Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 3 ottobre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale ha approvato il 9 luglio 2014 una Relazione intitolata «Iniziative per l'utilizzo del risparmio previdenziale complementare a sostegno dello sviluppo dell'economia reale del Paese»;
    la relazione è stata trasmessa alle presidenze della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in data 10 luglio 2014;
    la Commissione ha svolto un approfondito lavoro, nell'ambito dell'ampliamento delle competenze che il legislatore ha previsto, con l'ultima modifica approvata con la legge di stabilità 2014, affidando ad essa non solo le tradizionali funzioni di controllo sugli istituti di previdenza, ma un quadro esteso di funzioni di vigilanza: sull'efficienza del servizio in relazione alle esigenze degli utenti, sull'equilibrio delle gestioni e sull'utilizzo dei fondi disponibili, anche con finalità di finanziamento e sostegno del settore pubblico e con riferimento all'intero settore previdenziale ed assistenziale; sulla programmazione dell'attività degli enti e sui risultati di gestione in relazione alle esigenze dell'utenza; sull'operatività delle leggi in materia previdenziale e sulla coerenza del sistema previdenziale allargato con le linee di sviluppo dell'economia nazionale;
    in tale quadro la Commissione sta svolgendo un'approfondita indagine conoscitiva su «Funzionalità del sistema previdenziale pubblico e privato, alla luce della recente evoluzione normativa ed organizzativa, anche con riferimento alla strutturazione della previdenza complementare», che sinora contato 37 audizioni a partire dal gennaio 2014, con la partecipazione di tutte le istituzioni rappresentative ed istituzionali interessate al settore previdenziale (Corte dei conti, Banca d'Italia, CONSOB, COVIP, MEFOP, INPS, INAIL, Casse private e privatizzate, Fondi pensioni dei settori della previdenza complementare, organizzazioni sindacali e datoriali, nonché esperti del settore, consulenti della Commissione;
    la Commissione europea si è fatta promotrice di una modifica della direttiva 2003/41/CE IORP (Institutions for Occupational Retirement Provision) – proposta COM(2014) 167 final 2014/0091 (COD) del 27.3.2014 (c.d. IORP 2) di revisione della cosiddetta direttiva IORP, relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali – approvata il 27 marzo 2014, varando un pacchetto complessivo che prevede un Piano della Commissione europea per soddisfare le esigenze di finanziamento a lungo termine dell'economia europea del 27 marzo 2014 e una comunicazione in tema di crowdfunding (finanziamento collettivo) per offrire possibilità di finanziamento alternative per le piccole e medie impresse (MEMO/14/ 240); il pacchetto si basa sulle risposte ricevute nel corso dell'esame del Libro verde del 2013 e sulle discussioni avvenute in vari consessi internazionali, come il G20 e l'OCSE ed identifica una serie di misure specifiche che l'Unione europea deve adottare per promuovere il finanziamento a lungo termine dell'economia europea;
    il tema centrale proposto dalla Commissione europea è quello di favorire l'istituzione di fondi comuni europei specializzati nell'investimento di lungo termine in determinate attività produttive in tutto il territorio dell'Unione, in quanto «l'Europa ha notevoli esigenze di finanziamento a lungo termine per favorire la crescita sostenibile, il tipo di crescita che aumenta la competitività e crea occupazione in modo intelligente, sostenibile e inclusivo»; «occorre diversificare le fonti di finanziamento in Europa e migliorare l'accesso ai finanziamenti per le piccole e medie imprese, che rappresentano la spina dorsale dell'economia europea»; con riferimento specifico alle norme sulle pensioni aziendali o professionali, si rileva che «Tutte le società europee devono affrontare una duplice sfida: si tratta di approntare un quadro pensionistico che tenga conto dell'invecchiamento della popolazione e, nel contempo, di realizzare investimenti a lungo termine che favoriscano la crescita. I fondi pensionistici aziendali o professionali sono doppiamente coinvolti nella questione: dispongono di oltre 2500 miliardi di euro di attivi da gestire con prospettive a lungo termine, mentre 75 milioni di europei dipendono in gran parte da loro per la propria pensione. La proposta legislativa di oggi permetterà di migliorare la governance e la trasparenza di tali fondi in Europa, migliorando quindi la stabilità finanziaria e promuovendo le attività transfrontaliere, per sviluppare ulteriormente i fondi pensionistici aziendali e professionali come imprescindibili investitori a lungo termine»;
    tra le azioni previste nella IORP-2 vi sono la finalizzazione dei dettagli del quadro prudenziale per banche e imprese di assicurazione che sostengono i finanziamenti a lungo termine all'economia reale, una maggiore mobilitazione di risparmi pensionistici personali e la valutazione delle modalità per incoraggiare maggiori flussi transfrontalieri di risparmio; la proposta di direttiva IORP 2 si propone complessivamente di tutelare gli aderenti alle forme di previdenza complementare adeguatamente dai rischi di gestione, di incentivare i benefici derivanti da un mercato unico delle pensioni aziendali o professionali, rafforzando la capacità dei fondi pensionistici aziendali o professionali di investire in attività finanziarie con un profilo economico a lungo termine e sostenendo quindi il finanziamento della crescita nell'economia reale; si tratta in sostanza di favorire l'uso dei finanziamenti privati, aggiuntivi rispetto a quelli pubblici, per investimenti in infrastrutture e migliorare il quadro complessivo del finanziamento sostenibile a lungo termine;
    tali prospettive sono state oggetto di un importante confronto tra il Vicepresidente della Commissione europea e commissario per il mercato interno e i servizi Michel Barnier e i componenti della Commissione bicamerale nel corso dell'audizione svoltasi alla Camera il 3 luglio 2014; Barnier ha illustrato i contenuti del pacchetto di misure riguardanti l'incentivazione dell'uso del risparmio previdenziale per il finanziamento a medio e lungo termine dell'economia reale in Europa, nel quadro del complesso delle iniziative assunte dalla competente direzione generale per lo sviluppo dell'economia e la liberalizzazione delle attività economiche;
    sulla necessità di utilizzare il risparmio previdenziale per operazioni di finanziamento dell'economia reale si ricordano anche gli orientamenti emersi nel corso delle audizioni svolte: la Corte dei conti, nel corso dell'audizione dello scorso 27 febbraio, ha rilevato che «un significativo contributo al finanziamento delle imprese può essere assolto dalle casse privatizzate e dalla previdenza complementare, nella peculiare funzione di intermediazione del risparmio previdenziale di lungo periodo»; la Consob in audizione presso la VI Commissione finanze della Camera, ha sottolineato come il mondo della previdenza complementare-domestico mostri una ridotta propensione all'investimento in titoli di capitale, ivi compresi quelli italiani; la Banca d'Italia, nell'audizione dell'11 giugno 2014, ha evidenziato che le attività dei fondi pensioni in Italia rappresentano il 5,6 per cento del PIL, a fronte di percentuali pari al 96 per cento nel Regno Unito e 75 per cento in USA e alla media dei Paesi europei pari al 21 per cento e che il criterio che deve orientare gli organi di governo dei fondi pensione è quello dell'ottimizzazione delle scelte di investimento e che «a condizione che i fondi si dotino di competenze e assetti organizzativi adeguati, potrebbero esistere margini per una composizione dei portafogli meno tradizionale»;
    nella relazione approvata la Commissione bicamerale, allineandosi alle proposte formulate dalla Commissione dell'Unione europea, tenendo conto anche degli orientamenti nell'ambito di un tavolo tecnico di confronto al quale hanno partecipato rappresentanti del Governo e dei dicasteri interessati (Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dello sviluppo economico), nonché molti delle istituzioni audite in Commissione, ha valutato la percorribilità di iniziative istituzionali volte a far sì che l'impiego di parte dei patrimoni gestiti dai Fondi pensione e dalle Casse professionali possa concorrere a destinare rilevanti risorse finanziarie a sostegno di programmi strategici per lo sviluppo del sistema Paese, quali l'innovazione tecnologica, le fonti di energia sostenibili, la ricerca, il rilancio di aree industriali in crisi, il salvataggio e la ristrutturazione di piccole e medie imprese in difficoltà, i programmi di edilizia abitativa e scolastica, e altro;
    occorre sottolineare che sia per la previdenza complementare che per le forme di previdenza obbligatoria degli iscritti negli ordini professionali, in assenza di una forte iniziativa politica, decine e decine di miliardi del risparmio previdenziale, per un totale di quasi 200 miliardi di euro complessivi, continueranno ad essere investiti in strumenti finanziari, per lo più all'estero, in una misura che oggi è pari a circa il 70 per cento del totale degli impieghi; il restante 30 per cento degli impieghi è sostanzialmente investito in titoli di Stato;
    tale andamento determina oggi, di fatto, l'impossibilità di finanziare le imprese italiane e le iniziative di sviluppo infrastrutturale del nostro Paese, in un momento in cui il tema delle risorse finanziarie da recuperare per lo sviluppo dell'economia reale dell'Italia è assolutamente rilevante;
    nella relazione approvata dalla Commissione, che qui si intende integralmente richiamata, sono ipotizzate una serie di misure volte a conseguire tale obiettivo, secondo tre principali linee di intervento:
     a) interventi fiscali per stimolare gli investimenti della previdenza complementare in iniziative di sviluppo del Paese, con misure di equiparazione del regime di tassazione ovvero di agevolazione fiscale in rapporto alla partecipazione ad investimenti in iniziative a sostegno dell'economia reale del Paese; l'idea di fondo è che lo strumento fiscale non deve rispondere solo all'esigenza contingente di ripristinare o mantenere la tenuta dei conti pubblici ma anche costituire una leva di politica economica a disposizione del Governo e del Parlamento per una politica di sviluppo, così come avviene in altri Paesi europei che utilizzano le agevolazioni fiscali per incentivare l'economia e per operare in senso competitivo con gli altri Stati, dal momento che gli strumenti di politica monetaria sono ormai devoluti alla Banca centrale europea;
    nella relazione si analizzano le normative estere esistenti in materia di tassazione dei fondi pensione e delle Casse previdenziali degli ordini professionali;
    il sistema prevalente in Europa, ad esempio nel Regno Unito, è il cosiddetto sistema EET (esente, esente, tassato), con riferimento, rispettivamente alla fase dell'accumulazione, alla tassazione dei rendimenti maturati in ciascun anno da parte dei soggetti gestori del risparmio previdenziale e della tassazione delle prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di rendita;
    in Italia la fase di accumulazione è sostanzialmente esente, in quanto l'articolo 8, comma 4 del decreto legislativo n. 252 del 2005 prevede che i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro, sia volontari sia dovuti in base a contratti o accordi collettivi, alle forme di previdenza complementare, sono deducibili dal reddito complessivo per un importo non superiore ad euro 5.164,57;
    i contributi versati dal datore di lavoro usufruiscono altresì delle medesime agevolazioni contributive;
    ai fini del computo del predetto limite si tiene conto anche delle quote accantonate dal datore di lavoro ai fondi di previdenza di cui all'articolo 105, comma 1, del citato TUIR;
    la tassazione dei rendimenti maturati in ciascun anno è stata elevata per il 2014 all'11,5 per cento (prima del decreto-legge n. 66/2014, che ha ulteriormente incrementato la pressione fiscale in materia, era infatti dell'11 per cento);
    la tassazione delle prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di rendita, infine, ai sensi dell'articolo 11, comma 6, del citato decreto legislativo n. 205, sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e a quelli di cui alla lettera g-quinquies del comma 1 dell'articolo 44 del TUIR: sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche erogate è pertanto operata una ritenuta a titolo d'imposta con l'aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali (sino al 9 per cento, quindi, nell'ipotesi di una anzianità contributiva di 35 anni); le prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di capitale sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta; per le Casse private rispetto alle tre fasi della tassazione (accantonamento dei contributi, accumulo dei rendimenti, percezione della rendita), si ha una situazione del tipo ETT, ma più gravosa rispetto a quello previsto per i Fondi pensione, in quanto se i contributi versati dagli iscritti sono esenti da tassazione fiscale (articolo 38, comma 11 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, che ha esteso anche all'esercizio di attività previdenziali e assistenziali da parte di enti privati di previdenza obbligatoria la disciplina dell'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 per gli enti pubblici), il trattamento fiscale dei rendimenti mobiliari è tassato al 20 per cento (articolo 2, comma 6 del decreto-legge n. 138 del 2011, a partire dal 2012), mentre le prestazioni sono assoggettate alle aliquote IRPEF: la relativa base imponibile è data dal valore della prestazione pensionistica al lordo dei rendimenti conseguiti dall'ente previdenziale, con una sorta di doppia tassazione quindi;
     b) interventi ordinamentali concernenti la normativa della previdenza complementare, sia per i Fondi pensione che per le Casse previdenziali, per stimolare il settore e favorire l'impiego, in condizioni di sicurezza del risparmio, di parte delle risorse ottenute per la promozione di interventi a sostegno dell'economia del Paese; in particolare nella relazione si ipotizzano: revisione dei meccanismi di adesione alla previdenza complementare; forme di compensazione o garanzia pubblica per le imprese derivante dall'eventuale incremento dell'impiego del TFR in forme di previdenza complementare, in rapporto alla mancata disponibilità dello stesso come forma di autofinanziamento delle imprese; revisione dei limiti quantitativi e tipologici agli impieghi oggetto di definizione per i fondi pensione con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 703 del 1996 e successiva revisione; definizione dello status giuridico delle casse professionali, che la legge ha previsto come private ma che sia in sede amministrativa – per esempio: dell'inclusione nell'elenco consolidato delle P.A. gestito dall'ISTAT; dei controlli; della sottoposizione al regime della spending review; dei regimi autorizzatori per gli impieghi del patrimonio; delle modalità di redazione dei bilanci – sia in sede giurisdizionale, sono state di fatto ricondotte ad un ambito pubblicistico; altre misure possono riguardare lo sblocco di parte delle risorse degli enti previdenziali pubblici, segnatamente l'INAIL, attualmente immobilizzati nel conto di Tesoreria unica;
     c) definizione delle modalità per la destinazione del risparmio previdenziale a sostegno di investimenti nell'economia reale, attraverso investimenti diretti a sostegno delle imprese, ovvero ampliando il ruolo di raccolta del risparmio della Cassa depositi e prestiti, estendendolo anche al risparmio previdenziale, al fine di favorire l'impiego di interventi strutturali a sostegno dell'economia, in connessione con lo sviluppo dell'impiego di risorse a sostegno del Paese derivanti dalla previdenza complementare;
    altro tema importante è quello dello sviluppo delle campagne informative per la sensibilizzazione dei lavoratori, specie i giovani, sulla rilevanza della previdenza complementare per un positivo futuro pensionistico;
    per la realizzazione di tale iniziativa dovranno essere assicurate importanti condizioni tecniche, quali acquisire il consenso degli enti interessati, prevedere forme di garanzia dello Stato atte ad assicurare la certezza degli investimenti e la loro adeguata remuneratività, in modo comunque da garantire l'equilibrio della gestione finanziaria degli enti interessati e il rispetto delle normative comunitarie in tema di aiuti di Stato,

