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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 2 ottobre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VI e X,
   premesso che:
    la sezione IX del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, reca misure per la nascita e lo sviluppo di imprese startup innovative;
    al 1o ottobre 2014, in Italia, si contano 2.655 startup innovative e 31 incubatori certificati; il tasso di crescita di questo sistema è tra i pochi a risultare positivo ed è circa pari a 30 unità per settimana per quanto concerne le startup innovative;
    secondo l'European BIC Network, nel 2012, gli investimenti privati in startup in Italia sono sensibilmente inferiori rispetto alla media europea, questo a causa di incertezza normativa, elevato costo del lavoro e assenza di appropriati strumenti finanziari;
    secondo lo studio «Foreign Born Scientists: Mobility Patterns for Sixteen Countries», (Chiara Franzoni, Giuseppe Scellato, Paula Stephan) in Italia i ricercatori in ingresso sono il 3 per cento e quelli che fuggono sono il 16 per cento; questo ci porta dunque ad un bilancio tragico: -13 per cento. In Paesi vicini come la Francia ed il Regno Unito questo dato diventa invece rispettivamente +4 per cento e +8 per cento, sino ad arrivare a casi di successo come Svizzera e Svezia che superano il +20 per cento;
    tra i maggiori problemi riscontrati dalle imprese in Italia si individuano il costo del lavoro, l'elevata tassazione ed oneri burocratici non sostenibili;
    l'articolo 27 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 introduce sistemi per consentire la partecipazione finanziaria di amministratori, dipendenti o collaboratori continuativi alla startup innovativa o all'incubatore certificato di appartenenza e dispone che azioni, quote, strumenti finanziari partecipativi o diritti emessi da startup innovative o incubatori non concorrano alla formazione del reddito imponibile per i soggetti interessati;
    oneri economici e burocratici sostanziosi si ritrovano nel processo di costituzione dell'impresa e nell'utilizzo di strumenti finanziari partecipativi;
    gli strumenti finanziari partecipativi costituiscono importanti elementi per la nascita e la crescita di startup innovative in tutto il mondo in quanto sostituiscono il denaro in una fase iniziale dell'impresa in cui la disponibilità di liquidità è ridotta, coinvolgendo inoltre direttamente i soggetti collegati all'impresa, rendendoli partecipi degli utili;
    il comma 7 dell'articolo 29 del decreto-legge del 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, impone una detrazione fiscale sugli investimenti in startup innovative a vocazione sociale o operanti nel settore energetico pari al 25 per cento, per le altre start-up innovative il comma 1 dello stesso articolo impone una detrazione fiscale pari al 19 per cento;
    la vita di una startup innovativa pari a quattro anni secondo la normativa vigente, risulta essere non adatta a favorire la competitività a confronto con gli altri Paesi dell'Unione europea data la grande inerzia del sistema Paese Italia;
    i commi 7 e 8 dell'articolo 30 del decreto-legge del 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 introducono misure a favore dell'internazionalizzazione delle startup innovative;
    il Ministero dell'economia e delle finanze e Consob hanno già provveduto, rispettivamente con decreto ministeriale del 30 gennaio 2014 e con delibera n. 18592 «Regolamento sulla raccolta di capitali di rischio da parte di startup innovative tramite portali on-line», a dare attuazione delle disposizioni dell'articolo 30 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 in materia di equity crowdfunding;
    la lettera a) e la lettera b) del comma 4 dell'articolo 17 «Obblighi relativi alla gestione degli ordini di adesione degli investitori» della delibera n. 18592 «Regolamento sulla raccolta di capitali di rischio da parte di startup innovative tramite portali on-line» che attua le disposizioni dell'articolo 30 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, impongono rispettivamente, per le persone fisiche un limite massimo di cinquecento euro per singola operazione e di mille euro per il totale annuale delle operazioni, per le persone giuridiche un limite massimo di cinquemila euro per singola operazione e di diecimila euro per il totale annuale delle operazioni;
    il regolamento Consob non consente operazioni di equity crowdfunding nei confronti dei fondi di investimento;
    l'attività di ricerca e sviluppo e quindi di commercializzazione in settori ad alto livello tecnologico richiede l'impiego di brevetti su scala nazionale ed internazionale;
    a livello internazionale la parola utilizzata è startup e non start-up;

impegnano il Governo:

   ad adottare ogni utile iniziativa, anche normativa, volta a:
    a) individuare le risorse economiche necessarie per esentare le startup innovative dal pagamento dell'IRAP;
    b) prevedere contributi previdenziali ai livelli minimi per soci, amministratori e dipendenti di startup innovative;
    c) stabilire la quota di detrazione fiscale al 30 per cento per investimenti in tutte le categorie di startup innovative;
    d) stabilire le deduzioni fiscali pari al 50 per cento sull'acquisto di beni strumentali per le startup innovative;
    e) predisporre un modello unico standard per la costituzione di una SRL o SRLS start-up innovativa;
    f) predisporre un modello standard per l'utilizzo di strumenti finanziari partecipativi per SRL o SRLS start-up innovative;
    g) attribuire la facoltà al segretario comunale la competenza di autenticare gli atti di cui ai precedenti due punti e di trasmetterli al registro delle imprese;
    h) innalzare l'attività temporale di una impresa startup innovativa da 48 mesi a 60 mesi;
    i) destinare una quota delle risorse del Fondo per la promozione degli scambi e l'internazionalizzazione delle imprese di cui all'articolo 14, comma 19, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011 per l'attrazione degli investimenti esteri in startup innovative in Italia;
    l) elevare, in materia di equity crowdfunding, il limite per singolo ordine a cinquemila euro e per il totale annuale degli ordini a diecimila euro per le persone fisiche e a elevare il limite per singolo ordine a cinquantamila euro e per il totale annuale degli ordini a centomila euro per le persone giuridiche;
    m) estendere la possibilità di effettuare operazioni di equity crowdfunding anche nei confronti di fondi di investimento;
    n) garantire l'accesso prioritario al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese alle startup innovative titolari di brevetti che abbiano superato il controllo da parte dell'Organizzazione europea dei brevetti (EPO) e ricevuto un rapporto di ricerca completamente positivo.
(7-00482) «Della Valle, Baldassarre, Mucci, Alberti, Ruocco, Villarosa, Sorial, Bechis, Toninelli, Luigi Di Maio, D'Incà, Crippa, Fantinati, Da Villa, L'Abbate, Simone Valente, Segoni, Manlio Di Stefano, Artini, Spadoni, Vallascas, Parentela, Brescia, Barbanti, Terzoni, Zolezzi, Sibilia, Mantero, Scagliusi, Tofalo, D'Uva, De Lorenzis, Nuti, Nesci, Grillo, Liuzzi».


   La V Commissione,
   premesso che:
    con un emendamento approvato al disegno di legge di stabilità 2014 è stato inserito all'articolo 1 il comma 206 che, modificando l'articolo 48, primo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, aggiunge una nuova finalità a cui destinare la quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, ossia «la ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all'istruzione scolastica»;
    per l'introduzione del suddetto intervento nella categoria degli interventi ammessi, si è proceduto alla modifica dell'articolato del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, e successive modifiche, mediante l'adozione di uno schema di DPCM, presentato alle Commissioni parlamentari competenti per il parere;
    come ben noto, negli ultimi anni, i Governi succedutisi hanno spesso attinto alle risorse destinate alla gestione statale dell'8 per mille per finanziare provvedimenti estranei agli interventi previsti dalla normativa citata;
    gli impegni assunti a carico delle risorse riservate alla quota di pertinenza statale dell'8 per mille sono rilevanti e spesso con effetti finanziari pluriennali ed hanno causato una costante riduzione della quota destinata ad interventi statali, violando la manifestata volontà dei contribuenti;
    in proposito, si ricorda che, negli anni 2011 e 2012, non si è proceduto ad alcuna ripartizione, in quanto tutte le risorse per il 2011 sono state impegnate al fine di risanare i conti di finanza pubblica e nel 2012 sono state utilizzate le medesime risorse per finalità di protezione civile;
    per l'anno 2013 sono state oggetto di ripartizione risorse per la modesta cifra di 404.771 euro, nonostante le scelte dei contribuenti ammontassero a 169.899.025 euro, somma decurtata da una serie di provvedimenti di riduzione;
    anche nella Relazione illustrativa dello schema di riparto per l'anno 2013 in esame, si evidenzia la criticità della progressiva riduzione delle risorse dell'otto per mille a gestione statale e si sottolinea la necessità di intervenire al fine di reintegrare le risorse medesime;
    la recente inclusione fra gli interventi previsti di quelli correlati alla messa in sicurezza e ristrutturazione degli edifici scolastici pubblici è di grande interesse per i cittadini, che reclamano scuole sicure per i propri figli;
    garantire la sicurezza degli edifici scolastici è un dovere per lo Stato, nonché un obbligo etico e morale;
    il ripristino delle risorse effettivamente destinate dai contribuenti per l'8 per mille a gestione statale consentirebbe di realizzare la messa in sicurezza delle scuole a regime ogni anno, attivando la facoltà degli enti locali interessati a partecipare alle graduatorie per l'assegnazione delle risorse;
    i suddetti interventi si aggiungerebbero ai progetti di ristrutturazione di edifici scolastici, per i quali sono state stanziate dal Governo Letta risorse, come previsto dalle disposizioni contenute nell'articolo 18 del decreto legge n. 69 del 2013 e successivi provvedimenti;
    le ristrutturazioni attivate con l'utilizzo della quota dell'8 per mille avrebbero la caratteristica positiva di stimolare l'iniziativa delle amministrazioni coinvolte, con diretta percezione da parte dei cittadini che il proprio contributo all'8 per mille abbia una ricaduta positiva nei rispettivi territori di appartenenza;
    peraltro, i suddetti interventi localizzati sono idonei a contribuire al sostegno delle economie e alla creazione i posti di lavoro nei territori interessati dalle assegnazioni di risorse,

impegna il Governo:

   in sede di sessione di bilancio per l'esame della legge di stabilità 2015, a stanziare le risorse necessarie al ripristino integrale delle somme dell'8 per mille a gestione statale a decorrere dal periodo di imposta in corso e per i successivi, provvedendo, con una quota delle risorse provenienti dalla «spending review», a compensare finanziariamente gli oneri pluriennali dei provvedimenti in precedenza adottati, attualmente coperti con le risorse correlate alla quota statale dell'8 per mille;
   a non utilizzare in futuro le suddette risorse per esigenze di coperture finanziarie, al fine di consentire un processo continuo, strutturale e a lungo termine di stanziamento di fondi per tutte le finalità previste dalla normativa e secondo i criteri di riparto indicati nell'apposito Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
(7-00481) «Cariello, Brugnerotto, Caso, Castelli, Colonnese, Currò, D'Incà, Sorial».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 2 del decreto-legge 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge 89 del 2014 ha stabilito, a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013, la riduzione del 10 per cento tutte le aliquote IRAP vigenti nel settore privato;
    dal 2014, pertanto, le aliquote dell'imposta regionale sulle attività produttive subiranno i seguenti decrementi: 3,5 per cento, anziché 3,9 per cento, in via generale; 3,8 per cento, anziché 4,2 per cento, per le imprese titolari di concessioni per la gestione di servizi e opere pubbliche; 4,2 per cento, anziché 4,65 per cento, per le banche e gli altri intermediari finanziari; 5,3 per cento, anziché 5,9 per cento, per le imprese di assicurazione; 1,7 per cento, anziché 1,9 per cento, per i soggetti operanti nel settore agricolo e della pesca;
    l'intervento comporterà, conseguentemente, un decremento differenziato del tax rate a cui sono assoggettati i diversi settori produttivi avvantaggiando più che proporzionalmente i comparti assicurativo (0,6 punti percentuali di riduzione) e bancario (0,45 punti percentuali di riduzione) rispetto a quello agricolo e ittico (solo 0,2). Per la generalità delle altre imprese e degli esercenti arti e professioni la riduzione marginale della tassazione ai fini IRAP si attesterà invece a 0,40 punti percentuali;
    è indiscutibile, quindi, che la manovra beneficerà, in misura maggiore, soggetti come le banche e le assicurazioni – che sono caratterizzati da elevati livelli di concentrazione monopolistica, una maggiore solidità finanziaria, più elevati volumi di fatturato e margini di profitto – rispetto ai restanti comparti dell'industria e dei servizi. Il carattere regressivo della manovra appare più evidente se si riflette sul fatto che per i settori della agricoltura e della pesca, tra i più falcidiati dalla crisi economica che dura imperterrita dal 2008, la riduzione dell'aliquota del tributo, innescata dal cennato provvedimento, sarà praticamente irrisoria;
    il trattamento di maggior favore accordato al compatto creditizio e assicurativo sottintende scelte di politica economica e redistributiva di segno divergente rispetto ai principi di progressività ed uguaglianza del sistema tributario così come sanciti, in materia di IRAP dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 21 del 2005: in tale pronuncia, l'Alta Corte ha ritenuto, infatti, pienamente legittima la determinazione di aliquote comparativamente più elevate per quei soggetti che, come le banche e le imprese di assicurazione manifestano una maggiore capacità contributiva rispetto alle altre categorie produttive. Nelle parole dell'Alta Corte, infatti, «l'aumento provvisorio e calibrato delle aliquote per i settori bancario, finanziario, assicurativo è primamente giustificato sotto il profilo degli articoli 3 e 53, primo comma della Costituzione, essendo esso conseguenza, da una parte, della valutazione del minor impatto del tributo sui detti settori e, dall'altro, da una scelta di politica redistributiva volta ad assicurare, in ragione del carattere surrogatorio del tributo, la continuità del prelievo ed evitare, quindi la possibile divergenza tra la precedente ripartizione del carico fiscale e quella che si sarebbe verificata ove nella prima fase di applicazione si fosse adottata un'aliquota unica indifferenziata per tutti i settori produttivi del comparto privato»;
    il provvedimento appare discutibile anche sotto il profilo dell'efficacia allocativa con cui si perseguono i paventati obiettivi di crescita economica e la riduzione del cuneo fiscale. È notorio come l'aspetto più controverso dell'IRAP non consista tanto nella struttura differenziata delle aliquote quanto, piuttosto, nell'indeducibilità, dalla base imponibile del tributo, dei costi afferenti le retribuzioni del personale subordinato e parasubordinato. Nelle fasi recessive tale limitazione espone le piccole e medie imprese «labour intensive», con basso grado di internazionalizzazione, a una pressione fiscale crescente a causa del contrarsi degli utili lordi cui non corrisponde una proporzionale riduzione della tassazione. L'incentivo a ridurre la forza lavoro unitamente ai fattori di rigidità dei prezzi interni rispetto a quelli praticati dalla concorrenza estera contribuiscono, quindi, a precipitare il quadro macroeconomico verso un equilibrio subottimale caratterizzato da alta disoccupazione, riduzione della capacità produttiva e peggioramento dei conti pubblici. Studi teorici, corredati da simulazioni, suggeriscono la possibilità che, in contesti di questo tipo, la semplice riduzione delle aliquote potrebbe non essere la misura più idonea in quanto destinata ad incidere solo sul saggio di profitto ma non sul tasso di occupazione. Al contrario una maggiore deducibilità dei costi del lavoro potrebbe rivelarsi fondamentale per aumentare la convenienza relativa ad assumere personale, incrementando il livello di occupazione e migliorando la competitività dell'industria nazionale e della bilancia dei pagamenti: tutti fattori chiave per agganciare la ripresa economica,

impegna il Governo:

   ad assumere tutte le necessarie iniziative normative per l'attuazione dei seguenti obiettivi:
    a) ridurre ulteriormente l'aliquota IRAP gravante sulle imprese operanti nei settori dell'agricoltura e della pesca che hanno beneficiato in misura sostanzialmente irrisoria dello sconto introdotto dall'articolo 2 del decreto-legge 66 del 2014, soprattutto se comparato con quello concesso alle imprese del credito e delle assicurazioni;
    b) prevedere la deducibilità del costo del lavoro dalla base imponibile IRAP e, in ogni caso, incrementare le deduzioni forfettarie già vigenti, al fine di incentivare l'assunzione di nuovo personale – riducendo il tasso di disoccupazione, giunto nel mese di luglio 2014 al livello socialmente inaccettabile del 13 per cento con punte del 43 per cento per la disoccupazione giovanile – nonché ridurre, al contempo, il gap di competitività tra le imprese italiane e quelle estere che dipende in misura rilevante dalle rigidità derivanti dalla tassazione IRAP.
(7-00480) «Cancelleri, Villarosa, Pesco, Alberti, Ruocco, Pisano, Barbanti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   NICCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel paese della Bielorussia le adozioni internazionali vengono concesse esclusivamente all'Italia;
   in base al regolamento bielorusso n. 122 del 30/01/2007, possono essere concesse all'Italia le adozioni dei minori accolti dalle famiglie che li ospitano per risanamento estivo ed invernale;
   nei periodi estivi ed invernali vengono ospitati in Italia, presso le famiglie per progetti di risanamento, circa 30.000 bambini. La procedura adottiva nella Repubblica di Belarus in base alla legge Bielorussa del 31 gennaio 2007 n. 122 prevede la possibilità di adozione nominativa di minori orfani sociali accolti dalle famiglie italiane attraverso i progetti di risanamento, in quanto fra i minori ospitati e le famiglie, si è creato un rapporto reciproco di affetto, tale da farli sentire parte di un'unica famiglia;
   in merito alla situazione di adozione relativa a minori provenienti dalla Repubblica di Bielorussia, si fa presente che il 30 settembre 2009 e successivamente il 30 novembre 2009, gli allora Presidente Berlusconi e il Ministro Frattini si sono recati in Bielorussia per affrontare la situazione delle adozioni internazionali, da parte di cittadini italiani che ospitano durante i progetti di accoglienza per risanamento, nei periodi estivi ed invernali, i minori orfani sociali provenienti da tale paese;
   la delegazione politica ha consegnato alle competenti autorità estere un elenco delle famiglie italiane adottive e dei rispettivi nominativi dei minori bielorussi orfani sociali accolti, al fine di poterne realizzare l'adozione;
   in base al protocollo sottoscritto e nel rispetto degli accordi bilaterali Italia-Bielorussia, che unitamente alla Convenzione dell'Aja regolano la procedura di adozione internazionale, fu possibile portare a termine l'adozione di circa 500 minori bielorussi presenti nell'elenco concordato, realizzando così il principio ispiratore della Convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993 che «riconosce nell'adozione internazionale l'opportunità di dare una famiglia permanente a quei minori per i quali non può essere trovata una famiglia idonea nel loro Stato di origine»;
   dopo il monito del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano inviato alle Camere e riportato sulla Gazzetta del Mezzogiorno il 21 novembre 2013 intitolato «Adozioni e affidi in calo, il Colle lancia un appello», si è giunti in data 3 marzo 2014 ad approvare un ulteriore elenco per l'adozione di n. 120 famiglie e relativi minori ospitati dagli stessi –:
   se non intenda intervenire urgentemente per permettere alle famiglie italiane di concludere l’iter adottivo di minori della Repubblica di Bielorussia, rendendo immediatamente esecutivo l'elenco contenente i nominativi delle famiglie e dei minori aventi diritto, attraverso l'invio urgente di una delegazione ministeriale nel paese della Bielorussia ampliando così ulteriori prospettive di adozione;
   se non ritenga necessario reperire fondi per finanziare la Commissione adozioni internazionali, nell'interesse dei minori orfani e delle famiglie adottanti;
   se non intendano, per quanto di competenza, costituire una delegazione politico amministrativa permanente che ogni anno si rechi in Bielorussia a firmare il protocollo d'intesa per sottoscrivere l'elenco delle coppie che possono adottare i minori abbandonati da loro accolti, nel pieno rispetto degli accordi previsti dalla Convenzione de l'Aja del 29 maggio 1993, tenuto conto che gli elenchi delle famiglie che possono adottare in Bielorussia vengono approvati nella città di Minsk da una delegazione politico amministrativa del Governo italiano unicamente attraverso un protocollo di intesa che viene concordato e sottoscritto fra la delegazione italiana ed il Ministro della Repubblica di Bielorussia. (3-01065)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIACHETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 30 settembre 2014 è scaduto il termine entro il quale avrebbe dovuto essere emanato il decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento per definire i criteri, le modalità e i limiti per l'esercizio delle attività libero-professionali nell'ambito delle strutture sanitarie militari previsto dall'articolo 210, comma 1-bis, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell'ordinamento militare) –:
   quali siano stati i motivi che hanno impedito al Ministro della difesa di adempiere all'onere previsto dalla norma in premessa e se non si intenda porre rimedio a tale evidente disattenzione ed in quale modo. (4-06228)


   COSTANTINO, GIANCARLO GIORDANO e FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   presso la casa di reclusione di Roma Rebibbia-penale è presente una popolazione carceraria di circa 400 detenuti, dei quali il 40 per cento chiede di frequentare i corsi scolastici;
   ai sensi dell'articolo 54 dell'ordinamento penitenziario la concessione dei benefici, tra i quali la detrazione di quarantacinque giorni per ogni semestre di pena scontata, è subordinata «alla partecipazione all'opera rieducativa», ovvero, in primis, alla regolare frequenza di un corso di studi tra quelli presenti nell'Istituto carcerario;
   a fronte di questa importante indicazione, che sottolinea ancora una volta il ruolo primario dell'istruzione all'interno del processo rieducativo, la scuola in carcere viene sistematicamente penalizzata;
   la mancata concessione o la tardiva autorizzazione al funzionamento di classi, ed in particolare delle classi terminali, rende di fatto difficoltosa se non impossibile la continuità dei percorsi scolastici come nel caso dell'Istituto «J.Von Neumann» di Roma responsabile per la casa di reclusione di Roma Rebibbia-penale (sezione maschile) al quale è stata «concessa» soltanto a fine settembre 2014 una classe quarta e una classe quinta dell'indirizzo professionale presente all'interno della struttura detentiva;
   tale ritardi e negazioni costituiscono una grave violazione del diritto alla studio, costituzionalmente garantito, per gli alunni detenuti e la premessa alla dissuasione, anziché alla promozione, a frequentare un corso di studi. Ciò si verifica purtroppo costantemente nonostante i numerosi appelli rivolti dai docenti alle istituzioni deputate ed il coinvolgimento dei garanti dei detenuti, dottor Angiolo Marroni e dottor Filippo Pegorari –:
   come il Ministro interrogato intenda avviare a soluzione il problema rappresentato che, riproponendosi di anno in anno, necessita di valutazioni attinenti alla specificità della scuola carceraria senza utilizzare unicamente il parametro numerico relativo ai frequentanti, poiché di fatto la grande mobilità del sistema, i trasferimenti e le scarcerazioni impongono un trattamento esclusivo e se il Presidente del Consiglio intenda fornire indicazioni precise a proposito della reale volontà del Governo nel sostenere il sistema dell'istruzione all'interno delle carceri italiane.
(4-06230)


   MERLO e BORGHESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 9 settembre 2014, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione A/68/304 con la quale ha deciso di elaborare e approvare un quadro giuridico multilaterale per i processi di ristrutturazione del debito sovrano con lo scopo, tra le altre cose, di aumentare l'efficienza, la stabilità e la prevedibilità del sistema finanziario internazionale;
   l'iniziativa è stata promossa dal G77 più la Cina e il testo ha ottenuto 124 voti a favore, 11 contrari e 41 astensioni;
   tale risoluzione «sottolinea la necessità di continuare a correggere i punti deboli e i disequilibri sistemici, così come la necessità di dispiegare sforzi costanti per riformare e rafforzare il sistema finanziario internazionale»; riconosce «la necessità di creare un quadro giuridico che faciliti la ristrutturazione ordinata del debito sovrano, che permetta di ristabilire la redditività e la crescita, senza creare incentivi che aumentino inavvertitamente il rischio di inadempienza, e che serva da elemento dissuasorio affinché i creditori non intraprendano contenziosi destabilizzanti durante le negoziazioni di ristrutturazione del debito sovrano»; altresì, ribadisce «l'importanza di stabilire un insieme chiaro di principi per gestire e risolvere le crisi finanziarie, che tenga in conto l'obbligo per i creditori del debito sovrano di operare in buona fede e con spirito di cooperazione, per patteggiare una riorganizzazione consensuale del debito degli Stati sovrani»;
   l'economia italiana sta avendo difficoltà ad uscire dall'attuale recessione e continuerà ad essere vulnerabile alle tensioni geopolitiche e macroeconomiche. Il Fondo Monetario Internazionale stima che il prodotto interno lordo italiano si contrarrà quest'anno allo 0,1 per cento e crescerà all'1,1 per cento nel 2015;
   in questo contesto, il debito pubblico in Italia è cresciuto nel primo trimestre del 2014 di 50.927 milioni di euro e si colloca a 2.120.143 milioni. Questa cifra stima che il debito abbia raggiunto il 135,60 per cento del PIL in Italia, mentre nel trimestre precedente, il quarto trimestre del 2013, era del 132,60 per cento;
   se si compara il debito in Italia nel primo trimestre del 2014 con quello dello stesso trimestre del 2013 si vede che il debito annuale è cresciuto di 84.145 milioni di euro;
   il presidente del G77, Llorenti Soliz, sostiene che bisogna «trovare una soluzione opportuna, efficace e durevole» al problema del debito dei Paesi;
   la crisi del debito sovrano della zona euro, attualmente focalizzata in Portogallo, Spagna e Italia, continuerà ad essere il principale centro d'attenzione per gli investitori. Ritardando l'azione, la crisi potrebbe raggiungere dimensioni difficili da gestire, finendo, oltretutto, per influenzare altre grandi economie della regione;
   il mercato dei buoni di debito sovrano si trova fortemente influenzato da un pugno di grandi gruppi di investitori privati (denominati in gergo finanziario «fondi avvoltoi») che si dedicano all'acquisto di debito scontato dei Paesi in processo di ristrutturazione, con lo scopo di ottenere grandi guadagni in conseguenza del contenzioso contro gli accordi di perdita tra gli Stati e i creditori privati. Questa situazione minaccia la possibilità degli Stati di trovare delle soluzioni durevoli ai propri problemi di debito sovrano e di conseguire i propri processi di sviluppo sostenibile;
   la menzionata risoluzione A/68/304, riconosce che «gli sforzi di uno stato di ristrutturare il proprio debito sovrano non devono vedersi frustrati e ostacolati dai creditori commerciali, e dai fondi di investimento specializzati, come i fondi di copertura, che acquisiscono debiti degli stati fortemente indebitati a fini speculativi nei mercati secondari a prezzi molto scontati, con l'intenzione avviare un contenzioso per cercare di ottenere il rimborso della totalità del valore»;
   l'azione dei «fondi avvoltoi», come è successo recentemente nel caso argentino, consentita dalla mancanza di una regolamentazione dei processi di ristrutturazione dei debiti sovrani, ha pregiudicato i piccoli investitori privati e i risparmiatori che, pur disponibili ad accettare una perdita del valore dei loro buoni, non si sono visti pagare i servizi corrispondenti ai loro buoni a causa del contenzioso giudiziario iniziato da questi fondi;
   tenuto conto che i creditori privati di debito sovrano sono sempre più numerosi, anonimi e difficili da coordinare, che ci sono diversi tipi di strumenti di debito e che si emette debito in una grande varietà di giurisdizioni, cosa che complica la ristrutturazione del debito sovrano, diventa sempre più, urgente stabilire criteri, parametri e linee guida che facciano in modo che i sistemi finanziari nazionali siano più trasparenti e sostenibili e, fondamentalmente, che proteggano i piccoli investitori e risparmiatori dall'accaparramento da parte dei grandi gruppi finanziari, di titoli di debito di paesi in default;
   l'esperienza dell'Italia con il default del debito sovrano dell'Argentina nel 2001 e il danno che questa crisi causò ai piccoli risparmiatori e pensionati italiani, rendono più evidente la necessità di procedere con la regolamentazione dei processi di ristrutturazione per proteggere gli attori più vulnerabili del sistema finanziario: i piccoli risparmiatori;
   nella Carta delle Nazioni Unite, al capitolo IX: COOPERAZIONE INTERNAZIONALE ECONOMICA E SOCIALE, articolo 55, si stabilisce che: «Al fine di creare le condizioni di stabilità e di benessere necessario per le relazioni pacifiche e amichevoli tra le nazioni, basate sul rispetto del principio di parità di diritti e di autodeterminazione dei popoli, le Nazioni Unite promuoveranno: (...) La soluzione dei problemi internazionali di carattere economico» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali siano i loro orientamenti sul piano politico;
   se e per quale motivo i Ministri interrogati non considerino l'Assemblea generale delle Nazioni Unite l'ambito più appropriato per discutere un quadro giuridico multilaterale per i processi di ristrutturazione del debito sovrano;
   per quale motivo non appoggino una decisione orientata a ottenere strumenti che consentano maggior efficienza, stabilità e prevedibilità del sistema finanziario internazionale, oltre a stabilire principi e regole di gioco chiare in un mercato, quello dei buoni di debito sovrano, fortemente influenzato da capitali speculativi che spesso danneggiano i piccoli e medi investitori. (4-06234)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante con il gruppo Consiliare Unidos del comune di Bonorva ha effettuato nei giorni scorsi un approfondito sopralluogo nelle aree del parco Mariani di Bonorva;
   è gravissimo il deterioramento e il colpevole stato di abbandono delle Domus de Janas de Sa Pala Larga (una sepoltura della cultura di Ozieri anteriore 3000 a.C.) nel comune di Bonorva, una delle necropoli più importanti dell'isola;
   è grave e reiterato il comportamento delle autorità competenti statali, sia istituzionali che amministrative e dirigenziali, che nonostante le reiterate segnalazioni, non sono adeguatamente intervenute a tutela del bene archeologico di primaria importanza;
   poco più di un anno fa l'ingresso delle domus de janas nel parco di Mariani era stato temporaneamente «tombato» in attesa di interventi di recupero del sito;
   il sito risulta essere nel più totale stato di abbandono e degrado e la «tombatura» divelta a simboleggiare degradi e abbandono totale;
   si segnala lo stato di abbandono nel quale si trovano le tombe ipogee, oltre alle discutibili modalità di protezione fatte adottare dalla Soprintendenza con la stesura di una colata di masped (intonato premiscelato) su una struttura in legno con un tessuto non tessuto geotessile, che nascondeva parzialmente l'ingresso, e che non ha retto né alle intemperie né all'azione dei tombaroli;
   nel sito archeologico di primaria importanza è ampiamente documentato il patrimonio artistico-culturale di cui le popolazioni preistoriche disponevano;
   all'interno della grotta, destinata a ospitare i defunti, sono stati, infatti, individuati motivi del Neolitico come la protome taurina, le spirali, il motivo della scacchiera e l'uso della pittura (di color rosso e ocra) per coprire le pareti (cit. Aristanis Bike);
   la tomba con tutto il suo materiale e le sue incisioni si stanno irrimediabilmente deteriorando senza che nessuno faccia nulla;
   tutto questo patrimonio, oltre al suo colpevole deterioramento, risulta non essere fruibile al pubblico;
   George Nash, archeologo del dipartimento di archeologia e antropologia dell'università di Bristol ed esperto mondiale di arte preistorica, scrisse sul Quotidiano di storia e archeologia il 15 agosto 2012: lo straordinario stato di conservazione di questo esempio di arte preistorica è paragonabile per importanza alle immagini dipinte all'interno della camera dell'oracolo dell'ipogeo di Hal-Saflieni a Malta;
   la considerazione finale dell'illustre scienziato archeologo è la seguente: questa scoperta è di importanza internazionale e dovrebbe essere condivisa tra i ricercatori di arte preistorica;
   l'aver sigillato il monumento rappresenta un «crimine» contro la comprensione delle vere origini del neolitico dell'Europa meridionale;
   la soprintendenza, in totale contraddizione tra le affermazioni e le azioni, sostiene l'eccezionalità della tomba, dovuta soprattutto alle bellissime pitture interne, ma a sua volta l'ha «sigillata» con grandi blocchi di pietra ricoprendo in seguito il tutto con una colata di cemento;
   oggi in molte parti la tomba risulta crollata e sommersa dall'acqua, aggravandone così lo stato di conservazione;
   la stessa soprintendenza con un'azione inaudita ha precluso il sito sia alle persone che vogliono visitarlo che ai ricercatori rilevando che la necropoli si trova in un luogo isolato e difficilmente accessibile, a giudizio dell'interrogante violando la Convenzione europea De La Valletta, articoli 7-8-9, per la salvaguardia del patrimonio archeologico e la condivisione delle scoperte con la comunità scientifica visto che del sito si è venuto a conoscenza solo grazie ad appassionati archeologi locali;
   a proposito della convenzione de La Valletta, la soprintendenza ad avviso dell'interrogante continua ad ignorarla ed applicare propri orientamenti che appaiono all'interrogante in contrasto con buon senso e senso di responsabilità;
   il sito non solo non è più sigillato, ma è in pericolo di ulteriori crolli e non sono servite e non servono le reiterate segnalazioni che da qualche tempo si susseguono, anche fotografiche, fatte da appassionati, archeologi, e cittadini sui portali internet e sul social network Facebook;
   le Domus de Janas de Sa Pala Larga versano in condizioni pietose senza che nessuno delle autorità competenti faccia qualcosa;
   il territorio continua ancora inesorabilmente ad essere privato di un bene che può produrre ricchezza e toglie al comune di Bonorva e alla Sardegna un'attrazione che serve e può servire per quel rilancio che tutti vogliamo per questa terra;
   risulta indispensabile un intervento urgente di consolidamento, restauro e di vigilanza per preservare il predetto bene identitario consentendo la sua completa valorizzazione;
   il sito monumentale di Sant'Andria Apriu, a poche centinaia di metri da Sa Pala Larga è altresì escluso da opere di restauro da tanto tempo e lo stesso rappresenta una unicità nel bacino del mediterraneo, riportando il percorso storico e pittorico che cronologicamente è inquadrabile nel neo-eneolitico, fra IV e III millennio a.C., mentre le prime fasi di utilizzo sono da ricondurre alla cultura di Ozieri (neolitico finale: 3200-2800 a.C.);
   i fatti sono talmente gravi che potrebbero configuranti: distruzione, abbattimento, atterramento, demolizione e rovina, omessa protezione e tutela del bene archeologico;
   distruzione o deturpamento di bellezze naturali storiche e archeologiche distruzione o l'alterazione delle bellezze naturali e archeologiche –:
   se non si ritenga di dover intervenire con somma urgenza per ovviare ai pericoli di ulteriore devastazione della straordinaria testimonianza archeologica;
   se non si ritenga di dover mettere in sicurezza l'intera area garantendo nel frattempo la sua fruibilità ai sensi delle norme vigenti;
   se non si ritenga di dover evitare ulteriori interventi, secondo l'interrogante, inutili e privi di qualsiasi tipo di risultati da parte di rappresentanti del Governo;
   se non si ritenga di dover disporre di un piano integrato per la salvaguardia dell'intero compendio prenuragico e nuragico. (4-06236)


   SORIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   mancano ormai solo poco più di 30 settimane all'Expo 2015 che si terrà a Milano e avrà come tema «Feeding the Planet, Energy for Life», ma nonostante i previsti 20 milioni di visitatori, sembra che le prenotazioni siano ancora quasi a zero, e che le prevendite online si siano rivelate finora un flop;
   il Governo continua a promettere numeri da colossal, tali da giustificare i miliardi di fondi pubblici spesi per la gigantesca iniziativa: 20 milioni di visitatori, 24 milioni di biglietti stampati, 110 mila persone che dovrebbero accalcarsi nella metropoli lombarda ogni giorno per sei mesi, eppure i più importanti albergatori di Milano e dintorni dichiarano preoccupati che «nulla si muove»;
   mentre il cantiere di Expo cresce, l'incertezza sta dilagando anche nelle agenzie turistiche, nei tour operator, tra i noleggiatori di bus, operatori che secondo uno studio commissionato da Expo spa all'università Bocconi avrebbero dovuto fatturare grazie all'evento 3,5 miliardi di euro;
   anche il numero uno di Confindustria, Giorgio Squinzi ha dichiarato la sua perplessità: «Venti milioni di turisti mi sembrano una cifra ottimistica»;
   tra arresti e scandali, d'altra parte, tutta l'organizzazione dell'evento si è rivelata carente, visto che anche la fine dei lavori per una delle principali infrastrutture di Expo, il viale su cui sorgerà il padiglione italiano, è prevista per il 30 aprile 2015: il giorno prima dell'inaugurazione, con un ritardo medio di 21 settimane;
   se da una parte il Governo ha continuato a tessere le lodi di questo evento colossale per giustificare le somme altrettanto colossali stanziate per renderlo possibile, dall'altra parte sembra si sia dimenticato di farne adeguata promozione all'estero, con un Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che è sembrato del tutto carente in proposito, come se il prodotto fosse da pubblicizzare e vendere agli italiani, e non agli stranieri;
   secondo l'economista Roberto Perotti, tutta l'operazione Expo «è stata supportata e legittimata da stime economiche azzardate, che ne hanno avallato i voli pindarici. Accettate acriticamente dai mezzi di informazione, ripetute e tramandate poi in innumerevoli occasioni, sbandierate da politici e commentatori, queste stime hanno instillato il miraggio di centinaia di migliaia di posti di lavoro e di altri enormi benefici economici a costo zero» –:
   se il Governo sia a conoscenza del «flop» annunciato che si sta profilando all'orizzonte di Expo 2015, come esposto in premessa, e se non intendano spiegare i motivi di una simile mancanza di attenzione alla promozione di un evento di questa portata da parte delle istituzioni preposte, avendolo fortemente voluto e sostanziosamente finanziato, e come intendano intervenire al fine di scongiurare una tale perdita economica e di credibilità internazionale. (4-06239)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 23 settembre 2014, si sono svolte nel poligono di Teulada esercitazioni ad avviso dell'interrogante fuorilegge considerato che l'ordinanza con le quali venivano vietate le aree interdette è stata pubblicata dalla competente capitaneria solo dopo la cessazione delle stesse alle 16.22;
   il sottoscritto interrogante ha presentato formale querela sui fatti;
   l'ordinanza pubblicata a bombardamenti conclusi ha di fatto messo in grave pericolo popolazione e natanti;
   quello accaduto il giorno 23 settembre non ha precedenti;
   si sono svolte esercitazioni a fuoco senza avvertire la popolazione né i natanti che transitavano nell'area;
   si tratta di un fatto di una gravità inusitata proprio per l'oggetto del contendere: esercitazioni a fuoco, ovvero bombardamenti;
   il Ministero della difesa anche in questa vicenda ha agito senza alcun tipo di rispetto di regole e comportamenti corretti verso la popolazione;
   l'ufficio stampa della Difesa aveva diffuso un comunicato con il quale confermava che si erano svolte esercitazioni a fuoco nella base di Teulada;
   nel corso della presentazione della querela i funzionari hanno anche certificato le proprietà del file dell'ordinanza dal quale si evince la gravissima manipolazione dei fatti;
   davanti ai funzionari della questura di Roma, come è attestato dalla denuncia presentata, è stato aperto il sistema del processo informatico del file dell'ordinanza dal quale si evince che il file risulta predisposto e pubblicato alle 16.22;
   aver interdetto l'area solo ad esercitazioni scadute costituisce un vero e proprio attentato alle popolazioni che sono state messe a repentaglio le vite di tanti cittadini ignari di esercitazioni e atti che risultano essere stati immediatamente trasmessi alla magistratura competente –:
   se non intenda informare sullo svolgimento dei fatti;
   se non intenda chiarire le ragioni per le quali si sono fatte le esercitazioni senza aver preventivamente avvisato la popolazione e anzi facendola incorrere in gravissimi pericoli;
   se non intenda informare su quali atti intenda adottare per perseguire eventuali condotte illecite;
   se non intenda, proprio alla luce di questi fatti annullare ogni tipo di esercitazioni al fine di garantire e preservare la sicurezza dei cittadini e degli stessi militari;
   se non intenda trasmettere propri atti alla procura perché proceda a valutare se nei fatti si riscontrino dei reati. (4-06244)


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   attraverso le agenzie giornalistiche si è appreso il 5 agosto 2014 che il Governo, a firma del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Del Rio, ha nominato Giuseppe De Dominicis quale commissario del Parco della Costa teatina;
   si apprende da una sua intervista rilasciata all'emittente televisiva regionale «Rete 8», il giorno 25 agosto 2014, che il commissario avrebbe già iniziato la sua attività;
   l'interrogante ha fatto richiesta del documento di nomina il giorno dopo che si è avuta notizia della nomina sia alla segreteria del Sottosegretario Del Rio sia alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ma ad oggi nessuna risposta è stata data –:
   se sia vero che il dottor Giuseppe De Dominicis è stato, nei fatti, nominato commissario del Parco della Costa Teatina;
   quali siano le ragioni curriculari per le quali il Governo ha deciso di nominare il dottor Giuseppe De Dominicis;
   quali saranno i compiti, le mansioni e la durata dell'incarico;
   quale sarà la struttura organizzativa;
   quali siano i compensi del commissario del Parco della Costa Teatina.
(4-06250)


   MARCO DI STEFANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sulla via Tiburtina, all'angolo di Via di Tor Cervara, in Roma insiste una nuova struttura alberghiera composta da 72 stanze completamente arredate, comprensive di angolo cottura, TV e domotica di ultima generazione, oltre a sala ristorante e sala convegni, completa di tutte le vettovaglie necessarie per il suo funzionamento;
   per l'apertura della stessa erano già stati selezionati i necessari dipendenti per i quali si stavano perfezionando i relativi contratti;
   in data 6 aprile 2013 ad opera di circa duecento persone organizzate è stata effettuata una occupazione abusiva e violenta dell'immobile;
    la realizzazione dell'attività è costata ai titolari circa dieci milioni di euro;
   nonostante gli interessati abbiano presentato le relative denunce degli accadimenti a tutte le istituzioni interessate a tutt'oggi si è potuto costare danneggiamenti evidenti per un importo non inferiore ad euro un milione oltre ovviamente i danni derivanti dalla mancata attività;
   nonostante i continui solleciti per riavere la proprietà le autorità competenti non hanno dimostrato il benché minimo interesse al fatto delittuoso;
   un immediato intervento mirato a ristabilire il diritto negato eviterebbe allo Stato una onerosa condanna per il risarcimento dei danni così come è accaduto per vicende simili risalenti a diversi anni fa, in cui la Corte europea dei diritti dell'uomo, ed in particolare la Rappresentanza permanente d'Italia presso il Consiglio d'Europa – Ufficio dell'Agente del Governo davanti alla Corte europea dei, Diritti dell'uomo, ha già condannato il nostro Paese, e nello specifico la Presidenza del Consiglio dei ministri ad un rimborso per una cifra estremamente onerosa –:
   se e quali iniziative siano state assunte e si intendano assumere a tutela dell'ordine pubblico;
   quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, al fine evitare una nuova condanna dell'Italia da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, in relazione alla vicenda descritta in premessa. (4-06251)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   all'alba del 26 settembre 2014 attraccava al Porto di S. Antioco - Sardegna la motonave Maior, battente bandiera italiana;
   dalla nave veniva scaricati carri armati, mezzi di ogni genere, e numerosi container;
   tutto il materiale veniva poi fatto transitare su strada per raggiungere diverse destinazioni, la principale la base militare di Teulada;
   ad attendere la motonave diversi tir con le insegne della FS Logistica e di una società privata con sede a Roma;
   tali mezzi risultavano nuovi e certamente non dislocati in Sardegna ma evidentemente giunti in Sardegna per il trasporto suddetto;
   non si può nascondere quello che è successo dal momento in cui quella nave è partita dal porto di S. Antioco;
   un vero e proprio percorso segreto nei mari della Sardegna con la nave delle armi destinata nei giorni scorsi a caricare munizione e materiale bellico da Santo Stefano per l'Iraq;
   i tracciati satellitari della nave Maior lasciano non poche perplessità sulla trasparenza dei movimenti che le armi hanno fatto lungo la costa orientale della Sardegna;
   la motonave partita da S. Antioco il 26 settembre alle 13.00 è arrivata davanti al Porto di Olbia alle 8,15 della mattina del 27;
   nel transito da S. Antioco a Olbia la motonave è passata davanti al poligono militare di Quirra senza fermarsi;
   una volta giunta sulla rada del porto di Olbia la motonave compie, però, un inspiegabile cambio di rotta e riscende verso Quirra;
   davanti alla base arriva intorno alle 16.00 e riparte solo dopo tre ore; senza nessuna plausibile giustificazione; alle 6.54 la nave arriva a Santo Stefano;
   nel presidio di Guardia del Moro, forse scarica qualcosa, certamente carica un convoglio di armi;
   l'interrogante ha pubblicato su Unidos Tv su You Tube il tracciato radar della nave Maior;
   la pubblicazione dei tracciati radar di questa vicenda risultano eloquenti e la loro pubblicazione costituisce un elemento non censurabile di una gestione a dir poco trasparente;
   niente può e deve essere nascosto su questa vicenda –:
   se non intenda dichiarare le ragioni di quel tragitto così contraddittorio e palesemente irrazionale;
   se e cosa abbia caricato o scaricato davanti a Capo S. Lorenzo la nave Maior;
   se non ritenga doveroso far conoscere le ragioni per le quali la motonave Maior è ritornata indietro e si è fermata proprio davanti alla base di Quirra;
   se non ritenga di dover dare spiegazioni sul motivo per il quale una nave destinata al trasporto di armi si muove nei mari della Sardegna seguendo una rotta apparentemente illogica;
   se la motonave Maior sia stata noleggiata e da chi e a quali costi;
   se tra i costi sia stato considerato anche quel tragitto anomalo e quale ne sia stato il costo di dettaglio;
   se i camion tir con le insegne operanti al porto di S. Antioco siano di proprietà delle Fs Logistica o se oppure appartengano a ditte private e in quel caso chi sia il titolare dell'impresa, in base a quale titolo operi per conto delle Fs Logistica e quale sia stato il costo complessivo dell'intervento nel porto di S. Antioco e trasporto seguente. (4-06256)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta scritta:


   LOREFICE, MANTERO, SILVIA GIORDANO, DALL'OSSO, GRILLO, DI VITA, CECCONI, PARENTELA e NESCI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1 comma 1 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, prevede la corresponsione di un indennizzo da parte dello Stato in favore di chi abbia contratto HIV o virus dell'epatite a seguito di trasfusioni;
   a far data dal 2001, con la revisione dell'articolo 117 della Costituzione, il pagamento degli indennizzi sopravvenuti ex lege 210 è stato traslato alle regioni e poi, in base all'emanazione di leggi regionali e delibere di giunte regionali, le ASL sono divenute enti erogatori di prestazioni su fondi stanziati dalla regione. Nello specifico la regione, tuttavia, mantiene funzione di controllo e rimane titolare delle somme da utilizzare per il pagamento degli indennizzi de quibus, bisognevoli di specifici e dettagliati stanziamenti;
   dal punto di vista pratico, si sta assistendo ad un'implosione del sistema, poiché, mentre gli indennizzi pagati dal Ministero risultano essere erogati puntualmente, gli emodanneggiati, invece, che hanno come ente erogatore la regione o la asl, a seconda della zona geografica di residenza percepiscono tardivamente oppure non percepiscono affatto (come il caso tragico dei malati della regione Calabria che dall'inizio del 2014 non percepiscono nulla) quello che per i malati, provati da patologie invalidanti e cure estenuanti nel fisico e a livello psicologico e sociale, è spesso l'unica fonte si sostentamento;
   sul tema, le regioni hanno già da mesi lanciato appelli accorati affinché vi sia il tempestivo e certo trasferimento di fondi al capitolo sanità da parte dello Stato ponendo così in essere un conflitto, reale ed attuale, con lo Stato stesso;
   il Ministro per gli affari regionali e le autonomie ha tra le proprie competenze quella di «promuovere iniziative per l'introduzione di strumenti di conciliazione tra Stato, regioni e province autonome, con particolare riguardo alle attività di mediazione dei conflitti e del contenzioso costituzionale» così come prescritto dall'articolo 2, comma 3, lettera b), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2014;
   della problematica si è discusso in varie sedute della Conferenza Stato-Regioni –:
   se e quali iniziative concrete abbia intenzione di porre in essere per dirimere questo conflitto che vede come esclusive vittime tante persone malate;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per pubblicare sul sito della Conferenza Stato-Regioni i contenuti degli accordi che poi vengono siglati durante le varie sedute così da garantire massima trasparenza e la possibilità per i cittadini di poter immediatamente accedere alla documentazione prima delle sedute pubbliche delle conferenze. (4-06252)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   in data 27 settembre 2014, alle ore 00:50 del mattino, si iniziano a vedere delle fiamme intense in prossimità della RM di Milazzo, la Raffineria mediterranea operante nel territorio «del Mela» dall'ottobre 1961. Oltre alle fiamme ed al fumo la popolazione inizia a percepire anche i forti odori frutto della combustione, a bruciare è un serbatoio di «virgin naphtha» che può contenere fino ad 1 milione di litri di carburante;
   alle ore 2:00 dal comune di Milazzo, dove opera il COC (Centro operativo comunale), parte la comunicazione indirizzata alla popolazione mediante la quale si consiglia di rimanere chiusi in casa e tenere le finestre serrate, nel frattempo l'aria diventa irrespirabile in tutta la zona, il traffico aumenta notevolmente, ma non sembrano esserci per fortuna feriti né all'interno della raffineria né all'esterno;
   le fiamme e il fumo continuano incessanti fino alla mattina del giorno dopo, la nube nera arriva ad oltre 15 chilometri dal luogo dell'incidente, i comuni più colpiti oltre a Milazzo sono stati San Filippo del Mela, Pace del Mela, Santa Lucia del Mela, Condrò, Gualtieri Sicaminò, San Pier Niceto e Barcellona Pozzo di Gotto;
   secondo la Gazzetta del Sud di domenica 28 Settembre 2014 «in fumo» sono andati circa 600.000 litri di idrocarburi provenienti da uno dei circa 40 serbatoi, il TK513, presenti nel sito, uno dei più vicini alle abitazioni antistanti la RM, fortunatamente la direzione del vento, ha impedito che prendessero fuoco anche i serbatoi vicini al TK513, ma ancora una volta la tragedia di proporzioni inimmaginabili non è avvenuta solo per un colpo di fortuna;
   l'incendio, che sembrava domato, si ravviva verso le ore 15.00 del pomeriggio di sabato, formando nuovamente una enorme nuvola nera che il vento sposta in direzione della Valle del Mela. Anche nelle giornate di domenica e lunedì, cioè due giorni e mezzo dopo l'incidente iniziale, i cittadini vedono l'alternarsi di nuovi incendi alla formazione di enormi nuvole nere che, in base al vento, si dirigono verso la Valle del Mela o verso il centro di Milazzo;
   già dal primo pomeriggio di giorno 26 settembre 2014, cioè prima dell'incendio del serbatoio TK513, numerosi cittadini segnalavano forti odori provenienti dalla RM. Pare che la causa dei miasmi fosse conseguenza dell'operazione del tentato svuotamento del serbatoio TK513 che presentava sicuramente un malfunzionamento del tetto mobile, probabilmente tale serbatoio non aveva ricevuto la manutenzione necessaria e quindi non garantiva il necessario livello di sicurezza;
   nel 1993 in questo impianto si è già verificato un gravissimo incidente che ha causato la morte di 7 persone ed il ferimento di sedici, oltre ciò, giornalmente, una buona parte della popolazione subisce gli «effetti collaterali» della scellerata decisione di far nascere un impianto di questo tipo in una zona altamente abitata ed in prossimità di alcune ZPS. Sempre nello stesso territorio sono presenti una centrale termoelettrica ad olio combustibile, una fabbrica di amianto (dismessa ma non del tutto bonificata), un elettrodotto totalmente aereo quasi ultimato ed un altro elettrodotto che si spera venga dismesso definitivamente in tempi brevi;
   la direttiva Seveso recepita in Italia dal decreto legislativo 334 del 1999 è stata voluta a seguito di un gravissimo incidente che si ricorda oggi come il «disastro di Seveso» avvenuto il 10 luglio 1976. Tale direttiva impone agli Stati di identificare i propri siti a rischio e prevede un piano di emergenza interno allo stabilimento ed uno esterno come riportato nel capo IV alla voce «procedure» articolo 20 (Piano di emergenza esterno), secondo il quale il prefetto, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati, previa consultazione della popolazione e nell'ambito della disponibilità finanziarie previste dalla legislazione vigente, predispone il piano di emergenza esterno allo stabilimento e ne coordina l'attuazione. Il piano è comunicato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sindaci, alla regione e alle province competenti per territorio, al Ministero dell'interno ed al dipartimento della protezione civile. Nella comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare devono essere segnalati anche gli stabilimenti di cui all'articolo 15, comma 3, lettera a);
   il piano deve essere predisposto anche al fine di informare adeguatamente la popolazione e le autorità locali competenti e deve essere riesaminato, sperimentato e, se necessario, riveduto ed aggiornato nei limiti delle risorse previste dalla legislazione vigente, dal prefetto ad intervalli appropriati e, comunque, non superiori a tre anni. Sia la regione che il comune devono rendere accessibile il piano alla popolazione e l'intervallo massimo di ridiffusione delle informazioni alla popolazione non può, in nessun caso, essere superiore a cinque anni;
   nel recente incidente della RM di Milazzo le amministrazioni locali non hanno fornito però tempestivamente direttive precise ai cittadini per fronteggiare la situazione. Solo dopo le 2:00 gli organi di stampa, principalmente testate online, hanno diffuso la notizia secondo la quale ai cittadini era consigliato di stare in casa, unica precauzione le finestre chiuse, per strada, invece, non c'era modo di ricevere alcuna informazione e/o indicazione;
   lascia perplessi la decisione di posizionare la centralina mobile dell'ARPA in una zona del comune di Milazzo abbastanza lontana dal luogo dell'incidente e in direzione opposta a quella del vento, quindi in una zona non investita dalla nuvola nera e dai residui della combustione di centinaia di migliaia di litri di prodotti petroliferi. Ovviamente, dato il posizionamento «anomalo» della centralina di acquisizione dati, risulta che siano stati acquisiti parametri nella norma –:
   se siano a conoscenza dei tempi necessari per la messa in sicurezza dell'impianto di Milazzo e la bonifica e lo smaltimento dei residui causati dall'incendio del serbatoio TK513 anche in relazione alla zona SIN di Milazzo (ex legge 266 del 2005);
   se il Governo non ritenga opportuno verificare l'esistenza e la eventuale adeguatezza del Piano di emergenza esterno prescritto dall'articolo 20 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 e se esso sia stato comunicato agli abitanti delle zone interessate nelle idonee forme previste dalle legge;
   se i Ministri interpellati, anche in ragione dell'istruttoria di cui al quesito precedente, non ritengono di assumere le opportune iniziative normative al fine di stralciare dalla previsione normativa di cui al citato articolo 20 del decreto legislativo 334 del 1999 il riferimento «alle disponibilità finanziarie previste dalla legislazione vigente», che vedrebbe illegittimamente sacrificate le prioritarie esigenze di tutela della salute che non possono essere subordinate in alcun modo a limiti o vincoli di bilancio;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia già effettuato un sopralluogo all'interno dello stabilimento e provveduto alla conseguente comunicazione alla Commissione europea dell'accadimento di un, incidente rilevante sul proprio territorio, così come prescritto dall'articolo 15, comma 3, lettera b) del decreto legislativo 334 del 1999;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nell'esecuzione del sopralluogo di cui al quesito precedente abbia assunto i documenti ritenuti «necessari e quelli indispensabili» per verificare il corretto funzionamento dello stabilimento in relazione alla puntuale osservanza delle norme in materia di rischio di incidente rilevante, nonché per verificare se eventuali ditte esterne affidatarie degli interventi di manutenzione abbiano operato nel pieno rispetto delle norme tecniche di sicurezza, anche in considerazione del fatto che nello stesso stabilimento sono stati già registrati in passato numerosi incidenti, l'ultimo dei quali è oggetto di questa interpellanza;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia assunto tutte le informazioni sia da parte dell'operatore, ai sensi dell'articolo 305 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sia da parte dell'ISPRA sui dati attuali relativi all'aria ed al terreno delle zone interessate dall'incidente ed a quelle interessate dall'enorme nuvola nera sprigionatasi a seguito della combustione dei circa 600.000 litri di idrocarburi, per valutare i danni ambientali verificatisi, anche in relazione all'esistenza di zone ZPS nell'immediate vicinanze, e le misure da adottare immediatamente al fine di contenerne gli effetti;
   se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga necessario, vista anche la classificazione di SIN, avviare un tavolo di confronto tra l'azienda, le autorità locali e l'ARPA al fine di verificare il rispetto delle prescrizioni dell'AIA, rilasciata dal suddetto dicastero in data 16 maggio 2011, anche a fronte degli incidenti che si sono verificati.
(2-00703) «Villarosa, Currò, D'Uva, Mannino, Segoni, Zolezzi, Busto, De Rosa, Terzoni, Daga, Micillo».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARIASTELLA BIANCHI, COMINELLI, RACITI, COCCIA, GADDA, DALLAI e MAZZOLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 26 e il 27 settembre si è sviluppato un grosso incendio all'interno della Raffineria petrolifera di Milazzo (RAM), nella zona della valle del Mela, in provincia di Messina. Il serbatoio 513, contenente circa 400 mila litri di virgin nafta (semilavorati di benzina), ha bruciato per oltre 12 ore creando una fiamma alta oltre 100 metri visibile da diversi chilometri di distanza;
   dalle prime informazioni comparse nei quotidiani locali e nazionali, dalle dichiarazioni degli enti locali e della società che gestisce raffineria la causa sembrerebbe essere una crepa al tetto galleggiante del serbatoio che, mettendo l'aria a contatto col liquido, avrebbe dato fuoco a quest'ultimo. Il rischio che le fiamme si propagassero fino a colpire gli altri serbatoi della struttura è stato alto, sebbene protezione civile, pompieri, centri di sicurezza della Raffineria e istituzioni siano intervenuti tempestivamente, circoscrivendo le fiamme ed evitando il coinvolgimento di altri impianti. Infatti, numerosi contenitori di carburante e impianti a idrogeno si trovano nell'area industriale di Milazzo. Oltre alla raffineria, che è il più grande insediamento chimico della zona, in quell'area insiste anche la centrale termoelettrica Edipower;
   secondo alcune testimonianze il serbatoio da cui è scaturito l'incendio presentava alcune anomalie e l'incendio era già iniziato nel pomeriggio, diverse ore prima che diventasse visibile nella città. A quel punto sarebbe stata disposta la «schiumatura» del tetto e il trasferimento del prodotto in un altro serbatoio. Improvvisamente, però, alle ore 00,45 le fiamme sono divampate;
   sul sito del comune di Milazzo la notte del 26 è stata pubblicata una scheda di informazione alla popolazione sui rischi di incidente rilevante. La scheda è datata giugno 2011 e riguarda le norme comportamentali da adottare in caso di incidente rilevante derivato dalla presenza della Raffineria di Milazzo. Come si legge nella scheda, lo stabilimento della Raffineria di Milazzo S.C.p.A. è annoverato fra le industrie «a rischio di incidente rilevante» ai sensi del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 e successive modifiche; infatti la natura e quantità delle sostanze impiegate nei processi produttivi potrebbero causare, in caso di eventi improvvisi (incendi, esplosioni, fughe di sostanze tossiche), danni alla popolazione e all'ambiente;
   sulla scheda di informazione sui rischi di incidente rilevante per i cittadini ed i lavoratori la virgin nafta, contenuta nel serbatoio andato in fiamme nella notte tra venerdì e sabato, insieme alle benzine sono classificate dalla stessa Ram, per quanto riguarda le principali caratteristiche di pericolosità, come «estremamente infiammabile, può provocare il cancro, alterazioni genetiche ereditarie, irritante per la pelle, possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati, tossico per gli organismi acquatici, nocivo ai polmoni in caso di ingestione e l'inalazione può provocare sonnolenza e vertigini»;
   l'incendio del 27 settembre 2014 non è il primo incidente che si verifica alla RAM. L'11 febbraio la valvola di una nave che stava rifornendo la centrale aveva perso una ingente quantità di nafta, al punto che gli alunni e i docenti della succursale dell'Istituto d'Arte «R. Guttuso», molto vicini alla zona industriale, avevano accusato nausea, bruciore agli occhi e alla gola al punto da dover richiedere le cure mediche del pronto soccorso all'ospedale di Milazzo. Nel 2003 un'altra ondata di cattivi odori è stata avvertita nel liceo vicino. Già allora l'associazione per la difesa e la salute dei cittadini di Milazzo aveva alzato la voce sui rischi. L'ultimo incidente grave alla Raffineria di Milazzo risale al 4 giugno 1993, quando in una esplosione all'interno dell'impianto topping 4 morirono 7 persone;
   a lasciare ulteriori preoccupazioni sui danni che la RAM provoca nel comprensorio, anche uno studio dell'istituto tossicologico dell'università di Messina, che ha dimostrato come l'inquinamento industriale ha provocato danni per la crescita dei genitali di alcuni ragazzini nati e cresciuti nella valle del Mela. Un biomonitoraggio effettuato su 272 alunni delle scuole medie di Milazzo ha rivelato la presenza di metalli pesanti quali nickel, cromo e cadmio nel sangue dei ragazzi. Tutto il comprensorio del Mela, nel quale insiste Milazzo, risulta a grave rischio ambientale. Nel 2011 e nel 2012 l'Arpa (Agenzia regionale protezione ambientale) aveva già ammonito la raffineria per le emissioni non adeguatamente controllate –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario verificare l'entità dei danni ambientali causati dall'incendio e dalla combustione prolungata del carburante e dall'esalazione dei fumi e dei vapori propagati nell'atmosfera ed accertare le cause che hanno permesso il determinarsi di un così grave incidente e se siano stati attentamente analizzati e verificati i sistemi di sicurezza degli impianti di raffinazione;
   se non ritenga opportuno verificare se siano state attivate tutte le necessarie procedure di controllo e sicurezza dell'impianto e quali misure ed azioni siano state attivate per il ripristino e messa in sicurezza dei siti interessati;
   quali iniziative intenda assumere al fine di verificare la situazione ambientale dei luoghi e l'impatto che su questi ha avuto la prolungata combustione del carburante e quali misure a lungo termine si intendano, intraprendere per evitare che incidenti simili possano verificarsi in futuro;
   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per garantire l'avvio tempestivo e il completamento in tempi certi delle manutenzioni ordinarie e straordinarie che si rendono necessarie per tutelare l'ambiente e la salute di quanti operano e vivono nelle aree interessate dagli impianti di raffinazione. (5-03706)


