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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 5 agosto 2014

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   RUOCCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   in data 20 marzo 2014 dall'interrogante lante è stata depositata un'interrogazione a risposta scritta n. 4-04122 con la quale si chiedeva al Governo di sapere quali misure intendesse intraprendere in merito alla mancata attuazione dei decreti attuativi al fine di evitare le pesanti ripercussioni derivanti dal gap tra quelli emanati e quelli non ancora emanati;
   in data 3 agosto 2014 il Ministro per rapporti con il Parlamento ha inviato la sua risposta all'interrogazione sopra citata affermando che «Considerata la situazione sopra rappresentata, il Governo, al fine di assicurare la più rapida applicazione delle disposizioni legislative a favore di famiglie ed imprese, intende procedere incisivamente, da un lato attraverso azioni di sollecitazione e di stimolo nei confronti dei Ministeri competenti all'emanazione dei decreti attuativi e, dall'altro, promuovendo la riduzione della normativa di secondo livello e dell'uso, ove possibile, di modalità applicative che appesantiscono e allungano i procedimenti attuativi»;
   secondo l'ultimo monitoraggio (al 28 luglio 2014) della Presidenza del Consiglio, i provvedimenti attuativi di leggi già approvate ne mancano all'appello, tra Governo Monti, Letta e Renzi, ben 715;
   inoltre secondo fonti di stampa continua a crescere lo stock dei decreti necessari per rendere pienamente operative le riforme. Il Messaggero del 31 luglio 2014 ha scritto: «Novecentodicianove giorni, non sono bastati per approvare il decreto attuativo dell'articolo 64, comma due, del decreto legge 1/2012, “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”», cosiddetto Cresci Italia;
   si legge inoltre che il totale dei decreti arretrati da attuare sarebbero in tutto 546. Il decreto-legge n. 90 del 2014, «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», porta in sé altri sei decreti attuativi. Il decreto n. 66 del 2014, «Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale», ha ben 38 provvedimenti di attuazione previsti, di cui fino ad oggi 14 adottati, mentre per altri undici sono già scaduti i termini –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere anche attraverso la previsione di una norma che imponga ai Ministeri di predisporre per tempo gli atti di propria competenza e, in caso di inadempienza, dare alla Presidenza del Consiglio dei ministri la possibilità di attivare stringenti meccanismi di attuazione. (4-05780)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata:


   CAUSIN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   piogge torrenziali, trombe d'aria, tragiche esondazioni provocate da bombe d'acqua hanno caratterizzato il primo mese di quella che dovrebbe essere la bella stagione;
   nella notte tra il 2 e il 3 agosto 2014 nel trevigiano una «bomba d'acqua» si è abbattuta con tutta la sua potenza nella zona di Refrontolo, facendo tracimare un piccolo torrente, il Lierza, che ha spazzato via in pochi istanti persone, strutture, automobili, durante una festa paesana affollata di gente;
   la località del Molinetto della Croda – luogo frequentato dai turisti, anche per il famoso e antico mulino ad acqua – è stata colta all'improvviso dalla potenza del fortunale;
   una pioggia battente che nel giro di qualche decina di minuti ha ingrossato a dismisura tutti i corsi d'acqua, tra cui il Lierza, vicino al quale era in corso la «Festa degli Omeni» con un centinaio di persone;
   mentre tutti cercavano riparo c’è stata la tracimazione del torrente, che ha trasformato la strada in un fiume, portando via tende, auto e persone, con un bilancio di quattro morti e otto feriti, due dei quali gravi;
   i soccorsi sono apparsi subito difficili, la zona sulle colline trevigiane è relativamente isolata e con una viabilità ristretta;
   secondo i dati dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna, nel mese di luglio 2014 ha piovuto il 73 per cento in più rispetto alle medie di luglio nel periodo 1971-2000, che viene preso convenzionalmente preso come riferimento dal 1800 ad oggi;
   da ottobre 2013 all'aprile 2014 le regioni hanno chiesto al Governo venti dichiarazioni di emergenza per 3,7 miliardi di euro;
   il clima in linea generale si sta estremizzando con inverni molto freddi o eccezionalmente miti e con estati molto piovose, come quella attuale, accompagnate da fenomeni improvvisi e di grande forza e violenza, come quelli abbattutisi sul trevigiano –:
   quali risorse il Governo intenda disporre per un concreto ed efficace piano nazionale di sicurezza su tutto il territorio nazionale. (3-00982)


   FORMISANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sabato 2 agosto 2014, verso le ore 22.00 sulla vallata di Rolle, nella Marca trevigiana, si è abbattuto un fortissimo nubifragio che ha causato numerose frane, smottamenti ed esondazioni;
   in particolare, il torrente Lierza è uscito con violenza dai suoi argini ed ha travolto una festa in corso nella località Molinetto della Croda, causando 4 morti ed 8 feriti;
   si è trattato di un «piccolo Vajont», accaduto in una zona, purtroppo, notoriamente a forte rischio idrogeologico;
   non è il caso di fare processi affrettati, ma non si può non osservare che lo sfruttamento intensivo del territorio, con l'impianto massiccio di vigneti, molti dei quali precipitati a valle la notte di sabato, oltre alla mancata manutenzione dei corsi d'acqua minori, ha quanto meno favorito la tragedia, scatenata dall'ennesima «bomba d'acqua»;
   non è certo solo il territorio della Marca ad essere esposto a rischio idrogeologico. Si può, infatti, dire che sia l'Italia intera, da Nord a Sud, a mostrare una sempre maggiore fragilità;
   non si può parlare sempre di «pioggia assassina» o di «fatalità», quando temporali, certo violenti ma non distruttivi, causano frane, smottamenti, esondazioni, con un costo in vite umane sempre più alto ed inaccettabile e con danni economici pesantissimi;
   appare evidente la mancanza di una vera cultura della prevenzione ed è necessario un vero e proprio cambio di mentalità;
   lo sfruttamento intensivo del territorio, la sempre più fitta urbanizzazione, il disboscamento selvaggio, la volontà di profitto ad ogni costo sono ormai veri e propri crimini, che richiedono non solo interventi legislativi, ma anche una vera nuova educazione al rispetto del territorio –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, anche dal punto di vista del cambiamento di mentalità prospettato in premessa, per cercare di limitare i danni che ancora si dovranno affrontare, in modo da salvare quante più vite umane possibili. (3-00983)


   PELLEGRINO, FRANCO BORDO, MARCON e ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella zona di Refrontolo, il torrente Lierza – per la potenza e l'intensità delle piogge cadute nella sera del 2 agosto 2014 – ha tracimato e ha investito una zona dove si stava tenendo una festa paesana della pro loco uccidendo quattro persone;
   questa tragedia non è dovuta solamente e genericamente al «maltempo» e all'eccezionalità delle piogge di quelle ore; infatti, negli scorsi mesi il rischio di un territorio come quello dell'Alta Marca trevigiana – devastato da sbancamenti, disboscamenti e in degrado per l'incuria delle sponde naturali e degli argini dei corsi d'acqua – si era palesato con tutta la sua evidenza;
   il Lierza era già esondato nel mese di febbraio 2014, a causa del cedimento di una collina che aveva riversato nel torrente fanghi e detriti. La località di Refrontolo era stata già minacciata in passato da ben tre frane. Ma in tutta la zona molti centri sono stati colpiti e minacciati in passato: Follina Tarzo, Cison di Valmarino, Farra di Soligo e altri. La stessa Pieve di Soligo – che ha dato i natali al poeta Andrea Zanzotto, che negli ultimi anni della sua vita ha denunciato la devastazione del paesaggio in Veneto – è stato più volte allagato dall'esondazione del torrente Soligo, le cui sponde naturali hanno ceduto in più punti;
   in tutta la zona abitazioni, vigneti e strade sono state colpite o minacciate in questi anni da esondazioni, frane, anche a causa di sbancamenti di colline attraverso terrazzamenti per lasciare spazio ad attività economiche, senza tener conto di nessuna condizione di sicurezza ambientale, umana e soprattutto della compatibilità idraulica fra l'agricoltura e la sicurezza del territorio;
   il Veneto e l'Italia hanno bisogno di interventi per la messa in cura e in sicurezza del territorio;
   il Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali Giuseppe Castiglione, nella seduta della Camera n. 264 di martedì 15 luglio 2014, rispondendo all'interrogazione «Iniziative per contrastare il dissesto idrogeologico, con particolare riferimento alle aree agricole – n. 3-00715» ha ammesso: «(...) Per quanto concerne, invece, le informazioni richieste in merito al piano contro il dissesto idrogeologico del 2010 e all'opportunità di adottare un attinente piano nazionale strutturale, considerata la competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, fornisco anche alcune informazioni che al riguardo sono state acquisite. Riguardo alla programmazione dell'ultimo triennio, l'articolo 2, comma 240, della legge n. 191 del 2009 ha destinato le risorse assegnate per gli interventi di risanamento ambientale, di cui alla delibera Cipe n. 83 del 6 novembre 2009 (pari ad un miliardo di euro), ai piani straordinari diretti a rimuovere in tutto il Paese le situazioni a più elevato rischio idrogeologico. La medesima norma ha anche stabilito che detti programmi straordinari potessero essere attuati anche tramite accordi di programma, che, dai primi mesi del 2010, sono stati sottoscritti tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con le competenti regioni. Detti accordi individuano e finanziano interventi per la messa in sicurezza della popolazione e del territorio, individuati anche coinvolgendo l'autorità di bacino e il dipartimento della protezione civile. Si tratta di interventi diretti prioritariamente alla salvaguardia della vita umana attraverso la riduzione del rischio idraulico, di frana e di difesa della costa, sia mediante la realizzazione di nuove opere, sia con azioni di manutenzione ordinaria e straordinaria. Il valore complessivo degli accordi sottoscritti, considerate le risorse statali del fondo per le aree sottoutilizzate destinate dalla legge finanziaria 2010, quelle di bilancio messe a disposizione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e quelle regionali ammonta a circa 2.097 milioni di euro, per oltre 1.600 interventi finanziati, suddivisi in ulteriori stralci funzionali;
   alla fine del 2011, tuttavia, considerato che al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare risultavano effettivamente solo 100 milioni di euro delle risorse statali del fondo per le aree sottoutilizzate inizialmente previste e che, in molti casi, anche le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate regionali non erano ancora disponibili, il piano straordinario per il dissesto in molte regioni ha incontrato, obiettivamente, notevoli difficoltà di attuazione, con la conseguente necessità di rimodulare gli accordi già sottoscritti, con evidente pregiudizio dell'azione dello Stato nel campo della difesa del suolo. Ciononostante, a fine dicembre 2011 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per la coesione territoriale, ha avviato un'attività per recuperare una parte importante delle risorse originarie del dissesto idrogeologico attraverso le risorse statali del fondo per le aree sottoutilizzate, riuscendo in tal modo ad inserire nell'ambito del piano nazionale per il Sud (previsto dalla delibera Cipe n. 1 del 2011) tutti gli interventi già individuati negli accordi di programma con le regioni del Mezzogiorno. Le regioni coinvolte attivamente nel processo sono state la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Sicilia il Molise, la Puglia e la Sardegna;
   l'attività si è conclusa con l'emanazione della delibera Cipe n. 8 del 2012, che prevede il finanziamento di 518 interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico per complessivi 674 milioni di euro, di cui solo 60 milioni sono assegnati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, mentre i restanti sono stati trasferiti direttamente alle regioni;
   manca a parere degli interroganti un disegno complessivo da parte del Governo rispetto alla grave situazione che il Paese sta vivendo per quanto riguarda il dissesto idrogeologico sul nostro Paese;
   l'incapacità di spendere le risorse, peraltro risorse del tutto inadeguate, stanziate in questi anni per la difesa del suolo è uno dei motivi dei gravi problemi che ostacolano l'avvio di un serio programma di messa in sicurezza del territorio;
   ad oggi nel 2014, cioè nell'anno corrente, di fatto il nostro Paese sta incominciando ad attivare quell'impegno di spesa di programmazione previsto quattro anni fa, cioè nel 2010, con cui non si coprono tutte le risorse previste in quel piano. In più si ha un'altra serie di previsioni, che però rimangono tali –:
   quali misure immediate intenda adottare per mettere in sicurezza le colline e le sponde naturali dei torrenti, evitare i disboscamenti e gli sbancamenti dannosi e la cementificazione selvaggia del territorio e attivare un monitoraggio continuo sulle emergenze ambientali e sulle aree critiche di questa regione, il cui paesaggio è stato devastato in questi anni da uno sviluppo economico e urbanistico indiscriminato. (3-00984)


   LATRONICO e PALESE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la notte fra sabato 2 e domenica 3 agosto 2014 nel comune di Pisticci, in provincia di Matera, si è verificata la rottura nella condotta sotterranea della rete idrica, che ha determinato i crolli in alcune case di via Ferrari e il cedimento in un vano di via Fanfani, nel rione Marco Scerra;
   la zona del centro storico sarebbe stata interessata da un movimento franoso, peraltro ancora in corso e sotto osservazione, che avrebbe determinato un appesantimento del terreno sovrastante;
   è noto a tutti che una fascia dell'abitato di Pisticci è a rischio di dissesto idrogeologico e in questa fascia è collocata la chiesa di San Rocco, che è stata chiusa da quasi 2 anni al culto perché interessata da alcuni movimenti della sua struttura;
   a Pisticci i cittadini sono preoccupati della situazione di dissesto idrogeologico, che richiama il tragico ricordo della frana verificatasi il 9 febbraio 1688 nella notte di Sant'Apollonia o di quella più recente del 1976;
   appare evidente che la popolazione locale ha diritto di conoscere con certezza lo stato dell'assetto territoriale e l'eventuale evoluzione delle problematiche connesse agli eventi franosi e al dissesto del proprio territorio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se, nell'ambito delle proprie competenze in materia di difesa del suolo, non ritenga di assumere ogni iniziativa utile affinché si pervenga alla messa in sicurezza dell'area in dissesto nel comune di Pisticci a tutela della popolazione locale. (3-00985)


   CASTRICONE, BRATTI, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   uno studio commissionato dall'industria Ausimont all'inizio degli anni ’90 e reso noto solo di recente nell'ambito del processo in corso a Chieti in corte di assise, in relazione alle vicende del disastro ambientale del sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino, rivela che i problemi sul peggioramento della qualità delle acque di falda e sulla contaminazione del suolo e del sottosuolo erano ben conosciuti già allora;
   i colossi della chimica – Montecatini, Montedison, Monteflus e Ausimont fino al 2002 e Solvay – presenti sul territorio ne hanno determinato la forte contaminazione mediante l'interramento degli scarti di lavorazione, altamente tossici e pericolosi, nelle zone circostanti lo stabilimento, in assenza di qualsiasi tutela per la salute umana e per l'ambiente;
   l'accertamento di un disastro ambientale in atto si è potuto stabilire a partire dalle caratterizzazioni avvenute inizialmente nel 2001 e nel 2002, per quanto riguarda la falda, e negli anni 2004 e 2007, per quanto concerne i terreni. L'inquinamento delle matrici ambientali nei pressi degli impianti e nelle aree limitrofe riguarda prevalentemente i composti organici clorurati, il mercurio, il piombo e diossina e secondariamente altri metalli pesanti, idrocarburi e composti organo-alogenati. Tali composti inquinanti sono il frutto diretto delle lavorazioni degli impianti sopra citati e del loro non corretto smaltimento;
   il sito di Bussi sul Tirino viene tristemente definito come «la più grande discarica di rifiuti chimici di tutta Europa» con 2.000.000 di metri cubi di terreno contaminato e le acque di falda ormai compromesse, non più utilizzabili a fini potabili ed alimentari;
   lo studio dell’Ausimont riporta importanti informazioni anche sulla natura geologica e idrogeologica del sito, indicando che si tratta di un terreno molto fragile e quasi per nulla argilloso – dunque non impermeabile – caratterizzato da una forte presenza di acqua, con numerose sorgenti utilizzate per l'irrigazione dei campi; si tratta, quindi, di un ambiente ideale per la propagazione dei veleni che in cento anni l'industria chimica ha sparso in un territorio di gran pregio ambientale, immerso nel verde e tra le montagne;
   per la bonifica di questo sito di rilievo nazionale, fortemente inquinato, occorrerebbero almeno 500 milioni di euro, ma sinora ne sono stati stanziati 50 nel quadro di un processo contemporaneo di reindustrializzazione; d'altra parte manca l'intenzione delle aziende che hanno provocato il danno ambientale, direttamente e indirettamente, di porre in atto una reale operazione volta alla definitiva bonifica e riqualificazione dell'area;
   ad oggi, le operazioni preliminari di caratterizzazione e messa in sicurezza, secondo i dati del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 2013, sono ancora molto indietro rispetto alla gravità della situazione; in particolare, la messa in sicurezza di emergenza è pari al 15 per cento sul totale delle aree perimetrale, i piani di caratterizzazioni presentati coprono quasi il 100 per cento delle aree, anche se solo per il 34 per cento delle aree i risultati sono stati resi noti; di progetti di bonifica presentati non c’è traccia;
   secondo una prima stima effettuata dall'Ispra per il Ministero della salute si valuta in 8,5 miliardi di euro il danno ambientale per quel territorio e in circa 500-600 milioni di euro il costo di bonifica dell'area inquinata;
   recenti notizie riferiscono che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare stia vagliando un progetto per realizzare un'ulteriore discarica «legale» nel sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino in cui riversare i rifiuti tossici e nocivi delle due discariche (la A2 e la B2) presenti nel sito; al vaglio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sarebbe anche la richiesta di riduzione della perimetrazione del sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino;
   anche in considerazione della morfologia del territorio, che risulta particolarmente esposto alla contaminazione per la forte permeabilità del suolo e per la presenza di numerosa acqua, è da contrastare qualsiasi ipotesi che non determini un'effettiva opera di bonifica dei siti e che non preveda la rimozione e l'allontanamento dei rifiuti tossici e nocivi presenti nelle discariche –:
   se corrisponda al vero che siano al vaglio del Ministro interrogato progetti per la riperimetrazione in riduzione del sito di interesse nazionale di Bussi sul Tirino e per la realizzazione di una nuova discarica nel sito di interesse nazionale in cui far confluire i rifiuti tossici e nocivi presenti nelle discariche A2 e B2 e, in caso affermativo, quali siano le motivazioni di carattere ambientale, sanitario ed economico che sono alla base di tali scelte e se esse siano compatibili con le caratteristiche morfologiche del sito e, soprattutto, con gli obiettivi di bonifica definitiva e di riqualificazione dell'area. (3-00986)


