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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 19 giugno 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni III e VIII,
   premesso che:
    ai negoziati dell'UNFCCC – United nation framework convention on climate change – tenutisi lo scorso febbraio, è stato presentato il «Geneva Pledge», un'iniziativa per comprendere in modo più specifico ed approfondito la connessione tra la tutela dei diritti umani e i cambiamenti climatici;
    come riferito da tale documento, infatti, gli effetti dei cambiamenti climatici si avvertono più acutamente in quei segmenti della popolazione mondiale che si trovano già in situazioni vulnerabili a causa di fattori quali la geografia, la povertà, il genere, l'età e fattori antropici, un esempio su tutti, il fenomeno dei profughi ambientali;
    il documento è già stato sottoscritto da Cile, Costa Rica, Francia, Guatemala, Irlanda, Kiribati, Maldive, Isole Marshall, Micronesia, Messico, Palau, Panama, Perù, Filippine, Uganda, Uruguay, Samoa, e Svezia;
    questo gruppo eterogeneo di Paesi s'impegnerà fin da subito nel creare una proficua collaborazione tra i rispettivi rappresentanti nazionali, affinché si riconosca la vulnerabilità di determinate popolazioni a seguito del fenomeno dei cambiamenti climatici e si trovino misure concrete per provvedere a tutelarne i diritti umani;
    la relazione tra i cambiamenti climatici e la tutela dei diritti umani è stata riconosciuta sia dalla conferenza delle parti della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici change2 (UNFCCC) sia dal Consiglio «3» Diritti Umani (HRC), e può essere ulteriormente rafforzata;
    l'esperienza ci ha dimostrato come la politica non riesca a intervenire dove esistono progetti finanziari legati al clima. A tal proposito, possiamo citare l'energia idroelettrica ricavata dalla diga di Santa Rita in Guatemala, voluta dalla banca tedesco/olandese dello sviluppo e dalla Banca mondiale. La sua costruzione non si è fermata nonostante i violenti conflitti tra le popolazioni indigene locali;
    il 2015 è un anno fondamentale per le tematiche sul cambiamento climatico, che culminerà nel prossimo novembre, nel summit di Parigi sul cambiamento climatico, la COP 21, con l'adozione di una nuova serie di obiettivi di sviluppo sostenibile e di un trattato internazionale del clima per sostituire il «Protocollo di Kyoto»;
    l'Italia, viste le sue particolari caratteristiche topografiche, avrebbe già dovuto firmare un documento di tale importanza,

impegnano il Governo

a sottoscrivere il «Geneva Pledge», riconoscendo la stretta interconnessione fra la tutela dei diritti umani ed il fenomeno dei cambiamenti climatici, riservando, pertanto, per l'Italia un ruolo fondamentale nello sviluppo di temi necessari ed urgenti come la mitigazione dei cambiamenti climatici e la tutela dei diritti delle popolazioni svantaggiate.
(7-00710) «De Rosa, Di Battista, Busto, Daga, Mannino, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Manlio Di Stefano, Spadoni, Grande, Del Grosso, Scagliusi, Sibilia».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   CANCELLERI e DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il comma 431 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 prevede la possibilità per i comuni di elaborare progetti di riqualificazione da presentare entro il 30 giugno 2015 secondo le modalità e la procedura stabilite con apposito bando;
   in particolare, questo bando doveva essere approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge;
   il comma 432 della legge di stabilità 2015 stabilisce che con il decreto di cui al comma 431 sono definite, in particolare:
    a) la costituzione e il funzionamento, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Comitato per la valutazione dei progetti di riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, di seguito denominato «Comitato», composto da due rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri, di cui uno con funzioni di presidente, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nonché da un rappresentante della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dei dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei ministri per gli affari regionali, le autonomie e lo sport e per la programmazione e il coordinamento della politica economica, dell'Agenzia del demanio e dell'Associazione nazionale dei comuni italiani. Ai componenti del Comitato non è corrisposto alcun emolumento, indennità o rimborso di spese; il Comitato opera avvalendosi del supporto tecnico delle competenti strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    b) la documentazione che i comuni interessati debbono allegare ai progetti, comprendente, tra l'altro, una relazione degli interventi corredata da tavole illustrative ed elaborati tecnico-economici e dal cronoprogramma attuativo degli stessi;
    c) la procedura per la presentazione dei progetti;
    d) i criteri di valutazione dei progetti da parte del Comitato, tra i quali:
     1) la riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale;
     2) il miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, anche mediante interventi di ristrutturazione edilizia, con particolare riferimento allo sviluppo dei servizi sociali ed educativi e alla promozione delle attività culturali, didattiche e sportive;
     3) la tempestiva esecutività degli interventi;
     4) la capacità di coinvolgimento di soggetti e finanziamenti pubblici e privati e di attivazione di un effetto moltiplicatore del finanziamento pubblico nei confronti degli investimenti privati;
   ad oggi nessun decreto è stato emanato, di conseguenza i comuni nei loro bandi per i progetti di riqualificazione non hanno potuto specificare i criteri per la presentazione degli stessi, e a loro volta i comuni non sanno che tipo di documentazione devono allegare per la consegna prevista il 30 giugno –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per emanare al più presto il bando citato al comma 431 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015, concedendo una proroga di 3 mesi per, la presentazione dei progetti da parte dei comuni per evitare che quelli presentati vengano esclusi per mancanza di documenti in quanto è compito del citato bando dovere specificare modalità, requisiti e documentazione necessaria. (3-01558)

Interrogazione a risposta scritta:


   SANTELLI, OCCHIUTO e GALATI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il sistema infrastrutturale dei trasporti calabresi riveste caratteri emergenziali e di precarietà, provocando straordinari disagi tanto ai residenti in Calabria, quanto ai turisti e a coloro che sono di transito nella medesima regione;
   l'afflusso consistente di turisti, concentrato soprattutto nei periodi estivi e dato dalla forte vocazione turistica del territorio calabrese, registra forti disagi per l'inadeguatezza del sistema dei trasporti terrestri, aerei e marittimi;
   il sistema di comunicazione maggiormente utilizzato è costituito dall'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, da decenni caratterizzata da continui ed interminabili lavori di ammodernamento che di fatto ne limitano l'effettivo utilizzo;
   la medesima autostrada, già trasformata in Italia in una sorta di simbolo di incompiutezza, è dal 2 marzo 2015 impercorribile a causa del crollo del viadotto «Italia»;
   ad oggi risulterebbe, come si apprende anche dagli organi di stampa, irrealizzabile un imminente ripristino del viadotto dell'A3 «Italia» il cui crollo isola la Calabria dal resto del Paese;
   il sistema ferroviario, tagliato inspiegabilmente fuori dalla rete nazionale di alta velocità, sta registrando nel corso degli anni una drastica diminuzione del numero delle corse garantite da Trenitalia, il maggiore operatore italiano di trasporto su strada ferrata;
   a titolo esemplificativo occorre ricordare che l'ultimo treno diretto utile per poter raggiungere dalla Calabria altre destinazioni è l’Intercity 1560 che parte dalle principali stazioni calabresi di Reggio Calabria alle ore 15,05, di Lamezia Terme alle ore 16,31, di Paola alle ore 17,09 per giungere, dopo ben 7 ore di viaggio, a Roma alle ore 22,34, mentre non c’è alcun treno Freccia Rossa che colleghi la Calabria al resto d'Italia, limitandosi il trasporto ferroviario semi-veloce (da e per la Calabria) ad un solo Freccia Argento e a due Freccia Bianca;
   il sistema di trasporto ferroviario deve inoltre considerarsi inesistente sul tratto ionico, nel 2015 ancora caratterizzato dalla presenza di un unico binario non elettrificato con corse operate prevalentemente su base regionale;
