Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 31 luglio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'evidenza dimostrata rispetto alle conseguenze umanitarie delle armi nucleari non può essere ignorata e tali catastrofiche conseguenze devono essere considerate come inaccettabili;
    è crescente la frustrazione di istituzioni e società civile in tutto il mondo rispetto agli insuccessi dell'attuale percorso verso il disarmo nucleare;
    il Trattato di non proliferazione nucleare, all'articolo VI, prevede chiaramente l'obbligo per gli Stati possessori di armi nucleari di avviare un processo di disarmo; tale obbligo deve andare di pari passo con quello della non proliferazione per gli Stati non possessori di armi nucleari;
    la crescente frustrazione degli Stati non possessori rispetto all'inadempienza dell'obbligo contenuto all'articolo VI del Trattato è la prova che tale prescrizione internazionale deve essere rafforzata; la cosiddetta «Iniziativa umanitaria» portata avanti in questi ultimi anni da un numero considerevole di Stati parte al Trattato si pone tale scopo;
    le conclusioni della conferenza di Nayarit (Messico) del febbraio 2014 mostrano un crescente sostegno all'idea che ci sia bisogno di un nuovo strumento internazionale di messa al bando delle armi nucleari;
    deve essere qui ricordato l'impegno assunto dalla NATO nel creare le condizioni che rendano possibile la realizzazione di un mondo libero da armi nucleari. In questo senso l'essere membro della NATO non preclude all'Italia di sostenere i progressi fatti rispetto al disarmo nucleare, incluso il sostegno ad un Trattato che proibisca le armi nucleari; lo dimostra anche il recente documento pubblicato dall’International Law and Policy Institute (ILPI) che sottolinea come ciascun Stato membro della NATO ha comunque la responsabilità di far in modo che le armi in possesso dell'Alleanza siano compatibili con il diritto umanitario internazionale e che non infliggano «ulteriori pene o sofferenze inutili»;
    la comunità internazionale ha già preso parte a due Conferenze sulle conseguenze umanitarie delle armi nucleari, svoltesi nel marzo 2013 a Oslo (Norvegia) e nel febbraio 2014 a Nayarit (Messico) con la partecipazione di 146 delegazioni governative; la prossima Conferenza sarà ospitata dal Governo dell'Austria a Vienna, nei giorni 8 e 9 dicembre del 2014;
    le dichiarazioni contenute nella Nuclear Posture Review (NPR) degli Stati Uniti e nell'iniziativa sulla non-proliferazione e il disarmo nucleare (NPDI) sottolineano come il non-uso delle armi nucleari che dura da quasi 70 anni sia ormai diventato prassi consolidata, ivi compresa l'affermazione che sia nell'interesse della comunità globale che tale prassi possa essere prolungata in perpetuità;
    la risoluzione adottata il 20 marzo 2014 dall'Unione parlamentare internazionale (UPI) impegna i Parlamenti a «collaborare con i governi per eliminare ogni ruolo assegnato alle armi nucleari dalle dottrine di sicurezza nazionali» affinché «spingano i propri governi ad iniziare i negoziati su una convenzione sulle armi nucleari oppure su un pacchetto di accordi per realizzare un mondo libero da armi nucleari»;
    la Dichiarazione di Istanbul dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE sostiene la decisione dell'Unione parlamentare internazionale di concentrare le attività sul tema «Verso un mondo senza armi nucleari; il contributo dei parlamenti» e accoglie favorevolmente la costituzione del gruppo di lavoro aperto (Open-Ended Working Group — OEWG) dell'ONU per portare avanti negoziati multilaterali sul disarmo nucleare;
    si richiamano in questo contesto le premesse, le riflessioni e la parte dispositiva della mozione n. 1-00971 (Mogherini ed altri) approvata all'unanimità alla Camera dei deputati nella seduta del 15 maggio 2012 (XVI legislatura) nonché il testo ed il contenuto del documento discusso nelle Commissioni riunite III e IV durante la XVII legislatura, ossia la risoluzione approvata n. 7-00342 (Amendola ed altri),

impegna il Governo:

   a partecipare attivamente alla Conferenza di Vienna sulle conseguenze umanitarie delle armi nucleari (dicembre 2014), valutando, d'intesa con i presidenti delle Camere, la possibilità di includere nella propria delegazione anche rappresentanti del Parlamento, e includendo altresì rappresentanti degli enti locali e della società civile;
   a sostenere la proposta di far iniziare quanto prima i negoziati per giungere ad un nuovo strumento legale di proibizione delle armi nucleari oppure un pacchetto di accordi, con azioni e decisioni diverse, aventi il medesimo obiettivo, votando a questo scopo a favore nelle mozioni che propongono un tale scenario in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite e sostenendo e promuovendo la ripresa dei lavori dell'OEWG (Open Ended Working Group) o sul proseguimento dei negoziati multilaterali sul disarmo nucleare;
   a sostenere in qualsiasi forma il percorso della cosiddetta «iniziativa umanitaria» promossa negli scorsi anni da diversi Paesi e che ha condotto ad esempio alla «Dichiarazione Congiunta sull'Impatto Umanitario delle Armi Nucleari», già firmata da 125 Stati;
   a proporre che il Nuclear Planning Group della NATO intraprenda uno studio pubblico sulle conseguenze umanitarie, ambientali ed economiche dell'uso delle armi nucleari dispiegate nei Paesi europei coinvolti negli accordi di condivisione nucleare (nuclear sharing), e anche di quelle armi nucleari che gli Stati Uniti potrebbero utilizzare nella difesa degli alleati nella NATO, e a far si che i risultati preliminari siano presentati alla Conferenza di Vienna;
   a sostenere la proposta che impegnerebbe la NATO ad adottare una politica del no-first-use o del non-uso, al fine di ridurre il rischio dell'utilizzo delle armi nucleari, come passo concreto verso la proibizione globale delle armi nucleari.
(1-00567) «Manlio Di Stefano, Marcon, Civati, Sberna, Lacquaniti, Tacconi, Airaudo, Artini, Balduzzi, Basilio, Beni, Paolo Bernini, Franco Bordo, Bossa, Corda, Del Grosso, Duranti, Fossati, Fratoianni, Frusone, Grande, Grassi, Nicchi, Sibilia, Scotto, Spadoni, Scagliusi, Pannarale, Rizzo, Tofalo, Zanin».


   La Camera,
   premesso che:
    nel documento di economia e finanza (DEF) 2014, approvato in via definitiva dalle Camere il 17 aprile 2014, il Governo manifesta l'intenzione di attuare un piano di privatizzazioni mediante la dismissione di partecipazioni in società controllate anche indirettamente dallo Stato e l'attivazione di strumenti per consentire le dismissioni anche da parte degli enti territoriali; come riportato nel programma nazionale di riforma contenuto nello stesso documento, le società coinvolte nell'operazione includono società a partecipazione diretta quali ENI, STMicroelectronics, ENAV, nonché società in cui lo Stato detiene partecipazioni indirettamente tramite Cassa depositi e prestiti, quali SACE, FINCANTIERI, CDP Reti, TAG (Trans Austria Gastleitung Gmbh) e, tramite Ferrovie dello Stato, in Grandi Stazioni — Cento Stazioni;
    i proventi del piano di privatizzazioni sono stimati nel medesimo DEF in circa 0,7 punti percentuali di prodotto interno lordo all'anno nel periodo 2014-2017 (pari a circa 11 miliardi di euro l'anno);
    nel Consiglio dei ministri n. 16 del 16 maggio 2014 sono stati definitivamente approvati i due decreti (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 77 e n. 78) che determinano i criteri per la privatizzazione e le modalità di alienazione della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze del capitale di Poste italiane s.p.a e ENAV s.p.a., rispettivamente fino al 40 per cento e al 49 per cento;
    le operazioni legate a Poste Italiane ed ENAV risultano però rallentate, e probabilmente non andranno a buon fine entro il 2014, secondo quanto affermato dagli stessi vertici delle due società nel corso di alcune audizioni tenute alla Camera;
    fino ad oggi, l'unica operazione di privatizzazione effettuata è quella di Fincantieri, con l'offerta di una quota rilevante, ma di minoranza, della società controllata da Fintecna (che fa capo alla Cassa depositi e prestiti, CDP); l'operazione è risultata però molto al di sotto delle aspettative, con risultati inferiori rispetto alle attese del Governo, dell'azienda e del mercato;
    tuttavia, in una nota stampa del 24 luglio 2014, il Ministro dell'economia e delle finanze ha confermato la volontà di rispettare gli obiettivi annunciati nel DEF 2014 in merito al piano pluriennale di privatizzazioni, che costituirebbe un punto centrale dell'azione riformatrice del Governo; la missione in Cina di fine luglio 2014 dello stesso Ministro sembrerebbe finalizzata, tra l'altro, a favorire la cessione di una partecipazione del 35 per cento di Cassa depositi e prestiti Reti ad una società interamente controllata da State Grid Corporation of China;
    sembrerebbe altresì che il Governo sia intenzionato a collocare una quota del 5 per cento di Enel e Eni, controllate al 30 per cento dallo Stato (la prima direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze e la seconda attraverso Cassa depositi e prestiti);
    il Parlamento dovrebbe esercitare la funzione di indirizzo e controllo rispetto ad operazioni di tale portata, considerato che tra le società controllate dallo Stato si annoverano aziende di grande qualità, la cui privatizzazione potrebbe determinare l'indebolimento delle potenzialità industriali nazionali, senza peraltro un sostanziale effetto di diminuzione del debito pubblico, ma con una riduzione delle entrate fornite al bilancio dello Stato dai dividendi delle stesse società,

impegna il Governo:

   a presentare al Parlamento, prima di procedere a ulteriori iniziative di alienazione di quote di società direttamente o indirettamente di proprietà dello Stato o di aumento di capitale riservato al mercato, una relazione contenente:
    a) i dati finanziari e industriali degli effetti della alienazione o dell'aumento di capitale sulle società interessate e sul bilancio dello Stato;
    b) la minore spesa per interessi sul debito pubblico che si verrebbe a conseguire qualora le risorse raccolte mediante l'alienazione fossero dedicate alla riduzione di debito pubblico;
    c) i minori dividendi versati al bilancio dello Stato in conseguenza dell'alienazione;
    d) gli effetti dell'alienazione o dell'aumento di capitale riservato al mercato sul piano industriale della società interessata o di altre società del gruppo al quale la società interessata fa riferimento;
    e) l'impatto sull'assetto proprietario e sulla governance delle società coinvolte nell'alienazione o nell'aumento di capitale riservato al mercato e l'evidenziazione dei connessi rischi di perdita di controllo da parte dello Stato di società direttamente o indirettamente da esso controllate;
   a utilizzare le risorse raccolte attraverso l'alienazione di quote o attraverso l'aumento di capitale di società direttamente o indirettamente di proprietà dello Stato per finanziare iniziative di sviluppo industriale delle società interessate o per finanziare un piano straordinario di investimenti produttivi per la riqualificazione delle periferie urbane, la messa in sicurezza delle scuole e dei territori a maggior rischio idrogeologico.
(1-00568) «Fassina, Cuperlo, D'Attorre, Albini, Beni, Bossa, Cenni, Damiano, Fossati, Carlo Galli, Giorgis, Gnecchi, Gregori, Iacono, Maestri, Meta, Miccoli, Miotto, Misiani».

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    forte della sua tradizione giuridica nel campo della protezione dei diritti di libertà, l'Italia ha sempre portato le istanze di rafforzamento dello Stato di diritto anche in campo internazionale, a cominciare dalla convinta partecipazione al Consiglio d'Europa, alla Corte penale internazionale e gli organi delle Nazioni Unite;
    il Parlamento ha in ogni momento rappresentato un attivo sostenitore di tale linea, facendosi interprete della diffusa sensibilità nazionale sul tema;
    nel dibattito di apertura della 67ma sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del settembre 2012, l'Italia ha pubblicamente ed ufficialmente assunto l'impegno di accettare la clausola di giurisdizione obbligatoria della Corte internazionale di giustizia (CIG), organo giurisdizionale delle Nazioni Unite con competenza sulle controversie internazionali tra Stati;
    l'articolo 36, paragrafo 2, dello statuto della Corte internazionale di giustizia prevede che gli Stati parte possano «in ogni momento dichiarare di riconoscere come obbligatoria, ipso facto e senza accordi speciali, nei confronti degli Stati che accettano lo stesso obbligo, la giurisdizione della Corte su ogni controversia di natura giuridica concernente: a) l'interpretazione di un trattato; b) qualsiasi questione di diritto internazionale; c) l'esistenza di qualsiasi fatto che, se accertato, costituirebbe la violazione di un obbligo internazionale; d) la natura o la misura della riparazione dovuta per la violazione di un obbligo internazionale»;
    dei 193 Paesi che hanno ratificato lo statuto della Corte internazionale dei giustizia, 70 hanno finora reso la citata dichiarazione. Di questi, 20 appartengono all'Unione europea. La giurisdizione obbligatoria della Corte internazionale di giustizia è peraltro prevista dalla Convenzione europea per la soluzione pacifica delle controversie del 1957 nonché in un significativo numero di trattati multilaterali e bilaterali in vigore per il nostro Paese,

impegna il Governo

a dichiarare l'accettazione della giurisdizione obbligatoria della Corte internazionale di giustizia, che avrà effetto dalla data di deposito presso il segretario generale delle Nazioni Unite.
(7-00446) «Marazziti, Amendola, Nicoletti, Manciulli, Tidei, Locatelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENNI e DALLAI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la regione Toscana, ed in particolare la provincia di Siena, è stata colpita nel mese di ottobre 2014 da una rilevante ondata di maltempo che ha provocato situazioni di grave criticità tra cui l'esondazione di corsi d'acqua, frane, smottamenti con allagamenti di centri abitati, danni alle infrastrutture pubbliche, alle attività produttive ed agli edifici privati;
   oltre alle risorse stanziate dalla regione Toscana, con deliberazione del Consiglio dei ministri del 15 novembre 201, ai sensi dell'articolo 5 comma 1 e 1-bis della legge 225 del 1992, è stato dichiarato, lo stato di emergenza in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei giorni 20, 21 e 24 ottobre nel territorio della regione Toscana, assegnando 16,5 milioni di euro per l'attuazione dei «primi interventi nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni» (articolo 1, comma 4);
   con l'ordinanza del capo del dipartimento della protezione civile n. 134 del 26 novembre 2013, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 289 del 10 dicembre 2013 recante «Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei giorni 20, 21 e 24 ottobre 2013 nel territorio della regione Toscana», è stato nominato (articolo 1) come commissario delegato per fronteggiare l'emergenza, il dirigente del settore sistema regionale di protezione civile e sono stati indicati i criteri e la tempistica con cui il commissario deve predisporre il piano degli interventi da sottoporre al capo dipartimento della protezione civile;
   con l'ordinanza del commissario delegato 18 dicembre 2013, n. 30 recante «OCDPC n. 134 del 26 Novembre 2013. Primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nei giorni 20, 21 e 24 ottobre 2013 nel territorio della regione Toscana» è stato approvato il piano degli interventi a seguito delle segnalazione delle province toscane;
   per quanto riguarda la provincia di Siena i danni totali (esclusi comunque imprese e privati) ammontano ad oltre 36 milioni di euro;
   con la legge n. 147 del 2013 («legge di stabilità 2014»), all'articolo 1, comma 346, lettera b), sono stati stanziati 20 milioni di euro, anche a sostegno della provincia di Siena, per interventi per la ricostruzione a seguito degli eccezionali eventi alluvionali del mese di ottobre 2013. È stato inoltre costituito un apposito fondo presso il Ministero dell'economia e delle finanze «finalizzato ad interventi in conto capitale per la ricostruzione e messa in sicurezza del territorio nelle zone interessate»;
   nonostante tale stanziamento, ad oggi la provincia di Siena non ha ricevuto alcuna risorsa prevista dalla «legge di stabilità 2014»;
   gli interventi realizzati fino ad ora in provincia di Siena (definite «somme urgenze» che hanno riguardato il ripristino delle condizioni di sicurezza della viabilità nonché delle opere idrauliche danneggiate) sono stati infatti condotti con risorse provenienti da finanziamenti della regione Toscana (2.065.532 euro) e dalla stessa amministrazione provinciale (741.664 euro);
   con l'articolo 2 della legge n. 93 del 2014, sono state successivamente introdotte alcune norme volte ad assicurare l'operatività del già citato Fondo per le emergenze nazionali per l'anno 2014 previsto dalla legge n. 147 del 2013. Nello specifico è stato previsto che nel fondo per le emergenze nazionali confluiscano le risorse inutilizzate provenienti dal fondo per la ricostruzione e la messa in sicurezza nei territori colpiti da eventi emergenziali pregressi, con una dotazione pari a 26,5 milioni di euro per l'anno 2014. È stato inoltre previsto che tali risorse debbano essere destinate agli interventi di cui al comma 347 dell'articolo 1 della medesima «legge di stabilità», per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge n. 225 del 1992;
   anche in presenza di questa modifica normativa risulta agli interroganti che, ad oggi, nonostante le numerose sollecitazioni delle istituzioni locali e l'aggravarsi della situazione (la provincia di Siena è stata infatti duramente colpita da calamità naturali sia nel mese di novembre 2012 che nei mesi di gennaio e febbraio 2014) non è stata ancora concretamente trasferita alle amministrazioni territoriali competenti alcuna risorsa –:
   per quali reali e giustificati motivi le risorse stanziate con la legge n. 147 del 2013 non sono state ancora trasferite agli enti territoriali di competenza della provincia di Siena, nonostante siano stati effettuati tutti i passaggi istituzionali e normativi propedeutici a tale trasferimento e quali iniziative urgenti si intendano intraprendere per risolvere questa situazione che sta creando gravissime e perduranti criticità nei territori interessati. (5-03378)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 18 e il 19 novembre 2013, violenti nubifragi colpivano con effetti alluvionali diverse zone della Sardegna, in particolare: la Gallura, il Nuorese, l'Ogliastra, l'Oristanese ed il Medio Campidano, provocando in totale diciannove vittime;
   il commissario delegato per l'emergenza alluvione quantificava i danni a circa 650 milioni di euro (dei quali oltre 440 quelli al patrimonio pubblico, oltre 33 quelli al patrimonio privato e 100 alle attività produttive, di cui 56 relativi alle sole aziende agricole);
   il 10 luglio 2014, durante le Conferenze delle regioni e Stato-regioni, la trattativa tra regione Sardegna e Governo registrava degli sviluppi positivi per ciò che attiene i contributi pubblici a favore delle popolazioni sarde colpite dal ciclone «Cleopatra»;
   l'impegno assunto dal Governo consisterebbe nell'avviare un apposito tavolo tecnico finalizzato a definire i contenuti delle misure da adottare in favore della Sardegna per far fronte, almeno in parte, ai pesantissimi danni causati dagli eventi alluvionali;
   il Governo starebbe, inoltre, valutando la possibilità di intervenire in favore dei soggetti colpiti, consentendo loro di accedere a prestiti agevolati con proroga dei termini per il pagamento dei tributi senza sanzioni, né interessi;
   il Fondo per le emergenze nazionali è stato recentemente reintegrato per il 2014 con ulteriori 100 milioni di euro;
   ad oggi, il contributo erogato dallo Stato per l'alluvione del 2013 in Sardegna si è limitato a venti milioni di euro;
   numerose sono le famiglie e le imprese a tutt'oggi impossibilitate a far fronte, per impedimenti materiali, alle diverse scadenze fiscali e sarebbe pertanto dirimente che il Governo assumesse iniziative per sospendere ogni adempimento di ordine fiscale e burocratico, nonché i mutui, in scadenza –:
   se intendano dar corso concreto e tempestivo alle iniziative sopra richiamate e, analogamente a quanto già riconosciuto in passato per le collettività colpite dagli eventi sismici e alluvionali dell'Emilia Romagna, se intendano assumere precise iniziative al fine di:
    a) prorogare al 31 ottobre 2014, anche in raccordo con regione, provincia e comuni, ogni adempimento fiscale, contributivo e assicurativo relativo a persone fisiche e giuridiche, nonché ogni adempimento relativo ai mutui, per i centri interessati dall'alluvione del novembre 2013, almeno fino a quando non sarà ripristinata una condizione di accettabile normalità per le famiglie e le imprese sarde;
    b) destinare una quota significativa del fondo per le emergenze nazionali a favore delle zone della Sardegna colpite dal ciclone. (4-05743)


