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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 7 novembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 stabilisce che il personale dell'amministrazione degli affari esteri e della cooperazione internazionale è costituito dalla carriera diplomatica, disciplinata dall'ordinamento di settore, dalla dirigenza e dal personale delle aree funzionali come definiti e disciplinati dalla normativa vigente, nonché dagli impiegati a contratto in servizio presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti italiani di cultura;
   il contingente degli impiegati a contratto presso le rappresentanze diplomatiche e consolari e gli istituti di cultura è definito dall'articolo 152 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967;
   con varie disposizioni di legge nel corso degli anni il contingente degli impiegati a contratto è stato progressivamente incrementato;
   da ultimo, il decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, con l'articolo 16-bis, comma 3, ha rideterminato il contingente di cui all'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, in 2600 unità per l'anno 2015, 2650 unità per l'anno 2016 e in 2700 unità dall'anno 2017;
   da quanto sopra emerge la volontà dell'amministrazione degli affari esteri e della cooperazione internazionale di riequilibrare progressivamente la presenza di personale presso le rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero in favore di personale assunto localmente, in ciò in linea con le reiterate richieste della III Commissione affari esteri, anche per esigenze di contenimento della spesa pubblica;
   l'attuale congiuntura economica si protrae ormai da troppi anni ed ha prodotto effetti dirompenti sul mercato italiano del lavoro, costringendo molti giovani a cercare lavoro all'estero;
   il decreto legislativo 7 aprile 2000, n. 103, sostituendo l'intero titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica 18 gennaio 1967, n. 18, all'articolo 155, definisce i requisiti e le modalità per l'assunzione degli impiegati a contratto;
   il decreto ministeriale 16 marzo 2001 n. 032/655, in applicazione delle disposizioni di cui al suddetto decreto legislativo 7 aprile 2000, n. 103, all'articolo 4, prevede tra i requisiti di partecipazione alle prove selettive quello della residenza da almeno due anni nel Paese dove ha sede l'ufficio presso cui il personale suddetto è chiamato a prestare servizio, e ciò nel presupposto che la residenza da almeno due anni abbia fatto maturare adeguata conoscenza della realtà locale;
   tale conoscenza può essere acquistata anche a prescindere dalla residenza (per esempio, a seguito di periodi di studio o di altre frequentazioni) e l'ammissione alle prove d'esame di giovani residenti in Italia amplierebbe il bacino da cui attingere le risorse migliori e più motivate,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a modificare l'articolo 155 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, come modificato dal suddetto decreto legislativo 7 aprile 2000, n. 103, e, conseguentemente, il decreto ministeriale 16 marzo 2001 n. 032/655, in maniera tale che, fermi restando tutti gli altri requisiti di ammissione, venga eliminato il criterio relativo alla residenza e sostituito con quello di un'adeguata conoscenza della realtà locale, da accertare, comunque, in sede di prove d'esame insieme con la conoscenza della lingua veicolare.
(7-00516) «Tacconi, Fitzgerald Nissoli, Porta».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRARESI e AGOSTINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dall'agosto del 2006, il dottor Pietro Ciucci è Presidente di ANAS spa, società a totale partecipazione pubblica, e principale stazione appaltante d'Italia dei lavori pubblici infrastrutturali stradali;
   il dottor Ciucci ha ricoperto in ANAS, sino al 1o settembre 2013, la triplice carica di presidente, amministratore delegato e direttore generale;
   in data 9 agosto 2013, l'assemblea degli azionisti ha rieletto il dottor Pietro Ciucci presidente ed amministratore delegato dell'ANAS spa per un ulteriore triennio;
   dopo la rielezione il dottor Ciucci è andato volontariamente in pensione, a decorrere dal 1o settembre 2013, percependo, a quanto risulta agli interroganti, una cospicua liquidazione; in proposito, si ricorda che sussiste il divieto di cumulo delle cariche introdotto dalla legge per le società pubbliche, norma che impedisce di svolgere alla medesima persona il ruolo di amministratore delegato e di direttore generale;
   successivamente, a quanto consta agli interroganti, in data 31 agosto 2014, sarebbero stati corrisposti dall'ANAS spa al dottor Ciucci, in qualità di ex direttore generale in pensione, ulteriori rilevanti importi come indennità di mancato preavviso;
   dal 1o settembre 2013, data di pensionamento del dottor Ciucci, la Società non ha nominato un nuovo direttore generale di ANAS e le relative deleghe sono in capo al dottor Pietro Ciucci come amministratore delegato e nulla è variato nell'organizzazione aziendale, che fin dal 2006 prevede anche le figure di tre condirettori generali: tecnico, legale ed amministrativo-finanziario;
   tale organizzazione, varata a seguito della prima nomina in ANAS del dottor Pietro Ciucci, ha portato, inoltre, ad una proliferazione di nomine di direttori centrali per proposta dei condirettori generali. Il risultato è una struttura organizzativa mastodontica ed ingessata dalle strutture afferenti alle tre condirezioni, a loro volta controllate dal dottor Ciucci;
   ANAS spa, nel rispetto della direttiva del Ministero dell'economia e delle finanze, ha introdotto nel proprio statuto i nuovi criteri e i requisiti di onorabilità degli amministratori pubblici. Nel testo si legge che: «gli amministratori che nel corso del mandato dovessero ricevere la notifica del decreto che dispone il giudizio (...) o di una sentenza di condanna definitiva che accerti la commissione dolosa di un danno erariale, devono darne immediata comunicazione all'organo di amministrazione», che sarà poi chiamato a deliberare sulla permanenza in carica dell'amministratore incriminato;
   nel 2013 la Corte dei conti ha citato a comparire innanzi alla sezione giurisdizionale per il Lazio il dottor Pietro Ciucci ed i tre condirettori generali: ingegner Alfredo Bajo, avvocato Leopoldo Conforti ed il dottor Stefano Granati, insieme ad altri dirigenti, per ivi sentirsi condannare al pagamento in favore di ANAS spa, e per essa delle pubbliche finanze, della somma complessiva di 38.500.687,62 euro in ragione della sottoscrizione di un «accordo bonario» con la società Comeri (Astaldi), contraente generale di un macrolotto di lavori sulla strada statale 106 Jonica in Calabria;
   la procura regionale della Corte dei conti, nella memoria redatta in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2014 dal magistrato De Dominicis, ha ritenuto che dai comportamenti di ANAS «sia derivato un danno alle finanze pubbliche, sotto forma di riconoscimento al contraente generale Comeri di somme non dovute»;
   il dottor Ciucci ed i suoi tre condirettori hanno presentato ricorso alla Corte di cassazione sostenendo che la Corte dei conti non aveva alcun potere di controllo e giurisdizione sull'ANAS;
   la Corte suprema di cassazione, con ordinanza n. 16240/14 del 1o luglio 2014 depositata il 16 luglio 2014, ha stabilito la piena «giurisdizione» della Corte dei conti sull'ANAS e che compete alla Corte dei conti la giurisdizione in ordine all'azione promossa nei confronti dei suddetti soggetti;
   preoccupanti notizie in merito all'operato dei vertici di ANAS spa, provengono anche dall'estero, ed è forte il rischio di compromettere il prestigio e l'operatività della società nei mercati esteri;
   la società ANAS international enterprise spa, partecipata al 100 per cento da ANAS spa, presieduta dal dottor Pietro Ciucci e con amministratore delegato l'ingegner Alfredo Bajo, gestisce appalti di importanti opere infrastrutturali in diversi Paesi esteri, spesso in associazione con altre società italiane;
   ad oggi non sono noti i criteri e le modalità di scelta dei funzionari e dei dirigenti della società in questione e come vengono scelti i consulenti e come vengono determinate le rispettive retribuzioni;
   in data 10 luglio 2014, la «Agencia de noticias de la Republica del ParaguayNova Paraguay» ha pubblicato una notizia relativa ad un presunto atto illecito che vi fu nel 2012 tra l'ex Ministro dei lavori pubblici Salyn Buzarquis ed il presidente di ANAS international enterprise spa. «La agente fiscal de la Unidad especializada en delitos economicos y anticorrupcion, Victoria Acuna», ha formulato un'imputazione contro l'ex Ministro Enrique Salyn Buzarquis Caceres per un contratto diretto con ANAS international dove si stima un presunto pregiudizio di 500.000 dollari per il Ministero pubblico paraguayano ed altri 100.000 dollari per la «Entidad Binacional Yacyreta»;
   le presunte e pesanti irregolarità sulla gestione del presidente dell'ANAS spa dottor Pietro Ciucci potrebbero avere, qualora confermate, pesanti ripercussioni sulla finanza pubblica;
   al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono attribuite, tra l'altro, le attività di indirizzo, vigilanza e controllo tecnico-operativo sull'ANAS spa con particolare evidenza dei controlli preventivi e consuntivi effettuati su tutti gli atti gestionali adottati dall'ANAS finalizzati alla prevenzione di eventuali danni erariali;
   le verifiche, i controlli e le eventuali osservazioni dovrebbero esse formulate da parte del collegio sindacale di ANAS spa presieduto dalla dottoressa Alessandra Dal Verme nominata dal Ministero dell'economia e delle finanze –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti riportati e quali siano i loro orientamenti in merito;
   quali atti intendano compiere, a seguito di adeguata verifica e in ragione dei gravi fatti descritti, nei confronti dei vertici di ANAS spa, vista l'importanza che tale società pubblica riveste nel campo dei lavori pubblici e nel possibile rilancio delle infrastrutture in Italia;
   se non ritengano che, sulla base degli elementi riportati, i vertici di ANAS spa abbiano prodotto nel corso degli ultimi anni ingenti danni all'erario e quali iniziative di competenza intendano eventualmente adottare per recuperare tali risorse;
   se intendano accertare come sia stata calcolata nel 2013 la liquidazione riconosciuta al direttore generale di ANAS spa e se ritengano fondata e congrua la successiva indennità riconosciuta allo stesso per mancato preavviso;
   se ritengano che la posizione del dottor Pietro Ciucci, pensionato dal 1o settembre 2013, sia compatibile con l'attuale posizione dirigenziale di presidente ed amministratore delegato di ANAS spa, tenendo anche conto dell'entrata in vigore delle disposizioni di cui al decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114;
   se intendano verificare che l'organo di amministrazione, deputato al controllo ed alla sorveglianza sull'ANAS, abbia posto in essere, nel rispetto delle previsioni dello statuto della società, iniziative nei confronti dell'attuale vertice di ANAS in relazione alla citazione in giudizio per danno erariale da parte della Corte dei conti;
   quali iniziative intendano adottare affinché sia data piena attuazione alle previsioni di legge e dello statuto di ANAS spa;
   se e quali posizioni siano state assunte sulle problematiche evidenziate nella presente interrogazione dai consiglieri di amministrazione ANAS designati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   se e quali verifiche, controlli e eventuali osservazioni siano state formulate al riguardo da parte del collegio sindacale di ANAS spa presieduto dalla dottoressa Alessandra Dal Verme nominata dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   con riferimento al ruolo ricoperto dalla dottoressa Alessandra Dal Verme, se siano stati valutati con attenzione i rischi di potenziale conflitto di interesse derivanti da un lato dalle diverse cariche ricoperte dalla medesima (desunte dal curriculum depositato sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze) in importanti società pubbliche (componente del consiglio di amministrazione di EXPO 2015, presidente del collegio sindacale di Ferrovie dello Stato e di ANAS) e dall'altro dal delicato ruolo di capo dell'ispettorato generale per gli affari economici della ragioneria generale dello Stato a cui sono affidati, tra gli altri, quello relativo all'assegnazione di rilevanti finanziamenti pubblici e di monitoraggio finanziario sulle stesse società che forse ne potrebbero compromettere la terzietà e l'indipendenza;
   se risulti quali somme siano state corrisposte al dottor Ciucci a titolo di liquidazione e indennità. (4-06796)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   dal 2007 i parchi nazionali del Gran Sasso-Monti della Laga e della Majella-Morrone e dal 2012 il parco nazionale dell'Abruzzo Lazio e Molise sono privi dei consigli direttivi, organi essenziali per garantire una governance partecipata, collegiale e democratica;
   in Abruzzo con quasi il 40 per cento del territorio tutelato da parchi nazionali e parchi e riserve regionali si è fatta una scelta orientata allo sviluppo sostenibile che per non avere ricadute negative sulla popolazione deve garantire modalità democratiche e partecipative di gestione di questi importanti strumenti di governo che hanno grande influenza nelle politiche di sviluppo locale e in particolare sul turismo, sulla agricoltura e sulle attività artigianali;
   risulta inspiegabile questo ritardo che danneggia gravemente l'economia e la politica di tutela e promozione del territorio della regione Abruzzo –:
   se non intenda nominare con urgenza i Consigli Direttivi dei parchi nazionali abruzzesi (3-01147)

Interrogazione a risposta scritta:


   PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   davanti all'area industriale di Lamezia Terme c’è un pontile costruito nel 1971 che si protende per 640 metri – interrotti dal crollo della struttura – che avrebbe dovuto servire il grande impianto chimico della SIR (Società italiana resine) permettendo l'attracco di navi per lo scarico e il carico di materiali necessari per il funzionamento degli impianti ma che, ad oggi, versa in uno stato di totale abbandono e degrado;
   il pontile è stato finanziato dallo Stato con 230 miliardi di lire dell'epoca (costo del complesso industriale) e rientrava in un pacchetto di investimenti industriali varato dal Ministro dell'industria, commercio e artigianato pro tempore Emilio Colombo per calmare il malcontento diffusosi nella zone a seguito dei «Moti di Reggio» – sommossa popolare avvenuta a Reggio Calabria dal luglio del 1970 al febbraio del 1971 – con la promessa di 3 mila posti di lavoro;
   Nino Rovelli, industriale del Nord, si accordò con lo Stato per rilevare circa 200 ettari dell'area lametina poi diventati 400. Il finanziamento totale, e a fondo perduto dello Stato al gruppo imprenditoriale Rovelli, da 45 miliardi lievitò fino 230 miliardi di vecchie lire per la realizzazione dell'intero complesso che avrebbe dovuto occupare, per l'esattezza, 2345 persone. Il progetto si rivelò però presto fallimentare, così la fabbrica chiuse e l'area venne abbandonata;
   negli anni successivi l'amministrazione comunale riacquistò i terreni per creare «LameziaEuropa», società che di fatto possiede i 400 ettari che furono dell'ex SIR. Nell'area vi è oggi anche l'AsiCat, l'Agenzia di sviluppo industriale della provincia catanzarese;
   non è mai stato realizzato un completo recupero della zona, che anzi è stata luogo di discariche abusive. A novembre 2010 vennero infatti sequestrate cinque aziende nell'area Ex SIR: due pattuglie radiomobili della capitaneria di porto di Vibo Valentia Marina congiuntamente a militari della delegazione di spiaggia di Gizzeria Lido, procedettero a sottoporre a sequestro cinque aree ricadenti nella zona industriale ex SIR di Lamezia Terme, per discarica non autorizzata di rifiuti speciali industriali, per accumuli di fanghi di depurazione senza la prevista autorizzazione e interramento di cumuli di lana di vetro senza rispettare i criteri tecnico progettuali, che arrecavano rischio per le matrici ambientali interessate (suolo, sottosuolo e falde acquifere). Le cinque aree sequestrate dalla polizia giudiziaria operante, composta da sei militari del servizio operativo della guardia costiera di Vibo Valentia Marina e due della guardia costiera di Gizzeria Lido, ammontano ad una superficie di circa 15.000 metri quadrati. Dalla relazione tecnica dell'Arpacal sono emerse carenze costruttive rilevate sia negli atti progettuali che sulle opere realizzate, sulle aree dove sono state interrati rifiuti speciali industriali quali la lana di vetro, accumuli di rifiuti di vario genere tra cui fibre di cemento (eternit), uno stoccaggio abusivo di fanghi derivanti dalla depurazione senza la prevista autorizzazione, un vasto accumulo con la realizzazione di collinette di lana di vetro;
   nell'ottobre 2012 il pontile è crollato senza che mai alcuna nave vi avesse attraccato, utilizzato solo da alcuni pescatori. La parte iniziale della struttura ha ceduto sprofondando in riva al mare del golfo di Sant'Eufemia;
   la presenza di sostanze inquinanti nel sito hanno portato la procura della Repubblica di Lamezia Terme all'avvio di un procedimento di indagine penale e al sequestro preventivo della struttura. «Dall'analisi di campioni prelevati nel corso di sopralluogo svolto dall'Amministrazione provinciale di Catanzaro, con il supporto del Dipartimento di scienze farmacobiologiche dell'Università Magna Grecia di Catanzaro, presso il pontile industriale della SIR in località San Pietro Lametino del Comune di Lamezia Terme» – si legge nella sentenza n. 00169/2014 del Tar della Calabria – «era risultata la presenza di miscele di PCB (policlorobifenili) e diossine, derivanti dal materiale fuoriuscito da un trasformatore posto sul pontile. All'effettuazione di interventi di emergenza seguivano indagini preliminari sul tratto di mare antistante il pontile eseguite dall'ARPACAL. Dalle analisi su campione dei sedimenti marini prelevati nel tratto di mare antistante il pontile risultava la presenza di contaminazione da PCB, che richiedeva «la predisposizione di un piano di caratterizzazione per valutare l'effettiva estensione della contaminazione, sia sulla superficie del fondale che in profondità»;
   la notizia dello sversamento in mare di pericolose sostanze inquinanti quali policlorobifenili e tossine provenienti dallo stabilimento ex SIR di Lamezia Terme – causato anche dalla rottura di un vecchio trasformatore dello stabilimento – ha fatto mobilitare il WWF Calabria, che ha sollevato diversi interrogativi sull'entità e la pericolosità del fenomeno;
   la provincia di Catanzaro con ordinanza-diffida n. 3 del 1o febbraio 2013 emessa ai sensi dell'articolo 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006 ha cercato di imporre al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di «provvedere alla bonifica del sito contaminato in località Area Pontile ex SIR, nel Comune di Lamezia Terme e di predisporre, entro trenta giorni dalla notifica dell'ordinanza, un piano di caratterizzazione per valutare l'effettiva estensione della contaminazione, sia sulla superficie del fondale che in profondità»;
   con ricorso notificato il 24 aprile 2013, depositato nella segreteria del Tar della Calabria il successivo 3 maggio, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare impugnava la sopra citata ordinanza-diffida del dirigente del settore tutela e sviluppo ambientale dell'amministrazione provinciale di Catanzaro e a sostegno del ricorso il Ministero deduceva:
    1) violazione di legge (articoli 7 e 8 della legge n. 241 del 1990 – articolo 253, commi 3 e 4, decreto legislativo n. 152 del 2006). Mancata comunicazione di avvio del procedimento – Violazione del contraddittorio. Mancanza assoluta di motivazione del provvedimento. Mancanza assoluta di istruttoria. Violazione dei principi di adeguatezza, precauzione, proporzionalità, efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa (articolo 97 Cost. e articolo 1, della legge n. 241 del 1990). Sarebbe stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento. Mancherebbe ogni motivazione in ordine alle ragioni alla base della decisione di emettere il provvedimento nei confronti del soggetto proprietario dell'area, laddove l'obbligo grava in primo luogo sul responsabile dell'inquinamento. Solo nel caso di impossibilità di individuare tale soggetto il relativo obbligo potrebbe essere addossato sul proprietario dell'area. Difetterebbe, inoltre, ogni attività istruttoria riguardo a tale profilo. L'amministrazione si sarebbe basata solo sulle analisi effettuate dall'ARPACAL e sull'esito del sopralluogo eseguito con il supporto del dipartimento delle scienze farmacologiche dell'università Magna Grecia di Catanzaro. L'azione posta in essere dall'amministrazione provinciale, a causa della carenza istruttoria e di motivazione, sarebbe inadeguata a soddisfare gli interessi pubblici perseguiti e ciò impedirebbe di conseguire con efficacia ed efficienza la tutela ambientale, oltre che l'obiettivo della sostenibilità dei costi, con conseguente compromissione del principio di proporzionalità. L'esigenza di un apparato motivazionale sufficiente, basato su un'istruttoria completa, sarebbe anche connessa alla necessità di evidenziare e le ragioni dell'intervento, in ossequio al principio di precauzione;
    2) violazione degli articoli 192 e 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Insussistenza dei presupposti per l'emissione dell'ordine di bonifica del sito nei confronti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'inclusione nel demanio marittimo delle aree in questione e delle relative opere di carattere pertinenziale non implicherebbe in maniera automatica a responsabilità dello Stato per il danno ambientale causato. Dovrebbe trovare applicazione l'articolo 2051 c.c. in materia di danni cagionati da cose in custodia. Sarebbe stato onere del concessionario SIR prevenire la causazione di danni a terzi e ambientali per il superamento di CSC derivanti da sostanze fuoriuscite da un trasformatore ubicato sul pontile industriale;
    3) mancanza assoluta di istruttoria – Violazione del principio chi inquina paga. Violazione dell'articolo 192 e 244 decreto legislativo n. 152 del 2006: omesso compimento delle opportune indagini «volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento». La normativa nazionale di recepimento della normativa comunitaria escluderebbe una responsabilità di tipo oggettivo del proprietario dell'area interessata dal fenomeno di inquinamento ambientale. L'obbligo del proprietario di provvedere alle attività di cui al titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006 sarebbe pur sempre subordinato all'accertamento di un nesso causale tra la condotta dello stesso e i danni ambientali provocati. Sarebbe il responsabile dell'inquinamento a dover sopportare i costi, mentre il proprietario sarebbe chiamato in via sussidiaria e comunque nei limiti dell'arricchimento, a tenere indenne l'amministrazione dai costi di bonifica da essa sopportati;
    4) sussistenza della qualificazione del sito come SIN (articolo 252 del decreto legislativo n. 152 del 2006) o come sito di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale (articolo 252-bis del decreto legislativo citato), in mancanza del decreto ministeriale all'uopo necessario. Non sarebbe mai stato emesso il decreto ministeriale di qualificazione dell'area quale sito di interesse nazionale;
   con ordinanza n. 235 del 17 maggio 2013 veniva accolta l'istanza cautelare avanzata dal Ministero ricorrente ma, al contempo, il tribunale amministrativo regionale per la Calabria affermava: «nelle difese dell'Amministrazione provinciale si imputa allo Stato la situazione di abbandono in cui versa l'area in questione e si afferma che l'inquinamento si è verificato a causa della mancata custodia da parte dell'Ente proprietario. Di ciò, però, non si dà minimamente ragione nella pur ampia e articolata motivazione di cui al provvedimento impugnato, nell'ambito del quale non si va oltre la constatazione per la quale l'area e le relative opere sono incluse nel demanio marittimo»;
   dopo la sentenza del TAR che ha annullato la sopracitata delibera, non è più stata avviata la caratterizzazione dei sedimenti e delle acque di superficie, nonostante i risultati delle analisi sui campioni rilevassero appunto la presenza delle sostanze inquinanti –:
   se il Governo non ritenga opportuno che venga superato il conflitto esposto nelle premesse così da elaborare un progetto comune Stato-regione volto alla bonifica integrale dell'area ex SIR a Lamezia Terme evitando ulteriori danni all'ambiente e ripristinando il decoro della zona che, attualmente, giace all'ombra dell'ennesimo ecomostro italiano, chiaro simbolo del fallimento di anni di miopi politiche industriali che altro non hanno fatto se non ritorcersi contro il rilancio del Mezzogiorno. (4-06789)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la legge europea 2013 (n. 97 del 2013), all'articolo 3, è intervenuta sulla procedura di pre-infrazione (EU Pilot 4277/12/MARK) riferita a possibili violazioni della direttiva «servizi» (2006/123/CE) in materia di libera prestazione ed esercizio stabile dell'attività di guida turistica da parte di cittadini dell'Unione europea;
   le norme previste stabiliscono la validità nel nostro Paese dell'abilitazione alla professione di guida turistica e del riconoscimento della qualifica professionale conseguita da un cittadino comunitario in un altro Stato membro;
   secondo la nuova disposizione, i cittadini dell'Unione europea che abbiano ottenuto l'abilitazione in uno Stato membro non hanno bisogno di autorizzazioni o abilitazioni ulteriori, potendo esercitare liberamente la professione su tutto il territorio nazionale. L'unica eccezione è costituita dai siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico da individuare con decreto dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, dopo aver consultato la Conferenza unificata;
   il 4 dicembre 2013 è scaduto il termine di novanta giorni dall'entrata in vigore della legge europea 2013 (previsto all'articolo 3, comma 3) relativo all'emanazione del decreto ministeriale summenzionato;
   il successivo decreto-legge n. 83 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2014, all'articolo 11, comma 4, ha modificato la scadenza per l'emanazione del decreto ministeriale portandola al 31 ottobre 2014;
   ad oggi, essendo spirato quest'ulteriore termine senza l'adozione dell'atto previsto, non sono stati definiti né la lista dei siti per i quali occorra una specifica abilitazione, né la tipologia di abilitazione;
   questa circostanza costituisce una grave lacuna normativa, lesiva per le guide turistiche italiane — in possesso di qualifiche e conoscenze approfondite su siti di preminente interesse storico, artistico o archeologico — visto che la deregolamentazione prevista può agevolare le guide dei Paesi membri dell'Unione europea prive della preparazione adeguata tesa a garantire la corretta divulgazione delle conoscenze relative –:
   per quali motivi il Ministro interrogato non abbia ancora emanato il decreto che individua i siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico che necessitano di una specifica abilitazione e come s'intenda salvaguardare, da ulteriori esami, le guide turistiche che abbiano già conseguito l'abilitazione per quelle località. (5-03992)

Interrogazione a risposta scritta:


   BENEDETTI, BRUGNEROTTO, BUSINAROLO, COZZOLINO, DA VILLA e SPESSOTTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nella regione del Veneto sono in atto dei progetti di invasi artificiali per il controllo delle piene, con un rapporto costi/benefici molto alto; fra questi un progetto nei comuni di Trissino ed Arzignano in provincia di Vicenza che prevede di escavare circa 3 milioni di metri cubi di inerti per la realizzazione di un bacino di laminazione con funzione di invaso;
   la zona in cui si intende scavare è costituita da strati alluvionali che hanno sepolto una zona archeologica unica al mondo per tipologia di enorme estensione e mai indagata a fondo dalla soprintendenza; la profondità di giacitura è allo stesso livello dell'abitato di Valbruna, villaggio del terzo secolo d.C., ipotizzato come nucleo abitato della tribù Venetica dei Dripsinates (da cui il nume del paese di Trissino); il primo ritrovamento è del 1795, descritto in numerosi libri, e si trova a soli 200 metri ad est dai resti in procinto di essere distrutti;
   questi reperti sono apparsi in più riprese a partire dal 1982, esposti dall'azione erosiva del fiume dopo una piena, e segnalati puntualmente da privati cittadini senza che questo abbia mai portato a interventi di indagine o tutela; i resti consistono in almeno tre grandi gruppi di vasche rettangolari, di cui la più estesa è formata da diverse centinaia di vasche, per un tratto di almeno 1300 metri nell'alveo del fiume Guà-Agno, distribuite fra i Comuni di Trissino ed Arzignano, ed interessano una superficie di almeno 45 ettari; la tipologia dei manufatti, la loro posizione e livello e la loro estensione fanno supporre ad un impianto di manifattura di dimensioni industriali e quindi difficilmente databile ad un periodo che non sia la fine dell'impero romano;
   la tipologia e l'estensione ne fanno un unicum a livello europeo e forse mondiale; nonostante la presenza e le segnalazioni pluridecennali dei resti, la regione del Veneto a partire dal 2007 ha incaricato il Consorzio di bonifica riviera berica (poi divenuto alta pianura veneta) di progettare il sistema di laghi artificiali precedentemente descritto, preventivando anche gli introiti derivanti dalla vendita degli inerti scavati (e quindi dalla vendita dei resti archeologici);
   la progettazione dell'opera e la valutazione di impatto ambientale non hanno mai preso in considerazione i resti, che non sono mai stati censiti neanche nell'atlante dei siti archeologici del Veneto; nonostante questo, un costante lavoro di documentazione fotografica effettuata da privati cittadini e di rilevamento, ha potuto tenere traccia delle varie emersioni dei resti nell'alveo del fiume;
   solo dopo anni di segnalazioni, visite al sito archeologico, richieste e pressioni da parte dei residenti, nell'imminenza dei lavori di sbancamento, è stata effettuata da una cooperativa incaricata dalla Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto, una serie di sondaggi, dei quali però non è trapelata nessuna informazione ufficiale in forma scritta, essendo stata comunicata solo a voce la presunta identificazione come impianti per la lavorazione della canapa di epoca recente, e quindi il trasferimento di competenze alla Soprintendenza per i beni architettonici e il nulla osta alla loro distruzione;
   non si comprende per quale motivo non siano stati scavati i siti nei quali erano evidenti e segnalati da anni i resti antichi e sia stato invece scavato il pavimento del rudere di una abitazione rurale, a centinaia di metri dai siti segnalati; abitazione abbandonata negli anni ’80 e di sicura origine recente, dato che è indicata nelle mappe IGM scala 1:25.000 della metà del 1900, e nel catasto dei terreni; inoltre, si trova in superficie rispetto ai siti antichi affioranti nel fondo del torrente, circa due metri più in profondità della stessa abitazione;
   il 6 giugno 2013 il comune di Arzignano ha organizzato un convegno, nel corso del quale è stata data notizia del ritrovamento da parte di un cittadino di una punta di lancia romana proprio accanto al cartellino che segnalava uno dei punti di riferimento per i sondaggi precedentemente descritti; nonostante questo trapelano voci secondo cui ai resti sarebbe attribuita datazione al 1700 d.C., benché non esista alcuna documentazione di impianti manifatturieri nell'area in quel periodo e considerato che la Repubblica Serenissima mappava e catastava tutti gli impianti di questo tipo, considerati strategici per l'Arsenale di Venezia;
   è tuttora in corso un'inchiesta della procura di Vicenza sull'appalto per il bacino di laminazione che vede iscritti nel registro degli indagati alcuni dipendenti del consorzio di bonifica Alta Pianura veneta per concussione e alcuni tecnici per turbativa d'asta in relazione all'appalto da 26 milioni di euro;
   successivamente sono stati spiccati ulteriori avvisi di garanzia al direttore generale del consorzio ed ad un tecnico ipotizzando a loro carico invasione di terreni, danneggiamento e ingresso abusivo nel fondo altrui –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e se non ritengano opportuno, per quanto di competenza, effettuare una verifica allo scopo di chiarire le eventuali responsabilità per la mancata tutela del sito archeologico;
   se non ritengano che le risultanze delle ricerche effettuate debbano essere di dominio pubblico, in ottemperanza alle direttive europee di informazione alla cittadinanza, e che la pubblicazione delle stesse debba avvenire prima della distruzione del sito;
   quali misure intendano avviare a tutela del sito archeologico e, in caso di prosecuzione del progetto, se non ritengano che debbano essere apportate le indispensabili modifiche ai fini della conservazione di questa importante testimonianza del passato. (4-06792)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   SORIAL. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Istat, Istituto nazionale di statistica, ha tagliato le stime di crescita dell'Italia e sottolineato l’«effetto nullo della manovra nel biennio 2015-2016» approntata dal Governo per stimolare la ripresa dell'economia italiana;
   l'Istituto mette in guardia contro l'effetto combinato «dell'impatto positivo del bonus degli 80 euro sulla crescita dei consumi» e dell’«effetto negativo dovuto alla clausola di salvaguardia sull'aumento automatico dell'iva nel 2016», nel caso in cui scattasse;
   inoltre, secondo i nuovi rilevamenti Istat, la crescita prevista dall'esecutivo per l'Italia dello +0,6 per cento, sarà invece di +0,5 per cento nel 2015, e sarebbe confermata la recessione nel 2014, visto che l'anno si chiuderà con un calo dello 0,3 per cento;
   per quanto riguarda il prodotto interno lordo, l'Istat prevede un calo dello 0,3 per cento nel 2014, in linea con le stime del Governo, contenute nel documento di economia e finanza, e rispetto alle sue precedenti stime l'Istat rivede al ribasso il prodotto interno lordo quest'anno di 0,9 punti;
   a metà giugno 2014 sempre l'Istat aveva dichiarato che, al di là del beneficio economico che solo alcune famiglie avrebbero percepito, il bonus degli 80 euro messo in campo dal Governo, non appariva una misura idonea a dare nuovo slancio all'economia italiana né capace di incidere significativamente sulle condizioni di vita delle famiglie più disagiate;
   a settembre 2014, la confederazione Confcommercio aveva dichiarato che l'effetto sui consumi del bonus Irpef da 80 euro era stato «quasi invisibile» e non vi era stata dunque nessuna inversione di marcia, nessuna traccia dello «shock sui consumi» e della «stabilizzazione della fiducia» auspicati dal Governo, cosa che secondo il presidente della Confcommercio «dopo un lungo ed eccezionale periodo recessivo, non può non preoccupare molto»;
   l'Ascom e la Codacons hanno definito il bonus da 80 euro inutile, soprattutto perché non avrebbe rilanciato il potere d'acquisto nemmeno in periodo di saldi;
   ad agosto 2014 lo stesso Sottosegretario Delrio avrebbe commentato l'effetto del bonus Irpef dicendo: «Pensavo francamente avessero più effetto»;
   il Governo continua a sostenere la misura del bonus Irpef dicendo che può essere troppo presto per vederne gli effetti, ma in realtà, diversamente dagli investimenti, le spese per consumi, almeno per i non durevoli, non comportano significativi costi di aggiustamento, per cui gli effetti di uno stimolo fiscale dovrebbero essere visibili immediatamente;
   se l'effetto del bonus Irpef sarà trascurabile anche questa volta, l'intera manovra, anche se finanziata in parte in disavanzo, può avere effetti recessivi a causa dei tagli di spesa –:
   se il Ministro sia al corrente di quanto rilevato e dichiarato dall'Istat, come da premessa, e se non intenda prendere in considerazione tali autorevoli dati, intervenendo affinché non si verifichi quello che all'interrogante appare un nuovo «buco nell'acqua», cosa che l'economia del nostro Paese non sarebbe in grado di sopportare in questo momento. (4-06795)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 15 ottobre 2013 il giudice Matteo Trotta del tribunale di Gorizia ha emesso la sentenza di primo grado per la morte, causata dall'esposizione all'amianto, di più di 80 operai dello stabilimento Italcantieri di Monfalcone (Go) condannando 13 persone, delle 39 imputate tra amministratori e dirigenti dell'impianto, a pene detentive comprese dai due ai circa sette anni;
   ad oggi sono passati più di un anno e 20 giorni dalla sentenza, ma, a seguito del trasferimento del giudice Trotta alla presidenza del tribunale di Trieste, quest'ultima non è stata ancora depositata;
   tale circostanza costituisce una grave vulnus al diritto alla giustizia soprattutto per le parti lese, visto che l'intero procedimento potrebbe essere compromesso dai termini della prescrizione;
   il quotidiano Il Piccolo di Trieste con un articolo pubblicato il 4 novembre 2014 ha riportato alla pubblica attenzione la vicenda, riferendo la dichiarazione in proposito del nuovo presidente del tribunale di Gorizia, Giovanni Sansone, che laconicamente ha affermato di aver esercitato tutti i suoi poteri e doveri di vigilanza;
   è inaccettabile che una sentenza di primo grado non sia stata ancora depositata dopo più di un anno, fatto mai avvenuto nemmeno per gli storici processi legati alla mafia –:
   se il Ministro interrogato intenda attivare i poteri ispettivi di cui dispone per chiarire per quali motivi la sentenza summenzionata non sia stata ancora depositata e promuovere le eventuali azioni disciplinari del caso. (4-06790)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO e BUSINAROLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la linea ferroviaria interregionale Mantova-Legnago-Monselice attraversa tre province (Mantova, Verona e Padova) ed è un collegamento importantissimo con il quale giornalmente sia dipendenti che studenti raggiungono le aziende, scuole ed università;
   tale tratta però molto spesso presenta non pochi disagi: in particolare, i pendolari denunciano principalmente il problema che si ravvisa nella coincidenza tra i due treni: il regionale veloce Venezia-Bologna e l'orario di partenza del regionale lento per Legnago/Mantova;
   i pendolari che utilizzano nelle ore pomeridiane il regionale lento, in partenza da Monselice e diretto verso Legnago/Mantova, arrivano quasi tutti con il regionale veloce che parte da Venezia ed è diretto a Bologna;
   la coincidenza tra i due treni dovrebbe essere garantita dal lasso di tempo che intercorre tra l'arrivo del regionale veloce Venezia-Bologna (minuto 29) e l'orario di partenza del regionale lento per Legnago/Mantova (minuto 38);
   qualora il regionale veloce parta da Venezia in ritardo e/o accumuli lungo il tragitto un ritardo superiore al lasso predetto, il regionale lento viene fatto partire da Monselice senza attendere l'arrivo del regionale veloce, lasciando appiedati i pendolari, i quali dovranno poi attendere un'ulteriore ora per prendere il treno cadenzato successivo;
   a parere degli interroganti appare pertanto incomprensibile il motivo per cui il regionale lento sia fatto partire da Monselice quasi vuoto senza attendere qualche minuto l'arrivo del regionale veloce, soprattutto in virtù delle reiterate proteste avanzate nell'arco di mesi e mesi dai pendolari appiedati;
   la motivazione che viene addotta a giustificazione di tale comportamento è che «si devono far rispettare gli orari di partenza per non creare ritardi»; tale «obbligo» sembra non sussistere per il regionale veloce, considerato che ultimamente è spesso in ritardo già all'atto della partenza da Venezia;
   ad oltre 10 mesi dall'introduzione dell'orario cadenzato nel servizio ferroviario regionale e nonostante richieste e numerosi solleciti da parte delle amministrazioni locali, dei tanti comitati dei pendolari la situazione è desolatamente ferma;
   in definitiva, i pendolari non chiedono cambiamenti d'orario, al fine di garantire la coincidenza, che potrebbero avere ripercussioni a cascata su altri servizi, chiedono solamente che, qualora i treni regionali veloci provenienti da Venezia arrivino in ritardo alla stazione di Monselice, sia garantita la continuità di viaggio per Legnago-Mantova (evitando di dover attendere un'ora il treno successivo) –:
    se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
    quali strumenti abbia a disposizione, per quanto di competenza, al fine di limitare tale disagio in cui si trovano quotidianamente migliaia di pendolari.
(5-03991)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è prevista a metà gennaio 2015 la scadenza del mandato del presidente dell'autorità portuale di Trieste, Marina Monassi;
   la nomina — stabilita all'articolo 8 della legge n. 84 del 1994 che istituisce le autorità portuali — avviene con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti previa intesa con la regione interessata, nell'ambito di una terna di esperti «di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale» designati dalla provincia, dai comuni e dalle camere di commercio competenti territorialmente;
   la terna deve essere comunicata al Ministro tre mesi prima della scadenza del mandato;
   nel caso del rinnovo del presidente dell'autorità portuale di Trieste la terna, che doveva essere composta entro il 19 ottobre 2014, è stata indicata senza rispettare le scadenze previste per gli organi triestini competenti: mentre Zeno D'Agostino (comuni) e Nereo Marcucci (provincia) sono stati segnalati in tempo, Antonio Guerrieri è stato indicato dalla camera di commercio solo il 4 novembre 2014, con ben due settimane di ritardo;
   il porto di Trieste costituisce un unicum nel quadro normativo nazionale, essendo un porto franco riconosciuto dal trattato di pace di Parigi (1947), successivo alla seconda guerra mondiale, e disciplinato dall'allegato VIII;
   la validità degli articoli da 1 a 20 di quest'ultimo, che regolano il funzionamento e lo status di porto Franco, è stata riconosciuta dal punto cinque del successivo Memorandum di Londra (1956) sottoscritto dall'Italia con la Jugoslavia, il Regno Unito e gli Stati Uniti;
   il successivo trattato di Osimo del 1975 ha definito i confini tra Italia e Jugoslavia cristallizzando la separazione territoriale stabilita nel memorandum, senza intaccare in nessun modo le prerogative dei punti franchi;
   esistono interpretazioni giuridiche opposte sull'interpretazione del punto 5 del memorandum di Londra: secondo alcuni esperti gli articoli da 1 a 20 dell'allegato VIII devono essere applicati letteralmente, secondo altri bisogna considerare lo spirito generale delle norme contenute;
   l'articolo 18 dell'allegato VIII, riferito alla procedura di nomina del direttore del porto di Trieste, organo oggi inesistente ma assimilabile al presidente dell'autorità portuale, al comma 2 stabilisce che questi non debba essere cittadino italiano o jugoslavo;
   nel rispetto della normativa vigente sulle, Autorità Portuali — la legge n. 84 del 1994 all'articolo 6, comma 12, fa salva la disciplina vigente per i punti franchi del porto di Trieste — e dell'articolo 18 dell'allegato VIII del trattato di Parigi, sarebbe opportuno che la terna per la scelta del candidato a presidente dell'autorità triestina fosse composta da esperti stranieri –:
   se il Ministro interrogato intenda adottare le iniziative del caso per garantire che il presidente dell'autorità portuale di Trieste sia scelto da una terna di nominativi di esperti stranieri, circostanza che consentirebbe di seguire i dettami stabiliti dall'allegato VIII del trattato di pace a garanzia dell'unicità dello scalo giuliano e nel rispetto della normativa nazionale vigente;
   se, in vista dell'annunciata riforma del sistema portuale italiano, s'intenda valorizzare la specificità del porto franco di Trieste garantendo l'applicazione delle disposizioni presenti negli articoli da 1 a 20 dell'allegato VIII summenzionato.
(4-06788)


