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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 28 aprile 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito delle recenti politiche tese a garantire la trasparenza e la moralizzazione della vita pubblica possono annoverarsi le determinazioni assunte dal Parlamento e dal Governo, già dai primi mesi della XVII Legislatura, relativamente ai requisiti ed alle modalità di nomina dei componenti degli organi di amministrazione delle società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, un gruppo eterogeneo composto da decine di imprese, tra le quali spiccano, in particolare, Eni, Cassa depositi e prestiti, Enel, Finmeccanica, Ferrovie dello Stato, Poste italiane, Anas, Sogei ed altre;
    tali determinazioni avrebbero dovuto rappresentare una risposta allo scandalo che ha coinvolto negli anni scorsi i vertici di Finmeccanica e, più in generale, al malcostume politico, che molto spesso ha caratterizzato le nomine delle imprese pubbliche nel nostro Paese;
    sotto tale profilo appare utile segnalare che nel 2013, Parlamento e Governo, hanno seguito la strada quasi mai utilizzata di concordare reciprocamente talune prescrizioni;
    non a caso, in vista dell'approssimarsi delle scadenze di importanti incarichi presso imprese partecipate dallo Stato, il Senato della Repubblica ha esaminato, discusso ed approvato alcune mozioni sulle nomine dei consigli di amministrazione delle società pubbliche, presentate da diverse forze politiche, che sono poi confluite in una mozione unitaria;
    il 9 giugno 2013, infatti, l'Assemblea del Senato ha approvato la mozione 1-00060 (testo 4), a prima firma Tomaselli, che impegnava il Governo a prevedere l'adozione da parte del Ministro dell'economia e delle finanze di specifiche direttive tese a individuare criteri e modalità per la nomina e la decadenza dei componenti gli organi di amministrazione delle società controllate, direttamente o indirettamente, con l'introduzione di una specifica causa di ineleggibilità in caso di rinvio a giudizio o condanna per gravi fattispecie di reato e l'attivazione di una valutazione dei requisiti professionali basata su esperienza, autorevolezza, assenza di conflitti di interesse. La mozione impegnava, inoltre, il Governo a riferire annualmente alle competenti commissioni parlamentari circa l'applicazione dei criteri e procedure adottati; a promuovere nelle assemblee societarie l'adozione di criteri trasparenti ed equilibrati nella remunerazione dei vertici manageriali; e, infine, a promuovere l'adozione di analoghe procedure da parte delle altre pubbliche amministrazioni. Tutti i gruppi parlamentari hanno votato a favore della mozione, ad eccezione di Scelta civica per l'Italia che si è astenuta in conseguenza del mancato accoglimento di due emendamenti che fissavano un limite di tre mandati e impedivano agli ex parlamentari di transitare nei consigli di amministrazione delle società pubbliche;
    contestualmente il Ministero dell'economia e delle finanze ha elaborato di una direttiva ministeriale volta ad introdurre nuove regole in materia di nomine di componenti dei consigli di amministrazione delle società pubbliche;
    in questo senso deve, quindi, leggersi la singolare contemporaneità dell'approvazione della mozione Tommaselli ed altri 1-00060 (testo 4), avvenuta il 19 giugno 2013, con l'emanazione della direttiva ministeriale 14656 effettuata poco dopo, e segnatamente, il 24 giugno 2013;
    tale sincronismo avrebbe potuto rappresentare per il Governo, all'epoca presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, onorevole Enrico Letta, un doppio vantaggio politico, ovverosia quello di alleggerirsi delle forti pressioni opposte che una materia così delicata richiama, ma anche, e soprattutto, quello di fortificare la propria direttiva, presentandola non come il frutto di una propria scelta, ma come il puntuale svolgimento di un indirizzo impartito da un'ampia, sebbene eterogenea, maggioranza parlamentare;
    sotto tale profilo, si deve tuttavia rilevare che, sebbene la mozione citata rechi evidentemente la volontà di imprimere una svolta decisa in termini di trasparenza, di professionalità, di moralizzazione in un ambito molto difficile, quale è appunto quello delle nomine dei vertici delle imprese pubbliche, nella versione conclusiva non compaiono alcuni passaggi importanti, il che ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo ha inevitabilmente condizionato la stesura della successiva direttiva ministeriale 14656, con riferimento, in particolare, alla limitazione del numero dei mandati, essenziale per impedire la formazione di concrezioni di potere che alimentano processi degenerativi, e alla fissazione di un'età massima dei candidati, utile barriera per contrastare la gerontocrazia e i non sempre apprezzabili passaggi da cariche di vertice delle amministrazioni pubbliche e delle magistrature a cariche di vertice di grandi imprese pubbliche, impiegate per lo più come premio di fine carriera per pensionati pubblici di lusso;
    solo recentissimamente, infatti, in data 8 aprile 2014, poco prima delle nomine annunciate dal Governo Renzi il 14 aprile 2014, è stata votata a larga maggioranza, su proposta del Presidente della Commissione industria, commercio, turismo del Senato della Repubblica, Massimo Muchetti, una risoluzione che impone il limite dei tre mandati per i vertici delle partecipate dello Stato, sia per il presidente che per l'amministratore delegato (7-00096);
    a ciò si aggiunge che la citata direttiva ministeriale 14656 del 24 giugno 2013, immediatamente successiva all'approvazione della mozione del Senato della Repubblica, ha recepito ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo in modo del tutto insoddisfacente talune indicazioni formulate dal Parlamento;
    detta direttiva, infatti, dopo aver rammentato che i requisiti per accedere e mantenere le cariche societarie già previsti dalla legge, dagli statuti sociali e dalle direttive ministeriali, continuano ad essere vigenti, introduce una serie di ipotesi aggiuntive, riguardanti l'onorabilità, l'insussistenza di condizioni ostative e la professionalità;
    per quanto attiene ai nuovi requisiti di onorabilità, si evidenzia come essi siano specificati nell'allegato alla direttiva e (a differenza degli altri) non siano requisiti di diretta applicazione, ma divengano obbligatori soltanto in quanto essi siano inseriti (come la direttiva richiede) negli statuti societari;
    per quanto riguarda l'insussistenza delle condizioni ostative richieste per ricoprire le cariche delle imprese controllate dallo Stato, la direttiva ne indica due: l'assenza di conflitti di interesse (viene specificato «anche in riferimento ad eventuali cariche in società concorrenti») e il fatto di non essere membri di assemblee politiche o amministrative elettive;
    sotto tale profilo si rileva come le prescrizioni concernenti i conflitti di interesse contenuti nella direttiva riflettano, con tutta evidenza, un'inadeguata considerazione della complessità e delicatezza delle questioni più generalmente discusse e ridiscusse da anni nel nostro Paese;
    quanto ai conflitti di interesse, in particolare, è del tutto ovvio che essi, se sussistono, o possono sussistere, debbano impedire l'accesso alle cariche o debbano comportare la decadenza da esse. La prescrizione della direttiva risulta, dunque, superflua, poiché non è integrata dall'essenziale tipizzazione delle situazioni di conflitto di interessi nuove (cioè non già contemplate dalle leggi o dagli statuti) in quell'area grigia degli interessi «di fatto», oltre che «di diritto», in cui notoriamente si insinuano i maggiori rischi di opacità;
    sotto tale profilo, in punto di diritto, si segnala, da ultimo, come il gruppo Sinistra Ecologia Libertà abbia recentissimamente presentato un'interrogazione parlamentare, a firma Marcon, Airaudo, Duranti, Ferrara, Piras, per chiedere al Governo di revocare la nomina dell'ex Viceministro degli affari esteri Marta Dassù nel consiglio di amministrazione di Finmeccanica, perché tale nomina secondo gli interroganti viola palesemente l'articolo 2 della legge n. 215 del 2004 sul conflitto di interessi;
    infatti, fino al 22 febbraio 2014, la professoressa Dassù è stata Viceministro degli affari esteri, con le deleghe, tra le altre materie, alla politica estera e di sicurezza comune e alla politica europea di sicurezza e difesa, mentre la legge n. 215 del 2004, all'articolo 2, recita testualmente, a proposito delle incompatibilità tra incarichi di Governo e in enti di diritto pubblico o anche economici che: l'incompatibilità «perdura per 12 mesi dal termine della carica di Governo nei confronti di enti di diritto pubblico, anche economici, nonché di società aventi fini di lucro che operino prevalentemente in settori connessi con la carica ricoperta». È, quindi, evidente, sotto tale profilo, come le deleghe assunte dalla professoressa Dassù nel precedente Governo si intreccino con la missione e le attività del gruppo Finmeccanica e che sia configurabile in tal senso una situazione di conflitto di interesse;
    nondimeno, anche la recente nomina di Emma Marcegaglia a presidente di Eni (che rientra insieme a Terna e Snam tra le principali società partecipate dalla Cassa depositi e prestiti) appare risentire di un'evidente situazione di conflitto di interesse, considerato che il gruppo industriale di proprietà della sua famiglia rappresenta il leader mondiale nella trasformazione dell'acciaio, con rilevanti coinvolgimenti nel settore dell'energia e, conseguentemente, in quello del gas;