   ad un effettivo esubero della domanda, testimoniato dalle numerose liste d'attesa per i voli da/per la Calabria, ha fatto seguito una contrazione consistente dell'offerta che sta caratterizzando anche il sistema del trasporto aereo a causa di numerosi fattori negativi da molti anni sottovalutati, quali le continue cancellazioni di voli, la cattiva gestione degli scali aeroportuali calabresi di Reggio Calabria e Crotone, il continuo aumento del prezzo dei biglietti, il livello insufficiente di concorrenza tra vettori aerei e l'isolamento degli aeroporti dal sistema ferroviario;
   lo scenario prospettato produce per la Calabria le stesse diseconomie tipiche delle regioni insulari e rappresenta concretamente un drastico freno all'economia regionale e nazionale –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare al fine:
    a) di costituire un tavolo permanente per la predisposizione ed attuazione di un piano di emergenza trasporti in Calabria concertato con i rappresentanti degli enti territoriali calabresi, delle società di gestione aeroportuali, dei rappresentanti dei gestori di trasporto ferroviario, marittimo e aereo, dei rappresentanti delle maggiori associazioni di categoria del sistema dei trasporti e del sistema turistico;
    b) di promuovere con i soggetti sopracitati politiche orientate all'aumento del numero dei voli e dei collegamenti ferroviari da e per la Calabria;
    c) di garantire continuità territoriale per la regione Calabria, determinando altresì l'abbattimento dei costi di trasporto a carico dei passeggeri. (4-09541)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   SIBILIA, DE LORENZIS e COLONNESE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sulla base di una segnalazione pervenuta via mail agli interroganti, sembra che giovedì 16 aprile 2015 sul treno delle Ferrovie dello Stato partito dalla stazione di Bologna alle ore 11,52 e diretto a Monaco di Baviera Ost (con arrivo previsto alle ore 18),10), a Trento un agente di polizia federale, di sesso femminile, abbia iniziato a controllare i documenti di identità di tutti i passeggeri non-bianchi insieme a due poliziotti italiani e ad uno austriaco;
   in particolare, questa poliziotta tedesca avrebbe confiscato i documenti di identità ad una famiglia nigeriana, composta da uomo, una donna e un bambino di tenera età;
   arrivati in territorio austriaco, il controllore del treno ha chiesto alla famiglia in questione di mostrare le carte di identità quali documenti di accompagnamento ai titoli di viaggio al fine della regolarità degli stessi biglietti. Carte di identità che, tuttavia, erano state confiscate dalla poliziotta tedesca, mentre il treno transitava per Trento e che sarebbero state restituite solo all'arrivo a Monaco di Baviera Ost –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza del fatto esposto in premessa e se esistano trattati internazionali in vigore che disciplinano il controllo sui treni italiani da parte di polizia non italiana e, in caso affermativo, quale sia l'autorità di controllo e se intendano valutare l'opportunità di ridefinire il contenuto affinché il controllo sia di competenza degli organi di polizia italiana. (4-09533)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il distretto industriale di Civita Castellana, l'unico presente nella provincia di Viterbo, rappresenta una realtà produttiva di fondamentale importanza per l'intera economia non solo regionale e abbraccia i seguenti comuni: Castel Sant'Elia, Corchiano, Fabrica di Roma, Faleria, Gallese, Nepi, Sant'Oreste;
   la maggior parte delle imprese del distretto opera nel settore ceramico, in particolare per usi domestici e ornamentali e per prodotti igienico-sanitari;
   secondo i dati forniti dal Centro Ceramica Civita Castellana, società consortile che si occupa di valorizzare, prestare assistenza e promuovere iniziative in favore delle aziende del distretto, il distretto industriale impiega oltre il 50 per cento degli addetti dell'industria ceramica sanitaria italiana, in quanto gli addetti alle dipendenze di queste imprese, al mese di dicembre 2013, sono 2.017, di cui l'83 per cento rappresentato da manodopera diretta;
   il dato occupazionale del distretto ha registrato un calo pari al 5 per cento, mentre al livello nazionale la situazione si presenta decisamente peggiore attestando un calo dell'8 per cento;
   la produzione delle aziende del distretto, nel 2013, si attesta a 2.172.152 pezzi, registrando un calo dell'1,6 per cento rispetto all'anno precedente e comunque realizzando il 56 per cento della produzione nazionale, che ha, invece, registrato un calo del 6,7 per cento rispetto allo scorso anno;
   le vendite delle aziende appartenenti al distretto di Civita Castellana, invece, sono pari al 53 per cento del totale delle vendite realizzate complessivamente nel comparto della ceramica sanitaria nazionale e, nel 2013, ammontano a 1.936.867 pezzi di cui il 60 per cento realizzate per il mercato interno, mentre il 40 per cento destinate all’export;
   da quanto si apprende dagli organi di stampa nella giornata di lunedì 15 giugno «la ASL viterbese avrebbe convocato le imprese e sindacati del settore, per comunicare che sarebbe stata riscontrata presenza di amianto nelle materie prima destinate alla produzione di manufatti ceramici, dopo le analisi effettuate sul feldspato (minerale utilizzato per la composizione degli impasti ceramici)»;
   sempre secondo organi di stampa «L'azienda sanitaria viterbese ha comunicato che sono in corso ulteriori approfondimenti su altri impasti e altre materie prime e che i risultati verranno comunicati appena disponibili»;
   nonostante la problematica sembrerebbe non interessare i prodotti ceramici, in quanto la cottura a 1100 gradi che porta alla vetrificazione li renderebbe non pericolosi, la preoccupazione sia da parte degli imprenditori che delle parti sociali, è quella che i lavoratori interessati dai processi produttivi potrebbero aver respirato o maneggiato, a loro insaputa, gli impasti contaminati;
   da organi di stampa si apprende della difficoltà delle imprese interessate ad eseguire lo smaltimento dei materiali sotto accusa –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa;
   quali iniziative di competenza siano state intraprese affinché sia fatta al più presto chiarezza sull'intera questione;
   se sia allo studio un piano d'azione atto a preservare la salute dei lavoratori del comparto interessati;
   quali iniziative verranno intraprese, per quanto di competenza, affinché il materiale risultato inquinato sia smaltito nei modi previsti per legge. (4-09534)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   SIBILIA, SCAGLIUSI, COLONNESE, PETRAROLI e DE LORENZIS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la CONSOB, con nota del 20 maggio 2015 protocollo n. 0040843/15, ha approvato il prospetto dell'aumento di capitale di Banca Monte Paschi di Siena relativo all'offerta in opzione e all'ammissione a quotazione di massime 2.558.256.930 azioni ordinarie MPS di nuova emissione;
   la banca ha rappresentato che l'offerta si basa sui dati finanziari relativi agli esercizi 2012, 2013 e 2014 sinteticamente rappresentati nel prospetto per come estratti dal bilancio predisposto secondo i Principi Contabili Internazionali vigenti e omologati dalla Commissione europea, come stabilito da Regolamento Comunitario n. 1606 del 19 luglio 2002" secondo quanto dichiarato da MPS;
   la banca ha rappresentato «la responsabilità della veridicità e della completezza dei dati e delle notizie contenuti nel Prospetto» e che «le informazioni contenute nel Prospetto sono conformi ai fatti e non presentano omissioni tali da alterare il senso» (pagina 59 del prospetto);
   la banca ha rappresentato nella trimestrale al 31 marzo «alla luce delle indagini in corso ad opera della Procura di Milano, la CONSOB sta approfondendo le modalità di contabilizzazione delle operazioni di long term structured repo»;
   la procura della Repubblica di Milano, in data 3 aprile 2015, aveva affermato che l'acquisto dei titoli di Stato relativo alle operazioni di long term repo «sarebbe avvenuto solo fittiziamente» e che l'operazione consisteva in un «derivato creditizio di tipo Credit Default Swap su rischio Italia, ottenuto tramite la disaggregazione in separate componenti, in guisa di consentirne la dissimulazione nei Bilanci MPS» con questo «omettendo una rappresentazione unitaria delle stesse che consentisse di coglierne l'effettiva sostanza economica di Credit Default Swap secondo i principi contabili IAS/IFRS». In data 24 aprile 2015 il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio di MPS per gli illeciti amministrativi di cui all'articolo 25-ter, lettera c, e 25-sexies del decreto legislativo 321 del 2001;
