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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 26 febbraio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'obesità infantile è un problema di notevole rilevanza sociale che in Italia colpisce un bambino su quattro, ed è il risultato di un bilancio energetico positivo protratto nel tempo causato dall'ingestione di più calorie di quante se ne consumino;
    secondo i dati dell'Istituto superiore della sanità l'Italia detiene il triste primato europeo del numero di bambini sovrappeso o obesi e che secondo il recente rapporto dell'Osservatorio del Dipartimento di sociologia e ricerca sociale dell'università Milano Bicocca, un bambino su 4 è sovrappeso e uno su 10 è obeso. In Italia la prevalenza di sovrappeso in età pediatrica supera di circa 3 punti percentuali la media europea, con un tasso di crescita/annua dello 0,5-1 per cento, pari a quella degli Stati Uniti;
    la definizione di sovrappeso e di obesità infantile è più complessa rispetto all'adulto, il cui peso ideale è calcolato in base al BMI (Body Mass Index o Indice di massa corporea) che è uguale al peso in chilogrammi diviso l'altezza in metri elevata al quadrato (Confalone, 2002);
    pur avendo basso errore di osservazione, basso errore di misurazione, buona affidabilità e validità, il BMI non può essere una misura sensibile dell'obesità in persone molto alte e basse, ed in persone che hanno insolite composizioni di massa magra e massa grassa (Sardina, 1999);
    un comitato competente, convenuto nell’International Obesity Task Force nel 1999, ha determinato che – sebbene il BMI non fosse una misura ideale – era comunque il più valido tra tutte le formule che calcolano l'adiposità in un individuo e perciò poteva essere usato per definire il sovrappeso e l'obesità in bambini ed adolescenti (Bellizzi, 1999);
    in base a queste conclusioni, la WHO (Organizzazione mondiale della sanità), per definire sovrappeso ed obeso un bambino, utilizza i «punti» di BMI realizzati da uno studio di Cole nel 2000 e sviluppati usando diversi dati mondiali che rappresentano perciò una referenza internazionale che può essere usata per comparare le diverse popolazioni mondiali;
    il Ministero della sanità italiano definisce obeso un bambino il cui, peso supera del 20 per cento quello ideale, e in sovrappeso se lo supera del 10-20 per cento in alternativa, lo definisce tale quando il suo BMI è maggiore del previsto;
    la crescita ponderale del bambino viene calcolata facendo riferimento alle tabelle dei percentili, grafici che riuniscono i valori percentuali di peso e altezza dei bambini, distinti per sesso ed età (Confalone, 2002) e che secondo recenti studi effettuati nel 2000 dal NCHS (Centro Nazionale di Statistiche per la Salute Statunitense), la crescita è nella norma se si pone intorno al 50o percentile, mentre coll'allontanamento dal valore medio, aumenta il rischio di obesità: tra l'85o al 95o percentile il bambino viene definito sovrappeso, mentre dal 95o percentile viene definito obeso (Kuczmarski, 2000);
    diversi ed autorevoli esponenti del mondo scientifico come il professor Franco Berrino, già direttore di dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell'Istituto nazionale dei minori di Milano e Direttore Scientifico del mensile Vita&Salute, dichiarano che «Gli alimenti ad alta densità calorica sono quelli che contengono molto grasso e zucchero. Questi alimenti, come merendine, biscotti da colazione, fiocchi di cereali zuccherati, e così anche le bevande zuccherate, fanno ingrassare e alterano il nostro ambiente endocrino facendo aumentare l'insulina. Queste alterazioni alla lunga fanno aumentare il rischio di ammalarsi di tumore e di varie altre malattie croniche che affliggono le popolazioni ricche»;
    l'obesità infantile preoccupa in quanto i bambini obesi hanno maggiori possibilità di divenire adulti obesi e di conseguenza di avere un maggior rischio di sviluppare una serie di condizioni patologiche, quali i tumori (in particolare al seno, al corpo dell'utero e al colon-retto), diverse patologie croniche come le malattie cardiovascolari (ischemie, l'ictus), l'ipertensione arteriosa, il diabete tipo 2, problemi muscolo-scheletrici e respiratori;
    oltre a quanto riportato nel punto precedente, i bambini obesi sperimentano peggiori condizioni di salute mentale e fisica, infatti sono comuni tra loro i problemi respiratori, l'ipertensione, la resistenza all'insulina e problemi osteo-articolari;
    l'obesità comporta elevati costi per la società: costi diretti, costituiti dalle risorse spese per la diagnosi ed il trattamento dell'obesità in se stessa e delle patologie ad esso correlate, e costi indiretti, dovuti alla perdita di produttività causata dalle maggiori assenze dal lavoro delle persone obese e dalla loro morte prematura (OMS 2000; Yach et al. 2006; Hu 2008);
    secondo le ultime stime OMS, circa il 7 per cento del budget sanitario dei paesi europei viene speso per malattie legate all'obesità (EU action plan on Childhood Obesity 2014-2020);
    fino a due o trecento anni fa lo zucchero non faceva parte dell'alimentazione abituale dell'uomo, bensì faceva parte delle preziose spezie importate dall'oriente, dove cresceva la canna da zucchero che i mercanti veneziani vendevano a caro prezzo, soprattutto per scopi medici, o appannaggio solo delle classi più abbienti;
    ci furono tentativi di coltivare la canna da zucchero anche in Europa, in particolare in Sicilia e a Madeira, ma non ebbero successo mentre la canna cresceva bene nelle terre del nuovo mondo e subito si prospettarono grandi potenzialità commerciali, a spese però delle popolazioni indigene soggiogate per lo sua coltivazione o importando schiavi dall'Africa;
    solo in epoca napoleonica, grazie alla coltivazione della barbabietola da zucchero, coltivabile alle nostre latitudini, si svilupparono gli zuccherifici in Europa, comportando la progressiva diminuzione dei prezzi dello zucchero che divenne alimento di tutti, e di tutti i giorni, ma che fu la nemesi della schiavitù nei confronti dello stesso;
    negli anni Cinquanta, grazie alle «bevande di fantasia» e agli altri beni di consumo provenienti dagli USA, lo zucchero divenne simbolo di modernità e di emancipazione conquistando l'immaginario giovanile e parte delle loro abitudini alimentari;
    le bevande zuccherate prima di allora venivano consumate saltuariamente (la gassosa che gli operai mescolavano al vino o alla birra, l'aranciata consumata solamente in occasione delle feste o delle vacanze), ma è stato dopo l'avvento della Coca-Cola e dei suoi distributori automatici che venne segnato il passaggio da un consumo eccezionale al consumo quotidiano e di massa;
    oggigiorno è acclarato come il consumo incontrollato delle «bevande di fantasia zuccherate» sia una delle cause principali dell'obesità infantile e dell'età adulta, mentre fino a pochi decenni fa il mondo scientifico ancora dibatteva per la mancanza di prove scientifiche decisive, visto che i grandi studi che indagavano sul consumo alimentare, intervistando un campione della popolazione, riscontravano generalmente che le persone sovrappeso mangiassero meno zucchero delle magre, dimentichi del fatto che questi soggetti tendano a rispondere ai questionari alimentari dichiarando quello che dovrebbero mangiare, piuttosto di quello che mangiano effettivamente;
    solo grazie ad uno studio pubblicato nel 2001 venne dimostrato che la prima causa di obesità dei bambini americani è il consumo abituale di bevande gassate e zuccherate, mentre altri studi confermarono le osservazioni anche negli adulti ed evidenziarono inoltre come causa importante di obesità è la frequentazione dei fast-food;
    l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha diffuso la raccomandazione di contenere il consumo di zucchero entro il 10 per cento delle calorie totali (circa 50 grammi di zucchero al giorno per un uomo che consumi 2.000-2.500 kcal), mentre i nuovi LARN (le raccomandazioni italiane) raccomandano di contenere il consumo di zuccheri semplici, siano essi naturalmente presenti negli alimenti, come in frutta, latte, siano essi aggiunti, nell'ambito del 15 per cento del fabbisogno, specificando però che un consumo «potenzialmente legato a eventi avversi» riguarda valori superiori al 25 per cento del fabbisogno;
    da agenzie stampa dello scorso aprile 2014, la stessa OMS, presso la conferenza ONU di Ginevra, ha rivisto al ribasso la percentuale di consumo di zucchero dal 10 per cento al 5 per cento del totale delle calorie assunte quotidianamente, a seguito di una consultazione popolare promossa «in rete» e che tale raccomandazione non esonera le aziende produttrici di alimenti che sarebbero costrette così a commercializzare prodotti privati di una buona parte della sostanza gradevole per il palato;
    le raccomandazioni dell'OMS sono state fortemente osteggiate dalle grandi corporation alimentari insinuando che fossero addotte senza prove scientifiche e che lo stesso Ministro della salute italiana, Beatrice Lorenzin, nel corso della presidenza di turno del Consiglio dell'Unione europea recentemente trascorsa e prima della sua partecipazione alla seconda conferenza internazionale sulla nutrizione organizzata dalla FAO, dall'OMS e con la partecipazione di 190 Paesi, dichiarava: «No a diktat senza base scientifica. È un'aggressione alle nostre tradizioni dolciarie. Poi però viene ammessa l'invasione di biscotti, barrette e cose simili con aspartame (un edulcorante artificiale ndr)»;
    il 4 novembre 2014 presso Palazzo Chigi diversi produttori del settore alimentare hanno incontrato il premier Renzi e ed il Ministro Lorenzin durante la quale riunione si è discusso anche di zucchero ed è stato affermato che «è un falso pretesto quello di porre un freno al dilagare dell'obesità, diabete e malattie cardiovascolari attraverso azioni del genere, che penalizzano i marchi italiani. Non si risolve nulla, ci vogliono iniziative di altro tenore» e tra quest'ultime l'educazione alimentare a partire dalla scuola, alla scelta corretta dei cibi (freschi anziché confezionati), alla promozione dell'attività fisica, al sostegno della dieta mediterranea;
    i limiti proposti dall'OMS corrispondono a 10-12 cucchiaini al giorno di zucchero successivamente ridotto ad un massimo di 5-6, il che comporta il superamento di tali valori anche a seguito del consumo di pochi ml di bevande di fantasia al giorno;
    il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (WCRF) dichiari che «Limitare il consumo di cibi ad alta densità calorica ed evitare il consumo di bevande zuccherate», è la prima raccomandazione alimentare a cui è giunto il comitato di esperti dopo aver esaminato tutti gli studi scientifici su dieta e cancro;
    lo zucchero è presente in molti alimenti di consumo dove normalmente il consumatore generico non penserebbe di trovarlo, ad esempio in diversi prodotti in scatola, nei sughi pronti, nella maionese, nelle fette biscottate, nel pane, nello yogurt, nei succhi di frutta, e altro e che probabilmente è utilizzato come edulcorante per camuffare il gusto di alimenti di qualità scadente che altrimenti sarebbero sgradevoli;
    è acclarato che una riduzione degli zuccheri significherebbe quindi non solo migliorare la nostra salute, ma anche contribuire indirettamente ad offrire alimenti di maggior qualità, con particolare riguardo ai più giovani verso un futuro più sano quando saranno adulti e di ridurre significativamente la spesa sanitaria legata ai fenomeni dell'obesità;
    diverse grandi aziende stanno sostituendo lo zucchero con gli edulcoranti, sostanze chimiche che possiedono un alto potere dolcificante e le molecole che li compongono non appartengono alla famiglia degli zuccheri. A causa del loro potere altamente dolcificante vengono anche designati con l'aggettivo di intensi in quanto possiedono un potere edulcorante molto più pronunciato rispetto a quello dello zucchero;
    come riportato dagli organi di stampa, in Inghilterra il Public Health England, ramo del Ministero della salute britannico, ha lanciato una nuova campagna per il cambiamento delle abitudini alimentari dei bambini in merito al consumo di zucchero, seguendo alcuni semplici consigli e coinvolgendo i genitori ad aiutare i propri figli a dimezzare l'apporto quotidiano di zuccheri semplici;
    l'iniziativa «Change4Life» a seguito di un sondaggio online condotto da Netmums, (un portale di genitori), emerge che circa la metà (il 47 per cento) delle mamme intervistate si è detta preoccupata per gli zuccheri assunti dai figli, e un numero superiore (il 67 per cento ha affermato che siano comunque troppi e che dalle risposte di quasi 700 madri di bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni, è risultato che i due terzi di esse non sanno quante sono le calorie medie consigliate ogni giorno e ignorano la differenza delle necessità caloriche tra maschi e femmine;
    è la mancanza della consapevolezza di cui al punto precedente che determina i valori antropometrici dei bambini che sono sotto gli occhi di tutti: secondo le ultime statistiche un bambino su cinque tra 1 e 5 anni e uno su 3 tra i 10 e gli 11 anni è in sovrappeso od obeso; inoltre, tra i 5 e i 9 anni la prima causa di visita in Pronto Soccorso è per il dolore associato a una carie; 28 per cento dei bambini di cinque anni ha una carie e, di questi, uno su quattro ne ha più di cinque;
    un report statunitense, ove l'obesità è un problema molto serio, evidenzia che le calorie assunte tramite bevande ammontano a circa il 19 per cento delle calorie totali giornaliere, vale a dire circa 400-600 kcal al giorno in una dieta rispettivamente di 2.000 e 3.000 kcal, di queste una fonte importante è rappresentata dalle bevande zuccherate di fantasia (circa 150 kcal die o più a seconda degli studi pubblicati) mentre una parte minore è rappresentato dal latte o bevande a base di latte e succhi di frutta al 100 per cento;
    secondo le raccomandazioni più diffuse, peraltro giudicate troppo permissive, i bambini dovrebbero assumere circa il 10 per cento delle calorie dagli zuccheri, ma tra i 4 e i 10 anni i piccoli britannici ricavano da dolciumi e bibite più del 50 per cento, in media così suddivise: 17 per cento, da bevande dolci, 17 per cento da dolci, biscotti, merendine e torte alla frutta, 14 per cento da caramelle, 13 per cento da succhi di frutta, 8 per cento da cereali da colazione;
    il progetto «Change4Life», volto a modificare le abitudini, è basato su semplici consigli che ogni genitore può fare propri, tra le quali: sostituire i cereali per la colazione zuccherati con quelli privi di zuccheri aggiunti, meglio se integrali; sostituire le bevande zuccherate con acqua, latte scremato bibite prive di zuccheri; sostituire le merendine industriali con torte fatte in casa, frutta, verdure crude o frutta secca; sostituire il gelato con yogurt o frutta;
    gli unici zuccheri semplici desiderabili sono quelli contenuti nella frutta o in altri prodotti naturali mentre gli zuccheri complessi o carboidrati come l'amido della pasta/riso/pane/legumi e altro, devono essere presenti in abbondanza nella dieta sino a coprire una quota del 55/75 per cento (di cui zuccheri semplici meno del 10 per cento) delle calorie giornaliere;
    la sponsorizzazione della campagna di cui al punto precedente (lanciata il 5 gennaio 2015) pone la questione che le aziende coinvolte sono le stesse che dovrebbero rinunciare a una parte del profitto in seguito al calo di vendite, tra queste: Asda, Tesco, Co-op, Aldi, Coca-Cola (Diet Coke e Coke Zero), Morrisons, mySupermarket, e Lead Association for Catering in Education (LACA);
    è opinione dei firmatari del presente atto che le campagne di promozione di una corretta alimentazione siano credibili ed efficaci solo se promosse dall'autorità sanitaria pubblica, quindi finanziata con denaro al di sopra di ogni sospetto;
    rimane comunque il concetto che l'approccio educazionale, secondo molti esperti, è fondamentale per ottenere risultati concreti e duraturi perché solo la consapevolezza può spingere i consumatori a fare scelte razionali ogni giorno respingendo l'assalto del marketing della malnutrizione;
    diversi studi e ricerche di settore hanno evidenziato come molti produttori preparino i loro alimenti/bevande al pari di veri e propri irresistibili cocktail, che ossia abbiano quel mix ideale di componenti per raggiungere il «bliss point» (il punto di massima «beatitudine» o piacere) e che vengano consumati in grande quantità in particolare dai ragazzi, visto che è dimostrato come lo zucchero sia in grado di stimolare le stesse aree del cervello che sono stimolate dalla cocaina;
    gli alimenti altamente processati dell'industria alimentare sono progettati per ingannare i meccanismi biologici che stanno alla base della nostra fame/sazietà e sono quindi parte integrante dell'ambiente «obesogeno» che ha causato l'esplosione dell'obesità nel mondo;
    molti alimenti indirizzati dal mercato alla colazione o merenda dei ragazzi sono spesso accompagnati da «regalini», «sorpresine» e più in generale da una serie di gadget che non hanno nulla a che vedere con la qualità dell'alimento ma che di fatto finiscono per condizionare molto le scelte dei ragazzi e delle famiglie, mentre non è altrettanto facile accostare la frutta ed alimenti affini a gadgetistica, sfavorendo l'alimento di qualità rispetto a quello meno indicato per una sana alimentazione,

impegna il Governo:

   a promuovere una campagna di sensibilizzazione per mezzo di specifici spot sui principali organi di stampa e/o con pubblicità progresso in tv per indicare i valori di una sana alimentazione, ossia che fornisca in abbondanza tutto quello di cui abbiamo bisogno ma al contempo riduca le calorie, con minor presenza di grassi e zuccheri, con l'obiettivo di evitare che la piaga dell'obesità si estenda in modo irreversibile;
   a chiedere ai grandi produttori di alimenti per la colazione e merenda di collaborare alla significativa riduzione della quota di zucchero saccarosio contenuto negli alimenti messi in commercio, ridimensionare l'utilizzo di farine e cereali raffinati, oltre che di grassi saturi;
   ad intervenire anche assumendo iniziative a livello normativo per porre dei limiti all'utilizzo di zucchero saccarosio contenuto negli alimenti messi in commercio nel territorio italiano;
   ad assumere iniziative normative affinché nelle confezioni dei prodotti destinati ai più giovani e nelle bevande gassate zuccherate siano riportate etichette o scritte che indichino il rischio di obesità associato al consumo squilibrato dello zucchero saccarosio in esso contenute;
   ad assumere iniziative normative per limitare l'associazione di gadget agli alimenti per colazione e merende chiaramente riservate ai più piccoli.
(1-00744) «Massimiliano Bernini, L'Abbate, Gagnarli, Gallinella, Parentela, Benedetti, Mantero, Silvia Giordano, Grillo, Cariello».


   La Camera,
   premesso che:
    il diritto del popolo palestinese ad avere un proprio Stato entro confini riconosciuti ed internazionalmente garantiti, che conviva pacificamente con Stato di Israele, assicurando ad entrambi condizioni di sicurezza e stabilità, è da tempo una consolidata posizione italiana ed europea;
    largamente condivisa, a livello internazionale, è la convinzione che l'effettivo raggiungimento di tale risultato può avvenire soltanto attraverso il negoziato sul mutuo riconoscimento dei confini a partire da quelli del 1967 ed eventuali scambi di territori tra le parti, sulla soluzione dello status di Gerusalemme, nonché sulla questione del diritto del ritorno dei profughi palestinesi;
    largamente condivisa, a livello internazionale, è altresì la convinzione che tale risultato non può essere perseguito tramite il ricorso alla valenza e al terrorismo, richiamando in tal senso l'importanza del rispetto dei tre principi del cosiddetto quartetto (Usa, Russia, Onu e Unione europea), che presuppone, tra l'altro, il diritto dei due popoli a vivere al riparo da ogni violenza e atti di terrorismo;
    preoccupante e da deplorare è lo stallo intervenuto nel processo negoziale che rischia di alimentare violenze e di creare le condizioni per sanguinosi e tragici conflitti;
    come ribadito anche dalla risoluzione del Parlamento europeo – approvata a larghissima maggioranza il 17 dicembre 2014 – occorre evitare tutte le azioni che mettano in dubbio gli impegni assunti a favore di una soluzione negoziata, invitando entrambe le parti ad astenersi da qualsiasi azione suscettibile di compromettere la fattibilità e le prospettive di una soluzione fondata sulla coesistenza dei due Stati, evidenziando, tra l'altro, come l'espansione degli insediamenti sia illegale dal punto di vista anche del diritto internazionale e come sia altresì necessario promuovere il raggiungimento di una intesa tra tutte le forze politiche palestinesi che, attraverso il riconoscimento dello Stato d'Israele e l'abbandono della violenza, determini le condizioni per una convivenza pacifica;
    l'attuale altissima tensione nell'area, con una guerra civile in atto in Siria, la preoccupante fondazione del sedicente Stato islamico in un'area compresa tra Iraq e la stessa Siria, le fasi finali del negoziato sul nucleare con l'Iran reclamano un maggiore investimento politico e diplomatico nella soluzione del conflitto, anche attraverso la massima unità possibile di intenti tra l'Europa e gli Stati Uniti;
    l'Italia come altri Paesi ha già effettuato alcuni passi importanti nel riconoscimento delle prerogative della Palestina, ove si pensi al voto a favore del riconoscimento dello status della Palestina quale «Stato non membro osservatore delle Nazioni Unite», all'attribuzione dello status diplomatico pieno alla rappresentanza palestinese in Italia, al costante sostegno politico alle richieste palestinesi di divenire membri in diverse organizzazioni internazionali;
    l'Italia ha già più volte espresso la propria disponibilità a riconoscere formalmente, al momento opportuno e nelle appropriate condizioni, uno Stato palestinese accanto allo Stato di Israele e in pace con esso;
    rilevante è già e ancor più dovrà esserlo in futuro il ruolo del nostro Paese – anche operando negli ambiti europei ed internazionali – per la cooperazione allo sviluppo e per il sostegno al rafforzamento delle istituzioni palestinesi nonché per rafforzare la cooperazione e la comprensione nel più vasto quadro mediterraneo e mediorientale, la pace, la sicurezza e lo sviluppo umano, sociale ed economico;
    la comunità internazionale deve garantire, in particolare in Europa, il pieno contrasto ad ogni rigurgito di violenza ed intolleranza nei confronti dei cittadini e delle comunità ebraiche che già hanno conosciuto, nel corso della storia, persecuzioni e, nel nostro Continente, un vero e proprio genocidio. I recenti episodi di antisemitismo, razzismo e xenofobia richiedono di riaffermare con forza che l'ebraismo è parte integrante dell'identità europea e che l'Europa è anche la casa degli ebrei,

impegna il Governo:

   a continuare a sostenere in ogni sede l'obiettivo della costituzione di uno Stato palestinese che conviva in pace, sicurezza e prosperità accanto allo Stato di Israele, sulla base del reciproco riconoscimento e con la piena assunzione del reciproco impegno a garantire ai cittadini di vivere in sicurezza al riparo da ogni violenza e da atti di terrorismo;
   a promuovere il riconoscimento della Palestina quale Stato democratico e sovrano entro i confini del 1967 e con Gerusalemme quale capitale condivisa, tenendo pienamente in considerazione le preoccupazioni e gli interessi legittimi dello Stato di Israele;
   a ricercare, a tal fine, un'azione coordinata a livello internazionale, e in particolare in seno all'Unione europea ed alle Nazioni Unite, in vista di una soluzione globale e durevole del processo di pace in Medio Oriente fondata sulla esistenza di due Stati, palestinese ed israeliano;
   ad attivarsi per sostenere e promuovere il rilancio del processo di pace tramite negoziati diretti fra le parti.
(1-00745) «Speranza, Locatelli, Marazziti».


   La Camera,
   premesso che:
    è indispensabile una strategia generale che porti a una situazione nuova nel Medio Oriente dove sussistono conflitti in parte autonomi l'uno dall'altro, come quelli esplosi in Iraq e in Siria e determinatisi per la crisi di questi Stati e per la conseguente affermazione dell'Isis; il conflitto libico verificatosi in seguito all'eliminazione di Gheddafi senza che fosse maturato un nuovo equilibrio politico; le complesse problematiche causate dal dramma di un enorme numero di immigrati che opprime Paesi come la Giordania e il Libano; lo scontro israeliano-palestinese;
    in questo quadro il conflitto israeliano-palestinese è attualmente segnato da un armistizio che non elimina il rischio di una ripresa delle ostilità e che comunque non risolve in modo stabile e positivo la vicenda;
    le drammatiche conseguenze di carattere umanitario, politico e sociale del conflitto israeliano-palestinese costituiscono fonte di allarme e di preoccupazione. La necessità di una pacificazione è resa ancora più ineludibile dall'avanzata del fondamentalismo islamico che pratica il terrorismo in forme particolarmente efferate in Siria e in Iraq, che tende ad esportarlo in molti altri Paesi, colpendo contemporaneamente il resto del mondo islamico, gli ebrei, i cristiani, i credenti in altre religioni;
    di fronte allo stallo negoziale è auspicabile che la comunità internazionale dia un proprio contributo come mediazione costruttiva tra le parti e non con decisioni unilaterali che potrebbero determinare esiti controproducenti;
    la formula dei due Stati per due popoli conserva piena validità e si fonda sulla parallela esigenza di assicurare la compiuta realizzazione dello Stato palestinese e la sicurezza di quello israeliano;
    è interesse strategico dell'Italia e dell'Europa contribuire alla pacificazione nel Medio Oriente nell'ottica della stabilizzazione della regione mediterranea e dell'intensificazione della cooperazione con gli Stati rivieraschi;
    lo Stato di Israele, pur fra contraddizioni ed errori, rappresenta nel Medio Oriente un insediamento di reale democrazia, è caratterizzato da un profondo pluralismo delle idee e delle posizioni, svolge un ruolo assai importante nella lotta a ogni forma di terrorismo ed esprime una storia dell'ebraismo che va rispettata e tutelata in contrapposizione a ogni forma di antisemitismo. È necessario che lo Stato d'Israele non proceda negli insediamenti;
    la costituzione dello Stato palestinese è un obiettivo condivisibile anche per dare una soluzione positiva a una lunga storia di battaglie politiche e di sofferenze. Perché esso sia compiutamente conseguito è necessario tuttavia un accordo fra le due parti in campo. Altrettanto necessario per il riconoscimento dello stato palestinese è che si arrivi ad una reale intesa politica tra Al-Fatah e Hamas che implichi il riconoscimento dello stato d'Israele e l'abbandono della violenza come strumento di soluzione del conflitto; riconoscere per essere riconosciuti è un'equazione ineludibile;
    un corretto processo di pace passa attraverso la libera e sincera condivisione delle responsabilità fra le parti, favorita in tutti i modi dall'Unione europea, dagli Usa e dall'Italia;
    in questo drammatico contesto merita di essere valorizzata la sensibilità che stanno dimostrando i Paesi arabi moderati, dall'Egitto alla Tunisia, dalla Giordania, al Marocco, dall'Algeria agli Emirati Arabi Uniti. Essi stanno svolgendo un ruolo essenziale nel contrapporsi alle correnti fondamentaliste e nell'operare in funzione di una pacificazione. È auspicabile che nel futuro lo stesso ruolo sia svolto anche da altri Stati di grande rilievo quali la Turchia e l'Arabia Saudita, e che in Iran prevalgano le tendenze riformiste,

impegna il Governo:

   a sostenere sia in sede bilaterale che multilaterale, di concerto con i partner europei, la tempestiva ripresa del negoziato diretto fra israeliani e palestinesi, come via maestra per la realizzazione degli Accordi di Oslo;
   a promuovere il raggiungimento di un'intesa politica tra Al-Fatah e Hamas che, attraverso il riconoscimento dello Stato d'Israele e l'abbandono della violenza, determini le condizioni per il riconoscimento di uno Stato palestinese;
   a promuovere in seno all'Unione europea un'azione più determinata sulla crisi del Medioriente ripristinando l'inviato speciale per il processo di pace ma soprattutto prospettando a entrambe le parti i vantaggi di un partenariato speciale con la stessa Unione, una volta che fosse concluso il conflitto.
(1-00746) «Alli, Rabino, De Girolamo, Mazziotti Di Celso, Cicchitto, Dorina Bianchi, Pizzolante, Scopelliti, Causin, Sammarco».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NESCI e COZZOLINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i dipendenti della provincia di Vibo Valentia sono in agitazione permanente dal 12 febbraio 2015, in quanto non hanno ricevuto le mensilità di novembre, dicembre e gennaio più la tredicesima, come si legge in un articolo apparso sul portale internet dell'emittente televisiva calabrese «LaC news 24»;
   in un articolo apparso sul sito della testata giornalistica Il Corriere della Calabria si legge che, secondo il presidente dell'Unione delle province italiane, Alessandro Pastacci, «tra Legge di stabilità e ritardi nell'attuazione della legge Delrio, nelle Province si sta arrivando a una situazione di caos che rende impossibile predisporre i bilanci del 2015», con «situazioni drammatiche come quella della Provincia di Vibo Valentia, dove i dipendenti sono senza stipendi da tre mesi a causa dei tagli dell'ultimo anno e anche perché lo Stato non ha ancora trasferito i soldi che gli deve per il 2014»;
   nel citato articolo sono riportate altre dichiarazioni di Pastacci, che ha riferito di «gravi ripercussioni anche sull'ordine pubblico, perché non sono state ancora erogate le risorse del Fondo di riequilibrio che il Governo doveva assegnare per l'anno 2014» alla provincia di Vibo Valentia;
   in ordine all'erogazione del fondo sperimentale di riequilibrio, fondo già istituito dall'articolo 21 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, per il 2014 l'importo attribuito alle singole province delle regioni a statuto ordinario «è erogato in due rate di ugual misura entro, rispettivamente, il 10 ottobre ed il 30 novembre», per quanto disposto dall'articolo 3 del decreto del 24 ottobre 2014 del Capo del dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno di concerto con il capo del dipartimento della ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze;
   nell'interrogazione n. 4-07318, presentata alla Camera nella seduta n. 351 del 17 dicembre 2014, l'interrogante, riassumendo le gravissime difficoltà delle province determinate da tagli progressivi decisi dai Governi in seguito all'adesione dello Stato italiano al sistema monetario dell'euro – sistema privativo della sovranità popolare di cui all'articolo 1 della Costituzione repubblicana – e alle conseguenti, distruttive politiche economiche contemplate nel Trattato di Lisbona, ha chiesto al Ministro dell'interno «quali iniziative intenda assumere per intervenire in via straordinaria nei casi di mancanza di liquidità degli enti, e se non ritenga indispensabile e inderogabile promuovere un aumento dei trasferimenti centrali per l'espletamento delle funzioni spettanti alle province»;
   al suddetto quesito, nell'interpellanza urgente n. 2-00807, svolta nella seduta della Camera n. 364 del 16 gennaio 2015, l'interrogante ha ricevuto risposta dal Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Enrico Zanetti, per il quale «eventuali situazioni straordinarie, quali quella citata nel testo dell'interpellanza, saranno valutate attentamente, al fine di individuare con le amministrazioni competenti le possibili soluzioni, nel rispetto, comunque, delle vigenti disposizioni e degli obiettivi stabiliti dal programma di Governo»;
   alla precedente interpellanza urgente n. 2-00530 – del deputato Bruno Censore ed altri, svolta nella seduta della Camera dell'8 maggio 2014, n. 225 –, assicurando l'impegno del Governo il Sottosegretario per l'interno Gianpiero Bocci rispose che «l'adozione di misure straordinarie per la Provincia di Vibo Valentia, quali l'individuazione di specifiche fonti di finanziamento a carattere straordinario ovvero la modifica dei criteri di riparto del Fondo nazionale di riequilibrio per sostenere le iniziative già poste in essere dalla provincia, richiede apposite modifiche legislative che prevedano adeguate coperture finanziarie»;
   a parere dell'interrogante il Governo ha dunque finora temporeggiato, difendendo a oltranza una riduzione di risorse alle province che secondo l'Upi ne determinerà il collasso, nonché la problematica riforma delle medesime di cui alla legge n. 56 del 2014, ciò senza coscienza degli effetti sociali, in particolare a Vibo Valentia;
   inoltre, nel giugno 2014 l'interrogante scrisse una missiva alla Presidenza del Consiglio dei ministri e ai Ministri dell'interno, per la semplificazione e la pubblica amministrazione e per gli affari regionali, rappresentando la necessità di soluzioni urgenti per la provincia di Vibo Valentia, in dissesto finanziario e privata di alcuni dirigenti dell'ente, tratti in arresto;
   nella medesima missiva – rammentata anche nell'interrogazione n. 4-06302 presentata nella seduta della Camera del 7 ottobre 2014, n. 304 – si poneva l'accento su un quadro generale estremamente drammatico, riassunto al Governo anche dall'ex commissario dell'ente Mario Ciclosi, «determinato – come si precisava nella comunicazione ai destinatari rappresentanti del Governo – da una profonda difficoltà nella gestione ordinaria della provincia di Vibo Valentia, gravata, in un contesto di forte e diffuso dominio criminale, da vicende di appropriazione indebita, di violazione di doveri nei pubblici uffici e di bilanci passati fuori misura»;
   la missiva di cui sopra si concludeva con la richiesta di «un pronto interessamento delle Istituzioni in elenco, certa di prossimo riscontro, affinché la provincia di Vibo Valentia possa garantire normalmente, per le sue competenze, il governo del territorio»;
   alla data di oggi non vi è purtroppo seguito rispetto alla suddetta richiesta –:
   se non ritengano di agire, nell'ambito delle rispettive competenze, per consentire l'immediata erogazione dell'importo rimanente del fondo sperimentale di riequilibrio, relativo all'anno 2014, spettante alla provincia di Vibo Valentia. (5-04861)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRUGNEROTTO, D'INCÀ, COLONNESE, CASO, COZZOLINO e PETRAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo de ilfattoquotidiano.it del 23 febbraio 2015 si apprende dell'intenzione del Governo di vendere 1500 caserme vuote e sparse un po’ su tutto il territorio nazionale. L'obiettivo sarebbe quello di incassare 220 milioni di euro nell'anno 2015 e 100 milioni nel 2016. Tale operazione sarebbe affidata al Ministro della difesa Roberta Pinotti che avrebbe già predisposto una task force «per la valorizzazione e la dismissione degli immobili non residenziali del Ministero della difesa in tutto il Paese» e il testo di un apposito decreto per facilitarne il processo. L'articolo evidenzia poi una serie di esempi che vanno da Milano a Roma, Torino, Firenze e Napoli in cui si delinea una vera e propria «mappa degli sprechi». Infatti, a fronte di tanto patrimonio in eccesso, il Governo non rinuncia a spendere cospicue somme per affittare immobili, spesso di prestigio, da adibire a sedi di uffici territoriali;
   effettuando un raffronto tra l'elenco dei beni pubblici in vendita e la lista dei 150 che il Governo affitta dai privati, emerge il paradosso di un saldo negativo di almeno 30 milioni di euro. In particolare, dal raffronto tra l'elenco delle dismissioni annunciate e quello dei canoni di locazione pagati dal Viminale, nelle suddette città, si evidenzia una sproporzione per l'affitto delle sedi delle prefetture. Tali sedi non risponderebbero poi a requisiti logistici e funzionali, bensì a criteri di mera «rappresentanza di governo»;
   il mercato immobiliare oggi presenta una situazione di stasi e di scarsa mobilità che uniti alla difficoltà di accedere al credito hanno determinato una carenza di domanda per gli immobili, con conseguente riduzione del prezzo; si rischia di svendere il patrimonio in possesso dello Stato, mentre basterebbe poco per riconvertire queste strutture ad un uso appropriato e risparmiare sugli affitti passivi –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle cifre e dei fatti suesposti;
   se non intendano, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, interrompere il suddetto processo di dismissioni in atto, al fine di evitare una «svendita» degli immobili dello Stato, effettuando un'opera di ricognizione con la quale si eviti di prendere strutture in affitto pur avendo patrimonio da vendere, nell'ottica di una vera opera di razionalizzazione della spesa. (4-08147)


   FERRARESI e DELL'ORCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'operazione denominata AEMILIA della procura distrettuale antimafia di Bologna, scattata nella notte del 27 gennaio 2015 e che ha visto impegnati i carabinieri del comando provinciale di Modena, insieme a quelli di Parma, Piacenza e Reggio Emilia, la Guardia di finanza di Cremona e alla Direzione distrettuale antimafia (DDA) regionale, nonché carabinieri di Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria e Sicilia, viene considerata la seconda più imponente azione organizzata in Italia contro la ’ndrangheta: l'operazione si è concentrata soprattutto nelle province di Modena e Reggio Emilia;
   sotto inchiesta, tra l'altro, anche gli interessi del sodalizio mafioso nei lavori di ricostruzione del dopo terremoto che ha interessato l'Emilia Romagna nel 2012, realizzati attraverso accordi di collaborazione con i titolari di un'importante azienda edile modenese, la Bianchini costruzioni srl di S. Felice S.P. (Modena), già assegnataria di appalti pubblici per lo smaltimento delle macerie e movimento terra, prima della sua esclusione dall'apposito elenco previsto presso la prefettura dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (cosiddetta white list); il 17 giugno 2013 la prefettura di Modena emetteva una misura interdittiva antimafia a suo carico;
   l'imprenditore titolare, Bianchini Augusto, è finito in carcere per concorso esterno (articoli 110 e 416-bis codice penale) per false fatturazioni, estorsione e reati ambientali con l'aggravante del metodo mafioso;
   il Bianchini avrebbe acquisito i lavori della ricostruzione nel post terremoto facendoli poi gestire di fatto alle imprese ed al personale di Michele Bolognino, con la collaborazione di Giuseppe Giglio, entrambi ai vertici del sodalizio mafioso riconducibile al referente emiliano della ’ndrina di Cutro, Nicolino Grande Aracri;
   nella ricostruzione del Giudice delle indagini preliminari (GIP) di Bologna (Ordinanza di applicazione di misure cautelari coercitive) del Tribunale di Bologna si può leggere: «Bianchini Augusto, Bianchini Alessandro, Braga Bruna, Bolognino Michele, Richichi Giuseppe, Alleluia Lauro, Passiatore Francesco Pio... avendo ottenuto l'appalto, tra l'altro, per la rimozione di macerie del terremoto avvenuto in Emilia nel maggio 2012, con più operazioni e attività continuative organizzate, effettuavano operazioni non consentite di recupero e miscelazione di ingenti quantitativi di rifiuti, volontariamente non procedendo alla distinzione dei rifiuti non pericolosi da quelli pericolosi ed in particolare da quelli contenenti amianto. Bianchini Augusto e Braga Bruna in qualità di soci e Bianchini Alessandro in funzione di direttore tecnico della Bianchini Costruzioni s.r.l., per avere, con tali condotte e al fine di conseguire un ingiusto profitto, utilizzato materiale contenente amianto (in breve MCA), previa miscelazione di tale rifiuto pericoloso con terre da scavo, per pavimentare/stabilizzare:
    l'area prossima al campo di accoglienza sito in via I maggio frazione San Biagio;
    l'area prossima al cimitero del capoluogo di San Felice sul Panaro in fregio a Piazza Italia (via Milano), l'area prossima al campo di accoglienza sito in Massa Finalese via Barbieri;
    l'area prossima alla caserma dei Vigili del Fuoco in via degli Esploratori a San Felice sul Panaro;
    l'area del cantiere edile sito all'incrocio fra via Leonardo da Vinci e via Lavacchi in San Felice sul Panaro;
   per avere altresì abbandonato e depositato in modo incontrollato al suolo, rifiuti pericolosi contenenti amianto, nelle seguenti zone:
    area esterna alla scuola media secondaria «Zanoni» di via Pederzoli a Concordia sulla Secchia;
    area destinata a verde della scuola primaria Dante Alighieri sita in via Dorando Pietri a Mirandola;
    area destinata a verde della scuola Castelfranchi/Frassoni in via Comunale Rovere a Finale Emilia;
    area cortiliva della scuola secondaria «Carducci» di Reggiolo (RE) (pag. 108/109);
   le rilevanze dell'inquinamento sono attestate dagli organi preposti, l'Arpa Emilia Romagna e L'AUSL locale; gli accertamenti da parte della Procura della Repubblica di Modena portano la ditta all'iscrizione a suo carico del p.p. 9390/12 R.G.N.R. per la violazione dell'articolo 256 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
   tale materiale trovava collocazione e veniva lavorato tramite macinazione e miscelazione, prima dello spandimento, nello stoccaggio presso il deposito della Bianchini in comune di S. Felice di via dell'Industria n. 506; il 19 ottobre 2012 il personale dell'ARPA di Modena esegue il sequestro preventivo di un cumulo di fibrocemento contenente amianto premacinato del volume di circa 5000/6000 metri cubi nonché di un cumulo di riciclato misto con frammenti di fibrocemento con sospetto contenuto di amianto del volume di circa 1000/1500 metri cubi, il 22 ottobre 2012 il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Modena convalida il sequestro (pag. 692);
   tutto il materiale ha quindi assunto il codice CER 170605 (Materiali da costruzione contenenti amianto);
   si legge sempre nella Ordinanza citata: «... il titolare della Bianchini Costruzioni srl, per evitare di sobbarcarsi costi di smaltimento esorbitanti, intenderebbe macinare l'amianto con il cemento in modo da inertizzarlo e vorrebbe chiedere l'autorizzazione per realizzare una apposita discarica nel sito industriale della società, mediante scavo, applicazione di membrane impermeabili e successivo interramento del materiale contenente amianto» (pag. 693);
   il 29 aprile 2014, la Bianchini costruzioni inoltra una richiesta di Valutazione di impatto ambientale alla provincia di Modena, per competenza, relativa ad un deposito permanente (D12) di rifiuti contenenti amianto, presso il proprio deposito di via dell'Industria; domanda a cui subentra la società Dueaenne Sas di Bruna Braga, moglie di Augusto Bianchini, essendo la Bianchini costruzioni in liquidazione; domanda attualmente sospesa in seguito agli arresti di tutti i titolari della richiesta;
   si è in evidente presenza di fatti estremamente gravi e che hanno destato grande preoccupazione nell'opinione pubblica, sia perché improvvisamente si è scoperta esposta alle infiltrazioni della ’ndrangheta nell'economia locale, sia perché investita dalle conseguenze dell'accertato inquinamento capillare e diffuso di materiale contenente amianto; resta da chiarire chi si assumerà la responsabilità ed i costi per lo smaltimento dell'ingente quantitativo di materiale contaminato depositato provvisoriamente presso il deposito della Bianchini costruzioni di S. Felice, in via dell'industria e della relativa bonifica dell'area;
   nel caso dell'amianto ritrovato nel cantiere antistante il cimitero di Finale Emilia, a seguito dell'ordinanza del sindaco che imponeva alla Bianchini di provvedere alla bonifica, la stessa faceva ricorso al TAR il quale riteneva illegittima l'ordinanza, con sentenza del 10 giugno 2014, sostenendo che non ci sono prove che a lasciare tracce di amianto sia stata proprio questa ditta «per carenze istruttorie e di motivazione» condannando il comune alle spese;
   alla bonifica provvedeva quindi l'amministrazione comunale, accedendo alle risorse provenienti dal Fondo per la ricostruzione di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge n. 74 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2012, messe a disposizione dal Commissario straordinario della regione Emilia Romagna con l'ordinanza n. 31 del 22 aprile 2014 (Allegato 1), con ID 3194, per euro 44.600: Intervento integrativo ad ID 2837 autorizzato con ordinanza commissariale 77/2013 di euro 68.600;
   tale intervento veniva definito con oggetto: «Intervento provvisionale di ripristino del lato nord del viale del Cimitero, via Cimitero-Marconi, mediante rimozione degli strati di inerti ghiaiosi ed il rifacimento dell'area verde deteriorata a seguito dell'installazione in fase emergenziale di container per presidi medici ed attività commerciali a servizio del campo “Robinson”, senza nessun riferimento all'operazione di bonifica da eseguirsi;
   il comune di Finale Emilia, attraverso il suo responsabile dell'area lavori pubblici e servizio manutenzione del comune, Giulio Gerrini, affidava i lavori con determinazione n. 505 del 27 giugno 2014 per un importo generale di 44.600 euro, di cui a base d'asta 34.822,69 + IVA;
   l'impresa appaltatrice, CSS Consorzio Servizi Speciali Trasporti s.r.l., di Sala Bolognese (Bologna), dopo il ribasso concordato, fatturava al comune di Finale E., il 31 ottobre 2014, a fine lavori, la somma di 33.185,87 + IVA, ma non menzionava nell'oggetto la bonifica effettuata;
   bonifica certificata invece dalla AUSL di Modena con propria missiva indirizzata al comune medesimo, all'ARPA ed alla provincia di Modena (Prot. n. 78575/14 del 20 ottobre 2014), avente per oggetto proprio: «Piano di Lavoro per la rimozione di materiali in cemento amianto, indirizzo cantiere: via Cimitero-Marconi (vialetto lato nord), Finale Emilia (Modena), committente: comune di Finale Emilia via Montegrappa 6, Finale Emilia, MO appaltatrice: CSS Consorzio Servizi Speciali Trasporti s.r.l. Via Labiola 2/4, Sala Bolognese BO», nella quale comunicava gli esiti dei propri accertamenti;
   il dottor Alfredo Bertelli, sottosegretario alla presidenza della regione Emilia-Romagna, nella veste di commissario delegato del Governo alla ricostruzione nei territori emiliani colpiti dal terremoto del 2012, in risposta ad una richiesta del comune di S. Felice s. P. (CR. 2014 0035230), in cui si chiedeva se le risorse provenienti dal Fondo per la ricostruzione potessero essere utilizzate per le bonifiche date dall'operato illecito dell'azienda Bianchini costruzioni, il 16 ottobre 2014 rispondeva: « ... qualora il comune intendesse intervenire in sostituzione del privato a tutela della salute del territorio, non sarebbe possibile riconoscere tali tipologie di spese a carico del Fondo per la ricostruzione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 74 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2012... si segnala che la Regione Emilia Romagna ha in essere un programma di bonifica di siti inquinati di interesse regionale le cui risorse sono al momento completamente sature»;
   nel caso della bonifica del materiale contenente amianto collocato davanti al cimitero di Finale Emilia, con tutta evidenza, i costi della bonifica dell'area sono ricaduti sulle casse pubbliche, provenienti da tale Fondo, e non vi è stata neppure al momento l'individuazione del responsabile dell'inquinamento;
   l'obbligo di denuncia del danno erariale (decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957 n. 3, ed articolo 1 della legge n. 20 del 1994), secondo le indicazioni di cui alla «Nota interpretativa in materia di denunce di danno erariale ai Procuratori regionali presso le Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti (n. 9434/2007P del 2 agosto 2007p)», è così definito: «La denuncia di fatti dannosi per il pubblico erario costituisce, come accennato, essenziale presupposto per l'attivazione del sistema giurisdizionale diretto all'accertamento di responsabilità amministrative, a garanzia del buon uso delle risorse pubbliche che costituisce un interesse di tutti i cittadini. La collaborazione, in tal senso, da parte dei pubblici apparati è, pertanto, necessaria, anche tenuto conto che articolo 1, comma 3, della legge n. 20 del 1994 chiama a rispondere del danno erariale coloro che, con l'aver “omesso o ritardato la denuncia”, abbiano determinato la prescrizione del relativo diritto al risarcimento».
   scrive sempre il GIP nell'inchiesta AEMILIA: «Si ritiene opportuna la trattazione in questa sede nonostante formi oggetto dell'ultimo capo di imputazione della seconda richiesta del Pubblico Ministero degli esiti investigativi relativi ai rapporti tra la famiglia Bianchini da un lato, e l'amministrazione comunale di Finale Emilia, in particolare con il responsabile dell'Area lavori pubblici e servizio manutenzione del comune Giulio Gerrini (finito agli arresti), in relazione all'aggiudicazione e alla gestione degli appalti per la realizzazione di opere provvisionali e di ricostruzione post sisma ... In via preliminare giova precisare che la Bianchini, in particolare attraverso la figura di Augusto Bianchini, non soltanto ha intrattenuto consapevolmente stretti rapporti con affiliati della cellula criminale ’ndranghetista, ma gode di ottime relazioni con l'amministrazione finalese, in prima persona con il sindaco Fernando Ferioli» (pag. 707) –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, e se non ritenga attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di monitorare la situazione relativa alla presenza di amianto nei cantieri della ricostruzione post sisma;
   se, essendo nota la carenza di risorse pubbliche destinate per le bonifiche nei casi di situazioni che hanno comportato un danno ambientale, il Governo non intenda valutare l'ipotesi di assumere iniziative per attivare risorse specifiche al fine di provvedere allo smaltimento del materiale contenente amianto in casi come quello del deposito Bianchini costruzioni di via dell'Industria nel comune di S. Felice ed alla bonifica dell'area quando le regioni certifichino, come nel caso citato, l'esaurimento delle risorse per il finanziamento di interventi di bonifica;
   se il Governo abbia valutato se l'utilizzo delle risorse provenienti dal Fondo per la ricostruzione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 74 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2012, per la bonifica dell'area contaminata in comune di Finale Emilia, con le modalità descritte in premessa – e, in tutta evidenza, per cause non direttamente connesse agli eventi sismici – sia conforme alla finalità prevista. (4-08165)


   BECHIS, ARTINI, MUCCI, RIZZETTO, PRODANI, CRISTIAN IANNUZZI, SEGONI, BARBANTI e BALDASSARRE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   su ilgiornale.it è apparso in data 4 luglio 2014 un articolo a firma di Stefano Filippi dal titolo «Il Governo imbosca il caso Forteto con l'aiuto del ministro ex coop» che si riporta qui di seguito:
   «Un anno fa, nel pieno dello scandalo del Forteto, il Governo Letta mandò un'ispezione nella cooperativa agricola del Mugello. Molti minori abusati dal fondatore della comunità, Rodolfo Fiesoli (oggi sotto processo con altre 22 persone per reati sessuali e maltrattamenti sui minori), vi avevano lavorato illegalmente: c'era una promiscuità sospetta tra la comunità degli orrori e la coop, entrambe fondate dal “profeta”, i quattro mesi di controlli si erano chiusi con la richiesta di commissariamento;
   oggi è cambiato il Governo. Il posto di Enrico Letta è stato preso da Matteo Renzi, che da sindaco di Firenze il 12 novembre 2011 ospitò il “profeta” a un convegno nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio: Fiesoli sarebbe stato arrestato pochi giorni dopo. E nell'esecutivo è entrato Giuliano Poletti, ex vicepresidente nazionale di Legacoop, la centrale delle coop rosse che si è sempre opposta al provvedimento: il Forteto ne è socio;
   morale: niente commissariamento per la coop agricola che era tappa immancabile per i leader del partito che salivano al Mugello. La decisione del Ministero dello sviluppo economico, cui compete la vigilanza sulle coop, ha il sapore di una beffa clamorosa. Una vergogna. Gli ispettori avevano evidenziato gravi irregolarità nelle buste paga (niente straordinari né festivi), negli stipendi (tutti inquadrati con lo stesso contratto pur svolgendo mansioni diverse), soci costretti a “sottoscrivere inconsapevolmente strumenti finanziari”, e poi “un atteggiamento discriminatorio verso i soci usciti dalla coop” dopo l'emergere degli scandali. La coop ha la “tendenza a confondere le regole e i principi della comunità con il rapporto lavorativo e societario”;
   il commissariamento era necessario. Nulla era cambiato nemmeno dopo un supplemento di ispezione: nel secondo rapporto si legge che “permangono le irregolarità” relative a una serie di violazioni dello statuto e del regolamento interno. “La situazione non appare al momento sostanzialmente mutata”, è scritto. Ma per il Governo di Renzi e Poletti è tutto in regola, in poche settimane ogni irregolarità è stata miracolosamente sanata.» –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se ritenga opportuno verificare con un ulteriore supplemento d'ispezione che, a seguito dell'annunciato cambio di statuto e del previsto codice etico della cooperativa, le irregolarità emerse dalle precedenti ispezioni siano effettivamente sanate e che non se ne siano create delle nuove;
   se il Governo interrogato in caso di perdurare delle irregolarità intenda procedere al commissariamento. (4-08167)


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'assemblea legislativa dell'Umbria in data 4 aprile 2014 ha approvato la legge n. 4 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale di previsione 2014 e del bilancio pluriennale 2014-2016» e la legge n. 6 recante norme del «Bilancio di previsione annuale per l'esercizio finanziario 2014 e bilancio pluriennale 2014-2016»;
   è noto che le regioni, secondo la normativa vigente, devono assicurare il pareggio di bilancio anche in coerenza con l'evoluzione della governance economica europea; lo Stato italiano, oltre ad aver ridisegnato la propria disciplina contabile ordinaria – attraverso la legge n. 196 del 2009 – ha provveduto con legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, ad introdurre nella Carta Costituzionale i principi del pareggio di bilancio e della sostenibilità del debito, cui è seguita la legge di attuazione n. 243 del 24 dicembre 2012;
   l'articolo 97 della Costituzione, pertanto, ha previsto che «Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico» così estendendo tale obbligo anche alle regioni;
   infine, l'articolo 119, comma 6, della Costituzione ha stabilito che le regioni e gli altri enti territoriali «possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese per investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio. È esclusa ogni garanzia dello stato sui prestiti dagli stessi contratti»;
   con l'esercizio finanziario 2014 anche la regione dell'Umbria è tenuta al rispetto delle regole che prevedono il «pareggio di bilancio», rispettando il divieto di ricorrere all'indebitamento stipulando mutui per far fronte ad eventuali disavanzo di gestione;
   tuttavia, la regione Umbria, all'articolo 2 della legge n. 4 del 2014 ha previsto che: «Per l'anno 2014 il livello massimo del ricorso al mercato finanziario, determinato dalla mancata contrazione dei mutui e prestiti degli anni precedenti, è fissato fin all'importo di euro 296.673.622,38»; all'articolo 10, comma 1 e 3, della legge n. 6 del 2014 si è stabilito che: «1. Per far fronte al presunto disavanzo finanziario alla chiusura dell'esercizio 2013, determinato dalla mancata stipulazione dei mutui autorizzati con l'articolo 11, comma 1, della legge regionale 9 aprile 2013, n. 9 (Bilancio di previsione annuale per l'esercizio finanziario 2013 e bilancio pluriennale 2013-2015), come modificati dall'articolo 2, della legge regionale 25 settembre 2013, n. 18 (Assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2013, ai sensi degli articoli 45 e 82 della legge regionale di contabilità 28 febbraio 2000, n. 13 (Disciplina generale della programmazione, del bilancio, dell'ordinamento contabile e dei controlli interni della Regione dell'Umbria), è rinnovata l'autorizzazione alla Giunta regionale ad assumere, a norma dell'articolo 63 della legge regionale 13 del 2000 uno o più mutui ovvero ad effettuare altre operazioni di indebitamento fino all'importo complessivo di euro 296.673.622,38 per una durata massima di trenta anni a decorrere dal 2014 ed entro il limite di spesa di euro 9.619.000,00 per l'anno 2014 e di euro 20.528.000,00 per gli anni successivi» e che «3. Per gli effetti di cui all'articolo 10, comma 1 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti finanziari per l'attuazione delle Regioni a statuto ordinario), i mutui e le altre forme di indebitamento di cui al comma 1 sono diretti al finanziamento delle spese indicate nella Tabella H) allegata alla presente legge», la quale prevede la destinazione del suddetto mutuo di euro 296.673.622,38 al ripiano dei bilanci 2006-2007-2008-2009-2010-2011 a copertura di vari interventi e spese e di diverso importo a partire dall'anno 2006;
   dunque, con la suddetta disposizione (articolo 10 legge regionale n. 6 del 2014) verrebbe rinnovata l'autorizzazione alla giunta regionale ad assumere uno o più mutui ovvero ad effettuare altre operazioni di indebitamento fino all'importo complessivo di euro 296.673.622,38 «per far fronte al presunto disavanzo finanziario alla chiusura dell'esercizio 2013, determinato dalla mancata stipulazione dei mutui autorizzati con l'articolo 11, comma 1, della legge regionale 9 aprile 2013, n. 9»;
   l'articolo 119, comma 6, della Costituzione consente il ricorso all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio;
   l'articolo 3, commi 16-21, della legge n. 350 del 2003 – che costituiscono norme di principio di coordinamento della finanza pubblica a cui le regioni devono attenersi – stabilisce i limiti e le modalità entro i quali è possibile il ricorso all'indebitamento da parte dell'ente;
   invece, con la legge regionale n. 6 del 2014 la regione Umbria autorizza il nuovo ricorso al mercato finanziario per coprire la mancata stipulazione di mutui e prestiti autorizzati negli anni precedenti ma non stipulati entro il termine di esercizio con l'effetto di autorizzare la stipula di mutui autorizzati a suo tempo ma già scaduti;
   secondo gli interroganti la disposizione presenterebbe profili di contrasto con i principi sanciti dall'articolo 81 e 119 della Costituzione nonché dalle altre norma in materia legittimanti le condizioni per il ricorso all'indebitamento poiché le autorizzazioni date a suo tempo sono da ritenersi scadute e non prorogabili –:
   alla luce di quanto riportato in premessa, quali siano i motivi per i quali il Governo non abbia ritenuto di sollevare la questione di legittimità costituzionale in relazione alle leggi regionali sopra richiamate. (4-08168)