    stando a quanto previsto dalla direttiva ministeriale, poi, si segnala come i requisiti di eleggibilità alle cariche richiesti dalla direttiva includano il possesso di una «comprovata professionalità ed esperienza in ambito giuridico, finanziario o industriale». Tale generica richiesta viene più specificamente articolata per le cariche di amministratore delegato: si precisa, infatti, la necessità di una congrua esperienza pregressa di analogo livello di responsabilità, si individuano i possibili contesti nei quali tale esperienza debba essere stata svolta, si domandano doti di autorevolezza verificabili in ragione della reputazione, dei risultati conseguiti, della «riconoscibilità» nei mercati di riferimento;
    tale misura di valutazione, pur tuttavia, non è in alcun modo dettagliata in rapporto alle caratteristiche proprie e specifiche di ciascuna delle imprese controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, che, come noto, si occupano di molteplici attività di carattere economico e industriale. Inoltre, del tutto vaghe appaiono pure le indicazioni della direttiva per i candidati alla carica di presidente, che lasciano un varco aperto all'esercizio di un'amplissima discrezionalità svincolata da esperienze specifiche svolte in contesti significativi e con risultati acclarati;
    le conseguenze, purtroppo, sono sotto gli occhi di tutti: basti pensare alla recente nomina a presidente di Enel di Patrizia Grieco, persona di comprovata esperienza in campi quali l'informatica e le telecomunicazioni, ma non certo in campi attinenti all'ambito energetico; oppure a quella di Patrizia Todini, nominata presidente di Poste italiane, persona proveniente da una famiglia di costruttori con cui, attualmente, continua a svolgere un tipo di attività molto lontana dal servizio pubblico universale delle comunicazioni; o anche Mauro Moretti, recentemente nominato amministratore delegato di Finmeccanica e che appena un anno fa era stato confermato per un nuovo triennio alla guida delle Ferrovie dello Stato, l'azienda in cui ha lavorato tutta la carriera e che adesso dovrà occuparsi di un'azienda strategica, come Finmeccanica, che si sta concentrando sempre di più sul ramo armamenti ed ha avviato la dismissione di alcuni pezzi importanti del civile, tra cui i trasporti, a meno che non vi sia un ravvedimento da parte del Governo in tal senso, come più volte auspicato da Sinistra Ecologia Libertà in numerosissime mozioni parlamentari;
    per quanto attiene, poi, alle procedure selettive, la direttiva ministeriale prevede che la selezione e l'individuazione dei candidati delle cariche nelle società controllate direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze debba avvenire attraverso una procedura articolata in più passaggi e sommariamente descritta, che coinvolge non solo il dipartimento ed il Ministro, ma anche società esterne specializzate nella ricerca e nella selezione di top manager ed un comitato di garanzia, costituito con carattere di stabilità e composto da personalità indipendenti di comprovata competenza in materia giuridica ed economica;
    la stessa direttiva prevede, tuttavia, che, nelle more dell'allestimento di tale nuovo regime, per il quale non è comunque assegnato un termine, si dia corso ad una «non meglio specificata procedura semplificata», che fa comunque salva la funzione di verifica affidata al comitato di garanzia attualmente costituito da Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale, Vincenzo Desario, ex direttore generale della Banca d'Italia e Maria Teresa Salvemini, consigliere del Cnel;
    in fine, va segnalata una grave dimenticanza della direttiva, che omette di precisare, contrariamente a quanto richiesto dalla mozione parlamentare approvata dal Senato della Repubblica nel giugno 2013, i termini e modi in cui il Ministero debba informare le commissioni parlamentari circa l'attuazione delle nuove procedure di nomina;
    talune delle recenti nomine comunicate dal Governo, solo il 14 aprile 2014, in relazione alla composizione dei consigli di amministrazione di importantissime società a partecipazione pubblica suscitano particolare perplessità per tutti i motivi anzidetti;
    come si è detto, l'8 aprile 2014, circa una settimana prima delle nomine comunicate dal Governo Renzi, il Senato della Repubblica ha approvato a larga maggioranza in Commissione industria, commercio, turismo la risoluzione (7-00096), che impegna il Governo a:
     a) impostare su base meritocratica la formazione delle liste per i consigli di amministrazione delle società nelle quali il Ministero dell'economia e delle finanze esercita, direttamente o indirettamente, il controllo di diritto o di fatto, avendo particolare cura di evitare situazioni di conflitto di interesse;
     b) subordinare l'eventuale riconferma dei presidenti e degli amministratori delegati uscenti alla valutazione del ruolo di ciascuno e dei risultati della società sul piano industriale, su quello della remunerazione del capitale investito dall'azionista, nonché sui risultati dei bilanci di sostenibilità, e in ogni caso avendo come limite massimo quello di tre mandati;
     c) osservare, ai fini della corporate governance, le positive indicazioni adottate dalle società Enel ed Eni sull'indipendenza dei presidenti contenute negli orientamenti del consiglio di amministrazione agli azionisti sulla dimensione e composizione del nuovo consiglio di amministrazione;
     d) trasmettere al Parlamento una relazione che illustri le ragioni e le finalità delle scelte fatte nella formazione delle liste e nella designazione di presidenti e amministratori delegati, nonché degli obiettivi generali loro affidati;
     e) trasmettere, inoltre, al Parlamento, con cadenza annuale, una relazione sull'andamento delle società, in relazione al mandato ricevuto;
     f) procedere ad una riduzione della retribuzione lorda totale (comprensiva delle parti fisse e variabili, di eventuali stock option e stock grant, nonché dei trattamenti di fine rapporto) di chi sia designato a ricoprire le cariche di presidente ed amministratore delegato, sulla base di un forte principio di progressività, e, per il futuro, a legare l'eventuale miglioramento dei compensi dei capi-azienda al proporzionale miglioramento sostenibile dei salari;
     g) esigere da chi sia designato amministratore delle società a operare affinché i consigli di amministrazione di queste stesse società rendano note in una relazione allegata al bilancio annuale, in base ai criteri individuati con provvedimento del Ministro dell'economia e delle finanze, le spese per pubblicità, sponsorizzazioni e liberalità, indicandone i beneficiari;
     h) valorizzare, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, la direzione del Ministero dell'economia e delle finanze preposta al controllo delle partecipazioni azionarie dello Stato in relazione ai mandati assegnati e nel rispetto delle norme sulle incompatibilità di cui al decreto legislativo n. 39 del 2013, anche istituendo, all'interno della direzione, delle specifiche unità di valutazione dei risultati delle aziende;
     i) rispettare nella definizione delle liste i requisiti di onorabilità, oltre a quelli di professionalità indicati nella mozione sulle nomine, approvata il 19 giugno 2013 dal Senato della Repubblica,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato a revocare le recenti nomine rispetto alle quali, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, si appalesano i più evidenti conflitti di interesse, con particolare riferimento a quelle dell'ex Viceministro degli affari esteri Marta Dassù nell'ambito del consiglio di amministrazione di Finmeccanica, nonché quella di Emma Marcegaglia a presidente di Eni;
   ad informare, immediatamente e nel modo più possibile dettagliato, il Parlamento circa le procedure seguite ai sensi della citata direttiva ministeriale 14656, con riferimento alle nomine dei consigli di amministrazione comunicate dal Governo il 14 aprile 2014, e le modalità attraverso le quali sia stata data attuazione in tal senso alla recente risoluzione approvata dal Senato della Repubblica l'8 aprile 2014;
   a riferire circa i requisiti e le modalità valutative in forza delle quali il comitato di garanzia sia stato concretamente messo in condizione di operare le proprie verifiche, al fine di assicurare che lo stesso comitato possa svolgere un ruolo realmente significativo a fronte di una situazione di fatto che potrebbe rischiare di dare un'apparenza di obbiettività a scelte che potrebbero rivelarsi solo di carattere eminentemente politico;
   ad informare tempestivamente le commissioni parlamentari sullo stato di avanzamento della selezione dei manager pubblici, assicurando in tal senso il massimo coinvolgimento preventivo dei parlamentari;
   ad adottare le opportune iniziative di competenza finalizzate ad integrare le prescrizioni previste dalla citata direttiva ministeriale 14656 alla luce delle omissioni e delle criticità rilevate dal presente atto di indirizzo, con particolare riferimento ai requisiti ed al procedimento di selezione per la nomina dei componenti dei consigli di amministrazione delle società pubbliche, o, in alternativa, ad adottare apposite iniziative normative di rango primario tese ad uniformare in modo organico un'efficace disciplina di riferimento.
(1-00443) «Lacquaniti, Matarrelli, Ferrara, Migliore, Di Salvo, Marcon, Airaudo, Duranti, Piras, Pannarale».


