Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 20 febbraio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il 62 per cento dei contratti pubblici non rispetta i tempi di pagamento che sforano i termini di legge e vanno oltre i 60 giorni, mentre, in un appalto su due l'amministrazione pubblica «suggerisce» all'impresa di rallentare l'emissione delle fatture, in modo da diluire anche i saldi;
    a un anno di distanza dall'arrivo delle nuove regole che impongono pagamenti a 30 giorni (e, solo in casi eccezionali, fino a un massimo di 60), sono ancora poche le amministrazioni che si sono allineate e riescono a pagare nei tempi stringenti richiesti dalla direttiva europea e dal decreto italiano di recepimento (decreto legislativo n. 192 del 2012), in vigore, appunto, per i contratti firmati dal primo gennaio 2013;
    la «maglia nera» resta alla sanità (225 giorni di ritardo, mentre in edilizia i tempi medi di attesa si attestano a 146 giorni (con una prima diminuzione proprio nel 2013);
    è vero che le amministrazioni sembrano essersi allineate alle nuove regole. Ma, spesso, l'adeguamento si ferma all'avviso pubblico, mentre nel rapporto diretto con il fornitore si moltiplicano i tentativi di aggiramento dei tempi. Si va, appunto, dalla richiesta di dilazione inserita apertamente nel contratto, al consiglio di scaglionare le fatture (48 per cento) fino al più temibile esito negativo: la rinuncia alla commessa, una volta che l'amministrazione ha capito di non riuscire a stare nei tempi (9 per cento dei casi), secondo dati ANCE;
    l'impresa spesso riesce a difendersi, ma il pagamento degli interessi non è automatico e deve onorare gli oneri con una richiesta a parte;
    anche nei servizi si registrano prassi elusive. Mentre prima la fatturazione dei servizi aveva spesso con scadenza mensile, molte amministrazioni – denuncia la Federazione delle imprese di servizi (Fise) – tendono a introdurre nei capitolati di appalto clausole che vincolano l'appaltatore ad emettere le fatture con sistematico differimento rispetto al periodo di esecuzione delle prestazioni: si parla di tre o quattro mesi. Con l'effetto paradossale di rallentare potenzialmente i tempi anche a chi prima era virtuoso e pagava davvero a 30 o 60 giorni;
    per l'Aniasa, ad esempio (l'associazione degli autonoleggiatori), «il 50-60 per cento delle amministrazioni è corretto». Ma i ritardi (solo il comune di Napoli deve alla categoria 2 milioni di euro e ne ha sbloccati 1,5) hanno spinto l'associazione a dialogare con Consip e ottenere la possibilità di interrompere il servizio ai morosi;
    per le aziende di recapito privato, il mercato è diviso in due. Al Nord dall'anno scorso i pagamenti a 30 e 60 giorni sono diventati la prassi, mentre al Sud purtroppo i ritardi sono ancora la regola. Per molte amministrazioni – denuncia la Federazione, delle imprese di servizi (Fise) – a distanza di quattro mesi dalla scadenza (5 settembre) non si è ancora concluso il censimento degli arretrati. Le amministrazioni stanno ancora caricando i debiti pregressi sulla piattaforma di certificazione dei crediti. Questo ritardo rischia di vanificare anche la nuova possibilità di compensare i crediti fiscali con i debiti della pubblica amministrazione, senza registrazione, infatti, il credito è come se non esistesse;
    un nuovo aggiornamento dei dati relativi al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione era previsto per il 20 dicembre 2013. A distanza di più di un mese, invece, questa operazione non è stata ancora compiuta;
    non è ancora dato sapere a quanto ammontano complessivamente i pagamenti effettuati nel 2013 dalla pubblica amministrazione nei confronti dei propri fornitori. In sostanza dei 27 miliardi di euro sbloccati dal decreto-legge n. 25 del 2013 e dal decreto-legge n. 192 del 2013, non si conosce quanti ne sono stati effettivamente pagati ai creditori;
    è singolare che, dopo la grande campagna di sensibilizzazione messa in atto anche dal Governo Letta, ad oggi non si conosca l'ammontare dei pagamenti effettuati al 31 dicembre 2013. L'ultimo dato disponibile è del 29 novembre e dei 27 miliardi di euro messi a disposizione nel 2013 ne erano stati pagati poco più di 16, vale a dire il 60 per cento circa;
    secondo la Cgia di Mestre è «verosimile» che i debiti della pubblica amministrazione italiana nei confronti delle imprese ammontino a circa 120 miliardi di euro. Cifra di un terzo superiore ai 91 miliardi di euro indicati da Bankitalia. Si tratta di una ricerca scattata il 31 dicembre 2011, praticamente quasi due anni fa nella quale non sono comprese le aziende con meno di 20 addetti che, si ricorda, costituiscono il 98 per cento del totale delle imprese italiane. In questa ricerca, inoltre, non sono state coinvolte le imprese che operano nei settori della sanità e dei servizi sociali che, storicamente, sono quelle dove si annidano i ritardi di pagamento più eclatanti;
    si apprende da una recente dichiarazione dal vice presidente della Commissione europea Tajani che si è aperta una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per i ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese e l'Italia avrà 5 settimane di tempo per rispondere alle contestazioni; se la risposta non sarà soddisfacente si procederà con la messa in mora. La procedura si è aperta proprio per i ritardi di pagamento sopra esposti;
    è prioritario ai fini del rilancio dell'economia italiana che il Governo faccia di tutto per accelerare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, perché oramai l'economia italiana si trova in una preoccupante situazione di recessione economica, che rischia di peggiorare ulteriormente e di avvitarsi in una spirale negativa tale da determinare gravi rischi per la stabilità della finanza pubblica. Dall'inizio della crisi economica alla fine del 2012 sono fallite per mancati pagamenti oltre 15 mila imprese;
    pertanto si segnala l'esigenza di concentrare interamente nel 2014 tutte le risorse finanziarie disponibili a tal fine,

impegna il Governo:

   a certificare, in tempi brevi, i debiti della pubblica amministrazione ai fini della compensazione con i crediti fiscali da parte delle imprese, assumendo iniziative per prevedere delle sanzioni nei confronti degli enti inadempienti;
   ad adottare ogni iniziativa, in sede europea, finalizzata a concordare con la Commissione europea un piano straordinario, di natura una tantum, per il pagamento dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese creditrici, che preveda che l'uscita di cassa non vada ad incidere sul pareggio di bilancio strutturale del nostro Paese per tutto il periodo ritenuto necessario per l'azzeramento dei debiti pregressi accumulati;
   a prevedere, nell'ambito di tale accordo, specifiche e circoscritte misure di attenuazione dei vincoli del patto di stabilità interno finalizzate a garantire la piena attuazione della nuova disciplina sui ritardati pagamenti e ad evitare l'accumulo di ulteriori nuovi debiti da parte delle amministrazioni pubbliche in ragione della rigidità dei vincoli della finanza pubblica;
   ad assumere iniziative per concordare con le banche e gli intermediari finanziari una consistente riduzione dei costi posti a carico dei soggetti che richiedono liquidità a fronte dell'esibizione della certificazione del credito rilasciata dalle amministrazioni pubbliche.
(1-00347) «Fantinati, Ruocco, Cancelleri, Villarosa, Pesco, Alberti, Castelli, Sorial, D'Incà, Nuti».

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    il 28 novembre 2013 l'Ucraina avrebbe dovuto sottoscrivere un accordo di associazione con l'Unione europea, teso ad avvicinare sensibilmente Kiev e Bruxelles;
    per poter firmare l'accordo, il Governo ucraino si sarebbe dovuto impegnare nell'elaborazione di riforme concrete nell'ambito della giustizia selettiva e di riforme del sistema democratico, oltre che nella risoluzione della vicenda legata a Yulia Tymoshenko;
    il 21 novembre 2013 il Presidente della Repubblica Ucraina, Viktor Fëdorovyč Janukovyč, ha annunciato ufficialmente di non essere intenzionato a firmare l'Accordo di associazione con l'Unione europea;
    tale scelta, probabilmente dovuta alla consapevolezza da parte di Janukovyč del ruolo dell'Ucraina di cuscinetto tra la Russia e il resto dell'Europa ed alla sua intenzione di riunire tutti i protagonisti di quell'area per portare avanti insieme un'unica trattativa di natura commerciale, ha scatenato le proteste di quell'ampia parte della popolazione che vede nell'ingresso nell'Unione europea la strada giusta per permettere una crescita dell'intero Paese;
    a preoccupare la popolazione vi sono anche le tendenze filo-russe del Governo, pressato sia dalla proposta di Putin di creare un'unione doganale extra-Unione europea sia da quanto avvenuto il 24 novembre nel villaggio ai Šajkaš, in Serbia, dove sono stati avviati degli scavi per il progetto South Stream, a opera della compagnia russa Gazprom, il maggiore estrattore al mondo di gas naturale;
    si tratta della costruzione di un gasdotto che servirà a portare il gas naturale russo verso i Balcani ed i Paesi dell'Unione europea senza passare in territorio ucraino, privando quindi l'Ucraina di tutti i benefici economici che sarebbero conseguiti ad un passaggio del gasdotto all'interno dei propri confini;
    sono quindi partite una serie di proteste a Kiev, con la nascita di un movimento spontaneo rinominato da Radio Free Europe Euromaidan, dal nome della piazza principale di Kiev, il cui nome in ucraino è Maidan (Piazza dell'Indipendenza), teatro principale delle manifestazioni di protesta;
    il 30 novembre 2013 più di 100.000 manifestanti ucraini favorevoli all'Unione europea sono scesi in piazza, sfidando un divieto del Governo che aveva proibito i cortei in centro;
    gli attivisti si sono radunati nel parco Taras Shevchenk e poi hanno marciato verso Piazza dell'Indipendenza, dove hanno abbattuto le transenne erette attorno a un albero di Natale per scoraggiare gli assembramenti;
    in tale occasione è stato anche occupato simbolicamente il piano terra del municipio di Kiev;
    la reazione della polizia ucraina, autorizzata dal Ministro dell'interno Vitaly Zakharchenko, è stata estremamente violenta e spropositata, con cariche a ripetizione contro i manifestanti (tra cui molte donne e persone anziane) e l'uso di gas lacrimogeni e granate stordenti;
    si è alzato in tale occasione un coro di proteste contro l'operato della polizia ucraina, ed è stato lanciato un appello allo sciopero generale;
    gli scontri sono proseguiti anche all'inizio di dicembre, e la tensione è aumentata ulteriormente alla notizia, uscita il 17 dicembre, di un accordo con il quale la Russia ha concesso uno sconto sulle forniture di gas ed ha investito 15 miliardi di dollari in titoli di stato ucraini, segnale di un ulteriore avvicinamento del Governo ucraino alla Russia ed un consequenziale allontanamento dalla possibilità di accordi con l'Unione europea;
    la notte del 24 dicembre una giornalista ucraina filoeuropea dell’Ukrainska Pravda, Tetyana Chornovil, è stata selvaggiamente picchiata a Kiev;
    la cronista, che ha scritto articoli molto critici nei confronti del presidente Viktor Janukovyč e dei suoi più stretti alleati, stava guidando quando due uomini l'hanno costretta a fermarsi alla periferia di Kiev e l'hanno picchiata;
    settimane di manifestazioni di protesta e scontri hanno portato all'approvazione, il 16 gennaio 2014, di un pacchetto di severissime leggi di stampo repressivo, che prevedevano una forte compressione delle libertà di protesta, con pene di detenzione carceraria fino a dieci anni, reintroducevano il reato di diffamazione per i giornalisti che accusavano i politici di corruzione, intaccavano profondamente il diritto ad un'informazione libera ed introducevano il divieto di accamparsi nei luoghi pubblici senza autorizzazione, di indossare maschere antigas o caschi e di distribuire materiale propagandistico;
    inoltre, le nuove leggi prevedevano che tutte le ong che ricevevano finanziamenti esteri fossero obbligate a registrarsi come agenti stranieri e che venissero registrati anche tutti i siti che si occupano d'informazione;
    il 19 gennaio i cittadini di Kiev e di tutta la nazione sono scesi per manifestare in maniera forte e pacifica il loro dissenso a questi provvedimenti ed esternare la volontà di entrare a far parte dell'Unione Europea;
    la protesta è proseguita nei giorni successivi sfociando in violentissimi scontri, che si sono susseguiti, aumentando ogni giorno di intensità e potenza;
    le scelte di gestione della piazza da parte del Governo guidato da Janukovyč sono state improntate alla soppressione della protesta con la forza e si sono rivelate del tutto controproducenti, provocando un’escalation di violenza fino ad arrivare ad un drammatico spargimento di sangue;
    si parla di almeno sei morti tra i giovani manifestanti, di una trentina di persone di cui si sono completamente perse le tracce, di oltre 200 arresti e di centinaia di feriti, che, peraltro, non possono recarsi negli ospedali per farsi curare dato il rischio di essere catturati dalle ronde di polizia;
    circolano addirittura voci del fatto che il Governo avrebbe fatto ricorso ai «Titishki», ovvero gruppi di ragazzi comprati con droga ed una manciata di euro per infiltrarsi nelle piazze e sabotare la protesta;
    questa grave situazione ha suscitato grande sdegno nella comunità internazionale, ed in particolar modo dell'Unione europea, visto che parte della protesta era di stampo filoeuropeo;
    il Presidente della Commissione europea Barroso ha dichiarato la possibilità di sanzioni economiche, mentre il cancelliere tedesco Angela Merkel, con un messaggio diretto al Presidente della Repubblica Ucraina, ha chiesto di avviare immediatamente nuove trattative con l'opposizione;
    la protesta antigovernativa si è allargata anche al resto del Paese, e cinque consigli regionali delle regioni occidentali e centrali del Paese (ovvero quelle filo-occidentali) sono stati presi d'assalto dai manifestanti, a Leopoli, Rivne, Ternopil, Khmelnytsky e Cherkassy;
    manifestanti hanno costruito barricate intorno agli edifici occupati a Lviv e Rovno ed a Leopoli il governatore Oleg Salo, uomo vicino al presidente, è stato costretto a dimettersi dai dimostranti, ma ha poi ritrattato;
    il presidente ucraino ha dovuto, dunque, aprire uno spiraglio di dialogo, e, dopo un primo colloquio fallimentare, con la conseguente occupazione del Ministero dell'agricoltura, ha annunciato un rimpasto di Governo, l'amnistia per i manifestanti che in questa settimana abbiano commesso reati non gravi e modifiche alle leggi anti-protesta;
    poche ore dopo sono ripresi gli scontri, ed allora il 25 gennaio il presidente Janukovyč ha annunciato la disponibilità a rivedere la Costituzione in senso più pluralista ed ha proposto ad Arseny Yatsenyuk, uno dei tre leader dell'opposizione, di diventare premier ed all'ex campione del mondo di pugilato Vitali Klitschko, un altro dei capi dell'opposizione, di essere vicepremier;
    la proposta di un Governo guidato dai leader dell'opposizione è stata respinta e la protesta è andata avanti anche il 26 gennaio con l'occupazione di «Casa Ucraina», una sorta di palazzo delle esposizioni presidiato all'interno dalla polizia;
    sempre il 26 gennaio circa 3.000 dimostranti hanno preso d'assalto l'edificio del Governo regionale di Dnipropetrovsk, terza città più popolosa dell'Ucraina e capoluogo dell'omonimo Oblast nell'est del Paese, ed altri scontri si sono verificati a Zaporizzja, anch'essa nel sud-est ucraino, dove 5.000 manifestanti si sono raccolti davanti al palazzo del Governo regionale e hanno chiesto al personale di andarsene, finché la polizia non ha respinto la folla utilizzando gas lacrimogeni e granate stordenti;
    ancora, il 26 gennaio il movimento denominato «Splina Sprava» (che in ucraino significa «Causa Comune») aveva occupato il Ministero della giustizia;
    la mattina seguente l'edificio era stato sgomberato dalle forze dell'ordine, sotto la minaccia del Ministro della giustizia ucraino, Elena Lukash, sulla proclamazione dello stato d'emergenza se il suo dicastero non fosse stato liberato pacificamente;
    i manifestanti, nel lasciare l'edificio, avevano annunciato che avrebbero continuato a bloccare l'ingresso dell'edificio in attesa della sessione speciale del Parlamento prevista per il giorno successivo, e che se il Governo non avesse in tale sede ceduto alle richieste dell'opposizione, il Ministero sarebbe stato nuovamente occupato;
    a seguito delle trattative tra Governo ed opposizioni si è giunti alle dimissioni del primo ministro Azarov ed all'abolizione da parte del Parlamento delle leggi antimanifestazioni;
    il premier Azarov ha dichiarato di aver preso personalmente la decisione di dimettersi per facilitare il raggiungimento di un compromesso socio-politico e di una soluzione pacifica al conflitto;
    nove delle dodici leggi anti-proteste sono state revocate, tra cui quella che prevede la pena del carcere fino a 15 anni per i trasgressori dei divieti sulla partecipazione alle dimostrazioni;
    il presidente ucraino ha proposto ad un esponente del partito della Tymoshenko la guida del Governo, ricevendo però un netto rifiuto;
    dieci sedi di consigli regionali su 25 sono occupate o bloccate dai manifestanti, e larga parte dell'ovest del Paese è di fatto sotto il controllo dei dimostranti;
    il carattere spontaneo e del tutto privo di gerarchie della protesta ha permesso anche a realtà di estrema destra di insinuarsi al suo interno: in particolare si tratta della formazione «Svoboda», nata da un partito neonazista e che inneggia a Stepan Bandera (collaborazionista di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale), che ancora nel 2004 continuava a definirsi social-nazionale, avendo come emblema una specie di svastica, ed il «Pravi Sektor», ovvero «Settore di Destra», altra realtà innervata da ideologie russofobiche e razziste;
    la presenza di forze che attraversano strumentalmente la protesta e per cui l'integrazione nell'Unione europea è tutt'altro che una priorità rischia di rovinare un movimento spontaneo e liberal-democratico;
    in una conferenza stampa congiunta il Presidente del Consiglio italiano ed il Primo Ministro spagnolo Mariano Rajoy, avevano affermato che le porte dell'Europa sono aperte all'avvicinamento ed, un giorno, all'ingresso dell'Ucraina e che l'Italia chiede con forza, esattamente come farà anche Catherine Ashton, Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Unione europea, che il dialogo recuperi e superi questa situazione drammatica di ricorso alla violenza che vede ai confini dell'Unione un Paese dividersi con spargimento di sangue;
    nel mese di febbraio 2014 c’è stato l'innalzamento del livello di scontro fino ai drammatici avvenimenti del 18 e 19 febbraio che hanno visto, da parte delle autorità governative, l'uso di armi convenzionali nei confronti dei manifestanti, con preoccupanti segnali di degenerazione verso un’escalation che non esclude la violenza civile;
    sussiste l'urgenza di una forte posizione europea di condanna, e di individuazione di strumenti efficaci per favorire una decompressione e l'avvio di una fase di negoziato e di dialogo per scongiurare una degenerazione drammatica che rischia di lasciare sul campo molte vittime e di creare una zona di tensione e di crisi in un Paese ponte del partenariato orientale e dell'Europa, tra Unione europea e Russia, tale da costituire la premessa per maggiori libertà democratiche e da scongiurare leggi speciali e violente repressioni che rischiano di diventare un punto di non ritorno,

impegna il Governo:

   ad aprire una corsia privilegiata per la richiesta di asilo per le persone più a rischio della vita in questa fase, in sede europea, e a riconsiderare il regime dei visti verso la popolazione ucraina, senza, per questo interferire in alcun modo nelle vicende interne di un Paese amico come l'Ucraina e che sta cercando faticosamente nuove vie per una maggiore vicinanza all'Unione europea non in contraddizione con gli storici legami linguistici, storici e culturali con la Russia;
   a farsi carico di un lavoro di mediazione diplomatica che faciliti la ricerca di una soluzione pacifica e di una ricomposizione socio-politica in Ucraina, sia direttamente che attraverso le sue rappresentanze nelle istituzioni dell'Unione europea, e che apra la strada a una maggiore vicinanza economica e politica tra Ucraina e Unione europea, nel rispetto delle volontà e dell'autodeterminazione del popolo ucraino.
(7-00269) «Marazziti, Cimbro, Scotto, Locatelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Comune di Teulada, attraverso il proprio consiglio comunale, in data 8 agosto 2013, ha rinnovato al Governo nazionale la richiesta di aprire una fase nuova per le servitù e il demanio militare, di assoluto interesse per il territorio e per l'intera Sardegna;
   la Sardegna con il 2,5 per cento della popolazione sopporta l'80 per cento del totale nazionale dei demani e servitù militari un terzo del quale si trova nel territorio del comune di Teulada;
   il consiglio comunale ha rappresentato l'esigenza di avviare una vertenza tra Stato-regione-comune di Teulada sulla materia, che muova ulteriori passi rispetto al passato e giunga a quel riequilibrio dei gravami militari sempre evocato ma mai concretamente perseguito;
   i permanenti disagi delle servitù militari sono stati accertati e riconosciuti anche attraverso la recente Commissione parlamentare di inchiesta, istituita con deliberazione del Senato del 16 marzo 2010, che ha approvato nella seduta del 30 maggio 2012 la relazione intermedia sulla situazione dei poligoni di tiro, tra cui quello di Teulada, i cui contenuti rivestono una notevole importanza per la comunità, sia in relazione ai nuovi e preoccupanti elementi di conoscenza scaturiti dalle indagini svolte, che riguardo alla formulazione delle proposte indicate nelle conclusioni della relazione stessa, tra le quali spicca la restituzione dei territori non utili ai fini addestrativi, previa bonifica ambientale;
   il comune di Teulada, stritolato da una crisi economica e un tasso di disoccupazione senza precedenti, subisce un progressivo ed incessante spopolamento (perdita di circa il 45 per cento della popolazione residente dal 1957 ad oggi);
   ulteriori conseguenze di totale declino sono legate all'esclusione del comune dalla zona di fiscalità di vantaggio (ZFU) del territorio del Sulcis-Iglesiente recentemente attuato con provvedimento del Ministero dello sviluppo economico del 10 aprile 2013 pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell'11 luglio 2013;
   il consiglio comunale nel disposto deliberativo ha chiesto di proporre al Governo centrale l'adozione delle seguenti iniziative ai fini di un superamento della attuale criticità che blocca di fatto lo sviluppo socio-economico del territorio;
   sarebbe opportuno corso alle seguenti misure:
    immediata e improcrastinabile adozione degli atti normativi necessari affinché si arrivi all'inserimento, fin da subito, del comune nella zona di fiscalità di vantaggio (ZFU) prevista per il territorio del Sulcis-Iglesiente, attualmente individuato e coincidente con i 23 comuni ricadenti nella sopprimenda provincia di Carbonia-lglesias, recentemente attuato con provvedimento del Ministero dello sviluppo economico (decreto ministeriale 10 aprile 2013 pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell'11 luglio 2013). L'esclusione del comune avrebbe conseguenze catastrofiche sul tessuto produttivo locale già logorato da una situazione di drammatica e permanente crisi che va avanti da oltre mezzo secolo e che mette a rischio la tenuta della coesione sociale;
    istituzione dell'Osservatorio ambientale e monitoraggio costante del territorio, nell'interesse degli addetti ai lavori e della popolazione tutta; tale attività e assolutamente necessaria per avere dei dati scientifici certi su cui ragionare in maniera serena, non preconcetta ed evitare strumentalizzazioni o distorsioni ideologiche da una parte o dall'altra; tale pratica deve essere necessariamente svolta da enti o soggetti civili quali istituti di ricerca, università, ASL e altro;
    richiesta dei fondi assegnati, sulla base della legge 104 del 1990, più congrui rispetto agli attuali per un ristoro economico attualizzato e proporzionato alla contropartita in termini di territorio sottratto agli usi civili e di limiti allo sviluppo di attività. Ad esempio, parte di questi maggiori fondi potrebbe essere utilizzata per la realizzazione e la gestione del succitato osservatorio ambientale oltre che per altre opere di pubblica utilità. Inoltre gli stessi fondi necessitano di una maggiore puntualità nell'erogazione e la possibilità di studiare formule per l'erogazione annuale e procedure affinché gli stessi siano esclusi dal patto di stabilità, svincolandoli quindi dal patto stesso e consentendo all'amministrazione di utilizzarli per la pianificazione e programmazione del suo territorio;
    riduzione del periodo addestrativo rispetto all'attuale: in un territorio a forte vocazione turistica e che punta al turismo come volano di crescita e sviluppo sostenibile, è indispensabile poter disporre di un congruo periodo di assenza di attività addestrativa. In sostanza, di una finestra più ampia rispetto agli attuali tre mesi estivi, al fine di consentire agli operatori turistici di «vendere» il loro prodotto per un periodo di tempo maggiore, allungando di fatto la stagione e consentendo ai visitatori una fruizione del territorio più estesa durante l'anno;
    adozione di provvedimenti normativi in deroga, tali da consentire maggiori opportunità per le ditte locali per le forniture, i lavori e gli appalti legati alla operatività e alla vita del e nel poligono e delle attività addestrative; le imprese locali devono avere una effettiva possibilità a partecipare e a fornire direttamente prestazioni di lavoro o servizi, anche ai fini di creare un indotto che ad oggi è risultato praticamente assente; raggiungere questo risultato consentirà di garantire un livello occupazionale reale e costante e di fronteggiare nel concreto l'attuale crisi occupazionale che costituisce ad oggi una delle principali criticità della comunità;
    maggiori opportunità per i giovani del luogo di specializzarsi attraverso opportuni corsi di formazione che li preparino e li rendano adeguati ad attività professionali ed occupazionali all'interno del poligono con particolare riferimento a quelle ad elevata specializzazione, tecnologia e ingegneristica anche in considerazione dell'ammodernamento e della maggiore componente tecnologica di nuove tecniche addestrative rispetto a quelle tradizionali;
    riconversione ad usi civili di porzioni di territorio non più utilizzate per
attività addestrative, previa messa in sicurezza e bonifica, se necessaria, delle aree da utilizzare per attività economiche civili che consentirebbero di attivare percorsi occupativi e creare posti di lavoro preziosi specie con riguardo a tematiche ambientali e turistiche, anche in considerazione delle aree SIC già individuate (si pensi alla restituzione dell'area dunale «sabbie bianche»), ai fini dell'istituzione di un'area ambientale tutelata fruibile tutto l'anno oltre che per finalità turistiche anche per finalità didattiche e scientifiche. Alcune aree prospicienti erano state peraltro già in passato rese disponibili per finalità non militari (progetto fotovoltaico). Altro sito proposto è quello di «Portu Tramatzu» che, oggettivamente non utilizzato a fini addestrativi, può essere riconvertito anch'esso ai fini di una fruizione civile legata alla ricerca scientifica e alla sensibilizzazione ambientale (ad esempio, centro di educazione ambientale, museo del Mediterraneo). Tali aree sono poste in posizione strategica (si pensi a Portu Tramatzu lontano poche centinaia di metri dal porto turistico di Teulada) e nel complesso contribuiscono a promuovere un'immagine turistica positiva del territorio, rafforzando in maniera adeguata un settore strategico per la comunità e costituendo di fatto importanti opportunità occupazionali specifiche (biologi, ricercatori, educatori, guide e altro);
    allestimento, ai fini turistici, di campi boa sul fronte delle spiagge ricomprese nell'area poligono militare, in modo da consentire, in piena sicurezza, l'ormeggio dei natanti e delle imbarcazioni;
    richiesta di maggiore puntualità nell'erogazione annuale e costante degli indennizzi destinati ai pescatori di Teulada per il riconoscimento del mancato reddito;
    riconoscimento di un indennizzo anche ad altre attività economiche, direttamente danneggiate che operano nei pressi delle aree interessate dalle servitù militari, per mancato reddito dalle attività addestrative;
    adeguamento di una strada che insiste sul versante ovest del poligono che partendo a nord dalla strada statale 195, attraversando e raccordando alcune frazioni del comune di Teulada, a tratti costeggerebbe il lato interno del poligono, altre volte utilizzerebbe tracciati esterni già esistenti, in modo che arrivi direttamente in prossimità del complesso dunale delle Sabbie Bianche per una migliore fruizione;
    vista la distanza dai principali punti di soccorso e presidi ospedalieri e considerato il livello di isolamento geografico, disponibilità e utilizzo dell'eliporto militare anche per fini civili quali elisoccorso, protezione civile, servizio antincendio e altro;
    istituzione di un tavolo permanente e di un «filo diretto» tra Ministero e comunità locali interessate al fine di approfondire le proposte sopra riportate, che per ovvie ragioni sono state elencate in maniera sintetica ma meritano un adeguato approfondimento nei tempi e nelle sedi opportune –:
   se si intenda dare corso, per quanto di competenza, alle proposte descritte in premessa. (5-02207)

Interrogazione a risposta scritta:


   BECHIS, BALDASSARRE, TRIPIEDI, RIZZETTO, COMINARDI, ROSTELLATO, CHIMIENTI e CIPRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Carlo Cottarelli commissario alla spending review ha dichiarato a fine gennaio: «Se tutti i 32 miliardi di risparmi attesi dalla spending review entro il 2016 fossero usati per il taglio del cuneo fiscale, su questo terreno in tre anni sarebbe superato il gap con gli altri Paesi dell'euro»;
   per gli interroganti il taglio del cuneo fiscale rappresenta una condizione imprescindibile alla crescita dell'occupazione in Italia;
   nella giornata di ieri, 18 febbraio 2014, il Commissario Cottarelli ha dichiarato: «Nel 2012 bisognava tassare e tagliare per tamponare il deficit. Oggi si possono destinare più risorse all'abbattimento del cuneo fiscale. Ma bisogna decidere in fretta, perché a seconda dell'obiettivo cambiano gli incentivi da mettere in campo, e soprattutto perché queste riforme hanno bisogno di tempo per dare risultati. E l'Italia di tempo ne ha poco –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto dichiarato e che misure intendano adottare al fine di ridurre il cuneo fiscale in tempi rapidi e certi.
(4-03676)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GARAVINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato in una comunicazione sindacale, un ginecologo e urologo è stato appena nominato esperto culturale presso l'istituto italiano di cultura di Los Angeles;
   l'articolo 16 della legge n. 401 del 29 dicembre 1990, che regola l'assunzione di questo tipo di figure, richiederebbe specifiche qualifiche e titoli rispondenti alle finalità della stessa legge, e cioè esperienza riguardante la diffusione all'estero della cultura e della lingua italiana;
   il compenso annuo che verrà corrisposto all'esperto culturale in questione equivarrebbe di fatto al bilancio annuo di un istituto italiano di cultura di media dimensione;
   nel corso degli ultimi anni, altri esperti culturali sono stati assunti dal Ministero degli affari esteri con modalità altrettanto discutibili. Fra questi, ad esempio, la ex moglie di un Ministro dei beni culturali, preside di una scuola superiore, e una persona, attualmente in servizio a Washington, in possesso di una laurea in scienze della comunicazione;
   attualmente, non esiste, sul sito web del Ministero degli affari esteri, una lista aggiornata degli esperti assunti a contratto negli istituti italiani di cultura, né vengono resi pubblici i compensi e i curricula di questi esperti culturali;
   il Ministero degli affari esteri ha deciso di chiudere entro l'anno una decina di istituti italiani di cultura all'estero;
   tali istituti spesso rappresentano per decine di migliaia di italiani residenti nelle relative aree interessate l'unica presenza dello Stato italiano, anche per la chiusura delle sedi consolari limitrofe disposte negli ultimi anni;
   nonostante la ripresa economica del Paese dipenda anche dalla predisposizione di adeguati sistemi di promozione della cultura, se si guarda al rapporto prodotto interno lordo/fondi erogati alla cultura l'Italia si situa nelle ultime posizioni fra i Paesi membri della Unione europea –:
   se non ritenga opportuno destinare le risorse attualmente utilizzate per l'assunzione di esperti culturali alla sopravvivenza e all'attività degli istituti di cultura italiana all'estero, ritornando sulla decisione di chiuderne un certo numero;
   se non ritenga in ogni caso di rendere più trasparenti i criteri di selezione e di assunzione degli esperti culturali assunti a contratto negli istituti italiani di cultura, pubblicando sul sito web del Ministero degli affari esteri una lista aggiornata degli esperti attualmente in servizio, nonché i relativi emolumenti e curricula professionali. (5-02214)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'INCECCO, DONATI, LA MARCA, MARCO DI MAIO, DE MENECH, MISIANI, BOCCUZZI, GELLI, BOBBA, BONACCORSI e MARCO CARRA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   Giuseppe Di Fabio, consigliere comunale d'opposizione a Maniero, nell'isola di Margarita, originario di Corvara (Pescara), all'inizio del mese di febbraio è stato arrestato dalla polizia nell'ambito delle manifestazioni politiche scoppiate in Venezuela;
   secondo le accuse del procuratore Erarthy Salazar, Di Fabio, militante del partito di opposizione a quello chavista del presidente Nicolas Maduro, avrebbe partecipato alle proteste di fronte all'Hotel Venetur, dove alloggiava la squadra cubana di baseball che partecipava alla «Serie del Caribe». Le accuse sono: associazione per delinquere, istigazione alla violenza e resistenza al pubblico ufficiale;
   i legali del giovane politico abruzzese protestano sostenendo che Di Fabio in quel momento si trovava altrove. La notizia è stata data dal tg online del quotidiano italiano in Venezuela La Voce d'Italia, che, però, definisce Di Fabio italo-venezuelano;
   la sorella di Di Fabio, Rosalia Isabel, nata a Porlamar, che attualmente vive in Itala, a Castiglione a Casauria (Pescara), in un'intervista ha reso noto che il fratello è stato arrestato con altre sei persone e che sono tenuti in una cella piccola a pane e acqua e dormono per terra;
   Rosalia Di Fabio sostiene di avere le prove che la mattina di domenica 2 febbraio 2013 il fratello non era all'Hotel Venetur di Margarita a protestare contro la squadra cubana di baseball ospite, ma a centinaia di chilometri di distanza;
   in un'intervista Rosalia Di Fabio ha dichiarato: «mio fratello è partito per Cantaura (nel continente, vicino Puerto la Cruz) giovedì 30 gennaio con il volo delle 12 ed è tornato a Margarita domenica sera del 2 alle 22». Giuseppe Di Fabio, 26 anni, ha partecipato alla fiera di Cantaura, dove è stato pure intervistato la sera del 1o febbraio da una tv venezuelana, come si vede da un video pubblicato da Youtube;
   Giuseppe è il terzo intervistato e dice in spagnolo: «Buona sera, mi chiamo Giuseppe Di Fabio, rappresentante dello Stato di Nuena Esparta (di cui fa parte l'isola di Margarita), orgoglioso di essere qui, orgoglioso di essere in questa terra di Cantaura, in questa fiera che sicuramente è una delle migliori del Venezuela e sicuramente continueremo contando col sostegno a questo sport nazionale, lo sport dei «toros coleados» (rodeo), dando tutto il sostegno necessario. Andremmo dovunque per continuare praticare questo sport, continuando a portare in alto il nome dello Stato Nueva Esparta, anche se questo sport è un po’ in crisi ma noi continuiamo a uscire e continuare a conquistare altri spazi»;
   sono ormai passati diversi giorni dall'arresto e non si hanno più notizie sul caso di Di Fabio e sullo stato della sua detenzione;
   i familiari di Giuseppe Di Fabio sono molto preoccupati e stanno vivendo in un profondo stato di angoscia –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare presso il Governo venezuelano per la scarcerazione di Giuseppe Di Fabio. (4-03674)


   SCHULLIAN, GEBHARD, ALFREIDER, PLANGGER e OTTOBRE. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i protocolli di attuazione della Convenzione internazionale per la protezione delle Alpi fatta a Salisburgo il 7 novembre 1991, dopo un lunghissimo iter che si è protratto per quattro legislature, sono stati finalmente ratificati dal Parlamento italiano con la legge 5 aprile 2012, n. 50;
   questa legge ha ratificato solo otto dei nove protocolli esistenti in quanto il protocollo trasporti, da sempre controverso, fu stralciato nel corso dell’iter di ratifica in Parlamento;
   grazie ad una iniziativa parlamentare fu presentata la proposta di legge per la ratifica del solo protocollo trasporti, approvata con la legge 9 novembre 2012, n. 196;
   durante la discussione parlamentare è stato accolto dal Governo un ordine del giorno che impegnava il Governo «ad assumere tutte le iniziative necessarie, sia normative che amministrative, affinché le misure introdotte dal predetto Protocollo siano vagliate, in fase applicativa, in modo da tener conto delle peculiarità citate in premessa e delle esigenze manifestate dai settori produttivi del Paese e a chiarire, all'atto del deposito dello strumento di ratifica del Protocollo in oggetto, eventualmente anche attraverso la formulazione di una dichiarazione interpretativa, che le disposizioni dell'articolo 11 non pregiudicano la possibilità di realizzare progetti stradali di grande comunicazione sul territorio italiano, comprese le infrastrutture necessarie per lo sviluppo degli scambi con i Paesi situati a nord dell'arco alpino, e che le disposizioni relative all'internalizzazione dei costi esterni, di cui agli articoli 3, comma 1, 7, comma 1, e 14 sono da riferirsi all’acquis comunitario;
   tutti e dieci i protocolli (compreso il protocollo supplementare di Monaco) sono stati depositati il 7 febbraio 2013 e sono entrati in vigore, il 7 maggio 2013, esattamente dopo 3 mesi dal deposito;
   all'atto del deposito dello strumento di ratifica l'Italia ha presentato una dichiarazione interpretativa di cui all'ordine del giorno approvato in Parlamento, del seguente tenore: «L'Italia dichiara che per quanto riguarda le disposizioni dell'articolo 11 del presente Protocollo, esse non pregiudicano la possibilità di realizzare progetti stradali di grande comunicazione sul territorio italiano, comprese le infrastrutture necessarie per lo sviluppo degli scambi con i Paesi situati a nord dell'arco alpino, nonché che le disposizioni relative all'internazionalizzazione dei costi esterni, ci cui agli articoli 3, comma 1, 7 comma 1 e 14, sono da riferirsi all’acquis comunitario»;
   l'articolo 11, comma 1, del protocollo trasporti è stato da sempre alla base della contrarietà manifestata nei confronti della ratifica del protocollo stesso. L'articolo in questione poneva vincoli ostativi non ad infrastrutture sul territorio italiano, ma alla realizzazione di nuove opere stradali transalpine, a tutela dei territori alpini;
   la dichiarazione interpretativa presentata dall'Italia ha suscitato dubbi e perplessità in Austria e in Germania. I due Paesi si sono attivati, con note verbali presentate dalle relative ambasciate, per comprendere se da parte dell'Italia vi fosse una formale riserva all'applicazione del protocollo;
   il 30 gennaio 2014 una nota verbale del Ministero degli affari esteri chiarisce che la «dichiarazione interpretativa non contraddice il testo dell'articolo 11 del Protocollo stesso (articolo che non pregiudica... la possibilità di realizzare progetti stradali di grande comunicazione sul territorio italiano)»;
   il 4 febbraio 2014 è stata presentata alla Camera dei deputati una interpellanza urgente (la 2/00393) che poneva uno specifico quesito al Governo in relazione alla ratifica del Protocollo trasporti alla dichiarazione interpretativa che l'Italia ha presentato in sede di deposito dello strumento di ratifica. Il quesito, riguardante la realizzazione del progetto dell'Autostrada Alemagna, non ha di fatto avuto risposta, in data 13 febbraio 2014, con l'intervento in Aula del Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti Rocco Girlanda –:
   quali siano gli intendimenti del Governo circa la realizzazione dell'autostrada Alemagna e in particolare se l'eventuale realizzazione del tratto autostradale sul territorio italiano attraversante l'arco alpino fino al confine di Stato, sia ritenuto da parte del Governo una infrastruttura conforme ai vincoli assunti dall'Italia con la ratifica del protocollo trasporti e, in particolare, con l'articolo 11. (4-03683)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIMONE VALENTE, BATTELLI e BRESCIA. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   la danza sportiva italiana comprende oggi oltre 100.000 iscritti, 5.000 maestri e 1.000 scuole di ballo con un fatturato che si aggira intorno ai 2 milioni di euro l'anno; la Federazione italiana danza sportiva (FIDS) è l'unica Federazione riconosciuta dal CONI per organizzare e disciplinare lo sport della danza; tale riconoscimento è stato ottenuto con delibera 1355 del 26 giugno 2007, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, punto c dello Statuto del Coni nonché in applicazione a quanto previsto dall'articolo 15 comma 3 e 4 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242 e successive modifiche e integrazioni;
   nel febbraio 2011 la Fids viene commissariata dalla Giunta nazionale del Coni a causa di una serie di inchieste avviate in seguito ad una denuncia con la quale veniva segnalata una serie di irregolarità avvenute in una competizione di danza sportiva svolta a Rimini tra il maggio e il giugno 2010; le persone coinvolte (tra queste si segnalano l'ex presidente federale della Fids, un consigliere federale, giudici e tecnici di gara) furono accusate di associazione a delinquere finalizzata ad alterare in maniera fraudolenta le competizioni di danza agonistica su tutto il territorio nazionale attraverso la manipolazione delle gare federali. Si trattava di un vero e proprio sistema criminoso (definito danzopoli) perfettamente strutturato e basato su competizioni truccate, risultati manipolati e giudici corrotti che tendeva a favorire determinati atleti a svantaggio di altri;
   a seguito di quanto accaduto, la federazione è stata protagonista secondo gli interrogati di una condotta omissiva e dilatoria che si è manifestata, in particolare, in un mancato adempimento delle normative contenute negli articoli 79 e 66 dello Statuto federale i quali contemplano rispettivamente l'incompatibilità al contestuale esercizio di insegnante tecnico e ufficiale di gara e le modalità nonché i criteri di nomina del personale arbitrale sia nelle gare federali che in quelle autorizzate;
   ma ciò che desta maggiore preoccupazione è quella che agli interroganti appare un'inspiegabile inerzia da parte del Coni che in simili evenienze avrebbe dovuto applicare l'articolo 23, comma 3, del proprio statuto che disciplina l'attività di indirizzo e controllo sulle federazioni sportive nazionali;
   si rileva che durante la gestione commissariale della Fids, avvenuta dall'8 febbraio 2011 al 14 luglio 2012, i rappresentanti degli organi di gestione hanno continuato a regolamentare la nomina degli ufficiali di gara designando giudici ad libitum, nonostante l'allora commissario straordinario Luca Pancalli avesse invitato gli ufficiali di gara a sottoscrivere una «dichiarazione d'impegno etico deontologico», sottoponendo gli stessi al rispetto degli articoli 75 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 relativamente al rilascio di false attestazioni e dichiarazioni mendaci. Sulla stessa linea, Pancalli si è adoperato al fine di favorire la corretta composizione delle giurie per ogni singola categoria e classe di gara, stilando una serie di principi comportamentali cui erano sottoposte le giurie; al fine di assicurare, infatti, la massima trasparenza nelle procedure relative alle competizioni veniva previsto, tra le altre cose, l'impegno dei giudici a non giudicare propri allievi ed effettuare, ove possibile, la rotazione delle giurie nei diversi turni di gara;
   tuttavia, nonostante la predisposizione di questi atti ad opera del commissario straordinario ben poco è cambiato;
   durante il suo periodo di amministrazione, il commissario ha preso in considerazione solo la separazione delle carriere (disposta nella delibera del commissariamento per risolvere il problema del conflitto di interessi di cui all'articolo 80 dello statuto) senza considerare la regolamentazione della designazione del personale arbitrale, che invece era all'epoca ed è ancora oggi la chiave di volta per abbattere le irregolarità esistenti e conseguentemente risolvere il problema fondamentale della correttezza e genuinità dei risultati di ogni gara;
   nel mese di ottobre 2013 è stata, inoltre, costituita una Commissione paritetica composta da due membri consulenti del Coni e due membri rappresentanti del Fids con lo scopo di verificare la conformità dello statuto e dei regolamenti Fids ai princìpi fondamentali del Coni e di valutare complessivamente l'attuale normativa statutaria e regolamentare della Fids: ad oggi non risulta che l'operato della Commissione abbia generato dei particolari benefici;
   la grave condotta dilatoria ed omissiva di Fids e Coni di non aver voluto sanare la situazione esistente in tutte le gare ha leso e continua a ledere l'interesse giuridicamente tutelato di tutti gli atleti; ed il Coni che avrebbe dovuto vigilare rigorosamente, (ignorando le ripetute contestazioni e denunce) ha espresso invece parere di conformità del nuovo Rasf (Regolamento attività sportiva federale) alla normativa Coni dando il via al Regolamento Gare Fids per la stagione sportiva 2013-2014 che proroga per l'ennesima volta la regolamentazione della nomina del personale arbitrale di cui all'articolo 66 dello Statuto federale, al 31 dicembre 2015 per le gare federali e al 31 dicembre 2018 per le gare autorizzate;
   al fine di pervenire, pertanto, al riassetto dell'intero sistema attraverso l'emanazione da parte della Fids e l'approvazione del Coni di una serie organica di provvedimenti, tra i quali quelli relativi al regolamento tecnico, al regolamento arbitrale e alla separazione delle carriere di cui rispettivamente agli articoli 65, 66 e 79 dello statuto, è necessario non ricadere negli stessi errori di valutazione;
   posta l'importanza nonché il ruolo che riveste tale disciplina sportiva è necessario assicurare un sistema sano di garanzie, privo di condizionamenti e idoneo a tutelare tutti gli atleti che in ogni competizione sportiva hanno il diritto di essere giudicati secondo criteri di responsabilità, trasparenza ed imparzialità;
   per abbattere tale gravissima situazione (che si protrae ormai da anni pur in presenza di provvedimenti disciplinari, di radiazione, di un procedimento penale e di un commissariamento durato 18 mesi) occorre un intervento forte e risolutivo. Coni e Fids in questi anni sono stati sommersi da richieste di ottemperanza, denunce e diffide e da ultimo anche i loro rispettivi presidenti, Malagò e Zanblera sono stati investiti della questione da più atleti che reiteratamente gli hanno rappresentato la grave situazione di illegalità di tutte le gare –:
   in che maniera intendano i Ministri interrogati richiamare il Coni, nella persona del suo Presidente Giovanni Malagò, al rispetto rigoroso dell'articolo 23, comma terzo, dello stesso statuto Coni in situazioni come quella descritta in premessa. (5-02211)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la società ENI Spa, con istanza datata dicembre 2013, ha richiesto alla regione Basilicata la pronuncia di compatibilità ambientale relativa al progetto di allestimento per la produzione di un pozzo petrolifero denominato «Pergola 1» e la posa in opera di tre nuove condotte di collegamento, l'una adiacente all'altra, per una lunghezza complessiva di circa 8,3 chilometri, per il convogliamento degli idrocarburi estratti dal pozzo di riferimento fino all'area «Innesto 3» nel comune di Marsico Nuovo, in provincia di Potenza, e da questa al centro oli Val D'Agri;
   la società ENI, nella richiesta, ribadisce che l'intervento interessa parzialmente aree prossime alla rete Natura 2000 di cui il Sito di importanza comunitaria, SIC, Monti della Maddalena fa parte. Negli studi di impatto ambientale e di incidenza relativi alla produzione del pozzo menzionato la stessa società specifica che l'area del pozzo e la prima parte del tracciato delle condotte sono ricomprese nell'ambito dell'autorità di bacino regionale Campania Sud e interregionale per il bacino idrografico del fiume Sele e che il reticolo idrografico e il bacino idrografico interessano il Vallo di Diano. Le opere dell'intervento in parola, interferendo con aree a pericolosità potenziale da frana P-utr 5 e con aree a potenziale rischio frana R-utr 5, richiedono per la loro realizzazione una specifica autorizzazione e uno studio geologico;
   la superficie totale dell'idrostruttura Monti della Maddalena, pari a 290 chilometri, appartiene, come riporta il piano di gestione del distretto idrografico dell'Appennino meridionale sulla caratterizzazione geologica e idrogeologica dell'idrostruttura, alla regione Campania per il 45 per cento e alla regione Basilicata per il 55 per cento. Nel medesimo piano, la stima delle portate totali delle sorgenti principali afferenti alle regioni interessate sono pari al 72 per cento per quanto riguarda la Campania e al 28 per cento per quanto attiene alla Basilicata. Si ipotizzano anche deflussi idrici sotterranei diretti dalla regione Basilicata alla regione Campania;
   nel registro delle aree protette-piano di gestione delle acque, allegato al citata piano di gestione del distretto idrografico dell'Appennino meridionale, si sottolinea che l'idrostruttura carbonatica dei Monti della Maddalena ricade parzialmente all'interno del Parco nazionale della Val D'Agri e per il 40 per cento nel sito Monti della Maddalena e Lago Cessuta;
   il sito Monti della Maddalena interessa interamente il territorio del Vallo di Diano e in particolare i comuni di Sala Consilina, Atena Lucana, Padula e Montesano sulla Marcellana. Nel territorio del Sito di importanza comunitaria Monti della Maddalena i diversi vincoli legati alla sua natura giuridica contribuiscono a proteggere ambienti tipici dell'area mediterranea (boscaglie, foreste, formazioni erbose con graminacee), che attività antropiche condotte in modo non regolamentato potrebbero compromettere;
   nel mese di marzo 2012 la comunità montana Vallo di Diano, insieme a tutti i comuni del Vallo di Diano, all'amministrazione provinciale di Salerno, al parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, ha espresso parere negativo in merito alla richiesta di effettuare sondaggi e estrazioni nel territorio del Vallo di Diano presentate dalla società Shell Italia E&P;
   allo scopo di non vanificare gli sforzi realizzati in campo di pianificazione e di attuazione di programmi di sviluppo locale, il territorio del Vallo di Diano costituisce una risorsa di grande rilievo, che ricade nel perimetro del Parco nazionale del Cilento, Alburni, Tanagro e Valle di Diano, con la presenza di siti di interesse comunitario, come quello dei Monti della Maddalena, e zone di protezione speciale, ZPS. Per tali caratteristiche, il Vallo di Diano è il luogo ideale per lo sviluppo di un'agricoltura di qualità e ecocompatibile in grado di offrire produzioni di eccellenza. Diversamente, l'apertura di un pozzo petrolifero avrebbe un impatto negativo sul bacino idrografico del Vallo di Diano. Non andrebbero neppure sottovalutati e trascurati i rischi sismico e di dissesto idrogeologico che conseguirebbero dall'opera che si prevede di realizzare;
   i sindaci interessati, la conferenza dei sindaci dei comuni membri della comunità montana Vallo di Diano, singoli cittadini e comitati ritengono le operazioni in parola incompatibili con le peculiarità dell'area ed essendo fortemente preoccupati per le inevitabili fonti di inquinamento e di alterazione ambientale legate alle attività di estrazione e di trasporto del petrolio che si attuerebbero nella vicina Val D'Agri hanno espresso la ferma contrarietà alla richiesta avanzata da Eni Spa di messa in esercizio del pozzo Pergola 1 nel comune di Marsico Nuovo –:
   se, sulla scorta degli elementi premessi, non ritengano opportuno e necessario assumere iniziative anche normative per prevedere l'istituzione di una fascia di rispetto che comprenda la catena dei Monti della Maddalena, in quanto zona SIC e ZPS nonché zona con grado di sismicità S=12, e l'intero territorio del Vallo di Diano con divieto assoluto di ricerche, trivellazioni, perforazioni e coltivazioni di idrocarburi sia liquidi che gassosi. (5-02203)


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni in Calabria è nuovamente scoppiata la crisi dei rifiuti;
   lungo le strade calabresi giacciono non raccolte già 20 mila tonnellate di spazzatura;
   il dato allarmante secondo l'ISPRA è che se in Italia lo smaltimento dei rifiuti in discarica diminuisce attraverso il potenziamento della differenziata, in Calabria purtroppo si registra un aumento;
   la situazione delle discariche sul territorio regionale è drammatica tra sequestri e situazioni al limite con privati;
   per il giorno 21 febbraio 2014 è prevista l'apertura delle offerte per la gara all'estero con una base che parte da 180 euro a tonnellata e se lo si moltiplica per 20 mila, pari alle tonnellate oggi giacenti, ben si comprende qual è il giro di danaro che ruota intorno al tema dei rifiuti;
   intanto la situazione sta diventando tanto drammatica quanto pericolosa per la salute pubblica con cani randagi e gatti che fanno scempio di residui di cibo, topi intercettabili anche in pieno giorno, plastica, vetri e sporcizia spalmati sull'asfalto, nelle cunette, nei tombini, con evidenti rischi per la salute dei cittadini;
   tutto questo va aggiunto al danno di immagine che si ripercuote sulle produzioni agroalimentari di eccellenza del territorio calabrese, dagli ortaggi agli agrumi, dall'olio al bergamotto, dagli allevamenti ai salumi, dal cedro alla liquirizia;
   e tutto questo mentre è in svolgimento anche la Borsa italiana del turismo a Milano;
   sono pertanto a rischio anche posti di lavoro direttamente collegati al brand agroalimentare e turistico regionale che poi sono i punti di eccellenza di una economia che deve tornare ad offrire opportunità di lavoro in un territorio agonizzante;
   in relazione a quanto esposto occorre un'indispensabile azione da parte del Governo per porre rimedio alla situazione di emergenza venutasi a creare nuovamente nel sistema di gestione dei rifiuti che neppure la lunga e costosa gestione del commissariamento è riuscita a risolvere –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere con la massima urgenza per affrontare l'emergenza rifiuti scoppiata in Calabria con l'obiettivo non solo di avviare un ciclo virtuoso nella raccolta ma anche per tutelare la salute dei cittadini, per difendere e valorizzare le produzioni di qualità e promuovere la capacità attrattiva turistica di una delle regioni più belle del Mediterraneo. (5-02205)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DURANTI, FRATOIANNI, MATARRELLI, PANNARALE, SANNICANDRO, ZAN, ZARATTI e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sul sito del Corriere della Sera.it del 18 febbraio 2014 è pubblicato un articolo dal titolo «La minaccia radioattiva alle porte di Taranto», nel quale si denuncia la presenza in un deposito a 20 chilometri da Taranto, di migliaia di fusti contenenti scorie che emanano radiazioni, abbandonati da vent'anni in un deposito dell'ex Cemerad di Statte, a 20 chilometri da Taranto;
    ricordiamo peraltro che Statte, è stato inserito per la sua vicinanza, nel Sito di interesse nazionale di Taranto, e continua a pagare in malattia e morte un prezzo altissimo per le emissioni del siderurgico dell'Ilva;
   nel suddetto deposito, un semplice capannone di lamiera, sono stoccati da troppi anni 1140 metri cubi di rifiuti radioattivi ammassati in torri alte fino a venti metri, e in tutti questi anni, come riporta l'articolo «la situazione “non è migliorata” e i fusti hanno subito un “deterioramento inevitabile”», secondo l'ex direttore del dipartimento nucleare dell'Ispra, Roberto Mezzanotte;
   l'articolo è peraltro accompagnato da immagini inedite che riprendono l'interno del deposito, e girate dagli investigatori del Corpo Forestale nel 1995, durante una perquisizione richiesta del procuratore di Matera, Nicola Maria Pace. Su alcuni dei fusti ritrovati nel deposito è riportata una data di decadenza della radioattività a 10 mila anni, ricordano gli ufficiali della forestale che eseguirono la perquisizione;
   dopo una lunga vicenda giudiziaria il deposito della Cemerad è stato sequestrato e la ditta è fallita. A pagare la bonifica rischia di essere anche in questo caso la collettività. Il comune di Statte ha finora provveduto, con fondi regionali, alla caratterizzazione dei rifiuti, ma è evidente che ora risulta indispensabile provvedere alla relativa bonifica –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, e se non ritenga attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di garantire la completa messa in sicurezza e bonifica dell'area. (4-03662)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 gennaio 2014, presso il Centro Oli ENI di Viggiano (PZ) in Val d'Agri si è verificato un incidente che ha causato una forte esplosione con boati e fiammate di oltre 15 metri;
   secondo testimonianze locali, il forte boato è stato avvertito in tutta la Valle, unitamente a fiamme definite addirittura «ciclopiche» e alla percezione di odori acri e pungenti;
   l'ENI ha minimizzato l'accaduto sostenendo che l'anomalia è stata causata da una interruzione interna dell'alimentazione elettrica al sistema di gestione e controllo dello stabilimento e che non c’è stato alcun impatto negativo sull'ambiente;
   nonostante le rassicurazioni della compagnia petrolifera, in molti hanno già chiesto all'ARPAB di rendere noti con la massima urgenza i dati relativi al monitoraggio effettuato in tempo reale nell'area interessata per il controllo della qualità dell'aria;
   si tratta dell'ennesimo incidente verificatosi nel Centro Oli di Viggiano che, pertanto, non deve essere sottovaluto, ma necessita di un chiarimento per garantire sicurezza alle persone e all'ambiente;
   in particolare, occorre verificare le cause che hanno determinato l'anomalia e analizzare l'impatto della stessa sulla salubrità dell'ambiente;
   per quanto il petrolio lucano, come l'acciaio tarantino, rappresentino risorse strategiche per gli interessi economici del Paese, la salute dei cittadini, dell'ambiente e delle attività agricole e produttive dei territori e delle comunità locali devono rimanere in cima alle preoccupazioni della politica e dello Stato –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e delle cause dell'incidente e quali iniziative di competenza intenda adottare per avviare un accertamento sugli eventuali danni ambientali, anche a tutela della sicurezza dei cittadini;
   se ritenga necessario convocare un tavolo istituzionale con l'ENI e gli organi competenti per verificare la sicurezza dell'impianto anche al fine di rassicurare la popolazione interessata. (4-03664)


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i commi dal 640 al 668 della legge di stabilità n. 147 del 2013 hanno istituito la TARI;
   la legge presenta una contraddizione evidente che deve essere rimossa;
   il problema nasce dal comma 649 che recita: «Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune, con proprio regolamento, può prevedere riduzioni della parte variabile proporzionali alle quantità che i produttori stessi dimostrino di avere avviato al recupero» e dal comma 661 che lo contraddice: «Il tributo non è dovuto in relazione alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero»;
   in sostanza il comma 661 sembra sottrarre al comune il potere decisionale che invece il comma 649 gli riconosce in merito alla possibilità di concedere l'eventuale riduzione tariffaria (comunque limitata alla sola parte variabile della tariffa) per i rifiuti speciali assimilati ai rifiuti urbani;
   com’è noto i rifiuti da attività industriali, artigianali, commerciali e agricoli sono classificati «speciali» per origine; alcuni di essi possono essere assimilati ai rifiuti urbani con regolamento del comune;
   la disposizione della legge di stabilità riguarda appunto quei rifiuti assimilati ai rifiuti urbani che non vengono avviati dall'impresa allo smaltimento bensì, in modo certo, ad operazioni di recupero;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è intervenuto per fare chiarezza con la circolare 1/2014 del 13 febbraio 2014. Per il Ministero devono essere i comuni a decidere se ridurre o meno la TARI in proporzione alla quantità di rifiuti che il produttore dimostrerà di avere avviato al recupero;
   per il Ministero infatti, nell'evidenza del difetto di coordinamento esistente fra le due disposizioni è il comma 661 a risultare non conforme rispetto essendo sopravvenuta solo con una modifica parlamentare;
   conclude la circolare che ”Alla luce di quanto precede, il principio di ragionevolezza suggerisce di dare la precedenza, per i motivi esposti, e sino ad un chiarimento normativo di certo auspicabile, al disposto dell'articolo 1, comma 649, seconda parte, anche allo scopo di prevenire un prevedibile contenzioso, di durata non determinabile, a scapito di operatori e aziende, con possibile indesiderata maggiorazione di oneri per spese e interessi;
   è dunque ravvisato anche in tale atto un «auspicabile intervento normativo» per dare certezza sia ai comuni che devono disciplinare la TARI sia i produttori dei rifiuti assimilati destinati al recupero sui reali effetti della legge nei loro confronti –:
   se e in che termini il Governo intenda adottare iniziative per eliminare la discrasia fra le due disposizioni di legge.
(4-03666)


   BALDASSARRE, D'AMBROSIO, RICHETTI, DE LORENZIS, L'ABBATE, SCAGLIUSI, CHIMIENTI e CARIELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   è stata inviata al presidente della regione Puglia, al prefetto di Lecce, al presidente di Oga Lecce, una petizione popolare in merito alla criticità emersa nell'impianto con discarica di emergenza-soccorso di Ugento;
   la suddetta petizione è stata inoltre inviata per conoscenza alla dirigenza del servizio ciclo rifiuti e bonifica della regione Puglia, alla provincia di Lecce, ai comuni di Acquarica del Capo, Presicce e Ugento;
   la petizione denuncia le criticità emerse dopo quattro anni di proroghe sullo smaltimento di rifiuti biostabilizzati della ex Ato Le/2, nell'impianto con discarica di emergenza-soccorso di Ugento;
   la petizione chiede ai soggetti suddetti un impegno nel non rinnovare l'ordinanza per il trasporto dei rifiuti biostabilizzati dai 46 comuni della ex Ato Le/2 nell'impianto di biostabilizzazione con cava di emergenza e soccorso di Ugento;
   a parere dell'interrogante appare chiaro che, 4 anni di proroghe del commissario delegato all'emergenza rifiuti, non siano il miglior strumento per trovare soluzioni alternative che non contemplino il conferimento dei rifiuti biostabilizzati nell'impianto di Ugento –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano porre in essere ogni iniziativa necessaria al fine di impedire ulteriori proroghe alla suddetta situazione emergenziale e per trovare soluzioni alternative che non contemplino il conferimento nell'impianto di Ugento;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, non ritengano opportuno valutare la possibilità di coordinarsi con gli organismi preposti, alla luce della comunicazione ricevuta attraverso la petizione popolare, al fine di mettere in atto tutte le misure necessarie alla salvaguardia del territorio di Ugento.
(4-03670)


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il giornalista e sociologo Mauro Rostagno fu ucciso in Sicilia il 26 settembre 1988 per probabile mano della mafia a causa del suo impegno pubblico contro la criminalità organizzata trapanese, in particolare sul traffico di rifiuti illeciti e su quello di armi;
   il processo per la sua morte è ancora in corso e le ipotesi, nel corso di questi lunghi anni, sono state le più diverse;
   durante il processo alcuni collaboratori di giustizia, e in particolare il pentito Vincenzo Sinacori, dichiararono che i rifiuti, tra i quali scarti ospedalieri, da Trapani partivano verso il settentrione e il nord Italia e invece di essere smaltiti davvero si facevano sparire per mano delle imprese della mafia che gestiva gli appalti;
   lo stesso Sinacori ha inoltre dichiarato che «Per quello che ne ho saputo questi carichi finivano in Umbria»;
   se tale informazione fosse vera – considerando che lo stesso Sinacori ha dichiarato di non disporre di ulteriori dettagli su dove e come – è evidente che in Umbria potrebbe esserci un bacino nascosto di rifiuti tossici –:
   se, a seguito di tali gravi affermazioni, risalenti ormai al 2011, il Ministro abbia ritenuto opportuno, per quanto di competenza, promuovere comunque delle verifiche sul territorio umbro per stabilire la veridicità delle affermazioni emerse durante il processo Rostagno che potrebbero rivelare uno scenario inquietante, nonché pericoloso per la salute dei cittadini umbri. (4-03671)


   LATRONICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha presentato un'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-00265 discussa il 6 giugno 2013 riguardante l'area industriale della Valle del Basento e della ex Liquichimica di Tito, in Basilicata, che sono state dichiarate, tra il 2002 e il 2003, siti di interesse nazionale (SIN) per effetto della forte presenza di inquinanti nel suolo e nelle falde acquifere;
   si evidenziava nell'atto di sindacato ispettivo suddetto che tali aree, diversamente non utilizzabili, avrebbero dovuto essere sottoposte ad interventi di caratterizzazione e messa in sicurezza d'emergenza, di bonifica e ripristino ambientale e ad attività di monitoraggio da parte della regione Basilicata individuata quale soggetto attuatore degli interventi;
   ad oggi lo stato di attuazione degli interventi registra, però, gravi ritardi e vi è il rischio concreto di perdita dei 46 milioni di euro stanziati dal CIPE per la bonifica delle aree interessate;
   per le aree industriali della Valle del Basento e della ex Liquichimica la tutela dell'ambiente è strettamente connessa alle prospettive di sviluppo e di occupazione;
   la bonifica è, difatti, indispensabile per il rilancio produttivo dei siti e la situazione di inquinamento diffuso, oltre a mettere a repentaglio qualsiasi progetto di sviluppo futuro, grava quotidianamente da anni sulla salute dei lavoratori e sulla salubrità degli insediamenti urbani limitrofi;
   è doveroso, quindi, che gli enti e i soggetti interessati attivino tutti gli interventi necessari per completare l'opera di risanamento evitando così di perdere i finanziamenti pubblici destinati alla bonifica ed al rilancio delle aree industriali lucane –:
   quale sia lo stato di avanzamento dei progetti di bonifica delle aree della Val Basento e dell'ex Liquichimica di Tito per avere contezza degli atti posti in essere fino ad oggi dalla regione Basilicata e dagli altri enti e soggetti interessati;
   quali iniziative urgenti il Ministro intenda porre in essere, nell'ambito della propria competenza, affinché siano completati gli interventi di bonifica e le azioni di messa in sicurezza e di recupero produttivo dei siti. (4-03672)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NASTRI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto sostenuto da un servizio diffuso dalla celebre trasmissione televisiva americana: «60 minuti», i cacciabombardieri F-35, prodotti dalla Lockhedd Martin, azienda attiva nei settori dell'ingegneria aerospaziale e della difesa, con la partecipazione dell'italiana Alenia Aermacchi del gruppo Finmeccanica, che prevede il suo apporto nella costruzione dei velivoli attraverso cassoni alari, sono attaccabili dai pirati informatici;
   la vulnerabilità del medesimo velivolo da guerra del Pentagono, secondo quanto sostiene il racconto giornalistico, è da ricondurre, all'interno dell'elmetto dal costo di 500 mila dollari, che il pilota deve indossare e che gli consente di vedere a 360 gradi, ogni realtà oggettiva a lui intorno;
   il casco, secondo quanto risulta dal medesimo servizio della trasmissione suindicata, rappresenta la parte di un sistema computerizzato complesso denominato «Alis», il cui server di riferimento occupa una stanza grande quanto un container;
   il predetto sistema «Alis», può ad esempio costringere un F-35 a rimanere a terra, se individua un problema al cacciabombardiere stesso e l'intervento umano non è addirittura in grado di prevedere decisioni diverse da quanto stabilito dallo stesso sistema «Alis»;
   il servizio giornalistico della trasmissione: «60 minuti» prosegue affermando che l'intenzione che gli hacker possano infiltrarsi nelle reti su cui dipende «Alis» e attaccare il software che di fatto determina la missione militare in corso, risulta reale e pertanto potrebbe determinare addirittura l'abbattimento degli aerei da guerra F-35, senza nemmeno un colpo d'arma da fuoco;
   l'interrogante ritiene sconcertante la notizia in precedenza riportata, ove fossero effettivamente riscontrate le gravissime criticità derivanti dalla corretta applicazione del sistema computerizzato «Alis», in considerazione degli importanti investimenti finanziari che il nostro Paese ha sostenuto, nell'ambito del programma internazionale Joint Strike Fighter, relativo all'acquisto dei cacciabombardieri F-35;
   a giudizio dell'interrogante, necessitano pertanto una serie di chiarimenti, volti ad accertare la veridicità di quanto in precedenza sostenuto, in considerazione, oltre che per la indubbia tutela e salvaguardia dell'incolumità dei piloti militari, anche con riferimento al prestigio e al ritorno in termini economici ed occupazionali di significativo valore che il programma Joint Strike Fighter offre all'industria italiana –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa, con riferimento ai gravi pericoli ai quali i nuovi aerei militari F-35 incorrono nell'ambito della predisposizione del sistema computerizzato «Alis», strettamente connesso con l'elmetto del pilota del medesimo velivolo da combattimento ritenuto, dalla trasmissione televisiva americana: «60 minutes» così vulnerabile da determinare addirittura l'abbattimento da parte di pirati informatici;
   in caso affermativo, se si intendano confermare le rilevanti criticità derivanti dal malfunzionamento del complesso sistema «Alis» e conseguentemente quali iniziative si intendano intraprendere, nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di rimediare alle difficoltà tecniche relative alla costruzione del casco e consentire il proseguimento del programma Joint Strike Fighter in considerazione che gli F35 rappresentano un'arma strategica di modernizzazione della componente aerotattica e un'esigenza obiettiva ed irrinunciabile del sistema di difesa euro-atlantica. (5-02199)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227 e ulteriormente modificato dalla legge 6 agosto 2013, n. 97, prevede l'obbligo per gli intermediari finanziari italiani (e dunque per le banche) di applicare una ritenuta a titolo d'acconto nella misura del 20 per cento sui redditi derivanti dagli investimenti esteri e dalle attività di natura finanziaria all'estero;
   lo stesso decreto-legge, a seguito delle modificazioni introdotte dall'articolo 9 della legge europea 2013 (legge n. 97 del 2013) prevede che gli investimenti esteri e le attività estere di natura finanziaria, trasferiti o costituiti all'estero, senza che ne risultino dichiarati i redditi effettivi, siano soggetti a tassazione preventiva, a meno che il contribuente specifichi, in sede di dichiarazione dei redditi, che si tratta di redditi la cui percezione avviene in un successivo periodo d'imposta, o che determinate attività non possono essere produttive di redditi. La prova delle predette condizioni deve essere fornita dal contribuente entro sessanta giorni dal ricevimento della espressa richiesta notificatagli dall'ufficio delle imposte;
   il decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, a seguito delle modificazioni di cui alla legge n. 97 del 2013, prevede l'obbligo per gli intermediari finanziari di trasmettere all'Agenzia delle entrate, con modalità e termini stabiliti con provvedimento del direttore della stessa Agenzia, i dati relativi ai trasferimenti da o verso l'estero di mezzi di pagamento, limitatamente alle operazioni eseguite per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali e di società semplici e associazioni, equiparate ai sensi dell'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica dicembre 1986, n. 917;
   la circolare dell'Agenzia delle entrate del 18 dicembre 2013 (protocollo 2013/151663), emanata in sede attuativa del comma 2 dell'articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990 n. 167, come modificato dall'articolo 9 della legge n. 97 del 2013 (legge europea 2013), dispone che, a partire dal 1o febbraio 2014, per gli intermediari residenti, indipendentemente da un incarico alla riscossione, qualsiasi trasferimento di denaro proveniente dall'estero ed effettuato con bonifico estero, sia soggetto a ritenuta alla fonte a titolo d'acconto d'imposta del 20 per cento) in modo automatico, dagli intermediari finanziari e per conto dell'Agenzia delle entrate. In tal modo si presume che tutti i flussi dall'estero concorrano a formare il reddito complessivo del residente in Italia, fatta salva la previsione secondo cui il contribuente attesti, mediante un'autocertificazione, che i trasferimenti dall'estero non costituiscano redditi di capitale o redditi diversi derivanti da investimenti dall'estero o da attività estere di natura finanziaria. Tale dichiarazione può essere resa in via preventiva e riguardare la generalità dei flussi che saranno accreditati presso il medesimo intermediario, salva specifica indicazione da parte del contribuente. Anche in caso di autocertificazione la banca dovrà segnalare l'operazione e il beneficiario all'Agenzia delle entrate. Tuttavia, non risulta chiaro dal provvedimento dell'Agenzia delle entrate né la valenza temporale dell'autocertificazione (se va rinnovata ogni anno in relazione al periodo di imposta), né viene stabilito uno standard comune per l'autocertificazione;
   la scelta dell'Agenzia delle entrate di implementare le nuove disposizioni di legge sul monitoraggio fiscale e sulla tassazione del 20 per cento (relativa agli investimenti esteri e alle attività di natura finanziaria concorrenti a formare il reddito complessivo del residente in Italia) mediante un'interpretazione estensiva del prelievo alla fonte di tutti i bonifici esteri e in modo automatico, da parte degli intermediari finanziari, sta destando all'interno dell'opinione pubblica un comprensibile allarme. Tali modalità attuati ve comportano uno sproporzionato carico di incombenze burocratiche a carico dei comuni cittadini, soggetti ad adempimenti dai profili vessatori, essendo affidato loro un ingiustificato onere della prova circa la natura delle somme percepite al fine di escluderne l'eventuale conteggio presunto e anticipato nel proprio reddito imponibile;
   il numero dei beneficiari è cospicuo e rilevante, in quanto moltissimi nostri cittadini ricevono annualmente trasferimenti di denaro dall'estero, anche di modesta entità o di natura occasionale, senza che questi costituiscano redditi derivanti da investimenti esteri e da attività di natura finanziaria all'estero;
   l'onere della prova circa l'inclusione o l'esclusione di tali somme ai fini della dichiarazione dei redditi dovrebbe incombere all'Agenzia delle entrate, posta nelle condizioni di svolgere un più esteso monitoraggio, controllo e tracciabilità dei flussi, anche grazie all'introduzione di una più stringente normativa introdotta in materia dalle recenti modifiche legislative;
   la ratio della nuova disciplina sul cosiddetto monitoraggio fiscale, introdotta dalla legge europea 2013, non sembra essere pienamente rispondente alle modalità su segnalate e contenute nella circolare dell'Agenzia delle entrate, in quanto le disposizioni contenute nella recente legge europea, assolvono, esclusivamente a una funzione informativa, al fine di combattere pratiche elusive ed evasive nei flussi transfrontalieri, non avendo finalità di calcolo del reddito imponibile né di liquidazione delle imposte;
   è utile segnalare gli scopi della nuova disciplina introdotta dall'articolo 9 della legge 6 agosto 2013, n. 97 – legge europea 2013 – sul cosiddetto monitoraggio fiscale, volta innanzi ad adeguare la disciplina italiana a quella europea anche sotto il profilo delle sanzioni, e a rendere la normativa nazionale più proporzionale agli obiettivi perseguiti dallo Stato (come richiesto dalla commissione europea nell'ambito del caso EU Pilot 1711/11/TAXU con cui si contestava all'Italia l'obbligo di indicazione nella dichiarazione dei redditi dei trasferimenti da o verso l'estero effettuati senza il ricorso a intermediari abilitati e soprattutto per la contestata non proporzionalità delle sanzioni); si rilevano, inoltre, la necessità di ampliare l'ambito applicativo della normativa sul monitoraggio a fini fiscali dei flussi transfrontalieri, atti a ricomprendere anche altri operatori come i cosiddetti money transfer (che con la precedente versione della legge n. 167 del 1990 sfuggivano a tali adempimenti); di semplificare e ridurre gli adempimenti, introducendo modifiche alla struttura del quadro RW e alle relative regole di compilazione del modello Unico per rendere rilevanti ai fini del monitoraggio le sole attività finanziarie e gli investimenti esteri; di introdurre obblighi informativi a carico degli intermediari finanziari e di altri soggetti esercenti attività finanziaria per quanto attiene movimentazione di conti da e verso l'estero, investimenti all'estero, svolgimento di attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia; infine la necessità di estendere gli obblighi di dichiarazione anche ai «titolari effettivi» degli investimenti esteri, pur non risultandone possessori, consentendo, altresì, all'Agenzia delle entrate e alla Guardia di finanza di richiedere agli intermediari, dati e notizie relative ad operazioni finanziarie, allineando il monitoraggio fiscale all'antiriciclaggio, per meglio contrastare le frodi comunitarie;
   ferma restando l'esigenza di pervenire a un migliore monitoraggio dei flussi di denaro i transfrontalieri e a un più efficace contrasto di fenomeni di evasione ed elusione, è necessario, tuttavia, mantenere distinte le modalità di controllo e tracciabilità dei flussi di denaro sopra una certa soglia e che rilevano ai fini dell'antiriciclaggio, dal trasferimento di somme di modesta entità o di natura occasionali pur se di natura finanziaria. La movimentazione estera di natura finanziaria da parte di singoli o di società, come prevede la disciplina vigente, è già soggetta all'applicazione di ritenute d'ingresso alla fonte, qualora nel trasferimento del reddito dall'estero in Italia sia comunque coinvolto un intermediario finanziario italiano (banca, società di intermediazione mobiliare, società fiduciaria, eccetera). Pertanto, pur volendo mantenere un obbligo di segnalazione da parte dell'intermediario finanziario all'Agenzia delle entrate circa altri movimenti su bonifici esteri, occorre evitare di introdurre misure vessatorie nei confronti di cittadini e contribuenti, quali quella di indiscriminato prelievo automatico, superando la previsione che affida ai beneficiari delle somme l'incombenza dell'onere della prova, onere che dovrebbe invece rimanere in capo all'Agenzia delle entrate;
   la Commissione europea e il responsabile europeo per la fiscalità, in seguito a due interrogazioni presentate da europarlamentari italiani al Parlamento europeo, sarà chiamata a valutare se le misure attuative contenute nella circolare dell'Agenzia delle entrate siano «proporzionate» e se poggino su giustificazioni non lesive di alcuni princìpi fondanti il diritto europeo, quali la non disparità di trattamento fra cittadini italiani e cittadini di altri Paesi membri, la libera circolazione di merci e di capitali nello spazio dell'Unione europea, comprendente anche il divieto di restrizioni dei pagamenti tra gli stati membri –:
   se non intenda il Governo attivarsi affinché siano corrette alcune previsioni contenute nella citata circolare dell'Agenzia delle entrate, con particolare riferimento al prelievo automatico della tassazione del 20 per cento a titolo di acconto di imposta su tutti i bonifici esteri, al fine di superare le incombenze sostanzialmente vessatorie a carico dei contribuenti, come la previsione dell'onere della prova a loro carico mediante autocertificazione, anche al fine di scongiurare eventuali contenziosi che potrebbero sorgere con l'erario e l'eventuale apertura di contenziosi e procedure d'infrazione in sede europea.
(2-00416) «Garavini, Bolognesi, Fedi, Giuliani, La Marca, Gianni Farina, D'Incecco, Ghizzoni, Lenzi, Galperti, Miotto, Bindi, Villecco Calipari, Gregori, Gribaudo, Gasparini, Giulietti, Giampaolo Galli, Marchetti, Manfredi, Manciulli, Leva, Lodolini, Ginoble, Genovese, Gullo, Marzano, Miccoli, Mariano, Oliverio, Mattiello, Mazzoli, Pierdomenico Martino, Nicoletti, Rocchi, Porta, Giuditta Pini, Malisani, Blazina, Marazziti, Battaglia, Bellanova, Mariastella Bianchi, Censore, Cominelli, Cinzia Maria Fontana, Naccarato, Pastorino, Zampa».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BRAGA, CAUSI, MARIANI e FREGOLENT. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 50 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), novella l'articolo 12 del decreto-legge n. 201 del 2011, inserendo il comma 1.1, con il quale si dispone che «i pagamenti riguardanti canoni di locazione di unità abitative sono corrisposti obbligatoriamente, quale ne sia l'importo, in forme e modalità che escludano l'uso del contante e ne assicurino la tracciabilità»;
   la legge di stabilità 2014, in sostanza, impone l'uso di mezzi di pagamento tracciabili in caso di corresponsione dei canoni di locazione delle abitazioni (esclusi gli alloggi di edilizia residenziale pubblica), a prescindere dall'importo del canone stesso, sia esso pari a 100 euro o a 2mila euro;
   tale obbligo è imposto in deroga a quanto stabilito dal precedente comma 1 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 201 del 2011, che eleva a mille euro il limite all'uso del contante e dei titoli al portatore stabilito dall'articolo 49 del decreto legislativo n. 231 del 2007;
   il dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze, direzione V – prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario per fini illegali – con la nota prot. DT 10492 del 5 febbraio 2014 offre chiarimenti interpretativi in merito alle modalità di pagamento dei canoni di locazione di unità abitative;
   il tesoro, con la nota, sembra ribaltare le previsioni del citato comma 50, ovvero del comma 1.1 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 201 del 2011. In primo luogo, il dicastero sottolinea come, ai fini dell'irrogazione delle sanzioni comminate ai fini del decreto antiriciclaggio, rilevi unicamente il limite dei mille euro stabilito dall'articolo 49 del decreto legislativo n. 231 del 2007. In sostanza, nessuna sanzione potrebbe comunque essere irrogata al conduttore che paga un canone di locazione in contanti per una somma comunque inferiore ai mille euro; ciò perché il decreto antiriciclaggio prevede una sanzione amministrativa dall'1 al 40 per cento della somma trasferita soltanto in capo a chi trasferisce denaro contante o titoli al portatore in euro o valuta estera sopra la soglia di 999,99 euro;
   poiché il legislatore ha previsto esclusivamente questa sanzione e poiché nessuna sanzione è applicabile in caso di violazione del comma 1.1 dell'articolo 12 del decreto-legge n. 201 del 2011 (dell'articolo 1, comma 50 della legge di stabilità 2014), secondo il Ministero, quest'ultima non prevede un vero e proprio obbligo di utilizzo di mezzi di pagamento differenti dal contante per la corresponsione dei canoni sotto soglia;
   la ratio legis sottesa alla norma inserita con la legge di stabilità 2014 è da rinvenirsi – secondo il Tesoro – nella necessità di arginare fenomeni di impiego, occultamento o immissione nel sistema economico di risorse di provenienza illecita, controbilanciando il rischio insito nella velocità di circolazione del contante e nella difficoltà di ricondurre inequivocabilmente il contante utilizzato nella transazione ad un soggetto determinato;
   pertanto, la finalità di conservare traccia delle transazioni in contante, come quelle che intercorrono fra locatore e conduttore, può ritenersi soddisfatta, continua il Ministero, fornendo una prova documentale, comunque formata, purché chiara, inequivoca e idonea ad attestare l'avvenuto pagamento in contanti del canone di locazione. Ciò basterebbe anche a garantire alle parti le agevolazioni e le detrazioni previste dalla legge –:
   se il Ministro interrogato non ritenga che la nota del dipartimento del tesoro, più che fugare dubbi interpretativi, superi i contenuti della norma inserita nell'ordinamento con l'articolo 1, comma 50, della legge n. 147 del 2013;
   se il Ministro interrogato non ravvisi il rischio che la nota si ponga in contrasto con le finalità di abbattere i rischi sottesi alla velocità di circolazione del contante, richiamati dallo stesso Ministero.
(5-02200)


   FABBRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel 2009 è stato bandito il concorso «147 allievi finanzieri del contingente ordinario della guardia di finanza (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – IV Serie Speciale n. 48 del 26 giugno 2009)» riservato ai volontari delle forze armate che hanno completato senza demerito la ferma triennale;
   la graduatoria finale, pubblicata il 21 gennaio 2010, è composta da 191 vincitori e 176 idonei non vincitori;
   nonostante la piena validità ed efficacia della predetta graduatoria di concorso, il Comandante generale della Guardia di finanza, il 18 giugno 2010 (a distanza di circa 5 mesi) in presenza di una carenza nell'organico, anziché attingere dalla predetta graduatoria degli idonei, ha bandito un nuovo concorso riservando la possibilità di partecipazione ai soli VFP1 (Volontari in ferma prefissata di un anno – la nuova forma di militare professionale delle forza armate, istituito nel 2005, il quale viene arruolato con una procedura «concorsuale» uguale alle «vecchie» visite di leva –) con almeno sei mesi di servizio e inibendo la possibilità di partecipare al concorso ai VFB (volontari in ferma breve) pur in possesso dei medesimi requisiti anagrafici e con maggiore esperienza professionale militare;
   analogamente in data 29 marzo 2011, la guardia di finanza bandiva un ulteriore concorso per il reclutamento di ben 1250 allievi finanzieri, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) o quadriennale (VFP4) ovvero in rafferma annuale (VFP1), in servizio o in congedo – con almeno 4 mesi di servizio, ed ancora una volta i VFB non venivano inseriti tra i possibili partecipanti;
   la legge 29 dicembre 2009 n. 191, articolo 2, comma 209, in materia di assunzioni nelle carriere iniziali dei Corpi di polizia dei volontari in ferma breve (VFB), in ferma prefissata (VFP1) e in rafferma delle, forze armate (VFP1T) in servizio ed in congedo, autorizza la spesa di 115 milioni di euro per l'anno 2010, di 344 milioni di euro per l'anno 2011 e di 600 milioni, di euro a decorrere dall'anno 2012;
   il decreto-legge n.101 del 2013 recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni (cosiddetto decreto D'Alia) proroga l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato anche nel comparto sicurezza e difesa. Nello specifico al comma 4 dell'articolo 4, stabilisce che «l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, è prorogata fino al 31 dicembre 2016»;
   inoltre il decreto D'Alia conferisce valore normativo ad un principio giurisprudenziale ormai consolidato e fatto proprio dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 28 luglio 2011, n. 14, secondo cui, «in presenza di graduatorie concorsuali valide ed efficaci, l'amministrazione, se stabilisce di provvedere alla copertura dei posti vacanti, deve motivare la determinazione riguardante le modalità di reclutamento del personale, anche qualora scelga l'indizione di un nuovo concorso, in luogo dello scorrimento delle graduatorie vigenti»;
   il Consiglio di Stato, quindi, aveva già chiarito che lo scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace rappresenta la regola generale, mentre l'indizione del nuovo concorso costituisce l'eccezione e richiede un'apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico;
   il decreto-legge D'Alia, limitando ulteriormente le possibilità di deroga al summenzionato principio, all'articolo 4, comma 3, stabilisce che, per le amministrazioni dello Stato, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali è subordinata alla verifica:
    a) dell'avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate;
    b) dell'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1o gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza;
   in tal modo, si impedisce espressamente all'amministrazione di bandire nuovi Concorsi fino a quando non siano stati assunti tutti i concorrenti già dichiarati vincitori (ma non ancora assunti) e tutti gli idonei non vincitori posizionati in graduatorie ancora vigenti;
   la legge di stabilità 2014 incrementa il turn over al 55 per cento con riserva assunzionale per il Corpo della guardia di finanza di 600 unità nell'anno in corso –:
   se non reputi opportuno, dopo aver quantificato il numero esatto degli idonei non vincitori del suddetto concorso, alla luce dell'aumento del turn over come in premessa e non ultimo, in un'ottica di risparmio per lo Stato, che eventuali procedure di assunzione attingano prima dalle graduatorie esistenti, e se diversamente ciò possa porsi in contrasto con le disposizioni normative citate;
   se non si possa rimediare all'ingiusta esclusione della categoria volontari in ferma breve da tutte le procedure concorsuali assumendo iniziative per una revisione dei requisiti richiesti. (5-02204)


