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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 25 novembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    i diritti delle donne costituiscono parte integrante ed inalienabile del patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le società democratiche;
    la violenza sulle donne è probabilmente la forma più pervasiva di violazione dei diritti umani conosciuta oggi, che devasta vite, disgrega comunità e ostacola lo sviluppo, e rappresenta un problema di proporzioni pandemiche, come osservano i rapporti dell'UNIFEM, il Fondo di sviluppo per le donne delle Nazioni Unite;
    nell'attuale quadro estremo di crisi, guerre e persecuzioni il tema dei diritti umani, e in particolare quello delle donne appare fondamentale e urgente nella sua complessità;
    lo stupro, eseguito in modo sistematico e di massa su donne, ragazze, bambine e bambini, così come la schiavitù sessuale e la tratta di esseri umani, insieme ad altre forme di violenza, sono ancora usati come armi, forme di controllo e di sopraffazione in zone di conflitto in tutto il mondo;
    negli ultimi anni, la stampa internazionale ha ripetutamente denunciato il crimine sistematico delle violenze di cui sono vittime migliaia di donne negli attuali teatri di guerra e, in particolare, nel quadro del conflitto siriano messe in atto dalle forze governative e dai gruppi armati non-statali, in particolare dai miliziani jihadisti dell'autoproclamato Stato islamico dell'Iraq e della Siria (ISIS);
    un rapporto particolarmente ricco d'informazioni, pubblicato nel novembre del 2013 dalla Rete euromediterranea dei diritti dell'uomo, conferma l'ampiezza del fenomeno in Siria; tuttavia, al pari di altri rapporti di importanti organizzazioni non governative quali International rescue committee e Human rights watch, il rapporto mette in evidenza le difficoltà di ottenere testimonianze dirette, anche dovuti al timore delle vittime di diventare successivamente oggetto di discredito sociale, di essere allontanate dal contesto familiare e del rischio stesso di divenire vittime di delitti d'onore;
    l'organizzazione Women's Media Center ha lanciato un'iniziativa, denominata Women Under Siege, al fine di raccogliere un ampio numero di testimonianze riportate dalla stampa;
    tale progetto sembra confermare quanto stabilito nelle conclusioni della Commissione d'inchiesta internazionale indipendente sulla Siria, che già nel primo rapporto pubblicato il 15 agosto 2012, denunciava che «la violenza sessuale ha avuto un ruolo di primo piano nel conflitto, così come la paura e la minaccia dello stupro e delle violenze; ci sono casi di violenza sessuale durante le incursioni, ai posti di blocco e nei centri di detenzione e nelle prigioni di tutto il paese; la minaccia di stupro è uno strumento per terrorizzare e punire le donne, i bambini e gli uomini, ritenuti sostenere l'opposizione»;
    le violazioni dei diritti dell'uomo e i crimini di guerra da parte delle forze governative che includono le violenze e le sevizie sessuali sono confermate negli ultimi rapporti pubblicati dalla Commissione nel 2014; tali rapporti, rilevano, tuttavia, che anche gli appartenenti al gruppo terroristico dell'ISIS, il quale si è dotato di una struttura gerarchica e politica, si sono adoperati in gravissimi crimini di guerra e contro l'umanità, deliberati e calcolati in particolare contro le donne e i minori;
    il presidente della Lega siriana dei diritti umani, Abdel Karim Rihaoui, attualmente in esilio al Cairo, ha dichiarato che in Siria gli «stupri sono molto frequenti durante le incursioni nei villaggi e diventano sistematici nelle carceri dei servizi segreti»; egli ritiene che le donne stuprate o seviziate nelle carceri siriane dall'inizio della rivoluzione sarebbero più di cinquantamila;
    dal teatro di guerra siriano, giungono parallelamente sempre più allarmanti notizie relative alle condizioni in cui sono costrette le donne che vivono nei territori controllati dall'ISIS; l'ultimo rapporto (Rule of Terror: Living under ISIS in Syria – 14 novembre 2014) della Commissione d'inchiesta internazionale indipendente sulla Siria rileva come le milizie jihadiste dell'ISIS abbiano messo in atto crimini di guerra consistenti in sevizie, stupri, riduzione in schiavitù sessuale e maternità coercitiva ai danni delle ragazze e delle donne, in particolare delle donne appartenenti alla minoranza etnica e religiosa yazida;
    Amnesty International ha incontrato migliaia di profughi, provenienti da tutti governatorati della Siria, fuggiti nei paesi vicini; l'ONG internazionale riferisce in diversi documenti, tra cui l'appello lanciato il 22 novembre 2013, che per le rifugiate siriane il principale motivo per cui hanno lasciato la Siria era la paura dello stupro e della violenza sessuale;
    le donne rifugiate rappresentano quasi sempre l'unica speranza di sopravvivenza per i figli; tuttavia, il drammatico destino delle vittime della guerra vuole che le fuggiasche non trovino sicurezza neanche una volta varcati i confini della Siria; nel documento Za'atari Governance Plan (giugno 2013) dell'Unhcr si legge, infatti, che nel campo profughi di Za'atari, situato in Giordania è diventato con i suoi 120.000 profughi il secondo campo più grande al mondo, che «persone potenti e bande organizzate hanno imposto la loro volontà su quartieri del campo, deviando l'assistenza e realizzando attività criminali»; il documento parla anche di ambiente insicuro, con gruppi vulnerabili che corrono gravi rischi tra cui sfruttamento e abuso sessuale, senza potere ricorrere al sistema giudiziario giordano;
    l'articolo 3 delle Convenzioni di Ginevra, che riguarda i conflitti armati a carattere non internazionale, che si verificano nel territorio di uno degli Stati contraenti contiene un insieme di divieti inderogabili, in qualsiasi luogo e in qualsiasi circostanza, tra cui la violenza contro la vita e le persone, la cattura di ostaggi, l'oltraggio alla dignità personale, e in particolare i trattamenti umilianti e degradanti, l'emissione di sentenze di condanna e le esecuzioni effettuate senza regolare processo;
    le gravi violazioni delle convenzioni di Ginevra rientrano nei crimini di competenza della Corte penale internazionale, unitamente ai crimini di genocidio, ai crimini contro l'umanità e a tutti i crimini di guerra, siano essi trattati o meno dalle convenzioni di Ginevra; tale esigenza è stata più volte sottolineata all'interno della comunità internazionale, sia dai movimenti delle donne che da altri soggetti, sia non governativi che istituzionali, ed ha trovato risposta sia nello Statuto della Corte penale internazionale che in altre recenti interpretazioni del diritto umanitario;
    la risoluzione 1325 su «Donne, Pace e Sicurezza», approvata all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU il 31 ottobre del 2000, è la prima in assoluto che menziona esplicitamente l'impatto della guerra sulle donne ed il contributo delle stesse nella risoluzione dei conflitti per una pace durevole; il provvedimento rafforza, estendendoli a tutte le Parti in conflitto e alle Parti «terze», importanti impegni derivanti dalla più ampia «Convention on the elimination of all forms of discrimination against women» (CEDAW), elaborata dalle Nazioni Unite e ratificata dall'Italia il 10 giugno 1985, quali la piena partecipazione delle donne nei processi decisionali, il ripudio della violenza contro le donne, l'esigenza della loro protezione e la valorizzazione delle loro esperienze; nell'ambito dell'attuazione del Piano nazionale donne, pace e sicurezza 2014-2016, il Ministero della difesa ha avviato nello scorso giugno 2014 il primo corso per gender advisor con l'obbiettivo di formare una nuova figura professionale, istituita in ambito Nato, di supporto ai comandanti nel rendere le forze armate sempre più aderenti ai principi delle pari opportunità e dell'uguaglianza di genere e di contribuire a una pace sempre più stabile e duratura nei territori di missione;
    l'uso dello stupro come arma di guerra è stato ufficialmente condannato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, con la risoluzione 1820, appoggiata da trenta Paesi, tra cui l'Italia, e approvata dai 15 Stati membri del Consiglio di sicurezza; il quarto paragrafo di tale risoluzione osserva che «lo stupro e altre forme di violenza sessuale possono rappresentare un crimine di guerra, un crimine contro l'umanità o comunque un atto che afferisce al genocidio» e sottolinea inoltre «l'importanza di porre fine all'impunità nei confronti di tali atti, come parte di un approccio globale per la ricerca della pace della giustizia, della verità e della riconciliazione nazionale»;
    l'opportunità di avviare indagini sulle violenze contro le donne in Siria si conferma urgente e prioritaria in ragione del fatto che se potesse essere provato che essi sono stati pianificati, i responsabili potrebbero essere imputati davanti ai tribunali internazionali di crimini contro l'umanità e di crimini di guerra, anche in relazione a tale fattispecie criminosa; in linea con la dottrina che vuole attribuire alla Corte penale internazionale un ruolo sempre più concreto nella valutazioni delle questioni internazionali, il Governo italiano ha assicurato un costante impegno per autorizzare e promuovere un'indagine della Corte penale internazionale sulle atrocità commesse in Siria; tuttavia, l'iniziativa per una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite volta a deferire, come avvenuto per la situazione in Libia, le due parti in conflitto in Siria davanti alla Corte penale internazionale ha incontrato per quattro volte il veto di due rappresentanti permanenti, ossia la Cina e la Federazione Russa;
    l'Italia ha altresì svolto un ruolo importante nel percorso internazionale volto all'adozione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta ad Istanbul l'11 maggio 2011, che rappresenta il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativa completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;
    il Capo VIII (articoli 62-65) della Convenzione prevede obblighi di cooperazione internazionale tra Stati al fine di rafforzare l'azione di contrasto alla violenza nei confronti delle donne; l'articolo 62, paragrafo 4, in particolare, dispone che «Le Parti si sforzano di integrare, se del caso, la prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica nei programmi di assistenza allo sviluppo condotti a favore di paesi terzi, compresa la conclusione di accordi bilaterali e multilaterali con paesi terzi, al fine di facilitare la protezione delle vittime»;
    la violenza sulle donne, gli stupri di guerra, le mutilazioni e più in generale l'uso del corpo delle donne come strumento di repressione e di sottomissione ci richiamano, come Paese e come membri della comunità internazionale, ad un'immediata assunzione di responsabilità,

impegna il Governo:

   a utilizzare tutti gli strumenti d'azione diplomatica per sostenere gli sforzi internazionali e regionali volti a una soluzione della crisi siriana fondata sui principi contenuti nel comunicato di Ginevra del 30 giugno 2012 e per richiedere il rispetto del diritto internazionale umanitario e del diritto bellico da parte tanto dell'esercito regolare quanto dei gruppi armati di opposizione, monitorandone la condotta e condannandone le violazioni;
   a favorire con ogni mezzo e in ogni sede la raccolta delle testimonianze e delle prove, nonché ogni indagine volte a stabilire la verità sulle violenze di cui sono vittime le donne e i minori nel conflitto siriano e ad individuarne i responsabili, continuando a promuovere un deferimento della situazione in Siria al procuratore della Corte penale internazionale;
   a riconoscere la protezione e l'assistenza delle donne e dei minori rifugiati come una priorità nell'ambito delle attività della cooperazione internazionale e dell'accoglienza, offrendo supporto per il mantenimento e l'avvio di nuovi progetti di assistenza medica, psicosociale e legale per le donne e i minori che hanno subito violenza;
   a promuovere nel contesto internazionale la conclusione di accordi bilaterali e multilaterali volti alla prevenzione delle violenze, alla protezione delle vittime e allo sviluppo e il rafforzamento delle istituzioni nazionali, in modo particolare i sistemi giudiziari e sanitari e le reti locali della società civile, allo scopo di fornire una adeguata assistenza alle donne e ai minori vittime di violenze nei conflitti armati e nelle situazioni post-belliche.
(7-00536) «Quartapelle Procopio, Giuliani, Sereni, Carrozza, Garavini, Locatelli, Fitzgerald Nissoli, Zampa, Fedi, Nicoletti, Porta».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   nel corso di un intervento organizzato recentemente da Agrinsieme, il coordinamento che rappresenta le aziende e le cooperative di Cia, Confagricoltura e Alleanza delle cooperative italiane, il Ministro interpellato ha evidenziato che, nell'ambito della riorganizzazione del sistema e della macchina amministrativa dei rimborsi, per i produttori che non sono dotati di fondi assicurativi, sia in corso di elaborazione un anticipo dei previsti fondi indicati all'interno della politica agricola comune, da corrispondere nel prossimo mese di giugno del 2015 anziché, come inizialmente previsto, a dicembre del medesimo anno;
   il responsabile del dicastero agricolo, a tal proposito, ha inoltre aggiunto l'intenzione di intervenire con una deroga per il 2014, al fine di destinare risorse finanziarie proprio per quelle imprese che non hanno la cosiddetta copertura assicurativa, precisando fra l'altro, di essere già in contatto con tutti gli assessori dell'agricoltura del Piemonte, Liguria ed Emilia, per stabilire una serie di misure finanziarie da destinare attraverso il recupero di fondi perenti a sostegno delle imprese agricole;
   le dichiarazioni del Ministro interpellato, ricomprese, all'interno di un più ampio dibattito, riguardante la complessa e grave situazione di dissesto idrogeologico nel Paese, i cui recenti fenomeni alluvionali verificatisi in diverse regioni hanno ulteriormente accentuato i livelli di pericolosità e di difficoltà del territorio italiano ad elevata criticità idrogeologica, non sembrano tuttavia aver incluso anche altre aree del Paese, interessate anch'esse da gravissimi eventi calamitosi, le cui intense ed estese precipitazioni alluvionali hanno provocato ingenti danni alle imprese agricole, agro-pastorali e alle colture;
   territori di regioni quali la Campania, la Puglia e la Toscana, sono stati infatti coinvolti da gravissime emergenze alluvionali; lo sviluppo di forti ed estesi fenomeni temporaleschi ha continuato ad insistere con una configurazione di eccezionale stazionarietà, causando rilevanti danni alle attività produttive agricole, oltre che ai sistemi della viabilità, e soprattutto il decesso di alcuni individui;
   nelle province di Napoli, Avellino, Caserta e Salerno, a partire dal 21 gennaio 2014 e nelle giornate successive, com’è noto, un'intensa attività alluvionale ha causato una serie di danneggiamenti alle strutture locali agricole e alle attività connesse alle coltivazioni e produzioni agroalimentari, con diverse implicazioni negative per il settore e in generale per la gestione aziendale delle pratiche;
   nelle giornate del 16 e del 19 giugno 2014, i comuni dell'area nolana e del vesuviano, in provincia di Napoli, sono stati nuovamente funestati da un'eccezionale ondata di maltempo che si è abbattuta anche sul contiguo territorio della bassa Irpinia, devastando intere aree ad alta produzione agricola, le cui eccellenze alimentari, come il «pomodorino del piennolo», le albicocche, le nocciole e le ciliegie hanno subito gravi danni;
   l'area pugliese del Gargano il 5 settembre 2014, com’è altrettanto notorio, è stata interessata, da un nubifragio, la cui intensità, particolarmente violenta, ha distrutto numerosi capannoni ed impianti produttivi agricoli, interessando i territori di 14 comuni, fra i quali Peschici, Rodi Garganico e San Menaio, che hanno subìto i maggiori danni alle colture;
   la maremma Toscana in particolare, e i comuni di Orbetello, Albinia, Capalbio, Manciano, Magliano in Toscana e Scansano, nella provincia di Grosseto, sono stati colpiti il 14 ottobre 2014, a distanza di due anni, da una nuova alluvione che ha provocato l'esondazione di numerosi corsi d'acqua, dissesti di versante, ingenti danni alle infrastrutture viarie ed in particolare danni economici per numerose aziende e colture agricole d'eccellenza, causate da fenomeni pluviometrici di rara intensità, addirittura plurisecolari, che hanno provocato addirittura il decesso di due donne;
   gli interventi decisionali del Governo, successivi ai suesposti eventi calamitosi, le cui conseguenze devastanti hanno ulteriormente aggravato una situazione complessiva già critica, per la maggior parte delle imprese agricole, causata dalla persistente crisi recessiva nel nostro Paese, a giudizio degli interpellanti, sono stati tardivi ed insufficienti per alcuni aspetti, spesso senza un'adeguata azione di coordinamento e addirittura inesistenti in alcuni casi;
   le deliberazioni dello stato di emergenza e dello stato di calamità da parte del Consiglio dei ministri e del Ministro interpellato, intervenute in alcuni casi con notevole ritardo, nonostante le sollecitazioni delle istituzioni e delle comunità locali a procedere in tempi più rapidi, non hanno infatti adeguatamente tutelato il tessuto economico agricolo e agro-pastorale dalle conseguenze derivanti dai danni subiti dall'alluvione; l'assenza di misure agevolative fiscali e finanziarie, in grado di fronteggiare la situazione emergenziale venutasi a determinare, e di misure di ripristino delle attività ordinarie agricole si riflette sugli scenari futuri di moltissime imprese;
   gli interpellanti a tal proposito evidenziano che soltanto le imprese agricole dell'area del Gargano sono state beneficiate dello stato di calamità decretato dal Ministro interpellato a differenza della Campania, per la quale le imprese agricole sono state beneficiate dall'alluvione del giugno 2014 soltanto dagli interventi previsti dal fondo di solidarietà nazionale, e della Toscana, i cui territori agricoli sono stati anch'essi interessati dagli effetti devastanti delle piogge torrenziali;
   alle dichiarazioni in precedenza esposte del Ministro interpellato, a parere degli interpellanti, evidentemente limitative e circoscritte a determinate aree regionali del Nord, che hanno subito danni derivanti dai dissesti idrogeologici provocati dai fenomeni alluvionali, si sono aggiunte la scorsa settimana le affermazioni del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, il quale, in una visita a Milano, ha sostenuto che, per i comuni della Liguria, del Piemonte e della Lombardia, che hanno subito danneggiamenti causati da eventi catastrofici avversi, saranno previsti (nel breve termine), interventi di deroga al patto di stabilità interno, oltre alla possibilità di rinegoziare i mutui esistenti;
   le predette considerazioni, affiancate alle richiamate osservazioni del Ministro interpellato, a giudizio degli interpellanti, denotano una palese mancanza di una organica visione su scala nazionale, del numero complessivo delle regioni coinvolte dagli eventi alluvionali avvenuti nel corso dell'anno, ed in particolare, la mancata individuazione di quali tipologie di comparti produttivi hanno subito maggiori danni economici; gli interventi del Governo (come in precedenza esposto), dimostratisi intempestivi e carenti, non hanno a tal proposito fatto sufficiente chiarezza in merito ai provvedimenti d'emergenza già adottati, oltre che alle misure di allentamento degli obiettivi programmatici per gli enti territoriali coinvolti;
   gli interpellanti a tal fine evidenziano, anche in considerazione delle numerose sollecitazioni provenienti dagli operatori agricoli locali delle regioni quali la Campania e la Toscana, come siano indispensabili precisazioni da parte del Ministro interpellato e del Governo, in merito all'individuazione delle aree interessate dal disastro ambientale e delle decisioni da adottare, a seguito dei gravissimi eventi alluvionali, che hanno pesato sul fronte produttivo in particolare per il settore agricolo; nello specifico occorre chiarire se le misure straordinarie annunciate nel corso del convegno Agrinsieme siano rivolte anche alle predette regioni, non espressamente menzionate né dal Ministro interpellato né dal Sottosegretario di Stato Delrio durante la visita a Milano –:
   quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se, in considerazione delle articolate osservazioni in precedenza richiamate, il Governo intenda estendere gli interventi straordinari previsti e annunciati nel corso della manifestazione Agrinsieme, anche alle regioni Campania, Puglia e Toscana, al fine di fronteggiare i danni derivanti dalle alluvioni rispettivamente verificatesi nei mesi di gennaio, giugno, settembre e ottobre 2014, a causa delle quali le imprese agricole hanno subito ingenti danni alle attività produttive;
   in caso negativo, quali iniziative urgenti e necessarie intendano prevedere, per quanto di competenza, in favore delle imprese agricole delle medesime regioni e, in particolare, per di deliberare lo stato di calamità per le regioni Campania e Toscana e sostenere le attività agricole e le colture, alcune delle quali, di elevata qualità e di eccellenza tradizionalmente legata al made in Italy, sono state pesante ente danneggiate dagli eventi alluvionali, evitando inutili ed immotivate discriminazioni, in considerazione del fatto che altre realtà regionali, come la Liguria, il Piemonte, la Lombardia e l'Emilia Romagna, che hanno subito altrettanti danni derivanti dalle piogge alluvionali intense ed improvvise, sono state incluse nell'ambito degli interventi di sostegno che il Governo si appresta a rendere operativi;
   se non intendano assumere iniziative per il rifinanziamento degli interventi compensativi del fondo di solidarietà nazionale che interviene in soccorso delle imprese agricole colpite dai fenomeni alluvionali e che, a causa della continua riduzione delle risorse messe a disposizione negli ultimi anni, rischia di non riuscire più a far fronte in maniera adeguata ai fabbisogni, così come evidenziato dal Governo in una risposta a una interrogazione a risposta immediata in Commissione Agricoltura nel mese di giugno 2014.
(2-00760) «Russo, Faenzi, Palese, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Castiello, Marotta, Parisi, Altieri, Ciracì, Chiarelli, Distaso, Fucci, Marti, Sisto, Elvira Savino».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MUCCI, LUPO, ROSTELLATO, LOMBARDI, SPADONI e DI VITA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 recante «disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province», al fine di dare attuazione al «Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere», sono stati stanziati 10 milioni di euro per il 2013, 7 milioni di euro per l'anno 2014 e 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015;
   Giovanna Martelli, responsabile del dipartimento delle pari opportunità ha dichiarato che «la priorità su cui il dipartimento delle pari opportunità sta lavorando è il piano nazionale antiviolenza sulle donne. Un piano che si compone di risorse pari a 10 milioni all'anno per tre annualità (2014, 2015, 2016) a cui si aggiungono 17 milioni per il 2013-2014 già erogati alle Regioni per il consolidamento e l'implementazione ai centri antiviolenza che già ci sono sul territorio» e che «il piano è stato costruito in modo partecipato, attraverso tavoli tematici e si compone di azioni significative che partono dalla prevenzione della violenza sulle donne, attraverso educazione e informazione, passando dalla valutazione di rischi, dal monitoraggio del fenomeno attraverso un Osservatorio su cui chiederemo la collaborazione dell'Istat, fino ad arrivare alla presa in carico e al reinserimento sociale della vittima di violenza» –:
   se risponda al vero che il dipartimento delle pari opportunità stia lavorando al piano nazionale antiviolenza sulle donne;
   se il dipartimento delle pari opportunità abbia rispettato le linee guida del Consiglio d'Europa nella redazione del Piano Nazionale antiviolenza;
   se ed in quale tempistica il dipartimento delle pari opportunità intenda sottoporre al Parlamento e alla società civile la prima stesura del piano nazionale antiviolenza sulle donne, secondo i precisi obblighi derivanti dalla ratifica della CEDAW e della Convenzione di Istanbul;
   se intenda chiarire quante siano effettivamente le risorse stanziate e quali le politiche integrate, le misure e i programmi (inclusi quelli svolti da organizzazioni non governative e dalla società civile) individuati per prevenire e combattere tutte le forme di violenza contro le donne. (5-04120)


   SCUVERA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella provincia di Pavia, a causa degli eventi alluvionali degli scorsi 15 e 16 novembre, sono stati riscontrati gravi danni alla viabilità e agli edifici scolastici e istituzionali del territorio;
   i danni e il conseguente grave disagio causato dall'alluvione vanno a sommarsi alla pregressa condizione di compromissione della viabilità e della sicurezza del territorio della provincia pavese dovuta alle condizioni in cui versano da anni i viadotti e i ponti che collegano l'Oltrepò, Pavia e Milano, per i quali è necessario un intervento di manutenzione straordinaria e, con riferimento al ponte della Becca, da anni chiuso al traffico pesante per ragioni di sicurezza e per il quale le condizioni strutturali ne impediscono una ristrutturazione efficace e definitiva, la costruzione di un nuovo ponte sul fiume Po;
   per il territorio pavese e, di conseguenza, per tutta la regione Lombardia, il ripristino di una corretta viabilità e il risanamento degli edifici scolastici ed istituzionali devono marciare di pari passo per poter garantire sia la sicurezza del territorio, sia il contenimento del danno economico dovuto alla annosa e disastrosa condizione della viabilità –:
   se il Governo sia a conoscenza della grave situazione infrastrutturale pubblica pregressa del territorio pavese, aggravata dalle ultime esondazioni;
   quale sia il piano di emergenza che il Governo intenda applicare per risanare la viabilità e la sicurezza nella, provincia pavese e se i Ministri non ritengano necessario includervi l'intervento di riqualificazione dei viadotti e dei ponti che collegano l'Oltrepò con Pavia e Milano (5-04125)


   TONINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   intervenendo a Milano all'assemblea nazionale dell'Associazione nazionale dei comuni italiani in data 8 novembre 2014, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle Politiche di Coesione Territoriale ha affermato che «serve un piano nazionale di redistribuzione del personale, che stiamo studiando con i Ministri degli Affari regionali Lanzetta e della Pubblica amministrazione Madia», in ottemperanza ai tagli previsti dalla legge di stabilità in discussione, quantificati, all'articolo 35, comma 13, in un miliardo di euro per il 2015, due miliardi per il 2016 e tre miliardi per il 2017;
   a fronte di questa imponente riduzione nei trasferimenti all'ente provinciale e di dichiarazioni del Governo come quella appena richiamata, che fin dall'approvazione della legge 7 aprile 2014, n. 56 (cosiddetta legge Delrio) si attribuisce il merito dell'abolizione delle province, si assiste, nelle nuove realtà amministrative sorte a seguito della presunta abolizione in questione, all'effettiva proliferazione del personale e degli incarichi professionali affidati a professionisti da parte dei nuovi enti;
   nelle province che si sono appena formate attraverso le cosiddette elezioni di secondo livello, nelle quali l'organo rappresentativo è stato eletto dagli stessi amministratori locali già in carica, svilendo secondo l'interrogante la rappresentanza democratica, è infatti possibile ravvisare pratiche che vanno nella direzione opposta rispetto a quanto dichiarato dal Governo; in particolare ci si riferisce al caso della provincia di Cremona, che, lungi dall'essere abolita, ha visto recentemente la proclamazione del nuovo presidente, che, con deliberazione del 30 ottobre, recante «costituzione ufficio di staff ex articolo 90 TUEL — integrazione programmazione del fabbisogno del personale a tempo determinato e piano delle assunzioni per l'anno 2014», ha proceduto all'assunzione di nuovi collaboratori;
   è rilevante in questa sede evidenziare come nella delibera in questione si specifichi quale motivazione del provvedimento che: «Le esigenze manifestatesi in coincidenza con l'avvio del nuovo mandato presidenziale hanno condotto ad individuare alcune posizioni di lavoro che costituiranno l'ufficio di staff del Presidente [...]. All'ufficio competeranno le attività di promozione, comunicazione e monitoraggio necessarie per l'individuazione e la verifica del raggiungimento degli obiettivi politici dell'Amministrazione»: l'amministrazione provinciale quindi afferma di avere dichiaratamente «obiettivi politici», che esulano dall'attività amministrativa in senso stretto, che addirittura abbisognano di essere pubblicizzati e promossi all'esterno, esigenze per perseguire le quali l'amministrazione provinciale necessita di personale in ambito di comunicazione;
   il ricorso a professionalità esterne, secondo tale provvedimento, è imposto proprio dalla legge Delrio, ovvero «in considerazione dell'utilità delle figure professionali individuate nel presente contesto a) di avvio del mandato con la conseguente necessità di potenziare le attività di comunicazione in un'ottica di trasparenza dell'azione amministrativa, con riferimento alla prima figura professionale indicata e b) di mantenimento in capo alle province di una fondamentale competenza in materia di tutela e valorizzazione dell'ambiente e di pianificazione territoriale, in base alla legge n. 56 del 2014, con riferimento alla seconda figura professionale indicata»;
   l'eliminazione delle province, e dei relativi costi di personale, è quindi un miraggio, perché di fatto accade che le attribuzioni della stessa legge impongano nuovi costi per essere attuati, nonché un evidente natura politica dell'ente che non si concilia con gli intenti dichiarati dal Governo, ma, soprattutto, configura uno stridente contrasto tra la vigente Costituzione, nella misura in cui essa prevede che esse «sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione», la previsione della non elettività diretta dei rappresentanti degli enti. Da una parte, quindi, si hanno province non elettive perché si è deciso, che esse vadano superate, quindi abolite, nonostante la Costituzione vigente ancora le preveda; al tempo stesso, anche le nuove province, che secondo la prospettazione dei promotori della legge Delrio saranno adeguate alla riforma costituzionale attualmente in discussione, che ne prevede la soppressione, continuano a perseguire obiettivi politici che devono essere promossi e pubblicizzati in vista della creazione di consenso attorno alle stesse amministrazioni –:
   in cosa consista l'annunciata «redistribuzione nazionale del personale» delle province;
   quali siano le modalità di attuazione della «legge Delrio» nella misura in cui essa impone agli enti provinciali, di fatto tutt'altro che aboliti, l'assunzione di nuovo personale;
   in che modo si intenda procedere alla riduzione e alla redistribuzione del personale delle province, alla luce della circostanza per la quale in base alla legge n. 56 del 2014 alle nuove amministrazioni provinciali è imposta l'assunzione di nuovo personale;
   in che modo si concili l'esigenza di attuazione di indirizzo politico imposto dalla legge n. 56 del 2014 e la promozione pubblicitaria degli obiettivi politici alle nuove amministrazioni provinciali non elettive con il superamento dell'elezione diretta dei nuovi organi delle stesse.
(5-04132)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAROCCI, ROCCHI, GHIZZONI, MALPEZZI e CENNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   solo in Italia, nel 2010, le presunte vittime di tratta e quelle che si è riusciti a identificare ammontano a circa 2.400, ovvero il dato più alto dell'area euro;
   secondo i dati dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e dell'ufficio delle nazioni unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC), oltre il 70 per cento delle vittime di tratta sarebbe composto da donne, adulte e minori;
   secondo il sito del dipartimento pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, che, sino ad oggi, è stato il soggetto responsabile delle azioni a tutela delle vittime di tratta di esseri umani realizzate dai vari enti del pubblico e del privato sociale: «la tratta di esseri umani costituisce un gravissimo reato: la mercificazione della persona umana e la sopraffazione della sua dignità e dei suoi diritti fondamentali. Opporsi al fenomeno della tratta, per tale ragione, non può che orientarsi alla tutela dei diritti umani delle vittime, qualunque sia l'intenzione dei trafficanti.»;
   tuttavia, il sistema italiano anti tratta, operativo dal 2000, coordinato e co-finanziato dal dipartimento per le pari opportunità, non è più in grado di operare; infatti, è stata avviata da tempo una politica di disinvestimento, in termini di risorse finanziarie e umane, sui servizi attivati nel corso degli anni per proteggere e sostenere le vittime di tratta;
   in tal senso, solo per citare un dato, tra il 2013 e il 2014, i finanziamenti alle associazioni sono scesi da 8.800.000 a 3.800.000 euro;
   eppure, è proprio grazie a questi servizi, realizzati dagli enti del pubblico e del privato sociale attivi sul territorio nazionale che, in questi anni, quasi 30.000 donne e uomini, condotti in Italia con l'inganno e la violenza e coinvolti loro malgrado in situazioni di sfruttamento in ambito sessuale, lavorativo, nell'accattonaggio, sono riusciti a sottrarsi a tali situazioni, ricevendo protezione, assistenza e tutela;
   i risultati ottenuti fino ad oggi hanno un significato importante tanto sotto il profilo dei diritti delle vittime quanto sotto quello delle ricadute sul piano del contrasto alla tratta di esseri umani: come evidenziato, infatti, dalla direzione nazionale antimafia ogni persona uscita dal traffico corrisponde alla sottrazione alle organizzazione criminali di una cifra pari a circa 40/50 mila euro l'anno;
   un altro duro colpo alle politiche anti tratta è stato inferto dalla mancata approvazione del Piano nazionale anti tratta, che doveva avvenire per disposizione di legge entro la fine di giugno scorso ed il mancato rispetto degli altri termini stabiliti dal decreto legislativo 24 del 2014 per l'approvazione di provvedimenti che dovrebbero consentire lo sviluppo dei progetti di tutela delle vittime;
   così come rilevato nel report realizzato dalla Rappresentante speciale e coordinatrice per la lotta alla tratta di esseri umani OSCE e da quello del Gruppo di esperti del Consiglio d'Europa (GRETA) che monitora l'attuazione da parte degli Stati della Convenzione di Varsavia sulla lotta contro la tratta di esseri umani, il Governo oltre ad aver inadempiuto a obblighi di carattere internazionale, mostra un preoccupante disinteresse per un tema cruciale proprio in un momento storico in cui, per i contesti che caratterizzano i paesi di provenienza, aumenta il rischio per decine di donne e uomini di cadere vittime del traffico a scopo di sfruttamento –:
   quali iniziative urgenti intendano mettere in campo per adottare i provvedimenti vincolanti previsti dal decreto 4 marzo 2014 n. 24. (4-07003)


   SORIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo fonti di stampa le società partecipate sarebbero spesso una sorta di «paracadute per gli esodati della politica», sembra infatti che molte di esse siano guidate da ex-politici, parenti di politici, e altro;
   l'ex commissario per la spending review Carlo Cottarelli, nella sua puntuale analisi sui tagli da effettuare per il risanamento dell'economia del Paese, aveva approfondito anche l'annosa questione delle società partecipate dal pubblico, e voleva ridurle da 8 mila a 1.000, avendo scoperto, tra l'altro, che 2.671 di queste avevano più consiglieri che personale;
   molti sono gli esempi a conferma di questa teoria che vede le partecipate essere spesso una sorta di refugium peccatorum degli ex della politica e dei loro affini, e nonostante questo il Governo non avrebbe messo in pratica le raccomandazioni del commissario Cottarelli:
    la rete autostrade mediterranee, partecipata del tesoro, creata dieci anni fa dal Governo di Silvio Berlusconi e avente un dipendente fisso e dieci fra consiglieri e sindaci, era una delle partecipate che Cottarelli voleva liquidare: a fine settembre il Governo ha nominato i nuovi vertici: il Presidente è Antonio Cancian, detto Toni, proveniente dalla «vecchia Dc per cui venne eletto alla Camera nel 2002, poi deputato europeo del Pdl, quindi passato armi e bagagli nelle schiere di Angelino Alfano, aveva tentato a maggio la riconferma a Strasburgo. Senza successo», e pare che guiderà la società con un solo dipendente in organico insieme al vicepresidente Christian Emmola, presidente dell'assemblea del Pd trapanese, e alla consigliera Valeria Vaccaro, dirigente del Tesoro e moglie dell'ex braccio destro di Giulio Tremonti;
    Arcus, società che distribuisce soldi dei Beni culturali e che il Governo Monti voleva eliminare, è stata «salvata», sempre andando contro la volontà di Cottarelli, e l'amministratore unico Ludovico Ortona, 72 anni, ex ambasciatore e già capo ufficio stampa di Francesco Cossiga al Quirinale ne è stato riconfermato alla guida;
    Sogesid, società distributrice nel 2013 di 380 consulenze, che sempre il Governo Monti voleva sopprimere, avrebbe ora al suo vertice il casiniano Marco Staderini, già consigliere delle Ferrovie e della Rai;
    Studiare Sviluppo, società di consulenza del Tesoro per cui Cottarelli ipotizzava analogo destino delle altre partecipate già menzionate, sopravvive anch'essa con un consiglio di amministrazione rinnovato, anche se, per lo meno, qui la scelta è caduta su tre dirigenti ministeriali;
   inoltre l'ex direttore generale della Rai nominato da Berlusconi, Mauro Masi, è stato confermato amministratore delegato della Consap; con lui è entrato in consiglio il segretario della dalemiana fondazione Italiani europei Andrea Peruzy, per di più amministratore della Banca del Mezzogiorno di Poste italiane, gruppo di cui nella scorsa primavera l'ex portavoce di Pier Ferdinando Casini nonché ex deputato Udc Roberto Rao è diventato consigliere; tre mesi dopo alla presidenza della la Mistral Air, compagnia aerea delle stesse Poste, è sbarcato l'ex onorevole Pd Massimo Zunino; intanto al vertice di Poste Assicura è arrivato Danilo Broggi, e fra i consiglieri di Poste Vita è comparsa invece Bianca Maria Martinelli, dirigente delle Poste medesime e candidata senza fortuna alle politiche 2013 per Scelta civica; l'ex deputato Pd Pier Fausto Recchia ha conquistato la poltrona di amministratore delegato di Difesa servizi, mentre quella di capo dell'istituto sviluppo agroalimentare è toccata a Enrico Corali, nominato a suo tempo consigliere dell'Expo 2015 dal dalemiano Filippo Penati; all'ex commissario della Consob di nomina berlusconiana Paolo Di Benedetto, incidentalmente marito dell'ex Ministro della giustizia Paola Severino, è stato assegnato un posto nel cda del Poligrafico; invece, fra i nomi dei nuovi consiglieri di Finlombarda è spuntato quello dell'esponente di Forza Italia Marco Flavio Cirillo, dopo il cattivo risultato alle politiche del 2013, nominato Sottosegretario all'Ambiente nel Governo Letta e lasciato a casa da quello di Renzi, e alla presidenza della finanziaria Fincalabra, si troverebbe Luca Mannarino, coordinatore regionale dei Club Forza Silvio –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intenda chiarire quali siano i motivi della mancata applicazione delle raccomandazioni del Commissario Cottarelli in merito e del perdurare di questa lunga serie di situazioni ambigue, che per altro continuano nella maggior parte dei casi a costituire una grave fonte di spreco di risorse per un Paese già costretto a lottare contro la crisi economica anche tagliando servizi essenziali per i cittadini. (4-07020)


   NESCI, SIBILIA, RUOCCO, LUIGI GALLO, PARENTELA, AGOSTINELLI, COZZOLINO, NUTI, CECCONI, DI BENEDETTO, BRESCIA, BUSINAROLO, FERRARESI, LOMBARDI, TONINELLI, SCAGLIUSI, COLONNESE, DI BATTISTA, CARINELLI, DIENI, DE LORENZIS, D'INCÀ, LOREFICE, MANLIO DI STEFANO, MANNINO, COLLETTI, SILVIA GIORDANO e MANTERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Antonino De Masi è un imprenditore calabrese che ha denunciato la pratica dell'usura sopra i suoi conti nel 2003, della quale ha informato le istituzioni della Repubblica con una lettera di denuncia del 29 aprile 2003;
   le relative sentenze di primo, secondo grado e di Cassazione hanno tutte confermato la presenza dell'elemento oggettivo dell'usura;
   la sentenza della Cassazione n. 46669 del 23 novembre 2011 ha attribuito alle parti civili il diritto al risarcimento degli ingenti danni subiti, affermando alle pagine 26 e 27 che «una volta accertata la sussistenza del fatto reato sotto il profilo oggettivo da parte degli istituti di credito, trattandosi comunque di illecito avente rilevanza civilistica, non rileva, ai fini risarcitori, che non sia stato accertato il responsabile penale della condotta illecita, in quanto l'azione, risarcitoria civile ben potrà essere espletata nei confronti degli istituti interessati che rispondono, comunque, ex articolo 1218 e 1228 c.c., del fatto dei propri dipendenti. Il rilievo della personalità della attività bancaria sbiadisce mentre emerge il ruolo preponderante svolto dalla corretta proceduralizzazione di un'attività collettiva, comunque imputabile all'istituto. Su questa base la responsabilità della banca sussiste per il solo fatto che il danno ingiusto si è verificato per una condotta comunque alla stessa imputabile, dovendosi limitare l'apprezzamento della condotta dolosa o colposa (poco importa tale distinzione ai fini civilistici), alla comparazione tra standards normativi – come nella fattispecie in cui viene in rilievo la violazione dell'articolo 644 c.p., comma 4, – situazione concreta, idonea a far ricadere sulla banca anche il rischio dei c.d. «danni anonimi», cioè di cui non sia stato individuato il responsabile»;
   dopo tale fatto si sono avviati ulteriori procedimenti penali, ad oggi in corso e di seguito elencati;
   il procedimento penale n. 2540/08 R.G.N.R. – n. 1135/11 RGT è, presso il tribunale penale di Palmi (per i periodi successivi al 31/12/2002), a carico dei direttori generali di Banca Antonveneta, ora MPS;
   il procedimento penale n. 841/09 R.G.N.R. è, presso il tribunale penale di Palmi (riunito con il procedimento n. 2540/08), a carico dei direttori generali e funzionari di Banca Antonveneta (ora MPS) e BNL;
   il procedimento penale Processo penale n. 8006/12 RGNR – 2233/13 RGT è, presso il tribunale penale di Reggio Calabria, a carico dei direttori generali e funzionari di Unicredit Banca di Roma;
   inoltre, vi sono, di seguito elencati, ulteriori procedimenti in corso di istruttoria presso alcune procure della Repubblica, sia per il reiterarsi del reato di usura che per ulteriori e gravi reati;
   in particolare, trattasi del procedimento n. 891/12 RGNR presso la Procura di Palmi, avviato per ipotizzata violazione degli articoli 644 e 110 c.p. e trasmesso per competenza alla Procura della Repubblica di Roma;
   il procedimento n. 1755/13 R.G.N.R. risulta essere presso la Procura di Palmi, in corso per ipotizzata violazione degli artt. 416 (associazione a delinquere), 644 e 110 c.p;
   il procedimento n. 873/12 R.G.N.R. è presso la Procura di Reggio Calabria e trasmesso per competenza alla Procura della Repubblica di Roma;
   il procedimento n. 5112/13 R.G.R.N. è presso la Procura di Reggio Calabria;
   i procedimenti n. 2524/12 RNR e n. 737/13 RNR sono presso la Procura di Trani, per assunta violazione degli artt. 640 e 644 c.p.;
   i reati accertati o contestati si riferiscono a soggetti che esplicano l'attività bancaria a danno di imprenditori in stato di bisogno, con le circostanze aggravanti previste dall'articolo 644, comma 5, codice di procedura penale, che statuisce:
    «le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà: se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare; se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari; se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno; se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale; a dei soggetti che afferma la legge (articolo 644) vittime in stato di bisogno e imprenditori»;
   la Banca d'Italia, informata delle vicende in argomento, ha sanzionato i vertici delle Banche, il che non ha fermato il perpetuarsi dei suddetti fatti criminosi;
   sia la Banca d'Italia che il Ministero dell'economia e delle finanze devono consentire il corretto funzionamento del sistema creditizio, come emerge dai rinvii a giudizio di funzionari delle due istituzioni di recente richiesto e ottenuto dalla procura di Trani, poiché nelle rispettive cariche e qualità e nell'esercizio delle corrispondenti prerogative e funzioni istituzionali con condotte reiterate ed in tempi diversi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (consistente nella previsione e volontà di far conseguire alle banche la maggior quantità di moneta), adottavano consapevolmente e deliberatamente (in ragione delle qualifiche apicali e delle corrispondenti competenze tecnico-giuridiche del più elevato profilo) determinazioni amministrative (istruzioni, circolari e note la Banca d'Italia; decreti ministeriali il Ministero del Tesoro) in contrasto/violazione della legge in materia di usura n. 108 del 7 marzo 1996, così consapevolmente fornendo un contributo morale necessario ai fatti-reato di usura materialmente commessi dalle Banche»;
   presso il Ministero dello sviluppo economico è attivo un tavolo di trattativa nel quale da oltre un anno e mezzo si sta cercando di trovare una soluzione ma, visto le posizioni assunte dalle banche, questa situazione di continui rinvii sta di fatto facendo morire lentamente le aziende interessate, al punto che sono stati persi già 150 posti di lavoro e a giorni rischiano il licenziamento altri 40 dipendenti;
   le aziende del Gruppo De Masi rappresentano sul territorio un baluardo della legalità, essendo state anche vittime di gravissimi attacchi da parte della criminalità che ha fatto sì che le stesse siano sotto protezione permanente dell'esercito, che attua la vigilanza armata continua davanti agli stabilimenti, oltre alla scorta personale ai membri della famiglia proprietaria –:
   come ritengano di intervenire per quanto di competenze visti gli interessi pubblici in rilievo, per tutelarli rispetto all'accertata violazione dell'articolo 47 della Costituzione (tutela del risparmio);
   se non ritengano di dover promuovere una urgente modifica della normativa per la revoca della concessione all'esercizio dell'attività alle banche responsabili d'indebito arricchimento a danno dei clienti;
   se ritengano di acquisire elementi presso la Consob su quali azioni siano state poste in essere a tutela degli azionisti e dei risparmiatori per rappresentare la correttezza dei bilanci societari, sia in relazione ai giusti valori dei ricavi che riguardo all'effettiva patrimonializzazione, pure per gli eventuali danni da risarcire ai clienti. (4-07023)

 * * *

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata:


   PALAZZOTTO, SCOTTO, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DURANTI, FERRARA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MARCON, MATARRELLI, MELILLA, NICCHI, DANIELE FARINA, PAGLIA, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, ZARATTI e ZACCAGNINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   i popoli israeliano e palestinese hanno diritto alla pace e alla sicurezza e ciò può essere garantito solo attraverso una forte azione da parte della comunità internazionale che porti ad una pace giusta e duratura basata sul rispetto del diritto internazionale e la piena applicazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;
   il 29 novembre 2012, con la risoluzione numero 67/19, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con una larghissima maggioranza, ha concesso lo status di osservatore permanente allo Stato di Palestina;
   attualmente sono 135 i Paesi che hanno deciso di riconoscere unilateralmente lo Stato di Palestina nei confini del 1967, tra questi diversi membri dell'Unione europea: Svezia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Cipro, Slovacchia, Ungheria, Malta, Polonia e Romania;
   in particolare, il 30 ottobre 2014, Margot Wallstrom, Ministro degli esteri, ha annunciato che la Svezia ha riconosciuto lo Stato di Palestina attraverso il seguente annuncio: «Il Governo svedese considera che i criteri del diritto internazionale per un riconoscimento dello Stato di Palestina sono rispettati: un territorio, “sebbene senza frontiere fisse”, una popolazione e un Governo (...). Il riconoscimento è un contributo ad un futuro migliore per una regione che per troppo a lungo è stata caratterizzata da negoziati congelati, distruzione e frustrazione»;
   il 3 ottobre 2014 il Primo ministro svedese Stefan Löfven, durante il suo discorso di insediamento in Parlamento, aveva detto che: «Il conflitto tra Israele e Palestina può essere risolto solo con la soluzione a due Stati, negoziata secondo i dettami del diritto internazionale. Una soluzione a due Stati richiede il riconoscimento reciproco e la volontà di una convivenza pacifica. Per questo la Svezia riconosce lo Stato di Palestina»;
   il 13 ottobre 2014 la Camera dei Comuni inglese ha approvato a larghissima maggioranza la seguente mozione per riconoscere lo Stato di Palestina: «Questa Camera crede che il Governo dovrebbe riconoscere lo Stato di Palestina oltre allo Stato di Israele, come contributo ad assicurare una soluzione negoziata dei due Stati»;
   analoghe iniziative a quelle della Camera dei Comuni britannica sono state prese dai Parlamenti di Irlanda, Spagna e Belgio, mentre il Parlamento francese voterà il 28 novembre 2014 una mozione per il riconoscimento dello Stato di Palestina;
   il 14 ottobre 2014 il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale italiano pro tempore, Federica Mogherini, oggi Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Unione europea, ha incontrato il suo omologo israeliano, Avigor Lieberman, ed ha sottolineato che «La comunità internazionale si è impegnata domenica al Cairo per la ricostruzione di Gaza, ma solo il successo dei negoziati potrà far sì che la stabilizzazione sia definitiva e si possa scongiurare il rischio di nuove crisi. È indispensabile far ripartire il processo di pace e arrivare in tempi brevi alla nascita di uno Stato palestinese, con garanzie di sicurezza per Israele. Su questo l'Italia è pronta a dare il proprio contributo»;
   il 20 novembre 2014, a margine dell'incontro con il Ministro degli esteri palestinese Riad Al Malki, il Ministro interrogato dichiarava che: «La questione del riconoscimento della Palestina verrà valutata con la massima attenzione dall'Italia al momento opportuno e più utile per rilanciare il negoziato, per l'Italia la priorità resta la ripresa del negoziato tra le parti»;
   l'Italia ha votato a favore della risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni che riconosce la Palestina come Stato osservatore delle Nazioni Unite e si è espressa da sempre sulla posizione «due Popoli due Stati», che appare essere l'unica soluzione possibile alla cessazione del conflitto arabo-israeliano –:
   se il Ministro interrogato, anche alla luce delle iniziative degli Stati di cui in premessa, non ritenga opportuno rilanciare il negoziato e, quindi, non intenda attivarsi, con iniziative di competenza, al fine di riconoscere lo Stato di Palestina, oltre allo Stato di Israele, come contributo per assicurare una soluzione negoziata relativa ai due Stati. (3-01179)


   GIANLUCA PINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, PRATAVIERA, RONDINI e SIMONETTI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 21 novembre 2014, alle ore 15,17 locali, è stata posta in votazione nell'Assemblea generale delle Nazioni Unite una proposta di risoluzione avente ad oggetto «la lotta alla glorificazione del nazismo, del neonazismo e delle altre tendenze suscettibili di alimentare le forme contemporanee del razzismo, della discriminazione razziale, della xenofobia e della connessa intolleranza»;
   la proposta di risoluzione è stata approvata a larghissima maggioranza, con 115 voti a favore, incluso quello dello Stato d'Israele, a fronte di 55 astensioni e tre no;
   i «no» sono giunti dal Canada, dagli Stati Uniti e dall'Ucraina;
   il nostro Paese ha optato invece per l'astensione, come gli altri Stati membri dell'Unione europea;
   non esistono disposizioni nei trattati dell'Unione europea che impongano agli Stati membri dell'Unione europea di assumere la medesima posizione nell'ambito delle Nazioni Unite, come provano le divergenze esistenti, ad esempio, sul riconoscimento del Kosovo –:
   quali siano le ragioni per le quali il Governo ha deciso nella circostanza di astenersi invece di votare a favore.
(3-01180)


   CARUSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 1o agosto 2014, n. 109, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o ottobre 2014, n. 141, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 230 del 3 ottobre 2014, contiene disposizioni per il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero;
   erano ben cinque anni che la comunità residente all'estero aspettava che si destinassero i fondi necessari per il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero (Comites), ma l'articolo 10 del citato decreto-legge ha introdotto nuove regole in merito alle modalità di voto: i connazionali per esercitare il diritto di voto devono, infatti, mandare la propria richiesta d'iscrizione all'elenco elettorale per l'ammissione al voto per corrispondenza o presentarsi di persona presso l'ufficio consolare di riferimento, entro 30 giorni dal giorno delle elezioni, fissato per il 19 dicembre 2014 e quindi, entro il 19 novembre 2014;
   è stato fatto presente che, stanti queste condizioni, si sarebbero sprecati i circa sette milioni di euro previsti per queste elezioni;
   sarebbe stato opportuno e necessario, in particolare, eliminare l'obbligo dell'iscrizione ai nuovi elenchi elettorali, ammettendo al voto quindi gli elettori che risultassero regolarmente iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero, proprio per evitare quelle difficoltà che si sarebbero create con le modalità introdotte e per dare il tempo necessario a tutta la rete estera di aggiornarsi, oppure rinviando all'anno prossimo le consultazioni stesse;
   all'epoca fu espresso parere contrario ad un ordine del giorno che mirava a quella soluzione perché, a detta del Sottosegretario Mario Giro, «il finanziamento per le spese elettorali verrebbe perso se le consultazioni non si svolgessero entro la fine dell'anno e che, comunque, non si potrebbero tenere a legislazione vigente, sempre per i vincoli di bilancio»;
   nonostante queste difficoltà e correndo letteralmente contro il tempo, sono state organizzate e presentate liste di candidati, raccogliendo le firme necessarie e informando la comunità di connazionali dell'introduzione dell'obbligatorietà di iscrizione all'elenco elettorale per l'ammissione al voto per corrispondenza;
   il recente decreto-legge 18 novembre 2014, n. 168, ha rinviato il rinnovo dei Comitati degli italiani all'estero, inizialmente previsto per il 19 dicembre 2014, al 17 aprile 2015, forse proprio a causa della bassissima percentuale di italiani residenti all'estero iscritti a questi elenchi elettorali –:
   sulla base di quali presupposti si sia ritenuto che il finanziamento non è più a rischio, posto che la riapertura dei termini di presentazione non appare rispettosa dell'impegno di coloro che con sacrifici hanno presentato le liste nei tempi previsti dal predetto decreto-legge n. 109 del 2014.
(3-01181)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRANDE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il conflitto armato che ha avuto luogo nei territori dell'est dell'Ucraina ha finora registrato circa 2.000 vittime, la maggior parte delle quali sono stati civili bombardati nelle proprie case o uccisi da truppe di terra appartenenti a differenti fazioni antagoniste fra loro;
   secondo un recente report di Amnesty International, dall'inizio del conflitto, diverse sono state le esecuzioni di massa a cui fa seguito la presenza di molteplici fosse comuni ad esse riconducibili, mentre in più occasioni sono stati riscontrati segni di tortura sui corpi rinvenuti, evidenziando pertanto nettamente la brutalità dei trattamenti inferti alle vittime anche prima dell'esecuzione;
   secondo lo statuto di Roma, all'articolo 7 per crimine contro l'umanità si intende, se commesso nell'ambito di un esteso o sistematico attacco contro popolazioni civili, e con la consapevolezza dell'attacco:
    a) omicidio;
    b) sterminio;
    c) riduzione in schiavitù;
    d) deportazione o trasferimento forzato della popolazione;
    e) imprigionamento o altre gravi forme di privazione della libertà personale in violazione di norme fondamentali di diritto internazionale;
    f) tortura;
    g) stupro, schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza forzata, sterilizzazione forzata e altre forme di violenza sessuale di analoga gravità;
    h) persecuzione contro un gruppo o una collettività dotati di propria identità, inspirata da ragioni di ordine politico, razziale, nazionale, etnico, culturale, religioso o di genere sessuale ai sensi del paragrafo 3, o da altre ragioni universalmente riconosciute come non permissibili ai sensi del diritto internazionale, collegate ad atti preveduti dalle disposizioni del presente paragrafo o a crimini di competenza della Corte;
    i) sparizione forzata delle persone;
    j) apartheid;
    k) altri atti inumani di analogo carattere diretti a provocare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi danni all'integrità fisica o alla salute fisica o mentale;
   relativamente alle vittime civili, cadute principalmente nelle regioni del Donesk e Lugansk, potrebbe sussistere un principio territoriale se non addirittura etnico, eventualmente valutabile come genocidio stando almeno all'articolo 6 dello Statuto di Roma secondo cui:
    «s'intende uno dei seguenti atti commessi nell'intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, e precisamente:
   a) uccidere membri del gruppo;
   b) cagionare gravi lesioni all'integrità fisica o psichica di persone appartenenti al gruppo;
   c) sottoporre deliberatamente persone appartenenti al gruppo a condizioni di vita tali da comportare la distruzione fisica, totale o parziale, del gruppo stesso;
   d) imporre misure volte ad impedire le nascite in seno al gruppo;
   e) trasferire con la forza bambini appartenenti al gruppo ad un gruppo diverso»;
   la Corte ha competenza sui crimini di guerra, intesi come:
    a) gravi violazioni della Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949, vale a dire uno dei seguenti atti posti in essere contro persone o beni protetti dalle norme delle Convenzioni di Ginevra:
   I) omicidio volontario;
   II) tortura o trattamenti inumani, compresi gli esperimenti biologici;
   III) cagionare volontariamente grandi sofferenze o gravi lesioni all'integrità fisica o alla salute;
   IV) distruzione ed appropriazione di beni, non giustificate da necessita militari e compiute su larga scala illegalmente ed arbitrariamente;
   V) costringere un prigioniero di guerra o altra persona protetta a prestare servizio nelle forze armate di una potenza nemica;
   VI) privare volontariamente un prigioniero di guerra o altra persona protetta del suo diritto ad un equo e regolare processo;
   VII) deportazione, trasferimento o detenzione illegale;
   VIII) cattura di ostaggi;
    b) Altre gravi violazioni delle leggi e degli usi applicabili, all'interno del quadro consolidato del diritto internazionale, nei conflitti armati internazionali, vale a dire uno dei seguenti atti:
   I) dirigere deliberatamente attacchi contro popolazione civili in quanto tali o contro civili che non prendano direttamente parte alle ostilità;
   II) dirigere deliberatamente attacchi contro proprietà civili e cioè proprietà che non siano obiettivi militari;
   III) dirigere deliberatamente attacchi contro personale, installazioni materiale, unità o veicoli utilizzati nell'ambito di una missione di soccorso umanitario o di mantenimento della pace in conformità della Carta delle Nazioni Unite, nella misura in cui gli stessi abbiano diritto alla protezione accordata ai civili ed alle proprietà civili prevedute dal diritto internazionale dei conflitti armati;
   IV) lanciare deliberatamente attacchi nella consapevolezza che gli stessi avranno come conseguenza la perdita di vite umane tra la popolazione civile, e lesioni a civili o danni a proprietà civili ovvero danni diffusi, duraturi e gravi all'ambiente naturale che siano manifestamente eccessivi rispetto all'insieme dei concreti e diretti vantaggi militari previsti;
   V) attaccare o bombardare con qualsiasi mezzo, città, villaggi, abitazioni o costruzioni che non siano difesi e che non costituiscano obiettivi militari;
   VI) uccidere o ferire combattenti che, avendo deposto le armi o non avendo ulteriori mezzi di difesa, si siano arresi senza condizioni;
   VII) fare uso improprio della bandiera bianca, della bandiera o delle insegne militari e dell'uniforme del nemico o delle Nazioni Unite nonché degli emblemi distintivi della Convenzione di Ginevra, cagionando in tal modo la perdita di vite umane o gravi lesioni personali;
   VIII) il trasferimento, diretto o indiretto, ad opera della potenza occupante, di parte della propria popolazione civile nei territori occupati o la deportazione o il trasferimento di tutta o di parte della popolazione del territorio occupato all'interno o all'esterno di tale territorio;
   IX) dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici dedicati al culto, all'educazione, all'arte, alla scienza o a scopi umanitari, a monumenti storici, a ospedali e luoghi dove sono riuniti i malati ed i feriti, purché tali edifici non siano utilizzati per fini militari;
   X) assoggettare coloro che si trovano in potere del nemico a mutilazioni fisiche o ad esperimenti medici o scientifici di qualsiasi tipo, non giustificati da trattamenti medici delle persone coinvolte né compiuti nel loro interesse, che cagionano la morte di tali persone o ne danneggiano gravemente la salute;
   XI) uccidere o ferire a tradimento individui appartenenti alla nazione o all'esercito nemico;
   XII) dichiarare che nessuno avrà salva la vita;
   XIII) distruggere o confiscare beni del nemico, a meno che la confisca o la distruzione non siano imperativamente richieste dalle necessità della guerra;
   XIV) dichiarare aboliti, sospesi od improcedibili in giudizio diritti ed azioni dei cittadini della nazione nemica;
   XV) costringere i cittadini della nazione nemica, anche se al servizio del belligerante prima dell'inizio della guerra, a prendere parte ad operazioni di guerra dirette contro il proprio paese;
   XVI) saccheggiare città o località, ancorché prese d'assalto;
   XVII) utilizzare veleno o armi velenose;
   XVIII) utilizzare gas asfissianti, tossici o altri gas simili e tutti i liquidi, materiali e strumenti analoghi;
   XIX) utilizzare proiettili che si espandono o si appiattiscono facilmente all'interno del corpo umano, quali i proiettili con l'involucro duro che non ricopre interamente la parte centrale o quelli perforati ad intaglio;
   XX) utilizzare armi, proiettili, materiali e metodi di combattimento con caratteristiche tali da cagionare lesioni superflue o sofferenze non necessarie, o che colpiscano per loro natura in modo indiscriminato in violazione del diritto internazionale dei conflitti armati a condizione che tali mezzi siano oggetto di un divieto d'uso generalizzato e rientrino tra quelli elencati in un allegato al annesso al presente Statuto, a mezzo di un emendamento adottato in conformità delle disposizioni in materia contenute negli articoli 121 e 123;
   XXI) violare la dignità della persone, in particolare utilizzando trattamenti umilianti e degradanti;
   XXII) stuprare, ridurre in schiavitù sessuale, costringere alla prostituzione o alla gravidanza, imporre la sterilizzazione e commettere qualsiasi altra forma di violenza sessuale costituente violazione grave delle Convenzioni di Ginevra;
   XXIII) utilizzare la presenza di un civile o di altra persona protetta per evitare che taluni siti, zone o forze militari divengano il bersaglio di operazioni militari;
   XXIV) dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici, materiali personale ed unità mezzi di trasporto sanitari che usino, in conformità con il diritto internazionale, gli emblemi distintivi preveduti dalle Convenzioni di Ginevra;
   XXV) affamare intenzionalmente, come metodo di guerra, i civili privandoli dei beni indispensabili alla loro sopravvivenza, ed in particolare impedire volontariamente l'arrivo dei soccorsi preveduti dalle Convenzioni di Ginevra;
   XXVI) reclutare o arruolare fanciulli di età inferiore ai quindici anni nelle forze armate nazionali o farli partecipare attivamente alle ostilità;
    c) In ipotesi il conflitto armato non di carattere internazionale, gravi violazioni dell'articolo 3 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, vale a dire uno degli atti di seguito enumerati, commessi contro coloro che non partecipano direttamente alle ostilità, ivi compresi i membri delle Forze Armate che hanno deposto le armi e coloro persone che non sono in grado di combattere per malattia, ferite, stato di detenzione o per qualsiasi altra causa:
   I) Atti di violenza contro la vita e l'integrità della persona, in particolare tutte le forme di omicidio, le mutilazioni, i trattamenti crudeli e la tortura;
   II) violare la dignità personale, in particolare trattamenti umilianti e degradanti;
   III) prendere ostaggi;
   IV) emettere sentenze ed eseguirle senza un preventivo giudizio, svolto avanti un tribunale regolarmente costituito che offre tutte le garanzie giudiziarie generalmente riconosciute come indispensabili;
    d) il capoverso c) del paragrafo 2 si applica ai conflitti armati non di carattere internazionale e non si applica quindi a situazioni interne di disordine e tensione quali sommosse o atti di violenza sporadici o isolati di natura analoga;
    e) altre gravi violazioni gravi delle leggi e degli usi applicabili, all'interno del quadro consolidato del diritto internazionale, nei conflitti armati non di carattere internazionale, vale a dire uno dei seguenti atti:
   I) dirigere deliberatamente attacchi contro popolazioni civili in quanto tali o contro civili che non prendano direttamente parte alle ostilità;
   II) dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici materiali, personale ed unità e mezzi di trasporto sanitari, che usino in conformità con il diritto internazionale gli emblemi distintivi preveduti dalle Convenzioni di Ginevra;
   III) dirigere deliberatamente attacchi contro personale, installazioni, materiale, unità o veicoli utilizzati nell'ambito di una missione di soccorso umanitario o di mantenimento della pace in conformità della Corte delle Nazioni Unite, nella misura in cui gli stessi abbiano diritto alla protezione accordata ai civili ed alle proprietà civili prevedute dal diritto internazionale dei conflitti armati;
   IV) dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici dedicati al culto, all'educazione, all'arte, alla scienza o a scopi umanitari, monumenti storici, ospedali e luoghi dove sono riuniti i malati ed i feriti purché tali edifici non siano utilizzati per fini militari;
   V) saccheggiare città o località, ancorché prese d'assalto;
   VI) stuprare, ridurre in schiavitù sessuale, costringere alla prostituzione o alla gravidanza, imporre la sterilizzazione e commettere qualsiasi altra forma di violenza sessuale costituente violazione grave delle Convenzioni di Ginevra;
   VII) reclutare o arruolare fanciulli di età inferiore ai quindici anni nelle forze armate nazionali o farli partecipare attivamente alle ostilità;
   VIII) disporre un diverso dislocamento della popolazione civile per ragioni correlate al conflitto, se non lo richiedano la sicurezza dei civili coinvolti o inderogabili ragioni militari;
   IX) uccidere o ferire a tradimento un combattente avversario;
   X) dichiarare che nessuno avrà salva la vita;
   XI) essoggettare coloro che si trovano in potere dell'avversario a mutilazioni fisiche o ad esperimenti medici o scientifici di qualsiasi tipo, non giustificati da trattamenti medici delle persone interessate né compiuti nel loro interesse, che cagionano la morte di tali persone o ne danneggiano gravemente la salute;
   XII) distruggere o confiscare beni dell'avversario, a meno che la confisca o la distruzione non siano imperativamente richieste dalle necessità del conflitto;

