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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 6 maggio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 4 maggio 2009, n. 41, ha istituito il 5 maggio come giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia. Al fine di evitare che questa «giornata» sia interpretata come l'ennesimo momento da dedicare a sterili discussioni che vedono convergere verso superficiali obiettivi tutte le forze politiche, è necessario avviare un serrato confronto costruttivo e non autoreferenziale per l'elaborazione condivisa di un piano strategico di interventi che nel breve e nel lungo periodo siano mirati a contrastare in modo efficace la diffusione esponenziale del fenomeno;
    l'approvazione della convenzione di Lanzarote segna un traguardo importante nella lotta contro la pedofilia. L'Italia fu, nel 2007, non solo tra i primi Paesi a sottoscrivere la Convenzione per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, ma anche tra i maggiori contribuenti, con una cinquantina di articoli, alla sua stesura. Nella fase di ratifica della Convenzione, grazie anche alle iniziative perseguite, da tempo, dal gruppo parlamentare della Lega Nord (promotore di una proposta di legge finalizzata all'introduzione di una nuova fattispecie di reato denominata apologia della pedofilia) è stato inserito il principio finalizzato ad anticipare la soglia di tutela prevista nel nostro sistema penale, sanzionando, per ciò stesso, indipendentemente dalla commissione del reato propagandato, condotte che arrecano offesa a quei valori, socialmente e universalmente ritenuti tali, per il solo fatto di far credere normale ciò che comunemente viene percepito come aberrante;
    a venticinque anni dalla entrata in vigore della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, purtroppo, ancora in tutto il mondo i bambini patiscono violenze, sfruttamento e abusi. Sono costretti a combattere guerre o a lavorare in condizioni intollerabili; vengono sottoposti ad abusi sessuali o a violenze punitive. Gli elementi di un'infanzia sana, così come sono specificati nella Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, vengono negati perché il mondo non riesce a fornire ai bambini la protezione di cui hanno diritto. Al contrario di quanto si crede, i diritti dei bambini non sono violati esclusivamente in quella parte del mondo che vive in situazioni di grave sottosviluppo ma anche in quei Paesi che hanno raggiunto livelli di industrializzazione e benessere elevati;
    in Italia 2 bambini al giorno vengono fatti oggetto di abusi sessuali, negli ultimi anni le violenze sui minori sono cresciute di oltre il 90 per cento, i casi di pedofilia nel nostro Paese sono circa 21.000 all'anno e oltre 50.000 i siti a sfondo pedofilo stimati che possono essere contattati su internet. Questi dati, anche se vanno considerati per difetto perché, come è ovvio, molti casi sfuggono alle statistiche, mostrano uno scenario quantomeno allarmante. Il monitoraggio della rete internet da parte della polizia postale e di organizzazioni di volontariato dimostra con sempre maggiore frequenza come la rete sia utilizzata non solo per divulgazione di materiale di tipo pedopornografico, ma anche per la diffusione di una vera e propria apologia del reato di pedofilia. Alcune farneticanti pseudo-associazioni o gruppi di persone deviate e abbiette stanno promuovendo a livello mondiale una sottile e assurda distinzione tra pedofilia «cattiva e buona». Queste aberranti disquisizioni consistono in veri e propri «trattati», saggi più o meno filosofeggianti per disquisire sulla legittimità e persino sull’«opportunità» di rapporti sessuali fra adulti e minorenni. Molto spesso questi soggetti, tra loro, sono soliti definirsi addirittura «pedofili culturali» e le ramificazioni sono talmente vaste che, di frequente, i collegamenti telematici si estendono a siti esteri dello stesso genere. Tali aberranti farneticazioni sono state avallate anche da noti esponenti politici che rappresentano movimenti e partiti ampiamente rappresentati nell'arco costituzionale del nostro Paese. Già nel 1999 Don Fortunato di Noto in un'audizione di fronte alla Commissione parlamentare per i diritti dell'infanzia aveva denunciato la presenza in Italia di una lobby, che protegge e aiuta la diffusione della pedofilia; le affermazioni di Di Noto, sacerdote che da anni si occupa del monitoraggio del fenomeno criminale della pedofilia, si basano su una ricerca approfondita e sistematica e sono correlate di un'ampia documentazione. È del tutto evidente come sia necessario intervenire al più presto sotto il profilo della prevenzione e della repressione, non solo avvalendosi degli strumenti di lotta di tipo telematico che sono sempre in continua evoluzione, ma anche attraverso l'introduzione di nuove fattispecie di reato con modifiche al codice penale che servano a combattere più efficacemente i reati prodromici e connessi alla pedofilia, soprattutto per la loro natura di azione di plagio delle menti affinché vi sia una accettazione delle pratiche sessuali nei confronti di minori. La Lega Nord oramai da diverse legislature presenta proposte di legge volte a contrastare questo fenomeno pericolosissimo ma troppo spesso sottovalutato;
    è necessario sviluppare un sistema adeguato di monitoraggio del fenomeno della pedofilia e pedopornografia capace di quantificare ed elaborare i dati sul problema in relazione a tutti gli innumerevoli aspetti che possono essere considerati connessi direttamente o indirettamente allo sfruttamento sessuale dei minori;
    nel mondo industrializzato i problemi dell'infanzia sono anche connessi all'ondata dei flussi migratori clandestini. I minori, sradicati dal proprio ambiente naturale, in condizioni di estrema fragilità e povertà, divengono facilmente preda di situazioni di violazione dei diritti fondamentali, dall'accattonaggio fino allo sfruttamento sessuale;
    la pedofilia rientra tra i disturbi di parafilia ed è condizione che implica un'attrazione sessuale nei confronti di bambini anche piccolissimi; tale devianza del comportamento sessuale non comporta l'incapacità di intendere e volere che il codice di procedura penale richiede per poter negare o ridurre la responsabilità e dunque la punibilità. È, quindi, improcrastinabile un intervento legislativo finalizzato a dare un segnale forte contro gli abusi sui minori, ipotizzando anche l'introduzione della castrazione chimica, in presenza di soggetti condannati per reati di abuso sessuale sui minori;
    il progresso della società moderna è stato viziato dalla rinuncia a quei riferimenti valoriali, che rappresentavano le fondamenta di una comunità capace di comprendere l'importanza della tutela dei propri figli quale bene primario, seminando il dubbio del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita. L'accelerazione dei fenomeni di degenerazione nell'educazione sfocia, oggigiorno, in un vero e proprio allarme educativo. Sempre più in modo repentino si diffonde un pensiero unico laicista che trova sostegno anche in iniziative legislative assurde, come, ad esempio, quelle volte a cancellare dai documenti ufficiali i riferimenti alla madre e al padre per sostituirli con surrogati asettici. Scelte dettate da un'idiozia ideologica che non possono essere sottovalutate e produrranno gravi danni nel medio e lungo periodo;
    i genitori evidenziano maggiori difficoltà nell'assolvimento delle competenze di cura e di educazione dei figli, le conflittualità intraconiugali e intrafamiliari sfociano in sofferti procedimenti di separazione e di divorzio, e sono sempre più evidenti gli episodi di maltrattamento e di violenza intrafamiliare. La frantumazione dell'istituto familiare, in una comunità sempre meno capace di farsi carico della crescita sana dei bambini, è il primo fattore che pone i bambini in una condizione di precario equilibrio ed estrema fragilità, rendendoli soggetti a rischio;
    l'affermazione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza è inderogabile. Se, da un lato, a livello legislativo si possono annoverare numerosi provvedimenti adottati in nome dell'interesse superiore dei bambini e degli adolescenti, animati dalle più convinte intenzioni di dar vita ad un reale sistema di tutela e promozione dei loro diritti, dall'altro lato, è unanime la consapevolezza che siamo ben lontani dal poter affermare di essere stati in grado di creare una vera e propria politica per l'infanzia;
    i punti cardine sui quali si dovrebbero incentrare le politiche di tutela per l'infanzia devono essere: la conoscenza del problema, il rilancio della scuola come centro di promozione culturale e sociale nel territorio e la centralità del sostegno alla famiglia,

impegna il Governo:

   ad attivarsi in tempi rapidi per mettere in atto una concreta ed organica azione di contrasto al fenomeno criminale della pedofilia, finalizzata: a) a potenziare e rafforzare i controlli sulla rete internet in modo da non permettere la presenza di siti che propugnano il pseudo messaggio «culturale» volto all'accettabilità sociale della pedofilia; b) a proteggere l'utilizzo del web da parte dei minori adottando, attraverso la collaborazione con i provider, sistemi di filtri che rendano sempre più sicura la navigazione on line; c) ad impedire che organizzazioni, associazioni e fondazioni, utilizzino la rete internet per sostenere e propagandare la liceità del rapporto sessuale tra minori ed adulti; d) a potenziare il coordinamento internazionale tra le forze di polizia per la lotta allo sfruttamento sessuale dei minori, alla produzione e allo scambio di materiale pedopornografico e per contrastare in modo drastico il «turismo a scopo sessuale»;
   a promuovere l'adozione, ad opera dei Paesi europei, di un piano europeo di lotta al fenomeno della pedofilia;
   ad assumere, con la massima urgenza, ogni iniziativa utile a contrastare efficacemente la piaga della pedofilia e degli abusi sessuali sui minori, anche valutando l'opportunità di introdurre la castrazione chimica nei confronti di condannati per reati di abuso sessuale sui minori;
   a promuovere una politica a sostegno della famiglia, quale nucleo fondamentale della società, nel riconoscimento del ruolo primario che riveste nell'educazione e nella crescita dei bambini e dei giovani adolescenti;
   a promuovere iniziative volte a contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e a contrastare le associazioni criminali straniere che traggono profitto dalla tratta delle persone, in particolar modo se trattasi di bambini.
(1-00449) «Rondini, Giancarlo Giorgetti, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera».


   La Camera,
   premesso che:
    la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia del 1989, ratificata dal nostro Paese con la legge 176 del 1991, sancisce il diritto del bambino e dell'adolescente di essere protetto da tutte le forme di violenza;
    la tematica relativa alla violenza sui minori, a livello internazionale, di recente è stata trattata nel Rapporto sulla violenza contro l'infanzia nel mondo, pubblicato dal Rappresentante Speciale per le violenze contro i minorenni del Segretario Generale delle Nazioni Unite nell'ottobre 2013; il Rapporto sottolinea la necessità di politiche «solide» finalizzate alla prevenzione e al contrasto di tali violenze, nonché dell'impunità;
    come precedenti documenti ONU – quali il Commento Generale n. 8 del Comitato ONU sui diritti dell'infanzia sul diritto dei bambini alla protezione dalle punizioni corporali e da altro trattamento crudele o degradante nei loro confronti ed il Commento Generale n. 13 sul diritto dei bambini alla protezione da ogni forma di violenza – anche l'ultimo Rapporto evidenzia la necessità di assicurare una raccolta di dati sistematica e una continua ricerca sul fenomeno della violenza e degli abusi sui bambini;
    in relazione a tale aspetto l'Italia è stata anche richiamata dal Comitato ONU nelle sue raccomandazioni: nel nostro Paese ancora oggi non esiste un sistema informativo per la raccolta dati, istituzionale ed omogeneo su tutto il territorio nazionale, su tutte le forme di violenza nei confronti dei minorenni e, di conseguenza, di un adeguato sistema di monitoraggio. Ciò non solo impedisce di conoscere a fondo per prevenire e contrastare con strumenti appropriati il fenomeno, ma ostacola la comprensione di come si posizioni il nostro Paese rispetto al quadro europeo ed internazionale;
    un primo intervento concreto degli Stati membri dell'Unione europea al fine di contrastare il dilagare dei delitti inerenti la sfera sessuale della persona è da ricondursi all'Azione comune n. 97/154/GAI adottata dal Consiglio il 24 febbraio 1997, per la lotta contro la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini, non più in vigore in quanto abrogata dalla decisione-quadro 2004/68/GAI del 22 dicembre 2003, poi sostituita dalla direttiva relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori;
    come noto, fra gli atti più incisivi e recenti in materia, figura la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dall'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, in base alla quale i Paesi aderenti si impegnano a rafforzare la protezione del minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, adottando criteri e misure comuni sia per la prevenzione del fenomeno, sia per il perseguimento dei sexual offenders, nonché per la tutela delle vittime. Le principali disposizioni concernono lo «Statuto» del minore-testimone, la posizione della vittima nel procedimento, la necessità che l'avvio e la prosecuzione delle indagini avvenga senza ritardi ingiustificati e senza ostacoli (rappresentati dalle condizioni di procedibilità o dall'intervento della prescrizione) e la possibilità per i servizi investigativi di identificare le vittime mediante disamina del materiale pedopornografico (fotografie, registrazioni audiovisive, e altro);
    i dati del dossier Pedofilia, a cura di «Telefono Azzurro» nella terza Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia, evidenziano poche denunce e ancora troppi casi che rimangono nel silenzio;
   per quanto riguarda lo sfruttamento sessuale, una fonte di dati interessanti è rappresentata dal dipartimento per i diritti e le pari opportunità (DDPO) della Presidenza del Consiglio dei ministri. I dati raccolti dal DDPO evidenziano che i minorenni oggetto di sfruttamento sessuale sono in netta minoranza rispetto al numero delle persone adulte, ma sono in progressivo aumento negli anni;
    la Terza relazione annuale al Parlamento dall'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, presentata in data 10 aprile 2014, evidenzia che sul tema del maltrattamento, della violenza e dell'abuso sui minorenni, nel periodo 2012/2013, l'organizzazione Terre des Hommes ed il Coordinamento italiano servizi contro il maltrattamento e l'abuso all'infanzia (CISMAI) hanno realizzato una prima esperienza pilota, dalla quale è emerso che «ben 100.000 bambine e bambini (pari allo 0,98 per cento della popolazione minorile) sono presi in carico ogni anno dai servizi sociali italiani esclusivamente per maltrattamento e abuso. Se ad essi si aggiungono i casi di minorenni maltrattati presi in carico per altre cause, si sale a 150.000»;
    nel dicembre 2013, inoltre, l'Autorità garante ha assicurato «la partecipazione agli Stati generali sul maltrattamento all'infanzia in Italia organizzato dal CISMAI, che ha evidenziato come il fenomeno sia ancora largamente sommerso e quali siano le conseguenze del circolo vizioso dei tagli ai servizi per la prevenzione e protezione dei bambini maltrattati. Altri elementi di interesse per l'Autorità, emersi nel corso della Conferenza, sono la necessità di sviluppare servizi per la prevenzione e l'intervento precoce della violenza sui bambini, nonché l'impatto che ha sui bambini assistere ad episodi di violenza domestica, la cosiddetta “violenza assistita”»;
    molte delle violenze consumate ai danni di bambini e adolescenti rimangono impunite sia perché certe forme di comportamenti abusanti sono considerate da essi stessi pratiche accettabili, sia per la mancanza di meccanismi di denuncia a loro misura; ne consegue che l'effettiva inclusione dei bambini e degli adolescenti nelle misure di protezione richiede che essi stessi siano informati sul loro diritto di essere ascoltati, che crescano liberi da tutte le forme di violenza fisica e psicologica e che sia stabilito un facile accesso a luoghi (fisici o virtuali) e a persone alle quali poter riferire in maniera sicura e confidenziale;
    i provvedimenti legislativi sulla materia, approvati a partire dal 1996 dall'Italia (quali la legge n. 66 del 1996 «Norme contro la violenza sessuale» e la legge n. 269 del 1998 «Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale, quali nuove forme di riduzione in schiavitù») con un impianto innovativo, anche se perfettibile, hanno predisposto gli strumenti normativi per un'efficace azione di contrasto di questi reati, ma hanno riguardato prevalentemente l'intervento penale, nell'illusione che fosse risolutivo introdurre nuove fattispecie di reati e innalzare il livello delle pene;
    la normativa europea sul tema propone i principi generali per prevenire e combattere gli abusi, proteggere i diritti dei bambini vittime e promuovere la cooperazione internazionale in due direzioni: sicuramente il completamento del sistema di protezione penale ma, soprattutto, le attività di prevenzione, di protezione, di presa in carico e di cura svolte attraverso modalità integrate dai diversi soggetti, enti e professioni coinvolti;
    la creazione di una cultura di prevenzione deve costituire l'obiettivo primario nella lotta alla pedofilia. Le vittime devono essere aiutate a parlare, superando timore e vergogna, genitori e insegnanti formati a riconoscere correttamente i fattori di rischio e i primi segnali di un disagio;
   sulla violenza a danno dei minori, possono incidere fortemente anche dinamiche quali l'esclusione sociale, l'emarginazione e l'aumento del disagio e della povertà conseguenti alla crisi economica in atto. Come noto, in Italia gli indici della diseguaglianza sono in peggioramento, e con essi anche quelli della povertà;
    negli ultimi anni il reddito delle famiglie degli adolescenti in stato di povertà assoluta è diminuito del 31 per cento. Nel nostro Paese, quasi il 29 per cento di bambini sotto i 6 anni vive ai limiti della povertà, tanto che l'Italia è al 21o posto in Unione europea per rischio povertà ed esclusione sociale fra i minori di età 0-6 anni e il 23,7 per cento vive in stato di deprivazione materiale. Ancora, il nostro Paese è al 22o posto per quanto riguarda il basso livello d'istruzione, per dispersione scolastica;
    l'estrema carenza di risorse dedicate all'infanzia, si manifesta anche nel mancato finanziamento dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, regolato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 103 del 2007, dunque non in grado di poter svolgere i suoi compiti istituzionali. L'Osservatorio ha il compito di: a) predisporre ogni due anni il Piano Nazionale di azione e d'interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, con l'obiettivo di conferire priorità ai programmi riferiti ai minori e rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell'infanzia nel mondo; b) predisporre, sempre ogni due anni, la Relazione sulla condizione dell'infanzia in Italia e sull'attuazione dei relativi diritti; c) redigere, ogni cinque anni, lo schema del rapporto del Governo all'ONU sull'applicazione della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 1989,

impegna il Governo:

   a predisporre un sistema informativo istituzionale ed omogeneo sull'intero territorio nazionale in relazione a tutte le forme di violenza nei confronti dei minori, nonché un adeguato sistema di monitoraggio;
   ad intervenire normativamente per un'attuazione puntuale ed esaustiva dei principi stabiliti nella Convenzione fatta a Lanzarote in data 25 ottobre 2007 sul terreno del contrasto alla violenza nei confronti dei minori, all'abuso sessuale e all'adescamento per il mezzo della rete internet;
   ad inserire al primo posto nella strategia della lotta alla criminalità organizzata quei fenomeni criminali che quotidianamente sfruttano e violano i diritti di persone ridotte in schiavitù, in particolare delle bambine e dei bambini utilizzati per il mercato dei minori volto alla prostituzione ed alla pornografia infantile;
   ad intensificare le forme di cooperazione internazionale multilaterale e bilaterale per stabilire regole comuni e migliorare la cooperazione giudiziaria al fine di rendere più efficace la lotta contro le organizzazioni criminali internazionali dedite a forme di sfruttamento sessuale dei bambini;
   ad assumere le necessarie iniziative normative dirette a modificare il codice di procedura penale, in modo da permettere tutti gli strumenti investigativi necessari per il complesso dei reati connessi allo sfruttamento sessuale;
   ad inserire il contrasto al maltrattamento nell'ambito delle politiche del diritto alla salute e a finanziare progetti di formazione e informazione per costituire, attraverso la rete nazionale dei consultori familiari, i pediatri di base, i medici scolastici – dopo un'opportuna azione di aggiornamento professionale di tutti gli operatori – una fitta rete di prevenzione in grado sia di tutelare i bambini e le bambine da eventuali situazioni di rischio, sia di cogliere precocemente i segnali di disagio e turbamento derivanti dall'esposizione a pressioni o attenzioni pedofile nell'ambiente familiare e/o sociale;
   a destinare risorse all'aumento e alla riqualificazione degli organici dei servizi sociali ed educativi deputati alla presa in carico e alla tutela dei minori vittime di violenza, anche tenendo conto delle particolari esigenze dei minori stranieri, nelle fasi di rilevazione e protezione, favorendo l'accesso ai servizi e l'introduzione di mediatori culturali;
   a favorire, con il consenso del condannato per reato di pedofilia in danno di minore, o su richiesta di chi tema di compierlo, il trattamento psicoterapeutico nelle strutture adeguate, utilizzando le somme del fondo di cui all'articolo 17, comma 2 della legge n. 269 del 1998;
   ad avviare progetti mirati finalizzati a sostenere bambine/i e adolescenti che assistono a violenze in ambito familiare;
   a provvedere allo stanziamento dei fondi indispensabili al funzionamento dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, e conseguentemente a varare il Piano nazionale per l'infanzia;
   a provvedere ad un coordinamento delle competenze istituzionali sull'infanzia e l'adolescenza, attualmente eccessivamente frammentate, al fine di consentire un'azione realmente efficace delle politiche sulla materia.
(1-00450) «Nicchi, Piazzoni, Migliore, Di Salvo, Fratoianni, Nardi, Costantino, Lacquaniti, Franco Bordo».


   La Camera,
   premesso che:
    il prossimo 5 maggio ricorre la Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia;
    secondo i dati Istat relativi ai delitti denunciati dalle forze di polizia all'autorità giudiziaria, nei sei anni compresi tra il 2006 ed il 2012 si rileva come gli «atti sessuali con minorenni» oscillerebbero intorno alle cinquecento denunce l'anno, attestandosi nell'ultimo anno di rilevazione su 558 casi, mentre la «corruzione di minorenne» nel 2012 si fermerebbe ad appena 120 casi, e le denunce per i reati di pornografia minorile e di detenzione di materiale pedopornografico sarebbero 380;
    in realtà, secondo i dati resi noti da «Telefono Azzurro» nel mese di marzo 2014 e ricavati dalle richieste di aiuto di bambini ed adolescenti pervenute negli ultimi cinque anni, sono stati più di diciassettemila gli appelli pervenuti all'Associazione via telefono e attraverso l'apposita chat line, e secondo i dati diffusi da alcune delle associazioni che maggiormente si occupano del fenomeno a livello nazionale sarebbero addirittura sessantamila i casi ogni anno di molestie e violenze in danno di minori infraquattordicenni, dei quali meno dell'uno per cento viene denunciato;
    la maggior parte degli episodi di abuso sui minori, infatti, non viene denunciata a causa di molteplici ragioni, prima tra le quali il legame che spesso intercorre tra vittima e carnefice, e per ciò sfuggono a qualsiasi rilevazione statistica; da ciò deriva che le caratteristiche che emergono dall'analisi dei dati riferiti alle segnalazioni all'autorità giudiziaria non possono essere considerate rappresentative dei fenomeni di abuso, e, anzi, possono avere caratteristiche ben diverse da quelle apparenti;
    ad oggi, appaiono in costante e preoccupante aumento – anche per indice di pericolosità sociale – i fenomeni della pedopornografia on line e quello degli adescamenti dei minori attraverso internet;
    a questa nuova problematica si è tentato di dare una prima risposta nell'ambito del diritto internazionale attraverso l'adozione della «Convenzione per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale», nota come Convenzione di Lanzarote, stipulata nell'ambito del Consiglio d'Europa il 25 ottobre 2007, che costituisce il primo strumento giuridico con il quale gli abusi sessuali contro i bambini diventano reati a tutti gli effetti, compresi anche quelli che hanno luogo in casa o all'interno della famiglia;
    la Convenzione di Lanzarote, oltre ai reati più comunemente diffusi in questo campo, quali l'abuso sessuale, la prostituzione infantile, la pedopornografia, la partecipazione coatta di bambini a spettacoli pornografici, per la prima volta disciplina anche i casi di adescamento attraverso internet (grooming) e di turismo sessuale;
    la Convenzione, ratificata nel nostro ordinamento dalla legge 1o ottobre 2012, n. 172, con la formulazione dei nuovi reati di adescamento di minori per scopi sessuali e di pedofilia e pedopornografia culturale, che ricomprendono condotte poste in essere anche con i mezzi di comunicazione tecnologicamente più avanzati, fornisce una prima risposta a questi fenomeni;
    inoltre, la Convenzione delinea misure preventive, che comprendono lo screening, il reclutamento e l'addestramento di personale che possa lavorare con i bambini al fine di renderli consapevoli dei rischi che possono correre e di insegnare loro a proteggersi, prevede programmi di supporto alle vittime, incoraggia la denuncia di presunti abusi e di episodi di sfruttamento, e prevede l'istituzione di centri di aiuto via telefono o attraverso la rete informatica;
    nella quinta edizione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, edita nel maggio del 2013, la pedofilia è classificata come parafilia, ma è considerata tale solo in presenza di comportamenti di egodistonia, non essendo invece considerata un disturbo mentale quando il comportamento pedofilo viene vissuto senza contrasti e quindi in egosintonia;
    la decisione dell'Associazione psichiatrica americana (APA) di modificare il dato diagnostico della pedofilia da un lato ha fatto sorgere dubbi circa la possibile legittimazione del fenomeno, ma dall'altro lato ha fatto sì che attraverso tale derubricazione, negli Stati Uniti ai pedofili non sia più concessa alcuna attenuante in sede processuale;
    considerare la pedofilia come una malattia è un errore strategico, giacché secondo i più recenti studi effettuati, essa non rientra tra i disturbi che compromettono il rapporto con la realtà, e in molti casi l'orientamento del pedofilo avviene per ludismo e non in conseguenza di automatismi;
    ancora oggi diversi reati connessi alla pedopornografia sono soggetti a patteggiamento;
    le autorità centrali e periferiche preposte allo studio ed alla lotta dei fenomeni di violenza sui minori non dispongono di mezzi adeguati per sostenere le vittime e le famiglie in percorsi di recupero da traumi così profondi;
    nell'ambito della sanità pubblica appare urgente e necessario un potenziamento delle strutture di ascolto e sostegno alle giovani vittime e alle loro famiglie;
    con riferimento alle politiche per l'infanzia in Italia è evidente il persistere di innumerevoli nodi irrisolti, tra i quali l'assenza di dati precisi sulle violenze sessuali subite da minorenni, sulle tipologie di abuso più diffuse, sui profili dei pedofili, rendono ancora difficoltoso combattere in modo efficace questa piaga sociale;
    la tutela dei minori è una battaglia di civiltà che la nostra società deve portare avanti con forza, per garantire a tutti i bambini e adolescenti la giusta protezione sociale e giuridica, e permettere loro di crescere liberi e sereni,

impegna il Governo:

   a dare tempestiva e completa attuazione a tutte le indicazioni contenute nella Convenzione di Lanzarote in materia di prevenzione, tipizzazione di nuove fattispecie di reato relativo quadro sanzionatorio, nonché di assistenza alle vittime;
   ad adottare le opportune iniziative normative volte ad escludere il patteggiamento per qualsiasi tipo di reato connesso alla violenza sessuale in danno dei minori e alla pedopornografia;
   a promuovere l'istituzione presso le aziende sanitarie pubbliche di appositi sportelli dedicati all'assistenza psicoterapica alle giovani vittime ed al sostegno in favore delle loro famiglie, che si avvalgano del personale in servizio presso i consultori ed i dipartimenti di salute mentale e di neuropsichiatria infantile, se del caso assumendo tale obiettivo tra quelli indicati dalla legislazione vigente per la nomina dei manager, e la loro riconferma e il cui mancato adempimento è penalizzato con la riduzione del 2 per cento dei fondi del Servizio sanitario nazionale messi a disposizione delle regioni;
   a promuovere l'assegnazione di risorse specifiche per il Garante per l'infanzia nazionale e i Garanti regionali che possano essere dedicate alla prevenzione del fenomeno;
   ad adottare le iniziative necessarie ad inserire l'attivazione di specifici piani di intervento in materia di contrasto alla violenza sui minori nella programmazione comunitaria;
   a valutare l'adozione di percorsi sanzionatori differenziati per il recupero di soggetti non recidivi che abbiano compiuto reati sessuali in danno dei minori, laddove essi dichiarino di volersi sottoporre a terapie mediche;
   a promuovere l'adozione di specifici programmi di prevenzione nelle scuole e nelle famiglie, anche attraverso la valutazione dei progetti realizzati e la diffusione delle buone prassi individuate;
   ad avviare delle campagne di comunicazione che sensibilizzino al tema della violenza sui minori e che indichino le possibili modalità di denuncia del fenomeno, nonché le strutture per l'aiuto alle vittime.
(1-00451) «Giorgia Meloni, Rampelli, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    le società a partecipazione pubblica costituiscono una realtà rilevante nell'economia nazionale contribuendo in via prioritaria al soddisfacimento di interessi pubblici di carattere generale;
    alcune società a partecipazione pubblica rappresentano realtà industriali di particolare importanza operanti in settori in prevalenza di interesse generale, che richiedono livelli di investimento e prestazione elevati che il settore privato non sempre è in grado di assicurare pienamente;
    lo Stato, in particolare tramite il Ministero dell'economia e delle finanze, detiene la partecipazione diretta, di maggioranza o controllo, di società operanti in settori strategici;
    negli ultimi anni, attraverso successivi interventi normativi, sono state previste per le società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, numerose misure finalizzate al perseguimento di obiettivi di economicità della gestione nonché a garantire la correttezza, la trasparenza e la migliora funzionalità degli organi sociali;
    per tutelare ulteriormente il perseguimento degli interessi pubblici, la corretta gestione delle risorse e la salvaguardia dell'immagine del socio pubblico, è altresì necessario assicurare la massima trasparenza e qualità delle procedure di designazione dei componenti degli organi sociali, garantendo il rispetto dei requisiti di onorabilità e di professionalità degli amministratori;
    con la mozione Tomaselli e altri (1-00060) sui criteri di nomina degli amministratori delle società quotate e non quotate controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, approvata a larghissima maggioranza dal Senato il 19 giugno 2013 e fatta propria dal Governo in una successiva direttiva del Ministero dell'economia e delle finanze del 24 giugno e, da ultimo, la risoluzione approvata l'8 aprile 2014 dalla X Commissione del Senato (7-00096), Il Parlamento ha inteso esercitare 11 proprio ruolo di indirizzo generale e di controllo specifico su come lo Stato esercita il suo ruolo di azionista;
   il processo di selezione sin qui messo in atto dai Governo risulta coerente con i criteri di trasparenza, onorabilità, professionalità ed esperienza nei settori di attività in cui operano le citate società;

impegna il Governo:

  a confermare, in coerenza con gli indirizzi definiti dal Parlamento e dal Governo, i criteri sinora adottati nella formazione delle liste per i consigli di amministrazione delle società nelle quali il Ministero dell'economia e delle finanze esercita, direttamente o indirettamente, il controllo di diritto o di fatto, avendo particolare cura di evitare situazioni di conflitto di interesse;
   a subordinare l'eventuale riconferma dei presidenti e degli amministratori delegati uscenti alla valutazione del ruolo di ciascuno e dei risultati della società sui piano industriale, su quello della remunerazione del capitale investito dall'azionista, nonché sui risultati dei bilanci di sostenibilità, e in ogni caso avendo come limite massimo quello di tre mandati;
   a trasmettere al Parlamento una relazione annuale sull'andamento delle società, controllate direttamente o indirettamente dal Ministero dell'economia e delle finanze, in relazione al mandato ricevuto;
   a confermare la scelta di ridurre le retribuzioni lorde totali (comprensive delle parti fisse e variabili, di eventuali stock grant nonché dei trattamenti di fine rapporto) di chi sia designato a ricoprire le cariche di presidente ed amministratore delegato, sulla base di un forte principio di progressività e, per il futuro, a legare l'eventuale miglioramento dei compensi dei capi-azienda al proporzionale miglioramento sostenibile dei salari;
   a esigere da chi sia designato amministratore delle società a operare affinché i consigli di amministrazione di queste stesse società, rendano note in una relazione allegata al bilancio annuale, in base ai criteri individuati con provvedimento del Ministro dell'economia e delle finanze, le spese per pubblicità, sponsorizzazioni e liberalità indicandone i beneficiari;
   a valorizzare, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, la direzione del Ministero dell'economia e delle finanze preposta al controllo delle partecipazioni azionarie dello Stato in relazione ai mandati assegnati e nel rispetto delle norme sulle incompatibilità di cui al decreto legislativo n. 39 del 2013, anche istituendo, all'interno della direzione, delle specifiche unità di valutazione dei risultati delle aziende.
(1-00452) «Misiani, Marchi, Bonavitacola, Paola Bragantini, Capodicasa, Censore, De Micheli, Fanucci, Fassina, Cinzia Maria Fontana, Giampaolo Galli, Giulietti, Guerra, Laforgia, Losacco, Marchetti, Melilli, Parrini, Preziosi, Rubinato».