   la banca ha raffigurato nel prospetto l'avvertenza secondo cui «la contabilizzazione delle operazioni di long term structured repo è, alla data del Prospetto, oggetto di approfondimento da parte della CONSOB anche alla luce del provvedimento di chiusura delle indagini preliminari emesso ai sensi dell'articolo 415-bis c.p.p. da parte della procura della Repubblica di Milano» (pagina 2 del prospetto);
   la banca ha rappresentato nel prospetto che l'accoglimento di istanze volte ad accertare la mancata correttezza della rappresentazione contabile delle operazioni di long term repo e della presunta reale natura delle operazioni in quanto Credit Default Swap ad oggi nascosti in bilancio potrebbe determinare «ripercussioni negative, anche rilevanti, sulle attività e sulla situazione economica, patrimoniale e/o finanziaria della Banca e/o del Gruppo» (pagina 140 del prospetto);
   secondo gli interroganti il prospetto non soddisferebbe i requisiti dell'articolo 94 del TUF ovvero non conterrebbe tutte le informazioni necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell'emittente, in quanto ometterebbe le risultanze di quegli approfondimenti che la CONSOB si è riservata di realizzare;
   dalla lettura del documento d'offerta sembrerebbe agli interroganti, quindi che la CONSOB abbia approvato il prospetto di MPS con la consapevolezza della probabile inesattezza delle sue rappresentazioni visto che ha avviato degli approfondimenti in seguito ai provvedimenti della procura di Milano;
   alla luce di ciò sarebbe possibile una perdita pari all'intero importo dell'offerta esattamente come è avvenuto nel precedente aumento di capitale di giugno 2014 di 5 miliardi di euro andati integralmente in fumo, posto che la banca oggi capitalizza 2,4 miliardi di euro ovvero meno di quanto essa capitalizzasse prima di raccogliere i 5 miliardi a seguito dell'autorizzazione della CONSOB;
   in data 12 giugno 2015 la banca annuncia di aver chiuso le sottoscrizioni per il secondo aumento di capitale per 2,98 miliardi pari al 99,59 per cento della cifra richiesta –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di acquisire elementi in merito alle mancate sospensioni delle offerte inerenti agli aumenti di capitale di MPS del 2014 e del 2015 in virtù degli intercorrenti rapporti di collaborazione che prevedono scambio di informazioni e coordinamento reciproco. (4-09540)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   PES. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   l'Assemblea generale dell'ONU ha proclamato il 3 maggio «Giornata mondiale della libertà di stampa», un diritto sancito nell'articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, quale valore «essenziale alla costruzione di una società libera e democratica». Si tratta, dunque, di un diritto fondamentale, «prerequisito per la protezione e la promozione di tutti gli altri diritti umani»;
   tuttavia, l'esercizio della libertà di stampa «non avviene automaticamente», ma necessita di un ambiente sicuro, nel quale tutti possano parlare liberamente e apertamente e i Governi devono adottare misure adeguate per garantire la tutela di tale principio, contenuto nella dichiarazione universale dei diritti umani;
   l'impegno dell'ONU in questo senso si concretizza nel coordinamento delle iniziative, nell'attività di sensibilizzazione e nel supporto ai Paesi che stanno implementando i principi internazionali e legiferando in favore della libertà di espressione e di informazione;
   secondo il rapporto 2014 di «Reporters sans frontières» l'Italia è precipitata alla 73a posizione su 180 Paesi monitorati, insieme a Nicaragua e Tanzania per quanto riguarda la libertà d'informazione;
   il 30 gennaio 2015, il Consiglio d'Europa nella risoluzione «la difesa della sicurezza dei giornalisti e della libertà dei media in Europa», ha espresso forti preoccupazioni per il deterioramento delle condizioni di sicurezza per chi opera nel settore dell'informazione, affermando che sebbene la libertà dei media sia ampiamente proclamata, spesso, è limitata dalle restrizioni che gravano sui giornalisti, per questo, richiede a ciascuno dei 47 Stati membri del Consiglio, di intensificare gli sforzi per garantire il rispetto dei diritti fondamentali alla libertà di espressione e d'informazione e tutelare la vita, la libertà e la sicurezza di quanti lavorano per e con i media;
   proprio in questi giorni è paradossale, pur nel massimo rispetto dell'operato della magistratura, apprendere che il giornalista Antonio Cipriani è stato condannato per omesso controllo su un articolo, quando era direttore della rete free-press E-Polis;
   sia il mondo dell'informazione che buona parte della dottrina penalistica hanno a più riprese posto in evidenza che la pena del carcere, non solo per i casi di diffamazione «classica», ma soprattutto concernente l'omesso controllo da parte del direttore del periodico, rappresenti una misura anacronistica. Ancor di più nell'epoca dell'informazione digitale, in cui gli aggiornamenti avvengono in tempo reale –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare per evitare che un giornalista possa, in Italia nel 2015, essere condannato a una pena detentiva per un delitto di opinione. (4-09539)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRATAVIERA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'ennesima vile e brutale aggressione, questa volta a colpi di machete, al personale viaggiante delle Ferrovie dello Stato avvenuta su un treno alla stazione di Villapizzone, a Milano, ha suscitato grande preoccupazione tra l'opinione pubblica, il personale delle imprese del trasporto pubblico e i viaggiatori;
   l'episodio, dopo un vertice tra FS e sindacati, ha prodotto il rischio concreto di sospensione di 15 tratte ferroviarie in 7 regioni se, il gruppo Ferrovie dello Stato, entro il 26 giugno non garantirà un'adeguata sicurezza sui treni maggiormente a rischio;
   è stata, tra l'altro, avanzata la richiesta di istituire un tavolo di lavoro presso il Ministero dell'interno, con la partecipazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, delle imprese ferroviarie (FS e NTV) e dei sindacati per effettuare un costante monitoraggio sulle tratte più pericolose al fine di garantire la sicurezza del personale viaggiante e dei viaggiatori;
   tra la lunga lista di treni da sopprimere già da questo mese, se a bordo non verrà garantita la presenza di forze dell'ordine, sono menzionati anche due tratte che interessano, tra l'altro, la regione Veneto e cioè le tratte Bologna-Venezia SL Rovigo-Venezia SL (2248) e Venezia-SL Trieste Mestre-Latisana (2203);
   la Venezia-Bologna è una tratta dove da tempo capita di tutto e se una volta salta la presenza della polizia ferroviaria le carrozze si trasformano in un mercatino con gente che chiede denaro, cerca di vendere improbabile mercanzia anche di dubbia provenienza o ruba «tout court» approfittando della scarsissima presenza di personale FS, magari impegnato a redigere un verbale di contravvenzione per i molti senza biglietto;
   molto frequentata anche la linea Venezia-Trieste con la stazione di Mestre che oramai è diventata un vero e proprio hub della «criminalità su rotaia»;
   nel terminal della terraferma veneziana si concentra un numero incredibile di malviventi di ogni genere, suddivisi in gruppi organizzati sempre in agguato specialmente ai binari, dove si fermano i «Freccia» delle FS e «Italo» di NTV;
   tutto ciò è noto purtroppo da anni, ma la decisione di sospendere le tratte ritenute pericolose per il personale viaggiante perché non adeguatamente controllate dalle forze dell'ordine rappresenta la sconfitta dello Stato di fronte alla criminalità;
   sarebbe un pericoloso precedente, un evidente abbandono di campo in un settore strategico come quello dei trasporti di fronte alla criminalità, sempre più aggressiva, quando la risposta deve essere di tutt'altro tenore, impiegando risorse e personale qualificato che certamente non manca –:
   quali misure urgenti i Ministri interrogati intendano adottare, ognuno per proprie competenze, al fine di garantire sia la sicurezza del personale viaggiante che degli utenti dei treni, in maniera particolare sulle tratte più pericolose, e se non ritengano di dover attivare un tavolo tecnico anche con i rappresentanti delle regioni, degli enti locali e degli utenti interessati ai tagli al fine di trovare le soluzioni più adeguate, scongiurando nel contempo il suddetto ridimensionamento di esercizio. (4-09536)


   DELL'ORCO, CARINELLI, DE LORENZIS, LIUZZI e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'ANAS Spa è una società partecipata del Ministero delle economia e delle finanze sulla quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti esercita una vigilanza tecnica. Nella gestione della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale ANAS esegue servizi di progettazione, costruzione e manutenzione stradale;
