Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 24 marzo 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'eredità che lasciano sei anni di recessione fotografa un Paese ancora più diviso e diseguale, con una flessione ancora più estesa e profonda nel Mezzogiorno;
    secondo i dati del rapporto Svimez relativo al 2014, si evidenzia, ancora una volta, la questione di un Paese con due differenti velocità di sviluppo, dove al Sud il persistere della crisi si sta sempre più radicalizzando e dove all'emergenza economica si sta sempre di più intrecciando un'emergenza sociale e civile;
    nel Mezzogiorno, dove risiede un terzo della popolazione, il prodotto interno lordo, nel 2013, è calato del 3,5 per cento, approfondendo la flessione già registrata nel 2012, in cui la flessione è stata registrata al -3,2 per cento: quasi il doppio della flessione registrata al Centro-Nord. In tale contesto le regioni del Sud hanno risentito non solo dello stimolo relativamente inferiore al resto del Paese della domanda estera, ma anche della riduzione della domanda interna e questo, come evidenziato nel rapporto Svimez, è dovuto essenzialmente alla mancanza di mercato del lavoro dell'area e alla mancata spesa per investimenti che si è ulteriormente ridotta rispetto al resto del Paese;
    secondo le stime effettuate dalla Svimez non si ipotizzano per il prossimo biennio segnali di un'inversione di tendenza; infatti, si prevede per il 2015, in un quadro di recessione, un ulteriore ampliamento del divario tra Nord e Sud, con un differenziale negativo di circa mezzo punto al Sud rispetto alla media nazionale, che dovrebbe far segnare una flessione del prodotto interno lordo, tra il 2014 ed il 2015, di oltre l'1 per cento;
    anche le misure economiche degli ultimi anni, miranti al necessario aggiustamento dei conti pubblici, non hanno tenuto conto delle diversità territoriali, determinando effetti maggiormente negativi nel Mezzogiorno;
    negli ultimi anni si è avvertita l'assenza, nei programmi di Governo, di un respiro strategico, volto a ridurre il gap economico, infrastrutturale e sociale del Sud;
    il Mezzogiorno è ancora privo di quella rete di infrastrutture essenziale per lo sviluppo, anzi questi territori soffrono maggiormente della politica infrastrutturale del nostro Paese, la cui profonda crisi, registratasi nel 2013, ha visto un così basso livello di investimenti mai registrato dal 1970. La profonda caduta degli investimenti in opere pubbliche, conseguenza della crisi finanziaria, ha visto dimezzarsi anche quei valori di «sopravvivenza infrastrutturale», come li definisce il rapporto Svimez, che determineranno la compromissione da parte del Mezzogiorno di quel ruolo chiave di snodo dei traffici tra l'Europa, l'Oriente e i Paesi del bacino del Mediterraneo;
    in uno Stato dove tutte le regioni dovrebbero essere dotate degli stessi strumenti e delle stesse infrastrutture si assiste invece ad una continua rivisitazione di quello che dovrebbe essere il documento per eccellenza, la cosiddetta legge obiettivo. La riprogrammazione risulta del tutto chiara: nel Mezzogiorno si ridimensionano gli interventi e si reimpiegano risorse già ad esso destinate in altri ambiti programmatici; in parte le risorse si trasferiscono al Centro-Nord;
    ciò appare evidente da una lettura dei due ultimi rapporti della Camera dei deputati, dai quali si evince come nel Centro-Nord la programmazione si sia concentrata soprattutto su nuovi collegamenti autostradali in ppt, sul completamento della rete ferroviaria alta velocità/alta capacità nazionale e la connessione con quella europea, sulle metropolitane delle principali città e sugli interventi riguardanti l'Expo 2015. Nel Mezzogiorno, invece, si continua con l'estenuante completamento della Salerno-Reggio Calabria, della strada statale 106 jonica, delle autostrade siciliane e della rete metropolitana campana;
    nel Mezzogiorno, dunque, l'attività infrastrutturale si è limitata ad interventi di modesta dimensione, che, per loro natura, non sono in grado di infittire la rete infrastrutturale e consolidare i nodi logistici in modo da garantire una dimensione sistemica all'apparato meridionale. Il pericolo reale, a questo punto, è che il divario tra Nord e Sud da incolmato divenga incolmabile;
    la crisi finanziaria ha colpito il Sud e le politiche congiunturali anche in altri versanti, in quanto, davanti alle stringenti necessità della finanza pubblica, risorse assegnate allo sviluppo del Mezzogiorno, come il fondo per le aree sottoutilizzate, sono state distratte per altre finalità;
    per lungo tempo si è assistito, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, a dissennati tagli operati sulla dotazione del fondo per le aree sottoutilizzate per finanziare interventi di diversa natura, non sempre corrispondenti a finalità di sviluppo e quasi sempre non localizzati nel Mezzogiorno;
    i dati sull'andamento dell'occupazione hanno evidenziato come proprio nelle regioni del Sud si siano concentrate le riduzioni più significative di posti di lavoro, legate, soprattutto, al fenomeno della desertificazione industriale. Nel Mezzogiorno una persona su due è fuori dal mercato del lavoro regolare: in valori assoluti, sette milioni di uomini e donne che convivono con lavori in nero o precari. Inoltre, è al Sud che vive un esercito di oltre due milioni di giovani e delle giovani, i cosiddetti neet (acronimo che sta per «not in education, employment or training», ovvero che non lavorano, non studiano e non seguono corsi di formazione), che sono praticamente invisibili poiché vivono in una zona grigia fatta di lavoro irregolare, occupazione estemporanea e lavori saltuari e che rappresentano la faccia più impietosa della crisi economica;
    la quota dei neet sul totale della popolazione è arrivata nel 2013 al 27 per cento e il 55 per cento è al Sud. Con la crisi, la condizione dei neet si è estesa anche ai giovani e alle giovani con titoli di studio più elevati: tra gli inattivi al Sud i diplomati e le diplomate sono il 37,5 per cento e i laureati e le laureate il 32,4 per cento;
    per quanto riguarda le donne, il rapporto Svimez rileva impietosamente che, a fronte di un tasso di occupazione che in Europa raggiunge nel 2013 mediamente il 66 per cento, nelle regioni del Sud si attesta a malapena al 38 per cento in Puglia, al 37 per cento in Calabria e Campania, per poi scendere al 35 per cento in Sicilia;
    la disoccupazione ufficiale al Sud è quasi 2,5 volte quella del Nord: l'insieme di persone in cerca di occupazione e forza lavoro potenziali nel primo trimestre del 2014 si avvicina ai 7 milioni, di cui 3,7 milioni solo nel Mezzogiorno;
    con riferimento alle imprese del Mezzogiorno, il sistema produttivo è legato a fattori strutturali di debolezza che riguardano le dimensioni piccole o piccolissime delle imprese di quest'area, spesso a gestione familiare, operanti prevalentemente in settori a basso valore aggiunto e con una conseguente scarsa propensione a investire nell'innovazione e in ricerca e sviluppo. Tra le condizioni di contesto capaci di favorire, nel medio periodo, la crescita del sistema economico meridionale c’è senza dubbio anche la crescita degli investimenti in ricerca ed innovazione, unica risposta lungimirante rispetto alla perdita di competitività delle produzioni e dei servizi rispetto a quelle dei Paesi emergenti e a quelle dei Paesi tecnologicamente più avanzati; occorre, pertanto, mettere a regime forme di credito d'imposta automatico sugli investimenti in ricerca, innovazione e formazione, nell'ambito di un più vasto sistema di fisco premiale per le imprese disposte ad investire nel Mezzogiorno;
    la mancata soluzione al problema della sicurezza complica ogni ipotesi di sviluppo per le regioni meridionali. Permane, infatti, una forte presenza della criminalità organizzata, che tenta di infiltrarsi nei grandi appalti per opere pubbliche e tenta di condizionare l'attività d'impresa, e della microcriminalità, che peggiora la qualità della vita nei centri urbani, aumentando il disagio sociale. Questa situazione richiede un impegno forte da parte dello Stato per assicurare condizioni di legalità e di sicurezza alle imprese e alle cittadine e ai cittadini; occorre salvaguardare e rilanciare il patrimonio produttivo meridionale, scongiurando la fuga dell'industria manifatturiera e l'ampliarsi dei fenomeni di delocalizzazione e intervenendo sulla promozione d'impresa, sostenendo con servizi innovativi i settori d'eccellenza, quali il turismo sostenibile, l'agroalimentare tipico, le attività ad alto contenuto tecnologico; la capacità di realizzare politiche di sviluppo mirate, in particolare ottimizzando l'utilizzo dei fondi europei, è divenuta il principale motore della crescita di molti Paesi europei, simili al Mezzogiorno per storia, tradizioni, condizioni economiche e collocazione geografica;
    il dualismo del sistema economico italiano continua ad essere una costante, che ha, però, assunto negli ultimi anni valenze differenti, in considerazione dei vincoli e delle opportunità connessi ai processi di integrazione europea e di globalizzazione; tutti gli indicatori economici lasciano presagire che nel prossimo biennio le regioni centro-settentrionali saranno caratterizzate da un forte impulso produttivo, che permetterà loro di raggiungere le performance europee, mentre il Mezzogiorno resterà penalizzato, dati i ritardi strutturali che da sempre ne condizionano lo sviluppo economico;
    si rende necessario individuare formule di intervento verso il Mezzogiorno efficaci e, soprattutto, capaci di supportare la ripresa di uno sviluppo durevole e non assistenzialistico, così, grazie alla posizione geografica ed alla dotazione di porti e aeroporti, il Sud potrebbe svolgere un ruolo di cerniera negli scambi commerciali tra Europa, Mediterraneo e Paesi del far east e raccogliere le nuove opportunità del contesto competitivo internazionale. Per il Sud italiano, così come per altri Sud europei, potrebbe aprirsi una prospettiva inedita, rappresentata dai crescenti flussi commerciali e finanziari provenienti dall'Asia e dall'Africa, da Medio Oriente, Cina, India, Giappone, Oceania e che potrebbero trasformarlo in uno dei principali poli dello sviluppo mondiale di questo nuovo secolo,

impegna il Governo:

   a promuovere una politica di sviluppo che, sulla base della rilevata inefficacia degli interventi effettuati per il Mezzogiorno nell'ultimo decennio, tenda a privilegiare interventi infrastrutturali in una logica di concentrazione settoriale delle risorse;
   ad attuare un piano di recupero di efficienza e competitività territoriale delle regioni del Mezzogiorno, attraverso la realizzazione ed il completamento definitivo di opere infrastrutturali di indubitabile importanza sotto il profilo della riduzione dei costi logistici totali di mobilità di merci e persone, integrate con le reti infrastrutturali di regioni e Paesi del Mediterraneo, grazie alle quali il Mezzogiorno potrebbe realmente rappresentare un'area strategica di operatività logistica a servizio non solo del sistema endogeno meridionale ed italiano, ma principalmente quale territorio di concentrazione e smistamento di traffico lungo le direttrici Asia-Europa e Asia-Medio Oriente-Nord-Africa;
   ad assumere iniziative per riformare i programmi regionali del fondo per le aree sottoutilizzate, modificando, al contempo, la governance dell'utilizzo dei fondi e introducendo lo strumento del contratto istituzionale di sviluppo che definisce tempi, modalità e responsabilità per l'attivazione degli investimenti finanziati con i fondi europei e nazionali destinati alle politiche di sviluppo e coesione territoriale, così come delineato nei documenti della Commissione europea relativi all'approvanda riforma della politica regionale dell'Unione europea;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a promuovere, all'interno delle regole del patto di stabilità interno, meccanismi premiali finanziati con le risorse del fondo europeo per lo sviluppo regionale a favore delle regioni meridionali che si impegnano a ridurre la spesa corrente a favore di quella in conto capitale;
   ad assumere un impegno straordinario per sconfiggere la criminalità organizzata e tutti quei fenomeni di illegalità, dal lavoro sommerso alla microcriminalità, che determinano un ambiente sfavorevole agli investimenti ed allo sviluppo;
   a favorire lo sviluppo nelle regioni meridionali di un sistema creditizio e finanziario che sia in grado di accompagnare e promuovere la crescita dimensionale delle imprese, l'innovazione e l'internazionalizzazione;
   a qualificare e semplificare, per quanto di competenza, la pubblica amministrazione, specie nelle aree meridionali, in maniera tale che diventi fornitrice di servizi efficienti alle imprese e alle cittadine e ai cittadini;
   a valutare l'opportunità di definire progetti finalizzati al rientro nelle regioni di provenienza delle giovani e dei giovani ad alta ed altissima qualificazione universitaria e post-universitaria, contribuendo in tal modo ad invertire i consistenti flussi di emigrazione che coinvolgono in modo preoccupante le migliori energie intellettuali del Mezzogiorno.
(1-00764) «Di Lello, Catalano, Fava, Di Gioia, Locatelli, Pastorelli, Currò, Furnari, Pinna, Tacconi».


   La Camera,
   premesso che:
    il periodo attuale di crisi economica, la peggiore dal dopoguerra ad oggi, sta determinando in tutto il Paese e soprattutto al Sud Italia una forte emergenza sociale dovuta al crollo dei livelli occupazionali e produttivi, che evidenziano il reale rischio di una desertificazione industriale causata dal crescente numero di imprese che chiudono la loro attività;
    l'analisi del periodo 2007-2014, preso a riferimento dalle recenti ricerche portate a termine da diversi istituti, evidenzia un quadro di insieme fortemente negativo del Sud Italia segnato da una crisi strutturale consolidata che accentua le proprie differenze in termini economici, sociali e di sicurezza rispetto al Centro-Nord, che invece sta registrando timidi segnali di ripresa;
    la situazione economica del Mezzogiorno a fine 2014 si è ulteriormente aggravata rispetto al resto del Paese e le prospettive per il 2015 sono in netto peggioramento, come si evince dalle stime elaborate da Istat, Svimez e da ultimo da Confindustria. Quella del Mezzogiorno è una crisi economica e sociale che nel suo evolversi negli anni ha sempre sofferto la mancanza di una programmazione a medio-lungo termine di interventi efficaci e di provvedimenti strutturali da parte dello Stato. I ritardi consolidatisi al Sud hanno generato, in questo grave momento di crisi, un clima di sfiducia nel sistema delle imprese, che si traduce in mancanza di investimenti, rilevante calo occupazionale, elevata emigrazione di giovani che non trovano lavoro e che smettono di cercarlo, con il contestuale paradosso di risorse dello Stato e dell'Unione europea che colpevolmente non vengono utilizzate o lo sono con gravi ritardi;
    l'indice sintetico della situazione del Mezzogiorno, riportato nell'analisi elaborata da Confindustria e da Srm-Studi e ricerche per il Mezzogiorno (centro studi del gruppo Intesa Sanpaolo), è nettamente inferiore al dato di partenza del 2007 ed in calo ulteriore rispetto al minimo già registrato nel 2013. A deprimere l'indice sono gli investimenti pubblici e privati, stimati in calo di quasi 29 miliardi di euro tra il 2007 ed il 2014, il prodotto interno lordo ridottosi di oltre 51 miliardi di euro, l'occupazione, ben al di sotto della soglia psicologica dei 6 milioni, ed un tasso di disoccupazione che ha superato il tetto del 20 per cento;
    Confindustria segnala che nel Mezzogiorno imprese e lavoratori sono, ovviamente, i soggetti che per primi e in modo più diretto risentono degli effetti della crisi che si conferma «crisi di domanda interna», caratterizzata, cioè, da minori consumi e minori investimenti. Nel 2013 hanno cessato la propria attività (cancellandosi dal registro delle imprese) 121 mila imprese e nei primi nove mesi del 2014 altre 88 mila imprese hanno chiuso ad un ritmo di 326 cessazioni al giorno. Nel complesso, tra il 2007 e il 2013 il numero di imprese attive nel Mezzogiorno è calato di circa 31 mila unità: secondo le stime, nel 2014 si prevede la chiusura di ulteriori 10 mila aziende;
    se, da un lato, molte aziende chiudono ed escono dal mercato, dall'altro, quelle che stanno «sopravvivendo» alla crisi registrano un progressivo peggioramento nei propri conti economici e finanziari. In media, infatti, le imprese manifatturiere meridionali hanno perso l'1,2 per cento del fatturato nel 2012 rispetto al 2011 e, successivamente, l'1,8 per cento nel 2013 (-0,1 per cento per il Centro-Nord). Il ridotto «giro d'affari» ha, altresì, determinato un calo nella redditività delle imprese: il return on investment medio delle imprese manifatturiere meridionali, pari al 4,9 per cento nel 2007, si è ridotto all'1,6 per cento nel 2013, ben più del Centro-Nord. Flussi di cassa sempre più esigui determinano anche un maggior ricorso all'indebitamento (finanziario e commerciale) da parte delle imprese: tra il 2007 e il 2013 i valori iscritti a debito nelle imprese meridionali sono aumentati complessivamente del 13,8 per cento;
    il rapporto di Confindustria evidenzia un Mezzogiorno stretto in una morsa costituita da una domanda interna in calo e da una pressione fiscale giunta a livelli insostenibili. Al Sud, infatti, ancor più che nel Centro-Nord, il calo della domanda interna sta influendo in modo negativo sulle capacità economiche e finanziarie delle imprese, al pari dell'imposizione fiscale: le imprese in perdita nel Mezzogiorno sono circa un terzo del totale ed il 5,5 per cento è in perdita dopo il pagamento delle imposte. Tutto questo è causa di margini sempre più esigui ed evidenzia una pressione fiscale, soprattutto locale, significativa e sempre più insostenibile in questo stato di crisi: come certifica la Banca d'Italia, nel 2011-12 le entrate fiscali sono aumentare dell'1,7 per cento all'anno nel Mezzogiorno, dove ormai il rapporto tra gettito fiscale e prodotto interno lordo è ormai prossimo a quello del Centro-Nord, nonostante gli obiettivi di riequilibrio territoriale. La crescita delle sofferenze bancarie, ben oltre quota 36 miliardi di euro, certifica questo stato di difficoltà delle imprese;
    la ridotta attività economica del Mezzogiorno sta, altresì, disperdendo il «capitale umano» delle regioni meridionali. Tra il 2007 e il 2013 è stata registrata una perdita di oltre 600 mila posti di lavoro, con una variazione di -9,5 per cento. In base agli ultimi dati disponibili (II trimestre 2014) il numero di occupati è ulteriormente calato nel 2014 (-1,5 per cento rispetto al II trimestre 2013). Il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno è così salito al 19,7 per cento nel 2013 (era pari all'11 per cento nel 2007) e risulta superiore sia al valore medio italiano (12,2 per cento) sia a quello dell'Unione europea a 28 (10,8 per cento). In base agli ultimi dati disponibili (II trimestre 2014) il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno ha addirittura superato la soglia del 20 per cento. Dal 2008 al 2013 in Italia hanno perso il lavoro 985 mila persone, delle quali 583 mila sono al Sud dove, nel solo 2013, si sono persi 282 mila posti di lavoro, pari ad oltre il 50 per cento del totale nel suddetto periodo. Il numero degli occupati al Sud per la prima volta dal 1977 è sotto i 6 milioni, attestandosi nel 2013 a 5,8 milioni;
    il calo dell'occupazione, la riduzione del reddito medio disponibile, un welfare non in grado di supportare pienamente le persone in strutturale o temporanea difficoltà economica hanno comportato nel corso degli ultimi anni un acuirsi del livello di «povertà»; il numero di persone che vivono in condizioni di povertà assoluta nel Mezzogiorno è più che raddoppiato tra il 2007 e il 2013, passando da 1,2 a 3 milioni di individui: il 50 per cento del totale delle persone in povertà assoluta in Italia è nel Mezzogiorno;
    secondo la ricerca e le stime elaborate da Svimez, l'andamento produttivo dell'Italia nel 2013 rimane stagnante ed anche gli indicatori congiunturali del 2014 non mostrano segni di miglioramento. Il Sud Italia è da considerarsi in recessione, non solo per il 2014 ma anche per il 2015. Le previsioni porterebbero a otto gli anni consecutivi nei quali il prodotto interno lordo meridionale è stato negativo, con un crollo dei redditi al Sud del 15 per cento tra il 2008 e il 2013;
    in particolare, nel Mezzogiorno, tra il 2008 e il 2013, il forte calo occupazionale, mediamente di quattro volte superiore a quella del Centro-Nord, ha generato un crollo dei consumi delle famiglie di quasi 13 punti percentuali (-12,7 per cento), di oltre due volte maggiore di quello registrato nel resto del Paese (-5,7 per cento). Tutti i settori dell'economia meridionale sono in crisi, assumendo, in particolare, dimensioni «epocali» nell'industria in senso stretto, crollata al Sud nel 2008-2013 addirittura del 53,4 per cento, più che doppia rispetto a quella, assai grave, del Centro-Nord (-24,6 per cento). Un così massiccio fenomeno di riduzione drastica di investimenti ha ulteriormente aggravato la già scarsa competitività dell'area e ha comportato un forte ridimensionamento dell'estensione e delle dimensioni dell'apparato produttivo, favorendo nella sostanza un processo di downsizing e al tempo stesso di desertificazione dei territori meridionali;
    Svimez ha analizzato a fondo il processo di riduzione del valore aggiunto, che ha toccato il picco nel settore delle costruzioni, che nella media cumulata del 2008-2013 ha ridotto il prodotto del 35,3 per cento contro il 23,8 per cento del Centro-Nord. In particolare, nel 2013, l'edilizia ha accusato un calo del 9,6 per cento nel Mezzogiorno, esattamente il doppio di quello del Centro-Nord (-4,8 per cento). Nel comparto terziario la perdita è stata nel 2014 del 2,3 per cento nel Sud, a fronte di una sola leggera flessione (-0.4 per cento) al Centro-Nord. Ancora in calo risulta nel 2013 l'agricoltura meridionale, che perde lo 0,2 per cento rispetto a un incremento dello 0,6 per cento nel Centro-Nord. Il settore industriale ha perso, nel 2013, 6 punti e mezzo percentuali, più del doppio del Centro-Nord (-2,7 per cento). Nella media cumulata del periodo di crisi 2008-2013, la contrazione del prodotto industriale ha raggiunto quasi il 25 per cento, dieci punti in più rispetto al Centro-Nord;
    nonostante tutto, il rapporto Confindustria-Srm individua segnali confortanti e contrastanti nelle esportazioni delle imprese del Sud Italia, dati che, però, da soli non consentono un'inversione di tendenza sufficiente, anche perché concentrati in alcune aree e con numeri ancora troppo esigui e, soprattutto, non supportati da un'azione pubblica convintamente anticiclica, se si eccettua l'effettivo saldo di buona parte dei debiti della pubblica amministrazione verso le imprese. Tra il 2009 e il 2013, infatti, la spesa in conto capitale nel Mezzogiorno si è ridotta di oltre 5 miliardi di euro, tornando ai valori del 1996, contribuendo alla riduzione del numero e del valore degli appalti pubblici. Di valore sempre più ridotto sono, inoltre, le gare di partenariato pubblico-privato bandite al Sud e pressoché dimezzati, rispetto all'anno precedente, i mutui concessi agli enti locali per il finanziamento degli investimenti. Si realizzano, dunque, sempre meno investimenti pubblici, sia che lo Stato li finanzi direttamente sia che li promuova indirettamente;
    nell'indagine annuale de Il Sole 24 Ore sulla qualità della vita della 107 città italiane capoluoghi di provincia, le città del Sud sono nelle ultime posizioni per servizi, ambiente e salute, affari e lavoro e ordine pubblico;
    i suddetti dati, aggravatisi con la grave crisi attuale che investe prioritariamente l'economia più debole del nostro Paese che da sempre è quella meridionale, testimoniano che il Mezzogiorno non ha mai avuto una politica industriale e di investimenti ben programmata, che gli consentisse di recuperare il gap storico, che risale all'unità d'Italia, nei confronti del Centro-Nord;
    questo stato di fatto chiama in causa il tema della programmazione di bilancio dello Stato e della spesa delle risorse stanziate, ordinarie e straordinarie, destinate allo sviluppo del Paese e, in particolare, del Mezzogiorno ed impone di confrontarsi con numerose criticità che hanno ridotto e che possono ridurre ulteriormente l'efficacia dell'intervento pubblico;
    i fondi comunitari sono di fondamentale importanza per tutto il Paese, ma è necessario evidenziare che hanno una particolare rilevanza per il Sud Italia, in quanto sono molto spesso sostitutivi delle risorse statali per gli investimenti. Già nel rapporto strategico nazionale di dicembre 2009, prima ancora dei numerosi tagli che sono stati effettuati alle politiche di sviluppo (20 miliardi di tagli al fondo per le aree sottoutilizzate 2007-2013 destinato al Sud), il Ministero dello sviluppo economico dichiarava il mancato rispetto del principio di addizionalità previsto dai regolamenti europei. In quel periodo, infatti, il 15 per cento dei fondi europei fu utilizzato per sopperire alla mancanza di risorse nazionali;
    la Banca d'Italia, nel corso dell’Eurofi financial forum 2014, ha segnalato la necessità di «rilanciare gli investimenti pubblici e privati nazionali ed europei» per la ripresa economica e di affiancare alle riforme strutturali specifiche sul lato dell'offerta «una più ampia azione di politica economica per accelerare la costituzione di infrastrutture materiali ed immateriali indispensabili per un vero mercato unico europeo»; in particolare, sono due gli elementi di criticità che ostacolano ed inficiano l'effettiva redditività dei provvedimenti dello Stato finalizzate alle politiche di sviluppo;
    il primo elemento di criticità si rileva nella distorsione dell'utilizzo delle risorse della programmazione unitaria che sono state utilizzate come variabile di aggiustamento dei conti pubblici italiani nei provvedimenti di finanza pubblica adottati dal 2008 ad oggi. Circa un terzo (pari a 20 miliardi di euro) delle risorse dell'ex fondo per le aree sottoutilizzate (relative al periodo 2007-2013, ora denominato fondo per lo sviluppo e la coesione, sono state tagliate o destinate ad altre finalità. Tale distrazione ha determinato una forte incertezza sulle disponibilità finanziarie da utilizzare per le politiche di sviluppo;
    il taglio delle risorse destinate alla coesione territoriale è proseguito con la legge di stabilità per il 2015, che ha ridotto di 4,5 miliardi di euro l'importo delle risorse destinate al piano di azione e coesione, che finanzia in gran parte infrastrutture nel Mezzogiorno e ha ridotto di 1,8 miliardi di euro le risorse del fondo sviluppo e coesione, di cui 540 milioni di euro relativi alle 6 regioni del Mezzogiorno a statuto ordinario;
    il secondo elemento di criticità si ravvisa nei vincoli di finanza pubblica, con particolare riferimento al patto di stabilità interno di regioni, province e comuni, che hanno rallentato la spesa delle risorse stanziate, con la conseguenza che, a fine 2014, circa il 29 per cento dei fondi strutturali e più del 90 per cento delle risorse regionali dell'ex fondo per le aree sottoutilizzate devono ancora essere spese;
    secondo quanto si evince dalle analisi del bilancio dello Stato, risulta che, nel corso degli ultimi anni, si sia verificato una distrazione delle risorse destinate alle infrastrutture da una molteplicità di capitoli ordinari a pochi «maxi-capitoli», con una crescente concentrazione delle risorse nei maxicapitoli dei fondi strutturali e del fondo per lo sviluppo e la coesione;
    le stime dell'Ance, di Confindustria e del Cresme evidenziano la grande portata delle risorse distratte dai capitoli ordinari: i due maxi-capitoli dei fondi strutturali e del fondo per lo sviluppo e la coesione rappresentano oggi tra il 40 ed il 45 per cento delle risorse destinate ogni anno dallo Stato alle infrastrutture e all'adeguamento del territorio. Appare, dunque, strategico il celere utilizzo di queste risorse proprio in ragione del contesto in cui versa il nostro Paese, nel quale le risorse pubbliche a disposizione dell'infrastrutturazione sono ai livelli minimi degli ultimi 20 anni;
    il rapporto annuale del Cresme sull'attivazione della «legge obiettivo» al 31 dicembre 2014 evidenzia una sperequazione tra gli investimenti infrastrutturali al Centro-Nord per 192.137 milioni di euro, pari al 67,4 per cento del totale, e per 90.469 milioni di euro per il Sud, pari al 31,7 per cento;
    la spesa dei fondi comunitari è prioritaria per la ripresa economica particolarmente nel Mezzogiorno. Infatti, questa zona ha subito pesantemente la crisi economica più di ogni altra area del Paese. Eurispes, nell'ultimo rapporto annuale, analizzando i dati economici dell'Italia, ha evidenziato che al Sud vi è una condizione molto critica con indicatori inferiori rispetto a quelli di altre aree e rispetto alle medie nazionali. Dal 2007, la crisi ha piegato il tessuto economico e produttivo del Sud, aumentando ulteriormente il divario con il Nord d'Italia. Nel Mezzogiorno le aziende registrano il peggior saldo del portafoglio ordini e della relativa variazione nel periodo. Non a caso, al Sud, dal 2007 ad oggi, ben 11.500 aziende (pari al 25 per cento del totale in Italia) hanno registrato una situazione di incapacità prolungata nel tempo di ripagare i propri debiti e hanno fatto richiesta di fallimento presso le cancellerie dei tribunali;
    è importante evidenziare che sugli investimenti finanziati con questi fondi grava non solo l'ostacolo rappresentato dal patto di stabilità interno delle regioni, ma anche quello rappresentato dal patto di stabilità interno degli enti locali (comuni e province), quando questi risultano destinatari dei finanziamenti della politica di coesione. Su questo punto, il legislatore non è intervenuto nella legge di stabilità, nonostante le reiterate richieste di «nettizzazione» di queste risorse nel calcolo del patto di stabilità interno;
    secondo le dichiarazioni rilasciate ad organi di stampa da rappresentanti del Governo, sarebbe allo studio una consistente riduzione delle risorse destinate al cofinanziamento degli interventi dei fondi strutturali per il periodo 2014-2020, rispetto ai circa 41 miliardi di euro che erano allo scopo previsti dal progetto di accordo di partenariato trasmesso alla Commissione europea il 22 aprile 2011;
    tale riduzione produrrebbe effetti positivi in termini di finanza pubblica, ma determinerebbe la rinuncia ad avvalersi di una quota consistente delle risorse assegnate alle regioni italiane nell'ambito della programmazione 2014-2020;
    nel corso dell'informativa urgente sulle linee di attuazione del programma di Governo del 16 settembre 2014, il Presidente del Consiglio dei ministri ha inteso evidenziare l'urgenza dell'investimento dei fondi comunitari, pronunciando queste parole: «Al termine dei mille giorni o spendiamo bene i fondi europei o i fondi europei porteranno via noi»;
    l'esclusione delle spese di investimento dal calcolo europeo del deficit, in particolare di quelle finanziate da fondi strutturali europei, appare sempre più la chiave di volta per rimettere in moto investimenti da troppo tempo bloccati e per ridare ai bilanci pubblici spazi di manovra senza i quali nessuna fase espansiva appare ipotizzabile. La sfida è costituita da una selezione attenta e mirata degli investimenti pubblici e privati, in alcune aree prioritarie e dal valore strategico: dalla ricerca e sviluppo alla competitività delle imprese, dalle risorse naturali e culturali all'istruzione, dall'efficienza energetica alle infrastrutture materiali e sociali e ai servizi che tali infrastrutture utilizzano;
    in questa direzione andrebbe orientata prioritariamente l'Agenzia di sviluppo e coesione nella sua attività di monitoraggio e, soprattutto, accompagnamento e supporto tecnico ai ministeri ed alle regioni titolari degli interventi finanziati dai fondi europei e dal fondo sviluppo e coesione;
    i dati di crisi del Mezzogiorno evidenziano quanto sia fondamentale l'immediata spesa delle risorse disponibili bloccate da adempimenti procedurali e burocratici o da inadempimenti degli enti beneficiari. Evidenziano, inoltre, l'urgente necessità di interventi strutturali dello Stato da aggiungersi agli impegni ed agli investimenti previsti dalle politiche dell'Unione europea per le aree di minor sviluppo. Tutto ciò al fine di favorire la ripresa puntando su settori che hanno tradizionalmente maggiore potenzialità in termini di crescita occupazionale e di coinvolgimento di molteplici attività produttive, quali innovazione, turismo, cultura, istruzione, agricoltura, infrastrutture e riqualificazione urbana, facendo emergere con orgoglio le realtà economiche nascoste nell'indifferenza e nella rassegnazione,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative dirette a riformare con estrema urgenza il patto di stabilità interno e le regole di finanza pubblica affinché sia possibile assicurare la spesa dei fondi europei nei tempi programmati, ricorrendo ai poteri sostitutivi del Governo nei confronti delle regioni inadempienti previsti dalle vigenti leggi in materia (decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013 ed articolo 12 del decreto-legge n. 133 del 2014), nonché garantire un'equilibrata politica di investimenti da parte degli enti territoriali;
   ad assumere iniziative per rifinanziate la misura che prevede l'esclusione di parte dei cofinanziamenti nazionali dai parametri del patto di stabilità interno e che ha esaurito, con positivi riscontri in termini di accelerazione della spesa, i propri effetti nel 2014 dopo un triennio di operatività, con lo stanziamento di 1 miliardo di euro all'anno, tenuto conto che tale provvedimento si è già rivelato determinante per impedire la paralisi completa della spesa comunitaria e nazionale;
   a ridistribuire gli obiettivi di finanza pubblica stabiliti a livello nazionale in favore di una politica di investimento degli enti locali del Mezzogiorno, accompagnata da una revisione delle regole del patto di stabilità a livello nazionale ed europeo, con l'introduzione di un'adeguata flessibilità per favorire gli investimenti;
   a garantire che la programmazione infrastrutturale rappresenti l'elemento centrale dei programmi dei fondi strutturali europei e del fondo per lo sviluppo e la coesione 2007-2013 e 2014-2020, evitando di utilizzare impropriamente questi fondi per finanziare altre esigenze nell'attuale difficile contesto di finanza pubblica;
   a rafforzare l'azione dell'Agenzia di sviluppo e coesione nel sopportare efficacemente le regioni del Mezzogiorno nella programmazione dei fondi europei, affinché essa sia strutturata e coerente con gli obiettivi e soprattutto integrata tra le stesse regioni e affinché possa garantire la tempestiva redazione dei relativi progetti, promuovendo la semplificazione delle procedure di autorizzazione degli interventi e della conseguente spesa;
   a favorire, nel corso della programmazione 2014-2020, l'utilizzo di risorse del fondo sociale europeo per la realizzazione di politiche attive a carattere sociale e quindi di contrasto alla povertà crescente, di inserimento nel mondo del lavoro dei giovani disoccupati, nonché di sostegno per le famiglie socialmente ed economicamente disagiate;
   a favorire lo sviluppo di un sistema creditizio e finanziario di effettivo sostegno alle imprese in crisi per il mantenimento o l'incremento dei livelli occupazionali;
   a promuovere, con la supervisione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e dei suoi uffici territoriali, di concerto con il dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale, iniziative di servizio civile culturale destinato ai giovani del Mezzogiorno per la valorizzazione e la divulgazione dei beni culturali, architettonici e paesaggistici presenti nelle regioni del Sud;
   a promuovere l'adozione di protocolli multilaterali di facilitazione istituzionale, legislativa e amministrativa e di semplificazione procedurale che coinvolgano le regioni del Mezzogiorno ed altri Paesi o enti di interesse economico intenzionati a investire in progetti di riqualificazione di attività produttive o di ricerca ed innovazione tecnologica e scientifica che abbiano significativo impatto per le comunità locali, così come già avvenuto in occasione del protocollo tra Governo, regione Sardegna e il fondo Qatar foundation endowment per il recupero dell'ospedale ex San Raffaele di Olbia.
(1-00765) «Matarrese, Mazziotti Di Celso, D'Agostino, Dambruoso, Vargiu, Antimo Cesaro, Cimmino, Molea, Vecchio».