   AMODDIO e ZAPPULLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 6 giugno 2002, n. 159, emanato in attuazione dell'articolo 9, comma 11, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, disciplina la determinazione delle tariffe d'estimo e la delimitazione delle zone censuarie;
   la sentenza del C.G.A. della Regione Sicilia n. 87 del 2009, ha accolto il ricorso proposto dal comune di Francofonte avverso le tariffe d'estimo vigenti a Francofonte e determinate dal decreto ministeriale 6 giugno 2002, n. 159;
   l'Agenzia del territorio di Roma con nota datata 26 ottobre 2010 prot. n. 55733 comunicava al Comune di Francofonte che venivano ripristinate le tariffe precedenti determinate con decreto del 27 settembre 1991 e che per esitare la richiesta del comune di Francofonte di rideterminazione delle tariffe, ai sensi dell'articolo 37, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, necessitava un apposito decreto del Ministro delle finanze, previa acquisizione del parere della Commissione censuaria centrale;
   nella citata nota l'Agenzia del territorio di Roma rilevava che il procedimento previsto dal menzionato articolo 37 avrebbe consentito di utilizzare i dati tecnico-estimativi già elaborati dal gruppo di lavoro congiunto attivato fra il comune di Francofonte e l'ufficio provinciale di Siracusa dell'Agenzia e che per adottare il decreto era necessario il parere obbligatorio della commissione censuaria centrale all'epoca non ancora «operante»;
   ad oggi per quanto è a conoscenza dell'interrogante il procedimento di nomina dei componenti della Commissione censuaria centrale non è ancora completato;
   dalla sentenza del C.G.A. sono decorsi quattro anni ed i cittadini di Francofonte risultano ingiustamente beffati dall'applicazione di tariffe d'estimo del decreto del 27 settembre 1991 che sono addirittura più esose di quelle del 2002 e pertanto da oltre 10 anni subiscono l'applicazione di tariffe di estimi sperequati e doppie rispetto a quelli dei comuni vicini;
   per ultimo con nota del 18 febbraio 2013, il Sindaco del comune di Francofonte, oltre a ripercorrere l’iter della questione sopra esposta e spiegare le ragioni della sperequazione degli estimi applicati, chiede quale iniziative intende intraprendere per concludere il procedimento di rideterminazione delle tariffe –:
   se risulti al Ministro quanto sopra esposto;
   se i componenti della Commissione censuaria centrale siano stati nominati;
   se intenda disporre le azioni di sua competenza per verificare le ragioni della mancata nomina dei componenti della Commissione censuaria;
   quali iniziative intenda adottare per definire il procedimento per la modifica e la conseguente perequazione delle tariffe d'estimo del comune di Francofonte.
(5-02208)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sul quotidiano Il Mattino di Padova del 19 febbraio 2014 c’è un articolo dal titolo «Il fotovoltaico fa crescere la rendita catastale» in cui si dà notizia che c’è una circolare dell'Agenzia delle entrate che equipara gli impianti superiori ai 3Kw all'ampliamento dell'edificio;
   i quasi 50 mila veneti che hanno installato sulla propria abitazione un impianto fotovoltaico superiore ai 3kWp ed inferiori ai 20kWp saranno costretti ad aggiornare la rendita catastale come avessero costruito dei nuovi vani, in relazione al valore del proprio impianto, questo secondo la circolare 36/E dell'Agenzia delle entrate del 19 dicembre 2013 che impone l'obbligatorietà dell'accatastamento per gli impianti fotovoltaici casalinghi di portata superiore ai 3kWp il cui valore superi il 15 per cento della rendita catastale dell'immobile che alimentano;
   chi un impianto lo ha ed è superiore a questi limiti si vedrà quindi aumentate le imposte che si riferiscono all'immobile connesso. Si tratta principalmente di un aumento dell'Irpef, dell'Imu e della Tares, corrispettivo all'aumento della rendita conseguente all'accatastamento dell'impianto stesso;
   secondo i dati forniti dal GSE ed elaborati da Legambiente, gli impianti incentivati presenti oggi in Veneto mediamente raggiungono i 5,6 kWp e quindi sono soggetti alla normativa;
   «È assurdo osservare come lo Stato infine punisca i cittadini che sono stati più sensibili alle questioni delle energie rinnovabili proprio aumentando loro le tasse sulla casa» è il commento riportato nell'articolo di Piero Decandia, responsabile Energia di Legambiente Padova «se vogliamo raggiungere gli obiettivi nazionali previsti dall'Ue per il 2020, colpire chi inquina meno è davvero incomprensibile»;
   per i cittadini che hanno scelto le rinnovabili inizia un calvario. Per capire se dovranno aggiornare la propria rendita catastale dovranno riprendere in mano la documentazione del loro impianto; ricostruire la spesa complessiva sostenuta fino al momento dell'allacciamento con la rete elettrica nazionale; calcolare con svariati coefficienti se il valore del loro impianto (per altro ragguagliato ai valori del 1989) supera o meno il 15 per cento del valore catastale dell'immobile e poi affrontare il catasto. E se l'aggiornamento della rendita dovrà essere fatto, non si potrà che rivolgersi a un professionista con ulteriori aggravi di spesa. Il tutto all'unico scopo di vedere aumentare le tasse relative a quell'immobile, Irpef, Imu e Tares in primis;
   modificare il valore catastale dell'immobile per un impianto fotovoltaico avrebbe la stessa ratio di modificare la rendita degli immobili qualora venissero sostituiti i serramenti o la caldaia: un impianto di produzione di energia rinnovabile o di risparmio energetico non può e non deve essere penalizzante ai fini fiscali;
   la soglia dei 12kWp è un'ipotetica soglia che considera il caso di un'abitazione che abbia un impianto di riscaldamento «elettrico» a pompa di calore. In questo caso tutta l'energia prodotta dall'impianto verrebbe autoconsumata dall'abitazione;
   questa situazione all'interrogante appare come una penalizzazione per chi ha deciso di avvalersi delle energie rinnovabili su cui invece c’è una politica di incentivi –:
   quali provvedimenti i Ministri interrogati intendano prendere per annullare gli effetti della circolare dell'Agenzia delle entrate ed evitare l'aumento delle tasse ad essa collegate;
    in particolare considerato che un impianto domestico per la generazione di energia elettrica da fotovoltaico può verosimilmente essere di potenza molto superiore ai 3kWp (indicati alla riga 14 di pagina 10 della circolare 36/E), se non ritengano di considerare la modifica di tale punto innalzando tale soglia ad almeno 12 kWp. (4-03659)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
    l'Italia non riesce a superare la sua clamorosa incapacità nell'usare i fondi europei. Secondo l'ultima revisione della Corte dei conti, anche nel 2013 abbiamo rinunciato a 5,7 miliardi di euro. Ovvero abbiamo dato al bilancio comunitario quasi sei miliardi di euro in più di quanto non siamo riusciti ad utilizzare, disperdendo molto più di quanto incassato con l'aumento dell'lva di un punto percentuale;
   i ritardi, soprattutto nei finanziamenti destinati allo sviluppo delle regioni del Sud, sono noti da tempo, ma nonostante gli sforzi (e qualche risultato positivo lo ammette anche la Corte dei conti) le inefficienze non sono state superate. «I progressi appaiono ancora molto limitati, con il rischio evidente che non si riescano a monetizzare tutte le risorse impegnate», scrivono i giudici: «Da ciò, la necessità di proseguire con determinato e costante impegno per cercare di recuperare i ritardi accumulati». Anche perché, ricordano i magistrati contabili, nel 2013 è scaduto il termine per proporre idee e progetti: resta tempo per saldare i conti con chi ha già investito ma i giochi per inventarsi come spendere i contributi europei sono ormai chiusi;
   spendiamo ancora poco, quindi. E spesso spendiamo pure male. «Per quanto riguarda le frodi e le irregolarità», scrive la Corte dei conti, «si evidenzia che continua a registrarsi un incremento complessivo degli importi da recuperare, in particolare per i Fondi strutturali». Nel 2012 sono stati rilevati 344 milioni di euro spesi in modo irregolare. Nell'elenco di tali regioni la Sicilia è in testa con 148 milioni di euro. Seguono la Campania (17,4), e la Calabria, con 12 milioni, ma vi sono stati rilievi anche in Veneto con due milioni e trecento mila euro, in Piemonte un milione e mezzo, in Toscana due. Con questi ultimi due anni la somma degli euro-furti dal 2003 ad oggi ha raggiunto così la cifra record di un miliardo e 200 milioni di euro;
   trattasi di incarichi affidati senza le dovute procedure pubbliche, costi reali che non corrispondono a quelli certificati, rimborsi lievitati: «Il fenomeno delle irregolarità e delle frodi continua a destare allarme», scrivono i giudici: «anche in considerazione del fatto che è frequente la mancata realizzazione delle attività finanziate». In questo modo non solo si usano illecitamente dei soldi pubblici, dice la Corte, ma si «vanifica l'obiettivo di incentivare la crescita nei settori e nelle aree interessate». E ora c’è anche la beffa, per l'amministrazione pubblica: dovrà recuperare da sola tutti i soldi spesi illecitamente. Per Bruxelles quei fondi non entrano nemmeno in bilancio: se il Governo italiano li vuole, dovrà farseli restituire dai malfattori;
   una soluzione la suggeriscono i giudici della Corte dei conti: «La via maestra per la conduzione di una più efficace politica di coesione sembra dunque non poter prescindere, specie nella prospettiva della Programmazione 2014-2020, da un effettivo miglioramento della capacità progettuale e da un maggior allineamento della tempistica di attuazione nazionale con quella comunitaria. Ma a monte di ciò, non appare più eludibile il perseguimento di una decisa azione mirata ad un effettivo miglioramento delle complessive capacità istituzionali, amministrative e gestionali, a livello centrale e locale» –:
   quali iniziative si intendano mettere in atto per rimediare a tale disastrosa gestione dei fondi europei. (4-03661)


   MOLTENI e GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate del 18 dicembre 2013, che si propone di dare attuazione al comma 4 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 167 del 1990 come modificato dalla legge 6 agosto 2013, n. 97, recante le «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013», con l'obiettivo del monitoraggio fiscale, ha determinato un considerevole aggravio burocratico e finanziario sui capitali in ingresso nel nostro Paese attraverso bonifico bancario, ossia su una modalità di trasferimento del denaro lecita, tracciabile e trasparente;
   la circolare dell'Agenzia delle entrate, in vigore dal 1o febbraio 2013, prevede un prelievo del 20 per cento su tutti i bonifici effettuati dall'estero su conti correnti nazionali. Il prelievo, di importo proporzionalmente elevatissimo e che sarà operato come ritenuta d'acconto, sembra da ritenersi aggiuntivo rispetto alle commissioni sui medesimi bonifici già oggi operati dagli istituiti di credito in maniera disomogenea, non sempre trasparente ma generalmente assai onerosa;
   la ritenuta d'acconto è automatica, rovesciando sul contribuente l'onere di dimostrare la provenienza lecita e già fiscalmente assolta delle somme bonificate, stabilendo un presupposto di fraudolenza di tutte le somme che dall'estero arrivino in Italia, salvo prova contraria; un simile principio è ad avviso degli interroganti evidentemente assurdo e contraddittorio in considerazione del fatto che il bonifico bancario è considerato mezzo trasparente ai sensi delle normative antiriciclaggio e che lo Stato in questo modo taccia implicitamente di frode chiunque intenda portare capitali per investimento nel nostro Paese, fattispecie che andrebbe al contrario incoraggiata anche come risposta alla crisi economica;
   allo stesso tempo si impone l'ennesimo aggravio burocratico, pretendendo da chi non sia tenuto a pagare la ritenuta, una autocertificazione che i flussi non costituiscono redditi di capitale o redditi diversi derivanti da investimenti all'estero da attività estere di natura finanziaria; a seguito di ciò, occorrerà richiedere la restituzione dell'imposta già pagata e non dovuta;
   ciò si ripercuote ancora una volta su quelle categorie di lavoratori che, come i frontalieri, vivono a metà tra due Stati, lavorando in uno dove percepiscono reddito su un conto corrente, e risiedendo in un altro laddove possono legittimamente impiegare il denaro frutto del proprio lavoro;
   un simile provvedimento ha l'effetto perverso di penalizzare onesti lavoratori magari costretti ad espatriare a causa della crisi economica, di scoraggiare il rientro di capitali di cui il nostro Paese ha fortemente bisogno o peggio di favorire forme meno tracciabili del bonifico bancario, il tutto senza alcun effetto reale sul monitoraggio dell'evasione che come è facilmente intuibile sceglie canali diversi da quelli bancari;
   la sera del 19 febbraio 2014, dopo le pubbliche denunce della Lega Nord, il Ministro interrogato ha chiesto all'Agenzia delle entrate la sospensione dell'operatività della ritenuta del 20 per cento applicata automaticamente sui bonifici provenienti dall'estero e contestualmente la restituzione di tutte le somme già trattenute;
   mentre si impongono prelievi inaccettabili su fondi che rientrano in modo tracciabile e lecito nel nostro Paese e in gran parte afferenti a nostri concittadini, i Governi che si sono succeduti dal 2012 in avanti, con l'appoggio o il pretesto dell'Unione europea, hanno impedito e cancellato qualunque forma di prelievo su capitali che sono invece certamente frutto di evasione fiscale e lavoro in nero e che, partendo dal nostro Paese diretti all'estero, hanno anche l'effetto di impoverire il Paese;
   circa due anni fa era stata infatti approvata su impulso della Lega Nord una norma mirata a colpire esclusivamente i flussi finanziari in uscita da Paese operati attraverso i cosiddetti money transfer, con una imposta di bollo (del 2 per cento e non certo del 20 per cento) non indiscriminata come quella disposta dall'Agenzia delle entrate, perché esentava i cittadini dell'Unione europea (in linea con le direttive comunitarie) e i cittadini extra-ue muniti di matricola Inps e codice fiscale, quindi regolarmente soggiornanti in Italia;
   si colpiva dunque, con un prelievo di un decimo rispetto quello previsto dalla circolare 38 e, il depauperamento di capitali dal nostro Paese frutto di lavoro in nero e operato da clandestini per i quali comunque il nostro Paese si fa carico delle spese per i servizi sociali e sanitari di base;
   nel febbraio 2012 fu l'allora Governo Monti ad eliminare il bollo, giustificando la sua scelta con gli impegni internazionali dell'Italia sul fronte della riduzione dei costi delle rimesse, perché l'invio di denaro in patria da parte dei migranti (regolari o irregolari che siano) è considerata una leva economica essenziale per i Paesi d'origine; non si capisce come le rimesse irregolari degli immigrati vadano tutelate, mentre le rimesse regolari dei nostri concittadini vadano pesantemente tassate e penalizzate, e allo stesso tempo come lo sviluppo dei Paesi di origine dei nostri immigrati possa stare a cuore al Governo italiano più del proprio stesso Paese e della crisi economica e sociale che i suoi concittadini stanno attraversando –:
   se la circolare 38 e del direttore dell'Agenzia delle entrate del 18 dicembre 2013 costituisca un puntuale ed adeguato strumento di attuazione della legge 6 agosto 2013, n. 97, recante le «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi, derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013», posto che secondo gli interroganti cagiona un eccessivo aggravio sui soggetti passivi;
   quali siano i motivi che hanno indotto il Ministro interrogato ad assumere iniziative per sospenderne l'applicazione;
   se la sospensione rappresenti il definitivo superamento di una simile modalità di prelievo e se si intenda evitare in futuro riproposizioni di altre forme di prelievo sui flussi bancari in ingresso operati da cittadini italiani;
   se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative per disporre sempre in futuro, in materia di fisco su attività transfrontaliere, chiare procedure per esentare da inutili aggravi burocratici determinate categorie di soggetti, come i lavoratori frontalieri, senza lasciare alcuna discrezionalità agli istituti di credito di optare per il solve et repete;
   quale sia l'orientamento del Ministro riguardo all'opportunità di reintrodurre un prelievo sul trasferimento all'estero di capitali da parte di soggetti residenti irregolarmente nel nostro territorio, applicando così in maniera coerente anche su questi flussi i principi di monitoraggio su cui è basata la circolare 38 E del 13 dicembre 2013 del direttore dell'Agenzia delle entrate. (4-03678)


   PAGLIA e LAVAGNO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il settore dei tabacchi lavorati sta assistendo ad un calo generalizzato dei volumi di vendita che, nel solo periodo 2011-2013, è stato di circa 10 milioni di chilogrammi, a cui però non è corrisposto un calo dei consumi medi, a causa dell'incremento del livello di commercio illecito. Nel 2012, infatti, per la prima volta nella storia di questo mercato il gettito è risultato inferiore rispetto all'anno precedente;
   in base all'ultimo bollettino disponibile del Ministero dell'economia e delle finanze, il calo del gettito da imposta di consumo sui tabacchi lavorati, nel periodo gennaio-novembre 2013, è stato pari a 536 milioni di euro. La stessa FIT, Federazione italiana tabaccai, in un suo comunicato di inizio anno aveva evidenziato come, secondo le proprie stime interne, nel corso del 2013 le perdite dell'erario, in termini di mancate imposte sulla vendita dei tabacchi lavorati ammontassero a ben 730 milioni di euro, confermando quindi un trend negativo in via di consolidamento;
   tale situazione rende ancora più urgente e rilevante la riforma dell'intero sistema di tassazione, così come dimostrato dall'indagine, conoscitiva sulle accise avviata recentemente dalla Commissione finanze della Camera dei deputati. L'indagine conoscitiva ha prestato particolare attenzione ai prodotti del tabacco grazie ad un ciclo di audizioni dei principali operatori del settore, che ha consentito alle diverse aziende di esprimere il proprio punto di vista sul tema illustrando le differenti posizioni circa il sistema di tassazione ritenuto da ciascuna più idoneo alla tutela del mercato e del gettito e le ragioni a sostegno di tali proposte;
   il disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale, che consentirebbe al Ministero dell'economia e delle finanze di apportare i necessari correttivi all'attuale struttura della tassazione dei prodotti del tabacco garantendo la stabilità del gettito erariale, ancora all'esame del Parlamento;
   in attesa che la delega fiscale giunga all'approvazione finale, il Ministero dell'economia e delle finanze, nelle persone del Sottosegretario Alberto Giorgetti e del consigliere Vieri Ceriani, ha convocato un tavolo di lavoro con i principali operatori del settore proprio al fine di discutere l'eventuale modifica al sistema di tassazione;
   accanto all'evidente situazione di difficoltà del settore, il mercato sta assistendo anche all'adozione da parte delle imprese produttrici di pratiche ribassiste dei prezzi che – è bene ricordarlo – sono già state sperimentate in altri Paesi dell'Unione europea con effetti negativi sull'erario e sulle politiche sanitarie di contenimento del fumo. Si è, infatti, appreso dalla stampa che qualche giorno fa il principale operatore del mercato, Philip Morris, ha riposizionato un suo marchio di punta, abbassandone il prezzo di vendita per pacchetto da 20 sigarette da 4,6 euro a 4 euro. Questa azione, non giustificata da esigenze di sostegno dei volumi di vendita, avendo recentemente dichiarato l'amministratore delegato di Philip Morris International un aumento nel 2013 della quota di mercato in Italia, ha, però, degli impatti significativi sul gettito dello Stato derivante dal settore con una perdita per l'erario quantificabile nell'immediato in circa 33 milioni di euro. Bisogna però considerare che tale perdita potrebbe superare i 100 milioni di euro qualora anche gli altri operatori decidessero, come ovvio in un mercato concorrenziale, di abbassare il prezzo anche di altri prodotti. Giova inoltre segnalare che proprio Philip Morris solo qualche mese fa, durante l'audizione parlamentare presso la Commissione finanze della Camera dei deputati, aveva fortemente stigmatizzato l'ingente differenza in termini di incidenza fiscale tra i prodotti di fascia alta e i prodotti di fascia bassa evidenziando in quella sede le possibili ripercussioni in termini di riduzione del gettito erariale a fronte di un trend di crescita di questi prodotti, stimato dalla stessa azienda in forte sviluppo e che potrebbe arrivare al 10 per cento di quota di mercato. Nella medesima occasione, Philip Morris aveva fortemente sostenuto un sistema di tassazione dei prodotti del tabacco che privilegiasse la componente specifica dell'accisa (ovvero di quella componente, fissata per legge, che si applica a prescindere dal prezzo del singolo prodotto) rispetto a quella proporzionale, adducendo come motivazione per l'adozione di tale sistema di tassazione proprio la maggiore possibilità per i Governi di controllare le entrate fiscali derivanti dal settore;
   in caso di adozione di un sistema a tassazione prevalentemente specifica, l'attuazione di pratiche ribassiste per prodotti con una significativa quota di mercato è in grado di influenzare da sola l'andamento del gettito derivante dall'intero settore proprio in quanto capaci di incidere direttamente sull'ammontare della quota fissa di accisa applicata a tutte le sigarette. Infatti, dato che la componente specifica è calcolata con riferimento al prezzo medio ponderato (PMP) delle sigarette, è fortemente suscettibile a significative variazioni di prezzo legate in particolare a prodotti e produttori con elevate quote di mercato. Appare quindi evidente che l'innalzamento della componente specifica o fissa non garantirebbe quel maggior controllo da parte del Governo italiano, ma che, al contrario, rischierebbe – in un momento di calo dei prezzi da parte degli operatori – di incidere fortemente sulla entrate erariali. A conferma di quanto esposto, si è appreso con sorpresa delle dichiarazioni sempre dell'Amministratore delegato di Philip Morris International, Andre Calantzopoulos, che, in occasione della conferenza «Consumer Analyst Group of New York», tenutasi il 18 febbraio 2014, ha fatto esplicito riferimento al legame tra la struttura di tassazione e i profitti dell'azienda. In particolare, ha sostenuto che esistono ancora margini di miglioramento per quei mercati, come l'Italia, con una struttura della tassazione basata prevalentemente sulla componente proporzionale, concludendo che se Philip Morris sarà in grado di cambiare il sistema di tassazione di questi Paesi, ciò contribuirà sicuramente all'aumento dei propri profitti –:
   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda porre in essere per evitare che in Italia si scateni quell’«effetto domino» già verificatosi in altri Paesi dell'Unione europea, come ad esempio la Spagna, la Grecia e il Portogallo, dove a causa del fattore prezzo si è assistito ad un collasso del mercato e dei volumi di vendita con relativo calo vertiginoso del gettito e conseguente impatto sulla sostenibilità, in termini produttivi, occupazionali e di reddito, dell'intera filiera;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, nelle more dell'adozione di una nuova struttura di tassazione subordinata all'approvazione da parte del Parlamento del disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale, assumere tempestivamente iniziative per ripristinare condizioni più equilibrate e bilanciate in grado, quindi, di garantire i necessari presupposti per l'adozione nel prossimo futuro di una nuova struttura della tassazione che – superando i diversi e molteplici interessi particolari esistenti nonché le strumentali politiche di prezzo a cui stiamo assistendo – abbia come unico obiettivo la salvaguardia del mercato e la sua stabilità al fine di garantire gettito erariale, sostenibilità economico-finanziaria ed occupazionale della filiera e, non ultima, la necessaria concorrenza. (4-03682)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   MORETTI e CRIMÌ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Ministro della giustizia del 18 aprile 2013, con il quale sono state approvate le nuove piante organiche dei magistrati interessati dalle variazioni dell'assetto territoriale per effetto della riforma della geografia giudiziaria, avrebbe dovuto rappresentare il punto di arrivo di un lavoro iniziato dagli uffici del Ministero della giustizia che, in ossequio alla previsione di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, mirava ad una necessaria rideterminazione delle piante organiche degli uffici giudiziari a seguito dei provvedimenti di riorganizzazione assunti;
   il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria aveva svolto un approfondito studio preparatorio, dal quale emergevano alcune indubbie sperequazioni riguardanti l'attribuzione delle risorse (e lo stesso CSM ne ha dato atto nello stesso provvedimento che accompagnava il decreto in via di approvazione);
   sulla base degli studi del Ministero, il tribunale di Vicenza avrebbe ottenuto (rispetto alla mera sommatoria dei magistrati già in servizio nella provincia, Vicenza più Bassano) un aumento di 5 magistrati giudicanti (passando così a un totale di 41 magistrati) ed un aumento di 2 magistrati requirenti (con un ufficio del pubblico ministero complessivamente portato a 16 magistrati);
   con tale assegnazione di risorse sarebbe stato possibile migliorare i tempi di decisione delle cause che, in particolare in questo momento di recessione, avrebbero rivestito un ruolo strategico soprattutto per una provincia come quella di Vicenza, che rappresenta uno dei distretti industriali più importanti sul territorio nazionale. In particolare, come recentemente denunciato anche dal presidente degli industriali di Vicenza Giuseppe Zigliotto, per il tribunale vicentino l'organico è cronicamente sottostimato con conseguenze pesantissime in termini di efficienza della macchina giudiziaria. Senza contare che, proprio a causa del sovraccarico di cause, moltissimi magistrati chiedono il trasferimento presso altre sedi. Tuttavia, in seguito a vari passaggi, si è inspiegabilmente tornati alle posizioni precedenti;
   attualmente i magistrati togati operanti nel tribunale di Vicenza sono in numero assai esiguo (21 unità) rispetto alle necessità e lo stesso tribunale sarà privo di presidente almeno sino al 2015 visto il recente ritiro per sopraggiunta età pensionabile del dottor Francesco Bernardini –:
   se il Ministro, anche alla luce delle considerazioni suesposte, non ritenga di considerare, in sede di individuazione dei necessari correttivi nell'applicazione della normativa in materia di revisione delle circoscrizioni giudiziarie, anche previa consultazione degli operatori del diritto e ai rappresentanti del territorio, l'opportunità di modulare in modo diverso le scelte fatte, e, in particolare, se non ritenga necessario aumentare in maniera adeguata l'organico da destinare al tribunale di Vicenza. (3-00643)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI, COLLETTI, FERRARESI, BUSINAROLO, TURCO, MICILLO, CECCONI e TERZONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   durante la riunione del consiglio comunale di Ancona svoltasi il 17 febbraio 2014, l'assessore al bilancio ha risposto ad una interrogazione, presentata dai Consiglieri del gruppo MoVimento 5 stelle Ancona, riguardante un presunto credito del comune di Ancona, nei confronti del Ministero della giustizia di circa 20 milioni di euro per le spese anticipate dal comune per il funzionamento degli edifici giudiziari presenti nel capoluogo marchigiano. L'assessore ha dichiarato che il Ministero per alcuni anni, fino al 2010, ha rimborsato i due terzi delle spese sostenute dal comune, nel 2011 un terzo e dal 2012 lo Stato non ha rimborsato niente. Pertanto Possessore, richiamando quanto effettuato dal comune di Lecce (che trovandosi in una situazione analoga ha promosso ricorso al TAR che ha dato ragione al comune ricorrente), ha anticipato che il comune di Ancona seguirà la medesima strada «e chiederemo che ci sia riconosciuto quanto dovuto». Considerato che il problema dei rimborsi per le spese di giustizia anticipate dai comuni riguarda tutti i comuni sede di uffici giudiziari e che ad avviso degli interroganti è stupefacente che si possano avviare centinaia di cause tra i comuni e lo Stato centrale, con ulteriori spese di giudizio che in ogni caso ricadono sulla spesa pubblica, chiedono al Ministro interrogato –:
   se sia a conoscenza delle notizie suesposte;
   se risponda al vero che il Ministero è in debito con i comuni che hanno anticipato le spese per il corretto funzionamento della giustizia italiana, per quali anni e per quali cifre, distinte per i singoli comuni;
   se e come intenda far fronte ai propri eventuali obblighi e i quali tempi anche per evitare numerose e costose liti giudiziarie tra i comuni e lo Stato. (5-02201)


   PILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   le famiglie dei capimafia hanno iniziato lo sbarco in Sardegna;
   da Porto Torres a Palau diversi nuclei familiari avrebbero preso dimora casa nell'isola per «assistere» i loro strettissimi familiari detenuti in regime di alta sicurezza nel carcere di Tempio Nuchis;
   la notizia, riscontrabile incrociando dati e presenze, è di una gravità inaudita proprio perché quello del trasferimento dei familiari dei detenuti mafiosi in Sardegna era il pericolo numero uno denunciato sin dal primo sbarco nell'isola dei vertici delle associazioni mafiose;
   i familiari più diretti degli ergastolani detenuti a Tempio per mafia hanno incominciato la trafila di collegamento e supporto ai detenuti;
   a Porto Torres, così come a Palau, si sono trasferiti i familiari diretti di alcuni ergastolani giunti a Tempio lo scorso giugno;
   già dal mese di novembre 2013 la residenza risulta certificata nei loro nuovi comuni;
   uno dei capi mafia in carcere per il famoso 416-bis, fine pena mai, raggiunto dai congiunti più diretti in terra sarda, è accusato sia di traffico internazionale di stupefacenti che di omicidio;
   tutto questo sta avvenendo nel più totale silenzio delle istituzioni, da quelle nazionali che regionali;
   un silenzio inaccettabile e vergognoso dinanzi ad un argomento che non può essere tenuto in silenzio;
   quello che sta accadendo nelle province di Sassari e Gallura dallo sbarco dei capimafia dell'alta sicurezza è di una gravità inaudita e deve essere immediatamente fermato;
   su un tema di questa natura il sottoscritto interrogante non intenda restare in silenzio;
   le infiltrazioni mafiose sono a portata di mano e la Sardegna e con questo atteggiamento nefasto del Governo che insiste nel voler trasferire quasi 300 41-bis nell'isola si sta rischiando di subire un contraccolpo senza precedenti;
   certe situazioni devono essere prevenuto piuttosto che curate;
   oggi, invece, stiamo assistendo ad una situazione che era stata drammaticamente prevista;
   tutti i report del Ministero segnalavano che il pericolo non fosse il detenuto in carcere ma quello che sarebbe successo all'esterno. Tutto confermato;
   il rapporto del Ministero sui detenuti di alta sicurezza aveva messo nero su bianco che il fenomeno di infiltrazione mafiosa sarebbe stato avviato con il trasferimento di congiunti diretti;
   in questo caso sono direttamente i fratelli dei detenuti che hanno preso casa e stanno iniziando la spola tra il carcere e le nuove residenze;
   deve essere immediatamente bloccato questo fenomeno di infiltrazione mafiosa e si inverta una scelta tutta politica;
   in nessuna legge dello Stato c’è scritto che questi detenuti debbano venire tutti in Sardegna con una concentrazione gravissima e contro ogni regola di lotta alla mafia;
   le norme prevedono che i 41-bis potessero trovare «preferibilmente» alloggio nelle aree insulari, intese non come regioni insulari, ma come piccole porzioni di aree insulari come Pianosa o Gorgona;
   la legge prevede altrimenti la dislocazione di questi detenuti di alta sicurezza in tutte le altre carceri italiane a condizione che siano isolati dagli altri;
   la decisione di concentrare su Tempio sin dal mese di ottobre 2012, almeno quattro contingenti, di detenuti ad alta sicurezza si sta rivelando una scelta irresponsabile che necessita di una mobilitazione istituzionale in grado di fermare questa decisione così pericolosa per la società sarda;
   il trasferimento di detenuti e l'arrivo dei congiunti si configura come la realizzazione di una vera e propria testa di ponte tra le realtà maggiormente interessate al fenomeno mafioso e la nostra regione;
   con queste infiltrazioni familiari nel contesto sardo si conferma una drammatica previsione di qualche mese fa;
   i reati per i quali scontano la pena i detenuti sono di una gravità inaudita e non si può giustificare in alcun modo una tale concentrazione di tali personaggi in una realtà come la Sardegna con il conseguente rischio di infiltrazione mafiosa;
   a questo si aggiunge che a quanto risulta all'interrogante su diversi cantieri di opere viarie del Nord Sardegna si registrerebbe, senza alcuna trasparenza, la presenza di imprese calabresi in quantità inaccettabili che escludono le imprese sarde e rendono impossibile l'accesso delle stesse alle opere più importanti –:
   se non ritenga di dover immediatamente fornire elementi su questi fenomeni di dislocazione di familiari diretti dei detenuti del 416-bis (associazione mafiosa) nella provincia di Sassari e Gallura;
   se non ritenga di dover bloccare qualsiasi trasferimento in Sardegna di detenuti legati alle organizzazioni criminali mafia, camorra e ’ndrangheta proprio in virtù del principio di regionalizzazione della pena detentiva;
   se non ritenga di dover impedire una siffatta concentrazione di detenuti legati alle suddette organizzazioni malavitose in Sardegna;
   se non ritenga di dover sottoporre alle autorità regionali il piano di utilizzo del sistema carcerario sardo al fine di valutarne la congruità con le implicazioni sociali prima di tutto;
   se non ritenga di dover accertare la reale consistenza di imprese in subappalto nei cantieri della Sassari-Olbia e con quale criterio sono state indicate e scelte.
(5-02210)

Interrogazione a risposta scritta:


   OLIARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 12 febbraio 2014 si è svolta a Roma, presso il Ministero della giustizia, una riunione sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che prevede una riorganizzazione del Ministero della giustizia e del DAP;
   stante la premessa del capo di gabinetto, Renato Finocchi Ghersi, che presiedeva l'incontro e che ha rappresentato ai presenti la già avvenuta approvazione in sede di pre Consiglio dei ministri dello schema, il Sindacato autonomo polizia penitenziaria SAPPE, ha evidenziato la propria netta contrarietà al progetto di sopprimere 4 provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria (Liguria, Umbria, Marche e Basilicata), abbandonando immediatamente il tavolo;
   non è possibile, che in una situazione emergenziale quale è quella delle carceri italiane si pensi di sopprimere importantissimi articolazioni regionali quali sono i provveditorati regionali che, nello specifico, hanno competenze di indirizzo e controllo di 21 penitenziari nei quali sono detenute circa 4.500 persone e nelle quali lavorano migliaia di poliziotti ed operatori civili;
   non è dato sapere se, in relazione all'annunciato accorpamento dei provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria di Genova, Perugia, Ancona e Potenza con quelli di Torino, Roma, Pescara e Catanzaro, gli attuali uffici verranno definitivamente chiusi oppure se opereranno come sedi distaccate sul territorio;
   è certamente discutibile un provvedimento che rischia di destabilizzare un sistema della sicurezza a livello regionale e territoriale costruito dopo tanti e tanti anni di esperienza, di cui fanno parte le carceri, i nuclei delle traduzioni e dei piantonamenti e le centrali operative regionali della polizia penitenziaria;
   per effetto dell'eventuale definitiva approvazione, il SAPPE ha espresso preoccupazioni su quale futuro operativo potrà avere il Corpo di polizia penitenziaria e coloro che ad esso appartengono in Liguria, Umbria, Marche e Basilicata nonché di conoscere le conseguenze che si determineranno nei confronti dei poliziotti e degli operatori penitenziari attualmente in servizio presso i rispettivi uffici dei provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria;
   è facile immaginare quali disagi comporterà l'approvazione del provvedimento verso il personale di polizia penitenziaria, i detenuti, gli avvocati, che si troveranno costretti – sia per ragioni di servizio che per ragioni personali – a fare riferimento ad uffici posti fino a trecento chilometri di distanza –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover chiarire tutte queste criticità evidenziate anche dal SAPPE, quali determinazioni si intendano assumere verso gli uffici dei provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria di Liguria, Umbria, Marche e Basilicata e dei poliziotti e degli altri operatori penitenziari che in esso lavorano. (4-03658)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   BAZOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva comunitaria 2006/126/CE ha imposto la graduale sostituzione di tutte le patenti di guida emesse prima del 19 gennaio 2013 con quelle conformi al modello UE;
   il regolamento del codice della strada, decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, numero 495, recante «regolamento di esecuzione ed attuazione del nuovo codice della strada» prevede all'articolo 331, comma due, che in caso di conferma di validità della patente l'esito della visita medica debba essere comunicato al competente ufficio centrale del Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi statistici in forma cartacea o in via telematica o su supporto magnetico secondo precisi tracciati record;
   al fine di snellire le procedure di comunicazione, abolendo la trasmissione con modalità cartacea, in ottemperanza anche al «codice dell'amministrazione digitale», veniva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 2 ottobre 2013 il Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 9 agosto 2013 recante «Disciplina dei contenuti e delle procedure della comunicazione del rinnovo di validità della patente»;
   a seguito di tale decreto la direzione generale per la motorizzazione diramava il decreto dirigenziale contenente le disposizioni procedurali, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 10 dicembre 2013, ed una successiva circolare esplicativa in data 17 dicembre 2013. Con tali atti veniva comunicato che dal giorno 9 gennaio 2014 sarebbero state rese disponibili le procedure informatiche per la trasmissione dell'estratto dei contenuti della relazione medica per l'accertamento dei requisiti di idoneità psicofisica, utile al rinnovo di validità di una patente di guida, mentre dal successivo 8 febbraio 2014 non erano più ammesse comunicazioni di rinnovo difformi da quelle previste nel decreto;
   il relativo manuale operativo veniva tuttavia trasmesso nella seconda settimana di gennaio (cioè in concomitanza con l'entrata in vigore della nuova procedura e a trenta giorni dalla prevista sua obbligatorietà). Da notare che in questo manuale sono contenute le indispensabili indicazioni operative e solo da questo momento le aziende sanitarie hanno potuto prendere visione degli aspetti tecnici da soddisfare (ad esempio per quanto riguarda l'acquisizione di foto e firma);
   è altresì noto, e lo dovrebbe essere sicuramente ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e della salute, che le nuove regole, come previste dall'amministrazione ministeriale, implicano in ogni caso modifiche organizzative, strumentali e di risorse umane da parte delle amministrazioni sanitarie locali e regionali, già pesantemente interessate dalle restrizioni di spesa e dai vincoli per l'acquisto di beni, che necessitano, quantomeno, di un minimo periodo di transizione;
   ciononostante il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non risulta aver previsto un adeguato periodo di sperimentazione, per permettere la graduale riorganizzazione, né aveva previsto la cooperazione applicativa tra le reti informatiche aziendali o regionali e quelle ministeriali, resa disponibile in fase sperimentale solo dopo il termine dell'8 febbraio 2014;
   le regioni e le singole amministrazioni sanitarie, prevedendo i pesanti disservizi che si sarebbero venuti a creare, hanno ripetutamente chiesto la proroga al termine dell'8 febbraio 2014, proroga prevista dal decreto del 15 novembre 2013 per l'inserimento di una fase di sperimentazione parallela all'utilizzo delle metodiche attuali di rilascio delle patenti, portando il problema all'attenzione della Conferenza Stato regioni;
   non essendo stata riconosciuta l'utilità di tale proroga, lunedì 10 febbraio 2014 tutte le ASL hanno cercato di rispettare le indicazioni con le modalità ministeriali. Di fatto risultano essersi verificati pesanti disservizi di seguito esemplificati:
    a) errori e messaggi di blocco nell'inserimento dati;
    b) mancato funzionamento di parte della procedura (in particolare il rinnovo in due fasi, previsto per le scuole guida, è stato implementato solo in un secondo tempo per le Asl e le CML ma non risulta funzionante);
    c) blocchi del portale ministeriale da sovraccarico di traffico dati;
    d) sovraccarico del centralino telefonico di supporto agli operatori;
    e) lunghe attese per l'utenza a seguito dei problemi informatici;
    f) impossibilità di immediata consegna dell'esito delle visite agli utenti;
    g) necessità di caricamento dati da parte degli operatori ASL nelle giornate seguenti alla visita, con errori (data inserimento prevista automaticamente dal sistema quale data visita);
   a quanto sopra si aggiunge che l'accesso al portale per l'inserimento dei dati necessari al rinnovo patente, deve avvenire nel rispetto di quanto previsto dal codice in materia di protezione dei dati personali;
   (articoli da 33 a 36), mediante codice per l'identificazione dell'incaricato associato a una parola chiave riservata e conosciuta solamente dal medesimo. Risulta invece che gli uffici territoriali della motorizzazione civile hanno fornito, nella maggioranza dei casi, un unico codice d'accesso ed una unica password ad ogni commissione medica locale così come un unico codice d'accesso ed una unica password per tutti i medici monocratici appartenenti alla stessa azienda sanitaria, in spregio a qualsiasi elementare cautela volta a prevenire errori degli operatori o volontarie immissioni di dati non veritieri ed in aperta violazione alla norma sulla privacy;
   tutto questo desta preoccupazione per i pesanti disservizi che si ripercuotono sugli operatori delle aziende sanitarie costretti a sovraccarichi lavorativi, sui cittadini vittime dei disservizi e sulla sicurezza e correttezza dei dati;
   si deve infine ricordare che le nuove procedure, prevedendo l'invio postale delle nuove patenti con relativi costi a carico dei destinatari, non tengono conto del fatto che i rinnovi con limitazioni temporali a sei mesi, previsti per le visite in Commissione medica locale, comporteranno aggravi di spesa per il cittadino –:
   se il ministro, al fine di evitare i gravi disservizi già verificatisi, non si possa attivare per prorogare, come richiesto dalle regioni, il termine ultimo previsto dal decreto del 15 novembre 2013;
   se il Ministro abbia intenzione di istituire un tavolo di lavoro tecnico con rappresentanti delle strutture interessate, al fine di correggere errori informatici e procedurali;
   se non si possano fornire da subito credenziali di accesso personalizzate ad ogni operatore coinvolto al fine di rispettare le norme sul trattamento dati.
(3-00644)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   è di qualche giorno fa la notizia, riportata su quotidiani locali e nazionali, che l'importantissima strada statale 163 «Amalfitana» resterà chiusa, senza nessuna certezza sui tempi di riapertura;
   la principale arteria di collegamento tra la Costiera, Salerno e la Penisola Sorrentina, era stata interdetta alla circolazione lo scorso 14 gennaio 2014, a seguito di una caduta massi di notevoli dimensioni;
   successivamente, dopo circa dieci giorni, la proprietà del costone avrebbe eseguito un primo intervento di bonifica della zona interessata dal crollo e sulla quale sarebbero state riscontrate altre fratture da sanare con interventi di difesa del suolo;
   quella della roccia in questione era una situazione già nota alle autorità competenti, tanto che per quel tratto è stata prevista un'imponente azione di mitigazione del rischio frane, in una prospettiva di medio-lungo periodo;
   la progettazione che prevede la messa in sicurezza di molti costoni sovrastanti la statale (ci sarebbe un finanziamento di 6 milioni) sarebbe però ancora in una fase preliminare, nonostante entro giugno dovrebbe avviarsi quella definitiva;
   nell'immediato, quello che era necessario fare sembrerebbe essere stato fatto ed è per questo che non si comprende la mancata riapertura della strada;
   il nodo da sciogliere sembrerebbe essere quello delle condizioni di sicurezza che al momento, secondo quanto riportato nella perizia geologica presentata dai proprietari del costone, non sussisterebbero;
   tale relazione vincolerebbe l'apertura della strada statale 163 a un nuovo approfondimento in quanto «permangono situazioni visibili a distanza di instabilità di blocchi che meritano maggior dettaglio prevedibilmente con opere di difesa»;
   in particolare, come si legge nella perizia di parte, «dette situazioni di rischio impongono uno studio diretto di maggior dettaglio delle condizioni del costone con cui sarà possibile individuare gli interventi di sistemazione, di difesa e di mitigazione del rischio di distacchi»;
   questi interventi sarebbero, però, già previsti nell'ambito degli accordi di programma quadro della difesa suolo, appaltabili entro giugno;
   non appare chiaro se il problema riapertura sia legato alla situazione complessiva dell'intero costone oppure alla sola area di distacco lungo la quale sono stati eseguiti, in ottemperanza all'ordinanza del sindaco di Conca, alcuni interventi di scerbatura e di disgaggio dei massi pericolanti;
   alla luce dei contenuti della perizia geologica e delle ulteriori indagini tecniche circa i confini delle rispettive proprietà, l'Anas avrebbe deciso di prendere tempo, senza alcuna certezza sul ripristino della circolazione stradale;
   tale situazione sta creando inevitabilmente malcontento e polemiche tra quanti invocano giustamente certezza sui tempi di riapertura dell'importantissima arteria;
   la chiusura della Statale tra Positano e Praiano ha, infatti, paralizzato la Costiera Amalfitana, con notevoli disagi per i cittadini costretti a fare salti mortali per spostarsi e raggiungere scuole, uffici e ospedale;
   il perdurare della chiusura della strada statale Amalfitana sta causando danni incalcolabili anche alle aziende, già in seria sofferenza a seguito dell'attuale recessione;
   come denunciato dallo stesso presidente della Confederazione italiana esercenti commercianti (CIDEC) di Salerno, Giacomo La Marca, in un momento particolare per le attività commerciali di qualsiasi settore, con la chiusura della statale amalfitana, gli esercenti della costiera, hanno avvertito un forte calo di presenze;
   tale grave situazione richiede un intervento urgente e definitivo, soprattutto se si considera che già negli anni scorsi, sempre nello stesso tratto, trascorsero diversi mesi prima che la strada fosse riaperta al traffico veicolare, con la conseguenza di numerose attività che furono costrette a chiudere bottega –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità e urgenza degli stessi, quali provvedimenti intenda adottare per agevolare l'apertura di un tavolo tecnico a garanzia dell'immediata apertura della strada statale 163 «Amalfitana», strategica via di collegamento tra la Costiera, Salerno e la Penisola Sorrentina. (4-03668)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZAPPULLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 27 novembre 2013, su procedimento penale avviato il 21 ottobre e su richiesta di misure cautelari personali, la procura distrettuale della Repubblica presso il tribunale di Catania direzione distrettuale antimafia ha proceduto all'arresto (domiciliari per alcuni) di 24 persone e altre ancora sono indagate;
   i capi di imputazione sono vari ed articolati e vanno dai delitti contro la persona e il patrimonio al traffico di sostanze stupefacenti, ma rimane centrale l'accusa di associazione per delinquere di tipo mafioso del cosiddetto «Gruppo della Civita», inserito nell'associazione di tipo mafioso denominato «Santapaola-Ercolano»;
   l'attività principale di detta associazione tendeva a produrre vantaggi economici e profitti impropri soprattutto attraverso l'acquisizione, in modo diretto o indiretto, la gestione e il controllo di attività economiche;
   una delle attività economiche al centro delle indagini, confermate e conclamate da intercettazioni ambientali e di varia natura, è la Igm Ambiente s.r.l di Siracusa del signor Giulio Quercioli Dossena sottoposto a ripetute estorsioni;
   la stessa impresa, e il titolare, gestisce da diversi decenni uno dei servizi più importanti e delicati per l'intera città di Siracusa, ovvero la raccolta dei rifiuti urbani;
   il servizio è allo stato in regime di prorogatio dal comune di Siracusa in attesa della definizione di una gara d'appalto;
   la famiglia Quercioli è tra le più affermate nel mondo dell'imprenditoria locale ed ha rapporti con la pubblica amministrazione da diversi decenni. L'ultimo contratto con il comune di Siracusa per il servizio di raccolta dei rifiuti urbani risale al 2003 con scadenza nel 2008 con la previsione di un anno di proroga. Dal 2009 si è in regime di proroga e il prossimo bando non potrà tardare oltre la prossima primavera;
   il territorio siracusano è già fortemente turbato dal fallimento della società Sai 8 che ha gestito un altro dei servizi fondamentali per l'intera comunità ovvero la gestione dell'acqua e del servizio idrico;
   le diverse azioni sferrate alla criminalità organizzata e alla mafia dalla magistratura, forze dell'ordine e dalla stessa direzione di Catania testimonia la forza e la capacità dello Stato e dei suoi organi ispettivi e repressivi, ma anche la sussistenza di una ancora pericolosa rete economica-affaristica-criminale che si muove in tutti i settori economici della provincia;
   permane forte la preoccupazione e l'inquietudine degli ambienti più avvertiti della città, anche e soprattutto alla luce della nuova gara d'appalto che il comune di Siracusa dovrà attivare per la raccolta dei rifiuti urbani –:
   se il Ministro non ritenga opportuno, utile e necessario, per quanto di competenza, un approfondimento delle tematiche suesposte, a sostegno della legalità, della trasparenza, della serenità delle comunità e a conforto delle stesse decisioni a cui saranno chiamati gli amministratori e i consiglieri della città di Siracusa.
(5-02206)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BECHIS, BALDASSARRE, COMINARDI, ROSTELLATO, CIPRINI, RIZZETTO, DALL'OSSO, BARONI, CECCONI, BRESCIA, VACCA, SIMONE VALENTE, LUIGI GALLO, MARZANA, D'UVA, BATTELLI, CHIMIENTI, BARBANTI, PESCO, ALBERTI, PAOLO BERNINI, BASILIO, CORDA, RIZZO, ARTINI, VILLAROSA, DAGA, SEGONI, BUSTO, DI BATTISTA, DE ROSA, PARENTELA, TOFALO, DE LORENZIS, DI BENEDETTO, PRODANI, DA VILLA, GALLINELLA, LUPO, MANLIO DI STEFANO, TACCONI e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ad oggi solo pochi comuni concedono la residenza alle persone senza tetto con la conseguenza pratica di non consentire ipso facto l'accesso dei «senza tetto» al Servizio sanitario nazionale, esponendo così, tra le altre cose, tutti i cittadini a rischi legati alla mancanza di profilassi per un numero non trascurabile di soggetti, a ciò si aggiunga l'ulteriore conseguenza relativa alla esclusione dei senza tetto da politiche attive del lavoro e più in generale alle politiche di reinserimento sociale;
   invero ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 1228 del 24 dicembre del 1954, «la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel comune dove ha stabilito il proprio domicilio», così come ai sensi dell'articolo 43 del codice civile «Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. La residenza e nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale»;
   la giurisprudenza ha evidenziato che sono due gli elementi costitutivi della residenza: un elemento oggettivo rappresentato dalla permanenza abituale della persona in un determinato luogo, un elemento soggettivo costituito dalla volontarietà di tale permanenza, dall'intenzione di abitare stabilmente nella dimora indicata. In relazione a tale ultimo elemento la Cassazione ha avuto modo di rilevare che «l'intenzione è rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali» (Cass. 14 marzo 1986 n. 1738 in Mass. Giust. Civ. 1986, fase. 3, conforme anche Cass. 1972 n. 126);
   secondo la Suprema Corte, inoltre, «per determinare il momento in cui può ritenersi acquistata la residenza non è necessario, peraltro, che la permanenza in un determinato posto si sia già protratta per un tempo più o meno lungo, ma è sufficiente accertare che la persona abbia fissato in quel posto la propria dimora con l'intenzione, desumibile da ogni elemento di prova anche con giudizio ex post, di stabilirvisi in modo non temporaneo» (Cass. 6 luglio 1983 n. 4525 in Mass. Giust. civ., fase. 7). Del resto, sempre secondo quanto stabilito dalla Cassazione «La residenza è un fatto giuridico che incide in modo obiettivo su una situazione giuridica, fonte di diritti e doveri in un determinato Comune. L'interessato, pertanto, è legittimato a proporre in via autonoma azione di accertamento giudiziale sull'effettiva sua residenza in un Comune» (Cass. 1081/68);
   la giurisprudenza riconosce l'esistenza di un diritto alla residenza, qualificandolo come diritto soggettivo e, rispetto a tale diritto, la legge non attribuisce all'autorità amministrativa alcuna sfera di discrezionalità, ma le commette compiti di mero accertamento;
   il giudice ordinario ha la possibilità di emettere una sentenza di condanna ad un facere, nei confronti della pubblica amministrazione, oltre che di condanna al risarcimento del danno. Una sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 17 novembre 1984 n. 5834, infatti, ha stabilito che il giudice ordinario, munito di giurisdizione sulla domanda proposta dal privato cittadino per tutelare i propri diritti dai danni che possano derivare da un comportamento omissivo della pubblica amministrazione, con riguardo ad azioni o omissioni della pubblica amministrazione medesima che non configurino espressione di attività amministrativa, ma meri comportamenti materiali in contrasto con i precetti posti dalla prudenza o dalla tecnica a salvaguardia dei diritti altrui, «può non soltanto accertare gli obblighi della amministrazione medesima, ma anche pronunciare condanna di essa ad un “facere” specifico, ove detto “facere” non costituisca attività provvedimentale, o, comunque, riservata all'esclusivo apprezzamento delle competenti autorità amministrative» (Cass. civ. sez. un. 17 novembre 1984 n. 5835 in Mass. Giust. Civ. 1984 fasc. 11);
   la legge n. 833 del 1978, che istituisce il Servizio sanitario nazionale (SSN), individua nella residenza il criterio normale di collegamento tra utente e azienda sanitaria locale (ASL). In base all'articolo 19, terzo comma, della legge n. 833 del 1978, il criterio di collegamento fra l'utente e la ASL è, infatti, la residenza anagrafica. Alla persona sprovvista di residenza è quindi di fatto precluso l'esercizio del diritto alla salute, poiché il citato articolo 19 della legge n. 833 del 1978 stabilisce che per accedere alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale occorre essere iscritti in appositi elenchi presso l'ASL nel cui territorio l'utente ha fissato la sua residenza –:
   cosa intendano fare per garantire il diritto alla residenza alle persone senza tetto;
   se i Ministri interrogati ritengano opportuno adottare ogni più opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, al fine di facilitare l'accesso al diritto alla residenza da parte delle persone senza tetto. (4-03656)


   LAFORGIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Milano ha predisposto in questi mesi un efficiente sistema di accoglienza per centinaia di profughi siriani, in stretta collaborazione con la prefettura;
   il 19 febbraio 2014 il comune di Milano ha dovuto far fronte all'arrivo di 74 cittadini siriani, fra cui venticinque bambini, provenienti da Catania, cui vanno aggiunte ventidue persone arrivate spontaneamente nel centro di accoglienza di via Fratelli Zoia e diciotto inviate dalla questura;
   in questi mesi il comune di Milano ha risposto autonomamente e senza alcun tipo di sostegno logistico e finanziario all'emergenza riguardante i flussi migratori di milleottocento cittadini siriani in attesa dell'audizione per la richiesta di asilo e alla definizione del loro status giuridico;
   le strutture di accoglienza del comune di Milano sono arrivate al livello di saturazione e quindi non sono più in grado di rispondere all'emergenza;
   l'ANCI ha richiesto nel settembre del 2013 la definizione di un sistema strutturato, adeguato e monitorabile, per l'accoglienza dei minori stranieri, categoria cui viene assicurato dai comuni un più elevato livello di protezione, oltre che una presa di posizione forte in sede comunitaria per una maggiore e più concreta condivisione di responsabilità fra gli Stati membri in merito alla gestione dei richiedenti asilo sulle coste italiane;
   il Ministro Delrio ha fornito ampie rassicurazioni, a partire dallo stanziamento delle risorse necessarie per l'intera copertura dei costi sostenuti per l'accoglienza e al rafforzamento dello Sprar che potrebbe essere ampliato fino a 16.000 posti, avviandosi verso la definizione di un sistema unico di accoglienza –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione di emergenza in cui si trovano numerosi comuni italiani;
   se si stia predisponendo un piano che garantisca la gestione dei flussi migratori;
   se si stia predisponendo l'annunciato sistema unico di accoglienza, garantendo risorse al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo e, quindi, al Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, così che i comuni abbiano la possibilità di rispondere tempestivamente ai flussi migratori. (4-03665)


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Opera del Duomo di Orvieto è un ente dotato di autonomia giuridica che si configura come organizzazione non a fini di lucro con la qualifica di ONLUS, stato giuridico che l'opera ha acquisito dal 1998;
   essa ha il compito di provvedere alla manutenzione e conservazione del Duomo e all'amministrazione dei suoi beni, compresa un'azienda agraria di oltre 450 ettari;
   la gestione dell'Opera è affidata ad un Consiglio di amministrazione, di durata triennale, composto da sette membri, residenti nel comune di Orvieto e professanti la religione cattolica: due nominati dal Vescovo e cinque nominati dal Ministro dell'interno, sentito l'Ordinario diocesano. L'elezione del presidente avviene nel seno dello stesso consiglio tramite votazione segreta, cui segue il provvedimento di nomina del Ministro dell'interno;
   da fonti giornalistiche (Giornale dell'Umbria del 9 febbraio 2014) risulta che sarebbe stato firmato dal Ministro il decreto di nomina dei membri del nuovo consiglio di amministrazione con il quale è stata confermata – tra gli altri – la nomina per la quarta volta dell'avvocato Francesco Venturi, già presidente del consiglio di amministrazione per ben nove anni;
   gli altri consiglieri di nomina ministeriale sono: la scrittrice Susanna Tamaro, «residente da anni nelle campagne di Porano» (da Giornale dell'Umbria), Caterina Leonardi, l'ex presidente del consorzio vini, Carlo Bottai e Alessandro Attioli;
   con interrogazione a risposta scritta (n. 4/02411 del 6 novembre 2013) diretta al Ministro per i beni e le attività culturali rimasta priva di riscontro, l'interrogante chiedeva spiegazioni in ordine alla gestione degli interventi di manutenzione e/o restauro del gruppo scultoreo della Maestà collocata sulla facciata del Duomo –:
   se l’iter che ha portato al decreto di nomina dei membri del consiglio di amministrazione dell'Opera del Duomo di Orvieto abbia seguito un percorso rispettoso delle disposizioni legali e statutarie e se la scelta sia stata ispirata a criteri di competenza, professionalità e prestigio necessari a ricoprire tale incarico, tenendo conto anche dei risultati conseguiti nella passata gestione dai consiglieri ora rinominati;
   se le procedure per la individuazione e nomina dei membri del consiglio di amministrazione siano avvenute nel pieno rispetto delle disposizioni legali e statutarie dell'Opera del Duomo di Orvieto anche in ordine alla residenza dei nominati.
(4-03679)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   PES. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale 5 febbraio 2014, n. 185, disciplina la definizione dei posti disponibili per le immatricolazioni al corso di laurea magistrale in medicina veterinaria per l'anno scolastico 2014/2015;
   in base alla legge 30 luglio 2002, n.189, articolo 26, al dipartimento di medicina e veterinaria dell'università di Sassari sono state assegnate 24 unità;
   nell'anno accademico 2003/2004, la facoltà, per garantire un corso di studio di qualità e a seguito del mancato raggiungimento dei parametri richiesti dalla Commissione Europea, ha deciso, autonomamente, di ridurre il numero delle matricole da 80 (+10 studenti non comunitari) a 45 (+ 5 non comunitari);
   negli anni accademici successivi, a seguito di tagli effettuati progressivamente in tutta Italia e senza alcuna considerazione della precedente autoriduzione, l'università di Sassari ha subito una ulteriore decurtazione di posti di veterinaria;
   nel mese di luglio 2012, il rettore, professor Attilio Mastino ha inoltrato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca una richiesta di modifica del decreto di definizione dei posti disponibili per le immatricolazioni, tale da evitare la prospettiva di chiusura dell'unica facoltà di medicina veterinaria della Sardegna, nata nel 1928, ben inserita nel panorama nazionale ed internazionale, grazie ai numerosi e diversificati rapporti scientifici costruiti nel tempo dai docenti dell'ateneo sassarese e documentati dalla presenza di numerosi visiting professors;
   nel mese di maggio 2013, la Commissione EAEVE, organismo che si occupa del controllo della qualità della formazione veterinaria a livello europeo, ha, comunque, approvato gli standard qualitativi e formativi del corso di Sassari, assicurandone il riconoscimento, seppur con un numero basso di immatricolati;
   con la nota protocollo 1268 del 2 luglio 2010, il direttore generale, dottor Marco Tomasi, ha stabilito che gli accessi ai posti in medicina veterinaria devono essere prorogati fino al 2014 in attesa di avere nuove determinazioni da parte della Commissione EAEVE (European association of establishment for veterinary education);
   la recente disposizione ministeriale, decreto ministeriale n. 185 del 2014 colloca il dipartimento della facoltà di medicina veterinaria di Sassari all'ultimo posto nel panorama nazionale per il numero di accessi;
   la Sardegna si caratterizza per un rilevante e particolare patrimonio zootecnico;
   la competenza scientifica acquisita negli anni nel campo dell'allevamento e della salute degli animali risulta di primissimo livello;
   la facoltà di veterinaria ha un numero adeguato di docenti e una sede con strutture relativamente recenti;
   la penalizzazione del dipartimento di Sassari riguarda in particolar modo gli studenti che, a causa dell'isolamento geografico della facoltà, rispetto a quelle nazionali, saranno costretti a notevoli svantaggi logistici e a formarsi in facoltà che hanno tradizioni e specie zootecniche differenti rispetto alla Sardegna –:
   se, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga doveroso rivedere la tabella dei posti disponibili per l'accesso al corso di laurea in medicina veterinaria per l'anno accademico 2014/2015, diluendo negli anni successivi le riduzioni apportate agli accessi programmatici dei corsi in medicina, veterinaria in attesa di ulteriori disposizioni della Commissione EAEVE.
(4-03667)


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il «cultore della materia» è una figura accademica abilitata a far parte delle commissioni di esame e laurea nelle università italiane in virtù dell'articolo 42, secondo comma, del regio decreto 4 giugno 1938, n. 1269, recante il «Regolamento sugli studenti, i titoli accademici, gli esami di Stato e l'assistenza scolastica nelle università e negli istituti superiori», per quanto i relativi requisiti e le procedure di nomina non siano fissate dalla ridetta norma, bensì del tutto rimessi all'Autonoma determinazione dei singoli atenei, e più in particolare, delle singole facoltà o dipartimenti;
   in alcune università, i cultori sono così nominati dal consiglio di facoltà o di dipartimento, su segnalazione del docente del settore scientifico-disciplinare interessato, per l'attribuzione del titolo a laureati e studiosi che abbiano mostrato un forte impegno e una conoscenza approfondita, accompagnati da studi e pubblicazioni specifiche, nella medesima materia;
   a tal fine, alcuni atenei oppure singole facoltà o dipartimenti, si sono dotati di appositi regolamenti per la determinazione dei requisiti di nomina e la relativa procedura di attribuzione del titolo da parte dell'organo collegiale della facoltà o del dipartimento, prevedendo in genere almeno il possesso del diploma di laurea magistrale o specialistica, unitamente a specifici titoli e pubblicazioni nella materia relativa;
   in altri atenei risulta invece del tutto assente tale predeterminazione dei requisiti, di talché la nomina avviene da parte del consiglio di facoltà o di dipartimento sulla scorta di non meglio precisati criteri a giudizio dell'interrogante con relativa possibilità di abusi nell'attribuzione del titolo a soggetti privi di idonei e sufficienti requisiti;
   tale aspetto è ancor più grave laddove si consideri che i medesimi sono chiamati a svolgere attività di valutazione degli studenti nell'ambito degli esami di profitto, come loro riconosciuto dal citato articolo 42, secondo comma, regio decreto n. 1269 del 1938 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra richiamati;
   se intenda assumere ogni iniziativa di competenza per pervenire all'introduzione dell'obbligo degli atenei di predeterminare i requisiti e le procedure di nomina dei cultori della materia;
   se intenda assumere ogni iniziativa di competenza per pervenire a un rafforzamento del principio meritocratico nella vita degli atenei italiani in modo da evitare il ripetersi di fenomeni come quello descritto in premessa. (4-03680)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO, BECHIS, TRIPIEDI, COMINARDI, BALDASSARRE, CHIMIENTI, RIZZETTO e CIPRINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa una vicenda che ha come protagonista una lavoratrice;
   la lavoratrice in questione, insieme ad un'altra sua collega in data 18 aprile 2009, viene licenziata dall'Unicoop Tirreno a seguito di cessione di ramo d'azienda di un punto vendita della catena, attivo in provincia di Avellino, in favore di Immobiliare s.r.l. sul presupposto della impossibilità di reintegrarle nel posto precedentemente occupato e con mansioni equivalenti;
   le due lavoratrici avevano già adito l'autorità giudiziaria impugnando con ricorso d'urgenza il trasferimento d'azienda citato e ottenendo dal tribunale di Avellino – con ordinanza di primo grado del 21 luglio 2009, confermata da pronuncia collegiale del 27 luglio 2010 – il reintegro nel posto di lavoro;
   a seguito delle lettere di licenziamento pervenute le lavoratrici ricorrevano nuovamente all'autorità giudiziaria ottenendo, in data 10 aprile 2013, una nuova pronuncia del tribunale di Avellino nella quale veniva ribadita l'illegittimità dei licenziamenti in questione e il reintegro delle lavoratrici con le mansioni e la qualifica in godimento all'atto di licenziamento;
   nonostante le disposizioni del giudice, la lavoratrice in questione non viene reintegrata, fino a quando, notizia apparsa sui quotidiani di questi giorni, in conclusione si dà seguito alla sentenza, con una particolarità: la nuova sede di lavoro della lavoratrice sarà a Orbetello (Grosseto), ad oltre 400 chilometri dalla sua residenza che si trova a Solofra (Avellino);
   tale comportamento non appare agli interroganti plausibile e motivato –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se non intenda assumere iniziative normative volte a rafforzare gli strumenti giurisdizionali in modo da impedire il ripetersi di situazioni come quella su esposta;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative normative volte a controllare e tutelare il lavoratore in caso di reintegra, soprattutto nei casi in cui non venga dato seguito alle ordinanze, come nel caso di cui in premessa, onde evitare eventuali comportamenti di ritorsione e rappresaglia. (5-02212)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LAVAGNO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Gruppo Magnetti di Bergamo, presente nella provincia da oltre due secoli, comprende quattro unità di business specializzate, leader nei propri settori, operanti in diversi ambiti dell'edilizia;
   la ditta è specializzata in costruzioni di edifici a destinazione industriale e commerciale, di soluzioni architettoniche e tecniche in blocchi facciavista e da intonaco, per tamponamento e rivestimento, pavimentazioni in calcestruzzo per spazi esterni e la riqualificazione di aree urbane, commerciali e industriali, e rivestimenti alle fonti di energia rinnovabile;
   alle spalle il Gruppo ha due secoli di attività e tre divisioni, Magnetti Building Spa, Magnetti Spa e Record srl, con 420 dipendenti suddivisi nelle sedi produttive di Montone, in provincia di Perugia, Pavia e Carvico, in provincia di Bergamo;
   l'azienda di manufatti in cemento ex Maer di Sommariva Bosco, in provincia di Cuneo, oggi in capo al Gruppo Magnetti di Bergamo, già in procedura di concordato dalla scorsa estate, ha annunciato formalmente ai rappresentanti sindacali la decisione di sospendere completamente la produzione del sito e di procedere di conseguenza alla collocazione in cassa integrazione straordinaria a zero ore di tutti i 27 lavoratori fino al settembre 2014, nonostante il mercato aziendale nella zona sia in discreta salute, abbandonando la propria «fetta di mercato» e perdendo così ogni possibilità di ripartenza degli impianti;
   la ditta ha già avuto consistenti tagli di personale negli scorsi anni, in quanto 10 anni fa i lavoratori erano più di 80 unità –:
   se siano a conoscenza delle problematiche sopra esposte e quali azioni intendano intraprendere per salvaguardare gli attuali livelli occupazionali. (4-03660)


   BALDASSARRE, BECHIS, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI, ROSTELLATO e CHIMIENTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   come si evince da un articolo a firma di Vitaliano D'Angerio, pubblicato su Il Sole-24 ore, in data 19 febbraio 2014, si sono chiuse le indagini dell'inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dal pubblico ministero Corrado Fasanelli nei confronti dell'ex-gruppo di vertice dell'ente nazionale di previdenza dei medici (ENPAM);
   gli avvisi di chiusura delle indagini sono stati notificati a quattro indagati: Eolo Parodi – ex presidente dell'ente –, Leonardo Zongoli – ex direttore generale –, Roberto Roseti – ex responsabile degli investimenti finanziari – e Maurizio Dallocchio;
   i quattro suddetti sono accusati di truffa aggravata in concorso tra loro e di ostacolo alle funzioni di vigilanza;
   l'inchiesta sta analizzando e verificando alcune scelte d'investimento effettuate, apparentemente, in contrasto a due delibere del consiglio di amministrazione che indicavano specifiche istruzioni sul profilo di rischio conservativo e prudenziale da adottare nelle scelte d'investimento;
   dalle indagini tali istruzioni sul profilo di rischio sugli investimenti sembrano essere state totalmente disattese avendo portato a perdite nell'ordine di 250 milioni di euro;
   dalla pubblica accusa emerge che i soggetti indagati suddetti avrebbero agito: «con artifizi e raggiri (...) inducevano in errore i membri del comitato investimenti che esprimevano parere favorevole e i membri del consiglio (...) che deliberavano la sottoscrizione (...) così procuravano un ingiusto profitto (...) con danno dell'Enpam»;
   come si evince da un articolo a firma Valeria Pacelli, pubblicato su Il Fatto Quotidiano, in data 19 febbraio 2014, in merito al «buco nelle pensioni dei medici», i pm avrebbero scoperto come dal 2006 in poi siano stati investiti circa 2 miliardi e 940 milioni di euro in derivati tossici;
   tra le varie contestazioni, alcune riguardano i seguenti casi: Oak Harbour e dell'Oak Harbour III entrambi emesse dalla Saphir Finance Plc, veicolo riconducibile alla Lehman Brothers, della Eirles Two 10y Eur Momentum Cppi emessa dalla Eirles Two Ltd della Corsair Finance Spi Rotator on S&P funds On E Static Prortfolio Note, emessa dalla Corsair Finance proposta dalla Jp Morgan;
   dall'articolo suddetto de Il Fatto Quotidiano emerge che il valore nominale riguardante le obbligazioni Oak Harbour ammontava a 20 milioni di euro e che l'Enpam nell'ottobre 2011 si vedeva restituire solo il 79 per cento del capitale investito perdendo così un rendiconto cedolare secco di 9 milioni di euro;
   a parere dell'interrogante, le operazioni suddette, sembrerebbero state fatte passare, alle autorità di vigilanza competenti quali i Ministri interrogati e la Corte dei conti, come tese alla composizione di un portafoglio efficiente, con profili di rischio contenuto, a elevato rating e congruo livello di liquidità –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti e, se per quanto di propria competenza, possano fornire dettagli in merito all'azione di vigilanza che hanno attuato ovvero non attuato al fine di analizzare e valutare gli investimenti in premessa;
   se e quali iniziative, i Ministri interrogati, intendano intraprendere al fine di porre in essere un efficace controllo sulle critiche situazioni analoghe a quella suddetta concernenti i vari enti previdenziali e se non ritengano necessario un intervento normativo in tal senso;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno intervenire, anche a livello normativo, al fine di limitare l'accesso agli organi di tali enti a tutti i soggetti che possano avere in qualsiasi modo eventuali conflitti di interessi. (4-03675)


   TRIPIEDI, COMINARDI, ROSTELLATO, BECHIS, CHIMIENTI, RIZZETTO, BALDASSARRE, CIPRINI, DE ROSA, CARINELLI, MANLIO DI STEFANO, CASO, PESCO, DI BATTISTA e ALBERTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Privalia, multinazionale spagnola che si occupa di e-commerce al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via internet, ha sedi in Spagna a Barcellona, in Brasile a San Paolo, in Messico a Città del Messico, in Germania a Francoforte e, dall'anno 2007, in Italia a Milano;
   dal 2006 al 2012, Privalia ha raggiunto la soglia dei 15 milioni di soci iscritti on-line, superando i 422 milioni di euro in vendite;
   l'azienda ha assunto più di un migliaio di dipendenti in tutto il mondo nel corso degli ultimi anni;
   nonostante i bilanci di chiusura positivi anche per l'anno 2013, l'azienda, a metà gennaio 2014, ha comunicato il licenziamento a 52 dei 118 dipendenti del sito di Milano, tutti giovani assunti con contratto a tempo indeterminato;
   per quasi un mese, gli interessati hanno comunque continuato a lavorare con la speranza ci fosse un ripensamento dell'azienda sulla decisione presa;
   nonostante ciò, all'ultimo tavolo tenutosi successivamente ai licenziamenti, la dirigenza di Privalia ha mostrato una totale chiusura nei confronti dei lavoratori licenziati, limitandosi alla proposta di un'eventuale opportunità di trasferimento degli stessi nei siti di Barcellona o di San Paolo o, in alternativa, ad una buonuscita di 6.000 euro lordi a lavoratore;
   tali proposte, considerate illogiche e poco serie dai lavoratori e dalle parti sociali, hanno portato gli stessi allo stato di agitazione ad oltranza davanti alla sede di Milano, iniziato in data 13 febbraio 2014 –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della suddetta vicenda;
   se i Ministri interrogati intendano assumere provvedimenti e quali a tutela dell'occupazione e degli effetti sociali degli annunciati licenziamenti. (4-03677)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 31 gennaio 2013 è stato adottato il programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2013-2015 al fine di assicurare la tutela dell'ecosistema marino e della concorrenza e di garantire la competitività del settore ittico;
   per il riposizionamento della filiera, quale obiettivo prioritario del nuovo programma nazionale triennale, il programma stesso intende ampliare e valorizzare gli obiettivi della tradizionale strategia di comunicazione in funzione della forte esigenza di adattamento del mondo della pesca italiano ai nuovi scenari. In particolare, la comunicazione istituzionale è chiamata a sostenere questo processo rafforzando in particolare le azioni di comunicazione rivolte agli operatori e chiamando le associazioni ad un ruolo attivo nel sostenere questo sforzo di coinvolgimento della categoria su nuovi assetti, principi e obiettivi;
   tra gli obiettivi strategici del citato programma vi sono la riqualificazione dei programmi di comunicazione per il miglioramento dell'immagine del settore e della tutela dei consumatori attraverso un'informazione efficace e trasparente, nonché la revisione delle strategie e degli strumenti della comunicazione e dell'informazione istituzionale come leva per promuovere l'adattamento del settore ai nuovi scenari e la nuova identità della filiera come risorsa multifunzionale del Paese;
   il medesimo programma fa riferimento alla necessità di attivare un nuovo programma di comunicazione del sistema pesca Italia, articolato in due modalità di intervento: comunicazione istituzionale in senso stretto, propria dell'organismo pubblico, e comunicazione convenzionata, effettuata dall'organismo pubblico in convenzione con i soggetti associativi destinatari degli interventi del programma triennale, valorizzando anche le esperienze e competenze delle strutture unitarie attive nel campo della promozione;
   su questo punto si specifica che nell'ambito dell'attività di comunicazione istituzionale dovranno essere rafforzati gli interventi volti a valorizzare le produzioni, con particolare attenzione alle specie eccedentarie, e sostenere l'immagine del settore. Oltre al rafforzamento degli strumenti tradizionali della comunicazione istituzionale, il programma prevede che sarebbe opportuno avvalersi delle potenzialità offerte dallo sviluppo tecnologico delle piattaforme digitali multimediali e multicanale, che con una maggiore economicità di produzione e gestione rispetto ai media tradizionali, consente strategie di comunicazione integrata, capaci di ottimizzare e utilizzare al meglio le piattaforme disponibili e di articolare l'offerta di contenuti nel rispetto dei contesti di fruizione e dei differenti pubblici potenziali, virtualmente illimitati;
   nel dicembre 2013 il comitato di progetto incaricato di fornire indirizzi strategici per la realizzazione delle attività di comunicazione previste in attuazione del menzionato programma nazionale triennale ha ritenuto che la trasmissione televisiva dedicata al mare e alle sue risorse «Pianeta Mare», in onda la domenica mattina su Rete Quattro, in virtù dei positivi risultati raggiunti negli anni precedenti e consolidati nelle dieci edizioni del programma realizzate in collaborazione con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, possa – come è riportato nelle premesse nel decreto della direzione generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell'ippica del 5 febbraio 2014 – costituire idoneo e valido strumento per illustrare le attività e le politiche del Ministero interessato;
   il citato decreto del 5 febbraio 2014 ha affidato la realizzazione di un progetto di comunicazione televisiva dedicato alla pesca e all'acquacoltura per l'anno 2014 all'interno della trasmissione televisiva «Pianeta Mare» mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara. La spesa per la realizzazione del progetto, preventivato sulla base dell'impegno finanziario assunto negli anni precedenti per il medesimo progetto, è pari a un milione e trecentosettantamila euro, compresa iva;
   il decreto dipartimentale n. 2723 del 21 novembre 2013 ha modificato l'articolo 2 della direttiva dipartimentale n. 2261 del 30 ottobre 2013, dopo solo un mese, autorizzando i dirigenti e i reggenti degli uffici dirigenziali di livello non generale ad assumere impegni e ad emettere i relativi ordini di pagare sui fondi di competenza e sui residui nell'ambito delle disponibilità assegnate senza limiti di spesa. Diversamente, invece, la citata direttiva di ottobre 2013 aveva disposto per i medesimi soggetti l'autorizzazione ad assumere impegni e ad emettere pagamenti per un importo non superiore a centomila euro inclusa iva –:
   quali siano i risultati raggiunti dalle edizioni passate del programma televisivo prescelto e quali siano le valutazioni sulla scorta delle quali il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha affidato la realizzazione del progetto di comunicazione televisiva dedicato alla pesca e all'acquacoltura;
   se sia opportuno l'impegno di spesa per la realizzazione del progetto, cui si è fatto riferimento nelle premesse, tenuto conto del particolare e attuale momento storico, di profonde difficoltà economiche e sociali, che il Paese sta vivendo;
   se la scelta dello strumento di comunicazione televisiva non sia in contrasto con gli obiettivi strategici del programma nazionale triennale e, in particolare, con l'esigenza espressa nello stesso di avvalersi delle potenzialità offerte dallo sviluppo tecnologico delle piattaforme digitali multimediali e multicanale, che con una maggiore economicità di produzione e gestione rispetto ai media tradizionali, consente strategie di comunicazione integrata.
(5-02202)


   PILI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il sistema zootecnico sardo, quello ovino e quello suinicolo della Sardegna per negligenza e l'incapacità del governo regionale e l'inerzia del governo nazionale è in ginocchio;
   gli allevatori sardi hanno avuto le greggi decimate dalla «blue tongue;
   gli allevatori suinicoli subiscono ormai da decenni la devastante peste suina africana;
   tutto questo è responsabilità della classe politica incapace di affrontare con determinazione e competenza questo dramma;
   non è stato messo in campo nessun piano strategico, straordinario e urgente per debellare queste gravi malattie;
   la situazione appare talmente grave e persistente che si potrebbe configurare in vero e proprio dolo grave teso a facilitare il lavoro di veri e propri speculatori;
   occorre intervenire con urgenza per salvare questi due comparti e bisogna farlo garantendo interventi rigorosi che sappiano costruire un serio e concreto piano di rilancio del settore zootecnico sardo;
   nei giorni scorsi sono state chiuse 342 aziende suinicole nel raggio di dieci chilometri, nell'area del Medio Campidano, ma soprattutto bloccati il 90 per cento delle produzioni industriali della Sardegna;
   si tratta dell'ennesimo durissimo colpo all'economia dell'isola che rischia di provocare danni per decine di milioni di euro;
   ad essere colpite le piccole ma soprattutto le più grandi aziende dell'isola per complessivi 40.000 capi che vengono bloccati;
   un danno senza precedenti che conferma la totale incapacità della regione e dello Stato a fronteggiare il virus che arriva nel cuore della produzione suina dell'isola;
   il Governo deve intervenire immediatamente commissariando gli organi preposti agli interventi necessari e improcrastinabili per evitare che il danno sia irreversibile;
   il report della commissione sanitaria europea sostiene con estrema chiarezza le responsabilità della regione nella gestione della catena di controllo;
   è la commissione a sostenere che niente è stato fatto per arginare questo fenomeno;
   occorre intervenire con l'attivazione di un pronto intervento in grado di monitorare la situazione e fare di tutto per evitare il disastro economico di un comparto di filiera come quello suino;
   la Sardegna è totalmente terra di conquista delle carni continentali;
   un danno inaudito a produzioni caratteristiche sarde bloccate per incapacità manifesta dei soggetti preposti all'intervento;
   per quanto riguarda il settore ovino è stato stanziato meno del 25 per cento delle risorse necessarie ad indennizzare i danni dell'ultima calamità legata alla blue tongue;
   i comuni non hanno avuto nessuna direttiva per la spesa e non si ha nessuna notizia sulla prossima campagna di vaccinazione;
   resta totalmente inattuata una politica preventiva antiparassitaria in grado di sconfiggere alla radice il male ormai endemico;
   è indispensabile riportare questi due comparti al centro dello sviluppo economico dell'isola –:
   se non ritengano i Ministri competenti di dover urgentemente intervenire per quanto di propria competenza, considerato che i due comparti rivestono ruolo strategico nazionale e che la situazione sanitaria e parassitaria può avere pericoli di contagio nel resto del Paese se non vengono debellate radicalmente le malattie;
   se non ritengano di dover intervenire con somma urgenza per rimuovere ogni ostacolo alla necessaria azione sanitaria e antiparassitaria;
   se i Ministri abbiano notizia di eventuali azioni tese alla diffusione con dolo dei virus della peste suina africana e della stessa blue tongue e se e quali iniziative abbiano assunto al riguardo;
   se non ritengano di dover assumere iniziative per quanto di competenza dirette a prevedere il risarcimento dei danni subiti dagli allevatori attraverso fondi di solidarietà per calamità sanitarie di questa portata;
   se non si ritenga di predisporre un piano di intervento emergenziale e strategico per sconfiggere e prevenire nel futuro simili gravi malattie. (5-02209)

Interrogazione a risposta scritta:


   GALLINELLA, GAGNARLI, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   i dottori agronomi e forestali, tra le altre attività previste dal loro ordinamento, possono svolgere attività ispettive, per conto di organismi di certificazione, presso aziende agricole o agroalimentari che intendano fregiarsi di certificati di varia tipologia, commerciale e non: biologico, denominazioni di origine, buone pratiche agricole (global gap) e così via;
   ad oggi, non risulta agli interroganti che esista alcuna norma che impedisca o limiti ad un professionista agronomo di poter svolgere la propria mansione di ispettore per conto di diversi organismi di certificazione;
   tuttavia, la direzione generale per il riconoscimento degli organismi di controllo certificazione e tutela del consumatore, con circolare n. 27585 del 18 dicembre 2009, ha affermato essere inopportuno che uno stesso professionista collabori con più organismi di certificazione operanti nel medesimo ambito, poiché tale situazione sarebbe idonea a determinare un conflitto di interesse che danneggerebbe, a parere della direzione generale, il buon andamento del mercato;
   tale parere della direzione generale per il riconoscimento degli organismi di controllo e certificazione, non vincolante, ha provocato e continua a provocare un atteggiamento timoroso da parte degli organismi di certificazione nell'intraprendere o proseguire il rapporto lavorativo con gli ispettori che svolgono attività anche presso altri organismi certificativi;
   la questione del conflitto d'interesse, così come descritta, è un aspetto dibattuto da tempo ma sul quale ad oggi non si sono ancora trovate idonee soluzioni che possano tutelare da una parte i professionisti dall'altra il buon andamento del mercato;
   l'assenza di una specifica norma o linee guida che disciplinino quanto meno i casi di divieto o limitazione dello svolgimento delle attività ispettive, ha portato fino ad ora il Ministero interrogato a procedere arbitrariamente, a quanto risulta agli interroganti senza supporto giuridico, definendo dei paletti ben precisi che spesso ledono i diritti professionali dei tecnici ispettori e provocando talvolta esposti o altri atti di richiesta di intervento delle autorità competenti;
   il Conaf, in seguito a sollecitazioni provenienti da diversi professionisti, operanti e non nel sistema delle certificazioni, ha organizzato un tavolo di lavoro con il Ministero dal quale è scaturito un documento condiviso, in linea con la recente riforma delle professioni ((decreto del Presidente della Repubblica) 137/2012 entrato in vigore il 15 agosto 2012) e con il rispetto del codice di condotta etico di ciascun professionista. L'iniziativa del Conaf, tuttavia, ad oggi non risulta abbia avuto alcun seguito –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del problema del conflitto di interessi riportato in premessa e di quali ulteriori elementi disponga in relazione a quanto espresso;
   se il Ministro interrogato non intenda fornire ogni elemento sull'esito dei tavoli di lavoro aperti con il Conaf e quali utili iniziative intenda intraprendere al fine di contribuire a rimuovere le cause che determinano la prospettata situazione del presunto conflitto di interessi che ricade sull'attività lavorativa dei tecnici ispettori.
(4-03657)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'INCÀ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   un organismo geneticamente modificato (OGM) è un essere vivente che possiede un patrimonio genetico modificato artificialmente tramite tecniche di ingegneria genetica;
   non è consentito procedere alla messa in coltura di sementi transgeniche in assenza delle previste autorizzazioni di legge;
   con sentenza n. 11148 depositata il 20 marzo 2012, la Cassazione penale è intervenuta in materia di coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) ribadendo l'esistenza nel nostro ordinamento del principio di coesistenza tra le diverse colture (convenzionale, biologica e transgenica), che deve essere attuato senza che le stesse possano reciprocamente compromettersi, in modo da tutelare le peculiarità e le specificità produttive di ciascuna ed evitare commistioni tra sementi, senza pregiudizi per le attività agricole preesistenti; dopo un articolato riepilogo delle norme interne e comunitarie vigenti in materia, la Cassazione evidenzia, in linea con quanto già affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 116/2006), la presenza del già richiamato principio di coesistenza in materia. In buona sostanza, la disciplina comunitaria – si legge nella sentenza – si occupa di tutelare l'ambiente, la vita e la salute di uomini, animali e piante, ma consente alla normativa interna la possibilità di adottare le misure più opportune per limitare gli effetti economici connessi alle potenzialità diffusive degli OGM e, quindi, non compromettendo la biodiversità dell'ambiente naturale, così da garantire la libertà di iniziativa economica, il diritto di scelta dei consumatori e la qualità e la tipicità della produzione nazionale;
   la regione Toscana, con legge regionale n. 53 del 6 aprile 2000, pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 17, ha vietato la coltivazione sul territorio di organismi geneticamente modificati ed ha altresì vietato la somministrazione di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati nelle attività di ristorazione collettiva scolastica e prescolastica, degli ospedali luoghi di cura della regione, degli uffici della regione, delle province e dei comuni. Tale legge regionale è stato il primo esempio del genere in Italia;
   la legge regionale n. 53 del 2000 altro non è che il recepimento dei principi di precauzione e di salvaguardia della salute umana e di tutela dell'ambiente sancite dalle decisioni comunitarie;
   in Italia la maggior parte delle regioni ed un numero crescente di comuni (circa 3.000 negli ultimi due anni con la prospettiva di arrivare a breve a 5.000), si schierano contro le coltivazioni Ogm e si sono dichiarati «liberi da OGM», perché non è pensabile poter far convivere produzioni agricole Ogm con le produzioni biologiche che, ormai ovunque, stanno assumendo un ruolo molto importante sia in termini economici, sia di presidio del territorio, coinvolgendo centinaia di piccole e medie aziende agricole, spesso formate da giovani imprenditori;
   è necessario adottare rigide misure al fine di tutelare la biodiversità degli ecosistemi locali, le produzioni di qualità e tradizionali che i territori esprimono, stante anche le richieste di autorizzazione per coltivare prodotti Ogm;
   ad oggi, non abbiamo la certezza scientifica che gli organismi Ogm siano innocui per la salute umana e per l'ambiente;
   è nata la coalizione «Italia Europa – LIBERI DA OGM» che è un vasto schieramento costituito dalle maggiori organizzazioni degli agricoltori, del commercio, della moderna distribuzione, dell'artigianato, della piccola e media impresa, dei consumatori, dell'ambientalismo, della scienza, della cultura, della cooperazione internazionale, delle autonomie locali e del mondo dell'associazionismo come Acli, Adiconsum, Adoc, Adusbef, Agci Agrital, Aiab, Alpa, Assocap, Avis Cia, Cic, Città del Vino, Cna, Codacons, Coldiretti, Confartigianato, Coop, Copagri, Fedagri, Federconsumatori, Focsiv, Fondazione Diritti Genetici, Greenpeace, Legacoop Agroalimentare, Legambiente, Libera, Res Tipica, Slow Food, Unci, Vas, Wwf, che hanno come fine quello di promuovere la tutela della salute e della consapevolezza del consumatore, in Italia –:
   se il Ministro interrogato, a salvaguardia della salute umana, ritenga opportuno imitare «il modello Toscana» in materia di ogm, non solo in tutte le regioni d'Italia ma anche a livello statale, nelle mense e punti di ristoro dei vari ministeri, enti e istituti pubblici;
   se e quali azioni intenda adottare, per fornire al consumatore l'opportunità di sapere ciò che sta consumando nei luoghi di ristorazione pubblici, ristoranti, bar e quant'altro. (4-03669)