   recentemente l'ANAS si è ritrovata al centro dell'interesse mediatico per una serie ravvicinata di crolli e cedimenti di infrastrutture di propria pertinenza. Anche laddove si tratti di casi verificatisi a seguito di eventi meteorologici rimane infatti competenza di ANAS individuare, anche con controlli e un adeguato programma di manutenzione, i tratti a rischio e da mettere preventivamente in sicurezza, come previsto tra l'altro dall'articolo 14 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 e successive modifiche e integrazioni (nuovo codice della strada). A parere degli interroganti tali episodi meritano i dovuti approfondimenti per valutare se non si sia di fronte ad un vero e proprio venir meno da parte di ANAS ai propri doveri istituzionali, sanzionabili anche da contratto di programma;
   con una agevole ricerca nella  bacheca del sito (link: http://www.stradeanas.it), si può ricostruire uno spaccato recente dello stato di strade, rilevati, piloni, ponti e gallerie gestite dall'Anas. Digitando, ad esempio, le parole «crollo» o «cedimento» all'interno di quest'area, risultano quasi 150 occorrenze in un periodo che va dalla metà del 2008 ad oggi, eventi troppo frequenti e che necessitano di opportuni approfondimenti considerato che possono mettere a serio rischio incolumità dei cittadini; tali episodi riguardano indistintamente sia vecchie sia nuove infrastrutture, sollevando un generico interrogativo sulla validità del controllo di Anas sulla rete sia per quanto riguarda le verifiche di manutenzione, sia per quanto riguarda i collaudi delle nuove strutture;
   andrebbe innanzitutto verificata, a giudizio degli interroganti, la competenza di tutta la catena di comando preposta alla manutenzione e alla salvaguardia delle strade che, secondo l'organigramma aziendale, dal vertice alla base, è costituita, oltre che dal presidente, dal condirettore generale tecnico Alfredo Bajo, dal direttore centrale esercizio e coordinamento del territorio Michele Adiletta, dai vice direttore esercizio e coordinamento del territorio Roberto Mastrangelo e infine del responsabile unità manutenzione straordinaria della Direzione centrale esercizio e coordinamento territorio, Stefano Caroselli;
   leggendo i curricula pubblicati sul sito ANAS e secondo quanto riportato il 12 giugno 2015 in un articolo pubblicato sul settimanale online L'Ultima Ribatutta, risulterebbero particolarmente preoccupanti le posizioni di Adiletta e Mastrangelo, laureati, rispettivamente, in ingegneria aeronautica e meccanica e dunque con competenze tecniche e scientifiche molto differenti da quelle richieste agli ingegneri civili. In particolare, non risulterebbe infatti comprovata, quanto meno a livello curricolare, nessuna preparazione scientifica e competenza in geologia, geotecnica, frane, fondazioni, asfalti e cemento armato, che agli interroganti appare assolutamente necessaria per occuparsi di manutenzione e collaudi;
   Mastrangelo proviene da Bonifica, della galassia IRI e si è occupato di opere civili per ferrovie minori, supporto e assistenza per motorizzazione e altri interventi di riparazione opere civili. Entrato in ANAS direttamente come, dirigente nel 2002 presto viene messo a capo compartimento della Salerno-Reggio Calabria. Tra l'altro nel gennaio 2005, durante il suo incarico, a causa di una nevicata intensa, gli automobilisti rimasero bloccati per 72 ore sulla Salerno-Reggio Calabria. In quell'occasione si parlò di responsabilità Anas e l'evento richiese l'avvio di un'ispezione da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
   anche Adiletta proviene dal gruppo IRI dove si è occupato principalmente di decontaminazione da amianto, edifici civili, sistema telefonico e nonostante quella che agli interroganti appare la mancanza di competenze curricolari risulta agli interroganti che sia titolare di numerosissimi incarichi di collaudo;
   sulla questione collaudi e degli affidamenti degli incarichi relativi giova rilevare che già indaga la procura di Cagliari per il collaudo della Sassari-Olbia, mentre l'inchiesta giornalistica trasmessa durante la trasmissione RAI «Report» il 12 aprile 2015 ha parlato di un regolamento interno Anas per l'assegnazione degli incarichi che prevede che qualunque dirigente possa essere assegnatario di incarichi di collaudo e che l'assegnazione venga fatta secondo criteri apparentemente poco trasparenti. Tale regolamento agli interroganti sembrerebbe dunque contravvenire alle previsioni del codice degli appalti (decreto legislativo n. 163 del 2006, articolo 120) che prevede un principio di rotazione e trasparenza e un'elevata e specifica qualificazione dell'incaricato, motivando l'assegnazione con dati curriculari o altri elementi;
   nella suddetta inchiesta giornalistica è emerso anche che i funzionari ANAS generalmente non effettuerebbero i dovuti controlli sui lavori in affidamento, come ad esempio accadrebbe con le campionature di cemento portate in laboratorio dalla stessa azienda che realizza i lavori. Secondo quanto raccontato da un operaio intervistato che ha lavorato in Liguria per un'azienda che ha rifatto un tratto dell'Aurelia, le aziende a volte adottano delle strategie per risparmiare materiale e che tutto ciò è possibile perché Anas non controlla, a volte anche in cambio di regalie: «Anas non controlla, semplicemente non controlla. Su 4 o 5 ispettori uno è onesto; se gli ispettori vogliono qualcosa, una Viacard, un viaggio in aereo, un portatile. (...) E si compra il portatile, si compra il viaggio». Tali gravi affermazioni presupporrebbero un venire meno dell'azienda agli obblighi di  concessione e del contratto di programma e, sebbene tutte da verificare, sembrerebbero collimare con l'evento del cedimento della rampa d'accesso al viadotto Scorciavacche sulla strada statale n. 121 Palermo-Agrigento, inaugurato addirittura senza collaudo, su cui sta indagando la procura di Termini Imerese con ipotesi di reato di attentato alla sicurezza dei trasporti e con l'indagine che impegna da anni la magistratura di Reggio-Calabria che indaga sulla costruzione del tratto Scilla-Vibo Valentia. Sebbene ANAS non sia formalmente coinvolta in queste indagini, le infiltrazioni della criminalità organizzata nei subappalti, specialmente nella fornitura del calcestruzzo, potrebbero essere state facilitate, ad avviso degli interroganti, proprio da una mancanza di vigilanza;
   nella puntata Report del 12 aprile 2015, un operaio che lavora alla costruzione delle gallerie e delle strade da Perugia a Falconara e da Foligno a Civitanova in carico alla società Anas, Quadrilatero spa, denunciava gravi mancanze di edificazione nelle gallerie su quel tratto di strada; sulla base di verifiche Anas effettuate a seguito di questa denuncia, il nuovo presidente di Anas Gianni Armani, in un'intervista andata in onda nella trasmissione RAI «Report» del 7 giugno 2015, ha confermato la presenza di «non conformità» dello spessore del calcestruzzo rispetto al progetto all'interno della galleria in costruzione la Franca, tra Umbria e Marche. A testimoniare la presenza di un problema diffuso concorre inoltre l'esposto presentato da due consiglieri comunali di Valfabbrica, che hanno denunciato l'uso di materiali non idonei nella costruzione della vicina galleria La Donna;
   sebbene l'Anas non sia un organo in house della Pubblica amministrazione, tuttavia è qualificata quale organismo di diritto pubblico con riferimento all'espletamento delle procedure di affidamento. In considerazione di ciò, la mancata pubblicazione degli incarichi delle commissioni di collaudo sul sito ANAS risulta ad avviso degli interroganti anomala sotto il profilo della trasparenza e in ordine ad eventuali inconferibilità e incompatibilità. Occorre inoltre valutare che gli incarichi di collaudo non sono solo interni ANAS ma a volte anche esterni e ben remunerati, come ad esempio quelli milionari del magistrato alle acque di Venezia per il Mose che furono assegnati a numerosi dirigenti ANAS e che per ogni incarico il funzionario o dirigente riceve un incentivo calcolato in percentuale al costo dell'opera, ciò significa che al trattamento economico base, indennità accessorie, premi per risultato, occorre aggiungere i compensi che potrebbero far superare il tetto massimo consentito dall'articolo 23-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e successive modificazioni e integrazioni;