   DORINA BIANCHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   i mutamenti climatici producono gli effetti a cui ormai si assiste attoniti, con eventi meteorici eccezionali che scaricano in poche ore sul suolo delle quantità d'acqua quasi pari a quelle che in media cadono durante un intero anno, che si abbattono su un territorio che presenta inesorabilmente le proprie fragilità, come le precipitazioni dei giorni scorsi attestano, creando frane, allagamenti e straripamenti dei fiumi, da Nord a Sud;
   tali dati rendono evidente l'impellente necessità di accelerare, anche attraverso la semplificazione del sistema delle competenze sul territorio e la precisa attribuzione delle relative responsabilità, l'attuazione dei programmi di intervento già finanziati e da finanziare, per la mitigazione del rischio idrogeologico e la manutenzione del suolo e dei corsi d'acqua –:
   alla luce delle recenti modifiche normative promosse dal Governo e introdotte nel decreto-legge n. 91 del 2014 in corso di conversione in legge, quali ulteriori iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato e quali strategie, a partire dal 2015, intenda adottare per far fronte a questo fenomeno. (3-00987)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


   BUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in risposta a una recente interrogazione a risposta immediata svolta presso la Commissione finanze sull'attività di riscossione e l'ammontare dei crediti fiscali in capo all'erario, il Ministero delle finanze avrebbe specificato che sono 474,4 i miliardi di euro di credito che negli ultimi 15 anni il fisco ha accumulato, e che, di questi, oltre 334 deriverebbero da attività di accertamento, ovvero somme dovute a seguito di attività di rettifica della dichiarazione da parte dell'Agenzia delle entrate;
   più precisamente, dei 334 miliardi di euro di carico di residuo derivante da operazioni di accertamento, 172,7 sono sanzioni, 134,9 imposte, 26,3 miliardi interessi ai quali si aggiungono poco meno di 109 milioni di euro di altre voci di minore entità;
   la capacità di riscossione da parte dei preposti enti è tuttavia limitata, sia in ragione del fatto che non sono sempre facilmente verificabili gli evasori e i relativi importi, sia perché le recenti e sempre più pesanti conseguenze derivanti dalla crisi economica stanno rendendo più complesso l'operazione di recupero del credito vantato –:
   se, in ragione dell'elevato ammontare dell'importo oggi vantato dal fisco, al fine di valutare con maggior precisione il grado di esigibilità di tale ammontare e la qualità dell'attività accertativa, non reputi opportuno definire in dettaglio:
    a) l'esatto ammontare della parte oggetto di sgravio, ovvero richiesta erroneamente al contribuente;
    b) la somma a carico di soggetti che sono stati dichiarati falliti;
    c) il contenzioso in sospeso presso le commissioni tributarie e il totale delle iscrizioni e ruolo provvisorie. (5-03418)


   PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   alcune società operanti, in forza di autorizzazioni dalle regioni territorialmente competenti, nel settore della navigazione marittima per il trasporto a pagamento di persone e eventuali bagagli, da e per le isole, del golfo di Napoli e nell'area delle isole Pontine e Tremiti, hanno presentato all'amministrazione finanziaria istanza di interpello al fine di ottenere chiarimenti in merito alla disciplina IVA applicabile a tali operazioni di trasporto;
   più specificamente, la gestione caratteristica di tali società si sostanzia sia in operazioni di trasporto di linea dei passeggeri e dei relativi bagagli, sia in operazioni di trasporto non di, linea mediante il noleggio o il charter delle stesse imbarcazioni a favore di agenzie, tour operator e altre società di navigazione, realizzate attraverso navi proprie e/o di terzi;
   il quadro normativo in materia è stato innovato a seguito delle modifiche apportate, a decorrere dal 17 gennaio 2012, dalla legge n. 217 del 2011 (legge comunitaria 2010) per recepire alcune previsioni della direttiva 2006/112/CE;
   in particolare, la citata legge n. 217 del 2011 è intervenuta sull'articolo 8-bis, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, concernente le operazioni legate al settore della navigazione marittima assimilate alle cessioni all'esportazione;
   nel regime previgente alle modifiche recate dalla legge n. 217 tali operazioni di trasporto venivano considerate esenti dall'IVA, ai sensi dell'articolo 10, primo comma, numero 14), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633: ciò implicava che, in sede di liquidazione periodica dell'imposta, le società provvedevano a rettificare in diminuzione la detrazione dell'IVA operata in, relazione agli acquisti di beni e servizi utilizzati, riversando quindi l'imposta dovuta all'erario, ai sensi dell'articolo 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633; pertanto tali società, che svolgono quasi esclusivamente operazioni esenti IVA, nel previgente regime IVA potevano detrarre dall'imposta l'IVA a credito relativa agli acquisti di beni e servizi da loro effettuati, mantenendo in tal modo la neutralità dell'imposta stessa;
   a seguito delle citate modifiche recate dalla legge n. 217 del 2011, a decorrere dal 17 gennaio 2012, l'articolo 8-bis, primo comma, del n. 633 prevede la non imponibilità a fini IVA, fra l'altro:
    alla lettera a), delle cessioni di navi adibite alla navigazione in alto mare e destinate all'esercizio di attività commerciali o della pesca, nonché le cessioni di navi adibite alla pesca costiera o ad operazioni di salvataggio o di assistenza in mare, ovvero alla demolizione, escluse le unità da diporto;
    alla lettera d), delle cessioni di apparati motori e loro componenti o di parti di ricambio degli stessi, delle cessioni di beni destinati alla dotazione di bordo delle navi sopra indicate e delle forniture destinate al loro rifornimento e vettovagliamento;
    alla lettera e), delle prestazioni di servizi, compreso l'uso dei bacini di carenaggio, relative alla costruzione, manutenzione, riparazione, modificazione, trasformazione, assiemaggio, allestimento, arredamento, locazione e noleggio delle predette navi;
   in sostanza, la nuova formulazione dell'articolo 8-bis sembra limitare l'esenzione dell'IVA alle sole operazioni relative a navi «adibite alla navigazione in alto mare e destinate all'esercizio di attività commerciali» in tal modo circoscrivendo, rispetto all'impianto normativo previgente, la possibilità di usufruire del regime di non imponibilità IVA alla sussistenza di un nuovo requisito, rappresentato dall'impiego di navi «adibite alla navigazione in alto mare»;
   la previsione del legislatore nazionale di richiedere congiuntamente che le navi siano «adibite alla navigazione in alto mare», e che le predette navi siano anche «destinate all'esercizio di attività commerciali», appare in contrasto con la direttiva 2006/112/CE oggetto di recepimento, la quale prevede, invece, che il regime di non imponibilità per le cessioni di beni destinati al rifornimento e al vettovagliamento trovi applicazione per le «navi adibite alla navigazione in alto mare e al trasporto a pagamento di passeggeri o utilizzate nell'esercizio di attività commerciali, industriali e della pesca»;
   nel caso di specie, qualora la nuova formulazione dell'articolo 8-bis, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 dovesse essere interpretato nel senso che le predette società non possano beneficiare del regime di esenzione IVA per il fatto di non esercitare attività di trasporto «adibite alla navigazione in alto mare», tale interpretazione sarebbe irrimediabilmente errata, in quanto incompatibile con la previsione comunitaria che, diversamente, consente di fruire del regime di non imponibilità anche alle navi «utilizzate nell'esercizio di attività commerciali»;
   pertanto, in considerazione della giurisprudenza delle Corte di Giustizia europea secondo cui, oltre che i legislatori nazionali, tutte le amministrazioni nazionali hanno l'obbligo di applicare le disposizioni di una direttiva, nel caso indicato i contribuenti interessati potrebbero validamente opporre all'amministrazione finanziaria la diretta applicabilità della norma della direttiva in materia di non imponibilità, chiedendo di disapplicare la corrispondente norma nazionale che si pone in contrasto con il dettato comunitario;
   la necessità di prediligere la summenzionata interpretazione deriva anche dalla obiettiva difficoltà di definire la nozione di «adibite alla navigazione in alto mare» e di stabilire quali siano, effettivamente, le navi che esercitano la navigazione in alto mare, non rinvenendosi né chiarimenti interpretativi sul punto da parte della amministrazione finanziaria, né particolari prassi del Ministero delle infrastrutture, così come non è possibile ricavare dalla normativa di settore (il Codice della navigazione) definizioni univoche di detta locuzione;
   infatti, qualora si intendesse la nuova formulazione dell'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 nel senso di limitare il beneficio della non imponibilità IVA sulla base dell'utilizzo effettivo della nave, ciò comporterebbe una serie di problematiche operative, in primo luogo in quanto, non prevedendo la normativa vigente l'obbligo di dichiarare formalmente l'utilizzo che si intende fare della nave al momento dell'acquisto/ordine, il regime IVA applicabile potrebbe dipendere dalla discrezionalità dell'acquirente, con la conseguenza che l'acquirente/committente, dichiarando all'atto dell'acquisto/ordine della nave a quale navigazione intende destinarla, si precluderebbe fin dall'inizio utilizzi che, alla luce delle evoluzioni del mercato, potrebbero risultare in futuro più proficui, soprattutto in considerazione del lungo orizzonte temporale di utilizzo della nave;
   inoltre, la suddetta interpretazione introdurrebbe un elemento di distorsione concorrenziale all'interno dell'Unione europea, a danno dell'armatore/cantiere italiano, in quanto un potenziale cliente italiano che volesse acquistare da un cantiere nazionale una nave non destinata, in quel preciso momento, alla navigazione in «alto mare» dovrebbe mettere in conto, rispetto al caso in cui l'acquistasse da cantieri di altri Paesi, anche europei, un esborso supplementare di IVA pari (attualmente) al 22 per cento, che sarebbe indetraibile per effetto del pro rata e dunque nemmeno soggetta a rimborso;
   qualora invece si adottasse un'interpretazione in base alla quale, per identificare il significato del termine «adibito» alla navigazione in alto mare ai fini del regime IVA da applicare, si deve fare riferimento al parametro oggettivo costituito l'abilitazione della nave, così come certificata dagli enti di classificazione navale e basata sulle caratteristiche strutturali e sulle dotazioni della stessa, si ricondurrebbe la problematica in un ambito oggettivo e fisso nel tempo;
   in ogni caso, nella fattispecie in esame, le società interessate utilizzano aliscafi e traghetti veloci iscritti nei registri delle navi maggiori, e che dunque, in relazione alle caratteristiche strutturali che le contraddistinguono, così come certificate dagli enti di classificazione, possono essere caso considerate quali navi adibite alla navigazione in alto mare, così come richiesto dalla normativa;
   in tale complesso contesto normativo appare evidente l'esigenza di un intervento, di carattere interpretativo o normativo, che consenta di considerare, ai sensi dell'articolo 8-bis, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, assimilate alle cessioni alle esportazioni, e dunque non imponibili a fini IVA, le operazioni, di cui alla lettera d), di cessione di apparati motori e loro componenti e di parti di ricambio, di beni destinati a dotazione di bordo, nonché, le prestazioni di servizi, di cui alla lettera e), compreso l'uso di bacini di carenaggio, relativi alla costruzione, manutenzione, riparazione, modificazione, trasformazione, assiemaggio, allestimento, arredamento, locazione e noleggio effettuate per traghetti ed aliscafi iscritti nel registro delle navi maggiori, per i loro apparati motori e componenti o ricambi;
   a tal fine occorre considerare che, qualora si ritenesse, al contrario, di assoggettare ad IVA le citate operazioni, ciò comporterebbe una significativa penalizzazione per tutte le imprese armatoriali del comparto, in quanto esse sarebbero impossibilitate a portare in detrazione IVA sugli acquisti dei beni e servizi destina i alle predette imbarcazioni, per effetto delle disposizioni recate dall'articolo 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, con conseguenti aggravi di costo che non potrebbero in alcun modo essere recuperati attraverso un incremento delle tariffe, operando tali società in un regime di prezzi amministrati regolati a livello regionale –:
   quali iniziative intenda assumere per chiarire che le operazioni di acquisto di beni e servizi, di cui al comma 1, lettera d) ed e) dell'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, destinati ai traghetti e altri mezzi veloci utilizzati nel servizio di trasporto a pagamento dei passeggeri ed iscritti nel registro delle navi maggiori nelle attività di trasporto marittimo, sono esenti dall'IVA (dunque senza l'applicazione dell'IVA da parte dei fornitori), nel rispetto della prescrizione della direttiva 2006/112/CE secondo cui il regime di non imponibilità per le cessioni di beni destinati al rifornimento e al vettovagliamento si applica per le «navi adibite alla navigazione in alto mare e al trasporto a pagamento di passeggeri o utilizzate nell'esercizio di attività commerciali, industriali e della pesca». (5-03419)


   CAUSI e MORANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 10 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (cosiddetto federalismo municipale), modifica, dal 1° gennaio 2014, il testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, prevedendo che l'imposta di registro sugli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere sia applicata nella misura del 9 per cento, mentre per la fattispecie di case di abitazione non appartenente alle categorie di immobili signorili, ville o castelli (categorie catastali A1, A8, A9), sia applicata, a determinate condizioni, nella misura agevolata del 2 per cento;
   il comma 3 dell'articolo 10 esenta i predetti trasferimenti immobiliari dalle altre imposte indirette, nonché tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti, posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto e i registri immobiliari;
   l'articolo 26, del decreto legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, conferma il regime di esenzione di cui al citato comma 3, assoggettando ciascuna delle imposte ipotecaria e catastale relative ai medesimi atti alla misura fissa di 50 euro (mentre precedentemente venivano esentati); inoltre, in tutti i casi in cui la normativa vigente stabilisce che le imposte di registro, ipotecaria e catastale siano liquidate in misura fissa, aumenta il relativo importo, con decorrenza dal 1° gennaio 2014, da 168 a 200 euro;
   all'applicazione della predetta imposta corrisponde, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 10, una generale abolizione di tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie in vigore fino a quella data, che colpisce, in modo indiscriminato dagli immobili storici all'agricoltura, dalle aree comprese in determinati ambiti urbanistici alle Onlus e alle separazioni coniugali;
   le agevolazioni vigenti fino al 1o gennaio 2014, in particolare, prevedevano misure d'imposta differenziate — e in determinati casi agevolate — a seconda del soggetto coinvolto nel trasferimento (ad esempio Onlus), ovvero dell'immobile soggetto a trasferimento (ad esempio immobili di intesse storico, artistico e archeologico), oppure in ragione di entrambi gli elementi (terreni agricoli nei confronti di soggetti non imprenditori agricoli);
   successivamente sono state disposte alcune esclusioni dalla citata soppressione, senza tuttavia modificare la norma nel senso di prevedere tagli selettivi delle agevolazioni; l'articolo 1, comma 608, legge 27 dicembre 2013, n. 147 — legge di stabilità 2014 —, ha escluso dalla soppressione delle esenzioni e delle agevolazioni vigenti le agevolazioni per la piccola proprietà contadina; l'articolo 13, comma 3, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, ha confermato le agevolazioni fiscali previste dagli articoli 19 e 20 dell'Accordo tra la Repubblica italiana e il BIE sulle misure necessarie per facilitare la partecipazione all'Esposizione universale di Milano, Expo 2015, ratificato con legge 14 gennaio 2013, n. 3; infine l'articolo 5, comma 1-bis, del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, esclude dalla citata soppressione le esenzioni e agevolazioni tributarie riguardanti restituzione di terre a comuni, nonché scioglimenti e liquidazioni di usi civici e i decreti, le sentenze e le ordinanze di divisione, legittimazione e assegnazioni di terre;
   il taglio lineare delle agevolazioni disposto dal citato comma 4 dell'articolo 10 ha colpito in pari misura situazioni molto differenti penalizzando in particolare i trasferimenti immobiliari nell'ambito di procedimenti di separazione e di divorzio;
   l'articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, aveva sancito l'esenzione completa da ogni tributo per tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché ai procedimenti, anche esecutivi e cautelari, diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione dell'assegno di mantenimento;
   la Corte costituzionale, con sentenza n. 154 del 1999, estese questa previsione anche ai procedimenti di separazione coniugale, ritenendo illegittima la disparità di trattamento che invece si verificava tra il caso dello scioglimento del matrimonio e il caso della separazione dei coniugi;
   ai sensi della nuova disciplina in vigore dal 1o gennaio 2014, il carico fiscale per queste fattispecie, che prima prevedevano un regime di completo esonero della tassazione, è aumentato in modo insostenibile a danno di contribuenti che si trovano in un momento della vita particolarmente delicato; ipotizzando un valore imponibile di euro 100.000, il carico fiscale corrispondente risulterebbe essere di euro 9.100, oppure di euro 3.100 se sia richiedibile l'agevolazione «prima casa» –:
   come intenda intervenire per agevolare i contribuenti coinvolti nei procedimenti di separazione e di divorzio a tal fine anche ripristinando l'esenzione completa da ogni tributo per tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi a tali procedimenti, alleggerendo così l'onere per coloro che si trovano in una situazione di particolare disagio economico. (5-03420)