   SEGONI, ARTINI, FAENZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Nuova Solmine è un'industria chimica che produceva acido solforico attraverso un processo di lavorazione industriale della pirite: detto processo portava a formazione di ceneri derivanti dal trattamento di fusione del suddetto minerale che avveniva in impianti esterni a quelli direttamente collegabili all'attività mineraria, pertanto dette ceneri rientrano nel campo d'applicazione della parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006;
   la sentenza n. 32 del TAR Veneto, III Sez. del 17 gennaio 2013 definisce le ceneri di pirite come rifiuto, non ricorrendo le specifiche di cui all'articolo n. 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 e la Corte Costituzionale con sentenza 25-28 gennaio 2010 n. 28 (in G.U. 1a s.s. 3 febbraio 2010 n. 5) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 183, comma 1, lettera n), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nel testo antecedente alle modifiche introdotte dall'articolo 2, comma 20, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale), nella parte in cui prevede: «rientrano altresì tra i sottoprodotti non soggetti alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto le ceneri di pirite, polveri di ossido di ferro, provenienti dal processo di arrostimento del minerale noto come pirite o solfuro di ferro per la produzione di acido solforico e ossido di ferro, depositate presso stabilimenti di produzione dismessi, aree industriali e non, anche se sottoposte a procedimento di bonifica o di ripristino ambientale;
   la stessa Nuova Solmine ha manifestato chiaramente la volontà di volersi disfare delle ceneri di pirite, presentando al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un progetto per la realizzazione di una discarica di II categoria B per lo smaltimento finale delle ceneri di pirite, ottenendo dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'autorizzazione alla realizzazione della discarica con decreto n. 1170 del 1992, che esplicitamente definisce tali ceneri di pirite come rifiuto tossico e nocivo, prescrivendo precise opere per evitare l'inquinamento del territorio circostante. Tale discarica non è mai stata realizzata e ad oggi le ceneri non sono ancora state gestite secondo le prescrizioni di cui all'autorizzazione integrata ambientale, tanto è vero che da Il Tirreno del 5 settembre 2014, si apprende del rinvio a giudizio dell'amministratore delegato della Nuova Solmine;
   la gestione di rifiuti non risulta conforme all'autorizzazione, avendo il gestore Nuova Solmine sempre gestito le ceneri di pirite come sottoprodotto, omettendo quindi di seguire tutte le procedure tecniche necessarie ed obbligatorie per la gestione del rifiuto violando gli articoli 190 e 193 del decreto legislativo n. 152 del 2006, sanzionabile ai sensi dell'articolo 258, comma 1, dello stesso decreto, in merito alla compilazione del registro di carico e scarico dei formulari limitatamente alle sole ceneri di pirite;
   si richiama la comunicazione dell'ISPRA al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 7 marzo 2014 protocollo n. 10231 ed inviata via PEC alla procura della Repubblica di Grosseto con protocollo E.prot DVA-2014-0006353 del 10 marzo 2014 sull'inottemperanza della NUOVA SOLMINE spa in località Casone nel comune di Scarlino denunciata da ISPRA e ARPA Toscana relativa a:
    a) prescrizione riguardo il rispetto dei valori limiti emissivi in atmosfera, sanzionabile ai sensi dell'articolo n. 29-quater-decies, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni;
    b) prescrizione relativa alla gestione delle ceneri di pirite, sanzionabile ai sensi dell'articolo 29-quater-decies, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni;
   si richiama altresì il decreto DVA/DEC/2010/0000997 del 28 dicembre 2010 di autorizzazione dell'impianto chimico della NUOVA SOLMINE S.p.A., in località Casone comune di Scarlino;
   con lettera DVA-2014-0024754 del 25 luglio 2014, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica alla Nuova Solmine l'avvio del procedimento relativo alla procedura di riesame relativa alla valutazione della natura delle ceneri di pirite, ovvero se esse siano da considerare rifiuti o sottoprodotti –:
   perché le ceneri di pirite, che hanno prodotto con certezza inquinamento, hanno reso necessarie opere di bonifica, sono state oggetto di progetti di discarica per rifiuti pericolosi e sono state valutate da parte della Corte Costituzionale come rifiuto, possano essere ora oggetto di valutazione da parte del Ministero per essere considerate materia commerciale invece di rifiuto, e non venga posta in essere dal Ministero alcuna azione in autotutela relativamente al rilascio del decreto DVA/DEC/2010/0000997 del 28 dicembre 2010. (5-03709)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   lo «Studio di impatto Ambientale. Incidenza dell'opera sui Siti di importanza comunitaria (SIC) e sulle Zone di protezione speciale (ZPS) nel territorio della Regione Umbria» SPC. LA-E-83013 realizzato da SNAM nell'ottobre 2004 in relazione al tracciato del metanodotto Foligno-Sestino prevedeva una valutazione di incidenza per i siti d'importanza comunitaria attraversati dal tracciato ma non per quelli che potevano essere comunque interessati negativamente dall'opera;
   è fondamentale, infatti, come si evince anche da diversi atti della stessa regione Umbria che «la necessità di redigere una valutazione di incidenza non è limitata ai piani o progetti ricadenti esclusivamente nei territori proposti come siti natura 2000 (zone SIC e ZPS), ma anche alle opere che, pur sviluppandosi al di fuori di tali aree, possono comunque avere incidenze significative su di esse. La valutazione infatti deve essere interpretata come uno strumento di prevenzione che analizzi gli effetti di interventi localizzati non solo in modo puntuale ma soprattutto, in un contesto ecologico dinamico, considerando le correlazioni esistenti fra i vari siti ed il contributo che ognuno di essi apporta alla coerenza globale della struttura e della funzione ecologica della rete Natura 2000»;
   il 16 maggio 2011, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha successivamente emanato un decreto in cui stabilisce l'obbligo di una valutazione di incidenza ambientale per il progetto del metanodotto Foligno-Sestino anche per i siti d'importanza comunitaria i cui confini fossero collocati ad una distanza inferiore ai 5 chilometri dal tracciato del metanodotto;
   il progetto attraverserà, in particolare, la zona archeologica di Plestia, a circa 200 metri dagli importanti reperti già portati alla luce vicino alla chiesa di Plestia e passerà ad una distanza di 100 metri dai confini del sito d'importanza comunitaria piani di Arvello e Annifo (SIC cod. 5210032), che, all'interno della piana di Colfiorito, e per la loro particolare caratteristica acquitrinosa e permanentemente umida rappresentano un habitat di straordinario valore ecologico ambientale, testimoniato anche dalla presenza del Tarabuso nidificante e da un immenso dormitorio di rondini;
   lo Studio d'Impatto Ambientale SPC. LA-E-83017 eseguito da SNAM nel marzo 2006 ha evidenziato che l'area di Annifo è caratterizzata a partire dalla profondità di 0,60 metri fino a 13 metri da marne e calcari marnosi, tale caratteristica geologica potrebbe far sì che gli scavi per la realizzazione del metanodotto svolgano una funzione drenante con un conseguente impatto negativo sulla formazione dei cosiddetti «laghetti» che rappresentano la caratteristica di pregio del sito d'importanza comunitaria (SIC cod. 5210032);
   le prescrizioni relative al sito d'importanza comunitaria piani di Arvello ed Annifo (SIC cod. 5210032), contenute nel decreto ministeriale succitato al punto A.12, non prevedono nulla in merito alla gestione del possibile effetto drenante né prima, né durante la realizzazione dell'opera –:
   se, in base a quanto esposto in premessa, al pregio dell'area e alle caratteristiche geologiche del terreno, non sia stato valutato, per gli aspetti di propria competenza, il rischio che lo scavo del tracciato del metanodotto da parte della SNAM possa svolgere un ruolo drenante e quindi pericoloso per la preservazione dell'ecosistema dei piani di Arvello e Annifo. (4-06237)


   SEGONI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 101 del 2013, all'articolo 4, «limitazioni a proroghe di contratti e all'uso del lavoro flessibile nel pubblico impiego», impone l'utilizzo di personale a contratto «per rispondere ad esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale» opportunamente motivate e stabilisce che «i contratti di lavoro a tempo determinato posti in essere in violazione del presente articolo sono nulli e determinano responsabilità erariale. Lo stesso Decreto stabilisce che i dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente articolo sono, altresì, responsabili ai sensi dell'articolo 21»;
   il decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 «Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale» all'articolo 20 comma 1, impone, «al fine del perseguimento di una maggiore efficienza e del contenimento della spesa pubblica, le società a totale partecipazione diretta o indiretta dello Stato ...», di realizzare, «... nel biennio 2014-2015, una riduzione dei costi operativi, nella misura non inferiore al 2,5 per cento nel 2014 ed al 4 per cento nel 2015»;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di riorganizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare prevede: l'istituzione di ben 7 Direzioni Generali (contro le 5 attuali + ispettorato generale), la nomina di otto Direttori generali (segretario generale + 1 fuori ruolo all'ISPRA che, a tutt'oggi blocca la Dirigenza di tre Divisioni del nostro Dicastero); gli 8 consiglieri giuridici provenienti dalle carriere delle Magistrature ordinarie, amministrative e contabile o dall'Avvocatura delle Stato o docenza universitaria negli uffici di diretta collaborazione;
   in questi anni si sono moltiplicate le acquisizioni di personale «esterno», soprattutto a tempo determinato proveniente da SOGESID spa (società in house al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, partecipata al 100 per cento dallo Stato) e, attraverso convenzioni di vario tipo, con altre società (es. Studiare Sviluppo), che spesso svolgono funzioni analoghe o sovrapponibili a quelle del personale di ruolo; ovviamente tale ricorso è particolarmente gravoso per le finanze dello Stato, e la SOGESID spa ha assunto in questi ultimi anni centinaia di dipendenti da applicare al Ministero dell'ambiente, con retribuzioni anche elevate;
   SOGESID spa, e in parte Studiare Sviluppo, utilizzano risorse dei Fondi Strutturali che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha in carico e che tali fondi potrebbero essere destinati ad iniziative di investimento, (http://www.sogesid.ittmattm_2.html) (http://www.sogesid.it/comunicazioni_legali_2013 _6.html.);
   manca una mappatura delle professionalità interne che le leghi ad una trasparente programmazione e successiva valutazione degli obiettivi che le singole direzioni generali dovrebbero perseguire;
   la SOGESID, secondo la Relazione della Corte dei Conti al Parlamento per l'esercizio finanziario 2012, elargisce solo per i compensi dei componenti degli organi sociali per 491.150 euro. Ancor più preoccupante è l'affermazione contenuta nella stessa relazione: «Inoltre deve ribadirsi che l'impiego di personale della SOGESID direttamente presso le strutture del Ministero può prestarsi ad essere utilizzato come mezzo elusivo dei vincoli all'assunzione di personale e delle limitazioni e delle condizioni per il conferimento di incarichi per prestazioni di servizi.» ... «Come si è già rilevato nella precedente relazione al Parlamento, parte molto elevata del valore della produzione è costituito dall'assistenza tecnica alle direzioni generali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che consiste in una collaborazione di personale che presta attività direttamente presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare». Tale voce ammonta a 13,7 milioni di euro (60 per cento dell'intero valore della produzione) mentre a fine 2011 costituiva il 57 per cento dell'intero ammontare del valore della produzione;
   l'ultima Relazione al parlamento presentata dalla Corte dei conti sull'esercizio finanziario 2012 della Sogesid spa, evidenzia questa anomalia: «Il largo uso dei contratti di lavoro autonomo è di regola giustificato dalla necessità della società di dotarsi di apposite professionalità per l'adempimento delle commesse volta a volta affidate. I costi di questo genere di incarichi sono coperti dai corrispettivi dei contratti e delle convenzioni stipulati con i soggetti istituzionali con i quali la società collabora, sicché essi normalmente non generano squilibri di gestione per la società»;
   «Tuttavia non si può non rilevare come, analogamente a quanto si è appena detto a proposito del personale dipendente, gran parte degli incaricati con contratto di lavoro autonomo è impegnato nelle attività di supporto tecnico alle Direzioni generali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Talvolta gli oggetti di tali incarichi corrispondono a mansioni interne all'organizzazione o attinenti all'ordinario svolgimento dei compiti istituzionali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, traducendosi in sostanza in un mezzo improprio per far fronte a problemi di organico»;
   in base a quanto ha rilevato la Corte dei conti, sezione Centrale di controllo sulla legittimità degli atti del governo e delle amministrazioni dello Stato, nel testo della deliberazione 16 aprile 2014, n. 7, nei casi in cui vi sia una reiterazione temporale dell'oggetto dell'incarico (in questo caso anche dello stesso soggetto), viene dedotta la violazione dell'articolo 7, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nella parte in cui prescrive la temporaneità degli incarichi esterni. È pacifico che l'affidamento a un soggetto esterno di attività, ancorché altamente qualificate, per le quali le pubbliche amministrazioni non possono far fronte con il proprio personale, deve rispondere a un carattere esclusivamente temporaneo che sia limitato e coerente con la durata del progetto –:
   se esista un problema di carenza di organico all'interno del Ministero dell'ambiente e, in caso affermativo, per quale motivo il Ministro non se ne faccia carico in sede politica invece di accettare le continue riduzioni di organico imposte dal Governo di cui fa parte;
   a quanto ammonti esattamente il personale esterno all'interno del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e quale sia il suo impiego;
   in base a quali criteri e competenze ambientali sia stato nominato il nuovo presidente della Sogesid spa dottor Staderini (ex ACEA, ex INPDAP, ex RAI, ex LOTTOMATICA);
   quali siano le azioni che il Ministero intende attuare per porre fine all'eccessivo, anomalo e molto oneroso per le casse dello Stato, utilizzo di personale esterno per lo svolgimento di attività del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   quali azioni il Ministero intenda attuare per valorizzare le risorse interne dello stesso e la diminuzione delle esternalizzazioni;
   quali azioni il Ministero intenda attuare per evitare proroghe «sine die» per gli incarichi esterni e per evitare che la «straordinarietà» si traduca in un modus operandi sistematico;
   quale sia l'ammontare degli investimenti previsti nella formazione e crescita professionale del personale di ruolo.
(4-06249)


   SEGONI, GAGNARLI, ARTINI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 settembre 2014 veniva segnalato l'ennesimo sversamento di «digestato» in un terreno agricolo: tale «digestato» è prodotto da uno dei numerosi piccoli impianti di «digestione anaerobica» ormai funzionanti in Italia;
   a seguito della segnalazione, la provincia di Pisa, nella persona del suo dirigente affermava che il digestato è un ammendante utilizzabile nei terreni agricoli, ai sensi dell'articolo 52, comma 2-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83;
   a seguito dell'interrogazione presentata dalla europarlamentare PD Andrea Zanoni il 24 settembre 2013 in seguito alla moria di bovini attribuibile allo sversamento di digestato nei campi da parte della centrale a biogas di Trebaseleghe (E-010830-13), il commissario Janez Potocnik rispondeva il 13 dicembre 2013 che «I digestati derivanti dalla produzione di biogas sono considerati “rifiuti prodotti” e rientrano pertanto nell'ambito di applicazione della normativa sui rifiuti», e che la Commissione europea si sarebbe premurata di emanare i criteri da soddisfare per fare in modo che il «digestato» cessi la qualifica di rifiuto, altrimenti detti criteri «End of Waste». Detti criteri ad oggi non risultano ancora emanati;
   il digestato viene identificato nel catalogo europeo rifiuti (CER) con il codice 19.06.04 ove prodotto dal trattamento di rifiuti urbani. Nel caso il digestato sia prodotto con materiale biologico espressamente coltivato a scopi energetici, come nel caso di specie, il catalogo CER non prevede alcuna classificazione, anche se in alcuni casi potrebbe essere identificato con il CER 16.03.06 (rifiuti organici non contenenti sostanze pericolose);
   in risposta all'interrogazione Terzoni, del 5 maggio 2014, n. 4-03037, il Ministro Martina informa che «sono in corso una serie di ricerche svolte dagli istituti del consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, oltre ad uno specifico studio affidato all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale in collaborazione con l'agenzia regionale per la protezione ambientale del Piemonte, della Lombardia, dell'Emilia Romagna, del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia, finalizzato a conoscere l'origine del contenuto dei nitrati nelle acque sotterranee e superficiali presenti nell'area sottoposta ad indagine, definendone i contributi derivanti dalle diverse sorgenti sulla base delle conoscenze ambientali e territoriali, dei numerosi processi fisici chimici e biologici che intervengono e dei dati e delle informazioni e delle analisi di monitoraggio dello stato dei suoli e delle acque»;
   è ormai noto il rischio sanitario derivante dallo sversamento nei campi del «digestato». Si cita ad esempio non esaustivo proprio il caso del maggio 2013 riportato agli onori della cronaca sempre dall'onorevole Zanoni, quando a Trebaseleghe (PD) si è verificata una vera e propria moria di bovini a causa di avvelenamento da botulino. Il contagio ha coinvolto circa 50 animali e ha comportato il sequestro di un allevamento a opera dell'azienda sanitaria locale, con un danno per l'azienda agricola di 100.000 euro. Secondo quanto emerso dalle indagini epidemiologiche svolte nell'immediatezza la tossina potrebbe essere stata contenuta nel terreno presente nel fieno consumato dai bovini. Il botulismo, malattia mortale anche per l'uomo, è legata al Clostridium botulinum, un batterio anaerobico che produce la neurotossina botulinica, la sostanza più tossica fino a oggi conosciuta. A questo proposito occorre segnalare che potrebbe esistere un rapporto causa-effetto tra botulismo nei bovini e presenza sul territorio di centrali per la produzione di biogas. Il Clostridium botulinum, infatti, può essere presente nel digestato di tali impianti, il materiale di scarto che viene sparso sui terreni a valle del processo produttivo del biogas. Più recentemente si segnalano vari casi di contaminazione del mais da aflatossine, in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, tutti ricollegabili all'uso del digestato;
   la risposta del commissario Potocnik è chiara e inequivocabile: fra l'altro essa è posteriore alla risposta data dal Governo a seguito della interrogazione in Commissione a prima firma Gagnarli (n. 5-00585) –:
   quali iniziative intenda promuovere, al fine di tutelare l'ambiente e la salute umana e animale, per assoggettare il digestato a rifiuto conformemente a quanto previsto dall'Unione europea;
   se intendano approfondire attraverso uno studio epidemiologico, di concerto con il Ministero della salute, l'impatto sanitario derivante dallo spandimento del digestato nei campi;
   quali tempi si prevedano per il completamento dello studio commissionato all'ISPRA sui rischi chimico-fisici e biologici derivanti dall'uso del digestato;
   se intenda approfondire, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali con quello dello sviluppo economico, l'impatto dello spandimento di digestato sulla filiera alimentare e in particolare sulle eccellenze alimentari tutelate da marchio DOP e IGP. (4-06254)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MUCCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   sembra che la nomina di Andrea Babbi a direttore generale dell'Enit, nel settembre 2012, sia avvenuta «nonostante i provvedimenti di riduzione della pianta organica dell'Ente e la presenza del dottor Marco Bruschini facente funzioni»;
   all'interrogante risulta che il Consiglio di amministrazione Enit nel settembre 2012 abbia autorizzato il Babbi a nove incarichi aggiuntivi – oltre a quello ricoperto nell'ente – per compensi pari a 65 mila euro annui lordi. Tra gli altri, consigliere della Cassa di risparmio di Forlì (20 mila euro), presidente del Consorzio formazione e lavoro (20 mila) e consigliere di Iscom, società di consulenza (25 mila);
   gli incarichi sopra menzionati non sono stati adeguatamente pubblicizzati ad avviso dell'interrogante in palese violazione di quanto sancito dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, e risulterebbe che probabilmente la dichiarazione dei compensi non è mai stata consegnata –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra riportato;
   se il Ministro intenda chiarire se vi siano state irregolarità nella nomina del direttore generale Babbi e, qualora esse persistano, quali azioni ritenga di attuare;
   se il Ministro interrogato ritenga necessario adottare iniziative urgenti affinché sia garantito il pieno rispetto del testo unico sulla trasparenza da parte degli uffici ed enti di sua competenza. (5-03702)

Interrogazione a risposta scritta:


   SIMONE VALENTE, DI BENEDETTO, BRESCIA e LUIGI GALLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 30 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, relativo al «Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni» dispone l'obbligo in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare le informazioni identificative degli immobili posseduti, nonché i canoni di locazione o di affitto versati o percepiti;
   per effetto della suddetta normativa e di recenti inchieste giornalistiche si apprende che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo annualmente spende circa ventuno milioni di euro l'anno per contratti di locazione con società controllate da altri dicasteri; di questa somma complessiva, circa dieci milioni di euro finiscono nelle casse della società Eur spa (detenuta al 90 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e per il restante 10 per cento di proprietà del comune di Roma) per il pagamento dei canoni di locazione dell'Archivio centrale di Stato e di altri musei situati nella capitale;
   Eur spa è un'azienda la cui funzione principale consiste nella gestione e nella valorizzazione del patrimonio mobiliare ed immobiliare, realizzando in tal modo grandi progetti di sviluppo immobiliare e di valorizzazione urbanistica;
   l'Archivio centrale dello Stato, organo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo dotato di autonomia speciale, rappresenta l'istituto archivistico depositario d della memoria documentale dello Stato; l'edificio contiene al suo interno quasi 110 chilometri di scaffalatura con documenti prodotti dagli organi centrali dello Stato, quelli ricevuti da enti pubblici di rilievo nazionale e da privati nonché archivi personali di esponenti della politica e della cultura la cui documentazione svolge una funzione insostituibile nella ricerca storica; l'Archivio, che versa alla suindicata società Eur spa 4 milioni e mezzo di euro l'anno, si trova attualmente in condizioni di disagio con personale sempre più ridotto e depositi affetti da umidità;
   originariamente l'Archivio centrale versava alla società un canone di concessione in uso di circa 62 milioni di lire poi salito a 200 milioni nel 1987 quando si trasformò in affitto a prezzi di mercato che generò questo aumento vertiginoso dei costi;
   si apprende che lo scorso capodanno, per far fronte ad immediate spese di gestione, i saloni della struttura si sono trasformati in una discoteca di musica electro-house sulla base di una convenzione con la società Let's Go che dietro il pagamento di un corrispettivo ha preso in gestione vasti spazi organizzando iniziative che poco si conciliano con la natura, la funzione e i servizi tipicamente propri di un Archivio di Stato;
   risulta, tra l'altro, che per questo evento e molte altre iniziative organizzate con la suddetta società l'Archivio centrale dello Stato abbia ricavato un canone pari a 80.000 euro che ha consentito di garantire il mantenimento dei servizi;
   quanto avvenuto è stato oggetto di recenti interrogazioni parlamentari cui hanno fatto seguito delle risposte ad opera del Ministero che hanno assicurato il pieno rispetto delle normative vigenti in materia;
   la possibilità di concedere a chi ne faccia richiesta i beni culturali è espressamente riconosciuta dall'articolo n. 106 del decreto legislativo n. 22 gennaio 2004, n. 42 (codice dei beni culturali) il quale dispone la possibilità di conferire beni culturali immobili a singoli per finalità che siano in linea con la loro destinazione culturale; ciò che dev'essere assolutamente evitato è un uso improprio della concessione con il rischio che essa interferisca con la vita delle istituzioni e con le loro funzioni, limitando in tal modo lo svolgimento delle tipiche attività per le quali un bene culturale sussiste;
   all'Archivio centrale di Stato si aggiungono altre strutture museali situate nella capitale per le quali il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo si impegna a corrispondere ad Eur spa regolari canoni di locazione; si tratta del Museo dell'età preistorica «Luigi Pigorini» che costa circa 3 milioni e 600 mila euro annuali, il Museo delle arti e delle tradizioni popolari per un costo pari a 1 milione e 890 mila euro; ed infine, il Museo dell'alto medioevo, struttura dedicata all'età post classica con un canone di locazione pari a 370 mila euro l'anno, quest'ultimo adesso a rischio chiusura;
   quanto alla situazione economica e patrimoniale del dicastero de quo non può definirsi sicuramente tra le migliori; per effetto dei numerosi tagli alle risorse avvenuti drasticamente a partire dal 2008, si trova oggi con un budget ridotto quasi del 30 per cento, da due miliardi a un miliardo e mezzo; e nonostante ciò affronta ogni anno delle spese esorbitanti per le locazioni;
   all'interno del bilancio del dicastero, la voce di maggior peso resta quella relativa all'organizzazione del bilancio del personale nonostante l'influente riduzione degli organici; l'aumento del debito è invece legato alla crescente sofferenza di molti istituti che hanno difficoltà a pagare le utility e che quindi consolidano il debito;
   dal sito istituzionale del dicastero, all'interno della sezione dedicata alla «trasparenza» è possibile reperire informazioni relative alla gestione patrimoniale e ai beni immobiliari e vengono riportati i costi relativi ai canoni, anno per anno, suddivisi per le rispettive direzioni generali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con l'inconveniente però che i costi sostenuti da ogni singola direzione generale comprendono gli oneri accessori e quindi non sono conoscibili i costi al netto delle locazioni e vengono, perdipiù, riportate le spese per ciascuna direzione generale senza specificare né il numero di immobili locati né il canone pattuito per ciascuno;
   annualmente il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo versa circa 21 milioni di euro a titolo di spese per canoni di locazione nelle casse di società paraministeriali e purtroppo al momento non si conoscono, ad eccezione di Eur Spa, le società paraministeriali nei cui confronti il Ministero in questione versa i canoni;
   la lenta erosione delle risorse per la cultura sembra non avere fine e la parola sviluppo continua ad essere un miraggio per il patrimonio culturale italiano, una soluzione meno onerosa per il patrimonio culturale sarebbe la demanializzazione delle strutture museali dell'Eur;
   risparmiare è doveroso ma ancora una volta si rischia di procedere senza un criterio e senza un progetto culturale e risulta inutile affrontare il problema solo in maniera burocratica e non nell'ambito di un progetto complessivo di riorganizzazione museale;
   nell'ambito della valorizzazione dell'immenso patrimonio culturale, il Governo si è più volte proposto di fare il necessario per evitare situazioni di degrado, mantenendo saldo l'intento di perseguire un necessario contenimento della spesa;
   la possibilità di integrare, con apporti esterni dei privati, le risorse disponibili costituisce una tendenza quasi dilagante ed a causa della crisi economica a livello mondiale, il dibattito sul tema è aperto e occorrerà concordare il prima possibile un punto di equilibrio condiviso –:
   in che modo il Ministro interrogato intenda far fronte ai costi esagerati che annualmente il dicastero è tenuto a sostenere;
   a quanto ammonterebbe il contenimento della spesa pubblica qualora venisse attuata una politica dicasteriale volta ad avviare un processo di demanializzazione delle risorse culturali sopra citate;
   quali siano le altre società paraministeriali nei cui confronti il Ministero versa i canoni di locazione e quali siano i costi netti sostenuti da ogni singola direzione generale specificando il numero di immobili locati nonché il canone pattuito per ciascuno;
   come intenda il Ministro interrogato ovviare alla chiusura del Museo dell'Alto medioevo e ricollocare i suoi reperti in altre strutture museali senza stravolgere la finalità per la quale esse sorgono.
(4-06248)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   CAUSIN e VARGIU. — Al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Gregorio De Falco, il capitano di fregata divenuto famoso per la telefonata con il comandante Schettino in cui gli intimò di tornare a bordo, dopo dieci anni termina l'incarico nel settore operativo della capitaneria di Livorno; a fine settembre infatti sarà trasferito in altri uffici, sempre della Direzione marittima di Livorno;
   la notizia è arrivata dal comandante Faraone il quale ha comunicato a De Falco che dovrà lasciare il servizio operativo della capitaneria e verrà destinato ad un ufficio di carattere amministrativo;
   De Falco ai tempi del naufragio della Costa Concordia era a capo della sezione operativa e dallo scorso anno aveva assunto l'incarico di caposervizio operazioni della direzione marittima di Livorno, passato agli onori della cronaca per la famosa frase con cui aveva detto al comandante della Costa Concordia Schettino di ritornare a bordo;
   la replica del comando Guardia costiera è stata: «Il cambio di incarico del Comandante De Falco, da Capo del Servizio Operativo a Capo dell'Ufficio Studi, sempre nell'ambito della Direzione Marittima di Livorno, rientra nelle ordinarie dinamiche di impiego degli Ufficiali delle Capitanerie di Porto e risponde, in primo luogo, alla migliore organizzazione funzionale proprio di quella Direzione Marittima»;
   far permanere «sine die» il comandante De Falco nell'attuale posizione impedirebbe ai suoi stessi colleghi di maturare le stesse esperienze e, soprattutto, le stesse condizioni giuridiche, per poter essere promossa –:
   se non si ritenga opportuna una verifica su quanto dichiarato dal comando della Guardia costiera che «si tratta di un normale avvicendamento, comune a tutti coloro i quali, come il Comandante De Falco, hanno assolto ai propri obblighi di comando ed aspirano, poi, all'avanzamento al grado superiore». (3-01064)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   in occasione dell'esposizione universale «expo Milano 2015», per far fronte a esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, il Ministero dell'interno aveva dichiarato, il 13 febbraio 2013 a margine dall'incontro presso la prefettura di Milano, come il blocco del turnover delle forze dell'ordine avrebbe subito una deroga del 55 per cento;
   a oggi, si è provveduto allo scorrimento delle graduatorie per le assunzioni del personale di Arma dei carabinieri, polizia di Stato, polizia penitenziaria e vigili del fuoco, in virtù dell'approvazione dell'emendamento 3.84 presentato dall'onorevole Fiano in sede di conversione del decreto-legge n. 90 del 2014, ma non degli allievi della Guardia di finanza, la cui graduatoria definitiva del concorso bandito il 10 aprile 2012, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 21 febbraio 2013, ha ammesso l'arruolamento di soli 327 su 769 allievi, addirittura meno della metà;
   è inoltre utile ricordare che la forza disponibile, in base alle esigenze riscontrate dal Ministro, va utilizzata, da parte dell'amministrazione di pubblica sicurezza, in ossequio alla direttiva del 2013 emanata dal dipartimento della funzione pubblica con apposito provvedimento a proposito dello scorrimento delle graduatorie dei concorsi pubblici, prorogabili sino al 31 dicembre 2015;
   in tal senso, si ricorda che, con la circolare n. 5 del 2013 diffusa dal dipartimento della funzione pubblica, si definiscono gli indirizzi applicativi del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito dalla legge n. 125 del 2013 e recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni», per cui: le amministrazioni che, ferme restando le ragioni esclusivamente temporanee o eccezionali, debbano assumere a tempo determinato, piuttosto che indire procedure concorsuali apposite dovranno attingere alle graduatorie vigenti per concorsi a tempo indeterminato;
   in materia di graduatorie, si prevede che le pubbliche amministrazioni possano indire procedure concorsuali solo laddove non sia possibile ricorrere alle procedure di mobilità tra amministrazioni o laddove non esistano altre graduatorie concorsuali relative a professionalità «equivalenti», ferma restando la possibilità – previo accordo – di utilizzare graduatorie già approvate da altre amministrazioni statali o ad ordinamento autonomo;
   sulla vicenda sono altresì intervenuti gli ordini del giorno 9/2486-AR/167 (Cirielli) e 9/0158/20 (Pezzopane), in sede di conversione del decreto di cui sopra, accolti dal Governo come mere raccomandazioni, ma che al momento non hanno portato ad alcuna soluzione;
   il concorso della Guardia di finanza, bandito con il fine di rafforzare i servizi di controllo del territorio in occasione dell'Expo 2015, esattamente com'era avvenuto per i colleghi allievi agenti della polizia di Stato, rappresenta una eccezione, anche rispetto alle altre forze dell'ordine: la graduatoria è ancora aperta, dunque in corso di validità, e risultano essere disponibili candidati idonei immediatamente arruolabili –:
   quali iniziative i Ministri interpellati, ognuno per le proprie competenze, abbiano intenzione di assumere, al fine di incrementare il numero delle forze dell'ordine per far fronte, da un lato, alle esigenze di sicurezza dell'intero Paese e, dall'altro, alla necessità di assumere nuovi agenti della Guardia di finanza in vista della manifestazione di Expo 2015 alla luce delle considerazioni sopra esposte;
   se non ritengano opportuno, ai sensi del decreto del dipartimento della funzione pubblica e al fine di ridurre i costi gravanti sull'amministrazione e consentire una celere disponibilità delle necessarie forze dell'ordine in tempo per l'evento sopra richiamato, procedere all'assunzione immediata delle restanti unità dichiarate idonee all'ultima procedura concorsuale per il concorso degli agenti della Guardia di finanza.
(2-00704) «Zan, Pisicchio».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale n. 38 del 21 febbraio 2013, ed in vigore dal 16 aprile 2013, il Ministero dell'economia e delle finanze ha adottato la nuova disciplina della distribuzione e vendita dei prodotti da fumo, sulla base di quanto previsto dal decreto-legge n. 98 del 2011, che aveva demandato ad un regolamento del Ministero dell'economia e delle finanze la disciplina delle modalità di istituzione di rivendite ordinarie e speciali di generi di monopolio, nonché di rilascio e rinnovo dei relativi patentini;
   il suddetto provvedimento implicitamente supera la previgente regolamentazione di settore, dettata dalla circolare n. 4/2001 dell'AAMS, e tiene conto dell'esigenza che il nuovo regime risulti compatibile con la tutela della concorrenza, considerando la necessità di contemperare le garanzie all'utenza di una rete di vendita adeguatamente dislocata sul territorio con l'interesse pubblico della tutela della salute; lo stesso regolamento conferma quanto già previsto dalla legge n. 1293, recante norme in materia di organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita di generi di monopolio, ovverosia che la vendita al pubblico di tabacchi lavorati è effettuata a mezzo di rivendite ovvero di patentini e che le rivendite si distinguono in ordinarie e speciali; inoltre, rispetto alla precedente programmazione di settore, quella del nuovo regolamento si caratterizza per avere maggiore forza in caso di ricorsi da parte di eventuali controinteressati, dal momento che le amministrazioni competenti, nell'istituzione delle rivendite, risponderanno a regole poste con un decreto di ordine tecnico cui ha fatto rinvio la legge, piuttosto che ad una mera circolare;
   riguardo ai criteri che governano il rinnovo alla scadenza del biennio di validità dei cosiddetti «patentini tabacchi», l'articolo 9 del regolamento subordina il loro rinnovo alla rispondenza di un parametro della redditività o produttività minima, prevenendo in particolare che è concesso a condizione che il titolare del patentino abbia effettuato un prelievo di generi di monopolio per un valore complessivo medio annuo pari o superiore ad euro 24.000 per i comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti; pari ad euro 30.000 per i comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 30.000 abitanti; pari ad euro 48.000 per i comuni con popolazione compresa tra 30.001 e 100.000 abitanti; pari ad euro 57.000 per i comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 1.000.000 di abitanti; pari ad euro 75.000 per i comuni aventi oltre 1.000.000 di abitanti;
   in alcune regioni italiane le suddette fasce di prelievo rapportate al numero di abitanti escluderebbero la quasi totalità di frazioni e piccoli comuni, dove peraltro le rivendite di tabacchi, oltre a rappresentare l'unico punto di ritrovo svolgono anche un'importante funzione di presidio sociale –:
   poiché lo stesso regolamento prevede che l'istituzione di nuove rivendite deve tener conto delle zone caratterizzate da nuovi sviluppi abitativi, commerciali ovvero della particolare rilevanza assunta da nodi stradali e centri di aggregazione urbana, tali da rendere palesi carenze dell'offerta, se, soprattutto riguardo a quest'ultima esigenza, ed anche al fine di non generare danno erariale, non ritenga di dover cambiare le modalità di attribuzione e rinnovo del cosiddetto patentino, fissando nuovi parametri di redditività che non impediscano l'apertura di nuove rivendite nei piccoli centri urbani o, peggio, che scongiurino la chiusura di quelle già esistenti. (5-03694)


   CAUSI e GINATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comma 636 dell'articolo unico della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014), al fine di contemperare il principio di fonte comunitaria secondo il quale le concessioni pubbliche vanno attribuite ovvero riattribuite, dopo la loro scadenza, secondo procedure di selezione concorrenziale con l'esigenza di perseguire, in materia di concessioni di gioco per la raccolta del bingo, il tendenziale allineamento temporale di tali concessioni, autorizza l'Agenzia delle dogane e dei monopoli a procedere nel corso dell'anno 2014 alla riattribuzione delle concessioni in scadenza negli anni 2013 e 2014 e, ai sensi del comma 638 del medesimo articolo, all'attribuzione di ulteriori trenta nuove concessioni per la raccolta del medesimo gioco, secondo specifici criteri direttivi;
   le società, ivi incluse quelle già concessionarie di una sala bingo, dovranno dimostrare il requisito di capacità tecnico-infrastrutturale come previsto dal citato bando;
   il comma 637 del medesimo articolo della legge di stabilità 2014 rinvia all'adozione di un decreto dirigenziale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottare entro la fine del mese di maggio 2014, con cui stabilire le eventuali disposizioni applicative occorrenti per assicurare, con cadenza biennale, nel rispetto dei criteri direttivi indicati al comma 636, l'avvio delle procedure di riattribuzione concorrenziale delle vigenti concessioni per la raccolta del gioco del bingo, la scadenza dell'ultima delle quali è prevista per il 2020;
   alcune associazioni di categoria hanno mostrato perplessità in merito alle nuove concessioni previste dal bando di gara, considerata l'indeterminazione normativa che non identifica regole chiare in merito agli spazi per l'apertura di nuove sale, in tal modo minando anche la certezza degli investimenti; i concorrenti correrebbero il rischio di acquistare una concessione senza poter ricevere l'autorizzazione, demandata all'ambito territoriale, per aprire la sala di gioco;
   la legge 11 marzo 2014, n. 23, recante la cosiddetta delega fiscale, all'articolo 14, conferisce una delega al Governo, da attuare entro marzo 2015, per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, secondo principi e criteri direttivi che, in particolare, confermano il modello organizzativo fondato sul regime concessorio ed autorizzatorio, ritenuto indispensabile per la tutela della fede, dell'ordine e della sicurezza pubblici, per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività criminose, nonché per garantire il regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi;
   la medesima disposizione prevede che sia garantita l'applicazione di regole trasparenti ed uniformi sull'intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all'esercizio dell'offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, con adeguate forme di partecipazione dei comuni al procedimento di autorizzazione e pianificazione della dislocazione locale di sale da gioco e di punti vendita in cui si esercita come attività principale l'offerta di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonché in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito –:
   se non ritenga utile riconsiderare l'assegnazione delle nuove concessioni previste dal bando di gara emanato dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in attesa dei decreti attuativi della delega fiscale che garantirebbero l'applicazione di regole trasparenti ed uniformi sull'intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all'esercizio dell'offerta di gioco, dando in tal modo certezza agli investimenti e conseguentemente assicurando all'erario un miglioramento del margine di entrate, nonché se sia in corso di emanazione il decreto dirigenziale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli con cui stabilire le eventuali disposizioni applicative occorrenti per assicurare, con cadenza biennale, l'avvio delle procedure di riattribuzione concorrenziale delle vigenti concessioni per la raccolta del gioco del bingo.
(5-03695)


   LOREFICE, CANCELLERI, SILVIA GIORDANO, MANTERO, BARONI, GRILLO, DALL'OSSO, DI VITA, CECCONI, PARENTELA e NESCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   lo Stato italiano ha deciso di dirimere, in via transattiva, il cospicuo ed innumerevole contenzioso per danni da emotrasfusione: la prima transazione avvenuta nel 2003 ha portato a risarcire circa 800 emodanneggiati, personalmente con la cifra di euro 400.000, e agli eredi con la somma di euro 620.000;
   nel frattempo i tribunali e le corti di appello hanno continuato a condannare il Ministero della salute a risarcire gli emodanneggiati;
   pertanto, il Ministero ha avviato da marzo 2007 un'ulteriore transazione che si è concretizzata con l'emanazione della legge n. 222 del 29 novembre 2007 che ha stanziato 150 milioni di euro, mentre la successiva legge finanziaria, nel 2008, ha stanziato per le suddette transazioni euro 180 milioni annui;
   in data 11 gennaio 2008 la Corte di Cassazione a sezioni unite ha emesso una sentenza in materia di prescrizione fissandola per le cause de quibus in 5 anni. Tale sentenza, recepita acriticamente dall'Avvocatura dello Stato e dal Ministero della salute, ha ridotto drasticamente numerose posizioni transattive, ponendo altresì un'ingiusta discriminazione tra la prima transazione e quella avviata appunto nel 2007;
   in data 20 ottobre 2008 è stata emessa dal Ministero della salute una circolare esplicativa ed applicativa relativa alle transazioni di cui si parla che ha fissato altresì il termine di risoluzione dei procedimenti nella data del 19 gennaio 2009;
   si presume che, dal punto di vista economico della provvista destinata allo scopo, siano continuati i versamenti annui di 180 milioni di euro;
   infine si è introdotto nel decreto-legge n. 90 del 2014, ora convertito in legge l'articolo 27-bis, trasformando di fatto la transazione in equa riparazione, con la liquidazione di cifre fortemente contestate, anche attraverso la presentazione di emendamenti da parte del MoVimento 5 Stelle, cifre quantificate per gli emodanneggiati in euro 100.000 a malato, con pagamenti da effettuarsi entro il 2017 –:
   se le somme destinate agli emodanneggiati, già stremati da malattie quali Hiv ed epatiti contratte a seguito di trasfusioni e giunti al 2014 con continui stress psicofisici dovuti all'estenuante iter transattivo, siano state effettivamente accantonate e vincolate allo scopo;
   a quanto ammonti alla data odierna tale accantonamento e se tale somma sia immediatamente esigibile;
   qualora tali somme siano accantonate ed immediatamente esigibili, come si intenda utilizzarle. (5-03700)


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a tutt'oggi non risultano ancora effettivamente erogate le somme spettanti alle diverse ONLUS e associazioni (operanti nel campo del volontariato) e derivanti dalle libere scelte dei cittadini attraverso le quote del 5 per mille, relative alle dichiarazioni dei redditi ai fini IRPEF per l'anno 2011, presentate nel 2012;
   già da diversi mesi queste somme sono nella disponibilità finanziaria dello Stato e, ciononostante, non sono state erogate alle singole ONLUS ed alle associazioni beneficiarie il cui elenco, peraltro, è già stato pubblicato nel sito della Agenzia delle entrate da diversi mesi;
   questo ritardo è assolutamente grave ed ingiustificato e sta causando un pregiudizio assai pesante nello svolgimento delle attività istituzionali e del servizio sociale e di concreta solidarietà, che vengono ogni giorno svolti fra innumerevoli difficoltà e con tanti sacrifici e con spirito di nobile dedizione e di fattivo aiuto a persone bisognose, che versano in condizioni di sofferenza e disagio;
   molteplici sono già state le sollecitazioni avanzate nei confronti del Ministero da diverse associazioni di volontariato ed ONLUS, a cominciare dall'Unione italiana ciechi;
   in particolare, secondo le informazioni assunte da alcune sezioni provinciali della Unione italiana ciechi, per gli enti con contributo inferiore a euro 500.000 l'Agenzia delle entrate ha trasmesso al Ministero del lavoro e delle politiche sociali in data 11 agosto 2014 l'elenco dei beneficiari con coordinate bancarie valide. Il nulla osta ministeriale, sulla base del quale l'Agenzia predispone l'ordinativo di pagamento, sarebbe stato reso il successivo 29 agosto;
   in data 11 settembre 2014, l'Agenzia delle entrate avrebbe predisposto l'ordinativo di pagamento;
   ora si è in attesa della necessaria registrazione da parte della Corte dei Conti del provvedimento di nomina del nuovo direttore generale dell'Agenzia delle entrate;
   sono trascorsi più di due anni dalla presentazione nel 2012 delle dichiarazioni dei redditi relative all'anno finanziario 2011;
   ogni altro ed ulteriore ritardo sarebbe assolutamente grave, deplorevole ed ingiustificato –:
   quando verranno finalmente erogate, senza ulteriori ed ingiustificati ritardi, alle diverse ONLUS ed alle associazioni di volontariato che ne hanno titolo, le somme ad esse spettanti in relazione al riparto delle quote del 5 per mille sulle dichiarazioni dei redditi ai fini IRPEF, presentate dai cittadini nel 2012 e relative all'anno 2011, tenuto conto che tali somme sono indispensabili per la prosecuzione delle attività istituzionali, sociali e di solidarietà svolte ogni giorno con dedizione encomiabile, con spirito civico e di vicinanza alle persone, che versano in condizione di difficoltà, di sofferenza e di disagio. (5-03704)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CANCELLERI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il termine ultimo di scadenza per la pubblicazione che determinava i tempi di pagamento e le aliquote del tributo Tasi era il 18 settembre. I comuni che non hanno deliberato dovranno pagare in un'unica soluzione al 16 dicembre con l'aliquota massima dell'1 per mille;
   passando in rassegna le delibere comunali si nota come nel fissare i criteri la fantasia non sia mancata: a Flero (Bs) per suddividere 72.500 euro di detrazioni fra le abitazioni principali hanno elaborato una formula con tanto di parentesi graffe, tonde e quadre, frazioni e sommatorie. A Ripabottoni, 566 abitanti tra Campobasso e Termoli, hanno previsto uno sconto aggiuntivo da 50 euro se in famiglia c’è qualcuno «con disabilità superiore al 100 per cento»;
   alcuni enti locali includono nel testo della delibera, consultabile sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze, i pareri di conformità tecnica oppure il dibattito assembleare e gli emendamenti bocciati: i contribuenti di Palermo che scaricano il provvedimento da internet, ad esempio, per capire quanto pagare devono leggersi il testo originario proposto dalla giunta e correggerlo con gli emendamenti e i sub-emendamenti approvati in consiglio e in parte scritti anche a mano;
   viste le immense difficoltà che incontrano i sindaci nell'amministrazione dei propri comuni, dovuta in parte alla confusione normativa generata dal Governo nazionale, sarebbe stato opportuno stabilire un'unica aliquota nazionale obbligatoria per tutti i comuni, permettendo detrazioni per quelli gestiti secondo criteri virtuosi e addirittura l'esenzione come avvenuto nei comuni di Ragusa e Assemini –:
   se il Ministro interrogato intenda intraprendere iniziative per fare in modo che ogni comune costituisca un'utile tabella riepilogativa per tipologia di immobile con la relativa aliquota affinché il cittadino, già ampiamente vessato dalle tasse, non debba anche perdere il proprio tempo per interpretare gli atti, fare conteggi e, nei casi peggiori, rivolgersi ad un professionista per pagare il dovuto.
(4-06227)


   PRODANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   durante l'esame del disegno di legge di conversione del decreto legge n. 83 del 2014 recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, l'interrogante ha presentato nelle commissioni referenti attività produttive e cultura di Montecitorio l'emendamento n. 13.018;
   la proposta di modifica del testo prevedeva l'istituzione del fondo per la promozione del turismo finanziato con modifiche normative al regime di tax free shopping vigente prevista dall'articolo 38-quater del decreto del Presidente della Repubblica n. 793 del 1981 che disciplina lo sgravio dell'IVA per i soggetti domiciliati e residenti fuori dell'Unione europea, in pratica i turisti extracomunitari;
   secondo l'articolo 38-quater, per le spese superiori a 154,95 euro legate all'acquisto di beni di uso personale o familiare, è possibile, da parte del cedente (cioè il negoziante) lo sgravio immediato nel punto vendita (comma 1), ovvero il rimborso (comma 2) dell'IVA, purché il turista extracomunitario esca dal territorio nazionale entro 3 mesi;
   in base a quest'ultima modalità, che è la più utilizzata, il negoziante fa pagare l'intero prezzo del bene, IVA inclusa, emettendo la fattura ai sensi del citato articolo 38-quater. Qualora nella procedura si inserisca un operatore di servizi «tax free shopping», nella fattura si segnala l'importo del rimborso che, con una procedura legata anche al visto doganale, viene effettuato da parte di queste società in varie modalità. Nello specifico il rimborso può essere «anticipato» – quando il turista è ancora nel Paese: può avvenire all'aeroporto o alla frontiera prima della ripartenza – o «a posteriori», tramite accredito sulla sua carta di credito;
   attualmente il meccanismo funziona in questo modo: gli sportelli tax-free provvedono al momento della consegna della fattura da parte del cittadino straniero alla restituzione dell'IVA assolta al momento dell'acquisto, previa trattenuta di una commissione (ad oggi senza alcun limite d'importo) a carico dell'acquirente, presentano periodicamente al negoziante le varie fatture da lui emesse e timbrate dalla dogana in uscita dalla Unione europea, ottenendo il pagamento dell'intera imposta che il negoziante ha addebitato al consumatore stesso;
   il commerciante, ricevuto dalla società tax-free l'originale della fattura vistata dalla dogana di uscita, provvede poi alla annotazione in variazione dell'operazione, recuperando così l'imposta senza versarla all'Erario;
   il problema riguarda l'entità dell'effettivo rimborso che non copre tutto il valore dell'IVA cui lo Stato rinuncia e che la normativa vigente prevede dovrebbe essere restituito al turista extracomunitario. Questo «differenziale», che non è fissato da alcuna disposizione di legge, raggiunge e a volte supera, nella maggior parte delle operazioni, il 30 per cento dell'importo dell'IVA dovuta;
   in base ai dati di fatturato annuale forniti dall'operatore che gestisce l'80 per cento delle transazioni di rimborso tax free shopping in Italia (global blue), pari ad oltre 6 miliardi di euro nel 2013, tale differenziale si colloca tra i 280 e i 320 milioni di euro. Un riscontro al riguardo può essere effettuato sia osservando i moduli fattura tax free shopping emessi dai negozianti a favore di clienti non residenti nella Unione europea, sia utilizzando il cosiddetto «refund calculator» pubblicato sul sito www.globalblue.com, dove si può anche constatare che, a parità di importo speso, i rimborsi riconosciuti in Italia (dove l'IVA vigente è 22 per cento) sono inferiori ai rimborsi che il medesimo operatore riconosce ad esempio in Spagna, dove l'IVA vigente è al 21 per cento;
   a differenza dell'Italia la Spagna ha fissato con legge la soglia minima di effettuazione dei rimborsi tax free, rispetto all'IVA;
   l'emendamento n. 13.018, quindi, intendeva eliminare questa «zona grigia» stabilendo che l'importo relativo al recupero dell'imposta non debba essere inferiore all'80 per cento dell'importo IVA relativa alla cessione, escludendo qualsiasi onere o commissione;
   inoltre, sarebbe spettato all'Agenzia delle entrate emanare un regolamento per stabilire i criteri dei contratti di intermediazione finanziaria tax free shopping, per escludere voci a carico del contribuente, e le modalità con le quali queste ultime avrebbero dovuto versare il 50 per cento delle differenze dei propri margini di guadagno legate alla discrepanza tra l'IVA relativa alla cessione e lo sgravio o rimborso effettivo, fermo restando la facoltà originaria prevista dalla legge che il negoziante effettui direttamente al suo cliente il rimborso integrale dell'IVA;
   il 1o luglio 2014 il gruppo di lavoro congiunto ha approvato l'emendamento, con parere favorevole del Governo e dei relatori, inserendolo nel testo come articolo 13-bis;
   il 2 luglio 2014 Giampaolo Galli, relatore per la commissione bilancio incaricata di esprimere il parere sugli emendamenti approvati, ha chiesto al governo una valutazione quantitativa della quota dei margini di guadagno delle attività legate all'intermediazione finanziaria tax free shopping, se sussistano apprezzabili effetti di carattere indiretto derivanti dai riflessi della disciplina sulla redditività del settore interessato e la sua conformità all'ordinamento comunitario;
   il giorno successivo il sottosegretario di Stato pro tempore Giovanni Legnigni ha riferito al gruppo di lavoro che il prelievo imposto ai sensi dell'articolo 13-bis alle società tax free shopping, in quanto riferito ad un solo settore commerciale e discriminando le suddette società in ragione del loro domicilio fiscale, potrebbe comportare criticità rispetto alla disciplina comunitaria, con conseguente rischio dell'attivazione di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea;
   a seguito di quest'intervento la commissione Bilancio si è espressa contro le disposizioni dell'articolo 13-bis imponendone il cambio di contenuto;
   le disposizioni originarie non prevedevano nessuna discriminazione legata al domicilio fiscale delle società di tax free shopping ed erano riferite specificatamente a quella tipologia di intermediazione finanziaria viste le numerose lacune normative in materia;
   le considerazioni riportate dal rappresentante del Governo nelle commissione Bilancio non avevano nessuna attinenza all'eventuale mancanza di copertura finanziaria e la normativa proposta poteva costituire una base di partenza da perfezionare per una più ampia discussione nelle commissioni referenti che l'avevano approvata –:
   se il Ministro interrogato intenda chiarire e spiegare nel dettaglio le motivazioni addotte nella Commissione Bilancio di Montecitorio sulla questione summenzionata, e non ritenga, anche alla luce di quanto esposto in premessa, di rimeditare tale orientamento, adottando le eventuali iniziative conseguenti. (4-06258)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   AMODDIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a cagione del rilievo e pericolo sociale che hanno assunto nel corso del tempo i reati di violenza sessuale, il legislatore li ha disciplinati tra quelli di maggiore allarme sociale;
   in tal senso, si riportano le norme più significative dell'ordinamento penitenziario della legge n. 354 del 1975: l'articolo 4-bis prevede il divieto di concessione dei benefici ed accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti; l'articolo 58-quater prevede l'esclusione o l'innalzamento, a seconda dei casi, dei limiti temporali per l'accesso alle misure alternative anche per i reati di cui all'articolo 4-bis, comma quater;
   la legge n. 199 del 2010 – Esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a 18 mesi – prevede la non applicabilità della detenzione presso il domicilio ai soggetti condannati per taluno dei delitti indicati all'articolo 4-bis della legge penitenziaria;
   l'articolo 656 c.p.p., comma 9  detta una serie di cause ostative alla sospensione dell'esecuzione della pena riconducibili alla tipologia dei reati per i quali vi è stata condanna, connesse ad una presunzione di pericolosità del condannato, in quanto ritenuto ex lege non idoneo all'ottenimento dei benefici penitenziari, seppure condannato con pena inferiore ai 3 o 6 anni di reclusione;
   la legge n. 172 del 2012 di ratifica della Convenzione di Lanzarote introduce nuove fattispecie di reati di natura sessuale contro minori, raddoppiando i termini di prescrizione per i reati di abuso e sfruttamento sessuale di minori, introducendo il principio dell'inescusabilità dell'ignoranza dell'età della persona offesa il cui limite viene innalzato ai 18 anni;
   a fronte di un inasprimento del sistema sanzionatorio è anche previsto che gli autori di reati di violenza sessuale hanno diritto al trattamento riabilitativo e rieducativo;
   la legge n. 172 del 2012 prevede il trattamento psicologico per i condannati per reato sessuale in danno di minori con l'obiettivo di garantirne il recupero e di ridurre i casi di recidiva; il comma 1-quater prevede che i benefici di assegnazione al lavoro all'esterno, permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste al capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concesse ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articolo 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, quinquies, octies, undecies del c.p. solo sulla base dei risultati dell'osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno, anche con la partecipazione degli esperti di cui al IV comma dell'articolo 80; il comma 1-quinquies prevede che ai fini della concessione dei benefici ai detenuti ed internati per i delitti di violenza sessuale, se commessi in danno di persona minorenne, deve essere valutata la positiva partecipazione al programma di riabilitazione specifica di cui all'articolo 13-bis della legge; l'articolo 13-bis prevede il trattamento psicologico per i condannati per reati sessuali in danno di minori con finalità di recupero e di sostegno e la partecipazione a tale trattamento è valutata ai sensi dell'articolo 4-bis, comma 1-quinquies ai fini della concessione dei benefici previsti dalla medesima disposizione;
   in sintesi dal quadro normativo, per un verso emerge chiaramente per i reati di violenza sessuale un inasprimento delle pene e un forte sbarramento per l'accesso ai benefici dell'ordinamento penitenziario, e per altro verso, un'attenzione all'aspetto del trattamento riabilitativo per gli autori di tali reati;
   tuttavia, risultano del tutto carenti le misure adottate dal Ministero della giustizia per il recupero degli autori di reati di violenza sessuale sessuali, sebbene tutti gli studi del settore riconoscano che alla base del reato di violenza sessuale esiste un disturbo della sessualità, caratterizzato da fantasie ossessive ed impulsi sessuali o comportamenti intensamente eccitanti aventi ad oggetto soggetti minori: atteso che il disturbo è ego sintonico, non genera cioè alcun disagio, difficilmente il pedofilo all'esterno richiede un aiuto specialistico e pertanto il carcere può rappresentare, attraverso la concreta attuazione del trattamento specialistico previsto dalla normativa, una preziosa possibilità di aggancio e quindi il luogo ideale per intraprendere un processo di cambiamento dei meccanismi mentali che sottendono la pedofilia;
   ad oggi mancano un indirizzo ed un coordinamento del Ministero che preveda il trattamento psicologico per i condannati per reato sessuale con l'obiettivo di garantirne il recupero e di ridurre i casi di recidiva;
   tutti gli studi in materia hanno dimostrato che i pedofili o i cosiddetti sex offender non raggiunti da specifico trattamento tendono a reiterare la condotta di abuso in percentuale notevolmente più elevata rispetto a coloro che hanno avuto la possibilità di intraprendere un percorso riabilitativo;
   la previsione di legge che prevede l'osservazione per almeno un anno con l'ausilio dello psicologo, spesso si risolve in un ulteriore sbarramento all'accesso alle misure alternative, considerata l'assoluta insufficienza del monte ore assegnato agli esperti; ad oggi il monte ore assegnato agli esperti è esiguo; ad esempio, nella casa circondariale di Siracusa a fronte di 500 unità sono assegnate agli esperti 40 ore mensili;
   i progetti avviati in qualche istituto penitenziario – come Bollate e Prato – sono nati dalla sensibilità di alcune professionalità e sostenuti da finanziamenti dell'Unione europea o regionali; in alcune realtà, come ad esempio la casa circondariale di Siracusa, sono stati avviati, in via sperimentale, dei percorsi di gruppo rivolti ai detenuti per reati di pedofilia, condotti da un esperto psicologo e da un educatore ed alla data odierna sono stati trattati circa un centinaio di soggetti, ma non è possibile inserire altri condannati in un percorso psicologico volontario per mancanza di fondi;
   le esperienze condotte in alcuni istituti penitenziari hanno favorito non soltanto il passaggio da un'iniziale negazione della condotta di abuso alla consapevolezza ed all'assunzione di responsabilità, ma hanno influito sulla modificazione di tratti di personalità riguardanti l'aggressività, l'isolamento, la scarsa capacità di riflessione e di autosservazione, la mancanza di empatia; gli autori delle violenze sessuali, nella fase in cui emerge la consapevolezza, riconoscono la necessità che la pena preveda obbligatoriamente un percorso terapeutico intramurario, da proseguire anche all'esterno in misura alternativa o in libertà;
   di fatto, in quasi tutti gli istituti di pena ove si trovano gli autori di violenza sessuale, questi non fruiscono nemmeno delle normali attività trattamentali psicologiche e ciò per diverse ragioni anche di carattere organizzativo, quali ad esempio l'esigenza di tutela della loro incolumità; è infatti noto che gli autori di violenza sessuale sono collocati in reparti autonomi, sebbene nella circolare del dipartimento amministrazione penitenziaria n. 3646/6096 del 13 giugno 2013 avente ad oggetto la relazione della commissione mista per lo studio dei problemi della magistratura di sorveglianza è riportato al punto 3.5 – reparti per detenuti «protetti» – che «la commissione ritiene auspicabile una graduale abolizione dei reparti per detenuti “protetti”; tale obiettivo rappresenta il momento finale di un percorso sul territorio che preveda interventi su un piano pedagogico rivolto a tutti i detenuti per affrontare il tema della subcultura carceraria e la necessità di condividere, nel percorso trattamentale, l'accettazione di tutti i condannati nell'ambito della quotidianità detentiva, senza distinzione per tipologie di reato; l'avvio concreto di iniziative specifiche potrà essere accompagnato, dopo un trattamento specifico iniziale, da inserimenti di soggetti protetti, nelle sezioni ove si trovano i detenuti più giovani e quelli per reati meno gravi, ovvero in altri contesti detentivi secondo prudente apprezzamento della direzione dell'istituto penitenziario»;
   per far sì che il dettato della legge in materia di recupero e riabilitazione risulti attuato, sarebbe auspicabile: la creazione nell'ambito di ciascuna regione di poli per il trattamento intensivo di tali soggetti, con équipe multi professionali adeguatamente formate ed ambulatori sul territorio per la prosecuzione all'esterno del percorso, sia in misura alternativa, sia volontariamente in stato di libertà; questa rappresenterebbe una previsione ideale; in alternativa, occorrerebbe porre in essere la condizione necessaria per offrire, in un quadro meno complesso, un'opportunità di trattamento con la presenza costante dell'esperto –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto nelle premesse;
   se il Ministro intenda adottare le opportune iniziative ed avviare i procedimenti necessari per rendere effettivo il diritto al trattamento psicologico ed il recupero dei detenuti autori di violenza sessuale;
   se il Ministro intenda assumere iniziative per creare, nell'ambito di ciascuna regione, dei poli specialistici per il trattamento intensivo di tali soggetti con équipe multi professionali adeguatamente formate ed ambulatori sul territorio per la prosecuzione all'esterno del percorso;
   se, nelle more dell'adozione di misure organiche idonee a rendere effettivo il diritto al trattamento psicologico ed il recupero dei detenuti autori di violenza sessuale, intenda assegnare risorse economiche adeguate per garantire la presenza costante di esperti psicologi ed educatori all'interno delle carceri. (4-06240)


   AMODDIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la pianta organica dell'ufficio giudiziario del tribunale di Siracusa prevede 7 direttori amministrativi e 31 funzionari amministrativi;
   sono in servizio presso il tribunale di Siracusa solo 4 direttori amministrativi e 11 funzionari amministrativi;
   nel corrente anno un cancelliere è stato posto in quiescenza e 2 funzionari amministrativi, 1 operatore giudiziario e 2 cancellieri saranno collocati in quiescenza;
   il personale amministrativo in organico presso il tribunale di Siracusa è ulteriormente diminuito a causa dell'applicazione di 2 unità di ausiliari presso la corte di appello di Catania, 1 funzionario amministrativo applicato al giudice di pace di Noto e 4 cancellieri applicati agli uffici del giudice di pace del circondario;
   è di tutta evidenza un'ormai insostenibile carenza di personale, con particolare riferimento alle figure professionali di direttori amministrativi, funzionari giudiziari ed altro personale;
   in data 21 marzo 2014 il presidente del tribunale di Siracusa e il dirigente amministrativo dottoressa Rosa Pulito, hanno inviato una missiva al Ministro della giustizia e al dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del personale nella quale hanno rappresentato le gravi carenze degli uffici giudiziari di Siracusa che si ripercuotono negativamente sull'organizzazione e sull'efficienza della sede giudiziaria medesima; veniva segnalato, infatti, che a seguito dell'accorpamento delle soppresse sezioni distaccate di Augusta, Avola e Lentini, i quattro funzionari giudiziari, prima assegnati alle predette sezioni, vincitori dell'interpello del 15 ottobre 2012 hanno preso servizio presso la sede da ciascuno prescelta;
   il carico di lavoro del tribunale di Siracusa dal mese di settembre 2013 è aumentato a causa della soppressione delle sedi distaccate, ma l'aumento del carico di lavoro non ha trovato un'adeguata compensazione in termini di assegnazione di personale, atteso che è stato trasferito presso il tribunale di Siracusa appena il 50 per cento del personale che operava presso le sedi distaccate;
   i carichi di lavoro introitati presso il tribunale di Siracusa sono aumentati nell'anno del 100 per cento, come risulta dalla segnalazione effettuata dal presidente del tribunale dottor Antonio Maiorana;
   in riferimento all'interpello nazionale per posti vacanti rivolto al personale dell'organizzazione giudiziaria, ai sensi dell'articolo 2 dell'accordo sindacale del 27 marzo 2007 e dell'articolo 10 dell'accordo 9 ottobre 2012, il dirigente amministrativo e il presidente del tribunale di Siracusa hanno espresso il loro disappunto con lettera inviata al Ministero in data 8 luglio 2014 prot. 2612/U perché nonostante le gravi carenze in organico non è stata prevista la copertura di alcun posto vacante per il tribunale di Siracusa in relazione alle seguenti qualifiche: direttore amministrativo (in servizio 4 su 7 previsti in P.O.), funzionario giudiziario (in servizio 12 compreso il funzionario contabile, su 31 previsti in P.O.), conducenti automezzi (in servizio 3 su 7 previsti in P.O., per di più uno di essi è applicato, secondo una turnazione presso l'ufficio del giudice di sorveglianza di SR);
   il carico di lavoro presso l'ufficio del G.I.P. del tribunale di Siracusa è divenuto insostenibile atteso che risultano assegnati solo 4 magistrati e che in seguito alle migliaia di migranti che sono sbarcati nel territorio di Siracusa (Augusta) con l'operazione Mare nostrum e l'ufficio del G.I.P. del tribunale di Siracusa ha assunto il carico (in quanto territorialmente competente) per le convalide di arresto o per i fermi dei cosiddetti scafisti che approdano nel territorio della provincia di Siracusa;
   è notorio che la provincia di Siracusa è diventata punto di approdo privilegiato di innumerevoli sbarchi con un enorme numero di persone di varie etnie, in fuga da guerre, povertà, violenze e sopraffazioni di ogni genere, che vengono condotte nel nostro paese dai cosiddetti «scafisti» e da ricchi e impuniti trafficanti di esseri umani;
   il 90 per cento degli sbarchi degli immigrati sul territorio italiano gravano sulla provincia di Siracusa;
   presso la procura della Repubblica di Siracusa sono stati individuati alcuni magistrati, che con specifica competenza si occupano dei processi riguardanti gli scafisti ed è stata creata un'apposita sezione di polizia giudiziaria (gruppo interforze contrasto immigrazione clandestina) facendovi confluire personale proveniente dalla polizia marittima e da altre forze di P.G.;
   i procedimenti relativi agli sbarchi dei clandestini non costituiscono più una straordinaria emergenza ma una situazione ordinaria che però grava sul ridotto personale di cancelleria dell'intero tribunale e, in particolare, sull'ufficio G.I.P. il cui organico (magistrati, cancellieri e funzionari) appare sottodimensionato in maniera preoccupante;
   giova ricordare che i procedimenti che riguardano scafisti, sono particolarmente complessi e necessitano di ricerca, convocazione e nomina di interpreti, spesso di sconosciuti idiomi; celebrazione di numerosissime udienze di convalida di fermo o arresto; celebrazione di incidenti probatori con ricerche di testimoni; ordini di traduzione alle case circondariali; attivazione di fonoregistrazioni e videoregistrazioni delle udienze; notifiche da effettuare ad improbabili indirizzi di domicilio che rendono impossibile portare a buon fine la notifica e di conseguenza l'udienza;
   va aggiunto che le dotazioni strumentali a disposizione dell'ufficio sono assai carenti ed insufficienti (termini di fax, macchine fotocopiatrici, scanner, dotazioni di toner e carta): spesso sono gli avvocati a fornire gratuitamente la carta;
   altresì, a seguito del decreto legislativo n. 32 del 2014 in applicazione della direttiva comunitaria n. 64 del 2010, è divenuta obbligatoria la traduzione di diversi atti processuali per gli imputati di lingua straniera con la nomina di interpreti e traduttori ed è divenuto difficile reperire tali professionalità, data l'esiguità delle risorse ed il pagamento di emolumenti che non sono in alcun modo proporzionati al faticoso lavoro svolto –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
   se il Ministro intenda assumere iniziative in maniera efficace, per quanto di competenza, per assegnare al tribunale di Siracusa un congruo numero di unità di personale, sino alla totale copertura dei posti vacanti in pianta organica, come ampiamente richiesto dal presidente e dal dirigente amministrativo del tribunale;
   se il Ministro intenda assumere iniziative per dichiarare l'ufficio G.I.P. del tribunale di Siracusa sede disagiata e far sì che, al fine di recuperare efficienza e funzionalità, tanto il numero dei giudici che quello del personale di cancelleria venga adeguato dotando l'ufficio, nel più breve tempo possibile, almeno di un'altra unità di cancelleria che possa occuparsi prevalentemente della gestione dei fascicoli relativi agli scafisti;
   se il Ministro intenda adottare le iniziative necessarie per reperire le risorse idonee ed adeguate per la nomina di interpreti e traduttori. (4-06241)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


  PAGANO e CANCELLERI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso dell'adozione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un progetto per il collegamento ferroviario «Catania-Palermo», che escluderebbe dal servizio le province e città di Caltanissetta ed Enna;
   tale soluzione isolerebbe completamente i territori delle città di Caltanissetta ed Enna, nonché una parte significativa delle loro province;
   laddove dovesse concretizzarsi detta ipotesi, Rete Ferroviaria Italia perderebbe l'intero bacino di utenza del traffico passeggeri e merci delle province di Caltanissetta ed Enna, al quale di contro non se ne individuerebbe, ad avviso degli interroganti, un bacino di utenza alternativo altrettanto appetibile dal momento che il nuovo tracciato, prevalentemente in galleria, attraverserebbe zone scarsamente popolate;
   un investimento su di una linea ad alta velocità ad esclusivo vantaggio di Catania e Palermo, inoltre, non risulterebbe nemmeno ragionevolmente motivabile a causa dell'applicazione di disposizioni tariffarie maggiormente elevate non compatibili con l'utenza locale;
   l'attuale collegamento ferroviario, evidentemente preso a modello da Rete Ferroviaria Italia per lo svolgimento dei suoi studi, risulta essere oggetto di un lento ma progressivo degrado del servizio ferroviario offerto, caratterizzato da materiale rotabile obsoleto (automotrice a nafta Aln 668);
   nonostante siano in esercizio la linea elettrica a 3000 V ed il servizio di controllo remoto del traffico, il collegamento ferroviario oggetto della presente interrogazione non è in grado di soddisfare pienamente le esigenze dell'utenza, a fronte delle ingenti risorse costate nel tentativo di renderlo più moderno ed efficiente;
   pendolari e studenti della zona, specialmente dei paesi del Vallone della provincia nissena, hanno più volte reclamato miglioramenti del servizio offerto dal momento che, ad oggi, sono costretti a raggiungere la città capoluogo di provincia servendosi di infrastrutture viarie inadeguate;
   in data 11 settembre 2014, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, su convocazione dello stesso Ministro, onorevole Maurizio Lupi, si è tenuta una riunione dedicata alla realizzazione del progetto di collegamento ferroviario Messina-Catania-Palermo i cui lavori, compresi nel pacchetto delle opere infrastrutturali del decreto-legge noto come «Sblocca Italia», partiranno entro il mese di ottobre del 2015, con una forte accelerazione rispetto ai tempi originariamente previsti;
   alla riunione hanno partecipato il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, onorevole Maurizio Lupi, il sottosegretario alle politiche agricole Giuseppe Castiglione, il sottosegretario allo sviluppo economico Simona Vicari, l'assessore regionale ai trasporti Nico Torrisi, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il sindaco di Caltanissetta Giovanni Ruvolo, il sindaco di Enna Paolo Garofalo, il capo della struttura del Ministero delle infrastrutture e trasporti incaricato di seguire le grandi opere Ettore Incalza, l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Michele Mario Elia (convocato anche in qualità di commissario per la realizzazione del progetto di collegamento ferroviario Messina-Catania-Palermo), l'amministratore delegato di Italfer Matteo Maria Triglia, l'amministratore delegato di RFI Maurizio Gentile, l'onorevole Alessandro Pagano;
   dall'incontro è emerso che tre sono le soluzioni progettuali in fase di valutazione per il collegamento Palermo-Catania:
    a) la prima consisterebbe nel raddoppio dell'attuale tratta storica Catania-Enna-Caltanissetta-Palermo, includendo le stazioni di Enna e Caltanissetta Xirbi;
    b) la seconda prevederebbe una nuova linea ferroviaria accanto a quella autostradale;
    c) la terza collegherebbe le due aree metropolitane siciliane di Catania e Palermo, arrivando nel capoluogo regionale attraverso un percorso che da Catenanuova (Enna), attraverserebbe verso nord i Nebrodi fino a Castelbuono (Palermo) e da lì a Palermo;
   la terza soluzione, che tutti i partecipanti hanno da subito ed esplicitamente disapprovato, eliminerebbe dal progetto ferroviario gli snodi della stessa Caltanissetta e di Enna: ciò di fatto significherebbe l'esclusione dell'attraversamento ferroviario di un bacino di utenza di circa un milione di persone, considerando che la provincia di Enna conta circa 180.000 abitanti, Caltanissetta ne conta 280.000, Agrigento (che essendo ancor più a sud resterebbe a maggior ragione isolata) oltre 400.000 abitanti, senza contare 70.000 abitanti che si trovano nella parte meridionale della provincia di Palermo;
   nella circostanza l'onorevole Alessandro Pagano ha fatto rilevare, in termini fortemente critici, che tali «ipotetiche» gallerie chilometriche attraverserebbero i Nebrodi da sud a nord con un impatto ambientale di rare dimensioni;
   di contro, l'inclusione dello snodo di Caltanissetta ed Enna, insieme al raddoppio della strada statale 640, Agrigento-Caltanissetta i cui lavori sono in corso, contribuirebbe a fornire una spinta a tutto il centro Sicilia, con importanti ricadute in termini di PIL e di creazione di posti di lavoro;
   oltre all'onorevole Pagano, sono intervenuti Giovanni Ruvolo, Enzo Bianco, Leoluca Orlando, Paolo Garofalo, Vito Tirrisi, nonché l'assessore alla mobilità, viabilità e trasporti di Messina, Gaetano Cacciola;
   le considerazioni espresse dagli intervenuti, circostanziate e documentate, hanno fornito elementi costitutivi di un indirizzo chiaro ed inequivocabile circa la assoluta necessità di far attraversare le reti ferroviarie lungo l'asse Catania-Enna-Caltanissetta-Palermo;
   in data 22 settembre 2014, su invito del sindaco di Caltanissetta Giovanni Ruvolo, il quale aveva appreso del progetto di RFI nel corso dell'incontro che si è tenuto presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 11 settembre 2014, si è svolta una riunione tra l'Amministrazione comunale di Caltanissetta, gli onorevoli Alessandro Pagano e Azzurra Cancelleri per la deputazione nazionale e l'onorevole Giancarlo Cancellieri per la deputazione regionale, il prefetto di Caltanissetta dottor Carmine Valente ed i consiglieri comunali del comune di Caltanissetta;
   nel corso del dibattito, è stato acquisito e condiviso un documento tecnico dell'architetto Andrea Milazzo, già assessore all'urbanistica della passata amministrazione, il quale aveva già affrontato il tema dell'adeguamento dell'attuale tracciato ferroviario in occasione dell'adesione della città di Caltanissetta al tavolo di concertazione organizzato dal Sistema territoriale della Sicilia orientale ed istituito presso la provincia di Catania;
   la proposta dell'allora amministrazione Campisi inquadrava il nodo ferroviario di Xirbi come un «interporto», prevedendo per Caltanissetta un ruolo territoriale di piattaforma logistica di «retro porto» nell'entroterra siciliano, giungendo quindi alla conclusione di realizzare uno snodo viario veloce che collegasse il nodo Xirbi con il raddoppio, allora solo allo stato progettuale, della strada statale 640;
   dal dibattito è emerso che, a causa delle obsolete caratteristiche tecniche della strada ferrata, l'attuale tracciato di chilometri 241 consente ai più moderni convogli oggi in dotazione (costituiti da materiale rotabile Aln 501/502 denominato «Minuetto», ad elevato comfort di viaggio e con una velocità di crociera pari a 160  chilometri orari) delle percorrenze appena superiori alle tre ore nella tratta da Palermo a Catania e viceversa, inferiori all'ora e trenta da Catania Centrale a Caltanissetta Xirbi, con l'effettuazione di fermate a Termini Imerese, Roccapalumba Alia ed Enna;
   a conferma delle indicazioni del capo precedente, si segnala che il treno regionale veloce 3853 parte alle ore 15:32 da Catania centrale con arrivo a Palermo centrale alle ore 18:37 (tre ore e cinque minuti), giungendo a Caltanissetta Xirbi alle ore 17:01 (un'ora e ventinove minuti): in direzione opposta, il treno regionale veloce 3850 parte da Palermo centrale alle ore 6:38, per giungere a Caltanissetta Xirbi alle ore 8:21 (un'ora e quarantatrè minuti) ed a Catania centrale alle ore 09:50 (tre ore e dodici minuti);
   i tempi di percorrenza citati, pur non essendo i migliori, non sono neanche da trascurare se paragonati ai tempi attualmente previsti su gomma ed inducono a ritenere, in linea con quanto espresso dall'architetto Milazzo, che essi potrebbero fungere da ottima base di partenza per i lavori di adeguamento del tracciato attuale e potendo continuare in questo modo a collegare le città di Caltanissetta ed Enna;
   da un'analisi più approfondita del tracciato si evince che essa assicura una velocità di percorrenza di 135 chilometri orari nella tratta a doppio binario da Palermo a Fiumetorto, per poi scendere a 100 chilometri orari nel tratto da Fiumetorto a Roccapalumba Alia (27 chilometri), ad 80 chilometri orari nella tratta da Roccapalumba Alia a Xirbi (55 chilometri) per poi risalire a 120 chilometri orari fino a Catenanuova (71 chilometri);
   nel tratto tra Bicocca e Catania Centrale (50 chilometri che resterebbe identico nel tracciato ad alta capacità ferroviaria che collegherebbe Catenanuova a Castelbuono, ad oggi si circola a doppio binario;
   la percorrenza di poco più di tre ore tra Palermo e Catania è resa possibile nonostante la parte prevalente del tracciato, da Fiumetorto a Catenanuova di 153 chilometri, preveda una velocità massima di soli 80 chilometri orari, si ritiene che interventi infrastrutturali mirati consentirebbero una concreta riduzione dei tempi di percorrenza complessivi, avvicinando le due ore necessarie per coprire il tratto da Catania centrale a Palermo centrale da una parte, e i sessanta minuti tra Caltanissetta Xirbi ed i già citati capoluoghi;
   il progetto di adeguamento dovrebbe consentire il raddoppio del binario tra Fiumetorto e Bicocca per complessivi 170 chilometri, insieme alle necessarie rettifiche dei raggi di curvatura e pendenze del tracciato, con l'obiettivo ulteriore di garantire una velocità di crociera minima di 135 chilometri orari, in linea con i tratti già abilitati a sostenere tali velocità (ovvero Palermo-Fiumetorto e Catania-Catenanuova);
   da qui si renderebbe necessaria la realizzazione del raddoppio delle gallerie Magazzinazzo, Marianopoli e Misericordia, per complessivi dieci chilometri e settecento metri, di molto inferiori rispetto ai sessanta chilometri di gallerie (che diventerebbero centoventi nei due sensi di marcia) qualora venissero realizzate le gallerie sotto le Madonie previste dal progetto ministeriale;
   questa descrizione molto dettagliata presente nella relazione dell'architetto Milazzo risulta coerente nel dettaglio all'ipotesi programmatica fatta nell'intervista al settimanale Tempi del mese n. 3 del 2012 da parte dell'ingegnere Michele Mario Elia allora amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italia ed oggi amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello Stato) –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta in premessa;
   quali siano gli orientamenti del Ministro su questa materia;
   se sia vero che RFI abbia individuato per il collegamento Catania-Palermo un tracciato di Alta capacità ferroviaria che esclude le città di Caltanissetta ed Enna e buona parte delle rispettive province;
   in tal caso, cosa intende fare il Ministro allo scopo di tutelare i legittimi interessi delle popolazioni coinvolte e danneggiate dal nuovo tracciato ferroviario;
   se il Ministro concordi con la valutazione secondo la quale l'ipotesi di bypassare la Sicilia centrale condannerebbe i territori interessati alla irrilevanza e ad un gravissimo isolamento che ne penalizzerebbe in modo irreversibile il futuro non solo in termini economici, ma anche e soprattutto sociali;
   se il Ministro intenda riconsiderare il progetto secondo indicazioni alternative al progetto di RFI o sulla base delle soluzioni dagli interroganti enunciate, in modo da non escludere le città di Caltanissetta ed Enna dal tracciato ferroviario. (3-01066)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, TURCO, SORIAL, AGOSTINELLI, COLLETTI, BALDASSARRE, DA VILLA, FRACCARO e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la società Catullo spa gestore dell'aeroporto scaligero, in data 29 giugno 2009 costituisce una nuova società denominata Avio Handling S.r.l., partecipata al 100 per cento dalla Catullo, attribuendo alla stessa il servizio di handling nello scalo aeroportuale di Villafranca di Verona;
   la Catullo Spa è una società partecipata pubblica, di cui i principali, soci risultano dal sito aziendale: CCIAA di Verona (27,727 per cento), Provincia di Trento (21,489 per cento), Provincia di Verona (14,702 per cento); Comune di Verona (7,085 per cento), Provincia di Bolzano (5,413 per cento), CCIAA di Brescia (3,085 per cento), Provincia di Brescia (3,110 per cento), Banca Popolare di Verona Spa (4,168 per cento), Fondazione Cassa di Risparmio di Verona Vicenza Belluno e Ancona (4,150 per cento);
   la controllata Avio Handling inizia ad operare il 1o luglio 2009 con un capitale sociale di euro 5.000.000, con trasferimento dalla Catullo spa di 219 dipendenti, attrezzature industriali e commerciali, impianti e macchinari per un valore economico di oltre euro 2.000.000;
   i consiglieri di amministrazione, il direttore generale, il direttore del personale e il direttore operativo della Catullo e della Avio Handling sono i medesimi;
   nel corso degli anni la società madre Catullo spa addebita alla partecipata Avio Handling voci di spesa molto pesanti, tanto che la partecipata chiude i primi bilanci in perdita: – 1.160.782 euro nel 2009 (per soli sei mesi), – 3.749.331 euro nel 2010, – 5.244.751 euro nel 2011;
   nel bilancio 2011, ad esempio, la Catullo addebita alla Avio Handling costi per acquisto carburanti per euro 293.456; per subaffitto dei locali dove lavorano i dipendenti, uffici, magazzini e spogliatoi euro 378.733; per subconcessione banchi check-in e gates euro 617.962; per coordinamento generale di scalo euro 565.192; per attività di manutenzione mezzi di rampa euro 307.207;
   nel 2010 la società G.H. spa, società privata di handling con sede a Venezia, presente in otto aereoporti nazionali, partecipa ad un bando di gara per entrare come fornitore dello scalo di Verona, senza esito positivo;
   nel 2010 la società Airport Global Service spa (AGS), società di handling con sede a Bergamo, inizia ad operare nello scalo veronese con contratto in service con Avio Handling, senza disporre di struttura, mezzi e autonomia funzionale propria: AGS dapprima utilizza risorse umane e strumentali di esclusiva proprietà di Avio Handling, successivamente stipula un contratto di subappalto di mezzi con la stessa Avio Handling, riuscendo pertanto a fornire alla Catullo Spa servizi ad un prezzo concorrenziale, senza avere l'ammontare dei costi fissi della società Avio;
   sono stati inoltre trasferiti dalla società Avio, avente il medesimo gruppo dirigente della Catullo, alla società AGS i mezzi di proprietà della società Avio, permettendo ad AGS di offrire servizi in concorrenza alla società partecipata dalla Catullo e di aumentare la quota di mercato presso lo scalo veronese. È stato inoltre trasferito personale dipendente formato da Avio Handling alla società concorrente AGS;
   con decreto legislativo n. 18 del 13 gennaio 1999 è stata recepita la direttiva europea 96/67 CE relativa al libero accesso al mercato dei servizi di handling, ossia l'assistenza, a terra per l'imbarco e lo sbarco delle merci e dei passeggeri negli aereoporti della Comunità europea: negli aereoporti con più di due milioni di passeggeri o traffico merci superiore a 50.000 tonnellate è riconosciuta la libera concorrenza nei servizi di handling sulla base dei requisiti di cui all'articolo 13 del decreto;
   per svolgere l'attività di handling è necessario acquisire la relativa certificazione da parte dell'ENAC, che vi provvede in conformità con la verifica del rispetto dei requisiti di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 18 del 1999: alla data odierna il certificato di AGS, in apposita sezione del sito di ENAC, risulta «in corso di rinnovo»;
   nel 2011 la situazione economica di Avio, neocostituita e già molto indebitata, peggiora a causa di onerosi contratti sottoscritti con alcune compagnie, per forniture di servizi che la controllata Catullo avrebbe richiesto di rispettare. Nel contempo AGS riesce a fornire servizi a prezzi fuori mercato ad altre compagnie, che si sono poi rivelate tra l'altro più rispettose nei tempi di pagamento, grazie alle agevolazioni di fatto concesse dalla Catullo, tramite la concessione in uso delle strutture, del personale e dei mezzi di Avio. Questo avrebbe portato pian piano all'erosione delle quote di traffico, accelerando in Avio la crisi aziendale, che anche la controllante Catullo definisce nel proprio bilancio come «perdita di fatturato a favore del secondo handler»;
   un gruppo di lavoratori il 20 dicembre 2011 presenta un esposto presso la procura di Verona per la modalità della cattiva gestione da parte della Catullo spa che ha portato l'azienda partecipata nel baratro: dall'esposto emerge «un ente di gestione assolutamente inerte ed anzi compiacente di fronte alle violazioni della libera concorrenza a danno della propria società»;
   tali valutazioni vengono trasmesse anche all'ENAC, per quanto di competenza, con lettera raccomandata AR inviata il 22 dicembre 2011, senza ottenere alcuna risposta;
   nell'esposto i lavoratori illustrano che «Pare priva di ogni e qualsivoglia logica commerciale la vendita di tali beni strumentali alla Airport Global Service, affinché quest'ultima possa offrire servizi in concorrenza con la società controllata Avio Handling srl». «L'assenza di ogni e qualsivoglia disponibilità di mezzi e strutture proprie, non è solo una palese violazione delle direttive ENAC, ma impedisce di poter assicurare il corretto svolgimento del servizio di assistenza a terra, posto che l'indisponibilità anche temporanea di mezzi da noleggiare ne provocherebbe l'interruzione»;
   nel 2012 i sindacati dei lavoratori denunciano che «il piano industriale che prevede di razionalizzare i costi [...] si fonda sulla volontà di esternalizzare lavoro e mezzi; il deficit di Avio è prodotto da inefficienze e sprechi che si generano ai piani alti» (L'Arena, 13 luglio 2012);
   il 5 settembre 2012 l'assemblea dei soci delibera la liquidazione volontaria della società Avio Handling, con previsione per lo scioglimento della società al 31 dicembre 2013. Ad oggi la società non è ancora stata sciolta;
   il 20 dicembre 2012 la società GH, tramite accordi con le parti sociali, subentra a condizioni di favore, ottenendo deroghe al CCNL e aggiramento delle tutele di cui all'articolo 2112 del codice di procedura civile: dal 18 febbraio 2013 inizia ad operare nello scalo veronese, acquisendo contratti, beni, attrezzature e mezzi di Avio Handling, con il trasferimento di 110 dipendenti sui 219 in carico ad Avio Handling, con contropartita la riduzione dello stipendio e la sottoscrizione del licenziamento volontario e di clausole liberatorie nei confronti di Avio;
   il personale residuo di Avio, 90 dipendenti, viene posto in Cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore, dall'8 marzo 2013 al 23 dicembre 2013, per la maggior parte anziani, giovani mamme o persone con problemi di salute. La Cassa integrazione guadagni straordinaria viene successivamente rinnovata fino alla fine del 2014 per 76 dipendenti, mediante un accordo firmato presso la regione Veneto, in data 11 dicembre 2013, in cui si accenna anche alla «realizzazione di nuove attività commerciali che potrebbero portare nuove opportunità di lavoro anche ai dipendenti di Avio Handling attualmente in Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, come risulta dal Piano industriale approvato dagli azionisti della Catullo il 5 luglio 2013 e condiviso il 12 settembre 2013 con le organizzazioni sindacali»;
   Catullo spa subappalta alla società GH, senza svolgere bandi di gara, anche il servizio assistenza disabili (PRM), la sala VIP e il presidio notturno, lasciando in Cassa integrazione guadagni straordinaria il proprio personale e quello di Avio Handling, partecipata al 100 per cento di una partecipata pubblica, a vantaggio di aziende private;
   la Catullo è stata già sotto i riflettori negli ultimi anni: nel 2013 la procura ha indagato su alcune ipotesi di reato, dalla malversazione ex articolo 315 del codice di procedura penale, alle false comunicazioni sociali e al falso in bilancio, che coinvolgerebbero i vertici dell'aereoporto nella gestione dei conti della società, al fine di individuare le cause di questa voragine, analizzando tutti i costi iscritti al bilancio, e capire dove sono finite le risorse. Nella precedente gestione, il consiglio d'amministrazione non avrebbe comunicato ai soci dati reali sullo stato del bilancio, nascondendo le esatte cifre di spese ed entrate (articolo su L'Arena del 3 luglio 2013);
   nel 2014 inoltre procede l'operazione di ingresso di Save, società operante a Venezia: la giunta del comune di Verona ha dato il via libera al conferimento delle proprie 111.563 azioni, per un valore di oltre 3,5 milioni di euro (a fronte di una stima della Catullo di 50 milioni di euro) alla newco Aerogest il cui capitale sociale iniziale era di 150 mila euro ma ora, in virtù della perizia di stima, con l'aumento del capitale sociale con l'ingresso di Save, sale a 170 mila euro;
   da un articolo del quotidiano L'Arena del 19 luglio 2014, è emerso che con una giunta comunale straordinaria l'amministrazione di Verona ha deciso di conferire le proprie quote della Catullo Spa ad Aerogest, e di promuovere un'azione di responsabilità nei confronti degli organi societari in carica all'epoca dei fatti compiuti dal direttore generale, nel biennio 2010-2011, dando incarico al sindaco di esprimere parere favorevole in occasione delle assemblee dei soci programmate il 21 e il 30 luglio. Fino ad ora l'azione di responsabilità era stata avanzata solo nei confronti del direttore generale in carica nel 2011, anno in cui si sono registrati i 26 milioni di perdite;
   la decisione della giunta ha preso impulso anche dalla verifica sui conti del biennio suddetto affidata ad una società di consulenza per accertare eventuali irregolarità, in relazione alla concessione di incentivi dati alla compagnia aerea Ryanair e all'operazione di acquisto dell'area Kiwi. La delibera del comune conclude dicendo che «la prevalente giurisprudenza dispone che, in presenza di atti dannosi derivanti da una cattiva gestione della società, l'ente locale socio ha l'obbligo di proporre l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della società e che tale decisione non è frutto di una scelta discrezionale, ma costituisce un atto dovuto, in quanto risponde a precisi obblighi di tutela del patrimonio in capo all'ente pubblico»;
   dal 23 luglio 2014 inoltre la Save ha acquisito anche 31 mila azioni della Catullo, a 31,7 euro, detenute dal comune di Villafranca di Verona, che in totale ne deteneva 41.899 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tutti i fatti sopra esposti;
   se il Ministro interrogato intenda verificare se l'ENAC abbia effettuato i controlli previsti dai propri regolamenti e le verifiche di idoneità dei prestatori di handling, stabiliti dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 18 del 1999, in capo alla società Airport Global Service spa;
   se il Ministro interrogato intenda verificare se ENAC abbia dato riscontro alle segnalazioni inviate da un gruppo di lavoratori, tramite il loro legale, in data 22 dicembre 2011, citate in premessa;
   quali iniziative il Ministro intenda assumere affinché il processo di liberalizzazione del servizio di handling nel trasporto aereo non avvenga a discapito dei livelli occupazionali e della situazione di precarietà dei contratti dei lavoratori, salvaguardando i lavoratori attualmente in Cassa integrazione guadagni straordinaria e rispettando, anche con l'ingresso del nuovo socio veneziano Save, gli impegni assunti con il piano industriale approvato dagli azionisti della Catullo il 5 luglio 2013 e condiviso il 12 settembre 2013 con le organizzazioni sindacali, in base al quale è stata concessa la Cassa integrazione guadagni straordinaria nel dicembre 2013, prevedendo quindi, nella stesura del nuovo piano industriale in capo al nascente soggetto il completo reimpiego del personale ad oggi, in base ai precedenti accordi, ancora in Cassa integrazione guadagni straordinaria. (5-03707)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'INCÀ, DA VILLA, SPESSOTTO, ROSTELLATO e BRUGNEROTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Veneto è la seconda regione italiana con la maggior incidenza di territorio urbanizzato e cementificato in cui i disastri idrogeologici (allagamenti, frane e smottamenti) si verificano ormai puntualmente ad ogni pioggia, provocando danni ingentissimi;
   il report «Volume del traffico sui tratti elementari della rete Autostrade per l'Italia (ASPI)» di aprile 2014, riporta che nel 2013 la mobilità autostradale sulla rete ASPI ha segnato una diminuzione dell'1,7 per cento rispetto all'anno precedente. I chilometri percorsi dalla componente «leggeri» hanno avuto una flessione dell'1,4 per cento, mentre per i «pesanti» il calo è stato del 2,6 per cento;
   il dossier «Ambiente in Europa, edizione 2014» di Legambiente realizzato in collaborazione con l'Istituto Ambiente Italia riporta che per la prima volta nel 2013 il tasso di motorizzazione privata (cioè le auto per abitante) non cresce, così come non cresce, anzi si riduce, la mobilità automobilistica;
   l'autostrada Nogara-Mare non figura nelle previsioni contenute nella «List of pre-identified projects on the core network in the field of transport» per il Core Network Corridoio n. 3 Mediterraneo, né tra le opere previste nel documento di revisione delle guide linea del TEN-T, «Annex I: Maps of comprehensive and the core network» Vol. n. 18 e 19, aggiornato in data 29 maggio 2013, pur essendo individuata come «core network» nel piano delle infrastrutture strategiche di cui all'allegato n. 1 alla delibera del Comitato interministeriale 136/12;
   nella lista dei progetti italiani finanziati con le risorse dell'Unione europea della programmazione 2007-2013 «TEN-T 2012 Multi-Annual Call – Actions selected for funding» risulta prioritario il progetto della navigazione del Po da Cremona al Mare Adriatico denominato «365 Po River System – Preliminary project to improve navigation from Cremona Port to the Adriatic Sea» (Priority 1 - IWW: 2012-IT-91076-S);
   è prevista la trasformazione in classe V dell'asta navigabile Fissero-Tartaro-Canalbianco, percorso fluviale parallelo al tracciato della nuova autostrada Nogara Mare che collegherà il mare Adriatico a Verona, rendendo accessibili le reti di canali anche a navi di alto pescaggio e consentendo di spostare il traffico di merci attualmente su gomma;
   il tracciato della Nogara-Mare prevede la realizzazione di 12 caselli autostradali e quindi la trasformazione potenziale in aree strategiche di 54 mila chilometri quadrati di suolo, che incrementerà il consumo di suolo agricolo e la sua cementificazione, invece di favorire la messa in sicurezza del territorio –:
   se il Ministro interrogato, alla luce delle considerazioni suesposte, non ritenga opportuno assumere iniziative per cancellare la Nogara Mare dall'elenco delle opere strategiche inserite nella «legge obiettivo», dal momento che l'autostrada non è menzionata nelle opere previste dall'Unione europea, a differenza dello sviluppo delle vie d'acqua interne navigabili che è prioritario, considerando inoltre che il Po a sud e l'asta navigabile Fissero-Tartaro-Canalbianco a nord sono paralleli al nuovo tracciato autostradale;
   se non ritenga opportuno, nell'ambito delle sue competenze, favorire lo sviluppo e l'implementazione di sistemi di mobilità sostenibile, in linea con le direttive europee, puntando sul potenziamento delle linee ferroviarie esistenti Verona-Rovigo e Rovigo-Chioggia e favorendo il sistema fluviale navigabile per il trasporto delle merci. (4-06231)