Risoluzioni in Commissione:


   La V Commissione,
   premesso che:
    l'Ente Eur (Ente autonomo per l'esposizione universale di Roma) è stato costituito nel 1936 al fine di realizzare e gestire il patrimonio pubblico e privato dell'esposizione universale, che avrebbe dovuto tenersi a Roma nel 1942;
    al progetto contribuirono i più prestigiosi architetti dell'epoca, tra cui si ricordano Marcello Piacentini, Luigi Piccinato, Ettore Rossi, Luigi Vietti, Luigi Moretti e Adalberto Libera; il quartiere Eur viene oggi considerato uno tra i più importanti modelli di pianificazione urbanistica e architettura razionalista esistenti, riconosciuto quale patrimonio di notevole interesse storico, architettonico e paesaggistico, tutelato ai sensi del codice dei beni culturali, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
    la tutela e la valorizzazione di tale patrimonio, al fine di garantirne l'unitarietà, è affidata a partire dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 304, ad Eur spa, società per azioni controllata al 90 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e al 10 per cento da Roma Capitale;
    i bilanci della società Eur spa sono risultati sempre in attivo; un notevole decremento si è configurato tuttavia a partire dal 2007, in parallelo, ossia, all'avvio della realizzazione del nuovo Centro Congressi conosciuto con il nome «La Nuvola» (con l'annesso albergo «La Lama» e i parcheggi previsti) il cui progetto venne affidato nel 2000 all'architetto Massimiliano Fuksas, a chiusura di un concorso internazionale indetto nel 1998;
    gli oneri di realizzazione del suddetto progetto, lievitati nel corso degli anni da una iniziale previsione di 270 milioni di euro agli attuali 467, sono a carico, infatti, della società Eur spa;
    l'attuale mancanza di disponibilità delle risorse necessarie alla realizzazione dell'opera ne rende altamente incerto l'effettivo completamento e la relativa tempistica;
    il patrimonio immobiliare e urbano di Eur spa è stato valutato in circa 645 milioni di euro con decreto ministeriale del 13 marzo 2000 del Ministero dell'economia e delle finanze;
    le attività gestite dalla società vengono svolte da una squadra tecnica composta da circa 120 unità di personale;
    Eur spa versa, da alcuni anni, in una condizione finanziaria particolarmente critica; nel luglio del 2010 la società ha sottoscritto con alcuni istituti di credito un contratto di finanziamento per un importo di 190 milioni di euro, principalmente per far fronte alla realizzazione del nuovo Centro Congressi;
    alcuni interventi normativi hanno prefigurato una possibile ricapitalizzazione della società da parte dell'azionista di maggioranza, il Ministero dell'economia e delle finanze; in tale direzione vanno letti i riferimenti contenuti nella legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 27 dicembre 2013) e nel decreto legislativo 66 del 2014 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014 n. 84), che disponevano un'anticipazione di liquidità per l'anno 2014 nel limite massimo di 100 milioni di euro ad EUR spa, finalizzata al pagamento di debiti commerciali certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2013;
    il 12 dicembre 2014, a seguito di un'assemblea straordinaria del consiglio di amministrazione di Eur spa, è stata presentata al tribunale di Roma una richiesta di ammissione al concordato in bianco, una forma di concordato preventivo (ai sensi dell'articolo 161, comma 6, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267) volta ad evitare la dichiarazione di fallimento; entro la data del 24 aprile 2014, Eur spa dovrà presentare un piano di ristrutturazione in tal senso;
    una nuova assemblea degli azionisti di Eur spa, del 16 febbraio 2015, ha deliberato una modifica all'articolo 4 dello statuto, al fine di consentire la valorizzazione del complesso di beni di cui la società è titolare, anche attraverso l'attività di costruzione ed alienazione di singoli beni;
    in particolare, l'alienazione si era inizialmente concentrata su 4 edifici di particolare rilievo e interesse storico, quali l'Archivio di Stato, il Museo Pigorini, il Museo delle Arti e Tradizioni popolari e il Museo dell'Alto Medioevo;
    tali beni sono tuttavia vincolati, inalienabili ai sensi del combinato disposto degli articolo 10 e 54 (comma 1, lettera c) e d)) del codice dei beni culturali di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; la possibile vendita comporterebbe, inoltre, un vulnus irreparabile all'omogeneità e all'unitarietà del patrimonio in questione;
    in tal senso, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini ha dichiarato la totale impraticabilità della vendita di edifici vincolati e di grande valore storico e architettonico, che sono, in primo luogo, beni di interesse pubblico;
    il 18 febbraio 2015, durante un incontro tra il sindaco di Roma Ignazio Marino e il Ministro dell'economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, è stata configurata una possibile alternativa, consistente nella vendita di immobili di proprietà della società Eur spa che non costituiscano, tuttavia, un patrimonio storico e architettonico di particolare pregio;
    il Ministro dell'economia e delle finanze Padoan, durante una seduta della Camera dei deputati del 18 febbraio 2015, ha dichiarato attivata la procedura di accesso all'erogazione di un'anticipazione finanziaria del Ministero dell'economia e delle finanze, di 37 milioni di euro, a valere sui fondi per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione;
    tra le misure previste dal piano di ristrutturazione emerso dall'assemblea degli azionisti di Eur spa del 16 febbraio 2015, come riportato da alcuni articoli di quotidiani nazionali (La Repubblica del 17 febbraio 2015 «Eur, in vendita i musei e l'Archivio di Stato»; Corriere della Sera «Eur spa vende quattro gioielli»), si prevede anche la rinuncia del 30 per cento dell'organico societario, ossia di circa 40 persone;
    in data 11 marzo 2015 è stato pubblicato un «Invito a manifestare interesse per l'acquisto di beni immobili di proprietà di Eur Spa», in cui si sollecitano i soggetti interessati all'operazione a presentare le proprie proposte entro la data del 23 marzo 2015;
    ad oggi risultano essere pervenute sette manifestazioni di interesse per i palazzi storici della società, come riportato dall'articolo del quotidiano La Repubblica in data 14 marzo 2015 «Da Inail 300 milioni per tre palazzi dell'Eur», cinque da parte di soggetti privati e due da soggetti pubblici, l'Invimit (il fondo immobiliare del Ministero dell'economia e delle finanze) e l'Inail;
    in particolare, l'offerta di Inail, che dovrebbe materializzarsi in una somma di 300 milioni di euro, verrà definitivamente presentata entro il 31 marzo, in base a quanto dichiarato dal Presidente di Eur spa Pierluigi Borghini a seguito di una riunione del consiglio di amministrazione, per gli immobili relativi al Museo dell'Alto Medioevo, al Museo Pigorini e al Museo delle arti e delle tradizioni popolari, come riportato nel suddetto articolo;
    l'alienazione di tali immobili, tuttavia, rischia di frammentare un patrimonio progettato e considerato come unitario ed omogeneo, e contrasta con quanto stabilito dal combinato disposto degli articoli 10 e 54 (comma 1, lettera e) e d)) del codice dei beni culturali di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
    il presidente di Eur spa Borghini ha dichiarato di essere in procinto di presentare all'Unesco una richiesta di certificazione dell'unicità del patrimonio architettonico dell'Eur,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per procedere alla ricapitalizzazione della società Eur spa, onde fare fronte ai debiti conseguenti alla realizzazione del progetto del centro congressi «La Nuvola» e dei progetti annessi;
   a verificare i costi e monitorare i tempi di realizzazione del suddetto progetto, attraverso procedure trasparenti e accessibili al pubblico;
   a garantire la tutela degli attuali livelli occupazionali della società Eur spa;
   a scongiurare definitivamente l'ipotesi relativa all'alienazione degli immobili della società, che costituiscono un patrimonio unitario, e, in particolare, degli immobili di particolare interesse storico e architettonico, eventualità che costituirebbe un vulnus significativo al patrimonio culturale pubblico, nazionale e cittadino.
(7-00637) «Marcon, Zaratti, Melilla».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    il decreto del Ministro della salute dell'8 agosto 2014 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 ottobre 2014, n. 243 contiene le linee guida in materia di certificati medici per l'attività sportiva non agonistica, che prevedono per i praticanti detta attività una certificazione basata su una serie rilevante di accertamenti clinici e diagnostici;
    l'attività ludico motoria in base all'articolo 42-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 non esige alcuna certificazione medica;
    molte associazioni sportive e palestre non essendovi distinzione fra attività non agonistiche e ludico motorie in termini di impegno fisico del praticante, caratteristiche e tipologia dell'attività, richiedono comunque una certificazione medica per attività non agonistica, la quale risulta quindi spesso essere inappropriata oltreché onerosa;
    in questo senso desta molte perplessità tra gli operatori la previsione, requisito obbligatorio per la certificazione, dell'elettrocardiogramma «una volta nella vita», intervento di scarsa efficacia preventiva e di nessuna utilità, data l'assenza di programmi strutturati, supportati da rigorosi studi propedeutici e da un continuo monitoraggio dei risultati, ai fini di accertamento sanitario preventivo a livello di popolazione;
    l'obbligatorietà di una certificazione sanitaria per accedere a determinate attività è una misura impegnativa e onerosa, dissuasiva verso un comportamento, la pratica dell'attività motoria e sportiva, universalmente riconosciuto come un fenomeno di alto valore sociale e civile, oltreché fondamentale per la diffusione di sani stili di vita e per la prevenzione sanitaria e dovrebbe, pertanto, essere utilizzata in modo rigoroso e non per surrogare, con un atto medico legale, la necessità di una presa in carico delle persona che assicuri controllo, indicazioni ed assistenza costante da parte del medico sulle ricadute sanitarie di ogni scelta relativa ai liberi comportamenti individuali degli assistiti;
    l'onerosità di tale certificazione obbligatoria discrimina le persone con un basso livello di reddito e quei soggetti, in particolare disabili e minori che avrebbero più necessità di accedere alla pratica motoria;
    la prescrizione di un gran numero di elettrocardiogrammi a riposo finalizzati al rilascio del certificato, anche se spesso diversamente motivati, provoca l'aumento delle liste d'attesa e un aggravio immotivato dei costi per il sistema sanitario nazionale;
    alcune regioni, tra cui l'Emilia Romagna, si sono attrezzate per garantire a minori e disabili la gratuità del rilascio delle certificazioni di idoneità non agonistica e la possibilità di accedere agli esami necessari in tempi ragionevoli, comunque entro i 30 giorni;
    il suddetto decreto del Ministero della salute 8 agosto 2014 elude il tema più volte sollevato della differenza di trattamento tra le attività organizzate da associazioni e società sportive iscritte al registro del Coni e le medesime attività proposte al di fuori dell'organizzazione sportiva, ancorché organizzate da soggetti privati for profit o associativi non sportivi per le quali non viene richiesta alcuna certificazione ai praticanti, differenziando così la tutela della salute degli sportivi in relazione all'organizzatore e non al tipo di attività,

impegna il Governo:

   ad intraprendere iniziative urgenti per:
    a) garantire l'uniformità dell'applicazione del decreto ministeriale citato in premessa su tutto il territorio nazionale, riaffermando con chiarezza la scelta del legislatore di separare l'auspicabile valutazione ed il monitoraggio delle condizioni di salute di coloro che vogliano svolgere attività ludico motoria dall'inopportuna certificazione di tipo medico legale che non deve essere assolutamente richiesta;
    b) contrastare la proliferazione di accertamenti clinici e diagnostici conseguente all'aumento delle certificazioni medico sportive inappropriate che stanno creando inefficienze nel sistema sanitario, oneri a carico dei cittadini, grave diminuzione dell'avviamento e mantenimento nella pratica sportiva e motoria, soprattutto per le fasce più disagiate della popolazione;
    c) definire caratteristiche e tipologia delle attività non agonistiche, onde evitare la richiesta di certificazioni non appropriate ai praticanti attività ludico motorie che svolgono tali attività nell'ambito di associazioni e società sportive affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, cosa che evidenzia a giudizio dei firmatari del presente atto, la manifesta illogicità della norma che, di fatto, prevede una diversa tutela sanitaria per i cittadini, che svolgono identica attività, in relazione all'appartenenza associativa e allo status dell'organizzatore;
    d) assicurare almeno per i minori, anziani e i disabili la gratuità delle prestazioni sanitarie finalizzate all'avviamento, al mantenimento ed alla sicurezza nella pratica motoria e sportiva.
(7-00636) «Lenzi, Molea, Fossati, Gelli, Nicchi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   nella risposta all'interpellanza urgente n. 2-00765 dell'onorevole Pesco e altri del 29 novembre 2014, al quesito degli interroganti «se possano essere suffragate le ipotesi già formulate dal Der Spiegel nel 2012 secondo cui a Helmut Kohl sarebbe stato segnalato da esperti che l'Italia abbia usato contratti derivati per raggiungere i criteri imposti dalla creazione della moneta unica» il rappresentante del Governo a giudizio degli interpellanti ha aggirato il quesito posto;
   la risposta del Presidente del Consiglio all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-01198 dell'onorevole Cecconi e altri del 2 dicembre 2014 entra in contraddizione con quanto sostenuto dalla dottoressa Cannata, della direzione debito pubblico, nella memoria depositata il 10 febbraio 2015 nell'ambito dell'indagine conoscitiva presso le Commissioni bilancio e finanze della Camera. Il Primo Ministro ad avviso degli interpellanti è smentito nella sostanza anche dall'Ufficio parlamentare di bilancio con il Focus n. 3/9 febbraio 2015. Quindi il definire «ardito gioco della mente» la correlazione tra le garanzie bilaterali per cassa e la «povertà», desta altissimo allarme per la mancata conoscenza minima delle norme relative alla stessa legge di stabilità 2015: le garanzie ex novo verranno emesse grazie alla legge di stabilità 2015, ignorando di fatto i conflitti di interesse tra le banche «specialiste» contemporaneamente controparti per le emissioni titoli di Stato sui mercati regolamentati e per la sottoscrizione di contratti derivati e creditizi bilaterali (riservati e tutt'altro che trasparenti), e le agenzie di rating, rendendo evidente l'inadeguatezza, a detta degli interpellanti, di questo Governo e del Presidente del Consiglio;
   in risposta all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea dell'11 febbraio 2015, n. 3-01297 dell'onorevole Sorial e altri (dopo non aver ricevuto alcuna risposta all'interrogazione con risposta scritta n. 4-06710 del 31 ottobre 2014) in ordine agli «Intendimenti del Governo in merito alla costituzione di parte civile nell'ambito dei processi in corso presso il tribunale di Trani nei confronti di alcune agenzie di rating» il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, risponde per conto del Ministro dell'economia e delle finanze Padoan respingendo ogni ipotesi di connessione con le agenzie di rating, dimenticandosi della citata quanto inevasa interrogazione a risposta scritta n. 4-06710: tra i quesiti a cui non si è data alcuna risposta, vi era anche quello relativo al «contratto che lega Fitch al Ministero dell'economia e delle finanze per la fornitura di rating in relazione alle emissioni di titoli di debito della Repubblica italiana» il Ministro Boschi afferma, poi, in sostanza, che non sono riconducibili costi allo Stato dovuti al declassamento, non essendoci correlazioni con le agenzie di rating; di diverso parere la dottoressa Cannata che nella sua citata memoria in tema «Additional Termination Event»;
   in data 1o marzo 2015, Il Corriere della Sera, poi ripreso e ampliato da Il Fatto Quotidiano, in vista dell'udienza del 5 marzo 2015 a Trani, «Il declassamento fu una speculazione. Ma l'Italia scelse di pagare 2,5 miliardi – La Procura di Trani: i dubbi su Morgan Stanley che controlla l'agenzia che bocciò i conti» si focalizzava sulle carte aggiuntive depositate dal pubblico ministero Ruggiero in vista del processo contro le agenzie di rating Standard&Poor's e Fitch, riportando stralci della deposizione della dottoressa Cannata, ricordando anche che quando il Ministero dell'economia e delle finanze versò i 2,5 miliardi di euro alla Morgan Stanley, il suo vice-presidente e Country Head per l'Italia era Domenico Siniscalco: direttore generale del tesoro dal novembre 2001 a maggio 2005, e Ministro dell'economia e delle finanze da luglio 2004 a settembre 2005;
   nello stesso articolo del 1o marzo 2015, Il Corriere della Sera riporta uno stralcio della comunicazione inviata alla procura di Trani da parte della Consob, avente a oggetto «Procedimenti penali n. 3942/11 R.G.N.R. e n. 742/13 R.G.N.R. – Richiesta di informazioni e documenti» e facente riferimento al fax inviato in data 23 gennaio 2015 dalla Guardia di finanza di Bari, su delega del sostituto procuratore Michele Ruggiero della procura di Trani, in relazione alla causa che vede imputate Standard&Poor's e Fitch. Nella lettera attribuita alla Consob, si evince che a partire dal luglio 2011 (per la precisione dal 7 giugno 2011 per quanto previsto dall'articolo 4, paragrafo 3, lettere f), g) e h), dal 7 dicembre 2010 per l'articolo 4, paragrafo 1, e dal 20o giorno successivo alla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea – GU L 302 del 17 novembre 2009), la vigilanza sulle agenzie di rating è di competenza dell'ESMA (o AESFEM, Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), con l'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1060/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, relativo appunto alle agenzie di rating del credito. Ricordando che Standard&Poor's è stata appena condannata negli Stati Uniti a una multa di 1,5 miliardi di dollari per aver «gonfiato» i rating emessi, che Morgan Stanley possedeva indirettamente una partecipazione nella stessa, e che a oggi è stata negata la visione delle clausole contrattuali di qualsiasi contratto derivato sottoscritto dallo Stato italiano, e più che legittimo a detta degli interpellanti contestare la scelta tutt'altro che motivata e trasparente del Governo di non costituirsi parte civile nel processo di Trani;
   all'interrogazione a risposta immediata n. 3-01334 del 4 marzo 2015, sempre in tema processo di Trani, agenzie di rating e contratti derivati chiusi anticipatamente da Morgan Stanley per l'esercizio della clausola di estinzione anticipata, risponde il Ministro dell'economia e delle finanze Padoan: non conoscono gli interpellanti se e quali rapporti ci siano tra l'ex Ministro Siniscalco, vicepresidente di Morgan Stanley, e il Ministro Padoan, appurato lo scambio continuo di poltrone dirigenziali attraverso il sistema delle «porte girevoli» («Revolving doors», con i relativi rischi legati a possibili conflitti di interesse) tra mondo bancario/finanziario e quello istituzionale pubblico, ma appare agli interpellanti inaccettabile che il Ministro dell'economia e delle finanze, possa parlare in nome e per conto della Morgan Stanley e rispondere per essa delle sue azioni, omettendo (come già evidenziato: si veda la risposta del Ministro Boschi all'atto n. 3-01297) le connessioni societarie tra Morgan Stanley e la partecipata Standard&Poor's;
   il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Beretta, in risposta all'interpellanza urgente n. 2-00875, il 6 marzo 2015 in Assemblea confermava sostanzialmente quanto asserito dai precedenti rappresentanti del Governo: cambiano i nomi, ma in sostanza rimane invariato il «copione». Gli interpellanti sono rimasti però sorpresi dalla parte finale della risposta all'interpellanza in Aula da parte del Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Beretta che citando in tema di incompatibilità il comma 16-ter dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, afferma che «appare applicabile anche ai vertici ministeriali». Appare agli interpellanti appropriato, a questo punto, definire questo il Governo dell'apparenza: dai proclami mediatici, agli atti ufficiali d'Aula;
   la citata memoria della dottoressa Cannata attribuisce al decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 22 aprile 2005 (decreto cornice, da lei stessa emesso e firmato) il sostanziale riassunto delle norme per l'attività in derivati. Tale decreto rivolto a una nuova emissione di CCT settennali, richiama il decreto legislativo n. 396 del 2003 in tema di «forme di strumenti finanziari». L'articolo 2 del decreto legislativo n. 396 del 2003 definisce gli strumenti finanziari (comma 1, lettera a)) come: «gli strumenti finanziari previsti dall'articolo 1, comma 2, lettere b) e d), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, riguardante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria». Le citate lettere b) e d), articolo 1, comma 2 del decreto legislativo n. 58 del 1998 dispongono «b) strumenti del mercato monetario; d) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), “swap”, accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti», andando a riconnettere gli interest rate swap ai valori mobiliari. Tale relazione tra IRS e valori mobiliari, viene tra l'altro confermata anche in quanto disposto dal comma 572, articolo 1, della legge n. 147 del 2013 in tema di «Contenimento dell'uso degli strumenti derivati e dell'indebitamento delle regioni e degli enti locali» (che tra l'altro rendeva definitivo il divieto provvisorio per gli enti territoriali contenuto nell'articolo 62 del decreto-legge n. 112 del 2008, andandolo a modificare di conseguenza). Nella stessa memoria del 10 febbraio 2015 la dottoressa Cannata conferma, in assenza dei contratti sottoscritti, di fatto il mancato rispetto delle norme sopra esposte in termini di collegamento tra contratti derivati e valori mobiliari rappresentanti le passività sottostanti. È sufficiente infatti sfogliare il bollettino trimestrale n. 64 – gennaio 2015, per scoprire che la vita residua (ovvero quanti anni, calcolati ponderando scadenze e valori nozionali, mediamente manchino al rimborso) dei titoli di Stato al 31 dicembre 2014 è pari a 6,38 anni, in continua e costante discesa rispetto al valore massimo raggiunto nel 2010 pari a 7,20 anni. Dal sito del dipartimento del tesoro a fine dicembre 2014 risultano emissioni in CCT (scadenza massima 7 anni) pari a 119,15 miliardi di euro, a fronte dei 114,9 miliardi di euro di valore nozionale degli interest rate swap dichiarati nella memoria della dottoressa Cannata, nella quale lei stessa afferma «... la struttura del portafoglio derivati dello Stato, caratterizzato da scadenze lunghe e non collateralizzato ...». Ma non solo: cercando poi di spiegare la spirale che ha visto il nostro Paese in difficoltà nel gestire un assurdo susseguirsi di contratti derivati e creditizi sottoscritti (per scelta completamente discrezionale e qui messa in dubbio in termini di legittimità dagli interpellanti) con gli stessi specialisti in titoli di Stato (tra i quali banche partecipanti direttamente e/o indirettamente al capitale privato delle banche centrali dei singoli Paesi dell'Unione europea, i cui presidenti compongono il Comitato di Basilea che decide i criteri prudenziali e di vigilanza bancaria tra cui la riduzione dei rischi del cosiddetto Basilea III, e quindi delle esposizioni, verso gli Stati ormai ex-sovrani), la dottoressa Cannata sostanzialmente conferma le correlazioni che il Governo in Aula nega tra il declassamento del rating di Standard&Poors e il debito pubblico italiano, mentre il dirigente del dipartimento debito pubblico elogiando gli specialisti annuncia lo scampato pericolo di default. Proseguendo poi sul tema della «duration» conferma i dubbi degli interpellanti in merito allo svincolo tra i titoli di Stato rappresentativi del nostro debito pubblico (le nostre passività) ed i contratti derivati che ad essi dovevano ricollegarsi, e l'altamente potenziale conflitto di interessi che ne deriva, visto il venir meno di basi finanziarie per valutare una pur qualche minima convenienza economica nell'intraprendere il percorso dei derivati finanziari a fronte di altri strumenti ben collaudati e trasparenti di gestione del debito pubblico attraverso operazioni di emissione titoli e gestione monetaria, considerato anche il rigetto della richiesta di accesso agli atti presentata dai membri del Movimento 5 Stelle delle Commissioni bilancio e finanze della Camera (oggi oggetto di ricorso). Conflitti di interessi e scarsa trasparenza che secondo gli interpellanti vengono avvalorati sempre dalla dottoressa Cannata e dall'ufficio parlamentare di bilancio nel Focus 3/9 febbraio 2015. Non solo: anche la Corte dei Conti, con la Delibera n. 25/2008/G, esprime perplessità sul tutt'altro che trasparente mondo dei contratti derivati confermando quanto fin qui sottolineato sull'opacità di questi contratti conclusi lontano dai riflettori dei mercati regolamentati, ma con gli stessi attori che vi operano e che quindi possono avere canali privilegiati per ulteriori profitti a discapito dei semplici e comuni investitori e risparmiatori;
   a sottolineare la gravità, complessità e estensione del problema dei «contratti derivati» e relativi conflitti di interesse, anche in seguito a un'indagine conoscitiva del Senato, che comportò la conferma del divieto per gli enti locali di sottoscrivere nuove operazioni in strumenti finanziari derivati (decreto-legge n. 112 del 2008, articolo 62 poi confermato dal comma 572, articolo 1 della legge n. 147 del 2013) si riassume quanto rocambolescamente accaduto nel capoluogo lombardo: il 17 febbraio 2012 il comune di Milano ha deliberato una ristrutturazione di contratti derivati, sancendo un accordo transattivo nel procedimento legale aperto nei confronti di 4 banche. Processo che avrebbe potuto comportare l'interdizione delle stesse banche in causa a operare con la pubblica amministrazione, ma che a seguito del ritiro del comune di Milano, si è poi concluso con una «assoluzione» degli enti creditizi. L'accordo prevedeva (Term Sheet sulla proposta di accordo transattivo con le, e a parziale risoluzione consensuale anticipata delle operazioni in derivati con il Comune di Milano, PG118524/2012, 17 febbraio 2012) «al fine di comporre definitivamente tutte le controversie attuali e potenziali nascenti dalle, o in connessione alle, Operazioni Swap Esistenti, la risoluzione consensuale del solo IRS» (unico contratto con un valore di mercato positivo, sui tre sottoscritti e sui quali si è espressamente rinunciato a una qualsiasi forma di contenzioso «presente e futuro»), in cambio dell'emissione di diverse garanzie, in contanti e in titoli di Stato, utilizzando buona parte del credito nascente dall'estinzione anticipata dell'IRS, andando di fatto a ridefinire la struttura finanziaria dei rimanenti due contratti derivati (un Amortizing Swap e Credit Default Swap);
   offensivo e prepotente appare agli interpellanti il tentativo del Governo di aggirare, ripetutamente e con costanza, i quesiti posti, rispondendo solo parzialmente e con scarsa frequenza, citando formule tecniche spesso errate e/o decontestualizzate, volte a distrarre l'attenzione degli interroganti e degli organi competenti nel controllare eventuali attività illecite, illegittime o non consone ai ruoli istituzionali;
   nei quesiti posti in più occasioni, non si è fatto riferimento all'emissione dei titoli di Stato nei giorni immediatamente successivi o alla loro contrattazione sui mercati ufficiali, ma al danno che tali valutazioni al ribasso, se confermate come ingiustificate, possano aver comportato, ovvero una svalutazione dell'intero patrimonio italiano, con costi distribuiti su tutto il tessuto economico, privato e pubblico, passando non tanto dai prezzi di mercato dei titoli di Stato (ininfluenti dopo il collocamento, contando il valore di emissione e la cedola), ma dei costi derivanti dai flussi finanziari che ne conseguono, ivi inclusi quelli relativi alle operazioni sottoscritte al di fuori dei mercati regolamentati;
   sarebbero facilmente identificabili tutti i costi finanziari e amministrativi una volta ottenute copie dei contratti derivati sottoscritti dal Ministero dell'economia e delle finanze, che si ostina a non volerli rendere disponibili, con tutti i relativi allegati e contratti di consulenza. La stessa dottoressa Cannata ammette nella sua memoria del 10 febbraio 2015 la connessione diretta tra l'emissione di titoli di debito pubblico, le agenzie di rating, e le controparti istituzionali in titoli: le stesse dei derivati, che si avvantaggiano quindi tramite operazioni bilaterali e riservate di altre garanzie e profitti preclusi agli altri investitori e risparmiatori, ai danni dello Stato che con l'autorizzazione a stipulare garanzie bilaterali cede a detta degli interpellanti alle pressioni delle controparti specialiste in titoli di Stato –:
   se il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'economia e delle finanze, ciascuno per le proprie competenze, intendano assumere provvedimenti immediati in relazione alla totale mancanza di trasparenza, o quantomeno competenza, ad avviso degli interpellanti, dimostrata dai rappresentanti del Governo medesimo chiamati a rispondere in suo nome e conto, provvedendo a fornire finalmente dati corretti fino ad oggi negati anche ai parlamentari delle Commissioni bilancio e finanze, che avevano chiesto di accedere a tutti gli atti collegati ai contratti derivati e creditizi sottoscritti; nel caso contrario, se intendano palesare in modo dettagliato quali siano concretamente i «rischi speculativi» (infondati per gli interpellanti) ai quali è stato solo brevemente fatto riferimento in Commissione finanze dalla dottoressa Cannata durante l'indagine conoscitiva che potrebbero generarsi da un'eccessiva trasparenza;
   se risulti quale mandato abbia consentito al Ministero dell'economia e delle finanze, nonostante fossero già iniziate le indagini penali sui possibili interessi speculativi delle agenzie di rating S&P e Fitch finite poi con un rinvio a giudizio di alcuni loro dirigenti sotto processo a Trani, per conto dell'Italia, che ai tempi di Mario Draghi direttore generale del tesoro, aveva firmato una clausola capestro e vessatoria con Morgan Stanley prevedendo una risoluzione contrattuale unilaterale in caso di declassamento che permetteva alla sola banca di estinguere i contratti derivati prima della scadenza, con il pagamento di 2,5 miliardi di euro, estinguendo, rinegoziando e ristrutturando i contratti derivati con la controparte e quale voce contabile fosse autorizzata per tale transazione (disponibilità e riserve attive del conto interessi);
   quale sia l'ammontare degli eventuali fondi rischi, se esistenti (obbligatori per gli enti locali), connessi alle operazioni in derivati e se trovi conferma che nel 2012 si sia utilizzato tale fondo per l'estinzione dei contratti derivati Morgan Stanley;
   se l'esercizio dell'opzione contenuta nel contratto quadro ISDA sottoscritto tra Morgan Stanley e lo Stato italiano abbia riguardato tutti i contratti a esso riferibili;
   se con Morgan Stanley fossero stati sottoscritti contratti derivati, riconducibili o meno al contratto quadro citato, nei due anni antecedenti il downgrade effettuato da Standard&Poor's;
   se esistano contratti derivati sottoscritti dallo Stato per i quali non vi sia una passività sottostante della stessa durata;
   quali siano i livelli di esposizione di Morgan Stanley con lo Stato italiano, ripartiti per singoli limiti e singole tipologie di operazioni, in seguito a ogni singola sottoscrizione/acquisto e/o estinzione/cessione nei due anni antecedenti il downgrade effettuato da Standard&Poor's;
   se ci siano azioni che il Governo intenda o possa intraprendere in relazione al mancato rispetto da parte degli enti locali delle norme inerenti ai contratti finanziari di tipo derivato e creditizio previste dall'articolo 62 del decreto-legge n. 118 del 2008 e confermate dal comma 572, articolo 1, legge n. 147 del 2013;
   se il Governo possa escludere a priori la presenza nei contratti derivati sottoscritti dallo Stato italiano di quelle condizioni e clausole che in diversi casi hanno portato all'annullamento dei contratti sottoscritti dai comuni italiani (ad esempio il comune di Acqui Terme, annullati i contratti derivati con Unicredit, tramite C.R.T., o il comune di Cattolica, che ha visto condannata la BNL);
   se possa escludere del tutto la possibilità che siano stati sottoscritti da parte dello Stato contratti derivati al solo fine di trarne come vantaggio un'immediata liquidità a fronte di un rischioso debito prorogato nel tempo;
   se a fronte di operazioni di copertura dei rischi di tasso, come gli IRS, nate come tutela del debito pubblico a breve/medio termine considerato e considerabile a tasso variabile, rappresentato da Bot, Ctz e Cct, l'allungamento della «duration» più volte ribadito nella memoria della dottoressa Cannata per le varie ristrutturazioni succedutesi dei contratti derivati e creditizi, dove viene addirittura preso in considerazione e a riferimento anche il tasso Irs a 30 anni, sia congruente con qualsiasi principio di prudenzialità, facendo correre rischi non calcolabili per lo Stato italiano così esposto nei confronti di controparti private anche e ben oltre il termine di scadenza del debito sottostante impegnandone ingiustificatamente risorse finanziarie;
   alla luce di quanto esposto, quali siano le ragioni della reticenza del Governo, del Ministro Padoan e dei suoi sottosegretari e dirigenti, nel fornire le copie dei contratti derivati sottoscritti dal (o in nome e per conto del) Ministero dell'economia e delle finanze unitamente alla decisione di non costituirsi parte civile nel processo istruito presso la procura di Trani avverso le agenzie di rating Standard&Poor's e Fitch;
   se e come il Governo, oltre a procedere immediatamente a tutelare i diritti di cittadini italiani, intenda garantire, per quanto di competenza, ai pubblici ministeri coinvolti nelle inchieste di cui in premessa una leale collaborazione e trasparenza, oltre a una maggiore tutela in termini di sicurezza personale, visto l'impegno in indagini delicate contro i colossi dell'economia che, mentre in America patteggiano per i loro crimini economici, al contrario in Italia sembrano spadroneggiare in un sistema che secondo gli interpellanti implica inevitabilmente una responsabilità delle istituzioni.
(2-00910) «Pesco».

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in data 29 gennaio 2015, il commissario delegato per gli eventi alluvionali nella provincia di Foggia, verificatisi fra il 1o e il 6 settembre 2014, ha predisposto e inviato al capo dipartimento della protezione civile, così come stabilito dalla delibera del Consiglio dei ministri del 23 ottobre del 2014 che dichiarava lo stato di emergenza, il «piano degli interventi» nei limiti dei 10.500.000 euro, prevedendo l'assegnazione dei fondi ai comuni;
   alla data odierna e quindi a circa due mesi dall'invio del «piano degli interventi» il commissario delegato a quanto consta all'interrogante, non avrebbe ricevuto alcuna risposta dal capo dipartimento della protezione civile, né rispetto alla definizione del piano, né tanto meno rispetto ai tempi di disponibilità delle risorse stanziate;
   la disponibilità dei fondi stanziati, per altro largamente insufficienti rispetto ai danni subiti dal territorio, ha carattere di urgenza, considerato che la regione Puglia ha già stanziato e messo nella disponibilità dei sindaci circa 2.000.000 euro che i sindaci hanno provveduto a far realizzare già alcune importanti opere di ripristino e di tutela del territorio e che le opere di manutenzione da realizzare (incluse le locali demolizioni e ripristino dello stato naturale del reticolo idrografico) sono di importanza vitale per quei territori, sia per ragioni di sicurezza, sia per ragioni economiche, dal momento che ci avvicinano alla stagione di maggior afflusso dei turisti –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se non ritenga che i lavori abbiano carattere di urgenza;
   se non ritenga doveroso intervenire e mettere nelle disponibilità dei sindaci i fondi richiesti, come riportati dal piano degli interventi, nel più breve tempo possibile. (4-08531)


   FRUSONE e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dal quotidiano Il Fatto Quotidiano che le ore di volo della flotta degli aerei di Stato, sarebbero state nel 2014, seimila ore;
   nell'articolo viene menzionato il confronto tra i vari governi che si sono susseguiti e sembrerebbe che solamente nel periodo in cui ci fu il premier Berlusconi, si arrivò a toccare questo numero di ore di volo;
   facendo un rapido calcolo, seimila ore di volo vorrebbero dire che per 16 ore e mezzo al giorno ci sarebbe un aereo di Stato in volo;
   sono purtroppo numerose le vicende che hanno sorpreso il premier Renzi ad utilizzare in modo secondo gli interroganti inappropriato il volo di Stato, come ad esempio la scelta di utilizzare l'aereo blu per andare in vacanza a Courmayeur;
   da una fonte più che autorevole, come il generale Leonardo Tricarico, che tra i molti ruoli ha ricoperto anche quello di capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica e oggi guida un think tank (ICSA) che si occupa di difesa, intelligence e strategie militari, arriva la seguente dichiarazione «Le seimila ore sono troppe ... Purtroppo, a parte brevi parentesi, non c’è mai stata una trasparenza: il riserbo sull'uso degli aerei è storicamente impenetrabile ... Purtroppo nascondersi dietro le ragioni della sicurezza non basta»;
   seimila ore di volo vuol dire un costo che si aggira attorno ai 50 milioni di euro l'anno e solo un quarto di questi soldi verrebbe pagata all'aeronautica dalla Presidenza del Consiglio. Secondo il generale Tricarico «Nel 2012 l'Aeronautica vantava un credito di 250 milioni di euro e con il tempo lo Stato ha iniziato a pagare, ma sono soldi sottratti alle ragioni per le quali l'Aeronautica è nata: un obiettivo di difesa e non gestire i voli di Stato»;
   sembrerebbe, inoltre, che l’hangar di Ciampino del 31esimo stormo, si sia enormemente ingrandito tanto da far risultare nella flotta di palazzo Chigi: otto velivoli ad ala fissa e due elicotteri, cui si aggiungono due jet, tre airbus (1 da 48 posti e 2 da 36), sette Falcon (da 9, 12 e 16 posti), due elicotteri Agusta AW 139 –:
   se i fatti elencati in premessa corrispondano al vero;
   se non s'intenda chiarire nel dettaglio le seimila ore di utilizzo dei voli di Stato;
   se non sia necessario, alla luce dei fatti succitati, promuovere un'operazione di trasparenza che renderebbe inutili lo svolgimento di opinabili indagini interne volte ad identificare il personale che «svelerebbe» l'utilizzo di velivoli pagati con soldi pubblici;
   come sia possibile che, in un'ottica di spending review a cui deve sottostare un intero Paese, la Presidenza del Consiglio non ritenga doveroso ridurre l'utilizzo dei voli di Stato e la flotta dedicata. (4-08535)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO, SPESSOTTO e DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Massimo Garbini, già amministratore unico in ENAV spa, dal 22 novembre 2011 al 26 settembre 2014, è stato nominato il 5 dicembre 2014 managing director di Sesar Deployment Alliance, il consorzio che riunisce tutti i service provider incaricati di pianificare e coordinare le attività di miglioramento dello spazio aereo europeo. La Commissione europea, infatti, ha siglato un accordo da 3,3 miliardi di euro nell'ambito del progetto SESAR (Single european Sky ATM research) gestito dal consorzio SESAR Joint Undertaking, il partenariato pubblico-privato per la ricerca sulla gestione del traffico aereo nel cielo unico europeo, con l'intento di sviluppare progetti comuni e modernizzare il sistema per la gestione del traffico aereo (ATM) in Europa. Sesar Deployment Alliance, guidato da Garbini, dal prossimo 1o gennaio 2016 dovrà garantire l'applicazione delle tecnologie e delle soluzioni già collaudate e convalidate dal consorzio SESAR Joint Undertaking a cui l'Unione europea ha demandato il compito della messa in opera e dell'implementazione del piano di sviluppo del Cielo unico Europeo;
   l'Ente di assistenza al volo italiano è tra i principali partner del consorzio di Società per il completamento dello spazio aereo europeo SESAR Joint Undertaking dall'agosto 2009;
   è noto che a distanza di pochi giorni dalla mancata riconferma in ENAV spa, Massimo Garbini è stato assunto in IDS (Ingegneria di sistemi), società italiana che si occupa di sistemi informatici del traffico aereo, da anni uno dei maggiori fornitori di ENAV e questo ad avviso degli interroganti in sostanziale contrasto con l'articolo 21 del decreto legislativo n. 39 del 2013 «Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190, che dispone che i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni, non possono volgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. Pertanto i contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dalla sopracitata norma sono nulli ed è fatto obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti;
   dal 19 settembre 2014 ENAV spa è senza un amministratore delegato avendo, l'azionista unico, il Ministero dell'economia e delle finanze, nominato un consiglio di amministrazione di 3 membri, di cui uno nominato presidente, la dottoressa Maria Teresa Di Matteo attualmente titolare di un incarico di diretta collaborazione presso il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
   ENAV spa è un'azienda operativa ad alta tecnologia che richiede continui investimenti nel settore per poter garantire la safety del trasporto aereo in Italia. Inoltre ha numerosi impegni internazionali a livello comunitario, europeo e mondiale che richiedono un'adeguata direzione e strategia aziendale, oggi non possibile vista la perdurante assenza dei vertici della società;
   alla luce degli impegni assunti dall'Italia nel contesto del pacchetto legislativo del Single European Sky, ENAV spa ha un ruolo fondamentale e di grande impegno in termini di sinergia con ENAC, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero della difesa (aeronautica militare) per far assolvere all'Italia gli adempimenti previsti dalla predetta legislazione comunitaria –:
   quali siano le ragioni di un tale ritardo nella nomina di vertici di un'azienda strategica, controllata interamente dal Governo italiano, e come e quando si intenda colmare questa gravissima lacuna nominando il futuro Amministratore delegato di ENAV spa;
   se a seguito della prolungata assenza di un amministratore delegato di ENAV spa possano rilevarsi dei rischi per la safety del controllo del traffico aereo in Italia;
   se il Governo sia a conoscenza che il signor Massimo Garbini, già amministratore unico di ENAV spa, sia ora managing director di Sesar Deployment Alliance, braccio operativo del consorzio nominato dalla Commissione europea per gestire 3,3 miliardi di euro di investimenti nel settore del controllo del traffico aereo, oltre che, a giudizio degli interroganti in conflitto di interessi, Vicepresidente Senior di IDS, società italiana che si occupa di sistemi informatici del traffico aereo. (4-08537)


   FICO, COLONNESE e SIBILIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la legge 7 giugno 2000, n. 150, istituzionalizza le attività di comunicazione e di informazione delle pubbliche amministrazioni, in attuazione dei principi di trasparenza e di efficacia dell'azione amministrativa;
   le attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni, lungi dal rivestire una funzione propagandistica, sono volte, fra le altre finalità, a illustrare le attività delle istituzioni, a favorire la conoscenza delle innovazioni normative e a promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e sociale;
   le attività di informazione e comunicazione possano esplicarsi, oltre che attraverso programmi di comunicazione istituzionale non pubblicitaria, anche attraverso la pubblicità;
   ai sensi dell'articolo 3 della citata legge, la Presidenza del Consiglio dei ministri determina i messaggi di «utilità sociale e di pubblico interesse» che, sia pure nei limiti temporali stabiliti dallo stesso articolo, sono trasmessi a titolo gratuito dalla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, ai sensi dell'articolo 45, comma 2, lettera g), del decreto legislativo n. 177 del 2005;
   i progetti di comunicazione a carattere pubblicitario sono trasmessi da ciascuna amministrazione al dipartimento per informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, che ne approva l'esecuzione e svolge funzioni di coordinamento, orientamento e consulenza alle singole amministrazioni;
   ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo n. 177 del 2005, le somme impegnate nell'anno solare da ciascuna amministrazione per l'acquisto di spazi sui mezzi di comunicazione di massa, devono essere destinate per almeno il 15 per cento a favore dell'emittenza privata televisiva e radiofonica locale operante nei territori dei Paesi membri dell'Unione europea, e per almeno il 50 per cento ai giornali quotidiani e periodici, anche in formato elettronico, ovvero alle emittenti radiofoniche che trasmettono quotidianamente programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per almeno il 25 per cento delle ore di trasmissione;
   secondo la direttiva del sottosegretario di Stato pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri Paolo Bonaiuti del 28 settembre 2009, avente ad oggetto gli indirizzi interpretativi ed applicativi del citato articolo 41, per mezzi di comunicazione di massa devono intendersi la stampa quotidiana e periodica, internet, i mezzi di diffusione radiotelevisiva, le sale cinematografiche, le reti mobili di comunicazione elettronica, le pubbliche affissioni;
   l'articolo 6, comma 8, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, stabilisce che a decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche non possono effettuare spese per pubblicità per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalità;
   sono tenuti all'applicazione delle citate disposizioni tutti i soggetti di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993, ovvero tutte le pubbliche amministrazioni individuabili come soggetti giuridici autonomi, ivi comprese le aziende statali ad ordinamento autonomo;
   entro il 31 marzo di ogni anno, i medesimi soggetti comunicano all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni le somme che hanno impegnato per l'acquisto di spazi pubblicitari, indicando le percentuali relative alle spese dell'ultimo esercizio finanziario. All'AGCOM spetta il compito di vigilare sull'osservanza delle quote di destinazione di cui al citato articolo 41. Le eventuali sanzioni pecuniarie previste dalla legge appaiono agli interroganti non soltanto di entità assolutamente irrisoria (e dunque senza alcuna funzione deterrente) ma anche irrazionali, dal momento che sono irrogate nei confronti del responsabile del procedimento che risponde sia della comunicazione dei dati di spesa della propria amministrazione sia del rispetto delle percentuali di destinazione;
   in un articolo pubblicato il 14 marzo 2015 sul Fatto Quotidiano si fa riferimento ad uno studio della società Nielsen sul mercato pubblicitario, con particolare riferimento alle spese pubblicitarie del Governo in carica e del precedente;
   secondo i dati riportati nell'articolo, nel corso del 2013 il Governo italiano, nel suo complesso, ha destinato 539 mila euro per pubblicità sulle reti televisive di Mediaset (ovvero il 10 per cento della pubblicità governativa), mentre nel 2014 ha impegnato sulle stesse reti televisive 2,5 milioni di euro, pari a circa il 57 per cento degli investimenti in pubblicità istituzionale: una crescita enorme, pari al 369 per cento;
   parallelamente alla crescita esponenziale degli investimenti pubblicitari sulle reti Mediaset, si sarebbe progressivamente ridotta la pubblicità sui portali internet: 1,7 milioni di euro impegnati dal Governo Letta, circa 500 mila euro impegnati dal Governo Renzi. Risulterebbero invece quasi irrilevanti i finanziamenti pubblicitari sulle reti Sky e La7, nonché quelli per la pubblicità nelle sale cinematografiche;
   fra i soggetti pubblici che hanno più investito nella pubblicità attraverso le reti Mediaset spicca la Cassa depositi e prestiti, controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze e organismo di diritto pubblico, che per far conoscere l'acquisto di obbligazioni di Cdp ha investito 2,5 milioni di euro, di cui quasi un milione sulle reti Mediaset, circa il doppio rispetto a quanto versato in favore della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo;
   appare eclatante il dato relativo alle campagne di informazione del Ministero della salute nel 2014, costate circa due milioni di euro, la cui quasi totalità (1,7 milioni) per l'acquisto di spazi pubblicitari sulle reti Mediaset;
   una strategia analoga è stata adottata dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo 631 mila euro su 800 mila per l'acquisto di spazi pubblicitari su Mediaset (zero euro, invece, con il predecessore Massimo Bray);
   se questi dati fossero confermati, ne deriverebbero plurime violazioni del rispetto delle percentuali di destinazione stabilite dal citato articolo 41;
   al di là delle eventuali violazioni delle percentuali previste dalla legge, l'ammontare complessivo e soprattutto i criteri di destinazione degli investimenti governativi per la pubblicità coinvolgono profili di trasparenza, responsabilità politica, coerenza, soprattutto nell'attuale situazione economico-finanziaria;
   anche alla luce di tali principi appare agli interroganti inopportuno e irresponsabile da parte del Governo investire somme così ingenti per l'acquisto di spazi pubblicitari sulle reti del principale operatore radiotelevisivo privato, che già in passato, in quella che agli interroganti appare una situazione di evidente conflitto d'interessi del Presidente del Consiglio pro tempore Silvio Berlusconi ha beneficiato di ingenti risorse pubbliche per le medesime finalità pubblicitarie –:
   se i dati citati in premessa corrispondano al vero;
   quale sia stato l'ammontare della spesa per investimenti pubblicitari effettuati nel 2014 dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai singoli dicasteri, e come esso sia stato precisamente ripartito fra i diversi mezzi di comunicazione di massa di cui all'articolo 41 del decreto legislativo n. 177 del 2005;
   se e quali amministrazioni facenti capo al Governo non abbiano osservato, nell'esercizio finanziario concluso, le quote di destinazione previste dal citato articolo 41 relativamente all'emittenza privata televisiva e radiofonica locale e alla stampa quotidiana e periodica;
   quale sia, sempre nell'anno 2014, la percentuale degli investimenti pubblicitari di ciascuna amministrazione afferente al Governo, nonché del Governo nel suo complesso, sulle reti televisive di Mediaset;
   come si concili un investimento pubblicitario così significativo sul mezzo radiotelevisivo, per giunta a favore del principale operatore televisivo privato, con la strategia governativa di promozione e di utilizzo della rete internet;
   sulla base di quali ragioni e di quali specifici criteri il Governo abbia deliberato un tale aumento, rispetto al Governo precedente, della spesa per investimenti pubblicitari sulle reti televisive di Mediaset;
   se non ritenga coerente e responsabile, anche alla luce della situazione economico-finanziaria del Paese, ricorrere quanto più possibile agli spazi offerti dalla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo per la diffusione dei messaggi di utilità sociale e degli spot, riducendo al minimo indispensabile la spesa per l'acquisto di spazi pubblicitari sulle emittenti private, fermo restando il rispetto delle quote di destinazione di cui al citato articolo 41;
   quali iniziative intenda assumere al fine di una pronta rivisitazione del quadro normativo in materia di pubblicità delle pubbliche amministrazioni attraverso i mezzi di comunicazione di massa, con particolare riferimento al sistema sanzionatorio, che per le ragioni esposte in premessa appare agli interroganti del tutto inefficace e viziato da elementi di irrazionalità. (4-08539)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta immediata:


   OTTOBRE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 22 novembre 2012 a Parigi, nel corso della 152o assemblea generale dell'Ufficio internazionale delle esposizioni, è avvenuta la selezione della città organizzatrice dell'Expo 2017 ovvero Astana, in Kazakistan, che si è aggiudicata tale prestigioso evento con 103 voti, contro i 44 dell'unica ulteriore candidata: Liegi, in Belgio;
   l'Expo 2017 (ufficialmente Esposizione riconosciuta dall'Ufficio internazionale delle esposizioni) si prevede avrà luogo tra il 10 giugno e il 10 settembre 2017;
   l'esposizione verterà su una questione di fondamentale centralità per l'economia dei Paesi occidentali e non, ovvero sulla future energy (energia del futuro), e l'obiettivo è quello di ottenere fonti di energia sempre più pulite e a lanciare un forte segnale è uno fra i Paesi produttori di petrolio;
   si tratta di un tema di particolare attualità, inerente all'energia nelle sue diverse forme di alimentazione e al suo rapporto con l'ambiente, con particolare riferimento al risparmio energetico, riduzioni di emissioni di anidride carbonica e nuove tecnologie che dovrebbero occuparsi di energie rinnovabili e di efficienza energetica, ma riguarderà anche l'edilizia, ovvero la costruzione di pannelli fotovoltaici, di edifici dotati di impianti alimentati da fonti rinnovabili e conformi alle nuove normative;
   in tale prospettiva è stato preliminarmente presentato un sito da 25 ettari e un programma che prevede la partecipazione di più di 100 Paesi e circa 6 organizzazioni internazionali, per una platea di 7 milioni di visitatori;
   l'evento si svolgerà in un Paese che rappresenta il cuore dell'Eurasia, locato in una posizione geografica che ha reso la nazione kazaka un crocevia di importanti corridoi di transito dall'Asia verso l'Europa, dal momento che il varco stradale transcontinentale «Europa occidentale-Cina occidentale» passa attraverso il territorio del Kazakistan (in un percorso permetterà di consegnare la merce dalla Cina verso l'Europa per il periodo di 10 giorni);
   la regola generale vuole che ogni Stato abbia diritto a richiedere uno spazio espositivo confacente alle proprie potenzialità, visto il prestigio, la visibilità e il valore aggiunto concesso dalla partecipazione a un evento di portata globale come Expo 2017. Lo spazio concesso a ogni nazione è attribuito in base all'ordine di presentazione della richiesta: pertanto, coloro i quali si adoperano per primi nel reclamare il padiglione avranno facoltà di scegliere l'area migliore e più confacente ai propri bisogni;
   nonostante ciò e vista, altresì, la rilevanza tematica della materia proposta dalla città kazaka, il Governo italiano non ha ancora aderito all'iniziativa con un'idonea richiesta di un padiglione presso l'Expo 2017;
   Expo 2017 affronta questioni fondamentali che spesso non riscontrano l'interesse dovuto da parte dei Governi, senza considerare che, nonostante le scoperte in ambito tecnologico, l'inquinamento resta ancora un problema difficile da gestire. La questione del surriscaldamento globale, l'effetto serra e l'eccessiva presenza di emissioni di anidride carbonica nell'aria sono complicazioni effettive che gli Stati in tutto il globo si trovano a dover affrontare –:
   se il Ministro interrogato ritenga di intervenire affinché l'Italia prenda immediati provvedimenti presentando richiesta, presso la Commissione di Expo 2017, al fine di partecipare a tale manifestazione di importanza globale per ottenere un padiglione idoneo al valore che un Paese come l'Italia può offrire ad un appuntamento orientato a tali obiettivi. (3-01384)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALPERTI, DONATI, MARCO DI MAIO, D'INCECCO, DELL'ARINGA, FUSILLI, FOLINO, TARTAGLIONE, FEDI e VALIANTE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le relazioni economiche e commerciali tra Italia e Taiwan, nonostante questi anni di crisi, hanno continuato a registrare un costante anche se limitato incremento e si avvicinano, nell'interscambio commerciale, al volume di 4 miliardi di euro annui, collocando però l'Italia solo al 5o posto tra i paesi della Unione europea dopo Germania, Gran Bretagna, Olanda e Francia;
   questo sviluppo poteva senz'altro essere migliore, nell'interesse del mondo del lavoro italiano, se la presenza istituzionale italiana a Taipei – da anni non proporzionata alla importanza di Taiwan, 18o economia del mondo, e alle opportunità che essa offre al sistema delle imprese italiane, anche in relazione alla sua formidabile connessione con l'economia del continente cinese – fosse stata adeguatamente rafforzata dai precedenti Governi;
   la debolezza della presenza italiana a Taipei fa anche risaltare lo svantaggio competitivo il nostro Paese subisce rispetto alle strutture degli altri più importanti Paesi europei, assai più consistenti e dinamiche di quella italiana;
   numerosi Governi di Paesi della Unione europea – più grandi e più piccoli del nostro e tutti, come l'Italia, pienamente rispettosi del tassativo principio della «One China Policy» – da anni promuovono le relazioni sostanziali con Taiwan anche inviando a Taipei, in missioni di lavoro, membri dei loro Governi con specifiche competenze economiche, commerciali, finanziarie, scientifiche e culturali. I due più recenti casi, nei mesi scorsi, sono stati quelli, delle delegazioni guidate dal Ministro dei trasporti del Regno Unito e dal Vice Ministro dell'industria e commercio della Repubblica Ceca. Sono inoltre noti i casi che riguardano analoghi esponenti di altri Paesi tra i quali Germania, Francia, Polonia, Svezia, Ungheria;
   tali missioni, come risulta agli interroganti, hanno generato, nei Paesi europei promotori, significativi effetti positivi nell'interscambio e nell'attrazione di investimenti taiwanesi;
   la prossima sessione annuale dei lavori del Foro italo-taiwanese di cooperazione economica – di cui si attende quanto prima dal Ministro dello sviluppo economico la fissazione della data di svolgimento – potrà rappresentare l'appropriata sede per impostare un'azione coordinata e organica, tra tutte le componenti italiane interessate, affinché si realizzino le necessarie e appropriate azioni finalizzate all'incremento dei rapporti economici tra i due Paesi –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano concretamente adottare per rafforzare l'Ufficio italiano di promozione economica a Taipei e per dare impulso ad attività promozionali e incentivanti – analoghe a quelle da lungo tempo attuate da tanti altri Paesi della Unione europea – utili a favorire lo sviluppo delle relazioni commerciali, industriali, finanziarie, scientifiche e culturali italiane con Taiwan.
  (5-05124)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 15 luglio 1935, il regime fascista, con decreto emanato dalla commissione provinciale di Roma per l'assegnazione al confino di polizia, condannò Carlo Levi a tre anni di confino da scontare presso il comune di Grassano in provincia di Matera;
   Carlo Levi giunse a Grassano il 3 agosto 1935 e qui vi rimase fino al 3 ottobre 1935 quando, a seguito di ulteriore disposizione da parte del prefetto di Matera, fu trasferito ad Aliano altro comune in provincia di Matera, comprensorio ancora più isolato;
   Carlo Levi è stato uno degli scrittori, nonché pittore, tra i più importanti del 900 italiano e con «Cristo si è fermato ad Eboli», romanzo autobiografico, pubblicato nel 1945, ha dato voce a un mondo sconosciuto, alla sofferenza nonché alla grande dignità del Mezzogiorno;
   il prossimo 3 agosto saranno trascorsi 80 anni dall'arrivo di Levi nel comune di Grassano e in Basilicata, terra nella quale ha voluto essere sepolto dopo la sua morte;
   in considerazione dell'assoluto rilievo del lavoro di Carlo Levi e della sua attività culturale questa ricorrenza necessiterebbe da parte del Governo di una adeguata celebrazione;
   tale ricorrenza tra l'altro cade nell'anno del settantesimo della Resistenza e costituisce un'occasione importante di riflessione sulle radici e i profili del totalitarismo nel nostro Paese e sul valore della cultura quale strumento di libertà;
   ci sono date che assumono un valore simbolico, assolutamente non trascurabile, in quanto l'oblio costituirebbe una sconfitta proprio per i valori fondanti della democrazia di questo Paese –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda promuovere in occasione del prossimo 3 agosto per ricordare la figura di Carlo Levi, negli anni del confino, nonché il valore e l'attività culturale espressa da uno straordinario protagonista del 900 italiano. (5-05123)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:


   CORDA, CIPRINI, CANCELLERI, SIBILIA, PESCO, VILLAROSA, ALBERTI, RUOCCO, PISANO, TRIPIEDI, COMINARDI, LOMBARDI, CHIMIENTI e DALL'OSSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la recente sentenza n. 37 del 17 marzo 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 8, comma 24, del decreto-legge n. 16 del 2012, nonché l'incostituzionalità dell'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, e dell'articolo 1, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 («milleproroghe 2015», approvato dall'attuale Governo), con le quali è stata prorogata la vigenza del detto articolo 8;
   la disposizione censurata, oltre ad autorizzare le Agenzie delle entrate, del territorio e delle dogane ad espletare procedure concorsuali per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti (da completarsi entro il 31 dicembre 2013), consentiva, da un lato, di far salvi, per il passato, gli incarichi dirigenziali già affidati dalle dette Agenzie a propri funzionari; dall'altro, nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali, di attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari (con lo stesso trattamento economico dei dirigenti), mediante la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato che consentiva alle Agenzie delle entrate di coprire, in attesa dei concorsi, le posizioni dirigenziali con il ricorso a contratti individuali di lavoro a termine stipulati con funzionari interni;
   secondo la Corte costituzionale con tale disposizione è stato eluso il principio secondo cui nel pubblico impiego anche le funzioni di dirigente si acquistano con il concorso pubblico ed anche nell'ipotesi in cui gli incarichi vadano al personale interno. In pratica, consentendo l'attribuzione di incarichi a funzionari privi della relativa qualifica, l'articolo 8, comma 24, del decreto-legge n. 16 del 2012 ha aggirato la regola costituzionale di accesso ai pubblici uffici mediante concorso, attribuendo la possibilità a funzionari, privi della relativa qualifica, di accedere ad un «ruolo» diverso nell'ambito della propria amministrazione. L'elusione della regola del pubblico concorso avrebbe così determinato un vulnus ai principi del buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa, in violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, determinando una diminuzione delle garanzie dei cittadini che confidano in un'amministrazione competente, imparziale ed efficiente;
   la stessa Corte costituzionale ha evidenziato nella sentenza come, dopo la proposizione della questione di legittimità costituzionale, il termine originariamente fissato per il «completamento» delle procedure concorsuali sia stato prorogato per ben due volte. Dapprima, l'articolo 1, comma 14, primo periodo, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 («Proroga di termini previsti da disposizioni legislative»), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, lo ha spostato al 31 dicembre 2014. Successivamente, l'attuale Governo lo ha ulteriormente prorogato al 30 giugno 2015 con l'articolo 1, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 («Proroga di termini previsti da disposizioni legislative»);
   la sentenza della Corte costituzionale ha posto fine all'accesa disputa relativa all'illegittimità delle nomine dei dirigenti delle dette agenzie ed alla quale il Governo Monti aveva cercato di porvi rimedio con la sanatoria di cui alla norma dichiarata incostituzionale; questione, peraltro, in più occasioni sottoposta al vaglio dei Governi, tra cui anche quello attualmente in carica: gli interroganti, infatti, già con diverse interrogazioni rimaste prive di riscontro (n. 4-00943 del 20 giugno 2013, n. 3-00525 del 19 dicembre 2013 e n. 4-03383 del 30 gennaio 2014) avevano sollevato il problema delle criticità di nomine avvenute in carenza dei presupposti e requisiti previsti dalla legge, nonché della mancanza di trasparenza nell'assegnazione degli incarichi di dirigente;
   la sentenza della Corte costituzionale ha posto in evidenza le gravi violazioni perpetrate con le scelte politiche del precedente Governo Monti;
   di tali inaccettabili violazioni deve senz'altro rispondere anche l'attuale Governo: è la stessa Corte costituzionale ad evidenziare come la disposizione sia stata da ultimo prorogata con il decreto-legge n. 192 del 2014 varato dall'attuale Governo Renzi. Al riguardo, vanno stigmatizzate le dichiarazioni apparse sulla stampa nazionale e rilasciate dal Ministro interrogato, con le quali è stato evidenziato che il lavoro dei dipendenti del fisco non è stato certamente facilitato dalla pronuncia della Corte costituzionale;
   inoltre, va sottolineato come l'illegittimità della nomine, oltre ad evidenziare la deprecabile violazione delle norme in materia di pubblico impiego e pari opportunità nelle progressioni di carriera dei funzionari, mette a rischio anche il gettito erariale, posto che gran parte degli avvisi inviati dall'Agenzia delle entrate e, a cascata, delle cartelle esattoriali notificate da Equitalia potrebbero risultare nulli, ove i primi risultassero firmati da dirigenti privi della relativa qualifica in quanto illegittimamente nominati;
   ogni altra sanatoria sarebbe tecnicamente incostituzionale, oltre che moralmente inaccettabile –:
   se, alla luce della sentenza della Corte costituzionale, quali iniziative intenda assumere per definire la questione dei «falsi dirigenti» e come intende scongiurare il rischio di grave contenzioso che lo Stato italiano dovrà affrontare, nella specie Equitalia e l'Agenzia delle entrate, derivante dall'impugnazione degli avvisi di accertamento e delle cartelle illegittime, contenzioso che potrebbe avere una portata dirompente per le casse dello Stato.
(3-01383)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

La VI Commissione:


   BARBANTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da fonti di stampa (http://www.ilfattoquotidiano.it) si apprende che da circa due mesi è atteso l'interrogatorio del presidente della Consob dinanzi alla procura di Roma per un'indagine su presunte irregolarità in una serie di nomine all'interno nella Commissione;
   al centro delle indagini del pubblico ministero Giuseppe Deodato spiccano le nomine dell'ex direttore generale Gaetano Caputi, recentemente sostituito da Angelo Apponi, ex capo della divisione emittenti che – secondo quanto emerso da indagini della procura di Milano su un ramo dell'inchiesta su Unipol-Fonsai – intratteneva rapporti «privilegiati» con il controllato Mediobanca;
   il pubblico ministero Deodato sembra stia indagando su altre nomine su «chiamata diretta», mettendo l'attenzione sulla gestione delle modalità delle assunzioni in Consob; giusto a novembre 2014 venne in risalto la stabilizzazione senza concorso di 43 «precari» tra cui erano ricompresi alcuni dei più stretti collaboratori del presidente Vegas;
   secondo una denuncia partita dall'Adusbef, da Federconsumatori e da alcuni sindacati interni, nel decidere tali assunzioni si sarebbero travalicati i poteri previsti dallo statuto;
   in merito, la proposta all'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-04467, a prima ferma del presentatore del presente atto di sindacato ispettivo, risultò alquanto insoddisfacente proprio nella parte riguardante le nomine di Apponi e Caputi; nessuna risposta venne fornita dal Governo, invece, sul quesito riguardante la mancata, nomina dei due commissari necessari a completare il collegio della Consob, come peraltro previsto dalla riforma voluta, nel giugno 2014, dal Presidente del Consiglio Renzi;
   il decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, recante disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari modificato, da ultimo, dal decreto-legge n. 90 del 2014, all'articolo 1, comma 3, recita: «La Commissione è composta da un presidente e da quattro membri, scelti tra persone di specifica e comprovata competenza ed esperienza e di indiscussa moralità e indipendenza, nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio stesso –:
   alla luce di quanto esposto in premessa se il Governo ritenga opportuna la permanenza alla presidenza della Consob di Giuseppe Vegas con riferimento ai requisiti di «indiscussa moralità e indipendenza» di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 95, del 1974, e se non intenda adottare le iniziative di competenza al riguardo. (5-05128)


   SBERNA e FAUTTILLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la sentenza n. 37 del 2015 della Corte Costituzionale, depositata il 17 marzo, è stata dichiarata l'illegittimità della proroga del conferimento di incarichi dirigenziali assegnati senza un concorso pubblico nelle Agenzie fiscali;
   la pubblicazione della sentenza nella «Gazzetta Ufficiale» determinerà, da quella data, la decadenza dall'incarico di tutti quei dirigenti, oggi operativi nelle agenzie delle entrate e nell'Agenzia delle dogane, nominati con la stipula di un contratto a termine e senza un concorso;
   la Corte, oltre a stabilire che «il conferimento di incarichi dirigenziali nell'ambito di un'amministrazione pubblica debba avvenire previo esperimento di un pubblico concorso, e che il concorso sia necessario anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio», ha sottolineato come anche il passaggio a una fascia funzionale superiore comporti «l'accesso a un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso»;
   pur sussistendo la possibilità di delega del potere accertativo da parte del dirigente anche a semplici funzionari, è chiaro che questa situazione potrà determinare un forte rischio di paralisi per gli uffici;
   secondo il sindacato Dirpubblica «un incalcolabile numero di atti e di circolari amministrative (interne ed esterne) rischia di essere travolto dalla nullità delle designazioni»;
   sarebbero circa 1.200 gli incarichi dirigenziali (secondo le sigle sindacali) affidati a funzionari senza concorso tra agenzia delle entrate e agenzia delle dogane, a fronte di 400 dirigenti di ruolo in via di esaurimento per raggiunti limiti di età –:
   se non si intenda pubblicare sul sito delle agenzie fiscali l'elenco dei dirigenti interessati dagli effetti della sentenza, al fine di garantire trasparenza e informazione ai cittadini e se si ritenga che gli atti prodotti da detti dirigenti siano ancora produttivi di effetti o se si debba valutarne la legittimità. (5-05129)


   VILLAROSA e PESCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   definendo il giudizio iscritto sub RG 579/2014, il Consiglio di Stato ha emesso la sentenza depositata in data 26 febbraio 2015 con la quale ha accolto il ricorso proposto dai signori Leodino Galli, Giovannino Antonini, Massimo Morelli, Pasquale Coreno, Cesare Cattuto, Gianfranco Binazzi e Marco Bellingacci;
   in particolare, nel riformare la sentenza di primo grado, il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittimi i decreti ministeriali emanati dal Ministero dell'economia e delle finanze n. 16 e n. 17 dell'8 febbraio 2013, con i quali era stato disposto lo scioglimento degli organi di amministrazione e controllo della Banca Popolare di Spoleto e la contestuale sottoposizione dell'istituto alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi dell'articolo 70, comma 1, lett. a) e b) del TUB;
   secondo il Consiglio di Stato, nel valutare la richiesta di commissariamento della Banca d'Italia, il Ministero si è limitato a rinviare «puramente e semplicemente agli atti ispettivi della Banca d'Italia senza averne preliminarmente esaminato in modo analitico il contenuto», con conseguente eccesso di potere per difetto di istruttoria: «il Ministro dell'economia e delle finanze, — si legge nella motivazione della sentenza – nel condividere gli esiti e le soluzioni contenuti nella proposta avanzata dall'autorità di vigilanza, avrebbe dovuto eseguire un'attività istruttoria, anche al fine di dare contezza della sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi necessari ad attivare la procedura di amministrazione straordinaria, nonostante, da un lato, il mutamento delle condizioni patrimoniali della Banca Popolare di Spoleto s.p.a. e, dall'altro, il giudizio positivo della Lega Nazionale Cooperative e Mutue»;
   a ben vedere, infatti, l'atto di impulso della Banca d'Italia costituisce una proposta obbligatoria, senza la quale, cioè, non potrebbe iniziarsi il procedimento che conduce all'eventuale scioglimento degli organi di amministrazione e controllo dell'istituto di credito; tuttavia, ciò non impone al Ministro dell'economia e delle finanze di accettarne in modo acritico e dogmatico il contenuto, in quanto l'ordinamento gli attribuisce la facoltà di discostarsi dalla proposta qualora non ritenga sussistenti i presupposti per disporre l'amministrazione straordinaria; in poche parole, la legge, come si legge anche nella sentenza, prevede che la Banca d'Italia emetta un «parere obbligatorio» e che il Ministro dell'economia e delle finanze «può disporre» l'amministrazione controllata. Il che «implica una valutazione discrezionale» che va adeguatamente motivata; nel caso della Banca popolare di Spoleto, invece, la Banca d'Italia ha inoltrato la proposta di commissariamento il 30 gennaio 2013 ed il Ministro dell'economia e delle finanze ha dato il suo assenso pochi giorni dopo, l'8 febbraio 2014, senza l'espletamento di alcuna istruttoria: circostanza, questa, peraltro verificatasi anche in altre occasioni, come nel caso del commissariamento della Banca Carichieti;
   la predetta sentenza, dunque, ha messo in rilievo l'illegittimità dei decreti ministeriali ed in particolare l'omessa istruttoria in merito alla richiesta di commissariamento pervenuta dalla Banca d'Italia; commissariamento peraltro non firmato dal Governatore Visco o dal «numero due» Salvatore Rossi, ma dal vicedirettore generale, con ulteriore profilo di illegittimità degli atti assunti dai commissari; ciò che più interessa è che la pronuncia del Consiglio di Stato ha di fatto inciso sulla validità del commissariamento della banca Popolare di Spoleto e degli atti posti in essere nel corso della procedura, tra cui anche la conseguente acquisizione dell'istituto da parte del Banco di Desio e della Brianza;
   inoltre, l'atteggiamento a giudizio degli interroganti incauto del Ministero nel caso della Banca popolare di Spoleto pone seri dubbi sull'affidabilità del controllo da esso esercitato; e ciò, soprattutto in vista degli ampi poteri di controllo e di intervento che si attribuiranno a breve alla Banca d'Italia –:
   quale posizione intenda assumere a seguito della decisione del Consiglio di Stato e come ritenga di poter rimediare al danno patrimoniale subito dagli azionisti a seguito dell'ingiusto commissariamento. (5-05130)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la sentenza n. 37 del 2015 la Corte Costituzionale, esprimendosi sulla questione di legittimità costituzionale, posta dal Consiglio di Stato con l'ordinanza n. 5451 del 2013, sull'articolo 8, comma 24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, grazie al quale erano state convalidate, in difetto delle relative procedure concorsuali prescritte dall'articolo 97 della Costituzione, le nomine a ruolo di dirigenti dei funzionari a cui aveva fatto ricorso, per carenza di organo direttivo, l'Agenzia delle entrate, ne ha dichiarato l'illegittimità con riferimento agli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione;
   per i giudici costituzionali la suddetta norma, pur se posta in relazione all'esigenza urgente e inderogabile di assicurare la funzionalità operativa delle strutture, dell'Agenzia volta a garantire una efficace attuazione delle misure di contrasto all'evasione, avrebbe contribuito all'indefinito protrarsi nel tempo di un'assegnazione temporanea di mansioni superiori, senza che contestualmente si fosse provveduto alla graduale copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica;
   ed invero lo stesso articolo 8 era intervenuto per sanare la situazione che si era venuta a determinare a far data dal 1992, da quando cioè l'Agenzia delle entrate, facendo ricorso a delle reggenze di natura provvisoria, ha illegittimamente autorizzato alcuni funzionari pubblici senza qualifica, né titoli, a firmare e trasmettere atti in qualità di dirigenti; con successivi decreti-legge, ultimo in ordine di tempo il cosiddetto decreto-legge «Milleproroghe 2015», è stata prorogata nel tempo l'efficacia di tale anomala nomina, al fine di scongiurare e sanare i vizi di legittimità degli atti firmati dai reggenti degli incarichi;
   l'Agenzia delle entrate, in tutti questi anni avrebbe esercitato eccesso di potere e sviamento di potere, ed oltrepassato, i limiti della propria autonomia regolamentare, violando, in tal modo, i principi fondamentali che governano l'accesso dei funzionari pubblici alla qualifica dirigenziale;
   sul piano dell'efficacia degli atti amministrativi, secondo una giurisprudenza oramai consolidata nel tempo, quando un atto è firmato da un soggetto privo dei poteri, si configura una causa di inesistenza dello stesso che, tra tutti i vizi, rappresenta la categoria più grave e insanabile, anche perché può essere fatta valere, oltre che d'ufficio, anche in ogni stato e grado del giudizio;
   è pertanto legittimo chiedersi, soprattutto a seguito di un pronunciamento simile con una portata dirompente per l'erario in termini di mancato gettito, quale sarà adesso la sorte di tutti quegli avvisi di accertamento firmati dal suddetto personale in difetto di potere e quindi viziati di legittimità, e, con essi delle relative cartelle esattoriali emesse da Equitalia, sulla scorta di tali atti; infatti, alla luce dello stesso pronunciamento, anche le cartelle esattoriali sarebbero del tutto inesistenti perché firmate da tali soggetti, che essendo oramai esautorati con effetto retroattivo dei relativi poteri, non avrebbero potuto neanche firmare i relativi accertamenti fiscali; inoltre, ad essere travolti dagli effetti della sentenza della Corte Costituzionale sarebbero circa 767 incarichi dirigenziali affidati su un totale di 1.143, e cioè più della metà dei dirigenti attualmente in ruolo: ciò significa che oltre il 50 per cento delle cartelle esattoriali, notificate sulla scorta di un avviso dell'Agenzia delle entrate, sarebbero illegittime;
   a seguito della suddetta sentenza tutte le associazioni di consumatori hanno minacciato di essere pronte a presentare, presso tutte le commissioni tributarie del Paese, centinaia di migliaia di ricorsi, qualora dal concessionario della riscossione (Equitalia) non arrivasse un segnale su come intende affrontare la questione relativa alle illegittime notifiche delle cartelle, bloccando immediatamente tutte le procedure esecutive in danno ai contribuenti;
   l'articolo 1, comma 8, del cosiddetto «decreto Milleproroghe 2015», ha ulteriormente prorogato, dal 30 giugno 2015 al 31 dicembre 2015, il termine per il completamento delle procedure concorsuali indette dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli e dall'Agenzia delle entrate per il reclutamento di dirigenti di seconda fascia, continuando ad autorizzare, nelle more, le stesse ad attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari grazie alla stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, norma destinata anch'essa a subire il giudizio d'illegittimità del suddetto articolo 8, comma 24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, e del quale dispone la modifica;
   il Ministro interrogato ha dichiarato di avere cognizione del problema e di essere alla ricerca di una soluzione che permetta «di risolverlo alla radice», anche per non vanificare quel prezioso lavoro che ha consentito, nel solo 2014, di recuperare dalla lotta all'evasione circa 14,2 miliardi di euro; 
   in vista dell'imminente pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale il Governo, secondo organi di stampa, starebbe lavorando all'ipotesi di un decreto-legge che disporrebbe una ulteriore proroga di due anni degli incarichi dirigenziali per arrivare rapidamente ad un concorso aperto anche a soggetti esterni alle agenzie fiscali, ma con una riserva per i dirigenti «incaricati», soluzione che però, a parere dell'interrogante, eluderebbe, per tutte le ragioni fin qui esposte, la pronuncia della Consulta;
   la gravità della situazione che si è venuta a determinare richiederebbe un intervento d'urgenza per evitare, da un lato, la completa paralisi delle agenzie fiscali e, dall'altro, l'enorme danno erariale in termini di mancato gettito –:
   come pensi affrontare e risolvere l'intera vicenda esposta in premessa e quale sarà il destino di tutti quegli atti posti in essere nel tempo dai dirigenti illegittimamente nominati. (5-05131)


