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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 6 marzo 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    i Governi italiani dal 2007 in avanti si sono sempre vantati di non aver dovuto «salvare» le banche nazionali, senza che questo abbia comportato problemi alla tenuta del sistema finanziario;
    gli ultimi dati, che quantificano le sofferenze in 181 miliardi di euro, in aumento del 21 per cento da novembre 2013 a novembre 2014, dovrebbero far considerare più criticamente questa certezza, anche alla luce degli stress test della Banca centrale europea, che hanno rilevato forti criticità nel terzo istituto del Paese, il Monte dei Paschi di Siena (MPS);
    proprio MPS aveva d'altronde dovuto «accettare» l'unica e costosissima proposta di aiuto del Governo in carica al momento del drastico peggioramento del proprio equilibrio finanziario: i «Monti bond»;
    si trattava di un prestito convertibile di euro 4,071 miliardi al tasso molto elevato del 9 per cento, che rappresentava l'unica soluzione offerta dallo Stato per evitare il rischio di insolvenza della banca senese;
    per ragioni prevalentemente ideologiche, il Governo Monti rifiutò invece persino di valutare la possibilità di entrare temporaneamente nel capitale della banca, come facevano gli USA con Bankamerica o Gran Bretagna con Royal Bank of Scotland;
    in questo modo a giudizio dei firmatari del presente atto non si favoriva il risanamento dell'istituto, né sul piano finanziario, né della governance, ma si creavano piuttosto le condizioni per i problemi successivi, che mettono oggi, in maniera pressoché irreversibile, l'istituto senese di fronte ad un'unica soluzione credibile, la cessione a prezzi di svalutazione ad un gruppo estero;
    risulta infatti difficile credere che una banca italiana possa assorbire un notevole carico di sofferenze potenziali, unito ad esigenze immediate di ricapitalizzazione per una cifra oscillante fra 2,1 e 7 miliardi di euro;
    se una qualsiasi acquisizione estera avvenisse in queste condizioni, è quasi certo che i primi a rischiare sarebbero molti degli attuali dipendenti del Monte dei Paschi (circa 24 mila unità tra diretti ed indiretti a livello nazionale), a partire da quelli impegnati nella direzione generale a Siena, mentre sarebbe difficile ricostruire anche le eventuali responsabilità manageriali dell'attuale direzione;
    lo Stato starebbe valutando se porre le condizioni per assorbire nel medio periodo parte delle sofferenze del sistema bancario, tramite garanzia offerta alla Banca centrale europea sugli ABS (Asset backed securities, strumenti finanziari emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione) messi a deposito sulla stessa, anche qualora essi contengano crediti deteriorati;
    si arriverebbe quindi a fare in ritardo ciò che sarebbe sicuramente stato meglio fare prima, ovvero contribuire con fondi pubblici al risanamento del sistema bancario italiano, evitandoci un lustro di credit crunch pesantissimo,

impegna il Governo:

   a valutare come ipotesi prioritaria la possibilità che lo Stato o una sua articolazione entri tramite conversione in azioni dei «Monti bond» nell'azionariato dell'istituto, partecipando poi ad eventuali aumenti di capitale, ai fini di avviare un percorso di consolidamento finanziario, di individuazione delle responsabilità pregresse e rinnovo delle posizioni di vertice, che si concluda eventualmente con la restituzione al mercato della società ristrutturata;
   ad assumere iniziative per evitare, per questa via, che il terzo istituto di credito del Paese sia ceduto a capitali esteri, ne; l'ovvia considerazione che una banca non è un'impresa come un'altra, perché dalla sua attività può dipendere la possibilità di sviluppo di un sistema economico.
(7-00614) «Paglia».


   La VIII Commissione,
   premesso che:
    le modifiche introdotte delle leggi n. 100 del 2012 e n. 119 del 2013 nella normativa emergenziale di cui alla legge n. 225 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni, hanno ridefinito le regole inerenti gli istituti della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale e del conseguente potere di ordinanza, allo stato attribuzione riservata al Capo del dipartimento della protezione civile;
    nel corso della vigenza dello stato di emergenza sono stati differenziati due momenti distinti: una prima fase, costituita dalla dichiarazione dello stato di emergenza la cui vigenza è stata contingentata (non più di 180 giorni, prorogabili al massimo per altri 180), e dall'immediato post-evento calamitoso, cui sono dedicate le risorse stanziate ed individuate da una delibera del Consiglio dei ministri per il finanziamento degli interventi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2 dell'articolo 5 della citata legge 225/1992, disciplinati con una ordinanza emergenziale adottata dal Capo del dipartimento della protezione civile; nella medesima ordinanza, inoltre, si procede alla nomina del Commissario delegato a cui è affidato il compito di predisporre un piano di interventi – da sottoporre all'approvazione del Capo del dipartimento – e di procedere alla ricognizione dei fabbisogni;
    una seconda fase che, a seguito della ricognizione dei fabbisogni effettuata dal commissario abbia ad oggetto il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e dal patrimonio edilizio, da porre in essere sulla base di procedure definite con la medesima o altra ordinanza; l'avvio dell'attuazione delle prime misure per far fronte alle esigenze urgenti, di cui alla lettera d), entro i limiti delle risorse finanziarie individuate e secondo le direttive dettate con una nuova, specifica delibera del Consiglio dei ministri, sentita la regione interessata;
    al fine di individuare le procedure da espletare nell'immediato post evento e di ripartire equamente le scarse risorse disponibili è stata adottata la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 ottobre 2012 recante «indirizzi per lo svolgimento delle attività propedeutiche alle deliberazioni del Consiglio dei Ministri dello stato di emergenza nazionale» con la quale si è voluta fornire alle regioni una procedura unica e condivisa da seguire nel momento della richiesta dello stato di emergenza, al fine di non creare situazioni di disparità tra i diversi eventi calamitosi, soprattutto nelle modalità di assegnazione delle risorse;
    a tale riguardo, nel medesimo contesto normativo è stato istituito il Fondo per le emergenze nazionali – FEN, ove confluiscono tutte le risorse destinate al finanziamento degli interventi conseguenti agli eventi calamitosi, finanziato per la prima volta con la legge di stabilità 2014 per 70 milioni di euro ed al quale facevano riferimento in termini di copertura, in base alla precedente normativa, dichiarazioni di emergenza dell'anno 2013;
    dall'entrata in vigore della legge 15 ottobre 2013, n. 119 di conversione del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 – ad oggi, con 16 delibere del Consiglio dei ministri sono stati dichiarati n. 30 stati di emergenza, dei quali l'Autorità di Governo non ha sinora deliberato alcun provvedimento di «2a fase» fatto salvo il terremoto in Garfagnana e Lunigiana del 21 giugno 2013;
    il FEN è risultato assolutamente insufficiente anche per garantire il ristoro delle somme spese per la cosiddetta 1a fase e allo stato attuale l'insufficienza del FEN comporta che gli stanziamenti successivi abbiano tempi di erogazione incompatibili con la tempistica dell'emergenza e ciò anche in relazione all'esiguità delle somme poste a disposizione,

impegna il Governo

   ad assumere le necessarie iniziative per prevedere un adeguato rifinanziamento del Fondo per le emergenze nazionali e garantire con strumenti appropriati la copertura degli interventi della cosiddetta 2a fase, visto anche il susseguirsi di nuove dichiarazioni di emergenza che sta facendo lievitare il fabbisogno finanziario relativo alla cosiddetta 2a fase stessa producendo, nel contempo, tra la popolazione e le istituzioni un sentimento di abbandono oltre che gravi ripercussioni in termini di credibilità ed aspettative deluse rispetto al ripristino delle attività colpite dagli eventi calamitosi.
(7-00616) «Braga, Arlotti, Mariani, Borghi, Realacci, Giovanna Sanna, Mongiello, Carloni, Piccione, Mura, Terrosi, Carrescia, Marantelli, Montroni, Beni, Marchi, Baruffi, Galperti, Sbrollini, Capone, Dallai, Moretto, Tino Iannuzzi, Rubinato, Iacono, Romanini, Schirò, Taricco, Incerti, Fabbri, Gadda, Giacobbe, Ginoble, Capozzolo, Porta, Antezza, Boldrini, Ascani».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    è diritto inalienabile e riconosciuto il rispetto del mantenimento del servizio universale e della continuità territoriale con le isole;
    tale servizio costituisce un diritto fondamentale e inalienabile alla mobilità di passeggeri e merci, senza discriminazioni e a pari condizioni;
    la decisione di privatizzare la Compagnia marittima Tirrenia senza attivare misure di salvaguardia efficaci per il mantenimento di tale diritto inalienabile ha provocato, con particolare riferimento alla Sardegna, gravissime discriminazioni e violazioni del diritto inalienabile alla continuità territoriale marittima;
    il rischio persistente che la già grave e penalizzante procedura di privatizzazione della Tirrenia possa degenerare con l'acquisizione di un'ulteriore quota di capitale azionario da parte di un concorrente diretto della stessa Tirrenia rende ancora più lesivo il diritto, ad un servizio universale e garantito del diritto alla mobilità;
    in questo quadro, per il quale sono avviate azioni tendenti a segnalare alle autorità competenti tale eventualità e rischio, si inserisce anche la gestione del servizio di continuità territoriale tra le isole minori disciplinate anch'esse da norme esplicite sul mantenimento del servizio universale;
    l'evoluzione del processo di privatizzazione e nel contempo dei gravissimi limiti riscontrati nell'applicazione del principio di continuità territoriale e di oneri di servizio pubblico impongono una puntuale analisi e modifica sostanziale delle norme vigenti e della loro applicazione;
    risultano non più rinviabili una valutazione e un indirizzo del Parlamento tesi a tutelare in modo chiaro ed inequivocabile il principio di continuità territoriale e la sua tutela da potenziali e acclarate speculazioni private nell'ambito dello svolgimento di un servizio pubblico;
    in tal senso tale orientamento deve prendere spunto dalle lacune sostanziali e legislative riscontrabili nelle disposizioni legislative in essere;
    in particolar modo si deve far riferimento alle norme con le quali si è preso atto delle procedure di infrazione comunitaria al riguardo della privatizzazione della Tirrenia e della sua gestione;
    il decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135 (in Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 223 del 25 settembre 2009), coordinato con la legge di conversione 20 novembre 2009, n. 166 (in questo stesso supplemento ordinario alla pagina 1), recante: «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee» reca infatti norme relative alla privatizzazione della Tirrenia prevede all'articolo 19-ter Disposizioni di adeguamento comunitario in materia di liberalizzazione delle rotte marittime al comma 7: «a decorrere dal 1o gennaio 2010, le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione relativi ai servizi di cabotaggio marittimo di servizio pubblico che si svolgono all'interno di una regione sono esercitati dalla stessa regione. Per le regioni a statuto speciale il conferimento delle funzioni e dei compiti avviene nel rispetto dei relativi statuti;
    è evidente ed esplicito il riferimento allo Statuto della regione Sardegna e alle sue prerogative;
    in tal senso il comma 9 del medesimo provvedimento disciplina: «Ai fini di cui al comma 8: a) entro il 31 dicembre 2009: 5) sono approvati dalle regioni Sardegna e Toscana, secondo i rispettivi ordinamenti e nel rispetto del mantenimento del servizio universale e della continuità territoriale con le isole, gli schemi di contratti di servizio di durata non superiore a dodici anni con le società, rispettivamente, Saremar e Toremar, costituenti altresì atti delle gare di cui al numero 4);
    anche in questo dispositivo appare esplicito il richiamo alle prerogative statutarie della Sardegna;
    ma tale norma di salvaguardia appare ancora più evidente nell'ambito del comma 24 dove in modo inequivocabile le norme in materia di privatizzazione appaiono in modo inequivocabile rinviate a specifiche norme d'attuazione;
    il comma 24 infatti dispone quanto segue: Per le regioni a statuto speciale l'efficacia delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 22 è subordinata all'emanazione, ove occorrente, di apposite norme di attuazione;
    in questo contesto appaiono rilevanti le norme e la giurisprudenza europea che articolano le proprie disposizioni in funzione del servizio universale di continuità territoriale, della tutela della non discriminazione e dell'onere del servizio pubblico;
    in tal senso appare indispensabile richiamare due fondamentali richiami della commissione europea in merito all'applicazione dei regolamenti:
    la Commissione europea, D.G. energia e trasporti, nella lettera protocollo n. D (2009) 75213 del 21 dicembre 2009, indirizzata alle autorità italiane nel quadro della procedura di infrazione n. 2007/4609; con riferimento al percorso di privatizzazione definito nel decreto-legge n. 135 del 25 settembre 2009, ha precisato, altresì, che «ai fini dell'applicazione del regolamento n. 3577/92 sul cabotaggio marittimo è del tutto irrilevante che gli operatori del servizio pubblico siano pubblici o privati»;
    la Commissione europea, nella lettera del dicembre 2009 ha affermato che «se le regioni effettuano il servizio «in house» ai sensi della sentenza Anav della Corte di giustizia (C-410/04) e tutti i relativi requisiti sono rispettati, il regolamento 3577/92 può considerarsi correttamente applicato»;
    la Corte di Giustizia europea, sez. I, 6 aprile 2006, n. C-410/04 ha emesso la sentenza su «Libera prestazione dei servizi – Servizio di trasporto pubblico locale – affidamento senza procedura di gara – Affidamento da parte di un ente pubblico ad un'impresa di cui esso detiene il capitale»;
    in primo luogo la Corte di Giustizia ha richiamato le norme di riferimento alle quali ha ispirato la propria decisione:
     l'articolo 43 CE così prevede: «Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate (...). La libertà di stabilimento importa l'accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell'articolo 48, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali»;
     l'articolo 46 CE ha il seguente tenore: «1. Le prescrizioni del presente capo e le misure adottate in virtù di queste ultime lasciano impregiudicata l'applicabilità delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini stranieri e che siano giustificate da motivi d'ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica. 2. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251, stabilisce direttive per il coordinamento delle suddette disposizioni»
     l'articolo 49, primo comma, CE così prevede: «Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno della Comunità sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione»;
     al testo dell'articolo 86, n. 1, CE è il seguente: «Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente trattato, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 12 e da 81 a 89 inclusi»;
    in tal senso la Corte di Giustizia si è così pronunciata: «Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara: Gli articoli 43 CE, 49 CE e 86 CE, nonché i principi di parità di trattamento, di non discriminazione sulla base della nazionalità e di trasparenza non ostano a una disciplina nazionale che consente ad un ente pubblico di affidare un servizio pubblico direttamente a una società della quale esso detiene l'intero capitale, a condizione che l'ente pubblico eserciti su tale società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente che la detiene;
    il 22 gennaio 2014 Joaquín Almunia, vicepresidente e Commissario per la politica di concorrenza, in relazione alla procedura riguardante la vicenda Saremar, con una nota ufficiale ha dichiarato: «Gli Stati membri e le autorità regionali sono ovviamente liberi di finanziare servizi di interesse economico generale. Tuttavia, come previsto dalle norme UE, il finanziamento dovrebbe essere trasparente e basato su obblighi di servizio pubblico chiaramente definiti;
    in particolar modo, e a sottolineare le responsabilità della regione Sardegna, nella grave gestione della vicenda Saremar la commissione scrive: La normativa SIEG prevede che i prestatori di servizi pubblici possano ricevere una compensazione pari ai costi netti sostenuti per assolvere ai loro obblighi di servizio pubblico, qualora i parametri per calcolare la compensazione siano previamente definiti e gli obblighi di servizio pubblico siano definiti in modo chiaro. Tuttavia, quando Saremar era stata incaricata dell'esercizio delle due rotte marittime, non era stato definito un relativo meccanismo di compensazione. Inoltre, gli atti di incarico non definivano chiaramente gli obblighi di servizio pubblico imposti a Saremar. La Commissione ha concluso che Saremar non aveva diritto a una compensazione e doveva rimborsare le somme ricevute;
    in questo contesto appare ancora più esplicito il richiamo della commissione nella decisione assunta: l'importo della compensazione non deve eccedere quanto necessario per coprire i costi netti determinati dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico, compreso un margine di utile ragionevole (punto 21);
    nella Decisione della Commissione del 22 gennaio 2014 sulle Misure di Aiuto Sa.32014 (2011/C), Sa.32015 (2011/C), Sa.32016 (2011/C) cui la regione Sardegna ha dato esecuzione a favore di Saremar al punto (254) la Commissione europea inquadra la Saremar in un servizio gestito in house e infatti scrive: Sembrerebbe in effetti che Saremar agisca per conto della RAS come strumento per l'attuazione delle politiche di trasporto marittimo e sviluppo regionale della RAS;
    sempre nella decisione richiamata del 22 gennaio 2014 si fa esplicito riferimento alle condizioni finanziarie e gestionali della Saremar e le possibili strade percorribili per il suo salvataggio. Al punto (261) della decisione è infatti scritto: «Per le ragioni precisate in appresso, la Commissione ritiene che Saremar potesse essere considerata un'impresa in difficoltà ai sensi degli orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione all'epoca della concessione della compensazione;
    è esplicito il richiamo della commissione alle condizioni per il salvataggio e l'interesse della parte pubblica al suo intervento diretto nel salvataggio. In particolar modo al punto 262 della decisione del 22 gennaio 2014 è scritto:
     (262) Ai sensi del punto 9 degli orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione, un'impresa è considerata in difficoltà quando non è in grado di riprendersi con le proprie risorse o con le risorse che può ottenere dagli azionisti o sul mercato e se, in assenza di un intervento esterno delle autorità pubbliche, sarebbe quasi certamente costretta a uscire dal mercato;
     al punto 270 della decisione la commissione richiama esplicitamente un percorso possibile di salvataggio che la regione non solo non ha perseguito ma che ha maldestramente disatteso: (270) Poiché la società non ha ricevuto aiuti per salvataggio o ristrutturazione negli ultimi dieci anni, la Commissione conclude che è rispettato il principio del cosiddetto «aiuto una tantum» di cui al punto 72 e successivi degli orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione;
    a conferma del fatto che lo Stato italiano e la regione Sardegna dovessero e soprattutto potessero attivare procedure di salvataggio è indicato al punto 273 della decisione dove è previsto: (273) In secondo luogo, perché una misura possa essere considerata compatibile ai sensi dei punti 34-37 degli orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione, il piano di ristrutturazione deve analizzare nei dettagli i problemi all'origine delle difficoltà e precisare i mezzi con cui si intende procedere per ripristinare la redditività a lungo termine e la salute della società entro un lasso di tempo ragionevole. Il piano di ristrutturazione deve essere elaborato sulla base di ipotesi realistiche circa le condizioni operative future, prendendo in considerazione scenari diversi – ottimisti, pessimisti e intermedi – che tengano conto dei punti di forza e delle debolezze specifiche dell'impresa. Il piano deve essere presentato alla Commissione corredato di tutte le informazioni utili, tra cui in particolare uno studio di mercato;
    al punto 274 la Commissione europea dichiara esplicitamente: (274) Nessun piano avente queste caratteristiche è stato trasmesso alla Commissione. È vero che la RAS ha presentato un piano industriale per Saremar per il periodo 2011-2022; è anche vero, però, che tale piano non rispetta le prescrizioni degli orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione;
    a conferma di quanto richiamato in numerosi atti di sindacato ispettivo relativamente alla gestione della continuità territoriale è fondamentale richiamare il principio disciplinato al punto 21 della disciplina SIEG del 2011: «l'importo della compensazione non deve eccedere quanto necessario per coprire i costi netti determinati dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico, compreso un margine di utile ragionevole.» A norma del punto 24 della disciplina SIEG del 2011, il costo netto necessario per l'adempimento degli OSP deve essere calcolato sulla base di un confronto della situazione del fornitore con e senza gli OSP da assolvere;
    risulta evidente che alla luce di quanto enunciato e disposto dalla giurisprudenza comunitaria e statale risulta possibile un intervento che possa ripristinare un pieno e adeguato servizio di continuità territoriale tra la Sardegna e le isole minori, salvaguardando i livelli occupazionale e garantendo una gestione diretta del servizio stesso, al fine di scongiurare distorsioni dei servizio e di possibili fenomeni speculativi sulla gestione dello stesso;
    in tal senso la Commissione;

impegna il Governo:

   a predisporre, proporre e approvare, d'intesa con la regione Sardegna, norme di attuazione che prevedano:
    la salvaguardia del diritto alla continuità territoriale tra isole minori in quanto diritto universale e inalienabile;
    l'attuazione del pieno diritto delle regioni a statuto speciale a disciplinare il servizio di cabotaggio marittimo secondo le articolazioni da definire con norme di attuazione in base alle normative vigenti;
    di dare attuazione delle disposizioni e della stessa giurisprudenza che prevedono l'esercizio del servizio pubblico del cabotaggio marittimo attraverso società in house considerato che la stessa Commissione ha affermato che se le regioni effettuano il servizio «in house» ai sensi della sentenza Anav della Corte di giustizia (C410/04) e tutti i relativi requisiti sono rispettati, il regolamento 3577/92 può considerarsi correttamente applicato;
     di adottare d'intesa con la regione Sardegna azioni e atti che prevedano il salvataggio e la ristrutturazione della Società Saremar anche alla luce delle comunicazioni che la Commissione europea ha rivolto allo Stato italiano con le quali ha preso atto del mancato avvio di un piano industriale teso al salvataggio e ristrutturazione della società Saremar, con la conseguente soluzione delle condizioni pregiudiziali alla gestione della società stessa, anche di natura giudiziaria;
     l'imposizione dell'onere del servizio pubblico per i collegamenti tra le rotte minori regionali, tra le quali quelle da e per l'isola di Carloforte, la Maddalena e tra Santa Teresa di Gallura e la Corsica;
     una tariffa unica passeggeri, senza alcuna discriminazione di residenza, da ottenere con parametri oggettivi chilometrico ferroviari;
     una tariffa unica massima ammissibile che non superi l'attuale tariffa prevista per i residenti;
     clausole di salvaguardia totale per i lavoratori della società Saremar delle condizioni contrattuali e previdenziali pregresse;
     l'ammodernamento del naviglio a disposizione attraverso un serio e concreto piano industriale.
(7-00615) «Bruno, Pili».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   ZACCAGNINI, MELILLA, NICCHI e RICCIATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 26 febbraio 2015, il quotidiano il «Sole24 ore» in un articolo a firma di Gabriele Fava, dal titolo: «Jobs act, rischio contenziosi sulle tutele crescenti» nel quale si descriveva come: «Il Jobs act compie un grosso passo in avanti, che dovrebbe aiutare l'occupazione e, di concerto, la competitività delle imprese.[...] tra le possibili e immediate conseguenze connesse all'introduzione del contratto di lavoro a tutele crescenti potrebbe esserci la creazione di un dualismo di categorie di lavoratori, quelli che soggiacciono alla nuova disciplina e coloro ai quali continuerà ad applicarsi la vecchia formulazione dell'articolo 18;
   il jobs act pone seri dubbi circa la violazione dell'articolo 3 della Costituzione italiana in quanto la coesistenza di tale dualismo farà sorgere l'esigenza di stipulare accordi di armonizzazione (con le rappresentanze sindacali) volti a semplificare e omogeneizzare il più possibile la gestione interna del personale (e i relativi costi)[...];
   le modifiche apportate in materia di licenziamenti, se da un lato diminuiranno il contenzioso, dall'altro lo innalzeranno per i licenziamenti asseritamente discriminatori e illeciti, nonché per quelli disciplinari qualora venisse dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale posto alla base dei medesimi, essendo questi nell'assetto normativo odierno – gli unici strumenti a disposizione dei lavoratori per ottenere la reintegra nel luogo di lavoro;
   generiche e poco incisive sono, poi, le previsioni relative allo ius variandi del datore di lavoro. Viene riconosciuta la possibilità di modificare le mansioni lavorative, il livello di inquadramento e la relativa retribuzione del lavoratore, ma certamente serviranno alcuni correttivi. Resta anche da comprendere cosa debba intendersi per «modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidono sulla posizione del lavoratore» e cosa debba intendersi per «ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore»;
   non si comprende, poi, quale sia il carattere di novità di tale previsione considerato che, tale tipo di accordi erano già consolidati nelle prassi aziendali ed erano e sono, tra l'altro, sempre stati avallati da consolidata giurisprudenza. Dal punto di vista delle relazioni industriali, i decreti attuativi in esame riconoscono un ruolo centrale alla contrattazione collettiva a cui vengono demandati numerosi e ampi poteri normativi;
   ciò potrebbe portare a un inasprimento dei rapporti con i sindacati, i quali diverrebbero detentori di grande potere contrattuale da utilizzare come strumento di lotta contro i datori di lavoro;
   altro aspetto critico del contratto di lavoro a tutele crescenti è quello che riguarda i licenziamenti collettivi; si rischia di aprirsi subito un contenzioso davanti alla magistratura. Nei collettivi infatti emergerà in maniera evidente quella divisione strutturale tra vecchi e nuovi assunti che percorre tutto il Jobs act. Nel caso di licenziamenti collettivi illegittimi, il giudice dovrebbe ordinare il reintegro nel posto di lavoro di coloro che sono stati assunti prima della riforma mentre per quelli presi col contratto a tutele crescenti basterebbe l'indennizzo economico –:
   se il Governo non reputi di valutare le considerazioni, fatte in premessa, tratte dall'articolo del «Sole 24 ore» soprattutto per quel che concerne la violazione dell'articolo 3 della Costituzione italiana;
   se il Governo non reputi, nonostante gli intenti del Jobs act, che introdurrebbe il contratto a tutele crescenti con lo scopo di diminuire la precarietà, che si possa, al contrario, creare una classe di lavoratori fortemente precarizzata, esclusa dall'accesso ai diritti e alla dignità sociale ed economica, tenendo presente ad esempio che le banche ad oggi non sanno dare risposte se concederanno o meno mutui a lavoratori assunti con il Jobs act in considerazione del fatto che il contratto a tutele crescenti, senza la garanzia dell'articolo 18, è un contratto precario e le banche, sinora, non hanno mai Concesso mutui ai lavoratori precari. (3-01339)


   MARIANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in riferimento al prosieguo del processo di riforma avviato con la legge 56 del 2013 comunemente nota come «legge Delrio» e in attesa della attuazione delle norme previste dalla legge di stabilità per l'anno 2015 si segnalano alcune criticità da affrontare nell'ambito delle province ed in particolare per quanto riguarda la questione delle cosiddette partecipate;
   il progressivo ridimensionamento dei trasferimenti e l'incidenza dei tagli adottato a partire dagli anni precedenti rischiano di pregiudicare la possibilità di svolgere funzioni e responsabilità ancora attribuite in capo all'ente provinciale e con esso anche il mantenimento dei livelli occupazionali;
   viene così a determinarsi che, parte dei dipendenti della provincia dovrà essere dichiarata in esubero e, quindi, collocata in soprannumero per poi essere ricollocata, prioritariamente, verso la regione e gli enti locali ed in via subordinata verso le sedi periferiche delle amministrazioni dello Stato, sulla base dei posti che risulteranno vacanti a seguito di immissioni in ruolo, vincitori di concorso, scorrimento delle graduatorie vigenti o approvate alla data di entrata in vigore della «legge Delrio», oppure in mobilità;
   tale situazione mette in serio pericolo la possibilità di esercitare le funzioni fondamentali stabilite dalla legge e quelle delegate dalle regioni. La regione Puglia, peraltro, non ha ancora precisato in modo chiaro quali siano le funzioni delegate e non ha ancora indicato le risorse da cui attingere per lo svolgimento delle funzioni medesime. La legge regionale n. 37 del 30 dicembre 2014 (che non ha tenuto conto della legge di stabilità 2015), infatti, non ha individuato le risorse del bilancio regionale occorrenti per dare copertura finanziaria alle funzioni delegate;
   a Brindisi tale situazione è resa ancor più complicata poiché vi sono difficoltà anche per corrispondere le retribuzioni ai dipendenti in forza alla provincia per assicurare lo svolgimento dei compiti e delle funzioni connesse, fondamentali e delegate;
   è il caso della società partecipata denominata Santa Teresa costituita il 28 dicembre 2005, a totale capitale pubblico 100 per cento proprio dell'ente provincia, che si occupa di fornire prestazione di tutti i servizi strumentali all'attività dell'ente, nonché per quanto consentito dalla legge, anche per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di competenza della stessa, con il modello della gestione «in house»;
   i contratti sottoscritti con la partecipata scadranno il 30 aprile 2015 e non potranno essere più rinnovati se non nell'ambito di quei servizi rientranti nelle funzioni fondamentali e delegate;
   del tutto evidente che tale situazione determinerà pesanti ripercussioni ad essere a rischio sono circa 140 posti di lavoro;
   le organizzazioni sindacali hanno chiesto l'apertura di un tavolo di confronto per verificare quali saranno i servizi che rimarranno in essere nella ridefinizione del nuovo assetto istituzionale sul territorio;
   occorre, pertanto, agire con la massima urgenza onde evitare il crescere di ulteriori tensioni sociali in un comprensorio già molto complesso dal punto di vista occupazionale –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare in merito alle criticità esposta in premessa al fine di poter garantire un sereno processo di ricollocazione del personale che non intacchi in alcun modo la professionalità e la sicurezza dei dipendenti e che contemporaneamente salvaguardi i livelli occupazionali e se non ritenga utile, in caso di ulteriori ritardi, procedere alla convocazione di un tavolo di confronto in sede ministeriale. (3-01340)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MICILLO, MANNINO, SEGONI, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) è stato istituito ai sensi dell'articolo 28 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, con le funzioni e le risorse finanziarie, strumentali e di personale dell'APAT, dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) e dell'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM), dei quali è stata disposta la soppressione a decorrere dal 24 luglio 2008; dal momento della confluenza in ISPRA dei tre Istituti il contributo ordinario è passato da euro 93.442.626,00 del 2007 a 82.380.000,00 del 2015;
   il costo del personale, seppure in presenza di un aumento delle unità a tempo indeterminato nello stesso periodo da 926 a 1200, è diminuito da euro 86.986.393,66 a euro 69.768.663,00; le stesse spese di gestione (vigilanza, manutenzioni, pulizie ed utenze di vario tipo) sempre nell'arco temporale sono passate da euro 14.212.588,25 a euro 8.468.141,00;
   I'ISPRA, come previsto dal suo statuto, svolge attività di ricerca e sperimentazione; attività conoscitiva, di controllo, monitoraggio e valutazione; attività di consulenza strategica, assistenza tecnica e scientifica, nonché di informazione, divulgazione, educazione e formazione, anche post-universitaria, in materia ambientale, con riferimento alla tutela delle acque, alla difesa dell'ambiente atmosferico, del suolo, del sottosuolo, della biodiversità marina e terrestre e delle rispettive colture;
   nessun altro l'istituto pubblico ha, al pari dell'ISPRA, al suo interno la molteplicità di competenze tecnico-scientifiche necessarie ad affrontare la complessità dei diversi aspetti ambientali che riguardano l'intero territorio nazionale;
   il bilancio dell'Istituto è in forte sofferenza. Dall'esito dell'ultima riunione del consiglio di amministrazione è stato rilevato che ISPRA non ha le risorse sufficienti a garantire lo svolgimento delle attività istituzionali e di ricerca (ad esempio rete nazionale di monitoraggio mareografico/ondametrico), tant’è che il consiglio di amministrazione nell'assumere le priorità strategiche utili per il lancio ha determinato un abbattimento pari al 70 per cento di risorse destinate al personale, che sta causando difficoltà significative anche nella gestione del personale precario;
   il CIPE, a valere sul fondo di sviluppo e coesione 2014 — 2020, ha assegnato in materia di dissesto idrogeologico, 550 milioni di euro, di cui 100 milioni per finanziarie la progettazione e destinati a tal fine al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare versa in gravi difficoltà economiche: i dipendenti sono stati ridotti a poco più di 500, da 928 che erano nel 2003, i tecnici sono un centinaio e le risorse sono state decurtate del 72 per cento;
   a fronte di tali circostanze, le competenze della Sogesid spa, continuano ad essere progressivamente ed incomprensibilmente estese ad attività già svolte, per statuto, con estrema professionalità ed efficacia proprio dall'ISPRA e dall'intero sistema delle agenzie per la protezione dell'ambiente delle regioni e delle province autonome, di cui ISPRA rappresenta il nodo centrale di coordinamento, quali il monitoraggio e vigilanza in materia ambientale e di programmazione ed attuazione degli interventi di bonifica finalizzati al risanamento ambientale, nonché di fornire alla pubblica amministrazione la progettazione e il coordinamento di azioni mirate, volte a soddisfare la necessità di assistenza tecnica, risanamento e salvaguardia ambientale, monitoraggio, ecosostenibilità ed educazione ambientale –:
   quali siano le reali priorità del Governo nei confronti delle politiche ambientali nel nostro Paese, teatro di continue tragedie dovute ad eventi di dissesto idrogeologico e quali misure programmatiche intenda mettere in atto per salvaguardare in modo efficace e non dispersivo la salute del territorio e, conseguentemente dei cittadini e dello sviluppo della economia italiana;
   se il Governo, riconosciute le eccellenze professionali di ISPRA nelle attività di propria competenza e l'essenziale importanza che essa riveste per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica nel nostro Paese, non intenda valorizzare concretamente tale Istituto, riconoscendogli il ruolo interlocutore naturale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, attraverso politiche di consolidamento della struttura, quali lo stanziamento di parte dei 100 milioni di euro, assegnati dal CIPE sul FSC 2014-2020 destinati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per finanziarie la progettazione. (5-04944)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MICILLO, MANNINO, SEGONI, TERZONI, ZOLEZZI, SILVIA GIORDANO, LOREFICE e GRILLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di novembre 2014 il Governo ha presentato la «Strategia italiana per la banda ultra larga» alla Commissione europea;
   il piano descrive una serie di misure con cui il Governo mira a diffondere la banda ultra larga, individuando 6 miliardi di euro di fondi pubblici 2014-2020 per offrire una connessione a 30 megabit su tutto il territorio italiano e una connessione a 100 megabit sull'85 per cento del territorio;
   a questo scopo, il piano prevede anche agevolazioni fiscali e semplificazioni normative a vantaggio di chi porta la banda ultra larga. Tra queste ultime, c’è anche la razionalizzazione dello spettro e l'innalzamento dei limiti elettromagnetici;
   pur non essendo specificato, l'innalzamento potrebbe raggiungere fino a dieci volte i limiti attuali, considerato che tra le misure di semplificazione in materia di elettro-magnetismo si prevede espressamente l'obiettivo di uniformare i limiti nazionali a quelli europei;
   l'Italia non ha, però, alcun obbligo di «uniformarsi». Questo campo non è, infatti, tra quelli in cui l'Unione europea abbia competenza esclusiva e neanche competenza concorrente con gli Stati membri;
   basti considerare che, come noto, la stessa raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea 1999/519/CE risulta essere sostanzialmente più permissiva rispetto alla normativa nazionale rappresentata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003, prescrivendo come limiti massimi di esposizione per campi elettromagnetici emessi da stazioni radiobase a 900MHz 41,2 volt/metro, mentre in caso di 1800 MHz 58,3 volt/metro;
   in materia di tutela della salute umana, infatti, l'Unione ha solo «competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l'azione degli Stati membri» (articolo 6 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea); e, quindi, in ambito di sanità pubblica «l'azione dell'Unione [...] completa le politiche nazionali» (articolo 168);
   inoltre, in questa materia, la normativa europea fissa «prescrizioni minime» di difesa della salute, derogabili in meglio, ma non in peggio, dagli Stati membri;
   gli standard adottati dall'Unione europea sono quelli elaborati, negli anni ’90, in ambienti dell'Organizzazione mondiale della sanità. All'epoca, il presupposto era che le onde elettromagnetiche potessero provocare alla salute umana effetti meramente termici: un surriscaldamento dei tessuti e niente più, da allora, le acquisizioni scientifiche sull'impatto sulle persone di questo tipo di tecnologia si sono ulteriormente arricchite e affinate. Tanto che, nel maggio 2011, un altro ente appartenente alla stessa Oms, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), ha classificato le radiofrequenze come «possibile cancerogeno per l'uomo», in classe 2B. Ma, negli ultimi tempi, la progressione delle ricerche è stata tale che, secondo alcuni recentissimi studi, si può ormai parlare di cancerogeno certo e può affermarsi che gli effetti dell'esposizione a radiofrequenza sono cumulativi;
   gli obiettivi di politica della salute di uno Stato sociale di diritto non potrebbero che essere quelli che, per esempio, raccomanda il rapporto BionInitiative 2012: portare i limiti di esposizione dagli attuali 6 V/m a 0,6 V/m4;
   il Ministero della salute ha già definito compiutamente i rischi derivanti dal fenomeno dell'inquinamento elettromagnetico, considerato che l'aumento della potenza del campo elettromagnetico costituisce una fonte di potenziale danno anche per coloro che non utilizzano i servizi di telefonia;
   si rende necessario un approfondimento scientifico relativo agli effetti «non termici» degli ECM che vengono attualmente sottovalutati nella determinazione della pericolosità per l'uomo, anche in relazione alla localizzazione dei soggetti esposti;
   l'articolo 32 della Costituzione italiana sancisce che «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»;
   il piano «banda ultra larga», così come il piano «crescita digitale», e stato, altresì, oggetto consultazione pubblica online che si è conclusa il 20 dicembre 2014;
   la consultazione online – come si legge sul sito del Governo – sebbene avesse lo scopo di condividere quanto più possibile i documenti citati – ha riscontrato, ad avviso degli interroganti, una partecipazione limitata se non irrisoria (349 commenti in tutto da 33 utenti commentatori);
   entro gennaio 2015 era stato annunciato che entro gennaio 2015 sarebbero stati adottati i documenti finali comprensivi della valutazione di tutte le osservazioni, commenti e raccomandazioni ricevute –:
   se il Governo, tenuto conto dell'evoluzione della letteratura scientifica in tema di dannosità dei campi elettromagnetici per la salute umana rispetto ai dati e ai documenti disponibili negli anni ’90, ritenga effettivamente di assumere iniziative per innalzare i limiti elettromagnetici fino a 60 V/m oppure non ritenga opportuno valutare strategie alternative, che consentano la realizzazione della banda larga per la crescita di ogni settore utile per lo sviluppo del nostro Paese, compatibilmente con la tutela della salute pubblica;
   in che tempi, e con quali forme, il Governo intenda pubblicare e diffondere la valutazione di tutte le osservazioni, i commenti e le raccomandazioni ricevute a seguito di consultazione popolare.
(4-08293)


   SORIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le richieste della «Troika» a tutti gli stati della periferia europea si basano su due pilastri: riforme strutturali (liberalizzazione del mercato del lavoro, riduzione del costo del lavoro e altro) e ampi avanzi primari per abbattere il debito, ma i Paesi che hanno seguito questa strada sono proprio quelli maggiormente in crisi, che presentano le condizioni peggiori sia in termini di performance economica (crescita, occupazione e altro) che di andamento del debito pubblico, come sottolineato da diverse fonti di stampa di grande rilievo come l'Economist;
   per quanto riguarda le riforme strutturali: secondo un recente rapporto dell'Ocse segnalato da Steve Keen su Forbes, il Paese dell'eurozona che negli ultimi sette anni ha fatto più riforme strutturali sarebbe proprio la Grecia, seguita dal Portogallo, dall'Irlanda e dalla Spagna;
   le riforme non solo non pagano e non sono utili ad uscire dalla crisi ma sono addirittura dannose secondo Steve Keen, che ha scritto: «I principali riformatori, secondo l'Ocse, sono proprio i paesi più malati dell'Europa... A questo punto è perfettamente comprensibile che la Grecia si rifiuti di proseguire il programma della troika: non perché si “rifiuta di assumere la medicina”, ma perché quella medicina si è rivelata un veleno. Come peraltro dimostra anche l'esperienza degli altri paesi in cima alla lista»;
   per quanto riguarda il secondo imperativo, ovvero gli avanzi primari, anche in base a questo parametro i Paesi della periferia risultano essere tra i «primi della classe», non solo in Europa ma addirittura a livello mondiale, mantenendo costanti avanzi primari tra il 1992 e lo scoppio della crisi, finanziaria;
   Irlanda e Spagna, ad esempio, presentavano prima della crisi un rapporto deficit-prodotto interno lordo e debito-prodotto interno lordo tra i più bassi dell'eurozona, fatto che non ha evitato che fossero travolti dalla crisi, a causa dell'alto livello di indebitamento privato in questi Paesi, dato che non viene preso in considerazione dai parametri di Maastricht interessati unicamente ai livelli di indebitamento del settore pubblico;
   l'approccio su cui basa tutta l'architettura di Maastricht, così come il fiscal compact, ovvero la strategia che punta a ridurre il rapporto debito/prodotto interno lordo intervenendo unicamente sul numeratore, aumentando l'avanzo primario dello Stato è intrinsecamente controproducente da un punto di vista economico e sociale perché significa, di fatto, levare risorse all'economia reale per destinarle ai creditori attraverso tagli alla spesa pubblica o aumento dell'imposizione fiscale;
   il fiscal compact prevede che i Paesi della periferia, i più indebitati, da qui al 2030 mantengano avanzi primari da capogiro: 7 per cento in Grecia, 6,5 per cento Italia, 5,5 per cento in Portogallo, 3,5 per cento in Spagna;
   da un recente studio degli economisti Barry Eichengreen e Ugo Panizza, che hanno analizzato centinaia di casi di Paesi sia emergenti che avanzati che tra il 1974 e il 2013 hanno cercato di perseguire ampi e consistenti avanzi primari, emerge che solo 36 Paesi sono riusciti a mantenere un avanzo primario superiore al 3 per cento del prodotto interno lordo per almeno cinque anni e che avanzi primari superiori al 4 per cento sostenuti per almeno dieci anni sono estremamente rari;
   secondo i due economisti: «Avanzi primari dell'entità e della durata previste dal Fiscal Compact sono pressoché inesistenti nella storia» –:
   se il Governo sia consapevole di quanto esposto in premessa e se non consideri urgente attivarsi in sede nazionale ma anche in sede europea per promuovere una nuova attenta analisi e una revisione degli imperativi della «Troika», affinché siano prese in maggiore considerazione sia le, indicazioni dei tanti economisti che criticano in modo netto queste regole, che i dati, stessi dei Paesi europei che smentiscono anno dopo anno la sostenibilità economica e sociale di questo sistema. (4-08294)


   PALAZZOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Centro di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) di Mineo è stato inaugurato il 18 marzo 2011 a seguito della proclamazione dello stato di emergenza nel territorio nazionale in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini stranieri provenienti dalle regioni del Nord Africa con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 aprile 2011;
   la struttura di Mineo attualmente ospita oltre 4.000 migranti, a fronte di una capienza stimata di 2000 unità;
   nell'ambito dell'inchiesta «Mafia Capitale» sono emersi inquietanti elementi riguardo a numerose attività criminali connesse alla gestione dei flussi migratori e dei centri di accoglienza per i richiedenti asilo che dimostrerebbero come alcuni personaggi, oggi arrestati o indagati, avrebbero, con grave danno alla collettività, tratto vantaggi personali grazie a rapporti privilegiati anche con gli uffici del Ministero dell'interno;
   da un articolo pubblicato il 5 marzo 2015 sul quotidiano la Repubblica, apprendiamo che il Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, ha definito la gara d'appalto per la gestione del centro di Mineo «lesiva della concorrenza, parziale, senza alcuna trasparenza e criteri di economicità» per le casse pubbliche, bocciando senza appello la procedura che ha affidato per i prossimi tre anni la gestione del CARA di Mineo, bandita dal consorzio «Calatino terra di accoglienza», che raggruppa i comuni del comprensorio in provincia di Catania e nato per volontà dell'ex commissario per la gestione del CARA, il sottosegretario Giuseppe Castiglione, dell'NCD, come dell'NCD è il sindaco di Mineo, Anna Aloisio, dall'anno scorso a guida del consorzio;
   nella commissione che ha aggiudicato l'appalto vi era anche Luca Odevaine, finito agli arresti insieme a Salvatore Buzzi e alla «cupola nera» guidata da Massimo Carminati che gestiva gli affari illeciti delle cooperative sociali nella Capitale e non solo;
   Luca Odevaine, in quel periodo era contestualmente membro del tavolo di coordinamento nazionale sull'immigrazione, a cui spettava il compito di valutare gli appalti per l'affidamento della gestione del CARA, ed esperto di problematiche legate all'immigrazione e consulente del Consorzio «Calatino Terra d'Accoglienza», ente attuatore del CARA di Mineo;
   in alcune intercettazioni nell'ambito dell'inchiesta «Mafia Capitale», lo stesso Odevaine parlava del CARA di Mineo come di un appalto «blindato», con l'azienda vincitrice, la Cascina ristorazione, che avrebbe pagato al componente della commissione aggiudicatrice un compenso da diecimila euro al mese;
   secondo quanto riportato nell'articolo di Repubblica già citato in premessa, il Presidente Cantone sostiene che i servizi per la gestione del centro sarebbero dovuti essere messi a gara in lotti autonomi e che la base d'asta per l'appalto, fissata a 97 milioni di euro risulta in contrasto con il principio di trasparenza, non essendo stati individuati gli importi per le singole attività in affidamento;
   inoltre, l'assenza di concorrenza e convenienza per la stazione appaltante è dimostrata dal fatto che v’è stato un solo concorrente, il gestore uscente, cui è stato aggiudicato l'appalto con un ribasso molto ridotto pari all'un per cento;
   in definitiva, a parere degli interroganti, ciò che emerge dall'inchiesta Mafia Capitale e dalle ultime dichiarazioni del Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione è un complesso sistema di rapporti tra la politica ed il business dell'immigrazione con il Cara di Mineo che è diventato un vero e proprio centro di smistamento dei flussi di migranti verso le altre strutture facenti capo agli esponenti della stessa «Mafia Capitale»;
   non è la prima volta che l'interrogante denuncia sia mezzo stampa che attraverso atti parlamentari, come il Cara di Mineo sia stato pensato per diventare centro di smistamento dei flussi di migranti da e per i centri di accoglienza straordinari e di come un centro di tali dimensioni sia inadeguato all'accoglienza ed all'integrazione, paventando il rischio che diventasse solo un grande centro speculativo –:
   se il Ministro interrogato, anche alla luce delle ultime dichiarazioni del presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, non intenda procedere con la revoca dell'affidamento della gestione del CARA di Mineo al consorzio «Calatino terra d'accoglienza», l'affidamento temporaneo e provvisorio alla Protezione civile per giungere in tempi stretti alla chiusura definitiva del centro, diventata ormai una struttura inefficiente e costosa su cui si è costruita una enorme speculazione economica e politica.
(4-08303)


   FRACCARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 giugno 2014, il Consiglio della provincia autonoma di Bolzano ha approvato con 25 voti favorevoli e un solo astenuto il voto n. 12/14-XV riguardante la tutela dei consumatori e dei lavoratori in riferimento al Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti. Nel dispositivo dell'atto politico il Consiglio della provincia autonoma di Bolzano sollecita il Parlamento, il Governo e i parlamentari europei a intervenire presso la Commissione europea affinché: 1) il Parlamento europeo sia costantemente informato dell'andamento dei negoziati tra l'UE e gli USA finalizzati alla creazione di una zona di libero scambio TTIP, e abbia libero accesso a tutti i documenti negoziali; 2) le norme in materia di lavoro e gli standard di legge per la sicurezza dei prodotti nonché per la tutela dei consumatori, della salute, dell'ambiente e della privacy vengano mantenuti ai livelli europei anche nell'eventualità che si arrivi alla firma del trattato; 3) l'ISDS (Investor-State Dispute Settlement) preveda, per quanto riguarda la tutela degli investimenti, disposizioni analoghe alla procedura d'infrazione dell'Unione europea il meccanismo di arbitrato (Investor/State Dispute Spttlement) previsto dal TTIP non possa influire sulle competenze legislative del Parlamento europeo, dei parlamenti degli Stati membri o delle istituzioni parlamentari degli enti locali. Una nota conclusiva del dispositivo specifica inoltre che, se tali richieste non sono soddisfatte, il Consiglio provinciale si dichiara contrario alla stipula del previsto trattato transatlantico TTIP. Il testo del documento è stato quindi inviato in data 18 giugno 2014 al presidente della provincia per l'invio al Governo e al Presidente del Consiglio dei ministri;
   in data 14 gennaio 2015, il consiglio della provincia autonoma di Trento ha approvato con 27 voti favorevoli e 4 astensioni il voto n. 1/XV inerente il monitoraggio sull'andamento del negoziato sul partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP) e gli indirizzi per il mantenimento di norme e di standard a livello europeo. Nel dispositivo il Consiglio provinciale sollecita il Parlamento e il Governo ad intervenire presso la Commissione europea affinché 1. il Parlamento ed il Governo italiani siano costantemente informati dell'andamento e dei contenuti del negoziato tra Unione europea e gli Stati Uniti d'America finalizzato alla creazione di una zona di libero scambio (TTIP) ed abbiano libero accesso a tutti i documenti negoziali; 2 le norme in materia di lavoro e gli standard di legge per la sicurezza dei prodotti nonché per la tutela dei consumatori della salute, dell'ambiente e della privacy vengano mantenuti a livelli europei anche nell'eventualità che si arrivi alla firma del trattato; 3 l'eventuale perfezionamento del negoziato tra Unione europea e Stati Uniti d'America finalizzato alla creazione di una zona di libero scambio (TTIP) non comporti accordi in tema di controversie tra privati e Stati tali da escludere o limitare la giurisdizione degli Stati medesimi e della Corte di Giustizia europea; 4. la definitiva eventuale approvazione del trattato sia subordinata al preventivo vaglio parere (vincolante) della Corte di Giustizia europea. Il voto è stato trasmesso al presidente della provincia autonoma Ugo Rossi in data 27 gennaio 2015 per l'invio al Parlamento e al Governo –:
   se il Presidente del Consiglio sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa e quali siano le iniziative di competenza che il Governo italiano intenda assumere per tutelare gli standard di sicurezza sociali e regolamentari previsti dal diritto dell'Unione europea, nonché per soddisfare le richieste dei consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano. (4-08311)


   AIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il miglioramento dei meccanismi di controllo quantitativo e qualitativo della spesa pubblica, già oggetto numerosi interventi nel corso della scorsa legislatura, costituisce uno dei principali obiettivi di politica economica anche nella XVII legislatura, al fine del reperimento di risorse pubbliche e del rilancio della crescita del Paese;
   gli obiettivi di risparmio stabiliti nel programma di riduzione della spesa, per il 2015, il 2016 ed il 2017, sono stati individuati precisamente nella legge di stabilità del corrente anno legge 23 dicembre 2014 n. 190 in GURI del 29 dicembre 2014;
   uno degli strumenti più utili, ai fini del raggiungimento degli obiettivi di controllo di spesa, è la Consip spa (centrale di committenza regolata dalla legge 23 dicembre 1999 n. 488 e dal decreto ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica 24 febbraio 2000);
   la stessa Consip spa ha visto nel 2013/2014 una notevole riduzione della sua capacità operativa, a seguito della mancata aggiudicazione/sospensione di un numero notevole di gare (tutte regolarmente espletate), finalizzate a determinare importanti risparmi per la pubblica amministrazione, soprattutto nel delicato settore dei servizi indispensabili (energia, igiene, manutenzioni, sicurezza, e altri);
   la causa principale di questo «blocco delle attività» della concessionaria pubblica, nella fornitura di servizi indispensabili alle pubbliche amministrazioni sia centrali che locali, consta in un numero impressionante di ricorsi ai Tribunali amministrativi ed al Consiglio di Stato da parte di un Gruppo di Imprese (gruppo STI);
   infatti da una semplice visura del sito «Giustizia Amministrativa» emerge che le Società del Gruppo (STI, Exitone, Poliedra, Gestione Integrata) risulta parte, spesso ricorrente, in numerosissimi giudizi instaurati presso TAR e Consiglio di Stato, di cui circa la metà avverso aggiudicazioni di gare bandite da Consip;
   senza contare che il citato gruppo societario gestisce oltre 2 miliardi e mezzo di euro di commesse pubbliche (delle più diverse tipologie: vendita immobili, energia, pulizie, forniture di materiale, e altri) –:
   quali iniziative, anche normative, il Governo intenda attuare per rendere più chiara e trasparente la disciplina della aggiudicazione delle gare, in modo tale da scongiurare il proliferare dei ricorsi.
(4-08313)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SPADONI, SIBILIA, DI BATTISTA, DEL GROSSO, SCAGLIUSI, GRANDE e MANLIO DI STEFANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   è entrata in vigore il 29 agosto 2014 la nuova legge «Disciplina Generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo» (legge 11 agosto 2014 n. 125), approvata in via definitiva dal Senato il 1o agosto 2014, che definisce una nuova struttura di gestione della cooperazione internazionale, prevedendo anche la nascita dell'Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo;
   sul sito www.info-cooperazione.it, il 19 novembre 2014 il Consigliere politico del Viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Lapo Pistelli, nel corso di un'intervista, parlando del percorso normativo della riforma della cooperazione e della stesura dei regolamenti attuativi della citata legge, compreso lo statuto della neonata Agenzia per la cooperazione, sostiene che «i testi dei regolamenti sono a buon punto. Il regolamento per l'Istituzione del Consiglio nazionale della cooperazione è in dirittura di arrivo e anche per lo Statuto si dovrebbe rispettare la tabella di marcia nonostante i vari passaggi necessari tra Corte dei Conti e Parlamento»;
   ad oggi il primo e unico atto della nuova legge risale all'istituzione del Consiglio nazionale per la Cooperazione, con decreto Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 286 del 10 dicembre 2014;
   l'articolo 17, comma 13 della legge 11 agosto 2014 n. 125, il quale recita testualmente: «Con regolamento del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è adottato lo statuto dell'Agenzia»;
   l'articolo 13, comma 2 della citata legge, invece recita testualmente: «Le Commissioni parlamentari competenti esaminano altresì, ai fini dell'espressione del parere, gli schemi dei regolamenti di cui all'articolo 17, comma 13, e all'articolo 20, comma 1. Le Commissioni si esprimono nel termine di quarantacinque giorni dalla richiesta –:
   quale sia lo stato della stesura dello Statuto dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. (5-04942)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   TERZONI, BUSTO, BENEDETTI, DAGA, DE ROSA, MANNINO, ZOLEZZI, MICILLO, MASSIMILIANO BERNINI, GALLINELLA, LUPO, GAGNARLI, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva 60/2000/CE «Acque» stabilisce che entro il 31 dicembre 2015 tutte le acque superficiali e sotterranee devono raggiungere lo standard di qualità «buono»;
   la direttiva 118/2006/CE relativa alla protezione delle acque sotterranee obbliga gli Stati membri a garantire la più stringente protezione delle acque sotterranee Dir. 2008/105/CE;
   l'articolo 93 del decreto legislativo 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni prevede l'identificazione di aree vulnerabili da prodotti fitosanitari;
   l'articolo 94 del decreto legislativo 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni prevede la tutela delle acque destinate al consumo umano attraverso la protezione delle zone di ricarica delle falde, con l'individuazione di zone di tutela assoluta, zone di rispetto e zone di protezione;
   l'ISPRA da diversi anni pubblica un rapporto annuale «i pesticidi nelle Acque» in cui segnala la grave e diffusa situazione di contaminazione delle acque superficiali e sotterranee derivanti da prodotti chimici in agricoltura;
   nel rapporto sui dati di monitoraggio 2011-2012 divulgato a novembre 2014 dal titolo «Rapporto nazionale pesticidi nelle acque — dati 2011-2012, Edizione 2014» l'ISPRA non solo evidenzia una diffusa contaminazione che ma anche che su 400 principi attivi sono 200 vengono cercati effettivamente nelle acque dalle agenzie regionali e, di questi, molti sono monitorati solo in alcune regioni e, sostanzialmente, in maniera del tutto disomogenea;
   a mero titolo di esempio, il Glifosate, prodotto dalla multinazionale Monsanto, nonostante sia una delle sostanze attualmente più utilizzate nell'agricoltura Italia, è stato ricercato esclusivamente in Lombardia, dove si sono riscontrate altissime frequenze di contaminazione oltre i limiti di legge per questa sostanza e per il suo metabolita (AMPA);
   in sintesi il rapporto evidenzia che nelle acque superficiali sono stati trovati pesticidi nel 56,9 per cento dei 1.355 punti controllati mentre per le acque sotterranee sono risultati contaminati il 31,0 per cento dei 2.145 punti e che sono state trovate 175 sostanze diverse, molte delle quali sono potenzialmente dannose per l'ambiente e la salute umana;
   nelle acque superficiali è stata riscontrata la presenza di almeno due sostanze nel 17,7 per cento dei campioni, con un massimo di 31 sostanze in un singolo campione e una media di circa 2,8 sostanze. Nelle acque sotterranee si trovano almeno 2 sostanze nel 13,2 per cento dei campioni, la media è di 3,4 sostanze, e il massimo di 36 sostanze;
   la mancanza di dati su molte sostanze a livello generale e il monitoraggio parziale e differenziale da regione a regione certamente è fonte di sottovalutazione del reale stato di contaminazione, molte delle 200 sostanze non sottoposte a monitoraggio sono, per l'ISPRA, «classificate pericolose per l'uomo o per l'ambiente.» (pagina 9 del rapporto);
   per l'ISPRA II quadro della contaminazione delle acque superficiali, d'altra parte, è ancora largamente incompleto in quanto solo un limitato numero di sostanze ha uno specifico valore dello Standard di Qualità Ambientale, mentre la maggior parte ha un limite generico. Per diverse sostanze, inoltre, i limiti sono incompatibili con le attuali prestazioni dei laboratori, elemento che non consente di esprimere un giudizio sullo stato di qualità delle acque;
   in relazione ai rischi per l'ambiente e l'uomo l'ISPRA sostiene che «la valutazione del rischio deve, pertanto, tenere conto che l'uomo e gli altri organismi sono spesso soggetti all'esposizione simultanea a diverse sostanze chimiche, e che lo schema di valutazione normalmente usato non è cautelativo riguardo ai rischi della poli-esposizione» (pagina 12 del rapporto);
   l'ISPRA rileva che esiste «uno sfasamento tra Io sforzo di ricerca, che è cambiato poco in questi anni e si è concentrato soprattutto su alcuni erbicidi e sui loro principali metaboliti, e le sostanze più frequenti nelle acque, gran parte delle quali non figurano tra le più cercate.» (pagina 12 del rapporto);
   l'articolo 93 del decreto legislativo 162 del 2006 impone alle regioni di identificare le aree vulnerabili per i fitofarmaci ma risulta che diverse regioni non abbiano ottemperato;
   l'articolo 4 del decreto legislativo 152 del 2006 impone alle regioni di identificare le zone di rispetto e di protezione per la tutela della risorsa idropotabile e delle aree di ricarica delle falde ma risulta che diverse regioni non abbiano ottemperato con la conseguenza che vige il limite generale di 200 metri attorno alle opere di presa come zona di rispetto, un limite del tutto inadeguato alla realtà idrologica del Paese;
   ricercatori della Boston University e Abraxis LLC hanno trovato tracce significative di glifosato nel miele –:
   se non ritengano che, a fronte di tale situazione di contaminazione diffusa, non debbano essere intraprese misure vincolanti di maggiori rilievo a tutela dell'ambiente e della salute pubblica, come il divieto generale di utilizzo di prodotti di prodotti fitosanitari classificati tossici, molto tossici e/o recanti in etichetta le frasi di rischio R40, R42, R43, R60, R61, R62, R63 e R68 non solo entro 30 metri da aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili quali asili, parchi, scuole e altre come prevede il piano, ma per distanze maggiori e per tutte le aree abitate stabilmente nonché, per la tutela dell'acqua, da corsi d'acqua e nelle aree di cui all'articolo 94 del decreto legislativo 152 del 2006;
   se si intenda approfondire l'impatto sulla salute da un punto di vista epidemiologico della massiva esposizione a sostanze chimiche attraverso varie vie di esposizione, a partire dai lavoratori in agricoltura e dei loro familiari e delle aree più esposte, come, a mero titolo di esempio, aree con coltivazioni intensive ad alta intensità di uso di pesticidi;
   se non intendano assicurare un monitoraggio dell'aria-ambiente a scala nazionale per verificare il livello di esposizione attraverso contatto ed inalazione della popolazione;
   se risulti quali regioni abbiano ottemperato, a l'obbligo di perimetrare le aree vulnerabili per i fitofarmaci di cui all'articolo 93 del decreto legislativo 152 del 2006 e, qualora non l'abbiano fatto, se non si ritiene necessario provvedere a un intervento in sostituzione;
   quali regioni abbiano ottemperato all'obbligo di perimetrare le zone di cui all'articolo 94 del decreto legislativo 152 del 2006 e, qualora non l'abbiano fatto, se non si ritenga necessario provvedere a un intervento in sostituzione;
   quali attività propositiva stanno portando avanti, anche presso le istituzioni comunitarie, per definire al più presto standard di qualità ambientale specifici per singole sostanze, compresi i metaboliti e se non intendono, in via cautelativa, fissarli sulla base di proprie valutazioni in attesa di quelli comunitari;
   se non si ritenga necessario intervenire anche mediante interventi normativi al fine di aumentare il numero delle sostanze inserite nella tabella 1/B dell'allegato 1 parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006 che le ARPA sono obbligate a rilevare integrandolo in particolare con quelle sostanze rilevate in grande quantità in alcune regioni quali il Gliphosate e il suo metabolita AMPA in Lombardia. (4-08272)


   TARTAGLIONE, CARLONI, MANFREDI, TINO IANNUZZI, BONAVITACOLA, BOSSA, CAPOZZOLO, GIORGIO PICCOLO, VALIANTE, SALVATORE PICCOLO, MIGLIORE e VALERIA VALENTE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal sito online de Il Sole 24 ore (24 febbraio 2015) si apprende che «l'atteso accordo di programma per far ripartire la bonifica di Bagnoli prende forma: il custode giudiziario dell'area industriale dismessa, Maurizio Pernice, ha definito un testo che ha inviato al comune di Napoli. L'Accordo in realtà si attiene – come spiega Pernice che è anche dg dell'Ambiente – alle indicazioni della Procura della Repubblica in seguito al sequestro delle aree per irregolarità della bonifica finora eseguita. In pratica, si vuole rendere più efficiente la messa in sicurezza della barriera e della falda acquifera nell'area della colmata. A questo scopo sarà commissionato a Sogesid un progetto per mettere successivamente a gara gli interventi previsti. In secondo luogo, si dà il via alla caratterizzazione dei terreni: il piano verrebbe affidato a Ispra e la caratterizzazione a Sogesid»;
   la Sogesid spa è strumento in house del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT);
   il decreto-legge 133 del 2014 convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, prevede, all'articolo 33, comma 13 quater (Bonifica ambientale e rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale — Comprensorio Coroglio — Bagnoli), che «il Commissario straordinario di Governo, all'esito della procedura di mobilità di cui all'articolo 1, commi 563 e seguenti, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, verifica i fabbisogni di personale necessari per le attività di competenza del Soggetto Attuatore ovvero della società da quest'ultimo costituita e assume ogni iniziativa utile al fine di salvaguardare i livelli occupazionali dei lavoratori facenti capo alla società Bagnoli Futura Spa alla data della dichiarazione di fallimento» –:
   se la Sogesid spa sia intenzionata a procedere all'assunzione di specifico personale per l'attività da compiere in merito alla bonifica di Bagnoli;
   se i Ministri interrogati si adopereranno affinché la Sogesid spa, nell'ambito della detta procedura di assunzione di nuovo personale, salvaguardi i livelli occupazionali dei lavoratori facenti capo alla società Bagnoli Futura Spa, così come stabilito dal citato decreto-legge n. 133 del 2014. (4-08281)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRANDE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel 2009 Michael e Edward O'Neill, a seguito di un lavoro di ricerca e studio documentaristico, hanno rinvenuto, presso Manziana, a ridosso di un'area privata, i resti di quella che sembrerebbe essere una chiesa paleocristiana o Ninfeo di Traiano. Sempre Nello stesso anno, sono state eseguite numerose ricerche coadiuvate da un team di esperti particolarmente qualificato nella conoscenza e nello studio di acquedotti di età romana, composto da nomi del calibro di Lorenzo Quilici (ITA), Rabun Taylor (USA), M. Cristina Tomassetti (ITA), Allan Ceen (USA), i quali hanno immediatamente ratificato l'importanza della scoperta;
   in data 1o ottobre 2009, poi, il sito è stato visitato dai rappresentanti delle due Istituzioni direttamente competenti: la soprintendenza dei monumenti del Lazio e la soprintendenza archeologica di Manziana e, sempre a seguito del vaglio di una squadra archeologi italiani ed americani, è stato richiesto, per la prima volta, l'esproprio dell'area in questione;
   il 28 gennaio 2010 il clamoroso rinvenimento è stato reso ufficialmente noto al mondo dell'archeologia e della cultura attraverso conferenza stampa tenutasi presso l'Hotel Quirinale a Roma dal prof. Lorenzo Quilici, cui hanno seguito numerose pubblicazioni delle maggiori testate giornalistiche di tutto il mondo tra cui Il Corriere Della Sera, Il Messaggero, Il Times;
   una seconda richiesta di esproprio viene inoltrata ma resta ancora una volta disattesa e sempre nello stesso anno l'amministrazione comunale di Manziana avanza le sue specifiche richieste alla soprintendenza, relativamente alla possibilità di apporre un vincolo, senza riuscire tuttavia ad ottenere risposte soddisfacenti;
   nel 2012, poi, una lettera che non ha mai trovato riscontro, avallata, tra gli altri, anche dall'allora presidente della provincia di Roma Nicola Zingaretti, viene spedita all'indirizzo del Ministro pro tempore Lorenzo Ornaghi al fine di sensibilizzare le istituzioni, salvaguardando e valorizzando quello che era ormai evidente essere un sito archeologico di interesse mondiale;
   il gruppo archeologico Romano (sezione Manziana) chiede allora notizie alla soprintendenza archeologica dell'Etruria Meridionale, ed alla stessa soprintendenza dei monumenti per il Lazio, sempre in merito alla possibilità di esproprio del terreno, ma anche questa volta viene disattesa ogni risposta;
   ad oggi il Ninfeo resta abbandonato, e necessita di urgenti lavori per quanto riguarda la messa in sicurezza poiché l'intera struttura rischia di collassare a seguito della mancata manutenzione –:
   se intenda porre in essere quanto necessario ed avviare il procedimento di verifica dell'interesse culturale con conseguente vincolo della soprintendenza competente, affinché si possa intervenire tempestivamente per la conservazione e messa in sicurezza dell'edificio. (5-04922)


   GRANDE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 26 agosto 2014 è entrata in vigore la direttiva del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo concernente le sale cinematografiche di interesse storico attraverso la quale si vuole tutelare, fra gli altri, parte di quel patrimonio architettonico-artistico di settori strategici nonché produttivi del mondo dell'arte e troppo spesso privati delle attenzioni necessarie (come appunto la cinematografia) che altrimenti rischierebbero di non ricevere la giusta attenzione da parte delle istituzioni preposte;
   nella suddetta direttiva si delinea un iter di censimento delle sale cinematografiche anche attraverso un'istruttoria da aprire per la singola sala;
   recentemente la commissione urbanistica del comune di Roma ha approvato il piano destinazione d'uso della sala del cinema Metropolitan, costruito nel 1911, ancora in attesa della decisione del consiglio comunale e della regione Lazio;
   poiché la linea ministeriale è stata varata e dovrebbe pertanto essere già operativa –:
   se il Governo intenda avviare l'istruttoria finalizzata alla dichiarazione di interesse culturale per il Cinema Metropolitan. (5-04924)


   IMPEGNO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la società NEW EDENLANDIA a responsabilità limitata ha sottoscritto un contratto ultranovennale per la gestione del parco (30 anni) con la MdO spa, la società ha altresì inviato anche al Ministero una lettera in cui si chiedeva al Ministro di chiarire la puntualità. del vincolo apposto sulle «cose di cui all'articolo 1 della legge 1o giugno 1939, n. 1089, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 442 del 1999, rientrante nel parco divertimenti denominato EDENLANDIA, e se l'indicazione «parco divertimenti» fatta all'epoca (1999-2000) fosse da ritenere quale vincolo archeologico, già indicato nel 1940, ovvero fosse riferita all'impianto originario e delle opere d'architettura contemporanea realizzate negli anni ‘50 e negli anni ‘60 (Cinodromo ed Edenlandia), che, in quanto realizzate in un tempo inferiore a 50 anni, non potevano essere vincolate ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 1 della stessa legge n. 1089 del 1939;
   da oltre tre settimane la soprintendenza di Napoli sta ponendo in essere nel gestire la problematica una condotta che l'interrogante giudica di dubbia legittimità che inerisce il parco divertimenti denominato EDENLANDIA (nato nel 1965 e primo storicamente in Europa) che, come noto, è allocato a Napoli nel compendio immobiliare della Mostra d'Oltremare spa;
   non è dato comprendere come sia possibile apporre il vincolo di tutela monumentale su un «Parco Divertimenti», fino a voler imporre all'imprenditore che deve investire, il rispetto della procedura di cui all'articolo 21 comma 4o del decreto legislativo n. 42 del 2004, elevando il parco e tutti i suoi contenuti, comprese le giostre, a «bene monumentale» di interesse pubblico –:
   se sia corretta l'apposizione del vincolo da parte del sovrintendente di Napoli, in quanto questa misura sta causando il ripensamento del gruppo imprenditoriale sull'iniziativa intrapresa, con grave danno alla città di Napoli, all'indotto turistico e a 55 lavoratori in cassa integrazione fino al maggio 2015 che, con la riapertura del parco, fermo da 3 anni, avrebbero ritrovato una piena e dignitosa occupazione.
(5-04935)


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio di indirizzo della Fondazione Arena di Verona, nella seduta del 3 marzo 2015, ha proposto il nominativo di Francesco Girondini per l'incarico di sovrintendente;
   la proposta di nomina, che indica proprio il sovrintendente uscente come prossima guida dell'ente, sarà ora sottoposta alla valutazione del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   come previsto dell'articolo 12 dello Statuto della Fondazione, il collegio dei revisori dei conti si compone di tre membri, di cui uno con funzioni di presidente, designato dal presidente della Corte dei Conti competente tra i magistrati della Corte dei conti, uno dal Ministero dell'economia e delle finanze e uno dall'autorità statale competente in materia di spettacolo che nomina anche un membro supplente;
   la Fondazione Arena ha chiuso l'esercizio 2014 con oltre 30 milioni di debiti;
   già i contributi 2013 dello Stato e degli enti soci e sponsor hanno dato un gettito inferiore di 4,5 milioni rispetto al 2012, dove i soli Fus (con 420 mila euro) e camera di commercio (50 mila) hanno erogato somme in più, mentre regione, provincia, comune e cariverona hanno fatto mancare quasi 5 milioni di euro;
   i costi 2013 hanno tutti denotato un aumento rispetto all'anno precedente: quelli per servizi di oltre 3 milioni, del personale di oltre 1 milione, per il godimento dei beni di terzi di altri 860 mila euro e gli oneri finanziari di 203 mila. C’è poi quella «sciagurata» operazione relativa al «conferimento di ramo d'azienda» (archivio di fondi teatrali, costumi di scena, bozzetti e figurini, archivio fotografico e multimediale dei Fondi Arena e Vicentini) ad Arena Extra (l'amministratore unico è lo stesso Francesco Girondini) che se ha aumentato i proventi straordinari da un lato, consentendo di far pareggiare costi e ricavi, dall'altro non ha portato nelle casse i 7 milioni di euro di valore stimati;
   quello del 2013 si è rivelato un esercizio pesantissimo, di maggiori costi e minori introiti che non sono stati che parzialmente supportati dal maggiore incasso di botteghino per 3,4 milioni di euro. Un esercizio che nella parte patrimoniale si è già evidenziato – in negativo – per una maggiore esposizione bancaria di 2,8 milioni di euro e verso i fornitori per altri 3,6 milioni –:
   perplessità circa la conferma di Girondini a Palazzo Barbieri — sede della Fondazione vengono espresse anche dalle organizzazioni sindacali. Per Massimo Castellani della Cisl cittadina «si doveva scegliere un manager capace sia dal punto di vista della gestione economica che di quella artistica. I ricambi servono per cambiare direzione e per fare meglio dei risultati ottenuti finora». Secondo Michele Corso della Cgil «È una scelta sbagliata, la Fondazione ha bisogno di un manager capace e non di chi l'ha condotta in una situazione molto difficile». La Uil Comunicazione, per bocca del suo segretario Ivano Zampoli, si dichiara «non disponibile ad alcuna discussione che veda i dipendenti pagare per errori e difficoltà economiche causati dalle precedenti gestioni» –:
   se, alla luce dei fatti sopra descritti, il Ministro interrogato non ritenga di sospendere la riconferma di Francesco Girondini alla guida della Fondazione Arena di Verona. (5-04947)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRUSONE, BASILIO e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dal quotidiano Corriere della sera di un'indagine della procura di Bari, su presunti appalti militari «truccati», riguardanti, in particolare: la ristrutturazione di due edifici da adibire a mensa all'interno della caserma dell'Esercito Italiano «Pisano» di Capo Teulada (Cagliari), gara indetta nel 2011 dal Ministero della difesa; la fornitura e posa in opera di moduli abitativi per il centro immigrati di Borgo Mezzanone (Foggia), procedura indetta dal Ministero dell'interno nel 2012; l'installazione di impianti fotovoltaici, commessa pubblica indetta da Difesa Servizi spa nel 2011; nonché il tentativo di turbare, nella fase istruttoria, la procedura di gare di appalto di competenza della Aeronautica militare di Bari-Palese;
   l'inchiesta ha evidenziato – sostiene la procura di Bari – che «le illecite interferenze nelle operazioni di gara relative alla ristrutturazione degli uffici in Capo Teulada ed alla fornitura e posa in opera di moduli abitativi in Borgo Mezzanone, sono state eseguite da Carlo Peluso, generale dell'Aeronautica Militare in pensione, ex capo ufficio progetti del Genio Difesa, in cambio della promessa di denaro, da parte degli imprenditori coinvolti, di 40 mila euro per la prima commessa e di altri vantaggi di natura patrimoniale per la seconda, consistiti in due soggiorni familiari in una lussuosa struttura ricettiva del Salento»;
   l'indagine ha portato all'arresto del suddetto generale e all'iscrizione di sedici persone nel registro degli indagati per istigazione alla corruzione, truffa aggravata in danno di ente pubblico, rivelazione ed utilizzazione di segreti d'ufficio, turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, induzione indebita a dare o promettere utilità, riferibili agli anni 2011 e 2012 –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti elencati in premessa e se sia stata avviata una inchiesta interna e, in caso affermativo, che esiti abbia avuto;
   quali iniziative siano state assunte per evitare il ripetersi di casi simili e quali azioni il Governo intenda intraprendere nei confronti dell'organo tecnico dell'amministrazione militare, il quale avrebbe dovuto avere il compito di controllo delle procedure di gara. (5-04936)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la sentenza del TAR Toscana n. 328 del 27 febbraio 2015, frutto di un ricorso effettuato nel 2010 da parte di un concessionario contro il comune di Isola del Giglio ha stabilito che il concessionario balneare ha il diritto di superficie sugli immobili da lui realizzati sul demanio;
   più in dettaglio, la sentenza del Tar Toscana stabilisce che «laddove la concessione demaniale marittima stabilisca di concedere al concessionario il diritto di occupare un'area demaniale marittima allo scopo di mantenere un locale in muratura, viene ad essere costituito in capo al concessionario un diritto reale a immagine del diritto di superficie. Infatti, il diritto di mantenere una costruzione sul suolo altrui è proprio l'oggetto del diritto di superficie, così come delineato dall'articolo 952 codice civile («il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri»), con il risultato che siamo qui in presenza di un atto amministrativo che attribuisce al concessionario il diritto di superficie sugli immobili in considerazione. Ne discende che i suddetti beni sono in proprietà superficiaria del concessionario e non sono quindi di proprietà demaniale, situazione che si è protratta nel tempo, essendo stata la concessione n. 1 del 2007 successivamente rinnovata sino all'attualità;
   la pronuncia del Tar Toscana muta notevolmente lo scenario, proprio nel momento in cui il Governo dovrebbe presentare il disegno di legge per la riforma generale del sistema balneare italiano;
   oltre a ciò, la sentenza ha un diretto effetto sull'incameramento dei beni. Come afferma infatti il Tar Toscana, «la mancanza di proprietà demaniale esclude quindi in radice che si possa parlare di «pertinenze demaniali marittime», mancando i presupposti di cui all'articolo 29 del Codice della Navigazione, che definisce pertinenze del demanio marittimo «le costruzioni e le altre opere appartenenti allo Stato, che esistono entro i limiti del demanio marittimo e del mare territoriale», richiedendo quindi la titolarità della proprietà in capo allo Stato». Ne discende che, nel calcolo del canone demaniale marittimo, l'Autorità concedente non deve tener conto dei beni che sono oggetto del diritto superficiario di cui è titolare il concessionario, non trovando perciò applicazione la disciplina di cui all'articolo 1, comma 251, n. 2, riferito appunto alle opere pertinenziali, in luogo di quella di cui all'articolo 1, comma 1, n. 1, lett. b) della legge n. 296 del 2006;
   si tratta quindi di una storica sentenza di cui il Governo non può non tenere conto. Tanto pacifico appare ormai il principio che le opere sono di proprietà superficiaria del concessionario, che il Tar Toscana ha condannato il comune di Isola del Giglio al pagamento delle spese processuali che l'imprenditore ha dovuto sostenere per difendere e far valere i propri diritti;
   inoltre, non si tratta della prima sentenza che sostiene le ragioni dei balneari. Infatti, come già successo con le sentenze del Consiglio di Stato n. 626 e n. 3196 del 2013 e, addirittura, della Cassazione n. 9935 del 2008, è stato ribadito che: 1) sino a quando non viene formalmente incamerato attraverso la specifica procedura prevista dalla legge, il bene è e rimane di proprietà del concessionario che lo ha legittimamente costruito e, di conseguenza, i canoni da applicare devono essere quelli tabellari e non i valori Orni; 2) il Codice della navigazione dispone l'incameramento dei beni nel momento in cui viene a cessare la concessione (spirare del rapporto), per cui, visto che le concessioni sono state rinnovate automaticamente e quindi sono tuttora perfettamente vigenti, qualsiasi procedura adottata in tal senso appare illegittima;
   a questo punto, è necessario dare effettivo seguito ad una giurisprudenza ormai consolidata, consentendo così di risolvere non pochi casi che riguardano l'impossibilità da parte delle imprese di corrispondere canoni insostenibili e che, a causa di ciò, stanno per vedersi revocato il titolo; una problematica, quella dei canoni, che ha da tempo paralizzato ogni nuovo investimento indispensabile per conservare il livello raggiunto dalle nostre imprese;
   ad ogni modo, non è più prorogabile una riforma dell'assetto normativo del settore delle concessioni demaniali marittime, fra l'altro più volte annunciata, e su cui il Governo ha un preciso impegno previsto dalla legge. Un comparto di eccellenza del nostro turismo, che ha subito pesantemente i contraccolpi della crisi, aspetta da troppo tempo risposte che non sono mai arrivate. Il rilancio della nostra economia passa anche dal turismo e dalla tutela di quelle tante imprese balneari che oggi rischiano di essere messe in crisi, insieme a tutto il loro indotto, dalle interpretazioni date alle norme e ai princìpi del Trattato europeo, da ultimo con la direttiva servizi conosciuta come Bolkenstein, e dall'inerzia del Governo –:
   quale sia la posizione del Governo in merito alla grave situazione in cui tuttora versano i concessionari balneari pertinenziali, quale sia lo stato di avanzamento del progetto di revisione e riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative, e se non ritenga, in attesa del riordino della materia – da effettuarsi auspicabilmente di concerto con le organizzazioni, di categoria – di assumere iniziative dirette a sospendere la riscossione dei canoni pertinenziali e la revoca della concessione ai balneari pertinenziali incapaci di far fronte al pagamento dei canoni calcolati sui valori Orni.
(2-00878) «Bergamini, Brunetta, Castiello, Vella, Vito, Palmieri, Sandra Savino, Milanato, Gregorio Fontana, Prestigiacomo, Picchi, Occhiuto, Ravetto, Calabria, Giacomoni, Gelmini, Palmizio, Squeri, Laffranco, Biasotti, Latronico, Russo, Fabrizio Di Stefano, Catanoso, Alberto Giorgetti, Centemero, Giammanco, Abrignani, Mottola, Carfagna, Palese».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   IMPEGNO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'economia e delle finanze è azionista di maggioranza relativa di Finmeccanica, a sua volta proprietaria di Alenia Aermacchi spa;
   il settore dell'aeronautica rappresenta a livello nazionale e internazionale un'eccellenza del nostro Paese e un motore di sviluppo del Mezzogiorno (la Campania è la prima regione in Italia per numero di occupati e si stima un indotto di almeno 110 piccole e medie imprese e seimila dipendenti);
   dal 2011 la società Alenia Aermacchi (al tempo Alenia Aeronautica) ha avviato un robusto piano di ristrutturazione, all'interrogante noto come piano delle 3R (rilancio, ristrutturazione e riorganizzazione), che ha avuto non poche ripercussioni sul tessuto produttivo e sociale della Campania. Si ricordano alcuni dei più importati impatti che quel piano strategico determinò per gli stabilimenti campani:
    a) si passò da quattro siti a tre con il trasferimento a Venegono della sede legale del gruppo, la chiusura dello stabilimento di Casoria e conseguente trasferimento delle risorse presso il sito di Nola;
    b) fu avviato un significativo piano d'investimenti a Nola e Pomigliano d'Arco per attrezzarsi a una produzione di dieci serie al mese della fusoliera ATR e ridistribuire le attività in precedenza realizzate nell'impianto di Casoria, prevalentemente in outsourcing e parte negli stabilimenti di Nola;
    gli esuberi individuati a livello nazionale nel gruppo Alenia Aermacchi furono di 1700 unità, in Campania circa 900 lavoratori, tra i più professionalizzati, lasciarono il gruppo;
    c) si definirono i centri di eccellenze al fine di attrezzare gli impianti per conseguire il massimo dell'efficienza a Grottaglie e Foggia sui programmi B787 e ATR, a Torino sui velivoli militari Eurofighter e la linea finale del C27-J, a Nola A380, a Varese M346 e l'avvio delle attività previste per il programma F-35 a Cameri;
    in Campania e Puglia, nei siti di Pomigliano d'Arco e Foggia le attività prevalenti restarono quelle per ATR. Da alcuni anni il gruppo Alenia Aermacchi e la filiera della subfornitura, sostenuta da un impianto di sostegno pubblico di risorse regionali e comunitarie, hanno avviato attività per lo sviluppo di un nuovo velivolo turboelica regionale da proporre al mercato in sostituzione dell'attuale ATR;
   a quanto sopra premesso, si aggiungono alcune dichiarazioni raccolte in questi ultimi mesi e rilasciate dal nuovo amministratore delegato di Finmeccanica Mauro Moretti:
    a) Finmeccanica ha attualmente un'autonomia finanziaria che le permette di poter arrivare al 2017 senza la necessità di ulteriori indebitamenti azionari ovvero sostegni di Stato. In questa chiave di lettura va letta la volontà di riuscire ad autofinanziare i propri investimenti;
    b) nel corso dell'ultima audizione del febbraio 2015, l'ingegner Moretti ha evidenziato la necessità di effettuare un robusto piano di tagli per circa 150 milioni di euro intervenendo sulle aree di ingegneria, supply chain e SG&A;
    c) nel corso delle due audizioni presso la Commissione attività produttive (21 ottobre 2014 e 4 febbraio 2015), l'ingegner Mauro Moretti, ha espresso la chiara volontà di proiettare il business di Finmeccanica verso uno scenario competitivo sempre più internazionale. Per rendere il gruppo più competitivo, inoltre, ha espresso la volontà di focalizzarsi sulle cosiddette piattaforme di prodotto, dismettendo quindi l'impegno del gruppo verso quelle attività a «basso margine». È stato fatto un chiaro riferimento alle attività incentrate sulle aerostrutture, a suo dire poco remunerative, attività sulle quali tuttavia si regge in sostanza l'intero comparto aeronautico campano e pugliese;
    d) nel corso dell'ultima audizione del febbraio 2015, ancora l'ingegner Moretti, ad avviso dell'interrogante ribaltando le posizioni espresse nei mesi scorsi anche in sedi internazionali, ha dichiarato che il programma di un NGTP (New Generation TurboProp) richiede una riconsiderazione delle analisi che finora rendevano alte le possibilità di successo di un tale prodotto. Considerando le attuali incertezze delle due variabili che hanno determinato la ripresa della domanda di velivoli turboelica, cioè cambio euro/dollaro e il prezzo di negoziazione del petrolio, Finmeccanica ritiene di riconsiderare le precedenti determinazioni e decide di rimandare qualsiasi decisione in merito al programma del nuovo velivolo regionale –:
   se il Governo intenda intraprendere un'iniziativa urgente per mettere la propria controllata in condizione di rilanciare l'attività nel Mezzogiorno; e anche alla luce del percorso di «efficientamento» già in corso da anni;
   considerato che il livello di eccellenza dell'industria aeronautica campana raggiunto nel corso di trent'anni nello sviluppo e nella produzione di velivoli regionali ha pochi confronti in Europa, come si pensi, in assenza di un nuovo programma aeronautico, di non disperdere un patrimonio di competenze e professionalità che in questi anni è cresciuto nella filiera nel comparto aeronautico e nella supply chain dell'aerospazio campano e pugliese, un patrimonio di competenze e potenzialità, da molti ritenuto indispensabile per la reindustrializzazione dell'economia meridionale;
   considerato che il futuro dell'intera filiera delle imprese campane non troverebbe alcuna possibilità di conservarsi e crescere in assenza di un nuovo progetto aeronautico, e che l'attuale ATR come dichiarato dallo stesso Moretti ha ormai superato i trent'anni, quale sia il disegno strategico previsto per i siti campani e quali siano le reali intenzioni di Finmeccanica nel campo delle attività aerostrutturali;
   come si intenda evitare da parte di Finmeccanica e del Governo un cattivo impiego di risorse pubbliche, di cui in larga parte la stessa Alenia Aermacchi ha beneficiato, in questi anni per lo sviluppo di un nuovo velivolo regionale, cosa che si verificherebbe se il programma non avesse una sua concreta fase di realizzazione;
   considerato che si paventa una dismissione per l'attuale stabilimento produttivo di Capodichino, quale sia il destino assegnato al programma C27-J realizzato in gran parte presso quel sito;
   considerato che il basso rateo produttivo del programma A380, se, nella strategia di risanamento del gruppo Finmeccanica siano stati valutati i costi occupazionali e sociali che si produrrebbero nel territorio campano per effetto di una crisi del comparto estesa all'intera filiera della subfornitura. (5-04938)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 27 dicembre 2013, n. 147, al comma 48 dell'articolo 1, ha previsto che il «Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, con priorità per quelli che risultino titolari di contratti di lavoro a tempo determinato», confluisse nel Sistema nazionale di garanzia, istituito dal medesimo comma;
   tale Fondo era stato istituito dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, e poi reso operativo con l'emanazione del decreto del Ministro della gioventù 17 dicembre 2010, n. 256, e la stipula del previsto protocollo con Associazione bancaria italiana, ma aveva sempre incontrato difficoltà nella sua utilizzazione a causa della poca pubblicità che di tale strumento hanno sempre dato gli istituti bancari ai propri clienti;
   questo ha di fatto condotto ad una decisa sottoutilizzazione del Fondo, in merito alla quale l'interrogante aveva già chiesto chiarimenti al Governo attraverso la presentazione di atti di sindacato ispettivo;
   nell'ambito del Sistema nazionale di garanzia il Fondo in oggetto è stato unificato al «Fondo di garanzia per la prima casa, per la concessione di garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze»;
   le disposizioni di cui alla legge n. 190 del 2014 prevedono altresì che il Fondo di cui al decreto-legge n. 112 del 2008 continuasse ad operare solo fino all'emanazione dei decreti attuativi che rendano operativo il Fondo di garanzia per la prima casa, emanati il 31 luglio 2014;
   il decreto ministeriale del 31 luglio 2014, che reca la «Disciplina del Fondo di garanzia «prima casa» di cui all'articolo 1, comma 48, lettera c) della legge 27 dicembre 2013, n. 147», all'articolo 4, in analogia con quanto già previsto anche per il Fondo di cui al decreto-legge n. 112 del 2008 prevede la stipula di un Protocollo d'Intesa tra il dipartimento del tesoro e l'associazione bancaria italiana (ABI) per l'operatività del Fondo –:
   a quanto ammonti l'attuale consistenza del Fondo di garanzia per la prima casa;
   se sia stato approvato il Protocollo d'intesa e, in caso affermativo, quante richieste di finanziamento siano state accolte;
   per quali motivi si sia ritenuto di cancellare un fondo che era stato istituito con la specifica finalità di aiutare i giovani che avendo un lavoro precario incontrano le maggiori difficoltà di accesso al credito. (4-08275)


   BRANDOLIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da notizie sulla stampa si evince che Poste italiane, nel piano di «rimodulazione» degli uffici a livello nazionale, ha previsto che l'ufficio postale di Fossalon (Gorizia) cesserà l'attività dal 13 aprile 2015, unico in tutta la provincia di Gorizia a subire questa sorte: decisione che le Poste hanno giustificato citando i ridotti flussi di utenti e gli alti costi di gestione, essendo i locali in affitto;
   Fossalon è un comune situato nella zona del Gradese, distante da altri centri abitati e dai loro uffici postali, tanto che gli sportelli più «vicini» sarebbero quelli di Grado centro e Grado pineta o Monfalcone, tutti ad almeno una ventina di chilometri;
   la chiusura dello sportello quindi causerebbe disagi non indifferenti specie agli utenti anziani, impossibilitati o fortemente in difficoltà a muoversi;
   una precedente preoccupazione per il piano di chiusura degli uffici avviato da Poste italiane è già stata sottoposta al Governo, il quale ha ricordato come spetti all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, e non al Ministero dello sviluppo economico, verificare il rispetto degli obblighi del piano annuale sulla distribuzione degli uffici postali sul territorio, fissati dal decreto 7 ottobre 2008;
   in un incontro per discutere di tale tema, indetto il 12 febbraio 2015 al Ministero dello sviluppo economico, l'amministratore delegato di Poste italiane, Francesco Caio, e il presidente dell'Autorità per la garanzia nelle comunicazioni, Angelo Cardani, hanno dichiarato di voler coinvolgere fin da subito le regioni e l'Associazione dei comuni italiani nella fase attuativa del piano di razionalizzazione degli uffici postali –:
   se il piano di dismissioni degli uffici postali nella regione Friuli Venezia Giulia, che coinvolge una trentina di sportelli, sia già stato confermato o se sia ancora in discussione con regioni e Associazioni dei comuni italiani, con la possibilità di mantenere, magari sotto forma ridotta o in altra sede più economica, lo sportello di Fossalon di Grado, importante per una località che sarebbe altrimenti molto penalizzata dalla sua distanza da altri centri abitati. (4-08280)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 5 febbraio 2015 la società Aeroporto di Salerno spa trasmetteva formale diffida al Ministero dell'economia e delle finanze per il rilascio del parere favorevole alla concessione della gestione totale dell'aeroporto di Salerno — Pontecagnano per la durata di vent'anni;
   tale diffida si rendeva necessaria a seguito del perdurante rallentamento procedurale verificatosi presso il Ministero, mentre, al contrario, ENAC e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avevano già reso il proprio parere favorevole, rispettivamente il 9 novembre e 24 dicembre 2014;
   in particolare, già nel luglio 2013 il Ministero dell'economia e delle finanze, con nota prot. 16606, restituiva il decreto di gestione totale adducendo quelle che all'interrogante appaiono pretestuose quanto infondate argomentazioni riferite alla sostenibilità economico-finanziaria del piano presentato e al contenzioso in essere con la società «Gesac spa»;
   la società di gestione impugnava innanzi al TAR Lazio la predetta nota, ponendo in evidenza, al contrario, la sussistenza di tutti i requisiti economico-patrimoniali per l'avveramento del piano di sviluppo;
   in data 30 settembre 2014 il Consiglio dei ministri adottava il piano nazionale degli aeroporti indicando lo scalo salernitano, unico presente in Campania insieme all'aeroporto di Capodichino, quale scalo di interesse nazionale all'interno del bacino campano;
   in data 29 ottobre 2014 il Governo accoglieva l'ordine del giorno 9/02629-AR/102, a firma dell'interrogante, che impegnava il Governo «ad adottare ogni iniziativa di competenza al fine della tempestiva approvazione del decreto ministeriale di cui in premessa, nonché, in sede di applicazione del citato articolo 28, comma 8-bis, al fine di limitare il rilascio delle citate autorizzazioni temporanee di quinta libertà al solo eventuale rinnovo di quelle già rilasciate»;
   il perdurante rallentamento procedurale del decreto interministeriale, oltre a risultare del tutto incompatibile con gli stringenti tempi contemplati dal decreto-legge 133 del 2014, rischia di generare un danno enorme alla società «Aeroporto di Salerno-Costa d'Amalfi spa» che, fino ad oggi, ha investito nell'iniziativa oltre 50 milioni di euro;
   tale situazione rischia, altresì, di vanificare l'impegno del Governo e, in particolare del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che nel mese di settembre 2014 ha stanziato, tra gli altri, 40 milioni per l'aeroporto di Salerno quale contributo al decreto «Sblocca Italia»;
   nel corso dell'anno 2014, peraltro, risultano adottati numerosi decreti interministeriali di gestione totale, come quelli per le gestioni totali degli aeroporti di Albenga, Cuneo, Parma e Perugia;
   appare, pertanto, ancor più incomprensibile ed immotivato il costante differimento della positiva conclusione dell’iter amministrativo ventennale, relativo all'aeroporto salernitano, il cui mancato perfezionamento dipende unicamente ad avviso dell'interrogante da una non corretta gestione procedurale del potere pubblico in contrasto con il buon andamento e l'imparzilità dell'amministrazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità e urgenza degli stessi, quali iniziative intenda adottare per favorire la conclusione del procedimento nei termini di legge, rendendo il proprio parere favorevole alla concessione della gestione totale dell'aeroporto di Salerno-Pontecagnano per la durata di anni venti, mediante la sottoscrizione del decreto interministeriale, stante la sussistenza delle condizioni e dei requisiti di legge già attestati dall'ENAC e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. (4-08283)


   FANTINATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste italiane spa è una società, partecipata al 100 per cento, dal Ministero dell'economia e delle finanze, che gestisce i servizi postali in un regime di sostanziale monopolio sulla base di un contratto di programma siglato con lo Stato, in cui Poste italiane si impegna a raggiungere determinati obiettivi di qualità, tra cui quelli riguardanti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste;
   per consentire agli uffici postali periferici di garantire l'erogazione dei servizi essenziali, Poste italiane spa riceve significativi contributi da parte dello Stato nell'ambito della legge di stabilità; nonostante ciò il piano di riorganizzazione dell'azienda stabilisce, a livello nazionale, la chiusura di 455 uffici postali e la riduzione degli orari di apertura in 608 uffici;
   il piano di riorganizzazione nazionale di Poste italiane spa prevede, per i primi giorni di aprile, in provincia di Verona, la chiusura di 10 uffici postali e per uno la riduzione di orario;
   gli uffici interessati alla chiusura sono localizzati nelle aree che dalla collina arrivano alla Bassa, passando per l'Est veronese e il Garda, zona di enorme pregio turistico;
   nel dettaglio: a Monteforte d'Alpone, i cittadini dovranno rinunciare ai servizi dell'ufficio di Costalunga Brognoligo, quelli di Albaredo d'Adige alla sede di Coriano. Nella Bassa, a Cerea verrà meno l'ufficio di Asparetto, a Oppeano quello di Ca’ degli Oppi e a Gazzo Veronese chiuderanno i battenti sia quello di Correzzo che di San Pietro in Valle. Sul Garda, invece, la chiusura interesserà sia l'ufficio postale di Sandrà, ma anche per Pacengo, a Lazise. Infine, doppia chiusura per Caprino che dovrà rinunciare sia all'ufficio postale di Pesina, che a quello di Spiazzi, nella frazione che ospita il Santuario della Madonna della Corona, sede d turismo e pellegrinaggi. Non chiusura ma orario ridotto, infine, per l'ufficio di Selva di Progno;
   sono già numerosi gli svantaggi che le zone periferiche si trovano ad affrontare rispetto ai centri urbani e appare inaccettabile la decisione unilaterale di privarle dei servizi postali, fondamentali in particolare per famiglie e imprese: basti pensare al pagamento delle utenze, il ritiro del denaro contante da parte dei titolari di conto corrente postale e l'invio di comunicazioni soggette al rispetto perentorio di scadenze, soprattutto quelle di carattere legale;
   una scelta tanto più inaccettabile se letta alla luce della delibera dell'Agcom del 24 giugno 2014, n. 342, in cui l'Autorità ha «ritenuto opportuno inserire (...) specifici divieti di chiusura di quegli uffici che servono gli utenti che abitano nelle zone remote del Paese (...) ritenendo prevalente l'esigenza di garantire la fruizione del servizio nelle zone disagiate anche a fronte di volumi di traffico molto bassi e di alti costi di esercizio»;
   la scelta di Poste italiane conferma l'orientamento portato avanti dalla società negli ultimi anni che va nella direzione di una esclusiva logica di guadagno, puntando su assicurazioni, carte di credito, telefonia mobile e servizi finanziari in genere, il tutto a danno dei cittadini costretti a spostarsi per avere gli stessi servizi e a scapito dei lavoratori che subiscono i trasferimenti. Nel contempo, magari, banche e affini, aprono filiali o succursali nelle zone rimaste «scoperte» –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere per garantire il rispetto dei disposti stabiliti dall'Autorità garante delle comunicazioni in ordine al divieto di chiusura degli uffici postali nelle aree svantaggiate, e contestualmente promuovere tavoli di confronto tra la direzione di Poste italiane spa e le amministrazioni locali al fine di scongiurare la già annunciata chiusura degli uffici postali nei comuni più piccoli del veronese. (4-08298)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   REALACCI, BRAGA, COMINELLI, ZARDINI, CARRA e LACQUANITI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la ferrovia ad alta velocità/alta capacità Milano-Venezia è una linea costruita solo parzialmente. Al momento del suo completamento collegherà Milano, passando per Brescia, con le città venete di Verona, Vicenza, Padova e Venezia e sarà dotata per la maggior parte del suo percorso degli standard ferroviari dell'alta velocità (AV) e dell'alta capacità (AC). Il tracciato farà parte della futura dorsale ferroviaria del Nord Italia Torino-Milano-Trieste;
   il segmento completo della linea ferroviaria Torino-Milano-Venezia-Trieste costituisce un corridoio di trasporto paneuropeo, ex «Corridoio V», ora «Corridoio Mediterraneo TEN-T» inserito nella strategia di sviluppo dei trasporti dell'Unione europea 2014-2020, che è altresì strettamente correlata agli obiettivi comunitari sulla riduzione delle emissioni del trasporto su gomma da conseguire entro il 2030;
   a distanza di otto anni, e di 23 anni se ci si riferisce all'ipotesi di progetto complessivo (se ne parla dal 1992), appare poi forse necessario, oltreché implementare definitivamente la linea ferroviaria, anche riflettere, come richiesto dalla «Conferenza permanente dei sindaci interessati al progetto AV/AC Verona-Padova», su una revisione dei parametri progettuali che rendono difficoltosi il finanziamento del progetto «in toto» e la sua celere realizzazione, anche alla luce della necessità di una maggiore tutela ambientale e di una attenzione maggiore al consumo di suolo, in tratti così densamente popolati, e di notevole valore paesaggistico, considerate le nuove esigenze di trasporto e logistiche per l'Italia del futuro. Occorre per questo valutare l'opportunità dell'affiancamento alla linea storica della nuova tratta come già avvenuto per i tratti Milano-Treviglio e Padova-Venezia Mestre che permetterebbe un percorso più breve di ben 32 chilometri, recuperando poi il bacino d'utenza del territorio bresciano e l'importantissimo bacino d'utenza turistico del lago di Garda, che conta ogni anno più di venti milioni di presenze;
   in data 28 gennaio 2015 il Sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti Del Basso De Caro, ha risposto, alla Camera, in VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici ad una interrogazione a risposta immediata circa il tracciato e lo stato di finanziamento dell'opera, citando alcuni accordi di programma sull'avanzamento di lotti relativi alla nuova linea AV/AC ma solo per quanto riguarda il tratto Verona-Vicenza-Padova. Nessun accenno è stato fatto dal Governo alla parte di linea che dal capoluogo scaligero collega Brescia verso Milano. Detto tratto incrocia peraltro interamente le province di Verona e Brescia e più precisamente il territorio a sud del lago di Garda: area di alto valore ambientale, paesaggistico e turistico e di pregevolissime produzioni agroalimentari e vitivinicole, come, ad esempio, la «Terra del Lugana»;
   detto progetto di nuova linea attualmente più accreditato (e contestato) sottrarrà, se messo in opera, secondo uno studio elaborato dal professor Renato Pugno del Politecnico di Milano, circa 245 ettari di terreni alla produzione vinicola, con un rapporto costi-benefici negativo verso la nuova tratta ferroviaria: l'area gardesana del Lugana infatti, con una produzione annua di 11,5 milioni di bottiglie di vino, ha un prodotto interno lordo di 50 milioni di euro l'anno. I 9 chilometri della tratta AV/AC Brescia-Verona che dovrebbero attraversarla avrebbero benefici in termini di prodotto interno lordo generato di 2,94 milioni di euro l'anno;
   come è già noto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la Commissione VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 23 dicembre 2014, ha inviato al consorzio di imprese CEPAV 2 ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in particolare sul tratto Brescia-Verona, numerose e dettagliate richieste di approfondimento progettuale e integrazioni, tra cui valutazioni sull'impatto al sistema agricolo, con esplicito riferimento alla terra del «Lugana», misure di compensazione e mitigazione dell'opera, valutazione degli effetti cumulativi su altre opere e soprattutto ha evidenziato l'assenza fondamentale di una comparazione con un'ipotesi di tracciato alternativo;
   da recenti e numerosi articoli di stampa locale e nazionale si apprende, inoltre, che sul predetto, e attualmente più accreditata ipotesi di tracciato «direttissimo», non affiancata alla «linea storica», anche esponenti della giunta regionale della Lombardia e del comune di Brescia, in occasione di un recente incontro con le rappresentanze bresciane di Coldiretti, Confagricoltura e Consorzio tutela del Lugana, hanno espresso alcune riserve circa la tutela paesaggistica del territorio bresciano e la salvaguardia delle sue produzioni agroalimentari di qualità e paiono ventilare la proposta di valutazione di un tracciato meno invasivo «legato alle necessità del territorio»;
   in sede di delibera il CIPE, con l'atto n. 94 del 2006, contemplò inoltre anche la necessaria considerazione nel progetto finale di alcune criticità di tracciato nel passaggio a est del territorio afferente al comune di San Martino Buon Albergo e al completo attraversamento, de facto tagliandolo in due, del centro cittadino del comune di San Bonifacio, entrambi in provincia di Verona –:
   se i Ministri interrogati per quanto di competenza, intendano ora, come fatto in sede di question time in VIII Commissione alla Camera per il tratto Verona-Padova della futura linea AV/AC Milano-Venezia, fornire notizie puntuali circa il progetto di linea ad alta velocità nei segmenti Verona-Brescia-Treviglio e sulla valutazione comparativa dell'ipotesi di affiancamento alla linea storica del nuovo tracciato ad alta velocità, anche conformemente a quanto richiesto negli approfondimenti VIA da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   se i Ministri interrogati intendano valutare l'opportunità di istituire con rapidità un tavolo tecnico con gli enti locali interessati dal tracciato, le regioni Lombardia e Veneto, i consorzi di tutela della produzioni agroalimentari di qualità dei territori attraversati e Rete ferroviaria italiana, per stabilire un cronoprogramma puntuale sull'avvio dei lavori della predetta tratta ferroviaria, contemplando anche la proposta di affiancamento alla linea storica Milano-Venezia ed una concertazione sulla soluzione di tracciato più utile al territorio, alla pianura padana centro-orientale e al Paese e che assicuri lo sviluppo del sistema ferroviario in tutti suoi segmenti, nelle province di Verona e Brescia, e per tutti i tipi di utenza, «premium», turistica e pendolare, nonché per le merci in vista della prossima apertura del nuovo valico ferroviario del Brennero. (5-04921)


   ZANIN, TARICCO, OLIVERIO, TERROSI, ROMANINI, CAPOZZOLO e COPPOLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i titolari di microimprese dell'agroalimentare sottoscrivono un contratto di rete ai sensi dell'articolo 3, decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 e dell'articolo 42, decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 con l'obiettivo di innovare e innalzare le capacità competitive, a totale beneficio dello sviluppo locale, sia in termini produttivi che in termini di qualità e impatto culturale e dunque a beneficio complessivo dei consumatori e del territorio nazionale;
   la messa in rete si riferisce nella stragrande maggioranza dei casi allo sviluppo in forma congiunta di attività di promozione, distribuzione, commercializzazione e marketing, tese a valorizzare la produzione, l'immagine e la professionalità delle imprese partecipanti, con un efficientamento e, per quanto possibile, una riduzione dei costi aziendali;
   questa azione di mutuo aiuto comporta la compartecipazione delle idee ma anche delle risorse umane, delle strutture e delle attrezzature;
   le singole imprese dispongono in genere di mezzi di trasporto in conto proprio, ma, secondo quanto previsto dalla legge n. 298 del 1974 queste non possono trasportare la merce altrui con i propri mezzi in quanto potrebbero essere soggette a sanzioni e al sequestro del mezzo e dei prodotti;
   la normativa indicata comporta per le reti d'impresa un disagio enorme, in quanto gli obiettivi di semplificazione e efficienza sono vanificati dal divieto di trasporto di merce altrui con i propri mezzi, vincolo che diventa ancor più oneroso nei casi di partecipazione ad eventi promozionali programmati o di forniture diverse ad un medesimo destinatario: non è possibile razionalizzare il trasporto e contenere le spese connesse, con inevitabili ricadute anche in termini di competitività –:
   quali urgenti iniziative normative intenda assumere per consentire alle imprese dell'agroalimentare, vincolate da un contratto di rete il trasporto di merce altrui con i propri mezzi, nel pieno rispetto della disciplina e delle prescrizioni in materia di igiene e sicurezza alimentare. (5-04928)


   IMPEGNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro Maurizio Lupi ha pubblicamente avallato il progetto di un polo internazionale per la manutenzione degli aeromobili anche di terzo livello da realizzare in capo ad Atitech nell'area di Capodichino a Napoli;
   da notizie di stampa si rileva che il progetto di Atitech prevede l'assorbimento degli asset di Fiumicino di Alitalia, dei circa duecento dipendenti in mobilità dell'aerolinea, oltre all'acquisizione dei siti industriali di Capodichino e Tessera di Alenia Aermacchi che occupano oltre 550 dipendenti;
   oltre agli asset della controllata di Finmeccanica, società quotata in borsa e di cui il Ministero dell'economia e delle finanze detiene circa il 30 per cento delle azioni, la società Atitech di Gianni Lettieri acquisirebbe anche attività attualmente realizzate da Alenia Aermacchi;
   gli impianti di Capodichino di Finmeccanica attualmente concorrono alla produzione delle versioni speciali di ATR, la cui produzione non è detto resti in Alenia, e dell'aereo da trasporto militare C-27J la cui produzione sarebbe trasferita a Torino Caselle dove già è allestita la linea finale del velivolo;
   a Tessera attualmente si lavora alla manutenzione degli Awacs della Nato e dei velivoli ATR di guardia costiera e finanza. Anche riguardo a queste attività occorrerebbe chiarire se resteranno in Alenia, oppure passeranno ad Atitech;
   la fabbricazione del C-27J impatta significativamente anche sulla subfornitura campana, che tra personale di Alenia Aermacchi, dipendenti e cassi integrati di Atitech e personale in mobilità di Alitalia, si traduce in un migliaio i lavoratori coinvolti nel progetto del polo della manutenzioni –:
   se sia a conoscenza delle premesse che sottendono il progetto promosso da Atitech e quali siano le garanzie fornite per il mantenimento degli attuali livelli occupazionali e difesa dell'indotto in Campania, nel Lazio e nel Veneto;
   quali siano il piano industriale, il progetto finanziario, l'impianto di sostegno pubblico e quale lo scenario di mercato domestico e internazionale cui si riferirebbe un gruppo di tale dimensione;
   quale siano le modalità societarie ipotizzate, cioè se il polo farebbe capo all'attuale Atitech oppure sia prevista una newco, in questo caso, quali siano i soggetti imprenditoriali e industriali che parteciperebbero alla nuova realtà societaria. (5-04937)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRINA, ZANIN, PAOLO ROSSI, AMATO, CARNEVALI, CIVATI, TARICCO, DELL'ARINGA, RUBINATO, COVA, BARGERO, BAZOLI, CARELLA, SCANU, BENI, TERROSI, CARRESCIA, GUERRA, MAURI, LUCIANO AGOSTINI, PREZIOSI, AMENDOLA, SENALDI, KRONBICHLER, SIMONI, PELUFFO, GIAMPAOLO GALLI, PIEPOLI, CENNI, CASATI, CASTRICONE e SANGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 8 ottobre 2014 il consiglio regionale della Lombardia ha approvato, all'unanimità dei presenti, la mozione n. 303, concernente il raddoppio della linea ferroviaria Milano-Mortara;
   la mozione impegna la giunta regionale della Lombardia ad attivarsi affinché la Conferenza Stato-regioni indichi al CIPE che l'opera è prioritaria e quindi che vengano ripristinati i finanziamenti in modo da poter portare a compimento il completamento del raddoppio nella tratta che va da Albairate a Parona, assecondando le richieste già effettuate dai comuni;
   la realizzazione del raddoppio della linea ferroviaria Milano-Mortara è suddivisa in 6 sottoprogetti; la presente interpellanza vuole porre particolare attenzione all'intervento denominato «Sottoprogetto 2», il quale, si propone di completare il raddoppio della linea ferroviaria Milano-Mortara, nella tratta Cascina Bruciata-Parona. Il tracciato si estende per 19,5 chilometri e segue il tracciato storico sino a Parona, eccetto che nel tratto precedente al comune di Abbiategrasso, in prossimità del Naviglio Grande, ove affianca a nord il tracciato attuale. Il progetto, oltre al raddoppio della tratta, prevede la realizzazione degli impianti tecnologici e di sicurezza e opere sostitutive per la soppressione dei passaggi a livello;
   questo progetto è stato approvato in linea tecnica preliminare da parte del CIPE il 29 marzo 2006, ma l'avvio del progetto definitivo è sospeso in quanto subordinato alla messa a disposizione da parte del CIPE dei finanziamenti necessari;
   i continui disagi che vengono riscontrati dai pendolari, che quotidianamente percorrono la tratta (per citarne alcuni, sovraffollamento, pesanti ritardi, cancellazione di corse, malfunzionamento degli impianti di riscaldamento e diclimatizzazione), impongono alle istituzioni preposte una particolare attenzione affinché si possa arrivare ad una soluzione definitiva e nel più breve tempo possibile –:
   se sia ancora nelle strategie del Governo il completamento della tratta che va da Albairate a Parona e se sia quindi intenzione del Ministro attivarsi presso il CIPE affinché vengano rimessi a disposizione gli stanziamenti previsti per la realizzazione del «Sottoprogetto 2» del raddoppio della linea ferroviaria Milano-Mortara. (4-08271)


   DI GIOIA e MONGIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le segreterie territoriali Filt-Cgil, e Uilt-Uil hanno denunciato pubblicamente che vi sarebbe, da parte di Ferrovie dello Stato spa, la volontà di utilizzare la bretella ferroviaria di collegamento a sud della stazione di Foggia (tra le linee Bari-Foggia e Foggia-Napoli), sul bivio Cervaro, anche per il traffico viaggiatori;
   tale eventualità sarebbe in netto contrasto con il Contratto di sviluppo firmato dal Ministro della coesione territoriale nell'agosto 2012 con i governatori delle Regioni del Sud, in cui si descrive l'opera in questione come «ripristino itinerario merci Napoli-Bari-Foggia con un crono programma di realizzazione dal 2012 al 2017»;
   se si attuasse tale ipotesi, utilizzando questa infrastruttura per il transito dei viaggiatori, evitando la fermata della stazione di Foggia, si produrrebbe, a fronte di un risparmio nei tempi di percorrenza valutato in 8 minuti sull'intera tratta, un danno enorme ai cittadini delle provincia di Foggia, della Capitanata e dei bacini limitrofi di utenza del Molise e della Basilicata che, attualmente, fanno riferimento alla stazione di Foggia per i loro spostamenti;
   tenuto conto che la linea in questione è una tratta ad Alta capacità e non ad Alta velocità, appare del tutto evidente che tale decisione è in netto contrasto con la necessità, da tutti riconosciuta, di arrivare al raddoppio delle intera tratta alta capacità Bari-Foggia-Napoli, se si vuole realmente velocizzare i collegamenti su quest'asse e realizzare l'aggancio con la linea Alta Velocità prevista esclusivamente lungo la dorsale Tirrenica;
   se a ciò, si aggiunge che il tratto più corposo di tale opera, cioè Apice-Orsara è ancora in fase di progettazione e che i tratti cantierizzati tra Foggia-Cervaro-Bovino sono bloccati per il fallimento della ditta che si è aggiudicata l'opera, le preoccupazioni manifestate dai sindacati assumono una dimensione molto reale;
   tale decisione sarebbe giustamente contrastata non solo dai sindacati ma dai cittadini di tutta la provincia di Foggia e dell'intera Capitanata che ancora una volta si vedrebbero privati di un servizio essenziale in una realtà in cui, al contrario, si dovrebbero incrementare le opere infrastrutturale per favorire il rilancio economico –:
   se corrisponda al vero quanto denunciato dai sindacati territoriali di settore e, nel caso, come si intenda, nell'ambito delle proprie competenze, intervenire al fine di ripristinare e accelerare quanto previsto dal contratto di sviluppo dell'agosto 2012 e impedire che la provincia di Foggia e l'intera capitanata debba subire un ulteriore penalizzazione che produrrebbe nuovi problemi in una realtà già fortemente penalizzata per la mancanza di un valido sistema di infrastrutture;
   se non si ritenga, al contrario, necessario intervenire nei confronti di Ferrovie dello Stato affinché siano rimossi tutti gli ostacoli che impediscono e rallentano il raddoppio dei tratti già cantierizzati nella tratta Foggia-Cervaro-Bovino.
(4-08279)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   nell'anno 2014 è stato indetto il concorso per 650 allievi agenti di polizia di Stato;
   molti sono stati gli idonei ma non vincitori del suddetto concorso che hanno superato tutte le prove previste con il massimo del punteggio e con l'idoneità ancora valida, per riuscire, almeno in parte, a coprire l'enorme mancanza di personale della polizia di Stato;
   gli idonei non vincitori non sono mai stati assunti perché nel frattempo si effettuavano altri concorsi e le assunzioni venivano fatte prendendo gli idonei vincitori dalle nuove graduatorie;
   il cosiddetto decreto D'Alia, divenuto legge nell'ottobre 2013, promulga infatti la validità delle graduatorie dei concorsi nella pubblica amministrazione fino al 31 dicembre 2016 e impone di assumere tutti i vincitori e gli idonei delle graduatorie ancora valide prima di bandire nuovi concorsi. Ma le forze dell'ordine sembrano ignorarlo: nemmeno un mese dopo la promulgazione della legge, la polizia penitenziaria ha bandito un nuovo concorso. Gli idonei del concorso precedente sono rimasti fuori;
   uno dei sindacati della polizia di Stato (SAP) ha suggerito, tramite una lettera al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, lo scorrimento delle graduatorie degli ultimi 5 anni dato che gli organici di tutte le forze dell'ordine registrano un ammanco complessivo di 40.000 unità. Facendo scorrere le graduatorie, infatti, vi sarebbe la possibilità concreta di garantire, maggiormente, la sicurezza dei cittadini italiani e per la Nazione stessa;
   un chiaro e concreto segnale, peraltro immediato se si assumono tutti gli idonei ma non vincitori di concorso solo per mancanza di posti, potrebbe essere un arruolamento straordinario finalizzato a rafforzare e ringiovanire le file delle Forze di polizia, le quali, oggi per effetto dei tagli e del blocco del turn over, fortemente penalizzate e assottigliate. È quanto afferma in una nota il Segretario generale del SIULP (Sindacato italiano unitario lavoratori polizia) Felice Romano nel commentare le numerose e attuali dichiarazioni del Ministro dell'interno e di altri esponenti del Governo circa la predisposizione di piani e misure straordinarie finalizzate sia a rafforzare la sicurezza degli obiettivi strategici e sensibili che ad aumentare la prevenzione sul fenomeno del terrorismo e dell'eversione;
   ad oggi c’è una gravissima carenza di personale pari a 18.000 operatori nella sola polizia di Stato e di circa 40.000 unità tra tutte le forze dell'ordine. Una situazione che pone a livelli debilitativi il sistema della sicurezza nazionale. Quest'anno il già penalizzante turn over al 55 per cento è stato ulteriormente limitato dal blocco delle assunzioni fino al primo dicembre 2015. È pertanto necessario sbloccare il turn over e di conseguenza le assunzioni, anche considerando la previsione di circa 3.000 pensionamenti nel prossimo futuro –:
   quali misure intendano adottare per fermare il turn over delle forze dell'ordine;
   se non ritengano necessario rimodulare il progetto di spending review che prevede la chiusura di 251 presidi della polizia di Stato;
   quali iniziative i Ministri interrogati, ognuno per le proprie competenze, abbiano intenzione di assumere, al fine di incrementare il numero delle forze dell'ordine per far fronte alle esigenze di sicurezza dell'intero Paese.
(2-00877) «Melilla».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRANDE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 luglio 2014 il Ministero dell'interno ha varato il piano nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di migranti con il quale lo stesso Ministero garantirà la governance attraverso il coordinamento del tavolo nazionale con quelli regionali;
   il sistema di accoglienza si articola in una fase di soccorso seguita da una prima accoglienza presso dei centri regionali o interregionali e, per coloro i quali richiedono asilo o richiedono lo status di rifugiato, in una fase di seconda accoglienza nell'ambito del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati;
   tra le aree identificate come valide per ospitare all'incirca 250 migranti vi è la caserma De Carolis di Civitavecchia, struttura militare dismessa ed attualmente disponibile per i fini sopra citati, così come confermato dal sindaco di Civitavecchia;
   il 20 giugno 2014 il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti ha firmato l'atto con il quale si decretava lo smantellamento del centro trasfusionale dell'ospedale San Paolo di Civitavecchia;
   la preoccupazione della cittadinanza, nota per la grande ospitalità già dimostrata in passato, non può essere ignorata rispetto a varie problematiche sanitarie, ed in particolare al già esistente sovraffollamento dell'ospedale locale;
   in precedenza, un grande numero di persone hanno già soggiornato alla De Carolis e considerando le condizioni di vita nelle quali sono stati lasciati, hanno comprensibilmente più volte avuto necessità delle cure ospedaliere;
   con un porto che accoglie due milioni e duecento mila turisti all'anno, soprattutto in primavera ed estate, quindi durante la stagione croceristica, l'ospedale San Paolo è ulteriormente oberato da un afflusso di croceristi che aggravano una gestione già di per sé complessa a causa della carenza di personale –:
   quali siano le tutele e le garanzie che i Ministri interrogati intendano attuare per quanto di competenza, e se siano a conoscenza, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, di quali iniziative siano state assunte, a fronte di quanto descritto in premessa, con specifico riguardo ai casi di emergenza sanitaria e alla salvaguardia dei livelli essenziali di assistenza. (5-04923)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAMPANA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo pubblicato sul sito Repubblica.it in data 25 febbraio 2015, vengono date le anticipazioni del rapporto Clusit 2015;
   Clusit è l'associazione italiana per la sicurezza informatica;
   si legge nell'articolo che «nel 2014 gli attacchi informatici in supporto ad attività militari, paramilitari e terroristiche sono aumentati a livello globale del 68 per cento, mentre cala l’hacktivism, cioè gli attacchi per attivismo politico. Un quarto degli attacchi nel mondo colpisce i Governi per rubare informazioni di rilevanza strategica o anche semplicemente per “defacciare” o bloccare siti istituzionali. È in atto una corsa ai cyber armamenti dice il Clusit. I servizi cloud, le banche, la sanità (settore che ha subito un incremento del 190 per cento rispetto al 2013), fanno registrare il maggiore tasso di crescita nel numero e nella gravita degli attacchi»;
   nel 2014 sono finiti oggetto di attacchi cyber anche la grande distribuzione organizzata. Le catene di punti vendita in franchising i siti di ecommerce hanno infatti registrato globalmente perdite ingentissime, in alcuni casi nell'ordine delle centinaia di milioni di euro;
   su 1.600 aziende analizzate dal Clusit, in media il 90 per cento subito almeno un attacco e molte di esse non si è neppure accorta di esserne stata oggetto;
   in Italia, Clusit stima in nove miliardi di euro i danni complessivi causati dal cybercrime (compresi quelli di ripristino del sistema), denunciando il furto di segreti industriali ai danni delle piccole e medie imprese nostrane (e a vantaggio di organizzazioni straniere) e accusa le istituzioni di non aver ancora predisposto un centro per raccogliere le segnalazioni di attacchi e coordinare le difese –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se i Ministri siano a conoscenza di quali imprese abbiano subito cyber attacchi e se contestualmente si sia verificato un furto di dati sensibili;
   a quale settore merceologico appartengano le imprese maggiormente colpite e se si sia riusciti ad individuare la provenienza geografica degli hacker;
   se e a che punto sia la realizzazione di un centro per raccogliere le segnalazioni al fine di dotare il nostro Paese di uno strumento utile a tutela dei dati di migliaia di cittadini conservati nei sistemi informatici di imprese pubbliche e private. (4-08273)


   CAMPANA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 19 febbraio 2015 si è svolta la partita di calcio Roma-Feyenoord;
   nel pomeriggio precedente l'incontro, la città di Roma, è stata teatro di scontri e disordini provocati dalla tifoseria olandese. Le cronache della giornata parlano di tre ore di tafferugli nella zona adiacente Piazza di Spagna che si sono conclusi con l'intervento delle forze dell'ordine;
   durante gli scontri con la polizia, la tifoseria ha messo in atto veri e propri atti di vandalismo, danneggiando i motoveicoli parcheggiati nella piazza e danneggiando gravemente la fontana della Barcaccia che era stata recentemente oggetto di restauro;
   la fontana Barcaccia, fu commissionata alla famiglia Bernini nel 1627 da papa Urbano VIII Barberini, che la volle ai piedi della scarpata su cui sorgeva la chiesa della Trinità dei Monti e che dopo un lungo restauro era stata riconsegnata alla città e ai turisti lo scorso settembre con un costo di 200 mila euro;
   inoltre, la tifoseria olandese nella notte precedente l'incontro si era resa responsabile di altri atti di vandalismo che avevano portato alla devastazione di piazza Campo De’ Fiori costringendo molti esercenti alla chiusura dei locali per la paura di finire oggetto di violenza;
   la società di restauro olandese, Koninkli   e Woudenberg, si è offerta di restaurare gratuitamente la Barcaccia del Bernini, danneggiata dai tifosi del Feyenoord. A comunicarlo è stato Hans Smith, Ceo del gruppo Janseen de Jong, all'ambasciatore italiano all'Aja, Francesco Azzarello, chiedendogli di inoltrare la proposta al sindaco di Roma, Ignazio Marino –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto accaduto a Roma nei giorni scorsi;
   se il Ministro dell'interno abbia proceduto a contattare il suo omologo olandese per valutare sanzioni per quanto di competenza per evitare che simili soggetti possano partecipare ad altre trasferte infangando la dignità di uno sport come il calcio;
   se il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo abbia previsto di costituirsi parte civile nei processi che si avranno a carico dei fermati per il ristoro dei danni subiti in due delle piazza che rendono famosa Roma all'estero;
   se il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo abbia avuto modo di verificare la proposta giunta dalla società di restauro olandese e ne abbia valutato le competenze;
   se il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo abbia già potuto stimare i danni alla Barcaccia e se sia in contatto con le autorità olandesi per la richiesta di una qualche forma di ristoro per un danno così grave ad una delle testimonianze più importanti del Bernini. (4-08274)


   PALMIZIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 7 marzo 2015, le organizzazioni sindacali della Polizia di Stato di Rimini, per la prima volta in maniera unitaria, hanno previsto una manifestazione cittadina, a causa della mancata realizzazione della nuova questura;
   l'incontro, che prevede un dibattito pubblico, è finalizzato ad informare la grave situazione logistica in cui si trovano gli uffici attuali, frazionati in più sedi, che non sono più nelle condizioni di garantire i parametri minimi di idoneità e sicurezza e pertanto, la possibilità per gli operatori di sicurezza, di svolgere nel migliore dei modi, il loro servizio volto a tutelare e garantire la sicurezza dei cittadini riminesi;
   il documento informativo delle medesime organizzazioni, ricorda inoltre come a distanza di vent'anni dall'istituzione della questura di Rimini, nessuno è riuscito a realizzare una sede dignitosa per i poliziotti che lavorano nella medesima città e riporta inoltre, che mentre le condizioni logistiche siano rimaste sostanzialmente immutate, quando Rimini era considerata solo un commissariato distaccato della questura di Forlì, oggi invece la stessa città ha raggiunto i primi posti delle statistiche in cui vengono commessi più crimini come riportato recente anche dal quotidiano Il Sole 24 ore;
   ulteriori profili di criticità che evidenzia il manifesto informativo, si riscontrano anche dall'aumento demografico rilevato nel territorio della provincia di Rimini, a partire dall'anno 2009, che ha inglobato ulteriori sette comuni, con una conseguente esigenza di potenziare la dotazione organica del personale di pubblica sicurezza, che nel corso degli anni si è addirittura ridotta;
   a giudizio dell'interrogante, quanto suesposto, rappresenta la conferma di come l'azione del Governo ed in particolare del Ministro interrogato, in tema di sicurezza e di miglioramento delle infrastrutture relative ai presidi di polizia, sia lenta ed insufficiente rispetto alla situazione di estrema gravità in cui si trova non soltanto la suesposta città di Rimini, ma l'intero Paese;
   i recenti e allarmanti dati pubblicati dal Censis, relativi all'aumento esponenziale del numero dei furti nelle abitazioni, che ha raggiunto livelli mai verificatisi in precedenza, evidenzia a tal fine, a parere dell'interrogante, i ritardi del Ministro interrogato nell'introdurre significative misure di prevenzione e di contrasto per i fenomeni delinquenziali di vario genere, che accrescono i sentimenti di disagio e preoccupazione all'interno della comunità nazionale –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali siano i motivi che hanno portato alla mancata realizzazione della nuova questura di Rimini, in considerazione dei livelli di criticità e di emergenza in precedenza richiamati, dalle organizzazioni sindacali della Polizia di Stato, che richiedono l'esigenza di migliorare le condizioni di tutela e sicurezza della comunità locale riminese, anche attraverso l'esecuzione di nuove strutture operative;
   quali misure infine intenda porre in essere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di migliorare il sistema della logistica e della funzionalità della questura riminese, le cui rappresentanze sindacali, che hanno peraltro già inviato una richiesta d'incontro con i vertici del Viminale, non sono più disposte a tollerare i livelli di precarietà e inefficienza in cui operano attualmente. (4-08277)


   BRANDOLIN. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è nota la situazione al Centro CARA CDA di Gradisca d'Isonzo, che attualmente ospita i richiedenti asilo in attesa di esame presso la commissione territoriale di Gorizia, e che in precedenza ospitava anche un Cie, ora riqualificato come Cara-2, originariamente solo per rispondere a «situazioni di emergenza», ma di fatto ormai utilizzato continuamente visto il continuo afflusso di richiedenti asilo sul territorio;
   è nota altresì la drammatica situazione professionale e lavorativa dei 70 dipendenti del Consorzio luoghi comuni – Connecting People fino a ora gestore del Cara, che a oggi hanno ricevuto appena lo stipendio di ottobre 2014, e che con la ventilata ipotesi di gestione affidata a volontari della Croce rossa rischiano il posto di lavoro, con evidente ricaduta disastrosa sulle loro famiglie e sull'economia del territorio goriziano;
   le organizzazioni sindacali hanno già tentato due volte la via della conciliazione obbligatoria senza risultato, e si sono dichiarate preoccupate sia per la situazione dei pagamenti, che per le mancate novità rispetto alla ipotetica risoluzione consensuale dell'appalto, nonché per la mancata volontà annunciata dal Ministero in merito all'inserimento della clausola di salvaguardia occupazionale per i 70 lavoratori, nonostante essi abbiano maturato nel corso delle varie gestioni una notevole esperienza lavorativa, che tornerebbe di sicuro utile a un futuro gestore –:
   quali misure si stiano prendendo sia per assicurare ai lavoratori del centro CARA CDA di Gradisca d'Isonzo la dovuta corresponsione delle retribuzioni finora maturate e non ancora corrisposte, che per assicurare la loro occupazione, rivedendo ad esempio la posizione del Ministero sul mancato procedimento di applicazione della clausola sociale. (4-08287)


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 3 febbraio 2015 un commando composto da cinque persone armate di mazze e kalashnikov ha assaltato una gioielleria di Vicenza, e il gestore della vicina stazione di servizio, dopo essere dapprima intervenuto gridando ai malviventi che stavano arrivando i Carabinieri, è poi andato a casa a prendere un fucile di sua proprietà e tornato sul posto ha sparato contro uno dei banditi, morto dissanguato a causa delle ferite;
   il benzinaio è ora indagato per eccesso colposo di legittima difesa, secondo il procuratore di Vicenza un atto dovuto «per consentire ai suoi difensori di partecipare gli accertamenti tecnici», specificando altresì che «la situazione processuale sarà meglio determinata, sotto il profilo di configurazione giuridica e della effettiva responsabilità, solo all'esito delle indagini, che saranno compiute con ogni attenzione e obiettività»;
   quanto accaduto a Vicenza dimostra una volta di più che ormai nelle città italiane si vive un'emergenza sicurezza, prodotta dai continui ed inspiegabili tagli sopportati dalle forze di polizia sia in termini di organico che di mezzi, che rendono impossibile una efficace politica di controllo del territorio e di prevenzione dei fatti criminali, nonché il contrasto degli stessi;
   da uno studio recentemente condotto risulta come siano in costante aumento i reati contro la proprietà, come borseggi e rapine, mentre i furti in appartamento sono addirittura raddoppiati, e un rapporto dell'Istat del 2014 documenta la scarsa percezione di sicurezza che affligge gli italiani, con un netto calo del numero di intervistati che ha risposto di sentirsi al sicuro uscendo da solo al buio –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di combattere la diffusione dell'illegalità e del crimine nelle nostre città e di potenziare il controllo del territorio svolto dalle forze di polizia. (4-08288)


   LA RUSSA e GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la giunta comunale di Genova ha espresso un diniego alla richiesta di intitolare una via cittadina a Fabrizio Quattrocchi, avanzata dai sottoscrittori di una petizione in occasione del decimo anniversario del suo barbaro assassinio in Iraq da parte di terroristi islamici, il 14 aprile 2014;
   tale decisione ha suscitato profonda indignazione non soltanto tra i cittadini genovesi ma più generalmente tra gli italiani;
   l'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi con decreto del 13 marzo 2006, conferì a Fabrizio Quattrocchi la Medaglia d'Oro al Valor Civile con la seguente motivazione: «Vittima di un brutale attentato terroristico rivolto contro l'Italia, con eccezionale coraggio ed esemplare amor di Patria, affrontava la barbara esecuzione, tenendo alto il prestigio e l'onore del suo Paese»;
   già altre città italiane hanno intitolato vie e spazi pubblici a Fabrizio Quattrocchi, e lo stesso assessore comunale genovese preposto alla toponomastica aveva pubblicamente dichiarato di garantire il massimo impegno per valutare la possibilità di ricordare il lavoratore ucciso in Iraq –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per ricordare Fabrizio Quattrocchi in occasione della ricorrenza del decimo anniversario della sua barbara uccisione. (4-08290)


   GNECCHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento (UE) n. 492 del 2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 aprile 2011 dispone la libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione europea;
   se è consentita la libera circolazione dei lavoratori all'interno dei Paesi della Comunità europea, non si comprendono le motivazioni per le quali, un lavoratore pubblico non possa trasferirsi da una regione all'altra del nostro Paese;
   nella fattispecie si riporta il caso dei vigili del fuoco del Corpo permanente dei vigili del fuoco della provincia autonoma di Bolzano o di Trento, ai quali è negata qualsiasi possibilità di potersi trasferire un qualsiasi altro Corpo dei vigili del fuoco di altra regione del nostro paese, pur avendo superato il vincolo di sette anni di immissione nei ruoli locali della provincia di Bolzano, previsto dall'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976 n. 752;
   è altrettanto singolare che con la legge 10 agosto 2000 n. 246 (articolo 1 comma 6) prevedeva che in caso di specifica richiesta degli interessati, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco poteva reperire personale anche dalle province autonome di Trento e Bolzano, ma il successivo decreto legislativo 13 ottobre 2005 n. 217 (ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell'articolo 2 della legge 30 settembre 2004, n. 252), non più ripreso la norma prevista dalla legge 246 del 2000;
   per assurdo quindi, un vigile del fuoco operante nei corpi permanenti dei vigili del fuoco delle province autonome di Trento o di Bolzano, fermo restando il vincolo dei sette anni di cui sopra, non potrà mai trasferirsi in un'altra sede del territorio, salvo che non decida di partecipare ad un bando di concorso per l'assunzione ex novo nel corpo nazionale dei vigili del fuoco –:
   se non ritengano i Ministri interrogati, intervenire con un atto amministrativo di interpretazione della norma o con specifica iniziativa normativa, per sanare suddetta situazione che impedisce di fatto ai vigili del fuoco delle province autonome di Trento e Bolzano, così come è consentito a tutti i vigili del fuoco del Corpo nazionale, di poter essere trasferiti su loro richiesta presso altra sede territoriale dei vigili del fuoco. (4-08297)


   GUIDESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Cavriana, l'onlus denominata Mantova Solidale, fondata nel 2013, ha stipulato il 29 dicembre 2014 con la prefettura di Mantova una convenzione per l'affidamento dei servizi di accoglienza e integrazione a favore dei cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale;
   allo scopo di poter accogliere i cinque stranieri extracomunitari affidatigli, l'onlus Mantova Solidale ha provveduto a farsi concedere in affitto un appartamento, sito in via Salvo d'Acquisto 4/A a Cavriana, in cui vivono altre tre famiglie;
   agli aspiranti rifugiati verrebbero in teoria garantiti la somministrazione di tre pasti al giorno, il ricambio della biancheria ed un servizio di assistenza e mediazione culturale;
   risulta, tuttavia, che gli extracomunitari richiedenti asilo, ormai cinque nell'appartamento, siano lasciati ogni giorno da soli per diverse ore;
   le famiglie residenti nella palazzina di Cavriana nella quale l’onlus Mantova Solidale ospita gli extracomunitari richiedenti asilo temono che dalla presenza degli aspiranti rifugiati nel loro stabile possano derivare pericoli di vario genere –:
   se il Governo non ritenga che sussistano i presupposti per revocare la concessione dell'affidamento degli extracomunitari che aspirano allo status di rifugiato, di cui alla convenzione stretta tra la prefettura di Mantova ed onlus Mantova Solidale generalizzata nella premessa;
   quali iniziative il Governo ritenga di dover assumere in questo caso e in quelli analoghi per ridurre il rischio di eventuali allontanamenti da parte degli aspiranti rifugiati, in attesa che si concluda il procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale. (4-08305)


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   risulta all'interrogante che un albergatore trentino si è proposto per affittare il proprio hotel (circa 50 posti e 27 camere) da utilizzare per l'accoglienza dei profughi;
   l'albergo si trova in località Vason a Monte Bondone prospiciente la partenza delle piste da sci;
   l'hotel è dotato di servizi quali sauna, palestra e tanto altro per l'intrattenimento, attività che per tante famiglie italiane e trentine sono ormai solo un ricordo, visti i tempi di crisi;
   l'accoglienza degli extracomunitari, se così gestita, rischia di ingenerare rabbia in tutte quelle persone che non possono più permettersi di trascorrere un periodo di vacanza nelle località turistiche, perché questo è diventato un «lusso»;
   Monte Bondone dista da Trento circa 20 chilometri e nella zona non esistono i servizi necessari agli immigrati, che devono perciò spostarsi di parecchi chilometri con tutte le difficoltà che ne conseguono –:
   se sia intenzione del Ministro interrogato di utilizzare effettivamente le strutture in premessa per ospitare profughi e clandestini essendo ad avviso dell'interrogante assai discutibile una simile decisione, in un momento di profonda crisi economica ed occupazionale che non permetterebbe sicuramente agli stranieri di trovare un lavoro per potersi mantenere autonomamente, ma rischierebbe di prolungare sine die, il loro stato di «ospite privilegiato». (4-08309)


   MOLTENI e GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il sito istituzionale dell'istituto comprensivo Padre Tacchi Venturi di San Severino, in provincia di Macerata, è stato oggetto il 2 marzo 2015 di un raid informatico riconducibile a un gruppo di hacker filo-jihadisti che è riuscito ad oscurarne, per alcune ore, la home page;
   lo stesso gruppo avrebbe già firmato diversi altri attacchi informatici in Italia dopo aver colpito più di 20 mila siti francesi;
   insieme ad alcune frasi in inglese, sulla schermata iniziale del sito della scuola so o apparse anche immagini definite «molto crude e violente». Fino a sabato pomeriggio 28 febbraio 2015 il sito funzionava regolarmente;
   il defacing del sito dell'istituto comprensivo Padre Tacchi Venturi è stato denunciato dal dirigente scolastico Sandro Luciani;
   dei fatti sopraesposti ha dato notizia la stessa amministrazione comunale di San Severino indagano la polizia postale e i carabinieri –:
   quale grado di pericolosità il Governo stimi abbiano le attività del gruppo di hackers che ha colpito il sito istituzionale dell'istituto comprensivo Padre Tacchi Venturi di San Severino e se il Governo non ritenga opportuno interrompere il processo di ridimensionamento in atto della polizia postale alla luce delle sfide sempre più gravi alla sicurezza veicolate attraverso internet. (4-08310)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 6 del 10 gennaio 2000 – che apporta delle modifiche alla legge n. 113 del 28 marzo 1991, concernente iniziative per la diffusione della cultura scientifica – prevede il potenziamento delle istituzioni impegnate nella cultura tecnico-scientifica. In particolare viene introdotto un finanziamento triennale destinato ad alcune delle suddette istituzioni, in possesso di determinati requisiti;
   ai fini della realizzazione dei propri obiettivi, l'articolo 1, comma 3, della legge n. 6 del 2000 prevede l'inserimento dei soggetti in possesso dei requisiti necessari per l'ottenimento del finanziamento in una tabella emanata con decreto del Ministro responsabile, sentito un apposito comitato tecnico-scientifico e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari. La tabella è sottoposta a revisione ogni tre anni con la medesima procedura;
   la tabella più recente, istituita dal decreto ministeriale n. 430 del 4 giugno 2013 e relativa al triennio 2012-2014, è scaduta con decorrenza 1o gennaio 2015;
   il bando per il rinnovo della tabella per il triennio 2015-2017 non è ancora stato pubblicato e – a quanto risulta all'interrogante – non è stato nemmeno avviato l’iter per la definizione del bando stesso;
   si sta dunque ripetendo quanto avvenuto tra il 2011 e il 2012 in occasione del bando 2012-2014 che ha visto la pubblicazione dei termini a metà anno 2012, la comunicazione ufficiale dell'importo dell'assegnazione per l'anno 2012, nel 2013 inoltrato e infine le erogazioni al termine del 2013;
   il Science centre immaginario scientifico (IS) di Trieste, museo della scienza interattivo e multimediale, figura fin dal 2000 tra gli enti beneficiari dal finanziamento triennale previsto dalla legge sopra citata;
   attualmente l'Immaginario scientifico è presente con sedi in 4 comuni nel Friuli Venezia Giulia (Trieste, Pordenone, Montereale Valcellina e Tavagnacco) rappresentando un'impostazione di museo diffuso sul territorio. L'Immaginario scientifico svolge attività durante tutto l'anno con una particolare attenzione alle iniziative ludo-didattiche rivolte alle scuole e alle famiglie. Registra circa 60.000 visitatori all'anno, di cui il 65 per cento alunni delle scuole. Per portare avanti i servizi di animazione didattica laboratoriale e di assistenza alla visita impiega 15 dipendenti e oltre 50 collaboratori di giovane età;
   la mancanza di certezze circa il contributo per l'anno 2015 e la conseguente carenza di liquidità – dovuta al mancato rinnovo della tabella – rischia di minare la sopravvivenza stessa dell'Immaginario identifico con gravi ricadute sul personale permanente, sui collaboratori e i creditori del museo –:
   quali siano i tempi previsti per il rinnovo della tabella triennale, scaduta il 31 dicembre 2014 e necessaria per accedere ai contributi della legge n. 6 del 2000, e i termini previsti per l'invio delle richieste di contributo, delle aggiudicazioni e delle erogazioni;
   quali siano le motivazioni per cui non si sia provveduto all'operazione in tempo utile anche alla luce delle gravi difficoltà per i ritardi relativi al triennio precedente in cui si sono già trovati i beneficiari della passata erogazione;
   se non si ritenga opportuno – in attesa che venga avviato l’iter istituzionale volto a stabilire gli enti beneficiari dei finanziamenti ai sensi della legge n. 6 del 2000 – assumere iniziative per una proroga per l'anno 2015 della tabella in vigore al 31 dicembre 2014 in modo da evitare le grandi difficoltà in cui si sono ritrovati i beneficiari, non potendo essi contare sulla certezza degli importi e dovendo di fatto limitare la programmazione della propria attività. (5-04929)


   MARZANA, VACCA, D'UVA, SIMONE VALENTE, LUIGI GALLO, DI BENEDETTO, BRESCIA e CHIMIENTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale 28 settembre 2007, n. 137, è stato istituito il percorso abilitativo per docenti di strumento musicale denominato «bi.for.doc» (biennio di II livello per la formazione dei docenti) regolarmente attivato nel biennio 2007/2009, nel 2008/2010 e nel 2009/2011, per poi essere interrotto nel biennio 2010/2012;
   difatti con decreto 10 settembre 2010, n. 249, recante il regolamento concernente «Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244» sono stati regolati i percorsi ordinari per il conseguimento dell'abilitazione nella classe di concorso A077 (strumento musicale), istituiti dai conservatori di musica e comprensivi del corso biennale di secondo livello e dello svolgimento del relativo tirocinio formativo attivo ordinario (475 ore);
   la richiamata legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008), prevede che l'accesso ai nuovi percorsi formativi ordinari per gli aspiranti docenti della scuola secondaria di primo grado avvenga tramite delle procedure concorsuali a cadenza biennale;
   nello specifico l'articolo 2, comma 416, stabilisce che: «(...) nelle more del complessivo processo di riforma della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti, anche al fine di assicurare regolarità alle assunzioni di personale docente sulla base del numero dei posti vacanti disponibili effettivamente rilevati e di eliminare le cause che determinano la formazione di precariato (...) è definita la disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale e dell'attività procedurale per il reclutamento del personale docente, attraverso concorsi ordinari, con cadenza biennale, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente per il reclutamento del personale docente, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica e fermo restando il vigente regime autorizzatorio delle assunzioni»;
   tornando al decreto 10 settembre 2010, n. 249, l'articolo 3, comma 3, ha istituito i percorsi formativi preordinati all'insegnamento delle discipline artistiche, ,musicali e coreutiche della scuola secondaria di primo grado e di secondo grado, mentre l'articolo 5, comma 3, ha previsto che: «Le modalità di svolgimento, la valorizzazione del servizio eventualmente svolto e di particolari titoli accademici, e le caratteristiche delle prove di accesso ai percorsi di cui agli articoli 3 e 13 sono definite con apposito decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca»;
   ebbene, è stato il Decreto ministeriale 11 novembre 2011, n. 194 che, definendo all'articolo 1, commi 3 e 9 le modalità di svolgimento delle prove d'accesso ai corsi accademici di II livello, di cui all'articolo 3, comma 3 del decreto 249 del 2010 preordinati all'insegnamento nella scuola secondaria di primo grado, ha strutturato le suddette prove come un vero e proprio concorso per titoli ed esami;

si tenga conto che il decreto n. 194 del 2011, nel predisporre le modalità di svolgimento delle prove d'accesso ai corsi accademici di II livello, ha ricalcato la modalità di svolgimento dell'ammissione al concorso scuola 2012, istituito con Decreto del direttore generale per il personale scolastico n. 82 del 24 settembre 2012;
   si aggiunga che è stata l'unica modalità di accesso considerata la mancata previsione della classe di concorso A077 nell'ambito decreto n. 82 del 24 settembre 2012, da cui, tra l'altro è derivata la grave diminuzione delle opportunità per gli aspiranti docenti di strumento musicale con riguardo al reclutamento nella scuola secondaria di I e II grado;
   tale modalità è stata puntualmente applicata dai conservatori di musica per gli accessi ai corsi biennali di II livello a indirizzo didattico A077 a partire dall'anno accademico 2012/2013;
   si aggiunga che, la corrispondenza tra il numero dei posti vacanti a livello nazionale e quelli messi a bando dai conservatori è confermata dall'articolo 2, comma 4, del decreto ministeriale 8 novembre 2011, che ha autorizzato l'attivazione dei corsi biennali di II livello ad indirizzo didattico-classe A077 e dal decreto 29 novembre 2012, n. 192, il quale richiamandosi espressamente alla previsione del fabbisogno nazionale, fissata in 1.164 posti per il triennio 2012-2015, ha stabilito, infatti, in 1.128 il numero di posti disponibili per le immatricolazioni al corso di diploma accademico di II livello ad indirizzo didattico A077 per gli anni accademici 2012/2013 e 2013/2014;
   pertanto, emerge in palese contraddizione con le norme citate quanto disposto dall'articolo 15, comma 27-bis, del decreto 10 settembre 2010, n. 249, introdotto dall'articolo 4 del decreto ministeriale 25 marzo 2013, n. 81 («Regolamento recante modifiche al decreto 10 settembre 2010, n. 249, concernente: “Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell'articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”»), laddove prevede che: «I titoli di abilitazione conseguiti al termine dei percorsi di cui al presente decreto non consentono l'inserimento nelle graduatorie a esaurimento (...) Essi danno diritto esclusivamente all'iscrizione alla II fascia delle graduatorie di istituto»;
   in questo modo si stabilisce che i vincitori del concorso per l'ammissione ai corsi accademici di secondo livello, classe A077, per l'anno accademico 2012/2013 debbano svolgere un'ulteriore procedura concorsuale per titoli ed esami preordinata al reclutamento sui posti vacanti;
   il citato articolo 15, comma 27-bis, è in contraddizione anche rispetto ai possessori del titolo di abilitazione nella classe di concorso A077, conseguito all'esito dei percorsi abilitanti ordinari di cui all'articolo 3, comma 3, e dell'articolo 9 del decreto n. 249 del 2010;
   infatti i possessori del titolo di abilitazione nella classe A077, conseguito presso i conservatori di musica all'esito dei percorsi abilitanti ordinari, hanno già vinto una procedura concorsuale per esami e titoli al momento dell'ammissione ai corsi e godono quindi del diritto di accedere a una graduatoria istituita appositamente per possessori del titolo abilitante ordinario per la classe A077 e preordinata all'immissione in ruolo sui posti vacanti, secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma 416, della legge della 24 dicembre 2007, n. 244 –:
   se non ritenga opportuno includere coloro i quali abbiano concluso il suesposto percorso abilitante ordinario stabilito dal decreto ministeriale n. 249 del 2010 in una graduatoria specifica e preordinata al reclutamento sui posti vacanti per le relative classi di concorso nelle scuole secondarie di primo grado, senza dover essere sottoposti ad un'ulteriore procedura concorsuale;
   come intenda garantire, in ragione della corrispondenza tra il numero di posti messi a bando per le immatricolazioni per i corsi abilitanti A077 presso le istituzioni dell'Afam per gli anni accademici 2012/2013-2013/2014 e quello della previsione del fabbisogno per la formazione personale docente nelle scuole secondarie di I grado relativa alla classe di concorso A077 per il triennio 2012-2015, l'immediata immissione in ruolo escludendo un'ulteriore procedura concorsuale. (5-04930)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERRETTA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   L'Istituto Musicale «Bellini» di Catania in data 5 ottobre 2011 ha affidato, il «servizio di reception» (accoglienza e centralino) alla MAXICLEAN Società cooperativa mandataria di una ATI con la società Cultura&Culturae società cooperativa a responsabilità limita, per la durata di anni tre;
   tale servizio di accoglienza e centralino era stato espletato in precedenza dai, dipendenti della società Pubbliservizi;
   sulla base del capitolato di appalto del citato bando, in base all'articolo 7 del bando, la società vincitrice era tenuta alla assunzione di quattordici lavoratori per trentasei ore settimanali già occupati nella precedente società erogatrice del servizio;
   tale disposizione è stata disattesa dalla società vincitrice dell'appalto come appurato da due distinti provvedimenti del giudice del lavoro di Catania il primo in data 17 luglio 2012 il secondo in data 21 giugno 2013;
   solo tre dei lavoratori sui quattordici previsti sono stati assunti;
   la società vincitrice dell'appalto avrebbe provveduto a quanto consta all'interrogante all'assunzione di soggetti terzi con un carico orario differente dalle 36 ore settimanali;
   il mancato rispetto dell'articolo 7 del capitolato da parte della società MAXICLEAN ha determinato l'avvio di una vertenza di difficile risoluzione e di cui hanno dato notizia più volte portali di informazione telematica come Blogsicilia con articoli in data 27 settembre 2012 –:
   se e quali iniziative intendano intraprendere per verificare che le condizioni di assegnazione dell'appalto siano state rispettate anche se riferimento al diritto all'assunzione di questi lavoratori sulla base di quanto previsto dall'articolo 4 del CCNL del 19 dicembre 2007. (4-08284)