   BENEDETTI, BRUGNEROTTO, BUSINAROLO, COZZOLINO, DA VILLA e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la regione Veneto, con la delibera n. 17 del 2011, ha incaricato il consorzio di Bonifica alta pianura  veneta di procedere alla costruzione di un sistema di casse per la laminazione delle piene sul fiume Agno/Guà allo scopo dichiarato di proteggere alcune zone a valle dal pericolo di inondazioni; il progetto prevede di escavare nell'alveo del fiume estraendo alcuni milioni di metri cubi di materiale, e di costruire un sistema di tre laghi interconnessi capaci di stoccare 3,6 milioni di metri cubi di acqua, delimitati da due dighe in cemento lunghe 150 metri circa ed alte 9 e 14 metri, con scarichi di fondo, e da argini in terra per una lunghezza complessiva di 6 chilometri circa;
   da articoli di stampa pare che il costo del progetto sia cambiato partendo dai circa 20 milioni di euro del 2008, a circa 17 milioni di euro attuali, mentre il volume complessivo dei bacini previsti dal progetto è sceso dai 3,6 milioni di metri cubi a circa 2,2 milioni, se fossero corrispondenti al vero le voci secondo cui verrebbe abbandonata la costruzione di uno dei tre invasi, quello più a valle, facendo comunque aumentare il costo al metro cubo;
   nonostante la martellante propaganda effettuata dalla regione del Veneto, le premesse, su cui si basa la giustificazione dell'opera, le indagini condotte, e l'informazione alla cittadinanza sono, a giudizio degli interroganti, affette da gravi vizi di sostanza e di forma, che si possono citare;
   come visibile nel documento di presentazione del progetto, la giustificazione dello stesso si baserebbe su una valutazione dei danni probabilmente dovuti al superamento degli argini in caso di una piena con tempo di ritorno di 30-50 anni, tale da causare una portata superiore a 300 metri cubi al secondo nella zona definita come critica, fra Lonigo ed Este. In tale zona esistono delle strettoie idrauliche, come le opere di presa del canale LEB a Noventa, il ponte di Pontefrassine, le opere di derivazione verso il canale Bisatto ad Este ed il ponte della SR 10 padana inferiore, che apparirebbe più logico rimuovere, prima di procedere con altri interventi molto più costosi. Se il tratto dell'alveo indicato fosse realmente critico, rimuovere tali strozzature apparirebbe la scelta più logica ed economica, visto il precario stato di conservazione delle suddette opere, evidente anche ad uno sguardo profano;
   a pochi chilometri a valle del progetto, nel comune di Montebello Vicentino, esiste una precedente opera di laminazione delle piene, in funzione dal 1928, oggetto di ristrutturazione completa negli anni ’80, a circa 50 anni dalla costruzione, attualmente funzionante e per il quale è previsto il progetto di ampliamento a 10 milioni di metri cubi, quindi un volume maggiore rispetto al progetto in corso a Trissino e che potrebbe bastare a porre in sicurezza idrogeologica il territorio; è da notare che durante la valutazione di impatto ambientale del progetto di Trissino, veniva dato per impossibile l'ampliamento del bacino di Montebello per non precisate ragioni, e quindi questo avrebbe reso possibile solo l'opera di Trissino. Improvvisamente nei mesi scorsi tali ragioni sembrano scomparse, ed il progetto di ampliamento di Montebello è stato riavviato, ma solo dopo quello di Trissino (delibera regione Veneto n. 17 del 11 gennaio 2011, pagina 33);
   anche per questo progetto di ampliamento nel comune di Montebello sussistono preoccupazioni da parte di alcuni cittadini in quanto l'aumento delle pressioni soprastanti provocherebbe conseguenze negative e pericolo (sifonamenti) nella sottostante frazione del borgo di Montebello;
   in alternativa all'opera di Trissino, il Comitato alluvioni del vicentino, in rete con i comitati del Veneto, ha prospettato l'escavo maggiorato del canale scaricatore del Chiampo in Adige (Dugaletta); questo canale, già esistente, comporterebbe secondo il Comitato minori spese per la collettività, maggiori benefici a lungo termine, maggior sicurezza per la popolazione; oltre a questo potrebbe inoltre essere riconsiderato l'avanzamento dei lavori di costruzione del bacino in zona Soave-Bolla;
   le zone definite come a «pericolosità idrogeologica», lungo il corso del sistema Agno/Guà/Frassine/Gorzone, visibili nel sito del portale cartografico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono estremamente ridotte rispetto alle corrispondenti zone mappate lungo il corso del Bacchiglione, per proteggere il quale si intende spendere la stessa cifra per un analogo progetto in comune di Caldogno;
   si riscontra quindi una incongruenza tra le zone definite a rischio idrogeologico dalla regione Veneto, e che giustificherebbero il progetto per la realizzazione del bacino di Trissino, e la mappatura del rischio visibile nel portale cartografico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le zone lungo il corso del Agno/Guà/Frassine/Gorzone definite a rischio idrogeologico nel documento di presentazione del progetto non sarebbero infatti mappate come a rischio nel portale cartografico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; in altri casi invece la corrispondenza ci sarebbe: lungo il corso del Bacchiglione, dove è in progetto un analogo bacino di laminazione si può constatare la corrispondenza tra le zone definite a rischio dalla regione e quelle mappate nel sito del Ministero;
   il costo dei due progetti (Trissino e Caldogno) è simile, mentre dai documenti presentati per giustificare la costruzione, il progetto sull'Agno/Guà dovrebbe essere meno costoso, in quanto le zone da espropriare sarebbero ridotte, e ci sarebbe la possibilità di vendere le grosse quantità di inerti che si intendono rimuovere;
   in tutti gli anni di gestazione del progetto, pare non siano stati chiesti finanziamenti all'Unione europea, che invece dispone di specifici capitoli di bilancio allo scopo; in questo modo tutto il costo del progetto è stato caricato sulle spalle dei contribuenti veneti;
   la zona prescelta per la costruzione, secondo le prescrizioni contenute nel regolamento edilizio e nel piano per l'assetto del territorio del comune di Arzignano, sarebbe caratterizzata dal periodico emergere della falda acquifera (di profondità variabile fra -2 e zero metri dal suolo). Il regolamento edilizio prescrive particolari precauzioni da adottare in caso di costruzione di immobili privati e perfino per la costruzione di seminterrati, come la valutazione delle spinte idrauliche e la sorveglianza pluriennale. Nella valutazione VIA effettuata dalla regione, si afferma invece che la falda non si innalzerebbe mai a meno di 5 metri dal suolo (delibera 17 del 2011, pag. 18), in aperta contraddizione con l'esperienza dei cittadini che nelle stagioni piovose hanno i seminterrati allagati;
   si segnala che nei due eventi alluvionali del 2012 e 2013 l'aumento dei livelli di falda ha prodotto la chiusura della nuova tangenziale Montebello-Trissino, allagamenti di laboratori e cantine, allagamento delle discariche di rifiuti solidi urbani con conseguente dispersione dei reflui nelle falde idriche. Si teme quindi che l'ulteriore carico idrico soprastante, a seguito della costruzione del bacino, aggraverà le problematiche descritte nei periodi alluvionali, peggiorando quindi la situazione, attuale, con aggravio dei costi, blocco delle attività lavorative, ulteriori inquinamenti;
   anche la simulazione idrogeologica effettuata da Beta Studio, allegata al progetto definitivo, conservato al comune di Arzignano, sembrerebbe aumentare i dubbi invece di dissiparli, dato che le sezioni del modello utilizzato non sembrano agli interroganti rappresentare la situazione geologica dei siti in questione;
   il punto L del decreto 24 marzo 1982 «Norme tecniche per la progettazione e la costruzione delle dighe di sbarramento» prevede che in caso di rigurgito che interessi argini già esistenti, deve essere dimostrata l'idoneità di essi in condizioni di sicurezza alla permanente trattenuta dell'acqua. In sede di progettazione esecutiva dell'opera è da rilevare dettagliatamente la costruzione del terreno di fondazione per accertarne l'idoneità a sopportare i carichi trasmessi dalla struttura nonché la permeabilità nel caso di formazioni sciolte; corrispondentemente dovranno essere determinate le caratteristiche del moto di filtrazione che verrà a stabilirsi al di sotto delle fondazioni e previsti i dispositivi per la limitazione delle perdite e che debbono anche determinare la sicura stabilità del terreno e delle strutture. Le verifiche di stabilità delle strutture saranno da eseguire sia per le pile che per i dispositivi intermedi (platee), ponendo in conto anche le eventuali azioni sismiche. Il progetto deve altresì prevedere la difesa dalle erosioni del fondo e delle sponde dell'alveo a valle della struttura, ricorrendo in proposito ad esperienze su modello per le opere più importanti, il rigurgito provocato dalla struttura ed i conseguenti provvedimenti di difesa a monte, i sistemi di comprovata affidabilità di manovra delle paratoie;
   a maggiore riprova che la situazione geologica del sito non era a giudizio degli interroganti ben conosciuta prima di approvare il progetto, e che gli inerti da escavare non sono di deposizione recente, alcuni privati segnalavano la presenza di resti archeologici di presunta epoca romana e di reperti che li datano, nell'area l'intervento già nel 1982 e poi a più riprese fino dal 2008 (convegno organizzato dal comune di Arzignano il 7 giugno 2013), mentre nella valutazione di impatto ambientale si citava solo la carta archeologica del Veneto;
   nel caso del progetto di Caldogno, la regione Veneto ha commissionato all'università di Padova uno studio sulla stabilità dell'opera, e sui rischi connessi, stanziando 100.000 euro (deliberazione della giunta regionale n. 989 del 5 luglio 2011); nel caso del progetto di Trissino ed Arzignano tale valutazione non è stata commissionata, ed anzi alla domanda di un privato cittadino, messa a verbale nella valutazione di impatto aziendale, è stato risposto che tale valutazione non è stata fatta in quanto la legge non la impone (allegato A pagina 34 della delibera 17 del 2011);
   per giustificare legalmente e logicamente un progetto così costoso e impattante, non si comprende come possa non essere effettuata un'analisi di tutti gli scenari possibili, includendo anche la valutazione della «opzione zero» ed includendo anche le possibilità meno desiderate come un cedimento dell'opera, ed i suoi effetti su beni e persone; anche in considerazione del fatto che nell'ultimo secolo sono avvenuti in Italia 5 incidenti gravissimi a dighe e opere di sbarramento, su progetti di ben maggiore importanza e, almeno formalmente, sotto più rigidi controlli;
   la costruzione di un lago artificiale di 3,6 milioni di metri cubi, che si innalza fino a 14 metri sopra l'abitato a valle, e delle dighe necessarie, avrebbe fatto considerare lo stesso come una grande diga, e fatto ricadere lo stesso sotto la sorveglianza della direzione generale per le dighe presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con stringenti controlli sulla bontà del progetto e sulle indagini effettuate;
   invece nella citata delibera n. 17 del 2011 si afferma che la soluzione di suddividere il progetto in 3 laghi separati ma interconnessi è stata fatta per non meglio precisati motivi economici, mentre questo secondo gli interroganti avrà fatto lievitare i costi di costruzione, imponendo ulteriori opere idrauliche ed un argine aggiuntivo di circa 2 chilometri;
   si fa notare che comunque la circolare del Ministero dei lavori pubblici (19 aprile 1995, n. US/482) esenta dalla classificazione di «grande diga» solo i singoli laghi in derivazione anche superiori a un milione di metri cubi, e non si comprende come possa estendersi il concetto a un progetto nato per trattenere 3,6 milioni di metri cubi, «spezzettato» in tre laghi di volume inferiore;
   la nuova direttiva 2014/52/UE, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. L 124/1 del 25 aprile 2014 e che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 16 maggio 2017, prevede norme contro il «salami slicing» ovvero la valutazione a pezzi di uno stesso progetto;
   si fa notare inoltre che la direzione generale per le dighe presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può, e ad avviso degli interroganti dovrebbe, sottoporre a sorveglianza speciale questo progetto per i dubbi sulla reale situazione idrogeologica, non dissipati dalle simulazioni;
   non risultano previsti nel progetto definitivo dei sistemi di allarme per la popolazione in caso di problematiche agli argini o agli sbarramenti; non è descritta la procedura di collaudo dell'opera una volta ultimata, e se questa comporterà lo sfollamento dei residenti nelle vicinanze, o se il collaudo verrà effettuato con la popolazione presente;
   considerato che non si è proceduto alla realizzazione del 25 per cento dell'opera in tre anni, la valutazione di impatto ambientale effettuata il 28 aprile 2010, deve essere effettuata nuovamente e, viste le incongruenze della precedente e l'approvazione in sede europea di una nuova normativa, essa dovrebbe essere condotta in maniera maggiormente accurata, tenendo conto anche delle recenti evidenze;
   la regione Veneto da molti anni continua a considerare a rischio alluvione la zona a valle di Lonigo fino ad Este del corso del fiume Agno/Guà/Frassine/Gorzone, pur senza mai, renderne conto secondo gli interroganti in maniera chiara e dettagliata alla cittadinanza, mentre le stesse zone non risultano mappate come a rischio alluvione nel portale cartografico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare –:
   se non si ritenga, per quanto di competenza, di dover verificare l'effettivo rischio idrogeologico delle zone di cui in premessa, anche alla luce degli ingenti investimenti programmati, comunicando inoltre i risultati di tale verifica alla cittadinanza ed eventualmente aggiornando il portale cartografico;
   se i Ministri, anche attraverso la direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche, siano al corrente delle criticità descritte in premessa, e delle valutazioni difformi tra il regolamento edilizio e il piano per l'assetto del territorio del comune di Arzignano e la valutazione VIA effettuata dalla regione, per quanto riguarda la situazione idrogeologica della zona del progetto, e se non ritengano di avviare tutti i controlli e le verifiche necessarie e, visto quanto esposto, se non si ritenga di approfondire la classificazione di piccola diga, che attualmente comporta l'esclusivo controllo tecnico da parte della sola regione Veneto;
   se il progetto così concepito non contrasti con la direttiva europea 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, mancando a giudizio degli interroganti del supporto obbiettivo delle valutazioni previste;
   se non ritengano, per quanto di competenza, che le criticità esposte relative soprattutto al periodico emergere della falda acquifera mal si concilino con le verifiche previste al punto L del decreto 24 marzo 1982 «Norme tecniche per la progettazione e la costruzione delle dighe di sbarramento» (Gazzetta Ufficiale 4 agosto 1982, n. 212 supplemento);
   in caso di prosecuzione dei lavori, quali misure intendano adottare al fine della salvaguardia del sito archeologico.
(4-06793)


   COVELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in base alla denuncia dei sindacati regionali dei trasporti calabresi, Trenitalia si preparerebbe ad effettuare una nuova serie di tagli di corse lungo la rete regionale;
   dal primo luglio 2014 verrebbero ad essere interessate dai tagli di Trenitalia le seguenti corse: il 3740 con partenza alle 5 da Reggio Calabria fino a Crotone, il 3751 con partenza da Catanzaro Lido alle 18,05 fino a Reggio Calabria, il 3752 da Reggio Calabria ore 16,05 fino a Catanzaro Lido, il 12712 da Reggio Calabria ore 7,05 a Roccella, il 12713 da Roccella ore 9,50 a Reggio Calabria, il 3696 da Cosenza alle 9,50 a Sapri, il 3697 da Sapri alle 5,30 a Cosenza;
   a questi si aggiungeranno tagli sulla Catanzaro-Lamezia e lungo la tratta Villa San Giovanni-Rosarno;
   questi tagli seguirebbero quelli autorizzati a seguito della delibera regionale dell'8 aprile 2014 con la quale la regione Calabria ha autorizzato il taglio di risorse per il trasporto ferroviario regionale per i treni «a bassa frequenza»;
   il taglio complessivo operato da Trenitalia inciderebbe per circa 15 milioni di euro e di fatto determinerebbe un gravissimo ulteriore e mortale colpo al trasporto ferroviario in regione penalizzando le fasce di utenza più deboli –:
   se il Governo intenda nell'ambito delle proprie prerogative attivare un tavolo istituzionale di confronto con l'azienda Trenitalia per scongiurare la soppressione delle corse citate in premessa e conseguentemente assicurare anche per i cittadini calabresi un servizio di trasporto pubblico su rotaia con standard adeguati.
(4-06797)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   i comuni di Serradifalco, Mussomeli e San Cataldo, nella zona denominata «il Vallone» sono interessati dalla presenza sul loro territorio dei siti minerari dismessi di Bosco Palo 1 e Bosco Palo 2; fino alla chiusura delle miniere, avvenuta nel 1988, si estraevano sali potassici, molto utilizzati in agricoltura, i cui depositi residui a contatto con la luce solare e con l'interazione elettromagnetica dei fulmini, provocano la dispersione nell'aria di molecole radioattive e potenzialmente nocive per la salute;
   questi siti, che versano oggi in totale stato di abbandono, sono stati oggetto tra l'altro di una recente indagine che ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati di tre dirigenti regionali responsabili della gestione e della bonifica dei siti minerari, mai iniziata;
   in un ordine del giorno approvato dalla Camera dei deputati su richiesta dell'interrogante, il Governo nazionale era stato impegnato ad intervenire urgentemente al fine di avviare conseguenti attività di bonifica, valutando peraltro la possibilità di dichiarare l'area sito di interesse nazionale;
   la situazione in quelle zone appare oggi disastrosa, sia sotto il profilo del danno ambientale, sia sotto quello della minaccia per la salute dei cittadini, rappresentando una vera e propria bomba ecologica nel cuore della Sicilia;
   inoltre, le dichiarazioni di un pentito di Camorra che raccontava come la «Terra dei fuochi» riguardasse anche la Sicilia e le indagini su alcuni traffici di rifiuti intercettati nella zona delle miniere, come le indagini in corso della procura di Caltanissetta su questi traffici di rifiuti testimoniano la gravità della situazione;
   i dati del registro tumori di Caltanissetta rivelano infine come nei comuni del Vallone l'incidenza di tumori è superiore del 40 per cento alle aspettative e che a Mussomeli addirittura si arriva al 69 per cento in più per quello che riguarda i tumori al polmone;
   alcune domande restano ad oggi ancora senza risposta: non è dato sapere perché l'ARPA non abbia effettuato alcuno studio per verificare lo stato di inquinamento del suolo e delle falde acquifere e non si capisce perché sia dovuta intervenire la magistratura a mettere in sicurezza l'area nonostante le denunce dei cittadini che da più di un anno chiedono un intervento urgente per garantire la salute dei cittadini;
   come se non bastasse, da un articolo di stampa pubblicato dal Giornale di Sicilia il 15 ottobre 2014, si apprende come nella stessa area delle miniere dismesse di Bosco, in provincia di Caltanissetta, tra i comuni di Serradifalco, Mussomeli e San Cataldo e più precisamente nel bosco della Fanzirotta, si stanno abbattendo centinaia di alberi, che stanno lentamente spogliando la verde collina;
   in questi giorni la notizia è rimbalzata sia in rete, attraverso i social network, che tra i cittadini della zona, allarmati da questa opera di disboscamento selvaggio e in particolare dalle conseguenze ambientali che potrebbero derivarne e dal forte dubbio che si stiano violando le normative regionali in materia;
   un'attività di questa natura deve rispettare infatti una serie di obblighi e prescrizioni, a partire da quelle previste negli articoli 7, 8 e 11 delle prescrizioni di massima e di polizia forestale emanate dalla regione siciliana, che dispone come le singole tagliate non possano superare i 2 ettari mentre in contrada Cugno del Principe, per fare un esempio, si riscontrano addirittura oltre 8 ettari di superfici tagliate in continuità;
   inoltre, le aree tagliate ricadono in area a vincolo idrogeologico e dei tagli simili potrebbero provocare un violento impatto delle piogge sulla superficie ormai scoperta, causando un probabilissimo fenomeno erosivo con conseguenze imprevedibili ma potenzialmente disastrose per gli abitanti e per il territorio;
   l'augurio è che tutte le verifiche del caso siano state già poste in essere dai tecnici della regione e che non vi sia alcuna violazione di legge sull'attività in corso, ma risulta incomprensibile la volontà di privare un'area a così alto rischio di inquinamento ambientale di un bosco, senza tener conto delle ricadute che decisioni di questo tipo possono avere sulla qualità dell'aria e delle condizioni di vita delle persone che abitano quei luoghi;
   dall'articolo già citato in premessa, si apprende inoltre che la regione Sicilia, attraverso il disboscamento, starebbe onorando un contratto con una multinazionale tedesca, proprietaria di una centrale di biomassa per la produzione di energia elettrica a Dittaino, nella zona industriale di Enna;
   ben 10 mila ettari di eucalipti, molti di questi piantati artificialmente negli anni sessanta proprio per essere sfruttati a fini industriali, verranno con tutta probabilità abbattuti. Infatti, quegli alberi sarebbero dovuti servire per la produzione di cellulosa da vendere alla cartiera di Fiumefreddo che però è fallita prima che gli alberi potessero essere tagliati;
   la realizzazione di questi impianti, negli anni cinquanta e sessanta, ha permesso la nascita di nuove aree boschive in zone dell'entroterra siciliano che fino a quel momento erano poco alberate e che per l'arricchimento che hanno apportato al paesaggio agricolo e forestale siciliano, dovrebbero rappresentare un patrimonio da apprezzare e salvaguardare –:
   quali iniziative intendano adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per salvaguardare un territorio già colpito dalla presenza di rifiuti tossici e nocivi ritrovati nelle vicine miniere dismesse Bosco Palo1 e Bosco Palo2, al fine di tutelare sia l'assetto idrogeologico del territorio che la sicurezza e la salute dei cittadini;
   quali iniziative concrete intendano adottare per contrastare l'infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione del ciclo dei rifiuti, per assicurare la bonifica dell'area delle miniere di Bosco Palo1 e Bosco Palo2, anche valutando l'opportunità di dichiarare l'area sito di interesse nazionale e per conoscere se le coltivazioni orticole e arboree del territorio in questione e delle aree vicine, abbiano subito alterazioni tali da compromettere la salute pubblica;
   quali iniziative concrete e urgenti intenda porre in essere per evitare il consumo dei prodotti agroalimentari eventualmente compromessi dall'inquinamento ambientale dei terreni. (4-06791)


   CIRACÌ. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni la provincia di Brindisi è stata teatro di atti intimidatori che hanno colpito amministratori pubblici, minando l'ordine pubblico, creando preoccupa ione nella cittadinanza e arrecando grave danno d'immagine a località la cui economia è fortemente basata sul turismo;
   particolare nella città di Brindisi è stata incendiata l'auto del sindaco un’escalation di rapine e attività criminali che hanno portato a ferimenti e omicidi;
   nella città di Ceglie Messapica, invece, in poche ore sono state incendiate le auto di un assessore comunale e di un consigliere comunale e presumibilmente tale coincidenza rischia di essere legata a situazioni maturate nell'ambito dell'attività amministrativa, fatto che dovrà essere accertato dalle relative indagini –:
   se il Governo sia stato posto a conoscenza da parte degli organi preposti dei gravi fatti riportati e di tutti gli altri fatti criminali che da mesi investono la provincia di Brindisi e quali siano i suoi orientamenti in merito a tale grave situazione;
   quali siano state le determinazioni del Comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico svoltosi nel pomeriggio del 5 novembre 2014 presso la prefettura di Brindisi e se siano state intraprese iniziative urgenti e straordinarie per impedire il ripetersi di tali fenomeni;
   se, in presenza di un organico delle forze di polizia molto ridotto in provincia di Brindisi e quindi decisamente non idoneo a fronteggiare la pesante situazione dell'ordine pubblico, sia intendimento del Governo porre in essere iniziative tali da assicurare un rinforzo degli organici;
   se alla stazione del comando dei carabinieri di Ceglie Messapica possano essere assegnate con immediatezza le figure mancanti in organico;
   se il Ministro dell'interno non ritenga opportuno partecipare personalmente a un tavolo sull'ordine pubblico allargato alla presenza delle istituzioni locali e delle rappresentanze politiche del territorio come gesto che dia certezza di una presenza forte dello Stato. (4-06794)