   stessa mancanza di trasparenza sembrerebbe governare la condirezione generale legale e patrimonio, dove al posto di incarichi di collaudo si trovano incarichi di commissioni di gara, arbitrati, accordi bonari ad altissima remunerazione, considerati gli importi milionari dei lavori. Anche in questo settore sarebbe necessario un maggiore controllo da parte del Ministero come dimostrerebbe ad esempio il caso su cui, da fonti stampa, risulta che dal 2010 stia indagando la Corte dei conti e che vede coinvolti l'ex presidente Ciucci e i suoi tre condirettori, ingegnere Alfredo Bajo, avvocato Leopoldo Conforti e dottor Stefano Granati insieme ad altri dirigenti in quanto, dopo l'ennesimo sforamento dei costi di un appalto, Anas avrebbe firmato un accordo bonario con Comeri del gruppo Astaldi, contraente generale di un macrolotto di lavori sulla strada statale n. 106 ionica in Calabria e su cui i magistrati contabili ipotizzano un danno erariale di oltre 17 milioni di euro;
   per quanto riguarda l'organizzazione aziendale, molti attuali dirigenti sembrerebbero essere stati assunti con un concorso interno o esterno ma a chiamata diretta. Tale pratica sembrerebbe avere ripercussioni non solo in termini di competenze, come si è già visto ad esempio in
proposito della catena di comando preposta alla manutenzione, ma anche in termini di trasparenza. In particolare, taluni esponenti della dirigenza ANAS sembrerebbero avere particolare affinità con ambienti governativi rompendo quella necessaria cesura tra vigilante e vigilato. Ad esempio, secondo quanto riportato dal quotidiano online Linkiesta in un articolo del 20 marzo 2015 a proposito dell'indagine Grandi Opere, Ciucci e i suoi più stretti e fidati collaboratori come Ugo Dibennardo, amministratore delegato di Autostrade del Lazio e capo progettazione Anas, avrebbero stretto «un sodalizio con l'ambiente Incalza/Lupi negli ultimi mesi», tanto che lo stesso Ciucci e il suo condirettore generale Alfredo Bajo, a novembre 2014, avrebbero partecipato direttamente alla campagna elettorale di Nuovo Centrodestra in Calabria con un tour per sponsorizzare il candidato governatore Nino D'Ascola;
   Anas ha al suo interno un organismo di vigilanza, istituito secondo i dettami del decreto legislativo n. 231 del 2001, che è preposto a vigilare anche su questi aspetti di adeguatezza dei comportamenti e in particolare ha il compito di vigilare sul rispetto, l'adeguatezza e l'aggiornamento del modello organizzativo-gestionale e di controllo societario per la prevenzione dei reati, nonché sul rispetto dei principi enunciati nel codice etico che tra le altre cose recita: «Anas si astiene dal fare o ricevere qualsiasi indebita pressione, diretta o indiretta, a o da esponenti politici, non finanzia partiti né riceve finanziamenti da essi, sia in Italia che all'estero, né effettua sponsorizzazioni di congressi o feste che abbiano un fine esclusivo di propaganda politica». A presiedere quest'organo c’è però Alberto Brandani, il cui nome è recentemente spuntato nelle intercettazioni per Expo 2015 che hanno portato all'arresto dell'ex senatore e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Luigi Grillo. In una intercettazione Brandani parla al telefono con Luigi Grillo e gli dà appuntamento «per quella nomina importante, su cui io e te si può giocare un ruolo...». Si tratterebbe della nomina a Terna di Nucci che a Grillo sta a cuore. Questa intercettazione (riportata in un articolo del Secolo XIX a firma di Matteo Indice) risulta a parere degli interroganti poco consona alla posizione di un personaggio che dovrebbe avere un ruolo di rispetto dell'etica e di vigilanza sui comportamenti all'interno di ANAS –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra riportati, quali siano: i loro orientamenti in merito e quali opportune iniziative intenda assumere il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per adempiere alla sua funzione di vigilanza sull'Anas ed, in particolare, quali iniziative siano state intraprese in merito a quanto emerso dalle dichiarazioni di un operaio rese alla redazione di Report, che ha dichiarato che generalmente gli ispettori dell'Anas non effettuerebbero i dovuti controlli sui lavori in affidamento in cambio di regalie, affermazione che, se confermata, presupporrebbe un venire meno dell'azienda Anas agli obblighi di concessione;
   se non ritengano di assumere iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, affinché ANAS proceda ad un vaglio delle competenze e dell'adeguatezza di tutti i suoi dirigenti ed, in particolare, di quelli preposti alla manutenzione stradale;
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; in ordine ad una maggiore trasparenza e ad un rafforzamento del suo ruolo di vigilanza, non ritenga di dover aggiornare la convenzione che regola i rapporti tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Anas aggiungendo una direttiva sui requisiti e la selezione per concorso dei dirigenti ai fini di un miglioramento delle competenze e della trasparenza;
   se trovi conferma quanto emerso dall'inchiesta Report sul, regolamento interno per l'affidamento degli incarichi di collaudo che prevederebbe che qualsiasi dirigente, anche non preposto a ruoli tecnici, possa essere affidatario di incarichi di collaudo, e se, in caso affermativo sussista una potenziale contraddizione con gli specifici requisiti previsti dal codice degli appalti e non si ritenga opportuno intervenire con una specifica iniziativa di aggiornamento della convenzione con ANAS;
   se i Ministri interrogati, in riferimento alla qualità dei servizi ANAS, non rilevino l'opportunità, almeno nel caso del viadotto delle Scorciavacche, di far scattare il sistema sanzionatorio previsto dal contratto di programma;
   se i Ministri interrogati non ritengano una grave mancanza di trasparenza la mancata pubblicazione degli incarichi di collaudo e i relativi importi sul sito aziendale;
   se, anche in relazione ai gravi scandali intorno alle opere pubbliche, il Ministro ritenga opportuno avviare un'indagine ministeriale sull'assegnazione degli incarichi di collaudo, relazionando sulle risultanze;
   in relazione alle «anomalie costruttive» riscontrate dal nuovo presidente di Anas per la Galleria La Franca, se il Ministro abbia ricevuto comunicazione dei rilievi effettuati da Anas e quali siano stati i provvedimenti assunti in merito;
   in relazione a quanto sopra esposto e per garantire la sicurezza dei cittadini, se il Ministro intenda intraprendere un'indagine ministeriale e relazionare al riguardo per valutare lo stato dell'intera rete infrastrutturale gestita da Anas. (4-09542)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIBILIA, DE LORENZIS e COLONNESE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale crisi economica ed occupazionale ha investito in modo drammatico tutto il territorio nazionale creando forti disagi sociali tra i cittadini;
   le istituzioni locali dovrebbero rivolgere nei confronti delle categorie disagiate tutte le attenzioni possibili per scongiurare, ove possibile, notevoli sofferenze di natura economica e sociale;
   il comune di Avellino, in occasione delle elezioni regionali del 31 maggio 2015 in Campania, come tutte le altre amministrazioni interessate dalla tornata, si è avvalso della collaborazione di scrutatori di seggio a cui è corrisposta, per legge, un'indennità in denaro;
   gli scrutatori sono individuati ai sensi dall'articolo 6 della legge n. 95 dell'8 marzo 1989, come sostituito dall'articolo 9, comma 4, della legge 21 dicembre 2005, n. 270, ulteriormente modificato dalla legge n. 22 del 27 gennaio 2006, tra gli iscritti nell'albo unico degli scrutatori di seggio elettorale;
   tale normativa dà un margine discrezionale alle commissioni comunali elettorali nella formazione delle graduatorie dei cittadini che hanno prodotto domanda di iscrizione nell'apposito albo;
   molte amministrazioni italiane, tra cui quelle di Fontanarosa, Montecalvo e Montella per restare in provincia di Avellino o quelle di Bologna, Torino, Vicenza e Molfetta per citarne altre, hanno adottato come requisito prioritario per la nomina degli scrutatori lo status di disoccupazione/inoccupazione risultante da un'autocertificazione presentata dall'iscritto all'albo da verificare tramite il centro per l'impiego;
   altre amministrazioni, invece, come quella di Avellino, hanno ritenuto di non adottare tale criterio;
   come riportato da alcune testate giornalistiche locali, il sindaco di Avellino Paolo Foti ha dichiarato che «non c'era possibilità alcuna di effettuare una sorta di cernita dei nominativi», mentre il consigliere comunale Nicola Poppa ha asserito che la norma non lo consente –:
   quale sia la corretta interpretazione della norma in questione considerate le diverse decisioni in merito assunte da parte delle amministrazioni comunali italiane, e se sia possibile, dunque, che la commissione comunale elettorale proceda ad una nomina degli scrutatori tra gli iscritti all'albo dando precedenza/preferenza a coloro che risultano vivere uno status di disoccupazione/inoccupazione. (5-05857)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata inaugurale di Expo, sfociata in una vera guerriglia urbana durante il corteo del No-Expo Mayday Parade, il tema della sicurezza è tornato centrale;