   DI BATTISTA, D'UVA, TOFALO, DE LORENZIS, SIBILIA e PARENTELA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la cosiddetta riforma Gelmini, a quattro anni dalla sua introduzione, ha determinato un riordino del tutto illogico ed irrazionale in materia di istruzione scolastica, soprattutto per quanto concerne gli istituti professionali;
   difatti, a partire dall'anno scolastico 2010/2011, gli istituti professionali sono stati colpiti da un'eccessiva frammentazione delle materie insegnate;
   ciò ha creato ostacoli agli studenti con un'attitudine di tipo teorico-pratico, interessati ad un percorso scolastico volto a favorirne l'ingresso nel mondo del lavoro senza però trascurare l'eventuale possibilità di un proseguimento degli studi per il conseguimento di un diploma di laurea;
   le linee guida della Riforma, al punto 1.3, stabiliscono quanto segue: «Motivare gli studenti richiede un particolare impegno negli Istituti Professionali per prevenire e contrastare gli elevati tassi di dispersione scolastica e di abbandono, è necessario, quindi, che gli Istituti medesimi progettino e realizzino, nella loro autonomia, interventi didattici in grado di: assicurare la migliore continuità possibile tra il primo e il secondo ciclo di istruzione; orientare gli studenti per tutta la durata del primo biennio in relazione alle loro attitudini e vocazioni; valorizzare le diverse identità, differenze culturali, stili di apprendimento e abilità dello studente»;
   a parere degli interroganti i problemi degli istituti professionali non sono attribuibili alle scuole, bensì a contraddizioni interne alla riforma, che, da un lato, sottolinea l'importanza della didattica laboratoriale e, dall'altro lato, sottrae risorse in termini di strumentazione, di ore di insegnamento e di personale addetto;
   in tutti gli indirizzi sono state, difatti, pesantemente ridotte le materie di area professionale, in sostituzione delle quali sono state introdotte materie come informatica, fisica, chimica, francese;
   ad esempio, per quanto risulta agli interroganti, nell'indirizzo «Produzioni industriali e artigianali-MODA»: nel biennio i laboratori passano da otto a tre ore; la disciplina di disegno professionale è ridotta a tre ore; storia del costume e della moda e storia dell'arte sono state eliminate completamente;
   oppure nell'indirizzo «servizi commerciali» opzione servizi pubblicitari: nel biennio sono state eliminate le materie di disegno professionale (6 ore) e storia delle arti visive (3 ore); sono state eliminate le materie di tecnica fotografica (4 ore) e pianificazione pubblicitaria (3 ore) e storia delle arti visive è stata ridotta a due ore solo a partire dal terzo anno;
   in sostanza sono state introdotte materie scientifiche, nell'area professionalizzante per un numero complessivo di ore addirittura superiore a quelle che vengono impartite nei licei scientifici;
   agli interroganti risulta, per averlo appreso dalle segnalazioni ricevute da alcuni docenti, che nel biennio degli istituti professionali, a fronte di 13 materie per un totale di 32 ore di lezione settimanale, 13 ore sono assegnate a materie scientifiche, 13 a materie dell'area comune/umanistica (compresa la materia di scienze motorie e sportive) e soltanto 7 ore sono assegnate alle materie professionali;
   viceversa nel biennio dei licei scientifici, su 12 materie per un totale di 27 ore settimanali, le ore destinate alle materie scientifiche sarebbero 9, cioè soltanto 1/3 del monte ore complessivo;
   il risultato di questo riordino – attuato unicamente per ragioni di contenimento della spesa pubblica e certamente non per un'organica riforma degli istituti professionali ha determinato una violazione dei livelli minimi delle prestazioni didattiche delle materie professionalizzanti che caratterizzano gli indirizzi di studio, materie assolutamente necessarie per consentire agli studenti di conseguire un'adeguata preparazione teorico-pratica, fondamentale per poter esercitare mansioni qualificate nel mondo del lavoro;
   la situazione attuale ha poi determinato, in molti casi, l'insuccesso scolastico di moltissimi studenti i quali, a causa del numero di materie non direttamente incidenti sulla preparazione professionale, non riescono a superare il primo anno e vengono, così, dirottati verso corsi regionali biennali senza possibilità di conseguire il diploma che, invece, permetterebbe loro l'iscrizione all'università;
   a conferma di quanto appena esposto si evidenzia che il TAR del Lazio, con sentenza numero 3527/2013, ha accolto il ricorso dello SNALS-Confsal annullando i provvedimenti di riduzione dell'orario complessivo annuale delle classi seconde, terze e quarte degli istituti tecnici e professionali;
   ciò in quanto, secondo il TAR, la riduzione di orario aveva inciso proprio sulle materie professionalizzanti, determinando, quindi, una violazione dei livelli minimi delle prestazioni didattiche nonché una contraddizione con quanto previsto dal Testo unico sull'istruzione;
   con la riforma Gelmini, chiarisce il tribunale amministrativo, «paradossalmente, usciranno ragionieri che avranno studiato meno discipline economico aziendali e meno matematica applicata; aspiranti meccanici che avranno studiato meno meccanica e meno laboratorio e così via dicendo per tutti gli insegnamenti qualificanti dei due istituti»;
   i giudici del TAR Lazio hanno osservato che «le due disposizioni regolamentari più che recare norme per la ... razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari portano sic et simpliciter il taglio degli orari»;
   a parere degli interroganti il Ministro interrogato dovrebbe dare piena attuazione a quanto disposto nella predetta sentenza sia in applicazione del diritto all'istruzione – costituzionalmente tutelato dagli artt. 33 e 34 Cost. – sia in considerazione di quanto previsto nella riforma annunciata dal Governo, denominata «La Buona Scuola» secondo la quale «la scuola deve diventare poi la vera risposta strutturale alla disoccupazione giovanile, e l'avamposto del rilancio del Made in Italy. La soluzione sta nel rafforzare due meccanismi fondanti del nostro sistema, decisamente indeboliti negli ultimi anni: da una parte, raccordare più strettamente scopi e metodi della scuola con il mondo del lavoro e dell'impresa, muovendosi verso una via italiana al sistema duale; dall'altra, affiancare al sapere il saper fare, partendo dai laboratori, perché permettere ai ragazzi di sperimentare e progettare con le proprie mani è il modo migliore per dimostrare che crediamo nelle loro capacità» –:
   se corrisponda al vero che il numero complessivo di ore di materie scientifiche nell'area professionalizzante sia superiore a quelle che si impartiscono nei licei scientifici;
   come si giustifichi, per quanto riguarda gli istituti professionali, la riduzione di materie di area professionale con contestuale introduzione di materie scientifiche che agli interroganti appare illogica e contraddittoria;
   quali atti di propria competenza abbia adottato al fine di dare attuazione a quanto disposto nella sentenza del TAR del Lazio, numero 3527/2013;
   quali iniziative di propria competenza intenda assumere al fine di dare centralità agli istituti professionali ed al fine di garantire una corretta formazione nell'area professionalizzante attraverso la quale far conseguire agli studenti un'adeguata preparazione teorico-pratica necessaria per consentire un più semplice ingresso nel mondo del lavoro. (4-08285)


   MARCO MELONI, CANI, MURA, PES, FRANCESCO SANNA e SCANU. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale n. 648 del 4 novembre 1997, nell'ambito dei piani di potenziamento della rete scientifica e tecnologica nelle aree depresse è stata finanziata la realizzazione in Sardegna del grande radio telescopio SRT (Sardinia Radio Telescope);
   la regione Sardegna negli ultimi dieci anni ha posto in essere e favorito un piano strategico di sviluppo dell'astrofisica e delle tecnologie di riferimento, con azioni sinergiche riguardanti ad esempio, oltre al finanziamento delle opere edilizie connesse alla realizzazione del Sardinia Radio Telescope per circa 5,5 milioni di euro, l'inserimento del Sardinia Radio Telescope e dell'Osservatorio astronomico di Cagliari (OAC) nella rete regionale di supercalcolo CyberSAR, il finanziamento di specifici percorsi di alta formazione, il finanziamento di un progetto di sviluppo delle apparecchiature accessorie di SRT da 1,5 milioni di euro, il finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo tecnologico a valere sulla legge 7 del 2007 per un importo totale di circa 1 milione euro, il co-finanziamento con fondi strutturali europei della sede OIC nei pressi della locale cittadella universitaria per un importo di circa 10 milioni di euro, il finanziamento di un progetto per lo sviluppo delle microonde nell'ambito di un protocollo di intesa con OIC e regione Lombardia per un importo di 3 milioni di euro, la stipula di un accordo con l'Istituto nazionale di astrofisica (INAF) per un cofinanziamento della regione Sardegna di 1,5 milioni di euro nel triennio 2014-2016 per attività connesse all'astrofisica e tecnologie relative, la fondazione del distretto aero spazio della Sardegna;
   nel 2001, a seguito del riordino del sistema della ricerca astronomica in Italia, l'Osservatorio astronomico di Cagliari, allora ente autonomo vigilato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è stato trasformato in una struttura di ricerca dell'INAF come centro di spesa di 2o livello, con forti e stringenti collaborazioni con la regione Sardegna, l'ateneo di Cagliari ed altre strutture nazionali e internazionali;
   l'OAC si compone oggi di circa cinquanta unità di personale e ospita sistematicamente una ventina di giovani in formazione, ha al suo attivo una produzione scientifica di prestigio, può vantare la presenza di riconosciute professionalità ed è la struttura alla quale l'INAF ha assegnato la gestione del Sardinia Radio Telescope;
   a seguito della necessità di coordinare le attività in Sardegna con quelle dei radio telescopi gestiti da un'altra struttura di ricerca dell'INAF, l'Istituto di radio astronomia di Bologna (IRA), il Consiglio di amministrazione dell'INAF ha recentemente proposto l'accorpamento delle due strutture;
   tale decisione, a pochi mesi dalla scadenza del mandato dei vertici politici e amministrativi dell'INAF, sembrerebbe comportare più problemi che vantaggi, con la mortificazione di un territorio e di un sistema strutture d'eccellenza e professionalità sulle quali negli anni sono stati fatti investimenti importanti –:
   quali orientamenti intenda esprimere il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa e alla opportunità di verificare se non possa risultare nel complesso più efficace, efficiente ed economico un intervento alternativo consistente nel rafforzamento del coordinamento tra le due strutture di ricerca INAF di Cagliari e di Bologna, che garantisca le specificità scientifiche e tecniche di ciascuna sede in modo maggiormente coordinato e sinergico, nonché il mantenimento dei livelli occupazionali con le conseguenti ricadute positive sul territorio. (4-08289)


   PIRAS, COSTANTINO, QUARANTA e RICCIATTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito della strategia nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere, varata nel 2012 dall'allora ministro del lavoro con delega alle pari opportunità Elsa Fornero, l'UNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) della Presidenza del Consiglio commissionò all'Istituto Beck i libretti intitolati «Educare alla diversità a scuola», tre libretti divisi per grado di istruzione (primario, secondario di primo e secondo grado);
   tali libretti, che forniscono una spiegazione alla sessualità che si basa sull'accettazione delle diversità, sono stati violentemente contestati dal sottosegretario Gabriele Toccafondi, che li ha esplicitamente qualificati come mirati a promuovere nuove forme di famiglia;
   in un'intervista di Paolo Ferrario al sottosegretario Toccafondi, egli si scaglia contro l'UNAR, ritenuta responsabile di distinguersi per iniziative sul «gender»;
   in un'ulteriore intervista (comparsa il 21 marzo 2014 su Tempi, pubblicazione legata a Comunione e Liberazione) il medesimo sottosegretario definisce addirittura «gravi» i contenuti dei libretti in questione sostenendo implicitamente la tesi proposta dall'intervistatore circa l'esistenza di una presunta «teoria gender» che i movimenti Lgbt tramite l'UNAR vorrebbero imporre agli studenti all'insaputa dei genitori, ledendo la libertà di educazione delle famiglie, tesi che strizza l'occhio alle peggiori varianti omofobe del cosiddetto «complotto gay»;
   ogni anno sono migliaia i casi di bullismi omofobo nelle scuole, fatti di violenza psicologica e – non di rado – fisica che si sviluppano in un ambiente nella sostanza culturalmente ostile, che può essere contrastato – come già in altri Paesi dell'Unione europea – attraverso percorsi formativi nelle scuole, senza che in alcuna maniera ciò comporti alcun contraccolpo sulla libertà delle famiglie cosiddette «tradizionali» né sulla libera determinazione degli individui, tantomeno appare ipotizzabile alcun condizionamento delle scelte riguardanti l'orientamento sessuale, fatto chiaramente segnato da fattori di tutt'altra natura;
   i libretti dell'UNAR non mirano in alcuna maniera a sminuire l'importanza della «famiglia tradizionale» ma valorizzano semmai anche la qualità affettiva ed educativa delle famiglie omosessuali, adeguatezza delle quali è testimoniata dalla letteratura scientifica e di settore;
   il nostro è uno Stato laico e conseguentemente anche l'istruzione deve esserlo;
   l'istruzione è il terreno principale sul quale si può sviluppare con efficacia la lotta contro la violenza omofoba ed il bullismo;
   la scuola pubblica non può che uniformarsi ai dati di realtà e che essi non possono essere in tale sede negati sulla base di convinzioni ideologiche e religiose;
   nei fatti – nonostante non risulti alcun atto ufficiale di ritiro – i libretti in questione non sono mai stati diffusi nelle scuole;
   la mancata diffusione dei libretti dell'UNAR impedisce lo sviluppo di un percorso didattico sulla sessualità e quindi riduce notevolmente l'efficacia dei provvedimenti contro il bullismo omofobo;
   inconcepibile che un programma ministeriale possa essere fermato o limitato dalla scelta di un singolo Sottosegretario e dalle pressioni di una parte di mondo religioso –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa;
   se non ritenga di dover chiedere le dimissioni del Sottosegretario Toccafondi;
   quali azioni intenda intraprendere sul caso espresso in premessa. (4-08295)


   IORI e LENZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 dicembre 2014 il Ministero della salute – direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del servizio sanitario nazionale – ha emanato un Decreto tramite il quale il titolo di «Diploma di qualificazione di educatore professionale» conseguito da un cittadino italiano nel 2008 nello Stato Città del Vaticano, presso l'università Pontificia Salesiana – facoltà di scienze dell'educazione – istituto di ricerca e formazione «Progetto Uomo» – veniva riconosciuto quale titolo abilitante per l'esercizio in Italia dell'attività di educatore professionale, conformemente a quanto previsto dal decreto ministeriale n. 520 del 1998, che individua e regola detta professione;
   la procedura posta in essere dal Ministero della salute attiene al protocollo per la libera circolazione delle professioni su territorio europeo, sancito con la direttiva 36/CE/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio del 7, settembre 2005, come modificata dalla direttiva 2006/100/CE del 20 novembre 2006, e con il decreto legislativo n. 266 del 2007 che attua la direttiva, e consta in un procedimento individuale con il quale viene dichiarata l'equipollenza fra il titolo accademico triennale rilasciato dalla facoltà di scienze dell'educazione dell'università Pontificia Slesiana e quello relativo alla classe di laurea SNT/2 abilitante all'esercizio della professione di educatore professionale in Italia;
   chi opera nel settore è a conoscenza, che il procedimento di riconoscimento del carattere abilitante alla professione dell'educatore professionale del titolo triennale rilascio dalla facoltà di scienze dell'educazione, non è limitato a questo specifico caso della università Pontificia Salesiana, ma è generalmente applicato, con esito positivo, anche ai titoli rilasciati dalle medesime Facoltà appartenenti a molteplici università di stati esteri;
   appare giuridicamente e razionalmente immotivato, nonché discriminatorio per i cittadini italiani, procedere a un formale riconoscimento del carattere abilitante alla professione di educatore professionale del titolo triennale rilasciato da una facoltà di scienze dell'educazione di uno stato estero, negando il medesimo valore ai titoli accademici, sempre triennali, rilasciati dalle facoltà di scienze dell'educazione (classi di laurea L18 ed L19) delle università italiane, ottenuti con il medesimo percorso di studi nonché la medesima formazione e dunque, di fatto identici –:
   quale sia la ragione per la quale il Ministro interrogato ritenga corretto attribuire ad un titolo rilasciato da una facoltà di scienze dell'educazione di uno stato estero il carattere abilitante all'esercizio di attività di educatore professionale in Italia, negando il medesimo diritto a cittadini in possesso di titoli accademici rilasciati dalle facoltà di scienze dell'educazione (classi di laurea L18 ed L19) delle università italiane;
   se il Governo, alla luce di quanto affermato nel citato decreto del 3 dicembre 2014, non ritenga equo ed opportuno porre fine alla discriminazione in atto e procedere, il prima possibile, ad un formale riconoscimento del carattere abilitante all'esercizio dell'attività di educatore professionale dei titoli accademici rilasciati anche dalle facoltà di scienze dell'educazione, classi di laurea L18 ed L19, delle università italiane. (4-08299)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LOMBARDI e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sono due anni che si documentano e si sono portate all'attenzione di tutti gli organi preposti le «relazioni pericolose» che ruotano e si alimentano intorno ai 60 miliardi di euro di patrimonio immobiliare e mobiliare delle casse previdenziali;
   tale documentazione recuperata, non con poche difficoltà, è stata persino utilizzata per richiedere il commissariamento di Enasarco, la cassa degli agenti di commercio, evidenziando gli «incroci pericolosi»; uno degli ultimi riguarda addirittura proprio il Sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali;
   infatti, l'ultimo in ordine di tempo ed apparso sul Fatto Quotidiano del 28 febbraio 2015 sembrerebbe portare proprio alla famiglia del Sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali in quota Ncd, Massimo Cassano; al centro del quale c’è la Optimum asset management, una società con sede in Lussemburgo che, proprio per Enasarco ha gestito oltre 300 milioni di euro attraverso un investimento che è stato anche criticato dalla stessa Covip, la commissione che ha compiti di vigilanza sulle casse che a giudizio dell'interrogante di solito è stata molto delicata nelle critiche verso le casse;
   il fondo in cui sono finiti i contributi pensionistici si chiama Futura Funds ed è lo stesso che nel 2013 ha suscitato interesse negli ambienti finanziari per avere sottoscritto un minibond piuttosto rischioso da 22 milioni di euro emesso dalla Sudcommerci srl;
   ebbene, tra i soci principali che hanno in mano il controllo di Sudcommerci c’è Anna Degennaro, che è moglie proprio del Sottosegretario per il lavoro e delle politiche sociali;
   qui il filo riporta a Enasarco; il sottosegretario, infatti, è titolare delle deleghe in materia di politiche previdenziali, ovvero è colui che al Ministero ha competenza per decidere di commissariare o meno l'ente; decisione che passa anche attraverso la valutazione dell'opportunità di quegli investimenti, alcuni dei quali fatti tramite coloro che hanno raccolto finanziamenti per moglie e parenti del sottosegretario;
   in un atto di sindacato ispettivo a prima firma dell'interrogante, il Movimento 5 stelle aveva già evidenziato i rischi dell'investimento di Futura Funds in Sudcommerci;
   l'emissione del minibond viene decisa ad agosto del 2013 per coprire la metà dei costi di un progetto immobiliare che prevede la costruzione di un polo commerciale con oltre 60 mila metri quadri di negozi a Casamassima, in provincia di Bari;
   il rendimento dell'obbligazione è del 6 per cento all'anno, piuttosto basso se si considera che nel bilancio del 2012 Sudcommerci ha già debiti per quasi 20 milioni di euro a fronte di un capitale sociale di appena 10.400 euro;
   il minibond, sottoscritto a ottobre 2014 in un'unica tranche, finisce nel comparto Delta del fondo Futura Funds, amministrato dalla Futura asset management di Malta, a sua volta affiliata della lussemburghese Optimum Asset Management;
   in quel momento è direttore del fondo lussemburghese il finanziere Girolamo Stabile, che intervistato da Linkiesta sull'opportunità dell'operazione considera le garanzie offerte da Sudcommerci «congrue all'investimento», mentre sul rendimento contenuto dice: «...La ratio di un coupon non eccessivamente elevato sta nel non mettere in difficoltà l'imprenditore con tassi insostenibili..»;
   nello stesso periodo in cui presta 22 milioni di euro a Sudcommerci, Optimum Asset Management è impegnata con toni accesi su un altro fronte, quello di Enasarco: lo dimostrano una lettera di fine ottobre 2013 del presidente del fondo lussemburghese, Alberto Matta, e un'informativa del dirigente del servizio finanza di Enasarco, Roberto Lamonica, che a commento della missiva contesta il calcolo delle commissioni addebitate in passato alla cassa e parla di rendimenti con componenti negative «certe e liquide»;
   i tempi sono cambiati; i rapporti non sono più quelli del passato, allorquando Enasarco aveva conferito al comparto Newton di Futura Funds prodotti finanziari per 300 milioni di euro, in parte oggetto di successiva ristrutturazione, a cui poi ha aggiunto 30 milioni di liquidità; a fine ottobre di quell'anno l'ente previdenziale finisce sotto i riflettori per le perdite potenziali nascoste nel bilancio, già denunciate dall'allora vice presidente Andrea Pozzi che per questo decide di dimettersi;
   a febbraio 2014 Enasarco e Optimum asset management trovano l'accordo: il comparto Newton di Futura Funds viene chiuso e i suoi asset finiscono direttamente a Enasarco; tra questi c’è anche una quota, con valore contabile di 80,8 milioni di euro di Optimum evolution fund Sif — Property II, un fondo immobiliare gestito sempre da Optimum Asset Management;
   quel legame che lega a doppio filo Enasarco con i parenti di Cassano è sopravvissuto alle liti di fine 2013 riguardanti proprio finanziamenti dell'ente;
   per concludere e tirando le somme, la Fondazione ha intrattenuto rapporti con i finanzieri Girolamo Stabile e Alberto Matta nei cui fondi sarebbero stati investiti 80,8 milioni di euro di contributi previdenziali;
   il fatto che Stabile e Matta abbiano acquistato per l'ingente somma di 20 milioni di euro le quote di una società quale Sudcommerci, con capitale sociale di poco più di 10.000 euro, lascia intendere legittimamente l'esistenza di solidi rapporti tra questi ultimi e, tramite la moglie, il Sottosegretario Cassano, competente a decidere circa l'eventuale commissariamento della Fondazione Enasarco –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
   quali iniziative intenda adottare in relazione a quelle che alle interroganti appaiono situazioni palesi di grave conflitto di interessi. (5-04920)


   BURTONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in Sicilia si registra una profonda criticità per quanto concerne il finanziamento dei corsi ex Oif (obbligo istruzione e formazione) che tramite la formazione integrano o suppliscono l'obbligo scolastico;
   il Ministero secondo quanto si apprende avrebbe proceduto a stanziare circa 14 milioni di euro per finanziare le prime annualità dei corsi in oggetto;
   ad oggi però tale somma non sarebbe ancora nelle disponibilità della regione siciliana e questo comporta a cascata una serie di tensioni tra la regione e gli Enti che si ripercuotono poi sul processo di formazione dei frequentanti;
   sono trascorsi oltre tre mesi ed emerge ancora un quadro di incertezze nonostante le rassicurazioni –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione e se intenda intervenire per verificare in tempi rapidi l'avvenuto reale trasferimento delle quote spettanti alla Sicilia dal Ministero alla regione al fine di consentire ai 5.400 giovani siciliani di poter proseguire l'attività di formazione. (5-04925)


   BURTONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   occorre fare chiarezza sul destino dei lavoratori del laboratorio Myrmex di Catania;
   in questi giorni si sta verificando la validità giuridica della delibera adottata dalla allora giunta Lombardo che attribuisce alla regione siciliana la facoltà di rilevare il sito al valore simbolico di un euro per poi cederla ad una nuova eventuale impresa intenzionata a rilevarne l'attività;
   sono 69 i lavoratori interessati attualmente in cassa integrazione straordinaria e il cui trattamento scadrà tra pochi mesi;
   vi è molta preoccupazione tra i lavoratori per il loro futuro anche perché all'orizzonte non si intravedono ancora soluzioni rispondenti a criteri di solidità industriale e quindi di ripresa dell'attività;
   le organizzazioni sindacali hanno chiesto anche l'attivazione di un tavolo nazionale per affrontare la questione in maniera definitiva –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative per quanto di competenza intenda adottare in tempi rapidi per convocare un tavolo in sede ministeriale concernente il futuro dei lavoratori Myrmex di Catania anche per individuare una soluzione industriale che possa consentire la ripresa delle attività. (5-04926)


   DORINA BIANCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo l'ultimo censimento effettuato dall'INAIL, riferito al 2013, nella regione Calabria si sono verificati 9.636 infortuni sul lavoro, di cui 25 mortali;
   il calo del numero degli infortuni sul lavoro rispetto all'anno precedente, (quando si sono verificati ben 10.704 incidenti) è riconducibile al fatto che in molti casi gli infortuni non compaiono nelle statistiche in quanto non vengono denunciati o perché si consumano in regime di lavoro sommerso;
   nel 2013, la regione Calabria ha registrato la morte sul lavoro, in media, di due persone al mese: la provincia più colpita è quella di Cosenza (14 decessi), seguita da Catanzaro (6), Crotone (3) e Reggio Calabria (2);
   il settore che fa registrare il maggior numero di decessi è quello dell'edilizia (19 decessi), seguito dal comparto dell'agricoltura (4 decessi) e, con una certa sorpresa, dal settore delle amministrazioni pubbliche (2 decessi);
   oltre ai casi mortali, tra i 9.636 casi di infortunio vi sono quelli, altrettanto gravi, che provocano menomazioni irreversibili a chi ne resta vittima, riducendone la capacità lavorativa;
   la maggior parte degli infortuni in Calabria si verifica all'interno del posto di lavoro (8.246 casi), a seguito dell'utilizzo di mezzi meccanici e di trasporto (581 casi) o semplicemente effettuando le ordinarie mansioni previste dal proprio contratto (293 casi);
   oltre alle morti bianche e agli infortuni più o meno gravi, vanno anche segnalate le malattie professionali, che si contraggono in quanto i lavoratori svolgono la propria attività in contesti in cui la sicurezza sul lavoro è scarsa o totalmente assente;
   nel corso del 2013, dalla sola regione Calabria all'INAIL sono state denunciate 1.745 situazioni di malattie professionali, circa 400 in più rispetto al 2012: le malattie denunciate vanno dai disturbi al sistema nervoso alle malattie del sistema respiratorio, dai tumori ai disturbi psichici e comportamentali fino alle patologie professionali che conducono alla morte –:
   alla luce di quanto espresso in premessa, cosa il Governo intenda fare per contrastare i casi di incidenti sul lavoro nella regione Calabria, partendo dalla assoluta necessità di aumentare i controlli sul rispetto dei parametri di sicurezza nei luoghi di lavoro e di sanzionare quanti deliberatamente non li rispettano;
   come il Governo intenda affrontare la delicata questione dei lavoratori irreversibilmente menomati che, vedendosi ridurre la capacità lavorativa, finiscono per aggravare la già insostenibile precarietà del lavoro in Calabria nonché il fenomeno del lavoro in nero. (5-04927)


   CASTELLI, CIPRINI, COMINARDI, CHIMIENTI, DALL'OSSO, LOMBARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Agrati spa, un'impresa del settore metalmeccanico che produce bulloni fondata nel 1939, con un ottimo fatturato, oltre 300 milioni di ricavi, il 30 gennaio 2014 ha consegnato alla rappresentanza sindacale una lettera di licenziamento collettivo lasciando per strada 82 famiglie;
   recentemente sui giornali sono apparsi alcuni articoli relativamente alla cosiddetta «Lista Falciani», è un elenco di clienti italiani della filiale di Ginevra della Hsbc che appaiono nel file «rubato» nel 2008 da Hervé Falciani, consulente informatico dell'istituto e poi fornito alle autorità fiscali di molti Paesi europei;
   la categoria più rappresentata nella «Lista Falciani» è quella degli imprenditori, più o meno conosciuti;
   tra i tanti un nome di particolare rilevanza è quello della famiglia Agrati, dinastia proprietaria dell'azienda che fabbrica bulloni in Brianza e non solo;
   da questa lista si evince che nel 2007-08 nella filiale ginevrina della Hsbc c'era un maxiconto intestato all'amministratore delegato Cesare Annibale Agrati (6,8 milioni di dollari) e altri depositi riferibili alla Agrati International, con base a Madeira (che, per inciso, è un paradiso fiscale);
   l'anno scorso è stato denunciato dal Movimento 5 Stelle, attraverso una risoluzione in Commissione attività produttive, il licenziamento che subivano 82 dipendenti della Agrati;
   è fondamentale sapere se questi trasferimenti siano avvenuti nel rispetto della normativa italiana, considerando che un eventuale evasione in questo caso sia ancora più grave quando i suoi effetti si ripercuotono sulle famiglie dei dipendenti licenziati;
   negli ultimi anni, come dai dati ISTAT, è aumentata la povertà e il «Il tema della responsabilità sociale» dell'impresa è divenuto più che mai attuale con l'acuirsi della crisi economica –:
   se non sia opportuno promuovere una politica normativa che sappia prevedere e quindi prevenire il comportamento di imprenditori che operano con intenti di arricchimento a danno dei lavoratori;
   se non si ritenga opportuno verificare se questa azienda abbia ricevuto finanziamenti pubblici e se sia in regola con le normative fiscali. (5-04939)


   RIZZETTO, BARBANTI e SEGONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso che la Prysmian spa, società del gruppo leader mondiale nel settore dei cavi e dei sistemi ad alta tecnologia per l'energia e le telecomunicazioni, chiuderà lo stabilimento produttivo di Ascoli Piceno. Ciò è quanto annunciato dai vertici aziendali lo scorso 27 febbraio 2015 ai rappresentanti sindacali convocati presso la sede locale di Confindustria;
   sono quindi a rischio i 130 posti di lavoro degli operai dell'azienda, collocati provvisoriamente in cassa integrazione. Sembra che la decisione di cessare la produzione ad Ascoli sia stata determinata dai costi troppo alti del sito e per un cambiamento delle strategie industriali. Possibile un trasferimento dei macchinari in altre fabbriche del Gruppo, nel Sud Italia e in Romania;
   si ritiene che la decisione di chiudere lo stabilimento in questione non sia supportata da trasparenti informazioni da parte dei vertici, in danno ai lavoratori come è proprio di queste vicende;
   tra l'altro, la messa in cassa integrazione dei lavoratori presuppone prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia dei livelli di occupazionali. Quindi, si sarebbe da accertare la sussistenza dei reali presupposti per ricorrere all'ammortizzatore sociale, considerando che di frequente vi si fa ricorso in modo distorto –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa e quali siano i propri orientamenti;
   se e quali iniziative intenda adottare il Ministro a tutela dei lavoratori, anche con la convocazione di un tavolo di concertazione tra le parti sociali;
   se vi siano le condizioni per accedere alla cassa integrazione, considerando che nella vicenda in questione non è dato sapere quali siano le concrete motivazioni per le quali si vuole procedere alla cessazione di produzione. (5-04940)


   GNECCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   tra le principali charities italiane e internazionali che operano in Italia (quali ad esempio: Telethon, Unicef, Save the Children, Medici senza Frontiere e tante altre), è diffuso l'utilizzo di figure professionali che impiegano il loro tempo lavorativo, normalmente per brevi/medi periodi, mediante attività di sensibilizzazione pubblica, allo scopo di raccogliere tra il pubblico promesse di erogazioni liberali a favore di un ente non profit (cosiddetti «Dialogatori»);
   i «dialogatori», quando non siano volontari, vengono assunti attraverso forme di contratto di lavoro molto variegate e ciò mette in estrema difficoltà le charities, in quanto non è previsto nel nostro ordinamento una specifica forma di contratto di lavoro appropriata per questa particolare tipologia di attività;
   il dialogo diretto portato avanti da queste persone (soprattutto giovani), è uno strumento importante a disposizione di un'organizzazione non profit con cui presentare ai cittadini la missione e i progetti sui quali è impegnata, nonché il programma più efficace per l'acquisizione di donatori regolari attraverso l'attivazione di Rid bancari;
   è nota la propensione degli italiani alla solidarietà, che però molto spesso viene frenata dall'assenza di una precisa regolamentazione sulla raccolta di questi fondi, nonché per l'assenza nel nostro sistema giuridico di un inquadramento normativo ad hoc per questi operatori di raccolta tra il pubblico di fondi o promesse di erogazioni liberali e di norme chiare sugli obblighi di rendicontazione dei fondi raccolti –:
   se non ritenga il Ministro interrogato assumere iniziative per favorire l'introduzione di una tipologia di rapporto di lavoro ad hoc, che disciplini questa particolare attività lavorativa, che rappresenterebbe fra l'altro, una opportunità occupazionale per i nostri giovani, una diminuzione dei costi indiretti a carico delle organizzazioni e l'ampliamento della «raccolta fondi» degli enti non profit.
(5-04941)


   GRILLO, BARONI, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da notizie stampa si apprende che i servizi per l'autonomia, la comunicazione e per il trasporto alunni disabili nei centri di riabilitazione nel comune di Catania sono al di sotto dei normali livelli di efficienza;
   in particolare, risulterebbero manchevoli i servizi per quanto riguarda l'igiene personale degli alunni disabili e non sarebbero erogate le prestazioni in merito alla comunicazione, all'autonomia, al trasporto degli alunni disabili nei centri di riabilitazione;
   la legge n. 104 del 1992, all'articolo 5, comma 1, lettera i), prevede: «promuovere, anche attraverso l'apporto di enti e di associazioni, iniziative permanenti di informazione e di partecipazione della popolazione, per la prevenzione e per la cura degli handicap, la riabilitazione e l'inserimento sociale di chi ne è colpito»;
   il comma 1, lettera c) dell'articolo 5 della legge sopracitata prevede: «garantire l'intervento tempestivo dei servizi terapeutici e riabilitativi, che assicuri il recupero consentito dalle conoscenze scientifiche e dalle tecniche attualmente disponibili, il mantenimento della persona handicappata nell'ambiente familiare e sociale, la sua integrazione e partecipazione alla vita sociale»;
   le criticità evidenziate sono comuni a molte altre realtà locali che dovrebbero garantire l'assistenza e i servizi terapeutico – riabilitativi ai portatori di handicap –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo, anche promuovendo intese specifiche nell'ambito della Conferenza Stato-regioni, per ottemperare quanto previsto dalla legge 104 del 1992 in materia di sostegno ai disabili, assicurando la piena riabilitazione di quelle persone handicappate residenti in comuni, come quello di Catania, che hanno difficoltà nell'erogazioni delle prestazioni. (5-04943)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PORTA, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI e LA MARCA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   gli importi di milioni di pensioni italiane, anche e in particolare quelle maturate dagli italiani residenti all'estero, sono spesso così irrisori che non consentono — come previsto dall'articolo 38 della Costituzione italiana — che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle esigenze di vita dei pensionati;
   per i pensionati italiani residenti all'estero la situazione è spesso più drammatica di quella dei residenti in Italia (soprattutto per i nostri connazionali residenti in Paesi extracomunitari ed in particolare in America Latina) anche a causa delle norme italiane succedutesi nel tempo che hanno praticamente portato al congelamento o all'inesportabilità del trattamento minimo pensionistico;
   sono infatti decine di migliaia le pensioni pagate dall'Inps all'estero di importi assolutamente insignificanti;
   tuttavia la legge n. 335 del 1995 con effetto dal 1o settembre 1995 ha istituito per le pensioni italiane in regime internazionale un minimale mensile di importo pari a un quarantesimo del trattamento minimo vigente nell'anno di erogazione della prestazione per ciascun anno di contribuzione (da lavoro, figurativa o volontaria) fatto valere in Italia;
   tale minimale prescinde dal reddito del pensionato e dall'eventuale titolarità di una pensione estera, e trova applicazione quale che sia il regime di calcolo (retributivo, misto o contributivo) delle prestazioni;
   in sostanza i nostri connazionali futuri pensionati o già titolari di pensione in convenzione bilaterale (con i Paesi extracomunitari) o multilaterale (con i Paesi comunitari) in virtù della vigente normativa hanno diritto per ogni anno di contribuzione accreditato in Italia ad un importo minimo mensile pari a 12,56 euro (cioè a un quarantesimo di 502,38 euro che è l'importo del trattamento minimo per il 2015);
   ciò significa, per esempio, che chi ha versato 5 anni di contribuzione in Italia e acquisito il diritto a un pro rata in regime internazionale, ha diritto ad un importo minimale mensile di soli 63 euro;
   si tratta di importi obiettivamente insufficienti a garantire un tasso di congrua remunerazione dei contributi versati nei casi in cui, che non sono pochi, la pensione «a calcolo» — cioè basata sui contributi effettivamente versati e non maggiorata dalla integrazione al minimo (prestazione questa oramai in pratica non più esportabile all'estero) — sia di importo irrisorio a causa della remota collocazione nel tempo e del numero esiguo dei contributi versati in Italia e dell'inadeguatezza dell'attuale sistema di rivalutazione di tali contributi –:
   se il Ministro interrogato ritenga giusto e opportuno restituire dignità alle pensioni erogate ai nostri connazionali residenti all'estero rivalutando il minimale pensionistico delle pensioni in convenzione internazionale introdotto venti anni orsono dalla legge n. 335 del 1995;
   se per le ragioni suesposte non ritenga quindi equanime aumentare l'importo minimale delle pensioni italiane in regime internazionale da un quarantesimo dell'importo del trattamento minimo vigente ad un ventesimo del trattamento minimo vigente, in modo tale che per ogni anno di contribuzione accreditato in Italia sia erogato un importo minimale mensile di 25 euro che consenta ai pensionati italiani residenti all'estero di fare affidamento su una pensione più congrua e dignitosa ancorché insufficiente. (4-08276)


   COMINELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Stefana spa, storica azienda bresciana attiva nel campo di acciaio e ferro con i suoi quattro stabilimenti nella provincia di Brescia, due a Nave, uno a Montirone e uno a Ospitaletto ed una forza, lavoro di 700 di dipendenti, si trova in condizioni di difficoltà economico finanziaria;
   il 31 dicembre 2014 il consiglio d'amministrazione ha depositato in tribunale l'istanza di ammissione al concordato;
   l'azienda ha da tempo problemi di liquidità, come testimoniano una serie di episodi relativi alla sospensione del gas in tutti e quattro i centri produttivi a inizio novembre 2014 o, da ultimo, la sospensione dell'energia elettrica da parte dell'Enel nello stabilimento di via Brescia a Nave il 7 gennaio 2014;
   il 2014, infatti è stato un anno non positivo per l'azienda, come per altre realtà del settore, come dimostra l'ultimo bilancio disponibile depositato la scorsa primavera, al 31 dicembre l'azienda vantava crediti per 76,2 milioni di euro, riportando però una situazione debitoria per 288,61 milioni, gran parte di essi sono pendenze verso fornitori (per 152,45 milioni) e banche (per 123,19 milioni), in ambedue casi «debiti esigibili entro l'esercizio successivo»;
   il 31 dicembre 2014 è scaduto il contratto di solidarietà dei lavoratori dello stabilimento di via Brescia a Nave e di Montirone, cosa questa che ha causato le preoccupazioni dei dipendenti, unitamente al fatto che i vertici aziendali, per quanto abbiano esplicitato la volontà di mantenere la continuità aziendale, non hanno ancora chiarito le strategie industriali per attuare questo proposito –:
   quali siano le reali possibilità di utilizzo degli ammortizzatori sociali ancora in possibilità di essere utilizzati dall'azienda nei confronti dei propri dipendenti;
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare a salvaguardia dei posti di lavoro di quella che è una storica azienda del territorio bresciano. (4-08286)


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal 20 dicembre 2014, 5 lavoratrici, di cui 4 con contratti a termine e 1 in apprendistato, del punto vendita ALCOTT di via Ugo Bassi a Bologna entrano in sciopero, denunciando straordinari non pagati, condizioni di lavoro inadeguate e soprattutto un abuso di contratti precari, che coinvolgevano la totalità degli addetti del negozio;
   lo sciopero è a oltranza, e si manifesta con picchetto davanti al negozio ALCOTT dove sono impiegate le lavoratrici;
   prima dello sciopero si era tenuto presso Filcams CGIL di Bologna un incontro con la proprietà, rappresentata da un consulente aziendale, che non aveva prospettato alcuna garanzia di soluzione dei problemi oggetto della vertenza;
   il loro contratto scade il 31 dicembre, ma il 28 a tutte loro viene comunicato il licenziamento, per aver danneggiato l'immagine aziendale, dopo che nei giorni precedenti erano state collocate in ferie forzate;
   Alcott è una multinazionale dell'abbigliamento, con sede a Napoli, 120 milioni di euro di fatturato e centinaia di dipendenti in Italia e all'estero;
   dopo la lotta delle lavoratrici, pare che le condizioni di lavoro nel negozio bolognese siano migliorate, sia sotto il profilo organizzativo che dei contratti proposti, a dimostrazione che il tema non era la sostenibilità economica;
   attualmente è in corso da parte delle lavoratrici e del sindacato la predisposizione dei ricorsi legali, a garanzia dei diritti violati;
   il licenziamento di lavoratrici impegnate nel difendere i propri diritti attraverso lo strumento costituzionalmente garantito dello sciopero non può essere motivato con il danneggiamento dell'immagine aziendale –:
   se casi come quello descritto in premessa possano essere considerati licenziamenti disciplinari privi di fatto materiale contestato o meno e quali iniziative, anche normative, intenda assumere per evitare per il futuro situazioni come quella descritta. (4-08304)


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   attualmente le attività di vigilanza in materia di lavoro sono svolte – anche in modo coordinato – dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, INPS, INAIL, ASL, Guardia di finanza, Agenzia delle entrate, Comando tutela carabinieri e rispettivi nuclei ispettorato del lavoro (NIL);
   il coordinamento dell'attività ispettiva è stato istituito con decreto legislativo n. 124 del 2004, articolo 4 comma 1 e comma 2, attraverso un comitato di coordinamento regionale dei vari corpi ispettivi;
   la legge delega n. 183 del 2014 prevede il riordino dell'attività ispettiva con la costituzione di una agenzia unica per le ispezioni del lavoro, integrando in un'unica struttura i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL, e prevedendo strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle ASL, delle ARPA e dei NIL;
   il Consiglio dei ministri nella seduta del 20 febbraio 2015 ha rimandato la discussione del decreto attuativo della istituzione dell'agenzia unica per le ispezioni;
   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali deve mantenere le competenze dirette sulla materia del lavoro per garantire il rispetto della legalità, la lotta al lavoro sommerso, la sicurezza sul lavoro, evitare infiltrazioni mafiose e, quindi, anche attraverso l'attività ispettiva, in qualità di istituzione pubblica, mentre l'istituzione della Agenzia unica dell'ispezione del lavoro con personalità giuridica di diritto pubblico, dotata di autonomia organizzativa e contabile sovvertirebbe tale principio;
   l'istituzione dell'agenzia unica, così come prevista dal Governo, con l'unificazione solo degli ispettori del Ministero del lavoro, dell'INPS e dell'INAIL, esclude i rappresentanti di importanti istituzioni volte al servizio di controllo territoriale, e, quindi, di per sé reiterrebbe l'errore gestionale con il mancato coordinamento degli accessi ispettivi presso le varie aziende causa di sovrapposizioni degli interventi medesimi;
   le decisioni previste nel decreto in corso di approvazione comportano la riorganizzazione anche delle funzioni amministrative delle direzioni territoriali del lavoro con la chiusura delle 85 sedi dislocate sui territori provinciali e l'istituzione di solo 18 agenzie uniche ispettive del lavoro a circoscrizione regionale, con la conseguente creazione di disservizi per l'utenza e l'aggravio di spesa relativamente ai rimborsi chilometrici da liquidare ai funzionari ispettivi che andranno a coprire un'area di intervento molto ampia (regionale);
   tali decisioni comporterebbero inoltre lo spostamento delle funzioni (diverse da quella ispettiva) del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ad altri enti con conseguente esubero del personale – periferico – con funzioni amministrative, in quanto verrebbe privato dei servizi e competenze ad oggi in capo alle direzioni territoriali;
   il coordinamento dell'attività ispettiva già esistente potrebbe ottimizzare la propria funzione attraverso l'utilizzo di un buon sistema informatizzato nel quale inserire in tempo reale tutti i dati relativi alle aziende ispezionate in rete e quindi consultabile da tutti gli organi ispettivi, atto ad impedire la sovrapposizione di interventi ispettivi;
   l'istituzione dell'agenzia unica ispettiva prevede, solamente per i compensi annui, la corresponsione al direttore generale, al comitato direttivo 5 esperti) e al collegio dei revisori (3 componenti) una spesa di 1.678.687 euro, mentre potrebbe essere gestita a costo o dalla Direzione Generale dell'attività ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   le precedenti assegnazioni di compiti di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ad altre istituzioni sono state fallimentari (passaggio dei compiti dell'ex ufficio di collocamento in parte alle province ed in parte alle agenzie interinali per l'impiego; la revisione delle società cooperative passate in parte al Ministero dello sviluppo economico ed in parte alla Lega coop, che ha portato ai ben noti fatti relativi a mafia capitale);
   il risparmio di spesa previsto con la chiusura di 85 sedi territoriali potrebbe essere invece operato attraverso un'operazione di reperimento di edifici demaniali presenti, su tutto il territorio nazionale (a tal proposito si cita il progetto in attuazione presso il Comune di Chieti della cittadella della Pubblica Amministrazione presso la Caserma Berardi dismessa dal Ministero della difesa) –:
   se sia intenzione del Governo assumere iniziative normative per rivedere la decisione di istituire un'agenzia unica o se non ritenga più utile, proficuo ed economico riorganizzare il Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso il recupero delle competenze relative a tutta la materia legata al lavoro riprendendo la gestione del collocamento e il controllo delle società cooperative, che passando presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali come attività istituzionale, porterebbe un notevole risparmio per le casse dello Stato, posto che in tal modo si garantirebbe l'autorevole presenza dello Stato sul territorio fornendo un servizio ai cittadini attraverso personale qualificato nel rispetto della legalità e secondo i termini di efficienza, efficacia e trasparenza alla base di qualsiasi normativa ed azione istituzionale. (4-08308)


   CATANOSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con atto di sindacato ispettivo n. 4-07419, pubblicato sui resoconti parlamentari del 5 gennaio 2015. L'interrogante sollecitava il Governo ed il Ministro interrogato circa le problematiche della società Sviluppo Italia Sicilia spa;
   Sviluppo Italia Sicilia è una società strategica per il perseguimento delle finalità istituzionali della regione nell'ambito dell'area strategica sviluppo, come previsto dal piano di riordino delle partecipate della regione siciliana;
   Sviluppo Italia Sicilia, non determina oneri a carica del bilancio regionale poiché né opera in forza di un contratto di servizio né usufruisce di stanziamenti pubblici. Le sue entrate sono rappresentate esclusivamente dai corrispettivi economici di prestazioni di servizi erogate principalmente a favore del Socio unico, la regione siciliana, sulla base di contratti finanziati da fondi comunitari o nazionali di volta in volta stipulati con l'amministrazione regionale e sottoposti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti;
   Sviluppo Italia Sicilia gestisce; nel territorio regionale, gli strumenti agevolativi del decreto legislativo n. 185 del 2000 (lavoro autonomo, microimprese e Franchising) finanziati con fondi nazionali, in convenzione con INVITALIA, l'Agenzia nazionale per l'attrazione di investimenti e lo sviluppo di impresa. Inoltre gestisce l'incubatore di imprese di Catania dove sono ospitate 20 imprese che danno lavoro a oltre 200 persone e l'incubatore di imprese di Messina, avviato da pochi anni;
   l'organico dell'azienda conta 76 unità (83 dipendenti nel 2009), non conta alcun dirigente e presenta un costo medio annuo lordo onnicomprensivo (salari e stipendi oneri sociali e TFR) significativamente inferiore alla media del costo del personale della regione e delle altre società partecipate. Inoltre è in corso una trattativa sindacale che prevede un consistente taglio di alcune voci accessori del costo del personale (buoni-pasto, indennità trasferta, e altro), che porterò ad una ulteriore diminuzione dei costi;
   la professionalità e l’expertise del personale della società regionale partecipata non può essere dispersa a causa di quella che all'interrogante appare l'inefficienza del governo regionale e nel medio-lungo periodo;
   Sviluppo Italia Sicilia potrebbe contribuire, a giudizio dell'interrogante, al miglioramento dell'efficienza ed efficacia dei processi di programmazione e attuazione delle politiche di sviluppo locale della pubblica amministrazione attraverso essenzialmente: l'implementazione di misure di riforma e di semplificazione amministrativa al fine di adeguare e potenziare le capacità delle amministrazioni impegnate nell'attuazione e gestione dei programmi cofinanziati e l'accompagnamento del processo di riforma degli, enti locali anche attraverso azioni per la riqualificazione del personale amministrativo degli enti coinvolti che consenta di coordinare gli obiettivi di riordino istituzionale (anche con l'obiettivo del migliore utilizzo dei fondi europei);
   a corollario del percorso di risanamento e rilancio delineato, il definitivo consolidamento dell'assetto patrimoniale, operativo e di governance di Sviluppo Italia Sicilia potrebbe trovare compiuta definizione nella trasformazione della società in società finanziaria, analogamente a quanto avvenuto per Puglia Sviluppo dopo l'acquisizione da parte della regione Puglia;
   tale operazione consentirebbe il rilancio e diversificazione dell'operatività di IRFISFinSicilia, con l'implementazione dell'organico, la riduzione dell'età media, il completamento dell'offerta di servizi, alle imprese e la possibilità di rilancio in chiave innovativa della mission –:
   quali iniziative per quanto di competenza, intendano adottare i Ministri interrogati per tutelare i lavoratori di Sviluppo Italia Sicilia, valutando l'ipotesi di promuovere un tavolo di confronto con tutte le parti interessate. (4-08312)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, L'ABBATE, PARENTELA, MASSIMILIANO BERNINI e GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 4 della legge 15 gennaio 1991, n. 30 e successive modifiche e integrazioni, la vigilanza tecnico-amministrativa sull'attività di selezione del bestiame, svolta a livello territoriale, è assegnata alle regioni che la espletano avvalendosi di risorse finanziarie trasferite dallo Stato;
   l'unicità per tutto il territorio nazionale della tenuta dei libri genealogici e dello svolgimento dei controlli funzionali si attua, invece, contemperando le funzioni del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con quelle delle regioni attraverso la concertazione di criteri e indirizzi unitari, nel rispetto della specificità delle singole realtà regionali;
   il Ministero, d'intesa con le regioni, emana il Programma annuale dei controlli funzionali che determina l'importo del contributo spettante a ciascuna associazione;
   le Associazioni allevatori (AIA, ARA/APA, ANA) operano in funzione della suddetta legge su delega dello Stato e delle regioni;
   sembrerebbe risultare che sia il Ministero che le regioni assumerebbero le risultanze delle ispezioni tecniche realizzate dalla controllata Associazione italiana allevatori;
   ormai da tempo l'Autorità nazionale garante della concorrenza e del mercato sollecita il Ministero ed il Parlamento ad adottare una nuova normativa che, superando i limiti imposti dalla ricordata legge n. 30 del 1991, consenta, contemperando le funzioni di controllo del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali con quelle delle regioni, di liberalizzare la realizzazione dell'attività di controllo delle attitudini produttive per ogni specie, razza o altro tipo genetico;
   da alcuni anni l'esecuzione dei controlli funzionali da parte delle associazioni incontra crescenti difficoltà che non possono essere attribuite solo alla modifica dei criteri d'esecuzione ma anche e soprattutto alla crescente estromissione dalla gestione delle strutture centrali e territoriali di una sempre più rilevante parte del mondo allevatoriale;
   l'aggravarsi di tale situazione comporta il mancato svolgimento delle valutazioni morfologiche e funzionali del bestiame e la conseguente non iscrizione dei soggetti nei libri genealogici o nei registri di razza con elevatissimi danni economici per gli allevatori anche a causa del decadimento degli animali, degli allevamenti e della perdita dei contributi per il miglioramento;
   pur in presenza di tale diffusa situazione di inefficienza gestionale è evidente la continua proposizione di iniziative ed interventi il cui obiettivo non è il miglioramento delle caratteristiche quali/quantitative della produzione zootecnica ma il mantenimento di un sistema inefficiente ed inadeguato oltre che , come in molti casi rilevato, la presenza di situazioni di non accorta o mala gestione dei fondi pubblici;
   occorre tempestivamente e responsabilmente dare una nuova e corretta rotta organizzativa ai servizi delegati rivolti al comparto zootecnico al fine di rimediare alle gravissime carenze operative che stanno creando ingenti danni agli allevatori –:
   quali iniziative intenda intraprendere, nel rispetto della normativa europea e nazionale sulla concorrenza, per assicurare la liberalizzazione e il rilancio dei servizi di difesa e di miglioramento genetico del bestiame e se non ritenga di dover comunicare le risultanze delle attività ispettive e di vigilanza tecnico-amministrativa sull'attività realizzata dall'Associazione italiana allevatori al fine di accertare eventuali irregolarità gestionali o di funzionamento;
   se non ritenga che tali comunicazioni debbano essere periodicamente aggiornata. (5-04945)

Interrogazione a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 gennaio 2015, l'assessore all'agricoltura della regione Sardegna si rivolgeva al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali segnalando la disastrosa situazione del settore ippico – e di quello agonistico in particolare – nella regione Sardegna;
   nella stessa circostanza, la regione Sardegna sottolineava come la crisi di tale settore fosse particolarmente pesante in un contesto regionale a forte rischio di desertificazione economica, che ha una radicatissima tradizione nell'allevamento del cavallo, potenzialmente in grado di rappresentare un'importante risorsa di sviluppo per l'intera Sardegna;
   in tale circostanza, la regione Sardegna auspicava un intervento perequativo urgente del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali che non rischiasse di penalizzare ulteriormente l'economia isolana, ma fosse invece di supporto al rilancio di un settore coerente con l'offerta qualitativa regionale;
   in data 2 febbraio 2015, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha emanato il decreto ministeriale «Approvazione calendari e modifica programmi 2015 delle manifestazioni equestri relative alle discipline del salto ad ostacoli, concorso completo di equitazione, dressage ed endurance»;
   tale decreto ministeriale prevede, nell'ambito della programmazione del mese di marzo 2015 del calendario «galoppo», che l'annualità nella regione Sardegna si inaugurasse il 26 marzo 2015 presso l'ippodromo di Villacidro;
   Agris Sardegna – Agenzia per la ricerca in agricoltura ha avanzato una proposta di calendario alternativa, poi trasmessa al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali il 3 febbraio 2015, nella quale venivano proposte 32 giornate di corse al posto delle attuali 25 (l'incremento avrebbe consentito alla regione Sardegna di passare dallo 0,8 all'1 per cento nel quadro del montepremi nazionale), di cui 14 nell'ippodromo di Chilivani, 10 in quello di Sassari e 8 nell'impianto di Villacidro. Allo stesso tempo, l'Agris confermava l'opportunità di mantenere la giornata inaugurale del programma regionale a Chilivani nella giornata del 28 marzo, anche in ragione del fatto che, proprio in quell'ippodromo, avrebbero dovuto debuttare alcuni giovani esemplari allenati in quella stessa struttura impiantistica;
   il 17 febbraio 2015, si teneva presso il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali un incontro tra il dottor Emilio Gatto, direttore generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell'ippica, ed il dottor Raffaele Cherchi, direttore generale dell'Agris Sardegna, che consentiva di inquadrare meglio le gravi problematiche in cui versa il comparto ippico sardo in generale ed, in particolare, il settore riferibile all'attività dei tre ippodromi sopra richiamati, che oggi rischiano la sostanziale chiusura. Tali impianti, infatti, negli ultimi otto anni, hanno subìto una preoccupante contrazione della propria attività in conseguenza dei tagli (stimabili in circa il 65-70 per cento) introdotti prima dall'UNIRE/ASSI e poi dallo stesso Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali tanto sul numero delle giornate di corse, quanto sul montepremi complessivo attribuito all'isola;
   la pesante crisi del settore ippico ed equestre combinata con i tagli sopra ricordati ha drammaticamente colpito la Sardegna e sta avendo conseguenze esiziali sui processi commerciali ed economici della produzione e dell'allevamento tanto del purosangue arabo da corsa (di cui la Sardegna ha la produzione pressoché esclusiva in ambito nazionale), quanto del cavallo anglo arabo sardo, sempre della linea da corsa, già a grave rischio estinzione per il crollo delle nascita (circa il 70 per cento) e delle fattrici fecondate negli ultimi anni;
   alla luce del preoccupante quadro emergente, le proposte dell'Agris mirano pertanto a ridurre la sperequazione tra la situazione allevatoriale e commerciale degli impianti regionali rispetto agli ippodromi nazionali, a mitigare lo storico svantaggio dell'insularità e a dare speranza di rilancio ad attività che potrebbero davvero essere strategiche per lo sviluppo economico dell'isola;
   l'indispensabile attenzione da parte del Governo nazionale, aiuterebbe inoltre a dare riconoscimento – seppur in minima parte – allo sforzo economico di 650 mila euro sul biennio 2014-2015 compiuto dalla RAS per sostenere il settore;
   ciononostante, da una serie di contatti informali, sembrerebbe che il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali intenda rigettare le proposte dell'AGRIS, portavoce istituzionale della regione autonoma della Sardegna relativamente alla richiesta d'incremento del numero di giornate dell'incremento del montepremi –:
   quali siano i motivi per cui sarebbero state disattese le richieste di AGRIS Sardegna e della regione autonoma della Sardegna, con la diramazione di un calendario e con la definizione di montepremi differenti da quelli ufficialmente richiesti;
   se non ritenga opportuno modificare immediatamente il programma 2015 delle manifestazioni equestri per i tre ippodromi della regione Sardegna incrementando, a parità di finanziamento ordinario, le giornate del calendario da 25 a 32 e prevedendo di incrementare la quota del montepremi nazionale riservato alla regione Sardegna. (4-08301)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO, BARBANTI, SEGONI, ROSTELLATO, PRODANI, TURCO, MUCCI, BALDASSARRE, ARTINI e BECHIS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso che a Cividale del Friuli (Udine), a causa della mancanza di personale del 118, un'ambulanza è giunta troppo tardi sul luogo di soccorso causando la morte di Erik Tuan, 47 anni, colpito da un infarto. Sulla questione la magistratura ha aperto un'inchiesta per verificare presunte responsabilità;
   Giulio Trillò, direttore della centrale operativa del 118, ha dichiarato che il problema è di sistema, e che le risorse sono troppo limitate: manca personale infermieristico e non si riesce a coprire il servizio;
   è assurdo che tale caso di grave mala sanità abbia riscontrato, ad avviso degli interroganti, poco interesse dell'Esecutivo, a differenza di altri recenti episodi equiparabili avvenuti in altre regioni;
   al riguardo, si mette anche in evidenza che attualmente la giunta regionale, presieduta da Debora Serracchiani, è impegnata proprio in una riforma sanitaria che appare inadeguata rispetto al sistema di emergenza territoriale, lacunosa da un punto di vista organizzativo e caratterizzata da tagli alle risorse;
   pertanto, si ritiene che il comparto sanitario del Friuli Venezia Giulia sarà ulteriormente danneggiato dalla predetta riforma, poiché invece di essere rafforzato, sarà destinatario di ulteriori e irragionevoli tagli alle risorse –:
   se il ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa e quali iniziative intenda assumere per contribuire a fare chiarezza sulla vicenda;
   se e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza e in necessario concerto con la regione Friuli Venezia Giulia, affinché sia acquisito ogni utile elemento circa le gravi carenze che caratterizzano il sistema sanitario della regione ed escludere il verificarsi di gravi casi di mala sanità come quello descritto in premessa. (5-04946)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PASTORELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la situazione della sanità nella regione Sicilia sembra essere arrivata al collasso. La cronaca ci riporta, quasi settimanalmente, episodi di morti per presunta malasanità. Pochi giorni fa la morta della neonata Nicole per una concatenazione di negligenze; successivamente il piccolo Daniel per il quale si attendono notizie sulla causa della morte, paventando il rischio di meningite, mentre a Niscemi, la vittima, questa volta, un maestro di scuola elementare colpito da emorragia cerebrale è deceduto attendendo per ore un posto in rianimazione. Il 20 febbraio si è registrato un nuovo episodio. Al Sant'Antonio Abate di Trapani un uomo entrato al pronto soccorso con la pressione a 190 è stato classificato dal triage come un codice giallo. In attesa di essere nuovamente visitato, l'uomo si è accasciato a terra ed è morto;
   a questi episodi che salgono alla ribalta dell'opinione pubblica nazionale se ne aggiungono altri, se così si può dire «minori» interessano tutte le strutture sanitarie siciliane;
   così, secondo notizie apprese dai quotidiani locali, al pronto soccorso dell'Umberto I di Siracusa sono mancate addirittura le coperte ed i pazienti, in attesa da ore, vista anche la mancanza di personale, di visita o ricovero, ammassati lungo i corridoi, sono rimasti esposti a correnti d'aria:
   a questa difficile situazione si deve comunque aggiungere la situazione di continua emergenza che vive questa struttura ospedaliera a seguito dei sempre più numerosi sbarchi di migranti. I quali vengono accolti senza il rispetto delle anche minime norme sanitarie;
   tutto questo accade e continua ad accadere nonostante le rassicuranti parole del Ministro della salute che il 10 giugno 2014 in relazione agli sbarchi ha affermato: «È previsto ed attivo un meccanismo di sorveglianza delle condizioni di salute di tutti i migranti in arrivo, in particolare con riferimento alle malattie infettive, a tutela della salute pubblica e nel rispetto delle previsioni del Regolamento Sanitario internazionale»;
   l'ospedale Umberto I non è il solo ad essere sotto la lente d'ingrandimento in questi giorni. La procura di Siracusa infatti ha aperto un'inchiesta sulle carenze igieniche e strutturali riscontrate dai Nas all'ospedale «Muscatello» di Augusta. Gli accertamenti, disposti dal procuratore di Siracusa, hanno accertato «la mancanza di locali, servizi e spazi necessari per lo svolgimento delle attività mediche, in difformità a norme che regolano la materia sanitaria, di sicurezza e antincendio». Il Direttore generale dell'Asp (l'azienda sanitaria), dopo la conclusione degli accertamenti, con atto urgente, ha disposto la sospensione di tutte le attività nel blocco operatorio, per dare avvio ai necessari lavori di ristrutturazione, necessari per la messa a punto delle varie prescrizioni;
   la situazione sopra riportata con riferimento a diverse strutture ospedaliere della regione siciliana risulta in netto contrasto con le affermazioni rese dal Ministro della salute e dall'assessore regionale alla salute il 9 dicembre 2013, a Palermo, in occasione dell'inaugurazione del nuovo reparto oncologico dell'Ospedale Civico: «È un investimento – affermava il Ministro Lorenzin – che ha lo scopo di garantire a tutti i cittadini, anche nel meridione, l'accesso a prestazioni sanitarie adeguate e di alto livello, senza dovere recarsi in altre parti d'Italia». Dello stesso avviso l'assessore regionale alla salute, Lucia Borsellino. «Oggi si suggella un momento importante per la Sanità siciliana e per il suo rilancio. Bisogna impedire – affermava la Borsellino – la migrazione dei pazienti che vanno in cerca di strutture adeguate fuori dalla provincia di Palermo o addirittura fuori dalla Sicilia» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza abbia intenzione di adottare, anche con riferimento alle affermazioni espresse in occasione dell'inaugurazione della sua visita a Palermo il 9 dicembre 2013. (4-08291)


   SORIAL. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo fonti di stampa Milano avrebbe esaurito già in questi primi giorni di marzo il bonus dei 35 sforamenti consentiti in un anno, ovvero 35 giorni concessi dall'Europa al di sopra della soglia del Pm10 che sarebbe fissata a 50 microgrammi per metro cubo d'aria;
   per l'Europa Milano sarebbe dunque «fuorilegge» e anche nelle dieci centraline provinciali, negli ultimi giorni di febbraio 2015, i limiti medi erano oltre il valore di 65 microgrammi;
   la questione non riguarderebbe solo il numero di giorni in cui il Pm10 ha superato la soglia di legge, ma anche la media delle concentrazioni: 56 microgrammi contro i 40 stabiliti sempre dall'Europa come limite massimo;
   i danni delle polveri sottili sono ampiamente noti: dichiarate cancerogene dalla Iarc (agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), in grado di provocare malattie respiratorie e cardiache, nella pianura padana sono in grado di abbassare di 3 anni l'aspettativa media di vita;
   la pianura padana è stabilmente tra le cinque regioni più inquinate del pianeta: addirittura nel gennaio 2011 nelle città di Milano, Brescia, Verona, Padova, Treviso e Ferrara, l'inquinamento è stato così consistente da produrre un fenomeno di «neve chimica», ovvero una particolare forma di pioggia di ghiaccio causata dalla presenza massiccia di particolato nell'aria;
   l'interrogante aveva già denunciato la gravissima situazione dell'inquinamento atmosferico in Lombardia con ben due atti di sindacato ispettivo ormai datati, l'atto n. 4-02850 che risale addirittura al 5 dicembre 2013, e quello n. 4-05434 dell'8 luglio 2014, rimasti a tutt'oggi senza risposta, in cui si sottolineavano anche i risultati di importanti ricerche scientifiche sugli effetti dannosi dell'inquinamento atmosferico nei minori: secondo la ricerca del progetto «Respira — “Danni al Dna nelle cellule della mucosa buccale di bimbi d'età prescolare esposti ad alti livello di inquinamento urbano”», l'aria avvelenata da polveri sottili provoca ai bimbi alterazioni cromosomiche che si traducono in significative probabilità di sviluppare, in età adulta, malattie tumorali;
   l'inquinamento atmosferico nuoce all'ambiente e alla salute umana e, nelle zone più inquinate, riduce in media di due anni l'aspettativa di vita: secondo gli esiti di una ricerca condotta su 300 mila persone in 9 Paesi europei seguite nel corso di ben tredici anni, pubblicati dalla rivista Lancet Oncology, la presenza dei biossidi d'azoto, dell'ozono e degli idrocarburi volatili, presenti nell'aria delle città, fa aumentare drammaticamente il rischio di cancro polmonare, per non parlare delle pericolosissime polveri cosiddette ultra-fini, di cui si sa che incidono pesantemente anche su infarti e aritmie, e di cui in effetti si conosce ancora troppo poco;
   l'Unione europea stima che l'aria avvelenata è causa di circa 500 mila morti premature ogni anno;
   il diritto alla salute ex articolo 32 Costituzione, nell'ambito del Titolo Il «Rapporti etico-sociali» della Costituzione relativa all'elencazione dei diritti sociali, gode di un particolare rilievo essendo l'unico diritto in tutta la Carta costituzionale a cui viene attribuito e riconosciuto il carattere di «fondamentale»;
   gli ambientalisti chiedono da tempo interventi per ridurre l'inquinamento atmosferico anche attraverso la riduzione delle auto; il presidente lombardo di Legambiente Damiano Di Simine ha dichiarato a questo proposito: «Abbiamo già sforato nonostante a gennaio e febbraio abbia piovuto oltre la media. Il vero nodo è la mobilità, siamo la Regione più motorizzata d'Europa con il 20 per cento di veicoli in più della media. C’è un milione di auto di troppo in Lombardia: la Regione entro il 2020 dovrebbe eliminarle. Ci sono ancora troppo poche alternative all'auto privata. Servono investimenti più efficienti nel trasporto pubblico anziché buttare via i soldi in strade e autostrade inutili» –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente della gravissima situazione dell'inquinamento atmosferico a Milano esposta in premessa e se non ritengano opportuno ed urgente assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché sia posto rimedio a questa emergenza ambientale e sanitaria per rendere effettivo il diritto alla salute della popolazione italiana sancito dalla Costituzione;
   per quali ragioni non si sia ancora assicurata la piena conformità con la normativa comunitaria in materia di qualità dell'aria e se il Governo non intenda avviare tutte le iniziative necessarie di propria competenza in questa direzione, come la promozione di una maggiore implementazione ed ottimizzazione del trasporto pubblico, anche al fine di evitare le pesanti sanzioni previste in caso di mancato rispetto dei vincoli europei;
   se non si intenda promuovere, anche attraverso l'Istituto superiore di sanità, un'approfondita analisi di monitoraggio sugli effetti dell'inquinamento atmosferico sulla popolazione delle zone più inquinate come la Pianura Padana, anche alla luce delle nuove scoperte sui danni al dna nei bambini di cui in premessa. (4-08296)


   COSTANTINO, NICCHI, FERRARA, SCOTTO, RICCIATTI, KRONBICHLER, MARCON, FRATOIANNI, MELILLA, SANNICANDRO e DURANTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 marzo, numerosi giornali hanno riportato la notizia di una giovane donna genovese di diciassette anni che ha rischiato di morire per un aborto provocato dall'assunzione di 9 pillole di Cytotec, un farmaco curativo dell'ulcera, e indicato da alcuni blog internet come un farmaco abortivo;
   il fatto sarebbe successo nell'autunno del 2013;
   la notizia è emersa dopo la denuncia da parte della madre della ragazza nei confronti dell'ex fidanzato della figlia, che si sarebbe procurato in maniera regolare la ricetta per il medicinale presso il medico di famiglia dicendo di avere bisogno di una cura post-antibiotica;
   il ventenne sostiene di aver agito di comune accordo con l'allora fidanzata, prima ancora di accertare l'effettiva gravidanza;
   in Italia, come denunciano molte associazioni di medici e di donne vige una concreta difficoltà di reperire un medico che sia disponibile ad eseguire aborti alle donne che vi si rivolgono presso le pubbliche strutture ospedaliere (mancanza di medici non obiettori e ridotti posti letto), in inottemperanza con la legge che tutela il diritto alla salute e con la legge 194;
   il Comitato per i diritti sociali del Consiglio d'Europa ha dichiarato l'Italia colpevole del mancato rispetto del diritto all'aborto. Un diritto diventato acquisito nel 1978, quando, appunto, la legge 194 ha sancito la legalità nonché la disciplina dell'interruzione volontaria di gravidanza (IVG), che prima era reato;
   questo costringe molte donne a ricorrere a rimedi chirurgici e farmacologici che mettono a rischio la loro salute e la loro stessa vita, perché viene troppo spesso negato loro di essere assistite, come la legge prevede, presso strutture mediche laiche –:
   alla luce del fatti esposti in premessa e delle numerose interrogazioni parlamentari già rivolte al Ministro come intenda agire per garantire un diritto sancito dalla legge n. 194 rispettare il diritto all'aborto delle donne, e che genere di politiche intenda mettere in campo per garantire la presenza costante di medici non obiettori negli ospedali e adeguarsi agli standard europei. (4-08302)


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 25 febbraio 2015, a Ponteacco, frazione del comune di San Pietro al Natisone, in Friuli Venezia Giulia, il signor Erik Tuan di 47 anni è deceduto in seguito a un improvviso malore che lo ha colpito poco dopo le ore 20,00;
   all'immediata richiesta di intervento del 118 da parte dei familiari, è risultata disponibile solamente una squadra della guardia medica, in quanto delle due ambulanze in servizio per il comune di Cividale, solo una risultava effettivamente operativa ma già impegnata in un intervento a Udine, mentre l'altra era bloccata e inutilizzabile presso il nosocomio di Cividale per mancanza di personale;
   l'unico mezzo di soccorso disponibile, proveniente da Udine ha impiegato ben 40 minuti, che sarebbero risultati purtroppo fatali, per giungere presso l'abitazione di Erik Tuan. Le manovre di rianimazione proseguite per quasi un'ora non hanno dato l'esito sperato e l'uomo, sposato e padre di una bimba di pochi anni, è deceduto poco dopo;
   le linee guida ministeriali sul sistema delle emergenze sanitarie prevedono che il soccorso sanitario primario debba estrinsecarsi in un periodo di tempo non superiore ai 20 minuti per gli interventi in area extraurbana; diventa, allora, necessario individuare le cause e le relative responsabilità in merito al fatto che l'ambulanza sia arrivata ben 25 minuti dopo la chiamata al 118;
   a questo riguardo le dichiarazioni del dottor Giulio Trillò sostituto direttore della centrale operativa del 118 regionale appaiono illuminanti: in merito all'ambulanza ferma nel piazzale del nosocomio friulano per mancanza di personale ha affermato: «Il sistema ha dato il massimo che poteva sulla base delle risorse disponibili. La seconda ambulanza a Cividale è rimasta ferma dal pomeriggio di mercoledì perché le assenze per infortunio e malattie ci hanno impedito di poter utilizzare quel mezzo e coprire il servizio con un infermiere “di sistema”. Non abbiamo infermieri e non c'erano risorse da attivare; in nessuna maniera si è riusciti a coprire il servizio del secondo mezzo neppure richiamando personale dalle ferie. È un problema di sistema, che mostra come la coperta sia davvero troppo corta e si viva sempre ai limiti»;
   il drammatico episodio descritto rappresenta solo la punta dell’iceberg di una situazione di degrado generalizzato in cui sta scivolando la sanità regionale da un paio di anni a questa parte e ciò nonostante l'aumento delle risorse destinate al comparto;
   la carenza di infermieri nei reparti ospedalieri è ormai cronica; sono sempre più diffusi i ricoveri fuori reparto a causa di una cattiva organizzazione denunciata molto spesso dai medici stessi; molti pazienti devono sostenere tempi di attesa anche di venti ore al pronto soccorso di Udine, Cividale, Trieste e Gorizia, senza essere nemmeno visitati; si registra anche un sistematico sforamento dei tempi di attesa per le analisi diagnostiche e crescenti difficoltà a garantire i livelli essenziali delle prestazioni erogate;
   in occasione dello svolgimento dell'interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-1309, riferita a un'analoga drammatica vicenda riguardante la sanità siciliana, il Ministro interrogato ha comunicato di aver inviato presso le strutture sanitarie regionali una task force, tra l'altro «al fine di adottare ogni misura coercitiva, anche in via sostitutiva» rientrante nelle competenze del dicastero della salute –:
   se il Ministro interrogato non ritenga che sussistano i presupposti per una verifica ispettiva, come avvenuto in recenti casi analoghi, attraverso l'invio nella regione Friuli Venezia Giulia di una task force, composta da ispettori del Ministero con il compito di ricostruire la dinamica dei fatti, per accertare se la morte del signor Erik Tuan nonché le numerose altre criticità indicate in premessa siano da attribuire a carenze organizzative del sistema sanitario, con particolare riferimento al settore delle cure primarie e del pronto soccorso. (4-08306)


   MARCHETTI e RICCIATTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la normativa nazionale in materia di livelli essenziali di assistenza, (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 dicembre 2001, allegato 1C, a integrazione socio-sanitaria, macro livello assistenza territoriale semiresidenziale), stabilisce che per le prestazioni diagnostiche, terapeutiche e socioriabilitative erogate in regime semiresidenziale a favore di disabili gravi la percentuale di costo attribuibile al servizio sanitario nazionale è pari al 70 per cento, la restante quota essendo a carico dell'utente o del comune;
   la regione Marche, nel ridefinire le tariffe dei servizi sociosanitari, ha recentemente deliberato (delibere 1195 del 2013 e 1331 del 2014) che solo ai primi 10 utenti del centro diurno è riconosciuta la quota sanitaria del 70 per cento (43,10 euro) prevista nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, mentre per i successivi utenti il servizio sanitario assume una quota forfetaria pari a 15,10 euro;
   nella regione Marche le persone disabili gravi che ricevono assistenza presso i centri diurni interessati alla modifica di cui sopra sono oltre 1.050;
   la regione Marche non ha inoltre dato applicazione alle disposizioni riguardanti l'assistenza tutelare (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 dicembre 2001, Allegato 1C, macro livello assistenza territoriale, ambulatoriale e domiciliare) che prevede che sia a carico del servizio sanitario il 50 per cento del costo della prestazione;
   la delibera, 1331 del 2014 «Accordo tariffe assistenza residenziale e semiresidenziale tra Regione Marche ed enti gestori – modifica dgr 1011 del 2013» nel ridefinire le tariffe dei servizi sociosanitari non indica i criteri in base ai quali sono state rimodulate le tariffe, il che espone il provvedimento a ricorsi pregiudizievoli per la governance dell'intero sistema, con potenziali effetti anche sulla spesa, e costituisce una incrinatura al principio della trasparenza cui dovrebbero ispirarsi tutti gli atti dell'amministrazione pubblica;
   la rimodulazione delle quote a carico del servizio sanitario, dell'utente o del comune appare in contrasto con la normativa nazionale sui livelli essenziali di assistenza sociosanitaria e può avere pesanti ripercussioni sulla qualità di vita delle persone coinvolte e dei loro nuclei familiari;
   in molte regioni italiane l'assistenza sociosanitaria risulta oggetto di continue limitazioni, a causa delle restrizioni imposte sia al servizio sanitario nazionale (al quale compete l'erogazione delle prestazioni sanitarie e la quota sanitaria delle prestazioni integrate) sia ai comuni (ai quali compete la quota sociale in caso di utenti economicamente deboli) –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e quali strumenti ritenga di mettere in atto al fine di verificare e monitorare, in tutto il territorio nazionale, il rispetto delle disposizioni in materia di assistenza socio-sanitaria, oggetto di crescenti restrizioni, ancorché fondamentale per la qualità della vita di molte persone con disabilità;
   quali iniziative di competenza intenda avviare per far rispettare in tutto il territorio nazionale la vigente normativa in materia di livelli essenziali di assistenza sociosanitaria. (4-08307)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   SOTTANELLI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il lavoratore turnista e quello non turnista sono soggetti al medesimo sistema contrattualistico, ai fini della definizione di lavoro ordinario e lavoro straordinario, nonché a quello disciplinante l'attività prestata in giorno festivo e festivo infrasettimanale;
   l'orario ordinario di lavoro per il personale turnista è di 35 ore settimanali articolate su 5 giorni. Il comandante è tenuto alla programmazione mensile dei turni di lavoro nel rispetto dell'orario ordinario di lavoro settimanale contrattuale;
   i lavoratori inseriti in prestabiliti turni di lavoro possono essere, conseguentemente, chiamati in via ordinaria a svolgere le proprie prestazioni sia nei giorni feriali non lavorativi, sia nelle giornate festive (domeniche e infrasettimanali), nel rispetto degli obblighi derivanti dalla periodica predisposizione dei turni di lavoro;
   può accadere che nel turno possano cadere giornate festive (domeniche e festività infrasettimanali) e che al personale turnista che presta attività lavorativa in giornata festiva infrasettimanale come in quella domenicale secondo le previsioni del turno di lavoro, spetti il compenso previsto dall'articolo 22, comma 5, del CCNL (la maggiorazione del 30 per cento della retribuzione). Al lavoratore turnista chiamato in via ordinaria a lavorare di domenica compete inoltre il riposo compensativo (il recupero) in giorno diverso dalla domenica;
   lo stesso vale per il lavoratore turnista chiamato in via ordinaria a lavorare di festivo infrasettimanale. Nella programmazione dei turni di lavoro si deve prevedere il riposo compensativo (riferito al festivo infrasettimanale lavorato) in aggiunta al riposo settimanale;
   occorre evidenziare che, nel caso di festività infrasettimanali il debito orario settimanale (il normale orario di lavoro) di tutti i dipendenti (turnisti e non turnisti) dell'ente si riduce delle ore che non vengono lavorate nel giorno della festività infrasettimanale (di una giornata);
   sia i turnisti che i non turnisti hanno diritto al riconoscimento dei giorni festivi infrasettimanali quali giorni di riposo in aggiunta alle ferie. Il non turnista riposa il giorno festivo infrasettimanale, il turnista può riposare anche in altra data secondo la programmazione dei turno (come per il lavoro in turno festivo domenicale);
   non esiste, dal punto di vista normativo, alcuna differenza di trattamento fra lavoratori turisti e non turnisti. Tanto meno il contratto collettivo nazionale del lavoro prevede una espressa deroga al diritto al riposo nelle festività infrasettimanali. Il lavoro ordinario pertanto è uguale per entrambi. Al lavoratore non turnista viene corrisposta la medesima e stessa retribuzione «ordinaria» anche nella settimana ove ricada il festivo infrasettimanale benché non lavorato. Stessa regola quindi per il lavoratore turista soggetto alla stessa normativa, soggetto pertanto al diritto al riposo;
   nel comune di Teramo l'organizzazione della polizia municipale prevede personale turista e personale non turista. Al personale non turista per il festivo infrasettimanale viene previsto il riposo. Al personale turista per il festivo infrasettimanale se lavorato (per la mancata fruizione del festivo infrasettimanale) nella programmazione dei turni non viene previsto il riposo compensativo;
   a parere dell'interrogante, si è in presenza di una errata quantificazione dell'orario normale (ordinario) di lavoro. Infatti, il debito orario (il normale orario di lavoro), in carenza della richiamato riposo compensativo viene aggravato da un plus orario non dovuto dal dipendente turista coinvolto che patisce un danno quantificabile nelle ore prestate in una giornata lavorativa resa in giorno festivo infrasettimanale;
   tutto ciò causa una grave disparità di trattamento. Il personale turista, infatti si trova nell'arco dell'anno a lavorare fino a 12 giorni in più del restante personale dipendente (il numero delle giornate dipende dalla coincidenza delle festività infrasettimanali con le domeniche) –:
   quali urgenti iniziative intenda porre in essere per equilibrare la situazione di disparità descritta in premessa, tra lavoratori turnisti e non e se non ritenga opportuno dare i necessari chiarimenti interpretativi in merito alla situazione dei lavoratori turnisti chiamati a lavorare in un giorno festivo infrasettimanale e per i quali dovrebbe essere previsto il riposo compensativo (riferito al festivo infrasettimanale lavorato), in aggiunta al riposo settimanale. (3-01341)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO, RIZZETTO, BECHIS, BARBANTI, BALDASSARRE, TURCO e SEGONI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 163 del 2006, stabilisce i requisiti e le modalità di partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici;
   all'articolo 34, infatti elenca i soggetti cui possono essere affidati i contratti pubblici;
   tra questi sono previsti gli imprenditori individuali, gli artigiani, le società commerciali e cooperative, i consorzi tra società cooperative, i consorzi tra imprese artigiane, i consorzi stabili anche costituiti in forma di società consortili, e altro;
   nello stesso decreto all'articolo 39 viene stabilito che i concorrenti alle gare possono essere invitati a provare la loro iscrizione, tra l'altro, «presso i competenti ordini professionali»:
   il decreto, essendo stato emanato nel 2006, non tiene conto delle professioni associative che hanno avuto una compiuta regolamentazione solo attraverso la legge n. 4 del 2013 e che costituiscono ormai il secondo pilastro del mondo professionale: è chiaro che questi professionisti non possono essere più esclusi dalle gare per assegnare contratti pubblici;
   attualmente, se un'amministrazione necessita di un professionista associativo (ex legge n. 4 del 2013) deve necessariamente ricorrere al sotterfugio di rivolgersi ad una società che le fornisca il servizio professionale, anche se la tipologia dell'incarico non richiede una specifica organizzazione, in quanto non ha la possibilità normativa di richiedere direttamente il professionista in grado di svolgere il servizio richiesto;
   questo «vuoto normativo» diventa di fatto un vincolo ingiustificato e comporta, come conseguenze immediate ed evidenti: a) la riduzione ingiustificata delle opportunità professionali del singolo professionista; b) l'innalzamento del costo del servizio (il ricorso a società organizzate fa crescere i costi); c) la riduzione del compenso del professionista (la quota parte spettante alla società «intermediaria» incide normalmente tra il 50 e il 60 per cento del compenso pagato dall'amministrazione pubblica);
   pertanto alla luce dell'innovazione normativa avvenuta con la legge n. 4 del 2013 si ritiene un atto di giustizia sociale inserire, tra i soggetti che possono partecipare alle procedure di affidamento, anche i professionisti in possesso dell'attestato ai sensi dell'articolo della legge n. 4 del 2013 (tale attestato garantisce all'amministrazione le competenze del professionista, la sua deontologia, il suo aggiornamento professionale e la sua capacità di rispettare gli standard qualitativi professionali –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato rispetto alla situazione esposta in premessa;
   se non intenda, anche alla luce della legge n. 4 del 2013, assumere iniziative normative per inserire nell'elenco dei soggetti abilitati alla richiesta di partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici anche i professionisti finora esclusi dalla normativa in questione. (5-04931)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FIORIO, SANI, OLIVERIO, CENNI, LUCIANO AGOSTINI, TERROSI, TENTORI, TARICCO, CARRA, ANTEZZA, MONGIELLO, ROMANINI e PRINA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposto ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dello sviluppo economico;
   le funzioni e le risorse umane di Buonitalia spa in liquidazione sono state trasferite, (in coerenza con le disposizioni previste dall'articolo 12, comma 18-bis, della Legge numero 135 del 2012) all'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane con il decreto 28 febbraio 2013 del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, del Ministro delle sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle Finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione;
   la legge numero 147 del 2013 ha rafforzato tale disposizioni, novellando la Legge numero 135 del 2012, e specificando che i «dipendenti a tempo indeterminato in servizio presso la predetta società al 31 dicembre 2011, previo espletamento di apposita procedura selettiva di verifica dell'idoneità, da espletare anche in deroga ai limiti alle facoltà assunzionali, sono inquadrati, anche in posizione di sovrannumero rispetto alla dotazione organica dell'ente, riassorbibile con le successive vacanze, nei ruoli dell'ente di destinazione sulla base di un'apposita tabella di corrispondenza approvata con il predetto decreto. I dipendenti trasferiti mantengono il trattamento economico fondamentale, percepito al momento dell'inquadramento»;
   nonostante tali disposizioni di legge ad oggi 19 ex dipendenti di Buonitalia non sono stati ancora assunti dall'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane;
   con risposta all'interrogazione 4-02452, il vice ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda ha evidenziato come l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, abbia completato tutte le attività propedeutiche allo svolgimento della procedura selettiva, ma contrariamente a quanto previsto dalla normativa, l'Agenzia ha avviato un vero e proprio concorso sul modello di quelli adottati in precedenza per la selezione di personale esterno –:
   per quale motivo l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane non ha rispettato le norme previste dalla legge n.135 del 2012 e dalla legge n.147 del 2013 e quali provvedimenti urgenti intenda intraprendere affinché gli ex dipendenti di Buonitalia, citati in premessa, vengano effettivamente assunti dopo una selezione propedeutica all'inquadramento professionale. (5-04932)


   RICCIATTI e LUCIANO AGOSTINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Gruppo Prysmian è una realtà multinazionale che opera nel settore dei cavi e sistemi per l'energia e le telecomunicazioni. Il Gruppo vanta nel 2013 un fatturato di circa 7 miliardi di euro e una presenza in 50 paesi con 91 stabilimenti e circa 19.000 dipendenti, posizionandosi in particolare nella fascia di mercato a più elevato contenuto tecnologico;
   nel settore dell'energia, il Gruppo Prysmian opera nel business dei cavi e sistemi terrestri e sottomarini per la trasmissione di energia, cavi speciali per applicazioni in diversi settori industriali e cavi di media e bassa tensione per le costruzioni edili e le infrastrutture, mentre per il settore delle telecomunicazioni produce cavi e accessori per la trasmissione di voce, video e dati, con fibra ottica, cavi ottici e in rame e sistemi di connettività;
   in Italia il Gruppo opera attraverso la società Prysmian Cavi e Sistemi Italia srl, con sede legale a Milano, in Viale Sarca 222;
   Prysmian produce in Italia negli stabilimenti di Merlino (LO), Giovinazzo (BA), Pignataro Maggiore (CE), Livorno, Ascoli Piceno, Origgio (VA) e Quattordio (AL) cavi e accessori per la generazione, il trasporto e la distribuzione dell'energia elettrica; per il cablaggio di navi, per i sistemi di sollevamento, per treni e metropolitane; per le linee ferroviarie, per ascensori, per l'alimentazione e il controllo di impianti industriali, per le energie rinnovabili, come il fotovoltaico e l'eolico. Inoltre, Prysmian Italia è il centro di eccellenza per la progettazione, la vendita e la produzione di cavi ed accessori dedicati ad impianti petrolchimici e di estrazione, infrastrutture e piattaforme offshore;
   attraverso la Società Prysmian PowerLink srl, il Gruppo produce – nello stabilimento di Arco Felice (NA) – cavi sottomarini, impiegati per la realizzazione dei più grandi collegamenti esistenti al mondo, mentre nell'ambito del business Telecomunicazioni, Prysmian Italia opera sul mercato italiano ed estero con una struttura dedicata, la società Fibre Ottiche Sud srl di Battipaglia (SA) è specializzata nella produzione di fibre ottiche;
   si tratta, quindi, di una azienda ad alto contenuto tecnologico e con una consistente presenza in Italia, con fatturati in attivo e leadership nel settore riconosciuta a livello mondiale;
   il 27 febbraio 2015 la società ha annunciato la propria volontà di chiudere lo stabilimento di Ascoli Piceno, che conta 120 lavoratori;
   secondo quanto riportano fonti sindacali non ci sarebbero al momento margini di discussione con, l'azienda in merito alla possibilità di evitare la chiusura, mentre qualche possibilità ci sarebbe in ordine alla gestione della fase di chiusura stessa. Graziano Bachetti della Rsu Cgil ha affermato, infatti, che «il capo del personale Gianluca Delle Piane ha fatto intendere che ci sarebbe potuta essere un'apertura sul come gestire la chiusura, probabilmente nell'ottica di ricollocamenti o incentivazioni» (dichiarazione riportata dal Corriere Adriatico del 1o marzo 2015);
   sono immaginabili, anche nel caso più roseo della ricollocazione in altri stabilimenti, i gravi disagi che i 120 lavoratori dello stabilimento di Ascoli potrebbero dover affrontare a seguito della decisione della chiusura dello stabilimento. Si pensi soltanto all'ipotesi di trasferimento in altri stabilimenti situati a centinaia di chilometri di distanza dal luogo di residenza, che costringerebbe i lavoratori a riprogrammare la propria vita e quella delle proprie famiglie, sopportando ulteriori spese che contrarrebbero sensibilmente la loro disponibilità economica. Senza contare le ovvie ripercussioni economiche negative su un territorio già colpito significativamente da crisi industriali;
   il Governo ha stanziato 430 milioni di euro per finanziamenti agevolati che il Ministero dello sviluppo economico concederà alle imprese del sud Italia che hanno partecipato ai bandi «Investimenti innovativi» e «Efficienza energetica» in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Sono state oltre 1000 le imprese del Meridione che hanno presentato domanda di accesso ai due bandi aperti rispettivamente il 4 marzo 2014 ed il 29 aprile 2014, delle quali 856 potranno contare su agevolazioni sotto forma di finanziamento rimborsabile che andranno a coprire il 75 per cento dei costi totali ammissibili dei programmi di investimento in innovazione tecnologica o per la riduzione del consumo di energia primaria, pari in tutto a 574 milioni di euro (dati Ministero dello sviluppo economico);
   il vice presidente della regione Marche Antonio Canzian ha dichiarato di aver ottenuto preoccupanti informazioni da fonti ministeriali secondo le quali «la Prysmian è risultata nei primi posti della speciale graduatoria del bando di 430 milioni per Efficienza e Innovazione alle imprese del sud Italia, l'azienda avrebbe così ottenuto un finanziamento di 40 milioni per l'ampliamento dello stabilimento di Giovinazzo, in Puglia» (dichiarazione riportata dal Corriere Adriatico del 3 marzo 2015); traendo, da ciò, la conclusione che la chiusura dello stabilimento di Ascoli sia riconducibile alla maggior convenienza nel produrre nel sud Italia a seguito del programma di incentivi citato;
   alla Prysmian sarebbe stata concessa un'agevolazione di 32 milioni di euro di cui 13 a fondo perduto e 19 con finanziamento agevolato per gli stabilimenti di Arco Felice (Napoli), Battipaglia (Salerno), Pignataro Maggiore (Caserta) (fonte Corriere Adriatico del 3 marzo 2015);
   se tale indiscrezione fosse confermata si porrebbe, con tutta evidenza, la necessità di inibire un utilizzo distorto di incentivi e agevolazioni – pur positivi – volti a stimolare la crescita in una area del Paese economicamente depressa –:
   quali iniziative intende intraprendere il Ministro interrogato per salvaguardare lo stabilimento Prysmian di Ascoli;
   se non ritenga opportuno convocare immediatamente un tavolo al Ministero dello sviluppo economico tra azienda, organizzazioni sindacali e rappresentanti delle istituzioni del territorio;
   se sia in grado di confermare la concessione di agevolazioni pubbliche per gli stabilimenti Prysmian situati nel sud Italia;
   se non ritenga di intervenire, anche con iniziative di carattere normativo, per correggere le possibili distorsioni che la concessione di incentivi può attivare, prevedendo – ad esempio – misure di esclusione di incentivi e agevolazioni per realtà economiche multinazionali, in attivo e già operanti con successo nel nostro territorio nazionale. (5-04933)


   PRODANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del 18 aprile 2013 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro per i beni e le attività culturali hanno sospeso per sei mesi l'efficacia della valutazione di impatto ambientale (rilasciata il 17 luglio 2009) sul progetto presentato dalla società Gas Natural Italia per un impianto di rigassificazione di metano liquido (Gnl) a Zaule, nel porto di Trieste;
   il provvedimento sopra citato ha accolto il parere della Commissione via del dicastero che – a sua volta – aveva recepito i pareri negativi dell'autorità portuale di Trieste e della regione Friuli Venezia Giulia, prendendo atto delle mutate situazioni del traffico marittimo triestino e delle prospettive di potenziamento previste dal Piano regolatore portuale di Trieste;
   il rigassificatore, se realizzato con le modalità progettate dalla Gas Natural, non sarebbe stato compatibile con il traffico portuale attuale e con gli sviluppi futuri dello scalo;
   il riferimento a Zaule quale luogo per la realizzazione del terminale Gnl – nella stesura iniziale dei cosiddetti «progetti di interesse comune» (projects of common interest, Pci) della Commissione europea, nell'ambito delle infrastrutture energetiche – è stato sostituito, successivamente alla riunione del gruppo decisionale sui Pci il 24 luglio 2013, con l'indicazione generica di «una località nell'Alto Adriatico che verrà determinata dall'Italia in accordo con la Slovenia»;
   il 18 ottobre 2013 è scaduta la sospensione di sei mesi della via per Zaule, senza che si sia verificata nessuna delle due condizioni indicate dal summenzionato decreto per un esito positivo della valutazione: la multinazionale spagnola Gas Natural non ha presentato proposte di localizzazioni alternative e l'autorità portuale di Trieste non ha rivisto al ribasso le stime di traffico marittimo che, già a fine 2012, avevano portato a sostenere l'incompatibilità dell'infrastruttura con le prospettive di sviluppo dello scalo;
   l'interrogante aveva ricevuto rassicurazioni dai rappresentanti del Governo in risposta ad alcune interrogazioni presentate in materia, come nel caso della n. 4-00914 a cui ha replicato in forma scritta il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico Claudio De Vincenti;
   secondo la risposta pubblicata martedì 3 giugno 2014 nell'allegato B della seduta n. 238 dell'Assemblea della Camera: «Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto di sua competenza, ha precisato che lo schema di decreto di revoca in questione, già firmato dal Ministro pro tempore, Andrea Orlando, era stato inoltrato per la firma del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, in data 13 febbraio 2014, ma, essendo nel frattempo mutata la compagine governativa, lo stesso decreto è stato restituito dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai fini dell'acquisizione della firma dei Ministri ora in carica. Lo schema di decreto è attualmente al vaglio del nuovo Gabinetto, in quanto il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare appena insediato sta procedendo ai controlli e agli approfondimenti procedurali e amministrativi di rito sulla questione prima della firma»;
   il 6 febbraio 2015 la commissione Via/Vas del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha concluso il supplemento istruttorio in materia, affermando – nel proprio parere n. 1706 – che non vi siano aspetti di incompatibilità ambientali tra le previsioni del proposto nuovo Piano Regolatore Portuale di Trieste ed il progetto del rigassificatore Gnl di Zaule, smentendo quindi il precedente parere negativo;
   netta opposizione al progetto del rigassificatore è stata espressa in più occasioni da molte associazioni del territorio, dagli enti locali coinvolti – non ultima la votazione unanime il 27 febbraio 2015 nel Consiglio comunale di Trieste di una mozione contraria all'impianto – oltre che dalla Regione Friuli Venezia Giulia e all'autorità Portuale di Trieste –:
   quali siano le motivazioni e gli eventuali elementi di novità che hanno portato alla modifica della procedura delineata dal Sottosegretario De Vincenti nella risposta del 3 giugno 2014, con la quale ha sottolineato che i ritardi per la chiusura della pratica fossero dovuti ad una questione formale, visto il cambio ai vertici dei Ministeri interessati;
   se non si ritenga opportuno chiarire – alla luce del recente parere della Commissione via – quali siano le intenzioni del Governo in relazione al progetto dell'impianto Gnl di Zaule. (5-04934)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'INCÀ, BUSINAROLO e BRUGNEROTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste italiane spa, società interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, che sembra attraversare una fase di privatizzazione, ha recentemente approvato il piano industriale e strategico per il quinquennio 2015-2020;
   tale piano, presentato al Governo ed alle organizzazioni sindacali, prevede la chiusura di 455 uffici postali nell'intero territorio nazionale e la riduzione dell'orario di apertura per altri 608;
   il processo di riorganizzazione in atto sta causando notevoli difficoltà nella gestione operativa degli uffici e generando una diminuzione della qualità del servizio fornito alla clientela;
   ad avviso dell'interrogante appare molto discutibile il piano di riorganizzazione nazionale che prevederebbe per il Veneto la chiusura di quasi 50 uffici postali e tra questi 4 solo nella provincia di Belluno;
   da indiscrezioni di stampa si paventa la chiusura degli uffici nelle frazioni di Bolzano Bellunese e Sois nel comune capoluogo, quello della frazione di Meano nel comune di Santa Giustina e quello di Candide nel comune di Comelico Superiore; mentre almeno altri quattro uffici nei comuni di Gosaldo, Zoldo Alto, Lorenzago e Colle Santa Lucia dovranno osservare orari ridotti;
   tali sedi sarebbero descritte da Poste italiane come sedi «inefficienti, antieconomiche e che non svolgono un numero sufficiente di operazioni da giustificarne costi di personale e di sede»;
   con la soppressione di alcuni uffici e il ridimensionamento di altri, i primi a pagarne le conseguenze saranno dunque gli utenti, soprattutto le categorie più deboli, talora già disagiate per le criticità che presentano i territori montani nei quali vivono;
   nelle aree scarsamente abitate come quelle di montagna, e per i cittadini dei piccoli comuni, gli uffici postali rappresentano un servizio fondamentale, nonché un importante punto di riferimento, vista la gamma di servizi offerti;
   la delibera n. 342/14/CONS dell'AgCom presta attenzione all'esigenza di garantire l'effettività dei servizi essenziali anche per le aree in relazione alle quali il servizio presenti alti costi, come denota il divieto di chiusura di uffici postali situati in comuni rurali che rientrano nella categoria dei comuni montani nonché di uffici che costituiscono presidio unico nelle isole minori;
   la medesima delibera prevede altresì che gli interventi di chiusura e di rimodulazione oraria degli uffici postali devono essere comunicati da Poste italiane ai sindaci dei comuni interessati, ovvero alla competente articolazione decentrata dell'Amministrazione comunale, con congruo anticipo, almeno 60 giorni prima della data prevista di attuazione dell'intervento –:
   quali azioni il Ministro intenda intraprendere per garantire il rispetto di quanto stabilito dall'Autorità per il garante delle comunicazioni in ordine al divieto di chiusura degli uffici postali nelle aree svantaggiate;
   quali azioni il Ministro intenda intraprendere per favorire una concertazione tra la direzione di Poste italiane spa e le amministrazioni locali, al fine di scongiurare la possibile chiusura degli uffici postali e il loro ridimensionamento;
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro, per quanto di competenza, al fine di evitare la possibile chiusura di uffici postali e il loro ridimensionamento con particolare riferimento ai comuni riportati in premessa. (4-08278)