   PORTA, LA MARCA, GIANNI FARINA, FEDI e GARAVINI. — Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il sistema italiano di mobilità internazionale sanitario si colloca come parte del più vasto sistema di assistenza a carico dello Stato ed ha lo scopo di tutelare, dal punto di vista dell'assistenza sanitaria, gli assistiti che si spostano all'interno degli Stati della Unione europea e dei Paesi in convenzione con i quali sono in vigore accordi di sicurezza sociale o sull'assistenza sanitaria;
   l'Italia ha stipulato un numero limitato di convenzioni sull'assistenza sanitaria con Paesi di emigrazione italiana che di norma prevedono una copertura sanitaria limitata a determinati soggetti e/o a determinate prestazioni – infatti in applicazione di quanto disposto dalle singole convenzioni bilaterali gli assistiti che si spostano nell'altro Stato contraente per motivi vari (turismo, studio, lavoro, pensionati che trasferiscono la residenza), per poter usufruire dell'assistenza sanitaria a carico dello Stato italiano, o dell'altro Stato contraente, devono essere tutelati specificamente dalla convenzione che attesta il diritto di godere delle prestazioni sanitarie;
   i cittadini italiani che trasferiscono (o hanno trasferito) la residenza in uno Stato con il quale non è in vigore alcuna convenzione con l'Italia – o è in vigore una convenzione parziale – perdono il diritto all'assistenza sanitaria da parte dello Stato italiano, sia in Italia che all'estero, all'atto della cancellazione dall'anagrafe comunale e della iscrizione all'AIRE, fatta eccezione per i lavoratori di diritto italiano in distacco, che mantengono il diritto all'assistenza sanitaria in Italia e all'estero (l'iscrizione all'AIRE – Anagrafe italiani residenti all'estero – o il diritto di voto in Italia, non aprono un diritto all'assistenza sanitaria in Italia);
   con l'Argentina l'Italia ha stipulato una convenzione di sicurezza sociale, in vigore dal 1o gennaio 1984, che prevede il diritto all'assistenza sanitaria solo per i pensionati e i loro familiari, i quali quando si spostano da un Paese all'altro per un temporaneo soggiorno sono tutelati in caso di malattia; le prestazioni sono gratuite, salvo il pagamento dell'eventuale ticket o di altra partecipazione alla spesa che sono a diretto carico dell'interessato e non sono rimborsabili;
   si tratta di una convenzione evidentemente parziale e gravemente lacunosa perché esclude dalla copertura sanitaria tutti gli altri cittadini, siano essi lavoratori, turisti o studenti per i quali non è prevista alcuna forma di tutela (è esclusa anche la copertura delle prestazioni di pronto soccorso);
   lo Stato italiano, consapevole dei limiti della convenzione con l'Argentina sull'assistenza sanitaria e dell'importanza di tutelare le migliaia di cittadini italiani o argentini che si spostano tra i due Paesi per turismo, lavoro, studio e altri motivi, i quali rischiano, in caso di malattia, di dover sostenere i costi delle cure o della stipula di una assicurazione sanitaria privata, ha attivato già a partire dal 2003, su iniziativa del Ministero degli affari esteri, una procedura di aggiornamento della suddetta convenzione intesa ad ampliare la portata di quella vigente a favore di altre categorie di cittadini, inclusi i lavoratori e i loro familiari –:
   quale sia lo stato dei negoziati con l'Argentina per la stipula (o il rinnovo) di un accordo bilaterale sull'assistenza sanitaria che preveda l'ampliamento sia del campo di applicazione soggettivo ai lavoratori, ai turisti e agli studenti, sia del campo di applicazione oggettivo alle cure mediche comprese quelle ospedaliere urgenti;
   se e come il Governo intenda tutelare i diritti sanitari dei cittadini italiani, non pensionati, che si recano per un temporaneo soggiorno in Argentina e dei cittadini italiani, non pensionati, residenti in Argentina che rientrano per un temporaneo soggiorno in Italia, e che a causa della assenza di un accordo organico e più completo sull'assistenza sanitaria tra i due Paesi rischiano di dover sostenere spese personali anche molto onerose che invece dovrebbero essere sostenute e compensate dagli e tra gli Stati interessati. (4-03673)


   FUCCI. – Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la degenerazione maculare senile (DMS) rappresenta, nei Paesi industrializzati, la principale causa di cecità negli individui al di sopra dei 65 anni;
   in Italia, ad oggi, questa malattia colpisce circa 1 milione di persone, di cui 260 mila risultano essere affette dalla forma più rapida e devastante: la DMS neovascolare (DMSn);
   i farmaci anti-angiogenici (più precisamente anti-VEGF) somministrati per via intravitreale rappresentano l'unica possibile terapia per i pazienti con DMSn e consentono loro di mantenere o migliorare l'acuità visiva e la qualità della vita;
   le principali terapie farmacologiche per la cura delle maculopatie sono Avastin e Lucentis; mentre Lucentis, prodotto dalla Novartis, ha l'indicazione registrata per la maculopatia, Avastin, prodotto dalla Roche per la cura del cancro del colon, ha contemporaneamente evidenziato, come effetto secondario, un importante miglioramento della vista nei pazienti affetti anche da maculopatia;
   in tale contesto la Roche chiese l'allargamento delle indicazioni di registrazione ad AIFA, ottenendo tutte le autorizzazioni necessarie ma senza che questo processo si sia mai concluso;
   a fine ottobre 2012 è stata però diffusa una nota del direttore generale dell'AIFA in cui si ribadiva la natura off-label del trattamento con «Avastin intravitreale» e l'esclusione della lista di farmaci autorizzati ai sensi della legge n. 648 del 1996, il che ne preclude la rimborsabilità per il sistema sanitario nazionale;
   per offrire la possibilità del trattamento ad un numero maggiore di pazienti, molti ospedali e strutture sanitarie hanno nel frattempo valutato la possibilità di utilizzare Avastin in modalità off-label (consistente nell'impiego nella pratica clinica di farmaci già registrati ma utilizzati in situazioni che, per patologia, popolazione o posologia vengono prescritte in maniera non conforme allo stesso);
   inoltre i ricorsi fatti dalla Novartis (titolare del brevetto di Lucentis) scoraggiano ogni iniziativa visto che la somministrazione di farmaci off-label, ai sensi della legge n. 94 del 1998, avviene sotto propria e diretta responsabilità del medico (articolo 3, comma 2);
   i medici oculisti, come denunciato dalla Società oftalmologica italiana (SOI), si trovano quindi ad assumersi in proprio la responsabilità di curare i pazienti attraverso questo percorso molto complesso;
   la situazione descritta in Italia va avanti benché l'Organizzazione mondiale della sanità, nel luglio 2013, abbia diramato l'elenco dei farmaci indispensabili e tra questi ha inserito Avastin come unico farmaco per il trattamento della DMS neovascolare;
   è infine opportuno ricordare che l'Autorità della concorrenza e del mercato ha avviato un'indagine, iniziata il 25 gennaio 2013, la cui fase istruttoria si è chiusa nello scorso novembre con la contestazione di irregolarità alle case farmaceutiche coinvolte nella vicenda (la stessa Roche, per motivi commerciali, ha creato Lucentis come farmaco clone di Aventis apposta per la cura della DMS, cedendolo poi a Novartis);
   nella seduta del 27 novembre 2013, nella Commissione affari sociali della Camera, rispondendo all'interrogazione n. 5-00800 sul medesimo argomento, il Sottosegretario alla salute delegato affermò: «Tutti gli approfondimenti necessari per la tutela della salute sono stati avviati e sarà cura del Ministero continuare a monitorare la sicurezza e l'efficacia del farmaco in questione» –:
   se e con quali esiti gli annunciati approfondimenti in merito a quanto esposto in premessa siano proseguiti presso il Ministero della salute;
   quali valutazioni di competenza del Ministero della salute siano discese dalle prime conclusioni emerse dalla fase istruttoria (giunta a compimento dopo la citata seduta della Commissione affari sociali della Camera) dell'indagine condotta dall'antitrust;
   quale sia, alla luce di quanto esposto in premessa e degli aggiornamenti intervenuti di recente, la posizione del Ministero della salute rispetto a una nuova valutazione sull'inserimento di Avastin tra i farmaci da impiego a carico del servizio sanitario nazionale e non più off-label;
   su un piano più generale, quali eventuali iniziative il Governo ritenga di poter assumere in merito alla tematica complessa e dai molti risvolti (di carattere non solo scientifico, ma anche etico dal punto di vista dei medici ed economico dal punto di vista sia dei pazienti che dello Stato) dei farmaci off-label. (4-03681)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'amministratore delegato di Enel Fabio Conti in audizione alla Commissione attività produttive della Camera ha dichiarato: «La Sardegna sta diventando sempre meno indipendente e sempre più dipendente dal nostro continente, con il nuovo cavo di collegamento e l'inesorabile chiusura di impianti antieconomici, soprattutto quello del Sulcis»;
   le dichiarazioni rese dall'amministratore delegato dell'Enel in Commissione attività produttive della Camera sono la conferma di quanto da tempo l'interrogante denuncia: l'Enel sembra voler mettere totalmente sotto «ricatto energetico» la Sardegna;
   si tratta di un disegno che, ad avviso dell'interrogante, costituisce un vero e proprio attentato all'autonomia energetica di un'isola;
   l'Enel sta strozzando la Sardegna e sta venendo meno alle più elementari regole di gestione dell'energia elettrica in una regione insulare;
   con queste strategie si sta attentando alle più elementari regole di approvvigionamento di una regione insulare e l'Enel confonde il governo dell'energia elettrica con quella che all'interrogante appare una sorta di gestione coloniale a favore dei più forti e a scapito dei più deboli;
   questo atteggiamento va respinto in tutte le forme, sul piano tecnico, giuridico e giudiziario;
   tale atteggiamento di Enel è alla base delle denunce fatte dalla stessa Commissione europea e denota, secondo l'interrogante, il tentativo palese di mettere sotto scacco l'intero popolo sardo e le sue imprese sia sul piano elettrico che della stessa trasmissione;
   con questo tipo di comportamenti Enel ha già fatto chiudere, con la complicità dei Governi nazionali e regionali, di centrosinistra e centrodestra, importantissime realtà industriali e ora si accingerebbe a chiudere addirittura le stesse centrali elettriche, secondo quanto dichiarato, come quella del Sulcis;
   tutto questo avviene con il silenzio ad avviso dell'interrogante complice di una classe politica che appare all'interrogante inetta e succube di questi poteri forti che finanziano la politica a piene mani a partire dalle sponsorizzazioni di Enel alle fondazioni politiche, prima fra tutte Vedrò;
   il Governo dovrebbe provvedere ad una segnalazione urgente per violazione della concorrenza sia all'Autorità garante per l'energia elettrica e il gas che alla stessa Commissione europea in materia di concorrenza ed energia;
   occorre attivare con urgenza un confronto serrato con tutti i soggetti tecnici e sindacali interessati da questa ennesima provocazione di Enel che sancisce di fatto una dichiarazione di guerra contro la Sardegna;
   per la Sardegna non disporre dell'indipendenza energetica significa sostanzialmente sottomettere il territorio ad un cavo (Sapei) che era nato per l'esatto contrario, nel senso che la regione avrebbe dovuto esportare il surplus energetico prodotto indispensabile per il rispetto delle regole di sicurezza elettrica che prevedono per le regioni insulari almeno l'80 per cento in più del consumato;
   aver deciso di chiudere centrali in Sardegna senza nessuna condivisione con il Governo regionale conferma che si è davanti ad una gestione privatistica della peggior specie e se ce ne fosse bisogno conferma la totale complicità della classe politica sarda e nazionale a difesa dell'Enel a scapito della Sardegna e dei sardi –:
   se non ritenga di dover immediatamente fermare questo «processo coloniale» dell'Enel verso la Sardegna e nel contempo predisporre tutte le iniziative necessarie per segnalare questo tentativo secondo l'interrogante monopolista dell'Enel verso una regione insulare che aggrava ulteriormente la condizione di svantaggio energetico;
   se non ritenga di dover intervenire per fermare questo processo di dipendenza energetica sempre più evidente che Enel sta in maniera sempre più decisa portando a compimento;
   se non ritenga di dover predisporre un protocollo di indirizzi, da sottoporre all'autorità per l'energia e il gas, con il quale si fissino in modo chiaro e inequivocabile le regole fondamentali per la produzione energetica in una regione insulare compresa la garanzia ottimale per la sicurezza elettrica;
   se non ritenga di dover assumere iniziative al fine di attuare in Sardegna un'immediata azione tesa alla predisposizione da parte dei gestori di accordi bilaterali tali che consentano la fornitura di energia elettrica alle attività industriali a pari condizioni con gli altri smelter europei;
   se non ritenga di dover invitare il management di Enel a non assumere atteggiamenti, comportamenti e atti tesi a rendere la Sardegna sempre più dipendente sul piano energetico rispetto al resto del Paese. (5-02213)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la crisi economica continua a mietere vittime nella Piana del Sele e rischia di mettere in ginocchio l'intero tessuto produttivo;
   particolarmente delicato e preoccupante è il caso riguardante il gruppo Paif, ennesimo dramma dell'occupazione nella provincia salernitana;
   lo storico gruppo Paif e Termopaif è presente a Battipaglia con due opifici, attrezzati con impianti automatici tra i più avanzati tecnologicamente per la produzione di piatti, bicchieri e posate monouso, vaschette e sacchetti per la conservazione dei cibi;
   l'azienda opera nel settore da più di 30 anni ed è presente all'estero con quote di mercato in Europa, ma anche in Inghilterra, Benelux, Russia e Paesi dell'Africa;
   secondo quanto riportato dai quotidiani locali, la proprietà della Paif è impegnata nella stesura della proposta di concordato liquidatorio e, se accolto favorevolmente dal tribunale fallimentare, l'azienda andrà definitivamente in liquidazione cessando la propria attività, mentre per la Termopaif si starebbe predisponendo un piano concordato di continuità, con tanto di ridimensionamento di questa seconda azienda, che passerebbe dagli attuali 53 lavoratori a 28;
   concreto, però, è il rischio che anche la Termopaif possa essere messa in liquidazione, trascinata nel baratro dalla consorella Paif: il ridimensionamento immaginato, infatti, non potrebbe garantire gli stessi livelli produttivi, con il rischio, pari a certezza, di perdere commesse vitali;
   il fallimento di Paif e Termopaif non è legato soltanto al destino degli 83 lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro, ma tocca inesorabilmente ogni singolo battipagliese, dal momento che potrebbe influire su tutti i campi del tessuto sociale;
   l'incontro tenutosi il 10 febbraio 2014 tra i consulenti delle due storiche aziende e i lavoratori in sciopero si è concluso in un nulla di fatto;
   solo un piano industriale alternativo, che preveda la continuità delle due aziende, seppure a fronte di un sacrificio in termini di tagli ai posti di lavoro, potrebbe rappresentare una valida alternativa per scongiurare la totale chiusura del gruppo industriale e salvaguardare i livelli occupazionali e di produzione;
   tale vicenda è solo l'ultimo dramma occupazionale saltato agli onori della cronaca del nostro Paese, che, ancora una volta, ha registrato un triste primato: tra gennaio e settembre del 2012 sono uscite dal mercato ben 55 mila aziende (dati Cerved), con un tasso di disoccupazione salito nel novembre 2013 al 12,7 per cento –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, ritenuta la risoluzione della problematica prioritaria per le sorti del territorio, quali provvedimenti ritengano opportuno adottare per porre fine al processo di desertificazione del tessuto produttivo salernitano, anche attraverso la dichiarazione di crisi della zona industriale per accedere a risorse economiche da utilizzare come fondo di garanzia per quelle aziende, come la Paif, che avrebbero immediata capacità di produzione. (4-03663)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in commissione Massimiliano Bernini n. 7-00268, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 176 del 19 febbraio 2014.

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    in Italia l'approccio ai problemi faunistici legati alla proliferazione dei suidi, è condizionato pesantemente da una burocrazia farraginosa e dalla sottovalutazione della dimensione sociale di questo fenomeno, valutato come una faccenda che riguarda solo i singoli agricoltori o allevatori, di fatto lasciati soli a fronteggiare un fenomeno e che in alcune aree del Paese, ha assunto dimensioni preoccupanti;
    la diffusione delle popolazioni di cinghiale interessa molte aree del nostro Paese, anche quelle che per loro natura non ne erano vocate, come i pascoli di alta montagna, provocando gravissimi danni alla rinnovazione delle malghe che date le basse temperature ed il ciclo vegetativo molto breve, si rimarginano con molta difficoltà;
    la proliferazione dei suidi è effetto ed al contempo causa dell'abbandono delle aree agricole e montane da parte delle popolazioni che oltre alla «sofferenza» dovuta alla recente crisi economica, subiscono gravi perdite della produzione che mina ulteriormente la sussistenza degli agricoltori e delle loro famiglie;
    tale proliferazione risulta particolarmente impattiva a causa dell'irrazionale introduzione a scopo venatorio di esemplari provenienti dal centro Europa che hanno pressoché soppiantato o contaminato incrociandosi, le specie autoctone quali la Sus scrofa majori in Maremma ed il Sus scrofa meridionalis in Sardegna, che morfologicamente ed etologicamente risultavano essere perfettamente integrate e in equilibrio con l'ambiente;
    a differenza di quanto si sia erroneamente ritenuto fino ad oggi, l'ordinaria attività venatoria, così come viene organizzata e gestita in Italia, non rappresenta una forma di controllo delle popolazioni di cinghiale, tantomeno può rappresentarlo un'estensione del periodo di prelievo (deregulation dei calendari venatori) o la concessione del prelievo in aree altrimenti protette. Altresì, l'attività venatoria ha determinato negli anni una destrutturazione della piramide delle classi di età, agevolando la riproduzione degli esemplari più giovani, abbattendo i capi adulti con più di due anni di età;
    molti enti locali confondono l'attività venatoria con quella di controllo che qualora strettamente necessario, deve avvenire sempre con la supervisione degli organi di polizia e di vigilanza competenti e pianificato con gli enti scientifici nazionali, quali l'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), i cui pareri non assumono purtroppo carattere vincolante;
    i metodi di contenimento non cruento, quali le recinzioni meccaniche permanenti e le recinzioni elettrificate (Allegato 1, Metodi di prevenzione diretta dei danni da cinghiale, «Linee guida per la gestione del Cinghiale», ISPRA) ed il trappolaggio per la successiva sterilizzazione farmacologica (Allegato 3, Sistemi di cattura del cinghiale), benché risolutive ed eticamente accettate, non trovano applicazione o perdono di efficacia a causa della mancanza di applicazione da parte degli enti territoriali preposti, di uno schema di piano per la programmazione degli interventi di controllo numerico del cinghiale nelle aree protette (Allegato 2, delle «Linee guida per la gestione del Cinghiale») e della presenza di coadiutori ai piani di controllo numerico del cinghiale, formati secondo lo schema dell'Allegato 4 delle «Linee guida per la gestione del Cinghiale» dell'ISPRA;
    oltre all'ISPRA, altri enti come TARSIA (Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione nel settore agricoloforestale) della Toscana, hanno individuato sistemi di contenimento non cruenti delle popolazioni di cinghiali, come riportato nella pubblicazione «I danni causati dal cinghiale e dagli altri ungulati alle colture agricole. Stima e prevenzione», del 1999. Questi metodi purtroppo hanno trovato scarsa applicazione a causa dell'assenza di una pianificazione a livello territoriale da parte degli enti competenti, e per il fatto che i conduttori dei fondi debbano sobbarcarsi gli ingenti oneri economici necessari alla realizzazione degli interventi;
    a seguito dell'incapacità della pubblica amministrazione di affrontare il problema dei danneggiamenti, molti agricoltori sono stati costretti ad affrontare in modo autonomo l'emergenza, ricorrendo all'abbattimento di capi in modo disorganico e in aperta infrazione delle norme costituzionali a tutela della fauna selvatica e benché la giurisprudenza abbia riconosciuto il loro diritto di autotutela, è statistico che l'aumento del numero di cacciatori improvvisati, può aggravare i rischi per la pubblica incolumità legata all'attività venatoria, che ad esempio dal 1o settembre al 25 dicembre 2012 ha causato un totale di 25 morti ed 88 feriti, con 26 vittime tra la gente comune (7 morti e 19 feriti), di cui 9 minori (5 morti e 4 feriti), e 87 tra i cacciatori (18 morti e 69 feriti);
    la legge quadro sulla caccia n. 157 del 1992 e le singole leggi regionali ove emanate, istituiscono un fondo al fine di indennizzare i conduttori di aziende agricole che ne facciano richiesta documentata, con il consiglio regionale che ne regolamenta l'utilizzo. Tuttavia questo piano «no-fault» che dovrebbe rendere quasi scontato l'accoglimento delle domande di risarcimento, trova difficile o impossibile applicazione nelle aree interessate dai danneggiamenti, a causa di lungaggini burocratiche, dell'estrema eterogeneità delle procedure per l'istruzione delle pratiche risarcitorie sul territorio nazionale, nella mancanza di un'assunzione di responsabilità da parte delle autorità degli enti preposti, e nella difficoltà di ottenere dei sopralluoghi condotti da personale qualificato, creando spesso contenziosi a cui corrispondono ulteriori oneri da parte degli agricoltori;
    il mancato rilascio delle certificazioni del danno subito dalle aziende agricole, comporta la mancata registrazione del debito effettivo da parte della regione, ponendola nell'impossibilità di ottemperare al decreto-legge n. 35 dell'8 aprile 2013;
    a seguito delle inefficienze imputabili alla pubblica amministrazione di cui prima, il diritto soggettivo al risarcimento che deve essere integrale, viene impugnato dal danneggiato presso il giudice ordinario per contestare l'applicazione dei criteri di liquidazione da parte delle PA, con tempi di attesa delle sentenze tali da ledere il diritto del soggetto privato, e che ingolfano ulteriormente il sistema giudiziario;
    secondo le stime delle associazioni di categoria, la percentuale di danneggiamento da parte dei suidi, ha superato la soglia di tolleranza fissata al 4-5 per cento di perdita di prodotto, ingenerando un allarme sociale. Tra le regioni più colpite abbiamo il Lazio, con circa tre milioni di euro di danni nel solo 2013, soprattutto nei comprensori di Amatrice, Vallepietra, Bracciano, nel reatino e nel viterbese, la Valle d'Aosta, il Piemonte, le Marche, la Toscana, dove rappresentano il 66 per cento dei danni, nel Molise, in provincia di Campobasso, nell'oasi di monte Vairano e in altre regioni,

impegna il Governo:

   ad intraprendere urgentemente, secondo il principio che la tutela ambientale debba comunque conciliarsi con l'esercizio dell'attività d'impresa, tutte le iniziative tecniche, organizzative e normative, atte a contenere i danni dovuti alla proliferazione dei suidi e i danni alle colture, attenendosi in modo vincolante ai pareri scientifici dell'ISPRA e degli altri enti di ricerca competenti, privilegiando sempre le forme non cruente;
   ad avviare, nell'ambito delle proprie competenze e di intesa con le regioni e le province autonome, un monitoraggio nazionale sull'applicazione dell'articolo 10 della legge n. 157 del 1992, e in particolare del comma 8, lettera f), al fine di valutare oggettivamente se siano state messe in atto tutte le misure previste dalla legislazione nazionale in materia di risarcimento dei danni da fauna selvatica agli agricoltori e di assicurarsi che si raggiungano dei risultati omogenei sul territorio nazionale così da garantire, al contempo, la tutela della fauna selvatica e il diritto degli agricoltori di essere risarciti in tempi rapidi e certi;
   a creare con il prossimo piano di sviluppo rurale nazionale, un fondo di solidarietà, come quello per le calamità naturali, per la prevenzione e per il risarcimento immediato dei danni agli agricoltori, evitando in questo modo il fallimento di numerose aziende agricole;
   a verificare l'attuazione e la dotazione del fondo presso il Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 24 della legge n. 157 del 1992 e a constatare se siano stati istituiti fondi regionali per il risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica e dall'attività venatoria, come previsto dall'articolo 26, cagionati delle specie animali indicate negli articoli 2 e 18;
   ad assumere tutte le iniziative normative per scorporare il risarcimento o l'indennizzo per i danni dei suidi, dalla quota massima (nell'arco di tre esercizi fiscali) prevista per gli aiuti delle aziende agricole rientranti nel regolamento de minimis;
   a promuovere bandi per la realizzazione e la manutenzione di strumenti di prevenzione a difesa dei comprensori o di singole proprietà, con le caratteristiche stabilite dall'ISPRA o dagli enti di ricerca preposti e l'applicazione dei metodi non cruenti per il controllo della fertilità;
   ad assumere iniziative per vietare ogni ulteriore introduzione per fini venatori di esemplari di cinghiali su tutto il territorio nazionale, attuando o promuovendo azioni concrete per il recupero e la successiva reintroduzione, al termine dell'emergenza, dei suidi autoctoni italiani quali il Sus scrofa majori ed il Sus scrofa meridionalis;
   ad adottare e promuovere, per quanto di competenza, tutte le misure necessarie per prevenire l'ibridazione con i suini allevati al pascolo e quindi iniziative per la regolamentazione di queste forme di allevamento;
   ad assumere iniziative normative volte ad introdurre una moratoria nei confronti dei debiti che i conduttori dei fondi hanno contratto nei confronti della pubblica amministrazione e di tutti gli atti di pignoramento conseguenti, maturati a seguito del mancato reddito causato dal danneggiamento alle colture e ai ritardi degli indennizzi e risarcimenti dovuti;
   ad assumere iniziative normative per rendere più stringente il rilascio delle licenze di caccia, previo il superamento di accurati test psico-attitudinali e di idoneità fisica, visto e considerato che troppo spesso coloro che si approcciano alla pratica venatoria hanno un'età avanzata che però non garantisce pari esperienza, conseguente al raggiungimento di obiettivi formativi in materia faunistica ed ambientale;
   ad intraprendere tutte le iniziative necessarie, anche normative, per vietare la presenza di minori durante le battute di caccia.
(7-00268)
«Massimiliano Bernini, Benedetti, Gallinella, Gagnarli, L'Abbate, Lupo, Parentela».

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza Gigli e Sberna n. 2-00414 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 176 del 19 febbraio 2014. Alla pagina 9909, seconda colonna, alla riga venticinquesima deve leggersi: «a cura dell'istituto Beck e dell'UNAR,» e non «a cura dell'istituto Bach e dell'UNAR,», come stampato.
  Alla pagina 9911, prima colonna, dalla riga quindicesima alla riga sedicesima deve leggersi: «se non intenda risolvere immediatamente il contratto con l'istituto Beck, in» e non «se non intenda risolvere immediatamente il contratto con l'istituto Bach, in», come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i quotidiani locali di Ancona in edicola il 27 agosto e il Sole 24 ore del 28 agosto 2013 hanno dato ampio risalto all'incontro svoltosi il 26 agosto presso il Ministero, tra i dirigenti della struttura di missione del Ministero stesso e una delegazione di rappresentanti del comune di Ancona, della regione Marche e con il commissario dell'autorità portuale di Ancona, allo scopo di definire la convenzione tra l'associazione temporale d'imprese Impregilo, Pizzarotti, Itinera e Astaldi e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, riguardante la realizzazione di una bretella con caratteristiche autostradali, definita «Uscita a ovest» di Ancona. Sul Corriere Adriatico del 29 agosto si legge: «è finito il tempo degli annunci. Concretezza, del tipo: LA FIRMA – di tre giorni fa – della convenzione sull'uscita a ovest dal porto di Ancona. I tempi incalzano, i tempi non concedono tregua e il 15 settembre Lupi farà il bis visionando il progetto della Fano-Grosseto». E di seguito: «Al Ministro va il nostro ringraziamento per aver dato seguito a questo importantissimo progetto» fanno voce comune e di popolo l'assessore comunale Ida Sigonella e il Presidente dell'A.P. Canepa;
   inoltre «La firma della convenzione sull'uscita a ovest del porto di Ancona significa che entro l'anno partiranno i cantieri» dichiara l'assessore regionale Paola Giorgi. L'interrogante, insieme ai Consiglieri comunali del Movimento 5 stelle di Ancona, hanno effettuato una verifica ed è emerso che la citata convenzione non è stata firmata. Infatti il 30 agosto, il Sole 24 ore smentisce la notizia pubblicata il 28 agosto: «La convenzione non è ancora firmata a differenza di quanto comunicato dalla regione Marche»;
   in sostanza, risulta evidente all'interrogante che è stata creata una montatura di bugie, menzogne ed inganni nei confronti della stampa e conseguentemente verso i cittadini e le forze politiche e sociali;
   purtroppo, gli amministratori locali responsabili di quello che, ad avviso dell'interrogante, costituisce un gravissimo misfatto, anziché scusarsi e dimettersi per il clamoroso falso, hanno reagito in modo scomposto e inammissibile, come nel caso dell'assessore regionale Paola Giorgi che sul Corriere Adriatico del 30 agosto ha dichiarato: «il Movimento 5 stelle fa terrorismo sulla pelle dei cittadini e contro gli interessi di Ancona e della regione». Secondo l'assessore regionale i parlamentari e i consiglieri comunali che scoprono la verità e la comunicano ai cittadini «fanno terrorismo»;
   insulti gravissimi e inammissibili dai quali, fino ad oggi, le forze politiche comunali e regionali non si sono dissociate, mentre in altri casi, anche recenti, ancorché di minore intensità offensiva, si sono dimessi dall'incarico pubblico Ministri, assessori e consiglieri –:
   se sia a conoscenza dei fatti suesposti e se la convenzione sia stata firmata il 26 agosto 2013;
   quale sia la durata della concessione, l'entità del pedaggio da pagare a carico degli automobilisti e dei camionisti nonché se sia prevista una partecipazione delle spese da parte dello Stato per un'infrastruttura definita a «costo zero»;
   in caso affermativo quale sia la quota di partecipazione pubblica per realizzare l'infrastruttura, una bretella dal costo preventivato di circa 500 milioni di euro da realizzare nell'area della «grande frana di Ancona del 1982», un'opera per la quale il Ministro pro tempore onorevole Antonio di Pietro, del medesimo partito dell'assessore regionale Paola Giorgi, dichiarò: «non metterò mai la firma per una strada che costa 80 milioni di euro al chilometro», quale è la bretella «uscita a ovest». (4-01722)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   durante la riunione della III commissione consiliare del consiglio comunale di Ancona del 4 ottobre 2013 è emerso che la regione Marche, nell'ambito delle proprie competenze, ha incluso nell'ambito del perimetro della cosiddetta «grande frana di Ancona» alcune aree, comprese nel tracciato del «collegamento viario del porto di Ancona con la grande viabilità» (cioè il collegamento tra il porto di Ancona, l'A14 e la strada statale 16) che presentano rilevanti profili di criticità dal punto di vista del rischio idrogeologico;
   si tratta di una sopravvenienza potenzialmente in grado di incidere sul progetto definitivo della suddetta opera infrastrutturale, potendo dare luogo a varianti in corso d'opera con conseguente lievitazione del costo finale della stessa (attualmente stimato intorno ai 500 milioni di euro);
   a quanto consta all'interrogante tuttavia né il comune di Ancona, né la regione Marche, hanno finora fornito informazioni al Ministro interrogato su tali sopravvenute problematiche di ordine logistico che, come detto, sono potenzialmente in grado di incidere oltreché sui costi anche sulla tempistica dell'opera infrastrutturale in questione –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito alle circostanze esposte in premessa affinché siano eseguiti i necessari approfondimenti adottando se del caso le iniziative più opportune. (4-02251)

  Risposta. — Come è noto, il collegamento stradale tra il porto di Ancona e l'Autostrada A14, con bretella di collegamento alla variante alla strada statale 16, è compreso nel primo Programma delle infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale di cui alla delibera Cipe n. 121 del 2001 e confermato dal documento «infrastrutture prioritarie» redatto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel novembre 2006.
  Il promotore del progetto è l'Ati Impregilo-Astaldi-Pizzarotti-Itinera la cui proposta, approvata dal Cipe definisce un valore complessivo dell'opera pari a 479.773.046,10 euro oltre iva ed è prevista in autofinanziamento senza alcun contributo pubblico.
  Più in particolare, con delibera 34 del 2010 il Cipe ha approvato il progetto preliminare «Collegamento tra il Porto di Ancona e la grande viabilità».
  Hanno espresso parere favorevole con prescrizioni e raccomandazioni:
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con parere n. 323 del 28 luglio 2009;
   il Ministero per i beni e le attività culturali con nota n. DG-PBAAC-S04/420, dell'8 gennaio 2010;
   la regione Marche con delibera di giunta 3 agosto 2009, n. 1308, ha espresso motivato parere negativo ai fini della conformità urbanistica, chiedendo l'istituzione del collegio tecnico previsto dall'articolo 165, comma 6, punto b), del decreto legislativo n. 163 del 2006;
   il collegio tecnico, istituito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con la partecipazione dei rappresentanti regionali e di quelli del comune di Ancona, ha tenuto riunioni il 21 settembre 2009, l'8 ottobre 2009 e da ultimo il 22 ottobre 2009 con cui si è conclusa positivamente l'attività del summenzionato collegio; né i rappresentanti regionali né quelli comunali hanno mai sollevato problematiche relative allo sbocco della galleria nell'area della «grande frana di Ancona».

  Ad esito del collegio tecnico, la regione Marche, con successiva delibera n. 1919 del 16 novembre 2009 ha condiviso le conclusioni raggiunte dal predetto collegio tecnico e si è dichiarata favorevole all'intesa Stato-Regione per la localizzazione dell'intervento.
  Tra le prescrizioni emesse dal Cipe, la n. 11 e la n. 12 riguardano i criteri e le campagne di indagine da effettuare in corso di redazione del progetto definitivo per definire i parametri geotecnici e geomeccanici atti a delimitare il corpo (o i corpi) della grande frana di Ancona, interessati dallo sbocco della galleria e dai viadotti di approccio.
  Come delibera 9 del 2011 il Cipe ha approvato definitivamente la convenzione di concessione e il piano economico e finanziario, adeguati al relativo parere espresso dal Nucleo di consulenza per l'attuazione e la regolazione dei servizi di pubblica utilità.
  Lo scorso 18 dicembre 2013 il raggruppamento temporaneo di imprese, con Impregilo Spa mandataria, costituitosi in società di progetto, ha sottoscritto la convenzione di concessione, riguardante la progettazione (definitiva ed esecutiva), la costruzione e la gestione dell'intervento.
  Il progetto definitivo dell'intervento, che sarà predisposto a cura del concessionario, non appena ultimato sarà oggetto di conferenza dei servizi propedeutica per l'inoltro al Cipe ai fini dell'approvazione dello stesso.
  In sede di conferenza di servizi il comune di Ancona, dopo aver analizzato il progetto, esprimerà il suo parere sull'intervento e potrà dettare prescrizioni e/o raccomandazioni cui dovrà attenersi il concessionario nella predisposizione del progetto esecutivo.
  Per quanto riguarda le criticità relative al rischio idrogeologico evidenziate nell'interrogazione n. 4-02251, sono state chieste dettagliate informazioni al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che ha comunicato quanto segue.
  L'area in questione, denominata «la grande frana di Ancona», risulta ubicata nel comune di Ancona – località Palombella, Posatora e Torrette – ed è contraddistinta con il codice F-13-0154 (P3, R4), nella tavola RI 22 del piano stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico (pai) dei bacini di rilievo regionale, approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. 116 del 21 gennaio 2004.
  Al riguardo, l'area contraddistinta con il codice F-13-0154 risulta classificata come frana complessa attiva, con livello di pericolosità elevato (P3) e gradi di rischio molto elevato (R4).
  Di recente, con decreto del segretario generale dell'Autorità di bacino regionale n. 30/SABN del 22 ottobre 2013 e n. 31/SABN del 18 novembre 2013 (quest'ultimo per correzione di errore materiale), si è proceduto a modificare il perimetro del dissesto individuando due nuove aree di versante in dissesto, poste ai lati della frana F-13-0154 (cosiddetta grande frana di Ancona), identificati rispettivamente con il codice F-13-0201 (località Torrette) e con il codice F-13-0202 (località Palombella), classificando entrambe le due nuove aree come frana attiva, con livello di pericolosità elevato (P3) e grado di rischio molto elevato (R4), analogamente al perimetro originario F-13-0154.
  Le suddette aree in dissesto sono sottoposte alle prescrizioni di cui alle «norme di attuazione» del citato piano stralcio di bacino per l'assetto idrologico (pai) dei bacini di rilievo regionale, approvato con deliberazione del consiglio regionale n. 116 del 21 gennaio 2004.
  In particolare, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per il caso in specie, fa presente che va considerato quanto riportato all'articolo 12 (disciplina delle aree di versante in dissesto), comma 3, lettera j), in base al quale, nelle aree di versante a rischio frane con livello di pericolosità elevate AVD-P3, sono consentiti esclusivamente, nel rispetto delle vigenti normative tecniche, la realizzazione e l'ampliamento di infrastrutture tecnologiche o viarie, pubbliche o di interesse pubblico, nonché delle relative strutture accessorie; tali opere sono condizionate ad uno studio da parte del soggetto attuatore in cui siano valutate eventuali soluzioni alternative, la compatibilità con la pericolosità delle aree e l'esigenza di realizzare interventi per la mitigazione della pericolosità, previo parere vincolante dell'autorità di bacino.
  Inoltre, l'articolo 12, comma 5 prevede che tutti gli interventi consentiti dal medesimo articolo sono subordinati ad una verifica tecnica, condotta anche in ottemperanza alle prescrizioni di cui al decreto ministeriale 11 marzo 1988, volto a dimostrare la compatibilità tra l'intervento, le condizioni di dissesto ed il livello di rischio esistente. Tale verifica, redatta e firmata da un tecnico abilitato, deve essere allegata al progetto di intervento.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   BALDASSARRE, BECHIS, CIPRINI, COMINARDI, RIZZETTO, ROSTELLATO e TRIPIEDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'ISTAT ha pubblicato il Report annuale 2013 «La situazione del Paese», nel quale emerge che nel 2012, in presenza di una flessione del prodotto interno lordo reale del 2,4 per cento, il potere d'acquisto delle famiglie è diminuito del 4,8 per cento;
   la situazione risulta preoccupante se si considera che il reddito disponibile delle famiglie, al netto dell'inflazione, è ritornato a un livello pari a quello di venti anni fa;
   l'incidenza delle imposte correnti sul reddito disponibile alle famiglie è salita al 16,1 per cento: si tratta del livello più alto dal 1990;
   l'aumento dell'aliquota Iva dal 20 al 21 per cento applicato a settembre 2011 e le variazioni delle accise sui carburanti intervenute a partire dal 2011 hanno prodotto un costo maggiore per le famiglie con livelli di spesa medi di circa lo 0,9 per cento, rispetto a quelle con livelli di spesa più elevati;
   la notevole diminuzione del reddito disponibile delle famiglie ha portato ad un forte calo della spesa per i consumi (-1,9) e che allo stesso tempo si è avuta una riduzione della propensione al risparmio, fino a toccare il minimo storico dell'8,2 per cento;
   tutto questo porta ad un generico impoverimento con notevoli effetti negativi anche sulla dimensione psicologica della popolazione, creando elementi di frattura nel tessuto sociale e sfiducia verso qualsiasi azione di politica economica e del lavoro;
   ad avviso dell'interrogante, le politiche a favore della famiglia, dovrebbero porre rimedio al fenomeno messo in evidenza dal Rapporto ISTAT 2013 attraverso riforme organiche e complessive in grado di intervenire «prima» che la situazione dell'individuo o del nucleo familiare raggiunga un livello di criticità elevato –:
   quali urgenti e calibrati interventi il Governo intenda assumere per affrontare, in una dimensione complessiva e organica e non semplicemente frammentaria e dovuta alle situazioni imposte dalle emergenze, il problema della povertà che sta colpendo sempre più cittadini e famiglie italiane;
   quali interventi il governo intenda assumere per restituire fiducia e dignità ai cittadini, per quanto concerne il mondo del lavoro, la congruità del lavoro che viene intrapreso e il sostegno dell'individuo stesso nei periodi di transizione da un lavoro all'altro. (4-00857)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si pone all'attenzione del Governo il problema della povertà che sta colpendo cittadini e famiglie italiane.
  A tal riguardo, in primo luogo, si rappresenta che il 3 maggio 2013 è stato pubblicato il decreto 10 gennaio 2013 che avvia la sperimentazione della nuova carta acquisti, introdotta dal decreto legge «Semplifica Italia» (decreto-legge n. 5 del 2012, articolo 60).
  La nuova carta acquisti, destinata alle famiglie in disagio economico, affiancherà la «vecchia» carta acquisti del 2008 che, nel frattempo, continuerà ad essere distribuita.
  Il decreto-legge n. 76 del 2013, tenendo conto della particolare incidenza della povertà assoluta nel Mezzogiorno, nell'ambito della riprogrammazione delle risorse del fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987, già destinate ai programmi operativi 2007/2013, nonché, per garantire il tempestivo avvio alla rimodulazione delle risorse del medesimo fondo di rotazione, già destinate agli interventi del piano di azione coesione, ha previsto un ampliamento della sperimentazione ai territori delle regioni del Mezzogiorno della social card, nei limiti di 140 milioni di euro per l'anno 2014 e di 27 milioni di euro per l'anno 2015, nei territori che ne sono già coperti.
  Obiettivo del programma è la lotta alla povertà minorile, a partire dalle famiglie più marginali rispetto al mercato del lavoro, e l'acquisizione degli elementi necessari di valutazione per la successiva proroga del programma carta acquisti (decreto-legge n. 112 del 2008, articolo 81, comma 32) nonché della possibile generalizzazione della nuova social card sperimentale come strumento di contrasto alla povertà.
  Il beneficio sarà calcolato sulla base della numerosità del nucleo familiare e sarà notevolmente superiore a quello previsto dalla social card ordinaria (40 euro mensili), potendo arrivare a importi mensili di circa 400 euro per le famiglie con cinque o più componenti.
  I nuclei familiari beneficiari al momento della presentazione della richiesta devono essere in possesso di determinati requisiti concernenti:
   la condizione economica di estremo disagio;
   le caratteristiche familiari;
   la condizione lavorativa.

  Precedenza per l'accesso alla sperimentazione sarà data ai nuclei familiari che si trovano in condizioni di disagio abitativo, a quelli costituiti esclusivamente da un genitore solo e da figli minorenni, ai nuclei familiari con tre o più figli minorenni e ai nuclei familiari con uno o più figli minorenni con disabilità.
  L'erogazione del sussidio si associa alla predisposizione di misure attive di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale. La concessione della carta al beneficiario sarà condizionata alla sottoscrizione di un progetto personalizzato di intervento dal carattere multidimensionale, predisposto dai servizi sociali del comune in rete con i servizi per l'impiego, i servizi sanitari e le scuole.
  I progetti dovranno riguardare adulti e bambini e prevedere specifici impegni in termini di contatti con i servizi, ricerca attiva di lavoro, adesione a progetti di formazione, frequenza e impegno scolastico, prevenzione e cura, volti alla tutela della salute.
  La sperimentazione sarà oggetto di valutazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al fine di accertare l'efficacia della integrazione del sussidio economico con servizi di sostegno dell'inclusione attiva nel favorire il superamento della condizione di bisogno.
  La sperimentazione, pertanto, si pone quale misura di sostegno alle persone in grave difficoltà economica, in particolare alla famiglie con minori.
  Altri interventi sono stati posti in essere al fine di aiutare le famiglie a basso reddito e numerose.
  In particolare, si ricorda la possibilità di accedere all'erogazione del «bonus elettrico» e del «bonus gas» che consentono di ottenere riduzioni sulle bollette dell'energia elettrica e del gas naturale. I citati bonus, che sono stati introdotti dal Governo e resi operativi dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas con la collaborazione dei comuni, si applicano ai consumi relativi alla sola abitazione di residenza e consentono di ottenere risparmi di circa il 15 per cento, 20 per cento della spesa annua.
  Ad ulteriore conferma dell'impegno del Governo e del Parlamento per l'ulteriore estensione dell'ambito di applicazione della social card e per il contrasto alla povertà assoluta, si segnala che la legge di stabilità per il 2014 ha incrementato il fondo per la cosiddetta «Carta acquisti» di 40 milioni di euro per gli anni 2014, 2015 e 2016 al fine della progressiva estensione su tutto il territorio nazionale del programma sperimentale già in corso di realizzazione, inteso come sperimentazione di un apposito programma di sostegno per l'inclusione attiva, volto al superamento della condizione di povertà, all'inserimento e al reinserimento lavorativo e all'inclusione sociale.
  Per quanto riguarda, poi, il quesito relativo alle iniziative intraprese dal Governo al fine di prevedere il sostegno al lavoratore a seguito della perdita dell'occupazione, ci si limita qui a richiamare l'ulteriore rifinanziamento della cassa integrazione guadagni.
  In particolare, la legge di stabilità per il 2014 ha previsto:
   l'incremento, per l'anno 2014, di 600 milioni di euro del fondo sociale per l'occupazione e la formazione da destinare al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga previsti dall'articolo 2, commi 64-66, della legge n. 92 del 2012;
   l'autorizzazione, per il 2014, della spesa di 40 milioni di euro per il finanziamento dei contratti di solidarietà (di cui all'articolo 5, commi 5 e 8, del decreto-legge n. 148 del 1993, convertito nella legge n. 236 del 1993), il cui ammontare del trattamento di integrazione salariale viene incrementato per l'anno 2014 del 10 per cento, elevando pertanto la misura complessiva dal 60 per cento al 70 per cento. Ciò nel limite massimo di 50 milioni di euro a valere sulle risorse del fondo sociale per occupazione e formazione.
   l'autorizzazione, per il 2014, di 50 milioni di euro per il finanziamento delle proroghe a 24 mesi della cassa integrazione guadagni straordinaria (cigs) per cessazione di attività (di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 249 del 2004).
Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMaria Cecilia Guerra.


   BALDASSARRE, BECHIS, CIPRINI, COMINARDI, RIZZETTO, ROSTELLATO e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la multinazionale svedese Electrolux è un'azienda leader mondiale nel settore dell'elettrodomestico e delle apparecchiature per uso professionale;
   la Electrolux ha dichiarato di voler ridefinire il proprio assetto produttivo, prevedendo delocalizzazioni verso Polonia e Ungheria di una notevole parte della sua produzione che attualmente si svolge nei quattro stabilimenti italiani: Susegana (Treviso), Porcia (Pordenone), Forlì e Solaro (Milano);
   secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore in data 25 Ottobre 2013, Electrolux comunica di aver messo sotto osservazione le fabbriche italiane, facendo presagire una riduzione di circa duecento posti di lavoro italiani senza poter escludere l'ipotesi di chiusure degli stabilimenti stessi;
   la produzione di frigoriferi di nuova generazione «Cairo 3» sarà realizzata a Jàszberèny (Ungheria), la lavorazione di lavatrici della categoria «Prometeo» sarà realizzato a Olawa (Polonia), la produzione di lavastoviglie da 45 cm sarà realizzata a Zarow (Polonia);
   il gruppo svedese Electrolux sta valutando di avviare alcune indagini interne al fine di definire la competitività dei singoli stabilimenti, l'andamento delle varie produzioni, il trend dei volumi prodotti e venduti e altresì dei prezzi e delle spese;
   fonti sindacali commentano i suddetti annunci di investigazione rilevando una volontà da parte di Electrolux di chiudere definitivamente le produzioni italiane –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano convocare urgentemente tutti i soggetti interessati per una analisi sulle vicende suddette e per individuare possibili interventi volti a salvaguardare i livelli occupazionali dei soggetti interessati;
   se i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, intendano individuare strategie di politica industriale volte al rilancio delle produzioni suddette.
(4-02433)

  Risposta. — La vicenda dell'Electrolux si inquadra in una fase di particolare difficoltà del settore produttivo italiano degli elettrodomestici, che, pur in quadro economico generale che evidenzia deboli segnali di ripresa, soffre la pressione competitiva internazionale accentuata dalla presenza di un eccesso strutturale di capacità produttiva.
  In tale contesto, 8 preliminarmente opportuno ricordare che il Governo, nella legge di stabilità per il 2014, ha ritenuto di confermare il cosiddetto
bonus mobili che riconosce un'agevolazione a chi acquista elettrodomestici in occasione della ristrutturazione edilizia di 5.4 fabbricati ad uso esclusivo e condominiale. La misura delle detrazioni del 50 per cento per le ristrutturazioni viene prorogata fino al 31 dicembre 2014, mentre nel 2015 scenderà al 40 per cento, per poi tornare, a partire dal 2016, al 36 per cento come previsto dalla legislazione ordinaria, mantenendo sempre il tetto di 96 mila euro totali per unità abitativa.
  Il Governo nella sua interezza, e il Ministero dello sviluppo economico in particolare, stanno seguendo con attenzione l'evolversi del processo di ristrutturazione aziendale avviato dalla
Electrolux Italia spa e, a tale scopo, sono in corso costanti contatti con le istituzioni regionali e locali ove sono dislocati gli stabilimenti produttivi di Solaro (Milano), Porcia (Pordenone), Susegana (Treviso) e Forlì.
  Tuttavia, si deve evidenziare che allo stato non risulta emergere dai contatti avuti un quadro certo e definitivo in ordine alle decisioni strategiche assunte dalla proprietà.
  Il Ministero dello sviluppo economico proseguirà un attento monitoraggio, si attiveranno tutti i canali di dialogo e confronto con le parti interessate allo scopo di assicurare la difesa della produzione e della ricerca tecnologica quale fattore in grado di affrontare la sfida competitiva mondiale.
  Alla luce dei contatti intercorsi nelle ultime settimane tra il Governo e la direzione della
Electrolux Italia spa, che ha fornito prime indicazioni circa la strategia dell'azienda, è stato fissato un incontro – che si terrà a Palazzo Chigi nella seconda metà di gennaio – tra i responsabili della società svedese e l'Esecutivo.
  A tale incontro, che verterà sulla strategia del gruppo nei confronti dei siti italiani, dei quali il Governo intende preservare le prospettive produttive e occupazionali, saranno invitati anche i presidenti delle regioni sedi degli stabilimenti (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lombardia).
  Con particolare riguardo alla situazione occupazionale della
Electrolux Italia spa, è opportuno ricordare che il 22 marzo 2013 l'azienda e le parti sociali hanno sottoscritto un accordo volto ad affrontare il problema degli esuberi della società, attraverso l'utilizzo per due anni dei contratti di solidarietà negli stabilimenti di Susegana, Solaro e Porcia, e della proroga di un anno della cassa integrazione straordinaria a Forlì, con l'impegno al ricorso eventuale al contratto di solidarietà al termine della stessa. In entrambi i casi, l'utilizzo degli ammortizzatori sociali continuerà ad essere effettuato con riduzione di orario giornaliero in tutti gli stabilimenti.
  Con specifico riferimento all'utilizzo degli ammortizzatori sociali, si rappresenta che con decreto del 4 dicembre 2013 è stato autorizzato dai competenti uffici del Ministero, del lavoro e delle politiche sociali il trattamento straordinario d'integrazione salariale per contratto di solidarietà in favore di n. 1.008 lavoratori dell'unità produttiva di Susegana (Treviso) per il periodo dal 1o aprile 2013 al 31 marzo 2014.
  Sono, inoltre, in fase di istruttoria le seguenti istanze presentate dalla
Electrolux Italia spa.
   la concessione del trattamento straordinario d'integrazione salariale per contratto di solidarietà in favore di n. 902 lavoratori dello stabilimento di Solaro (Milano), per il periodo dal 1o giugno 2013 al 31 maggio 2014;
   la concessione del trattamento straordinario d'integrazione salariale per contratto di solidarietà in favore dei 1120 lavoratori del sito produttivo di Porcia (Pordenone), per il periodo da 3 agosto 2013 al 2 agosto 2014.

  Gli 859 lavoratori dell'unità di Forlì, di contro, hanno beneficiato di un trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per riorganizzazione aziendale sin dal 18 ottobre 2010. Il 20 novembre 2013, da ultimo, la società ha presentato un programma di proroga complessa per riorganizzazione aziendale decorrente dal 18 ottobre 2013 al 18 ottobre 2014. Anche tale istanza è in fase di istruttoria.
  Nel precisare che le parti sociali non hanno richiesto ai competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali alcun incontro per l'esame della situazione aziendale, si sottolinea che il Ministero è costantemente impegnato nel monitoraggio dell'evoluzione della situazione aziendale, con particolare attenzione al tema delle ricadute occupazionali e del ricorso agli ammortizzatori sociali.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiCarlo Dell'Aringa.


   BENI, LENZI, AMATO, MURER, CAPONE, IORI, PATRIARCA, FOSSATI, SCUVERA e D'INCECCO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   come annunciato in diverse occasioni, entro la fine di settembre 2013 sarebbe dovuto uscire il nuovo bando del servizio civile nazionale per la selezione di circa 14.700 giovani volontari, ma ad oggi vi è ancora molta incertezza sulla data effettiva;
   il ritardo sarebbe da attribuire al mancato invio delle graduatorie definitive da parte di alcune regioni;
   a preoccupare le centinaia di organizzazioni ed enti coinvolti, oltre al ritardo, è la questione legata all'apertura del bando agli stranieri residenti in Italia, che già causò il blocco del bando del settembre 2011 per il ricorso avanzato da un giovane straniero contro il requisito di cittadinanza italiana previsto per l'accesso al servizio civile nazionale;
   la sentenza del tribunale di Milano del 12 gennaio 2012, accogliendo quel ricorso, ha riconosciuto il carattere discriminatorio del requisito relativo alla cittadinanza italiana;
   la sentenza ha, di fatto, messo in evidenza l'esigenza di una revisione legislativa dell'attuale normativa che regola il servizio civile nazionale, del resto più volte sollecitata dalle organizzazioni del settore ma mai attuata;
   nonostante questo precedente abbia provocato, tra l'altro, un ingente spreco di risorse investite dalle organizzazioni sociali e dagli enti locali per dare seguito ai relativi progetti, il Governo non ha mai fornito chiarimenti in merito alla pronuncia del tribunale di Milano, neppure in vista dell'emanazione del nuovo bando;
   le mancate risposte da parte del Governo, sebbene più volte evocate, potrebbero di fatto esporre anche il nuovo bando al rischio di ulteriori ricorsi;
   data la rilevanza strategica del ruolo che il servizio civile nazionale svolge per la promozione e il rafforzamento del senso civico, dei valori democratici e della coesione sociale, è indispensabile che le istituzioni si attivino quanto prima per superare le criticità che ostacolano la piena operatività di uno strumento prezioso per l'intera collettività –:
   quali urgenti iniziative intendano assumere al fine di superare le criticità riscontrate in premessa e garantire la piena operatività del servizio civile nazionale consentendo ai giovani coinvolti di mettere al servizio della comunità il proprio impegno civico. (4-03209)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante pone una serie di quesiti in merito al Servizio civile nazionale.
  Considero il Servizio civile nazionale un bene prezioso per tutta la collettività, un positivo strumento di integrazione e solidarietà, oltre che una significativa esperienza pioneristica in Europa e una realtà che lo Stato dedica in via esclusiva ai giovani.
  Consapevole di tale importanza, mi sono impegnata per permettere l'avvio dei volontari con la pubblicazione dei bandi per il 2013 e per reperire nuove risorse.
  A tal riguardo, venerdì 4 ottobre 2013 sono stati pubblicati il nuovo bando per il Servizio civile nazionale e i bandi regionali di selezione dei volontari, che permetteranno la partecipazione di 15.466 giovani, 502 dei quali da impiegarsi in progetti all'estero.
  Tale termine è stato dovuto alla conclusione delle diverse fasi del procedimento di preparazione dei bandi e alla definizione delle graduatorie regionali.
  Infatti, il procedimento amministrativo di esame e valutazione comparativa dei progetti del Servizio civile nazionale è stato avviato (8 novembre 2012) e terminato con il decreto direttoriale di approvazione delle graduatorie finali dei progetti (n. 139 del 29 aprile 2013), entro il termine dei sei mesi previsto dalla normativa vigente (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2010, n. 142).
  Inoltre, prima della pubblicazione dei bandi, si è dovuto attendere anche il perfezionamento del documento di programmazione economica finanziaria per il 2013 con l'acquisizione dei pareri favorevoli della conferenza Stato-regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e della Consulta nazionale per il Servizio civile.
  Tuttavia, l'avvio dei volontari è stato bloccato dalla ordinanza del 18 novembre 2013 da parte del tribunale di Milano che ha disposto la modifica del bando di selezione dei giovani nella parte in cui prevede il requisito della cittadinanza italiana per l'accesso al Servizio civile nazionale.
  La problematica riguardante l'ammissione degli stranieri al Servizio civile nazionale è già stata oggetto di due contenziosi alla fine del 2011 presso i tribunali ordinari di Brescia e di Milano, con i quali è stato denunciato il comportamento discriminatorio dell'Amministrazione perché prescriveva la cittadinanza italiana quale requisito di ammissione alla selezione, secondo quanto previsto dalla normativa tuttora vigente.
  I due contenziosi hanno avuto sviluppi processuali opposti.
  In particolare, il tribunale di Brescia, con sentenza depositata il 9 maggio 2012, ha rigettato il ricorso, ritenendo ragionevole la differenziazione tra cittadini e stranieri perché coerente con l'ordinamento nel suo complesso e, soprattutto, con i principi costituzionali.
  Tale orientamento è stato confermato dalla corte di appello di Brescia con decisione del 21 ottobre 2013.
  Diversamente il tribunale di Milano (ordinanza del 12 gennaio 2012), e successivamente la corte di appello (decisione n. 2183 del 2012), hanno dichiarato il carattere discriminatorio del bando.
  Contro la decisione della Corte di appello di Milano l'Amministrazione ha proposto ricorso innanzi alla Corte di cassazione.
  Considerata la rilevanza della problematica e in attesa della definizione del giudizio in Cassazione, il dipartimento della gioventù e del Servizio civile nazionale, prima dell'adozione dei bandi per il 2013, ha ritenuto quindi opportuno interessare l'Avvocatura generale dello Stato in ordine agli adempimenti da porre in essere.
  Infatti da un lato, l'ammissione degli stranieri alle selezioni imposta dalla decisione della Corte di appello di Milano avrebbe concretizzato una palese violazione della normativa vigente, dall'altro la previsione del requisito della cittadinanza italiana per partecipare alle selezioni, avrebbe potuto essere interpretata come una mancata osservanza della pronuncia del giudice del lavoro.
  L'Avvocatura dello Stato, con i pareri resi il 24 luglio 2012 e il 26 settembre 2013, si è espressa in favore della riserva ai soli cittadini italiani, secondo quanto previsto dalla attuale normativa, considerandola non in contrasto con i principi comunitari e coerente con quelli affermati dalla Corte costituzionale nel 2004 e nel 2005.
  L'Avvocatura ha inoltre affermato che la decisione della Corte d'appello di Milano era circoscritta al bando 2011, non avendo il giudice disposto nella decisione l'inserimento di una clausola di ammissione degli stranieri nei bandi futuri.
  Ciò premesso sono stati emanati nel 2013 due bandi straordinari e, da ultimo, il bando ordinario del 4 ottobre, mantenendo il requisito della cittadinanza italiana per la partecipazione al Servizio civile nazionale.
  Quest'ultimo bando è stato oggetto di un ulteriore contenzioso, provvisoriamente deciso con l'ordinanza del 18 novembre 2013, per garantire la parità di accesso alle selezioni dei volontari anche ai cittadini comunitari ed extracomunitari regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale.
  Pertanto, a seguito della notifica dell'ordinanza avvenuta il 25 novembre 2013, l'Amministrazione ha chiesto all'Avvocatura distrettuale dello Stato di proporre appello, in quanto il giudice ha formulato una accezione ampia del termine «cittadino» da intendersi riferito al soggetto che appartiene stabilmente e regolarmente alla comunità italiana. Ciò attraverso una interpretazione estensiva della disposizione di legge.
  La legittimità di questa interpretazione è già al vaglio della Corte di cassazione.
  Contestualmente l'Amministrazione, tenuta a dare comunque esecuzione all'ordinanza, ha chiesto la collaborazione dell'Avvocatura generale riscontrando obiettive difficoltà ad ottemperare all'ordinanza del giudice di Milano.
  Infatti l'autorità giudiziaria non ha fornito elementi sufficienti ad individuare correttamente la categoria dei soggetti destinatari della decisione, né ha tenuto conto delle criticità derivanti dall'apertura agli stranieri in relazione ai requisiti per la selezione (come ad esempio, la conoscenza della lingua italiana o la valutazione dei titoli di studio conseguiti all'estero che comporta l'attribuzione di un punteggio rilevante nel giudizio complessivo).
  L'Avvocatura generale ha fornito elementi utili a dirimere i dubbi dell'Amministrazione; pertanto il dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale ha riaperto fino al 16 dicembre i termini dei bandi (nazionale e delle Regioni e Province autonome).
  Questa riapertura ha consentito ai cittadini dell'Unione europea, ai familiari dei cittadini dell'Unione europea non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ai titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ai titolari di permesso di soggiorno per asilo e ai titolari di permesso per protezione sussidiaria di presentare le domande per la partecipazione a progetti di volontariato in Italia e all'estero.
  Questo elenco deriva dalle sole ipotesi possibili in base alle attuali leggi sull'immigrazione e l'asilo.
  Si è dovuto ricorrere a tali specificazioni per superare la generica indicazione del tribunale di Milano, con riserva dell'esito del relativo giudizio di appello. Pertanto anche la valutazione delle domande di partecipazione alla selezione è stata necessariamente effettuata con riserva.
  Al riguardo, è bene tener presente che l'orientamento della giurisprudenza non è univoco e si è in attesa delle decisioni della Corte di cassazione.
  Ricordo inoltre che, sulla base dei dati aggiornati settimanalmente dagli enti interessati ai bandi, al 28 gennaio 2014 ammontano a 378 le domande di partecipazione al Servizio civile nazionale presentate dagli aspiranti volontari stranieri e 40 di loro hanno preso servizio il 3 febbraio 2014.
  Il Governo ha quindi posto in essere tutte le possibili misure per affrontare questa problematica urgente e controversa e già il 7 gennaio 2014 è partito il primo contingente di 1.456 fra ragazzi e ragazze impegnati nella realizzazione di 175 progetti presentati da vari enti.
  Per il futuro, ritengo infine opportuna una riflessione sul sistema del Servizio civile nazionale ad iniziare dal collegamento con l'obiezione di coscienza e la sospensione della leva obbligatoria e auspico che il Parlamento con la partecipazione di tutte le forze politiche presenti, possa affrontare la tematica dei requisiti per la partecipazione al Servizio civile nazionale nell'ambito della sua riforma complessiva.
Il Ministro per l'integrazioneCécile Kyenge.


   BIONDELLI, ARLOTTI, ANTEZZA e BARUFFI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano on line «QS-Quotidiano Sanità», in data 25 settembre 2013, ha dato conto della preoccupazione di migliaia di donatori di sangue che sarebbero costretti ad allungare la propria permanenza sul posto di lavoro per un numero di giorni pari ai permessi ottenuti per le donazioni, a causa di una norma contenuta nella cosiddetta «Riforma previdenziale Fornero» (articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214);
   lo stesso rischio sembra estendersi anche nei confronti di quei lavoratori che hanno usufruito dei permessi previsti dalla legge n. 104 del 1992 per l'assistenza di parenti disabili;
   qualora tali preoccupazioni dovessero rivelarsi fondate si assisterebbe ad un caso di grande ingiustizia sociale, penalizzando persone che, nel caso dei donatori di sangue, compiono un atto di alto valore morale e solidale, oppure, nel caso di coloro che assistono propri congiunti disabili, compiono un atto di supplenza a servizi pubblici a volte inesistenti;
   sotto il profilo strettamente giuridico si pone, anche, un problema circa la retroattività delle previsioni contenute nella «riforma Fornero»; infatti, numerosi cittadini hanno usufruito – per esempio – dei permessi previsti dalla legge n. 104 del 1992, ma al momento della scelta non potevano sapere che ciò avrebbe comportato uno slittamento della decorrenza della pensione –:
   se siano rispondenti al vero le preoccupazioni sopra riportate;
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere al fine di eliminare l'anomalia dovuta alla presenza di periodi lavorativi che, seppur coperti da contribuzione effettiva ed utili ai fini pensionistici, non risultano utili al fine di determinare l'anzianità da prendere in considerazione per non far scattare le penalizzazioni previste. (4-02137)

  Risposta. — Con riferimento all'atto parlamentare in esame, si chiede di conoscere il parere del Governo sulla opportunità di adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte ad includere tra le «prestazioni effettive di lavoro» previste dal comma 2-quater dell'articolo 6 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 anche i permessi per l'assistenza ad un parente disabile, previsti dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104.
  Nell'interrogazione in parola, in particolare, si paventa che l'applicazione delle disposizioni in materia pensionistica succedutesi fra il 2011 e il 2012 possano tradursi in uno svantaggio a carico di alcuni lavoratori che non hanno svolto attività lavorativa per particolari circostanze previste dalla legge.
  Tali soggetti si troverebbero a dover scegliere fra un vero e proprio «slittamento» temporale nell'accesso al pensionamento o l'applicazione di talune penalizzazioni in caso di accesso alla pensione in età inferiore a 62 anni.
  Al riguardo, si premette che l'attuale assetto normativo, sul quale il Governo ha avviato una riflessione, non comporta una vera e propria preclusione all'accesso al regime pensionistico, ma talune modulazioni connesse al dato dell'effettività della prestazione, che il legislatore ha ritenuto sussistere in alcune ipotesi – per così dire – «tipiche».
  Inoltre, si segnala che – nell'ambito del procedimento di conversione del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni – il Governo ha manifestato la dovuta attenzione al tema della cosiddetta «pensione anticipata».
  L'esecutivo ha infatti espresso parere favorevole ad un emendamento parlamentare – definitivamente approvato in sede di conversione dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 – volto ad includere tra le «prestazioni effettive di lavoro», utili al raggiungimento dell'anzianità contributiva prevista dalla legge, anche i periodi di astensione obbligatoria derivanti dalla donazione di sangue e di emocomponenti.
  Si evidenzia, inoltre, che il medesimo articolo 4-bis, comma 1, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, estende i benefici in materia di accesso alla pensione anticipata oltre ai donatori di sangue, anche a chi – si tratta di migliaia di persone – ha usufruito dei congedi parentali di maternità e paternità, previsti dal decreto legislativo n. 151 del 2001.
  Da ultimo, si segnala che la legge di stabilità per il 2014 ha esteso i benefici in questione anche ai lavoratori fruitori di congedi e permessi ai sensi dell'articolo 33 della legge n. 104 del 1992.
  Il Governo ed il Parlamento hanno dunque riconosciuto l'elevato valore sociale di queste fattispecie, sia per il valore sociale che ne caratterizza la ratio, sia per le oggettive ragioni che le giustificano.
Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   FRANCO BORDO, BOCCADUTRI, PALAZZOTTO, RICCIATTI, PAGLIA, LACQUANITI, PELLEGRINO e LAVAGNO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, con un contributo di 53 miliardi di euro che proviene dal settore agricolo;
   in agricoltura sono presenti quasi un milione di imprese, ossia il 15 per cento del totale delle imprese italiane;
   il mercato agricolo ha una rilevante importanza non solo per l'economia nazionale, ma, altresì, per il patrimonio culturale ed ambientale, se si considera la percentuale di superficie coltivata, nonché l'ingente numero di lavoratori occupati nel settore;
   in Italia, gli allevamenti di suini – presenti, prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna – sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia nel 2012 ha importato dalla Germania il 52 per cento di suini vivi e carni suine, per un totale di 535.309 tonnellate;
   la tutela dell'identità dei prodotti nazionali contro le frodi alimentari garantisce la solidità delle imprese agricole italiane;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che dietro questo sistema ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   la libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno, ma, sempre più spesso, la salute dei consumatori e la corretta e sana alimentazione appaiono compromesse da cibi anonimi, con scarse qualità nutrizionali, o addizionati e di origine per lo più sconosciuta;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale;
   l'articolo 10 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, introduce un sistema al fine di rendere accessibili a tutti gli organi di controllo ed alle amministrazioni interessate le informazioni ed i dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine degli oli di oliva vergini, anche attraverso la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche –:
   se il Ministro non intenda assicurare l'adozione, anche per le carni suine, di un sistema analogo a quello previsto per gli oli di oliva vergini dalla legge n. 9 del 2013 citata, per assicurare l'accessibilità delle informazioni e dei dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine delle carni suine e promuovere, a tale scopo, la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare, o abbia già adottato, al fine di rendere noti e pubblici i riferimenti delle società eventualmente coinvolte in pratiche commerciali ingannevoli, fraudolente, o scorrette finalizzate ad immettere sui mercati finti prodotti made in Italy ed i dati dei traffici illeciti accertati. (4-02699)

  Risposta. — Nell'ambito delle attività rivolte alla tutela dell'igiene e della sanità degli alimenti, vengono costantemente effettuati, anche presso gli stabilimenti di macellazione e lavorazione delle carni suine, i controlli ufficiali dei servizi veterinari delle Asl che, nella verifica dell'applicazione dei regolamenti comunitari afferenti al cosiddetto pacchetto igiene costituito dal regolamento (CE) 178/2002 e dai regolamenti (CE) 852, 853, 854 e 882 del 2004, esaminano anche gli aspetti relativi alla rintracciabilità dei prodotti, così come sancito dall'articolo 18 del regolamento (CE) 178/2002.
  Inoltre, in considerazione della necessità che il consumatore venga correttamente informato al fine di una scelta consapevole nell'acquisto dei prodotti alimentari, in data 5 dicembre 2013 è stato approvato a livello comunitario, con il pieno sostegno da parte italiana, il regolamento della Commissione che disciplina l'indicazione di origine delle carni suine in applicazione del regolamento n. 1169/2011.
  Il Ministero della salute è consapevole del fatto che la sicurezza e la qualità degli alimenti possano essere validamente garantite solo attraverso un elevato livello di collaborazione e di coordinamento tra le diverse amministrazioni coinvolte nella filiera produttiva.
  Tale principio è ben consolidato e su di esso si fonda la normativa comunitaria vigente in materia.
  In particolare, il regolamento (CE) 882/2004 prevede che ciascun paese membro dell'Unione europea predisponga un piano di controllo nazionale che assicuri un approccio multidisciplinare per la pianificazione, lo svolgimento e la rendicontazione dei controlli ufficiali.
  A tal fine, il Ministero della salute è il punto di contatto nazionale per il piano nazionale integrato (pni), che nasce dall'intensa e proficua collaborazione con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, con i nuclei specializzati del comando dei carabinieri, con le capitanerie di porto, con il Corpo forestale dello Stato e con la Guardia di finanza.
  Il piano nazionale integrato 2011-2014 e le relative relazioni annuali, che riuniscono i dati delle attività svolte da tutte le citate amministrazioni, sono pubblicati nel portale di questo Ministero.
  Per quanto riguarda specificamente l'argomento dell'interrogazione in esame, va evidenziato come siano in corso le attività tra l'amministrazione doganale e quella sanitaria per l'implementazione dello sportello unico doganale, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 242 del 4 novembre 2010.
  In tale contesto, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e il Ministero della salute collaborano alla definizione di tempi e modalità per la realizzazione dell'interoperabilità telematica.
Il Sottosegretario di Stato per la salutePaolo Fadda.


   BRESCIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 28 agosto 2013 in un quartiere estremamente popolato della città di Bari, si è consumato, in mezzo ai passanti, l'ennesimo omicidio di mafia nel quale ha trovato la morte il boss Felice Campanale. Tale evento ha scatenato l'ennesima guerra di mala per le strade del capoluogo pugliese mettendo in pericolo la sicurezza dei cittadini;
   in data 19 settembre nel quartiere San Girolamo di Bari è avvenuta l'ennesima sparatoria all'interno di una palazzina, nel quale un 67enne pregiudicato è stato vittima di un attentato utilizzando a sua volta una pistola illecitamente detenuta;
   nel nord barese i clan criminali oramai operano quotidianamente indisturbati arrecando danni alla popolazione e soprattutto agli agricoltori: alberi tagliati, coltivazioni incendiate, continui furti di mezzi agricoli e addirittura rapine a mano armata, così come appreso da una denuncia dell'organizzazione «Oliveti Terra di Bari»;
   il Ministro dell'interno Alfano, in occasione della sua visita a Bari di fine maggio, si era impegnato pubblicamente ad aumentare le unità di sicurezza, con altri 146 uomini, più specificatamente «con 60 nuove unità subito e a settembre con altri 86 uomini della polizia», assicurando l'applicazione del «modello Caserta per affrontare la criminalità organizzata, su tre direttrici: rafforzamento del dispositivo di vigilanza e controllo del territorio, potenziamento delle strutture organizzative e desk interforze per aggredire i patrimoni criminali». Impegno che tuttavia non è stato ancora mantenuto –:
   se e quando il Ministro interrogato ritenga di dover corrispondere alla pressante richiesta di adeguamento dell'organico di forze dell'ordine nella città di Bari e su tutto il territorio pugliese così da assicurare il contrasto dei fenomeni criminali e la sicurezza dei cittadini. (4-01926)

  Risposta. — La criminalità organizzata di Bari ha una struttura orizzontale, caratterizzata da confederazioni di clan prive di un vertice comune in grado di impartire disposizioni univoche; ciò determina una sostanziale fluidità degli equilibri criminali, causando cicliche e improvvise aperture di nuovi fronti di conflittualità.
  Attualmente si sta assistendo ad un periodo di forte instabilità, sia per effetto dello stato di detenzione di alcune delle figure di spicco dei clan «storici», sia come conseguenza degli omicidi di alcuni loro esponenti. La recrudescenza delittuosa alla quale fa riferimento l'interrogante è quindi determinata da un mutamento degli assetti all'interno di una geografia rinnovata della malavita organizzata: l'evidente indebolimento dei clan storici permette alle giovani leve di creare nuove alleanze per la scalata delle gerarchie criminali.
  Per quanto concerne invece i furti di mezzi agricoli e i reati di danneggiamento alle coltivazioni, si assicura che le forze dell'ordine, con l'ausilio del Corpo forestale dello Stato, svolgono un'assidua attività di prevenzione e contrasto.
  Tali fattispecie delinquenziali, tipiche dell'ambiente rurale, infatti vengono monitorate costantemente dal gruppo di lavoro provinciale per la sicurezza agricola e agroalimentare, che si occupa anche di programmare l'attività dell'Osservatorio regionale sulla sicurezza agricola e agroalimentare (Orsa); contestualmente, l'Osservatorio provinciale sulla sicurezza agricola e agroalimentare ha il compito di dare attuazione alle direttive adottate dal predetto organismo regionale.
  Per quanto concerne la situazione degli organici delle forze dell'ordine, sulla base dei dati aggiornati allo scorso mese di settembre, si rappresenta che la forza effettiva dei tre corpi a competenza generale è di 5.575 unità – 2.001 della Polizia di Stato, 2.090 dell'Arma dei Carabinieri e 1.484 della Guardia di Finanza – a fronte di una previsione tabellare di 5.954 unità; si tratta di una carenza d'organico corrispondente a un'aliquota del -10 per cento circa, rispetto al -14,2 per cento della media nazionale.
  A riprova della grande attenzione riservata alle problematiche della provincia barese, il Ministro dell'interno – a seguito dell'impegno assunto in occasione del vertice tenutosi presso la prefettura di Bari lo scorso 22 maggio – ha disposto il potenziamento delle forze dell'ordine sul territorio in questione; al riguardo si conferma che, in occasione delle recenti assegnazioni di agenti della Polizia di Stato di nuova nomina, ai presidi baresi sono state riservate 86 unità, destinate in parte alla questura e ai commissariati dipendenti, in parte ai servizi di controllo del territorio.
  È opportuno sottolineare, inoltre, come questa Amministrazione sia particolarmente attenta all'evoluzione delle dinamiche criminali e, in relazione a particolari contingenze, produca «modelli d'intervento tematici» costituendo dei «
desk interforze». Il desk è composto da rappresentanti delle forze di polizia – Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Direzione investigativa antimafia – che operano d'intesa con il Procuratore Distrettuale Antimafia. Il suo compito è quello di elaborare a livello centrale specifiche misure di prevenzione patrimoniale, per poi individuare sul territorio i beni ascrivibili direttamente o in via mediata alle famiglie mafiose. A Bari e Foggia è attivo un desk istituito il 30 ottobre 2009 con circolare della direzione centrale della polizia criminale.
  A ciò si deve aggiungere il progetto Macro, che prevede la realizzazione di una mappa nazionale dei sodalizi criminali attraverso un sistema informatico integrato con le banche dati Sistema d'indagine (Sdi) ed Sistema di supporto alle decisioni (Ssa). La mappatura consente il censimento delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, italiane e straniere, delle quali siano state individuate la denominazione, l'area d'influenza, le attività illecite e lecite e dei soggetti ad esse collegati.
  Il patrimonio informativo viene preventivamente condiviso in seno a Gruppi provinciali interforze (Gpi), costituiti presso gli uffici territoriali del Governo, coordinati da un delegato del prefetto e composti dai rappresentanti provinciali delle forze di polizia e della Direzione investigativa antimafia.
  Lo scambio informativo fra i Gpi costituisce uno dei maggiori punti di forza dell'applicativo e viene aumentato con informazioni «certificate» attraverso il vaglio delle strutture investigative che, sul territorio provinciale, svolgono ai più alti livelli l'attività operativa di contrasto al crimine organizzato. Nella regione Puglia il progetto ha trovato la sua realizzazione nella costituzione dei Gpi presso tutte le prefetture; in particolare, per quella di Bari si è provveduto all'avvio il 30 marzo 2012.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   BUONANNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   stando a quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa, in un campo nomadi nella città di Farsala, 280 chilometri a nord di Atene, in Grecia è stata ritrovata una bambina bionda dai lineamenti nordici, che dall'esame del DNA non appartiene alla famiglia con la quale viveva;
   sempre stando alle notizie riportate dai media, i due finti genitori di 39 e 40 anni sono comparsi davanti ai giudici in udienza a porte chiuse e incriminati per sequestro di minore e uso di documenti falsi (dichiarano di avere altri 13 figli, e sei sarebbero stati partoriti in meno di 10 mesi: 10 dei ragazzi risultano irrintracciabili). I due che hanno raccontato diverse versioni sulla posizione della bambina ritrovata dalle forze dell'ordine greche, compresa quella di averla avuta in affido da una donna che non poteva tenerla, o di averla trovata per strada, avevano registrato la prole in tre diverse zone del Paese, arrivando ad ottenere ogni mese 2.500 euro in sussidi;
   alcune testate giornalistiche hanno inoltre raccontato che gli investigatori che indagano sul caso hanno un terribile sospetto: «...ci sono anche altri bambini registrati che non sono stati trovati nel campo nomadi – ha fatto sapere una fonte –. Questa vicenda non ha solo a che fare con questa bambina...»;
   la notizia ha avuto una eco in tutto il mondo, considerato che il sequestro o rapimento di bambini è uno dei crimini più aberranti dell'umanità –:
   se il ministro interrogato, non ritenga opportuno, per quanto di propria competenza avviare ogni iniziativa utile volta ad evitare che nel nostro Paese vi siano casi assimilabili a quello descritto in premessa. (4-02299)

  Risposta. — Lo scorso 18 ottobre la polizia greca ha diramato il profilo del dna di una bambina di circa 4 anni, chiedendo all'interpol di aiutarla nell'identificazione.
  La minore era stata trovata due giorni prima in un campo Rom di Farsala, nel corso di un'operazione antidroga. Le Forze dell'ordine greche si erano insospettite per l'assoluta assenza di somiglianze fisiche tra lei e i sedicenti genitori; il successivo
test del dna ha confermato i loro dubbi e i due sono stati incriminati per sequestro di persona e falso.
  Per quanto concerne la polizia italiana, il servizio di cooperazione internazionale della Polizia criminale ha immediatamente interessato sia il servizio di polizia scientifica che il raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche, ma i loro accertamenti non hanno dato esiti positivi; informazioni utili, invece, sono state fornite dalla polizia bulgara: la bambina viene chiamata Maria e risulta nata il 31 gennaio 2009 a Lamia, in Grecia. In attesa di una decisione finale da parte della competente autorità giudiziaria, secondo quanto comunicato dalle autorità greche, è stata affidata all'organizzazione per l'assistenza all'infanzia «
Hamogelou Tou Paidiou» di Atene.
  I suoi genitori biologici sono stati poi rintracciati in Bulgaria; sono entrambi cittadini bulgari e, in base a quanto da loro dichiarato, hanno abbandonato la figlia per difficoltà economiche. Sono tuttora in corso le indagini della polizia ellenica per far luce sulle circostanze che hanno condotto la bambina nel campo di Farsala.
  Nel frattempo, la Corte Suprema greca ha disposto un'indagine sui certificati di nascita emessi a partire dal 2008; in particolare, è emersa la mancanza di un collegamento tra i diversi archivi comunali, condizione che favorirebbe il fenomeno delle registrazioni multiple dei neonati, con il conseguente malfunzionamento burocratico nell'assegnazione dei contributi di assistenza sociale.
  Per quanto riguarda più specificatamente l'Italia, non sembrano emergere risultanze investigative di situazioni analoghe, ma si assicura che le autorità di pubblica sicurezza svolgono sull'intero territorio nazionale un'efficace azione di prevenzione e contrasto per impedire il verificarsi di qualsiasi forma di illegalità in tal senso.
  Le forze dell'ordine sono attente a intercettare ogni minimo segnale di rischio per la sicurezza dei cittadini, in particolare di quelli appartenenti alle fasce più deboli ed esposte. Per soddisfare la domanda di sicurezza anche a livello locale, nel corso di apposite riunioni tecniche interforze i servizi di prevenzione generale, in base alle criticità riscontrate, vengono di volta in volta rimodulati e intensificati attraverso mirati piani di controllo e specifiche strategie che garantiscono sempre un'adeguata presenza di operatori di polizia sul territorio.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   CANCELLERI, COLONNESE e LOREFICE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   a Caltanissetta all'impianto sportivo comunale polivalente «Michelangelo Cannavò» di contrada Pian del lago, si trovano «accampati» più di un centinaio di immigrati, tutti uomini, per lo più afghani, pakistani e bengalesi;
   va preso atto che la situazione è allarmante, soprattutto dal punto di vista igienico-sanitario: non c’è acqua, se non con mezzi di fortuna; non c’è energia elettrica; ci sono solamente alcuni bagni chimici; si dorme, al gelo, su materassi ammassati all'aperto o sotto tende improvvisate; si cucina accendendo dei fuochi qua e là; non c’è alcuna assistenza sanitaria; scarseggiano i beni di prima necessità;
   la nostra Costituzione prevede all'articolo 2 che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale;
   all'articolo 3 stabilisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali –:
   se non si ritenga opportuno istituire un'apposita commissione territoriale in modo da poter accelerare le tempistiche del rilascio del permesso di soggiorno, restituendo così dignità ai migranti e alla città. (4-02936)

  Risposta. — Come riferito nell'interrogazione, all'esterno del Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) situato nella contrada Pian del Lago, a Caltanissetta, effettivamente stazionano circa centocinquanta richiedenti asilo che attendono di essere accolti nel centro stesso. Il prolungamento della loro attesa è dovuto al fatto che il locale Cara ospita attualmente 476 persone, con un sovrannumero di 20 unità rispetto alla capienza prevista di 456 posti.
  Questi migranti potranno trovare accoglienza soltanto a seguito delle dimissioni di coloro che sono stati accolti in precedenza nel Cara, per essere ascoltati dalla competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. Infatti, gli ospiti vengono dimessi dal Centro solo dopo aver ricevuto il permesso di soggiorno che viene rilasciato a seguito della decisione presa dalla Commissione.
  Proprio in relazione agli sbarchi dell'ultimo periodo, che hanno determinato una situazione di effettivo sovraffollamento nel Cara, sin dal mese di ottobre scorso, la prefettura di Caltanissetta è stata autorizzata a reperire ulteriori strutture stipulando apposite convenzioni al fine di offrire ai migranti un'accoglienza temporanea. All'esito della procedura di gara effettuata, sono state siglate sette convenzioni con altrettanti enti pubblici e privati che hanno provveduto a ospitare complessivamente 223 cittadini stranieri.
  Nel frattempo, la Caritas, l'associazionismo locale e le organizzazioni umanitarie si sono interessate alla situazione dei migranti che vivono nei pressi del Centro governativo. In particolare, tra il 23 e il 24 novembre 2013, Medici senza frontiere – d'intesa con la locale prefettura e con la collaborazione del comune di Caltanissetta – ha effettuato uno
screening medico completo su oltre cento cittadini stranieri. All'esito di tale attività, si è provveduto a dare ospitalità a sette migranti che presentavano alcune vulnerabilità. Tuttavia, gli arrivi di stranieri all'esterno del suddetto Centro non sono cessati e permane l'esigenza di accogliere i richiedenti asilo oggetto dell'interrogazione parlamentare. Pertanto, la locale Prefettura sta continuando il monitoraggio presso tutti i comuni della provincia alla ricerca di nuove strutture adatte all'accoglienza.
  Per quanto riguarda la situazione delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, la competenza sulle domande presentate nella provincia di Caltanissetta spetta alla Commissione territoriale di Siracusa. Proprio per fare fronte all'eccezionale incremento delle domande di asilo connesso all'andamento dei flussi migratori, con la legge n. 97/2013, è stata introdotta la possibilità di istituire presso ciascuna Commissione territoriale una o più sezioni, fino a un numero massimo complessivo di dieci per l'intero territorio nazionale. Pertanto, con decreto del Ministro dell'interno del 3 ottobre scorso, sono state istituite sette sezioni: due a Roma, due a Siracusa – una delle quali dedicata proprio al territorio di Caltanissetta – una a Torino, una a Bari e una a Crotone, con operatività fino al 31 dicembre 2013, poi prorogata per quest'anno.
  Al fine di accelerare il rilascio dei permessi di soggiorno propedeutici alla dimissione degli ospiti attualmente presenti nel Cara, a partire dall'8 ottobre 2013 – data della notifica del suddetto decreto – la sezione di Caltanissetta della Commissione territoriale ha effettuato 43 sedute, nel corso delle quali ha provveduto a esaminare le istanze dei richiedenti asilo e ne ha definite circa 340. Inoltre, nel medesimo periodo la Questura ha provveduto a consegnare 176 permessi di soggiorno agli stranieri accolti nel Centro governativo mentre, d'intesa con la Prefettura, è stato disposto l'ingresso nel Centro stesso di 159 richiedenti asilo.
  Per il protrarsi dell'afflusso migratorio verso le coste italiane, la Commissione europea ha concesso ulteriori finanziamenti a favore del Fondo europeo per i rifugiati (Fer), per interventi di potenziamento dei servizi di accoglienza nei centri governativi.
  Infine, proprio in considerazione della necessità di reperire ulteriori strutture di accoglienza, l'8 gennaio 2014 è stata inoltrata a tutti i prefetti una circolare per l'individuazione e l'attivazione, in raccordo con gli enti locali, di ulteriori strutture di accoglienza temporanea nei territori di rispettiva competenza.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoDomenico Manzione.


   CAPELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, con un contributo di 53 miliardi di euro che proviene dal settore agricolo;
   in agricoltura sono presenti quasi un milione di imprese, ossia il 15 per cento del totale delle imprese italiane;
   il mercato agricolo ha una rilevante importanza non solo per l'economia nazionale, ma, altresì, per il patrimonio culturale ed ambientale, se si considera la percentuale di superficie coltivata, nonché l'ingente numero di lavoratori occupati nel settore;
   in Italia, gli allevamenti di suini – presenti, prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna – sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia nel 2012 ha importato dalla Germania il 52 per cento di suini vivi e carni suine, per un totale di 535.309 tonnellate;
   la tutela dell'identità dei prodotti nazionali contro le frodi alimentari garantisce la solidità delle imprese agricole italiane;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che dietro questo sistema ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   la libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno, ma, sempre più spesso, la salute dei consumatori e la corretta e sana alimentazione appaiono compromesse da cibi anonimi, con scarse qualità nutrizionali, o addizionati e di origine per lo più sconosciuta;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare ed uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale;
   l'articolo 10 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, introduce un sistema al fine di rendere accessibili a tutti gli organi di controllo ed alle amministrazioni interessate le informazioni ed i dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine degli oli di oliva vergini, anche attraverso la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche –:
   se il Ministro non intenda assicurare l'adozione, anche per le carni suine, di un sistema analogo a quello previsto per gli oli di oliva vergini dalla legge n. 9 del 2013 citata, per assicurare l'accessibilità delle informazioni e dei dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine delle carni suine e promuovere, a tale scopo, la creazione di collegamenti a sistemi informativi ed a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare, o abbia già adottato, al fine di rendere noti e pubblici i riferimenti delle società eventualmente coinvolte in pratiche commerciali ingannevoli, fraudolente, o scorrette finalizzate ad immettere sui mercati finti prodotti Made in Italy ed i dati dei traffici illeciti accertati. (4-02774)

  Risposta. — Nell'ambito delle attività rivolte alla tutela dell'igiene e della sanità degli alimenti, vengono costantemente effettuati, anche presso gli stabilimenti di macellazione e lavorazione delle carni suine, i controlli ufficiali dei servizi veterinari delle Asl che, nella verifica dell'applicazione dei regolamenti comunitari afferenti al cosiddetto pacchetto igiene costituito dal regolamento (CE) 178/2002 e dai regolamenti (CE) 852, 853, 854 e 882 del 2004, esaminano anche gli aspetti relativi alla rintracciabilità dei prodotti, così come sancito dall'articolo 18 del regolamento (CE) 178/2002.
  Inoltre, in considerazione della necessità che il consumatore venga correttamente informato al fine di una scelta consapevole nell'acquisto dei prodotti alimentari, in data 5 dicembre 2013 è stato approvato a livello comunitario, con il pieno sostegno da parte italiana, il regolamento della Commissione che disciplina l'indicazione di origine delle carni suine in applicazione del regolamento n. 1169/2011.
  Il Ministero della salute è consapevole del fatto che la sicurezza e la qualità degli alimenti possano essere validamente garantite solo attraverso un elevato livello di collaborazione e di coordinamento tra le diverse amministrazioni coinvolte nella filiera produttiva.
  Tale principio è ben consolidato e su di esso si fonda la normativa comunitaria vigente in materia.
  In particolare, il regolamento (CE) 882/2004 prevede che ciascun paese membro dell'Unione europea predisponga un Piano di controllo nazionale che assicuri un approccio multidisciplinare per la pianificazione, lo svolgimento e la rendicontazione dei controlli ufficiali.
  A tal fine, il Ministero della salute è il punto di contatto nazionale per il piano nazionale integrato (pni), che nasce dall'intensa e proficua collaborazione con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, con i nuclei specializzati del Comando dei Carabinieri, con le Capitanerie di porto, con il Corpo forestale dello Stato e con la Guardia di finanza.
  Il pni 2011-2014 e le relative relazioni annuali, che riuniscono i dati delle attività svolte da tutte le citate amministrazioni, sono pubblicati nel portale di questo Ministero.
  Per quanto riguarda specificamente l'argomento dell'interrogazione in esame, va evidenziato come siano in corso le attività tra l'amministrazione doganale e quella sanitaria per l'implementazione dello sportello unico doganale, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 242 del 4 novembre 2010.
  In tale contesto, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e il Ministero della salute collaborano alla definizione di tempi e modalità per la realizzazione dell'interoperabilità telematica.

Il Sottosegretario di Stato per la salutePaolo Fadda.


   CARBONE, MARANTELLI, FARAONE, BONACCORSI, ERMINI, FRANCESCO SANNA, CHAOUKI, SCALFAROTTO, PICIERNO, COVELLO, BRUNO BOSSIO, CENSORE, MAGORNO, FAMIGLIETTI, SENALDI, CRIMÌ, QUINTARELLI, CAUSIN, RICHETTI, BORGHI e GALPERTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 marzo 2010, il tribunale di Cosenza – Sezione GUP, con sentenza n. 209 del 2010 – passata in giudicato –, ha condannato il signor Umberto Paladini ad anni uno e mesi undici di reclusione e euro 600,00 di multa per aver commesso i reati di cui agli articoli 640 (truffa) e 646 del codice penale (appropriazione indebita) a danno di dieci clienti dell'agenzia Allianz Ras spa di Cosenza di cui era agente contitolare;
   l'attività criminosa, protrattasi dal 2006 al 2009, ha fruttato al suddetto agente un illecito profitto complessivamente pari ad euro 1.060.000,00 circa, corrispondente ai premi assicurativi versati dai clienti raggirati ai quali sono stati consegnati, di volta in volta, polizze assicurative valide ma fatte risultare come «stornate», vale a dire annullate;
   ai sensi della vigente normativa dettata in materia dal TUF (Testo unico finanziario), dal TUB (Testo unico bancario), dal codice delle assicurazioni private, dal codice del consumo nonché dai regolamenti emanati da CONSOB e IVASS (già ISVAP), tale operazione di «storno» può essere consentita solo previo ritiro della cosiddetta «copia cliente» e con l'autorizzazione della direzione generale della compagnia che deve, altresì, accertare la regolarità dell'operazione compiuta dall'agenzia periferica, nel corso delle ispezioni periodiche a cui è tenuta ex lege;
   invero, è giocoforza affermare che, se il signor Paladini è riuscito nel proprio piano criminoso, appunto impossessandosi dell'altrui denaro mediante la registrazione di false operazioni di storno, evidentemente la compagnia ALLIANZ spa non ha effettuato alcuna attività di controllo e vigilanza, per come avrebbe dovuto;
   l'ALLIANZ spa ha, infatti, consentito al signor Paladini di esercitare, nell'ambito della propria organizzazione, l'attività di agente assicurativo e promotore finanziario fino ai primi giorni di febbraio 2009, nonostante, fin dal 2006, fosse a conoscenza che quest'ultimo ad avviso dell'interrogante non era più in possesso del prescritto requisito di onorabilità, essendo risultato insolvente nei confronti della Borgo San Felice srl società controllata dalla stessa ALLIANZ spa, della somma di euro 19.032,15 giusto decreto ingiuntivo n. 458 del 2006 emesso dal Tribunale civile di Siena il 14 settembre 2006 e successiva ipoteca giudiziale iscritta nei pubblici registri immobiliari della conservatoria di Cosenza al n. 4707 del registro generale;
   oltre a tanto, pur dopo la predetta sentenza definitiva di condanna del signor Paladini, l'ALLIANZ spa, non ha inteso assumersi le proprie responsabilità ed ha, a quanto consta all'interrogante infatti, negato ai soggetti truffati, la totale restituzione degli importi dagli stessi investiti;
   in particolare, tra i suddetti truffati, l'ingegner Giovanni Credidio, che a suo tempo aveva investito il considerevole importo complessivo di euro 216.000,00, si è visto opporre il rifiuto del dovuto rimborso da parte della suddetta compagnia sulla scorta di inverosimili motivazioni, quale quella secondo cui le polizze sarebbero state impagabili in quanto risultate «stornate per mancato perfezionamento» quando, di contro, il tribunale penale ha accertato che l'agente registrava false operazioni di storno dei versamenti dei clienti, evitando in tal modo di dover inviare i relativi assegni presso la sede centrale e facendoli propri;
   di tanto, prova ne è, ad esempio, che l'ingegner Credidio detiene ogni contratto assicurativo in originale, debitamente sottoscritto anche dai funzionari della compagnia, né ha mai sottoscritto alcun documento di revoca e storno delle polizze contratte;
   orbene, a seguito di tale inaccettabile rifiuto, nel marzo 2009, l'ingegner Credidio, per il tramite del proprio legale, ha presentato formale reclamo l'ISVAP (oggi IVASS), reputando che tale organo di controllo, appositamente preposto per legge, sarebbe sicuramente intervenuto per garantire il rispetto delle norme giuridiche, sollecitando la piena assunzione di responsabilità da parte dell'ALLIANZ S.p.A. per tutto quanto accaduto;
   invero, in ben due anni d'istruttoria, l'IVASS si è limitata ad inoltrare all'ALLIANZ spa stringate missive di richiesta di meri chiarimenti sulla vicenda in questione, senza mai nemmeno censurarne il contegno manifestamente dilatorio e lesivo dei diritti del reclamante, per come risulta dagli atti contenuti nel fascicolo di reclamo n. 09-161518-00/A, acquisiti ai sensi della legge 241 del 1990;
   inoltre, nella fattispecie denunciata con il presente atto, stante la norma secondo cui in pendenza del reclamo, non è promuovibile alcuna autorità giudiziaria, l'ISVAP ha, in tal modo, di fatto ritardato di circa due anni l'incardinarsi del giudizio per la restituzione delle somme dovute dall'ALLIANZ spa all'ingegner Credidio, determinando a suo danno un ulteriore ed evidente nocumento;
   il nominato Istituto di vigilanza risulta, di fatto, appare all'interrogante assoggettato alle compagnie assicuratrici che, in forza del preponderante potere economico detenuto, esercitano un'influenza certamente maggiore rispetto a quella prodotta dai singoli consumatori, a tutela dei quali l'istituzione in parola dovrebbe operare –:
   quali iniziative urgenti anche normative il Ministro intenda adottare onde evitare il reiterarsi di altri simili episodi a danno dei consumatori. (4-00332)

  Risposta. — In via preliminare si evidenzia che, limitatamente all'assetto normativo che regola i poteri dell'Autorità di vigilanza Istituto per la vigilanza sulle sicurezze quale Autorità indipendente, si ritiene che l'attuale quadro ordinamentale, da ultimo innovato dal decreto-legge n. 95 del 2012, appare soddisfare le esigenze pur evidenziate dagli interroganti.
  Il citato decreto ha soppresso l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo ed ha rafforzato i poteri di vigilanza sul settore assicurativo, garantendo la piena integrazione dell'attività di vigilanza grazie a un più stretto collegamento con la vigilanza bancaria, nel rispetto delle prerogative regolatorie proprie dell'istituto e, per alcuni aspetti, del Ministero dello sviluppo economico.
  Quanto agli aspetti inerenti il ruolo dell'Ivass e della compagnia riguardata in relazione alle vicende assicurative segnalate, dagli elementi forniti dall'organo di vigilanza emerge un quadro fattuale parzialmente diverso da quello descritto dagli interroganti. In particolare, l'Autorità di vigilanza riferisce che in data 3 marzo 2009 lo studio legale Pugliese ha presentato all'Isvap (ora Ivass) un reclamo con il quale ha segnalato che il proprio cliente, signor Giovanni Credidio, aveva stipulato, nel periodo da luglio 2006 a febbraio 2009, alcune polizze a premio unico (di importo complessivo di oltre 200.000,00 euro) con la società Allianz, provvedendo al pagamento dei relativi premi direttamente all'agente procuratore, signor Paladini, dell'agenzia principale di Cosenza – Arabia. Successivamente, però, il Signor Credidio aveva scoperto che le polizze medesime risultavano annullate per mancato pagamento dei relativi premi.
  A seguito della segnalazione, l'Isvap è più volte intervenuto nei confronti della società Allianz con note del 28 agosto 2009, 26 gennaio 2010, del 7 maggio 2010, del 16 luglio 2010, del 25 settembre 2011 e del 16 gennaio 2012.
  La società, con lettere del 3 aprile 2009 e del 2 settembre 2009, ha fatto presente di aver richiesto all'assicurato prova documentale dell'effettivo pagamento, segnalando che erano in corso approfondimenti sulla vicenda e precisando, inoltre, che assegni per l'importo di complessivi euro 190.000,00 sarebbero stati emessi e negoziati dall'ex agente Paladini nella prima parte del 2007, a copertura di polizze con decorrenza di molto successiva (febbraio 2009). Tale circostanza, secondo la compagnia, poteva far ipotizzare che i versamenti si riferissero a diversi rapporti di provvista tra il signor Credidio e l'ex agente Paladini.
  Successivamente, a seguito di ulteriore intervento dell'istituto di vigilanza (7 maggio 2010), la società ha comunicato, con lettera del 4 giugno 2010, di avere ritenuto necessario inoltrare una segnalazione di operazione sospetta alla competente autorità in materia di antiriciclaggio, alla luce di perplessità insorte in relazione ai versamenti effettuati dal signor Credidio al signor Paladini. La società, sempre nella medesima lettera, ha altresì informato l'istituto che la posizione del Credidio è poi apparsa immune dalle segnalate sospettosità e di avere pertanto ottenuto dall'Autorità antiriciclaggio l'autorizzazione a riprendere le trattative con il cliente.
  Allianz ha anche precisato nella citata lettera, oltre che in una successiva comunicazione del marzo 2011, che il signor Credidio, in considerazione degli inevitabili tempi lunghi imposti dall'accertamento antiriciclaggio, aveva deciso di non coltivare alcuna trattativa e di rivolgersi al giudice ordinario.
  In data 19 aprile 2012 l'avvocato Pugliese ha formulato all'istituto richiesta di accesso agli atti del fascicolo
ex lege n. 241 del 1990, al fine di produrre la documentazione relativa al reclamo nell'ambito del processo pendente avanti il tribunale di Cosenza.
  L'accesso veniva esercitato presso la sede dell'istituto in data 17 maggio 2012, e l'istante, dopo aver preso visione del fascicolo, richiedeva copia conforme agli originali degli interventi e delle comunicazioni rivolti dall'istituto all'Allianz.
  Considerata la pendenza del giudizio e la constatata impossibilità di una soluzione extra giudiziale della controversia, l'istituto ha evidenziato che il fascicolo di reclamo, successivamente al riconoscimento del diritto di accesso al signor Credidio, è stato archiviato.
  Da quanto descritto, emergono quindi elementi e circostanze tali da escludere comportamenti dilatori o di omessa vigilanza, secondo le rispettive competenze, da parte della compagnia di assicurazione e soprattutto da parte dell'organo di vigilanza.
  Per quanto concerne poi l'affermazione contenuta nella parte finale dell'interrogazione in esame, secondo la quale al signor Credidio, nella pendenza del reclamo, sarebbe stata preclusa la possibilità di adire l'autorità giudiziaria, l'Autorità di vigilanza fa presente che la stessa è del tutto infondata, non essendo prevista, in norme primarie o regolamentari, alcuna alternatività tra il ricorso al giudice e la proposizione del reclamo all'Ivass, circostanza, quest'ultima, che non costituisce, come noto, uno strumento di conciliazione extragiudiziale delle controversie.
  L'Ivass riferisce inoltre che il signor Umberto Paladini – iscritto nel Registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi, con il numero A000172128 – ha operato come responsabile della società agenziale SE.A.FIN di Gencarelli Leo e De Marco Maurizio s.n.c, con sede in Cosenza, via Arabia, 7, dal 2007 al febbraio 2009, data dalla quale risulta inoperativo. La società è tuttora iscritta e attiva, con responsabile Gencarelli Leo e con mandati Allianz, Unipol eccetera.
  In merito alla notizia di condanna del signor Umberto Paladini contenuta nell'atto di sindacato in oggetto, l'Ivass, compiuti i necessari accertamenti presso il casellario giudiziale e rilevata la perdita dei requisiti di onorabilità per l'iscrizione delle persone fisiche nel registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi, previsti dall'articolo 110, comma 1, lettera
b) del decreto legislativo n. 209 del 2005, ha avviato il procedimento di cancellazione d'ufficio del signor Paladini ex articolo 113, comma 1, lettera d) del citato decreto.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoSimona Vicari.


   CASTRICONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011, il cosiddetto «Decreto salva Italia», convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 27 dicembre 2011, dal 1° gennaio 2012 l'Inpdap è confluito, con tutti i rapporti in essere e con tutto il suo patrimonio nell'Inps;
   tra i rapporti confluiti vi è quello relativo alla Casa Albergo «La Pineta», avviato dall'Inpdap nel 1995 a Pescara per l'offerta di ospitalità a pensionati autosufficienti iscritti al fondo di previdenza e credito per dipendenti civili e militari dello Stato e di altri enti, confluiti nel Fondo credito per effetto del decreto ministeriale n. 45 del 2007;
   sulla gestione della casa albergo La Pineta di Pescara, già in data 30 luglio 2013 l'onorevole Gianni Melilla, ha presentato, una interrogazione (atto camera 4-01491) allo stesso Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
   gli interroganti condividono gli obiettivi affermati nell'interrogazione richiamata ed in particolare quelli dell'aumento dell'offerta di assistenza dell'INPS, sia complessivamente a livello nazionale, che specificamente nelle case albergo di Pescara e di Monte Porzio Catone (Roma), obiettivi ripetutamente ed apertamente espressi dallo stesso CIV – Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Inps, ad esempio con la deliberazione del 21 febbraio 2012 nella quale auspicava il rilancio della gestione a fini di integrazione e socializzazione per gli ospiti e di tutela dei rapporti di lavoro per i dipendenti;
   la nostra società sta subendo infatti un'evoluzione demografica che vede aumentare con progressione particolarmente significativa da un lato la dimensione della componente anziani e dall'altro le difficoltà nell'erogazione di prestazioni di assistenza, sia nella fase dell'autosufficienza, che in quella dell'inabilità;
   mentre le competenze per le «RA residenze assistite» e per le «RSA – residenze sanitarie assistite» sono proprie dei livelli istituzionali regionali e sub-regionali, le competenze per le case albergo, o più in generale per i centri di ospitalità per persone anziane autosufficienti, restano di livello nazionale e spetta al Ministro in oggetto vigilare sulla quantità e sulla qualità dei servizi, resi alla collettività, nonché operare perché siano disponibili le risorse necessarie per garantire i livelli e la qualità dei servizi stessi;
   la casa albergo La Pineta di Pescara ha caratteristiche di grande rilievo come:
    a) una dimensione di oltre 7.000 metri quadrati di superficie edificati e di circa 16.000 metri quadrati di pineta e giardino, integrati nel Parco D'Avalos della città, in un contesto urbano ed ambientale straordinario, caratterizzato dalla collocazione, oltre che dalla citata area verde di grande rilievo ambientale, nelle immediate vicinanze del mare;
    b) la disponibilità di camere da letto con bagni riservati delle quali 95 singole e 12 doppie, nonché di spazi per servizi ed attività di relazione adeguate al numero massimo di 119 ospiti potenziali;
    c) la gestione dei servizi affidata ad imprese private e società cooperative con un totale di 79 addetti alle varie funzioni con diverse qualifiche, oltre a tre dipendenti diretti dell'Inps;
   vi è ormai da tempo una grave crisi nella gestione della casa albergo di Pescara manifestata con diversi elementi succedutisi nel tempo quali:
    l'aumento su base ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente) delle rette poste a carico degli ospiti, introdotto con deliberazione del presidente Inpdap n. 299 del 2011 dal luglio 2011, la quale ha prodotto per alcuni ospiti aumenti vicino al raddoppio della retta;
    la denuncia, rimasta inascoltata, degli eccessi di tali aumenti presentata dalle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL al CIV INPS in data 23 luglio 2012 con puntuali critiche della richiamata deliberazione del presidente Inpdap n. 299 del 2011;
    il calo, certamente connesso ai predetti aumenti, del numero degli ospiti, che al 31 dicembre 2010 erano 113 ed al 31 agosto 2013 erano scesi a 97;
    la mancata tutela dei diritti dei lavoratori in occasione di vari passaggi dalla gestione da uno ad altro soggetto concessionario, senza il rispetto delle anzianità maturate e con liquidazione del TFR, evitando il trasferimento e l'aggiornamento annuale dello stesso su valori cumulati;
    i ripetuti inadempimenti, da parte almeno una delle concessionarie dei servizi, dell'obbligo di tempestiva erogazione delle retribuzioni, con conseguenti dubbi sul regolare adempimento dei connessi obblighi in materia contributiva e di accantonamenti;
    la precarietà che sembra avvertirsi nei rapporti di lavoro da parte degli addetti, che cominciano a temere di dover verificare la possibilità di trovare diverse soluzioni di impiego, difficili, ma ritenute necessarie se la crisi, che si avverte da tempo, dovesse aggravarsi;
    la mancata pubblicazione di bilanci specifici della gestione Inpdap, ora Inps della casa albergo in argomento;
    la ripetuta interruzione nella prestazione di servizi interni ed esterni, gratuiti ed a pagamento, come la fornitura di giornali, le prestazioni di parrucchiere, la balneazione estiva, il servizio di lavanderia e la fisioterapia;
    la mancata pubblicazione alla data di sottoscrizione della presente interrogazione, del bando 2013 per gli aspiranti ospiti della casa albergo La Pineta, che, impedendo di manifestarsi alla domanda di ospitalità, sembra prefigurare concretamente la volontà di non protrarre la prestazione dei servizi già a partire dalla prossima annualità, ignorando gli obblighi connessi con la sottoscrizione per accettazione, da parte degli ospiti, del regolamento interno, che all'articolo 4 definisce inequivocabilmente «a tempo indeterminato» il rapporto connesso;
   il quadro che va delineandosi, nel contraddire ormai apertamente le linee contenute nella delibera Inpdap n. 127 del 27 maggio 2010 che affermava senza incertezze il riferimento ai princìpi di tutela delle funzioni assistenziali verso le fasce anziane della popolazione, sembra esprimere una volontà di mancata trasparenza nei rapporti, in un contesto che non prefigura neppure la garanzia di soluzioni alternative di gestione, come obbligo elementare in ogni caso di elaborazione di ipotesi di abbandono del servizio –:
   se sia fondata l'ipotesi, da più parti paventata, secondo la quale l'Inps si appresterebbe a deliberare la chiusura delle case albergo, con gravi ed irrecuperabili danni ai lavoratori addetti ed ai pensionati assistiti invece di incrementare le positive esperienze maturate in passato e tuttora in corso a Pescara ed a Monte Porzio Catone (Roma);
   quali misure urgenti il Ministro intenda adottare per evitare il progressivo deterioramento dei servizi prestati presso le predette strutture rendendo al tempo stesso impraticabile qualsiasi soluzione alternativa rispetto all'attuale sistema di gestione;
   se il Ministro ritenga opportuno intervenire affinché l'Inps elabori e ponga in atto un piano nazionale di utilizzo di tutti gli immobili ricevuti da altri enti ed in particolare dall'Inpdap e dall'Enam, diretto allo sviluppo delle prestazioni assistenziali per anziani autosufficienti, evitando la prosecuzione di gestioni autonome o private non coerenti con gli obiettivi delineati ed in particolare se il Ministro ritenga doveroso intervenire affinché l'Inps elabori e renda noti i piani di gestione dei servizi assistenziali da prestare nel breve, medio e lungo termine, in particolare presso le case albergo di Pescara e Monte Porzio Catone. (4-02448)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con cui si chiede quali iniziative si intendano assumere per valorizzare le case-albergo ex-Inpdap di Pescara e di Monteporzio Catone, si rappresenta quanto segue.
  Attualmente sono presenti presso la casa di soggiorno di Pescara «La Pineta» 104 ospiti, che costituiscono la quasi totalità dei soggiornanti che la struttura può ospitare.
  Per quanto riguarda gli aspetti relativi all'aumento della quota mensile di contributo alle spese, addebitato agli ospiti della casa albergo di Pescara, il cui costo è legato all'Isee (Indicatore della situazione economica equivalente peraltro oggetto di una recente, incisiva riforma), si ritiene che il riferimento a tale indicatore rappresenta la modalità più oggettiva per correlare i costi alla contribuzione degli utenti. L'Isee infatti è il valore assoluto dato dalla somma dei redditi e di una quota percentuale dei patrimoni mobiliari e immobiliari dei componenti il nucleo familiare. Esso consente ai cittadini di accedere, a condizioni agevolate, alle prestazioni sociali o ai servizi di pubblica utilità.
  Tenendo quindi in considerazione tale parametro, le linee di indirizzo del consiglio di indirizzo e vigilanza per gli anni 2011-2013 hanno previsto esplicitamente l'adeguamento delle rette, differenziate per fasce di reddito, a carico dei pensionati ospiti delle case albergo. Ciò anche alla luce delle osservazioni che già dall'anno 1998, la Ragioneria generale dello Stato aveva sollevato con riguardo all'inadeguatezza delle rette rispetto al servizio offerto.
  In effetti la determinazione presidenziale Inpdap n. 299 del 1999 faceva presente che, a titolo di quota di partecipazione alle spese, ogni ospite corrispondeva, in precedenza, rapportati ad euro, 537,11 euro mensili in camera singola e 914,12 euro per i coniugi in camera matrimoniale, a fronte di un costo
pro capite pari a 18.000 euro annui, al netto degli oneri per il personale interno e per i costi di manutenzione ordinaria e straordinaria dell'immobile.
  Ai fini di una corretta e adeguata pianificazione delle nuove tariffe, l'Amministrazione ha preliminarmente provveduto a richiedere alle case albergo i dati relativi alle attestazioni Isee degli ospiti presenti al momento della variazione, al fine di verificarne il livello e la distribuzione.
  Quanto ai servizi integrativi della prestazione, erogati agli ospiti, quali quelli fisioterapici, di ginnastica o animazione, essi sono previsti dai contratti con la società vincitrice della gara di appalto per la gestione della casa albergo. Eventuali ritardi sono da attribuire ai tempi legati all'attivazione delle rinnovate gare di appalto e, al mese di ottobre 2013, essi risultano superati.
  In ordine al bando di accesso per la graduatoria 2013, si evidenzia che il bando per l'ammissione alla casa albergo è un bando di tipo «aperto», annuale, senza vincoli temporali per la presentazione della domanda di accesso da parte dei pensionati. In tal modo si offre una maggiore possibilità riguardo al numero di accoglimento delle richieste, e si garantisce, con l'applicazione dell'Isee, maggiore equità.
  Da ultimo si rappresenta che, nelle more della ridefinizione della nuova architettura organizzativa dell'Inps conseguente all'assorbimento dell'Inpdap e dell'Enpals, sono allo studio interventi complessivi di valorizzazione di tutte le strutture sociali complessivamente confluite nell'istituto, in modo da metterle a disposizione degli iscritti, con particolare attenzione per coloro che versano in condizioni di disagio.

Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   CATANIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 24 dicembre 2007, n. 247, «Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale» al punto 77 modifica l'articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184, e introduce nel comma 5-bis della stessa legge la facoltà di riscatto degli anni per il conseguimento della laurea per i soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza che non abbiano iniziato l'attività lavorativa. In tale caso, il contributo è versato all'INPS in apposita evidenza contabile separata e viene rivalutato secondo le regole del sistema contributivo, con riferimento alla data della domanda. Il montante maturato è trasferito, a domanda dell'interessato, presso la gestione previdenziale nella quale sia o sia stato iscritto;
   molti giovani che hanno aderito, allorché inoccupati, con il supporto dei genitori a riscattare gli anni di laurea potrebbero aver trovato lavoro all'estero ed essere iscritti presso un regime pensionistico di uno Stato europeo o delle istituzioni europee e in futuro non avere una posizione contributiva da occupati in Italia, vista l'alta percentuale di disoccupazione giovanile in Italia;
   la legge prevede che «Il montante maturato è trasferito, a domanda dell'interessato, presso la gestione previdenziale nella quale sia o sia stato iscritto»;
   inoltre, i contributi sono versati all'INPS in apposita evidenza contabile separata ed esiste una normativa per il trasferimento dei contribuiti tra l'INPS e la previdenza delle istituzioni europee e viceversa –:
   quali iniziative intenda porre in essere per venire incontro ai giovani citati in premessa e se sia a conoscenza di eventuali disposizioni per il trasferimento, intraprese dall'INPS e su richiesta degli interessati, in merito ai contributi versati alla previdenza delle istituzioni europee. (4-02407)

  Risposta. — L'interrogazione parlamentare in esame concerne la facoltà per i soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza di riscattare il corso di laurea, con particolare riferimento ai giovani inoccupati che si trasferiscono all'estero per lavoro.
  In via generale, si rappresenta che il riscatto permette di coprire a proprie spese alcuni periodi, espressamente previsti dalla legge, per i quali non esiste un obbligo assicurativo, ma che possono divenire parte integrante della posizione contributiva.
  La normativa vigente consente di riscattare i corsi di studio universitari e altri percorsi di studio, compresa la laurea conseguita all'estero se il titolo di studio ha valore legale in Italia.
  A decorrere dal 2008, per effetto della legge n. 247 del 2007, il riscatto della laurea può essere chiesto anche da chi non ha mai lavorato e non è mai stato iscritto ad alcuna forma previdenziale.
  Nel caso in cui un giovane inoccupato trovi un impiego in Italia, i contributi da riscatto versati per il periodo corrispondente al corso di laurea verranno trasferiti, a domanda dell'interessato, presso la gestione previdenziale italiana presso la quale il giovane venga iscritto.
  Nel caso, invece, in cui il giovane inoccupato trovi lavoro all'estero, il sistema di tutela è quello previsto dalle disposizioni europee e internazionali applicabili, come di seguito specificato.
  Ai sensi del regolamento (CE) 883/2004, i periodi contributivi maturati in tutti gli Stati membri dell'Unione europea nonché in Svizzera, Norvegia, Islanda e Liechtenstein, sono totalizzabili al fine del raggiungimento del diritto a pensione.
  Tale regola si applica naturalmente anche ai contributi da riscatto del corso di laurea versati in Italia, compresi quelli versati dai soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza che non abbiano ancora intrapreso alcuna attività lavorativa.
  Pertanto, i giovani inoccupati che, con il supporto dei genitori, riscattino gli anni di laurea e che successivamente trovino lavoro in uno degli Stati esteri sopra citati, che applicano il regolamento (CE) 883/2004, con conseguente iscrizione presso il regime pensionistico di tale Stato, vedranno valorizzati, al raggiungimento dell'età pensionabile, tutti i periodi contributivi.
  Tali soggetti, infatti, avranno diritto, mediante la totalizzazione, a percepire oltre alla pensione del Paese in cui si sono trasferiti anche una pensione pro-rata italiana.
  Analogamente, la totalizzazione dei periodi contributivi è prevista anche da molte convenzioni di sicurezza sociale stipulate dall'Italia con Paesi non appartenenti all'Unione Europea.
  Il trasferimento dei contributi, di cui fa cenno l'onorevole interrogante, è invece il sistema di mantenimento dei diritti pensionistici che, ai sensi dello Statuto dei funzionari dell'Unione europea, si applica ai dipendenti delle istituzioni europee che abbiano maturato anche periodi contributivi negli Stati membri ed è pienamente applicabile anche ai contributi da riscatto.
  Alla luce di quanto sopra, si può ritenere che le situazioni citate dall'onorevole interrogante sono già completamente regolate e che i soggetti interessati ricevano già ampia tutela, per cui allo stato non si ravvisa la necessità di ulteriori interventi normativi.

Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   CIMBRO, CIVATI, CASSANO, CASATI, COMINELLI, COVA, COLANINNO, DANIELE FARINA, LORENZO GUERINI, MAURI, MOSCA, GUERRA, GIUSEPPE GUERINI e LAFORGIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 novembre 2013 è stata presentata un'interpellanza urgente avente per oggetto la Franco Tosi Meccanica e in particolare la preoccupante situazione di stallo sul piano occupazionale e produttivo della medesima che si è aggravata con il passare del tempo principalmente a causa della mancanza di interventi risolutivi per la messa in sicurezza dell'integrità e della continuità dell'azienda;
   è stata richiesta la cassa integrazione in deroga il 25 luglio 2013 per circa 250 persone e a oggi non è stata ancora approvata. Di fatto da diversi mesi molte di questi dipendenti non percepiscono alcuna entrata ed è, invece, assolutamente necessario, nel pieno rispetto della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, approvare nel più breve tempo possibile la procedura di cassa integrazione in deroga e provvedere ad un'azione di Governo che, in questo particolare momento di crisi finanziaria per il Paese, sostenga le primarie esigenze economiche di operai ed impiegati specializzati che nel corso degli anni hanno reso la Franco Tosi Meccanica un'azienda rinomata a livello mondiale;
   a oggi l'azienda si trova nella procedura di amministrazione straordinaria in base alla legge Prodi bis che prevede come prerogative essenziali il mantenimento dell'integrità del valore dell'azienda e la continuità dell'attività al fine di tutelare creditori, dipendenti ed agire nel rispetto delle politiche industriali del Ministero dello sviluppo economico;
   la procedura di amministrazione straordinaria prevede la presentazione di un piano industriale entro 60 giorni dall'inizio del mandato e la nomina di un comitato di garanzia, elementi fondamentali per un approccio lineare e formalmente corretto per la procedura;
   lo stato delle finanze a disposizione dell'azienda, provenienti dai flussi di cassa interna, sono determinanti rispetto alla scelta di un affitto o vendita dell'azienda in quanto le finanze a disposizione dettano un preciso arco temporale per le possibili soluzioni da attuare a tutela della procedura. Di fatto le cronache riportano la recente perdita di due importanti contratti in Centro e Sudamerica: Bolivia e Nicaragua. Dall'inizio della procedura di amministrazione straordinaria la perdita di commesse ha danneggiato l'integrità del valore dell'azienda, i possibili flussi di cassa proveniente da tali commesse e il valore dell'azienda stessa nei confronti di futuri acquirenti;
   tema assolutamente necessario per mantenere in essere la procedura è la continuità aziendale. Il ricorso alla procedura di commissariamento è stata omologata dal tribunale di Milano in seguito alla relazione dell'avvocato Barazzoni che lega la continuità aziendale alla manifestazione di interesse per l'affitto d'azienda da parte di quattro soggetti di livello internazionale ricevute nel mese di settembre 2013. Rispondendo alla precedente interpellanza presentata il 6 novembre 2013, il Ministero dello sviluppo economico aveva dichiarato «Dopo aver analizzato il percorso delineato dal bando, finalizzato all'affitto dell'azienda, il commissario straordinario ha incontrato tutti coloro che hanno manifestato interesse in detta procedura» ed ancora «Il Commissario sta predisponendo un programma di cessione del complesso aziendale, in contatto con il Ministero, avuto, in particolare, riguardo alle iniziative da assumere anche in via di urgenza, ove indispensabili. Da questo punto di vista le ultime notizie citate dall'onorevole Cimbro, sono oggetto in questo momento di verifica, potrebbero rientrare appunto nelle iniziative da assumere in via d'urgenza, dove però l'obiettivo comunque rimane quello del programma di cessione del complesso aziendale.». Inoltre, le cronache hanno riportato le dichiarazioni del commissario straordinario dottor Andrea Lolli alle organizzazioni sindacali incontrate il giorno 20 novembre 2013 alle quali lo stesso garantiva di procedere con una gara d'affitto entro il 31 dicembre 2013; a tale incontro erano presenti Mirco Rota, segretario generale Fiom Cgil Lombardia e Luigi Dedei, segretario regionale Fim Cisl Lombardia. Ad oggi, tali dichiarazioni non trovano riscontro. Le cronache riportano inoltre che alcuni soggetti industriali abbiano fatto capire informalmente del decadere del loro interesse, mentre non si conosce la formale posizione degli altri soggetti ancora interessati o di altri eventuali nuovi soggetti;
   la situazione della Franco Tosi è allarmante a tal punto da riaccendere le memorie dello spettro del fallimento chiesto da tre aziende nel mese di luglio 2013. La legge Prodi bis prevede la conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento qualora non siano rispettati i tempi dettati dal piano industriale, ovvero quando i risultati di legge non siano raggiungibili; nel caso della Tosi, le finanze per l'attuazione non sono note e non si conoscono le posizioni delle aziende possibilmente interessate alla luce della recente perdita di importanti commesse internazionali. Il fattore tempo è determinante, così come riportato dall'interpellanza urgente presentata nel novembre 2013 nella quale già si avvisava del possibile aggravarsi della situazione;
   il 24 gennaio 2014 si è tenuto un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico durante il quale le rappresentanze sindacali hanno espresso severi dubbi inerenti gestione della procedura. Il tema espresso chiaramente è il seguente: più lunghi i tempi, più alto il rischio di depauperamento del patrimonio industriale e più certa l'ipotesi «spezzatino». Tale tesi sindacale è stata chiaramente supportata da una lettera inviata al Ministero dello sviluppo economico e al commissario Andrea Lolli nel mese di dicembre 2013 firmata da oltre 200 dipendenti gli stessi che, preoccupati per il loro destino lavorativo, durante l'incontro tenutosi a Roma la settimana scorsa hanno manifestato davanti al Ministero dello sviluppo economico e davanti alle portineria della storica azienda di Legnano;
   in questo contesto la soluzione dell'affitto potrebbe portare nell'immediato ulteriori vantaggi per il rilancio industriale ed il mantenimento dell'integrità del valore dell'azienda stessa in quanto il mercato esige al più presto un dialogo ed un confronto con un soggetto industriale. Tale soggetto deve essere credibile e in grado di garantire la propria capacità tecnico-finanziaria per la gestione dell'azienda dal punto di vista operativo, la presentazione di garanzie bancarie necessarie ai progetti internazionali, la formulazione di preventivi e l'esecuzione di ordini, nonché la rinegoziazione e mantenimento degli stessi. La perdita di commesse è sicuramente legata alla stringente esigenza di un mercato che necessita di una controparte industriale il prima possibile. Si ricorda anche il delicato tema della denominazione aziendale;
   un'ulteriore considerazione nasce dal fatto che quanto prima si affitta il ramo produttivo dell'azienda, tanto prima si può legare un soggetto industriale alla stipula di un contratto che obbliga lo stesso a presentare un'offerta per l'acquisto dell'attività. La nota più grave ad oggi è che tergiversando su quale fosse la migliore via da percorrere, la gestione da parte del tribunale di Milano e successivamente da parte del Ministero dello sviluppo economico non abbia portato alla stipula e firma di nessun accordo vincolante da parte di alcun soggetto industriale né per l'affitto né tanto meno per la vendita dell'attività;
   ad oggi appare altamente improbabile la possibilità di completare le procedure burocratiche previste per un acquisto dell'azienda entro il mese di giugno 2014. La procedura di vendita potrebbe richiedere un lasso di tempo molto più importante, tale da costringere i termini per la cessione nell'anno 2015. La conseguenza del dilatarsi dei tempi a tal punto metterebbe chiaramente a repentaglio l'integrità del valore dell'azienda e l'esistenza stessa della fabbrica, fino a non rendere possibile il configurarsi di un piano industriale per il rilancio in continuità operativa. A tale data gli unici interessi per l'acquisto potrebbero provenire da realtà industriali di più ridotte dimensioni e scopi interessate solamente a tante piccole porzioni del tutto e «l'ipotesi spezzatino» diventerebbe l'unico possibile epilogo alla vicenda Tosi. Si sottolinea che il core business da un punto di vista impiegatizio della fabbrica di Legnano è infatti costituito dalla produzione di turbine a vapore che potrebbe impiegare centinaia di dipendenti. I rami d'azienda service e «idraulica» possono essere gestiti impiegando solo pochi tecnici dislocati in altre sedi e con produzione conto terzi. Alcune aziende concorrenti stanno già tentando di assumere specifici dipendenti della Franco Tosi e disperdere il know-how tecnologico. Il tempo è un fattore di assoluta importanza per la conservazione di questo asset aziendale chiaramente legato all'integrità del valore aziendale da mantenersi;
   in questo contesto è emersa una circostanza che desta gravissima preoccupazione riguardante la gestione aziendale. In assenza di un piano industriale approvato dal Ministero, senza alcuna forma di pubblicità, in totale assenza di una procedura competitiva che avrebbe sicuramente tutelato il più alto valore di cessione, sembrerebbe siano stati ceduti o si stiano per cedere disegni e/o l'utilizzo di tecnologia con cartiglio Franco Tosi Meccanica relativo a turbine a vapore. Come riportano diversi articoli, i sindacati dell'azienda intendono, qualora tali fatti siano confermati e accertati, rivolgersi alla procura della Repubblica e al tribunale di Milano e presentare formalmente un esposto al fine di sorvegliare sulla procedura di amministrazione straordinaria ed evitare qualsiasi frazionamento in una fase così delicata per l'azienda –:
   quali ulteriori iniziative i Ministri, per quanto di competenza, intendano intraprendere al fine di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e produttivi della società Franco Tosi Meccanica s.p.a. ed entro quale data tali iniziative verranno intraprese, soprattutto, per quanto concerne la cassa integrazione straordinaria;
   quale sia l'orientamento del Ministro dello sviluppo economico, sulla base dei dati forniti dal commissario straordinario e a fronte della precisa analisi della situazione effettuata dal medesimo, rispetto alla scelta da attuarsi, posto che risulta evidente che, nel rispetto delle competenze e responsabilità specifiche, il problema della Franco Tosi richieda una risposta politica che sia lungimirante e, pur in una situazione di gravissima crisi economica, possa garantire quel patrimonio produttivo e di competenze che hanno reso l'Italia competitiva sul piano internazionale. (4-03511)

  Risposta. — Il Ministero dello sviluppo economico segue le vicende della «Franco Tosi Meccanica – FTM» con impegno costante fin dai primi eventi di criticità che hanno coinvolto l'azienda.
  In data 18 giugno 2013, è stato depositato ricorso per il fallimento della società Franco Tosi meccanica (Ftm); successivamente, in data 25 luglio 2013 il Tribunale di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza della Ftm nominando quale Commissario Giudiziale, senza gestione dell'impresa, l'avvocato Gian Paolo Barazzoni.
  Il commissario, d'accordo con il tribunale di Milano, nel rilevare la possibilità di facilitare la cessione dell'azienda attraverso un preliminare contratto di affitto, ha pubblicato un invito a manifestare interesse per affittare l'azienda.
  A seguito del parere del Ministero dello sviluppo economico ex articolo 29 del decreto legislativo 270 del 1999, predisposto in data 23 settembre, il 28 settembre 2013 il Tribunale ha disposto l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria rilevando i presupposti per il riequilibrio dell'azienda, pur in pendenza dell'esito della procedura di affitto avviata.
  Il Ministro dello sviluppo economico ha nominato in data 16 ottobre 2013 il dottor Andrea Lolli quale commissario straordinario della procedura Franco Tosi meccanica. In data 24 gennaio 2014 (a seguito di richiesta di proroga) è stato depositato il programma di cessione dei complessi aziendali il quale prevede, tra l'altro, il ricorso alla garanzia di Stato sui finanziamenti per la gestione corrente dell'impresa.
  Considerando l'importanza di procedere in tempi stretti, il commissario ha rappresentato l'avviare quanto prima la procedura di vendita al fine di evitare un ulteriore slittamento dei tempi necessari al completamento delle fasi preliminari della gara di affitto, stimati dai 30 ai 60 giorni.
  In effetti, la gara incardinata durante il periodo di commissariamento giudiziale verteva su un perimetro non compatibile, ad opinione del commissario straordinario, con l'unitarietà dell'azienda, obiettivo prioritario della procedura di amministrazione straordinaria, né nel bando originario vi erano garanzie sufficienti alla tutela dell'azienda stessa e obblighi precisi in merito al successivo acquisto da parte dell'affittuario. Tutto ciò, con il concreto rischio di pregiudicare l'ottimale definitiva ricollocazione dell'azienda sul mercato.
  In tale contesto, proprio al fine di corrispondere alle esigenze di celerità da più parti rappresentate e comunque connesse all'utile esperimento del tentativo conservativo, il Ministro dello sviluppo economico ha condiviso le valutazioni del commissario ed ha invitato lo stesso a predisporre gli atti necessari al più rapido avvio della procedura di vendita.
  Le azioni di cui sopra sono state fondate anche sul presupposto che il commissario, nel programma in corso di approvazione, dà conto della possibilità di una autonoma gestione dell'attività di impresa mediante il ricorso a finanziamenti garantiti dal Tesoro dello Stato.
  Peraltro, è da sottolineare che il termine massimo previsto dal decreto legislativo 270 del 1999 per un programma di cessione è di 12 mesi solari, salvo proroga del tribunale. Tale periodo è ritenuto congruo al fine di addivenire alla migliore allocazione sul mercato dell'azienda nel contemperamento delle esigenze dei creditori e dei dipendenti preservando al contempo il patrimonio industriale.
  In relazione a quanto riportato nell'atto circa le commesse in Bolivia e Nicaragua, il commissario ha precisato, con nota del 6 febbraio 2014, che le stesse erano già ampiamente compromesse prima dell'apertura della procedura di amministrazione straordinaria, a causa degli enormi ritardi pluriennali accumulati. Peraltro, per quanto riguarda la commessa Misicuni, il commissario ha specificato che la stessa è stata oggetto di risoluzione da parte delle autorità boliviane dando come motivazione della «terminacion por incumplimento» la pronuncia della dichiarazione di insolvenza di Ftm del 24 luglio 2013.
  Quanto alla vicenda riguardante la vendita di disegni, la stessa è stata già ampiamente smentita dal commissario anche durante la riunione informativa con le organizzazioni sindacali del 24 gennaio 2014, citata nell'atto di sindacato. In particolare, il commissario ha precisato che le iniziative cui si fa riferimento, riguardanti la concessione dell'utilizzo dei disegni sono «legittime, approfonditamente valutate dal Commissario e da suoi collaboratori e considerate, oltre che economicamente vantaggiose, utili per lo sviluppo di iniziative commerciali della società in collaborazione con partner industriali su nuovi mercati».
  In riferimento alla denominazione sociale, il commissario ha ricordato come il tema sia oggetto di contenzioso risalente al 2008 e che ha visto soccombere la società sia in primo che in secondo grado. Il 6 gennaio 2014 si è tenuta l'udienza in Cassazione e di cui si attende l'esito nei prossimi mesi.
  Infine, secondo quanto riferito dal medesimo commissario, non vi è evidenza di decadimento di attenzione da parte di soggetti che precedentemente avevano palesato interesse per la Ftm ma bensì, sono pervenute recentemente ulteriori manifestazioni di interesse.
  In definitiva, si ritiene di poter condividere le scelte operate sino ad oggi dal commissario, volte ad assicurare il perseguimento delle finalità della procedura di amministrazione straordinaria, attraverso la vendita dell'azienda secondo le procedure previste dalla legge.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoClaudio De Vincenti.


   COLLETTI, D'AMBROSIO e CASTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel primo pomeriggio di domenica 4 agosto 2013 alcuni operai hanno allestito un palco nel centro di Roma, precisamente in via del Plebiscito, ove alle ore 18,00 era in programma una manifestazione del Popolo della Libertà in favore di una persona recentemente condannata in via definitiva per un grave reato;
   il comune ha reso noto di non aver rilasciato alcuna autorizzazione (poiché non richiesta in tempo) per l'allestimento di detto palco che è pertanto risultato abusivo;
   stando a quanto riportato dai giornali, gli stessi operai incaricati dell'allestimento del palco avrebbero rimosso arbitrariamente alcuni cartelli stradali che ne avrebbero impedito la piena visuale;
   la manifestazione – per la quale non sembra essere pervenuta al comune alcuna richiesta di autorizzazione – ha arrecato notevoli disagi alla circolazione automobilistica e del trasporto pubblico a causa delle deviazioni e del transennamento dell'isolato;
   il presidente del primo municipio del comune di Roma ha successivamente inviato una pattuglia di vigili urbani per verificare l'accaduto e ripristinare la segnaletica stradale, oltre a verificare eventuali altre opere non autorizzate;
   gli organizzatori della manifestazione del Popolo della Libertà hanno riferito di aver richiesto ai competenti organi amministrativi tutte le autorizzazioni del caso –:
   se il Ministro intenda verificare, con il prefetto e la questura di Roma, l'avvenuto preventivo avviso di cui all'articolo 18 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza per la manifestazione e l'allestimento del palco del 4 agosto 2013 in via del Plebiscito. (4-01612)

  Risposta. — In merito all'interrogazione in esame, il Dipartimento della pubblica sicurezza e la prefettura di Roma, interessati da questo Ministero, hanno comunicato che il 4 agosto 2013 dalle ore 17 alle ore 20 in via del Plebiscito a Roma, ha avuto luogo una manifestazione indetta dal Popolo della Libertà al fine di sostenere l'attività politica del proprio presidente, il quale, nell'occasione, ha tenuto un comizio.
  L'iniziativa che si è svolta senza turbative, è stata regolarmente preavvisata ai sensi dell'articolo 18 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   CRIVELLARI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
    TNT Global express Italy è parte di TNT express N.V., multinazionale olandese che opera nel settore dei servizi di trasporto espresso, fornendo a livello globale soluzioni di consegna. L'Azienda dispone in Italia di un network con 117 filiali dislocate in molte regioni, 14 hub, 5 customer service e oltre 1.200 TNT point, e garantisce occupazione a circa 3.000 dipendenti;
   lo scorso 10 giugno TNT express ha annunciato un piano di riorganizzazione aziendale. Il piano ufficialmente è giustificato dal perdurare della crisi economica; sembra tuttavia possibile ravvisare ragioni più profonde e remote legate a questa scelta: in primis la politica aziendale perseguita negli ultimi anni, perlopiù finalizzata ad aggredire quote significative di mercato rincorrendo tariffe al massimo ribasso ed esternalizzando verso soggetti terzi operanti in appalto la gestione vera e propria della distribuzione e consegna delle merci. Su tali soggetti è stata, di fatto, scaricata la responsabilità di impresa, con tariffe talmente basse che hanno sì permesso a TNT di aumentare il volume delle merci movimentate, ma anche i fattori di precarietà per i lavoratori;
   nei mesi scorsi la società TNT era stata offerta ad UPS, colosso delle spedizioni con sede legale ad Atlanta. L'antitrust ha tuttavia bloccato l'operazione, valutata intorno ai 5 miliardi di euro, poiché essa avrebbe costituito un limite oggettivo alla concorrenza. La mancata vendita sembra aver messo a nudo tutte le criticità del sistema. Il piano di riorganizzazione da poco presentato prevede una pesantissima ristrutturazione complessiva: sono previsti complessivamente 854 esuberi tra i dipendenti diretti TNT e la chiusura di 24 filiali minori tra il 2013 e il 2014. Ai dipendenti TNT devono essere aggiunti gli operatori delle ditte operanti in appalto, che di fatto gestiscono la distribuzione vera e propria della merce, elevando così il computo dei lavoratori che saranno interessati dal piano ad un numero non inferiore alle 3.000 unità. Nella realtà di Rovigo, già duramente colpita dalla crisi, è prevista la completa chiusura della filiale. A fronte delle 6 unità dipendenti da TNT ve ne sono altre 19 che operano per conto della ditta in appalto: ad oggi non è dato conoscere il destino di questi lavoratori. Altre 23 sono le filiali che dovrebbero essere chiuse: realtà come Ferrara e Mantova che, al pari di Rovigo, renderebbero ugualmente sguarniti interi territori. Di qui la comprensibile preoccupazione che il piano di TNT non rappresenti affatto una coerente ipotesi di rilancio industriale ma un segnale di drammatico arretramento, l'ennesimo gioco al ribasso;
   a fronte della gravità della situazione così delineata, il 28 giugno e il 2 luglio 2013 lavoratori e sindacati hanno organizzato due giorni di protesta per richiedere all'azienda il ritiro dei licenziamenti e la definizione di un piano industriale credibile, che possa fornire garanzie in relazione al mantenimento del lavoro in Italia. Si consideri che al tavolo nazionale sul rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro si stava ragionando nella direzione esattamente contraria a quella finora emersa, ovvero prevedendo l'internalizzazione e l'assunzione del personale finora impegnato in appalto –:
   tenuto conto che il programma di mobilità per 854 dipendenti sarà avviato già il prossimo 24 agosto 2013 al termine della richiamata procedura di riorganizzazione, e che attualmente i lavoratori non godono di un sistema di ammortizzatori sociali, se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Governo intenda adottare per:
    a) contenere l'impatto della predetta ristrutturazione sul numero complessivo dei lavoratori in atto occupati;
    b) fare in modo che eventuali licenziamenti possano essere ricompresi fra quelli passibili di ricevere finanziamenti, di carattere nazionale ed europeo, finalizzati al reimpiego e alla riqualificazione dei lavoratori;
    c) prevedere che l'utilizzo dei predetti fondi possa essere realizzato attraverso un coordinamento nazionale ovvero su base regionale. (4-01236)

  Risposta. — La TNT Global Express spa, con sede in San Mauro Torinese (Torino) e filiali in tutta Italia, il 10 giugno 2013 ha comunicato l'attivazione della procedura di mobilità per riduzione di personale, volta alla risoluzione del rapporto di lavoro di 854 dipendenti su 2.980 lavoratori occupati (cosiddetto licenziamento collettivo).
  La spa TNT, infatti, esercente l'attività di corriere, inquadrata ai fini Inps nel settore «servizi», non può beneficiare della cassa integrazione guadagni straordinaria.
  Il 3 luglio 2013, l'esame congiunto tra l'azienda e le organizzazioni sindacali nazionali Filt Cgil, Fit Cisl e Uil Trasporti (con la delegazione territoriale e le Rsa aziendali), si è concluso con verbale di mancato accordo, richiedendo le organizzazioni sindacali il ritiro della procedura di mobilità e la presentazione di un piano industriale a salvaguardia dei livelli occupazionali anche attraverso un accordo di solidarietà.
  Il 18 luglio 2013 la società ha sottoscritto, presso la direzione generale competente di questa Amministrazione, un verbale di accordo conclusivo della procedura di licenziamento collettivo. Il citato verbale ha registrato la concorde volontà delle parti sociali di far fronte all'esubero, con la finalità di evitare conseguenze traumatiche per i livelli occupazionali aziendali, attraverso il ricorso al trattamento di cassa integrazione guadagni in deroga, con modalità e tempistiche diverse e, comunque, necessariamente sino al 31 dicembre 2014, con riguardo ad un numero massimo di 928 lavoratori. Tale programma di CIG in deroga è stato affiancato da un piano di misure di gestione degli esuberi, includenti anche la mobilità incentivata sulla base del criterio esclusivo della non opposizione al licenziamento da parte del singolo lavoratore.
  In dettaglio, l'accordo prevede:
   1) il ricorso al trattamento di CIG in deroga (articolo 2, comma 64, legge n. 92 del 2012) per la durata di 4 mesi dal 1o settembre 2013 al 31 dicembre 2013 per un numero massimo di 928 lavoratori, in parte sospesi a zero ore senza rotazione (addetti a filiali o lavorazioni cessate o che cesseranno), in parte a rotazione con riduzione di orario, con anticipo da parte dell'azienda del relativo trattamento economico;
   2) l'attivazione da parte dell'azienda di percorsi di
outplacement e di ricollocazione all'interno della struttura aziendale, anche con trasferimenti o novazioni consensuali dei contratti di lavoro (mansioni, orari);
   3) la messa in mobilità, sulla base del criterio esclusivo della non opposizione al licenziamento, nell'arco temporale di durata del trattamento di GIG in deroga, di un numero massimo di 854 lavoratori;
   4) l'erogazione ai lavoratori, che non si opporranno al licenziamento, di incentivi all'esodo, a fronte della sottoscrizione di verbali di conciliazione ai sensi degli articoli 410 e 411 codice procedura civile.

  Il 18 luglio l'azienda e le organizzazioni sindacali hanno sottoscritto un accordo a latere, nel quale sono stati definiti i tempi di chiusura delle 24 filiali (n. 14 nel periodo dal 2 settembre 2013 al 28 ottobre 2013; n. 6 nel corso dell'anno 2014, n. 4 nel corso del 2015); per 5 delle 24 filiali si darà corso alla chiusura contestualmente all'apertura di nuove strutture di prossima realizzazione; per le altre 19, tutte di piccole dimensioni, si darà corso alla chiusura definitiva. Si darà, poi, corso alla chiusura dei 2 call center di Roma e Milano (dal 1o ottobre 2013) e alla dismissione delle funzioni di supporto (da settembre 2013). Sono stati individuati i primi 250 posti di lavoro disponibili per la ricollocazione di lavoratori destinatari della CIG in deroga su 300 che l'azienda si è impegnata a garantire.
  In data 30 luglio 2013, in occasione di un nuovo incontro con le organizzazioni sindacali, l'azienda ha manifestato l'intenzione di erogare trattamenti economici migliorativi, rispetto alle previsioni del CCNL vigente, al personale che, accettando la ricollocazione, sia costretto a trasferirsi mantenendo invariato l'orario di lavoro, o trasferirsi con trasformazione del contratto di lavoro da
full time a part time, ed ha comunicato l'entità del trattamento economico spettante quale incentivo all'esodo per i lavoratori che vogliano accedere alla «mobilità volontaria». Tali importi sono indicati nel verbale di incontro, che contiene anche la procedura di ricollocazione (destinatari della ricollocazione, possibilità di ricollocazione con luogo, mansione, qualifica, orari, criteri di selezione).
  La società ha fatto presente di avere avuto altri incontri con le organizzazioni sindacali nel corso del mese di settembre 2013, non formalizzati con verbali, in cui è stato fornito lo stato di avanzamento del processo di ricollocazione e sono state esaminate le singole situazioni locali legate alla collocazione del personale in CIG (in data 31 luglio 2013 sono state inviate al personale interessato le comunicazioni di collocazioni in CIG e un formale invito alla ricollocazione per le posizioni individuate) e alle ricollocazioni proposte.
  La società dal 1o settembre 2013 ha iniziato a collocare in CIG, a zero ore o a rotazione, il proprio personale.
  In data 30 settembre 2013 è pervenuta istanza della TNT Global Express spa di richiesta del trattamento straordinario d'integrazione salariale in deroga per il periodo 1o settembre-31 dicembre 2013.
  Circa 90 dipendenti hanno aderito alla mobilità volontaria. Sono state coperte le 50 posizioni
part time (20 ore settimanali) disponibili presso i call center di Torino, Padova e Napoli a seguito di chiusura di quelli di Roma e Milano; 20 dipendenti hanno manifestato la volontà di essere inseriti, con contratto a tempo parziale di 20 ore settimanali, nella nuova struttura di data-entry costituita presso la direzione centrale di Torino (dovrebbe essere creato un centro di servizi unico per tutto il gruppo TNT in altro Stato); nell'ambito delle filiali chiuse o in chiusura entro il 2013 (48 dipendenti complessivamente occupati) sono state individuate le ricollocazioni da effettuare (pari a 26 lavoratori, che mantengono invariati qualifica e livello contrattuali).
  Il percorso di
outplacement è stato affidato a società specializzata in tale settore (INTOO srl). Il percorso è rivolto a tutti i dipendenti in CIG, ricollocati o che abbiano accettato la mobilità, e prevede un primo incontro di due ore (già effettuato con tutto il personale in CIG a zero ore), in cui viene illustrato il percorso, a cui fa seguito un workshop di due giorni, in cui vengono fornite le nozioni di base per orientarsi nel mondo del lavoro (esempio: come scrivere un curriculum, come sostenere un colloquio, eccetera). Il personale che abbia interesse a proseguire potrà aderire al vero e proprio percorso di outplacement della durata di 12 mesi.
  Durante il successivo incontro del 21 ottobre 2013 con le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali e Rsa, come risulta da relativo verbale, le parti hanno esaminato lo stato delle ricollocazioni e del percorso di
outplacement, hanno concordato l'introduzione di agevolazioni economiche e di orario per il personale, che ha accettato la ricollocazione e l'aumento delle mensilità (pari a 15) di incentivo all'esodo per i dipendenti con un'anzianità pari o superiore a 20 anni.
  In particolare, per quanto concerne il processo di ricollocazione delle 250 posizioni offerte con l'accordo sindacale del 18 luglio 2013, l'azienda ha comunicato che sono state individuate pressoché tutte quelle relative all'ambito delle filiali e che sono state coperte 49 delle 50 posizioni
part-time disponibili presso il customer service di Torino, di Padova e di Napoli. Tuttavia, solo 21 dipendenti tra quelli posti in cassa integrazione hanno accettato di essere inseriti nella nuova struttura di data entry, per la quale sono disponibili 80 posizioni a tempo indeterminato part time. Per garantire l'operatività dei nuovo ufficio, l'azienda ha inserito lavoratori somministrati, pur con il parere contrario delle organizzazioni sindacali.
  Sul punto la TNT ha precisato che i lavoratori somministrati sono destinati a coprire solo l'attuale situazione contingente e straordinaria e che le posizioni dovranno essere ricoperte quanto prima dal personale posto in CIG, che verrà nuovamente inviato alla ricollocazione presso tale ufficio. Qualora risultasse impossibile coprire le predette posizioni, le parti valuteranno congiuntamente eventuali soluzioni alternative.
  Per favorire la ricollocazione, soprattutto presso il centro di
data-entry, l'azienda si è impegnata a corrispondere un importo lordo di euro 800,00 «una tantum» ai dipendenti che trasformeranno o che abbiano già trasformato il proprio rapporto di lavoro da full time a part time.
  Per le ulteriori 50 ricollocazioni, di cui all'accordo dei 18 luglio 2013, le parti hanno convenuto che, attraverso il normale processo di vacancy interno, rivolto prioritariamente al personale in CIG, vengano messe a disposizione 25 posizioni full time.
  Inoltre, è stato previsto un aumento dell'orario di lavoro, da 20 a 24 ore settimanali, per il personale, proveniente dai customer service di Roma e Milano o dalle filiali sul territorio, che ha aderito alla ricollocazione presso i customer service di Torino, Padova e Napoli.
  Le organizzazioni sindacali hanno richiesto, nel proseguimento del confronto, la possibilità di prevedere procedure di esodo incentivato anche per il personale non compreso nel perimetro della cassa integrazione in deroga, la fattibilità del ricorso agli incentivi all'esodo di cui alla legge n. 92 del 2012 per i lavoratori prossimi alla pensione e la possibile estensione dell'orario di lavoro per i dipendenti che hanno accettato una ricollocazione
part time.
  Per proseguire il confronto e per definire le procedure per l'anno 2014, sono previsti ulteriori incontri.
  Per quanto riguarda la filiale di Rovigo, di cui è prevista la chiusura, dei sei dipendenti coinvolti, per due di essi è previsto il ricorso alla CIG, mentre gli altri quattro verranno ricollocati presso la filiale di Padova.
  Si aggiunge che la questione posta all'attenzione del Governo riguarda una società operante nel settore postale che, a livello nazionale e comunitario, è stato interessato nel tempo da profondi cambiamenti che hanno riguardato il contesto regolatorio, il grado di concorrenzialità dei mercati e la marcata evoluzione dell'esigenza della clientela verso una significativa differenziazione dell'offerta dei servizi.
  La TNT Express Italy ha rappresentato che il deterioramento del contesto economico italiano ha reso necessaria un'accelerazione della riorganizzazione, anche a seguito del programma di ristrutturazione a livello globale, denominato
Deliver!, annunciato nel mese di maggio 2013 dal Head TNT Office Express di Amsterdam. Il piano di riorganizzazione annunciato lo scorso 10 giugno si basa sulle linee guida del progetto Deliver! integrate da iniziative di carattere locale derivanti da specifiche esigenze aziendali.
  Il programma
Deliver! prevede la ridefinizione della connettività del network TNT in modo tale da non inficiare il livello di servizio offerto ai clienti. Il programma rientra in un progetto più ampio di ridefinizione dei flussi operativi e della connettività dell'intero network, per la cui riconfigurazione a livello globale sono stai previsti investimenti pari a 200 milioni di euro nel settore dell'automazione, delle attività di filiale e nell'lT con lo scopo di migliorare i processi, la customer experience e incrementare l'efficienza della struttura operativa e garantirne il posizionamento ai vertici del mercato nel lungo termine.
  A seguito dell'accordo raggiunto il 18 luglio 2013 è stata registrata una mitigazione dell'impatto sociale del piano di ristrutturazione sul territorio italiano.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiCarlo Dell'Aringa.


   CURRÒ, VILLAROSA, D'UVA, CANCELLERI, CIPRINI, BALDASSARRE, TRIPIEDI, ROSTELLATO, COMINARDI, BECHIS, RIZZETTO e LABRIOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale 5 ottobre 2012, di attuazione dell'articolo 24 comma 27 del decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetto «Salva Italia»), sono stati introdotti alcuni interessanti incentivi a favore dei datori di lavoro che decidono di stabilizzare i propri dipendenti o di assumerne di nuovi con rapporti caratterizzati da stabilità;
   il suddetto decreto è entrato in vigore con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 243 del 17 ottobre 2012;
   l'Inps, cui è demandata la gestione dell'operazione incentivi, con la circolare n. 122, è intervenuta per dettare le prime istruzioni operative per gli operatori del settore, stabilendo che gli incentivi debbano essere corrisposti in base all'ordine cronologico di presentazione delle domande da parte dei datori di lavoro, e a cui l'istituto dovrà attribuire un numero di protocollo informatico, a seguito del quale inizieranno ad essere erogati ai medesimi datori di lavoro, decorsi 6 mesi dalle trasformazioni o stabilizzazioni e in un'unica soluzione, i suddetti fondi, ovvero dalle assunzioni a tempo determinato, ed entro i limiti dei fondi stanziati;
   ad oggi, a causa di problemi di natura amministrativo-gestionale, i datori che hanno presentato idonee istanze di adesione presso l'Inps di riferimento, non hanno avuto alcun tipo di risposta;
   ad avviso degli interroganti, appare necessario che le dette procedure vengano sollecitate al fine di disporre l'immediato esame delle pratiche inviate e pervenire al più presto alla reale attuazione del decreto ministeriale sopra citato –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative rapide e solerti rispetto all'ente gestore (Inps) per far in modo che codeste pratiche vengano evase il prima possibile si da consentire un necessario e tempestivo aiuto per quelle ditte, che rispettando i requisiti della norma, hanno presentato le domande di stabilizzazione di giovani fino a 29 anni e donne mediante contratti a tempo indeterminato. (4-00652)

  Risposta. — Con l'interrogazione parlamentare in esame si pone all'attenzione del Governo la questione concernente l'effettiva fruizione degli incentivi per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro di giovani e donne, nonché per l'instaurazione di rapporti di lunga durata con tali soggetti.
  Sul punto si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 24, comma 27, del decreto- legge n. 201 del 2011 (cosiddetto Salva Italia), ha istituito un fondo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne.
  Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con decreto 5 ottobre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 243 del 17 ottobre 2012, ha dato attuazione a tale norma, introducendo incentivi per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro di giovani e donne, nonché per l'instaurazione di rapporti di lunga durata con tali soggetti.
  L'Inps ha fornito le prime istruzioni per accedere al beneficio con la circolare n. 122 del 17 ottobre 2012. Con tale circolare sono state illustrate la disciplina e le modalità di invio delle istanze riguardanti l'incentivo straordinario. L'ammissione al beneficio è stata determinata dall'ordine cronologico di presentazione delle istanze, in relazione alle risorse complessivamente stanziate dal decreto ministeriale del 5 ottobre 2012.
  Con messaggio Inps n. 8820 del 30 maggio 2013, sono state illustrate le modalità di fruizione dell'incentivo da parte dei datori di lavoro autorizzati. In particolare, sono state indicate le procedure da seguire con riferimento sia ai datori di lavoro che operano con il sistema Uniemens, sia ai datori di lavoro che operano con il sistema Dmag (Datori di lavoro agricoli).
  I datori di lavoro autorizzati, che operano con il sistema Uniemens, hanno potuto fruire del beneficio mediante conguaglio con i contributi previdenziali dovuti per i mesi di giugno, luglio e agosto 2013. Per i datori di lavoro che operano con il sistema Dmag, l'incentivo spettante è stato reso disponibile sulla posizione contributiva del datore di lavoro che ha potuto successivamente richiedere l'importo dovuto, sia a titolo di rimborso che a titolo di compensazione sui contributi a debito.
Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   D'UVA, CURRÒ, VILLAROSA, GRILLO, DI VITA e MARZANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni gli sbarchi di migranti si sono verificati con cadenza pressoché giornaliera lungo le coste della Sicilia e delle sue isole minori;
   nel mese di ottobre 2013 l'intero Paese si è scosso alla drammatica notizia dell'ennesimo rovesciamento di un barcone carico di persone che, fuggite dai propri Paesi d'origine, cercavano asilo nel territorio italiano;
   gli ultimi naufragi avvenuti nel bacino del Mediterraneo hanno causato oltre 500 vittime accertate;
   i migranti che nel corso di questi anni sono riusciti a raggiungere, nonostante i mezzi di fortuna e le condizioni meteo avverse, le coste italiane, sono stati accolti dal nostro Paese in strutture non sempre adeguate e, in alcuni casi, in condizioni molto lontane dalle recenti normative in ambito umanitario;
   un Paese civile come l'Italia non può far rientrare nella definizione di centro di accoglienza le tendopoli, una delle quali è stata recentemente installata a Messina, presso una struttura universitaria;
   le tendopoli installate con mezzi di fortuna e in modo approssimativo, qual è l'attuale condizione del centro messinese, violano chiaramente quanto sancito nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, secondo la quale: «..I diritti umani si applicano a tutte le persone senza distinzione di alcun genere, come la razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l'opinione politica o di altra natura, l'origine sociale o nazionale, la proprietà, la nascita o altro status.»;
   secondo le notizie riportate dalla testata blogsicilia.it, cinquantotto docenti dell'università degli studi di Messina avrebbero presentato, tramite lettera aperta al rettore dell'università degli studi di Messina, professor Pietro Navarra, espressa richiesta di ritiro della disponibilità ad accogliere la tendopoli all'interno della struttura universitaria denominata «Pala Nebiolo»;
   da quanto riportato dalle più rilevanti testate giornalistiche locali, sta per essere esitata una ordinanza sindacale per la requisizione della struttura privata «Le Dune» al fine di destinarla all'ospitalità dei migranti;
   a seguito di un'ispezione effettuata in data 9 dicembre 2013 dall'onorevole Valentina Zafarana, deputata presso l'assemblea regionale siciliana, alla tendopoli di Messina risultavano presenti circa quaranta rifugiati, per lo più minorenni, che disponevano di un limitato numero di servizi igienici chimici e venivano ospitati all'interno di tende molto umide a fronte della rigida temperatura invernale;
   da questa è risultato inoltre che molti dei rifugiati non erano stati ancora fotoidentificati dopo due giorni lavorativi e che alcune donne accudivano solamente alcuni dei minori presenti, dal momento che i restanti non risultano essere accompagnati;
   le forme di sovvenzione attualmente previste risulterebbero piuttosto consistenti, dal momento che la cifra pro capite erogata è di circa trenta euro al giorno;
   la città di Messina, alla luce delle premesse sin qui esposte, non sembra adeguatamente preparata all'accoglienza dei migranti –:
   se si intendano rispettare gli obblighi derivanti dalle attuali normative in tema di immigrazione e di tutela dei fondamentali diritti umani;
   se sia a conoscenza che la città di Messina è stata individuata come centro di smistamento per i richiedenti asilo politico;
   quali iniziative intenda assumere per fornire un'adeguata ospitalità, anche nel rispetto del regolamento (UE) n. 604/2013, cosiddetto «Dublino III», con particolare riferimento alla tipologia di strutture adibite per l'accoglienza di queste persone e rispettivi finanziamenti. (4-03043)

  Risposta. — Il continuo afflusso di migranti sbarcati sul territorio nazionale – in particolare sulle coste siciliane – ha determinato una situazione di sovraffollamento dei diversi centri di accoglienza presenti nell'isola. Pertanto, nel mese di ottobre 2013, il Ministero dell'interno ha invitato le prefetture della Sicilia a individuare – di concerto con gli enti locali – ulteriori strutture di accoglienza temporanea nei territori di rispettiva competenza, al fine di decongestionare i centri siciliani già attivi.
  Di conseguenza, con nota del 7 ottobre 2013 il prefetto di Messina ha chiesto ai sindaci della provincia di comunicare l'eventuale disponibilità di strutture atte a offrire accoglienza ai migranti sbarcati in Sicilia; ma la ricerca non ha finora sortito effetti positivi. Contestualmente, presso la locale prefettura, si sono svolte alcune riunioni finalizzate a verificare l'esistenza nella provincia di strutture pubbliche idonee, con l'ausilio delle forze dell'ordine e degli attori istituzionali coinvolti nella gestione del sistema di accoglienza.
  I sopralluoghi svolti presso gli immobili censiti nel corso di tali incontri – effettuati da rappresentanti della prefettura, della questura, dell'Arma dei Carabinieri e dei Vigili del fuoco – hanno consentito di identificare quale luogo più idoneo il palazzo dello sport Primo Nebiolo, messo a disposizione dall'Università di Messina che ne detiene la proprietà. Pertanto, a partire dal 9 ottobre 2013, un primo gruppo di 52 profughi ha trovato ospitalità presso il palasport dove, nel frattempo, il Comitato provinciale della Croce rossa italiana e il Dipartimento della protezione civile regionale avevano allestito ottanta posti letto.
  In seguito a un sopralluogo effettuato il 25 ottobre 2013, l'azienda sanitaria provinciale di Messina ha rilevato che la struttura non era idonea a un uso prolungato; pertanto, i migranti ivi ospitati hanno progressivamente trovato sistemazione in diverse strutture Sprar del territorio nazionale, il centro è stato dismesso il 29 novembre 2013 e il palasport è stato formalmente riconsegnato all'Università di Messina.
  Nel frattempo, è stata richiesta all'Ateneo messinese la disponibilità dello stadio da baseball sito nel medesimo plesso sportivo Primo Nebiolo, composto da un campo da gioco con le relative pertinenze (spogliatoi, servizi igienici e uffici). Una volta effettuata la necessaria scerbatura, il comando provinciale dei Vigili del fuoco ha provveduto ad allestire una tendopoli, composta da trentadue tende da otto posti ciascuna, da destinare a dormitorio, oltre a una tenda grande, utilizzata come spazio comune e dedicata anche al servizio mensa. Si precisa che tutte le tende sono in buone condizioni di manutenzione e che, durante l'emergenza seguita al sisma che ha colpito l'Aquila nel 2009, hanno ospitato il personale dei Vigili del fuoco per svariate settimane; ogni tenda è illuminata e dotata di stufe a olio; inoltre, i servizi igienici sono distribuiti sui due piani della struttura, in numero sufficiente rispetto alle esigenze della popolazione ospitata.
  La consegna ufficiale alla prefettura è avvenuta il 6 dicembre 2013, mentre il 9 dicembre 2013 il primo contingente di migranti è giunto nella struttura che si è riempita progressivamente fino a raggiungere il limite massimo di capienza (256 persone). A causa di un'intensa ondata di maltempo, il 26 dicembre 2013 il sito si è parzialmente allagato; pertanto, è stata temporaneamente svuotato, disponendo il trasferimento dei migranti ivi ospitati presso i centri di accoglienza di Siracusa, Pozzallo, Bari, Foggia e Roma; poi, una volta superata l'emergenza legata al maltempo, il 4 gennaio 2014, è stato accolto un nuovo contingente di 250 migranti.
  Per quanto riguarda la notizia – diffusa da alcuni organi di stampa locali e citata nell'interrogazione – della requisizione del villaggio turistico Le Dune da parte del comune di Messina, si sottolinea che, ad oggi, il sindaco non ha emanato alcun atto di requisizione.
  Con riferimento, invece, all'ispezione effettuata il 9 dicembre 2013 da una deputata dell'Assemblea regionale siciliana, si osserva che il primo contingente di 120 migranti era giunto nella tendopoli proprio la notte precedente, subito dopo lo sbarco avvenuto poche ore prima presso il porto di Augusta (Siracusa); fra i profughi erano presenti trentotto minori non accompagnati e alcuni nuclei familiari con minori al seguito. In considerazione delle precarie condizioni in cui essi versavano, è stata data priorità alle attività di prima accoglienza e assistenza sanitaria. Subito dopo – con l'ausilio di un mediatore culturale – sono state avviate le attività di identificazione, con la raccolta dei rilievi foto-dattiloscopici e delle richieste di protezione internazionale. Tali operazioni sono proseguite nelle giornate del 9, 10 e 11 dicembre 2013, senza particolari problematiche, nonostante i disagi connessi alla contingente attivazione della nuova struttura. Inoltre, la prefettura di Messina ha provveduto tempestivamente a reperire una struttura alloggiativa idonea per i nuclei familiari con minori al seguito e ha più volte sollecitato il sindaco e l'assessore ai servizi sociali del comune di Messina a farsi carico – come previsto dalla normativa vigente – della sistemazione logistica e dell'assistenza dei minori non accompagnati.
  Per ciò che riguarda l'intero sistema dell'asilo e dell'accoglienza, dall'inizio di questa legislatura il Governo ha avviato diverse iniziative, sia sul piano operativo, sia su quello normativo, anche in risposta al massiccio afflusso di migranti verificatosi sulle coste italiane. In particolare, sono state attivate circa sessanta strutture temporanee di primissima accoglienza ed è prevista la prossima istituzione, a San Giuliano di Puglia, di un nuovo centro governativo dedicato ai migranti vulnerabili, famiglie e minori in particolare, nel quale potranno essere ospitate fino a mille persone. Nei prossimi mesi si concluderanno pure i lavori di ristrutturazione del centro di Lampedusa, iniziati il 10 novembre 2013, che consentiranno di ampliarne la capienza fino a più di trecentocinquanta posti, riducendo la possibilità che si verifichino condizioni di sovraffollamento della struttura. In ogni caso, nell'ambito del piano dei trasferimenti predisposto dal competente Dipartimento del Ministero dell'interno, i cittadini stranieri sbarcati in Sicilia vengono rapidamente condotti, a mezzo nave o voli charter, verso centri e strutture della rete Sprar dislocati sul territorio nazionale.
  Per quanto riguarda le fasi successive alla prima accoglienza e i percorsi finalizzati all'inclusione sociale, si evidenziano gli sforzi, anche finanziari, sostenuti per l'ampliamento dello Sprar. Tale Sistema, che garantisce già oggi quasi diecimila posti in accoglienza (erano tremila negli anni scorsi), sarà ulteriormente potenziato, nel corso del prossimo triennio, fino a raggiungere sedicimila posti. Gli enti locali restano comunque obbligati a garantire una percentuale di posti aggiuntivi, qualora se ne ravvisi l'esigenza, sulla base di un modello di accoglienza volto sempre più al coinvolgimento attivo e responsabile dei territori. In questo contesto, è stata potenziata anche la rete delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, con l'istituzione di sei sezioni in aggiunta alle dieci Commissioni esistenti, che potranno essere ulteriormente aumentate fino a un massimo di dieci.
  L'impegno del Ministero dell'interno proseguirà con la revisione del capitolato generale di appalto per la gestione dei centri di accoglienza, in un'ottica di razionalizzazione e miglioramento dei servizi attualmente resi. Inoltre, sarà emanata una direttiva generale sulle buone prassi individuate dalle organizzazioni umanitarie che curano il monitoraggio dei centri per immigrati e saranno fornite precise indicazioni sui correttivi da apportare per una migliore organizzazione dei servizi. Saranno altresì rivisti i prezzi posti a base delle gare per l'affidamento della gestione dei centri, anche in rapporto alla loro capienza, al fine di elevare gli standard dei servizi erogati. Sarà inoltre cura del Ministero dell'interno accelerare i tempi di attuazione delle nuove direttive comunitarie in materia di accoglienza dei richiedenti la protezione internazionale (cosiddetta «direttiva accoglienza») e di procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (cosiddetta «direttiva procedure»). Ciò consentirà di giungere, nel minore tempo possibile, a una definizione più puntuale delle regole che presiedono al sistema di accoglienza italiano, anche con riguardo all'attività di monitoraggio e alla regolamentazione degli accessi ai centri, mediante l'introduzione di norme che semplifichino le procedure di esame delle domande di protezione internazionale.
  Infine – pur nelle attuali ristrettezze di bilancio – il Governo intende affrontare con risolutezza i problemi connessi al funzionamento e alla gestione dei centri per l'immigrazione, promuovendo un significativo miglioramento degli standard di accoglienza e un maggiore livello di sicurezza degli stranieri e degli operatori dei centri. Peraltro, la riforma complessiva dell'intero sistema di accoglienza richiede un percorso normativo di più ampio respiro, che necessita di un sostanziale contributo parlamentare.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoDomenico Manzione.


