Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 10 luglio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La IV Commissione,
   premesso che:
    la comunità di Villaputzu deve rinunciare ad alcune aree del suo territorio, con conseguente grave danno arrecato all'economia del paese, a causa dei vincoli derivanti – a far data dal 1956 – dalla presenza nel suo territorio del PISQ (poligono interforze di Salto di Quirra);
    tra le zone interdette alla fruizione pubblica insiste la spiaggia di «Murtas», fra le più belle dell'intera Sardegna sud-orientale, il cui accesso è consentito solo via mare, in quanto l'ultimo tratto – lungo circa 100 metri – che separa la spiaggia da coloro che arrivano in macchina, è «area off limits», interdetta al transito veicolare e pedonale;
    tale situazione si verifica nonostante la spiaggia si trovi nella disponibilità del demanio regionale e la strada di accesso sia di pertinenza comunale. Una situazione ingiustificabile e paradossale rispetto alla quale l'amministrazione di Villaputzu ha già prodotto iniziative ed azioni di protesta;
    il comune di Villaputzu ha richiesto ufficialmente la riapertura dello stesso accesso senza ricevere risposta dai vertici militari;
    per quanto sopra esposto, la situazione attuale del territorio di «Murtas» costituisce un grave danno ai cittadini e ai turisti che momentaneamente la frequentano;
    la possibilità di accesso alla spiaggia di Murtas nei mesi estivi può rappresentare un ulteriore motivo di sviluppo turistico del territorio e – comunque – rappresenterebbe un caso significativo di restituzione di un'area interdetta alla collettività;
    in molteplici occasioni – ivi compresi gli incontri istituzionali con la presidenza della regione autonoma della Sardegna – è stata manifestata la volontà di alleviare il gravame rappresentato dalla presenza nell'Isola di poligoni, aree di addestramento, basi e servitù militari, complessivamente quantificabili nel 65 per cento circa del totale nazionale;
    l'importante percorso di audizioni svoltosi in sede di indagine conoscitiva sulle servitù militari alla Camera dei deputati ha messo in luce – nella loro articolazione e complessità – le enormi contraddizioni e problematiche derivanti per le comunità locali da una così forte presenza militare,

impegna il Governo

a consentire, in raccordo con il comune di Villaputzu, l'accesso via terra alla spiaggia di Murtas almeno nel periodo che va da aprile ad ottobre, rimuovendo il vincolo di servitù militare ed il conseguente divieto d'accesso imposto agli ultimi 100 metri della strada d'accesso alla spiaggia.
(7-00408) «Piras, Duranti, Scanu».


   La IV Commissione,
   premesso che:
    dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 l'Italia ha vissuto i giorni dolorosi ed eroici dell'occupazione straniera e della guerra di liberazione dal nazifascismo;
    a distanza di settant'anni da quei gloriosi fatti contrassegnati da una lotta corale della nazione per la propria libertà, nell'ambito delle celebrazioni già disposte per ricordare l'anniversario, appare opportuno solennizzare la memoria di tre episodi significativi, che non hanno ancora avuto intero e pubblico riconoscimento: si tratta di tre episodi che ricerche storiche condotte da studiosi intendono riportare all'attenzione dell'opinione pubblica, impegnando le autorità di Governo a ricordarli nei luoghi ove si svolsero, sottolineando l'importanza di preservarne la memoria in nome della pace e della solidarietà tra i popoli;
    il primo di tali episodi avvenne nella città di Roma, nell'ottobre del 1943, quando 2.500 uomini dell'Arma dei carabinieri vennero disarmati e deportati perché la loro fedeltà al giuramento prestato alle istituzioni della Patria avrebbe potuto impedire od ostacolare il feroce piano nazifascista concretatosi proprio in quei giorni nella cattura degli ebrei della capitale, inviati verso il tragico destino dei campi di sterminio;
    il secondo ebbe a protagonisti nuclei di forze partigiane e di paracadutisti del battaglione «Folgore» che nel territorio del comune di San Pietro in Casale (Bologna), nell'aprile del 1945, con ripetuti attacchi su tre direttrici, affrontarono le truppe tedesche e fasciste fino alla sconfitta e alla resa del nemico;
    il terzo si riferisce alla battaglia per la liberazione della città di Bologna, svoltasi il 21 aprile 1945, della quale furono protagoniste le forze combattenti alleate composte, secondo l'elenco fatto quel giorno dal generale americano Mark Clark, da contingenti britannici, neozelandesi, indiani, polacchi, brasiliani, sudafricani, ebraici e italiani,

impegna il Governo:

   a promuovere lo svolgimento di una cerimonia in ricordo di ciascuno dei menzionati eventi, nei luoghi in cui essi si verificarono, con l'apposizione di un'epigrafe commemorativa e con la consegna di una targa di identico tenore ai rappresentanti delle formazioni combattenti o degli Stati esteri cui appartenevano coloro che furono protagonisti dei medesimi eventi, individuati rispettivamente nelle persone:
    a) del comandante generale dell'Arma dei carabinieri, per la deportazione dei militari dell'Arma in servizio nella città di Roma nell'ottobre 1943;
    b) del presidente dell'ANPI e del Capo di stato maggiore dell'Esercito, per i combattimenti svoltisi presso San Pietro in Casale nell'aprile 1945;
    c) dei rappresentanti diplomatici dei rispettivi Stati, accreditati presso la Repubblica italiana, in rappresentanza dei reparti militari stranieri partecipanti alla battaglia per la liberazione di Bologna il 21 aprile 1945 facendo sì che l'iscrizione apposta su queste ultime targhe sia incisa in lingua italiana e nella lingua ufficiale dello Stato estero.
(7-00410) «Scanu, De Maria, Villecco Calipari, Bolognesi, D'Arienzo, Ferro, Fioroni, Fontanelli, Carlo Galli, Garofani, Gregori, Lorenzo Guerini, Marantelli, Moscatt, Giuditta Pini, Stumpo, Valeria Valente, Zanin».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    è attualmente in vigore un complesso di raccomandazioni ICCAT e Regolamenti comunitari in materia di pesca, che di fatto impongono obblighi e divieti importanti per la pesca nel Mediterraneo;
    dopo l'approvazione del regolamento (UE) n. 1380/2013 dell'11 dicembre 2013 e la decisione della Commissione del 6 dicembre 2013 «che istituisce un piano di azione per ovviare alle carenze del sistema italiano di controllo della pesca», vi è l'immediata necessità di ripensare la gestione della pesca italiana in funzione di norme che rivedano ed armonizzino il sistema Nazionale tenendo conto della realtà oggettiva dei «mestieri» in mare, armonizzando quindi tutte quelle norme nazionali che penalizzano il settore e, di fatto, lo mettono in contrasto con la normativa europea;
    si ha urgente bisogno che si prendano seriamente in considerazione le tre principali modifiche/armonizzazioni di normativa italiana (a costo zero), che riporterebbero le nostre imprese di pesca alla stregua dei concorrenti europei: estensione dei limiti alla navigazione costiera a 100 miglia; corretta gestione delle catture accidentali di specie pelagiche (pesce spada, tonno rosso); corretta emanazione del decreto ministeriale «permesso speciale del pescespada» (racc. Iccat 11-03);
    abbiamo urgente bisogno che si prenda atto, che l'eccessiva restrizione normativa non è una soluzione alle «carenze del sistema italiano di controllo della pesca», ma la causa del problema, evitando quindi che la «carenza di controllo», penalizzi sempre e soltanto le imprese diligenti, mediante l'emanazione di norme e disposizioni attuative, dettate dall'esigenza di sopperire a carenze di diversa natura;
    in applicazione del Regolamento (CE) 302/2009, del Racc. Iccat 11-03, del Regolamento (CE) 1380/2013 dell'11/12/2013, della Decisione della Commissione del 6/12/2013, della Proposta definitiva di Regolamento CE 2013/0406 (COD) del 17/12/2013, sono necessari alcuni interventi,

impegna il Governo:

   ad attuare l’«obbligo di sbarco» previsto per il tonno rosso già dal Regolamento (CE) 302/2009, e ulteriormente sancito dal Regolamento (CE) 1380/2013, correggendo sia il decreto ministeriale di ripartizione delle quote tonno rosso per la campagna di pesca 2014, sia le disposizioni attuative, conformemente alla citata normativa vigente, assumendo iniziative per modificare le disposizioni che sono in contrasto con l'obbligo di sbarco, in quanto impongono ai pescatori di riversare in mare il pesce catturato, promuovendo senza indugio le adeguate armonizzazioni legislative ed applicative per adeguare la normativa italiana alla normativa Comunitaria, peraltro già prevista per il tonno rosso dall'articolo 11 del Regolamento (CE) 302/2009, tenendo in debita considerazione i principi della normativa comunitaria e della P.C.P. quali sostenibilità ambientale e risultato economico per i pescatori interessati, evitando che la cattura accidentale/accessoria si traduca in un maggiore sfruttamento dello stock e/o un risultato economico negativo per il pescatore interessato;
   in attuazione della Raccomandazione Iccat 11-03 e della decisione della Commissione del 6/12/2013, per quanto riguarda «Elenco delle imbarcazioni autorizzate alla pesca professionale del pesce spada», ad emanare il decreto ministeriale, di cui esiste già una bozza conformemente alla citata normativa vigente, applicando tutti i criteri di selezione previsti che individuano quali destinatarie del permesso di pesca le imbarcazioni che abbiano come specie bersaglio il pesce spada (definita sulla base della specie più abbondante a bordo in qualunque momento) durante una stagione di pesca e che fanno riferimento alle catture effettuate in passato, all'effettivo utilizzo dell'attrezzo, agli ulteriori attrezzi autorizzati nella licenza di pesca, e altro, criteri di individuazione, questi, che non possono limitarsi solo ed esclusivamente ad un mero peso delle catture effettuate in passato, sopratutto se tali identici criteri vengono individuati per il primo rinnovo del permesso di pesca, in quanto tale elastica attuazione e recepimento dalla Raccomandazione Iccat 11-03, non otterrebbe quei risultati auspicati dalla stessa raccomandazione Iccat 11-03, che mira ad individuare le imbarcazioni dedite prevalentemente alla pesca del pesce spada;
   in attuazione del Regolamento (CE) 1380/2013, ad assumere iniziative volte ad abolire e modificare tutte le disposizioni che sono in contrasto con l'obbligo di sbarco, con specifico riferimento alla bozza di decreto ministeriale del pesce spada, che sembrerebbe riportare già in fase di prima emanazione previsioni in contrasto con il citato regolamento, in materia di catture accessorie eccedenti il 5 per cento e di catture accessorie/accidentali durante i periodi di fermo pesca;
   a estendere i limiti alla navigazione costiera fino a una distanza di 100 miglia dalle coste, con navi da pesca di categoria non inferiore alla terza dotate di sistema AIS (anticollisione), prendendo atto che esiste una consistente flotta d'imbarcazioni da pesca fra i 10 e 24 metri che pur possedendo tutte le caratteristiche costruttive e di sicurezza necessarie per navigare oltre i limiti consentiti, ad oggi sono limitate alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1639 del 2 ottobre 1968 recante «Regolamento per l'esecuzione della Legge 14 luglio 1965, n. 963, concernente la disciplina della pesca marittima» che ha compiuto ben 45 anni, rimuovendo quegli ostacoli burocratici, che, di fatto, impediscono alle imprese di pesca di essere competitive alla stregua dei concorrenti europei.
(7-00409) «Catanoso».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   nei giorni 3 e 4 luglio 2014, diversi focolai di incendio divampati nel territorio del comune di Gonnosfanadiga lungo la strada Arbus-Gonnosfanadiga-Guspini, si sono estesi, sulla spinta del vento fortissimo, nel territorio del comune di Arbus dalla località San Cosimo, fino al passo Bidderdi passando per le località di Baratzu, Gibbas Altas, Su Flumini, Mulinus, Murte Mari, Sa Frexi, Rio Castangias, Cuccuru Cauli, Concali Bertula, Santu Domini, Su Sparau, Grutzu, Gragonti, Crabulassu, Mitza de Malafrundua;
   dai primi atti si evince che gli incendi hanno percorso e devastato non meno di 2.000 ha di superficie, tra foreste, macchia, incolto, stoppie, pascolo cespugliato, e campi coltivati, interessando anche le linee elettriche, telefoniche, recinzioni, impianti di irrigazione e attrezzature agricole;
   nell'area attraversata dall'incendio si trovano numerose aziende agricole ovi-caprine, bovine, agrozootecniche, attività di bed and breakfast, case sparse, agriturismo, a cui si potrà fare una stima dei danni subiti solo a termine completo delle operazioni di bonifica;
   sono andati distrutti interi ettari di vegetazione di superficie boscata, prevalentemente lecci e sugheri;
   sono morti centinaia di animali selvatici, fra cui molta selvaggina che popola i boschi di Sibiri e Bidderdi;
   gli allevatori colpiti hanno perso campi, foraggio, animali, e mangimi;
   sono stati evacuati alcuni agriturismi (la Quercia di Rio Martini, Rocce Bianche di Bidderdi), oltre, per precauzione, all'importante struttura turistica camping Scioppadroxiu, limitrofa al sistema dunale di Piscinas, in un momento in cui il vento di scirocco spingeva le fiamme alte oltre 20 metri verso le località costiere del comune di Arbus;
   l'incendio si è ingrandito durante le ore notturne, a causa dell'impossibilità di poter agire con mezzi aerei per lo spegnimento, minacciando l'intera comunità di Arbus e arrivando a pochi metri dalla pineta comunale e dal quartiere abitato del Belvedere;
   le associazioni di volontariato antincendio territoriali e i barraccelli non dispongono di mezzi adeguati per affrontare situazioni del genere in un territorio tra i più vasti della regione per superficie;
   le aree interessate dal fuoco rappresentavano vitali superfici di pascoli sottratte ormai all'alimentazione delle greggi di pecore e capre ivi insediate;
   i danni, non ancora definitivamente accertati, potrebbero ammontare a diversi milioni di euro;
   i comuni di Arbus e Gonnosfanadiga hanno deliberato in base all'articolo 2 della legge regionale 21 novembre 1985, n. 28, e al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 lo stato di calamità naturale;
   in eventi di questo genere, nelle ore notturne, può essere importante ed indispensabile l'intervento dell'esercito e delle forze dell'Aeronautica militare che non sono però state chiamate ad intervenire;
   le risorse economiche disponibili per gli enti locali in riferimento a piani di prevenzione antincendio, pattugliamento preventivo, intervento tempestivo, presidi territoriali, sono assolutamente insufficienti e vincolate al patto di stabilità;
   i vertici della protezione civile locale hanno ammesso che se si fosse intervenuti tempestivamente, sarebbe stato possibile spegnere subito l'incendio –:
   se la Presidenza del Consiglio e i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopracitati accaduti in Sardegna il 4 luglio 2014;
   se non ritengano di dover attivare un tavolo con la regione e gli enti locali per valutare la possibilità di deliberare lo stato di emergenza per i territori coinvolti che necessitano di aiuti economici immediati e valutare un sistema di prevenzione e presidi territoriali più efficiente nei territori più periferici, meno urbanizzati e maggiormente a rischio della regione Sardegna;
   se non ritengano, sentite le autorità competenti, di dover predisporre la possibilità di intervento da parte di mezzi aerei e a terra dell'aeronautica militare e dell'esercito in gravi eventi calamitosi come l'incendio del 4 luglio;
   se non ritengano di dover fornire alla regione Sardegna, al Corpo forestale e alla protezione civile più mezzi per il pronto intervento in caso di incendi;
   per quali motivazioni non siano stati chiamati ad intervenire i mezzi dell'aeronautica militare e dell'esercito in un evento di pubblica calamità che ha messo a rischio la vita di centinaia di persone che popolano le campagne colpite dalle fiamme per tutta la notte tra il 4 e il 5 luglio 2014;
   se non ritengano di dover sottrarre al patto di stabilità le somme finanziarie necessarie ai piani antincendio e alle politiche di prevenzione e pronto intervento che possano anche consentire l'assunzione ulteriore personale specializzato, dando vita a politiche attive del lavoro, di protezione dell'ambiente, della salute e dell'incolumità delle persone.
(2-00624) «Piras».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   in un articolo apparso sul settimanale l'Espresso del 19 giugno 2014 si denunciava l'esistenza di un accordo segreto per il «liberismo selvaggio»;
   tale scelta si dedurrebbe all'interno del Tisa (Trade in Services Agreement), trattato internazionale teso a liberalizzare totalmente i servizi essenziali come banche, sanità, trasporti, istruzione e sarebbe stato redatto su pressioni di grandi lobby e multinazionali;
   l'Espresso ha potuto rivelare parte dei contenuti di tale trattato grazie a WikiLeaks, l'organizzazione di Julian Assange;
   il nostro Paese starebbe negoziando tale trattato attraverso la Commissione europea ed è facilmente comprensibile quali e quanti siano gli interessi in gioco e come una tale ipotesi potrebbe colpire gli interessi delle popolazioni a livello mondiale;
   a sedere al tavolo delle trattative del Tisa sarebbero i Paesi che hanno i mercati del settore servizi più grandi del mondo: Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Canada, i 28 Paesi dell'Unione europea, più Svizzera, Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Israele, Turchia, Taiwan, Hong Kong, Corea del Sud, Giappone, Pakistan, Panama, Perù, Paraguay, Cile, Colombia, Messico e Costa Rica;
   tra i maggiori sponsor del trattato vi sarebbe la «Coalition of Services Industries», lobby americana che porta avanti un'agenda di privatizzazione dei servizi, dove Stati e Governi sono semplicemente visti come un intralcio al business: «Dobbiamo supportare la capacità delle aziende di competere in modo giusto e secondo fattori basati sul mercato, non sui governi», scrive la Coalition of Services Industries nei suoi comunicati a favore del Tisa, documenti che sono tra i pochissimi disponibili per avere un'idea delle manovre in corso;
   non esiste alcuna bozza del trattato se non le parti che sono state rese pubbliche da WikiLeaks e che dimostrerebbero l'esistenza di negoziazioni in materia di servizi bancari, prodotti finanziari e assicurazioni;
   quello che appare, sin da subito, inquietante è la segretezza di tali trattative: «Questo documento deve essere protetto dalla rivelazione non autorizzata, ma può essere inviato per posta, trasmesso per email non secretata o per fax, discusso su linee telefoniche non sicure e archiviato su computer non riservati. Deve essere conservato in un edificio, stanza o contenitore chiusi o protetti». E il documento potrà essere desecretato «dopo cinque anni dall'entrata in vigore del Tisa e, se non entrerà in vigore, cinque anni dopo la chiusura delle trattative»;
   ancora una volta si starebbero prendendo decisioni fondamentali per il destino di milioni di persone in «segrete stanze» sia per evitare conflitti tra interessi diversi a livello globale, sia per frenare le eventuali rivolte sociali che i temi e le decisioni, eventualmente adottate, potrebbero determinare;
   il Tisa sarebbe la logica conseguenza del fallimento del «Doha Round», negoziati interni al WTO che fallirono per i contrasti tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo e la «segretezza» delle trattative sarebbe la dimostrazione delle forte preoccupazioni esistenti per le possibile proteste potrebbero nuovamente esplodere;
   secondo Jane Kelsey, professoressa di legge dell'università di Auckland, Nuova Zelanda, nota per il suo approccio critico alla globalizzazione, ciò che emerge dalla bozza resa pubblica e che: «... i governi che aderiranno al Tisa rimarranno vincolati ed amplieranno i loro attuali livelli di deregolamentazione della finanza e delle liberalizzazioni, perderanno il diritto di conservare i dati finanziari sul loro territorio, si troveranno sotto pressione affinché approvino prodotti finanziari potenzialmente tossici e si troveranno ad affrontare azioni legali prenderanno misure precauzionali per prevenire un'altra crisi»;
   l'articolo undici del testo fatto filtrare da WikiLeaks non lascia dubbi su come i dati delle transazioni finanziarie siano al centro delle mire e delle agende dei Paesi che trattano il Tisa;
   le posizioni sarebbero, attualmente, divergenti con L'Europa che richiede che «nessun paese parte delle trattative adotti misure che impediscano il trasferimento o l'esame delle informazioni finanziarie, incluso il trasferimento di dati con mezzi elettronici, da e verso il territorio del paese in questione». L'Unione europea precisa che, nonostante questa condizione, il diritto da parte di uno Stato che aderisce al Tisa di proteggere i dati personali e la privacy rimarrà intatto «a condizione che tale diritto non venga usato per aggirare quanto prevede questo accordo». Panama, invece, mette le mani avanti e chiede di specificare che «un paese parte dell'accordo non sia tenuto a fornire o a permettere l'accesso a informazioni correlate agli affari finanziari e ai conti di un cliente individuale di un'istituzione finanziaria o di un fornitore cross-border di servizi finanziari». Gli Stati Uniti, invece, sono netti: i Paesi che aderiscono all'accordo permetteranno al fornitore del servizio finanziario di trasferire dentro e fuori dal loro territorio, in forma elettronica o in altri modi, i dati. Punto. Nessuna precisazione sulla privacy, da parte degli Stati Uniti;
   l'Espresso dichiara, inoltre di avere contratto il «Public Services International» (Psi) una federazione globale di sindacati che rappresentano 20 milioni di lavoratori nei servizi pubblici di 150 paesi del mondo. L'italiana Rosa Pavanelli, prima donna alla guida del Psi, ha affermato di non avere alcun dubbio sul fatto che le negoziazioni del Tisa mirino a investire tutti i servizi, non solo quelli finanziari, quindi anche «sanità, istruzione e tutto il discorso della trasmissione dei dati» e che «L'Italia, come la maggior parte dei Paesi europei, ha delegato alla Commissione europea le trattative»;
   appare inammissibile che su tematiche così delicate e determinanti per il futuro di milioni di persone si tenti di arrivare ad accordi «segretati» tenendo all'oscuro l'opinione pubblica mondiale –:
   se corrisponda al vero le notizie pubblicate dal settimanale «l'Espresso»;
   se corrisponda al vero che all'interno di questo negoziato vi sarebbe anche l'istruzione e la sanità e se non si ritenga, nel caso, che su tali questioni fondamentali per la giustizia sociale e la stessa democrazia non siano ammissibili accordi internazionali che si possano porre in contrasto con le norme dei singoli Paesi;
   se non si ritenga necessario rigettare l'ipotesi di affrontare e definire nuove regole finanziarie lontano dall'Organizzazione mondiale del commercio e che soprattutto, visto gli effetti devastanti della crisi che ha investito l'intera economia mondiale, non si possa pensare neanche lontanamente di decidere in materia sotto la spinta delle lobby economiche che gestiscono il sistema dei servizi e delle multinazionali;
   se non si ritenga, necessario rafforzare le regole nel settore finanziario affinché non si creino le basi per alimentare una nuova crisi economica globale che potrebbe affossare tutti gli sforzi, sin qui compiuti, per cercare di uscire dalla crisi.
(2-00626) «Zaccagnini».