   i timori della vigilia dell'inaugurazione della Fiera universale sono stati purtroppo confermati e i fotogrammi che restano del primo maggio sono soprattutto quelli di un manipolo di qualche centinaio di incappucciati e black bloc che ha trasformato il corteo pacifico in guerriglia urbana con danni economici e di immagine difficili da calcolare;
   il bilancio è stato di numerose vetrine di negozi devastate, ingressi di banche completamente distrutti, decine di auto date alle fiamme o danneggiate, undici uomini tra le forze dell'ordine rimasti feriti nel corso dei tafferugli e una decina di fermati per «devastazione»;
   se, all'indomani delle violenze, il Ministro dell'interno ha commentato positivamente il bilancio della giornata, nella «base», i reparti mobili della polizia e i battaglioni dei carabinieri, oltre alla conta dei feriti, è rimasta molta rabbia;
   la rabbia è legata all'eterna «prigionia» del passato, come gli ormai noti fatti del G8 a Genova, che condizionano le scelte del presente nella gestione dell'ordine pubblico, scelte che, come è successo il 1o maggio, hanno come obiettivo la massima tutela fisica delle persone, anche a discapito della tutela del personale in divisa;
   molti sono anche gli interrogativi senza risposta: i giorni antecedenti la «May day parade», il reparto mobile di Milano sarebbe stato sottoposto a una lunga esercitazione per imparare al meglio l'uso dello spray al peperoncino, da anteporre all'utilizzo del «classico» manganello;
   lo spray sarebbe stato necessario nel momento in cui i due «schieramenti» fossero stati vicini e lo scontro fosse diventato «inevitabile», eppure, al corteo, i poliziotti sono andati senza lo spray al peperoncino;
   e ancora, ci si domanda per quale motivo i nuovi scudi, appena consegnati e dal punto di vista tecnico superiori ai precedenti in dotazione, siano stati tolti e di conseguenza, nei reparti mobili di mezz'Italia, sarebbe scattata una caccia per l'approvvigionamento di vecchi scudi;
   anche in formazioni storicamente «muscolari» come i reparti mobili e i battaglioni la preparazione e la gestione dell'ordine pubblico verrebbero affrontate in modo diverso, con uno sforzo totale all'autocontrollo che espone pericolosamente poliziotti e carabinieri a diventare «soltanto dei bersagli che non possono difendersi e devono subire ogni offesa e ogni attacco»;
   la polizia italiana aveva avuto la grande capacità di prevedere gravi scontri, aveva infatti previsto l'arrivo di violenti da Italia, Francia Germania e Grecia, ma le autorità italiane non hanno avuto altrettanta capacità di evitarli –:
   se il Governo non affronterà seriamente la problematica dell'attuale normativa sulla gestione dell'ordine pubblico, quello che è successo a Milano accadrà ancora;
   gli stessi sindacati delle forze dell'ordine hanno «bocciato» le misure allo studio del Governo dopo gli incidenti di Milano nella giornata inaugurale dell'Expo e il Sindacato autonomo di polizia (Sap) ha elaborato la bozza di un disegno di legge alternativo;
   in particolare, denuncia il sindacato in una lettera al Presidente del Consiglio: «La misura è colma e i poliziotti sono stanchi. Occorrono misure innovative. Oltre all'installazione delle telecamere sulle divise e nelle celle di sicurezza – una tutela per i poliziotti da false denunce e accuse e una garanzia per i cittadini – e all'arresto obbligatorio e differito per il reato di danneggiamento e per quello di travisamento nelle manifestazioni, funzionale alla possibilità di attivare il giudizio direttissimo, i rappresentanti degli agenti auspicano un vero e proprio giro di vite sull'ordine pubblico»;
   il Sap propone inoltre di estendere il daspo, il divieto di accedere ai cortei, a tutte le questioni di ordine pubblico e suggerisce «protocolli operativi per dare linee guida» più stringenti per i reparti in servizio;
   con riferimento a quanto accaduto a Milano, dove agli uomini delle forze dell'ordine sarebbe stata impartita la direttiva di evitare qualsiasi contatto con i manifestanti, Gianni Tonelli, segretario generale del Sap, protesta: «Non possiamo andare in piazza con ordini poco chiari o con direttive che parlano genericamente di contenimento», perché così «non si riesce a contenere nessuna situazione di pericolo»;
   ad avvalorare questa tesi, le rivelazioni di un poliziotto in servizio il 1o maggio a Milano: «I black bloc si potevano bloccare, se ne potevano fermare parecchi, a un certo punto li avevamo chiusi in una piazza, (...) solo che il funzionario ha detto no. Era un ordine e noi agli ordini dobbiamo obbedire» –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare per rivedere l'attuale normativa sulla gestione dell'ordine pubblico, anche attraverso la convocazione di un tavolo tecnico con i sindacati delle forze dell'ordine;
   per quali motivi gli agenti del reparto mobile di Milano siano stati mandati al corteo senza il previsto spray al peperoncino e senza i nuovi scudi. (4-09532)


   BERGAMINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   i recenti sbarchi in massa a Lampedusa di migranti irregolari provenienti dalla Tunisia hanno alimentato, soprattutto nell'ultimo periodo, nuove tensioni tra l'Italia e il vicino Paese nordafricano in merito alle politiche di contrasto all'immigrazione irregolare, i controlli dei confini e la cooperazione per i rimpatri;
   il primo accordo tra Italia e Tunisia, siglato il 6 agosto del 1998, era basato semplicemente su una nota verbale tra il Ministero degli affari esteri italiano e l'ambasciatore della Tunisia a Roma, in cui si proponeva la messa in opera di un dispositivo di controllo dei flussi di provenienza dalla Tunisia o in transito sul territorio tunisino in cambio di quote di ingresso in Italia per i lavoratori tunisini;
   il 13 dicembre 2003, con il Governo Berlusconi, fu concluso il primo vero accordo bilaterale tra Italia e Tunisia relativo alla cooperazione di polizia, con l'obiettivo di addestrare le forze di polizia tunisine per il pattugliamento delle coste attraverso un'assistenza tecnica da parte dell'Italia e una rafforzata cooperazione tra i due Paesi. Inoltre, furono previste quote di ingresso in Italia per i lavoratori migranti tunisini per spingere il Governo tunisino a cooperare nella lotta all'immigrazione clandestina;
   nel 2009, con il Governo Berlusconi, venne stipulato un accordo tra il Ministro dell'interno italiano pro-tempore Roberto Maroni e l'ex Ministro sotto il regime di Ben Alì, Rafik Haj Kacem, che mirava ad accelerare il rilascio dei lasciapassare, condizione necessaria per l'espulsione dei migranti irregolari privi di documenti di viaggio e identificati come cittadini tunisini, da parte delle autorità consolari tunisine;
   il rilascio dei lasciapassare consolari ha costituito, da sempre, un problema centrale della cooperazione in materia di riammissione dal punto di vista dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, e solo con il Governo Berlusconi si è proceduto ad una normazione di una materia così delicata;
   il 17 marzo 2011, il Ministero degli affari esteri italiano lanciò il progetto «Emergenza Libia», relativo all'accoglienza in Tunisia delle popolazioni in fuga dal conflitto libico, fornendo al Governo tunisino 300.000 euro e impegnando l'Italia in operazioni di intervento nelle città di Djerba, Zaaris, Ben Guerdane e nel campo profughi di Choucha. Il progetto aveva come obiettivo principale quello di sostenere il Governo tunisino e le agenzie internazionali nella gestione della crisi umanitaria prodotta dal conflitto libico, contribuendo alla gestione dei campi di accoglienza e rimpatri nei Paesi di provenienza delle persone giunte in Tunisia in fuga dalla Libia;
   di fronte alla richiesta del Governo provvisorio tunisino di fornire aiuto per il rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi arrivati in Tunisia per fuggire al conflitto libico, la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri italiano inviò un’équipe nella zona frontaliera con la Libia di Ras Ajadir per costituire un presidio di coordinamento internazionale con il tentativo di sovraintendere alle operazioni di rimpatrio;
   il 5 aprile 2011, venne siglato a Tunisi dal Ministro dell'interno italiano pro-tempore Roberto Maroni, e dal suo corrispettivo tunisino Habbid Hassib un accordo per gestire «l'emergenza immigrazione» che nel frattempo aveva raggiunto dimensioni spropositate. Il trattato prevedeva, da parte tunisina, l'impegno a rafforzare i controlli delle coste e ad accettare le misure di respingimento diretto adottate dall'Italia nei confronti dei migranti tunisini senza permesso di soggiorno e sbarcati sulle coste italiane dopo il 5 aprile;