   VARGIU, MATARRESE, VITELLI, CAPUA, MOLEA, MAZZIOTTI DI CELSO, GALGANO, CIMMINO, D'AGOSTINO, VEZZALI, BOMBASSEI, VECCHIO e RABINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la notizia dell'operazione di acquisizione da parte della Mondadori della Rcs libri è stata ampiamente comunicata dalla stampa in questi ultimi giorni. Il 18 febbraio 2015, su richiesta della Consob, il gruppo Mondadori ha infatti inviato a Rcs una «manifestazione di interesse non vincolante» per l'acquisizione di Rcs Libri;
   la proposta di Mondadori riguarda «una eventuale operazione di acquisizione dell'intera partecipazione detenuta da Rcs Mediagroup in Rcs Libri, pari al 99,99 per cento del capitale sociale, nonché dell'ulteriore complesso di beni e attività che costituiscono l'ambito librario di Rcs Mediagroup»;
   la proposta di Mondadori, se conclusa, costituirebbe un'operazione di concentrazione ai sensi della legge 287 del 1990, e potrebbe configurare il sorgere o il rafforzarsi di posizione dominante, dando vita a un colosso dei libri con una quota di mercato pari a circa il 40 per cento del mercato con implicazioni importanti nel mercato dei tascabili (i marchi dei due gruppi insieme sfiorerebbero il 70 per cento e dei testi scolastici (i marchi Rcs-Mondadori pubblicherebbero il 25 per cento dei libri);
   tale concentrazione includerebbe, sotto la stessa proprietà, un gran numero di marchi ben conosciuti a chi frequenta le librerie: Mondadori, Einaudi, Sperling e Kupfer, Harlequin, Piemme, Electa, Rizzoli, Bompiani, Adelphi, Marsilio, Sonzogno, Skira, Lizard, Sansoni e Fabbri;
   l'operazione, che avrebbe un sostanziale via libera da entrambe le parti, creerebbe un gigante dalle dimensioni inusuali per il mercato dell'Unione europea. È vero che altri Paesi stanno vivendo la stessa esperienza della concentrazione nella proprietà, che viene incontro alle esigenze della razionalizzazione dei costi, ma in nessun altro Paese si è arrivati ad un accentramento così alto come quello che si verificherebbe in Italia;
   nel settore dell'editoria italiana cresce la preoccupazione per le inevitabili ricadute dell'operazione di Mondadori. Si pensi alla differenza con gli altri competitori presenti sul mercato italiano, come Gems Longanesi al 12 per cento e Feltrinelli al 7 per cento, per comprendere facilmente la grande sperequazione di mezzi che si verrebbe a creare con la nuova grande aggregazione;
   dalla concentrazione potrebbe derivare in primo luogo una posizione di quasi monopolio in un Paese ormai caratterizzato da una preoccupante contrazione della attitudine alla lettura. Il calo sia del numero dei lettori sia delle vendite sono decisamente preoccupanti e la creazione di una posizione fortemente dominante potrebbe avere un ulteriore effetto regressivo, vista la possibile conseguente riduzione della differenziazione dell'offerta;
   altra conseguenza sarebbe quella della minor funzione svolta, nella filiera editoriale, dagli autori e dai librai che sarebbero costretti a sottostare ai diktat imposti dai vertici dell'impresa in posizione di egemonia, vedendo così sacrificati valore e qualità dell'offerta culturale che dovrà rispondere principalmente ad esigenze meramente commerciali;
   la piccola editoria ancora viva in Italia, nonostante le forti sofferenze, rischierebbe di vedere cancellata ogni ottimistica previsione di ripresa, dal momento che non avrebbe nessuna reale possibilità di sopravvivenza nello scontro con un gigante forte di uno straordinario potere contrattuale;
   non ultima preoccupazione è quella destata dalla ricaduta sulla situazione occupazionale delle due società che vedrebbe come immediata conseguenza una forte riduzione degli occupati a seguito dall'accorpamento delle reti di gestione e di vendita;
   diversi prestigiosi autori di differente estrazione culturale – tra cui Umberto Eco, Sandro Veronesi, Gian Antonio Stella, Andrea De Carlo, Emanuele Severino, Vittorio Sgarbi, Luciana Castellina, Pietran- gelo Buttafuoco, Lidia Ravera, Susanna Tamaro, Dacia Maraini, Toni Servillo – hanno sollevato le anomalie e le penalizzazioni in termini di identità e autonomia editoriale che deriverebbero dall'operazione;
   i comitati di redazione del Corriere della Sera, della Gazzetta dello Sport e di Rcs Periodici e le rappresentanze sindacali unitarie di Rcs Mediagroup, Rcs Mediagroup Quotidiani, Rcs Produzione Milano, Rcs Area Roma hanno manifestato estrema preoccupazione sulla manifestazione d'interesse presentata da Mondadori dal momento che «con la cessione di Rcs libri il gruppo verrebbe sfigurato e privato di una parte rilevante della sua identità culturale» e «il gruppo Rcs verrebbe ridotto a editore di Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport e poche altre testate storiche», una «ipotesi mai illustrata e nemmeno paventata in alcun piano industriale, né nelle relazioni sindacali»;
   in definitiva, l'operazione Mondadori-Rcs potrebbe portare a una posizione dominante nel campo dell'editoria con il rischio di contraddire ogni principio liberale di concorrenza di mercato in un settore, quello della cultura creativa e della libera circolazione delle idee attraverso la produzione libraria, centrale per la tutela della stessa libertà di pensiero e del pluralismo, indispensabile per quel confronto tra le diversità che garantisce la crescita civile e culturale di qualsiasi moderna democrazia occidentale –:
   quali iniziative intenda adottare a tutela della libertà del mercato e del pluralismo nel mercato dell'editoria italiana, un settore nevralgico per la cultura del nostro Paese;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare, per tutelare il pluralismo dell'editoria italiana e, in particolare, la piccola editoria, settore nevralgico per la cultura del nostro Paese.
(4-08172)


   PARENTELA, NESCI, DIENI, MANTERO, SILVIA GIORDANO, GRILLO e LOREFICE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   è stato stimato da EpaC Onlus che in Italia tra le 303 e le 337 mila persone sono affette da epatite C, di queste 58 mila versano in condizioni particolarmente gravi;
   nel mese dicembre 2014, ben 11 mesi dopo l'approvazione europea, nel prontuario farmaceutico italiano è stato inserito il sofosbuvir – il cui nome in commercio è Sovaldi – la pillola che permetterebbe di eradicare il virus dell'epatite C in sole 12 settimane;
   il costo per l'intero ciclo terapeutico di un malato di epatite C ammonta a circa 70 mila euro a carico, secondo quanto previsto con la legge di stabilità per l'anno 2015, del servizio sanitario regionale il quale si servirebbe del fondo sanitario nazionale messo a disposizione con l'approvazione del Ministro della salute;
   ad oggi solo le regioni Lombardia, Lazio e Veneto hanno proceduto alla somministrazione del farmaco conto l'epatite C, mentre sembra che le regioni Calabria (con il più alto tasso di positività al virus), Sicilia, Campania, Molise, Liguria e Friuli non abbiamo nemmeno provveduto ad inviare al Ministro della salute l'elenco dei centri autorizzati a somministrare il farmaco;
   il 4 febbraio 2015 è scaduto il termine per la definizione delle procedure amministrative necessarie all'inserimento nei prontuari terapeutici ospedalieri regionali del nuovo farmaco ed è stato certificato dall'AIFA che a gennaio solo 30 pazienti in tutta Italia avevano iniziato la cura;
   dal presidente dell'associazione dei malati Epac arriva inoltre la denuncia al Governo, il quale «ad oggi non risulta aver emanato il decreto previsto dalla legge di stabilità per ripartire tra le regioni il miliardo stanziato dalla stessa manovra, per due anni di terapia», cifra che, tra le altre cose, non è sufficiente a coprire il fabbisogno italiano permettendo solo a 50.000 malati di curarsi contro il milione e mezzo che ne ha urgente bisogno;
   il nuovo farmaco contro l'epatite C che, dopo gli accordi tra l'azienda produttrice americana Gilead e l'Aifa, costerà in Italia circa 800 euro, per gli indiani avrà il valore economico di un dollaro a pillola avendo l'ufficio brevetti di Delhi respinta – non ritenendola sufficientemente innovativa – la richiesta di registrazione del medicinale presentata dall'azienda; il farmaco verrà quindi prodotto come generico (senza pagare royalty) con gli stessi principi attivi e senza il marchio Gilead ad un prezzo notevolmente inferiore, dando così modo a tutti i malati di curarsi;
   da notizie a mezzo stampa si apprende che «in occasione della 67a Assemblea mondiale per la salute, l'European aids treatment group aveva denunciato come il Sofosbuvir, approvato dall'Ema (European Medicines Agency) nel novembre 2013 e dalla Fda (Food and Drug Administration) nel dicembre dello stesso anno, avrebbe potuto essere prodotto a 68 dollari a terapia, piuttosto che gli 84 mila cui è attualmente venduto» –:
   se non ritenga opportuno assumere tutte le iniziative di competenza affinché, con la massima urgenza, si permetta l'avvio della somministrazione del nuovo farmaco antivirale per l'epatite C in tutte le regioni italiane evitando una odiosa disparità di trattamento che viola i supremi principi costituzionali di tutela della salute e di uguaglianza ed assicurando al contempo la più ampia possibilità di cura ad oggi conosciuta;
   quali siano le ragioni che abbiano portato il Governo a stanziare una cifra per la cura dei soggetti affetti da epatite C non sufficiente a coprire il fabbisogno italiano;
   se non ritenga opportuno verificare se effettivamente il farmaco in commercio possa essere venduto ad un costo inferiore, così da costare molto meno al sistema sanitario italiano, e far sì che l'AIFA riveda gli accordi presi con l'azienda produttrice Gilead. (4-08175)


   DI BATTISTA, DE LORENZIS, SIBILIA, CASO, COZZOLINO, PETRAROLI, SCAGLIUSI, NESCI e BUSINAROLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   come riportato da organi di stampa, Giulio Napolitano, figlio dell'ex Presidente della Repubblica Giorgio, nel 2003, a 34 anni, ha beneficiato di due consulenze legali da 15 mila euro, per un totale di 30 mila euro, da parte del Comune di Roma, durante la giunta Veltroni;
   in particolare l'ingegnere Anna Maria Leone, dirigente dell'ufficio progetti metropolitani del comune di Roma in quanto, con determinazione dirigenziale ottobre 2003 aveva conferito, al prof. Giulio Napolitano, l'incarico di consulente dell'Ufficio per l'approfondimento di aspetti normativi e procedurali;
   in seguito la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la regione Lazio, ha accertato il verificarsi di un danno rappresentato dall'onorario riconosciuto al professionista Giulio Napolitano, in quanto per tali consulenze, il comune di Roma avrebbe dovuto rivolgersi all'avvocatura, organo deputato all'assistenza legale di tutti gli uffici dell'ente;
   Giulio Napolitano, attualmente, insegna diritto amministrativo all'Università Roma Tre, che alcuni organi di stampa definiscono quale «università dei Ds», probabilmente a causa di alcune circostanze;
   in primo luogo l'ex rettore di «Roma tre», Guido Fabiani, in carica per quattro mandati (fino al 2013 quando ha lasciato dopo essere stato nominato assessore nella giunta Zingaretti in Regione Lazio) è difatti sposato con Talia Binotti, sorella di Clio Napolitano, quindi cognato di Giorgio Napolitano e zio di Giulio;
   in secondo luogo, la figlia dell'ex rettore, Anna Fabiani, e dunque cugina di Giulio Napolitano, insegna Scienze Biologiche sempre a Roma Tre, mentre suo marito Alberto Tenderini è responsabile delle iniziative sportive della stessa Università;
   all'interrogante risulta, poi, per averlo appreso da organi di stampa, che Giulio Napolitano, oltre a presiedere l'Organo di vigilanza sull'accesso alla rete Telecom, ha ricevuto incarichi di consulenza da parte di Coni, Federcalcio e Presidenza del Consiglio;
   ad esempio, nel 2005 è stato membro della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, nel 2006 ha preso parte alla Commissione per la riforma della disciplina delle società sportive e, nel 2012, è stato nominato commissario ad acta della Federcalcio da Giancarlo Abete;
   ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 242 del 1999 il CONI – «Comitato olimpico nazionale italiano» – è un ente che ha personalità giuridica di diritto pubblico che è «posto sotto la vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo»;
   il contributo ordinario assegnato dallo Stato al CONI si aggira intorno ai 400 milioni di euro annui –:
   quali incarichi abbia ricevuto o abbia in essere il professor Giulio Napolitano dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Coni, dalla FIGC o da altre federazioni sportive riconosciute dal CONI;
   se i Ministri interrogati intendano rendere noto l'importo di ogni singolo incarico di cui ha beneficiato o di cui sia Giulio Napolitano nonché gli importi di altri compensi a qualunque titolo percepiti da quest'ultimo in relazione a prestazioni effettuate in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Coni, della FIGC o di altre federazioni sportive riconosciute dal CONI. (4-08177)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   la legge n. 125 dell'11 agosto 2014 concernente la disciplina generale sulla cooperazione internazionale allo sviluppo, stabilisce per la sua attuazione una serie di adempimenti da parte del Governo e del Ministero degli affari esteri e in particolare la istituzione dell'Agenzia nazionale per la cooperazione allo sviluppo e il regolamento della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;
   tali adempimenti devono essere assunti entro 180 giorni dalla approvazione della legge n. 125 dell'11 agosto 2014 –:
   quale sia lo stato di attuazione della legge n. 125 del 2014 con particolare riferimento alla Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo e alla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero.
(2-00865) «Melilla, Scotto, Palazzotto».

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, MANNINO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 22 gennaio 2015, il prefetto della provincia di Roma Pecoraro ha firmato il decreto con cui provvede «alla straordinaria e temporanea gestione dell'Impresa Costruzioni Giuseppe Maltauro Spa, procedendo alla nomina di due amministratori cui vengono attribuiti, ex lege, tutti i poteri e le funzioni di organi di amministrazione della suddetta impresa, limitatamente alla completa esecuzione dell'appalto per la “Progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori di realizzazione dell'impianto di cementazione di soluzioni liquide radioattive — impianto CEMEX”, presso il sito Eurex di Saluggia-Vercelli, gestito da SO.GI.N. SpA»;
   tale decreto è la presa d'atto della richiesta formulata, l'11 dicembre 2014 – in base all'articolo 32 del decreto-legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014 n. 114 –, dal Presidente dell'Associazione nazionale anticorruzione (ANAC), dottor Raffaele Cantone, anche su impulso degli interroganti, a seguito del procedimento penale, in capo alla Maltauro, che ha accertato il reato di turbativa d'asta e mediazione corruttiva nell'aggiudicazione dell'appalto Cemex da 98 milioni di euro;
   l'impianto Cemex permetterà di cementare e condizionare i rifiuti radioattivi liquidi a più alta attività, presenti nel sito Eurex di Saluggia, che verranno stoccati in un deposito temporaneo annesso – il cosiddetto D3 –, fino al loro definitivo trasferimento al deposito nazionale nel 2024;
   secondo quanto riferisce Sogin, rispondendo alle domande di Legambiente nel documento «Tavolo della trasparenza del 26 novembre 2014», «il deposito temporaneo D-3, destinato ai rifiuti di III cat. GT 26 provenienti dall'esercizio dell'impianto CEMEX, entrerà in funzione con lo stesso, nel 2019»;
   nel 2008, il complesso Cemex – comprensivo del deposito temporaneo D3 –, ottiene il decreto di compatibilità ambientale – VIA – dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, mentre nel 2010 arriva l'autorizzazione alla costruzione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, in base all'articolo 6 della legge 1860 del 1962;
   il 25 marzo 2011 Sogin bandisce una gara – Codice identificativo gara CIG:16097274BD – per la «Progettazione esecutiva e l'esecuzione dei Lavori di realizzazione dell'impianto di cementazione di soluzioni liquide radioattive – Impianto Cemex – presso l'impianto Eurex di Saluggia»;
   il 21 dicembre 2012 l'appalto integrato dell'impianto di cementazione e annesso deposito D3 viene aggiudicato, con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, dall'impresa SAIPEM Spa, mandataria del RTI con l'impresa Costruzioni Maltauro spa in qualità di mandante, quest'ultima è la stessa per la quale attualmente sono stati nominati i due amministratori straordinari;
   l'impianto Cemex, inizialmente previsto per legge entro la fine del 2008, non soltanto ad oggi non è stato ancora realizzato, ma sull'area non è stato predisposto nessun cantiere di inizio lavori, sebbene Sogin avesse annunciato che la progettazione esecutiva e la costruzione del complesso sarebbero state ultimate in 42 mesi dalla firma del contratto d'appalto. Inoltre, anche quando il Cemex sarà costruito, serviranno collaudi e prove prima della messa in sicurezza;
   non si è a conoscenza se siano state intraprese da Sogin le attività necessarie a individuare, qualificare e validare la matrice cementizia specifica per i rifiuti dell'impianto Eurex;
   il sito di Saluggia, dove attualmente sono presenti il 75 per cento dei rifiuti radioattivi esistenti in Italia, è ritenuto inadatto e a rischio esondazione per la vicinanza del fiume Dora Baltea, come confermato dalla delibera della regione Piemonte 19/2351 del 13 marzo 2006 che ribadisce «la presenza del vincolo imprescindibile della non idoneità del sito a configurarsi come deposito di stoccaggio definitivo, confermando pertanto che l'obiettivo finale delle operazioni di messa in sicurezza dei materiali nucleari deve essere il decommissioning degli impianti e il rilascio totale del sito privo di vincoli di natura radiologica» –:
   se i Ministri interrogati, in riferimento a quanto esposto in premessa, in particolare ai forti ritardi nella realizzazione dell'impianto Cemex, rispetto al cronoprogramma Sogin, non ritengano opportuno, sia da un punto di vista funzionale che economico, rivedere e annullare la realizzazione del deposito temporaneo D3, la cui costruzione avverrà in prossimità della messa in funzione del deposito nazionale. (5-04847)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DAGA, TERZONI, BENEDETTI, BUSTO, ZOLEZZI, MICILLO, DE ROSA e MANNINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto 22 gennaio 2014 adottato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stato adottato il «piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari»;
   la proposta di piano risulta essere stata sottoposta esclusivamente a consultazione pubblica senza la preliminare sottoposizione a valutazione ambientale strategica di cui agli articoli da 11 a 18 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni e a valutazione di incidenza ambientale di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 e successive modificazioni e integrazioni;
   la valutazione ambientale strategica si applica a piani e programmi che hanno per oggetto il suolo, i rifiuti, l'acqua, tutte materie trattate dal «Piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari» e la valutazione di incidenza ambientale si applica ai piani del settore agricolo;
   il dispositivo del decreto neanche richiama l'esistenza di tali norme;
   la procedura di valutazione ambientale strategica prevede, tra l'altro la predisposizione di uno studio preliminare ambientale a corredo della proposta di piano volta ad identificare gli impatti significativi che l'attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere sull'ambiente, come chiarito dall'articolo 13, comma 4 del decreto legislativo 152 del 2006;
   la procedura di valutazione di incidenza ambientale prevede, tra l'altro, la predisposizione di uno studio di incidenza ambientale indispensabile per evidenziare le criticità attuali relativi all'incidenza dei prodotti fitosanitari sui siti Natura2000 e in particolare su habitat e specie tutelati dalle direttiva 43/92/CE e 147/09/CE;
   lo studio di incidenza ambientale e il rapporto ambientale sono elementi tecnici imprescindibili che devono accompagnare i piani anche per la valutazione dei piani medesimi da parte del pubblico e la mera pubblicazione degli stessi senza tali strumenti tecnici per la consultazione non è certamente equivalente ai fini della partecipazione consapevole del pubblico al procedimento di adozione;
   ad entrambe le procedure di valutazione ambientale sopra citate corrisponde un iter amministrativo preciso sia per quanto riguarda la documentazione da predisporre, sia per quanto riguarda la tempistica, sia per quanto riguarda il coinvolgimento dei vari soggetti istituzionali e del pubblico interessato;
   il piano al punto A.5.1 prevedeva che i Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche alimentari agricole e forestali, su proposta del Consiglio, predisponessero delle linee guida di indirizzo per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile e per la riduzione dell'uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi in aree specifiche;
   il punto A.5.8.1 del piano richiama le linee guida anche per l'adozione di misure per i siti Natura2000, anche in questo caso senza indicare misure minime di conservazione di carattere concreto;
   nonostante la gravità della situazione di contaminazione ambientale il piano sostanzialmente non include misure minime di tutela e prevenzione generali vincolanti da attuare immediatamente alla scala del territorio nazionale, ma rimanda all'iniziativa delle regioni che, paradossalmente, secondo quanto prevede la proposta di linee guida approvata dal consiglio tecnico scientifico, dovranno assoggettare alla, valutazione di incidenza, ambientale le misure attinenti la Rete Natura2000 che vorranno adottare, quando tale iter non è stato espletato per il piano nazionale;
   secondo la bibliografia scientifica raccolta dall’European Food Safety Authority emerge un'associazione statisticamente significativa tra esposizione a pesticidi e numerose malattie quali il cancro alla mammella, il cancro al stomaco, il cancro al fegato, la sclerosi laterale amiotrofica, l'asma, il diabete di tipo II, il morbo di Parkinson e la leucemia giovanile;
   il principio comunitario «chi inquina paga» si dovrebbe applicare a qualsiasi settore ed azienda che produce contaminazione delle matrici ambientali;
   la conoscenza dei livelli di esposizione e degli effetti di singole sostanze sulla salute e sull'ambiente è essenziale per eventuali azioni risarcitorie da parte di cittadini, istituzioni e in genere dello Stato nei confronti delle aziende, molte delle quali grandi multinazionali;
   il principio di precauzione previsto dal Trattato sul funzionamento dell'Unione dovrebbe essere applicato ai casi in cui appare evidente il potenziale rischio per la salute umana e per l'ambiente, in considerazione dell'assenza di dati circa: gli effetti dell'esposizione a mix di sostanze; le conseguenze dell'esposizione a singole sostanze e/o metaboliti poco studiati; l'assenza di specifiche standard di qualità ambientale per molte sostanze;
   l'uso dei pesticidi comporta un'esposizione attraverso molte vie quali l'inalazione, il contatto e l'ingestione, anche indiretta attraverso la catena alimentare –:
   quali siano le ragioni e i presupposti normativi, se esistenti, per i quali il piano nazionale non è stato sottoposto a procedura di valutazione ambientale strategica;
   quali siano le ragioni e i presupposti normativi, se esistenti, per i quali il piano nazionale non è stato sottoposto a procedura di valutazione di incidenza ambientale;
   se e quali iniziative abbiano intrapreso per garantire, anche da un punto di vista finanziario, un monitoraggio completo di tutte le sostanze usate in agricoltura, compresi i metaboliti, omogeneo su tutto il territorio nazionale;
   se non ritengano che, a fronte di tale situazione di contaminazione diffusa, non debbano essere intraprese iniziative vincolanti di maggiori rilievo a tutela dell'ambiente e della salute pubblica, come il divieto generale di utilizzo di prodotti fitosanitari classificati tossici, molto tossici e/o recanti in etichetta le frasi di rischio R40, R42, R43, R60, R61, R62, R63 e R68, non solo entro 30 metri da aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili quali asili, parchi, scuole e altro come prevede il piano, ma per distanze maggiori e per tutte le aree abitate stabilmente nonché per quelli in cui sono presenti corsi d'acqua e nelle aree di cui all'articolo 94 del decreto legislativo n. 152 del 2006. (4-08155)


   DI BATTISTA, DE LORENZIS, GRANDE, SIBILIA, PETRAROLI e SCAGLIUSI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Bracciano, in località Cupinoro, è presente da circa 30 anni una discarica regionale, attualmente chiusa per esaurimento, le cui condizioni destano nella cittadinanza profonda preoccupazione, in particolare in relazione ai possibili effetti sulla salute nonché per l'integrità del territorio adiacente;
   tale discarica, sebbene sia collocata sul suolo del comune di Bracciano, è posta al confine con il territorio del comune di Cerveteri, con quel che ne consegue in ordine al raggio d'azione dei temuti effetti nocivi;
   risulta, infatti, da dati ufficiali, che, nel periodo di operatività della discarica, vi siano stati sversati oltre 2.000.000 mc di rifiuto tal quale, motivo per cui si ritiene necessario, in via prioritaria, effettuare una approfondita indagine sullo stato dei luoghi;
   si riportano, difatti, alcune circostanze, ciascuna delle quali sarebbe di per sé sufficiente per richiedere e svolgere una verifica del reale stato di inquinamento dei luoghi interessati:
    a) le continue segnalazioni che ci arrivano dai cittadini delle zone limitrofe circa l'aumento enorme dei casi di tumori anche in persone giovani;
    b) i recenti studi ERAS circa l'aumento dei tumori e altre gravissime patologie tra la popolazione che vive nei pressi delle discariche di rifiuto tal quale;
    c) lo stato di degrado e di abbandono in cui versa attualmente la discarica;
    d) il fatto che la gestione della discarica è stata, nei primi anni, affidata alla S.E.L. – servizi ecologici laziali, società del Gruppo Brignoli di Bergamo che è stata oggetto di indagini da parte della magistratura (si consideri che Ettore Brignoli è un soggetto pluricondannato anche per reati ambientali);
    e) l'esistenza di un'indagine, attualmente in corso, avviata dalla procura della Repubblica di Civitavecchia sull'ammanco relativo ai fondi che la Bracciano Ambiente spa – società che ha gestito la discarica per conto del Comune di Bracciano – avrebbe dovuto accantonare per la gestione del post mortem (l'indagine punta a fare chiarezza sui circa 12 milioni di euro che gli indagati avrebbero distratto da un fondo «post mortem» appositamente creato per la bonifica della discarica di Cupinoro: i dirigenti, indagati per il reato di malversazione ai danni dello Stato, avrebbero ottenuto un totale di 15 milioni di euro in forma di finanziamenti pubblici da parte di venticinque enti locali che usufruiscono del sito destinato ad accogliere i rifiuti solidi urbani, cifra dalla quale sarebbero stati distratti i dodici milioni di euro dei quali non si ha più contezza);
   si segnala inoltre che dal giorno della chiusura, non risulta ancora oggi, agli interroganti, che si siano poste in essere tutte le azioni necessarie per la corretta gestione del post mortem;
   ciò nonostante la Presidenza del Consiglio dei ministri, con deliberazione dell'8 agosto 2014, recante «Richiesta, ai sensi dell'articolo 14-quater, comma 3, della legge 241/90 e successive modificazioni e integrazioni di deliberazione del Consiglio dei ministri per un dissenso tra l'amministrazione statale e quella regionale in tema di autorizzazione paesaggistica in merito alla Conferenza dei servizi ai sensi dell'articolo 14-ter della legge 241/90 concernente il rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) per la discarica di Bracciano, in località Cupinoro, comportante il completamento e la messa in sicurezza dell'impianto esistente e la realizzazione di impianto meccanico biologico (TMB), ha ritenuto di concedere il rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale richiesto dalla società Bracciano Ambiente spa;
   con la predetta deliberazione è stato in realtà trascurato il parere negativo al rilascio del rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale espresso dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   per quanto risulta agli interroganti l'area è infatti gravata da una serie di vincoli:
    1) è di proprietà dell'università agraria di Bracciano ed è gravata da vincoli di uso civico non decaduti;
    2) i vincoli paesaggistici presenti in zona sono quelli individuati dal decreto legislativo n. 42 del 2004, articolo 142, comma 1, lettere h), lettera m) e lettera g);
    3) la strada cosiddetta «Settevene Palo», ove è posta la discarica è individuata come «percorso panoramico» e la zona è individuata come «parchi archeologici e culturali»;
   la situazione di estrema pericolosità, in termini di rischi sanitari ed ambientali nella zona di Cupinoro, denunciata, da oltre un decennio, dai comitati ambientalisti locali e dagli abitanti prospicienti la discarica, non può essere ulteriormente ignorata;
   la mancanza di indagini ambientali tese ad appurare il reale stato dei luoghi, accrescono, a parere degli interroganti, l'esigenza di interventi urgenti da parte del Ministro interrogato, al fine di definire in maniera univoca, le condizioni effettive dell'area interessata;
   l'inefficacia di adeguati sistemi di controllo e monitoraggio delle matrici ambientali della discarica adottati dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio – a cui non è seguita una seria attività ispettiva sull'intera area, per controllare il rispetto delle norme in materia di tutela ambientale (per accertare il livello critico di sostanze inquinanti e cancerogene) – conferma inoltre l'urgenza, anche a livello normativo, di introdurre misure in grado di rafforzare le attività di controllo, finalizzate ad ottenere un alto livello di protezione ambientale nel nostro Paese;
   la situazione complessiva di particolare gravità e complessità, determinatasi nell'area in precedenza esposta, in ordine alle possibili ripercussioni, per l'inquinamento del territorio e dei suoi effetti diretti e indiretti sulla salute dei cittadini delle comunità di Bracciano e di Cerveteri e del risanamento ambientale dei luoghi, richiede pertanto, che si affronti concretamente la fase di risanamento e di messa in sicurezza del territorio;
   lo stesso comune di Cerveteri ha, infatti, più volte manifestato l'esigenza a che le competenti autorità svolgano una seria indagine sulle matrici ambientali, ciò al fine di porre in sicurezza una discarica che, sebbene chiusa, costituisce una vera e propria bomba ecologica, atteso che non è dato sapere cosa sia stato ivi sversato, soprattutto nei primi anni di attività –:
   se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
   quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, i Ministri interrogati intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa, in particolare in merito alle condizioni di elevata criticità sanitaria e ambientale, nella zona di Cupinoro ed in quelle limitrofe;
   se si intendano assumere iniziative per assicurare la prevenzione di possibili disastri sanitari ed ambientali mediante un controllo diretto delle matrici ambientali, con l'inserimento, ove ne ricorrano i presupposti, dell'area nell'elenco dei siti da bonificare di interesse nazionale;
   quali iniziative urgenti e necessarie, nell'ambito delle rispettive competenze si intendano intraprendere, al fine di verificare, anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità, se e quali effetti sulla popolazione possano essere derivati dall'attuale situazione di sostanziale compromissione dell'area;
   se, alla luce dei fatti di cui alle premesse, non intenda procedere ad una approfondita indagine sullo stato dei luoghi nella zona di Cupinoro ed in quelle limitrofe. (4-08170)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha reso nota la decisione assunta in merito alla identificazione dei teatri aventi titolo al riconoscimento di «Teatro Nazionale» escludendo il Teatro Stabile di Catania;
   suddetta decisione lascia esterrefatti anche in considerazione di alcune peculiarità del teatro di Catania;
   quello di Catania è il terzo Stabile d'Italia per anzianità ed è stato protagonista di importantissime attività di promozione culturale e di vero e proprio istituto di cultura in un territorio vivacissimo;
   appaiono pertanto incomprensibili le motivazioni che possono aver determinato tale esclusione –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di rivedere tale decisione e di reinserire il Teatro Stabile di Catania tra coloro meritevoli del riconoscimento di teatro nazionale. (5-04850)


   ALBANELLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 24 febbraio 2015 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha pubblicato l'esito delle dieci domande pervenute per il riconoscimento della qualifica di Teatro Nazionale, esaminate dalla Commissione consultiva per la prosa, nominata a seguito di un bando pubblico, presieduta dal professor Luciano Argano e composta da Oliviero Ponte di Pino, Roberta Ferraresi, Ilaria Fabbri e Massimo Cecconi;
   la suddetta commissione hai unanimemente riconosciuti quali Teatri nazionali per il triennio 2015-2017 l'associazione Teatro di Roma, l'associazione Teatro Stabile della città di Napoli, la fondazione Emilia Romagna Teatro, la fondazione Piccolo Teatro di Milano — Teatro d'Europa, la fondazione Teatro Stabile di Torino, il Teatro della Toscana, il Teatro Stabile del Veneto — Carlo Goldoni e ha, invece, escluso da tale riconoscimento l'associazione Teatro Biondo Stabile — di Palermo, l'Ente Teatro di Sicilia — Stabile della Città di Catania e il Teatro Stabile di Genova, riconosciuti, invece, quali teatri di interesse culturale;
   il Teatro Stabile di Catania e il Teatro Biondo di Palermo hanno secondo l'interrogante tutti i requisiti per essere annoverati tra i teatri nazionali, avendo lavorato con passione e avendo prodotto — negli ultimi anni — spettacoli pluripremiati e campioni d'incasso in tournée e riconosciuti tra i teatri più antichi di Italia;
   il Teatro Stabile di Catania — a titolo di esempio — in oltre mezzo secolo ha scritto pagine importanti della storia del teatro italiano e negli ultimi anni ha agito sul territorio come un vero e proprio istituto di cultura e ha affrontato, nonostante la crisi, le ultime stagioni con l'impegno di soddisfare tutti i parametri richiesti dal decreto ministeriale, verificando con orgoglio di poterli attuare;
   per tali motivi risulta incomprensibile il mancato riconoscimento –:
   quali siano state le motivazioni che hanno escluso il Teatro Stabile di Catania e il Teatro Biondo di Palermo dai teatri nazionali, avendo questi lavorato per soddisfare tutti i parametri richiesti dal decreto ministeriale. (5-04853)


   PILI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in Sardegna si sta consumando quello che l'interrogante ritiene un oltraggio infinito alla civiltà nuragica;
   dopo il disastro e l'abbandono registrato nella collina dei Giganti di Mont'e Prama a Cabras ora si registra l'ennesimo cantiere abbandonato all'incuria più totale nell'area dove sono stati rinvenuti i segni più importanti dei vitigni più antichi del Mediterraneo occidentale;
   nel sito, come ampiamente documentato, si registra una devastazione totale nell'area di Sa Osa dove sono stati trovati i cosiddetti proto-frigoriferi;
   tutto il mondo scientifico parla della straordinaria scoperta fatta in Sardegna nel sito di Sa Osa, nel comune di Cabras, dove sono stati trovati i semi nuragici di vite e melone nel mentre si consuma una devastazione fatta di abbandono ed incuria senza precedenti;
   si è dinanzi ad un oltraggio grave alla storia millenaria del popolo sardo, l'ennesimo, visto che in queste gravissime condizioni si continua a mantenere la collina dei giganti di Mont'e Prama;
   quello che sta avvenendo a Sa Osa ha dell'incredibile;
   proprio mentre decine di riviste internazionali a tutti i livelli si stanno occupando di questa eccezionale scoperta in una rotonda nel mezzo della strada si assiste ad un cantiere di devastazione e abbandono;
   in un sito dove 3000 anni fa venivano conservati i semi dei vitigni più antichi del Mediterraneo ora si consuma uno scempio inaudito;
   si tratta di un cantiere posticcio, con reti da pollaio abbandonato, fango e soprattutto tracce di gommato in prossimità dei pozzi che hanno funzionato come veri e propri proto-frigoriferi;
   a giudizio dell'interrogante si è di fronte a una vera e propria infamia non solo per la mancanza di rispetto verso un sito così rilevante ma soprattutto per le opportunità cancellate di promozione e valorizzazione di un immenso sito a cielo aperto come quello che si configura in quell'area;
   si configurano situazioni di abbandono di un sito archeologico di cui ad avviso dell'interrogante il Ministro competente è responsabile;
   questo ennesimo misfatto con documentazione fotografica sulla situazione è stato segnalato alla procura;
   il mondo scientifico internazionale esalta questa scoperta che riscrive la storia del Mediterraneo e dall'altra Stato e regione consumano lo scempio;
   i titoli delle più grandi testate scientifiche e non solo recitano: «Non furono i Fenici ma i sardi i primi a coltivare la vite». Nel contempo le istituzioni a tutti i livelli non sembrano curarsi della situazione come dovrebbero;
   quest'approccio ad avviso dell'interrogante irresponsabile dimostra che le istituzioni non riescono minimamente a comprendere che il brand straordinario che quella scoperta ha messo in campo può essere il grande biglietto da visita dei prodotti italiani di qualità nel mondo;
   un marchio indelebile di qualità per contrastare i prodotti geneticamente modificati;
   con questa scoperta la Sardegna si potrebbe scoprire terra esclusiva di un marchio a denominazione di origine nuragica, ovvero l'agricoltura originaria della notte dei tempi;
   a Cabras, invece, ad avviso dell'interrogante la soprintendenza non si occupa adeguatamente di tali beni;
   in questo sito sono stati trovati dei veri e propri «proto-frigoriferi» che hanno trasmesso integri fino a noi diversi materiali organici, vegetali e animali, destinati all'alimentazione: non solo i semi di vite, ma anche noci, nocciole, semi di fico, pigne da pinoli, leguminose, carne di cervo, pesce;
   da questa scoperta è partito il lavoro dei paleobotanici del Centro per la conservazione biodiversità che sta facendo il giro del mondo;
   ora tutto questo straordinario sito teatro di questo grande lavoro di ricerca giace nell'abbandono più totale;
   quel reticolato arancione, da cantiere stradale, e soprattutto un abbandono grave visibile a chiunque sono una vergogna inaudita;
   è uno scandalo senza precedenti;
   in qualsiasi parte del mondo si farebbe protetta, difesa e valorizzata questa straordinaria scoperta, qui no, tutto è alla mercé di abbandono e devastazione;
   si tratta di una situazione intollerabile che occorre denunciare per senso del dovere perché si sta distruggendo un patrimonio che potrebbe davvero creare sviluppo ed occupazione –:
   se non ritenga di dover assumere iniziative adeguate per la tutela del cantiere e la valorizzazione adeguata dell'area di Sa Osa;
   se non ritenga di dover valutare i danni provocati al cantiere dall'abbandono rilevato in loco;
   se non ritenga di dover predisporre interventi urgenti per la protezione del sito alla pari di quanto già sollecitato per la collina di Mont'e Prama allo stato di abbandono della stessa. (5-04862)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   MAESTRI, LENZI e ROMANINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha previsto che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, siano rivisti le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE);
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, è stato adottato il Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'ISEE;
   l'ISEE del nucleo familiare con riferimento all'indicatore della situazione patrimoniale (articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri) è determinato sommando, per ciascun componente del nucleo familiare, il valore del patrimonio immobiliare (di cui ai commi 2 e 3), nonché del patrimonio mobiliare di cui al comma 4;
   ai fini della quantificazione del patrimonio mobiliare, ai sensi dell'articolo 5, comma 4, lettera a), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sopracitato, è necessario indicare, per ciascun deposito bancario o postale posseduto, il valore del saldo contabile attivo, al lordo degli interessi, al 31 dicembre dell'anno precedente a quello di presentazione della dichiarazione sostitutiva unica (DSU), ovvero, se superiore, il valore della consistenza media annua riferita al medesimo anno;
   sulla base di quanto riportato nelle scorse settimane da alcuni organi di stampa, l'Associazione bancaria italiana (ABI), con una circolare interna alle banche associate, avrebbe consigliato di inserire negli estratti conto a partire dalla prima rendicontazione utile del 2015 (ovvero dal 31 marzo) il dato sulla giacenza media necessario per ottenere l'ISEE;
   nel frattempo, alcune associazioni di consumatori e CAF hanno denunciato che ancora ad oggi molti istituti bancari non sono adeguatamente organizzati nel rilasciare le dichiarazioni di giacenza media o, addirittura, che le stesse sono fornite ai clienti previa riscossione di una commissione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopradescritta e se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza al fine di assicurare, con la massima sollecitudine, la piena operatività nel rilascio da parte del sistema bancario delle dichiarazioni di giacenza media garantendone la piena gratuità ai cittadini richiedenti. (4-08156)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel corso degli ultimi mesi si è proceduto ad importanti decisioni nell'ambito del sistema penitenziario della Sardegna in particolare con l'apertura del carcere di Uta nel novembre 2014, e ancora prima con la nuova struttura di Bancali a Sassari, nonché la «temporanea» chiusura del carcere di Iglesias ed altre iniziative annunciate ma non ancora realizzate;
   in merito alla chiusura del carcere di Iglesias, su cui l'interrogante ha già presentato diversi atti di sindacato ispettivo, andrebbe valutata una riconsiderazione per una serie di ragioni a partire dalla sua recente realizzazione, nonché per la specificità dei detenuti ospitati, della peculiarità degli spazi e delle attività che al suo interno venivano realizzate;
   è del tutto evidente che tale nuova situazione necessita quindi di una complessiva riorganizzazione del sistema penitenziario in territorio sardo ed un conseguente, indispensabile, potenziamento degli organici;
   a quanto illustrato in precedenza va ad aggiungersi quanto ha recentemente affermato il dottor Santi Consolo, nuovo capo del DAP, nel corso di una sua audizione svolta presso la Commissione parlamentare antimafia, che ha confermato la decisione di trasferire presso le strutture penitenziarie sarde una parte dei detenuti condannati ai sensi dell'articolo 41-bis;
   il trasferimento di detenuti ex articolo 41-bis nelle carceri sarde di Uta e Sassari, saranno adottati ai sensi delle «disposizioni in materia di sicurezza pubblica» varate con la legge 15 luglio 2009 n. 94;
   con questa decisione dovrebbero giungere in Sardegna circa 200 condannati ai sensi del 41-bis, che rappresentano quasi un quarto dei 722 condannati, distribuiti in dodici penitenziari italiani;
   ad oggi all'interno delle 10 strutture penitenziarie presenti in Sardegna vi è una oggettiva carenza di personale ed in particolar modo di agenti di polizia penitenziaria così come da tempo denunciato dalle organizzazioni sindacali di categoria –:
   quale sia il programma di interventi «definitivo» e quali siano le misure «strutturali» che il Governo intende adottare per la riorganizzazione del sistema penitenziario della Sardegna in considerazione di quanto illustrato nelle premesse e se non intenda altresì attivare rapidamente un tavolo di confronto con le istituzioni locali e con le organizzazioni sindacali di categoria per trattare l'argomento;
   se possa fornire notizie più precise in merito a quanto annunciato dal dottor Santi Consolo riguardo il trasferimento nei penitenziari della Sardegna di circa 200 condannati ai sensi del 41-bis. (5-04857)

Interrogazione a risposta scritta:


   AMODDIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   «il Tribunale Milano Sezione Civile con il decreto depositato in data 15 gennaio 2015 n. 534 così decideva un giudizio di opposizione allo stato passivo: ...Omissis. 2 - Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Va osservato come parte opponente abbia depositato la memoria conclusiva autorizzata solo in forma telematica, senza la predisposizione delle copie “cortesia” di cui al Protocollo d'Intesa tra il Tribunale di Milano e l'Ordine degli Avvocati di Milano del 26 giugno 2014, rendendo più gravoso per il Collegio esaminarne le difese. Tale circostanza comporta l'applicazione dell'articolo 96, comma 3, codice di procedura civile come da dispositivo P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull'opposizione allo stato passivo promossa da (...) nei confronti di (...) avverso il decreto del G.D., in data 13 dicembre 2013, così provvede: 1 - rigetta l'opposizione; 2 - condanna (...) al pagamento in favore di (...), al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 12.000,00 per competenze, oltre IVA e C.o.a. come per legge ed oltre al 15 per cento rimborso spese generali; condanna (...); al pagamento in favore di FALLIMENTO (...) ex articolo 96, comma 3, codice di procedura civile dell'importo ulteriore di euro 5.000,00.»;
   è agevole ricavare dalla lettura della motivazione della sentenza sopra riportata che l'opponente è stato condannato al pagamento di 5 mila euro ex articolo 96, comma 3, codice di procedura civile, solo perché ha depositato la memoria conclusiva autorizzata in forma telematica, come prevede la legge e senza la predisposizione delle copie di «cortesia» di cui al protocollo d'Intesa tra il tribunale di Milano e l'Ordine degli avvocati di Milano del 26 giugno 2014 rendendo più gravoso per il collegio esaminare le difese;
   per i giudici della seconda sezione del tribunale di Milano e nella specie per il collegio che ha deciso la controversia tale mancanza avrebbe un costo ed una sanzione;
   la condanna ex articolo 96, comma 3, codice di procedura civile, ad avviso dell'interrogante, non trova giustificazione in alcuna norma di legge e, lo stesso protocollo di intesa citato nella sentenza, non pone alcuna sanzione per l'omesso successivo deposito cartaceo a carico dell'avvocato che deposita telematicamente un proprio scritto difensivo;
   nella pronuncia inoltre si utilizza impropriamente l'articolo 96 codice di procedura civile, e nella specie, il terzo comma;
   il comma 3 dell'articolo 96 codice di procedura civile è applicabile d'ufficio, ma sempre relativamente alle ipotesi che ricadono nel primo e secondo comma, che non rientrano nel caso di specie e che si riporta affinché si possa agevolmente escluderne l'applicazione: «Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza. Il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore precedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente. In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata»;
   la ratio dell'articolo 96 codice di procedura civile, è finalizzata ad evitare un abuso del processo civile, soprattutto a tutela della parte che subisce l'onere del processo e non a tutela del giudice;
   la ratio del processo telematico è anche quella di evitare un abuso e spreco di materiale cartaceo nella pubblica amministrazione, accelerare le procedure di deposito degli atti e sfoltire le cancellerie da diverse incombenze;
   l'articolo 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012 sancisce il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti, precedentemente costituite esclusivamente con modalità telematiche;
   l'articolo 44, decreto-legge n. 90 del 2014 dispone che per i procedimenti iniziati prima del 30 giugno 2014, le predette disposizioni sul deposito telematico si applicano a decorrere dal 31 dicembre 2014; disponendosi altresì che fino a quest'ultima data, nei casi previsti dai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 16-bis, decreto-legge n. 179 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, gli atti processuali ed i documenti possono essere depositati con modalità telematiche e in tal caso il deposito si perfeziona esclusivamente con tali modalità –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative di competenza intenda adottare nei confronti di quanto accaduto al fine di riaffermare il principio di legge ed evitare l'uso di documenti cartacei nell'ambito del processo telematico. (4-08174)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'aviosuperficie Enrico Mattei realizzata negli anni sessanta a Pisticci (MT), nel sud della Basilicata, è provvista di una pista (13/31) lunga 1.440 metri con zona R.E.S.A. (Runway and safety area) di 200 metri, un parcheggio aeromobili di circa 2 ettari, un hangar, una torre di controllo, un'aerostazione e un impianto carburanti;
   il 22 maggio 2014 è stata affidata la gestione della aviosuperficie alla società aerotaxi Winfly che ha sede all'aeroporto di Pontecagnano. Il contratto di gestione comprende il completamento dei lavori dell'aviosuperficie con allungamento a 1.600 metri, impianto voli notturni e avvio dell'omonima aviosuperficie, come aeroporto di Basilicata;
   nei giorni scorsi la Conferenza Stato-regioni ha approvato il piano nazionale degli aeroporti che dovrà essere trasmesso al parere delle competenti commissioni parlamentari per poi essere adottato con decreto del Presidente della Repubblica;
   nel piano sarebbero stati individuati 11 aeroporti strategici e ulteriori 26 aeroporti di interesse nazionale; per individuare gli scali strategici, il territorio nazionale è stato ripartito in 10 bacini di traffico e per ciascuno è stato identificato un aeroporto strategico;
   nel decreto approvato in Conferenza Stato-regioni, al comma 9, è prevista la possibilità che in dodici mesi gli scali esclusi possano rientrare tra gli aeroporti di interesse nazionale raggiungendo alcuni parametri vincolanti: deve essere documentata la specializzazione dello scalo e la sua vocazione specifica; deve essere dimostrato, tramite un piano industriale corredato da un piano economico-finanziario, che l'aeroporto è in grado di raggiungere l'equilibrio economico-finanziario; gli scali devono garantire la continuità territoriale di regioni periferiche e aree in via di sviluppo o particolarmente disagiate, qualora non sussistano altre modalità di trasporto, in particolare ferroviario, adeguate a garantire tale continuità;
   la Basilicata è l'unica regione priva di scali aeroportuali e sono in corso lavori di adeguamento della pista Mattei a Pisticci (Matera) che dovrebbe divenire lo scalo aeroportuale regionale;
   si tratta di un'opera infrastrutturale strategica per il tessuto economico e produttivo dell'intero territorio della Basilicata in particolar modo per il settore turistico vista la prossimità alla costa metapontina, l'importanza storica e archeologica della Magna Grecia, la natura incontaminata, Matera che sarà capitale europea della cultura nel 2019, per il settore agricolo considerate le produzioni di qualità e per il settore industriale alla luce della sua ubicazione in Valbasento;
   per il Mezzogiorno e per la Basilicata questa infrastruttura consentirebbe di superare l'isolamento estremamente penalizzante dal punto di vista economico e sociale –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per inserire l'aviosuperficie di Pisticci nel piano nazionale degli aeroporti per il rilancio infrastrutturale ed economico del territorio lucano. (5-04849)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COVELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a quanto si apprende sarebbe imminente da parte di Trenitalia la soppressione della fermata delle 6.30 presso la stazione di Mirto – Crosia in provincia di Cosenza del treno regionale 3721;
   si tratta di un treno molto importante per l'utenza del comprensorio della Valle del Trionto che riguarda complessivamente circa 20 mila abitanti;
   il treno regionale 3721 Sibari – Catanzaro è quello che consente ai pendolari che per motivo di studio e di lavoro si devono recare a Crotone e Catanzaro;
   la soppressione di questa fermata costringerebbe gli utenti della locale stazione a recarsi a Cariati cosa molto complicata considerata la conformazione del territorio per gli abitanti di paesi dell'entroterra come Longobucco, Bocchigliero, Caloveto per citare i più importanti;
   le amministrazioni comunali e le istituzioni regionali hanno già manifestato la propria contrarietà rispetto a tale decisione ove fosse confermata da parte di Trenitalia –:
   se il ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire presso Trenitalia al fine di evitare la soppressione della suddetta fermata, che penalizzerebbe eccessivamente l'utenza di questo comprensorio. (4-08143)


   DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, SPESSOTTO, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e BRESCIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i servizi di comunicazione mobile a bordo degli aeromobili consentono ai passeggeri di utilizzare il telefono cellulare a bordo mentre sono in volo sull'Europa tramite la decisione 2008/294/CE della Commissione europea, del 7 aprile 2008, sulle condizioni armonizzate dell'uso dello spettro per il funzionamento dei servizi di comunicazione mobile a bordo degli aeromobili (servizi MCA) nella Unione europea;
   dal sito di Enac (Ente nazionale per l'aviazione civile), in particolare dalla pubblicazione di «dati di traffico 2013» che rappresentano una fotografia dello stato attuale del trasporto aereo nazionale, si comprende, i dati delle principali compagnie e il numero dei passeggeri. Alitalia gruppo CAI – Italia: 23.993.486 passeggeri e Ryanair – Irlanda: 23.041.752 passeggeri;
   le linee guida dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA) consentono l'utilizzo dei dispositivi elettronici personali (tablet, smartphone, e-reader e lettori mp3) durante tutte le fasi del viaggio aereo. I dispositivi, infatti, devono essere in «modalità aereo», e devono avere tutte le funzioni di trasmissione disattivate;
   Ryanair sulla suddetta questione ha fatto sapere, tramite un comunicato stampa pubblicato in data 6 febbraio 2014 che «tutti i clienti Ryanair possono – con effetto immediato – utilizzare i propri dispositivi elettronici portatili (inclusi tablet, smartphone, e-reader e lettori MP3) per l'intera durata del volo, a condizione che sia stata attivata la modalità “in volo” e che tutte le dimostrazioni/indicazioni sulla sicurezza siano rispettate»;
   la società Alitalia consente ai propri clienti di utilizzare i medesimi dispositivi radiomobili solo durante la fase di crociera in volo in quota, i mentre impone di tenerli spenti anche dopo l'atterraggio vietando categoricamente di accendere i dispositivi, anche esclusivamente in modalità «in volo», fino a quando le porte dell'aeromobile non sono aperte;
   a quanto consta all'interrogante molti passeggeri non rispettano le disposizioni della compagnia Alitalia, disattivando solo le connessioni gps, bluetooth, wi-fi e telefoniche (dati e voce su gsm, umts);
   la differenza dei comportamenti che i passeggeri devono tenere in relazione alla compagnia con la quale volano, può generare facilmente confusione e di conseguenza indurre a disattendere le indicazioni più restrittive adottate da talune compagnie;
   i rischi di interferenze con la strumentazione di bordo degli aeromobili potrebbero comportare il verificarsi di incidenti con conseguenti decessi;
   le compagnie e i fornitori di strumentazione per la navigazione e l'assistenza al volo si dotano secondo standard internazionali di procedure e tecnologie per ridurre al minimo potenziali situazioni di malfunzionamento dovuto alla mancata osservanza da parte dei passeggeri delle indicazioni citate;
   a detta dell'interrogante le sanzioni a carico di coloro che non rispettano le norme sono molto onerose avendo giustamente l'obiettivo di dissuadere i passeggeri dall'adozione di un errato comportamento che possa provocare rischi di notevole entità per la sicurezza aerea –:
   se i ministri siano a conoscenza dei fatti espressi in premessa e quali iniziative di competenza intendano porre in essere al fine di evitare i rischi di interferenze, di cui alla presente interrogazione, tra apparecchiature elettroniche e la strumentazione di bordo degli aeromobili;
   se i Ministri non intendano sollecitare, tramite un atto proprio o delle autorità preposte, le compagnie aeree al recepimento delle normative internazionali citate in premessa al fine di rendere omogenea la loro applicazione indipendentemente dalla compagnia aerea;
   se i Ministri, tramite le autorità preposte, non intendano verificare il rispetto delle normative internazionali citate in premessa al fine di rendere omogenea la loro applicazione indipendentemente dalla compagnia aerea. (4-08144)


   GAGNARLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'ANSF (Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria) è l'organismo indipendente per regolamentare la sicurezza della circolazione ferroviaria sulla rete nazionale, vigilare sull'applicazione delle norme, rilasciare autorizzazioni, certificazioni ed omologazioni alle imprese e ai gestori delle infrastrutture ferroviarie operanti in Italia. L'agenzia è stata istituita in seguito all'emanazione del decreto legislativo n. 162 del 10 agosto 2007 che recepisce la direttiva europea 2004/49/CE;
   l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, con decreto n. 4/2012 del 9 agosto 2012, ha introdotto nuovi principi/criteri per i quali è stata necessaria l'emissione da parte di RFI di apposite disposizioni/prescrizioni di esercizio, ed il recepimento di Trenitalia attraverso l'emissione di apposite DEIF/PEIF (rispettivamente disposizioni e prescrizioni d'esercizio dell'impresa ferroviaria). Queste ultime possono tuttavia introdurre modifiche derivanti dai ritorni di esperienza;
   in data 12 gennaio 2015, ad esempio, Trenitalia emanava la DEIF n. 4.6 in vigore dal giorno successivo, 13 gennaio 2015, sulla gestione dei convogli composti da veicoli attrezzati con sistemi di comando e controllo centralizzato delle porte, che andava ad annullare e sostituire la DEIF n. 4.5 dell'8 marzo 2013. La DEIF 4.6 disciplinava, a parziale integrazione di quanto stabilito dalla PGOS e dal manuale di mestiere accompagnamento Treni/ISPAT, le attività connesse alla gestione dei treni per quanto concerne le porte di salita/discesa viaggiatori. Dalla lettura congiunta delle disposizioni n. 4.5 e 4.6 si evinceva che Trenitalia stava rinunciando ad una parte della sicurezza sui convogli, posta l'attuale dotazione di agenti a bordo (PdA), in favore della possibilità di riduzione dei ritardi sui treni Intercity, Eurostar, e regionali;
   a seguito dell'incontro tenutosi in data 18 febbraio 2015 in cui i sindacati dei lavoratori ferroviari invitavano l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria a valutare meglio le conseguenze della DEIF 4.6, anche alla luce degli incidenti ferroviari già successi a causa di motivi legati alla gestione delle procedure di apertura e chiusura delle porte, la stessa DEIF è stata riformulata, ed attualmente ripubblicata come DEIF 4.7, in modo da ristabilire pressoché il livello di sicurezza garantito dalla precedente DEIF 4.5;
   durante l'incontro del 18 febbraio è tuttavia emersa l'inadeguatezza della procedura di applicazione e controllo delle DEIF in merito alla loro immediata entrata in vigore, che impedisce all'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria di verificarle nel merito oltre che ai lavoratori di studiarne il contenuto. Ne consegue che, salvo non siano i sindacati a rilevare eventuali inadeguatezze delle DEIF, queste entrano in vigore e modificano delle procedure che, talvolta, possono avere anche effetti importanti sulla sicurezza ferroviaria;
   a parere di alcuni sindacati, attualmente, l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria non disporrebbe di un organico in grado di assicurare un controllo puntuale e rapido nel merito di ognuna delle DEIF emanate dalle imprese ferroviarie; in aggiunta, quand'anche l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria dovesse ravvisare scorrettezze sulle DEIF, non avrebbe la possibilità di scoraggiarne l'emanazione a causa della mancanza di un sistema sanzionatorio;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica esposta in premessa e se non ritenga opportuno assumere iniziative normative che permettano all'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria (ANSF) di disporre degli strumenti necessari ad un efficiente controllo, del personale sufficiente e delle tempistiche adeguate a tale attività. (4-08145)


   TAGLIALATELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la stazione ferroviaria di Giugliano-Qualiano, inaugurata negli anni venti con l'apertura della tratta Villa Literno — Pozzuoli Solfatara, ad oggi è interessata dal traffico ferroviario regionale tra Napoli Campi flegrei e Villa Literno, oltre ai treni per Salerno e Formia;
   la stazione versa in un grave stato di degrado, e il traffico viaggiatori è ridottissimo sia causa dell'assenza di servizi essenziali come parcheggi, info point, illuminazione e sorveglianza e della chiusura della biglietteria, sia per la sua immediata vicinanza ad un campo nomadi che si ripercuote negativamente sulla sicurezza dei pochi pendolari;
   già dal gennaio del 2005 si parla di un progetto per la riqualificazione della stazione, che avrebbe dovuto comprendere il prolungamento del sottopasso pedonale, la sistemazione delle aree antistanti i binari, la costruzione di un terminal bus per garantire l'efficacia dei collegamenti tra auto e treno e la costruzione di nuove aree parcheggio, ma i lavori non sono mai stati avviati –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di riqualificare la stazione in questione, così rendendola fruibile ad un maggior numero di utenti e agevolando la mobilità della zona. (4-08152)