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   GIGLI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in data 25 giugno 2014, sessione n. 26, il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha approvato con 26 voti a favore, 14 contrari e 6 astenuti una risoluzione volta alla protezione della famiglia;
   in particolare, si legge che la famiglia è «l'elemento naturale e fondamentale della società», «l'ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e in particolare dei bambini», e pertanto «deve ricevere la protezione e l'assistenza necessaria per poter assumere pienamente la propria responsabilità all'interno della comunità»;
   il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha inteso altresì esplicitare che tale risoluzione è stata prodotta:
    a) riaffermando gli obiettivi e i principi della Carta delle Nazioni Unite;
    b) ispirandosi della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
    c) richiamando le risoluzioni 244/82 dell'8 dicembre 1989 concernenti la proclamazione, la preparazione e la celebrazione dell'Anno internazionale della famiglia e dei suoi decimo e ventesimo anniversario;
    d) considerando che la preparazione e la celebrazione del ventesimo anniversario dell'Anno internazionale della famiglia sono una buona occasione per porre l'attenzione ancora una volta sui suoi obiettivi al fine di accrescere la cooperazione a ogni livello quanto alle questioni relative alla famiglia;
    e) riaffermando che incombe in primo luogo agli Stati di promuovere e proteggere i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali di tutti gli esseri umani, in particolare delle donne, dei bambini e degli anziani;
    f) nella consapevolezza che spetta alla famiglia in primo luogo allevare e proteggere i bambini;
   tali valori, peraltro, sono pienamente rispondenti allo spirito della Costituzione e di conseguenza della normativa vigente;
   si legge difatti all'articolo 29, comma 1, della Carta fondamentale che «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio»;
   la Costituzione prevede anche misure positive volte alla tutela della famiglia tradizionale, in quanto all'articolo 31 è scritto che: «1. La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. 2. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo»;
   nel corso della stessa sessione sono state respinte alcune proposte emendative, tra cui segnatamente una promossa dall'Uruguay, miranti ad allargare la protezione ad «altre tipologie di famiglie»;
   stante il chiarissimo dettato costituzionale, si deve tuttavia prender atto del voto sfavorevole del rappresentante italiano in merito alla risoluzione di cui sopra;
   la risoluzione del Consiglio per i diritti umani, infine, è di mera natura procedurale, quindi la sua conseguenza immediata sarà un dibattito sui modi di proteggere la famiglia e non implica alcun obbligo giuridico per gli Stati membri –:
   quali siano state le motivazioni che hanno portato il rappresentante del Governo italiano alla controversa presa di posizione riportata in premessa;
   quale voto il rappresentante del Governo italiano abbia espresso riguardo alle proposte emendative miranti ad allargare la protezione ad altre tipologie di famiglie;
   se nell'espressione del voto il rappresentante italiano abbia preventivamente condiviso la sua scelta con il Governo;
   posto che la presa di posizione italiana non appare all'interrogante in sintonia con il dettato costituzionale volto a valorizzare, in particolare al titolo II della parte prima, la «famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» (articolo 29, comma 1). (4-05483)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   TACCONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il sindaco di Rimini Andrea Gnassi ha autorizzato la riapertura del delfinario di Rimini come «spettacolo viaggiante», ad avviso dell'interpellante artificiosamente assimilandolo ad un qualsiasi circo con animali;
   la riapertura della struttura di Rimini contrasta a giudizio dell'interpellante con il dettato del decreto legislativo n. 73 del 2005 in materia di giardini zoologici e con la direttiva europea di riferimento n. 1999/22/CE per la cui mancata applicazione il nostro Paese era già stato condannato nel 2004;
   l'adeguamento alla suddetta direttiva nel 2005, a seguito della condanna, non ha di fatto cambiato il comportamento dei comuni che, contrariamente alla norma che stabilisce che solo il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è autorizzato a rilasciare la licenza di giardino zoologico, continuano, con le motivazioni più varie e con gli artifici legali più stravaganti, ad autorizzare l'apertura di strutture permanenti che espongono animali al pubblico;
   il delfinario di Rimini è un caso paradigmatico della leggerezza con cui in Italia si aggirano le norme vigenti: il delfinario infatti (ma bisognerebbe chiamarlo piuttosto ex-delfinario) non solo non ha mai ottenuto una licenza quale giardino zoologico, ma, a seguito di ispezioni del Corpo forestale dello Stato che avevano accertato aperte violazioni della legge, maltrattamenti sistematici agli animali ivi ospitati e mancanza dei requisiti minimi di cui al decreto ministeriale 469 del 2001, era stato chiuso nel mese di settembre 2013 su ordine della procura della Repubblica di Rimini, confermato a marzo del 2014 dalla stessa Corte di Cassazione;
   nonostante poi nel frattempo sia intervenuto il decreto definitivo di chiusura da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il sindaco di Rimini ne autorizza la riapertura in forza di una licenza comunale quale spettacolo viaggiante, caratteristica difficile da immaginare per una struttura permanente che più «stabile» non potrebbe essere, priva comunque della licenza di giardino zoologico, che solo il Ministero può concedere;
   l'interrogante, a seguito delle sopra richiamate vicende del delfinario di Rimini, ha presentato una proposta di legge in materia di divieto di acquisizione, detenzione e utilizzazione dei cetacei e di chiusura di tutti i delfinari esistenti (A.C. 1703) –:
   quali iniziative intenda intraprendere per dare concreta attuazione al proprio decreto di chiusura al pubblico della struttura «Delfinario Rimini srl» e per conformare l'intera normativa nazionale, compresa la legge 18 marzo 1968, n. 337, recante «Disposizioni sui circhi equestri e sullo spettacolo viaggiante», al dettato della direttiva 1999/22/CE relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici in modo da non permettere quelli che all'interpellante appaiono aggiramenti della stessa. (3-00937)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI, VACCA e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 19 giugno 2014 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha firmato il decreto ministeriale n. 165 con il quale ha rilasciato la valutazione di impatto ambientale positiva per lo stoccaggio di gas nel sottosuolo da parte della società Gas Plus Storage s.r.l. a Poggiofiorito in provincia di Chieti. In profondità saranno stoccati fino a 157 milioni di metri cubi di gas che verrà immesso nel sottosuolo in pressione in estate e pompato in superficie in inverno;
   il territorio in questione è classificato dallo stesso decreto del Ministero «a massimo rischio sismico»;
   l'8 luglio 2014 il Forum abruzzese dei movimenti per l'acqua pubblica ha denunciato, con un comunicato stampa, una delle prescrizioni nella quale si legittima che decine di migliaia di cittadini abruzzesi debbano convivere, per i prossimi decenni, con il rischio sismico derivante dallo stoccaggio di gas a Poggiofiorito. In particolare, nel decreto del Ministero si legge: «qualora la microsismicità riconducibile alle attività di esercizio dello stoccaggio eguagli o superi la Magnitudo Locale 3.0 (Richter, n.d.r.), dovranno essere adottati dal soggetto gestore responsabile tutti gli accorgimenti opportuni atti a riportare la Magnitudo Locale massima dei sismi a valori inferiori a 2.0»;
   non sono assolutamente chiari quali possano essere gli accorgimenti per controllare «a posteriori» un terremoto;
   il Forum abruzzese dei movimenti per l'acqua pubblica ha calcolato che nel raggio di 10 chilometri dal punto di re-iniezione (una distanza relativamente piccola nel campo dei terremoti) ricadono ben 19 comuni e 44.000 abitanti (i comuni in questione sono: Guardiagrele, Casacanditella, Fara Filiorum Petri, S. Martino sulla Marrucina, Filetto, Orsogna, Bucchianico, Arielli, Ari, Canosa Sannita, Poggiofiorito, Villamagna, Giuliano Teatino, Vacri, Crecchio, Roccamontepiano, Rapino, Pretoro, Casalincontrada). Il risultato sarebbe ancora più preoccupante considerando non già il punto in cui saranno scavati i pozzi, ma i confini dell'area di concessione che è vasta circa 1.050 ettari. Se si tenesse conto di questo aspetto, i cittadini residenti in tutta quest'area sarebbero quasi 100.000;
   la regione Emilia Romagna, proprio per i timori connessi al rischio sismico, è riuscita ad ottenere a febbraio 2014 il diniego per lo stoccaggio gas di Rivara da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare –:
   se il Ministro interrogato intenda riconsiderare – così come già giustamente fatto per lo stoccaggio gas di Rivara – la valutazione positiva per lo stoccaggio di gas da parte della società Gas Plus Storage s.r.l. a Poggiofiorito, in quanto ad avviso degli interroganti appare evidente come tale decisione sia in grado di mettere gravemente in pericolo l'incolumità di decine di migliaia di cittadini abruzzesi. (5-03203)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PELLEGRINO e ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel 1997 la società Sardinia Gold Mining ha realizzato quattro miniere a cielo aperto nel comune di Furtei, con un investimento di oltre 13 milioni di dollari, nel sud della Sardegna, a circa 40 chilometri da Cagliari;
   lo sventramento della collina di Santu Miali è valso, in dieci anni di lavoro, appena 5 tonnellate d'oro, 6 d'argento e 15 mila di rame ma ha lasciato un'eredità ben più pesante: ben 300 ettari di fanghi tossici e acque acide che a ogni acquazzone fanno temere il peggio;
   una fuoriuscita dagli invasi sarebbe uno «tsunami ecologico» (come ha spiegato il direttore della bonifica dell’ex miniera, Attilio Usai) in grado di contaminare non soltanto i terreni circostanti, ma anche i fiumi e tutti i bacini da cui dipendono l'agricoltura, la pastorizia e la vita del medio Campidano;
   nel 1997, nel momento dell'avvio dei lavori, i dipendenti della Sardinia Gold Mining erano 110, quando, nel 2008, l'attività è stata interrotta, i dipendenti erano solamente 42. Decretato il fallimento, nel 2009 i libri contabili sono stati portati in tribunale e delle bonifiche dei laghi al cianuro nessuno si è più preoccupato;
   l'Igea, la società controllata dalla regione Sardegna che si occupa delle miniere dismesse, ha il compito di monitorare la situazione, ma, intanto, il lago acido dell'agro di Furtei diventa sempre più grande. Dal 2001 al 2003 la Sardinia Gold Mining è stata controllata dall'ex governatore sardo Ugo Cappellacci, recentemente sconfitto alle regionali da Antonio Pigliaru. La giunta regionale uscente aveva stanziato 11 milioni di euro per la messa in sicurezza del bacino idrico contaminato da cianuro e altri metalli, ma dall'Igea, la società pubblica regionale incaricata della dismissione delle ex miniere, ha stimato che la bonifica arriverà a costare decine di milioni di euro;
   nel 2002 Cappellacci affermava che sarebbero stati i privati della Sardinia Gold Mining a provvedere alle bonifiche e ai ripristini successivi alle attività estrattive. In uno slancio a lungo termine si ipotizzò addirittura la costruzione di un eco-parco. Nonostante gli 80 milioni di euro fatturati dalla miniera nel decennio di attività, le promesse sono rimaste disattese –:
   quali iniziative intenda intraprendere per intervenire a tutela della popolazione minacciata da un danno ambientale che incide sulla salute della stessa e prevenire l'estendersi della contaminazione nelle aree circostanti determinando così un vero disastro ecologico di natura irreversibile.
(4-05485)