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema economico del Paese registra la presenza di società, partecipate direttamente od indirettamente da soggetti pubblici, frutto di un'evoluzione storica, peraltro assimilabile a quella della maggior parte degli altri Paesi europei, improntata alla gestione di alcuni servizi e al sostegno ad alcuni settori produttivi considerati importanti e strategici, non solo a fini economici ma anche per garantire alcuni servizi essenziali a tutti i cittadini;
    il quadro normativo riguardante le società a partecipazione pubblica è complesso a causa dei diversi profili coinvolti: alla normativa societaria si sovrappongono gli effetti indiretti delle norme sul patto di stabilità e sulla spending review, che condizionano gli enti pubblici che partecipano dei capitali delle società; inoltre, sono presenti alcune normative di settore, principalmente di derivazione europea, riguardanti la concorrenza e la liberalizzazione di taluni servizi;
    negli ultimi anni, tuttavia, le società, in particolare quelle partecipate da enti pubblici, hanno adottato iniziative volte a garantire la trasparenza non solo delle proprie scelte strategiche, ma anche della scelta e dell'adeguatezza del proprio management, superando generalmente quanto comunque previsto dalla legge e con lo scopo, oltre che di garantire trasparenza, di rendersi più forti e credibili rispetto ai mercati nei quali operano;
    i poteri di nomina da parte dell'azionista pubblico degli amministratori delle società partecipate sono disciplinati, a livello generale, dal codice civile, nonché da una serie di ulteriori disposizioni. In primo luogo, la disciplina generale (articolo 2449 del codice civile) prevede che, se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una società per azioni che non fa ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto può attribuire loro la facoltà di nominare amministratori, sindaci o componenti del consiglio di sorveglianza, in numero proporzionale alla partecipazione al capitale sociale;
    gli amministratori e i sindaci o i componenti del consiglio di sorveglianza nominati dallo Stato e dagli enti pubblici possono essere revocati solo dagli enti che li hanno nominati ed hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati dall'assemblea. Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica;
    i sindaci, ovvero i componenti del consiglio di sorveglianza, restano in carica per tre esercizi e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della loro carica. Per le società che fanno ricorso al mercato azionario è prevista la possibilità di riservare allo Stato o agli enti partecipanti azioni fornite di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, ma non il voto nell'assemblea generale degli azionisti;
    alcuni importanti accorgimenti sono stati adottati dal legislatore per garantire che le società pubbliche siano orientate a criteri di efficienza, penalizzando gli amministratori che non agiscono con competenza e capacità. Ne è esempio la previsione in base alla quale non può essere nominato amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica, società a totale o parziale capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, ha chiuso in perdita tre esercizi consecutivi (articolo 1, comma 734, della legge n. 296 del 2006);
    i principali dati relativi alle società a partecipazione pubblica sono disponibili e fruibili in diverse forme, compreso il canale internet. L'elenco delle società per azioni partecipate da amministrazioni statali è contenuto nel rendiconto generale dello Stato, nel conto del patrimonio (appendice 4). Il Ministero dell'economia e delle finanze è il principale azionista statale. Le informazioni disponibili sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze riferiscono che a novembre 2012 il dicastero deteneva 31 partecipazioni dirette;
    la legge 12 luglio 2011, n. 120, sulla parità di accesso agli organi delle società quotate, volta a superare il problema della scarsa presenza di donne negli organi di vertice delle società commerciali e, in particolare, nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa, dispone che, per le società a controllo pubblico, i principi applicabili rimangono quelli di legge, mentre la disciplina di dettaglio è affidata ad un apposito regolamento, con la finalità di garantire una disciplina uniforme per tutte le società interessate. Tale regolamentazione è contenuta nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 2012, n. 251. Ad esso è affidata la disciplina della vigilanza sull'applicazione delle disposizioni introdotte, nonché delle forme e dei termini dei provvedimenti da adottare e delle modalità di sostituzione dei componenti decaduti;
    in particolare, tale regolamento impone, come avviene per le società private, agli statuti delle società pubbliche non quotate di prevedere modalità di nomina degli organi di amministrazione e di controllo, se a composizione collegiale, tali da garantire che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti di ciascun organo. In tali ipotesi gli statuti disciplinano ugualmente la formazione delle liste in applicazione del criterio di riparto tra generi, prevedendo modalità di elezione e di estrazione dei singoli componenti idonee a garantire il rispetto delle previsioni di legge;
    ai sensi dell'articolo 18, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, le società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi, criteri e modalità rispettosi dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità;
    il Senato della Repubblica, il 19 giugno 2013, ha approvato una mozione sui criteri di nomina degli amministratori delle società quotate e non quotate controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, le cui indicazioni sono successivamente state fatte proprie dal Governo con la direttiva del Ministero dell'economia e delle finanze del 24 giugno 2013,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per disciplinare e rendere pubblici, laddove non abbia già provveduto in tal senso, anche nel rispetto delle disposizioni contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 2012, n. 251, i requisiti richiesti per la candidatura alla carica di componente dei consigli di amministrazione delle società a partecipazione pubblica totale o di controllo;
   a subordinare l'eventuale riconferma dei presidenti e degli amministratori delegati uscenti alla valutazione dei risultati aziendali conseguiti ed in ogni caso avendo come limite massimo quello di tre mandati;
   a procedere ad una generale riduzione della retribuzione lorda totale di chi sia designato a ricoprire le cariche di presidente ed amministratore delegato, subordinandola, al contempo, ai risultati gestionali conseguiti;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta a prevedere, ove non già disposto, la sottoposizione delle proposte governative di nomina dei membri dei consigli di amministrazione delle società a partecipazione pubblica totale o di controllo al parere delle competenti commissioni parlamentari.
(1-00444) «Allasia, Guidesi, Caparini, Fedriga, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 2 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 afferma che «Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del Paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità»;
    l'articolo 7 della stessa dichiarazione proibisce ogni forma di discriminazione: «Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione»;
    molti trattati internazionali contengono indicazioni come queste, che non menzionano esplicitamente «l'orientamento sessuale», ma tale lacuna è stata colmata da numerosi Paesi con leggi specifiche che includono anche l'orientamento sessuale, o specificatamente l'omosessualità, tra i gruppi oggetto di tutela;
    il comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite, nel 1994, ha equiparato, nel caso «Nicholas Toonen vs. Australia», la menzione di «sesso» a quella di «orientamento sessuale»;
    in 78 Paesi del mondo l'omosessualità è considerata un reato; in sette di questi (Arabia Saudita, Iran, Mauritania, Sudan, Yemen e negli stati della federazione della Nigeria che applicano la sharia e nelle zone meridionali della Somalia) i rapporti fra persone dello stesso sesso sono puniti con la pena di morte;
    nel rapporto annuale 2013 Amnesty International ha denunciato violazioni dei diritti umani, aggressioni, intimidazioni e discriminazioni nei confronti di persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate (Lgbti) in più di 40 Paesi: Albania, Armenia, Bahamas, Bielorussia, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Camerun, Cile, Croazia, Danimarca, Fiji, Gambia, Georgia, Ghana, Grecia, Guyana, Iran, Iraq, Italia, Giamaica, Lettonia, Libano, Liberia, Lituania, Macedonia, Malawi, Moldova, Montenegro, Nigeria, Russia, Serbia, Sudafrica, Taiwan, Trinidad e Tobago, Tunisia, Turchia, Ucraina, Uganda, Ungheria, Uruguay, Zimbabwe;
    in Turchia la discriminazione basata su orientamento sessuale e identità di genere è nella legge e nella prassi; si riflette negli ostacoli per accedere al lavoro, soprattutto per le donne transgender, che spesso vengono aggredite, a volte uccise e non sono tutelate da questa discriminazione;
    nel 2009, cinque donne transgender sono state uccise e solo in un caso è stata emessa una condanna verso i responsabili;
    il ministro della giustizia turco Bekir Bozdag ha annunciato pochi giorni fa un progetto per costruire zone separate per i gay nelle strutture carcerarie, una nuova misura per «proteggere i detenuti separandoli in base al loro orientamento sessuale»;
    tale provvedimento, se generalizzato in veri e propri reparti per detenuti gay, può finire per rivelare l'orientamento sessuale dei detenuti, un'umiliante forzatura che comporta isolamento nell'isolamento;
    dall'articolo Justice minister announces exclusive prisonsfor LGBTs, sparking debate del giornale turco Hurryiet, si afferma che «l'unico studio approfondito sulla questione dei detenuti LGBT è stata effettuata dall'organizzazione Kaos GL nel 2008.» Ovviamente «L'organizzazione ha sottolineato che rivelare l'orientamento sessuale deve essere una libera scelta del detenuto e non deve diventare un obbligo»;
    la Turchia è un Paese candidato all'ingresso nell'Unione europea;
    per aderire all'Unione europea, il Paese richiedente deve rispettare i principi dell'articolo 6, paragrafo 1 del TUE, comuni agli Stati membri e sui quali si fonda l'Unione europea la libertà, la democrazia, il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e lo stato di diritto. Qualsiasi Paese che intenda aderire all'Unione europea, pertanto, deve rispettare i criteri di adesione, o criteri di Copenaghen, in base ai quali la Commissione esprime il proprio parere relativo a qualsiasi domanda di adesione, tra cui stabilità delle istituzioni che garantiscono la democrazia, lo stato di diritto, i diritti dell'uomo nonché il rispetto e la tutela delle minoranze,

impegna il Governo:

   a intraprendere ogni iniziativa utile affinché il Governo turco si impegni concretamente a modificare il proprio ordinamento interno, nel rispetto degli accordi internazionali sottoscritti e ratificati, allo scopo di garantire anche ai cittadini e cittadine gay lesbiche, transgender e intersessuati quei diritti fondamentali della persona che spettano ad ogni essere umano;
   a sollecitare da parte delle autorità turche interventi anche legislativi atti a contrastare l'omofobia e tutti gli atteggiamenti di violazione della dignità umana, garantendo a tutti e tutte la libera espressione della propria identità di genere;
   a sollecitare il Governo turco ad assumere iniziative di tutela dei detenuti gay che evitino reparti «confino» e di «appestati», come invece rischiano di diventare le prigioni turche se verrà messa in atto la proposta discriminatoria del Ministro Bekir Bozdag;
   ad assumere una iniziativa in sede di Unione europea affinché l'Unione si faccia garante di una convenzione tra le organizzazioni dei diritti umani turche ed europee, e le autorità carcerarie di quel Paese, affinché siano consentiti e normati l'accesso delle citate organizzazioni agli istituti di detenzione e pena e il lavoro di supporto psicologico e materiale delle stesse nei confronti della popolazione detenuta.