Risoluzioni in Commissione:


   La XI Commissione,
   premesso che:
    l'Istituto nazionale per il commercio con l'estero (ICE) nell'ottobre del 2008 ha bandito il concorso per titoli ed esami a 107 posti nei ruoli del personale dell'ICE, area funzionale C, posizione economia C1 (di seguito concorso C1), autorizzato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2008;
    la graduatoria finale del concorso, approvata con determinazione del direttore generale dell'ICE in data 8 aprile 2012, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 34 del 30 aprile 2010;
    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 marzo 2011, l'ICE è stato autorizzato all'assunzione di 4 vincitori del concorso C1 e, con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 luglio 2011, all'assunzione di ulteriori 7 vincitori del medesimo concorso;
    a seguito della sentenza del TAR Lazio n. 777/2012, si è svolta nel maggio 2013 la rinnovazione della prova orale di due candidati. Il 17 luglio 2013 è stata così pubblicata dall'ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane una nuova graduatoria definitiva del concorso pubblico a 107 posti, posizione C1;
    con decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98, pubblicato in GURI n. 155 del 6 luglio 2011 e convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111 è stata prevista la soppressione dell'ICE con conseguente trasferimento delle sue attività al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero degli affari esteri (articolo 14, commi 18 e seguenti);
    con successivo decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, è stata istituita l'ICE-Agenzia per la promozione e internazionalizzazione delle imprese italiane (di seguito agenzia), «ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposta ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, che li esercita, per le materie di rispettiva competenza, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e sentito il Ministero dell'economia e delle finanze», disciplinando, attraverso i successivi commi, le attribuzioni e i compiti, la struttura organizzativa, le funzioni degli organi, gli atti fondamentali e la dotazione organica fissata in 450 unità, nonché le attività e le strutture esistenti all'estero dell'Agenzia (articolo 14, comma 18);
    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 dicembre 2012 (GU serie generale n. 52 del 2 marzo 2013) sono state individuate le risorse strumentali, finanziarie, i rapporti giuridici attivi e passivi e le risorse umane facenti capo al soppresso ICE da trasferire all'istituenda Agenzia, tra cui il concorso C1 in base all'articolo 4, comma 6, (rubricato: «Rapporti giuridici attivi e passivi relativi al personale») per cui «l'ICE-Agenzia per la promozione e internazionalizzazione delle imprese italiane utilizza nel rispetto delle previsioni di legge, le graduatorie vigenti del soppresso Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), in caso di fabbisogno di personale di pari qualifica, fermi i vincoli previsti in materia di assunzioni [...]»;
    il decreto interministeriale del 31 dicembre 2012 recante il regolamento di organizzazione e funzionamento dell'ICE-Agenzia per la promozione e internazionalizzazione delle imprese italiane all'articolo 7, comma 4 (rubricato: «Ordinamento del personale») ha previsto che: «[...] nel ricorso alle procedure di mobilità esterna l'Agenzia, per i primi tre anni successivi alla data di entrata in vigore del presente regolamento, fisserà dei criteri di scelta che prevedano un'adeguata ponderazione dei titoli posseduti dal personale proveniente dal soppresso ICE e collocato nella graduatoria della valutazione comparativa per titoli, effettuata ai sensi della legge istitutiva dell'Agenzia»;
    la relazione tecnico-finanziaria sul Regolamento di organizzazione e funzionamento dell'ICE-Agenzia in aggiunta ha stabilito che: «in sede di prima applicazione il personale ex ICE trasferito all'Agenzia ICE è pari a n. 435 unità e quello trasferito al Ministero dello sviluppo economico a n. 143 unità. La prevista dotazione organica di n. 450 unità verrà completata in un momento successivo attraverso il trasferimento dal Ministero dello sviluppo economico di ulteriori 15 dipendenti ex ICE con contestuale trasferimento delle relative risorse finanziarie»;
    con decreto interministeriale del 28 febbraio 2013 (GU serie generale n. 57 dell'8 marzo 2013) è stato previsto il trasferimento delle funzioni e delle risorse della società Buonitalia Spa all'Agenzia, in attuazione del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, articolo 12, comma 18-bis;
    con la legge 27 dicembre 2013 n. 147 è stato ulteriormente modificato il comma 18-bis per cui «i dipendenti a tempo indeterminato in servizio presso la predetta società (Buonitalia Spa) al 31 dicembre 2011, previo espletamento di apposita procedura selettiva di verifica dell'idoneità, da espletare anche in deroga ai limiti alle facoltà assunzionali, sono inquadrati, anche in posizione di soprannumero rispetto alla dotazione organica dell'ente, riassorbibile con le successive vacanze, nei ruoli dell'ente di destinazione sulla base di un'apposita tabella di corrispondenza approvata con il predetto decreto»;
    per il capitolo 2530 dello «stato di previsione» del Ministero dello sviluppo economico, recante le risorse per il finanziamento delle spese di funzionamento dell'Agenzia, è previsto l'incremento di 9 milioni di euro nella tabella C nella missione «Commercio internazionale e internazionalizzazione del sistema produttivo»;
    nell'ambito del Programma operativo nazionale (PON) ricerca e competitività 2007-2013, tra le misure previste dal Piano azione coesione (PAC), sono stati allocati 50 milioni di euro per Piano per le regioni della convergenza (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia), detto anche Piano Export Sud, gestito dall'Agenzia per favorire l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese e a promozione dell'immagine del prodotto italiano nel mondo. Rientra nelle misure previste dal PAC;
    con decreto-legge del 13 dicembre 2013 è stato previsto il rifinanziamento di 22 milioni di euro del Piano promozionale 2014-2015 dell'Agenzia;
    per l'Agenzia è stato previsto l'ulteriore stanziamento di 8 milioni di euro per il fondo «Made in Italy» a valere sul piano Destinazione Italia;
    sembra difficile ipotizzare l'assorbimento dei 96 vincitori del concorso C1 nella nuova Agenzia alla luce della ridotta dotazione organica con preoccupanti conseguenze per la corretta operatività dell'Agenzia, come affermato, altresì, nel Piano della performance ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane per il triennio 2013-2015 di cui all'articolo 10 comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 150 del 2009 in base al quale «per far fronte alle previste carenze, l'Agenzia farà ricorso alle tipologie di lavoro flessibile, alla somministrazione di lavoro a tempo determinato per esigenze temporanee su specifici progetti promozionali e/o istituzionali e si avvarrà di personale assunto con contratti di formazione lavoro o altri rapporti formativi»,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per procedere con le assunzioni a tempo indeterminato dei vincitori del concorso C1 attraverso l'ampliamento della dotazione organica da 450 a 546 unità, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro, al fine di sostenere il rafforzamento dell'ICE-Agenzia per la promozione e internazionalizzazione delle imprese italiane soprattutto a favore delle piccole e medie imprese costrette frequentemente a competere nei mercati globali con concorrenti soprattutto europei e nord americani sostenuti da Agenzie nazionali con dotazioni organiche mediamente triple rispetto alla nostra.
(7-00361) «Tripiedi, Sibilia, Manlio Di Stefano, Spadoni, Grande, Di Battista, Del Grosso, Scagliusi, Paolo Bernini».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    dopo cinque anni di polemiche è arrivata in Italia nel 2009, e 22 anni dopo la commercializzazione in Francia, la pillola RU486, nome commerciale di un medicinale utilizzato dalle donne per dar loro un'opzione non chirurgica per l'interruzione della gravidanza nel pieno rispetto della legge n. 194 del 2014;
    la «pillola per abortire» è a base di mifepristone, farmaco in grado di interrompere la gravidanza già iniziata con l'attecchimento dell'ovulo fecondato, che può essere prescritta entro la settima settimana e, in alcune regioni, ultima in ordine di tempo il Lazio, può essere somministrato anche in day hospital;
    l'Agenzia italiana per il farmaco ne ha approvato l'autorizzazione della messa in commercio nelle strutture ospedaliere di tutto il Paese dal 2009;
    la determina, ovvero la decisione che ha autorizzato l'arrivo della pillola abortiva in Italia, rimanda a Stato e regioni le disposizioni per il corretto percorso di utilizzo clinico del farmaco all'interno del servizio ospedaliero pubblico;
    dunque, ad oggi, una donna che decida di abortire nelle prime settimane di gravidanza avrà la possibilità di scegliere tra l'aborto chirurgico e quello farmacologico, come quasi in tutta Europa;
    la cosiddetta pillola abortiva può essere somministrata in ambito ospedaliero e con obbligo di ricovero «dal momento dell'assunzione del farmaco sino alla certezza dell'avvenuta interruzione della gravidanza escludendo la possibilità che si verifichino successivi effetti teratogeni». Insomma non è un farmaco da utilizzare a casa, lontano dal controllo medico, resta fermo il fatto che chi lo desidera può comunque firmare e tornare a casa;
    in Italia circa 40 mila donne in Italia ricorrono all'uso della RU486,

impegna il Governo

ad avviare una campagna informativa attraverso corsi, seminari nelle scuole e nei consultori, periodici e diffusi su tutto il territorio nazionale che chiariscano la necessità e i tempi di assunzione della stessa, nonché gli effetti e i meccanismi di funzionamento del farmaco anche al fine di accompagnare le donne, specie le più giovani, in una fase estremamente delicata della propria vita, con la giusta consapevolezza e l'adeguata assistenza socio-sanitaria.
(7-00362) «Grillo, Mantero, Di Vita, Silvia Giordano, Cecconi, Dall'Osso, Lorefice».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   BIANCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 maggio 2014 allo Stadio Olimpico di Roma in occasione della finale della Coppa Italia di calcio fra le squadre delle città di Napoli e Firenze, si susseguivano una serie di inqualificabili episodi prima dell'inizio della gara, poi differito alle 9,45 pm;
   la sostanziale certezza che le istituzioni stessero negoziando ordine pubblico, modalità e tempi dell'evento con un team di personaggi il cui capo riconosciuto era un uomo di «pessimo aspetto», abbigliato in modo poco rassicurante e che indossava una maglietta con sovrascritto «SPEZIALE LIBERO», veniva fornita ad ognuno dalle immagini tv e dai commenti di ogni media collegato; indi, all'intonazione dell'inno nazionale, si alzava una salva di fischi massiva ed interminabile;
   quanto accaduto offende l'Italia e ognuno di noi, oltre a colpire al cuore la credibilità nazionale. Tutto questo e molto di più avveniva sotto gli occhi di milioni di italiani, ma anche dinanzi al Presidente del Senato (seconda carica dello Stato) e al Presidente del Consiglio –:
   se il Presidente del Consiglio si fosse avveduto che allo Stadio Olimpico di Roma qualcosa non stesse andando secondo il programma della manifestazione e, in caso affermativo, perché in quei lunghi minuti non sia intervenuto sulle autorità amministrative, davanti al ludibrio di uno Stato che in diretta tv e dinanzi a circa 70000 persone stava negoziando con un individuo notissimo alle forze dell'ordine come «genny ’a carogna», che si dice essere parente strettissimo di un camorrista o presunto tale;
   per quale ragione, dinanzi ai fischi all'intonazione dell'inno nazionale (non seguito da alcuna reazione da parte del pubblico supposto non fischiante), non abbia ritenuto di abbandonare la tribuna d'onore e di non farvi più ritorno, interpretando l'offesa sanguinosa all'Italia e al suo onore come meritevole dell'unico gesto possibile, ovvero l'abbandono di una manifestazione così disonorante, privilegiando il senso dello Stato e la coscienza della funzione sul sentimento (rispettabilissimo ma non comparabile con i valori oltraggiati) di tifoso. (3-00801)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COZZOLINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che;
   sabato 3 maggio 2014 si è disputata a Roma la gara finale della manifestazione calcistica comunemente denominata Coppa Italia. La partita è stata preceduta da disordini anche molto gravi che hanno avuto inizio diverse ore prima dell'orario previsto per il calcio d'avvio;
   disordini e scontri tra gruppi di tifosi e forze dell'ordine si sono verificati nelle zone immediatamente antistanti alla zona del Foro Italico, dove è sito lo Stadio Olimpico, e in autostrada all'interno di almeno due autogrill nei pressi dei caselli di Roma, con scontri tra opposte tifoserie. Analoghi disordini e scontri si sono verificati infine nella zona Tor di Quinto di Roma, dove si è verificato l'episodio più grave, in cui tre persone che si recavano allo stadio sono state ferite con colpi di pistola ed una delle tre è stata ferita in modo gravissimo;
   la gravità degli episodi verificatisi ha prodotto un clima di tensione tale da portare le autorità preposte a svolgere una lunga riflessione, ripresa in alcuni momenti anche dalle immagini trasmesse in diretta televisiva dalla Rai, se, ai fini della tutela dell'ordine pubblico, fosse opportuno far giocare comunque la partita, a fronte delle pressioni di una delle tifoserie, quella del Napoli, che chiedeva che la gara non fosse disputata;
   nonostante questa clima di grande tensione e della gravità di quanto verificatosi nelle ore precedenti la gara, nonostante una regione italiana fosse stata colpita da un gravissimo fenomeno alluvionale che ha prodotto morti oltre ad ingenti danni, il Presidente del Consiglio ha ritenuto di recarsi allo stadio Olimpico di Roma per assistere alla partita, e come risulta da dichiarazioni riportate da diversi quotidiani nella giornata di lunedì 5 maggio, la sua presenza alla stadio sembrerebbe doversi considerare in forma privata e non in veste istituzionale;
   infatti, nonostante il Presidente del Consiglio sedesse nel settore dello Stadio Olimpico riservato alle autorità a fianco del Presidente del Coni Giovanni Malagò, settore nel quale si accede solo a seguito di inviti da parte del Coni, le riprese televisive hanno mostrato come nella fila dietro al Presidente del Consiglio sedesse tutta la sua famiglia. È lo stesso Presidente del Consiglio a dichiarare, come riportato dai giornali del 5 maggio, di essere andato allo stadio in «qualità di babbo» e perché lo aveva promesso ai figli;
   con il Presidente del Consiglio allo stadio si è svolta la riflessione di cui sopra in merito alla decisione di disputare la partita, e soprattutto si è svolto l'episodio che ha visto una delegazione composta dal capitano della squadra del Napoli calcio, da dirigenti della stessa squadra e, soprattutto, da funzionari di polizia, recarsi sotto la curva dove erano ospitati i tifosi del Napoli e parlamentare a lungo con alcuni di questi tifosi, in particolare con uno di questi, detto Jenny ’a Carogna, che indossava una maglietta inneggiante alla libertà di una persona in carcere per aver ucciso un agente di polizia;
   mentre si svolgeva questo colloquio dalle gradinate della stessa curva è iniziato un fitto lancio di petardi e fumogeni che ha costretto molte persone tra fotografi e addetti alla sicurezza ad indietreggiare precipitosamente, ed ha ferito un vigile del fuoco in servizio allo stadio;
   solo dopo aver ottenuto l'assenso dei capi della tifoseria del Napoli la gara ha potuto avere inizio. Come previsto dal cerimoniale, il calcio di inizio, con le squadre schierate al centro del campo, è stato preceduto dall'inno nazionale sonoramente fischiato da gran parte dei presenti allo stadio;
   anche a fronte di questi ulteriori e gravi episodi il Presidente del Consiglio ha ritenuto di rimanere comunque allo stadio per assistere alla partita della sua squadra del cuore come un tifoso qualunque. Una scelta che, a giudizio dell'interrogante, è da considerarsi molto grave perché legittima, non solo a fronte dell'intera nazione, ma di tutti quei Paesi nei quali le immagini dei fatti dell'Olimpico sono stati trasmessi, che il calcio in Italia costituisca una zona franca nei confronti di qualsiasi legge, e che anche chi ricopre le più alte cariche istituzionali fa prevalere la propria passione calcistica su qualsiasi altra considerazione –:
   quali siano i motivi che hanno indotto il Presidente del Consiglio a recarsi alla finale di Coppa Italia del 3 maggio 2014 e per quali motivi non abbia ritenuto di abbandonare lo stadio dopo quanto verificatosi anche all'interno dello stadio stesso e riportato in premessa. (5-02731)


   FIORIO, BARGERO e GRIBAUDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il dissesto idrogeologico rappresenta una delle maggiori criticità del nostro Paese. Si tratta di un problema confermato dai dati: l'82 per cento dei comuni è esposto a rischio idrogeologico, 5 milioni e 700 mila i cittadini vivono in aree di potenziale pericolo e 1,2 milioni edifici insistono su queste aree;
   secondo dati recenti il costo complessivo dei danni provocati in Italia da calamità naturali è pari a circa 3,5 miliardi di euro all'anno e le risorse necessarie per fronteggiare gli effetti di questi eventi tendono ad aumentare di anno in anno;
   entrando nello specifico va sottolineato che il Piemonte è una delle regioni dove il rischio di dissesto idrogeologico è maggiore. In queste zone, negli ultimi 50 anni, frane e alluvioni hanno provocato 256 morti, 160 feriti e quasi 28 mila tra sfollati e senzatetto. In un territorio caratterizzato da un delicato equilibrio idrogeologico (le montagne occupano il 45 per cento della superficie regionale, e si registra in media un'alluvione ogni 18 mesi) si è cementificato più del dovuto: tra il 1960 e il 2009 il consumo del suolo è aumentato del 74 per cento, mentre la popolazione è cresciuta soltanto del 16 per cento. In questo contesto va poi evidenziato che la provincia di Torino è seconda solo a Napoli per popolazione l'87 per cento dei comuni e il 12,7 dei residenti: si tratta di numeri che evidenziano l'urgenza di interventi immediati a difesa del territorio;
   risulta quindi evidente come la prevenzione rappresenti lo strumento irrinunciabile per salvaguardare la salute dei cittadini, l'ambiente e per limitare, anche in termini finanziari, le gravi conseguenze delle calamità naturali;
   il 17 novembre 2010 è stato siglato l'Accordo di programma, integrato successivamente, tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la regione Piemonte, finalizzato alla programmazione ed al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico;
   tale accordo di programma era stato disposto dall'articolo 17 della legge numero 26 del 2010 che prevedeva la realizzazione di «Interventi urgenti nelle situazioni a più elevato rischio idrogeologico e al fine di salvaguardare la sicurezza delle infrastrutture e il patrimonio ambientale e culturale» per l'utilizzo dei finanziamenti stanziati dalla legge numero 191 del 2009;
   nella legge numero 26 del 2010 era stata disciplinata la nomina di commissari straordinari, da parte del Governo, per l'attuazione degli interventi urgenti di mitigazione del rischio idrogeologico;
   per quanto riguarda la regione Piemonte i fondi stanziati, dopo alcune rimodulazioni, aggiornamenti e quantificazioni, ammontano a 65.670.300 euro;
   con il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 aprile 2011 è stato nominato il commissario straordinario delegato per l'espletamento delle procedure relative alla realizzazione degli interventi per la regione Piemonte nella persona del professor Pietro Giovanni Bocca;
   conseguentemente il 21 dicembre 2011 è stato emanato il decreto n. 3 del commissario straordinario della regione Piemonte che ha come oggetto «l'individuazione di amministrazioni pubbliche e soggetti aventi finalità pubbliche, in qualità di Stazioni Appaltanti, per la progettazione degli interventi di cui all'Accordo di Programma del 17 novembre 2010 e successivo Atto Integrativo; procedure tecnico amministrative per la gestione degli interventi»;
   nell'allegato a tale decreto commissariale sono elencati gli interventi previsti che interessano tutte le province del Piemonte e numerosissimi comuni;
   con tale decreto commissariale sono state, in sintesi, autorizzate la progettazione preliminare e definitiva delle opere;
   in seguito a tale atto sono stati emanati successivamente, in base alle risorse disponibili nella contabilità speciale del commissario, specifici decreti che autorizzavano la progettazione esecutiva e l'esecuzione di alcune opere;
   l’iter della realizzazione delle opere ha subito gravi rallentamenti in seguito alle dimissioni del commissario, professor Pietro Giovanni Bocca;
   la mancata nomina del nuovo commissario sta causando conseguentemente gravi problemi per l'avanzamento dei lavori: risulta infatti all'interrogante che (nell'attuale fase commissariale vacante) molte opere, già progettate, avviate e finanziate, non possono essere completate, mentre altri interventi, già progettati, non hanno ancora avuto l'autorizzazione per l'inizio dei lavori;
   appare quindi chiaro che i ritardi relativi alla messa in sicurezza del territorio, soprattutto di natura burocratica, rischiano di mettere a repentaglio la vita di numerosi cittadini oltre a vanificare gli interventi già avviati ma non ancora terminati, soprattutto alla luce delle criticità di dissesto idrogeologico che gravano sul Piemonte –:
   per quali giustificati motivi non sia stato ancora nominato il nuovo commissario regionale del Piemonte e quando si intenda farlo;
   se quanto espresso in premessa, sui gravi ritardi relativi al completamento degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico in Piemonte, corrisponda al vero e quali iniziative urgenti intenda conseguentemente assumere per accelerarne l’iter. (5-02732)

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta immediata:


   ALLI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   all'interno di più complessi scenari di conflitto in varie parti del mondo continuano a persistere gravi fenomeni di intolleranza religiosa, che culminano in autentiche persecuzioni, in particolare, nei confronti dei cristiani –:
   quali azioni il Governo intenda mettere in atto nelle sedi internazionali per contrastare tali inaccettabili e gravissime forme di discriminazione. (3-00805)


   MANLIO DI STEFANO, RIZZO, DEL GROSSO, DI BATTISTA, SIBILIA, ARTINI, BASILIO, SCAGLIUSI, PAOLO BERNINI, CORDA, TOFALO, GRANDE, FRUSONE e SPADONI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   i due fucilieri della Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, sono da oltre due anni trattenuti ingiustamente in India, senza peraltro che per lungo tempo sia stato formulato alcun capo d'accusa, per una vicenda scaturita da un incidente avvenuto in alto mare e non nelle acque territoriali indiane;
   la Corte suprema indiana ha finora sempre negato la giurisdizione dello Stato italiano, senza adeguata motivazione peraltro, che, a giudizio degli interroganti, appare in palese violazione di una norma della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 (Montego Bay);
   nel febbraio 2014, dopo numerosi e pretestuosi rinvii, la procura generale di New Delhi alla fine ha formalizzato il capo d'imputazione nei confronti dei due militari, i quali sarebbero stati giudicati sulla base della legge antipirateria (Sua Act); il 28 marzo 2014, la Corte suprema indiana ha poi ammesso il ricorso presentato dalla difesa dei due fucilieri italiani contro la giurisdizione e l'utilizzo della Nia, la polizia antiterrorismo, nel processo a loro carico. Poiché ha dichiarato ammissibile il ricorso, la Corte stessa ha chiesto alla controparte, il Governo indiano e la Nia, di presentare le loro controdeduzioni. L'esame del ricorso dei marò contro la Nia slitta, dunque, a una nuova, futura udienza, che, peraltro, si sarebbe già dovuta tenere;
   senza voler comunque ripercorrere vicende ormai note, resta il fatto che i due fucilieri sono rappresentanti dello Stato impegnati nel contrasto alla pirateria conformemente alla legislazione italiana, al diritto internazionale e alle decisioni rilevanti del Consiglio di sicurezza dell'Onu;
   in risposta alla formalizzazione del capo d'imputazione all'ex inviato speciale del Governo, Staffan de Mistura, l'Italia ha consegnato all'India una nota verbale quale primo passo formale richiesto dalla prassi per richiedere un arbitrato internazionale presieduto da un arbitro internazionale, che giudicherebbe, però, non sul merito, ma sulla giurisdizione;
   lo stesso de Mistura era stato ascoltato il 26 marzo 2014 dalle Commissioni riunite difesa ed esteri di Camera e Senato in un'audizione nel corso della quale, dopo aver sostanzialmente ammesso che erano stati commessi troppi errori dei vari Governi succedutisi in questi due anni nella gestione di questa vicenda, ha affermato che «l'unica strada percorribile è l'internazionalizzazione costante della questione»;
   finora i passi compiuti dal Governo verso una scarcerazione dei nostri militari sono apparsi, a parere degli interroganti, vani e insignificanti e, a conti fatti, oggi Massimiliano Latorre e Salvatore Girone risultano privi di una copertura diplomatica specifica in balia delle incerte parole pronunciate dall'attuale Esecutivo, in attesa di «nuove figure di riferimento», come ha riferito il Ministro interrogato;
   nel frattempo le autorità italiane hanno deciso di ricorrere a strumenti internazionali di risoluzione delle dispute in base alle norme internazionali, aprendo, quindi, la strada all'arbitrato internazionale obbligatorio, ai sensi della Convenzione dell'Onu sul diritto del mare;
   fin dall'inizio della XVII legislatura, il MoVimento 5 Stelle ha tentato in ogni modo di impegnare i vari Governi a intraprendere azioni volte a una rapida soluzione del caso, assistendo, per converso, fino a questo momento a quello che appare agli interroganti un immobilismo imbarazzante;
   è necessario che venga garantito ai due fucilieri di Marina, con un rientro in Italia quantomeno temporaneo, il diritto al voto per le prossime elezioni europee, come già avvenuto durante il Governo Monti;
   tra poche settimane si insedierà il nuovo Governo indiano, con le conseguenti tempistiche e le inevitabili difficoltà che ne possono derivare per instaurare nuovamente un dialogo sulla vicenda –:
   quali iniziative intenda adottare innanzitutto per non lasciare i due fucilieri senza copertura diplomatica dopo quello che appare agli interroganti l'esautoramento, di fatto, dell'inviato speciale Staffan De Mistura e quale strategia il Governo intenda avviare per un'immediata soluzione della vicenda a causa dei tempi lunghi che la procedura di arbitrato comporterebbe. (3-00806)