   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da settimane, in mare aperto, proprio davanti agli splendidi faraglioni del Pan di Zucchero di Nebida, nella splendida costa iglesiente, Sardegna si effettuano perforazioni marine;
   una nave battente bandiera italiana, la Grecale Primo con il pontone Geo1, trivella i fondali marini davanti a Porto Flavia;
   un'ordinanza della capitaneria di porto autorizza una campagna di carotaggi;
   le società interessate hanno un curriculum variegato, dall'eolico agli armamenti bellici, dall'inquinamento petrolifero a quello oceonografico, per non indurre più di un sospetto sulla reale funzione e obiettivo di queste indagini;
   si tratta di trivellazioni nel bel mezzo di un sito di interesse comunitario, dove tutto è vietato;
   la fattispecie di perforazioni in area protetta pone il problema di capire se fosse sufficiente l'autorizzazione della capitaneria o se, invece, fosse necessaria qualche valutazione ulteriore da parte di altri soggetti;
   si tratta di un'attività anomala, in una zona studiata ripetutamente e dove l'attività estrattiva mineraria è cessata da decenni;
   in quell'area di presunto studio non è mai stato speso un euro per l'effettuazione di bonifica a terra;
   si tratta di fondi utilizzati in modo del tutto inefficiente considerato che in quell'area le caratterizzazioni erano state già fatte da tempo e a più riprese;
   a firmare le precedenti indagini, come si rileva da curriculum pubblici, è stato un professionista indagato per mancate bonifiche nell'area di La Maddalena;
   a disporre queste nuove caratterizzazioni nell'area marina del Sulcis Iglesiente sarebbe proprio l'Ispra, l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale;
   lo stesso Istituto per il quale ha lavorato il professionista che dopo aver fatto le prime caratterizzazioni nella zona a mare, nel Sulcis Iglesiente, nel 2006 fu coinvolto nelle mancate bonifiche nell'isola di La Maddalena in occasione del G8;
   la dichiarata esecuzione di attività di caratterizzazione dell'area marinocostiera prospiciente il sito di interesse nazionale Sulcis Iglesiente e Guspinese per conto dell'ISPRA non solo non è chiara ma lascia aperti molti interrogativi;
   appare sconosciuto all'interrogante il motivo per il quale il Ministero dispone questo tipo di costose attività e non stanzia nemmeno un euro per la bonifica di quelle aree;
   appare difficile spiegare questo impiego di fondi su un'attività di carotaggio marino di questa portata;
   il Ministero in questo intervento attraverso l'Ispra pare abbia coinvolto società variegate dalla ditta Geo Polaris s.r.l. con sede a Livorno che ha chiesto l'emissione di un'ordinanza di polizia marittima per regolare la navigazione negli specchi acquei di mare territoriale, all'impresa Sub Service s.r.l. con sede a Mogoro (OR) con riferimento alla bonifica da ordigni esplosivi residuati bellici per l'esecuzione delle attività di caratterizzazione dell'area marino-costiera prospiciente il sito di interesse nazionale del Sulcis Iglesiente e Guspinese; infine c’è il nulla-osta rilasciato alla ditta C.R.S.A. Med Ingegneria con sede Marina di Ravenna. Si tratta di società che vanno dalla ricerca di residui bellici a scarichi petroliferi per arrivare all'installazione di pale eoliche;
   si pone il tema dell'utilizzo da parte di terzi di queste eventuali caratterizzazioni e soprattutto della reale funzione delle informazioni che si stanno acquisendo;
   non si possono continuare a dilapidare risorse spendendo fondi pubblici magari per finalità che non appaiono neppure in linea con gli obbiettivi prefissati;
   appare grave che con un'autorizzazione marittima dal 6 maggio 2014 al 30 giugno 2014 si sia proseguito ad avviso dell'interrogante impunemente anche in questi ultimi giorni, e soprattutto come tutto questo sia avvenuto in mezzo ai natanti come testimoniano le immagini e i tracciati delle rotte;
   si tratta secondo i documenti in possesso dell'interrogante di carotaggi con vibro carotiere subacquee e campionamenti superficiali con benna attraverso il GRECALE PRIMO ed il pontone modulare GEO1 LI10154;
   lavori che dovevano essere eseguiti fuori dagli orari di balneazione (tra le ore 08,30 e le ore 19,30) e che invece non hanno in alcun modo rispettato queste disposizioni;
   bisogna interrompere quello che l'interrogante appare un continuo dissennato utilizzo di denaro pubblico senza un piano organico di intervento e soprattutto senza aver mai destinato risorse concrete per le bonifiche di queste zone;
   si corre il rischio a giudizio dell'interrogante che tali studi non finalizzati a reali interventi di bonifica servano ad alimentare un sistema senza affrontare minimamente il cuore del problema: la bonifica ambientale –:
   se non ritenga il Governo di dare puntuali spiegazioni su questo tipo di perforazioni davanti ad un monumento naturale e in area protetta;
   se non ritenga di chiarire le modalità di individuazione delle società prescelte per l'esecuzione delle opere di sondaggio in quell'area;
   se risultino coinvolte società o soggetti che hanno operato nelle mancate bonifiche dell'isola de La Maddalena;
   se risultino effettuati nella stessa area analoghi studi e se ad eseguirli sia stato qualche tecnico professionista coinvolto nelle mancate bonifiche dell'isola de La Maddalena;
   se intenda far conoscere il costo delle indagini;
   se esistano stanziamenti adeguati da parte del Governo per dar seguito ad eventuali interventi di bonifica a mare;
   se esistano stanziamenti adeguati da parte del Governo per dar seguito ad eventuali interventi di bonifica a terra, ipotizzando a terra, le eventuali cause di inquinamento a mare. (4-05488)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRUSONE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Frosinone è dotata dum Piano regolatore generale approvato con decreto ministeriale 1400 del 21 marzo 1972 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 111 del 27 aprile 1972;
   il proprio territorio ricade all'interno dell'ambito territoriale n. 11 del piano territoriale paesistico vigente;
   è vigente, nella regione Lazio, il piano territoriale paesistico regionale, adottato con DGR n. 556 del 25 luglio 2007 e DGR 1025 del 21 dicembre 2007 e pubblicato sul BUR Lazio supplemento ordinario n. 6 del 14 febbraio 2008;
   il sottosuolo di Frosinone nasconde testimonianze archeologiche di inestimabile valore, in parte venute alla luce in epoche diverse, ma sacrificate da una politica di aggressione del territorio votata ed assoggettata alle logiche di speculazione edilizia, nonostante tali preesistenze fossero già note, in quanto riportate in tanti documenti – nelle cartografie del PRG, ad esempio, il cui iter di approvazione definitiva abbraccia un arco temporale che va dalla fine degli anni ’60 ai primi degli anni ’70, già vi erano indicate zone di interesse archeologico, sottoposte dallo strumento ad un regime di «inedificabilità assoluta». Su una di queste aree, in spregio a tutto ciò, venne comunque autorizzata la realizzazione di un «palazzone» di oltre 10 piani ed i resti emersi (il cosiddetto Anfiteatro romano) affiorano timidamente tra le proprie fondazioni;
   nell'anno 2000, nell'ambito dei lavori per la realizzazione di un parcheggio, a cura dell'Immobiliare srl, in via M.T. Cicerone, nei pressi di piazzale De Matthaeis, venivano rinvenuti dei resti archeologici di grande importanza. La descrizione dettagliata e la loro stessa ubicazione, viene riportata nel libro «Lazio e Sabina 6» Edizioni Quasar, scritto dalla dottoressa Sandra Gatti, funzionaria di zona della soprintendenza e dalla dottoressa Diana Raiano. Nel capitolo dedicato «I siti delle antiche terme – Le terme di Frosinone» la dottoressa Gatti scrive: «Se le maggiori novità riguardano la fase volsca, con la scoperta di due necropoli databili al VII-V secolo a.C., alcuni significativi ritrovamenti hanno contribuito alla ricostruzione della vita della Frusino di età repubblicana e imperiale. Fra questi uno dei più rilevanti è la scoperta di un impianto termale, databile tra la fine del III e l'inizio del IV sec. d.C., situato nei pressi di piazza De Matthaeis, prospicente un tracciato viario antico...»; 
   l'area perimetrata in sede PTPR, compresa nel foglio n. 58 del catasto terreni del comune di Frosinone e delimitata da via M.T. Cicerone, via G. De Matthaeis, è nota per il suo interesse archeologico già dagli anni ’60 e dal 2000 è stata in parte acquistata dal comune e adibita a parco pubblico;
   nella stessa pubblicazione succitata della dottoressa S. Gatti e D. Raiano, si afferma che i resti rinvenuti insistono su un terreno privato, riportando anche uno stralcio catastale, però non corrispondente a quello conservato nel catasto terreni del comune di Frosinone;
   il 15 gennaio 2011 le associazioni di cittadini, vengono a conoscenza dell'iniziativa immobiliare denominata «I Portici». Il terreno è contiguo all'area occupata dell'impianto termale ed è presumibile che contenga ulteriori resti archeologici. Il progetto è finalizzato all'edificazione di un complesso polifunzionale «residenza, commercio, spazi pubblici» per circa 34.854 metri cubi, su un terreno di 12.060 metri quadrati, promossa dalla soc. Nuova Immobiliare srl, che fa capo al Gruppo Zeppieri Costruzioni. Data la presenza del vincolo archeologico, detta società effettuò indagini di tipo diretto e indiretto (scavi e georadar), che portarono alla luce una serie di ritrovamenti;
   in un documento del 22 febbraio 2012 che ha per oggetto: Frosinone. Tutela archeologica del territorio. Esposto della Consulta delle Associazioni di Frosinone del 09 dicembre 2011, la soprintendente dottoressa Ragni, ripercorreva alcuni avvenimenti salienti della vicenda, sottolineando che: «la Direzione Regionale, con nota n. 20592 del 28.10.2011, ha comunicato il proprio nulla osta alla rimozione delle tracce negative, a condizione che siano rispettate le prescrizioni espresse dalla Soprintendenza (conservazione delle strutture a secco, studio e restauro dei reperti rinvenuti nei riempimenti). In data 28.11.2011 la soc. Nuova Immobiliare ha comunicato la propria disponibilità a rispettare le prescrizioni e ha inviato una planimetria progettuale di massima, con gli ingombri degli eventuali futuri fabbricati, adeguata alla necessità di conservazione delle strutture a secco, sulla quale la Soprintendenza non si è ancora espressa in attesa del completamento dello scavo....". Sempre nello stesso documento, la soprintendente dottoressa Marina Sapelli Ragni, sottolineava come sia stata la mancanza di risorse economiche, il motivo principale della mancata prosecuzione della campagna di scavi e che, alla luce delle indagini effettuate, eseguite completamente a carico del privato, si era comunque accertata l'impossibilità di approvare il progetto. «La tutela di tale complesso è assicurata dal fatto che le strutture, venute in luce a seguito di scavo, sono appartenenti allo Stato ai sensi degli artt. 10 e 91 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, di cui al decreto-legge n. 42 del 2004 e sono state riconosciute di interesse particolarmente importante.(...) Ulteriore tutela è stata garantita, dal momento del ritrovamento fino ad oggi, dal fatto che l'immobile in cui si conservano le strutture, e le zone adiacenti, costituiscono area tutelata per legge, ai sensi dell'articolo 142, lett. M, del decreto-legge n. 42 del 2004 e pertanto ogni modifica dello stato dei luoghi è subordinata all'autorizzazione paesaggistica ai sensi degli artt. 146 e 159 del medesimo Codice.»;
   per poter frenare lo scempio e l'ennesima colata di cemento su un'area tutelata dal punto di vista paesaggistico e con prescrizioni per la salvaguardia delle testimonianze archeologiche presenti, i cittadini chiedevano la convocazione del consiglio comunale a norma dell'articolo 54 dello statuto comunale, corredando la richiesta con 916 firme raccolte e autenticate. In data 14 settembre 2011 veniva votata all'unanimità la delibera n. 32 che ha per oggetto «La tutela del Parco della Villa Comunale, delle Terme Romane e dell'Area archeologica ricadenti nella zona (...) a Frosinone, indicata PTPR del Lazio come Bene paesaggistico»;
   nello stesso documento succitato a firma della dottoressa Ragni, inoltre, si sottolineava che «in alcuni casi» il comune di Frosinone non aveva collaborato, in quanto non trasmetteva chiarimenti e atti importanti richiesti. In particolare la dottoressa scriveva: «La proposta di vincolo è stata trasmessa alla Direzione Generale per i Beni Culturali e Paesaggistici in data 11.10.2011 prot.1319. Detto Comitato ha esaminato la proposta di vincolo delle terme di Frosinone in data 28 ottobre 2011 e, come risulta dal verbale della riunione, ha ritenuto di formulare alcune osservazioni e chiedere alcuni chiarimenti, in merito alla destinazione d'uso degli immobili negli strumenti urbanistici e alla disponibilità del Comune a concorrere alla valorizzazione dell'area, poiché le possibilità di valorizzazione «risultano al momento alquanto aleatorie». La soprintendenza ha richiesto tali informazioni al comune di Frosinone con nota n.17053 del 27 gennaio 2012, a tutt'oggi rimasta senza risposta;
   in un recente articolo uscito sulla stampa locale del 3 giugno 2014, il sindaco di Frosinone avvocato Nicola Ottaviani, dichiarava che la costruzione del progetto «I Portici» è conciliabile «Per le autorità di tutela è tutto ok, dare il permesso a costruire è un atto obbligatorio per il comune, che si perfezionerà con la convenzione e il versamento degli oneri concessori»;
   recentemente c’è stato un arresto in provincia di una funzionaria della soprintendenza per i beni archeologici del Lazio in seguito a presunte tangenti in cambio dei nullaosta per interventi edilizi in aree con il vincolo archeologico –:
   se sia a conoscenza degli avvenimenti esposti in premessa;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda avviare affinché vi sia la tutela e la salvaguardia dell'intera area archeologica e se sia possibile quantificare i costi necessari affinché un'opera di così grande importanza, possa essere valorizzata e messa a disposizione della collettività, attraverso la creazione di un parco archeologico, proponendo in tal modo un nuovo modello di sviluppo della città, fondato sulla cultura e sul turismo;
   se non ritenga opportuno, alla luce della frammentata attività d'indagine svoltasi nell'arco di un decennio, di attivare una cabina di regia finalizzata ad una completa definizione e qualificazione di tutta l'area interessata, avviando, quindi, una procedura atta a indagare l'intera area ivi comprese le preesistenze archeologiche già note, prima che venga definitivamente concessa l'edificazione al privato, il cui iter attualmente risulta, preoccupantemente, in stato avanzato, visto che il comune di Frosinone – tramite la propria Commissione edilizia integrata – ha già provveduto a rilasciare il proprio parere «favorevole» ex articolo 146 decreto legislativo 42 del 2004. (5-03207)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRANDE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel 2009 Michael e Edward O'Neill, a seguito di un lavoro di ricerca e studio documentaristico, hanno rinvenuto, presso Manziana, a ridosso di un'area privata, i resti di quella che sembrerebbe essere una chiesa paleocristiana o Ninfeo di Traiano. Sempre Nello stesso anno, sono state eseguite numerose ricerche coadiuvate da un team di esperti particolarmente qualificato nella conoscenza e nello studio di acquedotti di età romana, composto da nomi del calibro di Lorenzo Quilici (ITA), Rabun Taylor (USA), M. Cristina Tomassetti (ITA), Allan Ceen (USA), i quali hanno immediatamente ratificato l'importanza della scoperta;
   in data 1o ottobre 2009, poi, il sito è stato visitato dai rappresentanti delle due Istituzioni direttamente competenti: la soprintendenza dei monumenti del Lazio e la soprintendenza archeologica di Manziana e, sempre a seguito del vaglio di una squadra archeologi italiani ed americani, è stato richiesto, per la prima volta, l'esproprio dell'area in questione;
   il 28 gennaio 2010 il clamoroso rinvenimento è stato reso ufficialmente noto al mondo dell'archeologia e della cultura attraverso conferenza stampa tenutasi presso l'Hotel Quirinale a Roma dal prof. Lorenzo Quilici, cui hanno seguito numerose pubblicazioni delle maggiori testate giornalistiche di tutto il mondo tra cui Il Corriere Della Sera, Il Messaggero, Il Times;
   una seconda richiesta di esproprio viene inoltrata ma resta ancora una volta disattesa e sempre nello stesso anno l'amministrazione comunale di Manziana avanza le sue specifiche richieste alla soprintendenza, relativamente alla possibilità di apporre un vincolo, senza riuscire tuttavia ad ottenere risposte soddisfacenti;
   nel 2012, poi, una lettera che non ha mai trovato riscontro, avallata, tra gli altri, anche dall'allora presidente della provincia di Roma Nicola Zingaretti, viene spedita all'indirizzo del Ministro pro tempore Lorenzo Ornaghi al fine di sensibilizzare le istituzioni, salvaguardando e valorizzando quello che era ormai evidente essere un sito archeologico di interesse mondiale;
   il gruppo archeologico Romano (sezione Manziana) chiede allora notizie alla soprintendenza archeologica dell'Etruria Meridionale, ed alla stessa soprintendenza dei monumenti per il Lazio, sempre in merito alla possibilità di esproprio del terreno, ma anche questa volta viene disattesa ogni risposta;
   ad oggi il Ninfeo resta abbandonato, e necessita di urgenti lavori per quanto riguarda la messa in sicurezza poiché l'intera struttura rischia di collassare a seguito della mancata manutenzione –:
   se intenda porre in essere quanto necessario ed avviare il procedimento di verifica dell'interesse culturale con conseguente vincolo della soprintendenza competente, affinché si possa intervenire tempestivamente per la conservazione e messa in sicurezza dell'edificio. (4-05480)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   FAUTTILLI e DELLAI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il faro dell'isola di Ponza, sulla base dei risultati conseguiti nell'ambito della campagna 2012 «I luoghi del cuore» è stato inserito fra i diciannove beni che il FAI – Fondo Ambiente italiano – ha scelto come bene da salvaguardare e da tutelare per valore storico-culturale e paesaggistico;
   in data 30 ottobre 2013 ed in data 20 novembre 2013, a rettifica ed integrazione della prima istanza, il comune di Ponza ha inoltrato all'Agenzia del demanio, una richiesta di trasferimento a titolo non oneroso del fabbricato del faro costituito da n. 4 appartamenti (due per piano) ed altri locali compreso un giardino di circa 120 metriquadri a norma dell'articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98);
   nella richiesta il comune ha indicato come finalità la seguente opzione:
    «Bene da valorizzare in ottica di mercato ai fini della messa a reddito o dell'alienazione, anche mediante il conferimento ai fondi immobiliari, nell'interesse diretto od indiretto della collettività»;
   il bene è assegnato formalmente in uso governativo al Ministero della difesa. Pertanto l'Agenzia del demanio, in data 22 novembre 2013, ha informato della richiesta il Ministero della difesa, specificatamente la direzione generale dei lavori e del demanio, chiedendo di confermare, entro il termine perentorio di trenta giorni, la necessità del bene per le funzioni di difesa e per le esigenze istituzionali;
   l'Agenzia del demanio precisava che il mancato riscontro entro il termine indicato avrebbe costituito mancato interesse al mantenimento in uso dell'immobile e, di conseguenza, presupposto per i successivi adempimenti in materia di federalismo demaniale;
   l'Agenzia del demanio chiedeva, in particolare, di specificare, nell'ipotesi in cui il bene non fosse concretamente utilizzato ma fosse comunque necessario alle esigenze governative, la tempistica entro la quale se ne prevedeva l'utilizzo e, nel caso in cui l'immobile necessitasse di interventi edilizi, la conferma della disponibilità di risorse adeguate a finanziare i lavori e la tempistica prevista per l'esecuzione degli interventi;
   alla richiesta dell'Agenzia del demanio, il Ministero della difesa ha risposto, in data 20 dicembre 2013, in maniera sintetica confermando che «i beni in parola risultano necessari per lo svolgimento di attività istituzionali dell'A.D» –:
   se non ritenga che tale decisione contrasti con quanto disposto dal decreto direttoriale n. 13/2/5/2010 dell'8 settembre 2010 che aveva individuato, al fine del trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato alcuni immobili in uso all'amministrazione della Difesa da assoggettare a procedure di alienazione, permuta, valorizzazione e gestione previste dall'articolo 14-bis, comma 3 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che aveva inserito il faro tra i beni alienabili con la seguente annotazione «presenza di funzioni da riallocare» e quali iniziative intenda adottare conseguentemente. (4-05481)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   ZANIN, COPPOLA e BLAZINA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   recentemente, in alcune località della provincia di Pordenone, si sono manifestati diversi black-out; alcuni anche in contemporanea, comportando un disagio, inusuale per il territorio provinciale, per i clienti di Enel Distribuzione. Analoghi guasti si sono manifestati anche in provincia di Udine. La distribuzione di energia elettrica, la cui concessionaria per tutta la provincia di Pordenone è Enel distribuzione, è un bene pubblico essenziale e come tale va monitorato, tutelato e mantenuto. L'Autorità garante per l'energia elettrica ed il gas (AEEG) ha stabilito, con proprie delibere, quali debbano essere gli standard per la qualità tecnica e commerciale per i concessionari della distribuzione di energia elettrica. A fronte dei risultati qualitativi, alle aziende distributrici viene erogato un premio o trattenuta una penale;
   in Friuli Venezia Giulia da anni vengono erogati dei premi per l'ottima qualità del servizio tecnico e commerciale raggiunta. Tali premialità dovrebbero essere reinvestite nella rete dal concessionario per permettere un loro ammodernamento: le nevicate invernali nel territorio della montagna pordenonese e della Carnia, e i recenti guasti verificatisi a maggio e giugno, dimostrano che una delle cause dei black-out è la vetustà delle reti elettriche, il cui rifacimento risalgono ai primi anni ’80, come conseguenza del tragico terremoto del 1976 (le reti quindi hanno circa 40 anni di vita) –:
   se il Ministro dell'economia e delle finanze, quale azionista di riferimento di Enel, sia a conoscenza:
    a) del valore economico dei premi dell'Autorità garante per l'energia elettrica ed il gas erogati a Enel distribuzione in Friuli Venezia Giulia nell'ultimo triennio e suddivisi per anno;
    b) dell'entità degli investimenti per rifacimento delle linee di media tensione, su conduttori aerei e sotterranei, che sono stati realizzati da Enel distribuzione in Friuli Venezia Giulia, nel corso dell'ultimo triennio e suddivisi per anno;
   quale sia il tasso di sostituzione annuale degli impianti vetusti per la regione Friuli Venezia Giulia ed in particolare per la provincia di Pordenone;
   se si prevedano, nel Piano industriale di Enel distribuzione in Friuli Venezia Giulia, ed in particolare per il pordenonese, investimenti tesi a ripristinare l'elevato standard qualitativo che questi disservizi rischiano di inficiare e quale sia l'entità di tali investimenti;
   se nel Piano industriale di Enel distribuzione per il Friuli Venezia Giulia si prevedano investimenti destinati al passaggio delle reti di distribuzione verso il sistema «smart grid» e l'entità di tali investimenti. (4-05474)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   il porto di Augusta è il più grande porto naturale del basso Mediterraneo, nella costa orientale della Sicilia, e al suo interno si trovano un'importante porto commerciale, un polo industriale, una base militare ed un porto/città con due darsena in pieno centro storico. La baia si divide in due parti: rada esterna e rada interna o porto megarese; ad esso si accede attraverso due imboccature che interrompono i complessivi 6,5 chilometri circa di diga foranea che lo proteggono, che è una regione assistita ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera a) del Trattato;
   al momento, il porto di Augusta è specializzato principalmente nel traffico di rinfuse liquide (petrolchimici) e, in misura minore, di rinfuse solide. Attualmente il porto gestisce un traffico di circa 33 milioni di tonnellate di merci e ed è il primo porto in Italia per traffico merci di prodotti industriali;
   la Decisione n. 661/2010/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 luglio 2010 sugli Orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete trans europea dei trasporti include il porto di Augusta tra i porti marittimi dell'Unione europea classificati come «categoria A» in termini di importanza, in base ai volumi di traffico e al collegamento alle reti trans europee dei trasporti terrestri. Lo stesso documento definisce come progetto d'interesse comune l'adattamento delle infrastrutture al trasporto intermodale in porti di categoria A, e in particolare i porti periferici e quelli situati sulle isole;
   l'obiettivo del progetto notificato consiste nell'espandere e adattare l'infrastruttura esistente del porto per consentire anche il traffico di container di grandi dimensioni nelle modalità mare-mare, mare-strada e mare-ferrovia, nonché per consentire al porto di partecipare al trasporto lungo le autostrade del mare, portando lo scalo di Augusta ad una capacità massima totale di 800 000 TEU/anno entro il 2025 e un volume di traffico pari a 500 000 TEU/anno dal 2015, con interventi programmati per 145,33 milioni di euro, destinati a finanziare quattro parti principali o «interventi» finalizzati alla realizzazione di nuove banchine e piazzali di manovra o per l'ampliamento di parte di banchine esistenti;
   uno sforzo finanziario e infrastrutturale che richiede il massimo coordinamento di tutti i livelli istituzionali, nel comune obiettivo di consolidare le potenzialità portuali e imprenditoriali della Sicilia orientale secondo un progetto strategico coerente con gli indirizzi comunitari;
   in tale contesto va inquadrata la riflessione dell'eventuale riforma e razionalizzazione del sistema delle autorità portuali nazionali e siciliane in particolare, salvaguardando le potenzialità della piattaforma industriale, commerciale (merci e passeggeri) e logistica nel Mediterraneo dello scalo di Augusta, quale polo centrale del sistema dell'area vasta della Sicilia orientale;
   le forze sociali, economiche e istituzionali del territorio sostengono la scelta strategica del sistema integrato portuale-marittimo della Sicilia orientale con al centro il porto di Augusta, anche come naturale sede della autorità portuale futura;
   va scongiurata una visione campanilistica che prescinda dalle caratteristiche e dalle potenzialità degli scali portuali dell'area, compromettendo le prospettive di sviluppo e occupazione che potranno discendere da una gestione integrata e moderna –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di assicurare che gli investimenti nello scalo di Augusta siano portati avanti secondo i tempi programmati, anche in vista della definizione dell'obiettivo di bonifica integrale del sito, quale precondizione per il definitivo rilancio economico delle aree portuali ed ex industriali;
   quali siano gli intendimenti del Governo in materia di riordino del sistema delle autorità portuali della Sicilia orientale, tenendo conto delle linee guida generali dell'Unione europea e delle peculiarità dei territori e delle infrastrutture interessate.
(2-00625) «Zappulla».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GASPARINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   un accordo firmato nel 1999 tra Telepass e Società Autostrade, ha permesso, fino al 2 luglio 2014, alle associazioni di volontariato di oltrepassare i caselli autostradali durante il loro servizio;
   dal 2 luglio, le associazioni di volontariato, che in Italia effettuano il 70 per cento dell'intero trasporto sanitario nazionale, non avrebbero più avuto diritto all'esenzione diretta del Telepass;
   ANPAS e Misericordie sono associazioni di volontariato diffuse su tutto il territorio nazionale: ANPAS rappresenta 876 Associazioni di volontariato e, grazie ai suoi 100.000 volontari e 400.000 sostenitori garantisce l'apertura di circa 1.200 punti di pubblica Assistenza; si avvale di 6.900 mezzi tra ambulanze e mezzi di protezione civile; Misericordie promuove e gestisce tutte le Misericordie italiane ed è una delle più antiche associazioni di volontariato del nostro Paese;
   a differenza della Croce Rossa, ANPAS e Misericordie, avrebbero dovuto registrarsi su una piattaforma web, anticipare l'esborso del pedaggio sulla tratta effettuata autocertificare ogni passaggio con motivazioni ed infine richiedere il rimborso per le emergenze da 118;
   a parte l'estrema complessità introdotta dalla procedura che richiede alle associazioni di anticipare somme ingenti, la cosa grave è che stato previsto il rimborso solo per il trasporto urgente; 
   la manifestazione nazionale con sciopero di ambulanze del 3 aprile 2014 ed altre diverse iniziative hanno fatto sì che Autostrade annunciasse una proroga fino al 2 ottobre 2014;
   la proroga riguarda le convezioni già scadute nonché quelle in scadenza con le associazioni di volontariato che il 2 aprile erano già state prorogate di tre mesi rispetto al termine originario;
   in pratica saranno esentati solo i trasporti di urgenza/emergenza ed esclusi i trasporti per ricoveri, dimissioni, trattamenti radioterapici e chemioterapici e dialisi –:
   quali urgenti iniziative normative intenda assumere il Ministro al fine di definire e rendere individuabili i veicoli adibiti al soccorso;
   quali iniziative intenda adottare affinché la Società Autostrade, concessionaria statale conceda il Telepass del pedaggio autostradale in comodato d'uso gratuito alle associazioni di volontariato;
    se intenda promuovere una modifica della normativa, affinché sia riconosciuta la gratuità, oltre che ai mezzi delle forze di polizia, della CRI e dei vigili del fuoco anche ai mezzi del soccorso sanitario. (5-03202)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la relazione ferroviaria Pescara-Roma è insostenibile sia per i tempi di percorrenza di 4 ore per una distanza di 200 chilometri, sia per la qualità dei treni utilizzati, vecchi, poco puliti, senza alcun servizio per i passeggeri;
   in particolare poi dall'inizio dell'anno, nella tratta Avezzano Roma, gravissimi e molteplici sono stati i disagi che hanno colpito i pendolari: sono numerosi i casi di mancata erogazione del servizio a causa di incidenti e di negligenze nella manutenzione della linea;
   inoltre, dal 9 luglio 2014 è nuovamente bloccata tutta la circolazione ferroviaria tra Avezzano e Roma, perché è nuovamente «caduta» la linea elettrica. È possibile che questi incidenti siano riconducibili all'occasionalità e possono perciò sembrare estranei alle decisioni della dirigenza ferroviaria;
   la disabilitazione agli incroci delle stazioni della linea Pescara-Roma che si sta realizzando da qualche tempo è una scelta tutta interna ai responsabili di RFI (Rete ferroviaria italiana), ed è gravissima in sé, in quanto riduce fortemente la capacità di far circolare i treni in quella linea;
   ed è ancora più grave perché questa disabilitazione si sta realizzando proprio quando il progetto CTC (controllo traffico centralizzato) non è più un miraggio, ma fa parte di un progetto in fase di definizione sulla Pescara-Roma;
   con il controllo del traffico centralizzato si potrebbe migliorare moltissimo la circolazione dei treni sulla linea –:
   quali iniziative per quanto di competenza intenda assumere nei confronti di Ferrovie dello Stato italiana che con il suo comportamento ad avviso dell'interrogante sta affossando la relazione ferroviaria tra Avezzano e Roma a tutto vantaggio del trasporto privato su gomma. (4-05469)


   ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata di ieri, 9 luglio, e in quella precedente, 8 luglio, si sono verificati ritardi fino a 90 minuti e cancellazioni di treni nella tratta ferroviaria Trieste centrale – Udine o Venezia Mestre, in corrispondenza della stazione ferroviaria di Bivio d'Aurisina;
   in entrambe le occasioni a generare ritardi e cancellazioni sarebbe stato un problema tecnico avvenuto nella notte, ma si ricorda al Ministro interrogato che complicazioni analoghe sono avvenute spesso anche in passato, nello stesso punto, complice anche la vetustà delle linee;
   il blocco avvenuto nelle due giornate, peraltro, si è realizzato nelle prime ore della mattinata, quelle maggiormente utilizzate dall'utenza pendolare (dalle 6 di mattina alle 10), ed ha, ovviamente, creato forti disagi ai passeggeri che non sono riusciti a raggiungere il posto di lavoro in orario;
   il problema tecnico sarebbe stato risolto dall'intervento del personale preposto che avrebbe provveduto con la manutenzione a ripristinare il corretto funzionamento del sistema di distanziamento dei mezzi –:
   quale sia, dettagliatamente, la natura del guasto che ha generato i ritardi e le cancellazioni dei giorni scorsi;
   se Rete ferroviaria italiana, alla luce delle precedenti criticità e del blocco di questi giorni, intenda provvedere ad una manutenzione straordinaria nel punto di tratta in corrispondenza della stazione ferroviaria di Bivio d'Aurisina. (4-05473)


   TULLO, ROTTA e RUBINATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 29, comma 1-quater, del decreto-legge n. 207 del 2008 ha ampliato, attraverso alcune novelle alla legge n. 21 del 1992, gli obblighi a carico degli esercenti del servizio di noleggio con conducente (NCC) ed ha introdotto alcune limitazioni allo svolgimento del servizio stesso, prevedendo, tra le altre cose, una preventiva autocertificazione per l'accesso nel territorio di altri comuni e nuove modalità per il rilascio delle licenze e delle autorizzazioni, con obbligatoria disponibilità, in base a valido titolo giuridico, di una sede, di una rimessa o di un pontile situati nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione;
   l'operatività della disciplina è stata subito sospesa con l'articolo 7-bis del decreto-legge n. 5 del 2009, in considerazione dei timori per la significativa limitazione della libertà di concorrenza nel settore che la sua applicazione avrebbe comportato;
   successivamente l'articolo 2, comma 3 del decreto-legge n. 40 del 2010 ha previsto l'emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza unificata, per la rideterminazione dei principi fondamentali di cui alla legge n. 21 del 1992 (relativa alla disciplina dei servizi di autotrasporto pubblico non di linea), allo scopo di contrastare l'esercizio abusivo delle attività di taxi e di noleggio con conducente e di assicurare omogeneità di applicazione di tale disciplina in ambito nazionale; a tale decreto è stato quindi rimessa anche l'attuazione delle disposizioni in materia di noleggio con conducente contenute nel decreto-legge n. 207/2008 sopra richiamate; il termine per l'emanazione del decreto è stato più volte differito, da ultimo (articolo 4, comma 4 del decreto-legge n. 150 del 2013) al 31 dicembre 2014;
   in attesa dell'emanazione del decreto, si deve ritenere ancora vigente la disciplina in materia di NCC recata dalla legge n. 21 del 1992 precedentemente alle modifiche del decreto-legge n. 207 del 2008 e caratterizzata da minori vincoli per l'esercizio dell'attività;
   in Italia operano, nel libero mercato, oltre 80000 imprese titolari di autorizzazioni NCC, con circa 200.000 addetti;
   le amministrazioni pubbliche locali, in primis quelle di Roma e Milano, periodicamente adottano provvedimenti che introducono barriere all'esercizio dell'attività NCC su pressione delle organizzazioni sindacali dei tassisti che strumentalmente rivendicano la piena efficacia delle modifiche introdotte dall'articolo 29 comma 1-quater del decreto-legge n. 207 del 2008; tuttavia le sentenze dei TAR sistematicamente annullano i provvedimenti adottati dalle varie amministrazione riferiti a revoche di autorizzazioni NCC fondate sui principi dettati dal suddetto comma 1-quater dell'articolo 29 del decreto-legge n. 207 del 2008 convertito con modificazioni dalla legge n. 14 del 2009;
   in questo contesto, l'ordinanza ENAC del 3 giugno 2014 n. 12, firmata dal direttore dell'aeroporto di Fiumicino, dottor Vitaliano Turrà, ha introdotto una discriminazione per gli operatori NCC operanti nell'aeroporto, consentendo solo a quelli in possesso di licenze rilasciate da Roma Capitale e dal comune di Fiumicino l'accesso all’istituenda zona a traffico limitato dell'area aeroportuale;
   l'ordinanza richiama peraltro la legge regionale del Lazio n. 58 del 1993, la cui disciplina restrittiva nei confronti degli operatori NCC (i quali non possono svolgere il servizio al di fuori del comune che ha rilasciato la licenza) non può però essere ritenuta prevalente sulla disciplina nazionale (come stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 264/2013 nei confronti dell'analoga disciplina stabilita dall'articolo 6 della legge regionale del Molise n. 25/2012);
   la citata ordinanza ENAC arrecherebbe alle imprese NCC diverse da quelle con autorizzazione NCC di Roma capitale e del comune di Fiumicino, gravissimi danni, con effetti paradossali in particolare per le imprese in possesso di autorizzazioni rilasciate da altri comuni del Lazio; questo in un contesto già caratterizzato dalla forte concorrenza esercitata da UBER, il cui servizio peraltro si basa sulla ricerca e la raccolta dei clienti «per le strade» e non nelle forme consentite dalla legge n. 21 del 1992 –:
   quali iniziative intenda avviare con riferimento all'ordinanza ENAC n. 12 del 2014 in modo da riportare la normalità nelle attività delle imprese NCC in possesso di autorizzazioni non rilasciate da Roma capitale o dal comune di Fiumicino, nel quadro di una più complessiva riforma della disciplina dei servizi pubblici non di linea recata dalla legge n. 21 del 1992, anche alla luce delle più recenti evoluzioni tecnologiche. (4-05479)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   IACONO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'imminente inizio della stagione estiva si porta dietro, specie nelle regioni del mezzogiorno ed in Sicilia nello specifico, tutti i consueti inquietanti interrogativi su come e con quali strumenti lo Stato intenda contrastare ed efficacemente arginare l'insopportabile fenomeno degli incendi di natura dolosa che ogni anno distruggono centinaia e centinaia di ettari di boschi, macchia mediterranea ed aree adibite a verde, così mortificando le incredibili bellezze naturali e paesaggistiche di cui madre natura ha fatto dono;
   è già difficile, da parte delle forze dell'ordine ed in particolare del Corpo dei vigili del fuoco, riuscire a debellare le drammatiche conseguenze delle devastazioni arrecate al paesaggio da questi criminali che puntualmente, sin dalle prime settimane di luglio ed ancor prima, iniziano a mettere in pratica i propri propositi di distruzione, con le esigue disponibilità di risorse umane e finanziarie messe a disposizione;
   ciò che desta ancor più perplessità è che, nonostante le ripetute denunce delle rappresentanze sindacali regionali che da anni chiedono a gran voce più uomini e più mezzi a disposizione dei vigili del fuoco operanti presso i distaccamenti siciliani maggiormente esposti al rischio incendi, i vari Governi succedutisi nel tempo, non soltanto non hanno provveduto a riscontrare tali richieste con un sostanziale rafforzamento degli organici, ma al contrario diversi distaccamenti si sono visti notevolmente ridimensionati nel personale e nei mezzi a disposizione;
   la conferma di quanto testé evidenziato la si è avuta nella giornata di martedì 8 Luglio 2014 allorquando un vastissimo incendio, sulla cui natura dolosa le autorità inquirenti stanno indagando, ha colpito la città di Sciacca e la riserva boschiva del monte San Calogero, lambendo centinaia di abitazioni, costrette a sfollare e distruggendo circa 25 ettari di macchia mediterranea;
   un'autentica devastazione che ha distrutto uno dei più suggestivi polmoni verdi della provincia e che solo l'encomiabile lavoro dei pochi vigili del fuoco presenti, oltre che della protezione civile, è riuscito, dopo molte ore di drammatico lavoro, a contrastare; 
   si tratta di una vicenda che ha indotto il comando saccense dei vigili del fuoco e le forze sindacali a riproporre l'emergenza relativa al personale, che a questo punto non può continuare a restare inascoltata –:
   come si intenda intervenire per contrastare efficacemente un fenomeno tanto odioso;
   quali misure il Governo intenda assumere per dotare i vigili del fuoco della provincia di Agrigento di quei mezzi e di quel personale che sono assolutamente necessari alla luce dei fatti richiamati. (3-00935)