   CAUSI e RIBAUDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 8, comma 24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, autorizza l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e l'Agenzia delle entrate ad espletare procedure concorsuali per la copertura di posizioni dirigenziali vacanti;
   il medesimo comma 24 prevede inoltre che, nelle more dell'espletamento di dette procedure, le Agenzie possano attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata è fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso;
   l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e l'Agenzia delle entrate hanno indetto i necessari concorsi pubblici per il reclutamento dei dirigenti di seconda fascia, tuttavia avverso tali bandi di concorso sono stati prodotti vari ricorsi, tuttora pendenti;
   al fine di consentire la definizione delle suddette procedure concorsuali nel rispetto del limite temporale di legge, l'articolo 1, comma 8, del decreto legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, è intervenuto prorogando al 30 giugno 2015 il termine per il completamento delle citate procedure concorsuali e contestualmente prorogando gli incarichi già attribuiti;
   a seguito della sentenza n. 37 del 17 marzo 2015, pronunciata dalla Corte Costituzionale nel giudizio di legittimità sul citato articolo 8, comma 24, promosso dal Consiglio di Stato, nei procedimenti riuniti proposti dall'Agenzia delle entrate contro altrettante sentenze del TAR del Lazio, è stata dichiarata l'illegittimità della proroga del conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato senza un concorso pubblico;
   pur salvaguardando la legittimità degli atti firmati dai funzionari incaricati di ruoli dirigenziali, la sentenza produce, dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, la decadenza dall'incarico di oltre 1.000 funzionari che ricoprono incarichi dirigenziali nelle Agenzie delle entrate e delle dogane e il conseguente rischio di stallo dell'operatività per l'immediato futuro, ivi inclusa l'attività di rimborso fiscale e della riscossione; 
   secondo i dati diffusi il 19 marzo 2015 dall'Agenzia delle entrate, il bilancio del contrasto all'evasione fiscale nel 2014 è pari a 14,2 miliardi di euro; somma mai raggiunta in passato, pari all'8 per cento in più rispetto al 2013, di cui il 57 per cento derivante dai controlli e il restante 43 per cento frutto di liquidazioni;
   venendo meno la possibilità di assicurare la direzione degli uffici nelle agenzie fiscali, il problema del funzionamento delle strutture diventa di estrema gravità e urgenza, a giudizio anche della direttrice dell'agenzia delle entrate;
   parimenti l'applicazione della citata sentenza n. 37 può determinare, per l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, un serio rischio per la riscossione dei dazi doganali e per la gestione del relativo contenzioso, con conseguente immediata responsabilità finanziaria dello Stato italiano nei confronti dell'Unione europea, nonché l'indebolimento del dispositivo di prevenzione e repressione dei traffici illeciti transfrontalieri di merci e di valuta, oltre alla possibile ritardata o mancata applicazione dei controlli conseguenti le decisioni di embargo internazionale nei confronti di alcuni Paesi;
   il Governo ha manifestato la volontà di risolvere il problema in tempi brevi, consapevole che «l'attività delle agenzie fiscali risulta essere un pezzo fondamentale della politica economica del Paese» –:
   quali urgenti iniziative intenda intraprendere, sia in via transitoria sia strutturali, al fine di salvaguardare l'attività delle Agenzie fiscali. (5-05132)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GITTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   da un comunicato stampa del Ministero dell'economia e delle finanze del 17 marzo 2015 si apprende dell'intenzione di Italia, Francia e Germania di entrare a far parte come membri fondatori della Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB); la AIIB è una nuova banca d'investimento fondata a Pechino nel 2014, che lavorerà con le banche multilaterali di sviluppo e di investimento esistenti, con l'intenzione di assumere un ruolo di rilievo nel finanziamento dell'ampio fabbisogno infrastrutturale dell'Asia, puntando ad attrarre investimenti in settori come trasporti, energia e telecomunicazioni, promuovendo così lo sviluppo economico e sociale nella regione;
   dal comunicato si apprende inoltre che «Francia, Germania e Italia, operando in stretto raccordo con i partner europei e internazionali, intendono lavorare con i membri fondatori della AIIB per costruire un'istituzione che segua i migliori principi e le migliori pratiche in materia di governo societario e di politiche di salvaguardia, di sostenibilità del debito e di appalti», con l'obiettivo di contribuire nel lungo periodo alla crescita mondiale;
   la AIIB costituisce un progetto fortemente voluto dalla Cina e viene considerata da molti osservatori, come rilevato dal New York Times e dal Financial Times, una «concorrente» di Banca mondiale, Fondo monetario internazionale e Asian Development Bank, strutture dove gli Stati Uniti ricoprono un ruolo di primo piano nel capitale e nelle scelte strategiche; da tempo la Cina chiede una riforma della governance di queste istituzioni per dare maggior peso ai Paesi emergenti, ma i progetti risultano in stallo al Congresso americano;
   la divisione delle sfere d'influenza delle istituzioni nate a Bretton Woods prevede che a capo del Fondo monetario internazionale vi sia un europeo e alla testa della Banca mondiale un americano, mentre nell’Asian Development Bank, la cui sede è a Manila, è forte l'influenza del Giappone; il Governo cinese ha tentato, finora invano, di modificare questi equilibri: è inoltre da tempo impegnato nella creazione della Banca dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), che tuttavia ha subìto diversi slittamenti, mentre nel campo della sicurezza ha fondato l'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, di cui fanno parte anche Russia e Repubbliche dell'Asia centrale;
   nel 2013 è quindi nata l'idea dell'AIIB, formalmente fondata il 24 ottobre 2014: ha sede a Pechino e sarà inizialmente capitalizzata con 50 miliardi dollari, in gran parte versati dalla Cina, che ha in programma di aumentare il capitale sociale autorizzato fino a 100 miliardi. Oltre alla Cina, i firmatari iniziali sono Mongolia, Uzbekistan, Kazakhstan, Sri Lanka, Pakistan, Nepal, Bangladesh, Oman, Kuwait, Qatar, India e tutti i membri dell'Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico (ASEAN), con l'eccezione di Indonesia, Australia e Corea del Sud; i vertici governativi di Australia e Corea del Sud non escludono però l'ingresso, contrariamente al Giappone, che insieme agli Usa risulta invece il Paese con maggior peso nell’Asian Development Bank;
   il 13 marzo 2015 anche la Gran Bretagna ha annunciato la sua adesione, provocando una reazione di irritazione da parte degli Stati Uniti, che vedono nell'istituzione una minaccia al loro predominio negli organismi finanziari multilaterali; il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz si è detto soddisfatto per la partecipazione di quattro Paesi europei all'AIIB, ma ha sottolineato che la banca dovrà conformarsi agli standard internazionali per l'erogazione degli investimenti per quel che riguarda governance, sostenibilità ambientale e protezione sociale. Secondo l'agenzia di stampa di Stato cinese Xinhua, anche Svizzera e Lussemburgo stanno valutando l'ingresso nell'AIIB: il termine ultimo per entrare a far parte dei fondatori è il 31 marzo 2015, ma i contenuti dell'accordo tra le parti devono essere ancora finalizzati –:
   se siano disponibili maggiori informazioni in merito all'ingresso dell'Italia nell’Asian Infrastructure Investment Bank, in particolare riguardo alle risorse nazionali che verranno impiegate come quota di partecipazione al capitale, alla destinazione geografica e alla tipologia degli investimenti in programma e agli standard che verranno imposti per la loro erogazione;
   se la partecipazione dell'Italia e degli altri Paesi europei all’Asian Infrastructure Investment Bank possa essere considerata, nell'ambito di un progetto più articolato e in corso di definizione, una politica volta a un riequilibrio del sistema economico internazionale che tenga conto del peso economico dei Paesi nella distribuzione delle influenze negli organismi finanziari multilaterali. (5-05118)


   VITELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228 del 2012), all'articolo 1, commi da 491 a 500, ha introdotto un'imposta sulle transazioni finanziarie, che si applica ai trasferimenti di proprietà di azioni e altri strumenti finanziari partecipativi (comma 491), alle operazioni su strumenti finanziari derivati e altri valori mobiliari (comma 492) e, infine, alle operazioni «ad alta frequenza» (comma 495);
   nei successivi provvedimenti attuativi (decreto ministeriale 21 febbraio 2013 e provvedimento 18 luglio 2013) l'Agenzia delle entrate ha indicato come responsabili del versamento dell'imposta le banche, le imprese di investimento e gli altri soggetti comunque denominati, compresi gli intermediari non residenti nel territorio dello Stato, autorizzati nel Paese d'origine all'esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi e delle attività d'investimento assimilabili a quelle indicate dal decreto legislativo n. 58 del 1998 come «negoziazione per conto proprio», «esecuzione di ordini per conto dei clienti» e «ricezione e trasmissione di ordini», a esclusione delle attività consistenti nel mettere in contatto due o più investitori;
   l'Agenzia delle entrate, inoltre, ha posto in capo ai summenzionati soggetti responsabili del versamento alcuni obblighi strumentali, volti alla semplificazione della verifica dell'adempimento a tutti gli obblighi di legge;
   per gli intermediari finanziari gli obblighi strumentali consistono nella registrazione, in un apposito registro formato e custodito su supporto informatico relativamente alle singole operazioni, delle informazioni indicate nel provvedimento 18 luglio 2013 dell'Agenzia dell'entrate nell'allegato 8 (per le operazioni su azioni, altri strumenti finanziari partecipativi, derivati e altri valori mobiliari) e nell'allegato 9 (per transazioni ad alta frequenza). Viene altresì specificato che il formato e la lunghezza dei campi relativi alle informazioni registrate devono essere adeguati alle specifiche tecniche, approvati con citato provvedimento. Per i gestori, i fiduciari, i notai e i contribuenti diversi dalle persone fisiche gli obblighi strumentali consistono nella tenuta di un registro cronologico giornaliero. La registrazione delle informazioni relative alle operazioni deve essere effettuata entro il termine di versamento dell'imposta;
   l'obbligo di dotarsi di un registro apposito, in aggiunta a quello che gli intermediari autorizzati già possedevano ex lege per registrare le proprie operazioni, ha comportato un aggravio considerevole per gli operatori del settore, con costi sostenuti notevoli che hanno impattato, spesso, sulla loro permanenza in Italia, già minata dall'introduzione della tassazione e dalla concorrenza sleale di operatori non residenti che possono agevolmente eludere i controlli, non incorrendo in rischi reputazionali;
   la tenuta del registro per gli operatori esteri rappresenta una sperequazione competitiva dell'Italia rispetto ad altri mercati in cui l'imposta di bollo su titoli azionari esiste (Francia e Regno Unito), ma la tenuta del registro non è prevista;
   al momento, inoltre, nonostante la presenza di tali stringenti oneri per gli operatori, il Ministero dell'economia e delle finanze non ha ancora diffuso un dato certo sul gettito registrato per tale imposta, né nel consueto rapporto sulle entrate tributarie e contributive redatto dal dipartimento imposta, né nel consueto rapporto sulle entrate tributarie e contributive redatto dal dipartimento delle finanze. Non è possibile, quindi, ad oggi sapere se l'imposta sulle transazioni finanziarie abbia un'architettura tale da garantire il gettito atteso e già contabilizzato nella legge di stabilità per il 2013;
   l'imposizione di obblighi strumentali aggiuntivi e della creazione di un apposito registro appare all'interrogante eccessiva e ridondante rispetto alle finalità della tassazione, e costituisce di fatto una esternalizzazione degli oneri di controllo degli adempimenti fiscali, che devono rimanere in capo all'amministrazione centrale –:
   se il Ministro interrogato, in attesa della ridefinizione del quadro normativo in materia alla luce dei negoziati in corso a Bruxelles per l'introduzione della cosiddetta Tobin Tax negli undici Paesi che hanno deciso di aderire alla cooperazione rafforzata, disponga di dati della raccolta della tassa in Italia, a partire dalla sua entrata in vigore, ed eventualmente quanto di questo importo sia attribuibile all'imposta su derivati e quanto a quella sulle azioni. (5-05119)


   DE LORENZIS e SPESSOTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è questione nota che il settore degli investimenti pubblicitari nell'ambito della comunicazione (televisione, radio, internet, carta stampata), in recessione ormai da tempo, ma che da ultimo sta registrando un leggero miglioramento, costituisce una delle tipiche anomalie del nostro Paese, in cui si registra la posizione dominante di una sola società, Mediaset;
   recentemente la stampa rimette l'attenzione sui dati elaborati dalla Nielsen sui cento maggiori investitori italiani nel mercato pubblicitario, dai quali rinviene che, su 2,8 miliardi di euro investiti, ben 1,337 sono per Mediaset, mentre solo 455 milioni sono per la Rai;
   la situazione diviene vieppiù irragionevole rispetto alle società per azioni che siano parzialmente o ancor più totalmente partecipate dal pubblico (si veda il caso di Poste italiane spa). Secondo i dati riportati dalla stampa, si pensi ad Eni che distribuisce 10,6 milioni di euro a Mediaset e solo 2,9 alla Rai; ad Enel che ne attribuisce 10 a Mediaset e solo 2,7 alla Rai;
   queste società partecipate conoscono un inestricabile intreccio fra l'attività istituzionale funzionalmente tesa alla realizzazione dell'interesse pubblico e l'attività, pur privatistica, strumentale e connessa alla prima (anche in ragione della teoria giurisprudenziale cosiddetta del contagio) per cui non è possibile in modo alcuno prescindere da una esplicitazione dei criteri alla luce dei quali si dia luogo alla ripartizione dei finanziamenti a fini pubblicitari;
   a nulla può valere rilevare la natura giuridica di organismo di diritto pubblico delle società in questione; né tantomeno quella privatistica dell'attività di investimento, salvo tradire i diritti costituzionali coinvolti dallo specifico settore della comunicazione e dell'informazione;
   del resto è dirimente la considerazione che nel caso delle cosiddette aziende pubbliche in questione si tratti di concretizzazione del fenomeno di privatizzazione di titolarità rimasta solo formale; per cui ne discende che, anche nel caso di esercizio di attività senza spendita del potere autoritativo funzionalizzato, non si possa prescindere dal rispetto dei principi generali di pubblicità, trasparenza, imparzialità;
   sono imperative due considerazioni: la prima, per cui, come formalizzato anche dall'articolo 7, secondo comma, del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo n. 104 del 2010, anche i soggetti equiparati alle pubbliche amministrazioni devono sottostare ai citati principi generali. La seconda; inoltre, considerazione induce a sottolineare che lo stesso articolo 106 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea impone la realizzazione della mission istituzionale per cui anche attività non direttamente pubblicistiche sono condizionate dall'interesse pubblico e non debbano essere esercitate in modo tale da impedirne la realizzazione;
   ne deriva che la predeterminazione dei criteri per la ripartizione dei finanziamenti da parte delle cosiddette aziende pubbliche si colloca in quel decalogo di buona amministrazione conformato dai principi di trasparenza, pubblicità ed imparzialità di cui agli articoli 97 della Costituzione e 1 della legge n. 241 del 1990. Qui non si può e non si deve tralasciare che, per quanto si tratti di aziende con modello organizzativo privatistico, le stesse siano partecipate dal pubblico e debbano renderne conto. Al riguardo la tendenza legislativa è perfino quella di prevedere una fase ad evidenza pubblica anche per certe attività di stampo privatistico;
   ora, ferme le ragioni legate a considerazioni di stampo economico o statistico, non è possibile dare spazio ad una discrezionalità del tutto arbitraria. Diversamente opinando si creano spazi per l'ennesimo conflitto di interessi della società che fruisce dei maggiori finanziamenti. Del resto, è indubbio che ogni attività, quale ne sia la sua natura giuridica in termini formali, debba essere improntata alla trasparenza e alla moralità, specie nel settore dell'informazione, senza che sia consentito correre il rischio di una strumentalizzazione di operazioni per l'acquisizione di consenso –:
   se il Governo, essendo azionista delle citate società, possa riferire in ordine alla predisposizione di criteri adottati dalle società a partecipazione pubblica (Eni, Enel, Poste, Finmeccanica, Ferrovie) al fine di effettuare gli investimenti pubblicitari, ed, in caso affermativo, quali siano, unitamente a quelli, se previsti, per la scelta dei mezzi di informazione e quelli per la ripartizione tra televisioni (Mediaset, Rai ed altre) e carta stampata;
   se si possano dar conto segnatamente di quale sia l'ammontare degli investimenti pubblicitari effettuati dalle società a partecipazione pubblica nell'anno 2014.
(5-05127)

Interrogazione a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 22 marzo 2015, è comparsa sull'agenzia Ansa un'intervista al latitante Amedeo Matacena, già deputato di Forza Italia, dal titolo «Matacena, pronto a far nomi politici corrotti»;
   in essa l'ex parlamentare calabrese ha dichiarato: «se dovesse succedere qualcosa a me o ai miei familiari, verrebbero consegnati e pubblicati in Italia i numeri dei conti correnti svizzeri sui quali sono state depositate le somme delle tangenti dell'affare Telekom Serbia»;
   nel seguito dell'intervista Matacena ha dichiarato che «furono portate delle tangenti con un aereo privato dalla Serbia in Svizzera» e che «un broker che conosco mise i soldi su tre conti correnti di tre importanti esponenti della sinistra italiana e mi consegnò quei numeri, che non sono l'unico a sapere»;
   com’è noto l'affare Telekom Serbia scoppiò a seguito delle dichiarazioni del faccendiere svizzero Igor Marini il quale affermò che, nell'ambito dell'acquisto di azioni dell'azienda telefonica Telekom Serbia da parte di Telecom Italia nel 1997, sarebbero state pagate delle tangenti ad esponenti di primo piano del centrosinistra italiano allora al Governo;
   le suddette accuse portarono all'apertura di inchieste condotte sia da parte della magistratura inquirente sia da una Commissione parlamentare presieduta dall'onorevole Vincenzo Trantino;
   entrambe le indagini non portarono a risultati utili ad accertare un coinvolgimento di esponenti politici;
   in compenso il 10 novembre 2011 il tribunale di Roma ha condannato Igor Marini a dieci anni (poi ridotti a 7 in Cassazione) di reclusione per reati che vanno dall'associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione di documentazione falsa e contraffatta a diversi episodi di calunnia;
   le parole di Amedeo Matacena sono gravi non soltanto per il fatto che rappresentano un implicito tentativo di ricatto riguardo alla sua possibile estradizione, ma anche perché gettano una nuova luce sulle ipotetiche tangenti versate nell'ambito dell'acquisizione di una quota di capitale della società telefonica serba da parte di Telecom Italia;
   per impedire che tali forzature possano venire poste in atto appare fondamentale fare piena luce in via definitiva sull'ipotesi di tangenti versate nell'ambito dell'acquisizione di parte di Telekom Serbia da Telecom Italia utilizzando, da una parte, le parziali informazioni fornite dallo stesso Matacena, e dall'altra il contesto più favorevole derivante dalla firma del protocollo che, prevedendo lo scambio di informazioni su richiesta ai fini fiscali secondo lo standard Ocse, pone fine al segreto bancario tra Italia e Svizzera –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, attraverso le maggiori informazioni a disposizione a seguito della firma del protocollo a modifica della Convenzione fiscale fra Italia e Svizzera che elimina le barriere allo scambio delle informazioni finanziarie sarà possibile, con la sua ratifica, immediatamente o in futuro accedere ad informazioni significative, a fini fiscali, riferite a movimenti relativi a conti bancari nel periodo in cui si sono svolti i fatti di cui in premessa. (4-08538)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   la normativa nazionale che non consente la celebrazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso e la sua trascrizione nei registri dello stato civile, è stata ritenuta costituzionalmente legittima;
   ai sensi del codice civile, la diversità di sesso dei nubendi costituisce un requisito sostanziale necessario affinché il matrimonio produca effetti giuridici nell'ordinamento interno, posto che, allo stato, l'istituto dei, matrimonio si fonda sulla diversità di sesso dei coniugi, come si evince dall'articolo 107 del codice civile;
   con sentenza n. 138 del 2010 la Corte costituzionale ha affermato che l'articolo 29 della Costituzione si riferisce alla nozione di matrimonio definita dal codice civile come unione tra persone di sesso diverso e questo significato del precetto costituzionale non può essere superato con interpretazioni «creative» ne, peraltro, con specifico riferimento all'articolo 3, comma 1, della Costituzione, le unioni omosessuali possono essere ritenute tout court omogenee al matrimonio;
   con sentenza n. 170 dell'11 giugno 2014, la Consulta è intervenuta sulla normativa che prevede l'automatica cessazione degli effetti civili del matrimonio in caso di rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei due coniugi, affermando che «la nozione di matrimonio presupposta dal Costituente (cui conferisce tutela l'articolo 29 della Costituzione) è quella stessa definita dal codice civile del 1942 che stabiliva e tuttora stabilisce che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso» segnalando il requisito dell'eterosessualità del matrimonio;
   la Consulta ha stabilito che tra le formazioni sociali di cui all'articolo 2 della Costituzione, in grado di favorire il pieno sviluppo della persona umana nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico, rientra anche l'unione omosessuale ma, ha evidenziato che spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua piena discrezionalità politica, individuare con atto di rango legislativo le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, scegliendo, in particolare, se equiparare tout court il matrimonio omosessuale a quello eterosessuale, ovvero introdurre forme diverse di riconoscimento giuridico della stabile convivenza della coppia omosessuale;
   allo stato dell'attuale normativa nazionale italiana, il matrimonio celebrato all'estero tra persone dello stesso sesso risulta privo dei requisiti sostanziali necessari per procedere alla sua trascrizione, ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, come confermato dalla giurisprudenza, la quale ha affermato che l’«intrascrivibilità delle unioni omosessuali dipende non più dalla loro esistenza e neppure dalla invalidità, ma dalla loro inidoneità a produrre, Quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell'ordinamento italiano»;
   la disciplina nazionale non risulta in aperto contrasto con la normativa europea, se si considera quanto stabilito dagli articoli 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (cosiddetta «Carta di Nizza»);
   in particolare, la Corte europea dei diritti dell'uomo, con pronuncia del 24 giugno 2010 ha affermato che il rifiuto dell'ufficiale di stato civile di adempiere le formalità richieste per la celebrazione di un matrimonio tra persone dello stesso sesso non contrasta con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, osservando che il matrimonio ha connotazioni sociali e culturali radicate che possono differire molto da una società all'altra sicché, va rimessa ai legislatori nazionali di ciascuno Stato aderente la decisione di permettere o meno il matrimonio omosessuale e la conseguente decisione in merito alla trascrivibilità o meno dello stesso;
   con la circolare del 7 ottobre 2014 del Ministro dell'interno è stata disposta la intrascrivibilità dei matrimoni tra persone dello stesso sesso derivante «dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell'ordinamento italiano», in considerazione del difetto di un requisito sostanziale richiesto dalla normativa vigente in materia di stato e capacità delle persone (la diversità di sesso dei nubendi) che non può essere superato dalla mera circostanza dell'esistenza di una celebrazione valida secondo la lex loci ma priva dei requisiti sostanziali prescritti dalla legge italiana relativamente allo stato e alla capacità delle persone;
   in data 18 ottobre 2014 il sindaco del comune di Roma ha provveduto alla trascrizione nel registro dei matrimoni presso l'ufficio di stato civile del comune di Roma di un matrimonio contratto a Barcellona (Spagna) il 18 settembre 2010;
   con decreto del 31 ottobre 2014, protocollo n. 247747/2014, il prefetto della provincia di Roma disponeva l'annullamento delle trascrizioni nel registro dello stato civile di Roma Capitale, dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all'estero, ordinando all'ufficiale di stato civile di Roma Capitale di provvedere a tutti i conseguenti adempimenti materiali nei registri dello stato civile;
   in data 9 marzo 2015 il TAR del Lazio accoglieva un ricorso presentato avverso tale decreto ministeriale;
   la giurisprudenza ha più volte affermato che, nelle materie di competenza statale nelle quali il sindaco agisce nella veste di ufficiale del Governo, spetta al prefetto promuovere ogni misura idonea a garantire l'unità di indirizzo e di coordinamento, promuovendo le misure occorrenti e svolgendo, così, una fondamentale funzione di garante dell'unità dell'ordinamento in materia, anche esercitando «il potere di annullamento d'ufficio degli atti adottati dal sindaco quale ufficiale di governo, che risultano essere illegittimi o che comunque minano la menzionata unità di indirizzo»;
   tuttavia, la disciplina dello stato civile prevede che «nessuna annotazione può essere fatta sopra un atto già iscritto nei registri se non è disposta per legge ovvero non è ordinata dall'autorità giudiziaria» (articolo 453 codice civile);
   il sistema dello stato civile, pertanto, prevedrebbe puntuali possibilità di intervento sui registri dello stato civile, tra cui non è compresa quella posta in essere dal prefetto di Roma, per cui sostanza, un intervento quale quello posto in essere nel caso di specie dall'amministrazione centrale, competerebbe solo all'autorità giudiziaria;
   dal combinato disposto degli articoli 5, comma 1, lettera a), e 95, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, non si prevedono, pertanto, competenze o poteri di annullamento o di autotutela aventi ad oggetto la trascrizione di matrimoni, ma solo la possibilità di disporre l'annotazione di rettificazioni operate dall'autorità giudiziaria;
   in definitiva, una trascrizione nel registro degli atti di matrimonio può essere espunta e/o rettificata solo in forza di un provvedimento dell'autorità giudiziaria e non anche adottando un provvedimento amministrativo da parte dell'amministrazione centrale, neanche esercitando il potere di sovraordinazione che, effettivamente, il Ministro dell'interno vanta sul sindaco in tema di stato civile e quindi, in base al principio della riserva di legge vigente in materia (cfr. articolo 97, comma 3, della costituzione), affinché ad un organo amministrativo possa annullare d'ufficio un provvedimento adottato da un altro organo, occorre una espressa previsione di legge;
   la sentenza del TAR del Lazio non deve però portare a minimizzare un fatto che, in base alle normative succitate, resta incontrovertibile: la nullità del matrimonio celebrato all'estero tra persone dello stesso sesso risulta privo dei requisiti sostanziali i relativi atti sono idonei a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell'ordinamento italiano –:
   se non ritenga di adottare tempestive ed opportune iniziative anche di tipo normativo, volte a consentire alle autorità giudiziarie competenti, nelle more di un intervento legislativo in tale materia, di intervenire sui registri dello stato civile, al fine di evitare il perpetuarsi di atti contrari alla legge, in quanto trattasi solo di una questione procedurale che non incide assolutamente sulla sostanza della cosa.
(2-00909) «Gigli, Dellai».