   PELUFFO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa nazionale e locale che la signora Massimilla Conti, consigliera comunale eletta nel comune di Motta Visconti (provincia di Milano) ha pubblicato in data 31 ottobre 2014 sul suo profilo Facebook le seguenti frasi testualmente riportate da numerosi organi di comunicazione: «Se tra i cani ci sono razze che vengono più predisposte ad aggredire, perché non ammettiamo che i rom sono più portati a commettere certi reati.» «Le telecamere servono per punire tutti sti bastardi ! Comunque niente gattabuia, ci vorrebbero i forni... metto a disposizione la mia taverna. Se vedete del fumo strano che esce dal tetto non vi preoccupate»;
   nelle frasi riportate, pubblicamente espresse, a giudizio dell'interrogante si richiamano apertamente le pratiche di sterminio sistematico su base etnica, religiosa e razziale messe in pratica dai nazisti negli anni Trenta e Quaranta del XX secolo, e si ravvisa pertanto chiaramente una propaganda di idee fondate sulla superiorità e sull'odio razziale o etnico, istigando al contempo a commettere atti di discriminazione per motivi razziali ed etnici;
   tale condotta si presenta in aperto contrasto, con le principali normative in materia di prevenzione dell'odio razziale, tra cui la legge 20 giugno 1952, n. 645 recante «Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione»; la legge 13 ottobre 1975 n. 654 recante «Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966»; il decreto-legge 26 aprile 1993 n. 122 convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 1993, n. 205 recante «Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa (cosiddetta Legge Mancino);
   l'articolo 54 comma secondo, della Costituzione della Repubblica italiana recita testualmente: «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.» –:
   di quali elementi disponga il Ministro in relazione a quanto esposto in premessa e se risultino avviate indagini rispetto ai fatti descritti;
   se non intenda assumere iniziative normative volte a implementare le sanzioni per esternazioni apertamente xenofobe, razziste e istigatrici alla violenza, qualora provengano da persone che esercitano una funzione pubblica o ricoprano incarichi istituzionali come nel caso della consigliera comunale di cui in premessa.
(4-06798)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   NICCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la multinazionale Survitec chiude il ramo produttivo delle tende da campo core business di Eurovinil, azienda grossetana protagonista nel settore manifatturiero – industriale da quasi 60 anni;
   ben 78 lavoratori su 102 sono in cassa integrazione fino a luglio 2015 con la sola prospettiva della mobilità, che potrebbe estendersi a tutto il personale;
   la Survitec (ex Eurovinil) ha rappresentato una rara eccellenza che costituisce una spinta particolare per lo sviluppo della zona e della città di Grosseto nella quale si sta assistendo ad un processo di rapida deindustrializzazione;
   la Eurovinil – Survitec in passato ha sempre avuto commesse dal Ministero della difesa e dal dipartimento della protezione civile ed è paradossale che oggi si comprino tende in Francia o Germania, e si chiuda senza batter ciglio un impianto dotato di tecnologie avanzate e personale qualificato come quello di Grosseto;
   la Survitec ha fornito materiale per la ricostruzione dell'Aquila colpita dal terremoto;
   si apprende da fonti giornalistiche che nell'ottobre 2014 sono stati venduti e portati via stampi e macchinari, con la previsione di un probabile licenziamento dei dipendenti a luglio alla scadenza della cassa integrazione, e un capannone da alienare; nell'incontro fra il presidente della commissione emergenza occupazionale ed i rappresentanti di base e territoriali sono state concordate la ricerca di ulteriori ammortizzatori sociali dopo il giugno 2015, la messa a disposizione da parte della regione di alcuni pacchetti di finanziamenti per le aziende in crisi, la dote dei lavoratori pari a tre mensilità per la rioccupazione –:
   quali azioni immediate il Governo intenda mettere in atto a sostegno dei lavoratori;
   quali ulteriori ammortizzatori sociali dopo il giugno 2015 si intendano individuare per i lavoratori della azienda equiparando la loro situazione ad altre simili;
   quale prospettiva il Governo intenda favorire per uno stabilimento ed una forza lavoro di altissima qualità e formazione, con capacità e competenze uniche sul territorio nazionale;
   se non si ritenga necessario considerare la Maremma, alla luce dell'ennesima chiusura di un'impresa del territorio, come area di crisi industriale in modo da predispone progetti di riconversione industriale sul territorio che diano qualche prospettiva ad una vasta forza lavoro rimasta senza occupazione. (3-01148)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è stato nominato il professor Tiziano Treu commissario straordinario dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS);
   nella seduta del 29 ottobre 2014 l'interrogante ha illustrato una interrogazione a risposta immediata in Assemblea – la n. 3-01128 – in merito alle criticità di suddetta nomina, per quanto concerne eventuali conflitti di interessi, per la situazione di quiescenza del professor Treu e per quanto attiene l'eventuale diritto all'indennità per tale incarico;
   dallo stenografico della seduta si evince che il Ministro Giuliano Poletti rispondeva che: «(...) con riguardo a tutte le cariche e gli incarichi rivestiti dal professor Treu (...) ha formalmente dichiarato, sotto la sua responsabilità, di non essere titolare di altre cariche o incarichi incompatibili con lo stesso, e di tanto, naturalmente, non si è potuto che prenderne atto» e altresì che: «(...) l'incarico di commissario straordinario dell'INPS non sembra riconducibile ad alcuna delle ipotesi di divieto contemplate nella disciplina in esame, che concernono cariche ed incarichi di natura, per così dire, ordinaria quanto a durata e contenuti»;
   ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, in legge 11 agosto 2014, n. 114, è vietato alle amministrazioni pubbliche conferire a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo e si prevede altresì che «incarichi e collaborazioni sono consentiti, esclusivamente a titolo gratuito e per una durata non superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione.»;
   a parere dell'interrogante emergono numerose criticità nei fatti su esposti che meritano sicuramente maggiore attenzione da parte del Ministro interrogato; in particolare:
    l'ammissione del Ministro di non aver vigilato e controllato sulla veridicità delle dichiarazioni del professor Treu, ma di averne semplicemente «preso atto», quando ad avviso dell'interrogante avrebbe potuto effettuare le dovute verifiche e fornire lui stesso la garanzia della veridicità di tali dichiarazioni;
    l'interpretazione fornita dal Ministro sulla eventuale incompatibilità di tale incarico con lo stato di quiescenza del professor Treu appare all'interrogante quantomeno «elastica e ad personam», dato che la straordinarietà di tali incarichi dovrebbe essere per natura limitata nel tempo, mentre in questa situazione si sta parlando di una situazione che si protrae dal 2008 e la «straordinarietà» sta diventando ormai «ordinari età», distinzione che peraltro la norma in esame non esplicita in alcun modo;
    dalla suddetta interpretazione si evince che ogni incarico affidato dal Governo in gestioni straordinarie potrebbe agevolmente «uscire» dai normali parametri normativi secondo una interpretazione che – ad ammissione dello stesso Ministro – crea «dubbi interpretativi»;
    sembra che l'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 – secondo l'interpretazione del Ministro – non si applichi alle nomine di Governo delineando una tesi, a giudizio dell'interrogante, alquanto singolare, per la quale una normativa varrebbe per tutta la pubblica amministrazione ma non per lo stesso Governo –:
   se il Ministro interrogato intenda fare una più attenta analisi della norma che a tutt'oggi è stata semplicemente interpretata come sopra illustrato, valutando altresì le criticità espresse in premessa;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno verificare in prima persona le dichiarazioni del professor Treu, attraverso la verifica di cariche e incarichi ancora in capo allo stesso, rimuovendo i dubbi su eventuali situazioni di possibili conflitti di interesse fra lo stesso e INPS;
   se il Ministro interrogato intenda confermare l'interpretazione data in merito all'incarico straordinario – cui quindi non si applicherebbe il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 – vista la straordinarietà che si protrae ormai da diversi anni e che assume ormai di fatto natura di ordinarietà nella gestione di INPS;
   se il Ministro interrogato ritenga di poter dare analoga interpretazione per tutte le nomine in gestioni commissariali e straordinarie del nostro Paese, cosa che creerebbe conseguentemente una «sacca» in cui la norma attuale, per interpretazione del Ministro stesso, non trova applicazione. (5-03994)


   ROSTELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 10 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, intitolato «Razionalizzazione e coordinamento della attività ispettiva», al comma 1, istituisce la banca dati telematica;
   tale banca dati doveva essere istituita senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato e raccogliere tutte le informazioni concernenti i datori di lavoro ispezionati, nonché le informazioni e gli approfondimenti sulle dinamiche del mercato del lavoro e su tutte le materie oggetto di aggiornamento e di formazione permanente del personale ispettivo, al fine di razionalizzare gli interventi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza sul territorio; tant’è che sarebbe stata inserita nella sezione riservata della borsa continua nazionale del lavoro, alla quale avrebbero avuto accesso esclusivamente le amministrazioni che effettuano vigilanza –:
   quali siano stati i motivi ostativi che non hanno permesso la realizzazione e la messa in funzione di tale banca dati;
   quali siano stati i soggetti coinvolti nella realizzazione di tale piattaforma e a che punto si siano fermati i lavori;
   quanto sia costato sul bilancio dello Stato predisporre tale progetto senza portarlo a termine;
   se sia intenzione del Ministro mettere in atto la normativa prevista procedendo con la realizzazione e la messa in funzione della banca dati di cui in premessa;
   se sia stato predisposto un bando per la realizzazione di tale piattaforma e come il Ministero intenda mettere in atto la stessa senza oneri per lo Stato;
   se il Ministro non ritenga necessario mettere in atto tale piattaforma al fine di coordinare gli uffici ispettivi esistenti.
(5-03995)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la produzione di castagne sul territorio nazionale sta andando incontro a grandissime difficoltà: l'abbandono dei territori da parte di aziende ormai avviate alla chiusura, i costi di gestione di tali attività, la pressione fiscale forniscono l'immagine di un settore, quello castanicolo, ormai in ginocchio;
   a tale quadro, si aggiungono i notevoli danni che alcune specie di parassiti e patologie hanno prodotto, e stanno continuando a produrre, alle coltivazioni ancora in piedi, e ci si riferisce in questo caso al cinipide e al cosiddetto «mal d'inchiostro»;
   con riferimento al cinipide, è da dire che l'emergenza non è completamente rientrata, posto che il torymus sinensis si è insediato in quasi tutte le aree castanicole, e si stima che, nel giro di qualche anno, raggiungerà l'equilibrio biologico con il cinipide;
   per raggiungere tale risultato proprio il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha finanziato in questi anni nell'ambito del progetto Bioinfocast la lotta biologica al cinipide galligeno del castagno attraverso rilasci di torymus sinensis sul territorio, affidando il coordinamento al CRA-ABP (Centro di ricerca per l'agrobiologia e la pedologia di Firenze), con il supporto del DISAFA di Torino;
   con riferimento, invece, al cosiddetto «mal d'inchiostro» – patologia gravissima che porta alla morte del vegetale – la situazione è molto più grave, essendosi tale malattia estesa su moltissime aree del territorio (con particolare recrudescenza nella zona del Lazio);
   al momento per questa patologia la sperimentazione è ancora molto indietro, non essendo stato elaborato alcun protocollo di cura o di contenimento della diffusione di tale patologia;
   vista la prossima scadenza del progetto Bioinfocast ad avviso dell'interrogante sarebbe utile ragionare sulla possibilità di attivare tempestivamente un percorso di sperimentazione per la lotta al «mal d'inchiostro», coinvolgendo il mondo accademico ed investendo in risorse umane e finanziarie adeguate all'entità del problema –:
   a fronte di ciò, dunque, un intervento del Ministero, soprattutto di carattere tecnico-scientifico, a sostegno delle piccole e piccolissime imprese agricole che portano avanti una produzione castanicola di indubbia qualità, appare urgente e necessario;
   d'altro canto non mancano precedenti vicini (si pensi a quanto da ultimo si sta cercando di fare per la produzione olivicola) e lontani (si pensi alla produzione vinicola in Sicilia nel 2008), perché il Governo intervenga a sostegno anche delle realtà imprenditoriali agricole dedite al settore castanicolo, essendo evidente che ogni azione e sforzo locale sarebbero del tutto vani ad arginare il problema –:
   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato, per quanto di competenza, in merito ai fatti riferiti in premessa;
   se non reputi necessario, data la gravità della situazione e nell'ambito delle proprie competenze, anche di tipo normativo, attivare – di concerto con gli enti locali interessati – oltre a strumenti di rimborso o comunque di indennizzo delle imprese agricole danneggiate dagli eventi dedotti in premessa, idonei progetti di ricerca e sperimentazione finalizzati al debellamento del «mal d'inchiostro».
(4-06786)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   TERZONI, MANNINO, ZOLEZZI, MICILLO, DE ROSA, DAGA, SEGONI e BUSTO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con la pubblicazione in Gazzetta della legge di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014 (legge n. 114 del 2014 – S.O. n. 70 alla Gazzetta Ufficiale 18 agosto 2014, n. 190) sono state modificate alcune norme relative ai sistemi di assegnazione e ripartizione degli incentivi alla progettazione per il personale tecnico interno alla pubblica amministrazione;
   in particolare, sono stati abrogati i commi 5 e 6 dell'articolo 92 del codice dei contratti (decreto legislativo n. 163 del 2006), concernenti l'incentivo per i pubblici dipendenti relativo sia alla progettazione delle opere che agli atti di pianificazione, e sono stati introdotti nell'articolo 93 i commi 7-bis, 7-ter, 7-quater e 7-quinquies con i quali viene definita una nuova disciplina degli incentivi alla progettazione;
   in riferimento alla revisione della disciplina relativa agli incentivi per la progettazione interna l'articolo 13-bis del decreto-legge n. 90 del 2014, come modificato in sede di conversione, regola i fondi per la progettazione e l'innovazione, destinati in parte ad incentivare le attività connesse alla progettazione delle opere pubbliche svolte da personale interno all'amministrazione, e in parte all'investimento in innovazione;
   sempre l'ANCI commentando la parte relativa alle risorse per l'incentivazione della progettazione spiega che «la norma interviene sull'articolo 93 del codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006), al quale, dopo il comma 7, che individua gli oneri che fanno carico agli stanziamenti previsti per la realizzazione dei singoli lavori nei bilanci delle stazioni appaltanti, aggiunge i commi da 7-bis a 7-quinquies;
   si stabilisce che a valere sugli stanziamenti in questione, le amministrazioni pubbliche destinano al fondo per la progettazione e l'innovazione risorse finanziarie in misura non superiore al 2 per cento degli importi posti a base di gara di ciascuna opera o lavoro;
   un importo pari all'80 per cento delle risorse finanziarie del fondo per la progettazione e l'innovazione è ripartito, per ciascuna opera o lavoro, con le modalità e i criteri stabiliti nel regolamento adottato dall'Ente e previsti in sede di contrattazione decentrata integrativa, tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori; gli importi sono comprensivi anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell'amministrazione;
   il regolamento deve stabilire:
    la percentuale effettiva delle risorse finanziarie, entro il limite del 2 per cento, in rapporto all'entità e alla complessità dell'opera da realizzare;
    i criteri di riparto delle risorse del fondo, tenendo conto delle responsabilità connesse alle specifiche prestazioni da svolgere, con particolare riferimento a quelle effettivamente assunte e non rientranti nella qualifica funzionale ricoperta, della complessità delle opere, escludendo le attività manutentive, e dell'effettivo rispetto, in fase di realizzazione dell'opera, dei tempi e dei costi previsti dal quadro economico del progetto esecutivo;
    i criteri e le modalità per la riduzione delle risorse finanziarie connesse alla singola opera o lavoro a fronte di eventuali incrementi dei tempi o dei costi previsti dal quadro economico del progetto esecutivo, depurato del ribasso d'asta offerto; i tempi sono considerati al netto delle sospensioni per gli accadimenti eccezionali elencati all'articolo 132, comma 1, lettere a), b), c) e d), del decreto legislativo n. 163 del 2006»;
   per le modalità di erogazione invece si sottolinea che «il dirigente o il responsabile del servizio, competenti a disporre la corresponsione dell'incentivo, sono tenuti ad accertare le specifiche attività svolte dai dipendenti (privi di qualifica dirigenziale) interessati. In caso di accertamento negativo le corrispondenti risorse costituiscono economie. Ciascun dipendente non può percepire a titolo di incentivi, anche da parte di più amministrazioni, un importo superiore al 50 per cento del trattamento economico complessivo annuo lordo. Le quote parti dell'incentivo che non possono essere erogate al personale, in quanto corrispondenti a prestazioni affidate all'esterno costituiscono economie»;
   infine, vengono previste delle risorse per l'innovazione ossia «il restante 20 per cento delle risorse finanziarie del fondo per la progettazione e l'innovazione è destinato a finanziare l'investimento in innovazione, attraverso l'acquisto di beni, strumentazioni e tecnologie funzionali a progetti di innovazione, di implementazione delle banche dati per il controllo e il miglioramento della capacità di spesa per centri di costo nonché all'ammodernamento e all'accrescimento dell'efficienza dell'ente e dei servizi ai cittadini» –:
   se i Ministri interrogati siano informati circa l'applicazione delle nuove norme nelle varie amministrazioni e, in modo particolare, se queste si siano attivate per dotarsi del regolamento come previsto nel nuovo testo del codice dei contratti;
   se, considerata la difficoltà economica in cui si trovano le amministrazioni locali, non ritengano di dover assumere iniziative a livello normativo per aumentare la parte delle risorse finanziarie del fondo per la progettazione e l'innovazione destinato agli investimenti in innovazione interna delle pubbliche amministrazioni che in base all'aggiornamento della normativa è pari al 20 per cento del totale.
(3-01146)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   sono ormai diversi anni che i consumatori, individualmente o per il tramite delle associazioni cui si sono rivolti, denunciano di essere stati vittime di truffe operate attraverso l'utilizzo degli smartphone, tramite l'attivazione di servizi non richiesti, in particolare con la navigazione su telefonia mobile;
   da notizie a mezzo stampa sembrerebbe, ad esempio, assai diffusa la pratica che considera un'occasionale sfioramento manuale dello schermo da parte dell'utente su un banner pubblicitario — magari apparso durante la navigazione in rete su smartphone — quale prestazione di consenso all'attivazione di un servizio a pagamento;
   tale pratica ha determinato la conseguenza che molteplici consumatori si sono ritrovati a loro insaputa con bollette telefoniche sensibilmente accresciute o ricariche prepagate consumate, per servizi che non avevano mai richiesto né tantomeno sottoscritto;
   il diffondersi di tali pratiche è diventato così rilevante che la stessa Autorità per la concorrenza e per il mercato, sulla base di segnalazioni arrivate tra il dicembre 2012 e il giugno 2014, ha aperto quattro diverse istruttorie per mettere sotto esame i cosiddetti servizi premium (ossia a pagamento), offerti direttamente o indirettamente dalle quattro principali società di telefonia mobile, al fine di valutare eventuali pratiche scorrette, anche in relazione alla diffusione di notizie non veritiere circa gli abbonamenti sottoscritti;
   tuttavia gli stessi organi di stampa non hanno mancato di ricordare che, nel caso di pratiche commerciali scorrette, la multa massima prevista sarebbe di cinque milioni di euro, una cifra del tutto irrilevante per aziende il cui fatturato secondo l'ultima relazione dell'Agcom si aggirerebbe sui 17,2 miliardi di euro;
   indubbiamente, il veloce diffondersi delle nuove tecnologie, e in particolare dell'uso dello smartphone, ha notevolmente accresciuto i rischi per i consumatori, sia con riferimento al tema della tutela della privacy, sia con riferimento al rischio di essere vittime di pratiche commerciali scorrette –:
   se, anche alla luce del recente recepimento della direttiva dell'Unione europea n. 2011/83/Ue, il Ministro interpellato ritenga che le norme italiane siano oggi adeguate ai fini di un'efficace tutela dei consumatori, con particolare riguardo al tema delle pratiche commerciali scorrette tramite l'uso di smartphone, e se non ritenga urgente l'individuazione di una soluzione che permetta — anche tramite l'utilizzo di risorse derivanti dalle sanzioni eventualmente comminate alle società telefoniche — il risarcimento delle incolpevoli vittime di questo genere di truffe, percepite come altamente lesive da parte di una parte consistente dei cittadini.
(2-00742) «Fiano, Cardinale, Fabbri, Romanini, Blazina, Prina, Sgambato, Paolo Rossi, Vazio, Carnevali, Dell'Aringa, Marantelli, Taricco, Capone, Amato, Morani, Cimbro, Mura, Schirò, Carrescia, Cinzia Maria Fontana, Castricone, Fontanelli, Laforgia, Garavini, Naccarato, Porta, Giorgis, Murer, Beni».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRIPPA, BUSINAROLO, BENEDETTI e TOFALO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da un articolo dal titolo «EU approves Hinkley Point nuclear plant» pubblicato in data 8 ottobre 2014 sulla versione online della testata The Guardian che la Commissione europea uscente si appresterebbe a concedere aiuti di Stato al settore dell'energia;
   da quanto si apprende dall'articolo già citato, si tratterebbe di aiuti sostanziosi, tali da rischiare di mettere fuori mercato i produttori di energia rinnovabile;
   tali contributi sarebbero a giudizio degli interroganti totalmente incompatibili con la normativa europea;
   la recente «Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'energia ed ambiente», varata proprio dalla Commissione europea, non inserisce il nucleare fra i possibili beneficiari di aiuti di Stato;
   nel già citato articolo a firma Alex Barker, si afferma come il commissario europeo uscente alla concorrenza, Joaquin Almunia, sarebbe intenzionato ad erogare l'aiuto di Stato sopracitato attraverso il quale il Governo britannico vorrebbe offrire un robusto sostegno economico alla realizzazione di una centrale nucleare ad Hinkley Point;
   si andrebbe a creare un precedente pericoloso, tale da suscitare potenzialmente i forti interessi delle multinazionali dell'energia;
   il piano del Governo britannico a favore di Hinkley Point prevederebbe un prestito garantito di quasi 13 miliardi di euro circa e una tariffa garantita per l'energia elettrica prodotta dai reattori: per la durata di 35 anni, essa verrà acquistata dallo Stato al prezzo di 92,5 sterline al megawatt (circa 117,7 euro), cioè al doppio dell'attuale prezzo di mercato;
   il prestito garantito sopracitato conterrebbe al suo interno circa 2 miliardi di euro in più rispetto al previsto costo di costruzione della centrale nucleare in questione;
   gli aiuti sarebbero incassati direttamente dalla società francese EDF e dalle società cinesi che la sosterrebbero e pagati dai cittadini britannici tramite la bolletta elettrica;
   si apprende che la Commissione europea in merito aveva precedentemente aperto un'indagine per aiuti di Stato ed ha concluso che «le misure di aiuto previste dal Regno Unito sono in linea con le norme Ue sugli aiuti di Stato»;
   successivamente lo stesso Almunia corse ai ripari dichiarando: «Vi posso assicurare che questa decisione non creerà alcun tipo di precedenti. Eventuali nuovi casi relativi agli investimenti di energia nucleare saranno valutati per i loro meriti. E vorrei aggiungere un'ultima osservazione. Né io né i miei colleghi abbiamo discusso delle nostre preferenze personali e politiche riguardanti qualsiasi fonte di energia. Il nostro compito è stato quello di far rispettare le norme sugli aiuti di Stato in modo oggettivo, e penso che siamo riusciti a farlo»;
   tale posizione della Commissione europea parrebbe però essere contraddetta da un caso analogo italiano, la vicenda Alcoa;
   per il caso Alcoa infatti la Corte di giustizia europea impose al Governo italiano di recuperare 295 milioni di euro già concessi alla multinazionale americana che tramite Alcoa Trasformazioni srl ha prodotto alluminio negli stabilimenti di Portovesme nel Sulcis e Fusina;
   i 295 milioni di euro sopracitati furono concessi sotto forma di tariffa agevolata per l'elettricità;
   l'episodio sopracitato evidenzia quindi come la Commissione, sempre più indecisa, se non addirittura contraria, nel sostegno economico allo sviluppo delle energie rinnovabili, parrebbe spalancare ora la porta a ingenti sussidi al nucleare;
   altra evidente contraddizione rispetto al caso di Hinkley Point parrebbe essere la precedente posizione della stessa Commissione europea (C (2013) 9073 2013/12/18), nella quale il settore nucleare viene considerato non tecnologicamente abbastanza immaturo per necessitare di aiuti di Stato;
   importante citare anche gli orientamenti dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato per la tutela ambientale ed energetica del periodo 2014-2020 (2014/C 200/01) che escludono il settore nucleare da quelli che potrebbero eventualmente ricevere un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno, ai sensi dell'articolo 107 (3) (c), del trattato sopracitato –:
   se sia a conoscenza dei fatti sopra descritti e di quali elementi disponga;
   se, tramite i canali europei a propria disposizione, il Ministro interrogato possa chiarire se si tratti di un caso isolato o di un vero e proprio cambio di strategia energetica ed economica;
   quali iniziative intenda adottare, nelle opportune sedi europee, al fine di impedire che la Commissione europea possa concedere aiuti di Stato al settore relativo all'energia nucleare, mettendo l'Italia nella spiacevole situazione di essere potenzialmente perseguibile per quanto riguarda una possibile futura procedura d'infrazione europea. (5-03993)

Interrogazione a risposta scritta:


   PELLEGRINO e FERRARA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Ideal Standard di Orcenico di Zoppola — leader nel settore delle ceramiche e dell'arredo bagno — ha messo in mobilità 398 addetti;
   dopo le chiusure di Ceramiche Galvani e di Richard Ginori la chiusura della Ideal Standard trasformerebbe il territorio di Pordenone da capitale dei sanitari a deserto industriale, rischiando di far sparire una vocazione industriale e un know how artigianale che per mezzo secolo ha caratterizzato questo territorio;
   con l'arrivo della crisi, la disoccupazione nel pordenonese è al 10 per cento e non esiste alcun piano realistico per uno sviluppo economico alternativo. Il suo tessuto industriale è al collasso e come sempre accade in questi casi, i primi a pagare le conseguenze di questa dura realtà sono i lavoratori;
   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il 3 novembre 2014 ha preso atto dell'impossibilità di addivenire ad un'intesa condivisa tra le parti e ha dichiarato conclusa con mancato accordo la procedura di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 2000;
   in pratica per i lavoratori non vi è stata nessuna proroga della cassa integrazione e l'azienda ha già fatto partire tutte le lettere di licenziamento;
   a parere degli interroganti si tratta di un atto gravissimo ed irresponsabile da parte dell'azienda e il Governo non può permettere che gli impianti vengano smontati da subito e che l'azienda si rifiuti di avviare un tavolo di confronto al Ministero per discutere sulla reindustrializzazione del sito;
   non è più sostenibile dare una risposta ai problemi industriali con operazioni incentrate solo sulla continua riduzione dei costi del lavoro e scarsi investimenti sulle attività produttive, facendo pagare ai lavoratori e alla fiscalità generale le conseguenze delle eccedenze di personale e delle chiusure degli stabilimenti. Nel caso in questione si gioca con il futuro di 398 lavoratori –:
   se i Ministri interrogati intendano adoperarsi per il buon esito della vicenda industriale proseguendo il confronto tra le parti in ordine ad un'ipotesi condivisa del percorso di reindustrializzazione del sito di Orcenico;
   se non intendano porre in essere ogni iniziativa di competenza volta a scongiurare la chiusura dello stabilimento Ideal Standard di Orcenico di Zoppola e ad avviare serie trattative con potenziali acquirenti che possano garantire la continuità occupazionale nello stabilimento e puntino alla valorizzazione delle fabbriche e dei lavoratori, nonché allo sviluppo delle tecnologie e delle innovazioni;
   se non intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché la proprietà di Ideal Standard punti alla valorizzazione di fabbriche e lavoratori, allo sviluppo di tecnologie e innovazioni e non perseveri con l'idea di chiudere Orcenico;
   cosa intendano fare i Ministri interrogati per evitare che la Ideal Standard proceda sin da subito allo smantellamento degli impianti e accetti un immediato tavolo di confronto con il Governo e le parti sociali sulla reindustrializzazione del sito di Orcenico;
   come i Ministri interrogati intendano evitare che i 398 addetti della Ideal Standard perdano il posto di lavoro e rimangano per di più senza la copertura degli ammortizzatori sociali. (4-06787)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Lupo n. 4-06755, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nuti.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Rocchi e altri n. 5-03965, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sgambato.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Grillo n. 1-00645, già pubblicata nell'allegato della B ai resoconti della seduta n. 316 del 23 ottobre 2014.