   VILLAROSA, PESCO, CANCELLERI, ALBERTI, RUOCCO, PISANO e BARBANTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il primo comma dell'articolo 36 dello Statuto speciale della regione siciliana, approvato con regio decreto-legge 15 maggio 1946, n. 455, e convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, stabilisce che: «Al fabbisogno finanziario della regione si provvede con i redditi patrimoniali della regione e a mezzo di tributi, deliberati dalla medesima»;
   ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, recante, «Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana i materia finanziaria», spettano alla Regione siciliana, oltre le entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificata nelle leggi medesime;
   l'articolo 7 del richiamato decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, in applicazione dell'articolo n. 37 dello Statuto, assegna, altresì, alla Regione siciliana i tributi relativi ai redditi di lavoro dipendente degli addetti agli stabilimenti situati nel territorio regionale;
   con la recente sentenza n. 207 del 2014, la Corte costituzionale, richiamando le precedenti pronunce n. 306 del 2004 e n. 138 del 1999, ha chiarito e «l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965 va inteso nel senso che deve essere assicurato alla Regione il gettito derivante dalla “capacità fiscale” che si manifesta nel suo territorio, e cioè dai rapporti tributari che sono in esso radicati, in ragione della residenza fiscale del soggetto produttore del reddito colpito o della collocazione nell'ambito territoriale regionale del fatto cui si collega il sorgere dell'obbligazione tributaria. Ciò che rileva, quindi, è che venga assicurato che alla Regione giunga il gettito corrispondente alla sua capacità fiscale, a nulla rilevando che, come nel caso di specie, l'incremento di quest'ultima sia dovuto a detrazioni fiscali introdotte dal legislatore statale, peraltro comunque poste a carico della Regione»;
   è in atto, da diversi anni, un processo di costate e crescente erosione dei gettito IRPEF che annualmente viene incassato dalla regione Siciliana: dai dati desunti dalla relazione tecnica al disegno di legge di Stabilità per l'anno 2014, emerge, infatti, che nell'anno 2008, a fronte di una imposta netta versata sul territorio regionale, pari a circa 7.279 milioni di euro, solo il 66,8 per cento affluisce nelle casse regionali, pari a 4.861 milioni di euro, mentre il restante 33,20 per cento viene versato in favore dell'erario nazionale; la percentuale del gettito destinato alla regione siciliana scende progressivamente negli anni successivi, attestandosi al 65,3 per cento nel 2009, al 64,2 per cento nel 2010 e al 61,4 per cento nel 2011; in maniera complementare e simmetrica, aumenta la quota trattenuta dall'erario nazionale;
   confrontando l'andamento del gettito IRPEF sopra descritto con quello relativo alle altre regioni a statuto speciale, nel medesimo arco di tempo, emerge, altresì, che la percentuale dell'imposta effettivamente pervenuta alla regione Siciliana è stata in media inferiore alle quote di compartecipazione ai tributi erariali delle altre RSS, quantunque la regione siciliana disponga di tutto il gettito e non solo di una quota di esso;
   nel ricorso per legittimità costituzionale, depositato in cancelleria il 5 marzo 2014, la regione Siciliana lamenta la mancanza, rilevata anche dalla Corte dei conti, di un trasparente approccio conoscitivo dei flussi finanziari derivanti dal prelievo fiscale nella regione, distinti per tipologia di tributo, che consenta di effettuare il monitoraggio periodico delle entrate tributarie riscosse nel proprio territorio al fine di programmare le iniziative di spesa ed apportarne i necessari correttivi: la messa a disposizione dei suddetti dati contabili è altresì necessaria, secondo il parere della regione istante, anche per consentire il riscontro dell'esatto rispetto, da parte dello Stato, delle disposizioni statutarie fondate sul principio devolutivo; specialmente in tutte quelle ipotesi, recentemente passate al vaglio della Corte costituzionale, laddove la legislazione fiscale statale è intervenuta con l'introduzione di disposizioni tributarie innovative e destinate a specifiche iniziative, nell'ambito della deroga di cui all'articolo 36 dello Statuto siciliano e dell'articolo 2 delle norme di attuazione approvate con decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965 –:
   quali siano i dati finanziari ed i presupposti normativi che giustificano lo scostamento fra il totale delle entrate IRPEF versate dai contribuenti siciliani ed il totale effettivamente trattenuto dalla regione ai sensi dello statuto speciale della regione siciliana per ciascuno degli anni del periodo 2008-2011. (5-03421)


   SOTTANELLI e VEZZALI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 52 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede la possibilità per i contribuenti che si trovino per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, di accedere, per il pagamento delle somme iscritte a ruolo, in aggiunta alla forma ordinaria di rateazione che prevede un massimo di 72 rate mensili, ad una rateazione straordinaria fino ad un massimo di 120 rate mensili;
   con successivo decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 6 novembre 2013, in attuazione del richiamato articolo 52, sono stati individuati all'articolo 2 quattro tipi di piani di rateizzazione: ordinario (fino a 72 rate), in proroga ordinario (ulteriori 72 rate), straordinario (fino a 120 rate) e in proroga straordinario (ulteriori 120 rate);
   il gruppo Equitalia, incaricato dell'esercizio dell'attività di riscossione di tributi, contributi e sanzioni degli enti pubblici creditori, in base alla riorganizzazione opera dal 1° gennaio 2012 attraverso tre società operative, con competenza per il Nord, il Centro e il Sud del Paese (Equitalia Nord, Equitalia Centro ed Equitalia Sud), con il coordinamento e l'indirizzo della holding Equitalia spa;
   il contribuente può venirsi a trovare nella situazione di dover saldare debiti diversi con le tre società operative (Equitalia Nord, Equitalia Centro ed Equitalia Sud) e di voler rateizzare le somme iscritte a ruolo da ciascuna società in base a quanto previsto dal citato articolo 52 del decreto-legge n. 69 del 2013;
   attualmente non è previsto alcun cumulo dei debiti tra le diverse società operative e quindi nessuna possibilità di rateazione unica (sia ordinaria che straordinaria), in tal modo il contribuente si troverà a dover far fronte a due o più piani di rateazione con un maggiore peso delle singole rate sul proprio reddito totale –:
   quali iniziative intenda adottare in merito a tale problematica al fine di consentire il cumulo dei debiti tra le diverse società operative di Equitalia e quindi la rateazione unica degli importi dovuti. (5-03422)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto del 26 giugno 2014 con il quale il Ministero dell'economia e delle finanze ha approvato il «Modello di Dichiarazione degli Immobili ai fini IMU e TASI per gli Enti non Commerciali» e con il quale sono stati fissati i criteri per la determinazione del rapporto proporzionale a cui bisogna far riferimento, per le unità immobiliari possedute dagli enti non commerciali destinate ad un'utilizzazione mista, si è definitivamente concluso, dopo oltre otto anni e tra bizantinismi normativi, l'accidentato percorso della regolamentazione dell'assoggettamento ai due tributi dei fabbricati degli Enti cosiddetti no profit;
   con riferimento agli immobili di proprietà della Chiesa nulla è cambiato nel passaggio dal regime Imu a quello Tasi: la nuova disciplina vigente conferma che le esenzioni sui fabbricati esclusivamente destinati all'esercizio del culto si applicano alle sole parti dell'immobile che vengono utilizzate per lo svolgimento delle attività meritevoli, con modalità non commerciali, e replicando di fatto il perimetro di applicazione sia dell'Ici che dell'Imu;
   dall'applicazione del nuovo regime, che prevede una dichiarazione vincolata a direttive rigorose stabilite dal Ministro dell'economia e delle finanze circa l'individuazione del rapporto proporzionale tra attività commerciali e non commerciali esercitate all'interno di uno stesso immobile, si determineranno effetti positivi sul gettito, anche alla luce del più efficace contrasto di fenomeni elusivi che ne potrebbero derivare;
   il Governo fino ad oggi ha preferito non fare stime sul gettito atteso, limitandosi a precisare che esso sarà accertato a consuntivo ed interamente destinato, per la quota di spettanza statale, all'alleggerimento della pressione fiscale –:
   a fronte della ritrovata chiarezza normativa, a quanto ammonti, con riferimento ai fabbricati della Chiesa destinati ad un'utilizzazione mista, il mancato gettito Imu per l'anno 2013 e a quanto ammonti il gettito atteso dal Governo per l'anno 2014. (5-03423)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIPRINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il signor Valerio Galmacci, nato a Perugia il 28 febbraio 1961, residente a Bettona (Perugia), è legale rappresentante dell'Associazione culturale Perugia Club Filosofi;
   a seguito di un accertamento della direzione provinciale del lavoro di Perugia n. 051002/043 del 21 febbraio 2005 che contestava al signor Galmacci di aver «provveduto ad affidare un incarico di collaborazione professionale occasionale di cameriera nonostante il rapporto di lavoro instaurato presenta caratteristiche di continuità e di subordinazione», l'INPS irrogava allo stesso due sanzioni, una per il recupero della tassa sulla salute ed una per l’«evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero», ai sensi dell'articolo 116 della legge n. 388 del 2000 a cui seguivano le cartelle esattoriali n. 080 2006 0025563144000 dell'importo di euro 1.149,20 e n. 080 2005 01268030 62 000 dell'importo di euro 40.778,96 della ex Sorit (oggi Equitalia Centro spa), attualmente contenute nell'intimazione di pagamento n. 080 2013 9004627289000 e n. 080 2013 9004627188000 della Equitalia Centro spa per l'asserita mancata regolarizzazione del suddetto rapporto lavorativo in qualità di cameriera intercorso con la signora G. Z.;
   il signor Galmacci, dopo aver proposto ricorso avverso la cartella esattoriale n. 080 2005 01268030 62 che veniva respinto perché presentato oltre i termini previsti, chiedeva una rateizzazione del debito corrispondendo la somma di euro 15.998,39 a Equitalia;
   nel frattempo il signor Galmacci ha ricevuto ragione dal tribunale di Perugia, sezione lavoro, nella causa civile n. 297/2005, che con sentenza n. 327 del 2013 – definitiva il 6 novembre 2013 – ha escluso l'esistenza del rapporto di subordinazione tra la signora G. Z. e l'Associazione Culturale Club Filosofi e sulla cui presunta esistenza l'INPS e poi Equitalia hanno emesso le suddette cartelle di pagamento;
   in data 19 settembre 2013, a seguito di un colloquio con il dottor Antonio Crisanti della Equitalia Centro di Perugia, il Galmacci chiedeva la sospensione dei ruoli e in data 21 marzo 2014 chiedeva lo sgravio delle cartelle poiché emesse sulla base della presunta sussistenza di un rapporto di lavoro poi dichiarato dal tribunale inesistente;
   tuttavia la società Equitalia respingeva la richiesta poiché le cartelle «sono divenute definitive» e «la sentenza non fa stato tra le parti e non è opponibile a questo Istituto rimasto estraneo al giudizio»;
   ad oggi il signor Valerio Galmacci, nonostante il tribunale abbia riconosciuto la insussistenza del presunto rapporto di lavoro tra l'Associazione e la signora G. Z. sulla cui esistenza Equitalia fonda il suddetto credito, risulta debitore nei confronti di Equitalia della somma di euro 42.000,00 circa e reclama inutilmente la restituzione dei quasi 16.000,00 euro già versati;
   la vicenda ha avuto una forte eco sulla stampa locale: il signor Galmacci si trova a dover pagare notevoli somme di denaro per contributi INPS nonostante il giudice del tribunale abbia sentenziato la inesistenza di un rapporto di lavoro e vive la vicenda come «una spada di Damocle che non gli permette di fare progetti» (Corriere dell'Umbria del 3 giugno 2014);
   l'articolo 2-quater, comma 1, del decreto-legge n. 564 del 1994, convertito, con modificazioni, nella legge n. 656 del 1994 ha riconosciuto il potere-dovere degli uffici finanziari di porre in essere provvedimenti di annullamento di ufficio o di revoca, «anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o infondati»;
   inoltre ai sensi del comma 1-bis del suddetto decreto-legge, «Nel potere di annullamento o di revoca di cui al comma 1 deve intendersi compreso anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell'atto che appaia illegittimo o infondato»;
   infine, nel caso in cui il debitore abbia già provveduto al pagamento, è previsto il rimborso dell'indebito versamento, ai sensi dell'articolo 26 del decreto legislativo n. 112 del 1999;
   pertanto, il contribuente che ritiene l'addebito infondato, può presentare le sue contestazioni all'ufficio titolare del credito. L'ufficio, se riscontra l'illegittimità o infondatezza dell'atto, è tenuto ad annullarlo in base alle norme sull'autotutela ed effettuare lo sgravio, togliendo efficacia alla cartella;
   è evidente, a parere dell'interrogante, che le pretese creditorie portate dalle cartelle di pagamento Equitalia frutto delle sanzioni INPS siano oltre che ingiuste anche infondate poiché si fondano sulla presunta esistenza di un presunto rapporto di lavoro del quale il tribunale di Perugia ha accertato invece l'inesistenza;
   ad avviso dell'interrogante, un provvedimento di autotutela da parte dell'amministrazione competente ristabilirebbe anche un principio di equità e un leale rapporto di collaborazione tra contribuente e amministrazione –:
   se i Ministri, ciascuno per quanto di competenza, siano a conoscenza della situazione esposta;
   se il Governo ritenga condivisibile e/o corretto l'operato dell'INPS e della società Equitalia di non procedere agli sgravi richiesti dal signor Valerio Galmacci e quali determinazioni intenda adottare al riguardo anche promuovendo l'annullamento in autotutela o la revoca delle cartelle emesse dall'INPS e/o dalla società Equitalia poiché adottate sulla base di fatti riconosciuti insussistenti o infondati per effetto della pronuncia dell'autorità giudiziaria;
   se il Governo non intenda assumere ulteriori iniziative, anche di tipo normativo, volte a prevedere il diritto agli sgravi in situazioni analoghe a quella esposta. (4-05777)


   NASTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato dal quotidiano: «Il Corriere della sera», il 3 agosto 2014, le verifiche mirate effettuate da parte della Guardia di finanza, dal 1o gennaio 2013, al 30 giugno 2014, hanno consentito di accertare una evasione fiscale pari ad una cifra record di 3 miliardi e 800 milioni di euro, già contestati dall'Agenzia delle entrate;
   in diciotto mesi, riporta il suindicato quotidiano, non sono state pagate imposte per 1 miliardo e 400 milioni, attraverso operazioni di «esterovestizione», determinate dal trasferimento di residenze e sedi di società in quei «paradisi fiscali», europei o sudamericani, divenuti mete di imprenditori o liberi professionisti;
   dalle isole Vergini, alle Bermuda, dall'Olanda al Delaware (Stati Uniti d'America), un inarrestabile flusso di denaro occultato all'estero, che ha fatto scattare l'entità dell'evasione a livelli impressionanti e sottratto all'imposizione fiscale, sta provocando un complesso e gravoso problema, alle già precarie condizioni dei conti pubblici italiani, in considerazione tra l'altro, della correzione complessiva sul 2015, che dovrebbe essere di circa 16 miliardi di euro tra riduzioni di spesa e recupero di somme non versate dai contribuenti;
   il rapporto delle Fiamme Gialle, prosegue l'articolo giornalistico, elenca sistemi e luoghi dove finiscono i fondi, evidenziando i metodi apparentemente semplici utilizzati da 1.900 evasori totali e altre migliaia di contribuenti che hanno versato soltanto una minima parte dei propri guadagni;
   il versante delle operazioni immobiliari e delle ristrutturazioni che ha consentito di accertare un mancato versamento all'amministrazione dello Stato, pari a 700 milioni di euro, rappresenta inoltre, secondo quanto evidenza il medesimo articolo, un ulteriore aspetto preoccupante e di complicata risoluzione, in ordine alle operazioni di ispezione, accertamento e successiva riscossione delle somme indebitamente sottratte al fisco da parte della Guardia di finanza;
   la mappatura riportata dal «Corriere della sera», che evidenzia le false residenze, i «paradisi fiscali» ed una serie di operazioni di ingegneria fiscale finalizzate ad evadere il fisco, rileva a giudizio dell'interrogante, una situazione di estrema complessità dal punto di vista degli effetti, negativi e penalizzanti sul tessuto socioeconomico del Paese e delle prospettive di crescita che appaiono sempre più precarie per i prossimi mesi;
   a giudizio dell'interrogante, sin dall'inizio dall'insediamento del Governo Renzi, è emersa una scarsa azione di politica fiscale, finalizzata alle attività di contrasto e di repressione dell'evasione fiscale, il cui lodevole e ammirevole lavoro quotidiano, svolto dalla Guardia di finanza e da tutte le autorità pubbliche preposte al controllo e alla vigilanza, sembra non essere sufficiente a debellare un fenomeno devastante, sia dal punto di vista etico, che economico per il nostro Paese –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se intenda confermare le cifre riportate dal quotidiano «Il Corriere della sera», a proposito dell'evasione fiscale compiuta ai danni del sistema tributario nazionale, la cui entità, ove fosse confermata, rischia di determinare effetti pesantissimi sui conti pubblici italiani, in particolare in prossimità della presentazione della legge di stabilità per il 2015;
   quali iniziative urgenti e necessarie intenda intraprendere, al fine di fronteggiare le attività illegali dettate dall'evasione fiscale, le quali così come riportato nella premessa, determinano squilibri pericolosi e onerosi per la tenuta dei conti pubblici e spostano il carico fiscale nei riguardi dei lavoratori dipendenti, i quali si accollano un livello di tassazione esorbitante.
(4-05778)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LUIGI GALLO, BUSINAROLO, COLLETTI, BONAFEDE e SARTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da comunicazioni inoltrate da funzionari della Banca d'Italia nonché dalla risposta all'interpellanza n. 2-00031 formulata dal Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Alberto Giorgetti, è risultato oramai acclarato che, sulla oramai nota vicenda del fallimento della «Deiulemar Compagnia di Navigazione S.p.A.» del 2 maggio 2012 e della «società di fatto» costituita dai suoi fondatori e dai loro più stretti familiari, avvenuta il 10 maggio 2013, l'Unità di informazione finanziaria, istituita presso la Banca d'Italia, ha ricevuto dai soggetti obbligati alla collaborazione attiva, a partire dal 1o gennaio 2008, unitamente all'Ufficio italiano dei cambi, numerose segnalazioni di operazioni sospette che sono state oggetto di analisi finanziaria ed inviate al nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di finanza, alla direzione investigativa antimafia e all'autorità giudiziaria;
   inoltre, dalle indagini effettuate dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Torre Annunziata è altresì emerso che, dal 2005 al 2012, sui conti correnti dell'ex amministratore delegato Michele Iuliano e dei suddetti soggetti riconducibili alla «società di fatto», si sono riscontrati flussi finanziari per circa 400 milioni di euro, risultando altresì che, nel corso degli anni, la società in parola ha potuto effettuare una raccolta di credito per somme pari a quindici volte il valore delle riserve legali e riserve disponibili risultati dall'ultimo bilancio approvato, racimolando l'astronomica cifra di oltre 684 milioni di euro, totalizzando un patrimonio netto negativo pari ad oltre 858 milioni di euro;
   a fronte di ciò e quindi a fronte di un flusso di danaro di straordinaria consistenza, di reiterate segnalazioni ad opera dei soggetti demandati alla collaborazione attiva e di specifiche indagini eseguite per quasi un decennio dalla procura della Repubblica, non è stato dato argine alcuno da parte degli organi istituzionalmente preposti al controllo dei flussi finanziari, ad una deriva che ha cagionato uno dei più catastrofici fallimenti della storia italiana, coinvolgendo centinaia di piccoli risparmiatori;
   in particolare, del tutto privo di giustificazione apparente risulta quello che agli interroganti appare il mancato seguito che hanno avuto le predette segnalazioni di reiterate anomalie nelle operazioni bancarie poste in essere dai soggetti coinvolti nella vicenda in parola, a cui di fatto non paiono essere seguite le adeguate attività investigative da parte degli organi di polizia giudiziaria preposti –:
   di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda e sugli eventuali ulteriori sviluppi e se non intenda verificare la sussistenza dei presupposti per l'avvio di iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari coinvolti. (5-03437)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO, D'INCÀ, BUSINAROLO, DE LORENZIS e TOFALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di questi giorni che, come riportato da fonti giornalistiche locali, i passeggeri del trasporto ferroviario regionale condiviso delle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia stiano subendo gravi disagi legati al taglio dei fondi da parte della regione Friuli e alla conseguente chiusura di alcune carrozze appartenenti ai treni circolanti nella tratta Venezia-Trieste, sia per i convogli che transitano attraverso Portogruaro, sia per quelli che passano da Udine;
   in base alle nuove disposizioni interne della direzione regionale di Trenitalia, a partire da lunedì 21 luglio 2014, alcune vetture circolanti tra la regione Friuli Venezia Giulia e il Veneto, nelle tratte condivise da Trieste a Portogruaro e da Trieste a Sacile, e viceversa, rimangono chiuse ai passeggeri fino al raggiungimento del confine della regione Veneto, attraversato il quale sono rimesse in servizio;
   il personale di Trenitalia, in base alle citate previsioni, ha l'obbligo di far spostare tutti i passeggeri da eventuali carrozze eccedenti il numero di sei, le quali carrozze dovranno essere chiuse ermeticamente (porte esterne e intercomunicanti) e sulle quali dovranno essere apposti appositi cartelli informativi. Stessa cosa avviene per le carrozze eccedenti alle sei in viaggio verso il Veneto, che partiranno chiuse e verranno aperte in uscita dal Friuli Venezia Giulia;
   risulta agli interroganti che i viaggiatori diretti verso Venezia trovino le carrozze chiuse nonostante tutti i posti, nelle altre, siano occupati, e siano pertanto costretti a viaggiare in piedi nei vagoni aperti; similmente, nel tragitto di ritorno, chi siede nelle carrozze «incriminate», viene invitato ad alzarsi alla fermata precedente all'ingresso in Friuli (Portogruaro sulla Venezia-Trieste) per spostarsi in un altro vagone;
   secondo le dichiarazioni pubbliche rilasciate dall'assessore l'assessore regionale alle infrastrutture Mariagrazia Santoro, la regione Friuli Venezia Giulia non sarebbe tenuta a pagare le due carrozze in più che non sono previste nel contratto pattuito con Trenitalia ma che servono al trasporto regionale del Veneto, dato il sovraffollamento in alcune tratte –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali azioni, per quanto di competenza presso Trenitalia, intenda intraprendere al fine di assicurare la corretta funzionalità dei livelli minimi di servizio ferroviario locale condiviso del trasporto passeggeri, anche in termini di posti a sedere, attraverso soluzioni che non penalizzino i viaggiatori e il personale ferroviario. (5-03429)


   COVELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il sistema di trasporti su rotaia in Calabria presenta criticità sistematiche che si accentuano nei momenti di maggiore afflusso di utenti;
   nel pomeriggio sera di domenica 3 agosto 2014 l'Intercity 561, partito da Roma Termini alle 16,26 e destinato ad arrivare in riva allo Stretto alle 23,48 ha fatto registrare un ritardo di oltre due ore;
   un guasto al locomotore ha costretto il convoglio a fermarsi in aperta campagna prima di giungere a Salerno;
   dopo una lunga attesa senza aria condizionata e con notevoli disagi per i passeggeri in particolare per i più piccoli il treno è stato fatto giungere presso la stazione di Salerno;
   presso la stazione di Salerno i passeggeri sono stati fatti salire sull'intercity 591 il cui percorso è stato prolungato fino a Reggio Calabria;
   quanto riportato non è una novità per le tratte ferroviarie calabresi e non è un bel biglietto da visita neppure per chi avesse scelto il treno per recarsi in vacanza in questa bellissima regione –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare con la massima urgenza per attivare un tavolo di confronto con Trenitalia al fine di migliorare il materiale rotabile in circolazione sulle tratte ferroviarie calabresi ed assicurare un servizio di trasporto con standard dignitosi e accettabili nel terzo millennio. (5-03430)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FREGOLENT. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 2 agosto le palazzine «ex Moi» di Torino situate in via Giordano Bruno e – realizzate nel 2006 in occasione delle Olimpiadi invernali, sono state lo scenario di una aggressione che ha causato feriti gravi;
   le persone coinvolte nella rissa, secondo gli organi di stampa, sono da identificare in alcuni immigrati che hanno, ormai da tempo, occupato abusivamente le palazzine;
   gli edifici, gestiti da alcuni centri sociali, sono infatti stati occupati i da oltre un anno e mezzo: inizialmente da profughi con lo status riconosciuto di «rifugiati» provenienti dal Nord d'Africa e successivamente da numerose altre etnie di immigrati. Secondo alcune stime sarebbero oltre 400 le persone presenti attualmente nelle palazzine;
   da quanto riportano gli organi di informazione «la gestione dell'ex Moi da parte di attivisti dei centri sociali torinesi non sembra più in grado di governare una situazione sempre più grave e delicata, anche sotto il profilo della tutela degli ospiti. Nei giorni scorsi c’è stato un altro accoltellamento e tra alcuni rifugiati ora cresce la paura di rientrare negli alloggi. La tensione nasce anche dalle divisioni etniche e di religione, con la componente islamica che ha assunto un ruolo dominante nel controllo delle strutture ed è in grado di decidere di chi può o non può entrare nel complesso. Sospetti anche su attività di spaccio di droga da parte di ex rifugiati, alcuni già arrestati o segnalati nel corso delle ultime operazioni di polizia e carabinieri»;
   l'ultimo episodio, su cui stanno indagando le, forze dell'ordine e che segue un fatto similare accaduto nei giorni precedenti, sta quindi allarmando e creando gravi tensioni e preoccupazioni sia tra gli immigrati, sia tra la comunità torinese, soprattutto tra chi risiede nei zone limitrofe. Oltre ai gravi problemi di sicurezza ed ordine pubblico questa situazione rischia infatti di dequalificare e impedire il rilancio del tessuto sociale e produttivo di un quartiere edificato recentemente e realizzato con ingenti stanziamenti pubblici;
   in data 30 settembre 2013, rispondendo all'interrogazione a risposta scritta numero 4-00131 presentata dal deputato Paola Bragantini sempre relativa all'occupazione delle palazzine «ex Moi», il Ministero dell'interno aveva ventilato la possibilità, di concerto con le amministrazioni e le istituzioni locali, di una «nuova sistemazione per gli occupanti» oltre alla «necessità mettere urgentemente in sicurezza gli stabili del comprensorio che risultano tuttora inabitati, per prevenire il rischio di ulteriori occupazioni, anche da parte di soggetti provenienti da altre province»;
   appare evidente che la il contesto sociale delle palazzine «ex Moi» risulta, dopo oltre 10 mesi, notevolmente aggravato e che le amministrazioni e le istituzioni locali non dispongono di risorse adeguate per normalizzare la situazione  –:
   quali provvedimenti urgenti intenda assumere, coinvolgendo gli enti e le istituzioni locali, per risolvere la grave situazione di pericolo che interessa da anni le palazzine «ex Moi», assicurando al tempo stesso i diritti degli immigrati «rifugiati» con la sicurezza pubblica ed il contrasto al degrado sociale. (5-03431)

Interrogazione a risposta scritta:


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la provincia di Bergamo si trova ampiamente al di sotto della media nazionale con un solo vigile del fuoco ogni 3770 abitanti, a fronte di una media nazionale di uno ogni 1500 abitanti;
   nel decreto-legge 90 del 2014 sulla pubblica amministrazione è previsto un potenziamento dell'organico del Corpo dei vigili del fuoco mediante l'assunzione di nuove unità  –:
   se il Ministro non ritenga una priorità l'assegnazione di una parte delle nuove unità in organico alla provincia di Bergamo, e nel caso quale sia il numero complessivo dei vigili del fuoco che verranno dislocati e quali siano i tempi previsti per l'assegnazione. (4-05782)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SIBILIA, SIMONE VALENTE, LUIGI GALLO, BATTELLI, MICILLO, VACCA, MARZANA, FICO, D'INCÀ, CASO, BUSINAROLO, COLONNESE e CARINELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nelle «indicazioni nazionali» per i licei (decreto ministeriale n. 211 del 2010), che accompagnano il decreto del Presidente della Repubblica 89 del 2010 di riordino dell'istruzione superiore liceale, a proposito dell'insegnamento della letteratura italiana per il quinto anno, relativamente al pieno Novecento, su 17 autori non è citato nessun meridionale o autore nato a sud di Roma e solo un'autrice donna (Elsa Morante). In tal modo viene proposta agli studenti una visione parziale della cultura del nostro Paese;
   da più di tre anni un movimento culturale, promosso dal centro di documentazione sulla poesia del sud, che opera in provincia di Avellino allo scopo di recuperare e valorizzare la cultura meridionale attraverso lo studio di autori e autrice del Sud che hanno dato lustro alla letteratura italiana del XX secolo, ha visto il sostegno di quattro regioni (ordini del giorno del consiglio regionale della Campania del 16 maggio 2012, del Consiglio regionale della Calabria del 28 maggio 2012, intervento del Presidente del Consiglio regionale del Molise del luglio 2012, dell'Assessore all'Istruzione della Basilicata del settembre 2012) nonché di molti autorevoli intellettuali, studiosi di letteratura italiana (tra cui Alberto Asor Rosa, in «Corriere del Mezzogiorno» del 29 marzo 2012, pagina 17, e di Paolo Di Stefano, in «Corriere della Sera» del 21 marzo 2012, pagina 35) e di numerosi componenti dello stesso centro, che hanno pubblicato «Faremo un giorno una carta poetica del Sud. Restituiamo la letteratura meridionale ai Licei», Introduzione di Alessandro Quasimodo, a cura di Alessandro Di Napoli, Giuseppe Iuliano, Alfonso Nannariello, Paolo Saggese, Delta 3 edizioni, Grottaminarda, Av, 2012;
   dal 2012 si registrano sul tema molti atti parlamentari firmati da varie forze politiche presenti alla Camera e al senato, tra cui la risoluzione in Commissione VII 7-00385 del 10 giugno 2014, primo firmatario Maria Marzana (Movimento 5 stelle);
   il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Stefania Giannini – in un'intervista rilasciata al quotidiano Il Mattino di Napoli a cura di Marco Esposito pubblicata il 4 aprile 2014, a pagina 12, dal titolo «Salvare la poesia del Sud programmi da cambiare» – a proposito delle «Indicazioni nazionali» ha dichiarato: «La ricchezza della letteratura italiana è distribuita in maniera equanime sul territorio e la sua conoscenza è cemento dell'unità del paese. Mi sono occupata a lungo di promozione della lingua italiana nel mondo e ormai tutti, non solo in Europa, ci riconoscono questa nostra specificità. Studierò la questione e mi impegno ad arricchire questo elenco»;
   le stesse tracce ministeriali selezionate nello scorso esame di Stato per le Scuole secondarie di secondo grado dimostrano il cambiamento di rotta del Ministero, essendo state proposte agli studenti le analisi del testo della poesia «Ride la gazza, nera sugli aranci» di Salvatore Quasimodo e, per la Tipologia B, di uno stralcio di una novella di Grazia Deledda;
   da fonti giornalistiche si apprende che il Ministero sta studiando la soluzione tecnica per l'integrazione, probabilmente già a partire dall'inizio dell'anno scolastico 2014/2015, dell'elenco delle «Indicazioni nazionali» con autori meridionali meritevoli di essere menzionati e con scrittrici e poetesse ingiustamente non citate –:
   se il Ministro stia dando concretamente seguito alle sue dichiarazioni e quale documento tecnico utile alla soluzione del problema sia in fase di elaborazione. (5-03432)


   COCCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'alfabetizzazione motoria, come descritto dal sito del CONI, è un progetto rivolto a tutti gli alunni e gli insegnanti della scuola primaria, attuato congiuntamente dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dal CONI con l'obiettivo di promuovere e trasmettere il valore della pratica sportiva nel tessuto sociale, quale fattore di benessere individuale, coesione e sviluppo culturale ed economico;
   l'insegnante titolare è affiancato da un consulente esperto qualificato che in orario curriculare propone attività didattiche diversificate per ciascuna classe;
   le attività sono finalizzate all'acquisizione delle competenze motorie e di stili di vita attivi, nel rispetto delle indicazioni ministeriali per il curricolo;
   l'educazione motoria diviene l'occasione per promuovere esperienze cognitive, sociali, culturali ed affettive;
   la proposta didattica, sempre da quanto si evince dal sito del CONI, è organizzata e realizzata secondo le indicazioni ministeriali per il curricolo, mediante una programmazione articolata in moduli che favoriscono il raggiungimento dei traguardi per lo sviluppo delle competenze attraverso un percorso che tiene in considerazione gli obiettivi di apprendimento indicati;
   l'alfabetizzazione motoria è stata attuata nella forma di progetto pilota dall'anno scolastico 2010-2011 su di un campione ristretto, interessando solo un piccolo numero di province;
   in data 4 dicembre 2013 è stato sottoscritto il nuovo protocollo d'intesa tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e CONI per l'avvio di una nuova fase di realizzazione del progetto «alfabetizzazione motoria» nella scuola primaria;
   nel protocollo si fa cenno all'auspicio che gli enti territoriali possano partecipare finanziariamente per ampliare il progetto ad altri plessi;
   in data 6 maggio 2014 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Stefania Giannini, intervenuta nel salone d'onore alla presentazione del programma della nazionale femminile di pallacanestro in vista di Euro 2015, ha ufficializzato la copertura finanziaria del Governo a sostegno dei progetti CONI legati alla pratica sportiva nella scuola;
   in tal senso, ha affermato di aver siglato una convenzione con il presidente Malagò che riguarda il progetto CONI per lo sport a scuola, l'alfabetizzazione motoria e tutte le attività che servono a sensibilizzare;
   inoltre, secondo quanto affermato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio nel corso dell'audizione alla Camera dei deputati l'11 giugno 2014, dal monitoraggio di attuazione svolto nel corso delle edizioni, dall'anno scolastico 2009/2010 (progetto pilota) fino all'anno scolastico 2012/2013, emerge un trend molto positivo dei numeri di partecipazione:
    a) lo stanziamento è passato da 4.715.620 euro della prima edizione a 12.581.974 euro (+166 per cento);
    b) la partecipazione delle 20 regioni è stata totale sin dalla prima edizione;
    c) le province sono passate da 31 a 103 (+232 per cento);
    d) i plessi scolastici da 1.140 a 3.423 (+200 per cento);
    e) le classi da 9.000 a 24.627 (+173 per cento);
    f) gli alunni da 230.000 a 511.296 (+122 per cento);
    g) i supervisori da 100 a 232 (+132 per cento);
    h) gli esperti da 986 a 2.491 (+152 per cento);
    i) le ore totali da 258.578 a 726.126 (+180 per cento);
   questo progetto, secondo il Sottosegretario Delrio, è quindi attuato in maniera piena e soddisfacente;
   tuttavia, molti esperti impegnati nei progetti lamentano la mancata corresponsione di una parte dell'importo dovuto per il servizio prestato;
   tuttavia, ad oggi, pervengono molte segnalazioni da parte dei CONI regionali che lamentano la mancanza di fondi per i progetti di alfabetizzazione a causa dei mancati pagamenti da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che deve ancora metà delle risorse stanziate per i progetti relativi all'anno scolastico 2013-2014 –:
   quali siano le ragioni dei ritardi nei pagamenti per i progetti di alfabetizzazione relativi all'anno scolastico 2012-2013;
   quanti fondi siano stati stanziati complessivamente per il progetto, sia per l'anno in corso, che per i seguenti, dettagliando l'importo per singole istituzioni impegnate finanziariamente;
   quale sia l'obiettivo per i prossimi anni e se si stia lavorando al progetto di inserire gradualmente la figura del docente di educazione motoria, visto che in Italia i bambini dai sei agli undici anni sono avviati allo sport nelle società sportive, contrariamente a quanto avviene negli altri Paesi europei dove invece lo sport viene praticato all'interno della scuola con i propri insegnanti;
   quali iniziative intenda attuare il Ministro per garantire i diritti dei lavoratori impegnati nel progetto ad oggi gravemente penalizzati. (5-03434)


