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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 26 settembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La I Commissione,
   premesso che:
    attualmente non è permesso ai familiari delle vittime delle forze dell'ordine, come a nessun altro soggetto, di accedere agli atti e documenti prodotti dalle commissioni disciplinari interne alla polizia di Stato, giudicanti agenti coinvolti in reati colposi o volontari sottoposti a procedimento interno come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 737 del 1981;
    in questa limitazione emerge una totale mancanza del principio di trasparenza e giustizia verso i familiari vittime delle forze dell'ordine;
    il segreto sui procedimenti disciplinari interni alla Polizia di Stato viene introdotto tramite il decreto ministeriale 10 maggio 1994, n. 415, coordinato con il decreto ministeriale 17 novembre 1997, n. 508, recante: «Regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell'articolo 24, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»;
   all'articolo 4, comma 1, lettera h) del decreto ministeriale n. 415, viene sancita l'impossibilità di accedere agli atti dei procedimenti disciplinari con la seguente dicitura: «documentazione attinente a procedimenti penali e disciplinari»;
   l'unico atto possibile, per far sì che con un accesso agli atti si possa venire a conoscenza dei procedimenti disciplinari interni alla polizia di Stato, è l'intervento del Ministro dell'interno sul suddetto decreto ministeriale,

impegna il Governo

a modificare il vigente decreto ministeriale n. 415 del 10 maggio 1994, prevedendo la soppressione della parola «disciplinari» all'articolo 4, comma 1, lettera h).
(7-00474) «Dadone, Paolo Bernini».


   La III Commissione,
   premesso che:
    la Repubblica di Bielorussia autorizza adozioni internazionali esclusivamente all'Italia;
    con deliberazione del Consiglio dei ministri della Repubblica di Bielorussia del 31 gennaio 2007, n. 122, è stato approvato il «Regolamento sulle adozioni internazionali e sull'affido e tutela internazionale dei bambini» attraverso il quale possono essere concesse all'Italia le adozioni dei minori accolti dalle famiglie che li ospitano per risanamento estivo e invernale;
    nei periodi estivi e invernali vengono ospitati in Italia, presso queste famiglie, circa 30.000 bambini. La procedura adottiva nella Repubblica di Bielorussia, in base alla citata deliberazione, prevede la possibilità di adozione nominativa di minori orfani sociali accolti dalle famiglie italiane in quanto fra i minori ospitati e queste ultime si è creato un rapporto reciproco di affetto, tale da farli sentire parte di un'unica famiglia;
    in merito alla situazione di adozione relativa a minori, provenienti dalla Repubblica di Bielorussia, si fa presente che nei mesi di settembre e novembre 2009, una delegazione politica composta da rappresentanti del Governo italiano si è recata in Bielorussia per affrontare il tema delle adozioni internazionali dei minori orfani sociali provenienti da tale Paese;
    la delegazione è riuscita a consegnare alle competenti autorità un elenco delle famiglie italiane adottive e dei rispettivi nominativi dei minori bielorussi orfani sociali accolti, al fine di poterne realizzare l'adozione;
    in base al protocollo sottoscritto e nel rispetto degli accordi bilaterali Italia-Bielorussia, che, unitamente alla Convenzione dell'Aja del 1993 regolano la procedura di adozione internazionale, è stato possibile portare a termine l'adozione di circa 500 minori bielorussi presenti nell'elenco concordato, attuando così il principio ispiratore della Convenzione dell'Aja che «riconosce nell'adozione internazionale l'opportunità di dare una famiglia permanente a quei minori per i quali non può essere trovata una famiglia idonea nel loro Stato di origine»;
    gli elenchi delle famiglie che possono adottare in Bielorussia vengono approvati nella città di Minsk da una delegazione politico-amministrativa del Governo italiano unicamente attraverso un protocollo di intesa che viene concordato e sottoscritto fra la delegazione italiana e il Ministro dell'istruzione della Repubblica di Bielorussia;
    in seguito al monito del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano inviato alle Camere e ripreso in un articolo apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 21 novembre 2013 intitolato «Adozioni e affidi in calo, il Colle lancia un appello», si è giunti in data 3 marzo 2014 ad approvare un ulteriore elenco per l'adozione di n. 120 famiglie e relativi minori ospitati dagli stessi;
    oggi non tutte le famiglie presenti nell'elenco hanno potuto concludere l’iter adottivo;
    ogni anno una delegazione politico amministrativa deve recarsi in Bielorussia a firmare il protocollo d'intesa per sottoscrivere l'elenco delle coppie che possono adottare i minori abbandonati da loro accolti, nel pieno rispetto degli accordi previsti dalla citata Convenzione,

impegna il Governo:

   a intervenire urgentemente per permettere alle famiglie italiane di concludere l’iter adottivo di minori della Repubblica di Bielorussia, rendendo immediatamente esecutivo l'elenco contenente i nominativi delle famiglie e dei minori aventi diritto, attraverso l'invio di una delegazione ministeriale nella Repubblica di Bielorussia ampliando così ulteriori prospettive di adozione;
   a costituire una delegazione politico-amministrativa permanente che ogni anno si rechi in Bielorussia a firmare il protocollo d'intesa per sottoscrivere l'elenco delle coppie che possono adottare i minori abbandonati già da loro accolti, nel pieno rispetto degli accordi previsti dalla Convenzione de l'Aja del 29 maggio 1993.
(7-00473) «Scagliusi, Grande, Sibilia, Manlio Di Stefano, Spadoni, Del Grosso, Di Battista».


   la XIII Commissione,
   premesso che:
    la filiera produttiva del settore primario della pesca è in una fase di straordinaria difficoltà; dal 2000, la produttività si è quasi dimezzata (-48,84 per cento); il personale imbarcato si è ridotto di circa il 40 per cento (persi 20.000 posti di lavoro diretti) a fronte di una riduzione della flotta del 30 per cento. I ricavi della pesca marittima si sono contratti del 31 per cento, con una crisi (di redditività che ha raggiunto dimensioni straordinarie per il concomitante aumento dei costi di produzione delle imprese, anche per effetto dell'aumento del costo del gasolio. Il deficit della bilancia commerciale ittica si attesta sui 4,3 miliardi di euro l'anno, con una spesa sui mercati esteri di circa 11 milioni di euro al giorno;
    il settore della filiera ittica gioca un ruolo importante tra i diversi comparti che costituiscono il cluster marittimo italiano (trasporti marittimi, armamento, servizi di logistica portuale, porti, cantieristica, nautica): con un contributo di 4,4 miliardi, genera il 15 per cento del PIL, delle attività marittime, al pari della cantieristica navale, e il maggior numero di occupati, pari a circa 60 mila addetti diretti, acquacoltura compresa, rispetto agli altri segmenti del sistema marittimo (dati Censis);
    la filiera ittica nazionale fronteggia la sfida di dare attuazione alla ambiziosa riforma della Politica comune della pesca 2014-2020, entrata in vigore il 1o gennaio scorso, che impone sostanziali e gravosi cambiamenti introducendo inediti approcci alla gestione delle risorse e nuovi obblighi, come ad esempio il raggiungimento del rendimento massimo sostenibile (MSY) per tutti gli stock nel 2020, l'obbligo di sbarco delle catture sottotaglia, la redazione di piani pluriennali di gestione delle risorse e la regionalizzazione della gestione;
    i Piani di gestione pluriennali, da redigersi in forma regionalizzata e quindi di concerto con altri Stati membri, rappresentano lo strumento fondamentale per dare risposta allo stato di profonda difficoltà in cui si dibattono segmenti specifici della pesca professionale, come ad esempio ed in particolare la pesca dei piccoli pelagici e la pesca dei molluschi bivalvi, le cui catture hanno un peso notevole sulla produzione nazionale;
    il 1o gennaio 2014 è entrato in vigore anche il nuovo Fondo  europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) che dovrà sostenere e contribuire al conseguimento degli obiettivi della PCP riformata. Per l'Italia gli stanziamenti ammontano a circa 537 milioni di euro nei prossimi sette anni, stanziamenti in cui per la prima volta rientrano anche gli interventi previsti dalla Politica marittima integrata;
    a fronte di una consistente e progressiva riduzione degli stanziamenti nazionali a favore della filiera ittica per effetto degli interventi di contenimento della finanza pubblica, è una priorità strategica per il nostro Paese garantire la più immediata attivazione e la migliore capacità di spesa delle risorse europee del FEAMP, ovviando a tutte quelle lentezze ed inefficienza varie che sono culminate, quanto alla precedente gestione del Fondo Europeo Pesca (FEP), nella perdita definitiva di consistenti aiuti, soprattutto nella parte decentrata alle regioni;
    la presidenza italiana dell'Unione europea rappresenta una grande opportunità per affrontare da una posizione di leadership in Europa alcuni dossier fondamentali per la filiera ittica nazionale, che rappresentano un grave rischio per gli impatti sociali ed occupazionali attesi, quali l'attuazione, del piano d'azione (Action Plan) per i controlli delle attività di pesca professionale; la discussione delle misure contenute nella proposta di Regolamento europeo cosiddetto Omnibus (COM 889/2013); la discussione della proposta di Regolamento europeo (COM 265/2014) per la messa al bando delle reti derivanti dal 1o gennaio 2015;
    il coordinamento pesca dell'Alleanza delle cooperative italiane ha presentato al tribunale dell'Unione europea un ricorso contro l’Action Plan presentato alla Commissione europea e adottato dalla stessa con decisione C(2013) 8635 del 6 dicembre 2013 «per ovviare alle carenze del sistema italiano di controllo della pesca». Il tribunale è stato chiamato a valutare l'arbitrarietà, la proporzionalità e la consistenza di nuove e gravose limitazioni che appesantiscono ulteriormente un quadro sanzionatorio e ispettivo già iper-regolamentato e con diverse difficoltà applicative;
    la proposta di Regolamento europeo cosiddetto Omnibus (COM 889/2013) rappresenta una sorta di provvedimento ponte, in vista di un più omogeneo provvedimento sulle misure tecniche, resosi necessario per dare attuazione ed eliminare gli ostacoli legislativi relativi all'obbligo di sbarco introdotto con la riforma della Politica comune della pesca a partire dal 1o gennaio 2015. Nel testo, all'esame del Parlamento europeo, trovano spazio ulteriori obblighi introdotti a carico delle imprese di pesca (stivaggio separato delle catture sottotaglia, nuova strumentazione a bordo per il controllo a distanza delle catture, e altro);
    la proposta di Regolamento COM 265/2014 che istituisce il divieto di pesca con reti da posta derivanti a partire dal 1o gennaio 2015 prevede l'abolizione definitiva di una serie di attrezzi di pesca artigianali che in l'Italia riguardano ben 9 mestieri in totale di pesca tradizionale (tra cui manaide, occhiatara, sgomberare, ricciolara, e altro). Si tratta di mestieri che vengono esercitati stagionalmente, rappresentando una indispensabile fonte di reddito e occupazione nelle aree costiere, dove mancano reali alternative occupazionali, e dove costituiscono la base di rinomate lavorazioni gastronomiche artigianali, la cui scomparsa costituirebbe tra l'altro una perdita per le produzioni tipiche dell'agroalimentare nazionale;
    due studi scientifici condotti da enti di ricerca indipendenti per conto della stessa Commissione europea (Progetto DRIFTMED e «Study in support of the review of the eu regime on the small-scale driftnet fisheries») hanno messo in discussione l'opportunità di un bando totale, da una parte confermando la gravità dell'impatto socio-economico ed occupazionale di questa misura, dall'altra mettendo in guardia sulla incertezza delle sue ricadute ambientali, difficili da quantificare soprattutto per il rischio che lo sforzo di pesca si sposti su mestieri meno sostenibili;
    a questo scenario comunitario si aggiungono le misure di politica nazionale, non meno complesse;
    il Programma nazionale triennale 2013-2015 ha registrato ampio consenso nella categoria, ma gli strumenti nevralgici più innovativi in esso contenuti, quali il Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria ittica, il Piano assicurativo nazionale ed il Fondo interbancario di garanzia, sono rimasti lettera morta, perché privi di adeguate risorse finanziarie. Ciò ostacola il raggiungimento degli obiettivi prefissati per il rilancio della competitività delle imprese ittiche;
    per garantire adeguati ammortizzatori sociali agli occupati del settore della pesca, che al momento continuano ad essere esclusi dal poter beneficiare in forma stabile di queste tutele, è necessario prevedere apposite dotazioni nell'ambito del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione (articolo 18, comma 1, decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, e succ. mod.) per la copertura degli interventi previsti dalla Cassa integrazione in deroga;
    il sovrasfruttamento delle risorse continua a rappresentare il principale ostacolo per lo sviluppo della filiera ittica, ma non va però dimenticato che contribuiscono ad aggravare la crisi del settore gli impatti delle crisi ambientali (mucillagini, cambiamenti climatici, proliferazioni algali, morie, eccetera) e di tutte le altre fonti di alterazione dell'ecosistema marino, che incidono sulla tenuta e sulla qualità delle produzioni ittiche, non ultime le attività connesse alla ricerca e sfruttamento di giacimenti di idrocarburi in mare;
    i nuovi e più qualificanti impegni derivanti dall'attuazione della riforma della Politica comune della pesca e del nuovo Feamp necessitano di una urgente e più adeguata organizzazione della Direzione generale pesca e acquacoltura, oggi sotto organico;
    è necessario sostenere il processo di transizione della pesca italiana ai cambiamenti imposti dalla riforma della politica comune della pesca e del suo nuovo strumento finanziario. È pienamente funzionale a questo obiettivo il rafforzamento delle Convenzioni tra pubblica amministrazione e Associazioni di categoria, per sostenere operatori ed imprese sul fronte degli interventi di semplificazione degli adempimenti e dell'agevolazione dell'accesso al credito,

impegna il Governo:

   a garantire una attuazione della Politica comune della pesca in linea con i principi di sostenibilità ambientale e socio-economica per valorizzare la filiera ittica come risorsa della crescita blu e dell'agroalimentare italiano di qualità;
   a promuovere il dialogo nell'area mediterranea per la realizzazione dei piani di gestione pluriennali previsti dalla Politica comune della pesca;
   ad intraprendere senza ulteriori indugi tutte le azioni possibili per dare al Fondo europeo degli affari marittimi e della pesca (FEAMP) una piena e veloce attuazione, scongiurando ritardi che potrebbero avere ripercussioni sul sistema delle imprese e sulla qualità ed efficienza dei Fondi strutturali comunitari;
   a sollecitare, nell'ambito del Consiglio dei ministri dell'Unione europea, una forte opposizione al bando totale delle reti derivanti, sulla scia di quanto già espresso dai parlamentari europei membri della Commissione pesca (PECH) in un primo scambio di vedute, la cui posizione sarà formalizzata il prossimo dicembre;
   a mettere in atto tutte le iniziative possibili per una revisione dell’Action plan sui controlli, da una parte riducendo gli adempimenti a carico degli operatori e dall'altro mettendo gli organismi dediti al controllo in grado di svolge i propri compiti;
   a prevedere nella prossima legge di stabilità sufficienti dotazioni per procedere all'attivazione dei qualificanti strumenti previsti nel programma nazionale triennale di settore, nonché a reperire risorse finanziarie per un rifinanziamento della cassa integrazione in deroga per il settore;
   a salvaguardare lo sviluppo ottimale e sostenibile di tutte le attività connesse al mare, ivi compreso lo sfruttamento dei giacimenti marini di idrocarburi, come requisito fondamentale per garantire la produttività della pena e la qualità delle produzioni ittiche;
   a procedere in tempi stretti al rafforzamento della struttura ministeriale della direzione generale della pesca e acquacoltura, colmando i ritardi dovuti alle prorogate vacatio dirigenziali;
   ad assumere le necessarie iniziative per procedere al rinnovo e al rafforzamento delle convenzioni tra pubblica amministrazione ed associazioni per una migliore qualifica della spesa e per garantire l'erogazione di servizi che non sarebbe possibile fornire se non tramite la loro esternalizzazione.
(7-00472) «Venittelli, Luciano Agostini, Oliverio, Antezza, Anzaldi, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Zanin».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   SORIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la prima asta di prestiti Tltro (Targeted long term refinancing operation), il nuovo strumento vincolato messo in campo da Mario Draghi a inizio giugno 2014 per contrastare i rischi di deflazione dell'area dell'euro e sbloccare finalmente la congiuntura, sarebbe finora stata un insuccesso: le banche o non si fanno avanti o fanno richieste modeste, chiedendo prestiti molto al di sotto delle aspettative;
   le principali banche italiane avrebbero sottoscritto prestiti per 23 miliardi di euro, che equivalgono circa al 28 per cento del totale delle richieste, mentre gli analisti si aspettavano richieste molto più alte; anche l'agenzia di rating Fitch stima che la domanda di credito resterà debole;
   si tratta di prestiti a quattro anni (tutti in scadenza nel settembre 2018), a un tasso fisso dello 0,15 per cento (il tasso di riferimento, pari allo 0,05 per cento dopo l'ultimo taglio, maggiorato di 10 punti) e il loro scopo e quello di rilanciare il credito destinato a famiglie e piccole medie imprese, infatti sono condizionati alla concessione di prestiti all'economia reale: dopo i primi due anni, le banche che non hanno rispettato questo vincolo, dovranno restituire i fondi, a partire dall'autunno 2016; questo per a differenza delle due aste a tre anni (Ltro) varate dalla Bce nel dicembre 2011 e febbraio 2012 (mille miliardi lordi) che, non avendo alcun tipo di vincolo, sono state utilizzate in gran parte per acquistare titoli di Stato e non hanno quindi contrastato in alcun modo il credit crunch;
   tra gli esperti c’è chi ritiene abbia prevalso la prudenza e la volontà di aspettare fino alla prossima asta di dicembre, quando saranno chiarite le disposizioni sul programma di acquisti degli Abs e resi noti gli esiti dell'esame condotto sui bilanci bancari;
   sembra quindi che le banche, dopo anni in cui hanno erogato poco credito a famiglie e imprese, cosa che ha chiaramente acutizzato la situazione di crisi di famiglie e imprese, neppure adesso vogliano adoperarsi contro questo pericoloso stallo del credito perché temono che famiglie e aziende italiane, date le attuali condizioni economiche e le prospettive future, non chiedano credito per non indebitarsi più di quanto già accaduto;
   secondo il Sole 24 ore, i nuovi dati elaborati dal Cerved sullo stato di crisi delle Pmi testimoniano come l'Italia sia, al momento, ben lontana da qualsiasi ipotesi di ripresa e in questo ovviamente la stretta creditizia gioca un ruolo fondamentale facendo mancare un adeguato sostegno finanziario – in un periodo di stagnazione della domanda – all'intero sistema economico, e innescando una spirale negativa di sistematico ritardo nei pagamenti, ormai allargatasi a macchia d'olio;
   secondo il rapporto della Commissione sulla competitività in Europa «In Italia la produzione industriale è calata del 25 per cento dal 2007» e il crollo ha colpito anche settori, come gli elettrodomestici, l'auto e le calzature, che sono stati la spina dorsale dell'industria nazionale;
   Unimpresa ha rilevato che in tre anni il credito bancario alle imprese ha subito una contrazione pesantissima da quasi 70 miliardi di euro, mentre le famiglie hanno visto ridursi i finanziamenti di 14 miliardi; il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi ha dichiarato: «Con questi dati, intendiamo rispondere ai banchieri che, per giustificare la stretta ai rubinetti del credito, puntano il dito contro le aziende, sostenendo che è colpa del cavallo che non beve: la realtà è diversa e racconta di una sistematica azione volta a ridurre drasticamente l'offerta di liquidità allo sportello. E il mezzo fallimento dell'asta Bce conferma che da parte degli istituti di credito non c’è alcuna intenzione di finanziare l'economia reale» –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri sia al corrente della situazione esposta in premessa e in che modo abbia intenzione di intervenire vista la gravità dei fatti, considerato che i Tltro erano considerati uno strumento molto importante di rilancio dell'economia del Paese;
   se il Presidente del Consiglio dei ministri non intenda attivarsi e in che modo intenda farlo per sensibilizzare il comparto bancario, visto che le banche non sembrano intenzionate a erogare credito nemmeno quando le condizioni sono vantaggiose, con l'assegnazione di liquidità a bassissimo costo come in questo caso, dimostrando di non voler affrontare alcun rischio e di preferire le speculazioni finanziarie all'economia reale. (4-06172)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:


   FAVA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   sulla guida della città spagnola di Valencia, pubblicata dal Touring Club italiano, nella serie «Cartoville» nel 2009 e ristampata in anni successivi, si legge l'indicazione del ristorante sito in Avenida de Francia, il cui nome è «La Mafia se sienta a la mesa» (tradotto «La mafia si siede a tavola»);
   nella didascalia illustrativa si legge: «Quando la mafia si siede a tavola, il risultato è una cucina italiana curata; fotografie di mafiosi, pizza e pasta di tutti i colori e in tutte le salse; alla carta 20 euro»;
   la presenza in Spagna di diversi ristoranti appartenenti alla medesima catena è testimoniata non solo da questa paradossale segnalazione turistica (che successivamente il Touring Club ha promesso di rimuovere, ammettendo l'errore davvero clamoroso) ma anche dal sito Internet www.lamafia.es, che ha persino una pagina Facebook;
   si tratta all'evidenza di un'iniziativa imprenditoriale contraria ai più elementari principi di ordine pubblico e di tenuta democratica. A parti invertite, sarebbe come se in Italia aprisse un ristorante il cui nome recasse riferimenti all'ETA; peraltro, appare che le autorità spagnole trascurino drammaticamente la portata culturale e di costume che la tolleranza di questi ristoranti riveste, posto che il fenomeno mafioso — pur nelle sue declinazioni operative sempre mutevoli e adattabili — conserva viceversa un preciso e costante codice di comportamento, che include pubbliche posture, metodi di relazione, eloquio e apparato immaginifico, i quali viaggiano, talvolta in modo molto sottile, talora in modo ostentato, nelle abitudini sociali, quali a esempio il vestiario, il tipo di automobili e anche il convivio e il mangiar fuori;
   non si può escludere che — a prescindere dall'effettiva proprietà giuridica della catena — un certo implicito consenso a condurre una simile attività sia stato ottenuto dai gestori da parte dei vertici mafiosi italiani  –:
   se non ritenga di verificare, tramite la convocazione dell'ambasciatore spagnolo in Italia, quale livello di conoscenze sui fatti sia in possesso delle autorità spagnole e se queste non ritengano, nell'esercizio dei loro poteri autorizzativi, di intervenire – se non per la chiusura della catena – quantomeno per il cambio del nome. (4-06177)


   MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, SPADONI, DI BATTISTA, SCAGLIUSI, GRANDE e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 aprile 2013 veniva bandito in Gazzetta Ufficiale, 4a Serie speciale concorsi ed esami, il concorso, per titoli ed esami, a trentacinque posti di segretario di legazione in prova;
   alcune segnalazioni pervenute agli interroganti dai candidati confermerebbero vistose violazioni della normativa concorsuale avvenute durante lo svolgimento delle prove scritte tra il 30 giugno e il 4 luglio 2014 presso il Centro nazionale di selezione e reclutamento del Comando generale in Roma, Via di Tor di Quinto, 153;
   in particolare, sotto il profilo giuridico, il concorso diplomatico è regolato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1 aprile 2008, n. 72, il cui articolo 15 rinvia, per quanto non espressamente previsto, alla disciplina contenuta nel regolamento generale concorsi per i pubblici impieghi, ovverosia al decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487. A sua volta, l'articolo 13, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994 prescrive che: «I candidati non possono portare carta da scrivere, appunti, manoscritti, libri o pubblicazioni di qualunque specie»;
   inoltre, nel calendario delle prove scritte, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, 4a Serie speciale concorsi ed esami del 10 giugno 2014, veniva assunto il seguente autovincolo: «All'interno della sala non è consentito utilizzare né tenere con sé, a pena d'esclusione, telefoni cellulari, palmari, lettori multimediali, carta da scrivere, appunti, manoscritti, libri, periodici, giornali quotidiani e altre pubblicazioni di alcun tipo, ivi inclusi dizionari di alcun genere, né si possono portare borse o simili, capaci di contenere pubblicazioni»;
   pertanto, pur se in presenza di una pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. VI, del 7 maggio 2009, n. 2832, che ha ammesso l'ingresso in aula di telefoni cellulari, e altro, laddove il bando di concorso si limiti a precludere soltanto l'utilizzazione della strumentazione elettronica, questa pronuncia sembrerebbe non trovare applicazione rispetto al concorso diplomatico, in quanto ai candidati non è consentito soltanto di utilizzare, ma anche e semplicemente di tenere con sé, magari sul banco o in una borsa chiusa accanto al banco, smartphone, e altro. Le stesse considerazioni potrebbero valere con riferimento ai manoscritti, e altro, che i candidati non possono portare con sé, a norma dell'articolo 13, decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994;
   la violazione dell'articolo 13, decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994, e soprattutto dell'autovincolo menzionato, potrebbero determinare l'annullamento dei provvedimenti amministrativi viziati, ai sensi dell'articolo 21-octies, della legge n. 241 del 1990;
   ciò nondimeno, sotto il profilo fattuale, sono stati ammessi in aula telefoni cellulari, borse, manoscritti, libri di testo, tablet, smartphone, ecc. D'altra parte, non era stato previsto un deposito accanto all'aula d'esame come si può evincere da una pubblica dichiarazione, resa il primo giorno delle prove scritte, prima dell'estrazione delle tracce, da parte del consigliere d'ambasciata Fabrizio Lobasso, segretario della Commissione e dirigente dell'ufficio reclutamento del Ministero degli affari esteri. Peraltro, in base a un'ulteriore dichiarazione pubblica resa dallo stesso Consigliere Lobasso il terzo giorno degli scritti prima dell'estrazione delle tracce, alcuni telefoni o tablet si agganciavano al suo hotspot; ciò nonostante, non sono state prese misure di espulsione, di sequestro generalizzato della strumentazione elettronica o di contenimento delle ulteriori violazioni della normativa concorsuale, quanto meno prima del terzo giorno delle prove scritte. Per di più, il quarto giorno degli scritti, quando la Commissione aveva intensificato, pur se tardivamente, i controlli, il Consigliere Lobasso ha ribadito che telefoni e tablet si erano agganciati al suo hotspot, dichiarazione reiterata il quinto e ultimo giorno delle prove scritte. Questi fatti, ovviamente, sembra siano avvenuti in pubblico e potrebbero formare eventualmente oggetto di testimonianza in sede giurisdizionale –:
   come intenda verificare quanto segnalato in premessa e quindi se effettivamente e in via generalizzata, in occasione delle prove scritte del concorso diplomatico dal 30 giugno al 4 luglio 2014, siano stati ammessi in aula telefoni cellulari, borse, manoscritti, libri di testo, tablet, smartphone, e altro;
   come intenderà procedere al fine di garantire la legalità, l'imparzialità e l'economicità dell'azione amministrativa laddove fosse confermato quanto segnalato in premessa. (4-06181)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   le sabbie bituminose sono una combinazione di argilla, acqua, sabbia e bitumi: da esse si estrae un bitume simile al petrolio che può essere convertito in petrolio grezzo sintetico o raffinato direttamente in raffineria per ottenere i derivati del petrolio;
   secondo autorevoli fonti ambientaliste internazionali alcune migliaia di tonnellate di greggio ad alto concentrato di zolfo di questo combustibile, dopo l'opposizione dei movimenti ambientalisti nordamericani nel tentativo di bloccare la produzione e l'esportazione del greggio tra i più inquinanti del pianeta tra Usa e Canada, sarebbero in viaggio per la Sardegna, precisamente verso la raffineria Saras di Sarroch (a pochi chilometri da Cagliari);
   il trasporto, è affidato alla Minerva Gloria (250 metri di lunghezza per 44 di altezza), petroliera che si è aggiudicata l'appalto da una multinazionale canadese, la Suncor Energy, il più grande colosso di estrazione petrolifera e di gas di tutto il Canada;
   il carico di sabbie bituminose, estratte dai pozzi dell'Alberta, è considerato molto pericoloso per l'impatto ambientale che il bitume convertito in petrolio grezzo può avere, prima nella fase di estrazione e successivamente in quella di raffinazione, che comporterebbe gravi danni relativamente al cambiamento climatico;
   la Suncor Energy, ha ammesso di voler trovare nuovi mercati per le sabbie bituminose ed i suoi derivati, visto il basso costo del petrolio derivato — circa 76 dollari al barile – a causa della sua scarsa qualità, ma non ha specificato quali mercati e nazioni potranno essere interessate;
   il carico sulla Minerva Gloria potrebbe essere quindi diretto in Sardegna, dove si ipotizza che possa arrivare il 7 ottobre, per essere lavorato alla Saras e venduto poi nei mercati asiatici ed in particolare in Cina;
   la Suncor Energy, non è nuova ad iniziative discutibili sul piano ambientale e del rispetto dei codici ambientali: nel 2010 fu multata con 200 mila dollari per aver sversato sostanze tossiche nel fiume Alberta. E fu responsabile di diversi sversamenti, come nel fiume Sand Creek, che continuarono per anni inquinando le acque e le proprietà circostanti. Fu condannata anche a pagare una multa di oltre due milioni di dollari per inquinamento dell'aria con benzene a causa delle attività della raffineria a nord di Denver;
   a pochi giorni dalla grande mobilitazione di New York contro il cambiamento climatico, la conferma dell'arrivo di petrolio molto probabilmente legato all'estrazione da sabbie bituminose in Italia sarebbe un'offesa alla logica e un insulto alla lotta al cambiamento climatico, tanto decantata persino dal Governo Renzi, presidente di turno dell'Unione europea;
   l'estrazione ha un impatto molto pesante sull'ecosistema. In Alberta questa forma di estrazione ha distrutto completamente, a causa delle miniere a cielo aperto, la foresta boreale e ha delle conseguenze dirette sull'aria. Centinaia di chilometri quadrati di territorio sono devastati, mentre la lavorazione e la raffinazione per avere petrolio grezzo e derivati possono causare forte inquinamento ambientale e cambiamenti climatici;
   occorrerebbe garantire che questo combustibile pericolosissimo per l'ambiente, contro cui si sono mobilitati movimenti e cittadini anche negli Stati Uniti, non possa attraccare ed essere scaricato dalla Minerva Gloria in nessun porto sardo, italiano ed europeo –:
   quali notizie abbiano in merito i Ministri interpellati, in particolare sul viaggio della Minerva Gloria e sul possibile arrivo alla raffineria di Sarroch (Cagliari) del carico di sabbie bituminose;
   quali azioni intenda intraprendere qualora fosse confermato l'arrivo del carico di sabbie bituminose in Sardegna, viste le gravi incidenze che possono avere le raffinazioni di questo materiale sull'ambiente e sui cambiamenti climatici;
   se si intendono acquisire elementi sulla provenienza di quel greggio dal Nord America, in un periodo in cui milioni di persone in tutto il mondo, partendo proprio dall'America, hanno dichiarato di essere per un netto system change.
(2-00695) «Piras, Marcon».