   COLONNESE, DE LORENZIS, FICO e SIBILIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel tardo pomeriggio del 18 febbraio 2015 a causa di un guasto tecnico i convogli della linea 1 della Metro di Napoli si sono fermati;
   alle 17,30 a causa dell'improvvisa mancanza di corrente elettrica, un convoglio della linea 1 della Metro di Napoli si è fermato per 40 minuti in prossimità della stazione università trattenendo i passeggeri stipati e impauriti nei vagoni. I malcapitati sono stati costretti a scendere e raggiungere a piedi la banchina più vicina, la stazione Toledo, dove erano fermi anche gli ascensori e scale mobili. Alcuni passeggeri, una volta risaliti hanno aggredito il personale di sorveglianza presente nel gabbiotto accusandolo di mancato soccorso di quanti anziani e disabili, non potendo usufruire di ascensori e scale mobili, erano rimasti sulla banchina. Un passeggero disabile ha sporto denuncia;
   secondo fonti giornalistiche alcuni uomini della vigilanza, addetti alla sicurezza della metropolitana, ritengono che i problemi sono cominciati dopo l'inaugurazione della stazione Garibaldi, la quale avendo il soffitto aperto, ogni qual volta piove l'acqua arriva fino alla centralina dell'Enel facendola andare in tilt;
   il complesso artistico-funzionale composto da alcune fermate della Metropolitana di Napoli che consiste nella combinazione del trasporto pubblico con l'esposizione di opere d'arte contemporanea, viene indicato con l'espressione «Stazioni dell'arte». Il 30 novembre 2012 la stazione Toledo è stata premiata come la più impressionante d'Europa dal quotidiano The Daily Telegraph, mentre quella di Materdei è risultata al 13o posto. Il 4 febbraio 2014 la CNN ha eletto la stazione Toledo come la più bella d'Europa;
   la linea 1 della metropolitana di Napoli, dal 1o novembre 2013 è gestita dalla società unica ANM spa, nata dalla fusione di Metronapoli e ANM e controllata da Napoli Holding Srl. Ha ricevuto il premio Most Innovative Approach to Station Development a Londra nel 2009 tra più di trecento concorrenti. Nello stesso periodo è stata inaugurata la nuova stazione Garibaldi della metropolitana a Napoli che porta la firma dell'architetto Dominique Perrault strutturata come un unico ambiente luminoso costituito da incroci di scale mobili «sospese» e una copertura in vetro trasparente che consente l'illuminazione naturale della banchina situata 40 metri più in basso. Collega il capolinea nord di Piscinola/Scampia con la stazione Garibaldi, dove la Linea 1 si interconnette con le Ferrovie nazionali e l'Alta velocità, passando per la zona del Vomero e il centro storico;
   in seguito ad un protocollo d'intesa fra comune e regione Campania sottoscritto il 29 ottobre 2012, il Governatore Caldoro comunicò l'assegnazione di 172,7 milioni di euro di fondi europei del Por Campania del settennato 2007-2013 per il completamento dei lavori della tratta Dante-Municipio-Garibaldi-Centro direzionale della linea 1 della Metropolitana di Napoli. La tranche di fondi si sarebbe aggiunta ai 401 milioni di euro già erogati dalla regione Campania a valere sul Por-Fesr 2007-2013;
   nel 2013 alcune agenzie di stampa avevano divulgato la notizia secondo cui le risorse stanziate per il prolungamento della linea 1 da piazza Garibaldi all'aeroporto di Capodichino, risultava circa 636 milioni di euro, di cui 113,1 assegnati dal Cipe l'8 agosto 2013 in attuazione del «decreto del fare», 300 milioni del Fas, 180 del comune di Napoli e 42,5 milioni stanziati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e, alla luce dell'inefficienza delle nuove stazioni della Metropolitana di Napoli, quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di vigilare sull'impiego dei fondi statali ed europei e introdurre un sistema di monitoraggio e controllo per evitare che le risorse diventino strumenti speculativi nelle mani dei gestori locali.
(4-08173)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BORGHESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a livello europeo il settore armiero è stato recentemente disciplinato con l'adozione del regolamento (CE) n. 258/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 marzo 2012, emanato con l'intento di armonizzare le normative dei singoli Stati dell'Unione;
   a causa di una normativa attuativa troppo restrittiva delle nuove disposizioni europee, la già complessa istruttoria aziendale delle pratiche è passata dalle 16 pagine alle attuali 86 pagine, caricando di ulteriore lavoro gli uffici delle questure e del Ministero dell'interno e paralizzando di fatto l'attività di export dell'intero comparto con conseguenti danni economici e finanziari per le imprese che rischiano di portare alla chiusura delle stesse e alla perdita di numerosi posti di lavoro;
   in altri Stati europei, l'applicazione del regolamento 258/2012 pare non sia stata così immediata e restrittiva, aumentando dunque il grado di disparità di trattamento delle imprese armiere all'interno dei paesi dell'Unione europea;
   in Italia, a differenza di altri Paesi dell'Unione europea, non vi è una lista di Paesi «black list» verso i quali è fatto divieto esportare ma serve presentare per ogni singola operazione un'apposita istanza, il potenziale cliente deve poi spedire la licenza di importazione dopodiché occorre attendere ogni volta il permesso delle autorità italiane solo per sapere se è possibile oppure no la spedizione in quel Paese. Tutte le procedure non sono svolte on-line ma su supporto cartaceo con conseguenti aggravi di costi. Benché il regolamento europeo preveda la possibilità di chiedere «open licence» valide per più clienti e per più quantitativi, la normativa italiana non ha recepito tale opportunità e permette al massimo licenze multiple valide solo per un solo destinatario –:
   se ed in che modo il Ministro intenda modificare la normativa di attuazione del regolamento comunitario in questione al fine di permettere l'attività di export alleggerendo oneri e gravami burocratici che da diversi mesi stanno danneggiando pesantemente le imprese armiere rischiando di comprometterne la produzione ed i livelli occupazionali. (5-04851)


   IACONO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un recente articolo di stampa, pubblicato il 24 febbraio dal Giornale di Sicilia mette in luce la drammatica situazione che riguarda diversi minori non accompagnati giunti in Italia e di cui attualmente non si hanno più notizie;
   in particolare, la percentuale sul totale dei minori stranieri non accompagnati, giunti, con imbarcazioni di fortuna, sulle nostre coste che risultano attualmente scomparsi sarebbe del 72 per cento e ciò emerge, anche da dichiarazioni fatte alla stampa da diverse questure siciliane, e che tali minori sarebbero finiti, nella maggior parte dei casi nella rete della prostituzione e del lavoro nero;
   i numeri di tale fenomeno sarebbero agghiaccianti e drammatici, infatti, sarebbero all'incirca 3.500 i ragazzi e le ragazze, sbarcati in Italia e regolarmente segnalati dalle autorità preposte dal secondo semestre 2014 al 9 gennaio 2015, che risultano ad oggi irreperibili;
   in questo senso il rischio, palesato e testimoniato da recenti studi, è quello che la stragrande maggioranza di questi giovani finiscano nelle mani della criminalità organizzata, delle organizzazioni che gestiscono il traffico della prostituzione e della droga;
   secondo uno studio dell'Eurostat, nel nostro Paese, nel triennio che va dal 2010 al 2012, i casi di tratta sarebbero stati ben 6.572 ovvero ben il 22 per cento sul totale europeo, ma tale fenomeno è del tutto invisibile nei fascicoli dell'autorità giudiziaria competente;
   a questo si aggiungono i dati diffusi da Save the children i quali testimoniano che nel solo 2014 un'altissima percentuale di casi di tratta umana riguardano giovani in minore età;
   inoltre, l'Italia unitamente ad altri otto Stati membri dell'unione ha avviato il progetto «CATH E SUSTAIN» con il preciso obbiettivo di studiare a fondo il problema e prevenirne alla radice le conseguenze, ma dai dati pubblicati dallo stesso programma la realtà che emerge è assolutamente drammatica, emerge infatti, una indeterminatezza del fenomeno con una sottostima dei numeri e del fenomeno stesso dovuta per esempio all'assenza di una banca dati certa ed affidabile ed una sostanziale inadeguatezza delle normative di riferimento, non in grado, così come più volte testimoniato e dichiarato da alcuni magistrati facenti capo del tribunale minorile di Palermo, di affrontare seriamente il problema e quindi di arginarlo –:
   se e quali provvedimenti il Governo intenda assumere al fine di contrastare in modo più efficace il fenomeno della tratta e dello sfruttamento di minori stranieri arrivati in Italia;
   se sia intenzione del Governo predisporre un censimento del fenomeno ed una banca dati in grado di censire tutti i minori stranieri arrivati nel nostro Paese;
   se sia intenzione del Governo proporre una piattaforma comune al resto dei Paesi dell'Unione europea in grado di fronteggiare in modo coeso ed unitario la tratta e lo sfruttamento di donne e minori. (5-04852)


   PILI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il rischio infiltrazioni mafiose in Sardegna è altissimo;
   la direzione distrettuale antimafia ha messo sotto torchio l'arteria stradale Sassari Olbia con blitz ripetuti sui cantieri, controlli a persone, mezzi e imprese;
   operazioni interforze con cantieri circondati e messi al setaccio in ogni singolo dettaglio;
   il primo è avvenuto il dieci ottobre del 2013, il secondo a luglio 2014;
   la relazione semestrale della DDA riporta il primo blitz, con 22 persone controllate, 14 imprese e 27 mezzi sotto torchio;
   alti magistrati con pubbliche dichiarazioni confermano il gravissimo rischio di infiltrazioni mafiose, occorre bloccare in tutti i modi lo scellerato piano di fare della Sardegna una sorta di «cajenna mafiosa» con l'arrivo dei più importanti capicosca;
   il piano del Dap viene clamorosamente smentito nei suoi effetti da chi conosce bene la situazione;
   affermare, come hanno fatto i massimi dirigenti del Dap che non c'era nessun pericolo significava sostanzialmente andare avanti con il piano di trasferire in Sardegna oltre 200 detenuti in regime di 41-bis;
   dopo le dichiarazioni di un alto magistrato, il Ministro della giustizia deve imporre uno stop immediato a quel piano;
   la relazione della DDA sulla Sassari-Olbia e le affermazioni rese dal magistrato Claudio Lo Curto che ha parlato di rischio altissimo per le infiltrazioni mafiose in Sardegna sono fatti eloquenti che non possono essere in alcun modo essere sottaciuti;
   i blitz sulla Sassari-Olbia, un cantiere da oltre un miliardo di euro, di essere il trampolino di lancio per la presenza della malavita organizzata in Sardegna e non è un caso che la DDA nel giro di pochi mesi ha effettuato molteplici controlli nei cantieri per controllare ogni possibile legame con potenziali infiltrazioni mafiose o comunque di criminalità organizzata;
   l'atto di sindacato ispettivo presentato dall'interrogante oltre un anno fa era l'avvisaglia di un pericolo che oggi viene confermato proprio dal massimo organismo dedito alla lotta alla mafia;
   l'impatto di quel piano di trasferimenti nell'isola rischia di diventare devastante;
   la conferma del disegno del Ministero di portare i detenuti a rischio in Sardegna proprio perché è un'isola risulta essere una strategia pianificata che finisce per scaricare in Sardegna i detenuti più pericolosi;
   continuare a sottovalutare questa situazione appare irresponsabile;
   il pericolo naturalmente non è tanto quello interno al carcere, piuttosto sono le infiltrazioni mafiose o camorristiche in un territorio ancora sano ma oggi piuttosto debole;
   il rischio è il movimento indotto intorno al carcere. Un po’ come in passato era avvenuto a Carbonia, nel Sulcis, dove erano stati confinati esponenti della criminalità organizzata con gravi ripercussioni sul fronte dell'ordine pubblico;
   il trasferimento dei detenuti più pericolosi negli istituti penitenziari sardi comporta problemi devastanti prima di tutto c’è il grave pericolo legato alle infiltrazioni mafiose e camorristiche: la Sardegna finora è risultata estranea a fenomeni di questo tipo, ma il trasferimento di tali detenuti comporta un rischio altissimo come la possibilità che le stesse famiglie possano trasferirsi in Sardegna pur di stare a contatto diretto e costante con i propri congiunti detenuti –:
   se non ritenga di dover fermare il piano di trasferire in Sardegna oltre 200 detenuti in regime 41-bis che si vanno a sommare alle centinaia di detenuti di alta sicurezza già inviati in Sardegna provvedendo in questa fase a rifunzionalizzare le strutture ancora in fase realizzativa;
   se non ritenga di fornire elementi in merito agli eventuali pericoli di infiltrazione mafiosa nell'ambito infrastrutturazione viaria e non solo in Sardegna anche alla luce dei recenti interventi della direzione distrettuale antimafia presso i cantieri della strada statale Sassari-Olbia;
   se non ritenga di dover con somma urgenza fornire ogni elemento su eventuali trasferimenti in Sardegna di parenti e/o contigui a detenuti legati alla malavita organizzata. (5-04858)


   RUBINATO, SBROLLINI, NACCARATO, CASELLATO, ROTTA, D'ARIENZO, MURER, MARTELLA e CRIVELLARI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la nuova emergenza umanitaria in atto, a seguito della forte instabilità politica e istituzionale dei Paesi della sponda sud del Mediterraneo, sta riproponendo con forza la necessità di offrire ai profughi e richiedenti asilo risposte immediate ed efficaci a livello europeo e nazionale, non solo sotto il profilo della gestione dell'emergenza, ma anche sotto quello della capacità di un'effettiva accoglienza, stante la grave situazione di difficoltà economiche e sociali in cui si trova il nostro Paese;
   le nuove ondate di richiedenti asilo, infatti, stanno creando forti tensioni in alcune regioni particolarmente esposte come il Veneto, dove gli amministratori locali – a causa dei vincoli del patto di stabilità e dei tagli lineari delle manovre di finanza pubblica intervenuti a partire dal 2010 – sono già in grande difficoltà nel gestire una considerevole presenza di lavoratori extracomunitari, regolarmente integrata, che si è poi ritrovata senza lavoro a causa del perdurare degli effetti della crisi, oltre al problema degli stessi cittadini italiani sfrattati e rimasti senza casa dopo aver perso il lavoro, come ha rilevato in rappresentanza dei sindaci la presidente di Anci Veneto, Maria Rosa Pavanello;
   in attesa che giunga a compimento la riforma del sistema previsto dal regolamento di Dublino III, al fine di consentire una più adeguata distribuzione dei rifugiati tra i diversi Paesi europei, una prima, sia pure parziale, risposta positiva è arrivata negli ultimi giorni dalla Commissione europea che ha annunciato un ulteriore stanziamento di 13,7 milioni in più all'Italia per far fronte alla pressione migratoria e al prolungamento dell'operazione Frontex Triton a tutto il 2015;
   nello scorso anno è stato elaborato, su impulso del Governo, un Piano operativo nazionale, divenuto poi il 10 luglio 2015 oggetto di intesa in seno alla Conferenza unificata Stato, regioni e autonomie locali, nella quale, al fine di fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari, si è stabilito che «è necessario operare su due piani contemporanei, coniugando, da un lato, la necessità di dare risposte immediate alle impellenti esigenze di accoglienza delle persone che arrivano in numeri molto elevati sulle coste meridionali e nei luoghi di frontiera e, dall'altro, l'assoluta e indifferibile necessità di impostare subito un “piano strutturato” che permetta di ricondurre a gestione ordinaria e programmabile» la gestione dei flussi migratori; a tal fine nell'intesa si distingueva fra una fase di soccorso e prima assistenza nelle regioni di sbarco o limitrofe, una di prima accoglienza e qualificazione presso «Centri-Hub regionali e/o interregionali» (attivati dal Ministero dell'interno con propri finanziamenti tenendo conto delle caratteristiche socio-economiche del territorio e di eventuali problematiche di ordine e sicurezza pubblica, attraverso l'utilizzo delle strutture già esistenti o attraverso la creazione di nuove); infine si affermava il principio che «è necessario in tempi brevissimi un consistente aumento delle Commissioni territoriali e/o delle loro sezioni al fine di accelerare i tempi di esame delle domande di protezione»;
   dal verbale relativo alla riunione della conferenza del 10 luglio risulta essere stata rappresentata e parte dell'intesa anche la regione Veneto, mentre da recenti notizie a mezzo stampa il presidente della suddetta regione avrebbe dichiarato che «non ha mai firmato il cd. Patto per l'accoglienza di Luglio», e che l'unica cosa da fare «è la sospensione di Schengen»;
   sempre da notizie a mezzo stampa si è appreso con preoccupazione che lo scorso 16 febbraio un contingente di circa 35 profughi, inviato a Treviso nonostante la locale prefettura avesse preavvisato la struttura ministeriale della totale assenza di disponibilità di posti di accoglienza in strutture del territorio, ha trascorso la notte in un autobus davanti alla stazione; solo nei giorni seguenti si è riuscito a far fronte a tale emergenza con il supporto della Caritas Tarvisina, di Unindustria Treviso e di alcune cooperative sociali;
   i richiedenti asilo e i rifugiati sono tutelati da norme internazionali convenzionali e pattizie, da direttive dell'Unione europea recepite o in corso di recepimento, nonché dall'articolo 10 della nostra Costituzione, e l'accoglienza nei loro confronti oltre che «un dovere civile» come dichiarato dal responsabile del Dipartimento immigrazione presso il Ministero dell'interno, costituisce anche un obbligo preciso sancito da norme nazionali e internazionali il cui adempimento dipende in primis dagli strumenti e risorse impiegabili sulla base del contesto regolatorio ed amministrativo stabilito dagli organi statali competenti;
   sotto questo profilo, ad esempio, nonostante nell'intesa del 10 luglio scorso si riconoscesse l'urgenza di «un aumento consistente» delle Commissioni per l'esame delle domande d'asilo, al fine di renderlo adeguato non solo a gestire il numero di richieste in costante crescita, ma anche a fornire risposte in tempi più accelerati, sino ad oggi ha operato, per l'esame delle richieste di asilo sia del Friuli-Venezia Giulia, sia del Veneto, un'unica Commissione, quella di Gorizia, che risulterebbe averne evase poche decine su, centinaia di richieste e solo dal prossimo mese di marzo è prevista l'attivazione di ulteriori due commissioni in Veneto;
   i prefetti e i sindaci, che rappresentano un tassello fondamentale sui territori della complessiva strategia dell'accoglienza perseguita dal Governo, devono essere posti nelle condizioni, materiali ed economiche, di gestire un'emergenza che richiede risorse straordinarie e strumenti adeguati, oltre alla dovuta leale collaborazione e cooperazione tra tutti i livelli di governo –:
   se i fatti riportati corrispondano al vero, in particolare con riferimento alla partecipazione della regione Veneto all'Intesa del 10 luglio 2014, nonché quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare, di concerto con la regione stessa, per dare effettiva attuazione alla sopracitata Intesa e per porre i prefetti e gli amministratori locali nelle condizioni di poter supportare in modo sostenibile, sia sul piano economico che amministrativo, le procedure di accoglienza, tenuto conto del contesto di difficoltà sociali ed economiche in cui operano. (5-04863)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI GIOIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il quadro presentato nella relazione annuale della procura nazionale antimafia, relativa al periodo luglio 2013-giugno 2014, per quanto concerne la regione Puglia, è estremamente allarmante e preoccupante;
   tutto ciò si deduce, come è riportato nella relazione, da un'analisi condotta dalla direzione investigativa antimafia di Bari, in seguito ai quotidiani, molteplici ed eterogenei sequestri e arresti operati nel porto di Bari;
   in particolare, il porto di Bari sarebbe un crocevia di traffici illeciti legati al commercio illegale di armi, merci contraffatte, rifiuti e stupefacenti;
   inoltre, viene evidenziato, sempre nella relazione, che si starebbe consolidando uno stretto legame tra una emergente organizzazione mafiosa nel nord barese ed esponenti di spicco della Sacra Corona Unità, dopo decenni di percorsi assolutamente differenziati, elemento questo che sarebbe da collegarsi all'affermazione di nuove leve tra la criminalità organizzata del territorio barese che si starebbero distinguendo per ferocia e violenza, allo scopo di aggiudicarsi il controllo delle attività illecite;
   se a ciò si aggiunge l'ipotesi che il porto di Bari possa essere «una enclave territoriale controllata dalla criminalità straniera» e che dallo stesso luogo possano realizzarsi infiltrazioni terroristiche, il quadro che ci si presenta è, a dir poco, inquietante, alla luce, soprattutto, dell'attuale situazione internazionale e delle minacce che continuano ad arrivare al nostro Paese da organizzazioni terroristiche straniere;
   i magistrati della direzione nazionale antimafia si augurano che si possano realizzare, sotto il coordinamento della procura di Bari, forme di cooperazione tra le forze di polizia intraportuali e l'autorità doganale, allo scopo di prevenire e contrastare ogni tentativo di infiltrazione di criminalità straniera nel porto –:
   quali misure di competenza si intendano adottare e quali siano già state messe in campo per contrastare, con tutta la forza e la determinazione necessaria, il rafforzamento dei traffici illeciti e della criminalità organizzata, sia straniera che italiana, all'interno del porto e della città di Bari e dell'intera Puglia che rappresenta, di fatto, una via di collegamento con tutta l'aria balcanica;
   se siano state rafforzate le misure di controllo e prevenzione, nei confronti della criminalità organizzata e per evitare infiltrazioni terroristiche, in tutti i porti della Puglia, in virtù, anche delle continue minacce al nostro Paese perpetrate dal gruppo terrorista dell'ISIS. (4-08153)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 8 marzo 2006 n. 139, disciplina l'ordinamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, stabilendo all'articolo 9 che «Il personale volontario può essere richiamato in servizio temporaneo in occasione di calamità naturali o catastrofi e destinato in qualsiasi località. Il personale di cui al comma 1 può inoltre essere richiamato in servizio: a) in caso di particolari necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo nazionale; b) per le esigenze dei distaccamenti volontari del Corpo nazionale, connesse al servizio di soccorso pubblico; c) per frequentare periodici corsi di formazione, secondo i programmi stabiliti dal Ministero dell'interno»;
   il Conapo dei vigili del fuoco ha ripetutamente denunciato l'insufficienza del personale e il ricorso ormai sistematico al personale discontinuo e volontario;
   nello scorso anno, l'organico dei vigili del fuoco è stato incrementato a fronte, di una netta riduzione dei fondi destinati alla retribuzione del personale volontario del corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   i tagli al fondo su menzionato hanno, di fatto, decurtato i turni di lavoro nelle caserme degli operatori discontinui e volontari, provocando una notevole situazione di disagio in numerosi soggetti che, non avendo raggiunto i criteri minimi per raggiungere qualche forma di sostegno al reddito, ora non hanno alcuna forma di sostentamento necessario a vivere dignitosamente –:
   quali siano le iniziative che intende intraprendere affinché gli operatori i volontari e discontinui possano essere stabilizzati;
   se non ritenga opportuno promuovere una riforma del servizio volontario e discontinuo volta a stabilizzare prioritariamente gli operatori volontari e discontinui, rispetto al bando di ulteriori concorsi;
   in che modo intenda arginare le difficoltà in cui si trovano attualmente gli addetti volontari e discontinui rimasti senza lavoro a causa dei tagli al fondo su menzionato. (4-08154)


   MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il crescente allarme terroristico generato dalle minacce agitate nei confronti del nostro Paese dai miliziani del sedicente Stato Islamico ha imposto un generale rafforzamento delle misure di sicurezza adottate nel territorio nazionale;
   si nota ormai in prossimità di numerosi obiettivi potenziali e siti cosiddetti «sensibili» una sostanziale presenza di effettivi delle forze armate e di polizia, protetti da giubbotti antiproiettile e spesso dotati di armi automatiche ad alto potere penetrante;
   in prossimità di siti molto frequentati e affollati, come le sedi delle istituzioni nella capitale e nei capoluoghi di provincia, tuttavia, sembra consigliabile prevedere uno schema difensivo differente e più sofisticato, allo scopo di evitare che nel corso di eventuali attacchi terroristici la reazione faccia vittime tra i civili;
   i militari delle forze armate ed i poliziotti, in particolare, potrebbero ricevere anche armamento leggero ad alto potere d'arresto, del resto già acquistato ed in dotazione alle nostre forze dell'ordine, sufficiente a fermare gli attacchi condotti dagli elementi isolati, riducendo al minimo il coinvolgimento degli eventuali passanti –:
   se il Governo contempli di dotare a breve termine di armamento leggero ad alto potere d'arresto, oltre a quello ad elevato potere penetrante di cui già dispongono, i militari ed i poliziotti schierati a protezione degli obiettivi sensibili minacciati dal terrorismo transnazionale di matrice jihadista. (4-08159)


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   le immagini montate, dai funzionari della questura di Ragusa e pubblicate dal sito Web: «corriere.it» relative al fenomeno dell'immigrazione clandestina che si stanno manifestando sulle coste della Sicilia sud-orientale oramai settimanalmente, rappresentano la drammatica testimonianza dei viaggi intrapresi ogni anno da decine di migliaia di migranti e clandestini, dai confini del Nord Africa verso l'Europa;
   il gravissimo fenomeno, che sembra inarrestabile e troppe volte finisce in tragedia, come dimostrano alcuni passaggi particolarmente duri del filmato, mostrato anche nel corso del convegno "L'immigrazione che verrà" organizzato a Catania dai magistrati di Area, il 20 e 21 febbraio, evidenzia delle pesanti responsabilità, anche delle istituzioni europee, che non sostengono adeguatamente il nostro Paese, da ogni punto di vista: normativo, di assistenza e vigilanza e delle dotazioni anche finanziarie per evitare i continui sbarchi sulle coste siciliane;
   se le sequenze più crude girate dai tecnici della polizia sono state tagliate, le fasi nei Paesi di provenienza, prima dell'imbarco e durante la prima tratta del viaggio in mare, sono state riprese dagli stessi profughi ed estrapolate dai loro telefonini e mostrano realtà incredibili, che confermano la necessità e l'urgenza d'interventi di natura straordinaria, da parte del Governo in carica, da coordinare con indispensabili misure da adottare in ambito comunitario;
   l'interrogante evidenzia inoltre, come a fronte delle criticità in precedenza esposte, ulteriori e altrettanto gravi preoccupazioni, in tema di sicurezza nazionale, si accompagnano al fenomeno degli sbarchi di migranti e clandestini, connesse alla presenza di migliaia di terroristi jihadisti in Libia, la cui distanza con le coste siciliane, è così ravvicinata che alimenta i dubbi e le perplessità di come attualmente l'Esecutivo Renzi, stia affrontando la situazione, che appare fuori controllo;
   le nuove minacce rivolte al nostro Paese, da parte degli estremisti dell'Isis, a cui si affiancano le notizie tutt'altro che rassicuranti relative alle armi chimiche in loro possesso, trafugate da arsenali del regime di Muammar Gheddafi in province centrali e meridionali della Libia, accrescono a giudizio dell'interrogante, gli interrogativi e lo scetticismo su come il nostro Paese si stia organizzando per prevenire e contrastare sia il fenomeno legato agli sbarchi di migranti e clandestini, che quello strettamente connesso, dei tentativi a più riprese dichiarati da parte dei miliziani dell'Isis, di sbarcare sulle coste siciliane per compiere attentati nel nostro Paese –:
   quali orientamenti intendano esprimere nell'ambito delle competenze proprie, con riferimento alla situazione di estrema gravità in precedenza esposta;
   quali iniziative i ministri interrogati stiano assumendo al fine di fronteggiare i continui sbarchi di migranti e clandestini provenienti dall'Africa del nord ed in particolare dalla Libia, che fuggono anche e soprattutto a causa della presenza dei terroristi islamici dell'Isis;
   se intendano confermare le affermazioni dell'ambasciatore egiziano a Londra, secondo cui i terroristi dell'Isis siano pronti a compiere attentati in Italia, giungendo nelle coste siciliane a bordo di barconi provenienti dalla Libia;
   quale sia infine l'effettiva entità delle minacce dei terroristi dell'Isis nei riguardi del nostro Paese ed in particolare, quali siano i rischi per la sicurezza della Sicilia, la cui area geografica è direttamente interessata dai tragici avvenimenti in corso nel mediterraneo, anche in conseguenza dell'inarrestabile sbarco di migliaia di clandestini, fra i quali potrebbero esserci anche terroristi armati. (4-08161)


   NESCI e BUSINAROLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto raccontato dal giornalista Antonio Anastasi su Il Quotidiano della Calabria del 17 febbraio 2014 «il sindaco di Verona, Flavio Tosi, fu pedinato da tre pattuglie di carabinieri in borghese quando venne a Crotone per presentare la fondazione «Ricostruiamo il Paese insieme» ,il 29 gennaio 2012»;
   da quanto emerge dalle carte dell'indagine «Kyterion», un filone calabrese dell'inchiesta «Aemilia» che a gennaio ha colpito la cosca Grande Aracri di Cutro, il sindaco Tosi, pur non essendo indagato, venne pedinato da quando sbarcò all'aeroporto di Lamezia Terme all'affitto di un'auto Citroen C4 alla sosta negli uffici della procura della Repubblica di Catanzaro fino alla cena con politici e imprenditori crotonesi, tra cui – come racconta anche Lucio Musolino su «Ilfattoquotidiano.it» anche «il presidente del Crotone Raffaele Vrenna, ras delle discariche e degli inceneritori tra Cosenza e Crotone», «il presidente della Provincia di Crotone Stano Zurlo, il presidente locale di Confindustria Giovanni Lucente e il sindaco di Isola Capo Rizzuto Gianluca Bruno»;
   i movimenti del politico leghista sarebbero stati monitorati dai carabinieri del reparto operativo di Crotone nell'ambito di accertamenti sul presunto sostegno elettorale a Tosi da parte della famiglia Giardino di Isola Capo Rizzuto, ritenuta contigua alla criminalità organizzata;
   la famiglia Giardino, operante da anni a Verona, gestisce imprese edili e distributori di carburante e, secondo il racconto di Anastasi, «avrebbero avuto rapporti con ambienti istituzionali veronesi, con particolare riferimento a un appalto "pilotato" per la realizzazione di un centro sportivo che speravano di ottenere in seguito al sostegno al politico amico»;
   dal complesso delle intercettazioni si ricaverebbero contatti in tal senso con l'assessore veronese Marco Giorlo. Sul presunto sostegno elettorale, secondo la ricostruzione dei carabinieri, illuminante sarebbe una conversazione intercettata nel maggio 2012 nel corso della quale l'imprenditore cutrese Gino Frontera, tra i fermati nell'inchiesta «Kyterion» a gennaio scorso, riferirebbe dell'appoggio di Alfonso Giardino a Tosi: «Sono in festa là a Verona, ha vinto quello che appoggiavano loro»;
   i Giardino, sempre secondo gli inquirenti, si sarebbero infiltrati nell'amministrazione comunale veronese tramite un dentista, il dottor Marco Arduini, grazie al quale sarebbero giunti all'assessore per ottenere «lavori» (si parla della «sostituzione di tutte le illuminazioni a Verona») e assunzioni al comune;
   nel rapporto dei militari dell'Arma di Crotone, secondo quanto riferito anche da Giovanni Tizian in un articolo del 17 febbraio sul sito de «L'Espresso», vengono riportate intercettazioni tra Alfonso e Franco Giardino e dei loro rapporti con l'assessore veronese Marco Giorlo («Se si trova alla poltrona si trova per me questo, che gli ho trovato non so quanti voti, quanti gliene ho tirati fuori non hai nemmeno l'idea tu, mi sono massacrato giorni e giorni però vedi ora Grazie a Dio è riconoscente, mi ha detto io per i Giardino faccio tutto, per i Giardino perché i Giardino a me mi hanno aiutato, mi ha detto lui siccome è responsabile di tutti i centri sportivi di Verona, di tutti, sono i suoi, sotto le sue mani»);
   secondo quanto raccontato da Tizian, nelle intercettazioni si parla soprattutto di affari: «Una struttura sportiva, lavori per l'illuminazione pubblica. E anche di un asilo, in zona Santa Lucia: «Poi ti devo parlare dell'asilo» dice Alfonso Giardino, che aggiunge: «Ti devo fare un discorso sull'asilo perché io avevo accennato a Franco (Giardino, nda) qualcosa no, due parole così, però te lo voglio dire pure a te, allora, io se era possibile sull'asilo avevo pensato una cosa, Marco, se si poteva, di investimento in pratica, se si poteva collaborare ma come proprietario però, se è possibile, perché so che questi asili». E il dentista veronese risponde: «Ah sì, ma si può, sono aperto a tutto io, allora, io adesso ho messo di mezzo anche il Sindaco... sto costruendo, la possibilità di ricostruirlo e... poi siamo disposti ad assorbirlo"»;
   secondo quanto riferito da Il Quotidiano della Calabria e da Ilfattoquotidiano.it negli articoli succitati, i carabinieri di Verona, il 28 maggio 2012, avrebbero ripreso con una telecamera l'incontro, presso un'osteria veronese, tra Francesco e Alfonso Giardino, Arduini e l'assessore Giorlo: «inconsapevoli di essere intercettati — scrive Musolino — imprenditori, politici e mediatori parlano liberamente al telefono di appalti come se fossero stati vinti ancora prima dei bandi per l'assegnazione. Nel corso di un'altra intercettazione, l'imprenditore Alfonso Giardino (alias "Fronzo") telefona al cugino Vincenzo che si trova a Isola Capo Rizzuto per parlargli di un altro importante lavoro: "Sono qua a cena con l'amico politico là, quello di Verona, hai capito ? Mi ha mandato a chiamare con certi geometri architetti questa sera. In pratica c’è un progetto grosso che ti devo spiegare. Ci dobbiamo unire per fare una cosa di queste perché non è, non è una cosa da niente, è un progetto da 260 milioni in Madagascar. C’è una ferrovia, ci sono strutture, di costruzioni, ci danno tutto il pacchetto in mano e ci danno il 50, dal 20 al 50 per cento avanti, ok ? Nelle mani, subito, ok ?... I soldi sono stati già stanziati dall'Unione mondiale. Il lavoro è sicuro al 100 per cento, hai capito ? Mi ha portato Marco Giorlo»;
   dei legami tra la famiglia Giardino e l'amministrazione comunale del sindaco Flavio Tosi ha parlato anche la trasmissione «Report» nel servizio di Sigfrido Ranucci del 7 aprile 2014 dal titolo «L'Arena»;
   nel suddetto servizio il pentito Luigi Bonaventura dichiarava che «uno di questi boss (della famiglia Giardino, nda) orbitanti a Nord, afferma all'altro affiliato che finalmente il partito che odia i terroni ce l'avevano in mano»  –:
   se alla luce di quanto segnalato in premessa sussistano i presupposti perché sia inviata una commissione di accesso presso il comune di Verona, ai sensi dell'articolo 143 del Testo unico degli enti locali. (4-08171)


