Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 12 giugno 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    dal 2 al 3 maggio 2014 la regione Marche – in particolare i territori delle province di Ancona, Pesaro Urbino e Macerata – è stata interessata da eccezionali eventi meteorologici che hanno provocato esondazioni di diversi corsi d'acqua, allagamenti in aree urbane ed extraurbane, frane, interruzioni stradali e ferroviarie, soprattutto nella porzione collinare e costiera del territorio;
    la giornata più critica è stata quella del 3 maggio, soprattutto per Senigallia (Ancona), dove, a causa dell'esondazione del fiume Misa, si sono registrate tre vittime;
    altre situazioni di forte criticità hanno riguardato larga parte delle altre province a causa delle piene dei fiumi Triponzio, nel territorio di Chiaravalle, Cesano, Musono, Aspio (in provincia di Ancona), Metauro e Foglia (in provincia di Pesaro-Urbino);
    l'alluvione ha provocato ingenti danni ad abitazioni, attività produttive e commerciali, agricoltura ed alle strutture ricettive, proprio alle porte della stagione turistica, motore economico per molti dei comuni interessati;
    altrettanto gravi i danni strutturali come il collasso del sistema idrogeologico e idraulico, la viabilità compromessa in diversi punti, oltre a danni alla rete elettrica e telefonica;
    desta inoltre allarme la gestione e lo stoccaggio dei rifiuti causati dall'alluvione;
    le avverse condizioni climatiche, sempre più frequenti, stanno mettendo a dura prova la tenuta idrogeologica di diverse aree del nostro territorio. Situazione che richiederebbe un deciso intervento strutturale per la messa in sicurezza del territorio;
    nell'immediato si rende necessario un intervento di messa in sicurezza e di ripristino e ristorazione, dei danni per le aree della regione Marche più gravemente colpite dall'ultima alluvione del 2 e 3 maggio;
    il 26 maggio 2014 la giunta della regione Marche ha sollecitato il Governo a deliberare lo stato di emergenza per i territori colpiti. Una richiesta peraltro già inoltrata sempre al Governo con nota del 5 maggio 2014, subito dopo quindi l'eccezionale ondata di maltempo, al fine di poter conseguentemente avviare i procedimenti utili, anche sotto il profilo fiscale e tributario, per assicurare interventi a favore delle famiglie e delle imprese fortemente danneggiate;
    è indispensabile un intervento straordinario per la riparazione dei danni e per consentire un regolare svolgimento della stagione turistica, che rappresenta una delle principali fonti economiche per molti dei comuni colpiti dal maltempo, nonché il ripristino di condizioni che consentano il ritorno alla normalità per le famiglie e le imprese colpite dall'alluvione;
    è peraltro urgente che il Governo e la regione Marche, d'intesa con gli enti locali e le associazioni di categoria, affrontino la situazione nel suo complesso, individuando le azioni necessarie;
    il presidente della regione Marche ha stimato l'ammontare dei danni delle zone colpite in 366 milioni di euro,

impegna il Governo:

   a deliberare lo stato di emergenza per i territori dei comuni delle Marche colpiti dagli eventi alluvionali del 2 e 3 maggio 2014;
   ad assumere conseguentemente le necessarie iniziative normative al fine di consentire l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese sostenute, a valere su risorse proprie o su donazioni di terzi, dai comuni interessati dalla deliberazione dello stato di emergenza;
   ad assumere iniziative per sospendere i termini per gli adempimenti e per i versamenti dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, nonché per pervenire all'eventuale sospensione del pagamento delle rate di adempimenti contrattuali, compresi mutui e prestiti, per i soggetti che hanno subito danni riconducibili ai suddetti eventi calamitosi, prevedendo che il pagamento dei suddetti adempimenti dopo la sospensione dei termini, sia effettuato con rateizzazioni e senza applicazione di sanzioni e interessi;
   ad attivarsi al fine di prevedere la possibilità (anche mediante protocollo d'intesa con TABI) di accedere a finanziamenti agevolati assistiti dalla garanzia dello Stato per il pagamento dei tributi, dei contributi e premi da effettuare dopo la sospensione dei termini;
   ad assumere iniziative per prevedere, in raccordo con la regione e gli enti locali interessati, e d'intesa con le associazioni di categoria, la concessione di contributi per la riparazione, il ripristino o la ricostruzione degli immobili di edilizia abitativa e ad uso produttivo agricolo e commerciale della regione Marche ed in particolare della città di Senigallia, in relazione ai danni effettivamente subiti dagli eventi alluvionali del 2 e 3 maggio 2014, al fine di coprire integralmente le spese riconosciute occorrenti per la riparazione, il ripristino e la ricostruzione dei suddetti immobili;
   ad assumere iniziative per stanziare le opportune risorse per gli immobili scolastici, con priorità per quelle del comune di Senigallia, danneggiati dagli eventi del 2 e 3 maggio 2014;
   a garantire le risorse aggiuntive necessarie per finanziare gli ammortizzatori sociali, con riguardo alle aziende e alle attività produttive interessate dagli eventi alluvionali di cui in premessa; 
   ad avviare in tempi rapidi, con riferimento alle zone alluvionate di cui in premessa e dando priorità ai comuni più colpiti, un piano di investimenti necessari alla messa in sicurezza del territorio e al riassetto idraulico finanziato con risorse escluse dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno;
   ad assumere iniziative per consentire su richiesta, e in deroga al limite stabilito dall'articolo 222 del decreto legislativo n. 267 del 2000, testo unico degli enti locali, l'innalzamento del suddetto limite per la concessione delle anticipazioni di cassa da parte delle tesorerie comunali interessate, al fine di fronteggiare le carenze di liquidità conseguenti alle spese urgenti necessarie per fronteggiare l'emergenza.
(1-00496) «Ricciatti, Zan, Zaratti, Pellegrino, Migliore, Di Salvo, Piazzoni».

Risoluzioni in Commissione:


   La Commissione III,
   premesso che:
    il Parlamento italiano, nel Senato della Repubblica e nella Camera dei deputati, segue da anni con costante attenzione la situazione del Myanmar, Paese strategico nel Sud est asiatico, guidato per decenni da una giunta militare e sottoposto a gravi violazioni dei diritti umani;
    negli ultimi tre anni è in atto in Myanmar un processo di transizione verso la democrazia e di riconciliazione nazionale, aperto dal capo del Governo Thein Sein e dalla leader della Lega nazionale per la democrazia Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace, oggi capo dell'opposizione in Parlamento;
    nella seduta del 16 ottobre 2013 la Commissione affari esteri della Camera dei deputati ha approvato la risoluzione n. 8-00017 che impegna il Governo a intervenire in ogni sede per favorire la positiva evoluzione del processo democratico del Paese asiatico, mentre un ordine del giorno dal contenuto analogo è stato approvato dall'Assemblea del Senato della Repubblica il 23 ottobre 2013;
    dal 27 al 31 ottobre 2013 Aung San Suu Kyi ha effettuato una visita in Italia incontrando il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato, la Presidente della Camera, il Presidente del Consiglio, il Ministro degli affari esteri, l'Associazione parlamentare «Amici della Birmania», le città di Roma, Torino, Bologna, Parma e l'Università di Bologna, consolidando il rapporto di amicizia tra il popolo birmano e il popolo italiano che in questi anni ha fortemente sostenuto la liberazione dei prigionieri politici, il rispetto dei diritti umani, l'apertura del processo democratico in Myamar;
    nel corso della sua visita Aung San Suu Kyi ha affermato: «L'Italia resti vicina alla Birmania», dando impulso sia alle relazioni politiche e istituzionali sia alla cooperazione economica, sociale e culturale per il progresso del suo Paese, la costruzione della sua democrazia e per la crescita dei rapporti tra l'Italia e la Birmania;
    l'avvenuta apertura del Myanmar alla comunità internazionale e al mercato mondiale, anche attraverso il superamento delle sanzioni economiche in rapporto ai progressi in atto sul tema dei diritti umani e delle libertà democratiche, è stata ed è attentamente seguita dall'Unione europea (Piero Fassino è stato inviato speciale in Myanmar), e dall'Italia che dell'Unione europea è componente fondamentale;
    la collaborazione politica, economica e sociale tra l'Italia e il Myanmar, che vede uno sviluppo crescente, corrisponde all'interesse di entrambi i popoli e si inserisce nell'ambito dei rapporti tra l'Europa e l'Asia che aprono prospettive nuove per il futuro del mondo;
    il consolidamento della riforma democratica in Myanmar è fattore decisivo per lo sviluppo delle relazioni tra l'Unione europea e il Myanmar, e, dunque, tra l'Italia e il Myanmar, nell'ambito delle relazioni internazionali per l'armonico sviluppo dei Paesi nel mondo globale, il progresso civile delle nazioni e il conseguimento dei comuni obiettivi di salvaguardia dei diritti umani e della pace;
    l'evoluzione democratica del Myanmar, il rispetto dei diritti umani, la liberazione di tutti i prigionieri politici, il superamento dei conflitti etnici devono continuare ad essere considerati parte integrante dello sviluppo economico e sociale della Birmania;
    la Costituzione in vigore nel Myanmar, la cui revisione è da mesi oggetto di discussione politica e parlamentare, presenta elementi di forte criticità democratica, tra i quali la discriminazione sulle candidature alla Presidenza e alla Vicepresidenza dell'Unione, l'assegnazione del 25 per cento dei posti ai militari nell'Assemblea dell'Unione e nella Camera delle nazionalità, nonché le norme restrittive per l'approvazione degli emendamenti alla Costituzione;
    in particolare, la Costituzione al capitolo 3, punto f, clausola 59 (f), prevede per il Presidente dell'Unione e il Vicepresidente che «non lui, i suoi genitori, il coniuge, uno dei figli legittimi o i loro coniugi devono avere legami con una potenza straniera, non deve essere soggetto al potere o cittadinanza di un Paese straniero», determinando con ciò una evidente discriminazione ed esclusione nei confronti di Aung San Suu Kyi, vedova di un cittadino inglese e madre di due figli che vivono in occidente, la quale ha peraltro manifestato l'intenzione di candidarsi alla Presidenza dell'Unione nelle prossime elezioni politiche previste nel 2015;
    nel marzo 2013 il Parlamento del Myanmar ha approvato una procedura di riesame della Costituzione istituendo una commissione di esperti giuridici e intellettuali per la revisione della Costituzione, scritta e approvata nel 2008 dall'allora giunta militare e sottoposta a referendum una settimana dopo il passaggio del ciclone Nargis, che ha sconvolto il Paese e ha causato 138 mila tra morti e dispersi;
    la Commissione, dominata dai membri del partito al Governo, l'Union Solidariety and Development Party (USDP), dopo mesi di discussioni, ha consegnato il 31 gennaio di quest'anno un primo rapporto che mette in dubbio la volontà di un cambiamento reale della Costituzione pretendendo di dimostrare che la maggior parte dei birmani è contraria al cambiamento della clausola 59 (f) e ostacolando di fatto il processo di cambiamento democratico;
    la Lega nazionale per la democrazia (NLD), partito all'opposizione, ha affermato che la campagna organizzata da USDP non è rappresentativa dell'opinione pubblica e ha intensificato tra il popolo la mobilitazione per il cambiamento della Costituzione, premessa indispensabile per lo svolgimento sereno, democratico e pienamente legale delle prossime elezioni politiche;
    è evidente che l'attuale fase politica in Myanmar, alla vigilia delle elezioni del 2015, è decisiva e non può non prevedere in tempi rapidi il cambiamento della Costituzione, come testimonia il crescente movimento nel Paese per il conseguimento di questo obiettivo e come è costantemente auspicato dalla comunità internazionale;
    alle difficoltà che oggi si registrano nel cammino del cambiamento della Costituzione si accompagna una situazione segnata da crescenti e inquietanti episodi di violazione dei diritti umani, come gli arresti di manifestanti, di controllo dei media come l'arresto di quattro giornalisti e del direttore del giornale Unity Weekly con l'accusa di aver pubblicato segreti di Stato, come la recente ingiunzione da parte del Governo a Medici senza frontiere di cessare ogni attività, a causa dell'assistenza fornita da MsF alla minoranza musulmana Rohingya, come la confisca delle terre dei contadini;
    i perduranti conflitti etnici, e tra minoranze etniche e Governo centrale, rischiano di causare ulteriori interventi militari;
    una pace stabile e duratura tra le minoranze etniche, il rilascio di tutti i prigionieri politici, riforme autenticamente democratiche a partire dal cambiamento della Costituzione, sono obiettivi fondamentali in questa fase in Myanmar per dare al popolo un'autentica speranza nel futuro dopo 50 anni di dittatura, e favorire l'apertura di un periodo nuovo di pace, di stabilità, di progresso, di vera democrazia;
    Aung San Suu Kyi è impegnata con coraggio, determinazione e con tutte le sue forze per il cambiamento della Costituzione, poiché è in gioco la libertà e il progresso del suo popolo, e per ricostruire la nazione sulla base della giustizia, della verità, della fiducia, della riconciliazione, della pace, dello sviluppo umano, di un'autentica democrazia in Myanmar;
    nel processo di transizione verso la democrazia in Myanmar è necessario che siano sostenute tutte le forze che credono nella democrazia, avendo anche presenti i rischi di inversione del cammino democratico che sempre si accompagnano alle grandi scelte di cambiamento;
    nella celebrazione del Giubileo d'argento dell'8 agosto 1988 avvenuta a Yangon il 6-7 agosto 2013, è stata approvata una dichiarazione delle forze etniche e democratiche nella quale si dichiara: «1) Crediamo fortemente che ci sia bisogno di stabilire uno Stato federale democratico con autodeterminazione e uguaglianza»; «2) La Costituzione del 2008 non garantisce uno Stato democratico federale. Quindi crediamo fortemente che la Costituzione del 2008 vada emendata o che venga stilata una nuova Costituzione»;
    la volontà del popolo italiano per l'intensificazione degli scambi e della collaborazione economica, sociale, culturale e politica con il popolo del Myanmar poggia su una base di comune condivisione dei valori della democrazia e pertanto occorre che le nostre istituzioni e la società civile sostengano fortemente la necessità che la Costituzione del Myanmar sia riformata affinché le elezioni politiche del 2015 possano essere libere e giuste,

impegna il Governo:

   a garantire costante determinazione nell'intervenire in ogni sede, europea ed internazionale, per assicurare, in rapporto diretto con il Governo e con il Parlamento del Myanmar, con continuità l'ulteriore positiva evoluzione del processo democratico del Paese asiatico, anche nella prospettiva delle elezioni politiche del 2015;
   a sostenere l'apertura democratica del Myanmar e, quindi, l'eguale e pari partecipazione di tutti i partiti politici e di tutti i cittadini, senza alcuna esclusione, alla vita democratica ed istituzionale del Paese, nonché lo svolgimento di elezioni libere e democratiche;
   fermo restando il diritto all'autodeterminazione e alla sovranità legislativa di ogni Paese, a incoraggiare in ambito internazionale la modifica della Costituzione del Myanmar, in particolare nel punto in cui impedisce a chi abbia parenti di nazionalità straniera di candidarsi alle elezioni presidenziali, previsione che non ha fondamento nei principi democratici universalmente riconosciuti;
   a sostenere la legittima aspirazione del premio Nobel Aung San Suu Kyi, al pari di ogni altro cittadino birmano, a partecipare pienamente alla vita politico-elettorale nazionale;
   a sostenere il diritto del popolo birmano a decidere con libertà il proprio destino scegliendo i propri rappresentanti, a cominciare dalla Presidenza dell'Unione, senza alcuna discriminazione e limitazione.
(7-00389) «Quartapelle Procopio, Zampa, Tidei, Rampi, Amendola, Kyenge, Nicoletti, Manciulli, Chaouki, Fitzgerald Nissoli, Rigoni, Carlo Galli, Porta, Fedi, Cassano, Garavini, Gianni Farina, D'Incecco, Iori».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    ad oggi le Marche sono una delle tre regioni italiane prive di un registro tumori, strumento indispensabile per avere una mappatura esauriente dell'incidenza nella popolazione delle malattie tumorali; i registri, infatti, consentono di individuare dati statistici essenziali quali le tipologie tumorali maggiormente frequenti, le aree territoriali con maggiore incidenza tumorale, le fasce di popolazione più colpite, i possibili fattori eziologici (mediante l'individuazione delle correlazioni tra la malattia ed i presunti fattori cancerogeni attraverso il calcolo delle probabilità), le possibilità di successo delle terapie e così via;
    si tratta, quindi, di un ausilio statistico di cui non si può fare a meno, anche alla luce del principio di precauzione;
    il 10 aprile 2012 il consiglio regionale delle Marche ha approvato la legge regionale n. 6 che ha disposto l'istituzione del «registro regionale delle cause di morte e dei registri di patologia»; si tratta, tuttavia, di un provvedimento che, ad oggi, non ha avuto attuazione a causa del sopravvenire della disciplina di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 18 ottobre 2012 convertito dalla legge n. 221 del 2012 che ne ha impedito il funzionamento;
    l'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012 dispone che l'istituzione dei registri tumori debba avvenire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (articolo 12, comma 11: «i sistemi di sorveglianza e i registri di cui al comma 10 sono istituiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali. Gli elenchi dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie e di impianti protesici sono aggiornati periodicamente con la stessa procedura. L'attività di tenuta e aggiornamento dei registri di cui al presente comma è svolta con le risorse disponibili in via ordinaria e rientra tra le attività istituzionali delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale») e rimette la disciplina del trattamento dei dati sensibili dei registri tumori ad un apposito regolamento nazionale da adottare entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (articolo 12, comma 13: «Fermo restando quanto previsto dall'articolo 15, comma 25-bis, di cui al decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, con Regolamento, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro della salute, acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati, in conformità alle disposizioni di cui agli articoli 20, 22 e 154 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni, i soggetti che possono avere accesso ai registri di cui al presente articolo, e i dati che possono conoscere, nonché le misure per la custodia e la sicurezza dei dati»);
    tuttavia, fino ad ora, il Governo è rimasto inerte: né il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, né il prescritto regolamento contenente la disciplina per il trattamento dei dati sensibili sono stati finora adottati;
    con riguardo a quest'ultimo atto, poi, risulta ampiamente superato il prescritto termine di 18 mesi decorrente dall'entrata in vigore del decreto-legge;
    a questo proposito, in data 5 maggio 2014, è stata presentata una interrogazione al Ministro della salute (interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02195, seduta n. 222), diretta ad ottenere chiarimenti sulle ragioni del ritardo da parte del Governo nella adozione dei summenzionati atti di cui all'articolo 12, commi 11 e 13, del decreto-legge n. 179 del 2012;
    nella risposta alla interrogazione il Ministro ha ammesso il proprio ritardo imputandolo alla «preliminare attività di ricognizione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, tumori ed altre patologie attualmente esistenti presso il Ministero della salute, l'Istituto superiore della sanità e l'Agenzia italiana del farmaco ed individuare eventuali sovrapposizioni attraverso un'analisi dei relativi contenuti informativi» e, tuttavia, precisando che «mentre il comma 11 dell'articolo 12 non prevede alcun termine per l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il comma 13 del medesimo articolo 12, prevede il termine di 18 mesi dalla data di entrata in vigore della normativa recata dal decreto-legge n. 179 del 2012, entro il quale deve essere adottato il Regolamento»;
    il termine ultimo per l'adozione del regolamento sul trattamento dei dati sensibili di cui all'articolo 12, comma 13, del decreto-legge n. 179 del 2012 è venuto a scadere in data 18 aprile 2014 ma, ad oggi, il Governo è ancora inadempiente,

impegna il Governo

a provvedere, nel più breve tempo possibile e senza ulteriori ritardi ed indugi, alla adozione del più volte citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché all'approvazione del regolamento recante la disciplina sul trattamento dei dati sensibili di cui, rispettivamente, ai commi 11 e 13 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito dalla legge n. 221 del 2012.
(7-00388) «Cecconi, Agostinelli, Di Vita, Dall'Osso».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FONTANELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 6 giugno sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale i due regolamenti in materia di poteri speciali per la tutela degli interessi strategici nazionali, previsti dall'articolo 2, commi 1 e 9, del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56: il decreto del Presidente della Repubblica n. 85 del 2014 che individua gli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni e il decreto del Presidente della Repubblica n. 86 del 2014 che reca la disciplina per l'attivazione dei poteri speciali con riferimento a tali attivi;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 85 del 2014 individua, all'articolo 2, comma 2, tra gli attivi strategici agli aeroporti di interesse nazionale;
   il piano nazionale degli aeroporti ancora in vigore (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 1986, integrato dai decreti del Presidente della Repubblica 29 agosto 1991 e 14 marzo 2001) non reca un elenco degli aeroporti di interesse nazionale ed il nuovo piano nazionale degli aeroporti, alla luce del contenuto della proposta illustrata al Consiglio dei ministri del 17 gennaio 2014 dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e ribadita nell'audizione in Commissione lavori pubblici del Senato il 26 marzo 2014 stabilisce, al contrario, i criteri per l'individuazione degli aeroporti di interesse nazionale strategico e tra questi, nel bacino del Centro-Nord, individua gli aeroporti di Bologna e di Pisa/Firenze;
   l'aeroporto di Firenze è stato acquisito da Corporacion America un soggetto esterno all'Unione europea e l'aeroporto di Pisa è oggetto di un'offerta pubblica di acquisto da parte del medesimo soggetto esterno all'Unione europea avente lo scopo di acquisire la partecipazione maggioritaria nelle società di gestione di tale aeroporto –:
   se non ritengano opportuno verificare che vengano attivate le procedure previste dall'articolo 4, comma 2, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 86 del 2014, che obbligano il soggetto esterno all'Unione europea che intenda acquisire una tale partecipazione a notificare all'apposito ufficio della Presidenza del Consiglio dei ministri l'operazione di acquisizione e le informazioni prescritte ai fini dell'esercizio dei poteri speciali previsti dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 21 del 2012. (5-02983)

Interrogazione a risposta scritta:


   COMINARDI, TRIPIEDI, PAOLO BERNINI, CIPRINI e SIBILIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la Costituzione italiana, all'articolo 18, proibisce le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare;
   a seguito dello scandalo dell'associazione denominata Loggia P2, è stata emanata la legge 25 gennaio 1982, n. 17, in attuazione dell'articolo 18 della Costituzione, in materia di associazioni segrete, che all'articolo 1 considera «associazioni segrete, come tali vietate dall'articolo 18 della Costituzione, quelle che, anche all'interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali ovvero rendendo sconosciuti, in tutto o in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale»;
   ad oggi, esistono degli incontri riservati che sembrano violare le disposizioni normative di cui alla legge 25 gennaio 1982, n. 17;
   dal 29 maggio al 1 giugno 2014, presso il Marriott Hotel di Copenaghen in Danimarca, si è tenuta l'edizione n. 62 dell'incontro annuale del Bilderberg Meeting;
   non essendo stata ancora pubblicata sul sito internet del Bilderberg Meeting la lista ufficiale degli invitati, gli italiani che hanno partecipato, secondo numerosi organi di stampa nazionale ed internazionale, quali ad esempio il quotidiano La Repubblica, articolo del 28 maggio 2014, sono stati: il senatore Mario Monti, ex Presidente del Consiglio Italiano e membro dello steering committee del gruppo Bilderberg, John Elkann, presidente della Fiat S.p.a., l'imprenditore Franco Bernabè, ex amministratore delegato di Eni S.p.a. e Telecom Italia, membro dello steering committee del gruppo Bilderberg, ed infine Monica Maggioni, direttore di Rainews24;
   in un recente libro, Ferdinando Imposimato, Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, ha dichiarato di aver trovato un documento inedito allegato alla requisitoria del magistrato Emilio Alessandrini sulla strage di Piazza Fontana, il rapporto RSD/1Zeta n. 230 del 5 giugno 1967, che descriveva l'esistenza di un governo invisibile che interferiva con l'Italia e gli altri Paesi occidentali, con il coinvolgimento della CIA, del gruppo Bilderberg e dell'ADA;
   il documento citato da Imposimato sembra configurare la fattispecie di cui all'articolo 1 della legge n. 17 del 1982;
   gli invitati sono sempre personalità importanti in campo economico, politico, bancario quali politici, grandi industriali, esponenti dell'alta finanza, direttori di giornali;
   ad oggi, tutte le conferenze sono chiuse al pubblico e non è possibile conoscere quale siano le finalità che il «gruppo» Bilderberg intende perseguire, ovvero le attività sociali poste in essere dal gruppo fin dal primo incontro avvenuto nel 1954 –:
   se, vista l'assenza di verbali o documenti relativi all'incontro e nel silenzio degli organi d'informazione, alla luce dell'articolo 1 e seguenti della legge 25 gennaio 1982, n. 17, si possa, escludere che le riunioni del Bilderberg possano interferire con l'autonomia, la sovranità e l'indipendenza dello Stato Italiano, nonché con le decisioni sulla politica monetaria, in considerazione del ruolo rivestito dagli illustri partecipanti alle predetti riunioni, i quali rivestono cariche politiche pubbliche, ovvero gestiscono, direttamente o indirettamente, concessioni pubbliche, società in regime di monopolio. (4-05126)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BORGHI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   nonostante le numerosi iniziative intraprese sia a livello nazionale dall'Intergruppo parlamentare per lo sviluppo della montagna e dall'Uncem, sia a livello internazionale della Mountain partnership presso la FAO di cui l'Italia è membro, gli ultimi documenti relativi agli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) che si stanno discutendo in queste ore presso la sede delle Nazioni Unite a New York escludono di fatto le aree montane, contrariamente ai precedenti draft nei quali invece l'attenzione a questi ecosistemi aveva trovato spazio;
   le montagne italiane rappresentano laboratori straordinari di sviluppo sostenibile, considerato che quasi l'80 per cento dell'acqua a livello globale viene dalle montagne, e almeno il 25 per cento della biodiversità risiede in area montana;
   le principali risorse naturali necessarie alle energie rinnovabili (idroelettrico, solare, biomasse, eolico) si trovano in montagna;
   le montagne rivestono un ruolo strategico per la riduzione di emissioni di C02, i sistemi di trasporto sostenibile, la bioedilizia;
   l'articolo 44 della Costituzione contiene un esplicito riferimento alla «montagna» prevedendo la possibilità per il Parlamento di emanare leggi speciali in suo favore;
   l'Italia è parte della Convenzione delle Alpi – il trattato di diritto internazionale sottoscritto dai Paesi alpini Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Monaco, Slovenia e Svizzera e dall'Unione europea – con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo sostenibile e tutelare gli interessi della popolazione residente;
   l'articolo 174 del Trattato di Lisbona riconosce il ruolo specifico delle regioni di montagna, che coprono il 40 per cento del territorio comunitario e rappresentano oltre 90 milioni di cittadini europei –:
   se il Governo intenda intervenire, e con quali azioni, per fare in modo che anche le montagne entrino di diritto nell'agenda dell'Onu, al pari delle isole e delle aree marine, tenendo conto peraltro che nei principali documenti delle Nazioni Unite, dalla Conferenza di Rio del ’92 in poi, le montagne hanno sempre trovato spazio e che escluderle oggi dagli obiettivi di sviluppo sostenibile si rivelerebbe un'azione incoerente e del tutto miope, ai fini del ruolo che questi territori rivestono nello sviluppo della green economy.
(4-05114)