   la questione dell'annessione della Crimea da parte della Federazione Russa ancora non è stata definita giuridicamente ma potrebbe essere valutata come competenza dalla stessa Corte penale internazionale quale crimine di aggressione. Allo stesso tempo questa divisione amministrativa, insieme a quelle delle regioni autoproclamatesi russe, lascia presupporre che esista uno degli elementi base per la procedibilità della Corte, ovvero che «(...) (lo Stato) non abbia la capacità di svolgerle (le indagini) correttamente o di intentare un procedimento» così come enunciato nell'articolo 17 lettera a dello Statuto, poiché le zone teatro di scontri registrano, di fatto, una scissione politica ed amministrativa;
   episodi come la strage di Odessa creano ancora un ampio e complesso dibattito internazionale circa la piena attribuzione delle responsabilità dei decessi, ne è prova lo stesso report di giugno 2014 delle Nazioni unite nel quale si accerta per la prima volta l'intento pacifico delle manifestazioni che ebbero luogo proprio di fronte al palazzo dei sindacati, rimettendo inevitabilmente in discussione la dinamica dell'accaduto;
   la diplomazia internazionale non ha saputo proteggere la popolazione civile e la stessa Unione europea si è limitata ad imporre sanzioni risultate, allo stato dell'arte, non in grado di contrastare le violazioni del «cessate il fuoco» che a tutt'oggi vengono sistematicamente perpetrate;
   la Camera dei deputati ha più volte audito varie delegazioni per comprendere e monitorare gli scontri e la situazione in Ucraina, oltre ad aver inviato una delegazione ufficiale a Kiev per incontrare gli esponenti politici del paese, con ciò manifestando l'intenzione di un costante monitoraggio delle fasi del conflitto –:
   se l'Italia intenda adire la Corte penale internazionale affinché si faccia piena luce su quanto accaduto, tanto sui crimini quanto sui responsabili diretti, così da poter schierare il nostro Paese in prima linea contro siffatte, intollerabili efferatezze, che non possono essere perpetrate né tantomeno lasciate impunite ancor di più sul suolo europeo. (4-07008)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   da mesi, quotidianamente i cittadini dei comuni di Augusta, Melilli, Priolo e Siracusa sono sottoposti ai miasmi provenienti dalla zona industriale che determinano immissioni olfattive intollerabili;
   nell'ottobre del 2013 centinaia di cittadini siracusani hanno presentato un esposto alla procura della Repubblica di Siracusa per ottenere chiarezza sul fenomeno dei cattivi odori e sull'attendibilità dei controlli;
   i dati forniti da Arpa Sicilia sede di Siracusa evidenziano degli sforamenti dei valori di alcune sostanze come l'anidride solforosa, l'idrogeno solforato ed alcuni idrocarburi non metanici;
   gli sforamenti purtroppo superano anche di quattro volte il limite imposto dalla legge; il 13 e 14 ottobre 2014 numerose telefonate sono arrivate alla sede dell'Arpa e del comando di polizia municipale del comune di Siracusa perché l'aria a Siracusa era irrespirabile;
   nelle prime ore del mattino del 14 ottobre 2014 le centraline di monitoraggio allocate nella città di Siracusa, hanno registrato valori impietosi: un incremento spropositato di idrocarburi non metanici; NMHC superiori di quasi quattro volte ai limiti di legge ed infatti il valore ha raggiunto infatti oltre 800 microgrammi per metro cubo sui 200 tollerati;
   le concentrazioni di H2S (idrogeno solforato) riscontrate nella centralina di S. Cusumano (ubicata ad Augusta vicino la Esso) in una media di un'ora hanno toccato i 60 microgrammi;
   la soglia dell'idrogeno solforato secondo l'allegato alla parte quinta pagina 265 del decreto legislativo n. 152 del 2006 per gli impianti Claus ovvero gli impianti di desulfurizzazione delle raffinerie è di 30 microgrammi;
   è in corso il riesame dell'autorizzazioni integrata ambientale degli esercizi degli stabilimenti industriali presenti nei citati territori;
   il riesame dell'autorizzazioni integrata ambientale è stato richiesto dal comune di Melilli con delibera del consiglio comunale di Melilli, risalente a luglio 2013, inserendo 5 proposte propedeutiche ad un maggior controllo sull'ambiente; le cinque proposte che il comune di Melilli ha sottoposto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con nota di protocollo DVA-2013-0021493, consistono in: 1) per tutte le torce presenti: a) installazione di sistema di videosorveglianza con possibilità di registrazione delle immagini e archiviazione delle stesse, per periodi non inferiori a 3 mesi, al fine di verificare la combustione dei gas di torcia; b) installazione di sistemi termografici per il rilevamento del corretto funzionamento della fiamma pilota e dove non presenti, di sensori con attivazione di allarme acustico in sala di controllo in caso di spegnimento della stessa; 2) dotare di idonee coperture le vasche degli impianti di trattamento degli effluenti liquidi, installare contestualmente sistemi di captazione e successivo convogliamento ad impianto di abbattimento dei vapori liberati; 3) dotare di analizzatore in continuo per H2S le condotte dei fumi in uscita dagli impianti di recupero zolfo; 4) archiviare i dati meteo climatici delle stazioni presenti all'interno stabilimenti; 5) trasmettere in tempo reale ad ARPA Sicilia i dati rilevati dai sistemi di monitoraggio in continuo (SME);
   il comune di Siracusa ha chiesto di partecipare al procedimento di riesame dell'autorizzazioni integrata ambientale;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha negato la partecipazione diretta del comune di Siracusa adducendo motivazioni formali, senza tenere conto di alcuni dati oggettivi, ovvero che il territorio del comune di Siracusa è limitrofo agli esercizi industriali e che alcuni impianti ricadono nel territorio del comune di Siracusa;
   la tutela dei beni ambiente e salute è costituzionalmente garantita e compete allo Stato esercitare ogni attività amministrativa e di controllo, perché il diritto ad un ambiente salubre sia effettivamente garantito;
   sul piano normativo ed amministrativo il contrasto all'inquinamento atmosferico avviene attraverso il controllo delle fonti inquinanti e fissazione di standard di emissione – decreto legislativo n. 152 del 2006 – ed il controllo sulla qualità dell'aria e fissazione di standard sulla qualità dell'aria – decreto legislativo n. 155 del 2010 –;
   i valori limite d'emissione del decreto legislativo n. 152 del 2006 indicano per ogni sostanza inquinante la massima quantità che può essere immessa nell'atmosfera da parte di un singolo impianto e sono stabiliti per il territorio nazionale dagli allegati al decreto legislativo n. 152 del 2006; le imprese hanno l'obbligo di rilevare (periodicamente o in continuo) le emissioni dei loro impianti e di comunicare i risultati delle misure all'amministrazione;
   il controllo sulle singole fonti d'inquinamento non è però sufficiente, se in un'area, come nel caso del territorio indicato, esistono numerose attività industriali;
   il decreto legislativo n. 155 del 2010 individua i livelli di qualità dell'aria, definiti su scala nazionale in base alla concentrazione di inquinanti in atmosfera, classificati in base al confronto con i valori limite ed i valori guida;
   i valori fissati dal decreto legislativo n. 155 del 2010 sono di carattere nazionale e le regioni possono fissare valori più severi;
   nel settembre del 2013 l'Organizzazione mondiale della sanità rilevava l'inverosimiglianza e l'attendibilità dei monitoraggi effettuati sul territorio della provincia di Siracusa;
   è oramai improcrastinabile la realizzazione del sistema di monitoraggio SIMAGE (sistema integrato di monitoraggio ambientale e gestione delle emergenze), simile a quello presente nell'area industriale di Porto Marghera. SIMAGE che prevede la creazione di una sala operativa funzionante 24 ore su 24, gestita da opportuno personale tecnico, che – tramite una rete di monitoraggio composta da strumentazioni (analizzatori gascromatografici, sistemi spettroscopici, sensori fotoelettrici) e da «panel di valutatori», cioè gruppi di persone addestrate al riconoscimento degli odori – rilevi tempestivamente la presenza di eventuali sostanze tossiche e odorigene emesse in atmosfera, con un segnale di allarme, per gestire immediatamente l'evento e comunicare in tempo reale i dati alle autorità atte a garantire la salvaguardia della popolazione in termini di sicurezza e di salute;
   la regione siciliana è in atto sostanzialmente priva del piano di risanamento della qualità dell'aria, atteso che quello vigente è del 2007;
   la regione siciliana non ha attivato il piano di monitoraggio regionale;
   l'assenza di una pianificazione regionale e di una rete di monitoraggio adeguata a quanto previsto nel decreto legislativo n. 155 del 2010 ha impedito la creazione di un inventario delle sostanze inquinanti ed insalubri presenti nell'aria;
   la prefettura di Siracusa unitamente ai rappresentanti dei comuni di Augusta, Priolo, Melilli e Siracusa ha avviato dei tavoli tecnici diretti ad individuare gli strumenti regolamentari e tecnici per eliminare le immissioni riscontrate nell'aria negli ultimi 4 anni e che costantemente risultano allarmanti per la salute dei residenti;
   l'articolo 22 del decreto legislativo n. 155 del 2010 prevede che i provvedimenti di zonizzazione e di classificazione, la rete di misura, i piani e le misure di qualità dell'aria esistenti ai sensi della normativa previgente dovevano essere adeguati alle disposizioni del decreto nel rispetto delle procedure e di termini oramai ampiamente decorsi, e che in caso di mancato adeguamento si applicano i poteri sostitutivi previsti all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131;
   il polo petrolchimico porta con sé una serie di problematiche ambientali e sanitarie evidenti;
   il sito di interesse nazionale di Priolo, Augusta e Melilli, nonostante i 106 milioni di euro assegnati nell'ultimo accordo di programma del 2008 è ancora in attesa degli interventi di bonifica delle aree a terra ed a mare;
   la prima firmataria del presente atto ha già presentato diverse interrogazioni aventi ad oggetto altri casi di immissioni nocive senza che allo stato vi sia stato un riscontro concreto da parte del Governo –:
   se il Ministro sia conoscenza di quanto sopra esposto;
   se il Ministro intenda invitare l'avvocatura distrettuale dello Stato di Catania ad esercitare le facoltà ed i diritti connessi alla persona offesa nel procedimento penale eventualmente avviato dalla procura della Repubblica di Siracusa a seguito dell'esposto presentato dai cittadini di Siracusa;
   se in sede di riesame dell'autorizzazioni integrata ambientale il Ministro attraverso i suoi organi istruttori abbia preso in esame tutti gli eventi segnalati dalle amministrazioni comunali e dai cittadini;
   se il Ministro non intenda riesaminare il provvedimento di rigetto della richiesta di partecipazione del comune di Siracusa al procedimento di riesame dell'autorizzazioni integrata ambientale;
   se il Ministro non ritenga oramai improcrastinabile la realizzazione del sistema di monitoraggio SIMAGE (Sistema integrato di monitoraggio ambientale e gestione delle emergenze), simile a quello presente nell'area industriale di Porto Marghera;
   se il Ministro non ritenga che sussistano i presupposti per applicare i poteri sostitutivi previsti all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, per adottare il piano di risanamento della qualità dell'aria, il piano di monitoraggio regionale e un inventario delle sostanze inquinanti ed insalubri presenti nell'aria.
(2-00759) «Amoddio, De Maria».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LATRONICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni giorni presso il comune di Pisticci (MT) è presente un presidio di associazioni, cittadini e sindacati per manifestare il loro dissenso e la loro preoccupazione dovuta allo smaltimento dei reflui petroliferi provenienti dal centro Oli di Viggiano (PZ);
   presso lo stabilimento di Pisticci Scalo vengono depurate le acque di lavorazione delle estrazioni petrolifere della Val d'Agri e proprio nei prelievi, effettuati lo scorso 8 ottobre 2014, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ha riscontrato la presenza di concentrazioni di radionuclidi;
   nella relazione dell'ARPAB si afferma che da rilievi effettuati su campioni prelevati da autobotti provenienti dal Centro Oli Val d'Agri di Viggiano (COVA) è stata riscontrata la presenza di radionuclidi 9 volte superiore alla quantità presente nell'acqua potabile in base alla direttiva dell'Unione Europea e in misura minore tali sostanze sono state rilevate anche nei fanghi depositati negli impianti;
   il 17 novembre 2014, presso la sede della regione Basilicata, l'Eni ha diffuso una nota nella quale si sostiene «che gli aspetti riguardanti la presenza di radionuclidi di origine naturale nel processo di estrazione d'idrocarburi sono gestiti rispettando completamente la normativa comunitaria e nazionale in materia (decreto legislativo n. 230 del 1995, la direttiva europea 96/29/EURATOM, il decreto legislativo n. 241 del 2000 per il controllo delle sorgenti naturali delle radiazioni)»;
   lo smaltimento dei reflui con presenza di sostanze radioattive avviene in un impianto, quale quello del Tecnoparco, la cui autorizzazione integrata ambientale non è certo che contempli il trattamento di quelle sostanze. Tale circostanza ha spinto le istituzioni locali a sollevare il problema di quali codici CER escano dal COVA di Viggiano;
   le quantità di acqua di vegetazione non sono assolutamente trascurabili, infatti le quantità giornaliere risultanti dall'attività del COVA sono da 10 a 18 chilogrammi per ogni barile di petrolio lavorato e quindi dell'ordine di circa 1.500 tonnellate/giorno; in tale acqua, vi sarebbe radioattività dovuta sia ai minerali presenti nella roccia fratturata proveniente dalla crosta terrestre, estratta insieme al petrolio, sia a materiali addizionati nel processo di trivellazione ed estrazione;
   sulla concentrazione di radioattività rilevata a Pisticci scalo le istituzioni locali e la regione Basilicata hanno chiesto il parere dell'Ispra e dell'Istituto superiore di sanità per verificare se le alte concentrazioni di radionuclidi alfa e beta riscontrate nelle acque e immesse nella catena alimentare e ingeriti dagli animali, potrebbero determinare alterazioni del DNA cellulare provocando svariate patologie comprese le neoplasie;
   nei giorni scorsi si è verificato un altro incidente ed in merito l'Eni ha diffuso una nota dove sosteneva che «durante lo svolgimento di controlli periodici programmati lungo il tracciato dell'oleodotto Viggiano-Taranto, in località San Basilio di Marconia» era «stata riscontrata sul terreno la presenza di una macchia oleosa, di dimensione inferiore a tre metri quadrati», e che era stata riscontrata sull'oleodotto «la manomissione della protezione esterna e la presenza di un foro dal diametro perfettamente regolare di 8 millimetri, di evidente origine dolosa»;
   l'Eni ha anche precisato, che «l'oleodotto è stato immediatamente messo fuori servizio e sono state rapidamente avviate le attività di scavo e bonifica dell'area interessata, di dimensioni molto ridotte», e che «il tubo non presenta cedimenti strutturali e corrosioni, ma risulta danneggiato dall'esterno», precisando che sono in corso approfondimenti finalizzati ad accertare le cause dell'accaduto e che le autorità competenti ne sono state informate;
   nella cittadinanza di Pisticci e nelle aree del Metapontino si è generato un forte allarme causato dalle notizie che riguardano sia l'attività di smaltimento dei reflui delle lavorazioni petrolifere svolte dalla società Tecnoparco, che opera in un'area dove è presente un centro abitato e numerose colture agricole e sia la rottura dell'oleodotto  –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per verificare se la concentrazione di radioattività riscontrata nell'area di Pisticci scalo e Ferrandina ecceda i parametri previsti dalle leggi e dalle direttive europee;
   quali misure di competenza intenda intraprendere per tutelare la salute pubblica e l'integrità dell'ambiente. (5-04122)


   DE ROSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la società SOGESID spa, è stata istituita, ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, successivamente modificato dall'articolo 20 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito, dalla legge del 7 aprile 1995, n. 104, allo scopo di affidare alla stessa, in regime di concessione, gli impianti idrici già detenuti dalla Cassa del Mezzogiorno; ha una sede centrale a Roma ed è dotata di piccole unità territoriali a Napoli, Bari, Palermo, Catanzaro Lido, Siracusa e Matera;
   le attività della SOGESID spa si sono progressivamente intensificate, interessando numerosi settori quali l'assistenza tecnica alle varie direzioni generali del Ministero, inclusa la direzione VIA; la definizione di interventi di messa in sicurezza e bonifica di siti contaminati di interesse nazionale, il supporto alla redazione dei piani di tutela delle acque e talvolta a quelli di monitoraggio, senza peraltro il coinvolgimento delle ARPA, che di tali attività sono titolari, la partecipazione a tavoli tecnici, forum e progetti internazionali in materia di risorse idriche, anche con funzioni di rappresentanza, lo svolgimento di campagne informative in materia ambientale, il monitoraggio e la vigilanza in materia di rifiuti;
   la SOGESID spa grazie alla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), articolo 1, comma 503, è stata trasformata in una società in-house, cioè un ente strumentale alle finalità ed alle esigenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, consentendo, in forza di tale trasformazione, che ad essa fossero trasferite molte competenze istituzionali del Ministero;
   le attività affidate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a SOGESID spa, nella maggioranza dei casi sono subappaltate da quest'ultima a soggetti terzi;
   secondo quanto riportato dal periodico L'Espresso del 28 giugno, la SOGESID spa, dal 2008 al 2011 ha assorbito dal Ministero 426 milioni di euro, attivando 1.600 consulenze per un totale di 35 milioni di euro, oltre ai propri 126 dipendenti e 315 collaboratori a progetto, mentre al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono state decurtate risorse fino al 72 per cento ed eseguiti tagli molto consistenti del personale;
   la SOGESID spa rientra nel novero di quei soggetti che, secondo l'articolo 3 del decreto legislativo n. 163 del 2006, non sono tenuti ad espletare le procedure di evidenza pubblica per lo svolgimento delle attività ad essa affidate; tale deroga le consente progetti costosi e irrealizzabili e le citate consulenze milionarie, che hanno destato più di una volta l'attenzione dei magistrati, visti i criteri d'azione, ad avviso degli interroganti, lontanissimi dall'obiettivo di bonificare i veleni d'Italia. Uno su tutti, la depurazione dei laghi di Mantova, minacciati dall'onda di petrolio ereditata da vecchi impianti di idrocarburi, il cui progetto è costato allo Stato un milione e 413 mila euro e, se realizzato, avrebbe costi di manutenzione di 110 milioni annui;
   la SOGESID spa riceverebbe, inoltre, un compenso forfettario pari al 26,50 per cento dell'intero importo finanziato, oltre ai corrispettivi ad essa riconosciuti con riferimento ai quadri economici dei singoli progetti ed interventi;

alla luce delle incongruenze sopra rilevate, nel corso dell'audizione in VIII Commissione della Camera dei deputati del 18 luglio 2012 sulla spending review, e come riportato dalle agenzie di stampa, il Ministro pro tempore Corrado Clini aveva affermato che si preparava alla chiusura della SOGESID spa, attraverso una fase transitoria con una gestione commissariale;
   tuttavia il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, come convertito dalla legge 7 agosto, n. 135, l'articolo 4, comma 3 (Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche), ha previsto che le norme sullo scioglimento delle società in house di cui al comma 1 non si applicano a società come la SOGESID spa, in quanto produttrice di servizi di interesse generale, strumentali al perseguimento delle finalità istituzionali del Ministero;
   la SOGESID spa ha operato, ad avviso degli interroganti, non nell'interesse generale, anche per la presenza di dirigenti quale Luigi Pelaggi, indagato per corruzione nell'ambito dell'inchiesta sullo smaltimento illegale dei rifiuti dall'area ex Sisas di Pioltello-Rodano, alla periferia di Milano, discariche di cui si occupa la stessa Sogesid e di consulenti quali l'ex direttore generale Gianfranco Mascazzini, indagato in Campania per l'avvelenamento di Bagnoli, il quale, dopo essere andato in pensione, ha preso lo stipendio da Sogesid;
   secondo quanto riportato da una richiesta di accesso agli atti formulata dall'Unione Sindacale di Base del 19 novembre 2014, il ministro dell'ambiente, Gianluca Galletti sta per sottoscrivere una convenzione quadro con la SOGESID, attraverso la quale affida alla stessa società tutte le attività del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   in tale contesto, il ministro Galletti avrebbe inviato al Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, una proposta di modifica regolamentare dell'organico del personale di ruolo al Ministero che sembrerebbe prevedere l'ampliamento di 250 unità di personale suddiviso sulle diverse aree e di 15 ulteriori unità dirigenziali un non meglio definito ampliamento dell'organico al Ministero;
   tale personale è già individuabile, secondo la nuova riforma della pubblica amministrazione, varata dal Governo Renzi, nelle unità rese disponibili dalla soppressione delle province e dall'esubero di personale in altri Ministeri;
   già oggi, le consulenze fornite dalla Sogesid contano un numero di personale applicato all'interno del Ministero, superiore a quello del personale di ruolo, il cui operato non corrisponde ad un reale, piano di fabbisogno per lo svolgimento delle competenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che viene, inoltre, portato avanti in mancanza di una mappatura delle professionalità interne nonché in assenza di una trasparente programmazione e successiva valutazione degli obiettivi che le singole direzioni generali dovrebbero perseguire;
   secondo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di riorganizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, paiono ingiustificate ed eccessive sette nuove direzioni generali, sei vice capo di gabinetto, novanta unità di personale addetto agli uffici di diretta collaborazione, di cui nove, estranei, percepiscono indennità cospicue, a fronte, peraltro di una riduzione della dotazione organica del personale di 556 unità –:
   se il Ministro interrogato sia in grado di confermare l'imminente sottoscrizione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di una convenzione quadro con la SOGESID spa;
   se ritenga davvero opportuno, alla luce di quanto sopraesposto, moltiplicare cariche dirigenziali, privando di fatto il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare delle sue funzioni e della sua struttura per affidarne le attività, delicatissime per l'equilibrio sociale ed economico del nostro Paese, quali le bonifiche, il dissesto idrogeologico, il contrasto ai cambiamenti climatici e la gestione del ciclo dei rifiuti, ad una società che risulta essere, secondo inchieste documentate, poco trasparente ed efficiente;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non intenda comunicare, assicurandone la necessaria pubblicità e divulgazione, una stima del rapporto costi/benefici dei compiti affidati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a SOGESID spa negli anni 2013 e 2014, con particolare riferimento agli interventi di bonifica o messa in sicurezza di aree rientranti in siti di interesse nazionale (SIN) di cui al Titolo quinto, parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario, a maggior ragione, agire in linea con gli intendimenti espressi dal Governo Monti in ordine alla chiusura dell'attività di SOGESID spa. (5-04131)