Interrogazione a risposta scritta:


   MICILLO, BUSTO, DE ROSA, DAGA, MANNINO, TERZONI, SEGONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la riserva naturale statale «Isola di Vivara» — il cui formale proprietario è l'opera, pia «Ospedale civico Albano Francescano» di Procida – è stata istituita con il decreto ministeriale del 24 giugno 2002 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale italiana n. 225 del 25 settembre 2002) per conseguire finalità di conservazione botaniche e faunistiche, gestione dell'ecosistema, restauro degli ambienti degradati, realizzazione di programmi di studio, ricerca scientifica e di educazione ambientale;
   tale decreto istituisce:
    a) un comitato di gestione permanente composto da un presidente designato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio d'intesa con la regione Campania; un rappresentante designato dalla regione Campania; due rappresentanti designati dal comune di Procida; un rappresentante designato dalle associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349; un rappresentante designato dall'opera pia «Ospedale civico Albano Francescano» di Procida – formale proprietario dell'isola di Vivara —. Tale comitato, a norma del decreto ministeriale istitutivo, avrebbe dovuto avere compiti tipicamente gestionali;
   tale comitato di gestione ha funzionato a singhiozzo per anni anche a causa dell'assenza del rappresentante delle associazioni ambientalistiche (lo scomparso giornalista Puccio Corona) e la perdurante assenza di quelli del comune di Procida;
   solo a febbraio 2014, dopo la dichiarata decadenza per assenze ripetute, il comune di Procida ha indicato i suoi due rappresentanti;
    b) una commissione di riserva costituita da tecnici qualificati e composta da: un rappresentante designato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio che la presiede; un rappresentante designato dal Ministero per i beni e le attività culturali: un rappresentante designato dalla regione Campania; un rappresentante designato dalla provincia di Napoli; un rappresentante designato dal comune di Procida; un rappresentante designato dall'università degli studi «Federico II» di Napoli; un rappresentante designato alle associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349; un rappresentante dell'opera pia «Ospedale civico Albano Francescano di Procida». Tale commissione ha il compito di formulare indirizzi, proposte e pareri, anche obbligatori, come quello sul piano di gestione;
   tale ultima commissione è stata operativa solo dal 2008 al 2011 e attualmente i mandati dei suoi ultimi componenti sono scaduti da anni senza che si sia proceduto alle nuove nomine;
   ai sensi dell'articolo 3 comma 3 del decreto istitutivo della riserva naturale, la commissione di riserva è legittimamente insediata allorché sia stata nominata la maggioranza dei suoi componenti;
   il decreto attuativo stabiliva che entro due mesi andava fatta una convenzione tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e comitato di gestione la quale avrebbe dovuto prevedere le relative strutture ed il personale da utilizzare nella gestione della riserva, per operare alle dipendenze dell'organismo di gestione della riserva;
   tale convenzione è stata firmata solo nel novembre 2004 dal primo presidente il duca Amedeo di Savoia Aosta;
   la convenzione disciplina in particolare (articolo n. 5):
    a) le strutture ed il personale da utilizzare: venivano individuati un responsabile tecnico, 1 assistente tecnico 1 assistente amministrativo e dei manovali, tutti da reperire tra gli enti che partecipano al comitato. Attualmente il responsabile tecnico, peraltro funzionario regionale già in pensione, è stato nominato pro-tempore dopo le dimissioni del precedente, ma a tutt'oggi non sono mai stati nominati i previsti manovali;
    b) le modalità di elaborazione del piano di gestione il quale doveva essere trasmesso al Ministero entro maggio 2005, ma a tutt'oggi non ancora approvato né dal comitato né dal Ministero né dalla regione Campania, né ovviamente dall'inesistente commissione di riserva;
    c) individuava le attività di primo avvio della riserva, consentite in attesa che il piano di gestione fosse stato approvato (pubblicizzazione della riserva, tabellazione, centro visite, progetti didattici, visite guidate, manutenzioni ordinarie, attività antincendio);
   di queste ultime attività, attualmente manca il centro visite e la ordinaria manutenzione, stante la decennale presenza lungo il percorso di alberi abbattuti e mai rimossi, oltre alla presenza di circa 48 punti critici da mettere in sicurezza, operazione appena avviata ma non compiutamente realizzata;
   su una parte minima del sentiero principale vengono organizzate visite guidate con criteri assolutamente discrezionali, in un territorio non in sicurezza, senza un accesso per acqua potabile, senza corrente elettrica magari da energia eolica o solare, senza servizi igienici, e con una villa padronale del 600 in condizioni di estremo degrado, dopo atti di saccheggi e vandalismi;
   a distanza di 12 anni dalla sua legale costituzione, la riserva di Vivara resta di fatto chiusa ad una continua regolare e regolata pubblica fruizione;
   attualmente un minimo di attività viene assicurata dal direttore tecnico pro-tempore, in assenza di qualsiasi programmazione (vedasi assenza di un piano di gestione) ed in maniera del tutto estemporanea –:
   non è ben chiaro se l'ente proprietario dell'isola di Vivara abbia o meno diritto a percepire un reddito dalla mancata diretta gestione dell'isola;
   se i ministri interrogati, per quanto di competenza, siano a conoscenza della situazione sopra descritta e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano intraprendere per risolvere la situazione di stallo in cui si trova l'isola di Vivara;
   se i ministri interrogati intendano rendicontare e giustificare tutte le somme di denaro che sono state erogate in favore del comitato ed in generale tutto quanto sia stato speso in riferimento all'isola di Vivara dalla istituzione della riserva naturale ad oggi;
   quali e quanti finanziamenti siano previsti per l'isola di Vivara e quali e quanti tagli sono stati fatti nel corso degli anni dalla data di istituzione della riserva naturale ad oggi;
   quali provvedimenti i Ministri interrogati intendano intraprendere per garantire l'incolumità dei visitatori dell'isola di Vivara. (4-06166)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PALMIERI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   i dati dimostrano che la crisi economica sta incidendo pesantemente anche sulla diffusione dei libri e dei prodotti culturali;
   i dati dimostrano che la diffusione degli ebook produce non solo un risparmio di denaro per i cittadini ma anche un incentivo alla diffusione del libro e, di conseguenza, della lettura;
   il 24 settembre 2014, a conclusione dell'incontro informale con i Ministri della cultura dell'Unione europea, il Ministro dei beni culturali ha affermato l'intenzione di equiparare l'iva imposta alle pubblicazioni digitali a quella dei libri cartacei;
   la stessa intenzione il Ministro ha palesato in una intervista pubblicata lo stesso giorno su un importante quotidiano nazionale –:
   con quali modalità e in quali tempi il Ministro intenda dare seguito alla intenzione espressa. (5-03660)

Interrogazione a risposta scritta:


   BONOMO, ASCANI, RAMPI, MANZI, CARNEVALI, CAPOZZOLO, CAMPANA, MURER, BONACCORSI, BRAY, BORGHI e COPPOLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 633 del 1941, così come modificata dalla legge n. 248 del 2000, ha investito la SIAE del compito di incassare e ripartire i diritti della fotocopiatura dei volumi e fascicoli di periodi entro il limite massimo del 15 per cento, in base agli accordi stipulati ad hoc con le associazioni rappresentative delle parti interessate (autori, editori ed utilizzatori);
   le associazioni rappresentative hanno il compito di fornire le liste dei nominativi degli aventi diritto alla SIAE perché vengano da quest'ultima contattati per liquidare loro quanto di propria spettanza;
   tuttavia risulta che molti sono gli autori di cui la SIAE non conosce il recapito e che vengono inseriti nell'elenco dei cosiddetti «senza recapiti» consultabile sul sito internet SIAE, comportando il mancato versamento dei diritti di reprografia;
   non risulta che SIAE abbia contattato — né cercato di contattare — tali autori, in taluni casi pure noti, per informarli della sussistenza di un proprio credito e per chiedere loro le coordinate bancarie necessarie ad effettuare il pagamento;
   tale sistema obbliga gli autori ed editori a monitorare costantemente il citato elenco dei «soggetti non reperiti» pubblicato sul sito della SIAE e sacrifica la posizione di quanti non sono a conoscenza del diritto a percepire il citato compenso;
   che appare singolare che la SIAE, pur trattenendo una percentuale del 20 per cento sui diritti a tale titolo intermediati, non ponga in essere alcuna attività di ricerca dei beneficiari di tali diritti e dei loro recapiti –:
   se sia corretta tale pratica e se non sia possibile indicare una soluzione alternativa più agevole, quale potrebbe essere quella di richiedere alle associazioni di categoria di fornire alla SIAE non solo i nominativi ma anche i recapiti IBAN degli aventi diritti o di onerare le medesime associazioni di fornire alla SIAE i recapiti degli aventi diritto affinché quest'ultima possa informarli della sussistenza di un credito e richiedere loro le necessarie coordinate bancarie. (4-06169)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   ricade quest'anno il centenario dell'inizio della prima guerra mondiale, in occasione del quale si terranno celebrazioni nazionali e regionali tra maggio 2014 e novembre 2018;
   la Grande Guerra ha costituito uno degli eventi tra i più drammatici del secolo scorso, cui ha fatto seguito un ulteriore conflitto mondiale, di cui non bisogna perdere la memoria e le testimonianze di coloro che l'hanno combattuta;
   vaste aree del nord Italia – in particolare il Friuli Venezia Giulia, il Trentino, l'Alto Adige, il Veneto e la Lombardia – sono stati teatri degli scontri tra soldati italiani e dell'Impero austro-ungarico ed oggi ospitano itinerari e musei dedicati;
   tra questi spicca il Sacrario di Redipuglia (Gorizia), il più grande del suo genere presente in Italia dedicato ai caduti della Grande Guerra, di cui costituisce parte integrante il Museo storico militare;
   quest'ultima struttura, nata nel 1971 e gestita dal Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti del Ministero della difesa, si trova all'interno dell'ex Casa della III Armata ai piedi del Colle Sant'Elia e offre una dettagliata panoramica sugli avvenimenti relativi a quel tratto di fronte ed una collezione di armi e cimeli che lo rende tra i più completi del Paese;
   dalla consultazione dei tre siti internet ufficiali – «Itinerari della Grande Guerra» e le pagine dedicate di «TurismoFvg.it» e del Ministero della difesa – emergono incongruenze su giorni e orari di apertura, situazione in grado di confondere e indurre in errore i potenziali visitatori;
   secondo quanto riportato dal sito internet «Itinerari della Grande Guerra» il Museo sarebbe aperto da martedì al sabato dalle 9.00 alle 12.00 e dalle ore 14.00 alle 17.00, con l'esclusione quindi del lunedì, della domenica, dei festivi e del 25 luglio giorno del Santo Patrono;
   il portale «turismofvg.it», invece, riporta nel dettaglio orari ed aperture dal 1o aprile al 31 maggio e dal 1o agosto al 30 settembre (martedì – sabato ore 8.30 alle 12.00 e dalle ore 14.00 alle 17.00) e per gli altri mesi (martedì – sabato dalle ore 9.00 alle 12.00 e dalle ore 14.00 alle 17.00), segnalando la chiusura della struttura tutti i lunedì, le domeniche, i giorni festivi e il 25 luglio;
   sull'apposita pagina web sito Ministero della difesa, invece, si legge solo che «il Sacrario è visitabile i giorni feriali, dalle ore 09.00 alle ore 12.00 e dalle ore 14.00 alle ore 17.00, e i giorni festivi, dalle 09.00 alle ore 13.00 (dal 1o aprile al 30 settembre). Dal 1° ottobre al 31 marzo è chiuso nei giorni di domenica e lunedì;
   risultano evidenti le informazioni difformi pubblicate dai tre portali, imponendo un'immediata rettifica dei dati difformi e non veritieri;
   i giorni di apertura di quest'importantissimo e imponente Museo appaiono, a detta dell'interrogante, insufficienti soprattutto durante le celebrazioni del centenario della Grande Guerra, circostanza che ne imporrebbe la fruibilità soprattutto la domenica;
   sull'inopportunità di chiudere le porte della struttura nei giorni festivi, circostanza che quindi non è rimasta inosservata, è intervenuto un articolo pubblicato dal quotidiano Il Piccolo di Trieste il 26 aprile 2014, intitolato «La grande beffa: musei di Redipuglia chiusi nei festivi», che ha stigmatizzato la chiusura nella ricorrenza del 25 aprile e durante i numerosi «ponti» che avrebbero potuto favorire l'affluenza turistica nella struttura;
   il Sacrario attira ogni anno decine di migliaia di turisti: nel 2013, secondo i dati della Pro Loco di Fogliano – Redipuglia – riportati dal dossier «I monumenti dimenticati della Grande Guerra» del quotidiano Il Corriere della Sera – i visitatori sarebbero stati oltre 422 mila, mentre nel primo semestre del 2014 il numero è arrivato a circa di 243 mila;
   desta stupore la notizia che il Museo virtuale della Grande guerra, inaugurato nella regia stazione di Redipuglia poco distante dal Museo storico militare, risulta tra le strutture più importanti da visitare nel Friuli Venezia Giulia nell'ambito delle celebrazioni in corso;
   come riportato da un ulteriore articolo del quotidiano Il Piccolo del 17 luglio 2014, nei primi cinque giorni di apertura ben 1.200 persone hanno avuto accesso al banco multimediale, a riprova dell'interesse suscitato nel pubblico da questa pagina di storia, circostanza che stride con l'impossibilità di visitare il museo inesorabilmente chiuso proprio la domenica;
   per la celebrazione del centenario della Grande guerra sono state stanziate ingenti risorse economiche da parte dello Stato, delle regioni e dell'Unione europea che ha promosso i tre progetti «Europeana Collections 1914-1918», «Europeana 1914-1918 — untold stories & official histories of WW1» e «European film gateway», a testimonianza dell'importanza dell'evento –:
   se il Ministero interrogato intenda sollecitare una revisione di giorni e orari di apertura del Museo storico militare di Redipuglia, visto che il limite delle aperture attuali costituisce un grave ostacolo alla fruibilità di visitatori e turisti proprio durante le celebrazioni del centenario della Grande Guerra;
   se, d'accordo con la regione Friuli Venezia Giulia, s'intenda garantire una migliore fruibilità per il sito. (5-03658)

Interrogazione a risposta scritta:


   SBROLLINI, D'INCECCO, GELLI e CARNEVALI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   è fondamentale la funzione delle vaccinazioni come strumento essenziale per il contenimento e l'eradicamento di alcune gravi malattie infettive, si segnala tuttavia che negli ultimi anni sono state numerose le sentenze che hanno avuto ad oggetto i presunti danni delle vaccinazioni;
   in particolare, per quanto riguarda le vaccinazioni militari;
   con la sentenza dei 24 gennaio 2014, il giudice della sezione lavoro del tribunale di Ferrara ha condannato il Ministero della salute a risarcire la famiglia di Francesco Finessi, militare di leva deceduto a 22 anni per un linfoma Non Hodgkin, riconoscendo un nesso di causalità tra le patologie, anche mortali e le modalità di somministrazione dei vaccini;
   il 19 giugno scorso il Tar del Friuli ha accolto il ricorso di Andrea Rinaldelli, padre di Francesco Rinaldelli l'alpino di Potenza Picena, scomparso nel 2008 all'età di 26 anni, a causa di un linfoma di Hodgkin, sviluppatosi quando prestava servizio al petrolchimico di Porto Marghera nell'ambito della cosiddetta missione Domino, ovvero presso un sito altamente inquinato, dove, a causa di bonifiche si erano verificate importanti emissioni di diossina. Il giudice ha di fatto cancellato il diniego proveniente dal comitato di verifica dei Ministero della difesa, chiedendo un riesame sulla base delle argomentazioni presentate dai ricorrenti. Queste riguardano, specificatamente, la correlazione tra le somministrazioni dei vaccini senza adeguate anamnesi e senza rispettare i protocolli e la complessa questione dei servizio prestato al petrolchimico;
   lo stesso Tar ha infine considerato carente la valutazione dei Ministero della difesa, in quanto risulta, anche da uno studio scientifico condotto per conto dei Ministero della difesa da istituzioni civili (cosiddetto Progetto Signum), l'esigenza di approfondire, nella ricerca delle origini di alcune patologie particolarmente diffuse nel personale militare, anche alcune variabili emerse nel corso dello studio stesso, tra le quali, in particolare, il carico vaccinale, associato a condizioni di impiego operativo caratterizzate da un elevato livello di stress;
   negli stessi giorni la corte di appello di Lecce ha condannato il Ministero della salute a risarcire la famiglia di Fabio, militare morto nel 2002 di leucemia;
   le valutazioni sul possibile ruolo delle modalità di effettuazione dei vaccini come fattore capace di determinare o codeterminare patologie, in particolare tumorali, risalgono anche ai lavori delle passate tre Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito, da cui ha preso il via l'applicazione reale del principio dei consenso informato;
   non viene messa in discussione la funzione storica delle vaccinazioni come strumento essenziale per il contenimento e l'eradicamento di alcune gravi malattie infettive, ma viene esercitata la massima attenzione rispetto ai possibili effetti di somministrazione multiple in tempi ravvicinati, specialmente al personale militare destinato a missioni, sia in Italia che fuori dal territorio nazionale; alla completezza dell'anamnesi vaccinale; all'acquisizione del consenso informato; all'osservanza dei protocolli vaccinali dettati dall'Amministrazione della difesa e validati da quella della salute, così come raccomandato anche nella relazione conclusiva della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito, per altro richiamato anche nel protocollo Difesan;
   la Commissione sopra citata ha ribadito come criterio orientativo per l'azione delle istituzioni la necessità «di ispirare la legislazione in materia di indennizzi ad un criterio probabilistico, che prescinda dall'accertamento puntuale di un nesso di causalità tra esposizione ad agenti patogeni di varia natura e malattie invalidanti e si concentri sulle circostanze di fatto che consentono di identificare, in determinati contesti ambientali ed operativi, cause possibili o concomitanza di cause possibili riguardo all'insorgere delle patologie, secondo un principio di multifattorialità causale che consente di prescindere da spiegazioni unilaterali, suscettibili di dare luogo a condanne spesso ingiustificate e, ad altrettanto ingiustificate assoluzioni»;
   la Commissione stessa ha ritenuto, nell'interesse della stessa amministrazione, di auspicare che «vengano individuate e rimosse inerzie, omissioni, ritardi che possono pregiudicare gravemente la salute, l'equilibrio psicologico e le condizioni materiali di persone che ai sono trovate e si trovano ad affrontare situazioni di per sé drammatiche, che a loro volta non devono essere ulteriormente aggravate da comportamenti suscettibili di alimentare lo stato d'animo di abbandono»;
   non possa più accadere che, come ha sottolineato la stessa Commissione d'inchiesta, «l'insistenza sugli indiscutibili vantaggi tratti dalla collettività dal ricorso alla profilassi vaccinale, appaia in qualche modo elusivo, al di là dell'intenzione soggettiva dell'interlocutore, rispetto alle circostanze di fatto che la Commissione ha inteso appurare»;
   le surrichiamate sentenze dei tribunali, ampiamente riprese dai media e rilanciate dal web, amplificano la percezione di pericolosità dei vaccini e, certamente, possono minare la credibilità scientifica delle istituzioni e generare un'ingiustificata e pericolosa diffidenza verso le stesse istituzioni preposte alla tutela della salute dei cittadini e dei militari;
   gli aspetti istituzionali, mediatici e giudiziari disegnano bene la complessità di una situazione in cui cresce l'allarmismo, la disinformazione e si profilano nuove iniziative giudiziarie che, se pure importanti per affrontare casi concreti, hanno bisogno dei livello politico-istituzionale per risolvere con equilibrio il problema generale di una corretta e consapevole procedura di vaccinazione e di anamnesi vaccinale –:
   quali iniziative intenda adottare per rispondere in modo adeguato alla censura espressa dal Tar del Friuli in data 19 giugno 2014, per non avere l'Amministrazione preso adeguatamente in esame le osservazioni dei ricorrenti in ordine alla ritenuta incidenza causale degli intensi e ravvicinati cicli vaccinali;
   quali iniziative intenda assumere perché venga data piena attuazione alle norme riguardanti l'obbligo di segnalazione dei casi avversi all'AIFA e affinché l'ispettorato generale della sanità militare adotti una direttiva che stabilisca con precisione termini e modalità di effettuazione dell'anamnesi vaccinale da parte dei personale vaccinatore;
   quali misure intenda assumere affinché sia garantita per tutti l'applicazione reale dei principio dei consenso informato ad essere sottoposti o meno a vaccinazioni;
   con quali modalità intenda intervenire per assicurare la piena tutela dei diritto alla salute ai militari attualmente in servizio nonché a quelli futuri, e per riconoscere come vittime dei dovere coloro che si sono ammalati o sono deceduti per accertate patologie causate o concausate da modalità di somministrazione dei vaccini durante il servizio militare, riconoscendo agli stessi e alle loro famiglie la corresponsione dei benefici previsti dalla normativa, ai sensi del decreto legislativo n. 81 del 1988 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, vista anche la direttiva SGD-G-022 «Direttiva per l'esercizio dell'attività di vigilanza in materia di sicurezza e salute sul lavoro nell'ambito del Ministero della Difesa» del gennaio 2012;
   se non ritenga di doversi attivare affinché il Comitato di verifica per le cause di servizio, nel valutare le pratiche relative alla casistica surrichiamata, preveda una maggiore interlocuzione con le parti ricorrenti, anche sulla scorta di quanto indicato nella relazione conclusiva della Commissione uranio impoverito, e come evidenziato nella sentenza del tribunale del Friuli;
   a quali conclusioni siano arrivati i lavori del Gruppo interforze sull'aggiornamento della direttiva tecnica per l'applicazione dei decreto 31 marzo 2003 sulle procedure vaccinali;
   quali iniziative intenda attivare affinché vengano riprese ed applicate in pieno le proposte di intervento e di prevenzione indicate nelle Relazione conclusiva della più volte citata Commissione d'inchiesta parlamentare sull'uranio impoverito;
   se ritenga opportuno prevedere un intervento normativo, anche temporalmente circoscritto, per estendere i benefici di cui all'articolo 1, comma 564, della legge n. 266 del 2005, alle «gravi patologie che determinano l'impossibilità permanente a svolgere qualsiasi attività lavorativa, ovvero il decesso, del militare», che si sia manifestato, in occasione o entro cinque anni dalla somministrazione di farmaci/vaccini per immunochemioprofilassi previsti dalle disposizioni vigenti. (4-06176)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   entro il 15 ottobre 2014 il Ministero della giustizia deve adottare un nuovo regolamento organizzativo dei suoi uffici territoriali con la riduzione dei suoi 16 attuali provveditorati regionali che dovrebbero passare a 12-10. Le previsioni di accorpamento delle Regioni sono varie. Si proponeva fino a pochi mesi fa l'accorpamento di Abruzzo e Molise con le Marche con sede a Pescara, soluzione di buon senso ed accettabile;
   oggi invece la proposta del Ministero sarebbe di accorpare l'Abruzzo e il Molise con la Puglia con sede a Bari e in subordine addirittura con Lazio e Sardegna con sede a Roma. Ambedue queste ipotesi di soppressione del provveditorato di Pescara e trasferimento a Bari o Roma, sono irrazionali e inaccettabili. Per l'Abruzzo si tratterebbe di una penalizzazione grave che non comporterebbe neanche una diminuzione delle spese visto che la sede del PRAP Abruzzo e Molise di Pescara è in una sede di proprietà dell'Amministrazione penitenziaria;
   si determinerebbe uno scollamento con il territorio e una crescente disfunzionalità per l'aumento delle spese connesse alla inevitabile mobilità di personale e mezzi. L'accorpamento con la regione Marche con sede comune a Pescara ha invece sicuramente elementi di razionalità in considerazione della vicinanza territoriale –:
   se non ritenga più utile un accorpamento del provveditorato dell'Abruzzo e Molise con le Marche con sede a Pescara.
   (4-06170)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   la legge 26 febbraio 1992, n. 211, e successive modificazioni e integrazioni ha stanziato risorse per la realizzazione di interventi nel settore dei trasporti rapidi di massa, al fine di migliorare la mobilità e le condizioni ambientali nei centri urbani;
   il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», all'articolo 63, comma 12, per promuovere lo sviluppo economico e rimuovere gli squilibri economico-sociali, ha, in particolare, disposto che, per le finalità di cui all'articolo 9 della legge 26 febbraio 1992, n. 211, l'ammontare delle risorse stanziate dal decreto-legge n. 112 del 2008 per il triennio 2008/2010 per il finanziamento di nuovi interventi è pari a 141.200.000 euro;
   è, altresì, opportuno creare una graduatoria di interventi da ammettere a contributo, che sia valida anche per eventuali successivi rifinanziamenti, al fine di semplificare le procedure istruttorie per l'utilizzo immediato delle risorse disponibili;
   il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 16 febbraio 2009, n. 99, ha indicato le direttive in merito all'allocazione delle risorse di cui ai commi 12 e 13 dell'articolo 63 del decreto-legge n. 112 del 2008;
   il protocollo d'intesa tra regione Lombardia, provincia di Milano, comune di Milano, comune di Cormano, comune di Paderno Dugnano, comune di Senago, comune di Varedo e comune di Limbiate per la progettazione definitiva da Milano Comasina a Limbiate, sottoscritto in data 26 maggio 2006, ha affidato alla provincia di Milano l'elaborazione del progetto definitivo mediante esperimento di asta pubblica;
   il protocollo d'intesa del 31 luglio 2007 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Lombardia, la provincia di Milano e il comune di Milano «per la realizzazione della rete metropolitana dell'area milanese» e l'atto integrativo al protocollo d'intesa sopra citato, sottoscritto il 5 novembre 2007 a Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Lombardia, provincia di Milano e comune di Milano, considerano prioritario l'intervento di riqualificazione funzionale della tranvia Milano-Limbiate;
   l'intervento infrastrutturale è inserito in un'area ad elevata domanda di mobilità e rientra nel programma di potenziamento del complessivo sistema di trasporto pubblico locale in sede protetta (metropolitane, tranvia o mezzi che viaggiano su corsie dedicate);
   l'area in questione, nell'ambito del potenziamento del suddetto trasporto pubblico, è stata interessata al prolungamento della linea metropolitana M3 sino a Comasina, inaugurato nel mese di marzo 2011, che permette un celere, frequente e regolare collegamento dell'asta dei Giovi con i principali poli di destinazione milanesi;
   alcuni comuni, attraversati dalla linea oggetto del presente accordo, sono interessati da ulteriori opere sia di trasporto in sede protetta, sia di carattere viabilistico per le quali diventa necessaria una visione coordinata;
   il costo dell'intervento della riqualificazione della linea Milano-Limbiate, sulla base del progetto definitivo, risulta pari a 167.927.290,41 euro, di cui 30.000.000,00 euro per l'acquisto del materiale rotabile;
   conformemente alle direttive previste dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 99 del 2009 soprarichiamato, è stato individuato un primo lotto funzionale, costituito dalla tratta tra Milano Comasina e il deposito di Varedo compreso (escluso il materiale rotabile), per un costo di 98.224.972,01 euro;
   la provincia di Milano il 29 settembre 2009 ha trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il progetto definitivo, con la richiesta di finanziamento per la realizzazione del suddetto 1o lotto funzionale;
   la regione Lombardia, con delibera della giunta regionale VIII/10274 del 7 ottobre 2009, si è espressa favorevolmente, ai sensi dell'articolo 5 del decreto ministeriale del febbraio 2009;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il 1o febbraio 2011 ha comunicato alla provincia di Milano che, con decreto 28 dicembre 2010, n. 4107, è stato assunto l'impegno statale per un importo di 58.934.983,20 euro (il 60 per cento dell'importo di 98.224.972,01 euro) quale cofinanziamento per la riqualificazione della tranvia extraurbana Milano-Limbiate, 1o lotto funzionale Milano Comasina-Varedo deposito;
   il Cipe, nella seduta del 6 dicembre 2011, con delibera pubblicata sul supplemento n. 120 della Gazzetta Ufficiale del 15 giugno 2012, ha confermato il finanziamento statale di 58.934.983,20 euro, corrispondente alla quota del 60 per cento del costo dell'opera prevista dalla legge n. 211 del 1992, relativamente al lotto funzionale Milano Comasina-Varedo deposito;
   la restante quota di cofinanziamento di 39.289.988,80 euro, pari al 40 per cento dell'importo complessivo, pari a 98.224.972 euro, è a carico del territorio;
   l'accordo tra comune di Milano, comune di Cormano, comune di Paderno Dugnano, comune di Senago, comune di Varedo, comune di Limbiate per la realizzazione della metro tranvia Milano Comasina-Limbiate Ospedale è stato siglato in data 3 agosto 2012;
   l'11 marzo 2013 la provincia di Milano nel confermare l'attualità del progetto definitivo a suo tempo presentato, nel 2009, per la selezione di cui alla legge n. 133 del 2008 ha presentato il programma temporale relativo agli adempimenti di competenza, ha confermato la validità della delibera di giunta provinciale n. 684 del 2009 inerente alla copertura finanziaria dell'opera e ha trasmesso la deliberazione del consiglio provinciale n. 104 del 13 dicembre 2012 relativa all'approvazione dello schema di atto interistituzionale tra gli enti interessati al fine, tra l'altro, della ripartizione a livello locale del coste dell'opera, prevedendone la sottoscrizione entro il mese di giugno 2013;
   l'aggiudicazione provvisoria dell'appalto integrato è intervenuta l'8 agosto 2012, l'aggiudicazione definitiva il 13 settembre 2012, mentre il contratto è stato stipulato in data 11 luglio 2013;
   rispondendo all'interpellanza urgente 2-00136 del 19 luglio 2013, presentata dalla prima firmatoria del presente atto, il Sottosegretario pro tempore Rocco Girlanda, dopo aver ripercorso l’iter burocratico e legislativo dell'opera, aveva assicurato, in merito alla tranvia extraurbana Milano-Limbiate, tratta Comasina-deposito Varedo, che «presso i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è in corso di predisposizione la convenzione tra lo stesso Ministero e la provincia di Milano tesa a definire le modalità per l'erogazione dei contributi statali, previa approvazione del progetto e verifica della sussistenza del cofinanziamento» e che, per quanto concerneva la metrotranvia Parco Nord-Seregno, poteva «assicurare che seguirà a breve la consegna delle aree e l'inizio dei lavori»;
   il 19 dicembre 2013 la provincia di Milano approvava un ordine del giorno richiedente al Governo e alla regione Lombardia di farsi garanti del mantenimento in essere dei finanziamenti statali per l'opera;
   l'articolo 1, comma 88, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge di stabilità 2014 – pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2013 – supplemento ordinario n. 87), a seguito di un emendamento presentato dalla prima firmataria del presente atto e da altri deputati del PD lombardo, prevede che: «Al fine di accelerare gli interventi in aree urbane per la realizzazione di linee tramviarie e metropolitane il CIPE, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, individua, con apposita delibera, su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, gli interventi da revocare ai sensi dell'articolo 32, commi da 2 a 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nonché quelli finanziati dalla legge 26 febbraio 1992, n. 211, sul sistema metropolitano che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non siano stati affidati con apposito bando di gara. Le risorse rivenienti dalle revoche di cui al periodo precedente confluiscono in apposita sezione del Fondo istituito ai sensi dell'articolo 32, comma 6, del citato decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, e sono finalizzate dal CIPE con priorità per la metrotramvia di Milano-Limbiate (...)»;
   il termine (previsto all'articolo 7 dell'accordo interistituzionale del 3 agosto 2012) entro cui avrebbe dovuto essere bandita la gara di appalto per l'affidamento dei lavori era stato stabilito per il 30 giugno 2014;
   con la nota della provincia di Milano protocollo n. 154222 del 15 luglio 2014, a firma dell'assessore alle infrastrutture, viabilità e trasporti, dottor Franco De Angelis, veniva comunicato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il mancato perfezionamento dell'accordo interistituzionale a livello locale per la copertura economica della quota parte di stanziamento non coperto da fondi statali, con riferimento particolare alla provincia di Monza e Brianza e al comune di Varedo. In particolare tale nota si concludeva con un: «Si rimette pertanto a codesto Ministero ogni valutazione e provvedimento del caso sull'opera in parola»;
   la legge 7 aprile 2014, n. 56, Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni (legge Delrio – pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 81 del 7 aprile 2014), con la quale viene istituita la città Metropolitana di Milano, abroga di fatto la provincia di Milano, la quale non si trova più nella condizione di svolgere il previsto ruolo di soggetto aggiudicatore e di quella connessa in qualità di Responsabile per la realizzazione dell'intervento di ammodernamento in metro tranvia della tranvia Milano Comasina – Limbiate Ospedale;
   si ritiene necessario addivenire ad un accedo interistituzionale definitivo e completo della destinazione delle quote parte, che ogni ente partecipante all'accordo deve garantire –:
   se sia confermato l'impegno da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell'assicurare la creazione dell'opera essendo necessaria secondo gli interpellanti una scelta ragionevole e ponderata a favore di queste infrastrutture, giudicate importanti dalla regione Lombardia sia per quel che riguarda i flussi di visitatori verso le aree Expo, sia come patrimonio del territorio;
   se si intenda organizzare un incontro con gli enti interessati per approdare quanto prima alla definizione dell’iter procedurale per garantire la partenza dei lavori come da accordi.
(2-00696) «Cimbro, Mauri, Franco Cassano, Cominelli, Colaninno, Laforgia, Bazoli, Fragomeli, Bersani, De Maria».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   nel 2004 la regione Puglia (governo di centrodestra) approva il progetto per il raddoppio della strada statale 275 Maglie – S. Maria di Leuca, finanziato con 152 milioni di euro;
   tra il 2005 ed il 2009 il progetto diviene oggetto di molteplici contrarietà da parte di chi sostiene che abbia un impatto ambientale troppo elevato, tanto che la stessa regione Puglia (governo di centrosinistra) con una delibera della giunta arriva a definanziare l'opera, salvo poi fare retromarcia;
   nel 2009, d'intesa con il territorio, vengono approvate alcune varianti al progetto originario che, modificando in parte il tracciato della strada, garantiscono un minor impatto ambientale;
   tali modifiche fanno lievitare i costi dell'opera ma il Governo Berlusconi, sempre nel 2009, reperisce gli ulteriori 136 milioni di euro necessari, per un costo totale dell'opera di 288 milioni di euro;
   nel marzo del 2009 viene approvata la delibera Cipe che stanzia i fondi aggiuntivi e, poi, a marzo del 2011 il Cipe approva in via definitiva anche il progetto, confermando lo stanziamento anche con una ulteriore delibera a gennaio 2012;
   purtroppo, nonostante ciò, si susseguono decine di ricorsi alla giustizia amministrativa prima per gli espropri necessari alla realizzazione dell'opera, poi anche per l'affidamento dei lavori;
   nonostante alcuni contenziosi tra imprese ancora in atto, ad ottobre del 2013, l'Anas avvia le procedure per l'approvazione del progetto esecutivo per il raddoppio della strada statale e per la dichiarazione di pubblica utilità preliminare agli espropri;
   ad oggi quell'opera non è neanche mai partita con conseguenze drammatiche sia dal punto di vista della sicurezza (la strada oggi ancora a due corsie è talmente pericolosa e teatro di talmente tanti incidenti mortali da essere soprannominata «statale della morte»), sia dal punto di vista dello sviluppo socio economico del Basso Salento (il trasporto di persone e merci avviene a passo d'uomo) che rischia l'isolamento;
   appare inammissibile che un'opera pubblica, ritenuta infrastruttura strategica, approvata ed interamente finanziata ormai da 10 anni, sia ancora allo stato embrionale e senza neanche un cantiere aperto, con il rischio costante di perdere i finanziamenti –:
   se il Ministro non ritenga di dover attivare gli strumenti idonei ad accertare le cause di questi ritardi;
   se il Ministro non ritenga di sollecitare l'Anas affinché faccia tutto il possibile per avviare i lavori in tempi certi e rapidi, per garantire che l'opera venga realizzata immediatamente e che i cittadini e le imprese del Basso Salento possano finalmente avere una strada sicura e veloce.
(2-00694) «Palese».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, CRISTIAN IANNUZZI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in seguito alle modificazioni apportate al decreto-legge n. 90 del 24 giugno del 2014 per la conversione dalla legge n. 114 dell'11 agosto del 2014 con successiva pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 agosto del 2014 ed in particolare all'articolo 4, comma 1-quater, che recita: «per agevolare il transito dell'erogazione dei servizi di volo dall'ambito militare alla Società ENAV SpA negli aeroporti di Roma Ciampino, Verona Fillafranca, Brindisi Casale, Rimini e Treviso, il personale militare, in possesso delle abilitazioni di controllore del traffico militare ivi impiegato, può transitare, a domanda, nei corrispondenti ruoli del personale civile dell'ENAV Spa entro il limite del relativo fabbisogno secondo i criteri di mobilità geografica e di anzianità di servizio e senza limite di età anagrafica, nonché nei limiti della sostenibilità finanziaria consentita dal bilancio della medesima società. L'inquadramento del personale avviene sulla base di apposite tabelle di equiparazione tra i livelli di inquadramento previsti dal CCNL relativo al personale civile dell'ENAV Spa e quelli del personale appartenente al corpo militare. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;
   la società ENAV Spa ha provveduto ad anticipare, al 2014, anziché dal 1o gennaio 2015, la suddivisione degli aeroporti nazionali in base al numero di movimento annui, come da disposizioni comunitarie;
   la stessa società ENAV Spa ha provveduto, quindi, ad emanare un apposito piano tendente nell'ambito dei 21 impianti denominati a basso traffico, alla contestuale riduzione degli orari di servizi, degli organici disponibili e delle configurazioni tecnologiche standard, predisponendo un piano di mobilità geografica che porta il personale ENAV attualmente presente in tali impianti, allo scopo di mantenere le medesime condizioni contrattuali, al trasferimento verso altra sede;
   così come comunicato da ENAV Spa, tale riordino dell'organico operativo porterà alla assunzione di circa 150 nuove figure professionali per sopperire alle esigenze così venutesi a creare –:
   se ENAC sia a conoscenza dei nuovi orari di servizio aeroportuali, ne abbia potuto condividere e determinare la congruità e adeguatezza, con riferimento alle società di gestione aeroportuali coinvolte, ed in particolare, se si sia considerata l'esigenza dei territori coinvolti con i relativi utenti;
   se ENAV Spa intenda provvedere, così come da normativa sopra citata, e prima di intraprendere un nuovo percorso di selezione di personale operativo, ad attingere dal personale proveniente dall'Aeronautica militare già qualificato e immediatamente disponibile, o in alternativa intenda comunicare, quali siano i costi di formazione ed addestramento del personale operativo da inviare negli aeroporti così detti a basso traffico;
   se il Governo abbia preso in considerazione tali ulteriori sviluppi del tessuto aeroportuale italiano, e ne abbia valutato le conseguenze dirette e indirette sull'emanando piano nazionale aeroporti. (5-03662)


   ZANIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 85 del 28 maggio 2010 prevede, in attuazione dell'articolo 19 della legge n. 42 del 5 maggio 2009, l'attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio; in particolare, l'articolo 5, comma 1, lettera e) del medesimo decreto legislativo n. 85 del 2010, prevede la possibilità di assegnare a titolo non oneroso — dallo Stato agli enti locali — anche beni costituiti da strade ferrate dismesse;
   le procedure per l'assegnazione da parte del demanio statale dei beni agli enti territoriali, come da normativa contenuta nei provvedimenti sopra richiamati, risultano essere in corso anche per quanto riguarda la regione autonoma Friuli Venezia Giulia;
   i comuni che si affacciano sulla tratta ferroviaria dismessa «Casarsa della Delizia-Pinzano al Tagliamento", hanno deliberato da tempo di avviare quanto necessario alla valorizzazione, perlopiù in termini turistici, sociali ed ambientali, dell'ex infrastruttura ferroviaria, delegando a suo tempo la provincia di Pordenone a concordare il prezzo di acquisto;
   in particolare nel comune di Spilimbergo (provincia di Pordenone), vi è una area dismessa relativa al sedime e all'area dell'ex stazione della ex tratta ferroviaria in oggetto; tale area risulta disponibile per un possibile riuso già dal 14 gennaio del 2005; su tale area in particolare l'amministrazione comunale di Spilimbergo, sospinta anche dalla opportuna pressione popolare a motivo del disagio provocato dalla temporanea, insicura, rumorosa e onerosa soluzione di ripiego realizzata a confine diretto con una scuola, ha ripetutamente manifestato interesse ad acquisirla per realizzarvi la nuova autostazione cittadina, necessaria per dare soluzione ad un problema annoso che riguarda, oltre che la cittadinanza, anche i moltissimi pendolari — studenti e lavoratori — che convergono quotidianamente nella comunità spilimberghese in cui sono gestiti servizi e attività economico-produttive di rilevanza comprensoriale;
   sulla base delle rilevazioni condotte attraverso gli atti di sindacato ispettivo prodotti da questa stessa Camera nella XVI legislatura — le dichiarazioni fornite dall'allora sottosegretario Giachino il 29 luglio 2009 — risulterebbe che l'importo proposto da Rfi (Rete ferroviaria italiana), per la cessione di una porzione di binari di circa 27 chilometri, nell'ambito di una tratta ferroviaria dismessa e attualmente fonte inevitabile di spreco per la necessaria manutenzione, ammonterebbe a euro 5.308.754,04 in quanto valori iscritti a bilancio di Ferrovie dello Stato;
   questo dato di richiesta economica, da un lato risulta ingiustificabile da parte dei cittadini sotto il profilo logico oltre che dell'interesse pubblico data la natura della storia e nel servizio ferroviario italiano realizzato a suo tempo con l'impiego del denaro dell'erario, dall'altro, a causa del prezzo di vendita troppo alto, di fatto colloca il bene assolutamente «fuori mercato» e rischia di condannarlo all'incuria e all'ostentazione dello spreco pubblico, con in più, per il territorio e le relative amministrazioni locali, i danni delle connesse conseguenze paesaggistiche e di rischio per la sicurezza; ciò seppure in presenza di analoghe operazioni di cessione che sarebbero state portate a termine con esborsi assolutamente inferiori, come ad esempio il caso dell'operazione, citata dall'interrogazione dell'onorevole Ivano Strizzolo del 25 novembre 2010, portata a termine nell'Alto Friuli che avrebbe, viceversa, garantito ai comuni richiedenti un notevole risparmio, atteso che gli stessi avrebbero incamerato una settantina di chilometri di vecchia tratta a fronte di un esborso, di circa un milione e mezzo di euro;
   il medesimo Sottosegretario Giachino, nella risposta citata del 2009, dopo aver affermato che (dato il costo elevato) «si presume si debbano trovare strumenti giuridici diversi dalla semplice vendita» assicurava inoltre che «Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti garantisce ad ogni modo il proprio interessamento nei confronti di Ferrovie dello Stato s.p.a., per quanto di propria competenza, affinché la questione possa trovare una pronta soluzione nei tempi e nei modi più consoni atti a consentire alla Provincia di Pordenone di poter conseguire i fini di sviluppo turistico e sociale che sono stati previsti con lo sfruttamento della linea in questione» –:
   con quali strumenti si stia operando per determinare con urgenza e semplicità i passaggi necessari a trasferire in via prioritaria i beni pubblici da enti statali centrali che, vincolandone l'uso, determinano in numerosi territori un danno per il bene comune, a enti pubblici di altro livello che ne riattualizzino e rilancino le funzioni;
   quale sia lo stato dell’iter relativo ai diversi beni il cui trasferimento dall'Agenzia nazionale del demanio interessa la regione Friuli Venezia Giulia;
   nello specifico della tratta ferroviaria dismessa «Casarsa della Delizia-Pinzano al Tagliamento» se vi sia stata da parte del Ministero l'attivazione promessa e con quali riscontri presso i vertici di Rfi al fine di concordare sia eventuali strumenti giuridici diversi dalla semplice vendita, sia tra lo stesso ente e la provincia di Pordenone un importo di alienazione più accessibile, atteso che, a seguito della realizzazione del progetto di riqualificazione, l'infrastruttura potrebbe godere di un effettivo impiego a fini sociali e pubblici dopo anni di totale abbandono. (5-03663)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa. — Per sapere quali siano le ragioni del trasferimento da incarico operativo a incarico amministrativo a Livorno del capitano Gregorio De Falco, noto per l'azione meritoria svolta durante le operazioni di salvataggio della nave Concordia all'Isola del Giglio e per questo encomiato dalla Marina militare della Repubblica italiana. (4-06165)