   DI VITA, NUTI, MANNINO, DI BENEDETTO, RIZZO, LOREFICE, GRILLO, MANTERO, VILLAROSA, D'UVA, CANCELLERI, SPADONI, TERZONI, MARZANA e LUPO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con l'arrivo dell'estate è iniziata ufficialmente la stagione dell'antincendio boschivo; le regioni, con maggiore attenzione quelle particolarmente colpite dai fenomeni di incendio, come ogni estate devono correre ai ripari e organizzarsi assumendo tempestivamente le dovute contromisure;
   le prime regioni ad essere interessate dai roghi, nei giorni scorsi, sono soprattutto la Sicilia e la Sardegna;
   negli scorsi anni la Sicilia è stata ripetutamente dilaniata dalla piaga degli incendi estivi; anche quest'anno non fa eccezione; è ormai amaramente nota a tutti, infatti, l'emergenza incendi in atto in questi giorni nel territorio siciliano; l'isola, purtroppo, si è trovata ancora una volta nella morsa delle fiamme, interessata da incendi di vaste proporzioni che impegnano senza sosta vigili del fuoco e protezione civile;
   nei giorni scorsi, alimentati dal vento di scirocco e dalle temperature roventi, erano divampati una serie di incendi nei dintorni di Palermo che hanno letteralmente circondato il capoluogo creando momenti di paura fra i residenti in zone come Baida e Boccadifalco; ma i focolai sono attivi in varie zone dell'isola; l'incendio di più grosse proporzioni è divampato a Marineo, nel Palermitano; la maggior parte degli incendi sono stati domati dopo molte ore;
   a quanto risulta, il piano antincendio boschivo 2014 della regione siciliana, a differenza della più sollecita regione Sardegna, risulta ancora fermo, comunque, gravemente in ritardo;
   la Sicilia è la regione più colpita dai roghi nel 2012 (ultimi dati disponibili), con 1.271 incendi divampati nel corso dell'anno;
   in Sardegna la macchina organizzativa regionale è infatti già pronta per la stagione antincendio di quest'anno; il piano è stato rilasciato e prevede l'utilizzo di undici elicotteri del Corpo forestale locale, che vanno ad affiancare quelli messi a disposizione dal Governo; gli aeromobili sono dislocati in basi presenti su tutto il territorio regionale;
   nonostante le rassicurazioni del presidente della regione siciliana, Rosario Crocetta, che ha annunciato l'entrata in funzione di sette elicotteri entro il 27 giugno 2014, il dipartimento della protezione civile nazionale continua ad esprimere forti preoccupazioni per l'inadeguatezza della situazione e per l'insufficienza dei sei Canadair disponibili per la prima fase della campagna estiva, giudicati «insufficienti senza il supporto delle flotte regionali»;
   oltre alla gravissima carenza di mezzi, si evidenzia la pessima gestione degli elicotteri antincendio Sikorsky S-64. Negli ultimi 15 anni sono state spese alcune centinaia di milioni di euro per il loro acquisto e loro esercenza, oltre alla formazione di piloti del Corpo forestale dello Stato per l'esercenza in proprio: ciononostante, attualmente, dei quattro elicotteri disponibili, solo due saranno operativi, di cui uno gestito dal Corpo forestale dello Stato e uno da una società privata, riducendo ulteriormente le già precarie risorse disponibili per la corrente stagione antincendio;
   gli incendi non accennano ad esaurirsi, con decine di richieste di intervento alle centrali operative di guardia forestale e vigili del fuoco; la situazione è resa più difficile, non solo dalla mancanza di mezzi aerei regionali ma anche dal ritardo dell'entrata in servizio delle squadre antincendio del Corpo forestale;
   critiche alla pessima gestione della situazione sono arrivate sia dalle associazioni ambientaliste, come Legambiente che in una nota ha evidenziato i limiti dell'organizzazione delle misure di prevenzione e intervento, sia da Coldiretti che ha sottolineato gli enormi danni all'economia agricola causati da carenze e inefficienze nella gestione dell'emergenza incendi;
   appare indispensabile avviare un più funzionale coordinamento tra lo Stato e la regione siciliana, al fine di garantire elementari criteri di efficacia e razionalità nel funzionamento di un importante servizio, come quello antincendio, a tutela dell'ambiente e soprattutto dell'incolumità di comunità e beni collettivi –:
   come intenda adoperarsi il Governo, per quanto di competenza, anche attraverso l'adozione di piani di intervento sostitutivi o complementari a quelli regionali, al fine di salvaguardare la salute della popolazione siciliana e il territorio e se non intenda avviare un'immediata collaborazione con la regione siciliana per dare vita ad una cabina di regia più funzionale ed efficace, sia sul fronte della prevenzione sia su quello dell'emergenza, valutando anche l'esigenza di incrementare il numero dei mezzi antincendio di stanza nell'isola e negli altri territori a rischio nella stagione estiva. (3-00936)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da tempo, i vigili del fuoco della provincia di Como lamentano la scarsità dei mezzi e degli organici con i quali sono costretti ad operare;
   tali limiti sono emersi una volta di più l'8 luglio 2014, a causa dell'eccezionale ondata di maltempo abbattutasi su tutta la Lombardia e del contestuale scoppio di un incendio in via Paoli a Como, dove ha preso fuoco un'autocisterna che stazionava nei pressi di un distributore di benzina;
   le difficoltà incontrate a gestire contemporaneamente le due emergenze sopracitate hanno indotto un'organizzazione sindacale dei vigili del fuoco comaschi ad emanare un comunicato ufficiale per denunciare pubblicamente la situazione di disagio e ventilare la possibilità di un'agitazione;
   nel comunicato si rileva, tra l'altro, come i vigili del fuoco del distaccamento comasco siano costretti a mantenere in esercizio i propri mezzi prelevando i pezzi di ricambio da altri già fermi oppure ad utilizzare veicoli vecchi di anche trent'anni, mentre la componente volontaria fa uso di equipaggiamenti ricevuti dalla popolazione locale;
   per intervenire in via Paoli, i vigili del fuoco sono stati costretti ad utilizzare un bus navetta, circostanza documentata dalla stampa locale, che ha esposto la cittadinanza al pericolo di più gravi danni –:
   se il Governo intenda intervenire ed in quali tempi per rinnovare e potenziare mezzi ed equipaggiamenti del distaccamento dei vigili del fuoco di Como, in modo tale da permettere agli stessi di onorare la propria essenziale funzione di presidio locale del soccorso tecnico urgente. (4-05470)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in Italia, la frequenza degli incendi è piuttosto elevata. La mappa dei roghi identifica la Puglia come la regione più colpita con 356 incendi nel periodo 1o gennaio – 14 agosto 2013. Seguono la Sardegna (262), la Sicilia (242), la Campania (183), il Piemonte (106), la Calabria (98), la Toscana (93), il Lazio (83), la Liguria (81), la Lombardia (70), la Basilicata (67), il Molise (53), il Friuli Venezia Giulia (37), l'Abruzzo (34), il Veneto (29), l'Emilia Romagna (18), il Trentino Alto Adige (15), l'Umbria (11), le Marche (8) e la Valle d'Aosta (4);
   il numero di ettari che ogni anno sono oggetto di incendio, hanno per lo più origine dolosa. Nel periodo 2000 – 2013, sono state segnalate complessivamente all'autorità giudiziaria per incendio boschivo ai sensi dell'articolo 423-bis del codice penale un totale di 5.110 persone, di cui 166 tratte in arresto in flagranza di reato o sottoposte a misure di custodia cautelare;
   gli Unmanned Aerial Vehicles (UAV), veicoli senza pilota, originariamente utilizzati per applicazione bellica, vengono sempre più spesso adattati e impiegati in contesti civili, con particolare specializzazione nel monitoraggio del territorio a fini ambientali, di protezione civile o eventualmente di controllo. Offrono quindi possibilità per lo sviluppo di azioni di monitoraggio e prevenzione degli incendi boschivi –:
   se non si intenda considerare l'introduzione di droni UAV quale strumento per il monitoraggio e l'individuazione precoce degli incendi boschivi. (4-05471)


   CAUSIN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Jesolo una delle più importanti località balneari della provincia di Venezia, seconda spiaggia in Italia per presenze turistiche dopo Rimini, la stagione estiva è entrata nel clou a partire dai primi giorni di luglio;
   già nei primi mesi di «bassa stagione» si sono riscontrate grosse difficoltà di sicurezza ed ordine pubblico, si sono già verificati episodi che hanno visto un vero e proprio assalto notturno al Commissariato di Polizia e si stanno manifestando gravi episodi di delinquenza che spaziano dai furti, allo spaccio, e altro;
   questi episodi sono aggravati dalla mancanza di risorse umane a supporto del commissariato che costringe il Dirigente a sottoporre i propri uomini e donne ad orari massacranti, riposi mancati, con l'inevitabile conseguenza di «saltare» anche qualche turno di servizio notturno;
   ogni anno a Jesolo si assegnano gli agenti «aggregati» che arrivano in forze dal Ministero dell'interno per garantire sicurezza in città (ed in tutto il litorale da Cavallino-Treporti fino a Bibione) ma sono sempre meno gli agenti aggregati destinati al litorale Jesolano;
   dal piano degli aggregati per l'estate 2014 come da circolare del Ministero in provincia di Venezia dovrebbero arrivare 22 agenti, numero nettamente inferiore rispetto a province più piccole con flussi turistici inferiori;
   il territorio molto ampio e dispersivo della provincia di Venezia ed il numero di presenze turistiche della provincia di Venezia, 24 milioni per il turismo balneare –:
   quali urgenti iniziative intenda porre in essere al fine di aumentare il numero di agenti da destinare al litorale veneziano ed in particolar modo a Jesolo che conta oltre 5 milioni di presenze turistiche nel 2013, in quanto città di riferimento turistico-organizzativo per tutta la costa della provincia di Venezia ed unica città costiera della Venezia Orientale ad avere il presidio del commissariato di pubblica sicurezza. (4-05472)


   MOLTENI e FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato recentemente da diversi articoli di stampa, a Catania 8 marinai e 5 poliziotti, impegnati anche nei servizi sugli sbarchi nell'ambito dell'operazione Mare Nostrum, sono risultati positivi al test sulla TBC;
   il dipartimento di pubblica sicurezza, confermando quanto sopra, si è limitato a dire che i militari risultati positivi al test non sono contagiosi, che avranno ulteriori controlli e che nella maggior parte dei casi la «loro positività alla TBC può farsi risalire ad epoca precedente l'espletamento del servizio, verosimilmente anche in età infantile»;
   la TBC in Italia è sotto controllo da molti anni, con un'incidenza di 7 casi su 100.000 persone all'anno, di cui la metà straniera, e che pertanto è quasi impossibile che i poliziotti possano avere contratto la malattia al di fuori dell'attuale contesto lavorativo;
   il sindacato di Polizia Sap ha annunciato azioni legali a tutela dei propri agenti, sia per la tardiva comunicazione «del fatto che durante uno degli sbarchi ai primi di giugno è stata riscontrata la presenza di infezione TBC» e solo «Dopo una lunga meditazione, 20 giorni... tutto il personale impiegato in quei servizi è stato sottoposto al test di Mantoux, che ha evidenziato un'infezione tubercolare latente» sia perché nonostante tra maggio e giugno siano sbarcati al porto di Catania circa 2.650 immigrati clandestini «Tutti i servizi sono stati effettuati dai poliziotti senza adeguata profilassi preventiva, protezione individuali e una debita cabina di regia da parte della Prefettura»;
   è un dato oggettivo che il numero delle persone in arrivo clandestinamente è altissimo e in continua crescita, solo 65.000 dall'inizio dell'anno, rispetto al nostro personale sanitario con la conseguenza che dallo sbarco a quando arrivano nelle nostre città e nelle questure per l'identificazione, la gran parte di loro non è stata visitata a sufficienza;
   altrettanti numerosi articoli di stampa riportano casi in cui i clandestini fuggono dai centri di accoglienza, ancora prima di aver effettuato i controlli sanitari o addirittura quando è stata accertata una qualche patologia infettiva, come accaduto a Varese Ligure il 19 aprile che tra i 18 clandestini fuggiti uno aveva la scabbia;
   da consolidata giurisprudenza costituzionale, la regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato è «collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici, quali, ad esempio, la sicurezza e la sanità pubblica, l'ordine pubblico» (sent. n. 148/2008, n. 206/2006 e n. 62/1994 Corte Cost.);
   la sopra evidenziata mancanza di adeguati controlli sanitari e di azioni a tutela della sanità pubblica, ha messo invece a serio rischio la salute di tutti i cittadini, ponendosi in contrasto con gli interessi pubblici costituzionalmente indicati quale fine dell'attività del potere esecutivo;
   anziché affrontare il problema garantendo in primo luogo la sicurezza delle forze armate adoperate nell'operazione Mare Nostrum quelle di polizia che si adoperano all'identificazione nelle questure e di tutti i cittadini che si troveranno a contatto con gli immigrati liberi di circolare nel nostro territorio, il Dipartimento per nascondere le responsabilità dello Stato ha banalizzato quello che è un fenomeno che preoccupa moltissime persone –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra esposto, quali azioni immediate intenda porre in essere al fine di tutelare la salute e la sicurezza delle forze dell'ordine e dei cittadini, quale sia il numero effettivo di clandestini allontanatisi dalle strutture di accoglienza senza effettuare controlli sanitari o che si siano rifiutati di sottoporvisi, il numero di quanti sono stati identificati, quale sia il numero dei controlli sanitari effettuati per patologie contagiose e quanti abbiano dato esito positivo e tra questi quanti attualmente siano presenti nelle singole province; se non ritenga opportuno fermare subito l'operazione Mare Nostrum, anche alla luce degli interessi pubblici sopra evidenziati e indicati dalla costante giurisprudenza costituzionale. (4-05475)