   CRISTIAN IANNUZZI, PETRAROLI e DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 23 luglio 2014 è stata inaugurata l'autostrada Brescia-Bergamo-Milano, realizzata in regime di project financing dalla società Brebemi s.p.a.;
   l'opera viene descritta con orgoglio, sia dalla società realizzatrice che dall'azienda appaltante Concessionaria Autostrade Lombarde s.p.a. (CAL, appartenente in quote uguali alla regione Lombardia e all'ANAS), oltre che dai numerosi politici che hanno partecipato all'inaugurazione dell'autostrada, come la prima opera pubblica realizzata interamente con finanziamenti privati;
   sul quotidiano Il Sole 24 Ore del 24 luglio 2014 nell'articolo «Brebemi, scontro sul bonus fiscale» firmato da Sara Monaci, si sostiene che tale affermazione corrisponde solo parzialmente al vero: sembrerebbe, stando alle fonti riportate sul citato articolo, che il Governo abbia promesso alla Brebemi s.p.a. la defiscalizzazione dell'opera per 497 milioni di euro e un contributo pubblico di 80 milioni di euro;
   nonostante il Presidente del Consiglio dei ministri Renzi, presente all'inaugurazione dell'opera, abbia glissato sulla questione, sembra che, in mancanza di tali contributi pubblici, la società Brebemi sarebbe già pronta a risolvere il contratto con la concedente CAL. Lo si evince da uno scambio epistolare tra la CAL e la stessa società costruttrice. La prima, il 14 luglio 2014, ha invitato la società ad «attenersi a tutte le obbligazioni previste nella convenzione Unica», facendo riferimento al suo impegno a far valere in sede ministeriale il tema della defiscalizzazione. La società di progetto Brebemi, il 21 luglio 2014, ha risposto che se ciò non avvenisse sarebbe un «evidente inadempimento agli obblighi previsti in concessione» e che pertanto potrebbe spingersi a far valere «l'esercizio delle facoltà e dei diritti previsti dalla convenzione, ritenendovi nostro malgrado responsabili per tutti gli oneri e i danni che dovessero derivare in caso di mancato perfezionamento dell’iter di revisione del piano finanziario»;
   in altre parole, senza le promesse agevolazioni, la Brebemi potrebbe chiedere alla CAL (in ultima analisi allo Stato italiano, dal momento che la CAL è interamente partecipata dalla regione Lombardia e dall'Anas) la risoluzione del contratto, come previsto dalle clausole della convenzione, e la restituzione dell'intero investimento, più penali, per un importo complessivo di 2,5 miliardi di euro;
   appare evidente all'interrogante che, in entrambi i casi, a rimetterci saranno i cittadini italiani, costretti a finanziare l'ennesima opera a vantaggio esclusivo delle aziende private;
   l'utilità sociale dell'opera è infatti quantomeno dubbia, atteso che l'autostrada corre parallela alla già operante autostrada A4 Milano-Brescia ed il pedaggio di 15 centesimi di euro al chilometro e oltre il doppio rispetto ai 7 centesimi di euro al chilometro per la A4 Milano-Brescia;
   il costo del pedaggio, pari ad oltre il doppio di quello previsto per la A4 Milano-Brescia, viene giustificato con la necessità di remunerare il concessionario dell'opera, essendo la stessa realizzata esclusivamente con capitali privati –:
   se i fatti riportati in premessa corrispondono al vero;
   se il Governo abbia intenzione di concedere alla società di progetto Brebemi s.p.a. la defiscalizzazione di 497 milioni di euro e il contributo pubblico di 80 milioni di euro, elargendo quello che agli interroganti appare l'ennesimo favore alle imprese private a scapito delle casse pubbliche;
   se il Governo abbia intenzione di assumere iniziative per rivedere la normativa in materia di appalti pubblici realizzati in regime di project financing che, allo stato attuale, a giudizio degli interroganti determina la possibilità di eludere i vincoli di spesa imposti dal patto di stabilità, senza trasferire il rischio di impresa e i relativi costi sulle imprese private concessionarie delle opere. (4-05744)


   BECHIS e BALDASSARRE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dalla stampa si apprende quanto segue:
    «Fondi Ue: associazioni Lgbt, Commissione vigili su caso Italia.
  Nei giorni scorsi il Ministero del lavoro ha trasmesso agli uffici della Commissione europea il Pon Inclusione sociale “dal quale è stato deciso di eliminare l'obiettivo ‘Lotta contro tutte le forme di discriminazione e per la promozione di pari opportunità’ e ogni riferimento all'orientamento sessuale e all'identità di genere tra le cause di potenziale discriminazione o alla Strategia nazionale Lgbt”. È quanto denunciano in una nota congiunta le associazioni Agedo, Arcigay, ArciLesbica, Associazione Radicale Certi Diritti, Equality Italia, Famiglie Arcobaleno.
  “Prendiamo atto della mancata risposta da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali alla nostra richiesta d'incontro urgente – sottolineano – per verificare la possibilità di inserire il riferimento esplicito alle azioni antidiscriminatorie in ambito lavorativo, con particolare riferimento a orientamento sessuale e identità di genere, sia nella bozza di Accordi di partenariato che nella bozza di Pon Inclusione sociale”.
  “Agiremo in sede europea – annunciano le associazioni – per far sì che l'accordo di partenariato tra Italia e Unione europea e il Pon Inclusione sociale dell'Italia rispettino gli standard europei in tema di antidiscriminazione e chiediamo sin d'ora alla Commissione europea di vigilare sul caso italiano”»;
   l'articolo 9 del regolamento (UE) n. 1303/2013 sui fondi strutturali pone l'obiettivo di «promuovere l'inclusione sociale e combattere la povertà e ogni discriminazione»;
   l'articolo 3 del regolamento (UE) n. 1304/2013 relativo al FSE indica, fra le priorità di investimento relative all'obiettivo tematico «promuovere l'inclusione sociale e combattere la povertà e ogni discriminazione», la «lotta contro tutte le forme di discriminazione e la promozione delle pari opportunità»;
   l'articolo 8 stabilisce che «Gli Stati membri e la Commissione promuovono pari opportunità per tutti, senza discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale, mediante l'integrazione del principio di non discriminazione conformemente all'articolo 7 del regolamento (UE) n. 1303/2013. Attraverso l'FSE gli Stati membri e la Commissione sostengono altresì azioni specifiche nell'ambito delle priorità di investimento definite all'articolo 3 e, in particolare, al paragrafo 1, lettera b), punto iii), del presente regolamento. Tali azioni sono volte a lottare contro tutte le forme di discriminazione nonché a migliorare l'accessibilità per le persone con disabilità al fine di accrescere l'integrazione nell'occupazione, nell'istruzione e nella formazione, migliorando in tal modo l'inclusione sociale, riducendo le disuguaglianze in termini di livelli d'istruzione e di stato di salute e facilitando il passaggio da un'assistenza istituzionale a un'assistenza di tipo partecipativo, in particolare per quanti sono oggetto di discriminazioni multiple»;
   l'articolo 4 prevede che all'obiettivo tematico di combattere l'esclusione sociale e l'eliminazione «di tutti i tipi di discriminazione» sia dedicato almeno il 20 per cento del totale delle risorse finanziarie a disposizione;
   gli interroganti ritengono che la lotta alle discriminazioni in Italia debba essere supportata senza soluzione di continuità –:
   se il Governo ritenga la lotta ad ogni forma di discriminazione uno degli obiettivi fondamentali nella programmazione delle politiche pubbliche e in particolare delle politiche sociali;
   se si ritenga opportuno reinserire gli specifici risultati attesi accanto alla priorità di investimento FSE 9.iii) «Lotta contro tutte le forme di discriminazione e per la promozione di pari opportunità» nel nuovo testo che verrà inviato a Bruxelles;
   se si ritenga di inserire esplicitamente nel testo tra le cause di potenziale discriminazione anche multipla il sesso o l'identità di genere, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età e l'orientamento sessuale. (4-05749)


   CATALANO e PISICCHIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV), istituita con il decreto legislativo n. 66 del 1999, in attuazione della direttiva 94/56/CE (oggi sostituita dal regolamento dell'Unione europea n. 996/2010), è l'autorità investigativa per la sicurezza dell'aviazione civile dello Stato italiano, vigilata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a garanzia della sua posizione di terzietà;
   l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo rappresenta una realtà affermata nel contesto aeronautico italiano ed in quello internazionale, dove apporta – tramite i risultati della propria attività e grazie ai propri avanzati laboratori tecnologici per la lettura della cosiddette «scatole nere» – un positivo e riconosciuto contributo per migliorare i livelli di sicurezza del volo, a tutela della pubblica incolumità;
   il considerando n. 15 del regolamento (UE) n. 996/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010 sulle inchieste e la prevenzione di incidenti e inconvenienti nel settore dell'aviazione civile così recita: «Le autorità investigative per la sicurezza sono al centro del processo investigativo sulla sicurezza. Il loro lavoro è d'importanza fondamentale per determinare le cause di un incidente o di un inconveniente. È pertanto essenziale che le stesse siano in grado di condurre le loro inchieste in piena indipendenza e che dispongano delle risorse finanziarie e umane necessarie per condurre inchieste efficaci ed efficienti»;
   l'articolo 4, paragrafo 6, del predetto regolamento (UE) n. 996/2010 prescrive quanto segue: «L'autorità investigativa per la sicurezza è dotata dal rispettivo Stato membro dei mezzi necessari per adempiere alle sue responsabilità in completa indipendenza e deve poter ottenere a tal fine sufficienti risorse»;
   nel proprio «Rapporto informativo sull'attività svolta e sulla sicurezza dell'aviazione civile in Italia – anno 2013», trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed al Parlamento, l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo rappresenta di trovarsi in una gravissima criticità di organico, soprattutto per quanto concerne i tecnici investigatori: tale situazione, conseguenza dei numerosi interventi legislativi volti al contenimento della spesa pubblica, sta incidendo pesantemente sull'operatività dell'ente, a fronte di impegni sempre più gravosi in ambito nazionale, internazionale e dell'Unione europea;
   risulta che l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, ad oggi, sia rimasta soltanto con quattro tecnici investigatori (sui 12 previsti dalla dotazione organica), di cui uno in uscita al 31 ottobre 2014 in virtù di quanto previsto dal decreto-legge n. 90 del 2014, per cui l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo resterà soltanto con tre tecnici investigatori;
   come risulta dal citato «Rapporto informativo sull'attività svolta e sulla sicurezza dell'aviazione civile in Italia – anno 2013», nonché dalla relazione del presidente al rendiconto generale relativo all'esercizio finanziario 2013, l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo ha ritenuto necessario sensibilizzare l'amministrazione vigilante con una apposita nota informativa, al fine di ottenere le risorse necessarie e prevenire l'eventuale apertura da parte della Commissione europea di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per violazione dell'articolo 4, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 996/2010;
   nel corso della seduta del 12 giugno 2014, il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/02280/001, con la quale impegnava l'Esecutivo a escludere l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo dagli interventi di spending review programmati e a intervenire urgentemente, anche tramite i propri poteri di iniziativa legislativa, al fine di consentire l'aumento delle unità di personale in servizio presso l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, favorendo, in via prioritaria, il completamento dell'organico dei tecnici investigatori, di assicurare l'adeguamento dei trasferimenti dello Stato per il sostenimento dei relativi costi del personale, e di rimuovere le limitazioni normative che penalizzano alcune tipologie di spesa strategiche, e in particolare quella della formazione interna del personale –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo a favore dell'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, per evitare che un importante presidio per la sicurezza del volo veda compromessa la propria operatività, con conseguenti ricadute negative sulla prevenzione degli incidenti aerei e quindi sulla tutela della pubblica incolumità. (4-05754)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRESCIA, SCAGLIUSI e TOFALO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   come è noto, la cosiddetta legge Delrio ha trasformato le province italiane in enti di secondo livello. Tuttavia nel citato provvedimento di legge non è stato chiarito a chi spettino le competenze sugli enti culturali fino ad oggi assegnate alle province. Inoltre, il decreto legge n. 66 del 2014 ha disposto una riduzione di trasferimenti alle province;
   la Fondazione ICO «Tito Schipa» di Lecce, che ha come fondatori la provincia di Lecce ed il comune di Lecce, è una onlus che persegue la diffusione dell'arte musicale e l'educazione alla musica della collettività, in particolar modo, dei giovani, usando, tra le altre cose, opportune formule di coinvolgimento. Realizza spettacoli sinfonici, lirici, corali, di balletto e concerti anche in sedi diverse dalla propria, su tutto il territorio nazionale e all'estero;
   le direttive sopra citate hanno fatto precipitare la Fondazione ICO «Tito Schipa» di Lecce in una situazione di crisi economica che potrebbe a breve causarne la chiusura, non essendo la provincia di Lecce più in grado di sostenere gli impegni di spesa per la programmazione artistica già autorizzata per quest'anno; la chiusura della suddetta Fondazione causerebbe la perdita di lavoro a 54 musicisti, oltre agli amministrativi ed ai tecnici;
   la stessa emergenza di questa ed altre ICO coinvolge anche enti quali musei e biblioteche provinciali;
   le suddette difficoltà interpretative della norma hanno già causato la cancellazione di altri 120 spettacoli previsti in 41 comuni della ex provincia di Bari. Spettacoli che equivalevano a circa 1200 giornate lavorative per tutti gli operatori coinvolti;
   anche il consiglio di amministrazione della Fondazione Petruzzelli di Bari (ente lirico avente come fondatore pubblico la provincia di Bari) ha dovuto rimodulare il bilancio preventivo per l'anno 2014 riducendo il budget di 3 milioni di euro e cancellando due opere dal cartellone 2014: il «Tritticò» di Puccini e la «Lucia di Lammermoor» di Donizetti;
   la regione Puglia è una terra dal forte richiamo turistico che rischia di subire un forte impoverimento culturale da questa incresciosa situazione –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra;
   quali siano gli intendimenti del Ministro e, laddove necessario si ritenga di intervenire anche con iniziative normative, affinché possa essere scongiurato il pericolo di chiusura o il progressivo impoverimento dei tanti enti culturali nazionali che fino ad oggi erano di competenza delle province. (5-03379)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZARATTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Parco regionale dell'Appia Antica, un'area protetta di 3.400 ettari istituita nel 1988 dalla Regione Lazio che si estende nel settore sud-orientale del territorio della città di Roma tra la via Appia Nuova e la via Ardeatina, fino al territorio dei Comuni di Ciampino e Marino, rappresenta il residuo più rilevante dell'Agro Romano dal punto di vista storico, archeologico e paesaggistico; le finalità del Parco sono la conservazione e la tutela del territorio in esso compreso, per permettere ai cittadini il godimento di straordinarie bellezze paesaggistiche e la conoscenza e lo studio di un sistema storico, archeologico e ambientale unico al mondo; da recenti articoli apparsi sulla stampa emerge come la Società Autostrade per l'Italia avrebbe avanzato una proposta al Ministero per i Beni e le Attività Culturali denominata «Operazione Grand Tour – Valorizzazione e promozione Appia Antica» con la quale si candida a finanziare, definire e realizzare un progetto di fruizione integrata dell'area protetta; gli «obiettivi strategici» della proposta riguarderebbero: «rendere fruibile per romani e turisti l'esperienza Appia Antica»; «l'accessibilità alle aree archeologiche»; «la creazione punti ristoro»; «la manutenzione e restauro di alcuni tratti dell'Appia Antica»; «la ricucitura Appia Antica Parco degli acquedotti», «la promozione turistica integrata»; la condizione di base espressa dalla proposta sarebbe il superamento della frammentazione di competenze tra «Mibac, Soprintendenze, Comune di Roma, Regione Lazio, Parco dell'Appia mediante la costituzione di una cabina di regia unica per il “Progetto Grand Tour”, lasciando riservato al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il ruolo residuale di analisi e verifica della fattibilità, il coordinamento e controllo e la gestione dell’iter normativo, procedurale e autorizzativo; tale impostazione rischia di depotenziare il ruolo e le funzioni delle soprintendenze, sottomettendole di fatto a “mecenati” estranei al mondo istituzionale, alla cultura e alla ricerca; nei giorni scorsi è stato sottoscritto un appello da parte di numerose associazioni ambientaliste, comitati e rappresentanti del mondo della cultura perché non venga sottoscritto alcun accordo tra il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e la Società autostrade per l'Italia relativo alla proposta denominata "Operazione Grand Tour – Valorizzazione e promozione Appia Antica» –:
   se il Ministro sia a conoscenza della proposta avanzata dalla Società autostrade per l'Italia denominata «Operazione Grand Tour – Valorizzazione e promozione Appia Antica» e se nel caso sia stato siglato un accordo tra il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e la Società autostrade per l'avvio del programma d'intervento;
   se il progetto di fruizione integrata del Parco dell'Appia Antica avanzato dalla società autostrade risulta compatibile con gli obiettivi di conservazione e tutela dei beni costituenti il patrimonio culturale ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 del codice dei beni culturali e del paesaggio e del patrimonio naturalistico ed ambientale ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394. (4-05742)


   PANNARALE, COSTANTINO e SCOTTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende dalla stampa i bronzi di Riace sarebbero oggetto di richiesta da parte del presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni e del critico d'arte Vittorio Sgarbi per essere esposti a Milano durante l'Expo 2015 e per un periodo massimo di due mesi presumibilmente tra i mesi di maggio e ottobre 2014;
   secondo i «richiedenti» il prestito delle opere d'arte attualmente esposte presso il Museo nazionale di Reggio Calabria avverrebbe in «cambio» della cessione temporanea di due dipinti di Caravaggio;
   il critico d'arte Vittorio Sgarbi, assessore alla «rivoluzione» del comune di Urbino, nonché da poco nominato anche «ambasciatore delle belle arti» per Expo da parte della giunta lombarda, ha anche sostenuto che i bronzi di Riace sono «ostaggio della ’ndrangheta» e per questo inamovibili –:
   se il Ministro interrogato abbia ricevuto una richiesta di incontro nel merito da parte del presidente della regione Lombardia e/o sia a conoscenza di tale richiesta e delle modalità delle «scambio» e se non ritenga opportuno e indispensabile l'intervento diretto del Governo e del suo dicastero per la tutela delle opere d'arte, nonché per verificare costi e rischi;
   se il Ministro sia a conoscenza di condizionamenti della ‘ndrangheta nella gestione dei beni culturali nella regione Calabria e in particolare a Reggio Calabria presso il Museo nazionale di Reggio Calabria come emerge dalla denuncia dal neo-ambasciatore delle belle arti per Expo. (4-05750)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CORDA, ARTINI, BASILIO, PAOLO BERNINI, FRUSONE, RIZZO e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   secondo la programmazione delle esercitazioni a fuoco per il 2° semestre 2014 del poligono di Capo Frasca in Sardegna, la Israelian Air Force sarà presente con diversi esemplari di cacciabombardieri F-15 e F-16;
   si tratta degli stessi aerei impegnati in queste ore nei bombardamenti sulla striscia di Gaza che stanno facendo centinaia di vittime, moltissime tra i civili, non risparmiando neanche le scuole e i rifugi sotto il controllo dell'Onu;
   appare agli interroganti del tutto inopportuno mantenere una esercitazione con le forze armate israeliane fino a quando Israele non cesserà le ostilità nei confronti della popolazione palestinese di Gaza e perdurerà l'assedio militare che — si ricorda — per il diritto internazionale rappresenta a tutti gli effetti un deliberato atto di guerra;
   se il Governo non reputi doveroso, anche come pressione politica nei confronti delle autorità israeliane, assumere iniziative per cancellare l'esercitazione aerea prevista a Capo Frasca nel mese di settembre 2014. (5-03382)


