forestale dello Stato, che in altre mansioni di polizia o di vigilanza che si renderanno necessarie. (5-06221)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   NICCHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, come modificato dal decreto legislativo n. 229 del 1999, ha provveduto a definire le prestazioni socio-sanitarie;
   il successivo articolo 3-octies, riguardante l'Area delle professioni sociosanitarie prevedeva l'emanazione di ben 5 decreti ministeriali volti: 1) a disciplinare l'istituzione all'interno del servizio sanitario nazionale, dell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria; 2) a integrare le tabelle dei servizi e delle specializzazioni equipollenti previste per l'accesso alla dirigenza sanitaria, in relazione all'istituzione dell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria; 3) a individuare i profili professionali dell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria; 4) a individuare le figure professionali di livello non dirigenziale operanti nell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria, da formare con corsi di diploma universitario; 5) a individuare le figure professionali operanti nell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria, da formare in corsi a cura delle regioni;
   purtroppo a distanza di anni, nessuno dei suddetti decreti ministeriali è stato ancora emanato, e l'area delle professioni sociosanitarie non è stata ancora istituita. Un'area che, se attivata, darebbe uno sbocco più adeguato a tutti quei profili professionali che non possono essere riconosciuti all'interno dell'attuale sistema professionale sanitario ma che nella riconosciuta visione nuova di tutela della salute, possono essere ritenuti utili ed efficaci per il piano terapeutico;
   la Conferenza Stato-regioni, nella seduta del 22 febbraio 2001 ha sancito l'accordo tra il Ministro della sanità, il Ministro della solidarietà sociale, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per l'individuazione della figura e del profilo professionale dell'operatore socio-sanitario (OSS) e per la definizione dell'ordinamento didattico dei relativi corsi di formazione;
   successivamente, in base alla disciplina dell'articolo 1, comma 8, del decreto-legge n. 402 del 2001, la Conferenza Stato-regioni, ha sancito l'accordo per la disciplina della formazione complementare in assistenza sanitaria della figura professionale dell'operatore sociosanitario;
   nel patto per la salute 2014/2016, l'integrazione sociosanitaria costituisce uno degli assi portanti ed infatti, all'articolo 6 del medesimo patto, è stata riaffermata con forte convinzione la scelta strategica dell'integrazione sociosanitaria indispensabile per costruire un vero sistema avanzato di tutela della salute;
   rimane la constatazione che riguardo alla figura professionale dell'operatore socio-sanitario (OSS), la formazione, la regolamentazione, la collocazione, nonché il suo utilizzo, negli ultimi anni, sono stati oggetto di un impoverimento professionale, in controtendenza rispetto al contenuto e alle capacità professionali di questo profilo, alla quale sono stati sottratti i mezzi necessari per esprimere il proprio potenziale, portandolo ad essere uno spettatore anonimo e non una figura realmente integrata nella salvaguardia della dignità e della salute, in favore della collettività;
   gli oltre 200 mila operatori socio sanitari sono inquadrati ingiustamente nel ruolo tecnico, con un crescente aumento della disoccupazione, in un regime di sfruttamento, ricatti e abuso di esercizio, a causa del loro impiego improprio nel sopperire anche alle carenze infermieristiche;
   mancano strumenti e mezzi che diano indicazioni, su una formazione e fabbisogno reali;
   è indispensabile rideterminare la formazione che non deve essere più a libero mercato, ma attuata attraverso istituti sanitari regionali, sotto la diretta sorveglianza del servizio sanitario nazionale; attualmente infatti si tende alla formazione non orientata a una qualità professionale, ma a un commercio speculativo dove gli enti non sono in grado di offrire al corsista competenze tecniche e capacità intellettive, con una ripercussione inevitabile sulla qualità e sulla tutela della salute del cittadino;