   D'INCÀ, COZZOLINO, BRUGNEROTTO, SPESSOTTO, ROSTELLATO e BENEDETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'ANCE in un dettagliatissimo rapporto dell'ottobre 2012 (il project financing in Italia — indagine ANCE sulla realizzazione delle opere) ha posto in evidenza tutte le gravi criticità che rendono il project financing uno strumento da applicare con estrema cautela. L'analisi del mercato del project financing individua una serie di limiti legislativi, amministrativi, procedurali ed economici, che impediscono una piena ed efficace risposta della finanza di progetto alla pressante richiesta dei servizi di pubblica utilità proveniente dal territorio;
   le gravi criticità sottolineate da ANCE sono:
    a) erronea elaborazione dei documenti a base di gara;
    b) l'inesatta elaborazione del piano economico finanziario (elemento importantissimo) che è l'unica garanzia della correttezza economico-finanziaria della proposta che deve assicurare l'effettiva bancabilità dell'iniziativa;
    c) frequentemente rilevata è una generalizzata inadeguatezza dei contratti sottoscritti che dà luogo, troppo spesso, a contenziosi che rallentano lo sviluppo delle iniziative e ne aggravano il peso economico;
   il 30 giugno 2003 la Società Confederazione Autostrade spa (formata da Autostrada del Brennero, Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova, Autocamionale della Cisa, Autostrade Centro Padane, Società Autostrade di Venezia e Padova, Società Autostrada Torino Alessandria Piacenza, Autostrada Milano Serravalle-Milano Tangenziali) presenta alla regione Veneto una proposta per la progettazione, costruzione e gestione di una autostrada a pedaggio, per una lunghezza complessiva di circa 95,7 chilometri costituita da due corsie per senso di marcia, oltre alla corsia di emergenza, tra la località Nogara (Vr) e la Nuova Romea Commerciale (autostrada Orte-Mestre) in località Adria (Ro);
   nel 2006 la giunta regionale del Veneto dichiara di pubblico interesse la proposta presentata dalla Confederazione Autostrade per la realizzazione dell'autostrada a pedaggio Nogara-Mare in regime di finanza di progetto;
   il 6 novembre 2009 viene sottoscritto il 2o atto aggiuntivo alla IGQ regione Veneto, nel quale, tra le infrastrutture di interesse regionale per le quali concorre l'interesse nazionale da avviare entro il 2013, è inserita l'autostrada Nogara-Mare (solo per procedure);
   il costo previsto è di 1,2 miliardi di euro di cui 50 milioni di euro finanziati dalla regione e 1,15 miliardi di euro in project financing;
   il 22 gennaio 2010 con delibera CIPE n. 1 (G.U.R.I. n. 960 del 6 novembre 2010), viene approvato il progetto preliminare presentato dal promotore, dell'autostrada regionale medio padana veneta che collega Nogara al mare Adriatico per un costo complessivo di 934,5 milioni euro di cui 60 a carico della regione Veneto e 874,52 reperiti con la finanza di progetto;
   il progetto viene approvato dal CIPE con numerose prescrizioni tecniche e raccomandazioni: rivedere il piano economico finanziario che assumeva, come flussi di traffico, anche i flussi che sarebbero derivati dalla realizzazione del collegamento tra l'autostrada Nogara – Mare e l'autostrada del Brennero (A22) in località Mantova a partire dal 2013, considerato anno di entrata in esercizio dell'autostrada. Detto collegamento, insistente parzialmente sul territorio della regione Lombardia, faceva parte del progetto preliminare per la realizzazione dell'autostrada Cremona-Mantova, come approvato con delibera di giunta regionale Lombardia n. 11577 del 13 dicembre 2002;
   con delibera CIPE n. 81 del 18 novembre 2010 – legge obiettivo — VIII programma delle infrastrutture strategiche è stato confermato l'inserimento dell'autostrada Nogara Mare tra gli interventi strategici di preminente interesse nazionale;
   il 16 giugno 2011 è stato inserito nell'intesa generale quadro fra Stato e regione del Veneto il collegamento tra l'autostrada Nogara Mare e l'autostrada del Brennero, prevedendo la realizzazione della infrastruttura di collegamento con l'A22 interamente nel territorio della regione del Veneto;
   il 20 dicembre 2011 con delibera di giunta regionale n. 2209, l'originario intervento, denominato «Nogara (VR) – Mare Adriatico», è stato integrato con l'ulteriore collegamento ad ovest tra Nogara e la A22 «del Brennero». Il progetto preliminare prevede la realizzazione dell'autostrada regionale a pedaggio Medio Padana Nogara-Mare Adriatico, costituita dall'asse principale e dalla viabilità complementare, per uno sviluppo complessivo di 148 chilometri, e il collegamento a pedaggio della stessa con l'autostrada A22 «del Brennero» in provincia di Verona, per uno sviluppo complessivo di 23 chilometri. In considerazione dei maggiori oneri derivanti dall'adeguamento del progetto presentato dal Promotore alle prescrizioni del CIPE ed al fine di assicurare la realizzazione dell'opera nel rispetto degli elementi considerati nel piano economico finanziario e, segnatamente, dei flussi di traffico, è stato previsto dal Promotore di realizzare l'autostrada Nogara Mare per fasi successive. Il quadro economico di 1.901.490.090,86 euro prevede un contributo pubblico di 50 milioni al netto dell'IVA (60.500.000,00 euro iva inclusa) in conto capitale o in alternativa la defiscalizzazione dell'opera;
   il 19 novembre 2013 con delibera di giunta regionale n. 2119, viene assegnata l'aggiudicazione definitiva al promotore costituito da autostrada Brescia Verona Vicenza Padova spa, Confederazione autostrade spa, Società delle autostrade Serenissima spa, Astaldi concessioni srl, Astaldi spa, Impresa di costruzioni ingegner E. Mantovani spa, Itinera spa, Technital spa e S.I.N.A spa;
   il 1o febbraio 2012 viene arrestato l'amministratore delegato dell'autostrada Venezia-Padova, Lino Brentan, per collaudato e consolidato sistema di irregolare aggiudicazione dei lavori pubblici e tangenti;
   il 24 dicembre 2012, con nota prot. 582593 del dirigente della direzione, strade autostrade e concessioni della regione Veneto, viene designata la Commissione per la verifica dei requisiti – del concessionario. La commissione in capo al soggetto promotore è formata dal presidente ingegner Giuseppe Fasiol, dal componente dottor Giorgio De Lucchi e dal dottor Ruggiero Pinto come componente per ANAS;
   il 28 febbraio 2013 viene arrestato Piergiorgio Baita, presidente dell'impresa di Costruzioni ingegner E. Mantovani spa, per frode fiscale, false fatturazioni e consulenze inesistenti. Il Gruppo Mantovani guida una cordata di imprese che si è aggiudicata per 160 milioni l'appalto per la realizzazione della piastra del sito espositivo di Expo Milano 2015, è impegnata nei lavori di costruzione del Mose e in altri interventi pubblici realizzati con il sistema del project financing in Veneto (come l'ospedale di Mestre). Il Gruppo è inoltre il terzo azionista della Società autostrade Venezia e Padova;
   da visura camerale societaria di giugno 2014 risulta che Piergiorgio Baita dal 12 marzo 2013 ha cessato il ruolo di consigliere del CDA, ma è ancora socio diretto per 2,5 milioni di euro, pari al 5 per cento delle quote societarie dell'Impresa di Costruzioni ingegner E. Mantovani spa;
   la relazione di dicembre 2010 della 5a commissione consiliare regionale del Veneto sul project financing ospedaliero invitava il governatore Zaia a prendere urgenti provvedimenti per eliminare gravi criticità nell'applicazione dei contratti di finanza di progetto, come:
    la presenza nei contratti di clausole «vessatorie» a danno dei Concedenti;
    l'assenza nei project della clausola di riscatto;
    la durata del vincolo di concessione troppo estesa (25/30 anni);
   la Corte dei conti per l'esercizio 2011 della regione Veneto evidenziava che circa il 46 per cento degli oneri finanziari era costituito da canoni e oneri accessori per project financing;
   all'udienza della Corte dei conti della regione Veneto per l'attestazione di regolarità del bilancio regionale 2012, il Governatore Zaia in virtù della necessità di contenere comunque la spesa pubblica, ha chiesto ai magistrati della Corte dei conti un aiuto per un obiettivo ambizioso, ovvero rivedere i contratti di finanza di progetto, che pesano sul bilancio regionale;
   con deliberazione del consiglio regionale n. 21 del 22 marzo 2013 è stata istituita la commissione d'inchiesta sui lavori pubblici regionali che deve verificare, a fronte di quella che è stata definita la nuova «tangentopoli veneta», procedure, costi e tempi di affidamento, aggiudicazione e realizzazione dei lavori pubblici di competenza regionale, con particolare riguardo a quelli eseguiti o in corso di esecuzione/affidamento attraverso project financing –:
   se gli interrogati Ministri intendano verificare la sostenibilità dell'opera e lo studio dei flussi di traffico, su cui si basa il progetto, alla luce delle osservazioni presentate dal CIPE, facendo chiarezza sulla struttura finanziaria del PF per la Nogara-Mare anche al fine di accertare quali sono le garanzie contrattuali su cui esso si basa, dal momento che le correzioni alla parte tecnica ed economica del progetto hanno fatto aumentare i costi da 900 milioni a 1,9 miliardi di euro;
   se non ritengano opportuno adottare ogni iniziativa di competenza al fine di verificare la correttezza delle procedure di aggiudicazione dell'appalto per la costruzione della «Nogara-Mare», anche alla luce delle indagini giudiziarie in cui è già rimasta coinvolta la Mantovani spa;
   se non intendano, alla luce delle criticità evidenziate dalla Corte dei conti, prendere atto e assumere le eventuali determinazioni di competenza rispetto all'esito delle indagini della commissione d'inchiesta sui lavori pubblici regionali deliberata dalla regione Veneto e se sia noto quali azioni la regione stia mettendo in campo per rivedere i PF laddove siano interessati anche progetti di interesse nazionale. (4-06178)


   LAVAGNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   venerdì 13 gennaio 2012 alle 21:45, nelle acque dell'Isola del Giglio, la nave da crociera «Costa Concordia», di proprietà della compagnia di navigazione Costa Crociere, ha urtato uno scoglio riportando l'apertura di una falla lunga circa 70 metri sul lato sinistro dell'opera viva. L'impatto ha provocato la brusca interruzione della crociera, un forte sbandamento e il conseguente arenamento sullo scalino roccioso del basso fondale prospiciente Punta Gabbianara, a nord di Giglio Porto;
   l'incidente ha provocato 33 morti, tra cui la morte di un sommozzatore mentre era intento a collaborare nei lavori di rimozione del relitto, avvenuta il 1o febbraio 2014;
   salpata dal porto di Civitavecchia con 4229 persone a bordo (3216 passeggeri e 1013 membri dell'equipaggio), avrebbe dovuto successivamente fare scalo nei porti di Savona, Marsiglia, Barcellona, Palma di Maiorca, Cagliari, Palermo, per poi far ritorno a Civitavecchia;
   dopo 27 minuti dall'urto la capitaneria di porto di Livorno si metteva in comunicazione con la Costa Concordia (su avviso di un parente di un passeggero) per assicurarsi del loro stato, dopo che i Carabinieri di Prato avevano avvisato la capitaneria stessa di aver ricevuto una telefonata richiedente informazioni sullo stato delle cose;
   alle 22:17 il comandante Schettino comunicava a Ferrarini la presenza di due compartimenti allagati e che in tali condizioni permaneva la galleggiabilità della nave. Comunicava inoltre la decisione di non gettare subito le ancore in quanto la nave stava scarrocciando verso terra, quindi avrebbe atteso l'avvicinamento della nave verso acque meno profonde prima di dare fondo all'ancora. Alle 22:27 il comandante comunicava ancora con Ferrarini riferendo di un aggravamento delle condizioni. In particolare il comandante riferiva che la via d'acqua interessava 3 compartimenti della nave;
   il comandante ordinava di dare l'emergenza generale, gli annunci ai passeggeri i quali venivano invitati a recarsi ai punti di raccolta e alle 22:33 il comandante ne dava comunicazione telefonica a Roberto Ferrarini;
   alle 22:45 i membri dell'equipaggio hanno iniziato a preparare i passeggeri e le scialuppe per lasciare la Concordia e alle 22:58 il comandante ha dato l'ordine di abbandonare la nave;
   alle 23:11 il comandante comunicava al telefono con Ferrarini riferendo che lo scarroccio verso acque meno profonde era andato a buon fine e di aver già dato fondo alle due ancore. Comunicava che la poppa era appoggiata sul basso fondo e che la nave non poteva muoversi dal punto in cui si trovava. Riferiva che le operazioni di sbarco con le scialuppe erano già cominciate, inoltre segnalava la presenza di una motovedetta e di un traghetto in assistenza;
   durante le prime ore successive al naufragio gli inquirenti hanno sostenuto che il comandante alle 23:30 non si trovasse più a bordo, quando la maggior parte dei passeggeri doveva ancora essere sbarcata;
   qualche giorno dopo il naufragio sono state pubblicate le registrazioni di alcune telefonate (la prima alle 00:32, un'ora e mezza dopo l'inizio delle operazioni di sbarco) in cui il capitano di fregata Gregorio De Falco della capitaneria di porto di Livorno, quella notte intimava al comandante di risalire sul relitto ormai coricato sul fianco. Questi rispondeva che stava coordinando le operazioni da una lancia di salvataggio, essendo ormai il relitto impraticabile. Durante la terza telefonata, quella delle 01:46, De Falco ordinò al comandante di tornare a bordo della nave e di coordinare lo sbarco dei passeggeri, non ottenendo però il risultato desiderato;
   Gregorio De Falco, ai tempi del naufragio della Costa Concordia, era a capo della sezione operativa e dallo scorso anno aveva assunto l'incarico di caposervizio operazioni della direzione marittima di Livorno, gestendo, in prima persona, nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012, le fasi cruciali dei soccorsi dopo il naufragio della nave all'Isola del Giglio, ricevendo per questo anche l'encomio solenne della Marina Militare;
   nella tragica notte del 13 gennaio 2012, in cui la Concordia colò a picco, dagli uffici della capitaneria di porto di Livorno, prese le redini della situazione, intimando al comandante di tornare a bordo con la famosa telefonata che ha suscitato scalpore nell'opinione pubblica;
   da organi di stampa si apprende che il capitano di fregata, dopo dieci anni, è stato rimosso da incarichi operativi nella capitaneria di Livorno: a fine settembre infatti sarà trasferito in altri uffici, sempre della Direzione marittima di Livorno;
   inoltre, il capitano di fregata dichiara: «eseguirò gli ordini, ma sono convinto di essere vittima del mobbing. Dunque valuterò azioni legali. Il nuovo incarico che mi hanno assegnato cancella in un attimo dieci anni della mia vita e della mia professione. Ho lavorato in un'area operativa e, nell'ultimo anno, con funzioni di comando. E come se un insegnante, innamorato di didattica e pedagogia che ha dimostrato la propria competenza, venisse all'improvviso trasferito in un ufficio amministrativo»;
   in un'intervista a Repubblica De Falco rivela di non escludere, anzi di temere che dietro il suo trasferimento ci possano essere dei legami con il naufragio della Concordia e le successive vicende processuali –:
   se il Ministro intenda chiarire la vicenda della rimozione del comandante Gregorio De Falco dal settore operativo della capitaneria di Livorno e il suo trasferimento ad un ufficio amministrativo. (4-06179)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MICILLO, BUSTO, DE ROSA, DAGA, MANNINO, TERZONI, SEGONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 7 aprile 2014, n. 56 recante Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, si prevede, tra l'altro, l'istituzione e la disciplina delle Città metropolitane;
   tale legge nulla precisa, tuttavia, con riferimento al procedimento elettorale dei consigli metropolitani all'interno dei comuni commissariati per infiltrazioni malavitose;
   il silenzio della legge ha spinto i tecnici del Ministero dell'interno ad emanare una circolare chiarificatrice sulla incerta questione;
   con la circolare del Ministero dell'interno 32/2014 vengono evidenziate le linee guida per lo svolgimento del procedimento elettorale. Al punto n. 5 della suddetta circolare si individua il corpo elettorale al 35o giorno antecedente la votazione e si precisa: «il corpo elettorale, sia per le elezioni dei consigli metropolitani, sia per le elezioni dei presidenti e dei consigli provinciali, è costituito dai sindaci e dai consiglieri comunali in carica». Al secondo periodo del medesimo punto n. 5 si precisa: «Non possono, quindi, far parte del corpo elettorale gli ex amministratori elettivi dei comuni, cioè i sindaci e consiglieri comunali, nei casi in cui il comune risulti per qualsiasi motivo commissariato. Ovviamente non sono elettori neppure gli organi non elettivi (commissari o componenti di commissioni straordinarie) nominati per la provvisoria amministrazione del comune»;
   secondo affermata dottrina e costante giurisprudenza le circolari amministrative non costituiscono una fonte del diritto ma esse rappresenterebbero l'opinione, anche se autorevole, della amministrazione che le ha emanate. Sempre in linea con questo orientamento, secondo diversi pronunciati giurisprudenziali, la circolare non vincola neppure gli uffici gerarchicamente subordinati, ai quali non è vietato di disattenderla senza che il loro provvedimento, adottato per risolvere il caso singolo, possa essere ritenuto illegittimo per violazione della circolare;
   nella regione Campania le amministrazioni comunali di Giugliano in Campania, Quarto, Caivano, Cardito, Mugnano di Napoli, Arzano, sono state sciolte per infiltrazioni malavitose per cui la gestione amministrativa è stata, ed è tuttora, affidata ad una commissione straordinaria;
   trattasi pertanto di numerosi comuni comprendenti un considerevole numero di abitanti i quali resteranno senza rappresentanza all'interno degli organi della città metropolitana;
   applicando quanto disposto dalla circolare anzidetta, i cittadini dei comuni commissariati, di fatto, non hanno la possibilità di poter esprimere alcun rappresentante in seno alla città metropolitana in quanto esclusi dal procedimento elettorale;
   tale interpretazione costituisce un arbitraria presa di posizione a discapito della cittadinanza di tutti quei comuni che sono stati commissariati e che si vede privata del diritto di voto, ancorché di secondo grado, venendosi così a ledere principi costituzionalmente tutelati quali quelli sanciti dall'articolo 48 e 3 della carta costituzionale –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per garantire ai cittadini dei comuni commissariati la possibilità di partecipazione al procedimento elettorale dei consigli metropolitani, così da poter esprimere i propri rappresentanti nella città metropolitana. (4-06167)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
    come si apprende da recenti notizie di stampa, per i prossimi giorni è atteso l'arrivo nella città di Erba di alcuni cittadini extracomunitari, che alloggeranno all'ex hotel Centrale in corso 25 aprile, su indicazione della prefettura;
   sempre secondo quanto riportato dai quotidiani locali, non sarebbe noto neanche agli amministratori locali «quanti siano, da dove vengano e quando arriveranno»;
   il vicesindaco Claudio Ghislanzoni avrebbe dichiarato ai giornali che «La comunicazione è arrivata oggi pomeriggio (il 22 settembre) da parte della prefettura nonostante la nostra città, dopo aver consultato le associazioni presenti sul territorio, non avesse dato la propria disponibilità»;
   l'ex Hotel Centrale, in cui verranno alloggiati non ancora meglio identificati cittadini extracomunitari, si trova in pieno centro cittadino e ciò comporterà problemi di sicurezza e ordine pubblico, come peraltro già avvenuto in altre realtà nella gestione di strutture a ridosso di scuole a abitazioni;
   tale decisione ha creato notevole preoccupazione tra i residenti della zona;
   spesso il transito in tale strutture di accoglienza è temporaneo perché numerosi sono i casi, anche riportati dalle cronache locali, di fughe di extracomunitari di cui poi si perdono le tracce sul territorio;
   pare l'ex Hotel centrale non sia neanche completamente agibile e che dunque necessiti di lavori per essere agibile –:
   chi siano e da dove vengano i cittadini extracomunitari che verranno ospitati nella città di Erba presso l'ex Hotel Centrale, il motivo per cui sono stati assegnati alla città di Erba, nonostante il parere contrario da parte degli amministratori e delle associazioni presenti sul territorio, quali controlli verranno posti in essere per verificare le entrate e le uscite dalla struttura, infine quali siano i costi complessivi della permanenza presso la struttura alberghiera sopra indicata. (4-06171)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CASELLATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 263 del 2012 ha istituito i Centri provinciali di istruzione degli adulti (C.P.I.A.) con autonomia scolastica a partire dall'anno scolastico 2014/2015;
   questo anno scolastico ne partiranno alcuni, in Veneto 2, provincia di Treviso e Verona (dal prossimo anno scolastico partiranno obbligatoriamente tutti gli altri);
   quelli attivati questo anno scolastico (circa 40 in tutta Italia) ad oggi sono senza Codice meccanografico che deve assegnare il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   la mancanza del codice meccanografico impedisce di poter attivare qualsiasi funzione amministrativa (protocollo, aprire un conto di tesoreria, fare acquisti, fare incarichi, gestire il personale, e altro...);
   è stata gestita tutta la parte didattica e i CPIA sono pronti ad iniziare le attività didattiche, anche in collaborazione con i comuni, ma per i suddetti motivi sono di fatto paralizzati –:
   quale sia la posizione del Ministro interrogato in merito alla situazione sopra illustrata e se vi sia la possibilità di sblocco immediato attraverso l'assegnazione di codice meccanografico ai Centri provinciali di istruzione degli adulti già pronti all'avvio delle attività didattiche. (5-03659)