   PIRAS, MARCON, SCOTTO, DURANTI e PALAZZOTTO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dal «Programma esercitazioni a fuoco secondo semestre 2014» del reparto sperimentale standardizzazione al tiro aereo — Air Weapon Training Installation (Rssta-Awti), datato 3 marzo 2014, sono in programma, tra le altre, esercitazioni di bombardamento presso il poligono di Capo Frasca in provincia di Oristano;
   nel documento, in cui non si specificano le date delle esercitazioni, nelle attività di esercitazione al bombardamento, si prevede la presenza, tra gli altri, della IAF (Israelian Air Force) che sarà impegnata con i suoi velivoli, F-15 e F-16;
   in particolare, le attività prevedono lo sgancio di «artifizi» inerti che possono arrivare fino a una tonnellata di peso, come si apprende dal documento allegato che allerta le capitanerie di porto;
   sul citato programma, il Comipa (Comitato misto paritetico sulle servitù militari), ossia il tavolo istituzionale creato per conciliare i programmi delle installazioni militari con i piani territoriali regionali, ne aveva chiesto la cancellazione, in quanto le attività previste dal programma di esercitazione sono altamente invasive delle attività delle popolazioni insite nell'aria, prime fra tutte le attività connesse al turismo, all'agricoltura e alla pastorizia;
   in aggiunta, agli interroganti, appare inopportuno e particolarmente fuori luogo organizzare esercitazioni a fuoco con le Forze aree israeliane, responsabili in questi giorni dei bombardamenti sulla striscia di Gaza, in Medio Oriente, che hanno prodotto fino ad ora più di mille vittime tra la popolazione civile e un incalcolabile disastro umanitario nella zona –:
   quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato in merito alle esercitazioni citate in premessa e se non intenda intervenire tempestivamente per annullare le esercitazioni in programma, con le forze aeree israeliane, per il secondo semestre 2014. (5-03389)

Interrogazione a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nel dicembre 2010, la piena del fiume Piave ha fatto franare le sponde del fiume in vari punti, facendo riemergere allo scoperto, lungo il suo corso, alcuni frammenti ossei che, come sostenuto da diverse fonti locali e notizie di cronaca, apparterrebbero a soldati italiani Caduti in servizio durante la prima guerra mondiale;
   tali ossa, rinvenute insieme ad alcuni bossoli, un moschetto di fabbricazione italiana ed altro materiale bellico, dopo essere state opportunamente fotografate, sono state consegnate ai carabinieri San Donà di Piave per la loro custodia e tutti i necessari accertamenti del caso;
   tale frana, avvenuta poco distante da un'altra frana che, poche settimane prima aveva fatto rinvenire le salme di altri tre caduti, faceva presupporre, secondo gli esperti, che l'area dei crolli potesse coincidere con quella di una trincea militare collocata nel tratto del Piave dov'era il fronte italiano e dove venne combattuta la Battaglia del Solstizio che permise all'esercito tricolore di fermare l'avanzata austriaca;
   di questo ritrovamento ne davano notizia diversi organi di stampa locale, tra cui: Il Gazzettino («Resti di soldati riaffiorano dal Piave», 17 gennaio 2011), La nuova («Nuove frane sulle sponde del Piave», 17 gennaio 2011), Il Corriere del Veneto («Dal Piave riaffiorano i morti della grande guerra», 18 gennaio 2011);
   nonostante le segnalazioni di alcuni cittadini alle autorità competenti, risulta agli interroganti che le ossa ritrovate lungo il Piave siano rimaste senza nome e senza sepoltura, con la conseguenza che l'acqua del fiume ne abbia portata via una parte consistente, disperdendole definitivamente;
   in particolare, con comunicazione del commissariato generale – onoranze caduti in guerra – del 23 aprile 2013, in risposta alla segnalazione del signor Giovanni Cancellier di Musile del Piave, le ossa riemerse venivano, definite «resti ossei» non riconducibili a militari deceduti nel corso del 1o conflitto mondiale, stando alle informazioni riferite dalle autorità competenti;
   in base alle conclusioni del CTU dottor Andrea Galassi, le ossa ritrovate sarebbero relative a donne e fanciulli dell'antico cimitero di Croce, risalenti al 1700, ma, in base alle informazioni in possesso degli interroganti, risulta che il cimitero in quella zona distasse almeno un centinaio di metri a nord ovest rispetto alla frana in cui sono stati fatti i ritrovamenti e si trovasse inoltre ad una quota significativamente inferiore rispetto a quella delle trincee del 1918;
   la presenza di resti umani risalenti al 1700 non escluderebbe, in ogni caso la presenza di resti ossei appartenenti ai soldati impegnati a combattere durante la prima guerra mondiale proprio in quella zona; inoltre la relazione del dottor Galassi non spiegherebbe la presenza del materiale d'uso militare ritrovato nella zona della frana, così come attestato da fonti giornalistiche locali;
   la legge 9 gennaio 1951, n. 204, recante «Onoranze ai Caduti in guerra», affida ad un commissario generale per le onoranze ai caduti in guerra, alle dirette dipendenze del Ministro della difesa, il compito di provvedere al censimento, ricerca, sistemazione provvisoria e successiva sistemazione definitiva delle salme dei militari, militarizzati e civili deceduti in conseguenza della guerra dal 10 giugno 1940 al 15 aprile 1946;
   in particolare il commissariato generale provvede al censimento delle sepolture dei caduti italiani per causa di guerra e alla ricerca e definitiva sistemazione in Italia ed all'estero delle loro spoglie in sepolcreti; alla ricerca, sistemazione e conservazione di cimeli appartenenti ai caduti in guerra; alla conservazione e tutela delle zone monumentali della 1a guerra mondiale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra descritti e se possa riferire ulteriori informazioni in merito agli accertamenti medici compiuti sui reperti ossei di cui in premessa e sulle motivazioni che escluderebbero la riconducibilità di tali ossa a militari deceduti nel corso del 1o conflitto mondiale;
   alla luce delle considerazioni esposte, se intenda disporre ulteriori accertamenti, accompagnati da analisi scientifiche quali analisi al carbonio e sul DNA, tali da stabilire con certezza l'età e la provenienza dei reperti ossei rinvenuti lungo il Piave nel dicembre del 2011 e quali iniziative intenda intraprendere per il recupero dei frammenti che ancora giacciono lungo le sponde. (4-05748)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PESCO e VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con delibera del consiglio di amministrazione del 14 febbraio 2012, la società Equitalia Sud spa si è dotata di un modello di organizzazione, gestione e controllo coerente con le prescrizioni del decreto legislativo n. 231 del 2001, recante la «Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300»;
   in particolare, in attuazione dell'articolo 6 del detto decreto legislativo, Equitalia Sud si è dotata di un organismo di vigilanza al quale sono stati affidati poteri di controllo e vigilanza sul funzionamento e sull'osservanza del modello di organizzazione; l'organismo si compone di tre membri di cui due componenti di provenienza esterna al gruppo, uno dei quali con il ruolo di presidente, ed uno dipendente dell'azienda;
   dalle informazioni pubblicate sul sito di Equitalia Sud spa, si apprende che tra gli attuali componenti dell'organismo di vigilanza vi sarebbe anche la dottoressa Antonella Gorret, unitamente al dottor Paolo Maria Ciabattoni (presidente) e al dottor Renato Scognamiglio;
   sennonché, gli organi di stampa hanno di recente pubblicato fatti di cronaca giudiziaria riguardanti proprio la signora Antonella Gorret; in particolare, si riporta testualmente la notizia pubblicata sul sito internet de «Il Messaggero» del 15 luglio 2014 «C’è anche Gerardo Milito, 40 anni, parrucchiere con atelier a Roma nel quartiere Prati, tra gli indagati nell'ambito dell'inchiesta. La vicenda riguarda la vendita di un immobile in provincia di Salerno. Tramite Antonella Gorret, capo ufficio stampa dell'Agenzia, Milito avrebbe ottenuto illegalmente l'annullamento dell'avviso di rettifica con cui il valore dichiarato dell'immobile veniva portato da 275.000 a 402.000 euro» –:
   se la dottoressa Gorret Antonella risulti attualmente ancora tra i componenti dell'organismo di vigilanza di Equitalia Sud e se ritenga opportuno assumere iniziative perché sia oggetto di valutazione la sussistenza dei presupposti per la sua sospensione cautelare, dagli incarichi assunti in Equitalia per i fatti descritti. (5-03383)


   BERRETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con nota n. 3470 R.U. dell'8 maggio 2014, il responsabile di misura III.1-PON Trasporti 2000/2006 ha chiesto per l'autorità portuale di Catania in relazione al progetto relativo ai lavori di «Costruzione di Nuova Darsena commerciale a servizio del traffico Ro-Ro e containers» un'erogazione pari a euro 8.296.371,35;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici, direzione generale per i porti, con nota M-INF/PORTI/5150 del 14 maggio 2014 ha ribadito un impegno totale per il PON-TRASPORTI dell'autorità portuale di Catania di euro 9.837.994,35 di cui per effetto del decreto ministeriale n. 14974 del 20 novembre 2012 sono stati erogati euro 1.541.623,00;
   nella succitata nota M-INF/PORTI/5150 si dispone la reiscrizione in bilancio la residua somma di euro 8.296.371,35 sullo stato di previsione di spesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'anno corrente;
   l'autorità portuale di Catania con nota del 20 giugno 2014 ha reso noto che l'Istituto di credito Dexia Crediop, che aveva garantito «il finanziamento di una parte cospicua delle somme necessarie alla realizzazione della citata opera» (la costruzione della nuova darsena commerciale a servizio del traffico Ro-Ro e container nell'ambito del PON-Trasporti 2000/2006 – Misura III.1), ha manifestato l'intendimento di «non procedere ad erogare gli importi derivanti dai contratti di mutuo sottoscritti» con la stessa autorità portuale;
   tale determinazione del citato istituto di credito produce l'urgenza della corresponsione delle cifre stanziate in favore dell'autorità portuale di Catania dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'opera di costruzione della nuova darsena per far fronte agli impegni economici assunti con il contratto sottoscritto con l'esecutore dell'opera;
   l'opera in oggetto è in fase avanzata di realizzazione;
   l'Autorità portuale di Catania nella citata nota precisa che «l'esatto ammontare delle risorse PON assegnate per la realizzazione dell'opera in oggetto (...) ammonterebbe ad euro 13.950.000: quota FESR euro 8.780.000 e quota Fondo di Rotazione euro 5.170.000» come si evince dalla convenzione sottoscritta in data 21 maggio 2007 prorogata e integrata con convenzione del 16 aprile 2010 e con nota n. 516/RU del 13 ottobre 2008 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   l'autorità portuale di Catania ha disposto l'impegno a copertura degli atti giuridicamente vincolanti (delibere n. 17/08 del 10 ottobre 2008 e n. 22/09 del 20 aprile 2009, il bando di gara e il contratto sottoscritto con l'appaltatore nel 2010) sulla base della cifra di euro 13.950.000;
   la riduzione delle somme stanziate da parte del Ministero a euro 9.837.994,35 dopo l'assegnazione definitiva dell'appalto costituisce un grave danno nei confronti dell'ente e soprattutto dell'azienda, la Tecnis di Catania;
   l'Ente ha un debito nei confronti dell'appaltatore di oltre 15 milioni di euro per il mancato pagamento degli stati di avanzamento eseguiti;
   il complesso dei crediti maturati dall'azienda sono nell'ordine di 19 milioni di euro;
   tale ritardo nei pagamenti costituisce un grave danno per l'azienda, la Tecnis, e per i lavoratori, che nonostante la difficoltà hanno continuato a svolgere i lavori di realizzazione dell'opera;
   l'opera in questione rappresenta, a dire anche della stessa autorità portuale, «una struttura fondamentale per lo sviluppo del porto» e, recentemente, è stata adeguata quale opera strategica ai fini di protezione civile –:
   quali iniziative intendano prendere per verificare eventuali responsabilità rispetto alla riduzione del finanziamento originario, e quali iniziative intendano assumere al fine di erogare con la massima urgenza le somme spettanti alla Tecnis, azienda aggiudicatrice dell'appalto. (5-03386)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCUVERA, MAZZIOTTI DI CELSO e GITTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione della legge delega n. 148 del 2011, con il decreto legislativo n. 155 del 2012 è stata avviata nel nostro Paese la revisione della geografia giudiziaria, rivedendone le circoscrizioni, processo che è stato ultimato nel 2013 e 2014;
   a seguito di tale revisione il tribunale di Pavia si configura come sede unica accorpante dei soppressi tribunali di Vigevano, Voghera ed ex sezione di Abbiategrasso;
   l'accorpamento si sta ora consolidando a seguito dell'ordinanza depositata il 2 luglio 2014 con cui il Consiglio di Stato ha sospeso l'esecutività della sentenza della sez. III del T.A.R. Lombardia di annullamento del provvedimento del 27 novembre 2013 del presidente del tribunale di Pavia che, in attuazione della citata normativa, aveva disposto la cessazione di ogni attività giurisdizionale presso il soppresso tribunale di Vigevano considerato che, con decreto ministeriale 13 settembre 2013, era stata autorizzata la prosecuzione della trattazione di taluni affari civili, limitatamente alle cause già pendenti alla data 13 settembre 2013, presso la sede unica del tribunale di Pavia;
   per rendere l'accorpamento operativo e funzionale alle esigenze di efficienza, di celerità dei procedimenti e di specializzazione dei magistrati, è necessario dotare il tribunale di Pavia di risorse adeguate, in termini di spazi e di personale;
   con riferimento agli spazi, quelli disponibili ed attualmente utilizzati dal tribunale di Pavia sono i seguenti:
    locali di pertinenza del tribunale, siti in piazza del Tribunale, n. I, già in uso (parte «vecchia»);
    locali consegnati nel mese di novembre 2013 a seguito del completamento dei lavori di ristrutturazione ed ampliamento del palazzo di giustizia di Pavia, di cui al cap. 7001 del Ministero della giustizia, facenti parte di un progetto del provveditorato regionale alle opere pubbliche della Lombardia, suddiviso in tre lotti funzionali di importo complessivo pari ad iniziali lire 20.368.000.000 (finali euro 10.845.594,88) (I lotto);
    locali condotti in locazione da terzi, siti in Via Carlo Porta, n. 8, presso cui sono al momento collocate le cancellerie della volontaria giurisdizione e l'ufficio recupero crediti, oltre agli uffici dell'U.N.E.P. e del giudice di pace;
   deve, invece, ancora essere conseguita la disponibilità dei seguenti spazi, indispensabili per il corretto completamento dell'accorpamento del tribunale nella sede unica:
    il lotto attualmente in corso di ristrutturazione con il recupero di un ulteriore piano (terzo) nella parte già ristrutturata, e di una palazzina (ex detenuti semiliberi nel vecchio carcere circondariale), pure ricompresa nell'area del tribunale (attualmente sub iudice, essendo pendente ricorso al T.A.R. Lombardia) (cosiddetto lotto II);
    il lotto (comprensivo delle rimesse sotterranee e della parte nuova o «scheletro», già eretto e destinato ad accogliere aule d'udienza ed uffici), a suo tempo incluso nel Io lotto di lavori (lotto III);
    - il lotto III è stato inizialmente interamente finanziato (con un impegno di spesa pari a complessive lire 9.130.000.000, equivalenti ad euro 4.715.251,49), ma i lavori sono stati di fatto sospesi nel periodo tra il 2011 ed il 2012 a causa del fallimento dell'impresa aggiudicataria; per il completamento del lotto occorrerebbe, secondo le migliori stime effettuate, una somma pari a circa euro 1.500.000 (inclusi gli arredi, dotazioni, cablatura, e altro);
   è assolutamente indispensabile, per il completamento di questo cosiddetto lotto III, che vengano messi nuovamente a disposizione i finanziamenti all'epoca impegnati e mai utilizzati, per un importo pari ad almeno euro 1.500.000,00 – posizione finanziamento alla Cassa depositi e prestiti 445004000 –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere per rendere disponibile la somma di euro 1.500.000,00 necessaria per il completamento del III lotto e consentire al tribunale di Pavia di completare il processo di accorpamento.
(5-03391)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la società Tecnis di Catania è attualmente impegnata nella realizzazione della darsena commerciale del porto di Catania;
   è una impresa che in base alla classifica stilata dal Sole 24 ore occupa il 15o posto tra le migliori imprese nazionali operanti nel settore;
   a fronte di impegni contrattuali assunti con l'autorità portuale di Catania ad oggi vanta un credito di 27 milioni di euro e pur non avendo mai fermato i lavori oggi sta affrontando una grave crisi di liquidità che rischia di far perdere il posto a ben 1500 lavoratori;
   l'azienda ha lanciato un appello al Presidente del Consiglio dei ministri attraverso la stampa affinché si faccia chiarezza sulla vicenda e i contratti vengano ottemperati con il pagamento delle spettanze –:
   se e quali iniziative il, Governo intenda assumere con la massima urgenza affinché l'autorità portuale di Catania ottemperi agli obblighi contrattuali nei confronti della Tecnis scongiurando il fallimento di una azienda leader nel settore, salvaguardando i livelli occupazionali e consentendo il completamento di una opera strategica per la città e la Sicilia. (3-00974)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PELUFFO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   dal mese di maggio 2014 i comuni di Baranzate e Bollate sono interessati dai lavori per la realizzazione della «Viabilità di adduzione al sistema autostradale esistente A8-A52 Rho-Monza – Riqualifica e potenziamento della SP 46 nella tratta da Paderno a Rho-nuovo Polo Fieristico – Tratto compreso tra la intersezione con la S.S. 233 e il viadotto sulla linea FNM Milano-Saronno (escluso) – Lotto 3 – Variante di Baranzate»;
   secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale (ad esempio articolo su Libero del 17 luglio 2014), nell'area di cantiere posta tra i comuni di Baranzate e Bollate, in prossimità della via Piave in comune di Bollate e della Via Nazario Sauro in comune di Baranzate, durante gli scavi, è stato rinvenuto materiale archeologico;
   esistono nella zona interessata tracce di simili ritrovamenti nel passato –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti sopra riportati;
   se del ritrovamento sia stata informata la Soprintendenza per i beni archeologici e/o altro ente competente;
   nel caso gli enti anzidetti siano stati informati, se questi abbiano valutato l'effettiva consistenza dei ritrovamenti e quali siano stati gli esiti;
   nel caso fosse stata valutata l'effettiva consistenza dei ritrovamenti, quali azioni il Governo intenda adottare per tutelare e valorizzare i ritrovamenti, anche in considerazione del fatto che l'area in oggetto dista poche centinaia di metri dal sito EXPO 2015 e che quindi potrebbe diventare sito di interesse archeologico e turistico. (5-03377)


   RICCIATTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il sistema di trasporto pubblico ferroviario è tra i sistemi di trasporto più ecologici ed economici del nostro Paese. Si stima che circa tre milioni di cittadini ne usufruiscano quotidianamente per raggiungere il posto di lavoro o di studio, contribuendo con la loro scelta ad una sensibile diminuzione delle emissioni di gas CO2;
   in diversi Paesi europei, soprattutto quelli del nord, si stanno studiando e diffondendo sistemi di mobilità sostenibile integrata, che consentono ai cittadini di alternare diversi sistemi di trasporto (treni, autobus, auto pubbliche, bici, e altro) al fine di decongestionare il traffico nelle città, diminuire le aree urbane adibite a zona parcheggio, diminuire sensibilmente i costi ambientali ed economici del trasporto;
   tali sistemi sono caratterizzati dalla combinazione di differenti sistemi di trasporto con le tecnologie informatiche e di comunicazione, che consentono di prenotare ed acquistare i biglietti del mezzo desiderato attraverso i dispositivi mobili, quali smartphone e tablet; sistemi di questo tipo si stanno timidamente affacciando anche in Italia, come ad esempio la sperimentazione del progetto SuperHub — acronimo di SUstainable and PERsuasive Human Users moBility — che partirà a settembre in alcune città europee, tra le quali Milano;
   tuttavia, nel nostro Paese, tali progetti riscontrano evidenti difficoltà dovute all'assenza di una pianificazione generale in grado di coordinare i vari sistemi di trasporto esistenti. Pur essendo presenti in alcune realtà italiane, infatti, esperienze di mobilità alternativa (come il car sharing, per citare un caso), ha difficoltà ad affermarsi il principio di mobilità integrata, che contempla la presenza ed il coordinamento di più sistemi di trasporto;
   altro ostacolo rilevante all'affermarsi dei sistemi di mobilità integrata è il pessimo stato del trasporto ferroviario, soprattutto di quello locale, che risulta essere in larga parte inadeguato e carente, a differenza delle linee dell'alta velocità;
   la politica degli investimenti infrastrutturali nel settore ferroviario si è concentrata nell'ultimo ventennio, infatti, prevalentemente sulle reti ad alta velocità, avendo creato una dorsale di trasporto rapida ed efficiente;
   tale rapidità viene, tuttavia, di fatto vanificata nel momento in cui l'utente, per raggiungere la propria destinazione, deve utilizzare anche il trasporto ferroviario tradizionale, caratterizzato da sovraffollamento e vetustà delle vetture, soggetto a continue variazioni nella programmazione del servizio e a numerosi ritardi e cancellazioni delle corse;
   si consideri peraltro che negli ultimi anni, anche per effetto della crisi economica, è aumentato il numero dei viaggiatori che hanno optato per il servizio di trasporto ferroviario locale in luogo della autovettura privata, circostanza che non ha comportato tuttavia un conseguente investimento per incrementare la capacità del servizio;
   altri fruitori dei sistemi di trasporto pubblico sono i turisti. Se è vero che uno dei principali biglietti da visita di un Paese sono i suoi mezzi di trasporto, l'Italia non si presenta bene, per le ragioni sin qui esposte, ma anche per una attività di informazioni/comunicazioni sul trasporto molto carente;
   in particolare le condizioni del trasporto ferroviario che si riscontrano nelle tratte del centro-sud Italia rischiano di trasformarsi in un deterrente al turismo in quelle aree, causando evidenti perdite economiche;
   la constatazione è vieppiù preoccupante ove si faccia riferimento all'appuntamento dell'Expo del 2015, che attrarrà verosimilmente un numero di turisti e visitatori elevato (alcune stime parlano di circa 20 milioni di persone nel periodo che va tra il 1° maggio e il 31 ottobre 2015); pur avendo il Ministro interrogato più volte dichiarato la propria volontà di potenziare il trasporto pubblico locale – da ultimo nell'audizione presso la Commissione trasporti della Camera dei deputati il 2 aprile 2014, dove ha puntualizzato di aver rivolto ai vertici aziendali di Ferrovie dello Stato l'invito a porre in essere le misure necessarie per assicurare livelli di servizio adeguati — ad oggi non si segnalano azioni di rilievo in tal senso;
   lo stesso Ministro ha, peraltro, dichiarato di recente (dichiarazione ripresa sulla stampa nazionale del 29 luglio 2014) che il Governo ha in agenda la possibilità di introdurre «politiche di incentivazione per il rinnovo del parco auto circolante», attraverso l'utilizzo della leva fiscale;
   tale ipotesi appare all'interrogante incompatibile o quantomeno non coerente – soprattutto in regime di risorse economiche limitate – con la volontà di potenziamento ed incentivazione dei sistemi di trasporto ferroviario –:
   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato riguardo all'incentivazione e allo sviluppo di sistemi di mobilità sostenibile integrata;
   quali iniziative concrete di competenza intenda promuovere, nell'ambito delle proprie competenze, per migliorare l'efficienza del sistema di trasporto ferroviario locale, considerato anche l'appuntamento dell'Expo 2015. (5-03388)


   FRANCESCO SANNA, MURA, CANI, MARROCU, MARCO MELONI, PES, GIOVANNA SANNA e SCANU. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 luglio 2012, tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Compagnia italiana di navigazione spa si è stipulata, ai sensi dell'articolo 19-ter del decreto-legge 135 del 2009, convertito con modificazioni dalla legge 166 del 2009, la convenzione che regola l'esercizio di collegamenti marittimi in regime di servizio pubblico sovvenzionato tra la penisola italiana e le isole maggiori e minori;
   ai sensi dell'articolo 9 della richiamata convenzione, la società titolare del servizio pubblico onerato – che nel frattempo ha assunto il nome di Tirrenia Compagnia italiana di navigazione Spa – ha richiesto di ridefinire l'equilibrio economico finanziario tra sovvenzioni e il servizio di trasporto prestato;
   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, il procedimento di revisione dell'equilibrio economico finanziario sarebbe prossimo a concludersi con la sottoscrizione di un nuovo accordo che prevede il ridimensionamento del servizio;
   a precedenti atti di sindacato ispettivo (interrogazioni del giugno 2013 e dell'aprile 2014) volti a conoscere i costi analitici, rotta per rotta, delle percorrenze sovvenzionate, al fine di valutare e indirizzare l'attività del Governo in materia di revisione della convenzione di servizio, non sono state offerte risposte esaurienti –:
   a quali uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze fanno capo i compiti di vigilanza previsti dall'articolo 10 della Convenzione sugli obblighi della società titolare, come sia stata disimpegnata tale attività, quale somma sia stata impiegata per sostenerne i costi e se sia stata trattenuta dalla sovvenzione statale entro il limite del due per cento previsto dalla convenzione;
   se nei due anni di esercizio delle attività sovvenzionate siano state irrogate sanzioni da parte della amministrazione vigilante a fronte di accertate violazioni degli obblighi di convenzione;
   se siano noti i risultati del bilancio 2013 della Società e se risulti, come da notizie di stampa, che esso presenti utili;
   se e in che misura i costi generali di esercizio della società, compresi quelli sostenuti per attività non strettamente attinenti il trasporto marittimo, vengano ribaltati sulla contabilità analitica delle rotte sovvenzionate;
   a quanto ammontino nel loro complesso i costi di funzionamento del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale della società Tirrenia e la remunerazione dei membri di entrambi i collegi;
   a quanto ammontino i costi sostenuti per consulenze legali;
   se sussistano e a quanto ammontino eventuali costi sostenuti dalla società per remunerare prestazioni rese a favore di Tirrenia, a qualsiasi titolo, da parte di suoi azionisti;
   quando sia stata presentata l'istanza di Tirrenia spa volta ad ottenere il riequilibrio economico e finanziario della convenzione e su quali assunzioni si sia basata;
   se tra le assunzioni su cui si basa la richiesta di riequilibrio vi siano fattori economici, tecnologici, organizzativi – compresi gli oneri per sedi e personale – su cui si siano registrate nel biennio trascorso iniziative della società volte a mitigarne l'impatto sui costi delle rotte in convenzione;
   quale incidenza abbiano, sul totale delle miglia marine percorse dalla flotta Tirrenia – Compagnia Italiana di Navigazione, le percorrenze che si registrano sulle rotte da e per la Sardegna nell'ultimo anno;
   quale incidenza abbiano nell'ultimo anno, sul totale della forza lavoro Tirrenia – Compagnia Italiana di Navigazione – i dipendenti della società residenti in Sardegna;
   quale sia il contenuto analitico delle richieste della società ai sensi dell'articolo 9 della convenzione volte al riequilibrio economico-finanziario;
   quale sia il contenuto analitico della ipotesi di ridimensionamento della prestazione sovvenzionata di servizio pubblico su cui concorderebbero il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministero dell'economia e delle finanze;
   quale sia il contenuto analitico di eventuali controproposte elaborate dai Ministeri vigilanti o qualora nota dalla regione Sardegna nel corso del procedimento di verifica per rendere meno impattante il riequilibrio economico finanziario sui servizi di trasporto;
   quale sia la previsione degli effetti prodotti dal prospettato ridimensionamento dei servizi sui flussi commerciali, assetti portuali, circolazione di persone e merci sulle infrastrutture di trasporto delle regioni interessate. (5-03392)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCÀ, PETRAROLI, BRUGNEROTTO, TOFALO, DA VILLA, SPESSOTTO e BUSINAROLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 febbraio 2013 su disposizione della procura di Venezia la Guardia di finanza ha tratto in arresto, con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata all'evasione delle imposte mediante emissione e utilizzo di fatture false, l'amministratore delegato dell'impresa di costruzioni ingegner E. Mantovani spa, ingegner Piergiorgio Baita, il dottor Nicolò Buson, responsabile amministrativo della stessa impresa, l'ex segretaria dell'ex governatore del Veneto Giancarlo Galan, Claudia Minutillo, ora amministratore delegato di Adria infrastrutture, e il signor William Colombelli, presidente della società sanmarinese Bmc Broke;
   il 12 luglio 2013, l'ex presidente e direttore generale del consorzio Venezia Nuova, ingegner Giovanni Mazzacurati, dimessosi dalla carica il 28 giugno 2013, è stato tratto agli arresti domiciliari insieme ad altre 7 persone con l'accusa di turbativa d'asta, nel corso di una operazione condotta dalla Guardia di finanza nei confronti del consorzio Venezia Nuova e di numerose società consorziate, impegnate nei lavori di costruzione del MOSE;
   nell'ordinanza di custodia cautelare il gip Alberto Scaramuzza definisce l'indagine che coinvolge l'ingegner Giovanni Mazzacurati come «affine ma distinta» a quella che vede già coinvolto l'ingegner Piergiorgio Baita;
   in data 17 giugno 2014 «Il Fatto Quotidiano», pubblicava un articolo in relazione alle indagini della Procura suesposte, ponendo in evidenza il fatto che in relazione ai brevetti del Mose sviluppati a spese dello Stato ma detenuti dalle imprese, la società padovana Fip Industriale spa controllata dalla famiglia Chiarotto e quindi dall'Impresa Mantovani (una delle principali imprese del Consorzio Venezia Nuova impegnate nella realizzazione del Mose), ha registrato a suo nome il brevetto per le cerniere delle paratoie mobili, le gigantesche cerniere necessarie alla movimentazione delle paratoie del Mose, il sistema di barriere mobili a protezione della laguna di Venezia;
   in data 11 ottobre 2013 «Edilizia e Territorio» de Il Sole 24 Ore pubblicava un articolo sull'amministratore delegato di Fip Industriale (Padova) Mauro Scaramuzza e un funzionario della stessa impresa, Achille Soffiato, arrestati su disposizione della direzione distrettuale antimafia della procura di Catania con la pesantissima accusa di «concorso esterno in associazione mafiosa» per aver collaborato con un clan locale che avrebbe messo gli occhi sulla costruzione della tangenziale di Caltagirone, in Sicilia. Un'opera appaltata dall'Anas, di 8,7 chilometri e del costo di 112 milioni di euro. Nell'inchiesta sono coinvolti anche alcuni funzionari Anas –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti, quali iniziative intenda attuare, per quanto di competenza, per la tutela dei brevetti appartenenti allo Stato, se ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per accertare eventuali responsabilità e nel caso agire nei confronti degli autori e con quali modalità, e se intenda mettere fine a tale disinvolta gestione della spesa per le opere statali;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative per revocare, in via cautelativa e sino a compimento delle indagini, il contratto con la società FIP Industriale spa anche in merito alla registrazione del brevetto delle cerniere delle paratoie mobili. (4-05753)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si registrano in numero crescente le aggressioni all'interno degli ospedali del comprensorio catanese accrescendo la necessità di assicurare un posto di polizia permanente h 24 all'interno dei nosocomi della città metropolitana;
   durante la fascia notturna non è prevista infatti la presenza di alcun operatori di polizia, mentre durante il giorno è assicurato da una sola unità;
   soprattutto al pronto soccorso di registrano spesso tensioni con operatori paramedici, infermieri e medici aggrediti da avventori e parenti di pazienti per presunte cure non adeguate o apriorità nei codici;
   le organizzazioni sindacali delle forze dell'ordine hanno segnalato da tempo il problema a questore e competenti direzioni sanitarie;
   va detto che la presenza di posti di polizia permanenti può essere di assoluto supporto alle attività investigative anche per l'accertamento di fatti delittuosi e consentirebbe agli operatori sanitari di poter lavorare con maggiore sicurezza e serenità soprattutto negli ospedali di riferimento dei quartieri più complessi di Catania –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare per consentire l'apertura h 24 di posti di polizia all'interno dei nosocomi di Catania e il loro potenziamento in termini di unità operative assicurando maggiore sicurezza ai cittadini e agli operatori sanitari soprattutto nelle ore notturne. (5-03380)


   PICCIONE, BURTONE, IACONO, CAPODICASA e ZAMPA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Corte dei conti nella sua relazione sul Rendiconto generale dello Stato per l'esercizio 2013 ha evidenziato nel capitolo Immigrazione accoglienza e garanzia dei diritti una serie di problemi circa l'utilizzo delle risorse relative ai programmi per stranieri;
   nel mese di luglio è stata sancita all'interno della Conferenza unificata l'intesa sul «Documento di indirizzo per il passaggio alla gestione ordinaria dei flussi migratori non programmati», finalizzato a superare la fase emergenziale della prima accoglienza, e ad avviare interventi strutturali di integrazione e inserimento socio lavorativo dei richiedenti asilo e dei titolari protezione internazionale, nonché ad assicurare protezione al minore straniero non accompagnato;
   nei primi cinque mesi del 2014, il numero degli sbarchi ha già superato quello registrato nel 2013;
   il decreto-legge n. 76 del 2013, ha destinato, in favore del Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, alcune disponibilità finanziarie residue, derivanti dalla gestione dell'emergenza Nord Africa, e del contributo statale previsto in favore dei comuni che hanno sostenuto o autorizzato spese per l'accoglienza di extracomunitari minorenni non accompagnati;
   il decreto-legge n. 120 del 2013, ha incrementato di 20 milioni per l'anno 2013 il Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati;
   la legge di stabilità 2014, infine, ha previsto un incremento pari a 40 milioni per il 2014, ed a 20 per ciascuno dei due esercizi successivi del Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (articolo 1, comma 202);
   tali fondi non risultano ancora erogati o comunque solo parzialmente erogati rispetto al loro totale con grave nocumento per i comuni e le associazioni chiamate a rispondere all'emergenza degli sbarchi –:
   quali siano le motivazioni per cui tali risorse non sono state utilizzate e quali iniziative intenda adottare il Governo con la massima urgenza affinché le citate risorse possano essere al più presto erogate in favore di comuni e associazioni consentendo loro di poter svolgere il proprio lavoro con la presa in carico degli sbarcati. (5-03385)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, FIANO e CHAOUKI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il leader del movimento dell'ultradestra neofascista «progetto nazionale», in un intervento su un social network, avrebbe dichiarato di contribuire alla causa dei cristiani perseguitati attraverso il finanziamento di armi;
   il «progetto nazionale» è parte dell'organizzazione transnazionale «Fratelli cristiani», la quale attraverso una onlus legata alla Fraternità sacerdotale di San Pio X – fondata da Marcel Lefebvre – avrebbe donato denaro destinato ad armi, divise militari e sistemi di sorveglianza a sostegno della popolazione cristiana perseguitata;
   da notizie a mezzo stampa, finora sarebbero state coinvolte tre grandi comunità della zona di Mosul;
   i «Fratelli cristiani», oltre alle armi, avrebbero altresì inviato soldati ed ex consiglieri militari nelle zone interessate, in particolare in Iraq, Egitto e Siria, con il sostegno organizzativo delle Falange libanesi;
   il recente arrivo in Italia di Meriam, condannata a morte per apostasia in Sudan, ha dimostrato il deciso impegno del Governo italiano nel perseguimento, attraverso il ricorso alla diplomazia, della tutela dei diritti umani e delle libertà di culto, e nel compiere ogni sforzo possibile per non alimentare ulteriori tensioni e conflitti nelle regioni interessate –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato alla luce delle dichiarazioni del leader del movimento dell'ultradestra neo-fascista, nonché se e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di contrastare eventuali attività illecite. (5-03387)


   FRUSONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la ditta ECOTIME s.r.l. ha svolto nel corso degli anni le proprie attività di gestione rifiuti in due aree confinanti mediante due autorizzazioni distinte: autorizzazione in procedura ordinaria e autorizzazione in procedura semplificata;
   con l'autorizzazione in procedura ordinaria rilasciata con determina n. 880 del 10 dicembre 2002 (con scadenza 21 maggio 2008) il commissario delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della regione Lazio ha autorizzato, ai sensi degli articoli 27 e 28 del previgente decreto legislativo 22 del 1997 e s.m.i., la ECOTIME S.r.l. alla realizzazione e alla gestione di un impianto per lo stoccaggio ed il trattamento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi situato nel comune di San Giorgio a Liri (Frosinone);
   la medesima ECOTIME s.r.l. al fine dell'approvazione di un progetto di ampliamento dell'impianto in questione, ha ottenuto, in data 8 maggio 2006, pronuncia positiva di compatibilità ambientale da parte della competente area regionale con proprio prot. n. 075438, con contestuale parere favorevole dell'area difesa suolo (prot. n. 178254 del 14 ottobre 2004); tale progetto consisteva, tra l'altro, nella riorganizzazione impiantistica attraverso la realizzazione di 4 lotti funzionali denominati: A (esistente), B, C e D;
   a seguito di contratto di affitto di ramo d'azienda, la REMASERVICE s.r.l. è subentrata nella gestione dell'impianto in parola e conseguentemente l'autorizzazione all'esercizio rilasciata con la suddetta determina n. 880 del 2002 e s.m.i. è stata volturata a suo favore, giusta determinazione dirigenziale n. B2863 del 30 giugno 2009 della regione Lazio;
   è seguita l'autorizzazione in procedura semplificata con iscrizione n. 219 del registro provinciale recuperatori, di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 22 del 1997, con data di registrazione 25 febbraio 2004, per le tipologie riportate nel decreto ministeriale Ambiente 5 febbraio 1998 all'allegato 1, punti 2.1, 2.2, 2.3 e 2.4 e con comunicazione con nota del 25 febbraio 2009 per continuazione attività di recupero rifiuti per il punto 2.1 dell'allegato 1 del decreto ministeriale Ambiente 5 febbraio 1998 e s.m.i.;
   ad ottobre e novembre 2009 ArpaLazio, congiuntamente ai funzionari della provincia di Frosinone, ai rappresentanti della regione Lazio e del comune di S. Giorgio a Liri, ha effettuato dei sopralluoghi presso l'impianto Remaservice srl, durante i quali è stato rilevato lo stato di abbandono dell'impianto Ecotime srl;
   sul sito erano presenti (e lo sono ancora oggi), diverse tipologie di rifiuto: cumuli di materiale organico del quale si avvertivano esalazioni maleodoranti, batterie, condensatori, toner, cumulo di RSU, rifiuti di legno, pneumatici ed elevati quantitativi di vetro;
   il sito fu posto sotto sequestro dalla procura della Repubblica e lo è tuttora;
   il sito, che oggi non risulta essere ancora bonificato, insiste sulla località Petrose di S. Giorgio a Liri (Frosinone), dove sono presenti numerose abitazioni di famiglie;
   nel corso degli anni, il sito è stato violato diverse volte; sono molte le testimonianze di cittadini che vivono nei pressi che hanno denunciato il fatto. Il «Comitato Petrose» in particolare denuncia alla procura che in data 22 febbraio 2013, alcune persone rimaste ignote, si sono introdotte all'interno del sito e hanno riversato diversi quantitativi di rifiuti che si sono andati ad accumulare inevitabilmente a quelli già presenti, abbandonati ormai da anni alle intemperie, senza alcun tipo di provvedimento o misura di contenimento per evitarne la dispersione o l'inquinamento delle aree circostanti, nonché delle falde acquifere;
   l'enorme cumulo di vetro frantumato e accatastato all'aria aperta, non è stato in alcun modo isolato, né tantomeno messo in sicurezza. Inoltre, dalle numerose foto e segnalazioni dei cittadini risulterebbe che i sigilli della procura si siano deteriorati con il tempo e non essendo visibili, indurrebbero alla continua violazione del sito;
   si ricorda che tra le lavorazioni sottoposte a rischio di silicosi, malattia dovuta all'inalazione di polveri contenenti silice libera cristallina, che si presenta come una malattia dell'interstizio polmonare caratterizzata da lesioni nodulari e da fibrosi diffusa, compare anche la produzione di mole e abrasivi in genere, di refrattari, di ceramiche, di cemento e del vetro, limitatamente alle operazioni su materiali contenenti silice libera o che comunque espongano all'inalazione di polvere di silice libera –:
   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato in merito ai fatti descritti e se questi corrispondano al vero;
   se il Ministro interrogato non intenda procedere, per quanto di competenza, a controlli urgenti e immediati, anche per il tramite del comando carabinieri, per salvaguardare la sicurezza della cittadinanza residente nei pressi della località Petrose di San Giorgio a Liri. (5-03394)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALMIERI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sulla GURI del 6 novembre 2009 è stato pubblicato il bando per l'ammissione a frequentare il quinto corso-concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione ai fini dell'iscrizione di 200 segretari comunali nella fascia iniziale dell'albo dei segretari comunali e provinciali;
   dopo una difficile prova preselettiva, tre prove scritte (tenutesi in data 22, 23 e 24 marzo 2011), ed una prova orale vertente su ben 17 discipline giuridiche, economiche e manageriali svoltasi nel periodo ottobre-dicembre 2013, la graduatoria finale dei vincitori è stata pubblicata solo il 10 gennaio 2014;
   ad oggi l’iter concorsuale non è ancora concluso e da ben 7 mesi si attende l'avvio del corso di formazione finale di cui, tuttavia, non si vede l'inizio né è giunta alcuna comunicazione ufficiale in capo ai vincitori, tutto ciò anche in contrasto con l'obbligo di conclusione delle procedure concorsuali di cui alla legge n. 125 del 2013;
   i 260 candidati ammessi al corso, selezionati su oltre 18.000 partecipanti, vantano un diritto alla partecipazione allo stesso che certamente non può essere disatteso dall'ipotesi di riforma della pubblica amministrazione che genera elementi ulteriori di incertezza circa il futuro professionale dell'intera categoria dei segretari comunali –:
   come e quando il Ministro interrogato intenda attivarsi affinché sia pubblicato, entro i termini più stretti possibili, il calendario del COA5, scongiurando definitivamente il rischio di eventuali, ulteriori slittamenti, inammissibili in un Paese che vuol dirsi civile;
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per garantire una rapida iscrizione degli ammessi al quinto corso-concorso all'Albo dei segretari comunali e provinciali entro, si auspica il 2015, e comunque prima dell'entrata in vigore della riforma della pubblica amministrazione, che potrebbe comportare una modifica in peius della disciplina attinente al ruolo di segretario e costituire una beffa per i giovani concorsi del COA5. (4-05746)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CENTEMERO, GELMINI e GRIMOLDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel 2009 sono state istituite le province di Monza e Brianza, Andria-Trani-Barletta e Fermo. Ciò ha reso necessario dotare le province dei servizi e delle diramazioni dello Stato, come le prefetture e gli uffici scolastici territoriali;
   la presenza nella «nuova» provincia di Monza e Brianza dell'ufficio scolastico territoriale e della prefettura rende possibile e necessaria l'attribuzione alle scuole di Monza e Brianza di un nuovo codice meccanografico, senza il quale il sistema informativo non può riconoscere né le scuole né le relative titolarità e non può gestire autonomamente alcuna procedura;
   dall'anno scolastico 2009/10 sono passati ormai 5 anni scolastici con la determinazione degli organici di fatto e di diritto e delle funzioni di aggiornamento dell'anagrafe delle istituzioni scolastiche agli uffici, senza che il Ministero abbia ancora assegnato alle scuole di Monza e Brianza un proprio codice meccanografico;
   l'operazione è di competenza ministeriale sia perché si tratta di chiedere una prestazione extra al gestore del sistema informativo il cui contratto è gestito dal Ministero, sia perché il problema riguarda le province di nuova istituzione, ma soprattutto perché con la suddivisione delle province si hanno conseguenze di carattere giuridico con riflessi sia all'interno della provincia in cui si opera (il movimento da una scuola all'altra può divenire interprovinciale, mentre adesso sarebbe all'interno della provincia; occorrerebbe sdoppiare le graduatorie provinciali della provincia madre — ma, essendo le stesse «ad esaurimento», la conseguenza non è scontata — e definire se l'attribuzione alla nuova graduatoria debba avvenire solo per opzione, o essere automatica per chi ha in corso una supplenza annuale, e definire le relative procedure e i tempi di attuazione) sia nei rapporti esterni alla provincia madre e alla regione stessa (movimenti interprovinciali e altro);
   nella risposta in Commissione VII Cultura della Camera dei deputati in data 12 marzo 2014, all'ennesima interrogazione della prima firmataria del presente atto, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca aveva sottolineato che nel corso degli ultimi anni era stato avviato un articolato percorso per consentire la gestione da parte dell'ufficio afferente all'ambito territoriale di Monza di tutte le procedure per l'erogazione del servizio scolastico nella provincia di Monza e della Brianza e che si trattava di una procedura caratterizzata da significative implicazioni sia amministrative che finanziarie, rispetto alle quali l'attivazione dei nuovi codici meccanografici, indubbiamente necessaria per la gestione autonoma di tutti i processi amministrativi che fanno capo al predetto ufficio, non rappresenta che l'ultimo passaggio di una serie di complesse e onerose operazioni. Il Ministero inoltre giustamente evidenziava, quanto alle implicazioni finanziarie della procedura descritta, che occorresse considerare che la nuova provincia presenta una elevata popolazione scolastica ed un altrettanto elevato numero di istituzioni scolastiche, circostanza, questa, che rende indispensabile l'assegnazione di un'adeguata dotazione di personale amministrativo e di beni strumentali per assicurare che la gestione autonoma dei processi da parte dell'ufficio afferente a quell'ambito territoriale garantisca l'efficiente erogazione del servizio. Veniva infine affermato che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, anche tramite le proprie articolazioni territoriali, stava ponendo il massimo impegno per assicurare che nelle more della definizione delle procedure che porteranno al passaggio della gestione degli adempimenti amministrativi dall'ufficio dell'ambito provinciale di Milano a quello di Monza l'erogazione del servizio scolastico non incontri ostacoli o inefficienze;
   con la legge n. 53 del 2014, nota come «legge Delrio», che disciplina le città metropolitane, le province, le unioni di comuni, le «nuove province» mantengono le funzioni di definizione all'offerta formativa scolastica del territorio;
   in data 24 luglio 2014 il presidente della provincia di Monza e Brianza, il sindaco di Monza e l'assessore all'istruzione della provincia di Monza e Brianza hanno inviato al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al presidente della regione Lombardia, all'assessore all'istruzione della regione Lombardia, al direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per la Lombardia e al direttore dell'ufficio scolastico territoriale per Monza e Brianza una lettera in cui si rappresentava il forte disagio e lo sconcerto che proviene dal territorio della provincia e dalle istituzioni per il continuo e sistematico stillicidio di notizie ed atti circa la chiusura/accorpamento dell'ufficio scolastico territoriale di Monza con quello di Milano, privando nei fatti la provincia del fondamentale e necessario «servizio» frontale dell'ufficio scolastico territoriale;
   la provincia di Monza e della Brianza è costituita da una popolazione residente di 862.000 abitanti (fonte ISTAT 1o gennaio 2014), in virtù della quale si colloca al ventesimo posto nella scala nazionale con la sola città di Monza che, per popolazione, risulta la terza città della Lombardia dopo Milano e Brescia. Se si considera il dato statistico relativo alla popolazione, balzano immediatamente agli occhi l'esistenza e l'autonomia di realtà provinciali quali Varese e Genova con un numero di abitanti pari a Monza, Venezia con un numero di abitanti inferiore a Monza, o ancora province come Perugia e Cagliari che registrano un numero di abitanti inferiore a quelli di 200.000/300.000 unità, province tutte dotate di un autonomo ufficio scolastico territoriale;
   sul territorio della provincia di Monza e della Brianza tra scuole statali e paritarie sono presenti circa 670 strutture di erogazione del servizio per ogni ordine, grado e tipologia che coinvolgono circa 130.000 studenti nella fascia compresa fra i tre e i diciannove anni;
   l'istituzione a Monza di un ufficio scolastico territoriale, quale articolazione sub provinciale del ufficio scolastico regionale, ha consentito ai cittadini di fruire di servizi facilmente raggiungibili e di ottenere risposte immediate;
   alla luce del decreto ministeriale 11 aprile 2008 recante: «Riorganizzazione dell'ufficio scolastico regionale per la Lombardia» il Ministro pro tempore Fioroni ha espressamente previsto l'autonoma costituzione dell'ufficio scolastico di Monza, ufficio che è stato definitivamente istituito dal Ministro pro tempore Gelmini con successivo decreto del direttore generale per la Lombardia (DDG n.758 del 4 agosto 2008 – articolo 5). La provincia di Monza e Brianza ha dunque pieno diritto all'autonomia dell'ufficio scolastico territoriale in considerazione oltretutto del consistente impegno di risorse economiche sin qui messe in campo dalla provincia di Monza e della Brianza quantificabili in circa 250.000 euro, dapprima spesi per l'individuazione degli uffici e poi per l'allestimento delle due attuali sedi di via Magenta e di via XX Settembre in Monza;
   nonostante l'impegno più volte formulato in questi anni, in incontri pubblici dai direttori regionali per la Lombardia succedutisi, che in qualità di rappresentanti istituzionali hanno sempre garantito di farsi formalmente promotori di una specifica richiesta al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per il definitivo distacco dei codici meccanografici delle istituzioni scolastiche della provincia di Monza e della Brianza, ad oggi, inspiegabilmente, tali impegni sono risultati disattesi o ne è rimasta una mera manifestazione d'intenti;
   è quindi necessario un intervento normativo centralizzato sia per definire le conseguenze giuridiche dell'istituzione dei nuovi organici provinciali sia per fornire indicazioni operative uniformi sul territorio nazionale (tutto ciò potrebbe richiedere un passaggio in sede contrattuale) –:
   quali iniziative il Ministro intenda mettere in atto per garantire la determinazione dei codici meccanografici e con quali strumenti, per dotare le istituzioni scolastiche della provincia di Monza e Brianza dei codici meccanografici nel più breve tempo possibile. (5-03384)


   CENTEMERO, FAENZI e PARISI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi è stato lanciato un allarme per la situazione delle scuole paritarie in Toscana e per il conseguente rischio di perdita di strutture scolastiche che forniscono un servizio a numerose famiglie e per molti posti di lavoro persi o a rischio. Il sistema del settore delle scuole non statali in Toscana, che nella regione conta circa 34 mila alunni e il personale impiegato sfiora le 4 mila unità, sta mostrando cedimenti a causa del calo degli iscritti e dell'aumento della morosità nel pagamento delle rette;
   si segnala inoltre che nell'ultimo anno scolastico 2013/14 il settore delle scuole non statali è stato attraversato da una forte crisi che ha comportato chiusure di scuole, passaggi di proprietà o cessioni di ramo d'azienda, ristrutturazioni del personale con cambi di contratto. Questi processi hanno riguardato alcune centinaia di persone e soprattutto coinvolgono una tipologia di servizio di oggettiva rilevanza sociale per il sistema di istruzione toscano: la maggior parte delle scuole opera nel settore della scuola dell'infanzia/asili nido, che, non essendo scuola dell'obbligo, ha maggiormente risentito delle carenze di investimenti statali sul settore;
   in particolare, una decina di scuole dell'infanzia e una quindicina di servizi alla prima infanzia sul territorio della regione Toscana non riapriranno a settembre;
   in Italia non si è raggiunta una effettiva parità economica in ambito educativo, nonostante la legge n. 62 del 2000 abbia sancito la parità giuridica tra istituti paritari e statali, come facenti parte dell'unico sistema pubblico nazionale di istruzione;
   la presente interrogazione non intende addentrarsi nel sistema di finanziamento della scuola non statale, ma riguarda esclusivamente la tempistica di erogazione dei contributi;
   il contributo previsto per l'anno scolastico 2013/14 a favore delle scuole paritarie non è stato ancora erogato, se non per una parte e per altro neanche da tutti gli uffici scolastici regionali determinando una disparità di trattamento delle scuole paritarie da regione a regione;
   il troppo tempo trascorso per compiere un adempimento che avrebbe dovuto già essere assolto, essendo detti contributi già erogati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai rispettivi uffici scolastici regionale, si unisce all'assenza di certezza nella tempistica di liquidazione dei contributi, che pone in gravissime difficoltà molte scuole pubbliche paritarie che sono a rischio chiusura –:
   se il Ministro non intenda esplicitare con apposita nota agli uffici scolastici regionali, in particolare per le regioni dove le scuole paritarie sono più in difficoltà, l'indicazione dei tempi entro i quali procedere con l'immediata erogazione dei contributi già esigui. (5-03393)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUSSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel 2012 con decreto numero 82 del direttore generale per il personale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è stato attivato il concorso a cattedra stabilendo come titolo di accesso l'abilitazione all'insegnamento e prevedendo la possibilità di partecipare anche per coloro che, pur sprovvisti di abilitazione, avevano conseguito la laurea entro l'anno accademico 2002-2003;
   molti dei giovani che avevano conseguito la laurea successivamente alla data prevista, anche in considerazione del fatto che l'ultimo concorso abilitante si era tenuto nel 1999/2000, sono ricorsi al Tar contro la limitazione contenuta nel bando e sono stati ammessi a partecipare al concorso a cattedra con riserva. Tra i ricorrenti numerosi sono stati coloro che hanno superato le prove scritte ed orali collocandosi nella graduatoria finale di merito. Inoltre, alcuni di essi, sono risultati vincitori di concorso senza poter essere immessi in ruolo se non dopo la sentenza di merito emessa dai vari tribunali amministrativi;
   con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, emanato in data 23 maggio 2014 n. reg. 356, è stato disposto che i candidati, inseriti a pieno titolo nelle graduatorie di merito del concorso ordinario per il reclutamento del personale docente, ma non collocati in posizione tale da risultare vincitori, hanno titolo, a decorrere dall'anno scolastico 2014/2015, ad essere destinatari di contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato, in subordine ai vincitori;
   detti concorrenti, per quanto non vincitori di concorso, scavalcherebbero di fatto tutti quelli che, pur collocati in «posizione utile» nella graduatoria di merito non verrebbero immessi in ruolo in quanto non inseriti a pieno titolo nelle graduatorie di merito, dovendo attendere il giudizio di merito della giustizia amministrativa;
   un'attenzione alla vicenda è stata rivolta dalla provincia autonoma di Trento che, con propria delibera di giunta ha disposto, tra l'altro, che «si provveda all'assunzione in ruolo anche nei confronti dei candidati inclusi con riserva ed inseriti sia nelle graduatorie dei vincitori che in quelle formate dalle commissioni esaminatrici, laddove individuati aventi diritto, subordinando le assunzioni a condizione risolutiva in caso di soccombenza dei medesimi nei relativi contenziosi» –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere per evitare di determinare una discriminazione di fatto tra i cittadini concorrenti sul territorio provinciale di Trento e quelli che hanno concorso su tutto il territorio nazionale e se non ritenga di dover intraprendere iniziative analoghe a quelle adottate dalla provincia di Trento, per garantire a tutti i partecipanti al concorso, a prescindere dal territorio di partecipazione, parità di trattamento. (4-05751)