   DEL BASSO DE CARO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in tema di visite mediche di controllo domiciliare del tutto di recente l'INPS ha operato cospicui tagli motivandoli con la necessità di ottemperare al «decreto Monti» sulla spending review;
   il dibattito, che ne è conseguito, ha messo in rilievo che una tale operazione pur inducendo un «risparmio» lineare immediato rischia di aprire fronti di spesa maggiore per la malattia e avallare comportamenti poco trasparenti nel mondo del lavoro;
   una delle soluzioni proposte tese a ripristinare adeguati livelli di controllo è la creazione del cosiddetto polo unico di medicina fiscale (o, meglio, di controllo) per razionalizzare ed efficientare le visite mediche di controllo: esso accentrerebbe la funzione del controllo della malattia in un'unica gestione sotto l'egida dell'INPS sia perché in tale Istituto si sono accorpate le funzioni previdenziali sia del settore pubblico che di quello privato; sia perché, fin dagli anni ottanta, ad esso sono afferiti medici che, iscritti nelle liste speciali ivi costituitesi, hanno operato nel contenimento dell'assenteismo, con ottimi risultati;
   inoltre, l'INPS ha del tutto di recente realizzato ulteriori applicativi che consentono oggi la completa telematizzazione del flusso;
   È intervenuta, infatti:
    a) la completa automatizzazione mediante l'utilizzo da parte dei medici di lista dell'Inps di valigette informatiche che consentono la visualizzazione giornaliera delle visite mediche assegnate e la redazione degli appositi verbali da trasmettere anche in tempo reale, sempre telematicamente, all'Istituto per i conseguenti adempimenti;
    b) l'assegnazione delle visite mediche di controllo richieste dai datori di lavoro o disposte d'ufficio – attraverso l'intervento del data mining, «sistema informatico esperto» capace di individuare, applicando appositi filtri e sulla base di un indicatore di probabilità, i soggetti da sottoporre a visita per verificare la sussistenza dello stato di incapacità temporanea al lavoro o la congruità della prognosi indicata nel certificato;
   c) l'ottimizzazione di tempi e costi, mediante un applicativo denominato SAVIO;
   tali strumenti garantiscono quella assoluta trasparenza e oggettività all'intero processo, realizzando quanto persino previsto dallo statuto dei lavoratori, che rendono il corpo dei medici di controllo, INPS del tutto «terzi» anche se affiliati all'Istituto;
   agli interroganti risulta che, in proposito, sia stato istituito un tavolo tecnico presso l'Istituto con le organizzazioni sindacali rappresentative della categoria dei medici di lista per organizzare tale proposta:
   il progetto del polo unico della medicina fiscale, come già in passato proposto da una delle sigle sindacali più rappresentative della categoria presenta, a detta degli interroganti, degli indiscussi vantaggi. Tra questi, a titolo meramente indicativo e non esaustivo, si possono identificare i seguenti:
    1) Qualità dei controlli. A partire da una univoca regia manageriale a cura dell'INPS – che si giova di atti regolamentari a valenza nazionale (circolari e modus operandi) – la maggior qualità dei controlli si sostanzia in uno standard operativo consolidato, i cui capisaldi sono a) certezza dell'esecuzione degli incarichi affidati; b) livelli di provvedimenti idoneativi oscillanti dal 20 per cento al 50 per cento in alcune aeree geografiche a fronte del 4 per cento mediamente fornito dalle ASL; c) completezza e rigore dell'atto medico puntualmente annotato nel verbale telematico, codificato mediante ICD9-CM, controllato dalla supervisione degli uffici medici INPS;
    2) Scelta appropriata delle visite mediche di controllo domiciliare nel pubblico. La possibilità per le U.O.C./U.O.S.T. di vedere la diagnosi – oggi oscurata – e l'uso del data mining per la scelta delle visite mediche di controllo da espletare sui lavoratori pubblici consentirebbe di usare metodi di scelta rapportati non solo ai comportamenti dei lavoratori ma all'effettiva tipologia della malattia;
    3) Uniformità dei controlli e di giudizio per tutti i lavoratori. Attraverso l'applicazione sia nel privato che nel pubblico della stessa omogenea metodologia, maturata in un'esperienza oramai ultra ventennale, si può garantire un'omogeneità applicativa territoriale altrimenti impensabile;
    4) Razionalizzazione della spesa: l'impatto economico del costo della riorganizzazione sarebbe sicuramente inferiore alla somma di quanto lo Stato stanzia, attraverso i vari organi preposti ai controlli, con consistente risparmio per riduzione del costo della singola visita;
   essa si realizzerebbe con il passaggio da una retribuzione a prestazione (come è ora) ad una retribuzione oraria del medico fiscale, fissando la disponibilità del singolo medico in 36/38 ore settimanali da modulare in un'articolazione generalmente di sei ore quotidiane con opportune turnazioni per i festivi e prefestivi, secondo le esigenze funzionali di INPS tenuto conto delle esigenze personali dei singoli da regolare mediante apposita convenzione che fissi tra l'altro criteri di garanzia fra le parti;
    con tale progetto si porrebbe fine al precariato di questi professionisti in questo momento così duramente colpiti dalle ricadute della spending review, garantendo loro continuità del rapporto e consentirebbe di ridurre fino al 50 per cento il costo della singola prestazione con un notevole risparmio anche da parte delle aziende che potrebbero così concorrere in maniera determinante alla lotta agli abusi;
   in particolare, un orario garantito e sufficientemente ampio è in grado di offrire maggiore flessibilità a diversificate esigenze come l'incremento dei controlli, la durata di singoli accertamenti, la possibilità di rivedere i lavoratori con prognosi lunghe, studi e approfondimenti epidemiologici a supporto delle U.O.C./U.O.S,T. dell'INPS;
   inoltre, sarebbe possibile predeterminare il costo della visita, con innegabile semplificazione delle procedure di fatturazione e riscossione delle stesse da parte dell'Inps e ulteriore risparmio del personale a tale funzione dedicato –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito a questo progetto e se, nelle more dell’iter parlamentare necessario all'approvazione di provvedimenti ad hoc, non ritenga, alla luce anche dei risparmi che questo progetto comporterà nel futuro, di reperire delle risorse o assumere iniziative al fine di far dirottare da subito verso l'Inps tutte le richieste delle visite fiscali nella pubblica amministrazione in modo da consentire ai medici fiscali di detto Istituto di poter avere per i prossimi mesi un compenso sufficiente a poter onorare i loro impegni. (4-01153)

  Risposta. — Con riferimento all'atto parlamentare in esame, inerente la sospensione, disposta dall'Inps, delle visite fiscali d'ufficio per le assenze per malattia dei lavoratori del settore privato e le conseguenze di tale scelta sull'attività lavorativa dei medici che finora hanno svolto la funzione di accertamento per conto dell'istituto, sulla base delle informazioni dallo stesso fornite, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente è opportuno ricordare che le recenti disposizioni normative concernenti la riduzione della spesa pubblica hanno comportato per l'Inps la necessità di conseguire, a partire dal 2013, rilevanti risparmi aggiuntivi. Da ultimo, l'articolo 1, comma 108, della legge n. 228 del 2012, ha imposto all'Inps tagli alle proprie spese di funzionamento tali da conseguire risparmi non inferiori a 300 milioni di euro annui.
  L'Istituto ha, pertanto, rideterminato le risorse finanziarie destinate alle visite mediche di controllo d'ufficio passando da un budget preventivo per il 2013 pari a circa 50 milioni di euro ad un budget aggiornato di 22.300.000 euro. Sul piano gestionale, inoltre, è stato necessario procedere all'adeguamento delle procedure informatiche per consentire la distribuzione delle visite nei limiti del budget disponibile che alla data del 29 maggio 2013 risultava essere di 4.190.624,39 euro. Dal 1o gennaio 2014, infatti, erano già state assegnate d'ufficio visite mediche di controllo per una spesa pari a 18.109.375,61 euro.
  A causa della esiguità di risorse finanziarie disponibili, l'istituto ha sospeso, per un brevissimo periodo, la procedura per il conferimento ai medici cosiddetti «di lista» degli incarichi per le visite d'ufficio lasciando invariata, invece, la procedura per le visite su richiesta dei datori di lavoro.
  Successivamente, con messaggio n. 9939 del 19 giugno 2013, l'Inps ha ripristinato la procedura introducendo, tuttavia, una proporzionale riduzione delle visite d'ufficio. In conseguenza di tale riduzione, i medici iscritti nelle liste dell'istituto hanno registrato una consistente diminuzione del numero di visite loro assegnate. Si è passati, infatti, da circa 78.700 visite mediche d'ufficio effettuate mensilmente nel 2012 a circa 10.000 visite mensili disposte per i mesi di luglio e agosto 2013, ulteriormente ridotte a 5.000 visite per il mese di settembre.
  L'istituto ha inoltre comunicato che i nuovi criteri di assegnazione delle visite mediche hanno formato oggetto di confronto con le organizzazioni sindacali dei medici di lista (Cisl Medici, Uil-Fpl Medici, Fimmgi, Sinmedico, Nidil Cgil) in occasione di un tavolo tecnico nazionale.
  L'Inps ha evidenziato, inoltre, che la programmazione della spesa per le visite fiscali in argomento presenta un particolare elemento di complessità a causa della natura variabile di una parte del compenso corrisposto ai medici che, com’è noto, dipende anche dai rimborsi chilometrici.
  A tal proposito, l'istituto ha reso noto che, al 30 settembre 2013, la disponibilità di somme sul relativo capitolo di spesa risultava sufficiente a consentire il pagamento del solo compenso forfettario e dei rimborsi per formazione di cui all'articolo 3, comma 5, del DM 8 maggio 2008. Pertanto, con messaggio n. 15644 dello scorso 1o ottobre, l'Istituto ha sospeso le visite fiscali in parola dandone tempestiva comunicazione alle citate organizzazioni sindacali di categoria.
  L'Inps ha fatto sapere, inoltre, che le visite di controllo disposte dai datori di lavoro non hanno subito alcuna modifica e che tale tipologia di visite concorre, comunque, a determinare i carichi di lavoro dei singoli medici, alimentandone il reddito con una media mensile di circa 25.667 visite.
  L'Istituto ha altresì rappresentato che la decisione di contingentare le visite mediche disposte d'ufficio, assunta il 19 giugno 2013 con il messaggio predetto, è stata, in alcuni casi, oggetto di contenzioso giudiziario. In particolare, il Tribunale di Brescia e quello di Messina hanno adottato ordinanze favorevoli alle ragioni dell'istituto, statuendo tra l'altro che: «non esiste alcun obbligo in capo all'Ente previdenziale di garantire ai medici un numero minimo di visite giornaliere e/o settimanali e, dunque, un minimo reddito o compenso mensile».
  Inoltre, si rappresenta che, al fine di trovare una possibile soluzione alla riduzione dei carichi di lavoro per i suddetti professionisti, l'Inps sta valutando, congiuntamente al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'adozione di una disposizione tendente alla costituzione di un polo unico per l'effettuazione delle visite di accertamento medico legale nei confronti di tutti i lavoratori pubblici e privati. Tale polo, da istituire presso l'Inps, dovrebbe portare al superamento degli attuali problemi di budget.
  Da ultimo, a conferma dell'importanza che il Governo annette alla questione descritta, si segnala che la legge di stabilità ha definito le procedure per il riparto tra le regioni delle risorse finanziarie per la copertura degli oneri relativi agli accertamenti medico-legali eseguiti dalle aziende sanitarie locali sui dipendenti assenti per malattia e ha disposto che l'Inps, per la effettuazione delle visite mediche di controllo domiciliari ai lavoratori assenti dal servizio per malattia, si avvale, in via prioritaria, dei medici inseriti nelle liste speciali ad esaurimento.
Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il prestigioso Palazzo Grillo, situato a via Re Ruggero II e via Donadio nel borgo medievale di Prata Principato Ultra (Avellino) è una delle dimore signorili più significative dell'Irpinia per il suggestivo contesto ambientale e paesaggistico, per la ricca stratificazione archeologica e architettonica, per gli apparati decorativi e ornamentali scultorei, pittorici, pavimentali risalenti al Seicento e Settecento;
   l'edifico monumentale di proprietà comunale, costruito su resti di età normanna-sveva e angioina ancora tutti da indagare e valorizzare, è un vasto complesso di impronta rinascimentale, poi rivisitato in chiave barocca, frutto di un lungo processo evolutivo iniziato nel XV secolo e portato a compimento in massima parte dopo il sisma del 1732 da Francesco Grillo, discendente di una ricca famiglia genovese;
   nel 1989-1990 fu annunciato un contributo statale di circa due miliardi e mezzo di vecchie lire per il miglioramento sismico, il restauro filologico, lo scavo archeologico e la valorizzazione dell'edificio monumentale;
   i previsti interventi di ripristino del palazzo, però, non furono mai realizzati e i fondi a disposizione — a quanto consta all'interrogante — furono distratti per altre opere infrastrutturali post sisma, giudicate in seguito dalla Corte dei conti: costose, incompiute e inutili per la collettività;
   ancora oggi, in un periodo di forte criticità per le casse pubbliche e per l'economia, somme ingenti continuano a essere erogate dai Ministeri dello sviluppo economico e delle infrastrutture, dalla regione Campania e dalla Cassa depositi e prestiti non per il mantenimento di beni pubblici o per il recupero del patrimonio architettonico esistente ma per anacronistiche demolizioni con inutili sventramenti di fabbricati storici di via Roma, risalenti al XVIII-XIX secolo, allo scopo di realizzare parcheggi e terrazze belvedere che vanno a incidere profondamente sul tessuto storico-urbanistico della città, compromettendone integrità e identità e non producendo alcun vantaggio per la comunità (delibera n. 53 del 25 giugno 2013 in esecuzione al Piano triennale delle opere pubbliche 2013-2015);
   in trentatré anni di abbandono e incuria, le fabbriche di Palazzo Grillo — vero e proprio brano della città antica — hanno riportato danni notevoli con dissesti e crolli, lesioni isolate o diffuse nelle strutture verticali e orizzontali, fessurazioni nelle piattabande, crollo parziale delle coperture;
   la facciata su via Re Ruggiero II, senza interventi di messa in sicurezza, si presenta oggi: con cantonali instabili puntellati soltanto da una trave deteriorata, preoccupanti fessurazioni dei setti murari, antichi intonaci lesionati e distaccati, cornicioni marcapiano e stucchi pericolanti, mensole, portali e stemmi scolpiti in pietra locale sconnessi o divelti, portoni lignei settecenteschi rigonfi di umidità o rotti nelle parti decorative;
   anche gli ambienti interni evidenziano un quadro di fatiscenza allarmante: volte lesionate, solai lignei pericolanti, incannucciate collassate, pavimenti in cotto o maiolica avvallati o crepati, la decorazione a fresco e a tempera del piano nobile esposta a umidità e infiltrazioni d'acqua, infissi barocchi sottoposti alle intemperie e soggetti al massiccio attacco di insetti xilofagi, i camini e gli altri elementi ornamentali scolpiti in pietra locale scollegati o sconquassati;
   la facciata di via Donadio, inoltre, caratterizzata dalla loggia pensile che svelava inediti scenari sulle caratteristiche anse del fiume Sabato, sulle colline adiacenti e su tutta la parte bassa del borgo medievale, mostra danni pericolosi al momento del tutto ignorati o sottovalutati: crollo delle coperture; parziali cedimenti delle cisterne e degli ambienti terranei rinascimentali; crolli delle cortine murarie normanno-sveve e di alcuni ambienti angioini; resti archeologici avvolti da una selva spontanea di vegetazione infestante;
   non è ammissibile che uno dei palazzi medievali e barocchi più interessanti dell'Irpinia e della Campania versi in questo stato di degrado e fatiscenza –:
   se intenda chiarire in merito alle ispezioni, ai provvedimenti e agli atti prodotti finora dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Avellino e Salerno a tutela di Palazzo Grillo nel comune di Prata Principato Ultra (Avellino);
   se la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Avellino e Salerno abbia imposto all'ente proprietario gli interventi necessari per assicurare la messa in sicurezza e la conservazione del bene culturale, ai sensi dell'articolo 32 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e successive modificazioni e integrazioni;
   se la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Avellino e Salerno, vista l'assoluta urgenza, non ritenga, opportuno adottare direttamente le misure conservative necessarie atte a salvaguardare il bene architettonico dalla distruzione e dalla perdita definitiva;
   se il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, attraverso la direzione generale per l'organizzazione, gli affari generali, l'innovazione, il bilancio ed il personale, non ritenga prioritario appostare nella programmazione di bilancio 2014 risorse finanziarie sufficienti per avviare immediatamente un primo, indispensabile lotto di lavori di consolidamento e miglioramento sismico delle fabbriche monumentali di Palazzo Grillo nel comune di Prata Principato Ultra (Avellino), rivalendosi successivamente in danno all'ente proprietario, così come prevedono gli articoli 33-34 del Codice dei beni culturali e del paesaggio;
   se per il restauro completo e la musealizzazione di Palazzo Grillo nel comune di Prata Principato Ultra (Avellino) intenda attivare risorse aggiuntive attraverso i fondi europei come il Programma operativo nazionale (PON), il Programma operativo interregionale (POIn), i Fondi di investimento e occupazione (FIO), i finanziamenti del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), oppure utilizzare i contribuiti del Fondo europeo di sviluppo regionale (F.E.S.R.). (4-02235)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, con la quale l'interrogante lamenta lo stato di degrado in cui versa Palazzo Grillo e chiede di conoscere quali iniziative abbia adottato o intenda adottare questo Ministero perché sia assicurata la messa in sicurezza e la conservazione di tale bene, si comunica quanto segue.
  Il comune di Prata Principato Ultra, proprietario del palazzo, ha richiesto, con nota n. 7704 del 16 novembre 2007, la verifica dell'interesse culturale del bene, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 42 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni.
  Tale verifica si è conclusa, positivamente, con l'emanazione del decreto del Direttore regionale di questo Ministero n. 429 del 12 dicembre 2008.
  In data 4 giugno 2009, l'amministrazione comunale di Prata Principato Ultra ha trasmesso alla competente soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Salerno ed Avellino un progetto di «intervento di recupero e restauro», che veniva approvato con nota n. 18263 del 26 giugno 2009.
  Successivamente, con note n. 500 e n. 501 in data 21 gennaio 2010, il comune di Prata Principato Ultra ha inoltrato una ulteriore richiesta di autorizzazione per interventi d'urgenza da eseguire sul Palazzo Grillo, con allegata relazione, a seguito dei crolli avvenuti nei mesi di luglio e agosto 2009.
  Con nota n. 1917 del 22 gennaio 2009, la citata Soprintendenza, nel richiamare quanto prescritto dagli articoli 27 e 30 del decreto legislativo 42 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni, ha richiesto al comune di Prata Principato Ultra «la tempestiva trasmissione un progetto nel quale siano definiti in maniera chiara ed univoca gli interventi da effettuare sulle strutture, distinguendo quelli sulle strutture soggette a pencolo di crollo da quelli da prevedere per evitare ulteriori danni al monumento».
  In esito a tale richiesta, l'amministrazione comunale, in data 3 febbraio 2010, trasmetteva la nota n. 887 contenente «il progetto degli interventi d'urgenza da eseguire sul palazzo Grillo» corredato da relazione e grafici.
  In data 17 febbraio 2010, con nota n. 4270, la citata soprintendenza ha espresso parere favorevole agli interventi proposti, con la prescrizione che «sarà cura della Direzione lavori catalogare tutto il materiale d'interesse che sarà eventualmente rinvenuto durante i lavori che dovrà essere conservato in luogo sicuro e al riparo dagli agenti atmosferici».
  In data 16 marzo 2010, il comune di Prata Principato Ultra ha comunicato l'inizio dei lavori a far data dal successivo 1o aprile 2010.
  Con i predetti lavori il comune di Prata Principato Ultra ha eseguito gli interventi di messa in sicurezza delle strutture pericolanti, nell'attesa di poter presentare richiesta di finanziamenti alla regione Campania.
  In relazione a quanto dichiarato nell'atto ispettivo di cui trattasi, circa i finanziamenti statali per il miglioramento sismico, il restauro filologico, lo scavo archeologico e la valorizzazione del Palazzo, negli anni 1989-1990, non si registra alcun progetto o proposta di finanziamento che ha visto coinvolta la competente soprintendenza.
  Da ultimo, appare utile precisare che questo Ministero, attraverso le proprie competenti strutture periferiche, sta verificando la possibilità di prevedere, nell'ambito della programmazione relativa alle annualità 2014-2017, una richiesta di finanziamento per un intervento teso a scongiurare eventuali ulteriori danni al palazzo.
Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismoMassimo Bray.


   DI VITA, DALL'OSSO, GRILLO, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, BARONI, CECCONI, NUTI, DADONE, BRESCIA, SIMONE VALENTE, VACCA e DI BENEDETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in Italia non esiste una modalità unificata di valutazione della disabilità come invece prevedrebbe la convenzione dell'Onu sui diritti delle persone con disabilità (New York 2006);
   la procedura di accertamento dell'invalidità civile è stata radicalmente rinnovata dall'articolo 20 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, titolato «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», che attribuisce all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici;
   le due principali novità introdotte, costituite dalla completa informatizzazione e dalla partecipazione del medico INPS alle CMA (commissioni mediche ASL), hanno di fatto determinato un risvolto sfavorevole generando concreti elementi di criticità;
   da metà del 2009 si è sviluppata sulla stampa, ed è tutt'ora in corso, una vasta campagna, l'ennesima (almeno la quinta/sesta da metà degli anni ’80) verso i cosiddetti «falsi invalidi», ovvero coloro che ricevono una pensione di invalidità senza possederne i requisiti di accesso, a seguito di truffe, magari con connivenze di funzionari di enti o medici delle commissioni competenti; una campagna che ha ben veleggiato sorretta dai venti della crisi e della moralizzazione;
   i titoli sui giornali si sono sprecati: «Napoli: falsi invalidi leggono e camminano», «È falso un invalido su 4», «Con i soldi dei falsi invalidi la camorra paga gli stipendi del clan», «Cieco e guida l'auto», «Ciechi che leggono i giornali. Paralitici che guidano e camminano. Quello dei falsi invalidi in Italia è un universo che non conosce confini», «...si risparmieranno miliardi»; si tratta di titoli in cui, oltre al tema della truffa, si annidano anche i luoghi comuni per cui i disabili non leggerebbero, non camminerebbero, non guiderebbero l'auto, non lavorerebbero;
   il I rapporto nazionale sull'invalidità civile di Cittadinanzattiva ha messo a disposizione delle istituzioni tutte, della politica, degli operatori socio sanitari, delle organizzazioni di cittadini e di pazienti, nonché dell'opinione pubblica, un quadro esauriente e attendibile di informazioni e dati sul procedimento di riconoscimento delle minorazioni civili (invalidità civile, accompagnamento), al fine di valutare lo stato di attuazione dell'articolo 38 della Costituzione italiana che garantisce il diritto all'invalidità civile e all'assistenza sociale: le evidenze raccolte e catalogate sono state lette in modalità integrata con i dati istituzionali prodotti dalla stessa Corte dei conti, che ogni anno svolge un'attività di controllo sulla gestione finanziaria dell'INPS. La più recente attività di controllo della Corte dei conti è riportata all'interno della «relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per l'esercizio 2011» approvata con determinazione n. 91/2012 (novembre);
   i dati emergenti dalle fonti ufficiali sono inequivocabili e preoccupanti: mentre si spende e si spande per la lotta ai falsi invalidi, il cittadino che prova a far domanda per l'invalidità si scontra con un percorso labirintico e ostile con la burocrazia e la scarsa informatizzazione del sistema e attende in media un anno per ottenere i benefìci economici connessi contro i 120 giorni stabiliti dalla legge;
   ad esser lento e farraginoso è tutto il percorso per l'accesso alla invalidità civile, con tempi più lunghi rispetto all'anno precedente: solo per essere convocati a prima visita passano in media 8 mesi rispetto ai 6 del 2011, 11 mesi per ricevere il verbale rispetto ai 9 dell'anno precedente;
   secondo la Corte dei conti (relazione 2012), si attendono in media, dalla presentazione della domanda alla chiusura dell’iter, 278 giorni per accertare la invalidità, 325 per la cecità civile, 344 per la sordità. I costi di tali ritardi ammontano nel solo 2011 a 24 milioni di euro; se a questi si aggiungono i 34 milioni di euro di spesa per medici convenzionati INPS, si è ad un totale di 58 milioni di euro di fatto «bruciati» dalla cosiddetta caccia ai falsi invalidi che, secondo il rapporto 2012 della Guardia di finanza, sono poco più di 1.000, pari allo 0,04 per cento degli aventi diritto;
   altrettanto inconfutabile appare il dato che i medici impiegati per le attività di verifica straordinaria siano stati di fatto sottratti alla attività ordinaria per la concessione della invalidità: nel 2011 essi sono stati regolarmente presenti nelle commissioni asl in poco più di un caso su tre (tasso di presenza del 37,7 per cento rispetto al 46 per cento del 2010). A tutto ciò si aggiunga la scarsa informatizzazione delle asl che hanno trasmesso in formato elettronico all'INPS solo il 56 per cento dei verbali. Il restante 44 per cento in formato cartaceo ha comportato un dispendio di risorse e tempo per l'inserimento nella piattaforma INPS. Per contro oltre il 45 per cento dei cittadini che avanza domanda di invalidità, si scontra con la lentezza dell’iter burocratico;
   è evidente dunque come il fenomeno sia davvero molto limitato e meno rilevante in termini numerici di quello che invece si vuole far apparire; è infatti certo il dato che la ricerca ossessiva dei falsi invalidi, strutturata così com’è, risulta controproducente, riuscendo a recuperare molto meno di quello che spende per stanare i «veri falsi invalidi» e complica la vita agli invalidi veri; peccato che sulla stampa italiana per più due anni abbia fatto notizia solo quello 0,04 per cento di «veri falsi invalidi» –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno:
    a) fornire elementi sulle difficoltà che oggi vanificano il procedimento di riconoscimento delle minorazioni civili da parte dei cittadini, nonché sui provvedimenti che si intendono adottare per la loro risoluzione;
    b) avviare iniziative, anche di carattere normativo, più appropriate di quelle attualmente in atto, utili a garantire finalmente una concreta semplificazione dell'attuale iter amministrativo di riconoscimento dell'invalidità civile;
    c) avviare contro il fenomeno delle assegnazioni indebite delle indennità azioni ad hoc anche nei confronti dei funzionari che violano le norme e non soltanto controlli, in molti casi vessatori, nei confronti dei cittadini. (4-01640)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, inerente alle procedure di accertamento dell'invalidità civile, si rappresenta quanto segue.
  Nell'ambito dei compiti attribuiti all'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità dalla legge 3 marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006), l'organismo ha concluso il processo relativo alla predisposizione di un programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale.
  Tale programma, adottato con decreto del Presidente della Repubblica del 4 ottobre 2013 già registrato dalla Corte dei conti, si articola in sette linee di intervento, e per ogni intervento il programma individua l'obiettivo prefigurato e il tipo di azione necessaria a conseguirlo.
  In particolare, la prima linea di intervento è specificamente dedicata al tema «Revisione del sistema di accesso, riconoscimento/certificazione della condizione di disabilità e modello di intervento del sistema socio-sanitario».
  In relazione alle questioni sollevate dall'interrogante, il programma evidenzia come le modalità di accertamento della condizione di disabilità adottate nel nostro Paese presentino aspetti di complessità e notevoli criticità, indotti da un sistema normativo stratificato, caratterizzato talvolta dalla sovrapposizione di responsabilità istituzionali, luoghi e modi di valutazione, che rendono difficile il rapporto tra cittadino e sistema del welfare e alti costi di gestione.
  Il sistema italiano, evidenzia il programma, non adotta strumenti per valutare la disabilità in piena coerenza con la logica della convenzione Onu, ma rimane ancorato ad una visione medica e medico-legale ed è fortemente differenziato e frammentato, generando talvolta problemi di equità e diseguaglianze su base territoriale.
  Per quel che riguarda la linea di intervento 1, obiettivo posto dal programma di azione è rappresentato da una riforma del sistema di valutazione/accertamento della condizione di disabilità che, semplificando il processo, crei condizioni di contrasto alle discriminazioni, promozione delle pari opportunità, dell'inclusione sociale e dell'incremento della qualità della vita delle persone con disabilità, mediante un cambio di prospettiva nell'organizzazione delle politiche basato sul funzionamento globale della persona valutata nel complesso dei suoi diritti e doveri, superando le logiche «al negativo» di percentualizzazione dell'inabilità/invalidità e della capacità lavorativa.
  Va evidenziato che le azioni richiamate nel programma e da attuarsi nell'ambito della legislazione vigente «risultano finanziabili nei limiti degli stanziamenti previsti, mentre gli impegni assunti alla presentazione alle Camere di nuovi provvedimenti legislativi saranno condizionati al rispetto della disciplina ordinaria in tema di programmazione finanziaria. A tali impegni è, quindi, da riconoscere carattere meramente programmatico, in quanto la sede nella quale saranno ponderate le diverse esigenze di settore è la decisione di finanza pubblica (dfp), sulla base della quale viene definito il disegno di legge di stabilità».
  Qui di seguito si esamineranno invece le novità degli anni più recenti in tema di accertamento dello stato invalidante.
  Al riguardo l'Inps ha segnalato altresì che, a seguito della entrata in vigore dell'articolo 20 del decreto legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), ha avuto avvio un nuovo processo di riconoscimento dei benefici in materia di invalidità civile. Al riguardo l'Istituto ha progettato l'intero processo secondo un modello totalmente informatizzato, relativamente sia all'espletamento delle attività amministrative, che di quelle sanitarie. L'intero flusso procedurale si può così schematizzare:
   a) una «fase azienda sanitaria locale» che va dalla ricezione della domanda fino all'avvenuta trasmissione all'istituto del verbale di visita;
   b) una «fase sanitaria Inps», per l'espressione del giudizio medico legale conclusivo, sulla base degli atti o su visita diretta, che si deve concludere entro un termine massimo di 60 giorni, stabilito come soglia del «silenzio assenso»;
   c) una «fase amministrativa Inps» di spedizione del verbale al domicilio del cittadino e di richiesta a fornire i dati reddituali indispensabili per gli ulteriori adempimenti;
   d) una «fase concessoria Inps» per l'erogazione degli eventuali benefici economici, la cui durata massima è stabilita dalla carta dei servizi dell'istituto in 45 giorni.

  La durata della fase di cui al punto a) è condizionata essenzialmente dai tempi di attesa per l'espletamento della visita presso le commissioni mediche integrate. Va, peraltro, positivamente rilevata, negli ultimi anni, la crescente adesione, da parte delle Asl, alla modalità telematica di verbalizzazione attraverso l'adozione della procedura o Inps mediante cooperazione applicativa tra il sistema Inps ed eventuali preesistenti programmi informatici Asl; pertanto, sotto tale profilo, si è registrato un sostanziale miglioramento, coerente con il significativo incremento della telematizzazione.
  Al fine di raggiungere un'ulteriore riduzione dei tempi, sono in corso le procedure di stipula delle convenzioni con alcune regioni per la presa in carico, da parte dell'Inps, anche del primo accertamento, attualmente in capo alle Asl.
  Si rileva ad esempio che nel corso del 2012, nel 94 per cento dei casi, il giudizio medico legale definitivo è stato espresso, senza necessità di riconvocare il richiedente a visita e, quindi, senza alcuna incidenza sui tempi sanitari di definizione del procedimento.
  I miglioramenti apportati al flusso procedurale sono stati predisposti nell'intento di dare maggiore speditezza alla definizione dell’iter sanitario/amministrativo. Si tratta di interventi che vanno proprio nella direzione di confermare e valorizzare la telematicità dell'intero processo, con la finalità di assicurare tempi di definizione certi e tempestivi e con effetti positivi registrati nel tempo medio totale «domanda-erogazione» passato da 344 giorni nel 2011, a 303 giorni nel 2012.
  Al riguardo non può negarsi che le procedure in atto abbiano talora presentato aspetti di criticità, in specie per quanto riguarda la tempistica e il flusso di dati fra i soggetti pubblici coinvolti. Tuttavia l'istituto, su impulso di questo Ministero, ha confermato che profonderà nel futuro ogni sforzo per superare le rilevate criticità.
  Con specifico riferimento al fenomeno dei cosiddetti «falsi invalidi», il medesimo Istituto ha rappresentato di aver intrapreso un capillare piano di verifiche straordinarie nei confronti dei titolari di invalidità civile volto a contrastare il fenomeno delle indebite riscossioni di prestazioni di invalidità già a partire dal 2009 (in attuazione di quanto previsto dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 112).
  Tale attività si protrarrà fino al 2015 con contingenti di 150 mila verifiche annue.
  Contestualmente, si è provveduto a rafforzare il rapporto di collaborazione con le forze dell'ordine, indispensabile per dare impulso (e seguito) alle indagini di polizia giudiziaria.
  Il risultato dei suddetti adempimenti è stato un incremento estremamente significativo del numero di trattamenti revocati e degli indebiti notificati e l'attività di verifica straordinaria sull'intero territorio nazionale ha comportato, nel 2012, 37.733 revoche della prestazione previdenziale.
  Naturalmente (e come indicato dallo stesso interrogante) occorre agire nel prossimo futuro in modo da attivare adeguati meccanismi di controllo, ma senza intervenire in modo eccessivo (o, addirittura, vessatorio) nei confronti dei beneficiari delle prestazioni.
  Si assicura che l'Istituto è comunque impegnato ad adottare azioni di potenziamento operative e procedurali mirate a raggiungere il migliore risultato, con il minor coinvolgimento delle categorie svantaggiate, assicurando la massima tempestività e trasparenza.
  Sulla questione peraltro il Ministero da me rappresentato ha avviato, sin dal febbraio 2012, un tavolo tecnico tra regioni, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero della salute e Inps, diretto all'approfondimento delle diverse tematiche afferenti i diversi aspetti procedurali dell'accertamento dell'invalidità civile, al fine di assicurare la corretta gestione degli accertamenti socio sanitari, inclusi gli aspetti relativi alle visite straordinarie. A tale ultimo proposito va evidenziato che le principali federazioni delle associazioni delle persone con disabilità hanno costantemente rappresentato forti riserve in merito alla prosecuzione della effettuazione delle verifiche straordinarie, soprattutto in termini rapporto costi/benefici.
Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMaria Cecilia Guerra.


   FONTANELLI, FOSSATI e CENNI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   visto l'episodio avvenuto sabato 14 dicembre a Pisa e ripreso dalle cronache locali e nazionali in cui l'allenatore degli esordienti del Pisa calcio, Alessandro Birindelli, ha ritirato la squadra a partita in corso a causa di una lite in tribuna fra i genitori dei bambini. I fatti raccontati dallo stesso Birindelli, ex giocatore della Juventus per dieci stagioni, con queste parole: «Ad un certo punto della partita uno dei piccoli nerazzurri commette un errore che costa il gol alla propria squadra. Dalla tribunetta il padre di un suo compagno grida: “levalo”, rivolto all'allenatore. Scoppia una lite (verbale) tra genitori, ragazzini disorientati in mezzo al campo e a quel punto lui (Birindelli) decide di ritirare la squadra». Poi lo stesso allenatore ha detto ai genitori che dovevano vergognarsi. Appena noto l'episodio è apparso a tutti il valore educativo di quella scelta, soprattutto a tutela della serenità dei bambini e del rispetto dei valori sportivi che non possono essere trasmessi attraverso l'esaltazione della competitività e dell'agonismo;
   visti i commenti diffusamente positivi che hanno richiamato la scelta di Birindelli, mettendo in evidenza come in molti, troppi, casi il ruolo dei genitori che accompagnano i figli sui campi di calcio sia di esempio negativo, come ha notato tra l'altro anche l'ex giocatore del Torino Paolino Pulici, che insegna in scuola calcio e ha detto, con un po’ di amara ironia, che «i più fallosi sono i genitori», «rovinano i figli», e che «la squadra ideale è fatta di orfani»;
   la Federcalcio ha deciso di infliggere alla squadra dell'Ac Pisa la sconfitta a tavolino per 0-3 e una multa di 100 euro, oltre alla penalizzazione di un punto in classifica, anziché aprire una seria riflessione sull'episodio al fine di evidenziare la necessità di affermare una mentalità rispettosa dei migliori valori sportivi, tra i quali fondamentale è quello educativo; e vista la riaffermazione di un'idea di giustizia sportiva comunque subordinata alla logica dei risultati agonistici;
   appare dubbia, per il caso in specie, la rispondenza del comportamento della Federazione calcio e dei suoi organismi di giustizia al principio di etica-sportiva –:
   se il Ministero da lei diretto non intenda promuovere una campagna di sensibilizzazione sul problema, denunciando l'approccio sbagliato di tanti genitori, e anche di molte società sportive, al tema dell'avviamento al calcio e allo sport dei bambini e creando le condizioni per contrastare concretamente ogni forma di degenerazione e se non intenda, come Ministro, promuovere anche unitamente alle diverse federazioni sportive, e alla Federcalcio in primo luogo, di programmare forme adeguate di iniziativa volte a mettere in risalto i contenuti e i valori educativi della pratica sportiva. (4-03046)

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, con particolare riferimento all'esortazione alla Federazione italiana giuoco calcio a «programmare forme adeguate di iniziative volte a mettere in risalto i contenuti e i valori educativi della pratica sportiva», si fa presente quanto segue:
   la Federazione italiana giuoco calcio ha un proprio settore, denominato settore giovanile e scolastico, che si occupa istituzionalmente di disciplinare ed organizzare, con finalità tecniche, didattiche e sociali l'attività dei calciatori di ambo i sessi in età compresa tra i cinque ed i sedici anni, tesserati per le società calcistiche. Organizza e disciplina, inoltre, l'attività dei giovani calciatori di ambo i sessi che frequentano gli istituti scolastici e che aderiscono alle iniziative programmate d'intesa con il Coni e con le istituzioni scolastiche preposte.

  Il settore realizza i propri fini istituzionali mediante:
   attività con finalità didattico-organizzative: organizzazione di corsi per dirigenti di società, corsi di informazione e di aggiornamento per insegnanti di educazione fisica e per i maestri delle scuole primarie, corsi di formazione per allenatori ed istruttori operanti in ambito giovanile;
   attività con finalità sociali: adozione di iniziative tendenti a stimolare lo sviluppo dell'attività motoria ad indirizzo calcistico in tutti gli ambienti nei quali si realizza l'aggregazione giovanile, promozione di incontri e riunioni, anche di concerto con gli enti locali per favorire l'associazionismo sportivo, interventi idonei a diffondere il valore educativo della pratica sportiva, diffusione di nozioni di igiene, medicina e psicopedagogia nell'ambito delle società, degli allenatori e degli istruttori e delle famiglie, specifici progetti relativi alla scuola primaria e secondaria.

  Lo sviluppo pratico di tali attività è demandato, a livello regionale, ai coordinatori federali del settore giovanile e scolastico, che si avvalgono di figure altamente qualificate, inserite stabilmente nei propri staff, come insegnanti di educazione fisica laureati in scienze motorie, psicologi dello sport, sociologi, medici.
  Si tratta di un'attività, svolta con professionalità ed attenzione, che nel tempo ha avuto apprezzamento anche all'esterno dell'ambito federale e che ha accreditato, per la sua valenza, la Federazione italiana giuoco calcio presso le famiglie, gli enti territoriali, la stampa.
  Nello specifico, il settore giovanile e scolastico della Toscana è sicuramente fra quelli maggiormente attivi nel promuovere, nella pratica sportiva, i veri valori dello sport, attraverso un'opera di informazione e formazione rivolta ai bambini, alle famiglie, ai dirigenti di società, agli istruttori, come testimoniato dai dati quantitativi, sotto riportati, relativi al periodo 1997-2013:
   corsi per istruttori scuola calcio 158;
   corsi di aggiornamento per tecnici 441;
   corsi dirigenti settore giovanile 72;
   visite scuole calcio per supporto tecnico e educativo 2914;
   verifiche gare attività di base (5-12 anni) 1086;
   riunioni con genitori 738;
   riunioni organizzative con dirigenti e istruttori settore giovanile 1302;
   corsi aggiornamento insegnanti istituti scolastici 30;
   corsi per arbitro istituti scolastici 10;
   feste provinciali attività di base 1114;
   feste regionali attività di base 76.

  Sono state inoltre promosse molteplici iniziative relative alle relazioni genitori-società che hanno coinvolto moltissime società, ragazzi e genitori. Al riguardo, si ricordano i progetti «gioco io» (2007-2008), «mettiamoci in gioco» (2012-2013), «oggi arbitra mio papà» (2007-2008-2009).
  I primi due, realizzati attraverso la pubblicazione di materiale informativo e didattico (dvd-opuscoli-manifesti), focalizzavano l'attenzione sul ruolo, sui compiti e sui comportamenti più consoni che ogni adulto di riferimento (istruttore, dirigente, genitore) deve avere per far vivere ai bambini, con serenità e gioia, il gioco del calcio.
  Il materiale, distribuito a tutte le società toscane e a moltissimi genitori, è stato utilizzato per incontri di formazione e convegni specifici.
  Il terzo progetto prevedeva la presenza di personale del settore giovanile e scolastico (insegnanti e/o psicologi) su alcuni campi di gara per assistere, insieme ai genitori di entrambe le squadre, alla partita dei loro figli, affrontando con loro,
in itinere o successivamente alla gara, tematiche quali il ruolo dello spettatore-genitore e aspetti legati al regolamento.
  Anche in questo caso il progetto ha coinvolto tutte le dieci province toscane.
  Infine, come in ogni altra regione, da alcuni anni vengono promossi e realizzati i seguenti progetti nazionali:
   «i valori scendono in campo» (scuola primaria);
   «superclasse
cup» (scuola secondaria di II grado).

  Tali progetti coinvolgono centinaia di istituti scolastici e migliaia di studenti in tutta Italia in un percorso formativo ed educativo, rivolto agli insegnanti e agli alunni, svolto in collaborazione con gli uffici scolastici regionali, i circoli didattici, gli enti locali.
Il Ministro per gli affari regionali e le autonomieGraziano Delrio.


   FOSSATI, MOLEA e COCCIA. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   le NOIF (Norme organizzative interne FIGC) disciplinano il «vincolo» dei calciatori/calciatrici dilettanti con gli articoli 32 e 32-bis in particolare, l'articolo 32 al comma 1 prescrive che: «I calciatori “giovani”, dal 14° anno di età anagraficamente compiuto, possono assumere con la società della Lega nazionale dilettanti per la quale sono già tesserati vincolo di tesseramento sino al termine della stagione sportiva entro la quale abbiano anagraficamente compiuto il 25° anno di età, acquisendo la qualifica di “giovani dilettanti«”. Al comma 1-bis si statuisce inoltre: Ai calciatori giovani dilettanti, al fine di permettere, anche avuto riguardo alle disposizioni FIFA, lo svolgimento di attività tanto di calcio a undici, tanto di calcio a cinque, è consentita la variazione di attività nei limiti e con le modalità fissate dall'articolo 118 delle NOIF, ed al comma 2 si dice che: «calciatori con la qualifica di “giovani dilettanti” assumono, al compimento anagrafico del 18° anno, la qualifica di “non professionista”»;
   il Parlamento europeo attraverso la risoluzione del 2 febbraio 2012 sulla «Dimensione europea dello sport» (2011/2087(INI)) ai dal 71 al 74 sostiene con forza:
    a) che ai fini di uno sviluppo sostenibile del movimento sportivo in Europa e della diffusione della sua influenza positiva sugli individui e la società, è necessario formare i giocatori a livello locale e investire nell'educazione allo sport, reputa pertanto necessario garantire che lo sport ad alto livello non incida sullo sviluppo dei giovani sportivi, sugli sport amatoriali e sul ruolo essenziale delle organizzazioni sportive di base;
    b) il proprio impegno a favore della norma di formare i giocatori localmente («home-grown player rule») e ritiene che potrebbe fungere da modello per altre leghe professionali in Europa, sostiene il proseguimento degli sforzi, da parte degli organi direttivi sportivi, intesi a incoraggiare la formazione dei giovani giocatori locali entro i limiti del diritto dell'Unione, in modo da rafforzare l'equilibrio competitivo nell'ambito delle gare e il sano sviluppo del modello sportivo europeo;
    c) che la valorizzazione di nuovi talenti rappresenti una delle attività principali delle società sportive e che un'eccessiva dipendenza dal trasferimento dei giocatori possa minare i valori dello sport;
    d) l'importanza delle indennità di formazione, poiché queste rappresentano un efficace meccanismo di protezione dei centri di formazione e una giusta redditività del capitale investito;
   il punto 12.2 dei Principi Fondamentali degli Statuti delle Federazioni Nazionali e delle Discipline Sportive Associate (deliberati dal Consiglio Nazionale del Coni il 2 febbraio 2012 e approvati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri il 7 giugno 2012) in forza del quale il vincolo sportivo è a tempo determinato e gli statuti dovranno prevederne la congrua e ragionevole durata, la quale dovrà tenere in considerazione il problema dell'abbandono precoce all'attività sportiva, in quanto sempre più riguarda i nostri giovani nella fase post-adolescenziale delle loro vite ed il vincolo è anche una delle cause di abbandono dell'attività agonistica;
   il punto n. 8 dei principi generali ed inderogabili della Carta olimpica (vera e propria norma fondamentale di tutto l'ordinamento sportivo internazionale), ai sensi del quale la pratica sportiva è un diritto dell'uomo (....); ogni individuo deve avere la possibilità di praticare uno sport in base alle proprie necessità;
   all'articolo 1 della legge n. 91 del 1981: tale norma dispone testualmente che «l'esercizio dell'attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero» e di conseguenza tutte le disposizioni federali (di secondo livello, in quanto di grado regolamentare) non possono essere in contrasto;
   l'articolo 24, secondo comma, del codice civile, ai sensi del quale l'associato può sempre recedere dall'associazione se non ha assunto l'obbligo di farne parte per un tempo determinato;
   la normativa italiana vigente in materia di società sportive e associazioni sportive dilettantistiche non tutela sufficientemente l'importante funzione svolta da questi soggetti per la disciplina del fenomeno sportivo per il riconoscimento e la promozione sociale dello sport dilettantistico, come invece succede negli altri Paesi europei e come viene espressamente richiamato all'articolo 165 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
   è necessario porre i presupposti per affrontare adeguatamente temi, ritenuti prioritari anche in sede europea, come la promozione dell'attività fisica a vantaggio della salute, l'istruzione e la formazione, l'inclusione sociale nello sport compreso lo sport per i disabili e la parità dei sessi nello sport ed in quest'ottica impegnarsi a valorizzare il ruolo delle associazioni sportive senza scopo di lucro;
   sarà fondamentale introdurre un importante riconoscimento del volontariato sportivo attraverso il riconoscimento delle associazioni sportive dilettantistiche come organizzazioni promotrici dello stesso ai fini della legge quadro sul volontariato e degli strumenti giuridici connessi, alleggerendo la troppo gravosa responsabilità dei presidenti ed introducendo strumenti di agevolazione fiscale per consentire la maggiore diffusione possibile dello sport dilettantistico e dell'attività motoria;
   in questo contesto il concetto di «vincolo» per calciatori e calciatrici risulta essere, oltre che in contrasto a principi sostenuti nella normativa europea e, in parte, anche a quella italiana, uno strumento funzionale soltanto a supplire ad un deficit di regolamentazione dello sport dilettantistico, che non trova appropriate protezioni normative e un adeguato supporto in relazione alla importante funzione che svolge per la qualità della vita dei giovani atleti –:
   quali iniziative intenda adottare, nel quadro di un rafforzamento dello sport di base, per la crescita dei giovani atleti sul territorio e per agevolarne al massimo la permanenza nel mondo dello sport, nonché per cercare di valorizzare il lavoro quotidiano di chi spende grande parte della propria vita per la diffusione dello sport tra le giovani generazioni, favorendo, per quanto competenza, l'abolizione del sistema del «vincolo» per calciatori e calciatrici dilettanti in modo da rendere libera l'attività sportiva degli atleti come, del resto, già succede nelle stragrande maggioranza degli Stati europei. (4-03000)

  Risposta. — Con la interrogazione in esame, l'interrogante chiede al Ministro per gli affari regionali e le autonomie con delega allo sport quali iniziative intenda adottare, «nel quadro di un rafforzamento dello sport di base, per la crescita dei giovani atleti sul territorio e per agevolarne al massimo la permanenza nel mondo dello sport, nonché per cercare di valorizzare il lavoro quotidiano di chi spende gran parte della propria vita per la diffusione dello sport tra le giovani generazioni, favorendo, per quanto di competenza, l'abolizione del sistema del “vincolo” per calciatori e calciatrici dilettanti in modo da rendere libera l'attività sportiva degli atleti come, del resto, già succede nella stragrande maggioranza degli Stati europei».
  Desidero, in primo luogo, sottolineare come negli ultimi anni il ruolo dello sport nella società moderna sia cresciuto sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo, connotando la pratica di una attività motoria di significati che trascendono il solo rilievo sportivo per fondersi con i valori propri di una crescita e di un metodo di vita più sani, equilibrati, consapevoli, aperti e democratici.
  Quando si parla di sport si parla anche e, soprattutto, di educazione, di formazione, di salute e prevenzione, di terza età, di legalità e regole certe, di solidarietà e volontariato, di inclusione sociale, di competizione leale, di non discriminazione, di principi e norme europei, di economia sociale e di mercato.
  Lo sport rappresenta il terzo pilastro educativo per l'infanzia e l'adolescenza dopo la famiglia e la scuola. Il 66 per cento dei ragazzi tra gli 11 ed i 14 anni pratica una disciplina sportiva e la capacità di trasmissione di principi e di etica attraverso lo sport rappresenta un valore aggiunto indiscutibile.
  Le conseguenze sulla salute determinate da sedentarietà, da non corretta alimentazione, e, in generale, da stili di vita non salutari, incidono fortemente da un lato sulla qualità di vita della popolazione adulta e, dall'altro, sulla spesa sanitaria.
  La possibilità di sviluppo di nuove professionalità lavorative connesse al mondo dello sport rappresentano una occasione per ridurre la disoccupazione giovanile.
  I luoghi dello sport si sono moltiplicati e aperti a nuove soluzioni. L'impiantistica di base esistente va rinnovata, resa sicura e fruibile ad iniziare dalle palestre nelle scuole. Le risorse economiche vanno ricercate all'interno di quasi tutte le voci che compongono il sistema della finanza pubblica.
  L'affermazione del ruolo sociale ed educativo dello sport ha portato alla formulazione dell'articolo 165 del Trattato di Lisbona e la materia è soggetta ai principi ed alle regole dell'Unione, destinata a fare propri gli obiettivi ed i programmi indicati dalle linee-guida elaborate con il «Libro bianco sullo sport» e con la comunicazione della Commissione «Sviluppare la dimensione europea dello sport», nonché all'osservanza del diritto di libera circolazione e di praticare liberamente lo sport all'interno del territorio dell'Unione.
  La materia è, quindi, regolata a livello europeo, nazionale e regolamentare. In particolare sul vincolo sportivo, le clausole statutarie e regolamentari delle Federazioni nazionali sono state da ultimo riviste ed elaborate sulla base dei principi fondamentali deliberati dal Coni il 23 marzo 2004 in cui si disponeva che: «gli statuti ed i regolamenti organici dovranno prevedere la temporaneità, la durata del vincolo e le modalità di svincolo».
  Il vincolo dei giovani dilettanti nasce dall'esigenza di «contrattualizzare» il rapporto che si instaura tra il club e lo sportivo e che non si conforma al contratto di lavoro degli sportivi professionisti. Con il tesseramento l'atleta instaura un vero rapporto contrattuale e di conseguenza accetta le clausole statutarie e regolamentari delle relative Federazioni.
  Gli sportivi dilettanti vengono, in tal modo, vincolati a prestare la propria attività a favore della società sportiva per la quale sono tesserati per un numero di anni che varia da Federazione a Federazione. I due estremi regolamentari sono rappresentati dalla Federazione sci invernali che ha abolito ogni forma di vincolo e dalla Federazione basket che ha il vincolo più lungo. Per i giovani calciatori il vincolo vale dal 14o al 25o anno di età.
  Ovviamente esistono disposizioni che permettono ai giovani calciatori di svincolarsi ma si tratta di fattispecie limitate che prevedono procedure particolarmente complesse. Il vincolo opera, quindi, solo per i minori di età e per i dilettanti che giocano senza fine di lucro.
  Ciò ha portato ad aspri contraddittori tra i portatori dei due interessi e diversi sono gli elementi di criticità o di illegittimità del vincolo sportivo evidenziati alla luce del diritto e della giurisprudenza europea e nazionale. Appare infatti difficilmente contestabile l'affermazione che il vincolo porti in concreto a limitazioni anche forti sulle scelte future degli atleti dilettanti. Ad esempio, proprio nel caso dei giovani calciatori mentre, da un lato, l'esistenza del vincolo può essere compresa fino al compimento della maggior età, d'altro lato risulta altrettanto evidente che subito dopo si interviene in una fascia di età cruciale per il futuro professionale e amatoriale del calciatore.
  Se però da un lato si ritiene opportuno ricercare soluzioni più flessibili e più rispettose della libertà individuale degli atleti, occorre anche aver ben presente gli oneri sopportati dalla società per la formazione tanto dei futuri professionisti tanto di coloro che mai lo diventeranno, nonché del diritto delle società sportive di poter intervenire su un mercato davvero libero e concorrenziale.
  Una riduzione del vincolo deve pertanto essere accompagnata da misure capaci di valorizzare i vivai delle società in linea con i principi giurisprudenziali europei perché il loro obiettivo, giustamente meritevole di tutela, è quello di incoraggiare l'ingaggio e la formazione di giovani atleti e/o calciatori, nonché proteggere e valorizzare le risorse sportive nazionali, la cosiddetta tutela dei vivai nazionali, in modo compatibile con i principi dell'Unione.
  Ed in tal senso, l'orientamento generale dell'Unione europea ritiene la protezione dei giovani atleti di talento compatibile con le disposizioni del Trattato ove essa non operi discriminazioni dirette in base alla nazionalità ovvero gli effetti discriminatori indiretti siano proporzionati all'obiettivo perseguito. Secondo la giurisprudenza europea, un sistema che consente delle restrizioni deve essere effettivamente idoneo a conseguire tale obiettivo e deve risultare proporzionato rispetto al medesimo.
  A tal fine il Ministero intende interessare il presidente della Federazione italiana gioco calcio per la costituzione di un tavolo tecnico con la partecipazione delle Leghe, delle componenti tecniche e di tutte le parti interessate per un riesame della tematica del vincolo sportivo e degli aspetti ad esso connessi.

Il Ministro per gli affari regionali e le autonomieGraziano Delrio.


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto appreso da fonti giornalistiche allegate, in data 11 e 19 agosto 2013 due imbarcazioni con a bordo dei profughi giungevano rispettivamente a Monasterace (Reggio Calabria) e Aci Castello (Catania);
   dalle due imbarcazione sbarcavano decine di persone di varie nazionalità, tra cui siriani, palestinesi ed egiziani (questi ultimi in totale 55) i quali venivano separati dagli altri profughi;
   il riconoscimento della nazionalità dei profughi egiziani avveniva tramite un'identificazione sommaria basata sull'accento, secondo quanto ricostruito dai funzionari della prefettura di Catania;
   l'organizzazione umanitaria CIR (Consiglio italiano per i rifugiati) denunciava di non essere stata autorizzata dalla prefettura di Catania a fornire assistenza legale ai profughi e che nessuna organizzazione umanitaria ha potuto esporre ai profughi le modalità amministrative con cui procedere alla richiesta d'asilo;
   a distanza di ventiquattrore dai due sbarchi, dagli aeroporti di Catania e di Lamezia Terme (CZ) i profughi egiziani venivano rimpatriati;
   è fondamentale sottolineare che tra il 12 e il 20 agosto 2013 si sono verificati gli scontri più cruenti in Egitto con centinaia di morti nelle strade e con il pesante intervento dell'esercito che ha proclamato lo stato d'emergenza;
   il 19 agosto il bollettino informativo «viaggiare sicuri» del Ministero degli affari esteri recitava: «...in ragione del progressivo deterioramento del quadro generale di sicurezza, si sconsigliano i viaggi in tutto l'Egitto...»;
   il rimpatrio forzato, in danno dei profughi egiziani, si prefigura, a giudizio dell'interrogante, come una vera e propria espulsione che viola alcune norme del diritto internazionale e, precisamente, l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e l'articolo 4 del protocollo n. 4 della citata Convenzione che proibisce la pratica delle espulsioni collettive;
   il rimpatrio forzato in un Paese in piena guerra civile contribuirà a esporre i profughi, in maniera significativa, a torture e a trattamenti inumani e degradanti –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda suesposta;
   quali siano state le motivazioni e da chi sia partito l'ordine di impedire l'accesso alle organizzazioni umanitarie che avevano il compito di fornire assistenza legale ai profughi per l'espletamento delle pratiche amministrative per richiedere asilo all'Italia;
   chi abbia autorizzato il rimpatrio forzato dei profughi egiziani e per quali ragioni. (4-01860)

  Risposta. — Il primo sbarco menzionato nel testo dell'interrogazione in esame risale all'11 agosto 2013, quando 72 stranieri – tra i quali 42 uomini e 30 minori, in prevalenza di nazionalità egiziana – sono sbarcati a Monasterace, in provincia di Reggio Calabria. Gli adulti sono stati ricondotti in Egitto con un volo charter dedicato, partito il giorno seguente dall'aeroporto di Lamezia Terme; i minori non accompagnati, invece, sono rimasti In Italia e sono stati trasferiti in apposite strutture loro dedicate.
  Il secondo sbarco citato nel testo dell'interrogazione è avvenuto il 19 agosto 2013, quando 100 stranieri – 30 uomini, 11 donne e 59 minori, tra cui 48 siriani e 52 egiziani – sono giunti sul litorale di Catania. Tra loro, 10 adulti sono stati loro ricondotti in Egitto con un volo
charter dedicato, partito dall'aeroporto di Catania il giorno seguente; 3 sono stati arrestati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, in quanto individuati come gli scafisti dell'imbarcazione utilizzata dai migranti; i richiedenti asilo sono stati accompagnati presso il Cara di Mineo, mentre i minori non accompagnati sono stati trasferiti in apposite strutture loro dedicate.
  Si sottolinea che i rappresentanti delle organizzazioni umanitarie
save the children e Croce rossa italiana hanno avuto libero accesso nei locali della stazione marittima, sita nell'area portuale, dove si sono svolte le attività di primo soccorso e identificazione.
  In entrambe le circostanze hanno trovato applicazione le intese operative stipulate dall'Italia con l'Egitto, secondo cui il primo riscontro identificativo viene effettuato sul luogo di sbarco o di rintraccio, attraverso l'intervento di interpreti e mediatori culturali particolarmente qualificati, che prestano ausilio al personale della polizia italiana. Peraltro, nei casi in questione, il questore competente per territorio ha emesso un motivato provvedimento di respingimento dall'Italia nei confronti di ciascun cittadino egiziano, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del novellato decreto legislativo n. 286 del 1998. I suddetti cittadini egiziani, infatti, erano tutti privi di passaporto, si erano resi responsabili del reato di ingresso illegale sul territorio nazionale e nessuno di loro aveva presentato domanda di asilo, né aveva espresso la volontà di accedere a qualsiasi altra forma di protezione internazionale.
  Le intese in materia di riammissione dei cittadini rintracciati in posizione irregolare, stipulate nell'ambito delle relazioni bilaterali con i paesi di origine dei migranti che giungono in Italia, sono finalizzate alla cooperazione nella gestione dei flussi migratori. In particolare, l'accordo di riammissione con l'Egitto, in vigore dal 25 aprile 2008, prevede che i due Paesi non possano arrecare pregiudizio ai diritti, agli obblighi e alle responsabilità derivanti dal diritto internazionale.
  Tutto ciò premesso, si ribadisce che l'attività identificativa svolta nell'immediatezza degli sbarchi avviene sempre in modo da garantire il pieno rispetto dei diritti degli stranieri che entrano nel nostro Paese; peraltro, tale attività è svolta con l'ausilio di interpreti e di mediatori culturali qualificati, che comunicano prontamente al personale della questura eventuali esigenze di protezione rappresentate dagli immigrati stessi. Pertanto, nessuno straniero viene allontanato dall'Italia qualora paventi il timore di essere perseguitato in caso di rimpatrio; inoltre, i suddetti accertamenti di polizia giudiziaria consentono di identificare le vittime di tratta, i minori – che secondo la legge italiana sono inespellibili – e coloro i quali si trovavano in una condizione di particolare vulnerabilità a causa del loro stato di salute, oppure delle violenze e dei traumi subiti nei Paesi di origine o di transito durante il viaggio verso l'Italia. Al termine delle attività info-investigative, dunque, le persone vulnerabili e i minori non accompagnati sono avviati ai percorsi di assistenza previsti dalla normativa vigente.
  Infine, si ricorda che le attività svolte dalle competenti questure sono finalizzate a contrastare le organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani e, nel contempo, a salvaguardare i diritti degli stranieri, soprattutto se richiedenti asilo o appartenenti a categorie vulnerabili. Tali attività sono sempre improntate al rispetto della normativa vigente – che prevede che l'attività informativa in favore dei richiedenti asilo, come quella svolta tramite il progetto
praesidium, sia prestata dopo che lo straniero abbia richiesto di essere protetto – nonché alla tutela della dignità e dei diritti degli stranieri che arrivano in Italia.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoDomenico Manzione.


   GAROFALO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto di riparto del 3 ottobre 2013, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell'ambito della distribuzione delle risorse destinate dal Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS), ha escluso la regione Sicilia, dalla distribuzione dei 267 milioni di euro complessivamente destinati, all'assistenza delle famiglie, dei minori, di portatori di handicap e di soggetti con particolari disagi sociali;
   gli organi di stampa siciliani rilevano in particolare, che le risorse inizialmente assegnate alla regione isolana, pari a circa 27 milioni di euro, che sarebbero dovute essere convogliate ai distretti socio-sanitari, non sono state più erogate a causa della mancata rendicontazione dell'utilizzo delle risorse destinate al suddetto Fondo per il triennio 2010-2012;
   gli stessi quotidiani locali evidenziano inoltre, che nessun assessorato competente della regione Sicilia nel corso del medesimo triennio, ha previsto un programma adeguato e conseguentemente rendicontato le spese per le politiche sociali che prevedono il coinvolgimento di enti, onlus, associazioni e aziende sanitarie;
   la mancata programmazione, secondo quanto riportato dai suddetti organi d'informazione, ha inoltre determinato un ulteriore effetto negativo e penalizzante, caratterizzato dal mancato utilizzo di 50 milioni di euro, previsti all'interno del riportato Fondo nazionale per le politiche sociali e peraltro già spendibili nel bilancio della regione isolana, la cui sospensione è attribuita proprio all'interruzione dell’iter procedurale, che avrebbe dovuto portare alla concreta distribuzione delle risorse per i distretti in precedenza elencati, i cui effetti determineranno evidenti e rilevanti sofferenze finanziarie;
   molti di essi infatti, a causa della riduzione delle risorse disponibili, non saranno più in grado di garantire i diversi servizi in ambito sociale previsti attraverso il bonus socio-sanitario, l'assistenza ed il trasporto di anziani e disabili, la cura dei centri di accoglienza o di recupero per tossicodipendenti, strumenti che intervengono a sostegno dei comuni per garantire condizioni di vita migliori per le fasce più deboli della cittadinanza;
   l'interrogante evidenzia inoltre come ai suesposti profili di criticità, si affiancano ulteriori elementi socio-economici negativi per la comunità siciliana, a causa della riduzione dei fondi previsti per il servizio civile e con essi il numero di volontari impiegabili (circa 500) decisa dalla Conferenza Stato-regioni, sede nella quale sono state cambiate le modalità di attribuzione delle percentuali delle quote previste spettanti alla regione;
   l'assessorato alle politiche sociali, secondo quanto riportato dal sito internet del medesimo organo esecutivo dell'ente territoriale siciliano, nell'ambito della mancata assegnazione delle risorse, ha addebitato al Ministero interrogato la responsabilità della fallita attribuzione degli stanziamenti per i distretti socio-sanitari siciliani, ascrivendo allo stesso dicastero che quanto avvenuto determinerà ulteriori situazioni di crisi per i territori e le comunità locali già in difficoltà sociali ed economiche;
   la nota del suddetto assessorato precisa tuttavia che le risorse 2010-2012 rientrerebbero comunque nella disponibilità prevista per gli stanziamenti 2007-2009 e che la causa che ha determinato tale ambiguità è imputabile al disallineamento tra la programmazione e i fondi utilizzati;
   le risorse 2010-2012 pertanto, secondo quanto sostenuto dalla nota dello stesso organo esecutivo, che smentisce le decisioni intraprese del Ministero interrogato, saranno presenti nella programmazione 2013-2015 in fase di approvazione;
   quanto esposto in precedenza, a giudizio dell'interrogante, desta sconcerto e preoccupazione in considerazione sia della condotta da parte dei soggetti istituzionali regionali e nazionali coinvolti nella vicenda, che appare contraddittoria e di dubbia comprensione e che evidenzia tra l'altro un rimando di responsabilità, scarsamente decoroso, ma soprattutto dall'eventualità ove fosse confermato che il mancato trasferimento delle risorse pari a oltre 27 milioni di euro a favore della comunità siciliana, per finalità sociali e sanitarie, nonché il blocco di 50 milioni di euro non spendibili, in considerazione della crisi economica così profonda che sta affrontando il Paese da oltre cinque anni, accresce ulteriormente il divario e la disuguaglianza tra il Nord e le aree del Mezzogiorno, particolarmente svantaggiate –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se intenda confermare l'esclusione delle risorse previste dal Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS), nei riguardi della regione Sicilia, per il triennio 2010-2012, così come riportato in premessa;
   in caso affermativo, se non ritenga opportuno prevedere iniziative normative volte a stanziare misure in grado di sostenere i distretti socio-sanitari della Sicilia in quanto la mancata attribuzione delle risorse inizialmente previste rischia di ampliare il divario socio-economico tra le diverse aree del Paese, alimentando il rischio di tensioni sociali, in particolare nel Mezzogiorno ed in Sicilia, costretta a fronteggiare una crisi economica senza precedenti. (4-02306)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale si chiede di sapere quali orientamenti il Governo intenda esprimere in merito «alla esclusione delle risorse previste dal Fondo nazionale per le politiche sociali (Fnps), nei riguardi della Sicilia, per il triennio 2010-2012», si precisa quanto segue.
  Le notizie riportate dalla stampa in merito all'esclusione delle regione siciliana dalla distribuzione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, relativamente all'annualità 2013, appaiono prive di fondamento. La regione siciliana, infatti, è regolarmente assegnataria della quota prevista dalla tabella 2 del decreto di riparto del 26 giugno 2013, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 212 del 10 settembre 2013, n. 212, pari ad euro 27.570 mila. Con decreto direttoriale dell'8 ottobre 2013, n. 118, contestualmente all'erogazione per le restanti regioni, la competente direzione generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha impegnato l'intera quota del fondo in parola assegnata alla regione siciliana.
  Le vicende riportate nell'interrogazione in esame fanno evidentemente riferimento alla mera liquidazione delle risorse. Per prassi amministrativa, e in maniera condivisa nei tavoli tecnici, la liquidazione delle somme dovute in un determinato anno deve essere preceduta dalla rendicontazione sull'effettivo utilizzo delle risorse trasferite nel secondo anno precedente, stante anche l'obbligo, ai sensi dell'articolo 4 del citato decreto di riparto, di comunicare «tutti i dati necessari al monitoraggio dei flussi finanziari e, nello specifico, i trasferimenti effettuati e gli interventi finanziati con le risorse del Fondo stesso». Tale rendicontazione non è stata ancora fornita dalla regione siciliana, in quanto, per scelte delle precedenti amministrazioni della regione, le risorse liquidate a partire dal 2010 non sono state ancora utilizzate. Infatti, le risorse relative alle annualità 2010-2013 vanno ad alimentare, secondo quanto riferito dall'amministrazione siciliana con nota n. 39610 del 16 ottobre 2013, il ciclo di programmazione 2013-2015, ai sensi delle linee guida per le politiche sociali e sociosanitarie 2013-2015 approvate con decreto presidenziale dell'11 novembre 2013 e pubblicate sulla
Gazzetta Ufficiale della regione siciliana n. 52 del 22 novembre 2013.
  La posposizione dell'erogazione delle risorse dell'annualità 2013, peraltro, non appare ostativa all'avvio del nuovo ciclo di programmazione regionale, poiché, delle risorse complessivamente assegnate alla regione nei quattro esercizi finanziari coinvolti, risultano già liquidati circa i due terzi. Non vi è pertanto alcun nocumento all'erogazione dei servizi in ambito sociale finanziati con le risorse del fondo.
  Parimenti, prive di fondamento risultano le notizie relative al presunto «blocco di 50 milioni di euro non spendibili» afferenti al fondo nazionale per le politiche sociali. A tal proposito non si può che confermare il pieno riparto delle risorse stanziate nel 2013, pari ad euro 343.704 mila, ai destinatari previsti dalle norme vigenti.

Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMaria Cecilia Guerra.


   SILVIA GIORDANO, MANTERO, LOREFICE, GRILLO, DI VITA, DALL'OSSO, DI BENEDETTO, COLONNESE, CECCONI, CHIMIENTI e BARONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 30 settembre 2013 quattro minorenni sono stati arrestati su ordine del giudice per le indagini preliminari del tribunale dei minori, che li ha riconosciuti totalmente privi di qualsiasi senso dello Stato. Il fatto è accaduto a Milano ed è l'ennesimo esempio di totale assenza di valori di cui sono principalmente vittime le nuove generazioni;
   la babygang milanese «operava» per le strade del quartiere di Baggio, nella periferia milanese, pretendendo rispetto. Bastava uno sguardo e forse manco quello, per far scattare la molla di violenza che scatenava calci, pugni e l'uso di spranghe e caschi pur di soddisfare quell'insana voglia di picchiare duro;
   i membri minorenni della banda non avevano particolari preferenze nella scelta delle vittime da sacrificare come nelle migliori scene di un film di Kubrick; essi colpivano senza fare alcuna distinzione nella scelta delle vittime: omosessuali, disabili, clochard ed ebrei;
   i vergognosi pestaggi di stampo razziale che si compiono quotidianamente in molte periferie italiane sono il frutto di un degrado che ha consentito alle organizzazioni criminali di sostituirsi allo Stato, con gravi conseguenze per tante famiglie che devono subire anche questo disagio oltre ai tanti già imposti da questo Governo;
   le forze di polizia, a cui va il sostegno morale degli interroganti per l'enorme lavoro svolto in condizioni sempre più difficili, continuano in un'azione importantissima di controllo del territorio attraverso lunghe indagini che, fortunatamente, si concludono sistematicamente con l'arresto dei delinquenti;
   purtroppo spesso questi delinquenti sono minorenni che si aggregano a vere e proprie bande, in guerra tra loro per contendersi pezzi di marciapiede a suon di botte;
   si tratta di un'altra deplorevole abitudine che è sintomo chiaro di una deriva morale in cui la popolazione si è incamminata, soprattutto quella più giovane;
   la politica ha il dovere di intervenire immediatamente. Deve affiancare, all'azione di controllo e repressione delle forze di polizia, un'azione di prevenzione che deve iniziare nella famiglia e nelle scuole –:
   se il Governo non intenda adottare misure idonee al recupero dei giovani finiti nelle mani della malavita, affinché tale azione sia da traino nell'investimento che questa Nazione deve imporsi, come priorità assoluta, nel ripristino del rispetto della libertà altrui ormai perduto completamente in molti individui di alcune fasce della società civile, considerato che migliorare la condizione della società civile è un dovere verso cui nessuno può esimersi;
   quali iniziative si intendano avviare in programmi di investimento, a partire dalla scuola pubblica, che possano garantire un innalzamento generale del livello di coscienza civica ed altruismo soprattutto in quelle fasce di popolazione maggiormente esposte alla deviazione criminale;
   se non intendano adottate misure che consentano un miglioramento nell'azione di presidio del territorio, con maggiori finanziamenti, sia in termini di fondi, mezzi ed attrezzature sia in termini di risorse umane da ricercare, qualora fosse necessario, in altri corpi specializzati. (4-02071)

  Risposta. — Le problematiche connesse alla presenza delle «bande giovanili» è alla costante attenzione delle autorità di pubblica sicurezza e delle forze di polizia, le quali effettuano il monitoraggio di tale fenomeno, anche al fine di prevenire i comportamenti illeciti e antisociali.
  L'azione delle forze dell'ordine, negli ultimi anni, ha permesso di consegnare quasi sempre alla giustizia gli autori dei reati perpetrati da componenti dei citati sodalizi.
  Anche l'operazione del 30 settembre 2013, ricordata nell'interrogazione, condotta dal Commissariato di pubblica sicurezza di Lorenteggio in provincia di Milano, ha portato all'arresto di tre diciassettenni ed un diciottenne per i reati di lesioni gravi, rapina e minacce.
  L'attività di contrasto condotta dagli uffici investigativi territoriali della Polizia di Stato ha rilevato che giovani minorenni sovente figli di extracomunitari prevalentemente di nazionalità ecuadoriana, peruviana e cinese – residenti per lo più nelle grandi città del Nord e del Centro Italia quali Genova, Milano, Torino e Roma – tendono ad aggregarsi in bande, attraverso le quali si rendono corresponsabili di comportamenti violenti posti in essere prevalentemente ai danni di giovani connazionali.
  L'aumento degli episodi delittuosi ha indotto le forze di polizia a confrontarsi con il nuovo fenomeno, studiandone le caratteristiche al fine di adottare adeguati dispositivi di contrasto.
  Nel novembre del 2005 è stato istituito, in seno alla squadra mobile di Milano, un gruppo di lavoro incaricato di monitorare il fenomeno, valutarlo e reprimerlo.
  Il suddetto gruppo di lavoro, nel corso degli anni, ha anche svolto un'attività informativa che ha portato a censire gli affiliati alle singole bande, che sono in continua evoluzione nel numero e nelle alleanze.
  L'azione di controllo e di contrasto da parte delle forze di polizia garantisce un costante monitoraggio delle dinamiche interne ai singoli gruppi e delle tensioni fra le diverse compagini; ciò anche grazie all'istituzione all'interno della sezione «Reati contro a persona» di un apposito gruppo di lavoro dedito all'analisi dei dati ed al contrasto alle fattispecie di reato consumate.
  Il Ministero dell'interno ha da tempo avviato numerose iniziative finalizzate alla prevenzione dei fenomeni legati alla «devianza» minorile, rientranti nel più ampio quadro degli interventi diretti ad affrontare, con criteri specialistici, le multiformi problematiche concernenti i minori.
  Sin dal 1996, nell'ambito del «Progetto Arcobaleno», sono stati costituiti gli «Uffici minori» presso le questure; dal 30 ottobre 1998 sono operative presso le squadre mobili anche le «sezioni specializzate» nelle indagini concernenti lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia ed il turismo sessuale in danno di minori, la cui competenza, negli anni, è stata estesa alla violenza contro le donne, ai reati commessi in ambito domestico ed allo
stalking.
  Mentre gli Uffici minori, incardinati nelle divisioni anticrimine delle questure, acquisiscono e analizzano informazioni concernenti e indagini condotte da tutti gli organismi investigativi della provincia e promuovono iniziative di carattere preventivo da avviare con enti pubblici e privati, impegnati nel settore minorile, le «Sezioni specializzate» svolgono esclusivamente attività investigativa.
  A livello centrale, all'interno del servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, opera la «sezione minori», che svolge un'azione di monitoraggio degli episodi delittuosi al fine di dare impulso e coordinare le attività investigative degli organi territoriali, impegnati nel contrasto di tali fenomenologie delittuose.
  Per concretizzare innovativi percorsi di educazione alla legalità e favorire la crescita, nelle nuove generazioni, della consapevolezza di una Polizia vicina alla gente, sono state avviate proficue intese con il Ministero della pubblica istruzione e con il Comitato italiano per l'UNICEF che, dal 2001, hanno portato alla realizzazione del progetto «Il poliziotto: un amico in più», ancora attivo, che si articola in visite presso le strutture di polizia da parte dei ragazzi, incontri nelle scuole, concorsi di disegno, la distribuzione di «gadget» e materiali informativi.
  Ulteriori iniziative sono state intraprese a livello territoriale, in particolare, d'intesa con diversi uffici scolastici provinciali, le questure organizzano periodicamente incontri tra operatori di polizia e classi di studenti, sia presso le scuole che presso le strutture della Polizia di Stato; nel corso degli incontri vengono illustrate le possibili situazioni di rischio per i bambini, fornendo appropriati suggerimenti per evitarle.
  Negli anni scorsi il Servizio centrale operativo ha realizzato un dispositivo di carattere investigativo e preventivo. L'iniziativa, denominata «Progetto Davide», era rivolta a compulsare l'azione di contrasto delle squadre mobili affinché sviluppassero ogni iniziativa ritenuta valida per contrastare dette forme delittuose, operando, per i profili di competenza, in sinergia con la Polizia postale e delle comunicazioni.
  In detto contesto, gli Uffici minori delle Divisioni anticrimine hanno intensificato l'azione di prevenzione, con particolare riguardo al fenomeno del «bullismo» nelle scuole, finalizzata a diffondere la cultura della legalità nel mondo giovanile.
  L'attività di contrasto dei reati commessi dai minori è attentamente monitorata dal predetto servizio attraverso l'analisi delle segnalazioni provenienti dagli uffici investigativi territoriali.
  Inoltre, tra i progetti dedicati alle regioni meridionali e realizzati con i fondi del PON – Piano operativo nazionale sicurezza per lo sviluppo, si ricorda il progetto «Abbandono scolastico e bullismo: quali rischi tra i giovani?» che ha consentito di individuare nove istituti scolastici situati in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, come «poli» di una rete di scuole ed operatori per le attività da svolgere contro la dispersione scolastica e il disagio giovanile.
  Anche il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dal 2007 promuove numerose attività a disposizione di genitori e vittime di atti di bullismo, tra le altre si evidenziano: l'istituzione di un numero verde e di un indirizzo
mail per la segnalazione di atti di bullismo sia verbale che fisico; la realizzazione di un sito internet che inquadra il fenomeno del bullismo da un punto di vista psico-sociologico e culturale fornendo strumenti e suggerimenti per affrontare il problema; l'istituzione di Osservatori regionali permanenti sul bullismo con il compito di promuovere percorsi di educazione alla legalità all'interno delle scuole.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   GREGORI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è attualmente vigente un contratto collettivo nazionale di lavoro inerente al personale non dirigente di CONI Servizi SpA e delle Federazioni sportive nazionali;
   la Federazione italiana giuoco calcio (Figc) è associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato federata con il Comitato olimpico nazionale italiano (Coni);
   occorre verificare l'applicazione di tale contratto, in particolare per quanto riguarda i trattamenti salariali e di inquadramento corrispondenti alle mansioni svolte dal personale della Figc –:
   se il Governo, per quanto di sua competenza, possa verificare se sussistano o meno situazioni di disparità salariale e di inquadramento, in base alle mansioni svolte dalle singole risorse umane, a discapito del personale di ruolo non dirigente in servizio presso la Figc e se sia altresì possibile acquisire informazioni in merito alla pianta organica della Figc, con il dettaglio nominativo di tutte le qualifiche funzionali, indicando anche l'ufficio o la struttura di assegnazione, così come le mansioni svolte. (4-02269)

  Risposta. — La Figc ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 242 del 1999, ha natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato.
  La struttura amministrativa della Federazione, fino al maggio dell'anno 2008, era composta da dipendenti federali e da dipendenti della Coni servizi spa in posizione di distacco. Successivamente, per conseguenza dell'accordo firmato in data 26 maggio 2008 dalla Coni servizi spa con le organizzazioni sindacali, la Federazione ha assunto a tempo indeterminato la totalità dei «dipendenti Coni» distaccati.
  Allo stato, la Figc ha un organico composto da 219 risorse, assunte a tempo indeterminato, (215 unità appartenenti al personale non dirigente, 2 giornalisti e 2 dirigenti); come da prospetto allegato disponibile presso il Servizio Assemblea; i rapporti di lavoro sono regolati dal ccnl della Coni servizi spa e delle federazioni sportive nazionali, mentre per i giornalisti vale il contratto di categoria.
  Il personale non dirigente, secondo le mansioni effettivamente svolte, e inquadrato nei profili professionali previsti dal ccnl vigente, (triennio 2010-2012) e definiti dall'accordo sindacale dell'8 giugno 2008. La dotazione organica comprende, in dettaglio: operatori; impiegati; specialisti; quadri; dirigenti; giornalisti.
  La Figc ha comunicato, inoltre, che non vi sono contenziosi avviati dai dipendenti per ottenere il riconoscimento di livelli superiori.

Il Ministro per gli affari regionali e le autonomieGraziano Delrio.


   GRIMOLDI e MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 25 settembre 3013 Marina Romanò, capogruppo della Lega Nord in consiglio comunale ed ex sindaco di Cesano Maderno, è stata oggetto di una violenta aggressione da parte di un uomo di 71 anni avvenuta nell'atrio del comune mentre la stessa si apprestava a entrare in aula consiliare;
   dopo l'aggressione, Marina Romanò è stata subito trasportata da un'ambulanza della Croce Bianca di Cesano all'ospedale di Desio dove le sono state riscontrate una distorsione alla cervicale e un trauma all'orecchio con una prognosi di sette giorni;
   appena due settimane dopo l'aggressione, in occasione di una nuova seduta del consiglio comunale, il 71 enne si trovava di nuovo seduto tra il pubblico;
   per protesta tutti i consiglieri del gruppo della Lega Nord hanno quindi deciso di abbandonare l'aula, dichiarando di non sentirsi tutelati nella loro sicurezza personale di fronte all'inerzia del sindaco che non procedeva ad allontanare l'aggressore dai locali comunali;
   il presidente del consiglio comunale Maurilio Longhin ha giustificato la propria inerzia dichiarando che poteva allontanare l'aggressore solo per effetto di un provvedimento del giudice o «nel momento in cui disturba i lavori e tra l'altro, nel caso specifico, mi è già capitato di richiamare quella persona che aveva alzato la voce»;
   l'aggressore, dunque, anche per stessa ammissione del presidente del consiglio di Cesano Maderno, già precedentemente aveva più volte disturbato le sedute del consiglio comunale con atteggiamenti aggressivi, tanto che le forze dell'ordine erano dovute intervenire;
   nonostante tali precedenti comportamenti, allo stesso è sempre stato consentito l'accesso ai locali consiliari del comune;
   Marina Romanò ha presentato regolare denuncia già a suo tempo ma a tutt'oggi nessun provvedimento è stato preso nei confronti dell'aggressore, che, a quanto consta agli interroganti, ha ancora libero accesso ai locali consiliari;
   l'aggressione costituisce un fatto di una gravità inaudita poiché non consente ai consiglieri di svolgere il proprio mandato elettorale nel dovuto clima di serenità e sicurezza –:
   se i Ministri siano a conoscenza dell'episodio accaduto al capogruppo della Lega Nord del comune di Cesano Maderno, essendo tali fatti gravi e comunque da stigmatizzare, se non ritengano opportuno che vengano assunti tempestivi e opportuni provvedimenti per garantire l'incolumità dei membri del consiglio comunale. (4-02298)

  Risposta. — Dalle informazioni a disposizione di questa amministrazione, risulta che il 25 settembre 2013 la signora Marina Romanò, ex sindaco e attualmente consigliere di opposizione di Cesano Maderno, è stata aggredita da un uomo all'esterno dell'aula consiliare e trasportata in ospedale, dove è stata giudicata guaribile in sette giorni.
  L'arma dei carabinieri ha identificato l'aggressore, già noto alle forze dell'ordine a causa dei suoi precedenti per lesioni personali, minacce e abusivismo edilizio. Contro di lui, il giorno dopo, la signora Romanò ha presentato una denuncia-querela per il reato di lesioni personali e la richiesta di un «provvedimento di divieto di avvicinamento a luoghi frequentati dalla parte offesa».
  Il consigliere Romanò ha riferito inoltre che, durante le riunioni del consiglio comunale avvenute nel periodo in cui rivestiva la carica di sindaco, il suo aggressore si era già reso protagonista di episodi di intemperanza nei suoi confronti, ma non era stato denunciato.
  In occasione della successiva seduta del consiglio comunale, sono state adottate – in attesa delle decisioni dell'autorità giudiziaria sui fatti segnalati – idonee misure di vigilanza e tutela dell'incolumità delle persone interessate. Durante la riunione consiliare, infatti, erano presenti due agenti municipali. Inoltre, due militari dell'Arma garantivano la sorveglianza all'interno dell'edificio comunale, mentre una pattuglia presidiava l'esterno.
  La situazione continuerà ad essere attentamente seguita dalle forze dell'ordine che adotteranno i necessari dispositivi di sicurezza per assicurare lo svolgimento sereno delle attività amministrative dell'ente.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le esigenze cui il servizio di polizia locale fa fronte sono in costante crescita, specialmente nel campo della sicurezza urbana e del mantenimento dell'ordine pubblico;
   sarebbe conseguentemente opportuno prevedere la possibilità che il personale della polizia locale possa disporre, oltre che dell'arma corta, anche di armi non letali come gli spray alla capsina ed il bastone estensibile;
   rende problematico l'ampliamento delle armi in dotazione a questi strumenti non letali il modo il cui è formulato il decreto ministeriale n. 145 del 14 marzo 1987;
   una soluzione potrebbe consistere nell'inserimento all'interno del predetto decreto ministeriale di una disposizione che stabilisca che l'armamento in dotazione agli addetti al servizio di polizia municipale può essere integrato con spray alla capsina e bastone estensibile, mediante delibera della giunta comunale territorialmente competente;
   rappresenta altresì un problema avvertito dal personale della polizia locale la circostanza che il porto d'arma di servizio sia limitato strettamente all'ambito territoriale di competenza, al contrario di quanto capita per le guardie giurate e gli stessi privati cittadini –:
   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle circostanze generalizzate nella premessa ed in particolare sull'opportunità di modificare nel senso indicato le disposizioni del decreto ministeriale n. 145 del 14 marzo 1987 e di assumere iniziative per rimuovere i limiti territoriali attualmente gravanti sul porto d'arma di servizio di cui fruisce il personale delle polizie locali. (4-02415)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli agenti delle polizie municipali sono sempre più frequentemente chiamati ad affrontare situazioni nelle quali la necessità di prevenire un reato comporta il confronto con persone dotate di armi bianche;
   nei confronti di persone armate di coltelli si ritiene impropria una reazione che implichi il ricorso alle armi da fuoco;
   fermo restando che è improprio reagire con le armi da fuoco a minacce fatte da chi sia in possesso soltanto di armi da taglio, non sembra opportuno neanche obbligare gli agenti delle polizie municipali ad affrontare a mani nude avversari armati di coltelli;
   sarebbe invece adeguata una risposta portata con spray urticanti non letali –:
   se il Governo intenda prendere in considerazione l'ipotesi di predisporre iniziative normative che autorizzino il personale delle polizie municipali a dotarsi di spray urticanti da impiegare in contesti operativi dove siano presenti opponenti dotati soltanto di armi da taglio. (4-02520)

  Risposta. — Con le interrogazioni in esame si chiede a questo dicastero di rimuovere i limiti territoriali attualmente gravanti sull'utilizzo dell'arma di servizio da parte del personale delle polizie locali, nonché favorire la possibilità di avere in dotazione spray urticanti.
  Al momento non sembrano ravvisarsi elementi di novità in ambito normativo che possano giustificare la revisione del decreto ministeriale 145 del 14 marzo 1987.
  Infatti, sulla tipologia delle armi di cui possono dotarsi gli addetti al servizio della polizia municipale in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, il citato decreto ministeriale – sulla base di quanto dispone la legge n. 65 del 7 marzo 1986 – elenca, in modo puntuale ed esclusivo, la tipologia delle armi che possono essere utilizzate.
  Nel tassativo elenco di cui sopra non sono inclusi né i cosiddetti «bastoni estensibili», né gli
spray urticanti.
  Per quanto concerne i primi, i prototipi sottoposti all'esame della commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, sono stati riconosciuti nella quasi totalità dei casi come armi proprie, il cui porto è espressamente vietato dalla legge n. 110 del 1975, salvo particolari deroghe per le Forze armate ed i Corpi armati dello Stato, tra i quali non figurano le polizie municipali.
  Unica eccezione è quella dei prototipi forniti dalla Polizia locale del comuni di Torino e di Bologna che sono stati ritenuti dalla menzionata Commissione come non assimilabili alle armi proprie, per caratteristiche tecniche di leggerezza e di frangibilità,
  Anche i prodotti antiaggressione in grado di nebulizzare una miscela irritante rientrano nel concetto di arma propria, solo per limitati prodotti è stato riconosciuto, dal citato organo consultivo, la «non attitudine a recare offesa» per le loro caratteristiche tecniche.
  L'ambito territoriale del porto dell'arma di servizio è, invece, disciplinato espressamente dall'articolo 5, della legge n. 65 del 7 marzo 1986.
  Si aggiunge, infine, che in conformità al vigente quadro normativo di riferimento compete alle regioni la disciplina delle caratteristiche del mezzi e degli strumenti operativi in dotazione ai Corpi della Polizia municipale, mentre spetta ai comuni la piena discrezionalità nel disporre o meno, attraverso propri regolamenti, l'armamento delle Polizie locali.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   GIUSEPPE GUERINI, LAFORGIA, PASTORINO e SCANU. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 ottobre 2013 l'ufficio per il servizio civile nazionale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ha pubblicato — in forza della legge n. 64 del 2001 (recante «Istituzione del servizio civile nazionale») e del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (recante: «Disciplina del servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 legge n. 64 del 2001») — il «Bando per la selezione di n. 8.146 volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all'estero»;
   l'articolo 3 del citato bando prevede come primo requisito ai fini della partecipazione alla selezione quello di «essere cittadini italiani»;
   tale prescrizione appare chiaramente discriminatoria nei confronti dei cittadini comunitari e non comunitari regolarmente residenti in Italia, precludendo loro qualsiasi possibilità di accedere alle selezioni;
   a tale proposito, giova segnalare che già in seguito alla pubblicazione del precedente Bando per il servizio civile (settembre 2011) era stata da più parti sollevata la medesima contestazione ed erano stati inoltre instaurati due procedimenti innanzi a due distinti tribunali (Brescia e Milano) da parte di cittadini extracomunitari che si dolevano della discriminatorietà del predetto bando in parte qua;
   il tribunale di Milano aveva dichiarato il carattere discriminatorio del bando 2011, con sentenza successivamente confermata sul punto anche da parte della corte d'appello del capoluogo lombardo;
   i ricorrenti avevano inoltre richiesto un parere all'ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica (UNAR), che in data 12 dicembre 2011 aveva concluso auspicando che «il legislatore italiano, con sollecitudine, rimedi alla lacuna normativa, riformando la legge attuale nella parte in cui limita la fruibilità dell'esperienza ai soli cittadini italiani estendendola ai cittadini comunitari ed ai cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti secondo la previsione di cui all'articolo 41 T.U.I.» e che di conseguenza «venga accolta l'eccezione di illegittimità costituzionale formulata in entrambi i giudizi per la valutazione dell'illegittimità costituzionale dell'articolo 3 decreto legislativo n. 77 del 2002»;
   ciononostante, si è segnalato come il legislatore nell'emanare il bando del servizio civile per l'anno 2013 abbia riproposto il medesimo requisito tassativo della cittadinanza italiana;
   le richieste di ammissione alla selezione vanno inoltrate entro il 4 novembre 2013 e pertanto si rende necessario ed urgente un intervento che modifichi i requisiti di ammissione, onde impedire il perpetuarsi di un'odiosa ed intollerabile discriminazione ed evitare il prevedibile contenzioso giudiziario che verosimilmente ne scaturirà –:
   quali iniziative intenda assumere per garantire la parità di accesso alle selezioni dei volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all'estero anche ai cittadini comunitari ed extracomunitari regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale. (4-03239)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante le pone una serie di quesiti in merito alla partecipazione degli stranieri al Servizio civile nazionale.
  Considero il Servizio civile nazionale un bene prezioso per tutta la collettività, un positivo strumento di integrazione e solidarietà, oltre che una significativa esperienza pioneristica in Europa e una realtà che lo Stato dedica in via esclusiva ai giovani.
  Consapevole di tale importanza, mi sono impegnata per permettere l'avvio dei volontari con la pubblicazione dei bandi per il 2013 e per reperire nuove risorse.
  Tuttavia, con l'ordinanza del 18 novembre 2013 il tribunale di Milano ha disposto la modifica del bando di selezione dei volontari nella parte in cui prevede il requisito della cittadinanza italiana per l'accesso al Servizio civile nazionale.
  La problematica riguardante l'ammissione degli stranieri al Servizio civile nazionale è già stata oggetto di due contenziosi alla fine del 2011 presso i tribunali ordinari di Brescia e di Milano, con i quali è stato denunciato il comportamento discriminatorio dell'Amministrazione perché prescriveva la cittadinanza italiana quale requisito di ammissione alla selezione, secondo quanto previsto dalla normativa tuttora vigente.
  I due contenziosi hanno avuto sviluppi processuali opposti. In particolare, il tribunale di Brescia, con sentenza depositata il 9 maggio 2012, ha rigettato il ricorso, ritenendo ragionevole la differenziazione tra cittadini e stranieri perché coerente con l'ordinamento nel suo complesso e, soprattutto, con i principi costituzionali.
  Tale orientamento è stato confermato dalla corte di appello di Brescia con decisione del 21 ottobre 2013.
  Diversamente il tribunale di Milano (ordinanza del 12 gennaio 2012), e successivamente la corte di appello (decisione n. 2183 del 2012), hanno dichiarato il carattere discriminatorio del bando.
  Contro la decisione della corte di appello di Milano l'amministrazione ha proposto ricorso innanzi alla Corte di cassazione.
  Considerata la rilevanza della problematica e in attesa della definizione del giudizio in Cassazione, il Dipartimento della gioventù e del Servizio civile nazionale, prima dell'adozione dei bandi per il 2013, ha ritenuto quindi opportuno interessare l'Avvocatura generale dello Stato in ordine agli adempimenti da porre in essere.
  Infatti da un lato, l'ammissione degli stranieri alle selezioni imposta dalla decisione della corte di appello di Milano avrebbe concretizzato una palese violazione della normativa vigente, dall'altro la previsione del requisito della cittadinanza italiana per partecipare alle selezioni, avrebbe potuto essere interpretata come una mancata osservanza della pronuncia del giudice del lavoro.
  L'Avvocatura dello Stato, con i pareri resi il 24 luglio 2012 e il 26 settembre 2013, si è espressa in favore della riserva ai soli cittadini italiani, secondo quanto previsto dalla attuale normativa, considerandola non in contrasto con i principi comunitari e coerente con quelli affermati dalla Corte costituzionale nel 2004 e nel 2005.
  L'Avvocatura ha inoltre affermato che la decisione della corte d'appello di Milano era circoscritta al bando 2011, non avendo il giudice disposto nella decisione l'inserimento di una clausola di ammissione degli stranieri nei bandi futuri.
  Ciò premesso sono stati emanati nel 2013 due bandi straordinari e, da ultimo, il bando ordinario del 4 ottobre, mantenendo il requisito della cittadinanza italiana per la partecipazione al Servizio civile nazionale.
  Quest'ultimo bando è stato oggetto di un ulteriore contenzioso, provvisoriamente deciso con l'ordinanza del 18 novembre 2013, per garantire la parità di accesso alle selezioni dei volontari anche ai cittadini comunitari ed extracomunitari regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale.
  Pertanto, a seguito della notifica dell'ordinanza avvenuta il 25 novembre 2013, l'Amministrazione ha chiesto all'Avvocatura distrettuale dello Stato di proporre appello, in quanto il giudice ha formulato una accezione ampia del termine «cittadino» da intendersi riferito al soggetto che appartiene stabilmente e regolarmente alla comunità italiana. Ciò attraverso una interpretazione estensiva della disposizione di legge.
  La legittimità di questa interpretazione è già al vaglio della Corte di cassazione.
  Contestualmente l'Amministrazione, tenuta a dare comunque esecuzione all'ordinanza, ha chiesto la collaborazione dell'Avvocatura generale riscontrando obiettive difficoltà ad ottemperare all'ordinanza del giudice di Milano.
  Infatti l'autorità giudiziaria non ha fornito elementi sufficienti ad individuare correttamente la categoria dei soggetti destinatari della decisione, né ha tenuto conto delle criticità derivanti dall'apertura agli stranieri in relazione ai requisiti per la selezione (come ad esempio, la conoscenza della lingua italiana o la valutazione dei titoli di studio conseguiti all'estero che comporta l'attribuzione di un punteggio rilevante nel giudizio complessivo).
  L'Avvocatura generale ha fornito elementi utili a dirimere i dubbi dell'Amministrazione; pertanto il dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale ha riaperto fino al 16 dicembre 2013 i termini dei bandi (nazionale e delle regioni e province autonome).
  Questa riapertura ha consentito ai cittadini dell'Unione europea, ai familiari dei cittadini dell'Unione europea non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ai titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ai titolari di permesso di soggiorno per asilo e ai titolari di permesso per protezione sussidiaria di presentare le domande per la partecipazione a progetti di volontariato in Italia e all'estero.
  Questo elenco deriva dalle sole ipotesi possibili in base alle attuali leggi sull'immigrazione e l'asilo.
  Si è dovuto ricorrere a tali specificazioni per superare la generica indicazione del tribunale di Milano, con riserva dell'esito del relativo giudizio di appello. Pertanto anche la valutazione delle domande di partecipazione alla selezione è stata necessariamente effettuata con riserva.
  Al riguardo, è bene tener presente che l'orientamento della giurisprudenza non è univoco e si è in attesa delle decisioni della Corte cassazione.
  Ricordo inoltre che, sulla base dei dati aggiornati settimanalmente dagli enti interessati ai bandi, al 28 gennaio 2014 ammontano a 378 le domande di partecipazione al Servizio civile nazionale presentate dagli aspiranti volontari stranieri e 40 di loro hanno preso servizio il 3 febbraio 2014.
  Il Governo ha quindi posto in essere tutte le possibili misure per affrontare questa problematica urgente e controversa e già il 7 gennaio 2014 è partito il primo contingente di 1.456 fra ragazzi e ragazze impegnati nella realizzazione di 175 progetti presentati da vari enti.