   SPESSOTTO, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI e CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i diritti dei passeggeri in viaggio su trasporto effettuato via mare e per vie navigabili interne è garantito, a livello europeo, dal «regolamento (UE) n. 1177/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativo ai diritti dei passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne», applicabile ai passeggeri che viaggiano con servizi il cui porto di imbarco e sbarco sia all'interno dell'Unione europea, e in crociere il cui porto di imbarco sia nell'Unione europea;
   le relative disposizioni riguardano la non discriminazione fra passeggeri riguardo alle condizioni di trasporto offerte dai vettori; la non discriminazione e assistenza nei confronti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta; i diritti dei passeggeri in caso di cancellazione o ritardo; le informazioni minime da fornire ai passeggeri; il trattamento dei reclami; le regole generali in materia di esecuzione;
   ai sensi del regolamento, ogni Stato membro è tenuto a costituire un organismo nazionale indipendente con il compito di applicarne le disposizioni e di comminare eventuali sanzioni;
   attualmente, in Italia non esiste la suddetta autorità;
   l'Italia sarebbe stata tenuta a rispettare le prescrizioni del regolamento a partire dal 18 dicembre 2012;
   la Commissione europea ha richiesto di garantire il rispetto dei diritti dei passeggeri sanciti nel regolamento;
   dall'emissione del suddetto parere motivato, l'Italia ha due mesi di tempo per notificare alla Commissione europea le misure intraprese per la corretta applicazione del regolamento;
   non è sostenibile, per il bilancio dello Stato, l'apertura di una ulteriore procedura di infrazione che si aggiunga a quelle già in essere nel settore dei trasporti –:
   se non intenda intervenire al fine di scongiurare l'apertura da parte della Commissione europea, nei confronti dell'Italia, di una procedura di infrazione. (4-06232)


   LACQUANITI e ZAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   mancano poco più di due mesi e il progetto che prevede la realizzazione dell'alta velocità Brescia-Verona sarà pronto per essere messo in cantiere con l'acquisizione delle aree, lo si apprende «dall'avviso di pubblica utilità» formalizzato in data 26 settembre 2014 da Italferr;
   il progetto preliminare dell'opera è stato approvato nel 1991; la prima valutazione d'impatto ambientale appare pertanto del tutto datata, risalendo al 1992, originariamente espressa sul progetto preliminare sopra ricordato;
   l'ulteriore valutazione d'impatto ambientale risale al 2002, e successivamente non sono state approvate altre valutazioni d'impatto ambientale; il progetto definitivo dell'opera è stato approvato con delibera del CIPE del 5 dicembre 2003;
   in data 15 settembre 2014 è pervenuta ai comuni interessati la documentazione del progetto definitivo, inviata dal consorzio d'imprese CEPAVDUE, Consorzio Eni per l'alta velocità, (Saipem, Società Italiana Condotte d'Acqua Spa, Pizzarotti & C. S.p.A, Impresa Costruzioni Maltauro), general contractor di quest'opera in questa tratta;
   il 17 settembre 2014 è pervenuta ai comuni interessati, da parte del medesimo Consorzio CEPAVDUE, l'istanza di avvio di procedura della verifica di ottemperanza, che è procedura semplificata di valutazioni d'impatto ambientale per le opere rientranti nella «legge obiettivo»;
   tutte le amministrazioni comunali coinvolte dall'opera sulla tratta Brescia-Verona, eccettuato il comune di Verona, anche in considerazione che la delibera del CIPE costituisce variante urbanistica del piano di governo del territorio dei comuni interessati cui essi non possono opporsi, hanno richiesto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una nuova valutazione d'impatto ambientale, essendo ormai datate e scadute le precedenti valutazioni d'impatto ambientale, in considerazione delle mutate condizioni socio-economiche intervenute in oltre vent'anni;
   i cantieri che saranno eretti per la costruzione della tratta ferroviaria, produrranno prevedibilmente, per estensione e durata, notevoli disagi alla popolazione locale, senza che con essa siano state avviate significative sedi di discussione e coinvolgimento delle decisioni assunte e delle delibere emanate, se non ad opera delle amministrazioni locali;
   la progettata tratta ferroviaria ad alta velocità attraversa, così come definito nel progetto originario, la regione di grande pregio storico e ambientale delle Colline Moreniche e del Garda meridionale, a forte vocazione turistica, che negli ultimi anni, tuttavia, ha registrato grande sviluppo con investimenti notevoli nel patrimonio museale e nelle strutture ricettive;
   la progettata tratta ferroviaria ad alta velocità, così come definito nel progetto originario, attraverserà la zona a sud del Garda adibita a pregiate coltivazioni vitivinicole, e in particolare alla coltivazione del Lugana, la cui area sarà interessata dall'opera, e le coltivazioni in gran parte irrimediabilmente distrutte; il Lugana è risultato d'eccellenza del settore vitivinicolo, che proprio negli ultimi anni ha visto una selezione delle uve, e l'innalzamento del prodotto con esportazione in tutto il mondo, in particolare fuori dell'Europa, con la triplicazione degli ettari coltivati, e solo negli ultimi cinque anni il raddoppio del fatturato per complessivi 49 milioni di euro e l'imbottigliamento di 12 milioni di bottiglie –:
   se i Ministri interrogati, alla luce delle valutazioni in premessa e in particolare in considerazione dell'impatto che il cantiere, che durerà sette anni, e poi l'opera conclusa avranno sul territorio, non ritengano di dover rivedere il progetto definitivo dell'opera che risale a più di vent'anni fa;
   in quali tempi si ritenga di dover produrre nuova valutazione d'impatto ambientale, come richiesto dai comuni interessati dall'opera;
   se i Ministri non ritengano, prima della cantierizzazione dei lavori, di dover aprire un tavolo di discussione con le amministrazioni interessate;
   pur nella considerazione che non sia più oggettivamente possibile revocare il progetto e anzi nella constatazione del suo ruolo per la modernizzazione del Paese, nell'auspicio che i Ministri e il CIPE deliberino tuttavia sue significative variazioni nel rispetto della peculiarità dell'area geografica di grande pregio, quali misure amministrative ed economiche volte a mitigare gli effetti negativi dell'opera, i Ministri ritengano possano essere adottata, a favore delle amministrazioni coinvolte e delle economie locali, e in particolare a favore dell'industria turistico-alberghiera e a favore del Consorzio del Lugana DOC;
   in considerazione della presenza decennale nel territorio della provincia di Brescia, di criminalità di stampo mafioso, appurata da sentenze e inchieste giornalistiche, quali iniziative di competenza ritengano possano essere attivate al fine di evitare le infiltrazioni nelle prevedibili attività a latere dell'opera. (4-06235)


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sul sito internet delle Ferrovie dello Stato è possibile consultare alcune pagine relative alle politiche per la sicurezza che il gruppo adotta per tutelare l'incolumità dei viaggiatori, del personale e dei beni, sia nelle stazioni ferroviarie che a bordo dei treni, con una serie di indicazioni pratiche e consigli utili per l'utenza;
   particolare risalto viene dato alla presenza, all'interno delle stazioni, degli agenti di polizia ferroviaria e al ruolo svolto da FS Holding, per il tramite della direzione protezione aziendale, nella cura delle politiche della security in collaborazione con la Polfer;
   rimangono tuttavia numerose le segnalazioni di cittadini e utenti che, quotidianamente, subiscono furti, borseggi, rapine ed aggressioni all'interno e nelle aree esterne antistanti le stazioni ferroviarie, in particolar modo durante le ore serali e notturne;
   negli ultimi anni in Italia si è verificato un notevole incremento dei controlli di sicurezza all'interno degli aeroporti, divenuti «luoghi sensibili», in particolare a seguito dei tragici attentati dell'undici settembre 2001 ed oggetto di un costante quanto opportuno presidio da parte delle forze dell'ordine e del personale addetto;
   un'ulteriore grave minaccia terroristica, che negli ultimi mesi sta drammaticamente terrorizzando e minacciando Medio Oriente, America ed Europa, è poi rappresentata dai combattenti dell'ISIS, lo Stato islamico di Iraq e Siria;
   il rischio che i miliziani dell'ISIS compiano attentati anche nel nostro Paese diventa sempre più concreto, come dimostrano i dati forniti dalla nostra intelligence relativamente al numero di combattenti stranieri passati dall'Italia e poi entrati nelle file dei jihadisti;
   lo stesso Ministero dell'interno ha reso noto che «un monitoraggio che teniamo sempre aggiornato ci indicava un numero di 48 persone, in qualche modo legate a vario titolo all'Italia in termini di transito o di passaggi vari effettuati nel nostro Paese»;
   proprio in un messaggio diffuso dall'ISIS il 22 settembre 2014; il portavoce dello stato islamico, Abu Mohummed Adnani, ha minacciato anche Roma, capitale della cristianità;
   è ormai chiaro che l'allerta in Italia è elevatissima, perché il nostro Paese fa parte di quella grande comunità sotto l'attacco ISIS, motivo per cui l'attenzione deve essere massima;
   la crisi siro-irachena ha aperto infatti scenari nuovi e nuovi rischi, contro i quali bisogna tempestivamente attrezzarsi, rafforzando, in primis, il monitoraggio dei passeggeri per quanto riguarda non solo i voli, ma tutti i transiti nel nostro Paese;
   in particolare, le stazioni ferroviarie italiane, specie quelle principali site nei maggiori centri metropolitani, per l'elevato numero di utenti che quotidianamente utilizzano il treno ed i cittadini che lavorano presso i centri commerciali posti all'interno delle stazioni stesse, rappresentano di fatto dei luoghi sensibili meritevoli di sistemi di sicurezza analoghi a quelli presenti negli aeroporti;
   peraltro eventuali attentati sui treni, soprattutto quelli ad alta velocità, per il numero di utenti potrebbero provocare danni e vittime addirittura superiori rispetto ad un atto terroristico commesso ai danni di un aereo;
   risulta pertanto evidente la necessità di potenziare fortemente i controlli ed i sistemi di sicurezza all'interno e all'esterno delle stazioni ferroviarie, in particolare quelle servite dai treni ad alta velocità;
   le suddette esigenze potrebbero essere soddisfatte anche attraverso l'impiego di personale esterno, rappresentato da volontari in ferma prefissata che, attraverso apposite procedure selettive ed al termine di un periodo di specifica formazione da parte di Trenitalia, potrebbero essere prontamente utilizzati per incrementare le politiche di security sopra citate;
   l'interrogante aveva già sollevato la delicata questione all'attenzione dei Ministeri competenti con diversi atti di sindacato ispettivo, che però solo in un caso hanno ricevuto una parziale risposta da parte del Ministero della difesa con esclusivo riferimento all'eventuale impiego di personale militare in caso di eccezionali esigenze, qualora rappresentate dal Ministero dell'interno –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere, alla luce della grave minaccia terroristica dell'ISIS, per soddisfare l'esigenza di maggiore sicurezza all'interno e all'esterno delle stazioni ferroviarie, introducendo sistemi di controllo analoghi a quelli presenti negli scali aeroportuali, con particolare riferimento ai treni ad alta velocità;
   se il Governo ritenga possibile, anche in considerazione dello stato di inoccupazione di aliquote di personale militare fuori servizio, previsto dal blocco del turn-over prevedere l'impiego di volontari in ferma prefissata per assolvere alle funzioni di presidio e controllo dei principali scali ferroviari. (4-06245)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FABBRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da notizie di stampa pubblicate nei giorni scorsi che infiltrazioni della ’ndrangheta in Emilia Romagna sono state scoperte dal personale della direzione investigativa antimafia di Firenze e di Bologna, coadiuvato dai carabinieri di Reggio Emilia, che sta effettuando, nelle province di Reggio Emilia, Perugia e Crotone, sequestri di beni riconducibili a imprenditori edili calabresi da anni operanti in Emilia;
   il sequestro, del valore di circa 5 milioni di euro, riguarda, in particolare, beni riconducibili ai fratelli Sarcone, tutti imprenditori edili originari di Cutro (Crotone) ma da anni stabilitisi in Emilia, ritenuti affiliati alla ’ndrangheta calabrese e precisamente alla cosca Grande Aracri di Cutro, particolarmente attiva nelle estorsioni ai danni di imprenditori operanti in vari settori dell'economia locale;
   il sequestro è stato disposto in via d'urgenza dal presidente del tribunale di Reggio Emilia, su richiesta del direttore della direzione investigativa antimafia Arturo De Felice, dopo che gli investigatori del centro operativo di Firenze avevano rilevato, da parte di familiari di uno dei fratelli Sarcone, ripetuti tentativi di sottrarre al sequestro ingenti somme di denaro. Tra i beni posti ai sigilli, circa 40 immobili (terreni e fabbricati) numerosi autoveicoli, intestati a persone fisiche e giuridiche, quote societarie e consistenti disponibilità finanziarie, evidentemente sproporzionate rispetto all'attività lecita svolta;
   l'operazione secondo la direzione investigativa antimafia si colloca nell'ambito di un procedimento di applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali avviato a seguito di una richiesta formulata dal direttore della direzione investigativa antimafia all'esito di una accurata analisi delle infiltrazioni della criminalità organizzata di origine calabrese nei settori imprenditoriali dell'Emilia Romagna;
   questa è solo l'ultima notizia sul tema in ordine di tempo perché recenti rapporti sulla criminalità evidenziano una crescente diffusione delle organizzazioni mafiose di origine italiana nel centro-nord del Paese, clan criminali interessati a controllare l'economia illegale e a condizionare quella legale, ad entrare nelle dinamiche imprenditoriali locali per commettere reati e piegare le regole del mercato a proprio vantaggio;
   le infiltrazioni criminali – facilitate anche dai mafiosi che furono mandati in soggiorno obbligato, che si sono trasferiti con le proprie famiglie, radicandosi nelle zone di confino – hanno raggiunto livelli di colonizzazione in molte zone della regione;
   secondo la relazione relativa al secondo semestre 2013 della direzione investigativa antimafia, il fronte emiliano-romagnolo della lotta alla criminalità organizzata è sempre più caldo: non solo per il forte radicamento delle mafie sul territorio ma anche per la carenza di organico che investe l'intera sezione operativa della direzione investigativa antimafia emiliana che supera di poco la ventina di unità. Carenza di personale che investe anche le forze dell'ordine, come la polizia: a Parma, ad esempio secondo il SIULP la sezione che si occupa di criminalità organizzata conta 3 agenti, a Rimini sono 5, a Modena sono 4;
   indagini hanno accertato il sempre maggior coinvolgimento di professionisti compiacenti nell'attuazione delle strategie economiche dei sodalizi e la diffusa tendenza a creare schermi societari per dissimulare la reale titolarità delle aziende. Una particolare e risalente concentrazione di soggetti legati ai clan campani si rileva nelle province di Modena e Bologna, mentre da Piacenza a Rimini, sono sempre più strutturate le attività criminali che vanno dal riciclo di denaro a investimenti in attività imprenditoriali, dal controllo dei principali traffici illeciti e di contraffazioni ai finanziamenti usurai;
   la direzione investigativa antimafia inoltre lancia l'allarme ad esempio sulle infiltrazioni mafiose nelle attività svolte nel settore degli appalti pubblici al Nord, principalmente in area Expo, e dintorni, ma anche negli interventi di ricostruzione post-sisma in Emilia, con accessi della direzione investigativa antimafia nei cantieri, in particolare a San Felice, e verifiche sulle imprese e mezzi, in stretto rapporto col gruppo interforze e le prefetture, impegnate nella definizione delle white list per le imprese pulite;
   l'Emilia-Romagna è sempre stata terra nemica della mafia e lo dimostra, soprattutto negli ultimi due anni, una intensa attività legislativa, prima con la legge del 26 novembre 2011 n. 10, che è intervenuta nel settore degli appalti e della legalità nell'edilizia privata, e successivamente con la legge n. 3 del 9 maggio 2011, che ha coordinato numerose attività regionali, e istituito strumenti per la collaborazione con gli enti locali, le scuole, le università e le altre pubbliche amministrazioni del territorio;
   da quest'ultima legge è scaturita una vasta attività sul territorio regionale, che coinvolge oggi oltre 200 comuni, 5 università e 5 scuole, oltre a 8 progetti di rilievo regionale curati da associazioni di volontariato, parecchie migliaia di studenti, di operatori del settore, di cittadini coinvolti nelle numerosissime iniziative di educazione alla legalità distribuite in tutto il territorio regionale;
   la suddetta legge regionale n. 3 del 2011 è stata riconosciuta dall'ufficio delle Nazioni Unite che si occupa di lotta alla droga e alla criminalità (United Nations Office on Drugs and Crime, UNODC) una «buona pratica» per la prevenzione della criminalità organizzata;
   in tre anni sono stati finanziati oltre 90 progetti, recuperati e messi a disposizione della comunità il 22,5 per cento dei beni immobili confiscati presenti sul territorio regionale e coinvolto oltre 20.000 studenti in varie iniziative di prevenzione;
   il prefetto di Bologna insieme con presidente della Camera di commercio ha siglato nel mese di settembre 2014 un protocollo d'intesa per la legalità che, nel solco dell'intesa nazionale siglata tra Ministero dell'interno e Unioncamere, permetterà alle forze di polizia, alla direzione investigativa antimafia, sezione di Bologna, e al Girer di accedere ai più avanzati programmi informatici di monitoraggio delle imprese e renderà più incisivo il contrasto delle infiltrazioni della criminalità, attraverso lo scambio di dati e informazioni sulla titolarità e cariche delle imprese italiane, messi a disposizione dalla Camera di commercio –:
   quali siano le iniziative che intende porre in essere per sostenere l'impegno istituzionale e civile del territorio dell'Emilia Romagna, posto che l'impegno della società civile, delle organizzazioni democratiche e imprenditoriali, delle associazioni insieme a quello delle amministrazioni territoriali ha bisogno di essere sempre più sostenuto e ricondotto alla più rigorosa azione dello Stato per contrastare e sconfiggere la criminalità organizzata;
   se non reputi necessario, anche alla luce delle numerose sinergie nate sul territorio, assumere iniziative per rafforzare gli organici della direzione investigativa antimafia nonché delle forze dell'ordine nel suo complesso, al fine di contrastare con più efficacia la presenza e il radicamento delle organizzazioni mafiose nel Nord e nel Centro Italia e al contempo fornire adeguata strumentazione tecnologico-informatica per fronteggiare al meglio le azioni della criminalità. (5-03708)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con l'approvazione del decreto-legge n. 150 del 2013 e successive modificazioni recante «Proroga di termini prevista da disposizioni di Legge», all'articolo 1, comma 4, lettera b), si dispone la possibilità per il Corpo nazionale vigili del fuoco, di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato relativamente alle cessazioni dell'anno 2012;
   in particolare, il decreto sopra citato prevede una proroga 31 dicembre 2014;
   conseguentemente, il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato di cui all'articolo 1, commi 523, 527 e 643, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, e all'articolo 66, comma 3 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, è prorogato al 31 dicembre 2014 –:
   quali iniziative il Ministro interrogato, abbia intenzione di assumere al fine di definire le tempistiche per procedere all'assunzione dei vigili del fuoco, in base alle disposizioni sopra citate, dal momento che le autorizzazioni possono essere concesse entro il 31 dicembre 2014. (4-06229)


   DIENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Calabria, com’è noto, è tra le regioni italiane che sconta un maggior ritardo infrastrutturale e di servizi, generando un clima di sfiducia nei confronti dello Stato che può portare, nel lungo periodo, a rafforzare la connivenza o la passività di una certa parte della società civile nei confronti della criminalità organizzata;
   in questo contesto è dovere delle istituzioni intervenire per evitare che il senso di abbandono e di degrado possano essere il contesto in cui proliferi la malavita, la quale prospera nell'assenza di controllo e di sicurezza;
   uno degli esempi della distanza del Governo, non solo dal territorio e dai cittadini, ma anche dalle stesse forze dell'ordine che operano sulle realtà locali più problematiche, riguarda il caso dell'ufficio della polizia ferroviaria di Crotone;
   come ricordano le organizzazioni sindacali della polizia di Stato, in una nota congiunta dell'11 settembre 2014, ripresa dalla stampa locale (cfr. Gazzetta del Sud, «Stazione più sicura se c’è una strategia» del 17 settembre 2014), nell'ufficio della Polfer di Crotone si è arrivati a «lavorare in contesti operativi sempre più difficili ed in strutture fatiscenti che minano persino la dignità degli operatori con un'età media sempre più elevata che mette a rischio i livelli di efficienza dei servizi di sicurezza e di mantenimento dell'ordine pubblico»;
   tale perdurante situazione, avrebbe condotto all'abbandono del confronto con la dirigenza del compartimento polizia ferroviaria di Reggio Calabria, anche a seguito della paventata chiusura dell'ufficio;
   le problematiche relative al posto della Polfer e, più in generale, della stazione di Crotone, sarebbero tuttavia di una gravità tale da configurare un vero e proprio allarme sociale;
   anzitutto il presidio della Polfer di Crotone risulterebbe sprovvisto di un responsabile fisso in sede addetto a gestire l'ordinaria amministrazione, la programmazione dei servizi settimanali e la contabilità, dato che sia l'ultimo comandante in sede, sia il suo vice, sono stati posti in quiescenza;
   il loro ruolo sarebbe ricoperto, come si evince da missiva della segreteria regionale del Sialp Calabrese, indirizzata agli uffici competenti del Ministero dell'interno già il 12 dicembre 2013, attraverso l'assunzione di un comando temporaneo a distanza, da parte di sottufficiali siti nel più vicino Posto Polfer, di Catanzaro Lido;
   tale soluzione non consentirebbe, di conseguenza, il coordinamento necessario per gestire le situazioni di emergenza in tempo reale;
   a quanto consta all'interrogante le strutture dell'ufficio sarebbero inoltre fatiscenti ed incompatibili con le norme relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro: sarebbero infatti presenti vistose crepe sui muri e preoccupanti infiltrazioni di umidità;
   inoltre, il posto risulterebbe sotto organico rispetto alla forza tabellare prevista dal decreto ministeriale del 16 marzo 1989, dato che sarebbero presenti soltanto due addetti per turno, per un totale di 12 unità, ai quali spetterebbe di assicurare la vigilanza in una stazione e su una tratta che risultano ad alto rischio e poco presidiate, essendo il presidio in oggetto, l'unico presente con apertura operativa notturna sulla linea ferroviaria Reggio Calabria – Taranto, lunga quasi 500 chilometri;
   la stazione di Crotone, peraltro, ha urgente necessità di un'efficiente servizio di sicurezza, nonché di interventi adeguati per il pieno ripristino della struttura;
   risultando assai vicina al centro di accoglienza di Sant'Anna, che con i suoi 1600 stranieri ospitati è la struttura più grande d'Europa, essa si trova a dover fronteggiare una presenza massiccia di extracomunitari che utilizzano le strutture ferroviarie, piazzali e convogli per bivacchi notturni, senza peraltro poter contare su servizi igienici adeguati;
   secondo quanto osservato nella missiva delle organizzazioni sindacali e da un esposto di una ditta operante in loco, la Saggese s.r.l., sarebbero stati ravvisati casi di infezioni pericolose tra cui la scabbia;
   per quanto detto, appare evidente l'incompatibilità di una tale situazione con il perdurare di uno stato d'inadeguatezza dei mezzi messi a disposizione alla Polfer di Crotone e va totalmente rigettata l'ipotesi di una chiusura del presidio –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali misure di competenza abbia intenzione di attuare per garantire la sicurezza dei lavoratori e dei passeggeri nella stazione ferroviaria di Crotone;
   quali siano i progetti del Ministero dell'interno per l'ufficio della polizia ferroviaria di Crotone. (4-06233)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 1o ottobre 2014 nella Cava Montone, ad Ercolano, in provincia di Napoli, sono stati ritrovati 30 fusti da 100 litri contenenti, tra l'altro, materiali bituminosi e di risulta edile, onduline di amianto e parti di un autocarro;
   il ritrovamento è avvenuto all'interno di un'area protetta del parco del Vesuvio;
   la zona era già stata posta sotto sequestro preventivo su ordine della procura di Napoli;
   il ritrovamento è stato fatto dai carabinieri della tenenza di Ercolano, i carabinieri del nucleo operativo ecologico, dagli uomini della Guardia forestale e dagli ispettori dell'Arpac;
   l'operazione continuerà anche nei prossimi giorni e rientra nell'ambito delle indagini coordinate dalla quinta sezione reati ambientali della procura della Repubblica di Napoli;
   i materiali citati erano presenti in almeno 12 fusti;
   i resti di un autocarro potrebbero essere lo scheletro di un mezzo che sarebbe finito sepolto assieme al suo carico di fusti tossici;
   i fatti narrati sono riportati anche nell'articolo dal titolo «Vesuvio, scoperti 30 fusti tossici» pubblicato dal quotidiano locale «Metropolis» il 2 ottobre 2014 –:
   quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, per contribuire a fare chiarezza sull'accaduto;
   se non ritengano doveroso aumentare i controlli per non permettere ulteriori sversamenti in un'area protetta come il parco nazionale del Vesuvio;
   se non ritengano urgente assumere iniziative per avviare una completa bonifica di questo territorio;
   se non ritengano che il Governo debba rivedere la propria posizione rispetto all'ipotesi paventata di scioglimento della Guardia forestale, considerato l'importante ruolo che essa ha nelle indagini in difesa di territori martoriati come quelli della Terra dei Fuochi. (4-06238)


   SPADONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a marzo 2014 Mauro Caldini, consigliere del Movimento 5 stelle a Montecchio Emilia, ha depositato un'interrogazione scritta su una questione riguardante la ristrutturazione della scuola di Montecchio Emilia affidata ad una ditta senza certificato antimafia, dopo che la stessa ditta aveva abbandonato il cantiere;
   il presidente del tribunale di Reggio Emilia Francesco Caruso ha pubblicato un durissimo commento affermando che il sindaco Paolo Colli, dovrà rendere conto alla Corte dei conti per i lavori svolti in appalto pubblico in assenza di un certificato antimafia della ditta appaltatrice;
   la recente video inchiesta di Cortocircuito, web-tv e giornale studentesco indipendente di Reggio Emilia, ha riaperto il caso e molti sono stati gli articoli pubblicati su tutti i giornali locali;
   parrebbe, secondo il consigliere Mauro Caldini, che la comunicazione alla prefettura di Reggio Emilia di mancata produzione del certificato antimafia della ditta esecutrice dei lavori non sia mai stata inviata dagli uffici comunali che avrebbero invece dovuto, secondo i vigenti regolamenti, inviarla attraverso posta certificata –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di questi fatti e quali le iniziative di competenza che intendano adottare per far chiarezza su quanto avvenuto.
(4-06247)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, VACCA, MARZANA, LUIGI GALLO, BATTELLI, D'UVA, SIMONE VALENTE, DI BENEDETTO e BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa, tra cui il quotidiano «Italia Oggi» in data 30 settembre 2014, a fronte della ipotetica assunzione di circa 148.000 docenti nel settembre 2015, nella cosiddetta «spending review» in corso di elaborazione da parte del Governo figurerebbe l'eliminazione delle supplenze brevi di un giorno per i docenti e di quelle fino a 7 giorni per il personale ausiliario, tecnico e amministrativo delle scuole a partire da settembre del 2015;
   nel dossier «La buona scuola», presentato il 3 settembre 2014 dal Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, non figura alcun accenno alla componente del personale amministrativo, tecnico e ausiliario delle scuole;
   sulla base delle ipotesi configurate dal quotidiano «Italia Oggi» in data 30 settembre 2014 in merito al piano di spending review in corso di definizione, gli 8 mila posti Ata senza titolare, di cui 3 mila a causa dei pensionamenti, non sarebbero più coperti perché cancellati a partire da settembre 2015, puntando sulla digitalizzazione delle segreterie scolastiche;
   il risparmio atteso dall'eliminazione delle supplenze brevi di un giorno per i docenti e fino a sette giorni per il personale ATA sarebbe di 30 milioni di euro nel 2015 e 77 milioni dal 2016 –:
   se le anticipazioni in merito al taglio degli 8 mila posti Ata senza titolare, contenuto della cosiddetta «spending review» siano confermate;
   se non ritenga opportuno elaborare una strategia alternativa per ottenere i risparmi da investire nell'assunzione dei 148 mila docenti nel 2015, senza modificare lo status occupazionale di 8 mila dipendenti pubblici che si vedrebbero privati del proprio lavoro. (5-03699)


   RIBAUDO. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto Sperimentale zootecnico per la Sicilia, costituito con decreto del Re d'Italia datato 11 gennaio 1884, è un ente pubblico di interesse regionale dotato di personalità giuridica, di autonomia statutaria, organizzativa e di bilancio contabile;
   l'Istituto sperimentale zootecnico per la Sicilia è stazione di ricerca dell'assessorato regionale delle risorse agricole ed alimentari;
   l'Istituto sperimentale zootecnico per la Sicilia ha presentato il progetto «Istituto di Sperimentazione Preclinica e Molecular Imaging (ISPeMI)», in partnership con l'Istituto zooprofilattico della Sicilia e la Fondazione Ri.MED - Avviso 254/Ricerca del 18 maggio 2011 del PON Ricerca e competitività, ASSE 1: sostegno ai mutamenti strutturali, obiettivo, operativo 4.1.1.4: potenziamento delle strutture e delle dotazioni scientifiche e tecnologiche, Azione I: rafforzamento strutturale, emanato dal Miur;
   il Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca con nota protocollo 2529 del 18 novembre 2011 ha comunicato l'ammissione a finanziamento, nell'ambito del programma PON ricerca e competitività 2007-2013 (Asse I - potenziamento delle strutture) della domanda PONa3_00403 «Istituto di Sperimentazione Preclinica e Molecular Imaging (ISPeMI)», alla quale è stato riconosciuto il CUP B71D11000190007 per le attività di potenziamento e B71D11000180007 per le attività di formazione;
   in data 30 novembre 2011 i tre partner hanno firmato l'atto di obbligo e di accettazione del contributo concesso dal MIUR e disciplinare di attuazione ed in data 26 aprile 2012 è stata sottoscritta la convenzione tra la Fondazione RI.MED, l'Istituto sperimentale zootecnico per la Sicilia (ISZS) e con l'Istituto zooprofilattico della Sicilia (IZS);
   l'Istituto concorre al raggiungimento degli obiettivi generali perseguiti dalla regione siciliana in materia di agro zootecnia, allevamenti minori, e settore faunistico venatorio –:
   quale sia lo stato di attuazione del progetto «Istituto di Sperimentazione Preclinica e Molecular Imaging» (ISPeMI);
   se e quali iniziative e provvedimenti di competenza si intendano adottare e/o siano stati adottati da parte del Governo per il rilancio dell'Istituto sperimentale zootecnico Sicilia. (5-03701)


   MATARRESE, MOLEA, VEZZALI e CAPUA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da quanto riportato dagli organi di stampa che riportano ogni anno notizie in merito, sono ormai troppi i casi di alunni diversamente abili che frequentano le scuole italiane e che, nonostante abbiano diritto allo studio al pari degli altri, di fatto non hanno la possibilità di svolgere con regolarità e costanza le lezioni a causa della mancanza di un numero adeguato di insegnanti di sostegno;
   gli alunni diversamente abili godono del diritto allo studio innanzitutto ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione e all'articolo 38 del dettato costituzionale il quale precisa che «Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale»;
   secondo quanto si evince dalla normativa vigente, il diritto allo studio degli alunni con disabilità si realizza attraverso l'integrazione scolastica che prevede l'obbligo dello Stato di predisporre adeguate misure di sostegno alle quali concorrono a livello territoriale, con proprie competenze, anche gli enti locali e il Servizio sanitario nazionale;
   la legge n. 104 del 1992 riconosce e tutela la partecipazione alla vita sociale delle persone con disabilità, in particolare nei luoghi per essa fondamentali: la scuola, durante l'infanzia e l'adolescenza e il lavoro, nell'età adulta;
   la legge del 3 marzo 2009, n. 18, ha ratificato la convenzione dell'ONU del 13 dicembre 2006 per i diritti delle persone con disabilità;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha il compito di favorire l'integrazione dell'alunno diversamente abile e di garantire il suo diritto allo studio tramite iniziative e provvedimenti di varia natura. Compito fondamentale e centrale è affidato ai docenti di sostegno. Concorrono a coadiuvare ed integrare il compito di quest'ultimo iniziative di finanziamento di progetti e di attività per l'integrazione, di formazione del personale docente di sostegno e curriculare nonché del personale amministrativo, tecnico e ausiliare;
   a livello territoriale altri organismi hanno il compito di proporre iniziative per realizzare e migliorare il processo di integrazione: i GLIP («Gruppi di Lavoro Interistituzionali Provinciali», formati da rappresentanti degli Enti Locali, delle ASL e delle Associazioni dei disabili) e i GLH («Gruppi di lavoro per l'integrazione degli handicappati», formati dal dirigente della scuola, dai docenti interessati, dai genitori e dal personale sanitario). Il compito del GLH è particolarmente significativo, in quanto ha la finalità di mettere a punto, tra l'altro, il Piano educativo individualizzato, che determina il percorso formativo dell'alunno con disabilità e garantisce un intervento adeguato allo sviluppo delle sue potenzialità;
   l'alunno con disabilità è assegnato alla classe comune in cui si realizza il processo di integrazione. Pertanto, la presa in carico e la responsabilità educativa dell'alunno con disabilità spettano a tutto il consiglio di classe, di cui fa parte il docente per le attività di sostegno. Non a caso, il decreto del Presidente della Repubblica n. 970 del 1975 con cui è stata istituita giuridicamente tale figura professionale (poi meglio caratterizzata nella legge n. 517 del 1977) lo definisce un insegnante «specialista», dunque fornito di formazione specifica, che, insieme ai docenti curricolari, sulla base del Piano educativo individualizzato, definisce le modalità di integrazione dei singoli alunni con disabilità, partecipandovi attivamente. L'insegnante per le attività di sostegno viene richiesto all'Ufficio scolastico regionale dal dirigente scolastico sulla base delle iscrizioni degli alunni con disabilità; la quantificazione delle ore per ogni alunno viene individuata tenendo conto della diagnosi funzionale, del profilo dinamico funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato, di cui alla legge n. 104 del 1992, e dei vincoli di legge vigenti;
   nonostante il quadro normativo descritto appaia decisamente puntuale e ben strutturato, è evidente che lo Stato, ancora oggi, non sia in grado di garantire il tanto ambito diritto allo studio per gli alunni diversamente abili;
   secondo quanto si evince dal documento redatto dal servizio statistico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca denominato «Focus – Sedi, alunni, classi e dotazioni organiche del personale docente della scuola statale A.S. 2013/2014», gli alunni diversamente abili sono pari a 207.244 sul totale di 7.878.661;
   il rapporto tra posti di sostegno della scuola statale e alunni con disabilità è di 101.391 su 207.244 unità; questo vuol dire che ogni allievo è seguito da un insegnante di sostegno per la metà del tempo necessario al corretto svolgimento di una regolare giornata di studio;
   il rapporto annuale Istat 2014 riporta un altro dato allarmante: l'Italia risulta al settimo posto tra i Paesi Ue per la spesa in protezione sociale destinando il 29,7 per cento del Pil a questo servizio contro la media europea del 29 per cento ed in particolare il 5,9 per cento alla disabilità contro il 7,7 per cento della media europea;
   dal punto di vista architettonico e sotto il profilo dei parametri di accessibilità, le scuole italiane sono ancora ben lontane dall'essere funzionali. Secondo quanto si evince dal rapporto redatto dalla onlus «Cittadinanzattiva», che ha preso in esame un campione di 165 scuole situate in 18 regioni, pare che nelle scuole vi siano ancora molte barriere architettoniche ci sarebbero, infatti, scalini all'ingresso (27 per cento), ascensori assenti (35 per cento) o non funzionanti (11 per cento), barriere nei laboratori (19 per cento) nelle palestre (18 per cento), nei cortili (15 per cento) e nelle aule (13 per cento). Nel 23 per cento delle scuole non esisterebbero bagni per disabili e il 15 per cento di essi presenterebbe barriere architettoniche. Il 26 per cento delle aule non avrebbe sufficiente spazio per la presenza di una carrozzina e il 44 per cento non avrebbe banchi adatti per una persona in carrozzina; nel 57 per cento dei casi non ci sarebbero attrezzature didattiche o tecnologiche per facilitare la partecipazione alle lezioni degli studenti con disabilità. Non ci sarebbero postazioni adatte ai disabili, in carrozzina nel 28 per cento dei laboratori, nel 18 per cento delle biblioteche e nel 17 per cento delle mense;
   a conferma della impossibilità di garantire questo basilare diritto nonostante siano previsti anche i contributi degli enti locali, si riportano di seguito alcuni casi che evidenziano la gravità della situazione;
   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, a Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, F.C., ragazzo autistico di 22 anni, a causa della mancanza di un numero adeguato di ore di servizio di sostegno ai ragazzi con problemi psicofisici nelle scuole pubbliche del suo comune di residenza, non è mai riuscito a svolgere le lezioni con costanza e con regolarità in 15 anni. Il padre sembrerebbe costretto a saltare le ore di lavoro per poter assistere il figlio nelle ore non garantite. Da quanto affermato dagli organi di stampa, l'ambito territoriale sociale n. 3 AUSL BR/1 avrebbe assegnato il servizio di sostegno ad una società esterna che, per questioni economiche, sembrerebbe poter assicurare solo 3 ore al giorno per ogni assistente e, in alcuni momenti, non potrebbe garantire nemmeno il rapporto 1:1 tra assistente e disabile per i bambini con patologie più gravi. Tutto ciò, secondo quanto affermato dalla stampa, sembrerebbe «...illegittimo in quanto la Commissione di Verifica avrebbe stabilito che alcuni minori in questione sono tutti gravi e necessitano di una guida continua ed esclusiva...»;
   secondo l'articolo pubblicato sul fattoquotidiano.it, «...la provincia di Napoli, con una delibera datata 7 agosto, ha interrotto l'erogazione dei fondi per le attività e l'inserimento dei disabili, con il risultato che seicento studenti delle scuole superiori del Napoletano...» non potranno frequentare la scuola;
   secondo quanto riportato dalla stampa, a Lodi, presso il liceo linguistico Maffeo Vegio, F., 19 anni, affetto da tetraparesi spastica, malattia che non gli permette di parlare e lo costringe a muoversi sulla sedia a rotelle, avrebbe bisogno di continua assistenza per continuare a svolgere le lezioni a scuola. Pare che, a causa dei tagli lineari inflitti al servizio di sostegno da parte della provincia di Lodi, servizio fino a qualche mese fa finanziato dal comune, la famiglia non riesca più a supportare le spese e a garantire il diritto allo studio del proprio figlio. Le ore del servizio di sostegno, infatti, sarebbero state dimezzate;
   i casi citati in premessa sono solo alcuni esempi del grave e insostenibile stato in cui versa la scuola pubblica sotto il profilo della garanzia del diritto allo studio per gli alunni diversamente abili;
   il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nel corso dell'audizione in VII Commissione, nella seduta del 30 settembre 2014, presso la Camera dei deputati, si è detta preoccupata per l’«aumento seppur lieve di alunni disabili, che si concentra nelle regioni del Mezzogiorno. Quello che ho notato – ha rilevato il Ministro – è il fatto che la disabilità si concentra non solo per aree geografiche ma anche su tipologia di alunni, soprattutto sugli stranieri. C’è il sospetto fondato che talvolta la disabilità coincida con una difficoltà di integrazione, linguistica ma non solo»;
   nonostante il Presidente del Consiglio dei ministri, nella seduta del 16 settembre 2014, nel corso della informativa urgente sulle linee di attuazione del programma di Governo abbia affermato che «...La scuola è il centro della nostra iniziativa politica: il cambiamento non può che partire esattamente da lì, dal nostro sistema di apprendimento» non si rilevano secondo gli interroganti ancora atti, provvedimenti e progetti concreti che possano risolvere a medio-lungo termine la problematica descritta in premessa;
   l'alto numero di insegnanti di sostegno precari ha determinato un calo della qualità del servizio didattico in questo settore in quanto un'alta percentuale di questi docenti, essendo costretti quasi sempre a cambiare scuola ogni anno, non garantiscono né una adeguata continuità didattica né quella relazione di fiducia necessaria a stabilire un rapporto funzionale all'apprendimento degli alunni disabili –:
   quali iniziative di propria competenza intenda adottare per garantire il diritto allo studio a tutti gli alunni diversamente abili, sia dal punto di vista qualitativo per quanto riguarda la didattica sia dal punto di vista quantitativo per quanto riguarda la continuità e il numero complessivo delle ore di sostegno, così come disposto dalla normativa vigente e così come contemplato dal Presidente del Consiglio dei ministri nella informativa urgente citata in premessa. (5-03703)


   RIBAUDO, ROCCHI, CULOTTA e VENTRICELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge di stabilità 2013 (legge 24 dicembre 2012, n. 228), sono entrate in vigore le norme di cui all'articolo 1, commi da 102 a 107 che, nello specifico, riguardano i conservatori e le accademie e in particolare l'equipollenza dei diplomi accademici di I e Il livello alle lauree triennali e magistrali;
   in particolare con il comma 107, si stabilisce che: «I diplomi finali rilasciati dalle istituzioni di cui al comma 102, al termine dei percorsi formativi del previgente ordinamento, conseguiti prima dell'entrata in vigore della presente legge e congiuntamente al possesso di un diploma di scuola secondaria superiore, sono equipollenti ai diplomi accademici di secondo livello secondo una tabella di corrispondenza determinata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sulla base dei medesimi principi di cui ai commi 102 e 103, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge»;
   in sostanza: tutti i diplomi di vecchio ordinamento sono stati resi equipollenti a diploma accademico di secondo livello, ovvero a laurea magistrale, purché conseguito prima dell'entrata in vigore della legge, cioè entro il 23 dicembre 2012;
   tale limite è ad avviso degli interroganti, palesemente discriminatorio e non oggettivo perché, non facendo salvo il corso di studi ma solo il limite temporale del conseguimento, ha operato un'evidente disparità di trattamento tra soggetti che, entrambi iscritti allo stesso vecchio ordinamento di studi, per altro tutt'ora valido, gli uni, grazie alla durata del loro corso (per esempio 7 anni, o anche meno) che però si sono diplomati entro la data prevista dalla legge, hanno visto equiparato il diploma conseguito alla laurea magistrale; gli altri, iscritti ad un corso di durata decennale (vedi, per esempio pianoforte) che si siano però diplomati o si diplomeranno in data successiva alla data di entrata in vigore della legge, si vedono equiparato il diploma conseguito alla laurea triennale e non alla magistrale. Stessa identica situazione giuridica di partenza, stesso piano di studi, stesso diploma ma diversità di trattamento. Il che non è giustificabile;
   il legislatore avrebbe dovuto considerare e salvaguardare il valore giuridico del corso di studi del vecchio ordinamento che, fra l'altro, come detto, non è affatto chiuso, ma è tutt'ora in funzione fino a completo esaurimento degli iscritti immatricolatisi fino al 2010;
   è di tutta evidenza, quindi, che nessuna riforma, in nessun ordine di studi e in nessun Paese al mondo ha mai privato del suo valore il titolo prima vigente (vedasi quanto accaduto per le lauree quadriennali rispetto a quelle quinquennali; per il diploma magistrale prima quadriennale, poi con un anno integrativo facoltativo e infine quinquennale), a differenza di quanto è stato fatto con l'articolo 1, comma 107 della legge n. 228 del 2012;
   pur riconoscendo il valore formativo in campo strumentale del diploma vecchio ordinamento, dato che spesso i programmi strumentali sono più ampi e più solidi di certi trienni e bienni, tuttavia il diploma di vecchio ordinamento rilasciato dai Conservatori di musica di Stato, dopo l'entrata in vigore della legge 24 dicembre 2012, n. 228, non è riconosciuto giuridicamente allo stesso modo e anzi è equiparato a percorsi formativi differenti, con l'evidente disparità che un percorso di studi spesso decennale è considerato pari a una laurea solo triennale a differenza di chi, invece, quel percorso di studi l'ha avuto riconosciuto valido alla laurea magistrale;
   l'evidente disparità introdotta dal comma 107 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 va risolta per ripristinare l'imparzialità e l'uguaglianza che devono sempre preesistere ed essere rispettate proprio nel rispetto degli stessi articoli 3 e 97 della Costituzione e dato che la stessa formulazione dei commi da 102 a 107 rende equipollenti i diplomi vecchio ordinamento, proprio «al fine esclusivo dell'ammissione a pubblici concorsi per le qualifiche funzionali nel pubblico impiego»;
   i motivi per sanare la situazione venutasi a determinare sono semplici, facilmente argomentabili e inoppugnabili;
   primo motivo: il vecchio ordinamento è un corso ancora attivo anche se ad esaurimento, e quindi giuridicamente il titolo che si consegue al termine del percorso formativo, deve essere riconosciuto pari a tutti i diplomati come titolo conclusivo: durata e contenuti sono identici, prima o dopo il 2012, dal lontano 1930, per cui giuridicamente una tale distinzione non appare giustificabile;
   proprio da tali studi, altamente formativi, solo per limitarci ai più noti, sono usciti artisti di indiscusso valore mondiale come i maestri Muti, Accardo, Pollini e Claudio Abbado;
   secondo motivo: il diploma vecchio ordinamento era ed è il massimo titolo ottenibile col vecchio percorso di studi, percorso che non è mai stato chiuso e non è mai stato sostituito dal nuovo, che ha gli stessi contenuti e l'identica durata sia prima, sia dopo l'approvazione dalla legge di stabilità, legge 24 dicembre 2012, n. 228. In più è ad esaurimento, per cui può terminare quel percorso solo chi è già iscritto;
   terzo motivo: a favore dell'equipollenza fra diploma di vecchio ordinamento e laurea di 2 livello (biennio) depone, inoltre, il fatto che il nuovo sistema ha semplicemente affiancato il vecchio, non l'ha soppresso; è stato interamente sperimentale fino al 2010, anno in cui è stato messo a ordinamento solo il triennio, tanto che il biennio è tuttora sperimentale. Quindi, con la riforma operata non si è sottovalutato il vecchio ordinamento ma, sia il vecchio che il nuovo hanno convissuto e convivono autonomamente fino al completo esaurimento degli iscritti;
   in buona sostanza, è il valore reale, intrinseco del titolo che deve essere riconosciuto non la data entro la quale si consegue;
   la data del conseguimento non dovrebbe avere alcun peso specifico: gli studi o sono validi e hanno una loro intrinseca valenza giuridica e formativa o non sono validi e allora andrebbero soppressi o integrati –:
   quali iniziative intenda assumere, o abbia già assunto, al riguardo per ovviare a questa abnorme disparità di trattamento introdotta dalla legge n. 228 del 2012. (5-03705)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MATARRELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la facoltà di scienze della formazione primaria, nata con il decreto ministeriale 26 maggio 1998, dal 2003 abilita pienamente all'esercizio della professione di maestro nella scuola primaria e dell'infanzia, previo superamento di una prova di ammissione con valore concorsuale e di un percorso accademico strutturato in 40 esami, 8 laboratori e 4 tirocini, coronato, poi, dalla discussione della tesi di laurea, valevole come esame di Stato, dinanzi a un ispettore del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR);
   con la legge 28 marzo 2003, n. 53, gli studenti immatricolati al Corso di laurea in scienze della formazione una volta laureati, erano abilitati all'insegnamento nella scuola materna o nella scuola primaria e inseriti nelle graduatorie permanenti (GP);
   a seguito della legge n. 296 del 2006, le graduatorie permanenti sono state trasformate in graduatorie ad esaurimento (GaE), impedendo di fatto nuovi inserimenti;
   nell'ottobre 2008, con la legge n. 169, articolo 5-bis, vengono modificate le disposizioni di aggiornamento per le graduatorie ad esaurimento, permettendo l'ingresso a circa 21 mila docenti tra COBASLID, abilitati in strumento musicale in base alle due classi di concorso, IX ciclo SSIS e immatricolati 2007/2008 in scienze della formazione primaria;
   nel 2012 è avvenuto il «secondo adattamento», con il comma 2-ter, dell'articolo 14 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14 (cosiddetto Milleproroghe 2011), con il quale è stata istituita una fascia aggiuntiva nelle graduatorie ad esaurimento che, però, ha restrittivamente ridotto l'accesso alle stesse per gli immatricolati negli anni 2008/09/10, ma laureati entro il mese di marzo 2012;
   coloro che, essendosi immatricolati negli anni 2008/09/10, non hanno potuto ultimare gli studi entro la data stabilita dalla legge vengono così discriminati e cioè sottoposti a disparità di trattamento, considerando tale varco temporale ragionevolmente insensato se si valuta che gli ultimi iscritti al vecchio ordinamento si sono immatricolati nel settembre 2010 ad un corso quadriennale, con prima data utile per la sessione di laurea a giugno 2014;
   molti di quei giovani docenti, esclusi dalle graduatorie ad esaurimento, hanno conseguito la specializzazione per l'integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap (il cosiddetto sostegno), secondo quanto stabilito dall'articolo 14, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 («Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate»);
   l'importanza della presenza di docenti specializzati per il sostegno è esplicitata proprio dalla suddetta legge, nel cui articolo 13, comma 3, si legge: «Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni, l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati»; inoltre, l'articolo 14, comma 6, recita «L'utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati»;
   in un periodo in cui gli insegnanti di sostegno sono di numero inferiore rispetto alle esigenze delle scuole italiane, i docenti specializzati esclusi da uno dei canali di reclutamento stabiliti dalla legge n. 124 del 1999, riferiscono di sentirsi ulteriormente beffati quando leggono nelle Istruzioni operative del decreto ministeriale del 7 agosto 2014, punto A.3: «Per i posti di sostegno, in caso di mancanza di candidati, le eccedenze vanno assegnate al sostegno di altra area o di altro ordine o grado di scuola»: ma i candidati non mancano di certo;
   si impedisce così l'assunzione con contratti a tempo determinato/indeterminato e si nega, a docenti specializzati, il diritto alla cattedra di sostegno, dirottando così i posti rimasti vacanti su altre classi di concorso, ed in tal modo non garantendo ad un considerevole numero di bambini la continuità didattica soltanto perché quei docenti, non essendo nella giusta graduatoria, sono iscritti solo nella II fascia delle Graduatorie d'Istituto (GI), diventando così supplenti occasionali –:
   quali provvedimenti intenda adottare per consentire la parità di trattamento tra tutti gli studenti di scienze della formazione primaria vecchio ordinamento, per porre fine alla evidente situazione di disparità venutasi a creare tra coloro che, pur avendo seguito lo stesso iter accademico, sono stati inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e coloro che non hanno avuto questa possibilità. (4-06243)