impegna il Governo:

ad attuare le linee direttive contenute nella relazione della Commissione per l'Assemblea, Doc. XVI-bis n. 1 del 9 luglio 2014 e trasmesse alle Presidenze delle Camere in data 12 luglio 2014, al fine di favorire l'impiego di parte del risparmio previdenziale, su base consensuale e garantendo la tutela del risparmio previdenziale, risorse ottenute per la promozione di interventi a sostegno dell'economia del Paese intervenendo con la prossima legge di stabilità per introdurre misure:
    a) per armonizzare il trattamento fiscale delle forme di previdenza complementare e della previdenza riguardante gli ordini professionali, definendo una tassazione a livello inferiore rispetto a quella attualmente prevista per i fondi pensione e valutando altresì l'introduzione di un sistema EET anche nel nostro Paese;
    b) per definire lo status giuridico delle Casse degli ordini professionali o enti previdenziali privatizzati ai sensi del decreto legislativo n. 509 del 1994 e del decreto legislativo n. 103 del 1996 anche alla luce delle recenti e ripetute decisioni in sede di giustizia amministrativa che hanno richiamato il carattere pubblicistico di tali enti;
    c) per valutare forme eventuali di accorpamento delle Casse degli ordini professionali al fine di realizzare economie di gestione e modalità di impiego delle risorse più efficienti, fatta salva la separazione delle gestioni relative agli specifici ordini professionali;
    d) per prevedere modifiche alla disciplina ordinamentale dei Fondi pensione volti a stimolare l'accesso alla previdenza complementare; in particolare nella relazione si ipotizzano: revisione dei meccanismi di adesione alla previdenza complementare; forme di compensazione o garanzia pubblica per le imprese derivante dall'eventuale incremento dell'impiego del TFR in forme di previdenza complementare, in rapporto alla mancata disponibilità dello stesso come forma di autofinanziamento delle imprese; la revisione dei limiti quantitativi e tipologici agli impieghi oggetto di definizione per i fondi pensione con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 703 del 1996 e successiva revisione;
    e) per avviare campagne di informazione per tutti i lavoratori, anche i dipendenti pubblici del settore pubblico, sulle opportunità offerte dalla previdenza complementare, atteso che la piena entrata a regime del sistema contributivo per la previdenza pubblica determinerà la necessità di pensioni complementari anche nel settore pubblico;
    f) per valutare l'adozione di altre misure finalizzate a aumentare le risorse finanziarie a disposizione di investimenti di rilevanza pubblica, quali lo sblocco di parte delle risorse degli enti previdenziali pubblici, segnatamente l'INAIL, attualmente immobilizzati nel conto di tesoreria unica;
    g) per promuovere d'intesa con i fondi pensione e le casse professionali un patto per l'Italia per prevedere che a fronte di interventi di agevolazioni, anche fiscali, e di miglioramento del quadro normativo complessivo del settore sia verificata la disponibilità ad effettuare investimenti di parte dei patrimoni gestiti a favore di iniziative per lo sviluppo infrastrutturale dell'Italia, garantendo la remuneratività degli investimenti, nel quadro della salvaguardia dell'equilibrio finanziario degli enti del secondo terzo pilastro e del diritto dei lavoratori a percepire le prestazioni previdenziali.
(1-00602) «Di Gioia, Morassut, Di Salvo, Di Lello, Piazzoni, Palese, Distaso, Aiello, Galati, Fucci, Caruso, Lacquaniti, Capelli, Fava, Adornato, D'Alia, Formisano, Gebhard, Lauricella, Ginoble, Melilla, Piepoli, Zoggia, Ginefra, Pastorelli, Meta, Marzano, Carella, Rostan, Scanu, Pilozzi, Rubinato, Pelillo, Sannicandro, Migliore, Carbone, Francesco Sanna, Grassi, Fioroni, Catania».


   La Camera,
   premesso che:
    il fenomeno dei rifugiati e richiedenti asilo in Europa – a causa dei drammatici conflitti e violenze che stanno investendo l'area mediterranea e, più in generale, il continente africano — sta assumendo dimensioni terribili (secondo il rapporto di Eurostat sul primo quarto del 2014, le persone che, tra gennaio e marzo, hanno chiesto asilo sul territorio dei 28 Paesi dell'Unione europea sono state circa 108.300, quasi 25.000 in più rispetto allo stesso periodo del 2013, con un aumento del 30 per cento; in particolare, l'Italia ha ricevuto 10.700 domande, risalendo così al quarto posto tra i Paesi dell'Unione europea come meta dei richiedenti asilo. Tra i Paesi di provenienza, la Siria continua ad occupare il primo posto (16.770), seguita da Afghanistan (7.895) e Serbia (5.960);
    il numero delle vittime e delle violazioni dei diritti umani da parte dei trafficanti, negli anni, è considerevolmente aumentato (in generale dal 2000 al 2013, sono morti più di 23 mila migranti nel tentativo di fuggire dai conflitti e di raggiungere l'Europa via mare o attraversando i confini del vecchio continente via terra – in media più di 1.600 l'anno –);
    nonostante lo straordinario impegno del Governo italiano con l'operazione di soccorso denominata «Mare Nostrum» che ha salvato migliaia di vite umane, i drammi e le violazioni dei diritti umani continuano a perpetrarsi;
    la gestione dell'accoglienza, identificazione, assistenza da parte di molti Paesi dell'Unione europea presenta numerose criticità data la consistenza del fenomeno e considerate le talvolta difficili condizioni sociali ed economiche dei Paesi riceventi, difficoltà che si riflettono sia sulle popolazioni accoglienti che sui rifugiati e richiedenti asilo;
    con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, le materie concernenti l'asilo, la protezione sussidiaria e la protezione temporanea hanno acquisito la qualifica di politica comune dell'Unione europea (articolo 78 TFUE); pertanto, la concreta regolamentazione di tali materie risulta un'applicazione del Trattato;
    la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che con il Trattato di Lisbona ha acquisito la stessa portata e rilevanza giuridica del Trattato stesso, riconosce e garantisce il diritto di asilo nel rispetto delle norme stabilite dalla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal Protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del Trattato sull'Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articolo 18); vieta le espulsioni collettive e le espulsioni ed estradizioni verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti (articolo 19);
    le richieste di asilo nei Paesi dell'Unione europea sono disciplinate dal regolamento n. 604/2013 Del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 (cosiddetto regolamento Dublino III), che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di Paese terzo o da un apolide;
    il regolamento «Dublino III» intende assicurare il pieno rispetto del diritto d'asilo garantito dall'articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché dei diritti riconosciuti ai sensi degli articoli 1, 4, 7, 24 e 47 della Carta medesima (diritto alla dignità umana, proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, rispetto della vita privata e familiare, diritto del bambino e diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale);
    l'obiettivo del regolamento «Dublino III» è quello di realizzare un sistema di asilo europeo basato su criteri omogenei di riconoscimento del diritto d'asilo dei richiedenti, sul rispetto dei diritti umani nei Paesi d'accoglienza e sulla solidarietà tra gli Stati membri e di consentire la rapida determinazione ed identificazione dello Stato membro competente al fine di garantire l'effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale, non pregiudicando l'obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale;
    nei fatti, l'applicazione del regolamento in questione è di difficile gestione e il principio generale in esso stabilito, secondo cui i Paesi responsabili dell'esame di una domanda di protezione internazionale «anche di coloro che hanno varcato illegalmente le frontiere di uno Stato membro» sono quelli di prima accoglienza, presenta notevoli criticità a causa del numero sempre crescente di migranti;
    tra le principali criticità vi è la gestione nazionale, ossia in carico ai singoli Stati, delle richieste d'asilo, che induce in numerosi migranti il rifiuto di farsi identificare e il loro incontrollato movimento tra i Paesi europei;
    come rilevato da alcune agenzie di protezione dei rifugiati, tra cui l'UNHCR, alcune disposizioni del regolamento «Dublino III», in particolare quelle relative alle procedure da adottare per la presa in carico dei minori non accompagnati, stanno determinando seri problemi di interpretazione e di implementazione;
    come rilevato da un report dell'AIDA 2013, la regolamentazione sta diventando sempre più complicata e complessa e le garanzie a favore dei migranti (nell'espletamento della procedura di richiesta), tra cui il diritto all'assistenza legale, si stanno via via indebolendo;
    a più riprese l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, da sempre particolarmente attenta al tema dei rifugiati e dei richiedenti asilo e in generale del rispetto dei diritti umani dei più deboli, ha raccomandato, da ultimo nella risoluzione 2047 (2014), una profonda revisione del suddetto regolamento;
    il Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2014, nel definire gli orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia per gli anni a venire, ha chiesto alle istituzioni dell'Unione europea e agli Stati membri di dotarsi di una politica efficace in materia di migrazione, asilo e frontiere, guidata dai principi di solidarietà ed equa condivisione delle responsabilità; di recepire ed attuare efficacemente, quale priorità assoluta, il sistema europeo comune di asilo (CEAS), adottando norme comuni di livello elevato e istituendo una maggiore cooperazione per creare condizioni di parità che assicurino ai richiedenti asilo le stesse garanzie di carattere procedurale e la stessa protezione in tutta l'Unione; di rafforzare il ruolo svolto dall'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO), in particolare promuovendo l'applicazione uniforme dell’ acquis; di intensificare la cooperazione con i Paesi di origine e di transito, anche attraverso l'assistenza volta a rafforzare le loro capacità di gestione della migrazione e delle frontiere; di potenziare ed espandere i programmi di protezione regionale, in particolare nelle vicinanze delle regioni di origine;
    in considerazione della presidenza di turno italiana del semestre europeo e in vista del prossimo Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014, è opportuno che il nostro Paese ponga la necessità di mettere al centro della agenda europea la definizione di una politica solida e condivisa, improntata su solidarietà e responsabilità, in materia di immigrazione e diritto d'asilo,

impegna il Governo

   a proporre nelle competenti sedi europee la necessità di una revisione del regolamento di «Dublino III», che ponga al centro:
    a) il rispetto e la protezione dei diritti umani dei rifugiati e dei richiedenti asilo, al fine di garantire un'ambiente più favorevole a una loro accoglienza, compatibilmente con le possibilità dei Paesi ospitanti, e di provvedere efficacemente a una loro identificazione per evitare che finiscano vittime del traffico clandestino, fornendo loro un'adeguata assistenza;
    b) un omogeneo sistema europeo che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni e il coordinamento nella raccolta delle domande dei richiedenti, anche al di fuori del territorio dei Paesi membri e in collaborazione con l'UNHCR, per permettere agli aventi diritto di raggiungere i Paesi di accoglienza in modo sicuro e prevenire ogni abuso del sistema con la presentazione di domande di asilo multiple da parte di una sola persona;
    c) un sistema europeo di accoglienza che si basi sulla solidarietà tra i Paesi membri e che distribuisca la presenza dei rifugiati per quote definite sulla base degli indici demografici ed economici;
    d) un sistema di mutuo riconoscimento tra gli Stati membri della concessione del diritto di asilo, tale da garantire la libertà di stabilimento del beneficiario in ogni Stato membro, per cui il riconoscimento della protezione internazionale ad un richiedente asilo all'interno di un determinato Stato sia valido nell'intero territorio dell'Unione europea, considerato che tale sistema, che presuppone la responsabilità condivisa di un piano comune europeo di protezione temporanea e di riconoscimento dell'asilo, risulta prodromico all'istituzione del sistema europeo di accoglienza;
    e) l'istituzione di un'Agenzia europea per l'asilo e l'immigrazione al di fuori del territorio dell'Unione europea, favorendo l'utilizzazione delle sedi diplomatiche già esistenti in alcuni Paesi africani, quali sedi operative nelle zone di maggior transito dei rifugiati, in grado di gestire le domande di protezione internazionale e di contenere il numero dei flussi migratori indistinti.
(1-00603) «Nicoletti, Speranza, Berlinghieri, Amendola, Giuseppe Guerini, Quartapelle Procopio, Campana, Beni, Fiano, Monaco, Chaouki, Moscatt, Iacono, Scuvera».

Risoluzione in Commissione:


   La I Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha previsto, al fine di consolidare le misure di contenimento della spesa in materia di pubblico impiego recate dalla manovra di finanza pubblica per gli anni 2011-2013, la possibilità di disporre, con uno o più regolamenti di delegificazione, la proroga del blocco della contrattazione e degli incrementi stipendiali per il personale della pubblica amministrazione, tra cui rientra il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico;
    in particolare, l'articolo 9, commi 17-21, del decreto-legge n. 78 del 2010 ha disposto il blocco della contrattazione nel pubblico impiego per il triennio 2010-2012;
    il predetto blocco vigente in forza delle suddette disposizioni opera nei seguenti termini:
     sospensione (senza possibilità di recupero) delle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012, fatta salva la sola erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale;
     rideterminazione delle risorse previste per i rinnovi contrattuali per il personale statale, le quali comprendono anche gli oneri riflessi a carico delle amministrazioni;
     rideterminazione delle risorse anche da parte delle amministrazioni non statali per il rinnovo contrattuale per l'anno 2011 e a partire dal successivo 2012;
    inoltre, il comma 21 ha stabilito la non applicazione – per gli anni 2011, 2012 e 2013 – al personale in regime di diritto pubblico dei meccanismi di adeguamento retributivo previsti dall'articolo 24 della legge n. 448 del 1998 (adeguamento annuale di diritto, dal 1o gennaio 1998, delle voci retributive del personale richiamato in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive), ancorché a titolo di acconto ed escludendo successivi recuperi;
    l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 ha previsto la possibilità di prorogare al 31 dicembre 2014, con apposito regolamento, le vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale delle pubbliche amministrazioni;
    l'articolo 19 della legge n. 183 del 2010 ha riconosciuto la specificità del comparto sicurezza e difesa, compreso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in relazione alle peculiarità delle funzioni svolte dai relativi operatori;
    le disposizioni di cui al sopra citato articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 e all'articolo 19 della legge n. 183 del 2010 sono state disapplicate nei confronti del personale del comparto in parola (polizia di Stato, polizia penitenziaria, Corpo forestale dello Stato, Corpo nazionale dei vigili del fuoco, Arma dei carabinieri, Guardia di finanza, Esercito italiano, Aeronautica militare, Marina militare);
    in specie, il decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013 ha disposto che si dà luogo alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013-2014 per la sola parte normativa e senza possibilità di recupero per la parte economica;
    tale disposizione produce un danno al comparto sicurezza e difesa di gran lunga maggiore rispetto al restante pubblico impiego, in quanto la retribuzione di questa categoria è modulata su ben 18 parametri, con la previsione di meccanismi di adeguamento retributivo «agganciati» a progressioni automatiche di carriera. Al riguardo, si sottolinea che, a seguito della norma in commento, sono stati congelati i seguenti istituti:
     gli assegni di funzione (emolumento corrisposto al personale interessato in relazione alla qualifica rivestita allorquando maturi 17, 27 e 32 anni di servizio senza demerito);
     il trattamento economico superiore correlato all'anzianità di servizio, compresa quella nella qualifica senza demerito (trattamento corrisposto al personale direttivo e dirigente quando matura 13 e 13 anni o 23 e 25 anni di anzianità nel ruolo senza demerito);
     gli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni (trattamento economico – parametro superiore corrisposto al personale quando matura una determinata anzianità nella qualifica: ad esempio, ispettore capo dopo 10 anni di servizio nella qualifica); indennità operative non connesse a progressioni di carriera (indennità operativa corrisposta al personale quando matura una determina anzianità di servizio nella qualifica, ad esempio indennità di volo da sovrintendente +15 anni a sovrintendente +18 anni di servizio);
     le progressioni di carriera comunque denominate (incremento retributivo derivante dalla promozione alla qualifica superiore, compresa quella per merito straordinario e quella conferita il giorno precedente alla cessazione dal servizio);
     le classi e gli scatti di stipendio (incremento stipendiale corrisposto ogni due anni di servizio al personale dirigente e a quello direttivo con trattamento dirigenziale);
     l'applicazione dei meccanismi di adeguamento retributivo di cui all'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (incremento annuale del trattamento economico a favore del personale dirigente e del personale direttivo con trattamento economico dirigenziale, disposto in relazione all'aumento medio delle retribuzioni nel pubblico impiego rilevato ogni anno dall'ISTAT);
    la scelta, di colmare il gap economico, con la previsione degli assegni una tantum non ha sanato il penalizzante effetto retributivo derivante dal blocco stipendiale, posto che l'entità degli indicati assegni per l'anno 2012 (previsti dal decreto del Ministro dell'interno del 21 novembre 2012, adottato in attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 novembre 2001), è a giudizio dei firmatari del presente atto del tutto risibile, poiché ammonta al 46 per cento di ciò che sarebbe spettato in assenza di congelamento retributivo;
    nell'anno 2013 i suddetti assegni una tantum hanno assicurato la copertura del solo 17 per cento di ciò che sarebbe spettato, senza considerare che tali emolumenti non sono utili né ai fini dell'indennità di buonuscita, né ai fini pensionistici;
    la proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali aggiunge ulteriori penalizzazioni al suddetto personale, che ottiene in via differita la liquidazione di straordinari, indennità operative e di specialità, nonché degli emolumenti legati alla necessità di fronteggiare eventi estemporanei e manifestazioni che determinano spesso atti di violenza;
    le suddette disposizioni di blocco sono state da ultimo prorogate fino al 31 dicembre 2014 dal decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122,