(7-00352) «Spadoni, Manlio Di Stefano, Di Battista, Sibilia, Del Grosso, Grande, Scagliusi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 22 aprile 2014 alle ore 10:58 a Trieste è stata avvertita una forte scossa di terremoto (magnitudo 4,6 Richter) il cui epicentro è stato localizzato in Slovenia, nell'area del Monte Nevoso a tre chilometri a Nord di Knezak, a una profondità di circa 16 chilometri;
   la zona è da tempo conosciuta come sismica, come testimoniato dal terremoto avvenuto il 1951, di magnitudo 5,1 Richter;
   Knezak dista circa 150 chilometri dalla centrale nucleare di Krško, di cui la Repubblica di Slovenia e la Repubblica di Croazia sono comproprietarie, e ad oggi non sono disponibili informazioni sugli eventuali danni che l'impianto avrebbe potuto subire a seguito del sisma;
   le problematiche della struttura di Krško, a 130 chilometri dal territorio italiano, sono state oggetto da parte dell'interrogante di tre interrogazioni a risposta scritta – 4-02329, 4-01177, 4-00417 – cui l'Esecutivo non ha ancora dato seguito;
   nei precedenti atti di sindacato ispettivo si è chiesto al Governo di intervenire presso le autorità dei Governi sloveno e croato in merito alle condizioni operative della centrale esistente, ormai obsoleta, ed allo stato dell'opera del progetto di costruzione di un secondo reattore nucleare «Krško 2» per il quale lo studio relativo al rischio sismico – condotto dall'istituto francese sulla sicurezza nucleare IRSN per conto della società di gestione della dell'impianto Gen Energija – avrebbe indicato delle criticità;
   secondo alcune indiscrezioni lo studio francese, rimasto riservato, avrebbe sconsigliato l'ampliamento dell'impianto nucleare vista la sua esistenza in un'area soggetta a movimenti tellurici per le conseguenze disastrose che si sarebbero potute verificare;
   lo stato dell'impianto desta preoccupazione anche per l'incidente riportato il 25 ottobre 2013 da un articolo del quotidiano Il Piccolo di Trieste intitolato «Barra nucleare trovata spezzata a Krško», che ha rilevato come, durante gli ordinari lavori di manutenzione nella centrale, siano stati rilevati danni di natura meccanica alla struttura;
   in particolare, alcune barre di carburante nucleare contenute nei tre elementi di combustibile del reattore si sarebbero incrinate e addirittura spezzate. La parte rotta di una di esse, lunga mezzo metro, sarebbe stata rinvenuta sul fondo del bacino di raffreddamento del reattore durante le ispezioni dell'Agenzia slovena per la sicurezza nucleare (Ursjv);
   l'Italia con due referendum abrogativi, svolti nel 1987 e nel 2011, ha deciso di non costruire reattori nucleari sul proprio territorio;
   le centrali di altri Paesi presenti a ridosso o lungo il territorio di confine possono costituire un serio pericolo per la cittadinanza, soprattutto come nel caso della centrale di Krško, costruita in un'area sismica riconosciuta –:
   se il Governo intenda chiedere immediatamente informazioni dettagliate alla Repubblica di Slovenia sullo stato attuale della centrale nucleare di Krško a seguito dell'evento sismico summenzionato, attivandosi con la regione Friuli Venezia Giulia e gli enti preposti per un monitoraggio del livello di radiazioni presenti sul territorio giuliano. (4-04652)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio comunale di Trieste, in data 7 aprile 2014, ha approvato la delibera che regolamenta i dehor, ossia gli arredi esterni dei locali, imponendo norme stringenti per i gestori degli esercizi pubblici;
   la delibera entrerà in vigore il 30 aprile 2014 ed entro tale data dovranno essere presentate a comune le domande conformi al nuovo regolamento, le quali richiedono un iter abbastanza complesso, con obbligo di presentazione di un progetto redatto da un professionista, che senza dubbio non riuscirà ad essere espletato in così poco tempo, anche alla luce delle prossime festività;
   gli esercenti per far accomodare i propri clienti negli spazi esterni circostanti ai locali sono tenuti ad acquisire l'autorizzazione monumentale da parte della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia;
   la richiesta monumentale è necessaria per ottenere il rilascio dell'autorizzazione da parte del comune; l’iter non ha tempi certi e non prevede la possibilità del ricorso al silenzio-assenso, e rischia pertanto di paralizzare l'attività di circa 440 esercizi commerciali che, dal 1o maggio 2014, in mancanza di tale autorizzazione, sarebbero costretti, per non incorrere m pesanti sanzioni, a rimuovere tutti gli arredi, perché ritenuti abusivi;
    tale regolamento, restrittivo e penalizzante per gli esercenti e, a parere dell'interrogante, illogico è stato definito sostanzialmente a seguito della posizione assunta dalla Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia e avallato in modo, a giudizio dell'interrogante, irresponsabile dal comune di Trieste;
   il danno economico causato dall'entrata in vigore della suddetta delibera è rilevante. I gestori che in passato hanno investito negli arredi esterni saranno costretti, se questi non corrispondono ai dettami del regolamento, a sostenere nuovi investimenti, i cui costi, specie in questo momento di crisi, sono per loro insostenibili e rischiano di ricadere sui clienti, andando a deprimere ulteriormente il settore turistico;
   la totale mancanza di certezza sui tempi di approvazione delle domande rischia di scoraggiare i gestori dall'effettuare gli investimenti necessari, spingendo molti di loro a rinunciare agli spazi esterni, con ricadute negative sul servizio, sull'occupazione ed in generale sull'economia del territorio –:
   se il Ministro interrogato intenda interessarsi della vicenda di cui in premessa affinché si possa giungere ad una soluzione che permetta ai gestori degli esercizi pubblici, specie in questo difficile momento economico, di poter continuare a lavorare nella legalità in attesa del rilascio delle autorizzazioni definitive sui dehor, permettendo nel contempo alla clientela di poter usufruire in sicurezza dei servizi ad essa offerti negli spazi esterni ai locali;
   se il Ministro non intenda verificare se sussistano i presupposti per spostare ad altro incarico o ad altra zona la soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia.
(4-04659)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPI, MAURI, LORENZO GUERINI e SPERANZA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con legge 21 febbraio 2014, n. 13, è stata stabilita l'abolizione del rimborso delle spese elettorali per i partiti e movimenti politici e introdotta la facoltà per i cittadini di sostenere liberamente, con il due per mille del proprio gettito IRPEF, un movimento politico;
   tale radicale innovazione costituisce una sfida nel rapporto con la democrazia e le istituzioni e merita di essere accompagnata nel migliore dei modi permettendo ai cittadini di essere informati e poter consapevolmente e liberamente scegliere se aderire o meno a tale facoltà;
   ad oggi pochi sono a conoscenza di tale possibilità, il modulo per effettuare l'opzione è stato scarsamente divulgato, molti centri di assistenza fiscale risultano non attrezzati e non informati e respingono la richiesta dei cittadini di attivare tale opzione o non sono in grado di dare informazioni in merito –:
   quali iniziative il Ministro e l'Agenzia delle entrate abbia attivato per informare e agevolare i cittadini verso questa libera scelta;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per prorogare almeno a fine settembre 2014 la possibilità di esercitare tale opzione unitamente a quella relativa al 5 per mille in modo da avere il tempo di attivare anche per questa prima annualità tutte le iniziative opportune volte ad informare i cittadini e a garantire loro la possibilità di attivare l'opzione;
   se intenda da subito assumere iniziative perché, a partire dal prossimo anno, la possibilità di attivare l'opzione sia contenuta direttamente nei modelli Unico e 730 e nel CUD analogamente a quanto avviene per le altre opzioni relative all'otto e al cinque per mille, e si proceda analogamente anche per quanto concerne la tutela della riservatezza dell'opzione.