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO e SCAGLIUSI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il dipartimento della funzione pubblica ha unificato la gestione degli adempimenti a carico delle pubbliche amministrazioni mediante il nuovo sistema integrato volto alla razionalizzazione del patrimonio informativo del dipartimento e alla semplificazione della comunicazione, PerlaPA;
   entrato in funzione nel 2011, il PerlaPA ha ottimizzato e semplificato, integrando le diverse banche dati, l'intero processo di comunicazione dei dati al citato dipartimento da parte delle amministrazioni pubbliche;
   con l'avviso del 30 novembre 2012, apparso sul sito www.perlapa.gov vengono forniti i seguenti elementi informativi: la legge n. 190 del 2012 per la prevenzione e la repressione della corruzione nella pubblica amministrazione, in vigore dal 28 novembre 2012, ha modificato l'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001 in materia di incompatibilità e di incarichi ai dipendenti pubblici; la nuova norma impone che le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti debbano comunicare in via telematica al dipartimento della funzione pubblica, entro quindici giorni dalla data di conferimento dell'incarico, gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi; a seguito di tali interventi normativi è stata modificata la funzionalità relativa all'inserimento degli incarichi a dipendenti, aggiungendo un ulteriore campo obbligatorio da compilare, di tipo testo, nominato «Relazione di accompagnamento», che consente di accompagnare ciascun incarico con i dati richiesti dalla norma e, in particolare, relativi:
    a) alle norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati;
    b) alle ragioni del conferimento o dell'autorizzazione;
    c) ai criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati;
    d) alla rispondenza dei medesimi ai principi di buon andamento dell'amministrazione;
    e) alle misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa;
   è prevista la scadenza del 30 giugno di ciascun anno anche per l'invio della dichiarazione negativa che obbliga le amministrazioni a comunicare, anche nel caso in cui non siano stati conferiti o autorizzati incarichi ai propri dipendenti, anche se comandati o fuori ruolo;
   ai sensi dell'articolo 53, comma 9, del decreto legislativo n. 165 del 2001 «gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione dell'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni ed integrazioni. All'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni ed integrazioni. Le somme riscosse sono acquisite alle entrate del Ministero delle finanze»;
   sempre ai sensi dell'articolo 53, comma 15, del medesimo atto normativo «le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi dall'11 al 14, non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma»;
   la prima firmataria del presente atto in data 25 febbraio 2014 (CRM:00401743) ha inoltrato un'istanza di accesso agli atti all'amministrazione degli affari esteri con la finalità, tra l'altro, di acquisire alcuni dati circa gli incarichi conferiti, con particolare riguardo al settore della cooperazione allo sviluppo; la risposta è risultata tuttavia incompleta –:
   se la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri abbia dato corso a quanto previsto dagli adempimenti di legge ex articoli 15, 16, 18 e 20 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, per tutto il personale operante nell'ambito della legge 49 del 1987, in particolare nella trasmissione dei dati relativi: alle assegnazioni degli incarichi, al personale della carriera diplomatica e dirigenziale sia in Italia sia all'estero, comunicando ex-ante lo stato patrimoniale degli stessi, agli esperti in servizio ai sensi dell'articolo 12 della legge 49 del 1987, al personale di ruolo del Ministero degli affari esteri, al personale comandato o distaccato ad altre istituzioni, al personale esperto e di supporto reclutato dal settore privato o libero professionista e al personale assunto nell'ambito delle missioni di pace;
   se tali incarichi siano stati distribuiti equamente tra tutto il personale nel rispetto delle specifiche mansioni e se vi sia personale a cui non sono stati attribuiti incarichi o attribuiti solo parzialmente e, in caso affermativo, quali siano le motivazioni addotte;
   se abbiano dato corso, nell'ambito delle rispettive competenze, a quanto previsto dagli adempimenti di legge per tutto il personale operante della carriera diplomatica e dirigenziale operante all'estero e se sia stato comunicato ex-ante lo stato patrimoniale degli stessi (4-05125)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dichiarato sito di interesse nazionale l'area industriale della Val Basento, in provincia di Matera;
   con decreto del 26 febbraio 2003 il Ministero ha individuato le aree da inserire nel perimetro del sito di interesse nazionale della Val Basento ricadenti nei comuni di Ferrandina, Pisticci, Grottole, Miglionico, Pomarico e Salandra;
   per effetto dell'intervenuta perimetrazione, le aree interessate avrebbero dovuto essere sottoposte ad interventi di caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientale e ad attività di monitoraggio prima di essere disponibili per qualunque destinazione;
   nonostante le azioni avviate permane il grave stato di inquinamento dei siti e tale situazione desta allarme e preoccupazione sul futuro delle aziende e sulle attività produttive delle aree e ne condiziona qualsiasi progetto di rilancio produttivo;
   la situazione di inquinamento diffuso mette a repentaglio non solo lo sviluppo futuro della area industriale della Val Basento, ma grava quotidianamente da anni sulla salute di centinaia di lavoratori che operano in quei luoghi e sulla salubrità degli insediamenti urbani limitrofi ai siti;
   è doveroso, quindi, che gli enti e i soggetti interessati attivino tutti gli interventi necessari per completare l'opera di risanamento avviata anche al fine di salvaguardare l'ambiente e la salute pubblica e verifichino la compatibilità e la sostenibilità delle attività produttive presenti nella valle con il processo di risanamento ambientale –:
   quali azioni urgenti intenda porre in essere per completare gli interventi di bonifica e le azioni di messa in sicurezza del sito;
   se ritenga necessario verificare la compatibilità delle attività industriali presenti con il processo di risanamento ambientale; quale sia lo stato di avanzamento dei progetti di bonifica dell'area e i sistemi di monitoraggio adottati. (3-00880)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   come riporta un recente articolo del Corriere della Sera, a firma di Veronica Altimari, da decenni, si assiste ad silenzio assordante di tutte le Istituzioni al degrado e al totale abbandono del bellissimo e preziosissimo «Mausoleo dei Plautii», che insieme a Ponte Lucano, rappresenta la cartolina d'accesso alla «Superba» città di Tivoli, a pochi chilometri da Roma. Così Tivoli – città d'arte – grazie alla presenza delle due storiche residenze censite dall'Unesco, Villa Adriana e Villa D'Este – presenta alle migliaia di turisti che la visitano ogni anno uno scenario davvero desolante: la tomba dei Plauzi è piena di crepe e ricoperta da vegetazione selvaggia, il casale seicentesco che sorge di fronte è ormai parzialmente crollato, ci sono abitazioni abusive, rifiuti, erbacce, spaccio illegale di stupefacenti. E, come se non bastasse, un alto e brutto muro di cemento lo circonda, nascondendo alla vista quello che era destinato a diventare un importante parco archeologico tiburtino;
   l'ingresso in città dall'Agro romano dipinto dai più illustri pittori paesaggisti del Settecento e Ottocento durante il loro «Gran Tour» in Italia, alla ricerca di bellezza e ispirazione, costituisce l'esempio massimo del brutto, dell'incuria, dell'abusivismo, dell'indolenza delle istituzioni deputate a preservarlo;
   i problemi principali nella zona del citato mausoleo – una torre circolare citata già da Strabone, la cui costruzione si deve al diumviro M.Plauzio Lucano che nella prima metà del I secolo dopo Cristo ne curò la realizzazione insieme al futuro imperatore Tiberio Claudio Nerone – sono legati alla ormai ineludibile messa in sicurezza della zona, rispetto al rischio di esondazioni del fiume Aniene, oltreché alla strutture del manufatto archeologico. Nell'ultimo trentennio, sono sorti proprio nell'area archeologica due quartieri importanti, cresciuti quasi dal nulla: in particolare, quello di Villa Adriana, che ha una rete fognaria ancora oggi insufficiente rispetto alle utenze. Sugli argini inoltre, non si contano più le attività produttive, soprattutto di lavorazione del travertino romano. Una condizione di inurbamento e industrializzazione che ha fortemente limitato il letto del fiume, rinchiuso in un percorso sempre più stretto e quindi maggiormente a rischio di straripamento;
   sempre nel sopraccitato articolo del Corriere del maggio 2014 si legge che per assurdo, uno dei pericoli viene proprio dagli interventi di protezione e prevenzione realizzati in passato: «Già negli anni ottanta era stato messo a punto un progetto di messa in sicurezza che faceva riferimento alla nuova Legge Sarno – spiega l'ingegner Francesco Mele, un tempo tecnico dell'Ardis (Agenzia regionale per la difesa del suolo), oggi alla protezione civile. Questo ci ha obbligato a calcolare il fattore di rischio con un fenomeno di ritorno di 200 anni: un evento quindi straordinario, ma possibile, che aveva dunque condotto alla realizzazione di nuovi argini in cemento»;
   il grande muro arriva attualmente fino alla via Maremmana, in comune di Tivoli, e costeggia, appunto, anche il Mausoleo dei Plauzi e il ponte dove nel VI secolo passò Totila, re dei Goti, durante la guerra contro l'esercito bizantino guidato da Narsete. La collocazione del muro in cemento è stata un'esplicita richiesta delle sovrintendenze ai Beni archeologici, perché la torre non poteva in alcun modo essere separata dal ponte romano». I reperti archeologici, come si evince dalla relazione tecnica al progetto, sono contenuti, in parte, anche nell'accordo che i diversi enti competenti, tra i quali lo stesso comune di Tivoli, avevano siglato nell'ormai lontano 2005. Un documento che faceva riferimento alla messa in sicurezza della zona, ma anche alla riqualificazione totale del parco archeologico. I lavori, condotti dall'Ardis, ente della regione Lazio, con un investimento di circa 4 milioni di euro, avevano tuttavia provveduto solo alla prima necessità;
   il comune di Tivoli, in provincia di Roma, in data 10 luglio 2008, con atto consiglio comunale n. 35, ha adottato il piano di lottizzazione «Comprensorio di Pontelucano», la cosiddetta lottizzazione Nathan, che prevede l'edificazione di circa 180.000 metri cubi di cemento a ridosso dell'area archeologica di villa Adriana, inserita nel patrimonio mondiale dell'umanità dell'Unesco;
   il consiglio comunale di Tivoli ha approvato definitivamente il 6 dicembre 2011 la suddetta lottizzazione. Nonostante una sentenza definitiva il Consiglio di Stato avesse riconosciuto nella condotta dell'amministrazione comunale un «comportamento illegittimo» nei confronti di una «lottizzazione Nathan approvata»;
   la regione Lazio con il Piano territoriale paesistico regionale (PTPR), adottato con deliberazione della Giunta regionale del 25 luglio 2007, n. 556 (si veda il Bollettino ufficiale n. 6 del 14 febbraio 2008; S.O. n. 14), ha classificato l'area destinata alla lottizzazione Nathan come «paesaggio naturale» e «paesaggio naturale agrario»;
   il sito è sottoposto a vincolo paesaggistico di natura archeologica posto con decreto ministeriale del 6 giugno 2001;
   l'area su cui dovrebbe essere realizzata la lottizzazione è stata classificata dall'autorità di bacino del Tevere tra quelle a massimo rischio idraulico (area R4), sulle quali è cogente il vincolo di inedificabilità assoluta, per evitare che persone, beni e cose possano essere messi in pericolo in caso di alluvioni;
   nell'istruttoria per l'iscrizione nella lista dei beni del patrimonio mondiale dell'umanità dell'Unesco, lo Stato e la soprintendenza archeologica del Lazio hanno redatto un piano di gestione che prevedeva una zona di rispetto, la quale rientra nell'area interessata anche dalla lottizzazione Nathan;
   allo scrivente risulta poi mancante il parere paesaggistico della relativa soprintendenza sul piano edilizio;
   la mancata tutela di questa area, oltre che grave in sé, danneggia anche l'immagine del patrimonio naturale, culturale e turistico italiano, con il rischio concreto della cancellazione del sito della villa dell'imperatore Adriano dal patrimonio mondiale dell'umanità dell'Unesco, nel caso non siano rispettati i parametri minimi di gestione dettati dall'organizzazione internazionale e dal buon senso;
   l'attuale condizione di abbandono e mancata valorizzazione del Mausoleo dei Plauzii è stata ben descritta da una puntata della trasmissione Rai «Save Italy – Il Capitale» a cura di Philippe Daverio, in onda su Rai Tre –:
   quali opportune e urgenti iniziative il Ministro per i beni e le attività culturali intenda mettere in campo fine di porre fine al degrado e iniziare da subito recupero del parco archeologico del Mausoleo dei Plauzi e del Ponte Lucano;
   se il Ministro intenda altresì promuovere, presso la soprintendenza ai beni archeologici del Lazio, un'ispezione di verifica sulla bontà e la validità di tutela del muro di contenimento dalle piene dell'Aniene, magari costruendo un'opera di tutela dalle esondazioni a monte del parco archeologico, abbattendo così il muro, come richiesto anche da libere associazioni di cittadini residenti;
   se intenda poi valutare l'opportunità di applicare gli articoli 94 e seguenti del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), provvedendo all'esproprio delle aree interessate dalla lottizzazione per destinarle a una valorizzazione paesaggistica pubblica rispettosa ed in armonia con l'elevato valore paesaggistico e archeologico dell'area citata, salvando il sito di Tivoli e Villa Adriana dalle censure dell'Unesco.
(4-05118)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   RUOCCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   nella relazione presentata all'assemblea annuale il 10 giugno Confartigianato ha parlato delle norme che spesso hanno complicato la vita dei contribuenti. Si legge che quasi due norme fiscali promulgate su tre aumentano i costi burocratici per le imprese. Confartigianato arriva alla conclusione che negli ultimi sei anni il fisco è stato complicato al ritmo di una norma alla settimana, precisamente una ogni 6,8 giorni;
   nel quotidiano Corriere della Sera si legge: «questa maledizione va avanti ininterrottamente da più di trent'anni, durante i quali si sono succedute almeno quattro riforme fiscali. Quasi tutte sfociate in un aumento delle tasse. La prima è la cosiddetta Visentini-ter del 1984, seguita da una crescita della pressione fiscale di 2,4 punti nei cinque anni successivi. La seconda è la Tremonti di dieci anni più tardi che secondo Confartigianato avrebbe fatto salire le imposte nel lustro seguente del 1,1 per cento. Poi la riforma voluta dal Ministro del centrosinistra Vincenzo Visco»;
   si legge inoltre che «nei 2.159 giorni trascorsi dal 29 aprile 2008 al 28 marzo del 2014 sono state approvate attraverso 41 provvedimenti qualcosa come 629 norme fiscali: fra queste 72 di semplificazione ma ben 389 di complicazione ulteriore. Per una regola che dovrebbe rendere le procedure più facili ne spuntano dunque 5,4 che peggiorano l'impatto burocratico»;
   «Gli italiani pagano 25 miliardi di tasse in più rispetto alla media Ue, non ne possiamo più di pagare le tasse più alte d'Europa». Queste le parole del presidente di Confartigianato Giorgio Merletti, che durante l'assemblea annuale del 10 giugno ha detto: «Nel 2014 la pressione fiscale è pari al 43,9 per cento del Pil. Non vogliamo nemmeno morire soffocati dalla mole di scadenze, scartoffie. Tra aprile 2008 e marzo 2014 sono state approvate 629 norme fiscali, di cui 389 hanno portato nuove incombenze e costi burocratici: il fisco si è complicato alla velocità di 1 nuova norma a settimana»;
   per la burocrazia nell'ultimo anno le piccole e medie imprese hanno speso in oneri 30,9 miliardi (2 punti di Pil): 7.005 euro ciascuna. In particolare l'Italia è al penultimo posto tra i 28 Paesi dell'Unione europea per quota di cittadini che interagisce via web con la pubblica amministrazione: soltanto il 21 per cento degli italiani dialoga on-line con la Pa, rispetto alla media europea del 41 per cento;
   secondo Confartigianato la macchina burocratica «blocca anche l'applicazione concreta delle norme» e così, «in Italia si continua a produrre leggi che rimangono sulla carta». Nel biennio 2012-2013 sono stati adottati 109 provvedimenti — tra decreti-legge, decreti legislativi e leggi — che hanno determinato 1.318 provvedimenti attuativi equivalenti ad 1,7 provvedimenti al giorno –:
   se il Governo non ritenga urgente trovare una soluzione ad un Fisco oramai sempre più complicato e ostile con una riforma di semplificazione di tutto il sistema tributario. (4-05117)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURER e CAMPANA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la Convenzione del Consiglio d'Europa sul cybercrime, firmata a Budapest il 23 novembre 2001, ratificata con legge 18 marzo 2008 n. 48, G.U. 04 aprile 2008 (in G.U. n. 80 del 4 aprile 2008 – supplemento ordinario n. 79) è finalizzata alla promozione di una politica comune intesa ad assicurare adeguata prevenzione e a tutelare la società dai crimini informatici con sanzioni tempestive, effettive, proporzionate e dissuasive;
   in relazione ai crimini informatici, il Comitato «Se Non Ora Quando ?» di Torino ha lanciato una petizione on line, indirizzata al Ministro della giustizia, per chiedere interventi tempestivi rispetto ai siti web, denominati «Punishment» e, in generale, tutti quelli che diffondono la pratica della violenza sessuale proponendola come modalità del rapporto nelle consuetudini erotiche;
   con l'uso del termine «Punishment», sul web, si sostiene la pratica dei sex offender presentandoli come legittimati ad applicare sanzioni corporali alle donne che non accettano l'imposizione autoritaria di comportamenti indesiderabili e causativi di sofferenza e si raccomanda la pratica della violenza sessuale come modalità sanzionatoria praticata dall'uomo nei confronti della donna che non si sottometta nelle relazioni di intimità;
   si tratta, con tutta evidenza, di contenuti che istigano alla violenza e che per questa ragione vanno puniti secondo la normativa;
   nella fattispecie, nella petizione del Comitato «Se Non Ora Quando ?» di Torino, contestualmente alla sanzione a carico degli autori, si chiede che siano assunte misure quali l'oscuramento di tali siti, promuovendo, tramite le procure della Repubblica, l'azione penale nei confronti di tutti quei soggetti che producono e divulgano, – anche in qualità di Internet Service Provider – tali filmati e materiali;
   inoltre la petizione richiede l'introduzione di un sistema di filtri che impediscano l'accesso ai siti web di contenuto criminale, quali quelli che mostrano atti di violenza contro le donne e di pedopornografia –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto, se e quali iniziative per quanto di competenza il Governo intenda assumere sulle questioni sollevate in premessa. (5-02981)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   IACONO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 2 febbraio 2013 il ponte di attraversamento veicolare sul fiume Verdura, sito in territorio di Ribera (AG), crolla drammaticamente, a causa dei gravissimi danni apportati alle già vetuste strutture portanti (si sta parlando di un ponte realizzato nella seconda metà dell'800) dai costanti movimenti idraulici del letto del fiume;
   l'evento in questione, che solo per un miracolo non ha causato una strage, in considerazione del fatto che al momento del crollo non transitava alcun mezzo, ha tuttavia determinato nei mesi successivi un autentico «tsunami» per la già povera economia di un intero territorio, costituita prevalentemente da imprese agricole e commerciali, a dir poco massacrate dall'improvvisa e non preventivabile assenza di alternative viarie di collegamento con la provincia e con il resto della Sicilia;
   il ponte si trova infatti sulla strada statale 115, com’è noto l'unica arteria di collegamento della provincia di Agrigento con il resto dell'isola, che tale episodio ha reso di fatto impraticabile, tagliando un intero comprensorio territoriale fuori dal contesto economico siciliano e dunque nazionale;
   i danni al tessuto produttivo sono incalcolabili, acuendo notevolmente una crisi già devastante;
   le istituzioni di ogni livello si mettono immediatamente in moto, sollecitando l'ANAS all'adozione di provvisori interventi di ripristino della viabilità, seppur a senso unico alternato e contestualmente alla predisposizione di un'adeguata progettazione per il rifacimento del ponte;
   nel frattempo, sull'onda dell'esasperazione sociale determinata dalle conseguenze economiche di questa vicenda, nascono e si moltiplicano esponenzialmente comitati civici e movimenti spontanei che alzano la voce contro i ritardi della burocrazia e l'indifferenza dei Governi regionale e nazionale nei confronti di un comprensorio condannato al sottosviluppo;
   il Governo Letta, all'atto dell'approvazione della legge n. 98 del 2013, reperisce le risorse necessarie alla copertura finanziaria dell'opera, circa 12 milioni di euro, da impegnare per lavori appaltati;
   da quel momento inizia un'interminabile odissea di passaggi burocratici, autorizzazioni e nulla osta vari, che oggi stanno seriamente mettendo a rischio la realizzazione dell'opera, causando così l'ennesima beffa per un territorio da sempre mortificato dall'atavica assenza di collegamenti infrastrutturali ed opere pubbliche al servizio dell'occupazione e dello sviluppo;
   nello specifico affinché l'ANAS definisca la progettazione allo stadio esecutivo, necessario per poter appaltare l'opera, mancano ancora due passaggi indispensabili;
   si attende, infatti, che gli uffici competenti della regione siciliana si esprimano con apposito parere in merito alla cosiddetta localizzazione dell'opera da realizzarsi;
   inoltre, si attende che vengano realizzate le indagini, già da tempo sollecitate dalla soprintendenza dei beni culturali di Agrigento, a mezzo di appositi interventi di scavo finalizzati ad accertare l'eventuale presenza di siti di interesse archeologico o artistico lungo l'area interessata dal progetto;
   interventi che, stando a quanto appreso, dovrebbero — in base a quanto richiesto dalla Soprintendenza — concretizzarsi con uno scavo per ogni 20 metri di rilevato;
   in tal senso pare, altresì, opportuno evidenziare l'atteggiamento, ad avviso dell'interrogante di palese inerzia, manifestato dall'ufficio centrale per la progettazione dell'ANAS, che in tutto questo tempo si è distinto per l'assoluta lentezza nell'acquisire i necessari pareri e consumare i passaggi richiesti dalla legge;
   la logica conseguenza di tutto questo, oltre ai consueti ritardi nel crono programma comunicato, è soprattutto il rischio che le coperture finanziarie reperite per il rifacimento del ponte si perdano nei meandri della legislazione, o più verosimilmente vengano utilizzate per opere già provviste di progettazione esecutiva e pronte ad essere appaltate;
   questa è un'eventualità che la provincia di Agrigento non può permettersi il lusso di prendere nemmeno in considerazione e che condannerebbe intere comunità a decenni di sottosviluppo e povertà –:
   quale sia il reale stato delle cose e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per velocizzare l’iter burocratico ed autorizzativo, necessario al completamento della fase progettuale e dunque alla realizzazione di un'opera pubblica vitale per la Sicilia. (3-00881)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PIAZZONI, ZARATTI e PILOZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 maggio 2014 è stato sancito il fallimento della società Groundcare, società di handling prestante servizio presso gli aeroporti di Roma Fiumicino e Roma Ciampino. Il fallimento della società in questione, nata nel 2012 dalla fusione di Globeground Italia e Flightcare, investe le sorti di quasi 900 lavoratori che vedono seriamente compromessi i loro diritti lavorativi e rischiano di perdere il loro posto di lavoro;
   la crisi dell'azienda in questione si inserisce in un contesto più ampio, determinato da una liberalizzazione senza regole e dalla inconsistenza delle troppe aziende autorizzate ad operare nei sedimi aeroportuali italiani, in assenza di garanzie strutturali di tenuta economico organizzativa. Emblematico è il caso dell'aeroporto di Fiumicino, l'unico hub d'Europa che sostiene i servizi offerti da ben 7 operatori certificati di handling, determinando ciò una diminuzione dei ricavi del 40 per cento. Effetto di tale assenza di regolazione dell'industria è stato un continuo peggioramento della qualità dei servizi ed una forte instabilità occupazionale dovuta principalmente al ricorso a forme contrattuali prive di tutele fondamentali per i lavoratori, spesso scaturita in lunghi periodi di cassa integrazione;
   il recente incontro di concertazione tra il curatore fallimentare della società, i rappresentanti di Enac ed Aeroporti di Roma e le parti sociali non ha garantito la tutela dei diritti dei lavoratori, essendo stata proposta una soluzione a breve termine per il pagamento di parte degli stipendi, né ha saputo indicare una prospettiva di lungo periodo per la stabilizzazione occupazionale e dell'attività;
   a quanto esposto devono sommarsi le notizie sulla annunciata manifestazione d'interesse per l'attività gestita da Groundcare della società GH, già precedentemente in lizza per l'acquisizione, che non garantirebbe però la piena occupazione dei dipendenti –:
   se non intenda convocare al più presto un tavolo interistituzionale di confronto sulla crisi d'impresa esposta in premessa che coinvolga il Governo, la regione Lazio, i sindacati e tutti gli altri soggetti istituzionali coinvolti, al fine di tutelare immediatamente i diritti dei lavoratori e per individuare soluzioni strutturali di lungo periodo;
   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare per assicurare un quadro di regole chiare che siano in grado di garantire i fondamentali servizi di handling e la loro qualità. (5-02980)