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la normativa che regola l'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo è la legge 10 dicembre 1997 n. 425 come modificata dalla legge n. 1 del 2007 e il Regolamento attuativo dei nuovi esami di Stato è il decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998 n. 323. Il decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009 n. 122 ha inoltre modificato e coordinato le norme vigenti per la valutazione degli alunni ai sensi del decreto-legge 1o settembre 2008 n. 137, come convertito dalla legge 30 ottobre 2008 n. 169;
   con il prossimo anno scolastico 2014/15 va a regime l'ultimo anno del riordino avviato in tutte le scuole secondarie di secondo grado a partire dall'anno scolastico 2010/11 con i regolamenti di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 87, 88 e 89 del 2010 relativi agli istituti professionali, agli istituti tecnici e ai licei;
   le indicazioni Nazionali per i Licei, le Linee guida degli istituti tecnici e quelle degli istituti professionali indicano per la fine dell'anno risultati terminali diversi rispetto a quelli noti, di cui ai programmi ministeriali precedenti al riordino del 2010. Va inoltre precisato che sia le Indicazioni nazionali sia le Linee guida si ispirano ad insegnamenti/apprendimenti finalizzati all'acquisizione di competenze, come richiesto anche dalla normativa europea;
   in materia di educazione, formazione e istruzione, l'Europa ha come obiettivo e chiede agli Stati membri nella Strategia di Lisbona e nella strategia UE2020 azioni mirate a realizzare un'economia della conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale. Le raccomandazioni del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 e del 23 aprile 2008, relative rispettivamente a «competenze chiave per l'apprendimento permanente» e all’«istituzione di un Quadro europeo delle qualifiche, EQF (European Qualification Framework)» si pongono obiettivi scanditi in termini di conoscenze, abilità e competenze ed individuano otto livelli di uscita dai diversi sistemi scolastici;
   sulla base di queste indicazioni tutti i Paesi membri dell'Unione si sono mossi per adeguare i propri sistemi scolastici alle richieste delle sopraddette raccomandazioni e sono stati tenuti ad adattare le finalità e gli obiettivi dei diversi gradi dei loro sistemi di istruzione e formazione a ciascuno degli otto livelli di cui all’European Qualification Framework. È opportuno pertanto sottolineare che nella prossima tornata di esame, quella relativa all'anno scolastico 2014/15, le competenze da certificare al termine dei percorsi del secondo grado di istruzione dovranno tener conto di quanto indicato dal quadro European Qualification Framework –:
   quali modifiche e innovazioni il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda porre in atto, sia per le prove sia per la valutazione, per l'esame di Stato conclusivo dei diversi indirizzi del secondo ciclo di istruzione e formazione al fine di adeguare l'esame di Stato alle richieste delle raccomandazioni dell'Unione europea in termini di competenze e di European Qualification Framework e soprattutto in relazione al completamento del riordino del secondo ciclo di cui ai regolamenti 87, 88, 89 del 2010. (5-03435)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALLASIA, SIMONETTI, FEDRIGA, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la recente Pubblicazione delle graduatorie per gli insegnanti dell'anno scolastico, che inizierà in autunno ha creato non poca sorpresa, subito tramutatasi in indignazione e smarrimento da parte dei docenti già in graduatoria nelle prime posizioni nelle graduatorie provinciali delle province di residenza;
   nelle province del nord dove ci sono più posizioni da occupare semplicemente a causa dell'andamento demografico quasi tutti i docenti residenti in loco e pronti ad entrare in servizio si sono visti scavalcare clamorosamente, e di decine di posizioni, da insegnanti provenienti da fuori regione, in modo particolare dalle regioni del mezzogiorno;
   secondo i numeri pubblicati da alcuni quotidiani, ed a mero titolo di esempio, a Torino una maestra elementare che occupava il primo posto nei vecchi elenchi, è «scivolata» al 69° posto; nella stessa graduatoria piemontese, sulle prime 105 posizioni, da una rilevazione effettuata dalla Cisl Scuola, 101 sono state occupate da maestre che provengono, nell'ordine, da: Sicilia, Calabria e Campania, quindi le insegnanti che erano al secondo, terzo e quarto posto, posizioni sicure per ottenere un'assunzione a tempo indeterminato, si sono ritrovate rispettivamente al 77°, 95° e 105° posto, perdendo praticamente per decenni qualsiasi opportunità di immissione in ruolo;
   gli esiti non sono diversi nella scuola media e nelle classi di concorso delle superiori;
   in questo modo si alimenta una assurda guerra tra precari, determinata da una gestione normativa incerta che continua a cambiare le regole in corsa: Al tempo del Ministro Fioroni le graduatorie permanenti erano state dichiarate «a esaurimento» per passare a nuove modalità di reclutamento, questo aveva significato bloccarle e non consentire più lo spostamento dei docenti da una provincia all'altra; tre anni fa, a seguito dei ricorsi a tale disposizione, i fuori provincia erano stati riammessi ma «in coda» ai residenti. Quest'anno invece è stato ripristinato il trasferimento in base al punteggio, creando graduatorie assurde, pilotate da siti internet dedicati che addirittura spiegavano su quali province era meglio indirizzarsi per avere migliori opportunità di «scavalco»;
   quella che si è creata è una situazione sommamente ingiusta, infatti chi fa la gavetta in una provincia deve anche avere la possibilità di lavorarci, chi entra in una graduatoria non può vederla vanificata ad ogni annualità e soprattutto va fermata la pratica assurda dell'iscrizione in graduatorie di territori scelti solo in base a calcoli di punteggio, senza alcun legame né interesse per quel territorio se non quello di acquisire diritti e poi chiedere trasferimenti;
   quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro interrogato per introdurre il sistema delle graduatorie su base regionale, anche e soprattutto nell'ottica di salvaguardare la continuità didattica, ed introdurre nella normativa il requisito della residenza per l'assegnazione dei posti. (4-05779)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   ormai da alcuni anni le capacità di reclutamento delle università non sono più fondate sulle risorse che queste hanno a disposizione sui propri bilanci e sulla ripartizione del Fondo di finanziamento ordinario, ma su una unità di misura definita dai punti organico che ogni anno il Ministero assegna ai singoli atenei, su parametri definiti al momento dal decreto legislativo n. 49 del 2012, emanato in attuazione della legge n. 240 del 2010, la cosiddetta Riforma dell'università. La dinamica dei punti organico non è prevista da alcuna disposizione di legge, tanto che la stessa legge n. 240 continua ad utilizzare il concetto di risorsa equivalente e/o corrispondente all'assunzione di docenti universitari. Fu una circolare del Ministero dell'economia e delle finanze che sancì il passaggio dal sistema del budget al sistema dei punti organico;
   il sistema dei punti organico da un lato sta generando un sostanziale blocco delle assunzioni di personale, particolarmente in alcuni atenei, dall'altro mostra i segni evidenti della sperequazione tra le università. Una sperequazione che l'anno scorso divenne una vera e propria ingiusta discriminazione, a seguito della scelta operata dall'allora Ministro Carrozza di non riproporre nel decreto ministeriale n. 713 del 2013, decreto che ha assegnato i punti organico alle università per il 2013 sulla base del turn over 2012, la cosiddetta clausola di salvaguardia o di garanzia contenuta nel decreto ministeriale n. 297 del 2012, del Ministro Profumo;
   al di là della legittimità o meno sul piano giuridico dell'eliminazione della clausola di garanzia, che aveva appunto la funzione di non generare effetti distorsivi tra gli atenei nella ripartizione dei punti organico, l'esito è stato una differenziazione inaccettabile tra gli stessi, soprattutto tra quelli di medesime dimensioni. Un problema di politica universitaria e non, che non può essere ignorato da chi dovrebbe tutelare il sistema universitario nel suo complesso, come appunto sistema nazionale;
   l'esito del processo di ripartizione dei punti organico, valutato limitatamente agli anni 2012 e 2013, considerando sia il piano ordinario sia il piano straordinario previsto all'articolo 29, comma 9, della legge n. 240 del 2010, ha generato, come si è detto, effetti pesantemente distorsivi sul sistema nazionale del reclutamento universitario, che oggi, con la nuova disciplina prevista nella stessa legge n. 240 e articolata sull'abilitazione scientifica nazionale, acquista il sapore dell'ingiustizia sociale, che colpisce una categoria di persone che pur appartenendo allo stesso sistema avverte il peso della irragionevole disparità di trattamento nei riguardi delle loro pur legittime aspettative di carriera universitaria. Si prenda, quale esempio paradigmatico, la differenza tra due atenei italiani di dimensione sostanzialmente identica, tanto da essere inseriti nella stessa categoria di soggetti valutati nella recente valutazione della qualità della ricerca, Bari e Bologna: all'esito del processo di ripartizione dei punti organico 2012 e 2013 e della ripartizione relativa al piano straordinario degli associati, la differenza tra la capacità di progressione di carriera tra i due atenei e considerando unicamente il 50 per cento di punti organico come risorse da utilizzare per le chiamate di cui all'articolo 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010, (chiamate cd. «per interni», cioè procedure di valutazione riservate ai soli docenti in servizio dei due atenei e utilizzando le risorse per la chiamata dei docenti di II fascia, gli associati), si scopre che a fronte di una capacità di chiamata pari a 451 unità di personale docente dell'ateneo bolognese, l'ateneo di Bari può procedere a procedura di chiamata per un numero pari a circa 70 docenti. Ora, non può sfuggire ad alcuno che la differenza nella sua entità acquista il valore irragionevole della discriminazione territoriale e della lesione del principio di eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, garantito dall'articolo 3 della nostra Carta Costituzionale. Se, infatti, una differenza che premi la buona amministrazione può essere tollerata, questa deve mantenersi dentro parametri, di non discriminazione e di ragionevolezza. Poiché, se il risultato così rappresentato dovesse essere ritenuto dal Governo esito di un processo razionale, allora tanto varrebbe prendere la via del commissariamento di alcuni atenei italiani, per continuare a sostenere l'idea di un sistema nazionale delle università, a tutela soprattutto degli studenti che ivi si formano;
   è evidente, inoltre, che la differenza nella capacità di porre in essere procedure di chiamata ex articolo 24, comma 6, ha un impatto immediato e diretto anche sulla stessa vita degli atenei in riferimento alla capacità di generare offerta formativa. È noto, infatti, che il nuovo sistema di accreditamento dei corsi di studio prevede che la capacità delle università di generare offerta formativa sia legata anche alla capacità delle stesse di fare reclutamento e soprattutto progressioni di carriera dei ricercatori universitari alle fasce della docenza ed in particolare alla II fascia. Il passaggio dalla fascia dei ricercatori a quella degli associati comporta infatti il raddoppio del numero delle ore accreditabili, che se per i ricercatori è di 60, per i professori associati è di 120 ore. Dunque, il passaggio del ricercatore ad associato consente alle università di raddoppiare le ore a disposizione per l'accreditamento dei corsi. Limitare la capacità di reclutare e di fare progressioni ha l'immediato effetto di costringere le università a contrarre la propria offerta formativa e conseguentemente di incidere in misura meno efficace sulla crescita sociale, culturale ed economica dei territori di riferimento. Aumenta in questo modo il già insostenibile divario sociale ed economico tra i territori del nord e quelli del sud Italia;
   nei giorni scorsi è stata prorogata a marzo del 2015 la possibilità per gli atenei di utilizzare le risorse di punti organico; relativa alla ripartizione degli anni 2011-2013, assegnate dal piano straordinario degli associati, previsto, da ultimo, all'articolo 29, comma 9, della legge n. 240 del 2010. Il rinvio della possibilità di utilizzo delle risorse della ripartizione relativa agli anni 2011-2013 lascerebbe pensare che in realtà non vi sia alcuna volontà da parte del Governo di finanziare il piano straordinario associati per gli anni 2014-2016, così come previsto dalla stessa norma, che rinvia espressamente alla legge di stabilità del 2011. Non si comprende per quale motivo non si sia ancora dato corso alla ripartizione della quota di punti organico degli anni 2014-2016 relativa al piano straordinario associati, soprattutto se si considera che nella stessa legge di stabilità erano state individuate le copertura di bilancio del «piano straordinario» –:
   quali misure il Governo intenda proporre per trovare una soluzione agli effetti distorsivi generati sin qui dalla ripartizione dei punti organico, soprattutto con riferimento al piano straordinario dei professori associati;
   se il Ministro intenda procedere alla ripartizione delle quote di finanziamento relativa agli anni 2014-2016 operando con il metodo della perequazione. (4-05781)


   TOTARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 6 maggio 2014 l'Università di Firenze ha pubblicato un bando di concorso per titoli ed esami per sei posti di categoria C, posizione economica C1, dell'area tecnica, tecnico-scientifica ed elaborazione dati, con contratto di lavoro subordinato a tempo pieno c,d indeterminato, quattro dei quali riservati agli appartenenti alle categorie di cui all'articolo 1014, commi 3 e 4, e all'articolo 678, comma 9, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;
   la stessa Università aveva già bandito nei primi mesi del 2014 una procedura selettiva per due posti di categoria C, posizione economica C1, dell'area amministrativa, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e pieno, per le esigenze dell'area ricerca e relazioni internazionali, un posto dei quali riservato al personale a tempo indeterminato già in servizio presso il medesimo ateneo e in possesso dei requisiti richiesti dal bando;
   il 6 giugno 2014, vale a dire il medesimo giorno della scadenza del bando, e quando pertanto già aveva cognizione dell'alto numero di domande presentate, l'Ateneo ha deciso di procedere subito alla prova scritta, comunicando che la stessa si sarebbe tenuta in data 20 febbraio 2014, alle ore 10.00, presso il Centro Didattico Morgagni, in viale Morgagni n. 40 a Firenze;
   il 27 gennaio 2014 veniva pubblicata sul sito istituzionale dell'Ateneo una comunicazione dell'ufficio personale con la quale si specificava che lo stesso giorno della prova scritta si sarebbe svolta prima la prova preselettiva: «Considerato l'elevato numero di domande pervenute, si comunica che il giorno 20 febbraio 2014, alle ore 10.00, sarà svolta la prova preselettiva. All'esito della suddetta prova, nella stessa giornata, i candidati ammessi sosterranno la prova scritta», non tenendo conto che erano pervenute oltre 550 domande di partecipazione al concorso;
   che il 31 gennaio 2014, constatata l'impossibilità di procedere alla correzione informatica delle prove di un così elevato numero di partecipanti, veniva fatta la terza comunicazione di spostamento delle date per la prova scritta ed orale come segue: «Considerati i tempi necessari per il corretto espletamento delle procedure preselettive del concorso pubblico di cui in oggetto, che si terranno il giorno 20 febbraio 2014, alle ore 10:00, presso il Centro Didattico Morgagni (Viale Morgagni, 40 — Firenze), si comunica che, ... sono state variate le date previste per la prova scritta e orale del Concorso di categoria C, come di seguito indicato: La prova scritta si svolgerà in data 11 marzo 2014, alle ore 10:00; La prova orale si svolgerà in data 2 e 3 aprile 2014, alle ore 10:00»;
   il 10 febbraio 2014 è stata nominata la commissione d'esame, e il giorno successivo è stato pubblicato un primo elenco di 557 ammessi, successivamente corretti in 556 e poi in 554;
   all'esito della procedura preselettiva sono risultati ammessi alla prova scritta solo 28 partecipanti (elenco pubblicato il 21 febbraio 2014);
   quanto descritto per il concorso precedente è avvenuto anche per il bando categoria D1, per due posti di categoria D, posizione economica D1, area amministrativa gestionale, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e pieno, da destinare anch'essi all'area ricerca e relazioni internazionali, di cui un posto riservato al personale a tempo indeterminato in servizio presso l'Università degli Studi di Firenze, in possesso dei requisiti per l'accesso richiesti dal bando, ai sensi dell'articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo 165 del 2001;
   il 27 gennaio 2014 è stato comunicato che le prove scritte sarebbero state il 18 ed il 19 febbraio 2014, e che – nel medesimo giorno stabilito per la prima prova scritta si sarebbero svolte anche le prove preselettive;
   solo quattro giorni dopo, il 31 gennaio, le date delle prove scritte e orali venivano spostate, rispettivamente, al 12 e 13 marzo, e al 9 e 10 aprile 2014;
   il 10 febbraio 2014 è stata nominata la commissione d'esame, e in data 11 febbraio 2014 è stato pubblicato l'elenco dei 446 ammessi alla preselezioni, mentre in data 21 febbraio è stato pubblicato l'elenco dei 37 candidati ammessi alle prove scritte;
   è in fase di espletamento il concorso per titoli ed esami n. 6 posti di Categoria C, posizione economica C1, area tecnica, tecnico scientifica ed elaborazione dati, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e pieno, per le esigenze dell'area didattica e servizi agli studenti;
   il 4 luglio si è tenuta una prova preselettiva dato l'alto numero di domande che sono state presentate –:
   in quale modo intenda garantire, se del caso adottando iniziative normative, che i concorsi indetti dalle università nazionali si svolgano nel pieno rispetto di criteri di efficienza, trasparenza e salvaguardia del merito. (4-05784)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:


   CIPRINI, GALLINELLA, BALDASSARRE, BECHIS, CHIMIENTI, COMINARDI, RIZZETTO, ROSTELLATO e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Thyssen-Krupp – che ha riacquistato la proprietà dell’Acciaieria speciale Terni nel polo siderurgico ternano – il 17 luglio 2014 ha presentato a Palazzo Chigi il nuovo piano industriale, che ha confermato le preoccupazioni delle ultime settimane relative ad un ridimensionamento del sito umbro che dà lavoro a circa 2.800 dipendenti e produce oltre un milione di acciaio inox all'anno;
   il personale, secondo le previsioni del management tedesco – nella persona del nuovo amministratore delegato Lucia Morselli e Joachim Limberg in qualità di ceo della business area materials services di Thyssen-Krupp – dovrà essere ridotto di circa 550 unità. Sono previsti interventi sui costi in tutte le aree, per un risparmio stimato di 100 milioni di euro in 5 anni (39 milioni nei primi 2 anni più altri 61 da spalmare nel quinquennio);
   i licenziamenti sarebbero così distribuiti: 220 nei primi due anni e 330 alla fine dei due anni. A questi si devono aggiungere altri 400 dipendenti delle ditte esterne e dell'indotto, che potrebbe coinvolgere fino a circa 900-950 dipendenti dell'intero sito ternano;
   per il Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, il piano presentato «non va bene e non è chiaro sulle prospettive». Le istituzioni locali lo giudicano «irricevibile», per i sindacati è semplicemente «inaccettabile» (Il Sole 24 ore del 18 luglio 2014) e all'incontro del 25 luglio 2014 presso la camera del lavoro di Terni – a cui era presente anche la prima firmataria della presente interrogazione – gli stessi hanno definito il piano industriale della Thyssen come un piano finanziario che punta al ridimensionamento e che sancisce la deindustrializzazione di Terni e dell'Umbria;
   recentemente i vertici dell'azienda hanno manifestato l'intenzione di sciogliere i consigli di amministrazione delle società controllate dalla Ast (si tratterebbe di Società delle fucine: 208 addetti; Tubificio: 156 dipendenti; Aspasiel: 64 dipendenti) e le rappresentanze sindacali unitarie hanno contestato «l'ultima azione unilaterale da parte della direzione aziendale relativamente al non riconoscimento dell'accordo tra le parti per le modalità di gestione della cassa integrazione ordinaria» (Il Giornale dell'Umbria del 26 luglio 2014), facendo riferimento alla decisione dell'azienda del prolungamento ad un mese della fermata estiva;
   la settimana scorsa i vertici della Thyssen avrebbe sciolto unilateralmente il contratto integrativo dei dipendenti, comunicando che i contratti interinali non verranno rinnovati;
   al consiglio regionale della regione Umbria è stata presentata una mozione per attivare le procedure per la richiesta di riconoscimento dello stato di crisi industriale complessa dell'area di Terni e Narni;
   rimane fortissima la preoccupazione e la tensione tra i lavoratori per le proprie sorti lavorative, per il mantenimento della lavorazione e della produzione dell'acciaio nel sito siderurgico ternano e per le pesanti conseguenze sociali ed economiche dei prospettati esuberi;
   si rende necessario un intervento deciso del Governo ad ogni livello volto – anche nell'ambito della presidenza del semestre europeo – a scongiurare i prospettati licenziamenti e che dia garanzie ai dipendenti del loro futuro occupazionale –:
   quali concrete ed urgenti iniziative e/o misure il Governo intenda intraprendere a livello nazionale al fine di impedire che venga dato corso ai licenziamenti prospettati dall'azienda e al fine di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali, scongiurando il ridimensionamento dello stabilimento frutto del piano industriale della Thyssen che avrebbe un gravissimo impatto sociale ed economico sull'intero comparto siderurgico ternano ma anche nazionale. (3-00981)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XI Commissione:


   AIRAUDO e PLACIDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ThyssenKrupp ha confermato a metà luglio che nell'ambito del nuovo piano industriale per la Acciai Speciali Terni (Ast) sono previsti una riduzione di costi in tutte le aree (operative, strutturali, vendita e organico) di oltre 100 milioni di euro l'anno e un ridimensionamento del personale di circa 550 dipendenti, prevedendo anche una chiusura del secondo forno entro il 2015-16;
   i vertici di ThyssenKrupp Business Area Materials Services e Acciai Speciali Terni – viene scritto in una nota che ha annunciato i punti principali del piano – «hanno incontrato le istituzioni e le organizzazioni sindacali per un confronto in merito al piano industriale di Acciai Speciali Terni (Ast), che mira a un rilancio dell'azienda ternana come player sostenibile nell'industria dell'acciaio inossidabile»;
   negli ultimi anni, viene quindi sottolineato, Ast «ha attraversato un periodo difficile, che ha comportato delle perdite significative attribuibili alle avverse condizioni di mercato e a inefficienze strutturali comprendenti il mix di prodotto e il contenimento del raggio di commercializzazione a livello territoriale». Per l'azienda, che è stata integrata nella divisione business area materials services «al fine di beneficiare nel miglior modo della presenza di ThyssenKrupp sul mercato internazionale», è stato deciso di intraprendere un «piano di azione strategico globale, in grado di ristabilire la profittabilità sostenibile dell'azienda, nonostante il difficile quadro del mercato caratterizzato da un'esistente sovraccapacità»;
   il piano prevede anche «un maggiore focus sui laminati a freddo e un incremento delle vendite rivolte agli utenti finali. Questo nuovo approccio strettamente legato all'andamento del mercato – mette in evidenza TK – presuppone un cambiamento nella produzione che deve limitare i propri volumi in base alle vendite redditizie. Ciò comporta l'incremento delle capacità nella produzione dei laminati a freddo affiancata da un'ottimizzazione dell'efficienza nella fase liquida e una contemporanea chiusura del secondo forno entro il 2015/2016. La chiusura del secondo forno potrebbe essere riconsiderata – avverte l'azienda – solo se le condizioni di mercato miglioreranno notevolmente e tutti gli obiettivi saranno stati raggiunti»;
   la società – conclude la nota – «è fermamente convinta che tali misure siano ben ponderate e indispensabili per garantire il futuro di Acciai Speciali Terni e il suo valore per i propri stakeholder»;
   le istituzioni umbre hanno dichiarato che il piano dell'Ast «così come presentato è irricevibile». Per la presidente della regione e per i rappresentanti degli altri enti locali il piano «necessita di sostanziali e profonde modifiche a cominciare dalla questione dell'occupazione e delle prospettive industriali dell'intero sito di Terni»;
   anche i sindacati dei metalmeccanici Fiom Fim e Uilm hanno definitivo inaccettabile il piano presentato da ThyssenKrupp per l'Ast di Terni e hanno avviato una mobilitazione immediata;
   per tutta la notte del 31 luglio centinaia di operai, che nella mattinata avevano protestato bloccando per alcune ore l'autostrada del Sole nei pressi del casello di Orte, hanno assediato la palazzina degli uffici Tk-Ast dove dal pomeriggio era in corso il Consiglio di amministrazione aziendale;
   tuttavia l'amministratore delegato di Tk-Ast, Lucia Morselli, sembra non aver mutato di una virgola le sue intenzioni riguardo il piano industriale che prevede 550 licenziamenti diretti in due anni. Tagli che si porterebbero dietro altrettante interruzioni di rapporti lavorativi tra le aziende dell'indotto;
   anche l'Unione europea è, intervenuta, nell'ambito di un vertice tra sindacati e istituzioni, svoltosi a Roma. Il nuovo Commissario all'industria, Ferdinando Nelli Feroci, ha annunciato l'intenzione di agire insieme a Joaquin Almunia, vicepresidente dell'esecutivo europeo e, soprattutto, responsabile della Commissione Concorrenza, nei confronti della quale Thyssen aveva dato garanzie sul piano industriale che avrebbe poi presentato per Ast;
   la Commissione infatti aveva giudicato Thyssen con «suitable buyer», cioè un acquirente idoneo proprio per quanto promesso in sede di proposta di acquisto del polo siderurgico ternano dalla finlandese Outokumpu;
   a quanto si apprende da una nota del Ministero dello sviluppo economico, la mattina del 1o agosto il ministro Federica Guidi avrebbe incontrato l'amministratore delegato «per un esame della grave situazione che si è determinata nelle ultime ore». Il Ministro avrebbe confermato all'amministratore delegato la convocazione per il giorno 4 settembre 2014 del tavolo di confronto (già concordato anche con le organizzazioni sindacali), sul piano industriale illustrato dall'azienda nelle scorse settimane. L'amministratore delegato avrebbe «accolto la richiesta del ministro di sospendere nel frattempo gli atti unilaterali riguardanti la contrattazione aziendale e l'annunciata procedura di mobilità»;
   secondo i sindacati umbri la notizia che l'avrebbe accolto la richiesta del Ministro allo sviluppo economico e avrebbe accettato di incontrare il 4 settembre i sindacati è un fatto positivo e un primo risultato della straordinaria mobilitazione messa in atto dai lavoratori e dai sindacati in questi giorni. Un atto necessario, ma di per sé non sufficiente ad offrire le necessarie garanzie per il futuro di Ast;
   lo sforzo di lavoratori e sindacati per riaprire la partita è stato straordinario, arrivando a coinvolgere l'intera città di Terni;
   la delicatezza che ha assunto la vicenda sia per la sua strategicità produttiva che per l'impatto occupazionale, ma anche per le vicende di ordine pubblico e di ricaduta sociale che si stanno realizzando, richiedono che dopo il primo intervento tampone del Ministro dello sviluppo economico, si realizzi un'azione più incisiva e complessiva del Governo tesa a rimuovere le posizioni oltranziste messe in campo dall'azienda e a operare ogni sforzo per scongiurare i licenziamenti;
   in particolare è necessario che tale azione coinvolga direttamente il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, a partire dalla sua partecipazione al tavolo di confronto fissato per il 4 settembre –:
   quali iniziative il Ministro del lavoro, abbia intrapreso o intenda intraprendere, nell'ambito dell'azione del Governo e delle sue competenze, al fine di scongiurare la perdita di posti di lavoro diretti e nell'indotto presso la AST di Terni. (5-03424)


   BARUFFI, ALBANELLA, BOCCUZZI, CASELLATO, DAMIANO, DELL'ARINGA, FARAONE, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GNECCHI, GREGORI, GRIBAUDO, INCERTI, MAESTRI, MARTELLI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, ROTTA, SIMONI e ZAPPULLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 15 luglio 2014 la Coca Cola Hbc Italia ha aperto una procedura di mobilità per 249 lavoratori e lavoratrici dell'area commerciale su tutto il territorio nazionale;
   la stessa società, il giorno successivo, 16 luglio 2014, ha aperto una ulteriore procedura di mobilità per tutti i 57 lavoratori impiegati presso la sede di Campogalliano, in provincia di Modena, annunciando la chiusura della sede stessa;
   le organizzazioni sindacali hanno espresso la loro netta contrarietà in merito al forte ridimensionamento posto in essere dalla Coca Cola e nel proclamare lo stato di agitazione hanno deciso di programmare 16 ore di sciopero nei prossimi giorni;
   vi è forte incertezza sul futuro dei lavoratori che rischiano di andare incontro ad una difficile ricollocazione occupazionale;
   ulteriori significativi contraccolpi occupazionali potrebbero certamente derivare sull'indotto, costituito da imprese strettamente legate alla presenza di Coca Cola;
   la società al momento ha rifiutato ogni ipotesi alternativa alla collocazione in mobilità dei dipendenti, a partire da quelli della sede dello stabilimento modenese, e i tavoli sino ad ora convocati tra le parti su entrambe le vertenze non sembrano aver sortito alcun apprezzabile risultato;
   pur nel quadro della crisi dei consumi che ha investito in questi anni anche Coca Cola, permangono utili rilevanti per la società anche sul mercato italiano –:
   se il Governo sia a conoscenza di questi fatti e quali iniziative intenda eventualmente assumere al fine di verificare le condizioni per una possibile riconsiderazione dei tagli annunciati, salvaguardando i livelli occupazionali tanto della sede di Campogalliano quanto dell'intera rete commerciale di Coca Cola presente in Italia. (5-03425)


   PRATAVIERA e FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è notizia pubblicata su Il Gazzettino — edizione di Belluno — del 29 luglio 2014, quella della trattativa tra le parti sindacali della ACC Compressor di Mel ed il nuovo proprietario cinese Wanbao; sul tavolo, il futuro dei dipendenti della società e i drastici tagli al costo del lavoro;
   dichiarata insolvente, e posta in amministrazione straordinaria nel giugno 2013, con commissario l'ex senatore ed ex Electrolux Maurizio Castro, l'azienda ha navigato a vista in maniera soddisfacente fino ai primi di luglio, quando si è aggiudicata l'asta internazionale la Wanbao Group Compressor, uno dei leader mondiali del settore del compressore; con sede a Guangzhou in Cina;
   sembrerebbe che l'acquirente cinese garantisca allo stabilimento di Mel la continuità industriale, con l'assegnazione di 3.200.000 compressori nel 2014 e di 3.600.000 nel 2016; a fronte di tale rilancio, tuttavia, la Wanbao ha chiesto il rigoroso taglio stipendiale dei dipendenti del 27 per cento;
   i sindacati sperano di chiudere la trattativa con un taglio del 16 per cento e la garanzia di assunzione di 455 dipendenti sui 600 attualmente in cassa integrazione da anni (300 unità all'inizio, cui aggiungerne altri 50 a step fino ad arrivare a 455 entro la fine dell'anno);
   secondo quanto dichiarato dal commissario Castro, la riassunzione a tempo pieno ed indeterminato dei 455 lavoratori non è e non può essere messa in discussione, perché altrimenti la Wanbao avrebbe delle penalità spropositate in quanto «il Governo italiano non accetterebbe mai che non venisse rispettato un impegno occupazionale preso in una procedura d'asta» –:
   se e quali iniziative di propria competenza, anche in termini di moral suasion, il Governo intenda adottare per garantire il rispetto delle conquiste sindacali e delle regole di sicurezza da parte della nuova proprietà e se non ritenga improcrastinabile un efficace intervento di riduzione del costo del lavoro e drastico taglio del cuneo fiscale, per impedire che ogni operazione di salvaguardia di realtà produttive mediante acquisizione straniera si traduca per i lavoratori in una perdita dei diritti, delle tutele, nonché del potere d'acquisto. (5-03426)


   TRIPIEDI, BARBANTI, BECHIS, ROSTELLATO, CIPRINI, CHIMIENTI, RIZZETTO, BALDASSARRE e COMINARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, ha in parte derogato alle disposizioni in materia di trattamenti pensionistici e, a tal fine, ha individuato una particolare categoria di lavoratori che posseggono i requisiti di cui all'articolo 12, comma 5, del decreto in oggetto, per i quali è stato previsto un prolungamento delle misure di tutela del reddito;
   gli oneri derivanti dalla erogazione dello strumento di tutela in esame sono posti a carico del Fondo sociale per l'occupazione e formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, mentre l'effettiva erogazione del sostegno del reddito è subordinata all'emanazione di un decreto di attuazione;
   la «riforma Fornero» ha innalzato i requisiti per l'accesso a pensione e, per effetto di macroscopici errori di calcolo e di valutazione, ha generato una vasta platea di cittadini che si sono trovati nella più profonda disperazione in quanto privi di reddito da lavoro e senza poter beneficiare dell'assegno pensionistico dell'Inps;
   a fronte di tale situazione, il Governo è via via intervenuto in maniera del tutto asistematica ed approssimativa attraverso provvedimenti di «salvaguardia» finalizzati a garantire un sostegno al reddito a chi ne rimaneva sprovvisto;
   secondo dati stimati nel 2014 la platea degli aventi diritto alla tutela del reddito consterebbe di 4.683 lavoratori che maturano i requisiti per potere accedere alla pensione nel periodo dal 2014 al 2017;
   le risorse necessarie per garantire il sostegno al reddito ai citati 4.683 lavoratori sono stimate nella misura di 72.312.677 euro, poste a carico del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione;
   nella fattispecie, la platea dei beneficiari risulta previamente circoscritta e determinata, quanto ai requisiti da possedere, in virtù dell'obbligo da parte dei soggetti di presentazione di domanda di pensione secondo le decorrenze originarie, antecedenti alle modifiche normative intervenute nel corso dell'anno 2010, con relative quantificazioni in termini di spesa pubblica non ulteriormente modificabili;
   l'emanazione dei decreti ministeriali di attuazione avviene in tempi lunghi, con un ritardo che pregiudica inevitabilmente il diritto dei lavoratori a beneficiare delle suindicate misure di sostegno; ne discende che il condizionare lo stanziamento delle citate risorse alla preventiva emanazione, di anno in anno, di uno specifico decreto ministeriale è del tutto dilatorio nonché profondamente lesivo per gli aventi diritto –:
   quale sia la tempistica di emanazione dei decreti ministeriali per l'attribuzione del sostegno al reddito ai lavoratori interessati dalle disposizioni di cui ai commi 5 e 5-bis dell'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, come convertito dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010, così come riportati nella tabella di cui a decreto interministeriale n. 63655 del 30 gennaio 2012, emanato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze o se sia intenzione del Governo considerare la possibilità di assumere un'iniziativa normativa che autorizzi l'attribuzione delle risorse già stanziate nel Fondo sociale per l'occupazione e la formazione in favore dei soggetti citati in premessa, per porre fine a situazioni di disagio, incertezza e diseguaglianza sociale determinata dai tempi di attesa conseguenti all'emanazione dei decreti interministeriali attuativi. (5-03427)