   SPADONI, DELL'ORCO, DALL'OSSO, SARTI, DIENI, BUSINAROLO, LOMBARDI, DADONE, CASTELLI, COLONNESE, AGOSTINELLI, COLLETTI, MUCCI, FERRARESI, NICOLA BIANCHI, SPESSOTTO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 27 maggio 2014 è stata sporta denuncia contro ignoti, relativa lo spoglio delle schede elettorali delle amministrative, alla procura di Reggio Emilia da parte dell'interrogante insieme alla rappresentante di lista Movimento 5 Stelle Alessandra Guatteri;
   al seggio 7 di Reggio Emilia, alla presenza di altri due rappresentanti di lista – Mario Lanzafame per la lista «Un'altra Reggio» e Fabrizia Pini per il «Partito Democratico» – Alessandra Guatteri si è accorta che su 31 schede la grafia risultava la stessa: le preferenze riportavano il nome di RIVETTI e SCARPINO del Partito Democratico;
   tutti i membri del seggio hanno verificato e confermato che la grafia era uguale e che in alcune schede era chiaramente differente rispetto alla prima preferenza indicata e uguale a quella apposta nelle schede contestate;
   la prima firmataria del presente atto ha visionato personalmente le schede e, dopo la verbalizzazione dei rappresentanti del seggio, verbalizzato una propria dichiarazione;
   stesso problema si è verificato al seggio 149 in via Premuda: stessa calligrafia per una decina di schede. Anche in questo caso è stato presentato un esposto dalla neo consigliera comunale Movimento 5 Stelle Paola Soragni;
   la Digos, coordinata dal sostituto procuratore Isabella Chiesi, ha aperto un fascicolo contro ignoti in riferimento all'articolo 100 del testo unico delle leggi elettorali e successive modifiche per quanto riguarda questo caso dei presunti brogli;
   la direzione distrettuale antimafia di Bologna sta cercando di fare chiarezza sull'inchiesta aperta dalla procura di Reggio Emilia volta ad indagare le anomalie riscontrate dal Movimento nelle preferenze –:
   quali misure intenda adottare per prevenire e contrastare condotte illecite ed illegittime nelle procedure di voto e scrutinio in occasione delle consultazioni elettorali;
   se non intenda prendere in considerazione il sistema di votazione elettronica per l'espressione del voto e per lo scrutinio delle schede;
   quali misure intenda attuare affinché nessuno possa fotografare il proprio voto e se non ritenga utile intraprendere provvedimenti atti a modificare la struttura della cabina elettorale. (4-05477)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   dal 4 al 6 luglio 2014 si è tenuta a Bologna il Festival eritreo, gestito ed organizzato direttamente dal Governo eritreo;
   attualmente è al potere in Eritrea una sanguinaria dittatura guidata da Isaias Afewerki, autonominatosi Presidente a vita;
   ciò è denunciato da numerosi report di organizzazioni umanitarie come Amnesty International e Human Rights Watch;
   il regime eritreo è sotto osservazione del Consiglio dei diritti umani dell'ONU, che ha dato il via libera all'apertura di un'inchiesta sulle massicce violazioni dei diritti umani commesse dalle autorità in Eritrea;
   la risoluzione approvata in merito condanna le violazioni generalizzate e sistematiche dei diritti umani e delle libertà fondamentali, tra cui si ricordano le esecuzioni extragiudiziarie, le sparizioni forzate, le torture, le detenzioni arbitrarie e finanche le gravi restrizioni ai danni di capi religiosi, giornalisti ed attivisti in sostegno dei diritti umani;
   sempre la risoluzione approvata dall'ONU sollecita la fine del regime del servizio militare a durata indeterminata e denuncia il ricorso alla forza lungo i confini del Paese per impedire ai cittadini eritrei di lasciare il Paese;
   la risoluzione condanna anche l'uso da parte del Governo eritreo della cosiddetta «diaspora tax», ovvero una tassa del 2 per cento sul reddito estero dei cittadini eritrei non residenti nel Paese, imposta attraverso minacce ai familiari ancora residenti in Eritrea, la negazione del rilascio di passaporti, il divieto di entrare o uscire dal Paese e la confisca dei beni in Eritrea;
   in base ai rapporti dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati sono decine di migliaia i cittadini eritrei che ogni anno cercano di lasciare il Paese per sfuggire alla repressione, trovandosi fin troppo spesso ad affrontare viaggi pericolosissimi che più volte si sono trasformati in terribili tragedie, come nel caso della strage del 3 ottobre del 2013, quando persero la vita al largo di Lampedusa 366 persone, perlopiù di cittadinanza eritrea;
   il Festival ha rappresentato anche un'occasione per raccolte fondi promosse dagli organizzatori dell'evento, strettamente legato al Pdfj, il partito unico guidato da Afewerki;
   il Coordinamento Eritrea Democratica, che riunisce le organizzazioni che denunciano da tempo sia le gravi brutalità e violazioni dei diritti umani in atto nel Paese, sia le pressioni e le minacce che vengono esercitate su chi è riuscito ad uscire dal Paese affinché mantenga il silenzio su quanto avviene in Eritrea, ha deciso di promuovere negli stessi giorni della Festa organizzata dal Governo eritreo iniziative di informazione e di protesta sul territorio bolognese;
   la tensione è, come prevedibile, cresciuta nel corso dei giorni, con aggressioni a danno dei manifestanti contro il Festival;
   accettando di ospitare il Festival Bologna, città medaglia d'oro della Resistenza, ha offerto la sua immagine a sostegno di quella che è una delle dittature più sanguinarie del nostro tempo;
   appare inopportuna la concessione al regime eritreo di organizzare una manifestazione di propaganda così evidente sul suolo italiano –:
   quali misure intendano prendere per evitare che incresciosi episodi di questo tipo si ripetano in futuro, prendendo immediatamente le distanze del sanguinario regime eritreo. (4-05487)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la legge n. 62 del 2000 ha stabilito che «il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali», definite come «le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione e sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie» e, «svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap»;
   il sistema paritario è fondamentale in particolare per assicurare il raggiungimento dell'obiettivo considerato prioritario dall'ordinamento «dell'espansione dell'offerta formativa e conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita», in linea con la strategia per la crescita «Europa 2020» che prevede di raggiungere la scolarizzazione del 95 per cento dei bambini fra i 4 ed i 6 anni, un traguardo semplicemente impossibile senza l'apporto delle scuole paritarie dell'infanzia;
   a livello nazionale le scuole paritarie rappresentano il 24 per cento delle scuole italiane ed accolgono il 10 per cento della popolazione scolastica; in particolare, scuole dell'infanzia – che accolgono bambini per i quali non c’è posto nelle strutture statali – ospitano circa il 40 per cento dei bambini (642.040 nell'anno scolastico 2012/2013), con punte dal 55 al 68 per cento in alcune regioni (Lombardia, Emilia Romagna e Veneto);
   le scuole paritarie, incluse quelle comunali, ricevono complessivamente dallo Stato appena l'1 per cento delle risorse stanziate per il sistema nazionale dell'istruzione, nonostante il rilevante risparmio che dalle stesse deriva per la finanza pubblica, come riconosciuto di recente anche dall'OCSE, in una sorta di applicazione del principio di sussidiarietà al contrario, nel senso che sono esse paradossalmente ad aiutare finanziariamente lo Stato;
   negli ultimi anni la situazione è peggiorata, per la costante diminuzione dei fondi stanziati dallo Stato e per il cronico grave ritardo nell'erogarli, aggravato dalla procedura introdotta dall'articolo 2, comma 47, della legge n. 203 del 2008, nonché da ultimo dalla disposizione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 (che ha visto bloccati al Ministero dell'economia e delle finanze ben 80 dei 223 milioni di euro stanziati nella legge di stabilità 2013, disaccantonati solo in data 16 dicembre 2013, con il risultato che le scuole alla data del 31 dicembre 2013 non avevano ancora ricevuto alcunché dello stanziamento approvato dal Parlamento nella legge di stabilità 2013 fuori da patto di stabilità regionale al capitolo 1299 (complessivi 223 milioni), mentre si sono dovute far carico di anticipare le spese necessarie alla gestione del servizio pubblico erogato con la conseguenza che la maggior parte delle stesse versa ormai in una condizione di assoluta precarietà ed emergenza economico-finanziaria;
   nella legge di stabilità 2014 e nella legge di bilancio 2014-2016, nei capitoli 1299 e 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca risultano iscritti per l'anno 2014, in favore delle istituzioni scolastiche non statali, rispettivamente 220.000.000 di euro e 273.898.626 euro, con una ulteriore diminuzione rispetto all'anno 2014 pari a complessivi 8.023.366 euro; su proposta emendativa parlamentare è stata assicurata l'esclusione dal patto di stabilità regionale solo per 120 dei 220 milioni di euro stanziati nella legge stabilità per l'anno 2014, a differenza dell'esclusione totale che era stata invece disposta nella legge di stabilità per il 2013;
   nella seduta della Camera del 20 dicembre 2013 il viceministro Fassina accoglieva l'ordine del giorno 9/01865-A/114 sottoscritto dai deputati della maggioranza Rubinato, Bobba, Fioroni, Vignali, Gigli, De Mita, Ginato, De Menech, Dal Moro, Malpezzi, Santerini, Moretto, Ascani, Taricco, che impegnava il Governo:
    «a reperire e stanziare nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, in un provvedimento da presentare al Parlamento entro il primo quadrimestre del 2014, le risorse per la compensazione sui saldi di fabbisogno e indebitamento netto al fine di prevedere che, per le finalità di cui all'articolo 1, comma 13, della legge 10 marzo 2000, n. 62, la somma di 220 milioni di euro prevista all'articolo 1, comma 166, del disegno di legge di Stabilità 2014 sia allocata nel capitolo 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (contributi alle scuole paritarie comprese quelle della Valle d'Aosta) anziché nel capitolo 1299 (somme da trasferire alle regioni per il sostegno alle scuole paritarie);
    a fornire un'interpretazione circa il fatto che le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, non sono applicabili alle risorse da trasferirsi alle regioni che siano destinate alle finalità di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62;
    ad accelerare il saldo dei contributi e garantire l'effettivo trasferimento alle scuole paritarie che svolgono un servizio pubblico di tutte le risorse allo scopo stanziate dal Parlamento, comprese quelle già stanziate nel 2013»;
   ad oggi, ad anno scolastico 2013-2014 concluso, si ripresenta, tuttavia, per l'ennesima volta negli ultimi anni la situazione drammatica di sofferenza finanziaria delle scuole dell'infanzia paritarie per i gravi ritardi con i quali il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e le regioni versano i rispettivi contributi, che sono fondamentali per la loro sopravvivenza per consentire l'erogazione di un servizio pubblico fondamentale alle famiglie con bambini dai tre ai sei anni: poiché nei mesi di luglio e agosto le scuole non riscuotono le rette sono numerosi, infatti, i gestori che hanno informato il personale che non sarà possibile pagare gli stipendi dei prossimi due mesi;
   ad oggi, inoltre, permane il vincolo del patto di stabilità interno per una parte del contributo 2014 (100 milioni di euro) da assegnarsi per il tramite delle regioni, non essendo stato attuato dal Governo l'impegno di allocare tutte le risorse assegnate dal Parlamento alle scuole paritarie nel capitolo 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca anziché nel capitolo 1299;
   si prende atto delle dichiarazioni del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Stefania Giannini in una intervista su Tempi del 3 luglio 2014 sul tema delle scuole paritarie, in cui ha ribadito che i tempi sono maturi per una riforma che attui la parità applicando il costo standard, nel rispetto del principio di libertà di scelta educativa cui si ispira l'Unione europea, e ha riconosciuto la convenienza che ne deriva per il bilancio dello Stato, quantificabile in un risparmio annuo di circa 6 miliardi di euro;
   il sottosegretario Roberto Reggi al recente congresso nazionale della Fism, in data 19 giugno 2014, affermando che «non possiamo più sottrarci dall'affrontare insieme l'emergenza educativa che colpisce profondamente le nostre famiglie. È un'emergenza europea. Perciò non ha più senso dividersi in conflitti ideologici senza futuro. La legislazione deve tenere conto di un sistema misto, pubblico-privato, dove ci sono diverse voci che hanno pari dignità... Daremo stabilità, certezza di trasferimenti e risorse per garantire una programmazione costante», ha confermato la necessità che i contributi vengano tutti erogati direttamente alle scuole dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e non dalle regioni, in conformità a quanto richiesto dal predetto ordine del giorno 9/01865-A/114;
   si prende atto altresì della positiva equiparazione delle scuole paritarie che rispettano il costo standard alle scuole statali ai fini dell'esenzione dall'Imu e dalla Tasi da ultimo operata nel decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 26 giugno scorso 2014 (anche in attuazione dell'impegno assunto dal Governo rispetto all'ordine del giorno 9/1544-A/71 a firma dei deputati Rubinato, De Menech, Ginato);
   la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 50/2008, ha ricordato che le prestazioni erogate dalle scuole paritarie «ineriscono a diritti fondamentali dei destinatari», il che impone allo Stato di garantire «continuità nella erogazione delle risorse finanziarie» relative –:
    quali urgenti iniziative intendano assumere per dare seguito agli indirizzi di cui al predetto ordine del giorno 9/01865-A/114, dall'allocazione della somma di 220 milioni di euro prevista all'articolo 1, comma 260, della legge di stabilità 2014 nel capitolo 1477 dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, anziché nel capitolo 1299, alla accelerazione dell'effettivo trasferimento alle scuole paritarie che svolgono un servizio pubblico di tutte le risorse allo scopo stanziate dal Parlamento, escludendole interamente dal vincolo del patto di stabilità regionale e semplificando le procedure, al fine di scongiurare l'emergenza occupazionale, sociale e formativa conseguente alla drammatica situazione di sofferenza finanziaria in cui versano le scuole dell'infanzia paritarie a causa dei tagli degli ultimi anni e dei ritardi nell'erogazione dei contributi, da parte dello Stato e delle regioni.
(2-00627) «Rubinato, Gigli, Vignali, Fioroni, Dal Moro, Ginato, Ascani, Malpezzi, Taricco, De Menech, Rotta, Binetti, Sberna, Fauttilli, Fitzgerald Nissoli, Santerini, Piepoli, Vaccaro, Marchi, Galperti, Paola Bragantini, Palmieri, Carnevali, Miotto, Luciano Agostini, Ghizzoni, Bonomo, Benamati, De Mita, D'Ottavio, Zanin, Casellato, Sanga, Latronico, Sbrollini, Preziosi, Zardini, Mognato, Guerra, Crivellari, Narduolo».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   D'UVA, VACCA, LUIGI GALLO, MARZANA, SIMONE VALENTE, BATTELLI, BRESCIA e GRILLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, si dispone che anche per l'anno accademico 2014-2015, l'ammissione dei candidati ai corsi di laurea di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 2 agosto 1999, n. 264, previo accreditamento dei corsi stessi ai sensi del decreto ministeriale 47 del 2013, avviene a seguito di superamento di apposita prova, secondo le modalità stabilite dallo stesso decreto;
   secondo quanto previsto dall'articolo 2 del decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, la prova di ammissione ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia unica per entrambi i corsi è di contenuto identico sul territorio nazionale, assegnando 10.551 posti totali;
   nell'ambito dei posti disponibili per le immatricolazioni, sono ammessi ai corsi di laurea e di laurea magistrale i candidati secondo l'ordine decrescente del punteggio conseguito in sede di prova di ammissione;
   all'articolo 10, comma 1, del citato decreto ministeriale, si prevede che per i corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, il Cineca, sulla base del punteggio, calcolato, ai sensi del comma 3, redige una graduatoria unica nazionale per i candidati comunitari e stranieri residenti in Italia, di cui all'articolo 26 della legge n. 189 del 2002, secondo le procedure di cui all'allegato 2 dello stesso decreto;
   al comma 6 dello stesso articolo, in particolare, si dispone che «fatto salvo quanto previsto dall'allegato 2, la graduatoria dei corsi di cui agli articoli 2, 4, 5 e 6 si chiude alla data del 1o ottobre 2014», introducendo il termine ultimo entro il quale redigere la graduatoria nazionale finale dei candidati ammessi all'immatricolazione ai relativi corsi;
   l'allegato n. 2 del decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, disciplina le direttive e le procedure di riferimento per la redazione della graduatoria nazionale, nonché le modalità di scorrimento della stessa;
   a norma di quanto previsto dal punto 9, lettera a), dell'allegato n. 2, il candidato che ad ogni scorrimento di graduatoria rientri nei posti disponibili relativi alla prima preferenza utile, risulta «assegnato» e tenuto ad immatricolarsi presso la sede e il corso entro i termini stabiliti al punto 1 e, in caso di mancato rispetto dei termini, il candidato decade dal diritto all'immatricolazione e non assume rilevanza alcuna la motivazione giustificativa del ritardo;
   la successiva lettera b) dispone invece che il candidato che ad ogni scorrimento di graduatoria non rientri nei posti disponibili relativi alla prima preferenza utile, risulta «prenotato» su una scelta successiva. In tal caso il candidato può comunque immatricolarsi nella sede e nel corso nei termini stabiliti al punto 1 per coloro che lo precedono in graduatoria, ove si rendano eventualmente disponibili dei posti relativi alle preferenze migliori indicate; 
   l'allegato n. 2 del decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, prevede, inoltre, che dopo la pubblicazione degli elenchi dei candidati alle sedi da questi indicate, i candidati «assegnati» devono obbligatoriamente provvedere all'immatricolazione presso gli atenei, mentre i candidati «prenotati» hanno facoltà di non ottemperare immediatamente all'immatricolazione;
   il punto 16 dell'allegato, infine, in accordo con quanto stabilito dall'articolo 10, comma 6, del decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 85, stabilisce che «alla data del 1o ottobre 2014 tutti i candidati in posizione utile in graduatoria con lo status di assegnato o prenotato e non ancora immatricolarsi all'esito delle procedure previste dai punti 11 e 13 sono tenuti ad immatricolarsi entro il termine del 6 ottobre 2014. In caso di mancato rispetto dei termini, i candidati decadano dal diritto all'immatricolazione e non assume rilevanza alcuna la motivazione giustificata del ritardo»;
   in un articolo pubblicato in data 5 luglio 2014 dal quotidiano consultabile online «Il Fatto Quotidiano», lo scorrimento delle graduatorie, così come disciplinato dalle disposizioni richiamate, risulterebbe essere lento e non efficiente;
   secondo quanto riportato dall'articolo, infatti, risulterebbero essere numerosi gli studenti che, decidendo di non immatricolarsi, esercitano la facoltà di restare in attesa di un posto libero in un ateneo di maggior gradimento, sperando nella rinuncia di altri studenti già assegnati ovvero prenotati presso la sede preferita;
   tali distorsioni, forse non adeguatamente previste dal decreto ministeriale, essendo queste «legittimate» dalle procedure sin qui esposte e aggravate dall'eccessivo numero di preferenze esprimibili da ogni candidato, starebbero comportando un pericoloso rallentamento del sistema di assegnazione dei posti ai candidati idonei, con percentuali di soggetti assegnati assolutamente sproporzionate rispetto al numero di quelli ancora prenotati; 
   a peggiorare l'attuale situazione vi sono la cosiddette «doppie immatricolazioni», determinate dalla compresenza sia nelle graduatorie ministeriali sia in quelle di altre università private di numerosi studenti, i quali, non essendo tenuti ad alcuna scelta immediata, né a esprimere alcuna rinuncia espressa, bloccano il regolare scorrimento della graduatoria nazionale;
   anche in considerazione di quanto disposto dal punto 16 dell'allegato n. 2, che prevede la decadenza dal diritto all'immatricolazione senza possibile giustificazione del ritardo, vi è il timore che alla chiusura della graduatoria, così come prevista il 1o ottobre 2014, il numero dei posti assegnati risulti inferiore ai 10.551 attualmente previsti dal Ministero –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire e assicurare il regolare scorrimento della graduatoria nazionale per i corsi di laurea di cui all'articolo 2 del decreto ministeriale 5 febbraio 2014 impedendo, inoltre, che il numero dei posti totali da destinare alle nuove immatricolazioni venga ridotto a causa delle possibili inefficienze procedurali sin qui richiamate. (5-03201)