Il Ministro per l'integrazioneCécile Kyenge.


   CRISTIAN IANNUZZI, LOREFICE, GRILLO, PARENTELA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, MANNINO, BECHIS, DE LORENZIS, BALDASSARRE e CATALANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lungo la strada statale n. 85, nel territorio del comune di Macchia d'Isernia in provincia di Isernia, è stata installata un'apparecchiatura autovelox a postazione fissa, sul lato destro della strada in direzione di marcia Venafro;
   le violazioni, nell'installazione dell'autovelox, del nuovo codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, e delle autorizzazioni dell'ANAS, sono state documentate da Feliciantoni Di Schiavi, il segretario regionale dell'associazione sindacale FIADEL del Molise, il quale ha depositato una perizia giurata in data 4 ottobre 2013 presso la cancelleria del tribunale di Isernia, al n. cron. 1579/2013, oltre alle due certificazioni dell'ANAS di Campobasso ed al verbale di sopralluogo redatto dal provveditorato alle opere pubbliche della Campania e del Molise con sede a Napoli. Da tale documentazione emerge che:
    a) il box autovelox è collocato sul lato destro della super strada 85 in direzione di marcia Venafro anziché sul lato sinistro come prescritto dall'ANAS di Campobasso con l'autorizzazione prot. CCB-0020719-P del 9 novembre 2012 agli atti della prefettura di Isernia;
    b) il box autovelox dista dal segnale verticale «limite di velocità 70 Km/h» metri 997 anziché metri 1000 come prescritto dall'articolo 25, comma 2, della legge n. 120 del 2010;
    c) il segnale «limite di velocità 70 Km/h» ha subito diversi spostamenti e tutti a distanza inferiore di metri 1000 dall'autovelox, tale circostanza viene ampiamente confermata anche dall'ANAS di Campobasso con le note prot. CCB-0009147-P del 21 giugno 2013 e prot. CCB-0009557-P del 1° luglio 2013 dalle quali emerge, comunque, che la distanza dall'autovelox è inferiore ad 1 chilometro;
    d) il box autovelox non è stato posizionato al chilometro 36+777 della super strada 85 come prescritto dall'autorizzazione ANAS prot. CCB-0020719-P del 9 novembre 2012, perché, se la misurazione viene effettuata dal cippo ettometrico 36+800 risulta posizionato al chilometro 36+767, mentre se la misurazione viene effettuata dal cippo ettometrico 36+700 risulta sì posizionato al chilometro 36+777,65 ma, il predetto cippo ettometrico 36+700, come più volte evidenziato, parrebbe essere stato manomesso e/o spostato in quanto la sua distanza dal cippo successivo 36+800 non è di metri 100 come dovrebbe, bensì di metri 110,65;
    e) il box autovelox dista dal segnale verticale di indicazione di «150 metri» metri 146,50 e non metri 150, e dista dal segnale verticale di indicazione di «400 metri» metri 395,50 e non metri 400;
   in data 5 ottobre 2013, le associazioni consumatori, l'associazione Caponnetto, Pcl Molise e molti cittadini hanno indetto un sit-in di protesta sotto la prefettura della provincia di Isernia al fine di sollecitare il prefetto ad assumere la decisione di spegnimento dell'impianto autovelox;
   in data 16 ottobre 2013 l'associazione Caponnetto, a firma del responsabile per il Molise Romano De Luca, ha depositato una diffida per sollecitare la rimozione dell'autovelox al prefetto di Isernia ed al dirigente incaricato Antonio Incollingo. La medesima diffida è stata presentata dall'associazione sindacale FIADEL a firma da Feliciantonio Di Schiavi, dal comitato Pro Trignina a firma di Antonio Turdò e dal PCL Molise a firma di Tiziano Di Clemente;
   presso gli uffici della prefettura di Isernia, le associazioni dei consumatori e i cittadini hanno depositato e continuano a depositare centinaia di ricorsi senza che finora sia stato discusso alcun verbale né che si siano attivate procedure di risoluzione della criticità del suddetto autovelox –:
   se il Ministro intenda avviare un'ispezione presso la prefettura di Isernia per acclarare i fatti presentati ed intervenire per risolvere le sopraesposte criticità.
(4-02400)

  Risposta. — La questione segnalata dall'interrogante è seguita con attenzione dal prefetto di Isernia che nell'ultimo semestre ha predisposto un'accurata attività di verifica sui vari aspetti contestati circa il posizionamento dell'autovelox e della relativa segnaletica coinvolgendo tutti i soggetti istituzionali che hanno competenze in materia quali il compartimento ANAS Campobasso, la sezione Polizia stradale di Isernia, il Provveditorato interregionale alle opere pubbliche – sezione sicurezza stradale – nonché la Direzione generale per la sicurezza stradale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Dai ripetuti incontri svoltisi, dai sopralluoghi effettuati e dai pareri espressi da tutti gli Organi competenti, è emersa la regolarità sia del posizionamento dell'autovelox che della relativa cartellonistica.
  Sulla questione, la prefettura di Isernia ha disposto una puntuale verifica in merito alla corretta collocazione della postazione e della cartellonistica utilizzata, nonché sulla conformità di quest'ultima. All'esito di tali accertamenti la postazione è risultata regolamentare.
  In particolare, la sezione Polizia stradale di Isernia ha chiarito che l'allocazione dell'autovelox sul lato sinistro della strada statale 85 è corretta, considerato che, per convenzione il lato destro di qualsiasi strada, ed in particolare delle strade statali, è quello ove sono poste le pietre distanziometriche chilometriche, intervallate da 9 pietre ettometriche in maniera crescente.
  Circa la distanza dell'autovelox dal segnale verticale che indica la velocità consentita, gli Uffici tecnici hanno espresso un uniforme parere circa la conformità delle distanze dei cartelli di presegnalazione dall'autovelox. I lievi scostamenti riscontrati sono consentiti da quanto disposto dall'articolo 83 del regolamento di attuazione del codice della strada.
  Inoltre, sempre l'articolo 83 comma 4 e 5 del predetto regolamento prevede che il pannello integrativo indicante la distanza tra il segnale e il punto da individuare deve essere arrotondata ai 10 metri in eccesso rispetto alla distanza effettiva.
  Si osserva, infine, che tutti i ricorsi presentati verranno, come di consueto, esaminati dal competente ufficio della prefettura e definiti dopo i dovuti approfondimenti nel rispetto delle norme e delle procedure previste dal codice della strada.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nonostante l'articolo 8 del decreto-legge 101 del 2013 convertito dalla legge 125 del 2013 abbia previsto un incremento delle dotazioni organiche del Corpo nazionale dei vigili del fuoco al fine di garantire gli standard operativi e i livelli di efficienza ed efficacia incrementando l'organico di 1.000 unità, la funzionalità del predetto Corpo permane;
   per la copertura dei posti portati in aumento nella qualifica di vigile del fuoco è stata autorizzata l'assunzione di un corrispondente numero di unità mediante il ricorso in parti uguali alle graduatorie di cui all'articolo 4-ter del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 131, approvate dal 1° gennaio 2008, attingendo a tali graduatorie fino al loro esaurimento prima di procedere all'indizione di un nuovo concorso;
   l'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», in materia di turn over prevedeva che: «A decorrere dall'anno 2010 i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco possono procedere, secondo le modalità di cui al comma 10, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell'anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell'anno precedente»;
   tale disposizione, per esigenze di contenimento della spesa pubblica, è stata modificata dal decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario», cosiddetta spending review, che, all'articolo 14, comma 2, ha limitato ai soli anni 2010 e 2011, per i corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la possibilità di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell'anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell'anno precedente e stabilito, invece, che la predetta facoltà assunzionale è fissata nella misura del 20 per cento per il triennio 2012-2014, del 50 per cento nell'anno 2015 e del 100 per cento solo a decorrere dall'anno 2016;
   con la modifica all'articolo 66 del decreto-legge n. 112 del 2008, introdotta dalla cosiddetta spending review, si riduce il turn over, per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dall'attuale percentuale del 100 per cento al 20 per cento nel triennio 2012-2014 e al 50 per cento nell'anno 2015, ripristinandolo completamente solo a decorrere dall'anno 2016;
   questo rischia di compromettere seriamente la funzionalità delle strutture dedicate alla tutela all'incolumità dei cittadini;
   la contrazione del turn over comporterà la necessità di ridimensionare le dotazioni organiche del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, incidendo sull'efficienza delle strutture operative direttamente destinate alla tutela dell'ambiente e della salute, al soccorso e alla salvaguardia delle vite umane;
   se, da un lato, quindi, è necessario concorrere al risanamento della finanza pubblica attraverso una radicale revisione della spesa generale ai fini di aumentarne l'efficacia e l'efficienza, dall'altro lato, questa esigenza va contemperata con il rispetto di principi costituzionalmente riconosciuti e con la garanzia della funzionalità di strumenti a difesa della sicurezza, dell'ordine pubblico e dell'incolumità dei cittadini, onde evitare che i costi della possibile riduzione della qualità del vivere civile e dell'immaginabile rischio del diffondersi della criminalità, comune e organizzata, non siano più elevati di quanto lo siano i risparmi quantificati con la riduzione del turn over –:
   quali iniziative, anche di natura normativa, il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere affinché si possa addivenire ad un giusto contemperamento tra le esigenze di razionalizzazione della spesa pubblica e di funzionalità delle strutture impiegate nella tutela dell'incolumità pubblica, promuovendo specifiche modifiche alle disposizioni che stabiliscono la drastica contrazione del turn over per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e prevedendo il ripristino immediato del turn over al 100 per cento rispettando le legittime aspettative di chi ha investito tempo e risorse nella formazione ai fini di servire il proprio Stato. (4-02566)

  Risposta. — Come noto, il decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, recante «disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni», convertito in legge 30 ottobre 2013, n. 125, ha previsto, per sopperire alle note carenze di organico, all'articolo 8, comma 1, l'incremento delle dotazioni nella qualifica iniziale di vigile del fuoco, di 1000 unità, di cui 400 da assumere entro il 2013 e 600 entro il primo semestre 2014, attingendo dalle risorse già assegnate per il richiamo del personale volontario.
  Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 settembre 2013, sono state autorizzate le assunzioni di 399 unità di personale nella qualifica di vigile del fuoco ai sensi dell'articolo 66, comma 9-
bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 relativo al turn over 2012 (pari al 20 per cento) e dell'articolo 1, commi 89, 90 e 91 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 relativo all'incremento del turn over (pari ai 30 per cento).
  Tali assunzioni dovranno essere individuate, in parti uguali, tra gli idonei della graduatoria della procedura di stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della graduatoria del concorso pubblico a 814 posti nella qualifica di vigile del fuoco, entrambe prorogate al 31 dicembre 2016 dal richiamato decreto-legge n. 101 del 2013.
  Nell'ambito della legge di stabilità, si è consentito, per l'anno 2014 (in deroga ai limiti di cui all'articolo 66, comma 9-
bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 ed all'articolo 1, comma 91, della legge 24 dicembre 2012, n. 228) con un turn over complessivo relativo allo stesso anno non superiore al 55 per cento, ad ulteriori assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente complessivo corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 51,5 milioni di euro per l'anno 2014 e a 126 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, con riserva di assunzioni di 1000 unità per la polizia di Stato, 1000 unità per l'Arma dei carabinieri e 600 unità per il Corpo della guardia di finanza. A tale fine è stato istituito un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Sono state, infine, destinate – dall'articolo 1, comma 467, della citata legge di stabilità, esclusivamente per l'anno 2014 – le risorse del fondo unico di giustizia, in misura comunque non superiore al 50 per cento a favore dei fondi di cui agli articoli 14 e 53 del decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n. 254, nonché dei fondi per l'incentivazione del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  In base a tale disposizione, pertanto, si potrà disporre di ulteriori risorse per potenziare l'organico dei vigili del fuoco.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   LOCATELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   per la terza volta, nel giro di pochi mesi, la sede del PSI di Saranno è stato oggetto di atti di vandalismo;
   dopo gli episodi accaduti a settembre 2012 e dicembre 2012, la notte tra il 28 e il 20 luglio 2013 è stato infranto il vetro della porta di ingresso e, fortunatamente, nonostante gli evidenti ripetuti tentativi di distruggerlo, il vetro antisfondamento ha resistito;
   lo stesso accanimento si manifesta nei confronti dalla targa della piazzetta «Largo Caduti di Nassiriya» che si trova davanti alla sede socialista;
   con senso di responsabilità i socialisti di Saronno avevano deciso di mantenere un «basso profilo» dopo i primi due episodi per non creare inutili tensioni nella città ma visto il ripetersi di atti intimidatori non si può più sottovalutare quanto avviene;
   quanto sta accadendo, non fa altro che rafforzare la volontà dei socialisti di Saronno di continuare nella loro attività politica tesa alla difesa dei valori di legalità e rispetto delle regole democratiche ma sicuramente rappresenta un segnale antidemocratico che va monitorato con attenzione affinché non si instauri nella città un clima di violenza politica –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto anche in relazione all'attività delle forze dell'ordine in merito a queste ripetute intimidazioni nei confronti dei socialisti di Saronno, tenuto conto, oltretutto, del ruolo ricoperto con estrema fermezza dal socialista Giuseppe Nigro, quale assessore alla sicurezza e alla polizia locale;
   come e se intenda intervenire per evitare che simili atti di vandalismo possano ripetersi e sia garantito il libero confronto politico nella città di Saronno. (4-01557)

  Risposta. — Con l'atto in esame, l'interrogante ha espresso forte preoccupazione per gli atti di vandalismo di cui è stata oggetto la sede del PSI di Saronno.
  Il fatto, consistente nel danneggiamento di una vetrata, è avvenuto nella notte compresa tra il 28 e il 29 luglio 2013 e non è stato mai rivendicato.
  Nell'ambito delle attività investigative, prontamente avviate, è stato anche sentito il segretario provinciale del PSI, assessore alla sicurezza del comune di Saronno, il quale ha provveduto a denunciare il fatto nella giornata del successivo 31 luglio. Nella stessa occasione, l'amministratore locale ha riferito di precedenti atti vandalici perpretati contro la sede nei mesi di settembre e dicembre 2012, ma mai segnalati alle forze di polizia. In merito a tali avvenimenti l'Arma dei carabinieri ha subito informato la procura della Repubblica presso il tribunale di Busto Arsizio.
  Le autorità provinciali di pubblica sicurezza hanno riservato all'episodio, la massima attenzione possibile, garantendo una costante attività di monitoraggio nella convinzione che, in simili situazioni, nessuna azione dimostrativa può essere sottovalutata, neanche quella di minor impatto.
  In questa situazione è stata disposta un'ulteriore sensibilizzazione e intensificazione dei servizi e delle misure di vigilanza, già in atto, a protezione degli obiettivi ritenuti sensibili nel territorio del comune di Saronno, con particolare riguardo alla vigilanza di sedi e strutture di partiti e movimenti politici presenti in quella provincia.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   LODOLINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Azienda Bagherra Italia srl è stata dichiarata fallita in data 24 gennaio 2013 con sentenza del tribunale di Ancona n. 14 del 2013;
   l'Azienda Bagherra Italia srl è stata costituita in data 28 dicembre 2009, iniziando la propria attività con dipendenti in data 1° febbraio 2010, a seguito di cessione di ramo d'azienda a mezzo affitto dell'unità produttiva di Monte San Vito da Andelini srl, con contestuale trasferimento ex articolo 2112 codice civile dei dipendenti ivi impiegati;
   in data 31 gennaio 2013 veniva approvato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali il programma per crisi aziendale, relativamente al periodo dal 15 ottobre 2012 al 14 ottobre 2013, autorizzando la corresponsione del trattamento straordinario di integrazione salariale in favore dei lavoratori dipendenti della srl Bagherra Italia con sede in Monte San Vito per un massimo di 66 unità lavorative; previa verifica da parte dell'Inps dell'inquadramento aziendale per il periodo dal 15 ottobre 2012-14 ottobre 2013;
   in data 14 febbraio 2013 il curatore del fallimento Bagherra Italia srl, già precedentemente nominato curatore del fallimento Andelini srl, recandosi presso il Ministero per esporre la situazione, coinvolgente per l'appunto due procedure di particolare complessità, riceve l'invito a formulare richiesta di parere scritto;
   in data 23 marzo 2013 il curatore del fallimento formula istanza di parere al Ministero del lavoro (direzione generale degli ammortizzatori sociali e incentivi all'occupazione) descrivendo nel dettaglio la questione e le azioni che intende intraprendere e se sussistono i requisiti affinché i lavoratori della Bagherra Italia possano godere dei benefici della cassa integrazione guadagni straordinaria per procedure concorsuali così come da recenti modifiche introdotte dal legislatore all'articolo 3, comma 1, della legge n. 223 del 1991, la concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria per procedure concorsuali è ammessa «quando sussistano prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi, definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali» e tali parametri oggettivi, individuati con decreto ministeriale n. 70750 del 4 dicembre 2012, devono essere attinenti, rispettivamente, alla sussistenza di prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività ed alla sussistenza della salvaguardia, anche parziale dei livelli di occupazione;
   nel frattempo il comune di Monte San Vito, la regione Marche, la curatrice fallimentare e le organizzazioni sindacali si sono adoperati affinché si potesse dare risposta alle richieste del dispositivo del suddetto decreto, in particolare si è aperto un tavolo istituzionale di monitoraggio della situazione occupazionale del fallimento Bagherra Srl presso la regione Marche e si è dato il via alle procedure per vendere e/o affittare l'azienda;
   di fatto però i lavoratori versano in una situazione di «limbo normativo» che ne configura la pendenza del rapporto di lavoro senza intervento di ammortizzazione sociale sino a concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria (come confermato anche da recente giurisprudenza di legittimità, vedasi Cassazione n. 7473/2012) e si vedono costretti a scegliere la via del licenziamento pur di poter garantire una continuità di reddito alle proprie famiglie. Di fatto, in assenza della necessaria mano d'opera e del necessario know how funzionali alla funzionamento di macchinari complessi, si rischia di impossibilitare la ripartenza di questa e di altre aziende;
   il Ministero del lavoro e delle politiche sociali a distanza di oltre un mese dall'invio dell'istanza di parere, a quanto consta all'interrogante, non ha fornito risposta alla medesima, invitando la curatela alla presentazione dell'istanza di cassa integrazione guadagni straordinaria;
   nel frattempo si affacciano altri imprenditori che vorrebbero ripartire con l'azienda (che era operativamente sana, con un ottimo mercato e con clienti pronti a riprendere i rapporti commerciali fin dalla ripartenza) tanto è vero che circolano diversi business plan, ma di fatto nessuno rischia di firmare una dichiarazione di interesse, come richiesto dal dispositivo del «decreto Fornero», che non specifica a quali responsabilità si va incontro qualora detto interesse non si concretizzi, con particolare riferimento al rischio di revoca del provvedimento di concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria conseguente alla mancata circolazione dell'azienda –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per favorire la tutela dei livelli occupazionali;
   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di poter fornire ai lavoratori dipendenti della procedura chiarimenti in merito al loro status giuridico attuale, anche in considerazione del fatto che dalla direzione generale degli ammortizzatori sociali e incentivi alla occupazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali non ha fornito risposta in merito e che la situazione dei lavoratori dipendenti è oggettivamente divenuta insostenibile in assenza di un chiarimento, dovendosi attualmente il rapporto di lavoro ritenersi sospeso in base alla legge fallimentare. (4-00927)

  Risposta. — Sulla base di quanto comunicato dalla direzione territoriale del lavoro di Ancona, la Bagherra Italia srl, facente parte ad un gruppo di imprese francesi, ha sottoscritto in data 28 dicembre 2009, un contratto di affitto di ramo di azienda riguardante la cessione dell'unità produttiva sita in Monte San Vito (Ancona), subentrando alla Andelini srl (in liquidazione) un tempo leader nella produzione di imballaggi e buste di plastica biodegradabili, con contestuale trasferimento ex articolo 2112 del codice civile dei rapporti di lavoro in essere con i dipendenti occupati presso la medesima unità.
  A seguito della difficile situazione economica e finanziaria della Andelini srl – dichiarata fallita con sentenza del tribunale di Ancona in data 14 dicembre 2010 – la Bagherra Italia S.r.l. – controllata dal gruppo francese Eco Concept,
leader mondiale nella commercializzazione di materie plastiche – si è resa disponibile ad intervenire rilevando una parte della attività e predisponendo un piano industriale per salvaguardare la continuità del rapporto con i principali clienti e fornitori e consentire così la prosecuzione dell'attività e la salvaguardia dei posti di lavoro.
  La suddetta operazione è stata anche sostenuta tramite un accordo in regione Marche, alla presenza degli attori sociali maggiormente coinvolti (comune, provincia, associazioni sindacali locali, confindustria Ancona). L'accordo del programma, sottoscritto in data 11 gennaio 2010, volto a sottolineare che la Bagherra Italia srl si era resa disponibile all'operazione di salvataggio del patrimonio industriale e dei livelli occupazionali, era vincolato alla predisposizione di un piano industriale in grado di fronteggiare l'emergenza determinatasi e la ricerca di risorse finanziarie adeguate utili a dare corso a strategie aziendali di risanamento economico finanziario. In virtù di tale accordo di programma, la Bagherra Italia S.r.l. ha chiesto e ottenuto un programma di Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per crisi aziendale per dodici mesi a partire dal 1o febbraio 2010.
  In data 26 gennaio 2011, al termine dei dodici mesi di CIGS, la Bagherra Italia S.r.l. partecipava alla composizione di un Verbale di accordo per intervento di CIGS per ristrutturazione aziendale, dichiarando che durante il periodo della CIGS per crisi aziendale, aveva avviato le azioni necessarie al risanamento aziendale ed alla salvaguardia occupazionale, e che tuttavia, causa una complessa situazione di mercato e di una normativa nazionale che vietava la commercializzazione e utilizzo di sacchetti di plastica (polietilene), si imponeva una rivisitazione dell'originario piano di riassetto industriale volto alla riconversione di alcune linee di produzione verso i prodotti biodegradabili e, di conseguenza, l'attuazione di ulteriori investimenti accompagnati da un piano di formazione e riqualificazione del personale.
  Occorre evidenziare che l'operazione di affitto del ramo di azienda ex-Andelini era stato frutto di un accordo che vedeva tra i suoi punti più importanti il trasferimento dei macchinari industriali dello stabilimento di Mirano (Venezia) e che tale mancato trasferimento aveva recato un forte disagio produttivo alla Bagherra Italia srl, in quanto sia la decisione di rilevare lo stabilimento di Monte San Vito (Ancona), sia i programmi di investimento erano stati assunti sulla base dello sviluppo di una capacità produttiva ottimale, costituita non solo dai volumi produttivi generati dai macchinari presenti a Monte San Vito (per la maggior parte obsoleti), ma soprattutto dai volumi di produzione che avrebbero potuto generare i macchinari presenti a Mirano (Venezia) che, essendo di nuova generazione, avrebbero consentito quell'ottimizzazione di risorse che era stata alla base della decisione dei soci Bagherra Italia srl di effettuare l'investimento. Si è aperto dunque un contenzioso con la ex Andefni srl.
  Per tale circostanza, dall'analisi del bilancio d'esercizio relativo al 2010, si è rilevato tra i «proventi straordinari» una voce contabile positiva per penali scaturite dal mancato rispetto degli accordi contrattuali stipulati a suo tempo con la Andelini srl.
  Terminato il secondo ciclo di CIGS per ristrutturazione aziendale, la Bagherra Italia srl ha ripreso la produzione, ma l'emergenza neve scoppiata nella seconda settimana di febbraio 2012, provoca cedimenti strutturali in alcune aree dello stabilimento, rendendo inagibili parti significative della struttura e ponendo in serio pericolo la sicurezza nei luoghi di lavoro. Causa questo evento, che ha bloccato l'attività produttiva per il crollo del manto di copertura dello stabilimento, la Bagherra Italia S.r.l. si è vista costretta a ricorrere, nel periodo dal 13 febbraio 2012 al 13 ottobre 2012, alla Cassa integrazione ordinaria (CIGO) per complessive 33 settimane.
  A seguito dei danni prodotti dall'emergenza neve, constatata l'entità degli stessi e valutate le condizioni di messa in sicurezza da avviare, il comune di Monte San Vito, con ordinanza del 17 febbraio 2012, decretava 1'inagibilità dei locali interessati, diffidando allo stesso tempo la società a provvedere all'urgente ripristino di condizioni stabili di sicurezza, provvedimento revocato solo in data 30 marzo 2012 a seguito del ripristino delle condizioni di agibilità.
  Tale situazione, caratterizzata dall'impossibilità di avviare la produzione e di rispettare gli impegni di consegna presi con i clienti, nonché l'aggravarsi della situazione economico-reddituale in considerazione della costante carenza di commesse, ha determinato un ulteriore ricorso alla CIGS per crisi aziendale della durata di dodici mesi con decorrenza 15 ottobre 2012.
  In merito alla redditività aziendale, si rappresenta che dall'analisi delle voci e dei dati di bilancio è emerso che già nel corso del primo anno di esercizio l'azienda aveva scontato una situazione economico-finanziaria compromessa; tuttavia la perdita di esercizio di bilancio 2010 è stata contenuta grazie ad un provento straordinario derivante dalla comminazione di una penale alla Andelini S.r.l.-Fallimento riguardante il mancato trasferimento di alcuni impianti e macchinari industriali dello stabilimento di Mirano (Venezia). Nonostante ciò, l'azienda, nel corso del 2011, ha proceduto ad un aumento di capitale sociale nella prospettiva di patrimonializzare una struttura aziendale che richiedeva adeguate risorse finanziarie. In questo periodo l'azienda conosce una significativa flessione del fatturato e del margine operativo lordo, registrando una consistente perdita di esercizio, tale da erodere l'intero capitale sociale. In virtù delle disposizioni del codice civile (articolo 2482
ter) riguardanti la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, l'azienda avrebbe dovuto prendere gli opportuni provvedimenti societari. Il collegio sindacale, nella relazione di revisione contabile dell'esercizio 2011, prescrive all'organo amministrativo di prendere gli opportuni provvedimenti, viste le implicazioni di natura giuridico-contabile, oltre che di natura economico-aziendale. Tuttavia la società, pur a seguito di richiamo al ripristino del capitale sociale, non è stata in grado di provvedere al ripiano della perdita di esercizio 2011.
  Il mancato ripristino del capitale sociale ha avuto conseguenze gravi sull'affidamento bancario e di fornitura presso terzi, tanto che la società, con verbale di Assemblea del 13 novembre 2012, si è trovata ad avviare la procedura di «Fallimento in proprio» con conseguente deposito, presso la cancelleria del tribunale di Ancona, delle scritture contabili e fiscali obbligatorie e quanto altro previsto dall'articolo 14 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
  Ciò posto, la Bagherra Italia srl è stata dichiarata fallita dal tribunale di Ancona in data 22 gennaio 2013 con sentenza n. 14 del 2013 pubblicata il 24 gennaio 2013. Il curatore fallimentare, nella persona della dottoressa Simona Romagnoli, in data 27 maggio 2013 ha inoltrato apposita istanza al Ministero del lavoro per la concessione di CIGS per procedura concorsuale, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 223 del 1991 e del decreto ministeriale n. 70750 del 4 dicembre 2012, della durata di dodici mesi, con sospensione a zero ore, di n. 66 dipendenti con decorrenza 24 gennaio 2013 ed è in corso di emanazione il relativo decreto di autorizzazione.
  Si sottolinea, che la causale
ex articolo 3 della legge n. 223 del 1991 è subordinata alla sussistenza di prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione da valutare su parametri oggettivi individuati dal decreto ministeriale n. 70750 da indicare, anche in via alternativa, nell'istanza di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale.
  Alla luce delle disposizioni sopra richiamate, il curatore ha adottato le seguenti misure da considerare come valutabili ai sensi dei parametri oggettivi individuati dal suddetto decreto ministeriale ed in particolare le stesse hanno riguardato «azioni miranti alla prosecuzione dell'attività aziendale mediante cessione totale o parziale del sito produttivo di Monte San Vito, a mezzo mandato a casa d'aste specializzata che effettuerà attraverso una organizzazione dedita a questo, un servizio di diffusione del bando di affitto, cercando di raggiungere il panel più idoneo ai potenziali compratori sia italiani che esteri, offrendo loro un servizio di assistenza telefonica e in loco in lingua estera. Le modalità operative hanno riguardato l'inoltro di 188.001 e-mail (di cui 29.937 e-mail in Italia e 158.064 all'estero), nonché di pubblicità sulle maggiori testate nazionali e locali (Il Sole 24 Ore, Il Corriere Adriatico) e sulla rivista «Legalmente» relativa alle Aste Giudiziarie».
  Si rileva comunque, che la curatela fallimentare ha posto al Ministero del lavoro, l'esame di un quesito inerente alla verifica della fattibilità della concessione di CIGS per procedura concorsuale e della possibilità di derogare al limite massimo di fruizione dei trattamenti di integrazione salariale.
  L'organico aziendale che alla data della decorrenza della richiesta di CIGS per procedura concorsuale (24 gennaio 2013) era pari a 66 unità, alla data del 17 settembre 2013 è risultata pari a 50 unità, atteso che in detto periodo si sono verificati 16 licenziamenti. Tali licenziamenti rientrano nel piano di gestione degli esuberi concordato con le organizzazioni sindacali, rientrante nella procedura di mobilità avviata durante la C.I.G.S. per procedura concorsuale.
  Si rappresenta infine che parte dei lavoratori in forza, pari a n. 18 unità, sono stati ricollocati presso datori di lavoro terzi (imprenditori ed agenzie per il lavoro) mediante assunzione a tempo determinato.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiCarlo Dell'Aringa.


   LOREFICE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, DALL'OSSO, FRACCARO, COLONNESE, CORDA, MANLIO DI STEFANO, SPADONI, GRANDE, DI BENEDETTO, CASTELLI, DA VILLA, GALLINELLA, PARENTELA, BENEDETTI, GRILLO, DIENI, DADONE, MARZANA, D'UVA e CANCELLERI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   negli uffici di Polizia di Stato ormai da anni si assiste da un lato ad una lenta diminuzione delle risorse, in termini di uomini, mezzi e assegnazioni di fondi, mentre dall'altro all'aumento in quantità e qualità degli obiettivi da raggiungere in ambito sia centrale che periferico;
   in particolare in provincia di Ragusa l'attuale dotazione organica si rivela deficitaria per fronteggiare le esigenze dell'attività ordinaria, con la conseguenza che si attinge con una certa regolarità al personale addetto ad altre mansioni pur di assicurare i normali servizi di controllo del territorio e di ordine pubblico;
   alle ordinarie esigenze operative si aggiungono inoltre altre incombenze, come la presenza del centro di primo soccorso ed assistenza sito nell'area portuale di Pozzallo. Tale struttura, realizzata nel corso della cosiddetta «emergenza immigrazione dal nord Africa» per la primissima sistemazione dei migranti sbarcati clandestinamente, in attesa del loro trasferimento presso altri centri, ospita oggi gruppi di migranti trasferiti da altre province, in attesa del rimpatrio con voli charter dagli aeroporti di Catania e Palermo. È evidente come ciò possa comportare notevoli difficoltà operative e logistiche per il personale addetto alla vigilanza, poiché la struttura è stata realizzata con criteri riconducibili a tutt'altra tipologia di soggetti ospitati. I servizi di vigilanza, attivati con poche ore di preavviso, vengono assicurati interamente dal personale territoriale della questura e dei commissariati, spesso con inevitabili conseguenze negative sul controllo del territorio e sull'attività degli uffici. Il personale della questura assicura altresì anche i servizi di accompagnamento degli stranieri, che soprattutto nel periodo primavera-estate sbarcano numerosi clandestinamente lungo le coste di questa provincia, verso altre strutture;
   altra incombenza che grava sulle forze di polizia è sorta a seguito dell'apertura dell'aeroporto civile di Comiso, presso il quale i servizi di sicurezza aeroportuale e di polizia di frontiera sono attualmente assicurati da personale della questura e del commissariato p.s. di Comiso. Quest'ultimo, insieme a quello di Vittoria, è già oberato da tanto lavoro e può contare solo su 3 ispettori e 2 sovrintendenti nonostante il territorio sia considerato ad alta densità criminale;
   anche la sezione polizia stradale registra una preoccupante carenza di personale e non è possibile garantire una pattuglia in tutti i quadranti, nonostante la totalità delle merci venga trasportata su gomma date le carenze infrastrutturali della zona;
   la polizia postale e delle comunicazioni consta di un organico minimo, nonostante la crescita esponenziale dell'attività di polizia giudiziaria strettamente collegata con l'aumento dei reati commessi con l'utilizzo di internet e di tecnologie informatiche;
   negli ultimi anni i trasferimenti di personale verso la provincia di Ragusa si sono realizzati in quantità irrisoria rispetto i numerosi pensionamenti e trasferimenti verso altre sedi;
   la situazione dell'organico dei funzionari è emblematica data la mancanza di un primo dirigente (la divisione anticrimine ne è priva da tempo) e di numerosi direttivi –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa in merito alle vicende descritte e se intenda assumere iniziative volte ad assegnare a questa provincia un adeguato numero di operatori appartenenti a tutti i ruoli per poter soddisfare la sempre crescente richiesta di sicurezza dei cittadini e per poter garantire i servizi ordinari così come le emergenze in un territorio in cui la criminalità è elevata. (4-01653)

  Risposta. — La situazione della sicurezza pubblica nel capoluogo e nella provincia di Ragusa è alla costante attenzione del Ministero dell'interno e delle forze di polizia.
  Negli ultimi mesi, pur in presenza di una diminuzione generale dei reati contro il patrimonio rispetto all'analogo periodo del 2012, si è verificato un lieve incremento dei furti nelle zone rurali e delle rapine in danno di esercizi commerciali e istituti bancari.
  Tale problema è stato ripetutamente approfondito in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica nonché nel corso di apposite riunioni tecniche di coordinamento interforze, a seguito delle quali sono stati intensificati i servizi di prevenzione generale e di controllo del territorio con il concorso di unità del reparto prevenzione crimine della Polizia di Stato di Catania, e con l'attuazione di specifici servizi straordinari che hanno visto impegnate l'Arma dei Carabinieri oltre che la Polizia di Stato.
  L'intensificarsi dell'attività di indagine e di controllo del territorio ha fornito risultati di rilievo con numerosi arresti per furti tentati e consumati, in particolare nei confronti di bande specializzate in furti nelle abitazioni e nelle aziende agricole.
  L'intensificazione dell'attività di controllo del territorio è stata assicurata nonostante l'indubbio incremento dei servizi di ordine e sicurezza pubblica assicurati sia presso il Centro di primo soccorso e assistenza di Pozzallo sia presso l'Aeroporto Civile «V. Magliocco» di Comiso.
  Le complessive crescenti esigenze di servizio sono state, comunque, sempre affrontate mediante l'ottimizzazione dell'impiego del personale a disposizione, nonché attraverso la razionalizzazione delle attività di controllo del territorio.
  Si ricorda inoltre che, il dispositivo delle forze di polizia preposto al controllo del territorio della provincia può contare su 372 unità della Polizia di Stato supportati da 19 appartenenti ai ruoli tecnici, 378 militari dell'Arma dei Carabinieri e 224 della Guardia di Finanza.
  Nonostante la generale carenza di risorse disponibili a livello nazionale, sono state recentemente assegnate 13 unità in favore della questura di Ragusa.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   LOREFICE, GRILLO, MARZANA, D'UVA, DI VITA, BARONI, CECCONI, MANTERO, SCAGLIUSI, SPADONI, CANCELLERI, SILVIA GIORDANO e DALL'OSSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella provincia di Ragusa ed in particolar modo della zona urbana, sub urbana e marittima si sta assistendo ad un fenomeno di criminalità sempre più dilagante;
   l’escalation di atti vandalici, anche nei cimiteri, di rapine in stazioni di servizio, bar, panifici, banche hanno ormai superato i limiti di guardia, e si ripetono anche negli stessi posti a distanza di poche ore;
   grande allarme, sconcerto e paura si sta diffondendo nella comunità per i ripetuti furti e tentati furti nelle scuole e in aziende, in danno di esercizi commerciali soprattutto sul territorio di Modica e Ispica, l'ultimo dei quali culminato in una sparatoria tra i malviventi e una guardia giurata;
   questi atti delinquenziali stanno mettendo in ginocchio i vari settori produttivi a causa dell'azione di malviventi che si introducono nottetempo nelle aziende e sottraggono ingenti, quantità di materie prime e macchine utensili determinando, in alcuni casi, anche la chiusura immediata delle aziende colpite;
   non indifferente è l'emergenza immigrazione clandestina a causa della quale è impiegato un numero considerevole di forze dell'ordine, soprattutto per la sorveglianza del centro di prima accoglienza di Pozzallo;
   i sistemi passivi di protezione, telecamere e sistemi di allarme, sono un aiuto e dissuadono in molti casi, ma sono ancora poco diffusi e al contempo è impossibile pensare ad una militarizzazione del territorio anche perché non ci sono le risorse necessarie;
   è divenuto necessario rafforzare immediatamente in città, nelle campagne e nel comprensorio adiacente le misure di vigilanza e prevenzione per stroncare sul nascere una deriva che potrebbe rivelarsi dannosissima per tutto il territorio, evitando il rischio che un insieme di fatti delinquenziali possa trasformarsi in un fenomeno di criminalità cronica, già radicata in altre aree della provincia;
   sussiste la seria possibilità che liberi cittadini possano riunirsi in «ronde metropolitane» tentando di ripianare la notevole carenza di forze dell'ordine generata dal taglio ai fondi per la pubblica sicurezza –:
   se il Ministro interrogato intenda avviare un protocollo di coordinamento con le forze dell'ordine per intensificare l'attività di prevenzione e repressione dei fenomeni criminali o come altrimenti intenda affrontare tale delicata situazione emergenziale anche alla luce delle riduzioni previste per le forze dell'ordine, già in numero inferiore a quello previsto, nella provincia di Ragusa. (4-01972)

  Risposta. — La situazione della sicurezza pubblica nel capoluogo e nella provincia di Ragusa è alla costante attenzione del Ministero dell'interno e delle forze di polizia e, al momento, non sono state segnalate iniziative volte alla formazione di ronde metropolitane o di altri analoghi organismi.
  Negli ultimi mesi, pur in presenza di una diminuzione generale dei reati contro il patrimonio rispetto all'analogo periodo del 2012, si è verificato un lieve incremento dei furti nelle zone rurali e delle rapine in danno di esercizi commerciali e istituti bancari, in modo particolare nei comuni di Modica ed Ispica.
  Tale problema è stato ripetutamente approfondito in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica nonché nel corso di apposite riunioni tecniche di coordinamento interforze, a seguito delle quali sono stati intensificati i servizi di prevenzione generale e di controllo del territorio con il concorso di unità del reparto prevenzione crimine della Polizia di Stato di Catania, e con l'attuazione di specifici servizi straordinari che hanno visto impegnate l'Arma dei Carabinieri oltre che la Polizia di Stato.
  Riguardo al comune di Modica, il 27 febbraio 2013, nel corso di una apposita seduta del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica tenutasi presso il Municipio di quella città è stato approvato uno specifico «Piano di controllo coordinato del territorio» di quel comune.
  Il Piano ha comportato la ripartizione del territorio in due settori ove la polizia di Stato e l'Arma dei carabinieri si alternano quotidianamente nell'effettuazione di servizi di controllo, di pronto intervento e di vigilanza.
  Inoltre, il predetto comune, in materia di sicurezza complementare, è stato interessato da altre due iniziative denominate «Modica Sicura» e «Mille Occhi sulla Città», con il coinvolgimento tra l'altro di un istituto di vigilanza operante in quel territorio.
  In occasione della seduta del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza del 26 settembre scorso è stata disposta la ulteriore intensificazione dei servizi di prevenzione, di controllo e di vigilanza nei comuni di Modica e di Ispica.
  Per l'attività di controllo del territorio e il contrasto alla criminalità rurale sono stati interessati anche agenti della polizia municipale e del Corpo forestale dello Stato.
  Peraltro, è in fase di rinnovo l'iniziativa «Patto per Ragusa sicura» e quelle per stipulare nuovi patti per la sicurezza, rispettivamente per i comuni di Vittoria e Santa Croce Camerina.
  Sono in corso di predisposizione appositi protocolli per la sicurezza degli istituti di credito, degli uffici postali e delle imprese commerciali e, uno specifico, in tema di video allarme antirapina con le associazioni Confcommercio, Confesercenti e Federfarma.
  In ambito di Piano operativo nazionale (Pon) Sicurezza 2007-2013, sono in fase di attivazione i sistemi di video sorveglianza già installati nei comuni di Vittoria, Scicli, Pozzallo e Comiso, mentre per i comuni di Santa Croce Camerina ed Acate i relativi progetti sono in via di predisposizione.
  L'intensificarsi dell'attività di indagine e di controllo del territorio ha fornito risultati di rilievo con numerosi arresti per furti tentati e consumati, in particolare nei confronti di bande specializzate in furti nelle abitazioni e nelle aziende agricole.
  L'intensificazione dell'attività di controllo del territorio è stata assicurata nonostante l'indubbio incremento dei servizi di ordine e sicurezza pubblica assicurati presso il Centro di primo soccorso e assistenza di Pozzallo.
  Si ricorda inoltre che, il dispositivo delle forze di polizia preposto al controllo del territorio della provincia può contare su 372 unità della polizia di Stato supportati da 19 appartenenti ai ruoli tecnici, 378 militari dell'Arma dei carabinieri e 224 della guardia di finanza.
  Nonostante la generale carenza di risorse disponibili a livello nazionale, sono state recentemente assegnate 13 unità in favore della questura di Ragusa.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Italcementi ha deciso di chiudere lo stabilimento di SCAFA (PE) a partire dal 1° gennaio 2015, contravvenendo agli accordi che aveva sottoscritto con le Organizzazioni Sindacali per la ristrutturazione del cementificio al fine di fronteggiare la crisi che investe tutto il settore collegato alla edilizia;
   i lavoratori e gli enti locali della Val Pescara hanno in queste settimane dato vita ad un ampio movimento di protesta per cercare di tutelare l'occupazione e una presenza produttiva che ha segnato la storia industriale della provincia di Pescara;
   nella Val Pescara è in crisi da anni anche il polo industriale più grande della Provincia, quello di Bussi, con la quasi totale scomparsa delle aziende chimiche che nel passato sono arrivate ad occupare migliaia di lavoratori;
   dunque la situazione occupazionale a seguito del crollo verticale dell'industria e della crisi che attraversano i settori del commercio e dell'artigianato è drammatica, con un tasso di disoccupazione giovanile oltre il 40 per cento;
   è stato chiesto un intervento urgente ai Ministeri competenti essendo questa vertenza di valenza nazionale poiché sono coinvolti tutti gli stabilimenti del Gruppo Italcementi –:
   se non intendano rispondere positivamente alla richiesta dei sindacati e degli Enti Locali della provincia di Pescara per un incontro urgente tra Sindacati e Proprietà presso il Ministero competente per individuare un percorso condiviso di tutela dell'occupazione e di ristrutturazione del cementificio di Scafa. (4-01784)

  Risposta. — Con interrogazione in esame, si pone all'attenzione del Governo la situazione produttiva ed occupazionale dell'impresa Italcementi spa, avente sede legale in Bergamo ed unità produttive dislocate su tutto il territorio nazionale, con specifico riferimento allo stabilimento di Scafa (Pescara).
  La predetta società, che annovera 14 cementerie oltre a diversi centri di macinazione, costituisce, a tutt'oggi, il primo produttore in Italia di materiali da costruzione, con un organico complessivo pari a circa 5.000 unità lavorative (tra le quali anche quelle operanti presso le società controllate).
  Già a decorrere dal mese di settembre 2012, la Italcementi spa è interessata dal trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale per cessazione totale dell'attività relativamente ai siti produttivi di Porto Empedocle (Agrigento) e Vibo Valentia (Vibo Valentia), per un totale di 176 lavoratori.
  Il 24 dicembre del 2012, la Italcementi spa ha presentato ai competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali istanza di esame congiunto della situazione aziendale con le rappresentanze sindacali dei lavoratori – ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 2000 – per il ricorso al trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS) per ristrutturazione aziendale nei confronti di diverse unità produttive dislocate sul territorio nazionale.
  Il 14 gennaio 2013, nell'ambito dell'esame congiunto della situazione aziendale ed occupazionale presso i competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la Italcementi spa ha rappresentato la pesante crisi che ha travolto negli ultimi anni il settore dell'edilizia in tutte le sue derivazioni manifestando, quindi, la necessità e l'improrogabilità di un adeguamento degli assetti organizzativi e della matrice produttiva all'effettiva domanda di cemento.
  Per quanto concerne lo stabilimento di Scafa, la contrazione dell'attività produttiva si è tradotta esclusivamente nella sospensione di due specifiche fasi del ciclo produttivo, consistenti nella «macinazione a crudo» della materia prima (argilla, calcare e altre componenti minori) e nella «cottura nel forno a 1450o per la produzione del clinker» (un semilavorato per la produzione del cemento). Pertanto, a decorrere dal 2013, presso il sito di Scafa residuano le fasi dello stoccaggio e della «macinazione cotto del clinker», nonché della successiva «vendita» del cemento.
  Nel corso dell'esame congiunto, inoltre, l'impresa ha illustrato un piano di ristrutturazione che ha ripartito le 14 cementerie presenti sul territorio nazionale in tre distinte fasce: 1) cementerie «a ciclo completo» (tra le quali il sito di Scafa) interessate dalla CIGS in misura marginale; 2) cementerie «a ciclo completo con utilizzo flessibile» interessate da periodi variabili di fermo della produzione con mantenimento della macinazione e con sospensione dell'attività lavorativa soltanto per il personale eccedente le 25-35 unità necessarie all'esercizio temporaneo del centro di macinazione; 3) cementerie «trasformate in centro di macinazione e deposito» interessate da sospensioni, anche totali, dell'attività e strutturalmente convertibili in centri di macinazione.
  Il piano di ristrutturazione ha inoltre previsto, per il biennio 2013-2014, investimenti significativi per un volume stimato in 95 milioni di euro per interventi eterogenei di ristrutturazione generale, informatizzazione nel
marketing, logistica, acquisti ed ottimizzazione dell'efficienza e formazione.
  All'esito dell'incontro, le parti hanno siglato un accordo con il quale l'impresa si è impegnata a richiedere – a decorrere dal 1o febbraio 2013 – il trattamento di CIGS per ristrutturazione aziendale, per 24 mesi, in favore di un numero massimo di 669 lavoratori.
  Con specifico riferimento allo stabilimento di Scafa, l'accordo ha previsto il ricorso, per 24 mesi, al trattamento di CIGS nei confronti di 32 lavoratori su un organico complessivo pari a 60 unità lavorative.
  Il trattamento di CIGS è stato successivamente autorizzato con decreto direttoriale n. 74401 del 10 luglio 2013 dai competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali unitamente all'approvazione del programma di ristrutturazione aziendale presentato dall'impresa.
  Con specifico riferimento al sito di Scafa si precisa che, ad oggi, la gestione della CIGS ha interessato di fatto 56 lavoratori, con l'attuazione del meccanismo della rotazione.
  Successivamente, il 1o agosto 2013, la Italcementi spa comunicava alle rappresentanze sindacali nazionali l'intenzione di cessare l'attività produttiva del cementificio di Scafa, con ciò ponendosi in contrasto con i contenuti dell'accordo dello scorso 14 gennaio che, come già evidenziato, prevedeva il ricorso al trattamento di CIGS con la specifica causale «ristrutturazione aziendale».
  Le giustificazioni addotte dall'impresa a fondamento della nuova determinazione riguardavano l'aggravamento della crisi del settore che, nel solo quadrimestre gennaio-aprile 2013, ha determinato una contrazione dell'attività produttiva pari a circa il 18 per cento.
  In siffatto contesto, il 18 settembre 2013 si è svolto un confronto tra il Ministro per le riforme costituzionali, il Sottosegretario per l'informazione e l'editoria e i vertici della Italcementi spa nel corso del quale i rappresentanti del Governo hanno sollecitato i vertici aziendali a rivedere la propria decisione e a procedere ad un rilancio della produzione trovando strade alternative a quelle ipotizzate volte a preservare la realtà industriale e il futuro dei lavoratori.
  Tanto premesso, il Ministero dello sviluppo economico, espressamente interpellato per la parte di competenza, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha reso noto di seguire attentamente gli sviluppi delle problematiche relative all'impresa Italcementi spa per affrontare le quali ha provveduto all'apertura di un tavolo di confronto.
  Nell'ambito di tale tavolo, in particolare, il Ministero dello sviluppo economico ha manifestato la propria disponibilità ad affrontare le questioni inerenti al sito di Scafa, nonché quelle relative all'eventuale ricollocazione delle risorse pubbliche al fine di una migliore utilizzazione per uno sviluppo industriale ed occupazionale sostenibile sia dal punto di vista economico che da quello ambientale.
  Il Ministero dello sviluppo economico ha, inoltre, precisato che il programma presentato dal commissario straordinario delegato per l'emergenza in relazione alla crisi socio-economico ambientale determinatasi nell'asta fluviale del bacino del fiume Aterno e autorizzato il 6 novembre 2013 dal Ministro dello sviluppo economico prevede la prosecuzione dell'attività dello stabilimento di Scafa nei limiti in cui la gestione di cassa consentirà di tenere aperte le varie fasi del processo produttivo. Il programma prevede, inoltre, la pubblicazione di bandi per trasformare le manifestazioni di interesse ricevute prima dell'estate in offerte vincolanti per l'acquisto dello stabilimento, dando precedenza a quelle che meglio salvaguardano l'attività produttiva, in considerazione della difficile situazione dello stabilimento.
  Da ultimo, si precisa che la vicenda risulta essere all'attenzione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e che lo stesso garantisce piena disponibilità ad aprire, qualora richiesto, un tavolo di confronto con tutte le parti coinvolte al fine di individuare le soluzioni più idonee alla salvaguardia dei livelli occupazionali del sito di Scafa, tenuto anche conto degli strumenti di tutela finora attivati.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiCarlo Dell'Aringa.


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   alcuni organi di stampa hanno riportato la notizia che l'INPS non conteggi più nel calcolo previdenziale le giornate in cui i lavoratori usufruiscono di permessi per assentarsi dal lavoro in quanto impegnati in attività di protezione civile come volontari per operazioni di soccorso e assistenza in occasione di calamità naturali e attività di addestramento e simulazione;
   i volontari hanno consentito in tante occasioni di affrontare situazioni di emergenze contenendo i danni per le persone e per il patrimonio pubblico;
   la riforma previdenziale, meglio conosciuta con il nome dell'ex Ministra del lavoro Fornero, ha cambiato la normativa vigente –:
   quali iniziative intenda intraprendere per tutelare il mondo del volontariato italiano. (4-02117)

  Risposta. — Con l'atto parlamentare in esame si sollecita il Governo ad adottare idonee iniziative volte ad ampliare le fattispecie – previste dal comma 2-quater dell'articolo 6 del decreto-legge n. 216 del 2011 – utili al raggiungimento dell'anzianità contributiva necessaria per poter accedere al cosiddetto pensionamento anticipato senza penalizzazioni.
  Più segnatamente, si chiede di adottare iniziative volte ad includere tra le «prestazioni effettive di lavoro» previste dal citato comma 2-
quater anche i permessi per assentarsi dal lavoro per svolgere attività di protezione civile come volontari per operazioni di soccorso ed assistenza.
  Al riguardo, si premette che l'attuale assetto normativo, sul quale il Governo ha avviato una riflessione, non comporta una vera e propria preclusione all'accesso al regime pensionistico, ma talune modulazioni connesse al dato dell'effettività della prestazione, che il Legislatore ha ritenuto sussistere in alcune ipotesi – per così dire – «tipiche».
  A tal proposito, si segnala che – nell'ambito del procedimento di conversione del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni – il Governo ha manifestato la dovuta attenzione al tema della cosiddetta «pensione anticipata». L'Esecutivo ha infatti espresso parere favorevole ad un emendamento parlamentare – definitivamente approvato in sede di conversione dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 – volto ad includere tra le «prestazioni effettive di lavoro» utili al raggiungimento dell'anzianità contributiva prevista dalla legge, anche i periodi di astensione obbligatoria derivanti dalla donazione di sangue e di emocomponenti.
  Si evidenzia, inoltre, che l'articolo 4-
bis, comma 1, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, ha esteso i benefici in materia di accesso alla pensione anticipata oltre ai donatori di sangue, anche a chi – si tratta di migliaia di persone – ha usufruito dei congedi parentali di maternità e paternità, previsti dal decreto legislativo n. 151 del 2001.
  Da ultimo, si ricorda, che la legge di stabilità per il 2014, all'articolo 1, comma 494, ha stabilito che «All'articolo 6, comma 2-
quater, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché per i congedi e i permessi concessi ai sensi dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104».
  Ciò significa, appunto, che le richiamate penalizzazioni ai fini del pensionamento anticipato sono state rimosse nei confronti dei lavoratori che assistono persone con disabilità.
  Il Governo ed il Parlamento hanno dunque riconosciuto l'elevato valore sociale delle richiamate fattispecie, sia per il valore sociale che ne caratterizza
la ratio, sia per le oggettive ragioni che le giustificano.
  È innegabile che anche la situazione rappresentata dall'interrogante (relativa alla posizione dei lavoratori assenti per lavoro impegnati in attività di protezione civile come volontari per operazioni di soccorso e assistenza) sia meritevole di grande interesse ed attenzione.
  Tuttavia, nel rilevare che il legislatore – al fine di garantire nel futuro la sostenibilità del nostro sistema pensionistico –, ha inteso comunque circoscrivere le fattispecie che consentono di accedere al pensionamento anticipato prima dei 62 anni senza l'applicazione della riduzione, si segnala che un ulteriore ampliamento delle fattispecie indicate nel citato comma 2-
quater dell'articolo 6 – nel senso auspicato – richiederebbe un ulteriore e specifico intervento normativo per il quale occorrerebbe reperire la necessaria copertura finanziaria.
Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda romana d'informatica «AUSELDA AED GROUP S.p.a.» versa da oltre due anni in difficoltà economiche causa il venir meno di appalti di servizi informatici da parte di Ministeri ed enti pubblici;
   tale situazione di crisi ha comportato prima l'applicazione dei contratti di solidarietà e poi della cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale;
   in data 15 febbraio 2013, presso l'assessorato al lavoro della regione Lazio, si è svolto un incontro tra l'azienda, la rappresentanza sindacale unitaria e le organizzazioni sindacali di categoria al fine di definire le modalità della cassa integrazione da applicare;
   per effetto di tale accordo è stato stabilito che, a decorrere dal 4 marzo 2013 e per un periodo di 12 mesi, saranno assoggettati a tale regime 141 lavoratori;
   tuttavia, ad oggi, nonostante i solleciti effettuati presso i competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, non è stato ancora sottoscritto il decreto di autorizzazione all'INPS per l'erogazione ai lavoratori interessati delle indennità relative alla cassa integrazione oggetto dell'accordo;
   nel frattempo i lavoratori in questione non hanno percepito né stipendio né indennità dall'INPS e quindi si trovano in gravissima difficoltà personale e familiare –:
   quali siano i motivi per cui il Ministero non abbia ancora emanato il previsto decreto per autorizzare l'INPS ad erogare la cassa integrazione guadagni straordinaria ai 141 lavoratori dell'azienda di cui in premessa, e se non intenda procedere con sollecitudine al fine di alleviare le condizioni economiche dei lavoratori interessati che versano in forte difficoltà. (4-01322)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiedono notizie circa l’iter di emanazione del decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di autorizzazione alla corresponsione del trattamento straordinario di integrazione salariale in favore dei dipendenti della AUSELDA AED GROUP s.p.a..
  In proposito, si rappresenta che in data 5 dicembre 2012 la società AUSELDA AED GROUP s.p.a., con sede in Roma e operante nel settore dei servizi informatici, ha comunicato alle organizzazioni sindacali l'intenzione di procedere al licenziamento collettivo di 141 lavoratori addetti all'unità produttiva di Roma.
  Le parti sociali si sono, quindi, incontrate più volte, al fine di esaminare la situazione aziendale. Nell'incontro svoltosi in data 11 gennaio 2013, le parti hanno constatato l'impossibilità di giungere ad un accordo, per cui l'esame congiunto è proseguito, ai sensi dell'articolo 4, comma 7, della legge n. 223 del 1991, presso il competente assessorato della regione Lazio.
  In tale sede, nell'incontro del 15 febbraio 2013, dopo attenta analisi circa la praticabilità di soluzioni volte a ridurre l'impatto sociale di eventuali licenziamenti, è stato stipulato un accordo secondo cui l'azienda si impegnava a richiedere la concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale per un massimo di 141 unità lavorative per un periodo di 12 mesi a decorrere dal 4 marzo 2013, con pagamento diretto da parte dell'INPS.
  Nell'ambito dell'accordo la regione Lazio, al fine di attenuare il disagio dei lavoratori connesso con i tempi necessari all'erogazione del trattamento di cassa integrazione guadagni, si è impegnata a verificare la possibilità di applicare l'istituto dell'anticipo del trattamento per mezzo delle convenzioni in essere con la società Unionfidi Lazio.
  In seguito all'istanza presentata in data 19 marzo 2013 dalla AUSELDA AED GROUP s.p.a., il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, esperiti i dovuti accertamenti tecnici, ha emanato il decreto n. 74662 del 24 luglio 2013, con il quale ha approvato il programma di crisi aziendale presentato dall'impresa, relativamente al periodo dal 4 marzo 2013 al 3 marzo 2014, e ha autorizzato la corresponsione del trattamento straordinario di integrazione salariale in favore di un massimo di 141 lavoratori addetti alla sede di Roma.
  Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha, altresì, autorizzato l'INPS ad effettuare il pagamento diretto del trattamento, pagamento che sta avendo luogo regolarmente.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiCarlo Dell'Aringa.


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la disoccupazione nella zona del Sulcis-Iglesiente è superiore al 15 per cento ed è, quindi, ben superiore alla media regionale e nazionale, con oltre 29.000 persone tra disoccupati o a rischio occupazione (Cigs-Cig deroga, mobilità, LSU e altro);
   il 13 novembre 2012 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa per l'attuazione del «Piano Sulcis» tra i Ministeri dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, della coesione territoriale, e la regione Autonoma della Sardegna, la provincia di Carbonia Iglesias, e i comuni del Sulcis Iglesiente;
   in attuazione dell'articolo 37 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, è stato emanato il decreto 10 aprile 2013 del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che prevede la concessione di agevolazioni, sotto forma di esenzioni fiscali e contributive, in favore di micro e piccole imprese localizzate nelle Zone franche urbane, ai sensi del comma 4-bis del citato articolo 37, nel territorio dei comuni della provincia di Carbonia-Iglesias, ai quali le misure agevolative sono applicate in via sperimentale, nell'ambito dei programmi di sviluppo e degli interventi compresi nell'accordo di programma «Piano Sulcis»;
   le agevolazioni di cui al decreto sono concesse, ai sensi e nei limiti di quanto previsto dal regolamento CE n. 1998 del 2006, relativo all'applicazione delle norme comunitarie in materia di aiuti d'importanza minore («aiuti de minimis»), fino a un massimo di 200.000 euro, in favore delle microimprese (con meno di 10 occupati e un fatturato inferiore a 2.000.000 di euro) e delle piccole imprese (con meno di 50 occupati e un fatturato non superiore a 10.000.000 di euro);
   alle agevolazioni potranno accedere anche gli studi professionali o i professionisti che svolgono la loro attività in forma di impresa e che siano regolarmente iscritti al registro delle imprese;
   i beneficiari dovranno avere sede legale, amministrativa, produttiva, o unità locale dell'impresa, all'interno della ZFU, all'interno della quale, per le attività non sedentarie, quali, ad esempio, ambulanti, imprese di costruzione, o idraulici, si dovrà svolgere almeno il 25 per cento del volume d'attività, e dovranno avere almeno un dipendente a tempo pieno o parziale che ivi svolga la totalità delle sue ore lavorative;
   le agevolazioni riguarderanno l'esenzione dall'imposta sui redditi, dall'imposta regionale sulle attività produttive, dall'imposta municipale propria, e dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente dovute all'INPS;
   ai fini delle imposte sul reddito, il beneficio agevolativo sarà distribuito in quattordici anni, con percentuali diverse a seconda dell'anno, ai fini dell'IRAP, in linea di massima, l'esenzione si manifesterà fino a concorrenza di 300 mila euro del valore di produzione netta, mentre, ai fini dell'IMU, l'esenzione dal pagamento avrà una durata pari a quattro anni dall'accoglimento dell'istanza;
   le somme dedicate all'applicazione dei citati interventi nel territorio dei comuni della provincia di Carbonia-Iglesias, sono state indicate nella delibera CIPE n. 93 del 2012 del 3 agosto 2012;
   nell'ambito del «Piano Sulcis», per l'attivazione delle zone franche urbane nei 23 comuni del Sulcis, sono stati individuati, da parte della cassa conguaglio per il settore elettrico, circa 124 milioni di euro, reperiti dalle multe pagate dalle industrie energivore, dopo la condanna da parte dell'Unione europea per aiuto di stato nell'approvvigionamento energetico;
   con la nota n. 22550 del 4 settembre 2013, la regione Sardegna ha informato il Ministero, della sua intenzione di non procedere all'individuazione di riserve finanziarie di scopo, nell'ambito della dotazione finanziaria dell'intervento;
   se l'ammontare delle agevolazioni complessivamente richieste dalle imprese istanti risulti essere superiore all'ammontare delle risorse stanziate, si potrà adottare una modalità di riparto proporzionalmente ridotta;
   la tempistica dell’iter finora seguito non è stata adeguata alla gravità della situazione economico-sociale del territorio, nonostante il protocollo d'intesa prevedesse un cronoprogramma concordato tra Governo e regione, proprio per evitare le lungaggini burocratico-amministrative per l'attuazione del «Piano Sulcis»;
   le risorse da attivare con il bando sulle zone franche urbane, che non è ancora stato pubblicato, sono indispensabili per sperare in un rilancio dell'economia del Sulcis-Iglesiente –:
   se sia aggiornato in merito alla grave situazione descritta in premessa;
   se non ritenga di provvedere con urgenza all'emanazione del bando relativo alle zone franche urbane dei comuni della provincia di Carbonia-Iglesias, affinché le esenzioni previste siano attive almeno per il 2014, posto che i ritardi registrati sinora impediranno di fatto la possibilità di esenzione per il 2013, con grave nocumento per le micro e piccole imprese del territorio. (4-02497)

  Risposta. — L'interrogante chiede di conoscere lo stato di attuazione del «Piano Sulcis» con particolare riferimento alle agevolazioni di natura fiscale destinate alle imprese localizzate nella Provincia di Carbonia-Iglesias.
  Il decreto 10 aprile 2013 del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ha previsto la concessione di agevolazioni, sotto forma di esenzioni fiscali e contributive, in favore di microimprese e piccole imprese dimensione localizzate nelle zone franche urbane dell'obiettivo di convergenza, nonché nel territorio dei comuni della provincia di Carbonia-Iglesias ai quali le misure agevolative sono applicate sperimentalmente nell'ambito dei programmi di sviluppo e degli interventi compresi nell'accordo di programma «Piano Sulcis».
  L'adozione da parte del Ministero dello sviluppo economico del bando contenente le disposizioni di attuazione dell'intervento di cui al comma 2, lettera
a), dell'articolo 8 del suddetto decreto è subordinata all'avvenuto versamento delle risorse finanziarie rese disponibili per il finanziamento delle agevolazioni sulla contabilità speciale n. 1778, intestata «Agenzia delle Entrate – fondi di bilancio».
  Pertanto, si è proceduto al versamento, a seguito delle restituzioni effettuate dalle Società Alcoa, Euroallumina e Portovesme, con decreto del direttore generale della direzione incentivi alle imprese del Ministero dello sviluppo economico del 28 novembre 2013 per un importo pari a euro 110.213.817,00.
  La procedura di acquisizione delle risorse, condizione indispensabile all'avvio dello strumento agevolativo, pur coinvolgendo diverse Amministrazioni, è stata costantemente monitorata, anche con azioni di sollecito, da parte del Ministero dello sviluppo economico.
  Per ciò che riguarda la individuazione delle riserve, si precisa che la Regione Sardegna, dopo una prima valutazione di non istituire riserve di scopo, ha fatto richiesta al Ministero dello sviluppo economico (nota prot. 38253 del 15 novembre 2013) di destinare il 20 per cento dei fondi per l'attuazione della zona franca urbana del Sulcis a favore di imprese di nuova costituzione.
  Le facilitazioni previste per la zona franca urbana dei comuni della Provincia di Carbonia - Iglesias sono state attuate con il decreto del Ministero dello sviluppo economico emanato in data 13 dicembre 2013 (pubblicato in
Gazzetta Ufficiale n. 300 del 23 dicembre 2013).
  Vale la pena di ricordare che l'attivazione dei bandi era subordinata all'avvenuto versamento delle risorse finanziarie rese disponibili sulla contabilità speciale n. 1778, intestata «Agenzia delle Entrate – fondi di Bilancio», come indicato all'articolo 8 comma 7 del decreto interministeriale 10 aprile 2013.
  Per quanto concerne la ripartizione delle somme, è stata prevista una modalità di ripartizione proporzionale delle stesse. Quindi, nel caso di richiesta di agevolazioni superiore allo stanziamento, il medesimo Ministero effettuerà il riparto tra le imprese, proporzionalmente all'ammontare richiesto da ciascuna.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoClaudio De Vincenti.


   MICILLO, CANCELLERI, VILLAROSA, BATTELLI, D'UVA, RUOCCO, LUIGI GALLO, FERRARESI, D'AMBROSIO, COLONNESE, COLLETTI, MANLIO DI STEFANO, SILVIA GIORDANO, DI BENEDETTO, SIMONE VALENTE, BARONI, CASTELLI, TOFALO, BALDASSARRE, FICO, CASO, CURRÒ e SARTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Selex Electronic Systems – Selex ES spa è una società italiana che opera nel settore dell'elettronica per la difesa e la sicurezza; è parte del gruppo Finmeccanica;
   nata ufficialmente come «Finmeccanica Consulting S.r.l», nel dicembre 2011 la società si trasforma in Selex ES S.p.A. ricevendo tutte le attività svolte dal Gruppo Finmeccanica nel settore elettronica per la difesa e sicurezza;
   operativa dal 1° gennaio 2013 ha incorporato Selex Galileo, Selex Elsag;
   Selex ES ha circa 17.900 dipendenti, 64 sedi di cui 48 in Italia, un portafoglio di 550 prodotti;
   è così suddivisa:
    a) Divisione Air and Space Systems: sensori aeroportati, velivoli senza pilota, sistemi di guerra elettronica, sistemi integrati di missione, sistemi di simulazione, aerobersagli, sensori stellari, paylaods ed equipaggiamenti;
    b) Divisione Land and Naval Systems: settore elettro ottico, architettura di sistemi complessi, sistemi tattici integrati, sistemi navali da combattimento, radar navali e terrestri, le reti di comunicazioni militari;
    c) divisione Security and Smart Systems: architetture di sistemi per la protezione del territorio e delle infrastrutture critiche, gestione di dati e persone, sistemi di comunicazione, Information technology, sistemi aeroportuali e di controllo del traffico marittimo;
   la «Selex ES» ha 26 stabilimenti in Italia, tra questi Giugliano e Bacoli in provincia di Napoli, territori già fortemente esposti ai livelli di disoccupazione in crescita esponenziale;
   in data 12 aprile 2013 al sito www.ifattidinapoli.it si leggeva che: «Dopo la fusione Selex ES, Galileo, Sistemi informatici e Elsag, ora arriva la ristrutturazione che manda a casa e in cassa integrazione 1.900 persone solo in Italia, 2.500 compresa la Gran Bretagna su un totale di 17 mila persone. L'azienda che fa sistemi militari e civili ad alta tecnologia ha la sede centrale a Genova e 24 sedi in tutta Italia. Al momento non si sa come verranno distribuiti sul territorio le 800 circa cig, 120 prepensionamenti e allontanamenti di dirigenti e i licenziamenti di centinaia di persone. A Napoli Selex ES è a Giugliano e a Bacoli al Fusaro. E da questa mattina anche i lavoratori dei due stabilimenti della provincia di Napoli hanno proclamato lo sciopero contro il piano esuberi previsto da Finmeccanica, redatto il 5 aprile 2013»;
   in data 6 giugno 2013 il quotidiano on line repubblica.it dà la seguente notizia: «Nel corso di un incontro tenutosi a Roma, presso la sede dell'Unione industriali, la Selex Electronic Systems ha presentato ai sindacati dei metalmeccanici un piano di riorganizzazione che prevede la chiusura di 22 siti, due anni di cassa integrazione a zero ore per 1822 dipendenti e 4 ore di cassa integrazione settimanali per altri 10mila lavoratori. La notizia è stata data dal coordinamento nazionale Fiom Finmeccanica che attraverso il coordinatore Massimo Masat ha definito il piano «inaccettabile»: «La Fiom non considera questo piano come una base di discussione e ha chiesto a Selex ES di ritirarlo – ha detto Masat –. Per noi occorre invece utilizzare strumenti come i contratti di solidarietà che consentano di ripartire la riduzione di orario su un numero certo più ampio di lavoratori, ma in termini meno devastanti, e di ridurre il numero dei siti di cui sia prevista la chiusura integrale»;
   secondo la Fiom Finmeccanica, il piano è inaccettabile «proprio perché divide l'azienda in due: da una parte i lavoratori che dovrebbero stare per due anni a casa a zero ore, dall'altra quelli che dovrebbero fronteggiare una messa in Cig per 4 ore settimanali»;
   in data 17 giugno 2013 il sito d'informazione corriere.it informa di un «piano di ristrutturazione di Selex ES che prevede di mettere in cassa integrazione a zero ore oltre 1.800 dipendenti» e che esso «sia l'unica strada per dare un futuro» alla società e «sia anche il piano meno invasivo» che potesse essere messo in campo «sulla forza lavoro»;
   a parlare nel menzionato articolo è stato l'amministratore delegato della controllante Finmeccanica, Alessandro Pansa, che, così ha risposto a chi gli chiedeva se fosse preoccupato della crescente tensione legata al piano della nuova società dell'Elettronica per la difesa –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza del piano di ristrutturazione elaborato dalla «Selex Es» con esuberi e chiusure di impianti e, in particolare di quali informazioni dispongano sulla localizzazione precisa degli stabilimenti da chiudersi;
   quali misure intendano assumere, per quanto di competenza, rientrando la stessa impresa nel gruppo Finmeccanica e se non intendano farsi promotori di un immediato tavolo di lavoro avente come partecipanti vertici di «Selex Es», lavoratori, Ministeri competenti e sigle sindacali, onde scongiurare l'aumento di disoccupati nel Paese già gravato dalla perdita di milioni di posti di lavoro. (4-00990)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si pone all'attenzione del Governo la vicenda aziendale della Selex Electronic Systems (Selex ES), costituita il 1o gennaio 2013 attraverso la concentrazione delle attività di Selex Galileo, Selex Elsag e Selex Sistemi Integrati con l'obiettivo di perseguire un miglior posizionamento competitivo nel settore dell'elettronica per la difesa e sicurezza.
  Per raggiungere quest'obiettivo Selex ES ha avviato un percorso finalizzato a:
   una politica d'investimenti mirata allo sviluppo di nuovi prodotti e al mantenimento di quelli «core»;
   la realizzazione di economie di scala necessarie a raggiungere la «massa critica» per competere sul mercato globale;
   un piano di riorganizzazione aziendale orientato a creare un'azienda snella, efficiente e maggiormente competitiva.

  Al fine di realizzare questi orientamenti strategici e supportare quanto previsto dal piano industriale, l'azienda sta già intervenendo sulle seguenti aree:
   1. razionalizzazione del portafoglio prodotti per aumentare la profittabilità, la competitività e la crescita sostenibile della società;
   2. ottimizzazione dell'ingegneria e della produzione focalizzandole su centri di eccellenza e internalizzando le attività pregiate;
   3. efficienza negli acquisti;
   4. ottimizzazione delle strutture di staff attualmente distribuite in 39 siti in Italia;
   5. razionalizzazione dei siti per evitare la dispersione e le sovrapposizioni esistenti che riducono sensibilmente la capacità competitiva dell'azienda;
   6. dimensionamento degli organici in Italia.

  In conformità con tali orientamenti, è iniziato con le organizzazioni sindacali un serrato confronto che ad oggi ha prodotto i seguenti risultati:
   a) accordo di protocollo firmato all'inizio del confronto con le organizzazioni sindacali sul piano industriale (20 febbraio 2013) nel quale l'azienda si è impegnata a non intraprendere nessuna azione unilaterale senza il preventivo confronto con i sindacati;
   b) accordo con Federmanager e la rappresentanza sindacale aziendale dei dirigenti per la riduzione di 120 dirigenti in tre anni;
   c) accordo per la collocazione in mobilità di 810 unità;
   d) accordo per la chiusura di 4 siti in Italia.

  La Selex ES, alla data del 30 giugno 2013, risultava avere in organico n. 10.532 unità lavorative occupate presso 48 sedi dislocate sul territorio nazionale.
  In data 27 giugno 2013 la società Selex ES e le società controllate, assistite da Unindustria – Confindustria Roma e dall'AMMA di Torino, hanno sottoscritto con le organizzazioni sindacali un accordo quadro inerente il piano industriale che si svilupperà nel quinquennio 2013/2017, finalizzato al raggiungimento dell'obiettivo di maggior competitività fondato sul mantenimento del know how aziendale e sul consolidamento delle attuali strutture aziendali in grado di assicurare la continuità aziendale. Il piano prevede l'ottimizzazione dell'ingegneria e della produzione, l'efficientamento degli acquisti nonché il contenimento di tutte le voci di costo aziendale e il dimensionamento dei siti da 48 a 26 mediante un'operazione di concentrazione di attività e risorse.
  Il piano quinquennale prevede, altresì, un investimento complessivo pari ad un miliardo di euro e la riduzione degli organici aziendali nella misura di n. 1.098 di risorse indirette e di n. 840 dirette.
  Per quanto riguarda la riduzione del personale, sono state concordate le attivazioni della procedura di mobilità ordinaria (legge n. 223 del 1991) per n. 800 lavoratori a far data dal 1o gennaio 2014, e della procedura prevista dall'articolo 4 della legge n. 92 del 2012 per n. 200 unità con decorrenza 1o gennaio 2015.
  La procedura di mobilità ordinaria, secondo quanto dichiarato dalla società, segue le due già attivate per n. 810 unità che si concluderanno entro il 31 dicembre 2013.
  In data 22 luglio 2013 presso la direzione generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la Selex ES ha sottoscritto con le organizzazioni sindacali due accordi: il primo riguarda la cassa integrazione guadagni straordinaria per riorganizzazione aziendale della durata di 24 mesi a decorrere dal 2 settembre 2013 per un numero massimo di 500 lavoratori che verranno sospesi a zero ore e senza rotazione; il secondo si riferisce ad un contratto di solidarietà di tipo difensivo della durata di 24 mesi con decorrenza 5 agosto 2013 e coinvolgerà n. 9.104 unità.
  Nel verbale di accordo per il ricorso alla CIGS, le parti hanno concordato l'attivazione di percorsi di formazione e riqualificazione in favore dei lavoratori sospesi, in misura non inferiore al 30 per cento del personale coinvolto dalla CIGS, finalizzati alla necessità di valorizzare il livello tecnico professionale delle risorse umane e all'esigenza di sostenere con adeguati strumenti il cambiamento organizzativo.
  Inoltre, per il personale in esubero, le parti hanno previsto di attivare procedure di licenziamento collettivo secondo il requisito della non opposizione e finalizzate alla ricollocazione esterna, ad iniziative di auto imprenditorialità ed al raggiungimento dei requisiti pensionistici.
  Per quanto riguarda il contratto di solidarietà è prevista la riduzione dell'orario di lavoro individuale mensile con media settimanale nella misura massima del 10 per cento per 11 mesi e del 25 per cento per un mese l'anno. Sono esclusi dalla riduzione dell'orario di lavoro i dipendenti interessati alla cassa integrazione guadagni straordinaria, alla mobilità ordinaria (legge n. 223 del 1991), alla legge n. 92 del 2012 (legge Fornero) e il personale con contratto a tempo parziale.
  Si comunica, infine, che la Selex ES si è impegnata ad anticipare ai lavoratori il trattamento economico previsto sia per la CIGS che per il contratto di solidarietà.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiCarlo Dell'Aringa.


   MICILLO, ROSTELLATO, TRIPIEDI, COMINARDI, BECHIS, BALDASSARRE, CIPRINI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   fin dal 1996 e poi con il decreto legislativo 468 del 1997, successivamente modificato con decreto legislativo n. 81 del 2000, la regione Campania ha avviato migliaia di lavoratori in progetti di lavori socialmente utili anche a titolarità regionale, aventi finalità di supporto ai servizi ed alle attività degli Enti Pubblici;
   la grande platea dei soggetti coinvolti nei progetti (finalizzati ad una attività stabile nel tempo, difatti hanno durata di sei mesi prorogabili per non più di altri sei), era costituita oltre che da lavoratori con trattamenti di cassa integrazione e mobilità in scadenza, anche da giovani, diplomati e laureati in cerca di prima occupazione in aree ad emergenza occupazionale;
   i lavoratori percepiscono un sussidio di disoccupazione pari a circa euro 572, 68 mensili a fronte di una prestazione lavorativa di 20 ore settimanali ed in caso di utilizzo per un orario superiore è corrisposto un importo integrativo a carico dell'ente utilizzatore;
   nel corso degli anni, gli LSU hanno sopperito alle carenze di organico nella realizzazione di attività e di servizi erogati dalla pubblica amministrazione, (segreteria, protocollo informatico, personale, e altro) acquisendo competenze notevoli, anche ad alto contenuto professionale, occupando sovente settori importanti degli enti (protezione civile e genio civile), garantendo turnazioni di lavoro ordinarie e straordinarie in ordine anche a situazioni di emergenza sul territorio;
   ancora oggi, i lavoratori assicurano forza lavoro alle amministrazioni centrali e locali, ma non hanno un contratto scrictu sensu di lavoro perché la legge impone che non si instauri alcun rapporto di lavoro, e, nonostante il loro impegno lavorativo ultradecennale non sia diverso dal personale cosiddetto di ruolo degli enti utilizzatori, per legge non hanno mai goduto di copertura previdenziale;
   a oltre 15 anni le azioni intraprese dalla regione Campania per lo svuotamento del bacino dei lavoratori non sono state accompagnate da reali politiche attive per la stabilizzazione, bensì da una serie di atti normativi quali la legge regionale n. 14 del 18 novembre 2009 testo unico normativo della regione Campania in materia di lavoro e formazione professionale per la promozione della qualità del lavoro, il cui articolo 34 comma 4 prevedeva che: «la Regione programma e attua, con deliberazione di Giunta regionale e a valere sulle risorse disponibili su appositi capitoli di bilancio, i percorsi di stabilizzazione dei lavoratori impegnati in progetti di attività socialmente utili di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 (revisione disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 22 della legge 24 giugno 1997, n. 196) e all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 (integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 45, comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144), in forza alla Giunta Regionale» poi successivamente abrogati (con legge regionale n. 4 del 15 marzo 2011, articolo 39), avallando e stigmatizzando di fatto una condizione lavorativa temporanea, come un vero e proprio lavoro «nero» legalizzato dallo Stato;
   con la legge di stabilità n. 244 del 24 dicembre 2007 articolo 2 comma 549, a decorrere dal 2008 fu disposto lo stanziamento di un ulteriore contributo di 50 milioni di euro annui per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili e per le iniziative connesse alle politiche attive per il lavoro in favore delle regioni che rientravano negli obiettivi convergenza dei fondi strutturali dell'Unione europea attraverso la stipula di una apposita convenzione con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale a valere sul Fondo Nazionale per l'occupazione;
   nel 2008 il Ministero del lavoro e della previdenza sociale procede al riparto delle risorse finanziarie (pari a 50 milioni di euro) destinate dalla legge 244 del 2007 alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili appartenenti ai bacini delle regioni. Il criterio individuato è quello dell'incidenza percentuale del numero di lavoratori socialmente utili che ancora compongono il bacino regionale. L'amministrazione della Campania diede così il via ad una procedura virtuosa per la stabilizzazione dei lavoratori presso gli enti locali e le unità operanti presso i Settori della giunta regionale, interrottasi tuttavia l'avvento della nuova amministrazione presieduta dal Governatore Stefano Caldoro, e generando un corposo contenzioso in cui l'amministrazione risulta fortemente soccombente;
   la situazione di grave precarietà di questi lavoratori, inserita in un contesto ad alto tasso di disoccupazione, di squilibrio sociale e grave crisi economica e produttiva come quella Campania rischia di far saltare i già tenui equilibri sociali e di ordine pubblico della Campania, mentre aumentano le iniziative di lotta dei lavoratori;
   alcune amministrazioni comunali sono ancora in attesa delle risorse economiche dovute dal riconoscimento del contributo straordinario per le stabilizzazioni –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali iniziativa di competenza intenda adottare per favorire lo svuotamento del bacino e la stabilizzazione dei lavoratori (ad esempio mediante progetti di stabilizzazione – con mobilità – anche negli uffici periferici ministeriali e del Parastato);
   se intenda promuovere una attenta verifica della destinazione degli stanziamenti effettuati a decorrere dal 2008 nonché promuovere ai lavoratori socialmente utili il riconoscimento dei benefici all'articolo 50 della legge 289 del 2002 (pensionamento anticipato) e previdenziale, contributivo ed assicurativo per tutto il periodo di utilizzo;
   con quali tempi e in che modo il Governo intenda porre fine al grave meccanismo di utilizzo di lavoratori socialmente utili che vede di fatto lo Stato incentivare e finanziare quello che all'interrogante appare un sistema di precarietà legalizzata. (4-01038)

  Risposta. — L'interrogazione in esame concerne la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili con particolare riferimento alla regione Campania.
  In proposito, acquisiti elementi informativi presso i competenti uffici di questo Ministero e presso la regione Campania, si rappresenta quanto segue.
  I lavoratori a cui si riferisce l'interrogante appartengono al cosiddetto bacino lavoratori socialmente utili a carico del fondo sociale per occupazione e formazione utilizzati nel territorio della regione Campania prevalentemente presso gli enti locali (comuni, comunità montane eccetera).
  Si tratta, per la precisione, dei lavoratori socialmente utili di cui all'articolo 2, comma 1, decreto legislativo n. 81 del 2000, nei confronti dei quali il trattamento economico (assegni per attività socialmente utili-ASU e assegni per il nucleo familiare-ANF, erogati dall'INPS) e le misure di politica attiva del lavoro (di competenza della Regione ai sensi dell'articolo 2, comma 2 del decreto legislativo n. 469 del 1997) sono assicurati con le risorse del fondo sociale per occupazione e formazione, trasferite in seguito a convenzioni sottoscritte annualmente tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le regioni interessate, ai sensi dell'articolo 78, comma 2, lettere a) e b) e comma 3 della legge n. 388 del 2000.
  In attuazione di tale disposizione, per l'erogazione degli assegni e per l'attuazione di misure di politica attiva in favore dei medesimi lavoratori sono state assegnate alla regione Campania e all'INPS risorse pari a euro 41.436.446,40 mediante apposita convenzione sottoscritta ai sensi ai sensi del citato articolo 78, comma 2, lettere a) e b) e comma 3 della legge n. 388 del 2000.
  Inoltre, a decorrere dall'esercizio finanziario 2008, l'articolo 2, comma 549, della legge n. 244 del 2007 ha disposto lo stanziamento di un ulteriore contributo di 50 milioni di euro annui per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili e per le iniziative connesse alle politiche attive per il lavoro in favore delle regioni che rientrano negli obiettivi di convergenza dei fondi strutturali dell'Unione europea, fra cui la Campania, attraverso la stipula di un'apposita convenzione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali a valere sul FSOF.
  A tale titolo, sono state trasferite, per le annualità 2008/2009, alla regione Campania risorse pari a:
   35.970.440 euro in relazione ai quali le fuoriuscite dal bacino LSU secondo quanto comunicato dalla regione Campania risultano pari a 904;
   27.222.430 euro in relazione ai quali le fuoriuscite riguardano 677 lavoratori stabilizzati.