   SCOTTO, MIGLIORE, MARCON, FAVA, DURANTI e PIRAS. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 2 maggio 2014, a colpi di bastone, lanci di pietre e molotov, filorussi e filoucraini si sono scontrati a Odessa, città portuale sul Mar Nero;
   negli scontri centinaia di militanti hanno attaccato una manifestazione per l'unità nazionale, alla quale partecipavano circa 1.500 persone. La polizia è intervenuta per separare i due campi, ma il bilancio è stato tragico;
   oltre alle vittime per gli scontri in piazza, almeno 38 persone sono morte in un incendio nella Casa dei sindacati della città. Una trentina di persone sono morte per l'intossicazione da fumo e altre 8 si sono schiantate al suolo dopo che si erano gettate dalle finestre dell'edificio per sfuggire alle fiamme;
   nell'edificio si sarebbero rifugiati i filorussi dopo gli scontri in città. Secondo alcune fonti russe, alcuni dei filorussi si sono lanciati dalle finestre per sfuggire alle fiamme. Alcuni sopravvissuti alla caduta, sarebbero stati circondati e bastonati dagli estremisti filo-Kiev;
   negli scontri fra le due fazioni sono morte, soltanto venerdì 2 maggio 2014, complessivamente 42 persone, mentre 125 sono i feriti;
   come risposta all'attacco di venerdì 2 maggio 2014, che ha portato al rogo nella Casa del Sindacato a Odessa, il 4 maggio più di 1.000 separatisti filorussi hanno attaccato, sempre ad Odessa, la sede della polizia locale per chiedere la liberazione dei manifestanti arrestati il 2 maggio 2014 durante gli scontri;
   sempre nello stesso giorno, migliaia di nazionalisti hanno marciato fino alla sede della polizia regionale. La folla, compresi una cinquantina di membri del gruppo paramilitare di ultradestra Pravi Sektor, si è poi diretta, senza disordini, verso la sede della Casa dei sindacati. Una volta arrivati hanno issato la bandiera ucraina, tolta e bruciata dai filorussi venerdì 2 maggio 2014;
   le dinamiche e le responsabilità di quanto accaduto ad Odessa non sono ancora del tutto chiare, tant’è che l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea, Catherine Ashton, ha chiesto una «inchiesta indipendente» su quanto avvenuto a Odessa. «L'Unione europea – si legge in un comunicato – è profondamente addolorata per i numerosi morti e feriti negli eventi di ieri a Odessa ed esprime sincere condoglianze alle famiglie di tutte quelle vittime di una cieca violenza. I fatti che hanno portato a questa tragica perdita di tante vite umane devono essere stabiliti in un'inchiesta indipendente ed i responsabili di questi atti criminali assicurati alla giustizia»;
   secondo fonti locali, nell'est la situazione starebbe ulteriormente precipitando verso una vera e propria guerra civile, confermando l'attacco sferrato dalle truppe ucraine ad altre due città, Mariupol e Kostjantynivka controllate dai separatisti filorussi nella regione di Donetsk;
   il Ministro degli interni ucraino Arsen Avakov ha confermato i nuovi attacchi, aggiungendo che le truppe di Kiev hanno preso anche il controllo del centro televisivo di Sloviansk, città dove nei giorni scorsi sono stati sequestrati gli osservatori Osce;
   negli scontri a Sloviansk una decina di persone, tra cui alcuni civili, è stata uccisa in un checkpoint fuori dalla città in uno scontro a fuoco. Numerosi altri feriti vengono segnalati da fonti indipendenti, in scontri tra le diverse fazioni e le forze di sicurezza sempre nell'est del Paese;
   la situazione in Ucraina è drammatica e le violenze in atto devono essere fermate quanto prima possibile. Ulteriormente è concreto anche il rischio di una catastrofe umanitaria nelle città dell'est, oramai da giorni bloccate, dove scarseggiano i medicinali e le forniture di alimenti;
   secondo quanto dichiarato dal Ministro della difesa Roberta Pinotti in un'intervista a la Repubblica il 4 maggio 2014: «La situazione è molto preoccupante e il Governo non la sottovaluta» ha poi aggiunto: «Non possiamo stare a guardare. Certo, senza agire da soli, ma attraverso l'Onu, la Nato e l'Unione europea. Parlare di invio di peacekeeper è prematuro, ma dobbiamo essere pronti. Al momento il nostro sforzo politico e diplomatico è quello di tornare allo spirito dell'accordo di Ginevra»;
   le parole del Ministro della difesa appaiono ambigue e fuori contesto, dal momento che nessuna delle organizzazioni da lei citate si sta muovendo nella direzione di organizzare una cosiddetta «una missione di pace»;
   ulteriormente le dichiarazioni del Ministro della difesa appaiono approssimative lì dove si fa un parallelismo con l'intervento italiano in Libano, rivelando la scarsa cognizione di quanto sta accadendo in Ucraina, esprimendo scarsa consapevolezza che le truppe italiane vengano riconosciute in Ucraina neutrali e al di sopra delle parti in conflitto come avvenuto in Libano;
   ad opinione degli interroganti, e come evidenziato da molti, il conflitto ucraino non ha certo bisogno di «prove muscolari», né di apparenti «missioni di pace», che porterebbero ad una sicura guerra, ma ha bisogno di riannodare il bandolo delle trattative che porti ad una soluzione diplomatica, che in questo momento appare l'unica possibile;
   come riportato dai fatti esposti, in questo momento la causa dell’escalation della crisi è l'offensiva militare dell'esercito ucraino contro i separatisti filorussi. È questa offensiva che va fermata al più presto possibile, in quanto rischia di provocare una guerra su più vasta scala;
   le responsabilità del fallimento di quanto raggiunto dall'accordo di Ginevra del 17 aprile 2014 sono diffuse. A partire dalle evidenti responsabilità del Presidente russo Vladimir Putin, che ha prima sostenuto un leader corrotto e autoritario come Yanukovic e poi ha supportato i separatisti, a quelle «occidentali» che hanno appoggiato quasi incondizionatamente l'offensiva ucraina;
   oggi come non mai è necessario che venga superato l'approccio arrogante e interventista della Nato per evitare quanto accaduto negli anni ’90 in Jugoslavia. La strategia di espansione della Nato ad Est è una delle cause principali di quanto sta accadendo in Ucraina oggi;
   la politica dell'allargamento della Nato ad Est, che ha portato all'adesione di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia (1999), Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia (2004), Albania e Croazia (2009), mentre, da un lato, ha portato molti vantaggi ai membri dell'Alleanza, indubbiamente, dall'altro lato, ha contribuito notevolmente a peggiorare le relazioni internazionali con la Russia e ad acuire la lotta geopolitica tra la Russia e l'Occidente;
   lotta geopolitica che ha prodotto anche tensioni e minacce di intervento militare in risposta allo scudo missilistico della Nato, portando all'installazione di numerosi missili Iskander M russi lungo il confine con la Polonia e i Paesi baltici Estonia, Lettonia e Lituania;
   è necessaria un'azione che tolga la Russia dal «complesso dell'accerchiamento», coinvolgendola anche in una forza di interposizione nel Paese e che, al tempo stesso, crei le basi per un'Unione europea politica e più libera dalle pressioni degli Stati Uniti sul continente;
   ad opinione degli interroganti, il «modello finlandese» di integrazione europea rappresenta un modello virtuoso di indipendenza per un Paese, come la Finlandia, a cavallo tra Europa ed area ex sovietica, caratterizzato dalla neutralità dello Stato, garantita dalla non adesione della Finlandia alla Nato e da un'adesione all'Unione europea avviata e raggiunta mantenendo ottimi rapporti di amicizia con la Russia;
   dalla sua indipendenza, nel 1917, la Finlandia ha promosso la neutralità internazionale come strumento utile alla conservazione della propria sovranità e integrità territoriale. Nel corso della seconda metà del ventesimo secolo la neutralità finlandese si è tradotta in una politica di non allineamento, fondata sul Trattato di amicizia, cooperazione e assistenza tecnica del 1948 con l'Unione sovietica. Con esso, pur non essendo entrato a far parte del blocco militare filosovietico, il Paese si è impegnato a difendere il proprio territorio da un attacco da parte della Germania o di Paesi ad essa alleati e a difendere il territorio sovietico in caso di attacco attraverso la Finlandia stessa. Parallelamente, Helsinki si è impegnata a non entrare in nessun tipo di alleanza diretta contro Mosca. Tale intesa ha permesso alla Finlandia di mantenere buoni rapporti con il suo vicino, pur conservando istituzioni democratiche e collaborando attivamente con i meccanismi di cooperazione occidentali – dal Fondo monetario internazionale e l'Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo alla Comunità economica europea;
   con il declino e la successiva scomparsa dell'Unione sovietica, il Paese ha perseguito una più risoluta politica di avvicinamento al blocco occidentale. Nonostante il mantenimento di forti legami commerciali con la Russia, la Finlandia ha presentato domanda di adesione alla Comunità europea nel 1992 ed è entrata a farne parte nel 1995 (il referendum dell'ottobre 1994 ha registrato il 57 per cento a favore dell'adesione e il 43 per cento contro). Dal 1999 essa è parte dell'unione economica e monetaria ed è l'unico Paese del Nord Europa ad aver adottato l'euro. Oggi la politica estera e di sicurezza finlandese punta sulla partecipazione alla politica estera e di sicurezza comune europea e sulla cooperazione multilaterale. Ciò non ha implicato la rinuncia alla neutralità del Paese. Helsinki, pur avendo preso parte, dopo il 1994, al programma Partnership for peace della Nato e avendo inviato le proprie truppe in missioni internazionali di peacekeeping, non ha avanzato domanda di ammissione all'Alleanza atlantica;
   una soluzione diplomatica, che parta dall'immediata applicazione dell'accordo di Ginevra sottoscritto da Russia, Ucraina, Usa e Unione europea il 17 aprile 2014, affinché si arrivi ad una soluzione vicina al «modello finlandese», appare oggi l'unica strada percorribile in questo momento per scongiurare un’escalation del conflitto al momento molto concreta –:
   se il Ministro interrogato sia in accordo con la posizione espressa dal Ministro della difesa sull'invio di proprie truppe anche attraverso la Nato e, in particolare, quali iniziative concrete intenda intraprendere, anche in sede di Unione europea, per far rispettare l'accordo di Ginevra del 17 aprile 2014, anche supportando l'iniziativa dell'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea, Catherine Ashton, per l'istituzione di una «inchiesta indipendente» su quanto avvenuto nei giorni scorsi a Odessa. (3-00807)


   AMENDOLA, SPERANZA, MANCIULLI, QUARTAPELLE PROCOPIO, BERLINGHIERI, BRAY, CASSANO, CHAOUKI, CIMBRO, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, GENTILONI SILVERI, KYENGE, LA MARCA, MONACO, NICOLETTI, PORTA, RIGONI, TIDEI, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   nell'ultima settimana la situazione nel sudest dell'Ucraina è sempre più fuori controllo e la drammatica escalation della violenza ha visto episodi di vera e propria guerra civile; si fanno più cruenti gli scontri armati tra i filorussi, che occupano la città di Sloviansk, e le forze armate di Kiev e, secondo il Ministero degli interni ucraino, ci sarebbero vittime anche tra i civili. Il Ministero accusa, inoltre, i ribelli di usare la popolazione come «scudi umani» e, citando testimonianze, di dar fuoco alle case;
   il 2 maggio 2014 ad Odessa, nel sud dell'Ucraina, durante gli scontri tra nazionalisti ucraini e separatisti, è stato appiccato il fuoco nella sede dei sindacati ed hanno perso la vita quasi 50 persone, in seguito un gruppo di separatisti filorussi ha preso d'assalto il commissariato e ha costretto le autorità a liberare circa 60 attivisti arrestati in merito ai suddetti scontri;
   il Presidente ad interim ucraino, Oleksandr Turcinov, ha dichiarato ai microfoni della televisione ucraina 5 TV che la Russia «è in guerra» con il suo Paese e che il sostegno russo ai separatisti nell'est del Paese è «un problema colossale»;
   il 25 aprile 2014 sette osservatori dell'Osce e 4 militari ucraini che li accompagnavano sono stati rapiti dai separatisti filorussi a Sloviansk nell'Ucraina orientale e sono stati rilasciati solo 8 giorni dopo;
   secondo il Ministero della difesa ucraino, nei giorni scorsi, a Sloviansk sono stati abbattuti due elicotteri Mi-24 con l'aiuto di un complesso portatile per la difesa aerea e si sono registrati un pilota morto e dei feriti;
   il 2 maggio 2014 il Presidente americano, Barack Obama, nel corso della conferenza stampa alla Casa Bianca con la cancelliera tedesca Angela Merkel, ha dichiarato che gli «Stati Uniti e Germania sono uniti contro le azioni illegali della Russia in Ucraina e determinati a coordinare le proprie azioni, comprese le sanzioni contro Mosca. Siamo pronti a nuovi passi se la Russia continua con la sua invasione» dell'Ucraina e la stessa Merkel ha avvertito che «se la situazione in Ucraina non si stabilizza nuove sanzioni contro la Russia saranno inevitabili»;
   il 5 maggio 2014 la Russia, in una nota del Ministero degli esteri, ha lanciato un nuovo appello alle autorità di Kiev affinché si fermino gli scontri nelle regioni orientali dell'Ucraina, si ritirino le truppe e si apra un negoziato; poiché se non si ferma l’escalation di violenza, il conflitto «minaccerà» la pace in tutta Europa. In un comunicato, il Ministero degli esteri russo ha paventato un'imminente «catastrofe umanitaria» nelle «città dell'est bloccate» dall'esercito ucraino, dove «si constata l'inizio di una penuria di medicinali e l'interruzione della fornitura di alimenti»;
   secondo notizie delle ultime ore, parrebbe che la Camera pubblica russa – organo consultivo della Duma che riunisce rappresentanti della società civile – intende appellarsi all'Onu e al Consiglio d'Europa per proporre il rinvio delle elezioni in Ucraina, previste per il 25 maggio 2014. Già il Cremlino, tramite il portavoce Dmitri Peskov, aveva definito «assurdo parlare di elezioni» dopo l'avvio dell'offensiva governativa nell'est dell'Ucraina;
   il 5 e 6 maggio 2014 si è tenuto a Roma il «G7 energia», con all'ordine del giorno la necessità dell'Europa di accelerare l'integrazione in ambito energetico; Mosca, infatti, garantisce il 30 per cento dei consumi di gas europei, oltre la metà dei quali transitano attraverso il territorio ucraino;
   il New York Times ha fatto una valutazione complessiva sulla dipendenza energetica, dalla quale emerge che Slovacchia, Lituania e Polonia sono i Paesi membri potenzialmente più esposti ad uno shock energetico causato dall'interruzione delle importazioni dalla Russia. L'Italia rimane nella parte bassa, con il 28 per cento, ai livelli della Germania (30 per cento) e poco sopra la Francia (17 per cento). Nel complesso, il 42 per cento del fabbisogno energetico dell'Unione europea dipende dalla Russia;
   inoltre, oltre al settore energetico, l'Unione europea è il primo partner commerciale per Mosca e la Russia è il terzo partner per l'Unione europea –:
   quali siano i passi che il Governo italiano intende compiere per concorrere a bloccare l’escalation di scontri e violenze in Ucraina, per scongiurare un ulteriore inasprimento delle condizioni sul terreno e per assicurare una piena implementazione degli accordi di Ginevra. (3-00808)


   PICCHI, BERGAMINI e PALESE. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, ha richiamato l'attenzione della comunità internazionale sulla situazione creatasi in Ucraina, nelle città circondate dall'esercito ucraino, dove mancherebbero farmaci e cibo;
   l'acuirsi della tensione e delle violenze nelle regioni del sud-est del Paese va nella direzione opposta a quella indicata dall'intesa sottoscritta a Ginevra il 17 aprile 2014, che prevedeva un impegno del Governo russo per l'attuazione degli accordi al fine di contribuire a disinnescare gli scontri in Ucraina che hanno causato vittime e hanno innescato una guerra civile che è necessario fermare, sia nell'interesse dell'Ucraina stessa, che di tutta la regione e dell'intera comunità internazionale;
   il Ministro interrogato si è detto pronto a sostenere misure sanzionatorie, sempre restando nell'ambito della cosiddetta fase 2, quella delle sanzioni mirate, e ha affermato che «la Nato non è il terreno più utile per risolvere la crisi», puntando, invece, sulle istituzioni internazionali;
   molti Paesi europei, in particolar modo la Germania, Paese che, in ogni caso, ha più da perdere dall'isolamento della Russia, chiedono una seconda conferenza di Ginevra, con un giusto bilanciamento tra pressione politica e offerta diplomatica, per scongiurare lo scontro militare aperto in Ucraina;
   il 5 e 6 maggio 2014, a Vienna, si è tenuta la sessione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, che coincide, peraltro, con il 65o anniversario della firma dello Statuto di Londra del 5 maggio 1949, che ha conferito al Consiglio d'Europa una Costituzione formale;
   durante l'inaugurazione di tale sessione è stato sottolineato come ancora oggi pace, stabilità e benessere non siano traguardi scontati e come passato e presente testimonino che l'impegno per mantenere queste conquiste vada mantenuto costante;
   il dipartimento d'informazione del Ministero degli affari esteri russo ha reso noto che il Ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, parteciperà alla riunione ministeriale del Consiglio d'Europa a Vienna e, in particolare, interverrà al dibattito politico sul tema «I valori del Consiglio d'Europa e la stabilità in Europa: le sfide attuali»;
   il Ministero degli esteri austriaco ha dato per certo l'incontro a Vienna, durante una cena di lavoro, di Sergei Lavrov e Andriy Deshchytsa, Ministri degli esteri di Russia e Ucraina;
   nel contempo, gli Stati Uniti rafforzano le pressioni sugli alleati europei per applicare, senza alcuna concessione o sbavatura, le sanzioni già in vigore contro la Russia per la crisi ucraina e puntano a preparare il terreno alle misure più dure – su cui l'Unione europea è riluttante – contro specifici settori dell'economia russa;
   al fine di imporre un'accelerazione a tali ulteriori sanzioni, «se Mosca continuerà nel suo comportamento destabilizzante ed illegale», il Sottosegretario al tesoro degli Stati Uniti, con delega all’intelligence finanziaria e all'antiterrorismo, David Cohen, sarà in settimana in Europa e vedrà gli omologhi di Gran Bretagna, Francia e Germania;
   il capo della diplomazia britannica, William Hague, a Vienna per la riunione ministeriale del Consiglio d'Europa, ha dichiarato che «la Russia sembra avere l'intenzione di impedire e perturbare» le elezioni presidenziali che si terranno in Ucraina il 25 maggio 2014 –:
   come il Governo italiano intenda, nel solco della continuità della politica estera italiana, creare un quadro bilanciato di pressione politica e offerte diplomatiche per preparare il terreno a una soluzione politica ed evitare una contrapposizione frontale tra Unione europea e Russia e come intenda esercitare il proprio ruolo in Europa, anche sulla scorta di ottimi rapporti con la Russia, ereditati dalla linea di politica estera sviluppata dai Governi di centrodestra, al fine di rafforzare un processo politico e costituzionale in Ucraina che includa tutti, sullo sfondo della cooperazione tra Usa, Europa e Russia per la stabilizzazione ucraina. (3-00809)


   BINETTI, BUTTIGLIONE, CESA e GIGLI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   si registra un continuo aumento delle violazioni commesse contro individui e gruppi sociali attuati sulla base della loro appartenenza religiosa o della loro fede;
   questo è quanto emerge dal Rapporto 2013 sulla situazione della libertà di religione o fede nel mondo, preparato dal Gruppo di lavoro del Parlamento europeo creato sulla scorta della decisione del Consiglio dell'Unione europea del 2013 di varare delle linee guida per la tutela del diritto alla libertà di religione nel mondo;
   secondo il rapporto sono 25 i Paesi di «particolare preoccupazione», 15 dei quali sono segnalati addirittura come «gravi violatori» della libertà di religione e fede (Cina, Egitto, Eritrea, India, Iran, Iraq, Corea del Nord, Libia, Mali, Nigeria, Pakistan, Arabia Saudita, Siria, Tunisia e Uzbekistan). Per i cristiani, in particolare, «la Corea del Nord rimane il Paese più difficile al mondo»: tra 50 mila e 70 mila cristiani sono detenuti in «spaventosi campi di prigionia». Anche in Eritrea, che pure riconosce cattolicesimo e ortodossia come fedi ufficiali, risultano detenuti tra i 2 mila e i 3 mila cristiani;
   altro Paese che vive una situazione a dir poco drammatica è la Nigeria, dove tra il novembre 2011 e l'ottobre 2012 si sono avuti ben 791 dei 1.201 assassinii di cristiani registrati in tutto il mondo, mentre l'Arabia Saudita presenta delle pesanti discriminazioni per i cittadini o i residenti non musulmani;
   in totale secondo l'Ocse sarebbero oltre 100 milioni i cristiani perseguitati, mentre la Commissione episcopale dell'Unione europea, Comece, parla di una cifra doppia;
   la scorsa settimana hanno fatto il giro del mondo le foto dei cristiani crocifissi a Raqqa in Siria, Paese in cui le persecuzioni organizzate hanno fatto scendere il numero dei cristiani da due milioni a circa quattrocentomila –:
   se non ritenga di adottare ogni utile iniziativa presso le organizzazioni internazionali, ed in primis presso l'Unione europea, al fine di dare alla questione della libertà religiosa un ruolo cruciale nello stabilire rapporti e nello stringere negoziati con i Paesi terzi. (3-00810)


   BORGHESE e MERLO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia oggi nel mondo è rappresentata attraverso le strutture consolari e le ambasciate, che svolgono un ruolo importante per la cooperazione politica, la promozione delle relazioni economiche, la cooperazione allo sviluppo, la cooperazione culturale e scientifica e per i servizi ai cittadini residenti all'estero o che si recano all'estero per studio o vacanze;
   il Movimento associativo italiani all'estero (Maie) da tempo denuncia politicamente la chiusura di numerose sedi istituzionali all'estero e i disagi dei connazionali ivi residenti. Sono oltre 4 milioni gli italiani residenti all'estero;
   tanto avviene in ottemperanza alle disposizioni normative contenute nel decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, concernente la cosiddetta spending review;
   seppur la ristrutturazione della rete degli uffici all'estero ottemperi ad una prescrizione normativa, la sua attuazione e la ridistribuzione degli uffici consolari e delle ambasciate deve esser realizzata in armonia con gli altri partner europei, tenendo in debito conto i nuovi scenari internazionali e geopolitici;
   per l'attuazione del piano di ridistribuzione degli uffici italiani all'estero la legge 6 novembre 1989, n. 368, all'articolo 3, comma 1, prevede un parere preventivo ed obbligatorio del Consolato generale degli italiani all'estero –:
   come mai si sia proceduto con il piano di chiusure, nonostante il parere negativo del Consiglio generale degli italiani all'estero, senza neanche consultare i 18 parlamentari eletti all'estero, e se il Ministro interrogato non ritenga di dover sospendere la riorganizzazione della rete consolare italiana, così come definita dal precedente Governo, al fine di avviare nelle opportune sedi, anche parlamentari, un confronto con quanti, istituzionalmente, si occupano delle problematiche relative ai cittadini italiani residenti all'estero, eletti all'estero, associazioni, Comites e Consolato generale degli italiani all'estero. (3-00811)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE ROSA, TERZONI, MANNINO, BUSTO, SEGONI, ZOLEZZI, MICILLO e DAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la situazione dei consigli direttivi dei parchi nazionali italiani appare ingiustificatamente precaria: su 23 parchi nazionali, solo 3 hanno i consigli direttivi correttamente in carica. Negli altri 20 opera il solo presidente, in alcuni casi da oltre tre anni;
   in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 73 del 2013, tra pochi mesi (tra giugno e agosto 2014), tutti i presidenti dei parchi nazionali italiani perderanno la possibilità di operare con i poteri del consiglio e anche atti ordinari, come una variazione di bilancio, saranno impossibili da realizzare per gli Enti parco;
   attraverso il citato decreto n. 73 del 2013, i consigli dei parchi sono stati ridotti a 8 membri nominati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dei quali 4 designati dalla comunità del parco e 4 nominati in rappresentanza rispettivamente dei Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'ISPRA e delle associazioni ambientaliste;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 73 del 2013 è stato emanato nell'aprile 2013 e, nonostante precise scadenze, finora non è stato individuato un solo consiglio direttivo dei parchi interessati;
   per l'operatività dell'organo è sufficiente che almeno 4 consiglieri siano nominati, ma a un anno di distanza, appare incomprensibile il motivo per cui non siano stati ancora individuati almeno i 4 consiglieri di competenza del Ministero;
   inoltre, ancora più incomprensibile, a parere degli interroganti, è la motivazione per cui, laddove le comunità del parco hanno designato i propri membri, non si sia proceduto alla loro nomina –:
   se e quali iniziative il Governo intenda intraprendere per garantire il rispetto delle previsioni normative succitate. (5-02733)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TOFALO, COLONNESE, MASSIMILIANO BERNINI e BENEDETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 27 marzo 2014 una frana ha intaccato la discarica di Macchia Soprana a Serre (SA). Lo smottamento ha travolto il muro e numerosi pali di contenimento di cemento della «vasca A»;
   la struttura è compromessa in quanto il percolato non è più incanalato dall'impermeabilizzazione della discarica e defluisce direttamente nel Sele, la sua posizione geografica aggrava la situazione in quanto il percolato, defluito nel Sele, attraversa inquinando l'Oasi WWF di Serre-Campagna e la riserva naturale foce Sele-Tanagra;
   questo espone a pericoli gravi la salute dei cittadini, compromette la tutela ambientale e peggiora l'attuale condizione del litorale di Battipaglia da cinque anni non balneabile per inquinamento;
   la discarica è chiusa dal 2010 e ospita tutti i rifiuti dell'ultima emergenza. Essa è oltre il suo limite, infatti sono presenti 80000 tonnellate di rifiuti a fronte delle 8000 tonnellate previste dal progetto della discarica –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non intenda assumere ogni iniziativa, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, per verificare lo stato dei luoghi e il livello di inquinamento dell'area, anche alla luce del cedimento del perimetro della discarica. (4-04715)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante, nelle interrogazioni a risposta scritta n. 4-02232 e n. 4-03771, pubblicate rispettivamente in allegato ai resoconti delle sedute n. 101 di lunedì 21 ottobre 2013 e n. 181 del 27 febbraio 2014, alle quali a tutt'oggi non è stata purtroppo ancora data risposta, ha già diffusamente descritto la situazione che si verifica nell'acerrano, che viene costantemente denunciata da due cittadini meritoriamente impegnati in una costante opera di denuncia e sensibilizzazione dell'opinione pubblica rispetto alla inaccettabile contaminazione ambientale di quel territorio;
   Alessandro Cannavacciuolo e Antonio Montesarchio sono esponenti dell'associazione ambientalista «Guardie ambientali» che ha sede in Acerra (Napoli). Tale associazione, costituita da una decina di aderenti, ha lo scopo di constatare, individuare e segnalare agli organi preposti i siti dove verosimilmente sono nascosti rifiuti pericolosi e non;
   Cannavacciuolo e Montesarchio hanno trasmesso all'interrogante la circostanziata denuncia presentata dagli stessi il 27 marzo 2014 presso il commissariato di pubblica sicurezza di Acerra circa la situazione di un terreno ubicato in località Lenza/Schiavone di Acerra, nell'area nord al confine con il comune di Maddaloni (Caserta), le cui coordinate satellitari GPS sono state così indicate dai medesimi: 40° 59’ 36.67” nord-14° 23’ 20.88” est;
   gli stessi hanno altresì trasmesso all'interrogante copia della «ratifica verbale di denuncia-querela» presentata per iscritto lo scorso 4 aprile presso il commissariato di pubblica sicurezza di Acerra (Napoli), con la quale Cannavacciuolo e Montesarchio chiedevano il sequestro del terreno;
   un canale informativo dei due cittadini sopra citati, infatti, aveva segnalato che in tale località era possibile notare che una fetta di terreno di circa 24.000 metriquadrati si presentava con un livello superiore rispetto ai terreni circostanti. Dal terreno medesimo fuoriuscivano diverse tipologie di rifiuti come plastica frantumata, pezzi di metallo, bulloni industriali inox e strani bastoncini colorati in plastica della lunghezza di circa 6 centimetri, oltre che altri rifiuti non meglio indicati dai segnalanti;
   tale circostanza sarebbe anche confermata da un accertamento compiuto nei primi giorni del mese di aprile dal dipartimento di Napoli dell'ARPAC Campania, in seguito ad ispezione effettuata in data 31 marzo 2014 da personale del suddetto ente sollecitato dalla polizia municipale di Acerra (prot. ARPAC, n. 18316 del 28 marzo 2014);
   in seguito a tale segnalazione, Cannavacciuolo e Montesarchio hanno svolto un sopralluogo nel corso del quale constatavano la veridicità della segnalazione ricevuta, notando peraltro che il terreno in questione, pur essendo completamente cosparso di residui inquinanti mischiati al terreno stesso, era stato coltivato, presumibilmente dal proprietario, per la produzione di patate;
   desta particolare preoccupazione la circostanza per la quale la suddetta produzione si avvia nei prossimi giorni all'avvenuta maturazione e tutto lascia presupporre che il proprietario, in assenza di un intervento emergenziale della pubblica autorità, sia intenzionato a procedere al raccolto e alla commercializzazione dei tuberi coltivati in un'area inquinata non si sa bene da quale tipo di rifiuti;
   secondo una visura storica per immobile del 28 aprile dai servizi catastali dell'ufficio provinciale di Napoli dell'Agenzia delle entrate, il terreno in oggetto risulta essere stato – dal 1999 al 2007 – di proprietà dei fratelli Cuono, Giovanni e Salvatore Pellini sui quali attualmente pendono procedimenti penali presso il tribunale di Napoli per reati concernenti il traffico illecito di rifiuti –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra illustrati e se non ritengano doveroso utilizzare tutti i poteri in loro possesso al fine non solo di evitare che le patate coltivate nel suddetto terreno, una volta raccolte, entrino nella catena alimentare, ma anche di sorvegliare l'area affinché non sia coltivata in futuro;
   quali iniziative il Governo intenda assumere per tutelare i signori Cannavacciuolo e Montesarchio la cui incolumità è messa in pericolo a causa della loro meritoria ed encomiabile attività di denuncia dello scempio ambientale che quotidianamente si compie nell'area dell'acerrano. (4-04726)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le indagini e gli scavi in corso in Puglia, da parte delle autorità inquirenti, stanno portando alla luce una situazione ambientale critica, che riguarda tanto il Salento, quanto la zona di Capitanata; sulla base delle dichiarazioni rese dai pentiti Carmine Schiavone e Silvano Galati e delle inchieste degli scorsi anni, le autorità stanno ricostruendo il percorso e la destinazione di veleni che attraversano tutta Italia e, nel caso specifico, la Puglia;
   tuttavia, una inchiesta coordinata dal PM Giorgio Gava, denominata «Operazione Houdini», conclusasi con l'arresto dei responsabili nel 2004, con la conferma della condanna ad opera della Corte di Cassazione, ha evidenziato come anche altre zone di Puglia siano state interessate dallo smaltimento di rifiuti;
   l'inchiesta condotta dai carabinieri del nucleo ambientale ha riguardato l'attività della Nuova Esa di Marcon (Venezia) e della Servizi Costieri di Mestre (Venezia). L'operazione ha stroncato un traffico di migliaia di tonnellate di rifiuti tossici, spacciati per innocui, che venivano smaltiti in discariche di molte parti di Italia. Per farlo, tra l'altro, erano state miscelate diverse tipologie di rifiuti in modo illegale, modificandone i codici di riconoscimento;
   i rifiuti tossici trattati dalla Nuova Esa e stoccati dalla Servizi Costieri, hanno interessato, tra gli altri luoghi, secondo i risultati dell'inchiesta, anche Modugno (Bari), dove sono finite 61 tonnellate di solfuri. L'inchiesta, tuttavia, non specifica quale luogo di Modugno sia stato utilizzato per lo smaltimento illecito e va considerato che Modugno non ha nel suo territorio una discarica, dato che si serve della discarica di Giovinazzo (Ba);
   sarebbe importante accertare precisamente in quale luogo siano stati smaltiti i solfuri e quali danni abbiano provocato nel corso degli anni –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
   abbiano maggiori elementi e informazioni riguardo ai luoghi utilizzati per l'occultamento dei rifiuti tossici, nella zona di Modugno;
   se risulti e quando siano stati informati i prefetti, e i vertici della polizia di Stato in carica in quel momento e se siano stati trasmessi loro gli atti dell'inchiesta citata;
   quali iniziative urgenti di competenza intendano adottare in materia. (4-04728)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta immediata:


   ANDREA ROMANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   secondo la «direttiva Barnier» del 2012 sulla gestione collettiva del diritto d'autore, approvata nel mese di febbraio 2014, alle collecting society sarà consentito operare su tutto il territorio europeo e gli autori potranno scegliere di farsi rappresentare liberamente da una qualsiasi di queste, senza essere obbligati (come succede in Italia) a iscriversi a quella che nel loro Paese detiene l'esclusiva. Inoltre, queste società saranno soggette ad osservare obblighi molto più stringenti, in un'ottica di maggiore trasparenza ed efficienza;
   in essa viene sottolineata l'opportunità che gli organismi di gestione collettiva stabiliti nell'Unione europea possano beneficiare delle libertà sancite dai trattati nel rappresentare titolari dei diritti residenti o stabiliti in altri Stati membri o nel concedere licenze a utilizzatori residenti o stabiliti in altri Stati membri;
   l'avvento del digitale e la rapida evoluzione della natura dei modelli di business legati all'odierna tecnologia hanno evidenziato la necessità di rivedere profondamente la normativa in vigore in materia dei diritti d'autore;
   tale necessità di modernizzazione ha investito anche la gestione dei diritti svolta da società di gestione collettiva per conto dei titolari dei diritti, ove si è progressivamente creato uno scollamento tra gli interessi dei titolari, degli utilizzatori e, più in generale, dei consumatori e la gestione dei proventi raccolti;
   poiché le società concedono licenze su diritti per conto di titolari dei diritti nazionali ed esteri, il loro funzionamento ha un impatto fondamentale sullo sfruttamento degli stessi in tutto il mercato interno;
   a livello europeo si nota una sensibile articolazione dei diversi modelli adottati in materia di copyright collecting society;
   la Siae è espressione di un monopolio di diritto, che tende a limitare, per mezzo di rapporti di esclusiva, la facoltà di autori o altri titolari dei diritti di svolgere autonome negoziazioni e di selezionare quale società di intermediazione e raccolta offra le condizioni più vantaggiose;
   i possibili vantaggi di una posizione monopolistica (e, di conseguenza, la presenza sul mercato di un unico operatore) sono ormai superati, ma a ciò deve poi aggiungersi il fatto che le collecting society agiscono per la realizzazione non di un proprio interesse, ma degli interessi dei propri iscritti e che, come sottolineato anche dalla Corte di giustizia europea, nell'analizzare il mercato in questione occorre considerare attentamente tutti i possibili interessi in gioco;
   non vi è alcuna sostanziale differenza tra le dinamiche del mercato dell'intermediazione dei diritti connessi di artisti, interpreti ed esecutori e quelle del mercato dei diritti degli autori: appare evidente che, stante l'omogeneità delle dinamiche di mercato, nel settore dei diritti connessi ed in quello dei diritti d'autore, non si può «liberalizzare» un mercato e mantenere il monopolio su quello attiguo senza violare l'articolo 3 della Costituzione;
   maggiori, poi, sono le incompatibilità con il diritto comunitario sotto vari aspetti. Ad esempio, la violazione del diritto di stabilimento: la proposta di direttiva sulle collecting society e, ancor prima, la decisione Cisac della Commissione europea consentono alle società di gestione collettiva di operare anche al di fuori dei confini nazionali. Quindi, il divieto per una società di stabilirsi in Italia sarebbe in contrasto con il principio di libertà di stabilimento stabilita dal Trattato;
   allo stesso modo, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia europea, deve ritenersi che le collecting society non siano incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale e, quindi, non siano riconducibili al novero delle società per cui è giustificato un regime di monopolio secondo l'articolo 106 del Trattato;
   anche nella relazione del Parlamento europeo su «Un quadro comunitario per le società di gestione collettiva dei diritti d'autore», si afferma, a chiare lettere, l'urgenza di «rivedere le strutture monopolistiche esistenti e limitarle eventualmente a quei settori in cui sia stato dimostrato che non esiste alcuna alternativa per assicurare la necessaria tutela degli interessi degli autori»;
   infine, il settore delle collecting society spinge naturalmente verso la creazione di monopoli di fatto e non vi sarebbe ragione alcuna per assicurare questa situazione monopolistica ex lege. Una simile restrizione alla libertà di stabilimento risulterebbe una misura sproporzionata agli obiettivi che lo Stato intende perseguire –:
   se non intenda, alla luce dell'approvazione della citata direttiva, ferme restando le valide competenze all'interno della Siae e l'importante know how maturato nel settore dell'intermediazione dei diritti d'autore, adottare iniziative normative tese all'abolizione dell'esclusiva sul diritto d'autore a favore della Siae, alla predisposizione di controlli effettivi sulla governance delle future società di gestione collettiva, alla fissazione dei requisiti minimi finalizzati alla costituzione di una collecting society. (3-00803)

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI, TOFALO e BENEDETTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la riserva naturale statale delle Saline di Tarquinia (decreto ministeriale 20/0171980) comune di Tarquinia (VT), estesa su un'area di circa 193 ettari, dei quali circa il 70 per cento occupati dai bacini dove avveniva la produzione del sale, è classificata come area umida iperalina;
   la riserva ed il borgo ottocentesco annesso, sono sottoposti a vincoli archeologici e naturalistici di tutela ambientale con 1 istituzione della riserva naturale di popolamento animale «Saline di Tarquinia» (decreto ministeriale 25 gennaio 1980 del Ministero dell'agricoltura), e la designazione come SIC (sito di importanza comunitaria – IT6010025) e Z.P.S. (zona di protezione speciale – IT6010026) in base alla direttiva «Habitat» e alla direttiva «Uccelli»;
   l'intero complesso della salina di Tarquinia, impianto di produzione del sale e borgo ottocentesco, è stato oggetto di diversi finanziamenti comunitari e regionali occorsi negli ultimi dieci anni allo scopo del recupero ambientale dell'area lagunare e di una valorizzazione multifunzionale del patrimonio edilizio;
   i fondi utilizzati e finanziati con fondi europei e/o regionali ammontano a circa 1.500.000 euro e sono terminati nel corso del 2007/08;
   lo stato degli edifici del borgo delle saline, oggetto di finanziamento e ristrutturazione, versano attualmente in completo stato di abbandono e di decadimento sia interno che esterno;
   lo stato in cui si trovano gli edifici del borgo ottocentesco delle saline di Tarquinia, invece di essere un'opportunità di crescita economica ed occupazionale per la comunità locale, rappresentano un esempio dell'inefficienza della pubblica amministrazione e di spreco di denaro pubblico –:
   se sia al corrente della problematica illustrata in premessa e quali iniziative per quanto di competenza intenda intraprendere per porre fine a questo stato di totale abbandono di un bene pubblico, considerati i consistenti investimenti di denaro pubblico, regionale e comunitario, utilizzati a vuoto. (4-04711)

DIFESA

Interrogazione a risposta immediata:


   MARCOLIN, GIANLUCA PINI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la missione militare marittima in corso nel Mediterraneo sotto la denominazione di Mare Nostrum è stata avviata dal Governo senza che sia stata esperita alcuna procedura parlamentare di autorizzazione, con la duplice finalità di salvaguardare la vita umana in mare e dissuadere i migranti clandestini dal tentare la traversata verso le coste del nostro Paese;
   il Governo ha ritenuto di poter procedere in questo modo, asserendo che l'intervento della Marina militare non necessitava di risorse aggiuntive, essendo interamente coperto dagli stanziamenti ordinari del bilancio del Ministero della difesa;
   in assenza di dati ufficiali, a parte quelli concernenti le fasi iniziali dell'intervento, i costi di Mare Nostrum sono stati calcolati pari a non meno di 300 mila euro al giorno dalla stampa specializzata, che li ha desunti dalla somma degli oneri di funzionamento dei mezzi impiegati;
   a quanto è dato leggere su queste fonti, l'attività di una fregata classe Maestrale costerebbe all'incirca 60 mila euro al giorno, quella di una San Marco 45 mila, mentre quella dei pattugliatori sarebbe di poco inferiore ai 15 mila;
   a tali costi vanno poi aggiunti quelli di esercizio degli aeromobili, gli elicotteri AB-212 ed i droni, che si aggirano sui 4 mila euro ad ora di volo, mentre per gli EH-101 ed il Breguet Atlantic si va dai 7 mila ai 13 mila euro;
   se si sommano, altresì, le indennità spettanti al personale ed i costi della manutenzione necessaria per l'uso straordinario dei mezzi, la spesa finale per Mare Nostrum dovrebbe attestarsi tra i 10 ed i 14 milioni di euro al mese;
   se la missione ha avuto successo sotto il profilo della salvaguardia della vita in mare, non altrettanto può dirsi relativamente alla dissuasione dell'immigrazione clandestina. Il solo porto di Augusta ha ricevuto il 2 maggio 2014 ben 1170 migranti, in occasione del 45o approdo alle sue banchine di nostre navi militari cariche di clandestini da quando Mare Nostrum ha avuto inizio –:
   quali siano i costi effettivi giornalieri e mensili dell'operazione Mare Nostrum e quali voci del bilancio ordinario del Ministero della difesa siano state sacrificate per permetterne lo svolgimento. (3-00804)

Interrogazione a risposta orale:


   CAUSIN. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   le previsioni di spesa per il 2014 contenute nel documento di economia e finanza hanno posto nuovamente l'attenzione sulla problematica, ormai ciclica, inerente all'effettiva necessità di investimenti militari e sui reali benefici indotti da una riduzione di spesa in tal senso;
   il Ministro ha preannunciato l'emanazione di un Libro bianco in grado di individuare le esigenze delle Forze armate, che possa dare delle indicazioni precise dei tagli da applicare al settore difesa, che non riguardano esclusivamente gli F-35. La messa a punto di un Libro bianco è dunque un obiettivo importante, soprattutto in un momento di pace in cui il finanziamento pubblico delle imprese militari è visto con maggiore sospetto;
   l'ampio debito pubblico consentirà all'Italia investimenti più limitati. A tal riguardo, si è parlato di una possibile riduzione del programma di acquisto dei caccia F35. Nello specifico, il Governo ha fermato per ora gli ordini del velivolo a 11 esemplari con il completamento del lotto 9 di produzione a basso rateo in attesa di «un'analisi a 360 gradi dell'intero sistema Difesa»;
   il Ministro della difesa, Roberta Pinotti, ha di recente dichiarato che: «una razionalizzazione, una revisione del programma degli F35 è fattibile: lo stanno facendo anche altri stati come l'Olanda», mentre il capo di Stato maggiore della difesa, Luigi Binelli Mantelli, intervenendo sulle parole del Ministro, ha precisato che: «Gli F35 saranno il futuro delle forze aeree per i prossimi 40-50 anni», un futuro a cui «non c’è alternativa»;
   dunque, il Ministro ha più volte ribadito la necessità di un razionale equilibrio nella valutazione delle scelte, tra le esigenze della difesa da una parte e la serietà verso le imprese che hanno investito su questo programma dall'altra, mentre il capo di Stato maggiore è convinto della validità del programma al punto da evidenziare come la politica debba «garantire una pianificazione di lungo termine alla macchina militare»;
   i motivi per ridurre o cancellare il programma F-35 non riguardano solo il suo ingente costo d'acquisizione e di gestione della flotta, ma un insieme di valutazioni legate agli interessi nazionali. Infatti, la valutazione del costo reale dei velivoli sembrerebbe di difficile fattibilità, dal momento che l'F-35 non è stato ancora completamente sviluppato e soprattutto la versione B presenta notevoli problemi. Dunque ogni ritardo e ogni problema tecnico che emerge, comporta milioni di costi aggiuntivi che ricadono sugli acquirenti;
   inoltre, per capire meglio l'urgenza di decisioni da prendere è sufficiente evidenziare quanto rilevato dal generale Christopher Bogdan, a capo del programmi statunitense F-35, che ha dichiarato che ogni slittamento o cancellazione delle commesse degli alleati provoca un incremento di costo del 2/3 per cento per gli F-35 acquistati dal Pentagono –:
   alla luce delle nuove dichiarazioni e delle nuove proiezioni di razionalizzazione e tagli della spesa contenuti nel DEF per il 2014 e annunciati per il comparto difesa, quali siano i tempi previsti per la formalizzazione degli eventuali tagli al settore, nello specifico legati al ridimensionamento della flotta degli F35.
(3-00802)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZETTO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da un articolo del Messaggero Veneto del 4 maggio 2014, intitolato «Missioni all'estero, malattia e dramma», che ad un maresciallo dei carabinieri in servizio in provincia di Pordenone, ritornato in Friuli Venezia Giulia, è stato diagnosticato un tumore al polmone al ritorno da tre missioni all'estero in Kosovo e Afghanistan, svolte tra il mese di luglio dell'anno 2010 e il mese di settembre dell'anno 2012;
   a quanto è dato sapere, nel corso delle predette missioni internazionali nonché dei servizi di addestramento sul territorio nazionale, il militare in questione è stato esposto ripetutamente a sostanze nocive per la salute;
   in particolare, nelle missioni in Kosovo e Afghanistan il maresciallo è stato esposto ad agenti chimici e a onde elettromagnetiche in un contesto ambientale fortemente inquinato. Inoltre, è stato sottoposto dall'amministrazione a numerose vaccinazioni che potrebbero essere state la causa del tumore contratto;
   già nell'anno 2012 il militare aveva presentato domanda di riconoscimento di causa di servizio per la malattia riscontrata e la concessione dell'equo indennizzo nonché il riconoscimento dello status di «vittima del dovere», presupponendo che l'insorgenza della patologia deve ritenersi in rapporto di diretta causalità con il servizio prestato. Tuttavia, l'amministrazione non ha dato alcun seguito a tali istanze avanzate dal militare;
   il 21 novembre 2012 e il 23 gennaio 2013, il legale del maresciallo ha presentato due ricorsi al Tar del Friuli Venezia Giulia. Con il primo ricorso – controparte i Ministeri della difesa e dell'economia e delle finanze – è stato chiesto di annullare il silenzio-rifiuto sull'istanza con la quale era stato chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio nonché la concessione dell'equo indennizzo per la patologia; con il secondo ricorso – contro i Ministeri dell'interno e della difesa – è stato chiesto l'annullamento del silenzio rifiuto sull'istanza con la quale aveva chiesto l'accertamento dello status di vittima del dovere e la concessione dei relativi benefici;
   il 27 febbraio 2014 si è pronunciato il Comitato di verifica per le cause di servizio del Ministero dell'economia e delle finanze dichiarando che l'infermità non può riconoscersi dipendente da fatti di servizio. Quindi, è stato escluso ogni nesso di causalità o di concausalità non sussistendo altresì nel caso di specie precedenti di infermità o lesioni imputabili al servizio che col tempo possano essere evolute in senso neoplastico;
   il 21 marzo 2014 è stato emesso l'ultimo verdetto che ha escluso che la malattia sia dipendente da causa di servizio e pertanto è stata respinta la richiesta di equo indennizzo;
   avverso i predetti provvedimenti i legali del maresciallo hanno dichiarato che presenteranno gli opportuni ricorsi;
   alla luce dei predetti fatti e considerando l'elevato numero di militari italiani che si ammalano di gravissimi tumori, si ritiene di dovere fare chiarezza sui provvedimenti adottati a tutela della salute dei militari che vengono inviati in missione in luoghi dove potenzialmente possono venire a contatto con ambienti in cui sono presenti sostanze e materiali cancerogeni –:
   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati sui fatti descritti in premessa e in relazione a casi simili;
   per quanto di competenza dei Ministri interrogati, quali siano i dati statistici relativi al numero dei militari italiani che hanno contratto tumori dopo avere prestato servizio in missioni all'estero o comunque in luoghi potenzialmente a rischio e per quanti di questi sia stata accolta la domanda di malattia contratta per causa di servizio e, quindi sia stato riconosciuto il nesso di causalità tra la patologia diagnosticata ed il servizio prestato;
   per quanto di competenza dei Ministri interrogati, se e quali provvedimenti ritengano di dovere adottare per tutelare la salute dei militari italiani che prestano servizio in missioni dove potenzialmente possono venire a contatto con ambienti in cui sono presenti sostanze e materiali cancerogeni. (4-04717)


   BASILIO, RIZZO, FRUSONE, ARTINI, CORDA, PAOLO BERNINI e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la normativa sulla Rappresentanza militare prevede (articolo 905 del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare) la possibilità di costituire gruppi di lavoro presso ciascun consiglio della rappresentanza per affrontare temi specifici le cui conclusioni sono successivamente sottoposte al Consiglio stesso che delibera in merito;
   è di tutta evidenza che l'attività istruttoria dei gruppi di lavoro è fondamentale per la funzionalità stessa dei Consigli in quanto consente di approfondire in gruppi ristretti tematiche complesse difficilmente affrontabili in sede di Consiglio;
   in tempi recenti si verificano sempre più spesso casi in cui i comandanti, quali autorità affiancate, ostacolino il lavoro di questi gruppi ad hoc rifiutando l'autorizzazione a riunirsi al di fuori del calendario già approvato per l'attività del Consiglio, di fatto rendendone impossibile il buon funzionamento;
   ciò avviene, ad esempio, in modo sistematico per il Consiglio del comando della Capitale la cui autorità affiancata da mesi a quanto consta agli interroganti, esprime parere contrario alle riunioni dei gruppi di lavoro al di fuori del già stringato calendario approvato per il Consiglio, rendendo così di fatto impossibile un proficuo lavoro di entrambi –:
   se il Ministro sia a conoscenza del fenomeno in parola e se esso eventualmente dipenda da direttive di ordine generale impartite ai comandi dagli Stati maggiori;
   se non ritenga opportuno dare disposizioni precise affinché sia la lettera che lo spirito delle norme sulla Rappresentanza militare siano rispettate in modo uniforme e la loro applicazione non dipenda dalla personale interpretazione del singolo comandante. (4-04729)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la normativa sui canoni demaniali ha subìto nel corso degli anni delle sostanziali modifiche. La disciplina introdotta dalla legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) e la circolare del demanio che ne detta i criteri di applicazione hanno introdotto novità relative all'adeguamento dei canoni demaniali, all'epoca pressoché irrisori, prevedendone l'aumento per avvicinarli al presumibile valore di mercato;
   i commi da 205 a 257 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), hanno introdotto significative novità circa l'adeguamento dei canoni demaniali, prevedendone l'aumento per avvicinarli al presumibile valore di mercato. La norma ha sostituito la precedente disciplina di cui all'articolo 32, comma 23, del decreto-legge n. 269 del 2003, che già aveva previsto un aumento del 300 per cento dei medesimi canoni;
   in particolare, il comma 256 dell'articolo 1 della suddetta legge ha modificato i criteri per l'individuazione dei canoni demaniali marittimi. A tal fine, ha previsto la suddivisione delle aree demaniali in due categorie: la categoria A, comprensiva delle aree ad alta valenza turistica e la categoria B per quelle a normale valenza turistica. L'individuazione delle aree è stata rimessa alle regioni territorialmente competenti;
   quanto alla misura del canone annuo, invece, la norma ha previsto l'applicazione, a decorrere dal 1o gennaio 2007, dei nuovi importi, analiticamente indicati alla lettera b). Nel dettaglio, l'importo dei canoni è stato differenziato in base alla categoria delle aree (A e B) nonché tenendo conto di determinate caratteristiche normativamente previste;
   in un tal contesto, si è creata una differenza tra valori medi unitari e tra canoni diversi, oltre a una generale confusione circa i canoni demaniali da applicare da parte degli enti locali;
   il decreto legislativo sul federalismo demaniale n. 85 del 2010 aveva come obiettivo la valorizzazione dei beni utilizzati a beneficio delle collettività locali. Il federalismo demaniale era nato per poter dare una grande opportunità alle realtà locali nella gestione e amministrazione delle competenze demaniali;
   i comuni delegati alla gestione delle attività amministrative hanno avuto non poche difficoltà nel determinare le modalità applicative delle richiamate disposizioni normative, anche in relazione alle contraddittorie sentenze della magistratura, sia amministrativa che ordinaria. Solo il 49 per cento dei comuni costieri, si è uniformato alle disposizioni della finanziaria per il 2007;
   nell'ultimo bilancio del demanio si evince che le entrate erariali relative al demanio marittimo, nel 2012, sono pari 102 milioni, e rappresentano il 45 per cento del dovuto. Il bilancio riguarda solo i canoni per sabbia e cabine, non anche le pertinenze commerciali, mai conteggiate per via dei rinvii decisi di volta in volta dai vari Governi in carica. Le «mancate» entrate sembrerebbero esser pari a circa 160-170 milioni di euro annui. Dal 2006 ad oggi le mancate entrate per lo Stato superano un miliardo di euro;
   la legge di stabilità n. 147 del 2013 ha introdotto una sanatoria dei contenziosi sui canoni del demanio. Nello specifico la suddetta legge prevede che i procedimenti giudiziari pendenti alla data del 30 settembre 2013 per il pagamento dei canoni e degli indennizzi per l'utilizzo dei beni demaniali marittimi e delle relative pertinenze possono essere risolti con il pagamento di un importo pari al 30 per cento delle somme dovute (se versato in un'unica soluzione) ovvero un importo pari al 60 per cento delle somme dovute, oltre ad interessi legali (se rateizzato fino ad un massimo di sei rate annuali);
   la sanatoria dei contenziosi sui canoni demaniali non risulta essere una soluzione efficace. I valori dell'Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) continuano a rappresentare un pericolo per gli imprenditori balneari;
   si riscontra una disparità di trattamento tra chi ha già pagato i canoni pertinenziali e chi invece ha intrapreso la strada del contenzioso;
   l'applicazione del canone commisurato ai valori di mercato, senza una chiarezza di classificazione della categoria a cui ricondurre le attività esercitate sui beni ha comportato un'applicazione disomogenea sul territorio, con gravi ripercussioni sulla gestione e con sostanziali disparità di trattamento che ha coinvolto più di trentamila imprese;
   la ripartizione delle competenze di gestione ha ulteriormente accresciuto il numero di soggetti che, a vario titolo, esercitano poteri e competenze sul demanio marittimo: il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le capitanerie di porto, le regioni e i comuni, l'Agenzia del demanio, le attività portuali che intervengono nelle fasi del processo;
   il settore non è monitorato correttamente e lo Stato non ha una banca dati unitaria dalla quale sia possibile estrarre con certezza e in modo aggiornato sia il numero delle concessioni rilasciate sia l'ammontare dei canoni e degli indennizzi. I dati relativi ai canoni dovrebbero convergere sul Sid (sistema informativo demaniale) presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nato per dare attuazione alle previsioni del decreto legislativo n. 112 del 1998;
   il registro di catalogazione di dati non è aggiornato ed è di difficile consultazione. Le amministrazioni competenti sono inadempienti sul fronte dell'inserimento dei dati e quindi non è possibile fare una politica di revisione perequativa sui canoni –:
   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere il Governo al fine di stabilire un sistema di canoni più equo e progressivo, di procedere ad una classificazione delle spiagge e delle relative strutture balneari in più categorie ed al fine di regolare la procedura di pubblico incanto per l'ottenimento di nuove concessioni.
(2-00526) «Ruocco, Barbanti, Cancelleri, Alberti, Pesco, Pisano, Villarosa, Busto, De Rosa, Terzoni, Daga, Mannino, Segoni, Zolezzi, Micillo, Nicola Bianchi, De Lorenzis, Dell'Orco, Cristian Iannuzzi, Liuzzi, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Da Villa, Crippa, Prodani, Della Valle, Fantinati, Mucci, Vallascas, Petraroli».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


   BUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 149 del 2013, convertito dalla legge n. 13 del 2014, abolendo il finanziamento diretto ai partiti, ha introdotto un sistema di contribuzione volontaria, stabilendo che ciascun contribuente possa destinare il due per mille della propria Irpef a favore di un partito politico che, superato l'esame della «Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici» viene iscritto nella seconda sezione del registro dei partiti politici ed accede al contributo volontario dei propri sostenitori;
   con il comunicato stampa del 4 aprile 2014, l'Agenzia delle entrate ha annunciato il termine dei lavori per la predisposizione della scheda per la destinazione del 2 per mille dell'Irpef 2013 ai partiti politici e ha indicato che possono utilizzare la scheda per effettuare la scelta della destinazione volontaria del due per mille dell'Irpef in favore dei partiti politici già a decorrere dal 2014 (in relazione al periodo d'imposta 2013) i contribuenti i quali presentano la dichiarazione dei redditi Modello 730/2014 o Modello Unico persone fisiche 2014;
   secondo quanto riportato dal sito internet dell'Agenzia delle entrate, ove è reperibile la scheda per la scelta della destinazione del due per mille a favore dei partiti, i dati personali contenuti nella stessa verranno trattati dalla stessa Agenzia delle entrate esclusivamente per le finalità di contribuzione indiretta a favore dei partiti stessi, ma nella seconda sezione della scheda stessa il contribuente deve apporre la propria firma esclusivamente all'interno di un riquadro, in corrispondenza del nominativo del partito che si intende sostenere –:
   se non ritenga che, nonostante le rassicurazioni fornite dall'Agenzia delle entrate, il modello della scheda per la destinazione del 2 per mille a favore dei partiti politici per l'anno finanziario 2014, così come redatto attualmente dall'Agenzia medesima, non tuteli adeguatamente la riservatezza di scelta operata dal contribuente, e se non reputi opportuno, in tal senso, rivedere tale modello, assicurando una maggiore tutela del trattamento dei dati personali. (5-02735)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   al fine di assicurare maggiori tutele a quei contribuenti che per ragioni estranee alla propria responsabilità si trovino in una comprovi e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, il comma dell'articolo 52 del decreto-legge n. 69 del 2013, cosiddetto decreto del «Fare», riscrive la prima parte dell'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), inibendo all'agente della riscossione la possibilità di procedere ad esecuzione forzata sull'unico immobile non di lusso, di proprietà del debitore e nel quale questi risieda anagraficamente, ovvero se il debito a ruolo non superi 120.000 euro o ancora se non siano decorsi almeno sei mesi dall'iscrizione di ipoteca;
   il suddetto nuovo dettato normativo, tuttavia, introduce una clausola di salvaguardia a favore dell'agente della riscossione, Equitalia, facendo salva per lo stesso la facoltà di intervento, ai sensi dell'articolo 499 del codice di procedura civile, laddove stabilisce che qualora il contribuente debitore avesse subito il pignoramento della prima casa (anche se è l'unico immobile di proprietà), su iniziativa di soggetti diversi dall'agente della riscossione, quest'ultimo potrebbe intervenire nella procedura esecutiva concorrendo al riparto sul ricavato della vendita del bene staggito;
   con una nota di carattere garantista del 1o luglio 2013 Equitalia chiarisce le modalità applicative delle suddette misure introdotte per allentare la pressione del fisco sui suoi debitori, e dichiara di voler applicare con efficacia retroattiva le nuove disposizioni, e, per quanto riguarda la disciplina transitoria, in particolare l'obbligo posto dalla società di riscossione alle società del gruppo di non proseguire le attività di recupero coattivo qualora sussistano i requisiti del citato articolo 52, comma 1, del decreto-legge n. 69 del 2013, anche in presenza di pignoramenti già eseguiti, ed anzi sospendendo questi ultimi;
   a pagina 4 della stessa nota Equitalia testualmente recita che: «Posto quanto precede, attesa la ratio delle disposizioni del Legislatore che, in presenza di debiti nei confronti del fisco, ha inteso introdurre particolari meccanismi volti alla massima salvaguardia della proprietà immobiliare del debitore, anche in ragione del particolare contesto economico di riferimento, abbiamo ritenuto necessario acquisire dai competenti Organi Istituzionali, parere circa l'applicabilità, o meno, di tali disposizioni ai pignoramenti già eseguiti, per i quali non sia stata ancora effettuata la vendita all'incanto. Nelle more del relativo ottenimento, pertanto, non dovrà essere dato ulteriore corso alle espropriazioni immobiliari pendenti alla data di entrata in vigore del decreto legge e che soddisfano i requisiti di cui allo stesso»;
   risulta all'interrogante che a tutt'oggi, nonostante Equitalia abbia promesso che, in attesa di dirimere la questione, avrebbe sospeso tutte le procedure in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 69 del 2013, siano stati avviati a carico di alcuni contribuenti procedimenti di espropriazione di immobili precedentemente pignorati –:
   se non ritenga di dover tempestivamente intervenire ottemperando alla suddetta richiesta di chiarimenti di Equitalia, al fine di scongiurare le drammatiche conseguenze che possono derivare dalla espropriazione forzata delle case di abitazione di cittadini già duramente provati dalla crisi economica. (5-02736)


   SOTTANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i commi da 16 a 23 dell'articolo 15 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge n. 2 del 28 gennaio 2009, disciplinano la rivalutazione dei beni immobili delle imprese che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio, al fine di «consentire a tali soggetti l'adeguamento ai valori effettivi della rappresentazione contabile dei beni immobili, senza rinunciare al carattere oneroso della rivalutazione ai fini del riconoscimento fiscale dei maggiori valori attribuiti ai beni»;
   tali disposizioni consentono la rivalutazione dei beni immobili (ad esclusione delle aree fabbricabili e degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa) risultanti dal bilancio relativo all'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2007;
   possono effettuare la rivalutazione i soggetti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del TUIR, nonché le società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate, che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio. Sono altresì ammesse alla rivalutazione in esame le imprese individuali e le società di persone in contabilità semplificata, nonché gli enti non commerciali e le società e gli enti non residenti;
   il saldo attivo risultante dalla rivalutazione deve essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva designata che ai fini fiscali costituisce riserva in sospensione di imposta;
   è consentito effettuare l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione mediante il pagamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'Irap e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento;
   l'affrancamento del saldo attivo riguarda esclusivamente l'ipotesi in cui il contribuente abbia dato rilevanza fiscale alla rivalutazione con il versamento dell'imposta sostitutiva sui maggiori valori rivalutati, mentre nell'ipotesi di rivalutazione con rilevanza solo civilistica il saldo attivo non costituisce riserva in sospensione d'imposta e, di conseguenza, non rientra nella disciplina dell'affrancamento in esame;
   il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione può essere fiscalmente riconosciuto, a decorrere dal quinto esercizio successivo a quello con riferimento al quale è stata eseguita la rivalutazione, con il versamento di un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle società, dell'imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 3 per cento per gli immobili ammortizzabili e dell'1,5 per cento per gli immobili non ammortizzabili, da computare in diminuzione del saldo attivo della rivalutazione;
   ai sensi di tali disposizioni è possibile iscrivere in bilancio il maggior valore sui beni senza che tale maggior valore abbia riconoscimento fiscale, in altre parole l'eventuale rivalutazione operata in bilancio non comporta necessariamente una corrispondente rivalutazione di carattere fiscale, essendo a tal fine necessario l'assolvimento dell'imposta sostitutiva con le aliquote previste nel comma 20 dell'articolo 15 del citato decreto-legge;
   in caso di assolvimento dell'imposta sostitutiva, gli effetti fiscali si producono a partire dal quinto esercizio successivo a quello in cui è effettuata la rivalutazione o dal sesto esercizio successivo nel caso di cessione a titolo oneroso, di assegnazione ai soci, di destinazione a finalità estranee l'esercizio dell'impresa ovvero al consumo personale o familiare dell'imprenditore dei beni rivalutati;
   pertanto, secondo la disciplina in esame il periodo di «sospensione» degli effetti fiscali della rivalutazione risulta allungato di due esercizi rispetto a quello previsto dall'articolo 1, comma 470, della precedente legge di rivalutazione n. 266 del 2005, secondo cui i maggiori valori erano fiscalmente riconosciuti a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale era stata eseguita la rivalutazione;
   il realizzo del bene rivalutato nel corso del periodo di «sospensione» comporta il venir meno degli effetti fiscali della rivalutazione con la conseguenza che, da una parte, le plusvalenze e le minusvalenze dei beni saranno determinate senza tener conto del maggior valore iscritto in sede di rivalutazione e, dall'altra, sarà riconosciuto in capo al cedente un credito d'imposta pari all'ammontare dell'imposta sostitutiva riferibile alla rivalutazione dei beni ceduti;
   le imposte sostitutive possono essere versate in un'unica soluzione entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d'imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita, oppure in tre rate con gli interessi legali nella misura del 3 per cento annuo, da versare contestualmente al versamento di ciascuna rata;
   con specifico riferimento alla disciplina delle società non operative di cui all'articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, la circolare n. 11/E dell'Agenzia delle entrate del 19 marzo 2009 sulla rivalutazione dei beni immobili relativi all'impresa di cui all'articolo 15, commi da 16 a 23 del decreto-legge n. 185 del 2008 ribadisce le precisazioni fornite nella circolare n. 25/E del 2007 concernenti la rivalutazione effettuata ai sensi della precedente legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006);
   in relazione alle società di comodo, la circolare n. 11/E del 2009 afferma infatti che: «In particolare, poiché i maggiori valori fiscali conseguenti alla rivalutazione di cui all'articolo 15 del decreto-legge rileveranno dal periodo d'imposta 2013, ai fini della verifica del test di operatività di cui al comma 1 del citato articolo 30 della legge n. 724 del 1994, gli immobili in questione dovranno essere assoggettati:
    fino al 2012, al coefficiente del 6 per cento applicato al valore non rivalutato;
   a partire dal periodo d'imposta 2013 (e per i successivi due periodi d'imposta), al coefficiente agevolato del 4 per cento applicato – per tutto il triennio preso in considerazione dal comma 2 dell'articolo 30 – al valore fiscalmente rilevante;
    a partire dal periodo d'imposta 2016, al coefficiente del 6 per cento applicato sul valore fiscalmente rilevante;
   analoghi criteri andranno utilizzati per l'applicazione della percentuale di redditività del 3 o 4,75 per cento rilevante ai fini della determinazione del reddito minimo presunto di cui al comma 3 del citato articolo 30.»;
   quanto esposto appare riguardare tutti gli immobili d'impresa rivalutati, indipendentemente dalla loro classificazione catastale (non solo quindi gli immobili abitativi, già normalmente al 4 per cento, ma anche gli immobili A/10 e tutti gli altri, diversamente assoggettabili, rispettivamente, al 5 per cento ed al 6 per cento;
   alcuni dubbi interpretativi della circolare n. 11/E del 2009 sorgono laddove si indica, sempre con riferimento alle società non operative, di utilizzare analoghi criteri anche per quanto riguarda il reddito minimo presunto, ossia non sembra chiaro se la percentuale del 3 per cento normalmente applicata agli immobili abitativi, si intenda applicabile anche in questo caso a tutti gli immobili, diversamente soggetti a quella del 4,75 per cento e 4 per cento –:
   se non si intenda far chiarezza sulla corretta applicazione delle norme attualmente in essere in materia di rivalutazione di beni immobili delle società non operative e, in particolare, sull'esatta interpretazione della normativa in merito alle percentuali da applicare agli immobili rivalutati nel 2008 ai fini della determinazione del reddito minimo presunto per le società di comodo. (5-02737)


   BARGERO e CAUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori apportando, tra l'altro, alcune modifiche al Titolo VI del Testo unico bancario (TUB) di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, in particolare introducendo un nuovo titolo VI-bis avente ad oggetto la disciplina degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi;
   il provvedimento mirava, sulla spinta del legislatore comunitario, a uniformare l'operatività del leasing in Europa; tuttavia il legislatore delegato italiano ha introdotto norme più stringenti di quelle previste dalla direttiva, che stanno penalizzando l'attività degli operatori di settore e limitando la concorrenza a scapito del consumatore finale;
   in particolare, l'articolo 11 del citato decreto n. 141 del 2010 ha inserito nel Testo unico bancario l'articolo 128-quater, introducendo l'obbligo per gli agenti in attività finanziaria del monomandato, dell'incompatibilità tra la figura di agente in attività finanziaria e quella di mediatore creditizio e la previsione di requisiti più stringenti per quest'ultima figura professionale;
   il provvedimento ha così stravolto l'impianto precedente, in cui gli agenti, non obbligati da alcun mandato esclusivo, potevano offrire alla clientela i prodotti finanziari di più banche, così favorendo la concorrenza tra i produttori a garanzia del consumatore finale; la limitazione introdotta dalla legge alla possibilità di offrire prodotti di più intermediari finanziari impedisce invece agli agenti di soddisfare le reali esigenze della clientela, dovendosi questa oggi rivolgere ad una pluralità di interlocutori per conseguire un reale confronto tra i prezzi e le prestazioni offerte dai singoli intermediari;
   il pericolo di danno al consumatore dovuto alla creazione di reti verticali in esclusiva tra ogni intermediario e l'agente, è stato sollevato più volte anche dalla Autorità garante della concorrenza e del mercato; tuttavia la norma è entrata in vigore nonostante queste riserve;
   l'Autorità ha chiarito come il veto nei confronti delle clausole di esclusiva abbia l'obiettivo di incentivare l'apertura delle reti distributive superando assetti storicamente basati su rapporti in monomandato tra compagnie di assicurazione e agenti;
   in conseguenza di quanto sopra riportato, il successivo articolo 26 del decreto n. 141 del 2010, comma 4-bis, ha previsto la cancellazione del diritto degli agenti del settore di ottenere dalle società preponenti l'indennità prevista dall'articolo 1751 del codice civile al momento della cessazione del rapporto in conseguenza del recesso, nonché la cancellazione del diritto al risarcimento degli eventuali danni;
   gli agenti, obbligati al monomandato, sono stati di conseguenza costretti a dismettere tutti gli ulteriori mandati rispetto a quello optato senza poter godere del diritto all'indennità, previsto espressamente dall'articolo 1751 del codice civile, dalla contrattazione collettiva nonché dai singoli contratti in vigore stravolgendo il sistema di tutela della figura degli agenti;
   né l'articolo 33 della legge di delegazione, né la direttiva 2008/48/CE, che delimita l'oggetto della delega, contengono alcuna disposizione dalla quale si potrebbe trarre in via interpretativa l'esclusione dell'applicabilità dell'articolo 1751 del codice civile –:
   quale sia l'orientamento del Ministro in relazione ai fatti espressi in premessa e come intenda intervenire al fine di escludere l'obbligo del mandato esclusivo per gli agenti finanziari, in tal modo ampliando l'offerta alla clientela di prodotti finanziari e favorendo la concorrenza a garanzia del consumatore finale, e di reintegrare l'indennità prevista dall'articolo 1751 del codice civile a favore degli agenti che hanno ottemperato all'obbligo di cui all'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141. (5-02738)


   BARBANTI, RUOCCO, ALBERTI, PESCO, VILLAROSA, CANCELLERI e PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ha riordinato la disciplina sugli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni;
   in particolare, il decreto ha introdotto il principio generale di trasparenza, inteso come accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni;
   obiettivo della norma è quello di incentivare la partecipazione dei cittadini favorendo un controllo diffuso sull'operato delle istituzioni e sull'utilizzo delle risorse pubbliche;
   a tal fine, la norma individua specifici obblighi di trasparenza per le pubbliche amministrazioni, da attuarsi attraverso la pubblicazione nei siti istituzionali dei documenti, delle informazioni e dei dati concernenti l'organizzazione e l'attività amministrativa; tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli;
   tra i vari obblighi di trasparenza, per quanto riguarda il patrimonio pubblico l'articolo 30 del citato decreto n. 33 del 2013 prevede la pubblicazione delle informazioni identificative degli immobili posseduti, dalle pubbliche amministrazioni nonché i canoni di locazione o di affitto versati o percepiti;
   ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 33 le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto pubblicare «tempestivamente» i documenti contenenti atti oggetto di pubblicazione obbligatoria;
   con circolare n. 2 del 2013, la Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento della funzione pubblica – evidenziava che, alla data del 19 luglio 2013, meno del 50 per cento delle pubbliche amministrazioni si fosse correttamente uniformata alle prescrizioni di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013 –:
   quale sia lo stato di attuazione da parte delle pubbliche amministrazioni dell'obbligo di pubblicazione relativo agli immobili posseduti dalle stesse pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.
(5-02739)

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Sole 24 Ore il 3 maggio 2014, i centri di assistenza fiscale-CAF, segnalano il pericolo derivante dalla complessità nella gestione dell'imminente acconto relativo all'introduzione della tasi, in considerazione del limitato tempo a disposizione di appena dieci giorni;
   dal 1o al 16 giugno 2014 infatti, i medesimi operatori di assistenza fiscale, dovranno consultare tutte le delibere comunali pubblicate sul sito del Ministero dell'economia delle finanze, impostare i software, calcolare il tributo e consegnare i modelli di pagamento ai contribuenti;
   nel caso le delibere non risulteranno pubblicate dal medesimo Ministero, precisa il suindicato articolo, entro il 31 maggio prossimo, il versamento del 16 giugno, calcolato con l'aliquota di base dell'1 per mille, interesserà comunque i proprietari di immobili diversi dalle abitazioni principali e anche gli inquilini, nel caso si tratti di fabbricati locali, con il rischio che questi ultimi si trovino a pagare somme che successivamente potrebbero risultare non dovute, laddove il comune dovesse assoggettare la tasi, soltanto alle abitazioni principali;
   la paradossale situazione è determinata dalla disposizione contenuta all'interno del decreto n. 16 del 2014, cosiddetto «salva-Roma ter», il cui disegno di legge di conversione è stato approvato in via definitiva dal Senato;
   la citata disposizione modifica il comma 688 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014), introducendo una deroga per l'anno 2014, rispetto a quanto disposto in precedenza;
   la norma pregressa aveva previsto che per il pagamento della Tasi, valessero le stesse scadenze dell'Imu, (16 giugno per la prima rata e 16 dicembre per la seconda), nonché che a regime, il calcolo della prima rata dovesse essere eseguito, sulla base delle aliquote e detrazioni dell'anno precedente;
   la deroga indicata delinea due percorsi, in relazione alla data della pubblicazione nel suddetto sito, delle delibere con le quali i consigli comunali fino al 31 luglio possono stabilire le aliquote;
   nel caso le delibere siano state inserite sul sito del Ministero, entro il 31 maggio (a tal fine, i comuni dovranno inviarle al Ministero dell'economia e delle finanze entro il 23 maggio), tutti i contribuenti saranno tenuti ad eseguire il versamento del 16 giugno sulla base degli atti deliberativi, dei municipi; nel caso in cui invece la delibera non dovesse risultare pubblicata entro il 31 maggio, occorrerà operare un'ulteriore e complessa distinzione, dal calcolo tutt'altro che agevole;
   il suindicato richiamo evidenziato dai CAF, in considerazione delle articolate e complesse valutazioni negative in ordine alle difficoltà derivanti dalla tempistica ridotta per la predisposizione degli adempimenti necessari a organizzare i modelli di pagamento per i contribuenti relativi al pagamento della Tasi e connesse alla pubblicazione delle delibere sul sito del Ministero, induce a rilevare come la pianificazione del nuovo sistema tributario sugli immobili contenga una serie di difficoltà procedurali e attuative, nell'ambito della tassazione a livello locale, che necessitano di un intervento del legislatore teso ad agevolare il sistema di pagamento del medesimo tributo –:
   se intenda confermare quanto esposto in premessa e, in caso affermativo, quali iniziative urgenti e necessarie intenda intraprendere al fine di introdurre elementi di precisazione e semplificazione con riferimento ai tempi per il pagamento della tasi, i cui termini così come attualmente stabiliti rischiano di determinare evidenti difficoltà per l'intera platea dei contribuenti e degli operatori di assistenza fiscale. (4-04713)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI SALVO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comma 515 della legge n. 147 del 2013 prevede il trasferimento o la delega di funzioni statali e dei relativi oneri finanziari riferiti alle Agenzie fiscali dello Stato e alle funzioni amministrative, organizzative e di supporto riguardanti la giustizia civile, penale e minorile per le province autonome di Trento e di Bolzano;
   lo stesso comma prevede l'esclusione di alcune competenze in materia di Agenzie fiscali (tributi armonizzati o applicabili su base transnazionale, contribuenti di grandi dimensioni, attività strumentali alla conoscenza dell'andamento del gettito tributario, procedure telematiche di trasmissione dei dati e delle informazioni all'anagrafe tributaria) e di giustizia (personale di magistratura);
   il medesimo comma 515 prevede un'intesa tra Stato e province autonome – da concludersi entro il 30 giugno 2014 – per definire gli ambiti per il trasferimento o la delega delle funzioni in questione;
   con apposite norme di attuazione, si dovrebbe provvedere al completamento del trasferimento o della delega oggetto dell'intesa, attraverso la Commissione dei 12, competente per le norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino Alto Adige di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e il distinguo che la legge opera tra funzioni delegate è non delegate non consente di comprendere quale possa essere il modello organizzativo e funzionale in grado di garantire sia l'esercizio di tutte le funzioni istituzionalmente previste sia un adeguato livello di autonomia, indipendenza e neutralità delle stesse;
   attualmente risultano costituiti tre tavoli tecnici, per le deleghe delle agenzie fiscali, per quelle della giustizia e per le imposte locali sugli immobili;
   la previsione di affidare le competenze in materia di giustizia e di Agenzie fiscali alla province autonome del Trentino Alto Adige comporta il grave rischio di riduzione dell'autonomia e dell'indipendenza di tali delicatissime funzioni sul territorio, per il ruolo di controllore e controllato che rivestirebbe contemporaneamente il soggetto politico locale a causa delle molteplici partecipazioni dirette ed indirette in aziende, dei legami contrattuali (appalti e convenzioni) e politici sul territorio;
   in questo quadro, affatto secondarie sono le ricadute sull'organizzazione dei servizi e del lavoro, le variazioni contrattuali (sia in termini giuridici che economici, per le differenze retributive anche importanti tra i comparti) nonché di orario di lavoro degli addetti, che ammontano complessivamente nelle due province ad oltre un migliaio di unità: l'assenza di convocazione delle rappresentanze delle lavoratrici e dei lavoratori – seppur reiteratamente richiesta – non può che determinare ulteriore elemento di grave preoccupazione in termini di chiarezza e trasparenza dell'intera operazione;
   il modello delle Agenzie fiscali, regolato dal decreto legislativo n. 300 del 1999, si caratterizza per l'autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria, atto proprio a garantire la salvaguardia del principio di distinzione tra direzione politica (Ministero dell'economia e delle finanze) e gestione amministrativa (Agenzia), regolato attraverso convenzioni;
   a tal proposito, non è chiara la posizione dell'Agenzia delle dogane, le cui funzioni appaiono in larga parte riconducibili a quelle non delegabili: tuttavia l'Agenzia delle dogane non risulta espressamente esclusa dal trasferimento o dalle deleghe in questione;
   il modello organizzativo della giustizia, regolato dal decreto legislativo n. 240 del 2006, opera un distinguo tra la titolarità dell'ufficio giudiziario (magistrato capo dell'ufficio), che provvede all'organizzazione dell'attività giurisdizionale e alla gestione del personale di magistratura e la titolarità del dirigente amministrativo, nella responsabilità per la gestione del personale amministrativo, da attuare in coerenza con gli indirizzi del capo dell'ufficio e con il programma annuale delle attività;
   la dipendenza funzionale della dirigenza rispetto al magistrato capo dell'ufficio è un tema di delicatissima interpretazione, in relazione all'organizzazione degli uffici e degli organici e dunque per la salvaguardia dell'autonomia e dell'indipendenza dell'attività giurisdizionale –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione a tutte le implicazioni e le conseguenze di un'operazione che cede a due singoli territori funzioni delicatissime che riguardano aspetti fondamentali per il funzionamento dello Stato, in considerazione dell'elevato rischio di conflitto di interessi che potrebbe determinarsi, ad avviso dell'interrogante, in seno al soggetto pubblico che deve garantire l'indipendenza e l'autonomia dell'attività giurisdizionale e degli accertamenti fiscali;
   quali siano il progetto attuativo del trasferimento o delle deleghe delle funzioni, i modelli organizzativi e funzionali che si vogliono adottare, gli ambiti trasferiti o delegati dei singoli comparti;
   se il Governo e, in particolare il Ministro della giustizia, intenda attivare specifici tavoli di confronto con le rappresentanze delle lavoratrici e dei lavoratori, per il necessario inserimento nelle norme di attuazione delle garanzie necessarie alla salvaguardia delle condizioni giuridiche è retributive del personale nonché per l'effettività dell'opzione di permanere nell'amministrazione statale attraverso anche la modalità del soprannumero. (4-04714)


   CANCELLERI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la casa circondariale di Nicosia rappresenta un'importantissima risorsa economica per il territorio;
   la struttura carceraria di Nicosia ha come bacino di utenza svariati comuni della zona centro nord della provincia e la presenza della casa circondariale permette una carcerazione più serena ai detenuti del nostro territorio che, grazie alla vicinanza della struttura ai loro paesi di residenza, possono avere colloqui settimanali con i propri cari;
   la struttura di Nicosia produceva un notevole risparmio per le famiglie stesse che si recano a colloquio con i detenuti; infatti a causa della chiusura i familiari sono costretti a recarsi nelle strutture carcerarie di Enna, Catania o Palermo nelle migliori delle ipotesi;
   tale servizio è assolutamente indispensabile per l'intera cittadinanza ed il territorio limitrofo, e che in questa settimana l'Unione europea ha dato un ultimatum per risolvere il problema delle condizioni di detenzione lesive della dignità umana per i detenuti;
   come da più parti si sente la necessità di costruire nuove strutture carcerarie, per consentire di risolvere il problema del sovraffollamento che, però, richiede un impiego di risorse economiche non sostenibile in periodi di recessione economica –:
   se il Ministro interrogato non trovi contraddittorio ed in controtendenza chiudere una struttura carceraria esistente, nella quale tra l'altro il numero dei detenuti è superiore a quello che la casa circondariale potrebbe ospitare, per spostarli altrove aggravando le condizioni di vivibilità di altre strutture in danno alla dignità umana sia dei detenuti che del personale di sorveglianza. (4-04719)


