Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 3 novembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il 15 giugno 1990 con la firma della Convenzione di Dublino, l'Unione europea si è dotata di un sistema di regole condivise per regolamentare e coordinare l'accoglienza e l'esame delle domande di protezione internazionale presentate negli Stati membri da cittadini di un Paese terzo o apolidi;
    in seguito la Convenzione è stata revisionata più volte, fino all'adozione dell'attuale regolamento europeo n. 604/2013, approvato il 26 giugno 2013, noto come «Dublino III» ed entrato in vigore il 1o gennaio 2014, che costituisce l'elemento portante del più ampio «sistema di Dublino» e il cui obiettivo iniziale era quello di garantire che almeno uno degli Stati membri prendesse in carico il richiedente asilo;
    il regolamento è applicato in una regione geografica che comprende i 28 Stati membri dell'Unione europea, ai quali si aggiungono la Norvegia, l'Islanda, la Svizzera e il Liechtenstein;
    l'altro pilastro del «sistema di Dublino» è l'Eurodac (European dactyloscopie), una banca dati centrale in cui vengono registrate le generalità di chiunque attraversi irregolarmente le frontiere di uno Stato membro, in particolare le impronte digitali;
    i due strumenti insieme consentono di stabilire dove è avvenuto il primo ingresso in Europa di una persona richiedente asilo e di attribuire a quel Paese l'onere dell'esame di un'eventuale domanda;
    il nuovo regolamento, che ha abrogato il precedente regolamento (CE) 343/2003, detto «Dublino II», modifica alcune delle disposizioni previste per la determinazione dello Stato membro dell'Unione europea competente all'esame della domanda di protezione internazionale e le modalità e tempistiche per la determinazione;
    come il precedente, il presente regolamento ha il duplice obiettivo di impedire che nessuno Stato si dichiari competente all'esame della domanda di protezione internazionale, privando così il rifugiato del diritto di accedere alla procedura amministrativa prevista per il riconoscimento dello status, e di impedire i movimenti interni all'Unione europea dei richiedenti protezione, dando agli Stati e non alle persone la facoltà di decidere in quale Stato la persona debba veder esaminata la domanda;
    le principali novità introdotte sono la modifica delle definizioni di familiari, al fine di agevolare i minori, l'introduzione dell'effetto sospensivo del ricorso, la possibilità di trattenere il richiedente per pericolo di fuga, nonché si chiarisce il contenuto del diritto all'informazione del richiedente;
    gli studi effettuati negli ultimi anni mostrano ancora differenze sostanziali tra i sistemi di protezione dei diversi Paesi, sia per quanto riguarda le misure di accoglienza, sia relativamente alle percentuali di riconoscimento;
    recentemente l'Eurostat ha pubblicato un dettagliato rapporto sul tema immigrazione che smentisce il luogo comune dell'Italia paese «ostile» verso gli immigrati, evidenziando che tra quelli maggiormente coinvolti nel problema immigrazione, il nostro è il Paese che respinge meno immigrati;
    alla fine del 2013, infatti, l'Italia era al quarto posto in Europa per numero di richieste di asilo pendenti, pari a 27.930, dopo Germania, Svezia e Gran Bretagna, e ne ha respinte il 36 per cento rispetto al 74 per cento della Germania, l'83 per cento della Francia, il 47 per cento della Svezia, l'82 per cento della Gran Bretagna e il 68 per cento del Belgio;
    del 64 per cento di richieste accolte nel 12 per cento dei casi è stato riconosciuto lo status di rifugiato, nel 30 per cento dei casi la protezione umanitaria e nel 22 per cento la «protezione sussidiaria», vale a dire un tipo di protezione aggiuntivo rispetto alle tipologie normate a livello internazionale, concessa dall'Italia a persone che, nel loro Paese, potrebbero subire ingiustizie;
    insieme al regolamento «Dublino III», a comporre il quadro del sistema europeo comune di asilo, che dovrebbe portare all'instaurazione di una procedura comune e a uno status uniforme valido in tutta l'Unione europea per i titolari della protezione internazionale, ai sensi dell'articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, concorrono la cosiddetta direttiva qualifiche n. 2011/95/UE, la «direttiva procedure» n. 2013/32/UE e la nuova «direttiva accoglienza» n. DIR. 2013/33/UE;
    nel 2010 è stato istituito l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (Easo), che fornisce assistenza agli Stati al fine della corretta applicazione del regolamento, oltre ad un supporto informativo e un intervento rapido di supporto agli Stati in caso di afflusso massiccio di richiedenti protezione internazionale;
    con il nuovo regolamento di Dublino è rimasta invariata la gerarchia dei criteri per la determinazione dello Stato competente, che prevedono che:
     a) quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie, che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l'esame della domanda di protezione internazionale; detta responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera;
     b) quando uno Stato membro non può o non può più essere ritenuto responsabile dell'ingresso irregolare e quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie, che il richiedente – entrato illegalmente nei territori degli Stati membri o del quale non si possano accertare le circostanze dell'ingresso – ha soggiornato per un periodo continuato di almeno cinque mesi in uno Stato membro prima di presentare domanda di protezione internazionale, detto Stato membro è competente per l'esame della domanda di protezione internazionale;
     c) nei termini previsti lo Stato membro competente è obbligato a prendere o riprendere in carico il richiedente, a meno che non dimostri che il richiedente aveva lasciato il territorio degli Stati membri conformemente a una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento emessi da quello Stato membro a seguito del ritiro o del rigetto della domanda;
    inoltre, in caso di situazioni particolari, come l'afflusso di numerose persone in un Paese membro, che possa mettere in crisi l'applicazione del regolamento, la Commissione europea può chiedere allo Stato di presentare ed attuare un piano d'azione per fronteggiare la crisi, chiedendo allo stesso la garanzia che non si verifichino deroghe ai diritti dei richiedenti protezione;
    l'11 settembre 2014 ventuno parlamentari di Italia, Francia, Spagna, Grecia, Croazia, Serbia, San Marino, appartenenti a gruppi politici diversi hanno depositato presso l'Ufficio di presidenza dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa la richiesta di un rapporto ad hoc sull'applicazione del regolamento «Dublino III», che possa contenere analisi fattuali dei dati e proposte ai Governi per un suo miglioramento, come più volte richiesto dall'Assemblea di Strasburgo;
    il 9 settembre 2014 è stato pubblicato il rapporto «Mind the gap: una prospettiva delle organizzazioni non governative sulle sfide dell'accesso alla protezione nel sistema comune d'asilo», dal quale emerge che degli immigrati arrivati in Italia solo una percentuale minoritaria presenta la richiesta d'asilo nel nostro Paese, mentre la maggior parte di essi tenta di evitare l'identificazione per andare in altri Paesi europei a richiedere protezione;
    questo essenzialmente perché altri Paesi hanno sistemi di welfare migliori e, soprattutto, al fine di ricongiungersi ai propri familiari;
    in una ricerca recentemente condotta è emerso che il regolamento di Dublino nella sua concreta applicazione impedisce, almeno nella metà dei casi, che chi arriva in Italia possa ricongiungersi ai propri parenti che vivono in altro Stato europeo;
    inoltre, il regolamento presenta oneri e difficoltà per gli Stati: i trasferimenti necessitano di risorse economiche e umane e non sembrano portare particolari benefici, se non agli Stati interni dell'Unione europea che possono avere interesse a contenere il numero delle richieste d'asilo;
    le problematiche derivanti dall'applicazione del regolamento di Dublino nel nostro Paese sono anche legate alle gravi carenze del sistema di accoglienza italiano: posti insufficienti, frammentarietà causata dall'esistenza di diversi tipi di strutture, incoerenza e disomogeneità degli standard;
    manca un sistema di accoglienza unico, integrato, capace di rispondere a bisogni variabili e di offrire la stessa qualità di protezione in tutta Italia, che possa far riferimento a chiare linee guida nazionali e sia dotato di monitoraggio indipendente;
    la capacità della rete Sprar (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), anche se da gennaio 2014 è passata da tremila a sedicimila posti, rimane non proporzionata agli attuali bisogni;
    questi elementi, uniti all'assenza di misure di integrazione efficaci per i titolari di protezione internazionale, stanno creando un serio rischio di violazione dei diritti umani in Italia;
    la principale finalità del regolamento era e rimane quella di prevenire i movimenti secondari di richiedenti asilo all'interno dell'Unione europea, ma le persone continuano a spostarsi in percentuali allarmanti;
    nell'ambito del progetto Diasp-impatto del regolamento di Dublino sulla protezione dei richiedenti asilo, finanziato dal fondo europeo per i rifugiati, gli intervistati, in media, avevano alle spalle già tre o quattro viaggi;
    la rigidità del «sistema di Dublino», infatti, spinge i richiedenti asilo a muoversi continuamente in Europa in cerca di protezione, piuttosto che fermarsi in un posto solo, nel tentativo di aggirare un sistema percepito come poco sicuro;
    inoltre, allo stato attuale chi ottiene la protezione internazionale non ha poi la possibilità di lavorare regolarmente in un altro Stato dell'Unione europea e, quindi, salvo eccezioni, lo Stato che viene individuato dal «sistema Dublino» come competente ad esaminare la domanda sarà poi anche lo Stato in cui l'interessato dovrà rimanere una volta ottenuta la protezione;
    questo, tuttavia, non tiene conto né delle aspirazioni dei singoli, né dei loro legami familiari o culturali con alcuni Paesi, né delle concrete prospettive di trovare un'occupazione nei diversi Paesi europei, come se Malta, la Grecia, la Germania, la Svezia fossero la stessa cosa;
    anche la terza revisione del regolamento di Dublino, pur introducendo qualche cambiamento potenzialmente positivo, non ha modificato la sostanzialmente l'impianto del «sistema di Dublino», ma continua a impedire – o quanto meno a limitare pesantemente – la mobilità dei richiedenti asilo nell'Unione europea, con un impatto fortemente negativo sulla vita dei rifugiati;
    in realtà l'applicazione di tale insieme di regole è diventata un insensato percorso a ostacoli per chi cerca protezione,

impegna il Governo:

   nell'ambito della presidenza di turno dell'Unione europea a svolgere un ruolo di impulso per la revisione dei criteri del «sistema di Dublino» affinché ai migranti sia garantita la libertà di scegliere in quale Paese presentare la propria richiesta di protezione internazionale, eliminando l'obbligo di avanzarla nel Paese di primo ingresso, con particolare attenzione ai minori e alle loro possibilità di ricongiungimento familiare;
   nel medesimo ambito sovranazionale, a promuovere l'adozione di un sistema di gestione delle spese di accoglienza che ponga questi oneri in carico alla totalità degli Stati, non lasciando soli quei Paesi, come l'Italia, esposti per la loro semplice posizione geografica ai maggiori flussi d'ingresso;
   ad attivarsi in ambito europeo al fine di elaborare standard di accoglienza condivisi e maggiormente uniformi che possano consentire una migliore gestione dei richiedenti asilo;
   a valutare l'istituzione, in collaborazione con i Paesi membri dell'Unione europea, di appositi presidi nei Paesi dai quali partono i maggiori flussi migratori, che siano in grado di effettuare una valutazione preventiva delle possibilità dei soggetti migranti di ottenere lo status di rifugiato nell'ambito dell'Unione europea;
   ad informare preventivamente il Parlamento in merito alla stipula di ogni accordo internazionale in materia di immigrazione e di asilo.
(1-00654) «Rampelli, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Giorgia Meloni, Nastri, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    gli ultimi dati pubblicati dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati evidenziano che il numero di rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni ha superato il livello di 50 milioni di persone. È la prima volta dalla seconda guerra mondiale che tale soglia viene superata;
    secondo il rapporto annuale dell'UNHCR Global Trend, pubblicato a giugno del 2014, che si basa su dati raccolti da governi, organizzazioni non governative partner dell'Agenzia e dallo stesso UNHCR, rivela che alla fine del 2013 si contavano 51,2 milioni di migranti forzati, ben sei milioni in più rispetto ai 45,2 milioni del 2012;
    questo massiccio incremento è principalmente dovuto alla guerra in Siria, che alla fine dello scorso anno aveva già costretto 2,5 milioni di persone a diventare rifugiati e altri 6,5 milioni sfollati interni. Anche in Africa si è assistito a nuovi casi gravi di esodo forzato, in particolare nella Repubblica Centrafricana e, verso la fine del 2013, anche in Sud Sudan;
    esiste un evidente legame tra il numero di persone nel mondo costrette alla fuga da guerre e violenza e l'aumento degli arrivi via mare. Oltre il 50 per cento, delle persone in arrivo in Italia nel 2014 sono in fuga dall'Eritrea e dalla Siria. Questo trend è iniziato a giugno/luglio 2013, prima che l'operazione Mare Nostrum venisse istituita in risposta alle tragedie in cui persero la vita 600 rifugiati, un anno fa;
    da ottobre 2013 sono state soccorse in mare circa 150.000 persone dalle unità navali Mare Nostrum, guardia costiera e da mercantili mentre si stima che le persone che hanno perso la vita siano quasi 4.000. In totale nel 2014 gli arrivi via mare nel Mediterraneo sono stati più di 170.000;
    ad oggi non ci sono alternative sicure per cercare protezione internazionale in Europa. La via mare è l'unica opzione per migliaia di persone, vittime di violenza e torture, persone disabili, donne e bambini;
    nell'ambito dell'operazione ci sono stati più di 80 mila controlli sanitari svolti dai medici della Marina militare e del servizio sanitario nazionale a bordo delle imbarcazioni. Sempre sono stati poi svolti controlli sanitari da medici e personale specializzato a terra, prima dello smistamento nei centri di accoglienza;
    preoccupanti appaiano i casi di discriminazione e psicosi collettiva, a volte aggravati dall'atteggiamento di alcune forze politiche, le quali, come accaduto nella manifestazione del 18 ottobre 2014 a Milano richiamano l'equazione «operazione Mare Nostrum-operazione Ebola nostrum», riferendosi alla presunta correlazione tra salvataggio delle vite in mare e propagazione del virus;
    l'epidemia del virus Ebola rappresenta una seria minaccia alla salute da considerarsi come una minaccia globale. La lenta e inadeguata risposta della comunità internazionale ha amplificato le dimensioni di un dramma che poteva essere contenuto;
    la stessa Organizzazione mondiale della sanità ha per troppo tempo sottovalutato gli appelli che provenivano dalle organizzazioni non governative e dai Paesi colpiti dall'epidemia;
    ad oggi, nonostante gli appelli rivolti alle Nazioni unite e agli Stati membri, alcuni Paesi si sono impegnati con risorse umane ed economiche che rappresentano soltanto un primo passo ma che sono ben lontani dagli impegni presi;
    è importante ora reagire pronta ente inviando personale sanitario esperto per curare i malati e rintracciare i casi sospetti, inviare materiale medico e dispositivi di protezione;
    i Paesi colpiti dall'epidemia, Liberia, Sierra Leone, e con una estensione contenuta Nigeria e Senegal, vanno supportati e va soprattutto scongiurato il loro isolamento per non compromettere lo sforzo degli aiuti internazionali e non aggravare la frattura sociale ed economica;
    l'impatto di questa epidemia si protrarrà ben oltre la sua fine, i sistemi sanitari avranno bisogno di essere ricostruiti e la fiducia ristabilita, la sorveglianza epidemiologica ridefinita, le perdite economiche risanate;
    a questo fine va supportata la indispensabile ricerca clinica di terapie e di un vaccino così come va rivisto l'approccio alla malattia attraverso la sensibilizzazione delle comunità con una corretta informazione sui rischi e l'atteggiamento da seguire;
    è necessario che le strutture specializzate nel nostro Paese, prime fra tutte il centro Spallanzani di Roma e l'ospedale Sacco di Milano, vengano potenziate e allestite per gestire eventuali emergenze, preparando gli operatori sanitari e fornendolo loro capacità conoscitive, d'intervento e materiali idonei;
    ad ogni modo occorre evidenziare, riguardo la correlazione tra migranti in fuga e rischio di propagazione del virus Ebola nel nostro Paese, quanto dichiarato da uno dei massimi esperti nel nostro Paese, il dottor Giuliano Rizzardini dell'ospedale Sacco di Milano a La Repubblica lo scorso 26 ottobre rispetto ai probabili ricoveri di migranti affetti dal virus: «Se intendete i migranti che arrivano dai barconi, sicuramente mai. Troppo lungo il viaggio per raggiungere le nostre coste, troppo breve il tempo di incubazione, da due a venti giorni. Per il resto non abbiamo scali diretti con le zone calde del virus, cioè la striscia di occidente africano dalla Guinea alla Liberia, e gli aeroporti direttamente interessati come Parigi o Bruxelles sono ben presidiati. Molto improbabile, dunque, che un malato conclamato raggiunga l'Italia. Al massimo potrà capitare un volontario che lavora nelle zone a rischio, come i due medici appena rientrati dalla Sierra Leone e attualmente in quarantena precauzionale. Ma io scommetterei, con la prudenza dell'esperienza, che non succederà»;
    alla luce delle parole riportate occorre stabilire le priorità e quali sono le emergenze umanitarie complessive a cui il nostro Paese deve far fronte, tenendo presente che l'isolamento del focolaio necessita, in via prioritaria, di una azione medica diretta sul focolaio e non quindi di pura difesa dei confini;
    il panico, la paura dello straniero, la difesa militare dei confini rispetto ai flussi migratori non è funzionale agli obiettivi sopra evidenziati ed è necessario far partire, a questo fine, una campagna informativa affinché si debellino parole usate in queste settimane in maniera strumentale, come «peste», «catastrofe», «pandemia», «malattia senza scampo», utilizzate troppo spesso solo per evocare paure nella gente e concentrare le paure sugli stranieri come se un virus potesse distinguere un migrante, da un cittadino italiano, europeo, asiatico, africano, da un turista, come veicolo di contagio;
    come affermato di più volte dal Governo, l'operazione Mare Nostrum dovrebbe terminare a novembre ed essere sostituita dall'operazione Triton che sarà gestita a partire dal 1o novembre dall'agenzia europea Frontex;
    tuttavia Triton non avrà il mandato di svolgere attività di ricerca e soccorso in mare, ma soltanto di pattugliare i confini marittimi, costituendo una risposta soltanto parziale al problema;
    in questo modo, operazioni di ricerca e soccorso limitate alle acque sotto la giurisdizione italiana metteranno a rischio migliaia di vite, determinando un pesante impatto umanitario con il rischio di rivedere tragedie come quelle vissute il 3 ottobre 2013 a Lampedusa,

impegna il Governo:

   a organizzare una campagna capillare e chiara di poche e semplici informazioni sul virus Ebola, sulle modalità di contagio e sulle precauzioni igieniche, sulle disposizioni precise e tempestive che operatori della sanità devono utilizzare nel sospetto di infezione e sull'approvvigionamento dei presidi da utilizzare nei casi sospetti dall'accettazione al trasferimento nella struttura di riferimento;
   a potenziare le strutture specializzate sanitarie esistenti, prime fra tutte, l'Istituto nazionale malattie infettive – Spallanzani di Roma, e l'ospedale Sacco di Milano, dotandole delle opportune attrezzature e di un adeguato supporto medico;
   ad attivarsi, anche in sede europea, affinché l'operazione Triton comprenda le attività di salvataggio di vite umane in mare con compiti di ricerca e soccorso, in caso contrario a non sospendere l'operazione Mare Nostrum;
   a supportare, con adeguati finanziamenti, la ricerca clinica di terapie e di un vaccino, anche in collaborazione con i partner internazionali;
   ad incrementare, anche attraverso la collaborazione con le ONG, ulteriormente l'invio di risorse, personale medico specializzato nei Paesi africani dove si sono evidenziati casi di Ebola, dotato di attrezzature idonee e medicine.
(1-00655) «Palazzotto, Nicchi, Matarrelli, Duranti, Piras, Scotto».

Risoluzione in Commissione:


   La II Commissione,
   premesso che:
    l'elaborazione statistica che ha condotto alla nuova geografia giudiziaria di cui ai decreti legislativi 155 e 156 del 7 settembre 2012 ha consentito di evidenziare, anche in questa sede, l'esistenza di numerose incongruenze nella distribuzione della dotazione organica dei magistrati e di differenze tra uffici giudiziari con similari specificità che non trovano oggettiva giustificazione e che sono meritevoli di correzione o, almeno, di sostanziali possibili aggiustamenti;
   la sede giudiziaria di Modena – che in base ai citati decreto legislativo ha inoltre assorbito gli uffici distaccati di Carpi, Sassuolo e Pavullo, con una risultante popolazione aggregata di 687.237 residenti – è, in Emilia Romagna, quella con più alta popolazione amministrata dopo quella di Bologna e si avvale attualmente di un organico di soli 35 magistrati sui quali grava un carico di lavoro pari a circa 1.100 cause per ogni giudice, nettamente superiore a quello di altri Tribunali equiparabili;
    sulla base di previsioni elaborate dallo stesso Ministero della Giustizia – Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi, operando una duplice ponderazione dell'ampiezza del bacino di utenza e dei procedimenti sopravvenuti per ufficio, i giudici in servizio presso il tribunale di Modena dovrebbero essere almeno 48;
    nell'articolazione complessiva del «sistema Giustizia» di Modena, un ruolo determinante riveste anche il personale amministrativo di cancelleria che soffre di carenze organiche con inevitabili rallentamenti nella predisposizione degli atti afferenti i procedimenti, necessitando, parimenti a quanto rilevato per i magistrati, di un potenziamento della pianta organica;
    vista la particolare rilevanza e dinamicità del tessuto economico e produttivo della provincia di Modena, il cui prodotto interno lordo risulta essere ai primi posti in Italia e che presenta distretti a rilevanza nazionale ed internazionale come quello ceramico, ricompreso nell'area di Sassuolo, quello del tessile abbigliamento, nella zona di Carpi e quello del «biomedicale», nella zona di Mirandola – a loro volta inseriti in un diffuso sistema di circa 45.000 piccole e medie imprese operanti nel settore della meccanica, del manifatturiero e dell'agroalimentare –, la deficienza di risorse allocate alla sede giudiziaria modenese in relazione al rilevante carico di lavoro esistente si connota con ancora maggiore evidenza;
    ricordato che il territorio modenese è stato recentemente colpito da una serie di devastanti eventi calamitosi: dal drammatico sisma del maggio 2012, che ha causato complessivamente 27 vittime (17 delle quali nel modenese), caratterizzato da due principali scosse di magnitudo di 5.8 e 5.9 punti della scala Richter ed aventi entrambe epicentro in provincia di Modena; alla tromba d'aria del maggio 2013, che ha duramente colpito, come nel caso di Mirandola, imprese e abitazioni di Comuni di aree già terremotate; alla disastrosa alluvione dovuta dalla rottura degli argini del fiume Secchia del 19 gennaio 2014, abbattutasi anch'essa sulle stesse zone già flagellate dal terremoto (come i comuni modenesi di Camposanto e Medolla, San Felice e Finale Emilia) e sulle cui cause ed eventuali responsabilità è in atto un'indagine della procura di Modena;
    il recente evento sismico, così come la tromba d'aria e l'alluvione che hanno colpito prevalentemente il territorio di Modena, hanno determinato e determineranno ulteriori impegni nell'attività inquirente in genere e della magistratura in particolare, allo scopo di prevenire possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nel sistema produttivo locale in difficoltà, con specifico riferimento alle fasi di ricostruzione urbanistica ed industriale nel periodo del post-calamità;
    il tema ricorrente del tentativo di infiltrazione della criminalità organizzata nel tessuto economico e sociale modenese, ha assunto di recente un carattere di particolare attualità ed immanenza divenendo – frequentemente oggetto di dibattiti pubblici o di prese di posizione da parte di esponenti del mondo sindacale, politico ed istituzionale locale e regionale;
    i ricordati eventi calamitosi e la conseguente delicata fase di ricostruzione, si innestano in una particolare condizione di avanzato stato di infiltrazione della criminalità organizzata nel territorio di Modena come si evince, ad esempio, dalla relazione annuale della Direzione nazionale antimafia del dicembre 2012, laddove si certificava «in particolare nella provincia di Modena, la presenza di esponenti di alcune famiglie mafiose siciliane, come quella riconducibile a Pastoia Francesco, interessate all'aggiudicazione di alcune gare di appalto di lavori pubblici»; o come rivelato dal Procuratore capo di Bologna, Roberto Alfonso – sue le parole nel 2011: «la criminalità organizzata a Modena ha trovato pane per i suoi denti» – per il quale il tentativo della mafia di aggiudicarsi gli appalti della ricostruzione post terremoto non rappresenta un rischio ipotetico ma è una condizione «già in atto»; per concludere infine con il rapporto sulla mafia in Emilia-Romagna a cura della Fondazione Caponnetto, dove si legge che, già dal 2012, «la situazione della provincia di Modena è grave e va monitorata con grande attenzione» in quanto «Il rischio di colonizzazione è molto alto»;
    a riprova del carattere prioritario assegnato dalle istituzioni locali al contrasto delle infiltrazioni della criminalità organizzata all'interno del business della ricostruzione, la prefettura di Modena ha creato un'apposita White list, cui sono già pervenute tremila istanze di iscrizione, volta ad individuare ed escludere dai lavori le imprese che presentino legami con ambienti mafiosi;
    per consuetudine, i flussi relativi alle materie di competenza della direzione distrettuale antimafia, numericamente poco significativi se osservati nel contesto generale sono, chiaramente, estremamente onerosi e impegnativi sotto il profilo della qualità e della particolare difficoltà tecnica generata da tale tipo di contenzioso tanto nella fase delle indagini preliminari (fatto che incide sulla consistenza degli organici della procura) quanto nella fase del giudizio;
    in data 16 dicembre 2013, su iniziativa del presidente del tribunale e del procuratore capo di Modena, si è svolto presso la locale Prefettura un incontro tra uffici giudiziari modenesi, prefetto e parlamentari modenesi volto ad analizzare le possibili soluzioni alla grave carenza di organico accentuatasi in seguito al menzionato accorpamento delle tre sedi giudiziarie precedentemente distaccate ed ora accentrate nel palazzo di giustizia di Modena;
    in tale suddetta sede è emersa una viva preoccupazione circa la capacità delle istituzioni locali di poter fornire alla cittadinanza un'adeguata risposta all'illegalità, individuando come univoca soluzione il rafforzamento dell'intera «filiera della sicurezza» mediante un aumento numerico delle unità previste per ciascuno degli uffici preposti alla sicurezza, dal personale delle forze di polizia all'organico dell'ufficio giudiziario, onde altresì coniugare una pronta ed efficace risposta punitiva dei comportamenti illeciti ad una maggiore incisività delle attività di indagine con una conseguente, immediata irrogazione della sanzione in sede giudiziaria;
    in ragione del peculiare tessuto economico modenese messo a dura prova da calamità di straordinaria virulenza susseguitesi nel ristretto arco di un biennio, relativamente alla materia giurisdizionale concernente le procedure afferenti il mondo del credito e dell'impresa, non possono ignorarsi gli effetti negativi che derivano dalla loro ritardata conclusione, con la conseguenza non ultima di scoraggiare attesi investimenti da parte di imprenditori stranieri;
    anche sul versante della microcriminalità, il tema della sicurezza è frequentemente all'ordine del giorno ed all'attenzione dell'opinione pubblica modenese a causa del manifestarsi di espressioni illegali che attenuano il senso di sicurezza tra i cittadini, quali i reati predatori di strada, i furti in appartamenti e le rapine, consumati sia nel Capoluogo che nei centri minori della provincia, che incidono fortemente sulla sensibilità dei residenti e generano forme di allarme diffuso;
    è forte il disagio tra i detenuti e gli internati della provincia, per la mancanza del magistrato di sorveglianza di Modena, il cui ruolo è temporaneamente affidato, in supplenza, ad altri magistrati che devono occuparsi nientemeno che di tre province in una volta, ovvero Modena, Reggio e Parma;
    ci sono 380 detenuti, di cui 98 internati e 29 donne, all'interno della casa circondariale Sant'Anna di Modena e della Casa di Reclusione di Castelfranco, la mancanza del magistrato quindi, può determinare il blocco dell'attività ordinaria di esame delle istanze presentate dai detenuti e dagli internati, con conseguente interruzione dei percorsi trattamentali esterni,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le iniziative necessarie per mettere le istituzioni locali nelle condizioni di poter adeguatamente corrispondere alla pressante domanda di giustizia dei cittadini e delle imprese di Modena e provincia, attraverso un opportuno raccordo con il Ministro dell'interno al fine di adeguare l'organico delle forze di Polizia poste sotto il coordinamento della prefettura di Modena, alle crescenti esigenze di controllo di quel territorio;
   ad attivarsi, per quanto di competenza, al fine di favorire l'assegnazione di un numero non inferiore a 48 magistrati al tribunale di Modena, nonché delle conseguenti corrispettive unità di Polizia giudiziaria e l'assegnazione di un magistrato di sorveglianza per la Casa Circondariale Sant'Anna di Modena e della Casa di reclusione di Castelfranco;
   a potenziare la pianta organica del personale amministrativo di cancelleria dell'ufficio giudiziario del tribunale di Modena.
(7-00510) «Ferraresi, Dell'Orco».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRARESI e DELL'ORCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nei territori colpiti dal sisma del maggio 2012, le aziende agricole, molte delle quali, in provincia di Modena, colpite anche dagli eventi eccezionali quali l'alluvione del gennaio 2014 e le trombe d'aria del 3 maggio 2013, sono chiamate a presentare le domande per gli interventi di riparazione e ripristino prevista dall'articolo 3 del decreto-legge n. 74 del 2012, entro la data del 31 dicembre 2014;
   con l'ordinanza n. 70 del commissario delegato, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 agosto 2014, Alfredo Bertelli, del 16 ottobre 2014, in considerazione della difficile situazione economica, si è ritenuto necessario prorogare, ai fini del riavvio delle attività produttive nelle zone colpite dagli eventi sismici del maggio 2012, il termine di presentazione delle domande di contributo ed i termini per l'ultimazione degli interventi e della relativa rendicontazione, ma con l'esclusione delle imprese agricole;
   l'ordinanza infatti delibera che il comma 6 dell'articolo 4 dell'ordinanza commissariale n. 57 del 12 ottobre 2012 «Criteri e modalità per il riconoscimento dei danni e la concessione dei contributi per la riparazione, il ripristino, la ricostruzione di immobili ad uso produttivo, per la riparazione e il riacquisto di beni mobili strumentali all'attività, per la ricostituzione delle scorte e dei prodotti e per la delocalizzazione, in relazione agli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012», viene sostituito con la seguente formulazione:
    6. Gli interventi devono essere realizzati successivamente alla data del sisma e conclusi entro il 30 settembre 2016 con esclusione delle imprese agricole attive nei settori della produzione primaria, della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti di cui all'Allegato I del TFUE, per le quali il termine resta definito al 31 dicembre 2015 qualora non venga riconosciuta la proroga dei termini di concessione e pagamento richiamati al punto (4) «Durata» della Decisione di esecuzione della Commissione C(2012) 9471 del 19 dicembre 2012. Dell'eventuale avvenuto riconoscimento verrà data comunicazione sui siti della Regione Emilia-Romagna e dei Comuni colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012;
   con l'ordinanza n. 71 del Commissario delegato, del 17 ottobre 2014, rilevato che il processo di presentazione delle domande di contributo evidenzia la necessità di consentire un ulteriore lasso temporale per la presentazione delle domande, all'articolo 5 (Proroga dei termini) si stabilisce che: «Il termine del 31 dicembre 2014 indicato all'articolo 3 comma 1, all'articolo 5 comma 1, all'articolo 6 comma 1 ed all'articolo 7, comma 1 dell'Ordinanza n. 131 del 2013 è prorogato al 31 dicembre 2015 con esclusione per le domande delle imprese agricole attive nei settori della produzione primaria, della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti di cui all'Allegato I del TFUE, per le quali il termine resta definito al 31 dicembre 2014 qualora non venga riconosciuta la proroga dei termini di concessione e pagamento richiamati al punto (4) “Durata della Decisione di esecuzione della Commissione C(2012) 9471” del 19 dicembre 2012. Dell'eventuale avvenuto riconoscimento verrà data comunicazione sui siti della Regione Emilia-Romagna e dei Comuni colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012. Il termine di esecuzione dei lavori per le imprese agricole come precedentemente definite, resta fissato al 31 dicembre 2015 qualora non venga riconosciuta la sopracitata proroga da parte della Commissione UE;
   vi è una evidente discriminante che penalizza le aziende agricole, sia nella scadenza della presentazione delle domande che per la scadenza della conclusione dei lavori, rispetto alle imprese degli altri settori;
   come riportato da organi di stampa, tale fatto viene giustificato, dal direttore generale all'agricoltura della regione, Valtiero Mazzotti, dalle rigide condizioni di vincolo europeo, che prevedono tassativamente un lasso di tempo pari a 4 anni per l'ultimazione e pagamento delle opere a partire dalla data del 20 maggio 2012, facendo riferimento alle decisioni della Commissione Europea in materia di aiuti di Stato C(2012)9471 final e C(2012)9853 final;
   in particolare la C(2012)9853 final prevede che: Non si autorizzeranno proposte di aiuti presentate più di tre anni dopo il verificarsi dell'evento, né proposte di aiuti il cui saldo possa essere versato oltre quattro anni dalla data dell'evento;
   nell'area del cosiddetto cratere, per quanto riguarda in particolare le imprese agricole, solo un potenziale beneficiario su quattro ha completato le richieste;
   è evidente che i tempi, fors'anche giustamente, stabiliti in sede europea per poter usufruire dei contributi alla ricostruzione, non sono quelli del nostro caso italiano, con il rischio che venga pregiudicato il diritto al risarcimento del danno subito a causa del sisma;
   l'eccesso di burocrazia a seguito della normativa che ha costellato la problematica, in particolare l'enorme mole di ordinanza partorite dall'apparato commissariale, hanno reso ardua e difficile la presentazione delle domande di contributo, e ciò a detta dei tanti sindacati di categoria, dagli enti pubblici locali, dai comitati spontanei di terremotati –:
   se il Governo interrogato non ritenga di doversi adoperare per:
    a) agire in sede europea per consentire una proroga dei tempi stabiliti dalla decisione della Commissione Europea in materia di aiuti di Stato C(2012)9853 final, di almeno un anno;
    b) agire in sede commissariale per consentire comunque lo slittamento della scadenza delle domande per accedere ai contributi di un anno, dal 31 dicembre 2014 al 31 dicembre 2015, così come per le altre imprese non agricole;
    c) richiedere alle sedi commissariali che procedano ad una forte semplificazione delle procedure per l'accesso ai contributi per la ricostruzione, pur nella necessaria tutela e salvaguardia della legalità, sia nella esecuzione degli interventi che nelle elargizioni, al fine di garantire l'universalità del diritto al risarcimento per tutti coloro che hanno subito i danni del terremoto. (5-03932)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO, AIRAUDO, PLACIDO, RICCIATTI, FERRARA, MARCON, DURANTI, PIRAS, FRATOIANNI, MELILLA, QUARANTA, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DANIELE FARINA, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MATARRELLI, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, SANNICANDRO, ZARATTI e ZACCAGNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Gruppo Parlamentare Sinistra. Ecologia Libertà ha presentato nei giorni scorsi una interrogazione (segnatamente l'atto n. 4-06614) nell'ambito della quale chiedeva al il Ministro interrogato di rispondere ai seguenti due quesiti:
    1) se non intendesse correggere immediatamente quello che si auspica si tratti di un grossolano errore contenuto nella tabella n. 1. della nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2014 Doc LVII n. 2-bis allegato III (programma delle infrastrutture strategiche) ovvero la tabella delle revoche e delle riassegnazioni della legge obiettivo ove compare come «reimpiego di legge obiettivo», l'importo di 1 miliardo e 287 milioni di euro (segnatamente 1.287.324.000 euro) quale assegnazione alla Società Stretto di Messina Spa (decreto-legge n. 78 del 2009 convertito dalla legge n. 102; del 3 agosto 2009);
    2) di chiarire in via definitiva che questo Governo non intenda in alcun modo riaprire il dossier teso alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina;
   successivamente alla pubblicazione di tale interrogazione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e non già il responsabile del dicastero in questione – che si è completamente astenuto dal chiarire il punto politico della vicenda, ossia se intenda o meno archiviare definitivamente il dossier relativo al Ponte sullo Stretto di Messina –, ha diffuso un comunicato stampa nel quale si legge: «Un'errata lettura di una tabella dell'allegato infrastrutture del Def ha indotto a ipotizzare un rifinanziamento del Ponte sullo Stretto di Messina. Si tratta della tabella Revoche e reimpieghi, pubblicata sul sito del Cipe per obbligo di legge sin dal gennaio scorso e riportata all'inizio dell'allegato infrastrutture. Il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 (convertito dalla legge n. 9 del 21 febbraio 2014) stabilisce, all'articolo 13, comma 1-bis, che venga pubblicata un'anagrafe dei provvedimenti aventi forza di legge con i quali siano state revocate le assegnazioni disposte con delibere Cipe per la realizzazione di interventi infrastrutturali. Il termine reimpieghi indica non lo stanziamento di risorse a un'opera, ma l'indicazione storica di risorse revocate e non utilizzate né utilizzabili». Aggiungendo: «A riprova che per il Ponte sullo Stretto di Messina non sono state assegnate risorse basta consultare la Tabella 2 dell'allegato infrastrutture «Stato dell'arte e degli avanzamenti del programma infrastrutture strategiche» dove alla voce «Ponte Stretto Messina» (pagina 70) non risultano stanziamenti»;
   al riguardo, si evidenzia che il citato articolo 13, comma 1-bis del decreto-legge n. 145 del 2013 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 21 febbraio 2014 prevede che «Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, in un'apposita sezione del proprio sito web istituzionale, il CIPE pubblica un'anagrafe dei provvedimenti aventi forza di legge con i quali, a far data dal 1o gennaio 2010, sono state revocate le assegnazioni disposte con proprie delibere. Nell'anagrafe, da aggiornare con cadenza almeno trimestrale, per ogni provvedimento devono essere indicati la consistenza delle risorse revocate, le finalità alle quali tali risorse sono state destinate con il provvedimento di revoca e con gli atti successivi previsti dallo stesso provvedimento, nonché lo stato di avanzamento procedurale, fisico e finanziario sia degli interventi a beneficio dei quali sono state riassegnate le risorse revocate, sia di quelli oggetto delle delibere di assegnazione revocate;
   in buona sostanza, non esiste nessuna «Tabella revoche e reimpieghi, pubblicata sul sito del Cipe», ma, come già evidenziato nella precedente interrogazione n. 4-06614, l’«Anagrafe revoche e riassegnazioni» curata dal CIPE. L'anagrafe, in particolare, riporta delle tabelle e per ogni provvedimento indica:
    1) la consistenza delle risorse revocate;
    2) le finalità alle quali tali risorse sono state destinate;
    3) lo stato di avanzamento procedurale, fisico e finanziario sia degli interventi a beneficio dei quali sono state riassegnate le risorse revocate, sia di quelli oggetto delle delibere di assegnazioni revocate. Nella prima tabella compaiono le indicazioni sui provvedimenti di revoca delle risorse e le relative fonti finanziarie, sugli importi revocati e il loro destinatario originale, sugli interventi interessati dalle revoche e i connessi stati di avanzamento procedurale, fisico e finanziario, sulle eventuali finalità cui le risorse sono destinate dal provvedimento di revoca e alcune note informative di interesse. Nella seconda tabella compaiono le indicazioni sui provvedimenti di riassegnazione delle risorse revocate, i relativi importi e il destinatario, gli interventi e gli stati di avanzamento procedurale, fisico e finanziario. Le due tabelle sono collegate attraverso un codice identificativo della fonte normativa che mette in relazione gli atti di revoca con quelli di riassegnazione ad altre opere;
   inoltre, che il termine «reimpieghi» indichi non lo stanziamento di risorse a un'opera, ma l'indicazione storica di risorse revocate e non utilizzate né utilizzabili appare ad avviso degli interroganti del tutto opinabile e da dimostrare, considerato che tale definizione di «reimpieghi di legge obiettivo» non appare contemplato da alcuna fonte normativa di rango primario, né tanto meno specificato dalla Nota di aggiornamento al DEF 2014 come, invece, ne caso dovrebbe quale criterio di lettura della tabella. Per altro, appare chiaro che se – la lingua italiana ha un senso il termine «reimpiego» significa, «impiego di nuovo di un qualcosa» ovvero «riassegnazione» (tanto è vero che la relativa tabella è intitolata a pagina 27 della Nota di aggiornamento al DEF 2014 «1. Tabella delle revoche e delle rassegnazione di legge obiettivo», e quindi «rifinanziamento» a fronte di una revoca di erogazione di risorse precedentemente stabilita;
   ma soprattutto si evidenzia che tutta la tabella 1 di pagina 27 della nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2014 Doc. LVII n. 2-bis allegato VIII (programma delle infrastrutture strategiche) presenta innumerevoli incongruenze, soprattutto se verificata con l'Anagrafe disponibile sul sito del CIPE;
   per numerose righe della tabella 1, incluso il Ponte sullo Stretto di Messina, la voce e l'importo riportati nella colonna «revoche» corrispondono, infatti, esattamente a quanto riportato nella colonna «reimpieghi», il che appare inconcepibile visto che l'Anagrafe disponibile sul sito del CIPE appare aggiornata alla data del 31 luglio 2014, mentre la nota di aggiornamento al DEF 2014 è stata trasmessa successivamente alla Presidenza della Camera il 3 ottobre 2014, con dati aggiornati al mese di settembre 2014. In particolare, questo rappresenta un modo di procedere nella redazione dei provvedimenti di massima valenza per la programmazione economica finanziaria forniti al Parlamento assolutamente inaccettabile e senza scusanti, se si considera che questi documenti vengono, poi, opportunamente osservati da parte delle competenti sedi europee;
   inoltre, si evidenzia che non esiste alcun obbligo di legge per cui la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2014 Doc. LVII n. 2-bis allegato III (programma delle infrastrutture strategiche) debba riportare la Tabella 1 delle revoche e delle riassegnazioni di legge obiettivo, nella considerazione che relativamente ai contenuti dell'allegato infrastrutture con cui si aggiorna il Programma delle infrastrutture, strategiche (PIS), l'articolo 1, comma 1-bis, della legge n. 443 del 2001 dispone chiaramente ed espressamente che (comma 1-bis) «Il programma da inserire nel Documento di programmazione economico-finanziaria deve contenere le seguenti indicazioni: a) elenco delle infrastrutture e degli insediamenti strategici da realizzare; b) costi stimati per ciascuno degli interventi; c) risorse disponibili e relative fonti di finanziamento; d) stato di realizzazione degli interventi previsti nei programmi precedentemente approvati; e) quadro delle risorse finanziarie già destinate e degli ulteriori finanziamenti necessari per il completamento degli interventi»;
   a questo punto sorge il seguente dubbio: tanto più che non esiste alcun obbligo di legge per allegare la predetta Tabella 1 alla nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2014 Doc LVII n. 2-bis allegato III (programma delle infrastrutture strategiche), ma lo si fa comunque, non si comprendono i motivi per cui lo si faccia in modo errato, considerato che la predetta tabella appare, come si è detto, del tutto sballata ed incongruente con quanto risulta, ad oggi, pubblicato dal sito del CIPE aggiornato alla data del 31 luglio 2014;
   non si tratta quindi secondo gli interroganti di una «Errata lettura di una tabella della Nota di Aggiornamento del DEF 2014», ma dell'inserimento, nell'ambito di tale delicatissimo documento di una Tabella di riferimento completamente errata;
   il Ministero ha rassicurato che nella Tabella 2 dell'Allegato infrastrutture «Stato dell'arte e degli avanzamenti del programma infrastrutture strategiche», alla voce «Ponte Stretto Messina», non risultano stanziamenti. Pur tuttavia, considerati gli errori contenuti nella citata nota di aggiornamento, appare chiaro che la questione relativa al Ponte sullo Stretto di Messina debba essere chiarita in primo luogo dal punto di vista politico, perché il Governo come avrebbe potuto compiere grossolani errori nel riportare i dati nella Tabella 1, potrebbe anche averlo fatto formalizzando i dati della Tabella 2;
   inoltre, considerato che in numerosi articoli di stampa nazionale e locale dello scorso mese si legge che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha dichiarato che «Il Ponte sullo Stretto di Messina è assolutamente indispensabile e necessario» e in risposta ad interrogazioni parlamentari presentate da altri deputati ha ribadito che «l'idea del ponte sullo stretto di Messina non può, su un piano strategico e trasportistico, ritenersi archiviata»;
   in questi ultimi giorni, sul quotidiano on line Siciliainformazioni.com è apparso un articolo della redazione intitolato «Resuscita il Ponte sullo Stretto ? Cordata straniera lo vuole realizzare» dove si legge chiaramente che anche altri esponenti dell'attuale Esecutivo non intendono in alcun modo archiviare il dossier relativo alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina;
   in particolare, detta intenzione, viene ora manifestata non solo dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, onorevole Ministro Lupi (NCD), ma anche dal vice-ministro delle infrastrutture e dei trasporti, onorevole Riccardo Nencini (PSI) rivelando la possibilità di investitori stranieri pronti a realizzarlo;
   in tale articolo si legge «Il ponte di Messina è un'opera che non può dirsi archiviata: «Potrebbero esserci capitali stranieri interessati a realizzarlo». Lo dice il viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, Riccardo Nencini, che puntualizza come la sua «non è un'affermazione generica». Nencini vuole mettere il punto interrogativo interrogativo accanto alla frase il «ponte di Messina è un'opera archiviata». Anche perché si tratta di una infrastruttura «segnata da un fattore simbolico eccessivo», perché «collegata al nome e al cognome Silvio Berlusconi». Un'opera che, evidenzia, «ha generato nel tempo una frattura tra chi sta di qua e di chi sta là senza possibilità di ragionare sui contenuti». Per questo «fuori dai simboli», secondo il viceministro, «la domanda da porsi è se vi sia una utilità vera di quel ponte, una utilità per la mobilità delle persone e delle cose e quindi per la civiltà di un Paese»;
   i massimi rappresentati del Governo e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti continuano, dunque, a confermare che il dossier relativo alla realizzazione del Punte sullo Stretto di Messina non risulta affatto archiviato e che vi potrebbe essere addirittura una cordata straniera pronta a realizzarlo;
   rimane, infine, da chiarire quale sia il senso delle dichiarazioni recentemente rese dall'amministratore delegato di Salini-Impregilo, capo-fila del consorzio Eurolink che si trova in contenzioso con lo Stato per il pagamento delle penali. A margine dell'assemblea della predetta società, infatti, come riportato dalla stampa nazionale, l'A.D. di Salini-Impregilio ha dichiarato: «Siamo disponibilissimi a rinunciare alla penale, se il progetto ripartisse», sottolineando di non aver ricevuto alcuna richiesta dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, ma di averne parlato con lui poco tempo prima;
   in particolare non appare chiaro quanto ammontino complessivamente ad oggi le penali che lo Stato dovrebbe pagare per la mancata realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina –:
   se il Governo non intenda correggere immediatamente gli errori contenuti nella tabella n. 1 della nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2014 Doc. LVII n. 2-bis allegato III (programma delle infrastrutture strategiche) chiarendo in via definitiva la volontà politica dell'attuale Esecutivo nel riaprire il dossier teso alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, quali siano gli investitori stranieri interessati alla sua realizzazione e, infine, a riferire a quanto ammontino complessivamente, ad oggi, le penali che lo Stato dovrebbe pagare per la mancata realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. (4-06717)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   MARCHETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   dal mese di luglio 2014 in località Calmazzo, frazione di Fossombrone, in provincia di Pesaro e Urbino, ha iniziato la sua attività di lavorazione di metalli e vernici l'azienda Metalli Plastificati srl in cui i locali sono situati a poche decine di metri dal centro abitato e dalla scuola materna;
   la Metalli Plastificati srl è un'azienda che si occupa di lavorazione dei metalli ed offre tra gli altri servizi di verniciatura di superfici metalliche, lavori di smaltatura e di rivestimento di metalli, servizi di trattamenti chimici di parti metalliche con acido solforico; durante i cicli di produzione la fabbrica produce emissioni di fumi ed esalazioni di vernici;
   il testo unico delle leggi sanitarie (regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265), all'articolo 216 recita: «Le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre esalazioni insalubri o che possono riuscire in altro modo pericolose alla salute degli abitanti sono in un elenco diviso in due classi:
    la prima classe comprende quelle che devono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni;
    la seconda quelle che esigono speciali cautele per l'incolumità del vicinato»;
   il decreto del Ministero della sanità 5 settembre 1994 introduce la nuova e più recente classificazione di cui all'articolo 216 del testo unico delle leggi sanitarie (regio decreto n. 1265 del 1934) per cui le classi sono definite in base alle sostanze chimiche (produzione, impiego e deposito) ai prodotti e materiali impiegati (produzione, lavorazione, formulazione e altri trattamenti), oltre che al tipo attività industriali;
   il citato decreto prevede degli adempimenti a carico delle ditte per cui «il soggetto interessato, 15 giorni prima dell'inizio dell'attività, deve comunicare al Comune se l'attività rientra nell'elenco delle industrie insalubri e relazionare sulle cautele adottate al fine di tutelare la salute pubblica»;
   il medesimo prevede anche degli adempimenti a carico degli Enti per cui «il Comune, sentito il parere dell'ASL competente, conferma o modifica la classificazione di industria insalubre, notificando il risultato all'interessato» e soprattutto, riserva al Sindaco «la competenza, sentita preventivamente l'ASL competente, di vietare l'attività o assoggettarla a particolari cautele nell'interesse della salute pubblica»;
   le attività dell'azienda Metalli Plastificati, secondo il decreto ministeriale 5 settembre 1994, rientrano nella categoria considerata di prima classe, ossia sono considerate insalubri;
   la popolazione residente nella frazione di Calmazzo ha sottoscritto una petizione popolare, raccogliendo anche cinquanta firme, ed ha indirizzato la stessa alla procura della Repubblica di Pesaro e Urbino, alla prefettura, al comune di Fossombrone, all'Arpam di Ancona ed all'Asur di Fano per denunciare l'esistenza della fabbrica di verniciatura all'interno del centro abitato le cui attività, secondo il decreto ministeriale 5 settembre 1994, rientrano nella categoria considerata di prima classe, ossia sono considerate insalubri;
   la ditta Metalli Plastificati srl con documento inviato in data 28 febbraio tramite Suap ha manifestato volontà di voler esercitare una lavorazione (verniciatura elettrostatica a polvere) rientrante nell'elenco delle attività insalubri di cui all'articolo 216 del regio decreto n. 1265 del 27 luglio 1934 ed individuate dal decreto ministeriale 5 settembre 1994;
   in data 10 marzo 2014, il Sindaco del Comune di Fossombrone ha provveduto ad emettere un divieto di inizio dell'attività produttiva della ditta Metalli Plastificati srl, riconosciuta come industria insalubre di prima classe, nel capannone (ex-Sicap) ubicato in frazione Calmazzo;
   l'amministrazione comunale, ha ravvisato nelle comunicazioni sopra indicate alcuni gravi incongruenze e mancate dichiarazioni della ditta al momento dell'adesione all'autorizzazione semplice come l'entrata in vigore in data 13 giugno 2013, decreto del Presidente della Repubblica n. 59 in cui è prevista l'applicazione del procedimento AUA, nonché la classificazione del fabbricato utilizzato per le attività della Metalli Plastificati srl tuttora censito come deposito e non come laboratorio;
   il 3 ottobre 2014, in seguito ad un'ispezione dei tecnici dell'Arpam effettuata in data 1o agosto 2014 durante la quale è stata riscontrata la presenza di vasche di decapaggio e di sgrassaggio in violazione del decreto legislativo n. 152 del 2006 visto che per tale attività è prevista la procedura di screening di VIA, la Metalli Plastificati srl ha ricevuto formale diffida da parte della provincia di Pesaro ed Urbino a rimuovere l'acido solforico ed i residui di metalli dalle suddette vasche entro sette giorni dal momento della notifica;
   i residenti hanno più volte manifestato grossi disagi, riscontrati anche dal locale comando di polizia municipale con rapporti scritti, per la presenza di esalazioni dovuti all'uso di prodotti chimici e vernicianti;
   a soli 56 metri lineari dai locali utilizzati per le dannose ed insalubri attività della Metalli Plastificati srl esiste un edificio che ospita una scuola materna ed una scuola primaria dove tutti i giorni si recano i bambini residenti nella frazione di Calmazzo e provenienti dalle zone limitrofe –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto espresso in premessa, se intenda promuovere una verifica del comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente circa lo stato dei luoghi e quali iniziative si intendano assumere per salvaguardare un'area sottoposta al vincolo paesaggistico PS08 (Massiccio del Furlo). (4-06713)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   SORIAL. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Autorità bancaria europea (Eba) ha pubblicato a metà ottobre un'indagine sui compensi complementari o discrezionali che vengono assegnati al top management delle banche dell'unione europea, sottolineando come alcuni gruppi bancari, in totale 39, abbiano attuato un escamotage per aggirare i limiti imposti dalle direttive europee sui bonus dei supermanager;
   l’escamotage consisterebbe nel classificare alcune componenti complementari nella parte fissa dello stipendio, in particolare nel rapporto tra remunerazione variabile e fissa previsto dalle norme europee fino al 100 per cento della retribuzione fissa o fino al 200 per cento se approvato dall'assemblea degli azionisti;
   le componenti discrezionali o complementari sono fiorite, spiega l'Eba, proprio dopo l'approvazione delle direttiva: l'Eba aveva già spiegato che le componenti complementari della remunerazione, denominate «role-based» per essere considerate parte fissa della remunerazione dovevano avere carattere «permanente», mentre nei fatti hanno invece carattere discrezionale, cosicché le banche possono alzare queste componenti in maniera «unilaterale e senza alcuna giustificazione», come sottolinea l’authority europea;
   l'Eba avrebbe invitato le autorità europee competenti a muoversi in questa direzione imponendo agli istituti di credito di classificare correttamente questa voce nella parte variabile dei compensi entro il 31 dicembre del 2014, «in modo da impedire l'aggiramento della direttiva europea sui limiti ai bonus» –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti in premessa e se non consideri necessario assumere iniziative per quanto di competenza anche in considerazione delle cospicue risorse che lo Stato riserva agli istituti bancari per aiutarli a sopravvivere alla crisi economica e in considerazione del ruolo che dovrebbero svolgere a favore della società e non certo di una spartizione delle risorse in questione tra manager. (4-06712)


   CATALANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 19 Marzo 2013 la Guardia di finanza di Palermo, su disposizione della procura della Repubblica, diede corso all'operazione lost pay sull'intero territorio nazionale;
   tale operazione conseguì a minuziosi accertamenti, svolti dal predetto organo di P.G., che consentirono di portare alla luce una presunta truffa in danno di migliaia di cittadini;
   risultano oggetto di accertamenti per i fatti in questione anche taluni direttori di Uffici Postali – come si legge nel comunicato della procura – per eventuali violazioni della normativa antiriciclaggio;
   risulta all'interrogante che le somme non oggetto di segnalazione ammonterebbero a circa 30 milioni di euro;
   la materia della lotta al riciclaggio di denaro sporco e finanziamento del terrorismo è disciplinata dal Decreto legislativo 231 del 2007 laddove, con riferimento alle procedure in materia di applicazione delle sanzioni amministrative, si fa riferimento alla legge n. 689 del 1981 (articolo 60);
   quest'ultima legge, con l'articolo 11, stabilisce i criteri per l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie e prevede che: «nelle determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche»;
   in caso di omessa segnalazione di operazioni sospette all'unità di informazione finanziaria (UIF), salvo che il fatto non costituisca reato, la sanzione pecuniaria oscilla dall'10 per cento al 40 per cento dell'importo dell'operazione non segnalata. Nei casi più gravi e rilevanti è prevista anche la pubblicazione del decreto sanzionatorio su due quotidiani di cui uno economico a cura e spese del sanzionato –:
   di quali notizie sia a conoscenza Governo;
   quale sarebbe l'ammontare della sanzione eventualmente irrogata o irrogabile alla Società;
   se e come sia possibile intervenire al fine di evitare che un simile esborso di danaro sia imputato alle casse della società pubblica. (4-06714)


   PICCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   recenti notizie di stampa, riportano il caso della società Tank sgr che è stata prima in data 15 novembre 2011 messa in liquidazione volontaria e poi, con un decreto emanato dal Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), del 9 luglio 2014 protocollo DT 54337 basato su un provvedimento-segnalazione della Banca d'Italia, messa in liquidazione coatta amministrativa (LCA);
   al decreto è stato fatto ricorso da parte della società ritenuta l'inesistenza dei motivi che possono normalmente comportare un provvedimento così grave;
   alla base del provvedimento, infatti, parrebbe non esservi stata nessuna delle due condizioni previste ovvero: né fatti di eccezionale gravità avvenuti nella società, soprattutto tenendo conto che gli organi in carica per la liquidazione volontaria da novembre 2013 erano stati sostituiti con soggetti nominati dalla stessa Banca d'Italia, né lo stato d'insolvenza che, come noto, deve essere pronunciato dal tribunale di competenza, cosa che a quanto consta all'interrogante non è peraltro avvenuta;
   nel passaggio dalla liquidazione volontaria a quello di liquidazione coatta amministrativa gli azionisti della Tank Sgr non risulta all'interrogante se siano stati informati; se così non fosse ci sarebbe una possibile lesione del diritto di contraddittorio;
   gli organi della liquidazione volontaria nominati da Banca d'Italia e quelli della liquidazione coatta amministrativa sono rimasti gli stessi, benché con ruoli diversi ed evidenti problemi di potenziali conflitti di interesse;
   il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa si riflette anche sull'ormai unico fondo gestito dalla società di gestione del risparmio, con conseguenze molto gravi descritte in seguito per creditori e investitori, allorché potrebbe ad esempio essere trasferito ad altra sgr per una liquidazione e preservando gli interessi di tutti gli stakeholder;
   l'operato degli organi nominati da Banca d'Italia ad avviso dell'interrogante starebbe, in questo modo, mettendo a rischio tutti gli stakeholder interessati (creditori sociali sia del fondo che della sgr, banche, investitori) non preservando gli interessi degli stessi nella adeguata e ordinata liquidazione degli asset del fondo;
   infine a seguito di quanto sopra, e in assenza di un intervento urgente, il fondo potrebbe a brevissimo vedere ceduti tutti i suoi asset con modalità che appaiono vessatorie e similari a forme espropriative con la conseguenza che gli stakeholder si vedrebbero depauperati dei loro investimenti, perdendo sino al 100 per cento di quanto investito, il tutto solo per effetto di una quantomeno incoerente gestione del processo di liquidazione, condotto, al avviso dell'interrogante, a velocità priva di ogni logica e a discapito della preservazione dei reali valori di mercato, già da sempre espressi agli investitori a valori molto più alti nei rendiconti semestrali, sulla base di perizie redatte da esperti indipendenti di fama mondiale –:
   se il Ministro dell'economia e delle finanze fosse al corrente di quanto in premessa prima dell'emanazione del decreto e, qualora non lo fosse stato, se non intenda intraprendere urgenti iniziative anche, in via cautelativa, sospendendo l'attuazione del decreto per verificare e approfondire quanto in premessa;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il ministro dell'economia e delle finanze a tutela di creditori e investitori del fondo e della società di gestione del risparmio in quanto, laddove questo processo non venisse fermato al più presto, gli stessi vedrebbero svanire i propri crediti per via della cessione degli asset detenuti dal fondo con modalità in pieno contrasto con la logica della «corretta ed ordinata liquidazione e conseguente fuoriuscita del mercato». (4-06715)