   nell'incontro tenutosi a marzo del 2012 tra il Ministro pro-tempore Cancellieri e il Ministro dell'interno e degli esteri tunisini venne concordato, in base a quanto stabilito dall'accordo del 5 aprile 2011, il proseguimento della cooperazione tra i due Paesi sia nel settore economico-finanziario sia per le operazioni di contrasto all'immigrazione irregolare. In quella stesse sede l'Italia assunse l'impegno di rafforzare tale cooperazione sia con la fornitura e il rinnovo di attrezzature e mezzi tecnici sia con la costruzione di un centro di formazione professionale nautico;
   nel dicembre del 2012, nel quadro degli accordi di cooperazione tra i due Paesi in materia di controllo dell'immigrazione irregolare, sono state consegnate alla Tunisia due motovedette. Tra il 23 e il 24 aprile del 2013 sono stati donati alla Tunisia altri due pattugliatori e alcuni fuori strada da impiegare per contrastare e bloccare le partenze dei migranti, per poi procedere nei giorni successivi ad una nuova consegna da parte delle Autorità italiane di un lotto di 62 veicoli fuoristrada, 2 pattugliatori e 4 motovedette rimotorizzate;
   nel giugno del 2014, il Ministro della difesa, Roberta Pinotti, ha visitato Tunisi in occasione della XV Commissione mista difesa italo-tunisina e ha consegnato direttamente alla Marina nazionale tunisina due pattugliatori «El Jala P203» e «Remanda P204»;
   tra il 2014 e il 2015 il Ministro dell'interno, Angelino Alfano, ha effettuato alcuni incontri con le autorità tunisine consegnando quattro pattugliatori: due di questi rientrano attualmente nel quadro dell'accordo di cooperazione dell'aprile 2011 in materia di contrasto alla tratta degli esseri umani ed ai traffici illeciti, mentre gli altri due sono stati destinati uno alla Marina militare tunisina ed uno alla Guardia nazionale;
   i rappresentanti della Guardia nazionale e della Marina militare hanno ribadito che il dispositivo di controllo costiero, introdotto negli ultimi anni, potrebbe riscuotere un maggior successo con una implementazione del sistema integrato terra-mare tra sale operative ed i sistemi di comando e controllo di bordo di cui sono dotati le unità navali che permettono l'esecuzione delle missioni operative in mare;
   il Governo tunisino in ogni occasione istituzionale ha più volte condiviso e rappresentato l'importanza dell'impianto di una soluzione tecnologica con i 12 pattugliatori già consegnati dall'Italia che migliorerebbe in modo drastico il contrasto all'immigrazione clandestina e la salvaguardia della vita umana in mare e renderebbe altresì efficaci a lungo tempo gli investimenti già effettuati dal nostro Paese. Il Governo italiano, soprattutto negli ultimi anni, non ha dato risposte adeguate al problema e soprattutto non ha dato alcun seguito a quanto emerso dagli incontri con i rappresentanti del Governo tunisino, che, al contrario ha dimostrato serietà ed affidabilità;
   con l'integrazione del dispositivo navale tunisino l'area operativa di sorveglianza e contrasto verrebbe estesa sia verso i confini delle acque territoriali dei Paesi confinanti presso i quali si originano parte dei flussi migratori, e in particolare verso la Libia;
   le autorità tunisine hanno già richiesto da tempo al Ministero dell'interno un rafforzamento del sistema di sorveglianza e contrasto all'immigrazione clandestina che si andrebbe ad integrare con le piattaforme di terra e navali impiegate dall'Italia in particolare dalla Guardia di finanza, anche per operazioni congiunte nelle aree di reciproco interesse –:
   se, alla luce di quanto esposto, il Governo non ritenga utile ed urgente intraprendere, a livello nazionale e comunitario, una collaborazione strutturata con la Tunisia che preveda l'impiego del dispositivo navale tunisino e che permetta così di estendere l'area operativa di sorveglianza e contrasto all'immigrazione clandestina, in particolar modo nella zona adiacente alla Libia, integrando la ridotta sorveglianza dovuta al restringimento dell'area operativa definita da Triton, in vigore dal 1o novembre 2014. (4-09535)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, PLACIDO, FERRARA, AIRAUDO, NICCHI, PIRAS, SANNICANDRO, QUARANTA, MELILLA, DURANTI, KRONBICHLER, MARCHETTI e LUCIANO AGOSTINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo i dati Istat aggiornati al 2014 ed elaborati da Confartigianato, nelle Marche vivono attualmente 1.550.796 persone, l'età media dei quali è di 45,7 anni (contro i 44,4 della media nazionale);
   dai dati si apprende, anche, come il saldo naturale, ossia la differenza tra i nati (12.363) e i deceduti (16.826), risulti essere negativo di 4.463 unità;
   il dato sembra confermare un trend comune negli ultimi anni di rilevazione;
   nel rapporto sulla situazione sociale del Paese 2014, realizzato dal Censis, è emerso come «l'83,3 per cento degli italiani è convinto che la crisi economica abbia un impatto sulla propensione alla procreazione, rendendo la scelta di avere un figlio più difficile da prendere anche per chi lo vorrebbe: questa quota raggiunge il 90,6 per cento proprio tra i giovani fino a 34 anni, che sono coloro che più subiscono l'impatto della crisi e nello stesso tempo dovrebbero essere i protagonisti delle scelte di procreazione»;
   dai dati Istat 2014 emerge anche come il saldo complessivo dei residenti nella regione Marche sia di segno negativo (-2.342), a fronte di una emigrazione di cittadini residenti nella regione verso Paesi esteri pari a 2.235;
   il dato delle migrazioni verso l'estero dei cittadini residenti nelle Marche era stato in precedenza segnalato anche dal Rapporto «italiani nel mondo 2014», realizzato dalla Fondazione Migrantes della Cei, elaborati dai Centri Studi di Cna e Confartigianato Marche, che ha avvertito come il 30 per cento di questi fosse in possesso di una laurea, mentre il 25 per cento di diploma di scuola media superiore;
   una situazione che, complessivamente, nel medio-lungo periodo, contribuirà a sottrarre importanti energie ad un territorio che, a causa della perdurante crisi economica, ha visto arretrare in modo significativo i livelli di qualità della vita –:
   quali politiche intenda adottare il Ministro interrogato per incrementare il livello di natalità, con specifico riferimento alla regione Marche;
   quali iniziative intenda intraprendere per invertire la tendenza dell’«esodo» dei cittadini residenti nella regione Marche verso Paesi esteri. (4-09537)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come noto, i contratti di solidarietà sono accordi, stipulati tra l'azienda e le rappresentanze sindacali, aventi ad oggetto la diminuzione dell'orario di lavoro al fine da un lato di mantenere l'occupazione in caso di crisi aziendale e quindi evitare la riduzione del personale (contratti di solidarietà difensivi, secondo quanto previsto dall'articolo 1 della legge n. 863 del 1984); dall'altro lato di favorire nuove assunzioni attraverso una contestuale e programmata riduzione dell'orario di lavoro e della retribuzione (contratti di solidarietà espansivi, secondo quanto previsto dall'articolo 2 della legge n. 863 del 1984);
   si tratta, dunque, di uno strumento da utilizzarsi in situazioni di crisi per evitare licenziamenti;
   il decreto-legge cosiddetto «mille proroghe» (decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative convertito, con modificazioni, con la legge 27 febbraio 2015, n. 11) ha evitato che tali contratti perdessero, nel 2015, il 10 per cento sull'integrazione salariale;
   nello specifico l'articolo 2-bis stabilisce che «l'intervento di cui all'articolo 1, comma 6, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, è prorogato per l'anno 2015 nel limite di 50 milioni di euro. A tal fine, l'ammontare del trattamento di integrazione salariale relativo ai contratti di solidarietà di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, e successive modificazioni, è aumentato nella misura del 10 per cento della retribuzione persa a seguito della riduzione di orario. Le risorse di cui al primo periodo sono destinate in via prioritaria ai trattamenti dovuti nell'anno 2015 in forza di contratti di solidarietà stipulati nell'anno 2014. Al relativo onere, pari a 50 milioni di euro per l'anno 2015, si provvede a valere sulle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2»;