   CALABRIA e LAFFRANCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 203, della legge n. 662 del 1996, sostituendo il primo comma dell'articolo 29 della legge n. 160 del 1975, ha stabilito che l'obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla legge n. 613 del 1996 e successive modificazioni e integrazioni, sussiste per i soggetti in possesso dei seguenti requisiti:
    a) che siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;
    b) che abbiano la piena responsabilità dell'impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione;
    c) che partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza;
    d) che siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri o ruoli;
   in forza della suddetta disposizione — in tema di società in nome collettivo — la partecipazione del socio al lavoro aziendale con il carattere dell'abitualità e della prevalenza, costituisce condicio sine qua non ai fini dell'iscrizione del socio alla gestione IVS di riferimento;
   tale principio è stato espressamente confermato nella pronuncia del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in risposta all'atto di interpello n. 78/2009, dove si precisa che ai fini dell'iscrizione, occorre la «personale partecipazione ai lavoro aziendale del socio col carattere dell'abitualità e della prevalenza», così come successivamente recepito nella circolare INPS n. 14 del 3 febbraio 2012;
   in tema di società che gestiscono immobili propri, l'iscrizione dei soci alla gestione IVS non sarà dovuta, qualora la gestione non si esplichi attraverso una ulteriore e più ampia attività — come ad esempio l'erogazione di servizi a terzi, la costruzione e/o la compravendita immobiliare — ma rimanga attratta nell'alveo del «mero godimento», i cui frutti, non possono essere perciò considerati reddito d'impresa ai sensi dell'articolo 51, comma 2, lettera a) del TUIR (circolare INPS n. 171 del 6 novembre 2003);
   è chiaro dunque, come ai fini dell'iscrizione non rilevi l'oggetto sociale o comunque la forma assunta dalla società, ma piuttosto la presenza dell'elemento «soggettivo» costituito dal concreto e personale apporto lavorativo prestato dal socio nell'ambito dell'azienda. In difetto, si arriverebbe all'assurda conclusione che tutti i soci di società in nome collettivo debbano essere iscritti d'ufficio alla gestione IVS per il loro status di «socio»;
   il Ministero — e da ultimo la stessa INPS nella circolare n. 78 del 14 maggio 2013 — ha altresì sottolineato che i requisiti di abitualità e prevalenza non possono essere presunti, né desunti o suffragati dalla mera qualità di socio di società di persone, ma devono essere dimostrati dall'istituto previdenziale caso per caso, questo anche al fine di evitare provvedimenti di iscrizione d'ufficio fondati su mere presunzioni, cui segue, nella migliore delle ipotesi, l'annullamento del provvedimento in autotutela o, peggio ancora, la soccombenza dell'istituto in giudizio, rilevato il difetto di attività di indagine durante l'attività istruttoria;
   a fronte di quanto esposto, risulta all'interrogante che tali chiare disposizioni non vengano applicate in modo uniforme sull'intero territorio nazionale. In particolare, parrebbe che frequentemente soci di società in nome collettivo che non svolgano più alcuna attività lavorativa all'interno della società — neppure per brevi periodi o in via residuale — siano iscritti dall'Inps d'ufficio alla gestione previdenziale di categoria, in virtù del mero status di socio, senza alcuna indagine diretta ad accertare la concreta esistenza del presupposto «soggettivo» sopra ricordato;
   una fattispecie tipica e molto frequente, è rappresentata dal pensionato ex artigiano che, raggiunta l'età pensionistica, cessa l'attività lavorativa e, mantenendo una quota della società, si limita a percepire i frutti derivanti dalla locazione dell'immobile posseduto — ove in precedenza svolgeva la propria attività lavorativa — e venga per ciò solo iscritto d'ufficio alla gestione previdenziale –:
   se sia a conoscenza che alcune sedi territoriali INPS, nell'ambito dell'operazione Poseidone — in caso di errata compilazione della casella «attività prevalente» nella dichiarazione dei redditi — non si attengono alle indicazioni contenute nel messaggio INPS n. 12698 del 2011, e per l'effetto non procedono ad annullare le iscrizioni d'ufficio alla gestione IVS, nonostante venga prodotta idonea documentazione, rilasciata dall'Agenzia delle entrate, attestante la correzione del relativo quadro della denuncia dei redditi, e quali siano le misure che si intendono adottare, affinché vi sia una corretta e uniforme applicazione della sopra citata disciplina in tutte le sedi INPS del territorio nazionale. (5-03428)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i Fondi interprofessionali, nati nel 2003, sono organismi associativi, gestiti dalle Parti Sociali (sindacati, associazioni di imprese) per finanziare piani formativi aziendali. Le risorse utilizzate provengono dalle società iscritte al Fondo, attraverso l'importo pari allo 0,30 per cento trattenuto dagli stipendi dei loro dipendenti e versato all'INPS mensilmente, che la legge 388 del 2000 destina obbligatoriamente alla formazione;
   le risorse recuperabili dalle società sono circa 50 euro annui per ogni dipendente (80 euro lordi sono il trattenuto medio, diventano circa 50 euro tenuto conto del 30 per cento trattenuto dai Fondi per compensare la propria gestione). Poiché i Fondi sono 22 con mediamente 500.000 iscritti, si stima che il business sia di circa 800 milioni l'anno, ma potrebbe essere di un importo di gran lunga superiore, tenuto conto delle risorse trattenute ma non dichiarate;
   le aziende possono usufruire di queste risorse solo iscrivendosi ad un Fondo, attraverso una procedura gratuita, effettuabile dai consulenti del lavoro;
   ad oggi l'iscrizione ai Fondi interprofessionali non implica l'obbligatorietà della firma del legale rappresentante, generando il fenomeno di iscrizioni «selvagge», che addirittura avvengono, talvolta, all'insaputa delle stesse aziende;
   sebbene al Ministero del lavoro e delle politiche sociali sia riconosciuta un'attività di vigilanza e monitoraggio nella gestione dei Fondi, a parere dell'interrogante, non vengono svolte delle idonee procedure di controllo. Ciò ha generato un sistema formativo dequalificato, totalmente autoreferenziale, in cui, come predetto, le aziende spesso si ritrovano iscritte ad un Fondo senza esserne a conoscenza, non avendo neppure il diritto di accedere direttamente ai propri dati di cumulato presso l'Inps. riguardo, la procedura informatica, Fondi Reports, che consentirebbe tale verifica, oggi è consultabile solo per il tramite dei Fondi, ma potrebbe essere estesa anche alle aziende. Sul punto, l'Inps dichiara di aver già chiesto l'autorizzazione per l'estensione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel 2009, ma fu negata, ad avviso dell'interrogante, immotivatamente per l'opposizione di quasi tutti i Fondi;
   si ritiene che nella gestione dei Fondi sussistano una serie di meccanismi devianti che potrebbero essere corretti solo con l'adozione di interventi normativi che prevedano, tra l'altro, un adeguato sistema di controllo, che non si limiti ad una generica indagine a livello macro, con dati accessibili a tutti gli attori coinvolti, aziende comprese. Tali criticità vengono evidenziate anche dalla stampa, in particolare, da un articolo del Fatto quotidiano del 15 gennaio 2014 – intitolato «Quella tassa occulta sui contratti» – che in riferimento alle somme accumulate dai Fondi parla di «una mole di denaro non rendicontato e non sottoposto ad alcun controllo»;
   si consideri che attualmente la legge in materia prevede che le risorse economiche del Fondo non utilizzate nel biennio dalle aziende per il progetti formativi, dovrebbero essere messe a bando dal Fondo di riferimento o restituite all'INPS entro un triennio. Tuttavia, sembra che, in base ad una serie di circolari ministeriali di dubbia interpretazione, di fatto, la restituzione avvenga da parte dei Fondi in modo arbitrario sia rispetto alle tempistiche che al quantum, che pare sia il 30 per cento del cumulato, per prassi di cartello. Alcuni Fondi restituiscono il denaro all'INPS addirittura dopo un quinquennio, inoltre, non può essere escluso che vi siano casi in cui il denaro inutilizzato non sia stato restituito e possa essere ancora interamente giacente presso i Fondi, data l'assenza di idonei controlli;
   a parere dell'interrogante, quindi, il sistema di gestione e funzionamento di tali Fondi è governato da logiche che potrebbero far venire meno l'interesse ad impiegare il denaro raccolto in attività formative, ma solo a raccogliere iscrizioni dalle aziende che procurino risorse alle casse dei Fondi;
   altra problematica, inerente l'utilizzo delle risorse economiche dei Fondi concerne i disposti prelievi dagli stessi per il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga per gli anni 2013 e 2014. A riguardo, non è chiaro per quale motivo il Ministero del lavoro per finanziare la cassa integrazione, stia provvedendo nel mese di giugno 2014, così come nel 2013, a programmare un prelievo forzoso del 25 per cento dalle risorse dei Fondi, senza indicare i criteri con cui i prelievi effettuati a monte dall'INPS (pari a circa 250 milioni di euro, ripartiti tra i Fondi in base alle dimensioni del fatturato), siano poi ripartiti a valle. Ciò lascia ampia discrezionalità ai Fondi, consentendogli di prelevare dai conti formativi aziendali del 2013 somme ingenti, ossia denaro delle imprese, anziché utilizzare le risorse destinate ai bandi, ove finiscono le risorse inutilizzate dalle aziende nel biennio. Ad oggi, a livello istituzionale non sono stati chiariti ancora i criteri per i prelievi a valle relativi al decreto del 2013 e le aziende attendono da mesi di sapere quali siano quindi gli importi disponibili nei propri conti formativi per poter effettuare i corsi, alcuni obbligatori e sanzionabili;
   pertanto, in merito al rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, si ritiene necessario adottare normativamente dei criteri di prelievo delle risorse in base ai quali si preveda l'impiego delle risorse inutilizzate dalle aziende nel biennio e non dei conti formativi delle società. Ciò deve essere disposto, urgentemente, già in riferimento al prelievo per la cassa integrazione del 2013, i cui prelievi dai conti formativi, ad oggi, non sono stati ancora effettuati per un ritardo nelle contabilizzazioni Inps del 2013 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa e quali siano le sue valutazioni in merito;
   se intenda adottare iniziative urgenti affinché siano previsti degli specifici criteri per i quali possano essere effettuati prelievi dalle risorse dei Fondi per finanziarie la cassa integrazione in deroga, disponendo la non possibilità di utilizzo dei conti formativi delle società, anche per quanto concerne i prelievi per l'anno 2013 e, qualora verranno disposti, quelli per l'anno 2014;
   se intenda adottare provvedimenti affinché siano adottati criteri specifici e trasparenti per la gestione delle risorse finanziarie dei Fondi e vengano effettuati rigorosi controlli sul corretto utilizzo di tali risorse che sono pubbliche;
   nello specifico, se intenda adottare provvedimenti affinché sia prevista l'obbligatorietà della firma del legale rappresentante per le iscrizioni ai Fondi;
   se intenda adottare iniziative affinché vi sia assoluta trasparenza, assenza di arbitrarietà nonché di conflitti di interesse per i contratti stipulati dai Fondi (soggetti di natura privata, che però gestiscono denaro pubblico in oligopolio esclusivo per il recupero delle risorse versate in INPS per la formazione) con i propri collaboratori;
   se intenda adottare iniziative normative rispetto ai format dei contratti di procacciamento delle iscrizioni delle aziende ai Fondi stessi, di frequente delegate a soggetti esterni, quali enti formativi, consulenti del lavoro, che spesso operano con mandati verbali, affinché sia chiaro quanto viene attribuito agli stessi e per quali attività;
   se intenda adottare delle specifiche iniziative anche normative, per l'estensione della consultazione della procedura Fondi Reports direttamente alle aziende, affinché queste possano, senza il tramite dei Fondi, accedere direttamente ai dati di relativi all'importo cumulato lordo presso l'Inps, tramite apposito codice di accesso. (5-03433)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   73 lavoratori di Crotone sono stati assunti con contratto a tempo indeterminato dalla società Getek Information Comunication Technology con sede legale a Roma e con sito operativo a Crotone e, per cinque anni, hanno svolto le proprie mansioni per una commessa INPS/INAIL, svolgendo il servizio informativo al numero verde 803164. Per tale mansione detti operatori hanno ricevuto una specifica formazione in materia previdenziale direttamente dai funzionari INPS. A riguardo, si evidenzia che il sito operativo di Crotone, è risultato il più efficiente dal punto di vista della qualità professionale;
   nell'anno 2010, la gara per prestare il servizio informativo del contact center INPS/INAIL, è stata aggiudicata alla società Transcom Worldwide spa con sede legale a L'Aquila. Tuttavia, nel bando di gara non è stata inserita la clausola di salvaguardia dei posti di lavoro e mentre tutti gli operatori dei vari siti sono stati assorbiti nella nuova commessa, quelli di Crotone sono stati esclusi, nonostante la riconosciuta professionalità;
   a seguito di tale appalto gli operatori di Crotone dopo essere stati posti prima in cassa integrazione ordinaria per un anno e, successivamente, in cassa integrazione straordinaria, dal mese di ottobre 2012, ad oggi, sono in mobilità, con scadenza il prossimo settembre 2014;
   ciò che è ulteriormente grave è che, nel mese di dicembre 2011, in altro sito, sono stati formati e assunti 250 nuovi operatori per svolgere il servizio informativo INPS/INAIL, invece, di provvedere al riassorbimento dei dipendenti di Crotone;
   nonostante, sia stato prospettato un ricollocamento, anche da parte del direttore generale dell'I, Mauro Nori, di concreto ancora nulla è stato fatto per evitare che i 73 operatori perdano il loro posto di lavoro. È assurdo che si lasci disperdere la loro professionalità acquisita e addirittura venga formato nuovo personale per svolgere il medesimo servizio;
   con richiesta formale del 1o luglio 2014, l'interrogante ha richiesto al Ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti la possibilità di un urgente incontro per individuare delle soluzioni alla vertenza in questione affinché siano tutelati i lavoratori in questione. Tale incontro, ad oggi, non si è ancora svolto;
   è necessario individuare un piano di ricollocazione per questi 73 lavoratori, prossimi alla disoccupazione. Altrimenti 73 famiglie a breve vedranno gravemente peggiorata la propria situazione economica –:
   se e quali urgenti provvedimenti intenda adottare il Ministro interrogato affinché gli ex lavoratori della Getek Ict srl vengano reinseriti al fine di svolgere il servizio informativo del contact center INPS/INAIL per il quale sono stati specificamente formati, anche al fine di non far disperdere la loro acquisita professionalità difficilmente spendibile in altri comparti. (5-03436)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   ha destato il giusto allarme la denuncia segnalata dalla CGIL dell'Emilia Romagna di gravi episodi di sfruttamento in due cooperative spurie del modenese, riconducibili allo stesso soggetto;
   in particolare si parlava di assenza di sicurezza, orari di lavoro fino a 12 ore al giorno senza pause, assenza di contratto o contratto mendace, licenziamenti minacciati e applicati, infortuni mascherati o non denunciati;
   la situazione generale di illegalità culminava nell'episodio che vedeva 12 lavoratori non in regola chiusi per ore in una cella frigorifera, per sfuggire ad un controllo delle forze dell'ordine;
   le due cooperative coinvolte lavoravano o avevano lavorato per grandi e note imprese del modenese ed erano iscritte nel settore della logistica e dei trasporti;
   sono sempre più frequenti i casi di esternalizzazione di parti della produzione o di servizi, o addirittura di affitto di rami d'azienda, a cooperative spurie, che si offrono a prezzi incompatibili con il rispetto della normativa sul lavoro e del CCNL;
   si pensi che solo nella provincia di Modena sono presenti 348 cooperative nel settore logistica, più della metà delle quali non aderenti alle Centrali legalmente riconosciute, il 90 per cento delle quali prive di un organismo di controllo e il 65 per cento in regime di amministratore unico;
   gli esempi considerati possono considerarsi la punta dell’iceberg di un fenomeno, quello delle cooperative spurie nel settore della logistica, che può essere considerato a tutti gli effetti funzionale esclusivamente ad elevare le condizioni di sfruttamento del lavoro oltre le possibilità offerte dalla legge e dai contratti;
   nello stesso settore non sono marginali le infiltrazioni della criminalità organizzata, soprattutto a fini di riciclaggio;
   tale situazione è oggetto di ripetute denunce delle stesse Centrali cooperative e delle associazioni artigiane, che più volte hanno manifestato preoccupazione per un fenomeno che di fatto tende a mettere fuori mercato i soggetti economici onesti e caratterizzati dal rispetto di regole e contratti, finendo così per demolire progressivamente la tenuta stessa di un settore fondamentale come la logistica  –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere, in termini di maggiore vigilanza e di innovazione normativa, per combattere il fenomeno delle false cooperative e ripristinare condizioni di legalità e di diritto per i lavoratori in settori come trasporti e logistica. (4-05783)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   GIGLI e BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   gli incidenti stradali sono frequente causa di morte e invalidità in tutti i Paesi occidentali. L'Italia non fa eccezione e ad essere colpita è soprattutto la popolazione giovanile, con elevati costi per il servizio sanitario nazionale ed un pesante fardello di conseguenze per le famiglie e la società intera;
   la sicurezza alla guida dipende da tanti fattori, quali, ad esempio, la qualità delle strade e della segnaletica, l'eliminazione di incroci pericolosi tra strade e di passaggi a livello, l'efficienza dei veicoli, il rispetto del codice della strada e – in particolare – dei limiti di velocità e delle distanze di sicurezza previste e l'osservanza imposta per tali misure, gli attraversamenti pedonali ed altro;
   tuttavia, accanto e talvolta prima di tutti questi fattori, devono essere considerate le condizioni di efficienza psicofisica di chi si trova alla guida del veicolo, dipendenti a loro volta dalla fatica (accresciuta, ad esempio, dai tempi di lavoro dagli autisti professionisti e degli autotrasportatori, con particolare riferimento al turno di lavoro notturno), dalla guida sotto effetto di sostanze d'abuso o di alcol, ma anche dalle condizioni di salute del guidatore;
   tenendo conto che la guida di autoveicoli avviene all'interno dell'Unione europea senza restrizione confinarie, assicurando anche per tale via la libera circolazione delle persone e delle merci, fin dal 2006, con la direttiva 2006/126/CE, l'Unione europea si era preoccupata di identificare in modo omogeneo in tutto il territorio dell'Unione le condizioni cliniche per le quali fosse necessario porre limitazioni nel rilascio della patente di guida;
   l'elenco di tali condizioni limitanti era riportato nell'allegato III alla direttiva 2006/126/CE;
   in tale allegato erano contemplate, tra l'altro, le affezioni neurologiche gravi, con particolare riferimento «ai disturbi neurologici dovuti ad affezioni, ad operazioni del sistema nervoso centrale o periferico, con sintomi motori, sensitivi, sensoriali, trofici, che perturbano l'equilibrio e il coordinamento», considerate in funzione delle possibilità funzionali e della loro evoluzione, oltre che «le crisi di epilessia e le altre perturbazioni improvvise dello stato di coscienza» che possono costituire un pericolo grave per la sicurezza stradale, allorché sopravvengono al momento della guida di un veicolo a motore;
   negli anni successivi all'adozione della direttiva 2006/126/CE si è determinato, tuttavia, un significativo progresso delle conoscenze scientifiche riguardanti le condizioni cliniche che influenzano negativamente l'idoneità psicofisica alla guida, con particolare riferimento a quelle che riducono la capacità di valutare i rischi per la sicurezza durante la guida e la capacità di rispondere in modo efficiente ai rischi stessi;
   in particolare, sono numerosi gli studi e le ricerche recenti che con dati allarmanti hanno confermato che la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (osas) costituisce uno dei maggiori fattori di rischio per gli incidenti alla guida. Diversi studi hanno dimostrato che i pazienti affetti da tale sindrome hanno un rischio aumentato – da due a sette volte – di essere coinvolti in un incidente stradale. In Italia sono quasi 2 milioni le persone affette da sindrome delle apnee ostruttive nel sonno e tutti gli studi condotti sugli incidenti stradali confermano per questi pazienti un aumentato rischio al volante. In base a una review della Federal motor carrier safety administration, la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno rappresenta la patologia di maggiore rischio rispetto a tutte le altre condizioni cliniche, rischio che si riduce sensibilmente dopo trattamento. Sebbene altre conseguenze della sindrome delle apnee ostruttive nel sonno possano giocare un ruolo nell'aumentare il rischio alla guida, l'eccessiva sonnolenza diurna rappresenta la causa principale di incidenti (in Italia rappresenta circa un quinto degli incidenti stradali totali) gravati da una mortalità maggiore rispetto altre cause d'incidenti (11,4 per cento contro 5,6 per cento);
   ritenendo pertanto che tale condizione non potesse più a lungo essere ignorata nel contesto della legislazione che regola il rilascio della patente di guida nel territorio dell'Unione europea, l'Unione europea ha, dunque, preso atto che la direttiva 2006/126/CE doveva essere emendata per adattare l'allegato III al progresso scientifico e tecnico sopravvenuto;
   con l'obiettivo, dunque, di emendare la direttiva 2006/126/CE sulla patente di guida, in data 1o luglio 2014 la Commissione europea ha infine approvato la Commission directive 2014/85/EU, stabilendo, in particolare, che l'allegato III alla direttiva del 2006 fosse emendato in accordo con quanto stabilito dall'allegato della nuova direttiva;
   in particolare è stato stabilito che il precedente paragrafo dell'allegato riguardante le neurological diseases fosse rimpiazzato da un nuovo paragrafo significativamente intitolato «Neurological diseases and obstructive sleep apnoea syndrome», innovando quanto già previsto per le malattie neurologiche con l'inserimento della nuova categoria clinica della sindrome della apnee ostruttive nel sonno di entità moderata o grave con associata sonnolenza diurna e prevedendo che i richiedenti della patente in cui tali condizioni fossero sospettate fossero rinviati ad approfondimento diagnostico e ulteriore valutazione, prima del rilascio o del rinnovo della patente di guida, richiedendo, altresì, che, nell'attesa della conferma diagnostica, ai soggetti interessati fosse sconsigliata la guida;
   nella nuova formulazione dell'allegato III si prevede anche che la patente di guida possa essere rilasciata ai guidatori, benché affetti da sindrome della apnee ostruttive nel sonno di entità moderata o grave, purché possano esibire una documentazione medica in grado di confermare un adeguato controllo della loro condizione, siano aderenti al trattamento specifico e mostrino un miglioramento della sonnolenza, se presente;
   ai pazienti in terapia per sindrome della apnee ostruttive nel sonno di entità moderata o grave è richiesta una revisione medica periodica della loro condizione, ad intervalli non superiori a tre anni;
   agli Stati membri è imposto di adottare entro e non oltre il 31 dicembre 2015 tutte le leggi, i regolamenti e le misure amministrative necessarie per allinearsi a quanto richiesto dalla nuova direttiva;
   tenuto conto dei dati epidemiologici, appare pertanto urgente che il servizio sanitario nazionale possa superare il gap culturale e diagnostico che riguarda la medicina del sonno e, in particolare:
    a) la possibilità di organizzare valutazioni cliniche ed indagini strumentali per la diagnosi di tutti i casi sospetti di sindrome della apnee ostruttive nel sonno di entità moderata o grave;
    b) la possibilità di rilasciare, dopo opportuna valutazione, la documentazione medica in grado di confermare un adeguato controllo della condizione, il grado di aderenza (compliance) al trattamento e il miglioramento dell'eventuale sonnolenza;
    c) garantire ai pazienti in terapia per sindrome della apnee ostruttive nel sonno di entità moderata o grave la revisione medica periodica della loro condizione, così come previsto ad intervalli non superiori a tre anni;
   nel corso della XVII legislatura sono state depositate alcune proposte di legge per l'organizzazione dei servizi della medicina del sonno all'interno del servizio sanitario nazionale –:
   se non ritenga urgente che il servizio sanitario nazionale promuova l'organizzazione presso tutte le aziende sanitarie del percorso diagnostico terapeutico per i disturbi del sonno, definendo i requisiti di qualificazione richiesti al personale e promuovendo la possibilità di formazione per il personale da utilizzare nelle aziende che ne fossero carenti, in modo da organizzare la rete valutativa per il rilascio delle nuove idoneità alla guida, per la verifica di quelle esistenti e per il controllo dell'efficacia del trattamento e dell'aderenza ad esso da parte dei pazienti risultati affetti e autorizzati alla guida sub condizione di adeguata ed efficace terapia. (3-00978)