   LORENZO GUERINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   presso il comune di Cornegliano Laudense (Lodi) è prevista la realizzazione, da parte di Ital Gas Storage, della conversione di un giacimento esaurito di gas naturale in un impianto di stoccaggio gas;
   l'intervento risulta autorizzato, dalle autorità competenti: Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione Lombardia –:
   se a fronte della relazione della «Commissione Ichese», tale autorizzazione è ancora valida o se la stessa debba essere rivista in relazione alle indicazioni contenute nella relazione stessa. (4-08282)


   TAGLIALATELA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   una recente indagine condotta da un'associazione impegnata nella comparazione di polizze assicurative e prodotti finanziari ha evidenziato come Puglia e Campania continuano ad essere le regioni con i premi per la responsabilità civile auto più alti del Paese;
   soprattutto con riferimento ai giovani neopatentati l'Osservatorio ha rilevato le tariffe più care, con Caserta addirittura in cima alla classifica nazionale per i premi più alti legati alla quattordicesima classe, con una media di 3.061 euro, subito seguita da Napoli dove il costo della polizza è di poco inferiore ai tremila euro;
   il caro assicurazioni che affligge in particolar modo la Campania e in via più generale l'intero Meridione d'Italia non sembra tuttavia dipendere dal numero dei sinistri registrati nelle rispettive zone, posto che proprio i guidatori del Sud sarebbero più virtuosi di quelli delle regioni centrali e settentrionali del Paese, ma sembra basarsi unicamente sul criterio della residenza;
   questo elemento appare tanto più discriminante se si considera che le regioni meridionali sono anche quelle più afflitte dalla disoccupazione o dalla instabilità lavorativa, nonché da classi stipendiali non sempre paragonabili a quelle riconosciute in altre regioni del Paese, e che quindi rendono ancora più gravoso per il consumatore sostenere l'onere di tariffe assicurative tanto elevate –:
   quali iniziative di competenza anche normative, intenda assumere al fine di rendere maggiormente uniformi le tariffe delle polizze assicurative auto per la responsabilità civile, sul territorio nazionale, al fine di evitare ingiuste discriminazioni. (4-08292)


   RICCIATTI, MARCHETTI, LUCIANO AGOSTINI, LODOLINI, VEZZALI, MANZI, QUARANTA, PIRAS, MELILLA, DURANTI, SANNICANDRO, KRONBICHLER e FERRARA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i dati dell'indagine trimestrale «Giuria della Congiuntura», realizzata dal Centro studi Unioncamere Marche presentati il 27 febbraio 2015 certificano nella regione un calo della produzione pari all'1,7 per cento, meno 1,6 per cento per gli ordinativi e meno 0,5 per cento per il fatturato. Positivi, invece i dati del fatturato estero (+1,2) e gli ordinativi dall'estero (+1,9);
   dallo studio citato emerge per le Marche «un quarto trimestre 2014 ancora particolarmente pesante soprattutto per l'artigianato, che ha perso il 2,6 per cento della produzione con il fatturato in calo dell'1 per cento e gli ordinativi del 2,8. Per quanto riguarda i settori manifatturieri, solo la meccanica fa registrare una crescita di produzione (+1,4), fatturato (+1,7) e ordinativi (+1,5). Il segno meno la fa invece da padrone per tutti gli altri settori, con risultati particolarmente pesanti per la produzione del mobile (3,9) e del calzaturiero (-3,7) mentre l'abbigliamento perde il 2,8 per cento e l'alimentare l'1,8. Sul calzaturiero hanno inciso pesantemente le crisi di Ucraina e Russia, con la conseguente riduzione anche di ordinativi esteri (-3,4) e di fatturato estero (-1,9), che invece sono aumentati per gli altri settori»;
   il «Monitor dei distretti», pubblicazione trimestrale della banca Intesa San Paolo dedicata alle aree produttive distrettuali, ha rilevato come la crisi russo-ucraina abbia influito in modo negativo sul commercio e sul volume di nuovi investimenti diretti;
   lo studio citato calcola che «in Russia e in Ucraina l'export dei distretti industriali italiani si sia portato in territorio negativo già nel primo trimestre del 2014, per poi subire un vero e proprio crollo sul mercato ucraino tra aprile e giugno (-30,1 per cento). Nel complesso del primo semestre le esportazioni distrettuali hanno subito un calo dell'8,5 per cento in Russia e del 19,3 per cento in Ucraina»;
   in particolare Fermo, a differenza di altri distretti industriali, «non è riuscito a compensare quanto perso in Russia e Ucraina, accusando un calo complessivo dei valori esportati»;
   il presidente della CariFermo Amedeo Grilli, in una intervista apparsa sulla testata Milano Finanza del 1o novembre 2014, ha spiegato come «il distretto di Fermo nel 1o semestre 2013 aveva esportato in Russia e Ucraina per 160 milioni di euro, ma nel primo semestre del 2014 l'export si è ridotto a 120 milioni», sostenendo inoltre la necessita «che venga rivista a livello nazionale la posizione verso Mosca, tenendo conto delle esigenze dei distretti che hanno da tempo consolidati rapporti commerciali con la Russia»;
   tale posizione è condivisa da più voci nel mondo industriale. Il presidente di Assocalzaturifici Cleto Sagripanti ha sostenuto, secondo quanto riportato dall'agenzia Askanews del 13 febbraio 2015, che a preoccupare gli operatori del settore è la situazione di tensione tra Ucraina e Russia, in caso di evoluzione negativa potrebbe iniziare «un nuovo ciclo sfavorevole» perché «La Russia è il mercato di riferimento»;
   dello stesso tenore le dichiarazioni del direttore generale di Banca dell'Adriatico Roberto Dal Mas, secondo il quale «l'andamento negativo dei nuovi mercati è determinato dal calo delle esportazioni registrato in Russia, principale sbocco commerciale per le imprese marchigiane» (agenzia AGI, 27 gennaio 2015). Secondo i dati del centro studi della banca, nei primi nove mesi del 2014 le imprese distrettuali marchigiane hanno ridotto le vendite sul mercato russo del 22,2 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, equivalente a una perdita in valore di 82,7 milioni di euro. Analoghe dinamiche hanno coinvolto le esportazioni dirette in Ucraina, dove il calo è stato superiore al –40 per cento; la crisi russo-ucraina non ha influito solo sul settore industriale, ma anche su quello del turismo e dei servizi connessi. Negli ultimi tre anni la presenza di turisti russi nelle Marche è cresciuta sino al punto che la Russia, in breve tempo, è diventato il terzo paese per presenze turistiche nella regione;
   un turismo non localizzato solo nelle zone balneari ma che ha interessato anche i luoghi d'arte, di cultura e della enogastronomia, e sopratutto i distretti del lusso;
   a tali flussi sono seguiti l'incremento dei voli fra l'aeroporto di Falconara Marittima e Mosca e l'aggiunta di ulteriori tratte aeree come quella di Ekaterinburg, nonché l'incremento dei pacchetti turistici, con mete nelle Marche, venduti dai tour operatori russi, passati dal 4,8 percento del 2013 al ben più consistente 14,4 del 2014;
   nel 2015 le stime sui trend di crescita sono state drasticamente ridimensionate a causa delle sanzioni imposte alla Russia da Stati Uniti e Unione europea;
   in data 5 marzo 2015 il Presidente del Consiglio Matteo Renzi si è recato in visita ufficiale in Russia, dove oltre ai temi della politica internazionale è stato posto anche il tema dei rapporti economici tra i due Paesi;
   nel corso della conferenza stampa congiunta, tra i Italia e Russia, il Presidente del Consiglio dei ministri italiano Matteo Renzi e il presidente della Federazione russa Vladimir Putin, hanno sottolineato l'importanza dei rapporti di cooperazione economica, in diversi settori dall'aeronautica al turismo –:
   compatibilmente con le scelte di politica internazionale volte a scongiurare conflitti tra Paesi confinanti o prossimi geograficamente all'Unione europea, quali misure intende adottare concretamente il Governo italiano per favorire una ripresa dei rapporti commerciali con la Russia;
   in alternativa, quali misure intenda adottare il Governo per sostenere le imprese in difficoltà a causa dell'embargo imposto alla Russia. (4-08300)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Pinna e altri n. 1-00727, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 febbraio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piazzoni.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Pes n. 5-03635, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piccoli Nardelli.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Cominardi e altri n. 5-04802, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 febbraio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tripiedi.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Rubinato e altri n. 5-04863, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 febbraio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Moretto.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Mantero n. 7-00537, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 340 del 28 novembre 2014.

   Le Commissioni XII e XIII,
   premesso che:
    il regolamento 1169/11, adottato da Parlamento europeo e Consiglio il 25 ottobre 2011, ha introdotto una serie di nuove norme relative all'etichettatura degli alimenti, tra queste, in particolare l'obbligo di indicare in etichetta la tipologia di oli e grassi vegetali usati negli alimenti, senza ricorrere alla generica dicitura «oli e grassi vegetali»;
    in Italia, tale obbligo in etichetta, entrerà in vigore dal 13 dicembre 2014 e pertanto, i consumatori italiani, saranno consapevoli del reale contenuto degli alimenti acquistati e consumati;
    la novità introdotta da questo regolamento, risponde in maniera evidente alla richiesta di chiarezza e trasparenza da parte dei consumatori finali, ma anche di alcune aziende che distribuiscono e commercializzano i prodotti alimentari: «Da alcuni anni – spiega Maurizio Sacilotto, direttore dello stabilimento Hosta Italia, un'azienda dolciaria con sede in Friuli – riceviamo la richiesta dai nostri clienti – come Migros in Svizzera, Auchan in Francia e in Italia, Carrefour – di precisare la tipologia di «oli vegetali» in etichetta, e quando usiamo l'olio di palma di indicare la provenienza e l'eventuale produzione ecosostenibile. I quantitativi di olio di palma ecosostenibile non sono però in grado di soddisfare la domanda, per questo molte industrie alimentari devono approvvigionarsi da paesi quali Malesia ed Indonesia dove l'olio è prodotto in coltivazioni di tipo intensivo»;
    l'olio di palma è molto richiesto nell'ambito alimentare per la sua versatilità ed economicità, ha infatti un'elevata resa per ettaro, ha una buona stabilità, resistenza alla cottura e non irrancidisce con caratteristiche simili al burro, tanto da essere il grasso principale di quasi tutte le merendine, i biscotti, gli snack dolci e salati, le creme in vendita nei supermercati; tali cibi sono spesso consumati dalla fascia più giovane della popolazione, tanto che i nutrizionisti consigliano di limitarne l'assunzione, in particolare ai bambini;
    i grassi vegetali, contenuti negli snack e nei dolci, insieme a zuccheri, sodio, coloranti e conservanti, possono essere considerati tra i principali responsabili dell'obesità infantile; in particolare una percentuale molto alta di questi prodotti è realizzata con olio di palma che contiene dal 45 al 55 per cento di grassi saturi a catena lunga come l'acido palmitico e favorisce l'aumento dei livelli di colesterolo;
    in questi giorni il «Fatto Alimentare» ha promosso una petizione, che in soli sei giorni ha raccolto quasi 40 mila firme per sospendere l'utilizzo dell'olio di palma per motivi etici, ambientali e di salute;
    oltre alla salute, l'olio di palma, infatti, incide anche sulla sostenibilità ambientale: diverse organizzazioni non governative hanno denunciato la deforestazione e il conseguente rischio di estinzione di alcune specie animali (come gli oran-gutan, in Indonesia) e vegetali. Secondo alcune fonti, la sostituzione delle foreste con i palmeti rappresenterebbe il 4 per cento delle emissioni globali di gas serra ponendo Indonesia e Malesia, dopo Usa e Cina, nell'elenco delle nazioni responsabili dell'inquinamento globale,

impegnano il Governo:

   ad avviare tutte le iniziative di propria competenza di concerto con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, per prevedere l'esclusione dagli appalti delle mense pubbliche di istituti scolastici, ospedali e aziende pubbliche, nonché dei distributori automatici in essi collocati, di ditte fornitrici di prodotti a base di olio di palma;
   a valutare l'opportunità di promuovere iniziative, anche normative, di sensibilizzazione ed informazione, indirizzata oltre che ai cittadini anche ai grandi distributori di prodotti alimentari che operano sul territorio nazionale, al fine di indurre questi ultimi a non utilizzare l'olio di palma nei prodotti distribuiti con il loro marchio (private label);
   ad aderire alle linee guida del CFS (Committee on World Food Security) – FAO, per una gestione responsabile delle terre, delle foreste e dei bacini idrici;
   ad assumere iniziative per prevedere etichettature evidenti sulla facciata principale del prodotto in cui sia riportata la seguente dicitura: «questo prodotto contiene olio di palma».
(7-00537)
«Mantero, Gagnarli, Grillo, Lorefice, Silvia Giordano, Cecconi, Di Vita, Dall'Osso, Massimiliano Bernini, Parentela, L'Abbate».

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Gnecchi n. 5-04657, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 372 del 5 febbraio 2015.

   GNECCHI e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i giornalisti iscritti al Fondo INPGI 2 – gestione separata, ad oggi non fruiscono di alcuna forma di ammortizzatore sociale ivi compresa l'indennità di disoccupazione;
   il contributo pari 0,72 per cento che viene versato ad oggi nella suddetta gestione separata INPGI 2, è destinato al finanziamento: dell'indennità di maternità, del congedo parentale, dell'assegno per il nucleo familiare e dell'indennità giornaliera di malattia e di degenza ospedaliera;
   il bilancio consuntivo 2013 del Fondo Inpgi 2 – gestione separata, come gli anni precedenti, registra un avanzo di gestione di oltre 40 milioni di euro (differenza fra entrate contributive e uscite per prestazioni) e a fronte dei suddetti dati, nulla è destinato per gli ammortizzatori sociali, penalizzando ulteriormente questi lavoratori, già soggetti a forme di lavoro precario;
   a breve sarà emanato il decreto legislativo di riforma degli ammortizzatori sociali che introduce la nuova Naspi per i lavoratori dipendenti, la Dis-Coll per i lavoratori precari e l'ASDI a favore dei disoccupati indigenti;
   non è previsto che né la nuova NASPI, né la DIS-COLL trovino applicazione ai lavoratori iscritti e alle casse private e rispetto all'ASDI la stessa è erogata dopo il periodo di fruizione della Naspi o della DISCOLL, di conseguenza non è definito se della suddetta ASDI vengano parimenti esclusi i lavoratori iscritti alle casse private –:
   se non ritenga il Ministro interrogato, in quanto soggetto vigilante, di promuovere le necessarie iniziative affinché il Fondo INPGI 2 possa erogare delle prestazioni di sostegno al reddito nei confronti dei lavoratori iscritti. (5-04657)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Prina n. 2- 00851 del 18 febbraio 2015;
   interpellanza urgente Di Gioia n. 2-00854 del 19 febbraio 2015.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Grande n. 4-05480 del 10 luglio 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04922;
   interrogazione a risposta scritta Grande n. 4-06334 del 9 ottobre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04923;
   interrogazione a risposta scritta Grande n. 4-06957 del 20 novembre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04924;
   interrogazione a risposta scritta Realacci e altri n. 4-07781 del 5 febbraio 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04921;
   interrogazione a risposta scritta Impegno n. 4-08225 del 3 marzo 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04935.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Capelli e altri n. 4-08247 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 385 del 4 marzo 2015. Alla pagina n. 22379, seconda colonna, dalla riga prima alla riga seconda, deve leggersi: «CAPELLI e PIRAS. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per» e non come stampato.

  Interrogazione a risposta in Commissione Nicchi e altri n. 5-04914 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 385 del 4 marzo 2015. Alla pagina 22367, seconda colonna, alla riga ventinovesima deve leggersi: «ed efficaci iniziative volte a monitorare e verificare» e non come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   DORINA BIANCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il bando di concorso per l'ammissione a frequentare il quinto corso-concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione ai fini dell'iscrizione di 200 segretari comunali nella fascia iniziale dell'albo dei segretari comunali e provinciali è stato pubblicato sulla GURI n. 86 del 6 novembre 2009; le prove scritte si sono tenute in data 22, 23 e 24 marzo 2011, gli orali si sono svolti nel periodo ottobre-dicembre 2013 e la graduatoria finale è stata approvata il 23 dicembre 2013 e pubblicata sulla GURI n. 3 del 10 gennaio 2014;
   il consiglio direttivo a marzo 2013 ha approvato le direttive per le attività formative e nella medesima seduta è stata deliberata la programmazione dei corsi SPES e SEFA 2013 e ribadita la necessità di predisporre gli atti necessari per il previsto avvio del COA 5 da tenersi nel 2014;
   all'inizio di gennaio 2014 è stato richiesto agli ammessi di confermare, entro un ristretto termine, e a mezzo fax, l'impegno formale a partecipare al quinto corso–concorso;
   numerosi candidati hanno nel frattempo rinunciato a svolgere altre attività lavorative e/o formative in vista dell'imminente avvio del corso;
   in data 14 aprile 2014 si è tenuto un incontro tra il Ministero e le organizzazioni sindacali in vista del consiglio direttivo del 15 aprile 2014 con all'ordine del giorno la programmazione dell'attività di formazione e di aggiornamento professionale relativa all'anno 2014;
   dai comunicati delle organizzazioni sindacali è emersa la volontà dell'amministrazione di procedere alla pubblicazione nel mese di maggio 2014 dei nuovi bandi per i corsi SPES e SEFA 2014, da tenersi rispettivamente nei mesi di settembre e ottobre 2014;
   in occasione del medesimo incontro è altresì emersa la volontà di posticipare l'inizio presunto del COA 5 addirittura a dicembre 2014, ovvero un anno dopo l'approvazione della graduatoria definitiva e dopo 5 anni dalla pubblicazione del bando di concorso, nonostante il consiglio direttivo avesse contezza della necessità del suo celere avvio già nelle adunanze del marzo 2013, ben prima della programmazione dei corsi SPES e SEFA 2014;
   la partecipazione al corso–concorso presuppone, per chi presta attività lavorativa dipendente, la necessità di conoscere per tempo il calendario e la strutturazione del corso, al fine di richiedere al proprio datore di lavoro eventuali aspettative, permessi o part time, dovendo rispettare il preavviso previsto dalla legge o dai vari contratti collettivi di lavoro;
   il legittimo interesse deve essere considerato per i 260 candidati già ammessi al corso, con l'approvazione della graduatoria a dicembre 2013 e in attesa da ben 5 anni di partecipare al corso per portare a termine un già troppo lungo e faticoso percorso concorsuale;
   la conclusione del corso–concorso, così come accaduto per i precedenti COA, non coincide con una contestuale iscrizione all'albo e, conseguentemente, c’è il rischio che con un inizio posticipato del corso a dicembre 2014, o oltre, l'iscrizione dei COA 5 possa essere deliberata solo nella primavera 2016, sette anni dopo l'avvio della procedura concorsuale;
   le recentissime ipotesi di riforma della pubblica amministrazione introducono ulteriori elementi di incertezza in merito al futuro professionale della categoria dei segretari comunali e provinciali;
   l'Unione nazionale segretari comunali e provinciali, in considerazione della proposta di abolizione della figura del segretario contenuta nella lettera del Governo ai dipendenti pubblici, ha proclamato lo stato di agitazione sindacale in quanto le proposte del Governo hanno «lasciato amareggiati le migliaia di Segretari che sono da anni, con dedizione e lealtà verso le Istituzioni, in servizio in tutta Italia, e privi di ogni certezza e le centinaia di giovani Segretari che attendono di entrare in servizio in questi mesi e che costituiscono una ricchezza proprio nell'ottica del ricambio generazionale tanto auspicato da tutti» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda attivarsi con la massima sollecitazione affinché il consiglio direttivo formalizzi l'avvio del corso–concorso COA 5, da tenersi comunque entro il 2014, come già preventivato nelle adunanze di marzo 2013;
   se il Ministro interrogato intenda attivarsi affinché sia pubblicato congiuntamente alla pubblicazione dei bandi SPES e SEFA 2014, prevista per maggio 2014, anche il calendario del corso-concorso COA 5 con la relativa strutturazione interna, scongiurando definitivamente il rischio di eventuali, ulteriori slittamenti; 
   se il Ministro interrogato intenda avviare per tempo tutte le iniziative necessarie per garantire una rapida iscrizione degli ammessi al quinto corso-concorso all'albo dei segretari comunali e provinciali entro l'inizio del 2016, anche in considerazione del fatto che molti sedi di fascia C risulteranno essere vacanti, per la tornata elettorale amministrativa prevista nella primavera 2016 e per l'abilitazione di numerosi segretari alla fascia B. (4-04944)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante chiede notizie su un'ipotesi di riforma in via di predisposizione da parte del Governo in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali, sull'avvio del corso di formazione «Co.A 5» necessario all'immissione in ruolo dei candidati risultati vincitori del corso-concorso per segretari comunali bandito nel 2009, nonché sull'indizione dei bandi dei corsi «Spe.S 2014» e «Se.F.A 2014».
  Si informa che è attualmente all'esame delle competenti commissioni del Senato della Repubblica il disegno di legge 1577, di iniziativa governativa, recante misure per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
  Il provvedimento contiene, all'articolo 10, una delega al Governo in materia di dirigenza pubblica, che incide anche sull'ordinamento dei segretari comunali e provinciali. In sostanza, in relazione a tale istituto, il Governo ha indicato al Parlamento un determinato indirizzo di carattere generale, rimettendosi alle sue valutazioni e alle sue scelte discrezionali.
  Si esprime la certezza che, grazie all'ampia discussione che sicuramente sarà dedicata allo specifico tema, le Camere compiranno le scelte più appropriate sul futuro di tali importanti figure professionali.
  Quanto al corso di formazione «Co.A 5», si informa che il 15 ottobre scorso il Ministro dell'interno ha adottato, su proposta del consiglio direttivo per l'albo nazionale dei segretari degli enti locali, sentita la Conferenza Stato città, la direttiva prevista dall'articolo 10 del decreto legge n. 174 del 2010.
  L'atto ha disposto l'avvio entro l'anno 2014 del corso in questione, che è iniziato di fatto il 22 dicembre scorso.
  La direttiva ha previsto l'avvio entro il 2014 anche dei corsi di specializzazione «Spe.S 2014» e «Se.F.A 2014», ai sensi, rispettivamente, dei commi 1 e 2 dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 465. Conseguentemente, il 4 novembre scorso, sentite le organizzazioni sindacali dei segretari, sono stati adottati e pubblicati i decreti di indizione dei bandi di ammissione ai predetti corsi «Se.F.A 2014» e «Spe.S 2014». Tali decreti, nello stabilire i requisiti di partecipazione e le modalità di presentazione delle domande di partecipazione, delineano le modalità dei corsi, di tipo «blended», articolati ognuno in quattro moduli didattici residenziali non consecutivi, nonché in una fase di attività formativa assistita a distanza (e-learning), per il supporto e l'integrazione dell'attività d'aula.
  Sempre la direttiva ha stabilito che, qualora si rendano disponibili le necessarie risorse finanziarie, potranno essere avviati, per i segretari comunali e provinciali, anche due master di II livello o corsi di alta formazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   BOCCADUTRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   risulta da diverse testate giornalistiche, tra cui la testata online key4biz.it e gazzettadelmezzogiorno.it, che la prefettura di Lecce abbia lanciato «Digital Sinergy», un sistema completamente digitale di riscossione delle contravvenzioni effettuate sul territorio della provincia di Lecce;
   tale sistema risulta aver portato a risultati molto proficui a costo zero per l'amministrazione, riducendo sensibilmente il tempo medio di lavorazione di ciascuna pratica, da 25 minuti a circa 3 minuti, contenendo costi e migliorando il rapporto cittadino-istituzioni;
   il sistema ha consentito nei primi sei mesi di adozione l'immissione a ruolo per la riscossione di 27.101 pratiche relative a ordinanze e verbali per un importo di 10.442.215 euro, quando nei precedenti due anni con le tradizionali procedure le partire immesse erano state 9.843 per un importo pari a 6.957.007 euro;
   tale sistema è stato adottato attuando i principi del Codice dell'amministrazione digitale (CAD) e garantendo una maggior trasparenza dell'istituzione e delle sue procedure –:
   se, nell'ambito della valutazione di questa esperienza come best practice di digitalizzazione della Pubblica amministrazione, il Ministero dell'interno intenda valutare l'adozione di sistemi analoghi anche in altre prefetture. (4-07048)

  Risposta. — L'interrogante ha chiesto di conoscere se il Ministero dell'interno intenda estendere a tutte le Prefetture-UTG l'applicazione del sistema denominato «digital sinergy», adottato dalla prefettura di Lecce.
  In proposito, si fa presente che questa amministrazione ha sempre prestato grande attenzione all'informatizzazione dei procedimenti in materia di applicazione del sistema sanzionatorio amministrativo di competenza del Prefetto – con particolare riferimento a quelli relativi alle violazioni al Codice della strada –, tanto da istituire un apposito portale internet, denominato S.A.N.A., che realizza un sistema documentale e procedimentale informatico unitario nelle prefetture, a norma del codice dell'amministrazione digitale.
  Il sistema adottato dalla prefettura di Lecce costituisce un'importante evoluzione del processo di informatizzazione in atto con la realizzazione del sistema di iscrizione a ruolo delle sanzioni amministrative irrogate per violazioni del codice della strada, al quale partecipano tutti i soggetti coinvolti nel relativo procedimento: dalle Forze di polizia al Corpo di polizia municipale e a Equitalia, con l'ausilio di poste s.p.a.
  In definitiva, il «digital Sinergy» rappresenta un'utile implementazione del predetto sistema S.A.N.A., i cui benefici saranno ancora più evidenti allorché saranno perfezionate in campo nazionale le modalità di cooperazione informatica con l'arma dei carabinieri, attraverso apposite intese per la cui definizione sono in corso i necessari contatti con il competente comando generale.
  Comunque, l'adozione del «Digital Sinergy» ha consentito sin d'ora di ridurre drasticamente i tempi necessari per l'immissione dei dati a ruolo e per l'emissione dei relativi titoli esecutivi, con apprezzabili economie sotto il profilo delle risorse umane impiegate e delle risorse finanziarie occorrenti.
  Risultati altrettanto apprezzabili sono stati conseguiti in termini di efficientamento del servizio, come attestato dai seguenti dati: nei primi sei mesi di funzionamento del nuovo sistema sono stati immessi a ruolo per la riscossione numero 27.101 partite relative a ordinanze e verbali per un importo di 10.442.215 euro, mentre nei due anni precedenti erano stati immessi a ruolo n. 9.843 partite per un importo complessivo pari a 6.957.007 euro.
  Si evidenzia come la contrazione dei tempi di immissione a ruolo determini, oltreché un evidente beneficio per l'erario, un abbattimento dei costi sopportati dal cittadino in termini di minore incidenza degli interessi legali.
  Si sottolinea che il progetto è stato realizzato senza alcun costo finanziario per l'amministrazione dell'interno, essendosi fatto ricorso a risorse interne e alla sponsorizzazione gratuita di imprese locali.
  Del progetto è stata data ampia informazione alle prefetture-UTG tramite apposita circolare ministeriale. Ad oggi le prefetture che hanno richiesto di conoscere le modalità attuative del sistema sono quelle di Oristano, Siracusa e Campobasso.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in queste ultime settimane, in ottemperanza alle disposizioni in tema di razionalizzazione delle risorse economiche e strumentali nelle pubbliche amministrazioni (la cosiddetta spending review) e a seguito del potenziamento degli organici nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 recante disposizioni per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, il Dipartimento nazionale ha redatto un progetto di riordino delle strutture centrali e territoriali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   questo progetto è stato consegnato alle organizzazioni sindacali lo scorso 6 febbraio 2014, nel corso di un confronto con il Sottosegretario di Stato delegato ed i vertici dell'amministrazione;
   lo stesso, dopo alcuni confronti con le parti e in conseguenza di osservazioni fatte pervenire dalle medesime è stato rimodulato e ritrasmesso lo scorso 7 marzo 2014;
   dalla lettura e dall'analisi scaturita, facendo menzione alla regione Sicilia, sono state riscontrate e denunciate incongruità e principi che non sono coerenti con la linea e gli indirizzi tendenti a garantire sull'intero territorio uno standard di sicurezza adeguato a fronteggiare i pericoli ed i rischi connessi alle peculiari caratteristiche del territorio regionale (sisma, tsunami, alluvioni, dissesto idrogeologico, vulcani, ecc.) agli incendi di bosco e di interfaccia e non ultimo quelli derivanti dalle attività industriali (poli petrolchimici di Milazzo, Siracusa e Gela);
   la lettura del progetto evidenzia, infatti, la riduzione dell'attuale dispositivo di soccorso e il rigetto delle reiterate richieste che da più parti chiedono di giungere all'effettiva autonomia del soccorso nell'isola;
   a fronte di un prospettato potenziamento di 1.000 unità che avrebbe dovuto garantire un rafforzamento della macchina dei soccorsi, non si sta procedendo a coprire il turn-over, ma si sta adottando un ridimensionamento degli organici dei comandi siciliani con una forte riduzione della dotazione organica del personale operativo e del personale appartenente al supporto amministrativo, tecnico e informatico;
   distaccamenti già decretati come permanenti, vengono declassati a distaccamenti volontari e successivamente vengono temporaneamente esclusi, poiché la loro apertura non è più ritenuta indispensabile nel breve periodo con la conseguente eliminazione dalle piante organiche del personale operativo originariamente previsto (vedi ad esempio i distaccamenti di Roccalumera, di Bagheria, di Cefalù o, ancora, Palagonia);
   inoltre, l'inaccettabile riduzione del personale del nucleo sommozzatori di Catania con la previsione di un organico di sole 14 unità che non consentirà di assicurare il soccorso nell'arco delle ventiquattrore;
   i due nuclei sommozzatori dell'isola, uno a Palermo con 28 operatori ed uno a Catania con soli 14 operatori, non potranno garantire medesimi standard di sicurezza e di operatività per tutto il territorio regionale considerando, dunque, di livello inferiore lo standard di sicurezza di cui potrà dispone la Sicilia orientale (province di Messina, Catania, Siracusa, Ragusa ed Enna), rispetto a quello assicurato dal nucleo sommozzatori di Palermo che potrà invece assicurare per la Sicilia occidentale (province di Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta) un operatività h24 potendo, infatti, dispone di 28 operatori;
   a ciò si è aggiunta la colpevole omissione della valutazione dei nuovi parametri definiti dall'emananda legge regionale che ha innalzato al rango di città metropolitane le città di Messina, Catania e Palermo, valutazione che avrebbe determinato, se tenuta doverosamente in conto, il potenziamento delle dotazioni organiche dei citati comandi;
   per questi e altri motivi la Confsal vigili del fuoco, sigla sindacale maggiormente rappresentativa, sta denunciando in questi giorni le omissioni e gli errori del nuovo piano di riordino del Corpo dei Vigili del fuoco;
   non è più accettabile che una regione come la Sicilia venga considerata nell'ambito del Corpo nazionale dei vigili del fuoco una regione di serie «C», attesa l'elevata professionalità del personale dei vigili del fuoco, la stima e la fiducia più volte espressa dalla popolazione e dalle istituzioni regionali e dal numero d'interventi di soccorso (mediamente circa 75 mila all'anno) che nell'ultimo decennio la vedono al primo posto davanti a regioni ritenute, forse a torto, più a rischio quali il Piemonte, la Lombardia, l'Emilia e il Veneto;
   non è più accettabile che una regione come la Sicilia caratterizzata da rischi di origine naturale (sisma, alluvioni, dissesto idrogeologico, vulcanico, e altro) industriale e antropici veda una riduzione dei presidi sul territorio e della pianta organica;
   non è accettabile, a giudizio della Confsal e dell'interrogante, che una regione con una fortissima vocazione turistica e con i pericoli incombenti già descritti, non abbia ancora ottenuto l'improcrastinabile autonomia del soccorso che deve essere raggiunta attraverso l'adeguato potenziamento degli organici, dei mezzi e delle attrezzature;
   a tutt'oggi le azioni poste in atto dagli uffici centrali del dipartimento e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco hanno penalizzato le giuste aspettative della popolazione isolana e mortificato il lavoro svolto in silenzio, professionalità ed abnegazione dagli uomini e dalle donne dei Vigili del fuoco della regione –:
   quali iniziative di natura normativa e amministrativa intenda adottare il ministro interrogato affinché vengano apportate le opportune correzioni ed integrazioni al piano di riordino del Corpo nazionale del vigili del fuoco. (4-04147)

  Risposta. — In relazione a quanto riferito nell'interrogazione indicata in oggetto, si comunica che è stato predisposto un progetto di riordino delle strutture centrali e territoriali del corpo nazionale dei vigili del fuoco – già sottoposto alle organizzazioni sindacali – finalizzato all'ottimizzazione delle risorse disponibili, al decentramento delle funzioni e alla razionalizzazione del funzionamento delle strutture.
  Il progetto, partendo dalle esigenze del territorio, ha ridefinito la mappatura delle sedi (centrali e distaccate), riclassificandole in base a indicatori riconducibili al rischio territoriale, alla popolazione, all'estensione territoriale, allo sviluppo industriale e commerciale.
  Tale progetto è stato elaborato sulla base di parametri territoriali oggettivi e non prevede alcun depotenziamento del dispositivo di soccorso nella regione Sicilia. In particolare, relativamente ai comandi provinciali vigili del fuoco della Sicilia e alla competente direzione regionale vigili del fuoco, il progetto prevede per gli organici del personale operativo dei vigili del fuoco non specialista – rispetto alla precedente ipotesi di pianta organica – un incremento complessivo di 140 unità, in linea con quanto previsto nel resto del territorio nazionale.
  Il progetto prevede, inoltre, che taluni distaccamenti permanenti non ancora attivati o a funzionamento «discontinuo» (es. stagionali), caratterizzati da bassa operatività e comunque posti in prossimità di altri distaccamenti operativi che assicurano la completa copertura del territorio, possano essere «riclassificati» privilegiando la partecipazione della componente volontaria del corpo nazionale.
  Si precisa, al riguardo, che le sedi di cui la l'interrogante denuncia la chiusura non sono mai state rese operative nel passato.
  Si soggiunge che il progetto riconosce ampia flessibilità in ambito locale cosicché i comandanti provinciali, in quanto responsabili del servizio di soccorso pubblico, hanno la facoltà di adattare il modello di dispositivo di soccorso alle esigenze legate alle specificità del territorio, operando una diversa distribuzione delle unità di personale tra i diversi distaccamenti della provincia ovvero attivando sedi distaccate, in aggiunta a quelle previste dal progetto, purché tale ipotesi sia compatibile con le risorse assegnate. Inoltre, i direttori regionali, di concerto con i comandanti provinciali, possono istituire distretti sul territorio costituiti da più distaccamenti, associati e organizzati in modo da assicurare una maggiore flessibilità operativa.
  Riguardo al servizio dei nuclei sommozzatori, la riorganizzazione costituisce il frutto di un attento studio dei dati e dei parametri relativi al settore specialistico, quali il rischio idraulico, le tipologie di interventi, nonché la distribuzione dei turni di servizio, in ragione dell'efficienza e dell'efficacia della risposta operativa alla domanda di soccorso tecnico nonché del servizio reso alla cittadinanza.
  Al riguardo, si precisa che il servizio svolto dai sommozzatori nel corso degli anni ha assunto connotazioni ben precise, che non richiedono una diffusione capillare sul territorio. La statistica degli interventi dimostra, infatti, che questi consistono, in gran parte, nella ricerca e recupero di salme ovvero di oggetti di interesse giudiziario, interventi che, palesemente, possono essere eseguiti con efficacia anche non nell'immediatezza, ma a distanza di qualche ora.
  L'individuazione dei nuclei oggetto di riorganizzazione, pertanto, si basa sulla valutazione di diversi elementi tra i quali vanno evidenziate, soprattutto, le criticità connesse all'organico ridotto ed ai turni di servizio coperti. In particolare, i nuclei con organico ridotto sono in grado di coprire solo un turno sui quattro in cui si articola il servizio, determinando una gestione onerosa in termini di risorse logistiche e umane.
  L'esiguità dell'organico rende, inoltre, difficoltosa l'organizzazione dell'attività di addestramento che, per questa particolare tipologia di servizio di soccorso, risulta essere quanto mai indispensabile.
  Nell'ottica del progetto sopra descritto, è stato previsto che nei comandi capoluogo di regione il servizio sia prestato «H24» su quattro turni.
  In alcune regioni sarà comunque mantenuto un secondo nucleo sommozzatori, tra cui quello di Catania in Sicilia, che svolgerà servizio soltanto nei turni diurni. Si evidenzia che il potenziamento del suddetto nucleo con copertura anche dei turni notturni non è al momento compatibile con le risorse del corpo nazionale.
  Per completezza d'informazione, si comunica che il 29 dicembre scorso si è provveduto all'assunzione di 614 vigili del fuoco: 400 in base alle previsioni del decreto legge n. 90 del 2014, convertito con legge n. 114 del 2014; 214 derivanti dal turn-over 2013. A tale fine, si è attinto, in parti uguali, alle graduatorie della procedura di stabilizzazione del personale volontario del corpo nazionale dei vigili del fuoco e del concorso pubblico a 814 posti di vigile del fuoco.
  I restanti 600 vigili del fuoco, la cui assunzione è stata autorizzata con il citato decreto legge n. 90 del 2014, saranno immessi nei ruoli del Corpo nazionale a partire dal mese di settembre del 2015.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   CIPRINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 2014 è stato pubblicato il bando di concorso per titoli ed esami per il reclutamento di n. 650 allievi agenti della polizia di Stato riservato, ai sensi dell'articolo 2199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale che, se in servizio, abbiano svolto, alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda, almeno sei mesi in tale stato o, se collocati in congedo, abbiano concluso tale ferma di un anno;
   in data 27-29 maggio 2014 si sono svolte le prove di selezione dei candidati nei centri di reclutamento e consistiti nella somministrazione di un questionario articolato in 80 domande, con risposta a scelta multipla, selezionate tra i 5000 quesiti pubblicati sul sito www.poliziadistato.it il 18 aprile 2014;
   tuttavia per un errore procedurale compiuto dall'amministrazione nella prova scritta di esame del concorso, nel questionario «I» somministrato ai candidati nella seduta pomeridiana del 29 maggio scorso, è stata riscontrata, tra le 80 domande, la presenza di un quesito errato (n. 49), ossia non recante tra le quattro risposte contemplate, quella esatta;
   l'amministrazione, preso atto dell'errore, ha disposto la rinnovazione parziale della prova scritta fissando la data del 23 giugno prossimo mediante somministrazione di una sola domanda in sostituzione di quella errata e ha convocato i soli candidati che hanno conseguito la sufficienza o che potrebbero raggiungerla rispondendo correttamente alla domanda che formerà oggetto della prova reiterata; ciò in considerazione del fatto che, ai sensi dell'articolo 8, comma 8, del bando, è previsto il conseguimento del punteggio minimo di 60/100 per il superamento della prova;
   il frazionamento della prova deve svolgersi sempre con modalità tali da garantire la «par condicio» fra concorrenti poiché – per effetto della parziale rinnovazione della prova rispetto alcuni candidati ai quali è stato somministrato il questionario errato – la conseguenza sarà che alcuni candidati – seppur limitatamente ad una unica domanda – avranno più tempo per prepararsi, oltre ad avere già testato gli argomenti e le modalità di formulazione delle domande –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti;
   quali misure intenda adottare il Ministro per assicurare la «par condicio» fra i concorrenti, l'imparzialità e la regolarità dello svolgimento del concorso di cui in premessa anche al fine di evitare l'avvio di eventuali contenziosi giudiziari. (4-05148)

  Risposta. — La prova scritta del concorso indicato nell'interrogazione – articolata in due sessioni giornaliere, una antimeridiana e l'altra pomeridiana – ha avuto luogo presso cinque strutture di questa amministrazione dal 27 al 29 maggio dell'anno scorso.
  Come previsto dal bando, la prova è consistita nella somministrazione di un questionario articolato in 80 domande a risposta a scelta multipla, tendenti ad accertare il grado di preparazione culturale dei candidati. I quesiti erano incentrati su argomenti di cultura generale e sulle materie previste dai vigenti programmi della scuola media dell'obbligo, oltre che sull'accertamento di un sufficiente livello di conoscenza della lingua inglese – o francese a scelta del candidato – e delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse, in linea con gli standard europei.
  A seguito dell'espletamento della prova, la commissione esaminatrice del concorso ha avuto modo di accertare che una domanda di matematica del questionario somministrato nella seduta pomeridiana del 29 maggio era errata, in quanto nessuna delle quattro risposte contemplate era esatta.
  Per garantire ai candidati una situazione di sostanziale equivalenza di condizioni, il Ministero dell'interno, con decreto del successivo 10 giugno, ha annullato il quesito in questione, disponendo la parziale reiterazione della prova mediante la somministrazione di una sola domanda della stessa materia e della stessa difficoltà di quella viziata.
  I 1164 candidati che avevano partecipato alla sessione d'esame in argomento conseguendo la sufficienza, o che avrebbero potuto conseguirla rispondendo correttamente alla domanda oggetto della prova reiterata, sono stati quindi riconvocati per fornire la risposta alla nuova domanda. La parziale ripetizione della prova, a cui si sono presentati 430 concorrenti, è stata effettuata il successivo 23 giugno.
  Ovviamente, ai fini della stesura della graduatoria della prova scritta. Il risultato della seconda prova si è sommato a quello della prima.
  Questa soluzione – rispondente ai principi di buon andamento, correttezza trasparenza ed economicità dell'azione amministrativa – ha permesso di ripristinare la parità di chances tra i candidati a cui era stato somministrato il questionario viziato e tutti gli altri.
  Il lasso di tempo trascorso tra la nuova convocazione e la reiterazione parziale della prova – inferiore a 15 giorni – non può aver favorito i candidati interessati, atteso che la domanda è stata comunque estratta tra ben 5 mila quesiti e che la possibilità di testare gli argomenti e la formulazione delle domande era stata comunque garantita, indistintamente, a tutti i candidati al concorso mediante la pubblicazione sul sito www.poliziadistato.it. avvenuta il 18 aprile dell'anno scorso.
  Al riguardo, si ricorda che già in un precedente, analogo caso il Consiglio di Stato, con parere n. 4507/2010, aveva stabilito che «ben poteva l'amministrazione disporre, per economia dei mezzi, la riedizione parziale delle prove... tenendo conto delle esigenze di conservazione degli atti e di non aggravamento della procedura».
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   COZZOLINO, TONINELLI, LIUZZI, DADONE e DIENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   sulla Gazzetta Ufficiale numero 46, del 25 febbraio 2014, è stato pubblicato il decreto ministeriale del 12 febbraio 2014, varato dal Ministro del interno di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, provvedimento che attua l'articolo 6, comma 1, lettere a) e c), del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35;
   l'articolo 1 del decreto ministeriale da attuazione alla disposizione del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, che prescrive l'obbligo di trasmissione per via telematica tra comuni di atti e documenti previsti dal testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la revisione delle liste elettorali, facendo però decorrere tale obbligo solo a far data dal 1° gennaio 2015;
   considerato che il decreto attuativo è stato adottato con grave ritardo rispetto al termine stabilito dal comma 2 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 5 del 2012, appare agli interroganti difficilmente comprensibile la motivazione che ha indotto a prevedere la decorrenza dal 1° gennaio 2015 della vigenza dell'obbligo di trasmissione per via telematica tra comuni di atti e documenti previsti dal testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la revisione delle liste elettorali, anche in considerazione del fatto che il 27 maggio 2014 si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo –:
   quali siano i motivi che hanno indotto a far decorrere solo dal 1° gennaio 2015 la vigenza del disposto di cui all'articolo 1 del decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione del 12 febbraio 2014. (4-03749)

  Risposta. — L'interrogante ha chiesto di conoscere le motivazioni che hanno indotto a far decorrere solo dal 1o gennaio 2015 la vigenza dell'obbligo di trasmissione per via telematica tra comuni di atti e documenti previsti dal testo unico delle leggi per la disciplina dell'elettorato attivo e per la revisione delle liste elettorali.
  Al riguardo, si rappresenta che tale scelta è stata dettata dall'esigenza di evitare che la predetta innovazione si andasse a sovrapporre, nella primavera del 2014, ai delicati adempimenti dei comuni relativi all'attività di revisione straordinaria delle liste elettorali e all'organizzazione tecnica del ciclo generale delle elezioni amministrative e delle consultazioni europee.
  Nell'imminenza del 1o gennaio 2015, il Ministero dell'interno-direzione centrale dei servizi elettorali, tramite i prefetti, ha diramato una circolare esplicativa all'indirizzo dei sindaci, dei segretari comunali, degli uffici elettorali e dei presidenti delle commissioni e sottocommissioni elettorali circondariali, fornendo loro dettagliate direttive sugli adempimenti collegati alle nuove, rilevanti modalità procedurali e sensibilizzandoli sull'assoluta importanza della puntuale esecuzione delle direttive medesime.
  Con lo stesso documento i prefetti sono stati invitati a vigilare sulla corretta esecuzione dei nuovi adempimenti attraverso mirate e periodiche ispezioni dei rispettivi uffici elettorali provinciali.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   I commi 3-octies e 3-novies dell'articolo 3 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, come convertito dalla legge 11 agosto 2014 n. 14, dispongono un incremento di 1030 unità della dotazione organica del ruolo dei vigili del fuoco prevedendo che 1000 unità siano assunte attingendo alle graduatorie aperte e 30 siano assunti come orchestrali della banda musicale dei vigili del fuoco;
   in data 20 giugno 2014 il Ministero dell'interno inviava alle organizzazioni sindacali rappresentative del personale del corpo nazionale dei vigili del fuoco, una bozza di regolamento per concorso ad orchestrale della banda musicale dei vigili del fuoco, il cui testo è stato pubblicato sul sito internet dell'organizzazione sindacale unità sindacale di base;
   nella bozza di regolamento l'articolo 2 individua i titoli musicali e culturali ammessi a valutazione e il relativo punteggio attribuito da ciascuno di essi. Il titolo della militanza pregressa nella banda musicale è indicato dalla lettera c) dell'articolo 2 che attribuisce un punteggio calcolato in base ai giorni di servizio prestati nell'ultimo quinquennio calcolato dalla data di scadenza del bando di concorso;
   appare singolare il fatto che il Ministero dell'interno in data 20 giugno 2014 avesse già predisposto un regolamento per l'assunzione di 30 orchestrali in assenza della sopracitata norma di legge che è stata definita nel corso dell'esame parlamentare svolto presso la Camera dei deputati a seguito di un emendamento del Governo (emendamento n. 385) al decreto-legge n. 90 del 2014 in data 4 luglio 2014, la bozza di regolamento, a giudizio degli interroganti, non valorizza adeguatamente l'esperienza dei vigili del fuoco volontari che da molti anni hanno prestato servizio all'interno della banda musicale, che ad oggi è composta di soli vigili del fuoco volontari. È ben noto, infatti, il problema rappresentato dai vigili del fuoco volontari, così detti discontinui, che pur avendo prestato per molti anni servizio nel corpo dei vigili del Fuoco rischiano seriamente di disperdere questo patrimonio di esperienza accumulato in assenza di una stabilizzazione;
   la scelta di assumere in pianta stabile 30 orchestrali nella banda musicale dei vigili del fuoco rappresenta sicuramente un'occasione per consentire questa stabilizzazione, anche se in numero molto limitato, a chi tra i vigili del fuoco volontari di più lunga militanza sia in possesso dei titoli professionali per svolgere tale attività;
   nell'elaborazione della bozza di regolamento di un concorso sulla base del quale si dovrà procedere a 30 assunzioni a tempo indeterminato nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono state escluse completamente le organizzazioni sindacali;
   il regolamento ad oggi non risulta pubblicato in Gazzetta Ufficiale e di conseguenza non è stato ancora posto il termine dal quel decorre il quinquennio per l'attribuzione del punteggio di cui all'articolo 2 lettera c) della bozza di regolamento –:
   quali siano i motivi che hanno indotto a limitare solo all'ultimo quinquennio il servizio temporaneo nella banda musicale dei vigili del fuoco il titolo per l'attribuzione del punteggio sull'esperienza pregressa;
   quali siano i motivi che hanno portato alla totale esclusione delle rappresentanze sindacali dall'elaborazione della bozza del regolamento di concorso finalizzato all'assunzione di 30 unità di personale a tempo indeterminato. (4-07019)