   GUIDESI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto contenuto nelle pubblicazioni degli stress test sui principali istituti di credito europei effettuati della BCE che ha messo sotto esame la solidità patrimoniale delle maggiori banche europee, si rende al più presto necessario rafforzare gli attivi di bilancio del Monte dei Paschi di Siena e del gruppo Genovese Carige, per un valore complessivo di 2,9 miliardi;
   la BCE, infatti, ha concesso 15 giorni di tempo ad entrambi gli istituti per presentare un piano di rientro da mette in atto entro i prossimi 9 mesi: Banca Carige ha già firmato un accordo con Apollo Management Holdings per la cessione delle assicurazioni Carige che porterà nelle casse del banco genovese 310 milioni, su un totale di ammanco di 814 milioni, mentre la Banca senese ha tempo fino al 10 novembre per presentare alla Banca centrale europea un piano per il rientro dello shortfall di 2,1 miliardi, al lordo del recente aumento di capitale di 5 miliardi che ha già colpito gli azionisti della banca;
   ad oggi, si prospettano diverse possibili strade di intervento per il piano di rientro, secondo una strategia in due fasi, messa a punto insieme ai due advisor Ubs e Citigroup: da un lato, le azioni sul breve periodo per il rientro dei 2,1 miliardi, dall'altro, il monitoraggio del mercato europeo e internazionale del credito al fine di comprendere se ci siano le premesse per un'aggregazione;
   una delle ipotesi, avanzate da alcune case di affari, potrebbe essere un ulteriore aumento di capitale, che sarebbe quindi il quarto dal 2008, poiché le analisi economiche stimano che la cessione della quota nella joint venture assicurativa potrebbe garantire un contributo di soli 280 milioni, che sarebbe, quindi, insufficiente;
   la seconda ipotesi, molto probabile secondo gli organi di stampa economici che riportano indiscrezioni sulle possibili consultazioni avviate dagli advisor per sondare la disponibilità di grandi gruppi finanziari ad un'eventuale aggregazione, è invece una fusione-salvataggio con un partner italiano o straniero;
   ma la misura a brevissimo termine da poter presentare alla deadline europea a Francoforte sembrerebbe venire proprio dal Ministero dell'economia e della finanze, il cui Dipartimento del Tesoro avrebbe aperto alla possibilità di un rinvio del rimborso dei Monti bond: il Sole 24 Ore dà infatti notizia che il vertice di Mps, guidato dal presidente Alessandro Profumo, si sarebbe immediatamente recato al Ministero dell'economia e delle finanze, all'indomani della vertiginosa caduta in borsa dovuta alla pubblicazione dei risultati degli stress test, che ha visto la banca perdere il 21,5 per cento e bruciare in un giorno un miliardo di capitale;
   il nodo centrale del confronto sarebbe stato proprio il piano di recupero Mps da seguire nei prossimi mesi e, secondo quanto si apprende, al vertice Ministero dell'economia e delle finanze si sarebbe approfondito in particolare il tema dei Monti bond;
   come noto, il Monte dei Paschi oltre due anni fa ha incassato bond per circa 4 miliardi, di cui ne sono stati restituiti solo 3, a inizio luglio di quest'anno, grazie all'ultimo aumento di capitale: l'ipotesi che venga rimborsato entro il 2016, cioè nel triennio preso in esame dagli stress test, ha contribuito per 760 milioni a creare lo shortfall di capitale stigmatizzato dalla Bce;
   conseguentemente, al vertice, si sarebbero esaminate le possibilità alternative, cioè il mantenimento in essere del prestito obbligazionario oppure la conversione in azioni;
   il direttore Ministero dell'economia e delle finanze con delega alle banche, Alessandro Rivera, ha dichiarato a Reuters che il Ministero non si opporrà alla richiesta da parte della Banca senese di ritardare il rimborso dell'aiuto di Stato, secondo quanto stabilito nella clausola contrattuale che disciplina questa possibilità;
   lo stesso Davide Serra, il fondatore del fondo Algebris, ha chiesto pubblicamente conto ad importanti esponenti della passata dirigenza del Partito democratico, oggi contrari alla speculazione finanziaria ad alto rischio, della disastrosa situazione del Monte dei Paschi di Siena, facendo riferimento a personali responsabilità politiche nell'ammanco di 7 miliardi della Banca senese;
   appaiono all'interrogante chiare le responsabilità nella gestione finanziaria del Monte dei Paschi di Siena che ha portato l'istituto bancario, prima, sull'orlo del fallimento, evitato solo grazie all'intervento statale nella ricapitalizzazione, ed ora ad un ulteriore agevolazione grazie ad un differimento del dovuto rimborso –:
   quali siano le intenzioni del Ministro interrogato circa le azioni che il dipartimento del tesoro intraprenderà sulla questione del rimborso dei Monti bond, tenendo conto della necessità di non far ricadere ulteriormente le conseguenze di una poco avveduta gestione finanziaria sugli azionisti, sopratutto di piccole dimensioni, e sui clienti dell'istituto in generale. (4-06721)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   si rivela sempre più preoccupante e non priva di strumentalizzazioni la situazione di stallo venutasi a determinare all'INGV-Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, prestigioso ente di ricerca ben noto nella comunità scientifica internazionale e Centro di competenza essenziale nel Servizio nazionale della protezione civile, a seguito delle presunte incompatibilità di carica per quasi tutti i membri del consiglio d'amministrazione dell'ente, sollevate dal Collegio dei Revisori, sorprendentemente a ben due anni dal proprio insediamento ed in concomitanza del piano assunzioni del personale;
   l'INGV, infatti, è in procinto di dare attuazione al piano assunzioni del personale a seguito dell'attribuzione di 200 unità assegnata alla fine dello scorso anno, da poter collocare nell'arco del quinquennio 2014-2018 in virtù del decreto-legge n. 104 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128 del 2013 e del decreto attuativo n. 300 del 2014 rispondendo così alle tormentate vertenze ed alle aspettative di una consistente parte di dipendenti precari in forza all'Istituto;
   a seguito di tali rilievi ipotizzati dal collegio dei revisori con verbale n. 20 del 2014, a cui hanno fatto seguito esaustivi chiarimenti e confutazioni delle ipotesi di incompatibilità da parte del presidente dell'INGV e di tre componenti su cinque del Cda, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca quale Ministero vigilante, con proprie note prot. 16372 del 25 settembre 2014 ha invitato il Cda dell'INGV a non deliberare su «temi sensibili», senza peraltro specificarne la natura e senza alcun riferimento alle controdeduzioni dei componenti del Cda, altrettanto legittime;
   da quanto è dato conoscere, si sarebbe sorprendentemente verificata un'anomalia nella seduta del collegio dei revisori di cui al verbale n. 20 del 2014, per il fatto che alla riunione ha preso parte anche un membro supplente, il quale avrebbe sottoscritto il relativo verbale in apparente contrasto con norme regolamentari di cui alla determinazione della Corte dei conti n. 1627 del 10 novembre 1981 ed alla circolare del Ministero dell'economia e delle finanze n. 30 del 1o luglio 2004, circostanza che avrebbe determinato l'inficiamento del collegio;
   che la seduta del Cda convocata d'urgenza dal Presidente dell'INGV per il 15 ottobre 2014, nel cui ordine del giorno erano previste comunicazioni riguardanti l'attuazione del Piano assunzioni del personale e la situazione della direzione generale dell'INGV, è stata rinviata a causa di una nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca notificata la stessa mattina, con cui veniva convocata una riunione al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca due giorni dopo;
   appaiono sempre più evidenti i tentativi mirati a far commissariare l'INGV, evento quello di un commissariamento che risulterebbe non solo infondato ed ingiustificato, ma devastante per l'assetto dell'ente di ricerca e compromissorio dell'urgenza attuativa del piano assunzioni –:
   quali misure intenda intraprendere ed attuare il Ministro interrogato, con la necessaria urgenza, al fine di restituire al consiglio d'amministrazione dell'INGV la pienezza dei suoi poteri, passando con ogni urgenza all'attuazione del piano assunzioni con il contingente dei primi 40 posti entro il corrente anno, scongiurando la perdita della posta di spesa già attribuita;
   se abbia potuto accertare con il necessario rigore giuridico a posizione del collegio dei revisori, alla luce della normativa regolamentare citata in premessa, la quale non prevede eccezioni o giustificazioni di sorta in merito alle sedute del collegio nonché la nullità di fatto del predetto verbale n. 20 del 2014 dello stesso collegio.
(2-00736) «Ribaudo, Berretta, Culotta, Moscatt, Fragomeli, Iacono, Giulietti, Misiani, Zardini, Bargero, Burtone, Piepoli, Capodicasa, Marchi, Zappulla, Lauricella, D'Arienzo, Catalano, Taranto, Scuvera, Narduolo, Amoddio, Boccuzzi, Manfredi, Ventricelli, Camani, Chaouki, Raciti, Albanella, Greco, Gullo».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, LUIGI GALLO, MARZANA, DI BENEDETTO, VACCA, BRESCIA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel 2010, durante il quarto Governo Berlusconi, si aprì un grande dibattito sulla riforma della scuola realizzata dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Mariastella Gelmini e costituita da un insieme di atti normativi riguardanti il settore dell'istruzione noti a tutt'oggi come riforma Gelmini;
   i decreti del Presidente della Repubblica numeri 87-88-89/2010 hanno prodotto un drastico ridimensionamento dell'insegnamento della geografia, sia come presenza nei vari indirizzi di studio, sia come monte ore totale all'interno dell'unico corso nel quale è sopravvissuta, l'Istituto tecnico commerciale, ove, da 8 ore settimanali, è stata ridotta a 6 subendo l'ulteriore e gravissima penalizzazione di passare da materia di indirizzo e di sintesi interdisciplinare (geografia economica) al triennio, a disciplina generica (geografia) al biennio, peraltro mantenendo i programmi sostanzialmente invariati;
   la disciplina scompare inoltre dagli istituti tecnici nautici e aeronautici, dagli istituti professionali per il commercio, nei quali era insegnata nella importante declinazione della «geografia economica», mentre nei bienni dei licei viene accorpata alla storia, divenendo una nuova disciplina «storia e geografia», il cui insegnamento è stato attribuito agli insegnati di lettere. Permane invece l'insegnamento della Geografia turistica, con 6 ore settimanali, nel triennio dell'indirizzo turistico che il nuovo ordinamento ha dirottato dagli istituti professionali ai tecnici commerciali;
   tale ridimensionamento ha generato le reazioni delle organizzazioni sindacali, che hanno denunciato la conseguente riduzione di organico e gli ulteriori licenziamenti di docenti precari, quelle dei geografi, che hanno lanciato la petizione: «appello in favore dell'insegnamento della geografia», così come quelle dell'Associazione italiana insegnanti di geografia che tramite il suo presidente, il dottor Gino De Vecchis, denunciò come «moltissimi studenti sono stati privati di strumenti di comprensione e di conoscenza che appaiono irrinunciabili per affrontare le sfide del mondo contemporaneo, o vedranno questi stessi strumenti resi marginali e inefficaci a causa dei tagli subiti»;
   durante il suo mandato il Ministro Maria Chiara Carrozza ha invece leggermente potenziato lo studio della geografia, come si evince dall'articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 104 del 2013, recante «Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128 del 2013, con cui ha disposto di ampliare l'offerta formativa del biennio degli istituti tecnici e professionali con un'ora in più di «Geografia generale ed economica»;
   attualmente la geografia è classificata come disciplina atipica e il suo insegnamento è attribuito non solo ai docenti specialistici della classe di concorso A039, ma anche ai docenti soprannumerari di altre classi di concorso (A050 e A060), quasi sempre sprovvisti della necessaria abilitazione;
   tutto ciò avviene nonostante l'ordinamento delle classi di concorso e i relativi insegnamenti siano disciplinati dai decreto ministeriale 39 del 1998 e, nelle tabelle allegate a detto decreto ministeriale, siano specificati per ciascuna classe di concorso i titoli di studio validi per l'ammissione ai concorsi a cattedre, diversi per le due classi di concorso de quo;
   anche il professor Francesco Greco, Presidente dell'Associazione Nazionale Docenti, in una nota del 2013 inviata al Capo del dipartimento per l'istruzione, dottoressa Lucrezia Stellacci, denunciò questa grave anomalia scrivendo nella suddetta nota: «Ci pervengono segnalazioni nella formulazione degli organici di diritto di una errata attribuzione delle ore di Geografia 39/A ad altra classe di concorso (scienze naturali — 60/A). Ciò avviene in diverse province e determina un'indebita sottrazione di posti e di cattedre all'insegnamento di Geografia e il conseguente esubero di docenti appartenenti a tale classe di concorso (39/A), ma anche un grave nocumento nel diritto degli studenti ad apprendere quanto è previsto dall'ordinamento del percorso di studi intrapreso.»;
   l'anomalia sopra esposta è stata oggetto della nota ministeriale n. 679 del 4 maggio 2012 che conteneva la seguente specifica: «le ore di geografia in questione devono essere assegnate prioritariamente ai titolari della 39/A e, solo in fase residuale, al fine di evitare la creazione di situazioni di esubero (da definirsi a livello provinciale e non della scuola di titolarità come ben specificato dalla nota Usr Toscana del 7 luglio 2013), ai titolari della 60/A»; «Di conseguenza, ad integrazione e a chiarimento di quanto comunicato con la nota n. 2320 del 29 marzo 2012, che ha trasmesso l'elenco delle classi di concorso su cui confluiscono le discipline relative ai primi tre anni degli istituti di secondo grado, si precisa che le ore di geografia in questione devono essere assegnate prioritariamente ai titolari della 39/A e, solo in fase residuale, al fine di evitare la creazione di situazioni di esubero, ai titolari della 60/A. Ne consegue altresì che, in presenza di soprannumero, non deve procedersi alla redazione di una unica graduatoria tra i titolari delle due classi di concorsa»;
   nonostante questi chiarimenti ministeriali risulta evidente come, a livello di istituto, vengano invece attribuite le assegnazioni di ore della classe A039 ad altre classi di concorso e non solo in fase residuale come riportato nella suddetta nota. Nello scorso anno scolastico ciò ha comportato, come riportato dall'Associazione italiana insegnanti di geografia, un esubero di ben 112 docenti di ruolo su circa 1.200 titolari della classe di concorso A039;
   la nota ministeriale n. 3119, emanata il 1o aprile 2014 e recante l'assegnazione insegnamenti alle classi di concorso 2014-2015, prevede che «al fine di evitare la creazione di personale in esubero le ore di geografia degli indirizzi “Amministrazione, finanza e marketing” e “Turismo” possono essere affidate non solo alla classe titolata, la 39/A, ma anche ai titolari della 60/A e l'ora di Geografia generale ed economica prevista dall'articolo 5, comma 1, del decreto legge 12 settembre 2013, n. 104 convertito, con modificazione, dalla legge 8 novembre 2013 n. 128, in fase residuale, può essere assegnata alla 50/A e 60/A»;
   si assiste, dunque ad una reiterata e anomala attribuzione delle ore di insegnamento a docenti non aventi titolo e, quindi privi del curriculum prescritto, che viola l'articolo 33 comma 3 della Costituzione che sancisce: «È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale». Tutto ciò, inoltre, danneggia direttamente la classe di concorso A039 e il personale precario avente titolo, in particolare i nuovi insegnanti abilitati dai corsi di tirocinio formativo attivo e percorsi abilitati speciali della suddetta classe;
   nonostante l'impossibilità oggettiva per i docenti precari della cdc A039 di accedere all'insegnamento, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il decreto ministeriale n. 249 del 2010, continua a prevedere l'attuazione dei corsi di tirocinio formativo attivo per la classe di concorso A039 e a formare docenti che si vedono poi impedita la possibilità di spendere il titolo acquisito;
   oltre alla suddetta violazione di una norma costituzionale, l'attribuzione delle ore di insegnamento a docenti privi del titolo richiesto danneggia direttamente la classe di concorso A039 e il personale precario avente titolo, con particolare riferimento ai nuovi insegnanti abilitati dai corsi di tirocinio formativo attivo della suddetta classe di concorso;
   nonostante l'impossibilità oggettiva per i docenti della classe di concorso A039 di svolgere concretamente la propria professione, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il decreto ministeriale n. 249 del 2010, continua a prevedere l'attuazione dei corsi di Tirocinio formativo attivo e dei percorsi abilitanti speciali per la classe di concorso A039 e a formare docenti che di fatto si vedono poi impedita la possibilità di spendere il titolo acquisito;
   anche nel dossier «La Buona Scuola» non risulta alcun riferimento all'ampliamento dell'insegnamento della geografia, come fa ben notare il coordinamento nazionale SOS Geografia tramite la voce del professore Riccardo Canesi, il quale dichiara con una lettera inviata ad Orizzonte Scuola e, ivi pubblicata il 21 ottobre: «È difficile concepire una “buona scuola” priva di un sapere essenziale che riguarda la conoscenza del mondo contemporaneo e delle trasformazioni — geomorfologiche, demografiche, economiche, politiche — che lo hanno reso tale. È necessaria, quindi, l'introduzione e la valorizzazione di un sapere essenziale e strategico come la Geografia Economica, a prescindere dall'indirizzo di studio e l'affidamento del suo insegnamento a docenti specializzati, formati adeguatamente e aggiornati quanto la disciplina stessa richieda»;
   nell'era del mondo globalizzato e della finanziarizzazione dell'economia, la «Geografia Economica» viene dunque relegata a materia subalterna e atipica, con la drammatica conseguenza di un'inesorabile banalizzazione di una delle poche discipline che fungono da punto di intersezione tra il mondo reale e quello scolastico. Questo va ad inficiare non solo sui docenti abilitati nella classe A039, gli unici con le competenze e i requisiti per insegnarla, ma soprattutto sulla formazione dei ragazzi, di quelle generazioni cioè che di questa società rappresentano le future risorse umane e dovrebbero governarla e renderla migliore –:
   come intenda intervenire, presso gli uffici regionali Scolastici e gli ambiti territoriali provinciali, affinché le note ministeriali in premessa vengano correttamente applicate nella formulazione degli organici valutando le situazioni degli esuberi a livello provinciale e non di istituto, come già specificato dalla nota dell'usr toscano del 7 luglio 2013, in modo che i docenti della classe di concorso A039 possano insegnare la disciplina in cui hanno ottenuto l'abilitazione;
   se non intenda operare il ripristino del precedente monte ore previsto per l'insegnamento della geografia ove sia stata ridimensionata e ove sia stata eliminata, assumendo iniziative per modificare le disposizioni cosiddetta riforma Gelmini e reintroducendo la corretta dizione «Geografia Generale ed Economica»;
   se non veda come prioritaria la necessità di superare la fase di atipicità assegnata alla classe di concorso A039, assegnando nuovamente l'esclusività dell'insegnamento della Geografia a questa classe di concorso e ponendo fine all'attuale situazione di esubero di docenti di ruolo della medesima classe;
   se non intenda operare al fine di reintrodurre la disciplina al triennio dell'istituto tecnico commerciale, come è sempre stato in passato, in modo di poterne sfruttare a pieno le potenzialità formative interdisciplinari e di interpretazione della società contemporanea.
(5-03931)