Interrogazione a risposta scritta:


   PIRAS. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la professoressa A.D., in servizio da 36 anni, attualmente impiegata presso la Scuola Media «Mannu» di Cagliari, da circa 7 anni presta servizio di insegnamento alla casa circondariale di Buoncammino (Cagliari);
   nel corso degli anni, nonostante la difficoltà di poter svolgere con continuità le lezioni per mancanza di agenti di sorveglianza, i docenti hanno comunque deciso di svolgere il proprio lavoro in assenza degli stessi, portando avanti diversi progetti con i detenuti comuni al maschile, detenuti di alta sicurezza al maschile e detenute comuni al femminile;
   di comune accordo con la direzione del carcere, sono stati portati avanti progetti teatrali, uno sul riciclo e recupero come attività possibilità lavorative, uno di pittura coi detenuti di alta sicurezza;
   i docenti ed in particolare la professoressa A.D., ritengono di non aver mai avuto problemi ed impedimenti nel loro lavoro all'interno della casa circondariale di Buoncammino, anche in attività non strettamente curriculari;
   nel dicembre 2013, la docente A.D. è stata convocata dal direttore del carcere dottor G. Pala, per chiedere quali rapporti e corrispondenze avesse con il detenuto D.D., nel frattempo trasferito da Cagliari a Palermo, il quale dopo il trasferimento scrisse alcune lettere con relativo timbro censorio alla docente;
   la professoressa A.D., viene informata del fatto che sarebbe stato preferibile non scambiare corrispondenza con il detenuto D.D., cosa a cui la docente non ha dato peso considerando la possibilità di scrivere a D.D. come un suo diritto;
   a giugno 2014, una lettera della docente A.D. viene sequestrata dal magistrato di sorveglianza perché vi si riscontrerebbero elementi di pericolosità, nonostante nell'atto, cui copia è in possesso della docente, ci fossero solo elementi di generica solidarietà e vicinanza al detenuto, nel frattempo trasferito dal carcere di Palermo a Caltanissetta;
   il 1o settembre 2014, la docente prende servizio con i colleghi presso la struttura carceraria, nell'area educativa della casa circondariale, per pianificare le attività dell'anno scolastico 2014/2015;
   l'11 settembre, con convocazione del preside, dottor P.P. Porcu, viene comunicato alla docente il suo trasferimento, dopo 7 anni di attività, dalla casa circondariale di Buoncammino alla sede centrale della scuola Media Mannu di Cagliari;
   le motivazioni del trasferimento sono relative all'incolumità della docente, dettate da una riservata del Ministero della giustizia, nella quale si classifica esplicitamente il detenuto D.D. come «anarchico»;
   la docente A.D. presta servizio da ormai 7 anni come insegnante nella struttura carceraria di Buoncammino, garantendo continuità e competenza nel difficile ruolo di docente all'interno della casa circondariale;
   il detenuto considerato anarchico e pericoloso per l'incolumità della docente non è più presente all'interno della casa circondariale di Buoncammino, ma è stato trasferito da tempo prima a Palermo e poi a Caltanissetta;
   la docente ha impugnato il provvedimento, sia in sede amministrativa che giudiziaria, in quanto non ritiene che sussista alcun rischio per la sua incolumità personale ed in quanto ritiene sia stata lesa la sua dignità professionale e compromessi i suoi diritti costituzionalmente garantiti di libera cittadina –:
   se i Ministri della giustizia e della pubblica istruzione siano a conoscenza dell'accaduto e della riservata inviata alla direzione carceraria di Buoncammino;
   se non ritengano, per quanto di competenza, di dover attivare un supplemento di verifica sui fatti esposti, ascoltando anche le ragioni della professoressa A.D., da anni impegnata nel difficile compito dell'insegnamento in una struttura carceraria;
   per quali motivazioni sia stata inviata una riservata di allontanamento, motivandola sulla base della tutela dell'incolumità della docente, nonostante il detenuto D.D. fosse stato da tempo trasferito in Sicilia;
   se non ritengano di dare mandato agli organi preposti per reintegrare in servizio nella struttura carceraria in questione la professoressa A.D. (4-06180)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   AIRAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   due autisti romani sono stati sospesi «in via cautelativa» dal lavoro perché colpevoli di aver rilasciato senza autorizzazione un'intervista. I due avevano parlato ai microfoni della trasmissione di Rai 3 Presa Diretta, andata in onda domenica sera, sui problemi del trasporto pubblico a Roma. Una libertà che non è piaciuta alla loro azienda, la Trotta bus service, una delle società del Consorzio Roma Tpl, che gestisce in appalto il 30 per cento del servizio bus nella Capitale, che per questo li ha sospesi;
   il sindacato Usb, che chiede l'annullamento immediato delle sanzioni nei confronti dei due autisti e delegati sindacali Ilario Ilari e Valentino Tomasone, afferma che «i lavoratori non hanno rilasciato nessuna dichiarazione diversa da ciò che le immagini hanno mostrato, ovvero una vettura guasta al capolinea, durante l'intervento di un meccanico; un autobus che ad ogni inserimento di marcia scaricava l'aria dei servizi automezzo e rischiava di bloccare la vettura»;
   i sindacati del trasporto pubblico colgono l'occasione per portare alla luce i problemi del settore: «Non si è mai visto che all'aumentare della domanda si decida di contrarre l'offerta. In Atac succede questo», dice Alessandro Capitani, segretario generale di Filt-Cgil Roma e Lazio, che lamenta la mancanza di un piano strategico;
   «Nelle lettere inviate ai lavoratori si contesta la loro presenza in trasmissione senza alcuna autorizzazione da parte aziendale e l'aver rilasciato al giornalista inviato dichiarazioni inerenti il parco automezzi aziendale circolante e la relativa manutenzione delle vetture altamente lesive dell'immagine dell'azienda», spiega Walter Sforzini dell'USB. «La sospensione dei nostri delegati, che potrebbe preludere al loro licenziamento, appare come un'azione di ritorsione nei confronti della nostra organizzazione sindacale, che da anni denuncia questo tipo di mancanze alle istituzioni responsabili del servizio. Alla luce di ciò l'USB chiede l'annullamento immediato delle sanzioni nei confronti dei delegati e l'attivazione delle necessarie verifiche sulla corretta applicazione del capitolato d'appalto con il Consorzio Roma Tpl», conclude Sforzini –:
   quali azioni intendano intraprendere, anche di carattere normativo, per quanto di competenza, per garantire la possibilità per i lavoratori di esprimere la propria opinione liberamente senza dover per questo perdere il proprio lavoro;
   quali iniziative anche normative intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di rafforzare i diritti dei lavoratori di fronte alla minaccia di licenziamento discriminatorio e ritorsivo esercitato in questo caso sui due autisti romani;
   se non ritengano necessario tutelare ed estendere la copertura dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori anche a quelle categorie di lavoratori attualmente non garantite, copertura che dimostra essere necessaria e indispensabile per tutelare i lavoratori dagli ingiusti e ingiustificati licenziamenti e la loro libertà di opinione. (4-06175)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FAENZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante segnala che negli ultimi mesi, vaste aree della regione Toscana ed in particolare nella provincia di Grosseto, sono state interessate dal fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica, alle produzioni agricole e zootecniche;
   la dimensione allarmante assunta dall'incremento degli attacchi da parte di lupi o altri canidi selvatici agli allevamenti di bestiame, ha determinato nelle aree interessate, gravi ripercussioni sul tessuto produttivo, generando tensioni sociali ed esasperazione negli operatori, con prevedibili implicazioni sull'attività economica delle imprese agricole;
   la presenza di animali selvatici, dai lupi, ai cinghiali in Toscana, in particolare nelle aree rurali in cui si è avuto un ripopolamento della specie, evidenzia altresì l'interrogante, è diventata sempre più numerosa, generando tensioni tra gli allevatori grossetani, non essendo abituati alla presenza dell'animale in maniera così estesa, che non contemplano la messa in atto di misure per la prevenzione dei danni;
   l'indagine conoscitiva sul fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche, insieme ai numerosi interventi di sindacato ispettivo, presentati sia nella scorsa, che nella presente legislatura, comprovano l'esigenza di una nuova e più efficace politica di gestione e controllo della fauna selvatica da parte delle competenti istituzioni anche a livello regionale, cambiando l'approccio adottato;
   l'interrogante a tal fine evidenzia come non si tratta più, di gestire la fauna ai fini prettamente faunistico-venatori, ma piuttosto trovare un modo per riequilibrarne la presenza in funzione di esigenze di carattere sociale ed economico, anche attraverso iniziative di monitoraggio e di prevenzione;
   l'interrogante segnala fra l'altro, come nell'ambito delle problematiche riguardanti i danni prodotti dai lupi, la Commissione del consiglio regionale della Toscana ha avviato la discussione della proposta di aprire la caccia al lupo, come risoluzione del problema dei danni provocati alla zootecnia regionale;
   a tal proposito prosegue l'interrogante, la legge regionale che in Toscana regola la materia è la n. 26 del 4 febbraio 2005 (tutela del patrimonio zootecnico soggetto a predazione), che prevede il finanziamento di opere di prevenzione a tutela del patrimonio zootecnico, ed incentiva la stipula di contratti assicurativi per i danni causati al patrimonio zootecnico dall'attacco di animali predatori;
   tuttavia attualmente nella suddetta regione, qualsiasi analisi, verifica e messa in opera puntuale e monitorata di possibili attività di prevenzione non è stata effettuata e la legge regionale in precedenza richiamata risulta peraltro ancora inapplicata –:
   se sia a conoscenza dell'espansione del fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica provocati dai lupi e dai canidi randagi, nella regione Toscana in particolare nella provincia di Grosseto e, in caso affermativo, quali iniziative di competenza, intenda assumere per contenere il pericoloso aumento, in considerazione che ormai la consistenza dei lupi è ben oltre la soglia del rischio di estinzione e necessita pertanto di azioni al fine di tutelare le produzioni agricole e zootecniche grossetane, anche attraverso la previsione di un sistema di misure d'incentivo per le imprese agricole con un adeguato regime di sostegno, per i danni subiti;
   quali iniziative di competenza, nel rispetto dell'autonomia legislativa in materia regionale, intenda intraprendere al fine di avviare significative politiche di contenimento del lupo e dei canidi, limitandone gli attacchi. (5-03661)

Interrogazione a risposta scritta:


   PARENTELA, MASSIMILIANO BERNINI, TRIPIEDI, BENEDETTI, GALLINELLA, LUPO, GAGNARLI e L'ABBATE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Aethina tumida (Murray) meglio conosciuta come Il coleottero degli alveari è un insetto della famiglia dei pulitori o coleotteri scavatori, originario del Sudafrica recentemente diffuso negli Usa ed in Australia, Paesi in cui ha avuto un effetto devastante sull'ape europea (apis mellifera);
   i principali mezzi di diffusione sono i pacchi d'api e le colonie di api, ma può anche essere trasmesso inavvertitamente attraverso sciami trasportati via mare o via aerea o, ancora, in partite di frutta, cera grezza e attrezzatura apistica usata;
   l'insetto adulto che assume colori dal marrone scuro al nero ha una lunghezza di circa mezzo centimetro e può vivere fino a 6 mesi. Le femmine del coleottero depongono le uova in buchi o crepe presenti nell'alveare. Le uova si schiudono in 2-3 giorni e da esse escono delle piccole larve che si nutrono di polline e miele, danneggiando i favi. Dopo 10-16 giorni le larve, ormai mature, lasciano l'alveare e, dopo 3-4 settimane, diventate adulte, cercano altri alveari in cui deporre nuove uova. I coleotteri degli alveari possono avere anche 4 o 5 generazioni l'anno durante le stagioni calde;
   il danno principale alle colonie di api avviene attraverso l'attività nutritiva delle larve che si cibano di polline, miele e uova. Il coleottero, inoltre, scavando dei veri e propri tunnel – sono state contate fino a 30mila larve per alveare – danneggia o distrugge, nei casi più gravi, i favi causando la fuoriuscita del miele e la sua fermentazione. La fermentazione e le feci delle larve, hanno effetti diretti sul miele che, a detta degli esperti, prenderebbe un caratteristico odore di arance marce e cambierebbe persino il colore diventando così invendibile. Grosse infestazioni, come segnalato dagli apicoltori, causerebbero un rapido collasso anche di colonie molto forti;
   l'impatto economico che ne è risultato sull'attività apistica negli USA è stato notevole. In due anni dalla sua scoperta, almeno 20.000 colonie sono state distrutte dallo scarafaggio, con danni di svariati milioni di dollari;
   la presenza di Aethina tumida è stata confermata per la prima volta in Italia il 5 settembre 2014 nel comune di Gioia Tauro, in un apiario dell'Università di agraria posto in località Sovereto (Reggio Calabria);
   da notizie di stampa si apprende che il professor Vincenzo Palmeri dell'università di Reggio Calabria, autore del ritrovamento e dell'identificazione del parassita esotico, abbia già segnalato la problematica sopra esposta al Ministro della salute ed al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali chiedendo di intervenire attivando le misure necessarie atte a circoscrivere ed eradicare eventuali ulteriori altri focolai nonché impedire la diffusione del parassita sul territorio nazionale;
   l'Unione nazionale associazione apicoltori italiani (Unaapi), congiuntamente alla Federazione apicoltori italiani (Fai), ha inviato alla dottoressa Gaetana Ferri, Direttore Generale della Sanità Animale del Ministero della Salute, una lettera con la quale si offre la piena collaborazione a procedere all'eradicazione del parassita rilevato in Calabria. Inoltre, nella lettera, si sottolinea la necessita di attivare procedure – peraltro previste e attivate in zootecnia in analoghe emergenze sanitarie – che prevedano un adeguato indennizzo per gli apicoltori ai quali viene richiesta la distruzione dei propri alveari colpiti dal parassita;
   non si è in grado di circoscrivere con esattezza il fenomeno che, se fosse iniziato questa primavera, oggi non sarebbe inverosimile pensare – come sostiene Luca Bonizzoni, apicoltore professionista, dirigente della rete Unaapi – ad una diffusione in un raggio di 20 o di 100 chilometri dal primo insediamento dell'insetto. «Se fosse questa la realtà» — afferma Bonizzoni in una lettera inviata all'Unaapi — «gli apicoltori italiani dovranno imparare a coesistere con un nuovo gravissimo nemico e, dobbiamo solo sperare che le autorità la dichiarino endemica rapidamente, così almeno possiamo continuare a lavorare (altrimenti il blocco degli spostamenti su tutta Italia bloccherebbe la produzione) e comunque la sua diffusione creerebbe danni gravissimi: ai biologici (totalmente rovinati), alla produzione di regine e di sciami (o impossibile o difficilissima – si difendono le famiglie forti), alla esportazione di api (totalmente bloccata)» –:
   se non si ritenga opportuno intervenire urgentemente affinché vengano attivate tutte le procedure necessarie per circoscrivere ed eradicare eventuali ulteriori altri focolai nonché impedire la diffusione del parassita sul territorio nazionale;
   se rientri fra gli intendimenti del Governo valutare, anche nell'ambito di specifici provvedimenti di natura economico finanziaria, un'adeguata quota di risorse finanziarie da riconoscere come indennizzo agli apicoltori che dovessero essere chiamati ad adempiere ad un'ordinanza di abbattimento dei propri alveari;
   quali iniziative di natura normativa intenda prendere il Governo in merito alla regolamentazione delle importazioni che è la principale difesa contro l'introduzione e la diffusione dell’Aethina tumida.
(4-06168)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'UVA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la SNAM Rete Gas è una società operante nel settore del trasporto del gas naturale, appartenente al gruppo ENI spa per il 52 per cento del proprio capitale societario, con compiti di progettazione, realizzazione e diretta gestione delle infrastrutture necessarie al suo trasporto;
   in data 1o gennaio 2012 la società modifica la propria denominazione sociale in SNAM spa, conferendo contestualmente il ramo d'azienda trasporto, dispacciamento, telecontrollo e misura del gas a una nuova società la quale, data la notorietà del marchio associato al principale operatore nazionale del settore, prende il nome di SNAM Rete Gas spa, divenendo interamente controllata;
   in data 25 maggio 2012 la Presidenza del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, emana il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attraverso il quale vengono definite le modalità e i termini della separazione proprietaria della neo costituita SNAM spa da ENI spa, società detentrice fino a quella data del 52 per cento, del suo capitale societario;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, così come disposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dispone l'obbligo di cessione da parte di ENI spa alla Cassa Depositi e Prestiti di una quota non inferiore al 25,1 per cento della porzione di capitale societario di SNAM spa ad essa appartenente;
   lo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede all'articolo 2, comma 2, lettera a) che «per quel che riguarda la gestione della partecipazione in SNAM spa, tutte le relative decisioni sono adottate dall'organo amministrativo di Cassa Depositi e Prestiti spa con esclusione dei poteri conferiti al Ministero dell'economia e delle finanze dal decreto-legge n. 269 del 2003 e dal decreto ministeriale 18 giugno 2004»;
   l'articolo 5 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, individua la Cassa Depositi e Prestiti spa, società per azioni controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, quale soggetto che può assumere partecipazioni societarie;
   l'articolo 1, comma 2, della legge 23 agosto 2004, n. 239, stabilisce che le attività di trasporto e dispacciamento del gas naturale a rete, nonché la gestione di infrastrutture di approvvigionamento ad esse connesse sono di interesse pubblico e sono sottoposte agli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria, alla legislazione vigente e da apposite convenzioni con le autorità competenti;
   nel comune di Messina, in località Faro Superiore — villaggio Sperone, insiste una delle 11 centrali di compressione utilizzate dalla società SNAM spa per consentire il trasporto e la distribuzione del gas naturale in tutto il territorio nazionale;
   in data 28 novembre 1997 il consiglio comunale del comune di Messina deliberava a favore della realizzazione del «Progetto di massima Metanodotto Montalbano Elicona – Messina. Ampliamento dell'area SNAM S.p.A. in località Faro Sup. del Comune di Messina – Società SNAM S.p.A. – Parere ai sensi della L.R. 11/04/1981 n.65», autorizzando così i lavori di ampliamento della centrale;
   all'interno della stessa delibera è possibile verificare come i lavori di ampliamento venissero autorizzati anche in presenza di un necessario inglobamento dell'arteria principale, prevedendo per questo la realizzazione di una nuova strada a carico della stessa SNAM spa, e successiva cessione della stessa all'ente comunale messinese;
   a oggi tale arteria stradale risulta solo parzialmente realizzata, essendo ancora sprovvista di pubblica illuminazione e, di conseguenza, delle essenziali condizioni di sicurezza;
   l'articolo 1, comma 5, della legge 23 agosto 2004, n. 239, prevede espressamente che «le regioni e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche ovvero dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387»;
   si evidenzia come a seguito di analoghi lavori di potenziamento alla centrale di compressione situata nel territorio del comune di Flaibano (Udine), e sempre appartenente alla società SNAM spa, l'ente comunale abbia richiesto e ottenuto opere compensative per un ammontare complessivo di 3.000.000 di euro, utilizzabili per la realizzazione di opere di riequilibrio ambientale, così come riportato dalla delibera n. 00128, Prot. n. 6511 del 21 dicembre 2011;
   i lavori di potenziamento della centrale di compressione del comune di Messina, iniziati nel settembre 2004, hanno comportato l'installazione di due turbocompressori (da 30 megawatt ciascuno), interconnessi con l'impianto preesistente e già in esercizio, che hanno portato la potenza totale installata nella centrale da circa 85 megawatt a 145 megawatt, circa 45 megawatt superiore alla potenza raggiunta dalla centrale situata presso il Comune di Flaibano (Udine);
   a oggi non risulta posta in essere alcuna convenzione ovvero alcun accordo tra la SNAM spa e il comune di Messina riguardo alle misure di compensazione e riequilibrio ambientale così come previste dall'articolo 1, comma 5, della legge 23 agosto 2004, n. 239;
   in data 20 gennaio 2014 l'assessorato all'ambiente del comune di Messina, con proprio atto (Prot. N. 12105 – 60), informava la presidenza della VI circoscrizione del comune di Messina circa l'esistenza di un finanziamento proposto dalla società SNAM Rete Gas spa di circa 200 mila euro, per la realizzazione di opere compensative per la presenza dell'impianto di pompaggio in località Faro Superiore e Torre Faro, nello specifico «due aree verdi da edificare nel territorio del VI quartiere»;
   l'assessorato, che decideva di non stipulare accordi in assenza di positivi riscontri da parte del consiglio della VI circoscrizione del comune di Messina, ovvero della comunità locale, auspicava, tuttavia, la positiva conclusione della trattativa, visto l'avanzato stato dei progetti, benché lo stesso organo evidenziasse la necessità di ottenere opere compensative più rilevanti così come avvenuto in altri territori italiani, quali il comune di Flaibano (Udine);
   se appare corretto auspicare la celere realizzazione delle opere riportate scongiurando una nuova dilatazione dei termini di una eventuale ridiscussione dei progetti, allo stesso modo non si comprende perché la società SNAM spa dovrebbe limitare al solo finanziamento di tali opere la propria offerta compensativa, dal momento che queste potrebbero ben rappresentare solamente una parte del complesso di opere da realizzare sul territorio, pur sempre all'interno dei limiti di equità e proporzione;
   appare evidente il notevole squilibrio tra le opere compensative proposte dalla SNAM Rete gas spa per l'ampliamento di una centrale di potenza inferiore, ovvero di inferiore estensione, quale quella situata presso il comune di Flaibano (Udine), e quelle che la stessa società avrebbe offerto al comune di Messina, per una centrale dal maggior impatto sull’habitat circostante;
   per ultimo si evidenzia come la centrale edificata in località Faro Superiore – villaggio Sperone, nel comune di Messina, insista su un territorio di estremo rilievo dal punto di vista paesaggistico e ambientale, essendo questa situata a pochissimi chilometri di distanza dallo stretto di Messina, in una località densamente abitata;
   nonostante la presenza di un agglomerato urbano di notevoli dimensioni il collegamento dei mezzi alla struttura avviene tramite l'unica arteria stradale presente nel centro abitato, costringendo così i cittadini a condividere con la centrale la via d'accesso alle proprie abitazioni;
   la centrale SNAM spa di compressione gas del comune di Messina, infatti, non ha ancora un sistema viario adeguato alle esigenze operative e precauzionali di una centrale di tale potenza, nonostante la previsione espressa in sede di delibera comunale per la concessione ai lavori di ampliamento di costruzione ex novo di un'arteria idonea a garantire da un lato il regolare traffico merci, dall'altro la sicurezza dei cittadini in situazioni di emergenza o grave pericolo –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se sia a conoscenza di una effettiva proposta effettuata dalla società SNAM Rete Gas spa, interamente controllata dal gruppo SNAM spa, società partecipata dalla Cassa depositi e prestiti, per la realizzazione di opere compensative per la presenza dell'impianto di pompaggio in località Faro Superiore e Torre Faro, quali due aree verdi da edificare nel territorio del VI quartiere per un ammontare complessivo di circa 200 mila euro, presentata dalla società SNAM Rete Gas spa al comune di Messina, proposta che qualora esistente sarebbe assolutamente iniqua così come formulata dalla società SNAM Rete Gas spa, anche in considerazione delle analogie riportate in premessa, se intenda impegnarsi affinché i progetti avviati vengano considerati solo come alcune delle possibili opere da realizzare nel territorio messinese, che troppe volte è stato vittima di abusi e sfruttamenti impropri per la realizzazione di opere di interesse non solamente locale ma nazionale. (4-06173)


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la cooperativa sociale AIDAS di Terni occupava circa 170 – 180 persone tra soci lavoratori e dipendenti;
   la AIDAS ha fatto parte di una cordata di imprese con capofila la società ACTL, guidata da Sandro Corsi esponente del Partito Democratico temano; quest'ultima da sola o in associazione con altre cooperative, per conto del comune o della Asl, opera anch'essa nel campo dell'assistenza ai disabili, agli anziani e nella gestione di alcuni centri diurni;
   a seguito di difficoltà economiche, nel dicembre del 2013 la AIDAS è stata commissariata dal Ministero ed ora la dottoressa Marcella Galvani è stata nominata commissario governativo e la AIDAS si trova in liquidazione coatta amministrativa;
   nonostante la nomina del nuovo commissario governativo, forte è la preoccupazione tra i soci lavoratori in merito alle scelte che sono state assunte dal commissario: infatti il commissario dottoressa Marcella Galvani ha presentato un bando per affitto di ramo di azienda della cooperativa AIDAS con sede in Terni, via Alfieri n. 3, – in particolare della struttura per anziani di Collerolletta del comune di Terni – il cui articolo 5 dispone: «I rapporti di lavoro a tempo indeterminato (con esclusione quindi dei dipendenti in Cassa Integrazione straordinaria e di quelli in astensione per maternità), attualmente in essere con la cooperativa sociale AIDAS, continueranno con l'aggiudicatario il quale dovrà mantenere sussistenti detti rapporti di lavoro per tutto il periodo di vigenza del contratto d'affitto di ramo di azienda...»;
   la scelta del commissario di escludere dal bando i dipendenti in cassa integrazione e soprattutto le lavoratrici in astensione per maternità dalla possibilità di continuare a lavorare con l'aggiudicatario appare, ad avviso dell'interrogante, iniqua, ingiustificata e lesiva dei diritti delle lavoratrici in maternità;
   anche il sindacato della Uil di Terni nella persona di Gino Venturi ha duramente criticato tale scelta: «Con il passaggio di gestione rimarrebbero senza il loro lavoro. Essere penalizzate per la maternità ci sembrerebbe cosa di altri tempi ed è singolare che il bando sia emanato da un commissario governativo. E pensare che lo stesso bando deve essere stato a lungo meditato visto che è stato emanato con mesi di ritardo.» (da www.umbria24.it del 21 agosto 2014);
   a ciò si aggiunga che per un «errore tecnico» anche dodici persone – tutte lavoratrici della cooperativa AIDAS – non potranno accedere alla cassa integrazione: infatti come si apprende dall'articolo pubblicato in www.umbria24.it del 25 settembre scorso dal titolo «Terni, cassa integrazione negata all'Aidas. Sindacati infuriati: “Tutta colpa del commissario”», il 4 settembre u.s. «il Ministero del lavoro ha negato la cassa integrazione “straordinaria” alle lavoratrici perché la cooperativa non aveva i requisiti necessari e doveva invece essere richiesta quella in deroga per il periodo giugno – agosto nel quale le dodici persone erano state estromesse dal lavoro»;
   i sindacati hanno denunciato la criticità della situazione in cui versano ora le lavoratrici che si trovano non solo senza stipendio ma anche senza ammortizzatori sociali: inoltre «Del provvedimento ministeriale di 20 giorni fa, sia le organizzazioni sindacali, sia le lavoratrici interessate, sono state tenute all'oscuro. Le lavoratrici non dovranno essere penalizzate di un solo euro. Chi ha provocato il danno ora se ne deve assumere le responsabilità e farsene carico» (www.umbria24.it del 25 settembre 2014);
   ora i sindacati si sarebbero rifiutati, in accordo con le lavoratrici, di sottoscrivere un accordo per la cassa in deroga in quanto, per effetto della clausola del bando emanato dal Commissario (articolo 5 sopra riportato), le lavoratrici verrebbero escluse anche dal poter lavorare per la nuova gestione;
   dunque verranno escluse e non potranno essere assunte dalla nuova gestione del futuro aggiudicatario secondo quanto prevede l'articolo 5 del bando non solo le lavoratrici in astensione per maternità ma anche le lavoratrici che sottoscrivessero l'eventuale accordo di cassa integrazione;
   è necessario un intervento forte e trasparente per tutelare i diritti delle lavoratrici affinché venga loro garantito il diritto alla conservazione del posto di lavoro e delle quali è messo a rischio il futuro occupazionale –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;
   i Ministri, ciascuno per le proprie competenze, ritengano legittimo l'operato del commissario Marcella Galgani e il bando per l'affitto di ramo di azienda emanato dal medesimo commissario con il quale sono stati esclusi i dipendenti in cassa integrazione straordinaria e quelli in astensione per maternità dal poter continuare a lavorare con l'aggiudicatario del bando;
   quali urgenti iniziative intendano assumere i Ministri, ciascuno per le proprie competenze, anche sensibilizzando a tal fine il commissario nominato, per assicurare il mantenimento del reddito e la continuità dei rapporti di lavoro anche a quei dipendenti che si trovano in astensione per maternità e in cassa integrazione e al fine di trovare una soluzione condivisa che ne eviti l'esclusione dal ciclo produttivo e dal lavoro e che porti ad un ripensamento del contenuto dell'articolo 5 del bando. (4-06174)

ERRATA CORRIGE

  L'interrogazione a risposta in Commissione Catalano n. 5-01994 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 161 del 28 gennaio 2014.
  Alla pagina 9177, prima colonna, dalla riga ottava alla riga nona deve leggersi: «CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere –» e non: «CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere –», come stampato.