   PALMIERI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con l'avviso per la presentazione di Idee progettuali per smart cities and communities and social innovation di cui al decreto direttoriale prot. n. 391/Ric del 5 luglio 2012, il MIUR ha assegnato 655,5 milioni di euro (di cui 170 Meuro di contributo nella spesa e 485,5 Meuro per il credito agevolato) per interventi e per lo sviluppo di Città intelligenti su tutto il territorio nazionale;
   a quasi due anni dalla pubblicazione dell'avviso 391, sono finalmente state pubblicate a inizio febbraio 2014 le graduatorie definitive, con decreto direttoriale 13 febbraio 2014 n. 428, ultima tappa per l'avvio dei progetti;
   nella tabella allegata al provvedimento (allegato 1), che costituisce parte integrante e sostanziale dello stesso, è riportato l'elenco dei progetti ammessi alle agevolazioni, come da graduatoria approvata con decreto del capo dipartimento del 31 ottobre 2013, n. 2057, con l'indicazione degli importi aggiornati a seguito della rideterminazione dei costi progettuali effettuata dagli esperti tecnico-scientifici;
   nella medesima tabella, in ottemperanza alle disposizioni dell'articolo 7 comma dell'avviso 391/Ric nonché del D.D. del 31 ottobre 2013, n. 2057, i Progetti di innovazione sociale, di cui al D.D. n. 371 del 28 febbraio 2013 e al D.D. n. 1222 del 26 giugno 2013 sono strutturalmente e funzionalmente collegati all'interno dei progetti esecutivi, di cui costituiscono i workpackage formativi;
   dopo i provvedimenti di cui sopra, su questi progetti è ridisceso il silenzio, nella totale assenza di informazione ai destinatari da parte del MIUR;
   questi progetti sono strategici per la realizzazione dell'Italia Digitale, e coinvolgono moltissimi giovani che si domandano che fine hanno fatto i loro progetti approvati;
   nella risposta scritta del sottosegretario Angela D'Onghia (pubblicata giovedì 17 aprile 2014) all'interrogazione presentata in Commissione dallo scrivente il 19 marzo (5-02430) sullo stesso argomento «si precisa che tale attività dovrebbe concludersi entro la prima metà del mese di maggio. I Fondi previsti a copertura del bando sono ancora nella piena disponibilità del Ministero e destinati all'originaria finalità di spesa» –:
   quando saranno finalmente prodotti i decreti per avviare ciascun progetto smart cities (e per i collegati progetti di social innovation). (5-03205)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO e COSTANTINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la definizione degli importi di borsa e del limite della condizione economica aggiornati, utili alla selezione dei beneficiari delle borse di studio universitarie, è di fondamentale importanza, per consentire alle regioni di pubblicare bandi con soglie corrette. È inoltre indispensabile che gli importi di borsa e parametri vengano resi noti ben prima dell'inizio dell'anno accademico, in modo tale da consentire l'espletamento di tutti gli adempimenti burocratici e da permettere agli studenti di sapere con sufficiente anticipo sia se hanno possibilità di richiedere una borsa di studio, sia a quanto ammonterebbe l'eventuale corrispettivo;
   per l'anno 2013-2014 è stato pubblicato il decreto ministeriale n. 222 del 26 marzo 2013 – «Indicatori ISEE e ISPE e Importo minimo Borse di studio per l'a.a. 2013-2014» e le regioni hanno potuto, così, pubblicare i bandi con gli indicatori ISEE e ISPE aggiornati e gli studenti hanno preso visione con largo anticipo delle condizioni economiche necessarie ad ottenere la borsa;
   per quanto riguarda, invece, l'anno 2014-2015, non è ancora stato pubblicato alcun decreto con le soglie ISEE e ISPE aggiornate in base all'inflazione. Ma nel frattempo molte regioni hanno pubblicato i loro bandi per l'assegnazione delle borse con i vecchi valori quindi mantenendo inalterati rispetto allo scorso anno gli importi monetari delle borse e i livelli ISEE e di conseguenza più bassi di come in presenza del decreto ministeriale sarebbero stati;
   la diretta conseguenza di questo mancato adempimento ministeriale consiste nell'assegnazione di una borsa più povera, non adeguata al costo della vita, e nella restrizione della platea di idonei all'ottenimento della stessa non essendo stato aggiornato l'ISEE all'inflazione. Sono ben note, purtroppo, la già difficile situazione del diritto allo studio in Italia e la difficoltà con cui gli studenti universitari possono accedere ad una borsa di studio, considerando il fenomeno degli idonei non beneficiari e la disponibilità di risorse allocate, non sufficiente a garantire il diritto alla borsa per tutti gli idonei. Questa ulteriore mancanza non fa altro che restringere ancora la portata e l'esigibilità di un diritto fondamentale –:
   se e quando il Ministro intenda porre rimedio ad una situazione che complica ulteriormente la situazione degli studenti;
   se non ritenga doveroso assumere ogni iniziativa di competenza, per adeguare le soglie ISEE e ISPE e gli importi delle borse ai livelli richiesti dall'adeguamento ISTAT per l'anno in corso, anche al fine di consentire l'aggiornamento dei bandi regionali. (4-05486)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LENZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è apparsa sulle pagine di Bologna del giornale Repubblica la notizia della denuncia presentata da undici operaie in merito alle condizioni lavorative alle quali sono sottoposte nei capannoni dell'interporto di Bologna, nei quali l'azienda Yoox, impero dello shopping online, ha appaltato alla cooperativa MrJob il lavoro di confezionamento per la spedizione di scarpe e vestiti;
   la lunga denuncia delle operaie è stata compilata dall'avvocato Marina Prosperi e depositata il 17 giugno 2014; la procura di Bologna ha aperto un fascicolo e almeno uno dei denunciati sarebbe stato interrogato dai carabinieri;
   secondo quanto riportato dai media, si tratta di una lunga serie di molestie lavorative e di un caso di molestia sessuale vera e propria, in una situazione che dura dal 2011 in totale mancanza di tutele e con le operaie costrette a mantenere livelli di produttività impossibili;
   le ragazze, tutte di origine straniera, hanno raccontato le continue avance umilianti subite da un caporeparto e gli insulti e le punizioni a cui quelle che si mostrano poco produttive sono sottoposte, solitamente il riposo forzato e qualche settimana senza lavoro e senza stipendio tanto che per lo stress e l'ansia molte di loro si sono ammalate o hanno dovuto chiedere qualche giorno di riposo –:
   se l'ispettorato del lavoro territorialmente competente sia intervenuto in merito e quali iniziative il Governo intenda adottare per evitare il ripetersi di questa deprecabile condizione. (5-03208)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da mesi è allarme risorse per gli ammortizzatori sociali e giorni fa il Ministro interrogato in dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa, ha confermato che è emergenza perché manca all'appello 1 miliardo per rifinanziare la cassa integrazione in deroga dal momento che «nel 2014 abbiamo dovuto utilizzare quelle stanziate per finanziare la cassa in deroga del 2013 che altrimenti sarebbe stata scoperta»;
   solo in Piemonte sono 35 mila i lavoratori interessati dal rifinanziamento, di cui 2.500 a Biella;
   l'operato del Governo appare all'interrogante alquanto privo di coerenza, visto che da un lato riconosce l'emergenza e la necessità di risorse per la cassa integrazione in deroga, vitale sostegno per migliaia di lavoratori e, dall'altro, reperisce le necessarie risorse per la cosiddetta «sesta salvaguardia» dei lavoratori esodati – categoria altrettanto bisognosa di tutele – intaccando proprio gli stanziamenti destinati agli ammortizzatori –:
   se il Governo non ritenga doveroso addivenire in tempi rapidi ad una soluzione della problematica esposta in premessa, al fine di garantire la tutela ed il sostegno al reddito di migliaia di lavoratori a rischio di licenziamento in assenza di rifinanziamento;
   se non ritenga di dover reperire le necessarie risorse attraverso l'attuazione di ulteriori misure di spending review.
(4-05476)


   NICOLA BIANCHI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI, CRISTIAN IANNUZZI, DE LORENZIS e SPESSOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la compagnia aerea Meridiana fly spa, con due distinte procedure, a decorrere dal mese di settembre del 2011, ha collocato in cassa integrazione guadagni straordinaria integrata dal FSTA (fondo speciale di sostegno del reddito e dell'occupazione e per la riqualificazione dei lavoratori addetti al settore del trasporto aereo) 1350 lavoratori appartenenti alle categorie del personale di terra, degli assistenti di volo e dei piloti, oltre ai dipendenti della società controllata Meridiana Maintenance spa, ponendo alla base dell'attivazione dei suddetti ammortizzatori sociali, tra le altre, le seguenti motivazioni:
    a) crisi economica in corso, che avrebbe determinato una riduzione dei passeggeri;
    b) concorrenza sleale delle compagnie low cost straniere avvantaggiate dalle politiche di co-marketing da cui discendono imponenti flussi di denaro pubblico, erogati a loro beneficio dagli enti territoriali nei quali sono situati gli aeroporti italiani in cui operano tali compagnie;
    c) forte riduzione degli oneri fiscali e previdenziali per le compagnie low cost derivante dall'assoggettamento delle stesse ai regimi fiscali/previdenziali dei Paesi in cui hanno sede legale, nonostante le stesse operino con equipaggi, aeromobili e strutture stabilmente ubicati in Italia, con un conseguente minor costo del lavoro rispetto alle compagnie italiane;
   per i lavoratori di Meridiana fly la cassa integrazione guadagni straordinaria terminerà nel giugno 2015 e la compagnia aerea ha già annunciato che darà corso, a partire da quella data, a licenziamenti collettivi che riguarderanno una platea di 1.200 lavoratori di tutte le categorie;
   la maggiore causa degli esuberi del personale risulta essere, ad avviso degli interroganti, il «travaso» di numerosissime attività da Meridiana fly verso altri vettori. Meridiana fly spa, infatti, sta facendo volare su molte rotte del proprio network, oltre ad aeromobili ed equipaggi della società Air Italy, controllata dalla holding Meridiana spa, anche mezzi e personale di altre società, in particolare dell'est europeo, tra le quali Blue Air (rumena) e Air Explore (slovacca). Con le suddette società sono stati infatti definiti da Meridiana fly contratti di wet lease, vale a dire noleggio con equipaggio;
   Meridiana fly, inoltre, non ha partecipato ad avviso degli interroganti inspiegabilmente alla gara sulla continuità territoriale 1 da e per la Sardegna, che avrebbe permesso a un terzo dei dipendenti totali in esubero di continuare a lavorare;
   la società non pare mostrare particolare interesse neanche nei confronti dell'imminente bando della regione autonoma della Sardegna sulla continuità territoriale 2, che riguarderà i collegamenti aerei dagli aeroporti di Olbia e Cagliari verso quelli delle città di Torino, Verona, Bologna, Firenze, Napoli e Palermo. Risulta pertanto evidente che da un'eventuale rinuncia alla partecipazione anche a questa seconda tranche dell'importante appalto deriverebbero altre eccedenze di personale con conseguenze disastrose per la storica azienda italiana;
   rispetto al principale canale di vendita della compagnia, il call center, constano agli interroganti casi nei quali l'attesa dei clienti supera i venti minuti con costi a carico dei passeggeri;
   la causa della gran parte degli esuberi non sembra quindi ascrivibile a carenza di domanda da parte del mercato italiano, ma a quella che agli interroganti appare una deliberata scelta aziendale di «svuotamento» di Meridiana fly a beneficio di altri vettori, propri e stranieri, con addebito dei costi del proprio personale a carico dell'INPS e del FSTA;
   i lavoratori licenziati, molti dei quali residenti in Sardegna, si andranno ad aggiungere, infine, ai numerosissimi disoccupati della regione, aggravando un'emergenza occupazionale nel territorio già di per sé drammatica –:
   se il Ministro interrogato, alla luce degli elementi esposti in premessa, non ritenga opportuno assumere iniziative al fine di impedire che gli esuberi di Meridiana siano deliberatamente accresciuti in conseguenza della deprecabile prassi aziendale di spostamento di attività di volo in altre aziende, anche esterne al perimetro del gruppo, oltretutto in costanza di fruizione degli ammortizzatori sociali per il proprio personale. (4-05482)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MANZI e SCUVERA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   alla signora C., neomamma, qualche mese fa è stato diagnosticato un tumore della mammella particolarmente aggressivo, conosciuto in ambito medico con il nome di HER2;
   studi clinici hanno dimostrato che questo tipo di carcinoma presenta caratteristiche differenti dagli altri tumori mammari: una progressione più rapida della malattia; un'età di insorgenza più precoce, poiché sono colpite in larga misura anche le donne in età fertile tra i 30 ed i 45 anni; una risposta ai trattamenti chemioterapici differente; 
   sottoposta più volte ad esami specifici, che purtroppo hanno confermato la diagnosi iniziale, la paziente è stata invitata a rivolgersi ad una struttura ad hoc per effettuare dei cicli di chemioterapia e procedere poi con l'asportazione della mammella;
   il 14 marzo 2014 la signora C. ha iniziato la chemioterapia a base di pertuzumab – trastuzumab anticorpi monoclonali e docetaxel;
   il pertuzumab costituisce un avanzamento importante nella possibilità di cura delle donne con malattia sia in fase precoce che metastatica, in quanto si tratta di un farmaco innovativo e funzionale, in gergo detto «salva vita», che inibisce la crescita cellulare e induce la morte delle cellule tumorali, migliorando nettamente l'attività terapeutica già ottimale del trastuzumab;
   tale farmaco è però a pagamento e non a carico del servizio sanitario nazionale, poiché la commissione dell'AIFA non ne ha ancora definito il prezzo a livello nazionale;
   il «decreto Balduzzi» prevede infatti la libera vendita dei farmaci anche prima del termine della contrattazione tra l'Agenzia del farmaco (Aifa) e le aziende produttrici sul prezzo del rimborso;
   nonostante già il Governo Letta, prendendo coscienza del problema, abbia assunto, a luglio 2013, un'iniziativa che prevede un iter accelerato per i farmaci antitumorali, stabilendo che l'Aifa avrà solamente 100 giorni per contrattare il rimborso con le case farmaceutiche, al termine dei quali i farmaci dovranno essere inseriti nel prontuario nazionale, ad oggi il pertuzumab risulta essere ancora a carico dei pazienti;
   la signora C. fino ad ora ha quindi dovuto pagare 6.000 euro per il primo ciclo di chemioterapie e ad ogni ciclo successivo, ogni tre settimane, 3.000 euro, ma trattandosi di una terapia a base di anticorpi dovrà continuare fino a data da destinarsi, con il rischio di pagare una cifra esorbitante per poter guarire –:
   se il Ministro interrogato ritenga opportuno assumere iniziative per garantire in tempi rapidi la disponibilità a carico del servizio sanitario nazionale di speciali categorie di farmaci, per evitare che tante persone, non potendo accollarsi una spesa così onerosa, debbano rinunciare a curarsi e nella convinzione che le cure contro il cancro, così come di ogni malattia grave, siano un diritto di tutti, non solo di chi si può permettere di pagarle. (5-03204)


   VACCA, DEL GROSSO, COLLETTI, TERZONI, MANNINO, SEGONI, DAGA, ZOLEZZI, DE ROSA e BUSTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 giugno 2011 è stata presentata, dalla società Gas Plus Storage srl una istanza di pronuncia di compatibilità ambientale relativa al progetto riguardante lo «Stoccaggio di gas naturale in giacimento di idrocarburi da denominarsi Poggiofiorito Stoccaggio» con attività da realizzarsi nel comune di San Martino sulla Maruccina (Chieti) a meno di 20 chilometri dalla città di Chieti;
   il progetto prevede anche la costruzione di una nuova unità di compressione per consentire lo stoccaggio di gas naturale prelevato dalla rete nazionale di capacità di working gas pari a 157 MSm3 e portata di punta in erogazione ed in iniezione pari a 1,7 MSm3/g mediante la costruzione di una unità di compressione e di una unità di trattamento del gas, la perforazione di 2 nuovi pozzi ed il work-over del pozzo esistente «Poggiofiorito 1-bis dir A»;
   in data 4 agosto 2010 è stata presentata, dalla società Gas Plus Storage srl una istanza di pronuncia di compatibilità ambientale relativa al progetto riguardante lo «Stoccaggio gas naturale in strato denominato San Benedetto Stoccaggio» con attività da realizzarsi nel comune di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), al confine tra la regione Marche e la regione Abruzzo;
   il progetto prevede la realizzazione della centrale di stoccaggio gas di capacità di working gas pari a 522 MSm3 e portata di punta in erogazione ed in iniezione pari a 5,94 MSm3/g, mediante la costruzione di una unità di compressione e di una unità di trattamento, la perforazione di 6 pozzi per lo stoccaggio del gas e la posa in opera di un metanodotto per la connessione della Centrale di stoccaggio alla rete di alta pressione;
   lo stoccaggio consiste nel deposito, attraverso l'immissione a elevate pressioni, in strutture del sottosuolo del gas naturale prelevato dalla rete di trasporto nazionale e successivamente reimmesso nella rete in funzione delle richieste del mercato;
   con il decreto di valutazione di impatto ambientale del 19 giugno 2014 n. DM-0000165 è stata emanata una risposta positiva, con prescrizioni, all'istanza Poggiofiorito stoccaggio;
   con il decreto di valutazione di impatto ambientale del 19 giugno 2014 n. DM-0000165 è stata emanata una risposta positiva, con prescrizioni, all'istanza San Benedetto stoccaggio;
   una delle prescrizioni dei decreti di valutazione di impatto ambientale citati, prevede il progetto di una rete di monitoraggio microsismico a spese del proponente in grado di determinare la massima accelerazione del suolo provocata da un terremoto riconducibile all'attività di stoccaggio;
   tra le prescrizioni dei decreti si specifica che, qualora la micro sismicità riconducibile alle attività di esercizio dello stoccaggio eguagli o superi la magnitudo locale di 3.0, dovranno essere adottati dal soggetto gestore responsabile tutti gli accorgimenti opportuni atti a riportare la magnitudo locale massima dei sismi a valori inferiori a 2.0;
   non si può escludere che l'attività di estrazione e immissione del gas nel serbatoio non possa influire sulla stabilità delle faglie presenti nell'area interessata;
   la sismicità indotta e innescata dalle attività umane è un campo di studio in rapido sviluppo, ma lo stato attuale delle conoscenze, e in particolare la mancanza di esperienza in Italia, non premette la elaborazione di protocolli di azione che possano essere di uso immediato per la gestione del rischio sismico;
   non risulta esistente una rete di monitoraggio micro-sismico che può fornire indicazioni sulla attività delle faglie e la deformazione del suolo, sui meccanismi di sorgente e sulle pressioni di poro che possono essere utili alla caratterizzazione delle zone sismo geniche;
   le prescrizioni prevedono un monitoraggio sismico della durata di almeno un anno consecutivo prima dell'avvio delle attività di stoccaggio al fine di determinare la micro sismicità locale ante-operam ma non prevede alcuno studio che possa dare indicazioni sulla attività delle faglie e sui meccanismi di sorgente che possono essere utili alla caratterizzazione delle zone sismo geniche;
   il comune di San Martino sulla Marruccina è classificato in zona sismica 1, cioè quella più pericolosa, mentre il comune di Chieti (52 mila abitanti) è classificata in zona sismica 2 –:
   sulla base di quali presupposti il Ministro possa emanare un decreto che consente attività produttive fortemente impattanti sul territorio, in assenza di dati scientifici che consentono la valutazione completa del rischio, ad avviso degli interroganti, ignorando, di fatto, il principio di precauzione nei confronti della salute umana, animale e per la protezione dell'ambiente;
   quali siano, secondo il Ministro, «gli accorgimenti opportuni atti a riportare la magnitudo locale massima dei sismi a valori inferiori a 2.0», qualora la magnitudo locale superi il valore di 3,0. (5-03206)