   tuttavia, secondo quanto segnalato al deputato interrogante, tale norma non ha avuto attuazione: secondo alcuni, segnalanti la responsabilità sarebbe del Ministero interrogato, secondo altri dell'Istituto nazionale della previdenza sociale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione denunciata in premessa e se non ritenga doveroso attivarsi per quanto di competenza affinché la legge venga correttamente applicata quanto prima. (4-09538)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   ELVIRA SAVINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in Puglia la stagione cerasicola 2015 è risultata assolutamente insoddisfacente dal punto di vista dei proventi che i coltivatori hanno ottenuto, nonostante la produzione di qualità eccellente delle ciliegie del territorio e la conseguente forte richiesta da parte dei consumatori;
   i produttori delle ciliegie pugliesi, in particolare quelli dei comuni di Conversano, Gioia del Colle, Putignano, Castellana e Turi, sono stati letteralmente messi in ginocchio dall'abbassamento vertiginoso dei prezzi, inferiori anche di due terzi rispetto agli anni precedenti: non riusciranno nemmeno a recuperare i costi vivi sostenuti per la produzione e la raccolta;
   perfino la qualità più pregiata delle ciliegie pugliesi, denominata «ferrovia», che negli anni scorsi si è venduta mediamente da 3 a 4 euro al chilo, quest'anno ha subito un deprezzamento continuo fino ad arrivare ad 80 centesimi di euro al chilo, vanificando tutti i sacrifici di duro lavoro e quelli economici sostenuti dagli agricoltori, non ultime le spese per le certificazioni di qualità richieste dal mercato;
   nella grande distribuzione e nei supermercati, tuttavia, i rivenditori smerciano le stesse ciliegie ad un prezzo di gran lunga maggiore rispetto a quello offerto ai produttori;
   come è noto la Puglia copre da sola il 40 per cento della produzione cerasicola nazionale e il ciliegio, come varietà di coltivazione, rappresenta non tanto in termini quantitativi, quanto in termini qualitativi, una eccellenza della produzione agricola del territorio pugliese;
   da confronti, anche informali, avuti sul territorio direttamente dagli operatori che in prima battuta acquistano il prodotto dal coltivatore, è emerso come i partner europei abbiano assunto un atteggiamento teso a boicottare l'acquisto del prodotto italiano, pugliese in particolare, favorendo e privilegiando, a parità di prezzo ma non di qualità, il prodotto spagnolo o turco;
   le piccole e medie imprese cerasicole, a causa di quanto sopra esposto, stanno affrontando un vero e proprio disastro economico che purtroppo si riverserà su molte famiglie che non potranno far fronte agli impegni economici presi e questo a causa di logiche di mercato che le sovrasta ed alle quali molto spesso non è possibile trovare alcuna giustificazione –:
   se il Governo per quanto di competenza intenda approntare nei confronti dei coltivatori di ciliegie la più ampia tutela, tale da garantire, nel brevissimo lasso temporale di raccolta, che il prodotto non venga schiacciato dalle logiche della grande produzione e da prodotti similari, anche extra Unione europea, che non potranno mai garantire gli stessi standard qualitativi e le varietà presenti nella coltivazione dei territori pugliesi;
   se siano stati effettuati i dovuti controlli e le dovute verifiche per scongiurare gli abusi e le speculazioni sul mercato dei beni alimentari;
   quali iniziative intenda assumere per fare chiarezza su quanto sta accadendo in Puglia, anche al fine di verificare il motivo reale per cui nel 2015 i prezzi delle ciliegie siano stati così ribassati;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per strutturare, con apposita normativa, un fondo per attenuare l'impatto negativo del calo dei prezzi sulla raccolta di ciliegie del 2015;
   se non ritenga opportuno conferire un marchio dop e igp alle ciliegie prodotte nei territori dei comuni indicati in premessa, al fine di scongiurare un deprezzamento immotivato di colture di alta eccellenza e qualità;
   quali proposte il Governo abbia messo in campo, anche a livello comunitario, per garantire che il mercato dei beni agricoli operi in una cornice di legittimità e di trasparenza e se intenda proporre, in sede comunitaria, nuove misure in grado di prevenire la speculazione che condiziona il mercato dei beni prodotti dal settore primario dell'economia. (3-01557)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, L'ABBATE e GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento (UE) n. 1308/2013 recante Organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli include il tartufo fresco tra i prodotti agricoli menzionandolo nell'elenco dei prodotti di cui all'allegato I;
   tale scelta appare quanto mai opportuna al fine di risolvere il problema della tracciabilità e per contrastare il mercato illegale posto che l'aliquota IVA sui prodotti considerati agricoli è fissata al 10 per cento riconoscimento del tartufo come prodotto agricolo consente inoltre l'accesso ai contributi comunitari previsti dalla politica agricola comune in particolare quelli per la costituzione di organizzazioni di produttori e quelli a valere sui programmi di sviluppo rurale che, certamente, costituiscono validi incentivi ad attivare nuovi investimenti nel settore;
   come noto, in Italia sono coltivabili nelle apposite tartufaie tutte le tipologie di tartufo ad eccezione del tartufo bianco pregiato che nasce spontaneo ed è raccolto grazie alla libera ricerca spesso condotta da cavatori non professionisti ed esperti conoscitori dei territori e dei paesaggi rurali;
   a fronte del riconoscimento del tartufo coltivato come prodotto agricolo sorge la necessità di tutelare comunque la libera raccolta dei tartufi spontanei nelle aree demaniali, nei terreni incolti e nei boschi naturali/anche al fine di consentire ai liberi cavatori di poterne disporre –:
   se i tartufi raccolti da liberi ricercatori nei terreni incolti, nelle aree demaniali e nei boschi naturali siano da considerarsi prodotti agricoli al pari di quelli raccolti nelle tartufaie e, qualora lo fossero, se i cavatori possano disporne come prodotti spontanei. (5-05858)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   SISTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   al 1o ottobre 2014 l'Italia ha ospitato più di 130 mila migranti provenienti da diversi paesi;
   nelle strutture nazionali come CARA, CIE, Centri di prima accoglienza, strutture temporanee, posti SPRAR, sono stati accolti ben 61.536 soggetti;
   la sola Sicilia ne ha accolti 14.719, il Lazio 7.822, la Puglia 6.004, la Lombardia 5.653, la Calabria 4.558, la Campania 4.104 e così via in percentuali inferiori, ma sempre significative;
   in data 25 ottobre attraverso i mezzi di stampa si è appreso che le autorità regionali pugliesi hanno predisposto il protocollo sanitario, da attivarsi in caso di ipotesi di contagio del virus «ebola»;
   dai controlli effettuati è emerso che una eventuale emergenza si potrebbe scontrare con una mancanza di posti letto in isolamento o alto isolamento;
   si è stabilito che si procederà alla formazione ad hoc degli operatori del 118 e di coloro che operano nei punti di primo intervento, non solo per velocizzare i tempi, ma anche per alzare gli standard di sicurezza degli operatori sanitari;
   in data 3 ottobre, l'agenzia di informazione ANSA ha reso noto che «circa 600 migranti ospiti del CARA e del CIE di Bari» meno della metà dei presenti, perché volontari «sono stati sottoposti a screening ematico delle malattie infettive (Ebola, HIV, Epatite, tifo, tubercolosi se pur quest'ultima non leggibile dal prelievo», solo grazie al progetto dell'Associazione Help di Bari, in collaborazione con l'Avis di Avellino;
   la tubercolosi necessita di radiografia al torace per essere diagnosticata;
   la scabbia necessita di visita specialistica –:
   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per intervenire sul territorio nazionale, nelle strutture deputate all'accoglienza degli stranieri, dei migranti, dei viaggiatori in generale e quindi nei CARA, CIE, centri SPRAR, porti ed aeroporti;
   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per monitorare la situazione ed operare all'unisono con il «centro regionale per la sorveglianza virologica». (3-01556)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Brunetta n. 1-00901, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 giugno 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Giammanco.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta immediata in Commissione Busin n. 5-05825 del 17 giugno 2015.

ERRATA CORRIGE

  Risoluzione in Commissione Mognato e altri n. 7-00709 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 445 del 18 giugno 2015. Alla pagina 26211, seconda colonna, alla riga quattordicesima, deve leggersi: (7-00709) «Mognato, Pagani, D'Attorre» è non come stampato.