   DE ROSA, BUSTO, TERZONI, MICILLO, MANNINO, DAGA, SEGONI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con il benestare del Ministero delle infrastrutture e trasporti, regione Lombardia, provincia di Como e camera di commercio di Como, ad opera del committente ANAS spa (direzione centrale progettazione) è stato approvato dagli enti competenti, nel 2013, il progetto preliminare: «S.S. 340 Regina, Variante alla Tremezzina»;
   l'opera, da realizzarsi sul lago di Como, è caratterizzata da uno sviluppo stradale di circa 11 chilometri, contenente 5 gallerie per una lunghezza complessiva di 7,5 chilometri, ponti, viadotti ed opere di accesso per una lunghezza di circa 150 metri;
   il costo preventivato è di circa 240 milioni di euro (esclusi i costi di progettazione, controllo e gestione);
   del progetto preliminare è stata incaricata la provincia di Como, presso la quale è attualmente in corso la progettazione definitiva, che si concluderà nell'autunno del 2014, per poi passare all'approvazione dell'ANAS s.p.a. ed infine alla procedura di «appalto integrato»;
   l'opera si presenta dall'impatto ambientale devastante, dal costo spropositato ed inutile, la sua ragione dovrebbe essere quella di risolvere una volta per tutte la questione del traffico difficoltoso dei mezzi pesanti lungo la strada statale Regina del Lago;
   per lo scorrimento corretto dei mezzi pesanti sarebbe sufficiente, invece, attuare un adeguato piano di gestione del traffico, sfruttando la «S.S. 36 del Lago di Como e dello Spluga»;
   tra le opere più invasive previste dal progetto, spiccano i 3 viadotti, il più lungo dei quali verrà realizzato in Val Perlana a meno di 200 metri in linea d'aria dal Santuario della Beata Vergine del Soccorso di Ossuccio e nelle vicinanze della chiesa conventuale di S. Benedetto in Val Perlana, luoghi dichiarati nel 2003 dall'Unesco, patrimonio dell'umanità –:
   se il Governo non intenda chiarire i motivi della realizzazione di un'opera così invasiva e ingiustificata;
   se il Governo non ritenga di valutare l'opportunità dell'affidamento alla provincia di Como della progettazione di un'opera di tali dimensioni che riguarda una strada ed un'attività non di propria competenza. (5-02985)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LO MONTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'interpretazione degli articoli 2, comma 1, primo periodo, e 3, comma 1, lettera g), della legge 9 dicembre 1998, n. 431, in materia di diritto di prelazione e di riscatto da parte dei conduttori di immobili adibiti ad uso abitativo è stata oggetto nel corso delle ultime due legislature precedenti di diverse iniziative parlamentari;
   in tal senso il principio elaborato dalla giurisprudenza di legittimità del 2011 conduce a ritenere che la tutela del diritto fondamentale ed inviolabile dell'uomo alla casa di abitazione locata abbia fatto assumere al diritto di prelazione e di riscatto una dimensione nuova. A conforto di una sensibilità diversa e significativa sull'argomento che costituisce, senza alcun dubbio, l'esplicitazione di un diritto fondamentale dell'individuo cosiddetto «diritto fondamentale dell'uomo alla casa di abitazione», si evidenzia il seguente aspetto;
   sta maturando all'interno delle istituzioni una sensibilità nuova e maggiore alla luce dei valori costituzionali e comunitari per una figura giuridica qual è la prelazione urbana stabilita a favore del conduttore di immobili ad uso abitativo. Tale istituto è sempre stato presente nel nostro ordinamento civile ed è perdurato fino al 1978, quando entrò in vigore la legge dell'equo canone, che concepiva, proprio in quest'ultimo istituto sostitutivo, la garanzia del diritto alla casa;
   venuto meno l'equo canone nel 1998, per effetto della legge 9 dicembre 1998 n. 431, l'unico istituto a tutela del «diritto alla casa di abitazione locata», che rivive in maniera ben più consistente, quale diritto reale, giacché accompagnato dal diritto di riscatto ex articolo 39 della legge 329 del 1978 (richiamato dalla legge del 1998), è l'anzidetto diritto di prelazione negli immobili ad uso abitativo;
   il diritto di prelazione e di riscatto dell'abitazione locata che sono i suoi corollari più stretti nel mantenimento della stabilità abitativa devono essere riletti, nell'applicazione pratica, secondo l'interpretazione recentissima della Corte di Cassazione sez. II, dell'11 marzo 2011 n. 9908 che ha disposto testualmente: «Il diritto alla abitazione rientra nella categoria dei diritti fondamentali inerenti alla persona, in forza dell'interpretazione desumibile da diverse pronunce dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Cedu) e nelle sentenze della Corte costituzionale nn. 348 e 349 del 2007, che delineano i rapporti tra ordinamento interno e diritto sovranazionale. In forza di tale interpretazione il diritto all'abitazione rientra a pieno titolo tra i diritti fondamentali, dovendosi ricomprendere tra quelli individuabili ex articolo 2 della Costituzione, la cui tutela «non è ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma, in virtù dell'apertura dell'articolo 2 Cost., ad un processo evolutivo, deve ritenersi consentito all'interprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano, non genericamente rilevanti per l'ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana ...«(Cass., SS.UU civ., 11.11. 2008 n. 26972/75 cit.). Il diritto all'abitazione è, quindi, protetto dalla Costituzione entro l'alveo dei diritti inviolabili di cui all'articolo 2 Cost. (Corte cost. 28 luglio 1983, n. 252; Corte cost. 25 febbraio 1988, n. 217; Corte cost. 7 aprile 1988, n. 404; Corte cost. 14 dicembre 2001, n. 410; Corte cost. 21 novembre 2000, n. 520; Corte cost. 25 luglio 1996, n. 309)» –:
   quali iniziative anche di carattere normativo il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere, alla luce dei fatti esposti in premessa, al fine garantire un'interpretazione autentica della normativa contenuta negli articoli 2, comma 1, primo periodo, e 3, comma 1, lettera g), della legge 9 dicembre 1998, n. 431, in materia di diritto di prelazione e di riscatto da parte dei conduttori di immobili adibiti ad uso abitativo. (4-05115)


   BRAGA, MARIANI, CENNI, DALLAI, BRATTI, FREGOLENT e REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   dal 2001 ad oggi, il traffico commerciale civile di passeggeri nell'aeroporto di Ciampino «G. B. Pastine» è passato da 700.000 unità agli attuali 4,7 milioni, per lo più dovuto all'attivazione dei voli «low cost»; tale incremento del traffico aereo, come è ormai ampiamente documentato, è avvenuto senza il rispetto delle normative vigenti che disciplinano il rumore aeroportuale, entrate in vigore tra il 1997 (decreto ministeriale 31 ottobre 1997) e il 2000 (decreto ministeriale 29 novembre 2000);
   l'infrastruttura aeroportuale di che trattasi è stata ampliata nel 2006 senza valutazione di impatto ambientale del progetto, inoltre nessun piano di sviluppo del traffico aereo, anche dopo il 2006, anno di entrata in vigore del decreto legislativo 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, è stato mai sottoposto a valutazione ambientale strategica;
   è grave che l'impronta acustica e la relativa zonizzazione in classi di rispetto, da approvare secondo la norma entro il 1998, sia stata approvata in conferenza dei servizi solo nel luglio 2010; la mancanza di questo atto fondamentale ha consentito, di fatto, uno sviluppo del traffico aereo incontrollato nell'aeroporto di Ciampino;
   già nel 2008 l'ARPA Lazio, attivando il sistema di monitoraggio del rumore aeroportuale denominato CRISTAL aveva evidenziato che i limiti acustici di legge erano stati gravemente superati, con picchi sino a 90 dB(A) in particolare a Ciampino e in alcuni quartieri di Marino, anche in prossimità di scuole ove vigono limiti acustici di 40-50 dB(A); da allora e sino ad oggi (dati del 2014), il sistema di monitoraggio dell'ARPA Lazio continua a misurare livelli acustici nell'intorno aeroportuale ben oltre i limiti di legge, raggiungendo valori verosimilmente dannosi e di certo pericolosi per la salute della popolazione residente e maggiormente esposta;
   la nocività del rumore aeroportuale a Ciampino è stata confermata da due studi del Servizio epidemiologico della regione Lazio: lo studio SERA (2009) che ha accertato l'aumento di casi di malattie cardiovascolari, e lo studio S.Am.Ba. (pubblicato nel 2012) che ha accertato l'aumento di rischio (+3-400 per cento) di contrarre deficit cognitivi e uditivi per i bambini di Ciampino e di Marino che vivono nelle aree più esposte al rumore degli aerei;
   nell'impronta acustica approvata nel 2010 si evidenzia inoltre che circa 15000 persone – tra Ciampino, Marino e Roma — risentono del rumore aeroportuale, diurno e notturno, ed oltre 2500 abitanti subiscono una esposizione al rumore incompatibile con la destinazione urbana e zonizzazione acustica residenziale dell'area;
   ciò ha comportato da parte di aeroporti di Roma, a norma di legge, la redazione a novembre 2013 di un piano di contenimento e abbattimento del rumore; tale Piano, che secondo il decreto ministeriale 29 novembre 2000 avrebbe dovuto prevedere in via prioritaria la diminuzione del rumore alla fonte, ossia attraverso la riduzione dei voli aerei, in realtà non prevedeva alcuna azione sui voli, ma solo interventi palliativi giudicati del tutto inefficaci dai comuni di Roma capitale, Ciampino e Marino che si sono espressi a febbraio 2014 con la bocciatura di tale Piano anche sulla base di una apposita relazione tecnica di ARPA LAZIO;
   la regione Lazio, nelle persone dell'assessore al ramo Fabio Refrigeri e del presidente Nicola Zingaretti, si è impegnata pubblicamente a cercare di risolvere con urgenza la questione attraverso una drastica riduzione dei voli a Ciampino;
   tuttavia, per giungere a tal fine risolutorio, appare necessario l'intervento del Governo in proprio e tramite precisi e vincolanti indirizzi agli enti pubblici quali ENAC;
   attualmente insistono nell'aeroporto di Ciampino una media di 150 movimenti aerei al giorno, con picchi che arrivano a 200. Di questi, sino a 100 movimenti al giorno sono di tipo «slot», ossia permessi di voli di linea low-cost venduti sul mercato mondiale attraverso Assoclearance; i restanti 50-60 movimenti aerei al giorno sono per voli di Stato, militari, di emergenza e di aviazione generale;
   secondo uno studio di ARPA Lazio già del 2009, a parità di tipologia di velivoli, per rientrare nei limiti acustici di legge, l'aeroporto «G. B. Pastine» di Ciampino non dovrebbe superare i 60 movimenti aerei al giorno se ne ricava pertanto che i voli low-cost «slottati» non sono sostenibili nello scalo di Ciampino;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 dicembre 2012, proprio a causa della grave situazione ambientale a Ciampino, cita esplicitamente la necessità di trasferire da Ciampino a Fiumicino i voli low-cost;
   il prossimo 14 giugno ad Abu Dhabi ci sarà la «Slot Conference» dove saranno venduti, a livello mondiale, i permessi di volo (slot) anche per l'aeroporto di Ciampino;
   la vendita di tali slot continuerebbe a prolungare una situazione di sostanziale illegittimità ambientale nell'esercizio dello scalo ciampinese, aggravando ulteriormente una situazione già insostenibile –:
   quali siano le informazioni in possesso dei Ministri circa il caso evidenziato;
   quali immediate iniziative si intendano porre in essere, vista la gravità della situazione ambientale e sanitaria nell'intorno dell'aeroporto di Ciampino nonché la non rispondenza di tale scalo – ormai da oltre 10 anni – ai livelli di rumore ammessi per legge, per garantire la tutela della salubrità ambientale nelle aree a ridosso dello scalo di Ciampino anche attraverso il trasferimento altrove dei voli low-cost;
   se il Governo non intenda intervenire affinché ENAC ed i soggetti pubblici o sotto la vigilanza del Governo in occasione del prossimo Assoclearance, cioè prima del 14 giugno 2014, non pongano in essere alcuna iniziativa che consenta ulteriori movimenti aerei nello scalo di Ciampino. (4-05121)


   LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i lavori relativi al raddoppio della linea ferroviaria Falconara Marittima-Orte e nello specifico stazioni di Montecarotto e Castelplanio, risalgono agli inizi degli anni 2000, e successivamente sono stati sospesi (precisamente nel 2005 RFI ha attuato la risoluzione contrattuale per gravi inadempienze dell'appaltatore);
   dopo anni di sospensione, in data 29 novembre 2010 è stato pubblicato il bando di gara per l'appalto dei lavori di completamento del raddoppio della tratta in questione e a maggio 2012 i lavori sono stati appaltati, prevedendo il completamento dell'opera entro il 2015, compresi i sottopassi di Moie e Castelplanio Stazione;
   si è avuta notizia dalle stesse Ferrovie dello Stato che la ditta, causa difficoltà finanziarie, ha abbandonato il cantiere con grave danno, sia per il funzionamento della Orte-Falconara (con relativo disagio per i passeggeri) che per la onorabilità delle istituzioni che non vedono realizzare con rapidità ed efficacia interventi pubblici;
   va sottolineata la rilevanza strategica della Orte-Falconara che collega Ancona, capoluogo della macroregione Adriatico-Ionica, con la capitale d'Italia nonché l'Adriatico con il Tirreno e va rilevato che sulla stessa linea insistono l'aeroporto di Falconara Marittima e l'interporto Marche –:
   se il Governo sia al corrente di quanto sopra descritto e quali iniziative di competenza intenda assumere, con RFI, Trenitalia, Ferrovie dello Stato, affinché quanto prima si riprendano i lavori di ultimazione del tratto suddetto cancellando la piaga di un'opera pubblica da troppo tempo in cantiere. (4-05123)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   in data 10 giugno 2014, alle ore 6,30 circa del mattino, presso il Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto, uno dei più grandi del nostro Paese, ha avuto luogo una protesta da parte dei richiedenti asilo diretta contro l'ente gestore, la cooperativa Auxilium, già oggetto di precedenti rivendicazioni in relazione alle condizioni di vita nel centro;
   i migranti sono usciti dal Centro di accoglienza per richiedenti asilo e si son seduti a terra, in strada, con ciò bloccando il traffico sulla via Tiberina, la via di snodo che porta verso l'adiacente autostrada Roma-Firenze;
   poco dopo l'inizio del blocco stradale, sulla via Tiberina, è arrivato un folto schieramento di forze dell'ordine: polizia, carabinieri, persino i militari di stanza al Centro di accoglienza per richiedenti asilo, in assetto anti-sommossa;
   come anche riportato in un articolo (con foto e video) di «Dinamopress.it», non sarebbe stato avviato alcun tentativo di interlocuzione con i migranti – nel frattempo esposti alle intimidazioni degli automobilisti – né di mediazione, da parte degli agenti o responsabili dell'ente gestore, rispetto alle istanze dei richiedenti asilo in mobilitazione;
   alcuni attivisti delle reti antirazziste e della redazione di «Dinamopress», presenti sul posto, sono stati identificati e invitati ad allontanarsi;
   dopo le ore 8,00 del mattino, gli agenti hanno iniziato a trascinare via di peso le donne e gli uomini seduti a terra, e di lì a breve è partita la carica da parte delle forze dell'ordine. I richiedenti asilo sono stati inseguiti e malmenati – buttati a terra, trascinati per i capelli, presi a pugni e calci – lungo tutto il tragitto che porta verso i cancelli del Centro di accoglienza per richiedenti asilo, sotto gli occhi degli attivisti man mano arrivati da Roma;
   risulterebbe che almeno quattro di loro sono stati portati via; la carica è proseguita fin davanti ai cancelli dei Centro di accoglienza per richiedenti asilo e, stando a quanto riferito via telefono dai migranti dall'interno del centro, alle ore 9,00, l'intervento delle forze dell'ordine in assetto antisommossa si sarebbe portato fin dentro la struttura;
   a parere degli interpellanti, quanto accaduto non può non apparire particolarmente grave, ed è assolutamente necessario fare chiarezza sulla dinamica e le procedure avviate in tale occasione dalle forze di polizia nei confronti dei migranti –:
   quali siano le informazioni e gli orientamenti del Ministro interrogato circa i fatti riferiti in premessa;
   se sia stata conforme alle norme la condotta delle forze dell'ordine nei confronti dei richiedenti asilo del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto che, in occasione di una protesta assolutamente pacifica, avrebbero usato violenza nei confronti dei migranti;
   quale sia il numero dei migranti feriti e la tipologia delle ferite stesse;
   quali iniziative disciplinari si intendano adottare nei confronti di eventuali responsabili, e in quali tempi;
   quali iniziative intenda adottare affinché simili fatti non abbiano più a ripetersi.
(2-00576) «Costantino, Daniele Farina, Piazzoni, Migliore, Fratoianni, Kronbichler, Duranti, Melilla, Pannarale, Ricciatti, Scotto».

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOREFICE, MANTERO, SILVIA GIORDANO, GRILLO, CECCONI, DI VITA e DALL'OSSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 44 del 1999 che istituisce il fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estortive e dell'usura è stata emanata con lo scopo di tutelare da un punto di vista economico le vittime dell'usura e del racket. Prevede infatti l'elargizione di una somma di denaro a titolo di contributo per il ristoro del danno patrimoniale subito dalle vittime del racket delle estorsioni alla condizione che la vittima denunci e collabori con la magistratura;
   la legge 27 gennaio 2012, n. 3, ha modificato in parte la legge 23 febbraio 1999, n. 44, intervenendo in particolare in materia di termini di sospensione, nuclei di valutazione, composizione del comitato e di concessione dei mutui;
   accade che i nuclei di valutazione istituiti presso le prefetture al fine di quantificare i danni subiti dalle vittime di estorsione e usura non vengono convocati frequentemente e, in molte prefetture, non sono convocati da tempo;
   in taluni casi i componenti i nuclei di valutazione non quantificano i danni che, seppur non strettamente connessi alla vicenda estorsiva, sono ad essa intrinsecamente conseguenti. Le vittime del racket, ad esempio, costrette a pagare il pizzo fanno ricorso a prestiti da familiari, i quali a loro volta contraggono ulteriori debiti per aiutarli. Questi ultimi danni patrimoniali non vengono riconosciuti dai nuclei di valutazione;
   l'articolo 19 della legge n. 44 del 1999, come modificata dalla legge n. 3 del 2012, prevede che del Comitato di valutazione antiracket ed usura facciano parte tre membri delle associazioni o organizzazioni che hanno aderito alla Fai (Federazione italiana antiracket);
   tale disciplina ad avviso degli interroganti determina di fatto un regime al monopolio da parte della Fai nella rappresentanza delle associazioni antiracket ed usura, ledendo il diritto di rappresentanza delle associazioni che non hanno aderito alla Fai;
   la disciplina introdotta con la legge n. 3 del 2012 a giudizio degli interroganti determina altresì una discriminazione tra le vittime di estorsione e di usura laddove esclude dal beneficio della concessione del mutuo i soggetti (vittime del reato di usura) condannati per taluni reati o sottoposti a misure di prevenzione personali o patrimoniali. Analoghe disposizioni non sono infatti previste per le vittime del racket delle estorsioni;
   periodicamente il Governo utilizza parte del fondo di solidarietà per coprire altre spese. La legge di stabilità 2011 aveva ridotto la somma destinata al fondo da 12 milioni a soli 2 milioni di euro. Anche oggi si sta discutendo nuovamente sulla decisione di attingere al fondo per coprire le spese militari –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto suesposto e se intenda e come intervenire, per quanto di sua competenza, per garantire i diritti delle vittime del racket e dell'usura, così come erano stati concepiti nella ratio della legge.
(4-05113)


   MOSCATT, VENTRICELLI, PARIS, RIBAUDO e CULOTTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sulla GURI n. 86 del 6 novembre 2009 è stato pubblicato il bando di «Concorso pubblico, per esami, per l'ammissione di 260 borsisti al quinto corso – concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione richiesta ai fini dell'iscrizione di duecento segretari comunali nella fascia iniziale dell'Albo dei Segretari comunali e provinciali»;
   a seguito della detta pubblicazione, le prove preselettive si sono svolte nei giorni 1, 2 e 3 dicembre 2010, le prove scritte in data 22, 23 e 24 marzo 2011, mentre i candidati ammessi hanno sostenuto gli orali, vertenti su 17 materie giuridiche, economiche, gestionali e manageriali, nel periodo ottobre-dicembre 2013;
   la graduatoria finale è stata approvata il 23 dicembre 2013 e pubblicata sulla GURI n. 3 del 10 gennaio 2014;
   il consiglio direttivo per l'albo dei segretari comunali e provinciali, presieduto dal Ministro dell'interno, già a marzo 2013 ha approvato le direttive per le attività formative, programmando i corsi SPES e SEFA 2013 e ribadendo la necessità di predisporre gli atti necessari per il previsto avvio del COA 5, da tenersi nel 2014;
   in considerazione di quanto stabilito dal consiglio direttivo, sono state stanziate le risorse finanziarie (originariamente 6,2 milioni di euro, recentemente incrementate fino a 7,8 milioni) necessarie all'attività formativa e, dunque, all'avvio del ripetuto corso Coa 5;
   una volta pubblicata la graduatoria finale del concorso, all'inizio di gennaio 2014 è stato richiesto agli ammessi di confermare, entro un ristretto termine e a mezzo fax, l'impegno formale a partecipare al quinto corso-concorso;
   in data 14 aprile 2014 si è tenuto un incontro tra il Ministero e le organizzazioni sindacali in vista del consiglio direttivo del 15 aprile 2014 con all'ordine del giorno la programmazione dell'attività di formazione e di aggiornamento professionale relativa all'anno 2014;
   come si evince dai comunicati delle organizzazioni sindacali, è emersa la volontà dell'amministrazione dell'interno di procedere alla pubblicazione, nel mese di maggio 2014, di nuovi bandi per i corsi SPES e SEFA 2014, da tenersi, rispettivamente, nei mesi di settembre e ottobre 2014;
   nonostante il consiglio direttivo, già nelle adunanze del marzo 2013 e, dunque, ben prima della programmazione dei nuovi corsi SPES e SEFA 2014, avesse contezza della necessità del celere avvio del corso per i COA 5, in occasione dell'incontro del 14 aprile 2014, sopra richiamato è, invece, emersa la volontà di posticipare l'inizio presunto del COA 5 addirittura a dicembre 2014 e, dunque, dopo quasi un anno dall'approvazione della graduatoria definitiva e ad oltre 5 anni dalla pubblicazione del bando di concorso;
   a seguito della «urgente» richiesta dei documenti e dell'impegno formale a partecipare alle attività formative, numerosi candidati, in vista dell'imminente avvio del corso, hanno, nel frattempo, rinunciato a svolgere altre attività lavorative e/o formative;
   la partecipazione al corso-concorso presuppone, tanto per chi presta attività lavorativa dipendente quanto per chi esercita attività libero-professionali, la necessità di conoscere per tempo il calendario e la strutturazione del corso, al fine di richiedere, i primi, al proprio datore di lavoro eventuali aspettative, permessi o part time (dovendo rispettare, in tal caso, il preavviso previsto dalla legge o dai vari contratti collettivi) e, comunque, entrambe le categorie, di organizzare i propri tempi di lavoro;
   deve aggiungersi, poi, che la conclusione del corso-concorso non coincide con una contestuale ed immediata iscrizione all'albo dei segretari comunali e provinciali, con la conseguenza che l'eventuale (ulteriore) posticipazione del corso comporterebbe la sostanziale impossibilità per i COA 5 di essere iscritti al detto albo in tempo utile per la tornata elettorale amministrativa prevista per la primavera del 2016 e ciò nonostante a quella data saranno trascorsi ben sette anni dall'avvio della procedura concorsuale;
   l'Unione nazionale segretari comunali e provinciali (UNSCP), con nota del 7 maggio 2014 indirizzata al Ministero dell'interno, ha chiesto l'immediata adozione degli atti necessari per l'avvio dei corsi di specializzazione e di accesso in carriera (COA 5), essendo gli stessi, anche in considerazione degli accordi intervenuti in tal senso con le organizzazioni sindacali e sopra richiamati, «atti dovuti e, in parte, già assunti»;
   il posticipato avvio del corso, oltre a ledere, come sopra già evidenziato, le legittime aspettative dei vincitori del concorso, risulta inspiegabile in quanto, da un lato, non consente la conclusione di un iter concorsuale iniziato da quasi cinque anni e che risulta essere tra i più selettivi di quelli esistenti in Italia e, dall'altro, in quanto si pone in stridente contrasto con la volontà del Governo di provvedere ad un ricambio generazionale e ad uno «svecchiamento» all'interno della pubblica amministrazione –:
   se il Ministro dell'interno sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda attivarsi con la massima sollecitudine affinché il consiglio direttivo dallo stesso presieduto, confermando quanto già stabilito nelle adunanze di marzo 2013 ed espresso nell'incontro con le organizzazioni sindacali del 14 aprile 2014, formalizzi l'avvio del corso-concorso COA 5 e delle relative lezioni entro dicembre 2014;
   se il Ministro dell'interno intenda confermare, unitamente a quella dei bandi SPES e SEFA 2014, già prevista per maggio 2014, anche la pubblicazione del calendario del corso-concorso COA 5 con la relativa strutturazione interna, scongiurando definitivamente il rischio di eventuali, ulteriori slittamenti e garantendo una rapida iscrizione dei COA 5 all'albo dei segretari comunali e provinciali, in tempo utile per la tornata elettorale amministrativa prevista per la primavera 2016. (4-05119)


   MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, TERZONI, LUPO, BENEDETTI, PARENTELA e TOFALO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Polizia ferroviaria è lo specifico reparto della Polizia di Stato, con un organico di oltre 5.000 unità, incaricato di operare nelle stazioni ferroviarie e a bordo dei treni al fine di garantire la sicurezza dei viaggiatori;
   con nota del Ministero degli interni n. 559/A/1/131.4.1/270, si comunica ai questori il «progetto di razionalizzazione delle risorse e dei presidi della polizia di stato sul territorio»;
   la «soppressione di 73 fra sottosezioni e Posti Polfer, l'elevazione di 13 presidi, il declassamento di altri 20 ed una diversa articolazione dei compartimenti» sono alcuni dei vari interventi presenti nella nota;
   all'interno della stazione ferroviaria del comune di Viterbo è presente un presidio Polfer che rientra nel piano di soppressione, del progetto di razionalizzazione di cui alla nota n. 559/A/1/131.4.1/2701 del Ministero dell'interno;
   il presidio Polfer della stazione ferroviaria di Viterbo, oltre ad esercitare con la sola presenza un'azione di prevenzione apprezzata dai pendolari che giornalmente viaggiano lungo i 110 chilometri di competenza del presidio (dal comune di Attigliano alla stazione di Roma/San Pietro), ha all'attivo una lunga storia di interventi di grande rilevanza; solo negli ultimi mesi, a testimoniare l'importanza della presenza, gli agenti del presidio Polfer della stazione ferroviaria di Viterbo, sono stati protagonisti dell'arresto di un uomo per pedofilia, del fermo di un trafficante di droga arrestato in possesso di oltre tre etti di cocaina, dell'intervento di soccorso effettuato in occasione del deragliamento di un treno che percorreva la tratta Viterbo-Roma, nonché di un'operazione che ha portato all'arresto di una banda specializzata nel furto di rame lungo la ferrovia e nel recupero di un'importante quantità di refurtiva;
   secondo la testimonianza del rappresentante del Sindacato autonomo di polizia (SAP) «La chiusura del presidio non porterebbe nessun risparmio, in quanto tutte le strutture e le utenze sono a carico delle Ferrovie dello Stato»; il rappresentante SAP sottolinea come «La spesa che è dovuta unicamente agli stipendi, tale rimarrà in quanto il personale sarà dislocato altrove e gli stipendi andranno pagati comunque»;
   a parere sia degli agenti interessati che degli interroganti, l'assenza del presidio Polfer e dell'effetto inibitorio che esercita sulla criminalità con la sola presenza, porterebbe inevitabilmente ad un aumento di attività da parte di questa, comportando quindi un prevedibile aumento degli interventi che coinvolgerebbero uomini e mezzi di stanza in altri reparti, con un dispendio di forze e risorse superiori, oltre a far drasticamente diminuire la sicurezza dei pendolari che giornalmente utilizzano la tratta –:
   se sia a conoscenza della particolare situazione riguardo la mancanza di onere economico da parte del Ministero dell'interno, per il mantenimento del presidio Polfer della stazione ferroviaria di Viterbo;
   se in base alle informazioni in premessa, non intenda rivedere le disposizioni di chiusura del reparto Polfer della stazione ferroviaria di Viterbo che, di fatto, priverebbe la comunità di un servizio essenziale, senza determinare alcun tipo di risparmio per il Ministero. (4-05120)