  In aggiunta a ciò, l'articolo 27 del decreto-legge n. 159 del 2007 ha destinato 10 milioni di euro alla stabilizzazione di LSU nella regione Campania, trasferiti mediante apposita convenzione sottoscritta nel 2008. In base a tali previsioni risultano fuoriusciti dal bacino dei LSU circa 300 lavoratori.
  I lavoratori socialmente utili del bacino a carico del FSOF utilizzati presso i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti della regione Campania hanno beneficiato anche della procedura di stabilizzazione di cui all'articolo 1, comma 1156, lettera f), della legge n. 296 del 2006.
  Ai sensi di tale disciplina, viene erogato a decorrere dal 2008 annualmente ai comuni campani un contributo annuo per l'assunzione a tempo indeterminato di lavoratori socialmente utili. L'intervento nel territorio campano riguarda 401 lavoratori ex LSU alle dipendenze di 100 comuni. Per l'erogazione di tale incentivo nell'annualità 2013 è stata impegnata la somma di euro 3.727.784,22 euro a valere sulle risorse del FSOF.
  Sulla base delle convenzioni stipulate con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la regione Campania ha avviato numerosi progetti volti al reimpiego e alla stabilizzazione dei LSU, tramite la pubblicazione di avvisi pubblici volti ad individuare datori di lavoro pubblici e privati interessati all'assunzione. La regione ha, inoltre, pubblicato avvisi pubblici relativi alla manifestazione di interesse alla fuoriuscita volontaria dal bacino a fronte di un contributo pari a 20.000 euro, utili per avviare forme di nuova imprenditorialità, lavoro autonomo o cooperativo.
  La regione ha comunicato che grazie a tali iniziative circa 600 lavoratori hanno lasciato definitivamente il bacino.
  Con riferimento, poi, al riconoscimento del periodo di utilizzo nelle attività socialmente utili ai fini del pensionamento, si richiama l'articolo 8 del decreto legislativo n. 468 del 1997, il quale al comma 19 prevede che per i periodi di impegno nelle attività di lavori socialmente utili per i quali è erogato l'assegno, trova applicazione il riconoscimento d'ufficio ai soli fini dell'acquisizione dei requisiti assicurativi per il diritto al pensionamento. E comunque consentita la possibilità di riscatto dei periodi di utilizzazione nei lavori socialmente utili ai fini pensionistici, ai sensi della normativa vigente in materia.
  Segnalo, da ultimo, che la legge di stabilità per il 2014, al comma 207, destina un importo complessivo di 100 milioni di euro alle finalità di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 67 del 1997, il quale prevede, fra le altre, misure in favore degli LSU nel comune e nella provincia di Napoli.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiCarlo Dell'Aringa.


   MOLTENI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il gioco d'azzardo è la terza industria italiana per fatturato e assicura all'erario entrate per 8 miliardi di euro;
   il gioco d'azzardo aumenta a dismisura i costi familiari e socio-sanitari poiché la ludopatia (patologia che coinvolge 2 milioni di persone) provoca alla collettività un danno calcolato tra i 5,5 e i 6,6 miliardi di euro;
   dal 1° gennaio sale da gioco ed esercizi in cui vi sia offerta di giochi pubblici devono esporre il materiale informativo predisposto dalle aziende sanitarie locali, diretto a evidenziare i rischi correlati al gioco e a segnalare la presenza sul territorio dei servizi di assistenza dedicati alle persone con patologie correlate al gioco d'azzardo patologico (GAP);
   al fine di prevenire i fenomeni di ludopatia e le varie forme di dipendenza connesse all'attività di gioco negli esercizi pubblici e commerciali, il decreto-legge n. 158 del 13 settembre 2012 (decreto Balduzzi), impone, a partire dal 1° gennaio 2013, ai «gestori di sale da gioco e di esercizi in cui vi sia offerta di giochi pubblici, ovvero di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi», di esporre «il materiale informativo predisposto dalle aziende sanitarie locali, diretto a evidenziare i rischi correlati al gioco e a segnalare la presenza sul territorio dei servizi di assistenza pubblici e del privato sociale dedicati alla cura e al reinserimento sociale delle persone con patologie correlate alla G.A.P.»:
   il tentativo messo in atto dal Governo con l'emanazione del cosiddetto decreto Balduzzi, di regolamentare l'attività di comunicazione per scongiurare eventuali effetti negativi prodotti da un approccio al gioco non responsabile, non può che incontrare il più ampio consenso;
   recentemente diverse amministrazioni comunali sono intervenute modificando i regolamenti comunali al fine di contenere la diffusione di locali dove si pratica il gioco;
   le norme, studiate per disciplinare l'apertura di nuove sale giochi e l'installazione di slot e apparecchiature simili in bar, circoli e ristoranti, sono state approvate all'unanimità nei vari consigli comunali;
   i testi varati sono frutto di mesi di studio, da parte dei funzionari municipali, delle leggi su questa particolare materia. Lo Stato, infatti, considera le slot e i videopoker come «gioco lecito», non soggetto a limitazioni numeriche o territoriali. Per questo molte amministrazioni hanno escogitato alcune «scappatoie», connesse alla tutela della salute, del lavoro e dei minori, per redigere un regolamento che non fosse in contrasto con le leggi nazionali –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione e non intenda assumere iniziative per predisporre una nuova disciplina omogenea del settore, che tuteli i soggetti più deboli e che dia alle amministrazioni locali gli strumenti per limitare e selezionare i locali dove si pratica il gioco.
(4-00202)

  Risposta. — Con l'atto in esame, l'interrogante chiede di sapere se il Governo, tenuto conto del mancato rispetto, da parte di numerose amministrazioni comunali, delle regole sul gioco lecito di cui al decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, intenda predisporre una nuova disciplina omogenea del settore a tutela della salute dei cittadini.
  Al riguardo, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha rappresentato quanto segue.
  Preliminarmente, occorre sottolineare che l'espressione «gioco lecito» – invalsa da tempo nel settore in questione – esprime tutte quelle tipologie di gioco che vengono praticate sul territorio secondo regole e disposizioni stabilite da leggi dello Stato e da successivi provvedimenti applicativi di organi dello Stato, nel rispetto del principio giuridico che vige nel nostro Paese dal 1940 e conosciuto con l'espressione «riserva statale del gioco»: un principio secondo il quale in Italia è possibile praticare il gioco solo se, quando e come lo Stato stesso, con proprie regole, lo consente.
  Inoltre, in Italia la materiale gestione della pratica del gioco (e di quelle attività collaterali che la permettono) è realizzata, per lo più, attraverso esternalizzazioni. Ciò è avvenuto per una scelta che risale a circa la metà dello scorso secolo sostanzialmente di politica di settore e di alta amministrazione, rispondente a valutazioni di efficienza ed economicità.
  Non è dunque lo Stato (ossia propri uffici e funzionari) a gestire concretamente l'organizzazione e l'offerta del gioco quanto (per lo più) soggetti privati, selezionati periodicamente secondo regole proprie di mercato, cui la gestione e la raccolta del gioco viene permessa in regime di concessione.
  Anche questo aspetto vale ad arricchire di significato l'espressione «gioco lecito» nel senso che è tale solo quello che viene offerto alla platea di utenti da concessionari selezionati dallo Stato, muniti di un valido titolo concessorio e che, conseguentemente, in tale loro qualità, si assoggettano al rispetto delle regole statali sulle tipologie, forme e modalità di gioco.
  Si comprende perciò che, in termini di simmetria logica, è «gioco illecito» quello che viene praticato al di fuori del perimetro regolatorio stabilito dallo Stato.
  È conseguentemente gioco illecito quello cosiddetto
in nero, tradizionalmente offerto e gestito da soggetti più o meno legati ad associazioni di tipo criminale. È però, altresì, illecito quel gioco che, pur non essendo in nero, è gestito ed offerto da soggetti che si sottraggono volontariamente all'assunzione della qualità di concessionario statale in materia di gioco, ponendosi in tal modo in un regime di sostanziale concorrenza – praticamente sleale – rispetto a quanti invece, abbracciando il modello regolatorio statale, accettano di assumere il ruolo di concessionario e l'onere del rispetto di tutte le regole poste in materia dallo Stato.
  Vale ancora aggiungere che dall'anno 2002, circa, l'espansione in Italia della diffusione della pratica del gioco lecito non costituisce frutto di una deliberata scelta governativa di investimento e propulsione di un «mercato» (quello, appunto, del gioco) così particolare e sensibile.
  Lo sviluppo semmai è conseguenza di una precisa scelta politica, risalente a quell'epoca, di far emergere (dalla stato di nero o di grigio in cui versava da molto tempo) un fenomeno già di per sé stesso vasto e capillarmente diffuso, ossia quello del gioco praticato in assenza di regole chiare ed uniformi.
  Intento complessivo dell'iniziativa assunta in quegli anni è stato, quindi, quello di «legittimare» normativamente ed a fini di controllo – oltre che di difesa dello stesso giocatore, in ultima analisi – una pratica (quella del gioco) che preesisteva a prescindere da alcun tipo di intervento pubblicistico.
  Allo stato, il risultato complessivo dell'intervento statuale in materia è valso a sottrarre ambiti sempre maggiori di controllo e gestione della pratica del gioco al «nero», recuperando a visibilità e legalità a pratiche che, si ripete, esistevano da prima e da tempo, anche se ignorate dal grande pubblico e dai media per la mancanza di un presidio pubblicistico.
  Necessita ancora impegno e tenacia, certamente, l'opera di sottrazione della gestione della pratica del gioco dalle mani di associazionismo malavitoso.
  Necessita ancora impegno la riconduzione all'alveo della pubblica concessione (e dell'accettazione delle regole statuali in materia di gioco) delle attività di un certo numero di soggetti che, non in nero, sebbene, in chiaro, offrono e raccolgono gioco pur non essendo concessionari statali.
  Quest'ultima tipologia di problema è particolarmente delicata giacché essa si è potuta alimentare di una certa idea di mercato che – non senza qualche forzatura – discende dai princìpi dell'Unione europea.
  Esistono operatori comunitari (e certi orientamenti degli Organi dell'Unione europea) secondo i quali l'offerta di gioco non si differenzia di molto dall'offerta di un qualunque altro prodotto o servizio di libero mercato. Secondo questa visione delle cose, dunque, offrire gioco in Italia dovrebbe essere attività libera e non soggetta al vincolo di una previa concessione con le autorità statali del Paese.
  È evidente che questa prospettiva non può che peggiorare – anziché mitigare – la diffusione di punti di offerta e vendita di prodotti di gioco sul territorio.
  Fatte queste premesse, si può sostanzialmente condividere la stima del gettito erariale da gioco indicata dall'interrogante, anche se vale sottolineare che si tratta di una stima di tipo storico e che, in realtà, di recente l'entrata erariale da gioco soffre flessioni per una pluralità di ragioni, non ultima la congiuntura economica critica, che lascia ai privati quote di risorse progressivamente minori anche per attività marginali (non essenziali e sostanzialmente ludiche) quali quelle delle pratiche del gioco.
  Non si può invece commentare la stima della spesa sanitaria che sarebbe conseguente a forme devianti ed eccessive di pratica di gioco, trattandosi di dati che non sono gestiti direttamente dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Verrebbe peraltro da osservare che, se tale fosse effettivamente l'entità complessiva della spesa sanitaria conseguente alla pratica da gioco, in assenza di pari o superiori entrate erariali da gioco lecito, quella spesa graverebbe comunque ed altrimenti sul bilancio pubblico, posto che la pulsione naturale ed individuale al gioco e la sua offerta (per esempio in nero ovvero da parte di soggetti che reputano quella del gioco un'offerta di libero mercato) non si eliminano per mera disposizione legale.
  Si condivide piuttosto il senso dell'intervento dell'interrogante in ordine al fatto che sia giunto il momento – fermo l'impianto regolatorio di impronta statale – di una più ordinata e razionale distribuzione sul territorio dell'offerta di gioco legale, soprattutto improntata alla regola basica secondo la quale il gioco deve essere offerto e praticato in luoghi noti ed effettivamente presidiati, quindi sicuri.
  Questo risultato non si può raggiungere in via semplicemente amministrativa, data la complessità dell'operazione, né attraverso interventi normativi sporadici e segmentati quali possono, essere quelli di fonte regionale ovvero comunale. Questi interventi, semmai, testimoniano l'insufficienza delle stesse regole migliorative che avrebbe voluto introdurre il citato decreto legge n. 158 del 2012 (cosiddetto decreto Balduzzi) e piuttosto esprimono un pungolo a che lo Stato assuma una propria iniziativa di regia regolatoria in materia.
  Per questo esiste già un buon prodotto idoneo a fungere da base per una (ri)partenza sul fronte auspicato. Si tratta del disegno di legge-delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita (AC 282-950-1122-1339-B) che si trova attualmente alla sua terza e forse conclusiva fase, essendo giunto, in seconda lettura, all'esame della Camera dei deputati. In particolare, l'articolo 14 del citato disegno di legge delega prevede il riordino delle disposizioni relative ai giochi pubblici.
  Non resta che attendere, quindi, la conclusione dei lavori parlamentari per iniziare a porre mano ai lavori redazionali di criteri delegati dal cui insieme, infine, potrà emergere un vero e proprio testo unico della disciplina regolatoria in materia di gioco pubblico.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanzeAlberto Giorgetti.


   MOLTENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la tematica delle nuove generazioni è stata descritta formalmente come una delle priorità dell'azione di Governo nei primi cento giorni del suo mandato;
   attualmente una delle poche politiche attive in Italia rivolte ai giovani è quella sviluppata attraverso il servizio civile nazionale, strumento che non solo offre un'occasione di cittadinanza per le nuove generazioni, ma si configura soprattutto come un importante strumento formativo e di inserimento nel mercato del lavoro;
   sul periodico on line «Vita.it» del 13 maggio 2013 è stato pubblicato l'articolo «Servizio civile, a settembre il bando 2013», nel quale sono riportate le dichiarazioni rese da un dirigente dell'Ufficio nazionale per il servizio civile (di seguito UNSC), il dottor Raffaele De Cicco, in occasione del meeting nazionale delle misericordie d'Italia;
   in particolare, nella circostanza il dirigente avrebbe affermato: «Ve lo dico subito: fino ad ora solo sette regioni su 21 hanno consegnato le graduatorie, per cui non credo che saremo in grado di fare il bando prima di luglio, e siccome non è ragionevole tenere le selezioni in agosto, ritengo che non ci siano alternative ad andare a settembre»;
   a ciò, il predetto dirigente avrebbe altresì aggiunto: «Ad oggi non posso dire quanti ragazzi saranno avviati, stiamo definendo il documento di programmazione economica, che poi dovrà passare in Consulta, in Conferenza Stato Regioni e infine alla Corte dei conti. Occorre ancora tempo»;
   le dichiarazioni sopra riportate integrano la fotografia di un servizio civile Nazionale privo di una qualsiasi forma di governo, impastoiato da procedure burocratiche insensate e che inneggiano migliaia di giovani;
   in termini concreti, la semplice previsione di un rinvio del bando a settembre 2013 significherebbe costringere almeno 18.000 giovani a sospendere il loro tempo di vita per almeno 4 mesi, in attesa della «ragionevole» tempistica dei vari uffici e funzionari –:
   se il Governo sia stato preventivamente messo a conoscenza delle dichiarazioni che il dirigente dell'Ufficio nazionale per il servizio civile generalizzato in premessa avrebbe reso al Meeting nazionale delle misericordie d'Italia e se le condivida;
   se il Governo non ritenga che le dichiarazioni citate in premessa siano in palese contraddizione con l'affermazione che le politiche a favore dei giovani rientrano tra le priorità dell'azione di Governo nei suoi primi cento giorni di attività;
   quali azioni il Governo intenda intraprendere per risolvere gli intoppi burocratico amministrativi di cui è vittima il servizio civile nazionale, garantendo che il bando 2013 per l'impiego di volontari in servizio civile sia pubblicato nell'arco di 30 giorni e che usufruisca di risorse finanziarie sufficienti ad ingaggiare almeno 18.000 giovani. (4-00461)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame, l'interrogante chiede informazioni sui tempi e le risorse disponibili per il bando del Servizio civile nazionale per il 2013 e sulle affermazioni al riguardo di un dirigente del dipartimento dell'ufficio nazionale per il Servizio civile nazionale.
  Premetto che considero il Servizio civile nazionale un bene prezioso per tutta la collettività, un positivo strumento di integrazione e solidarietà, oltre che una significativa esperienza pioneristica in Europa e una realtà che lo Stato dedica in via esclusiva ai giovani.
  Consapevole di tale importanza, mi sono impegnata per permettere l'avvio dei volontari con la pubblicazione dei bandi per il 2013 e per reperire nuove risorse.
  Ricordo che venerdì 4 ottobre 2013 sono stati pubblicati il nuovo bando per il Servizio civile nazionale e i bandi regionali di selezione dei volontari, che permetteranno la partecipazione complessiva di 15.466 giovani, 502 dei quali da impiegarsi in progetti all'estero.
  Tale termine, come evidenziato dal dottor De Cicco, dirigente dell'Ufficio nazionale per il Servizio civile, è stato dovuto alla conclusione delle diverse fasi del procedimento di preparazione dei bandi e alla definizione delle graduatorie regionali.
  Infatti, il procedimento amministrativo di esame e valutazione comparativa dei progetti del Servizio civile nazionale è stato avviato (8 novembre 2012) e terminato con il decreto direttoriale di approvazione delle graduatorie finali dei progetti (n. 139 del 29 aprile 2013), entro il termine dei sei mesi previsto dalla normativa vigente (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2010, n. 142).
  Inoltre, prima della pubblicazione dei bandi, si è dovuto attendere anche il perfezionamento del documento di programmazione economica finanziaria per il 2013 con l'acquisizione dei pareri favorevoli della conferenza Stato-regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e della Consulta nazionale per il Servizio civile.
  Dal punto di vista finanziario, pur nell'attuale difficile contesto economico che aveva comportato delle progressive riduzioni degli stanziamenti per il Servizio civile nazionale negli ultimi anni, il mio impegno e quello del Governo è stato quello di recuperare ulteriori risorse. Ciò ha permesso di avere a disposizione 99.923.540 di euro per i bandi del 2013, al netto dei costi generali e di funzionamento e degli oneri finanziari scaturiti dai precedenti bandi.
  In particolare, la ripartizione del fondo per il Servizio civile prevede una quota del 54 per cento assegnato al Dipartimento della gioventù e del Servizio civile nazionale (compresa la quota dei volontari da impiegare all'estero) e la restante, pari al 46 per cento, distribuito tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
  Nel bando per gli enti iscritti all'albo nazionale sono stati ammessi al finanziamento 542 progetti da svolgersi in Italia per un totale di 7.614 volontari e 48 da realizzarsi all'estero per 502 volontari, cui si aggiungono i 6 progetti autofinanziati dalla Confederazione nazionale delle misericordie per altri 30 volontari.
  I 21 bandi delle regioni e delle province autonome vedranno invece impegnati 7.320 ragazzi e ragazze in 1.189 progetti.
  Per quanto riguarda il 2014, la legge di stabilità ha aumentato a 105 milioni di euro le risorse a disposizione del Fondo nazionale per il Servizio civile compresi i 10 milioni già stanziati dal decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di imposta sul valore aggiunto (Iva) e altre misure finanziarie urgenti.
  Si tratta di un segnale incoraggiante che dimostra la sensibilità del Governo sulle politiche giovanili e il sostegno a iniziative formative così importanti per l'intera collettività come il Servizio civile nazionale.
  In tale ottica, mi auguro che il Parlamento possa discutere quanto prima una riforma complessiva del Servizio civile nazionale che riguardi anche lo snellimento delle procedure amministrative per la presentazione e l'esame dei progetti e la selezione dei volontari.

Il Ministro per l'integrazioneCécile Kyenge.


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei locali della prefettura di Varese il giorno 18 dicembre 2013 è stata accertata la violazione, tramite rimozione della ceralacca rossa, di una delle buste concorrenti alla gara pubblica per l'affidamento dello sportello rifugiati politici, presso l'aeroporto di Malpensa;
   non appaiono esaustive ne soddisfacenti le spiegazioni fornite da prefetto di Varese Giorgio Zanzi al quotidiano «La Prealpina» in data 22 dicembre 2013 in cui, rispondendo alle domande del giornalista, caratterizzava come «inconveniente accidentale» quanto successo;
   a quanto consta all'interrogante dal 18 dicembre, giorno della manomissione, fino al 22 dicembre, la prefettura di Varese non ha reso alcuna comunicazione pubblica di quanto successo, né è data notizia che sia stata avviata alcuna indagine ufficiale interna per accertare eventuali responsabilità oggettive e soggettive;
   la prefettura deve garantire la più accurata vigilanza e l'assoluta imparzialità nella gestione e nell'affidamento dei suoi servizi territoriali;
   lo sportello rifugiati di Malpensa rappresenta al Nord il più importante terminale di arrivo dei richiedenti asilo politico, sia di prima istanza, sia di soggetti provenienti dall'Unione europea a norma del regolamento Dublino;
   i soggetti privati affidatari della gestione dei richiedenti asilo per conto delle pubbliche amministrazioni devono rispondere ad acclarati requisiti di competenza e professionalità nel settore, certificati dall'iscrizione al «Registro di enti e associazioni che svolgono attività a favore degli stranieri immigrati», ai sensi dell'articolo 42, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero e dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, regolamento di attuazione del suddetto testo unico, così come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 18 ottobre 2004 n. 334 –:
   quale sia l'esatta e circostanziata ricostruzione dei fatti e se vi siano state omissioni di vigilanza da parte dei funzionari della prefettura e dei dirigenti responsabili;
   se siano state compiute tutte le verifiche necessarie ad escludere che si sia verificata una manomissione della busta;
   quale sia il motivo per cui la prefettura non abbia dato essa stessa comunicazione della violazione e delle disposizioni assunte in conseguenza. (4-03056)

  Risposta. — Il 19 novembre 2013 – previa autorizzazione del Ministero dell'interno – l'avviso di gara concernente l'affidamento annuale del servizio di informazioni e assistenza a favore degli stranieri richiedenti la protezione internazionale, da svolgersi presso l'aeroporto di Malpensa, è stato pubblicato sul sito istituzionale della prefettura di Varese.
  I requisiti individuati nel bando – come previsto sia dalle direttive ministeriali che dalla normativa vigente in materia – erano finalizzati ad armonizzare gli inderogabili principi della concorrenza e della massima partecipazione con le caratteristiche di competenza ed efficienza richieste ai soggetti che devono operare nel delicato settore dell'accoglienza ai richiedenti asilo.
  Il 17 dicembre 2013, termine ultimo stabilito per la presentazione delle offerte, nel corso delle operazioni di apertura della corrispondenza giornaliera, una busta contenente l'offerta di uno dei quattro soggetti che erano stati invitati a partecipare alla gara è stata inavvertitamente aperta su un lembo.
  Il giorno stesso, non appena accertata l'accidentalità dell'operazione, la busta con il suo contenuto è stata immediatamente racchiusa in un plico sigillato; quindi, si è provveduto ad annullare in autotutela la relativa fase procedimentale, rinnovando parzialmente il procedimento di gara – con l'assegnazione di un nuovo termine per la presentazione di ulteriori offerte – e dandone tempestiva e puntuale comunicazione ai quattro concorrenti.
  Inoltre, in seguito alle verifiche compiute in sede d'ufficio, è stato avviato un procedimento disciplinare che si è concluso con l'applicazione di una sanzione nei confronti del dipendente ritenuto responsabile dell'erronea apertura della busta.
  Infine, i partecipanti alla gara hanno ripresentato la propria offerta nel termine nuovamente assegnato e il 3 gennaio 2014 – in seduta pubblica – si è proceduto all'apertura delle relative buste, nonché all'aggiudicazione provvisoria del servizio all'offerente che aveva praticato il prezzo più basso.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoDomenico Manzione.


   MONGIELLO, PETRINI, LODOLINI, MANZI, LUCIANO AGOSTINI, MORANI, MARCHETTI, CARRESCIA, DI GIOIA, CERA, FARAONE, NACCARATO, MIOTTO, NARDUOLO, CASELLATO, GULLO, RUBINATO, DE MENECH, MARCO DI MAIO, DONATI, SBROLLINI, BINI, CARRA, COLANINNO, MARTELLI, FABBRI e GRECO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'agroalimentare il made in Italy rappresenta oltre il 17 per cento del prodotto interno lordo, con un contributo di 53 miliardi di euro che proviene dal settore agricolo;
   in agricoltura sono presenti quasi un milione di imprese, ossia il 15 per cento nel totale delle imprese italiane;
   il mercato agricolo ha una rilevante importanza non solo per l'economia nazionale, ma, altresì, per il patrimonio culturale ed ambientale, se si considera la percentuale di superficie coltivata, nonché l'ingente numero di lavoratori occupati nel settore;
   in Italia, gli allevamenti di suini – presenti, prevalentemente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Umbria e Sardegna – sono oltre 26.200 e la produzione di carni suine è stimata in 1.299.000 tonnellate l'anno;
   la suinicoltura italiana occupa il settimo posto in Europa per numero di capi mediamente presenti;
   sulla base dei dati elaborati dall'Associazione nazionale allevatori di suini (ANAS), l'Italia nel 2012 ha importato dalla Germania il 52 per cento di suini vivi e carni suine, per un totale di 535.309 tonnellate;
   la tutela dell'identità dei prodotti nazionali contro le frodi alimentari garantisce la solidità delle imprese agricole italiane;
   articoli di stampa europei hanno recentemente messo in luce che l'industria della carne suina tedesca è efficiente ed è basata su prodotti a basso costo, ma che dietro questo sistema ci sono operai sottopagati, falde acquifere inquinate e tecniche di allevamento che usano enormi quantità di antibiotici;
   la libera circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale del mercato interno, ma, sempre più spesso, la salute dei consumatori e la corretta e sana alimentazione appaiono compromesse da cibi anonimi, con scarse qualità nutrizionali, o addizionati e di origine per lo più sconosciuta;
   la circolazione di alimenti che evocano una origine ed una fattura italiana che non possiedono costituisce una vera e propria aggressione al patrimonio agroalimentare nazionale che, come espressione dell'identità culturale dei territori, rappresenta un bene collettivo da tutelare e uno strumento di valorizzazione e di sostegno allo sviluppo rurale;
   l'articolo 10 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, introduce un sistema al fine di rendere accessibili a tutti gli organi di controllo e alle amministrazioni interessate le informazioni ed i dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine degli oli di oliva vergini, anche attraverso la creazione di collegamenti a sistemi informativi e a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche –:
   se il Ministro non intenda assicurare l'adozione, anche per le carni suine, di un sistema analogo a quello previsto per gli oli di oliva vergini dalla legge n. 9 del 2013 citata, per assicurare l'accessibilità delle informazioni e dei dati sulle importazioni e sui relativi controlli, concernenti l'origine delle carni suine e promuovere, a tale scopo, la creazione di collegamenti a sistemi informativi e a banche dati elettroniche gestiti da altre autorità pubbliche;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare, o abbia già adottato, al fine di rendere noti e pubblici i riferimenti delle società eventualmente coinvolte in pratiche commerciali ingannevoli, fraudolente, o scorrette finalizzate ad immettere sui mercati finti prodotti made in Italy e i dati dei traffici illeciti accertati. (4-02731)

  Risposta. — Nell'ambito delle attività rivolte alla tutela dell'igiene e della sanità degli alimenti, vengono costantemente effettuati, anche presso gli stabilimenti di macellazione e lavorazione delle carni suine, i controlli ufficiali dei servizi veterinari delle Asl che, nella verifica dell'applicazione dei regolamenti comunitari afferenti al cosiddetto pacchetto igiene costituito dal regolamento (CE) 178/2002 e dai regolamenti (CE) 852, 853, 854 e 882 del 2004, esaminano anche gli aspetti relativi alla rintracciabilità dei prodotti, così come sancito dall'articolo 18 del regolamento (CE) 178/2002.
  Inoltre, in considerazione della necessità che il consumatore venga correttamente informato al fine di una scelta consapevole nell'acquisto dei prodotti alimentari, in data 5 dicembre 2013 è stato approvato a livello comunitario, con il pieno sostegno da parte italiana, il regolamento della Commissione che disciplina l'indicazione di origine delle carni suine in applicazione del regolamento n. 1169/2011.
  Il Ministero della salute è consapevole del fatto che la sicurezza e la qualità degli alimenti possano essere validamente garantite solo attraverso un elevato livello di collaborazione e di coordinamento tra le diverse amministrazioni coinvolte nella filiera produttiva.
  Tale principio è ben consolidato e su di esso si fonda la normativa comunitaria vigente in materia.
  In particolare, il regolamento (CE) 882/2004 prevede che ciascun paese membro dell'Unione europea predisponga un piano di controllo nazionale che assicuri un approccio multidisciplinare per la pianificazione, lo svolgimento e la rendicontazione dei controlli ufficiali.
  A tal fine, il Ministero della salute è il punto di contatto nazionale per il piano nazionale integrato (pni), che nasce dall'intensa e proficua collaborazione con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, con i nuclei specializzati del comando dei carabinieri, con le Capitanerie di porto, con il Corpo forestale dello Stato e con la Guardia di finanza.
  Il piano nazionale integrato 2011-2014 e le relative relazioni annuali, che riuniscono i dati delle attività svolte da tutte le citate amministrazioni, sono pubblicati nel portale di questo Ministero.
  Per quanto riguarda specificamente l'argomento dell'interrogazione in esame, va evidenziato come siano in corso le attività tra l'amministrazione doganale e quella sanitaria per l'implementazione dello sportello unico doganale, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 242 del 4 novembre 2010.
  In tale contesto, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e il Ministero della salute collaborano alla definizione di tempi e modalità per la realizzazione dell'interoperabilità telematica.

Il Sottosegretario di Stato per la salutePaolo Fadda.


   MOSCA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 12 luglio 2011 è entrata in vigore la legge n. 120, con disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati;
   la legge in questione introduce l'obbligo di equilibrare le rappresentanze di genere negli organi di governo e di controllo – consigli di amministrazione e collegi sindacali; il genere meno rappresentato deve ottenere almeno un terzo degli amministratori eletti. Tale criterio deve essere applicato per tre mandati consecutivi e per organi con più di tre componenti;
   la stessa si applica dal primo rinnovo che interviene dopo un anno dall'entrata in vigore della legge, stabilendo che per il primo mandato in applicazione della legge il genere meno rappresentato abbia una quota pari almeno a un quinto degli amministratori e dei sindaci eletti;
   le disposizioni della citata legge si applicano anche alle società, costituite in Italia, controllate da pubbliche amministrazioni ai sensi dell'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile, non quotate in mercati regolamentati, e per tali società il monitoraggio e la vigilanza sull'attuazione della legge, sono affidati alla Presidenza del Consiglio o al Ministro delegato per le pari opportunità;
   nei prossimi mesi, e comunque entro la fine del 2013, andranno a rinnovo le cariche in consigli di amministrazione e collegi sindacali di numerose società controllate da pubbliche amministrazioni (solo per citarne alcune di grande rilievo: Invitalia, Cassa depositi e prestiti, Ferrovie dello Stato, Società lo sviluppo del mercato dei fondi pensione spa, Sogesid, Sogin, Enel, Anas, Arcus, Cassa Depositi e Prestiti, Rai, Rete autostrade mediterranee, Sicot, Società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione), e altre società a partecipazione statale delle quali non si ha esatta data di scadenza dei rispettivi consigli di amministrazione e collegi sindacali (tra le quali: Enav, Eur, Gse, Istituto Poligrafico, Italia Lavoro, Consap, Consip, Expo) –:
   come intenda procedere nell'applicazione della legge n. 120 del 2011 e quali azioni intenda avviare relativamente ai prossimi rinnovi delle cariche elettive delle società controllate da pubbliche amministrazioni;
   quale sia l'esatta data di scadenza dei consigli di amministrazione e dei consigli sindacali di tutte le società a partecipazione statale, al fine di monitorare la migliore e trasparente applicazione della legge n. 120 del 2011. (4-00252)

  Risposta. — L'interrogazione in esame concerne l'attuazione della legge n. 120 del 2011, recante disposizioni in materia di parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati e delle società controllate da pubbliche amministrazioni.
  In via generale, si osserva che la citata legge n. 120 del 2011 si pone l'obiettivo di rendere maggiormente equilibrata la rappresentanza dei generi all'interno degli organi collegiali delle società quotate e nelle società a controllo pubblico.
  Come ricordato dall'interrogante, la legge in esame prevede, infatti, che nelle società quotate in mercati regolamentati e le società soggette a controllo pubblico gli organi sociali siano costituiti in base a un criterio che assicuri l'equilibrio tra i generi. Il genere meno rappresentato deve ottenere almeno un terzo dei componenti di ciascun organo, quota che viene ridotta ad un quinto per il primo rinnovo degli organi. Tale criterio di riparto si applica per tre mandati consecutivi.
  Per le società quotate, la funzione di controllo sul rispetto dei criteri di composizione degli organi sociali è affidato alla Consob, che, nel caso di mancato rispetto del criterio di riparto, diffida la società interessata affinché si adegui entro il termine massimo di quattro mesi. In caso di inottemperanza alla diffida, la Consob applica una sanzione amministrativa pecuniaria e fissa un nuovo termine di tre mesi per adempiere. In caso di ulteriore inottemperanza rispetto a tale nuova diffida, i componenti degli organi decadono dalla carica.
  Con riferimento alle società controllate da pubbliche amministrazioni non quotate, si rappresenta invece che il decreto del Presidente della Repubblica n. 251 del 2012 ha attribuito al Presidente del Consiglio dei ministri ovvero al Ministro delegato per le pari opportunità compiti di monitoraggio e vigilanza sull'applicazione delle quote di genere negli organi di amministrazione e controllo delle società controllate a livello centrale, regionale e locale.
  Nello specifico, le società ricadenti nell'ambito di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 251 del 2012 devono comunicare al dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri la composizione degli organi sociali entro 15 giorni dalla data di nomina degli stessi o dalla data di sostituzione, nel caso in cui la composizione dell'organo subisca delle modifiche in corso di mandato.
  Chiunque vi abbia interesse può, inoltre, segnalare al citato dipartimento la carenza di equilibrio tra i generi riscontrata negli organi delle società di cui trattasi.
  Qualora venga accertato il mancato rispetto dell'equilibrio tra i generi, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per le pari opportunità diffida la società a ripristinare l'equilibrio entro 60 giorni. Nel caso di inottemperanza alla diffida è fissato un ulteriore termine di 60 giorni, decorso il quale, ove la società non si adegui, tutti i componenti dell'organo sociale interessato decadono e si procede alla ricostituzione dell'organo.
  Al fine di provvedere alle attività di monitoraggio e vigilanza, il dipartimento per le pari opportunità ha avviato tempestivamente gli opportuni contatti con i soggetti che istituzionalmente detengono i dati riguardanti la composizione degli organi delle società controllate da pubbliche amministrazioni obbligate a rispettare le quote di genere.
  In particolare, sono stati richiesti dati in ordine alle società obbligate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 215 del 2012 al Ministero dell'economia e delle finanze e a Unioncamere. Inoltre, tramite l'ufficio di segreteria della Conferenza unificata, sono stati sensibilizzati il presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, il presidente dell'Anci e il presidente dell'Upi in ordine alle conseguenze del mancato adeguamento da parte delle società controllate da amministrazioni regionali e locali.
  Il suddetto dipartimento ha, poi, avviato contatti con la Consob e con la sezione centrale di controllo della Corte dei conti, alla quale è stato chiesto di valutare l'opportunità che nelle relazioni al Parlamento sulla gestione delle società obbligate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 251 del 2012 venga fatta espressa menzione dell'effettivo adeguamento alla normativa sulle quote di genere e che, nell'ordinaria attività dei giudici delegati della Corte presso alcune delle società in questione, venga posta particolare attenzione alla tempestività dell'adeguamento agli obblighi di legge.
  L'attività di monitoraggio in esame, aggiornata al mese di novembre 2013, ha dato luogo ai seguenti risultati;
   nelle 25 società non quotate controllate direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze, la percentuale di donne presenti nei consigli di amministrazione è pari al 20,2 per cento del totale (109 membri) mentre la presenza femminile nei collegi sindacali è del 34,7 per cento. Tre delle suddette 25 società hanno un presidente donna;
   in relazione alle altre società controllate direttamente o indirettamente dal Ministero dell'economia e delle finanze, il dipartimento per le pari opportunità dispone delle informazioni relative a 304 società, fra le quali – dall'entrata in vigore della legge n. 120 del 2011 ad oggi – 79 hanno rinnovato il proprio consiglio di amministrazione, con una presenza femminile che si attesta al 29 per cento (99 donne su un totale di 341 componenti il Consiglio di amministrazione); mentre 60 società hanno rinnovato i collegi sindacali, nei quali si registra una percentuale di donne pari al 35,2 per cento (62 donne su un totale di 176 componenti i collegi sindacali).

  In merito alle segnalazioni di legge, sono pervenute al dipartimento per le pari opportunità:
   185 comunicazioni relative alla composizione degli organi sociali da parte delle società stesse in seguito al rinnovo degli organi sociali;
   3 segnalazioni di terzi relative al mancato adeguamento delle società ai criteri delle legge n. 120 del 2011.

  Infine, in base alle segnalazioni di cui sopra, sono state registrate 17 violazioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 251 del 2012 e sono stati avviati 15 procedimenti finalizzati all'adozione di un formale provvedimento di diffida ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 251 del 2012, al cui esito sono stati emanati 10 provvedimenti di diffida.
Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMaria Cecilia Guerra.


   MURER e MIOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il movimento di partecipazione civica «Cittadinanzattiva» ha appena pubblicato il primo Rapporto nazionale sull'invalidità civile, che compie un'approfondita indagine e disegna un quadro d'informazioni e dati sul procedimento di riconoscimento delle minorazioni civili (invalidità civile, accompagnamento), al fine di valutare lo stato di attuazione dell'articolo 38 della Costituzione che garantisce il diritto all'invalidità civile e all'assistenza sociale;
   in particolare il Rapporto è il frutto dell'Osservatorio sull'invalidità civile istituito da Cittadinanzattiva per mettere in luce le molteplici criticità nell'accesso ai benefìci collegati all'invalidità civile riscontrate dai cittadini;
   i dati pubblicati sono il risultato del lavoro svolto quotidianamente dalle sezioni del tribunale per i diritti del malato, dai servizi PiT Salute, dalle associazioni di pazienti che aderiscono al Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva;
   l'articolo 20 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito in legge con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, titolato «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», attribuisce all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici; la nuova normativa rivede profondamente le modalità di presentazione delle domande di accertamento, la valutazione sanitaria, la concessione delle prestazioni, il ricorso in giudizio. L'INPS, con determinazione n. 189 del 20 ottobre 2009, definisce il disegno organizzativo e procedurale per l'applicazione dell'articolo 20 della legge n. 102 del 2009 (msg. 24477 del 29 ottobre 2009);
   nei primi mesi del 2010, quando la nuova procedura di riconoscimento dell'invalidità civile è entrata in vigore, i cittadini hanno iniziato a segnalare in modo crescente numerosi ostacoli per il riconoscimento delle minorazioni civili. In molti casi, sulla base delle segnalazioni dei cittadini e delle associazioni di pazienti, sono stati riscontrati e si continuano a riscontrare azioni intraprese dallo Stato non del tutto aderenti al dettato normativo, in quanto comprimono i diritti dei cittadini realmente invalidi, soprattutto in riferimento alle modalità di svolgimento e comunicazione dei piani pluriennali di verifica straordinaria; riducono arbitrariamente i requisiti previsti dalla legge per l'assegnazione delle indennità correlate al riconoscimento delle minorazioni civili; appaiono volte al raggiungimento di un obiettivo non dichiarato, ovvero il massimo contenimento possibile della spesa assistenziale;
   il disagio maggiore segnalato dai cittadini nel report di Cittadinanzattiva è rappresentato dalla lentezza dell’iter burocratico; il valore percentuale del 2013 mostra un aumento impressionante delle segnalazioni che passano dal 28,4 per cento del 2011 al 45,6 per cento del 2012; in modo particolare vengono segnalate criticità rispetto alla difficoltà di presentare domanda, ai tempi di attesa per la convocazione per la prima visita, e per ottenere il verbale definitivo; in particolare si evidenzia che la prima visita è erogata in media dopo 8 mesi, la ricezione del verbale avviene dopo 11 mesi e l'erogazione dei benefici dopo un anno di attesa;
   altri disagi lamentati riguardano l'esito dell'accertamento sanitario, che raggiunge il 29,8 per cento delle segnalazioni; in sostanza più di un cittadino su quattro, ritiene la percentuale di invalidità o il grado di handicap riconosciuti assolutamente inadeguati rispetto alle loro reali condizioni di salute; in particolare, in questo senso, si segnalano problematiche legate alla mancata concessione dell'assegno di accompagnamento o revoca dello stesso a seguito di visita di rivedibilità o verifica straordinaria;
   il Rapporto, nel suo insieme, afferma sostanzialmente che le persone che accedono alla procedura di accertamento per l'invalidità civile ed handicap devono attendere tempi lunghissimi per lo più a causa dell'inefficienza delle procedure informatiche e per la moltiplicazione dei passaggi burocratici; sono obbligati ad ulteriori accertamenti sanitari (potenziamento visite dirette) in contrasto con gli obiettivi di semplificazione e di rispetto della dignità della persona; sono costretti ad attendere a lungo i verbali degli accertamenti ed i conseguenti benefici correlati ed a fare i conti con procedure di pagamento lente e non rispondenti alle necessità;
   le azioni intraprese dallo Stato e dall'INPS nell'ultimo periodo sembrano, quindi, comprimere i diritti dei cittadini realmente invalidi; riducono i requisiti previsti dalla legge per l'assegnazione delle indennità correlate al riconoscimento delle minorazioni civili ed appaiono oltremodo strumentalizzate al raggiungimento di un obiettivo ultimo, quello del massimo contenimento della spesa assistenziale;
   una conferma arriva anche dai dati della Corte dei conti secondo cui nel 2011 la spesa per gli invalidi civili si attesta a 13.671,860 mln di euro con una contrazione rispetto al 2010 pari al -0,8 per cento; analizzando anche il numero degli invalidi civili, che si attesta nel 2011 a 2.671.967 si nota una flessione del -1,5 per cento rispetto al 2010;
   il dato, quindi, sembra confermare gli effetti negativi che la nuova normativa e la sua modalità di implementazione hanno avuto sul diritto di accesso da parte dei cittadini alle indennità correlate all'invalidità civile (come emerge dalle stesse segnalazioni giunte); l'appesantimento dell’iter burocratico di riconoscimento e la restrizione dei requisiti sanitari per la concessione dei benefici rappresentano dunque le cause principali della riduzione della spesa pubblica per l'invalidità civile;
   dal Rapporto si evidenzia, inoltre, che l'aumento della burocrazia relativa all’iter di riconoscimento dell'invalidità civile, a seguito soprattutto delle disposizioni che lo stesso Istituto si è dato con propri atti interni, nonché la mole del numero delle verifiche straordinarie attuate dall'INPS tra il 2009 e il 2012 (in totale 800.000 posizioni controllate, di cui 200.000 nel 2009, 100.000 nel 2010, 250.000 sia nel 2011 che nel 2012) hanno influito negativamente in particolare su due aspetti molto importanti e che incidono sia sul diritto dei cittadini che sulle casse dello Stato: aumento tempi di attesa dell’iter di riconoscimento con relativi interessi passivi che l'INPS deve pagare in più ai cittadini e aumento della spesa per i medici convenzionati INPS, che svolgono attività medico-legali prevalentemente connesse all'invalidità civile. Un costo occulto ma ingente, sostenuto, prevalentemente per far fronte agli impegni dei piani straordinari di verifica;
   in merito a quest'ultimo va segnalato un dato su tutti: la spesa per i compensi dei medici convenzionati INPS nel 2011 è triplicata rispetto al 2010 (+ 220 per cento), raggiungendo i 34.325.679 euro; nonostante ciò, il tasso di presenza degli stessi medici INPS all'interno delle Commissioni ASL diminuisce molto rispetto al 2010, attestandosi al 37,7 per cento; stupisce verificare come all'aumentare dei costi diminuisca un adempimento prescritto dalla legge al quale non ci si dovrebbe sottrarre. La risposta a questa contraddizione va ricercata nel fatto che l'INPS ha deciso di utilizzare tali figure prevalentemente nei piani di verifica straordinaria, cioè nella cosiddetta «lotta ai falsi invalidi», anziché nell'attività ordinaria dell'Istituto; il dato della scarsa presenza del medico INPS nelle commissioni mediche ASL spiega quindi il perché dei ritardi e delle lungaggini nell’iter di riconoscimento dell'invalidità civile segnalati da tantissimi cittadini;
   secondo i dati della Corte dei conti (Relazione controllo INPS, esercizio 2011, Determinazione n. 91 del 2012), in media occorrono 278 giorni per l'invalidità civile, 325 giorni per la cecità civile e 344 giorni per la sordità, tempi ben lontani dall'obbiettivo del termine massimo di 120 giorni, con il conseguente maggiore onere per interessi; in particolare gli interessi passivi sulle prestazioni pensionistiche arretrate nel 2011 sono pari a 37,5 milioni in aumento rispetto ai 34 milioni del 2010. In tal senso merita di essere evidenziata l'incidenza, sul totale degli interessi, della quota relativa al settore dell'invalidità civile, pari al 63,3 per cento, ossia circa 24 milioni di euro, in aumento rispetto al 2010 (62,2 per cento);
   la Corte dei conti fa riferimento anche ad un numero di Commissioni mediche delle aziende sanitarie locali presenti su tutto il territorio nazionale pari a 726; prendendo invece a riferimento i dati presentati dall'INPS, nel corso dell'Indagine conoscitiva parlamentare sul tema invalidità, le Commissioni ASL risultano essere nel 2011 circa 2000. Una discrepanza che non si spiega e su cui andrebbe fatta chiarezza, partendo proprio dai risultati della detta Indagine conoscitiva parlamentare compiuta al Senato nella scorsa legislatura;
   i dati sinora riportati ci portano ad affermare che il peso della burocrazia, i ritardi dell’iter di riconoscimento e lo svolgimento del Piano straordinario di verifica, hanno un costo per lo Stato non inferiore a circa 58 mln di euro, dato che rappresenta la somma dei costi per interessi passivi e costi per i medici convenzionati INPS (unica tipologia di costi rispetto ai quali esistono dati certi);
   i dati del rapporto annuale 2012 della Guardia di finanza fornisce, per contro, il «vero numero dei falsi invalidi» accertati nel 2012: su circa 2.800.000 invalidi civili sono appena 1.047 quelli accertati dalla guardi di finanza come «falsi invalidi», cioè lo 0,04 per cento; è evidente quindi come il fenomeno sia davvero molto limitato e meno rilevante in termini numerici di quello che invece lo si vuole far apparire;
   il Rapporto di Cittadinanzattiva, oltre a riportare dati che fotografano la situazione, avanza pure alcune proposte; esse, nello specifico, sono:
    a) semplificare l'attuale iter amministrativo di riconoscimento dell'invalidità civile, da molteplici momenti accertativi e di validazione che incidono negativamente sui tempi di attesa per i cittadini e sulle casse dello Stato in termini di interessi passivi;
    b) garantire il tasso del 100 per cento di presenza dei medici INPS all'interno delle commissioni ASL riducendo al massimo la necessità di successive visite;
    c) velocizzare il processo d'informatizzazione da parte delle ASL anche al fine di facilitare l'attività dell'INPS;
    d) annullare la comunicazione interna del direttore generale INPS e le «linee guida operative» del 20 settembre 2010, con riguardo ai criteri di riconoscimento dell'indennità di accompagnamento, ripristinando così le vigenti previsioni di legge e approvare un nuovo limite reddituale per ottenere la provvidenza economica legata all'invalidità civile parziale o totale valutando solo ed esclusivamente il reddito personale, senza considerare il reddito dell'eventuale coniuge;
    e) istruire presso gli uffici Inps un tavolo permanente e paritetico di confronto volto a individuare le misure necessarie per superare le criticità del sistema e a formulare proposte di miglioramento condivise;
    f) avviare, contro il fenomeno delle assegnazioni indebite delle indennità, azioni ad hoc anche nei confronti dei propri funzionari che violano le norme e non soltanto attraverso controlli, in molti casi vessatori, nei confronti dei cittadini –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali provvedimenti intenda assumere, per quanto di sua competenza, rispetto alla tematica in oggetto, con particolare riguardo alle proposte evidenziate in narrativa, anche in ragione del fatto che, fin dalla passata legislatura, sono stati prodotti numerosi atti ispettivi sul tema senza che sia mai maturata una modifica sostanziale di una procedura che, come evidenziato dai dati sopra riportati, non arreca alcun vantaggio ai cittadini. (4-00993)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con cui si chiede quali provvedimenti si intendano assumere in materia di invalidità civile, si rappresenta quanto segue.
  A seguito dell'entrata in vigore della legge 3 agosto 2009, n. 102, di conversione del decreto legge 1o luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini) è stata prevista, a decorrere dal 1o gennaio 2010, l'esclusiva competenza dell'Inps in materia di accertamenti sanitari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile,
handicap e disabilità, prevedendo che in ogni caso l'accertamento definitivo per tali fattispecie è effettuato dall'Inps.
  Tuttavia, sin dal febbraio 2012, è stato istituito un tavolo tecnico composto da rappresentanti di questo Ministero, del Ministero della salute, delle regioni e dell'Inps con il compito di approfondire le diverse tematiche afferenti gli aspetti procedurali dell'accertamento dell'invalidità civile, al fine di assicurare la corretta gestione degli accertamenti socio-sanitari, inclusi i profili relativi alle visite straordinarie.
  I maggiori problemi riscontrati risultano peraltro imputabili all'utilizzo o meno della cooperazione applicativa in termini di reciproco accesso alle rispettive banche dati. Numerose Asl dispongono, infatti, di un proprio sistema informatico di gestione e hanno manifestato all'Inps la preferenza per procedure di integrazione tra il loro sistema informativo e quello dell'Istituto, piuttosto che utilizzare direttamente le funzioni della procedura telematica messa a punto dall'Inps, che ha, dunque, messo a disposizione delle Asl interessate un ambiente di cooperazione applicativa attraverso il quale è possibile scambiare i dati delle domande provenienti dai cittadini, dai patronati e dalle associazioni di categoria, e i dati dei verbali prodotti dalle commissioni mediche integrate.
  Su tali aspetti, tuttavia, l'Inps ha dato rassicurazioni relative ad un graduale miglioramento della situazione.
  Per quanto riguarda la promozione di una piena integrazione delle persone con ogni tipo di disabilità, si segnala che con la legge 3 marzo 2009, n. 18, è stata ratificata la convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, istituendo contestualmente l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.
  Tra i compiti attribuiti all'Osservatorio dalla legge n. 18 del 2009, si segnala che si è conclusa la predisposizione di un Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale. Tale programma, adottato con decreto del Presidente della Repubblica il 4 ottobre 2013, si articola in sette linee di intervento, e per ogni intervento tale programma individua l'obiettivo prefigurato e il tipo di azione necessaria a conseguirlo.
  In particolare la prima linea di intervento è specificamente dedicata al tema «Revisione del sistema di accesso, riconoscimento/certificazione della condizione di disabilità e modello di intervento del sistema socio-sanitario» che pone come suo obiettivo la semplificazione del sistema di valutazione/accertamento della condizione di disabilità e del sistema dell'accesso agli interventi e servizi sociali, sanitari e socio-sanitari nonché ai benefici economici, ai sostegni educativi e agli interventi di politica attiva del lavoro delle persone con disabilità.
  Relativamente alle linee guida Inps per l'accertamento degli stati invalidanti, si rappresenta che questa amministrazione, d'intesa con i competenti uffici del Ministero della salute, ha provveduto a contattare il suddetto Istituto evidenziando l'inopportunità della pubblicazione delle cosiddette linee guida e chiedendone quindi la rimozione.
  Si rappresenta infine, che il decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76 (Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di imposta sul valore aggiunto (Iva) e altre misure finanziarie urgenti), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, all'articolo 10, comma 5, prevede che «Il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui all'articolo 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell'IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte». Da ciò consegue che il reddito di riferimento per la concessione della pensione per gli invalidi civili totali è quello riferibile al singolo individuo.
  Sia consentito, infine, richiamare due recenti interventi che confermano il grande interesse riposto dal Governo sulle tematiche segnalate.
  In primo luogo, si richiama la previsione della legge di stabilità che ha incrementato il fondo nazionale per le non autosufficienze nella misura di 275 milioni di euro per il 2014, inclusi gli interventi a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (sla) e che ha disposto, sempre per il 2014, un incremento del Fondo di ulteriori 75 milioni di euro, da destinare esclusivamente agli interventi di assistenza domiciliare per le persone affette da disabilità gravi e gravissime, ivi incluse quelle affette da sclerosi laterale amiotrofica (sla).
  In secondo luogo, si rammenta la recente adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di riforma dell'Isee ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge cosiddetto «Salva Italia». In particolare, con il nuovo Isee, per tenere conto dei costi sostenuti da persone con disabilità o non autosufficienti, si è scelto di non considerare in modo indistinto tutte le persone con disabilità, ma di riclassificare le diverse definizioni di disabilità, invalidità e non autosufficienza accorpandole in tre distinte classi: disabilità media, grave, e non autosufficienza. E riconosciuto, inoltre, un abbattimento diretto del reddito della famiglia in cui è presente una persona con disabilità, articolato in funzione del grado di disabilità.

Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMaria Cecilia Guerra.


   NACCARATO, MIOTTO e NARDUOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 9 ottobre 2013 le forze dell'ordine hanno arrestato Mauro Scaramuzza, amministratore delegato della Fip di Padova e Gioacchino Francesco La Rocca, figlio del capomafia detenuto della storica famiglia La Rocca di Caltagirone, insieme ad altri tre indagati;
   dalle indagini dei Carabinieri sarebbe emerso «l'interesse della famiglia La Rocca su un appalto pubblico da 140 milioni di euro nel territorio del comune di Caltagirone» in provincia di Catania;
   le forze dell'ordine hanno eseguito un ordine restrittivo del giudice per le indagini preliminari su richiesta della direzione distrettuale antimafia della procura di Catania, che ipotizza, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni e concorso esterno in associazione mafiosa;
   secondo le prime ricostruzioni «la cosca avrebbe agito affinché venissero dati» lavori «in subappalto a ditte direttamente controllate dal clan con contratti artificiosamente frazionati in modo da eludere la normativa antimafia, percependo così un indebito profitto mediante l'ottenimento di finanziamenti pubblici»;
   l'azienda Fip di Padova è un'impresa di rilevanza internazionale, aggiudicataria dell'appalto oggetto dell'inchiesta (insieme alla società L&C unite in associazione temporanea di imprese) che «secondo la Procura era “consapevole di apportare il contributo al clan La Rocca«”;
   i carabinieri hanno sottoposto a sequestro preventivo due società;
   queste notizie confermano gli allarmi più volte lanciati dagli interroganti sulla base delle relazioni al Parlamento della direzione investigativa antimafia e di recenti fatti di cronaca circa i rapporti tra imprese del Nord Italia e la criminalità organizzata;
   la crisi economica ha favorito l'infiltrazione mafiosa in Veneto e nelle aree più sviluppate del Paese consentendo alle cosche mafiose di inserirsi anche nel settore degli appalti pubblici;
   questo fenomeno desta un grave allarme sociale presso le popolazioni della nostra regione di fronte al quale occorre reagire con determinazione e prontezza per scongiurare il pericolo che le relazioni tra mondo produttivo e criminalità organizzata si consolidino e si diffondano –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti esposti in premessa;
   quali concrete iniziative di competenza intenda porre in essere al fine di prevenire e contrastare l'infiltrazione mafiosa nel territorio e nel tessuto economico del Veneto. (4-02126)

  Risposta. — Il 9 ottobre 2013, i carabinieri della compagnia di Caltagirone hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catania, su richiesta della locale procura distrettuale antimafia, nei confronti di alcune persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni e concorso esterno nell'associazione mafiosa nell'ambito delle indagini riguardanti i lavori appaltati dall'Anas per la costruzione della «variante Caltagirone». In particolare, dalle indagini è emerso che la FIP, attraverso il metodo del frazionamento dei contratti di appalto, affidava lavori in subappalto a società controllate da esponenti della criminalità organizzata. Sono stati coinvolti anche tre dipendenti dell'Anas.
  Ciò detto, in un discorso più ampio, è opportuno ricordare come le tematiche riconducibili ai tentativi della criminalità organizzata di infiltrarsi nel tessuto sociale ed economico del Paese siano costantemente al centro dell'attenzione di questa amministrazione, quotidianamente impegnata nella sua azione di prevenzione e di repressione anche attraverso il lavoro svolto sul campo dalle prefetture.
  Per quanto concerne, in particolare, le prefetture del Veneto, si assicura che ai fini del rilascio della documentazione antimafia i controlli vengono svolti con il massimo scrupolo, secondo quanto disposto dal nuovo codice antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2001 e successive integrazioni). Nella lotta alle infiltrazioni mafiose nell'economia locale, particolare rilievo rivestono i tre protocolli d'intesa siglati dalle prefetture in ambito regionale. Più specificamente, il primo tra le prefetture del Veneto e la Confindustria Veneto per tutelare la legalità e la sicurezza delle imprese; il secondo tra le prefetture, la regione, l'Anci e l'Unione regionale delle province del Veneto ai fini della prevenzione dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; il terzo, infine, siglato il 22 ottobre tra le prefetture e l'Enel.
  Sono inoltre in corso contatti e tavoli tecnici con gli ordini professionali dei notai e dei commercialisti per concordare forme di collaborazione in materia di controlli su operazioni societarie sospette.
  Nei casi particolarmente complessi delle procedure per il rilascio della documentazione antimafia, inoltre, viene richiesto l'approfondimento informativo da parte del gruppo interforze, preposto principalmente a svolgere accessi e accertamenti nei cantieri delle imprese interessate all'esecuzione di lavori pubblici. Tale ultima attività non ha finora dato riscontri circa presenze, nei cantieri controllati, di soggetti legati o contigui alla criminalità mafiosa.
  In un'ottica di sostegno all'economia legale e di prevenzione della concorrenza sleale e del lavoro nero, alla fine del 2009 la prefettura di Padova ha siglato un protocollo d'intesa denominato «anticontraffazione» con Camera di commercio, provincia, Ulss 16, università di Padova e il coordinamento di tutti gli uffici statali e regionali preposti ai controlli nei luoghi di lavoro. Il protocollo ha permesso di porre in essere numerose iniziative molto apprezzate dal mondo economico e dall'opinione pubblica per i notevoli risultati raggiunti; il metodo di lavoro congiunto utilizzato, indicato come il «modello Padova», ha dato il via a una serie di progetti analoghi in altre province.
  Va inoltre osservato come dall'analisi dei flussi informativi emerga chiaro che il tentativo di infiltrazione nel tessuto socio-economico del Veneto da parte della criminalità organizzata, pur non essendo tale da dare luogo a uno stabile controllo del territorio, trovi terreno fertile a causa della sfavorevole congiuntura economica e delle difficili condizioni finanziarie in cui versano molte piccole realtà artigianali e industriali locali, a volte costrette a ricorrere a prestiti sottoposti a interessi usurai perché in crisi di liquidità.
  Proprio allo scopo di prevenire il fenomeno dei prestiti usurai, spesso contiguo a sodalizi criminali, sono attivi nella provincia di Padova due protocolli «antiusura». Anche l'attività svolta dalla prefettura in materia di accesso al fondo di solidarietà per le vittime dei reati dell'estorsione e dell'usura, previsto dalla legge n. 108 del 1996, contribuisce per quanto possibile ad arginare la situazione.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   NARDUOLO, MURA, PALMA, PAOLUCCI, MOSCATT, MORETTO, PASTORINO, MOGNATO, MARROCU, PES, GIOVANNA SANNA, CANI, VENTRICELLI, D'ARIENZO, MAURI, PASTORELLI, MATTIELLO, GREGORI, RIBAUDO, GALPERTI, MICCOLI, DAL MORO, MARCHI, SCUVERA, GINATO, LENZI, BERLINGHIERI, GADDA, RIGONI, VERINI, LA MARCA e LOTTI. – Al Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   il servizio postale universale gestito da Poste italiane è organizzato in Centri di meccanizzazione postale che assolvono alla funzione fondamentale di smistamento della posta da distribuire ai cittadini;
   nello specifico sono presenti in Italia 19 centri di meccanizzazione postale (CMP) così distribuiti sul territorio nazionale: tre in Lombardia (Brescia, due a Milano), uno in Piemonte (Torino Romoli), uno in Liguria (Genova), tre in Veneto (Venezia, Verona e Padova), uno in Emilia Romagna (Bologna), uno in Toscana (Firenze), uno nelle Marche (Ancona), uno nel Lazio (Roma), uno in Abruzzo (Pescara), uno in Sardegna (Cagliari), uno in Campania (Napoli), uno in Calabria (Lamezia Terme), uno in Puglia (Bari), due in Sicilia (Palermo e Catania);
   i CMP sono suddivisi in due sezioni principali: il transito e lo smistamento. Nella sezione transito confluiscono i mezzi di trasporto per la corrispondenza in arrivo e partono i mezzi per la corrispondenza in uscita; nella sezione smistamento si lavora la posta in arrivo e in partenza proveniente dal transito;
   la corrispondenza meccanizzabile (il maggiore quantitativo della corrispondenza complessivamente lavorata) viene smistata attraverso l'utilizzo di impianti meccanizzati di particolare complessità, rispetto ai quali emerge immediatamente la delicatezza e l'importanza delle necessarie operazioni di manutenzione;
   alla fine degli anni ’70 Poste italiane ha esternalizzato il servizio di manutenzione degli impianti di smistamento dei CMP, attraverso l'affidamento dello stesso alla ditta Elsag del gruppo Finmeccanica (oggi confluita nella Selex ES, a partecipazione statale);
   dall'ottobre 2007 la ditta Elsag ha subappaltato il servizio di manutenzione alla Stac Italia srl per il centro-nord e alla Logos spa per il centro-sud e le isole, e a seguito di un accordo ministeriale tali ditte si erano impegnate ad assorbire il personale già presente, che contava complessivamente in 263 tecnici altamente professionalizzati;
   nel dicembre 2012 Poste italiane ha bandito una nuova gara d'appalto per il servizio di manutenzione, termine ultimo per la presentazione delle offerte marzo 2013. Nel giugno 2013, tra le due ATI che avevano partecipato alla gara, Selex ES/PH Facility e Siemens/Stac Italia, è risultata aggiudicataria la Selex ES/PH Facility, grazie al forte sconto applicato all'offerta. Stac si è appellata subito al TAR del Lazio che ha rigettato il ricorso e a settembre Poste italiane ha assegnato definitivamente l'appalto, in partenza il 1 novembre 2013, a Selex e PH Facility;
   si è appreso da fonti sindacali come fin da metà gennaio 2013, a pochi mesi dalla scadenza del contratto e ben prima che la gara fosse assegnata, il personale di Selex aveva comunicato ai lavoratori di Stac e Logos che sarebbe subentrata una nuova azienda nel subappalto (la PH Facility) e che per poter continuare a lavorare avrebbero dovuto rassegnare le dimissioni ed iscriversi alle liste delle agenzie interinali, per poi essere successivamente assunti dalla nuova azienda.L'operazione non è stata portata a termine grazie all'intervento delle organizzazioni sindacali e il subappalto alle ditte detentrici è proseguito regolarmente fino alla naturale scadenza;
   PH Facility è un'azienda operante nel campo dell'igiene e sanificazione e nel proprio sito aziendale riporta espressamente quanto segue: «Abbiamo affrontato il delicato settore delle manutenzioni specialistiche dei sistemi di automazione postale grazie alla straordinaria forza tecnologica di Selex ES, che ha progettato sistemi, aggiudicandoci insieme la gara indetta da Poste italiane». Si presume, a tal proposito, che la forza tecnologica di Selex ES annoveri anche la professionalità acquisita nel corso degli anni dai 263 tecnici specializzati;
   per poter garantire la continuità del servizio, PH Facility ha necessità di assumere personale delle ditte che l'hanno preceduta, perché nel campo della manutenzione tecnica non ha esperienza alcuna. Procede, in tal senso, alla proposta di assunzione di circa 170 dei 263 tecnici – dipendenti di Stac e Logos – adibiti alla manutenzione degli impianti dei CMP, non garantendo tuttavia i precedenti livelli occupativi e con la previsione di una serie di clausole peggiorative rispetto alle precedenti condizioni contrattuali dei lavoratori, come l'applicazione del contratto multiservizi in luogo di quello metalmeccanico ed il mancato riconoscimento dell'anzianità di servizio;
   una minoranza dei lavoratori Stac e Logos (70) ha accettato le nuove condizioni contrattuali peggiorative, anche su pressione da parte di PH Facility (come si legge nel comunicato sindacale del 6 novembre 2013 della FIOM); tuttavia la maggior parte dei dipendenti ha ritenuto non dignitose le nuove condizioni proposte ed ha iniziato una protesta che ad oggi risulta ancora attiva con presidi agli ingressi dei CMP;
   a novembre 2013, fonti giornalistiche e sindacali cominciano a riferire di numerosi e diffusi disservizi derivanti dalla giacenza di tonnellate di posta nei vari Centri di meccanizzazione italiani (si parla di circa 1200 tonnellate su tutto il territorio nazionale). Disservizi direttamente imputabili alle carenze relative al servizio di manutenzione all'indomani dell'avvicendamento delle aziende di cui si tratta. Diverse sono anche le segnalazioni di ritardi nelle consegne arrivate direttamente a Poste italiane che ha risposto, anche a mezzo tv e stampa, che tutto procede secondo gli standard di servizio e che i controlli di qualità, effettuati secondo la norma, lo confermano. Ciononostante, in rete è disponibile, fra le altre cose, un filmato che spiega come il personale di Poste possa intercettare le lettere (chiamate «lettere civetta») dando loro un canale preferenziale e falsando così i dati relativi alla qualità del servizio;
   il sindaco di Angri (provincia di Salerno) all'inizio del mese di gennaio 2014 ha presentato un esposto alla procura della Repubblica in relazione ai fatti sopra esposti ed altri utenti hanno intenzione di seguire lo stesso esempio;
   Poste italiane, al fine di superare lo stallo dovuto allo stato di agitazione di un gran numero di tecnici, ha provveduto a dividere la corrispondenza tra diversi CMP. Per esempio, per tutto il mese di novembre, la posta del CMP di Roma è stata lavorata nei centri di Napoli e Bologna. Lo stesso si è verificato a Firenze, che ha trasferito la propria corrispondenza ai CMP di Padova e Verona. La situazione, ad oggi, risulta essere la seguente: impianti che lavorano «a singhiozzo», macchine ferme, una grande quantità di corrispondenza in giacenza e non ancora smaltita;
   appare evidente che PH Facility sia subentrata nei centri di meccanizzazione postale con personale insufficiente per garantire il servizio, nonostante Selex ES abbia inviato nei vari centri proprio personale per coprire le carenze organizzative di PH Facility, e la stessa PH abbia assunto personale proveniente da agenzie interinali, privo della adeguata formazione, e aumentato esponenzialmente il ricorso allo straordinario, mettendo in discussione i livelli minimi di sicurezza di fasi di lavoro svolte attraverso il meccanismo della turnazione;
   il 12 Novembre 2013 si è svolto un incontro al Ministero dello sviluppo economico, presenti le segreterie nazionali di FIM, FIOM, UILM e la direzione aziendale di Selex ES, per ricercare delle soluzioni alla gestione del servizio di manutenzione all'interno dei CMP, ma le posizioni delle parti sono risultate distanti;
   il 9 gennaio 2014 si è tenuto un secondo incontro al Ministero, anche questo concluso con un nulla di fatto, e al quale non si sono presentati Poste Italiane e PH Facility;
   i problemi e le carenze fin qui evidenziati riguardano molteplici aspetti: relativamente al personale, sia perché viene meno la garanzia di adeguati standard di sicurezza sul posto di lavoro, sia perché gli interventi richiesti ai tecnici sono diminuiti in termini di quantità e di efficacia; relativamente al servizio postale universale, così come rappresentato anche dalla Carta della qualità di Poste italiane; relativamente all'utenza, che con grave danno si vede recapitare la posta con molti giorni di ritardo. Tali disagi, se connessi ad attività commerciali, sono ancora più dannosi, dato che, ad esempio, chi riceve in ritardo la corrispondenza inerente fatturazioni deve pagarne la relativa mora, essendo infatti difficile dimostrazione il preciso momento di consegna della corrispondenza medesima –:
   se i Ministri interessati siano a conoscenza dell'intera situazione;
   quali iniziative intendano assumere per attuare tutte le procedure necessarie al fine di fare luce sui fatti sopra descritti, in particolare verificando per quanto di competenza che gli standard di qualità del servizio postale universale corrispondano a quanto previsto dalla normativa di legge in tema di servizi pubblici e siano rispettosi della Carta della qualità del servizio postale universale;
   quali iniziative si intendano assumere affinché il tavolo di confronto con Poste italiane, Selex ES, PH Facility, Logos, Stac e le organizzazioni sindacali, possa finalmente portare ad un protocollo d'intesa che salvaguardi tutte le unità lavorative del servizio di manutenzione dei centri meccanizzati postali, valutando la possibile riallocazione presso Poste italiane del personale considerato eccedente, ferma restando la verifica che il personale applicato alla manutenzione sia effettivamente in possesso dei requisiti necessari a svolgere con professionalità l'attività richiesta, e non risultino mere unità atte solo a garantire un numero minimo di personale occupato. (4-03257)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione in esame anche sulla base degli elementi forniti dalla società Poste italiane che ha rappresentato quanto segue.
  La gara espletata nel maggio 2004, avente ad oggetto i servizi di manutenzione e di assistenza tecnica degli impianti presenti presso i Centri di meccanizzazione postale (Cmp), veniva aggiudicata al consorzio RTI Elsag spa Finmek.
  Con il succitato consorzio veniva stipulato, in data 23 maggio 2005, un contratto di appalto della durata di quattro anni, successivamente prorogato fino al 31 luglio 2012.
  A partire dal 2007 il servizio è stato assicurato con il coinvolgimento, in subappalto, principalmente delle imprese Stac Italia e Logos.
  In data 10 novembre 2011 veniva indetta, per tali servizi, una nuova gara, era stata annullata a causa della non conformità ai requisiti tecnici richiesti dell'unica offerta, presentata da RTI Selex ES-Stac Italia-Logos.
  Il 28 dicembre 2013 Poste italiane attivava una ulteriore procedura per i medesimi servizi di manutenzione, suddivisa in due lotti. A tale procedura di gara partecipavano il RTI Selex ES S.p.A.-PH Facility S.r.l. e il RTI Siemens S.p.A.-Stac Italia S.r.l., mentre la società Logos non aderiva.
  L'offerta economicamente più vantaggiosa veniva formulata dal raggruppamento Selex ES S.p.A.-PH Facility che si aggiudicava entrambi i lotti. La società Stac Italia, che concorreva in RTI con Siemens S.p.A., presentava, pertanto, ricorso presso il tribunale amministrativo regionale del Lazio.
  La società Poste italiane ha, inoltre, precisato che non potendo stipulare il nuovo contratto in pendenza del suddetto ricorso, aveva prorogato fino al 30 settembre 2013 il precedente contratto stipulato con Selex ES S.p.A. e relative ditte sub-appaltatrici Stac e Logos, al fine di garantire la continuità del servizio.
  Successivamente, essendosi concluso con esito favorevole per Poste Italiane la fase cautelare del predetto contenzioso dinanzi al tribunale amministrativo regionale si procedeva alla stipula del nuovo contratto con il RTI Selex ES S.p.A.-PH Facility.
  Detto raggruppamento di imprese, dopo il mese di affiancamento all'impresa uscente, contrattualmente previsto, a partire dal 1o novembre 2013, assicura i servizi di manutenzione e di assistenza tecnica degli impianti presso i centri di meccanizzazione postale.
  Poste italiane ha, inoltre, precisato che il capitolato relativo alla gara vinta dal RTI Selex-PH Facility prevedeva, nell'ambito del meccanismo dell'offerta economicamente più vantaggiosa, l'assegnazione di uno specifico punteggio tecnico alle imprese partecipanti che si impegnavano ad assumere e/o a mantenere in servizio quota parte del personale già operante.
  La società ha reso noto, altresì, che al momento dell'individuazione e assegnazione dei siti presso i quali svolgere i servizi di manutenzione e assistenza tecnica, si è dovuto tenere conto dei vincoli organizzativi e delle modifiche previste dal complessivo piano di riassetto della rete logistica dei servizi postali, di cui al recente accordo del 28 febbraio 2013 che ha ridimensionato il numero degli stabilimenti e degli impianti di smistamento e, di conseguenza, delle relative attività.
  L'avvicendamento nel citato contratto di manutenzione ha determinato l'avvio di una vertenza sindacale per il mantenimento dei livelli occupazionali del personale delle ditte uscenti (Stac Italia S.r.l. e Logos S.p.A.), caratterizzata da azioni di protesta che hanno determinato riduzioni e ritardi degli interventi di assistenza programmata e manutenzione negli stabilimenti, nonché abbandono del posto di lavoro da parte del personale tecnico di turno negli impianti dei centri di meccanizzazione postale. Le citate azioni di protesta hanno prodotto, a partire dal mese di ottobre 2013, alcune criticità e rallentamenti nelle lavorazioni di smistamento presso alcuni centri di meccanizzazione postale, comunque tempestivamente fronteggiate dall'azienda.
  Dal mese di settembre 2013, risulta che la società PH Facility abbia avviato un tavolo di confronto con le parti sociali di riferimento, per poter raggiungere un accordo complessivo, riguardante soprattutto i passaggi di risorse da realizzare al momento del subentro. Purtroppo da questo confronto non è emersa la possibilità di una intesa. Per questa ragione l'Unità gestione vertenze presso il Ministero dello sviluppo economico si è attivata nello scorso mese di settembre per ricercare le condizioni di una intesa che coinvolga tutti i soggetti interessati, con la finalità di offrire una opportunità di lavoro a tutti coloro che in precedenza erano occupati nei centri di meccanizzazione postale alle dipendenze di Logos e Stac.
  Il confronto è tutt'ora in corso. Nell'incontro svolto lo scorso 22 gennaio 2014 è stata prospettata una ipotesi generale di accordo che le organizzazioni sindacali stanno verificando con i loro rappresentati. È previsto un incontro conclusivo entro il 31 gennaio 2014.
  Va richiamato, infine, che la società Poste italiane non ha ritenuto di partecipare al tavolo di confronto convocato presso il Ministero dello sviluppo economico e si è riservata di valutare il contenuto della intesa per decidere la eventuale sottoscrizione.
  In ogni caso l'azienda ha garantito la massima attenzione nei confronti del personale in eccedenza, ribadendo che la citata riorganizzazione non comporterà alcun licenziamento.
  Per quanto concerne invece il quesito relativo alle verifiche sugli
standard di qualità del servizio postale universale, si fa presente che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) è l'organo competente in materia di regolazione e vigilanza sul settore postale. In merito alle criticità segnalate nell'atto in questione relative alla gestione dei centri di meccanizzazione postale, la stessa ha già provveduto a chiedere ragguagli alla società Poste italiane a seguito di segnalazioni pervenute, aventi ad oggetto disservizi riscontrati presso i centri di meccanizzazione postale di Milano, Roma Fiumicino e Firenze.
  La società ha riscontrato tale richiesta, rappresentando che i rallentamenti dell'operatività dei centri di smistamento postali sono riconducibili al cambio di conduzione del contratto di manutenzione – affidato a mezzo gara – che ha generato azioni di protesta per il mantenimento dei livelli occupazionali da parte del personale delle ditte uscenti. Tali rallentamenti hanno riguardato principalmente la corrispondenza voluminosa e la posta commerciale, la cui ripartizione viene effettuata con impianti di smistamento che necessitano, per un funzionamento ottimale, di una frequente attività di manutenzione. Inoltre, la società ha puntualizzato che i rallentamenti hanno riguardato corrispondenza con livelli di servizio pari a 5/7 giorni lavorativi, concordati con il cliente, per i quali è stato possibile recuperare, in fase di recapito, il rallentamento subito in fase di smistamento. Con particolare riferimento ai centri di meccanizzazione di Milano, Roma e Firenze viene sottolineato che non si può parlare di giacenze ma di posta in via di smistamento, in quanto, la relativa lavorazione avviene nell'arco di una giornata e quindi nella norma. Infine Poste italiane S.p.A. ha assicurato che, attualmente, con l'avvio del nuovo contratto per la manutenzione degli impianti a partire dal 1o novembre 2013, la situazione è in fase di normalizzazione. In merito, infine, a quanto riportato nel testo dell'atto in esame sulle cosiddette «lettere civetta» risulta che Poste italiane sul punto sta effettuando approfondite verifiche.
  I profili segnalati saranno comunque oggetto di monitoraggio da parte dell'Agcom, nell'ambito dell'attività di vigilanza di propria competenza che viene svolta con continuità.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoClaudio De Vincenti.


   NESCI, MASSIMILIANO BERNINI, NICOLA BIANCHI, BONAFEDE, BRESCIA, BUSINAROLO, CECCONI, CHIMIENTI, COLLETTI, COZZOLINO, D'AMBROSIO, DE LORENZIS, DI BENEDETTO, LUIGI DI MAIO, DIENI, FICO, GAGNARLI, GALLINELLA, SILVIA GIORDANO, GRILLO, L'ABBATE, LOREFICE, MICILLO, MUCCI, NUTI, PARENTELA, SARTI, TOFALO, TURCO, VACCA e VILLAROSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 10 maggio 2013 il giornalista Roberto Galullo, del quotidiano economico Il Sole 24 Ore, ha scritto sul suo blog che ad Angela Napoli, già membro della Commissione parlamentare antimafia, è stato ridotto il livello di tutela da parte dello Stato, passato da 2 a 4 con conseguente perdita della macchina blindata, dell'autista e dell'agente di cui disponeva per gli spostamenti;
   come si evince dalle cronache, la ex parlamentare è stata più volte minacciata dalla criminalità organizzata per causa delle sue denunce e attività di contrasto, sia istituzionali che politiche, le quali hanno avuto effetti importanti nella lotta dello Stato all'antistato;
   il lungo lavoro istituzionale dell'onorevole Napoli, per tre mandati in Commissione Antimafia, ha comportato, unitamente al fatto di essere donna e calabrese, una obiettiva e fisiologica esposizione della medesima, anche per l'attenzione di vari media italiani rispetto alle vicende della ’ndrangheta e alle azioni e dichiarazioni della ex parlamentare, indipendenti – come è riscontrabile, per esempio, dagli archivi dei giornali Il Corriere della Sera o La Repubblica – dall'appartenenza a un partito o a uno schieramento politico;
   nello scorso gennaio è emerso da una captazione nel carcere di Tolmezzo (Udine) – figura nel medesimo post del suddetto giornalista di Il Sole 24 Ore – che il presunto boss Pantaleone Mancuso confidò di orditure per l'uccisione dell'onorevole Napoli, che vive prevalentemente in Calabria, lì continuando a svolgere attività politica centrata sulla legalità e sulla giustizia;
   con la riduzione in argomento passa, secondo l'interrogante, un messaggio di debolezza dello Stato e, addirittura, di palmare dissuasione del contrasto politico, istituzionale e culturale della ’ndrangheta calabrese –:
   quali siano le ragioni per cui all'onorevole Angela Napoli è stato recentemente assegnato un livello di vigilanza corrispondente a 4, che non prevede l'auto blindata, l'agente di tutela e l'autista di servizio, nonostante l'episodio relativo alla riportata captazione;
   quali siano le misure adottate per tutelare la ex parlamentare, anche in considerazione della recente minaccia pronunciata dal predetto Mancuso;
   se non ritengano opportuno potenziare la vigilanza e la tutela nei confronti dell'onorevole Napoli, anche per consentirle, nel rispetto della Costituzione, di partecipare alla vita democratica attraverso la rimozione di situazioni di potenziale rischio per la sua incolumità, che ostacolerebbero la prosecuzione della sua attività politica. (4-00430)

  Risposta. — In merito alla questione sollevata dall'interrogante, si rappresenta che le misure di protezione sono adottate a seguito di approfondite valutazioni sull'effettivo rischio personale sia in sede locale, con la proposta del prefetto sulla base delle risultanze della riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, sia in sede centrale dall'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (ucis) per le definitive determinazioni.
  In particolare, per le persone che hanno ricoperto cariche pubbliche, la valutazione sull'effettivo livello di rischio è volta a verificare l'attualità o meno dell'esposizione al pericolo.
  La materia è stata oggetto di alcuni correttivi, apportati dai decreti del Ministro dell'interno del 23 novembre 2011 e del 3 dicembre 2012, nella prospettiva di una razionalizzazione dell'uso delle scorte e del contenimento dei costi.
  Nel caso specifico, riguardante l'onorevole Angela Napoli, si rappresenta che sin dal febbraio 1999, nei confronti dell'ex parlamentare, sono stati adottati dispositivi di protezione consistenti in una vigilanza generica radiocollegata presso l'abitazione e la segreteria politica per le minacce di morte che l'onorevole Angela Napoli subiva, collegate alla sua attività politica di denuncia di organizzazioni criminali calabresi.
  A partire dal 2002, in funzione degli incarichi istituzionali svolti e di alcuni episodi intimidatori, sono state disposte più incisive misure di protezione, da ultimo, un servizio di scorta di terzo livello (auto blindata con scorta armata).
  Lo scorso 6 maggio, in sede di revisione periodica dei dispositivi di tutela e in considerazione della cessazione dalle funzioni parlamentari, è stata disposta la rimodulazione della misura al quarto livello (auto non protetta con scorta armata).
  Si fa presente, infine, che sulla base delle preoccupazioni emerse in merito alla sicurezza personale dell'interessata, la situazione è stata riesaminata dall'ucis che ha ripristinato la tutela di terzo livello, integrata – limitatamente al territorio di Reggio Calabria – da un servizio di vigilanza generica radiocollegata.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   OLIVERIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata dal 13 giugno iscritti e dirigenti alla Cgil picchetteranno le porte dell'ingresso principale dell'ospedale civile San Giovanni di Dio di Crotone, con la presenza annunciata dei massimi dirigenti regionali di categoria e confederali e di Salvatore Chiaramonte, della segreteria nazionale Funzione pubblica (Fp-Cgil), per protestare contra le gestione sempre più scriteriata della sanità crotonese e contro il licenziamento discriminatorio di uno dei 130 precari ex obiettivo lavoro (Antonio Vasapollo) assorbiti dalla società privata Gesan srl;
   il licenziamento, per i sindacati, sarebbe avvenuto non tenendo conto delle normali procedure che regolano i rapporti tra i lavoratori, ma solo perché lo stesso rivestirebbe la qualifica di delegato sindacale della cgil;
   il segretario provinciale della Fp-Cgil di Crotone, Franco Grillo, ha già provveduto a chiedere un incontro con il direttore generale dell'Asp competente, Antonio Rocco Nostro, al fine di verificare quale siano le effettive motivazioni che abbiano portato al licenziamento del lavoratore, delegato sindacale della cgil;
   il signor Antonio Vasapollo per quasi venti anni ha prestato servizio presso il presidio ospedaliero di Crotone; molte pertanto sarebbero le perplessità, circa la motivazione che la mancata riassunzione del lavoratore sia dovuta al non superamento del periodo di prova necessario per la riassunzione –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza del fatto rappresentato e quale sia il loro orientamento in ordine alle iniziative da assumere in merito alla presunta ingiustizia compiuta;
   se i Ministri interrogati non ritengano necessario verificare se la società privata Gesan srl abbia rispettato, nell'adottare la scelta del licenziamento, tutte le norme a tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. (4-00942)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con cui si chiede se siano state rispettate le norme a tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici nella scelta, da parte della società privata Gesan s.r.l., di licenziare il signor Antonio Vasapollo, si rappresenta quanto segue.
  Si precisa preliminarmente che in caso di licenziamento del lavoratore, la sede appropriata per la tutela dei suoi diritti è quella giurisdizionale, e che, comunque, questo Ministero non dispone allo stato di elementi per affermare se il licenziamento in questione sia stato effettivamente disposto per motivi discriminatori in ragione delle attività sindacali svolte dal signor Vasapollo.
  Tuttavia, la presente interrogazione fornisce l'occasione per richiamare l'attuale stato della normativa e della giurisprudenza in tema di licenziamenti discriminatori. Al riguardo si osserva che tale figura è attualmente disciplinata dall'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento) e dall'articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108 (Disciplina dei licenziamenti individuali).
  Le suddette disposizioni normative, arricchitesi nel corso degli anni con interventi della normativa di derivazione comunitaria, sanciscono la nullità del licenziamento dettato da ragioni di ordine sindacale, politico, religioso, razziale, di lingua, di sesso, di handicap, di età o basate sull'orientamento sessuale.
  Spetta tuttavia al lavoratore dimostrare l'origine discriminatoria del licenziamento, pur potendo avvalersi del regime probatorio agevolato stabilito dai decreti legislativi n. 215 (Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica) e n. 216 (Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro) ambedue del 9 luglio 2003 (articolo 4), e dal decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (articolo 44) recante Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
  Detto licenziamento è nullo indipendentemente dal numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro ed a prescindere dalle motivazioni addotte, anche se riferito ai dirigenti e ai lavoratori in prova.
  Gli effetti del recesso da parte del datore di lavoro sono quelli previsti dai primi due commi dell'articolo 18 della legge n. 300 del 1970 come recentemente novellati dalla legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), i quali stabiliscono la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità, nella misura di un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. La misura del risarcimento non può in ogni caso essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale. Il datore di lavoro è condannato inoltre per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiCarlo Dell'Aringa.