Interrogazione a risposta scritta:


   LATRONICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da anni Legambiente conduce la campagna «Goletta Verde» dedicata al monitoraggio ed all'informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane, analizzando quasi 7 mila e 500 chilometri di costa;
   dagli esami effettuati emerge che sui 24 punti monitorati ben 19 casi – in pratica 1'80 per cento del totale risultano «fortemente inquinati», giudizio che indica una carica batterica almeno due volte più alta di quella consentita dalla legge (decreto legislativo n. 116 del 2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010);
   l'Unione europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia (procedura n. 2014/2059 del 31 marzo 2014) all'inizio della stagione balneare per il mancato rispetto della direttiva comunitaria sul trattamento delle acque reflue urbane (direttiva 91/271 CE);
   per la Basilicata i dati negativi sono stati registrati alle foci dei fiumi Basento a Metaponto; del canale della Bufaloria a Scanzano Jonico e del fiume Sinni, a Policoro;
   considerando che la rete di depurazione regionale arriva a coprire solo il 74 per cento del territorio, la Basilicata è al quartultimo posto nella classifica delle regioni italiane per capacità di servizi di depurazione e fognatura (Mare Monstrum 2009);
   nel metapontino il rischio di inquinamento è ancora troppo alto, soprattutto a causa delle acque di fogna (scarico oppure di un'inefficiente depurazione) che vengono scaricate in mare e nei fiumi senza essere opportunamente depurate per malfunzionamenti dei depuratori stessi o scarichi abusivi –:
   se sia a conoscenza dei fatti suesposti e quali iniziative di competenza intenda assumere perché siano risolte le problematiche della raccolta e del trattamento degli scarichi civili, e per assicurare la reale tutela dell'ambiente anche al fine di evitare possibili procedure di infrazione dell'Unione europea. (4-07018)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIMONE VALENTE, LUIGI GALLO, MARZANA, BATTELLI, DI BENEDETTO, BRESCIA, VACCA, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA e DADONE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   i servizi aggiuntivi negli istituti e luoghi di cultura sono stati intesi inizialmente come una valorizzazione dei beni ed un miglioramento della fruizione da parte del pubblico dove sperimentare e sviluppare forme virtuose di partenariato pubblico e privato ed innovativi sistemi di gestione del patrimonio culturale. In realtà, la mancanza di precise regole e l'assenza di una netta linea di demarcazione tra gli ambiti di competenze tra sfera pubblica e privata ha determinato una sorta di conflittualità, talvolta sfociando in disservizio;
   con la legge 14 gennaio 1993, n. 4 (nota come «legge Ronchey») si è provveduto ad attuare un primo e decisivo passo verso una tendenziale apertura del patrimonio artistico e culturale italiano all'intervento dei privati attraverso l'erogazione di nuovi servizi e l'affidamento degli stessi a società private esterne alla pubblica amministrazione;
   un ulteriore passo in questa direzione si è avuto con l'introduzione dell'articolo 3, comma 15-ter, del decreto legislativo n. 163 del 2006 che, recependo i requisiti indicati dal libro verde relativo ai partenariati pubblico e privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni 30 aprile 2004, ha fornito una definizione di partenariato individuando alcuni modelli tra i quali la concessione di lavori, la concessione di servizi, e altro; in tale ambito rientra anche il modello della concessione di lavori o di servizi nel quale il soggetto privato viene ad assumere un legame diretto con l'utente finale del bene;
   in occasione del question time in Aula del 9 luglio 2014, è stata annunciata la sottoscrizione di un accordo tra Ministero dei beni e delle attività culturale e del turismo e Consip (società per azioni di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze) che prevede l'affidamento dei servizi aggiuntivi all'esterno attraverso una gara volta a consentire più risparmio e più trasparenza; la notizia è stata confermata da numerosi quotidiani a tiratura nazionale e dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'avviso di preinformazione in data 16 luglio 2014. L'intento sarebbe quello di predisporre gare più chiare per innalzare i ricavi dagli attuali 380 milioni di euro ai 2 miliardi di euro, aumentando i visitatori e migliorando la qualità della fruizione e gestione dei luoghi culturali;
   contestualmente la società ha avviato una consultazione del mercato fra gli operatori del settore volta a carpire le reali condizioni di mercato nonché le combinazioni di servizi che le imprese sarebbero in grado di offrire ed intrapreso, altresì, un'opera di censimento sui siti anche alla luce delle modifiche intervenute al decreto-legge n. 83 del 2014 (art bonus);
    il suddetto accordo interviene per porre fine ad un consolidato sistema di concessioni in deroga presente oramai da diversi anni e che vede una gestione dei servizi aggiuntivi museali in regime di oligopolio, nelle mani di pochissimi operatori privati addetti al settore;
   in molti contesti, infatti, il contratto originale di appalto risulta scaduto dal 2010; solo per citare il caso emblematico del Polo museale fiorentino addirittura fu pubblicato un nuovo bando di gara e numerose lettere di manifestazione di interesse erano pervenute da parte di autorevoli società specializzate ed in possesso dei requisiti di partecipazione richiesti ma di fatto l'unico affidatario dei servizi rimase ed è tuttora il vecchio gestore: la Firenze Musei;
   la riorganizzazione della gestione del patrimonio culturale annunciata rimetterebbe quindi in moto le gare per l'assegnazione dei servizi aggiuntivi nei musei contrassegnati dal suindicato regime di deroghe e da numerosi contenziosi amministrativi; tra i musei in questione si segnalano in particolare, gli Uffizi, la Galleria dell'Accademia di Firenze, Palazzo Barberini, Galleria Borghese, Pompei ed Ercolano e tanti altri siti minori;
   dalle notizie riportate su numerosi quotidiani nelle ultime settimane, Consip dovrebbe operare in regime di centrale di committenza ed entro la fine dell'anno verrà pubblicato un bando per arrivare in primavera ad un accordo quadro relativo alle gare da effettuarsi su tutto il territorio. Tale accordo dovrebbe stabilire le condizioni di base per i prezzi, qualità e quantità a cui si ispireranno le gare successive delle singole stazioni appaltanti e verranno probabilmente previsti dei lotti di macroregioni in cui sarà divisa l'Italia. In sostanza, verrà attuata una sorta di gestione integrata non solo dei servizi aggiuntivi ma anche di quelli che riguardano le pulizie, la sicurezza e la manutenzione degli immobili;
   è presumibile, inoltre, che i soggetti che parteciperanno alle gare per l'accordo quadro saranno delle grandi ATI (Associazioni temporanee di imprese) costituite da società di manutenzione e pulizie e dagli specialisti di librerie, biglietterie e ristorazione;
   l'accordo quadro, dal valore dell'appalto stimato in circa 500 milioni di euro, avrebbe dunque per oggetto la fornitura in forma integrata di servizi gestionali, di servizi agli immobili nonché di servizi affidati in concessione, di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico da eseguirsi nei luoghi di cultura e andrebbe stipulato con diversi operatori economici; esso dovrebbe stabilire le condizioni base (prezzi, qualità e quantità) degli appalti che saranno aggiudicati dalle singole amministrazioni. L'accordo quadro non sarà limitato ai musei statali ma comprenderà anche i musei comunali e regionali nonché i siti archeologici;
   attualmente l'amministrazione ricava ciò che rimane dalla gestione frammentata dei diversi servizi per i siti culturali; ma con il nuovo accordo al gestore viene assegnata una percentuale fissa del ricavo e il residuo andrebbe all'amministrazione. In tal modo, i ricavi provenienti dal progetto di valorizzazione resterebbero quasi interamente all'amministrazione;
   appare del tutto evidente la tendenza del dicastero di attuare una politica incline ad una apertura al privato, incrementando il rapporto di partenariato pubblico-privato e lo si evince dalle linee politiche attuate, come ad esempio dal decreto-legge n. 83 del 2014 (decreto cultura e turismo) convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106;
   è sempre più percepita l'esigenza di operare nel rispetto dei principi costituzionali e degli orientamenti della giurisprudenza rivolti al rispetto del principio di concorsualità (sentenza n. 7590/2005 Tar Lazio) previo esperimento di procedure di gara ad evidenza pubblica con cui consentire un confronto competitivo tra i molteplici operatori sul libero mercato;
   sulla anomala situazione dei servizi in deroga è intervenuta pure l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, con deliberazione 10/2013, evidenziando il rischio che al persistere di questo regime di deroghe si possono delineare profili di danno erariale;
   il principio di libertà di iniziativa economica dev'essere inteso come diritto a concorrere e a competere con altri operatori privati in condizioni di pari opportunità e di pari trattamento procedimentale;
   la giurisdizione amministrativa, a più riprese, ha chiarito la differenza sostanziale che intercorre tra l'appalto di servizi e la concessione; si richiama, a tal proposito, la pronuncia del Consiglio di Stato, sez VI, che con sentenza n. 4682 del 4 settembre 2012 ha testualmente spiegato che «Si ha concessione quando l'operatore si assume in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull'utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si ha appalto quando l'onere del servizio stesso viene a gravare sostanzialmente sull'Amministrazione»; orientamento peraltro consolidato e supportato dal recentissimo provvedimento del Consiglio di Stato, Sez. VI, del 21 maggio 2014 n. 2624 che individua il tratto distintivo della concessione dall'appalto di servizi essenzialmente nella modalità della remunerazione;
   è evidente, altresì, che la distorsione concorrenziale venuta ad esistenza è stata palesemente rovinosa e resta tuttora un nodo irrisolto; tuttavia, il suindicato avviso di preinformazione è stato finanche inserito nel supplemento alla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea e potrebbe generare un interesse a partecipare anche da parte di società straniere –:
   se con la pubblicazione dell'avviso di preinformazione nel supplemento della Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea si instaurerà una sana concorrenza in un'ottica di massima trasparenza ed efficacia delle iniziative, contrastando in tal modo l'oligopolio delle poche aziende operanti nel settore;
   quali siano, allo stato attuale, gli istituti e i luoghi di cultura contrassegnati dal regime di proroga nella concessione dei servizi aggiuntivi museali e da quanti anni si registra una simile anomalia;
   in che modo intenda rendere redditizi i centri museali minori, alla luce del costituendo accordo quadro e se esista la possibilità che alcune gare vadano deserte;
   in che modo il richiamato accordo quadro si intenda conciliare con la riforma del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che prevede la presenza di venti musei con autonomia gestionale e manager a capo degli stessi e se sia effettivamente Consip l'unica struttura in Italia deputata a gestire le suindicate operazioni atteso che fino ad ora si è occupata prevalentemente di contenimento dei prezzi. (5-04123)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con determinazione del dirigente del servizio energia, reti e infrastrutture, materiali per lo sviluppo della regione Puglia, n. 31 del 24 maggio 2013, è stato autorizzato un impianto di produzione di energia elettrica di tipo biomassa della potenza elettrica di 25,200 MW elettrici, sito nel comune di Sant'Agata di Puglia (Foggia), località «Viticone»;
   con determinazione del dirigente del servizio energia, reti e infrastrutture, materiali per lo sviluppo della regione Puglia, n. 31 del 24 maggio 2013, è stato autorizzata la costruzione e l'esercizio di una stazione autoproduttore di trasformazione e consegna elettrica da 30/150 kV sita nel comune di Deliceto (Foggia), collegata con cavo a 150 kV con la sezione a 150 kV della stazione a 380 kV di Deliceto (Foggia), condivisa con la società Vibinum Srl (A.U. n. 195/2009);
   con determinazione del dirigente del servizio energia, reti e infrastrutture, materiali per lo sviluppo della regione Puglia, n. 31 del 24 maggio 2013, è stato autorizzata la costruzione delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione ed esercizio dell'impianto stesso, da realizzarsi nel comune di Sant'Agata di Puglia (Foggia), località «Viticone»;
   la società proponente i suddetti impianti è la AGRITRE S.R.L., sede legale sita a Ravenna (Ravenna), in via Zuccherificio 10 – frazione Mezzano;
   dal punto di vista geomorfologico l'area d'intervento risulta inserita nelle aree a pericolosità geomorfologica 1 (P.G.l) ovvero a pericolosità media. Seppur dagli elaborati di carattere geologico si apprenda la mancanza di dissesti o di rischio, il Comitato prescrive che siano posti in essere tutti gli accorgimenti perché l'intervento garantisca la sicurezza e non modifichi negativamente le attuali condizioni morfologiche sia dell'area direttamente coinvolta nel progetto sia delle aree limitrofe;
   dalla lettura dei sondaggi geognostici eseguiti (relazione geotecnica – Elab. AG3-AMB-REL.07) si evidenzia la presenza di una falda acquifera superficiale, rinvenibile tra – 1,50 m (sondaggio SI del 18.01.2011) e – 1,10 m (sondaggio S2 del 18.01.2011); inoltre nella relazione idrogeologica (elab. AG3 - AMB-REL-08) si legge che «dalla campagna di monitoraggio eseguita sulla falda superficiale è emerso che essa è fortemente condizionata dagli eventi meteorici registrando delle oscillazioni di circa 1.0 ad una profondità di –1.50 m dal p.c.». Sulla scorta di tale stato di fatto il Comitato prescrive che la Ditta garantisca, sia in fase di cantiere che in fase di esercizio dell'impianto, la tutela e la salvaguardia di tale falda superficiale, eseguendo un monitoraggio semestrale sia delle acque di falda che del suolo;
   la Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia richiede documentazione relativa ai terreni delle infrastrutture e si riserva di fornire parere tecnico successivamente all'acquisizione di tale rapporto. Dal resoconto dell'AU non emerge parere della Soprintendenza su questo punto, mentre l'ufficio energia, dopo un anno e mezzo, comunica la conclusione positiva del procedimento allo stesso ente;
   il comando militare Esercito «Puglia», pur concedendo il nullaosta alla società, che rileva l'esistenza del rischio di presenza ordigni residuati bellici interrati, e che detto rischio è totalmente eliminabile con la bonifica, per la cui esecuzione dovrà essere presentata apposita istanza all'Ufficio BCM del 10o reparto infrastrutture di Napoli, di cui manca allo stato attuale la verifica –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di evitare che vi siano rischi per la salute e l'incolumità dei cittadini e garantire la tutela dei beni culturali e paesaggistici dell'area. (4-07016)

DIFESA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   in data 21 novembre 2014, il sito internet del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha pubblicato il contratto con l'americana «Lockheed Martin» per l'acquisizione di 43 velivoli F 35;
   dal contratto si apprende che il Governo italiano acquisterà, precisamente il settimo e l'ottavo dell'VIII lotto;
   il costo unitario, in dollari 94,8 milioni ad aereo nella sua versione «A» convenzionale, senza motore, è stato annunciato da Joe Dellavedova il portavoce del programma F35 per il Dipartimento della difesa americano, spiegando che la versione «B» dell'F35, quella a decollo corto e atterraggio verticale di cui l'Italia dovrebbe comprarne 30 esemplari, avrà un costo unitario di 102 milioni di dollari, vale a dire circa 82 milioni di euro, sempre senza il motore;
   il valore del contratto appena sottoscritto, comprensivo esclusivamente dei motori «Pratt & Whitney», si aggira intorno ai 200 milioni di euro. Considerando invece anche i costi per l'armamento e la manutenzione nel corso dell'intero ciclo, ogni cacciabombardiere verrebbe a costare non meno di mezzo miliardo di euro;
   in base a quanto previsto dal «Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2014-2016», nello specifico nel paragrafo dedicato allo Sviluppo e sostegno del velivolo Joint Strike Fighter e predisposizioni nazionali, vengono stanziati per il 2014, per il programma in parola, 359,1 milioni di euro e nella nota si legge che: «(...)le poste finanziarie previsionali allocate sul programma in parole negli EF 2015 e 2016 sono rispettivamente pari a 644,3 M Euro e 735,7 M Euro. Il correlato profilo finanziario è quello approvato nella pianificazione in vigore. Le disponibilità assegnate rimangono al momento sospese, nelle more delle discendenti decisioni in merito alla modalità di prosecuzione del programma che saranno esplicitate con la redazione del Libro Bianco della Difesa»;
   la stessa Ministra della difesa, con diverse dichiarazioni nel marzo scorso e riportate dalla stampa nazionale, ha annunciato il congelamento del programma F-35 ufficializzando il blocco della tranche dei pagamenti relativi ai contratti per i velivoli di prossima acquisizione;
   il 24 settembre 2014 sono state discusse le mozioni sul programma F 35 e la Camera, tra le altre approvava le mozioni: 1-00586 Scanu; 1-00593 Brunetta; 1-00590 Cicchitto; 1-00578 Causin;
   in particolare, con la mozione 1-00586 Scanu la Camera impegnava il Governo «a riesaminare l'intero programma F-35 per chiarirne criticità e costi con l'obiettivo finale di dimezzare il budget finanziario originariamente previsto, così come indicato dal documento approvato dalla Commissione parlamentare difesa della Camera dei deputati a conclusione dell'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma, in vista del Consiglio europeo del dicembre 2013, tenendo conto dei ritorni economici e di carattere industriale da esso derivanti»;
   in particolare, nel dibattito che precedeva tale votazione, il Viceministro all'economia e alle finanze, Morando ha dichiarato di non poter procedere a tale dimezzamento in ragione di «impegni contrattuali già assunti dall'Italia»;
   a seguito della diffusione del contratto pubblicato dal dipartimento della difesa degli Stati Uniti, in data 23 novembre il Ministero della difesa diramava la seguente nota: «Delle 4 mozioni presentate alla Camera le 3 approvate lo scorso 24 settembre, con il parere favorevole del Governo, richiedono tutte che si proceda con il programma, adottando una particolare attenzione per massimizzare i ritorni economici. Il Governo sta operando esattamente in tale direzione, procedendo con i più bassi livelli di oneri economici necessari a mantenere pienamente operativa la Faco di Cameri, anche in vista di future commesse internazionali»;
   a questo riguardo si rileva che le mozioni presentate in quel dibattito erano 7 e non 4 come indicato dal comunicato del Dicastero, di conseguenza si rileva che le Mozioni approvate risultano essere 4 e non 3;
   sorge il dubbio agli interpellanti che il Ministero, alla luce della nota sopra citata, abbia considerato nella completezza quanto votato il 24 ottobre 2014 in occasione della discussione sulle mozioni sul programma F 35;
   nel febbraio 2014 la campagna «Taglia le ali alle armi», che dal 2009 si occupa di sottolineare le problematiche del programma degli F-35 in vista della cancellazione della partecipazione italiana allo stesso, ha portato a pubblicare il dossier «Caccia F-35 la verità oltre l'opacità» come nuovo contributo di approfondimento. Nel rapporto si evidenzia come il costo medio attualmente desumibile dalla documentazione di bilancio Usa (e dai dati dei recenti contratti di acquisto italiani) si attesti sui 135 milioni di euro, oltre le altre spese, tra cui quelle di manutenzione;
   secondo il rapporto, il costo complessivo del programma per l'Italia (se confermati a questo punto 90 caccia) è in minima ascesa ad oltre 14 miliardi di euro e la proiezione di costo totale «a piena vita» del progetto rimane stimata in oltre 52 miliardi di euro;
   dal dettaglio di tutti i contratti sottoscritti dall'Italia con gli Stati Uniti, fino ad inizio 2014, si dimostra come siano già stati spesi 721 milioni di euro nelle fasi di acquisto (oltre ai 2,7 miliardi di euro per lo sviluppo e la linea di assemblaggio Faco);
   di media, sono 126 i milioni di euro già spesi per i primi tre caccia confermati dal nostro Paese (lotto VI), sforando qualsiasi precedente stima del Ministero della difesa al riguardo;
   il rapporto di «Taglia le ali alle armi» mostra come i dati relativi al ritorno industriale, estrapolati da diverse fonti e confermati anche da Lockheed Martin, confermano ad oggi un rientro per le aziende del nostro Paese di circa il 19 per cento in confronto all'investimento pubblico (meno di 700 milioni di euro sui 3,4 miliardi di euro già spesi dal Governo italiano), una situazione che difficilmente renderà possibile il ritorno di oltre 13 miliardi di euro, che sfiora il 100 per cento di rientro, più volte sbandierato dai Governi di questi anni;
   fonti governative e militari negli anni hanno ipotizzato l'arrivo di 10.000 posti di lavoro, mentre secondo stime sindacali si tratterebbe al massimo di circa 2.000 posti e per di più sarebbero ricollocazioni di lavoratori precedentemente impegnati con l’Eurofighter nella Faco di Cameri, dove sono impiegati meno di 1.000 addetti;
   lo stanziamento complessivo destinato all'acquisto di caccia dei prossimi lotti, previsto per il triennio 2014-2016, sarà di 1950 milioni di euro (circa 650 milioni di euro annuali in media), se non interverranno modifiche alle tabelle di procurement;
   a fine marzo 2013 è stato reso pubblico un nuovo rapporto del Government accountability office sul programma Joint Strike Fighter che ha confermato un ritardo di sette anni ed uno sforamento del budget di più di 160 miliardi di dollari rispetto alle previsioni iniziali;
   per completare il programma nei termini stabiliti il dipartimento della difesa americano dovrebbe procedere ad un incremento costante nel finanziamento per i prossimi 5 anni, con una media di costo annuale di 12,6 miliardi di dollari fino al 2037. Il picco di costo supererà, per molti anni, i 15 miliardi di dollari, ma «un finanziamento annuale di questa grandezza pone chiaramente dei problemi di sostenibilità a lungo termine, considerata l'attuale situazione fiscale» secondo il Government accountability office;
   nell'ultima richiesta di bilancio, l'Air Force Usa ha allocato circa 1,4 miliardi di dollari in cinque anni (ma altri fondi saranno poi richiesti successivamente) per risolvere problematiche sui vecchi lotti. Si tratta di una procedura che andrà poi ad interessare anche i lotti VI, VII ed VIII, i quali comprendono pure gli aerei acquisiti dall'Italia. Nella lista di priorità dettagliata dell'aviazione Usa sono incluse, tra le altre cose: le componenti per migliorare la protezione contro i fulmini, le prestazioni del seggiolino eiettabile, l'illuminazione sulle punte delle ali del jet, la zona preposta ad accogliere missili ed armi, il sistema di gestione termica e di potenza del velivolo, i condotti d'aria per il motore prodotto da Pratt & Whitney, la resistenza delle paratie ed, infine, il complicato sistema di display digitale montato dall'avveniristico casco;
   a fronte dei calcoli effettuati dal Government accountability office resta irrealistica la proiezione in decrescita entro il 2019 sui costi unitari degli aerei presentata dal produttore Lockheed Martin. Secondo le stime del Government accountability office, affinché ciò accada per la versione A, si dovrà ottenere una riduzione di oltre 40 milioni di dollari ad aereo rispetto al costo a consuntivo definitivo degli aerei prodotti nel 2013. Un «recupero» di oltre il 33 per cento in 5-6 anni;
   a riguardo dei costi, nel documento, si nota quindi come «il finanziamento attuale e le quantità previste nel programma indicano che i costi unitari nel 2019 potrebbero effettivamente essere superiore agli obiettivi»;
   in questi giorni il Pentagono ha deciso di bloccare il pagamento di 231 milioni di dollari a Lockheed Martin fino alla completa implementazione di modifiche necessarie per gli F-35 già consegnati, incluse le ormai famose protezioni contro i fulmini;
   l'Italia partecipa al progetto sin dal suo inizio, nel 1998, con una richiesta iniziale di 131 aerei, ridotta poi nel 2012 a 90 velivoli, considerati dalle Forze armate «indispensabili», perché andrebbero a sostituire tre linee di velivoli: i Tornado, gli AM-X e gli AV-8 B, ma senza tuttavia fornire alcuna spiegazione circa il ruolo di un aereo tanto sofisticato, anche alla luce degli impegni internazionali del nostro Paese;
   nel 2009 le Commissioni difesa della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, esprimendo parere favorevole al programma, avevano già posto alcune condizioni, che ora sono riprese dalla già citata nota del Ministero del 29 novembre 2014, in particolare il primo punto: la conclusione di accordi industriali e governativi che consentano un ritorno industriale per l'Italia proporzionale alla sua partecipazione finanziaria, anche al fine di tutelare i livelli occupazionali; la fruizione da parte dell'Italia dei risultati delle attività di ricerca relative al programma; la preventiva individuazione di adeguate risorse finanziarie che non incidano sugli stanziamenti destinati ad assicurare l'efficienza della componente terrestre e, più in generale, dell'intero strumento militare;
   il programma dell'F-35 è diventato un progetto dal costo elevato a fronte di prestazioni peraltro incerte e non corrispondente alle esigenze difensive del nostro Paese, con ricadute industriali ed occupazionali molto lontane dalle aspettative, che rischia anche di compromettere le politiche di disarmo utili invece a gestire in maniera corretta le crisi internazionali –:
   se non si intenda chiarire gli impegni del Governo sul programma F 35, anche alla luce delle votazioni alla Camera sulle mozioni concernenti il programma in parola e come intenda procedere in particolare sull'impegno del dimezzamento delle risorse programmate;
   se non si ritenga di chiarire quali siano i costi complessivi del programma anche tenendo conto delle considerazioni esposte in premessa, chiarendo definitivamente gli impegni assunti dal nostro Paese;
   se non consideri opportuno fornire i contratti d'acquisto sinora sottoscritti;
   se non intenda sospendere immediatamente qualsiasi attività contrattuale, di accordo tra le parti o di ulteriore acquisizione, nei confronti del Joint Strike Fighter program office, del progetto fino alla definizione di tutte le procedure e decisioni che possano rendere effettiva la scelta di cancellazione o ridefinizione della partecipazione italiana al programma.
(2-00758) «Duranti, Marcon, Scotto, Piras, Fratoianni, Palazzotto».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CORDA. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 210 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (cosiddetto «Codice dell'Ordinamento militare) attribuisce al personale medico militare il libero esercizio della professione medica, fermo restando il divieto di visitare privatamente gli iscritti di leva e di rilasciare loro certificati di infermità e di imperfezioni fisiche;
   il decreto legislativo 28 gennaio 2014, n. 7, ha recentemente introdotto, all'interno del predetto articolo, un comma 1-bis, che riconosce al personale medico e paramedico la medesima facoltà, ma soltanto nell'ambito della struttura sanitaria stessa (cosiddetta «intramoenia»);
   è di tutta evidenza che il riconoscimento della facoltà di esercitare la professione medica all'esterno costituisce un notevole vantaggio, anche sotto il profilo economico, rispetto all'esercizio della medesima professione all'interno della struttura medica militare;
   le due disposizioni richiamate si risolvono, quindi, in una disparità di trattamento tra la categoria degli ufficiali medici e la categoria dei paramedici, come i sottufficiali infermieri, limitati nelle loro prerogative di esercizio professionale;
   consta, inoltre, all'interrogante che la sperequazione tra le due prefate categorie di personale militare si ripercuota anche sul piano fiscale, a causa di una probabile decurtazione, da parte dell'amministrazione di appartenenza PERSOMIL, dei compensi percepiti dagli infermieri delle Forze Armate per l'esercizio di attività extralavorativa non autorizzata, addirittura al lordo di contributi fiscali già versati –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se gli stessi corrispondano al vero;
   se non ritenga opportuno intervenire, anche attraverso idonee disposizioni attuative, al fine di indurre le amministrazioni interessate ad interpretare le disposizioni richiamate in senso conforme ai principi di uguaglianza e di non discriminazione del personale militare. (4-07010)


