Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 7 maggio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    in molti comuni italiani, anche città metropolitane, si assiste al collasso delle relazioni sindacali tra amministrazioni e dipendenti, in particolare per la messa in discussione dei contratti integrativi dei lavoratori comunali, sulla base delle misure previste dagli ispettori del Ministero dell'economia e delle finanze per quanto concerne i piani di rientro;
    in questi comuni si rischia la decurtazione del salario accessorio, che incide in maniera rilevante sul netto percepito da parte dei dipendenti, senza che su questo si sia potuto aprire un confronto;
    l'aggravarsi della questione e le conseguenti tensioni che si registrano in questi comuni hanno indotto il presidente dell'ANCI, Piero Fassino, ad inviare una lettera al Governo per chiedere un intervento finalizzato a risolvere le questioni concernenti il profilo dei contratti integrativi dei dipendenti comunali;
    dal 2009 al 2013, come emerso nel corso dell'audizione del presidente della Corte dei conti svoltasi alla Camera dei deputati il 21 marzo 2014, i trasferimenti dallo Stato centrale verso i comuni sono diminuiti di circa 31 miliardi di euro, solo in parte recuperati dagli amministratori attraverso l'aumento delle imposte locali;
    l'applicazione dell'articolo 4 del decreto-legge 16 del 2014, convertito dalla legge 2 maggio 2014 n. 68, pubblicata sul numero 102 della Gazzetta Ufficiale, recante disposizioni urgenti in materia di finanza locale, non offre una soluzione efficace per organizzazioni sindacali ed enti locali per quanto riguarda le problematiche inerenti alle criticità dei contratti integrativi;
    l'acuirsi delle tensioni, inoltre, pone a rischio la tenuta di tutto il sistema dei servizi in queste realtà urbane;  
    in attesa della definizione di una più ampia e organica riforma della pubblica amministrazione, così come annunciato dal Governo, diventa, pertanto, indispensabile affrontare l'emergenza con un intervento normativo che autorizzi una nuova fase negoziale entro la quale possano essere discussi e approvati nuovi contratti integrativi con previsioni di salario accessorio incardinato perfettamente nei vincoli di spesa e di finanza locale,

impegna il Governo

a varare un'apposita iniziativa normativa, anche d'urgenza, che consenta alle amministrazioni locali di continuare ad applicare in via provvisoria, in attesa della riforma della pubblica amministrazione, il trattamento retributivo accessorio stabilito dagli accordi, anche decentrati, attualmente in applicazione, senza penalizzazioni per i dipendenti comunali.
(1-00453) «Marroni, Gasbarra, Roberta Agostini, Bonaccorsi, Campana, Marco Di Stefano, Fassina, Miccoli, D'Attorre, Stumpo».


   La Camera,
   premesso che:
    il 24 e 25 settembre 2013, la Commissione, il Consiglio ed il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo finale sulla riforma della Politica agricola comune – PAC 2014-2020, la cui intesa era stata preceduta nel corso del precedente mese di giugno dal consiglio dell'agricoltura europea riunitosi a Lussemburgo;
    il suindicato accordo, orientato a principi di modernizzazione, di semplificazione e di riduzione dei vincoli normativi per gli agricoltori, con l'intenzione di migliorare l'interpretazione dei segnali di mercato, ha rielaborato integralmente l'architettura giuridica delle regole che hanno l'ambizione di disegnare la nuova politica agricola comune, per la durata di sette anni a partire dal 1o gennaio 2014;
    i sette testi giuridici dei quali i primi quattro sono ritenuti i più importanti riguardano i seguenti aspetti: il sistema dei pagamenti diretti, l'organizzazione comune di mercato unica (OCM), lo sviluppo rurale, ed il regolamento orizzontale sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della PAC;
    in aggiunta ai suindicati atti di modifica seguono: alcune misure di mercato, il regolamento transitorio per il 2013, ed il trasferimento dei vigneti;
    tra le proposte di modifica più significative all'interno dei primi quattro testi di modifica, in cui emergono aspetti innovativi che caratterizzano la nuova proposta si segnalano: la convergenza, l'assegnazione dei nuovi titoli, il greening finalizzato a rafforzare gli aspetti ambientali della politica agricola comune, l'agricoltore attivo, i pagamenti accoppiati, nonché la decisione di applicare per la prima volta su base obbligatoria, un tetto agli aiuti (capping) per contrastare le rendite fondiarie, finalizzato a sostenere chi effettivamente svolge la propria attività nell'ambito agricolo, destinando risorse ai soli agricoltori attivi;
    nell'ambito del nuovo regime dei pagamenti diretti, il negoziato europeo ha inoltre stabilito l'avvio al 1o gennaio 2015 (per alcuni interventi l'inizio è stabilito il prossimo 1o agosto) a differenza delle nuove misure di mercato e di sviluppo rurale che invece sono state introdotte a partire dal 1o gennaio 2014;
    i prossimi mesi saranno pertanto decisivi per definire l'applicazione delle disposizioni indicate dalla nuova politica agricola comune, nell'ambito nazionale, in considerazione dei principi di sussidiarietà e di flessibilità previsti per gli Stati membri affinché la riforma sia pienamente attuata a partire dalla suindicata data del prossimo anno;
    risulta di rilevante interesse di conseguenza prevedere che le scelte e le indicazioni previste in ambito nazionale siano conformi ed in armonia con le decisioni di politica agricola stabilite per il nostro Paese, dalle istituzioni preposte, al fine di applicare nelle forme migliori possibili le novità della riforma al tessuto nazionale;
    a tal fine, con l'ultima fase di attuazione dei dieci atti delegati, adottati dalla Commissione europea l'11 marzo, per rendere operative le misure più urgenti della realizzazione della riforma, senza le quali la nuova politica agricola comune non può entrare in vigore, si sono stabiliti i comparti più importanti, per i quali gli Stati membri potranno elaborare delle regole a livello nazionale, per concretizzare le decisioni da intraprendere nei confronti dei produttori agricoli dei singoli Paesi, finalizzate a migliorare lo sviluppo e la competitività delle imprese;
    all'interno del quadro regolatorio che l'Italia dovrà adottare, di particolare rilevanza appaiono le politiche d'intervento da attuare in maniera sinergica, da parte degli organismi di rappresentanza, degli operatori agroalimentari e di tutti i soggetti della filiera agroalimentare, a sostegno dello sviluppo e della competitività dei numerosi comparti del sistema agroalimentare italiano, riservando un'attenzione particolare ai giovani imprenditori, che devono assumere un ruolo centrale e strategico nelle iniziative del Governo, in sede di trasposizione delle disposizioni di riforma contenute nella politica agricola comune;
    gli atti applicativi in precedenza riportati seguono le seguenti ultime decisioni assunte in sede comunitaria il 16 e 17 dicembre 2013, che hanno determinato l'approvazione definitiva dei regolamenti di riforma della politica agricola comune 2014-2020: regolamento (UE) n. 1305/2013 sul sostegno allo sviluppo rurale; regolamento (UE) n. 1306/2013 sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune; regolamento (UE) n. 1307/2013 recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori; regolamento (UE) n. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli; regolamento (UE) n. 1310/2013 che stabilisce alcune disposizioni transitorie; regolamento (UE) n. 1370/2013 recante misure per la fissazione di determinati aiuti e restituzioni connessi all'OCM unica;
    le decisioni assunte a livello comunitario, nell'ambito della riforma sono rivolte principalmente a rivedere le strategie di efficacia delle politiche e di garanzia adottate dalla Commissione europea nel corso degli anni precedenti, al fine di sostenere un comparto, che necessita di prospettive e certezze a lungo termine, nella convinzione che sia l'agricoltura che l'industria agroalimentare e della pesca europea, possano accrescere e contribuire in misura essenziale alla competitività, alla crescita economica e all'occupazione e rappresentare pertanto un volano fondamentale per il rilancio dell'economia dell'Unione europea;
    in un contesto globale, in cui la crisi economica ha evidenziato come l'economia reale, attraverso un settore strategico come l'agricoltura, possa consentire e assicurare la crescita e lo sviluppo di un Paese come l'Italia, le cui tipicità dei prodotti agroalimentari del made in Italy, rappresentano delle eccellenze uniche a livello mondiale, la politica agricola comune assume pertanto un ruolo determinante nello scenario economico e sociale sia nazionale che continentale;
    la politica agricola comune risulta essenziale per garantire un sistema agricolo efficiente per il futuro e per costruire un ambiente e una qualità della vita migliore, oltre che per sostenere le imprese e l'occupazione nelle aree rurali;
    nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020, l'Italia sarà impegnata a svolgere una funzione importante ed attesa dalle imprese agricole, attraverso gli stanziamenti di circa 52
miliardi di euro, corrispondenti a 7,4 miliardi di euro all'anno, 3,8 miliardi provenienti da pagamenti diretti, 0,6 miliardi dalle organizzazioni comuni di mercato di vino e ortofrutta e 3 miliardi per lo sviluppo rurale, compreso il cofinanziamento nazionale;
    i suindicati dati numerici rientrano all'interno del più ampio spazio finanziario complessivo della riforma della politica agricola comune per gli Stati membri, quantificato in 373,43 miliardi di euro, di cui 277,85 miliardi di euro per il primo pilastro e 95,58 miliardi per il secondo pilastro;
    nell'ambito delle nuove formule previste al sistema redistributivo delle risorse previste dalla politica agricola comune, gli esiti del negoziato europeo del 18 marzo hanno determinato una serie di divergenze sui pagamenti diretti agli agricoltori, in particolare sul testo proposto dalla Commissione europea, per il quale nei prossimi mesi sarà discussa una risoluzione di rigetto dell'atto delegato proposto dal medesimo organismo comunitario;
    le norme comuni relative al sostegno diretto agli agricoltori, nell'ambito della politica agricola comune, contenute all'interno regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio del 19 gennaio 2009, indicano che anche per il 2014, l'attuale regime di pagamento unico rimarrà invariato, a differenza delle nuove norme sulla politica agricola comune per il periodo 2014-2020, che entreranno in vigore il prossimo 1o gennaio 2015, compreso lo spacchettamento delle tipologie dei pagamenti diretti, che saranno pertanto divisi nell'anno 2014 in due categorie, i pagamenti disaccoppiati (92 per cento del plafond) ed i pagamenti accoppiati di cui all'articolo 68 (8 per cento del plafond);
    la quasi totalità del sostegno della politica agricola comune verrà erogato sotto forma di pagamenti disaccoppiati nell'ambito del regime di pagamento unico, in funzione dei titoli (ordinari e speciali) posseduti da ogni agricoltore, a differenza degli unici pagamenti accoppiati che rimarranno in vigore nel 2014 e riguardano i settori interessati all'articolo 68 (carni bovine, carni ovicaprine, olio di oliva, latte, tabacco, barbabietola da zucchero, tabacco);
    i pagamenti diretti rientrano all'interno del cosiddetto primo pilastro della politica agricola comune, articolato a sua volta nelle seguenti componenti: il pagamento di base; il pagamento redistributivo per i primi ettari; pagamento ecologico, o come in precedenza rilevato greening; il pagamento delle aree svantaggiate; il pagamento per i giovani agricoltori; il pagamento per i piccoli agricoltori; il pagamento accoppiato;
    fra le suindicate componenti, quella che riveste una rilevanza più considerevole è il «pagamento di base» in considerazione del fatto che i requisiti previsti consentono agli agricoltori di accedere alle altre tipologie di pagamento;
    si tratta di un titolo di aiuto molto atteso dagli agricoltori, la cui assegnazione sarà attribuita a seguito della presentazione di una domanda unica entro il prossimo 15 maggio 2014, in relazione ai terreni posseduti;
    fra le proposte legislative destinate a determinare maggiore interesse nell'architettura giuridica della nuova politica agricola comune, emerge quella dell'agricoltore attivo che, come in precedenza esposto, rappresenta quelle fra le più significative, essendo strettamente connessa all'erogazione dei pagamenti diretti;
    la suindicata proposta di regolamento ai fini del percepimento degli aiuti diretti prevede che vengano rispettate le seguenti condizioni: l'importo annuo dei pagamenti diretti percepiti dal singolo imprenditore (o da persona giuridica) deve essere superiore al 5 per cento degli introiti ottenuti dalle attività non agricole nello stesso anno; la superficie disponibile deve ospitare un'attività minima, secondo una definizione data dallo Stato membro, ad esclusione del pascolo;
    si considerano agricoltori attivi indipendentemente dalle condizioni appena indicate coloro che ricevono meno di 5.000 euro di pagamenti diretti all'anno;
    la suddetta definizione di agricoltore attivo mette a confronto i pagamenti diretti ricevuti da un'azienda con i redditi extragricoli del conduttore, due grandezze in realtà non comparabili, in quanto attinenti ad aspetti completamente diversi, in considerazione del fatto che il sostegno, che rappresenta una grandezza definita in modo indipendente dall'attività agricola e legata alla detenzione di un diritto, viene messo a confronto non con l'attività svolta in azienda ma con quella svolta al di fuori di essa;
    ulteriori profili di criticità che emergono nella medesima definizione sono riconducibili al riferimento ad introiti «extraagricoli» e non, come sarebbe più opportuno, extra-aziendali;
    gli effetti di tale definizione rischiano di avviare un dibattito sui redditi prodotti in azienda ma non necessariamente di natura agricola, come nel caso del turismo, dell'attività terapeutica e della produzione di energia;
    per attenuare l'effetto redistributivo degli aiuti e per intervenire con efficacia sui settori strategici del made in Italy, la riforma indicata della politica agricola comune, prevede inoltre l'innalzamento della soglia degli aiuti accoppiati, che può arrivare fino al 15 per cento dell'intero plafond assegnato al nostro Paese;
    gli accordi politici raggiunti nel 2013 sulla politica agricola comune e sul bilancio, inoltre, se da un lato rimuovono lo stato di incertezza sul futuro sostegno dell'agricoltura e del sistema forestale, consentendo alle imprese agricole, agroalimentari e della pesca, di programmare le proprie strategie aziendali con maggiore certezza, dall'altro impongono l'esigenza di essere affiancati da ulteriori misure volte a potenziare il complesso e articolato settore dell'agricoltura;
    i cambiamenti climatici particolarmente evidenti e repentini, le cui abbondanti piogge particolarmente violente determinano dissesti idrogeologici (frane, esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio) su tutto il territorio nazionale, anche a causa della conformazione geologica ed idrogeologica, che si ripercuotono in maniera grave e penalizzante per le superfici dei territori a vocazione agricola, causando ingenti perdite economiche per i suoli in cui sono previsti insediamenti produttivi, sollecitano, anche all'interno della riforma della politica agricola comune, un potenziamento del piano irriguo nazionale, nonché una revisione delle infrastrutture idriche su tutto il territorio;
    le crisi di mercato e i cambiamenti climatici si ripercuotono con gravi danni alle produzioni mettendo a rischio la continuità aziendale per cui diventa necessario avviare un piano nazionale di gestione dei rischi;
    la tutela della biodiversità agricola, quale leva a tutela del made in Italy agro-alimentare, può essere raggiunta attraverso un approccio nazionale;
    accelerare gli interventi di monitoraggio che disciplinano le modalità di dismissione dei terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola, nell'ambito della politica agricola comune, al fine di consentire la pubblicazione del primo elenco di beni demaniali a vocazione agricola da locare o alienare, con diritto di prelazione per i giovani imprenditori agricoli, costituisce inoltre un altro elemento fondamentale e d'incentivazione per l'inserimento delle giovani generazioni nel mondo produttivo per migliorare i livelli di competitività nel settore agricolo che necessita di essere sostenuto;
    la crisi perdurante del settore della pesca, determinata, in primo luogo, dal drastico rialzo dei costi del gasolio, impone inoltre nell'ambito dei prossimi negoziati internazionali che definiranno il quadro di interventi 2014-2020 un potenziamento per aumentare la disponibilità finanziaria del Fondo europeo per la pesca (FEP);
    la Commissione europea, come in precedenza esposto, ha adottato dieci atti delegati, per rendere operative le misure più urgenti di attuazione della riforma, senza le quali la politica agricola comune non può entrare in vigore, che riguardano comparti importanti per il settore: dai pagamenti diretti che l'Unione europea versa agli agricoltori alle regole per l'ortofrutta, dall'estensione degli aiuti dell'Unione europea allo stoccaggio privato, a nuove iniziative per il vino e la vite, dal programma di aiuto al settore dell'olio di oliva, al sostegno allo sviluppo rurale, al programma dell'Unione europea per il consumo di ortofrutta nelle scuole;
    la suindicata delibera, rappresenta l'ultima fase, come sostenuto anche dal commissario europeo all'agricoltura Ciolos, a seguito della quale gli Stati membri potranno elaborare delle regole a livello nazionale per attuare la nuova politica agricola comune;
    l'introduzione delle nuove regole a livello nazionale, affinché la riforma sia pienamente attuata a partire dal prossimo 1o gennaio 2015, come in precedenza esposto, risulta di particolare urgenza e necessità al fine di consentire agli agricoltori italiani di adottare le opportune decisioni sulle prossime iniziative imprenditoriali e produttive e beneficiare delle articolate disposizioni, incluse quelle finanziarie contenute all'interno della riforma della politica agricola comune;
    i rilievi in precedenza esposti possono contribuire positivamente a determinare, all'interno della fondamentale riforma dell'agricoltura comunitaria, una convergenza più equa e favorevole per l'Italia, attraverso una cornice legislativa nazionale in grado di sostenere l'intera filiera agricola e agroalimentare del nostro Paese a livello mondiale,

impegna il Governo:

   ad attivarsi in sede comunitaria, affinché, nell'ambito della risoluzione di rigetto relativa all'atto delegato dei pagamenti diretti agli agricoltori, sia assunto come ambito per la convergenza interna quello nazionale, in modo di assicurare maggiore uniformità;
   nell'ambito della regolamentazione dell'Unione europea relativa al settore agricolo, per il periodo 2014-2020, all'interno della quale gli Stati membri potranno elaborare le regole a livello nazionale, ad assumere iniziative in conformità ai seguenti orientamenti per:
    a) attivare una serie di componenti facoltative quali, ad esempio, il pagamento delle aree svantaggiate, il pagamento per i piccoli agricoltori ed il pagamento accoppiato, previste all'interno del primo pilastro della politica agricola comune;
    b) prevedere un quadro regolatorio definito e determinato, nell'ambito della figura dell'agricoltore attivo, oggetto di articolati rilievi critici anche dalla Corte dei conti europea, con riferimento alla concessione dei pagamenti diretti alla politica agricola comune a beneficiari non agricoli;
    c) prevedere un potenziamento del piano irriguo nazionale, nonché una revisione delle infrastrutture idriche su tutto il territorio, all'interno della riforma della politica agricola comune è delle politiche dei fondi strutturali;
    d) prevedere un piano nazionale nei settori dove l'approccio nazionale consenta un maggiore valore aggiunto, in particolare nella gestione dei rischi e nella tutela e valorizzazione della biodiversità agricola;
    e) definire gli aspetti tecnico-regolamentari di dismissione dei terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola, per favorire l'inserimento dei giovani imprenditori nel settore agricolo, attraverso la pubblicazione del primo elenco di beni demaniali a vocazione agricola da locare o alienare, con diritto di prelazione per i giovani imprenditori agricoli;
    f) rafforzare i sistemi di tracciabilità e di riconoscibilità delle produzioni agroalimentari attraverso una efficace politica di etichettatura obbligatoria dell'origine per tutti i prodotti agricoli e agro-alimentari a tutela della trasparenza delle filiere e dei cittadini consumatori, incentivando altresì i sistemi di qualità nazionale previsti dal regolamento (CE) n. 1974/2006;
    g) scongiurare che l'applicazione del greening per gli aiuti diretti possa determinare effetti distorsivi nell'ambito della capacità di determinare benefici ambientali, nonché un aumento dei costi di produzione, con effetti riduttivi per la competitività delle imprese;
    h) escludere, in sede comunitaria, dal computo delle spese che concorrono ai vincoli derivanti dal patto interno di stabilità e crescita, la quota del cofinanziamento regionale;
    i) assicurare, attraverso strumenti di sussidiarietà orizzontale, la semplificazione degli oneri amministrativi e burocratici a carico delle imprese agricole che ne diminuiscono la competitività;
    j) potenziare i sistemi di vigilanza e di repressione dei fenomeni di contraffazione dell'agroalimentare, del made in Italy, ovvero dell’italian sounding, che ha raggiunto livelli intollerabili, a tutela della qualità e della sicurezza agroalimentare in linea con le politiche che attribuiscono ai prodotti di qualità un'importanza strategica per accrescere la capacità di penetrazione nei mercati internazionali;
    k) perseguire la realizzazione di un modello agricolo economico e ambientale sostenibile, valorizzando le produzioni di qualità, favorendo nelle forme consentite la ulteriore crescita dell'agricoltura biologica e dell'agricoltura di prossimità;
    l) monitorare annualmente l'applicazione sul territorio nazionale delle linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e incentivare il settore delle agroenergie e le connesse potenzialità in termini di green economy, salvaguardando la funzione primaria dell'agricoltura, il paesaggio agrario e l'equilibrio urbanistico, evitando distorsioni di mercato sui settori connessi;
    m) sostenere l'ammodernamento del sistema forestale e della pioppicoltura attraverso un modello di gestione attiva del territorio;
    n) favorire, nell'ambito delle bioenergie ed in coerenza con la normativa comunitaria, la filiera corta attraverso il ricorso agli impianti di piccola taglia e l'utilizzo di materie prime provenienti dal territorio, sottoprodotti e reflui zootecnici;
    o) favorire l'accesso al credito, incentivando i fondi rotativi per le imprese agricole e per i giovani imprenditori, nonché garantire la possibilità del pieno utilizzo dei fondi per i piani di sviluppo rurale anche attraverso un coordinamento nazionale;
    p) definire una organica politica di sostegno per le aree montane e le zone in particolare svantaggiate, utilizzando gli strumenti previsti dalla regolamentazione comunitaria, compresa l'etichettatura facoltativa «prodotto di montagna», al fine di assicurare una prosecuzione dell'attività agricola nelle medesime aree più efficiente, considerando anche i fondamentali effetti ambientali e socio-culturali, su cui l'agricoltura in tali ambiti interviene;
    q) disporre l'erogazione degli aiuti diretti previsti per il settore agricolo, in via prioritaria all'agricoltore attivo ossia all'imprenditore agricolo professionale, singolo od associato, secondo le definizioni della normativa nazionale vigente sulla base della incidenza sia del tempo dedicato alle attività agricole rispetto al lavoro complessivo che del reddito agricolo sul reddito totale da lavoro, stabilendo una soglia minima per i pagamenti;
    r) sostenere in sede comunitaria il sistema delle piccole e medie imprese agricole, al fine di garantire la dilazione dei pagamenti e un diverso regime fiscale per i terreni agricoli, introducendo anche nel settore primario, il credito d'imposta per la ricerca e l'innovazione e implementazione dei PEI (partenariati europei per l'innovazione);
    s) impedire che, nell'ammontare degli aiuti diretti erogati agli imprenditori agricoli a titolo principale ed ai coltivatori diretti, si registrino riduzioni significative rispetto alle somme erogate al termine del periodo 2007-2013, al fine di evitare l'eventualità, che una repentina diminuzione dei sostegni, determini condizioni di crisi per alcuni comparti o per specifiche realtà produttive;
    t) favorire attraverso aiuti comunitari, la filiera bieticolo-saccarifera interessata da una gravissima crisi, anche a causa della riduzione delle risorse finanziarie stabilite, che rischia di compromettere il futuro del settore impegnato in un processo di ristrutturazione, che viceversa andrebbe sostenuto attraverso più adeguati supporti finanziari;
    u) individuare nuovi strumenti, in armonia con le regioni di produzione, volti a tutelare i comparti che sono stati penalizzati dall'ultima riforma della politica agraria quali: il settore del tabacco, della barbabietola da zucchero, delle patate, che attraversano una crisi profonda i cui livelli di criticità richiedono specifiche misure nella programmazione della politica di sviluppo rurale, unitamente ad interventi di sostegno in sede nazionale compatibili con la normativa comunitaria, che consentano di realizzare i presupposti per il proseguimento delle colture e la ripresa del settore;
    v) sostenere in tutte le sue forme l'accorciamento delle filiere, migliorando la remunerazione e il potere contrattuale dell'agricoltore all'interno delle filiere medesime attraverso una loro migliore organizzazione;
    w) definire una strategia di lungo periodo per il settore lattiero-caseario, che consideri la conclusione del regime delle quote, in grado di determinare i presupposti per un rilancio del comparto, intervenendo su una valorizzazione sistematica della produzione sia sul mercato interno che internazionale, attivando tutti gli strumenti previsti per migliorare il funzionamento della filiera, ricorrendo eventualmente anche ad aiuti specifici, comunitari o nazionali, in maniera non strutturale e limitatamente alle situazioni ove si registrino problemi di mercato;
    x) proseguire con maggiore rigore, le linee programmatiche finora perseguite per i settori vitivinicolo, ortofrutticolo ed oleicolo, al fine di sostenere nell'ambito della politica comunitaria, attraverso specifici importanti strumenti di sostegno non solo finanziario, la qualità dei prodotti agroalimentari del made in Italy e accrescere ulteriormente i livelli di sicurezza, trasparenza e sostenibilità ambientale degli alimenti;
    y) sostenere il settore della pesca e dell'acquacoltura, al fine di incrementare le risorse finanziarie del Fondo europeo per la pesca (FEP);
    z) prevedere nell'ambito della redistribuzione delle risorse annuali, previste dalla politica agricola comune, all'interno di quanto disposto nel secondo pilastro, sul capitolo degli aiuti accoppiati misure volte a potenziare le produzioni di olio, agrumi e tabacco, che, in prevalenza nelle aree agricole del Mezzogiorno, rappresentano una componente rilevante per l'economia nazionale;
    aa) stabilire misure specifiche per le superfici rurali delle cosiddette «terre dei fuochi», per garantire la tracciabilità e il sostegno ai prodotti agroalimentari, unitamente ad interventi dedicati per le aree no food.
(1-00454) «Faenzi, Russo, Palese, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   COZZOLINO, DADONE e TONINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 aprile 2014 il Parlamento europeo ha approvato ad amplissima maggioranza la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo allo statuto e al finanziamento pubblico dei partiti politici europei e delle fondazioni politiche europee;
   il nuovo regolamento modifica il precedente regolamento CE n. 2004/2003 in tema di finanziamento pubblico ai partiti europei, non solo confermando il principio di un finanziamento pubblico ai partiti europei, ma ampliando il finanziamento sia in termini quantitativi che qualitativi;
   nella votazione del 16 aprile ultimo scorso 539 sono stati i deputati europei che hanno votato a favore, contro 103 voti contrari e 20 astensioni, e tra gli eurodeputati che hanno votato a favore del nuovo regolamento figurano tutti i deputati italiani presenti iscritti ai diversi gruppi parlamentari esistenti nel Parlamento europeo;
   all’iter di definizione e approvazione del nuovo regolamento europeo sul finanziamento pubblico ai partiti ha partecipato in sede di Consiglio dell'Unione europea il Governo italiano con un proprio rappresentante –:
   quale sia stata la posizione del Governo assunta in merito all'approvazione del nuovo regolamento sul finanziamento pubblico ai partiti europei e sulla base di quali motivazioni sia stata assunta tale posizione. (3-00813)


   D'ATTORRE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 18 febbraio 2014 scoppia il caso relativo all’Ora della Calabria, giornale edito dalla società C&C e diretto da fine dicembre da Luciano Regolo;
   in quella data il giornale si prepara a pubblicare in prima pagina la notizia di un'indagine della magistratura di Cosenza che coinvolgerebbe Andrea Gentile, figlio del senatore, in carica, Tonino Gentile;
   in quella stessa serata, come poi riportato da tutti gli organi di informazione, Andrea Gentile contatta, via sms, l'editore Alfredo Citrigno «ringraziandolo per quello che farà» (cioè, in sostanza caldeggiando la non pubblicazione della notizia);
   a tardissima serata lo stampatore Umberto De Rose, già presidente regionale di Confindustria Calabria e attuale presidente della Fincalabra Spa, finanziaria della regione Calabria, telefona all'editore Alfredo Citrigno parlando a nome della famiglia Gentile e chiedendo di non pubblicare la notizia;
   il dato di fatto è che alla fine di quella giornata il giornale non va in edicola;
   lo stampatore adduce il motivo ad elemento tecnico, il guasto alla rotativa, ma la coincidenza con quella telefonata suscita non poche ombre sull'episodio;
   all'indomani il direttore dell’Ora della Calabria, Luciano Regolo, in una conferenza stampa denuncia l'aggressione alla libertà di stampa e il tentativo di censura ai danni del giornale;
   il clamore mediatico che ne segue impedisce al senatore Gentile di rimanere al posto di Sottosegretario, appena nominato, nel Governo Renzi e la procura di Cosenza apre un'inchiesta;
   qualche giorno dopo, nonostante il consistente aumento di vendita delle copie registrato dall'inizio dell'anno, la società editoriale C&C viene messa in liquidazione a causa di una serie di difficoltà economiche;
   l'editore Citrigno indica come liquidatore il commercialista Giuseppe Bilotta con il compito di gestire l'ordinario e di raccogliere proposte di acquisto della testata;
   vengono presentate due proposte, che, anche se non formalmente ma sostanzialmente, riconducono allo stesso De Rose, lo stampatore il quale vanta un credito di circa un milione di euro dall'editore;
   all'assemblea dei giornalisti dell’Ora della Calabria, che ha presentato anch'essa manifestazione di interesse all'acquisto, non viene nemmeno concesso il tempo per visionare la contabilità della società in liquidazione;
   questo elemento accompagnato alla preoccupazione per le spettanze economiche avanzate, induce la stessa assemblea dei giornalisti a proclamare lo stato di agitazione e a preannunciare un pacchetto di 10 giorni di sciopero;
   questa protesta nasce con obiettivo di evitare che la testata non finisca nelle mani di colui che aveva tentato di censurare la notizia su Gentile e di avere precise garanzie sulle spettanze economiche dei dipendenti, in totale circa 70 tra giornalisti, poligrafici e amministrativi;
   è lo stesso direttore Regolo, che in poco tempo aveva fatto aumentare del 30 per cento la vendita delle copie del giornale, denuncia le «manovre» intorno al giornale;
   il 17 aprile 2014, dopo l'ennesimo infruttuoso incontro tra il Comitato di redazione dei giornalisti, accompagnato dal segretario regionale del sindacato dei giornalisti Carlo Parisi, e il liquidatore Bilotta l'assemblea dei giornalisti dell’Ora proclama tre giorni di sciopero;
   18 aprile, primo giorno di sciopero dei giornalisti, il liquidatore Bilotta comunica l'interruzione delle pubblicazioni dell’Ora della Calabria in versione cartacea e, anche l'oscuramento del sito internet del giornale, sito che tra l'altro non è intestato alla società editrice;
   il direttore Luciano Regolo, definisce le decisioni del liquidatore come una palese e brutale ritorsione, che viola la libertà di stampa, il diritto al lavoro e anche il diritto di sciopero costituzionalmente garantito;
   a sostenere la protesta dei giornalisti dell’Ora di Calabria interviene anche il sindacato regionale dei giornalisti che a sua volta denuncia tutte le irregolarità commesse in questa nebulosa fase della liquidazione, a partire dal fatto che il liquidatore per almeno un mese non era stato registrato alla camera di commercio;
   il segretario del sindacato regionale dei giornalisti Carlo Parisi, affiancato anche dalla Federazione nazionale stampa-Fnsi attraverso le parole del segretario nazionale Franco Siddi, si rivolge alla magistratura chiedendo di fare chiarezza sull'intera vicenda nonché di verificare l'opzione di un affidamento temporaneo della testata dell’Ora della Calabria agli stessi giornalisti;
   lo stesso sindacato si è fatto promotore di un tavolo di confronto presso la prefettura di Cosenza con tutte le parti, tavolo che dovrebbe partire nei prossimi giorni;
   il 23 aprile 2014 il liquidatore mette tutti i giornalisti dell’Ora in ferie forzate per 15 giorni (laddove però ferie le può stabilire solo il direttore del giornale) e comunica l'avvio delle procedure di licenziamento collettivo per i circa 70 dipendenti della società (giornalisti, poligrafici, amministrativi);
   da quel giorno i giornalisti dell’Ora hanno «occupato» la sede centrale del giornale a Cosenza con presidi anche in altre redazioni;
   si tratta di una vicenda a dir poco inquietante che non può passare sotto silenzio –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative intenda assumere, con la massima urgenza, per garantire innanzitutto il diritto costituzionalmente garantito della libertà di stampa nonché tutte le prerogative in capo ai lavoratori dell’Ora di Calabria soprattutto se il caso viene rapportato al complesso e difficile contesto in cui si trovano a dover operare. (3-00817)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i tagli al personale delle forze di polizia hanno determinato nella provincia di Lecce, in particolare nel commissariato della città di Gallipoli, una riduzione del personale del 20 per cento; fra la fine del 2013 e i primi mesi dell'anno sono andati in pensione circa sessanta agenti, che però non sono stati sostituiti. Le carenze di organico si avvertono anche nella polizia stradale: rispetto al 1990 il personale si è ridotto del 40 per cento;
   le conseguenze dei suddetti tagli destano grave allarme per la sicurezza dei cittadini della zona, proprio in un momento in cui l'azione della criminalità organizzata sembra rafforzarsi, attraverso continui episodi intimidatori ai danni di amministratori del Salento, ed estorsivi contro gli imprenditori, soprattutto turistici;
   in particolare lo scorso 3 maggio 2014, nella notte fra sabato e domenica, non era presente nessuna volante tra le strade della città di Gallipoli; il personale in servizio era infatti sufficiente per garantire solo il funzionamento della sala operativa;
   alcuni episodi della notte, che per fortuna non hanno portato a gravi conseguenze, hanno messo in luce alcune delle difficoltà legate alla carenza di personale. Sulla statale 101 si è verificato un incidente: da quanto si è appreso, la polizia stradale non è potuta intervenire. Sono stati inoltre segnalati disordini vicino ad una discoteca: anche in questo caso non è stato possibile l'invio delle forze dell'ordine sul posto. Non si è potuto nemmeno dare seguito ad una richiesta di intervento per rissa;
   tale grave situazione, denunciata con forza dal questore di Lecce, Antonio Maiorano, non è più sostenibile, soprattutto in vista dell'estate, quando la zona sarà meta di numerosissimi turisti a cui va garantita massima sicurezza;
   non è accettabile perseverare nei tagli al comparto sicurezza, proprio mentre il Salento fa squadra intorno all'imprenditoria sana, ai cittadini e a tutta la società civile, alla magistratura ed alle nostre Forze dell'ordine, per reagire alla recrudescenza della criminalità che alza il tiro con continui episodi intimidatori ed estorsivi –:
   quali siano gli interventi urgenti e necessari che il Governo intende porre in essere per ripristinare e garantire le condizioni di sicurezza nella provincia di Lecce, in particolare nella città di Gallipoli, provvedendo al potenziamento dell'organico e dei mezzi delle Forze dell'ordine, e porre così fine al grave allarme che da troppo tempo affligge la zona.
(4-04738)


   MIGLIORE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 aprile 2014, sul giornale Repubblica, è stata pubblicata un'intervista del giornalista Carlo Bonini al prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, dal seguente titolo «Il prefetto di Roma: ora basta sono i poliziotti le vere vittime»;
   l'intervista verte sulla gestione della piazza da parte della polizia in occasione della manifestazione dei movimenti sociali contro le politiche governative sui temi del lavoro e della casa di sabato 12 aprile 2014 sulle modalità adottate dalla polizia il 16 aprile per sgomberare un palazzo occupato al quartiere «Montagnola» di Roma, nonché sull'opportunità dell'introduzione un codice alfanumerico per l'identificazione delle forze di polizia;
   come raccontato dai manifestanti e documentato anche da riprese video, la manifestazione del 12 aprile ha visto scontri e cariche della polizia, nonché un gran numero di feriti. Tra le immagini della giornata, ve ne sono alcune che mostrano un agente mentre calpesta una ragazza caduta a terra durante i tafferugli (pensando che fosse uno zainetto, come da lui riferito); altre, un agente in tenuta anti sommossa che schiaccia un manifestante a terra con le ginocchia, mentre altri due lo prendono a calci;
   nell'intervista menzionata, il prefetto Pecoraro definisce un successo la gestione della piazza. Non solo. Rispetto al caso della ragazza calpestata, giustifica il comportamento dell'artificiere, definendolo solo «apparentemente inspiegabile» e attribuendolo alla «frenesia e frustrazione» di chi, per 1.200 euro al mese, è per strada a difendere il diritto di manifestare di qualcuno che battezza la polizia come un bersaglio;
   quanto allo sgombero dell'immobile alla Montagnola, dove gli occupanti sono stati presi a manganellate, riportando gravi ferite, il prefetto Pecoraro fa riferimento, nell'intervista, allo Stato di diritto, segnalando la necessità di trovare un punto di equilibrio, considerando il quadro e le dinamiche della piazza nel loro complesso;
   tali affermazioni, a parere dell'interrogante, appaiono particolarmente gravi, soprattutto se pronunciate da chi ha la responsabilità generale dell'ordine e della sicurezza pubblica nella provincia e dispone della forza pubblica, nonché delle altre forze eventualmente poste a sua disposizione, coordinandone l'attività;
   Giuseppe Pecoraro – prefetto dal 2008 e, nel 2011, nominato anche commissario per l'emergenza ambientale della provincia di Roma – già in passato si era distinto per iniziative poco lodevoli rispetto alla garanzia dell'ordine pubblico, ad esempio autorizzando le esequie di Priebke ad Albano Laziale contro la volontà dell'Amministrazione comunale;
   in tale occasione il Prefetto si è assunto una grave responsabilità autorizzando funerali a fronte della contrarietà della popolazione e del sindaco di Albano, città medaglia d'argento al valore della Resistenza, tanto è vero che l'occasione, come era prevedibile, si trasformò in un appuntamento per nostalgici neonazisti;
   a parere dell'interrogante, il prefetto Pecoraro, non ricoprendo, con adeguata competenza e professionalità, la carica affidatagli, dovrebbe rassegnare al più presto le proprie dimissioni o, in ogni caso, essere rimosso in via immediata dal suo incarico –:
   se il Governo, considerato tutto quanto illustrato in premessa, non ritenga opportuno sollevare, con effetto immediato, il prefetto di Roma dal suo incarico. (4-04742)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   L'ABBATE, GAGNARLI, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, MANLIO DI STEFANO, GALLINELLA, DI BATTISTA, SCAGLIUSI, SPADONI e SIBILIA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come noto, il bisfenolo A (BPA) è una sostanza adoperata per la produzione di plastica utilizzata spesso per stoviglie, recipienti ed anche biberon. L'Autorità europea per la sicurezza alimentare si è espressa più volte in merito ai rischi associati al rilascio di questo interferente endocrino nei cibi con cui viene a contatto e, nel 2011, la Commissione europea ha vietato la produzione e la vendita di biberon prodotti con BPA;
   secondo uno studio pilota, pubblicato su Science of The Total Environment e condotto dall'istituto superiore di sanità all'interno del network NOODLES (Nutrition and food safety and wholesomeness Prevention, education and research Network), composto tra gli altri da CNR e università di Camerun e Nigeria, i bambini africani sono frequentemente esposti al BPA;
   lo studio ha infatti preso in considerazione farmacie, negozi, mercati ed altri luoghi di vendita dei biberon prodotti con BPA in tre città del Camerun e due della Nigeria; è stato inoltre somministrato un questionario ad oltre 200 mamme incontrate nei punti vendita all'interno di focus group costruiti per la ricerca, con lo scopo di comprendere quali fossero le informazioni a disposizione della popolazione sul bisfenolo A e sulle modalità di utilizzo corretto dei biberon con BPA. Le mamme si sono dimostrate interessate e desiderose di capire come proteggere i propri figli da un rischio a loro ignoto;
   l'autrice dello studio, la dottoressa Chiara Frazzoli, ha dichiarato inoltre che «a causa del processo di urbanizzazione, le mamme sono costrette a ricorrere al biberon a volte a discapito dell'allattamento al seno, diffondendone quindi l'utilizzo»;
   i biberon in policarbonato giungono in Africa dai Paesi industrializzati e comprendono sia quelli con BPA sia quelli senza, spesso venduti al medesimo prezzo;
   la vendita dei biberon prodotti con BPA poi è rafforzata poi dalla mancanza di normative sui contenitori a contatto con gli alimenti oltre che dalla scarsa informazione sui rischi provocati dall'uso di alcuni materiali;
   è inaccettabile, anche in considerazione degli obiettivi delle politiche di cooperazione allo sviluppo che i Paesi africani, soprattutto quelli più poveri, diventino mercati di sbocco per merci considerate illegali nell'Unione europea –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se non ritenga di dover promuovere con urgenza, anche in collaborazione con gli altri Stati membri e con l'Unione europea, nell'ambito delle politiche di cooperazione allo sviluppo, adeguate campagne di informazione per un corretto uso dei biberon nei Paesi africani;
   se non intenda intervenire presso le competenti sedi comunitarie, affinché si adottino urgentemente misure volte a vietare la vendita di prodotti per i quali l'Unione ha vietato la produzione e la messa in commercio in quanto pericolosi per la salute umana, anche nei paesi terzi. (4-04732)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:


   ZOLEZZI, VIGNAROLI, DAGA, TERZONI, DE ROSA, BUSTO, MANNINO, SEGONI, MICILLO, MASSIMILIANO BERNINI e GRANDE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da quanto riportato sugli organi di stampa nazionali e regionali della Liguria, la procura di Savona ha ottenuto il sequestro della centrale termoelettrica a carbone della Tirreno Power di Vado Ligure. L'ipotesi è il superamento delle emissioni in atmosfera che sarebbe correlato alle morti in eccesso registrate nella zona. Per gli inquirenti i fumi della Tirreno Power hanno causato la morte di 442 persone, tra il 2000 e il 2007, e tra i 1.700 e i 2.000 ricoveri per malattie respiratorie e cardiovascolari nello stesso arco temporale;
   la centrale ENEL di Torrevaldaliga Nord è una centrale termoelettrica a carbone con una capacità totale di 1.980 megawatt installati. Si trova presso la località Torrevaldaliga, nel comune di Civitavecchia. L'attuale impianto ha subìto una riconversione da olio combustibile a carbone completata nel 2010. Sorge in un'area già fortemente impattata da infrastrutture energetiche e produttive (la centrale di Montalto di Castro, sempre di ENEL, e la centrale di Torrevaldaliga Sud, di Tirreno Power);
   da quanto riportato nelle conclusioni dal rapporto del DEP Lazio (dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale – regione Lazio), pubblicato il 12 febbraio 2012, sulla valutazione epidemiologica dello stato di salute della popolazione residente nei comuni di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella, la popolazione residente nel comune di Civitavecchia nel periodo 2006-2010 presentava un quadro di mortalità per cause naturali (tutte le cause eccetto i traumatismi) e per tumori maligni in eccesso di circa il 10 per cento rispetto alla popolazione residente nel Lazio nello stesso periodo. Tale eccesso si conferma tra gli uomini residenti nell'area allargata ai comuni di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella ma non tra le donne. In riferimento alla mortalità per cause tumorali, si osserva tra gli uomini residenti a Civitavecchia un forte eccesso di rischio per tumore polmonare e della pleura. L'analisi allargata ai comuni del comprensorio conferma l'eccesso di rischio per tumore polmonare. In questo periodo si osserva inoltre un eccesso di rischio di mortalità per infezioni acute respiratorie sia tra gli uomini che nelle donne, sia nel comune di Civitavecchia che nell'area allargata. L'analisi del ricorso alle cure ospedaliere conferma sostanzialmente il quadro delineato dallo studio della mortalità;
   in data 28 ottobre 2008 il comune di Tarquinia ed Enel hanno sottoscritto l'accordo che disciplina i reciproci rapporti tra l'amministrazione comunale e Enel spa;
   l'accordo si inserisce nel più ampio ambito definito «Accordo quadro relativo alle iniziative per la tutela della salute, dell'ambiente e dello sviluppo territoriale nell'area» del 4 luglio 2008, tra regione Lazio, province di Roma e Viterbo, comuni di Civitavecchia, Allumiere, Santa Marinella, Tarquinia, Tolfa ed Enel;
   lo studio aveva una durata complessiva di cinque anni e doveva svolgersi, secondo le modalità definite nell'allegato tecnico, dal Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura (CRA), ente nazionale di ricerca e sperimentazione nel settore agricolo, posto sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   come da contratto è prevista l'istituzione di un comitato tecnico formato da rappresentanti del comune, Enel, CRA e ARSIAL con lo scopo di monitorare l'andamento delle attività, verificare gli adempimenti contrattuali e approvare i rapporti tecnici;
   l'obiettivo dell'attività proposta mirava alla realizzazione di biomonitoraggio a partire dall'anno 2008 dell'area adiacente la centrale di Civitavecchia, che è stata sottoposta alla conversione da olio combustibile a carbone, al fine di verificare a lungo termine l'eventuale impatto legato al fall-out di elementi contaminanti sui suoli agricoli e sulle relative produzioni vegetali;
   secondo quanto indicato nell'attività prevista dall'accordo tra Enel e comune di Tarquinia (Viterbo) per comprendere al meglio il ruolo delle diverse attività umane sul possibile aumento dei metalli/metalli pesanti nel suolo era necessario individuare il loro valore naturale di fondo, o comunque, il valore relativo al tempo «zero» da porre in relazione alle concentrazioni successivamente riscontrate nei suoli da monitorare;
   attraverso comunicazione al comune di Tarquinia (n. prot. 3717 del 4 febbraio 2014) e per conoscenza al CRA (Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura) e all'ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione dell'agricoltura del Lazio) l'ENEL – divisione generazione energy management e mercato Italia – ha predisposto, tramite CRA, il rapporto relativo alle attività di biomonitoraggio per la valutazione dei risultati nel periodo 2010-2013, dando disponibilità per la valutazione dei risultati nell'ambito del comitato tecnico come previsto dagli accordi del 28 ottobre 2008;
   in risposta all'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-01446 formulata dal primo firmatario del presente atto ed altri, riguardante raccordo per l'attuazione del piano di monitoraggio dell'area adiacente alla centrale ENEL di Civitavecchia, il rappresentante del Governo aveva riferito, innanzitutto, che sul punto nulla risultava agli atti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   nella risposta il Governo, riportava, inoltre, che su richiesta della società Enel Produzione, il CRARPS avrebbe provveduto in tempi rapidi (testualmente «a breve») a comunicare i risultati degli ultimi campionamenti, predisponendo, altresì, un report riepilogativo inerente le attività svolte e i risultati ottenuti nel periodo 2010-2013. Il Governo riportava che non appena disponibili, i risultati delle indagini condotte sarebbero stati trasmessi in primis, per le successive valutazioni, al comune di Tarquinia, rilevando che, «...allo stato, nessun dato era stato reso disponibile, per quanto appreso, allo stesso Comune di Tarquinia». Il Governo aggiungeva, infine, testualmente che «...per quanto attiene alle possibili iniziative da adottarsi nell'ambito delle competenze rimesse istituzionalmente al Ministero dell'ambiente, è stata sul punto interessata la competente struttura tecnica, la quale, ha assicurato, porrà tutta la dovuta attenzione sui risultati conseguenti alle attività di monitoraggio svolte dal CRA-RPS anche al fine di interessare i competenti Enti territoriali in ordine alle eventuali criticità che dovessero risultare»;
   risulta agli interroganti che il 4 febbraio 2014 sia pervenuta al comune di Tarquinia raccomandata da parte di società Enel Produzione in merito alla predisposizione del rapporti relativo alle attività svolte nel periodo 2010-2013 e alla disponibilità a valutarne i risultati;
   ad oggi il tavolo tecnico a cui dovevano partecipare le figure coinvolte dall'accordo di programma non e ancora stato attivato –:
   se, alla luce di quanto rappresentato in premessa e, in particolare, delle temibili conseguenze sotto il profilo sanitario e ambientale, della presenza di metalli pesanti nei terreni, con particolare attenzione a quelli destinati ad uso agricolo, il Ministro interrogato non intenda farsi parte diligente e promuovere ogni iniziativa utile affinché i dati raccolti dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA) siano al più presto resi disponibili anche promuovendo la rapida costituzione del tavolo tecnico ricordato in premessa di cui il CRA dovrebbe essere parte, in modo tale da garantire la tranquillità dei residenti in prossimità del citato impianto ed il diritto di informazione ambientale previsto dalla convenzione di Aarhus, assicurando altresì il coinvolgimento dei soggetti e degli enti comunque portatori di interessi nella vicenda. (5-02752)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRATAVIERA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la maestosa villa dei nobili Pisani, la più grandiosa villa della Riviera, la Villa Pisani di Stra (Ve), detta anche la Nazionale, rappresenta certamente uno dei più celebri esempi di villa veneta della riviera del Brenta: sorge a Stra, in provincia di Venezia, ed occupa un'intera ansa del naviglio del Brenta, estendendosi su una superficie di 11 ettari ed un perimetro esterno di circa 1.500 metri; venne costruita a partire dal 1721 su progetto di Gerolamo Frigimelica (cui si deve anche il progetto del palazzo Pisani in campo Francesco Morosini o Santo Stefano a Venezia, attuale sede del conservatorio) e Francesco Maria Preti per la nobile famiglia veneziana dei Pisani di Santo Stefano: al suo interno sono conservate opere di Giambattista Tiepolo (l'Apoteosi della famiglia Pisani), Giambattista Crosato, Giuseppe Zais, Jacopo Guarana, Giovanni Carlo Bevilacqua, Francesco Simonini, Jacopo Amigoni e Andrea Urbani; all'epoca della costruzione la Villa contava 114 stanze (ora 168), in omaggio al 114o doge di Venezia Alvise Pisani;
   i Pisani di Santo Stefano, cui si deve la costruzione della villa, costituivano un importante ramo del casato Pisani, antica famiglia patrizia veneziana; arricchitisi nel corso del Trecento grazie ai traffici commerciali e alle rendite immobiliari, nel Quattrocento divennero proprietari di un ampio feudo nella bassa padovana e successivamente arrivarono a ricoprire le più alte cariche della Repubblica di Venezia: Alvise Pisani (1664-1741) fu ambasciatore alla corte del Re Sole, il quale fu padrino di uno dei suoi figli, e venne poi eletto doge nel 1735; il crollo della Repubblica (1797) costrinse i Pisani a vendere la villa a Napoleone Bonaparte che era diventato re d'Italia nel 1805, l'11 gennaio 1807, per 1.901.000 di lire venete; la villa venne donata dall'imperatore Bonaparte al figliastro Eugenio di Beauharnais, viceré d'Italia; Eugenio, raffinato mecenate, commissionò una serie di lavori di ammodernamento che cambiarono l'aspetto di molte sale della residenza e del parco. Nel 1814 le sorti dell'Europa, decise a Waterloo, portarono a villa Pisani la famiglia imperiale asburgica, ora divenuta signora del regno Lombardo-Veneto; la dimora divenne così luogo di villeggiatura prediletto dall'imperatrice d'Austria Marianna Carolina e ospitò l'intero gotha dell'aristocrazia europea, dal re di Spagna Carlo IV (1815) allo zar di Russia Alessandro I (1822), dal re di Napoli Ferdinando II (1837) al re di Grecia Ottone (1837) e molti altri; la brillante atmosfera di vita di corte ebbe termine nel 1866, quando il Veneto venne annesso al regno d'Italia; la villa non entrò a far parte dei beni della corona di casa Savoia ma divenne invece proprietà di stato, perdendo così la sua funzione di rappresentanza; non più abitata, divenne museo nel 1884 e fu meta di visita di personaggi quali Wagner, D'Annunzio (che vi ambientò una scena fondamentale del suo romanzo II Fuoco), Mussolini e Hitler (il cui primo incontro ufficiale avvenne qui, nel 1934);
   a destra e a sinistra della villa due scenografiche cancellate in ferro battuto introducono al parco; non lontano dalla cancellata di destra, fra le siepi, si scorge la statua marmorea raffigurante «Apollo» eseguita intorno al 1718 da Giovanni Bonazza; nel parco, al centro di un monticello, si trova la «casa dei freschi» cioè la ghiacciaia studiata dal Frigimelica; il parco annesso è la realizzazione di un progetto basato sull'incrocio di assi ottici: in fondo, le scuderie per i cavalli create come finta facciata, come palcoscenico di sfondo per una società teatrale del 1700 dove Carlo Goldoni inscenava le sue commedie; Villa Pisani è famosa inoltre per il suo labirinto di siepi di bosso, uno dei tre labirinti in siepe sopravvissuti fino ad oggi in Italia; la presenza di una preziosa raccolta di agrumi, delle serre con piante e fiori, di alberi secolari e di alcune specie vegetali esotiche determina l'importanza del parco anche dal punto di vista botanico;
   il codice dei beni culturali (decreto legislativo n. 42/2004), all'articolo 101, comma 2, lett. f), individua tra gli istituti e i luoghi di cultura i «complessi monumentali» formati da una «pluralità di fabbricati anche di epoche diverse, che col tempo hanno acquisito, come insieme, un'autonoma rilevanza artistica, storica o etnoantropologica»: il complesso monumentale Villa Pisani museo nazionale, di proprietà demaniale, appartiene a tale categoria di beni ed è in consegna alla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, che ne cura la gestione con il finanziamento del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   nonostante il rilievo storico di tale bene, tuttavia oggi lo stato manutentivo dei locali interni è estremamente lacunoso: stanze chiuse, scarse note didascaliche, pochi oggetti e mobilio esposto (nonostante risulti all'interrogante che i magazzini ospitino molti oggetti che testimoniano la storia della Villa), guano di piccione nei davanzali, tendaggi strappati, spazi e stanze che risultano restaurate ma chiuse;
   gli spazi esterni poi risultano non gestiti in maniera ottimale o inagibili (parte del giardino, alcune torri di osservazione panoramiche, la «coffe house», le mura perimetrali in alcuni tratti a pericolo di cedimento, l'illuminazione esterna e la segnalazione della villa assolutamente inadatte all'importanza storico-architettonica della struttura e altro);
   nonostante un glorioso passato, poche sono ancora le occasioni importanti di richiamo turistico, e le mostre allestite accolgono un pubblico troppo di nicchia rispetto al le potenzialità di accoglienza della Villa;
   non esiste inoltre alcun incentivo alla fruizione della Villa per i residenti –:
   quali siano gli elementi contabili del bilancio di tale poco attenta gestione della villa nonché i costi di manutenzione, compresi quelli per il personale, e le entrate da biglietti e/o da trasferimenti pubblici;
   alla luce della pesante situazione suesposta, se la Soprintendenza competente abbia programmato urgenti interventi o se, in caso negativo, il Ministro non intenda intervenire per adottare le iniziative più urgenti nonché per prevedere un progetto di specifica valorizzazione della Villa che coinvolga più opportunamente il comune di Strà (Ve) e la regione Veneto. (4-04734)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Castel del Monte, presso la città di Andria (BT), è un complesso monumentale dello Stato Italiano, bene culturale in consegna alla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Bari, Barletta-Andria-Trani e Foggia;
   la struttura di Castel del Monte presenta barriere architettoniche che lo rendono difficilmente accessibile a soggetti portatori di disabilità motoria;
   nella «Carta della qualità dei Servizi», risalente all'anno 2012, tra gli «OBIETTIVI FUTURI», vi è anche il miglioramento della fruibilità del monumento attraverso la realizzazione di opportuni sistemi per il superamento delle barriere architettoniche, mediante l'ausilio di attrezzature informatiche per percorsi di visita virtuali e la realizzazione di un plastico del castello per l'esplorazione tattile, nonché di pannelli illustrativi in scrittura Braille;
   nell'anno 2013, il Ministro della coesione territoriale pro tempore, ha annunciato che al Castel del Monte sarebbe spettato un finanziamento europeo di 3 milioni di euro grazie ai fondi, recuperati dallo Stato italiano per un POIN (Programma Operativo), «Attrattori culturali, naturali e turismo» –:
   se si intenda per quanto di competenza, intervenire nella vicenda, al fine di risolvere l'annosa problematica legata alla presenza di barriere architettoniche a Castel del Monte. (4-04747)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il Governo, rispondendo nella seduta della Camera dei deputati del 21 marzo 2014 all'interpellanza urgente n. 2/00461 del gruppo Movimento 5 Stelle, ha dichiarato che i risparmi attesi per l'anno in corso dall'opera di revisione della spesa pubblica erano stimati in un range tra i 3 e i 5 miliardi di euro;
   nel documento di economia e finanza presentato in Parlamento, il Governo ha individuato gli obiettivi finanziari assegnati all'attività di revisione della spesa pubblica per l'anno 2014 in 4,5 miliardi di euro;
   nel decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale, le risorse attese dalla revisione della spesa pubblica per essere impiegate ai fini di copertura finanziaria delle norme di spesa inserite nello stesso provvedimento, risultano essere di circa 3 miliardi di euro per l'anno in corso, come risulta dalla relazione tecnica allegata al decreto-legge;
   lunedì 28 aprile 2014 il Ministro interpellato ha rilasciato dichiarazioni pubbliche, riportate il giorno seguente da diversi organi di stampa, in cui ipotizza un ulteriore ampliamento dell'opera di revisione della spesa pubblica e, conseguentemente, dei risparmi attesi, ma con riferimento all'anno 2015 e seguenti;
   in molteplici dichiarazioni pubbliche rilasciate dal Presidente del Consiglio dei ministri e da altri esponenti di Governo, il decreto 24 aprile 2014, n. 66, era stato individuato come il provvedimento nel quale dovessero confluire le disposizioni normative relative agli obiettivi della revisione della spesa per l'anno 2014;
   ad oggi, dunque, stando alle norme del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, si registra una netta differenza tra gli obiettivi di revisione della spesa indicati in quel provvedimento e il recente documento di economia e finanza –:
   se, alla luce dei dati riportati in premessa, si debba considerare non più attuale l'obiettivo finanziario assegnato dal documento di economia e finanza all'opera di revisione della spesa, pari a 4,5 miliardi di euro per il 2014, o se il Governo intenda assumere ulteriori iniziative normative che consentano, per il 2014, di realizzare l'obiettivo finanziario stabilito dal documento di economia e finanza.
(2-00531) «Cozzolino».