impegna il Governo:

   a non assumere iniziative volte a prorogare ulteriormente gli effetti delle richiamate disposizioni di blocco degli incrementi stipendiali per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico;
   a porre in essere tutte le iniziative di competenza dirette a consentire il rapido avvio, nell'anno 2015, di una sessione negoziale, al fine di procedere al rinnovo per la parte normativa ed economica del contratto del pubblico impiego, con riferimento al personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, per il triennio 2014-2016.
(7-00483) «Lombardi, Ciprini, Frusone, Luigi Di Maio, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Dieni, Fraccaro, Nuti, Toninelli, Bechis, Nesci».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   GUIDESI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalla stampa la Presidenza del Consiglio ha recentemente creato un pool di consulenti economici, guidati dal deputato Yoram Gutgeld;
   le stesse notizie hanno interpretato la creazione del gruppo di consiglieri in temi economici come la volontà di creare un supporto alternativo a quello del commissario alla revisione della spesa per coadiuvare il Governo nella messa a punto di risparmi di spesa e delle manovre economiche in via di definizione;
   al momento, benché siano già impegnati con la legge di stabilità 2014 i risparmi conseguenti, non risultano posti in atto i tagli di spesa previsti dalla spending review;
   nella mattinata di giovedì 2 ottobre 2014 durante una trasmissione televisiva il deputato Gutgeld, riferendosi alla neonata squadra di consiglieri economici della Presidenza del Consiglio, ha affermato che tra essi «almeno un paio sono retribuiti»;
   aggiungere nuovi incarichi e erogare indennità ulteriori al di fuori della pubblica amministrazione appare all'interrogante incoerente con gli obbiettivi generali di riduzione della spesa pubblica e con le norme recentemente approvate in materia di tagli delle consulenze presso organismi pubblici;
   le spese per incarichi, ancorché non inquadrati stabilmente in una struttura, operate dalla Presidenza del Consiglio debbono rispondere ai criteri di trasparenza richiesti dalla legge, ma i cittadini hanno diritto a conoscere tutte le persone che sono coinvolte nella messa a punto delle manovre economiche destinate ad avere impatto sul Paese –:
   chi siano, quante siano e se e quali indennità o altri emolumenti a qualunque titolo percepiscano i componenti del nuovo gruppo di consulenza in materia economica della Presidenza del Consiglio. (4-06271)


   VACCA, SIMONE VALENTE, LUIGI GALLO, DI BENEDETTO e MARZANA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   notizie apparse sugli organi di stampa riportano che un intero piano di 46 vani, 6 soffitte e terrazza con vista su piazza del Popolo situato a piazzale Flaminio a Roma, venduto a gennaio 2008 a 11 milioni di euro, è stato acquistato, 22 giorni dopo, a 19,7 milioni di euro dalla Lega nazionale dilettanti presieduta da Carlo Tavecchio;
   altre notizie di stampa riportano che un appartamento di 170 metri quadri nel quartiere Prati a Roma è stato pagato 1 milione e 100 mila euro, invece che 970 mila così come da annuncio immobiliare, alla Edil Mbg srl che fa a capo a Paolo Costa nominato nel 2006 presidente della Commissione per i campi sportivi della Lega nazionale dilettanti;
   la Lega Nazionale Dilettanti è l'associazione delle società sportive che si avvalgono esclusivamente delle prestazioni di atleti dilettanti tesserati alla FIGC e che disputano campionati dilettantistici;
   la Lega Nazionale Dilettanti è tenuta a rispettare lo Statuto della FIGC e gli indirizzi del CONI;
   secondo l'articolo 23 dello Statuto della Lega nazionale dilettanti la gestione economica e finanziaria della Lega è svolta con autonomia gestionale e di bilancio, sotto il controllo di un Collegio dei Revisori e della FIGC;
   le entrate economiche della Lega nazionale dilettanti sono costituite da:
    a) le quote associative annue e i diritti di iscrizione ai Campionati e Tornei;
    b) eventuali contributi ordinari e straordinari delle Associate;
    c) eventuali contributi ordinari e straordinari del C.O.N.I., della F.I.G.C., di Enti pubblici o privati;
    d) eventuali introiti di attività sportive o di altre attività connesse;
    e) diritti ed ammende a vario titolo;
    f) eventuali proventi derivanti dall'organizzazione di attività sportive e dall'esercizio di attività o dalla commercializzazione di diritti a questa prima connessi;
    g) entrate patrimoniali e ogni altra entrata;
   è evidente, quindi, ad avviso degli interroganti, che alcune risorse economiche gestite dalla Lega nazionale dilettanti sono soldi pubblici;
   secondo l'articolo 24 dello Statuto della Lega nazionale dilettanti, per la gestione delle attività economiche o del patrimonio immobiliare, la Lega può avvalersi di Società commerciali da essa controllate, i cui organi amministrativi e di controllo sono nominati su designazione del Consiglio di Presidenza della L.N.D.;
   il codice etico della Lega nazionale dilettanti ha l'obiettivo di indirizzare tutte le attività della L.N.D. verso criteri di rispetto della legge, lealtà, correttezza professionale ed efficienza economica nei rapporti interni ed esterni, al fine di favorire indirizzi univoci di comportamento volti alla soddisfazione delle esigenze dei portatori di interesse e al consolidamento di una positiva reputazione;
   il codice etico della Lega nazionale dilettanti è vincolante per il comportamento di tutti gli amministratori e i collaboratori esterni alla Lega;
   a quanto pare l'attuale Presidente della FIGC è ancora amministratore delle società controllate dalla Lega nazionale dilettanti, ovvero la LND Servizi s.r.l. e della neonata LND Immobili s.r.l. che gestiscono gran parte del patrimonio immobiliare e non della Lega nazionale dilettanti –:
   di quali elementi disponga sulla vicenda descritta in premessa;
   se risulti che la giunta nazionale del CONI abbia richiesto i bilanci della FIGC e della LND con particolare attenzione alla situazione immobiliare;
   se non sia opportuno approfondire, per quanto di competenza, tale vicenda considerato che le federazioni sportive, ed in questo caso la FIGC e le leghe, ricevono anche contributi pubblici per lo svolgimento delle attività statutarie;
   se non sia configurabile alla luce delle disposizioni vigenti un conflitto tra la carica di presidente della Federazione italiana giuoco calcio e la carica di amministratore delle società LND Servizi e della LND Immobili s.r.l.;
   se non intenda adottare ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per evitare che fatti come quello descritto in premessa abbiano a verificarsi. (4-06277)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGNARLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992, di tutela della fauna e regolamentazione della caccia, come modificato dalla legge n.97 del 2013, fa riferimento alle deroghe relative alla lettera a), paragrafo 1, dell'articolo 9 della direttiva 147/2009 CE;
   le deroghe ai divieti di caccia, previste dalla lettera a) della direttiva uccelli possono essere adottate nell'interesse della salute e della sicurezza pubblica, nell'interesse della sicurezza aerea, per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque, per la protezione della flora e della fauna;
   l'articolo citato della legge 157 prevede che le regioni provvedono all'esercizio delle deroghe succitate «ferma restando la temporaneità dei provvedimenti adottati nel rispetto di linee guida emanate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano» –:
   quali siano le motivazioni per le quali a tutt'oggi le linee guida previste dall'articolo 19-bis della legge 157 del 1992 non sono state ancora emanate e se il Governo non ritenga di dover provvedere con urgenza alla loro predisposizione. (5-03710)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la legge 29 marzo 2001, n. 866, prevede che al personale delle Forze armate trasferito d'autorità in comune diverso da quello di servizio venga riconosciuta una indennità mensile pari a trenta indennità giornaliere di diaria per due anni, e in misura ridotta del 30 per cento per il secondo anno;
   la norma comporta delle evidenti criticità, ad esempio quando fa genericamente riferimento al trasferimento in altro comune a prescindere dalla distanza reale dalla sede di servizio attuale, ben potendosi immaginare che possa venire corrisposta anche a militari trasferiti in sedi distanti poche decine di chilometri che non comportano pertanto anche necessità di trasferimento delle famiglie essendo oggi il pendolarismo fenomeno diffuso e prevalente in tutte le categorie di lavoratori;
   parimenti è del tutto evidente il rischio potenziale di sprechi e abusi quando la norma venga utilizzata più volte dal medesimo personale nell'arco di pochi anni;
   mentre infatti è giusto che i disagi derivanti da trasferimenti per esigenze di servizio siano almeno in parte compensati economicamente sono stati segnalati agli interroganti casi di ufficiali, soprattutto della Marina militare, che sarebbero stati trasferiti due volte nel giro di un anno da Taranto o La Spezia a Roma e viceversa con l'attribuzione, a ogni trasferimento, delle relative indennità con un aggravio di costi per la Difesa di parecchie decine di migliaia di euro ciascuno;
   questa situazione, tra l'altro, sta generando dei gravi problemi di discriminazione nei confronti di quei militari che, pur trasferiti d'autorità, non hanno diritto all'indennità ex lege n. 86, in quanto il reparto è stato sciolto o ridislocato in seguito a provvedimenti di ristrutturazione;
   questa modifica alla norma, introdotta con il comma 163 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, è già stata censurata, in particolare da alcune sentenze del Tribunale amministrativo regionale della Puglia per l'evidente disparità di trattamento che introduce –:
   quanti siano i militari, divisi per ruolo di appartenenza e per Forza armata, che hanno usufruito delle indennità di cui alla legge 86 del 2001 negli anni dal 2010 al 2013 compresi;
   quali siano state le somme spese a questo riguardo;
   se non sia il caso di introdurre un vincolo di permanenza minimo di almeno tre anni nella sede di trasferimento, salvo casi di eccezionale necessità da motivare opportunamente nel provvedimento di trasferimento;
   se non sia opportuno assumere iniziative per interpretare la norma in modo da evitare che sia applicata anche a personale trasferito in sedi di servizio che, pur situate in comune diverso da quello di provenienza, siano adeguatamente servite da mezzi di trasporto pubblico che possano garantire un agevole trasferimento da e per l'abitazione;
   se inoltre non si debba rivalutare l'esclusione della applicazione delle disposizioni citate in seguito a trasferimenti per scioglimento di reparti o loro ridislocazione. (4-06267)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   IMPEGNO e SARRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con nota C(2009) 0328 del 29 gennaio 2009 la Commissione europea comunicava l'avvio, in danno della Repubblica italiana, della procedura di infrazione 2008/4908 ex articolo 226 del Trattato CE (attualmente articolo 258 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea), avendo ravvisato in alcune previsioni dell'articolo 37 del codice della navigazione e dell'articolo 9 della legge regionale Friuli – Venezia Giulia 13 novembre 2006, n. 22, una violazione dell'articolo 43 del Trattato CE (attualmente articolo 49 TFUE). In particolare, si censurava il fatto che in Italia l'attribuzione delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico – ricreative, fosse basata su un sistema di preferenza per il titolare uscente (cosiddetto diritto d'insistenza) che, di fatto, determinava un rinnovo sostanzialmente automatico delle concessioni esistenti;
   con nota del 7 aprile 2009 le autorità italiane si impegnavano a modificare le disposizioni di legge contestate dalla Commissione al fine di conformare il quadro normativo disciplinante le concessioni per stabilimenti balneari, al diritto comunitario;
   la direzione generale del mercato interno e dei servizi, con lettera del 4 agosto 2009, nel sollecitare il perfezionamento delle citate modifiche normative entro tempi certi e predefiniti, evidenziava che il meccanismo del rinnovo automatico delle concessioni, così come contemplato dall'ordinamento italiano, oltre a confliggere con il citato articolo 43 del Trattato CE, si poneva in contrasto anche con l'articolo 12, comma 2, della direttiva 123/2006/CE, relativa alla libera circolazione dei servizi nel mercato interno, dal che un ulteriore motivo per giungere, il più rapidamente possibile, alla cancellazione di tali norme;
   il dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, con nota del 1o dicembre 2009, informava la competente direzione generale della Commissione europea dell'intendimento del Governo italiano di superare la procedura di infrazione, abrogando immediatamente il diritto di insistenza di cui all'articolo 37 del codice della navigazione prevedendo, contestualmente, una proroga transitoria fino al 31 dicembre 2015 delle concessioni già in scadenza o che sarebbero venute a scadere entro tale data, per consentire agli operatori di agire in un quadro di maggiore certezza fino all'emanazione delle nuove discipline di settore di competenza delle regioni, alla stregua di quanto contemplato dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale;
   avendo gli uffici della Commissione europea espresso favorevole avviso rispetto alla soluzione in questi termini prospettata, veniva emanato il decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, il cui articolo 1, comma 18, prevedeva che «il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2012 è prorogato fino a tale data»;
   in sede di conversione la citata disposizione veniva però modificata nei seguenti termini «il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino a tale data, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993 n. 494»;
   con nota C(2010) 2734 del 5 maggio 2010 la Commissione europea osservava che attraverso un sistema di rinvii successivi contenuti nell'articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge n. 400 del 1993, veniva sostanzialmente privata di ogni effetto utile la disposizione con la quale si eliminava la preferenza in favore del concessionario uscente nel procedimento di attribuzione delle nuove concessioni, reintroducendosi il meccanismo del rinnovo automatico, in aperto contrasto con l'ordinamento comunitario, formalizzandosi, di conseguenza, la messa in mora ex articolo 258 del TUEF nei confronti della Repubblica italiana;
   per ovviare alle segnalate contestazioni si decideva di inserire nella legge 15 dicembre 2011, n. 217 (legge comunitaria 2010) una disposizione, modificativa del decreto-legge n. 400 del 1993, per eliminare definitivamente dal quadro della normativa italiana il diritto di insistenza per le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative;
   tanto è avvenuto con la previsione di cui all'articolo 11, comma 1; lettera a), della citata legge n. 217 del 2011, che ha consentito di chiudere la procedura di infrazione, ufficialmente archiviata dalla Commissione in data 27 febbraio 2012;
   con il medesimo articolo 11 della legge n. 217 del 2011, si è inoltre delegato il Governo ad emanare entro il 17 aprile 2013, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime; il termine per il riordino complessivo della materia delle concessioni demaniali marittime è stato tuttavia più volte prorogato, da ultimo al 15 ottobre 2014 con il comma 732 dell'articolo unico della legge 27 dicembre 2013, n. 147, (legge di stabilità 2014), come modificato dall'articolo 12-bis del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66;
   nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo, il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 194 del 2009, fissato al 31 dicembre 2015, è stato ulteriormente prorogato fino al 31 dicembre 2020 dall'articolo 34-duodecies del decreto-legge del 18 ottobre 2012, n. 179;
   i ripetuti interventi normativi e le modifiche succedutesi in rapida evoluzione hanno determinato una non sempre lineare applicazione dell'istituto della proroga, generando situazioni limite così come, ad esempio, per circa 20 stabilimenti balneari situati sul litorale marittimo dei comuni di Giugliano e Pozzuoli (Na) laddove si è contestata l'occupazione abusiva di spazi del demanio marittimo assumendosi con i gestori di tali stabilimenti balneari sarebbero privi di concessione demaniale, dato che agli stessi non sarebbero state rilasciate autorizzazioni all'esito dell'entrata in vigore della legge comunitaria 2010, né troverebbe per loro applicazioni l'articolo I, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, in quanto siffatta disposizione riguarderebbe le concessioni in essere da intendersi quali nuove concessioni e non già quelle prorogate;
   dalla ricostruzione degli atti intervenuti nel corso della richiamata procedura di infrazione e, segnatamente dalla interlocuzione avutasi tra le autorità italiane e quelle europee risulta, da un lato, che tutti gli interventi normativi sono tra loro connessi e perseguono la comune finalità di superare la contestata infrazione e, dall'altro, che la proroga riguarda tutte le concessioni, anche quelle precedentemente rinnovate automaticamente, così come si evince, anche, dalla sentenza di Consiglio di Stato sez., VI n. 2024/14 del 24.04.2014 –:
   se, alla luce degli atti intervenuti a seguito della procedura di infrazione 2008/4908, la proroga al 31 dicembre 2020 delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 194 del 2009 riguardi tutte le concessioni demaniali marittime per uso turistico ricreativo in essere in quel determinato momento sulla base di un titolo contrario al diritto comunitario;
   se la suddetta proroga ope legis trovi applicazione automatica, senza cioè necessità dell'espletamento di uno specifico procedimento amministrativo. (4-06259)