(4-04656)


   CATALANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con numerose interrogazioni (fra le quali si indicano, non esaustivamente, le seguenti: n. 4/01963, 4/02295, 4/02485, 4/02854, 4/03405, 4/03655, 4/04159, 4/04483) è stata richiamata l'attenzione del Governo su diverse criticità relative all'attività di Poste Italiane s.p.a. nell'ambito territoriale della regione Sicilia;
   tali criticità riguardano, in particolare, gli ambiti della tutela aziendale, del fraud management e della gestione delle risorse umane di Poste Italiane s.p.a.;
   numerose delle situazioni denunciate ricadono sotto la responsabilità dell'area territoriale ATTA Sud 1, gestita, dal 2006, dal dirigente Salvatore Malerba;
   la gestione di tale area territoriale, indipendentemente dalla sussistenza di responsabilità diverse da quella amministrativa, non pare conforme ai principi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione;
   ad oggi, il Governo è rimasto, ad avviso dell'interrogante, totalmente inerte, omettendo di dare una qualsiasi forma di riscontro ai fatti, anche circostanziati, portati alla sua attenzione dall'interrogante in sede di sindacato ispettivo;
   l'ispettore Alessandro Carollo, a seguito della sua collaborazione con le forze dell'ordine nell'ambito dell'operazione «Lost Pay», è stato estromesso, in data 22 marzo 2013, dalla funzione ispettiva di fraud management di Palermo e assegnato, senza alcun compito, alla filiale di Palermo 1 diretta da Luciano Tola;
   il dottor Carollo ha denunciato all'interrogante ripetuti comportamenti vessatori da parte dell'azienda;
   in particolare, alcune raccomandate (n. 144878065596 e n. 144878065585), spedite da Girolama Paladino e Ciro Raspanti, familiari del dottor Carollo, sono state inviate al macero;
   risulta all'interrogante che, a fronte dei numerosi reclami inviati, nelle date 27 aprile 2011, 30 luglio 2012, 26 settembre 2012, 20 marzo 2013 e 22 luglio 2013 a Poste Italiane dai citati familiari, i responsabili preposti abbiano sostenuto il pieno rispetto delle procedure;
   è stata presentata una istanza di accesso agli atti ai sensi dell'articolo 23 della legge n. 241 del 1990, ma non è dato conoscerne gli esiti;
   tutta l'attività inerente alle macrofunzioni di servizio pubblico svolte da Poste Italiane s.p.a. ricade nella sfera di applicazione dell'articolo 23 della legge n. 241 del 1990, come modificata dalla legge n. 15 del 2005 (in tal senso, vedi sentenza n. 7486 del 13 ottobre 2010 del Consiglio di Stato);
   l'ultima vicenda in esame, che apparentemente potrebbe iscriversi nel «normale» contenzioso contrattuale tra utente e società, assume secondo l'interrogante una più inquietante sfumatura alla luce della situazione complessiva determinatasi intorno all'ispettore Alessandro Carollo –:
   se quanto premesso e considerato corrisponda a realtà;
   quali notizie siano a conoscenza del Governo;
   quali informazioni siano note in ordine alle attività d'indagine espletate dalla funzione tutela aziendale, Atta Sud 1, relativamente ai fatti portati all'attenzione del Governo nelle interrogazioni di cui in premessa;
   quali iniziative di competenza intenda il Ministro adottare per tutelare il suddetto dipendente da possibili comportamenti vessatori, conseguenti alla sua attività di indagine, nonché per assicurare il reintegro dello stesso nelle sue precedenti funzioni ispettive;
   quali iniziative intenda il Ministro adottare per garantire la legalità e il buon andamento dell'attività di Poste Italiane s.p.a. nell'area territoriale di cui in premessa. (4-04662)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TARICCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Trenitalia spa – direzione regionale del Piemonte – dal 1o febbraio 2014 ha ridotto drasticamente i giorni di apertura della biglietteria della stazione del comune di Ceva (provincia di Cuneo) da 5 giorni a 2 giorni alla settimana in ragione delle esigenze di taglio dei costi e ha cominciato a sostituirla di fatto con biglietterie automatiche;
   alla stazione del comune di Ceva fa riferimento la popolazione di varie vallate del territorio del Sud Piemonte: l'Alta Valle Tanaro (Nucetto, Perlo, Bagnasco, Priola, Garessio, Ormea, Briga Alta, Alto e Caprauna), la Valle Mongia (Mombasiglio, Lisio, Viola, Scagnello, Battifollo e Lesegno), la Val Cevetta (Sale Langhe, Sale San Giovanni, Priero, Montezemolo, Castelnuovo), la Langa cebana (Castellino, Marsaglia, Igliano, Paroldo, Mombarcaro Murazzano, Torresina);
   i suddetti comuni che fanno riferimento alla stazione di Ceva si trovano in un territorio già penalizzato da una difficile mobilità, ancor più accentuata dalla cosiddetta razionalizzazione della rete ferroviaria che ha portato alla soppressione di diverse corse sulla Torino-Savona e tra queste la Ceva-Ormea;
   le popolazioni di tali comuni vivono in una realtà a forte dispersione territoriale, che ha già visto il taglio di numerosi servizi di base o quanto meno una loro drastica riduzione, e sono caratterizzate dalla presenza di una percentuale di persone anziane fra le più alte del Piemonte; queste popolazioni sarebbero pesantemente condizionate da una ulteriore riduzione del servizio di biglietteria, ancorché sostituito con le biglietterie automatiche;
   tale riduzione dei giorni di apertura della biglietteria non perseguirebbe un risparmio di costi mediante la razionalizzazione di un servizio pubblico, peraltro già limitato fortemente in passato con la riduzione dell'apertura della biglietteria a 5 giorni alla settimana e solo per metà giornata, ma, molto più semplicemente, sarebbe di fatto quasi una soppressione del servizio stesso;
   c’è il rischio che una continua azione di riduzione di servizi di base verso le popolazioni locali, possa generare, nei territori a più bassa densità abitativa e a più alta dispersione territoriale, in generale territori montani o collinari, una ulteriore accentuazione dell'abbandono di quei territori, con le inevitabili conseguenze sia socio-economiche che ambientali e territoriali –:
   se il Governo non ritenga, per quanto di competenza, avviare con tempestività una verifica in merito alla decisione di Trenitalia spa (direzione regionale del Piemonte) per evitare che la popolazione del comune di Ceva e di tante altre realtà territoriali oggetto di analoghe scelte di «razionalizzazione» e i comuni del territorio limitrofo siano penalizzati dalla progressiva riduzione d'orario con il rischio che questa sia la premessa di una chiusura definitiva;
   se il Governo non ritenga conseguentemente di definire criteri, anche in accordo con le regioni, per garantire servizi minimi alla mobilità delle aree montane o comunque a minore densità abitativa, anche per evitare l'accentuarsi dell'abbandono territoriale, a causa della continua riduzione dei servizi. (5-02705)


   PELUFFO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l’«Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture» (AVCP), istituita come Autorità di vigilanza sui lavori pubblici dalla legge n. 109 del 1994, con un potere di sorveglianza limitato al settore dei lavori di opere e costruzioni e successivamente riformata nella sua strutturazione attuale a seguito dell'approvazione del decreto legislativo n. 163 del 2006, raccoglie informazioni, dati e vigila su qualunque tipo di appalto effettuato da parte di stazioni appaltanti pubbliche;
   l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture gestisce inoltre il sistema di certificazione AVCpass, la cui entrata in vigore è prevista per il prossimo 1o luglio, la banca dati nazionale dei contratti pubblici e sovrintende al sistema di qualificazione delle SOA poste sotto il controllo dell'Autorità;
   secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale (ad esempio, articolo di Paolo Oreto sul sito «www.lavoripubblici.it» del 25 marzo 2014 e articolo di Marco Rogari sul Sole-24Ore del 2 aprile 2014), nell'ambito dell'intervento previsto sul versante degli enti e delle strutture periferiche dello Stato sulla scorta del cosiddetto dossier Cottarelli («spending review»), emerge la possibilità che vengano soppresse o ridimensionate varie strutture pubbliche, tra queste la citata AVCP, le cui competenze verrebbero ricondotte all'interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   secondo quanto si apprende da un articolo di Alberto Ziparo, sul Manifesto del 17 aprile 2014 le indagini che di recente l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture avrebbe trasmesso alle procure e alla Corte dei conti sono una settantina, mentre le denunce per false dichiarazioni nelle gare di appalto sono state quasi un migliaio, a testimonianza di una perdurante illegalità diffusa nel settore degli appalti pubblici, recentemente denunciata tra gli altri dal Consiglio nazionale degli ingegneri (articolo di Ilenia Cicirello sul sito «www.lavoripubblici.it» del 31 marzo 2014) –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione sopra descritta;
   quale sia il risparmio effettivamente previsto in forza dell'eventuale abolizione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture o del suo accorpamento alle strutture ministeriali;
   se non ritengano alternativamente di considerare la possibilità di assumere iniziative normative per un potenziamento dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture assegnandole poteri sanzionatori sul modello di altre Autorità di vigilanza attualmente presenti nell'ordinamento italiano. (5-02706)

Interrogazione a risposta scritta:


   DAGA, DE ROSA, TERZONI, BUSTO, MANNINO, MICILLO, SEGONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la realizzazione della linea metropolitana metro C, consiste in 26 chilometri di percorso con 30 stazioni che si articola nel tracciato da T2 a T7 e ricomprende quindi aree e monumenti, di altissimo valore storico ed archeologico e oggetto di vincolo di cui ai provvedimenti protocollo 32804 del 18 ottobre 2002 e n. 7366 del 22 ottobre 2009 della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, e ricadenti nelle aree riconosciute patrimonio dell'umanità dall'UNESCO;
   l'aggiudicazione definitiva della gara per l'affidamento della realizzazione del progetto per la realizzazione della linea metropolitana metro C, è stata sancita dopo il voto del consiglio di amministrazione di Roma Metropolitane che si è riunito il 28 febbraio 2006. L'aggiudicatario definitivo è stata l'allora costituenda ATI composta da Astaldi spa-Vianini Lavori spa-Consorzio Cooperative Costruzioni-Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari spa, e attualmente Metro C S.C.P.A composta da Vianini Lavori spa, Ansaldo STS Finmeccanica, Consorzio Cooperative Costruzioni, Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi (delibera CIPE 60/2010);