   SILVIA GIORDANO, TOFALO, SARTI, PISANO e COLONNESE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da alcune settimane a mezzo stampa si è appreso che il dottor Corrado Lembo ad oggi in forza alla procura di Santa Maria Capua Vetere sarebbe tra i favoriti nella corsa alla carica di procuratore capo della procura di Salerno;
   presso la procura di Salerno sono ad oggi incartati diversi procedimenti a carico sia del Partito Democratico che di alcuni suoi esponenti uti singuli come ad esempio: l'inchiesta sulle «anomalie» urbanistiche verificatesi in merito alla costruzione del mastodontico condominio privato denominato Crescent, che vede indagato tra gli altri dirigenti il sindaco di Salerno, dottor Vincenzo de Luca, il quale sino a pochi mesi fa era Viceministro alle infrastrutture per il Governo Letta, oppure l'inchiesta sui presunti brogli elettorali verificatisi in occasione delle primarie del Partito Democratico e denunciate alla magistratura dall'onorevole Guglielmo Vaccaro, oppure, ancora, l'inchiesta aperta dalla Direzione distrettuale antimafia di Salerno in merito alle presunte irregolarità sul tesseramento al Partito Democratico;
   dall'inizio del mese di marzo 2014 è stata annunciata a mezzo stampa la nuova composizione della segreteria provinciale del Partito Democratico a Salerno e tra i membri figura anche Andrea Lembo, figlio del dottor Corrado Lembo di cui in premessa;
   la malcelata questione di opportunità suggerita dalla stampa, è stata infine legittimata e resa palese da una nota inviata in data 23 aprile 2014 alla stampa dallo stesso Andrea Lembo il quale, scrivendo al giornale che aveva portato alla luce le circostanze di cui alla presente, oltre a richiedere la pubblicazione di alcune precisazioni da parte della testata conclude dicendo «informo tutti coloro che, a dire della Cappetta (autrice dell'articolo che ha portato alla luce la vicenda ndr.), si sentono “scossi” dalla mia presenza nell'esecutivo provinciale che le mie dimissioni dalla segreteria provinciale del Partito Democratico – presentate per iscritto – sono fin da ora a disposizione del segretario»;
   lo scopo della presente interrogazione non è quello di negare ad un comune cittadino i fondamentali diritti politici che la nostra costituzione e il nostro ordinamento garantiscono e tutelano e nei quali, la scrivente crede fermamente, né quello di voler in alcun modo gettare ombre sulla carriera, nel caso di specie a quanto ci risulta più che onorevole, di un magistrato, quanto quello di allontanare qualunque suspicione sull'operato della magistratura ed in considerazione del fatto che le circostanze sin qui esposte riguardano tanto la politica quanto la magistratura si ritiene doveroso che tali circostanze siano trattate con la massima trasparenza possibile;
   nei prossimi giorni è prevista l'adunanza del CSM per decidere in merito all'assegnazione della carica di procuratore capo della procura di Salerno e, in considerazione di tutto quanto sin qui esposto, è di estrema importanza che tale decisione venga presa avendo cognizione del maggior numero di informazioni possibili al fine di preservare l'imprescindibile carattere dell'imparzialità proprio della giustizia –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se il Governo non intenda formulare, ai sensi dell'articolo 11, comma 1, della legge n. 195 del 1958, richieste al Consiglio superiore della magistratura in merito a quanto descritto in premessa;
   se il Ministro intenda, ai sensi dell'articolo 11, comma 2, della legge n. 195 del 1958, formulare osservazioni, in particolare informando delle circostanze segnalate in premessa, per quanto di competenza, il CSM affinché possa pervenire ad una decisione, con la consapevolezza anche dei fatti sin qui esposti, in modo da fugare, infine, attraverso la propria decisione qualunque dubbio in merito ad una possibile incompatibilità ambientale in capo al candidato dottor Corrado Lembo. (4-04725)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   la Strada statale 36 del Lago di Como e dello Spluga è la principale arteria di collegamento tra Lecco e la Valtellina ed è attraversata ogni giorno da migliaia di veicoli (lavoratori, pendolari, autotrasportatori, turisti, e altro);
   nella mattinata di mercoledì 23 aprile 2014 è stata chiusa in entrambe le direzioni di marcia la strada statale 36 nel tratto tra Lecco e Abbadia Lariana in seguito ad una frana che si è staccata dal monte San Martino;
   si apprende dagli organi di stampa che la chiusura della SS36 è avvenuta in via precauzionale dopo i sopralluoghi di ANAS, polizia locale e vigili del fuoco;
   si apprende altresì che la situazione della viabilità è risultata critica, con traffico bloccato e code di mezzi nell'intero territorio lariano, oltre al rischio per interi comuni rivieraschi, per la Valtellina e l'intera provincia di Sondrio di restare pressoché isolati;
   periodicamente e sempre più frequentemente si presentano emergenze che conducono al blocco parziale o totale del traffico sulla strada statale 36 con conseguenti ingenti disagi ai comuni attraversati, ai cittadini che li abitano e alle imprese, con fortissimi ritardi al traffico commerciale, rallentamento dei trasporti merce e logistica in tilt;
   con l'atto n. 5/00137 del 16 maggio 2013 il primo firmatario del presente atto aveva già denunciato la chiusura della strada statale 36 del lago di Como e dello Spluga conseguente al blocco della galleria Monte Piazzo avvenuto nel mese di maggio 2013 per problemi strutturali legati al dissesto del versante montuoso;
   sebbene siano ancora in corso gli accertamenti dei geologi sul tratto di versante interessato dalla frana, è noto il problema legato al rischio idrogeologico del versante montuoso adiacente la strada statale 36 e del Monte San Martino;
   il fatto in questiona riporta all'attenzione l'esigenza di un adeguamento della rete viaria e l'intero sistema della mobilità del territorio lariano, con particolare riferimento alla strada statale 36, che diventa di pregnante necessità se si pensa alle ricadute economiche sulle imprese dei territorio, sul turismo, sui lavoratori e sui pendolari, soprattutto in vista dell'imminente appuntamento di Expo2015;
   la durata semestrale di tale esposizione universale impone che sia messa in campo una strategia atta a garantire in maniera stabile, per tutto il periodo interessato, l'efficienza dell'intera rete di trasporto regionale, in particolare della zona lacuale (considerando anche la possibilità di prevedere specifiche corse per il servizio Autotraghetto verso le città capoluogo di Lecco e Como) e della Valtellina, che per i notevoli punti di interesse turistico, culturale ed enogastronomico potrà essere raggiunta e visitata da un sempre maggior numero di visitatori –:
   se non ritenga di intervenire per quanto di competenza, anche di concerto con ANAS s.p.a., al fine di affrontare in maniera definitiva la messa in sicurezza del territorio nel tratto di interesse della strada statale 36 e con particolare attenzione al Monte San Martino, per garantire la viabilità ed evitare situazioni emergenziali che si ripetono ormai da troppi anni in maniera ciclica.
(2-00528) «Tentori, Fragomeli, Gandolfi, Impegno, Monaco, Laforgia, Luciano Agostini, Petitti, Ventricelli, Cova, Cinzia Maria Fontana, Naccarato, Patriarca, De Micheli, Giuseppe Guerini, Montroni, Casati, Galperti, Bratti, Mariani, Zoggia, Lattuca, Gianni Farina, Tidei, Tino Iannuzzi, Donati, Richetti, Rotta, Cominelli, Pastorino, Cenni, Terrosi».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   come riportato in questi giorni dai principali organi di stampa, su mandato della, procura di Forlì – Cesena, la squadra mobile di Forlì e la polizia di frontiera di Forlì e Bologna hanno appena concluso un'inchiesta su alcune imprese aggiudicatarie di appalti per i servizi aeroportuali di assistenza a terra (handling) negli aeroporti di Rimini, Forlì, Bologna e Firenze tra dicembre 2009 e agosto 2013;
   nell'ambito della suddetta inchiesta, che ha portato ad effettuare verifiche anche negli scali di Tessera, Milano Malpensa, Linate e Roma Fiumicino, sono stati notificati finora, ex articolo 415 bis, gli avvisi di fine indagine a dieci dirigenti ed ex dirigenti degli aeroporti di Bologna, Forlì e Rimini, accusati di aver attestato con false dichiarazioni l'idoneità ai servizi di handling di aziende create ad hoc, attraverso la contraffazione dei Durc (documenti unici di regolarità contributiva) e delle prescrizioni Inps ed Inail;
   risultano iscritte nel registro degli indagati, nell'ambito dell'inchiesta sulla truffa dei servizi di terra, anche tre società, la Giacchieri Service, la Calumet sas e Servizi integrati sas della stessa Airport Service srl, cui vengono contestati reati quali frode nelle pubbliche forniture, falso materiale relativamente al Dure, abuso d'ufficio e truffa ai danni dello Stato per mancati versamenti di contributi Inps-Inail pari a 12 milioni di euro;
   in particolare, tra gli indagati vi sono: Antonio Ferrara, rappresentante legale della Giacchieri Sas, Antonio Bonarrigo e Sabrina Brasi, entrambi procuratori speciali della società; Fabrizio Camilletti, legale rappresentante della Servizi Integrati Sas di Airport Service Srl; Biagio Marinò, ad di Adf Spa (società di gestione dell'aeroporto di Firenze) fino al 22 maggio 2013; Fabio Castellari, generale dell'Aeronautica in congedo e ex presidente del cda e legale rappresentante di Seaf (Forlì); Vincenzo Grimaldi, amministratore delegato e procuratore generale di Marconi Handling; Giulio Cornerei, in qualità di dg di Bologna Airport Service Srl. Sono inoltre indagati anche due ex dirigenti di Aeradria, Claudio Fiume e Massimo Masini rispettivamente dg e Presidente all'epoca dei fatti contestati nell'inchiesta;
   nell'ambito dell'inchiesta condotta dalla procura di Rimini sul fallimento della società di gestione aeroportuale Aeradria, sarebbero coinvolti direttamente anche i vertici Enac e i componenti del suo consiglio di amministrazione, cui sono stati notificati, dalla Guardia di finanza, avvisi di garanzia a carico del presidente Vito Riggio e di tre membri del cda: Roberto Serrentino, Andrea Corte e Lucio d'Alessandro;
   in particolare, ai vertici dell'Enac verrebbe contestato dalla procura nell'ambito dell'inchiesta sul crac di Aeradria, il mancato controllo, perpetratosi negli anni, della situazione finanziaria della Spa riminese oltre all'omessa sorveglianza della situazione inerente i rapporti tra società collegate e casa madre, che avrebbe contribuito a condurre la Spa pubblica verso l'inevitabile fallimento –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative intenda adottare per fare luce sulle irregolarità emerse dall'inchiesta condotta dalla procura di Forlì in materia di aggiudicazione di appalti per i servizi aeroportuali di handling e sulle presunte responsabilità di Enac per la mancata attività di vigilanza sull'operato delle società di gestione aeroportuale e la relativa autorizzazione dei subappalti. (5-02744)


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il sistema di biglietterie e prenotazioni di Trenitalia spa è stato di recente sostituito con una nuova piattaforma integrata denominata Pico (piattaforma integrata commerciale) ed entrata in vigore qualche mese fa;
   il nuovo sistema di vendita, sviluppato da IBM per Trenitalia, intendeva migliorare l'infrastruttura IT di Trenitalia, con un'architettura SOA (Service Oriented Architecture), al fine espresso di ridurre la manutenzione delle applicazioni ed i relativi costi operativi e per semplificare l'integrazione di servizi interni ed esterni;
   risulta agli interroganti che il sistema Pico stia però creando gravi difficoltà nelle emissioni dei titoli di viaggio, in particolare con riguardo alla ingiustificata lentezza nel processo di vendita, dovuta alla necessità da parte del sistema di ripetute verifiche sulla corretta ricezione della richiesta di emissione del biglietto inviata dall'operatore;
   inoltre, come denunciato lo scorso 7 aprile 2014 dalla organizzazione sindacale Or.S.A., con il nuovo sistema di vendita di cui in oggetto non viene ammessa l'emissione di biglietti cumulativi, per cui l'operatore è costretto – anche in caso di comitive – all'emissione di biglietti singoli di A/R, con evidenti ripercussioni negative sui tempi di attesa allo sportello;
   a tali disservizi causati dal sistema Pico, si aggiungerebbero poi le ripetute interruzioni provocate dal «crash» del software dopo 3-4 ore di operazioni, le difficoltà di rimborso o annullamento soprattutto per i pagamenti con carte di credito, l'impossibilità del cambio servizio per treni IC ES, la disattivazione del display per evitare il blocco del sistema vendite, per cui il viaggiatore non può avere in tempo reale la visione di ciò che sta acquistando;
   risulta inoltre agli interroganti che durante i ponti festivi di Pasqua, per evitare la formazione di code agli sportelli causate dalle anomalie di sistema sopra elencate ed accelerare i processi di vendita, molti viaggiatori siano stati dirottati dagli stessi addetti allo sportello verso le biglietterie automatiche presenti nelle stazioni ferroviarie, con evidenti disagi per la clientela –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se il Ministro interrogato possa chiarire quali siano le responsabilità degli inconvenienti legati all'utilizzo del software in questione e se le criticità riscontrate, relative all'entrata in funzione del nuovo sistema, siano state preliminarmente affrontate rispetto all'attivazione su tutta la rete del sistema Pico;
   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda infine intraprendere per risolvere, con l'urgenza richiesta dal caso, le problematiche legate all'attuale sistema di vendita ed evitare che nel prossimo futuro si verifichino simili inconvenienti, a danno sia dei viaggiatori che degli stessi operatori ferroviari. (5-02745)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAGNARLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la situazione del trasporto locale su rotaia, non solo nella regione Toscana di appartenenza della interrogante, è da tempo al centro dell'attenzione dei media, dai ritardi alle soppressioni, dalle condizioni dei convogli alle gare di affidamento per il prossimo anno, dagli incipienti ai nuovi regolamenti dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie sulla redistribuzione di responsabilità e mansioni tra capotreni e macchinisti;
   con riguardo alle soppressioni, si è constatato che la politica di Trenitalia è quella di tagliare i convogli nei periodi prefestivi e festivi, nei giorni in cui i viaggiatori aumentano considerevolmente;
   a titolo di esempio, dal sito web del comune di Capralba si apprende che nel periodo di festività natalizie, dal 25 dicembre 2013 al 6 gennaio 2014 sulla linea Cremona-Treviglio, ben 8 regionali (10450, 10452, 10454, 10456, 10475, 10479, 10483, 20359) non hanno circolato;
   stessa sorte è capitata al treno IC 598 delle 18:15 diretto a Firenze, soppresso nei prefestivi con la conseguenza che i pendolari sono stati costretti ad uscire prima da lavoro per prendere il regionale delle 17:12, oppure attendere l'EuroNight delle 19:04 diretto a Vienna, con due sole carrozze per i passeggeri. Entrambe le soluzioni hanno costretto i passeggeri a viaggiare su treni iperaffollati;
   sulla testata online www.inchiostrofresco.it si legge che da marzo 2014 muoversi sulla Genova-Ovada-Acqui con i treni durante i giorni festivi è stato impossibile a causa della soppressione del regionale delle 7:36 da Acqui Terme a Genova e dei 2 treni attivi nei giorni festivi da giugno a settembre. Anche sulla linea Genova-Arquata Scrivia-Alessandria, sempre nei giorni festivi, a partire da marzo sono stati soppressi tre treni in partenza da Arquata e tre in partenza da Genova;
   il mattino di Padova on line invece riporta che anche in Veneto c’è stato un drastico taglio sui treni regionali prefestivi e festivi, passando rispettivamente a 600 e 400 convogli dagli 800 «a regime» –:
   quali siano le motivazioni per le quali Trenitalia sopprima molte corse durante i prefestivi ed i festivi, quando il traffico ferroviario è in netto aumento a causa dei rientri dei pendolari nei luoghi di residenza o per gli spostamenti di piacere. (4-04718)


   SPESSOTTO, TOFALO e LIUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, introduce nuovi diritti ed obblighi per i passeggeri nel trasporto ferroviario, prevedendo oneri informativi a favore dei passeggeri e diritti specifici in occasione di ritardi, soppressioni di treni e mancate coincidenze;
   in particolare, l'articolo 6 del citato regolamento stabilisce l'inammissibilità di deroghe e limitazioni degli obblighi stabiliti nei confronti dei passeggeri, mediante l'introduzione di clausole derogatorie e prevede inoltre che le imprese ferroviarie possano offrire ai passeggeri condizioni contrattuali più favorevoli delle condizioni fissate nello stesso regolamento;
   il Consiglio dei ministri ha approvato in data 15 aprile 2014 il decreto legislativo che definisce le sanzioni per violazioni degli obblighi previsti dal regolamento (CE) 1371/2007, per la cattiva applicazione del quale la Commissione europea ha avviato nei confronti dell'Italia una procedura di infrazione (procedura 2013–2074);
   la nuova disciplina comunitaria, dettata in materia di diritti e obblighi dei passeggeri del trasporto ferroviario, e stata recepita nel testo delle condizioni generali di trasporto dei passeggeri di Trenitalia spa, incluse le disposizioni in materia di indennità e rimborsi in occasione di ritardo dei treni;
   tale recepimento da parte di Trenitalia spa delle disposizioni normative comunitarie ai fini dell'applicazione dei diritti e degli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario appare però, a giudizio degli interroganti, solo parziale se non addirittura difforme rispetto alle previsioni contenute in materia nel regolamento (CE) n. 1371/2007;
   in particolare, per il trasporto con treni nazionali, si legge sul sito di Trenitalia spa, che, in caso in cui il passeggero abbia subito un ritardo superiore a 60 minuti, possa fare domanda di rimborso solamente «trascorsi 20 giorni dalla data del viaggio o dalla scadenza dell'abbonamento (del pass, del carnet o delle specifiche tessere eccetera)», riferimento temporale che non è presente nel regolamento (CE) n. 1371/2007 e che impone al viaggiatore italiano un sistema di gestione delle richieste di bonus svantaggioso in termini di procedura;
   per il trasporto con treni regionali invece, la procedura di richiesta della indennità per ritardo è ancora differente: la domanda deve essere inoltrata per posta entro e non oltre 30 giorni, alla direzione regionale competente per la località di destinazione del viaggio, senza la previsione di un ulteriore riferimento temporale per l'inoltro della richiesta;
   tale divergenza nella trattazione delle richieste di rimborso per ritardi subiti tra treni nazionali e treni regionali non appare giustificata da alcuna previsione del regolamento (CE) n. 1371/2007 e, a giudizio degli interroganti, risulterebbe eccessivamente discrezionale nelle procedure imposte al consumatore;
   come noto, a seguito delle numerose segnalazioni da parte delle associazioni dei consumatori, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha di recente avviato un procedimento istruttorio nei confronti di Trenitalia S.p.A. e Rete Ferroviaria Italiana – RFI S.p.A – per pratiche commerciali scorrette collegate ai diritti spettanti ai viaggiatori nel trasporto ferroviario;
   in particolare, stando a quanto riportato dall'Authority, le condotte consisterebbero nella predisposizione di un sistema di gestione delle richieste di bonus per ritardo dei treni che appare farraginoso nelle procedure imposte al consumatore, eccessivamente discrezionale nelle modalità di accertamento del ritardo ed opaco e scarsamente motivato nelle comunicazioni rese all'utenza –:
   se il Ministro interrogato non ritenga che le procedure previste dalle condizioni generali di trasporto dei passeggeri di Trenitalia spa in caso di ritardi subiti dai viaggiatori divergano dalle analoghe disposizioni recate in materia dal regolamento (CE) 371/2007 e quali iniziative intenda intraprendere affinché le suddette disposizioni siano uniformate alla normativa comunitaria, al fine di evitare qualsivoglia discriminazione nei confronti dei passeggeri ferroviari italiani. (4-04721)


   RIZZETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso dalla stampa il caso di Marco Zarpellon, di anni trentatré residente a Bassano, il quale fino a qualche tempo fa studiava presso l'università di Padova, ma si è visto costretto a lasciare gli studi per le difficoltà che era costretto ad affrontare per raggiungere l'ateneo;
   Marco Zarpellon è infatti un ragazzo disabile e per muoversi deve fare uso di una sedia a rotelle. Negli anni in cui studiava alla facoltà di informatica, prendeva il treno della tratta Bassano-Padova. La maggior parte delle volte è stato costretto a viaggiare su treni non adibiti al trasporto dei diversamente abili e ciò lo costringeva a trascorrere il viaggio addirittura nel vano biciclette;
   le difficoltà per raggiungere l'università sono aumentate quando per raggiungere Padova, da Bassano, è stato disposto il passaggio obbligatorio, per Mestre. Pertanto, oltre ai costi, i tempi del viaggio si allungavano in maniera spropositata, impedendo di arrivare in orario alle lezioni universitarie;
   è chiaro che il caso di Marco Zarpellon costituisce un episodio gravissimo che rende evidenti le difficoltà che deve ingiustamente affrontare un disabile in Italia per effettuare degli spostamenti con i mezzi di trasporto;
   non è accettabile, che un disabile sia costretto ad abbandonare gli studi o comunque a cambiare importanti scelte di vita perché i mezzi di trasporto non sono adibiti a persone diversamente abili –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del fatto descritto in premessa;
   se e quali iniziative di competenza intenda promuovere affinché sia garantito alle persone diversamente abili un servizio di trasporto dignitoso ed adeguato alle loro esigenze. (4-04722)


   RIZZETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da un articolo del «Fatto quotidiano» dello scorso 30 aprile 2014, intitolato «Ferrovie dello Stato, l'eredità di Moretti: oltre 2 miliardi di contestazione UE», che la Commissione europea ha aperto un'indagine sui presunti aiuti di Stato che Trenitalia e FS Logistica spa avrebbero ricevuto dall'Italia dall'anno 2000 al 2013;
   tali aiuti di Stato ammonterebbero a 2 miliardi e duecentoquattordici milioni di euro. Se verrà dichiarata l'incompatibilità con le norme europee nell'erogazione di tali finanziamenti, le due società controllate da Ferrovie dello Stato, il gruppo che vede al suo vertice Mauro Moretti dall'anno 2006, ora promosso alla guida Finmeccanica, potrebbero doverli restituire allo Stato;
   il commissario europeo, Joaquin Almunia, responsabile per la concorrenza e gli aiuti di Stato, ha avviato a fine marzo la predetta indagine dopo le denunce di altri operatori e gli insufficienti chiarimenti del Governo italiano. In particolare, Trenitalia ha ricevuto 1,17 miliardi di euro fra l'anno 2000 e il 2010, come compensazione degli «oneri di servizio pubblico». Gli importi sono stati erogati sulla base di tre contratti di servizio firmati nel 2002, nel 2007 e nel 2012, che impegnavano l'azienda, controllata al 100 per cento da Ferrovie dello Stato, a garantire servizi di trasporto merci su alcune tratte ferroviarie italiane e internazionali;
   per i primi 5 anni Trenitalia ha ricevuto quasi 119 milioni di euro l'anno, mentre nel quinquennio seguente fra i 92 ed i 139,5 milioni di euro. Con il trasferimento tra il 2007 e il 2010 delle infrastrutture ferroviarie dalla società di gestione della rete Rfi, controllata al 100 per cento da Ferrovie dello Stato italiane, alla divisione Cargo di Trenitalia e a FS Logistica, si raggiunge la cifra di 2,2 miliardi. Se si considerano poi ai predetti importi, 106 milioni di euro l'anno erogati tra 2011 e 2013, che formalmente non sono stati conteggiati dalla Commissione europea, l'importo interessato supera i 2,53 miliardi di euro;
   ciò che la Commissione europea ha innanzitutto rilevato è che i trasferimenti di beni sono avvenuti senza che fosse effettuata una valutazione di mercato e che le compensazioni per i servizi di interesse pubblico sono state affidate alle due società del gruppo Ferrovie dello Stato senza aver verificato, attraverso delle gare, se sul mercato vi fossero operatori disponibili a garantire gli stessi servizi a prezzi concorrenziali. Inoltre, altra questione che è all'attenzione della Commissione è il fatto che Rfi è controllata totalmente da Ferrovie dello Stato che è al 100 per cento dello Stato. Pertanto, le decisioni di Rfi sono direttamente imputabili allo Stato;
   sembra ancora vi siano delle irregolarità nei rapporti tra Trenitalia e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che verranno altresì verificate dalla Commissione. A riguardo, nel 2010 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti pare abbia riconosciuto indirettamente che la crisi determinava una riduzione del servizio di Trenitalia, senza però ridimensionare l'ammontare della compensazione. Di conseguenza, si vuole accertare se tale fatto potrebbe avere portato Trenitalia ad assumere una condizione di vantaggio ingiustificato e illegittimo sul mercato;
   nel decennio in questione, inoltre, secondo la Commissione, i trasferimenti di risorse finanziarie sono avvenuti più volte in assenza di un contratto. Solo successivamente tali rapporti sembra siano stati regolarizzati;
   rispetto ai fatti in questione, Ferrovie dello Stato ha affermato che le compensazioni ricevute dallo Stato per il contratto di servizio pubblico per il trasporto merci sono state nettamente inferiori ai costi sostenuti da Trenitalia per lo svolgimento del servizio;
   si ritiene, dunque, necessario e urgente accertare la natura e la legittimità delle risorse finanziarie erogate dallo Stato italiano a Trenitalia e Ferrovie dello Stato logistica dal 2000 al 2013, nonché effettuare medesime verifiche rispetto alla natura di eventuali finanziamenti rispetto alle ulteriori attività del gruppo –:
   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati sui fatti descritti in premessa;
   se e quali iniziative intendano promuovere, per quanto di loro competenza, in conseguenza del procedimento di indagine aperto dalla Commissione europea;
   se e a che titolo Trenitalia e altre società del gruppo Ferrovie dello Stato abbiano ricevuto finanziamenti rispetto alle altre attività, diverse dal trasporto merci. (4-04724)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   con la presente interpellanza si vuole evidenziare una situazione alquanto allarmante sul piano economico ed occupazionale con risvolti drammatici sulla coesione sociale e sulla civile convivenza che, in un purtroppo noto quadro di crisi nazionale, assume contorni particolari in un contesto territoriale come quello Vibonese che, se non adeguatamente supportato dalle istituzioni democratiche, rischierebbe, tra l'altro, di soffocare quei segnali incoraggianti di impegno civile e di voglia di legalità che, comunque, si notano;
   la situazione che si rileva sul mercato del lavoro in provincia di Vibo Valentia, dai dati pubblicati dal centro per l'impiego provinciale, evidenzia il forte ritardo in cui versa rispetto alle aree più sviluppate e dinamiche del Paese e l'enorme distanza rispetto agli obiettivi occupazionali fissati in sede europea. Infatti, dai dati sui movimenti occupazionali provinciali, si può ipotizzare un altro anno «nero» per il lavoro. Il tasso di disoccupazione sale vertiginosamente e, relativamente ai giovani fino a 25 anni, supera abbondantemente il 55 per cento. Inoltre, il settore viene colpito dalla crisi e sempre maggiore è il numero di imprese che sono costrette a chiudere e, conseguentemente, cresce il numero di lavoratori che vengono posti in cassa integrazione guadagni e in mobilità o licenziati;
   la fase congiunturale negativa ha interessato anche i servizi, settore principale dell'economia locale e, generalmente, meno sensibile alle fluttuazioni cicliche, per effetto del generale calo dei consumi. A ciò si aggiunge, purtroppo, un altro fattore molto negativo che è quello della criminalità organizzata che, in base alla relazione semestrale presentata dal Ministro dell'interno al Parlamento, sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla direzione investigativa antimafia, nella provincia di Vibo Valentia «il condizionamento mafioso raggiunge livelli di maggiore pervasività» anche rispetto ad altre aree della stessa regione;
   a questa pervasività non è immune neanche la pubblica amministrazione tanto è che in diversi comuni le amministrazioni sono state sciolte per infiltrazioni mafiose. Di fronte a questo quadro drammatico e doveroso intervenire con forza e determinazione per far sentire la vicinanza dello Stato che deve porre in essere tutte le iniziative possibili per lenire questo «grido di dolore» dei tanti cittadini che, anche in numerose pubbliche manifestazioni, anelano il rispetto delle regole per una civile convivenza. Ciò posto, corre l'obbligo di significare che, sul piano normativo, in data 7 aprile 2014, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica la legge n. 56 recante «disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni»;
   l'articolo 1, comma 92, della medesima legge garantisce i rapporti di lavoro a tempo indeterminato in essere presso le amministrazioni provinciali, nelle more di provvedimenti governativi e regionali che dovranno essere adottati ai sensi dell'articolo 1, commi 89 e seguenti, per la definizione dei criteri generali per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all'esercizio delle funzioni che devono essere trasferite dalle province agli enti subentranti. In questo contesto di forte cambiamento istituzionale, preme evidenziare che, nel panorama degli enti provinciali c’è un caso particolare, forse unico a livello nazionale, che riguarda la provincia di Vibo Valentia che, con deliberazione commissariale 68 del 30 ottobre 2013, ha dichiarato il dissesto finanziario;
   purtroppo, la manovra di bilancio messa in atto dall'amministrazione, incentrata sul corretto e completo accertamento delle entrate e la drastica riduzione delle spese correnti, mediante l'eliminazione di spese discrezionali e la compressione anche di quelle obbligatorie, non risulta assolutamente sufficiente a portare in equilibrio i conti dell'ente. L'incidenza delle entrate proprie risulta essere poco rilevante in un bilancio, come quello provinciale che, come è noto, risulta storicamente dipendente da contributi statali e regionali. La pesante riduzione che negli ultimi anni si è registrata nei trasferimenti ha causato gravi squilibri strutturali, in considerazione di una elevata incidenza della spesa non comprimibile, per mutui e personale, che rappresenta quasi l'80 per cento della spesa corrente;
   la provincia di Vibo Valentia, in ossequio al disposto dell'articolo 259 del TUEL, viste le condizioni di dissesto finanziario, deve predisporre un'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, rispettando l'obbligo del riequilibrio già nell'anno in corso, da presentare entro tre mesi dalla nomina della commissione straordinaria di liquidazione, avvenuta con decreto del Presidente della Repubblica del 10 febbraio 2014 e quindi entro il prossimo 10 maggio 2014;
   il decreto-legge n. 16 del 2014, modificando il comma 1-ter dell'articolo 259 del TUEL, ha escluso le province (limitando la previsione ai soli comuni sopra i 20.000 abitanti) dalla possibilità di raggiungere a determinate condizioni l'equilibrio di bilancio entro tre anni, compreso quello in cui e stato dichiarato il dissesto;
   per le ragioni sopraindicate è evidente l'impossibilità per l'ente di predisporre un bilancio riequilibrato già dall'anno in corso;
   un'ulteriore dichiarazione di eccedenza di personale, in aggiunta a quella approvata con deliberazione commissariale n. 301 del 30 dicembre 2014, con la quale viene assicurato il rapporto dipendenti/popolazione di cui all'articolo 263, comma 2, del TUEL, oltre alle prevedibili e drammatiche ripercussioni che comporterebbe in un contesto sociale notoriamente problematico, non è neppure idonea a determinare risparmi immediati sul bilancio, a causa dei tempi previsti per l'approvazione ministeriale e per l'espletamento delle procedure stabilite in caso di eccedenze di personale dall'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   va messa in dubbio anche la coerenza di una dichiarazione di ulteriore soprannumero di personale con il nuovo quadro normativo determinato dall'entrata in vigore della legge n. 56. Infatti, una misura di questo tipo sembra essere in assoluto contrasto con le indicazioni della stessa legge e con le linee del Governo che mirano a salvaguardare i livelli occupazionali. E potrebbe interferire indebitamente con le decisioni che il Governo e la regione devono assumere nei prossimi mesi in merito al riordino delle funzioni diverse da quelle fondamentali (articolo 1, comma 85) che riguardano, ai sensi dell'articolo 1, comma 92, anche i criteri per l'individuazione delle risorse umane connesse all'esercizio delle funzioni che devono essere trasferite dalle province agli enti subentranti;
   per questi motivi, è di palmare evidenza che per la realtà provinciale di Vibo Valentia, occorre intervenire mediante specifiche fonti di finanziamento a carattere straordinario (come già fatto, nel recente passato, per il comune di Reggio Calabria) o con la modifica dei criteri di riparto del fondo nazionale di riequilibrio, per sostenere le iniziative già poste in essere dall'amministrazione, perché, in effetti, si può parlare, viste le condizioni date, di un vero «caso Vibo» –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per fronteggiare la grave situazione della provincia di Vibo Valentia.
(2-00530) «Censore, Causin, Burtone, Bruno, Battaglia, Chaouki, Garavini, Costantino, Miotto, Carra, Piepoli, Parrini, Valeria Valente, Famiglietti, Lauricella, Pagani, Antezza, Pelillo, Mura, Stumpo, Oliverio, Ragosta, Castricone, Borghese, Bueno, Pollastrini, Lorenzo Guerini, Roberta Agostini, Folino, Fabbri, Aiello, Marchi, Franco Bordo, Magorno, Bargero, Capodicasa, D'Attorre, Palma, Argentin».