   vanno rivisti tutti gli attuali corsi per la formazione degli operatori socio-sanitari, che avvengono nella totale assenza d'intervento delle regioni. Un'assenza che lascia spazio alle numerose irregolarità fino ad oggi ampiamente riscontrate e segnalate da molti corsisti e cittadini, e che favorisce speculazioni da parte di enti formativi che mirano esclusivamente a facili guadagni a spese di cittadini che attraverso i corsi sperano di trovare lavoro. Tale politica non favorisce sicuramente alcun miglioramento dell'assistenza sanitaria. Peraltro non si comprende più chi debba effettuare la formazione e chi è autorizzato ad effettuarla; mancano regole trasparenti e coerenti;
   molti di questi corsisti effettuano formazione nelle proprie regioni per poi sottoporsi a esami in altre regioni. In poche parole gli enti propongono ai corsisti viaggi turistici in pullman se non addirittura con i propri mezzi per partecipare a tali esami. La permanenza varia da un mese a venti giorni o addirittura a una settimana o a un solo giorno, al fine di effettuare l'esame finale e se non basta – per chi non può muoversi dalla propria dimora – anche attraverso la formazione a distanza. Una full immersion che può variare da ente a ente da 5 a 550 ore considerando la parte teorica più l'esercitazione per completare il percorso iniziato;
   agli enti formativi spesso non interessa la qualità della formazione, lo stage effettuato correttamente, o che le presenze siano o meno firmate: in questi casi, i corsi di operatore socio-sanitario sono organizzati e promossi a scopo speculativo e di lucro. Anzi, molti di questi attestati pagati lautamente non sono corrispondenti a quanto richiesto dalle disposizioni regionali. Costituiscono esclusivamente delle «fabbriche di produzione» di corsi per operatori socio-sanitari;
   le differenti modalità di formazione regionali non uniformi a livello nazionale (corsi da 1.000 a 1.400 ore o addirittura da 100 a 240 o 300 ore) si sono presto rivelate critiche. Attestati falsi o non spendibili ottenuti con la complicità di un sistema che non vuole vedere e non vuole sentire, e di una politica sempre più legata a interessi –:
   se ritenga non più procrastinabile assumere iniziative per l'istituzione delle professioni sociosanitarie, già prevista dall'articolo 3-octies del decreto legislativo n. 502 del 1992, quale premessa indispensabile per un nuovo ambito professionale nel quale gli operatori sociosanitari rappresentano sinora l'unico profilo professionale;
   se non intenda assumere iniziative normative al fine di introdurre istituti tecnici sanitari ad indirizzo socio-sanitario con una durata biennale, per la formazione dell'operatore socio-sanitario (OSS) con sviluppi di programmi, di insegnamento e di ricerca nell'ambito riabilitativo, tecnico-sanitario e tecnico della prevenzione uniformi su tutto il territorio nazionale;
   se non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per rivedere quanto prima tutta l'attuale formazione nel settore sanitario, che ha creato e crea lacune enormi con speculazioni da parte di molti enti formativi, e la costituzione di «fabbriche» di attestati per operatore socio sanitario spesso anche falsi, partendo dal reale fabbisogno con docenti competenti. (4-10070)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LOREFICE, MANTERO, SILVIA GIORDANO, DI VITA, GRILLO e BARONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Promuovitalia è un'azienda creata nel 2005 dall'allora Governo Berlusconi per fornire assistenza tecnica alle pubbliche amministrazioni che volevano occuparsi di turismo. Dal luglio del 2014 è in liquidazione e versa in difficoltà economiche al punto tale da non riuscire a corrispondere ai propri dipendenti lo stipendio dovuto né tanto meno a pagare le bollette della luce che vengono regolarmente recapitate;
   la cosa che risulta strana è che questa azienda dal 2005 al 2012 stipulava per 81 milioni di euro ed era arrivata ad impiegare 380 persone. A fine 2013 disponeva di 9 milioni di euro di finanziamenti e commesse superiori ai 25 milioni di euro e a distanza di un anno si è ritrovata con un buco di 17 milioni di euro, dipendenti senza stipendio e dirigenti indagati;
   quello che è successo dal 2013 in poi, e che ha portato a questa situazione, lo sta indagando la magistratura per ristabilire un quadro chiaro di tutta la vicenda;