   TAGLIALATELA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con decreto direttoriale n. 222 del 20 luglio 2012 dopo un lungo periodo di paralisi dei concorsi universitari sono state attivate le procedure per l'espletamento della abilitazione scientifica nazionale, il cui scopo è quello di selezionare – sulla base delle pubblicazioni, del curriculum scientifico e dell'esperienza didattica – i candidati docenti universitari di prima e di seconda fascia;
   l'attribuzione dell'abilitazione è una condizione prevista dalla normativa vigente per la partecipazione alle valutazioni comparative, con le quali le università italiane possono provvedere al reclutamento dei professori associati e dei professori ordinari;
   l'abilitazione scientifica nazionale dovrebbe svolgersi con periodicità annuale, dando seguito tanto alle obiettive esigenze degli atenei quanto alle legittime attese degli studiosi, e in particolar modo dei ricercatori universitari, di accedere ai concorsi per la prima e la seconda fascia della docenza;
   nella realtà, tuttavia, la procedura per l'abilitazione scientifica nazionale ha fatto registrare – come testimoniano le cronache di questi ultimi mesi – irregolarità e scandali di varia natura, da cui hanno tratto argomento centinaia di ricorsi amministrativi, tanto in sede ordinaria quanto in sede straordinaria, riguardo ai quali già diversi tribunali amministrativi regionali si sono pronunciati con provvedimenti di sospensiva e di revisione;
   in particolare, secondo quanto segnalato da vari organi di stampa, si è andati dalle esclusioni ed inclusioni che prescindono dalla valutazione dei meriti scientifici, alle pesanti ingerenze tese a predeterminare i risultati delle abilitazioni, fino alle palesi discriminazioni per motivi di carattere ideologico;
   soprattutto quest'ultimo aspetto appare all'interrogante particolarmente grave, considerato che la discriminazione di un candidato all'abilitazione come docente universitario in ragione delle tesi sostenute o difese nei suoi scritti appare palesemente in contrasto con il dettato costituzionale e con ogni principio di giustizia;
   con particolar riguardo ai giudizi della abilitazione scientifica nazionale dei candidati concorrenti per il settore scientifico-disciplinare 14/A1 – filosofia politica, consta all'interrogante che in qualche caso la Commissione avrebbe operato in modo tale da negare l'abilitazione sulla base di quelle che sembrerebbero pregiudiziali ideologiche;
   nei giudizi non solo si potrebbero rilevare errori di fatto, contraddizioni, omissioni, anomalie e disparità di trattamento, tanto che in alcuni casi risulta effettuata ed in altri omessa – ad obiettivo danno del candidato – la valutazione di elementi rilevanti quali il curriculum, la continuità delle pubblicazioni e l'esperienza didattica, ma, soprattutto, emergerebbero considerazioni che sembrano ravvisare, come condizioni ostative alla attribuzione della abilitazione, le tesi proposte o difese dal candidato, sotto il profilo dell'analisi e della riflessione –:
   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per assicurare il rispetto del principio di uguaglianza di tutti i cittadini, l'esercizio della libertà del pensiero, particolarmente nell'ambito della ricerca filosofico-politica, e la tutela da ogni discriminazione, per quanto attiene alle selezioni per l'abilitazione scientifica nazionale. (4-05755)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   BURTONE e IACONO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in queste ore sta diventando davvero complessa e complicata la vicenda che riguarda oltre 1700 operatori degli ex sportelli multifunzionali, cioè di colore che in Sicilia si occupano delle politiche attive del lavoro;
   la regione ignorando le preoccupazioni espresse da parte delle organizzazioni sindacali ha deciso di non modificare il bando del Ciapi e quindi i 1753 operatori dovranno sostenere un concorso per titoli ed esami per ottenere una assunzione da 1 a sei mesi;
   nonostante le assicurazioni espresse da parte della regione è infatti possibile che trascorso il primo mese e comunque entro i sei mesi molti lavoratori potrebbero perdere il lavoro con la beffa di non, avere la possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali;
   il bando di concorso è stato pubblicato il 25 luglio e assegna 30 giorni di tempo per le domande;
   considerati i tempi è molto probabile che si arrivi alla metà di settembre prima di vedere stilata una graduatoria e quindi ben oltre il termine del 25 agosto assicurato dalla regione per le assunzioni;
   fino al 31 agosto gli ex sportellisti sono coperti da un accordo con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali che riconosce loro gli ammortizzatori sociali ma dopo quella data non più;
   le organizzazioni sindacali avevano chiesto che per questi lavoratori fosse assicurata una assunzione di sei mesi rinnovabili per ulteriori sei mesi con una salvaguardia per l'accesso agli ammortizzatori sociali o per spostamento ad altra attività proposta rifiutata dalla regione;
   è del tutto evidente che pur consapevoli di un sovrannumero per gli errori delle politiche del passato si sta parlando di persone qualificate che rischiano di trovarsi a breve senza lavoro;
   occorre una ridefinizione progettuale per queste unità lavorative al fine di evitare la loro espulsione dal mondo del lavoro;
   in applicazione della cosiddetta «garanzia giovani» il Governo è chiamato a potenziare la rete dei centri dell'impiego e di tutte le strutture finalizzate ad una facilitazione dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro –:
   se il Governo non intenda intervenire, per quanto di competenza e in considerazione del fatto che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha annunciato di rilanciare la funzione pubblica dei centri per l'impiego, e attivare un tavolo di confronto per scongiurare l'ipotesi di vedere espulsi questi operatori da qui a pochi mesi affrontando con la regione siciliana un piano più ampio che consenta di intervenire sulle politiche attive del lavoro assicurando un futuro agli ex sportellisti. (3-00973)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO, BUSINAROLO, D'INCÀ e BRUGNEROTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   uno dei poli termali più grandi d'Europa è il bacino euganeo, rappresentato dai comuni Abano Terme, Montegrotto Terme, Battaglia Terme e Galzignano Terme;
   tra i comuni del comprensorio sopraccitati, vi sono circa duecento alberghi. Si tratta di un polo lavorativo d'eccezione, che attira maestranze da tutte le parti della penisola;
   nei periodi di sospensione era prevista un'indennità ai lavoratori, cosiddetta indennità di sospensione, finanziata per l'80 per cento dall'Inps e per il 20 per cento dall'ente bilaterale OBTA (Organismo bilaterale termo alberghiero);
   l'Obta è un ente bilaterale territoriale del bacino termale euganeo — e il Consiglio di amministrazione è composto da un'associazione di albergatori (aderente a Federterme) e dalle rappresentanze sindacali CGIL, CISL e UIL — che si occupa di iniziative assistenziali, previdenziali, di formazione professionale e di una sorta di sportello del lavoro;
   la preoccupazione nasce dal fatto che negli ultimi anni si sono riscontrati problemi circa l'erogazione di tale «indennità di sospensione» da parte dell'INPS; non è dato sapere se le cause derivino soltanto da inadempienze aziendali o in parte dall'Obta;
   sta di fatto che nel 2012, vi fu la mancanza del pagamento delle indennità ai lavoratori, considerato che l'Obta versò in ritardo la sua parte all'INPS;
   difatti, soltanto a saldo dell'ente bilaterale, avvenuto a fine 2013, l'Inps erogò ai lavoratori interessati la suddetta indennità di sospensione –:
   se il Ministro interrogato non intenda fornire ulteriori informazioni circa la situazione ad avviso degli interroganti poco chiara esposta in premessa;
   se non ritenga opportuno agire urgentemente affinché venga garantita ai lavoratori la percezione dell'indennità di sospensione finora corrisposta. (5-03390)


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sarebbe stato disposto dal gennaio 2015 il trasferimento nella città di Salerno della sede INAIL, da tanti anni ubicata nel comune di Nocera Inferiore;
   la sede INAIL di Nocera Inferiore serve il vasto territorio dell'agro sarnese-nocerino, che include un rilevante bacino di popolazione di oltre 300.000 abitanti, comprensivo dei comuni di Nocera Inferiore con circa 47.000 abitanti, Scafati con circa 51.000 abitanti, Pagani con circa 36.000 abitanti, Sarno con circa 32.000 abitanti, Angri con circa 33.000 abitanti e di altri importanti comuni;
   di conseguenza, la sede INAIL di Nocera Inferiore svolge i suoi molteplici compiti istituzionali al servizio di una rilevante utenza, che versa spesso in condizioni di grave disagio fisico e di salute, soggetta ad evidenti e pesanti difficoltà di movimento e spostamento;
   per tale utenza il trasferimento a Salerno della sede INAIL determinerebbe gravi e pesanti disagi, per poter effettuare visite mediche ed usufruire di altre prestazioni, con spostamenti di circa 50 chilometri, per di più in una situazione molto difficile del trasporto pubblico in quella zona;
   fra l'altro, l'ipotizzato trasferimento ingolferebbe ancor di più la sede INAIL di Salerno, già gravata da una enorme mole di lavoro e di incombenze istituzionali, con conseguenti ed ulteriori disservizi;
   del resto, questo trasferimento di sede non produrrebbe alcun risparmio effettivo, tenuto conto che gli attuali uffici di Nocera Inferiore sono ubicati in locali di proprietà INAIL;
   inoltre, essendo la sede di Nocera Inferiore di tipo C, non ha nel suo organico figure dirigenziali, pur avendo una mole di lavoro che è pari a quella di alcune sedi campane INAIL di tipo A (Castellammare di Stabia, Avellino); quindi, anche per quest'ultimo aspetto, la sede di Nocera non implica aggravio di spese –:
   quali iniziative il Ministro intenda doverosamente assumere, nell'esercizio delle sue competenze istituzionali, per verificare approfonditamente la situazione sopradescritta e per evitare il trasferimento della sede INAIL da Nocera Inferiore a Salerno, dal prossimo gennaio 2015, che provocherebbe unicamente pesanti disagi e gravi ed ingiustificate difficoltà alla vasta utenza ed ai cittadini dell'esteso e popoloso territorio dell'agro sarnese-nocerino, che sarebbero costretti a onerosi spostamenti, senza produrre alcun risparmio finanziario e per di più ingolfando ed appesantendo le attività della sede INAIL di Salerno, già oberata da una mole di lavoro molto elevata. (5-03396)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Guala Closures Grou, azienda produttrice di tappi, ha deciso di chiudere i battenti dell'unità produttiva di Torre d'Isola per trasferirsi in Polonia, mettendo in mobilità i 135 dipendenti;
   in una lettera inviata ai sindacati, l'azienda ha comunicato la «riallocazione della produzione per ottenere l'accorciamento della catena/produttiva» e di conseguenza la messa in mobilità dei dipendenti fino al 23 di settembre 2014; nessuno ha avvisato direttamente i lavoratori, cui la notizia è giunta come un fulmine a ciel sereno: fino al giorno prima facevano gli straordinari ed il giorno dopo hanno scoperto che potevano pure rimanere a casa;
   da oltre dieci giorni i 135 lavoratori sono in presidio 24 ore su 24, per protestare ma anche perché è stata tolta la sorveglianza e, quindi, son costretti di notte a fare le ronde per evitare i furti della merce;
   l'incontro svoltosi il 22 luglio 2014, in presenza del capo delle risorse umane da un lato e del prefetto, del presidente della provincia, dei sindaci di Pavia, Torre d'isola, Bereguardo, Trivolzio e Marcignango, nonché delle organizzazioni sindacali e dell'unione industriali, dall'altro, si è rivelato un'altra fumata nera per i lavoratori; in sostanza l'azienda si è dichiarata aperta al dialogo ma ferma sulla decisione di chiudere lo stabilimento, non per un problema di personale, bensì di materie prime e costo del lavoro troppo alto in Italia rispetto ad altri paesi, come la Polonia –:
   se e quali iniziative di competenza, anche in termini di moral suasion, il Governo intenda urgentemente adottare per salvaguardare l'unità produttiva di Torre d'Isola ed evitare la perdita di ulteriori posti di lavoro italiani, nonché scongiurare il licenziamento dei 135 dipendenti, molti dei quali in età troppo avanzata per ricollocarsi facilmente ma ancora troppo lontana dal conseguimento del diritto pensionistico. (4-05745)