   il quadro economico del tracciato fondamentale, approvato con delibera CIPE n. 24 del 2012, prevede un costo complessivo di 3.486,864 milioni di euro con fonti di finanziamento così ripartite: il 70 per cento a carico dello Stato, il 18 per cento a carico di Roma Capitale, e il 12 per cento a carico della regione Lazio per le tratte T2, T3, T6A, T7 e deposito; il 70 per cento a carico dello Stato e il 30 per cento a carico di Roma Capitale per le tratte T4 e T5;
   la Costituzione, all'articolo 35, afferma che «La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro»;
   il 1o marzo 2012 un operaio ha perso la vita nei cantieri della metro C;
   in data 17 aprile 2014 si è verificato un grave incidente presso i cantieri della metro C in Piazza delle Gardenie che, secondo il quotidiano la Repubblica, ha messo in pericolo la vita degli operai;
   visti i gravi incidenti avvenuti, non si comprende se nei cantieri siano state adottate tutte le misure di sicurezza e prevenzione previste dalla normativa sul lavoro di cui al decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 e successive modifiche;
   inoltre sarebbe importante ricevere rassicurazioni sul fatto che gli oneri per la sicurezza nei cantieri, pari a circa 347 milioni di euro come comunicato da Roma Metropolitane dell'11 maggio 2005, siano stati destinati alla effettiva tutela dei lavoratori nei cantieri dell'opera metro C –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti citati in premessa e se le risorse destinate alla tutela e alla sicurezza dei cantieri dell'opera «metro C» siano state utilizzate per tale scopo;
   se il Governo, per quanto di competenza, non ritenga opportuno avviare una verifica per valutare l'effettivo rispetto dei diritti dei lavoratori nei canteri della metro C. (4-04657)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHAOUKI, MOSCATT, GIUSEPPE GUERINI, FITZGERALD NISSOLI, COCCIA, SANTERINI, ZAMPA, MURER, ALBANELLA, FEDI, MARAZZITI, MALISANI, GARAVINI, IORI, SCHIRÒ, SCUVERA, D'INCECCO, MARIANI, CIMBRO, FOSSATI, CENNI, TIDEI, CAPONE, BENI, VILLECCO CALIPARI, CARROZZA, PIAZZONI, PICCIONE, QUARTAPELLE PROCOPIO, LOCATELLI, MATTIELLO, PASTORINO, GASPARINI, PASTORELLI, LA MARCA, MARIANO, FONTANELLI, AMODDIO e PINNA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dall'agenzia giornalistica Redattore sociale che, in data 14 aprile, all'interno del centro di accoglienza Umberto I di Siracusa, sarebbe avvenuto il decesso di un giovane migrante nato in Gambia nel 1985 e arrivato sulle coste siciliane l'11 aprile 2014, con uno degli ultimi sbarchi;
   a dare la notizia del decesso sarebbe stata l'associazione «Borderline Sicilia» con un comunicato pubblicato sul sito, dal quale si evince già al momento dello sbarco, sul molo del porto l'11 aprile, il ragazzo accusava evidenti problemi medici con forti disturbi alla vista ed era stato pertanto immediatamente segnalato dagli operatori dell'Organizzazione internazionale delle migrazioni come caso vulnerabile;
   nonostante lo stato di malessere evidente al momento dello sbarco, il ragazzo sarebbe stato collocato ugualmente all'Umberto I di Siracusa, un centro di prima accoglienza senza alcuno status giuridico definito, né personale adeguato all'accoglienza di soggetti vulnerabili, specie nel caso di persone con seri problemi di salute;
   sempre secondo quanto riportato da fonti giornalistiche, il giovane sarebbe giunto in pieno arresto cardiocircolatorio nel polibus di Emergency che staziona fuori dal centro e lì sarebbe morto –:
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano adottare al fine di far luce sui fatti riportati, nonché se e quali iniziative intendano adottare al fine di garantire strutture sanitarie adeguate per far fronte alle emergenze sulle coste siciliane. (5-02704)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LATRONICO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   all'interrogante risulta che nei giorni scorsi si sono verificati nel comune di Canna (Cosenza) una serie di furti notturni in abitazioni che hanno scosso la comunità;
   nei giorni precedenti altri furti hanno interessato i comuni di Oriolo, Nocara, Rocca Imperiale per un'ondata di microcriminalità che non accenna a diminuire;
   il verificarsi di tali eventi è dovuto al fatto che nel comune di Canna non vi è un presidio di forze dell'ordine e la stazione dei carabinieri più vicina è a Rocca Imperiale;
   si fa presente che nel comune di Canna sono state installate delle telecamere di video sorveglianza con un contributo del Ministero dell'interno e queste ultime sono situate in postazioni non idonee e non sono mai entrate in funzione –:
   se sia a conoscenza dei motivi del mancato funzionamento delle telecamere di videosorveglianza citate in premessa;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare per garantire la sicurezza e la tranquillità delle comunità dei Paesi dell'entroterra calabrese. (4-04655)


   CRISTIAN IANNUZZI e SARTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comma 2 dell'articolo 10 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, con legge 15 marzo 1991, n. 82, dispone che con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti i Ministri interessati, sia istituita la commissione centrale per la definizione ed applicazione dello speciale programma di protezione;
   tale commissione provvede all'attuazione degli speciali programmi di protezione e di assistenza, ivi compresa la promozione delle misure di reinserimento nel contesto sociale e lavorativo, dei testimoni e collaboratori di giustizia, nonché degli altri soggetti ammessi al programma di protezione. Mantiene i rapporti con le autorità giudiziarie e di pubblica sicurezza, nazionali ed estere, nonché con i competenti organi dell'amministrazione penitenziaria e con tutte le altre amministrazioni centrali e periferiche eventualmente interessate all'attuazione delle misure di protezione;
   i testimoni di giustizia sono cittadini incensurati che coraggiosamente hanno deciso di rendere testimonianza alla magistratura dando un prezioso contributo alla sicurezza dello Stato ed un aiuto nella lotta alla criminalità. L'importanza del loro ruolo è stata riconosciuta espressamente dalla legge 13 febbraio 2001, n. 45, prevedendo misure di protezione fino all'effettiva cessazione del pericolo esistente per il testimone stesso e per i suoi familiari;
   i collaboratori di giustizia sono coloro che sottoscrivono un «contratto» con lo Stato basato sulla fornitura di informazioni provenienti dall'interno dell'organizzazione criminale in cambio di benefici processuali, penali e penitenziari, della protezione e del sostegno economico per sé e per i propri familiari Sono un elemento indispensabile nella lotta contro le mafie;
   la tutela dei testimoni e dei collaboratori di giustizia deve essere priorità assoluta per le la dignità delle istituzioni di uno Stato sovrano e democratico;
   il 22 febbraio 2014 ha ufficialmente assunto l'incarico il Governo Renzi;
   a oggi, a distanza di oltre due mesi dall'insediamento del governo, ancora non è stato emanato il provvedimento concernente l'istituzione della commissione centrale per la definizione ed applicazione dello speciale programma di protezione cosicché si è delineato uno scenario di insostenibile incertezza per la tutela dei testimoni di giustizia e dei collaboratori impedendo alla commissione centrale di riprendere il normale svolgimento dei propri lavori –:
   se il Ministro interrogato non intenda urgentemente emanare il provvedimento di cui al comma 2 articolo 10 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, con legge 15 marzo 1991, n. 82. (4-04661)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   DELLA VALLE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la lingua spagnola risulta essere le terza lingua più parlata al mondo (dopo quella cinese e quella inglese) e la conoscenza della stessa è in rapida espansione;
   essendo parlata in 21 Paesi nel mondo, la lingua spagnola risulta essere la seconda madrelingua a livello mondiale;
   lo spagnolo è lingua ufficiale delle Nazioni Unite;
   da un'intervista rilasciata dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca al quotidiano Repubblica il 27 gennaio di quest'anno, si può intuire l'intenzione del Ministro di prendere in considerazione, per quel che riguarda l'insegnamento nelle scuole, prevalentemente la lingua inglese e quella francese, non considerando l'importanza della lingua spagnola –:
   se intenda avviare studi programmatici riguardo all'inserimento dell'insegnamento della lingua spagnola al pari di quella francese. (4-04660)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MICHELI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la multinazionale svedese Sandvik Machining Solutions ha annunciato a sindacati e rappresentanze sindacali unitarie la decisione di chiudere lo stabilimento produttivo della sede di San Polo di Podenzano (Piacenza), che controlla dal 1995, dove vengono prodotti utensili da taglio per lavorazioni industriali, impiegando attualmente 57 lavoratori;
   i dirigenti di Sandvik Italia hanno comunicato che la produzione sarà trasferita ad altre unità del gruppo che cesserà l'attività in 12 delle 80 fabbriche che possiede in tutto il mondo. Si tratta di una decisione motivata dall'eccesso di capacità produttiva sul territorio europeo che prevede l'ottimizzazione dei costi di produzione attraverso il consolidamento in un numero minore di impianti produttivi consentendo di far leva su economie di scala. L'analisi della capacità produttiva di Piacenza, sostiene la multinazionale, evidenzia un limite dato dalle dimensioni dell'impianto. Da qui il piano di trasferire la produzione;
   per la componente sindacale, la decisione della Sandvik non ha alcuna giustificazione: lo stabilimento funziona, non è in perdita, nel corso degli anni passati tra lavoratori e azienda c’è sempre stato un confronto molto corretto, con risultati positivi e sempre condivisi per l'efficientamento della struttura;
   si ritiene inaccettabile che si voglia chiudere una presenza sul territorio piacentino di uno stabilimento altamente performante: occorrerebbe aprire subito un tavolo di confronto tra azienda, rappresentanza dei lavoratori e istituzioni per promuovere un confronto attivo al fine di mettere in campo ogni sinergia volta al mantenimento sul territorio dello stabilimento di San Polo di Podenzano (Piacenza) –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra rappresentati e quali siano i loro orientamenti in merito;
   quali iniziative intendano adottare per garantire e salvaguardare gli attuali livelli occupazionali della Sandvik Italia al fine di evitare un'ulteriore contrazione del tessuto imprenditoriale e produttivo del territorio interessato. (5-02703)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società Aligrup spa si trova attualmente, in procedura di concordato preventivo dal tribunale di Catania a far data dal 18 marzo 2013;
   a motivo del concordato preventivo, i lavoratori si trovano in cassa integrazione guadagni straordinaria per 12 mesi a decorrere dalla stessa data;