Interrogazione a risposta orale:


   SOTTANELLI e ANTIMO CESARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia delle entrate, solo in base a quella che all'interrogante appare un'irrilevante ed inutilizzabile sentenza di mero rito della cassazione del 2005 (addirittura successiva all'estinzione di qualsivoglia obbligazione nel periodo 1992/2003 e dichiarante solo la inammissibilità del ricorso all'avviso di mora), unico pretesto per la riscossione di un titolo inesistente, tramite Equitalia pretende ancora pagamenti dal signor Diego Armando Maradona, nonostante non sia mai esistita alcuna violazione fiscale, alcuna notifica dell'accertamento fiscale e della cartella originaria nei suoi confronti (ma solo avvisi di mora dichiarati non impugnabili);
   qualunque obbligazione sorta in quel periodo risulta già estinta dal 2003, per pagamento tramite condono del datore di lavoro Società sportiva calcio Napoli che ha liberato ogni suo dipendente;
   la vicenda tributaria che ha coinvolto la Società sportiva calcio Napoli Spa, che ancora oggi coinvolge il signor Diego Armando Maradona, è stata originata da una attività di accertamento secondo l'interrogante errata espletata dall'Agenzia delle entrate nel 1991, avente ad oggetto l'omesso versamento dell'Irpef sui presunti maggiori redditi da lavoro dipendente, pretesi dalla Società sportiva calcio Napoli Spa, nella qualità di datore di lavoro del Maradona, per gli anni d'imposta dal 1985 al 1990;
   il presupposto dell'obbligazione tributaria in questione, era stato ravvisato dall'Agenzia delle entrate, operante in sede di accertamento d'ufficio, nella ipotizzata ma mai provata sussistenza di un accordo di interposizione fittizia intercorrente tra la Società sportiva calcio Napoli Spa e diverse società estere di sponsor, (dapprima «Diego Armando Maradona Productions Establishment» e poi «Diarma Establishment»), presuntivamente finalizzato, a far pervenire maggiori integrazioni stipendiali al calciatore, sottraendoli agli obblighi tributari di cui all'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 relativamente al versamento delle ritenute alla fonte Irpef per redditi da lavoro dipendente;
   come noto, ai sensi degli articoli 49 e seguenti del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il lavoratore dipendente paga le imposte sui redditi da lavoro, Irpef e addizionali, attraverso il sistema delle ritenute alla fonte, che avviene tramite il datore di lavoro il quale, in qualità di sostituto d'imposta, ha l'obbligo di effettuare, all'atto del pagamento delle somme, una trattenuta delle imposte dovute dal dipendente;
   nel caso di specie, ovvero delle imposte dovute a titolo di Irpef sui presunti maggiori redditi da lavoro dipendente, la soggettività passiva intesa quale centro d'imputazione dell'obbligazione tributaria deve essere riconosciuta sia al sostituito contribuente (in forza della realizzazione del presupposto della stessa ed in ragione della manifestata capacità contributiva di cui all'articolo 53 della Costituzione), sia in capo al sostituto d'imposta, il quale, pur essendo terzo rispetto al presupposto, non lo è rispetto all'adempimento dell'obbligazione tributaria, che lo vede appunto, coobbligato in solido con il sostituito;
   pertanto l'Agenzia delle entrate, ritenendo (di fatto erroneamente) integrato un presunto indice di maggiore capacità contributiva ex articolo 53 della Costituzione in capo al contribuente Diego Armando Maradona, relativamente ai maggiori redditi da lavoro dipendente che avrebbe percepito dal suo datore di lavoro Società sportiva calcio Napoli Spa per il tramite delle società estere presuntivamente interposte, ha di fatto recuperato a tassazione Irpef ex articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, gli importi contrattualmente dovuti e di fatto versati, in forza di legittimi accordi bilaterali, dalla Società sportiva calcio Napoli Spa alle predette società di sponsor;
   tale attività di accertamento è stata espletata nella errata applicazione dell'articolo 37, penultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 (di fatto aggiunto dall'articolo 30 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154, e quindi entrato in vigore successivamente all'attività di accertamento espletata dall'ufficio), in base al quale «In sede di rettifica o di accertamento d'ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l'effettivo possessore per interposta persona»;
   l'operatività della norma richiamata, come anche della derivante pretesa fiscale, è quindi condizionata alla necessaria prova posta a carico dell'ufficio accertatore ed ammessa anche per presunzioni, purché gravi, precise e concordanti, non solo «della presunta interposizione fittizia» ma anche dell'effettivo «possesso» delle somme che si intende recuperare a tassazione, in capo al contribuente;
   nel 1991 l'Agenzia delle entrate ha notificato alla Società sportiva calcio Napoli Spa, nella qualità di sostituto d'imposta, sei avvisi di accertamento relativi all'omesso versamento dell'Irpef sui predetti ed ipotetici maggiori redditi da lavoro dipendente ascritti al contribuente Diego Armando Maradona;
   la Società sportiva calcio Napoli Spa, che al contrario di Maradona ha ricevuto notifica dell'infondato accertamento fiscale, ha tempestivamente proposto opposizione dinanzi ai giudici tributari, ai sei avvisi di accertamento notificatele, deducendo in giudizio l'infondatezza dell'intera pretesa tributaria, evidenziando l'inesistenza degli elementi presuntivi di cui all'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, nonché dei maggiori redditi sui quali l'Agenzia aveva presunto e contestato l'omesso versamento delle ritenute alla fonte;
   l’iter giudiziario instaurato ha visto un primo accoglimento delle tesi difensive esposte dalla Società sportiva calcio Napoli con la sentenza n. 126/01/1994, emessa dalla Commissione tributaria di secondo grado di Napoli, e la loro successiva conferma con la sentenza n. 598/01/2013, emessa dalla Commissione tributaria centrale in sede di appello;
   da tali pronunce sono emersi i seguenti incontrovertibili elementi:
    a) non vi sono prove idonee a dimostrare l'interposizione fittizia ipotizzata dall'amministrazione finanziaria;
    b) non vi sono prove della effettiva percezione delle maggiori somme da parte di Diego Armando Maradona, integranti il maggior reddito da sottoporre a tassazione Irpef;
    c) non vi sono elementi legittimanti la prosecuzione della pretesa tributaria azionata dal fisco;
   anche le indagini preliminari svolte dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli hanno accertato che «...nella specie non sussistono elementi e riscontri concreti... per ritenere che i corrispettivi versati dalla S.S.C. Napoli alle società D.A.M.P., T.W.W. e D.I.A.R.M.A., costituiscano in realtà elargizione di compensi al calciatore e che pertanto quest'ultimo, dichiarando soltanto i compensi corrispostigli dalla S.S.C. Napoli in base al contratto intercorso con essa, abbia presentato una dichiarazione infedele»;
   inoltre, la risoluzione n. 56/1064 del 16 ottobre 1990 del Ministero delle finanze, ha affermato testualmente che «l'Ufficio non potrà insistere nelle proprie richieste ove non disponga di ulteriori elementi probatori, che giustifichino aliunde l'accertamento tributario»;
   gli esiti dei predetti iter giudiziari hanno quindi:
    a) accertato l'inesistenza del presupposto – fatto costitutivo – fondante la pretesa tributaria azionata dall'Agenzia delle entrate in sede di accertamento d'Ufficio;
    b) escluso l'operatività dell'articolo 37, penultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 per la mancata produzione delle prove legittimanti il recupero a tassazione di quanto preteso dall'Agenzia delle entrate;
    c) escluso la configurabilità dell'indice di maggiore capacità contributiva stante l'inesistenza di maggiori redditi da recuperare a tassazione Irpef;
   da ciò deriva che la presunzione che aveva generato l'attività di accertamento dell'Agenzia delle entrate nei confronti della Società sportiva calcio Napoli Spa nella qualità di datore di lavoro e sostituto d'imposta, avente ad oggetto il maggior reddito da lavoro ascritto al contribuente Diego Armando Maradona nella qualità di lavoratore e sostituito d'imposta, – è rimasta al rango di mera ipotesi, risultando di fatto gli accertamenti in questione tutti integralmente annullati dai giudici competenti tributari e penali fin dal 1992;
   si rileva che l’iter giudiziario intrapreso dalla Società sportiva calcio Napoli Spa non ha beneficiato della sospensione dell'efficacia esecutiva degli atti impositivi impugnati, ragion per cui, in applicazione dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, l'Agenzia delle entrate nel 1992 iscriveva le medesime somme in un ruolo speciale a carico del contribuente Diego Armando Maradona;
   difatti, il testo dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 vigente all'epoca (prima della modifica ad opera dell'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 46 del 1999) prevedeva la formazione di quattro tipologie di ruoli:
    a) principale per le iscrizioni delle imposte liquidate in base alla dichiarazione ex articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, nonché dell'Ilor sui redditi dominicali dei terreni e dei redditi agrari liquidati dall'Ufficio in base alla rendita catastale;
    b) suppletivo per l'iscrizione delle imposte liquidate a seguito di accertamento d'ufficio o in rettifica delle dichiarazioni;
    c) straordinario per la iscrizione delle imposte quando vi era fondato pericolo per la loro riscossione;
    d) speciale per le iscrizioni delle ritenute alla fonte liquidate in base alle dichiarazioni dei sostituti d'imposta e liquidate in base ad accertamenti d'Ufficio o in rettifica delle dichiarazioni dei sostituti d'imposta;
   l'estratto di ruolo formato nel 1992 a carico del contribuente Diego Armando Maradona, recante l'indicazione della lettera «L» (ruolo speciale), conferma la natura dell'obbligazione sottesa alla sua formazione (iscrizioni delle ritenute alla fonte) e l'identità della stessa con quella azionata preventivamente nei confronti della Società sportiva calcio Napoli, ossia l'omesso versamento delle ritenute alla fonte per Irpef;
   posto quanto sopra, nel corso del giudizio definitosi con la sentenza n. 598 del 2013, la Società sportiva calcio Napoli Spa (nelle more dichiarata fallita), pur nulla dovendo al fisco per tale errato ed infondato accertamento, ha estinto l'obbligazione tributaria concernente l’«omesso versamento delle ritenute Irpef per maggiori redditi da lavoro dipendente», aderendo al condono previsto dall'articolo 16 della legge n. 289 del 2002 ed oggetto del ruolo speciale formato nel 1992 a carico del contribuente Diego Armando Maradona al quale, in adempimento di quanto previsto dal comma 10 della citata articolo 16, dovevano essere estesi i relativi effetti in quanto coobbligato in solido per le medesime somme;
   oltre all'estensione degli effetti del condono predetto, il pagamento del quantum riscosso dall'Agenzia delle entrate a titolo di ritenute Irpef alla fonte – ed a titolo d'imposta –, di fatto poi versate dal sostituto d'imposta – SSCN Spa, stante altresì l'assenza di redditi diversi ascritti al Maradona, avrebbe dovuto comportare la detrazione corrispondente di quel quantum dal ruolo formato a carico del sostituito stesso: tale effetto avrebbe dovuto verificarsi quand'anche le ritenute pagate dal datore di lavoro fossero state ab origine qualificate alla stregua di «ritenute a titolo di acconto», e ciò per lo stesso rapporto di lavoro esistente tra la Società sportiva calcio Napoli Spa e il calciatore Diego Armando Maradona, che ha originato l'intera vicenda tributaria a carico di entrambi;
   di fatto, in entrambi i casi, l'applicazione sia dell'articolo 16, comma 10, della legge n. 289 del 2002, sia degli articoli 49 e seguenti del Testo unico delle imposte sui redditi comporta l'elisione del ruolo speciale formato a carico del contribuente Diego Armando Maradona, stante l'identità dell'obbligazione tributaria (Irpef su redditi da lavoro dipendente);
   l'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 ante riforma prevedeva la notifica preliminare di un avviso (cosiddetto avviso di mora) al Contribuente da parte dell'esattore alla riscossione, contenente l'indicazione della pretesa tributaria per la quale era stata effettuata la preventiva iscrizione a ruolo da parte dell'ente impositore;
   l'unico avviso di mora giunto nella sostanziale conoscenza del signor Diego Armando Maradona è stato a questi materialmente recapitato nel 2001, ed avverso lo stesso è stato attivato il contenzioso tributario conclusosi con la pronuncia di mero rito di sola inammissibilità del ricorso, priva di qualsivoglia accertamento negativo in ordine al merito delle imposte, tra l'altro già annullate dai giudici nel 1994 ed addirittura estinte per condono nel 2003, e soprattutto priva di qualsiasi statuizione di condanna ai danni del contribuente in ordine all’an ed al quantum di quanto ancora oggi si pretende dallo stesso;
   tale pronuncia di mero rito ancora oggi secondo gli interroganti pretestuosamente utilizzata dal fisco come unico presupposto dell'infondata pretesa, ha avuto ad oggetto l'inammissibilità del ricorso proposto dal contribuente Diego Armando Maradona (successivamente al giudizio instaurato dal suo sostituto d'imposta ed ancora pendente all'epoca), in quanto ritenutesi perfezionatesi in un luogo in cui Maradona non ha mai avuto la sua residenza le notifiche di precedenti avvisi di mora, presumibilmente trasmessi dall'Agente della riscossione, sebbene in applicazione del principio di conoscenza formale, tra l'altro disconosciuto recentemente dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 258 del 2012, con la quale è stata statuita la necessità del pedissequo rispetto di tutte le fasi dell’iter di notificazione degli atti tributari, in ossequio al principio di conoscenza sostanziale che deve sottendere l'azione di riscossione proprio per la maggiore incisività della stessa;
   il calciatore Diego Armando Maradona in realtà non ha mai avuto una residenza italiana, essendo stato solo ed esclusivamente domiciliato presso il campo di calcio dove eseguiva gli allenamenti (sito in Napoli alla via Vicinale Paradiso n. 70), ad opera di un vecchio ragioniere della Società calcio Napoli in occasione della comunicazione dati per la compilazione della busta paga;
   inverosimilmente, tale pronuncia di mero rito di sola inammissibilità del ricorso, nonostante non contenga alcuna statuizione di condanna, rappresenta ad oggi l'unico e ad avviso degli interroganti irrilevante e pretestuoso atto su cui l'Agente della riscossione fonda il preteso adempimento dell'obbligazione tributaria fin qui descritta, unitamente all'estratto ruolo, il cui contenuto letterale e di calcolo concerne importi già pagati, che, come testé evidenziato, ne esclude la legittima prosecuzione;
   in ambito tributario la fonte delle obbligazioni, ovvero del rapporto giuridico d'imposta tra fisco e contribuente, può essere esclusivamente legislativa;
   l'articolo 23 della Costituzione, in base al quale «Nessuna prestazione patrimoniale o personale può essere imposta se non in base alla legge» esprime il cosiddetto principio della riserva di legge in ambito tributario, da intendersi in senso assoluto quanto all'individuazione degli elementi essenziali dell'obbligazione tributaria (presupposto, soggetti passivi, principi di determinazione delle aliquote, sanzioni), in senso relativo quanto alla disciplina di tali elementi, ben potendo la stessa legge istitutiva del tributo (o altro atto ad essa equiparato) demandare ad un regolamento o ad altra fonte subordinata la disciplina dell'esecuzione del rapporto d'imposta stesso (ad esempio in ordine all'adempimento);
   l'individuazione del fatto generatore di ciascuna pretesa tributaria è quindi coperto da riserva assoluta di legge: è il legislatore che attribuisce la qualità di indici rilevatori di capacità contributiva a determinate circostanze, in presenza delle quali fa sorgere in capo al contribuente che le realizza l'obbligo di concorrere alle spese pubbliche proporzionalmente al suo reddito (articolo 53 della Costituzione);
   tali circostanze costituiscono il presupposto dell'obbligazione tributaria, elemento indefettibile del rapporto d'imposta, oggetto dell'imposta e fatto costitutivo della stessa;
   nel caso di specie, l'obbligazione tributaria ancora pretesa dall'Agenzia delle entrate, e per essa dall'Agente della riscossione, ed ancora posta a carico del contribuente Diego Armando Maradona, si fonda sulla ritenuta operatività dell'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, giudizialmente esclusa anche relativamente alla posizione di quest'ultimo, sia dai giudici tributari che dai giudici penali, per l'accertata insussistenza di una interposizione fittizia di persona che di fatto ha costituito il presupposto del rapporto giuridico d'imposta nascente dalla norma citata, la cui operatività ai fini della nascita del rapporto d'imposta è condizionata non solo a tale prova, ma anche alla dimostrazione dell'effettivo possesso delle somme che si ritengono presumibilmente imputabili al contribuente, anch'essa mai fornita;
   l'articolo 67 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, concernente la doppia imposizione, aggiunto dall'articolo 8 della legge n. 133 del 1999, prevede che «La stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi. L'imposta personale pagata dal soggetto erogante a titolo definitivo a seguito di accertamento è scomputata dall'imposta dovuta dal percipiente il medesimo reddito»;
   l'articolo 10, comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente, in base al quale «i rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede» impone all'amministrazione di agire in ossequio al principio di tutela dell'affidamento del contribuente, comportando l'illegittimità degli atti d'imposizione emessi in contrasto con le indicazioni fornite dall'amministrazione finanziaria, se dalle circostanze del caso concreto emerge che su tali indicazioni il contribuente aveva fondato il proprio legittimo convincimento in merito all'avvenuta definizione del rapporto d'imposta;
   il predetto principio non risulta ad oggi onorato dall'amministrazione finanziaria stante l'omessa detrazione delle somme già pagate dal datore di lavoro a titolo di ritenute alla fonte dal ruolo speciale formato a carico del contribuente Diego Armando Maradona, come legislativamente prescritto dalle norme sopra richiamate –:
   in base a quale presupposto legislativo ed in base a quale indice di capacità contributiva sia ancora oggi pretesa, ai danni del contribuente Diego Armando Maradona, l'obbligazione tributaria originata dall'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e di cui al ruolo n. 007100718165 2351830, in ordine alla quale sono già intervenute pronunce di annullamento degli accertamenti del fisco che hanno dichiarato l'illegittima prosecuzione della stessa, oltre ad essere intervenuta dal 2003 l'estinzione di qualsivoglia obbligazione per versamento ed adesione al condono da parte del datore di lavoro del Maradona;
   rilevata la qualificazione dell'obbligazione tributaria stessa, quale «omesso versamento Irpef su maggiori redditi da lavoro dipendente», e stante l'estinzione di detta obbligazione da parte del datore di lavoro, soggetto passivo in ordine all'adempimento in tali termini ai sensi degli articoli 49 e seguenti del Testo unico delle imposte sui redditi, per quale motivo il contribuente Diego Armando Maradona non abbia beneficiato delle detrazioni pagate dal sostituto d'imposta, verificandosi un tentativo di indebito arricchimento ai suoi danni e di duplicazione di un illegittima imposta già pagata dal datore di lavoro nel 2003;
   a quale titolo e sulla base di quali atti impositivi, visto che non esiste prova dell'esistenza dell'accertamento fiscale e della cartella esattoriale, eventualmente considerabili ancora validi, nonostante quanto testé evidenziato, ancora oggi si pretende l'adempimento per l'intero di un'obbligazione tributaria destituita di ogni suo fondamento. (3-00814)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   tra la fine degli anni ’80 e l'inizio degli anni ’90 il gruppo Ferrovie dello Stato avviò un progetto per la costruzione di 25 locomotive a corrente alternata, sia per il traffico pesante (E-491) che per il traffico veloce (E-492); un investimento importante ed ingente per lo Stato italiano che avrebbe dovuto essere utilizzato per potenziare il sistema ferroviario della Sardegna, che da sempre versa in condizioni di difficoltà ed inefficienza;
   il costo complessivo per la realizzazione delle 25 locomotive – demandata al consorzio denominato «TEAM» (Trazione Elettrica Alternata Monofase), di cui facevano parte Ansaldo Ferroviaria e Fiat di Savigliano – fu di circa 126 miliardi di lire e a tale investimento avrebbe dovuto corrispondere un analogo impegno per l'adeguamento dell'infrastruttura ferroviaria sarda;
   l'adeguamento suddetto, dopo un veloce inizio (realizzazione della tratta Cagliari-Decimomannu), si interruppe probabilmente a causa dei cambi di Governo e delle differenti idee di sviluppo del territorio e le 25 motrici sono così rimaste inutilizzate, poiché il sistema ferroviario continentale è a corrente continua;
   le locomotive sono state così depositate lungo i binari delle stazioni di Foligno, Bari e Livorno e nel corso degli anni diverse sono state le trattative finalizzate alla loro vendita; da diverse fonti stampa risulta che nel 2000 una trattativa con le ferrovie bulgare arrivò vicina alla conclusione, ma alla fine sfumò; nel 2001 si concluse con un nulla di fatto un analogo tentativo con le ferrovie ungheresi; infine, nel corso del 2008, l'intero lotto di avrebbe dovuto essere rilevato tramite gara alla ditta Friulexport di Trieste per un totale complessivo di 6.700.000 di euro (un decimo del costo iniziale). Nel maggio 2011 si ha notizia della vendita alla società di demolizioni Billfingher Berger di Bari. Il primo trasferimento di 8 rotabili avrebbe avuto luogo la prima settimana di maggio 2011;
   non risulta chiara la destinazione delle altre rotabili, tuttavia, quelle depositate a Foligno, giacciono tutt'oggi abbandonate lungo i binari della stazione, meta di saccheggi, vandalismo, ma anche potenzialmente pericolose per la salute umana: dopo 20 anni di giacenza i materiali, specie quelli degli impianti frenanti, sono soggetti a deterioramento e potrebbero sprigionare sostanze tossiche, quali l'amianto;
   la vicenda delle locomotive E-491 e E-492 rappresenta, ad avviso degli interroganti, uno dei grandi sperperi di denaro pubblico del nostro Paese e, a parere degli stessi interroganti, è dovere dello Stato trovare soluzioni adeguate per lo smaltimento, la vendita o la scomposizione delle motrici tuttora giacenti sul territorio, i cui possibili ricavi potrebbero essere investiti nel trasporto su ferro nazionale, che presenta numerose criticità e di certo dovrebbe essere potenziato –:
   se abbia contezza dell'avvenuta vendita delle 25 locomotive alla società di demolizione Billfingher Berger di Bari e se, in base a quanto esposto in premessa, non intenda avviare le iniziative di competenza al fine di verificare quale sarà il destino delle rotabili tutt'oggi giacenti lungo i binari di diverse stazioni italiane e, in particolare, nella stazione di Foligno, dove sono presenti ben 16 vetture delle 25 costruite alla fine degli anni ’80;
   quali siano state, considerata la fumosità della procedura di vendita dal 2008 in poi, le entrate derivanti dalla vendita delle locomotive sperimentali, del valore di circa 80 milioni di euro. (4-04730)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 29 aprile 2014, nel corso di un'audizione svolta presso le Commissioni riunite esteri e difesa del Senato della Repubblica, il direttore centrale dell'immigrazione e della polizia di frontiera presso il Ministero dell'interno, dottor Giovanni Pinto, ha dichiarato che sulle coste libiche vi sarebbero circa 800 mila persone pronte a raggiungere le coste Italiane;
   il dottor Pinto, alla luce del numero di migranti che nel corso del 2014 hanno già raggiunto le nostre coste pari a 25.000 nel corso dei primi quattro mesi, ha fornito dati allarmanti sul sistema di accoglienza italiano, a seguito del raggiungimento dei limiti di massima capienza delle strutture a disposizione;
   le cifre sui possibili futuri arrivi forniti dal dirigente del Viminale si discostano in maniera anche considerevole rispetto alle cifre, sempre ipotetiche, fornite recentemente dal Ministro dell'interno che aveva quantificato tra i 300 mila e i 600 mila i potenziali migranti in arrivo;
   elemento ancora più preoccupante è costituito dalle parole pronunciate dal Presidente del Consiglio dei ministri nel corso di una trasmissione televisiva, smentendo clamorosamente le cifre date dal Viminale e tacciandole di superficialità ed allarmismo –:
   quali siano le previsioni ufficiali del Ministero dell'interno in merito ad eventuali futuri arrivi di migranti dalle coste libiche, quale sia lo stato effettivo del sistema di accoglienza e quali misure stia predisponendo il Ministro al fine di fronteggiare una possibile ondata migratoria che potrebbe superare i livelli di quella registrata nel corso dell'anno 2011.
(3-00815)


   COSTANTINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il professor Adriano Redler, prorettore dell'università La Sapienza di Roma e preside della facoltà di medicina e chirurgia candidato alle europee per Forza Italia nella circoscrizione centro;
   nei «santini» elettorali ha riprodotto il suo biglietto da visita, con tanto di logo dell'ateneo. Redler sostiene: «Io sono quello – spiega il professore –, con i miei titoli che mi sono conquistato in anni di impegno. Io mi presento così agli elettori, che possono non conoscermi perché vengo dalla società civile e metto a disposizione della politica la mia esperienza, la mia competenza, la mia professionalità. E come se mettessi sul santino il mio curriculum». Quanto al logo de La Sapienza, Redler spiega di essere stato autorizzato espressamente dall'università, per bocca dello stesso rettore Luigi Frati. «Se la mia amministrazione non ha niente in contrario, dov’è il problema ? Che legge, quale regola avrei infranto ? Questa polemica mi pare tutta strumentale»;
   l'università è una istituzione pubblica che non dovrebbe essere usata per una competizione di parte elettorale e il rettore dell'università non può avere titolo sull'utilizzo in tal senso del logo della stessa –:
   se non intenda assumere un'iniziativa normativa diretta a vietare nella propaganda elettorale, l'uso di loghi e simboli comunque riferibili a enti o soggetti pubblici da parte di privati a tutela del principio di imparzialità della pubblica amministrazione. (3-00816)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAESTRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in diverse occasioni, negli ultimi mesi, le organizzazioni sindacali dei vigili del fuoco di Parma hanno segnalato il continuo verificarsi di guasti ai mezzi in dotazione al comando;
   in particolare, recentemente, è stata segnalata la non disponibilità di entrambe le autoscale a causa di una serie di guasti che hanno coinvolto gli unici due mezzi disponibili ed è risultata impossibile la sostituzione temporanea con mezzi provenienti da altri comandi;
   il comando dei vigili del fuoco di Parma ha ripetutamente avanzato la richiesta di fondi straordinari al dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile per fare fronte alle necessità di manutenzione straordinaria dei mezzi senza che la stessa venisse accolta;
   attualmente una sola delle due autoscale è operativa. Si tratta però di un mezzo risalente al 1974 e per il quale sono necessari frequenti interventi di manutenzione;
   in data 4 maggio 2014 un nuovo guasto ha interessato uno degli automezzi a disposizione del comando dei vigili del fuoco di Parma. Un'autopompa impegnata nel tragitto per un intervento di soccorso ha infatti subito un guasto al semiasse posteriore con il distacco parziale delle ruote, rendendo il mezzo del tutto incontrollabile da parte dell'autista;
   il guasto occorso all'automezzo, per la sua natura e per le circostanze in cui si è verificato, era tale da mettere in serio pericolo non solo l'incolumità degli operatori a bordo dello stesso ma anche quanti in quel momento si trovavano a transitare lungo la carreggiata stradale;
   le condizioni attuali dei mezzi, come dimostrano gli avvenimenti del 4 maggio 2014, sono tali da non garantire l'efficienza dell'indispensabile servizio fornito ogni giorno dal comando dei vigili del fuoco di Parma a tutela dell'incolumità pubblica e della sicurezza dei cittadini;
   in seguito all'incidente, l'autopompa risulta ancora attualmente inutilizzabile, circostanza tale da rendere difficoltoso garantire i servizi di soccorso –:
   quali misure si intendano adottare per garantire al comando dei vigili del fuoco di Parma la possibilità di riparare i mezzi non funzionanti e operare la necessaria manutenzione sui mezzi allo scopo di ripristinarne la piena operatività;
   quali provvedimenti si intendano adottare allo scopo di permettere al comando dei vigili del fuoco di Parma di sostituire i mezzi più antiquati le cui condizioni sono oggi tali da non garantire più la sicurezza degli operatori e la tempestività dell'indispensabile servizio svolto dagli stessi. (4-04731)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il distaccamento dei vigili del fuoco di Cantù, in provincia di Como, è attualmente alloggiato in una struttura privata, sita in via Bolzano, per la quale lo Stato non è più disposto a pagare il richiesto canone di locazione;
   a causa del rifiuto dello Stato di continuare a pagare la locazione dell'immobile che ospita i vigili del fuoco di Cantù, i proprietari della struttura hanno ingiunto lo sfratto, che diventerà esecutivo nel marzo del 2015;
   in assenza di alternative, il distaccamento dei vigili del fuoco di Cantù sarà costretto a migrare, lasciando scoperto e privo di un presidio del soccorso tecnico sorgente il secondo comune della provincia comasca;
   risulta tuttavia essere stata reperita una struttura potenzialmente idonea, nel capannone dei carristi sito in via Caduti di Nassyriah a Cantù, che sarebbe già stata ispezionata, ma che per essere utilizzata ha bisogno di importanti interventi di ristrutturazione, del valore di diverse centinaia di migliaia di euro, che hanno già scoraggiato anche la Croce Rossa, cui era stata prospettata come possibile sede;
   il comune di Cantù non ritiene possibile finanziare i lavori di ristrutturazione con i propri fondi –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione generalizzata nella premessa;
   se il Governo non ritenga opportuno di provvedere al finanziamento dei lavori di ristrutturazione dell'immobile di via dei Caduti di Nassyriah, onde evitare che il distaccamento dei vigili del Fuoco di Cantù sia costretto a smobilitare, privando il secondo comune della provincia comasca del locale presidio del soccorso tecnico urgente;
   se, infine, il Governo intenda o meno esplorare insieme all'Amministrazione comunale di Cantù ed il comando provinciale dei vigili del fuoco di Como eventuali ulteriori alternative, che permettano di salvaguardare il presidio canturino del soccorso tecnico urgente. (4-04741)


   MASSIMILIANO BERNINI, CRISTIAN IANNUZZI, DAGA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere è stata predisposta e coordinata dall'Ufficio nazionale antidiscriminazioni (UNAR), istituito presso il dipartimento Pari opportunità della Presidenza del Consiglio, in ottemperanza con quanto previsto dal programma promosso dal Consiglio d'Europa;
   la Strategia nazionale è finalizzata alla realizzazione di un piano triennale di azioni pilota (2013-2015), integrate e multidisciplinari, volte alla prevenzione e al contrasto delle discriminazioni in tale ambito;
   nel solco di tali iniziative si inserisce la decisione del liceo Giulio Cesare di Roma di proporre la lettura di alcune pagine di un libro della scrittrice Melania Mazzucco, Sei come sei, che affronta il tema dell'omosessualità;
   l'iniziativa ha scatenato reazioni dei rappresentanti di estrema destra, Lotta studentesca, organizzazione giovanile vicina a Forza Nuova, che ha esposto uno striscione sul liceo Giulio Cesare contornato da bandiere e fumogeni gialli con la scritta «Maschi selvatici non checche isteriche», mentre altri gruppi di estrema destra hanno esposto un lenzuolo con la scritta Emergenza omofollia;
   l'azione ha suscitato, da parte della società civile e delle associazioni e gruppi GLBTQ, profondo sdegno e preoccupazione e per i toni discriminatori ed omofobi utilizzati;
   l'organizzazione Lotta Studentesca nacque nel 1978 a Roma per confluire di fatto qualche anno dopo, con alcuni suoi esponenti di spicco, nella eversione criminale e omicida dei NAR e di Terza Posizione;
   gli appartenenti a Forza Nuova e a Lotta Studentesca non sono nuovi a simili iniziative, visto che già nell'aprile del 2013, non lontano dal liceo Giulio Cesare, presso il liceo Tasso di Roma, sedicenti esponenti delle stesse formazioni, distribuirono volantini che riproducevano il simbolo redivivo di Terza Posizione, con la famigerata runa Wolfsangel nazista, fuorilegge dal settembre 1980;
   è preoccupante la presa di posizione del leader romano di Lotta studentesca, Andrea Di Cosimo, noto negli ambienti giovanili per le posizioni apertamente neofasciste ed offensive nei confronti dei partigiani, nonché noto a alle forze di polizia come aggressivo tifoso ultrà, addirittura trovato in possesso di candelotti fumogeni allo stadio Olimpico; durante le vicende sopra esposte, affermava, come riportato in vari organi di stampa: «episodi di questo tipo non avvengano più e che romanzi del genere vengano eliminati definitivamente dalla scuola pubblica», incoraggiando la messa all'indice, in una sorta di rogo omofobo, dei libri che trattano le tematiche LGBT –:
   di quali ulteriori informazioni disponga sui fatti di cui alla premessa;
   quali legami continuino a emergere tra il mondo degli ultras sportivi protagonisti di tafferugli e di violenze e quello dei gruppi violenti di estrema destra, spesso a connotazione omofoba e antisemita;
   se l'organizzazione Lotta Studentesca dopo gli anni ’80 corrisponda ad una organizzazione legalmente costituita, ancora oggi;
   se e quali controlli, per quanto di competenza, abbia avviato o intenda avviare sulle attività delle formazioni di estrema destra presenti nel nostro Paese responsabili di azioni aggressive che preoccupano l'opinione pubblica.
(4-04744)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'interno con decreto ministeriale 24 novembre 2011 ha bandito un concorso per 2.800 allievi agenti, riservato ai volontari in ferma di leva congedati senza demerito;
   nella graduatoria approvata con decreto del Ministero dell'interno del 5 novembre 2012 figurano 2.800 vincitori ed ulteriori 939 idonei;
   sulla Gazzetta Ufficiale, serie speciale 26 marzo 2013, il Ministero dell'interno ha bandito un ulteriore concorso per il reclutamento di 964 allievi agenti senza prima aver provveduto all'utilizzo della graduatoria degli idonei del precedente concorso;
   dei 939 allievi agenti idonei, 86 hanno presentato ricorso al TAR Lazio per impugnare il nuovo bando di concorso 2013 e questo, con sentenza n. 7482/2013, in data 23 luglio 2013, ha accolto, nei limiti dell'interesse dei soli rincorrenti, l'annullamento in parte del bando impugnato in quanto ha riconosciuto agli idonei il diritto allo scorrimento in base alla recente sentenza dell'adunanza plenaria n. 14/2011 del Consiglio di Stato, in cui si afferma che tutte le pubbliche amministrazioni, senza distinzione di soggettività e oggettività, con graduatorie valide ed efficaci come previsto dall'articolo 35, comma 5-ter, della legge n. 165 del 2001, sono soggette a scorrimento, in quanto tale principio ha una valenza di carattere generale ed è riferito indistintamente a tutte le amministrazioni pubbliche anche quelle regolate da speciali discipline di settore come la polizia di Stato;
   il principio di scorrimento delle graduatorie è rafforzato ed autorizzato da due importane decreti-legge: il cosiddetto decreto «D'Alia» (decreto-legge n. 101 del 2013) sulla razionalizzazione della spesa della pubblica amministrazione convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 2013. Queste leggi si riferiscono indistintamente a tutte le amministrazioni regolate dalla legge n. 165 del 2001 e quindi anche il comparto sicurezza;
   il Ministero impugna la predetta sentenza amministrativa dinanzi al Consiglio di Stato;
   il 27 novembre 2013, incurante della sentenza del TAR ancora valida e mai eseguita, il Ministero pubblica la graduatoria del concorso 964 allievi agenti, non rispettando in alcun modo né il decreto-legge n. 101 del 2013, né la sentenza del TAR 7482 in questione;
   di seguito all'inadempienza del Ministero, gli 86 allievi agenti hanno depositato ricorso per l'ottemperanza della sentenza del TAR nel mese di dicembre 2013 e chiesto, nell'udienza fissata il 13 febbraio 2014, la sospensione della graduatoria pubblicata, atteso che nelle more è intervenuta la sentenza del Consiglio di Stato 14 gennaio 2014, n. 100, che ha accolto l'appello proposto avverso la suindicata sentenza di I primo grado;
   il 19 febbraio 2014, il giudice dell'ottemperanza a cui avevano richiesto appello si è espresso ritenendo fondato il loro ricorso e sospendendo attraverso misura cautelare la graduatoria dei 964 allievi agenti –:
   se non si ritenga opportuno sopperire a tale inadempimento e quindi procedere all'assunzione degli 86 ricorrenti scorrendo la graduatoria de quo. (4-04746)


   PARENTELA, NESCI e DIENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la caserma del Corpo forestale di Fuscaldo (Cosenza) è stata realizzata negli anni sessanta con i fondi destinati alle «migliorie boschive»;
   il territorio boschivo di Fuscaldo è tra i più estesi della provincia di Cosenza. La circoscrizione forestale che fa capo a Fuscaldo abbraccia anche i comuni di Guardia Piemontese (Cosenza) e Acquappesa (Cosenza), nonché l'area boschiva statale di Cinquemiglia e quella appartenente ad altri Enti, tra cui quelli parrocchiali. Pertanto, si raggiunge una superficie boschiva complessiva di migliaia di ettari;
   il Corpo forestale di Fuscaldo, fin dalla sua istituzione, è stato un punto di riferimento per la tutela dell'immenso patrimonio boschivo del Medio Tirreno Cosentino, meta di addetti ai lavori, studiosi e appassionati, punto di riferimento per i sottufficiali forestali di Città Ducale (Rieti);
   secondo il parere degli interroganti, la chiusura della caserma del Corpo forestale di Fuscaldo costituirà una grave perdita e causerà danni e disservizi. Potrebbe infatti venire meno la necessaria tutela delle montagne, già soggetta a casi di dissesto idrogeologico e atti di sciacallaggio, del patrimonio boschivo e faunistico dell'area, dove è presente una specie rara di anfibio: il «tritone crestato», così come potrebbe venir meno il controllo sull'ambiente e saranno favoriti lo sciacallaggio e la creazione di discariche abusive;
   il Corpo forestale di Fuscaldo attualmente conta, come risorse organiche, 4 unità di agenti; altre caserme nelle vicinanze sono Paola, che conta 1 unità di agente, e Cetraro, che conta anch'essa 1 unità. Il numero di agenti inferiore nelle caserme di Paola e Cetraro rispetto a Fuscaldo è dovuto proprio al fatto che il loro territorio boschivo è quantitativamente e qualitativamente inferiore;
   la notifica del decreto di chiusura del Corpo forestale di Fuscaldo è in atto; si aspetta solo la comunicazione ufficiale da parte del Ministero che firma il decreto, il quale ne sancirà l'accorpamento al Corpo forestale di Paola. I dipendenti saranno trasferiti secondo le modalità previste;
   questo provvedimento, effettuato secondo la spending review, dovrebbe limitare i costi di spesa, sebbene, da quanto risulta agli interroganti, la caserma del Corpo forestale di Fuscaldo affronta solo ed esclusivamente le spese telefoniche e fax e quelle relative alla fornitura di luce elettrica, per un ammontare complessivo annuo di circa 1.500 euro;
   l'edificio che ospita il Corpo forestale di Fuscaldo è di proprietà dell'ente comunale, a cui non viene pagato nessun affitto;
   secondo il parere degli interroganti, la soppressione del Corpo forestale di Fuscaldo non comporterebbe un risparmio rispetto alle spese quantificate; anzi, il suo accorpamento alla circoscrizione di Paola le farebbe aumentare, in quanto andrebbero aggiunte le spese di carburante per i mezzi usati dagli agenti. Questi, infatti, per raggiungere i boschi del territorio di Fuscaldo (che richiedono, vista l'estensione e l'importanza, una scrupolosa vigilanza giornaliera) andrebbero a percorrere, rispetto a prima, circa 30 chilometri in più, con conseguente lievitazione delle spese –:
   se i Ministri interrogati, ognuno secondo le proprie competenze, non intendano rivedere nell'ambito della spending review i provvedimenti di accorpamento della caserma del Corpo forestale di Fuscaldo con quella di Paola;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno valutare più attentamente l'effettivo risparmio economico, anche in termini di efficienza del lavoro svolto, relativamente alla scelta di chiudere la caserma del Corpo forestale di Fuscaldo.
(4-04749)


   PARENTELA, NESCI e DIENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   al comando di Catanzaro dei vigili del fuoco come risulta da documentazione fotografica, le strutture sono fatiscenti, i mezzi maltenuti, i dispositivi di protezione individuale scarsi o mancanti, le attrezzature per garantire l'incolumità dei lavoratori ed il soccorso tecnico urgente alla popolazione risultano danneggiate, scadute, prive di manutenzione, ammucchiate alla rinfusa e ricoperte di polvere;
   i locali destinati all'indispensabile e prescritto mantenimento ginnico (campo polivalente, palestra-sala addestramento SAF) nonché i locali destinati alle attività ricreative-socializzanti sono stati chiusi, limitando o annullando la possibilità al personale di ottemperare a precise disposizioni di legge;
   da alcuni incontri tra gli interroganti ed i rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, il personale dei vigili del fuoco del comando provinciale di Catanzaro è stato privato di quelle opportunità e possibilità riconosciute e dettate da precisi indirizzi di buon andamento della pubblica amministrazione, ad esempio:
    direttiva del Ministro della funzione pubblica sulle misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni;
    indicazioni fornite dalla «Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche Autorità Nazionale Anticorruzione» ai sensi dell'articolo 14, comma 5 del decreto legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150;
    linee guida della Presidenza del Consiglio dei ministri per la valorizzazione del benessere di chi lavora, ai sensi dell'articolo della legge 4 novembre 2010, n. 183;
   il dirigente locale dei vigili del fuoco, unico responsabile del soccorso e della sicurezza nei luoghi di lavoro del comando provinciale, avrebbe consentito che i locali si deteriorassero a tal punto che le condizioni igienico-sanitarie sono pessime e molti locali inagibili;
   in data 12 dicembre 2012 un mezzo dei vigili del fuoco, inviato in giro con gomme lisce, ha causato un pericoloso incidente, nonostante fosse stato segnalato;
   il dirigente provinciale effettuerebbe il richiamo in servizio del personale precario in modo clientelare come risulta da ordine del giorno n. 12 del 16 gennaio 2014 e già esposto in maniera particolareggiata alla procura della Repubblica di Catanzaro –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario attivare un piano di revisione dei mezzi ancora utilizzabili in Calabria ed attivarsi al reintegro di mezzi, attrezzature, dispositivi di protezione individuale per la salvaguardia delle vite umane e degli operatori del soccorso;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno avviare un'ispezione presso il comando dei vigili del fuoco di Catanzaro per valutare l'operato del dirigente provinciale;
   se il Ministro interrogato, al fine di salvaguardare l'incolumità dei vigili del fuoco di Catanzaro, non intenda attuare un piano straordinario di ristrutturazione e messa in sicurezza di tutte le sedi del comando provinciale di Catanzaro.
(4-04750)