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   dal 12 al 14 novembre la portaerei Cavour, ammiraglia della Marina militare è stata in sosta nella rada di Ortona all'insegna di un impegno di ampio respiro istituzionale dove è stato firmato l'accordo di collaborazione e sviluppo tra la Marina militare e la regione Abruzzo su tematiche marittime afferenti la formazione, la cultura e lo sport, la ricerca, l'innovazione, la progettazione, l'industria, la salvaguardia ambientale, la tutela del territorio e del mare, incentivando al tempo stesso i rapporti con altre realtà nazionali ed internazionali incluse quelle d'oltremare tra cui la Croazia, la Serbia, la Bosnia e l'Albania;
   come dichiarato dal Capo di stato maggiore della Marina, ammiraglio di squadra Giuseppe De Giorgi, l'iniziativa è l'inizio di una collaborazione strategica che parte dal contesto regionale dell'Abruzzo, ma si estende ai Paesi della sponda di fronte, raccogliendo tutto il potenziale che il mare può offrire per la prosperità nazionale;
   il 14 novembre alle ore 17:30 sulla Portaerei Cavour, per la prima volta in sosta nella rada di Ortona, è stato organizzato un convegno su «La strategia della Macroregione Adriatico-Ionica: l'Europa delle opportunità», dove erano presenti un centinaio di persone tra autorità politiche e diplomatiche, provenienti dai principali Paesi partner del bacino Adriatico, nonché molti amministratori locali, sindaci e rappresentati di diverse istituzioni;
   sempre il giorno 14 novembre scorso è stato rilevato maltempo ed il moto ondoso forza 3, non permettendo il rientro in porto con le pilotine che avevano trasportato gli ospiti e le autorità sulla maestosa nave ammiraglia della Marina Militare Italiana così da far entrare in azione 2 elicotteri, rispettivamente uno da 7 posti e l'altro da 4 posti, effettuando complessivamente 24 viaggi, per un'operazione di circa sei ore, con una spesa media che ammonterebbe, a quanto consta all'interrogante, a 2/4 mila euro a viaggio, per un costo pari tra i 70 e i 100 mila euro –:
   per quali ragioni la Marina militare, considerate le avverse situazioni meteo, non abbia valutato lo spostamento della sottoscrizione del protocollo in altro luogo in terra ferma;
   se il costo aggiuntivo dei voli di trasbordo dalla portaerei (70/100 mila euro) fino a Pescara sia a carico di contribuenti e cittadini della regione Abruzzo o se ricada su tutti i contribuenti italiani;
   se i fruitori, gli ospiti e le autorità, del soccorso aereo fossero coperti da adeguata polizza assicurativa risarcitoria per eventuali incidenti e danni che avrebbero potuto subire durante le operazioni stesse e in tal caso di quali tipo di assicurazioni si tratti e quali fossero i costi aggiuntivi ad esse collegati. (4-07022)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   CAUSI, GHIZZONI e BARUFFI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 28 gennaio 2014, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2014, n. 50, dispone, nei confronti dei soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del 17 e 19 gennaio 2014, nonché dagli eventi atmosferici avvenuti tra il 30 gennaio e il 18 febbraio 2014, la sospensione, sino al 31 ottobre 2014, dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari, inclusi quelli derivanti da cartelle di pagamento;
   il medesimo comma 2 dispone: «Nei confronti dei medesimi soggetti di cui al presente comma, sono altresì sospesi fino al 31 ottobre 2014: ... b) i termini per la notifica delle cartelle di pagamento e per la riscossione delle somme risultanti dagli atti di cui all'articolo 29 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché i termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività degli uffici finanziari, ivi compresi quelli degli enti locali e della Regione»;
   la disposizione, pertanto, stabilisce, nei confronti dei soggetti colpiti dagli eventi alluvionali, la sospensione, sino al 31 ottobre 2014, dei termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività degli uffici finanziari;
   la disposizione, essendo stata emanata per alleviare i cittadini e le imprese colpiti dall'alluvione del 2014 e già colpite, nel 2012, dagli eventi sismici, ad avviso degli interroganti, dovrebbe potersi interpretare nel senso che la sospensione dei termini opera a favore degli stessi e non a favore degli uffici finanziari;
   il decreto-legge n. 4 del 2014, parrebbe invece sospendere i termini di prescrizione e decadenza relativamente all'attività degli uffici finanziari, ma non i termini di prescrizione e decadenza per l'opposizione ad atti impositivi emessi dai medesimi uffici, nonché i termini processuali del contenzioso tributario per i soggetti colpiti dagli eventi alluvionali richiamati; tale interpretazione letterale, peraltro, legittimerebbe una potenziale lesione del diritto di difesa costituzionalmente garantito, infrangendo i principi di eguaglianza e proporzionalità;
   così interpretata, la norma terrebbe conto esclusivamente dei possibili disagi (causati dall'alluvione) nello svolgimento delle ordinarie funzioni di accertamento e riscossione degli uffici finanziari, senza tenere conto dei disagi dei soggetti residenti in zone peraltro già in stato di sofferenza, dovuto al grave sisma del maggio 2012;
   un'interpretazione che estenda ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali e, precedentemente, dagli eventi sismici, la proroga dei termini di prescrizione e decadenza sarebbe quanto mai opportuna, per l'evidente necessità di garantire l'imparzialità della pubblica amministrazione e di riequilibrare la posizione degli uffici finanziari rispetto a quella dei contribuenti;
   tenendo conto del tenore complessivo della disposizione, e delle ragioni per le quali essa è stata adottata, a parere degli interroganti appare che questa sia la lettura più coerente che deve essere data alla norma –:
   se il citato dettato normativo, così come formulato, possa includere, anche in via interpretativa, l'estensione, ai soggetti residenti o con sedi operative nei territori alluvionati, e già prima sconvolti dal sisma del maggio 2012, della sospensione dei termini di prescrizione e decadenza connessi ad atti impositivi oggetto dell'attività degli uffici finanziari, nonché dei termini processuali del contenzioso tributario.
(5-04127)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il neo direttore dell'Agenzia delle entrate Rossella Orlandi nel corso dell'audizione tenutasi lo scorso 20 novembre al Senato, presso le Commissioni Giustizia Finanze e Tesoro, ha dichiarato che la nuova procedura per il rimpatrio dei capitali esportati illegalmente all'estero, cosiddetta «voluntary disclosure» è frutto di un nuovo modello di cooperazione tra l'Amministrazione finanziaria, l'Agenzia delle entrate e gli stessi contribuenti ed è stata studiata per incentivare la «compliance» dei contribuenti verso gli adempimenti fiscali, la stessa sarà effettivamente efficace soltanto se riuscirà a realizzare l'effettivo ravvedimento volontario dei soggetti che hanno intenzionalmente sottratto redditi alle imposte italiane, mediante la fittizia allocazione estera della propria residenza fiscale;
   la stessa dottoressa Orlandi ha inoltre lanciato il messaggio che il Fisco ha davvero molti dati a cui attingere per controllare la situazione fiscale di ogni contribuente, e per questo chi non è in regola tenderà automaticamente a ravvedersi, prima che gli venga notificato l'accertamento, che porta con se sanzioni sicuramente più onerose;
   la stessa Agenzia delle entrate, in attesa dell'approvazione parte del Senato della relativa proposta di legge, ha iniziato a redigere, con largo anticipo quindi, una nuova bozza di modello di richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria, archiviando lo schema di modello predisposto dopo il varo del decreto-legge emanato dall'allora Governo Letta (decreto-legge n. 4 del 2014), e proponendo una versione «leggera» dello stesso: il nuovo modello – che si compone di 2 sole pagine rispetto alle 5 pagine e ai 6 allegati dello schema nella versione precedente – è più snello e di agevole compilazione, al fine, sostiene l'Agenzia delle entrate, di favorire il decollo della complessa procedura;
   infatti, la bozza di modello a cui sta lavorando al momento l'Agenzia delle entrate consta di un paio di pagine e si limita a chiedere il tipo di regolarizzazione: quella per i capitali all'estero o per i redditi non dichiarati (e le imposte non pagate) in Italia, ma non prevede la richiesta delle informazioni sui prelievi sui conti; inoltre, rispetto allo schema di modello predisposto dopo il varo del suddetto decreto-legge n. 4 del 2014, la bozza attuale non prevede le schede A, relativa alle attività estere rilevanti ed R relativa al richiedente;
   le cinque pagine della scheda A di cui constava la versione precedente del modulo chiedevano, in particolare, i dati sui prelievi dall'attività estera per ogni singolo periodo d'imposta, oltre alle indicazioni sulla provenienza dell'attività estera o dei fondi che servirono ad acquistarla o costituirla; la precedente bozza prevedeva anche sei allegati, di cui al momento, nella nuova versione, non v’è traccia –:
   per quali ragioni non siano stati ricompresi i modelli di dichiarazione relativi alla richiesta delle informazioni sul richiedente, sulle attività estere rilevanti e quelle relative ai prelievi sui conti.
(5-04128)


   PESCO e DADONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo (CRC), costituita nel 1992, presenta un esercizio per l'anno 2012 di 1.480.616.607 euro e un patrimonio netto pari a oltre 1,33 miliardi euro, posizionandosi tra le prime dieci fondazioni di origine bancaria per totale attivo in Italia; la Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo detiene partecipazioni bancarie in Banca regionale europea (BRE) pari al 25 per cento e in Gruppo UBI Banca pari al 2,23 per cento; la Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, è stata nel corso degli ultimi anni al centro di numerose polemiche, atti di sindacato ispettivo e inchieste e ricostruzioni giornalistiche, su testate locali e nazionali, in particolar modo per questioni riguardanti le designazioni delle cariche interne, nonché l'assegnazione di lavori di ristrutturazione di immobili e i legami d'affari che interesserebbero diversi esponenti della Fondazione e di società locali;
   per quanto riguarda gli atti di sindacato ispettivo di cui sopra, tutti presentati al Senato al Ministro dell'economia e delle finanze del tempo, si vedano il n. 3-00013 del 13 maggio 2006 (già n. 4-00032 del 31 maggio 2006), il n. 3-01259 del 13 aprile 2010, il n. 3-01297 del 4 maggio 2010, il n. 4-06570 del 12 gennaio 2012 con relativa risposta (fascicolo n. 169) e il n. 4-07912 del 10 luglio 2012;
   per quanto concerne la polemica e gli strascichi giornalistici, le presunte relazioni politiche che caratterizzerebbero la formazione degli organi dirigenziali della Fondazione e le appartenenze partitiche dei diversi membri, si vedano ad esempio: Franco Adriano su ItaliaOggi pagina 7 e Michele Masneri su Il Riformista pagina 9 del 16 aprile 2010, l'intervista di Gianni Martini a Giuseppe Guzzetti, presidente dell'Acri (Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio) su La Stampa del 19 maggio 2010, l'intervista di Ezio Belardi allo stesso Guzzetti, su La Guida pagina 1 del 19 novembre 2010, Marco Alfieri su La Stampa pagina 30 del 19 aprile 2011, Pier Paolo Luciano su La Repubblica – Piemonte (inserto Economia) pagina XI del 3 maggio 2011, Luca Piana su L'Espresso pagina 122 dell'8 marzo 2012, Gianni Martini su La Stampa (Cuneo e provincia) pagina 57 del 20 marzo 2012, Pier Paolo Luciano su La Repubblica – Torino del 19 febbraio 2013, Carlotta Scozzari su Il Fatto Quotidiano pagina 12 del 26 giugno 2013;
   il tema della trasparenza e della regolarità dei dirigenti della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, oltre ad essere stato oggetto di una sentenza del giudice Alberto Boetti del Tribunale di Saluzzo, è stato anche oggetto dell'ordine del giorno n. 3 «Segnalazione da parte del “Gruppo 19 marzo” di gravi irregolarità nella gestione della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo» presentato in consiglio comunale a Cuneo lo scorso gennaio 2014, nonché al centro di un dettagliato dossier che lo stesso «Gruppo 19 marzo» ha sottoposto, tra gli altri, ai parlamentari della provincia di Cuneo al fine di ripercorrere quanto accaduto dal 2010 ad oggi;
   stando a quanto riportata da singoli esponenti del tessuto socioeconomico locale, nonché dalla politica e dall'informazione, le questioni relative alla scarsa trasparenza e alle presunte irregolarità mostrate da alcuni dirigenti della Fondazione, sono le seguenti:
    1) i rapporti d'affari esistenti tra Ezio Falco, presidente della Fondazione, Gianluigi Gola, presidente del collegio sindacale, Pierfranco Risoli, membro del consiglio di amministrazione, Laura Dompè e Roberta Carrara, rispettivamente dipendente fiduciaria e moglie di Gianluigi Gola, attraverso le società Lineacomputer srl, Piemonte advisor building srl, Polo Grafico spa, Sigecom srl, Media sas, Newspaper Milano srl, Riserva di pesca Valle Pesio scarl, di cui risultano nel corso degli ultimi anni essere stati o tuttora ricoprire posizioni societarie, di partecipazione o di controllo o di gestione amministrativa;
    2) l'assegnazione nel 2009 da parte della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo dei lavori di ristrutturazione della ex sala contrattazioni all'imprenditore locale Giuseppe Ferrero, anch'egli collegato attraverso alcune società, agli stessi Falco e Risoli, quando già erano membri della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, nonché a Gola, alla Dompè e alla Media sas di cui sopra;
   la società Lineacomputer srl a socio unico, la cui attività risulta «commercio all'ingrosso di computer, apparecchiature informatiche periferiche e di software», è fondata da Ezio Falco negli anni ’90: lo stesso Falco, che detiene il 33 per cento delle quote, ricopre negli anni vari incarichi all'interno della società a partire da quello di consigliere fino ad arrivare nel 2005 a quella di amministratore delegato; lo seguirà nel medesimo incarico il socio Mauro Chiari dal 2004 al 2013; nel 2007 e nel 2008 Lineacomputer srl chiude gli esercizi dei due anni con perdite progressive rispettivamente pari a 122.826 e 131.819 euro;
   nel marzo 2009, la società di Falco versa in condizioni critiche, così come accertato dall'ufficio crediti di BRE UBI Banca, tanto da necessitare di una ricapitalizzazione che inizia con l'intervento della società Piemonte Advisor Building srl (PAB) la cui attività è la «locazione di beni propri o in leasing (affitto)»; i soci sono: Laura Dompè con il 36,96 per cento, Media sas di Carrara Roberta & C. con il 17,39 per cento, Giuseppe Ferrero con il 13,04 per cento e altri;
   la Media sas, a sua volta, vede Roberta Carrara come socio accomandatario e Gian Luigi Gola in veste di socio accomandante (fino al 2010);
   la stessa Media sas partecipa con il 16,57 per cento alla Polo Grafico spa della quale Dompè risulta essere Consigliere di amministrazione dal 2004; la stessa Carrara siederà dalla metà del 2010 nel consiglio di amministrazione della Polo Grafico spa;
   tra il marzo e il maggio 2009, quindi, Lineacomputer srl riceve circa 80.000 euro da parte della PAB srl, non sufficienti a ripianare il disavanzo patrimoniale di oltre 140 mila euro; di lì a poco, infatti, si deciderà di ricapitalizzare fino al minimo legale la società, con un versamento complessivo da parte di PAB srl di 200 mila euro;
   in seguito alla ricapitalizzazione nel 2013 l'allora Linearcomputer srl a socio unico viene incorporata dalla omonima Linearcomputer srl (istituita già nel luglio 2010 che ha per attività: «attività delle holding impegnate nelle attività gestionali»), con la seguente compagine societaria: Ezio Falco e la Co.Re.Fi. Compagnia fiduciaria e di revisione con il 33 per cento e Mauro Chiari il 34 per cento e la carica di Amministratore Unico;
   nel frattempo, Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo comunica la decisione di voler affidare con gara i lavori di ristrutturazione della ex sala contrattazioni;
   tra il febbraio e il marzo del 2009 da reversali di bonifici allegati al dossier realizzato dal «Gruppo 19 marzo», risulta che due società di Giuseppe Ferrero (lo stesso che risulta avere partecipazioni in PAB srl) la immobiliare Cristallo srl e la Fratelli Ferrero srl effettuano un bonifico ciascuno, di importo rispettivamente pari a 48.000 e 18.000 euro, a favore di Piemonte Advisor Building (PAB) srl impegnata nello stesso periodo a rifinanziare il debito della Lineacomputer srl di proprietà del Presidente di Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, Ezio Falco;
   lo stesso giorno del primo bonifico, 26 febbraio 2009, la Fondazione delibera l'assegnazione dei lavori di ristrutturazione alla Fratelli Ferrero srl, dell'omonimo imprenditore edile, socio di Gian Luigi Gola e sua moglie in Media sas, nonché presidente del collegio sindacale al momento dello svolgimento dei fatti; la sottoscrizione del contratto di affidamento dei lavori cade nel giorno del secondo bonifico effettuato dalla Fratelli Ferrero srl, 13 marzo 2009;
   nel marzo 2010, dopo una prima indicazione favorevole, la Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo decide di non rinnovare la fiducia a Piero Bertolotto, Presidente di BRE UBI Banca e rappresentante della fondazione nel Consiglio di gestione di UBI Banca; al suo posto, su indicazione del presidente Ezio Falco, la fondazione nomina l'allora Presidente del Collegio sindacale Gian Luigi Gola;
   Gola cede le sue quote di Media sas a Laura Dompè, che riveste dal 2010 il molo di socio accomandante;
   il Gola nel 2013 sarà nominato nel consiglio di sorveglianza all'interno di UBI Banca;
   a seguito delle interrogazioni parlamentari presentate al senatore Menardi, Gian Luigi Gola sporge querela per diffamazione contro lo stesso senatore; il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Saluzzo, dottor Alberto Boetti, emana in data 14 marzo 2011 l'ordinanza di archiviazione, specificando che «I rapporti d'affari tra membri del Consiglio di amministrazione e del Consiglio sindacale, cui prima s’è fatto riferimento, suscitano perplessità sul corretto rapporto organo di controllo-organo gestorio che dovrebbe essere garantito dal Codice Etico della Fondazione»;
   ad oggi, dalle visure risulta una panoramica di relazioni d'affari che rende le parole del giudice Boetti più che attuali:
    a) Gian Luigi Gola: Proprietario al 50 per cento e consigliere di amministrazione di Consult Rev srl; proprietario al 34,5 per cento di Paper-One srl; consiglio di Sorveglianza di UBI Banca, già consigliere di gestione di UBI Banca, già presidente del collegio sindacale della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo; consigliere di amministrazione di Polo Grafico spa. Consigliere di amministrazione di Newspaper Milano srl; presidente del collegio sindacale di Riserva di Pesca Valle Pesio scarl; già Socio Accomandante di Media sas;
    b) Ezio Falco: presidente della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo; proprietario del 33 per cento di Lineacomputer srl, già amministratore delegato; proprietario del 31 per cento di Sigecom srl e Consigliere di amministrazione; consigliere di amministrazione di Sinloc spa;
    c) Giuseppe Ferrero: proprietario al 90 per cento e amministratore unico di Fratelli Ferrero srl; proprietario al 90 per cento e amministratore unico di Immobiliare Cristallo srl; proprietario al 13,04 per cento di Piemonte Advisor Building srl; proprietario al 9,09 per cento di Riserva di Pesca Valle Pesio scarl; proprietario al 26 per cento di Edicinquemila srl; appaltatore dei lavori di ristrutturazione della ex Sala contrattazioni per Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo;
    d) Pierfranco Risoli: proprietario al 9,09 per cento e sindaco di Riserva di Pesca Valle Pesio scarl, presidente del consiglio di amministrazione di Newspaper Milano srl, già Vicepresidente e Consigliere di amministrazione; consigliere di amministrazione di Sigecom srl. Consigliere di amministrazione di Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo;
    e) Roberta Carrara: proprietaria al 32 per cento di Edicinquemila srl; socio Accomdatario di Media sas già socio accomandante; consigliere di amministrazione di Polo Grafico spa;
    f) Laura Dompè: proprietaria al 36,96 per cento di Piemonte Advisor Building srl già amministratore unico, consigliere e presidente del consiglio di amministrazione; socio accomandante di Media sas, membro del comitato di controllo sulla gestione di Polo Grafico spa; sindaco supplente di riserva di Pesca Valle Pesio scarl. Revisore Unico di Newspaper Milano srl già sindaco; già amministratore unico e presidente del consiglio di amministrazione di Piemonte Advisor Building srl;
    g) Luca Delfino: proprietario al 16,30 per cento e amministratore unico di Piemonte Advisor Building srl; consigliere di amministrazione di Polo Grafico spa già presidente del comitato di controllo sulla gestione; amministratore Unico di Riserva di Pesca valle Pesio scarl; amministratore Unico di Edicinquemila srl; amministratore Delegato di Newspaper Milano srl; sul piano delle diverse società si nota dalle visure la seguente situazione:
    Lineacomputer srl: soci Mauro Chiari al 34 per cento e amministratore unico, Ezio Falco al 33 per cento già amministratore delegato, CO.Re.Fi. al 33 per cento;
    Media sas di Carrara Roberta & C.: socio accomandatario Roberta Carrara, socio accomandante, Laura Dompè;
    Polo Grafico spa: soci Media sas al 16,57 per cento e altri; consigliere di amministrazione Roberta Carrara, Consigliere di amministrazione e Membro del Comitato per il controllo sulla gestione, Laura Dompè;
    Piemonte Advisor Building srl: soci Laura Dompè al 36,96 per cento, Media sas al 17,39 per cento, Giuseppe Ferrero al 13,04 per cento, Luca Delfino al 16,30 per cento e altri Amministratore Unico Luca Delfino;
    Edicinquemila srl: soci Giuseppe Ferrero al 26 per cento;
    Newspaper Milano srl: presidente del consiglio di amministrazione Pierfranco Risoli, Revisore Unico Laura Dompè;
    riserva di Pesca Valle Pesio scarl: soci Giuseppe Ferrero al 9,09 per cento, Pierfranco Risoli al 9,09 per cento. Amministratore unico Luca Delfino, Presidente del collegio sindacale Gian Luigi Gola, sindaco supplente Laura Dompè;
   a norma del decreto legislativo n. 153 del 17 maggio 1999, «la vigilanza sulle Fondazioni è attribuita al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica», pertanto il Ministero ha ritenuto già nel 2012 svolgere una prima verifica a seguito dell'atto di sindacato ispettivo n. 4-06570, limitatamente ad un aspetto dell'interrogazione, senza prendere in considerazione gli atti ispettivi precedentemente presentati, collegati e rimasti senza risposta, limitandosi a chiedere chiarimenti allo stesso soggetto della verifica, ovvero la Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo;
   le supposte condizioni di vincoli politici che emergono dalle polemiche e dalle ricostruzioni emerse sulla stampa locale e nazionale, in particolar modo relativamente alla successione tra Bertolotto e Gola alla rappresentanza della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, lasciano intravedere dinamiche ed equilibri squisitamente politici e trasversali, in merito ai quali il presente atto ispettivo non ha alcun interesse;
   obiettivo del presente atto di sindacato ispettivo, infatti, è quello di richiedere un'attenta verifica delle condizioni esistenti dentro e intorno alla Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo sulla base della dettagliata e documentata ricostruzione realizzata dal «Gruppo 19 marzo»; partendo da tale vicenda per individuare un percorso di controllo costante, ed evidentemente necessario, perché si evitino situazioni di conflitto di interessi, distrazioni economico-finanziarie, ai danni delle Comunità del territorio –:
   se sia a conoscenza dei fatti e ritenga opportuno intervenire nei confronti della Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, e delle figure eventualmente coinvolte, avviando altresì una good practice di puntuale controllo e monitoraggio ampliato a tutte le 88 fondazioni di origine bancaria, coinvolgendo in questa attività anche l'Associazione delle fondazioni e casse di risparmio (Acri). (5-04129)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSTELLATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 6 dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di semplificazioni fiscali (atto di Governo n. 99) prevede che dal 2015 i CAF ed i professionisti che invieranno un modello 730 con visto di conformità infedele saranno tenuti al pagamento di una somma pari all'importo dell'imposta, della sanzione e degli interessi che in base alla normativa attuale sarebbero stati richiesti al contribuente;
   e ciò è previsto anche nel caso in cui gli intermediari si limitino a confermare la dichiarazione dei redditi precompilata dall'Agenzia delle entrate;
   la normativa attuale, di contro, dispone che in caso di rilascio di un visto infedele gli intermediari sono soggetti ad una sanzione tra 258 e 2.582 euro e che la maggiore imposta, gli interessi e la sanzione sono richiesti al contribuente;
   con l'introduzione della nuova normativa, per la prima volta il contribuente debitore viene sostituito dal CAF e/o professionista abilitato, il quale come si legge nella relazione illustrativa, è «chiamato a svolgere un ruolo essenziale di mediazione tra amministrazione e contribuenti.»;
   dopo aver sottolineato che per questo «ruolo essenziale» non solo non è prevista alcuna remunerazione ma si legifera il suo contrario, le previsioni normative destano non poche perplessità;
   per il primo anno di sperimentazione (periodo d'imposta 2014) nella maggior parte dei casi le dichiarazioni precompilate dovranno essere modificate in quanto carenti delle spese mediche che saranno inserite dall'Agenzia delle entrate solo a partire dal periodo d'imposta 2015. Tali dichiarazioni necessiteranno del visto di conformità;
   dovranno essere codificate sia l'ipotesi in cui l'errore dell'Amministrazione finanziaria non richiede l'apposizione del visto di conformità, sia quella in cui l'errore è dovuto a responsabilità soggettive del contribuente come per esempio i falsi scontrini o i certificati di redditi non veritieri;
   è necessaria una netta distinzione tra errore tecnico/apposizione del visto di conformità e concorso col contribuente evasore/apposizione del visto di conformità, interpretando correttamente i dati errati forniti. Non analizzare compiutamente le varie casistiche, significa esporre indebitamente il CAF e/o il professionista abilitato, a rischi ingiustificati poiché in caso di falsa attestazione ripetuta (anche senza colpa) saranno inibiti della possibilità di apporre ulteriori visti;
   l'IRPEF come si sa, è un'imposta diretta, personale e progressiva. Presupposto dell'imposta è il possesso di redditi rientranti in una delle seguenti categorie: fondiari, di capitale, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, di impresa, diversi. È un'imposta progressiva, in quanto colpisce il reddito con aliquote a scaglioni, ed è di carattere personale, essendo dovuta, per i soggetti residenti sul territorio dello Stato, per tutti i redditi posseduti, anche se prodotti all'estero; L'imposta si applica sul reddito complessivo dei soggetti passivi, formato dai redditi posseduti al netto degli oneri deducibili (articolo 10, decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, nonché delle deduzioni spettanti (articoli 11 e 12, decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986);
   a parere degli interroganti, si ritiene davvero incoerente pensare di sostituire il CAF e/o il professionista abilitato al contribuente, relativamente al regolamento dell'imposta, nel caso in cui sia stato rilasciato un visto di conformità infedele. Come si diceva in precedenza l'Irpef è un'imposta personale non solo perché colpisce il reddito di una determinata persona ma anche perché tiene conto di situazioni, appunto, personali e familiari di ogni contribuente. L'articolo 53 della Costituzione inoltre stabilisce che «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.»;
   anche da questo punto di vista appare davvero incoerente l'ipotesi di richiedere il pagamento dell'imposta di un contribuente ad un soggetto terzo;
   l'Isvap con la comunicazione del 24 luglio 2000, protocollo n. 67335, ha risposto negativamente al quesito di un professionista che domandava se fosse stato possibile aggiungere ad una polizza assicurativa contro i rischi professionali già esistente, un'appendice del seguente tenore: «qualora in forza di provvedimenti legislativi, venissero intestate ed inflitte al professionista anziché al cliente, sanzioni, ammende o multe di natura fiscale per l'attività professionale svolta dall'assicurato, per prestazioni professionali svolte dall'assicurato stesso nei confronti del cliente, la garanzia s'intende estesa anche nei confronti del professionista con le stesse modalità e gli stessi limiti in cui sarebbe stata applicabile verso il cliente». In altri termini, il professionista artista chiedeva se per una determinata violazione commessa dal contribuente-cliente per la quei era prevista una sanzione, che in vigenza del decreto legislativo n. 472 del 1997 veniva inflitta al professionista, l'assicurazione professionale avrebbe potuto rilevarlo indenne fino alla concorrenza della predetta e sanzione. Risulta dunque praticamente impossibile assicurare i rischi con le polizze R.C. professionali ed ogni professionista, pur essendo regolarmente assicurato, rischia di non essere coperto i danni derivanti da errori involontari, a causa della non assicurabilità delle sanzioni dirette;
   l'attuale legislazione prevede, per il rilascio del visto, l'esistenza di una apposita polizza assicurativa adeguata per massimale al numero di visti e si intende rilasciare e comunque con un minimo di euro 1.032.914,00. Tale importo in base a quanto previsto dall'articolo 6 viene ora aumentato a euro 3.000.000,00. Il che comporterà un sensibile  aumento dei costi assicurativi. In conclusione, l'aggravio delle responsabilità connesse alla compilazione/modificazione del 730 precompilato, e l'apposizione del visto di conformità causeranno inevitabilmente un aumento dei compensi richiesti ai contribuenti per la predisposizione dei 730;
   per la presentazione di un modello 730 è riconosciuto agli intermediari un compenso di 14 euro per dichiarazione e di 26 euro se congiunta. La legge n. 147 del 2013 ha bloccato l'indicizzazione dei compensi fino al 2016. L'articolo 6 prevede una rimodulazione dei compensi spettanti al sostituto d'imposta, al CAF e ai professionisti. Tuttavia non si ritiene che la rivisitazione dei compensi possa frenare quanto detto relativamente agli aumenti delle assicurazioni e ai compensi per la predisposizione dei 730 precompilati –:
   se il ministro interrogato, per tutto quanto esposto e considerato, non intenda urgentemente intervenire, essendo il periodo d'imposta 2014 una fase sperimentale, assumendo iniziative per eliminare il visto di conformità per tale anno e comunque finché chiarite e risolte le problematiche enunciate;
   se il ministro interrogato non ritenga intervenire mediante un'apposita iniziativa normativa affinché ci sia l'assoluta certezza che le assicurazioni, come esposto in premessa paghino i sinistri nel caso di sanzioni direttamente imputabili a coloro che appongono il visto di conformità.
(4-07004)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   numerose volte negli ultimi anni, con circolari esplicative, questi Ministeri hanno chiarito la corretta interpretazione in ordine alla normativa prevista dal codice della strada relativamente alle sanzioni per titolo di pagamento scaduto nelle aree di sosta e nei parcheggi a pagamento a mezzo strisce blu. Da ultimo il parere n. 370 del 15 gennaio 2013 dove si legge con chiarezza, in relazione al caso di ticket orario scaduto in zone dove la sosta avviene in aree di parcheggio ed è consentita a tempo indeterminato ancorché assoggetta al pagamento di una somma, che «tale circostanza esclude a priori l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 7, comma 15, in quanto questa ricorre solo qualora si tratti di sosta limitata nel tempo, ovvero vietata a determinate categorie di veicoli. La sosta che si protrae oltre l'orario corrispondente all'importo pagato, quale risulta dalla ricevuta regolarmente esposta, configura invece solo una inadempienza contrattuale, ed eventuale penale a carico dell'inadempiente, da fissare con apposito regolamento comunale»;
   successivamente tale materia è stata nuovamente affrontata in sede di interrogazione parlamentare, e tali ragioni sono state richiamate in occasione della risposta all'interrogazione in data 13 marzo 2014;
   in data 27 marzo, presso il Ministero dell'interno si è svolta una riunione sul tema «Regolamentazione della sosta nelle “strisce blu”: con il ministro Angelino Alfano, il ministro Maurizio Lupi e il presidente dell'Anci Piero Fassino. Come si evince dalla nota diffusa successivamente, «sono stati confermati il parere dei ministeri: per chi sosta nelle strisce blu oltre il termine per cui ha pagato non viene elevata contravvenzione per divieto di sosta perché ciò non è previsto dal Codice della strada; la regolamentazione della sosta è materia di competenza comunale, per irrogare penali o sanzioni pecuniarie nei confronti di chi sosta oltre il termine per cui ha pagato il comune deve emanare una specifica delibera. In assenza di tale delibera e quindi finché non verrà approntata non è possibile elevare multe per il caso in questione; le penalità per il mancato pagamento che i comuni possono prevedere devono essere improntate a criteri di commisurazione e ragionevolezza rispetto alla tariffa richiesta per la sosta. La penalità per il non rispetto di un contratto (tale è il pagamento di una tariffa a fronte dell'erogazione di un servizio) non può essere vessatoria; è auspicabile che nella legge delega per il nuovo codice della strada in esame al Parlamento vengano indicati i principi generali a cui i comuni devono attenersi e in ogni caso stabilito il criterio che le multe non possono essere una ulteriore forma di tassazione indiretta del cittadino»;
   ancora successivamente, sul sito personale del Ministro alle infrastrutture e ai trasporti, con aggiornamento in data 8 aprile 2014, si può leggere: «Chi prolunga la sosta nelle strisce blu oltre l'orario per il quale ha regolarmente pagato viola il codice della strada e merita una sanzione o deve solo saldare la parte mancante della tariffa ? Il ministro Maurizio Lupi, in audizione alla Camera, ha dichiarato che anche dopo l'incontro con l'Anci sono emerse ancora «posizioni equivoche» sul tema delle multe sulle strisce blu. Lupi ha quindi ribadito che «la posizione del Ministero dei trasporti e infrastrutture sulle strisce blu e ben chiara e non si indietreggerà di un passo. Non si può invocare il Codice della strada per dare una penalità sulle strisce blu»;
   purtuttavia, a fronte di tali esplicative e incontrovertibili, oltre che difficilmente fraintendibili, delucidazioni e indicazioni, il comune di Lecce ha assunto un orientamento di segno nettamente opposto. La giunta comunale con atto n. 617 del 31 luglio scorso avente ad oggetto «Sosta a pagamento su suolo pubblico. Applicazioni delle sanzioni previste dal codice della strada. Nuova regolamentazione della tariffa attraverso l'estensione della validità temporale dei documenti attestanti il pagamento», ha previsto la possibilità di sanzionare nel caso di scadenza del titolo di pagamento;
   nell'ottobre scorso il giudice di pace di Lecce Giuseppe Paparella ha annullato una multa elevata a un cittadino leccese perché in possesso di ticket scaduto ribadendo quanto stabilito dai Ministeri;
   successivamente il prefetto di Lecce ha dunque ritenuto di inviare una nota al sindaco di Lecce avente ad oggetto: «Prolungamento sosta regolamentata — comune di Lecce. Atto di diffida e messa in mora ex articolo 140 decreto legislativo 206/05» dove «si chiede di conoscere quali siano le direttive diramate ai competenti Uffici in ottemperanza alle recenti disposizioni espresse dal competente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nonché del Ministero dell'interno, in ordine alla interpretazione della normativa prevista dal codice della strada, peraltro richiamata in occasione della risposta all'interrogazione parlamentare del 13 marzo 2014». Nella stessa nota il prefetto aggiunge: «Si rappresenta al riguardo che questo Ufficio in sede di decisione dei relativi ricorsi intende attestarsi alla direttive Ministeriali» –:
   quali iniziative intendano adottare i Ministri al fine di dar seguito alle direttive impartite in materia dagli stessi e puntualmente richiamate dalla nota del prefetto di Lecce e al fine di impedire che le sanzioni si configurino come un vero e proprio introito illegittimo, a tutto danno dei cittadini, e una ulteriore forma di tassazione indiretta degli stessi. (5-04130)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la ferrovia Fano-Urbino ha collegato la città di Fano a quella di Urbino, tra il 1915 e il 1987 attraverso la valle del fiume Metauro, per una lunghezza di circa 50 chilometri;
   dopo la seconda guerra mondiale, le tratte sopravvissute agli eventi bellici e unificate nel «nuovo» collegamento Fano-Fermignano-Urbino sono rimaste senza significativi ammodernamenti del binario e dei sistemi di esercizio. Gli orari non furono adattati alle richieste dell'utenza e la concorrenza dei mezzi su gomma ne ridussero i volumi di traffico passeggeri e merci;
   la linea fu sospesa dall'esercizio il 31 gennaio 1987 e con il decreto ministeriale 15 dicembre 2011, n. 430, è stata dichiarata ufficialmente dismessa;
   la tratta finale Urbino Fermignano risulta armata, e nonostante lo stato di abbandono, già funzionale grazie a interventi di pulizia da parte di volontari;
   dal primo decennio del XXI secolo, l'Associazione Ferrovia Valle Metauro si batte per la riapertura della linea, occupandosi con i suoi soci della manutenzione ordinaria dell'infrastruttura;
   attualmente, infatti, manca un collegamento tra l'entroterra e la zona costiera, e la tratta Urbino-Fano si presenta essenziale per l'implementazione della rete ferroviaria locale e il collegamento con le principali stazioni nazionali;
   la provincia e alcuni sindaci hanno promosso l'idea della trasformazione della linea in pista ciclabile, ma, oltre alle pendenze proibitive della pista del circa 14 per cento, si apprende dalla stampa che i cittadini locali sono contrari a tale trasformazione ritenendo indispensabile la riapertura del collegamento ferroviario;
   recentemente il Ministro ha promosso provvedimenti di necessità e urgenza per sbloccare una serie di infrastrutture indispensabili per il territorio e per lo sviluppo economico del Paese e la tratta ferroviaria Fano-Fermignano-Urbino presenta tutte le caratteristiche per essere ricompresa nei programmi infrastrutturali del Governo, anche in considerazione dell'esistenza di una gran parte del vecchio tracciato  –:
   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro intenda intraprendere per la riapertura del collegamento ferroviario Fano-Fermignano-Urbino, ritenendo indispensabile tale collegamento ferroviario tra l'entroterra e la zona costiera.
(4-07013)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   CAUSIN e MOLEA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il distaccamento dei vigili del fuoco di Marghera-Porto Marghera, chiuso temporaneamente tre anni fa per ristrutturazione, è tuttora non operativo, nonostante le numerose sollecitazioni da parte di comune e municipalità;
   prima della chiusura per ristrutturazione dello stabile il distaccamento dei vigili del fuoco di Marghera, sito in via del Commercio, effettuava circa 1400 interventi all'anno; tale distaccamento garantiva la sicurezza di una zona ad alto rischio quale il polo industriale di Venezia, fornendo rapidità di intervento sia al tessuto urbano di Marghera e Mestre Sud, sia al vicino porto;
   al distaccamento di via del Commercio erano assegnati, prima del trasferimento per la ristrutturazione dell'edificio, 28 unità (7 unità per turno);
   il territorio di Marghera presenta caratteristiche uniche sotto il profilo della sicurezza, essendo in esso insediati il polo chimico, il polo industriale, uno dei porti merci più grandi del Mediterraneo, un'importante stazione ferroviaria e un quartiere urbano di circa 30.000 abitanti;
   dagli articoli pubblicati sulla stampa locale si apprende che la riapertura del distaccamento con le stesse funzioni e con gli stessi uomini precedentemente assegnati non è per nulla scontata;
   non pare scontata nemmeno la destinazione dell'immobile appena ristrutturato di via del Commercio a distaccamento operativo;
   sono emerse ipotesi di destinazione dell'immobile differenti da quella precedente, tra queste si fa riferimento a un centro di formazione o una base per il nucleo sommozzatori;
   a detta del comandante provinciale dei vigili del fuoco, la decisione finale sulla destinazione dell'immobile spetta all'amministrazione del Ministero dell'interno e al dipartimento dei vigili del fuoco;
   il Ministero dovrà prendere perlomeno in considerazione gli indirizzi provenienti dalle strutture periferiche dei vigili del fuoco; tali indirizzi ad oggi non risultano chiari –:
   se non ritenga opportuno fare una verifica puntuale su quali siano gli indirizzi e le richieste del comando provinciale di vigili del fuoco in merito alla destinazione dell'immobile di via del Commercio, al fine di definire la riapertura dell'immobile con destinazione operativa al servizio tecnico urgente della zona industriale, nonché al soccorso di persone e alla salvaguardia di beni del tessuto urbano della città di Marghera e non, come potrebbe accadere, con destinazioni diverse quali, a titolo esemplificativo, quelle di centro di formazione o di base sommozzatori. (3-01183)


   BRUNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   fino al 2007 la carenza dell'enzima G6PDH, il cosiddetto «favismo», era causa di esclusione dai concorsi per le amministrazioni delle Forze armate e di polizia;
   la carenza di G6PDH è il più comune deficit enzimatico umano presente in oltre 400 milioni di persone nel mondo, nella maggior parte dei casi è asintomatico;
   l'incidenza della patologia in Italia colpisce il 6 per cento di persone al Sud Italia, l'1 per cento nell'Italia settentrionale, con un picco del 18 per cento in Sardegna;
   tale carenza, pur alterando la struttura dei globuli rossi e causando l'ossidazione dell'emoglobina, non è di per sé sufficiente a determinare una vera e propria crisi emolitica. I casi acuti sono molto rari e, comunque, i primi sintomi si manifestano dopo almeno 12 ore dal contatto con elementi che agiscono da fattori scatenanti: alimenti o farmaci comunque noti;
   a seguito di accertamento da parte di apposita commissione tecnico-scientifica del Ministero della difesa, veniva accertato che la suddetta carenza di G6PDH non poteva essere causa di inidoneità fisica, poiché, di fatto, non implica nessuna limitazione nell'attività lavorativa;
   il Ministero della difesa recepiva con decreto del 30 agosto 2007 tale parere;
   successivamente, la legge n. 109 del 2010 ha disposto in maniera chiara e definitiva la non esclusione, ai fini dell'arruolamento, dei soggetti fabici, nelle Forze armate e nelle forze di polizia;
   a seguito delle nuove disposizioni normative i vari corpi dell'amministrazione dello Stato, nell'espletamento dei concorsi pubblici, hanno adeguato i requisiti fisici richiesti per l'arruolamento;
   la volontà del legislatore alla base dell'emanazione della nuova legge era chiaramente improntata alla necessità di sanare un'inaccettabile forma di discriminazione a danno di molti giovani rimasti esclusi dalle selezioni nei vari corpi dell'amministrazione dello Stato;
   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che basa i requisiti di ammissione sul decreto del Ministro dell'interno n. 78 del 2008, ancora non ha ottemperato alle disposizioni della legge n. 109 del 2010;
   lo stesso Corpo, anche in occasione degli ultimi concorsi banditi, sembrerebbe abbia escluso per inidoneità fisica dei giovani, altrimenti in possesso di tutti i requisiti richiesti, perché affetti da favismo in contrasto con quanto stabilito dalla legge n. 109 del 2010;
   ciò, ovviamente, ha causato diversi contenziosi in cui l'amministrazione pubblica coinvolta difficilmente potrà far valere le proprie ragioni;
   infatti, ad esempio, il tribunale amministrativo regionale del Lazio, il 26 maggio 2014, parrebbe abbia disposto, su istanza di un interessato e in maniera cautelare, che i soggetti con carenza dell'enzima G6PDH non possano essere esclusi dal reclutamento nel Corpo dei vigili del fuoco;
   a seguito di tale pronunciamento è stato necessario reinserire il ricorrente, ancorché con riserva, al corso allievi dei vigili del fuoco, pur limitandone, curiosamente, la partecipazione al solo corso teorico, probabilmente in attesa di una definizione della vicenda da parte dei competenti organismi ministeriali –:
   se il Ministro interrogato, anche alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga opportuno assumere iniziative idonee per equiparare i requisiti fisici per l'arruolamento al Corpo dei vigili del fuoco a quelli degli altri Corpi di polizia e Forze armate e, pertanto, sanare al più presto questa disparità normativa, fonte di ingiustificate discriminazioni, anche a partire dalle procedure concorsuali non ancora completate. (3-01184)


   MORASSUT, ARGENTIN, CARELLA, BOCCADUTRI, BONACCORSI, CAMPANA, COSCIA, CUPERLO, FASSINA, FERRO, GAROFANI, GIACHETTI, GREGORI, MARRONI, PIERDOMENICO MARTINO, MELILLI, MICCOLI, MINNUCCI, PIAZZONI, PILOZZI, TERROSI, TIDEI, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 11 novembre 2014 si sono verificati a Roma nel quartier Tor Sapienza violenti scontri tra forze di polizia e manifestanti contro la presenza di cittadini extracomunitari del centro di accoglienza di Via Giorgio Morandi;
   il quartiere di Tor Sapienza – in particolare il complesso abitativo unitario Ater di Via Giorgio Morandi – vive una situazione di profondo disagio sociale caratterizzata da una caduta del tenore di vita degli abitanti, in buona parte anziani, pensionati e famiglie con situazioni di disoccupazione;
   alto è il numero di pregiudicati e di elementi che vivono di attività illegali, compreso il traffico di stupefacenti da parte di cittadini italiani e di nazionalità bulgara e rumena;
   il suddetto centro di accoglienza esiste da quattro anni e non risultano esservi mai stati problemi di ordine pubblico a carico dei cittadini ospitati all'interno;
   il giorno 11 novembre 2014, a seguito di un episodio di aggressione di tre elementi non identificati a danno di una ragazza del quartiere, si è sviluppata una violenta protesta che ha assunto il centro di accoglienza come obbiettivo ed i cittadini extracomunitari come responsabili dell'accaduto e come causa dei più complessivi problemi di disagio sociale del quartiere;
   i suddetti scontri hanno visto il deleterio protagonismo di alcuni soggetti che, in assetto da guerriglia urbana, hanno assalito le volanti ed i mezzi della Polizia di Stato con petardi, spranghe e fiaccole da stadio, provocando danneggiamenti ai mezzi stessi e rischi di incolumità per gli agenti;
   in particolare, a fomentare gli animi e a guidare le azioni più violente ci sarebbero stati elementi riconducibili a formazioni di estrema destra come Forza Nuova e Casapound e a gruppi di ultras di tifosi di opposte fazioni – romaniste e laziali – ma unite in quel momento da quello che agli interroganti appare lo stesso intento criminoso;
   tali azioni hanno contribuito a surriscaldare il clima di esasperazione della popolazione locale, indirizzando il disagio latente contro le forze dell'ordine e contro cittadini inermi, colpevoli solo di essere alloggiati nel quartiere, per buona parte minori non accompagnati –:
   quale sia stato il reale e accertato andamento dei fatti sulla base dei rapporti delle forze dell'ordine di cui dispone il Ministro interrogato, a tal riguardo specificando il ruolo avuto da elementi non appartenenti al quartiere di Tor Sapienza e, in particolare, al complesso abitativo popolare di Via Giorgio Morandi.
(3-01185)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle ultime settimane nella città di Roma si sono ripetutamente verificati disordini in conseguenza delle decisioni relative all'apertura di nuove strutture di accoglienza per immigrati sul territorio;
   dopo le tensioni registrate nella zona di Corcolle, dove immediatamente dopo le due aggressioni subite dalle due conducenti di autobus nel mese di settembre 2014, era stato aperto tra le proteste degli abitanti l'ennesimo centro di accoglienza per immigrati, gli scontri che hanno avuto luogo a Tor Sapienza tra manifestanti e forze dell'ordine per motivi analoghi, solo pochi giorni fa si è verificata una rissa nel centro immigrati dell'Infernetto dove sono stati trasferiti i giovani immigrati dal centro di Tor Sapienza, cosa che ha dato il via ad una nuova ondata di tensioni;
   nella zona di Corcolle insistono ben 24 dei 48 centri di accoglienza per immigrati attivi nella città di Roma e anche a Tor Sapienza sono già presenti tre strutture di questo tipo, alle quali si aggiungono due campi nomadi, mentre all'Infernetto il repentino cambio di destinazione d'uso della struttura adibita a centro di accoglienza per immigrati ha penalizzato le persone ospitate nei padiglioni perché affette dal morbo di Alzheimer;
   l'apertura e la gestione dei centri di accoglienza, come si è visto, non solo pongono dei seri problemi di ordine sociale, ma determinano un problema di lungo periodo relativo alla sicurezza nei territori, posto che nella maggior parte delle zone interessate sono aumentati i fatti di piccola criminalità e le occupazioni abusive di immobili;
   tutto ciò denota un'evidente difficoltà da parte delle amministrazioni competenti nel controllo del territorio e nel contrasto della criminalità e delle occupazioni abusive –:
   di quali informazioni sia in possesso rispetto ai fatti di cui in premessa, quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire un maggiore controllo del territorio e un più incisivo contrasto all'illegalità e al degrado nelle aree interessate e se non ritenga di favorire un'equilibrata distribuzione nei territori delle strutture destinate all'accoglienza ed alla gestione dei flussi migratori. (3-01186)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 23 novembre ha avuto luogo a Trieste, in piazza Ponterosso, una manifestazione, preannunciata e debitamente autorizzata, delle «Sentinelle in Piedi», che protestavano in modo non violento contro l'idea di equiparare per legge la famiglia tradizionale a quella composta da persone dello stesso sesso;
   le manifestazioni non violente delle «Sentinelle in Piedi» implicano soltanto il raduno dei partecipanti, che leggono collettivamente dei libri, in segno della propria disponibilità ad aggiornarsi ed istruirsi continuamente;
   antagonisti hanno provveduto ad infiltrare la protesta pacifica delle «Sentinelle» in vario modo, in particolare stendendo drappi arcobaleno e passeggiando, anche con cani al guinzaglio, fra i silenziosi dimostranti, e controllando i libri che questi ultimi leggevano, al sospetto scopo di dileggiare i manifestanti dediti alla loro lettura, ai quali in molti casi venivano sottratti anche i propri lumini senza che si verificasse alcuna reazione;
   «Sentinelle» e loro contestatori hanno rapidamente finito con il mescolarsi completamente;
   i contestatori antagonisti hanno quindi iniziato a delimitare con delle pellicole trasparenti le «Sentinelle», determinando una risposta della polizia, che ha iniziato solo allora ad identificare i perturbatori;
   ne sono derivati disordini e scontri tra la Polizia ed i contestatori antagonisti, che una «Sentinella» ha cercato di documentare con la propria macchina fotografica, prima che gli agenti delle forze dell'ordine definissero provocatorio il suo atteggiamento e la invitassero a smetterla;
   alla veglia delle «Sentinelle» partecipavano anche molti anziani e bambini che a causa di quanto accaduto difficilmente prenderanno parte a future iniziative del gruppo, di fatto così limitando la loro libertà e possibilità di manifestare le proprie opinioni –:
   se ed in che modo il Governo intenda garantire alle «Sentinelle in Piedi» ad altre associazioni non violente della medesima tipologia il diritto ad esprimere liberamente il proprio pensiero a Trieste.
   (4-07005)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie apparse sui quotidiani, si apprende che gli agenti della polizia italiana di Como che pattugliano l'area di frontiera con la Svizzera sono attualmente sprovvisti dei giubbotti antiproiettile che dovrebbero invece avere in dotazione;
   i giubbotti antiproiettile sono una componente essenziale per consentire il corretto e puntuale svolgimento del lavoro degli agenti e soprattutto per chi ha l'incarico di controllare un territorio delicato come quello di confine che pone più a rischio l'incolumità dei poliziotti;
   tale situazione è stata denunciata dal Sindacato autonomo di polizia (Sap), che per il tramite segretario del Sap per la provincia di Como, Ernesto Molteni, ha fatto sapere: «I giubbotti antiproiettili sono dotazioni personali fondamentali, e devono dunque fornirci chiarimenti per quanto accaduto, alla luce soprattutto delle normative sulla sicurezza»;
   a fronte dei 25 giubbotti antiproiettili restituiti, perché ormai completamente inutilizzabili, pare ne siano stati riconsegnati solo 6 e che perciò, ad oggi, ben 19 gli agenti ne risultano sprovvisti;
   gli uomini impegnati nelle pattuglie della polizia di frontiera operano in turni di 10 uomini alla volta e pertanto anche solo i 6 giubbotti antiproiettili resi sono insufficienti a garantire l'incolumità di tutti gli agenti in servizio;
   pertanto, ci sono attualmente in servizio agenti che potrebbero trovarsi ad affrontare dei rapinatori armati senza questa indispensabile protezione;
   anche nei mesi precedenti erano stati segnalati al Ministro dell'interno diverse problematiche in merito alla dotazione delle divise per cui i poliziotti che devono obbligatoriamente indossare la divisa, sono dunque altresì obbligati a comprare a spese loro quegli indumenti indispensabili per poter lavorare, di cui avrebbero diritto, ma che non vengono forniti dall'amministrazione competente;
   la mancata dotazione di giubbotti antiproiettili assumere rilievo ancora più grave, mettendo a rischio la vita degli agenti e va ad aggiungersi a tutte le altre questioni che già investono il settore delle forze dell'ordine, tra cui i tagli e i blocchi stipendiali –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra e se ciò corrisponda al vero, quali misure intenda adottare nell'immediato per dotare il personale della polizia di Stato di Como del necessario e adeguato abbigliamento e metterlo in condizione di poter svolgere il proprio lavoro in tutta sicurezza. (4-07007)


   MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il giudice sportivo ha sentenziato la chiusura al pubblico della Curva Sud dello stadio Bentegodi del Verona perché in occasione della partita Verona Milan sarebbero stati intonati dai supporter dell'Hellas Verona cori discriminatori e razzisti contro un giocatore del Milan;
   da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa la società sportiva dell'Hellas Verona ha fortemente criticato la posizione assunta dal giudice sportivo smentendo categoricamente, anche dopo aver rivisto le immagini televisive registrate, che si siano verificati i fatti ascritti alla tifoseria del Verona;
   le decisioni che vengono assunte dai giudici sportivi hanno ovviamente delle importanti conseguente economiche per le Società Sportive ma anche ripercussioni sotto il profilo dell'impatto sociale e della garanzia dell'ordine pubblico e della sicurezza in occasione dello svolgimento di importanti gare sportive;
   è vero infatti che se queste decisioni, se non supportate da prove certe ed inconfutabili potrebbero suscitare nelle tifoserie spontanee rimostranze motivate dalla presunta ingiustizia del provvedimento;
   sull'argomento è intervenuto anche il Questore di Verona Dottor Danilo Gagliardi, il quale, intervistato da una testata locale, ha dichiarato: «Sono rimasto sorpreso anch'io, perché nessuna informazione in questo senso mi era pervenuta dal mio dirigente del servizio di ordine pubblico, che [...], è il responsabile dell'ordine pubblico, e quindi se ci fossero stati cori in questo senso, aveva l'obbligo di essere informato e l'obbligo anche di valutare con il quarto uomo ed eventualmente con l'arbitro se sospendere o dare disposizioni in merito all'incontro di calcio, cosa che non è avvenuta»;
   risulta dunque che al questore di Verona non siano giunte segnalazioni di tali asseriti comportamenti sanzionati dalla FIGC, e ciò appare, quanto mai, insolito dal momento che il suo delegato, il dirigente del servizio di ordine pubblico, presente all'incontro sportivo, avrebbe avuto il dovere di intervenire nel caso avesse rilevato le condotte lamentate dai tre funzionari della procura federale, tanto più che lo stesso funzionario in caso di episodi come quello denunciato dalla giustizia sportiva ha l'obbligo anche di valutare, con il quarto uomo ed eventualmente con l'arbitro, persino se sospendere o dare disposizioni in merito all'incontro di calcio, già durante lo svolgimento dello stesso;
   allo stato, quindi, appare che la situazione sia poco chiara e la decisione del giudice sportivo sia stata assunta senza un approfondito ed inequivoco accertamento dei fatti che vengono contestati, i quali sono si sanzionabili dall'ordinamento sportivo e dalle norme contenute nel codice della giustizia sportiva (decreto del commissario «ad acta» del 30 luglio 2014 approvato con deliberazione del presidente del CONI n. 112 del 1952 del 31 luglio 2014), ma che potrebbero altresì configurare reati penalmente perseguibili, che, invece, non sono stati affatto segnalati né rilevati nel corso della partita di campionato, da parte dei funzionari addetti al mantenimento dell'ordine pubblico delegati dalla questura di Verona –:
   se il Ministro sia a conoscenza dell'episodio descritto;
   se e quali tipi d'approfondimenti intenda effettuare tramite la locale questura al fine di consentire un effettivo accertamento del verificarsi o meno dei fatti narrati;
   se ritenga opportuno acquisire tramite il questore di Verona elementi comprovanti, in modo inequivocabile, l'effettivo verificarsi delle asserite circostanze che si sarebbero verificate in occasione della settima giornata del campionato di Serie «A» tenutasi domenica 19 ottobre 2014 tra la società Hellas Verona e la società Milan. (4-07009)


   COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   I commi 3-octies e 3-novies dell'articolo 3 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, come convertito dalla legge 11 agosto 2014 n. 14, dispongono un incremento di 1030 unità della dotazione organica del ruolo dei vigili del fuoco prevedendo che 1000 unità siano assunte attingendo alle graduatorie aperte e 30 siano assunti come orchestrali della banda musicale dei vigili del fuoco;
   in data 20 giugno 2014 il Ministero dell'interno inviava alle organizzazioni sindacali rappresentative del personale del corpo nazionale dei vigili del fuoco, una bozza di regolamento per concorso ad orchestrale della banda musicale dei vigili del fuoco, il cui testo è stato pubblicato sul sito internet dell'organizzazione sindacale unità sindacale di base;
   nella bozza di regolamento l'articolo 2 individua i titoli musicali e culturali ammessi a valutazione e il relativo punteggio attribuito da ciascuno di essi. Il titolo della militanza pregressa nella banda musicale è indicato dalla lettera c) dell'articolo 2 che attribuisce un punteggio calcolato in base ai giorni di servizio prestati nell'ultimo quinquennio calcolato dalla data di scadenza del bando di concorso;
   appare singolare il fatto che il Ministero dell'interno in data 20 giugno 2014 avesse già predisposto un regolamento per l'assunzione di 30 orchestrali in assenza della sopracitata norma di legge che è stata definita nel corso dell'esame parlamentare svolto presso la Camera dei deputati a seguito di un emendamento del Governo (emendamento n. 385) al decreto-legge n. 90 del 2014 in data 4 luglio 2014, la bozza di regolamento, a giudizio degli interroganti, non valorizza adeguatamente l'esperienza dei vigili del fuoco volontari che da molti anni hanno prestato servizio all'interno della banda musicale, che ad oggi è composta di soli vigili del fuoco volontari. È ben noto, infatti, il problema rappresentato dai vigili del fuoco volontari, così detti discontinui, che pur avendo prestato per molti anni servizio nel corpo dei vigili del Fuoco rischiano seriamente di disperdere questo patrimonio di esperienza accumulato in assenza di una stabilizzazione;
   la scelta di assumere in pianta stabile 30 orchestrali nella banda musicale dei vigili del fuoco rappresenta sicuramente un'occasione per consentire questa stabilizzazione, anche se in numero molto limitato, a chi tra i vigili del fuoco volontari di più lunga militanza sia in possesso dei titoli professionali per svolgere tale attività;
   nell'elaborazione della bozza di regolamento di un concorso sulla base del quale si dovrà procedere a 30 assunzioni a tempo indeterminato nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono state escluse completamente le organizzazioni sindacali;
   il regolamento ad oggi non risulta pubblicato in Gazzetta Ufficiale e di conseguenza non è stato ancora posto il termine dal quel decorre il quinquennio per l'attribuzione del punteggio di cui all'articolo 2 lettera c) della bozza di regolamento –:
   quali siano i motivi che hanno indotto a limitare solo all'ultimo quinquennio il servizio temporaneo nella banda musicale dei vigili del fuoco il titolo per l'attribuzione del punteggio sull'esperienza pregressa;
   quali siano i motivi che hanno portato alla totale esclusione delle rappresentanze sindacali dall'elaborazione della bozza del regolamento di concorso finalizzato all'assunzione di 30 unità di personale a tempo indeterminato. (4-07019)