   FRATOIANNI, DURANTI e PANNARALE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sono sette le organizzazioni professionali di categoria del comune di Terlizzi (BA), che in rappresentanza dei commercianti, degli artigiani, degli agricoltori e dei lavoratori, si sono unite in una pacifica protesta contro la cattiva gestione comunale dei tributi locali;
   le suddette hanno dato vita ad un coordinamento unitario con cui attivare ogni forma di protesta per porre fine al caos amministrativo delle «cartelle pazze» inviate dalla società «Servizi Locali», che dal 18 novembre 2014 è il nuovo gestore dei tributi locali del comune di Terlizzi. Una situazione che si trascina dal 2011 e che imperversa ancora oggi con le ottomila cartelle notificate nel periodo tra fine dicembre 2014 e metà gennaio 2015;
   le azioni di protesta messe in atto, scaturiscono da una forte esigenza di trasparenza in merito alle procedure attivate dal comune di Terlizzi che da diversi anni sottopone molti contribuenti al pagamento di una tassazione spesso illegittima e gonfiata da sanzioni ed interessi di mora;
   al centro dell'iniziativa di protesta vi è un esposto, indirizzato al Ministro dell'interno, al prefetto di Bari e all'Autorità nazionale anticorruzione, che descrive la difficile situazione e il malessere sociale che si respira a Terlizzi a causa di un negligente ed inefficiente controllo sull'operato della precedente ditta appaltatrice, CENSUM spa, del servizio riscossioni la quale era tenuta da contratto «... a provvedere, con personale e strumenti a proprio carico, alla bonifica degli archivi comunali contenenti i dati relativi alla Tarsu, all'Ici, alla Tosap, all'imposta di pubblicità e al diritto sulle pubbliche affissioni, ai fitti box, banchi e diritti di mercato nel caso in cui vi fossero incongruenze tra i documenti acquisiti dall'Ufficio Tributi o gli stessi siano palesemente inesatti...». La bonifica degli archivi dell'ufficio tributi del comune era condizione indispensabile, nonché un atto di buon governo nei confronti della comunità, al fine di evitare il ripetersi di situazioni che stancamente, e ogni anno, si verificano in danno della comunità terlizzese;
   l'inadempienza contrattuale da parte della precedente ditta appaltatrice e di un negligente ed inefficiente controllo sull'operato della ditta appaltatrice, da parte della dirigenza dell'ufficio tributi, veniva già evidenziato dalla «commissione di indagine sulla gestione dei tributi comunali» appositamente istituita con delibera del consiglio comunale n. 2 del 26 gennaio 2011, di cui faceva parte l'attuale sindaco e il presidente dell'allora commissione d'indagine ed attuale presidente della commissione consiliare permanente finanze;
   le cartelle tributarie riguardano Ici, Tarsu e gli accertamenti si riferiscono agli anni 2009 e successivi. Sono molti i cittadini che hanno ricevuto la richiesta di pagamento per tre anni arretrati, al punto da far schizzare alle stelle l'imposta dovuta. Il punto è che anche quest'anno ci sarebbero errori di calcolo delle imposte causati da conteggi errati delle particelle catastali o da attribuzione non congrue degli immobili ai rispettivi proprietari, o di tributi già saldati dai contribuenti;
   secondo alcuni consulenti tributari molti accertamenti potrebbero risultare nulli per difetto di notifica: per poter essere riscossi regolarmente gli accertamenti dovevano essere stati notificati entro il 31 dicembre 2014 e, essendo stati inviati con semplice posta privata, non c’è certezza sulla reale notifica nel termine. In teoria c’è il rischio che il comune veda ridursi gli incassi preventivati. Tuttavia, per far valere il ritardo di notifica, e quindi la nullità dell'accertamento, bisogna ricorrere in giudizio e le semplici spese di accesso al giudizio si aggirano attorno ai 250 euro;
   molti accertamenti ripropongono gli stessi errori contenuti negli atti degli anni 2005-2006-2007 e 2008 e, per quanto concerne la TARSU dell'anno 2009, a molti contribuenti non è mai pervenuto l'avviso di pagamento ed oggi, si ritroverebbero a pagare oltre al tributo legittimo, sanzioni ed interessi a causa di inadempienze amministrative del Comune;
   le opposizioni hanno denunciato le modalità di affidamento del servizio per la riscossione dei tributi locali, dove l'amministrazione comunale ha di fatto prodotto un «frazionamento artificioso della spesa» in affidamenti diretti per un importo complessivo di 110.000 euro;
   la situazione suddescritta impone l'assunzione, da parte del Sindaco e della dirigenza dell'Ufficio Tributi del Comune di Terlizzi, di iniziative urgenti ed improcrastinabili per una riscossione delle entrate proprie, ai fini di una più corretta gestione della contabilità pubblica per non incorrere nella responsabilità amministrativa in presenza di danno patrimoniale arrecato all'Ente. Sarebbe opportuno, a tal riguardo, potenziare e valorizzare le risorse umane dell'Ufficio Tributi oltreché innovare le risorse strumentali; favorire ed accrescere, attraverso collegamenti informatici, lo scambio di flussi informativi e documentali tra gli Uffici Tributi ed altri uffici quali l'Agenzia del Territorio, quella dell'Entrate e altre ancora; ricorrere, previa attenta valutazione, a procedure di affidamento a mezzo gara ad evidenza pubblica del servizio riscossione, ovvero della gestione diretta del servizio stesso, anche in forma consortile con più Enti, per un più razionale impiego del personale e la massimizzazione dei risultati. Da ultimo, si dovrebbe privilegiare maggiormente il rapporto tra l'Amministrazione ed i cittadini ai fini di una più immediata risposta alle diverse problematiche, previo contatto continuo con gli sportelli telematici, anche al di fuori degli orari di apertura al pubblico –:
   se, alla luce di quanto riportato in premessa, non si intenda valutare se sussistano i presupposti per la cancellazione della società «Servizi Locali» dall'albo dei soggetti privati abilitati all'attività di liquidazione e accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e delle altre entrate delle province e dei comuni;
   di quali elementi dispongano e quali eventuali iniziative abbiano assunto la prefettura di Bari ed il Ministro dell'interno a seguito dell'esposto presentato dai consiglieri comunali di opposizione con il quale si denunciava un «frazionamento artificioso della spesa». (4-08178)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   BOSCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dal XV Rapporto sulla formazione continua – Annualità 2013-2014, è emerso che tra l'Italia ed il resto dei Paesi facenti parte dell'Unione europea, vi è ancora un notevole divario per quanto concerne la partecipazione degli adulti 25-64 enni ai corsi di formazione continua;
   la misurazione dei livelli di partecipazione della popolazione adulta alle attività di lifelong learning, e il relativo andamento nel tempo, sono oggetto di sistematica attenzione da parte delle istituzioni europee da almeno quindici anni. Si tratta di un tema che ha una lunga tradizione in molte delle culture che compongono il mosaico europeo; pertanto, non sorprende l'attenzione che gli è riservata: una cittadinanza (e una forza lavoro) propensa alla costante manutenzione delle proprie competenze rappresenta uno dei cardini attorno al quale tentare di realizzare l'ambizioso progetto di rendere l'Europa l'economia basata sulla conoscenza più competitiva al mondo, ma capace al tempo stesso di essere anche equa e inclusiva. In particolar modo, a livello comunitario, l'attenzione si è focalizzata sui livelli di partecipazione della popolazione adulta in età attiva, fissando precisi parametri da raggiungere entro un arco di tempo stabilito;
   in realtà, come fotografato anche dal relativo benchmark, quello della partecipazione degli adulti è uno dei versanti in cui i risultati ottenuti sono meno in linea con le aspettative e, soprattutto, sono ancora disomogenei tra i singoli Stati membri. Infatti, come già divenne evidente nel decennio della Strategia di Lisbona, sarebbe stato molto difficile, per la platea della popolazione adulta in età compresa fra i 25 e i 64 anni partecipante ad attività formative raggiungere il livello fissato al 12,5 per cento;
   nel contempo, si andava ampliando anziché restringersi il divario tra i Paesi con i maggiori livelli di partecipazione e quelli con la minor propensione alla formazione lungo l'arco della vita;
   tale stato di cose non è mutato nel corso degli anni e se nel suo insieme, pur lentamente, l'Europa sta avvicinandosi al raggiungimento dell'obiettivo del 15 per cento entro il 2020, non bisogna dimenticare che dietro al dato medio continuano a nascondersi sensibili disallineamenti tra differenti blocchi di Paesi;
   nel corso del 2013 i cittadini europei compresi nella fascia di età tra i 25 e i 64 anni che risultano aver partecipato ad attività di istruzione e formazione sono stati complessivamente oltre ventinove milioni, pari al 10,5 per cento della popolazione di età corrispondente residente nei 28 Paesi che attualmente compongono l'Unione europea; dodici mesi prima erano stati il 9 per cento;
   in due casi su tre le attività hanno riguardato temi connessi al lavoro. Pur se con qualche fluttuazione, nel biennio considerato non si segnalano, nell'insieme, variazioni di rilievo: queste, anzi, sembrano rientrare in un fisiologico intervallo imputabile all'ordinario andamento della gestione dell'offerta formativa;
   gli Stati in cui la popolazione adulta partecipa maggiormente ad attività formative sono quelli del Nord Europa e, segnatamente, quelli dell'area scandinava, seguiti dall'Olanda, dalla Gran Bretagna e dalla Francia: sono Paesi in cui la propensione e la fruizione alla formazione, al di là delle maggiori indubbie possibilità offerte dal sistema, vengono percepite come una sorta di dovere «civico» e vissute come un diritto per la persona e un fattore necessario per l'individuazione di posti di lavoro qualificati;
   anche nel 2013 l'Italia rimane (né poteva ragionevolmente essere diverso) tra i Paesi dove il livello di partecipazione è al di sotto della media europea. Nel nostro Paese, nell'arco di tale anno si è registrata la partecipazione media del 6,2 per cento cifra che tradotta in valori assoluti sta a significare oltre due milioni di persone in età compresa fra 25 e 64 anni di età; se il dato fosse stato in linea con l'obiettivo fissato per il 2020, i partecipanti avrebbero dovuto essere quasi cinque milioni –:
   alla luce di quanto espresso in premessa, cosa il Governo intenda fare per aumentare i livelli di partecipazione della popolazione adulta italiana tra i 25 e i 64 anni ai corsi di formazione continua, in modo da equiparare il più possibile l'Italia alla realtà di altri Paesi comunitari e per consentire così alla popolazione attiva del nostro Paese di competere equamente nel mercato del lavoro ormai da intendersi come globalizzato. (3-01317)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a tutt'oggi, ad oltre 20 anni dall'entrata in vigore della legge che ha disposto misure in favore dei lavoratori impegnati in attività collegate alla lavorazione dell'amianto, numerosi di questi, di cui molti già pensionati, pur avendo presentato richiesta di accesso ai benefici previdenziali, ancora non sono riusciti a farsi riconoscere tale diritto;
   in particolare, molti di questi lavoratori sono stati impegnati durante la fase di costruzione o di manutenzione degli impianti dell'area industriale di Portovesme;
   detti lavoratori, ora in gran parte pensionati, avevano presentato domanda all'INAIL entro il 15 giugno 2005; alcuni avevano presentato contestualmente anche la domanda amministrativa all'INPS, altri successivamente, altri ancora nessuna domanda;
   su tali procedimenti si è aperto un consistente contenzioso giurisprudenziale che ha visto numerosi pronunciamenti favorevoli ai richiedenti, con sentenze passate in giudicato, in conseguenza del mancato ricorso da parte dell'amministrazione soccombente, anche in assenza di specifica richiesta amministrativa;
   a seguito dell'ordinanza della Corte di Cassazione n. 9416, del 29 aprile 2014, in base alla quale sono stati dichiarati improponibili i ricorsi per carenza di richiesta amministrativa, tali eccezioni sono state sollevate, così determinando profonde sperequazioni di valutazione e di decisione;
   nonostante gli ormai numerosi casi conclamati di mesotelioma e di placche pleuriche polmonari, tali mutamenti giurisprudenziali rischiano di compromettere il diritto al giusto ristoro del danno fisico patito da questi lavoratori;
   alla luce della citata ordinanza 9416/2014, che pur si richiama ad una neutralità di valutazione, appare necessaria l'assunzione di una decisione legislativa riparatrice, meritevole di attenzione verso i suddetti lavoratori o pensionati, altrimenti costretti a riproporre nuovi ricorsi giudiziali, già in parte conclusi nel merito, con le conseguenti e non auspicabili lungaggini procedurali;
   su tale questione, in occasione dell'esame del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, è stato accolto l'ordine del giorno n. 9/2803-A/130 –:
   quali iniziative intenda adottare al fine di assicurare l'equipollenza delle richieste di certificazione INAIL con le domande inoltrate all'INPS, così prorogandone il termine per la decadenza e scongiurando la perdita, anche parziale, del diritto al risarcimento previdenziale.
(5-04848)


   FAMIGLIETTI, BONAVITACOLA, GIORGIO PICCOLO, PARIS, TINO IANNUZZI e D'AGOSTINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il comma 117 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 23 dicembre 2014 è stata una norma molto attesa dai lavoratori esposti ad amianto dipendenti della ex Isochimica di Avellino;
   il comma recita testualmente: «in deroga a quanto disposto dall'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, le disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 13 della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, si applicano ai fini del conseguimento del diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico nel corso dell'anno 2015, senza la corresponsione di ratei arretrati, sulla base della normativa vigente prima dell'entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011, anche agli ex lavoratori occupati nelle imprese che hanno svolto attività di scoibentazione e bonifica, che hanno cessato il loro rapporto di lavoro per effetto della chiusura, dismissione o fallimento dell'impresa presso cui erano occupati e il cui sito è interessato da piano di bonifica da parte dell'ente territoriale, che non hanno maturato i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla normativa vigente, che risultano ammalati con patologia asbesto-correlata accertata e riconosciuta ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della legge 27 marzo 1992, n. 257 e successive modificazioni;
   per essere declinato operativamente il suddetto comma ha bisogno di un successivo atto del Ministero affinché l'Inps possa attivarsi per la effettiva liquidazione dei benefici previdenziali;
   i lavoratori in questione, attraverso le organizzazioni sindacali, nonché rivolgendosi anche ai rappresentanti istituzionali, hanno sollecitato la rapida soluzione della vicenda –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare e in che tempi per l'effettiva applicazione del comma 117, dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014 e se non intenda, altresì, convocare una apposita riunione con le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e gli enti istituzionali preposti al fine di chiarire i passaggi necessari per il conseguimento dei benefici previdenziali. (5-04855)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARBANTI, ROSTELLATO, RIZZETTO, ARTINI, SEGONI, BALDASSARRE, TURCO, PRODANI, BECHIS e MUCCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio di amministrazione dell'Inpgi, istituto di previdenza dei giornalisti italiani vigilato dai Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze, nella riunione dell'11 febbraio 2015 ha sospeso l'erogazione di mutui agli iscritti e limitato il tetto dei prestiti da concedere con la motivazione della «necessità di avere a disposizione maggiore liquidità alla luce di un bilancio 2014 dal quale emerge uno squilibrio tra contributi e prestazioni di oltre 90 milioni di euro»;
   già a partire dalla relazione 2009 la Corte dei Conti ha evidenziato le difficoltà nel medio periodo della gestione previdenziale, cioè nel rapporto tra i contributi versati dai dipendenti in attività e le pensioni erogate. Difficoltà che si sono accentuate nel corso degli anni fino a oggi, senza prospettive concrete di miglioramento, nonostante i costi dei prepensionamenti dei giornalisti siano coperti, dal 2009, interamente da finanziamenti pubblici;
   il Consiglio di amministrazione dell'Inpgi non ha messo in atto negli stessi anni alcun intervento significativo per fronteggiare gli squilibri tra entrate e uscite previdenziali. A fronte di questa inattività decisionale, l'Inpgi risulta coinvolta in un'indagine della procura di Milano che ha portato al rinvio a giudizio, tra l'altro, per presunta truffa ai danni dell'Istituto per una somma pari a 7,6 milioni di alcuni esponenti del consiglio di amministrazione di SOPAF, sottoposti a provvedimenti restrittivi insieme ad altri indagati dal maggio 2014. La prossima udienza del processo è fissata per il prossimo 12 marzo;
   nel novembre 2014, inoltre, è risultato indagato per lo stesso reato di truffa aggravata ai danni dell'Inpgi il presidente dell'ente, Andrea Camporese, al quale è stato consegnato un avviso di garanzia –:
   se l'Inpgi, sottoposto comunque alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e sottoposto al controllo della Corte dei Conti, intenda mettere in atto interventi, e in quali tempi, per superare il pesante e crescente squilibrio tra entrate e uscite previdenziali, in modo da tutelare in particolare i giornalisti più giovani, che hanno già retribuzioni molto più basse rispetto al passato, e coloro che, ancora lontani dall'età della pensione, soffrono la crisi perché in aziende in difficoltà economica oppure chiuse o fallite;
   se la riserva legale prevista per legge, pari a cinque volte l'ammontare annuo delle pensioni da erogare, sia ancora pienamente garantita;
   quale sia la consistenza attuale degli investimenti finanziari dell'Inpgi e se negli ultimi anni siano stati ridotti – e di quanto – per far fronte a esigenze di liquidità. (4-08146)


   GIULIETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nell'anno che si è da poco chiuso agli uffici della regione Umbria sono arrivate richieste di cassa integrazione in deroga da parte di 2.509 imprese, la gran parte delle quali (l'81 per cento) di piccole dimensione, per un totale di oltre 13 mila lavoratori interessati: di questi, quasi 4.400 con almeno un mese di sospensione a zero ore. Le risorse già utilizzate per il 2014 ammontano a 16,6 milioni di euro, ma servono altri 26 milioni di euro per coprire il fabbisogno 2014 relativo alla cassa integrazione in deroga, della quale usufruiscono oltre 13 mila lavoratori umbri, fra i quali c’è anche chi da quasi un anno non percepisce alcun sostegno al reddito. Ad oggi sono state finanziate in parte le richieste fino a maggio 2014 relativamente a sospensioni da lavoro a zero ore, mentre circa due terzi delle richieste di cassa integrazione guadagni in deroga che prevedono riduzioni d'orario sono ferme al marzo 2014;
   questa è una condizione gravemente penalizzante per una regione virtuosa come l'Umbria che, d'intesa e in raccordo con le parti sociali, ha adottato per il biennio 2013-2014 un modello di concessione particolarmente attento all'utilizzo delle risorse –:
   quale sia la tempistica che il Governo preveda per l'attribuzione delle risorse relative alla cassa integrazione guadagni che mancano per coprire l'anno 2014 e per avviare un confronto sugli stanziamenti 2015, al fine di poter dare certezza sui tempi e sulle risorse a migliaia di famiglie umbre con l'obiettivo comune di non mettere in discussione la coesione sociale della regione. (4-08148)


   GNECCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2 comma 20 della legge n. 335 del 1995 recita: «20. Per i dipendenti delle Amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, iscritti alle forme di previdenza esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria, nonché per le altre categorie di dipendenti iscritti alle predette forme di previdenza, che anteriormente alla data del 1o gennaio 1995 avevano esercitato la facoltà di trattenimento in servizio, prevista da specifiche disposizioni di legge, o che avevano in corso, alla predetta data del 1o gennaio 1995, il procedimento di dispensa dal servizio per invalidità, continuano a trovare applicazione le disposizioni sull'indennità integrativa speciale di cui all'articolo 2 della legge 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni ed integrazioni»;
   in esito all'applicazione dell'articolo 2, comma 20, della legge n. 335 del 1995 la circolare INPDAP 29 marzo 1996 n. 21, pubblicata sulla GU n. 086 - supplemento 62 del 12 aprile 1996, al punto 5 precisava: «5. Fattispecie derogatoria al conglobamento dell'indennità integrativa speciale: L'articolo 2, comma 20, della legge n. 335 del 1995 stabilisce che le disposizioni sull'indennità integrativa speciale di cui all'articolo 2 della legge 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni ed integrazioni, continuano a trovare applicazione nei confronti degli iscritti alle forme di previdenza esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria, come le gestioni pensionistiche amministrate dall'INPDAP, i quali anteriormente alla data del 1o gennaio 1995 avevano esercitato la facoltà di trattenimento in servizio o che avevano in corso, alla predetta data, il procedimento di dispensa dal servizio per invalidità. Giova precisare che detta disposizione si configura come una norma di salvaguardia – secondo quanto espressamente illustrato nella relazione tecnica al disegno di legge divenuto poi legge n. 335, laddove è chiarito che con essa ... si fanno salve talune posizioni giuridiche sostanzialmente maturate in costanza del previgente regime in materia di computo dell'indennità integrativa speciale ... – e, quindi, interessa anche le cessazioni dal 1o gennaio 1995 al 17 agosto 1995, data di entrata in vigore della legge n. 335, con la conseguenza che viene presa in considerazione la data di inizio del periodo di trattenimento in servizio, purché decorrente da data anteriore al 1o gennaio 1995, e non quella della richiesta dell'interessato» ... omissis;
   con l'articolo 59 comma 36 della legge 27 dicembre 1997 n. 449, alla comma 20 sopra richiamato è stato aggiunto il seguente periodo: «36. Al comma 20 dell'articolo 2 della legge 8 agosto 1995, n. 335, è aggiunto il seguente periodo: “Le medesime disposizioni si applicano, se più favorevoli, ai casi in cui sia stata maturata, alla predetta data, una anzianità di servizio utile per il collocamento a riposo di almeno 40 anni”, omettendo il legislatore di aggiungere le parole: “o al massimo previsto dall'ordinamento di appartenenza”»;
   ciò ha fortemente penalizzato coloro che avevano maturato la massima anzianità contributiva prevista dall'ordinamento di provenienza, ad esempio 37 anni anteriormente al 31 dicembre 1994, che avevano esercitato la facoltà di trattenimento in servizio prima del 1o gennaio 1995 e che non si visti applicare, in materia di computo dell'indennità integrativa speciale, di cui all'articolo 2 della legge 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni ed integrazioni;
   la mancata applicazione della norma di cui sopra, dovuta a quella che appare un palese errore materiale, ha comportato un calcolo del trattamento pensionistico inferiore per coloro, con i requisiti di cui sopra, che sono andati in quiescenza successivamente al 1o gennaio 1995, con ulteriori riflessi negativi anche sulla pensione di reversibilità spettante al superstite –:
   se non ritenga il Ministro interrogato, a fronte di quello che appare palese errore materiale commesso, procedere con atto amministrativo, fornire i necessari elementi interpretativi, al fine di correggere la restrittiva applicazione delle norme sopra richiamate. (4-08164)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   all'interrogante è giunta la segnalazione del signor C. G., il quale da alcuni anni è affetto da una malattia rara, lo pseudoxantoma elastico, altrimenti detto PXE, una patologia rara e invalidante;
   si tratta di una malattia ereditaria del tessuto connettivo caratterizzata dalla calcificazione e della frammentazione progressiva delle fibre elastiche della cute, della retina e della parete delle arterie;
   tuttavia, risulterebbe da tali segnalazioni che l'Istituto nazionale della previdenza sociale non riconosce la malattia come causa di invalidità, tanto che la richiesta del signor C. G. è stata respinta in seguito alla visita svoltasi lo scorso 4 giugno 2014 presso la commissione medica per l'accertamento delle invalidità di Nocera Inferiore, successivamente impugnata dallo stesso signor C. G. presso la sezione lavoro del tribunale civile di Nocera Inferiore;
   il 13 febbraio 2015 si è tenuta l'udienza presso il predetto tribunale ed è stato nominato il medico legale; nel corso di tale udienza sono state fissate per il prossimo 17 marzo le operazioni peritali –:
   se i Ministri interrogati non ritengano, per quanto di rispettiva competenza, di valutare l'opportunità di assumere iniziative per includere lo pseudoxantoma elastico tra le cause di invalidità. (4-08176)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRACÌ, MARTI e CHIARELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la febbre catarrale degli ovini, meglio nota come «BLUE TONGUE — BT» (lingua blu), è una malattia infettiva di natura virale non contagiosa tipica dei ruminanti, già tristemente nota in Italia, per aver messo in passato a dura prova l'intera organizzazione della sanità veterinaria nazionale. Questa malattia, originaria dell'Africa, vede nei ruminanti selvatici, il serbatoio naturale del virus e, per effetto dei progressivi cambiamenti climatici e dei lunghi e sofferenti spostamenti che gli, animali compiono alla ricerca di cibo ed acqua in direzione nord, ha fatto si che la blue tongue-BT sia giunta rapidamente sulle sponde del Mediterraneo e dell'intera Europa Occidentale. La malattia è trasmessa principalmente dalla puntura di artropodi volatori ovvero insetti appartenenti al genere culicoides e tra questi il maggior artefice è il Culicoides Imicola che vanta una capacità in termini di efficienza di trasmissione della malattia 100 volte superiore rispetto al potenziale di altri culicoidi. Le condizioni ideali per il loro sviluppo, dal punto di vista climatico ed ambientale, si individua in un'area geografica compresa fra il 53o parallelo, nord ed il 35o parallelo sud: va da sé, che l'intero territorio nazionale rientra pienamente nell'ambito operativo degli agenti vettori. Quindi le caratteristiche ambientali e pedologiche, come temperature medie di circa 12o C., ambiente umido e ricco di sostanze organiche, favoriscono la riproduzione e sviluppo degli artropodi volatori a partire dalla deposizione delle uova e la crescita attraverso i diversi stadi di larva e pupa;
   l'agente eziologico è un virus appartenente alla famiglia Reoviride, genere Orbivirus, del quale si conoscono ben 24 sierotipi la cui patogenicità è variabile e, in generale, i ruminanti rappresentano la specie recettiva e, fra queste, le razze ovine sono quelle in cui la malattia manifesta i segni clinici ed anatomopatologici più devastanti. Il virus penetra nell'ospite «sensibile» mediante la puntura dell'insetto vettore, si moltiplica nei linfonodi regionali e si diffonde in tutto l'organismo. Successivamente alla replicazione nei tessuti linfoidi e negli endoteli, si avvia nei ruminanti la viremia che raggiunge l'acme nel giro di 7-8 giorni: negli ovini in particolare, non supera i 30 giorni, mentre nei bovini circa 40 giorni o anche più, tant’è che l'animale, per il prolungarsi del potenziale infettivo, rappresenta un vero e proprio serbatoio di infezione. Il periodo di incubazione negli ovini varia fra i 5 e 20 giorni, manifestandosi in differenti forme cliniche molto più apparenti rispetto ai bovini ed è per questo che negli ovini la letalità varia fra il 2 ed il 30 per cento;
   a partire dall'anno 2001 il territorio nazionale è stato teatro di profondi attacchi virali da parte della blue tongue, mettendo in seria difficoltà tanto il sistema nazionale di prevenzione e sorveglianza, quanto gli allevatori i quali sono stati colpiti gravemente dal punto di vista economico sia per le forti perdite di capi (deceduti per la malattia), che per le ridotte capacità produttive aziendali per effetto degli elevati aborti causati dalle vaccinazioni, dal calo delle produzioni del latte e di carni e dalle ovvie restrizioni nelle movimentazione dei capi nei periodi di transumanza e per le compravendite degli animali. Il Ministero della salute, memore di queste drammatiche esperienze, ha provveduto con il tempo ad avviare attenti e periodici controlli sull'intero territorio italiano, anche attraverso l'impiego di «allevamenti sentinella» ed in collaborazione con gli assessorati regionali alla sanità, gli Istituti zooprofilattici sperimentali, il Centro di referenza nazionale per lo studio delle malattie esotiche – CESME – provvede a stilare periodicamente delle circolari informative sullo stato dell'arte della blue tongue. Infatti, il dipartimento della sanità pubblica veterinaria e della sicurezza alimentare – DGSAF –, con lettera del 14 marzo 2014, indicava le regioni e le aree a rischio BT e fra queste la Puglia con tutte le sue province. A questa comunicazione ne sono seguite altre aventi date 11 novembre 2014 e 17 dicembre 2014 dove si mettevano risalto le conferme degli esami di laboratorio effettuati presso l'Istituto zooprofilattico dell'Abruzzo e Molise, ribadendo la positività dei campioni provenienti da diverse aziende zootecniche delle provincia di Lecce, Brindisi e Taranto: al momento si contano oltre 500 capi ovi-caprini deceduti per la malattia;
   l'assessorato alla sanità della regione Puglia, alla luce di quanto rappresentato, ha dato avvio tardivamente alla messa in atto delle procedure necessarie al contenimento ed alla diffusione della malattia e ad oggi non è possibile per gli allevatori sottoporre i propri animali a vaccinazione, pratica essenziale e fondamentale nella prevenzione della diffusione della patologia virale: l'urgenza è tale perché la stagione delle piogge, e subito dopo la primavera e l'estate, rappresentano fattori stimolanti per l'incremento della virulenza della malattia a causa dello crescita e la dispersione degli insetti vettori. In definitiva, mancano adeguate scorte di vaccini con l'inevitabile pericolo del dilagare della malattia;
   le organizzazioni di categoria degli allevatori già più volte avevano proceduto a sollecitare gli assessorati all'agricoltura e alla sanità della regione Puglia per porre in atto ogni azione utile alla repressione sanitaria della patologia virale che tiene sotto scacco un intero territorio fortemente vocato alla pastorizia ed alla trasformazione dei prodotti derivati (latticini e carne), causando all'indotto gravi danni economici;
   a detta degli interroganti, occorre individuare forme di indennizzo per il settore zootecnico, magari attingendo ai fondi della legge 218 del 1988 destinati agli abbattimenti o per le zoopatie come previsto dalle norme comunitarie al fine di lenire le difficoltà degli operatori agricoli a seguito delle perdite dei capi allevati;
   a detta degli interroganti, ove la regione Puglia tardasse nel reperire o nell'acquistare lotti numericamente sufficienti a soddisfare le esigenze vaccinali del proprio territorio, occorre provvedete ad allertare enti o strutture statali abilitate alla sintesi produzione di vaccini specifici per la blue tongue, visto che il Ministero della salute ha disposto di procedere a vaccinazione di almeno l'80 per cento degli animali sensibili da effettuare entro il mese di aprile 2015 –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali misure intendano adottare per contrastare la diffusione della patologia virale che produce gravi danni economici agli allevatori di un territorio agricolo già provato dalla fitopatia Xilella Fastidiosa, visto che per la particolare struttura colturale delle aziende salentine, ovvero quelle delle province di Brindisi, Lecce e Taranto, la zootecnia e le produzioni olivicole rappresentano l'essenza reddituale delle aziende stesse;
   se i Ministri interrogati, alla luce di quanto in premessa, intendano adottare iniziative normative, sia di natura economica che fiscale, per il ristoro degli operatori agrizootecnici pugliesi. (4-08150)