   DI BATTISTA e VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro interrogato è stato rettore dell'Università per stranieri di Perugia dal 2004 al 2012;
   innanzitutto, come appreso da organi di stampa, il Ministro Giannini è sotto indagine da parte della Corte dei conti a seguito di una denuncia che è stata presentata alla magistratura contabile dell'Umbria dal presidente del collegio dei revisori dei conti Antonio Buccarelli, magistrato della Corte dei conti stessa, e da Maria Adele Paolucci;
   la denuncia riguarda alcuni progetti che sono stati deliberati nel 2008 dal Consiglio di amministrazione dell'università – quando il Ministro Giannini era, appunto, rettore – al fine di promuovere attività culturali, strettamente «connesse alla specifica finalità formativa che l'Ateneo persegue, che avessero risonanza e rilievo internazionale e culminanti nella creazione della “Scuola internazionale di cucina italiana”, nonché quello di disporre di una struttura ricettiva anche per il personale e gli studenti, strumentale alle attività istituzionali della stessa università (convegni, incontri con altre Istituzioni pubbliche, private, nazionali e internazionali, e congressi)»;
   in sostanza si tratta di un progetto relativo all'apertura di una scuola di cucina, un ristorante per docenti e studenti ed un centro di attività lucrative;
   la denuncia presentata dal presidente dei revisori dei conti dell'università, postula un danno erariale di circa 525 mila euro;
   detto importo deriverebbe dalla locazione, da parte dell'università, di un locale di 465 metri quadri ad un canone annuo di 78 mila euro oltre Iva, nonché dai mancati introiti dell'attività di «ristorazione e vendita» (che vengono stimati in circa 140.000 euro complessivi rispetto a tutto il periodo interessato);
   nella denuncia si fa però riferimento anche «all'inutilità dell'iniziativa e al mancato raggiungimento degli obiettivi proposti al Consiglio di amministrazione e da questo autorizzati con le delibere dell'aprile, del giugno e del luglio 2008»; in particolare evidenziando che la proposta dell'iniziativa «non è supportata da alcun atto istruttorio in ordine alla fattibilità dell'operazione, alla sua economicità, alla sua resa, né risulta che l'Ateneo abbia individuato una struttura ad hoc per tali compiti;
   prosegue poi l'esposto affermando che: «la proposta è del rettore dell'epoca che ha anche siglato i contratti, mentre il Consiglio di amministrazione si sarebbe limitato all'approvazione della stessa come formulata (salvo opporsi alla proroga del termine di stipula con richiesta di danni, quanto alla prima aggiudicazione). Non è quindi noto se siano intercorsi contatti e preventivi sondaggi nei riguardi di operatori del mercato prima di procedere all'acquisizione della disponibilità del bene... Nulla di tutto ciò che l'Università si prefiggeva è stato realizzato»;
   si legge infine, nella segnalazione alla magistratura contabile, che «in ogni caso... non sono state minimamente rispettate e adempiute le deleghe conferite dal Consiglio di amministrazione in ordine ai pareri da acquisire e al progetto Scuola di cucina da attuare» e che «la locazione e la sublocazione dei locali, che da sole non spiegano perché l'Università si sia pedestremente avventurata nella descritta operazione commerciale, ogni altra finalità comunque manifestata, risulta vaga, generica, superficiale e velleitaria. L'aggiudicazione al Circo del Gusto avviene, peraltro, in un contesto viziato da clamoroso conflitto di interessi. Analoghe inerzie e negligenze caratterizzano la gestione dei due contratti e la loro esecuzione, tant’è che non risulta essere stata compiuta alcuna attività concreta volta al conseguimento degli interessi pubblici incarnati dall'Ateneo»;
   come risulta da organi di stampa la Corte dei conti dell'Umbria sta accertando se si sia verificato un danno erariale e, pertanto, ha incaricato la guardia di finanza di raccogliere materiale documentale all'università degli stranieri di Perugia di ascoltare numerose persone informate sui fatti;
   risulta, inoltre, che la Corte dei conti abbia firmato almeno quindici inviti a dedurre;
   oltre a questa inchiesta – sulla quale gli interroganti intendono chiedere spiegazioni e chiarimenti all'attuale Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca – il Ministro Giannini, sempre quale rettore dell'università, ad avviso degli interroganti, ha anche dimostrato di aver agito, in più occasioni, in conflitto di interessi o comunque con un modus operandi che, ove confermato, sarebbe del tutto inopportuno ed inadeguato per un Ministro della Repubblica;
   in primo luogo, come riportato da alcune fonti di informazione on line (ad esempio dal blog Byoblu di Messora) tra le consulenze fornite all'università di Perugia vi sarebbero quelle del signor Luigi Puccetti, architetto di Lucca che sembra essersi occupato anche del restauro della casa del marito del Ministro interrogato, Luca Rossello (in particolare si tratterebbe di consulenze per progettazione spazi ateneo di cui al C.D.A. del 26 giugno 2005 per 20.000 euro, ed al C.D.A. del 25 luglio 2005 per 18.604 euro);
   in secondo luogo, nella seduta del Consiglio di amministrazione del 25 febbraio 2008, la rettrice Stefania Giannini ha proposto di destinare 15.000 euro di fondi, derivanti dal contratto di affidamento del servizio di cassa dell'università all'Unicredit, al completamento del progetto «Osservatorio» presieduto dalla stessa professoressa Stefania Giannini, proposta che poi il Consiglio di amministrazione ha approvato;
   mentre durante l'adunanza del consiglio di amministrazione del 2 marzo 2009 il rettore Stefania Giannini ha presieduto il consiglio con il quale veniva approvata la richiesta di cofinanziamento del progetto di ricerca coordinato dalla professoressa Stefania Gianni «L'Italiano appreso in contesto guidato: analisi ed interpretazione dei processi nell'acquisizione della geminazione consonantica» per 9.800 euro;
   in terzo luogo l'attuale Ministro Giannini sembra sia stata protagonista, sempre in qualità di rettore, di spese non del tutto giustificabili e comunque sostenute dall'ateneo al di fuori dei regolamenti;
   difatti il 5 luglio 2008 sono state emesse, nei confronti dell'Università degli stranieri di Perugia, tre fatture relative ad una missione universitaria in Cina della rettrice Stefania Giannini, della professoressa Lidia Costamagna e della dipendente amministrativa Valentina Seri (cat. B3);
   tra i costi della missione in Cina dal 5 al 12 luglio 2008, si evincono costi per cinque notti di pernottamento in un hotel 5 Stelle ed una notte in un hotel 4 Stelle, nonostante il limite di classe (imposto dal regolamento dell'Università) consenta al massimo l'utilizzo di hotel 4 stelle (3 stelle nel caso di dipendenti B3);
   durante la predetta missione in Cina la rettrice Stefania Giannini ha altresì utilizzato voli in business class ed è partita direttamente da Pisa quando, in realtà, dai regolamenti di ateneo sembra evincersi che siano rimborsabili solo viaggi con partenza dalla sede della facoltà e soltanto voli in economic class;
   gli atti compiuti dal Ministro durante il suo incarico di rettore appaiono, oltre che inopportuni, anche in concreto ed effettivo conflitto di interessi, mettendo così in serio dubbio che le funzioni costituzionalmente e legislativamente attribuite all'Esecutivo e, in particolare, al suo Dicastero, possano essere svolte con la dovuta imparzialità;
   le circostanze appena esposte, inoltre, qualora fossero confermate, andrebbero inevitabilmente ad inficiare prestigio e l'autorità morale necessari per ricoprire un incarico di tale importanza istituzionale quale è il ruolo di Ministro della Repubblica –:
   se non intenda fornire, con urgenza, i chiarimenti e le delucidazioni necessarie in merito ai fatti descritti in premessa ed in particolare in merito al procedimento aperto dalla Corte dei conti finalizzato all'accertamento di un danno erariale;
   se corrisponda al vero che tra le consulenze fornite all'università degli stranieri di Perugia, quando il Ministro interrogato era rettore, vi sarebbero quelle del signor Luigi Puccetti, architetto di Lucca che si è occupato anche del restauro della casa del marito del Ministro interrogato, Luca Rossello;
   se corrisponda al vero che il Ministro interrogato, durante il suo incarico da rettore dell'Università degli stranieri di Perugia, fosse presente durante le sedute del Consiglio di amministrazione dell'Università il quale ha approvato progetti dell'allora rettore Giannini;
   se nelle stesse sedute del Consiglio di amministrazione dell'università degli stranieri di Perugia il Ministro interrogato si sia astenuta;
   se corrisponda al vero che il Ministro interrogato, durante la missione in Cina di cui in premessa, abbia pernottato in un hotel a 5 stelle ed abbia utilizzato voli in business class in violazione dei regolamenti di Ateneo all'epoca in vigore.
(4-06257)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO, CIPRINI, CHIMIENTI, RIZZETTO, BECHIS, BALDASSARRE, TRIPIEDI e COMINARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Inps (L'istituto Nazionale Previdenza Sociale) mette a disposizione dei suoi utenti un apposito spazio sul portale dell'istituto dedicato alla procedura di attivazione dei buoni lavoro, cd Voucher;
   i buoni lavoro (o voucher) rappresentano un sistema di pagamento che i datori di lavoro (committenti) possono utilizzare per remunerare prestazioni di lavoro accessorio, cioè quelle prestazioni di lavoro svolte al di fuori di un normale contratto di lavoro in modo discontinuo e saltuario;
   per poterli utilizzare tramite la procedura telematica messa a disposizione dall'INPS è necessaria sia la registrazione del committente (datore di lavoro) attraverso l'inserimento del codice PIN che la registrazione del prestatore di lavoro;
   tale portale, se pur rivisto e migliorato nel corso del tempo, appare, ad oggi, del tutto incomprensibile poco intuitivo, e difficile da utilizzare;
   il rinvio a finestre su finestre, moduli con titoli di non facile intuizione, impossibilità di reinserire i propri dati fanno di questo strumento un inutile perdita di tempo, tant’è che tanti committenti devono necessariamente rivolgersi ai professionisti o al più ci rinunciano alla registrazione ricorrendo al lavoro nero;
   sono evidenti l'importanza di questo strumento e le finalità che hanno portato alla realizzare di tale «sportello virtuale» –:
   quale sia l'impresa appaltatrice che ha realizzato il suddetto spazio all'interno del portale INPS e quali siano stati i parametri per cui è stata scelta e, soprattutto quale sia stato il costo complessivo sia per la realizzazione che per la manutenzione;
   quale sia il grado di accessibilità dell'utenza esterna;
   quanti risultino ad oggi gli utenti che si sono serviti di tale strumento in maniera autonoma (senza ricorrere ai professionisti);
   quale sia il grado di soddisfazione riportato dagli utenti;
   se il ministro interrogato non intenda agire, nei limiti delle proprie competenze, per verificare quanto anzidetto e se non intenda adoperarsi affinché si risolva la problematica su indicata, rendendo la procedura di utilizzo del Voucher quantomeno più semplice e più intuitiva.
(5-03696)


   ROSTELLATO, CIPRINI, CHIMIENTI, RIZZETTO, BECHIS, BALDASSARRE, TRIPIEDI e COMINARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Inps è tra i più grandi e complessi enti previdenziali d'Europa, gestisce la quasi totalità della previdenza italiana ed ha un bilancio che per entità è il secondo dopo quello dello Stato. Sono assicurati all'Inps la maggior parte dei lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato e dei lavoratori autonomi;
   l'Inps mette a disposizione dei suoi utenti un portale utilizzato da tutti i soggetti che intendono interfacciarsi con l'istituto, dai professionisti, ai privati;
   tale portale, se pur rivisto e migliorato nel corso del tempo, appare, ad oggi, del tutto incomprensibile e sicuramente poco intuitivo, difficile da esplorare;
   a parte i professionisti in possesso di PIN che svolgono quotidianamente operazioni tramite il cassetto previdenziale, numerosi risultano essere i soggetti che, pur avendo necessità di interfacciarsi con l'istituto, sia per verificare la propria posizione previdenziale, sia per altre operazioni, si rivolgono ai professionisti o addirittura lasciano perdere, data la difficoltà di reperimento delle informazioni contenute nel portale;
   anche l'ottenimento del codice PIN, istituito a seguito dell'emanazione della legge n. 326 del 2003, all'articolo 44 comma 9, risulta essere una procedura complicata, tant’è che ancora oggi, tantissimi utenti ne risultano ancora sprovvisti;
   va considerata l'importanza delle informazioni, delle normative e dei procedimenti che l'istituto è tenuto a fornire ed erogare, sia per i professionisti che per i privati, lavoratori e pensionati –:
   chi sia l'impresa appaltatrice che ha realizzato il suddetto software Inps messo a disposizione degli utenti, quali siano stati i parametri per cui e stata scelta, e, soprattutto, quale sia stato il costo complessivo sia per la realizzazione che per la manutenzione;
   quale sia il grado di accessibilità dell'utenza esterna;
   quali siano stati i costi per avviare la procedura dell'invio del PIN all'utenza e quanti ne siano stati inviati;
   quanti risultino ad oggi gli utenti che si sono serviti di tale strumento (escludendo i professionisti), suddivisi per categoria e per fascia di età e quante e quali siano state le pratiche evase;
   se il Ministro interrogato non intenda agire, nei limiti delle proprie competenze, per verificare quanto anzidetto e se non intenda adoperarsi affinché si risolva la problematica su indicata. (5-03697)


   PRATAVIERA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto affermato dal Ministro dello sviluppo economico, Guidi, il danno per il settore agroalimentare italiano causato dall'embargo alla Russia si stima per il 2014 in 100 milioni di euro;
   il Ministro, nel corso del suo intervento al Senato in merito all'embargo russo il 30 settembre 2014, ha ricordato che nel 2013 l'Italia ha esportato in Russia prodotti del settore agroalimentare per 218 milioni di euro e che l'Italia è il quinto fornitore agroalimentare della Russia in Ue e il decimo se si considerano anche i paesi terzi;
   secondo le stime dell'Unione europea, invece, il danno economico a seguito delle sanzioni alla Russia, il danno per il nostro Paese si quantifica in 200 milioni di euro –:
   se siano state effettuate le stime del numero dei posti di lavoro a rischio, quale conseguenza di questa guerra commerciale, e, conseguentemente, una quantificazione del costo per lo Stato in termini di ammortizzatori sociali a copertura dei livelli occupazionali persi. (5-03698)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PETRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con decisione della direzione generale INPS di Roma, senza alcuna richiesta degli enti di provenienza, dal prossimo 1o dicembre la sede INPS di Fermo potrebbe subire una riduzione dell'organico del 10 per cento;
   secondo le direttive della direzione nazionale, nel caso in cui questa decisione venisse confermata, i dipendenti presenti presso la sede INPS di Fermo in posizione di comando da altri enti dovranno rientrare nei rispettivi posti di lavoro. A queste partenze si sommerebbero i pensionamenti e le possibili mobilità volontarie, con il risultato che circa venti dipendenti lasceranno la sede fermana. Tuttavia, affinché le mobilità vengano accettate, è necessario il nulla osta del direttore di sede, il quale però, nella situazione di sottodimensionamento dell'organico in cui si trova la sede di Fermo, potrebbe vedersi costretto a negarlo;
   ad oggi sono una decina i lavoratori che, subito, dopo l'apertura della sede fermana, hanno accettato di trasferirsi in comando presso di essa dagli enti nei quali risultavano assunti pertanto la partenza degli stessi potrebbe causare ritardi e inefficienze nello svolgimento delle mansioni previdenziali; in un momento congiunturale di seria difficoltà per il nostro Paese e soprattutto per le migliaia di lavoratori e famiglie alle prese con la crisi e la perdita di posti di lavoro, i servizi erogati dall'INPS di Fermo assumono per il territorio un ruolo strategico se non vitale, essendo uno dei pilastri del sistema territoriale del welfare;
   composta da circa 60 dipendenti, la sede di Fermo risulta già sottodimensionata rispetto ai cittadini residenti e la riduzione di circa il 10 per cento dell'organico entro la fine dell'anno renderebbe impossibile mantenere l'attuale standard quantitativo e qualitativo dei servizi erogati ai cittadini; ciò causerebbe un danno enorme all'operatività della sede fermana, che si vedrebbe sottrarre non solo un numero significativo di dipendenti, ma soprattutto depotenziare in qualità e conoscenze, acquisite da questi dipendenti tramite impegnativi corsi di formazione frequentati non a costo zero e con una lunga esperienza alle spalle;
   la sede INPS di Fermo è tra le più produttive d'Italia, con un incremento del 9,81 per cento di risposte evase dagli uffici fermani, rispetto alle previsioni di inizio 2013 e, a seguito del distaccamento dalla sede provinciale di Ascoli, anche i tempi di risposta alle richieste dei cittadini si sono ridotti in maniera significativa, ma nonostante ciò questa decisione non offre né premi né gratificazioni, bensì la penalizza con conseguenze negative che ricadrebbero sui cittadini e sui lavoratori, in particolare su coloro che hanno bisogno di sostegno e servizi di assistenza;
   la missione dell'INPS di Fermo, seguendo le direttive della sede di Roma, è quella di garantire il servizio, essendo il più grande, pervasivo e trasversale erogatore di tutele, che si articolano in servizi e prestazioni all'interno di un sistema sociale dove non ci sono confini tra assistenza e previdenza;
   il territorio fermano e la nuova provincia di Fermo stanno lavorando da tempo affinché siano garantiti i servizi pubblici indispensabili per i cittadini e le imprese, tuttavia se tale direttiva venisse confermata l'Istituto sarebbe costretto a una revisione e riorganizzazione dell'organico che nel caso della sede di Fermo comporterebbe un grave deficit da carenza di personale esperto –:
   quali iniziative il Ministro intenda intraprendere affinché la direttiva emanata dalla direzione nazionale dell'INPS non venga confermata, ma piuttosto modificata, affinché venga potenziata e non ridotta la dotazione organica della sede di Fermo che ogni giorno mette al servizio dei cittadini del territorio le proprie competenze e conoscenze in materia previdenziale. (4-06242)


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in Italia lavora solo il 16 per cento (circa 300.000 individui) delle persone con disabilità fra i 15 e i 74 anni, contro il 49,9 per cento del totale della popolazione. Solo l'11 per cento, poi, delle persone con limitazioni funzionali che lavorano ha trovato occupazione attraverso un centro pubblico per l'impiego. E ancora, le persone con limitazioni funzionali che sono inattive rappresentano una quota quasi doppia rispetto a quella osservata nell'intera popolazione (l'81,2 per cento contro il 45,4 per cento), mentre la percentuale di chi non è mai entrato nel mercato del lavoro e che non cerca di entrarvi (250.000 persone, per la quasi totalità donne) è molto più elevata tra chi ha limitazioni funzionali gravi (il 18,5 per cento) contro l'8,8 per cento di chi ha limitazioni funzionali lievi;
   la signora R.C., nata il 4 settembre 1958 a Baunei (OG), residente a Perugia, è affetta da una malattia rara (morbo di Wilson) consistente nella mutazione di un gene che porta all'accumulo sistemico di rame nell'organismo, con particolare rilevanza nel cervello e nel fegato. E una malattia progressiva che colpisce una persona ogni 30.000;
   in Italia il morbo di Wilson è riconosciuto malattia rara nel regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità n. 279 del 2001;
   la signora C., pur percependo una (contenuta) pensione di invalidità, si trova in serie difficoltà economiche e nell'agosto del 2013 ha fatto domanda per accedere alle agevolazioni previste dalla legge n. 68 del 1999 al fine di trovare un lavoro e, ottenuto il riconoscimento di una invalidità del 75 per cento da parte della commissione medica, è iscritta negli elenchi del centro per l'impiego di Perugia dall'ottobre del 2013;
   la legge 12 marzo 1999, n. 68, riguardante «Norme per il diritto al lavoro dei disabili» ha come finalità la promozione dell'inserimento e dell'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. Il comma 1 dell'articolo 3 di tale legge, stabilisce che i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie protette con quote di riserva proporzionali al numero totale dei dipendenti dell'azienda. Le amministrazioni provinciali, attraverso i centri per l'impiego, svolgono un ruolo fondamentale nell'attività di orientamento, tutoraggio e ricerca occupazionale dedicate specificatamente alle persone disabili;
   la legge prevede che in un'azienda che abbia tra i 15 e 35 dipendenti ci sia un disabile, due fino a 50 dipendenti e per le aziende più grandi sia riservato a loro il 7 per cento dei posti disponibili;
   il punto critico che emerge lungo il percorso di integrazione lavorativa riguarda dunque le opportunità di inserimento in termini di disponibilità di quota di riserva, cioè di posti riservati per legge ai disabili, nonché di compatibilità con le mansioni segnalate dalle imprese;
   a fronte di tale quadro normativo, i dati resi disponibili dalla seconda relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge n. 68 del 1999, predisposta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la collaborazione dell'ISFOL, evidenziano che i disabili iscritti agli elenchi provinciali risultavano essere nel 2003 oltre 475.000 (rapporto ISFOL «I servizi di inserimento lavorativo per i disabili nell'ambito dei sistemi di welfare locale» relativo all'anno di programmazione 2000-2006);
   nel 2011 sono stati oltre 22.023 i disabili avviati al lavoro in Italia. Gli iscritti alle liste speciali del lavoro risulterebbero poco più di 644 mila, di cui quasi 65.800 nuovi iscritti (ISFOL, relazione sullo stato di attuazione delle norme per il collocamento obbligatorio e mirato delle persone disabili relativo al biennio 2010-2011);
   rimane forte il divario tra il numero delle assunzioni obbligatorie previste per legge e il numero dei disabili iscritti nelle liste;
   nella realtà le quote di scopertura, delle imprese potrebbero coprire buona parte dell'offerta lavorativa ma ciò non accade;
   inoltre, i dati, relativi a sole 72 province rispondenti, evidenziano che la quota di riserva totale era nel 2003 di 149.648 unità, con una netta preponderanza dei posti disponibili rinvenibile nella fascia dimensionale delle imprese con oltre 50 dipendenti. A fronte di questo dato le stesse imprese denunciavano una scopertura di 84.462 posti di lavoro corrispondente, pur tenendo conto della diversa distribuzione delle risposte, a circa il 56 per cento del totale della quota di riserva;
   è verosimile che oggi tali dati, con la crisi economica che morde l'Italia, siano peggiorati;
   la legge n. 68 del 1999, ha lo scopo di promuovere l'inserimento e l'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro ma appare – in tali casi – frustrata e recentemente – con sentenza n. C-312/11 del 4 luglio 2013 – la Corte di giustizia dell'Unione europea – ha condannato l'Italia per essere venuta meno al suo obbligo di recepire correttamente e completamente la direttiva n. 2000/78/CE, stabilendo che lo Stato «non ha adottato tutte le misure necessarie per garantire un adeguato inserimento professionale dei disabili nel mondo del lavoro e la invita a porre rimedio a questa situazione al più presto»;
   la signora C. e tutte le persone inabili iscritte nelle liste dei centri per l'impiego hanno diritto, in conformità a quanto previsto dalla Costituzione e dalla legge n. 68 del 1999, all'inserimento lavorativo e all'avviamento professionale che permetta loro la garanzia di una vita dignitosa;
   il lavoro per le persone disabili non è solo fonte di reddito, ma è anche principalmente momento d'inserimento sociale;
   già con interrogazione a risposta scritta (n. 4-01495) l'interrogante aveva sollecitato l'iniziativa governativa in materia senza alcun riscontro –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta e dei dati aggiornati del numero dei disabili iscritti nelle liste speciali e del numero dei disabili avviati al lavoro in base alla legge n. 68 del 1999;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire per predisporre ulteriori iniziative volte a favorire un inserimento reale dei lavoratori disabili nel mondo del lavoro, anche valutando l'opportunità di modificare favorevolmente la normativa riguardante i centri per l'impiego. (4-06246)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Ministro della salute, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'8 agosto 2014, l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), sulla base del parere del suo Comitato di emergenza, ha dichiarato che la malattia del virus Ebola, attualmente diffusa in forma epidemica in alcuni Stati dell'Africa Occidentale, costituisce un'emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale, ed in conformità al regolamento sanitario internazionale ha emanato raccomandazioni temporanee per la gestione dell'evento;
   a seguito di tali dichiarazioni, il 18 settembre il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha quindi adottato una risoluzione per cercare soluzioni globali alla diffusione di Ebola definita «una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale»;
   anche il Parlamento europeo è intervenuto sulla questione sollecitando un intervento dell'ONU che, attraverso il segretario generale Ban Ki-moon ha quindi annunciato una nuova missione di emergenza delle Nazioni Unite (Unmeer) per coordinare la lotta contro la malattia, fermarne la diffusione, curare i pazienti infetti, garantire servizi essenziali, preservare la stabilità e prevenire la diffusione nei Paesi dove il virus non si è ancora diffuso;
   l'epidemia di Ebola in corso in Africa occidentale ha ucciso almeno mille persone e rappresenta, come sostenuto dall'Organizzazione mondiale della sanità, una vera e propria emergenza di salute pubblica di livello internazionale poiché, ad oggi, non è disponibile un vaccino efficace, e la letalità del virus raggiunge anche picchi del 90 per cento di mortalità;
   il 4 aprile 2014, il Ministero della salute con un apposito documento, inviato all'Enac, alla Farnesina, a tutte le regioni ed alla Croce rossa italiana, ha trasmesso la nota dell'allarme anche al Ministero della difesa, allertando la vigilanza per la profilassi per «esigenze di sanità pubblica», ed indicando nello Spallanzani di Roma il laboratorio di riferimento, l'unico di bio contenimento del Paese;
   da quanto si apprende, mediante la consultazione del sito del Ministero della salute, in Italia sarebbero state attivate tutte le possibili misure di preparazione e risposta a livello nazionale, regionale e locale, nell'evenienza che si debba gestire un sospetto caso di Ebola;
   in particolare, si legge sulla pagina del Ministero dedicata al virus Ebola, che sarebbero state adottate tutte le misure di profilassi internazionale, nei porti ed aeroporti, attraverso i competenti uffici del Ministero, dislocati su tutto il territorio e che, anche nel caso di particolari minacce per la salute, il sistema di sanità pubblica sarebbe in grado di rispondere, in base alle indicazioni centrali, al contenimento della minaccia del virus, essendo presenti, sul territorio, due strutture dotate di laboratori di massima sicurezza e di stanze ad alto isolamento (INMI Spallanzani di Roma ed Ospedale Sacco di Milano), in conformità al protocollo per il trasporto in alto biocontenimento di pazienti affetti da febbri emorragiche virali;
   rispondendo a un question time il 6 agosto 2014 sugli interventi di prevenzione in relazione all'epidemia di Ebola diffusasi in Africa occidentale e sulle iniziative volte a contrastare l'arrivo e la diffusione del virus nel territorio nazionale e nei Paesi limitrofi, il Ministro ha rassicurato i cittadini affermando che «non abbiamo nessun rischio di contagio Ebola in Italia» –:
   se il Governo possa chiarire, nel caso in cui si dovessero presentare casi di Ebola all'interno del territorio nazionale, quante e quali strutture, oltre ai citati INMI Spallanzani di Roma e Sacco di Milano, siano opportunamente attrezzate, attraverso la presenza di idonee strutture di biocontenimento, per gestire eventuali malati affetti dal virus Ebola;
   se il Governo possa riferire quante siano le strutture ospedaliere idonee al ricovero di eventuali pazienti contagiati dal virus Ebola e quale sia la disponibilità sui territorio nazionale di idonei mezzi di soccorso, opportunamente attrezzati per eventuali trasporti di malati da virus Ebola, in condizioni di criticità;
   se il Governo intenda fornire elementi circa l'esistenza di personale medico e paramedico opportunamente formato per fronteggiare l'eventualità di connazionali colpiti dalla malattia in Italia e quali siano le procedure di sicurezza che tale personale adotterebbe a garanzia dei malati e dell'intera popolazione;
   se il personale militare italiano, in particolare quello medico, sia stato allertato circa la gestione dei rischi legati al trattamento degli eventuali contagiati dal virus Ebola in Italia;
   quali provvedimenti i Ministri interrogati intendano adottare al fine di tutelare l'incolumità delle forze di polizia che entrano in contatto con soggetti potenzialmente a rischio. (4-06253)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il signor Giuseppe Michele Coviello, residente nel comune di Terlizzi (BA), ha segnalato in data 6 giugno 2014 mancato riscontro alle richieste di accesso civico (decreto legislativo n. 33 del 2013) inoltrate al comune di Terlizzi, al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e al prefetto di Bari;
   con nota del 18 giugno 2014, ricevuta dal signor Coviello, il comune di Terlizzi (BA) riscontrava in modo interlocutorio alle richieste di accesso civico di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013;
   con nota del 20 giugno 2014 il dipartimento della funzione pubblica ha chiesto al responsabile della prevenzione della corruzione del Comune di Terlizzi (BA) di attivarsi, per quanto di competenza, in relazione alle richieste di accesso civico;
   il comune di Terlizzi (BA) ad oggi risulta non aver dato seguito:
    a) alle diverse istanze prodotte fra gli anni 2013 e 2014 di accesso civico per pubblicazioni non effettuate sull'Albo Pretorio online nel corso dell'anno 2013;
    b) all'istanza di accesso civico prodotta per pubblicazioni non effettuate sull'Albo Pretorio online nel corso dell'anno 2014;
    c) ad una richiesta di accesso civico inerente i report delle varie forme di controllo interne, come previsto dall'Articolo 30 del «Regolamento sul Sistema dei Controlli Interni» del comune di Terlizzi, da pubblicarsi in un'apposita sezione del sito denominata controlli interni»;
    d) ad una richiesta di accesso civico inerente «l'inventario comunale» oggetto della delibera n. 49 del 2014;
    e) ad una richiesta di accesso civico inerenti le delibere dell'Aro Ba1 non pubblicate sull'albo Pretorio on line del Comune di Terlizzi –:
   quali elementi di risposta e quali eventuali aggiornamenti abbia ricevuto il dipartimento della funzione pubblica a seguito della nota del 18 giugno 2014 di cui in premessa. (4-06255)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente D'Alessandro e Brunetta n. 2-00671, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lainati.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Gallinella e altri n. 5-03649, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Silvia Giordano, Baroni, Cecconi, Dall'Osso, Di Vita, Grillo, Lorefice, Mantero.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Terrosi e altri n. 5-03691, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zanin.

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: mozione Cariello n. 1-00599 del 24 settembre 2014.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza Zan n. 2-00702 del 1o ottobre 2014.
   interrogazione a risposta in Commissione Guidesi n. 5-03667 del 1o ottobre 2014;

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Causi n. 5-03675 del 1o ottobre 2014;

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Paglia n. 5-03680 del 1o ottobre 2014;