   BUSINAROLO, TURCO, COZZOLINO, BRUGNEROTTO, DA VILLA, SPESSOTTO e D'INCÀ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il processo di razionalizzazione delle modalità di acquisto di beni e servizi, da realizzarsi anche tramite l'uso di strumenti e procedure informatiche, è stato avviato dal legislatore con la legge n. 488 del 1999 (legge finanziaria 2000). A tal fine il «programma per la realizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione» è stato messo in opera con l'obiettivo di razionalizzare la spesa di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni, migliorando la qualità degli acquisti e riducendo i costi, e di semplificare e rendere più veloci e trasparenti le procedure di approvvigionamento pubblico;
   in seguito, con il decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2002, n. 101, sono state regolamentate le gare telematiche ed il mercato elettronico (per i soli acquisti al di sotto della soglia comunitaria), procedure telematiche di acquisto atte a permettere alle amministrazioni di approvvigionare di beni e servizi attraverso sistemi informatizzati di scelta del contraente. È stato quindi creato il MePa, un mercato digitale per la pubblica amministrazione, all'interno del quale le pubbliche amministrazioni registrate ricercano e acquistano i prodotti o servizi offerti dalle aziende fornitrici;
   in questo contesto altra protagonista è la Consip, società per azioni di cui il Ministero dell'economia e delle finanze è azionista unico, che svolge attività di consulenza, assistenza e supporto in favore delle pubbliche amministrazioni nell'ambito degli acquisti di beni e servizi;
   è intervenuto poi il decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini», cosiddetta «spending review 2», convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto, n. 135, che contiene, tra l'altro, una lunga serie di disposizioni relative agli acquisti delle pubbliche amministrazioni, in particolare contenute nell'articolo 1 e nell'articolo 15, quest'ultimo dedicato in maniera specifica alla sanità;
   l'articolo 15, comma 13, lettera d), prevede che: «...gli enti del servizio sanitario nazionale, ovvero, per essi, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, utilizzano, per l'acquisto di beni e servizi relativi alle categorie merceologiche presenti nella piattaforma CONSIP, gli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione della stessa CONSIP, ovvero, se disponibili, dalle centrali di committenza regionali di riferimento costituite ai sensi dell'articolo 1, comma 455, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. I contratti stipulati in violazione di quanto disposto dalla presente lettera sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa»;
   nell'ambito delle misure di razionalizzazione della spesa viene dunque stabilita la sanzione della nullità per i contratti stipulati senza utilizzare, per l'acquisto di beni e servizi relativi alle categorie merceologiche presenti nella piattaforma CONSIP, gli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione della stessa CONSIP ovvero, se disponibili, dalle centrali di committenza regionali di riferimento. In questo caso la nullità colpisce non tanto il contenuto del contratto, o la violazione delle norme sulla pubblica gara, quanto il metodo di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione da CONSIP e dalle centrali regionali di acquisto;
   di recente la regione Veneto ha pubblicato il bando per la nuova gara farmaci per molti milioni di euro, prevedendo però l'utilizzo dell'ormai superato sistema cartaceo tradizionale, nonostante l'obbligo di indire una gara telematica, che costituisce tra l'altro fonte di risparmio e minore ricorso alla burocrazia;
   a giudizio dell'interrogante è opportuno intervenire tempestivamente poiché l'acquisto tramite la piattaforma Consip è già in vigore da circa due anni e l'inadempienza comporta gravissime conseguenze, come la nullità del contratto e la responsabilità a livello dirigenziale e quindi metterebbe in serio rischio anche il finanziamento della sanità in Veneto –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere affinché le pubbliche amministrazioni adempiano a quanto previsto in materia di acquisti per via telematica, come disposto dall'articolo 15, comma 3, lettera d), citato in premessa, in particolare garantendo una gestione corretta e trasparente del settore della sanità nella regione Veneto. (4-06266)


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   gli articoli di stampa sui quotidiani Avvenire e Il Garantista pubblicati sabato 20 settembre riportano una documentata analisi degli investimenti pubblicitari effettuati dai concessionari italiani del gioco d'azzardo per promuovere i propri prodotti;
   nell'articolo si precisa che:
    a) nonostante il calo in investimenti conseguente alla crisi economica, gli operatori del gioco hanno investito nel 2013 in Italia ben 105 milioni di euro, di cui il 37 per cento; per il gioco online, il 31 per cento per Lotterie e Gratta e Vinci, il 24 per cento sulle scommesse e l'8 per cento sulle slot;
    b) quanto ai canali di diffusione, dei 105 milioni il 52 per cento è rappresentato dalla televisione, il 26 per cento dal web, l'8 per cento da quotidiani e periodici, il 7 per cento dalla radio ed il 7 per cento dai mezzi outdoor;
   appare allo scrivente assolutamente assurdo che, in un momento in cui monta l'allarme per i fenomeni ludopatici, possa venir consentita in Italia una spesa così imponente per pubblicizzare e promuovere il gioco d'azzardo;
   alcune delle convenzioni attualmente vigenti impongono addirittura l'obbligo al concessionario di fare pubblicità. Per Sisal (Superenalotto) c’è un obbligo di investimento pubblicitario pari all'1,82 per cento della raccolta dell'anno precedente, mentre per Gtech ci sono due diversi contratti: lo 0,5 per cento della raccolta più 5 milioni di euro per campagne sociali, per il Gratta e Vinci, e il 7 per cento del guadagno netto dell'anno precedente per il Lotto;
   stanti i risultati oggettivamente deludenti ottenuti con il tanto pubblicizzato e, ad avviso dell'interrogante sopravvalutato «decreto Balduzzi», che con le sue limitazioni parziali in un contesto in cui i controlli delle violazioni e le conseguenti sanzioni si sono rivelati di difficilissima applicazione, ha avuto grande eco mediatica ma efficacia nulla sul piano concreto (basti pensare alla valanga di pubblicità dei giochi d'azzardo trasmessa da tutte le reti televisive prima delle partite degli ultimi mondiali in barba ai divieti previsti dal decreto Balduzzi a tutela dei minori), è parere dello scrivente che, in analogia a quanto già avviene per l'alcol ed il fumo, debba essere radicalmente vietata in Italia ogni forma di pubblicità dei giochi d'azzardo;
   è necessario raccogliere risorse per la lotta alla ludopatia, senza tuttavia andare a colpire ulteriormente gli operatori del gioco legale, attualmente sottoposti ad un prelievo fiscale che, compromettendone gli equilibri economico/finanziari, non fa altro che incentivare il gioco illegale. Le risorse necessarie potrebbero invece essere facilmente reperite destinando allo Stato, ai comuni ed alle regioni, con la finalità di porre in essere azioni concrete per combattere i fenomeni ludopatici:
    gli importi attualmente destinati ad iniziative pubblicitarie previsti dalle vigenti concessioni per il Superenalotto, Lotto e Gratta e Vinci;
    gli importi che deriverebbero dall'inserimento di impegni analoghi, ove già non previsti, nelle altre convenzioni per l'offerta di servizi di gioco legale attualmente vigenti –:
   se e quali iniziative concrete intende prendere il Governo per:
    a) vietare radicalmente la pubblicità dei giochi d'azzardo;
    b) modificare le attuali convenzioni di concessione relative al Superenalotto, Lotto e Gratta e Vinci, trasformando l'obbligo a carico dei concessionari di effettuare iniziative pubblicitarie nell'obbligo di trasferire allo Stato, ai comuni ed alle regioni i medesimi importi, da destinarsi in iniziative per la prevenzione e la lotta alla ludopatia;
    c) modificare analogamente le altre attuali convenzioni per l'offerta di servizi di gioco, prevedendo che siano destinati direttamente a Stato, comuni e regioni per la lotta alla ludopatia gli importi che i concessionari sono oggi tenuti a destinare ad iniziative per la tutela e promozione del gioco legale e responsabile;
    d) prevedere l'inserimento, anche nelle altre convenzioni aventi ad oggetto l'offerta di servizi di gioco che non siano già provviste di clausole analoghe a quelle sub b) e c), dell'obbligo a carico dei concessionari di destinare allo Stato, ai comuni ed alle regioni una parte della raccolta affinché le suddette pubbliche amministrazioni pongano in essere direttamente iniziative idonee a prevenire e combattere i fenomeni ludopatici.
(4-06275)