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, recante «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute», ha previsto, tra le altre disposizioni, anche il divieto su ogni tipo di media (riviste, quotidiani, cinema, internet) di pubblicità che inducono al gioco;
   in particolare, l'articolo 7, ai commi 4 e seguenti, reca il divieto dei messaggi pubblicitari di giochi con vincite in denaro nelle trasmissioni televisive, radiofoniche, nonché via internet, e nelle rappresentazioni teatrali o cinematografiche rivolte ai minori e nei 30 minuti precedenti e successivi alla trasmissione delle stesse; sancisce l'obbligo di riportare avvertimenti sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro e sulle relative probabilità di vincita sulle schedine e tagliandi dei giochi e sugli apparecchi di gioco, cioè quegli apparecchi che si attivano con l'introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico;
   ciononostante, allo stato attuale continua a registrarsi una progressiva esplosione di pubblicità nelle forme non tutelate a sufficienza dalla stessa legge e del fenomeno della ludopatia;
   circolano sul web numerosi siti, diffusi anche come spam, che hanno come finalità ultima quella di truffare l'utente. A titolo esemplificativo, si riporta il seguente indirizzo: http://mom-incomefrom-home.com/ che, sotto una titolatura apparentemente innocua e fuori contesto rispetto ai richiami classici da gioco d'azzardo, racconta una falsa e struggente storia di una mamma, vedova, che riesce ad arricchirsi facilmente insegnando un sedicente «metodo», definito peraltro «legale», per istigare al gioco come fonte di facile guadagno, senza peraltro subire alcuna censura nei confronti dei minori di anni 18 e ad essi facilmente accessibile;
   in particolare, il sito segnalato serve a far scaricare i software dei casinò e a far comprare 65 euro di fiches, affermando il falso: che i casinò in questione hanno un bug che permette di vincere facile alla roulette, puntando un euro alla volta su rosso o nero. Ma, come è noto ai più esperti, un bug del genere non può esistere, perché anche se esistesse, sarebbe facilmente smascherabile in poche ore;
   inoltre, come specificato da alcuni siti che, coscientemente, si sono adoperati per «smascherare» quello citato, se si effettua un controllo sui proprietari dei siti in questione, facendo un semplice «whois», si vede che le informazioni di registrazione di tutti questi siti sono nascoste da una società «proxy». Ovvero: una società intermediaria che acquista i domini web e li subaffitta ai proprietari di siti che vogliono rimanere anonimi. Tale società risulta essere la «Domains By Proxy, LLC» e, se si fa la stessa ricerca sul dominio della sedicente mamma, si scopre che anche il suo è un dominio gestito dalla «Domains by Proxy LLC»: cosa che induce ad escludere qualsiasi tipo di coincidenza ma un vero e proprio «progetto» truffaldino;
   da quanto emerge dagli ultimi dati dello studio Ipsad (Italian population survey on alcohol and other drugs) dell'Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa, nei 3 anni dal 2008 al 2011, la percentuale di persone tra i 15 e i 64 anni che ha puntato soldi almeno una volta su uno dei tanti giochi presenti sul mercato on-line è passata dal 42 al 47 per cento. Si tratta di circa 19 milioni di scommettitori, di cui ben 3 milioni a rischio ludopatia, soprattutto uomini, disoccupati e persone con un basso livello di istruzione;
   dai dati registrati, emerge la crescita, anche tra gli adolescenti, della «febbre del gioco»: ammonta a un milione il numero di studenti che hanno riferito, nel 2012, di aver puntato denaro sui giochi e, nonostante una chiara legislazione restrittiva per i minori, risulta che ben 630.000 under 18 hanno speso almeno 1 euro giocando d'azzardo;
   secondo l'indagine condotta dall'Ipsad, che ha coinvolto 45.000 studenti delle scuole superiori e 516 istituti scolastici di tutta la nazione, nell'ultimo anno il 45,3 per cento degli studenti ha puntato somme di denaro. Ad essere maggiormente coinvolti nel gioco risultano essere i ragazzi (55,1 per cento contro il 35,8 per cento delle ragazze) e si stima che siano 100.000 gli studenti che già presentano un profilo di rischio moderato e 70.000 quelli con una modalità di gioco problematica;
   il mercato del gioco è un settore in costante ascesa e il numero dei «malati d'azzardo» è destinato pertanto a salire in proporzione al fatturato, alla varietà dell'offerta, all'attrattività del gioco;
   nel nostro Paese, analogamente a quanto successo in altri Paesi dell'occidente, l'offerta di giochi d'azzardo, specialmente on-line, è in continuo aumento ed è sempre più diversificata, tanto che quella che in passato era un'abitudine riguardante una ristretta fascia di persone è, di fatto, divenuta alla portata di tutti;
   il giornale «Avvenire», che spesso si è occupato della cosiddetta ludopatia, ha pubblicato il 13 giugno 2013 un esaustivo articolo in cui si riportano i dati preoccupanti elaborati dalla Consulta nazionale delle fondazioni e associazioni antiusura, in base ai quali la dedizione ossessiva a slot machine, videopoker e gratta e vinci sottrae ogni anno 70 milioni di ore lavorative e dirotta almeno 20 miliardi di euro dall'economia reale, cancellando così 115.000 posti di lavoro;
   lo stesso articolo pubblica i dati emersi dallo studio del sociologo Maurizio Fiasco, consulente della Consulta, che quantifica l'emorragia economica provocata dall'azzardo e il tempo usato dai giocatori per le diverse tipologie di azzardo; si legge nell'articolo «le nuove slot machine hanno totalizzato 28 miliardi di giocate, pari a oltre 46 milioni di ore passate a schiacciare tasti; 5 miliardi le giocate alle videolottery (8,3 milioni di ore); 2,2 miliardi per le «grattate» sui gratta & vinci (quasi 37 milioni di ore); 15 miliardi le giocate on-line (circa 167 milioni di ore); 35 miliardi le giocate a lotto, superenalotto e altri giochi tradizionali (230 milioni di ore); totale: 49 miliardi di operazioni di gioco, pari a 69 milioni 760.000 ore perse inseguendo un miraggio»;
   secondo il sociologo, inoltre, l'azzardo «drena risorse ai consumi, già in forte contrazione»: se nel 2012 sono stati 90 i miliardi giocati, tenendo conto del pay out, cioè le vincite, sono almeno 20 i miliardi di euro sottratti al commercio e ai servizi destinati alla vendita. Lo studio ha anche calcolato il «potenziale di occupazione dissipato dalla spesa per giochi, valutabile in circa 90.000 addetti nel commercio e servizi e circa 25.000 addetti nell'industria» –:
   se i Ministri interessati, ciascuno per il proprio comparto di competenza, non ritengano opportuno assumere ogni utile iniziativa volta ad una maggiore tutela dei giocatori, in particolare dei minori e delle altre persone vulnerabili o potenzialmente tali, vigilando sulla possibilità di accesso da parte dei minorenni sul gioco on-line e sulla loro ingannevole pubblicità, ponendo in essere azioni restrittive, oltre che di controllo e monitoraggio, dirette ad arginare il fenomeno del gioco, soprattutto ad opera dei minorenni più facilmente condizionabili e suscettibili, e nei quali la tendenza alla dipendenza è molto più alta. (4-05122)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in via Turati 5 a Como, nel cuore della zona denominata Camerlata, è apparso decentemente un cartello in turco che indica l'ubicazione di una nuova moschea di cui si ignorava precedentemente l'esistenza;
   gli uffici del settore urbanistica del comune di Como, opportunamente sollecitati a chiarire se fosse stata concessa una qualche autorizzazione al riguardo, hanno confermato che non esistono al momento edifici con destinazione d'uso a moschea sul territorio comunale di competenza, anche se vi sono strutture private autorizzate ad ospitare associazioni culturali islamiche;
   non risultano essere state emanate neanche autorizzazioni ad effettuare lavori di adattamento del sito di via Turati 5 a Como, per cui sussiste anche un dubbio in merito alla effettiva agibilità dello stabile a quanto pare surrettiziamente adibito a moschea;
   qualora la destinazione d'uso dell'immobile di via Turati 5 a moschea fosse confermata in seguito alle necessarie verifiche, l'area comasca si delineerebbe come una zona ad alta intensità di insediamenti religiosi islamici, circostanza che dovrebbe suggerire una particolare sorveglianza, stante anche l'attuale clima internazionale, che è contrassegnato da una notevole riscossa dei movimenti terroristici a matrice jihadista in Libia, Siria ed Iraq –:
   se il Governo, nell'ambito dell'attività di monitoraggio sul fenomeno dell'associazionismo islamico finalizzata a prevenire il rischio di possibili infiltrazioni di matrice eversive, disponga di elementi sul centro di cui in premessa. (4-05124)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   l'interpellante intende porre, all'attenzione dei ministri interpellati, il «land grabbing» fenomeno che assume dimensioni sempre più planetarie, dove vittime principali sono gli abitanti dei paesi più poveri del mondo, che vengono depauperati del loro sostentamento, a favore delle nazioni più ricche;
   il fenomeno conosciuto sin dal 2009 è in crescita esponenziale, tanto che in data 25 maggio 2010 è stato presentato il rapporto intitolato «Land Grab or development opportunity ?» («Incetta di terre o opportunità di sviluppo ?») redatto dalle agenzie Onu per l'agricoltura, FAO e IFAD, con l'Istituto internazionale per l'ambiente e lo sviluppo (IIED); 
   «Protagonisti del land grabbing sono sia gli Stati che le imprese, ma a prevalere è soprattutto il settore privato. Gli Stati forniscono il sostegno politico e operano sul piano diplomatico per facilitare gli accordi, ma sono le imprese a condurre i progetti: grandi società statali per la Cina, joint venture tra pubblico e privato, o imprese compartecipate da fondi sovrani. Riguardo alle multinazionali, il capitale di terre straniere supera i 1,7 milioni di ettari... Emergono infine i grandi investitori finanziari (fondi di copertura, di pensione, rischi, banche di investimento, holding). In particolare, per i fondi di investimento, il primato spetta al Qatar e all'Arabia Saudita. I principali paesi acquirenti sono: Arabia Saudita, Emirati Arabi e Paesi del Golfo, India, Cina, Giappone, Corea del Sud, Libia, Siria, Giordania, ma anche Germania, Usa, Gran Bretagna, Svezia. L'acquirente maggiore resta comunque la Cina, che rappresenta il 40 per cento della popolazione agricola attiva mondiale, ma possiede solo il 9 per cento dei terreni coltivabili. L'interesse di questo Paese è pertanto legato alla necessità di garantire cibo ad un prezzo sostenibile alla sua popolazione, ma anche all'approvvigionamento di materie prime per l'industria e al business dei biocombustibili. L'asse portante degli investimenti in terre è il Sud del mondo, dove si concentra circa il 40 per cento di tutte le fusioni e acquisizioni agricole (Unctad, 2008). A cedere la loro terra sono, in generale, i Paesi più poveri, per la disponibilità e il basso costo della superficie coltivabile, per il clima favorevole e per la disponibilità di manodopera. Nella maggior parte dei casi, si tratta di paesi che rientrano nella fascia con il più elevato rischio di fame e povertà» (da AgireinEuropa – anno 6 n. 22);
   la maggior parte delle volte nei testi dei contratti che vengono stipulati tra i contraenti sopra citati non risultano esserci clausole vincolanti o precise che prevedano iniziative concrete da parte degli investitori, o che riguardino il controllo o la verifica degli impegni sottoscritti. La durata delle concessioni risulta essere molto lunga, 30, 40, anche 90 anni e gli accordi prevedono affitti ridicoli: dai 2 ai 10 dollari per ettaro, in Sudan o in Etiopia. Gli interessi sono consoni alle esigenze degli investitori, senza riferimenti alla sicurezza alimentare delle popolazioni locali, che si vedono destinata solo una minima parte dei raccolti. Per sicurezza alimentare si intende non solo il ridotto raccolto che spetta ai locali, certamente non sufficiente per i loro bisogni alimentari, ma si estende anche all'alimentazione e alla protezione degli animali, anch'essi appartenenti alla catena alimentare. L'assenza di controlli veterinari e non in ultimo all'igiene, la cui assenza produce innumerevoli infezioni per questi ultimi e per gli esseri umani stessi;
   risulta anche che L’Hedge Fund russo Renaissance Capital e il britannico Landkom hanno comprato rispettivamente 300.000 e 100.000 ettari in Ucraina, Morgan Stanley e il gruppo francese Dreyfus decine di migliaia di ettari in Brasile. Milioni di ettari di terreno sono stati comprati in tutto il mondo dalla Corea del Sud (2,306 milioni), Cina (2,09 milioni), Arabia Saudita (1,61 milioni), Emirati Arabi Uniti (1,28 milioni) e Giappone (0,324 milioni) La sola Cina possiede terre in Australia, Kazakistan, Laos, Messico, Brasile, Suriname, e soprattutto in Africa. Pechino ha firmato circa trenta accordi di cooperazione con governi che le danno accesso alla terra;
   ma tra gli «Arraffa Terre» (così vengono chiamati) ci sono anche imprese italiane che, anzi, sono tra le più attive su questo fronte. Imprese che si stanno accaparrando terreni agricoli su scala globale: da Eni a Maccaferri, da Benetton a Generali fino ai tre big del credito (Unicredit, Intesa e Monte dei Paschi di Siena) imprese che portano l'Italia al secondo posto tra i Paesi Europei «più attivi negli investimenti su terra all'estero, seconda solamente all'Inghilterra»;
   da qualche tempo, gli accaparratori di terre hanno messo gli occhi anche sui suoli più fertili d'Europa. È quanto mette in evidenza Land Concentration, Land Grabbing and People's Struggle in Europe, lo studio realizzato dal Coordinamento europeo via Campesina e da Hands off the land, che mette in guardia sul pericoloso innalzamento del livello di concentrazione della proprietà delle terre europee. Dal rapporto emerge un dato insospettabile: in Europa il 3 per cento dei proprietari di terreni agricoli detiene il 50 per cento di tutte le superfici agrarie; una situazione paragonabile a quanto avviene attualmente in paesi come in Brasile, la Colombia e le Filippine. Dopo Ungheria, Romania, Serbia e Ucraina, multinazionali e fondi sovrani stranieri hanno infatti spostato il mirino verso l'Europa occidentale: dapprima i cosiddetti Pigs, con in testa regioni come l'Andalusia e la Catalogna, poi Germania, Francia e Austria sono diventati oggetto di speculazione economico-finanziaria da parte dei colossi attivi nell’agro-business, degli hedge fund, delle aziende cinesi in espansione e degli oligarchi russi (da Limes – rivista italiana di geopolitica 31 maggio 2013);
   «gli Arraffa Terre» è anche il titolo di una mappatura puntuale e ricca di dati sul ruolo che l'Italia svolge nell'accaparramento dei terreni agricoli su scala globale, pubblicato da Re:Common in occasione del vertice di Rio sull'ambiente. In totale sono una ventina le compagnie italiane attive in questo business: dalla Patagonia (dov’è presente Benetton) a tante imprese in Africa, in particolare in Mozambico, Etiopia e Senegal, dove si acquisiscono terre a poco prezzo e per periodi molto lunghi. L'affare è consistente, si tratta di centinaia di migliaia di ettari in Paesi afflitti da siccità e fame, che svendono, quindi facilmente, per impiantare colture intensive, con lo scopo di produrre cibo per l'esportazione o per coltivare olio di palma o jatropha poi impiegate per generare agro-combustibili;
   ma non è tutto, casi di land grabbing accadono anche nel Sud dell'Europa dove le maggiori forze direttrici sono gli investimenti in energie rinnovabili. Suolo e vento sono risorse chiave in questo tipo di economia;
   risulta che al momento sia in atto la costruzione di un gigantesco impianto eolico a Creta, (come denunciato sul sito di Amici della Terra). Dal 2011 sembra che siano state concesse autorizzazioni, per creare un grande sistema di energia rinnovabile per produrre 6500 megawatt. L'isola è esposta a forti venti, ma è anche la culla della civiltà occidentale e dovrebbe rimanere intatta secondo gli storici e gli archeologi che stanno, intanto, attuando forme di protesta;
   questo fenomeno, ad oggi, non riguarda solo i nostri «affari» all'estero, ma anche in Italia stessa, in particolare in Sardegna, dove l'incetta di terre da parte di grandi holding ai danni dei contadini è notevole. Qui, una società italiana vicino alla Costa Smeralda, insieme ad investitori giapponesi hanno proposto di realizzare un complesso impianto di energia rinnovabile. Estrapolando dal dossier di Crocevia: «... La produzione energetica fotovoltaica, volta a sostenere i piccoli agricoltori italiani con incentivi statali per l'installazione di pannelli sugli annessi agricoli, è diventata un fenomeno, in Sardegna in particolare, di sottrazione di centinaia di ettari di terre fertili utili al fabbisogno agricolo della Regione. Il caso di Narbolia, spiega come solo grandi gruppi industriali e investitori stiano sfruttando gli incentivi statali e le leggi nazionali per produrre profitti che non hanno però nessuna ricaduta positiva sull'agricoltura né sul territorio sardo. Il negativo impatto ambientale e la sottrazione dei terreni fertili sono le conseguenze....» ed è solo uno dei casi nella regione. Anzi in «casa nostra» proprio le rinnovabili rappresentano la prima ragione di land grabbing, aiutate da scelte locali, come la giunta della regione Sardegna, che in una delibera del 1° di giugno 2014, «stabilisce che nella aree degradate, fino al venti per cento della superficie complessiva può essere destinata agli impianti fotovoltaici»;
   e sempre in Sardegna (a Villasor – 20 chilometri da Cagliari) è allo studio un blocco di quattro centrali solari termodinamiche a concentrazione. Il piano cambierà radicalmente il paesaggio agricolo, avviando un vasta struttura per generare energia. Quest'area comprende 875 ettari tra campi e pascoli alberati;
   le denunce vengono dalle maggiori associazioni in difesa del suolo e per lo sviluppo del mondo rurale, come Crocevia, Terra Nuova e Italia Nostra. In particolare Terra Nuova e Crocevia, che aderiscono ad una campagna globale contro il land grabbing e hanno lanciato un'azione comune contro questo fenomeno nell'ambito della Rete Europafrica avendo come obiettivo la sovranità alimentare, con il fine di restituire la terra a chi la lavora e di indurre il nostro Governo ad applicare e far rispettare le «direttive volontarie per l'accesso facilitato alla terra», questo in negoziazione al Comitato sicurezza alimentare delle Nazioni Unite (presso la FAO). Questa, a tutt'oggi, è l'unica strada in grado di facilitare l'accesso alla terra ai piccoli agricoltori evitandone l'espulsione da parte di banche, grandi imprese agroalimentari e land grabbing;
   sempre in Italia (dalla medesima fonte) l'accesso alla terra attraverso il mercato fondiario non favorisce la creazione di nuove attività agricole. La vicinanza ai centri urbani favorisce la speculazione edilizia e il radicamento nell'economia legale di capitali di origine illegale o, comunque, non d'origine agricola. Oltre 700.000 piccole aziende sono sparite nell'arco di un decennio e il 30 per cento dei terreni fertili sono in mano all'1 per cento delle aziende;
   risulta inoltre, che la questione oltre che in Sardegna, si cominci ad evidenziare anche in Basilicata come sostenuto da Italia Nostra e quanto scritto sul sito Ojalà (da Bruxelles nel marzo scorso) «...land grabbing è in corso in Italia. In Basilicata dove il progetto di una centrale solare termodinamica copre 226 ettari di terra...». Si tratta del tentativo di sottrarre all'agricoltura estese superfici, da parte di investitori, stranieri o pseudo nazionali, con intenti quasi esclusivamente speculativi;
   il suolo agricolo e ciò che esso rappresenta è un «Bene comune», per cui questi fenomeni non devono avere la possibilità di diffondersi nel nostro territorio perché risultano in deroga alla nostra Carta costituzionale che all'articolo 41 afferma che l'iniziativa economica privata è libera, ma non può essere in contrasto con l'utilità sociale, e nell'articolo 44 associa il razionale sfruttamento del suolo al dovere di garantire equi rapporti sociali. Oltre che con quanto precisato dalla «Convenzione Europea sul Paesaggio» ratificata dall'Italia con legge 9 gennaio 2006, n. 14, che ricomprende entro la definizione di «paesaggio» tutti gli spazi naturali e rurali ed infine con la Dichiarazione di Tirana, approvata a maggio del 2011, in cui si afferma la necessità di promuovere un accesso equo e sicuro alla terra, lo sviluppo sostenibile e contribuire all'identità, alla dignità e all'inclusione sociale;
   il diritto ha trovato riconoscimento in diversi documenti internazionali e l'articolo 17 della «Dichiarazione dei diritti umani», per esempio, riconosce il diritto di ognuno a possedere una proprietà, da solo o in associazione con altri, e che nessuno deve essere arbitrariamente privato di questa. Inoltre nel Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, anche l'articolo 11 riconosce un diritto universale all'abitazione e un miglioramento continuo delle condizioni di vita;
   i diritti alla terra e alla proprietà sicuri per tutti sono essenziali nella riduzione della povertà, perché puntellano sviluppo economico e inclusione sociale stimolano le persone nelle aree rurali e urbane a investire in abitazioni e condizioni di vita migliori. Aiutano anche a promuovere una buona gestione ambientale, migliorano la sicurezza alimentare e influiscono direttamente nella realizzazione di diritti umani;
   lo sfruttamento intensivo di grandi aree imposto dal land grabbing appare in contrasto con l'articolo 44 della Costituzione italiana che recita: «Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e i vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà», e di conseguenza come essi intendano operare per sanare questa evidente, per l'interpellante, violazione del dettato costituzionale –:
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza dei fatti narrati e quali azioni intendano intraprendere, tenendo conto di quanto rappresenta in premessa;
   se visto nel decreto-legge n. 133 del 2013 (Disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia) articolo 3 in deroga alle precedenti leggi, si stabilisce il diritto di prelazione da parte dei giovani agricoltori entro il 30 aprile 2014 e che, nella legge di stabilità 2014, si sancisce che la quota del 20 per cento dei terreni agricoli pubblici sia riservata alla locazione piuttosto che all'alienazione sempre per i giovani agricoltori, non si ritenga la quota del 20 per cento insufficiente e quindi non si reputi necessario adoperarsi affinché sia innalzata, con apposita iniziativa normativa in tal senso, la percentuale in merito, poiché il 20 per cento è una cifra non adeguata per agevolare realmente l'accesso alla terra per i giovani senza mezzi e per contrastare la diffusione di un nuovo latifondismo dell'agroindustria e di acquisti da parte della criminalità organizzata in determinati territori;
   se non ritenga opportuno sostenere la campagna lanciata da Crocevia e Terra Nostra in Italia, per dare la terra a chi la lavora e facilitare l'ingresso dei giovani redistribuendo le terre e dando ad affitti agevolati le terre demaniali nel pieno rispetto delle ultime normative e anche attraverso l'istituzione del Banco della Terra, simile all'iniziativa delle regioni Umbria e Toscana, per facilitare l'affidamento di terreni pubblici incolti, per creare la possibilità di una maggiore entrata economica per lo Stato data dalla locazione delle terre, per agevolare l'occupazione e i nuovi insediamenti nel settore agricolo anche per chi ha difficoltà di accesso al credito.
(2-00575) «Zaccagnini, Furnari, Labriola, Catalano, Tacconi».