   anche il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini ha avviato una commissione d'inchiesta interna al suo dicastero, con la speranza di comprendere cosa abbia determinato un tale default;
   la società Promuovitalia spa, con socio unico l'Enit, l'Agenzia nazionale del turismo, sotto il controllo del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo a cui di fatto appartiene, negli ultimi tre anni è infatti andata incontro a una serie di trasformazioni: sono stati presi tanti appalti europei di formazione dedicata agli inoccupati nel settore del turismo e anche le professionalità più spiccate sarebbero state mortificate da una gestione aziendale che il delegato del Ministro dell'epoca, Nicola Favia, nel novembre del 2013, non aveva esitato a definire disastrosa. Subito dopo la denuncia lo stesso è stato allontanato dal consiglio di amministrazione, ha subito una querela poi archiviata e opposta, e una serie di minacce;
   prima di Favia altri dirigenti sono stati licenziati dopo aver denunciato il progressivo degrado della società, come l'ex direttore Francesco Montera e i suoi vice Stefano Orsini e Olindo Ceccarelli;
   il Ministero dello sviluppo economico si è occupato della vicenda perché pare che il problema sia innanzitutto di tipo occupazionale. Il 24 aprile 2015 il Ministro dello sviluppo economico ha annunciato il raggiungimento di un'intesa (della quale non si conoscono i dettagli) che prevederebbe il ricollocamento dei lavoratori di Promuovitalia in Enit (Agenzia nazionale del turismo), Invitalia (Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa) e Italia Lavoro che promuove, per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, attività tese a potenziare l'occupazione e l'inclusione sociale;
   un altro problema generato dalla «vertenza Promuovitalia» è quello che riguarda il mancato pagamento delle borse di studio promesse ai circa mille partecipanti al progetto «Lavoro e Sviluppo»;
   Promuovitalia ha tentato di difendersi addossando la responsabilità di quanto accaduto su un soggetto terzo: il Ministero dello sviluppo economico. «Il mancato incasso di oltre 4 milioni di euro, dovuti a Promuovitalia dal ministero dello Sviluppo economico a copertura di costi già sostenuti per realizzare attività già concluse – si legge in una nota diffusa dalla direzione generale dell'agenzia – ha creato alla società gravissimi problemi di liquidità. L'incasso delle suddette somme consentirà il pagamento delle borse lavoro e degli stipendi arretrati dei dipendenti»;
   oggi Promuovitalia è alla bancarotta e lo ha reso pubblico con uno scarno comunicato aziendale che avverte i creditori di aver richiesto un concordato preventivo in forza del quale «i creditori per titolo o causa anteriore al 20 maggio 2015 non possono iniziare o proseguire azioni cautelari sul patrimonio del debitore, sotto la pena della nullità delle medesime», e con il quale chiede a chi vanta crediti di rifare e reinviare i conteggi relativi ai crediti attesi entro e non oltre il 10 giugno;
   negli stessi giorni sul sito di Promuovitalia campeggiava l'avviso di «telefonare per ogni esigenza» visto che i servizi di posta elettronica erano guasti;
   si apprende in questi ultimi giorni dai giornali che sono stati rubati dei computer nella sede di Promuovitalia spa. Tale fatto potrebbe sembrare banale ma forse non lo è perché la sede della società in via San Claudio, a 100 metri dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dal Parlamento, uno dei luoghi più vigilati di Roma. Inoltre, pare che i ladri siano arrivati con la piantina dell'edificio in mano, hanno operato su due piani diversi e trafugato e rubato solo alcuni computer;
   il giorno 13 luglio 2015 è stato emesso dal tribunale di Roma il provvedimento di fallimento n. 720/2015 della società Promuovitalia (curatore fallimentare dottor Rocchi Francesco) e tale procedura di fallimento è stata iscritta il giorno 15 luglio 2015 –:
   come intendano intervenire, per quanto di competenza, per fare chiarezza su quanto esposto in premessa, anche relativamente all'ammanco in bilancio di 11 milioni e mezzo di euro, e se intendano assumere nell'immediato opportune iniziative a tutela del credito vantato dai lavoratori e dai tirocinanti della società. (5-06208)