   FANTINATI, TURCO, BUSINAROLO, D'INCÀ, COZZOLINO e BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della trasmissione Report, andata in onda su Rai Tre il 7 aprile 2014, sono emersi gravi indizi sulla possibile infiltrazione delle cosche della ’ndrangheta nella gestione amministrativa del comune di Verona;
   in particolare, dall'indagine condotta dal giornalista Sigfrido Ranucci, risulta quanto segue:
    il sindaco di Verona, Flavio Tosi, ha partecipato ad una cena sponsorizzata dall'imprenditore Raffaele Vrenna, al cui tavolo sedevano Stanislao Zurlo – rinviato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa – nonché Katia Forte – figlia di Giovanni Forte, imprenditore già condannato per tangenti nel periodo della «tangentopoli» veronese;
   vale la pena evidenziare che Vrenna viene definito dal capo della DDA di Catanzaro un imprenditore border-line e peraltro risulta fungere da ponte tra le istituzioni locali e la criminalità organizzata tramite imprese private;
   Katia Forte è insediata nell'amministrazione scaligera come consigliere della lista Tosi. Nell'orbita «tosiana» si ritrovano non solo persone vicine alla famiglia Vrenna-Bonaventura, ma anche i Giardino, famiglia di costruttori calabrese a Verona;
   i Giardino erano presenti alle cene preelettorali con Tosi e l'assessore Giorlo (di origini calabresi) con il quale il sindaco trascorre le vacanze. Alle riunioni-cene partecipavano i Giardino, i Paglia, Marziano e il sindaco Tosi, nonché l'attuale vicesindaco, avvocato Casali, e l'immancabile assessore Giorlo;
   secondo quanto riferito dal giornalista Ranucci, nel corso di questi incontri si discuteva delle assunzioni nella società che si occupa dello smaltimento dei rifiuti (SERIT) e dei fondi che servivano per finanziare la campagna elettorale. Proprio nel 2012, a seguito della vittoria elettorale di Tosi, alcuni dei suddetti imprenditori brindavano con champagne in consiglio comunale;
   lo stesso Armando Marziano ammette che, «grazie alle sue conoscenze in Comune, è riuscito ad accaparrarsi un appalto». In realtà, gli appalti che gli sono stati affidati sono quelli relativi alla manutenzione degli alloggi Ater, per un valore di centinaia di migliaia di euro;
   ma i favori più importanti, il suddetto imprenditore li ha ottenuti grazie a concessioni edilizie rilasciate dal comune a privati in cambio dell'incarico conferito alla ditta del Marziano, da parte del privato che aveva ottenuto il nullaosta a costruire o ampliare il proprio immobile. Questi episodi, a giudizio dell'interrogante, evidenziano una gravissima violazione dell'ordine pubblico;
   quanto emerso dalla trasmissione Report pare si inserisca in un contesto criminale ormai consolidato nell'amministrazione del comune di Verona. Infatti, già nei mesi scorsi, la stampa locale denunciava innumerevoli condotte illecite, poste in essere da dirigenti e politici dell'amministrazione locale veronese;
   in particolare dalla stampa locale (Corriere di Verona, L'Arena, Il fatto quotidiano) risulta che nel comune di Verona si sarebbero verificati, in modo frequente e consolidato, molteplici episodi di infiltrazioni legate alla ’ndrangheta da ricollegarsi alla società Soveco Spa;
   nel 2012, questa impresa dichiara ricavi per 25,6 milioni di euro e un utile di euro 706 mila. I soci sono Francesco Urtoler e Sabina Colturato, ex moglie – separata e mai divorziata – di Antonino Papalia, pluripregiudicato e dipendente della società in questione. Nell'89, l'uomo viene arrestato perché in possesso di armi e i giornali titolano: «Bombe mafiose made in Verona». Accusato anche di associazione per delinquere, Papalia finisce di scontare gli arresti domiciliari nell'aprile 2004. Questo non è il solo reato di cui è stato accusato: c’è anche una denuncia per produzione e spaccio di sostanze stupefacenti e un'altra per la «divulgazione di materiale pornografico realizzato mediante l'utilizzo dei minori di anni diciotto»;
   per la costruzione del filobus, la Soveco è l'unica ditta a non aver ancora presentato il certificato antimafia all'azienda municipalizzata trasporti di Verona. La Zenith Retail del calabro-veronese cede le quote a Zenith Investissement, con sede nel paradiso fiscale del Lussemburgo, ma per gli inquirenti sarebbe sempre lui a gestire gli affari;
   se nella Soveco veronese c’è l'ex moglie, Sabina Colturato, in altre società Papalia inserisce la compagna romena, Alina Cseh;
   risulta che la società Soveco abbia eseguito e ottenuto l'esecuzione di appalti sulla città di Verona per un totale di un miliardo di euro circa. I lavori in cui è coinvolta suddetta società sono opere pubbliche strutturali di primaria rilevanza economica per il comune di Verona: dal traforo delle Torricelle – un appalto che vale un miliardo di euro – al filobus, da vari parcheggi comunali al ponte di San Francesco. La Soveco spa, peraltro, è riuscita anche nell'intento di intervenire nella ristrutturazione dell'ospedale di Peschiera del Garda;
   a tale quadro si aggiungono, inoltre, le gravi mancanze di correttezza e legalità in altri settori della amministrazione in questione. Sia nelle società municipalizzate del comune di Verona nonché all'interno dello stesso, numerosi sono stati gli episodi di assunzione dei parenti e conoscenti. In relazione a tale prassi, nel mese di marzo sono stati rinviati a giudizio i vertici di 9 aziende partecipate del comune di Verona e due componenti del Cda di Amt: assunzioni e incarichi affidati a sorelle o mogli di politici, a figli di consiglieri o di sindacalisti;
   il 24 marzo 2014 si è svolta la prima udienza per il processo Tartaglia-Agec. Anche in questo caso, 7 i dirigenti imputati per una turbativa d'asta da 28 milioni di euro. Supposti favori concessi agli «amici», accuse di «peculato, corruzione, abuso d'ufficio, falsità in atti, e turbata libertà in procedure d'appalto» (Corriere di Verona, 26 ottobre 2013, pagina 2) per gli appalti banditi dall'azienda comunale Agec, azienda gestione edifici comunali;
   infine, si ricordano le recenti dimissioni del vicesindaco Vito Giacino, il quale è indagato per corruzione nelle pratiche e nei permessi edilizi, che potrebbero essere collegati con l'affidamento dei lavori alle ditte in odor di ’ndrangheta. E con lui, nei guai è finita la moglie Alessandra Lodi, avvocato, «per una casa di proprietà della medesima e ristrutturata dalla Soveco Spa» e «i permessi che imboccavano una via preferenziale e altri che rimanevano ad accumulare polvere negli uffici del Comune», in quanto «le imprese interessate a lavorare nel settore urbanistico ed edilizio dovevano affidare le consulenze all'avv. Lodi, altrimenti la pratica si impantanava negli uffici comunali Verona». (30 ottobre 2013 Corriere di Verona, pagina 2);
   notizie di stampa riferiscono che anche all'interno dell'ente fiera di Verona gli inquirenti abbiano riscontrato presenti delle anomalie tali per cui il gip Rita Caccamo ha sentito i vertici della società: Ettore Riello (presidente), Gianni Mantovani (Direttore generale) e Diego Valsecchi (direttore del personale);
   a giudizio dell'interrogante, gli episodi illeciti appena descritti, nonché l'assetto di intrecci politico-imprenditoriali tra l'amministrazione «Tosiana» e personaggi che graviterebbero vicino alle cosche calabresi, costituiscono elementi determinanti per stabilire il collegamento, ma soprattutto il condizionamento che l'amministrazione scaligera potrebbe subire da personaggi della ’ndrangheta. Ciò, soprattutto, a partire dal 2012, proprio per effetto delle «sovvenzioni» elettorali che dovrebbero essere state elargite a favore di Tosi e dei suoi assessori dalle cosche o dagli imprenditori ad esse vicine;
   le vicende giudiziarie esposte rappresentano fatti gravissimi che potrebbero aver contribuito a diffondere e radicare una situazione di illegalità diffusa con il coinvolgimento massiccio dei politici eletti nelle dinamiche dell'associazione a delinquere di stampo mafioso o similare. Peraltro, in suddette dinamiche sarebbero coinvolti anche dirigenti e funzionari, alcuni di nomina clientelare o comunque di nomina diretta da parte del sindaco;
   in merito a quanto esposto si evidenzia che, l'aspetto qualificante delle autonomie, ovvero la rappresentatività degli organi di amministrazione, è stato, dalla Corte Costituzionale, ritenuto «cedevole» rispetto alla necessità di assicurare lo svolgimento della vita delle comunità locali, secondo i principi del buon andamento e della trasparenza sanciti dall'articolo 97 della Costituzione;
   l'esercizio di quel potere straordinario di commissariamento, ex articolo 143, comma 1, Tuel, è previsto, come legittimo, nella ricorrenza di talune situazioni tra loro alternative: collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata. Le nozioni di «collegamento» e «condizionamento» non sono state tipizzate, al fine di poter configurare ipotesi di infiltrazione, anche laddove non sia stato posto in essere un comportamento penalmente rilevante;
   il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5948 del 2006, ha ritenuto sufficiente l'esistenza di un ambiente di intimidazione, senza chiedere che gli amministratori appartengano all'associazione mafiosa o siano vicini ad ambienti mafiosi. In particolare, la giurisprudenza amministrativa ha individuato alcuni indici sintomatici della presenza di inquinamento mafioso quali, tra gli altri, l'esistenza di rapporti di parentela degli amministratori con soggetti sicuramente mafiosi; la costante frequentazione di pregiudicati; l'esistenza di precedenti penali per gravi fatti di corruzione in capo ad un assessore; la carenza di controlli e trasparenza;
   al riguardo, la norma distingue le ipotesi di: a) manipolazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi; b) compromissione del buon andamento e dell'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali; c) anomalo funzionamento dei servizi affidati agli enti locali. L'interpretazione della norma considera alternative tra loro le tre ipotesi, potendosi ben verificare il caso che, a causa di infiltrazioni mafiose, sia leso il corretto funzionamento degli enti locali senza che si possa accertare la coesistenza delle tre condizioni;
   alla luce di quanto esposto, i fatti e le circostanze emersi sembrerebbero idonei a suffragare l'esistenza di una contiguità tra criminalità organizzata e amministratori in carica. In proposito va evidenziato che non è tuttavia necessario raggiungere la pienezza del riscontro probatorio, essendo sufficiente l'acquisizione di elementi con un grado di significatività inferiore alle prove processuali necessarie per l'applicazione di sanzioni penali o di misure di sicurezza personali;
   la sussistenza di rapporti di parentela e frequentazione tra esponenti della criminalità ed amministratori pubblici, può in concreto essere «di per sé non sufficiente per desumere un condizionamento da parte della criminalità organizzata, purché si tratti di comunità nelle quali il vincolo di parentela, così come l'occasione di incontri, costituisce la normalità». Invece, nel caso che ci occupa, il condizionamento e collegamento risulterebbe ancora più grave e compromettente, in quanto Verona non è geograficamente identificabile quale città natale delle cosche mafiose o similari. Pertanto, le condotte del sindaco, nonché dei molti esponenti politici in carica e non, divengono significative in quanto «i predetti rapporti, anche di parentela, assumono il carattere della molteplicità e si traducono, in più circostanze, in aggiudicazione di appalti e forniture. Appalti che sarebbero stati affidati sia a soggetti collegati ai destinatari dei provvedimenti interdittivi, ai sensi della normativa antimafia, sia a soggetti gravati da condanne o precedenti di polizia per reati attinenti alle organizzazioni mafiose» (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 6657 del 28 ottobre 2009);
   la gestione della «cosa pubblica» da parte dei politici e dirigenti del comune di Verona presenta contorni criptici e nebulosi, per usare un eufemismo. L'espletamento del mandato politico risulterebbe caratterizzato da poca trasparenza negli appalti in genere e, in particolare, nel settore delle opere pubbliche e delle forniture di servizi, nonché nella concessione di autorizzazioni edilizie a privati. Il quadro pare estremamente grave. Infatti, da un lato, i supposti collegamenti tra il sindaco e i politici di primo piano con personaggi legati alle cosche, è presupposto indefettibile per legittimare de facto il potere di tali organizzazioni criminali. Sotto altro profilo, invece, la supposta ingerenza delle cosche mafiose negli appalti per i pubblici servizi non fa altro che rafforzare l'immagine e il potere delle suddette organizzazioni criminali agli occhi del popolo –:
   se non ritenga che questi fatti possano essere considerati gravi e persistenti violazioni di legge ai sensi della lettera a) del comma 1 dell'articolo 141, Tuel, e quindi vi siano i presupposti per lo scioglimento del comune di Verona ai sensi degli articoli 141 comma 1 e 142 ovvero dell'articolo 143. (4-04752)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TARICCO, BRUNO BOSSIO, LENZI, ZARDINI, BARGERO, GIULIETTI, AMODDIO, CARRESCIA, VENTRICELLI, VENITTELLI, OLIVERIO, TARTAGLIONE e MIOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso:
   negli ultimi anni, i posti per entrare alle facoltà di medicina italiane sono aumentati: nel 2007 erano 7.300, nel 2013 10.700. A questo incremento non è, però, corrisposto un adeguato numero di posti ai corsi di specializzazione;
   per i giovani laureati i contratti di specializzazione per le professioni mediche e sanitarie costituiscono la porta di accesso qualificante al mercato del lavoro nella sanità pubblica e privata e oggi un giovane laureato non specializzato non ha praticamente alcuna possibilità di inserirsi proficuamente nel mondo del lavoro per il quale si è formato in sei anni;
   in particolare, nell'anno 2014, gli aspiranti specializzandi o corsisti del corso specifico in medicina generale saranno circa 7500-8000, mentre, sommando il numero di nuovi contratti di specializzazione consentiti dalla la Legge di stabilità (3200-3700) al numero di posti nel corso specifico di medicina generale (circa 900) e ai contratti regionali di formazione specialistica (circa 500), si arriva ad un ammontare complessivo di 4600-5100 posti di formazione post-laurea;
   se i numeri fra laureati in medicina e i posti per la formazione post-laurea non vengono tenuti costantemente allineati, nel 2015 concorreranno per scuole di specializzazione mediche e per il corso specifico in medicina generale le migliaia di medici che non accederanno, nel prossimo anno accademico al sistema della formazione medica post-laurea, in aggiunta agli oltre 8000 laureati previsti per l'anno 2014;
   l'ulteriore stanziamento di 50 milioni di euro a partire dal 2015, contenuto nella legge di stabilità 2014, pur essendo uno stanziamento che va nella giusta direzione fornisce comunque una risposta inadeguata alle gravi criticità della formazione specialistica medica;
   conseguentemente migliaia di medici rischiano di rimanere fuori dal sistema formativo e conseguentemente di essere costretti ad un ruolo professionale marginale nel nostro Paese, magari in attesa di un posto di specializzazione in un sistema in cui la competizione appare destinata ad aggravarsi, oppure ad emigrare all'estero per completare la propria formazione –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario reperire con urgenza nelle prossime settimane le risorse necessarie per finanziare nuovi contratti nell'anno 2014, anche attraverso il ricorso a fondi europei strutturali e non;
   se non ritenga utile per il futuro assumere iniziative per ridurre la differenza tra numero di iscritti al corso di laurea in medicina e chirurgia, e il numero di contratti disponibili per le scuole di specializzazione, proporzionando le risorse alla previsione di effettiva necessità, affinché chi si iscrive a medicina sappia di poter contare sulla possibilità di frequentare successivamente la scuola di specializzazione. (5-02748)


   VACCA e TOFALO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   dai mezzi di stampa si è appreso del caso scoppiato nei confronti di alcuni docenti del liceo classico statale Giulio Cesare di Roma riguardo l'utilizzo, a scopo didattico, del libro di Melania Mazzucco «Sei come sei»;
   alcune organizzazioni giovanili, tra i quali «Lotta Studentesca», hanno contestato l'uso di tale testo con l'uso di fumogeni e anche attraverso uno striscione, nei pressi dell'ingresso del liceo, con la scritta «Maschi selvatici, non checche isteriche»;
   da ciò che si apprende dai media le associazioni «Giuristi per la vita» e «Pro Vita onlus» si sono rivolte alla procura di Roma per segnalare la lettura in classe al liceo Giulio Cesare di «Sei come sei», in quanto, a loro avviso, non idoneo all'uso didattico;
   le critiche delle associazioni giovanili e delle onlus all'uso del testo di Melania Mazzucco «Sei come sei» sono di carattere ideologico e non didattico;
   l'articolo 33 della Costituzione italiana sancisce che il principio fondamentale, che ispira tutta la disciplina costituzionale della scuola, è quello della libertà d'insegnamento;
   la legislazione italiana difende la libertà di insegnamento dei docenti affermando che «ai docenti è garantita la libertà di insegnamento come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente. L'esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni»;
   al principio sopra enunciato va correlato quanto prescritto nel decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999 – Regolamento dell'autonomia scolastica – in quanto stabilisce che l'autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento –:
   quali iniziative intenda avviare il Ministero per garantire la libertà di insegnamento dei docenti e per tutelare l'autonomia delle istituzioni scolastiche nell'esercizio delle proprie funzioni, anche in relazioni all'episodio del liceo classico statale Giulio Cesare di Roma;
   quali iniziative intenda avviare il Ministero, per quanto di competenza, per tutelare l'attività didattica da strumentalizzazioni di carattere ideologico.
(5-02750)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOGNATO e MARTELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 marzo 2014 è stato sottoscritto un verbale d'accordo tra il Ministero del lavoro, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL UIL nonché delle organizzazioni di categoria Filcams-CGIL, Fisascat-CISL, Uiltrasporti-UIL, i rappresentanti dei consorzi e delle aziende appaltatrici dei servizi di pulizia scolastica secondo quanto stabilito dall'appalto CONSIP entrato in vigore il 1o gennaio 2014;
   che scopo dell'incontro del 28 marzo era «avviare alla definitiva soluzione la problematica occupazionale conseguente alle riduzioni degli affidamenti derivanti dalle espletate gare Consip e riguardante i lavoratori e le lavoratrici (...) addetti allo svolgimento dei servizi di pulizia nelle scuole»;
   detto verbale prevede «nell'ambito del più ampio programma per l'edilizia scolastica facente capo alla Presidenza del Consiglio» l'utilizzo di «risorse complessive pari a 450 milioni di euro, a decorrere dal 1o luglio 2014 e sino al 30 marzo 2016» per lo svolgimento, da parte del personale adibito alle pulizie nelle scuole, di «ulteriori attività consistenti in interventi di ripristino del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti ad edifici scolastici»;
   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si impegna altresì a garantire per il periodo 1o marzo 2014 – 30 giugno 2014 i necessari strumenti di ammortizzazione sociale in deroga per un importo complessivo di 60 milioni di euro;
   pertanto le risorse rese disponibili dai Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell'istruzione, dell'università e della ricerca ottemperano alla giusta necessità di garantire i livelli retributivi delle lavoratrici e dei lavoratori, ma nei fatti sono indirizzate a coprire lavori diversi dall'attività di pulizia (come si evince dall'allegato tecnico al verbale di accordo); 
   pertanto il servizio di pulizia scolastica rischia di essere nuovamente compromesso per mancanza di risorse, esaurite le cosiddette «extrarisorse» stabilite dal Parlamento con la legge di stabilità per l'anno 2014 e definite da ogni singola istituzione scolastica con i relativi atti aggiuntivi –:
   per quale motivo non si sia ritenuto opportuno destinare parte delle risorse recuperate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (450 milioni di euro nel periodo 1 luglio 2014 – 30 marzo 2016) anche al servizio di pulizia scolastica, visto il perdurare della situazione di criticità dello stesso servizio nei singoli plessi scolastici. (4-04733)