  Risposta. — L'adozione del regolamento, che fissa I requisiti di accesso e le modalità di svolgimento del concorso per orchestrale della banda musicale del corpo nazionale dei vigili del fuoco, rientra nell'attuazione del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, che disciplina l'ordinamento del personale del corpo medesimo. I contenuti e le modalità di adozione del provvedimento sono disciplinati, in particolare, dall'articolo 148 del suddetto decreto legislativo.
  La predisposizione del regolamento prescinde, pertanto, dall'autorizzazione all'assunzione dei 30 orchestrali prevista dal decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 14.
  Lo schema di regolamento tiene nel debito conto l'esperienza dei vigili del fuoco volontari che hanno prestato servizio all'interno della banda musicale, in quanto all'articolo 2 comma 1, lettera c), è espressamente previsto, quale titolo ammesso a valutazione, «il servizio temporaneo nella banda musicale, come personale volontario di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 nell'ultimo quinquennio dalla data di scadenza del bando di concorso».
  A conferma di ciò, si evidenzia che al servizio temporaneo nella banda viene conferito un punteggio abbastanza alto in rapporto agli altri titoli previsti. Si sottolinea, altresì, che la scelta del limite temporale di cinque anni è giustificata dall'esigenza di valorizzare una esperienza temporalmente ravvicinata e di durata significativa. Il quinquennio decorre dalla data di scadenza del bando, pertanto la pubblicazione del regolamento sulla Gazzetta ufficiale è ininfluente rispetto al decorso del suddetto termine.
  Si precisa, infine, che lo schema di regolamento ha già ricevuto il parere favorevole del Consiglio di Stato il 24 luglio 2014 ed è attualmente al vaglio della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  In precedenza, l'8 maggio 2014, esso era stato oggetto di informativa alle organizzazioni sindacali di categoria, che non hanno fatto pervenire richieste di approfondimenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco è una struttura squisitamente tecnica ed operativa attualmente incardinata in un dipartimento del Ministero dell'interno denominato «Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile», la struttura di tale dipartimento prevede, oltre ai dirigenti tecnici del corpo, la presenza di funzionari prefettizi a cui sono affidati compiti di natura amministrativa;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 398 del 2001, concernente il «regolamento recante l'organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell'interno», riserva ai dirigenti tecnici del corpo nazionale dei vigili del fuoco la direzione di quattro direzioni centrali del dipartimento. Altre quattro direzioni centrali sono affidate a funzionari del corpo prefettizio o a dirigenti generali dell'amministrazione civile del Ministero dell'interno;
   i posti di funzione dirigenziale non generale, da individuare con decreto del Ministro dell'interno corrispondono, quindi, ai ruoli del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, del corpo prefettizio e dei dirigenti del Ministero dell'interno;
   con decreto ministeriale del 22 ottobre 2012 sono stati individuati i posti di funzione dirigenziale non generale da attribuire ai funzionari della carriera prefettizia in seno all'intero Ministero dell'interno compreso il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile;
   tale decreto ha sottratto competenze ai dirigenti tecnici dei vigili del fuoco innescando un forte disagio che ha prodotto una nota di protesta al Ministro firmata dai dirigenti dei vigili del fuoco e persino la proclamazione di uno sciopero degli stessi dirigenti e dei funzionari direttivi;
   nel tentativo di scongiurare lo sciopero, con nota prot. n. 3392 del 6 giugno 2013 il capo dipartimento prefetto Tronca comunicava alle organizzazioni sindacali che i posti di funzione del dipartimento sarebbero stati stralciati dal decreto relativo ai posti funzione della carriera prefettizia per essere definiti in successivo provvedimento; non seguendo, tuttavia, iniziative concrete, lo sciopero suddetto è stato confermato per il 21 giugno 2013 ed ha portato all'astensione dal lavoro ben l'80 per cento della categoria;
   appare evidente, come ripetutamente richiesto dalle organizzazioni sindacali della categoria dei dirigenti e direttivi, che è urgente emanare, previo confronto con le suddette organizzazioni di rappresentanza, il decreto che individua uffici e competenze del Dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile;
   permane, al contrario, vigente ed operante il decreto contestato –:
   come il Ministro interrogato intenda procedere al fine di salvaguardare, nell'interesse della funzionalità del corpo nazionale dei vigili del fuoco e del corretto funzionamento dei servizi da esso svolti a favore della collettività, le prerogative professionali e gestionali dei dirigenti tecnici dei vigili del fuoco evitando che ad essi vengano sottratte competenze proprie e, di conseguenza, capacità di gestione ed organizzazione generale della macchina del soccorso tecnico urgente. (4-02317)

  Risposta. — Come ricordato dall'interrogante, il decreto ministeriale 22 ottobre 2012, adottato in attuazione delle disposizioni di riduzione organizzativa previste dalla legge n. 296 del 2006 e dal decreto-legge n. 112 del 2008, ha provveduto alla complessiva riorganizzazione degli uffici di livello dirigenziale non generale, affidati alla responsabilità dei dirigenti della carriera prefettizia, nell'ambito delle strutture centrali del Ministero dell'interno, compreso il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile.
  Le posizioni dirigenziali dei vigili del fuoco non hanno formato oggetto di intervento soppressivo o modificativo, in quanto specificamente escluse dalle misure di riduzione previste, in via legislativa, per le altre amministrazioni dello Stato. Sono rimasti inalterati, quindi, le relative dotazioni organiche e il quadro funzionale vigente.
  Tuttavia, alcune organizzazioni sindacali di categoria, ritenendo che la riorganizzazione prevista dal decreto ministeriale incidesse anche su competenze attribuite ai dirigenti del corpo nazionale, hanno chiesto il ritiro del provvedimento e aperto lo stato di agitazione (tradottosi poi in una giornata di sciopero tenutasi il 21 giugno 2013). Nel corso del tentativo di conciliazione espletato presso il dipartimento dei vigili del fuoco, è stata fornita la disponibilità ad individuare ipotesi condivise di modifica al decreto, assicurando in ogni caso di rinviare l'attuazione del provvedimento, limitatamente alla parte relativa alla riorganizzazione degli uffici prefettizi nell'ambito del Dipartimento medesimo.
  Con decreto ministeriale del 19 luglio 2013 è stata, quindi, disposta la sospensione fino al 31 dicembre 2013 dell'applicazione del menzionato decreto ministeriale 22 ottobre 2012, in parte de qua.
  Prima della scadenza di tale termine, sono stati adottati il decreto ministeriale 5 dicembre 2013, recante la revisione dei posti di funzione riservati ai dirigenti della carriera prefettizia nell'ambito del dipartimento, e il decreto ministeriale 6 dicembre 2013, di graduazione dei posti di funzione medesimi, entrambi registrati alla Corte dei conti il 4 febbraio 2014.
  Si assicura che l'organizzazione dipartimentale ivi delineata non ha intaccato prerogative e competenze proprie della dirigenza del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   all'interrogante è stato segnalato che nei mesi scorsi, nel corso di una manifestazione di invalidi a sostegno del protocollo terapeutico cosiddetto «stamina» che ha bloccato le vie del centro storico di Roma, un gruppo di manifestanti in sedia a rotelle sarebbe riuscito ad entrare sulla piazza antistante Palazzo Chigi e di norma interdetta, come anche in quel caso, ai dimostranti;
   sempre secondo quanto segnalato al deputato interrogante, i responsabili dell'ordine pubblico della piazza avrebbero dato l'ordine ai reparti mobili di «caricare» questi invalidi al fine di espellerli dalla zona interdetta;
   è di tutta evidenza la gravità dell'ordine impartito che, se eseguito, avrebbe potuto creare una situazione gravissima con un impatto mediatico devastante per l'autorevolezza delle forze di polizia;
   fortunatamente, sempre secondo quanto segnalato, i poliziotti sul campo avrebbero convinto con mezzi più «pacifici» i manifestanti introdottisi nell'area interdetta, evitando così che la situazione degenerasse pericolosamente –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra descritti;
   qualora il Ministro interrogato accerti la veridicità di quanto descritto, se non ritenga doveroso aprire una verifica per individuare e, se del caso, punire i responsabili che hanno impartito un simile ordine al reparto mobile. (4-06269)

  Risposta. — Il 25 novembre 2013, alle ore 9.30, si è svolta a Roma, in piazza Montecitorio, una manifestazione regolarmente autorizzata, indetta da ragazzi disabili a sostegno del metodo stamina, alla quale hanno partecipato circa 200 persone.
  Alle ore 10.40 alcuni dei manifestanti hanno dato inizio a svariate iniziative estemporanee non autorizzate. Gli stessi, dopo essersi allontanati dalla piazza, si sono riversati a piccoli gruppi lungo via del Corso e le strade adiacenti, bloccando il traffico veicolare in alcuni punti nevralgici del centro cittadino.
  Intorno alle ore 13.30, i predetti, dopo reiterati ammonimenti rivolti loro dal personale delle forze di polizia affinché desistessero dall'iniziativa, sono confluiti in piazza Montecitorio, dove hanno continuato ad attuare forme crescenti di contestazione.
  Di lì a poco uno dei convenuti ha scavalcato le balaustre di delimitazione e ha incitato gli altri manifestanti ad introdursi all'interno dell'area interdetta alle manifestazioni. Numerose persone, imitando il gesto, si sono introdotte nella predetta area, forzando lo sbarramento di polizia, con l'evidente intenzione di accedere alla sede istituzionale. Nella circostanza decine di persone disabili in carrozzina hanno raggiunto l'emiciclo prospiciente l'ingresso della Camera dei deputati.
  È stato istituito, quindi, un cordone a protezione passiva della sede e, considerata la presenza di persone disabili, è stata avviata una lunga opera di persuasione. Intorno alle ore 17.00 una delegazione di tredici persone è stata ricevuta presso la prefettura. Al termine dell'incontro, la delegazione ha fatto rientro in piazza Montecitorio riunendosi al resto dei manifestanti. Alle ore 19.30 circa, i convenuti si sono allontanati alla spicciolata.
  Questa la descrizione dei fatti.
  In relazione ad essi, la questura di Roma ha assicurato che in nessun momento sono stati impartiti ordini coercitivi o messe in atto azioni di forza nei confronti di malati o disabili. Essi sono stati trattati con la tolleranza e il rispetto dovuti a persone che si trovano ad affrontare quotidianamente le difficoltà legate alla loro condizione di particolare vulnerabilità.
  Non solo. Nelle fasi più concitate i responsabili dell'ordine pubblico si sono prodigati per assicurare la sicurezza e l'incolumità delle persone con difficoltà deambulatorie, disponendo che venissero accompagnate fuori dalla confusione e dalla pressione e, laddove necessario, venissero affidate alle cure del personale sanitario.
  Infine, si ritiene doveroso rendere noto che, per i fatti di cui sopra, è stata inoltrata un'apposita informativa all'autorità giudiziaria per gli eventuali aspetti di interesse.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa nel comune di Ronco Briantino (provincia di Monza della Brianza), in via 4 novembre, un cittadino ha ritrovato all'interno di un cestino della spazzatura, un pacchetto di schede elettorali;
   sempre stando alle notizie pubblicate dai quotidiani locali, il cittadino ha denunciato alle forze dell'ordine il ritrovamento delle schede elettorali. Le forze dell'ordine hanno provveduto immediatamente a mettere sotto sequestro il materiale elettorale ritrovato;
   Maurizio Zorzetto, capogruppo della lega Nord in consiglio comunale e candidato sindaco nelle ultime amministrative, ha stigmatizzato il fatto sottolineando la gravità dell'episodio e la necessità di fare chiarezza;
   episodi simili contribuiscono a far diminuire la fiducia che i cittadini ripongono nelle istituzioni;
   ai sensi dell'articolo 1 della Costituzione la sovranità appartiene al popolo e il popolo esercita tale sovranità nelle forme e nei limiti previsti dalla stessa Costituzione. Il riconoscimento del diritto di voto e le sue caratteristiche, enunciate nel secondo comma dell'articolo 48, concorrono pertanto alla definizione dello Stato come Stato democratico. Attraverso di esso si realizza, infatti, il principio di organizzazione che caratterizza ogni democrazia, in forza del quale ogni decisione deve essere, direttamente o indirettamente, ricondotta alle scelte compiute dal popolo, detentore della sovranità;
   sempre stando alle informazioni raccolte dagli interroganti, l'episodio descritto in premessa, non pare essere isolato;
   l'astensionismo storico che ha caratterizzato le ultime competizioni elettorali è certamente dovuto alla disaffezione e poca fiducia che ripongono i cittadini nei confronti del sistema politico e delle istituzioni;
   il compito di garantire il corretto svolgimento delle elezioni e delle operazioni di scrutinio elettorale in modo trasparente e sicuro deve essere una priorità –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se, stando alle proprie informazioni sia a conoscenza di altri episodi similari a quelli descritti in premessa, e se, nel caso, quali proporzioni essi abbiano;
   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di garantire che episodi come quelli descritti in premessa non possano più verificarsi. (4-05047)

  Risposta. — Come riferito dall'interrogante, il 1o giugno 2014 un cittadino ha rinvenuto due schede elettorali all'interno di un cestino posto nelle vicinanze della sede del municipio del comune di Ronco Briantino (MB). Per completezza, va detto che nei pressi del luogo del ritrovamento è ubicata anche la sede della società «Edienne industria grafica di Eugenio NAVA & C. s.a.s.», incaricata dall'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato della stampa di un lotto delle predette schede.
  A seguito della segnalazione, sono intervenuti i militari della stazione carabinieri di Bernareggio, i quali hanno constatato che le due schede erano relative alle ultime consultazioni elettorali europee del 25 maggio 2014 e che si trattava di schede in bianco, non vidimate e, pertanto, destinate al macero.
  Il materiale rinvenuto è stato sottoposto a sequestro e messo a disposizione dell'autorità giudiziaria, che, a seguito delle indagini esperite dall'arma dei carabinieri, ha archiviato il procedimento per infondatezza della notizia di reato.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   GIORGIA MELONI, RAMPELLI, CIRIELLI, CORSARO, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle principali città dell'Emilia Romagna la diffusione dell'abusivismo commerciale ha raggiunto livelli insopportabili, con centri storici e commerciali letteralmente invasi da extracomunitari che vendono merce contraffatta sulla quale non è stato effettuato alcun controllo da parte delle autorità preposte, né sotto l'aspetto della sicurezza dei materiali, né sotto quello sanitario;
   lo stesso fenomeno si registra lungo l'intera costa emiliano – romagnola, con le spiagge ed i lungomare percorsi in lungo e largo da migliaia di extracomunitari abusivi che propongono incessantemente la propria merce a turisti e bagnanti;
   danno per le imprese che subiscono la contraffazione del proprio marchio, per i commercianti che rispettano le leggi e per il fisco è incommensurabile, e si traduce nella perdita di migliaia e migliaia di posti di lavoro e in consistenti mancate entrate per lo Stato in un momento già drammatico per l'occupazione e la crisi economica;
   anche il fenomeno della prostituzione su strada ha recentemente registrato un incremento impressionante, con il coinvolgimento di migliaia di giovani e giovanissime ragazze extracomunitarie o provenienti dall'Europa dell'est;
   inoltre, desta forte allarme l'accattonaggio molesto ad opera di extracomunitari che stazionano per tutto l'arco della giornata presso luoghi come parcheggi, supermercati e stazioni ferroviarie, e i quali, in numero da incutere timore, in particolare negli anziani, donne e disabili, circondano le persone intente ad effettuare pagamenti o a ritirare il resto dalle apparecchiature automatiche fino a quando non ottengono il versamento di un obolo;
   sempre più spesso i comportamenti intimidatori sfociano in azioni attive, come strattonamenti, minacce e insulti ai danni del malcapitati che non accettano di farsi intimidire;
   tutti questi fenomeni, legati alla presenza sempre più massiccia di extracomunitari sul territorio regionale, destano allarme e preoccupazione tra la popolazione indifesa, che si vede abbandonata a sé stessa dall'autorità preposte a garantire la sicurezza e l'ordine pubblico, incapaci di svolgere un efficace lavoro di prevenzione a causa delle dimensioni incontrollabili che tali fenomeni hanno ormai raggiunto;
   la sistematicità e la presenza capillare di persone dedite a queste deprecabili attività, ovunque il luogo si presti, lascia supporre che esista una vera e propria organizzazione finalizzata al loro sfruttamento, con profitti enormi che poi vengono ovviamente reinvestiti in altre attività illecite –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere per affrontare e risolvere le problematiche esposte in premessa, salvaguardando sia le attività commerciali, sia la sicurezza dei singoli cittadini. (4-04883)

  Risposta. — L'abusivismo nel commercio ambulante e nella vendita al dettaglio di articoli artigianali o contraffatti interessa l'intero territorio nazionale, benché sia diffuso in misura maggiore nelle zone di maggiore afflusso turistico, in alcuni periodi dell'anno, e in alcune aree metropolitane. Il fenomeno riguarda tutti i settori merceologici e costituisce un serio fattore di rischio per il settore legale della produzione, per dimensioni e volume di affari raggiunti.
  In particolare, l'abusivismo commerciale rappresenta un notevole danno sia per l'erario sia per i titolari delle licenze commerciali e consente di inserire nella rete distributiva merci rubate e prodotti alimentari adulterati o contraffatti. Perciò è diventato un settore di particolare interesse per la criminalità comune e organizzata.
  Alla tradizionale attività di pirateria audio e video o informatica, si affianca anche la commercializzazione di prodotti contraffatti nel settore dell'abbigliamento e degli accessori. Si rilevano, inoltre, segnali di preoccupante crescita nel settore agro-alimentare, con vendite di prodotti tipici di dubbia provenienza e certificazione sanitaria, mediante il sistema porta a porta o il commercio ambulante.
  Per fronteggiare questi illeciti, sono stati da tempo pianificati interventi preventivi e repressivi.
  Sin dal luglio 1994, infatti, i comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica hanno pianificato iniziative coordinate di contrasto al fenomeno, con il coinvolgimento dei rappresentanti della Siae, delle organizzazioni di categoria, dei corpi di polizia municipale e, nelle regioni rivierasche, delle capitanerie di porto.
  A più riprese, gli organi investigativi sono stati sollecitati non solo a sequestrare le merci vendute illecitamente ma anche a ricostruire il percorso distributivo, al fine di risalire alle centrali dei traffici illeciti collegati. Inoltre, le prefetture hanno siglato con le amministrazioni comunali appositi protocolli d'intesa sulla sicurezza.
  Più di recente, l'8 agosto scorso, il Ministro dell'interno ha emanato in materia la circolare denominata «spiagge sicure», con la quale ha invitato i prefetti a predisporre mirati piani di intervento e ad adottare le necessarie attività di coordinamento, con il coinvolgimento dei comuni e delle polizie locali.
  Nei primi nove mesi del 2014, l'attività di prevenzione e repressione in materia di contraffazione di marchi e prodotti industriali, violazioni del diritto di autore e abusivismo nel commercio – svolta dalle forze di polizia e dalle polizie municipali sull'intero territorio nazionale – ha consentito di sequestrare più di 6 milioni di prodotti contraffatti, per un valore superiore a 50 milioni di euro, e più di 31 milioni di prodotti non contraffatti, per un valore superiore a 33 milioni di euro.
  Per quanto riguarda il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione in Italia, si rileva come già da diversi anni esso sia correlato all'immigrazione irregolare e alla tratta degli esseri umani. Le vittime di tratta, anche minorenni, sono reclutate nei paesi dell'Africa centrale, nell'area balcanica e recentemente anche in Cina, da organizzazioni criminali, per lo più straniere, che spesso sono parte di articolate strutture transnazionali, con basi operative nei paesi d'origine e diramazioni nei paesi di destinazione.
  Le numerose operazioni di polizia portate a termine, anche in tempi recenti, hanno messo sempre più in luce i rapporti di collaborazione esistenti tra le varie consorterie criminali. Prevalentemente, però, l'attività di sfruttamento della prostituzione, allo stato, appare gestita, per quanto concerne i gruppi criminali europei, dai cittadini rumeni.
  Relativamente alle organizzazioni criminali cinesi, si è registrata, nell'ultimo decennio, una costante crescita del meretricio esercitato all'interno di appartamenti, quasi mai di proprietà, i cui tenutari risultano essere – appunto – cittadini cinesi.
  Continuano ad essere attive anche le organizzazioni criminali nigeriane che sono in grado di gestire autonomamente il mercato della prostituzione di connazionali sin dalle fasi iniziali del reclutamento.
  L'attività delle forze di polizia ha comunque consentito di rilevare come il meretricio, oltre che con modalità su «strada» e attraverso l'utilizzo di appartamenti privati, sia tuttora esercitato, in forma organizzata, fruendo del circuito dei «night club».
  Recenti acquisizioni investigative evidenziano, inoltre, nuovi sistemi di sfruttamento offerti dalla rete internet, grazie alla pubblicazione, sui siti gestiti dagli sfruttatori, di annunci e fotografie di donne destinate alla prostituzione.
  Si evidenzia che il controllo capillare effettuato dagli sfruttatori sul posto di «lavoro» e i metodi coercitivi di estrema violenza rendono particolarmente difficile e pericoloso, per le vittime, sottrarsi all'esercizio della prostituzione.
  Con l'obiettivo di contrastare i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, le forze di polizia svolgono mirati servizi di controllo del territorio. In particolare, si segnalano alcune delle operazioni condotte nella regione Emilia Romagna nel primo semestre dell'anno corrente.
  Il 26 febbraio 2014 a Forlì, quattro cittadini cinesi sono stati tratti in arresto, in flagranza di reato, e altri quindici connazionali, ritenuti responsabili di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina a danno di giovani connazionali, sono stati deferiti in stato di libertà. L'attività investigativa ha permesso di sequestrare 15 centri massaggi, dove le ragazze erano costrette a prostituirsi, e di sottoporre a fermo di indiziato di delitto un cittadino cinese titolare di un centro.
  Il 19 maggio a Rimini, nell'ambito del progetto «Dragone», è stata eseguita un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di dodici cittadini cinesi e due italiani ritenuti responsabili di favoreggiamento della prostituzione e dell'immigrazione clandestina. Le indagini hanno consentito di individuare diversi centri massaggi gestiti da cittadini cinesi (situati nelle province di Milano, Brescia, Cremona, Reggio Emilia e Forlì), nei quali venivano fatte prostituire giovani donne cinesi, talvolta prive di permesso di soggiorno.
  Con riferimento alla tutela dei minori impiegati nell'attività di accattonaggio, i questori sono stati sollecitati a programmare servizi mirati per la repressione dei reati di cui alla legge n. 228 del 2003 sulla tratta di esseri umani, che sanziona gravemente chi riduce un minore in uno stato di soggezione continuativa costringendolo all'accattonaggio. Al riguardo, è stata raccomandata l'opportunità di stipulare intese con le altre forze di polizia, con la polizia municipale e con i servizi sociali, al fine di contenere il fenomeno.
  In tale contesto, il Ministero dell'interno ha aderito a vari progetti europei dedicati alla specifica tematica.
  Tra le iniziative più recenti a livello nazionale, si segnala l'istituzione presso la direzione centrale della polizia criminale, di un «tavolo di lavoro» per la collaborazione con l'autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, con il compito di elaborare strategie di intervento finalizzate ad assicurare la piena attuazione e tutela dei diritti e degli interessi dei minori.
  Tale collaborazione è stata formalizzata con uno specifico protocollo di intesa che prevede i seguenti impegni: approfondire le problematiche relative ai minori autori, vittime e testimoni di reato; rendere omogenee le procedure in materia di identificazione e gestione dei minori, anche non accompagnati, presenti sul territorio nazionale; uniformare le modalità di intervento delle Forze di polizia anche in relazione all'attività di altri operatori professionali del settore dell'infanzia e dell'adolescenza; condividere le informazioni e i criteri di analisi del fenomeno; individuare e valutare problematiche e criticità nella normativa di settore e nella sua applicazione, anche al fine della promozione di specifici interventi legislativi a livello nazionale e internazionale; promuovere iniziative di educazione alla legalità e campagne di informazione.
  Per le finalità di cui sopra e con funzioni di supporto e istruttorio del citato Tavolo di lavoro, è stato costituito un apposito gruppo tecnico, composto da funzionari delle forze di polizia e dell'ufficio dell'autorità garante.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   MOSCATT, VENTRICELLI, PARIS, RIBAUDO e CULOTTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sulla GURI n. 86 del 6 novembre 2009 è stato pubblicato il bando di «Concorso pubblico, per esami, per l'ammissione di 260 borsisti al quinto corso – concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione richiesta ai fini dell'iscrizione di duecento segretari comunali nella fascia iniziale dell'Albo dei Segretari comunali e provinciali»;
   a seguito della detta pubblicazione, le prove preselettive si sono svolte nei giorni 1, 2 e 3 dicembre 2010, le prove scritte in data 22, 23 e 24 marzo 2011, mentre i candidati ammessi hanno sostenuto gli orali, vertenti su 17 materie giuridiche, economiche, gestionali e manageriali, nel periodo ottobre-dicembre 2013;
   la graduatoria finale è stata approvata il 23 dicembre 2013 e pubblicata sulla GURI n. 3 del 10 gennaio 2014;
   il consiglio direttivo per l'albo dei segretari comunali e provinciali, presieduto dal Ministro dell'interno, già a marzo 2013 ha approvato le direttive per le attività formative, programmando i corsi SPES e SEFA 2013 e ribadendo la necessità di predisporre gli atti necessari per il previsto avvio del COA 5, da tenersi nel 2014;
   in considerazione di quanto stabilito dal consiglio direttivo, sono state stanziate le risorse finanziarie (originariamente 6,2 milioni di euro, recentemente incrementate fino a 7,8 milioni) necessarie all'attività formativa e, dunque, all'avvio del ripetuto corso Coa 5;
   una volta pubblicata la graduatoria finale del concorso, all'inizio di gennaio 2014 è stato richiesto agli ammessi di confermare, entro un ristretto termine e a mezzo fax, l'impegno formale a partecipare al quinto corso-concorso;
   in data 14 aprile 2014 si è tenuto un incontro tra il Ministero e le organizzazioni sindacali in vista del consiglio direttivo del 15 aprile 2014 con all'ordine del giorno la programmazione dell'attività di formazione e di aggiornamento professionale relativa all'anno 2014;
   come si evince dai comunicati delle organizzazioni sindacali, è emersa la volontà dell'amministrazione dell'interno di procedere alla pubblicazione, nel mese di maggio 2014, di nuovi bandi per i corsi SPES e SEFA 2014, da tenersi, rispettivamente, nei mesi di settembre e ottobre 2014;
   nonostante il consiglio direttivo, già nelle adunanze del marzo 2013 e, dunque, ben prima della programmazione dei nuovi corsi SPES e SEFA 2014, avesse contezza della necessità del celere avvio del corso per i COA 5, in occasione dell'incontro del 14 aprile 2014, sopra richiamato è, invece, emersa la volontà di posticipare l'inizio presunto del COA 5 addirittura a dicembre 2014 e, dunque, dopo quasi un anno dall'approvazione della graduatoria definitiva e ad oltre 5 anni dalla pubblicazione del bando di concorso;
   a seguito della «urgente» richiesta dei documenti e dell'impegno formale a partecipare alle attività formative, numerosi candidati, in vista dell'imminente avvio del corso, hanno, nel frattempo, rinunciato a svolgere altre attività lavorative e/o formative;
   la partecipazione al corso-concorso presuppone, tanto per chi presta attività lavorativa dipendente quanto per chi esercita attività libero-professionali, la necessità di conoscere per tempo il calendario e la strutturazione del corso, al fine di richiedere, i primi, al proprio datore di lavoro eventuali aspettative, permessi o part time (dovendo rispettare, in tal caso, il preavviso previsto dalla legge o dai vari contratti collettivi) e, comunque, entrambe le categorie, di organizzare i propri tempi di lavoro;
   deve aggiungersi, poi, che la conclusione del corso-concorso non coincide con una contestuale ed immediata iscrizione all'albo dei segretari comunali e provinciali, con la conseguenza che l'eventuale (ulteriore) posticipazione del corso comporterebbe la sostanziale impossibilità per i COA 5 di essere iscritti al detto albo in tempo utile per la tornata elettorale amministrativa prevista per la primavera del 2016 e ciò nonostante a quella data saranno trascorsi ben sette anni dall'avvio della procedura concorsuale;
   l'Unione nazionale segretari comunali e provinciali (UNSCP), con nota del 7 maggio 2014 indirizzata al Ministero dell'interno, ha chiesto l'immediata adozione degli atti necessari per l'avvio dei corsi di specializzazione e di accesso in carriera (COA 5), essendo gli stessi, anche in considerazione degli accordi intervenuti in tal senso con le organizzazioni sindacali e sopra richiamati, «atti dovuti e, in parte, già assunti»;
   il posticipato avvio del corso, oltre a ledere, come sopra già evidenziato, le legittime aspettative dei vincitori del concorso, risulta inspiegabile in quanto, da un lato, non consente la conclusione di un iter concorsuale iniziato da quasi cinque anni e che risulta essere tra i più selettivi di quelli esistenti in Italia e, dall'altro, in quanto si pone in stridente contrasto con la volontà del Governo di provvedere ad un ricambio generazionale e ad uno «svecchiamento» all'interno della pubblica amministrazione –:
   se il Ministro dell'interno sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda attivarsi con la massima sollecitudine affinché il consiglio direttivo dallo stesso presieduto, confermando quanto già stabilito nelle adunanze di marzo 2013 ed espresso nell'incontro con le organizzazioni sindacali del 14 aprile 2014, formalizzi l'avvio del corso-concorso COA 5 e delle relative lezioni entro dicembre 2014;
   se il Ministro dell'interno intenda confermare, unitamente a quella dei bandi SPES e SEFA 2014, già prevista per maggio 2014, anche la pubblicazione del calendario del corso-concorso COA 5 con la relativa strutturazione interna, scongiurando definitivamente il rischio di eventuali, ulteriori slittamenti e garantendo una rapida iscrizione dei COA 5 all'albo dei segretari comunali e provinciali, in tempo utile per la tornata elettorale amministrativa prevista per la primavera 2016. (4-05119)


   MOSCATT. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il bando di concorso per l'ammissione a frequentare il quinto corso-concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione ai fini dell'iscrizione di 200 segretari comunali nella fascia iniziale dell'albo dei segretari comunali e provinciali è stato pubblicato sulla GURI n. 86 del 6 novembre 2009;
   la graduatoria finale è stata approvata il 23 dicembre 2013 e pubblicata sulla GURI n. 3 del 10 gennaio 2014;
   il consiglio direttivo a marzo 2013 ha approvato le direttive per le attività formative e nella medesima seduta è stata deliberata la programmazione dei corsi SPES e SEFA 2013 ed è stata ribadita la necessità di predisporre gli atti necessari per il previsto avvio del COA-V da tenersi nel 2014;
   dal 10 gennaio 2014 giorno in cui è stata pubblicata richiesta di documentazione atta a conformare la volontà di voler proseguire l’iter selettivo con il corso di formazione finale nessun altro atto ufficiale è stato ad oggi pubblicato;
   in data 14 aprile 2014 si è tenuto un incontro tra il Ministero e le organizzazioni sindacali in vista del consiglio direttivo del 15 aprile 2014 con all'ordine del giorno la programmazione dell'attività di formazione e di aggiornamento professionale relativa all'anno 2014;
   ad esso sono seguiti ulteriori incontri volti a confermare la programmazione per l'attività formativa rivolta ai COA-V anche nei mesi di luglio e settembre alla luce dell'approvazione dell'articolo 21 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014 con cui si è stabilito che le attività formative già programmate vengano svolte sulla base di accordi ex articolo 15 della legge n. 241 del 1990 tra SNA e SSAI;
   il tempo eccessivo trascorso dalla pubblicazione della graduatoria finale degli ammessi lede l'interesse legittimo degli ammessi a veder completato il faticoso iter concorsuale intrapreso da ben 5 anni;
   la conclusione dell’iter concorsuale prescinde dagli esiti delle recentissime ipotesi di riforma della pubblica amministrazione e della figura dei segretari comunali così come previsto nell'approvando disegno di legge n. 1577 del 2014 –:
   se il Ministro interrogato intenda attivarsi con la massima sollecitudine affinché il consiglio direttivo formalizzi l'avvio del corso COA 5 con la pubblicazione del relativo calendario ivi compresa strutturazione interna, scongiurando definitivamente il rischio di eventuali, ulteriori slittamenti e assicurando la definitiva conclusione dell’iter concorsuale come già preventivato nelle adunanze da marzo 2013 a marzo-luglio 2014. (4-06203)

  Risposta. — Con le interrogazioni indicate in oggetto, l'interrogante chiede notizie sull'avvio del corso di formazione «Co.A 5» necessario all'ammissione in ruolo dei candidati risultati vincitori del corso-concorso per segretari comunali bandito nel 2009, nonché sull'indizione dei bandi dei corsi «Spe.S 2014» e «Se.F.A 2014».
  Il 15 ottobre scorso il Ministro dell'interno ha adottato, su proposta del consiglio direttivo per l'albo nazionale dei segretari degli enti locali, sentita la conferenza Stato città, la direttiva prevista dall'articolo 10 del decreto legge n. 174 del 2010.
  L'atto ha disposto l'avvio entro l'anno 2014 del corso di formazione «Co.A 5», che è iniziato di fatto il 22 dicembre scorso.
  La direttiva ha previsto l'avvio entro il 2014 anche dei corsi di specializzazione «Spe.S 2014» e «Se.F.A 2014», ai sensi, rispettivamente, dei commi 1 e 2 dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 465. Conseguentemente, il 4 novembre scorso, sentite le organizzazioni sindacali dei segretari, sono stati adottati e pubblicati i decreti di indizione dei bandi di ammissione ai predetti corsi «Se.F.A 2014» e «Spe.S 2014». Tali decreti, nello stabilire i requisiti di partecipazione e le modalità di presentazione delle domande di partecipazione, delineano le modalità dei corsi, di tipo «
blended», articolati ognuno in quattro moduli didattici residenziali non consecutivi, nonché in una fase di attività formativa assistita a distanza (e-learning), per il supporto e l'integrazione dell'attività d'aula.
  Sempre la direttiva ha stabilito che, qualora si rendano disponibili le necessarie risorse finanziarie, potranno essere avviati, per i segretari comunali e provinciali, anche due master di II livello o corsi di alta formazione.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   NUTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, in breve ANBSC, è stata istituita con il decreto legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito dalla legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 31 marzo 2010, n. 50;
   l'articolo 1, comma 2, di tale normativa stabilisce che l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata è posta sotto la vigilanza del Ministero dell'interno;
   la sede principale dell'Agenzia è stata disposta per legge a Reggio Calabria e, nel corso degli anni, sono state aperte sedi a Palermo, Napoli, Milano e Roma;
   la sede di Roma risulta, sin dalla sua istituzione nel luglio del 2010, essere sita in via dei prefetti, n. 22, in un edificio di proprietà della provincia di Roma, a cui l'Agenzia paga un canone di locazione mensile pari a 21 mila;
   tale situazione è stata confermata dallo stesso direttore dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata in scadenza di mandato, prefetto Giuseppe Caruso, anche in occasione di una audizione formale dinnanzi alla Commissione bicamerale d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere avvenuta il 18 gennaio 2012;
   il prefetto Caruso, al pari dei suoi predecessori, ha spesso lamentato la mancanza di fondi adeguati con cui poter far funzionare l'Agenzia in maniera più produttiva ed efficace;
   secondo gli ultimi dati disponibili riferiti al gennaio 2013, vi sarebbero nel comune di Roma 225 immobili sottoposti a confisca definitiva, di cui solo 130 consegnati;
   risultano dunque esserci circa un centinaio di immobili all'interno del comune di Roma tra cui appare, difficile all'interrogante non individuarne uno che non sia adatto ad ospitare la sede romana dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata;
   si ricorda in questa sede che, secondo quanto riportato in un articolo de «Il Tempo» del 3 marzo 2014, anche la sede della direzione investigativa antimafia è sita in un immobile per il quale viene pagato un canone di locazione pari a 770 mila euro annui;
   all'interrogante sembra quantomeno inopportuno, vista la presenza di un numero elevato di immobili confiscati alla criminalità organizzata e destinabili, continuare a pagare canoni di locazione così elevati da parte delle strutture della pubblica amministrazione in generale, e di quelle articolazioni che, in particolare, conducono quotidianamente a vario titolo una difficile battaglia contro la mafia, quali la direzione investigativa antimafia e l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata –:
   se non intenda attivarsi, per quanto di propria competenza, anche ai sensi della legge istitutiva dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, al fine di promuovere il trasferimento della sede romana dell'Agenzia in un locale confiscato o comunque in una unità immobiliare in usufrutto gratuito. (4-03799)

  Risposta. — Nella seduta del 29 aprile 2010 il consiglio direttivo dell'agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata aveva deliberato di istituire una sede secondaria a Roma.
  In assenza di immobili di proprietà demaniale immediatamente disponibili, erano state individuate per tale sede due unità immobiliari contigue, all'interno di uno stabile di proprietà dell'amministrazione provinciale ubicato a Roma, in via dei Prefetti.
  Acquisita la disponibilità alla locazione da parte della predetta amministrazione e ottenuto il prescritto nulla osta alla spesa da parte dell'agenzia del demanio, si era proceduto, nel settembre 2010, alla formalizzazione del contratto di locazione.
  Successivamente, nell'ambito delle politiche di razionalizzazione della spesa attuate dall'agenzia, il consiglio direttivo, nella seduta del 4 luglio 2012, ha preso atto della possibile destinazione a sede secondaria di un immobile confiscato in via definitiva alla criminalità organizzata, sito nella capitale in via Ezio numeri n. 12/14.
  Il 20 settembre 2012, è stata sottoscritta, quindi, un'apposita convenzione tra l'Agenzia e il provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Lazio, l'Abruzzo e la Sardegna, finalizzata alla progettazione e alla realizzazione delle opere necessarie all'adeguamento e riqualificazione dell'immobile, compreso l'affidamento dei lavori secondo le modalità previste dalla normativa vigente.
  Nelle more delle procedure di aggiudicazione di tali lavori da parte del provveditorato, il direttore dell'agenzia, con provvedimento del 6 novembre 2013, ha decretato il mantenimento dell'immobile al patrimonio dello Stato e la sua destinazione a sede dell'Agenzia, in conformità a quanto deliberato dal Consiglio direttivo nella seduta del 26 settembre 2013.
  I lavori sono iniziati nel dicembre 2013 e si sono conclusi nel giugno 2014.
  La nuova sede dell'agenzia è diventata operativa dallo scorso 1o luglio.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'amministrazione provinciale di Vibo Valentia è stata presieduta dal 2008 dall'ingegner Francesco De Nisi ed amministrata da un'ampia coalizione di centrosinistra;
   il suo mandato elettorale doveva scadere nel 2013, le intervenute irrevocabili dimissioni del presidente De Nisi, presentate il 29 ottobre 2012 e divenute definitive il 18 hanno fatto anticipare la conclusione del mandato;
   nel periodo che ha preceduto le dimissioni del presidente, l'ente è stato interessato da vicende giudiziarie che hanno visto il presidente denunciare una dipendente per un ammanco di oltre un milione di euro;
   a seguito delle dimissioni del presidente De Nisi e dello scioglimento del consiglio provinciale, si è insediato il commissario prefettizio dottor Mario Ciclosi;
   lo scioglimento dell'ente è avvenuto proprio nel pieno della battaglia che, insieme a Crotone, Vibo Valentia stava conducendo per evitare la soppressione delle piccole province;
   il commissario prefettizio, dopo il suo insediamento, ha provveduto a nominare dirigente dell'area finanziaria e di altri settori il dottor Domenico Macrì;
   tale dirigente, secondo una copiosa rassegna stampa locale, viene da tempo messa in relazione ad una delle locali cosche del vibonese (Gazzetta del Sud del 31 maggio 2013 e del 4 giugno 2013);
   la vicinanza dello stesso dirigente ad ambienti notoriamente conosciuti nel vibonese collegati a realtà associative di diverse osservanze sembra ampiamente illustrata dai giornali locali;
   si evidenzia che il territorio di Vibo Valentia appare da sempre funestato da contrapposte associazioni criminali;
   a ciò aggiungasi, che nell'ultimo periodo l'amministrazione provinciale sta attraversando un periodo di gravi difficoltà finanziarie tanto da indurre il personale dipendente allo stato di agitazione permanente –:
   se il Ministro interrogato non intenda promuovere tutte le necessarie iniziative per verificare l'attendibilità delle gravi e preoccupanti notizie sul dirigente nominato dal commissario prefettizio apparse sulla stampa locale in relazione a presunti fatti non compatibili con il ruolo che ricopre e con la posizione, anche di terzietà, del commissario prefettizio;
   se il Ministro interrogato non intenda, conclusa la fase di verifica dei fatti in premessa, procedere agli atti amministrativi conseguenti al fine di dare concrete ed univoche risposte ad una Comunità, come quella vibonese, e ai tantissimi giovani che vogliono emarginare ogni forma di illegalità e intendono incamminarsi sulla strada di un domani migliore. (4-01399)

  Risposta. — Com’è noto, con decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 2012 si è provveduto allo scioglimento del Consiglio provinciale di Vibo Valentia ed alla contestuale nomina di Mario Ciclosi, prefetto in quiescenza, a commissario straordinario dell'ente.
  Fin dall'insediamento, il commissario ha inteso improntare il proprio operato alla massima trasparenza e al pieno rispetto della legalità, orientando la propria azione verso il recupero della regolarità amministrativo-contabile all'ente.
  In tale contesto si sono collocate le ripetute iniziative tutorie dell'ente sia in sede giudiziaria, stante la molteplicità dei contenziosi di cui era parte in causa, sia in sede amministrativa, sia – infine – nei procedimenti penali che vedevano il coinvolgimento, oltre che di funzionari e dirigenti, anche di ex amministratori.
  Con specifico riferimento ai quesiti posti dall'interrogante, si rappresenta che con delibere del 13 e 20 dicembre 2012, quale primo atto successivo all'insediamento, la gestione commissariale ha disposto il completo
turn over degli incarichi dei dirigenti dell'ente, con assegnazione dell'incarico di responsabile del settore II (affari finanziari) al dottor Domenico Macrì, dirigente proveniente dai ruoli della regione, unico, fra i dirigenti in servizio, a non risultare destinatario di alcun provvedimento giudiziario.
  Il predetto ha ricoperto l'incarico per pochi mesi, in quanto, postosi in congedo a fine maggio 2013, non è rientrato in servizio se non per alcuni giorni, nel mese di novembre. Nel frattempo, con provvedimento commissariale decorrente dal 20 maggio 2013, lo stesso era stato, dapprima, avvicendato temporaneamente dal dirigente del settore V e, successivamente, a decorrere dal 27 giugno 2013, dalla dirigente del settore I.
  Risulta, inoltre, che il commissario, non appena apprese le notizie apparse sugli organi di stampa il 31 maggio 2013 circa la presunta vicinanza del dottor Macrì ad ambienti malavitosi, nella medesima data abbia chiesto alla competente autorità giudiziaria elementi conoscitivi sulla posizione dell'interessato, ricevendo comunicazione di impossibilità del riscontro, ostandovi il segreto istruttorio.
  Va aggiunto che il predetto dirigente è stato oggetto da parte del commissario medesimo di due richiami rispettivamente per il mancato perseguimento di azioni congruenti con gli obiettivi a lui affidati e per rilievi disciplinari sulla presenza in servizio.
  Risulta, poi, che il vicecommissario vicario abbia espresso, per motivi di opportunità, immediato nulla osta alla mobilità del dottor Macrì verso altre pubbliche amministrazioni.
  Più di recente, lo scorso mese di gennaio, il presidente della provincia di Vibo Valentia ha reso noto, tramite la competente prefettura, di aver attribuito al dottor Macrì con proprio decreto del 1o dicembre 2014 – nell'ambito del processo di riorganizzazione generale della Provincia e in applicazione del principio di rotazione degli incarichi – le funzioni afferenti al settore III – cultura, politiche sociali, attività produttive, industria, commercio, pubblica istruzione e politiche comunitarie, ciò anche in forza del fatto di non aver avuto contezza, da parte dell'Autorità giudiziaria, di notizie riguardanti il predetto dirigente nel senso rappresentato nell'interrogazione.
  Inoltre il presidente della provincia ha precisato che il dottor Macrì aveva ripreso servizio dallo scorso luglio 2014, dopo un prolungato periodo di assenza dapprima per congedo e poi per malattia.
  Per quanto attiene alla situazione finanziaria dell'ente, la provincia permane in stato di dissesto, mentre i dipendenti hanno proclamato lo stato di agitazione permanente, dovuto non solo ai ritardi nel pagamento degli stipendi, ma, soprattutto, alle incertezze di tipo occupazionale delineatesi, a loro dire, con il processo di riordino delle province varato con la legge 7 aprile 2014, n. 56.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il bando di concorso per l'ammissione a frequentare il quinto corso-concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione ai fini dell'iscrizione di 200 segretari comunali nella fascia iniziale dell'albo dei segretari comunali e provinciali è stato pubblicato sulla GURI n. 86 del 6 novembre 2009; le prove scritte si sono tenute in data 22, 23 e 24 marzo 2011; gli orali si sono svolti nel periodo ottobre-dicembre 2013 e la graduatoria finale è stata approvata il 23 dicembre 2013 e pubblicata sulla GURI n. 3 del 10 gennaio 2014;
   il consiglio direttivo a marzo 2013 ha approvato le direttive per le attività formative e nella medesima seduta è stata deliberata la programmazione dei corsi SPES e SEFA 2013 ed è stata ribadita la necessità di predisporre gli atti necessari per il previsto avvio del COA V da tenersi nel 2014;
   all'inizio di gennaio 2014 è stato richiesto agli ammessi di confermare, entro un ristretto termine e a mezzo fax, l'impegno formale a partecipare al quinto corso-concorso;
   numerosi candidati hanno nel frattempo rinunciato a svolgere altre attività lavorative e/o formative in vista dell'imminente avvio del corso;
   in data 14 aprile 2014 si è tenuto un incontro tra il Ministero e le organizzazioni sindacali in vista del consiglio direttivo del 15 aprile 2014 con all'ordine del giorno la programmazione dell'attività di formazione e di aggiornamento professionale relativa all'anno 2014;
   dai comunicati delle organizzazioni sindacali è emersa la volontà dell'amministrazione di procedere alla pubblicazione nel mese di maggio 2014 dei nuovi bandi per i corsi SPES e SEFA 2014, da tenersi rispettivamente nei mesi di settembre e ottobre 2014;
   in occasione del medesimo incontro è altresì emersa la volontà di posticipare l'inizio presunto del COA 5 addirittura a dicembre 2014, ovvero un anno dopo l'approvazione della graduatoria definitiva e dopo 5 anni dalla pubblicazione del bando di concorso, nonostante il consiglio direttivo avesse contezza della necessità del suo celere avvio già nelle adunanze del marzo 2013, ben prima della programmazione dei corsi SPES e SEFA 2014;
   la partecipazione al corso-concorso presuppone, per chi presta attività lavorativa dipendente, la necessità di conoscere per tempo il calendario e la strutturazione del corso, al fine di richiedere al proprio datore di lavoro eventuali aspettative, permessi o part-time, dovendo rispettare il preavviso previsto dalla legge o dai vari contratti collettivi nazionali;
   il legittimo interesse deve essere contemperato per i 260 candidati già ammessi al corso, con l'approvazione della graduatoria a dicembre 2013 e in attesa da ben 5 anni, a partecipare al corso per portare a termine un già troppo lungo e faticoso percorso concorsuale;
   la conclusione del corso-concorso, così come accaduto per i precedenti COA, non coincide con una contestuale iscrizione all'albo e conseguentemente c’è il rischio che con un inizio posticipato del corso a dicembre 2014, o oltre, l'iscrizione dei COA 5 possa essere deliberata solo nella primavera 2016, sette anni dopo l'avvio della procedura concorsuale;
   le recentissime ipotesi di riforma della pubblica amministrazione introducono ulteriori elementi di incertezza in merito al futuro professionale della categoria dei segretari comunali e provinciali;
   l'Unione nazionale segretari comunali e provinciali in considerazione della proposta di abolizione della figura del segretario contenuta nelle lettera del Governo ai dipendenti pubblici, ha proclamato lo stato di agitazione sindacale in quanto le proposte del Governo hanno «lasciato amareggiati le migliaia di Segretari che sono da anni, con dedizione e lealtà verso le Istituzioni, in servizio in tutta Italia, e privi di ogni certezza e le centinaia di giovani Segretari che attendono di entrare in servizio in questi mesi e che costituiscono una ricchezza proprio nell'ottica del ricambio generazionale tanto auspicato da tutti» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda attivarsi con la massima sollecitazione affinché il consiglio direttivo formalizzi l'avvio del COA 5, da tenersi comunque entro il 2014, come già preventivato nelle adunanze di marzo 2013;
   se il Ministro interrogato intenda attivarsi affinché sia pubblicata, congiuntamente alla pubblicazione dei bandi SPES e SEFA 2014, prevista per maggio 2014, anche il calendario del COA 5 con la relativa strutturazione interna, scongiurando definitivamente il rischio di eventuali, ulteriori slittamenti;
   se il Ministro interrogato intenda avviare per tempo tutte le iniziative necessarie per garantire una rapida iscrizione degli ammessi al quinto corso-concorso all'albo dei segretari comunali e provinciali entro l'inizio del 2016, anche in considerazione del fatto che molti sedi di fascia C risulteranno essere vacanti, per la tornata elettorale amministrativa prevista nella primavera 2016 e per l'abilitazione di numerosi segretari alla fascia B. (4-04972)