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 4 agosto 2014 è stato pubblicato dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, serie speciale, n. 88, il testo completo del bando che disciplina la procedura aperta, da effettuare ai sensi dell'articolo 1, commi da 636 a 638, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (cosiddetta legge di stabilità 2014), per l'affidamento di 228 concessioni per l'esercizio tramite rete fisica, in sale dedicate, del gioco del bingo;
   il bando ha destato perplessità e preoccupazione sia negli operatori attualmente titolari di concessioni bingo sia nei nuovi operatori interessati ad aggiudicarsi una o più concessioni. Tutti fortemente critici in merito ai suoi contenuti. Dall'analisi della documentazione di gara, emergono aspetti che fanno ritenere estremamente probabile una o più impugnazioni dinanzi al TAR competente, con richiesta cautelare di sospensiva. Infatti il bando:
    a) stravolge totalmente lo spirito della citata legge di stabilità, che finalizzava la gara, pur nel rispetto della normativa europea, alla «riattribuzione» agli attuali concessionari delle 198 concessioni scadute nel 2013 e 2014, con lo scopo principale di allineare a unica scadenza del 2020 tutte le concessioni già in essere e tuttavia scadenti in date diverse, mettendone altre trenta in gara a disposizione di nuovi operatori proprio per aprire ulteriormente il mercato e rispettare i vincoli comunitari. Il legislatore, infatti, oltre a preoccuparsi del rispetto dei vincoli comunitari, si era posto anche l'obiettivo di non devastare il tessuto imprenditoriale attuale e di non far svanire nel nulla gli ingenti investimenti effettuati in questi anni dagli attuali concessionari. Al contrario nel bando, probabilmente per un eccesso di attenzione agli aspetti formali in termini di rispetto dei vincoli comunitari in materia di gare, applicati in maniera acritica ad una fattispecie (l'aggiudicazione di concessioni pubbliche) ben più complessa della mera aggiudicazione di un appalto, viene prevista una sorta di asta, ove l'unico parametro che sostanzialmente caratterizza l'offerta economica di ciascun concorrente è costituito dal prezzo, partendo da una base d'asta di 200.000 euro per ciascuna concessione;
    b) non prevede alcun limite antitrust in termini di concentrazione. Ciò è veramente incomprensibile se si considera, per esempio, che la convenzione bingo attualmente in vigore prevede un limite di concentrazione del 10 per cento delle sale su base nazionale e del 50 per cento su base regionale e che la vigente convenzione sottoscritta dai concessionari della rete slot quantifica nel 25 per cento il numero di apparecchi AWP complessivamente collegati alla rete e nel 25 per cento degli apparecchi VLT per i quali sia stata rilasciata autorizzazione il limite massimo per ogni singolo concessionario. È evidente che l'assenza di soglie massime di concentrazione delle assegnazioni in capo ad un solo soggetto o gruppo imprenditoriale rappresenta una palese violazione delle vigenti norme antitrust e potrebbe consentire fenomeni di concentrazione idonei a dar vita a pratiche anticoncorrenziali e rendere molto più difficile l'accesso al mercato, in particolare, da parte di nuovi operatori di dimensioni medio-piccole;
   non prevede alcuna forma di tutela per il personale che attualmente lavora per concessionari che, a seguito della gara, non dovessero vedersi riattribuire le attuali concessioni;
   in termini di requisiti soggettivi, esclude dalla partecipazione alla gara persone semplicemente «imputate», in chiara violazione dell'articolo 27, comma 2, della Costituzione secondo cui «L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva»;
   ripropone quale requisito di partecipazione il possesso di una serie di parametri di solidità economico-patrimoniale, di non chiara interpretazione e peraltro già oggetto di valutazione critica da parte della giustizia amministrativa i quali, se effettivamente applicati, escluderebbero dalla competizione gran parte dei potenziali partecipanti;
   viola gli imprescindibili limiti di segretezza dell'offerta previsti dalla normativa comunitaria e nazionale in materia di gare pubbliche, imponendo ai partecipanti l'obbligo di versare al momento della presentazione della domanda di partecipazione un importo pari alla metà dell'offerta economica. Stante il fatto che tale versamento dovrà essere effettuato prima della presentazione della domanda, ciò significa che soggetti terzi all'ADM saranno a conoscenza di un'informazione idonea, in taluni specifici casi, a svelare quante concessioni sono state richieste dal concorrente e, addirittura, l'importo dell'offerta economica presentata da quest'ultimo. È incomprensibile il motivo per il quale l'ADM abbia scelto questa formula, dal momento che la legge di stabilità prevede il pagamento di euro 100.000, pari alla metà della base d'asta;
   prevede una durata della concessione di soli sei anni, mettendo in serio rischio il rientro degli investimenti iniziali, soprattutto dei nuovi soggetti;
   sono arrivati negli ultimi giorni alcuni chiarimenti dell'ADM a quesiti posti da potenziali concorrenti che hanno lasciato francamente esterrefatti. Si cita in tal senso la risposta che prevede che la garanzia provvisoria possa esse resa soltanto mediante fideiussione bancaria e assicurativa e non attraverso deposito in numerario. L'ADM, in sostanza, non considera le enormi difficoltà che gli operatori, soprattutto di dimensioni medio-piccole, riscontrano nell'ottenimento di fideiussioni, in un contesto in cui alcuni dei principali gruppi bancari ed assicurativi hanno addirittura inserito nei propri codici etici il divieto di operare con imprese del settore del gioco legale –:
   se, il Ministero dell'economia e delle finanze, attraverso l'ADM, intenda intervenire con la massima urgenza affinché, in via di autotutela, sia ritirato il bando di gara per l'assegnazione di 228 concessioni bingo o se intenda che la gara vada avanti secondo l'attuale formulazione. Nella seconda evenienza, sulla base di quali valutazioni sia stata presa tale decisione, stanti gli innumerevoli aspetti di illegittimità ed irragionevolezza che caratterizzano il bando in oggetto e che sono stati solo parzialmente illustrati nelle suddette premesse. (4-06276)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   i decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 2012 hanno dato il via a un piano di riordino degli uffici giudiziari sul territorio nazionale, con la soppressione di 30 tribunali, 38 procure, 220 sedi distaccate e 674 uffici del giudice di pace che l'interrogante giudica scellerato;
   il 30 giugno 2014, al termine del Consiglio dei Ministri, il Presidente del Consiglio e il Ministro della giustizia presentavano in conferenza stampa i 12 punti da cui partire per la riforma del sistema giudiziario italiano, tra i quali, al punto 11, «misure per l'ulteriore razionalizzazione della geografia giudiziaria»;
   come si legge sul sito dello stesso Ministero, «La riforma della geografia giudiziaria del 2012 ha soppresso 30 tribunali e i corrispondenti uffici di Procura, ma ha dovuto reali arsi negli angusti confini della legge di delega originaria [...].Pertanto, occorre por mano al necessario superamento di quelle condizioni e, dunque: a) abbandonare la regola che ha imposto di mantenere almeno tre tribunali per ogni distretto di corte di appello; b) rimuovere il divieto di soppressione dei tribunali con sede nei capoluoghi di provincia, a prescindere dalla conformità ad altri parametri funzionali.»;
   tale scellerata ristrutturazione del sistema giudiziario, se portata a compimento secondo i criteri fissati nel citato schema, farebbe sparire in un colpo solo almeno due dei tre tribunali molisani, il tribunale di Isernia e di Latino, e con essa anche la corte di appello di Campobasso, con gravi ricadute sui cittadini, che per ottenere giustizia in sede di appello, sarebbero addirittura dirottati verso realtà giudiziarie lontane, quali Napoli o Roma;
   le nuove misure, lungi dal rappresentare una razionalizzazione del sistema giudiziario utile a una, pur condivisibile, riduzione del costi, comporterà, paradossalmente, elevati oneri di spesa pubblica, posto che i costi per gli stipendi del personale resteranno invariati e quanto risparmiato con l'accorpamento degli immobili si spenderà per l'adeguamento delle nuove sedi;
   dal punto di vista dell'efficienza, poi, un eventuale smantellamento dei presidi giudiziari molisani, anche di uno solo di essi, avrebbe ricadute esiziali sulla cittadinanza: il ricorso alla giustizia diverrebbe non solo più costoso, ma addirittura quasi impossibile, posto che il cittadino che domanda giustizia non avrebbe più un presidio al quale rivolgersi, mentre il cittadino chiamato a testimoniare in un processo, dovrebbe sobbarcarsi gli oneri di una trasferta, addirittura verso altre regioni;
   in termini di ricaduta sul territorio, inoltre, lo smantellamento degli uffici giudiziari comporterebbe la chiusura, o comunque, il ridimensionamento dei presidi dell'Arma dei carabinieri, il ridimensionamento della forze della polizia di Stato e della Guardia di finanza;
   resa già esecutiva la soppressione del tribunale di Lucera, nella imminenza della eliminazione dei presidi giudiziari di Vasto (Chieti) e Lanciano (Chieti), tenuti in vita solo da una norma speciale temporanea emanata dopo il terremoto de L'Aquila, la soppressione del tribunale di Larino avrebbe pertanto ricadute pesantissime in tema di pubblica sicurezza per il territorio del Basso Molise, il quale resta ancora, da questo punto di vista, un'oasi felice;
   difatti, se l'infausto progetto di riforma fosse portato a compimento, non ci sarebbe nessun presidio giudiziario (tribunale e procura della Repubblica) in un territorio costiero di oltre 200 chilometri (da Foggia a Pescara), a tutto vantaggio delle organizzazioni criminali;
   da aprile 2013 ad oggi, numerose sono state e continuano ad essere le iniziative su tutto il territorio nazionale, gli incontri operativi e le richieste avanzate agli addetti ai lavori e alle istituzioni per scongiurare tale riforma;
   tale drastica riorganizzazione giudiziaria, infatti, non trova il consenso di molti: per gli avvocati è uno spreco di risorse pubbliche, per i sindaci si tolgono avamposti della legalità in territori dove ce n’è bisogno e perfino per la magistratura la paventata soppressione dei presidi giudiziari molisani non è una scelta condivisibile;
   quella che all'interrogante appare una inaccettabile indifferenza riservata dalle istituzioni alla situazione di grave emergenza dei suddetti tribunali condurrà all'implosione del sistema giustizia nel territorio, e, nel settore penale, alla negoziazione dei diritti fondamentali assicurati dagli articoli 24 e 111 della Carta Costituzionale;
   in particolare, resterà seriamente compromesso il diritto del cittadino alla ragionevole durata e qualità del processo, dovendosi prevedere che l'insostenibile gestione dei carichi da parte dei pochi magistrati requirenti e giudicanti in servizio porterà a un rallentamento sine die delle indagini preliminari, o, ancora peggio, alla sommarizzazione della tutela giurisdizionale –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in considerazione del prospetto di una paralisi generale della macchina giudiziaria, se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per mantenere i presidi giudiziari molisani o, almeno, valutare l'opportunità di una soluzione alternativa che non lasci il territorio sfornito di un presidio di giustizia;
   se non ritenga che una possibile soluzione possa essere rappresentata dall'istituzione di un tribunale a Termoli (Campobasso), già sede distaccata di tribunale, posta a metà strada tra Foggia e Pescara. (4-06268)


   MARCON. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel 2002 la FIN.VI. S.r.l., società riconducibile al gruppo Berlusconi e proprietaria fra le altre cose dell'area ex Cotorossi di Vicenza, vecchio stabilimento industriale tessile dismesso, propone all'amministrazione comunale – guidata allora da Enrico Hullweck di Forza Italia – un'operazione urbanistico-immobiliare di enormi dimensioni: la FIN.VI. si impegna a costruire il nuovo tribunale di Vicenza in cambio dell'edificabilità su tutta la restante parte dell'area medesima, trattasi di circa centomila metri quadri che arrivano a ricomprendere, per giunta, un terreno di proprietà comunale;
   nell'aprile e nel maggio 2002 il consiglio comunale approva (n. 29 del 23 aprile, 7-14-15-16 maggio 2002) il documento programmatico preliminare del nuovo piano regolatore generale (che individua il comparto ex Cotorossi come possibile sede del nuovo tribunale di Vicenza). Viene successivamente approvato, il 3 marzo 2003, il protocollo preliminare d'intesa fra comune di Vicenza e FIN.VI. S.r.l. per la predisposizione di un P.I.R.U.E.A.  (legge regionale n. 23 del 1999) al fine di realizzare anche la sede del tribunale di Vicenza. Iter che prosegue, il 28 marzo dello stesso anno, con l'approvazione da parte della giunta comunale della delibera di adozione del P.I.R.U.E.A «Cotorossi» (139/2003), mentre in dicembre viene approvata dal consiglio comunale la delibera che dà il via al piano attuativo (delibera n. 79 del 22-23-24 dicembre 2003);
   molti dubbi vengono sollevati sull'opportunità dell'operazione da opposizione ed associazioni ambientaliste, ma l'allora sindaco Hullweck interviene nel dibattito attraverso una dichiarazione del 26 settembre 2003 su Il Giornale di Vicenza asserendo che il Ministero della giustizia, allora presieduto da Roberto Castelli, avrebbe aggiunto 15 milioni di euro agli 8,8 già resi disponibili per la costruzione del nuovo tribunale, a condizione che esso venisse realizzato sull'area di Borgo Berga (ex Cotorossi);
   si prosegue dunque a spron battuto verso la realizzazione dell'opera attraverso l'approvazione del P.I.R.U.E.A. Cotorossi da parte della regione Veneto (delibera n. 857/2004 del 26 marzo 2004). Nel 2005 si abbattono le strutture residue dei vecchi stabilimenti industriali Cotorossi, ma si decide di non procedere alla bonifica dell'area, dove risultano tuttavia sepolti ignoti quantitativi di rifiuti tossici industriali. Quando il cantiere del nuovo tribunale verrà infatti affidato, nel 2006, alla ditta piemontese Codelfa per un costo di realizzazione di 23 milioni di euro interamente a carico dello Stato, si opterà per l'edificazione del palazzo di giustizia sopra ad un solettone di cemento e senza interrati. Soluzione che permette di «intombare» i veleni della ex Cotorossi nel sottosuolo;
   nel 2008, dopo una proficua rivalutazione del valore dei terreni, la FIN.VI. S.r.l. vende lo stabilimento alla società «Sviluppo Cotorossi», fra i soci principali della quale c’è la Maltauro. Gruppo che balzerà successivamente agli onori delle cronache per il suo ampio e conclamato coinvolgimento nella mega-inchiesta su Expo2015 e Mo.S.E.;
   il 2011 vede l'apertura del cantiere dell'area residenziale e commerciale, oggi in fase avanzata di edificazione, la quale viene segnalata come difforme dal regio decreto n. 523 del 1904 dall'ingegner Nicola Giardinelli del genio civile tramite una lettera fatta pervenire al dipartimento territorio del comune di Vicenza ed alla società Sviluppo Cotorossi, in quanto gli edifici sorgerebbero ad una distanza abbondantemente inferiore ai 10 metri dalle sponde dei due fiumi che lambiscono l'isola di Borgo Berga. Tale violazione verrebbe inoltre evidenziata in una nota del genio civile notificata al comune di Vicenza ed alla ditta Sviluppo Cotorossi spa con protocollo n. 49536 del 30 luglio 2009. Per avvalorare ulteriormente tale difformità, l'ingegner Giardinelli precedentemente citato, fa inoltre riferimento ad una recente sentenza della Corte di Cassazione (24884 del 9 ottobre 2008);
   mentre la costruzione dell'area residenziale e commerciale prosegue, il nuovo tribunale viene inaugurato nel 2012; tuttavia, già nello stesso anno, giungono innumerevoli segnalazioni da parte del personale riguardo a massicce infiltrazioni d'acqua nonché ad altissimi tassi di umidità che rendono completamente inservibile un intero piano dell'edificio per circa 4-5 mesi all'anno;
   l'intervento urbanistico in questione, che investe un'area di 100 mila metri quadrati, sottoposta a vincolo idrogeologico e paesaggistico, posta nella confluenza di due fiumi e a pochi passi dal centro storico e da siti tutelati dall'Unesco, non è stato soggetto a VAS (valutazione ambientale strategica), nonostante la Corte Costituzionale abbia confermato l'obbligo di procedere a tale valutazione in quanto i piani urbanistici attuativi del complesso «ex Cotorossi» possono produrre impatti significativi sull'ambiente circostante;
   la delibera di approvazione del P.I. R.U.E.A non contiene gli elaborati previsti dall'articolo 19 della legge regionale n. 11 del 2004, ovvero piani urbanistici attuativi (PUA) comprensivi di verifica di compatibilità geologica, geomorfologica e idrogeologica dell'intervento, il prontuario per la mitigazione ambientale, il capitolato ed il preventivo sommario di spesa;
   nella domanda per il permesso di costruzione presentata dai promotori del progetto risultano assenti informazioni quali superficie fondiaria, utile, coperta, interrata, gli indici edilizi, le altezze massime, le volumetrie in metri cubi, il numero di parcheggi pubblici e privati, ed altre numerosissime voci richieste per la validità della domanda medesima;
   il piano stralcio per l'assetto idrografico del bacino Brenta-Bacchiglione, pubblicato nel 2004, alcuni mesi prima che il comune di Vicenza ed i privati siglassero il P.I.R.U.E.A. ex Cotorossi, classifica i territori compresi all'interno degli argini o delle sponde dei corpi idraulici costituenti la rete idrografica dei bacini Brenta-Bacchiglione con il grado di pericolosità idraulica P4, il quale permette esclusivamente le demolizioni senza ricostruzione;
   il parere favorevole al progetto fornito dal genio civile si basa sullo studio redatto dalla Beta Service S.r.l., il quale non attesta in alcun modo l'invarianza di permeabilità dei terreni (invarianza resa obbligatoria, anche tramite interventi compensatori, dalla delibera della giunta regionale n. 2948 del 6 ottobre 2009) e che non considera, peraltro, l'intervento edilizio nell'area posta alla sinistra del Bacchiglione (47 mila metri quadrati);
   nell'area ex Cotorossi aveva sede un antico opificio del 1800 considerato opera di archeologia industriale dal piano territoriale regionale della regione Veneto, il quale prevedeva la tutela dell'opera in base all'articolo 61 del 1985, ora prevista nell'articolo 29 della legge regionale n. 11 del 2004. Anche la Soprintendenza, in una nota del 2 aprile 2003, prescrive la conservazione della ciminiera e delle facciate residue dell'originaria archeologia industriale. Data la natura vincolante della prescrizione, il privato commissiona una relazione tecnica che di fatto conferma i materiali di costruzione delle facciate come risalenti al XIX secolo, ma della quale presenta un’«interpretazione» opposta a comune e Soprintendenza, i quali, in sede di conferenza dei servizi, votano a favore dell'abbattimento della struttura ad eccezione della sola ciminiera. Abbattimento che viene prontamente eseguito nel 2005. Nel 2009 tuttavia, nella variante del PIRUEA approvata dalla nuova giunta comunale, si ritrova fra le norme tecniche operative la stessa prescrizione emanata dalla Soprintendenza nel 2003, ragion per cui non risulta paradossalmente agli atti alcuna autorizzazione formale da parte della Soprintendenza all'abbattimento della struttura;
   seppure l'accordo originale fra comune e costruttori prevedesse un'area di circa 20 mila metri quadrati di standard a verde da cedere gratuitamente al comune medesimo, metà delle aree che la società costruttrice si fregia di aver ceduto all'ente pubblico consistono in sponde interne dei due fiumi (decisamente non fruibili da parte dei cittadini a causa della morfologia scoscesa), mentre la restante parte si divide fra percorsi pedonali, per lo più pavimentati, e piccole aiuole di arredo urbano –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti nonché delle numerose irregolarità del progetto riscontrabili negli atti e nei diversi passaggi che ne hanno autorizzato la realizzazione;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno avviare quanto prima un'opera di messa in sicurezza idraulica dell'area, senza la quale risulta inevitabilmente a rischio la stabilità delle strutture nonché l'incolumità dei cittadini che vi si trovano. (4-06278)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   la vicenda dell'aeroporto «Gino Lisa» di Foggia si è ulteriormente arricchita di nuovi capitoli che non sembrano proprio orientarsi verso uni soluzione positiva e definitiva; in una conferenza stampa tenutasi il 12 settembre 2014, alla presenza del presidente della regione Puglia, si è avuta notizia di un contratto stipulato da «Aeroporti di Puglia» con la «Blue Wings Air»;
   in base a tali accordi, dal prossimo 27 ottobre 2014, dovrebbero essere attivi i primi voli dall'aeroporto di Foggia in direzione Milano e, a seguire, dal mese di dicembre, si dovrebbe poter raggiungere Torino;
  questa notizia ha creato numerose perplessità tra i comitati, le associazioni e i cittadini che da anni si battono affinché il «Gino Lisa» diventi finalmente operativo e si restituisca al territorio una infrastruttura indispensabile;
   tali perplessità hanno ragione d'essere a partire dai ritardi incredibili sulla valutazione di impatto ambientale che dovrebbe finalmente dare il via ai lavori di ampliamento della pista e di ammodernamento dell'aeroporto, ma anche dalle numerose esperienze negative con compagnie discutibili che hanno creato solo disservizi risultando, alla fine, esperienze inutili e negative;
   tutto ciò ha ulteriormente avvalorato dal partner che Aeroporti di Puglia ha scelto per ripristinare i voli sopra elencati, la Blue Wings Air, che come si deduce dal suo sito online, attivato il 1° ottobre e ancora in via di costruzione, è una company inglese che opera nel settore del brokeraggio di aeromobili, di recentissima costituzione;
   la compagnia aerea italiana che effettuerà i collegamenti sarà la Air Vallè e utilizzerà un aeromobile «Fokker 50» biturbo elica da 50 posti;
   alle perplessità sopra espresse si aggiunge la completa assenza di informazioni sugli accordi intercorsi tra le parti in merito alle condizioni con le quali verranno garantiti questi collegamenti e conseguentemente se non si andrà incontro ai tanti disservizi che vi sono stati nel corso del tempo con altre compagnie che sembravano, oltretutto, più solide;
   se a questo si aggiungono le dichiarazioni fatte, alla fine del mese di agosto, dai manager per l'Italia di Ryanair, John Alborante, secondo cui Aeroporti di Puglia (AdP) non avrebbe mai nemmeno accennato all'esistenza degli aeroporti di Grottaglie e di Foggia, il quadro della situazione diventa ancora più oscuro e incerto in merito al ruolo che svolge Aeroporti di Puglia nel rilanciare l'intero sistema aeroportuale della regione;
   lo stesso John Alborante ha fatto presente che la compagnia sarebbe stata senz'altro interessata al rilevante bacino turistico rappresentato dal Gargano, a cui bisogna aggiungere l'enorme bacino rappresentato dal turismo religioso;
   l'accordo sottoscritto con la «Blue Wings Air» a giudizio degli interpellanti potrebbe  essere un tentativo di rimediare agli sbagli sin qui commessi in materia di rilancio del sistema aeroportuale della Puglia o peggio ancora il segno che si sia deciso di non introdurre l'aeroporto di Foggia nell'accordo con Ryanair proprio perché era già previsto un altro tipo di soluzione –:
   se non si ritenga necessario acquisire elementi, nell'ambito delle proprie competenze, sull'accordo tra AdP e la compagnia di brokeraggio «Blue Wings Air» così da dare tutte le informazioni necessarie a chi dovesse usufruire di tale servizio;
   se non si ritenga necessario acquisire ogni elemento utile in merito alla decisione di AdP di non comprendere gli aeroporti di Foggia e di Grottaglie nell'accordo previsto con Ryanair che ha privato di fatto, queste due province, di un'importante occasione di sviluppo economico per il territorio;
   a che punto sia l'intera vicenda dell'aeroporto «Gina Lisa» e se non si ritenga che sia ancora più indispensabile rendere pienamente operativo tale scalo affinché al territorio sia consegnata un'opera di primaria importanza per lo sviluppo economico dello stesse.
(2-00705) «Di Gioia, Pisicchio».