Interrogazione a risposta immediata:


   VERINI, AMODDIO, BAZOLI, BERRETTA, CAMPANA, ERMINI, FERRANTI, GIULIANI, GRECO, GIUSEPPE GUERINI, IORI, LEVA, MAGORNO, MARZANO, MATTIELLO, MORANI, GIUDITTA PINI, ROSSOMANDO, ROSTAN, TARTAGLIONE, VAZIO, ZAN, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la giornalista del tg3 Ilaria Alpi e l'operatore Rai tv Miran Hrovatin furono uccisi il 20 marzo 1994 a Mogadiscio;
   per quegli omicidi, dopo anni di indagini, l'unico colpevole riconosciuto è stato Hashi Omar Hassan, arrivato a Roma per testimoniare sulle presunte violenze di militari italiani ai danni della popolazione somala;
   Hassan è stato assolto in primo grado, condannato all'ergastolo in appello, definitivamente in Corte di cassazione a 26 anni ed ora sta scontando la pena nel carcere di Padova;
   in data 18 febbraio 2015, nel corso della trasmissione televisiva «Chi l'ha visto», Ahmed Ali Rage, soprannominato Jelle, il «supertestimone» del processo che ha portato alla condanna di Hashi Omar Hassan, ha affermato testualmente: «Io non ho visto chi ha sparato. Non ero là. Mi hanno chiesto di indicare un uomo»; ha poi aggiunto: «Gli italiani avevano fretta di chiudere il caso e mi avevano promesso denaro in cambio di una testimonianza al processo»;
   Ahmed Ali Rage indicò il giovane Omar Hashi Hassan al pubblico ministero Ionta durante un interrogatorio, ma poi non si presentò a deporre al processo ed è fuggito all'estero;
   lo scoop della trasmissione televisiva riapre i tanti interrogativi mai risolti sull'intera vicenda del duplice omicidio, a partire dai tentativi di depistaggio per inquinare l'inchiesta, e fa supporre che in carcere potrebbe esserci un innocente –:
   di quali elementi disponga il Governo, nell'ambito delle sue competenze, e se risultino avviate eventuali iniziative di competenza da parte dell'autorità giudiziaria. (3-01387)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALESE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (cosiddetta legge di stabilità 2015) all'articolo 1, comma 265 prevede che ai fini delle assunzioni di personale relative al solo Corpo della polizia penitenziaria (decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, articolo 3, comma 3-bis), le forze di polizia sono autorizzate, in via straordinaria, per l'immissione nei rispettivi ruoli iniziali, allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi banditi nell'anno 2012 e indetti per l'anno 2013;
   in sintesi, a differenza di quanto previsto dalla pregressa normativa che, in ragione dell'Expo 2015, anticipava le assunzioni nel ruolo agenti-assistenti per il 2015 ai primi mesi dello stesso anno attingendo dalla graduatoria degli idonei del concorso bandito nel 2013, per l'anno in corso l'amministrazione penitenziaria può attingere anche dalla graduatoria degli idonei relativa al concorso bandito nel 2012;
   l'assunzione, in via prioritaria degli idonei del concorso bandito nel 2013, rispetto agli idonei del concorso del 2012 aprirebbe senz'altro la strada al possibile ricorso da parte di questi ultimi che si riterrebbero oggetto di una ingiusta sperequazione riguardo la previsione normativa;
   inoltre, l'assunzione in via prioritaria e per logica «temporale», degli idonei del concorso bandito nel 2013, rispetto agli idonei del concorso del 2012 potrebbe dare luogo a possibili ricorsi di coloro (70 uomini e 18 donne) che, avendo partecipato al medesimo concorso del 2012 effettuano ora servizio per 4 anni nelle forze armate prima di poter essere ammessi a prestare servizio nella polizia penitenziaria, venendo dunque sorpassati dagli idonei non vincitori dello stesso concorso che, avendo riportato un punteggio inferiore, occupano una posizione più bassa in graduatoria;
   considerate le evidenti difficoltà nell'amministrazione penitenziaria, riguardo a una corretta interpretazione della norma contenuta nella legge di stabilità 2015, la predetta amministrazione centrale non sta provvedendo ad alcuna delle 370 assunzioni nel Corpo di polizia penitenziaria resesi possibili nel corrente 2015;
   inoltre l'amministrazione penitenziaria, da diversi mesi, sta inoltrando diverse richieste all'onorevole guardasigilli Andrea Orlando e del Capo gabinetto del Ministro della giustizia Giovanni Melillo al fine di ottenere una norma maggiormente chiara mediante l'integrazione, la modifica, ovvero la soppressione di quanto previsto all'articolo 1, comma 265 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di ottenere una normativa più chiara e tesa ad eliminare ogni ingiusta sperequazione relativa all'assunzione in via prioritaria del concorso bandito nel 2012. (4-08529)


   MELILLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nella sezione speciale femminile del carcere Le Costarelle de L'Aquila, andrebbero verificate le condizioni di vita delle detenute;
   vi sarebbe una situazione di isolamento eccessivo, continue perquisizioni corporali e divieto di comunicare tra detenute;
   gli spazi sono estremamente ristretti. Vi sarebbe poi la possibilità di avere solo due libri al mese e due soli quaderni per poter scrivere –:
   se non intenda assumere rapidamente iniziative volte ad accertare questa situazione di grave disagio per le detenute del carcere femminile Le Costarelle. (4-08534)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   i requisiti fisici e psichici per ottenere la patente di guida e per i successivi rinnovi alla scadenza, sono stabiliti dall'articolo 119 del Codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992, Nuovo Codice della Strada);
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992 è il regolamento di attuazione del Codice della strada;
   il decreto legislativo n. 59 del 2011 ha recepito le direttive 2006/126/CE e 2009/113/CE concernenti la patente di guida;
   il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 30 novembre 2010 (requisiti psicofisici) ha recepito la direttiva 2009/112/CE, recante modifica della direttiva 91/439/CEE concernente la patente di guida;
   il comma 2 dell'articolo 119 prevede che l'accertamento dei requisiti fisici e psichici (con l'esclusione di alcuni casi specifici indicati nel comma 4), sia effettuato dall'Ufficio della unità sanitaria locale territorialmente competente, cui sono attribuite funzioni in materia medico-legale. La norma peraltro consente che l'accertamento sia effettuabile anche da uno dei seguenti soggetti:
    a) un medico responsabile dei servizi di base del distretto sanitario;
    b) un medico appartenente al ruolo dei medici del Ministero della salute;
    c) un ispettore medico delle Ferrovie dello Stato;
    d) un medico militare in servizio permanente effettivo o in quiescenza;
    e) un medico del ruolo professionale dei sanitari della Polizia di Stato;
    f) un medico del ruolo sanitario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    g) un ispettore medico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   a tale proposito, il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 31 gennaio 2011 ha stabilito le modalità di trasmissione della certificazione medica, attestante il possesso dei requisiti fisici e psichici necessari al conseguimento della patente di guida, rilasciata dai suddetti medici;
   l'articolo 119 del codice della strada consente che l'accertamento di idoneità sia effettuato dai medici sopra citati anche dopo aver cessato di appartenere alle amministrazioni e ai corpi di cui facevano parte, purché abbiano svolto l'attività di accertamento negli ultimi dieci anni o abbiano fatto parte delle commissioni mediche (di cui al comma 4) per almeno cinque anni. Il comma 4 prevede invece che via sia la competenza delle commissioni mediche locali, costituite dai competenti organi regionali ovvero dalle province autonome di Trento e di Bolzano, per una serie di casi particolari in cui vi sono handicap fisici o patologie particolari o dubbi circa l'idoneità alla guida;
   per quanto riguarda i locali, la norma prevede che in tutti i casi l'accertamento sia effettuato nei gabinetti medici. Il regolamento di attuazione del Codice della strada, stabilisce, a tale proposito, (all'articolo 319, comma 5) che il medico accertatore effettui la visita medica di idoneità alla guida presso la struttura pubblica di appartenenza o comunque all'interno di gabinetti medici dotati delle attrezzature necessarie allo scopo;
   l'allegato I al Decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 30 novembre 2010 suddivide i conducenti in due gruppi: Gruppo 1 (categorie A, B, B+E delle sottocategorie A1 e B1) e Gruppo 2 (C, C+E, D, D+E e delle sottocategorie C1, C1+E, D1 e D1+E). L'Allegato I nella sezione «vista» al punto 1 prevede che: «il candidato al conseguimento della patente di guida (ovvero chi deve rinnovarla o ha l'obbligo di revisione ai sensi dell'articolo 128 del codice della strada) deve sottoporsi a esami appropriati per accertare la compatibilità delle sue condizioni visive con la guida di veicoli a motore. Dovranno essere valutati con particolare attenzione: acutezza visiva, campo visivo, visione crepuscolare, sensibilità all'abbagliamento e al contrasto, diplopia e altre funzioni visive che possono compromettere la guida sicura. Se c’è motivo di dubitare che la sua vista non sia adeguata, il candidato deve essere esaminato dalla Commissione Medica Locale. Per i conducenti appartenenti al gruppo I che non soddisfano le norme riguardanti il campo visivo e l'acutezza visiva, il rilascio della patente può essere autorizzato da parte della Commissione medica locale in «casi eccezionali», correlati alla situazione visiva del conducente, ponendo limitazioni riguardo alla guida. In questi casi il conducente deve essere sottoposto a visita dalla Commissione che verifica, avvalendosi di accertamenti da parte di medico specialista oculista anche l'assenza di altre patologie che possono pregiudicare la funzione visiva, fra cui la sensibilità all'abbagliamento, al contrasto, la visione crepuscolare, eventualmente avvalendosi anche di prova pratica di guida. La documentazione sanitaria inerente agli accertamenti posti a base del giudizio espresso dovrà restare agli atti per almeno Cinque anni»;
   notizie di stampa riportavano la notizia di una complessa ed articolata attività di polizia tributaria, eseguita dalla guardia di finanza di Mondragone (CE), che ha consentito di accertare una vasta e diffusa evasione fiscale posta sistematicamente in essere da alcuni medici preposti al rilascio dei certificati richiesti dalla loro clientela per il conseguimento o il rinnovo delle patenti di guida;
   l'operazione di servizio, condotta dai finanzieri attraverso l'esecuzione di 11 verifiche fiscali, ha reso possibile il recupero a tassazione di compensi non dichiarati dai professionisti del settore operanti nella provincia di Caserta per circa due milioni di euro, nonché di oltre 92 mila euro di imposta regionale sulle attività produttive;
   la guardia di finanza ha effettuato anche una estesa attività di ricerca documentale di tutti i certificati rilasciati dai dottori della provincia nel periodo che va dal 2008 al 2011, acquisendo presso la Motorizzazione civile provinciale quelli presentati a corredo delle pratiche relative al rilascio delle patenti e presso l'ufficio centrale operativo di Roma quelli inerenti ai rinnovi delle abilitazioni di guida;
   a seguito dell'acquisizione della certificazione sanitaria, la guardia di finanza ha convocato i professionisti interessati a cui veniva chiesto di esibire copia della documentazione fiscale relativa ai compensi ricevuti a fronte delle visite mediche effettuate. Il riscontro di 94.000 posizioni ha consentito di accertare che oltre l'85 per cento dei casi, a seguito di prestazione sanitaria resa, non veniva rilasciata alcuna fattura o ricevuta fiscale da parte dei professionisti;
   in Italia ogni anno si rinnovano le patenti di circa 5 milioni di utenti;
   a seguito di un esposto presentato da un medico oculista alla procura della Repubblica di Trani (BAT), i Nuclei antisofisticazione sanità dell'Arma dei carabinieri hanno avviato un'inchiesta al fine di verificare se le visite per il rilascio e i rinnovi delle patenti vengano effettuate così come previsto dall'impianto normativo di riferimento, nonché accertare un eventuale business milionario in mano ai privati;
   in Puglia presso le ASL è possibile procedere alle visite mediche finalizzate al rinnovo della patenti con il pagamento di un ticket di 22 euro e il pagamento di 30 euro di tasse;
   situazione analoga avviene presso le agenzie di pratiche automobilistiche, tra cui anche quelle ACI, e presso le scuole guida, con un costo che varia da 80 a 120 euro a prestazione;
   l'assessorato regionale alla salute nell'aprile del 2013 inviava una nota ai dipartimenti di prevenzione delle ASL in cui indicava di verificare che i locali in cui si svolgono le visite abbiano i requisiti amministrativi, strumentali ed igienico-sanitari alla luce di quanto previsto per gli studi medici;
   da una stima fatta si evidenzia che dalle sole visite mediche le ASL pugliesi potrebbero incassare circa 5,5 milioni di euro l'anno;
   il mancato incasso del ticket delle prestazioni per il rilascio dei certificati per il rinnovo e per le nuove patenti interessa tutto il territorio nazionale;
   secondo i dati ACI-ISTAT il 60 per cento degli incidenti stradali è imputabile a problemi di vista;
   le visite mediche per il rilascio dei certificati si svolgono nel retro delle autoscuole e delle agenzie, quindi in luoghi inidonei che non rispettano parametri di idoneità igienico-strutturali, strumentali e organizzativi. Inoltre, i professionisti che effettuano le visite si limitano a valutare soltanto il visus (acutezza visiva) e a inserire la correzione ottica dichiarata dal paziente;
   è praticamente impossibile che i locali strumentali o pertinenti delle agenzie e delle scuole guida possano considerarsi gabinetti medici dotati delle attrezzature necessarie allo scopo (articolo 319, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, Allegato I del decreto ministeriale del 30 novembre 2010);
   la vicenda narrata in premessa pone due questioni di ordine generale: la prima riguarda la sicurezza stradale e l'incolumità delle persone; la seconda attiene al voluminoso giro di evasione fiscale che si genera, oltre al mancato incasso dei tributi locali da parte delle ASL regionali –:
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza di quanto illustrato in premessa;
   quali azioni urgenti i Ministri interpellati, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano porre in essere per contrastare, nonché sanare una situazione che rischia di produrre, da un lato, un evidente danno per lo Stato e per le regioni e, dall'altro, un aumento esponenziale del rischio di incidenti stradali causati da problemi di vista che i dati ACI-ISTAT evidenziano essere la causa maggiore.
(2-00907) «Pannarale».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MANTERO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, DI VITA e GRILLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le associazioni di volontariato lamentavano il fatto che l'esenzione dal pedaggio fosse contemplata solo per i mezzi in attività di soccorso o di trasporto di emergenza dei malati di emergenza, e che questa limitazione ostacolasse il normale trasporto dei malati non in casi di emergenza come quello di chi debba essere trasportato per una dialisi o per cure ordinarie;
   il 18 settembre 2014, il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, pro tempore, Maurizio Lupi, ha firmato la circolare n. 378 con la quale è stata modificata e integrata la precedente circolare n. 3973, relativa al pedaggio autostradale riguardante il servizio di ambulanze e trasporto malati in autostrada a cura delle associazioni di volontariato;
   da quanto si legge nel comunicato del ministero, «la nuova circolare estende l'esenzione del pagamento del pedaggio anche a questi casi a patto che il servizio sia gratuito. Vengono escluse le attività di trasporto malati effettuate dietro pagamento di un corrispettivo che comprenda anche il rimborso del pedaggio»;
   nel documento successivo, però, del 2 ottobre 2014, il Ministro, nel tentare di precisare la questione sollevata, l'ha complicata poiché ha puntualizzato che nel concetto di «soccorso in emergenza» «sono ricomprese le seguenti attività: servizio 118, trasporto organi, trasporto sangue ed emoderivati in condizioni di emergenza, trasporto sanitario assistito (con medico o infermiere a bordo), trasporto neonatale/pediatrico, trasporto di pazienti oncologici, trasporto pazienti dializzati che necessitano dell'utilizzo di ambulanza come da attestazione del centro dialitico»;
   inoltre, come si legge nella risposta del Ministro pro tempore all'interrogazione n. 4-04293: «resta dovuto il pagamento del pedaggio autostradale in tutti gli altri casi in cui l'attività di trasporto malati sia effettuata dietro pagamento di un corrispettivo o rimborso a qualsiasi titolo riconosciuto (corrispettivo o rimborso che si intende quindi sempre comprensivo del pedaggio)»;
   sta di fatto che il Ministro pro tempore Lupi per agevolare le società autostradali ha previsto che le associazioni dovranno comunque pagare il pedaggio per tutti i servizi che queste effettuano, esclusi quelli d'emergenza, trascurando che le attività alle quali fa riferimento sono convenzionate dall'ASL, a differenza degli spostamenti che molti pazienti sono costretti a fare giornalmente in strutture ospedaliere distanti perché quelle vicine al loro domicilio non hanno attrezzature necessarie per effettuare esami e/o terapie, e probabilmente le associazioni sarebbero costrette anche a pagare il viaggio di ritorno dopo aver accompagnato un paziente urgente in ospedale;
   il problema del pedaggio in questione, sussiste maggiormente per i centri abitati collegati agli ospedali solo ed esclusivamente attraverso le autostrade come nella regione Liguria;
   lamentele e richieste di aiuto arrivano, infatti, maggiormente dalle associazioni di volontariato della regione Liguria, che nel pagamento del pedaggio autostradale o comunque nella certificazione del transito, vengono aggravate ulteriormente nei loro compiti di trasporto ammalati sulla rete autostradale;
   come si legge da alcuni comunicati stampa, gli assessori alle infrastrutture, bilancio e sanità della regione Liguria hanno chiesto al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di «ripristinare subito, anche in via transitoria in attesa di una più precisa definizione della norma, le esenzioni dai pedaggi autostradali per le associazioni di volontariato impegnate nel trasporto di persone ammalate, attraverso Telepass speciali come avvenuto fino allo scorso 31 dicembre»;
   una richiesta che era già stata avanzata in passato dalla stessa regione per ottenere la cancellazione dal pagamento del pedaggio disponendo un'esenzione apposita sia per i trasporti in emergenza, sia per le altre attività che riguardavano i trasporti solidaristici a tutela della salute dei cittadini;
   la Corte di giustizia europea ha chiaramente stabilito che «i servizi pubblici di soccorso comprendono solitamente, non solo le urgenze, ma anche i trasferimenti mediante veicoli sanitari di persone malate o infortunate e bisognose di assistenza. E lo stesso concetto è stato sottolineato anche dalla terza sezione del Consiglio di Stato»;
   nella legge si parla infatti di soccorso, che ha una definizione ben diversa da quella di emergenza; inoltre, nel testo non si fa riferimento alle ambulanze, bensì ai più generici «veicoli»;
   come se non bastasse, dal primo gennaio 2015, Autostrade italiane spa ha disattivato i telepass e propone l'adesione a una specifica piattaforma web sulla quale dichiarare l'esenzione dei servizi rispondenti alle caratteristiche suddette, una procedura che prevede la dichiarazione dei transiti effettuati e considerati esenti: ciò, inutile dire comporterebbe un dispendio di tempo per coloro che sono volontari –:
   se il Ministro interrogato sia, conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative immediate intenda prendere al riguardo per risolvere una situazione che aggrava economicamente in parte l'attività delle associazioni di volontariato che prestano pubblica assistenza ai malati.
(5-05115)


   NICOLA BIANCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato il 15 marzo 2015 dal quotidiano locale La Nuova Sardegna — ed. Alghero, il 1o marzo 2015 i lavori di modernizzazione dell'aeroporto di Alghero-Fertilia che sono stati affidati ad una associazione temporanea di imprese del territorio sarebbero stati sospesi per «esaurimento dei fondi»;
   con le delibere CIPE n. 62 del 3 agosto 2011 (individuazione ed assegnazione di risorse ad interventi di rilievo nazionale ed interregionale e di rilevanza strategica regionale per l'attuazione del Piano nazionale per il Sud) e n. 78 del 30 settembre 2011, (individuazione e assegnazione di risorse a favore di interventi di rilevanza strategica nazionale e regionale per l'attuazione del piano nazionale per il Sud-priorità strategica «innovazione, ricerca e competitività») nel 2011 sono stati assegnati per la riqualificazione infrastrutturale dello scalo del nord ovest della Sardegna fondi ex Fas (fondo per le aree sottoutilizzate) pari a 14,1 milioni di euro totali;
   secondo la citata fonte di stampa, Mario Ticca, titolare dell'omonima ditta capofila dell'Ati che si è aggiudicata, con gara d'appalto, un finanziamento pari a cinque milioni di euro, avrebbe affermato che «da luglio scorso non vengono pagate le fatture per i lavori eseguiti» e che «la situazione era diventata insostenibile anche per le tensioni complessive determinate dalla crisi economica»;
   le attuali risorse bloccate, da trasferire per il completamento dei lavori suddetti, sarebbero pari a circa 2,5 milioni di euro;
   la società di gestione dell'aeroporto «Riviera del Corallo», Sogeaal spa, nel ruolo di stazione appaltante, avrebbe fatto sapere attraverso il suo direttore generale, Mario Peralda, che «i fondi non si sono esauriti in quanto si tratta di risorse con destinazione finalizzata» e che sono sorte problematiche nel trasferimento dei flussi finanziari, di ordine tecnico-burocratico, tra regione, Enac e Ministeri competenti –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se non ritengano, per quanto di competenza, di adottare ogni utile iniziativa affinché siano verificate le motivazioni che hanno portato al mancato trasferimento dei fondi suddetti e, di conseguenza, affinché siano consegnate le risorse di cui in parola per l'esecuzione dei lavori di riqualificazione infrastrutturale previsti.
(5-05117)


   SPESSOTTO, PETRAROLI e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 30 luglio 2012 recante «Regolamento in materia di strutture, contrassegno e segnaletica per facilitare la mobilità delle persone invalide» ha introdotto, mediante modifiche al regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, il «CUDE», il nuovo contrassegno unificato disabili europeo, previsto dalla raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea 98/376/CE e destinato ai cittadini disabili per agevolarne la mobilità stradale in tutti i Paesi dell'Unione europea;
   in particolare, il citato decreto del Presidente della Repubblica n. 151/2012 prevede che, per la circolazione e la sosta dei veicoli a servizio delle persone invalide, i singoli Comuni rilascino, a partire dal 15 settembre 2012 e previo specifico accertamento sanitario, un'autorizzazione in deroga, resa nota mediante un apposito contrassegno invalidi, strettamente personale e valido su tutto il territorio nazionale;
   entro tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2012, ossia entro il 15 settembre 2015, i singoli comuni devono garantire l'adeguamento alla normativa comunitaria attraverso la sostituzione del «contrassegno invalidi» con il nuovo «contrassegno di parcheggio per disabili», conforme al modello previsto dalla raccomandazione n. 98/376/CE del Consiglio dell'Unione europea;
   entro lo stesso termine di tre anni, anche la segnaletica stradale orizzontale e verticale relativa alla mobilità delle persone con disabilità dovrà essere adeguata alla rappresentazione grafica e cromatica del nuovo contrassegno, in base alle indicazioni contenute nel citato decreto n. 151 del 2012;
   il nuovo contrassegno europeo facilita notevolmente la libera circolazione e l'autonomia dei disabili nell'Unione europea dal momento che esso sarà valido anche negli altri ventisette Paesi aderenti all'Unione europea, senza rischiare di subire multe o altri disagi per il mancato riconoscimento del documento rilasciato dall'autorità italiana;
   nonostante l'entrata in vigore della disciplina normativa inerente il contrassegno europeo per i disabili e l'imminente scadenza del termine temporale entro cui i comuni devono adeguarsi alle nuove regole per i permessi, nelle principali città italiane è ancora molto diffuso, per non dire esclusivo, l'utilizzo del vecchio contrassegno di colore arancione, mentre è assai più raro imbattersi nel nuovo tagliando in formato europeo;
   solo nella Capitale, come riportato dal sito dell'Agenzia per la mobilità, sono circa 60 mila i permessi rilasciati con il vecchio formato e in corso di validità che devono essere obbligatoriamente sostituiti entro e non oltre luglio 2015 –:
   se siano a disposizione del Ministro, in merito ai fatti esposti in premessa e per quanto di competenza, informazioni aggiuntive e dati aggiornati, su scala nazionale, in merito allo stato attuale di implementazione della normativa europea che prevede la sostituzione, entro luglio 2015, di tutti i vecchi permessi con il nuovo contrassegno di parcheggio per disabili, al fine di consentire alle persone con disabilità di parcheggiare negli appositi spazi loro riservati su tutto il territorio dell'Unione europea ed agevolarne in tal senso la mobilità stradale;
   se il Ministro possa altresì riferire dati aggiornati in merito all'adeguamento, su scala nazionale, così come previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2012 della segnaletica stradale orizzontale e verticale relativa alla mobilità delle persone con disabilità dalla rappresentazione grafica e cromatica del nuovo contrassegno. (5-05120)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERRETTA, GRECO e GULLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in questi ultimi due mesi, in vasti territori della Sicilia si sono manifestati eventi atmosferici di inconsueta gravità sotto forma di persistenti e copiose piogge, gelate, grandinate, allagamenti, smottamenti e trombe d'aria di tale portata da causare ingenti danni alla viabilità siciliana;
   a seguito degli anzidetti eventi meteorologici che hanno investito una vasta area della Sicilia, la strada statale 575 itinerario Troina-Paternò e la strada statale 120 itinerario Nicosia-Cesarò hanno subito gravi ed ingenti danni; in particolare, le due arterie sono state interessate da numerosi smottamenti e crolli di ampi tratti della carreggiata;
   la strada statale 575 Troina-Paternò e la strada statale 120 Nicosia-Cesarò rivestono per la mobilità dell'intera zona un'importanza strategica;
   in particolare, la strada statale 120 attraversa anche i quattro più importanti parchi naturalistici della Sicilia (Alcantara, Etna, Nebrodi e Madonie), che esercitano una forte attrazione turistica e pertanto essa costituisce un percorso storico-naturalistico e paesaggistico di grande interesse per l'intera area isolana;
   la strada statale 575 è un'arteria fondamentale che collega diversi comuni della zona dell'ex provincia di Enna e dell'entroterra messinese con l'area metropolitana di Catania;
   un intervento urgente potrebbe prevenire ulteriori cedimenti della carreggiata che comprometterebbero drasticamente la funzionalità e la sicurezza delle due strade;
   le condizioni in cui attualmente versano i due percorsi viari sono alquanto precarie dal punto di vista della fruibilità e della sicurezza stradale con alcuni tratti ormai vetusti dal punto di vista del tracciato e anche danneggiati da continue frane e smottamenti;
   le due arterie stradali sono quotidianamente interessate da notevoli flussi di traffico e nei mesi invernali, per le cattive condizioni climatiche e per le frequenti precipitazioni nevose, sono percorribili con grosse difficoltà nei tratti di montagna;
   i suddetti assi viari, soprattutto nei tratti di montagna, non sono stati mai interessati da interventi rilevanti di messa in sicurezza né tantomeno da progetti di ammodernamento alla luce dei nuovi standard della viabilità statale;
   l'attuale stato delle strade statali 120 e 575 costituisce un forte elemento di isolamento, di declino demografico e di sottosviluppo per un'intera area dell'entroterra siciliano;
   qualunque ipotesi di sviluppo di un'area non può che partire da una visione strategica del territorio e delle sue risorse finanziarie, umane, associative, economiche e soprattutto infrastrutturali;
   la programmazione dei nuovi fondi comunitari 2014-2020 offre l'opportunità di rendere fattibile una strategia che, muovendo da azioni private e pubbliche e unendosi a politiche nazionali, dia loro forza, efficacia e visione con traguardo di lungo termine –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti;
   quali interventi intenda realizzare nell'immediatezza per ripristinare la piena funzionalità e per mettere in sicurezza la strada statale 575 itinerario Troina-Paternò e la strada statale 120 itinerario Nicosia-Cesarò;
   quali iniziative concrete il Governo intenda mettere in campo per modernizzare le anzidette strade statali, posto che da diversi decenni versano in uno stato di abbandono e non sono mai state oggetto di significativi investimenti. (4-08524)


   SAMMARCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il piano regolatore generale di Roma capitale prevede, tra le infrastrutture della mobilità interesse per la città, la realizzazione della chiusura dell'anello ferroviario nel tratto nord, che costituisce anche oggetto sia dell'accordo di programma per il nodo ferroviario di Roma (accordo quadro), sottoscritto in data 8 marzo 2000 tra Ministero dei trasporti la regione Lazio, la provincia di Roma, Roma capitale e FS spa, sia del protocollo d'intesa, sottoscritto in data 14 febbraio 2006 tra la regione Lazio, la provincia di Frosinone, la provincia di Latina, la provincia di Rieti, la Provincia di Roma, a provincia di Viterbo, Roma Capitale, FS e RFI;
   nell'ambito del parere emesso il 18 marzo 2015, dalla commissione trasporti della Camera sullo schema di decreto ministeriale recante approvazione del contratto di programma 2012-2016 — Parte investimenti — sottoscritto in data 8 agosto 2014 tra la società Rete ferroviaria (RFI) spa e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (atto n. 132) nell'ottica di dare effettiva attuazione all'impegno di considerare prioritari gli investimenti nei nodi urbani ad alta concentrazione abitativa nella programmazione degli interventi relativi alla rete ferroviaria, si è posta come condizione (n. 7), relativamente al nodo urbano di Roma, di «destinare specifiche risorse, quantificabili in 120 milioni di euro, al completamento della linea Vigna Clara-Valle Aurelia, considerato che il completamento dell'anello ferroviario di Roma Nord richiederebbe risorse attualmente non disponibili»;
   in questi giorni il Santo Padre ha annunciato che dall'8 dicembre 2015 fino al 22 novembre 2016, si terrà a Roma un giubileo straordinario e che tale evento potrebbe portare in Vaticano e in generale a Roma oltre 25 milioni di persone; il sindaco di Roma, si è espresso favorevolmente per la attivazione della linea ferroviaria in fase di completamento, Valle Aurelia-Vigna Clara, già per il Giubileo Straordinario; peraltro nel dicembre 2014 il Presidente del Consiglio dei ministri ha annunciato la candidatura di Roma e dell'Italia a ospitare le Olimpiadi 2024 e che al riguardo è già stato attivato il comitato promotore per riportare i Giochi Olimpici nella Capitale –:
   quali provvedimenti urgenti intenda adottare, per la parte di competenza, per la sollecita attuazione del progetto di chiusura del tratto nord dell'Anello ferroviario di Roma, tra Vigna Clara-Valle Aurelia. (4-08533)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'ultimo week end del 22 marzo 2015 a Mestre in via Faggi si sono registrati una serie di furti in abitazioni;
   in una delle abitazioni una famiglia di 8 persone ha corso seri rischi per la propria incolumità in quanto i ladri non hanno esitato a minacciare marito e moglie rubando televisori, computer cellulari e persino vestiti;
   il ripetersi di simili episodi genera nella popolazione un clima di forte preoccupazione per la propria sicurezza –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda adottare per rafforzare in termini di uomini e mezzi il controllo del territorio nel comprensorio di Mestre. (5-05121)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, MARCHETTI, LUCIANO AGOSTINI, PIRAS, QUARANTA, SANNICANDRO, KRONBICHLER, COSTANTINO, SCOTTO, MELILLA e DURANTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 marzo 2015 l'agenzia di stampa ANSA ha riportato la notizia di una operazione di polizia, denominata «Kajak», condotta dalla squadra mobile di Ancona, volta a sgominare un giro di prostituzione;
   le ragazze coinvolte, circa trenta, prevalentemente ventenni e tutte di nazionalità rumena, venivano indotte a prostituirsi con «violenza psicologica». L'organizzazione tratteneva il 95 per cento dei proventi derivanti dall'attività di prostituzione, per un giro d'affari significativo, considerato che ogni ragazza guadagnava — da quanto riporta la stampa — in media 1.500 euro alla settimana; le prestazioni sessuali avvenivano in strada, lungo la statale 16, tra Falconara e Marina di Montemarciano, ma l'organizzazione criminale disponeva anche di tre appartamenti, all'occorrenza;
   nel corso dell'operazione sono stati arrestati tre cittadini rumeni, accusati di sfruttamento della prostituzione aggravato, e un italiano, accusato di favoreggiamento. Mentre un quinto uomo, anch'esso rumeno, è tuttora ricercato;
   il fenomeno della prostituzione è un fenomeno complesso, all'interno del quale convivono situazioni di costrizione, libera scelta, ma anche tratta di esseri umani; la Romania è considerata un bacino significativo per il traffico di esseri umani, sia come paese di provenienza delle ragazze avviate alla prostituzione, sia come Paese di transito da altre regioni dell'est Europa, come la Moldavia;
   i meccanismi con i quali molte ragazze dell'est Europa vengono attirate in Italia e successivamente costrette a prostituirsi sono ormai noti da tempo. Sovente i trafficanti ingannano con false promesse di lavoro ragazze che vivono in aree rurali dei Paesi di provenienza, facendosi carico delle spese di viaggio e per le prime necessità, costringendo poi le vittime a prostituirsi per ripagare quel «prestito» iniziale, gravato da enormi interessi;
   i gruppi criminali rumeni sono da tempo ritenuti tra i più attivi in questo settore. I proventi economici, derivanti dalla prostituzione, vengono spesso reimpiegati in altre attività criminali quali, ad esempio, l'acquisto e lo spaccio di sostanze stupefacenti;
   con la direttiva 2011/36/UE, la Commissione europea ha indicato come obiettivo strategico dell'Unione il contrasto e lo sradicamento del fenomeno della tratta di persone nei Paesi membri; la strategia dell'Unione europea per gli anni 2012-2016 prevede una serie di azioni volte ad affrontare il problema alla radice. Tra le azioni concrete vengono indicati: dialogo e stretta cooperazione con la società civile; pieno ricorso alle agenzie dell'Unione europea attive nella lotta al traffico di esseri umani; il rafforzamento della cooperazione con Paesi terzi –:
   quali misure intenda adottare il Ministro interrogato per conseguire gli obiettivi indicati dall'Unione europea in materia di tratta di persone e prostituzione;
   quali iniziative intenda promuovere per intensificare la collaborazione con la Romania, al fine di contrastare con maggiore efficacia le attività criminali ascrivibili a organizzazioni che operano e provengono da quel Paese. (4-08526)


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, principale organismo di soccorso del Paese, è costituito da una componente professionista, quella principale, deputata a garantire la generalità degli interventi di soccorso sul territorio e una componente volontaria, alla quale il legislatore ha affidato un ruolo concorrente e mai sostitutivo. La stessa infatti è chiamata a concorrere nel garantire un primo intervento di soccorso nelle zone a più basso indice di rischio, ovvero in località non raggiungibili entro i tempi fissati come limiti per un efficace intervento operativo;
   negli ultimi 15 anni, per sopperire a organici carenti e inadeguati rispetto alle reali esigenze del Paese, si è assistito a un utilizzo eccezionale dello strumento di richiamo in servizio di personale volontario presso le sedi permanenti. Attingendo agli elenchi provinciali si è richiamato in servizio, a rotazione per periodi di 20 giorni, personale volontario in sostituzione della componente permanente, carente di oltre 3500 unità;
   il meccanismo della rotazione dei richiami ha comportato sia una crescita incontrollata, sia una moltiplicazione di tutti i costi fissi di gestione come: visita medica, dotazione personale di dispositivi di protezione individuali, formazione e addestramento;
   preso finalmente atto che la strada intrapresa non poteva essere ulteriormente perseguibile, stanti anche le ripercussioni sulla qualità del servizio, nel corso dell'iter di conversione del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, all'articolo 8 si è disposta l'assunzione di 1000 unità nel Corpo dei vigili del fuoco;
   agli oneri derivanti da tale disposizione si è provveduto mediante corrispondente riduzione degli stanziamenti di spesa per la retribuzione del personale volontario;
   «Nonostante ciò la pianta organica del Corpo dei vigili del fuoco risulta essere abbondantemente carente di personale –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire procedendo, senza indugi, a un ulteriore potenziamento del Corpo dei vigili del fuoco, con le modalità più opportune, affinché siano garantiti gli standard minimi di operatività sull'intero territorio nazionale. (4-08527)


   GUIDESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Navacchio, in provincia di Pisa, con i fondi del comune di Cascina, è stata realizzata una grande caserma per l'Arma dei carabinieri, che vi ha destinato effettivi dipendenti dal comando di Pontedera;
   l'immobile è stato costruito da una ditta privata e pagato dal comune di Cascina con denaro ottenuto in prestito;
   la struttura è stata concessa in uso gratuito all'Arma dei carabinieri per sei anni, ma era convenuto il pagamento di un canone annuo di 70 mila euro a partire dal settimo;
   al settimo anno, il Ministero dell'interno non ha onorato l'impegno. Nessun canone è stato corrisposto al comune di Cascina per la caserma di Navacchio;
   le autorità comunali di Cascina non sono in grado di offrire ai carabinieri la struttura di Navacchio in regime di canone gratuito, come peraltro avrebbe chiesto la prefettura di Pisa, senza soffrire un pesante ammanco;
   i carabinieri sarebbero sul punto di perdere anche la caserma di Casciana Terme, soggetta al medesimo comando di compagnia basato a Pontedera e già sotto sfratto a causa della continua riduzione del canone versato dal Ministero dell'interno al suo proprietario, un soggetto privato;
   l'ipotesi di trasferire i carabinieri alloggiati a Navacchio e Casciana Terme nel vecchio municipio di quest'ultimo comune è divenuta di difficile praticabilità a causa di alcuni cedimenti riscontrati nella struttura;
   il territorio rischia conseguentemente di rimanere privo di un importante presidio dei carabinieri in un tempo di sfide crescenti alla sicurezza –:
   se il Governo intenda o meno corrispondere il canone d'affitto al comune di Cascina per la caserma di Navacchio e, nel caso in cui ritenga di non poterlo fare, come conti di assicurare la permanenza di un presidio dei carabinieri nella zona. (4-08530)


   NACCARATO, CAMANI, MIOTTO e NARDUOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 20 marzo 2015, la squadra mobile di Padova ha eseguito l'arresto di quattro persone sospettate di essere collegate alla ‘ndrangheta, ritenute responsabili della rapina di un anno fa all'hotel Marriott di Padova;
   l'operazione è stata coordinata dai magistrati di Padova, con la collaborazione delle squadre mobili di Alessandria, Crotone, Cosenza e Varese;
   secondo gli inquirenti, il gruppo stava già pianificando un nuovo colpo a Lecco nell'abitazione di un imprenditore;
   il giudice per le indagini preliminari ha emesso i provvedimenti di custodia cautelare in carcere per Fortunato Gagliardi, 50 anni, residente a Alessandria, Giuseppe Mantia, 42 anni, residente a Crotone, Cosimo Tallarico, 29 anni, residente a Cosenza, ed Alessandro Vignati, 36 anni, residente a Varese;
   i quattro dovranno rispondere della rapina all'hotel di via Prima Strada a Padova e del sequestro di clienti cinesi trovati all'interno dell'albergo;
   gli arresti confermano l'allarme più volte lanciato dagli interroganti circa la presenza delle organizzazioni criminali in Veneto –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   quali misure, di competenza, intenda adottare, anche attraverso gli uffici territoriali del Governo, per prevenire il ripetersi di simili crimini e contrastare la presenza delle organizzazioni criminali nel territorio. (4-08540)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata:


   CALABRÒ. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   durante la replica sulle linee programmatiche del suo dicastero svoltasi nella 7a Commissione del Senato della Repubblica, il Ministro interrogato, relativamente ai test di accesso alle facoltà di medicina, annunciava l'intendimento di adottare il modello francese, che prevede un'ammissione generalizzata al primo anno e sbarramento al secondo;
   l'adozione di siffatto sistema comporterebbe una situazione di caos per gli atenei italiani di gran lunga peggiore di quella che stanno vivendo attualmente per l'immatricolazione di circa 5 mila studenti subentrati in seguito al ricorso al tribunale amministrativo regionale, che ha rilevato le difficoltà degli atenei di trovare spazi accessibili a tutti e di soddisfare in maniera ottimale il rapporto docente/studenti, previsto dagli standard europei;
   il modello francese sta già mostrando nel suo Paese di adozione tutte le sue criticità, con oltre 55 mila studenti in media che si iscrivono al primo anno di medicina e con appena il 20 per cento degli iscritti al primo anno che riesce ad accedere al secondo: ciò significa per gli studenti esclusi un anno di studi perso e costi economici notevoli;
   l'attuale sistema di accesso va senz'altro modificato, ma preservando il numero programmato per garantire la qualità della formazione e tenendo in debita considerazione il gap esistente tra il numero di borse di studio in medicina generale e dei contratti di scuola di specializzazione rispetto al numero dei laureati ogni anno –:
   quali iniziative intenda assumere in ordine alle modifiche da apportare all'attuale sistema di accesso alle facoltà di medicina per evitare che si creino anche nel futuro situazioni di disagio che penalizzano la qualità della formazione universitaria. (3-01388)


   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il «Gioco del rispetto – Pari e dispari», progetto al quale ha aderito il comune di Trieste, è stato finora proposto ai bambini di 45 scuole dell'infanzia di Trieste e mira, come si legge sull'opuscolo informativo, «a verificare le conoscenze e le credenze di bambini e bambine su cosa significa essere maschi o femmine, a rilevare la presenza di stereotipi di genere e ad attuare un primo intervento che permetta loro di esplicitare e riorganizzare i loro pensieri, offrendo ai bambini un punto di vista alternativo rispetto a quello tradizionale»;
   molti genitori non condividono affatto l'iniziativa e hanno denunciato, in particolare, la metodologia usata e le «istruzioni» riportate nelle schede di gioco, contenute nel kit distribuito per fornire alle insegnanti indicazioni su come svolgere i giochi stessi. Uno di questi, ad esempio, prevede che la maestra, dopo aver fatto fare ai piccoli alunni un po’ di attività fisica, faccia notare che le sensazioni e le percezioni provate dai piccini sono uguali. «Per rinforzare questa sensazione – si legge nel manuale a disposizione delle insegnanti – i bambini/e possono esplorare i corpi dei loro compagni, ascoltare il battito del cuore a vicenda o il respiro». «Ovviamente – si legge ancora – i bambini possono riconoscere che ci sono differenze fisiche che li caratterizzano, in particolare nell'area genitale»;
   tra i giochi proposti c’è pure quello del «Se fossi» durante il quale i bambini utilizzando dei costumi si travestono. «I bambini e le bambine – scrivono le schede informative – potranno indossare dei vestiti diversi dal loro genere di appartenenza e giocare così abbigliati»;
   il progetto viene presentato con finta trasparenza ai genitori mediante generici avvisi affissi nelle bacheche, che introducono il tutto parlando di mera «sensibilizzazione contro la violenza sulle donne»;
   il progetto in questione non era stato inserito nel piano di offerta formativa, di cui i genitori prendono visione all'atto dell'iscrizione del proprio figlio in una determinata scuola;
   ognuno di noi ha scoperto da bambino a modo suo, a piccoli passi e in modo naturale, la differenza tra uomo e donna. Non si capisce per quale motivo e senza l'assenso dei genitori sia necessario intervenire con dei giochi ad hoc e addirittura all'asilo;
   vista la delicatezza dei temi, che dovrebbero essere affrontati solo da persone altamente qualificate, non appaiono esserci sufficienti garanzie su chi interagisce in questo progetto con i bambini, sul sistema non verbale di questi giochi, perché i più piccoli colgono tutto: toni di voce, atteggiamenti, sguardi e ogni sfumatura seppur minima –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questo progetto e se ne condivida il merito, posto che, al di là dell'intento di facciata, sembra agli interroganti che ci sia il tentativo non tanto di insegnare il rispetto tra le persone, ma di istillare la nota «ideologia del gender», fin dalla più tenera età, che prevede l'assoluta libertà di scegliersi il sesso a cui appartenere, e quali iniziative intenda assumere al fine di scoraggiare il proseguimento di questo tipo di offerta scolastica, non condivisa da molti genitori. (3-01389)


   GIGLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con decreto interministeriale del 25 novembre 2014 si è proceduto al riparto ed al trasferimento delle risorse imputate al capitolo 1299 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per l'anno 2014;
   dette risorse ammontano complessivamente a 195.828.991 euro e sono assegnate dalle regioni alle scuole paritarie sulla base del numero di dette scuole, delle classi e degli alunni;
   le regioni svolgono le attività di assegnazione delle risorse alle singole scuole in coordinamento con gli uffici scolastici regionali;
   a causa della situazione economica estremamente grave in cui versano le scuole paritarie, in particolare quelle materne ed elementari, che spesso accolgono allievi di famiglie povere gratuitamente o per somme esigue, la mancata o ritardata erogazione dei fondi statali determina il licenziamento del personale o, addirittura, la chiusura delle scuole medesime –:
   quale sia l'effettivo ammontare delle somme erogate alle scuole paritarie dalle regioni rispetto alle risorse ad esse trasferite e indicate in premessa e quali risultino essere le regioni che non ancora hanno assegnato i finanziamenti. (3-01390)


   CENTEMERO e PALESE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per il 2015), all'articolo 1, comma 350, prevede, attraverso una disposizione introdotta nel corso dell'esame in Commissione, l'adozione di nuovi criteri per la composizione delle commissioni degli esami di Stato conclusivi del secondo ciclo, da applicare per gli esami che si svolgeranno nel 2015;
   nello specifico, il suddetto comma stabilisce che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità, e dunque entro il 2 marzo 2015, un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca avrebbe dovuto disciplinare i nuovi criteri per la definizione della composizione delle commissioni d'esame delle scuole secondarie di secondo grado;
   nella stessa disposizione viene, altresì, stabilito che, sempre con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, e sempre entro il medesimo termine (2 marzo 2015), si sarebbero dovuti definire i relativi compensi nel rispetto di quanto eventualmente previsto in sede di contrattazione collettiva del comparto del personale della scuola, in coerenza con le finalità del fondo «la buona scuola»;
   l'obiettivo della disposizione prevista all'articolo 1, comma 350, della legge di stabilità per il 2015 è quello di valorizzare il percorso scolastico degli studenti, dando vita ad un sistema di valutazione finale che tenga conto dell'effettiva crescita in termini di competenze e personale degli studenti, nonché tenendo conto dell'esigenza di valorizzare l'autonomia scolastica, assicurando una coerenza degli standard valutativi e valorizzando la professionalità dei docenti, in termini di competenze e approcci didattici e pedagogici e di verifica dell'efficacia delle pratiche educative;
   a tal proposito il 30 novembre 2014 è stato accolto un ordine del giorno nel quale si impegnava il Governo a valutare l'opportunità, nell'ambito dell'emanazione del suddetto decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di ridefinizione dei criteri per la composizione delle commissioni degli esami di maturità, di prevedere un presidente della commissione esterno e componenti interni all'istituto di riferimento;
   tale composizione è senz'altro essenziale al fine di realizzare a pieno gli obiettivi richiamati, in particolare l'esigenza di garantire autonomia scolastica, assicurando un sistema di valutazione degli studenti efficace e conforme al percorso formativo seguito;
   l'emanazione del decreto di cui all'articolo 1, comma 350, della legge di stabilità per il 2015, già in ritardo rispetto ai tempi previsti dalla medesima disposizione, è fondamentale anche al fine di evitare i ricorsi che potrebbero derivare a seguito della composizione delle commissioni d'esame secondo i vecchi criteri, che la legge di stabilità ha inteso superare; se il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non provvede all'emanazione del decreto in tempi brevi il rischio è, infatti, quello dell'invalidità dei risultati conseguiti dagli esami delle scuole secondarie di secondo grado per l'anno accademico in corso, per illegittimità delle stesse commissioni –:
   in che tempi e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 350, della legge di stabilità per il 2015 e, quindi, procedere all'adozione del decreto ministeriale per la nuova definizione della composizione delle commissioni d'esame delle scuole secondarie di secondo grado, nonché dei relativi compensi, e quali siano i criteri che si intendono utilizzare, anche alla luce del contenuto dell'ordine del giorno accolto dal Governo sul tema.
(3-01391)


   RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con una sentenza del 26 novembre 2014 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito l'illegittimità della normativa nazionale relativa ai contratti precari nella scuola, affermando che l'accordo quadro europeo sui contratti a tempo determinato «osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti, nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l'espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo»;
   la Corte ha ricordato come l'accordo quadro, per prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato, imponga agli Stati membri di prevedere l'indicazione delle ragioni obiettive che giustifichino il rinnovo dei contratti o la determinazione della durata massima totale dei contratti o del numero dei loro rinnovi, oltre a una misura sanzionatoria da applicare in caso di utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato;
   la normativa italiana oggetto della sentenza, invece, secondo i giudici «da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un'esigenza reale, sia idoneo a conseguire l'obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall'altro, non prevede nessun'altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato»;
   il ricorso al precariato nel sistema scolastico nazionale ha assunto dimensioni enormi, anche a causa del blocco delle procedure concorsuali negli anni tra il 2000 e il 2011, e sono migliaia le persone che aspettano di vedersi riconosciuto il giusto diritto ad un'immissione in ruolo, indispensabile per costruirsi un futuro anche nella vita privata;
   in base alle indiscrezioni apparse sulla stampa anche il provvedimento sulla scuola recentemente approvato in Consiglio dei ministri non sembra risolvere la questione del precariato di docenti e personale amministrativo delle istituzioni scolastiche –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per sanare in modo definitivo la questione del precariato nel settore scolastico, in ottemperanza alla citata sentenza, anche al fine di non incorrere in un procedimento sanzionatorio da parte dell'Unione europea. (3-01392)

Interrogazione a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da notizie apparse sulla stampa, il disegno di legge del Governo sulla riforma del sistema scolastico, che sarà a breve presentato alle Camere, prevede un piano di assunzione dei docenti che, a parere dell'interrogante, risulta essere non equo e giusto;
   infatti, il piano originario di assunzione straordinario dei docenti previsto per il 1o dicembre 2015, includeva sia i vincitori di concorso ed idonei dell'ultimo concorso del 2012, sia il personale da graduatorie ad esaurimento; allo scopo di rispettare l'articolo 399 del testo unico sull'istruzione che prevede che le assunzioni avvengano al 50 per cento da graduatorie di merito e dal 50 per cento da graduatorie ad esaurimento;
   sono circa 6 mila gli idonei al concorso, molti residenti nella provincia di Ragusa, che stante il disegno di legge che dovrà essere presentato alle camere, saranno penalizzati perché non potranno usufruire dell'assunzione;
   è poi da considerare che il disegno di legge dovrebbe prevedere, altresì, la chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici. Su questo punto, a parere dell'interrogante, si introduce un criterio di scelta non idoneo a rispettare il merito dei docenti;
   è necessario, infine, anche riconsiderare il meccanismo prefigurato dal disegno di legge che prevede che i docenti siano attinti da un albo territoriale con rinnovo dell'incarico ogni triennio: ciò, probabilmente avrà effetti negativi non solo sulla continuità didattica, ma sulla qualità dell'insegnamento –:
   se quanto espresso in premessa corrisponda al vero e quali iniziative intenda adottare al fine di rivedere i punti evidenziati nella stessa premessa. (4-08536)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è dei giorni scorsi l'appello su internet lanciato dai lavoratori stagionali in merito al danno e alla beffa che subiranno con l'introduzione della nuova assicurazione sociale per l'impiego (Naspi);
   il nuovo sussidio di disoccupazione introdotto con il decreto legislativo n. 22 del 4 marzo 2015, attuativo della riforma cosiddetta jobs act, rischia — infatti — di penalizzare fortemente i lavoratori del settore turistico, fino ad ora occupati per sei mesi all'anno e percettori dell'assegno di disoccupazione per i restanti sei mesi;
   i lavoratori stagionali non si lamentano tanto per i requisiti di accesso al nuovo ammortizzatore (aver cumulato almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni ed almeno 18 giornate effettive di lavoro negli ultimi 12 mesi), quanto piuttosto sulla durata dell'indennità, pari ad un numero di settimane corrispondente alla metà delle settimane contributive degli ultimi 4 anni di lavoro;
   ciò significa che se un cameriere o un barista nella prossima stagione primaverile-estiva verranno assunti per sei mesi, ad ottobre 2015 potranno accedere al nuovo sussidio di disoccupazione che, però, gli sarà erogato per soli tre mesi, rimanendo privi di copertura negli ulteriori tre mesi fino ad, eventuale nuova assunzione con contratto stagionale;
   trattasi indubbiamente di una situazione molto penalizzante per chi, invece, sino all'anno scorso maturava il diritto ai vecchi ammortizzatori sociali come l'assicurazione sociale per l'impiego ordinaria, che poteva durare anche un anno e dunque coprire il dipendente stagionale per il semestre successivo, prima dell'inizio di un nuovo periodo di lavoro estivo;
   alla minor durata del sussidio di disoccupazione si aggiunge l'ammontare ridotto dell'assegno, che penalizza fortemente i dipendenti stagionali con impieghi discontinui: a parità di retribuzione e di giorni lavorati nel corso dell'anno, un barista o un cameriere che hanno avuto lunghe pause tra un'assunzione e l'altra riceveranno un'indennità di disoccupazione ben più contenuta rispetto ad un loro collega che ha lavorato per Io stesso tempo ma in maniera più lineare e continua –:
   se e quali iniziative di propria competenza intenda urgentemente adottare per rimediare alla problematica di cui in premessa attenuando le penalizzazioni descritte, atteso che i lavoratori stagionali sono anch'essi dei precari e il venir meno della loro tutela contrasta con i proclami del premier Renzi e del Ministro interrogato all'indomani del varo del decreto legislativo n. 22 del 2015. (5-05116)