  Risposta. — Con l'interrogazione indicata in oggetto, l'interrogante chiede notizie su un'ipotesi di riforma in via di predisposizione da parte del Governo in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali, sull'avvio del corso di formazione «Co.A 5» necessario all'immissione in ruolo dei candidati risultati vincitori del corso-concorso per segretari comunali bandito nei 2009, nonché sull'indizione dei bandi dei corsi «Spe.S 2014» e «Se.F.A 2014».
  Si informa che è attualmente all'esame delle competenti commissioni del Senato della Repubblica il disegno di legge 1577, di iniziativa governativa, recante misure per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
  Il provvedimento contiene, all'articolo 10, una delega al Governo in materia di dirigenza pubblica, che incide anche sull'ordinamento dei segretari comunali e provinciali. In sostanza, in relazione a tale istituto, il Governo ha indicato al Parlamento un determinato indirizzo di carattere generale, rimettendosi alle sue valutazioni e alle sue scelte discrezionali.
  Si esprime la certezza che, grazie all'ampia discussione che sicuramente sarà dedicata allo specifico tema, le Camere compiranno le scelte più appropriate sul futuro di tali importanti figure professionali.
  Quanto al corso di formazione «Co.A 5», si informa che il 15 ottobre scorso il Ministro dell'interno ha adottato, su proposta del consiglio direttivo per l'albo nazionale dei segretari degli enti locali, sentita la Conferenza Stato-città, la direttiva prevista dall'articolo 10 del decreto-legge n. 174 del 2010.
  L'atto ha disposto l'avvio entro l'anno 2014 del corso in questione, che è iniziato di fatto il 22 dicembre scorso.
  La direttiva ha previsto l'avvio entro il 2014 anche dei corsi di specializzazione «Spe.S 2014» e «Se.F.A 2014», ai sensi, rispettivamente, dei commi 1 e 2 dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 465. Conseguentemente, il 4 novembre scorso, sentite le organizzazioni sindacali dei segretari, sono stati adottati e pubblicati i decreti di indizione dei bandi di ammissione ai predetti corsi «Se.F.A 2014» e «Spe.S 2014». Tali decreti, nello stabilire i requisiti di partecipazione e le modalità di presentazione delle domande di partecipazione, delineano le modalità dei corsi, di tipo «
blended», articolati ognuno in quattro moduli didattici residenziali non consecutivi, nonché in una fase di attività formativa assistita a distanza (e-learning), per il supporto e l'integrazione dell'attività d'aula.
  Sempre la direttiva ha stabilito che, qualora si rendano disponibili le necessarie risorse finanziarie, potranno essere avviati, per i segretari comunali e provinciali, anche due
master di II livello o corsi di alta formazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle prime ore del 19 gennaio 2014, sull'argine destro del Secchia, tra le sezioni di Ponte Alto e Ponte Bacchello, nei pressi della frazione San Matteo, si è aperta una breccia che ha fatto defluire le acque nella pianura circostante;
   la situazione che si presentava era la seguente: la sommità arginale, per un tratto di almeno 15 metri, risultava crollata e sormontata da una lama d'acqua che aveva già allagato le aree al piede dell'argine, confinanti con un paio di aziende. L'apertura è andata progressivamente aumentando, fino a circa 80 metri, a causa della pressione della corrente del fiume;
   gli allagamenti sono stati cospicui come documentato dagli organi di informazione;
   nell'opera di soccorso come sempre si sono distinti i reparti dei vigili del fuoco della zona;
   notizie di stampa riportano l'incredibile notizia che mentre gli stessi cittadini si rimboccavano le maniche per darsi da fare a favore della collettività, c’è chi non ha potuto farlo, come era già accaduto con il terremoto: il riferimento è per i vigili del fuoco volontari, che nella Bassa peraltro vantano due importanti distaccamenti, uno a Finale e l'altro a Mirandola, con i quali collaborano numerosi volontari, ormai esperti anche di emergenza;
   a quanto consta all'interrogante a questi volontari che hanno a disposizione mezzi e competenze (nella vita civile sono lavoratori, laureati, tecnici), sarebbe stato ordinato di permanere nei distaccamenti o di rientrarci, come accadde con il terremoto. Una situazione nota da un paio d'anni, tra l'indifferenza delle istituzioni e anzi una certa ostilità di quanti hanno «remato» e proclamato in senso contrario all'impiego di questi vigili del fuoco;
   è stata inviata una lettera di denuncia dell'accaduto alle più alte cariche istituzionali –:
   se il Ministro intenda verificare le responsabilità circa il mancato utilizzo dei volontari dei vigili del fuoco emiliani nelle ultime due calamità che hanno devastato zone importanti della regione, predisponendo procedure di intervento che prevedano il pieno impiego di risorse che per spirito di sacrificio e senso di responsabilità si mettono al servizio della collettività. (4-03454)

  Risposta. — Il dispositivo di soccorso per fronteggiare gli eventi alluvionali del gennaio 2014 in provincia di Modena è stato coordinato dalla direzione regionale dei vigili del fuoco per l'Emilia Romagna e dal centro operativo nazionale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in conformità alle procedure previste nella direttiva dipartimentale in data 12 aprile 2011, relativa alla «riorganizzazione delle colonne mobili regionali e del dispositivo di mobilitazione per grande calamità», che disciplina le modalità di soccorso e di intervento del corpo nazionale dei vigili del fuoco in caso di calamità naturali.
  In particolare, il dispositivo di soccorso di colonna mobile operante il giorno 19 gennaio 2014 e nel periodo successivo è stato il seguente: sette sezioni operative provenienti dai comandi provinciali dell'Emilia Romagna, del Veneto e della Lombardia oltreché dalle sezioni operative del comando di Modena, operanti con personale specialista «SA» (soccorso acquatico) e «SAF» (soccorso fluviale), con mezzi terrestri e nautici previsti per le relative sezioni operative e tre mezzi anfibi; specialisti dei nuclei sommozzatori dei comandi provinciali di Bologna e di Ravenna; specialisti dei reparti volo ed elisoccorritori dei nuclei di Bologna e di Venezia; un Gruppo operativo speciale del movimento terra della direzione regionale Lazio; quattro unità di coordinamento locale per coadiuvare l'attività della sala operativa del comando di Modena, operanti a Bastiglia, Bomporto, Albareto e Camposanto.
  Il massiccio intervento di soccorso, effettuato nel rispetto delle misure richieste dalla delicatezza e dalla complessità tecnica dello scenario, ha contribuito alla messa in salvo di più di mille persone, con la piena ed immediata disponibilità delle diverse categorie professionali del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  In tale quadro, il personale permanente impiegato, spesso in situazioni di alto rischio, è risultato idoneo e sufficiente, in ogni fase dell'emergenza, al conseguimento degli obiettivi operativi.
  L'impiego dei vigili volontari durante l'emergenza è stato limitato, essendosi fatto ricorso, come avvenuto quasi sempre in siffatti scenari, a specifiche professionalità in funzione delle peculiari caratteristiche dell'evento.
  In tali casi, peraltro, costituisce proficua e consolidata
best practice operativa fare leva, se del caso, sull'istituto contrattuale del raddoppio temporaneo del personale permanente.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   da mesi il parco di Colle Oppio a Roma vive una situazione di degrado senza precedenti, trasformatosi in una tendopoli a cielo aperto nella quale oltre un centinaio di immigrati bivaccano all'interno di un'area di alto pregio architettonico e paesaggistico, a due passi dal Colosseo e dalla Domus aurea;
   in seguito alle denunce presentate dai residenti della zona, il parco era stato sgomberato meno di un mese fa, ma è già di nuovo reinsediato;
   lo stato di abbandono del parco provoca gravissimi problemi sia di igiene sia di sicurezza, ai quali si aggiungono anche le tensioni e gli scontri tra gli immigrati stessi;
   inoltre, le condizioni di degrado nella quale sono costrette a vivere queste persone, accampate in rifugi di fortuna e in condizioni di estrema precarietà soprattutto in questi giorni di grande freddo, violano i più elementari diritti di qualunque essere umano;
   alla totale indifferenza ed inerzia nei confronti del problema dimostrata dall'amministrazione comunale fa eco l'inattività anche del potere centrale;
   con riferimento agli immigrati che occupano il parco, infatti, andrebbe operata una verifica dei permessi per il soggiorno in Italia procedendo alla loro accoglienza nelle apposite strutture, togliendoli dalla strada –:
   se non ritengano opportuno intervenire al più presto, per quanto di competenza, nel senso di cui in premessa, al fine sia di garantire agli immigrati delle degne condizioni di vita, sia di restituire al parco di Colle oppio il suo pregio culturale e archeologico, tutelando al contempo la sicurezza di tutti i cittadini. (4-02928)

  Risposta. — Come segnalato nell'interrogazione, nell'area del Parco di Colle Oppio, a Roma, si registrano da tempo alcune criticità, motivo di forte allarme sociale nella popolazione residente, che, attraverso comitati di quartiere o per mezzo di esposti, ha sollecitato interventi risolutivi da parte delle autorità preposte.
  Le problematiche riguardano per lo più assembramenti di stranieri senza fissa dimora, la maggior parte dei quali bivaccano nel parco consumando alcool e cibi sul posto, mentre altri improvvisano mercati abusivi per la vendita di merce usata o di dubbia provenienza. In tal modo, si è venuta a determinare una condizione di generale degrado e sporcizia, caratterizzata anche dal verificarsi di episodi di microcriminalità.
  Nel corso del 2013, l'ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della questura di Roma ha effettuato 15 servizi straordinari, nel corso dei quali sono stati controllati 400 cittadini non comunitari quasi tutti risultati in possesso del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Di essi 30 sono stati accompagnati presso l'ufficio immigrazione per l'identificazione, 4 sono stati denunciati in stato di arresto e 9 in stato di libertà per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, 4 sono stati segnalati all'autorità amministrativa per uso personale di sostanze stupefacenti. Inoltre, sono stati sequestrati circa 2 chilogrammi di marijuana.
  Nello stesso periodo, il commissariato di pubblica sicurezza Esquilino – avvalendosi anche della collaborazione di altri enti (servizi sociali, polizia locale di Roma capitale, Inps e ispettorato del lavoro) – ha incrementato l'attività straordinaria di controllo del territorio e di polizia amministrativa, integrata da servizi mirati di alto impatto, assicurando una presenza costante nell'area, al fine di debellare fenomeni di abusivismo e illegalità.
  Nel corso di tali attività, sono stati controllati 70 cittadini non comunitari, 30 dei quali accompagnati al commissariato; successivamente, 5 di loro sono stati condotti presso l'ufficio immigrazione; 2 sono stati arrestati per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti; mentre altri 2 sono stati segnalati all'autorità amministrativa per detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale; inoltre, sono state sequestrate piccole quantità di marijuana.
  Quanto alle attività poste in essere nell'anno 2014, si segnala che il 17 gennaio, nel corso di uno dei controlli straordinari effettuati nell'area, il personale di polizia ha rilevato la presenza di quattro tende e ha identificato 12 cittadini non comunitari, 3 dei quali sono stati accompagnati in ufficio poiché sprovvisti di permesso di soggiorno, mentre 9 sono stati rilasciati poiché in possesso del permesso per motivi umanitari. Nella circostanza, con l'ausilio di unità cinofile antidroga, sono stati rinvenuti e sequestrati cospicui quantitativi di sostanze stupefacenti (tipo cannabinoidi). Inoltre, è stato richiesto l'intervento di personale dell'Ama per la bonifica dell'area.
  La questione è stata anche affrontata nella seduta del Sottocomitato per l'ordine e la sicurezza pubblica del 22 gennaio 2014, all'esito della quale il questore di Roma ha disposto lo sgombero dei giardini di Colle Oppio, effettuato nella mattinata del 27 gennaio dello stesso anno dalla polizia locale di Roma capitale, in collaborazione con il commissariato Esquilino.
  Nel corso delle operazioni sono stati identificati 29 cittadini stranieri, per lo più di nazionalità nigeriana e malese, 2 dei quali sono stati accompagnati presso l'ufficio immigrazione poiché sprovvisti di documenti e non in regola con le norme sul soggiorno, 16 sono stati collocati presso diverse strutture ricettive del comune, mentre i restanti 11 hanno rifiutato qualsiasi assistenza e si sono spontaneamente allontanati dai giardini.
  Nei mesi successivi, al fine di scongiurare nuovi insediamenti abusivi nell'area, la questura di Roma ha disposto mirati servizi di osservazione e controllo del territorio, impiegando uomini e mezzi sia del commissariato di zona sia del reparto volanti e del reparto prevenzione crimini, spesso integrati con unità cinofile e con personale della polizia locale di Roma capitale.
  Particolare attenzione è stata rivolta alla zona circostante la mensa della Caritas frequentata per lo più da cittadini stranieri e senza fissa dimora, che spesso trascorrono le proprie giornate nel parco.
  L'efficacia delle operazioni condotte a tutto lo scorso mese di ottobre – complessivamente 83 servizi, integrati da una costante attività di monitoraggio – è confermata dai risultati conseguiti: sono state controllate 2.524 persone, di cui 1.608 cittadini stranieri; sono state identificate 161 persone, di cui 25 sono state accompagnate in commissariato e 98 presso l'ufficio immigrazione per i provvedimenti di rispettiva competenza; sono state inviate al fotosegnalamento 108 persone, delle quali 42 straniere; nel corso di 49 posti di controllo, sono state controllate 271 autovetture, con un sequestro e un fermo amministrativo; 37 persone sono state deferite in stato di libertà all'autorità giudiziaria, mentre 3 sono state tratte in arresto, di cui 2 per violazione della legge sugli stupefacenti ai sensi dell'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990; sono stati eseguiti complessivamente 97 sequestri, di cui 23 penali e 75 amministrativi.
  Inoltre, sono stati effettuati 73 controlli amministrativi presso locali situati nella stessa area, con l'applicazione di 42 sanzioni amministrative, 13 proposte di chiusura ai sensi dell'articolo 100 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e 5 notifiche di provvedimenti di chiusura ai sensi dello stesso articolo.
  Si assicura che, anche per il futuro, la questura di Roma – sempre in collaborazione con la polizia locale – predisporrà specifici servizi di osservazione e controllo del territorio, per garantire un efficace contrasto del fenomeno lamentato dall'interrogante.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i segretari comunali sono titolari di molteplici funzioni all'interno di ciascun comune italiano e ne consentono l'effettivo funzionamento, svolgendo compiti di coordinamento della dirigenza locale o di diretta gestione di interi uffici o interi settori, di consulenza giuridica, nonché le funzioni di controllo sulla legittimità degli atti e di garanzia per la prevenzione della corruzione;
   l'iscrizione dei segretari nell'apposito albo avviene dopo un lungo e faticoso iter concorsuale che vede, al termine di una prova preselettiva, tre prove scritte ed una orale e un ulteriore corso di formazione, poi seguiti da corsi di riqualificazione e formazione durante una carriera il cui avanzamento procede di pari passo con l'aumento delle competenze e delle conoscenze giuridiche e gestionali;
   attualmente ben 260 giovani aspiranti segretari comunali attendono, a ben cinque anni dalla pubblicazione del bando di concorso, di definire il proprio iter concorsuale, iniziato con la pubblicazione del bando nel novembre 2009, perché la graduatoria finale dei vincitori è stata pubblicata solo il 10 gennaio 2014 dopo la prova preselettiva, tre prove scritte ed una prova orale vertente su ben 17 discipline giuridiche, economiche e manageriali, e per il perfezionamento dell’iter stanno ancora attendendo – da ben cinque mesi – l'avvio del corso di formazione finale, rispetto al quale non è ancora pervenuta alcuna comunicazione ufficiale;
   sembrerebbe che il Governo stia predisponendo un provvedimento per far confluire i segretari comunali in un unico albo della dirigenza locale, unitamente ai dirigenti locali a qualsiasi titolo ad oggi assunti o titolari di incarichi, e con tutta evidenza privi delle competenze e della professionalità che uno specifico e peculiare iter garantisce ai segretari comunali;
   inoltre, in base al testo del Governo, i sindaci potrebbero liberamente scegliere di affidare l'incarico di segretario comunale a qualsivoglia soggetto inserito in questo nuovo albo unico, sia stato esso assunto al termine di una specifica procedura concorsuale o meno;
   nonostante le ingenti somme già ad oggi spese dal Ministero dell'interno per la citata procedura di selezione e i numerosi anni di studio affrontati dai concorsisti, sembrerebbe esistere il rischio che il ruolo dei segretari comunali possa essere drasticamente ridotto o addirittura espunto dall'ordinamento;
   l'abolizione della figura o la sostituzione della stessa con figure di diversa formazione avrebbe, tra l'altro, l'evidente conseguenza di costringere gli amministratori locali a ricorrere continuamente a consulenti esterni, notai, avvocati, esperti contabili e così via con un aggravio di spese insostenibile e in totale contrasto con i vincoli di bilancio cui sono sottoposti gli enti locali nell'attuale contesto di crisi economico-finanziaria;
   sembrerebbe, inoltre, che con il provvedimento si voglia attribuire alle amministrazioni comunali la facoltà di procedere al licenziamento dei segretari comunali – e non alla mobilità – in caso di mancanza di incarico per due anni;
   la ipotizzata riforma, che ha già sollevato numerosissime voci di protesta, quindi, oltre a ledere i principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione è ad avviso degli interroganti, oltremodo lontana dal risolvere i problemi di inefficienza delle amministrazioni locali, e, anzi, eliminando – di fatto – dai comuni gli unici soggetti che per formazione e competenze sono in grado di garantire la corretta gestione dell'attività comunale e la continuità dei servizi, di vigilare sulla legalità degli atti e delle scelte che l'amministrazione comunale assume, nonché di fornire agli organi di governo locale il necessario supporto giuridico e gestionale, arrecano un danno alle amministrazioni –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero, e, se del caso, se non ritenga che i segretari comunali svolgano una funzione insostituibile ed infungibile all'interno dei comuni, proprio a causa del percorso formativo che affrontano per ottenere tale qualifica;
   se non ritenga di adottare iniziative di tutela di tali figure professionali salvaguardandone l'importante funzione nell'ambito delle amministrazioni comunali;
   quali urgenti iniziative intenda assumere per disporre il tempestivo avvio del corso di formazione finale, affinché i candidati del concorso bandito nel 2009 siano immessi nei ruoli quanto prima. (4-05070)

  Risposta. — Con l'interrogazione indicata in oggetto, l'interrogante chiede notizie su un disegno di legge in via di predisposizione da parte del Governo in materia di segretari comunali e provinciali nonché sull'avvio del corso di formazione «Co.A 5» necessario all'immissione in ruolo dei candidati risultati vincitori del corso-concorso per segretari comunali bandito nel 2009.
  Si informa che è attualmente all'esame delle competenti commissioni del Senato della Repubblica il disegno di legge 1577, di iniziativa governativa, recante misure per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
  Il provvedimento contiene, all'articolo 10, una delega al Governo in materia di dirigenza pubblica, che incide anche sull'ordinamento dei segretari comunali e provinciali. In sostanza, in relazione a tale istituto, il Governo ha indicato al Parlamento un determinato indirizzo di carattere generale, rimettendosi alle sue valutazioni e alle sue scelte discrezionali.
  Si esprime la certezza che, grazie all'ampia discussione che sicuramente sarà dedicata allo specifico tema, le Camere compiranno le scelte più appropriate sul futuro di tali importanti figure professionali.
  Quanto al corso di formazione «Co.A 5», si informa che il 15 ottobre scorso il Ministro dell'interno ha adottato, su proposta del consiglio direttivo per l'albo nazionale dei segretari degli enti locali, sentita la conferenza Stato-città, la direttiva prevista dall'articolo 10 del decreto-legge n. 174 del 2010.
  L'atto ha disposto l'avvio entro l'anno 2014 del corso in questione, che è iniziato di fatto il 22 dicembre scorso.
  Per completezza, si informa che la direttiva ha previsto l'avvio entro il 2014 anche dei corsi di specializzazione «Spe.S 2014» e «Se.F.A 2014», ai sensi, rispettivamente, dei commi 1 e 2 dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 465. Conseguentemente, il 4 novembre scorso, sentite le organizzazioni sindacali dei segretari, sono stati adottati e pubblicati i decreti di indizione dei bandi di ammissione ai predetti corsi «Se.F.A 2014» e «Spe.S 2014». Tali decreti, nello stabilire i requisiti di partecipazione e le modalità di presentazione delle domande di partecipazione, delineano le modalità dei corsi, di tipo «
blended», articolati ognuno in quattro moduli didattici residenziali non consecutivi, nonché in una fase di attività formativa assistita a distanza (e-learning), per il supporto e l'integrazione dell'attività d'aula.
  Sempre la direttiva ha stabilito che, qualora si rendano disponibili le necessarie risorse finanziarie, potranno essere avviati, per i segretari comunali e provinciali, anche due
master di II livello o corsi di alta formazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 3 e il 4 luglio 2014 si è verificato quello che si teme sarà solo il primo degli incendi che ogni estate flagellano la Sardegna;
   nelle campagne che si trovano nel triangolo tra Guspini, Gonnosfanadiga e Arbus sono andati in fumo quasi 1.500 ettari di boschi di sugherete, macchia mediterranea, pascoli e uliveti;
   a Marrubiu, in provincia di Oristano, il fuoco è arrivato a lambire la frazione abitata di Sant'Anna, mettendo a rischio le popolazioni, e nei centri limitrofi di Arborea e Santa Giusta si contano i danni nelle imprese agricole, colpite da distruzioni delle coltivazioni, delle scorte, delle attrezzature e degli immobili;
   per oltre cinque ore è rimasta chiusa la strada statale 131 Carlo Felice Sassari-Cagliari, come anche sono stati interrotti i collegamenti ferroviari di Trenitalia fra Oristano e Marrubiu;
   nel Medio Campidano, tra Gonnosfanadiga, Arbus e Guspini, sono andate in fumo la folta macchia mediterranea di cisti e lentischio e centinaia di piante di lecci, e sono morti centinaia di animali selvatici, e le fiamme sono arrivate talmente vicine alla pineta comunale da rendere opportuna l'evacuazione di una comunità di recupero per disabili, i cui ospiti hanno dovuto essere trasferiti in altre strutture ricettive della zona;
   le operazioni di spegnimento delle squadre antincendio a terra sono state rese particolarmente difficoltose per via dell'inaccessibilità di automezzi alla zona e si sono dovute fermare per tutta la notte, mentre continuavano ad operare solo i mezzi aerei;
   in occasione dei citati roghi il responsabile della protezione civile dell'isola ha avuto modo di ribadire la assoluta necessità che sia garantito l'utilizzo di un terzo velivolo Canadair in funzione antincendio;
   troppo spesso gli incendi che si verificano nell'isola sono la conseguenza di deliberati attacchi di piromani che puntano al disboscamento di alcune zone a fini di speculazione edilizia –:
   quali urgenti iniziative intendano assumere per il contrasto degli incendi, sia sotto il profilo del potenziamento dei mezzi terrestri e aerei nell'isola e dell'incremento delle risorse umane, se del caso attraverso l'indizione di nuovi concorsi per i vigili del fuoco e l'inserimento in ruolo dei vigili del fuoco discontinui che da tempo operano in maniera precaria ingiustamente, sia sotto il profilo dell'intensificazione delle misure di controllo e di prevenzione, sia, infine, sotto il profilo dell'inasprimento delle sanzioni amministrative e penali nei confronti dei piromani. (4-05449)

  Risposta. — Si premette che la materia dello spegnimento degli incendi boschivi è attribuita in via primaria alle regioni, ai sensi del decreto legislativo n. 112 dei 1998, salvo lo spegnimento con mezzi aerei che è di competenza, invece, dello Stato.
  Tale assetto normativo è stato peraltro confermato e rafforzato, a favore delle Regioni, dalla legge quadro sugli incendi boschivi n. 353 del 2000, che ha attribuito alle stesse il compito di definire e programmare, mediante apposito «piano regionale», le attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, per la cui attuazione le regioni possono, tra l'altro, stipulare apposite convenzioni con il Ministero dell'interno per l'impiego di personale e mezzi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  La frequenza e l'estensione degli incendi boschivi verificatisi negli ultimi anni hanno comportato un crescente impegno di uomini e mezzi, ben al di là del mero concorso, tanto che l'intervento dei vigili del fuoco, per la collaudata esperienza nel settore dello spegnimento incendi nonché per il bagaglio di conoscenze tecniche acquisite, è diventato ormai costante.
  In tale quadro, il rilievo del servizio aereo svolto dal corpo nazionale è stato avvalorato dal decreto-legge n. 59 del 2012, convertito in legge n. 100 del 2012, che ha previsto il trasferimento della gestione operativa della flotta aerea antincendio della protezione civile (composta da canadair) al dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno.
  Tale trasferimento è divenuto operativo con l'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 40 del 2013 che stabilisce i tempi e le modalità per la concreta attuazione.
  Dei 19 veicoli canadair in dotazione, negli anni 2013-2014, sono stati assicurati in «prontezza operativa» 15 velivoli.
  Oltre ai 15 aeromobili canadair schierati a Genova, Ciampino, Lamezia Terme, Trapani ed Olbia, la flotta elicotteristica dedicata alla campagna antincendi boschivi 2014 del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è stata potenziata con ulteriori due elicotteri, dislocati su Bologna e Catania, oltre all'elicottero schierato su Ciampino per un totale di 3 elicotteri AB 412.
  Va inoltre ricordato che, al fine di potenziare la flotta per la citata campagna antincendi, il Ministero dell'interno ha sottoscritto a fine giugno 2014, con il coordinamento del dipartimento della protezione civile, tre accordi rispettivamente con lo Stato Maggiore Esercito, con lo Stato Maggiore Marina e con il Corpo Forestale dello Stato per lo schieramento di ulteriori aeromobili ad ala rotante appartenenti ai suddetti Corpi (nello specifico si tratta di 2 elicotteri dell'Esercito con base a Viterbo e a Cagliari, 2 elicotteri della Marina con base a Grottaglie e a Catania, 1 elicottero del corpo forestale con base a Preturo).
  Per quanto concerne in particolare la Sardegna, il dispositivo di soccorso del corpo nazionale dei vigili del fuoco è costituito dalla direzione regionale e da quattro comandi provinciali – Cagliari, Nuoro, Oristano e Sassari – dai quali dipendono 17 sedi distaccate permanenti (di cui due miste con personale volontario), oltre ad alcuni distaccamenti aventi specifiche competenze di intervento in ambito portuale o aeroportuale.
  Per quanto riguarda le presenze del personale operativo non specialista ammontano, alla data del 1o gennaio scorso, a 1.212 unità, a fronte di una dotazione teorica di 1.243 unità, con una carenza del 2,49 per cento, dato quest'ultimo inferiore alla media di numerose regioni.
  Va anche detto che il suddetto dispositivo di soccorso è potenziato nel periodo estivo per lo svolgimento della campagna estiva antincendio, attraverso accordi di collaborazione con gli enti locali e richiami di vigili del fuoco discontinui che vanno a rinforzare le sedi permanenti e i distaccamenti stagionali.
  Infine, in merito alla questione dell'immissione in ruolo dei vigili del fuoco volontari, si informa che il 29 dicembre scorso si è provveduto all'assunzione di 614 vigili del fuoco: 400 in base alle previsioni del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito con legge n. 114 del 2014; 214 derivanti dal
turn-over 2013. A tale fine, si è attinto, in parti uguali, alle graduatorie della procedura di stabilizzazione del personale volontario del corpo nazionale dei vigili del fuoco e del concorso pubblico a 814 posti di vigile del fuoco.
  I restanti 600 vigili del fuoco, la cui assunzione è stata autorizzata con il citato decreto-legge n. 90 del 2014, saranno immessi nei ruoli del corpo nazionale a partire dal mese di settembre del 2015.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dalle ore 14 di lunedì 26 maggio 2014 il sito della regione Abruzzo preposto alla diffusione dei dati elettorali è stato completamente inaccessibile agli utenti, oscurando praticamente ogni cittadino che voleva conoscere i risultati in tempo reale dello spoglio delle elezioni regionali;
   l'unica fonte dei dati, seppur molto generici, è stata l'emittente televisiva Rete 8;
   a differenza delle precedenti tornate elettorali, la regione Abruzzo ha preferito gestire autonomamente sia l'afflusso dei dati elettorali che la pubblicazione degli stessi;
   il 24 febbraio 2014 a L'Aquila è stata firmata, dal presidente della giunta della regione Abruzzo e i prefetti de L'Aquila, Chieti, Teramo e Pescara la «Intesa quadro tra il Presidente della Giunta Regionale d'Abruzzo Giovanni Chiodi e i prefetti della regione Abruzzo con il raccordo del prefetto della provincia de L'Aquila nella qualità di rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie in Abruzzo»;
   l'intesa prevede, al punto 4, che «La Regione Abruzzo curerà l'acquisizione dei dati e dei risultati ufficiosi della consultazione direttamente dai Comuni provvedendo alla loro diffusione e dandone comunicazione al Ministero dell'interno»;
   nonostante i dati elettorali, che si riferivano alle comunicazioni pervenute dai comuni alle regioni tramite procedura informatica regionale, non rivestivano carattere di ufficialità, l'accesso diretto agli stessi dati avrebbe consentito di comparare in tempo reale di dati elettorali acquisiti dai rappresentanti di lista delle forze politiche presso le sezioni elettorali e quelli comunicati dai comuni;
   tale riscontro di dati elettorali da parte dei rappresentanti di lista, in passato, veniva effettuato presso le Prefetture provinciali in quanto preposte sia a ricevere le comunicazioni dei dati elettorali dai comuni, sia all'invio degli stessi al Ministero dell'interno;
   tale scelta di gestione autonoma dei dati elettorali, a dire della regione Abruzzo, è motivata da un minor costo dello stesso –:
   quali siano stati, nel dettaglio sezione per sezione, i tempi di comunicazione dei dati elettorali da parte della regione Abruzzo al Ministero dell'interno;
   quali costi avrebbe dovuto sostenere, indicativamente, la regione Abruzzo se l'intera gestione dei dati elettorali fosse stata affidata al Ministero dell'interno. (4-04956)

  Risposta. — In vista delle consultazioni regionali del 25 maggio dello scorso anno, è stata raggiunta un'intesa quadro tra il presidente della giunta regionale dell'Abruzzo e i prefetti della regione, con il raccordo del Prefetto di L'Aquila, per definire le modalità della collaborazione necessaria allo svolgimento del procedimento elettorale.
  Sulla base di detta intesa, la regione si è impegnata ad acquisire i dati e i risultati ufficiosi della consultazione elettorale direttamente dai comuni e a comunicarli al Ministero dell'interno con le modalità da concordare con quest'ultimo.
  Da parte loro, le prefetture della regione hanno assicurato alla regione esclusivamente un'attività di consulenza e collaborazione tecnico-giuridica, ai fini dell'organizzazione delle consultazioni.
  Dall'intesa non è scaturito alcun obbligo a carico dell'amministrazione dell'interno né in ordine alla raccolta dei dati ufficiosi provenienti dai comuni abruzzesi né in ordine alla loro pubblicazione, atteso che la regione Abruzzo ha ritenuto di procedere in modo del tutto autonomo, asserendo di disporre al proprio interno di appositi programmi e di voler contenere al massimo le spese.
  Previ specifici accordi ed al fine di agevolare gli utenti, sul sito del Ministero dell'interno è stato pubblicato l'indirizzo
internet della regione nei quale sono stati diffusi i risultati elettorali.
  Per quanto attiene ai costi che la regione Abruzzo avrebbe dovuto sostenere nell'ipotesi dell'affidamento della gestione dei dati elettorali al Ministero dell'interno, non si è in grado di calcolarli con esattezza, in quanto questa amministrazione, in assenza della richiesta formale di collaborazione da parte dell'ente regionale, non ha elaborato l'apposito, dettagliato studio di fattibilità e di compatibilità informatica degli eventuali nuovi programmi con quelli già in uso.
  Comunque, in via del tutto indicativa, la competente Direzione centrale di questa Amministrazione, li ha quantificati in circa 200 mila euro, IVA esclusa.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   VEZZALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con interrogazione a risposta scritta, depositata il 16 aprile 2013, si chiedevano informazioni e chiarimenti in ordine agli esiti delle prove scritte del Coa V che hanno avuto luogo il 22, 23 e 24 marzo 2011;
   con comunicazione scritta il Ministero dell'interno, in data 27 agosto 2013, rispondeva che, a seguito della nomina dei quattro componenti supplenti avvenuta il 30 maggio 2013, la commissione di concorso era in grado di proseguire nella correzione degli scritti, in modo da terminare entro l'anno la procedura concorsuale;
   sebbene la procedura concorsuale si sia conclusa nel 2013, il bando di concorso prevede che i vincitori, per essere iscritti negli albi regionali, debbano partecipare a un corso di nove mesi, tre dei quali di tirocinio presso una pubblica amministrazione;
   ad oggi, pare che il procedimento sia nuovamente bloccato e nulla si sa al riguardo;
   il Consiglio direttivo dell'ex Agenzia per i segretari non è in grado di decidere in merito all'avvio dei corsi, non avendo comunicazioni certe in merito –:
   se non intenda completare, in via definitiva, la procedura necessaria per l'iscrizione dei vincitori del corso-concorso Coa V negli albi regionali dei segretari comunali. (4-04212)

  Risposta. — Con l'interrogazione indicata in oggetto, l'interrogante chiede notizie sull'avvio del corso di formazione «Co.A 5» necessario all'immissione in ruolo dei candidati risultati vincitori del corso-concorso per segretari comunali bandito nel 2009.
  Il 15 ottobre scorso il Ministro dell'interno ha adottato, su proposta del consiglio direttivo per l'albo nazionale dei segretari degli enti locali, sentita la conferenza Stato-città, la direttiva prevista dall'articolo 10 del decreto-legge n. 174 del 2010.
  L'atto ha disposto l'avvio entro l'anno 2014 del corso di formazione «Co.A 5», che è iniziato di fatto il 22 dicembre scorso.
  Per completezza, si informa che la direttiva ha previsto l'avvio entro il 2014 anche dei corsi di specializzazione «Spe.S 2014» e «Se.F.A 2014», ai sensi, rispettivamente, dei commi 1 e 2 dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 465. Conseguentemente, il 4 novembre scorso, sentite le organizzazioni sindacali dei segretari, sono stati adottati e pubblicati i decreti di indizione dei bandi di ammissione ai predetti corsi «Se.F.A 2014» e «Spe.S 2014». Tali decreti, nello stabilire i requisiti di partecipazione e le modalità di presentazione delle domande di partecipazione, delineano le modalità dei corsi, di tipo «
blended», articolati ognuno in quattro moduli didattici residenziali non consecutivi, nonché in una fase di attività formativa assistita a distanza (e-learning), per il supporto e l'integrazione dell'attività d'aula.
  Sempre la direttiva ha stabilito che, qualora si rendano disponibili le necessarie risorse finanziarie, potranno essere avviati, per i segretari comunali e provinciali, anche due
master di II livello o corsi di alta formazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   ZACCAGNINI, LABRIOLA, LOCATELLI e PASTORELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia sta diventando sempre più una realtà globalizzata, un Paese multirazziale e multiculturale. I dati sono evidenti, gli stranieri regolari ammontano a circa 5 milioni, di questi solo circa la metà sono occupati (con regolare contratto e versamenti all'Inps), e rappresentano intorno al 10 per cento della forza lavoro;
   in una situazione in cui sono andati aumentando, nel corso del tempo, gli scenari di guerra e le carestie, il fenomeno della migrazione ha subito una forte ascesa con la conseguenza che, pur di trovare una situazione migliore per sé e le proprie famiglie, migliaia di persone si sono riversate nei Paesi occidentali spesso rischiando la propria vita pur di provare a raggiungere un'esistenza migliore;
   in questa situazione è andato aumentando il fenomeno della clandestinità che ha portato ad un forte incremento della violenza nei confronti degli immigrati che si trovano così a diventare facile preda della criminalità con il rischio che gli stessi, vivendo ai margini, vadano a rafforzare le truppe del malaffare e della delinquenza. Questa condizione persiste nonostante le regole stabilite dalla direttiva dell'Unione Europea n. 52/09 che introduce «norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare», e il recepimento di tale normativa del decreto legislativo n. 109/12 conosciuto come testo unico sull'immigrazione «Attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare» che, attuando la direttiva CEE, si occupa di regolarizzare il lavoro sommerso prevedendo pene sia pecuniarie che giudiziali nei confronti dei datori di lavoro che la disattendono;
   persistendo in Italia il reato di clandestinità, si hanno in ogni caso, l'aumento della prostituzione delle giovani donne ma anche, in alcuni casi, dei minori di sesso maschile, sia l'incremento dello sfruttamento di questa massa di lavoratori a nero che spesso svolgono le loro mansioni in condizioni di lavoro inumane, soprattutto in quelle aree dove la grande criminalità organizzata gestisce vaste fasce del mercato del lavoro sommerso, che ha numeri considerevoli, tutto questo favorito dalla stessa vita clandestina, che porta a nascondere e non ad evidenziare. In Italia il sommerso ammonta a circa 500 mila unità sottopagate e in condizioni insalubri e precarie e nonostante il decreto legislativo n. 109 del 2012 questo sommerso difficilmente viene a galla;
   questo fenomeno incentiva l'evasione del pagamento dei contributi di legge per questi lavoratori, creando danno anche all'Inps; si calcola che i rapporti di lavoro fittizio ammontano a circa 70 mila unità per le quali, ovviamente, si elude qualsiasi versamento alle casse dello Stato;
   tutto ciò, nonostante si sia cercato di intervenire in materia attraverso l'articolo 12 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo) convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 che ha introdotto il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro con pene previste per i cosiddetti «caporali» come la reclusione da cinque a otto anni e una multa di 1.000 e 2.000 euro per ogni lavoratore stagionale e in ultimo con il decreto legislativo n. 109 del 2012;
   in ultimo è innegabile che questo comporti l'espulsione di molti di loro, perché in Italia senza lavoro, e favorisce la clandestinità che rende disponibile manodopera a bassissimo costo. Nel 2011 non sono stati rinnovati 263 mila permessi di soggiorno, e così per ogni anno;
   appare, conseguentemente, necessario intervenire in maniera più incisiva per stroncare il fenomeno del «caporalato» non solo perché rimane una piaga vergognosa per il nostro Paese ma anche perché è soprattutto attraverso di esso che si rafforza il potere della grande criminalità organizzata che a sua volta gestisce, di fatto, un mercato nero parallelo che è spesso molto più efficace dei canali istituzionali;
   allarmanti arrivano le accuse di alcuni Paesi del nord Europa che definiscono il nostro sud, in particolare la regione Puglia, un mercato di nuovi schiavi, minacciando campagne di boicottaggio dei prodotti agricoli nazionali provenienti da quelle regioni. La Flai CGIL pugliese in parte conferma i dati in possesso dell'Europa (in particolare Norvegia, Inghilterra e Francia, ma anche Svezia), nei quali si fa presente che esiste una differenza notevole tra le cifre che i datori di lavoro dichiarano come compenso e i compensi reali erogati. Vengono denunciate inoltre le condizioni di vita in cui i braccianti migranti sono costretti a vivere, spesso in baraccopoli. Un dossier racconta che l'80 per cento dei contratti non sia rispettato. Queste accuse sono documentate da filmati e da dossier –:
   quali siano le informazioni attuali in merito al fenomeno del «caporalato» e alle accuse riportate dalla Norvegia, Svezia, Inghilterra e Francia, e se non si ritenga indispensabile assumere iniziative anche normative per prevedere misure più incisive ed efficaci quali: equiparazione del caporale al ruolo di datore di lavoro, rilascio del permesso di soggiorno immediatamente conseguente alla denuncia da parte degli sfruttati affinché gli stessi siano maggiormente stimolati a denunziare che li sfrutta (come la protezione per il fenomeno del racket), modificare la legge «Bossi-Fini» e abolire il reato di clandestinità, introdurre le aggravanti per violenza e sfruttamento su donne e minori con l'accezione di «particolare sfruttamento» in modo da mettere in condizione la magistratura di agire efficacemente prima che sia constatato lo sfruttamento grave ovvero il pericolo di vita; riconoscimento delle organizzazioni sindacali (previsto nella direttiva dell'Unione Europea n. 52/09 ma cancellato nel decreto legislativo n. 109 del 2012) per tutelare e supportare l'immigrato in fase di denuncia; revisione del trattato Dublino 1;
   se non si ritenga necessario, per quanto di competenza, incrementare l'azione preventiva e repressiva nei confronti di quelle bande di criminali che sfruttano e usano violenza nei confronti, soprattutto, di donne e minori immigrati prevedendo anche in questo caso maggiori tutele per chi trova il coraggio di denunciare i propri «carnefici»;
   se non si ritenga necessario promuovere un adeguamento del decreto legislativo n. 109 del 2012 per un recepimento maggiormente conforme alla direttiva 52/09, senza disattenderla nelle misure specificatamente varate per contrastare il fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori clandestini. (4-02838)

  Risposta. — In base ai dati del IV rapporto annuale «Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia» elaborato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal 2007 al 2013 l'occupazione degli stranieri è aumentata di 853 mila unità, a fronte di un calo nello stesso periodo di oltre 1,6 milioni di italiani. L'incidenza degli stranieri sul totale degli occupati è così salita al 10,5 per cento con punte del 19,7 per cento nel settore delle costruzioni, del 13,6 per cento in agricoltura e con un peso assolutamente preponderante nei servizi di cura, in cui l'80 per cento della forza lavoro è immigrata. Tuttavia, con 110 mila stranieri in più in cerca di occupazione, anche tra gli immigrati sale il tasso di disoccupazione, che raggiunge il 17 per cento, sopravanzando quello degli italiani di circa 6 punti. Al dato sulla disoccupazione si aggiunge quello degli inattivi, che crescono di 77 mila unità tra gli stranieri, soprattutto dei Paesi terzi.
  Premessi tali dati, si osserva che le condizioni di lavoro dei cittadini stranieri costituiscono un fenomeno complesso, che investe diversi aspetti – integrazione, immigrazione, sicurezza sul lavoro, sicurezza pubblica – ed è oggetto di una costante attività di monitoraggio e controllo da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, alla quale si aggiunge, in presenza di fattispecie di reato, l'intervento delle forze di polizia.
  In particolare, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell'ambito della programmazione strategica dell'attività ispettiva svolta dalle direzioni regionali e territoriali del lavoro, dedica una elevata attenzione al contrasto dell'impiego di lavoratori non comunitari, in nero e irregolari.
  Questi ultimi, in quanto soggetti particolarmente vulnerabili – violando essi stessi le norme vigenti in materia di soggiorno nel territorio nazionale –, possono diventare destinatari di provvedimenti di espulsione in caso di intervento delle autorità competenti. Ne consegue uno stato di soggezione tale da consentire ai rispettivi datori di lavoro di occupare i cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno a condizioni particolarmente inique e svantaggiate. Gli illeciti di impiego irregolare e sfruttamento a scopo lavorativo di tali soggetti emergono non soltanto con riferimento ai tradizionali settori «nevralgici» dell'edilizia e dell'agricoltura, contraddistinti anche dal deprecabile fenomeno del «caporalato», ma presentano una maggiore incidenza anche nei settori dell'industria e del terziario.
  In tale contesto, il personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali garantisce l'effettività del regime sanzionatorio intervenendo con il potere di prescrizione, per ordinare la regolarizzazione integrale dei lavoratori da parte dell'utilizzatore fraudolento, con ciò assicurando la tutela immediata dei lavoratori.
  Con specifico riferimento all'attività di vigilanza svolta nel corso del 2013 in tutto il territorio nazionale, su un totale di 139.624 aziende ispezionate, sono stati individuati 4.652 lavoratori in nero, di cui 1.091 cittadini non comunitari privi di permesso di soggiorno.
  Per quanto riguarda la regione Puglia – citata nell'interrogazione – il 25 febbraio di quest'anno, presso la prefettura di Bari, è stata sottoscritta una convenzione tra i prefetti della regione, l'assessorato regionale al lavoro, l'Inps e l'Inail, per il coordinamento delle azioni di contrasto dell'economia e del lavoro irregolari. La convenzione, in esecuzione del protocollo d'intesa sottoscritto il 5 agosto 2013 contro l'illegalità e il lavoro sommerso in Puglia, ha definito il piano, anche finanziario, di interventi straordinari e urgenti finalizzati al contrasto del lavoro irregolare. Con tale documento sono stati regolati i rapporti e le modalità di attuazione degli interventi finalizzati alla prevenzione, al controllo e alla repressione sul territorio regionale dei fenomeni diffusi di illegalità, anche attraverso azioni di monitoraggio e analisi sui dati dei fenomeni criminali.
  Quanto all'attività di vigilanza svolta nel territorio pugliese, nel 2013 sono state ispezionate 1.563 aziende, mentre nel primo semestre del 2014 ne sono state ispezionate 923. Confrontando i dati semestrali 2013-2014, si rileva che il tasso di irregolarità accertato nelle aziende agricole pugliesi è diminuito, passando dal 59 per cento al 42 per cento.
  A conclusione degli aspetti di carattere amministrativo collegati alle condizioni di impiego irregolare dei lavoratori stranieri, giova riportare due distinti dati su base nazionale inerenti all'attuazione del decreto legislativo n. 109 del 2012 citato nell'interrogazione:
   su 134.775 domande di emersione del lavoro irregolare, presentate complessivamente dal datori di lavoro agli Sportelli unici per l'immigrazione, sono stati sottoscritti (alla data del 15 dicembre 2014) 103.571 contratti di lavoro;
   i permessi di soggiorno rilasciati (e in corso di validità alla data del 31 dicembre 2013) per motivi umanitari agli stranieri, che abbiano denunciato il proprio datore di lavoro e cooperato nel procedimento penale instaurato nei confronti del medesimo, ammontano a 82.

  L'interrogazione a cui si risponde solleva anche alcune questioni di carattere normativo.
  Per quanto riguarda l'abolizione del cosiddetto «reato di clandestinità», occorre richiamare la legge n. 67 del 2014 che, come noto, ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la riforma della disciplina sanzionatoria di alcuni reati. In tale ambito è stata prevista la trasformazione del reato di cui all'articolo 10-
bis del testo unico sull'immigrazione in illecito amministrativo, mentre è stato conservato rilievo penale alle condotte di violazione dei provvedimenti amministrativi adottati in materia.
  In ordine al regolamento di Dublino, si rappresenta che il Governo, durante il semestre italiano di presidenza dell'Unione, ne ha sostenuto l'applicazione flessibile, in modo che si tenesse conto, ai fini della determinazione dello Stato competente, dei ricongiungimenti familiari e del superiore interesse dei minori. Inoltre, è stata messa in campo la proposta del mutuo riconoscimento delle decisioni di asilo, a suo tempo elaborata proprio dalla Commissione europea.
  È in atto, poi, un articolato dibattito tra gli Stati membri per lo sviluppo di progetti diretti alla creazione di centri destinati ai migranti nei Paesi terzi di transito, allo scopo di effettuare
in loco, con la collaborazione dell'Acnur, lo screening delle domande di asilo. La redistribuzione nell'Unione europea di coloro che otterranno il riconoscimento dello status di rifugiato dovrà avvenire in un'ottica di solidarietà è di burden sharing.
  Quanto alla richiesta dell'interrogante di un intervento normativo volto ad adeguare il decreto legislativo n. 109 del 2012, si rileva come essa si innesti su un quadro normativo che già testimonia della costante ed elevata attenzione del legislatore alle condizioni di impiego irregolare dei lavoratori stranieri.
  A riprova di ciò, si evidenzia che, successivamente al decreto legislativo n. 109, proprio nell'ottica del potenziamento delle misure di prevenzione e contrasto del lavoro sommerso, è stato emanato l'articolo 14 del decreto-legge n. 145 del 2013, convertito dalla legge n. 9 del 2014, che ha incrementato del 30 per cento sia l'importo della sanzione amministrativa concernente l'occupazione dei lavoratori in nero (cosiddetta maxi sanzione per lavoro nero di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 12 del 2002 e successive modificazioni e integrazioni) sia la somma aggiuntiva da versare ai fini della revoca del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale di cui all'articolo 14, comma 4, del decreto legislativo n. 81 del 2008.
  Inoltre, l'articolo 2 del decreto legislativo n. 24 del 2014, in materia di prevenzione e repressione della tratta di esseri umani e di protezione delle vittime, ha introdotto nell'articolo 600, secondo comma, del codice penale la previsione dell'approfittamento della situazione di «vulnerabilità della vittima» tra le fattispecie che integrano gli estremi del reato di riduzione o mantenimento in schiavitù.
  Con tale previsione, decisamente estensiva, il legislatore, in un'ottica di rafforzamento dello strumento punitivo, ha fatto sì che costituiscano oggetto di repressione penale tutte le possibili manifestazioni della tratta di esseri umani, comprese quelle connesse all'immigrazione irregolare.
  Pur in presenza di un articolato regime sanzionatorio penale e amministrativo, si manifesta comunque la disponibilità ad aprire un confronto collaborativo in sede parlamentare, in presenza di proposte normative volte ad introdurre ulteriori e più incisive misure di prevenzione e contrasto del lavoro sommerso, del caporalato e dello sfruttamento del lavoro.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoDomenico Manzione.