 * * *

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   mercoledì 29 e venerdì 31 ottobre 12.168 candidati hanno sostenuto il primo concorso nazionale di ammissione alle scuole di specializzazione in medicina che, nelle intenzioni del governo, avrebbe dovuto incoraggiare maggiori meritocrazia e trasparenza rispetto alle precedenti selezioni locali. Purtroppo però, a causa di una «grave anomalia nella somministrazione delle prove scritte» ben 11.242 candidati hanno dovuto ripetere le selezioni d'ingresso. Il Cineca, consorzio interuniversitario che si occupa della redazione dei test, nella persona del suo presidente Emilio Ferrari (che ha rassegnato le sue dimissioni) ha riconosciuto «un errore nella fase di codifica delle domande» assumendone la piena responsabilità e dichiarando di poter provvedere alle spese e al risarcimento di eventuali danni procurati agli studenti. L'Unione degli universitari ha parlato di «ennesimo e incredibile errore che ha falsato l'intera veridicità ed attendibilità della prova» ed il suo coordinatore, Gianluca Scuccimarra, ha ribadito l'inaffidabilità del sistema di selezione dei test, come per l'accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, e l'urgenza di un serio e completo ripensamento dello stesso. Nei prossimi tre anni più di 58.000 tra medici dipendenti del servizio sanitario nazionale, universitari e specialisti ambulatoriali andranno in pensione e, attualmente, il numero dei contratti di formazione specialistica previsti dall'attuale programmazione sarà di 42 mila unità, ben al di sotto della soglia necessaria per una sostituzione completa –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere, in vista anche di una molto probabile ingente quantità di ricorsi (oltre 6000 annunciati), per una rapida soluzione del problema, scongiurando l'eventualità che la formazione specialistica di molti giovani medici sia compromessa, paralizzandosi nei meandri delle lungaggini giudiziarie così come l'attività di molti ospedali, dove gli specializzandi svolgono un ruolo fondamentale. (5-04126)

Interrogazione a risposta scritta:


   PIAZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 8, rubricato «Trasferimento di personale ATA degli enti locali alle dipendenze dello Stato» della legge n. 124 del 1999, recante «Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico», ha disposto il trasferimento dai comuni allo Stato del personale impiegato per i servizi amministrativi, tecnici e ausiliari nelle scuole;
   tra gli effetti della normativa in questione si è dovuta constatare la drastica riduzione delle assunzioni di tale personale. In particolare, il numero dei collaboratori scolastici assunti si è ridotto di 11.800 unità, ciò causando, di fatto, l'esternalizzazione dei servizi di pulizia delle scuole;
   lo Stato si è dunque fatto carico di contratti di servizio per un'onerosità stimata in 620 milioni di euro, con aziende che impiegano l'equivalente di oltre 24.000 unità di personale a tempo pieno, a fronte della carenza organica sopracitata, stimata in 11.800 unità lavorative;
   con la convenzione quadro n. 65/2001 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca aveva regolato il contratto per i servizi di pulizia per tutte le scuole d'Italia, affidando i servizi in questione a 4 consorzi, con l'impegno ad assumere – ai sensi del decreto legislativo n. 468 del 1997, recante «Revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 22 della legge n. 196 del 1997» – in qualità di dipendenti a tempo indeterminato, gli ex lavoratori socialmente utili (LSU) per l'esecuzione dei servizi e delle attività di pulizia nei plessi scolastici;
   nel 2013, su iniziativa del Ministro pro tempore Francesco Profumo, e sulla base di un accordo con i sindacati confederati, CGIL, CISL e UIL, si è stabilito che il servizio di pulizia nelle scuole dovesse essere assegnato con gara Consip;
   il comma 5 dell'articolo 58 del decreto-legge n. 69 del 2013, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013, ha infatti disposto che: «A decorrere dall'anno scolastico 2013/2014 le istituzioni scolastiche ed educative statali acquistano, ai sensi dell'articolo 1, comma 449, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i servizi esternalizzati per le funzioni corrispondenti a quelle assicurate dai collaboratori scolastici loro occorrenti nel limite della spesa che si sosterrebbe per coprire i posti di collaboratore scolastico accantonati ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 119. A decorrere dal medesimo anno scolastico il numero di posti accantonati non è inferiore a quello dell'anno scolastico 2012/2013. In relazione a quanto previsto dal presente comma, le risorse destinate alle convenzioni per i servizi esternalizzati sono ridotte di euro 25 milioni per l'anno 2014 e di euro 49,8 milioni a decorrere dall'anno 2015»;
   la disposizione normativa da ultimo citata ha dunque ridotto di circa 300 milioni di euro il costo del servizio, precedentemente quantificato in 620 milioni di euro;
   a seguito di questo cospicuo taglio degli stanziamenti e con l'incidenza della crisi economica, l'esito della gara Consip e la contestuale gestione cooperativistica esternalizzata ha determinato per i lavoratori una netta riduzione del monte ore lavorativo, abbassando in maniera corrispondente il loro salario, già esiguo;
   l'articolo 1, comma 748, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) con uno stanziamento di 34,6 milioni di euro ha previsto, fino a febbraio 2014, il mantenimento della situazione lavorativa pregressa in riferimento al monte ore dei lavoratori, con un'eccezione per la città di Palermo che è stata autorizzata a prorogare il vecchio sistema, con un ulteriore impegno di spesa di 20 milioni di euro;
   in prossimità della scadenza del 28 febbraio 2014 la situazione descritta rischiava di far emergere diverse criticità. Incerta, innanzitutto, era la sorte dei servizi di pulizia in oltre 4.000 plessi scolastici, così come i diritti retribuitivi di 24.000 lavoratori;
   per far fronte a questo rischio in data 28 marzo 2014 è stato sottoscritto dalle parti sociali, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un accordo finalizzato alla soluzione delle problematiche occupazionali relative agli appalti di pulizia delle scuole;
   il punto centrale dell'accordo riguarda il ripristino, per i lavoratori, delle condizioni economiche e contrattuali vigenti alla data del 31 dicembre 2013 (compreso dunque il monte ore). A tal fine venivano individuate, in capo ai lavoratori, mansioni ulteriori inerenti il ripristino del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti ad edifici scolastici, da svolgere nell'ambito del programma per l'edilizia scolastica in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, per un importo complessivo di 450 milioni di euro (somma questa da corrispondere per l'affidamento al personale adibito alla pulizia delle scuole a decorrere dal 1o luglio 2014 fino al 31 marzo 2016) e 150 milioni di euro con cui finanziare la cassa integrazione guadagni per il periodo estivo;
   al fine di consentire l'effettiva implementazione di tali attività, nell'accordo del 28 marzo il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si impegnava a garantire adeguati corsi di formazione destinati alla riqualificazione professionale del personale;
   in data 1o luglio 2014, presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si è tenuto un incontro con le parti sociali per dar seguito a quanto previsto nell'accordo del 28 febbraio. Veniva comunicato alle organizzazioni sindacali l'effettivo stanziamento di 150 euro per il piano di ripristino del decoro e della funzionalità degli uffici scolastici (cosiddetto progetto «scuole belle»), ma, altresì il contestuale ritardo nell'assegnazione delle risorse alle scuole e quindi l'impossibilità per le stesse di procedere al perfezionamento degli ordinativi dei servizi entro il 1o luglio 2014;
   i ritardi descritti hanno causato diverse problematiche sul territorio nazionale, registrandosi una forte difformità nell'attuazione degli accordi sindacali citati;
   per quanto riguarda la regione Lazio, come denunciato dai sindacati, molti lavoratori hanno subito una decurtazione degli orari di lavoro a fronte della mancata richiesta da parte delle scuole di attività aggiuntive e di manutenzione inerenti il progetto «belle scuole». Inoltre, la distribuzione dei fondi di fatto ha visto una concentrazione di questi ultimi presso alcune direzioni didattiche rispetto ad altre, anche nello stesso territorio regionale. Per di più occorre registrare anche una evidente incapacità gestionale da parte di alcune imprese affidatarie del servizio. Alcune aziende si limitano a emettere ordini di servizio in merito a spostamenti dei lavoratori (anche di centinaia di chilometri) da un plesso ad un altro senza tenere conto delle spese sostenute per detti spostamenti e del tempo di percorrenza necessario, minacciando anzi riduzioni degli orari contrattuali qualora non si dovessero attenere a tali disposizioni. Il pagamento delle retribuzioni dei lavoratori viene, inoltre, in molti casi posticipato fino a 60 giorni, con evidente e grave pregiudizio per i lavoratori. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca stesso, in un incontro con le organizzazioni sindacali svolto in data 7 novembre, avrebbe ammesso che alcune imprese non stanno rispettando gli accordi sottoscritti, dando atto dei gravi problemi riscontrati a seguito del comportamento irregolare delle aziende medesime;
   sulla base di quanto citato in premessa l'effettiva realizzazione del progetto «belle scuole» rischia seriamente di naufragare, disapplicando di fatto gli accordi sindacali più volte citati e a scapito principalmente dei lavoratori –:
   se i Ministri siano a conoscenza di quanto illustrato in premessa;
   quali iniziative urgenti intendano porre in essere affinché le clausole contrattuali previste nel capitolato d'appalto Consip e i successivi accordi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali, per i quali sono state elargite ulteriori somme per cassa, vengano fatti rispettare, senza pregiudizio per i diritti dei lavoratori.
(4-07025)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:


   VIGNALI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4, comma 24, lettera b), della legge n. 92 del 2012 ha previsto, per il triennio 2013-2015, la possibilità per le madri lavoratrici dipendenti di richiedere, al termine del congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale, un contributo di 300 euro mensili per l'acquisto di voucher e per i servizi di baby-sitting e asili nido pubblici o privati;
   la misura risulta ad oggi scarsamente utilizzata, come testimoniano le poche richieste pervenute: a fronte di potenziali 11.111 beneficiari, solo 3.762 lavoratrici, secondo dati Inps, sono state ammesse al beneficio;
   il 29 ottobre 2014 il Ministro interrogato, rispondendo in Aula alla Camera dei deputati ad un'interrogazione a risposta immediata, ha annunciato che sui voucher babysitting è stato predisposto un decreto ministeriale con i nuovi criteri, che prevede, tra l'altro, sia l'aumento dell'importo dei voucher da 300 a 600 euro mensili, sia l'estensione del voucher anche alle lavoratrici del pubblico impiego;
   dalla misura risultano, quindi, escluse le lavoratrici autonome a fronte di esigenze di tutela e sostegno in materia di conciliazione dei tempi di vita, di cura e di lavoro, analoghe a quelle delle lavoratrici dipendenti;
   tale situazione crea una situazione di discriminazione censurabile anche sul piano della legittimità costituzionale, alla quale è necessario porre rimedio estendendo il voucher baby-sitting anche alle lavoratrici autonome, in modo da offrire pari dignità ed opportunità a tutte le lavoratrici, comprese le donne imprenditrici nella loro duplice veste di imprenditrici e di madri –:
   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare per porre rimedio a tale ingiustificata discriminazione, consentendo che anche le lavoratrici autonome possano usufruire del voucher baby-sitting. (3-01182)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sono i 124 dipendenti della Presider, la storica fabbrica marsicana dell'acciaio che ha avviato il concordato liquidatorio per far fronte alla crisi, che dal 16 dicembre 2014 non percepiranno più lo stipendio;
   alcuni hanno scelto la strada della mobilità volontaria, il 90 per cento, invece, è ancorato alla speranza di vedere arrivare nuovi investitori;
   il curatore ha concesso 20 giorni ai creditori, dopo di che si sceglierà la strada da intraprendere;
   i lavoratori e i sindacati auspicano che arrivi un acquirente per salvare il sito produttivo ma i dubbi sono fortissimi perché ad oggi sul tavolo non esistono proposte concrete su cui lavorare –:
   se non ritenga doveroso promuovere un'iniziativa urgente con le parti sociali e gli enti locali per cercare soluzioni produttive e occupazionali e scongiurare questo dramma occupazionale. (4-07006)


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   torna l'allarme cassa integrazione tra i 300 dipendenti dello stabilimento aquilano della Thales Alenia Space. Lo scenario è lo stesso di sei mesi fa: con il piano Cosmo-SkyMed che rischia di rimanere nuovamente senza fondi con la possibilità che l'azienda debba ricorrere all'ammortizzatore sociale per 400 tra ingegneri e tecnici nei siti di Roma, L'Aquila e Milano;
   il problema, sollevato dall'amministratore delegato, riguarda il finanziamento del programma spaziale per applicazioni duali, (civili-istituzionali, commerciali e militari) dei satelliti radar di osservazione terrestre, promosso dall'Asi e dal Ministero della difesa;
   i fondi a disposizioni coprono le esigenze fino a gennaio 2015. Se per quella data non si troverà una soluzione, si dovranno mettere in cassa integrazione 400 addetti;
   Thales ha firmato un contratto per la costruzione di due satelliti, ha acquistato materiali e impegnato i fornitori: l'Asi aveva chiesto 80 milioni all'anno per portare avanti il progetto;
   è importante ricordare che Thales Alenia Space ha avuto un ruolo nella missione della sonda Rosetta. E lo speciale tasponditore di bordo del satellite è stato realizzato proprio nel sito aquilano –:
   se non ritenga necessario promuovere una iniziativa urgente con le parti sociali e i vertici aziendali e scongiurare la cassa integrazione per 400 dipendenti. (4-07012)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   GALLINELLA, LUPO, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   gli agricoltori sono chiamati a fronteggiare un'esposizione ai rischi istituzionali, naturali e di mercato che si va progressivamente ampliando e le cui conseguenze, nel passato attenuate da politiche di sostegno dei mercati e dei prezzi, arrecano enormi difficoltà alle aziende del comparto;
   come noto, non solo le dinamiche di un mercato globalizzato, ma sempre più spesso anche fattori ambientali avversi causano crisi e situazioni impreviste che mettono in pericolo la redditività economica delle aziende, sia a livello locale che per interi settori di produzione;
   le problematiche che attualmente investono il settore dell'olio di oliva, a causa della cosiddetta «mosca olearia», costituiscono solo il più recente esempio di come intere produzioni possano venir compromesse con irrimediabili danni per le coltivazioni ed insostenibili contrazioni di reddito per gli agricoltori;
   i ridotti indennizzi concessi a posteriori dagli enti pubblici non sono più sufficienti a risarcire le aziende delle perdite subite e ancor meno a ristrutturare il loro potenziale produttivo;
   è indispensabile che gli agricoltori, specialmente quelli che operano nelle aree meridionali del Paese, posto che al Nord è in aumento la produzione lorda vendibile protetta ma non i soggetti assicurati, ricorrano quanto più possibile a strumenti di gestione del rischio, in particolare al mercato assicurativo agevolato, al fine di assicurare il raccolto, gli animali e le piante, ovvero aderiscano a fondi di mutualizzazione e di stabilizzazione del reddito per ottenere risarcimenti per perdite causate da avversità atmosferiche, epizoozie e fitopatie, infestazioni parassitarie e emergenze ambientali;
   in attuazione del regolamento (UE) 1305/2013 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale-Feasr, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, al fine di fronteggiare una serie di problematiche di portata nazionale, ha predisposto un programma operativo nazionale di sviluppo rurale per il periodo 2014-2020, che contiene, tra le altre cose, specifiche misure di gestione del rischio;
   per quanto concerne lo strumento di stabilizzazione del reddito di cui all'articolo 39 del citato regolamento, la previsione di un calo di reddito superiore al 30 per cento del reddito medio annuo o triennale, come condizione base per poter accedere al risarcimento, così come stabilito in ambito organizzazione comune di mercato, configura una soglia di perdita complessiva troppo elevata e tale da scoraggiare gli imprenditori agricoli a costituire tali fondi;
   alla luce di quanto sopra esposto e in considerazione dello scarso utilizzo degli strumenti di gestione delle crisi da parte degli agricoltori, si rende necessaria ogni possibile azione volta a favorire la loro diffusione, anche intervenendo su alcune criticità, quali, in particolare, il contenimento dell'entità dei premi, tramite lo strumento della riassicurazione per quanto concerne le assicurazioni agevolate e l'abbassamento della soglia di perdita del 30 per cento del reddito per poter accedere al risarcimento –:
   quali iniziative, e in che tempi, intenda adottare al fine di favorire, sia a livello territoriale che settoriale, la diversificazione del mercato assicurativo agevolato e di promuovere l'attivazione, da parte dei soggetti interessati, dei fondi di mutualità e di stabilizzazione del reddito. (3-01187)


   RUSSO, FAENZI, CATANOSO, FABRIZIO DI STEFANO, RICCARDO GALLO e PALESE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso di una tavola rotonda del Wine world economic forum, organizzata all'interno del programma del Merano Wine festival svoltosi la prima settimana di novembre 2014, è emerso che la risposta alle richieste del mercato e ai propositi del Governo di realizzare un marchio unico nazionale che rappresenti l'Italia nel mercato mondiale in realtà è già esistente;
   le sollecitazioni di Oscar Farinetti, patron di Eataly, imprenditore che ha dichiarato apertamente la sua vicinanza politica al Presidente del Consiglio dei ministri Renzi, unitamente alle riflessioni di docenti universitari italiani e stranieri, presenti all'incontro pubblico, si sono infatti concentrate univocamente proprio sulla rappresentazione del marchio unico nazionale che Conflavoro ha ormai reso operativo e che, a loro dire, costituisce il «terminale» inteso come «certificato di garanzia» della tipicità italiana per il consumatore in grado di rappresentare un veicolo per l'aumento delle esportazioni e un incremento dei posti di lavoro in Italia;
   le predette osservazioni non possono non richiamare l'attenzione degli interroganti sulle dichiarazioni che il Ministro interrogato ha espresso proprio nel corso di un'interrogazione a risposta immediata il 17 settembre 2014, quando, a giudizio degli interroganti in netta controtendenza rispetto alle univoche opinioni emerse nel corso del convegno in precedenza richiamato, ha dichiarato che sarà di prossima attuazione un segno distintivo unico per le operazioni di promozione dei prodotti agroalimentari del made in Italy, che saranno realizzate all'estero; un segno distintivo che sarà utilizzato anche in occasione dell'Esposizione universale di Milano, che partirà nel maggio 2015;
   a tal proposito, è inoltre opportuno rilevare che, poco più di una settimana fa, il presidente dell'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, Riccardo Maria Monti, ha dichiarato che non si tratta di un marchio ma di cospicui investimenti sui prodotti;
   gli interroganti a tal fine evidenziano come le sopra esposte valutazioni, che appaiono evidentemente incompatibili fra loro, oltre a far emergere uno stato di confusione nell'ambito dell'azione del Governo nel sostenere il sistema agroalimentare italiano e il suo consolidamento nei mercati internazionali, alimentano un senso di smarrimento fra gli operatori del settore per i quali è da ritenere non utile introdurre un ennesimo marchio, peraltro facilmente falsificabile, quanto piuttosto investimenti pubblici destinati ad una strategia più efficace di contrasto all’italian sounding –:
   se il Ministro interrogato intenda confermare quanto sostenuto nel corso del dibattito organizzato all'interno del programma del Merano Wine festival, in merito ai propositi del Governo di promuovere la realizzazione di un marchio unico nazionale, che peraltro ha già fatto i primi passi nel 2009, in grado di valorizzare le capacità tipiche italiane agroalimentari, e come questo sia compatibile con le dichiarazioni dello stesso Ministro in merito alla prossima attivazione di uno strumento che possa valorizzare la distintività dei prodotti agroalimentari italiani all'estero. (3-01188)

Interrogazione a risposta scritta:


   PARENTELA, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI, LUPO, L'ABBATE, GAGNARLI e GALLINELLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha presentato in data 26 settembre 2014 un atto di sindacato ispettivo n. 4-06168, ad oggi senza risposta, in merito all’«Aethina tumida», un coleottero parassita degli alveari, originario del Sudafrica ma da pochi mesi conosciuto anche alle nostre latitudini, in grado di determinare notevoli danni, dal consumo delle scorte di polline e miele fino ad arrivare alla distruzione dell'intera covata;
   il Centro di referenza nazionale per l'apicoltura dell'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie ha confermato lo scorso 11 settembre il primo accertamento in Italia di Aethina tumida, presente in un nucleo esca nel comune di Gioia Tauro in località Sovereto (Reggio Calabria) nelle vicinanze del porto – ritenuto un possibile sito di introduzione del parassita nel nostro Paese – ivi posizionato dal personale dell'università di agraria di Reggio Calabria che ha provveduto al rinvenimento del parassita in data 5 settembre 2014;
   con nota n. 18842 del 12 settembre 2014 il Ministero della salute ha disposto le seguenti misure di controllo e prevenzione:
    1) rintraccio e controllo a destino degli apiari che hanno effettuato attività di nomadismo durante il periodo primaverile-estivo in regione Calabria;
    2) sequestro di miele, favi e qualsiasi altro materiale veicolo di contagio in caso di rilevamento di adulti o stadi larvali negli alveari;
    3) distruzione degli apiari infestati e contestuale trattamento del terreno circostante con sostanze anti larvali dopo aratura a 20 centimetri;
   con decreto n. 94 del 19 settembre 2014, pubblicato sul BURC n. 50 del 14 ottobre 2014, il presidente della giunta regionale ha emesso «Ordinanza contingibile ed urgente a tutela del patrimonio apistico Regionale e Comunitario per rinvenimento di “Aethina Tumida” in alveari del territorio di Gioia Tauro». Tale ordinanza, dopo aver previsto una «zona di protezione» per un raggio di 20 chilometri e una «zona di sorveglianza» per un raggio di 100 chilometri – con coinvolgimento di quasi la totalità del territorio calabrese – ha indicato una serie di misure per controllare gli allevamenti apistici e ha disposto che «in caso di rilevamento di adulti o stadi larvali di A. Tumida si dovrà disporre la chiusura delle aperture d'accesso di tutte le arnie, l'immediato sequestro dell'intero apiario e, successivamente previa tempestiva emanazione di apposita ordinanza da parte dell'autorità competente locale (D.G. delle ASP), provvedere alla distruzione dell'intero apiario» (...) «L'abbattimento delle api dovrà avvenire con fumigazione a base di zolfo. Tutte le arnie, compresi i melari, dovranno essere prima distrutti col fuoco e poi, i relativi resti, interrati in loco». In base alla succitata ordinanza della regione Calabria, pertanto, anche la presenza di un unico coleottero all'interno di un solo alveare, determina la necessaria distruzione dell'intero apiario, a prescindere dall'effettiva presenza di parassiti negli altri alveari;
   il decreto n. 94 del 19 settembre 2014 risulta palesemente in contrasto con quanto previsto all'articolo 155 del decreto del Presidente della Repubblica n. 320 del 1954. Infatti secondo la normativa vigente, non è prevista né la distruzione dell'intero apiario (insieme unitario di alveari), né la distruzione dell'alveare (vale a dire dell'arnia contenente una famiglia di api), bensì la sola «distruzione delle famiglie delle arnie infette. Le api così uccise nonché i favi ed i bugni villici che hanno contenuto covate o resti di larve devono essere bruciati, i favi privi di covata fusi, le arnie e gli attrezzi disinfettati. Il terreno circostante deve essere vangato o disinfettato»;
   gli apicoltori che hanno la sventura di avere anche un solo coleottero in una sola arnia, sono costretti a subire la distruzione di tutto il loro intero apiario, con danni incalcolabili non solo per la loro attività attuale e futura, ma anche per la salvaguardia dell'eco-sistema, tenendo presente l'ineliminabile funzione di salvaguardia ambientale svolta dalle api;
   l'ANAI (Associazione nazionale apicoltori italiani) si è espressa contro questo sistema di lotta, mentre l'UNA-API (Unione nazionale associazioni apicoltori italiani), con nota del 12 novembre 2014, ha sottolineato che «misure draconiane e improvvide quali la distruzione massiva di alveari e la limitazione della movimentazione di apiari, hanno grande e drammatica rilevanza economica e occupazionale per la sopravvivenza di apicoltori e apicoltura, ma soprattutto per l'impollinazione e quindi per gran parte delle importantissime produzioni agrarie di quei territori»;
   ad oggi gli apiari «bruciati» a seguito del rinvenimento del coleottero sono circa 3.000 con un danno economico che supera il milione e mezzo di euro e la situazione può solo peggiorare considerando che l'ordinanza non prevede un termine agli interventi di distruzione ma opererà «sino alle indicazioni di revoca che saranno disposte dal Ministero della salute»;
   la distruzione degli interi apiari, oltre a determinare un danno incommensurabile ad apicoltori e ambiente, è illogica e inefficace, in quanto stermina gli apiari ma non eradica il coleottero che è un insetto con capacità di volo di oltre 10 chilometri e che vive anche al di fuori dell'alveare passando da larva a pupa e poi ad insetto adulto proprio nel terreno. Il fuoco, tra l'altro, fa scappare i coleotteri vivi presenti nelle arnie; la conferma di ciò è data dal fatto che, a distanza di quasi due mesi, vengano rinvenuti coleotteri giornalmente, nonostante i roghi non siano di certo cessati;
   gli esperti dicono che, l’Aethina è arrivata in Europa e oramai ci rimarrà stabilmente. Ne è convinto, ad esempio, il presidente della rete internazionale di ricercatori sulle api, professor Peter Neumann dell'associazione Coloss, tra i massimi esperti di studi sul coleottero il quale, in un recente comunicato, afferma che la scoperta di Aethina in Italia «significa l'inizio della presenza stabile di questo insetto nocivo in Europa. È inevitabile che si diffonda ad altri Paesi, ma non possiamo ancora prevedere quali saranno i suoi effetti sull'apicoltura»;
   da quanto finora asserito ne consegue che la soluzione non può di certo essere la distruzione degli apiari bensì l'intervento diretto sul coleottero, la limitazione del proliferare delle popolazioni tramite le trappole per il controllo degli adulti, i trattamenti larvicidi nonché l'utilizzo della lotta integrata. L'insetto – che non è dannoso per l'uomo – è tenuto, infatti, sotto controllo dagli apicoltori nei paesi quali USA, Sud Africa, Australia, Costarica, Canada, dove vive ormai da anni;
   lo scorso 7 novembre 2014 è stato confermato dall'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie il secondo caso di Aethina tumida, questa volta in Sicilia –:
   se non ritenga opportuno, sulla base di quanto esposto nelle premesse al più presto, riformulare le misure di contratto e prevenzione in merito alle procedure da attivare per circoscrivere il fenomeno così che possano essere, disposte d'urgenza con opportune nuove ordinanze da parte dei presidenti di giunta delle regioni Calabria e Sicilia contribuendo, a differenza di quanto avvenuto, a salvaguardare l'ecosistema e la sopravvivenza di apicoltori e apicoltura nel nostro Paese con ricadute in termini di reddito e posti di lavoro.
(4-07015)