Interrogazioni a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i gravi episodi, accaduti sabato 3 maggio 2014 in occasione della finale della Coppa Italia di calcio fra Napoli e Fiorentina sia all'interno dello stadio Olimpico, che nei pressi, ribadiscono nuovamente le difficoltà derivanti da una corretta gestione dell'ordine pubblico e del sistema organizzativo nel coordinare le competizioni calcistiche nel nostro Paese;
   l'interrogante rileva come nonostante sia encomiabile l'attività di prevenzione e di tutela da parte degli operatori di pubblica sicurezza, dimostratasi anche nel corso del suindicato evento sportivo, attraverso le azioni di contrasto rivolte ai fenomeni delinquenziali verificatisi, risultano tuttora evidenti le rilevanti complessità nel debellare in maniera strutturale il perpetuarsi della violenza sia all'interno, che all'esterno degli stadi di calcio;
   le misure già vigenti di prevenzione caratterizzate dall'applicabilità a categorie di persone che versano in situazioni sintomatiche della loro pericolosità per l'ordine e la sicurezza pubblica con riferimento ai luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive (ovvero il daspo), a giudizio dell'interrogante, si sono rivelate insufficienti e scarsamente incisive nel contrastare i frequenti fenomeni di criminalità collegati ad eventi calcistici;
   la maglietta che inneggia l'assassino indossata dal signor Gennaro De Tommaso detto: «Genny ‘a Carogna», capo della tifoseria napoletana, a giudizio dell'interrogante, si è dimostrata offensiva e lesiva della dignità dei familiari dell'ispettore di polizia Raciti vittima dell'omicidio a cui si aggiunge l'ipotetica trattativa tra la Digos ed i responsabili della medesima tifoseria partenopea, nel decidere se l'incontro di calcio avrebbe dovuto iniziare oppure no, conferma a parere dell'interrogante, come occorrano misure urgenti e necessarie volte a rafforzare le strategie di rigore che proseguono inesorabilmente da decenni nel nostro Paese nei fenomeni di violenza negli stadi;
   i rigorosi interventi introdotti negli anni ’80 grazie alle decisioni adottate dal Governo britannico, da parte dell'allora premier Margaret Thatcher, sulla sicurezza degli stadi, il cui impatto ha eliminato radicalmente i fenomeni di teppismo connessi al calcio, costituiscono a giudizio dell'interrogante, un modello ammirevole e positivo cui occorra perseguire e rappresenta una pre-condizione indispensabile per il ritorno negli stadi delle famiglie e degli spettatori –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se intenda confermare l'esistenza di una trattativa intrapresa tra le forze dell'ordine ed i rappresentanti della tifoseria napoletana, finalizzata alla decisione dell'inizio della partita di calcio fra Napoli e Fiorentina, come esposto in premessa e in caso affermativo, se non ritenga che tale mediazione, sia da censurare e deplorare nella totalità, in considerazione del ruolo svolto dall'ultrà del Napoli nelle fasi preliminari all'inizio dell'incontro. (4-04712)


   ZARATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 30 aprile 2014 all'età di 54 anni è morto il sostituto commissario di polizia Roberto Mancini;
   Roberto Mancini, dopo aver lavorato nella sezione anticamorra della Criminalpol dal 1986, a partire dal 1994 ha condotto una lunga serie di indagini relative al traffico illecito di rifiuti, i cui risultati sono poi confluiti nell'ambito del processo per disastro ambientale e inquinamento delle falde acquifere, condotto dal pubblico ministero Alessandro Milita;
   dal 16 aprile 1998 al 28 maggio 2001 è stato inquadrato nell'ispettorato della polizia presso la Camera dei deputati al fine di poter collaborare con la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, presieduta dall'onorevole Massimo Scalia, svolgendo numerose missioni in Italia e all'estero;
   durante tale collaborazione, il sostituto commissario ha effettuato decine di sopralluoghi in discariche di rifiuti tossici e radioattivi nella «terra dei fuochi», entrando in contatto con le scorie sversate dalla camorra e dalle industrie chimiche;
   nel 2002 gli è stato diagnosticato un linfoma non Hodgkin; il Comitato di verifica del Ministero dell'economia e delle finanze, organo consultivo che emana pareri sulla dipendenza da causa di servizio delle infermità contratte da dipendenti pubblici, civili o militari, ha certificato che la malattia contratta da Mancini è dipesa da «causa di servizio»;
   a seguito dell'accertamento del nesso causale della malattia contratta con il servizio prestato il Ministero dell'interno avrebbe riconosciuto al Mancini la somma di 5 mila euro quale equo indennizzo per il risarcimento danni;
   il sostituto commissario si è poi rivolto alla Presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini, in qualità di rappresentante dell'organo ai sensi dell'articolo 8 del Regolamento, chiedendo che gli venisse risarcita l'invalidità a seguito della malattia contratta a causa della contaminazione con sostanze nocive, avvenuta durante le indagini svolte per la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti;
   la Presidenza, per il tramite degli uffici, avrebbe declinato qualsiasi responsabilità in relazione ad ogni forma di risarcimento –:
   con quali mansioni Mancini fu inquadrato nell'ispettorato della Polizia della Camera dei deputati;
   se vi siano mansioni svolte durante la sua attività per conto della Commissione d'inchiesta che non siano state espressamente autorizzate o coordinate attraverso l'ispettorato della Polizia della Camera;
   se non si ritenga doveroso riconoscere al sostituto commissario Roberto Mancini lo status di «Vittima del Dovere» disponendo adeguati sussidi economici per i familiari del poliziotto deceduto.
(4-04720)


   SIBILIA, SPADONI, GRANDE, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, SCAGLIUSI e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 marzo 2014, come riportato da molti quotidiani e agenzie di stampa, tra cui Ansamed (la rete informativa dell'ANSA dedicata alla regione Mediterranea e al Golfo arabico), l'Italia ha donato all'Egitto 56 veicoli antincendio per un valore pari a circa 11 milioni di euro;
   i 7 veicoli di piccola dimensione, i 46 di media e i 3 di grande dimensione sono stati forniti dall'Iveco e dalla Brescia Antincendi International (Bai);
   tale intervento rientra nel programma di aiuto alla bilancia dei pagamenti denominato «commodity aid» della cooperazione italiana per sostenere la transizione e lo sviluppo dell'Egitto;
   l'utilizzo di questo strumento di aiuto, finanziato dal Ministero degli affari esteri italiano, è stato giustificato dalla doppia finalità di promuovere il made in Italy nei mercati di sbocco e sostenere le importazioni dei Paesi come l'Egitto, che non dispongono di alcune tipologie di produzione industriale, come quella dei veicoli antincendio;
   oltre a questi 56 mezzi l'Italia ha donato nel 2002 altri venti veicoli, nel 2007 tredici e un altro nel 2011, per un totale di 90 mezzi antincendio per un valore pari a 17 milioni di euro;
   a parere degli interroganti, le azioni di solidarietà e di sostegno allo sviluppo e alla cooperazione internazionale sono sempre da incentivare soprattutto se rientrano nell'ambito che attiene agli interventi a difesa della vita umana;
   tuttavia, moltissimi comandi dei vigili del fuoco in Italia devono far fronte quotidianamente a incidenti, spesso gravi, causati dalla obsolescenza del parco mezzi con cui vengono effettuati i soccorsi; a questo si aggiungano anche la carenza di personale e la scarsità delle risorse destinate agli strumenti che consentirebbero una maggiore e migliore operatività;
   una tale situazione ha da tempo generato forti preoccupazioni negli operatori in servizio, che sono spesso costretti a intervenire in precarie condizioni di sicurezza –:
   se il Governo intenda valutare l'opportunità di reperire nuove e più consistenti risorse finanziarie da destinare in via prioritaria al dipartimento dei vigili del fuoco per il rinnovo del parco mezzi al fine di garantire meglio il soccorso pubblico, la prevenzione incendi, e la difesa civile. (4-04723)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   il programma «Garanzia per i giovani» intende permettere a tutti i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni di ricevere un'offerta valida entro quattro mesi dalla fine degli studi o dall'inizio della disoccupazione. L'offerta può consistere in un impiego, apprendistato, tirocinio o ulteriore corso di studi e va adeguata alla situazione, alla professionalità e alle esigenze dell'interessato;
   questo piano assume grande rilevanza in un momento di grave recessione economica come quello che sta vivendo il nostro Paese, dal momento che l'Istat ha certificato che nell'ultimo anno sono venuti meno 100.000 posti di lavoro tra i giovani;
   l'impegno del Governo italiano è stato notevole, sia per incrementare le risorse stanziate, sia per ottenere delle modalità di spesa che si conciliassero con la situazione drammatica che il nostro Paese sta affrontando;
   in questo progetto le regioni svolgono un ruolo fondamentale, risultando destinatarie di quasi la totalità delle risorse che finanziano il programma;
   rispetto alle previsioni del programma operativo nazionale della «Garanzia per i giovani», l'implementazione del programma segue un andamento a macchia di leopardo, con alcune regioni che hanno già avviato coerenti pacchetti occupazionali, mentre altre sono ancora indietro, non avendo ancora provveduto a varare adeguate misure attuative;
   in questi giorni si è venuti a conoscenza a mezzo stampa che solo tre regioni hanno siglato la convenzione con il Ministero necessaria per far partire il programma, mentre due starebbero per farlo nel giro di pochi giorni;
   il coinvolgimento degli enti regionali è fondamentale per il successo del progetto e il rallentamento sulla sigla delle convenzioni è un campanello d'allarme da non sottovalutare –:
   quali siano i dati a disposizione del Ministro relativamente ai richiamati ritardi di alcune realtà regionali e, in caso di impossibilità di soluzione in tempi ravvicinati, quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di assicurare che il programma possa svolgersi nel modo migliore possibile su tutto il territorio nazionale.
(2-00527) «Quartapelle Procopio, Rostan, Culotta, Richetti, Sbrollini, Gadda, Fregolent, Carlo Galli, Cassano, Anzaldi, Malpezzi, Ascani, Zampa, Arlotti, Marco Di Maio, Casellato, Capozzolo, Beni, Paris, Chaouki, Civati, Moretto, De Menech, Manfredi, Rigoni, Zardini, Giorgio Piccolo, Verini, Gribaudo, Giuditta Pini, Ribaudo, Manciulli, Leva, Bonomo, Valiante».

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la sfilza di blocchi del turn-over che da oltre un decennio sono stati imposti per il contenimento della spesa pubblica hanno creato di fatto ingenti problemi nell'erogazione dei servizi essenziali ai comuni non solo del Nord, ma anche di regioni come il Lazio;
   il comune di Pomezia, ad esempio, è uno dei principali poli industriali e logistici del Lazio, con una dinamica di continua crescita della popolazione in controtendenza rispetto al trend nazionale, aumentata da 43.000 a 60.000 abitanti dal 2001 ad oggi, che imporrebbe all'amministrazione comunale un adeguamento della macchina amministrativa: invece l'organico di dipendenti è inferiore perfino rispetto al livello consentito per gli enti in dissesto anche conteggiando gli oltre 100 dipendenti precari;
   sul territorio i servizi statali sono carenti soprattutto per quanto concerne la sicurezza pubblica: tra Pomezia ed Ardea – che insieme hanno oltre 100.000 residenti – non vi è neppure un commissariato di polizia, nonostante siano territori in cui è noto il rischio di infiltrazioni mafiose ed esista al confine con Pomezia il grande campo nomadi di Castel Romano;
   finora i servizi comunali essenziali sono stati garantiti attraverso assunzioni a tempo determinato giustificate da atti di giunta comunale e nel 2010 l'amministrazione comunale ha inteso sopperire alle gravi carenze di organico bandendo concorsi pubblici a tempo indeterminato per diverse figure professionali, tra cui impiegati amministrativi e contabili, agenti di polizia locale, assistenti sociali, tecnici e categorie protette;
   i concorsi banditi nel 2010 dall'allora giunta comunale del PD, si sono conclusi solo nel 2012 e le assunzioni dai predetti concorsi sono state in gran parte limitate per l'entrata in vigore del blocco del turn over nelle pubbliche amministrazioni, norma che non ha tenuto conto della situazione di comuni con gravi carenze strutturali di organico; sicché anche a Pomezia – come in gran parte dei comuni d'Italia, per far fronte alle esigenze di personale senza violare le norme sul blocco del turn over e garantire alla popolazione un minimo di servizio, oltre 100 vincitori di concorso a tempo indeterminato sono stati assunti in collaborazione;
   tali modalità assunzionali, peraltro, hanno contribuito ad aumentare in maniera esponenziale all'aumento del precariato nella pubblica amministrazione;
   le parti sociali hanno più volte sollecitato l'amministrazione comunale a richiedere un tavolo interistituzionale che coinvolga Governo e regione Lazio –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per risolvere il problema delle carenze di organico e dei contrattisti a termine che investe molti comuni d'Italia, conseguenza dei ripetuti blocchi del turn over;
   se intenda assumere iniziative per adeguare le norme del blocco del turn over per consentire alle amministrazioni locali le cui dotazioni organiche siano insufficienti ed inferiori ai limiti previsti per le amministrazioni in dissesto di poter assumere i vincitori di concorsi pubblici a tempo indeterminato già espletati, che già siano in servizio a tempo determinato, poiché ciò non comporterebbe aumenti di spesa né la violazione dell'articolo 97 della Costituzione, anzi eviterebbe inutili contenziosi e contribuirebbe a garantire i diritti individuali dei lavoratori previsti dall'ordinamento nazionale e comunitario. (4-04716)


   CECCONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante è venuto a conoscenza di una serie di distorsioni a livello focale in materia di servizi sociali, specie per quanto attiene la concessione di autorizzazioni circa l'apertura di strutture assistenziali e di residenze protette;
   il sistema di autocertificazione attraverso l'atto sostitutivo consente all'aspirante concessionario di dichiarare livelli assistenziali che nella realtà dei fatti non esistono;
   ciò che manca, spesso, è il controllo dell'ambito territoriale e dei comuni concedenti le autorizzazioni e le strutture, troppo spesso coinvolti in prima persona o legati da oscure connivenze con i partecipanti alle gare pubbliche;
   si vengono a creare situazioni assistenziali pessime ed altamente pericolose per cui pazienti bisognosi di assistenza h24 finiscono per essere ricoverati in strutture in cui il personale infermieristico copre turni di appena poche ore al giorno e le terapie vengono somministrate in pillolieri;
   addirittura si sono verificati casi di dipendenti privi di alcuna qualifica ma «spacciati» per O.S.S. e di apposite delibere comunali intervenute a modificare il regolamento dei tirocini al fine di consentire ad aspiranti O.S.S. assunti dalle strutture di fare il tirocinio formativo all'interno delle stesse, nonostante vi fossero leggi regionali che lo proibissero espressamente;
   ulteriori distorsioni riguardano poi l'indicazione di quali servizi siano indicati all'interno dell'atto sostitutivo come esternalizzati e vengano invece svolti all'interno delle strutture, con attrezzature inidonee e tutt'altro che sicure;
   il vero problema è che, a fronte di dichiarazioni mendaci, non vi sono amministrazioni che sollecitino i tempestivi controlli e non vi sono attività che evidenziano tali pratiche;
   si segnala la condizione della residenza protetta privata «MAMMA MARGHERITA» con sede a Piobbico (Pesaro Urbino), autorizzata dall'ambito territoriale il 25 marzo 2010;
   nonostante numerosi solleciti, denunce e, addirittura, un esposto alla regione, la residenza in questione ha potuto condurre la propria attività beneficiando dell'autorizzazione e avvalendosi persino degli uffici comunali per la selezione del personale;
   a quanto consta all'interrogante, a fronte di ciò né la regione, né l'ambito territoriale ha disposto tempestive e adeguate iniziative volte a effettuare verifiche per poter, eventualmente, giungere ad una revoca dell'autorizzazione;
   in tale documento, successivamente inoltrato anche all'assessorato alla salute, si richiedeva un controllo in merito alla residenza gestita dalla Solidale Cooperativa in totale assenza dei requisiti di legge;
   addirittura, in quella occasione, il controllo dei NAS, intervenuto dopo diversi mesi dall'apertura, evidenziava la presenza di 16 pazienti a fronte di 10 posti letto dichiarati –:
   se esista un sistema di controllo centralizzato e se non sia il caso di assumere iniziative per istituirlo, al pari di un protocollo LEA che coinvolga anche i servizi sociali, ambito troppo spesso demandato alle cooperative sociali e privo di effettiva verificabilità da parte dello Stato;
   se siano in progetto, anche alla luce degli studi sostenuti in materia dal Ministero, una revisione della suddivisione delle competenze effettuata dall'articolo 117 della Costituzione così come riformato dalla legge costituzionale del 2001, la cosiddetta Riforma del titolo V. (4-04727)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOSACCO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le ultime violente precipitazioni atmosferiche cadute sulla Puglia hanno inferto un durissimo colpo al settore agricolo;
   ortaggi e verdure sono state flagellate e l'improvviso calo delle temperature rischia di compromettere definitivamente colture importanti come carciofi, fave, patate, insalate che si trovano in uno stato avanzato di crescita;
   inoltre, le ultime perturbazioni atmosferiche hanno creato serissimi problemi alle ciliegie, le qualità «Bigarreau Moreau», «Burlat» e «Francia » hanno subito il cracking, il cosiddetto spacco;
   anche la qualità «Ferrovia» ha subito ingenti danni fino al 30 per cento delle piante anche se maturando più tardi hanno tempo di recuperare;
   nella zona di Conversano, una delle più importanti in Italia per la produzione di ciliegie i danni raggiungono anche il 40 per cento delle piante;
   un colpo mortale per un settore che vive sulla «primizia»;
   le rese più basse si tradurranno in un prezzo più basso con conseguenze negative per tutto il comparto che in Puglia riveste una rilevanza molto incidente per l'agricoltura –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare per sostenere il comparto in difficoltà e per incentivare la copertura dei ciliegeti al fine di proteggerli da eventi calamitosi come appunto quelli accaduti negli ultimi giorni cavallo di aprile e maggio 2014. (5-02734)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 38 del 4 marzo 2014 recepisce la direttiva 2011/24/UE concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera nonché la direttiva 2012/52/UE comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro;
   lo schema di decreto legislativo (atto del Governo n. 54) è stato trasmesso alla Camera dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo ai sensi dell'articolo 1 della legge 6 agosto 2013, n. 96;
   la Commissione XII affari sociali della Camera dei deputati è stata chiamata ad esprimere il parere di competenza al Governo sul suddetto schema di decreto legislativo. In data 11 febbraio 2014 la Commissione XII affari sociali ha dato parere favorevole con condizioni e osservazioni;
   nella medesima seduta dell'11 febbraio 2014, il sottosegretario pro tempore Paolo Fadda, intervenendo in Commissione XII affari sociali della Camera – in discussione in sede consultiva per i pareri al Governo – ha dichiarato di condividere il contenuto della proposta di parere presentata dal relatore, assicurando che il Governo ne avrebbe tenuto conto all'atto della emanazione dei decreto legislativo;
   alcune delle condizioni e delle osservazioni contenute nel parere approvato dalla Commissione XII non sono state recepite del decreto legislativo n. 38 del 2014, e in particolare:
    a) la condizione posta dalla lettera b) di sopprimere all'articolo 10, comma 3, il secondo e il terzo periodo, non è stata recepita nel decreto legislativo n. 38 del 2014;
    b) la condizione posta alla lettera c), ove si prevedeva che all'articolo 10, comma 8, dello schema di decreto di riferimento, venisse specificato che, nei casi in cui l'autorizzazione preventiva all'assistenza transfrontaliera fosse negata per i motivi di cui all'articolo 9, comma 6, lettera d), cioè in ragione del fatto che l'assistenza sanitaria richiesta potesse essere prestata nel territorio nazionale entro un termine giustificabile dal punto di vista clinico, tenuto presente lo stato di salute e il probabile decorso della malattia, l'ASL competente individuasse e comunicasse al paziente la specifica struttura sanitaria in grado di erogare la prestazione entro il predetto termine con le garanzie di sicurezza e qualità della prestazione offerta, è stata recepita solo in parte, eliminando proprio il riferimento alle garanzie di sicurezza e qualità;
    c) non è stata recepita l'osservazione approvata nel parere e relativa alla lettera a) in cui, con riferimento all'articolo 4, comma 1, e all'articolo 12, comma 3, si chiedeva che il Governo valutasse l'opportunità di eliminare il riferimento ai «principi etici» cui si ispirerebbe la specifica normativa vigente nel nostro Paese;
    d) non è stata recepita la condizione di cui alla lettera d) che invitava il Governo a sopprimere il secondo periodo del comma 8 dell'articolo 8 dello schema di decreto – che è stato invece mantenuto nel decreto legislativo n. 38 – ove si prevede che misure limitative dell'accesso alle cure transfrontaliere potessero essere applicate ai cittadini di una o più regioni, o di singole regioni, o, addirittura, di singole aziende del servizio sanitario nazionale, su richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;
    e) solo in parte è stata presa in considerazione l'osservazione relativa alla lettera e), vale a dire quella di valutare l'opportunità di una riformulazione dell'articolo 18, che meglio tuteli il diritta di tutti i cittadini italiani di usufruire dei servizi assistenziali previsti dalle direttive e dallo schema di decreto legislativo, nel rispetto del generale principio di uguaglianza;
   in tutti questi casi le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 38 sono volte a limitare gli spazi di libero accesso alla medicina transfrontaliera riconosciuti ai cittadini dell'Unione europea dalla direttiva di cui si dà attuazione –:
   quali siano le ragioni del mancato recepimento, nell'attuazione della difettiva n. 2011/24/UE, delle condizioni e delle osservazioni elencate in premessa parere approvato dalla Commissione XII affari sociali della Camera, in merito alle quali il Sottosegretario pro tempore Fadda aveva, in Commissione, espresso parere favorevole.
(2-00529) «Monchiero, Andrea Romano».

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IX Commissione:


   LIUZZI, NICOLA BIANCHI, CRISTIAN IANNUZZI, DE LORENZIS, DELL'ORCO, PAOLO NICOLÒ ROMANO e SPESSOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenda digitale è una grande visione di digitalizzazione e modernizzazione del Paese volta allo sviluppo di competenze e infrastrutture digitali, per migliorare l'efficienza dei processi e la qualità della vita dei cittadini alimentando opportunità di conoscenza, culturali, sociali ed economiche;
   l'Agenda digitale europea, pone la banda larga come una delle sette iniziative chiave della strategia Europa 2020, prevedendo tra i suoi obiettivi: banda larga di base per tutti entro il 2013 e accesso a reti di nuova generazione (velocità pari o superiori a 30Mbps) per tutti i cittadini europei entro il 2020;
   secondo l'ultimo rapporto del servizio studi della Camera dei deputati 5 marzo 2014 dei 55 adempimenti considerati presenti nei decreti-legge n. 83 del 2012, n. 179 del 2012, e n. 69 del 2013 ne sono stati adottati solo 17. Mentre per quelli non adottati per ben 21 risultano scaduti i termini;
   non risulta essere mai stata utilizzata la procedura prevista dall'articolo 13, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge n. 69 del 2013, in base alla quale, per accelerare l'adozione dei provvedimenti attuativi previsti da quattordici specifiche disposizioni del decreto-legge n. 179 del 2012 si consente, per i regolamenti governativi, la loro adozione su proposta diretta del Presidente del Consiglio dei ministri e non dei ministri proponenti previsti (comma 2-bis) e per i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, e per i decreti ministeriali la loro adozione su proposta del Presidente del Consiglio anche in assenza del concerto dei ministri previsti (comma 2-ter e 2-quater);
   come risulta dall'ultima valutazione della Commissione europea di giugno 2013 sul raggiungimento degli obiettivi posti dall'Agenda digitale, l'Italia è all'ultimo posto per quanto riguarda la diffusione della banda larga ad alta velocità;
   l'agenda digitale italiana prevedeva il completamento di copertura della banda larga (almeno 2 (megabit) entro il 2013. ma la situazione attuale appare molto lontana dagli obiettivi prefissati;
   il rapporto «Achieving the Objectives of the Digital Agenda for Europe (DAE) in Italy: Prospects and Challenges», cosiddetto Rapporto Caio, commissionato dalla Presidenza del Consiglio a Francesco Caio, J. Scott Marcus e Gerard Pogorel presentato il 30 gennaio 2014 ha dimostrato, da un lato l'insufficienza degli investimenti privati per il raggiungimento degli obiettivi di copertura sopra indicati e, sotto altro profilo, ha sottolineato la necessità di adottare misure volte ad ottimizzare gli investimenti pur nel rispetto delle norme per gli aiuti di Stato e della concorrenza fissati al livello di Unione europea;
   l'Italia ha programmato circa 1,3 miliardi di euro per tecnologie dell'informazione e della comunicazione, dei quali 100 milioni di euro sono previsti per la banda larga. Il rapporto strategico sui fondi strutturali più recente ha rivelato che solo il 47 percento del totale è stato destinato a progetti e che solo il 5 percento di quanto destinato è stato effettivamente speso per la banda larga;
   il quadro descritto è stato di recente confermato dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che presentando i risultati dell'indagine conoscitiva «(...) sul settore dei servizi internet e sulla pubblicità online» (allegato A alla delibera 19/14/CONS del 21 gennaio 2014) che ha rilevato come il tasso di penetrazione di internet Sulla popolazione italiana sia tra i più bassi in Europa; infatti, la rete viene utilizzata solo dal 52 per cento della popolazione;
   la recente pubblicazione del documento di economia e finanza (DEF) non ha contribuito a chiarire la situazione e gli intendimenti del Governo in materia di Agenda digitale;
   le iniziative sull'Agenda digitale, infatti, non fanno parte né delle «proposte strutturali», né delle «misure immediate» proposte dall'esecutivo che sembra voler proseguire, a detta degli interroganti le fallimentari politiche seguite dai propri predecessori sia in termini di governance che in termini di risorse (insufficienti) disponibili per la realizzazione dell'Agenda digitale italiana in sintonia con gli obiettivi proposti a livello europeo;
   in particolare, sul fronte degli investimenti il quadro appare frammentario e francamente sconfortante. Si annunciano gare di Consip per 10 miliardi di euro destinati alla digitalizzazione della pubblica amministrazione non si indica da quali fonti si liberano tali risorse; insufficienti appaiono poi le risorse destinate per il «piano nazionale banda larga» (appena 120 milioni di euro nel 2014), mentre sconcertante appare la posizione assunta sul «piano strategico banda ultralarga» rispetto al quale, considerando il fallimentare avvio nel 2013 (si veda la situazione della Basilicata rispetto alla quale, come rilevato dal Governo, non sono state presentate offerte di cofinanziamento da parte di privati) è necessario un deciso cambio di rotta –:
   quali risorse addizionali e in quanto tempo, si intendano destinare per la realizzazione degli obiettivi dell'Agenda digitale concordati in sede europea e nazionale, con particolare riferimento agli interventi per la realizzazione della banda larga e ultralarga. (5-02740)