Interrogazione a risposta scritta:


   LUPO, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il generale Cosimo Piccinno ha presentato un dossier in occasione del bicentenario dell'Arma in cui si evidenzia un nuovo settore della criminalità organizzata: quello del cibo. Nel dossier si evidenzia come le mafie sfruttino il mercato del cibo per incassare centinaia di milioni di euro tramite il riciclaggio e controllo diretto di supermercati e centri di smistamento alimentare;
   nel periodo 2012/2014 il 30 per cento circa degli esercenti sottoposti a controllo, come citato in un articolo del www.corriere.it datato 4 giugno 2014, risulterebbe non idoneo. Infatti, a fronte dei circa 17 mila pastifici controllati più ai 6 mila risulterebbero fuori legge, e lo stesso trend si riscontra negli allevamenti di bovini ed ovini, dove, su 12 mila controlli effettuati, ben 4 mila risulterebbero non idonei. La percentuale di esercenti non idonei sale dal 30 per cento al 50 per cento circa se si volge lo sguardo al settore della ristorazione;
   in data 4 giugno 2014, così come appreso dai giornali, a Palermo il nucleo antisofisticazione e sanità (NAS) dei carabinieri denuncia 23 proprietari di macellerie per sofisticazione di prodotto. L'accusa è quella di aver trattato le carni con ione solfito – prodotto che renderebbe la carne di un colore rosso sangue – aumentandone l'appetibilità;
   come confermato in una nota della Coldiretti, nel fanno 2013 in Italia più di 1600 persone sono state denunciate per truffe riguardanti il settore della carne, con accuse che vanno dalla contraffazione alla adulterazione del prodotto. Si stima che il giro d'affari si attesti intorno ai 112 milioni di euro anno;
   a parere degli interroganti, per quanto sia lodevole il lavoro delle forze dell'ordine nella fase di contrasto al fenomeno della contraffazione alimentare, risulterebbe carente l'ambito della prevenzione e dell'informazione alla cittadinanza –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti citati in premessa, e quali azioni a carattere d'urgenza intendano intraprendere al fine di scongiurare il fenomeno delle agro-mafie e della contraffazione alimentari;
   se non intendano con la collaborazione degli organi preposti al controllo, istituire un tavolo tecnico per pianificare una strategia di contrasto al fenomeno prima che lo stesso diventi ingestibile.
(4-05116)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TARICCO, BORGHI, MANFREDI, TARTAGLIONE, VENITTELLI, D'INCECCO, CINZIA MARIA FONTANA, TERROSI e ZANIN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca con proprio decreto del 24 aprile 1992 ha messo ad ordinamento un corso triennale d'istruzione professionale di Stato per l'acquisizione della qualifica di «Operatore dei servizi sociali» e che tale qualifica è stata successivamente confermata con decreto ministeriale 14 aprile 1997, n. 250;
   lo stesso Ministero con proprio decreto del 15 aprile 1994 ha messo ad ordinamento un corso biennale di post-qualifica d'istruzione professionale di Stato per il conseguimento del titolo di «Tecnico dei servizi sociali», corso quest'ultimo il cui accesso è riservato a coloro che in precedenza hanno acquisito la qualifica corrispondente di operatore;
   nel profilo professionale, descritto nei decreti ministeriali, relativo alla qualifica di «operatore dei servizi sociali» si legge che «(...) con una specifica formazione professionale di carattere teorico e tecnico-pratico e nell'ambito dei servizi socio-educativo-culturali, svolge la propria attività a sostegno di persone di diversa età, per favorire le loro potenzialità individuali e il loro inserimento e partecipazione sociale. (...) Alla conclusione del ciclo di studi l'Operatore dei Servizi Sociali può lavorare nelle strutture pubbliche e private del territorio a sostegno delle comunità, per salvaguardare l'autonomia personale e sociale dei cittadini con lo scopo di salvaguardare l'autonomia personale e sociale dei cittadini con lo scopo di evitare o ridurre i rischi di isolamento o di emarginazione. (...)»;
   negli anni la presenza dei corsi di istruzione professionale di Stato negli indirizzi di operatore e tecnico dei servizi sociali si è andata diffondendo sul territorio nazionale, avviando verso tali qualifiche e titoli di studio migliaia di giovani motivati all'impegno e al lavoro nel settore sociale;
   con il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, che detta le norme per il riordino degli istituti professionali, è previsto nell'ambito degli istituti professionali di Stato, l'indirizzo socio-sanitario, che permette di conseguire il diploma di «Tecnico dei servizi socio-sanitari»;
   il curriculum di studi previsto per il «Tecnico dei servizi socio-sanitari» non è sostanzialmente diverso da quello che era previsto per il «Tecnico dei servizi sociali»;
   in base alla descrizione del profilo professionale del Tecnico dei servizi socio-sanitario, riportato in predetto decreto, tale figura: «(...) possiede le competenze necessarie per organizzare ed attuare interventi adeguati alle esigenze socio-sanitarie di persone e comunità, per la promozione della salute e del benessere bio-psico-sociale. È in grado di: partecipare alla rilevazione dei bisogni socio-sanitari del territorio attraverso l'interazione con soggetti istituzionali e professionali; rapportarsi ai competenti Enti pubblici e privati anche per orientare l'utenza verso idonee strutture intervenire nella gestione dell'impresa sociosanitaria e nella promozione di reti di servizio per attività di assistenza e di animazione sociale; applicare la normativa vigente relativa alla privacy e alla sicurezza sociale e sanitaria; organizzare interventi a sostegno dell'inclusione sociale di persone, comunità e fasce deboli; interagire con gli utenti del servizio e predisporre piani individualizzati di intervento; individuare soluzioni corrette ai problemi organizzativi, psicologici e igienico-sanitari della vita quotidiana; utilizzare metodi e strumenti di valutazione e monitoraggio della qualità del servizio erogato nell'ottica del miglioramento e della valorizzazione delle risorse (...)»;
   l'introduzione dell'indirizzo socio-sanitario nell'ambito del riordino dell'istruzione superiore ha determinato un incremento dei corsi su tutto il territorio nazionale; si consideri che in Italia, nell'anno scolastico 2013/2014, si sono iscritti alla classe prima del corso di «Tecnico dei servizi socio-sanitari» più di 9.600 studenti, pari al 1,8 per cento del totale degli iscritti al primo anno della scuola secondaria superiore (dati MIUR). Oggi gli studenti che frequentano i corsi ad esaurimento di «Tecnico dei servizi sociali» e i corsi di «Tecnico dei servizi socio-sanitario» sono circa 50.000;
   la normativa vigente relativa al rilascio di qualifiche professionali assegna alle regioni tale competenza e che rispetto al riconoscimento della qualifica di «Operatore dei servizi sociali» e del diploma di «Tecnico dei servizi sociali» le regioni hanno percorso vie differenti: alcune non riconoscono in alcun modo tali titoli come utili all'accesso al lavoro in strutture sociali e socio-sanitarie, determinando confusione e delusione nei giovani e nelle loro famiglie che al termine di un percorso di studi, prevalentemente mirato al lavoro in relazioni di aiuto alle persone, si trovano con un titolo di studio non riconosciuto a tale scopo;
   in molte regioni l'accesso a mansioni lavorative che prevedono relazioni di aiuto nei servizi sociali e socio-sanitari, è previsto esclusivamente o con diploma di laurea o con la qualifica di operatore socio-sanitario, qualifica che si consegue attraverso corsi di formazione professionale generalmente annuali, il cui requisito d'accesso è dato dall'adempimento dell'obbligo scolastico;
   vi sono regioni che riconoscono agli studenti con diploma di Tecnico dei servizi sociali o di operatore dei servizi sociali solo alcuni limitati crediti formativi spendibili nell'ambito dei percorsi di formazione professionale di «Operatore socio-sanitario». Per accedere in alcuni casi è richiesta la partecipazione a prove di selezione (che spesso prevedono esplicitamente una precedenza a favore di persone disoccupate con più di 26 anni, mentre in altri casi sono i contenuti e le modalità dei test che favoriscono le persone disoccupate non più giovani), in altre regioni si richiede il pagamento del corso di formazione;
   alcune regioni, tra cui la regione Piemonte, riconoscono la figura del tecnico dei servizi sociali per quanto riguarda l'educazione nel settore dell'assistenza all'infanzia, ma non riconoscono il titolo come idoneo a formare una figura professionale specifica inserita nei servizi sociali e socio-sanitari in quanto «Tecnico dei servizi sociali»;
   in particolare in Piemonte in base alla determina dirigenziale del 28 marzo 2011, n. 172 con cui è stato approvato il Manuale per la certificazione delle competenze e la concessione dei crediti, nonché alla determina dirigenziale 21 ottobre 2011, n. 588 che stabilisce le modalità operative per l'attestazione delle competenze in ingresso e in itinere ai percorsi formativi formali, coloro che hanno già un diploma di istruzione superiore come Tecnico dei servizi sociali, coerente con il percorso dell'operatore socio-sanitario, per vedersi riconoscere una qualifica spendibile ai fini dell'inserimento lavorativo è richiesta la partecipazione a test selettivi (il cui contenuto è spesso determinato in funzione di persone adulte) e, in caso di superamento del test selettivo, la frequenza al corso per operatore socio sanitario (O.S.S.) per tutta la sua durata, sia pure ridotto nel numero di ore di frequenza. In tal modo i diplomati quali «Tecnici dei servizi sociali» possono andare ad occupare posti nei corsi della formazione professionale che altrimenti sarebbero disponibili per altri soggetti che mai hanno affrontato quelle tematiche formative;
   a differenza di quanto si verifica in Piemonte, in altre regioni la figura del Tecnico dei servizi sociali trova una forma di riconoscimento del titolo ai fini dell'inserimento lavorativo. Ad esempio il caso della Toscana che riconosce il titolo dell'istruzione Professionale di Stato permette di accedere alla professione di «Animatore socioeducativo» (giusto Regolamento Regionale n. 15 del 2008, di attuazione dell'articolo 62 della legge regionale 24 febbraio 2005, n. 41), mentre per l'accesso alla qualifica di «Operatore socio-sanitario», il titolo di Tecnico dei servizi sociali è equiparato al titolo di Addetto all'assistenza di base, prevedendo un modulo integrativo di 400 ore (giusta delibera della Giunta Regionale toscana n. 551 del 22 giugno 2009);
   nell'intesa raggiunta in Conferenza Unificata Stato-regioni il 29 aprile 2010 relativa alle 21 figure professionali dei percorsi di istruzione e formazione professionale nessuna di queste è riconducibile ai percorsi degli istituti professionali nell'indirizzo socio-sanitario, pertanto l'intesa raggiunta in Conferenza unificata Stato-Regioni il 16 dicembre 2010 «riguardante l'adozione delle linee-guida per realizzare organici raccordi tra i percorsi degli istituti professionali e i percorsi di istruzione e formazione professionale», non è applicabile all'indirizzo socio-sanitario, facendo in tal modo permanere il problema della spendibilità nel mondo del lavoro del nuovo titolo di studi di «Tecnico-socio-sanitario»;
   a mancanza in molte regioni del riconoscimento di cui in premessa pone in essere una incongruenza tra le descrizioni dei profili professionali forniti dal Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, che classifica tali corsi come «corsi dell'istruzione professionale di Stato utili all'inserimento nel mondo del lavoro» e la normativa regionale –:
   se il Ministro interrogato, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, non ritenga opportuno avviare un tavolo di lavoro con le Regioni, in cui si affronti con urgenza il problema del riconoscimento nel settore sociale e socio-sanitario dei titoli conseguiti nell'istruzione professionale di Stato, quale «operatore dei servizi sociali» e quale «Tecnico dei servizi sociali» previsti nell'ordinamento previgente e quello di «Tecnico dei servizi sociosanitari», previsto nel decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 15 marzo 2010;
   se il Ministro interrogato, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, non ritenga opportuno realizzare un accordo con le Regioni, affinché i giovani con titolo di «Operatore dei servizi sociali» e «tecnico dei servizi sociali» che intendano svolgere la professione di «operatore socio-sanitario», vedano riconosciuto il titolo di «Tecnico dei servizi sociali» come valido per ricoprire la mansione di operatore socio-sanitario, fatto salvo un necessario periodo di prova da realizzare all'interno dell'ente che procede all'assunzione;
   se il Ministro interrogato, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, non ritenga urgente procedere ad un accordo con le regioni, sulla base delle esperienze fatte da alcune regioni, quale la Toscana, prevedendo ambiti professionali specifici per il cui accesso sia spendibile il titolo di «Tecnico dei servizi sociali» e di «tecnico dei servizi socio-sanitari» introducendo, eventualmente, una revisione del curriculum del «tecnico dei servizi sociosanitari», se necessario, o l'uso delle quote di flessibilità e autonomia, previste dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 2010, per realizzare nell'istruzione professionale di Stato una preparazione coerente ai fabbisogni del settore sociale e sociosanitario; o la realizzazione di moduli brevi realizzati nell'ambito della formazione professionale (300-400 ore) che, con integrazioni teoriche e tirocini, portino all'acquisizione di una qualifica professionale spendibile nel settore sociale e sociosanitario. (5-02984)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TARICCO, BORGHI, GNECCHI, OLIVERIO, GRASSI, ALBINI, LODOLINI, COVA, CARRESCIA, BOCCUZZI, FAMIGLIETTI, CENNI, D'INCECCO, ARLOTTI, ZANIN, ANTEZZA, MICCOLI e TARTAGLIONE. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   che il decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012 convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica (cosiddetta «spending review») prevede all'articolo 2: a) la riduzione degli uffici dirigenziali, di livello generale e di livello non generale, con conseguente contrazione delle relative dotazioni organiche, in misura non inferiore, per entrambe le tipologie di uffici e per i posti di funzione di ciascuna dotazione al 20 per cento di quelli esistenti; b) la riduzione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale in misura non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti di organico di tale personale;
   lo stesso articolo 2 al comma 11, prevede: «Per le unità di personale eventualmente risultanti in soprannumero all'esito delle riduzioni previste dal comma 1, le amministrazioni, previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali, avviano le procedure di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adottando, ai fini di quanto previsto dal comma 5 dello stesso articolo 33, le seguenti procedure e misure in ordine di priorità: a) applicazione, ai lavoratori che risultino in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi i quali, ai fini del diritto all'accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico in base alla disciplina vigente prima dell'entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento medesimo entro il 31 dicembre 2014, dei requisiti anagrafici e di anzianità contributiva nonché del regime delle decorrenze previsti dalla predetta disciplina pensionistica, con conseguente richiesta all'ente di appartenenza della certificazione di tale diritto. Si applica, senza necessità di motivazione, l'articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133»;