 * * *

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARRONI. — Al Ministro della salute, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, è stata disposta la riorganizzazione dell'associazione italiana della Croce rossa (CRI) con lo stravolgimento della sua natura giuridica che da ente pubblico in breve tempo diventerà soggetto di natura privata;
   con l'articolo 4, comma 10-ter, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, la «riorganizzazione» della CRI è stata posticipata di un anno, fatta eccezione per la «trasformazione dei comitati locali e provinciali» esistenti alla data del 31 dicembre 2013, tranne i comitati delle province autonome di Trento e di Bolzano;
   in data 16 aprile 2014, ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 3, del decreto legislativo n. 178 del 2012, così come modificato dall'articolo 4, commi 10-ter e 10-quater, del decreto-legge n. 101, è stato emanato il decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, per la pubblica amministrazione e la semplificazione e della difesa, per la disciplina delle modalità organizzative e funzionali dell'Associazione della Croce rossa in riferimento alla sua base associativa privatizzata;
   per effetto della citata proroga, dal prossimo 1o gennaio 2015 le funzioni esercitate dalla Croce rossa, ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 20 settembre 1995, n. 390, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 1995, n. 490, saranno trasferite alla costituenda associazione della Croce rossa italiana;
   per concorrere temporaneamente allo sviluppo dell'associazione privata, dal 1° gennaio 2015, l'ente pubblico C.R.I. assumerà la denominazione di «Ente strumentale alla Croce rossa italiana» fino alla data della sua liquidazione (1o gennaio 2017);
   sul decreto legislativo n. 178 del 2012 sono stati sollevati, già nelle fasi antecedenti alla sua approvazione, numerosi dubbi ed osservazioni nelle Commissioni parlamentari competenti in ordine ad un eccesso di delega (perché invece di operare per la riorganizzazione dell'ente pubblico si è proceduto alla trasformazione della sua natura giuridica pubblica). Motivo questo, dell'avvio di contenzioso per le valutazioni dei connessi profili di costituzionalità, da parte delle organizzazioni sindacali;
   le stesse organizzazioni sindacali continuano in ogni occasione a richiedere maggiori approfondimenti sul processo di riorganizzazione che comporta nebulose conseguenze sul futuro occupazionale del personale, civile e militare, dell'ente Croce Rossa. In sintesi, tutti i dipendenti, civili e militari, chiedono con forza che tramite una incisiva azione politica si giunga, attraverso una ponderata azione di coordinamento della funzione pubblica, ad una rivisitazione delle norme contenute nel decreto legislativo n. 178 del 2012 per ciò che attiene la salvaguardia delle posizioni lavorative e delle relative retribuzioni, onde avvalersi di una «mobilità assistita» presso le altre amministrazioni pubbliche e di sistemi di garanzia per la graduale messa a riposo del personale vicino all'età pensionabile;
   ad oggi, invece, l'articolo 6 del decreto legislativo n. 178 del 2012, riguardante la materia del personale, prevede che al termine di complesse procedure di equiparazione tra personale civile e militare della Croce rossa italiana e altri comparti, l'associazione privata, entro il 30 giugno 2016, determinato l'organico a regime, attribuisca al personale a tempo indeterminato non prossimo alla pensione ex Croce rossa italiana che non ha trovato altri sbocchi professionali, contratti di solidarietà per giungere alla risoluzione del rapporto di lavoro pubblico;
   gli organi di stampa preannunciano per il prossimo 26 novembre 2014 una nuova iniziativa, stavolta dei familiari dei militari della Croce rossa italiana i quali, attraverso le associazioni di settore, si riuniranno in sit-in in Piazza di Montecitorio a Roma per richiamare l'attenzione del Parlamento su questa paradossale situazione, ovvero che con il riordino previsto, oltre al personale civile, anche il contingente degli 803 elementi del Corpo militare della Croce rossa italiana permanentemente in servizio attivo – a tempo indeterminato – verrebbe nel giro di poco più di 2 anni completamente eliminato. Ed i riservisti del Corpo militare della Croce rossa italiana (19.000 militari in congedo) verrebbero privati della struttura di supporto preposta a garantire l'efficienza e la prontezza operativa dei reparti militari nonché degli automezzi ed attrezzature sanitarie acquistate con i fondi erogati dal Ministero della difesa –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere celeri iniziative affinché si giunga ad una rivisitazione delle norme contenute nel decreto legislativo n. 178 del 2012 per la salvaguardia delle posizioni lavorative del personale dell'ente pubblico della Croce rossa italiana, ovvero per consentire al personale di avvalersi, attraverso una ponderata azione di coordinamento della Funzione Pubblica, di una «mobilità assistita» presso le altre amministrazioni pubbliche e di usufruire della garanzia per la graduale messa a riposo del personale vicino all'età pensionabile, onde normalizzare una situazione che sta progressivamente portando 2.156 lavoratori a tempo indeterminato e le loro famiglie sul baratro dell'emergenza sociale. (4-07011)


   SCOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'AORN, azienda ospedaliera di rilievo nazionale, Santobono Pausilipon è l'unico polo pediatrico di secondo livello della Campania e del Mezzogiorno d'Italia;
   si articola in tre presidi ospedalieri: l'ospedale «Santobono», polo delle emergenze complesse e dell'alta specialità pediatrica, l'ospedale «Pausilipon», polo unico per le patologie oncologiche dell'età pediatrica, e l'ospedale «Ss. Annunziata», polo dell'assistenza riabilitativa e neuropsichiatrica;
   tale assetto, appena consolidato, è stato in questi giorni rimesso in discussione;
   con la stesura del nuovo piano ospedaliero regionale, infatti, si è paventata la possibilità di una riattribuzione dell'edificio del «Ss. Annunziata» all'ASL NA 1 per collocarvi attività ambulatoriali;
   l'ospedale «Ss. Annunziata» è stato annesso all'azienda ospedaliera di rilievo nazionale Santobono Pausilipon nel luglio 2011, perché la regione Campania ha ritenuto di ridimensionare i presidi ospedalieri dell'ASL NA 17, anche al fine di ridurre i propri debiti, creando al contempo un polo unico pediatrico con ampliamento dell'offerta assistenziale riabilitativa e delle cure palliative, come da decreto commissariale n. 49 del 2010;
   l'ospedale «Ss. Annunziata» era uno dei presidi più improduttivi dell'ASL NA 1, con una produttività pari al 35 per cento;
   si sta compiendo un lavoro di riconversione e di ampliamento dell'offerta assistenziale, secondo i più innovativi modelli organizzativi degli ospedali pediatrici;
   nonostante tale processo sia ancora in atto, si è già riusciti ad aumentare la produttività dal 35 per cento al 57 per cento;
   l'ipotesi di riattribuzione dell'edificio del «Ss. Annunziata» all'ASL NA 1 renderebbe impossibile per l'azienda ospedaliera di rilievo nazionale Santobono Pausilipon continuare nell'attivazione di alcune importantissime funzioni;
   in particolare si tratta della riabilitazione pediatrica ospedaliera con ricovero, che fino a pochi mesi fa non esisteva in Campania, costringendo così ogni anno centinaia di bambini a rivolgersi a strutture di altre regioni, con un costo per la regione Campania di oltre tre milioni di euro l'anno;
   grazie all'attuale configurazione dell'azienda ospedaliera di rilievo nazionale Santobono Pausilipon questi stessi bambini possono ora essere curati presso il «Ss. Annunziata» con apparecchiature di robotica di ultima generazione in un reparto appositamente dedicato;
   per l'azienda ospedaliera di rilievo nazionale Santobono Pausilipon sarebbe praticamente impossibile continuare anche nell'attivazione di servizi di neuropsichiatria infantile: bambini ed adolescenti con problemi neuropsichiatrici acuti non si vedono fornita assistenza dalla regione perché mancano i posti letto pediatrici per acuti che possono essere attivati solo presso l'azienda ospedaliera di rilievo nazionale Santobono Pausilipon e che troverebbero idonea collocazione proprio presso il presidio ospedaliero «Ss. Annunziata»;
   l'eventuale passaggio del «Ss. Annunziata» all'ASL NA 1 provocherebbe, con ogni probabilità, notevolissime difficoltà amministrative ed un contenzioso estremamente oneroso, dato che in questi tre anni sono state indette ed assegnate numerose gare per servizi dei tre presidi (pulizia, manutenzione, guardiania, pasti, trasporti, e altro);
   è evidente come sarebbe maggiormente opportuno lasciare assegnato il «Ss. Annunziata» all'azienda ospedaliera di rilievo nazionale Santobono Pausilipon, ed anzi, prevedere presso tale presidio ospedaliero l'ampliamento di 20 posti di riabilitazione pediatrica COD. 56 da aggiungersi ai 4 già attivi in ottemperanza del decreto n. 49 del 2010, palesemente insufficienti;
   sarebbe altrettanto opportuno assegnare all'azienda ospedaliera di rilievo nazionale Santobono Pausilipon 4 posti di degenza per neuropsichiatria infantile per ricoveri degli acuti e l'affidamento di alcuni trapianti pediatrici di rene, attualmente non effettuati in Campania;
   all'ASL NA 1 potrebbe essere messa immediatamente a disposizione una serie di locali (circa dieci stanze) situati tra il primo ed il secondo piano della parte monumentale della struttura, con accessi e percorsi completamente distinti da quelli dell'azienda ospedaliera di rilievo nazionale Santobono Pausilipon, già in uso come ambulatori, che non necessitano di ristrutturazione;
   tale ipotesi permetterebbe di conciliare le esigenze di entrambe le aziende, in considerazione dell'ampiezza degli spazi esistenti e della possibilità di collocare le attività dell'ASL NA 1 e dell'azienda ospedaliera di rilievo nazionale Santobono Pausilipon in due aree completamente distinte, evitando di modificare assetti aziendali;
   tali modifiche, infatti, comporterebbero ricadute sull'assistenza e sul corretto funzionamento amministrativo –:
   se non ritenga di dover assumere iniziative, per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario nella direzione indicata in premessa, al fine di garantire il corretto funzionamento di entrambe le aziende ed un giusto equilibrio tra le diverse esigenze manifestate. (4-07014)


   GRILLO, SILVIA GIORDANO e LOREFICE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella regione Campania è in corso di attuazione un piano di rientro dal deficit sanitario ed è stato nominato nella persona dell'attuale presidente della regione, un commissario ad acta responsabile dell'attuazione delle misure previste nel piano di rientro;
   notoriamente con le indagini sulle tangenti pagate da numerose case farmaceutiche iniziò uno dei rami principali più di venti anni fa delle inchieste «mani pulite» che coinvolsero Ministri e dirigenti di ministeri e di enti;
   dopo quell'evento, che ha sconvolto gli italiani per la sua pervasività arrogante e devastante, sono avvenuti episodi di corruttela farmaceutica delimitata;
   si è avuta notizia nel napoletano, in Campania, di due indagini recenti in materia di distorsioni importanti del mercato farmaceutico o di favori a esponenti del mondo farmaceutico assai gravi, che coinvolgono funzionari ASL e forze dell'ordine di assoluto rilievo;
   in effetti l'ANSA il 14 ottobre 2014 riportava «Il colonnello Fabrizio Giaccone, ex comandante della GdF a Fiumicino, e l'imprenditore farmaceutico Nazario Matacchione sono stati arrestati con l'accusa di corruzione. L'arresto è stato eseguito dalla Gdf nell'ambito dell'inchiesta del procuratore aggiunto di Napoli Piscitelli e dei pm Woodcock e Carrano che nel luglio scorso portò all'arresto del colonnello Fabio Massimo Mendella per presunte irregolarità nelle verifiche fiscali. Mendella risulta coinvolto anche in quest'indagine. Giaccone è accusato di corruzione per avere ricevuto dall'imprenditore Nazario Matacchione Rolex, altri oggetti di valore e viaggi gratis per Parigi e New York in cambio di verifiche fiscali compiacenti. Fatti accaduti quando era comandante del gruppo della Guardia di Finanza di Torre Annunziata (Napoli). Accuse analoghe anche per il colonnello Fabio Massimo Mendella, già detenuto. Sono complessivamente tre le persone destinatarie delle misure cautelari. Oltre al colonnello Fabrizio Giaccone, ex comandante della Guardia di finanza di Fiumicino, e a Nazario Matacchione, titolare di numerose farmacie in Campania e in altre regioni, il provvedimento è stato notificato anche al colonnello Fabio Massimo Mendella, ex comandante provinciale di Livorno già arrestato lo scorso giugno e tuttora detenuto. Da imprenditore rapporto riservato – Nazario Matacchione, l'imprenditore farmaceutico arrestato oggi nell'ambito dell'inchiesta sulle presunte irregolarità nelle verifiche fiscali della Guardia di Finanza, non solo era a conoscenza di un esposto anonimo del 2009 sui rapporti tra lui e il colonnello Mendella, ma aveva ricevuto addirittura atti di indagine segreti compiuti dalle Fiamme gialle e trovati nel corso di una perquisizione in casa dell'ex moglie, a Torre del Greco (Na). In un documento intitolato “appunto per il comandante” sono ricostruiti in particolare i rapporti tra Mendella e Giaccone, con la ricostruzione del battesimo della figlia dell'ufficiale cui Giaccone e l'ex moglie avevano fatto da padrino e madrina. L'esposto anonimo, poi archiviato, faceva riferimento a rapporti illegali tra il colonnello e il farmacista, che gli avrebbe fatto ricchi regali in cambio di protezione; si faceva inoltre menzione dei cospicui investimenti fatti da Matacchione, che in pochi anni ha aperto numerose farmacie in Campania e in Abruzzo, e alle coperture ricevute dall'ufficiale. Secondo l'ipotesi accusatoria, quando bisognò avviare delle indagini per verificare il contenuto dell'esposto, Mendella rassicurò Matacchione presentandogli Giaccone, comandante del gruppo di Torre Annunziata, e assicurandogli che gli approfondimenti sarebbero stati fatti in maniera superficiale e per lui indolore. Racconta l'ex moglie dell'imprenditore farmaceutico»;
   Metropolis Web del 18 ottobre 2014 aggiunge sullo scandalo Matacchione. «Trema la Regione Campania, tremano – in particolar modo – alcuni centri del Vesuviano. L'inchiesta che ha portato all'arresto di Nazario Matacchione e degli ufficiali della Guardia di Finanza sta per allargarsi a macchia d'olio, coinvolgendo un settore che già in passato è finito nella bufera: quelli dei finanziamenti dell'Asl. Uno dei filoni dell'inchiesta dei pm Woodcock e Carrano porta a quello che si rischia di diventare un grande scandalo regionale: prestazioni pagate dalla Regione Campania in maniera eccessiva rispetto a quelle effettivamente prestate»;
   Popoff quotidiano del 27 ottobre riportava, «scriveva il Mattino in effetti il 21 ottobre “L'imprenditore farmaceutico Nazario Matacchione arrestato nei giorni scorsi nell'ambito dell'inchiesta su presunte irregolarità nei controlli fiscali della guardia di finanza e destinatario oggi di un altro ordine di custodia cautelare con l'accusa di avere corrotto il funzionario regionale Umberto Celentano, aveva rapporti molto stretti con poliziotti, carabinieri e finanzieri. Da questi rapporti, secondo il gip Dario Gallo che firma l'ordinanza, Matacchione avrebbe ricevuto informazioni utili e favori”. Sicuramente andrebbero chiariti e scavati i rapporti tra farmacisti, ASL/Regione Campania e inquirenti. Qualche maligno partenopeo parla di anomalie nella dispensa di farmaci assai costosi direttamente dalle farmacie ordinarie e non da quelle ospedaliere»;
   La Repubblica del 15 novembre 2014 così scrive «RAGAZZI, non ci dovete rompere il c... perché qui comandiamo noi», diceva il dirigente di Biotest Italia Enrico D'Aiuto mentre discuteva della necessità di ottenere la «benedizione» di un medico famoso per garantire l'efficacia di un farmaco commercializzato dall'azienda. C’è anche questa conversazione, intercettata il 4 maggio 2010, fra quelle citate dal giudice Alberto Cairo nell'ordinanza emessa nell'ambito dell'inchiesta sulle gare per la fornitura di medicinali. Un'indagine che, rimarca il gip, ha delineato «rapporti anomali a più livelli» facendo emergere «uno scenario torbido e poco confortante». Su richiesta del pm Francesco De Falco, che con il procuratore aggiunto Alfonso D'Avino ha coordinato l'indagine del Nas, sono ora agli arresti domiciliari sette fra manager e imprenditori. Le quattro gare sotto inchiesta risalgono al 2009-2010, ma secondo la Procura l'associazione per delinquere contestata a quattro dei sette arrestati, l'imprenditore farmaceutico Massimo Petrone e i dirigenti della società Biotest Giuliano Tagliabue, Renato Carelli e Enrico D'Aiuto, va considerata «tuttora perdurante» e mira «al controllo illegale delle forniture e dei prodotti farmaceutici in diverse realtà territoriali», non solo in Campania. Trapela dalle intercettazioni anche il presunto tentativo di Petrone e della Biotest Italia di far sperimentare ai pazienti dell'ospedale Cardarelli alcuni farmaci a prescindere dalla loro validità terapeutica –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione ai fatti esposti in premessa, se non intenda utilizzare ogni strumento di competenza con riferimento alla verifica della regolarità della distribuzione di costosi farmaci ospedalieri e della corretta operatività delle norme di trasparenza e di mercato delle forniture dei prodotti farmaceutici da parte delle aziende sanitarie locali e quali iniziative di competenza intenda in ogni caso assumere per evitare il ripetersi di casi analoghi. (4-07024)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   BARONI, CECCONI, MANTERO, DALL'OSSO, LOREFICE, DI VITA, GRILLO, SILVIA GIORDANO, D'INCÀ, CASO, SORIAL, BRUGNEROTTO, DA VILLA, MASSIMILIANO BERNINI, PESCO, ROSTELLATO, VILLAROSA e CURRÒ. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nelle giornate di sabato 27, domenica 28 e lunedì 29 settembre 2014 si è svolta la consultazione elettorale in vista del rinnovo del consiglio direttivo dell'ordine dei farmacisti di Milano, Lodi, Monza e Brianza per il periodo 2015-2017;
   riconfermato per la quinta volta consecutiva come presidente è risultato il dottor Andrea Mandelli, il quale risulta in carica anche come presidente della Federazione ordini dei farmacisti italiani, nonché senatore della Repubblica, proclamato il 5 marzo 2013;
   la recente delibera n. 145 del 21 ottobre 2014 da parte dell'ANAC, ha riconfermato che gli ordini e i collegi professionali rientrano nella categoria di enti pubblici non economici ricompresi nell'ambito di applicazione della pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, comma 2 del  decreto legislativo n. 165 del 2001;
   la stessa delibera dispone che i «suddetti enti, pertanto, dovranno predisporre il Piano triennale di prevenzione della corruzione, il Piano triennale della trasparenza e il Codice di comportamento del dipendente pubblico, nominare il Responsabile della prevenzione della corruzione, adempiere agli obblighi in materia di trasparenza di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013 e, infine, attenersi ai divieti in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi di cui al decreto legislativo n. 39 del 2013»;
   il decreto legislativo n. 39 del 2013, in attuazione dell'articolo 97 della Costituzione, all'articolo 1, comma 2, lettera l) definisce come «incarichi di amministratore di enti pubblici e di enti privati in controllo pubblico», fra gli altri, del «Presidente con deleghe gestionali dirette» e all'articolo 11 comma 1 prevede che «... gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello nazionale, regionale e locale sono incompatibili con la carica di Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato ... o di parlamentare»;
   non c’è dubbio che, secondo la lettera della legge, il decreto legislativo n. 39 si applichi anche agli ordini e collegi professionali, anche nella interpretazione del Ministero della salute. Detto Ministero, con nota numero 0002232 del 17 gennaio 2014 diretta a diversi ordini professionali, tra cui quelli dei medici, chirurghi ed odontoiatri, veterinari, farmacisti, collegi Ipasvi, collegi ostetriche, ordini degli psicologi, nel trasmettere i criteri elaborati dal Dipartimento della funzione pubblica per individuare incarichi vietati in generale a tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, ha raccomandato «il puntuale adempimento delle disposizioni di cui alla legge 190/2012 e ai successivi decreti legislativi n. 33 del 2013 e n. 39 del 2013». Da notare che tale raccomandazione, formulata sulla base della analoga richiesta del 20 dicembre 2013 del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, era associata a una nota con cui venivano definite le caratteristiche in base alle quali occorreva «considerare vietati ai dipendenti della Amministrazioni Pubbliche abitualità e professionalità e conflitti di interessi ivi compresi quelli potenziali»;
   ai sensi dell'articolo 1, della legge n. 60 del 1953 «I membri del Parlamento non possono ricoprire cariche o uffici di qualsiasi specie in enti pubblici o privati, per nomina o designazione del Governo o di organi dell'Amministrazione dello Stato. Sono escluse dal divieto le cariche in enti culturali, assistenziali, di culto e in enti-fiera, nonché quelle conferite nelle Università degli studi o negli Istituti di istruzione superiore a seguito di designazione elettiva dei Corpi accademici, salve le disposizioni dell'articolo 2 della legge 9 agosto 1948, n. 1102. Sono parimenti escluse le nomine compiute dal Governo, in base a norma di legge, su designazione delle organizzazioni di categoria»;
   subito dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 39 del 2013, il 4 di maggio, il senatore Andrea Mandelli (in quel momento presidente della Federazione nazionale dei farmacisti FOFI e presidente dell'Ordine provinciale dei farmacisti di Milano, Lodi, Monza e Brianza) ha continuato a rivestire tutte le cariche nonostante il conflitto d'interesse tra amministratore di ente pubblico e parlamentare che avrebbe dovuto provocare la decadenza immediata da una carica in base allo stesso decreto legislativo; tale incompatibilità discende già dalla legge 13 febbraio 1953, n. 60 («Incompatibilità parlamentari»), tuttora vigente;
   qualora lo stesso Senatore incompatibile abbia peraltro percepito doppie indennità o compensi si richiama anche la vigenza della legge 31 ottobre 1965, n. 1261 «Determinazione della indennità spettante ai membri del Parlamento» che all'articolo 3 prevede: «Con l'indennità parlamentare non possono cumularsi assegni o indennità, medaglie o gettoni di presenza comunque derivanti da incarichi di carattere amministrativo, conferiti dallo Stato, da Enti pubblici, da banche di diritto pubblico, da enti privati concessionari di pubblici servizi, da enti privati con azionariato statale e da enti privati aventi rapporti di affari con lo Stato, le Regioni, le Province ed i Comuni» –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti in premessa;
   se intenda segnalare, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, del decreto legislativo n. 39 del 2013 all'Autorità nazionale anticorruzione la nomina del presidente dell'ordine dei farmacisti di Milano, Lodi, Monza e Brianza, in considerazione degli obblighi in materia di trasparenza, inconferibilità e incompatibilità di incarichi anche al fine di un eventuale sottoposizione della questione alla Corte dei conti, per i profili di competenza;
   se sussistono i presupposti di fatto e di diritto per lo scioglimento del consiglio direttivo dell'ordine dei farmacisti di Milano, Lodi, Monza e Brianza, alla luce di quanto segnalato in premessa. (4-07021)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nella mattinata del 24 novembre 2014 è scattata a Porto Marghera la protesta di circa 300 autotrasportatori veneti che da aprile attendono il pagamento di circa 5 milioni di euro dalle acciaierie Ilva;
   gli autotrasportatori che fanno capo alle organizzazioni di categoria Cgia, Fai, Fita, Confartgianato, Cna hanno bloccato l'ingresso dello stabilimento logistico di Marghera, che occupa circa 90 unità lavorative, usato per acciai provenienti da Taranto;
   gli ultimi pagamenti risalgono al mese di aprile 2014 e da allora le imprese di autotrasporto hanno continuato a lavorare senza più ricevere le spettanze;
   molti autotrasportatori hanno provveduto ad ammodernare il proprio parco mezzi anche in riferimento alle nuove normative per carichi speciali come appunto quelli provenienti da Taranto ed ora si ritrovano in enorme difficoltà;
   pur comprendendo le difficoltà legate al commissariamento e alla delicata questione sul futuro dell'impianto industriale di Taranto le organizzazioni di categoria hanno chiesto un incontro con il prefetto di Venezia per fronteggiare tale emergenza –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare affinché possa essere individuato un percorso di risposta alle istanze degli autotrasportatori veneti e consentire un progressivo pagamento dei crediti da loro vantati. (5-04121)


   BRAGA e PELUFFO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito della negoziazione tra Commissione europea e Stati membri per la stipula dell'Accordo di partenariato per la nuova programmazione dei fondi comunitari (FESR, FEASR) la Commissione chiede che siano soddisfatte una serie di pre-condizioni, sia a livello nazionale sia a livello di singole 2 regioni;
   nel caso dell'efficienza energetica in edilizia, le condizionalità ex ante sono di carattere nazionale e sono legate all'attuazione della direttiva 2010/31/CE (direttiva EPBD), recepita con decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 e convertita, con modificazioni, in legge 3 agosto 2013, n. 90;
   tali condizionalità ex ante risultano attualmente solo parzialmente soddisfatte e, in particolare, non risultano ancora attuate le misure che garantiscono che siano posti in essere:
    a) i requisiti minimi relativi alla prestazione energetica nell'edilizia conformemente agli articoli 3, 4 e 5 della direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio;
    b) un sistema di certificazione della prestazione energetica degli edifici conforme all'articolo 11 della direttiva 2010/31/UE;
   il soddisfacimento delle suddette condizionalità ex ante:
    costituisce condizione necessaria alla emanazione di misure di sostegno all'efficientamento energetico del patrimonio edilizio da parte delle regioni, nell'ambito dei Programmi operativi regionali 2014-2020 per l'utilizzo dei fondi strutturali FESR e dei programmi di sviluppo rurale per l'utilizzo dei fondi strutturali FEASR;
   non sono ancora stati emanati dal Ministero dello sviluppo economico i decreti attuativi relativi ai nuovi requisiti prestazionali e al nuovo sistema di certificazione energetica, come previsto dalla legge n. 90 del 2013 di attuazione della direttiva 2010/31/CE;
    la legge n. 90 del 2013 prevede che i suddetti decreti siano approvati di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nonché di intesa con la Conferenza unificata –:
   entro quali termini il Ministro con il concerto dei Ministeri coinvolti e della Conferenza unificata, intenda approvare i decreti attuativi della legge 3 agosto 2013, n. 90, relativi ai nuovi requisiti minimi prestazionali e al nuovo sistema di certificazione energetica in edilizia entro il 31 dicembre 2014. (5-04124)

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la centrale del Mercure nasce nel 1962 come centrale termoelettrica per la produzione elettrica. Fu costruita in questa zona per risollevare le sorti economiche della valle omonima, tra le province di Potenza e Cosenza, con il tentativo d'arrestare l'emorragia emigratoria della zona. Inizialmente sfruttò la lignite prelevata dalle miniere di Castelluccio Inferiore (PZ) e Laino Borgo (CS), successivamente convertita per bruciare olio combustibile;
   l'impianto era costituito da 2 gruppi da 75 megawatt il primo è stato chiuso e dismesso nel 1993, il secondo è stato chiuso nel 1997. Quest'ultimo gruppo è stato riconvertito a biomasse nel 2000, depotenziando l'unità produttiva a 35 megawatt;
   il progetto d'inizio secolo prevede ancora un moderno impianto a biomasse capace di produrre energia valorizzando il legname vergine prodotto dalla manutenzione del parco del Pollino e, in subordine, altri sottoprodotti agricoli;
   come si apprende da molte agenzie stampa, tra cui l'Ansa, il 14 ottobre 2014, è stato firmato, a Roma, l'accordo di compensazione ambientale per la centrale del Mercure tra l'Enel, le regioni Calabria e Basilicata, l'ente parco del Pollino, Cgil, Cisl e Uil di Basilicata e Calabria ed i comuni di Laino Borgo, Mormanno, Laino Castello, Papasidero (Cosenza), Castelluccio Inferiore, Castelluccio Superiore e Lauria (Potenza);
   come lamenta anche Legambiente Calabria, le ipotesi di prelievo di biomassa vergine dai boschi calabresi per alimentare la centrale del Mercure, sono in contraddizione con le prescrizioni di massima di polizia forestale (PMPF) approvate nel 2013, in mancanza di un piano forestale regionale di cui la regione non si è ancora dotata. Le vigenti PMPF prevedono che tutti i boschi pubblici che non hanno un piano di assestamento possono essere sottoposti al taglio una sola volta in un anno solare e pertanto la previsione di quantità di biomassa è stata stimata in maniera errata, ed anche la previsione di nuove aree accessibili al taglio deve considerare una viabilità di accesso al bosco con conseguenti e devastanti opere di sbancamento;
   le citate previsioni di ipotetiche aree di approvvigionamento di biomassa per la centrale del Mercure contenute entro i 120 chilometri si sovrappongono senza giustificazione con quelle di approvvigionamento delle altre centrali a biomasse presenti in Calabria (Cutro e Strongoli) che prevedono di utilizzare biomassa prelevata entro la distanza di 70 chilometri per poter ricevere gli incentivi di legge;
   già il parco del Pollino, la più grande area protetta d'Europa, ha inoltre visto l'acuirsi di episodi di taglio illegale di alberi secolari che costituiscono una minaccia per foreste di alto valore paesaggistico ed ambientale;
   da ultimo numerosi articoli stampa e alcuni sindaci locali paventano altresì il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose che potrebbero inserirsi proprio sulla filiera del legno, come riportato da un recente articolo apparso sul settimanale «l'Espresso» del 23 ottobre –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza del progetto di riconversione della centrale a biomassa del Mercure e quali iniziative intendano assumere per preservare l'area del parco nazionale del Pollino. (4-07017)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Zolezzi ed altri n. 5-03119, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sorial.

  L'interrogazione a risposta scritta Spadoni n. 4-06449, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Dell'Orco, Parentela, Tofalo, Sibilia, De Lorenzis, Brugnerotto.

  L'interrogazione a risposta scritta Spadoni n. 4-06616, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Dell'Orco, Petraroli, Tofalo, Sibilia.

  L'interrogazione a risposta scritta Spadoni n. 4-06620, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Dell'Orco, Petraroli, Cozzolino, Tofalo, Sibilia.

  L'interrogazione a risposta scritta Pagano n. 4-06685, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Scopelliti.

  L'interrogazione a risposta scritta Cirielli n. 4-06887, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rampelli.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni ed altri n. 5-04059, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bergonzi.

  L'interrogazione a risposta scritta Cirielli n. 4-06989, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rampelli.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta orale Causin n. 3-01039 del 23 settembre 2014;
   interrogazione a risposta scritta Amoddio n. 4-06472 del 17 ottobre 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Duranti n. 5-03964 del 5 novembre 2014.