   il 18 marzo di quest'anno il liquidatore, per il tramite del suo referente, ha trasmesso al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la richiesta, codice pratica 2014/29951, di proroga del trattamento di integrazione salariale per le centinaia di lavoratori della società siciliana in liquidazione;
   nonostante sia trascorso più di un mese dalla domanda di proroga, non si ha notizia dell'accoglimento della stessa o di eventuali richieste di integrazioni documentali da parte degli uffici ministeriali al commissario liquidatore;
   in questi giorni, numerosi sono stati i solleciti ed i contatti con gli uffici interessati senza, però, esito alcuno mentre i lavoratori interessati e coinvolti sono senza impiego e senza indennità –:
   quali provvedimenti ed iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere la problematica indicata in premessa. (4-04651)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con interrogazioni a risposta scritta ed in commissione, rispettivamente del 7 novembre 2013 (4-02444) e del 16 gennaio 2014 (5-01901), ancora senza risposta, l'interrogante ha denunciato il gravissimo danno procurato all'erario dello Stato dalla legge 11 giugno 1974, n. 252, meglio conosciuta come «legge Mosca» sulla Regolarizzazione della posizione assicurativa dei dipendenti dei partiti politici, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di tutela e rappresentanza della cooperazione;
   è noto che detto provvedimento ha concesso il riconoscimento di un regime contributivo agevolato a persone che hanno, presuntivamente, prestato attività lavorativa alle dipendenze di partiti politici, sindacati, istituti di patronato e associazioni del movimento cooperativo;
   difatti, la «legge Mosca», a causa degli inadeguati criteri ivi previsti per l'attribuzione del contributo previdenziale, si è rivelata deleteria poiché predisposta secondo l'interrogante in modo da consentire il riconoscimento di anni di «falsa» attività lavorativa a molti di coloro che vi hanno beneficiato. Sono circa 40.000 le persone alle quali sono state attribuite pensioni agevolate nonché il riscatto a basso costo degli anni trascorsi nel partito politico o nel sindacato, anche qualora non sia stata prestata alcuna attività lavorativa;
   ed invero, sono stati incardinati molteplici procedimenti giudiziari che hanno coinvolto un centinaio di procure della Repubblica, molti dei quali si sono conclusi con la condanna per truffa e falso ideologico di soggetti che hanno avuto accesso al trattamento pensionistico;
   si ritiene necessario essere a conoscenza di chi ha percepito e percepisce tali pensioni, anche per individuare i provvedimenti da adottare per il recupero delle relative risorse economiche sottratte in danno all'Inps, facendo salvi gli eventuali diritti legittimamente acquisiti;
   come risulta da numerose fonti di stampa, riscontrabili anche attraverso internet, tra i beneficiari della «legge Mosca» vi sarebbe l'attuale Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano a cui sembra sia stata attribuita una pensione alla luce del beneficio previdenziale in questione;
   in data 16 aprile 2014, è stato pubblicato dal quotidiano La Repubblica un articolo sugli «introiti» del Presidente Napolitano. A riguardo, si apprende che attraverso una nota dell'ufficio stampa del Quirinale è stato dichiarato che il Presidente Giorgio Napolitano percepisce una indennità di 239.181 euro all'anno, «lordi e non netti, e che non percepisce alcun vitalizio o trattamento pensionistico da tempo maturato per le attività di deputato in dieci legislature»;
   orbene, trattandosi del Capo dello Stato, garante della Costituzione, ovvie ragioni di trasparenza richiedono la necessità di sapere se sia vero che al Presidente Giorgio Napolitano sia stato riconosciuto il beneficio previdenziale previsto dalla «legge Mosca» e quanto sia l'ammontare dello stesso –:
   se sia vero che al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sia stato riconosciuto il benefico previdenziale previsto dalla legge 11 giugno 1974, n. 252 ed, in tal caso, quale sia l'importo della pensione a lui riconosciuta. (4-04663)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIORIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il Sian (sistema informativo agricolo nazionale) è stato istituito con la legge n. 194 del 1984. Si tratta di un sistema particolarmente complesso ed articolato che svolge un fondamentale servizio di interesse pubblico riunendo in un sistema informativo unitario tutti gli strumenti necessari all'esercizio delle funzioni dell'amministrazione centrale e delle regioni in materie agricole, forestali e agroalimentari;
   nel corso del tempo la gestione e l'organizzazione del Sian è stata oggetto di diversi interventi, in particolare: con il decreto legislativo n. 99 del 29 marzo 2004 i compiti di coordinamento e gestione del Sian sono stati trasferiti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea). In seguito (secondo quanto disposto dalla legge n. 231 del 2005) è stata costituita Sin srl, una società a capitale misto pubblico – privato, con partecipazione pubblica maggioritaria, alla quale affidare la gestione e lo sviluppo del Sian, con lo scopo di migliorare la qualità e quantità dei servizi offerti;
   ad oggi Sin è partecipata al 51 per cento da Agea e al 49 per cento da un raggruppamento temporaneo di imprese (Rti), ovvero soci privati che sono stati scelti a seguito di una apposita procedura di gara;
   risulta all'interrogante che le Rti, nel 2007, si siano aggiudicate l'appalto per la ragguardevole cifra di 1,1 miliardi di euro per gestire il Sian fino al 2016;
   a seguito della trasformazione della Sin da società a responsabilità limitata a società per azioni, deliberata nel 2011 dall'assemblea dei soci, il livello di controllo e la possibilità di intervento pubblico sulla società è evidentemente ridimensionato, la responsabilità della conduzione, infatti, con questa nuova forma giuridica assunta dalla società spetta «esclusivamente» agli amministratori della Sin e non quindi più ad Agea (direttamente sottoposta a sua volta al controllo del Ministero politiche agricole, alimentari e forestali);
   secondo quanto riportato recentemente dagli organi di informazione Sian avrebbe drenato dal 2010 ad oggi circa 780 milioni di euro. È emerso inoltre che è stato rinnovato il contratto con i gestori privati aumentandone la provvigione di 90 milioni di euro;
   sull'attività di Sin la procura di Roma ha recentemente aperto una inchiesta riscontrando numerose irregolarità nella gestione delle erogazioni. Secondo indiscrezioni riportate dalla stampa «ci sarebbero milioni di euro pagati a chi non ha nemmeno un fazzoletto di terra coltivato, a prestanomi di clan mafiosi, a chi ha un garage e lo spaccia per fattoria. E spunta un finanziamento da 50 milioni finito nel nulla»; il consorzio di Imprese Rti ha subito ribattuto che non vi è stato «nessuno spreco di denaro pubblico nella gestione del Sian». «La Rti – riporta la nota – ha ricevuto per le attività svolte dal primo febbraio 2008 ad oggi, la diversa e ben inferiore somma di 490 milioni di euro. Il contratto è aumentato di 90 milioni perché Agea ha necessariamente dovuto prevedere una consistente quota di attività ulteriori rispetto al periodo precedente. Non è vero poi che i servizi siano stati collaudati negativamente: hanno avuto esiti positivo seppur con poche eccezioni. Il Sian non è un colabrodo, anche perché l'Italia si colloca ai primi posti in Europa quanto a sistemi di controllo»;
   tali affermazioni sarebbero state nettamente contestate dalle incongruità emerse palesemente dalla «relazione tecnica» della commissione per collaudo finale del progetto per l'evoluzione dei servizi del Sian, del 25 settembre 2013;
   nel documento sopracitato le inesattezze sarebbero ripetute e vistose: ad esempio, le superfici dei terreni, inserite via internet nel sistema dagli agricoltori in molti casi sarebbero diverse da quelle reali; pratiche per le quali i finanziamenti vengono puntualmente erogati in «automatico», nonostante il software si accorga di scostamenti tra le superfici richieste e quelle effettive del 100 per cento. Sono presenti inoltre società agricole che accumulano penalità di 200 mila euro ed ottengono comunque gli stanziamenti e vi sono finestre del software in cui un soggetto, alla stessa data, appare prima come intestatario di 2 fabbricati agricoli e poi all'improvviso di 23;
   appare necessario tenere in considerazione che la mole di pratiche e di controlli gestiti attraverso il Sian è del tutto ragguardevole, che le attività svolte attraverso il Sian svolgono un ruolo strategico fondamentale per il sistema agricolo ed agroalimentare italiano, che il nostro Paese è impegnato a difendere e sostenere un sistema di produzione agricola fondato sulla qualità e proprio per questo motivo sulla tracciabilità delle materie prime;
   alla luce di tutto questo appare evidente come sia fondamentale, ossia un interesse nazionale di primo livello, garantire con la massima attenzione il buon utilizzo e la corretta gestione del Sian;
   nel disegno di legge collegato alla legge di stabilità vi è un chiaro riferimento alla volontà di ripensare e riorganizzare l'assetto degli enti vigilati del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ed il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha più volte ribadito tale sua intenzione –:
   se corrisponda al vero la notizia di un aumento della provvigione per i soci privati di 90 milioni di euro;
   quale sia la reale situazione, alla luce delle informazioni in suo possesso, in merito all'organizzazione interna ed alla gestione dei compiti della società Sin spa;
   se non ritenga necessario, e nel caso con quali modalità, intervenire, nei limiti delle proprie competenze, affinché sia fatta definitivamente chiarezza e un servizio di interesse pubblico di primaria importanza come quello svolto attraverso il Sian sia ottimizzato e messo al riparo da qualsiasi pericolo di malfunzionamento. (5-02707)

Interrogazione a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo la denuncia del direttore del Banco alimentare della Calabria, dottor Gianni Romeo, nella sede regionale non ci sono più generi di prima necessità. Tanto che già dal mese di maggio 2014 nelle famiglie in difficoltà non arriverà il consueto sostegno alimentare. Il Banco alimentare è la struttura che fa da tramite per raccogliere lo spreco e l'eccedenza della filiera agroalimentare e trasformarlo in una risorsa per le realtà socio-assistenziali;
   da quanto si è potuto apprendere: i 12 magazzini della sede regionale di Montalto Uffugo sono completamente vuoti. Per il mese di maggio a più di trentamila persone nella sola provincia di Cosenza non arriverà a destinazione nessun sostegno alimentare;
   sono più di seicento gli enti e le associazioni che in Calabria fanno riferimento al Banco alimentare per rispondere al bisogno quotidiano di generi di prima necessità delle famiglie;