   RICCIATTI, MARCHETTI, LUCIANO AGOSTINI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DURANTI, DANIELE FARINA, FERRARA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MARCON, ZACCAGNINI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dalla pubblicazione dei dati relativi all'andamento dei conti di Saipem nel primo semestre 2015 sono emerse svalutazioni dell'ammontare di «929 milioni di euro, di cui 718 milioni riconducibili all'irrigidimento nelle posizioni negoziali con i clienti e al taglio di una quota di crediti scaduti in Venezuela, e altri 211 milioni relative a mezzi navali destinati alla rottamazione e a quote di basi logistiche che risentono di riprogrammazione o cancellazione di progetti». Come conseguenza Saipem ha rivisto anche le stime per la fine dell'anno, che relativamente al debito della società (che pesa in gran parte su Eni) segna circa 5 miliardi di euro contro la precedente previsione di un dato sotto i 4 miliardi, con un indebitamento nei primi sei mesi dell'anno salito da 4,4 a 5,5 miliardi (Ansa, 28 luglio 2015);
   a fronte di tali dati il nuovo Ceo di Saipem Stefano Cao, con una nota riportata dai maggiori organi di stampa (tra i quali Ansa, Il Sole 24 Ore, Il Fatto Quotidiano), ha annunciato un piano di riorganizzazione che dovrà portare ad un risparmio di 1,3 miliardi entro il 2017, ottenuto anche mediante un drastico taglio di 8.800 posti di lavoro entro lo stesso anno, oltre al ridimensionamento geografico delle operazioni produttive (principalmente Canada e Brasile), alla dismissione di 5 mezzi della flotta navale e ad una revisione dei processi e dell'organizzazione di Saipem;
   ulteriori elementi verranno specificati con il piano strategico che, presumibilmente, verrà presentato contestualmente alla presentazione dei dati del terzo semestre;
   al momento la società non ha rilasciato informazioni relative alla «distribuzione» dell'annunciato taglio di 8.800 posti di lavoro, quali stabilimenti Saipem saranno interessati e in quali Stati;
   la difficile situazione di Saipem, insieme all'annunciata cessione da parte di Eni prima, congelata per le instabili condizioni del mercato (audizione informale dell'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, sulle strategie generali del gruppo, in Commissione e attività produttive della Camera dei deputati, 28 gennaio 2015), e le ipotesi di cessioni di ramo d'azienda poi, hanno destato nel corso di questo ultimo anno grandi preoccupazioni tra i lavoratori dell'azienda, le loro famiglie, le istituzioni territoriali coinvolte e diversi parlamentari – tra i quali gli interroganti, a più riprese –, attivatisi proprio per scongiurare il rischio di una forte riduzione dei livelli occupazionali e la perdita di elevato know how;
   in particolare, gli interroganti avevano segnalato le possibili ripercussioni dell'eventuale chiusura o ridimensionamento dello stabilimento di Fano (Pesaro-Urbino);
   il 7 luglio 2015, secondo quanto riporta l'agenzia Ansa, «il Ministro dello sviluppo economico Federica Guidi ha confermato tutto il suo interessamento rispetto alla vicenda Saipem, rassicurando sull'obiettivo del mantenimento dei livelli occupazionali di fronte a una cessione di ramo di azienda alla Syndial del settore Risanamento Ambientale Business Line Enr» –:
   alla luce delle ultime dichiarazioni del Ceo di Saipem, riportate in premessa, se i Ministri interrogati siano in grado di fornire ulteriori dettagli circa la distribuzione dei tagli di 8800 posti di lavoro;
   se tali tagli interesseranno, e in che misura, lo stabilimento Saipem sito nel comune di Fano (Pesaro-Urbino); quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle rispettive competenze, per evitare che i costi sociali della riorganizzazione di Saipem vengano scaricati sui lavoratori e sui territori dove operano gli stabilimenti interessati dalle politiche di tagli all'occupazione annunciate dall'azienda. (5-06211)


   BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste Italiane ha comunicato che, ai sensi dell'articolo 5 della delibera 342/14/CONS del 26 giugno 2014, ed in riferimento ad una precedente comunicazione, dal prossimo 7 settembre verrà chiuso l'ufficio postale di Pisticci Scalo, sito in via Pomarico;