   LUIGI GALLO, BATTELLI, MARZANA, FICO, LUIGI DI MAIO, SIBILIA, COLONNESE e DI BENEDETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 13 luglio 2014, il quotidiano Il Mattino titola quanto segue: «La villa di Poppea concessa per feste private, scoppia la rivolta. (...) Una festa privata in giardino sponsorizzata da una nota azienda con tanto di catering di un famoso ristorante di Pompei, e oltre duemila invitati in rigoroso abito da sera. In attesa di un serio piano di rilancio e di promozione del sito, mortificato da degrado e da abbandono, la villa di Poppea, esclusa dalle visite serali, si trasforma con la benedizione del direttore Lorenzo Fergola e della Soprintendenza di Pompei, per una sera, in una location elegante e suggestiva e per l'affitto del “locale”, nelle casse della Soprintendenza vanno cinquemila euro»;
   in conformità con l'articolo 9 della Costituzione («La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione»), il codice dei beni culturali e del paesaggio ha fissato i concetti guida relativi al pensiero e alle attività sul patrimonio culturale italiano. I principi ispiratori di tale codice sono: la tutela, la conservazione e la valorizzazione. La tutela è ogni attività svolta con lo scopo di mantenere l'integrità, l'identità e l'efficienza funzionale di un bene culturale, in maniera coerente, programmata e coordinata. Si esplica pertanto in studio, inteso come conoscenza approfondita del bene culturale di prevenzione, intesa come limitazione delle situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto di manutenzione, intesa come intervento finalizzato al controllo delle condizioni del bene culturale per mantenerlo nel tempo di restauro, inteso come intervento diretto su un bene culturale per recuperarne l'integrità materiale. La conservazione è ogni attività svolta con lo scopo di mantenere l'integrità, l'identità e l'efficienza funzionale di un bene, in maniera coerente, programmata e coordinata. La valorizzazione è ogni attività diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e di conservazione del patrimonio culturale e ad incrementarne la fruizione pubblica, così da trasmettere i valori di cui tale patrimonio è portatore;
   la tutela è di competenza esclusiva dello Stato, che detta le norme ed emana provvedimenti amministrativi necessari per garantirla; la valorizzazione è svolta in maniera concorrente tra Stato e regione, e prevede anche la partecipazione di soggetti privati; inoltre, la conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro;
   quanto accaduto nella Villa di Poppea non sembra coerente con l'articolo 106 del Codice dei beni culturali, in quanto è sancito quanto segue: lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono concedere l'uso dei beni culturali che abbiano in consegna, per finalità compatibili con la loro destinazione culturale, a singoli richiedenti. L'utilizzo di questi beni, dunque, pone diversi interrogativi rispetto ai criteri adottati per stabilire le royalties la cui finalità non è chiaro se sia per riparare eventuali danni e assicurare specifica tutela del bene;
   il vero problema di questo sito archeologico è lo stato di abbandono in cui versa; in questi scavi, ormai, si procede solo con interventi straordinari di manutenzione, che dovrebbero essere sostituiti da quelli ordinari fatti da un staff qualificato. Ciò nonostante tale sito sia stato inserito dall'Unesco nella lista del patrimonio mondiale che comprende ad oggi 981 siti;
   l'Italia è il Paese che conta più siti in assoluto: 49 in totale. Per essere inserito all'interno della lista, un sito deve dimostrare di possedere un eccezionale valore universale. Sono selezionati, infatti, per le loro specifiche caratteristiche che li rendono il miglior esempio possibile del patrimonio culturale e naturale di tutto il mondo. Entrare a far parte della lista costituisce un riconoscimento a livello globale dello straordinario valore culturale del luogo candidato, che deve essere conservato e trasmesso alle generazioni future;
   il rilancio del sito archeologico di Torre Annunziata passa anche dalla creazione di infrastrutture in grado di accogliere in modo valido i turisti, anche mediante operazioni di «archeologia industriale» alcune strutture industriali, infatti, del passato appaiono come decisamente artistiche, interessanti, ardite e particolari, come La Reale fabbrica d'armi di Torre Annunziata che è stata la più grande fabbrica d'armi del Regno delle Due Sicilie, declassata a spolettificio ed ora gestita dall'Agenzia industrie difesa come struttura di demolizione degli automezzi dell'Esercito italiano e delle forze armate in genere, essa potrebbe essere destinata a creare aree di parcheggio ed un museo con i reperti conservati in un deposito presso gli scavi, quindi a realizzare un'integrazione tra l'area dismessa e la città che la circonda creando «un indotto turistico, culturale, economico e sociale –:
   in che modo si intenda valorizzare gli scavi di Oplonti che vivono in uno stato di degrado e di abbandono e che risultano esclusi dalle visite serali estive;
   in che modo si intendano disciplinare i lavori di manutenzione del sito;
   in che modo si intendano tutelare gli scavi da un eventuale utilizzo da parte di privati e come si intendano stabilire il pagamento e le finalità di eventuali royalty. (4-05752)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   GAGNARLI, MASSIMILIANO BERNINI, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il prezzo del coniglio italiano è costantemente al di sotto dei livelli standard, oltre ad essere sensibilmente sottocosto; ciò sta provocando, invece che un aumento dei consumi, una progressiva restrizione del mercato con gravi danni al patrimonio cunicolo nazionale, dovuto alla chiusura di molti allevamenti e macelli e risvolti negativi per i consumatori;
   negli ultimi 7 anni oltre il 40 per cento degli allevamenti ed oltre 20 macelli sono falliti anche per la mancata attuazione del piano di settore e delle politiche di promozione. Gli indicatori Ismea e Gfk parlano chiaramente di una rarefazione del prodotto sugli scaffali (solo un supermercato ogni cinque dispone di conigli) e, dunque, di una restrizione del mercato pilotata. Gli allevamenti ancora «in vita» sono costretti a sottoscrivere contratti di soccida o convenzioni simili che prevedono la fornitura di mangime e il ritiro dei conigli;
   gli allevatori cunicoli italiani denunciano questa situazione di crisi strutturale ormai da tempo, evidenziando attraverso l'associazione nazionale Anlac, le distorsioni del mercato, l'inefficacia del piano di settore, i fenomeni di dumping, le manovre import-export ed i presunti cartelli sia nella borsa merci di Verona che nella Commissione unica nazionale (Cun);
   l'Anlac, nel silenzio di tutte le altre associazioni di categoria, ha proposto un'analisi approfondita delle reali cause della crisi strutturale e delle possibili misure di contrasto, anche attraverso un intenso confronto parlamentare che ha prodotto in questi anni numerosi atti di sindacato ispettivo, diverse audizioni e tre risoluzioni, ancora disattese;
   al fine di stimolare la ripresa, oltre a tutte le misure previste dal piano di settore e dalle risoluzioni, sarebbe necessario invertire subito la tendenza negativa del saldo commerciale, avviando anche azioni promozionali, già previste dal piano di settore ma finora bloccate dalle stesse lobby che oggi vorrebbero, all'improvviso, rilanciare le attività promozionali con l'ausilio dei loro sodali. Per far ciò, da un lato bisognerebbe fare in modo che le esportazioni ridiventino superiori alle importazioni, e che il saldo sia positivo, dall'altro occorrerebbe aumentare il consumo interno;
   il Governo e l'Autorità antitrust non sono ancora intervenuti, nonostante l'evidente fallimento del piano di settore e del parere inviato dalla stessa Autorità garante il 29 aprile 2011 alle Camere e al Governo, che non è riuscito nell'intento pro-concorrenziale di conferire una maggiore trasparenza e neutralità di mercato, insieme al rispetto delle regole del gioco;
   in particolare, si sarebbero dovuti tutelare i beni strumentali, la trasparenza informativa, un processo di formazione dei prezzi alla produzione in senso pro-concorrenziale, l'autonomia e libertà decisionale delle controparti, l'accesso al mercato in condizioni di parità, anche territoriale, a garanzia di un'effettiva libera iniziativa economica nel settore, e il rispetto del protocollo istitutivo della CUN;
   agli inizi degli anni ottanta, il CUNACO (Consorzio nazionale cunicolo), riunì tutte le cooperative operanti nel settore, non solo qualcuna, per porsi come naturale ponte fra produzione, macellazione e distribuzione; a questo il Ministero affidò la gestione di un marchio di origine del coniglio italiano; dopo pochi anni di buon funzionamento, la gestione incontrò difficoltà dovute al contrasto con le strategie di alcuni gruppi industriali, alcuni dei quali ancora oggi sono presenti sul mercato, che non videro di buon occhio l'iniziativa e l'opportunità fu interrotta;
   alla fine degli anni ’80 fu promosso un nuovo organismo, il PROMCONIT, che avrebbe dovuto assolvere, almeno in parte, le funzioni del Cunaco. Con il coinvolgimento di alcune industrie della filiera (mangimifici, produttori di attrezzature ed altri fornitori) fu realizzata una campagna di comunicazione storica, «Mangia coniglio, è un buon consiglio», che ottenne un forte consenso dai consumatori; i consumi di prodotto italiano aumentarono e i consumatori erano disposti anche a spendere il 10 per cento in più pur di avere un prodotto nazionale riconosciuto. Tuttavia, in assenza del sostegno pubblico, l'iniziativa non fu replicata;
   nel 2004 e nel 2007 vi furono altre iniziative ad opera di altre associazioni, AVITALIA prima e consorzio CUNITALY dopo, che avevano peraltro avuto la delega istituzionale e ingenti risorse pubbliche per svolgere certe funzioni, tra cui la promozione del consumo, la tracciabilità, ed altre. I progetti non furono mai avviati, allevatori e macellatori perdettero le quote versate per la costituzione dei consorzi, a causa delle solite interferenze con gli interessi degli industriali che non vedevano coerente con le loro strategie un tale soggetto istituzionale;
   qualche settimana fa, il Comitato promozione coniglio italiano, che fa riferimento alla Cooperativa produttori conigli soc. coop. agricola a.r.l. per la raccolta fondi, ha notificato al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali l'avvio di una campagna promozionale che vede tra gli sponsor i principali operatori di mercato integralmente (o parzialmente) verticalizzati nella filiera, i quali gestiscono i rapporti con i fornitori, cioè gli allevatori, attraverso contratti «leganti» (fornitura mangime – ritiro carni) che, ad avviso degli interroganti, sarebbero vietati dal diritto della concorrenza europea;
   tale attività promozionale e pubblicitaria, auspicabile e necessaria in un momento in cui i cittadini chiedono una qualità garantita delle carni anche attraverso un'etichettatura chiara e leggibile, non trova però ancora favorevole riscontro nell'attuale normativa europea sull'indicazione obbligatoria dell'origine delle carni di coniglio e dei porzionati, nonostante i chiari indirizzi parlamentari;
   la carenza di norme obbligatorie sull'origine, stante l'attuale legislazione comunitaria, permette infatti in particolare sul prodotto porzionato, di inserire la dicitura «prodotto in Italia» anche nel caso di carni di provenienza estera, con il rischio di acquistare conigli provenienti da Paesi extra Ue, arricchiti con antibiotici ed allevati in strutture non conformi alle normative comunitarie sul benessere animale, che vengono così spacciati «legalmente» per italiani ingannando i consumatori;
   l'attività promossa dal predetto Comitato, però, a giudizio degli interroganti, concretizza l'ennesimo tentativo da parte dei principali operatori di mercato «verticalizzati» di escludere i liberi mangimifici, i liberi macellatori e i liberi allevatori;
   a parere degli interroganti, visti i fallimenti delle iniziative precedenti, fatta salva quella del Cunaco, gestita direttamente dal Ministero, la campagna promozionale per favorire i consumi di carne di coniglio allevato in Italia, andrebbe affidata ad un soggetto pubblico, affinché sia salvaguardato l'interesse generale con un'attività duratura, ed affiancata, nelle more che la normativa comunitaria sull'etichettatura obbligatoria si evolva rapidamente, ad un progetto di branding anch'esso pubblico, con l'obiettivo di trasformare il coniglio da semplice commodity indifferenziata in un prodotto con un posizionamento distintivo. Tale esigenza potrebbe essere uno degli obiettivi della strategia di trade marketing, finalizzato a sviluppare il progetto di branding all'interno della category carni bianche ed a supportare l'evoluzione del consumo di prodotti a maggiore valore aggiunto;
   il Governo, per effetto dell'ultima risoluzione del 1o aprile 2014, ha assunto impegni proprio in ordine alla realizzazione di specifiche campagne promozionali, già previste dalle precedenti risoluzioni, per la valorizzazione della produzione, nonché a una ampia informazione ai consumatori sulla qualità e sulle caratteristiche organolettiche della produzione nazionale –:
   se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti sopra esposti e delle esperienze passate, per quanto di propria competenza, non ritenga più corretto e proficuo, al fine di garantire azioni imparziali che vadano a beneficio dell'interesse generale, anche dei piccoli e liberi allevatori oltre che dei grandi gruppi industriali del settore, promuovere la costituzione di un ente consortile a capitale misto, che dia spazio a tutti i soggetti interessati, che possa promuovere e valorizzare a livello locale e nazionale la qualità del prodotto italiano attraverso un apposito marchio ed un disciplinare d'uso riconosciuti e controllati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   se non ritenga opportuno, alla luce delle esperienze passate, controllare che gli allevatori che vogliano aderire al soggetto pubblico sopra menzionato, non siano sottoposti a contratti leganti (fornitura mangime e ritiro carni) vietati dal diritto della concorrenza europea nei confronti dei mangimifici e dei macellatori. (4-05747)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRUSONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda unità sanitaria locale di Frosinone, per mezzo dei 4 poli che dipendono da essa, ha un'utenza di circa 493.000 abitanti;
   ammontano a ben 130.000 all'anno gli interventi di solo pronto soccorso presso i poli A, B, C e D che ricadono sotto la competenza della ASL;
   il decreto regionale 80 del 2010 prevedeva la costituzione di un asse ospedaliero costituito dai presidi dell’«Umberto Spaziani» a Frosinone, «Santa Scolastica» a Cassino, «Santissima Trinità» a Sora, «San Benedetto» ad Alatri e la riconversione dei restanti presidi ospedalieri come completamento e integrazione dell'ambito ospedaliero rispetto al territoriale;
   nel corso degli anni invece si è assistito ad un accentramento verso il polo di Frosinone, distante quasi 60 chilometri da Cassino. Ad oggi ci si trova infatti dinanzi ad un'opera di depotenziamento dei poli di: Cassino, attraverso la chiusura di ostetricia, la riduzione della ricettività di ginecologia, l'ortopedia, l'oculistica, la gastroenterologia nonché la chiusura di neonatologia; Sora con la chiusura del reparto di chirurgia oculistica, nonostante fosse l'unico in tutta la provincia ad effettuare il trapianto di cornea; in seguito alla grave carenza di personale è stata predisposta la chiusura temporanea di pediatria, cardiologia, medicina, laboratori di analisi, ortopedia;
   l'ospedale di Sora, situato in una zona ad elevato rischio sismico, basti ricordare i terremoti del 1915, 1984 e ultimo quello del 2013, garantisce i servizi sanitari ad una vasta zona prevalentemente montana, specie nei comuni limitrofi alle regioni Abruzzo e Molise con difficili comunicazioni viarie e presenza di strade ad alto indice di pericolosità (zone servite per l'emergenza sanitaria molto spesso dal servizio di elisoccorso);
   la provincia di Frosinone ha un rapporto numero abitanti/posti letto di molto inferiore al minimo previsto di 3,7 dal decreto-legge n. 158 del 2012, convertito dalla legge n. 189 del 2012, ostacolo aggirato tramite il ricorso delle cosiddette macroaree, individuate dalla giunta Polverini, che fanno salire il numero dei posti letto penalizzando le province; gli ospedali della provincia di Frosinone si trovano cronicamente sotto organico per i tagli seguiti al commissariamento della sanità della regione Lazio;
   come lamentato dalle associazioni di categoria del personale medico ed infermieristico e dal presidente provinciale dell'ordine dei medici di Frosinone, le strutture dell'azienda soffrono una grave situazione di carenza di organico che mette a rischio la regolare fruizione delle prestazioni sanitarie;
   tale situazione costringe i medici a lavorare in situazioni di precarietà e al concreto rischio di «omissione di pubblico servizio» e di «omissione di soccorso» da parte del personale sanitario non essendoci la possibilità di assumere tramite concorso e dovendovi ricorrere in maniera ad avviso dell'interrogante non del tutto chiara ad assunzioni ex articolo 18 del CCNL 8 giugno 2000, precarietà che destabilizza tutta la catena organizzativa e dirigente delle strutture;
   negli ultimi 3 anni il personale medico ed infermieristico è diminuito in una misura che va dal 30 al 50 per cento circa del totale;
   i tempi di attesa relativi alla specialistica ambulatoriale, legata alla prevenzione sono superiori ai 200 giorni con punte di quasi un anno (dati novembre 2013), confermando la ASL di Frosinone tra le peggiori di tutto il Lazio;
   frequentemente si è verificato un blocco dei ricoveri in determinati reparti, che ha causato lo spostamento dei pazienti presso le strutture di altri ospedali, talvolta anche al di là dei confini della provincia di Frosinone o, addirittura, oltre quelli del Lazio, con chiaro danno per la popolazione ciociara;
   numerosi sono gli articoli di stampa che denunciano, a vario titolo, le inefficienze, i disservizi ed i tagli verificatisi presso la ASL e la chiusura inesorabile per alcuni reparti a causa della carenza di personale medico;
   nel mese di aprile 2014 alla maggior parte dei medici a tempo determinato in servizio con contratti tali da garantire i LEA (livelli essenziali d'assistenza) non sono stati prorogati i rispettivi incarichi, avendo la ASL di Frosinone preferito procedere con una proroga dei progetti in acquisto di prestazione medica per l'anno 2014;
   il mancato rinnovo dei «contratti LEA» ha provocato un vero e proprio caos, specialmente nei punti di pronto soccorso, oltre ad aver avuto come diretta conseguenza anche turni lavorativi per i medici nelle unità operative di medicina, cardiologia, anestesia, ortopedia e radiologia anche di 36 ore continuative;
   tale situazione ha portato, quindi, a un enorme ricorso alle PES, cioè alle prestazioni straordinarie oltre il normale orario di lavoro dei medici attualmente in organico, costretti a turni anche di 18, 24 o 36 ore. Inoltre, per l'acquisto di prestazioni di medici dipendenti da altre ASL, fuori provincia o regione, si segnala il maggior onere dovuto al rimborso delle trasferte;
   tale abuso delle PES ha portato nell'ultimo anno ad un esborso di circa 6 milioni di euro non programmato e giustificato da logiche emergenziali –:
   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato, anche per il tramite del Commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari, in merito ai fatti descritti con particolari riguardo alla permanenza nella provincia di Frosinone dei poli ospedalieri A, B, C e D, con annesse aree di specializzazione complementari ai presidi;
   se non ritenga opportuno istituire un tavolo tra Ministero, regione Lazio ed enti locali al fine di rivedere i programmi per le strutture che ricadono in aree considerate geograficamente e meteorologicamente ostili o disagiate, tipicamente in ambiente montano o premontano con collegamenti di rete viaria complessi;
   quali ulteriori urgenti iniziative di competenza intenda assumere dinanzi ad una questione che coinvolge a giudizio dell'interrogante i livelli essenziali di assistenza e comunque la salute dei cittadini, un diritto costituzionalmente garantito.
(5-03395)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   PAGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'annuncio di Eni sulla volontà del gruppo di riconvertire la raffineria di Gela in bioraffineria sta destando reazioni fortemente preoccupate tra i lavoratori del gruppo e le aziende dell'indotto nonché in tutta la Sicilia per le gravissime conseguenze economiche che conseguiranno all'entrata a regime dell'operazione;
   il rischio che il piano proposto dai vertici Eni possa in realtà preludere ad un drastico dimensionamento produttivo, con conseguente chiusura degli impianti, è tale che da quasi un mese i dipendenti del gruppo e le aziende dell'indotto sono in stato di agitazione;
   l'eventualità che il piano possa celare l'intento di una dismissione vera e propria ha, inoltre, dato il via a Gela, nella giornata di lunedì 28 luglio 2014, ad una grande manifestazione di protesta che ha visto la straordinaria mobilitazione di ventimila persone: non solo lavoratori e organizzazioni sindacali ma anche tantissimi cittadini e rappresentanti delle istituzioni. Sempre lunedì 28 luglio 2014 è stato proclamato uno sciopero generale in tutte le aziende del gruppo in difesa della raffineria di Gela, registrando un'adesione del 90 per cento, mentre l'azione di protesta è proseguita anche nella giornata di martedì 29 luglio con un presidio in Piazza Montecitorio;
   i timori sul futuro dello stabilimento di Gela risultano confermati da una serie di circostanze oggettive e irrefutabili. In primo luogo, con gli scenari attuali il conto economico di una bioraffineria finirebbe per essere negativo. In particolare, lo sarebbe molto di più per lo stabilimento di Gela che ha una struttura di costi fissi molto elevata. Avviare la bioraffinazione a Gela significa dunque intraprendere un'attività in perdita sin dall'inizio, destinata alla chiusura in tempi rapidi. Inoltre, se oggi la reperibilità della materia prima impiegata (oli di palma, colza, girasole) risulta piuttosto agevole, in futuro potrebbe non essere più così. Un mondo che non riesce a soddisfare il bisogno primario di cibo di gran parte della sua popolazione, non potrà consentire a lungo, infatti, lo sfruttamento di suolo agricolo per produrre energia anziché cibo. Si tratta di un ulteriore rischio insito nella bioraffinazione, un progetto quindi, occorre sottolineare, che può funzionare bene solo nei piccoli stabilimenti, ma non, in quelli grandi come Gela;
   in secondo luogo, le ragioni addotte dalla dirigenza Eni, ovvero la crisi della raffinazione in Europa, per giustificare il piano di riconversione dello stabilimento di Gela risultano smentite dalle iniziative di investimento e ampliamento del business intraprese dalle società concorrenti. Tre settimane fa la Exxon, la più grande oil company sul mercato, ha infatti annunciato un maxi investimento riguardante la raffineria di Anversa per oltre 1 miliardo di euro, comprendente, tra l'altro, un grande cooking come Gela. Se grandi gruppi come Exxon hanno adottato tali decisioni è inevitabile mettere in dubbio l'esistenza di una grave crisi della raffinazione in Europa, così come verrebbe rappresentata da Eni. Anche Gela, al pari della raffineria di Anversa, è in Europa, ma i piani della compagnia del «cane a sei zampe» sono in netta controtendenza rispetto alle strategie della concorrenza. A conferma delle forti perplessità su quanto stabilito dai vertici Eni, valga anche l'esempio della francese Total, la quale non sta chiudendo alcuno dei suoi stabilimenti in Europa;
   mentre la dirigenza Eni lamenta dunque il perdurare di una grave crisi della raffinazione in Ue che obbliga il gruppo ad intraprendere la via della riconversione dei propri stabilimenti in prospettiva di un drastico dimensionamento produttivo, importantissime compagnie concorrenti stanno invece aumentando i propri investimenti. Alla luce delle iniziative dei grandi gruppi concorrenti, la strategia industriale di Eni appare, nel confronto con i propri competitors, assolutamente ingiustificata, tanto da connotarsi come una vera e propria exit strategy dalla raffinazione a Gela più che un piano di rilancio e sviluppo. Al riguardo, occorre ribadire come Exxon sia disposta ad investire oltre 1 miliardo di euro in uno stabilimento, quello di Anversa, avente le medesime caratteristiche di quello di Gela, mentre Eni, al contrario, disinveste. Se Anversa non fosse un ottimo investimento e se davvero fossimo di fronte ad una crisi della raffinazione di portata storica, è fuori di dubbio che Exxon, cioè il primo gruppo petrolifero al mondo, non si avventurerebbe in un investimento così poco remunerativo e ad alto rischio;
   rispetto alla situazione delle proprie dirette concorrenti, l'impressione che le raffinerie Eni non siano gestite in maniera adeguata, al punto da ottenere risultati assai modesti che vengono giustificati paventando l'esistenza di una crisi del settore di portata internazionale, appare ampiamente confermata;
   la realtà dei fatti induce a ritenere, dunque, che la situazione rappresentata da Eni sia ben diversa e che i suoi vertici, purtroppo, stiano commettendo una serie di errori gravissimi;
   è evidente, a questo punto, che il vero problema di Eni e della sua incapacità di rilancio e scarsa competitività risiede altrove, ovvero nelle decisioni miopi e inadeguate del suo management che finiranno per privare il Paese di un asset strategico, quello energetico, di vitale importanza con il rischio che l'Italia debba dipendere, sotto il profilo del proprio fabbisogno energetico, da altre potenze straniere;
   ulteriore elemento di «opacità» è il rischio che la riconversione della raffineria di Gela in bioraffineria possa celare l'interesse di alcuni «poteri forti» a speculare sul business delle bonifiche. Se gli impianti si fermano, infatti, è assai verosimile che qualcuno possa avere interesse ad approfittare dell'assegnazione di qualche centinaio di milioni di euro per i lavori di bonifica conseguenti alla riconversione –:
   alla luce di quanto esposto in premessa, se il Ministro interrogato non ritenga, per quanto di sua competenza, intervenire affinché Eni renda noto il business plan, chiarendo quali siano i reali interessi in gioco che spingono la dirigenza ad operare come descritto in premesse, a cominciare dal fatto che le attività, delle altre raffinerie siciliane procedono regolarmente mentre lo stabilimento di Gela procede a passo spedito verso un drastico dimensionamento produttivo;
   se il Ministro interrogato ritenga di condividere o meno i piani della dirigenza Eni finalizzati ad una riconversione dello stabilimento di Gela che l'interrogante giudica obiettivamente anti-economica e in netta controtendenza rispetto alle strategie di sviluppo e investimento dei gruppi leader nella raffinazione a livello mondiale, come Exxon, ovvero la più grande società petrolifera al mondo, attualmente impegnata in un maxi investimento in Europa. (3-00975)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALLASCAS e DA VILLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la normativa di riferimento sull'impiego del gas naturale liquefatto (GNL), nonché i relativi disciplinari e le linee guida per la redazione dei progetti di prevenzione antincendio risultano inadeguati per quanto concerne la realizzazione di impianti cosiddetti «satellite» a uso industriale e civile;
   allo stato attuale, infatti, e per gli interventi di prevenzione degli incendi, questi impianti verrebbero assimilati agli impianti di alimentazione di gas naturale liquefatto con serbatoio criogenico fuori terra nelle stazioni di rifornimento di gas naturale compresso (GNC) per autotrazione;
   nei fatti, per la realizzazione degli impianti «satellite», vengono adottati i criteri esplicati nella circolare n. 3819 del 21 marzo 2013 del Ministero dell'interno, dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile (direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica) avente per oggetto «guida tecnica ed atti di indirizzo per la redazione dei progetti di prevenzione incendi relativi ad impianti di alimentazione di gas naturale liquefatto (GNL) con serbatoio criogenico fuori terra a servizio di stazioni di rifornimento di gas naturale compresso (GNC) per autotrazione»;
   peraltro, la medesima circolare non risulta essere del tutto idonea a disciplinare neanche i progetti di antincendio per le stazioni di rifornimento di gas naturale compresso. A pagina 2, quarto capoverso, recita infatti: «La soluzione tecnologica che prevede un impianto di distribuzione di gas naturale realizzato mediante stoccaggio criogenico di metano liquido (GNL) risulta quindi innovativa per le stazioni di rifornimento carburante per le quali al momento la normativa antincendio contempla solamente l'utilizzo di metano allo stato gassoso prelevato da rete fissa o da carro bombolaio»;
   il quadro normativo di riferimento precedentemente illustrato delinea una situazione di incertezza, tra l'altro, in un settore delicato come la prevenzione degli incendi in situazione di alto rischio, incertezza che non facilita il compito del personale del corpo dei vigili del fuoco, chiamato a verificare la corretta applicazione delle norme antincendio, e di aziende e imprenditori che affrontano investimenti ingenti senza la certezza, in assenza di una normativa chiara, della corretta esecuzione dell'opera;
   i criteri e gli atti di indirizzo indicati dalle linee guida della citata circolare del dipartimento dei vigili del fuoco risulterebbero restrittivi rispetto alle diverse condizioni in cui si troverebbero a operare gli impianti «satellite» e le stazioni di servizio (in quest'ultimo caso, ad esempio, la normativa deve tenere conto di un servizio rivolto al pubblico, quindi, con un afflusso di automobilisti e con la previsione di una gestione automatica degli impianti in regime di self-service);
   le condizioni sopra illustrate, che richiedono il rispetto di particolari e onerosi adempimenti, non si presenterebbero negli impianti «satellite» di supporto alle attività industriali, che sono circoscritti in aree precluse al pubblico e costantemente presidiate e monitorate nell'ambito dei procedimenti e dei cicli delle produzioni aziendali;
   l'impiego del gas naturale liquefatto, assieme all'efficienza energetica, rappresenta una opportunità di mitigazione dei costi energetici che nel breve periodo e in attesa di una transizione verso un sistema energetico basato su fonti rinnovabili può aiutare l'industria nazionale a rimanere competitiva nel mercato sia interno che internazionale;
   l'interesse per il gas naturale liquefatto, sia sotto il profilo della sicurezza sia per quanto concerne le prospettive di impiego e sviluppo nei trasporti e nell'industria, è confermato dal Governo che ha posto il gas naturale liquefatto tra i temi energetici da sviluppare, tanto da prevedere, nell'ambito del Ministero dello sviluppo economico, l'elaborazione di un piano strategico nazionale sull'utilizzo del gas naturale liquefatto ai Italia, per redigere il quale si è insediato di recente il gruppo di coordinamento nazionale del gas naturale liquefatto;
   nel frattempo, l'assenza di una disciplina organica e chiara sull'utilizzo del gas naturale liquefatto, da una parte, desta numerosi interrogativi sugli elementi di rischio per le persone e per le cose, dall'altra, potrebbe ritardare i processi di ammodernamento ed efficientamento del sistema industriale e dei trasporti italiani, di cui le strategie energetiche rappresentano l'elemento centrale, e impedire a numerose aziende e imprese, con particolare riguardo alle industrie energivore, di accedere a un'opportunità di risparmio energetico –:
   quali siano allo stato attuale i criteri a cui si devono attenere i soggetti pubblici e privati nella progettazione e nella realizzazione degli impianti «satellite» a uso industriale o civile per lo stoccaggio e gassificazione del gas naturale liquefatto, nonché nella predisposizione dei relativi piani antincendio;
   se non si ritenga opportuno, in attesa di approntare il piano strategico nazionale sull'utilizzo del gas naturale liquefatto in Italia, di definire per i comandi del Corpo dei vigili del fuoco delle linee guida chiare e univoche da seguire per la realizzazione dei piani antincendio sia per l'impiego del gas naturale liquefatto per autotrazione sia per gli impianti industriali e civili. (5-03381)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Sibilia e altri n. 1-00566, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Artini, Rizzo, Frusone, Corda, Basilio, Paolo Bernini, Tofalo.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Taricco e altri n. 7-00426, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fabbri.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Ferraresi e altri n. 4-04563, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 aprile 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Spadoni.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Catalano n. 2-00636 del 17 luglio 2014.