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   NICCHI, COSTANTINO, DURANTI, FRANCO BORDO, PALAZZOTTO, RICCIATTI e PANNARALE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da fonti giornalistiche che decine di donne, principalmente di nazionalità rumena, lavoratrici agricole (spesso «a nero») nelle serre, in località Vittoria, nella provincia di Ragusa sono costrette dai loro proprietari/padroni agricoltori, spesso affittuari anche dei locali fatiscenti in cui sono costrette a vivere con la propria famiglia, a subire abituali violenze sessuali dietro ricatto di licenziamento anche per i propri congiunti, e per paura di violenze maggiori nei confronti della propria persona e dei propri figli;
   Vittoria fa parte dei distretti ortofrutticoli più importanti d'Italia. Il centro di un sistema produttivo che esporta in tutta Europa annullando il tempo e le stagioni. Gli ortaggi che altrove maturano a giugno qui sono pronti a gennaio. Un miracolo chimico che ha ancora bisogno di braccia;
   miracolo economico dell’«oro verde», frutto inizialmente del lavoro dei braccianti tunisini, dal 2007 dei nuovi migranti che lavorano per metà salario i rumeni, e soprattutto le rumene che nell'isolamento della campagna sono una presenza gradita;
   le donne rumene sono definite bread winner perché sono le prime a partire dal loro Paese. I mariti, se arrivano, arrivano dopo. Intanto gli italiani diventano padroni della loro vita e della loro morte. Sono padroni in tutti i sensi;
   così è nato il distretto del doppio sfruttamento: agricolo e sessuale;
   spesso le donne sono consapevoli di quello che le aspetta in Italia, ma lo fanno per tenere unita la famiglia. Nelle serre possono vivere coi bambini. A casa di un anziano no. Meglio quindi fare la contadina che la badante. Per questo ci sono nelle serre tante mamme rumene coi bambini;
   sempre da fonti giornalistiche si apprende che i «festini agricoli» diffusi soprattutto nelle piccole aziende a conduzione familiare sono ben conosciuti dalla comunità, dalle istituzioni locali e dalle associazioni socio-assistenziali, ed è stato avviato anche il progetto «Solidal Transfert», un pulmino che permette di spostarsi senza dipendere dai padroni;
   le condizioni abitative in cui le lavoratrici agricole vivono con le proprie famiglie, spesso pagando affitti esosi, sono estremamente disagevoli: buchi nel soffitto che fanno passare l'acqua piovana, mura erose dall'umidità, proliferazione di miceti, con conseguenti patologie come l'asma in soggetti, soprattutto in tenera età, prima perfettamente sani. Il tutto nel totale disinteresse del locatario. Nella zona sono intervenuti sia Emergency che Medici Senza Frontiere;
   Vittoria è il primo comune in Italia per estensione delle coltivazioni plastificate e per numero di aborti in proporzione al numero di abitanti da anni;
   inoltre, «l'Associazione diritti umani» denuncia che nel caso specifico di Vittoria le donne si trovano impossibilitate ad interrompere la gravidanza, poiché tutti i medici sono obiettori di coscienza e che solo all'ospedale di Modica sono presenti medici non obiettori, ma la crescita esponenziale di richieste di aborto porta un allungamento dei tempi di attesa, rendendo impossibile l'aborto entro i tre mesi previsti dalla legge. Alcune donne sono costrette a ritornare nei loro Paesi d'origine per abortire. Altre, invece, si affidano a strutture abusive e a persone che, sotto cospicuo pagamento, praticano l'aborto senza averne competenze –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della inaccettabile condizione in cui sono costrette a vivere le immigrate rumene nel distretto siciliano sopracitato;
   se non ritengano, per quanto di competenza, di intervenire immediatamente affinché non si protragga più la odiosa condizione di donne che per vivere devono divenire schiave;
   se non ritengano necessario assumere ogni iniziativa di competenza, anche per quanto riguarda la presenza degli obiettori di coscienza affinché ogni presidio ospedaliero sia in grado di garantire la possibilità di abortire. (3-01067)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MATTIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 111 del decreto legislativo n. 159 del 2011 prevede che l'Agenzia dei beni confiscati alla criminalità sia dotata di diversi organi tra i quali il direttore e il consiglio direttivo;
   il consiglio difettivo è l'organo fondamentale dell'Agenzia giacché – ai sensi dell'articolo 47 del medesimo decreto legislativo – adotta le delibere di destinazione dei beni confiscati agli scopi sociali di legge;
   il consiglio direttivo è presieduto dal direttore dell'Agenzia ed è composto da un magistrato designato dal Ministro della giustizia, da un magistrato designato dal procuratore nazionale antimafia e da due qualificati esperti in materia di gestioni aziendali e patrimoniali designati, di concerto, dal Ministro dell'interno e dal Ministro dell'economia e delle finanze;
   i decreti di nomina dei membri di designazione ministeriale sono predisposti dal Ministro dell'interno e proposti al Presidente del Consiglio dei ministri;
   la completa composizione del consiglio direttivo è fondamentale per il funzionamento dell'Agenzia, poiché senza l'Agenzia non può procedere alle destinazioni dei beni;
   al riguardo è necessario ricordare che sono attualmente ancora in attesa di destinazione definitiva migliaia di beni confiscati alla criminalità organizzata, tra cespiti immobiliari, compendi aziendali e beni mobili registrati e che dal 18 giugno 2014 (per come risulta dal sito dell'Agenzia) risultano destinati – in via provvisoria e salva ratifica – solo un'imbarcazione da diporto, una vettura Mercedes e un bene immobile –:
   se il Ministro abbia ricevuto la designazione necessaria a completare il procedimento da parte del Ministro della giustizia e a che punto sia la concertazione in merito con il Ministro dell'economia e delle finanze e se abbia, conseguentemente, predisposto i decreti di relativa nomina. (4-06260)


   FAVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Sud Trasporti è un'azienda di trasporti catanese colpita nel settembre 2013 da un provvedimento di sequestro preventivo;
   l'amministratore Angelo Ercolano in quell'occasione fu denunciato per frode fiscale, per un giro di false fatturazioni di oltre cinque milioni di euro;
   Angelo Ercolano è cugino del boss mafioso Aldo Ercolano, attualmente all'ergastolo e detenuto già in regime di 41-bis, considerato dall'ultimo rapporto della DIA attuale referente della cosca mafiosa dei Santapaola;
   lo zio di Angelo e padre di Aldo, Giuseppe Ercolano, oggi defunto, è stato riconosciuto e condannato come capo di una delle più violente e spregiudicate famiglie di Cosa Nostra, quella appunto degli Ercolano;
    la storia della famiglia Ercolano ha segnato nel sangue, fuori da ogni dubbio, la storia di Cosa Nostra a Catania e nella Sicilia Orientale;
   nonostante tutto ciò la Sud Trasporti risulta oggi regolarmente inserita nella cosiddetta «white list» della prefettura di Catania, iscrizione che le dà titolo per poter concorrere ad ogni pubblica gara d'appalto –:
   perché sia stato permesso alla Sud Trasporti della famiglia Ercolano di accedere alla succitata white list presso la prefettura di Catania;
   se il Ministro non ritenga di dover chiedere formali spiegazioni di tutto ciò al prefetto di Catania;
   se il Ministro non ritenga di dover provvedere immediatamente al depennamento della Sud Trasporti dalla white list. (4-06262)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Aeroporto Pietro Savorgnan di Brazzà di Ronchi dei Legionari (Gorizia), conosciuto come aeroporto di Trieste (da cui dista circa 35 chilometri), è uno scalo del Friuli Venezia Giulia aperto al traffico commerciale con un bacino d'utenza stimato sui cinque milioni di passeggeri;
   l'11 agosto 2014 la regione Friuli Venezia Giulia, la provincia di Gorizia, il comune di Ronchi dei Legionari e la società che gestisce lo scalo (Aeroporto FVG spa), a riprova dell'importanza della struttura, hanno sottoscritto a Trieste l'accordo di, programma per la realizzazione del polo intermodale dell'aeroporto – stazione ferroviaria, autobus, parcheggi auto – per il quale si prevede la realizzazione del primo lotto entro il 2017;
   nell'aeroporto è dislocata una sezione del comando provinciale di Gorizia del Corpo dei vigili del fuoco, dotata di numerosi mezzi per il soccorso che non possono essere tutti parcheggiati al chiuso a causa della ridotta capienza della infrastruttura deputata a tale funzione;
   alcuni mezzi – si tratterebbe di cinque veicoli «poseidon» – sarebbero quindi sottoposti alle intemperie e presenterebbero continue rotture ed infiltrazioni legate al costante logoramento;
   i vigili del fuoco, come segnalato dall'interrogazione a risposta orale depositata al consiglio regionale dalla consigliera Ilaria Dal Zovo, hanno più volte chiesto all'ente gestore Aeroporto FVG di porre fine a questo problema costruendo un capannone in grado di ospitare gli automezzi che rimangono all'aperto in modo da proteggerli dagli agenti atmosferici salvaguardando la loro integrità ed efficienza;
   la sicurezza dello scalo non può essere pregiudicata dal cattivo stato di conservazione dei mezzi antincendio; questi ultimi infatti devono essere sempre pronti e agibili per fronteggiare qualsiasi incidente possa avvenire all'interno del sedime aeroportuale;
   preoccupa il silenzio dell'ente gestore dell'Aeroporto, a giudizio dell'interrogante quantomeno immotivato ed incomprensibile, riguardo alla questione summenzionata –:
   quali iniziative urgenti s'intendano adottare, in necessario raccordo con gli enti locali e le parti interessate, per garantire l'efficace funzionamento dei mezzi a disposizione dei vigili del fuoco di stanza presso l'Aeroporto Pietro Savorgnan di Brazzà, a tutela dei viaggiatori e del personale impiegato. (4-06263)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   all'interrogante è stato segnalato che nei mesi scorsi, nel corso di una manifestazione di invalidi a sostegno del protocollo terapeutico cosiddetto «stamina» che ha bloccato le vie del centro storico di Roma, un gruppo di manifestanti in sedia a rotelle sarebbe riuscito ad entrare sulla piazza antistante Palazzo Chigi e di norma interdetta, come anche in quel caso, ai dimostranti;
   sempre secondo quanto segnalato al deputato interrogante, i responsabili dell'ordine pubblico della piazza avrebbero dato l'ordine ai reparti mobili di «caricare» questi invalidi al fine di espellerli dalla zona interdetta;
   è di tutta evidenza la gravità dell'ordine impartito che, se eseguito, avrebbe potuto creare una situazione gravissima con un impatto mediatico devastante per l'autorevolezza delle forze di polizia;
   fortunatamente, sempre secondo quanto segnalato, i poliziotti sul campo avrebbero convinto con mezzi più «pacifici» i manifestanti introdottisi nell'area interdetta, evitando così che la situazione degenerasse pericolosamente –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra descritti;
   qualora il Ministro interrogato accerti la veridicità di quanto descritto, se non ritenga doveroso aprire una verifica per individuare e, se del caso, punire i responsabili che hanno impartito un simile ordine al reparto mobile. (4-06269)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Rodero, un piccolo comune in provincia di Como, l'amministrazione comunale, guidata dal sindaco Attilio Epistolio, ha deciso di mettere a disposizione l'ex caserma della Guardia di finanza di via Confine per l'accoglienza di extracomunitari, pare una decina di origini africane, in arrivo prossimamente in città nell'ambito del piano di riparto deciso dal Ministero dell'interno per far fronte all'incontrollato numero di sbarchi;
   tale decisione ha suscitato tra i residenti preoccupazioni e proteste, alla luce del fatto che è stata assunta senza consultare la cittadinanza e del fatto che trattandosi di un piccolo comune, dotato di una sola vigilessa, tale allocazione comporterà problemi di ordine pubblico ingestibili con le attuali risorse disponibili;
   secondo notizie apparse anche sui quotidiani locali, qualche giorno fa è iniziata anche una raccolta firme a cui stanno partecipando numerosi i cittadini di Rodero per dichiarare in modo pacifico il proprio dissenso all'utilizzo della caserma per profughi, al momento solo presunti dato che non si conoscono le generalità;
   secondo quanto dichiarato da uno dei promotori della raccolta firme, Fabio Ciuccetti, in sole due ore dall'inizio della raccolta di firme erano già circa 50 le adesioni, tra cui anche quelle degli extracomunitari che abitano in paese e sono contrari alla decisione presa dall'amministrazione comunale;
   il primo dovere di un sindaco è quello di pensare prima di tutto ai propri concittadini ed ai loro bisogni oltre che di garantire la sicurezza e l'ordine pubblico;
   anche a Rodero ci sono famiglie, padri senza lavoro, giovani disoccupati, anziani, disabili che avrebbero bisogno di aiuti e alloggi popolari e a cui potrebbero essere destinati gli immobili e le risorse che l'amministrazione comunale sta invece destinando a extracomunitari entrati clandestinamente nel nostro Paese: alloggio, biancheria, servizio di pulizia, abbigliamento adeguato alla stagione, pocket money di 2,5 euro al giorno, scheda telefonica di 15 euro;
   vanno considerati:
    i numerosi episodi di fuga dai centri di accoglienza (in base ai dati forniti dai poliziotti in prima linea nelle strutture del Sud l'80 per cento dei clandestini scappa) e l'impossibilità dunque di garantire il necessario controllo del nostro territorio;
    i rischi sanitari cui è esposta la popolazione, per la possibilità di contrarre malattie infettive, tra cui la Tbc e la scabbia o l'Ebola, di cui non esiste profilassi nei Paesi di origine o partenza degli immigrati;
    i rischi di infiltrazioni terroristiche connessi all'ingresso ormai incontrollato sul territorio italiano di immigrati, rischi confermati ad agosto 2014 dal Ministro dell'interno e aggravati anche dalle ultime dichiarazioni dell'ISIS –:
    se il Ministro sia a conoscenza della decisione di destinare l'ex caserma di Rodero all'accoglienza di persone non integrate con il tessuto sociale locale, quali siano le generalità e la nazionalità dei cittadini extracomunitari che verranno inviati e ospitati a Rodero, quali accertamenti siano stati disposti per evitare problemi legati al fondamentalismo islamico più radicale nonché problemi di ordine sanitario e se non ritenga opportuno disporre verifiche con riguardo ad eventuali problemi di ordine pubblico sicurezza locale. (4-06270)


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato lo scorso 17 settembre, dal quotidiano «Il Piccolo» il sindaco del comune di Gorizia, ha inviato una richiesta urgente al Ministro interrogato, al fine di sollecitare ogni utile iniziativa, per smantellare la tendopoli allestita in città, ed evitare possibili ripercussioni negative, a danno della comunità locale causate dall'insensata scelta di collocare il ricovero di rifugiati in un punto centrale;
   la domanda trasmessa anche al presidente della regione Friuli Venezia Giulia e al prefetto di Gorizia, evidenzia infatti, una serie di criticità espresse dal primo cittadino goriziano, connesse al continuo flusso di profughi diretti verso la città che sembra non arrestarsi, anche a causa degli inviti di richiamo per centinaia di persone in fuga dai loro Paesi diffusi all'esterno, che rischiano di determinare gravissime ripercussioni per l'ordine pubblico e la sicurezza della comunità locale interessata;
   i pericoli derivanti dall'affluenza di un numero di immigrati così elevata, prosegue l'articolo di stampa, a giudizio del sindaco friulano, sono connessi alle conseguenze penalizzanti che il comparto turistico locale potrebbe subire, nonostante gli sforzi compiuti dall'amministrazione comunale nel rilanciarne l'immagine e l'attrattività delle bellezze turistico-culturali del luogo;
   la mancanza di un coordinamento decisionale nei confronti dello stesso comune di Gorizia, nel non aver ricevuto alcuna comunicazione ufficiale da parte della stessa regione, che ha peraltro avallato tale decisione, rafforza la convinzione, secondo quanto sostiene il sindaco, condivisa anche dall'interrogante, come la scelta di posizionare la tendopoli per i rifugiati situata nel centro cittadino sia avvenuta in maniera confusa e sbagliata, sia con riferimento all'individuazione del collocamento della struttura medesima che con le modalità decisionali con le quali è stata stabilita tale scelta –:
   se intenda confermare il contenuto dell'articolo riportato in premessa, con riferimento alla richiesta inviata dal sindaco di Gorizia, al Ministro interrogato, di attivare misure volte a rimuovere la tendopoli per i rifugiati nel centro di Gorizia, che ha tutte le caratteristiche per trasformarsi in centro d'accoglienza permanente;
   in caso affermativo, se l'invito a smantellare la struttura mobile, sia accoglibile a causa delle criticità evidenziate nella premessa;
   quali iniziative conseguentemente, nell'ambito delle competenze proprie, intenda intraprendere al fine di spostare la tendopoli dal centro cittadino di Gorizia che, come in precedenza riportato, determina notevoli difficoltà logistiche e in termini di sicurezza per la comunità goriziana. (4-06272)


   PILOZZI, FAVA, DI SALVO, MIGLIORE, PIAZZONI, LACQUANITI, LAVAGNO, ZAN, LABRIOLA e NARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Don Luigi Ciotti, è il fondatore e il rappresentante di «Libera», associazione nazionale che si occupa di sensibilizzazione e contrasto al fenomeno delle mafie in Italia;
   l'impegno e la costanza di Don Ciotti, uniti al lavoro di tanti che assieme a lui hanno condotto in questi anni importanti iniziative di contrasto al fenomeno mafioso, hanno permesso all'associazione Libera di divenire oggi un riferimento importante della società civile organizzata;
   proprio tale impegno e i numerosi risultati conseguiti da Don Ciotti hanno esposto lo stesso a pesanti minacce e intimidazioni da parte della criminalità organizzata, tanto che oggi don Luigi Ciotti beneficia di un programma di protezione da parte del Ministero dell'interno;
   nelle scorse settimane, notizie giornalistiche hanno riferito di intercettazioni telefoniche relative a un colloquio tra il capo mafia Toto Riina, recluso in carcere con il regime dell'articolo 41-bis del codice di procedura penale, e un esponente della «sacra corona unita» pugliese, Alberto Lorusso. In tale intercettazione, il capomafia Riina avrebbe apertamente minacciato Ciotti e auspicato la sua «uccisione» come don Puglisi, sacerdote palermitano ucciso dalla mafia per il suo impegno nel quartiere brancaccio;
   questa palese, ulteriore intimidazione ha evidentemente destato molto allarme, specie per il fatto di provenire dalla voce di uno dei più importanti esponenti della malavita siciliana dal secondo dopoguerra ad oggi;
   il timore generato da tali minacce, ha suscitato manifestazioni di solidarietà e di attenzione nei confronti di don Ciotti, come riferito da alcune cronache di stampa;
   la gravità e la provenienza dell'ennesima minaccia di morte nei confronti di don Luigi Ciotti non può essere sottovalutata dalle istituzioni e anzi richiederebbe un rafforzamento del regime di protezione –:
   se alla luce della gravità delle ulteriori minacce di morte nei confronti di don Luigi Ciotti da parte di Cosa Nostra non intenda disporre il rafforzamento delle misure di protezione. (4-06273)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ALBANELLA e BURTONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel settembre del 2011 è stato firmato un accordo tra i rappresentanti della regione siciliana, della società Pfizer, della Myrmex spa e delle rappresentanze sindacali in cui si prevedeva che, a seguito di un prezzo simbolico pari ad un euro, la Myrmex acquisiva il Centro di ricerche di tossicologia e tossicogenomica di Catania;
   con tale accordo la società si impegnava a mantenere lo stesso livello occupazionale, garantendo quindi l'occupazione dei 76 ricercatori altamente specializzati impegnati nella struttura;
   grazie a questa soluzione si sarebbe consolidato un modello virtuoso di collaborazione tra pubblico e privato e dato lustro ad un centro di ricerca che sin dalla sua nascita è altamente specializzato nella preclinica di nuove molecole farmacologicamente attive, studia la sicurezza ed il metabolismo di nuovi potenziali farmaci in accordo con le normative internazionali;
   la Myrmex di Catania rappresentava una struttura di prima eccellenza, con in corso importanti programmi di ricerca svolti in collaborazione con enti pubblici come il CNR e l'Istituto superiore di sanità. Programmi sostenuti economicamente da fondi subordinati alla partecipazione di un «solido» partner privato e messi a disposizione del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   a tutt'oggi la Myrmex non ha mai ripreso l'attività produttiva del centro di ricerca con la grave conseguenza dello scatto della cassa di integrazione ordinaria «a zero ore» per tutti i ricercatori ed il rischio della dispersione di professionalità di altissimo livello nonché la definitiva chiusura di un polo di eccellenza scientifica che rappresenta un unicum nel panorama siciliano;
   a quanto si apprende da fonti stampa, in occasione dell'apertura di un tavolo di confronto presso l'ufficio provinciale del lavoro per la verifica dello stato della vertenza e per la proroga della cassa integrazione ordinaria, si è evidenziata l'assenza di un possibile compratore che rilevasse il ramo di azienda della Myrmex di Catania –:
   se i Ministri interrogati non ritengano necessaria l'apertura di un tavolo di confronto con i rappresentanti della regione siciliana, dell'amministrazione comunale di Catania e delle rappresentanze sindacali e i rappresentanti della Myrmex spa, non solo finalizzato a garantire la prosecuzione degli strumenti di sostegno economico per i ricercatori, ma che permetta anche la definizione dei presupposti per una nuova fase di ripresa e sviluppo per il Centro di ricerca sul territorio catanese. (5-03712)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUPO, DALL'OSSO, DI VITA e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i minori allontanati dalla famiglie sono tutti quei minori con gravi difficoltà familiari e per i quali i servizi sociali competenti e l'autorità giudiziaria ritengono necessario un percorso educativamente e affettivamente valido fuori dal nucleo familiare;
   i motivi che determinano l'allontanamento dei minori dal nucleo familiare sono vari e di complessa interpretazione; le norme italiane che regolamentano la materia consentono agli organi preposti di effettuare allontanamenti sia su base di dati oggettivi «nel caso in cui il minore risulti abbandonato moralmente o materialmente, nel caso in cui sia collocato in ambienti insalubri o pericolosi, nel caso in cui i genitori siano, per varie ragioni, incapaci di educarlo...» articolo 330 del codice di procedura civile; sia su base preventiva «Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'articolo 330 del Codice di procedura civile, ma appare comunque pregiudizievole al figlio...» articolo 333 del codice di procedura civile;
   il Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca) stima che in Italia i minorenni fuori famiglia siano all'incirca 30.000, di cui più o meno la metà, collocati in comunità, comunità educative o in comunità familiari; la restante parte è in affido familiari; tuttavia, a causa dell'assenza di un'anagrafe condivisa tra enti pubblici e privati preposti alla gestione del problema, ad oggi, non è possibile conoscere il numero esatto dei fuori famiglia;
   ad oggi non risulta essere attiva alcuna piattaforma informatica che consenta di aver un quadro aggiornato quotidianamente del numero e della identità dei minori allontanati dalle proprie famiglie e collocati in struttura o in affidamento familiare. L'importanza di tale strumento è anche stata ribadita durante alcune audizioni alla Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza «La mancanza di un tale strumento, priva i nostri uffici della possibilità di monitorare la reale situazione dei minori allontanati (cioè di quella quota di minori oggetto di procedure giudiziarie che più delle altre richiede attenzione) e gli stessi uffici regionali della possibilità di controllo della spesa»;
   nel luglio del 2011 con l'entrata in vigore della legge n. 112 è stata istituita l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza (AGIA). Le finalità generali dell'Autorità garante sono la promozione e la tutela dei diritti e degli interessi delle persone di minore età;
   in Italia solo dodici regioni si sono dotate della figura del Garante per l'infanzia e l'adolescenza, più le province autonome di Trento e Bolzano; al momento, tra le regioni in cui tale figura risulta essere assente vi è la Sicilia che di contro presenta il maggior numero di strutture per minori, circa 63 –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per istituire, anche in funzione delle esigenze espresse dai Garanti per l'infanzia e l'adolescenza regionali, una piattaforma informatica che raccordi tutti gli enti preposti alla gestione e all'accoglienza dei minori allontanati dalla famiglie tra i quali le comunità di accoglienza, le procure, i tribunali per i minorenni, il centro di giustizia minorile, al fine di creare un'anagrafe dei minori allontanati dalle famiglie efficacemente accessibile;
   quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di promuovere e agevolare l'istituzione dei garanti dell'infanzia e dell'adolescenza. (4-06261)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIBAUDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   negli anni scorsi la stampa ha dato notizia di una corposa indagine della magistratura inquirente sul dipartimento di prevenzione veterinario della ASP di Palermo con gravissime ipotesi di reato nei confronti di dirigenti e tecnici, tutti appartenenti al servizio veterinario della ASP di Palermo;
   si è appreso sempre dalla stampa di presunte intercorse relazioni dirette o indirette, anche di tipo economico, con imprese e imprenditori presenti nel territorio della provincia di Palermo, e l'attuale inchiesta si intreccia con inchieste parallele sullo smaltimento dei rifiuti ad opera di imprese del settore;
   detta vicenda giudiziaria si estende anche al settore zootecnico con il coinvolgimento di allevatori e veterinari che omettevano di comunicare la presenza di tubercolosi fra gli animali destinati al macello e le aziende zootecniche inquisite sono state per dette ragioni sottoposte a sequestro giudiziario con la conseguente notifica delle informazioni di garanzia ai soggetti coinvolti, tra cui diversi medici veterinari;
   non si ha notizia alcuna di provvedimenti adottati dalla ASP di Palermo nei confronti degli indagati, anche in via precauzionale e allo scopo di tutelare gli interessi per la salute dei cittadini ed il buon nome della pubblica amministrazione;
   tutto ciò può determinare delle ripercussioni negative alla economia zootecnica siciliana, agli allevatori e ai cittadini tutti (gravi e non preventivabili danni) soprattutto sulla salute umana e sulla eradicazione delle malattie infettive e diffusive dell'intero patrimonio zootecnico (bovino e ovi-caprino in particolare);
   nell'anno 2013 dal dipartimento veterinario sono stati annullati ben 39 verbali di illecito amministrativo promossi dalla capitaneria di porto di Palermo per violazioni in materia di tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti della pesca nel settore della ristorazione, adducendo quale motivazione la «non competenza della Capitaneria a eseguire detti controlli e adottare provvedimenti sanzionatori sulla rintracciabilità, perché non autorità competente»;
   risulta che tutti gli organi interessati si siano espressi favorevolmente sull'operato dei militari, riconoscendone e dunque legittimandone le competenze;
   ad oggi risulta un contenzioso istituzionale, fra il dipartimento di prevenzione veterinario della ASP Palermo e la capitaneria di porto di Palermo in esito alla emissione di 39 verbali di illecito amministrativo;
   il TAR per la Sicilia, su un ricorso mirato promosso dall'Avvocatura dello Stato, ha pronunciato la sentenza n. 2261/2013 del 23 gennaio 2014 a favore delle competenze della capitaneria nell'effettuare i controlli sul pescato alla ristorazione e sanzionare l'operatore del settore alimentare in materia di rintracciabilità, accogliendo la domanda di sospensione dei provvedimenti di annullamento del Dipartimento;
   la direzione aziendale della ASP di Palermo non risulta avere adottato alcuna misura urgente in esito alla predetta sentenza del TAR Sicilia e nei confronti all'operato del dipartimento veterinario –:
   se e quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo in conformità alla sentenza del TAR sopra richiamata a tutela della pubblica amministrazione, dei consumatori, degli allevatori e dei siciliani tutti. (5-03711)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   VIGNALI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi è prevista dalla legge 95 del 1979 (cosiddetta legge Prodi) – successivamente modificata con le leggi n. 445 del 1980 e n. 119 del 1982 – poi sostituita dal decreto legislativo 270 del 1999;
   tale disciplina prevede, tra l'altro, l'attribuzione al commissario straordinario del potere di effettuare azioni revocatorie degli atti di disposizione patrimoniale e di transazione commerciale compiuti dalla grande impresa in crisi nei periodi antecedenti alla dichiarazione di crisi;
   tale facoltà viene riconosciuta al commissario straordinario anche dopo l'autorizzazione all'esecuzione del programma di ristrutturazione in funzione del risanamento della grande impresa, a condizione che sia funzionale al raggiungimento degli obiettivi del programma nell'interesse dei creditori;
   le suddette azioni revocatorie spesso riguardano i crediti riscossi dalle micro e piccole imprese, che in molti casi costituiscono l'indotto delle grandi imprese in crisi e operano in qualità di fornitori e sub-fornitori;
   tutto ciò ha delle forti ripercussioni sulla stabilità economica e finanziaria delle micro e piccole imprese che si vedono sottrarre risorse e liquidità a fronte di prestazioni già eseguite;
   è del tutto evidente che si crea in tal modo una situazione di ingiusto e iniquo squilibrio tra il salvataggio della grande impresa in crisi, cui è finalizzata la revocatoria, e il danno che deriva alle imprese creditrici di micro e piccola dimensione. Colpire le micro e piccole imprese con le revocatorie ha spesso l'effetto di metterle in grave difficoltà economica con gravi ripercussioni sul tessuto produttivo e imprenditoriale del territorio, senza avere grande rilevanza per la grande impresa, visto che si tratta spesso di microcrediti;
   in una situazione di perdurante crisi economica che colpisce soprattutto le micro e piccole imprese, ciò rappresenta un ulteriore aggravio per il sistema produttivo italiano, costituito prevalentemente da micro e piccole imprese;
   anche nell'ottica dell'attuazione dello small business act, sarebbe necessario modificare la suddetta disciplina della revocatoria, definendo vincoli e condizioni finalizzati a tutelare la posizione delle micro e piccole imprese, al fine di evitare che possano verificarsi situazioni in cui queste ultime debbano subire pesanti conseguenze economiche derivanti dalla crisi delle grandi imprese, mettendone a serio rischio la stessa sopravvivenza –:
   quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intendano adottare per porre rimedio a tale situazione, prevedendo una modifica della disciplina della revocatoria nella procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, con l'introduzione di meccanismi che tutelino le micro e piccole imprese, al fine di evitare che la revocatoria dei crediti colpisca in modo indiscriminato le micro e piccole imprese, mettendone a rischio la sopravvivenza.
(4-06264)