   la direttiva n. 10 del 2012 del Dipartimento della funzione pubblica ha ribadito, in presenza di situazioni di soprannumero eventualmente risultanti all'esito delle riduzioni effettuate dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati ai sensi dell'articolo 2, comma 5, del predetto decreto-legge n. 95 del 2012 e nei limiti della necessità del riassorbimento, delle particolari ipotesi di pensionamento, l'applicazione del regime di accesso e di decorrenza al trattamento pensionistico previgente rispetto alla riforma operata con l'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, della legge 22 dicembre 2011, n. 214;
   che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 gennaio 2013, in attuazione del decreto-legge n. 95 del 2013 ha provveduto alla rideterminazione delle dotazioni organiche dell'INPS, del personale dirigenziale di prima e seconda fascia e del personale non dirigenziale;
   la circolare 3 del dipartimento della funzione pubblica del 29 luglio 2013, con oggetto «Articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito in legge n. 135 del 2012, cosiddetta Spending review pensionamento in caso di soprannumero», ha precisato i criteri da seguire per i pensionamenti in deroga, indicando in via prioritaria — oltre alla volontarietà — i requisiti dell'avvenuto raggiungimento dell'età per la pensione di vecchiaia o dei 40 anni di anzianità contributiva;
   i criteri sopracitati sono stati ribaditi anche nella recente circolare n. 4 del 2014 adottata dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione con oggetto «Piani di razionalizzazione degli assetti organizzativi e riduzione della spesa di personale. Dichiarazione di eccedenza e prepensionamento»;
   il numero totale dei lavoratori dell'INPS pensionabili risulterebbe dal comunicato dell'USB pubblico impiego n. 83 del 23 dicembre 2013 (gli stessi numeri appaiono nel comunicato unitario CGIL, CISL e UIL FP del 23 dicembre 2013), il quale dichiara che «I lavoratori pensionabili al 31 dicembre 2013 sono 3.143, mentre risultano 843 quelli che avevano già maturato il requisito prima della riforma Fornero. Sono state inviate 2.285 lettere ai lavoratori che matureranno la decorrenza della pensione in deroga entro il 2014. Hanno dato la disponibilità al pensionamento in 1.307 lavoratori»;
   successivamente dall'aver ricevuto la comunicazione certificativa del diritto e aver manifestato la propensione al pensionamento in deroga, i suddetti dipendenti non hanno più avuto nessuna risposta e parte di questi hanno in realtà già da tempo maturato la finestra con le regole ante-Fornero;
   ad oggi l'INPS non ha ancora attuato un piano operativo per i lavoratori dell'istituto risultanti in soprannumero nonostante sia ormai scaduto il termine del 31 dicembre 2012 originariamente previsto dal decreto-legge n. 95 del 2012, articolo 2, commi 11 e 12, poi prorogato al 30 giugno 2013 dal decreto-legge n. 101 del 2013 comma 1, lettera a), n. 3 e n. 5, e infine con la legge n. 125 del 2013, l'articolo 2, prorogato ulteriormente al 31 dicembre 2013, termine entro il quale per quanto riguarda il personale non riassorbibile, le P.A. avrebbero dovuto dichiarare l'esubero e procedere con i pensionamenti in deroga –:
   se il Ministro interrogato, accertata la succitata situazione di immobilità da parte dell'INPS, la quale determinerebbe la violazione del diritto al pensionamento di quei lavoratori che hanno oramai maturato tale diritto, non ritenga opportuno adottare ogni iniziativa utile, anche attraverso la pubblicazione della graduatoria degli esuberi e dei pensionamenti in deroga. (5-02982)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'area industriale della Valle del Basento, nel territorio dei comuni di Pisticci e Ferrandina in Basilicata, è stata dichiarata nel 2003 sito di interesse nazionale (SIN) per effetto della forte presenza di inquinanti nel suolo e nelle falde acquifere;
   l'area, diversamente non utilizzabile, avrebbe dovuto essere sottoposta ad interventi di caratterizzazione e messa in sicurezza d'emergenza, di bonifica e ripristino ambientale e ad attività di monitoraggio da parte della regione Basilicata;
   per l'area industriale della Valle del Basento la tutela dell'ambiente è strettamente connessa alle prospettive di sviluppo e di occupazione;
   l'area vive da anni, però, una crisi produttiva ed un declino industriale senza precedenti ed è necessario che la regione Basilicata, il Governo nazionale e i soggetti interessati definiscano un progetto di rilancio e di consolidamento dell'apparato produttivo dell'area;
   l'ENI, avendo localizzato nella Valle del Basento impianti produttivi nel settore della chimica di base che, a seguito della crisi del distretto avrebbero dovuto essere coinvolti in un processo di riconversione con l'avvio di nuove attività produttive, era stata già individuata tra i soggetti responsabili di azioni di rilancio e di promozione del nucleo industriale di Pisticci e Ferrandina;
   l'ENI, oltre ad avere una responsabilità sul rilancio produttivo della Valle del Basento, ha stabilito, tra l'altro, con la regione Basilicata un sistema di relazioni strategiche e significative in materia di sfruttamento delle risorse energetiche;
   ciò obbligherebbe ancor di più la multinazionale a contribuire al risanamento e allo sviluppo dell'area industriale della Valle del Basento oggi costretta tra declino produttivo ed inquinamento ambientale –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare per contrastare la crisi industriale che vive la Valle del Basento al fine di arrestare il declino del territorio produttivo della Basilicata;
   se ritenga necessario definire con la regione Basilicata, gli enti e i soggetti interessati un programma di rilancio della Valle del Basento individuando ed attivando politiche di sostegno volte ad incentivare le iniziative industriali e l'occupazione del territorio;
   se ritenga altresì doveroso che nel progetto di rilancio e di consolidamento dell'area sia coinvolta anche l'ENI considerato il ruolo che avrebbe dovuto svolgere nella riconversione del polo chimico della Valle del Basento. (3-00879)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRAGA e REALACCI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il forte incremento della generazione distribuita, in gran parte dovuto alle cosiddette fonti rinnovabili non programmabili – FRNP (fotovoltaico, eolico, idroelettrico ad acqua fluente, biogas...) verificatosi negli ultimi anni, ha contribuito a porre sempre più l'attenzione dei regolatori e degli operatori sulla necessità di gestire meglio i flussi di energia elettrica intermittenti connessi alle suddette FRNP transitanti nella rete e di ottimizzare le attività di dispacciamento sulla medesima rete, in modo da minimizzare gli oneri per i consumatori finali, utilizzando ai diversi livelli della rete stessa i sistemi di accumulo a batteria (di seguito ESS – electrical storage systems);
   il crescente interesse verso questa soluzione si è manifestato non solo a livello di operatori di rete (TSO-DSO), ma anche a livello di produttori di energia elettrica, sia di grande e media taglia che di piccola e piccolissima taglia (prosumer), ad esempio per massimizzare, in maniera sempre più efficiente ed intelligente, la quota di energia elettrica prodotta da FRNP e direttamente autoconsumata;
   anche l'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico (AEEGSI) ha posto attenzioni sul problema nei suoi atti regolatori (delibera 199/11 e successive modificazioni e integrazioni per il periodo regolatorio 2012-2015), prevedendo la maggiorazione del tasso di remunerazione degli investimenti per la realizzazione di progetti pilota in sistemi di accumulo a batteria – ESS, sia nell'ambito di ottimizzazione delle attività di trasmissione, che di quelle di distribuzione dell'energia elettrica nel nostro Paese. Per la parte trasmissione, come noto, sono stati già avviati da TERNA i primi progetti sia di tipo «energy intensive» (35 megawatt), che di tipo «power intensive» (16 megawatt già avviati – 24 megawatt da avviare);
   il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 5 luglio 2012, meglio conosciuto come V conto energia, all'articolo 11, comma c) e d), ha conferito un ulteriore mandato all'AEEGSI di definire:
    c) le modalità con le quali i soggetti responsabili possono utilizzare dispositivi di accumulo, anche integrati con gli inverter, per migliorare la gestione dell'energia prodotta, nonché per immagazzinare la produzione degli impianti nei casi in cui, a seguito dell'attuazione di quanto previsto alla lettera precedente, siano inviati segnali di distacco o modulazione della potenza;
    d) le modalità con le quali i gestori di rete possono mettere a disposizione dei singoli soggetti responsabili, eventualmente in alternativa alla soluzione precedente, capacità di accumulo presso cabine primarie;
   in ambito CEI, anche con il mandato dell'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico, il CT 316 ha sottoposto ad inchiesta pubblica le varianti delle norme tecniche CEI 0-16 (per MT) e CEI 0-21 (per BT), relative alle connessioni alle reti elettriche dei distributori che contemplano le definizioni dei sistemi di accumulo ed i relativi schemi di connessione alla rispettive reti, comprensivi del posizionamento e delle caratteristiche funzionali dei contatori per la misura dell'energia elettrica;
   le diverse osservazioni pervenute dall'inchiesta pubblica, che è rimasta in consultazione da agosto a settembre 2013, sono stata recepite nelle varianti alle norme tecniche CEI 0-16 e CEI 0-21 IIIa edizione pubblicate nel mese di dicembre 2013. Le due varianti introducono schemi di connessione dei sistemi di accumulo elettrochimico alle reti elettriche di media e bassa tensione, anche in abbinamento ad impianti di generazione FER incentivati, o soggetti a regimi semplificati (scambio sul posto o ritiro dedicato);
   sulla base di queste varianti l'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico ha inteso proporre una disciplina transitoria per la prima regolazione di altri aspetti che non sono di competenza CEI, quali quelli tariffari, dispacciamento, e altro facendoli confluire nel documento di consultazione n. 613 del 2013 «prime disposizioni sui sistemi di accumulo-orientamenti», pubblicato il 19 dicembre 2013 e con scadenza per invio delle osservazioni il 31 gennaio 2014;
   in data 20 settembre 2013 il Gestore dei servizi energetici (GSE) ha pubblicato sul proprio portale web la seguente comunicazione: «Con riferimento alle richieste di chiarimenti pervenute al GSE in merito alla possibilità d'installazione di sistemi di accumulo su impianti già ammessi agli incentivi, si precisa quanto segue. Nelle more della definizione e della completa attuazione del quadro normativo e delle regole applicative del GSE per l'utilizzo dei dispositivi di accumulo, ai fini della corretta erogazione degli incentivi, non è consentita alcuna variazione di configurazione impiantistica che possa modificare i flussi dell'energia prodotta e immessa in rete dal medesimo impianto, come ad esempio la ricarica dei sistemi di accumulo tramite l'energia elettrica prelevata dalla rete. A tal proposito si rammenta che il GSE, nel caso in cui dovesse accertarne la sussistenza, nell'ambito delle verifiche effettuate ai sensi dell'articolo 42 del decreto legislativo n. 28 del 2011, applicherà le sanzioni previste dal medesimo articolo, ivi inclusa la decadenza dal diritto agli incentivi e il recupero delle somme già erogate»;
   a seguito di tale pronunciamento del GSE, il nascente mercato italiano delle soluzioni domestiche e di quelle per le piccole e medie imprese finalizzate alla massimizzazione dell'autoconsumo nella generazione distribuita da FER non programmabili (fotovoltaico, in particolare) ha subito una repentina battuta d'arresto. Addirittura sono stati disdettati o «congelati» i primi importanti ordini di battery-inverter e sistemi di accumulo di piccola taglia da parte di sistemisti, EPC, integratori di sistemi ed inverteristi, con grande pregiudizio per il futuro rilancio dell'industria elettrica, elettronica ed elettromeccanica italiana, già messa a dura prova dalla lunga situazione di crisi economica ed occupazionale in cui versa il nostro Paese;
   tale settore riveste un carattere di massima strategicità rappresentando anche uno dei fattori abilitanti più importanti e promettenti per la diffusione degli smart power systems, delle smart grid e delle smart city nel nostro Paese. Tali comparti tecnologici vedono l'industria italiana del settore elettrotecnico elettrico ed elettronico occupare posizioni di eccellenza a livello mondiale, con importantissimi risvolti di carattere non soltanto ambientale, ma anche socio-economico e occupazionale –:
   quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano adottare per monitorare la emanazione degli indispensabili provvedimenti regolatori ed attuativi, in modo da completare il quadro normativo sulle modalità di connessione alla rete elettrica dei sistemi di accumulo a batteria abbinati a impianti rinnovabili (in particolare fotovoltaici) in ambito sia residenziale, che commerciale ed industriale in particolare, l'emanazione della delibera conseguente al documento di consultazione 613/2013, che dovrà approvare le varianti alle norme tecniche CEI 0-16 e CEI 0-21 che definiscono la connessione alla rete MT e BT dei sistemi di accumulo anche abbinati ad impianti di generazione rinnovabile secondo gli schemi impiantistici già definiti nelle sopraccitate varianti;
   quali iniziative intendano assumere affinché il GSE si attivi per la rapida e solerte pubblicazione del successivo provvedimento regolamentare attuativo della suddetta emananda delibera sui sistemi di accumulo contenente le disposizioni e procedure operative per i distributori e gli altri soggetti coinvolti per l'organizzazione, la contabilizzazione e la gestione dei flussi di misura dell'energia elettrica in tali contesti, nonché in ambiti affini quali le particolari configurazioni definite dalla delibera AEEGSI n. 578 del 2013 inerente gli SSPC (sistemi semplici di produzione e consumo) e il loro principale sottoinsieme, i SEU (sistemi efficienti di utenza). (5-02986)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Bargero e altri n. 1-00200, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fabbri.

  La mozione Tabacci e altri n. 1-00265, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fabbri.

  La mozione Balduzzi e altri n. 1-00494, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 giugno 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bombassei.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Marzana e altri n. 7-00385, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 giugno 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rizzo.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione De Lorenzis e altri n. 5-01794, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Artini.