   QUARANTA, NARDI e RAGOSTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con il termine Agenda digitale si intendono un insieme di specifiche politiche volte al potenziamento delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
   l'Agenda digitale europea è stata presentata dalla Commissione europea nel maggio 2010 (comunicazione «Un'agenda digitale europea» (COM(2010)245) con lo scopo di sfruttare al meglio il potenziale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) per favorire l'innovazione, la crescita economica e la competitività. Non a caso l'Agenda digitale europea rappresenta una delle sette «iniziative faro» della Strategia per la crescita «Europa 2020», proponendo di realizzare un mercato unico digitale, di garantire un internet «veloce» e «superveloce» accessibile a tutti e a prezzi competitivi, attraverso reti di nuova generazione, di favorire gli investimenti privati e raddoppiare le spese pubbliche nelle sviluppo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Il 20 settembre 2010, la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure di attuazione dell'Agenda, tra le quali la comunicazione (COM(2010)472) che indica l'obiettivo di assicurare entro il 2020 l'accesso ad internet a tutti i cittadini con una velocità di connessione superiore a 30 Mbitps (banda ultralarga) e per almeno il 50 per cento delle famiglie con velocità superiore a 100 Mbitps;
   la promozione di reti di banda larga è, infatti, ritenuta di importanza centrale al fine del superamento del cosiddetto digital divide e con il termine «banda larga», nella teoria dei segnali, vengono indicati i metodi che consentono a due o più segnali di condividere la stessa linea di trasmissione. Esso è però divenuto col tempo sinonimo di «alta velocità» di connessione alla rete internet e di trasmissione ed è pertanto un concetto relativo e in evoluzione con l'avanzamento tecnologico. L'attuale sviluppo tecnologico indica generalmente come di «banda larga» le connessioni in Europa superiori a 2 Mbit/s (megabit per secondo);
   il Piano nazionale banda larga, coordinato dal Ministero dello sviluppo economico, mira all'eliminazione del digital divide in tutto il Paese, in particolare tramite l'eliminazione del deficit infrastrutturale presente in oltre 6 mila località del Paese ed i cui costi di sviluppo non possono essere sostenuti dal mercato;
   l'Agenda digitale europea fa riferimento anche alla banda «ultra-larga», termine con il quale sono generalmente indicate velocità di connessione superiori a 30 Mbit/s e che possono raggiungere anche i 100 Mbit/s;
   sullo stato di diffusione della banda larga in Italia fornisce informazioni utili il cosiddetto rapporto «Raggiungere gli obiettivi Europei 2020 della banda larga in Italia: prospettive e sfide» presentato il 30 gennaio 2014 da Francesco Caio, nella sua qualità di Commissario per l'attuazione dell'agenda digitale, ai sensi del decreto-legge n. 69 del 2013;
   il rapporto contiene un'analisi dei piani di investimento dei gestori italiani di telecomunicazioni. Nel rapporto si evidenzia un moderato ottimismo, purché gli operatori continuino ad investire, l'evoluzione tecnologica sia conforme alle attese e vi sia un coordinamento per l'attuazione tra operatori, regolatore e comuni. Per quanto riguarda l'obiettivo della copertura a 30Mbps per il 100 per cento della popolazione, le prime stime indicano una copertura raggiungibile al 2020 del 70 per cento con piani di dettaglio che arrivano al più fino al 2016-2017 con coperture al 50 per cento. Si ritiene che il raggiungimento completo degli obiettivi dell'Unione europea richieda ulteriori azioni complesse di tipo finanziario e di coordinamento tra i soggetti in campo, con un forte impegno e monitoraggio della Presidenza del Consiglio;
   nell'ottica di promuovere la banda larga sono intervenuti, nel corso della legislatura in corso e di quella precedente diverse disposizioni normative tra le quali si ricordano: 1) l'articolo 2 del decreto-legge n. 112 del 2008 che ha stabilito norme per agevolare i lavori di infrastrutturazione nel settore delle comunicazioni elettroniche, attraverso il ricorso alla procedura della denuncia di inizio attività; 2) l'articolo 1 della legge n. 69 del 2009, che ha stanziato 800 milioni di euro di risorse FAS della programmazione 2007-2013 da destinare alla promozione delle reti di comunicazione elettroniche nelle aree sottoutilizzate, successivamente ridotte dal CIPE, con la delibera n. 1 del 2011, a 400 milioni; 3) l'articolo 30 del decreto-legge n. 98 del 2011 ha attribuito al Ministero dello sviluppo economico l'elaborazione di un progetto nazionale per la banda larga ed ultralarga, sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale e del partenariato pubblico-privato, sempre a valere sulle risorse della programmazione 2007-2013 come definite dalla delibera CIPE n. 1 del 2011; 4) l'articolo 14 del decreto-legge n. 179 del 2012, che ha stanziato 150 milioni di euro per il 2013 per il completamento del piano nazionale banda larga predisposto nell'ottobre 2011 dal Ministero dello sviluppo economico; 5) l'articolo 1, comma 97, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) che ha previsto un nuovo finanziamento di 20,75 milioni di euro per il 2014 per l'attuazione del piano nazionale banda larga;
   inoltre, la Commissione europea ha autorizzato con decisione COM(2012)9833 del 18 dicembre 2012 il progetto nazionale italiano per la banda ultralarga, che sarà gestito nell'ambito di appositi accordi con le regioni. In questo quadro, sono stati emessi a febbraio 2013 i bandi nazionali per 900 milioni di euro per l'azzeramento del digital divide nonché per accelerare lo sviluppo della banda ultralarga;
   l'Agenda digitale italiana è stata istituita, come disposto dall'articolo 47 del decreto-legge n. 5 del 2012, il primo marzo 2012, contestualmente ad un'apposita cabina di regia con il compito di accelerare il percorso di attuazione dell'Agenda digitale italiana. La cabina di regia definisce la strategia italiana per l'Agenda digitale e, a seguito delle modifiche introdotte dall'articolo 13 del decreto-legge n. 69 del 2013, è composta dal Ministro dello sviluppo economico, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, un presidente di regime e un sindaco designati dalla Conferenza Unificata;
   l'Agenzia per l'Italia Digitale, istituita con gli articoli 19, 20 e 21 del decreto-legge n. 83 del 2012 (cosiddetto «decreto crescita»), è preposta alla realizzazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, in coerenza con gli indirizzi elaborati dalla cabina di regia, con particolare riferimento allo sviluppo delle reti di nuova generazione e dell'interoperabilità tra i sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni e tra questi e quelli dell'Unione europea;
   lo statuto dell'Agenzia è stato approvato solo in data 3 febbraio 2014 a seguito della registrazione da parte della Corte dei conti e del trasferimento delle risorse tramite decreto. È stato introdotto nello statuto un comitato di indirizzo chiamato a coordinare le iniziative della Presidenza del Consiglio e le priorità operative dell'Agenzia;
   il decreto-legge n. 69 del 2013 (cosiddetto «decreto-legge Fare») ha previsto (l'articolo 13) l'istituzione presso la cabina di regia di un organismo consultivo permanente, composto da esperti in materia di innovazione tecnologica e da esponenti delle imprese private e delle università, denominato tavolo permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana, e presieduto dal commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale, che viene posto a capo di una struttura di missione per l'attuazione dell'agenda digitale istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
   con il DEF 2014-2016 l'attuale Governo si è impegnato al raggiungimento degli obiettivi europei al 2020 di garantire al 100 per cento dei cittadini servizi di connettività ad almeno 30 mbps e incentivando al contempo la sottoscrizione di servizi oltre i 100 Mbps per la metà della popolazione;
   la Commissione IX della Camera dei deputati, il 16 aprile 2014, ha espresso parere favorevole al DEF 2014-2016 evidenziando, tra le altre cose, la priorità di sostenere adeguatamente la piena attuazione dei piani nazionali della banda larga e della banda ultralarga ed operare per il conseguimento degli obiettivi previsti dall'Agenda digitale europea;
   pur tuttavia, si deve evidenziare che con riferimento allo stato di attuazione dell'Agenda Digitale Italia contenute nei decreti-legge n. 83 del 2012, n. 179 del 2012 e n. 69 del 2013, il dossier del servizio studi della Camera dei deputati «Monitoraggio dell'attuazione dell'agenda digitale italiana», pubblicato il 5 marzo 2014 con informazioni aggiornate alla data del 24 febbraio 2014, ha rilevato che dei 55 adempimenti considerati dalla normativa vigente ne sono stati adottati solo 17 (per gli adempimenti non ancora adottati in 21 casi risulta già scaduto il termine per provvedere; rispetto alla ricognizione precedente sono state prese in considerazione le misure dell'articolo 13 del decreto-legge n. 69 del 2013, nonché ulteriori disposizioni del decreto-legge n. 179 del 2012 in precedenza non considerate ma comunque collegate all'attuazione dell'agenda digitale 1);
   si segnala altresì che non risulta mai utilizzata la procedura prevista dall'articolo 13, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge n. 69 del 2013, in base alla quale, per accelerare l'adozione dei provvedimenti attuativi previsti da quattordici specifiche disposizioni del decreto-legge n. 179 del 2012 si consente, per i regolamenti governativi, la loro adozione su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e non dei ministri proponenti previsti (comma 2-bis) e per i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri e per i decreti ministeriali la loro adozione su proposta del Presidente del Consiglio anche in assenza del concerto dei ministri previsti (comma 2-ter e 2-quater); infatti, tutti i provvedimenti attuativi in questione risultano ancora da adottare, fatta eccezione per due casi, nei quali si è però utilizzata la procedura ordinaria (si tratta nello specifico del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 agosto 2013, n. 109, attuativo dall'articolo 2, comma 1, e del decreto ministeriale 9 agosto 2013, n. 165, attuativo dell'articolo 14, comma 2-bis);
   eppure la rilevanza strategica dell'agenda digitale, in un momento cruciale per il nostro Paese, imporrebbe la priorità di intervenire con urgenza sull'agenda digitale. Una compiuta dematerializzazione consentirebbe, infatti, di ottenere risparmi pari a 43 miliardi di euro l'anno, di cui 4 miliardi di euro l'anno di soli risparmi per gli approvvigionamenti, 15 miliardi di euro l'anno di risparmi legati all'aumento di produttività del personale, 24 miliardi di euro l'anno di risparmi sui «costi di relazione» tra pubblica amministrazione e imprese, grazie a uno snellimento della burocrazia, come dimostrano i dati dell'Osservatorio fatturazione elettronica e dematerializzazione del Politecnico di Milano;
   non appaiono affatto chiari i motivi di tali ritardi e, per quanto risulta agli interroganti, taluni di questi provvedimenti, pur essendo in fase avanzata di elaborazione, ad oggi non vengono emanati;
   l'adozione di tali provvedimenti implica peraltro l'assunzione della responsabilità politica e amministrativa di procedere in tal senso –:
   se il Governo non intenda affrontare in modo deciso l'intera materia relativa all'attuazione dell'Agenda digitale, eventualmente intervenendo con un'iniziativa normativa «ad hoc», così da dare finalmente esecuzione ad una serie di procedure di rilevanza essenziale per lo sviluppo e la competitività del nostro Paese. (5-02741)


   CATALANO e BRUNO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con numerose interrogazioni a risposta scritta (fra le quali, non esaustivamente, la n. 4-01963, 4-02295, 4-02485, 4-02854, 4-03405, 4-03655, 4-04159, 4-04483, 4-04662) è stata richiamata l'attenzione del Governo su diverse criticità relative all'attività di Poste italiane spa nell'ambito territoriale della regione Sicilia;
   tali criticità riguardano, in particolare, gli ambiti della tutela aziendale, del fraud management e della gestione delle risorse umane di Poste italiane spa;
   la gestione di tale area territoriale non pare conforme ai princìpi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione;
   ad oggi, il Governo è rimasto totalmente inerte, omettendo di dare una qualsiasi forma di riscontro ai fatti, anche circostanziati, portati alla sua attenzione dall'interrogante in sede di sindacato ispettivo;
   Poste italiane spa con ordine di servizio 5/12, port. 9/2012 entrato in vigore con decorrenza immediata istituì l'area territoriale tutela aziendale Lombardia allo scopo di rafforzare il presidio territoriale della sicurezza aziendale e del sistema di prevenzione e gestione dei rischi, aventi funzioni di sicurezza sul lavoro fraud management e sicurezza fisica –:
   se il Ministro intenda intervenire, eventualmente assumendo iniziative affinché si pervenga alla creazione di un ATTA Sud separato per la regione siciliana, analogamente a quanto verificatosi in Lombardia, al fine di garantire la regolarità e il buon andamento dell'attività di Poste italiane spa in detta area. (5-02742)


   TULLO e BRUNO BOSSIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le telecomunicazioni rappresentano un settore strategico per lo sviluppo economico del Paese, tenuto anche conto che autorevoli studi hanno documentato l'effetto moltiplicatore sul prodotto interno lordo degli investimenti per le reti di nuova generazione in fibra;
   l'Italia, come documentato dalla Commissione europea, ha accumulato un forte ritardo nei confronti degli altri Paesi europei nel conseguimento degli obiettivi posti dall'Agenda digitale europea, recepiti nell'ordinamento nazionale attraverso la legge n. 35 del 4 aprile 2012;
   il Gruppo Telecom Italia, con oltre 80 mila dipendenti è il principale operatore di comunicazioni elettroniche, e ha in proprietà le infrastrutture della rete di accesso in condizioni di monopolio naturale;
   Telecom Italia il 30 maggio 2013 aveva reso nota l'intenzione di procedere allo scorporo della rete di accesso, anche in considerazione del rilievo strategico e dell'ottima reddittività dell'attività di gestione delle reti nazionali, mediante la creazione di una nuova società (Opac) nella quale dovrebbero confluire attività e risorse relative allo sviluppo e alla gestione della rete di accesso passiva, sia in rame sia in fibra; la nuova società dovrebbe garantire a tutti gli operatori del mercato (operatori alternativi e la stessa Telecom Italia) l'accesso alla rete fissa, applicando il modello di parità di trattamento denominato a livello europeo di «Equivalence of Input» (EoI);
   appare essenziale garantire una efficace vigilanza, in base ai poteri previsti dalla golden power, sui beni e i rapporti di rilevanza strategica per l'interesse e la sicurezza nazionale nel settore delle comunicazioni –:
   come il Governo ritenga, a fronte di reti di proprietà di soggetti privati, assicurare il raggiungimento degli obiettivi dell'Unione europea relativi al raddoppio della velocità di banda, tenuto conto della posizione di pesante arretratezza che l'Italia registra in Europa riguardo a questo aspetto. (5-02743)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Verini e altri n. 1-00432, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 aprile 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Antezza.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fragomeli n. 5-01408, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marchi.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fragomeli e Ginato n. 5-01410, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marchi.

Pubblicazione di un testo riformulato con apposizione di firme e cambio ordine dei firmatari.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Misiani n. 1-00452, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 223 del 6 maggio 2014.

   La Camera,
   premesso che:
    le società a partecipazione pubblica costituiscono una realtà rilevante nell'economia nazionale contribuendo in via prioritaria al soddisfacimento di interessi pubblici di carattere generale;
    alcune società a partecipazione pubblica rappresentano realtà industriali di particolare importanza operanti in settori in prevalenza di interesse generale, che richiedono livelli di investimento e prestazione elevati che il settore privato non sempre è in grado di assicurare pienamente;
    lo Stato, in particolare tramite il Ministero dell'economia e delle finanze, detiene la partecipazione diretta, di maggioranza o controllo, di società operanti in settori strategici;
    negli ultimi anni, attraverso successivi interventi normativi, sono state previste, per le società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, numerose misure finalizzate al perseguimento di obiettivi di economicità della gestione nonché a garantire la correttezza, la trasparenza e la migliore funzionalità degli organi sociali;
    per tutelare ulteriormente il perseguimento degli interessi pubblici, la corretta gestione delle risorse e la salvaguardia dell'immagine del socio pubblico, è altresì necessario assicurare la massima trasparenza e qualità delle procedure di designazione dei componenti degli organi sociali, garantendo il rispetto dei requisiti di onorabilità e di professionalità degli amministratori;
    con la mozione Tomaselli e altri (1-00060) sui criteri di nomina degli amministratori delle società quotate e non quotate controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, approvata a larghissima maggioranza dal Senato il 19 giugno 2013 e fatta propria dal Governo in una successiva direttiva del Ministero dell'economia e delle finanze del 24 giugno e, da ultimo, la risoluzione approvata l'8 aprile 2014 dalla 10a Commissione del Senato (7-00096), il Parlamento ha inteso esercitare il proprio ruolo di indirizzo generale e di controllo specifico su come lo Stato esercita il suo ruolo di azionista;
    il processo di selezione sin qui messo in atto dal Governo risulta coerente con i criteri definiti dal Parlamento e dal Governo,

impegna il Governo:

   a confermare, in coerenza con gli indirizzi definiti dal Parlamento e dal Governo, i criteri sinora adottati nella formazione delle liste per i consigli di amministrazione delle società nelle quali il Ministero dell'economia e delle finanze esercita, direttamente o indirettamente, il controllo di diritto o di fatto, avendo particolare cura di evitare situazioni di conflitto di interesse e di garantire le massima trasparenza delle procedure;
   a subordinare l'eventuale riconferma dei presidenti e degli amministratori delegati uscenti alla valutazione del ruolo di ciascuno e dei risultati della società sul piano industriale, su quello della remunerazione del capitale investito dall'azionista, nonché sui risultati dei bilanci di sostenibilità, e in ogni caso avendo come limite massimo quello di tre mandati;
   a trasmettere al Parlamento una relazione annuale sull'andamento della società, controllate direttamente o indirettamente dal Ministero dell'economia e delle finanze, in relazione al mandato ricevuto;
   a confermare la scelta di ridurre le retribuzioni lorde totali (comprensive delle parti fisse e variabili, di eventuali stock option e stock grant nonché dei trattamenti di fine rapporto) di chi sia designato a ricoprire le cariche di presidente ed amministratore delegato, sulla base di un forte principio di progressività e, per il futuro, a legare l'eventuale miglioramento dei compensi dei capi-azienda al proporzionale miglioramento sostenibile dei salari;
   a esigere da chi sia designato amministratore delle società a operare affinché i consigli di amministrazione di queste stesse società rendano note in una relazione allegata al bilancio annuale, in base ai criteri individuati con provvedimento del Ministro dell'economia e delle finanze, le spese per pubblicità, sponsorizzazioni e liberalità indicandone i beneficiari;
   a valorizzare, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, la direzione del Ministero dell'economia e delle finanze preposta al controllo delle partecipazioni azionarie dello Stato in relazione ai mandati assegnati e nel rispetto delle norme sulle incompatibilità di cui al decreto legislativo n. 39/2013, anche istituendo, all'interno della direzione, delle specifiche unità di valutazione dei risultati delle aziende.
(1-00452)
«Misiani, Andrea Romano, Bernardo, Marchi, Bonavitacola, Paola Bragantini, Capodicasa, Censore, De Micheli, Fanucci, Fassina, Cinzia Maria Fontana, Giampaolo Galli, Giulietti, Guerra, Laforgia, Losacco, Marchetti, Melilli, Parrini, Preziosi, Rubinato, Fauttilli».

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato con apposizione di firme e cambio ordine dei firmatari.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Iori n. 1-00427, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 206 del 7 aprile 2014.

   La Camera,
   premesso che:
    a 25 anni dalla convenzione ONU sui Diritti dell'infanzia, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, ratificata in Italia con legge n. 176 del 27 maggio 1991, il problema del maltrattamento e dell'abuso sui minori è un dramma che continua ad affliggere non solo i Paesi del «Sud del mondo», ma anche quelli con un elevato sviluppo socio-economico come l'Italia;
    la legge 4 maggio 2009, n. 41, ha istituito il 5 maggio come giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia, quale momento di riflessione per la lotta contro gli abusi sui minori;
    il monitoraggio del fenomeno a livello nazionale, nonché la conoscenza dello stesso nelle sue multiformi tipologie, è il primo e fondamentale passo per l'adozione di politiche di prevenzione e protezione adeguate, di fatto, in assenza di un sistema informativo istituzionalizzato ed omogeneo, i dati sul problema si dimostrano non esaustivi e solo settoriali;
    la necessaria e improcrastinabile adozione di un adeguato sistema di monitoraggio è evidenziata non solo dallo stato dei fatti, ma è manifestata anche dal Comitato ONU per la CRC, Convention on the Right of the Child (CRC/C/ITA/CO/3-4), nel quale si sollecita lo Stato «a garantire che il sistema informativo nazionale sull'assistenza e la tutela dei minori e delle loro famiglie raggiunga la piena operatività e disponga delle necessarie risorse umane, tecniche e finanziarie per essere efficace nella raccolta delle informazioni pertinenti in tutto il Paese, rafforzando così la capacità dello Stato parte di promuovere e tutelare i diritti dei minori»;
    le associazioni Terre des Hommes e CISMAI hanno elaborato un progetto pilota di indagine qualitativa e quantitativa rivolta ai Servizi Sociali dei Comuni italiani sul maltrattamento a danno dei bambini, coinvolgendo dal primo semestre 2012 al primo trimestre 2013 quasi 5 milioni di cittadini ed oltre 750.000 minorenni. I dati raccolti dal campione di studio appaiono allarmanti: 1 minore su 100 fra la popolazione residente risulta vittima di maltrattamento, ben il 6,36 per cento dei minori residenti in Italia viene assistito dai Servizi sociali dei Comuni, fra questi lo 0,98 per cento, ossia 1 su 6, è seguito a causa di violenza ed abusi. L'incidenza appare maggiore nei confronti di bambine e ragazze e si attua nel 52,7 per cento dei casi in trascuratezza materiale e affettiva, nel 16,6 per cento in violenza assistita consumata in ambito familiare, nel 12,8 per cento in maltrattamento psicologico, nel 6,7 per cento in abuso sessuale, nel 6,1 per cento in patologie delle cure, quali incuria, ipercura e discuria, ed infine nel 4,8 per cento in maltrattamento fisico;
    nel marzo 2014 Telefono Azzurro ha reso noti i dati ricavati dalle richieste di aiuto di bambini ed adolescenti pervenute all'Associazione negli ultimi cinque anni. La relazione rileva più di 17.000 appelli per via telefonica e chat dedicata, con una media di quattro episodi di violenza al giorno; il 53,1 per cento delle vittime risulta essere di sesso femminile, dato che aumenta al 68,1 per cento per quanto riguarda la violenza sessuale. L'Associazione rileva altresì un'incidenza crescente di denunce relative alla diffusione (minacciata o attuata) di foto e video «intimi» tramite le tecnologie informatiche ed i social network;
    all'interno della generica definizione di maltrattamento, una considerazione a parte e più specifica pare inevitabile in tema di abuso sessuale del minore, stante la gravità e l'incidenza in aumento del fenomeno, oltre alle conseguenze psicopatologiche spesso insanabili; l'associazione Terre del Hommes ha presentato nel settembre 2013 uno studio sull'incidenza della violenza sessuale nei confronti dei minori grazie ai dati forniti dalle Forze di Polizia. In un solo anno in Italia sono triplicati i reati sessuali accertati contro i minorenni, passando da 166 (nel 2011) a 505 (nel 2012), con un'incidenza del 78 per cento nei confronti delle femmine. Nello stesso arco temporale i casi di pornografia minorile sono passati da 23 a 108;
    l'incidenza inferiore rispetto ai dati registrati in altri Paesi europei (2815 casi segnalati in Francia nel 2010 e 2200 in Germania nel 2009) fa poi ragionevolmente supporre che in Italia molti abusi non vengano denunciati e rimangano sommersi, è dunque immaginabile uno scenario ben più grave di quello fotografato da Polizia ed Autorità Giudiziaria;
    rilevante sul tema appare altresì lo studio effettuato in occasione del Safer Internet Day dell'11 febbraio 2014 (giornata per la sensibilizzazione all'utilizzo sicuro della rete ad iniziativa della Commissione Europea) da Ipsos per Save The Children, volto a documentare, per la prima volta, le percezioni che gli adulti hanno sui rapporti intrattenuti con i minori, nonché sul ruolo di Internet come strumento di incontro a sfondo sessuale;
    dalla ricerca emerge che l'81 per cento degli italiani fra i 25 e i 65 anni ritiene l'incontro sessuale tra giovani ed adulti, iniziato in rete, un fenomeno diffuso. Il 28 per cento degli adulti tra i 45 e i 65 anni risulta avere fra i propri contatti telematici giovani che non conosce ed il 38 per cento degli intervistati si dichiara poi favorevole alle relazioni sessuali fra adulti e minori;
    l'adescamento e l'abuso tramite la rete Internet è principalmente attuato con minacce, intimidazioni e pressioni psicologiche, come già affermato dalla Corte di cassazione sezione penale (sentenza n. 37076 del 26 settembre 2012); per predisporre una adeguata condotta preventiva e repressiva è necessario integrare il reato previsto dall'articolo 609-bis c.p. affinché esso comprenda anche la violenza sessuale commessa «a distanza» tramite strumenti telefonici o telematici;
    è necessario rendere maggiormente incisivi gli strumenti investigativi dedicati, nell'ambito dell'attività di contrasto svolta dalla Forze dell'ordine, ed in particolar modo dalla polizia postale, estendendo al reato di adescamento di minorenni di cui all'articolo 609-undecies c.p. la possibilità di effettuare attività sotto copertura (articolo 9 della legge n. 146 del 2006 e articoli 600-bis, 600-ter e 600-quinquies dalla legge n. 3 agosto 1998, n. 269);
    oltre al rafforzamento dell'attività repressiva è altrettanto fondamentale prevenire il fenomeno e dotare i soggetti che hanno regolari contatti con bambini e ragazzi (nei settori dell'istruzione, della sanità, della protezione sociale, della giustizia, della sicurezza e della cultura) di una adeguata conoscenza dell'abuso sessuale in danno ai minori, nonché dei mezzi per individuarlo e segnalarlo, come previsto all'articolo 5 della convenzione di Lanzarote;
    appare ugualmente fondamentale provvedere affinché i condannati per reati sessuali in danno a minori, o per adescamento, siano interdetti dallo svolgimento di qualunque tipo di attività tale da comportare contatti diretti e regolari con bambini e ragazzi, come previsto dall'articolo 10 della direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI;
    il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) classifica la pedofilia quale disturbo mentale. E dunque importante fornire assistenza e garantire percorsi riabilitativi e terapeutici, facilmente individuabili, per coloro che presentano impulsi sessuali nei confronti di infanti, al fine di prevenire ed evitare abusi o reiterazioni. In tal senso è possibile fare riferimento al progetto Dunkelfeld attivo in Germania costituito da campagne mediatiche volte a pubblicizzare servizi di cura per persone che si auto definiscono pedofili e sentono il bisogno di aiuto. Nel Regno Unito il NSPCC (National Society for the Prevention of Cruelty to Children) ha predisposto un servizio di assistenza telefonica ed intervento immediato per coloro che temono di poter compiere un reato sessuale nei confronti di un bambino. In Danimarca è stato realizzato un sito web rivolto ad adulti che riconoscono di avere un interesse sessuale nei confronti di bambini, invitandoli a cercare aiuto psicologico prima di commettere abusi, anche tramite una linea telefonica dedicata,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative immediate, legislative o di altra natura, affinché i principi sanciti nella convenzione del Consiglio d'Europa, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007 non vengano disattesi, per contrastare il crescente fenomeno della violenza nei confronti dei minori, dell'abuso sessuale e dell'adescamento tramite la rete Internet, in particolare attribuendo specifica rilevanza penale alla condotta di violenza sessuale a distanza;
   a valutare la possibilità di potenziare gli strumenti investigativi in dotazione alle Forze dell'ordine per il contrasto all'abuso sessuale in danno a minorenni;
   ad assumere ogni iniziativa di competenza anche d'intesa con i comuni affinché potenzino le attività dei servizi sociali, in modo da favorire una maggiore protezione e prevenzione dei bambini maltrattati, anche tenendo conto dei soggetti minorenni stranieri non accompagnati, favorendone l'accesso attraverso i mediatori culturali;
   a dedicare particolare attenzione all'attuazione dell'articolo 5 della suddetta convenzione in tema di reclutamento, formazione e sensibilizzazione delle persone che lavorano a contatto con i minori;
   a far sì, promuovendo – per quanto di competenza – politiche formative mirate, che le persone regolarmente a contatto con soggetti minorenni, per lavoro o per altre ragioni, abbiano piena consapevolezza dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, riconoscano gli indizi di abuso e adottino i protocolli di comportamento più moderni e più efficaci per prevenire e contrastare il fenomeno;
   ad assumere iniziative anche d'intesa con le regioni affinché adottino idonee misure per l'istituzione e la pubblicizzazione di servizi di cura e di intervento per persone con interesse sessuale verso soggetti minorenni, che intendano volontariamente sottoporvisi, anche utilizzando gli strumenti economici che l'Unione europea mette a disposizione;
   a predisporre un sistema di raccolta dati e monitoraggio del fenomeno della violenza sui minori, dell'abuso sessuale e dell'adescamento tramite la rete Internet, in eventuale connessione con i servizi sociali dei Comuni ed altre realtà associative che già operano in tale settore;
   a valutare la possibilità di assumere iniziative per destinare alla polizia delle telecomunicazioni risorse sufficienti per cancellare i tagli previsti dalla spending review;
   ad attivare una campagna informativa per sensibilizzare l'opinione pubblica e incentivare l'emersione di un fenomeno di violenza domestica e di abusi non denunciati che, nel nostro Paese, rimangono ancora in gran parte sommersi;
   a valutare la possibilità di provvedere ad un coordinamento delle competenze istituzionali sull'infanzia e sull'adolescenza, attualmente eccessivamente frammentate, al fine di consentire un'azione realmente efficace delle politiche sulla materia;
   ad assumere iniziative per prevedere programmi di trattamento realmente efficaci per gli autori di reati sessuali, come potrebbero essere i centri per l'ascolto cui rivolgersi per manifestare i propri disturbi legati alla pedofilia, come già avviene in altri Paesi europei.
(1-00427)
«Iori, Dorina Bianchi, Antimo Cesaro, Palese, Nicchi, Zampa, Albanella, Amoddio, Antezza, Beni, Brandolin, Capone, Capozzolo, Casati, Censore, Chaouki, Coccia, D'Incecco, Dal Moro, Dallai, De Menech, Donati, Ermini, Fedi, Gadda, Carlo Galli, Galperti, Gasparini, Giuliani, Gullo, Iacono, Tino Iannuzzi, La Marca, Manzi, Marantelli, Marchi, Marzano, Miotto, Mongiello, Patriarca, Piccoli Nardelli, Ribaudo, Rocchi, Sbrollini, Senaldi, Tartaglione, Tidei, Tullo, Venittelli, Villecco Calipari, Zanin, Zardini, Vezzali, Tinagli».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   mozione Dorina Bianchi n. 1-00446 del 5 maggio 2014;
   mozione Brambilla n. 1-00448 del 5 maggio 2014;
   mozione Nicchi n. 1-00450 del 6 maggio 2014.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Brunetta n. 2-00519 del 29 aprile 2014.