ERRATA CORRIGE

  Nell'allegato B al resoconto della seduta n. 275 del 30 luglio 2014:
   alla pagina 15643, seconda colonna, dopo la quarta riga, devono intendersi pubblicate le seguenti righe:
  «Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione
 Busin 5-03373 
 Moretto 5-03374 
 Paglia 5-03375 
 Barbanti 5-03376»;
   alla pagina 15666, seconda colonna, dopo la riga trentanovesima, devono intendersi pubblicate le seguenti interrogazioni:

  «Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:

   BUSIN e BORGHESI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ai fini della determinazione della rendita catastale per gli immobili ad uso produttivo la normativa prevede che la redditività media ordinaria di tali immobili sia individuata mediante stima diretta per ciascuna unità immobiliare (articolo 10 del regio decreto-legge n. 652 del 1939);
   la stessa normativa prevede che la stima possa essere eseguita con il metodo diretto o indiretto: il metodo diretto, che consiste nella comparazione con beni similari di cui si conoscano caratteristiche tecniche ed economiche (canone di locazione), trova difficilmente applicazione; il metodo indiretto, più frequentemente usato, fa di regola riferimento ad una valutazione in base al valore di ricostruzione (circolare 4T/2009);
   tale valutazione prevede l'individuazione delle componenti che concorrono a formare l'investimento di natura immobiliare, ed in particolare la valutazione degli impianti fissi, cioè dei macchinari ed impianti installati all'interno dell'immobile, incorporati nelle opere murarie, fissati al suolo o installati in via transitoria;
   è proprio sulla rilevanza di macchinari ed impianti situati all'interno degli immobili ai fini della determinazione della rendita che si verificano le maggiori difficoltà interpretative ed applicative, tanto da determinare un significativo numero di contenziosi;
   la direzione del catasto, con la circolare n. 3/2935 del 1990 ha avuto modo di stabilire che «le installazioni connesse od incorporate con i fabbricati (ad esempio un altoforno, una caldaia a vapore) concorrono certamente a determinare il valore della consistenza, e parimenti gli impianti stabilmente infissi (ad esempio una gru a ponte, un montacarichi); non si ritiene invece che rientrino tra le installazioni stabilmente infisse quelle che sono semplicemente imbullonate alle strutture murarie o comunque fissate in modo da essere rimovibili senza interventi sulle strutture del fabbricato (ad esempio una macchina utensile): pertanto, nella determinazione del valore da porre a base della rendita catastale, si dovranno comprendere le sole installazioni connesse all'immobile o quelle stabilmente infisse come sopra definite»;
   il più recente intervento di prassi è rappresentato dalla circolare dell'Agenzia del territorio-Direzione centrale catasto, n. 6 del 30 novembre 2012, nella quale si ribadisce che «nella determinazione della rendita catastale deve tenersi conto di tutti gli impianti che caratterizzano la destinazione dell'unità immobiliare, senza i quali la struttura perderebbe le caratteristiche che contribuiscono a definire la specifica destinazione d'uso e che, al tempo stesso, siano caratterizzati da specifici requisiti di immobiliarietà a prescindere dal sistema di unione utilizzato per il collegamento alla struttura»;
   numerosi sono stati i contenziosi avviati negli anni dai contribuenti, proprietari di fabbricati industriali, che non hanno accettato l'inclusione, da parte degli uffici dell'Agenzia delle entrate, del valore di determinati macchinari ed impianti nella stima per l'attribuzione della rendita catastale; la pronuncia della Corte costituzionale del 2008, ha precisato invece che la possibilità di separazione di un impianto dal suolo non esclude che esso possa mantenere la sua natura immobiliare;
   secondo la Corte, ai fini della determinazione della rendita catastale non è rilevante l'amovibilità o meno dell'impianto o del macchinario; il criterio determinante per decidere se l'impianto o il macchinario rileva ai fini della determinazione della rendita catastale del fabbricato industriale in cui si trova è invece se esso costituisce o meno una componente strutturale ed essenziale per la funzione complessiva ed unitaria del fabbricato industriale;
   la recente pronuncia della Corte costituzionale lascia aperte numerose difficoltà interpretative, in relazione alla definizione della natura strutturale ed essenziale del singolo macchinario o impianto;
   da un lato, la definizione offerta sembra rendere indispensabile una verifica tecnica caso per caso, dall'altro lato, il margine di discrezionalità della verifica tecnica e della valutazione da parte degli uffici provinciali dell'Agenzia delle entrate – che operano per lo più sulla base di elencazioni esemplificative ma non esaustive – comporta la mancanza di un quadro chiaro e una conseguente disomogeneità di trattamento sul territorio;
   nel complesso, la mancanza di certezza e di omogeneità nell'attribuzione della rendita dei fabbricati industriali comporta difficoltà interpretative ed applicative per le imprese, creando in materia contenzioso, particolarmente rilevante nel caso di stima di grandi complessi produttivi;
   la situazione di incertezza si è aggravata a seguito dell'iniziativa attribuita ai singoli comuni (oltre che agli uffici provinciali del territorio) per la determinazione della rendita catastale ai sensi della cosiddetta «procedura speciale» ex articolo 1, comma 336, della legge n. 3 del 2004. In base a tale procedura, nel caso di immobili non dichiarati ovvero sottoposti ad interventi di manutenzione straordinaria, i comuni possono notificare direttamente alle imprese la richiesta di aggiornamento delle rendite notificandone copia anche all'Agenzia delle entrate – Ufficio provinciale del territorio –:
   se e in qual modo intenda intervenire su tale problematica, al fine di limitare il quadro di incertezza e di discrezionalità operativa da parte di comuni, agenti della riscossione ed Agenzia delle entrate in merito al valore catastale dei fabbricati industriali e dei beni che vi si trovano. (5-03373)

   MORETTO e CAUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 343, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), istituisce un fondo, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, a decorrere dall'anno 2006, per indennizzare i risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito;
   il Fondo è alimentato, previo versamento al bilancio dello Stato, dall'importo dei conti correnti e dei rapporti bancari definiti come dormienti all'interno del sistema bancario, nonché del comparto assicurativo e finanziario, definiti con regolamento adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze;
   con decreto del Presidente della Repubblica del 22 giugno 2007, n. 116, è stato emanato il regolamento di attuazione, con il quale si stabiliscono i criteri per la definizione dei conti cosiddetti dormienti e le modalità di rilevazione dei predetti conti e rapporti;
   a seguito di ulteriore modifica alla disciplina di riferimento, l'articolo 3 del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166, ha previsto che nel fondo di garanzia per le vittime di frodi finanziarie sopra citato, confluiscano, oltre ai rapporti definiti come dormienti, anche gli importi degli assegni circolari non riscossi entro il termine di prescrizione, gli importi delle polizze assicurative prescritte e gli importi dovuti ai beneficiari di buoni postali fruttiferi, emessi dopo il 14 aprile 2001 e non reclamati entro il termine di prescrizione del relativo diritto;
   una parte di tali rapporti è ancora a disposizione degli aventi diritto, poiché non ancora prescritta, mentre un'altra parte è costituita da rapporti prescritti sin dal momento in cui sono divenuti «dormienti» ed anche da rapporti «dormienti» successivamente prescritti in quanto decorso il termine utile per reclamarli;
   il Fondo destinato al risarcimento delle vittime di frodi finanziarie è stato negli ultimi anni utilizzato per scopi estranei alla originaria finalità quali, ad esempio, il finanziamento della cosiddetta social card, la stabilizzazione dei precari della pubblica amministrazione e il finanziamento del fondo esuberi di Alitalia;
   ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, è istituito presso la Consob il Fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori, destinato all'indennizzo dei danni patrimoniali causati ai clienti a seguito dei dissesti degli intermediari cui si sono rivolti;
   detto fondo, a distanza di anni dalla sua istituzione, non è ancora operativo a causa della insufficiente dotazione finanziaria, essendo il fondo finanziato esclusivamente con il versamento della metà degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate per la violazione delle norme che disciplinano le attività degli intermediari;
   per migliorare il coordinamento e la gestione dei due citati fondi sarebbe auspicabile rafforzare il fondo di garanzia istituito presso la Consob, consentendone finalmente l'attivazione, anche prevedendo la possibilità di far confluire nel fondo di garanzia le disponibilità dei «rapporti dormienti» e ampliandone l'operatività al fine di indennizzare anche i risparmiatori vittime di frodi finanziarie –:
   a quanto ammontino complessivamente le risorse provenienti dai conti «dormienti» versate dagli intermediari al Ministero dell'economia e delle finanze e quante risorse del fondo siano attualmente disponibili, nonché quali iniziative, anche normative, intenda adottare per migliorare il coordinamento e la gestione dei due citati fondi, a tal fine prevedendo una adeguata integrazione delle dotazioni finanziarie necessaria al funzionamento, ovvero l'accorpamento dei due fondi, in modo da poter disporre concretamente delle risorse necessarie agli scopi previsti dalla legge. (5-03374)

   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 16 giugno 2014 scadeva il termine per il versamento, in unica soluzione, dell'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'Irap e di eventuali addizionali sui maggiori valori iscritti in bilancio delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia derivante dalla riclassificazione contabile effettuata ai sensi del comma 6, primo periodo, dell'articolo 6 del decreto-legge n. 133 del 2013 (cosiddetto decreto «IMU-Bankitalia»);
   rispetto a quanto previsto dalla legge di stabilità per il 2014, che all'articolo 1, comma 145, prevedeva la rateazione triennale del suddetto tributo con scadenza entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative agli anni 2013, 2014 e 2015, il decreto-legge n. 66 del 2014 (cosiddetto «Bonus Irpef»), al fine di realizzare nuove e più cospicue risorse, all'articolo 4, comma 6, oltre a prevedere il repentino e significativo innalzamento dell'aliquota del tributo, portandola dal 12 per cento al 26 per cento, ha escluso la dilazione e fissato il termine del versamento in unica soluzione, entro il 16 giugno 2014, coincidente con la scadenza del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013;
   a seguito dell'emanazione, il 24 febbraio 2014, della circolare n. 4/E dell'Agenzia delle entrate che chiarisce le modalità applicative della rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia e in conseguenza del fatto che sono state effettuate dai partecipanti al capitale le rivalutazioni nei bilanci 2013, il Governo è stato in grado di quantificare in modo puntuale le maggiori entrate derivanti dall'applicazione della suddetta imposta sostitutiva come rideterminata, tenendo conto della previsione di versamento in un'unica rata nel 2014; infatti, secondo la Relazione tecnica allegata al suddetto decreto-legge n. 66 del 2014, dalla disposizione di cui all'articolo 4 comma 12, si perverrebbe, grazie al versamento una tantum, ad un recupero di gettito pari a 1.794 milioni di euro per il solo anno 2014; ai fini della stima dei relativi effetti finanziari, la stessa Relazione tecnica prende a riferimento l'importo complessivo sul quale si applica l'imposta sostitutiva stimato in circa 6,9 miliardi di euro, sulla base delle informazioni relative agli importi indicati dai detentori delle quote nei propri bilanci 2013;
   la stima degli effetti finanziari associati alla disposizione era stata operata utilizzando dati effettivi di gettito e di adesione registrati con riguardo alla legge finanziaria per il 2007, che contemplava, all'articolo 1, comma 469, analoghe misure (rivalutazione dei beni d'impresa e versamento in tre rate di un'imposta sostitutiva su beni ammortizzabili); in relazione alla crisi economica ed alla carenza di liquidità, considerate le maggiori aliquote delle imposte sostitutive previste dalla legge di stabilità per 2014, era stata ipotizzata un'adesione inferiore del 15 per cento rispetto a quella registrata con riferimento alla legge Finanziaria per il 2007; la suddetta stima risente del numero di rivalutazioni che sarebbero avvenute su base volontaria in relazione a valutazioni di convenienza effettuate caso per caso, e il venir meno della rateazione triennale potrebbe rappresentare un fattore di minore attrattività; tali condizioni lasciano ragionevolmente ipotizzare un minor numero di adesioni rispetto a quelle stimate nella Relazione tecnica associata alla legge di stabilità per il 2014 –:
   se, alla luce di quanto premesso ed a 45 giorni dalla scadenza del termine del versamento, conosca il dato del relativo gettito e se questo sia in linea o si discosti dalle previsioni. (5-03375)

   BARBANTI, PESCO, RUOCCO, ALBERTI, VILLAROSA, CANCELLERI e PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 24 dicembre 2007, n. 244, all'articolo 1, commi da 209 a 214, come modificata dalla lettera a) del comma 13-duodecies dell'articolo 10 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha introdotto nell'ordinamento giuridico italiano l'obbligo della fatturazione elettronica per le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da imprese e professionisti nei confronti delle pubbliche amministrazioni: a tal fine, è stato istituito il Sistema di interscambio (SdI) ovvero un sistema informatico di supporto alla ricezione e controllo delle fatture elettroniche, nonché al successivo inoltro alle amministrazioni destinatarie;
   con il decreto ministeriale del 3 aprile 2013, n. 55, in vigore dal 6 giugno 2013, sono state definite le regole tecniche attuative del regime di fatturazione elettronica, nonché individuate le date di decorrenza dell'obbligo di fatturazione distinguendole per classi di pubbliche amministrazioni; precisamente, l'obbligo di fatturazione elettronica è entrato in vigore lo scorso 6 giugno 2014 per Ministeri, Agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza e di assistenza sociale. Per le restanti amministrazioni centrali e locali, invece, l'obbligo scatterà dal 31 marzo 2015, così come previsto dall'articolo 25, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89; a decorrere dal 6 giugno 2014, dunque, i Ministeri, le Agenzie fiscali e gli enti nazionali di previdenza non possono più accettare fatture emesse o trasmesse in forma cartacea; dai tre mesi successivi a tale data, invece, non potranno nemmeno procedere al pagamento, neppure parziale, di quanto dovuto fino all'invio del documento in formato elettronico; si è previsto, in sostanza, un periodo di transizione di tre mesi, decorso il quale i fornitori non potranno più emettere ed inoltrare fatture in formato cartaceo e l'amministrazione non sarà tenuta al pagamento;
   per la regolare trasmissione della fattura elettronica, l'articolo 3 del decreto ministeriale citato prevede l'obbligo per le pubbliche amministrazioni destinatarie di individuare appositi uffici deputati alla ricezione delle fatture: in pratica, ciascuna pubblica amministrazione è tenuta ad inserire i detti uffici nell'indice delle pubbliche amministrazioni (IPA) ai fini dell'assegnazione di un codice univoco di identificazione; il codice univoco così assegnato, di cui deve essere data adeguata pubblicità, costituisce elemento identificativo della pubblica amministrazione destinataria della fattura elettronica e deve essere obbligatoriamente indicato dal fornitore nella fattura da inviare al Sistema di interscambio;
   ad oggi, nonostante l'obbligo della fatturazione elettronica sia in pieno vigore, il sistema di trasmissione delle fatture e di elaborazione dei processi di pagamento non risulta operativo: in particolare, come risulta anche da alcune segnalazioni avanzate alle amministrazioni competenti (tra cui la richiesta di sospensione della fatturazione elettronica, inoltrata il 10 luglio 2014 dall'Unione nazionale italiana magistrati onorari, pubblicata sul sito internet dell'associazione, il sistema di interscambio predisposto per la trasmissione delle fatture elettroniche alla pubblica amministrazione destinataria (nella specie, il Ministero della giustizia) non sarebbe funzionante per carenza delle corrette procedure informatiche e per mancanza di indicazioni agli uffici periferici; tale circostanza risulta confermata anche dagli uffici preposti alla ricezione delle fatture elettroniche (tra questi, l'Ufficio istituito presso la procura della Repubblica della corte di appello di Bologna, all'uopo contattato): dalle informazioni acquisite, infatti, vi sarebbero difficoltà tecniche per gli uffici periferici nel rilascio all'emittente della ricevuta di consegna della fattura elettronica trasmessa. Allo stato, dunque, il pagamento delle fatture elettroniche risulta bloccato;
   il sistema di interscambio, predisposto per la trasmissione delle fatture elettroniche alle amministrazioni destinatarie e per il rilascio delle ricevute di consegna, è gestito e amministrato direttamente dall'Agenzia delle entrate –:
   se sia a conoscenza delle descritte problematiche in merito alla trasmissione delle fatture elettroniche trasmesse, evidenziandone in particolare le cause, le pubbliche amministrazioni eventualmente interessate, nonché le misure adottate o che si intende adottare, anche al fine di garantire la celere corresponsione del corrispettivo fiscalmente documentato e contrattualmente previsto. (5-03376)».