Interrogazione a risposta scritta:


   SIBILIA, DE ROSA, SCAGLIUSI, TOFALO, COLONNESE e PETRAROLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia è ente pubblico nazionale di ricerca vigilato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed è stato autorizzato con decreto-legge n. 104 del 12 settembre 2013, convertito dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, ad assumere, nel quinquennio 2014-2018, 200 unità di personale ricercatore, tecnologico e di supporto alla ricerca, in scaglioni annuali di 40 unità di personale, nel limite di una maggiore spesa di personale pari a 2 milioni di euro nell'anno 2014, 4 milioni di euro nell'anno 2015, 6 milioni nell'anno 2016, 8 milioni di euro nell'anno 2017 e 10 milioni di euro a partire dell'anno 2018;
   nonostante i mesi passati dall'emanazione del decreto a firma del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 5 maggio 2014 (protocollo n. 300) con il quale si autorizzava ad assumere il suddetto personale, il Consiglio di amministrazione emanava la delibera n. 147 del 5 agosto 2014 con la quale disponeva il parziale scorrimento delle prime 40 posizioni da attingersi dalle graduatorie disponibili, senza avere un quadro complessivo ed organico relativo alle 200 posizioni previste dalla legge;
   a parere degli interroganti tale determinazione risulta insufficientemente motivata, in particolare rispetto allo scorrimento parziale di alcune graduatorie. Inoltre, a differenza di quanto emerso dalla richiamata delibera, non è stato richiesto il parere del collegio dei revisori. Tutto questo, espone l'INGV ad un contenzioso elevato con un alto rischio di soccombenza;
   ciò è avvenuto in un periodo in cui all'interno dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia si respira un clima non proprio sereno, dovuto ai presunti conflitti di interesse e incompatibilità che interesserebbero il professor Stefano Gresta in qualità di presidente dell'ente e i dottori Alessandro Pino e Antonio Meloni in qualità di componenti del consiglio di amministrazione interni all'ente in quanto eletti dalla comunità scientifica di riferimento come previsto dallo statuto dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia;
   in applicazione del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nella qualità di organo vigilante, ha richiesto ripetutamente l'INGV il rispetto di tale normativa, in particolare con nota del 27 febbraio 2014 protocollo Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca 4590, chiedendone i relativi riscontri. Successivamente, considerata l'inerzia dell'INGV stesso, il collegio dei revisori dei conti dell'INGV, ha sollecitato il responsabile della prevenzione della corruzione dell'ente, chiedendo una relazione dettagliata, al fine di conoscere gli eventuali profili di incompatibilità che interessavano gli organi di vertice;
   la suddetta relazione è stata prodotta in data 24 giugno 2014, a cui ne è seguita una ulteriore in data 18 luglio 2014. Dall'analisi effettuata dal collegio dei revisori emergono chiaramente profili di incompatibilità diffusa, pertanto il predetto organo inoltrava tutta la documentazione al Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca;
   il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca in data 25 settembre 2014, inviava una nota all'INGV in cui chiedeva la rimozione delle limitazioni e dell'esercizio delle funzioni del presidente e del consiglio di amministrazione, rimanendo in attesa di chiarimenti da parte dell'Istituto. Tali chiarimenti sono stati sollecitati in data 10 ottobre 2014, in quanto quelli già prodotti dall'Istituto non potevano essere accolti;
   come risulta dal curriculum pubblicato sul sito dell'INGV il presidente è professore ordinario di sismologia e professore incaricato di fisica del vulcanesimo presso l'università di Catania;
   rispetto a quanto sopra esposto si evidenzia la presa di posizione degli altri due componenti di nomina ministeriale, che nello specifico hanno inviato in data 8 ottobre 2014 una nota di dissenso al presidente, al Consiglio di amministrazione, al collegio dei revisori ed al direttore generale –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto perdurante incompatibilità dell'INGV, vista la perdurante incompatibilità del presidente nonché degli altri tre membri del consiglio di amministrazione allo svolgimento dell'incarico;
   se il Governo non intenda procedere con urgenza alla nomina di un commissario ad hoc, che sostituisca l'attuale presidente con il relativo consiglio di amministrazione, persistendo a tutt'oggi anche in capo ad una parte di esso l'incompatibilità a gestire il processo di assunzione che risulta essere alquanto delicato, considerato l'elevato numero di precariato corrispondente a circa 400 unità di personale attualmente presenti nell'istituto.
(4-06719)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha già esposto in precedenti atti di sindacato ispettivo, la situazione di difficoltà in cui si trovano i lavoratori dell'azienda Evraz Palini e Bertoli di San Giorgio di Nogaro (Udine) che è chiusa dal mese di agosto 2013. Dopo i primi tre mesi di cassa ordinaria a ore zero – motivata da condizioni di mercato non favorevoli – si sta avvicinando il suo termine di scadenza, previsto per il 25 novembre 2014;
   ad oggi, non vi è stato alcun intervento dell'esecutivo per sollecitare un confronto con la proprietà della società e predisporre azioni a tutela dei lavoratori, che hanno quindi subìto non solo un disinteresse delle istituzioni ma altresì, in questo periodo di chiusura, una totale latitanza dei vertici dell'impresa;
   lo scorso 24 ottobre 2014, presso la regione, si è tenuto un incontro tra le parti sindacali, i referenti regionali ed i rappresentanti della Everaz. Questi ultimi hanno presentato – anche se solo verbalmente – il piano industriale che intenderebbero adottare;
   a quanto è dato sapere, non vi è l'intenzione di chiudere il sito produttivo di Nogaro, tuttavia, a causa delle condizioni del mercato dell'acciaio, non è possibile riprendere la produzione prima di novembre 2015;
   l'azienda punta su un piano di ristrutturazione che prevede la riduzione dei costi di produzione, innovazione tecnologica e riorganizzazione dell'impianto;
   l'Evraz ha intenzione di chiedere un ulteriore anno di cassa integrazione, per motivi di ristrutturazione. A riguardo, è stato precisato che non si intende anticipare la cassa integrazione ai lavoratori in quanto l'impresa si vuole avvalere del pagamento diretto da parte dell'Inps. Sul punto, i referenti della regione e dei sindacati hanno, invece, chiesto l'anticipo della cassa integrazione sia per non lasciare i lavoratori per mesi senza entrate, sia per garanzia della veridicità delle intenzioni dell'Everaz;
   sono state, infine esposte le misure che intenderebbe adottare la società anche in caso di ripartenza della produzione, in particolare, vi è l'intenzione di riorganizzare il personale senza effettuare tagli;
   il piano industriale così come esposto dai rappresentanti della Everaz genera una serie di perplessità, innanzitutto, perché non sussiste un concreto impegno scritto, in secondo luogo, non sono stati ritenuti ragionevoli la tipologia e l'ammontare degli investimenti che i vertici dell'impresa ritengono di dovere affrontare per la manutenzione e la ripartenza dell'impianto produttivo;
   inoltre, la Everaz continua a dichiarare che le cause della chiusura del sito di Nogaro sono imputabili alla crisi del settore del mercato dell'acciaio quando, invece, gli altri laminatoi dell'Aussa Corno sembra stiano lavorando a pieno regime facendo anche record di produzione –:
   anche considerando la totale assenza di interesse da parte dell'esecutivo per la situazione di crisi che stanno vivendo i lavoratori in questione, se il Ministro interrogato intenda, urgentemente, assumere iniziative al fine di promuovere un tavolo di concertazione tra le parti interessate, per favorire una corretta gestione delle relazioni industriali e sindacali e per favorire l'individuazione di un concreto piano industriale che consenta alla Evraz Palini e Bertoli di San Giorgio di Nogaro di salvaguardare gli attuali posti di lavoro. (5-03933)

Interrogazione a risposta scritta:


   MANTERO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, GRILLO, CECCONI, DALL'OSSO, SIMONE VALENTE, BATTELLI e DI VITA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Rodriquez cantieri navali, azienda privata italiana tra i principali operatori del settore navale a livello mondiale, tra i leader nella progettazione e produzione di: imbarcazioni veloci per il cabotaggio commerciale (aliscafi e traghetti), barche da diporto e imbarcazioni per la difesa, con cantieri a Messina, Napoli, Pietra Ligure (SV) e Sarzana (SP), è controllato dal Gruppo Immsi, facente parte del progetto autostrade del mare, un gruppo composto dal Cantiere, principale controllante, che aveva anche sede in Messina nel settore aliscafi in alluminio;
   il gruppo comprende, un cantiere Rodriquez sito a Pietra Ligure (SV), settore traghetti veloci, acciaio/alluminio, uffici di progettazione Rodriquez engeneering a Genova, uffici di progettazione e realizzo Rodriquez Marin System nel settore oliodinamica a Pietra Ligure, ed ha tra le controllate, il cantiere CONAM a Pozzuoli (NA) per settore yacht, il cantiere Intermarine a Sarzana (SP), settore militare con scafi in vetroresina, Rodriquez Du Brasil Rio de Janeiro in Brasile e uffici a Miami (USA);
   a distanza di pochi anni, nel 2006, viene aperta la trattativa per la conversione e riduzione delle aree industriali di circa 44 mila metri quadri fronte mare, del sito di Pietra Ligure SV, aprendo un percorso di riduzione del sito industriale e convertendo una quota ad edificabile, per una volumetria di 150 mila metri cubi (di cui circa 50 mila di edilizia abitativa, 16 mila di edilizia alberghiera, 6 mila di edilizia commerciale e il restante suddiviso tra parcheggi sotterranei, box e edilizia portuale), seguendo il percorso del cosiddetto decreto Burlando decreto del Presidente della Repubblica 2 dicembre 1997 n. 509, che pone, tra i tanti vincoli, la riconversione del sito industriale e il mantenimento della forza occupazionale esistente;
   dopo la trattativa e la garanzia da parte dell'azienda di effettuare tutta l'operazione rispettando i vincoli nell'arco di due anni, i lavoratori vengono messi in cassa integrazione ordinaria per ristrutturazione;
   in particolare, dal 17 settembre 2007 al 31 dicembre 2007 C.I.G.O. per ristrutturazione, dal 1o gennaio 2008 al 31 dicembre 2009 C.I.G.S. per ristrutturazione; dal 1o gennaio 2010 al 30 giugno 2013 C.I.G. in deroga per ristrutturazione, dal 1o luglio 2013 al 30 settembre 2013 C.I.G. in deroga per ristrutturazione sospesa, dal 1o ottobre 2013 (viene rifiutata la proposta di trasferimento al cantiere di Sarzana (SP), al 31 dicembre 2013 la C.I.G. in deroga, sospesa, è stata decretata e corrisposta. Dal 1o gennaio 2014 i dipendenti sono stati messi in C.I.G.S. per chiusura;
   l'ultimo accredito viene eseguito il 25 febbraio 2014, riguardo al mese di agosto, un ritardo, dunque, sui pagamenti di ben 8 mesi;
   nel frattempo l'azienda chiude i vari uffici, in ordine: uffici progettazione Rodriquez engeneering a Genova nel 2008, uffici progettazione e realizzo Rodriquez Marin System, il settore oliodinamica di Pietra Ligure (SV) viene ridotto e trasferito a Sarzana (SP), a seguire chiude il cantiere CONAM a Pozzuoli (NA), Rodriquez Du Brasil Rio de Janeiro, del Brasile, gli uffici a Miami (USA) e le attività collaterali;
   il 1o gennaio 2013 vi è una fusione per incorporazione: la Rodriquez, da controllore diviene controllata da Intermarine, la quale da controllata diviene controllore;
   a dicembre 2013, dopo più di 6 anni senza essere giunti alla presentazione di alcun progetto di riconversione, l'azienda decide di attivare la procedura di chiusura del sito, richiedendo per il 2014 la cassa straordinaria per chiusura per 12 mesi con opzione di altri 12 mesi, (decreto n. 81670 del 21 maggio 2014);
   il 22 aprile 2014 arriva la comunicazione dell'attivazione della procedura di messa in mobilità per tutti i dipendenti, successivamente siglata il 26 maggio 2014, presso l'unione Industriali di Savona;
   ancora una volta si parla di sprechi, l'azienda ha scaricato sui contribuenti il peso sociale della cassa in deroga; se si procedesse alla chiusura definitiva, con la firma del Ministro competente, allora l'azienda dovrebbe rifondere allo Stato tutta la cassa integrazione per ristrutturazione indebitamente e falsamente percepita, mentre agli operai andrebbe data la differenza tra cassa e stipendio; perdendo l'azienda anche i requisiti posti dal decreto Burlando, non si profilerebbe più come una riconversione, ma una vera speculazione edilizia;
   ovvero, se invece l'azienda vuole continuare con la riconversione, non può procedure alla chiusura e si deve fare carico della forza lavoro, ancora in essere, che negli anni, con prepensionamento e auto-licenziamento, si è ridotta a 13 unità;
   nell'ottobre 2004, la Rodriquez Cantieri Navali spa viene acquistata dall'IMMSI, società presieduta da Roberto Colaninno, che la controlla attraverso Omniapartecipazioni spa (39,59 per cento) e Omniainvest spa (4,04 per cento);
   da diverse fonti giornalistiche si apprende che il 19 novembre 2007 la finanziaria IMMSI è risultata aggiudicataria all'asta immobiliare indetta dall'Agenzia del demanio, per il valore di 17,4 milioni di euro, di un'area il cui valore era molto più elevato; l'IMMSI iniziò la procedura di conversione e riduzione delle aree industriali ottenendo l'accesso agli ammortizzatori sociali (cassa integrazione ordinaria, poi straordinaria, poi in deroga) per progetto di ristrutturazione; in seguito, nel 2013 viene avviata la procedura di chiusura del sito industriale con conseguente iter di messa in mobilità degli operai che nel frattempo non sono andati in pensione o non si sono licenziati;
   devono trovare considerazione, le osservazioni rilevate in una nota del WWF del 23 marzo 2014, circa la trasformazione urbanistica dei cantieri navali Rodriquez, nella quale si fa presente che:
    a) la «proposta variante al Piano della Costa non è stata sottoposta alla procedura di V.A.S. (valutazione ambientale strategica) in quanto la giunta regionale avrebbe ritenuto sufficiente una sola verifica di assoggettabilità motivando tale decisione dal fatto che tutte le modifiche sono in riduzione, e quindi ragionevolmente migliorative dal punto di vista ambientale», altresì si legge ancora, «si rende obbligatorio e quindi necessario, come nel caso del progetto in questione – sottoposto ad ulteriori verifiche, aggiornamenti e varianti progettuali – svolgere una V.A.S.». La suddetta mancanza violerebbe quanto previsto dalla direttiva 2001/42/CE e dal codice dell'ambiente riguardo all'obbligo di sottoporre a valutazione ambientale strategica tutti i piani e i programmi che abbiano rilevanti incidenze sull'ambiente, nonché con la vigente normativa regionale e gli indirizzi di applicazione;
    b) la realizzazione della nuova opera portuale rischierebbe alcune centinaia di migliaia di metri cubi di materiale tra terra e pietrame da scaricare in mare, come si legge nell'ultima versione progettuale relativa al progetto definitivo. Ciò impatterebbe sulla biodiversità in ambito marino dovuti all'attività di realizzazione delle opere costiere;
    c) nel procedimento condotto riguardo alla caratterizzazione naturalistica dei fondali interessati dall'ipotesi progettuale, non sarebbero state prese in specifica considerazione gli impatti negativi prodotti su le componenti ambientali indicate nella cartografia tematica regionale;
    d) vista la notevole vicinanza dell'opera portuale turistica di Loano oggetto di profonde erosioni costiere, si ritiene che gli studi effettuati siano carenti e che sia necessaria una profonda rivisitazione attraverso una procedura di valutazione ambientale strategica ad ampio spettro;
   altresì, il WWF in una precedente osservazione del 25 gennaio 2011, fa presente che la richiesta di concessione demaniale marittima, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 509 del 1997, per costruire un porto turistico, presentata dall'ingegnere Marco Ragazzini amministratore delegato pro tempore Società cantieri navali Rodriquez spa, pubblicata sul BURL n. 31 del 2 agosto 2006, appare viziata da criticità riscontrate nel procedimento di richiesta di concessione demaniale:
    il procedimento è inadeguato a garantire la pubblicità prescritta dal legislatore europeo, essendo la pubblicazione dell'istanza di concessione limitata addirittura al Comune nel quale è situato il bene demaniale;
    in considerazione della prevalenza del diritto comunitario su quello interno, non sussistono i presupposti per fondare l'obbligo dell'amministrazione di dar corso all'istanza di concessione presentata dalla società in questione;
    infine, essendo l'area interessata dal progetto risulta vincolata a livello paesaggistico dalla ex legge Galasso, si è rilevata una carente documentazione circa gli aspetti vincolistici di carattere paesistico-ambientale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tutto quanto in premessa;
   come sia stato possibile finanziare per oltre 6 anni con denaro pubblico (cassa integrazione) un progetto privato che non ha rispettato le indicazioni iniziali, passando dalla ristrutturazione alla chiusura dell'azienda;
   se non ritenga di assumere iniziative perché si accerti se sussistessero presupposti per la concessione della cassa integrazione per la ristrutturazione e, qualora mancassero, se non intenda verificare se possano essere recuperate le somme erogate, fatti salvi i diritti dei lavoratori;
   se ritenga opportuno che in una situazione di chiusura dell'azienda, siano ancora attive altre concessioni demaniali;
   se il Ministro interrogato, non ritenga necessario prevedere degli accertamenti degli atti amministrativi e delle procedure per garantire la linearità e la trasparenza di tutti i passaggi del complesso iter avviato e, in parte, ancora da concludere, in riferimento all'asta immobiliare indetta dall'Agenzia del demanio per il valore di 17,4 milioni di euro, nella quale il 19 novembre 2007 la succitata IMMSI di Colaninno è risultata aggiudicataria, sdemanializzando un'area dal valore ambientale e turistico così importante per un prezzo esiguo, e senza che nessun ente abbia esercitato il diritto di prelazione;
   se e quali misure si potrebbero adottare per garantire il totale reimpiego della residua forza occupazionale, adottando iniziative dirette ad ottenere la restituzione di quanto indebitamente percepito dalla proprietà in conseguenza di eventuali irregolarità nella gestione degli ammortizzatori sociali;
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario, dopo ripetute richieste, assumere informazioni in merito alla bonifica dell'amianto presente sul sito, considerato che a causa delle intemperie si sfalda disperdendosi nell'ambiente. (4-06720)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   LUPO, GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI e GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in Italia, la superficie agricola utilizzata è pari a circa 12 milioni e 750 mila ettari e le aziende agricole ammontano (2012) a 1.618.000. Le unità di lavoro annue (Ula) occupate nelle aziende agricole italiane sono 969.000, 190.000 delle quali dipendenti;
   come emerso dal censimento Istat dell'agricoltura del 2010, in 10 anni la forza lavoro nel settore agricolo è diminuita del 50,9 per cento, a favore della manodopera salariata, passata dal 14,3 per cento al 24,2 per cento. Le giornate/uomo mediamente lavorate risultano in aumento: da 42,3 a 64,8 l'anno. L'Istat sottolinea anche una variabilità territoriale quanto a irregolarità occupazionale: il primo posto spetta al Mezzogiorno dove il tasso supera la soglia del 25 per cento, (Campania e Calabria in testa). Esemplare il caso della Puglia. Secondo la Direzione regionale del lavoro nel 2013 è risultata in nero la metà dei lavoratori delle aziende sottoposte ad ispezione;
   le irregolarità riguardano nella gran parte dei casi anche il salario, che generalmente ammonta alla metà di quello previsto dai contratti. La manodopera familiare è utilizzata nella quasi totalità delle aziende agricole e copre il 76 per cento della manodopera complessiva;
   i settori in cui è più diffuso il lavoro sommerso (lavoro domestico, servizi di cura, costruzioni, agricoltura) sono anche quelli in cui è più elevata la presenza di lavoratori migranti. Il numero di cittadini stranieri occupati in agricoltura è in costante crescita rispetto al passato, per un totale pari a circa 42.000 unità in più rispetto al 2010 (Inea, 2012), e sono proprio loro a rappresentare la quota più consistente dei lavoratori irregolari nel settore agricolo;
   l'Eurispes, conferma che il sommerso del comparto agricolo nell'anno 2014 si attesta intorno al 32 per cento, circa 5 punti percentuali in più del 2011;
   il caporalato è un fenomeno criminale avente ad oggetto lo sfruttamento della manodopera con metodi illegali e la sua forma più diffusa è quella che riguarda la manodopera agricola nella quale, secondo il primo Rapporto su caporalato e agromafie realizzato da Flai Cgil, sarebbero coinvolti circa 400 mila lavoratori, il più delle volte braccianti stagionali;
   il caporalato è un reato perseguibile penalmente essendo considerato un «reato spia» di infiltrazioni criminali nel settore agricolo: si stima che il giro d'affari connesso alle agromafie sia compreso tra i 12 e i 17 miliardi di euro, il 5-10 per cento di tutta l'economia mafiosa, per la maggior parte giocato tra la contraffazione dei prodotti alimentari e il caporalato;
   in questo quadro generale si configurano situazioni limite come quelle di Vittoria, paese della provincia di Ragusa che oltre ad essere la patria del vino Cerasuolo di Vittoria Docg, è uno dei distretti ortofrutticoli più importanti d'Italia, con consistenti esportazioni in Italia e in tutt'Europa;
   da un'inchiesta del settimanale L'Espresso a firma Antonello Mangano, si evincono le condizioni di alcune delle donne costrette in schiavitù dal fenomeno del caporalato nelle terre di Vittoria: minacce dai datori di lavoro («Niente acqua da bere (ai bambini n.d.a.) Neanche a te. Qui c’è caldo e l'acqua che diamo alle serre è avvelenata. Vuoi andare al supermercato? E molto lontano») e denunce di «festini agricoli» (secondo Don Beniamino Sacco «Sono diffusi soprattutto nelle piccole aziende a conduzione familiare»);
   Vittoria, sempre da quanto emerge dall'inchiesta succitata: è il primo comune in Italia per numero di aborti in proporzione al numero di abitanti e per presenza di coltivazioni plastificate, per le quali vengono utilizzate quantità sproporzionate di pesticidi e in cui le donne, anche in stato di gravidanza, sono costrette a lavorare –:
   se, alla luce di quanto esposto in premessa e del crescente numero di lavoratori soprattutto stranieri coinvolti nel fenomeno del caporalato agricolo, non ritenga urgente, procedere al monitoraggio delle aziende agricole italiane, disponendo controlli incrociati tra produzione aziendale, reale fabbisogno della manodopera e contributi regolarmente versati;
   se, in base alle gravi denunce emerse dall'inchiesta del settimanale L'Espresso, non intenda monitorare con particolare attenzione la situazione del comune di Vittoria e mettere in atto tutte le azioni volte a contrastare ed arginare un così grave fenomeno, lesivo dei diritti dei lavoratori e della loro dignità umana.
(4-06716)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   PILOZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il territorio della provincia di Frosinone ha conosciuto negli ultimi anni un profondo depauperamento del tessuto industriale con la conseguente chiusura di un numero rilevante di stabilimenti e perdita di migliaia di posti di lavoro;
   uno dei fenomeni più frequenti, è stato quello della chiusura degli stabilimenti di molte industrie presenti nella provincia di Frosinone, in favore di stabilimenti della stessa impresa operanti nel nord dell'Italia, per ragioni e motivazioni spesso incomprensibili;
   Agusta Westland Italia, società del gruppo Finmeccanica, è una delle società leader al mondo nella produzione di elicotteri e relativa componentistica con diversi stabilimenti presenti sul territorio nazionale, tra i quali si distinguono i due stabilimenti presenti nella provincia di Frosinone, oggi di fondamentale importanza proprio per la crisi economica citata;
   nei mesi scorsi, la società Agusta Westland ha selezionato, attraverso una società di consulenza esterna, nuovi fornitori di materiali di consumo dei quali, a quanto risulta allo scrivente, nessuno di nazionalità italiana;
   la scelta di individuare nuovi fornitori, tutti stranieri, ha interrotto un virtuoso processo collaborativo pluriennale tra i tecnici delle ditte fornitrici locali e gli uffici tecnici degli stabilimenti, processo che aveva condotto ad una ottimizzazione delle forniture in relazione alle reali esigenze di produzione;
   i lavori svolti negli stabilimenti Agusta Westland sono di alta specializzazione e precisione e la scelta delle attrezzature e/o i materiali di consumo è di fondamentale importanza ai fini dell'efficienza della produzione. Ciò rende essenziale l'esperienza maturata in questi anni nei rapporti tra fornitori locali e committente, esperienza che ha ridotto al minimo gli scarti di produzione e, dunque, le perdite economiche connesse;
   l'iniziativa di Agusta Westland Italia, che si pone come obiettivo principale il contenimento dei costi, in realtà si limita a valutare solo i costi diretti, quelli per l'acquisto materiali, trascurando quelli indiretti, spesso maggiori dei primi, che possono scaturire da scarti di produzione dovuti all'impiego di materiali e/o attrezzature non idonee allo scopo;
   inoltre, da quanto risulta all'interrogante, questo cambiamento nel sistema delle forniture dei ricambi non ha apportato i benefici finanziari attesi poiché gli ordini vengono emessi nei confronti delle ditte selezionate anche a prezzi non economicamente competitivi rispetto a quelli che tradizionalmente venivano praticati dai fornitori locali;
   in tal modo, l'indotto locale risulta pesantemente svantaggiato poiché viene escluso dalle forniture, oltre a vantare nei confronti di Agusta Westland crediti per importi elevati non ancora onorati dall'Agusta;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti, se intendano acquisire elementi in merito e se anche in qualità di azionisti non ritengano utile intervenire per preservare, ferma restando la libertà d'impresa, il patrimonio rappresentato dalle imprese italiane fornitrici Agusta Westland. (4-06718)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Laforgia e altri n. 3-01130, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cenni.

  L'interrogazione a risposta scritta Massa n. 4-06705, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Capone.

ERRATA CORRIGE

  L'interrogazione a risposta scritta Piazzoni n. 4-06681 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 321 del 30 ottobre 2014. Alla pagina 18169, prima colonna, alla riga quarantesima deve leggersi: «memoria. Risale al 15 ottobre 2013 infatti» e non «memoria. Risale al 15 ottobre 2014 infatti», come stampato.