   le persone che in Calabria hanno fatto ricorso a mense dei poveri o altre strutture di assistenza sono salite dagli 80.884 del 2009 ai 99.689 del 2010: una impennata di indigenza che ha sfiorato il 25 percento. Nel 2010 dal bilancio regionale sono scomparsi, perfino, 150 mila euro destinati al Banco alimentare. I responsabili del Banco adesso denunciano che l'intera rete è a rischio;
   ciò anche in considerazione del fatto che la crisi economica in atto ha fatto aumentare notevolmente le richieste di aiuto, alle quali il Banco alimentare non potrà più corrispondere;
   la causa è da ricercarsi anche nella nuova normativa europea che richiede un diverso e dettagliato piano operativo nazionale, che il Governo dovrà approvare al più presto. Il piano è stato già adottato in altri Paesi europei ma non ancora in Italia;
    in difesa del Banco alimentare si sono pronunciati anche i vescovi calabresi, che nel corso della sessione primaverile della Conferenza episcopale della Calabria hanno sottolineato come «quanto bene si sta facendo in Calabria in questi anni a favore degli indigenti» e come pesi «la grossa difficoltà a continuare la preziosa opera assistenziale anche perché sono venuti meno i contributi fondamentali della Regione». Dalla Conferenza episcopale calabrese è stato quindi formulato l'auspicio che «soprattutto la regione Calabria, ma anche altri Enti confermino i loro contributi per consentire la continuità del servizio»;
   a parere dell'interrogante è necessario raccogliere la denuncia della Conferenza episcopale della Calabria e del direttore del Banco alimentare della Calabria, dottor Romeo: «Non è possibile spezzare il filo di speranza per chi non arriva a fine mese, per le famiglie in difficoltà, per i poveri»  –:
   se il Governo sia a conoscenza della drammatica situazione che vive il Banco alimentare della Calabria e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda con urgenza mettere in campo per evitare il blocco delle attività di enti e associazioni che svolgono un'opera meritoria come il Banco alimentare, in Calabria e in tutte le altre regioni interessate;
   quali iniziative il Governo intenda promuovere, anche in sede europea alla luce della nella nuova normativa che prevede un diverso piano operativo nazionale, per dare la possibilità ai banchi alimentari di corrispondere alle esigenze delle tantissime famiglie italiane che vivono in una grave condizione di indigenza (4-04653)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SILVIA GIORDANO, CECCONI, BARONI, DALL'OSSO, DI VITA, GRILLO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 23 aprile 2014 alle ore 12.33 l'agenzia di stampa Agi rendeva nota una dichiarazione del Ministro interrogato con la quale si affermava: «Anche dopo il rinvio a giudizio di Davide Vannoni, il lavoro del Comitato scientifico nominato dal ministero della Salute per valutare il metodo Stamina proseguirà. Lo ha assicurato il ministro della salute Beatrice Lorenzin, a margine della presentazione dell’«Oncoguida» realizzata dall'Aimac. «Noi – ha spiegato il ministro – continuiamo ad avere due percorsi attivati: uno è quello che dipende da noi, cioè quello della commissione che valuta e il metodo e che e’ la seconda commissione, perché – ha ricordato – il metodo è già stato dichiarato totalmente inefficace e infondato dalla prima commissione. Dall'altro lato – ha proseguito Lorenzin – c’è il lavoro della Procura di Torino che, vedo oggi, ha rinviato a giudizio moltissime persone»;
   in data 23 aprile 2014 alle ore 13.24, circa 50 minuti dopo la citata dichiarazione del Ministro interrogato, l'Ansa rendeva nota una dichiarazione del dottor Baccarani, presidente del Comitato scientifico che dovrà pronunciarsi sul metodo Stamina, nominato dal Ministero della salute che così si esprimeva: «Siamo fermi in attesa di istruzioni e documentazione da parte del Ministero della salute». Lo ha detto all'ANSA il presidente della commissione nominata dal Ministero e che si dovrà pronunciare sul metodo Stamina, Michele Baccarani, sottolineando che la commissione non si è ancora mai riunita ufficialmente. Il problema, ha detto l'esperto, «è scientifico», ma è necessario prestare molta attenzione anche alle «questioni di carattere legale» in merito alla vicenda;
   appare quindi evidente agli interroganti che la responsabilità del mancato avvio del Comitato scientifico che deve pronunciarsi sul metodo Stamina derivi da una azione di fatto dilatoria operata dal Ministero della salute, mentre in dichiarazioni pubbliche del Ministro interrogato si afferma che «prosegue il lavoro del Comitato scientifico»;
   le dichiarazioni alle agenzie di stampa che riferivano di una prosecuzione dei lavori da parte del Comitato scientifico sul metodo Stamina appaiano agli interroganti perlomeno avventate e basate su fatti non verificati prima di essere rese pubbliche –:
   quale sia il reale stato dei fatti;
   entro quanto tempo il Ministero della salute intenda inviare al Comitato scientifico le istruzioni e la documentazione propedeutica all'avvio effettivo dei lavori del citato Comitato;
   quali siano i motivi del mancato avvio dei lavori del Comitato scientifico e se questo sia causato da una volontà politica di dilatazione dei tempi e delle decisioni tanto palese quanto taciuta.
(5-02708)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI VITA, GRILLO, MANTERO, LOREFICE, CECCONI, DALL'OSSO, SILVIA GIORDANO e BARONI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nell'intento di implementare ulteriormente i livelli di trasparenza del processo decisionale dell'Unione Europea, il 23 giugno 2011 il Parlamento europeo e la Commissione europea hanno varato un registro per la trasparenza, comune e pubblico, per la registrazione e il controllo delle organizzazioni, delle persone giuridiche e dei lavoratori autonomi impegnati nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche dell'Unione;
   quanto all'ordinamento italiano, invece, analogo strumento normativo è rinvenibile esclusivamente nel cosiddetto decreto lobby (decreto del Ministero dell'agricoltura n. 2284 del 9 febbraio 2012), il quale istituisce l'unità per la trasparenza con il compito di curare le procedure di consultazione, obbligatorie per legge, dei lobbisti del settore agro-alimentare nelle fasi di elaborazione di disegni di legge e di regolamenti ministeriali di competenza;
   i lobbisti del settore che desiderano partecipare a tali consultazioni sono tenuti ad iscriversi in un apposito elenco, consultabile da chiunque sul sito internet del Ministero. I soggetti iscritti sono obbligati a presentare, ogni anno, una relazione sintetica sull'attività svolta; in caso di mancata presentazione, il soggetto inadempiente sarà cancellato dall'elenco e non potrà più partecipare alle consultazioni;
   attualmente l'elenco dei lobbisti istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rappresenta la prima e, purtroppo, unica iniziativa, a livello nazionale, con l'obiettivo di regolare il rapporto tra il mondo delle lobby e un'amministrazione centrale;
   le cronache dei giornali tornano spesso a parlare della necessità di regolamentare il rapporto tra lobbies e decisori pubblici. In genere tale tema torna di attualità ogni qual volta si «scopre» che dietro a determinate scelte del decisore pubblico (specialmente di quello politico) vi sono attività, più o meno chiare, di influenza o di pressione svolte da soggetti portatori di interessi particolari;
   il fenomeno lobbistico necessita senza dubbio di una regolamentazione, certamente estesa, quantomeno, a tutti gli organi centrali dello Stato, allo scopo principale di dare un ordine preciso al quadro estremamente confuso che caratterizza, nell'assenza di norme, le democrazie pluraliste ma anche, da un lato, ad evitare fenomeni degenerativi tanto diffusi nel nostro Paese e, dall'altro, a potenziare la connotazione democratica della legge attraverso una trasparente e corretta partecipazione dei diversi portatori di interessi –:
   se, e secondo quali precise modalità, prevedano di dotarsi in tempi brevi, di analoga normativa a quella adottata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, allo scopo di regolamentare la partecipazione trasparente dei gruppi di interessi ai processi decisionali del proprio dicastero e, in caso contrario, quali diverse iniziative intendano o ritengano doveroso porre in essere al fine di assicurare la completa trasparenza di tutte le attività nei dicasteri di propria competenza.
(4-04654)


   GRIMOLDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dalla fine del 2013 si trascina in modo confuso la disputa sulla data della trasformazione dei comitati locali e provinciali;
   all'inizio del mese di aprile 2014 si è svolto l'ennesimo incontro al Ministero della salute sulla privatizzazione della Croce rossa e sull'interpretazione da parte dei sindacati dell'anticipazione delle procedure ad avviso dell'interrogante di dubbia legittimità;
   come è noto il nodo è legale, riguarda gli effetti della privatizzazione, disciplinata dal decreto-legge n. 101 del 2013, che indicava il 2014 come data d'inizio della trasformazione dei comitati locali e provinciali sulla base di un articolo inserito dal decreto legislativo n. 178 del 2012. La suddetta normativa però è stata modificata inserendo il 2015 in ogni punto in cui era scritto 2014;
   i sindacati sottolineano che «tutto deve essere rinviato al 2015. Ma la privatizzazione è già iniziata;
   per circa 300 persone è già scattata la riduzione del 30 per cento del salario dovuta all'applicazione unilaterale del nuovo contratto Anpas scelto per gestire la nuova fase, quella privatistica, mentre la Croce rossa continua a guadagnare le stesse cifre sulle convenzioni in essere. Inoltre, senza le previste norme di raccordo, e con il totale disimpegno della Croce rossa nazionale, non ci sarebbe alcuna garanzia sul mantenimento dei livelli occupazionali;
   nell'incontro tenutosi alle rassicurazioni avute si è contrapposto l'intervento del Ministero dove viene ribadita «la piena legittimità dell'operato di Croce Rossa posto in essere fino ad oggi in ordine all'applicazione del nuovo contratto collettivo. La Croce Rossa Italiana continuerà a rispettare la legge come ha sempre fatto e a salvaguardare i livelli occupazionali. La nota del Ministero ribadisce come legittima attribuzione dei Presidenti dei Comitati privatizzati l'individuazione della data di decorrenza del contratto Anpas –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e intenda intervenire predisponendo una iniziativa normativa per regolamentare i rapporti con i comitati privatizzati, attivandosi con immediatezza nei confronti della Croce Rossa per sospendere gli atti già assunti e ripristinare la situazione precedente al 31 marzo.
(4-04658)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta immediata in Commissione Sandra Savino n. 5-02688 del 23 aprile 2014.