Interrogazione a risposta scritta:


   COLONNESE, SILVIA GIORDANO e LUIGI GALLO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   risulta agli interroganti che è in atto il progressivo smantellamento dell'ospedale San Gennaro dei Poveri di Napoli con dismissione di alcuni reparti fra cui quella di ostetricia e ginecologia del pronto soccorso, non garantendo di fatto il diritto alla salute alla popolazione del quartiere Sanità;
   l'ospedale di San Gennaro è una struttura ospedaliera di interesse storico-artistico del capoluogo campano situata nel centro storico e in particolare nel rione Sanità, risalente al XVI secolo. Nel XV secolo consisteva in un lazzaretto per malati contagiosi poi ampliato nel 1656 dopo l'epidemia di peste che investì l'Europa. Oggi la struttura rappresenta un importante punto di riferimento sanitario per il territorio e per il centro di Napoli;
   nel 2009 per l'apertura del reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale San Gennaro, furono spesi circa tre milioni e mezzo di euro, eppure, come già accaduto per quello di rianimazione per il quale oltretutto non è mai stato eseguito un collaudo, le moderne attrezzature acquistate non sono mai state utilizzate;
   la realizzazione dell'ospedale del Mare nel quartiere Ponticelli è al centro di un piano regionale di riorganizzazione delle strutture sanitarie che nel prefigurato obiettivo di accorpamento dei presidi ospedalieri San Gennaro, Loreto Mare, Incurabili e Ascalesi, ha già innescato il progressivo smantellamento di diversi reparti presso i cinque ospedali. Tuttavia i tempi di programmazione del nosocomio, condizionati ulteriormente dalla chiusura del cantiere nel 2010 a seguito di un'inchiesta per difformità fra lavori eseguiti e la preliminare progettazione e che vide coinvolte 12 persone fra dirigenti Asl e amministratori delle ditte concessionarie, non sembrano garantire un'adeguata assistenza sanitaria ai cittadini napoletani;
   l'investimento totale previsto attualmente per la costruzione dell'ospedale del Mare, indicata dal sindaco di Napoli, Luigi de Magistris e dal presidente della regione Campania, Stefano Caldoro, come un'opera fondamentale in vista della città metropolitana, supera i 400 milioni di euro e risulta interamente a carico dell'erario pubblico, senza investimento privato;
   nel 2013, a seguito della nuova riperimetrazione del rischio vulcanico stabilita dalla protezione civile, il nosocomio di Ponticelli, sito a poco più di 7 chilometri dal Vesuvio, rientra oggi nella zona rossa, tecnicamente la zona considerata più a rischio nel caso di eruzione vulcanica –:
   se e quali osservazioni siano state fatte sulle decisioni di riorganizzazione della rete sanitaria in Campania da parte dei rappresentanti dei Ministri interrogati in sede di monitoraggio del piano di rientro della regione Campania con particolare riferimento a quanto descritto in premessa. (4-05484)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRIPPA e VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   durante la seduta n. 98 della Commissione attività produttive della Camera dei deputati, in data 16 ottobre 2013, il sottoscritto ha presentato un'interrogazione a risposta immediata, sottoscritta anche dai deputati Fantinati, Vallascas, Prodani, Petraroli, Mucci, Da Villa e Della Valle, in cui veniva richiesto al Ministro interrogato quali iniziative intendesse adottare affinché venisse colmata la lacuna normativa riguardante i controlli metrologici dei contatori elettrici;
   sempre in data 16 ottobre 2013 è intervenuto per rispondere alla interrogazione il sottosegretario pro tempore Claudio De Vincenti, in rappresentanza del Ministero dello sviluppo economico (MISE);
   nella risposta alla citata interrogazione si può leggere, fra le altre cose, che «[...] per i contatori elettrici, il tavolo deputato ad effettuare la relativa valutazione dell'impatto della regolamentazione, ha già effettuato l'esame della prima stesura del decreto relativo»;
   da conversazioni avute con alcuni soggetti interessati, si è venuti a conoscenza che diversi mesi fa sono stati convocati per partecipare al sopracitato tavolo i maggiori stakeholder del settore e che i lavori siano nel frattempo arrivati alla conclusione;
   in merito si riporta che in data 4 febbraio 2014 l'associazione CODICI – CENTRO PER I DIRITTI DEL CITTADINO ha ricevuto dal Ministero dello sviluppo economico una prima bozza del decreto attuativo sopracitato, accompagnato da un'invito a far pervenire al Ministero le osservazioni del caso sullo stesso;
   risulterebbe agli interrogati che lo schema interministeriale relativo ai controlli metrologici nei contatori sarebbe stato predisposto dalla direzione generale competente e sarebbe attualmente al vaglio dell'ufficio di gabinetto;
   parrebbe inoltre che al momento il già citato schema di decreto interministeriale (frutto dei lavori del tavolo sopracitato) di adozione del regolamento concernente i criteri per l'esecuzione dei controlli metrologici successivi sui contatori di energia elettrica attiva, ai sensi del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 22, attuativo della direttiva 2004/22/CE (MID) sia al vaglio della Commissione europea –:
   se il Ministro interrogato possa confermare tali indiscrezioni;
   se possa fornire alla Camera copia dello schema di decreto inviato alla Commissione europea;
   se possa fornire le tempistiche o perlomeno aggiornare gli interroganti circa la data entro cui tale decreto entrerà in vigore. (5-03209)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARRESCIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, all'articolo 1 prevede che «Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento»;
   l'articolo 17 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, prevede che le società e le imprese, nella relativa dichiarazione dei redditi, debbano indicare il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione e la categoria di appartenenza, ai fini della verifica del pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo speciale;
    si assiste alla ennesima ripresa di una massiccia campagna condotta dalla Rai nei confronti delle imprese, iniziata successivamente all'entrata in vigore dell'articolo 17, con cui la concessionaria pubblica esige il pagamento del canone speciale per la detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive al di fuori dall'ambito familiare, indipendentemente dall'uso al quale gli stessi vengono adibiti, ivi compresi gli impianti di videosorveglianza;
   con nota del 22 febbraio 2012 il dipartimento delle comunicazioni ha precisato che cosa debba intendersi per «apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni» ai fini dell'insorgere dell'obbligo di pagare il canone radiotelevisivo ai sensi della normativa vigente; 
   la cifra da versare, a seconda della tipologia dell'impresa, può variare da un minimo di 200 ad un massimo di 6.000 euro all'anno;
   la martellante campagna di richieste indiscriminate e reiterate più volte nei confronti delle imprese – non riferite alla circostanza oggettiva del possesso di un apparecchio per cui è dovuto il pagamento del canone speciale, ma basate su una mera presunzione – assume ad avviso dell'interrogante quasi caratteristiche persecutorie –:
   se il Governo ritenga opportuno intervenire, anche attraverso la promozione di una specifica modifica normativa, per stabilire definitivamente ed in modo inequivocabile che non sono tenuti al pagamento del canone di abbonamento speciale di cui agli articoli 1 e 27 del regio decreto-legge del 21 febbraio 1938, n. 246 e dall'articolo 2 del decreto-legge Lt. 21 dicembre 1944, n. 458, coloro che detengono uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive in esercizi pubblici, in locali aperti al pubblico o comunque fuori dell'ambito familiare che siano utilizzati per scopi strettamente connessi alle attività lavorative, di impresa o professionali e comunque diversi dall'intrattenimento, ovvero che non rientra nell'obbligo del pagamento del canone l'occasionale fruizione di trasmissioni radiotelevisive attraverso detti apparecchi. (4-05468)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 2 luglio 2014, si sono svolte le assemblee del CMP di Firenze, nei tre turni sono stati consultati 277 lavoratori. Dal verbale dell'incontro, emerge che 273 lavoratori hanno votato per l'apertura del conflitto di lavoro sui seguenti punti:
    a) non rispetto degli accordi previsti per la sperimentazione sui nuovi orari;
    b) macchinari a fine ammortamento non adatti alla produzione, inadeguata e insufficiente manutenzione che determinano un aumento dei carichi di lavoro, orari improponibili fattori che aumentano i rischi sulla salute e sicurezza;
    c) carenza di personale;
    d) un'organizzazione del lavoro frammentaria e caotica che riduce la produttività aumentando le fatiche;
    e) appalti poco trasparenti e insufficienti che ricadono sulla produttività aumentando le fatiche a discapito della qualità del lavoro;
    f) scarsa igiene dei luoghi di lavoro e soprattutto dei servizi igienici;
    g) l'instaurazione di un autoritarismo fatto di repressione e minacce allo scopo di mascherare le carenze organizzative, di strumenti e di macchinari;
    h) pertanto le rappresentanze sindacali unitarie del CMP di Firenze chiedono formalmente alle segreterie provinciali l'apertura della vertenza lavorativa;
   la situazione critica dei CMP è stata, già da tempo, evidenziata al Ministro interrogato –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano attuare in relazione alla situazione evidenziata. (4-05478)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Santerini e altri n. 1-00512, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 giugno 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Antimo Cesaro.

  La mozione Bergamini e altri n. 1-00524, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Polidori.

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Cimbro e altri n. 2-00621, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Di Gioia, Pastorelli.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Murer e altri n. 5-03146, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Malisani, Bini, Villecco Calipari.

  L'interrogazione a risposta in Commissione De Menech n. 5-03164, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Borghi, Carnevali.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Spessotto n. 1-00531, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 260 del 9 luglio 2014.

   La Camera,
   premesso che:
    nel corso della seduta dell'8 novembre 2013, il Comitato Interministeriale per la programmazione economica – CIPE – ha approvato, con prescrizioni, il progetto preliminare del corridoio di viabilità autostradale dorsale Civitavecchia-Orte-Mestre, relativo alla tratta E45-E55 Orte-Mestre;
    tale opera è ricompresa nell'elenco delle infrastrutture strategiche di cui alla delibera CIPE del 21 dicembre 2001 n. 121, in conformità a quanto previsto dalla «legge obiettivo» (legge n. 443 del 2001), e automaticamente inserita nel piano generale dei trasporti e della logistica (PGTL), approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo del 2001;
    come noto, il soggetto promotore del progetto autostradale risulta essere, insieme ad ANAS s.p.a., una cordata di imprese e di banche, capeggiata dalla società GEFIP Holding, di proprietà dell'ex europarlamentare Vito Bonsignore, e formata da Banca Carige S.p.A., Efibanca S.p.A., Egis Projects S.A., ILI Autostrada S.p.A., MEC S.r.L., Scetaroute S.A., Technip Italy S.p.A. e Transroute International S.A.;
    l'autostrada Orte-Mestre, costituisce una delle opere più grandi e impattanti previste nella legge obiettivo: copre una tratta di circa 396 chilometri, attraverso cinque regioni (Lazio, Umbria, Toscana, Emilia Romagna e Veneto), 11 province e 48 comuni e necessita di 139 chilometri di ponti e viadotti, 64 chilometri di gallerie, 20 cavalcavia, 226 sottovia, 83 svincoli, 2 barriere di esazione e 15 aree di servizio;
    il progetto prevede la realizzazione ex novo di una autostrada a quattro corsie nel tratto Ravenna-Mestre e l'adeguamento con varianti della superstrada E-45;
    l'investimento complessivo previsto per la realizzazione dell'opera, è stimato in quasi 10 miliardi di euro, circa 2 miliardi e 600 milioni in più di quelli inizialmente preventivati dal CIPE;
    tale infrastruttura, che presenta un prospetto finanziario a lunghissimo termine, sarà affidata in concessione per 50 anni e verrà realizzata integralmente in regime di project financing; la società che si aggiudicherà l'appalto e la concessione dell'opera potrà inoltre beneficiare dell'applicazione della normativa per la defiscalizzazione delle opere di project financing, ai sensi della legge n. 183 del 2011, con un credito di imposta, quantificabile in circa 2 miliardi di euro, riconosciuto su Ires, Irap e Iva e valido per 15-20 anni;
    i rimanenti 8 miliardi di euro necessari per realizzare l'opera dovrebbero essere anticipati dalla stessa società privata utilizzando il sistema di project financing e di project bond, fatto salvo il sostegno pubblico, qualora le condizioni pattuite in sede di convenzione sulla base del piano economico e finanziario dovessero venire meno (ad esempio, livelli di traffico insufficienti);
    la realizzazione dell'infrastruttura in regime di project financing comporterà inevitabilmente l'introduzione di un pedaggio dell'arteria, considerata la natura dell'investimento da parte dei privati e considerate le modalità scelte per il ritorno del suddetto investimento;
    il tracciato della nuova autostrada interferisce con importanti zone di interesse storico, paesaggistico ed ambientale come, per esempio, il parco delle foreste casentinesi, la valle del Tevere, il delta del Po, le valli del Mezzano, la laguna di Venezia, la zona archeologica nei dintorni di Lova, la Riviera del Brenta;
    solo nel tratto emiliano-veneto il consumo suolo sarebbe stimato in 3.300.000 metri quadrati di terreno, per la quasi totalità agricolo ed il tracciato autostradale andrebbe ad interessare 11.000 ettari di siti di interesse comunitario (SIC), 5800 zone a protezione speciale (ZPS), e 8300 ettari di parchi regionali;
    come confermato dalla Commissione europea, il corridoio autostradale Civitavecchia-Orte-Mestre non è ricompreso tra i corridoi infrastrutturali e intermodali considerati strategici per lo sviluppo delle vie di comunicazione in Europa ed è considerato solo come intervento secondario complementare allo sviluppo delle reti TEN-T;
    la strada statale 309 Romea, la cui gestione è in capo alla società ANAS s.p.a., è stata classificata, come riportato dai rilevamenti statistici dell'ACI e dell'ISTAT, come una delle strade più pericolose d'Italia, secondo i parametri relativi al numero di incidenti stradali per chilometro e al numero di decessi per incidente;
    Governo, regione Veneto e ANAS s.p.a. demandano la risoluzione del problema legato alla insicurezza dell'arteria strada statale 309, alla realizzazione della nuova autostrada Orte-Mestre, parallela all'attuale Romea commerciale, ma il progetto preliminare approvato dal CIPE non contiene alcun provvedimento significativo diretto alla riqualificazione e messa in sicurezza della strada statale 309 Romea;
    inoltre, gli attuali flussi di traffico e le stime di quelli futuri che interesseranno la nuova autostrada Orte-Mestre non giustificano assolutamente la costruzione di una nuova tratta autostradale di questa portata: stando a quanto riportato da associazioni e comitati, i dati del traffico commerciale che interessa la Romea sarebbero infatti crollati dal 2008 del circa 30 per cento;
    la strada statale 309 Romea registrerebbe attualmente livelli di traffico bassissimi (circa 15-18 mila veicoli al giorno), inferiori a quelli della SR11 Brentana e quindi considerati tali da non poter giustificare la costruzione di un nuovo tracciato autostradale di circa 400 chilometri le cui previsioni dei flussi di traffico sarebbero, alla luce di questi dati, inattendibili e sovrastimati,

impegna il Governo:

   a fronte delle gravi ripercussioni che la realizzazione della nuova autostrada comporterebbe in termini di consumo di suolo, aumento dell'inquinamento atmosferico ed acustico, aumento del rischio idrogeologico, danni al settore agricolo e turistico, e dall'insussistenza di stime di traffico utili a giustificarla, ad assumere iniziative per il ritiro del progetto preliminare del corridoio di viabilità autostradale dorsale Civitavecchia-Orte-Mestre – Tratta E45-E55 (Orte-Mestre);
   ad assumere iniziative per avviare, in tempi rapidi, un programma di interventi urgente per la messa in sicurezza del tracciato dell'attuale strada statale 309 Romea e della superstrada E-45 finalizzato alla riqualificazione e al potenziamento delle infrastrutture esistenti, al fine di migliorare la viabilità e la sicurezza su queste arterie;
   ad aprire un tavolo di confronto, con le associazioni, i comitati, tutte le amministrazioni locali interessate dal tracciato, le associazioni di categoria, al fine di raccogliere debitamente le loro istanze ed individuare alternative più sostenibili dal punto di vista ambientale, economiche ed efficaci rispetto alla realizzazione della nuova autostrada, sia sul breve che sul medio-lungo periodo.
(1-00531)
«Spessotto, Vignaroli, Colonnese, Nesci, Cozzolino, Lorefice, Silvia Giordano, Dall'Osso, Dadone, Castelli, Dieni, Grande, Di Battista, Manlio Di Stefano, Sibilia, Di Benedetto, Brescia, Nicola Bianchi, Paolo Nicolò Romano, Liuzzi, Dell'Orco, Brugnerotto, Mannino, Terzoni, Segoni, Daga, Busto, De Rosa, Zolezzi, D'Uva, Artini, Frusone, Corda, Basilio, Alberti, Pesco, Cancelleri, Villarosa, D'Incà, Businarolo, D'Ambrosio, Colletti, Baldassarre, Chimienti, Cominardi, Bechis, Tripiedi, Ciprini, Rizzetto, Da Villa, Gallinella, Lupo, Benedetti, Mucci, Gagnarli».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Fauttilli n. 2-00592 del 24 giugno 2014;
   interrogazione a risposta in Commissione Rubinato n. 5-03200 del 9 luglio 2014.