   LOMBARDI, LUIGI DI MAIO e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   dall'inchiesta pubblicata su Il Fatto Quotidiano, venerdì 20 febbraio 2015 a firma di Luca Ferrari e Nello Trocchia, emergono alcuni fatti degni di nota e che pare opportuno portare all'attenzione dei competenti esponenti di questo Governo;
   Cesare Patrone è il capo del Corpo forestale dello Stato; guida il gruppo di lavoro sulla terra dei fuochi, scelto al termine di una riunione alla presenza di tre Ministri del Governo Renzi: Maurizio Martina, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Beatrice Lorenzin, Ministra della salute e Gian Luca Galletti, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; Patrone, insomma, è un uomo dello Stato;
   la terra dei fuochi è il lembo di territorio tra la provincia di Caserta e Napoli, devastato da scarichi illegali e dove l'imprenditoria criminale ha seppellito vagonate di rifiuti tossici;
   Cipriano Chianese, è ritenuto dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli, l'inventore dell'ecomafia in Campania, l'artefice della Terra dei Fuochi; arrestato nel 2006, poi nel 2013 di nuovo, è sotto processo per associazione mafiosa, disastro ambientale e avvelenamento delle acque. Avvocato, imprenditore, fu candidato nel 1994, non eletto, con Forza Italia; i pentiti raccontano che si muova abilmente tra gli ambienti massonici e quelli politici; il suo business era la discarica Setri Resit, a Giugliano (Napoli), dove sono state interrate valanghe di rifiuti tossici; una relazione consegnata alla procura di Napoli nel 2013 stabilisce che, entro il 2064, in quell'area, si raggiungerà l'acme del disastro ambientale; insomma, Chianese è un nemico dello Stato; qualche giorno fa, è stato condannato a 3 anni e 4 mesi per estorsione;
   due soggetti che non dovrebbero conoscersi e neanche mai sfiorarsi; e invece, nell'informativa depositata nel 2013 dal poliziotto Roberto Mancini, morto a causa di un tumore contratto per aver fronteggiato la criminalità ambientale, emerge tutt'altro; Mancini è venuto a mancare nell'aprile dello scorso anno; a gennaio il Ministro dell'interno lo ha riconosciuto vittima del dovere; egli ha continuato il suo lavoro nonostante la malattia che lo ha consumato e, tra gli ultimi atti, l'informativa preliminare consegnata alla procura di Napoli nel marzo 2013; in quel documento emerge la «familiarità» tra Patrone e Chianese, che Mancini data al 1994, quando Cesare Patrone era un funzionario del Corpo forestale, sezione aree protette, e Cipriano Chianese era un avvocato imprenditore di Parete, provincia di Caserta; un notabile che aveva rapporti con politici, uomini dell'arma e gente che conta;
   Chianese, però, nel 1993, era già stato arrestato per associazione mafiosa, fu prosciolto dal giudice per l'udienza preliminare ma, come si legge negli atti delle inchieste successive a suo carico: «assolto... benché il contributo causale reso dallo stesso al traffico illecito fosse stato pacificamente ammesso»;
   raggiunto al telefono dal Fatto, Patrone decide di non replicare al contenuto dell'informativa; fa sapere di non ricordare questi contatti e che il Corpo forestale è da sempre in prima linea contro le ecomafie; quel funzionario «distratto» che, nel 1994, entra in contatto con Chianese, senza accorgersi dei precedenti, oggi guida la task force contro la terra dei fuochi;
   Patrone, mai indagato, ha però incrociato il re dell'ecomafia; Chianese si muove a Roma, incontra personalità per ottenere un incarico, obiettivo poi non raggiunto; nell'informativa, firmata dallo scomparso Roberto Mancini, si legge a proposito dell'ingegnere Cesare Patrone: «Questo è un personaggio che partecipa in prima persona agli incontri tra Chianese e i suoi interlocutori politici... La familiarità tra Chianese e Patrone è, altresì, confermata dal fatto che l'avvocato di Parete è in possesso dell'utenza telefonica dell'abitazione privata dell'ingegnere, dove lo cerca il 9 agosto 1994, a cui la madre risponde che l'ingegnere è al mare»;
   Mancini cita anche un altro particolare: «Ancor di più nella conversazione delle ore 17.38 del 24 agosto 1994, dove, con toni estremamente confidenziali, i due uomini parlano delle prossime mosse del Ministro dell'ambiente sulle nomine della Commissione tecnico-scientifica»;
   nell'informativa si traccia un profilo dell'ingegnere: «Quanto descritto è finalizzato a focalizzare la figura dell'ingegnere Cesare Patrone, soprattutto per la carriera che questo funzionario pubblico è riuscito a percorrere: dall'essere uno dei tanti dirigenti della pubblica amministrazione, dall'anno 2004 è a capo del Corpo forestale dello Stato, la forza di polizia per eccellenza nella difesa dell'ambiente e del territorio e nella lotta al traffico illegale di rifiuti»;
   contatti che maturano nel mondo della destra a cui Patrone era vicino; Gianni Alemanno, nel 2004, da Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, lo indica capo del Corpo forestale, nominato con un decreto del Presidente della Repubblica;
   i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali si sono succeduti, ma lui è rimasto saldamente al suo posto;
   il Movimento 5 Stelle ha di recente presentato un atto di sindacato ispettivo (4-02296) con il quale si evidenziavano le molteplici considerazioni che dovrebbero spingere il Ministro interrogato a proporre un avvicendamento del Capo del Corpo forestale dello Stato al Consiglio dei ministri; tali atti fanno seguito a quattro interrogazioni (3-00741, 3-02927, 4-07890 e 4-08141) presentate nelle precedenti legislature, in cui si evidenziavano una serie di procedimenti penali e contabili in cui Patrone è stato condannato in qualità di pubblico ufficiale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa, con particolare riguardo ai rapporti tra Patrone e Chianese, descritti nell'informativa del 2013 di Roberto Mancini;
   se non reputi opportuno intervenire in merito alla questione sollevata, da ultimo, attraverso il presente atto di sindacato ispettivo e, già in passato, ad opera di altri atti del genere;
   se non ritenga opportuno un avvicendamento al vertice del Corpo forestale dello Stato, poiché una permanenza di dieci anni appare quanto meno ingiustificata, se non ingiusta in considerazione delle vicende giudiziarie che hanno interessato Patrone e di certo incoerente con il rinnovo generazionale propugnato dal Capo del Governo di cui lei è Ministro, con riguardo ai vertici dello Stato. (4-08162)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 20 gennaio 2015 si è tenuto presso la sede del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, un incontro tra il Ministro interrogato e i vertici del gruppo industriale Maccaferri, controllante di Eridania Sadam, società proprietaria dello zuccherificio di San Quirico Trecasali (http://www.ilvelino.it);
   nel corso del colloquio è stata analizzata la situazione del settore bieticolo-saccarifero italiano. I temi principali del colloquio risulterebbero essere stati:
    a) la mancata erogazione del saldo degli aiuti nazionali per la campagna 2009-2010 a favore della filiera;
    b) lo stato di attuazione degli accordi di riconversione sottoscritti a seguito della riforma comunitaria del 2006 e lo stato di attuazione dei relativi progetti di riconversione;
    c) le contestazioni mosse dalla Commissione europea sul mantenimento in attività dei silos al servizio dei reparti di confezionamento presso gli zuccherifici dismessi, con conseguente richiesta di restituzione parziale degli incentivi erogati per i progetti di riconversione di alcuni stabilimenti (trattandosi di smantellamento parziale invece di smantellamento totale);
   tra le imprese interessate dalle contestazioni della Commissione europea, va annoverata Eridania Sadam spa;
   Eridania Sadam spa è impresa saccarifera che ha aderito, nel corso del 2006, al piano comunitario di ristrutturazione dell'industria dello zucchero, presentando al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali domanda di concessione per l'aiuto integrale, corredata dal piano di ristrutturazione degli stabilimenti interessati (tra cui quello di Russi in provincia di Ravenna). Tale piano prevede lo smantellamento di tutti gli impianti legati alla linea produttiva, ma il mantenimento di taluni silos di stoccaggio a lungo termine e gli impianti di confezionamento, in quanto utilizzati non solo per la produzione dello zucchero, bensì per le attività di confezionamento e commercializzazione dello zucchero prodotto in altri stabilimenti o da altre imprese;
   la domanda è stata ritenuta ammissibile dal Ministero che, a suo tempo, ha trasmesso copia del piano alla Commissione europea;
   Eridania Sadam spa ha presentato annualmente le proprie relazioni ed ha proceduto allo smantellamento. La commissione ministeriale di controllo ha dato riscontro positivo alle relazioni annuali ed a quella finale, tanto che ha affermato di non aver riscontrato inadempienze o irregolarità rispetto al piano di ristrutturazione approvato. A seguito di visita degli ispettori europei è stata riscontrata la presenza di silos ed impianti di confezionamento;
   a riguardo, si osserva che il regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio del 20 febbraio 2006 prevede la concessione alle imprese produttrici di zucchero di un aiuto alla ristrutturazione, commisurato alle tonnellate di quote di merce rinunciate, allo scopo di incentivare la cessazione della «produzione di zucchero» entro la quota prevista, nel contempo consentendo di tenere in debito conto gli impegni sociali ed ambientali connessi allo «abbandono della produzione» (considerando n. 5);
   in particolare, l'articolo 3 del predetto regolamento, prevede, al paragrafo 1, che l'impresa produttrice di zucchero, isoglucosio o sciroppo di insulina, cui sia assegnata una quota di produzione entro la data indicata, possa beneficiare di un aiuto alla ristrutturazione a condizione che in una delle campagne di commercializzazione parimenti indicate:
    a) rinunci alla quota che ha destinato ad uno o più dei suoi zuccherifici e «smantelli completamente» gli «impianti di produzione» degli zuccherifici interessati o;
    b) rinunci alla quota che ha destinato ad uno o più dei suoi zuccherifici, «smantelli parzialmente» gli «impianti di produzione» degli zuccherifici interessati e «non utilizzi i restanti impianti di produzione degli zuccherifici interessati per la produzione di prodotti che rientrano nell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero»;
   a sua volta il regolamento (CE) n. 968/2006 della Commissione del 27 giugno 2006, recante modalità di attuazione del regolamento n. 320/2006, al considerando n. 4 in relazione alla rinuncia alle quote, premette che l'articolo 3 dello stesso regolamento n. 320/2006 prevede come opzioni lo smantellamento «completo» o «parziale» degli «impianti di produzione» con importi diversi del rispettivo aiuto;
   con nota 15 marzo 2011 n. 2095 il Ministero informava Eridania Sadam, nonché SFIR ed Italia Zuccheri/Co.Pro.B., che, a seguito dell'indagine effettuata nel mese di settembre 2010, i revisori della Commissione avevano riscontrato il mantenimento di silos presso alcuni stabilimenti dismessi formalizzando i relativi rilievi con nota Ares 2010 922678 del 9 dicembre 2010;
   pur trattandosi di silos destinati allo stoccaggio ai fini della confezione e commercializzazione di zucchero già prodotto altrove, i servizi della Commissione hanno ritenuto che il loro mantenimento non fosse conforme ai regolamenti (CE) nn. 320/2006 e 968/2006 ai fini dell'ammissibilità alla totalità dell'aiuto, implicante il completo smantellamento di tutti i manufatti direttamente connessi alla produzione, tra i quali anche i silos da considerare, in ogni caso, come «direttamente connessi alla produzione dello zucchero» (in quanto «impianti di imballaggio» di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lett. c) del citato regolamento (CE) n. 968/2006);
   «lo stesso Ministero ha inoltre comunicato di non condividere la posizione dei revisori e di aver formulato controdeduzioni, ma qualora la Commissione non dovesse modificare detta posizione, si concreterebbe l'orientamento al riconoscimento dell'aiuto parziale»;
   con successiva nota 22 marzo 2011 n. 328 l'AGEA intimava Eridania Sadam di procedere alla dismissione dei silos entro il termine dettato dal regolamento comunitario (30 settembre 2011, prorogato al 31 marzo 2012), comunicandole di non poter svincolare le cauzioni presentate dall'impresa a garanzia degli impegni assunti;
   a fronte di tale nota Eridania Sadam, ignorando a giudizio dell'interrogante inspiegabilmente la scadenza del 30 settembre 2011, intimata da AGEA per la dismissione dei silos e delle strutture collegate, in data 27 settembre 2011 (atto Rep. 65442 notaio Rossi Federico in Bologna) conferiva gli stessi immobili ad una nuova società ERIDANIA ITALIA spa, dalla stessa partecipata con una quota del 51 per cento;
   Eridania Sadam impugnava tale diffida e vari atti connessi innanzi al Tar Lazio, sostenendo che lo «smantellamento totale» degli impianti di produzione (dante luogo ad aiuto maggiore del 25 per cento rispetto a quello relativo allo «smantellamento parziale») non comprendesse la demolizione dei silos di stoccaggio, in quanto impianti non connessi alla fase di produzione, ma a quella successiva e distinta di commercializzazione;
   il Tar Lazio, sezione seconda ter, con sentenza 1o dicembre 2011 n. 9467, accoglieva il ricorso unicamente nella parte intesa a ottenere lo svincolo parziale della cauzione in corrispondenza dell'aiuto per smantellamento parziale. Le restanti istanze venivano respinte;
   avverso la predetta sentenza Eridania Sadam interponeva appello dinanzi al Consiglio di Stato, il quale decideva di sospendere il procedimento, sollevando questione pregiudiziale innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea, ai sensi dell'articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, con riguardo all'interpretazione da dare agli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio, del 20 febbraio 2006, nonché con riguardo all'articolo 4 del regolamento (CE) n. 968/2006 della Commissione, del 27 giugno 2006, relativamente all'esatto significato da attribuire alla nozione di «impianti di produzione», se cioè essa comprenda (ex ante) anche impianti, quali i silos, utilizzati per lo stoccaggio, il confezionamento o l'imballaggio dello zucchero ai fini della sua commercializzazione o se, invece, sia necessario procedere ad un'analisi caso per caso, per verificare se gli impianti in questione siano effettivamente connessi alla linea di produzione o invece ad attività diverse dalla produzione (ordinanza del Consiglio di Stato, sezione terza, 23 marzo 2012);
   al riguardo la Corte di giustizia ha chiarito che «... gli articoli 3 e 4 del regolamento di base e l'articolo 4 del regolamento di applicazione devono essere interpretati nel senso che, ai loro fini, la nozione di “impianti di produzione” comprende i silos destinati allo stoccaggio di zucchero del beneficiario dell'aiuto, a prescindere se questi siano utilizzati anche per altri usi. Non rientrano in tale nozione né i silos utilizzati unicamente per lo stoccaggio di zucchero, prodotto entro la quota, depositato da altri produttori o acquistato presso questi ultimi, né quelli utilizzati solamente per il confezionamento o l'imballaggio di zucchero ai fini della sua commercializzazione. Spetta al giudice nazionale valutare caso per caso, tenendo conto delle caratteristiche tecniche o del vero uso che è fatto dei silos di cui trattasi» (Corte di Giustizia dell'Unione europea, prima sezione, 14 novembre 2013, nelle cause riunite da C-187/12 a C-189/12);
   in data 23 giugno 2014 con sentenza n. 03184/2014 il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) ha definitivamente respinto l'appello presentato da Eridania Sadam contro AGEA e Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con l'intervento ad adiuvandum della CGIL Federazione Lavoratori Agro-Industria, poiché «Non v’è dubbio che [...] i tre silos integrandosi e concorrendo alla realizzazione anche fuori campagna del prodotto finale da avviare successivamente al confezionamento, rientrano a pieno titolo tra gli impianti di produzione e devono essere dismessi ai fini dell'ottenimento del contributo integrale, diversamente dal caso in cui i silos 1 e 2 fossero stati impiegati solo per stoccare zucchero proveniente dall'esterno da avviare direttamente al confezionamento. Non senza dire che del medesimo zucchero proveniente dall'esterno è indimostrata l'esclusiva provenienza da altri siti dello stesso o altri produttori con produzione entro quota»;
   la sentenza del Consiglio di Stato del 23 giugno 2014 ha chiarito il significato da attribuire alla nozione «impianto produttivo» per l'impianto di Russi, ai sensi degli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio, nonché ai sensi dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 968/2006 della Commissione –:
   quali iniziative intenda assumere rispetto a zuccherifici i cui piani di ristrutturazione, già approvati dal Ministero, prevedono il mantenimento di silos riconducibili alla predetta nozione e se, rispetto allo smantellamento parziale di Russi (Ravenna), non intenda agire per il recupero di aiuti invece erogati per lo smantellamento totale;
   in quali altri zuccherifici Eridania-Sadam, nei siti dismessi in Italia, vi siano silos non dismessi;
   in quale modo, ed attraverso quali certificazioni di smantellamento, siano stati smantellati i silos nei singoli impianti italiani della suddetta società;
   se, in riferimento ad ogni sito, siano stati già erogati gli aiuti, in quale misura e se, nel caso, totalmente o parzialmente;
   quali iniziative di competenza  intenda adottare relativamente alla situazione della società ERIDANIA ITALIA spa costituita sulla base di un conferimento in conto capitale di proprietà immobiliari detenute dalla società conferente Eridania Sadam in sostanziale contrasto con le regolamentazioni europee di erogazione contributi, come meglio dettagliato in premessa. (4-08169)

SALUTE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   è diffusa la percezione che molte merci provenienti da Paesi esteri vengano immesse direttamente nel mercato sardo senza le necessarie autorizzazioni e senza che siano espletati tutti gli indispensabili controlli sanitari;
   sia gli animali destinati alla macellazione o all'allevamento, che le derrate alimentari necessiterebbero di controlli accurati e standardizzati già all'atto dell'avvio all'esportazione nel Paese di origine, ma c’è piena consapevolezza della grossolanità di tali controlli in diversi Stati esteri che pure esportano le loro merci in Italia e, talora, direttamente in Sardegna;
   in assenza di adeguati controlli all'origine e all'ingresso, le condizioni di insularità della Sardegna la rendono un sistema vulnerabile e facilmente attaccabile da fattori esterni, che potrebbero aggravare i problemi esistenti derivanti da fattori endemici;
   già in passato, proprio a causa della carenza dei controlli, la Sardegna è stata aggredita da virosi, come quella causata dalla «totus absoluta», che hanno distrutto le colture regionali;
   presso i porti e gli aeroporti sardi vengono attualmente eseguiti controlli a campione sui prodotti di importazione di origine animale, mentre è assai difficile il controllo a inizio sbarco con l'ausilio di veterinari, pure previsto in taluni casi dalla legge, perché nei porti della Sardegna, ad eccezione di quello di Olbia, non è presente un presidio fisso di sanità veterinaria;
   in particolare i controlli, talora superficiali per le navi, sono quasi del tutto assenti per i mezzi gommati che escono dalle aree portuali senza alcuna verifica;
   il controllo a campione sui prodotti di origine animale provenienti da Stati membri dell'Unione europea viene effettuato dagli uffici veterinari per gli adempimenti comunitari, che in Sardegna sono dislocati soltanto a Sassari;
   il controllo sistematico sui prodotti importati da Paesi terzi, che dovrebbe essere di competenza del Ministero della salute, si effettua presso i posti di ispezione frontaliera, totalmente assenti in Sardegna;
   la mancanza dei presidi statali, net caso di importazione diretta in Sardegna, impedisce l'accertamento dei pericoli per la comunità non solo sarda ma italiana ed europea e preclude la possibilità di met- tere in atto le specifiche misure sanitarie di respingimento o distruzione della partita, previste dalla legislazione corrente –:
   quali iniziative urgenti il Ministro intenda assumere al fine di superare gli elementi di criticità segnalati in premessa ed in particolare se non ritenga di promuovere e porre in essere per quanto di competenza un'azione di controllo, verifica e analisi, anche con stazionamenti in quarantena, delle merci in ingresso in Sardegna direttamente provenienti da Paesi terzi esportatori, prima della loro immissione sul mercato finalizzata alla salvaguardia della salute dell'intera comunità nazionale;
   quali iniziative intenda assumere per mettere in atto controlli più puntuali sulle merci destinate al consumo umano o animale, in modo da accertare che non possano rappresentare, anche solo potenzialmente, un rischio per la salute e la sicurezza delle persone e se, a tale scopo, non ritenga necessario istituire posti di ispezione frontaliera anche nella regione Sardegna, contemporaneamente rendendo più congruo il numero degli uffici veterinari per gli adempimenti comunitari.
(2-00864) «Vargiu».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MORETTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si stima che in Italia, normalmente, vi sia un bisogno di 40 unità di sangue l'anno ogni 1000 persone, cioè circa 2.400.000 unità;
   nel 2000 l'Italia ha raggiunto l'autosufficienza a livello nazionale anche se, ancora oggi, in numerose regioni la raccolta è ancora insufficiente, e il fabbisogno viene soddisfatto con trasferimenti da altre regioni;
   nonostante la sempre più attenta e ponderata utilizzazione del sangue, il fabbisogno è costantemente in aumento, per l'aumento dell'età media della popolazione e per i progressi della medicina, che rendono possibile interventi anche su pazienti anziani, un tempo non operabili;
   il decreto ministeriale 3 marzo 2005 «Caratteristiche e modalità per la donazione del sangue e di emocomponenti» Pubblicato nella Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 85. Disciplina le modalità di donazione del sangue e la periodicità di tale donazione disponendo che «il numero massimo di donazioni di sangue intero nell'anno non deve essere superiore a quattro per l'uomo e due per la donna in età fertile; l'intervallo tra due donazioni non deve essere inferiore a novanta giorni»;
   legislazioni di altri Paesi permettono una frequenza maggiore: 6 donazioni di sangue intero per gli uomini (intervallo di 2 mesi) e 4 per le donne (intervallo di 3 mesi) in Francia e negli Stati Uniti (dove per la prima donazione bastano 17 anni); 4 per gli uomini e 3 per le donne in Spagna e in Portogallo — Brasile; 6 per gli uomini e 4 per le donne in Germania;
   secondo uno studio di tre ricercatori italiani, Marco Bani, Mariagrazia Strepparava e Barbara Giussani pubblicato sulla rivista «Transfusion and apheresis science», sarebbe anche il limite delle 2 donazioni/anno previsto in Italia per le donne, un limite che non trova riscontro in nessun altro Paese, la causa della mancata fidelizzazione delle donatrici, che in Italia sono solo il 33 per cento del totale contro una media mondiale del 50 –:
   quali siano gli ultimi dati riguardanti i donatori di sangue e la loro distribuzione geografica;
   se il Governo non ritenga opportuno predisporre campagne di informazione e di comunicazione, anche in collaborazione con le regioni, al fine di poter raggiungere l'autosufficienza nella raccolta del sangue non solo a livello nazionale ma regionale;
   se non ritenga opportuno, anche alla luce della normativa di altri Paesi, modificare il decreto ministeriale 3 marzo 2005 consentendo anche alle donne la possibilità di poter fare più di due donazioni l'anno di sangue intero. (5-04856)