   PRATAVIERA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 20 febbraio 2015, al termine del Consiglio dei ministri, il Presidente del Consiglio Renzi ed il Ministro interrogato hanno annunciato con enfasi di avere dato seguito ad altri 2 step della riforma «Jobs act», con il varo dei seguenti decreti legislativi:
    a) quello sulla revisione della tutela della maternità, al fine di rendere più flessibile la possibilità di fruire del congedo obbligatorio di maternità ed estendere il congedo di paternità anche a tutte le categorie di lavoratori, nonché contenente nuove disposizioni in materia di telelavoro e di donne vittime di violenza di genere;
    b) quello sulla revisione delle tipologie contrattuali, che dovrebbe contemplare il superamento dei contratti di collaborazione a progetto, dei contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro e dello job sharing, e la conferma del contratto a tempo determinato, del contratto di somministrazione e del lavoro accessorio con un aumento del limite annuo per i voucher da 5.000 a 7.000 euro lordi;
   a più di un mese dal varo in Consiglio dei ministri i due schemi di decreto non sono ancora approdati in Parlamento per il parere delle competenti Commissioni parlamentari;
   secondo notizie di stampa i due schemi di decreto non hanno avuto il via libera della ragioneria generale dello Stato per mancanza di coperture;
   in particolare sembrerebbe che l'abolizione dei contratti di collaborazione a progetto in favore del contratto a tutele crescenti – tanto pubblicizzata dal Governo come intervento per combattere la precarietà crei non pochi problemi di tenuta dei conti pubblici, atteso che l'aliquota contributiva dei contratti di collaborazione a progetto pari al 30,72 per cento a fronte di una decontribuzione nei limite massimo di 8.060 euro l'annuo col contratto a tutele crescenti;
   già in occasione dell'esame del disegno di legge di stabilità per il 2015 l'interrogante aveva espresso perplessità sui 2 miliardi di euro stanziati a copertura dell'intervento, denunciando la mancanza di risorse per l'attuazione dell'intera riforma cosiddetta Jobs act (ammortizzatori, tipologie contrattuali, congedi parentali, servizi ispettivi) –:
   se trovi conferma quanto esposto in premessa e se intenda chiarire come il Governo pensi di attuare la legge delega «Jobs act» alla luce delle risorse disponibili insufficienti ovvero se ed in che termini intenda reperirne di nuove ed ulteriori, auspicando che non intenda ricorrere a nuova tassazione per le imprese e per i lavoratori. (5-05125)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   la SIN s.p.a. è la società istituita da AGEA ai sensi di quanto disposto dal decreto legislativo n. 99 del 2004, così come modificato dalla legge 231 del 2005, e ad essa è assegnato lo sviluppo e la gestione dei servizi del Sistema informativo agricolo nazionale — SIAN;
   le quote azionarie di SIN sono attualmente possedute al 51 per cento da AGEA e al 49 per cento da RTI Almaviva, socio privato selezionato tramite gara europea nell'anno 2007; ai sensi delle norme istitutive e regolamentari di SIN, nonché delle norme della gara per la selezione del socio privato, il possesso delle quote azionarie da parte di quest'ultimo termina il 20 settembre 2016, data in cui AGEA è tenuta a procedere al riacquisto delle quote ad un prezzo determinato secondo le regole stabilite dalle norme di gara accettate dai concorrenti;
   in data 20 settembre 2016 scadono anche la convenzione quadro tra AGEA e SIN, nonché i contratti di SIN con il gruppo RTI Almaviva, per l'esecuzione, da parte dello stesso, delle attività relative allo sviluppo ed alla gestione del SIAN, in qualità di fornitore esclusivo, come sancito anche dal parere n. 456/2007, rilasciato il 18 aprile 2007 dalla sezione seconda del Consiglio di Stato;
   ai sensi della legge istitutiva di SIN e delle norme di gara sopra citate, l'amministrazione ha quindi l'obbligo di esperire una procedura di pubblica evidenza per la selezione del nuovo socio privato di SIN e la contemporanea assegnazione all'aggiudicatario, in qualità di fornitore in esclusiva, delle attività operative per lo sviluppo e la gestione dei servizi del SIAN, con il prioritario obiettivo di garantire la piena continuità dei servizi stessi ed, in particolare, la tempestività e la correttezza dei pagamenti degli aiuti comunitari ai produttori agricoli italiani;
   ad oggi non risulta che AGEA abbia avviato alcuna delle operazioni necessarie alla predisposizione ed effettuazione della gara, né che abbia raccolto le offerte di supporto in merito da parte di SIN, per cui appare praticamente impossibile che il nuovo socio privato sia individuato in tempo utile per l'attuazione del passaggio di consegne da parte dell'attuale fornitore;
   di conseguenza, sembra già adesso pressoché inevitabile – in considerazione della prioritaria necessità di garantire la continuità dei servizi di pagamento degli aiuti comunitari – ricorrere ad una proroga dell'affidamento dei servizi operativi all'attuale socio privato e fornitore, in evidente spregio della vigente normativa in materia di appalti e della legge specifica fissata nelle norme della gara SIAN;
   l'attuale socio-fornitore di SIN, il gruppo RTI Almaviva, è costituito da molte delle aziende che da circa venti anni, a vario titolo, hanno fornito all'amministrazione i servizi del SIAN; solo negli ultimi sette anni, dall'entrata in attività di SIN, il costo a carico dell'amministrazione corrisposto per i servizi del SIAN, è stato complessivamente superiore a 700 milioni di euro;
   nei vari contratti è sempre stata prevista e corrisposta la completa integrazione e interconnessione del sistema e delle banche dati, come richiesto, in particolare, dal contratto tra SIN ed RTI Almaviva del 26 novembre 2008, per l'effettuazione dei servizi di cui all'atto esecutivo AGEASIN «A08-03» per l'evoluzione dei servizi del SIAN, e nel progetto di conduzione ed evoluzione del SIAN ad essi allegato;
   ciononostante, risulta che siano tuttora necessarie — e siano in corso di progettazione da parte dell'attuale fornitore – nuove attività di sviluppo per consentire l'applicazione delle regole introdotte dalla Commissione europea con la recente riforma della politica agricola comune, nonché per sostenere il nuovo programma ministeriale «Agricoltura 2.0», mediante la piena integrazione del fascicolo aziendale e l'interconnessione con gli altri sistemi pubblici in cui risiedono dati di interesse (regioni, organismi pagatori, INPS, Agenzia delle entrate, e altri);
   nel tempo sono aumentate le segnalazioni, tra cui interrogazioni parlamentari, ispezioni della Commissione europea e indagini giudiziarie su SIAN, su malfunzionamenti e disservizi del sistema, nonché sugli elevatissimi costi dello stesso; in particolare, nella relazione finale del 23 ottobre 2013, della Commissione per l'esecuzione del collaudo finale del SIAN – istituita il 3 aprile 2013 dai vertici all'epoca in carica di SIN — sono stati denunciati inadempimenti di RTI Almaviva per mancata realizzazione di opere contrattualmente previste e per vizi delle opere eseguite, e si è suggerito un intervento progettuale risolutivo atto al ripristino della consistenza, della replicabilità e dell'integrazione dei dati con ciò evidenziando l'assoluta mancanza di integrazione del sistema;
   risulta che SIN abbia notificato ad AGEA la relazione finale di collaudo, auspicando decisioni in merito;
   AGEA avrebbe affidato al CNR una indagine preliminare sul sistema SIAN, alla quale non risulta sia stato dato efficace seguito, per cui, a ben oltre un anno dalla disponibilità della predetta relazione di collaudo, non è stato assunto alcun provvedimento in merito;
   quanto sin qui esposto, unitamente a quella che agli interpellanti appare una perdurante inerzia dell'amministrazione, suscita preoccupazione circa l'effettiva volontà di procedere alla selezione del nuovo socio privato di SIN e costituisce di fatto una dilazione a tutto vantaggio dell'attuale socio privato e fornitore –:
   se il Ministro interpellato ritenga necessario un rapido e decisivo intervento per l'avvio immediato delle procedure per la selezione del nuovo socio privato di SIN s.p.a. ed il conseguente affidamento della gestione del SIAN, a partire dal 20 settembre 2016, al nuovo fornitore così individuato, al fine di garantire la totale continuità dei servizi a supporto degli adempimenti dei produttori agricoli e la celerità e trasparenza dei meccanismi di assegnazione.
(2-00908) «Gallinella, L'Abbate, Gagnarli, Massimiliano Bernini, Benedetti, Parentela, Villarosa».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'ultimo periodo si registra un incremento di furti a danno delle aziende agricole del veneziano;
   nel sandonatese in particolare vi sono state diverse denunce per furti di macchine agricole per valore di diverse migliaia di euro così come di trattori ma anche di animali e di produzioni orto frutticole;
   le organizzazioni di categoria hanno chiesto al prefetto approfondimenti in termini di sicurezza visto il fenomeno che sta destando non poche preoccupazioni tra gli operatori del settore –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare per un maggiore controllo delle aree rurali nonché se intenda altresì valutare l'opportunità di assumere iniziative per introdurre misure fiscali in favore degli operatori economici per gli oneri sostenuti dalle aziende agricole per la sicurezza di produzioni e mezzi. (5-05122)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSATO, BLAZINA, BRANDOLIN, COPPOLA, MALISANI e ZANIN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva 68/193/CEE del Consiglio, del 9 aprile 1968, e relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite, dispone che ciascun Stato della Comunità debba istituire un Registro nazionale delle varietà di viti nel quale elencare le varietà i cui materiali di moltiplicazione sono ammessi al commercio in base ai criteri suggeriti dalla successiva direttiva 2004/29/CE della Commissione;
   l'iscrizione al registro e la cancellazione dallo stesso delle varietà e dei cloni è disposta con decreto ministeriale; in particolare, il decreto ministeriale 24 giugno 2008 ha fissato i parametri per la valutazione di suddetti doni;
   nel 1998, l'università degli studi di Udine, per rispondere alla situazione critica della viticoltura in Europa costretta ad un impiego eccessivo di pesticidi, ha dato avvio ad un progetto di selezione di nuove varietà di vite resistenti alle malattie, peraltro, grazie ad un contributo regionale, con il principale scopo di ridurre l'utilizzo di agrofarmaci in questo settore della produzione agricola;
   nel 2006 è nato a Udine l'Istituto di genomica applicata (Iga) che ha dato ulteriore impulso all'attività di ricerca, conclusasi positivamente nel 2013 con l'individuazione di dieci selezioni – cinque a bacca bianca e cinque a bacca rossa – per le quali è stata avviata la procedura di iscrizione nel registro;
   risulta all'interrogante che a distanza di due anni dall'istanza di iscrizione al registro non sia ancora giunta una risposta, impedendo, così, la coltivazione e la diffusione di queste varietà che sono state isolate con un lavoro quasi decennale dei ricercatori dell'università;
   si segnala, invece, che negli ultimi anni il Ministero ha autorizzato ed iscritto a registro ben otto vitigni resistenti, creati in Germania –:
   quali siano le ragioni di questo ritardo nell'iscrizione nel registro nazionale delle varietà di viti, delle dieci varietà messe a punto dai ricercatori dell'università di Udine e dall'istituto Iga di Udine;
   se il Ministro ritenga che l'attività di ricerca sviluppata dalle università italiane meriti una particolare attenzione, posto che tali attività sono state, peraltro, finanziate con contributi pubblici. (4-08532)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   SOTTANELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni 4, 5 e 6 marzo 2015 gran parte del territorio della regione Abruzzo è stato interessato da raffiche di vento di forte intensità, intense e persistenti precipitazioni piovose con diffusi allagamenti e nevicate abbondanti che hanno prodotto accumuli al suolo di molto superiori ai valori medi stagionali;
   si è verificata la grave e persistente mancanza di energia elettrica in circa 110 comuni della regione, come da comunicazione provvisoria Enel e, in particolare, sono risultate interrotte 30.000 utenze nella provincia di Teramo, 27.000 utenze nella provincia di Pescara, 35.000 utenze nel comune di Chieti, 25.000 utenze nel comune dell'Aquila;
   i disservizi hanno interessato sia la rete di trasmissione (alta tensione) gestita da Terna con la disalimentazione di 9 cabine primarie, sia le reti di distribuzione (media e bassa tensione) gestite da Enel spa;
   tali interruzioni sono state causate anche dall'impatto provocato dalla caduta di piante, alberi ad alto fusto e rami sulle linee elettriche, con la formazione di manicotti di ghiaccio sui conduttori aerei;
   in base alle informazioni di stampa, ai comunicati ufficiali di Enel distribuzione spa e alle notizie diffuse dalle prefetture e dalla regione Abruzzo, il picco massimo di utenti disalimentati, pari a circa 146.000 unità, si è registrato il 5 marzo 2015;
   l'interruzione dell'alimentazione elettrica e i relativi disagi si sono protratti per diversi giorni, tanto che per alcuni utenti la ripresa del servizio è avvenuta solamente tra il 9 e l'11 marzo 2015;
   tali interruzioni di distribuzione sono senza precedenti per la vastità del territorio interessato e per il numero di utenze coinvolte e hanno causato un grave danno alle famiglie, alle imprese e anche agli enti erogatori di servizi pubblici in Abruzzo;
   i disservizi hanno messo in luce le inadeguatezze e la vetustà della rete infrastrutturale abruzzese di distribuzione e trasmissione dell'energia elettrica –:
   se risulti che Terna ed Enel spa abbiano agito in conformità ai piani di emergenza e nel rispetto degli obblighi di servizio per assicurare la tempestiva ripresa del servizio e la riparazione dei guasti, se il Governo ritenga adeguati alle esigenze del territorio abruzzese gli investimenti e la manutenzione effettuati negli ultimi anni dalle società di distribuzione e gestione della rete elettrica e quali investimenti si intendano mettere in campo, sia in termini strutturali e che di risorse umane, per un adeguamento e un potenziamento della rete infrastrutturale in Abruzzo. (3-01385)


   SCOTTO, FERRARA e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Finmeccanica è il primo gruppo industriale italiano nel settore dell'alta tecnologia ed opera in settori legati alla difesa (elettronica, elicotteristica, aeronautica, aerospazio e politiche spaziali), ai trasporti ed all'energia;
   il suo maggiore azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze;
   Finmeccanica conta sedi sparse in tutto il mondo e circa 70.000 dipendenti ed è uno dei principali gruppi industriali italiani sotto controllo statale;
   di conseguenza, le decisioni assunte dal suo gruppo dirigente relativamente alle politiche industriali attuate da Finmeccanica sono derivazioni di scelte politiche in senso stretto;
   da questo punto di vista va notato come negli ultimi anni il management industriale di Finmeccanica sembri sempre più rispondere, a parere degli interroganti, a criteri dettati dalle lobby finanziarie, piuttosto che ad esigenze strategiche volte a dotare il gruppo di un'impostazione tale da renderlo pilastro fondamentale dello sviluppo industriale italiano;
   tale sviluppo dovrebbe partire proprio dalle aree più disagiate del Paese ed invece l'assetto dato al gruppo dalla dirigenza aziendale sembra essere ad evidente trazione settentrionale: i centri nevralgici, sia da un punto di vista strettamente gestionale che sotto un profilo più progettuale, hanno spostato man mano il loro baricentro verso quelle zone dell'asse geografico centro-settentrionale nelle quali si riteneva ci fossero condizioni tali da consentire di superare la crisi economica globale con il minimo danno possibile;
   ciò ha portato ad una progressiva desertificazione industriale di zone del Paese già martoriate dalla crisi, come il Mezzogiorno e, in particolar modo, la Campania;
   in Campania i livelli di disoccupazione (specie femminile e giovanile) hanno raggiunto proporzioni drammatiche;
   Finmeccanica è attualmente presente nell'area campana con undici siti industriali in cui lavorano circa 6.500 addetti (cifre che rendono la Campania seconda regione in Italia per numero di dipendenti di Finmeccanica);
   vi è, inoltre, un rilevante indotto, che porta il numero complessivo a circa 20.000 addetti;
   ciononostante, a numeri così importanti non sembra corrispondere un adeguato piano di investimenti a sostegno delle realtà produttive presenti ed anzi si può facilmente notare come le uniche politiche portate avanti in questi ultimi anni dai management che si sono succeduti siano quelle di dismissione e ridimensionamento di realtà presenti sul territorio campano;
   addirittura in alcuni casi vi è stata la rinuncia da parte di Finmeccanica a fonti di finanziamento regionale e nazionale volte a favorire lo sviluppo delle competenze, delle tecnologie e della ricerca;
   per esemplificare il processo in atto, basta porre attenzione su alcune scelte compiute negli ultimi anni;
   Alenia Aermacchi ha visto una riorganizzazione delle attività tra siti che ha portato, tra l'altro, allo spostamento della sede legale da Pomigliano d'Arco, in provincia di Napoli, a Venegono Superiore, nel varesotto;
   vi è stato, relativamente a Selex Es, un accordo sul piano industriale che ha penalizzato fortemente i siti dell'area campana, precludendone lo sviluppo;
   il comparto trasporti sta venendo progressivamente smantellato, con forti implicazioni sugli stabilimenti del Sud Italia di Ansaldo Sts e Ansaldo Breda;
   la sede napoletana dell'ex centro di ricerca in campo aerospaziale Mars center, attualmente Telespazio, sta venendo chiusa, nonostante i rinvii, con spostamento dei dipendenti a Roma;
   vi è stata la scelta di procedere alla chiusura del centro di ricerca Sesm presente nel sito Selex Es di Giugliano (Napoli);
   è stata annunciata la vendita dello stabilimento di Alenia Aermacchi di Capodichino ad Atitech, con pesanti ricadute occupazionali sul territorio;
   va sottolineato come nel Centro-Nord del Paese vi sia stato un massiccio intervento di istituzioni nazionali e territoriali per garantire la risoluzione delle vertenze più importanti e dei piani adeguati di sviluppo industriale, mentre in Campania la regione è stata del tutto assente;
   nel 2013 il sito di Giugliano in Campania ha visto partire la riorganizzazione di Selex Es forte di un organico di circa 350 lavoratori e con realtà industriali ormai strutturate e consolidate, di cui Giugliano era il riferimento e la direzione per l'intera Selex Es;
   nello stesso sito era presente anche il consorzio di ricerca Sesm con circa 60 addetti, cui si aggiungevano numerosi borsisti e dottorandi, impegnati in progetti di ricerca europei e nazionali con la collaborazione dei centri universitari della regione;
   il piano industriale varato dall'azienda nel gennaio 2014, non attribuendo allo stabilimento di Giuliano alcuna direzione centrale ed anzi disperdendo in mille rivoli le professionalità presenti, ha arrestato il processo di crescita del sito in questione;
   la cessione di Ansaldo Breda e Ansaldo Sts ad una multinazionale straniera rappresenta l'ennesimo segno di resa da parte dell'Italia verso una possibilità di rilancio di un settore importante come quello dei trasporti e del segnalamento ferroviario, ormai prossimo a scomparire;
   in questo modo si va verso la perdita dell'ultimo polo industriale pubblico di Napoli;
   la cessione dello stabilimento di Alenia Aermacchi di Capodichino (Napoli) ad Atitech rischia di rivelarsi un'operazione devastante per il territorio, giacché si cancella, di fatto, la presenza di Alenia in città e si sposta nella provincia di Torino la produzione del velivolo da trasporto militare C-27J, uno dei prodotti di punta dell'intera galassia Aermacchi, la cui fusoliera veniva realizzata a Capodichino;
   ciò avviene già dopo la chiusura dello stabilimento di Alenia sito in Casoria (provincia di Napoli);
   con i due piani di ristrutturazione (rispettivamente del 2010 e del 2012) in Alenia sono venuti meno circa 1000 posti di lavoro;
   il già citato processo di desertificazione industriale in atto non riguarda solo le realtà industriali campane legati a Finmeccanica;
   negli ultimi anni, infatti, sono tantissime le realtà produttive che, per necessità o per scelta, hanno chiuso gli stabilimenti in Campania e/o li hanno delocalizzati o venduti;
   è tuttora in corso anche la vicenda riguardante Firema (Finmeccanica), una trattativa ancora non conclusa per una cessione alla Blutec, che mette in gioco i destini di tantissimi lavoratori e delle loro famiglie;
   Firema fa parte dell'indotto di Finmeccanica ed è evidente esempio della difficoltà in cui attualmente tutto l'indotto versa;
   è del tutto evidente come sia diventato indispensabile un intervento strutturale e programmatico che inverta una tendenza che già adesso ha assunto connotati drammatici –:
   se non ritenga urgente e doveroso aprire dei tavoli tecnici di confronto con le parti interessate per risolvere le troppe vertenze aperte sul territorio campano, garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e, inoltre, mettere in campo immediatamente un piano straordinario strutturale di rilancio industriale che permetta alla Campania di invertire una tendenza, che, altrimenti, rischia di diventare irreversibile, ed un piano straordinario di investimento per Finmeccanica al fine di rilanciare l'industria in Campania.
(3-01386)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TINAGLI, MARTELLA, CIMMINO, LIBRANDI, MATARRESE, NESI e VITELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Invitalia, società per azioni partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, fu istituita con il nome «Sviluppo Italia» dal decreto legislativo 9 gennaio 1999, n. 1, a seguito dell'accorpamento di varie società ed enti di promozione ed ha assunto la denominazione di «Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa» con l'articolo 1, comma 460, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, (legge finanziaria per il 2007);
   nel quadro delle attività promosse dall'Agenzia in materia di incentivi alle imprese, Invitalia opera attraverso vari strumenti, tra i quali la sottoscrizione dei cosiddetti «contratti di sviluppo» (istituiti con decreto ministeriale 24 settembre 2010 e regolamentati dal decreto ministeriale 14 febbraio 2014) che prevedono l'erogazione di finanziamenti sotto forma di contributi a fondo perduto, finanziamenti agevolati, contributi in conto interessi;
   l'articolo 9, comma 8, lettera a), del decreto ministeriale 14 febbraio 2014 prevede che, nel processo di selezione dei progetti e delle imprese beneficiarie delle agevolazioni l'Agenzia, valuti «la coerenza industriale e la validità economica del programma di sviluppo nonché l'impatto occupazionale del programma stesso»;
   ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 1 del 1999, l'Agenzia è tenuta a presentare annualmente al Ministero dello sviluppo economico, «una relazione sulle attività svolte ai fini della valutazione di coerenza, efficacia ed economicità e ne riferisce alle Camere»;
   l'articolo 13, comma 2, del decreto ministeriale 14 febbraio 2014 prevede inoltre che al 30 giugno e al 31 dicembre di ciascun anno l'Agenzia presenti al Ministero dello sviluppo economico «un rapporto semestrale sulle attività svolte, fornendo in particolare dati e informazioni riguardanti l'avanzamento fisico, finanziario e amministrativo dei programmi di sviluppo e le eventuali revoche effettuate (...)» e prevede, inoltre, che tale rapporto contenga «anche un prospetto riportante i dati identificativi delle imprese beneficiarie e l'importo delle agevolazioni erogate, l'indicazione dei programmi di sviluppo cofinanziati dalle Regioni e l'importo del cofinanziamento, la natura delle risorse finanziarie utilizzate»;
   le attività di rendicontazione e le informazioni disponibili al Parlamento in merito alle attività dell'Agenzia e della loro trasparenza è stata negli anni scarsa e frammentata: l'ultima relazione in possesso del Parlamento è stata presentata nel luglio 2012 e si riferisce alle attività dell'Agenzia nell'anno 2011;
   dal 2012 non sono più pervenute le relazioni annuali che Invitalia è tenuta a fornire al Parlamento e la precedente relazione risale al 2006, anno in cui l'Agenzia era ancora denominata «Sviluppo Italia»;
   l'attività dell'Agenzia è comunque proseguita in modo intenso: dalle comunicazioni ufficiali risulta che nell'anno 2014 l'Agenzia abbia erogato, nel solo ambito dei cosiddetti «contratti di sviluppo», ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, la somma di 325.169.365 euro in contributi erogati ad aziende nazionali ed internazionali come, per esempio, i circa 30 milioni di euro erogati a Vodafone per un non meglio specificato progetto di «Telecomunicazioni fisse», gli oltre 20 milioni erogati alla De Cecco per «Produzione paste alimentari», o i 24 milioni erogati alla ITEM srl per «Alberghi» (la ITEM srl è una società posseduta dallo sceicco Hamed Bin Al Hamed, che nell'agosto 2014 ha acquistato per la cifra di 29 milioni di euro il complesso alberghiero La Perla ionica che diventerà l'Hotel Hilton di Capomulini), e molti altri progetti che vanno dalla lavorazione del caffè alla produzione di elettrodomestici o di aeromobili;
   in merito alla rendicontazione delle attività di Invitalia e della loro efficacia in termini di sviluppo ed impatto occupazionale è stata discussa il 4 luglio 2014 alla Camera dei deputati una interpellanza urgente n. 2-00602 al Ministero dello sviluppo economico; in tale occasione il rappresentante del Governo ha affermato che «in merito alla relazione riguardante l'attività al 30 giugno 2014 ... l'Agenzia ne ha iniziato in questi giorni la predisposizione, essendosi appena concluso il semestre di osservazione» e, relativamente alla relazione annuale, che «è in corso di presentazione la relazione relativa all'anno 2012»;
   il 9 dicembre 2014 nel dicembre del 2014 è stato approvato un nuovo decreto ministeriale che modifica il precedente decreto ministeriale 14 febbraio 2014 in materia di contratti di sviluppo: l'articolo 13, oltre a riaffermare l'obbligo da parte di Invitalia di presentare relazioni semestrali al 30 giugno ed al 31 dicembre di ciascun anno al Ministero dello sviluppo economico «riguardanti l'avanzamento fisico, finanziario e amministrativo dei programmi di sviluppo», introduce l'applicazione di sanzioni per il mancato rispetto delle scadenze relative alle comunicazioni periodiche delle attività svolte dall'Agenzia;
   nonostante il tempo ed i nuovi provvedimenti intercorsi, non risulta ad oggi pervenuta al Parlamento nessuna documentazione nuova rispetto a quella disponibile a luglio 2014, né il Ministero o l'Agenzia hanno riferito ai competenti organi parlamentari alcuna informazione in proposito;
   il sito internet di Invitalia riporta l'elenco di tutti i progetti finanziati nel 2014, delle somme erogate e dei soggetti beneficiari, tuttavia queste informazioni non possono essere considerate sostitutive di una relazione dettagliata che possa fornire al Parlamento gli elementi per valutare l'efficacia e l'efficienza delle agevolazioni erogate e degli interventi dell'Agenzia;
   non risultano infatti disponibili dati o informazioni di dettaglio sui processi o prodotti industriali oggetto di investimento, né sui risultati attesi in termini di incrementi di produttività, efficienza, fatturato, occupazione e, più in generale, sviluppo del territorio;
   non risultano altresì disponibili dati o informazioni sugli sviluppi dei progetti finanziati, il loro stato di avanzamento e i risultati ottenuti nel tempo, neppure dei primi progetti avviati alcuni anni fa sui quali sarebbe possibile e necessario effettuare opera di monitoraggio e valutazione –:
   se i Ministri intendano:
    a) sollecitare la pubblicazione e la trasmissione al Parlamento delle relazioni annuali sulle attività dell'Agenzia per gli anni che non sono stati coperti dalla relazione annuale prevista ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 1 del 1999;
    b) informare sulla puntuale trasmissione delle relazioni semestrali da parte dell'Agenzia e sull'eventuale applicazione delle sanzioni previste dal decreto ministeriale del 9 dicembre 2014;
    c) riferire i risultati delle analisi sulla «coerenza industriale e la validità economica» dei programmi di sviluppo sottoscritti, nonché l'impatto occupazionale dei programmi stessi, la loro efficacia ed economicità, così come previsto dall'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 1 del 1999;
    d) riferire non solo in merito alle analisi che hanno preceduto la selezione dei programmi e la loro coerenza industriale ma anche sull'avanzamento fisico, finanziario e amministrativo dei programmi di sviluppo sottoscritti dall'Agenzia, sul raggiungimento degli obiettivi di sviluppo ed occupazionali previsti, e sulle eventuali revoche effettuate. (5-05126)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERRETTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 13 del decreto-legge del 6 luglio 2012 n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012 n. 135 ha istituito l'organismo per la gestione del registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi, denominato ORIA;
   l'ORIA dovrebbe sostituire il RUI (registro unico degli intermediari di assicurazione);
   l'istituzione di tale organismo di diritto privato ha suscitato critiche e perplessità tra le associazioni di settore come riportato dal portale di informazione specifico tuttointermediari.it nell'articolo del 14 luglio 2014, a firma Fabio Sgroi;
   l'Ulias (Unione liberi intermediari di assicurazione) ha posto con forza il tema del riconoscimento del ruolo dei sub-agenti di assicurazione attualmente esclusi dalla possibilità di essere riconosciuti ed iscritti nel registro sottoposto al controllo dell'ORIA;
   gli intermediari iscritti al RUI nella sezione E (subagenti) presso le camere di commercio sono, al 2013, 181.000 (fonte IVASS, istituto di vigilanza sulle assicurazioni);
   la mancata possibilità di iscrivere tali soggetti produce necessariamente la «invisibilità» di tali lavoratori al fisco e all'Inps, oltre a privarli di qualsiasi forma di definizione di diritti e doveri da assolvere –:
   quali iniziative ritenga di dovere intraprendere per istituire una sezione specifica all'interno dell'ORIA per i sub agenti di assicurazione, così da definire la loro figura professionale con diritti e doveri delimitati e precisi e, allo stesso tempo, evitare di far scivolare nel lavoro nero questo considerevole numero di lavoratori. (4-08525)


   LATRONICO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante il 16 giugno 2014 ha presentato l'interrogazione n. 4-05155 relativa alle procedure di autorizzazione per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi offshore nel mar Ionio;
   il 5 novembre 2014 è stata presentata una richiesta di permesso di prospezione in mare, denominata «d 3 F.P-. SC» dalla Schlumberger Italiana Srl che comprenderebbe un'area di 4.030 chilometri quadrati del mar Ionio all'interno della zona marina «F» e i comuni interessati lungo tutta la costa sono 53 ricadenti nelle province di Crotone, Cosenza, Matera e Lecce;
   il progetto di ricerca di idrocarburi potrebbe provocare indubbi effetti negativi su tutti i comuni ubicati lungo la costa e sul comparto turistico, interessando la parte costiera con alterazione delle correnti e dell'equilibrio ecologico del mare, in un'area dove sono presenti diverse attività e produzioni agro-alimentari di pregio;
   il sito individuato ha un alto valore naturalistico, ove sono presenti habitat marini naturali ed anche specie da proteggere (a esempio la tartaruga caretta, in via di estinzione dalle coste italiane);
   nell'area interessata è presente anche la riserva naturale regionale bosco Pantano di Policoro, istituita con legge regionale 8 settembre 1999, n. 28. Oasi WWF dal 1995. La riserva interessa un'area di 550 ettari a bosco relitto di latifoglie decidue, nei comuni di Policoro e Rotondella;
   esiste un'ampia letteratura scientifica prodotta a livello mondiale da prestigiosi Istituti di ricerca che hanno analizzato gli effetti che potrebbero avere sui cetacei le attività di ricerca di idrocarburi in mare e le eventuali successive fasi di trivellazione con tecnologie (air gun) basate sulla emissione di onde acustiche a elevata energia, in grado di creare danni irreversibili agli apparati uditivi dei cetacei presenti nel mar Ionio;
   la regione Basilicata, le amministrazioni locali interessate, i comitati ed associazioni hanno rigettato le richieste di ricerche di idrocarburi pervenute negli ultimi mesi evidenziando la contrarietà a una scelta di politica energetica ed economica, in contrasto con i bisogni, lo sviluppo sociale ed economico del territorio –:
   se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per approfondire la questione riportata in premessa e se intendano sospendere ogni ulteriore permesso di ricerca al fine di approfondire tutti gli aspetti legati alla tutela dell'ambiente;
   quali iniziative intendano assumere per la sicurezza delle popolazioni, in merito al rischio derivante dalle trivellazioni in un territorio la cui fenomenologia sismica può essere incrementata da tali interventi. (4-08528)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Cenni e altri n. 7-00617, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Antezza.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Daga e altri n. 4-08519, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Frusone.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Sgambato e altri n. 5-05111, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carloni.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Pannarale n. 4-06602 del 27 ottobre 2014;
   interrogazione a risposta orale Dorina Bianchi n. 3-01219 del 10 dicembre 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Gallinella n. 5-04558 del 22 gennaio 2015;
   interrogazione a risposta scritta Fedriga n. 4-08371 dell'11 marzo 2015;
   interrogazione a risposta orale Fauttilli n. 3-01380 del 20 marzo 2015;