   NASTRI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la situazione attuale a livello nazionale del personale scolastico con contratti di lavoro a tempo determinato prosegue da troppi anni, determinando, a giudizio dell'interrogante, effetti negativi e penalizzanti nel tessuto socioeconomico del Paese, sia con riferimento alla qualità dell'offerta formativa, che nel garantire un'adeguata stabilità e continuità nell'erogazione del servizio scolastico ed educativo;
   nell'ambito delle articolate problematiche relative alle forme di precariato del corpo scolastico, l'interrogante segnala un rilevante numero di docenti, pari a circa 75 mila in tutto il Paese, impegnati nel percorso di abilitazione speciale - PAS, nei confronti dei quali, si paventa il rischio di determinare una serie di conflitti nell'ambito della scelta di attribuire trattamenti differenti per coloro che hanno acquisito l'abilitazione all'insegnamento mediante il tirocinio formativo attivo – TFA e quelli che invece la stanno acquisendo mediante il suindicato percorso di abilitazione speciale – PAS;
   l'interrogante evidenzia che, sebbene l'obiettivo di entrambe le categorie, sia il medesimo, ovvero il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento, il cui titolo riconosciuto dai due percorsi dovrebbe avere il medesimo valore, in quanto discipline trattate e crediti formativi sono i medesimi, le uniche differenze sono nell'assenza di una prova selettiva e del tirocinio per i PAS, agevolazioni rese possibili dall'anzianità di servizio minimo di tre anni dei docenti ai quali è riservato il corso;
   l'interrogante rileva, altresì, come occorra ricordare cronologicamente l'evolversi degli avvenimenti, in considerazione del fatto che attualmente i docenti, i quali si stanno abilitando con i PAS, si sono imbattuti in una decisione che si è rivelata a loro parere, un'insidia;
   il Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca pro-tempore Francesco Profumo, in accordo con le linee programmatiche del precedente Ministro Mariastella Gelmini, emanò nel 2011, il decreto attuativo dei tironcinio formativo attivo e contestualmente sostenne pubblicamente dell'imminente attivazione dei PAS per i docenti con più anni di servizio;
   tali percorsi non prevedevano la prova selettiva iniziale disciplinata dal decreto ministeriale n. 81 del 25 marzo 2013 e il tirocinio finale, proprio in virtù dell'esperienza maturata nel corso degli anni;
   risulta a tal fine interessante rilevare che, secondo la normativa europea 2005/36/CE, l'esperienza professionale intesa quale esercizio effettivo e 4 legittimo della professione della durata di tre anni, è assimilata ad un titolo di formazione e che inoltre anche la direttiva n. 70/99/CE, da sempre invocata per la stabilizzazione, attribuisce precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato a chi abbia prestato nella stessa azienda attività lavorative per un periodo superiore a sei mesi;
   l'interrogante evidenzia pertanto l'esigenza, in considerazione dei rilievi critici in precedenza riportati, di un intervento legislativo volto a rivedere le scelte attualmente operate, al fine di garantire un'assoluta equità nella valutazione del merito e servizio dei due percorsi, previsti per il tirocinio formativo attivo – TFA e per l'abilitazione speciale – PAS –:
   se, in considerazione di quanto esposto in premessa, non ritenga opportuno assumere iniziative volte ad un ripensamento delle decisioni assunte, attraverso un intervento normativo ad hoc, finalizzato a migliorare, i livelli d'imparzialità nella valutazione dei suesposti percorsi di tirocinio formativo attivo e di abilitazione speciale (PAS);
   se non ritenga infine necessario avviare, in tempi rapidi, un tavolo di concertazione con i rappresentanti dei docenti coinvolti nel percorso di abilitazione speciale, al fine di addivenire ad una soluzione condivisa ed evitare il rischio di eventuali conflitti nell'ambito della stessa categoria. (4-04735)


   LA RUSSA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la normativa in materia di formazione delle classi nella scuola primaria, di cui al decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 331, e al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, prevede che «Le sezioni della scuola primaria sono costituite con un numero minimo di 15 e un massimo di 26 alunni, salvi i casi di presenza di alunni disabili. Eventuali iscritti in eccedenza dovranno essere ridistribuiti tra le diverse sezioni della stessa scuola, senza superare il numero di 27 alunni per sezione», e che «Il dirigente scolastico organizza le classi iniziali di ciclo delle scuole con riferimento al numero complessivo degli iscritti e assegna ad esse gli alunni secondo le diverse scelte effettuate, sulla base del piano dell'offerta formativa. Il numero minimo e massimo di alunni costitutivo delle classi può essere incrementato o ridotto del 10 per cento, nel rispetto di quanto previsto ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81. Il numero degli alunni nelle classi iniziali che accolgono alunni diversamente abili non può superare il limite di 20, purché sia motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili»;
   alla scuola primaria statale «Don Milani», sita nel comune di Villa Guardia, in provincia di Como, per l'anno scolastico 2014-2015 risultano iscritti alla classe prima un totale di 82 bambini, tra i quali un disabile, cinque anticipatari e sette stranieri;
   la stampa locale ha riportato la notizia che, a fronte delle richieste dei genitori circa la costituzione di una quarta sezione, come previsto dalla vigente normativa in materia di numero di alunni per classe scolastica, il dirigente scolastico si sarebbe rimesso alle valutazioni del Ministero dell'istruzione perché ad oggi non potrebbe assicurare la presenza del personale necessario;
   la mancata costituzione delle quarta sezione comporterebbe la formazione di tre sole classi costituite due da 27 bambini e una da 28, con la presenza di un alunno con disabilità, e la certezza che non potrà essere attivata la cosiddetta settimana lunga per i genitori che ne faranno richiesta –:
   se non ritenga di adottare le iniziative necessarie per garantire all'istituto scolastico di cui in premessa la dotazione di personale adeguata a provvedere alla costituzione della quarta sezione, così come previsto dalla normativa vigente in materia di formazione delle classi scolastiche. (4-04737)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   alcuni organi di informazione hanno riportato l'esistenza di residenze occupate da alcuni nuclei familiari sul tetto dello stabile del Ministero in questione;
   tale situazione, che se non chiarita potrebbe essere interpretata come un privilegio, merita certamente un puntuale approfondimento, sia in relazione all'esistenza di alloggi sul lastrico solare di un edificio storico, sia alle motivazioni che hanno portato ad autorizzare a risiedere in quei luoghi;
    non è noto come tali all'alloggi siano stati realizzati, da chi siano stati autorizzati, quando e con quale criterio tali alloggi siano stati assegnati –:
   chi abbia autorizzato persone a risiedere in abitazioni sul tetto del Ministero, quando siano stati autorizzati, da chi e con quale criterio siano stati scelti questi «residenti», per quanto tempo siano stati autorizzati e se siano state effettuate, quindi autorizzate, opere edilizie per sistemare tali abitazioni. (4-04748)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   COSTANTINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Fondazione Arts Academy, che gestisce l'Orchestra sinfonica di Roma, ha inviato nei giorni scorsi le lettere di licenziamento a tutti i dipendenti: 74 persone, tra orchestrali e amministrativi;
   la Fondazione avrebbe preso la decisione a causa di una «drastica riduzione dei contributi dell'unico soggetto finanziatore», dettata dall'assenza di «altre risorse». Per questo la Arts academy non avrebbe più risorse per proseguire l'attività artistica dell'Orchestra sinfonica di Roma;
   l'Orchestra sinfonica di Roma suona abitualmente in posti prestigiosi della città, come l'Auditorium della Conciliazione, e rappresenta un'eccellenza culturale e musicale riconosciuta anche all'estero –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per scongiurare la perdita dei posti di lavoro dei 74 lavoratori e la fine di un'esperienza fondamentale per la Capitale. (3-00812)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   L'ABBATE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 81 del 2008 disciplina la sorveglianza sanitaria a cui devono sottoporsi i lavoratori di ogni settore e categoria, che comprende anche la visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al fine di valutare l'idoneità del lavoratore alla mansione specifica;
   secondo quanto stabilito dal citato decreto, come modificato dal successivo decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106, gli operai stagionali in agricoltura devono sottoporsi a visite mediche annuali, o con diversa periodicità, eventualmente stabilita dal «medico competente», ogni qualvolta vengono assunti da una nuova azienda, anche nel corso dello stesso anno e pur svolgendo le medesime mansioni che erano soliti compiere nelle aziende agricole precendenti;
   in data 27 marzo 2013, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a titolo di semplificazione in materia di sorveglianza sanitaria, ha decretato che, nei confronti dei lavoratori stagionali che svolgono un numero di giornate lavorative non superiori a cinquanta all'anno, limitatamente a lavorazioni generiche e semplici non richiedenti specifici requisiti professionali (ad eccezione di quelle che comportano esposizione a rischi specifici), gli adempimenti in materia di controlli sanitari si considerano assolti, senza aggravio di costi per il lavoratore, mediante visita medica preventiva di validità biennale;
   tale visita medica preventiva consentirebbe al lavoratore autonomo, senza la necessità di ulteriori accertamenti medici, di prestare la propria attività di carattere stagionale, nel limite di cinquanta giornate all'anno anche presso diverse imprese agricole;
   dalla lettura dell'articolo 2 del suddetto decreto di semplificazione in materia di sorveglianza sanitaria non si evince, tuttavia, quali sarebbero le lavorazioni agricole che comportano l'esposizione a rischi specifici escluse dalla semplificazione, posto che la maggior parte delle lavorazioni dell'operaio agricolo prevedono, movimentazione manuale dei carichi, esposizione a condizioni climatiche estreme, rischio biologico, rischio chimico, e altro; potrebbero essere potenzialmente considerate a rischio specifico –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover chiarire, con riferimento all'articolo 2 del decreto ministeriale di cui in premessa, cosa si intenda per lavorazioni che comportano esposizione a rischi specifici, elencando, in maniera puntuale, le ipotesi di situazione di rischio specifico.
(5-02747)


   ROSTELLATO e BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 maggio 2014 l'interrogante riceve nota dal suindicato Ministro del lavoro e delle politiche sociali riguardo l'attuazione data agli ordini del giorno accolti nella seduta dell'Assemblea del 25 luglio 2013, Baldassarre ed altri n. 9/1248-AR/13 e Rostellato ed altri n. 9/1248-AR/14 i quali impegnavano il Governo a porre in essere nell'immediato e comunque entro e non oltre il 31 dicembre 2013 ogni atto necessario a rendere effettiva l'operatività del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP) rendendo attuative le disposizioni abrogative connesse agli obblighi di annotazione del registro infortuni con relativa rimozione di ogni onere sanzionatorio a carico delle aziende inadempienti entro e non oltre il 1o gennaio 2014;
   in tale documento si rileva che «nonostante gli sforzi di questo Governo, non è stato possibile rispettare tale termine, sia per la complessità dell’iter di approvazione sia per l'elevato numero di soggetti coinvolti in tale iter»;
   al fine dell'approvazione definitiva degli ordini del giorno espressi in premessa, infatti, rileva la mancanza di un ultimo e definitivo passaggio relativo all'acquisizione del parere positivo del garante per la protezione dei dati –:
   se in Ministro interrogato abbia conoscenza delle tempistiche necessarie o perlomeno se possa ipotizzare entro quale data si potrà avere il parere del Garante dei dati personali ai fini della definitiva approvazione del provvedimento;
   se il Ministro non intenda assumere iniziative al fine di accelerare l'iter, in modo da poter rendere operative le disposizioni concernenti l'abrogazione delle disposizioni connesse alla tenuta del registro infortuni entro e non oltre il 1o gennaio 2015. (5-02751)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Antonio Merloni spa si trova in amministrazione straordinaria e i dipendenti (circa 1400) delle sedi di Fabriano e Nocera Umbra si trovano in cassa integrazione guadagni;
   recentemente la corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza di annullamento della cessione aziendale dello stabilimento alla J&P Industries spa a suo tempo compiuta dai commissari straordinari;
   il 12 maggio 2014 verrà a scadenza il trattamento di cassa integrazione guadagni di cui godono i circa 1400 dipendenti della ex Antonio Merloni, cosicché gli stessi, in assenza di un intervento statale, corrono il serio rischio di rimanere privi di qualsiasi forma di sostegno e di reddito per i mesi a seguire –:
   se i Ministri interrogati, ciascuno per le proprie competenze, intendano assumere iniziative a favore dei lavoratori non assunti della ex Antonio Merloni – urgenti misure di sostegno al reddito ovvero la proroga del trattamento di cassa integrazione in vista della sua imminente scadenza anche in considerazione della gravità della situazione oggetto di esame dell'autorità giudiziaria. (4-04736)


   MIOTTO, NACCARATO e NARDUOLO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Aspiag Service srl, concessionario dei marchi DESPAR, EUROSPAR ed INTERSPAR per l'area del Nord-est è fra le aziende leader della GDO (grande distribuzione organizzata) con centinaia di filiali ed associati ed oltre 6.000 collaboratori;
   nella sede di Mestrino (PD) gestisce un magazzino per lo smistamento di alimentari come pasta e scatolame attraverso la cooperativa Mestieri & Mestieri di Udine che però ha deciso di lasciare con il primo maggio 2014 l'appalto prima della scadenza prevista per giugno. È subentrata la coop. MG del Consorzio Sistema di Molina di Malo (VI) che però avrebbe offerto condizioni di lavoro inadeguate e peggiorative rispetto alla condizione preesistente, come denunciano i lavoratori ed i rappresentanti sindacali;
   in particolare preoccupano le modalità annunciate dalla cooperativa subentrante per procedere alle assunzioni di un numero limitato scelto fra gli attuali occupati che sono circa 120 persone, prevalentemente immigrati e giovani di età;
   pur avendo dimostrato grande disponibilità al dialogo ed al confronto per evitare un rilevante numero di licenziamenti in una fase così critica per il mercato del lavoro padovano e nonostante l'apertura di un tavolo di confronto presso la prefettura di Padova non si intravede una possibile positiva soluzione alla vertenza che si è aperta a Mestrino presso la società Aspiag;
   i lavoratori con il sostegno delle rappresentanze sindacali hanno deciso nei giorni scorsi di organizzare un presidio davanti l'azienda per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica e indurre l'azienda ad individuare soluzioni adeguate con la cooperativa subentrante, per salvaguardare i posti di lavoro;
   il blocco degli ingressi produce peraltro disagi notevoli perché non vengono garantite le consegne ai negozi per rimpiazzare le scorte, disagi per i quali i lavoratori sono fortemente rammaricati e che vorrebbero ridurre al minimo, ma la chiusura di ogni trattativa seria ed il sospetto che ai fini della assunzione nella cooperativa subentrante si intenda selezionare i lavoratori non iscritti al sindacato, costringe i lavoratori a scelte dolorose ed onerose che vanno comprese ed inducono le istituzioni ad attivarsi per auspicare un positivo confronto fra le parti, rifiutando ogni atteggiamento discriminatorio –:
   se sia a conoscenza dei fatti descritti che per il semplice cambio di appalto hanno prodotto licenziamenti nonostante l'attività abbia continuità ed anzi si possa prefigurare il ricorso a nuove assunzioni in coincidenza con l'avvio della stagione turistica;
   se non ritenga di avviare le opportune iniziative per favorire nel dialogo fra le parti un confronto di merito per salvaguardare i posti di lavoro. (4-04740)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAON. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   da notizie stampa si apprende che nell'isola di Lampedusa il centro di primo soccorso e accoglienza (C.P.S.A.) di contrada Imbriacola stia per essere ripristinato e ampliato;
   il Ministro dell'interno aveva già annunciato, in risposta ad una interrogazione, che a novembre 2013 erano stati avviati a Lampedusa i lavori di ristrutturazione del Centro che «consentiranno di ampliare la capienza fino a più di 350 posti, riducendo la possibilità che si verifichino situazioni di sovraffollamento della struttura». Il completamento dei lavori sarebbe dovuto avvenire entro la primavera del 2014;
   per i lavori di ampliamento e potenziamento infrastrutturale del CPSA sembra che si procederà ad espropri dei terreni confinanti con la struttura. Oltre alla ricostruzione dei padiglioni si dovranno realizzare delle opere quali canali, briglie e vasche per il deflusso e recapito nel vallone Imbriacola delle acque meteoriche, previste nel progetto di ripristino dell'agibilità del Centro;
   le aree interessate sarebbero in buona parte di agricoltori che da anni coltivano i propri terreni e che già in passato si sono visti espropriare terreni senza aver ricevuto nessun indennizzo da parte dello Stato;
   le opere di ripristino del Centro incidono, tra l'altro, in un'area soggetta a vincolo paesaggistico, idrogeologico e ambientale e sono state finanziate dall'Unione europea grazie al PON sicurezza per lo sviluppo – Obiettivo convergenza 2007-2013 per un importo di 3.700.000 euro, di cui 3.500 euro destinati agli interventi di esproprio, però solo 2.284 euro andranno alle tre famiglie proprietarie dei 3.345 metri quadrati di terreni agricoli che passeranno allo Stato;
   per eseguire i lavori di ampliamento del CPSA saranno occupati transitoriamente altri terreni destinati alla coltivazione di ortaggi per una superficie di 4.104 metri quadrati;
   sembra che nessun sopralluogo sui fondi interessati sia stato mai effettuato. La parte dei terreni che si vorrebbero ulteriormente espropriare e occupare andranno a frazionare irrazionalmente e inutilmente la proprietà dei fondi, ciò presumibilmente al fine di ridurre l'indennizzo da corrispondere, lasciando ai legittimi proprietari parte dei loro terreni che però di fatto saranno inutilizzabili oltre che sicuramente inaccessibili e non più idonei alle finalità agricole né ad altre attività;
   siamo purtroppo arrivati al punto in cui lo Stato, debole di fronte a questa vera e propria invasione, espropria i terreni ai nostri agricoltori, vera risorsa del Paese, per «cederlo» ai clandestini –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e se qualora le notizie siano confermate, cosa intenda fare, per quanto di sua competenza, affinché sia riconosciuto un giusto risarcimento ai nostri coltivatori per la perdita della proprietà del terreno che verrà irreversibilmente trasformato e non sarà più idoneo alle sue naturali finalità agricole in quanto cementificato e deturpato. (5-02749)

Interrogazione a risposta scritta:


   L'ABBATE, GAGNARLI, MASSIMILIANO BERNINI, PARENTELA, BENEDETTI e GALLINELLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la presenza di fitofarmaci si riscontra in circa la metà della frutta e della verdura coltivate nel nostro Paese; tuttavia tale presenza, se contenuta entro soglie accettabili di limite massimo (di residuo – LMR) ed assunzione giornaliera accettabile (ADI), è considerata tollerabile ed assumibile;
   l'elenco relativo alle sostanze attive, le molecole del fitofarmaco che esplicano l'azione desiderata, di cui all'allegato I della direttiva 91/414/CEE è costantemente aggiornato dalla Commissione europea che, nel corso del tempo, ha depennato alcune molecole ritenute pericolose per la salute umana e per l'ambiente. Attualmente su 1.000 princìpi attivi disponibili, l'agricoltura italiana dispone di appena circa 350 sostanze attive per la lotta fitopatologica;
   i limiti massimi di residui (LMR), espressi in milligrammi di sostanza attiva per chilogrammo di prodotto vegetale o animale, stabiliti dall'Unione europea per ciascuna combinazione sostanza attiva/prodotto, sono fissati e valutati in modo tale da non costituire un rischio per la salute del consumatore; il corretto impiego dei prodotti fitosanitari secondo le modalità riportate nelle etichette autorizzate, assicura il rispetto di tali limiti;
   il regolamento (CE) n. 396/2005 e successive modificazioni e integrazioni, pienamente applicabile dal settembre 2008, abroga la legislazione frammentaria precedente e sostituisce tutti gli LMR nazionali con LMR armonizzati a livello di Unione europea per tutti i prodotti alimentari. In precedenza ogni Stato membro applicava i propri LMR per le sostanze attive non ancora regolamentate dalla legislazione dell'Unione europea. Nel quadro del mercato unico, la mancanza di armonizzazione delle norme sugli alimenti aveva creato numerosi disturbi al commercio ed incertezza legale;
   dalle segnalazioni di diversi agricoltori operanti nella Terra di Bari – ancorché il problema risulti interessare tutto il territorio nazionale – si apprende che le coltivazioni di erbe aromatiche destinate alla vendita in vaschette nella grande distribuzione organizzata, a seguito di analisi di laboratorio, presentano residui di principi attivi, tra i quali «pendimetalin» (erbicida selettivo ad azione sistemica che controlla diverse malerbe annuali inibendone la germinazione dei semi e lo sviluppo dei germinelli), «propizamide» (erbicida selettivo che esplica la sua azione per assorbimento radicale distruggendo le malerbe nella prima fase del loro sviluppo) e «propamocarb» (fungicida sistemico appartenente alla classe chimica degli azotorganicicarbammati, impiegato contro fitomiceti che attaccano le colture alle radici, al colletto e alla parte aerea di ortaggi e piante ornamentali), il cui utilizzo non e consentito in Italia sulle stesse erbe aromatiche;
   i residui riscontrati nei campioni analizzati, pur rientrando nei limiti quantitativi previsti dal regolamento (CE) n. 396/2005 e successive modificazioni e integrazioni, appartengono a princìpi attivi non autorizzati in Italia sulle erbe fresche; mentre il loro impiego, sempre in Italia, è ammesso su colture biologicamente e fisiologicamente molto simili alle erbe fresche, quali le insalate (lattughe, scarole, e altro) ed alcune altre verdure consumate crude, quindi su di esse può essere riscontrato, purché al di sotto dei valori di LMR, senza provocare contestazioni legali di alcun tipo;
   è plausibile che alcuni fitofarmaci che contengono i suddetti principi attivi, utilizzati su altre colture della zona, potrebbero essere stati portati nei campi a causa di abbondanti piogge, o per «effetto deriva» trasportati dal vento; le colture di erbe fresche, così inquinate, risultano non vendibili, causando notevoli perdite economiche ai coltivatori e penalizzano un contesto già fortemente provato come l'agricoltura;
   il censimento dell'agricoltura del 2010 permette di quantificare in poco meno di 3.000 le aziende agricole a vario titolo interessate alla coltivazione di «Piante aromatiche, medicinali e da condimento», tra cui rientrano le erbe fresche, per una superficie investita di circa 7.000 ettari. Questo tipo di aziende, secondo stime effettuate dalla Federazione italiana produttori piante officinali, è localizzata prevalentemente in aree storiche di produzione, come la pianura padana, fra il cuneese e il torinese (Moretta, Pancalieri, Savigliano), in alcune aree del Veneto, nelle Marche (Macerata, Ascoli) ed in alcune zone fra la Puglia e la Basilicata, ed in Sicilia;
   gli agricoltori che producono prodotti minori, come le erbe fresche destinate al consumo tal quale o al condimento, hanno difficoltà oggettive a reperire sul mercato formulati commerciali per la difesa fitosanitaria registrati per l'utilizzo sulle erbe fresche, ciò a discapito loro e dei consumatori;
   si richiama l'interrogazione a risposta immediata in Commissione del 5 giugno 2012 (XVI legislatura) n. 5-07010 a cui ha risposto il sottosegretario alle politiche agricole alimentari e forestali pro tempore Franco Braga affermando che «di concerto con le Regioni, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha finanziato alcune attività di ricerca che prevedono lo sviluppo di fitofarmaci da impiegare sulle cosiddette colture minori. Sarà cura della mia Amministrazione, sentite le Regioni interessate, valutare la possibilità di estendere l'uso delle sostanze attive in questione dall'insalata alle erbe aromatiche.» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della discrepanza tra le normative alla base della coltivazione delle verdure crude e delle erbe fresche in materia di fitofarmaci;
   quali sviluppi abbia avuto l'attività di ricerca di cui in premessa, con particolare riferimento all'estensione dell'uso delle sostanze attive dalle verdure crude alle erbe fresche come da risposta del sottosegretario alle politiche agricole alimentari e forestali pro tempore Franco Braga;
   se i Ministri interrogati non intendano sostenere ulteriori ricerche finalizzate ad ottenere i medesimi risultati dei principi attivi attraverso la lotta biologica. (4-04743)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AMATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il consorzio (ora fondazione) Mario Negri sud di Santa Maria Imbaro (CH) in collaborazione con il centro di riferimento regionale per la Fibrosi Cistica, ospedale di Atri (TE) e l'università «G. D'Annunzio» di Chieti – Pescara ha proposto alla regione Abruzzo il progetto di ricerca sulla fibrosi cistica dal titolo «Identificazione di nuovi approcci terapeutici per ridurre il danno polmonare nella fibrosi cistica. Studi preclinici e sviluppo di biomarcatori di efficacia»;
   il progetto concorre sulle quote del fondo sanitario nazionale a destinazione vincolata da ripartire tra le regioni per le finalità di prevenzione e cura della fibrosi cistica secondo quanto previsto dall'articolo 10 della legge n. 548 del 1993 che dispone che: «I finanziamenti sono ripartiti in base alla consistenza numerica dei pazienti assistiti nelle singole regioni, alla popolazione residente, nonché alle documentate funzioni dei centri ivi istituiti, tenuto conto delle attività specifiche di prevenzione e, dove attuata e attuabile, di ricerca»;
   in data 2 gennaio 2013, il Ministero della salute, dipartimento della programmazione e dell'ordinamento del servizio sanitario nazionale, direzione generale della programmazione sanitaria invita gli assessorati regionali alla presentazione di progetti di ricerca a valere sul fondo sanitario nazionale, quota vincolata per la prevenzione e cura della fibrosi cistica – legge n. 548 del 1993 – per le annualità 2008-2009-2010-2011-2012;
   in data 11 febbraio 2013 con delibera della giunta, la regione Abruzzo approva e sottopone il progetto alla direzione generale della programmazione sanitaria per le valutazioni previste da svolgersi in 2 fasi:
    1) valutazione tecnico scientifica da parte della direzione generale;
    2) valutazione di conformità da parte della Commissione nazionale della ricerca sanitaria;
   per quanto a conoscenza dell'interrogante ad oggi, dopo 15 mesi dalla presentazione del progetto non sono ancora stati formalizzati e comunicati gli esiti finali delle valutazioni dei progetti;
   il diritto alla vita e alla salute dei pazienti affetti da fibrosi cistica è strettamente legata ai progressi della ricerca, e ogni minuto di ritardo corrisponde alla perdita di una speranza di cura –:
   quale sia lo stato di avanzamento del progetto e, vista la delicata situazione economica in cui versa il Mario Negri Sud, con conseguente ricaduta sulla attività di ricerca, se non ritenga di intervenire per accelerare l’iter burocratico della procedura e la conseguente comunicazione degli esiti. (5-02746)

Interrogazione a risposta scritta:


   DEL GROSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   all'interrogazione parlamentare a risposta scritta n. 4-01916 testo di venerdì 20 settembre 2013, seduta n. 81, a tutt'oggi non è stata data alcuna risposta; urge riprendere un aspetto della stessa interrogazione già trattato tra gli altri. Trattasi della soppressione nel nuovo atto aziendale della Asl di Pescara, delibera n. 547 del 29 maggio 2013, di quanto previsto nel precedente atto aziendale delibera n. 190 del 28 febbraio 2012, ovvero della unità operativa semplice a valenza dipartimentale del servizio di psicologia clinica previsto nel dipartimento di salute mentale. L'urgenza di riprendere la questione deriva dal fatto che la Regione Abruzzo esprimendo il proprio assenso al nuovo atto aziendale, ha consentito alla Asl di Pescara, con la delibera n. 932 del 16 settembre 2013, di adottare tutte le modifiche previste. Non comprendiamo quale sia la motivazione della soppressione della struttura di psicologia Clinica a valenza dipartimentale del DSM, poiché le linee guida regionali prevedevano la soppressione soltanto delle strutture doppione, mentre la struttura di psicologia clinica dipartimentale risultava essere l'unica presente sull'intero territorio della Asl. Il servizio di psicologia clinica nel DSM era stato istituito già nel dicembre 2005 a seguito di quanto previsto nel piano sanitario regionale 1999/2001, per quanto attiene all'organizzazione regionale dei servizi per la tutela della salute mentale. Tale piano sanitario in merito così recita letteralmente»... ogni DSM deve essere dotato di un Servizio di Psicologia Clinica ed ogni CSM deve a sua volta, essere dotato di un adeguato numero di psicologi, ivi compresa una unità di psicoterapia per i bisogni dell'utenza». La realizzazione nel nuovo atto aziendale di incarichi di alta professionalità in psicologia clinica, incarichi dunque non gestionali, da affidare ad un singolo professionista porterà all'organizzazione di una psicologia clinica gestita dai responsabili delle strutture a conduzione psichiatrica che appartenendo ad altra specializzazione non potranno garantire un servizio all'utenza che assicuri le specificità della psicologia clinica. Prova ne sia il fatto che nel suddetto incarico di alta professionalità è scomparsa la competenza psicoterapica che è elemento essenziale della disciplina psicologico-clinica. Si assisterà pertanto ad una subordinazione della psicologia clinica alla cura farmacologica psichiatrica;
   la soppressione incongrua del servizio di psicologia clinica nella Asl a giudizio dell'interrogante avvantaggia solo le case farmaceutiche che sostengono la cura farmacologica in psichiatria e che non mostrano di avere interesse a promuovere la cura psicologica del disagio mentale assicurata da un numero sufficiente di psicologi e sicuramente meno inquinante sul piano fisico –:
   di quali elementi disponga il Governo anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, in ordine ai presupposti e alle ragioni della citata soppressione del servizio di psicologia clinica e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere sia per salvaguardare i livelli essenziali di assistenza sia per favorire i notevoli risparmi nella spesa farmaceutica che possono derivare dal mantenimento della specificità della psicologia clinica. (4-04751)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   COLONNESE, SILVIA GIORDANO, TOFALO e DELLA VALLE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Officine Rizzoli ortopedia nasceva a Bologna nel 1896 e si specializzava nella realizzazione di dispositivi ortopedici ed attrezzature ospedaliere, rappresentando un'eccellenza a livello europeo per il suo storico sostegno all'attività medica;
   in data 24 gennaio 2013 l'azienda, che conta 150 lavoratori in tutta Italia tra la sede centrale di Budrio e le altre 23 filiali, ha dichiarato il fallimento per ritardo dei pagamenti da parte del Servizio sanitario nazionale, i debiti con le banche e insieme inadeguatezza del nomenclatore tariffario;
   tuttavia il tribunale autorizzava la continuazione dell'attività al fine di non liquidare l'azienda e realizzare la sua vendita unitaria, e pur avendo in cassa integrazione straordinaria il 20 per cento dei dipendenti l'azienda ha continuato a produrre protesi e dispositivi medici fatturando nel 2013 circa 6 milioni di euro;
   la seconda asta ha visto l'acquisizione solo delle società partecipate concedendo a circa 50 lavoratori e alle loro famiglie un futuro occupazionale. È andata invece deserta per l'acquisizione della «casa madre»;
   durante il corso dell'ultimo «Tavolo di crisi», tenutosi l'11 febbraio 2014 presso la provincia di Bologna, al quale prendevano parte l'assessore alle attività produttive Graziano Prantoni, il sindaco di Budrio, esponenti della CGIL, il curatore fallimentare dottore Zanzi e rappresentanti dei lavoratori della Officine Rizzoli ortopedia, emergeva che i soggetti interessati all'acquisizione dell'azienda trovavano difficoltà nell’ accesso al credito necessario per poter formalizzare l'offerta –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della suddetta vicenda;
   come si intenda intervenire, per quanto di competenza, al fine di individuare soluzioni condivise e attivando gli strumenti di cui lo Stato può disporre per agevolare l'accesso al credito per i soggetti interessati all'acquisto dell'azienda;
   se i Ministri interrogati intendano, ciascuno per le proprie competenze, assumere iniziative e quali a tutela dell'occupazione e degli effetti sociali degli eventuali licenziamenti. (4-04739)


   CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da quanto appreso tramite i media nazionali, televisivi (puntata di «servizio Pubblico» del 24 aprile 2014) e della carta stampata (ex pluribus, edizioni del 04 marzo 2014 di La Repubblica, Il Messaggero e Il Fatto Quotidiano), nel corso di una recente operazione della squadra mobile (cosiddetta operazione «Tibet»), coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dal pubblico ministero Giuseppe D'Amico, è stata smantellata una struttura criminale locale della ‘ndrangheta, solidamente impiantata in Desio (Monza e Brianza) e capeggiata, secondo gli investigatori, da Giuseppe Pensabene;
   fra le attività del sodalizio, avrebbero assunto un ruolo prevalente il riciclaggio di denaro, l'estorsione e l'usura;
   al fine di compiere i loro scopi criminosi, gli appartenenti al sodalizio avrebbero utilizzato i servizi bancari di Poste Italiane spa;
   in particolare, figurano tra gli arrestati Vincenzo Bosco e Walter Alessandro La Coce, direttore e vicedirettore dell'ufficio postale di Paderno Dugnano (Milano), che, secondo gli inquirenti, avrebbero autorizzato «sistematicamente presso i loro sportelli le operazioni di prelievo di ingenti somme di denaro contante», in violazione delle normative vigenti e a favore dei presunti membri dell'organizzazione criminale;
   nel comunicato stampa del 7 marzo 2014 la Corte dei conti – sezione controllo enti – Presidente E. Basile, Relatore Presidente A.T. De Girolamo – Determinazione n. 13 del 6 marzo 2014 – relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di Poste italiane spa per l'esercizio 2012, già affermava che: «È, però, necessario che il management della Società mantenga costantemente elevato il livello di impegno e di attenzione su quei profili di gestione che necessitano ancora di interventi migliorativi [...] Dall'accertamento ispettivo di vigilanza, condotto dalla Banca d'Italia nel periodo 20 febbraio – 24 agosto 2012, risulta confermata la persistenza di criticità nel comparto antiriciclaggio, in gran parte determinate dalla sottovalutazione dell'impatto della normativa di settore in relazione alla complessità della realtà operativa ed al numero dei rapporti intrattenuti con la clientela, nonché nelle diverse aree di presidio (adeguata verifica della clientela, tenuta dell'archivio unico informatico, segnalazione delle operazioni sospette)» –:
   di quali notizie disponga il Governo;
   quali iniziative siano già state adottate, o intenda il Governo adottare, anche nell'ambito dei propri poteri di iniziativa e di indirizzo, al fine di sopperire alle criticità nel comparto antiriciclaggio di Poste Italiane s.p.a. e di prevenire l'abuso, a fini criminali, dei servizi bancari offerti dalla società. (4-04745)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Baroni e altri n. 4-04678, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 aprile 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Daga, Vignaroli, Agostinelli.

Pubblicazione di un testo riformulato, aggiunta di firma ed esatta indicazione dell'ordine dei firmatari.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Catania ed altri n. 1-00181, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 75 del 11 settembre 2013., che deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Andrea Romano.

   La Camera,
   premesso che:
    il 26 giugno scorso, al termine del lungo negoziato attuato con la nuova procedura di co-decisione tra Consiglio e Parlamento europeo, è stato raggiunto l'accordo politico sulla riforma della Politica agricola comune (Pac) per il periodo 2014-20 e che la nuova Pac deve essere trasposta nel contesto nazionale;
    nella trasposizione della Pac a livello nazionale la riforma ha previsto un elevato livello di sussidiarietà che implica pertanto la possibilità di compiere scelte significative all'interno del quadro regolamentare europeo;
    è fondamentale che queste scelte siano coerenti con una politica tesa a rafforzare la vocazione del sistema agroalimentare italiano nella direzione di una produzione di elevata qualità correttamente inserita nel contesto ambientale;
    quello nazionale è un contesto in cui la superficie agricola utilizzata (SAU) è scarsa e in progressiva contrazione e la distribuzione di reddito e di potere contrattuale lungo la filiera tende ad essere poco equilibrata nei confronti degli agricoltori;
    i cambiamenti climatici in corso stanno eliminando il carattere di eccezionalità dei fenomeni atmosferici estremi che vanno dall'eccesso di precipitazioni concentrate in brevi periodi alternati a lunghe fasi siccitose, con incidenze fortemente negative sul reddito degli agricoltori: in questa ottica appare sempre più necessario l'avvio di un rinnovato programma assicurativo di gestione del rischio mentre al tempo stesso si rende indispensabile un adeguato piano di gestione delle risorse idriche;
    in questa fase storica è necessario che la maggior parte delle risorse economiche disponibili attraverso la Pac tendano ad essere convogliate verso le imprese agricole in modo da intensificarne la competitività;
    vi sono dei settori dell'agricoltura italiana che attualmente faticano a competere sui mercati internazionali nonché delle aree particolarmente svantaggiate che necessitano di misure speciali di sostegno,

impegna il Governo:

   ad applicare la regolamentazione dell'Unione europea relativa al settore agricolo, per il periodo 2014-2020, conformemente ai seguenti orientamenti:
    a) perseguire la realizzazione di un modello agricolo economicamente e ambientalmente sostenibile, valorizzando le produzioni di qualità, sostenendo in tutte le forme consentite la ulteriore crescita dell'agricoltura biologica ed evitando altresì che terreni o derrate agricole vengano sottratte alla filiera alimentare e destinate alla produzione di energia, dovendosi viceversa concentrare tale fenomeno nelle sole aree marginali o inutilizzabili;
    b) utilizzare tutti gli spazi previsti dalla normativa comunitaria per incentivare la filiera corta, l'efficienza nelle relazioni fra agricoltori ed industria, l'aggregazione dell'offerta, la trasparenza delle informazioni al consumatore;
    c) adottare, nel quadro della programmazione della politica di sviluppo rurale, una misura nazionale finalizzata ad agevolare il ricorso, da parte degli agricoltori, a forme assicurative nei confronti dei rischi derivanti dalle calamità naturali, dai fenomeni meteorologici, dalle epizoozie e dalle patologie vegetali;
    d) prevedere, nel quadro della programmazione della politica di sviluppo rurale, misure di ampio respiro, su base nazionale o regionale, dirette a consentire la realizzazione di opere finalizzate a migliorare la captazione, la conservazione e la gestione dell'acqua necessaria alle pratiche agricole;
    e) promuovere intese affinché le regioni, nel quadro dei programmi di sviluppo rurale di loro competenza, concentrino l'ammontare massimo delle risorse finanziarie disponibili sulle misure dirette alle imprese agricole, a partire da quelle finalizzate ad incrementare la competitività delle imprese medesime, a favorire il rinnovo della meccanizzazione ed a sostenere i giovani agricoltori (con la attivazione di tutte le facoltà previste dalla riforma sia nel primo che nel secondo pilastro), in modo da evitare una dispersione di risorse a vantaggio di soggetti o istituzioni diversi dall'impresa agricola;
    f) definire una organica politica di sostegno per le aree montane e le zone maggiormente svantaggiate, utilizzando tutti gli strumenti previsti dalla regolamentazione comunitaria, con l'obiettivo di assicurare una remunerativa prosecuzione dell'attività agricola in tali aree, tenendo conto anche dei fondamentali effetti ambientali e socio-culturali che l'agricoltura garantisce in tali contesti;
    g) erogare gli aiuti diretti previsti per il settore avendo cura di indirizzarli agli imprenditori agricoli a titolo principale ed ai coltivatori diretti, con esclusione di qualsiasi altro soggetto, prevedendo inoltre una soglia minima per i pagamenti onde evitare una polverizzazione degli aiuti che non reca alcun reale beneficio economico e grava pesantemente sui costi di gestione della misura;
    h) evitare che nell'ammontare degli aiuti diretti erogati agli imprenditori agricoli a titolo principale ed ai coltivatori diretti si registrino riduzioni significative rispetto alle somme erogate al termine del periodo 2007-2013, in modo da scongiurare la possibilità che una repentina diminuzione del sostegno determini situazioni di crisi per alcuni comparti o per specifiche realtà produttive;
    i) sostenere con aiuti comunitari accoppiati i comparti produttivi che strutturalmente richiedono, ai fini della propria competitività, tali forme di aiuto, quali la zootecnia bovina ed ovina da carne, la filiera bieticolo-saccarifera, l'olio d'oliva, il riso ed il grano duro, valutando per quest'ultimo la possibilità di un aiuto accoppiato collegato ad un regime di alternanza produttiva con le colture proteiche, che avrebbe anche un importante effetto ambientale positivo nelle aree investite;
    j) impostare, con le regioni di produzione, un piano nazionale per il tabacco che contempli specifiche misure nella programmazione della politica di sviluppo rurale unitamente a misure nazionali di sostegno compatibili con la normativa comunitaria, con l'obiettivo di garantire la prosecuzione della coltura in tutte le tradizionali zone produttive;
    k) definire una strategia di lungo periodo per il settore lattiero-caseario, che tenga conto della fine del regime delle quote e che possa efficacemente accompagnare il conseguente riassetto del comparto, facendo leva su una valorizzazione sistematica della produzione sia sul mercato interno che all'estero, attivando tutti gli strumenti previsti per migliorare il funzionamento della filiera, e ricorrendo eventualmente anche ad aiuti accoppiati, comunitari o nazionali, in maniera non strutturale e limitatamente alle situazioni ove si registrino problemi di mercato;
    l) proseguire con il massimo impegno negli indirizzi finora seguiti per i settori vitivinicolo, ortofrutticolo ed oleicolo, ove la politica comunitaria continuerà a contemplare specifici importanti strumenti di sostegno finanziario.
(1-00181)
(Nuova formulazione) «Catania, Andrea Romano, Dellai, Cesa, Schirò».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta orale Monchiero n. 3-00747 del 8 aprile 2014;
   interrogazione a risposta immediata in Commissione Busin n. 5-02735 del 6 maggio 2014.