   LEVA e AMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dopo un primo riordino della rete ospedaliera promosso con decreti del commissario ad acta della regione Molise n. 19/10 del 10 maggio 2010, n. 63 del 2010 del 19 settembre 2010, e n. 68 del 2010 del 29 settembre 2010, è avvenuto un primo riassetto dell'Ospedale San Francesco Caracciolo di Agnone in Stabilimento Ospedaliero afferente al presidio ospedaliero veneziale di Isernia;
   successivamente, con decreto del commissario ad acta n. 84 del 2011 del 10 ottobre 2011 la stessa struttura commissariale confermava la definitività del dispositivo del decreto del commissario ad acta n. 20 del 2011 sull'attivazione del pronto soccorso/astanteria e sull'aumento conseguente dei posti letto di tale struttura, in considerazione delle peculiarità geografiche e climatiche del bacino di utenza;
   nel decreto del commissario ad acta n. 8 del 2013 del 20 marzo 2013 per il presidio ospedaliero di Agnone veniva riportata la seguente indicazione: «l'ospedale di Agnone assume la configurazione di Presidio Ospedaliero di Zona Particolarmente Disagiata, dotato di una unità operativa complessa unica di medicina generale, lungodegenza e rieducazione funzionale. Nell'ospedale è possibile effettuare una chirurgia elettiva in day surgery o, se necessario, in Week surgery, per i casi non dimissibili in giornata, con appoggio nei letti di medicina»;
   di converso, in contrasto con il decreto del commissario ad acta n. 8 del 2013, nel decreto del commissario ad acta n. 21 del 2014 del 4 giugno 2014, programmi operativi 2013-2015, il presidio di Agnone non è più classificato come presidio ospedaliero di zona particolarmente disagiata, e quindi presidio ospedaliero, perdendo tale classificazione per essere presentato come presidio di comunità di zona particolarmente disagiata;
   il decreto del commissario ad acta n. 21 del 2014 non è stato approvato e respinto nelle riunioni seguenti di fine 2014 dal tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza della regione Molise;
   nell'adozione di proposta dell'atto aziendale ASREM, approvato con provvedimento del direttore generale Asrem n. 136 del 3 dicembre 2014, ancora non approvato con decreto del commissario ad acta dalla struttura commissariale, in merito al Caracciolo è riportato: «L'indicato decreto del commissario ad acta n. 8 del 2013, configura l'ospedale di Agnone quale presidio ospedaliero di zona particolarmente disagiata prevedendovi un'unica Unità Operativa Complessa clinica»;
   ultimamente, per ammissione esplicita in riunioni pubbliche del mese di febbraio 2015 e a mezzo stampa della struttura commissariale e della direzione aziendale ASREM, l'elaborazione del riassetto della rete ospedaliera prevede presso il San Francesco Caracciolo un punto di primo soccorso/punto di primo intervento», configurando di fatto l'ospedale di Agnone non più come ospedale di area particolarmente disagiata ma come struttura in riconversione verso strutture territoriali e/o per post acuzie, cosa che pregiudica ulteriormente la possibilità di avere un'adeguata emergenza/urgenza;
   con nota del 29 luglio 2014, il Ministro della salute ha trasmesso alla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province di Trento e Bolzano la bozza definitiva del decreto ministeriale con cui è approvato il regolamento, recante «Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, in attuazione dell'articolo 1, comma 169 della legge 30 dicembre 2004 n. 311 e dell'articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto legge 6 luglio 2012 n. 95 convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 135»; su tale decreto del Ministro della salute, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, è stata acquisita l'intesa con la predetta Conferenza permanente, nella seduta del 5 agosto 2014; il decreto ministeriale in discorso è allo stato in via di imminente pubblicazione; nel decreto del Ministro della salute è prevista, nel paragrafo 9.2.2, una specifica disciplina per i «presidi ospedalieri in zone particolarmente disagiate», sulla quale, peraltro, la Conferenza permanente fra Stato, regioni e province autonome non ha espresso alcuna proposta emendativa, condividendo, invece, integralmente il testo del Governo; in questo paragrafo del decreto ministeriale si stabilisce che in zone particolarmente disagiate, che distano più di 60 minuti dal più vicino presidio di pronto soccorso – superando così i tempi previsti per poter usufruire di un servizio di emergenza efficace – possono essere istituiti dalle regioni specifici presidi ospedalieri;
   in tali presidi ospedalieri, fra l'altro, occorre garantire la presenza e le attività di un pronto soccorso presidiato da un organico medico dedicato all'emergenza-urgenza, con i necessari «servizi di supporto attività di medicina interna e chirurgia generale ridotta»;
   l'ospedale «San Francesco Caracciolo» ubicato ad Agnone (IS) – facente parte dell'azienda sanitaria regione Molise (ASREM) – serve una trentina di comuni montani a cavallo tra l'alto Molise, l'alto Vastese e l'alto-medio Trigno. Si tratta di un ospedale di confine tra Abruzzo e Molise ricadente in zona particolarmente disagiata geograficamente e idrogeologicamente, con collegamenti di rete viaria complessi;
   i diversi comuni, serviti dall'ospedale di Agnone, presentano un elevato indice di rugosità del territorio con una media altimetrica superiore agli 800 mt.slm. Sono collegati da una rete stradale assolutamente tortuosa, disagiata e complessa, con il notevole aggravio dei tempi di percorrenza dovuto al maltempo soprattutto durante il periodo invernale con costante formazione di ghiaccio sulla carreggiata ed abbondanti nevicate. Per di più si tratta di un'area ad elevato rischio idrogeologico, con continui e ripetuti eventi franosi e smottamenti di terreno che complicano e ritardano soventemente la circolazione stradale;
   pertanto, entro il tempo minimo inderogabile di 60 minuti, ex lege prefissato, è molto spesso impossibile poter raggiungere il presidio di pronto soccorso più vicino, diverso ovviamente da quello di Agnone, per assicurare l'indispensabile ed irrinunciabile servizio di emergenza efficace; ne derivano, conseguentemente, gravissimi e pesanti rischi per la salute e per la integrità delle persone e delle comunità della zona di confine abruzzese-molisana, che raggiunge una popolazione residente di circa trentamila persone e che triplica durante il periodo estivo;
   proprio la tutela del diritto alla salute, oggetto di pregnante riconoscimento costituzionale, impone che sia autorizzata e prevista la costituzione nell'ospedale «San Francesco Caracciolo» di un presidio ospedaliero con pronto soccorso h24 in zona particolarmente disagiata;
   questa situazione è stata anche evidenziata dal dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (DPS), nell'ambito della strategia nazionale per le aree interne» che ha classificato i comuni dell'alto Molise, dell'alto Vastese e dell'alto-medio Trigno come «periferici» e «ultraperiferici», certificando la lontananza di questi comuni dai «Centri di offerta dei servizi» compresi quelli sanitari;
   peraltro il bacino di utenza dell'ospedale San Francesco Caracciolo presenta un indice di vecchiaia tra i più alti d'Italia, quindi, i soggetti esposti a maggiori rischi per la salute, gli anziani, di certo non potrebbero avere le cure necessarie in un tempo utile;
   anche i sindaci dei comuni interessati hanno messo in evidenza le caratteristiche di particolare disagio del territorio in una articolata e motivata nota del 24 febbraio 2015 indirizzata al Ministro della salute e dell'economia e delle finanze, ed ai presidenti delle giunte regionali del Molise e dell'Abruzzo;
   va infine rimarcato che il TAR Molise, con ordinanza di sospensiva dell'11 settembre 2014 su ricorso n. 302 del 2014 avverso il citato decreto del commissario ad acta n. 21 del 2014 – programmi operativi 2013-2015 –, ha accertato la peculiarità di area particolarmente disagiata del comprensorio dell'alto Molise, dell'alto Vastese e dell'Alto-Medio Trigno;
   sarebbe auspicabile un apposito accordo quadro di confine fra le regioni Abruzzo e Molise –:
   quali iniziative, nell'esercizio e nell'ambito delle sue competenze istituzionali e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, il Ministro interrogato possa assumere per la tutela del diritto alla salute delle popolazioni e delle comunità dell'alto Molise, dell'alto Vastese e dell'alto-medio Trigno, attraverso, in primis, il riconoscimento dell'ospedale di Agnone quale presidio ospedaliero in zona particolarmente disagiata – alla stregua del decreto ministeriale indicato in premessa dall'interrogante – in quanto tale dotato di un pronto soccorso h24 presidiato da un organico medico dedicato all'emergenza urgenza, con tutti i servizi e le attività medico-ospedaliere collegate. (5-04859)


   ROBERTA AGOSTINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   presso il comune di Palombara Sabina in provincia di Roma è presente un ospedale pubblico che serve un bacino di utenza comprensoriale di circa 110 mila abitanti;
   nell'ambito della riorganizzazione ospedaliera, anche in relazione al commissariamento della sanità regionale e del conseguente piano di rientro, è stata prevista la trasformazione del citato ospedale in «Casa della Salute»;
   la trasformazione della struttura, con un finanziamento previsto pari ad 8 milioni di euro, ha come obiettivo quello di consentire, per la popolazione interessata, i livelli essenziali di assistenza;
   nonostante questi intendimenti, recentemente, la Asl competente, Rm G, ha individuato la struttura ospedaliera di Palombara Sabina quale sede ospitante dei pazienti ex OPG autorizzandone i relativi lavori di adeguamento;
   la decisione ha sorpreso notevolmente l'intera comunità innanzitutto perché nel piano di assistenza dei pazienti ex OPG dovevano essere ospitati presso la struttura sanitaria di Subiaco, con finanziamento di 5 milioni di euro, e, soprattutto, perché l'ospedale di Palombara Sabina è posto nel pieno centro abitato e in prossimità di una scuola comunale materna e di un istituto primario –:
   se il Governo, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, abbia valutato se la mancata piena implementazione del progetto riguardante la Casa della Salute di Palombara Sabina comprometta l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza sul territorio nonché quali effetti si verificherebbero qualora venisse realmente dato seguito al trasferimento dei pazienti degli ospedali psichiatrici giudiziari presso la struttura citata, cosa che, oltre alle problematiche descritte in premessa, rischierebbe di peggiorare l'erogazione delle prestazioni sanitarie sul territorio. (5-04860)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BECHIS, MUCCI, RIZZETTO, PRODANI, CRISTIAN IANNUZZI, ROSTELLATO, BARBANTI, SEGONI, BALDASSARRE e ARTINI. — Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 16 della legge n. 194 del 1978 prevede quanto segue:
   «Entro il mese di febbraio, a partire dall'anno successivo a quello dell'entrata in vigore della presente legge, il Ministro della sanità presenta al Parlamento una relazione sull'attuazione della legge stessa e sui suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione.
   Le regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie entro il mese di gennaio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal Ministro.
   Analoga relazione presenta il Ministro di grazia e giustizia per quanto riguarda le questioni di specifica competenza del suo Dicastero.» –:
   se i Ministri interrogati intendano ottemperare entro il mese di febbraio agli obblighi di legge. (4-08160)


   PASTORELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'ospedale Santissimo Salvatore di Palombara Sabina, già nosocomio pubblico con un bacino di utenza di 110.000 cittadini, è attualmente operativo come poliambulatorio e punto di primo intervento;
   è di queste settimane la notizia che l'attuale struttura sia destinata, pur provvisoriamente, a diventare ospedale generale di zona a struttura di ricovero per internati ex OPG (ospedali psichiatrici giudiziari), meglio conosciuti come «manicomi criminali»;
   nonostante il piano di utilizzo delle risorse pubbliche destinate alla regione Lazio, concordate con il Ministero della salute ed il Ministero dell'economia e delle finanze con protocollo del 28 dicembre 2012, abbia individuato nell'ospedale Angelucci di Subiaco la struttura ospedaliera idonea ad ospitare l'ex OPG, sono in corso presso l'ospedale SS. Salvatore di Palombara Sabina lavori di ristrutturazione per l'adeguamento di tale struttura ad uso ex OPG, seppur in via provvisoria;
   le autorità comunali e locali di Palombara Sabina non sono state minimamente interpellate e interessate a tale iniziativa, considerato che la suddetta struttura ospedaliera giace in pieno centro cittadino e all'interno dell'area scolastica palombarese, con l'asilo comunale ubicato a poche decine di metri da tale complesso;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 recante «Modalità per il trasferimento al SSN delle funzioni e risorse in materia di sanità penitenziaria» prevede che le strutture ex OPG siano da collocare in aree in cui siano presenti istituti penitenziari con capienza sino a 200 detenuti e che l'area di Palombara Sabina non coincide con i dettami del suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto e per quale motivo non si sia dato seguito al programma concordato tra regione Lazio, Ministero della salute e Ministero dell'economia e delle finanze anche considerato che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 in materia di ubicazione di strutture altamente problematiche come gli ex ospedali psichiatrici giudiziari sembra escludere l'area di Palombara Sabina da quelle idonee ad accogliere tale tipo di pazienti. (4-08166)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   GADDA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, all'articolo 13, al comma 2, dispone che: «il periodo di servizio civile effettivamente prestato ...(omissis)... è valutato nei pubblici concorsi con le stesse modalità e lo stesso valore del servizio prestato presso enti pubblici» e al successivo comma 4, riserva una quota del 10 per cento dei posti a concorso per i ruoli iniziali nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del Corpo forestale del Stato a volontari del servizio civile;
   il medesimo decreto legislativo, all'articolo 9, comma 8, così come da ultimo modificato, prevede il rilascio, al termine del periodo di servizio civile, di un attestato equiparato al titolo spettante al personale militare volontario in ferma annuale;
   l'attestazione dovrebbe servire per produrre maggiore punteggio ai candidati che partecipino a concorsi pubblici, tuttavia, si segnala che in molti bandi l'applicazione di tali norme non è omogenea;
   risultano all'interrogante diversi episodi nei quali candidati nei concorsi pubblici siano stati penalizzati attraverso la mancata attribuzione dei punteggi spettanti o attraverso il rigetto della domanda per presunto difetto del requisito di esperienza presso un ente pubblico;
   di particolare gravità appare la nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 1603 del 24 febbraio 2011 che ha avallato questa distorta interpretazione della normativa in ambito di valutazione dei titoli nelle procedure concorsuali, a scapito dei volontari del servizio civile nazionale, attuando una sorta di discriminazione rispetto ai candidati che hanno reso servizio in ferma prefissata nelle Forze Armate;
   recita, infatti, la nota: «il servizio militare obbligatorio, è stato definitivamente sospeso e di conseguenza, il servizio civile è fondato su base esclusivamente volontaria. (omissis)... i periodi di servizio civile prestati fino alla data del 31 dicembre 2005 sono ritenuti validi nei limiti e con le modalità con le quali la legislazione riconosce il servizio militare obbligatorio. (omissis)... il servizio civile prestato successivamente all'eliminazione dell'obbligo del servizio di leva non può essere considerato come servizio prestato presso una pubblica amministrazione»;
   tuttavia, è la stessa nota a decretare che «il servizio militare in ferma di leva volontaria è da valutare come servizio prestato alle dirette dipendenze di Amministrazioni Statali»;
   il servizio civile volontario, per quanto non instauri un rapporto di lavoro con l'amministrazione, andrebbe, invece, equiparato al servizio militare volontario in ferma prefissata come previsto dal decreto legislativo citato in premessa e dovrebbe, quindi, produrre punteggio;
   si precisa che anche sul sito del Governo dedicato al servizio civile nazionale tra le FAQ dedicate ai volontari (http://www.serviziocivile.gov.it/main/area-volontari-hp/faq/13-benefici/), la numero 13 riporta quanto segue: «il periodo di servizio civile prestato è valutato nei pubblici concorsi con le stesse modalità e lo stesso valore del servizio prestato presso gli Enti Pubblici»;
   si ricorda, peraltro, che il periodo reso presso il servizio civile nazionale risulta valido ai fini del calcolo per l'accesso ai trattamenti pensionistici, fin dal 2005, attraverso il versamento di contributi obbligatori a carico dello Stato –:
   quale sia a livello nazionale la situazione circa l'applicazione delle norme richiamate in premessa sul riconoscimento del servizio civile ai fini dell'ottenimento di un maggior punteggio nei concorsi pubblici;
   quali siano le ragioni di una non omogenea applicazione delle norme da parte della pubblica amministrazione, e se il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione intenda promuovere iniziative atte a chiarire che il servizio civile nazionale produce maggiore punteggio all'interno delle selezioni concorsuali nella pubblica amministrazione;
   quali iniziative il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda adottare in merito alla nota n. 1603 del 24 febbraio 2011 che palesa secondo l'interrogante una errata interpretazione delle norme richiamate in premessa.
(4-08163)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAROFALO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'amministratore delegato di Poste italiane spa sta per presentare il nuovo piano industriale che prevede circa 1000 interventi tra rimodulazione di orario in circa 550 uffici e la chiusura di altri 450;
   lo stesso amministratore delegato ha garantito al Governo che il nuovo piano non comporterà alcun impatto occupazionale, né una riduzione dei servizi dei cittadini;
   a parere dell'interrogante, al contrario, il nuovo piano industriale di Poste come detto, avrà pesanti ricadute sul territorio e causerà un impoverimento dei servizi alle comunità locali;
   l'esigenza di rivedere l'attuale modello organizzativo e gestionale non può compromettere la missione anche sociale dell'azienda Poste italiane: l'ufficio postale, infatti, soprattutto nei territori montani, rurali e nelle periferie delle grandi città ha da sempre rappresentato uno dei luoghi simbolo per la soluzione dei problemi dei cittadini. Il Piano delle chiusure degli uffici postali, pertanto, produrrà effetti estremamente negativi sui territori e sulle persone più in difficoltà;
   pur comprendendo gli obiettivi di modernizzazione dell'offerta del servizio e del contenimento dei costi, è inevitabile la creazione di forti disagi per gli utenti che vedono venir meno un servizio essenziale necessario per le loro esigenze –:
   se Poste italiane abbia considerato come la chiusura degli uffici postali determinerà un inevitabile disagio soprattutto per le persone anziane che non possono spostarsi autonomamente e che non hanno accesso agli strumenti telematici in alcune zone già fortemente disagiate per l'assenza di servizi di collegamento efficaci come nella provincia di Messina dove è prevista la chiusura di ben 13 uffici (Altolia, Cumia, Pezzolo, San Saba, Pellegrino, Scala, Valdina, Serro, Protonotaro, Soccorso, Campogrande, Cattafi, Fiumara) e la riduzione dei giorni di apertura al pubblico, a partire dal mese di aprile, negli uffici di San Filippo Superiore, Roccafiorita, Saponara, Alicudi, Bafia e Condrò;
   se non sia opportuno che Poste italiane riveda la chiusura di alcuni uffici nei quali la permanenza dell'azienda svolge un'importante funzione sociale;
   se Poste italiane abbia comunque predisposto un piano per «accompagnare» gli utenti nel passaggio al nuovo assetto tenendo conto del fatto che molti uffici che verranno chiusi, perché considerati antieconomici, si trovano in piccole frazioni che non risultano collegate in modo idoneo e, quindi, non sono facilmente raggiungibili;
   a quali condizioni sarà garantito il mantenimento del livello occupazionale rispetto al quale l'ingegner Caio ha offerto ampie rassicurazioni tenendo conto del fatto che verranno chiusi 450 sportelli e che in altri 550 vedranno fortemente ridimensionati gli orari di apertura;
   quali ulteriori interventi siano previsti negli anni successivi per la piena attuazione del Piano oltre alle chiusure previste e alle riduzioni di orario già fissate. (5-04854)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   all'interno della Unione europea esiste l'ente CEPT che sovraintende tra l'altro al corretto utilizzo delle frequenze radio. A sua volta il CEPT divide lo spettro delle frequenza in base al loro utilizzo e alla loro funzione. Per lo spettro radioelettrico destinato alle comunicazioni marittime esiste un apposito gruppo di lavoro chiamato FM46 Maritime. Ogni gruppo di lavoro è composto da un presidente, un vicepresidente e i componenti che sono i rappresentanti di ogni nazione europea;
   questo gruppo di lavoro incide sulle strategie dei prodotti che saranno progettati e immessi sul mercato e quindi i rappresentanti delle varie nazioni interagiscono e collaborano con le aziende che hanno sede nella loro nazione;
   i rappresentanti dei singoli Paesi dovrebbero essere emanazione dei Governi nazionali e di conseguenza per l'Italia dovrebbe essere presente un rappresentante del dipartimento delle comunicazioni in capo al Ministero dello sviluppo economico;
   alcune aziende italiane hanno segnalato la difficoltà ad ottenere informazioni su chi sia il delegato italiano di questo gruppo, nel quale tale rappresentante dovrebbe perorare gli interessi del Governo e delle aziende italiane produttrici, e ad ottenere un recapito per poterlo contattare –:
   quale sia effettivamente il rappresentante ufficiale del Governo italiano in questa istituzione e quali siano le modalità attraverso le quali le aziende italiane possano interpellarlo per discutere le problematiche del settore. (4-08149)


   POLIDORI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato dalla stampa locale umbra, a partire dal 13 aprile 2015, un numero di 15 uffici postali cesseranno il servizio e altri 18 funzioneranno ad orario ridotto nei territori della provincia di Perugia, con inevitabili ripercussioni nei confronti degli utenti in particolare i pensionati e gli invalidi;
   sebbene i servizi offerti dalla società Poste italiane siano sempre più moderni e al passo con i tempi della tecnologia, così com’è emerso dai recenti incontri svolti a Perugia e successivamente a Roma, tra le regioni ed i vertici aziendali, occorre tutelare, a giudizio dell'interrogante, una fascia d'utenza come quella in precedenza esposta e le comunità locali, che vivono nelle aree rurali e montane, che registrano un alto tasso di presenza di cittadini anziani; il paventato ridimensionamento degli uffici postali rischia di accrescere le difficoltà organizzative per gli spostamenti dei medesimi obbligati a recarsi in località più servite dai medesimi servizi;
   l'interrogante, a tal fine, evidenzia che il processo di razionalizzazione messo in atto da Poste italiane nel corso dei precedenti anni ha già determinato nel 2012 in Umbria la chiusura di 32 uffici, mentre altri 44 sono stati coinvolti nel processo di razionalizzazione degli orari;
   a tal fine, le decisioni in precedenza riportate, relative ad un ulteriore ridimensionamento dei servizi postali annunciato nel territorio della provincia di Perugia, se non accompagnate in maniera adeguata da un processo volto ad informare circa i nuovi servizi telematici offerti all'utenza, che richiede un periodo di tempo congruo di apprendimento per le persone anziane, rischiano a parere dell'interrogante, di determinare gravi conseguenze per gli stessi utenti umbri, compromettendo una delle funzioni proprie della società e il concetto stesso del servizio universale, per il quale lo Stato riconosce contributi proprio per assicurare la capillarità e la qualità del recapito postale –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato, per quanto di competenza, in merito alle iniziative annunciate dalla società Poste italiane, in materia di ridimensionamento dei servizi offerti agli utenti della provincia di Perugia, attraverso la soppressione, a partire dal 13 aprile 2015, di 15 uffici postali e la riduzione dell'orario per 18 sedi postali, posto che tale decisione appare estremamente negativa e penalizzante per la comunità locale interessata, oltre che in netto contrasto con gli obiettivi del contratto di programma e con il principio dell'universalità del servizio;
   quali iniziative concrete, per quanto di competenza, intenda mettere in atto nei confronti di Poste italiane s.p.a. affinché venga scongiurato il rischio che gli uffici postali richiamati in premessa siano interessati da chiusure totali o parziali nel prossimo periodo primaverile-estivo e affinché sia, comunque, assicurato a tutti i cittadini della provincia di Perugia il diritto di usufruire del servizio universale postale, con particolare riguardo a quelle zone rurali e montane le cui comunità sono, proprio per motivi logistici, fortemente penalizzate. (4-08151)


   MARCHETTI e RICCIATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il piano di ottimizzazione comunicato il 4 febbraio 2015 da Poste Italiane prevede il taglio annunciato di tre uffici postali e la riduzione dei giorni di apertura per alti nove nella sola provincia di Pesaro-Urbino;
   i tre uffici postali che dovranno chiudere entro 60 giorni sono situati a Novilara, Petriano e Pesaro Cacciatori, con una ricaduta diretta su 2835 cittadini e 1048 famiglie che si servono di questi servizi. Per i nove uffici di Belforte, Pianello, Smirra, Isola di Fano, Fratte Rosa, Monteciccardo, Piagge, Serra Sant'Abbondio, San Giorgio, sono previste riduzioni nei giorni di apertura, che comporteranno disagi su altri 7033 residenti e ben 3116 famiglie. Questo a fronte di un risparmio minimo sul personale: appena 3-4 unità in meno rispetto ai 350 dipendenti;
   la rete di Poste Italiane in questi anni è già stata pesantemente depotenziata: il 6 per cento dei 96 uffici provinciali sono sportelli avanzati dove l'azienda si è ritirata da tempo, mentre il 20 per cento risultano aperti solo due giorni alla settimana. Questo a fronte di ricavi dichiarati provenienti al 70 per cento dai comuni periferici, e solo al 30 per cento dalle città di Pesaro, Fano e Urbino;
   al comune di Petriano è arrivata recentemente la comunicazione ufficiale che l'ufficio postale, in cui da diversi anni e a giorni alterni lavora un solo impiegato a tempo ridotto, chiuderà definitivamente il 13 aprile 2015;
   il predetto ufficio, all'interno della provincia di Pesaro-Urbino, rappresenta un punto di riferimento per un ampio bacino di utenza – in buona parte costituita da anziani – che si spinge fino a Monteguiduccio, frazione di Montefelcino, distante circa 15 chilometri passando per la frazione di Valzangona e distante 10 chilometri da Scotaneto, frazione di Urbino, sede comunale e termale;
   circa un anno e mezzo fa il comune di Petriano ha fatto un accordo con la direzione provinciale di Poste Italiane in cui era stabilito che questi ultimi avrebbero mantenuto l'attuale orario e giorni di apertura dell'ufficio in cambio di servizi aggiuntivi a loro favore da parte dell'amministrazione comunale, accordo onorato dal comune di Petriano;
   l'ufficio più prossimo a Petriano si trova attualmente nel comune di Gallo (PU), che dista 3 chilometri. Tra i due centri non esistono mezzi di trasporto pubblico; la strada è ricca di curve con una pendenza di oltre il 17 per cento e risulta pericolosa soprattutto nel periodo invernale con neve e ghiaccio. In alternativa, ci si deve recare presso l'ufficio di Trasanni (PU), a 6 chilometri da Gallo;
   come sottolineato anche da alcune sigle sindacali, il radicamento e la presenza capillare sul territorio è uno dei patrimoni più preziosi di Poste Italiane e lo smantellamento di questa rete – etichettato come razionalizzazione – rischia di diventare un boomerang per le stesse Poste che lasciano così campo libero ai servizi bancari. A questo va aggiunto il grave danno per le comunità locali, soprattutto per i centri più periferici e in particolare per gli anziani, che già scontano una pesante scarsità di servizi da parte dei piccoli centri che sono stati spogliati di scuole, asili, negozi e, adesso, anche degli uffici postali –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per assicurare che Poste Italiane eroghi un servizio puntuale, capillare e rispondente alle esigenze dei cittadini;
   se non ritengano doveroso garantire ai cittadini italiani, quindi anche al comune di Petriano e a quelli limitrofi, il miglior servizio possibile e il servizio universale delle comunicazioni postali, evitando che vengano disattesi gli obblighi imposti al fornitore del servizio dalla normativa e dal contratto di servizio, attraverso la chiusura e il ridimensionamento degli uffici postali territoriali;
   se non ritengano opportuno assumere iniziative per mantenere in attività l'ufficio postale di Petriano;
   se non ritengano doveroso convocare un tavolo istituzionale con Poste Italiane e i rappresentanti dei lavoratori, al fine di valutare soluzioni occupazionali alternative per coloro che sono coinvolti nel piano di riorganizzazione presentato.
(4-08157)


   PALMIZIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato la scorsa settimana dal quotidiano: «Il Resto del Carlino», la direzione bolognese di Poste italiane, a partire dal prossimo 13 aprile, sarebbe intenzionata a chiudere alcuni uffici della provincia di Bologna in particolare: il capoluogo di Granaglione e della sua frazione di Borgo Capanne, la frazione di Querciola di Lizzano in Belvedere e quella di Bargi nel territorio di Camugnano;
   l'articolo evidenzia, come le decisioni che i vertici aziendali intenderebbero adottare, siano irrevocabili e dettate dalla necessità di adeguare l'offerta di Poste italiane, all'effettiva domanda dei servizi postali del territorio comunale e pertanto a causa della bassa produttività gli uffici postali in precedenza richiamati, risulterebbero prossimamente soppressi;
   la notizia inattesa della possibile cessazione dei servizi postali, ha destato stupore e al contempo preoccupazione da parte dei primi cittadini delle comunità locali suesposte, che fanno parte dell'Unione Alto Reno, i quali hanno rilevato, come evidentemente non sia stato sufficiente il ridimensionamento dell'attività degli uffici postali ridotti a funzionare negli ultimi anni pochi giorni della settimana;
   a tal fine, prosegue il medesimo articolo, i rappresentanti degli enti locali coinvolti, ipotizzano manifestazioni di protesta per scongiurare la chiusura degli uffici postali in aree rurali e montane, che per le difficoltà legate alla collocazione geografica e soprattutto, per l'elevata presenza di cittadini anziani, rischiano di accrescere le difficoltà organizzative per gli spostamenti dei medesimi obbligati a spostarsi verso località maggiormente fornite dei servizi postali;
   l'interrogante evidenzia che, nel caso fossero confermate le intenzioni di Poste italiane di cessare il funzionamento dei servizi postali, nei comuni dell'Alta Valle del Reno, si determinerebbero rilevanti effetti negativi sull'occupazione e sulla regolarità dei servizi resi alle comunità del territorio bolognese, compromettendo una delle funzioni proprie di Poste italiane e il concetto stesso del servizio universale per il quale lo Stato riconosce i relativi contributi proprio per assicurare la capillarità e la qualità del recapito postale;
   a tal fine, a giudizio dell'interrogante, necessitano urgenti iniziative del ministro interrogato e del Governo in carica, volte a chiarire quali siano le intenzioni connesse al piano di ristrutturazione organizzativa del servizio postale, paventato dalla direzione bolognese di Poste Italiane Spa nei confronti dei territori in precedenza esposti, anche con riferimento alla futura collocazione del personale interessato dalle decisioni riorganizzative –:
   quali orientamenti il ministro interrogato intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa, nell'ambito delle competenze proprie;
   se sia a conoscenza delle decisioni assunte da Poste italiane, sull'imminente piano di dismissione degli uffici postali in precedenza richiamati per i comuni situati nella Valle del Reno in Emilia Romagna e a tal fine se intenda confermare tali intenzioni di revisione delle sedi postali medesime;
   in caso affermativo se tali iniziative, siano o meno in contrasto con gli obiettivi del contratto di programma e con il principio dell'universalità del servizio;
   se non ritenga opportuno a tal fine, avviare iniziative di competenza propria, al fine di consentire l'apertura di un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali, le amministrazioni locali dell'Alta Valle del Reno e i vertici aziendali di Poste italiane, al fine di individuare le soluzioni più opportune, in grado di tutelare le comunità montane interessate, ed evitare ripercussioni per i cittadini/utenti, in particolare per gli anziani e gli invalidi che altrimenti sarebbero obbligati a complicati spostamenti verso altri uffici postali situati in altri comuni. (4-08158)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Prodani e altri n. 1-00047, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Baldassarre, Turco, Bechis, Segoni, Artini.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Oliverio e altri n. 7-00588, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 febbraio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Falcone.

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Massimiliano Bernini e altri n. 2-00858, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 febbraio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: L'Abbate, Gagnarli, Parentela, Benedetti.

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: mozione Locatelli n. 1-00627 del 16 ottobre 2014.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Covello n. 5-04279 del 12 dicembre 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-08143;
   interrogazione a risposta in Commissione De Lorenzis e altri n. 5-04359 del 22 dicembre 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-08144.

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza urgente Nicchi e altri n. 2-00861 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 380 del 24 febbraio 2015. Alla pagina 21901, prima colonna, dalla riga ottava alla riga decima, deve leggersi: «Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che» e non «Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:», come stampato.