   La Camera,
   premesso che:
    la malattia da virus ebola, precedentemente nota come febbre emorragica da virus ebola, apparsa per la prima volta nel 1976 è una malattia grave, con un tasso di mortalità che può arrivare fino al 90 per cento;
    nella popolazione umana il modo più comune con cui si contrae il virus è entrare in contatto con il sudore, la saliva o sangue, secrezioni, tessuti, organi o fluidi corporei di animali infetti o persona infettata o morta a causa della malattia; l'infezione può verificarsi anche in caso di ferite della pelle o delle mucose di una persona sana che entra in contatto con oggetti contaminati da fluidi infetti di un paziente con ebola, quali vestiti e biancheria da letto sporchi dei fluidi infetti o aghi usati, le persone sono contagiose fino a quando il sangue e le secrezioni contengono il virus, l'ebola non si diffonde via aria o con contatti casuali come sedersi vicino a una persona sull'autobus;
    durante un'epidemia le persone a più alto rischio di infezione sono: operatori sanitari, familiari o altre persone a stretto contatto con persone infette, persone che hanno contatto diretto con i corpi dei defunti, nelle cerimonie funebri, cacciatori nella foresta pluviale che entrano in contatto con animali trovati morti nella foresta;
    nonostante la valutazione del rischio di ebola del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie del 27 agosto 2014, la «Dichiarazione sull'epidemia di ebola» in Africa occidentale del Commissario per la salute Tonio Borg dell'8 agosto 2014 e la «Dichiarazione sulla risposta dell'Unione europea all'epidemia di ebola» del Commissario per lo sviluppo, Andris Piebalgs, e del Commissario per gli aiuti umanitari e la risposta alle crisi, Kristalina Georgieva, del 15 settembre 2014, il 17 settembre 2014 si leggeva su un articolo pubblicato dal quotidiano Libero che il Ministro della salute interpellato circoscriveva con assoluta sicurezza l'allarme relativo al virus ebola, affermando che «non c’è nessun rischio ebola legato all'immigrazione, si tratta di un virus limitato ad alcuni territori»;
    nel corso dell'incontro informale dei Ministri, tenutosi il 22 e 23 settembre 2014, a Milano, presieduto dal Ministro interpellato nell'ambito del semestre europeo a presidenza italiana, i Ministri della salute dell'Unione europea sono stati concordi sul fatto che è necessario contrastare l'epidemia di ebola aumentando le risorse umane e finanziarie, affermando al contempo la necessità che gli Stati membri rispondano all'appello lanciato dall'Organizzazione mondiale della sanità, che ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale e ha pubblicato la tabella di marcia di risposta all'ebola, tenuto conto delle conclusioni del Consiglio europeo straordinario del 30 agosto 2014, con ulteriori risorse umane e finanziarie, attraverso gli appositi meccanismi ed organismi;
    il Commissario europeo per la salute, Tonio Borg, ha dichiarato che il rischio ebola in Europa «rimane, comunque, basso perché una persona contagiata che abbia già i sintomi sarebbe troppo debole per viaggiare», che «la malattia non è contagiosa se non in alcune particolari condizioni, ma, nonostante tutto dobbiamo rimanere vigili, e non abbassare la guardia, con stringenti controlli negli aeroporti» e che «il nostro sistema di igiene e salute è di un livello particolarmente elevato»;
    la Commissione europea ha attivato il monitoraggio la situazione attraverso il proprio Centro di coordinamento della risposta alle emergenze, che dovrebbe fungere da piattaforma per il coordinamento dell'assistenza dell'Unione europea, al fine di mobilitare squadre di risposta immediata per assicurare la diagnosi precoce, l'isolamento (dei casi sospetti e dei casi confermati in reparti diversi), il monitoraggio delle persone entrate in contatto con i pazienti e la ricerca delle catene di trasmissione, misure relative ai funerali, l'educazione e il supporto locale;
    il virus dell'ebola «è una minaccia globale» e per combattere l'epidemia nei Paesi dell'Africa occidentale «c’è bisogno di tutto, ma soprattutto di personale medico», come ha sottolineato il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità Margaret Chan durante una conferenza in cui è stato annunciato l'impegno da parte del Governo cubano di inviare 165 operatori in Sierra Leone;
    le organizzazioni non governative più attive sul campo, tra queste Medici senza frontiere e la Federazione internazionale delle società della Croce rossa e della Mezzaluna rossa, hanno criticato gli sforzi internazionali, definendoli pericolosamente inadeguati, in quanto le capacità estremamente limitate sul campo determinano carenze critiche in tutti gli aspetti della risposta: cure mediche di sostegno, formazione del personale sanitario, controllo dell'infezione, ricerca dei contatti, vigilanza epidemiologica, sistemi di allerta e segnalazione, educazione e mobilitazione delle comunità;
    per ridurre il numero dei casi e i decessi è fondamentale accrescere la consapevolezza dei fattori di rischio e adottare le migliori e adeguate misure di prevenzione;
    attualmente non esiste un vaccino autorizzato per la malattia da virus ebola. Diversi vaccini sono in fase di sperimentazione, ma nessuno è disponibile per uso clinico in questo momento;
    l'8 ottobre 2014 l'Oms stimava le vittime in 4.032. Nell'ultimo bollettino del 14 ottobre il numero è salito a 4.447: 415 in più, un incremento di quasi l'11 per cento in una settimana. Nello stesso periodo, i casi accertati di contagio sono passati da 8.300 a 8.914. Solo un mese fa, il 18 settembre, l'Oms riportava 2.630 morti e 5.357 casi. Le cifre confermano dunque la temuta progressione dell'epidemia e rendono verosimili le previsioni più preoccupanti. Come se non bastasse, sempre dall'Oms si apprende che il tasso di mortalità è salito dal 50 a quasi il 70 per cento, considerando anche i decessi non accertati. Infatti l'agenzia delle Nazioni Unite concorda con altri organismi nel ritenere che il numero dei casi e delle vittime accertati sia sicuramente molto inferiore a quello reale: oltre alle persone ricoverate e decedute negli ospedali, moltissime altre, forse altrettante, sono quelle che si ammalano e muoiono a casa, assistite e sepolte dai parenti che a loro volta corrono quindi il serio rischio di contrarre la malattia;
    non esistono eventuali note/circolari dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) che individuano specifiche procedure alle quali il personale di volo si dovrebbe attenere per prevenire il rischio da contagio;
    unico documento regolatorio elaborato da Enac è la circolare EAL-10A, peraltro del settembre 2012 e non pienamente attinente, inerente a «Aeroporti agibili per voli provenienti da paesi extra europei o da zone sottoposte a misure sanitarie in applicazione del regolamento sanitario internazionale»;
    secondo la circolare Enac EAL-10o, al punto 5.1, nel caso in cui l'Organizzazione Mondiale della Sanità segnali un evento che possa rappresentare un'emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale, o in tutti i casi in cui la valutazione del rischio di diffusione di malattie trasmissibili da particolari aree geografiche indichi l'opportunità di ulteriori controlli e misure, il Ministero della Salute – Direzione Generale della Prevenzione può chiedere l'implementazione di misure di sanità pubblica e il dirottamento del traffico aereo proveniente dalle zone interessate dall'evento, sugli aeroporti designati come sanitari – (Roma Fiumicino e Milano Malpensa);
    il sito del Ministero della salute, afferma che in Italia sarebbero state attivate tutte le possibili misure di preparazione e risposta a livello nazionale, regionale e locale, nel caso in cui che si debba gestire un sospetto caso di Ebola, in particolare, che sarebbero state adottate tutte le misure di profilassi internazionale, nei porti ed aeroporti, attraverso i competenti uffici del Ministero, dislocati su tutto il territorio e, anche nel caso di particolari minacce per la salute, il sistema di sanità pubblica sarebbe in grado di rispondere, in base alle indicazioni centrali, al contenimento della minaccia del virus, essendo presenti, sul territorio, due strutture dotate di laboratori di massima sicurezza e di stanze ad alto isolamento (INMI Spallanzani di Roma ed Ospedale Sacco di Milano), in conformità al protocollo per il trasporto in alto biocontenimento di pazienti affetti da febbri emorragiche virali;
    ma non tutto sembra così certo se Andrea Bottega, segretario nazionale del sindacato delle professioni infermieristiche Nursind, afferma che ad esempio. «Gli infermieri italiani non sono adeguatamente preparati a fare fronte ad eventuali casi di Ebola: non hanno ricevuto una formazione specifica né rispetto alla malattia né circa l'utilizzo dei dispositivi di protezione. Inoltre, in molti ospedali tali dispositivi, come tute e maschere, mancano ancora». Il segretario Nursind aggiunge «che in alcuni presidi mancherebbero le tute previste come dispositivi di protezione individuale anti-Ebola e siano quindi state riprese vecchie tute in dotazione contro la Sars; ma si tratta di tute diverse e non conformi a quelle previste invece nei protocolli relativi al trattamento dei pazienti con Ebola». Tali dispositivi, precisa, «sono stati ordinati ma ancora mancano in moltissimi ospedali e, soprattutto, ad oggi, non è prevista una formazione degli infermieri sul come utilizzarli»;
    l'Organizzazione mondiale della sanità ammette gli errori commessi in Africa nel contrastare Ebola. A rivelarlo è la bozza di un documento interno all'Oms ottenuto dall'Associated Press, nel quale si afferma che «quasi tutte» le persone coinvolte nel rispondere all'emergenza non hanno notato elementi di quella che è poi divenuta un'esplosione del virus. Staff incompetente, burocrazia e mancanza d'informazioni affidabili tra le cause. L'Oms non commenta il documento, limitandosi a dire che i «dettagli inclusi non saranno discussi fino a quando il documento non sarà completato e i fatti chiariti e provati. Siamo per la trasparenza e la responsabilità e pubblicheremo la revisione quando tutti i fatti saranno controllati»;
    l'ospedale di Dallas, dove è stato curato Thomas Eric Duncan, il paziente «zero» con Ebola (poi deceduto) e dove due infermiere sono state contagiate dal virus, in una lettera aperta pubblicata sul Dallas Morning e sullo Star Telegram, ammette che «nonostante le migliori intenzioni, non siamo riusciti a rispettare gli elevati standard che sono al centro della storia dell'ospedale, della sua missione e del suo impegno». La missiva è firmata dall'amministratore delegato del Texas Health Resources, Barclay Berdan – «Abbiamo fatto errori nell'affrontare una situazione difficile» ammette Berdan, precisando che da quando il primo caso è stato diagnosticato sono stati effettuate modifiche a tutela del personale medico. Le indagini su come le due infermiere, Nina Pham e Amber Vinson, siano state contagiate vanno avanti e arriveranno degli esperti esterni per stabilire l'accaduto,

impegna il Governo:

   a predispone un apposito capitolo di bilancio destinato ad affrontare la possibile emergenza derivante dall'eventuale epidemia di ebola e in particolare per sostenere e attivare tutte le iniziative necessarie alla attività di prevenzione e di supporto tecnico, logistico e strumentale per gli operatori che si dovesse ritenere necessario mobilitare;
   a prevedere che le risorse utilizzate per affrontare, in particolare, le attività di prevenzione nazionali e internazionali del virus ebola siano escluse dai vincoli europei e dal patto di stabilità previsto per i bilanci regionali;
   a predisporre un piano nazionale finalizzato a modulare gli interventi sanitari a crescere, a seconda dell'evolversi dell'epidemia in Africa ovvero eventualmente in Europa e in Italia;
   a prevedere l'istituzione di ulteriori centri specializzati, oltre ai due già individuati (l'Inmi, Istituto nazionale malattie infettive – Spallanzani di Roma, e l'ospedale Sacco di Milano), anche nell'Italia meridionale dove poter ricoverare eventuali pazienti colpiti da ebola;
   a riattivare i centri di infettivologia oggi dismessi presso ospedali militari che sono in stato di non utilizzo; predisporre mezzi aerei e ambulanze fornite di strutture, personale specializzato e formato, nonché di dotazioni adeguate per affrontare l'assistenza a pazienti eventualmente malati di ebola conclamato o sospetto;
    a procedere alla immediata riorganizzazione del personale e della logistica sia civile che militare per renderlo idoneo alla terapia dei pazienti con patologia da Ebola anche attraverso una turnazione del lavoro che determini l'impossibilità di superare le otto ore di lavoro per il personale sia medico, che paramedico;
    a mettere in atto tutte le attività affinché sia possibile richiamare in servizio il personale medico e paramedico specializzato sia civile che militare anche in deroga alla normativa vigente in materia di congedi e pensionamento;
    ad incrementare e formare adeguatamente il personale medico di stanza negli aeroporti e nei porti;
    a prevedere l'istituzione di unità di crisi mobili per affrontate eventuali psicosi collettive sul territorio nazionale a causa di eventuali casi di cittadini italiani colpiti dal virus ebola;
    istituire una unità nazionale presso l'Istituto superiore di sanità con il compito di supporto e di coordinamento nel caso di emergenze sanitarie;
    ad incrementare ulteriormente l'invio di personale medico e paramedico nei Paesi africani dove si sono evidenziati casi di ebola, dotato di attrezzature idonee, adeguatamente remunerato al fine di affrontare in loco l'espansione della patologia;
    ad attivarsi in coordinamento con gli altri Paesi dell'Unione europea affinché le forme di prevenzione e le eventuali strutture sanitarie individuate siano tutte specializzate e con gli stessi standard di sicurezza, appropriatezza di cure e attrezzature anche in tutti i porti e aeroporti europei dell'est Europa;
    a predisporre protocolli e procedure comuni per quanto concerne i controlli agli aeroporti, per tutelare la salute dei cittadini italiani, seguendo alcune prassi già utilizzate in molti paesi aderenti e non aderenti all'Unione europea, quali la misurazione della temperatura dei viaggiatori provenienti dall'Africa occidentale, in entrata negli aeroporti nazionali;
    ad assumere iniziative per la tutela della salute e della sicurezza del personale aereo, continuamente a rischio sia in contesti di emergenza sanitaria internazionale che non, dando attuazione al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articolo 3, comma 1;
    in accordo con i Ministri dell'Unione europea, a sostenere e incoraggiare l'Unione Africana per quanto concerne la necessità di un piano d'azione globale, in quanto la situazione africana continua a deteriorarsi rapidamente e incide sull'economia e sull'ordine pubblico dei Paesi interessati, dato che la crisi dell'ebola è diventata complessa, con implicazioni di natura politica e di sicurezza e di carattere economico e sociale che continueranno a ripercuotersi sulla regione ben oltre l'attuale emergenza sanitaria.
(1-00645)
«Grillo, Silvia Giordano, Cecconi, Dall'Osso, Di Vita, Lorefice, Mantero, Castelli, Sibilia, Baroni, Spadoni».

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Covello n. 5-02882 del 27 maggio 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-06797.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in Commissione Tino Iannuzzi n. 5-03686 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 300 del 1o ottobre 2014. Alla pagina 16955, prima colonna, alla riga trentacinquesima e alla riga quarantunesima, sostituire la parola «INAIL» con la parola «INPS»; alla pagina 16955, seconda colonna, alla riga trentaduesima, sostituire la parola «INAIL» con la parola «INPS».