   già con precedenti atti di sindacato ispettivo, n. 5-04509, 5-04897, 5-04699, l'interrogante aveva posto il problema in merito alla chiusura del suddetto ufficio postale;
   il Governo ha evidenziato la necessità di una massima concertazione tra Poste Italiane e le amministrazioni locali e, proprio su richiesta del Governo, Poste Italiane aveva accettato di coinvolgere fin da subito regioni e comuni (attraverso le rispettive associazioni) nella fase attuativa del piano di razionalizzazione degli uffici postali;
   in merito a suddetto caso non si riscontra un'assenza di concertazione tra le istituzioni;
   si tratta quindi di una decisione grave ed eccessivamente penalizzante per la comunità di riferimento e tali obiezioni si fondano su elementi oggettivi e non di mero campanile;
   l'ufficio postale serve un quartiere residenziale, un'area industriale, ed un territorio rurale con molte aziende agricole;
   ci sono specificità che non vengono ricomprese nelle linee dettate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che pure necessiterebbero di essere tutelate come nel caso in questione;
   vi sono molte persone anziane, vi sono gruppi industriali e servizi come il centro per l'impiego che giustificano la presenza di un servizio pubblico postale;
   la soppressione dell'ufficio postale di Pisticci scalo infliggerebbe a quella comunità una ulteriore ingiustificata penalizzazione;
   nei precedenti atti di sindacato ispettivo l'interrogante aveva anche avanzato l'ipotesi di un'apertura a giorni alterni, come prospettato dall'azienda in altre realtà e non si comprendono francamente le ragioni dell'assenza di risposte e della volontà di interlocuzione;
   si ritiene che da qui al 7 settembre 2015, vi sia il tempo necessario per rivedere questa decisione e giungere ad una soluzione nell'interesse generale –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda attivare al fine di evitare la chiusura dell'ufficio postale di Pisticci Scalo, facendo si che Poste Italiane avvii davvero la necessaria interlocuzione istituzionale, ad avviso dell'interrogante fino ad oggi assente, ed assicurare, anche mediante soluzioni di flessibilità, il permanere del servizio postale per questa comunità, come del resto previsto dal contratto di programma, senza penalizzare fasce sociali fragili e attività economiche. (5-06223)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Pagano e altri n. 7-00746, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 luglio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Villarosa.

  La risoluzione in Commissione Scagliusi e altri n. 7-00748, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 luglio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Agostinelli, Ferraresi, Bonafede, Sarti, Colletti, Mantero, Grillo, Lorefice, Silvia Giordano, Dall'Osso.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Ricciatti e altri n. 5-06201, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zaratti.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Nicoletti n. 2-01045 del 21 luglio 2015;
   interrogazione a risposta immediata in Commissione Cenni n. 5-06162 del 28 luglio 2015.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Catanoso  n. 4-09740 dell'8 luglio 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06218.
   interrogazione a risposta scritta Lorefice e altri n. 4-09997 del 24 luglio 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06208.

ERRATA CORRIGE

  Nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 28 luglio 2015, n. 470, si intendono soppresse:
   alla pagina XXXV, alla prima colonna, le righe dalla sesta alla quarantottesima e, alla seconda colonna, le righe dalla prima alla quarantanovesima;
   le pagine XXXVI e XXXVII;
   alla pagina XXXVIII, alla prima colonna, le righe dalla prima alla ventesima;
   alla pagina LI, alla prima colonna, le righe dalla ventinovesima alla quarantasettesima e, alla seconda colonna, le righe dalla prima alla quarantanovesima;
   le pagine LII, LIII, LIV, LV, LVI.

  L'interrogazione Pili n. 5-06203, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2015 deve intendersi «interrogazione a risposta in Commissione» e non «interrogazione a risposta immediata in Commissione», come stampato nell'indice e alla relativa pagina.