   PARENTELA, L'ABBATE, LUPO, GAGNARLI, GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI e DA VILLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   conoscere la sede dello stabilimento di confezionamento di un prodotto alimentare consente alle autorità di controllo di attivare facilmente le azioni correttive utili a mitigare il rischio per la salute pubblica in caso di allerta; ciò potrebbe accadere, ad esempio, nel caso di una conserva vegetale contaminata dalla tossina del botulino;
   proprio in questi giorni l'interrogante ha presentato l'atto di sindacato ispettivo n. 4-06205 in merito all'importazione di frutta «tossica» dalla Spagna perché trattata con una sostanza pericolosa per la salute utilizzata per allungarne la conservazione. La Coldiretti per tutelare i consumatori ha consigliato di verificare nell'etichetta la provenienza della frutta sincerandosi che non fosse di origine spagnola;
   la direttiva 2000/13/CE che ha consolidato la precedente 1979/112/CE relativa a etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari non prescrive la sede dello stabilimento tra le informazioni obbligatorie in etichetta;
   è facoltà degli Stati membri aggiungere prescrizioni nazionali ulteriori, da applicarsi sui prodotti commercializzati sui loro territori. A tal uopo, i Governi dei Paesi aderenti sono tenuti a notificare le norme nazionali alla Commissione europea la quale, a sua volta, potrà verificare la compatibilità delle stesse con lo «aquis communitaire»;
   il Governo italiano, dopo avere ottenuto il nulla osta della Commissione europea in quanto giustificato dall'esigenza di garantire l'efficace gestione delle crisi, ha introdotto l'obbligatorietà di indicare la «sede dello stabilimento di produzione» in etichetta;
   il regolamento dell'Unione europea n. 1169/2011, nel ridefinire le regole comuni in tema d'informazione al consumatore per i prodotti alimentari, ha confermato la possibilità per gli Stati membri di aggiungere prescrizioni nazionali ulteriori, da applicarsi sui prodotti commercializzati sui loro territori (capitolo 6);
   allo stato attuale il decreto legislativo 109 del 1992 è ancora applicabile, in Italia, fino a sua formale abrogazione e dunque, in linea teorica, l'indicazione della sede dello stabilimento rimane obbligatoria per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia;
   a decorrere dal 14 dicembre 2014 – data di formale applicazione di gran parte del regolamento dell'Unione europea n. 1169/11– tuttavia, la prescrizione italiana della sede dello stabilimento potrà essere mantenuta solo a condizione che il Governo italiano provveda alla notifica di tale norma alla Commissione europea, ai sensi del regolamento predetto;
   risulta all'interrogante che il Ministero dello sviluppo economico, per sua parte, non abbia manifestato interesse in tal senso;
   la notizia sullo stabilimento di produzione, oltre ad avere una funzione importante per la sanità pubblica, serve ai singoli consumatori per scegliere un alimento rispetto a un altro anche in considerazione del Paese o della regione dove è prodotto per motivi legittimi come sostenere l'economia e l'occupazione locali, in nome del valore del lavoro –:
   se rientri fra gli intendimenti del Governo notificare alla Commissione europea entro il termine ultimo del 14 dicembre 2014 la volontà di mantenere l'obbligatorietà di indicare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione alimentare per i prodotti realizzati e commercializzati in Italia. (4-06265)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i 262 lavoratori di Accenture outsourcing a Palermo rischiano concretamente di perdere il loro posto di lavoro a seguito dell'anticipata disdetta (rispetto alla naturale scadenza luglio 2016) dell'unico committente British Telecom (di seguito BT) che, ad oggi, impegna la quasi totalità delle risorse impiegate nel centro;
   i lavoratori, assunti nel 2000 con contratto di formazione lavoro e poi riconvertiti nel 2002 a tempo indeterminato dall'allora Albacom (oggi BT), sono stati oggetto nel 2005 di una cessione di ramo d'azienda ed assunti da Accenture outsourcing, continuando di fatto a lavorare sempre per il cliente BT;
   negli anni successivi Accenture, al di là delle intenzioni manifestate e degli impegni presi, non ha mai diversificato il sito per quanto riguarda le commesse né le competenze degli operatori, lasciando di fatto il centro in una situazione di mono-committenza che, ad oggi, rimane di fatto la causa della problematica in corso;
   dal 2010 sino ad oggi i lavoratori sono stati oggetto di un progressivo depauperamento sia per quanto concerne i benefit che il salario, facendo fronte a precise richieste aziendali. Inoltre, un'altra conseguenza di tale atteggiamento è stata l'apertura, nel settembre 2012, di una procedura di mobilità, poi rientrata con la sigla di un accordo, avvenuta a dicembre 2012; in tale accordo i lavoratori rinunciavano ad un'ulteriore parte di salario a fronte dell'impegno aziendale di portare nuove commesse sul sito di Palermo: un impegno in seguito totalmente disatteso, laddove l'unico punto attuato dell'accordo è stato, invece, il regime di solidarietà a carico dei lavoratori e, di conseguenza, del sistema contributivo nazionale;
   ad oggi, in seguito all'incontro tenutosi il 12 settembre presso il Ministero dello sviluppo economico emerge che la BT dichiara di avere assunto tramite contratti atipici del personale che attualmente impiega con costi più bassi sulle commesse tutt'ora in essere presso la sede di Palermo invece di utilizzare i lavoratori attualmente in contratto di solidarietà;
   purtroppo, il Governo oggi si limita a fare da mediatore tra le due aziende, di fatto non svolgendo il suo ruolo di garante della legalità e della fattibilità dell'operazione e rimandando la ricerca di una soluzione ad un incontro definito «tecnico» tra aziende e sindacati nel quale si formalizza che Accenture si dice pronta ad assorbire il 30 per cento dei lavoratori «spostandoli» su HR Services. Quest'ultima azienda del gruppo: si trova attualmente in regime di contratti di solidarietà; nel 2010 ha avviato procedura di mobilità dichiarando esuberi per 85 lavoratori su 300; nel 2014 ha proceduto con una azione di licenziamento collettivo per la sede di Mestre, eliminando di fatto la stessa; sempre nel 2014 ha proceduto con una riduzione dell'organico di Roma ricorrendo ai contratti di solidarietà per 161 lavoratori e mobilità volontaria per 60 ed ancora diverse procedure in via di definizione;
   BT, al contrario, è un'azienda di telecomunicazioni, fornitrice di servizi alle pubbliche amministrazioni, in crescita secondo le stime e le comunicazioni fatte dall'azienda stessa. A fronte di tale situazione, collocherebbe il restante 70 per cento dei lavoratori in una «new company», una nuova azienda senza storia, senza dare alcuna garanzia con riguardo ad un aspetto fondamentale come il mantenimento occupazionale futuro, secondo quanto dichiarato dai rappresentanti aziendali al tavolo;
   inoltre, le aziende chiedono un ulteriore ribasso del 20 per cento del costo del lavoro, un demansionamento di livello, l'azzeramento degli scatti, riduzioni di ferie e ROL, controllo sulla produttività del singolo e, infine, condizione imprescindibile secondo quanto sostenuto dai responsabili aziendali, l'accettazione di un «accordo tombale», firmato necessariamente da tutti i 262 lavoratori che cancelli qualunque possibile futura azione legale nei confronti delle stesse, precisando che anche una sola firma contraria farebbe saltare l'accordo;
   da quanto illustrato in premessa, risulta di tutta evidenza come queste aziende svolgano operazioni vergognose simulando inesistenti situazioni di crisi (laddove i profitti sono in crescita) al solo ed esclusivo fine di abbattere il costo del lavoro e comprimere i diritti dei lavoratori;
   è stato peraltro segnalato al deputato firmatario che Accenture outsourcing in passato abbia effettuato operazioni simili anche con altre aziende –:
   quale sia l'orientamento del Governo riguardo a questo tipo di condotte poste in essere da un'azienda di questa importanza, fornitrice di servizi alle pubbliche amministrazioni e se non abbia intenzione di far «pesare» la propria posizione di cliente nei confronti di un simile comportamento;
   se il Governo abbia intenzione di avviare, nell'ambito delle sue competenze, un'indagine adeguatamente approfondita su tutte le operazioni effettuate da Accenture outsourcing, in merito ad acquisizioni di rami di azienda che hanno come fine ultimo l'aggiramento dell'articolo 18 ad oggi ancora in vigore, e conseguente la dismissione di intere strutture aziendali;
   quali azioni il Governo, nell'ambito di quanto di sua competenza, abbia intenzione di intraprendere per riportare la trattativa tra le aziende in un ambito di ragionevolezza, escludendo la prospettiva di abbattimento dei diritti acquisiti in anni di lavoro e sacrifici da parte dei lavoratori della sede;
   se il Governo non ritenga doveroso utilizzare tutti i poteri di cui è dotato al fine di arginare condotte che appaiono lesive dei diritti dei lavoratori. (4-06274)