   FEDRIGA, RONDINI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e SIMONETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la malattia da virus ebola è una febbre emorragica grave e spesso fatale per l'uomo e i primati. Il nome «ebola» deriva da un fiume della Repubblica democratica del Congo (ex Zaire), presso il quale nel 1976 si verificò uno dei primi due focolai epidemici. L'altro si sviluppò praticamente in simultanea nel Sudan. Entrambi furono caratterizzati da un elevato tasso di mortalità (90 per cento e 50 per cento rispettivamente). Successivamente, e fino a oggi, sono state segnalate in Africa numerose nuove epidemie e casi sporadici, con tasso di mortalità variabile;
   l'infezione si trasmette per contagio interumano attraverso il contatto con sangue e altri fluidi biologici infetti;
   il contagio è più frequente tra familiari e conviventi, per l'elevata probabilità di contatti. Tuttavia avviene anche per contatto con oggetti contaminati. In Africa, dove si sono verificate le epidemie più gravi, le cerimonie di sepoltura e il diretto contatto con il cadavere dei defunti hanno probabilmente avuto un ruolo non trascurabile nella diffusione della malattia;
   durante i focolai epidemici si sono verificati numerosi casi in seguito a trasmissione correlata all'assistenza sanitaria, in regime di ricovero o ambulatoriale. L'utilizzo di adeguate misure di protezione individuale (maschera, camice e guanti) per prestare cure ai pazienti e per maneggiare il materiale biologico è essenziale per evitare il contagio. La contaminazione da aghi infetti ha un particolare rilievo per il rischio professionale degli operatori sanitari;
   l'infezione ha un esordio improvviso e un decorso acuto e non è descritto lo stato di portatore. L'incubazione può andare dai 2 ai 21 giorni (in media una settimana), a cui fanno seguito manifestazioni cliniche come febbre, astenia profonda, cefalea, artralgie e mialgie, iniezione congiuntivale, faringite, vomito e diarrea, a volte esantema maculo-papuloso;
   la diagnosi clinica è difficile nei primissimi giorni, a causa dell'aspecificità dei sintomi iniziali. Può essere facilitata dal contesto in cui si verifica il caso (area geografica di insorgenza o di contagio) e dal carattere epidemico della malattia. Anche in caso di semplice sospetto, è opportuno l'isolamento del paziente e la notifica alle autorità sanitarie. Gli esami emato-chimici di laboratorio mostrano un'iniziale linfopenia, a cui si aggiungono neutrofilia e piastrinopenia grave. Si può osservare un aumento degli enzimi epatici;
   non esistono test commerciali disponibili per la diagnosi. Nei primi giorni la conferma del caso si ottiene con l'isolamento del virus (la viremia persiste per 2-3 settimane) attraverso l'inoculazione in colture cellulari di un campione di sangue. Accanto al prelievo di sangue, che comporta un rischio biologico elevato per l'operatore, l'esame può essere condotto anche su altri liquidi corporei (saliva e urine), con invasività minore e probabilità inferiore di esposizione al contagio;
   non è possibile intervenire sul serbatoio naturale della malattia, che non è stato identificato con certezza. La prevenzione si affida, quindi, al rispetto delle misure igienico-sanitarie, alla capacità di una diagnosi clinica e di laboratorio precoci e all'isolamento dei pazienti. I pazienti devono essere, infatti, isolati fino al termine della fase viremica (circa 3 settimane dall'esordio della malattia). Vanno sottoposti a sorveglianza sanitaria presso strutture ospedaliere anche i contatti ad alto rischio, cioè tutti coloro potenzialmente infettati dal materiale biologico di un caso;
   per il personale sanitario che ha in cura i casi accertati o sospetti è fondamentale evitare il contatto con il sangue e le secrezioni corporee, utilizzando adeguate attrezzature per la protezione individuale (maschera, guanti, camice, occhiali). A oggi non è disponibile un vaccino efficace, per questo la letalità del virus è molto elevata, raggiungendo anche picchi del 90 per cento di mortalità;
   le ultime notizie di stampa riportano come si aggravi l'epidemia di ebola in Africa occidentale, sino a raggiungere cifre allarmanti per numero di casi ed estensione territoriale con centinaia di decessi tra Guinea, dove l'epidemia ha avuto inizio nel mese di febbraio 2014, Liberia, Sierra Leone, oltre che un secondo probabile caso in Nigeria;
   è di almeno 1.201 casi accertati e 672 decessi il bilancio globale delle vittime dell'epidemia di ebola scoppiata all'inizio del 2014 in Guinea e poi estesasi a Liberia e Sierra Leone;
   il virus dell'ebola «è una minaccia per il Regno Unito», ha detto alla Bbc il Ministro degli esteri britannico Philip Hammond, annunciando che nelle prossime ore l'Esecutivo di David Cameron terrà un Cobra meeting – riunioni interministeriali in caso di questioni di urgente priorità – proprio sulla minaccia globale che, nelle ultime ore, viene sempre più prospettata;
   l'epidemia di ebola comincia comunque a preoccupare anche gli americani. Il presidente Barack Obama si tiene «costantemente informato» e i Centers for diseases control (Cdc) hanno deciso di alzare il livello di allerta, preparandosi all'eventualità di un arrivo del virus su suolo statunitense;
   a far crescere la preoccupazione è anche la vicenda di Kent Brantly, giovane medico statunitense che ha contratto il virus in Liberia. Secondo gli ultimi aggiornamenti sul dottore missionario è stato testato un siero sperimentale segreto per combattere il virus dell'ebola ed è in «miglioramento» –:
   se il Ministro interrogato, essendo a conoscenza della situazione, non intenda predisporre misure di quarantena sia per i migranti che arrivano in Italia attraverso l'operazione Mare Nostrum sia per i viaggiatori che giungono da zone che sono considerate a rischio, coordinandosi con le autorità sanitarie dei Paesi occidentali che già si sono organizzati, chiedendo la condivisione del siero sperimentale alle autorità statunitensi, essendo il nostro Paese a rischio vista la mole di ingressi di persone provenienti dal continente africano. (3-00979)


   RAMPELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   continua il costante aumento in alcuni Paesi dell'Africa occidentale dei casi di contagio da febbre emorragica dovuti alla diffusione del virus ebola, scoperto nel 1976 in Congo e che ha un tasso di mortalità del 90 per cento;
   secondo l'Organizzazione mondiale della sanità le morti accertate nei Paesi maggiormente colpiti dal virus sono quasi novecento, mentre le infezioni accertate sono salite a oltre mille;
   se si considera che nei precedenti casi di diffusione del virus, nel 1995 e nel 2007, i morti complessivamente sono stati meno di trecento, appare evidente la particolare gravità della situazione in atto;
   allo stato attuale il Ministero degli affari esteri ha emesso due comunicati per sconsigliare di recarsi in Liberia e in Sierra Leone se non in casi di assoluta necessità;
   negli Stati Uniti i Centers for diseases control (Cdc) hanno deciso di alzare il livello di allerta, preparandosi all'eventualità, seppur allo stato ancora considerata remota, di un arrivo del virus su suolo statunitense e, nel timore di un'epidemia globale, si è deciso di aumentare i controlli negli aeroporti con scali internazionali, al fine di poter mettere immediatamente in quarantena i pazienti con eventuali sintomi del virus;
   anche in Inghilterra si stanno avviando una serie di riunioni interministeriali proprio sulla minaccia della diffusione del virus e un'agenzia del Ministero della salute ha già diramato un'allerta nazionale per tutti i medici del Paese;
   è evidente come il nostro Paese sia particolarmente esposto ad un rischio contagio se si tiene conto del costante flusso di immigrati che arrivano proprio dai Paesi dell'Africa occidentale –:
   quali urgenti iniziative si intendano mettere in atto al fine di contrastare l'eventualità dell'arrivo e della diffusione del virus nel territorio nazionale e nei Paesi limitrofi, con particolare riferimento a quelli da cui partono le imbarcazioni che trasportano illegalmente gli immigrati nel nostro Paese. (3-00980)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRUNO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il presidente della regione Calabria si è dimesso dalla carica, anticipando gli effetti della sospensione prevista dal decreto legislativo n. 235 del 2012 noto come legge Severino;
   pertanto, in attesa dell'indizione delle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale della Calabria, l'attività istituzionale deve limitarsi esclusivamente all'assunzione ed all'approvazione degli atti costituzionalmente dovuti, indifferibili ed urgenti;
   da fonti di stampa si apprende invece, che la giunta regionale si appresta a nominare, con mandato quadriennale, nuovi direttori generali delle aziende ospedaliere e delle aziende sanitarie provinciali presenti sul territorio;
   nel caso in cui tali nomine dovessero concretizzarsi, trattandosi di atti privi del requisito di contingibilità e di urgenza richiesto dalla legge si correrebbe il concreto rischio di esporre a lunghi e gravosi contenziosi il consiglio e la giunta regionale della Calabria –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non ritenga di assumere iniziative, anche alla luce delle competenze attribuite dalla legge al commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, affinché sia assicurato il pieno rispetto degli obiettivi indicati dal piano medesimo, rispetto ai quali assume importanza strategica la nomina dei direttori generali delle aziende ospedaliere e delle aziende sanitarie provinciali. (4-05785)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   VITELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il nuovo combustibile LNG (liquid natural gas) sta provocando nel mondo uno sviluppo frenetico d'iniziative infrastrutturali, industriali, tecnologiche e commerciali di grandissimo impatto economico;
   i Paesi che riusciranno ad essere nel «gruppetto di testa» potranno sfruttare l'onda, lunga almeno una decina d'anni, per incrementare il loro PIL, attraverso:
    a) lo sviluppo di infrastrutture lungo la filiera, dall'estrazione del metano alla pompa di LNG per il trasporto merci su strada, all'alimentazione delle navi;
    b) lo sviluppo di mezzi tecnici per il trasporto: veicoli per il trasporto merci, motori per navi, sistemi di servomezzi per la manifattura;
    c) lo sviluppo di kit di trasformazione per poter utilizzare il «dual fuel» (diesel e metano);
    d) lo sviluppo di tecnologie adeguate al nuovo combustibile: compressione del gas, rigassificazione;
    e) lo sviluppo di tecnologie sostenibili per ottenere il metano da sorgenti rinnovabili: biomasse, ad esempio;
    f) lo sviluppo di servizi per facilitare la diffusione e l'uso intelligente della nuova risorsa motrice;
    g) servizi di formazione ed addestramento per il personale addetto alle operazioni: bunkeraggio per le navi, rifornimento su terra, sicurezza, manutenzione impianti;
   dunque, l'entità della dimensione quali-quantitativa del fenomeno LNG mondiale può esser così sintetizzata: «Considerando un raddoppio del Pil mondiale entro il 2040, e un incremento demografico da 7 a 9 miliardi della popolazione, il mondo avrà bisogno nei prossimi 25 anni di tutte le forme di energia; ma petrolio e gas copriranno ancora il 60 per cento dei fabbisogni energetici. Il gas sarà la fonte con la maggior crescita, pari al +65 per cento; e coprirà più di un quarto del mix energetico globale. Nel 2040 verranno scambiati volumi di gas pari a due volte e mezzo quelli del 2010; e la maggior parte di questa crescita riguarderà il gas naturale liquefatto. L'area a maggior assorbimento di LNG sarà l'Asia; il nord America diventerà esportatore». «LNG è destinato ad un futuro in ascesa grazie alla possibilità che offre di diversificare le fonti di approvvigionamento» (cfr. Rapporto della Exxon Mobil, «The Outlook for Energy» presentato in Italia da Todd Onderdonk, Senior Energy Advisor di Exxon Mobil Corporation, aprile 2014);
   il fenomeno industriale è in accelerazione ed è dimostrato da azioni industriali concrete realizzate in altri paesi quali:
    il Giappone, dove è stata commissionata dalla NYK la costruzione della prima nave al mondo per rifornire con LNG le imbarcazioni che utilizzano LNG come combustibile;
    Singapore, dove è stata consegnata dalla Samsung Heavy Industries CO, Ltd la prima metaniera tri-fuel (elettrico-diesel, LNG) a Shell Tanker Singapore Limited;
    la Cina, dove la Import&Export Bank of China ha dato garanzie per 400 milioni per la costruzione di quattro nuove metaniere che l'Australia userà per esportare il proprio LNG; e per ordinare tre navi «ice-class» che consentiranno alla Russia di esportare LNG dal terminale di Yamal verso i mercati europei ed asiatici (la commessa della Russia è stata assegnata alla Daewoo Shipbuilding & Marine Engineering coreana);
    l'Unione europea e gli Stati Uniti, dove le recenti normative internazionali (zone «SECA», Sulphur Emission Control Area) impongono dal 2015 l'attuazione di nuove regole per la navigazione marittima a SOx ridotto quasi a zero in Nord America, Mare del Nord e Canale della Manica;
    in Italia l'ENI ha inaugurato la prima pompa LNG a Piacenza nel giugno 2014, rimanendo tuttavia questa una mera sperimentazione poiché mancano le norme per omologare i veicoli a LNG;
    la Contship e l'autorità portuale di La Spezia sono gli unici partner italiani che abbiano un progetto finanziato dall'Unione europea sul tema LNG, nel corridoio Adriatico-Grecia-Malta (progetto Poseidon): un progetto finalizzato a stimare i fabbisogni di LNG per la navigazione nel Mediterraneo e a disegnare la filiera LNG mare-porti-terra;
    nel 2014 e stato installato il rigassificatore offshore al largo della costa di Livorno, gestito da Olt-Offshor Lng Toscana, controllata dalla tedesca E.on e dal gruppo multiutility Iren (46,79 per cento a testa): un progetto per il quale ci sono voluti 11 anni pur completare l’iter autorizzativo;
    è stato varato a fine giugno 2014, presso il cantiere Fincantieri di Castellammare di Stabia, il traghetto di ultima generazione che Fincantieri sta realizzando per la Société des traversiers du Québec, compagnia canadese che opera nel trasporto marittimo di passeggeri; la nave è dotata di propulsione diesel elettrica, ma i quattro gruppi diesel sono di tipo « dual fuel» e potranno funzionare sia a LNG che a marine diesel oil. Questo sistema di propulsione soddisfa appieno i requisiti ecologici delle zone ECA (Mar Baltico, Mare del Nord, Caraibi, Nord America). Tali norme saranno introdotte presto anche nel Mediterraneo;
   inoltre, l'attività svolta dal Ministero per le infrastrutture e i trasporti che ha promosso dal 2010 due progetti (COSTA e GreenGranes) centrati su LNG & trasporto navale, e dal 2014 ha avviato il Coordinamento tecnico per lo studio di fattibilità tecnica ed economica del Piano nazionale strategico LNG, coinvolgendo enti pubblici e privati e creando gruppi di lavoro su seguenti temi: autorizzazioni; approvvigionamento e stoccaggio; accettabilità sociale e divulgazione; sicurezza dello stoccaggio e distribuzione; trasporto navale; trasporto pesante: camion, bus e ferrovie; altri usi: industriali, civile, trasporto come CNG;
   l'Italia, nonostante si sia attivata nel settore attraverso le iniziative sopra citate, appare in ritardo rispetto agli altri Paesi e continua a rimanere poco competitiva, dovendo tra l'altro superare burocrazie e complessità che altre realtà non hanno –:
   quali urgenti iniziative intenda porre in essere per creare le condizioni per lo sviluppo del sistema d'innovazione a fronte di uno sviluppo travolgente della filiera LNG nel mondo e della situazione attuale che permette all'Italia di partecipare a questa competizione globale perché le industrie hanno sviluppato know how e prodotti, spesso all'estero (caso Iveco, in Spagna), ed hanno esportato i loro prodotti, mancando totalmente la domanda interna;
   se non ritenga opportuno attuare una strategia multisettoriale e trasversale di più Ministeri per assicurare un quadro strategico, normativo e d'incentivi coerente con la sfida che è di competitività di sistema, considerato che il forte impatto di LNG sul piano energetico nazionale rende ancor più necessaria una visione ed una strategia integrata tra logistica di sistema ed energia. (3-00977)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Ciprini n. 5-03358 del 29 luglio 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Scotto n. 5-03366 del 30 luglio 2014.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Cimbro e altri n. 4-05736 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 275 del 30 luglio 2014.
  Alla pagina 15688, seconda colonna, alla riga ventottesima deve leggersi: «data del 5 settembre 2014 come termine» e non «data del 4 settembre 2014 come termine», come stampato.