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il segmento del corriere espresso ha raggiunto in Italia un fatturato complessivo superiore ai 2,4 miliardi di euro, con andamento (+1 per cento giugno 2012 su giugno 2011), che gli ha permesso di essere l'unico comparto del settore autotrasporti (-5 per cento nello stesso periodo) a mantenere un trend di crescita nel 2012;
   non esistono dati attendibili sul numero degli autisti impiegati, ma che i dati sui volumi parlano di oltre 140 milioni di colli annui consegnati;
   il mercato è dominato da grandi gruppi nazionali multinazionali (Dhl express Italy, Sda Express courier, Tnt express Italy, Ups, Brt corriere espresso), che insieme assommano la quasi totalità del fatturato nazionale;
   la stretta connessione con il settore dell’e-commerce, a sua volta in forte sviluppo, lascia prevedere significative possibilità di crescita per i prossimi anni;
   stiamo quindi parlando di un settore dinamico, caratterizzato dalla presenza di pochi player con grandi capacità finanziarie e di pianificazione, capaci di generare utili importanti tanto su scala globale, quanto in riferimento al mercato italiano;
   l'organizzazione del servizio nel nostro Paese pare aver trovato la propria forma consolidata nell'esternalizzazione dei servizio di consegna a cooperative di ridotte dimensioni e capacità finanziaria;
   i contratti stipulati con tali cooperative avrebbero caratteristiche tali da renderli di fatto incompatibili con lo svolgimento del servizio secondo le prescrizioni del Contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria e i costi standard del settore trasporti;
   esistono evidenze facilmente riscontrabili di anomalie nelle buste paga dei lavoratori e delle lavoratrici del settore, con presenza anomala di voci quali rimborsi spese e trasferte, a fronte di contratti part-time –:
   se tale situazione, già ripetutamente denunciata, dai mezzi di informazione, risulti come nota al Governo, o se esso abbia invece informazioni diverse;
   se, in caso di riscontro negativo, non intenda attivare, data la rilevanza quantitativa dei lavoratori e delle lavoratrici coinvolte, e la dimensione complessiva del settore, un'indagine per verificare la diffusione di eventuali pratiche estranee al pieno rispetto della legalità;
   se, qualora il quadro informativo sia invece sufficientemente esaustivo, non ritenga opportuno demandare alle strutture territoriali dello Stato competenti l'avvio di una fase di controlli diffusi, volti a determinare un ripristino delle condizioni di rispetto dei contratti e delle leggi. (4-00706)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente situazioni di irregolarità nel settore dei servizi di consegna, si rappresenta quanto segue.
  Uno dei principali settori di intervento dell'azione ispettiva svolta sul territorio nazionale da parte di questo Ministero è da sempre costituito propriamente dalla prevenzione e repressione del lavoro sommerso, anche al fine di assicurare una reale tutela dei diritti inviolabili dei lavoratori e di garantire la tutela della regolarità e della sicurezza dei rapporti di lavoro.
  Anche nella programmazione dell'attività di vigilanza per l'anno in corso, è stato ritenuto prioritario l'obiettivo di garantire «l'effettivo esercizio di diritti del lavoratore attraverso la verifica della concreta osservanza della normativa lavoristica», mediante un assiduo controllo finalizzato ad evitare il ricorso, da parte delle aziende, al lavoro sommerso, ovvero l'uso distorto di fattispecie contrattuali. Inoltre, anche quest'anno è stata rivolta particolare attenzione agli accertamenti sulle forme di decentramento ed esternalizzazione dei processi produttivi e delle modalità attuative degli appalti, anche pubblici, in diversi ambiti merceologici, coinvolgendo principalmente «le società cooperative, con particolare riferimento al settore della logistica, del facchinaggio e dei servizi alla persona, settori verso i quali, pertanto, si concentreranno gli accertamenti ispettivi, volti a ricostruire la filiera degli appalti privati e pubblici» (documento di programmazione dell'attività di vigilanza per l'anno 2013).
  Proprio con riferimento al fenomeno cooperativistico, la Direzione generale per l'attività ispettiva di questo Ministero ha precisato, in alcune circolari agli uffici periferici, l'opportunità di intensificare i controlli al fine di garantire ai soci lavoratori e ai dipendenti delle realtà cooperative un trattamento economico minimo pari a quello previsto dai contratti stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, non solo in chiave di tutela salariale di tali lavoratori, ma anche quale strumento di «politica
anti-dumping» sociale e contrattuale, in un contesto settoriale notevolmente caratterizzato da lavorazioni in appalto, «labour intensive».
  In questa ottica, inoltre, sia la Direzione generale per l'attività ispettiva che gli uffici ispettivi del territorio hanno costantemente dedicato particolare attenzione a tali fenomeni, predisponendo mirate azioni di vigilanza.
  Nello specifico, ad esempio, sono state svolte verifiche ispettive, su tutto il territorio nazionale, nei confronti di una delle società nominate nell'interrogazione, e si è avuto riscontro di numerose irregolarità – già oggetto di una precedente interrogazione parlamentare – con riferimento al lavoro nero, all'evasione contributiva, al mancato rispetto della normativa sull'orario di lavoro e di quella sugli appalti, nonché diverse infrazioni di carattere amministrativo ed in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro.
  Il fenomeno descritto è comunque oggetto di costante attenzione, anche nell'ambito della prossima programmazione delle attività ispettive sul territorio.
  È auspicabile che nel prossimo futuro sia possibile incrementare ulteriormente il livello quantitativo delle attività di ispezione e vigilanza anche in questo delicato settore.
  Sotto questo aspetto mi sembra importante richiamare la previsione dell'articolo 14 del decreto-legge n. 145 del 23 dicembre 2013 (cosiddetto «Destinazione Italia») che ha previsto l'assunzione straordinaria di 250 nuovi ispettori del lavoro proprio «al fine di rafforzare l'attività di contrasto al fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare e di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro».

Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   PALMIZIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa comparse già dalla data del 16 settembre 2011 e successive si apprendeva che la compagnia dei carabinieri di Medicina, centro nevralgico posto nella provincia di Bologna, sarebbe stata prossima alla chiusura a causa di una struttura di caserma non adeguata e soprattutto per un non meglio specificato progetto di riorganizzazione e di contenimento delle spese;
   se tale notizia fosse confermata, a Medicina, cittadina di 18.000 abitanti circa, rimarrebbe operativa la sola caserma che, come nelle piccole frazioni, svolgerebbe orari di ufficio. La chiusura della compagnia, che annovera ben cinque comuni nel territorio di sua competenza per un comprensorio di oltre 80.000 abitanti, porterebbe ad un inevitabile smembramento del territorio che in parte andrebbe in capo alla compagnia di Imola e in parte alla compagnia di Molinella e in parte alla compagnia di San Lazzaro di Savena;
   a giudizio dell'interrogante, il territorio che attualmente copre la compagnia di Medicina è decisamente non esiguo e soprattutto, in considerazione del fatto che è una zona completamente urbanizzata con piccoli centri ma soprattutto con una miriade di piccolissime frazioni o addirittura con casali e case coloniche del tutto isolate con evidenti problemi di sicurezza e controllo del territorio;
   l'attuale struttura è proprietà dello Stato e sarebbe sufficiente risistemarla;
   questa fase di incertezza che dura da più di due anni ha fatto sì che il personale uscente non fosse rimpiazzato costringendo il personale rimasto a turni massacranti e comunque insufficienti al controllo di un territorio così esteso –:
   se rispondano a verità le notizie di stampa apparse negli ultimi giorni secondo le quali si sarebbe in procinto di chiudere la compagnia dei carabinieri di Medicina;
   nel caso in cui tale progetto di smantellamento fosse confermato, se i Ministri interrogati intendano specificare in dettaglio i motivi che avrebbero indotto tale decisione, soprattutto in considerazione del disagio e del grave disservizio che tale scelta comporterebbe per un comune, come Medicina, di oltre 18.000 abitanti, e di notevole estensione, posto a cavallo tra le province di Bologna e Ferrara, il quale verrebbe ridotto al rango di piccola e sperduta frazione. (4-02754)

  Risposta. — Con l'atto in esame l'interrogante ha chiesto di conoscere i motivi che sono alla base della decisione di chiudere la compagnia carabinieri di Medicina, in provincia di Bologna.
  Com’è noto, il dispositivo territoriale dell'Arma dei carabinieri è costantemente sottoposto a sistematici adeguamenti della distribuzione dei presidi sul territorio, attraverso un'analisi che tiene conto di parametri riferiti alla popolazione, alla delittuosità, agli aspetti di carattere infrastrutturale e logistico, in piena sintonia con le altre forze dell'ordine. Nel caso riferito dall'interrogante la proposta di soppressione della compagnia carabinieri rientra in un più ampio progetto di razionalizzazione dei presidi presenti sul territorio nazionale.
  Invero, il comando provinciale ha elaborato un piano che prevede l'elevazione a tenenza della locale stazione carabinieri con la conseguente variazione dell'organico che passerebbe da 12 a 22 unità; le altre stazioni dell'Arma attualmente dipendenti dalla compagnia di Medicina farebbero capo alle compagnie di Imola, Molinella e San Lazzaro di Savena, senza alcuna conseguenza sull'ubicazione e sull'organico.
  La proposta è stata attentamente valutata nell'ambito di una riunione tecnica di coordinamento delle Forze di polizia e favorevolmente accolta dal Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica. In quella sede sono state condivise le motivazioni di fondo dell'iniziativa, volte ad evitare la polverizzazione del personale e delle risorse sul territorio. Il provvedimento, infatti, permetterà il recupero di numerose unità di personale che, attualmente impegnate in incarichi di natura burocratica, saranno prioritariamente destinate al potenziamento di reparti impiegati in attività di controllo del territorio.
  A ciò vanno aggiunte le considerazioni in ordine alle esigenze di contenimento della spesa pubblica, essenzialmente riconducibili ai rilevanti oneri finanziari necessari al pagamento dei canoni di locazione degli immobili sedi dei comandi.
  Tali motivazioni sono state condivise anche dai sindaci dei comuni interessati, pure presenti alla riunione del Comitato, i quali hanno espresso l'auspicio che il personale in tal modo «recuperato» possa essere impiegato nell'incremento dei servizi di controllo del territorio, da rendere ancora più mirati ed efficaci.
  Il comando provinciale dell'Arma dei carabinieri ha inoltre assicurato che la riorganizzazione continuerà a garantire nel comune di Medicina un assetto operativo – retto da un ufficiale – che consentirà di effettuare un'attività di vigilanza continuativa e servizi di prevenzione nelle 24 ore, associata ad un'adeguata azione investigativa.
  Verrà, inoltre, assicurata una bilanciata e omogenea distribuzione dei reparti e dei carichi operativi tra le vicine compagnie di Imola, San Lazzaro di Savena e Molinella.
  Si rappresenta infine che, per quanto riguarda il rapporto tra le forze dell'ordine e la popolazione residente sul territorio, la rimodulazione proposta consentirà di garantire un rapporto di 1 carabiniere per 683 abitanti, dato sensibilmente più favorevole rispetto a quelli della provincia di Bologna (1 per 908) e persino a quelli nazionali (1 per 798).
  Queste le considerazioni e le valutazioni in merito all'impatto della prospettata riorganizzazione sulla gestione dell'ordine pubblico e sulla predisposizione dei servizi di sicurezza e di controllo del territorio.
  Si rappresenta altresì che su conforme avviso del prefetto di Bologna, in data 3 dicembre 2013, è stato comunicato al dicastero della difesa il relativo «nulla osta» del Ministro dell'interno e il parere favorevole del Dipartimento di pubblica sicurezza. La procedura dovrà essere definita a cura del Comando generale dell'Arma dei carabinieri.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   PANNARALE, FRATOIANNI, COSTANTINO, PILOZZI e DURANTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   gli ultimi dati ufficiali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al 28 febbraio 2013, indicano 7.066 minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio nazionale, di cui 1.465 sarebbero irreperibili e almeno 3.000 non usufruirebbero dell'ospitalità presso strutture idonee all'accoglienza di soggetti minorenni;
   l'articolo 28, comma 3, del Testo unico sull'immigrazione stabilisce che in tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali «deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo», in conformità con quanto previsto dalla convenzione dei diritti del fanciullo, ratificata con legge n. 176 del 1991 e, in particolare, dall'articolo 3, comma 1: «In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente»;
   la normativa italiana, ai sensi del Testo unico n. 286 del 1998, nonché dell'articolo 403 del codice civile, prevede che il minore non accompagnato sia inespellibile, che sia collocato dalla pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia «in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione»;
   il tribunale dei minori di Bari, in data 14 ottobre 2013, con lettera indirizzata al prefetto di Foggia, alla direzione generale per l'immigrazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al presidente della provincia di Foggia, alla Garante per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza della regione Puglia, e per conoscenza al sindaco di Foggia, ha segnalato la gravissima situazione in cui versano sette stranieri minori non accompagnati che, nonostante la condizione di minore età, si trovano tuttora presso il CARA di Foggia;
   nella medesima lettera il tribunale dei minorenni di Bari sollecita le autorità in indirizzo ad intraprendere le iniziative di rispettiva competenza, per fare in modo che i minori vedano affermati i propri diritti, riservandosi la trasmissione degli atti al titolare dell'azione penale, qualora la grave situazione di illegalità dovesse protrarsi;
   le procedure ordinarie riguardanti i sistemi di protezione dei minori stranieri non accompagnati e dei minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo, come espresso in una nota pubblicata sul sito istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il 14 gennaio 2013, e precisato nella circolare congiunta del 24 aprile 2013 del Ministero dell'interno e di quello del lavoro e delle politiche sociali, stabiliscono che «nel caso in cui la presenza di un minore straniero non accompagnato venga rilevata sul territorio nazionale, i pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio e gli enti, in particolare quelli che svolgono attività sanitarie o di assistenza, sono responsabili per il collocamento del minore in luogo sicuro. Il collocamento del minore in una struttura di accoglienza autorizzata/accreditata comporta la sua presa in carico da parte dei servizi sociali del Comune nel cui territorio la struttura è presente e la richiesta di apertura della tutela nei suoi confronti”;
   il comune di Foggia, in data 9 luglio 2013, con lettera dell'assessorato alle politiche sociali, ha comunicato l'indisponibilità dell'amministrazione a prendere in carico le numerose richieste di collocamento di «sedicenti minori» presenti nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Borgo Mezzanone, in ragione della condizione di insostenibilità finanziaria derivante dalla situazione economica dell'ente e ha ribadito alla prefettura la richiesta di un criterio di più equa ripartizione e presa in carico dei minori stranieri non accompagnati tra i comuni dell'intero territorio provinciale;
   le procedure seguite per l'accertamento dell'età sono imprecise e scarsamente attendibili. Si continua a segnalare che, in caso di dubbio rispetto alla maggiore o minore età, non venga data la possibilità di produrre documenti anagrafici anche attraverso il contatto con le Autorità consolari competenti (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 535 del 1999, articolo 5, comma 3) e si preferisca invece ricorrere ad esami medici non idonei, quale quello radiografico del polso, in assenza peraltro di professionalità e strumentazioni adeguate;
   nel tentativo di uniformare le procedure nazionali per l'accertamento dell'età, nel 2009, a livello interministeriale, è stato prodotto il cosiddetto «protocollo Ascone», che prevede un approccio multidisciplinare per l'accertamento medico dell'età, con la garanzia di personale specializzato, dell'assistenza del tutore e del consenso dello stesso minore agli esami medici, protocollo ad oggi non ancora applicato, con grave lesione dei diritti dei minori stranieri non accompagnati;
   il Governo in questi anni è stato più volte condannato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, a causa del mancato rispetto dei diritti dei migranti e delle condizioni degradanti e disumane dei centri che ospitano gli stessi;
   le diffuse e gravi condizioni di sovraffollamento dei CARA, cui sono soggetti quotidianamente i migranti ivi ospitati, se vissute dai minori, non possono che rappresentare un'ulteriore violazione di diritti, in quanto costituiscono un chiaro ostacolo alla necessità di spazi di accoglienza dedicati e determinano condizioni igienico-sanitarie precarie, oltre che un disagio sociale e un rischio elevato in termini di potenziale coinvolgimento in situazioni di conflittualità;
   nonostante la normativa italiana stabilisca che per i minori la nomina del tutore deve avvenire in tempi particolarmente rapidi e, nel caso di minori richiedenti protezione internazionale, entro un termine di 48 ore dalla manifestazione della volontà, nella prassi tale tempistica stringente è puntualmente disattesa, e tutto ciò a discapito dei diritti dei minori –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione che ha luogo nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Foggia, rispetto a quanto illustrato in premessa, nonché, più in generale, della prassi non conforme alla normativa vigente di collocare i minori stranieri non accompagnati nei Centri di accoglienza per richiedenti asilo;
   quali iniziative urgenti il Governo intenda intraprendere per trovare soluzioni immediate e durature alle problematiche descritte;
   quali soluzioni strutturali il Governo ritenga di porre in essere per monitorare e riorganizzare il sistema dell'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e per affrontare la complessa questione degli oneri finanziari dell'accoglienza, a partire dal fondo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, pregiudicato da risorse inadeguate e incerte;
   se i Ministri interrogati, anche alla luce delle ultime tragedie nel Mediterraneo, non ritengano urgente procedere al ripensamento dell'intero sistema dell'accoglienza e della protezione internazionale. (4-02207)

  Risposta. — Attualmente, presso il Centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara) di Borgo Mezzanone non sono presenti minori stranieri non accompagnati. Infatti, i minori che erano presenti nella struttura alla data di presentazione dell'interrogazione sono stati collocati in una comunità di accoglienza per minori a Cerignola (Foggia), in attesa di essere inseriti in appositi progetti Sprar, come previsto dalla normativa vigente.
  La loro situazione era stata segnalata – con nota del 14 ottobre 2013 – dal tribunale per i minorenni di Bari, che aveva evidenziato le criticità connesse alla loro presenza presso il Cara, sollecitandone la collocazione presso una comunità di accoglienza. Di conseguenza, il comune di Foggia – su impulso del prefetto – ha proceduto all'immediata collocazione di tutti i minori in strutture idonee.
  Al fine di evitare che casi analoghi si verifichino ancora, il prefetto di Foggia ha convocato una apposita riunione della sezione minori del Consiglio territoriale per l'immigrazione, a cui hanno partecipato tutti gli enti e gli organismi coinvolti nelle procedure relative all'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati: il tribunale per i minorenni di Bari e la Procura della Repubblica, l'ufficio del garante della regione Puglia per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, le organizzazioni umanitarie internazionali, l'Unar della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Durante tale riunione sono state definite le linee guida cui attenersi in ambito provinciale al fine di provvedere adeguatamente ai minori stranieri non accompagnati secondo quanto previsto dalla normativa. In particolare, l'ente gestore del Cara, in presenza di ospiti che dichiarino di essere minorenni e non accompagnati, provvede a comunicarlo tempestivamente, per iscritto, ai seguenti enti, per l'adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza: il procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minori e il giudice tutelare per la nomina del tutore, fornendo i riscontri sanitari relativi all'accertamento della minore età; all'Ufficio territoriale del Governo e l'Ufficio minori e immigrazione della questura; i servizi sociali del comune; la commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale; all'organizzazione internazionale Save the Children.
  Nel caso in cui persone che si dichiarano minori stranieri non accompagnati siano rintracciate nel territorio provinciale, analoga comunicazione viene assicurata dalla prefettura, mentre i servizi sociali del comune nel cui territorio il minore è stato rintracciato assicurano la prima sistemazione alloggiativa, assumendo su di sé il relativo onere economico, salvo successivamente avvalersi del rimborso prescritto dalla normativa.
  Per quanto concerne, invece, le procedure di rilevamento dell'età – in ottemperanza alla normativa nazionale e internazionale in tema di accertamento dello
status di minore – in caso di dubbio, si applica la presunzione della minore età, criterio sancito formalmente anche nel protocollo Ascone, menzionato nel testo dell'interrogazione.
  Più in generale, per quanto riguarda il sistema di accoglienza e protezione dei minori stranieri non accompagnati rintracciati sul territorio nazionale, le relative procedure sono state definite in occasione della chiusura dello stato di emergenza umanitaria connesso alla crisi in Nord Africa, in seguito al rientro delle amministrazioni competenti nella gestione ordinaria (con circolare congiunta del Ministero dell'interno e del Ministero del lavoro del 24 aprile scorso). In particolare, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è competente per i minori stranieri non accompagnati, cioè coloro che non hanno presentato domanda di asilo, mentre il Ministero dell'interno è competente esclusivamente per i minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo.
  Nel caso in cui la presenza di un minore straniero non accompagnato venga rilevata sul territorio nazionale, la procedura ordinaria prevede il suo collocamento in una struttura di accoglienza autorizzata o accreditata e la sua presa in carico da parte dei servizi sociali del comune nel cui territorio è presente la struttura. La copertura dei relativi oneri è a carico del Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il 9 ottobre 2013, il Governo ha incrementato tale fondo di 20 milioni di euro.
  Per quanto riguarda i minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo, si ricorda che, con decreto del Ministro dell'interno del 30 luglio 2013, la capacità di accoglienza dello Sprar è stata ampliata a 16.000 posti per il triennio 2014/2016. Infine, proprio in considerazione della necessità di reperire ulteriori strutture di accoglienza, l'8 gennaio 2014 è stata inoltrata a tutti i prefetti una circolare per l'individuazione e l'attivazione, in raccordo con gli enti locali, di ulteriori strutture di accoglienza temporanea nei territori di rispettiva competenza.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoDomenico Manzione.


   PASTORINO, SCHIRÒ, ANTIMO CESARO, SBERNA, GUERRA, LORENZO GUERINI, DECARO, VECCHIO, D'AGOSTINO, GIUSEPPE GUERINI, GRIBAUDO, GOZI, AMENDOLA, GANDOLFI, TENTORI, BASSO, LAFORGIA, FITZGERALD NISSOLI, VARGIU, PICCIONE, PETRINI, GADDA, CRIMÌ, ROTTA, NARDUOLO, CAROCCI, CULOTTA, TINO IANNUZZI, VAZIO, MATTIELLO, MARCHETTI, TULLO, GRECO, ZARDINI, CIVATI, MARIANO, PALMA, PAOLUCCI e TARICCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni del 21 e 22 ottobre, i comuni di Carasco, San Colombano Certenoli, Coreglia Ligure, Orero, Borzonasca e Mezzanego, delle Valli Fontanabuona e Sturla nella provincia di Genova, sono stati colpiti da una calamità alluvionale;
   nella sola nottata del 21, tra mezzanotte e le due del mattino, quando, il fenomeno si è manifestato con la maggiore intensità, sono caduti sull'intero Tigullio 175 millimetri di pioggia in media;
   l'alluvione ha provocato il crollo del ponte sullo Sturla della strada provinciale numero 225, che collega Carasco con la Valle Fontanabuona, comportando di fatto l'isolamento della stessa Valle e causando la morte di due persone rimaste coinvolte nel disastro;
   le intense precipitazioni hanno inoltre provocato frane e smottamenti, cedimenti di muri, allagamenti e danni alle tombinature, che hanno interessato strade e abitazioni anche portando all'interruzione della viabilità, all'allontanamento di famiglie dalle loro residenze per motivi di sicurezza e all'isolamento di alcune borgate;
   i comuni interessati, anche grazie alla pronta assistenza della regione, hanno immediatamente posto in essere le azioni più urgenti di messa in sicurezza, tuttavia, in considerazione delle loro ridotte dimensioni e della gravità dei danni, non possono disporre dei poteri né delle risorse che si rendono necessarie per intervenire in modo tempestivo ed efficace;
   tra i vari interventi necessari, massima priorità per garantire nuovamente un collegamento tra la Valle Fontanabuona e la costa ha la ricostruzione del ponte sulla strada provinciale 225, il cui crollo e il conseguente quasi totale isolamento della Valle evidenziano, peraltro, l'urgenza del tunnel della Valle Fontanabuona, che dovrebbe collegare Rapallo sulla costa con Moconesi nell'interno, lungo la strada provinciale 225, assicurando così un rapido e sicuro collegamento tra la Valle e la Riviera –:
   se il Governo intenda dichiarare lo stato di calamità per i comuni colpiti dall'alluvione, per riconoscere alla regione e agli enti locali coinvolti gli adeguati poteri d'intervento e adeguati aiuti economici;
   se il Governo intenda provvedere mediante le necessarie iniziative, se del caso normative, per riconoscere alla regione e agli enti locali coinvolti dalla calamità una deroga al patto di stabilità interno in relazione alla spesa per investimenti, al fine di permettere loro di approntare in autonomia gli interventi che sono necessari, con oneri a valere sui fondi disponibili nei rispettivi bilanci;
   quali interventi il Governo abbia svolto e intenda svolgere per favorire la costruzione del tunnel della Valle Fontanabuona, opera che, anche alla luce di quanto accaduto, risulta più che mai opportuna e urgente per gli abitanti e le numerosissime attività produttive di valle. (4-03168)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione in esame, con la quale vengono posti quesiti in ordine agli eventi alluvionali che hanno colpito nei giorni 21 e 22 ottobre 2013 alcuni comuni della provincia di Genova.
  L'interrogante in particolare, chiede per tali comuni la dichiarazione dello stato di emergenza e lo stanziamento di adeguate risorse per il ristoro dei danni, tra i quali viene segnalato in particolare il crollo del Ponte sullo Sturla sulla strada provinciale 225 che collega Carasco con la Valle Fontanabuona, nonché la deroga per la regione e per gli enti locali al patto di stabilità interno in relazione alla relativa spesa da sostenersi per gli investimenti.
  Inoltre, l'interrogante chiede di sapere quali interventi il Governo intenda svolgere per favorire la costruzione del tunnel della Valle Fontanabuona, opera che risulterebbe, alla luce degli eventi calamitosi, opportuna e urgente.
  Per quanto attiene la richiesta di dichiarare lo stato di calamità per i comuni colpiti dall'alluvione, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha fatto presente che in considerazione degli eventi meteorologici avversi e ai conseguenti effetti sul territorio il Presidente della giunta della regione Liguria, in data 25 ottobre 2013 ha richiesto la concessione dello stato di emergenza, ma dopo un'attenta istruttoria e i sopralluoghi effettuati dal personale tecnico del dipartimento della protezione civile non sono state riscontrate le condizioni necessarie ai fini della dichiarazione dello stato di emergenza.
  Si fa presente, che laddove fosse stato dichiarato lo stato di emergenza, sarebbero state applicate le disposizioni di cui all'articolo 31, comma 7 e seguenti, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012) che prevedono l'esclusione dal patto di stabilità interno delle risorse statali assegnate per la realizzazione di interventi disciplinati da ordinanze di protezione civile nonché delle relative spese sostenute dagli enti locali.
  Infine, con riferimento all'opportunità di provvedere all'opera relativa alla costruzione del tunnel della Valle Fontanabuona, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha comunicato che l'interesse delle amministrazioni locali per la risoluzione della problematica del collegamento tra la Valle Fontanabuona e la costa nasce circa 20 anni fa.
  Nel corso del 2009 la realizzazione dell'intervento ha subito un'accelerazione anche grazie ad uno studio di fattibilità realizzato, su incarico della regione Liguria, dalla Filse Spa. Tale studio ipotizza una serie di alternative di tracciato per realizzare il collegamento in questione. Sulla base del citato studio, sono state approfondite le problematiche relative alla realizzazione dell'intervento e nell'aprile del 2010 Autostrade per l'Italia ha presentato uno studio di fattibilità che individuava tre soluzioni alternative.
  A valle dello studio di fattibilità è stata condotta un'analisi costi-benefici, redatta dal Politecnico di Milano. Tale analisi, che prende in considerazione il tracciato di progetto individuato dallo studio della Filse Spa, evidenziava una situazione-economico finanziaria negativa per la realizzazione dell'intervento.
  L'intervento è stato al centro di diversi incontri nel corso del 2010 alla presenza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, del presidente dell'Anas, di Aspi e dei rappresentanti degli enti locali. Tale attività ha portato alla firma il 13 aprile del 2011 di un protocollo di intesa sottoscritto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dall'Anas, dalla regione Liguria e da Autostrade per l'Italia, per disciplinare i reciproci rapporti per la redazione della progettazione preliminare. Nel citato protocollo viene stabilito che Autostrade per l'Italia svilupperà la progettazione preliminare del collegamento, che la regione Liguria contribuirà ai costi di progettazione per un importo di euro 1.150.000,00, pari al 50 per cento del valore stimato della progettazione, che in caso di valutazione positiva del progetto preliminare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'Anas e la regione Liguria concorderanno con Autostrade per l'Italia, in sede di aggiornamento del piano economico finanziario, l'inserimento dell'intervento tra gli impegni della convenzione unica, ovvero di attivare fonti alternative di finanziamento.
  Il 6 marzo 2012 Autostrade per l'Italia ha trasmesso a tutti i firmatari del protocollo il progetto preliminare dell'intervento e il 23 marzo 2012 lo stesso è stato presentato ai comuni interessati dall'intervento.
  Si soggiunge, infine, che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per questo intervento, ha segnalato l'impegno, inserito nell'atto aggiuntivo alla convenzione con Autostrade per l'Italia, con il quale quest'ultima si impegna a svolgere la progettazione definitiva e lo studio di impatto ambientale. A valle dell'approvazione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provvederà alla valutazione degli impegni finanziari per l'opera, da inserire in convenzione.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanzePier Paolo Baretta.


   PES, VILLECCO CALIPARI, AMICI, MADIA, GIORGIS, LENZI, GHIZZONI, MOGHERINI, CINZIA MARIA FONTANA, BELLANOVA, DE MICHELI, RICHETTI, MOSCA, LAFORGIA, MANZI, MARCHI, MARANTELLI, ARGENTIN, SCALFAROTTO, ROSSOMANDO, SERENI, GIACHETTI, BOSSA, MURER, MORETTI, MURA, BINDI, MIOTTO, CAMPANA, BONACCORSI, BRAGA, BOSCHI, BONAFÈ, FERRANTI, EPIFANI, BLAZINA, MAESTRI, MALISANI, MARIANI, SBROLLINI, PIERDOMENICO MARTINO, LOSACCO e MORANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Carta di Treviso firmata il 5 ottobre 1990 da Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa italiana e Telefono azzurro con l'intento di disciplinare i rapporti tra informazione e infanzia da una parte salvaguarda il diritto di cronaca, dall'altra pone l'accento sulla responsabilità che tutti i mezzi d'informazione hanno nella costruzione di una società che rispetti appieno l'immagine di bambini e adolescenti;
   il documento è stato approfondito e integrato dal Vademecum del 25 novembre 1995; il 30 marzo 2006 la Carta è stata aggiornata estendendo la tutela dei minori ai mezzi di comunicazione digitali;
   alcune emittenti televisive hanno diffuso l'intervista, in seguito ripresa anche da altri mezzi di informazione, al figlio dell'uomo che domenica ha aperto il fuoco di fronte a palazzo Chigi ferendo due carabinieri;
   il figlio appena undicenne dell'uomo che ha sparato all'impazzata contro il cordone di sicurezza davanti a Palazzo Chigi, è finito in tv nello schermo dove milioni di persone si sono commosse sentendogli dire che «gli dispiace per i carabinieri colpiti», che «papà ha sbagliato ma gli vogliamo bene tutti !»;
   la Carta di Treviso ha fissato alcune norme vincolanti di autoregolamentazione per i giornalisti italiani e, in senso lato, per tutti gli operatori di informazione che sono tenuti ad osservare la normativa penale, civile ed amministrativa che regola la corretta informazione in materia di minori;
   tutti gli operatori dei mezzi di informazione, anche quello online, devono evitare di pubblicare qualsiasi elemento che possa ledere la dignità dei minori o turbarne il suo equilibrio psicologico, a prescindere dall'eventuale consenso del genitori;
   occorre porre particolare attenzione nella diffusione delle immagini e nella narrazione delle vicende, allo scopo di non scivolare nel sensazionalismo e/o nel pietismo, che potrebbero divenire sfruttamento della persona;
   l'obiettivo è difendere l'identità, la personalità e i diritti dei minori vittime o colpevoli di reati, o comunque coinvolti in situazioni che potrebbero comprometterne l'armonioso sviluppo psichicologico;
   la disciplina speciale, già vigente nella materia dei minori e dei soggetti deboli, prescrivendo il rispetto dei principi sanciti dalla Convenzione ONU del 1989 sui diritti del bambino e delle regole sottoscritte con la Carta di Treviso per la tutela della personalità del minore, sia come protagonista attivo, sia come vittima di un reato, in particolare, dispone che il giornalista non pubblichi il nome o qualsiasi elemento che possa condurre all'identificazione dei minori coinvolti in casi di cronaca;
   va valutato comunque se la diffusione della notizia relativa al minore giovi effettivamente all'interesse del minore stesso o se, invece, invada la sua sfera emotiva e psicologica;
   ribadisce che il rispetto per la persona del minore richiede il mantenimento dell'anonimato nei suoi confronti, il che implica la rinuncia a pubblicare elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla sua identificazione;
   appare grave il fatto che sia stata trasmessa e diffusa all'interno di una trasmissione televisiva un'intervista che ha coinvolto direttamente un bambino, in fondo anch'egli vittima del gesto disperato e incomprensibile del padre –:
   quali iniziative normative di tutela possano essere adottate per evitare possibili strumentalizzazioni da parte degli adulti, soprattutto nell'ambito del sistema dell'informazione, e per assicurare un netto confine tra il diritto di informazione e il diritto dei bambini ad essere protetti, specialmente se coinvolti, loro malgrado, in gravi fatti di cronaca. (4-00330)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa alla tutela dei minori coinvolti in gravi fatti di cronaca, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente si evidenzia che la Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176, all'articolo 16 sancisce il divieto «di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata» e contestualmente afferma il diritto del minore «alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti».
  Traendo ispirazione da tali principi l'Ordine dei giornalisti e la Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), in collaborazione con telefono azzurro, hanno varato ed approvato, il 5 ottobre 1990, la Carta di Treviso, poi integrata dal «vademecum» del 25 novembre 1995 e ulteriormente modificata il 10 ottobre 2006.
  La Carta di Treviso, volta a proteggere il minore dallo sfruttamento mediatico, già nel testo del 1990 ha affermato la necessità di tutelare la personalità del minore anche in relazione a fatti che non siano specificamente reati, in modo da proteggerne la specificità come «persona in divenire, prevalendo su tutto il suo interesse ad un regolare processo di maturazione che potrebbe essere profondamente disturbato o deviato da spettacolarizzazioni del suo caso di vita, da clamorosi protagonismi o da fittizie identificazioni».
  Più in particolare, la Carta di Treviso, nella versione del 2006, al fine di sviluppare un'informazione sui minori più funzionale alla crescita di una cultura dell'infanzia e dell'adolescenza, individua alcune norme vincolanti per gli operatori dell'informazione, fra cui le seguenti:
   1. i giornalisti sono tenuti ad osservare tutte le disposizioni penali, civili ed amministrative che regolano l'attività di informazione e di cronaca giudiziaria in materia di minori, in particolare di quelli coinvolti in procedimenti giudiziari;
   2. va garantito l'anonimato del minore coinvolto in fatti di cronaca, anche non aventi rilevanza penale, ma lesivi della sua personalità, come autore, vittima o teste; tale garanzia viene meno allorché la pubblicazione sia tesa a dare positivo risalto a qualità del minore e/o al contesto familiare e sociale in cui si sta formando;
   3. va altresì evitata la pubblicazione di tutti gli elementi che possano con facilità portare alla sua identificazione, quali le generalità dei genitori, l'indirizzo dell'abitazione o della residenza, la scuola, la parrocchia o il sodalizio frequentati, e qualsiasi altra indicazione o elemento: foto e filmati televisivi non schermati, messaggi e immagini
on-line che possano contribuire alla sua individuazione...;
   5. il bambino non va intervistato o impegnato in trasmissioni televisive e radiofoniche che possano lederne la dignità o turbare il suo equilibrio psicofisico, né va coinvolto in forme di comunicazioni lesive dell'armonico sviluppo della sua personalità, e ciò a prescindere dall'eventuale consenso dei genitori;
   9. particolare attenzione andrà posta nei confronti di strumentalizzazioni che possano derivare da parte di adulti interessati a sfruttare, nel loro interesse, l'immagine, l'attività o la personalità del minore;
   10. tali norme vanno applicate anche al giornalismo
on-line, multimediale e ad altre forme di comunicazione giornalistica che utilizzino innovativi strumenti tecnologici per i quali dovrà essere tenuta in considerazione la loro prolungata disponibilità nel tempo;
   11. tutti i giornalisti sono tenuti all'osservanza di tali regole per non incorrere nelle sanzioni previste dalla legge istitutiva dell'Ordine.

  I principi della Carta di Treviso sono stati recepiti e rielaborati dal codice di deontologia dei giornalisti del 29 luglio 1998, che è entrato in vigore nell'agosto del 1998.
  II relativo articolo 7, in particolare, sancisce che «Il diritto del minore alla riservatezza deve sempre essere considerato come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca». Pur in presenza di un fatto la cui importanza è tale da generare una «notizia», non sussiste mai l'interesse pubblico all'identificazione del minore protagonista.
  Il medesimo articolo 7 prevede, altresì, che il giornalista non pubblichi i nomi dei minori coinvolti in fatti di cronaca, né fornisca particolari in grado di condurre alla loro identificazione.
  La tutela della personalità del minore si estende, tenuto conto della qualità della notizia e delle sue componenti, anche ai fatti che non siano specificamente reati.
  Se, per motivi di rilevante interesse pubblico, il giornalista decida di diffondere notizie o immagini riguardanti minori, dovrà farsi carico della responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero nell'interesse oggettivo del minore, secondo i principi e i limiti stabiliti dalla «Carta di Treviso».
  L'articolo 50 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, inoltre, dispone che il divieto di pubblicazione e divulgazione con qualsiasi mezzo di notizie o immagini idonee a consentire l'identificazione di un minore, previsto dall'articolo 113 del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, si osserva anche in caso di coinvolgimento a qualunque titolo del minore in procedimenti giudiziari in materie diverse da quella penale (ipotesi queste che peraltro non ricorrono nel caso in esame).
  Ora, alcune emittenti televisive hanno trasmesso un'intervista al figlio undicenne del responsabile della tragica sparatoria del 28 aprile 2013 innanzi Palazzo Chigi. Nonostante le immagini del minore fossero schermate, è apparsa palese la violazione della normativa in tema di tutela della personalità del minore, il quale, pur non essendo coinvolto in prima persona nel drammatico fatto di cronaca, è risultato ben identificabile in relazione alla pubblicizzata paternità, tanto che il presidente dell'Ordine dei giornalisti ha affermato, al riguardo, che si è trattato di un modo di fare informazione del tutto «estraneo alle regole elementari della professione».
  È quindi onere dei competenti organi dell'Ordine dei giornalisti valutare se nel caso concreto possano essere rinvenute responsabilità per la violazione delle norme disciplinari e/o deontologiche.
  L'Ordine dei giornalisti e la Federazione nazionale della stampa italiana, in sede di stipula della Carta, hanno invece assunto l'impegno, per le rispettive competenze, di individuare strumenti e occasioni che consentano di incrementare la consapevolezza professionale sul tema dei minori, di promuovere seminari di studio sulla rappresentazione dei soggetti deboli, di richiamare i responsabili delle reti radiotelevisive, i
provider, gli operatori di ogni forma di multimedialità ad una particolare attenzione ai diritti del minore anche nelle trasmissioni di intrattenimento, pubblicitarie e nei confronti dei siti internet.
  Giova, inoltre, ricordare che presso il dipartimento per le comunicazioni del Ministero dello sviluppo economico è operante il Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione TV e minori, ridenominato «Codice di autoregolamentazione media e minori» con decreto del Presidente della Repubblica del 14 maggio 2007.
  Il codice, sottoscritto nel 2002 come atto di natura privata, è stato recepito dalla legge 3 maggio 2004, n. 112, e dal decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, cosiddetto «Testo unico della radiotelevisione», successivamente modificato con decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44.
  Con la legificazione operata, il codice è divenuto vincolante per tutte le emittenti a prescindere dalla sua sottoscrizione e dalla tipologia di piattaforma utilizzata (analogica, satellitare, digitale terrestre,
Internet Protocol Television) ed impegna le medesime ad assicurare che la partecipazione dei minori alle trasmissioni televisive avvenga sempre con il massimo rispetto della loro persona, senza strumentalizzare la loro età e la loro ingenuità e senza affrontare con loro argomenti scabrosi.
  Le disposizioni contenute nel codice, oltre a mirare ad un miglioramento delle trasmissioni dedicate ai minori, prevedono varie fasce di programmazione al fine di evitare che i minori possano essere esposti a contenuti impropri in orari in cui i medesimi presumibilmente fruiscono del mezzo televisivo.
  In tale contesto, le funzioni che il Comitato svolge si esplicano attraverso un'attività di monitoraggio e controllo delle trasmissioni televisive i cui contenuti evidenzino una violazione del codice, nel qual caso, oltre ad adottare i provvedimenti di competenza, il Comitato inoltra le proprie delibere all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che attiva, qualora ne ravvisi i presupposti, il procedimento sanzionatorio.
  Con riferimento ai principi contenuti nel codice di autoregolamentazione, tuttavia, nell'interrogazione in esame non si ravvisano elementi circostanziati (programma, emittente, fascia oraria) che possano dal luogo ad accertamenti ed eventuali contestazioni.
  Per completezza di informazione, in considerazione del ruolo fondamentale rivestito dai mezzi di comunicazione nella vita di relazione e nella formazione della personalità dei minori, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in data 3 maggio 2013 ha adottato il regolamento in materia di criteri di classificazione delle trasmissioni televisive che possono nuocere gravemente allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori.
  Da ultimo, è opportuno ricordare che, al fine di garantire il rispetto della dignità delle bambine e dei bambini in qualsiasi forma di comunicazione, il dipartimento per le pari opportunità – in qualità di
partner istituzionale – ha partecipato attivamente alla redazione della «Carta di Milano: per il rispetto dei bambini e delle bambine nella comunicazione», presentata il 7 novembre 2012 nell'ambito del «Child Guardian Award 2012», un evento organizzato dalla Fondazione Terres des hommes Italia onlus d'intesa con l'istituto di autodisciplina pubblicitaria nel corso del quale sono state premiate le agenzie e le aziende che meglio hanno saputo tutelare l'immagine dei bambini protagonisti e destinatarie delle campagne pubblicitarie.
  Il citato documento ha lo scopo di promuovere un utilizzo virtuoso dell'immagine e del ruolo del minore nella comunicazione commerciale, in tutte le sue forme ed espressioni, dal momento che, come si legge nella Carta, i bambini e le bambine dovrebbero essere rappresentanti nel sistema dei media in maniera veritiera, senza alcun tipo di idealizzazione, buonismo o pietismo ed evitando ogni promozione o incitamento di comportamenti devianti o violenti.

Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMaria Cecilia Guerra.


   PIAZZONI e PILOZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Davide Cervia, sottufficiale della Marina Militare Italiana ed esperto di guerra elettronica, scompare a Velletri (Roma) il 12 settembre 1990 poche settimane prima dello scoppio della I guerra del golfo;
   le indagini compiute su denuncia della famiglia da parte della procura di Velletri e dai carabinieri della locale compagnia non hanno mai appurato le ragioni della scomparsa e gli eventuali soggetti coinvolti nella scomparsa;
   la famiglia Cervia ha da sempre sostenuto la tesi del rapimento del loro congiunto da parte di soggetti interessati ad utilizzare le competenze tecniche acquisite dal Cervia nell'ambito delle sue attività nella Marina Militare italiana;
   le indagini degli inquirenti si sono concluse, molti anni dopo, con l'archiviazione dei relativi procedimenti senza che dalle risultanze processuali fossero evidenziate le cause della scomparsa e gli eventuali soggetti coinvolti;
   i Cervia in questi anni, hanno denunciato una serie di depistaggi, ritardi ed omissioni che hanno condotto, a detta degli stessi, a nascondere la verità attorno all'episodio della scomparsa di Davide, ai motivi della scomparsa e ai soggetti coinvolti;
   tra i tanti episodi denunciati, quello di una esplosione avvenuta nell'abitazione dei congiunti del Cervia in data 12 ottobre 2012 che, nonostante secondo i familiari potesse essere ricondotta ad un evento doloso, venne considerata come incidente da parte delle autorità coinvolte;
   l'ultimo episodio in ordine di tempo è quello del 10 ottobre 2013, avvenuto presso il tribunale di Roma;
   la famiglia Cervia, in particolare la moglie Marisa e i figli Erica e Daniele, ha intrapreso una causa civile di risarcimento danni nei confronti dei Ministeri della giustizia e della difesa per denegata giustizia dopo che 23 anni di iniziativa non hanno condotto ad alcuna verità processuale in merito alla scomparsa di Davide;
   all'udienza civile del 10 ottobre innanzi alla sezione II, giudice dottoressa D'Ovidio, l'avvocatessa Licia D'Amico si recava con la famiglia Cervia per chiedere l'ammissione dei mezzi istruttori, composta da una corposa lista testimoniale;
   in attesa dinanzi alla porta della sala d'udienza, i Cervia notavano l'arrivo di due poliziotti in divisa accompagnati da una terza persona in borghese;
   dopo circa una mezz'ora di attesa, durante la quale i poliziotti attendevano di fronte ai Cervia e al loro procuratore, è stata chiamata la causa relativa a Davide Cervia e, all'esito dell'udienza, il giudice si riservava in relazione all'ammissione dei mezzi istruttori richiesti dalle parti;
   usciti dall'aula d'udienza i Cervia e gli avvocati dei Ministeri convenuti, i due poliziotti e la terza persona in borghese entravano immediatamente nell'aula, dove era rimasto il giudice;
   insospettiti dall'episodio, i Cervia attendevano innanzi l'aula unitamente all'avvocatessa Licia D'Amico e dopo circa 2 minuti i tre soggetti suindicati uscivano dalla sala udienza;
   fuori del tribunale, la famiglia Cervia notava la presenza di una volante dove erano presenti i poliziotti visti in precedenza. A quel punto la signora Marisa, moglie del Davide, si recava da loro per chiedere se la loro presenza fosse legata alla vicenda processuale del signor Davide e gli stessi, a detta della signora Marisa, non negavano la circostanza;
   la circostanza descritta, se fosse confermata, costituirebbe un grave episodio di ingerenza immotivata da parte delle forze dell'ordine nell'ambito di un processo civile, volto a valutare il diritto al risarcimento dei danni da parte della famiglia Cervia;
   non si capisce infatti il motivo della presenza dei poliziotti, se fosse legato alla causa dei Cervia, atteso che eventuali informazioni processuali sono facilmente reperibili tramite i procuratori dei Ministeri convenuti –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno verificare se la presenza dei rappresentanti della polizia di Stato all'udienza del 10 ottobre 2013, innanzi al tribunale civile di Roma, Sezione II, giudice Dottoressa D'Ovidio, fosse legata alla causa di risarcimento danni promossa dalla famiglia Cervia nei confronti del Ministero della giustizia e del Ministero della difesa e verificare i motivi di quella presenza. (4-02610)

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, si evidenzia che il Commissariato di pubblica sicurezza presso il palazzo di giustizia di Roma espleta le sue attività istituzionali con compiti di polizia di prevenzione e repressione dei reati specificatamente commessi all'interno delle sedi giudiziarie della capitale, dedicando particolare attenzione ai servizi di ordine e sicurezza pubblica nel corso dei processi civili e penali al fine di garantire il normale svolgimento degli stessi.
  Per i procedimenti, sia penali che civili, per i quali emerge un particolare interesse mediatico o per i quali vengono indette manifestazioni a sostegno o meno degli attori del processo, vengono predisposti, all'interno del tribunale, idonei servizi di ordine e sicurezza pubblica.
  Nel caso specifico, vista la rilevanza mediatica che, come è noto, il cosiddetto «caso Cervia» riscuote, sono state adottate misure precauzionali con la predisposizione di due servizi uno all'interno del tribunale, nei pressi dell'aula sede dell'udienza, ed uno all'esterno, nei pressi dell'ingresso del tribunale.
  Durante l'udienza che si è tenuta il 10 ottobre 2013, gli agenti del commissariato «palazzo di giustizia», così come avviene di consueto, si sono posizionati nei pressi dell'aula per eventuali interventi su richiesta del magistrato titolare del procedimento.
  Al termine, gli stessi agenti hanno preso contatti con gli addetti agli uffici giudiziari al fine di conoscere la fissazione dell'udienza successiva.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   PICCHI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   dalla stampa si apprende che una cittadina italiana affetta da disabilità psichica sia stata sottoposta sotto ordine dell'autorità giudiziaria del Regno Unito a parto cesareo e che per la figlia sia stata disposta l'adottabilità;
   la bambina di cui è stata disposta l'adozione è cittadina italiana e come tale deve essere tutelata dalla nostro Paese e secondo le normative italiane –:
   quali azioni intenda intraprendere per sostenere la tutela legale e assistere il rientro in Italia della connazionale e di sua figlia;
   quali siano state le circostanze che hanno prodotto l'esito dell'intervento dell'autorità inglese e che cosa avrebbe potuto essere fatto per evitarlo. (4-02823)

  Risposta. — La cittadina italiana in questione veniva ricoverata presso l'unità psichiatrica dell'Ospedale di Chelmsford (Essex, Regno Unito) il 13 giugno 2012 a causa di una crisi dovuta a precedentemente diagnosticata sindrome bipolare con episodi maniaco-psicotici, mentre frequentava un corso di formazione della «Ryanair».
  La polizia inglese prendeva contatto con la madre della stessa per informarla della situazione. Né la connazionale, né alcun suo familiare ritenevano di informare dell'accaduto il Consolato generale a Londra.
  Risulta dalla successiva ricostruzione del decreto del tribunale per i minorenni di Roma del 20 settembre 2013 che i servizi sociali inglesi avessero sin dal 26 luglio 2012 informato il tribunale per i minorenni di Firenze dell'accaduto, comunicando che la signora era in stato interessante e che, a causa delle sue condizioni di salute, non avrebbe potuto aver cura della nascitura. Risulta anche che i servizi sociali inglesi avessero avuto contatti approfonditi con la famiglia prima e dopo la nascita della bambina per stabilire se vi fosse qualcuno che potesse prendersene cura.
  La signora ed i suoi familiari non si sono mai rivolti al Consolato generale d'Italia a Londra durante il periodo di degenza presso l'ospedale psichiatrico nell'Essex, né in un momento successivo. In particolare, né la signora né i suoi legali hanno ritenuto di chiedere alcuna assistenza il 1o febbraio 2013, quando la connazionale avrebbe preso parte all'udienza sul caso presso la Corte distrettuale di Chelmsford, conclusasi con la decisione di affidamento preadottivo della piccola nata ad una famiglia inglese. La mancata richiesta di assistenza consolare rileva tanto più quando si consideri che proprio la presenza della signora all'udienza ha rappresentato per il tribunale per i minorenni di Roma un riconoscimento da parte della connazionale della giurisdizione inglese sul caso (decreto del 20 settembre 2013).
  Solo a distanza di quasi un anno dall'accaduto, il 9 maggio 2013, i legali della signora hanno contattato il Consolato generale d'Italia a Londra inviando un fax che, in termini generici, segnalava un reato di «traffico di minori» da parte delle autorità inglesi e chiedeva al Consolato di «aprire un'inchiesta sulla vicenda». Nella comunicazione non si faceva menzione alcuna dell'avvenuto parto cesareo, dei motivi che avevano condotto le autorità inglesi al ricovero, e si faceva stato di aver avviato un'azione presso il tribunale per i minorenni di Firenze.
  Il tribunale per i minorenni di Firenze il 17 maggio 2013 stabiliva la non sussistenza della propria giurisdizione. In data 28 maggio 2013 il nostro Ministero della giustizia rigettava l'istanza del 9 maggio 2013 sopra indicata, ribadendo che la decisione della corte inglese di Chelmsford poteva essere impugnata solo nell'ordinamento britannico e con le procedure che trovano applicazione nel Regno Unito.
  Il 31 ottobre 2013 il Consolato generale riceveva copia del decreto del tribunale per i minorenni di Roma del 20 settembre 2013 che, nel confermare la giurisdizione dei tribunali inglesi sulla vicenda nei termini poc'anzi citati, ha stabilito anche che «la decisione giudiziale inglese non può essere riconosciuta (ossia recepita nell'ordinamento italiano) per contrarietà ai principi richiamati, che costituiscono nella materia adozionale parte integrante dell'ordine pubblico interno ed internazionale».
  Nella ricostruzione dei fatti contenuta nel citato decreto del tribunale di Roma si è venuti per la prima volta a conoscenza della nascita per parto cesareo della bambina.
  Si è del resto appreso che anche le altre due figlie della signora erano nate con parto cesareo, il che rende la decisione – che le autorità sanitarie britanniche hanno sottolineato aver adottato per salvaguardare la salute della madre e della bambina – comprensibile perlomeno da un punto di vista medico.
  Il Consolato generale ha immediatamente preso contatto con i servizi sociali inglesi sulla questione ed ha incaricato un avvocato di fiducia di elaborare una strategia legale. Ciò per valutare i margini di una possibile azione di assistenza alla nostra connazionale, sia pur nell'ambito degli evidenti limiti posti dall'indipendenza della magistratura e dell'acclarata giurisdizione britannica sul caso.
  Con comunicazione del 6 dicembre 2013 il tribunale per i minori di Firenze ha fornito ulteriori elementi dai quali risulta che:
   i servizi sociali inglesi avevano all'epoca preso immediatamente contatti con il Servizio sociale presso l'unità sanitaria locale di Siena;
   la nonna materna aveva confermato la sua indisponibilità ad occuparsi della nascitura «delegando ai servizi sociali competenti l'adozione di qualsiasi provvedimento si rendesse necessario»;
   la signora non era mai stata in grado di occuparsi in modo idoneo e continuativo delle sue figlie per le perduranti condizioni di disagio psichiatrico unite a problemi di alcolismo e tossicodipendenza già rilevate dalla Corte Suprema di Los Angeles, che aveva privato dal 2007 al 2009 la signora e l'ex marito della potestà genitoriale;
   la signora ha tenuto nei confronti delle figlie condotte pregiudizievoli ben descritte nelle relazioni sociali, tanto da ingenerare nelle stesse paura anche solo di vederla e marcate reazioni di rifiuto;
   la stessa dichiara di non essere più d'accordo nell'affidare le figlie, compresa l'ultima nata, ad una zia paterna e dichiara inoltre di aver firmato di fretta l'istanza di affido delle figlie alla zia su suggerimento del suo legale per bloccare il procedimento di adozione in Inghilterra.

  Per completezza di informazione, si segnala che il padre della connazionale in una recente intervista rilasciata al «Mail on Sunday» ha espresso il proprio sostegno all'operato dei servizi sociali britannici, sostenendo che a sua figlia (per le sue condizioni) non possa essere permesso di tenere l'ultima nata. Aggiunge inoltre che i servizi sociali inglesi accompagnarono la figlia in Italia, quando vi è rientrata, chiedendo a lui, alla sua ex moglie ed al padre della bambina se volevano prendersi cura della stessa, ottenendo risposte negative da tutti.
  Il Consolato generale a Londra è in contatto con il legale della signora, avvocato Oliva. Si resta in attesa che lo studio Brendan Fleming, che assiste la connazionale in Inghilterra, sottoponga il caso al Presidente della
«Family Division» dell'Alta Corte, che aveva espresso il suo interessamento sulla vicenda. Solo una volta che i legali della connazionale avranno proceduto in tal senso il Consolato generale potrà intervenire in giudizio in qualità di amicus curiae per verificare se le procedure nella vicenda siano state rispettate e per far conoscere al giudice quanto contenuto nel decreto del tribunale per i minorenni di Roma del 20 settembre 2013, in particolare sulla contrarietà della decisione giudiziale inglese a principi dell'ordine pubblico interno ed internazionale.
  Non risulta che lo studio Brendan Fleming abbia ancora presentato istanza al giudice.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMario Giro.


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   mentre s'intensifica il dibattito politico sulla partecipazione italiana alla produzione del caccia multinazionale F35, la stampa ha dato notizia di un bando dell'amministrazione della difesa che concerne «l'appalto del servizio di trasporto aereo di personale dell'Amministrazione della Difesa per l'anno 2014»;
   la Difesa risulterebbe in cerca di una vera e propria flotta di velivoli civili, comprensiva di aeromobili aventi capacità di trasporto da 20 a 70 passeggeri, da 110 a 180 e da 181 a 284, nonché di aerei di categoria executive, destinati all'uso esclusivo di personalità di rilievo;
   non si esclude peraltro che dei servizi di predetta flotta possano usufruire anche i familiari del personale militare;
   il costo per un anno sarebbe pari a 14,4 milioni di euro, che lieviterebbero a 57,6, in caso di procedura negoziata volta a coprire anche i tre anni successivi al 2014, ed addirittura ad 86 milioni qualora si ricorra ad eventuali ed imprecisati atti aggiuntivi –:
   quali ragioni dettino all'amministrazione della difesa l'acquisizione di queste capacità, ad avviso dell'interrogante, chiaramente superflue, non essendo compito istituzionale delle Forze armate quello di fornire «in proprio» servizi di trasporto su velivoli civili ai militari ed alle loro famiglie. (4-01074)

  Risposta. — La questione affrontata con l'interrogazione in esame si pone in relazione alla partecipazione delle Forze armate alle diverse missioni internazionali fuori del territorio nazionale, che comportano una considerevole mole di esigenze di trasporto aereo di personale per e dai vari teatri operativi, cui la Difesa, con le attuali capacità di trasporto aereo militare, riesce a fare fronte solo parzialmente.
  Per supplire a tali carenze, peraltro comuni anche ad altri Paesi europei, l'Amministrazione ha dovuto necessariamente fare ricorso all'appalto del servizio in questione.
  Ciò è avvenuto anche per l'anno 2014, con la pubblicazione di un apposito bando di gara, (Gazzetta Ufficiale UE, Gazzetta Ufficiale RI, quotidiani a tiratura nazionale e locale, sito della direzione generale di commissariato del Ministero della difesa, eccetera), che prevede, quale tipologia di servizio, il nolo ad uso esclusivo del mezzo aereo passeggeri per effettuare il trasferimento di personale delle Forze armate da e verso le zone di operazioni/esercitazioni in ambito nazionale ed internazionale.
  Il relativo contratto deve prevedere, quindi, oltre all'esclusività del mezzo dettato dalla natura della «mission» militare (trasporto di personale militare con a seguito armamento individuale), anche la disponibilità di varie tipologie di aeromobili, in modo da consentire all'ente committente, in ogni circostanza, di poter individuare il velivolo più idoneo ed economicamente più vantaggioso per il soddisfacimento delle esigenze in questione.
  In particolare, si fa osservare che dal 2010 mai è stata applicata la clausola che prevede la possibilità di poter noleggiare aeromobili di categoria «executive» per l'eventuale trasporto di personalità di rilievo (esempio massime cariche dello Stato, ministri), né mai si è ricorso all'utilizzo di tale tipologia di aeromobile, essendo tale opzione residuale, perché praticabile solo nel caso di indisponibilità di voli di Stato per motivi istituzionali.
  Il contratto prevede anche la possibilità di poter imbarcare passeggeri estranei alla stessa Amministrazione difesa, in relazione alla loro rilevanza istituzionale oppure all'eventuale interesse per l'Amministrazione stessa riguardo alla loro presenza nelle zone di operazioni/esercitazioni/svolgimento delle attività istituzionali delle Forze armate.
  Infine per quanto concerne l'onere finanziario indicato nel bando di gara pari a circa 14,4 milioni di euro (IVA esclusa), per il periodo 1o gennaio – 31 dicembre 2014, esso rappresenta un valore presunto del contratto, individuato sulla base delle stime collegate principalmente alle esigenze operative fuori area.
  Durante tale periodo alla ditta aggiudicataria verranno corrisposte dall'Amministrazione difesa soltanto le prestazioni che saranno effettivamente richieste ed eseguite. Pertanto il valore sopra citato è puramente indicativo e la società aggiudicatrice non potrà avanzare pretese di sorta qualora, in corso di esecuzione del contratto, venissero richieste prestazioni per un importo inferiore.
  Inoltre, l'Amministrazione si riserva alla scadenza contrattuale di ricorrere alla procedura negoziata prevista dall'articolo 57 comma 5 lettera b) del decreto legislativo n. 163 del 2006 (Codice degli appalti pubblici) per ulteriori tre anni successivi alla stipula del contratto.
  In tal caso, l'importo totale presunto per gli anni 2014, 2015, 2016 e 2017 sarà di 57,6 milioni di euro.
  Tale valore, che come anzidetto è puramente indicativo, potrà essere elevato ad un importo presunto di 86,4 milioni di euro, in caso di ricorso ad eventuali atti aggiuntivi, nei limiti del 50 per cento del valore del contratto nell'ipotesi di imprevedibili ulteriori esigenze correlate principalmente alle missioni fuori area.
Il Ministro della difesaMario Mauro.


   PIZZOLANTE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l’iter per la realizzazione della nuova caserma dei vigili del fuoco di Piacenza città ha avuto inizio nel 2000;
   il provveditorato Interregionale opere pubbliche per l'Emilia-Romagna e le Marche affidava, il 22 marzo 2006, alla Ati Viteco s.c.a.r.l. de L'Aquila i lavori per la costruzione dell'edificio;
   la nuova caserma risulta ultimata da anni, ma non è ancora stata utilizzata dal Corpo destinatario –:
   quali siano i motivi della mancata tempestiva utilizzazione e per quando si stimi che i problemi relativi possano essere risolti, in particolare, si chiede se sia vero che la caserma sia stata costruita con criteri tali da renderla inagibile agli attuali mezzi di cui il Corpo dei vigili del fuoco è dotato. (4-01695)

  Risposta. — L'interrogante ha chiesto notizie in merito alla ritardata utilizzazione della nuova caserma dei vigili del fuoco di Piacenza.
  La questione si è risolta in quanto a decorrere dal 22 ottobre 2013 il comando provinciale dei vigili del fuoco di Piacenza si è definitivamente trasferito nella caserma presso il nuovo fabbricato (sito in strada Valnure n. 9).
  Da notizie riferite dalla prefettura di Piacenza risulta che il locale comando provinciale Vigili del fuoco aveva da tempo posto in essere tutto quanto di sua competenza ai fini della tempestiva occupazione dell'edificio adibito a nuova sede, provvedendo a richiedere ai competenti uffici ministeriali l'accreditamento dei fondi necessari per il trasloco e per gli arredi, nonché al comune di Piacenza l'adeguamento della viabilità sulla strada di accesso alla nuova caserma.
  Lo stesso comando ha chiesto, inoltre, al Ministero dell'interno l'accreditamento dell'importo utile per stipulare i previsti contratti di manutenzione degli impianti tecnologici e degli impianti elettrici, obbligatori ai sensi delle vigenti normative in materia. L'attuale sede del comando è di proprietà della provincia di Piacenza ed il relativo contratto di locazione, scaduto in data 23 ottobre 2012 è stato tacitamente rinnovato fino al 23 ottobre 2018, con facoltà di recesso in qualunque momento corrispondendo un semestre di canone di affitto a decorrere dalla data di preavviso.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   POLVERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in questi ultimi giorni l'Ufficio I normativa della direzione centrale previdenza dell'INPS, valutando in maniera erronea lo status giuridico del personale dei ruoli tecnici del Corpo forestale dello Stato, sta ostacolando la fruizione del trattamento di quiescenza di detto personale disapplicando le norme pensionistiche vigenti relative al comparto sicurezza, difesa e pubblico soccorso;
   tale erronea valutazione sembra scaturisca dal fatto che il personale tecnico del Corpo forestale dello Stato sia stato «confuso» con personale ministeriale (cosiddetto pubblico impiego privatizzato) – impiegati civili dello Stato – anziché essere valutato per quello che è, cioè appartenente ai ruoli del personale del Corpo forestale dello Stato che espleta attività tecnica, nello specifico tecnico-scientifica, tecnico-strumentale ed amministrativa, analogamente alle altre Forze di Polizia ad ordinamento civile;
   il decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 201, all'articolo 25 prevede, nell'ambito delle dotazioni organiche del personale del Corpo forestale dello Stato, l'istituzione dei ruoli del personale che svolge attività tecnico-scientifica, tecnico-strumentale ed amministrativa per le esigenze organizzative ed operative del Corpo, ne determina le dotazioni organiche e l'equiparazione agli omologhi colleghi della Polizia di Stato;
   con legge 11 marzo 2006, n. 81 (articolo 4, comma 1), agli appartenenti ai ruoli degli operatori e collaboratori del Corpo forestale dello Stato è attribuita la qualifica di agente di polizia giudiziaria e agli appartenenti ai ruoli dei revisori e dei periti del medesimo Corpo è attribuita la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, limitatamente alle funzioni esercitate. È previsto altresì che il Ministro dell'interno, su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali, possa attribuire a detto personale la qualifica di agente di pubblica sicurezza, limitatamente alle funzioni esercitate;
   con nota protocollo 6795 del 23 giugno 2010, su richiesta di chiarimenti avanzata dall'UGL Corpo forestale dello Stato, l'INPDAP precisò come il diritto al conseguimento della eventuale pensione di privilegio, spettasse anche al personale dei ruoli tecnici del Corpo Forestale, pienamente equiparato, dal punto di vista giuridico ed economico, al personale tecnico della Polizia di Stato, in virtù dello svolgimento dell'attività di contrasto agli incendi boschivi;
   nell'ambito del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, il personale delle Forze armate e dei Vigili del Fuoco non ha qualifiche di pubblica sicurezza e comunque accedono al sistema pensionistico al raggiungimento dei requisiti specifici di cui al alla legge 30 luglio 2010, n. 122, come recepito e comunicato dallo stesso INPS con messaggio n. 545 del 10 gennaio 2013 –:
   alla luce del fatto che il quadro normativo è molto chiaro e non può lasciare spazi ad interpretazioni difformi, quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di risolvere tempestivamente l'incresciosa situazione che si è venuta a creare, che rischia di danneggiare oltremodo il personale dei ruoli tecnici del Corpo forestale dello Stato che, avendo già raggiunto i requisiti per l'accesso al sistema pensionistico, ha presentato per tempo istanza di pensionamento – motivo per cui è stato espunto dal sistema stipendiale del Ministero dell'economia – e non si vedrà riconoscere l'assegno mensile previdenziale. (4-01639)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si pone all'attenzione del Governo la questione concernente il trattamento pensionistico del personale dei ruoli tecnici del Corpo forestale dello Stato.
  Al riguardo posso confermare che, dopo la presentazione dell'atto di sindacato ispettivo in oggetto, la questione ha subito un'evoluzione nel senso auspicato dall'interrogante.
  In riscontro alla richiesta di un parere da parte dell'INPS, questa Amministrazione ha comunicato, con nota del 18 novembre 2013, di ritenere applicabile quanto previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 165 del 1997, in materia di pensione anticipata, anche al personale del Corpo forestale dello Stato che espleta attività tecnico-scientifica, tecnico-strumentale e amministrativa.
  Sulla questione, infatti, si è tenuta un'apposita riunione presso il dipartimento della funzione pubblica, cui hanno partecipato rappresentanti del predetto dipartimento, della ragioneria generale dello Stato, dell'INPS e di questo Dicastero. In tale sede si è giunti alla conclusione su esposta considerando, in particolar modo:
   la qualifica di agente di polizia giudiziaria o di agente di pubblica sicurezza attribuita ai vari ruoli tecnici-amministrativi dall'articolo 4 del decreto-legge n. 2 del 2006;
   l'equiparazione tra le qualifiche del personale tecnico-amministrativo del Corpo forestale dello Stato con quella dei ruoli del personale della Polizia di Stato che esercita attività tecnico-scientifica o tecnica (Tab. B allegata all'articolo 25, comma 2, del decreto legislativo n. 201 del 1995);
   la corrispondenza, stabilita dalla tabella allegata al decreto ministeriale n. 228 del 2005 del Ministro delle politiche agricole e forestali, tra le qualifiche dei ruoli degli ispettori, sovrintendenti, agenti e assistenti del Corpo forestale dello Stato con le diverse qualifiche del personale tecnico-amministrativo della medesima amministrazione (periti, revisori, collaboratori e operatori).

Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   PRODANI e CRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 14 novembre 2013 il Sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti ha risposto nella X Commissione Attività produttive di Montecitorio all'interrogazione 5-01068 depositata dal primo firmatario del presente atto il 25 settembre 2013;
   l'atto di sindacato ispettivo verteva sulla richiesta di conoscere quali e quante siano le partecipazioni societarie della Simest spa ad aziende comunitarie ed extracomunitarie e se fra queste ne risultino alcune incompatibili con le direttive adottate il 9 marzo 2012 dall'allora Ministro dello sviluppo economico (MISE) del Governo Monti, Corrado Passera, che vietano il sostegno economico sui mercati esteri a imprese che attuino «pratiche sleali o ingannevoli comunque riconducibili al cosiddetto italian sounding»;
   nella risposta il Sottosegretario ha fatto presente che l'azienda Simest – un tempo controllata dal MISE, ora società per azioni a maggioranza di Cassa depositi e prestiti (CDP) – ha ottenuto «l'impegno dalle imprese del settore agroalimentare ad evitare riferimenti tali da poter indurre in errore il consumatore sull'origine geografica/Paese di produzione del prodotto, a provvedere ad indicare l'origine locale nell'etichetta del prodotto ed a non utilizzare nomi o marchi protetti o che richiamino produzioni italiane tipiche»;
   riguardo alle partecipazioni dell'azienda controllata dalla Cassa depositi e prestiti, effettuate con capitale proprio su cui delibera il consiglio di amministrazione dell'azienda, De Vincenti ha fatto presente che «si è provveduto a dare indicazioni al Presidente di Simest ed al suo Amministratore delegato»; al 31 dicembre dell'esercizio finanziario relativo al 2012, «il fondo di Venture Capital, gestito da Simest, detiene n. 191 partecipazioni in Paesi extra UE, mentre Simest detiene n. 237 partecipazioni in società in Paese extra UE e n. 10 Paesi in UE»;
   nella risposta fornita è indicato solo il numero delle partecipazioni legate alla gestione del fondo di Venture Capital, mentre sarebbe utile conoscerle tutte nel dettaglio –:
   se intenda attivarsi presso la Simest per ottenere un elenco circostanziato in cui siano indicati i nominativi e i dati principali (settore produttivo di riferimento e suddivisione del capitale societario) di tutte le società partecipate dalla Simest stessa, sia con capitale proprio che tramite il fondo di Venture Capital;
   se non si ritenga opportuno che la lista delle aziende partecipate e beneficiarie di Simest (con l'indicazione di informazioni fondamentali come le relative quote azionarie e i bilanci) sia di pubblica consultazione. (4-02884)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame hanno chiesto notizie dettagliate sulle partecipazioni detenute da Simest spa e dal fondo di venture capital nel settore agroalimentare.
  Al riguardo si fa presente che alla data del 27 dicembre 2013 le partecipazioni riferite al settore agroalimentare detenute da Simest sono 14, per un costo storico complessivo di circa 50 milioni di euro di cui soltanto 4 in Paesi UE (2 sono in Italia, 1 in Polonia e 1 in Romania).
  Alla stessa data il fondo di venture capital partecipa a n. 5 di dette operazioni (2 in India, 1 in Romania, 1 in Russia e 1 in Senegal) per un costo storico complessivo di circa 8,5 milioni di euro.
  Allo scopo di fornire informazioni sulla quota azionaria pubblica detenuta, si allega un elenco contenente il dettaglio della ripartizione del capitale sociale delle
joint venture (disponibile presso il servizio assemblea).
  Con riferimento, infine, alla richiesta di pubblica consultazione della lista di tali partecipazioni, si fa presente che la Simest è una società «finanziaria di sviluppo», che istituzionalmente investe il proprio patrimonio nel supporto agli investimenti internazionali delle imprese italiane. Le partecipazioni azionarie di Simest sono pertanto allegate al bilancio annuale della società, pubblico nelle forme di rito per le società per azioni.

Il Viceministro dello sviluppo economicoCarlo Calenda.


   RAMPI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la triste vicenda dei lavoratori e delle lavoratrici ex IBM, poi Celestica, poi Bames – SEM di Vimercate è giunta a un punto di svolta, purtroppo negativo;
   l'8 agosto 2013 la direzione di Bames ha aperto la procedura di mobilità per 276 dipendenti su 291 e la procedura termina alla scadenza del periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria il 22 ottobre 2013, per cui se non si trova una soluzione alternativa la quasi totalità dei lavoratori verrà licenziata;
   a questi numeri vanno aggiunti quelli di SEM che attualmente sono 98 e quasi tutti in cassa integrazione guadagni straordinaria con scadenza della stessa il 22 febbraio 2014;
   per tutte e due le società, di quello che resta del comparto produttivo di IBM poi Celestica di Vimercate, le organizzazioni sindacali hanno presentato istanza di fallimento al fine di estromettere l'attuale proprietà dalla gestione delle aziende, di contro per le due società le stesse hanno presentato richiesta depositata presso il tribunale di Monza di concordato preventivo, dopo che sono state respinte dal tribunale di Milano (dove hanno la sede legale) le richieste di concordato preventivo in continuità;
   il tribunale di Monza ha fissato udienza per rispondere il 2 ottobre per Bames e il 29 ottobre per SEM;
   vi sono due urgenze da affrontare, la prima è quella di dare risposta occupazionale definendo un nuovo ammortizzatore sociale che scade il 22 ottobre per i 291 dipendenti di Bames a cui vanno aggiunti i 98 di SEM (febbraio 2014), la seconda è quella di iniziare un lavoro serio per evitare che nel sito di Vimercate vinca la logica della speculazione edilizia e per garantire che si faccia un vero percorso di re-industrializzazione volto a dare anche risposte occupazionali ai lavoratori che rischiano di restare senza lavoro;
   la vicenda interroga palesemente sui profili della responsabilità sociale d'impresa nonché sulle carenze delle politiche industriali del Paese negli ultimi decenni;
   per questi motivi ci saranno nelle prossime settimane iniziative di mobilitazione e di sensibilizzazione dei lavoratori e degli enti locali per individuare risposte ai problemi aperti, anche nell'ottica del rilancio di un distretto industriale tecnologico strategico per il Paese –:
   di quali informazioni siano in possesso i Ministri interrogati e quali iniziative intendano assumere. (4-01811)

  Risposta. — Con riferimento alla Bartolini After Market Electronics Services s.r.l. (in forma abbreviata Bames), con sede legale in Milano e stabilimento in Vimercate, si evidenzia che la stessa è stata dichiarata fallita dal tribunale di Monza con provvedimento n. 290 del 2013 del 18 ottobre 2013. L'adunanza per la verifica dei crediti è stata fissata per il 4 marzo 2014.
  La dichiarazione di fallimento è conseguente alla sussistenza di uno stato di insolvenza aziendale piuttosto rilevante, in quanto i crediti di terzi, compresi molti lavoratori già dipendenti, ammontano ad oltre 120 milioni di euro, determinando una situazione finanziaria alquanto compromessa.
  L'istanza di fallimento, come riportato anche dall'interrogante, era stata presentata, fra gli altri, dalle stesse organizzazioni sindacali, al fine di estromettere i proprietari, la famiglia Bartolini, dalla gestione aziendale ed avere un diverso interlocutore in questa delicata fase.
  In precedenza, l'amministratore delegato, infatti, aveva tentato di evitare la dichiarazione di insolvenza, presentando la richiesta di ammissione alla procedura del concordato preventivo in continuità aziendale, prima al tribunale di Milano e successivamente al tribunale di Monza, ma entrambi gli organi giudiziari aditi, rispettivamente in data 14 marzo 2013 e 2 ottobre 2013, hanno dichiarato inammissibile tale domanda.
  Per quanto concerne il profilo occupazionale, la società, in data 8 agosto 2013, aveva avviato la procedura di mobilità per 276 dipendenti, su un organico di 291 unità lavorative complessive.
  Dopo la dichiarazione del fallimento, in data 21 ottobre 2013, presso la sede dell'agenzia regionale per il lavoro della Lombardia, si è tenuto un incontro tra le organizzazioni sindacali interessate e i curatori fallimentari, al termine del quale è stato concordato il prolungamento del ricorso alla cassa integrazione straordinaria per 12 mesi per procedura concorsuale per tutti i lavoratori interessati alla procedura di mobilità e, contestualmente, verificate, con l'ausilio delle istituzioni, la sussistenza di altre opzioni per la reindustrializzazione del siti produttivo di Vimercate.
  Per quanto concerne la Services For Electronic Manufacturing s.r.l. (in forma abbreviata Sem s.r.l.), si evidenzia che anch'essa è stata dichiarata fallita dal tribunale di Monza, con sentenza n. 340 del 2013 del 5 dicembre 2013.
  Anche per la Sem s.r.l., che opera nello stesso sito produttivo di Vimercate, nell'ambito della progettazione di tecnologie elettroniche avanzate, la proprietà aziendale aveva richiesto l'attivazione della procedura del concordato preventivo, ma tale domanda era stata rigettata dal tribunale di Monza che ha, poi, dichiarato il fallimento della stessa società.
  Pochi giorni prima del provvedimento del tribunale, la direzione aziendale aveva avviato la mobilità per 76 dipendenti su 95 complessivamente ancora in forza e, pertanto, anche in tal caso le rappresentanze sindacali hanno manifestato l'intenzione di incontrarsi con la curatela fallimentare per valutare l'eventuale ricorso agli ammortizzatori sociali.
  Da ultimo, si informa che, nella giornata del 13 dicembre 2013 si è tenuto un incontro nella sede della provincia di Monza e della Brianza, con la partecipazione dei rappresentanti degli enti locali, delle organizzazioni sindacali e dei curatori fallimentari sia della Bames s.r.l. che della Sem s.r.l. Contemporaneamente, si è tenuto un presidio dei lavoratori dipendenti delle due società davanti alla sede della provincia per richiamare l'attenzione sulla vertenza in corso e sulla criticità della situazione del sito industriale di Vimercate.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiCarlo Dell'Aringa.


   RAMPI, MOSCA, FRAGOMELI, COVA e MANFREDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Alcatel Lucent ha presentato il piano di ristrutturazione «Shift Plan», annunciando per l'Europa 5.870 tagli su un totale mondiale di 15.000;
   l'Europa paga ancora una volta il prezzo più alto e questo è dovuto a precise scelte aziendali che localizzano gli investimenti nelle aree geografiche, dove l'andamento del mercato è più favorevole a discapito dei lavoratori europei ed italiani;
   il piano prevede la chiusura o cessione di numerose sedi in Europa. Per l'Italia sono a rischio le sedi della Field Force (Sesto Fiorentino, Padova, Bari, Napoli) e le sedi di Rieti e Battipaglia;
   la direzione ha comunicato i tagli occupazionali per Paese. Per l'Italia i 586 tagli occupazionali sono così ripartiti: IP Routing: 407 (su 893 addetti), IP Platform: 53 (su 148), Fixed Network: 4 (su 48), Wireless: 3 (su 16), COO: 67 (su 531), Sales: 14 (su 54), Strategic Industry: 9 (su 53), Finance: 16 (su 34), HR e Learning: 12 (su 29), Legal: 1 (su 8);
   in modo particolare, per il personale di ricerca e sviluppo pari a 550 addetti i tagli ammontano a 247 così articolati: ricerca e sviluppo Legacy: 144 (su 153 addetti), ricerca e sviluppo Growth: 103 (su 397);
   inoltre l'azienda ha comunicato una serie di esternalizzazioni totali o parziali di attività, che se aggiunte al piano presentato, aumenterebbero significativamente il numero di tagli previsti per il nostro Paese;
   le attività che sono sotto analisi per un potenziale outsourcing sono: sviluppi IT di applicazioni utilizzate dal gruppo (B&ITT), facility magagement service, field force;
   la portata dei tagli e delle cancellazione di attività nel nostro Paese è enorme e senza precedenti. L'azienda ha deciso di disinvestire massicciamente in Italia sia sulle attività di ricerca e sviluppo che sulle attività e servizi di supporto ad essa correlate;
   il prezzo che dovranno pagare le lavoratrici ed i lavoratori italiani è altissimo;
   l'azienda ha annunciato che si terranno in tempi rapidi una serie di incontri in tutti i Paesi europei per approfondire e dettagliare gli annunci dati. L'incontro per l'Italia è previsto il 17 ottobre 2013 –:
   quali iniziative si intendano attivare per evitare la cancellazione di fatto della presenza industriale di Alcatel Lucent nel nostro Paese, anche in considerazione della portata strategica di queste attività nel campo della ricerca e dell'innovazione. (4-02146)

  Risposta. — L'Alcatel-Lucent Italia spa è, come noto, una multinazionale leader mondiale nei sistemi delle telecomunicazioni, con sede legale in Milano e ha unità produttive dislocate su tutto il territorio nazionale. Nel corso degli ultimi anni, la società ha subito una rilevante riduzione delle commesse, con conseguenti perdite del fatturato.
  Le cause di tale situazione sono principalmente da ascriversi, oltreché alla attuale crisi economica internazionale, ad una serie di fattori tra cui, in particolare, i cambiamenti prodottisi nelle tecnologie e nei modelli di
business, la forte competizione da parte dei produttori di tecnologia dell'Estremo Oriente e la necessità di un rapido adattamento alle richieste del mercato e alle esigenze dei clienti.
  Il Ministero dello sviluppo economico ha provveduto tempestivamente a prendere contatti con vertici della direzione mondiale della società, ed, in tal senso, ha avviato un confronto sulle prospettive industriali del gruppo attraverso una serie di incontri istituzionali.
  Anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha seguito la dimensione occupazionale della vicenda Alcatel-Lucent ed ha comunicato che 100 lavoratori (di cui 66 del sito di Vimercate) sono stati interessati da procedura di licenziamento collettivo, il cui
iter si è concluso con un accordo in data 8 luglio 2013.
  Lo scorso ottobre 2013 si è svolto al Mise un confronto tra il
management della multinazionale e i sindacati. Nel corso della riunione l'azienda, dopo aver illustrato alle parti il piano di ristrutturazione, ha aderito alla richiesta da me avanzata per conto del Governo di approfondire gli aspetti relativi agli investimenti ed ai livelli occupazionali in Italia. In tale occasione ho anche sottolineato l'opportunità di inquadrare il confronto sul futuro dell'azienda nell'ambito di una più complessiva disamina generale del settore delle telecomunicazioni.
  Successivamente, in data 29 novembre 2013 nella stessa sede, si è tenuto un ulteriore confronto al quale hanno partecipato i rappresentanti della multinazionale, delle organizzazioni sindacali nazionali e territoriali e delle regioni Lombardia e Campania.
  Durante l'incontro, ho riaffermato con forza la necessità che non siano disperse le importanti competenze professionali e il patrimonio di ricerca sviluppato nel nostro Paese ed ho chiesto ad Alcatel di essere disponibile ad un serio e rapido confronto. Alcatel ha accolto l'invito ed ha preso l'impegno di riferirci sullo stato di avanzamento dei negoziati relativi al segmento
«optics».
  Il Mise proseguirà l'impegno per la verifica dell'intero piano industriale di Alcatel e sulle sue ripercussioni occupazionali.
  Aggiungo che il Governo ha incontrato nello scorso mese di ottobre l'amministratore delegato di Alcatel-Lucent, Michel Combes, il quale ha illustrato il cosiddetto
shift plan, con cui la multinazionale ha deciso di riconsiderare l'insieme delle produzioni nei vari Paesi. Ciò comporterà un ridimensionamento dei livelli occupazionali in tutti i Paesi, in quanto ha scelto di concentrarsi sullo sviluppo di nuove reti, mentre ha deciso di abbandonare il settore optics in cui l'Italia ha notevole tradizione e competenze grazie alla tecnologia sviluppata dalla Telettra, un'azienda italiana successivamente assorbita da Alcatel.
  L'impegno assunto dal ceo di Alcatel sulla dimensione
optics è stato di procedere ad una cessione che tenesse conto del radicamento italiano di questa tecnologia e di mantenere lo sviluppo delle produzioni core in Italia, pur prevedendo un ridimensionamento dell'organico.
  Il Governo ha, successivamente nuovamente incontrato i rappresentanti del gruppo Alcatel-Lucent che hanno chiarito che i lavoratori interessati dalla cessione del segmento
optics sono circa 300, mentre altri 300 saranno coinvolti in processi di ridimensionamento. Ha chiesto, inoltre, che l'insieme degli interventi sulle attività italiane sia svolto in un quadro coerente rispetto ad una richiesta dell'azienda di accelerare la cassa integrazione rispetto ai 300 lavoratori attualmente in esubero.
  Il Governo ha sollecitato, altresì, la proprietà a non assumere iniziative unilaterali nei confronti di questi lavoratori in esubero, ritenendo che lo sviluppo delle reti di tecnologia ad alta generazione possa in futuro consentire di riconsiderare il piano degli esuberi. Il Governo ha chiesto, infine, che si chiuda quanto prima la cessione del segmento
optics con garanzie sul versante occupazionale e della continuità produttiva. È stato pertanto richiesto un nuovo incontro con il ceo di Alcatel-Lucent.
  L'azienda ha accettato la richiesta di evitare qualsiasi scelta unilaterale. Il Governo è in attesa di una data per la definizione di un incontro con il ceo di Alcatel, segue con grande attenzione il processo di cessione del settore
optics e sta approfondendo le prospettive del core business di Alcatel in Italia, all'interno della strategia del Governo italiano sull'agenda digitale.
  Si sottolinea, pertanto, che i temi del prossimo incontro del Governo italiano con il ceo di Alcatel-Lucent, saranno il segmento
optics, la strategia di Alcatel rispetto all'agenda digitale italiana, al fine di definire eventuali esuberi che dovessero permanere nelle attività core business dell'azienda.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoClaudio De Vincenti.


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nella crisi economica grave e prolungata che si sta vivendo gli investimenti in edilizia di qualità, in risparmio energetico, fonti rinnovabili, innovazione, ricerca e in generale nella green economy rappresentano un importante volano per la ripresa dell'economia e rendono al tempo stesso l'Italia più rispettosa dell'ambiente, più competitiva e più vicina alle esigenze delle persone, delle comunità, dei territori;
   il contenimento delle emissioni di anidride carbonica per ridurre il rischio di mutamenti climatici fa parte di uno degli importanti impegni che l'Italia ha già assunto in sede internazionale e, in particolare, a livello comunitario; si tratta di vincolanti impegni di riduzione delle emissioni di CO2 nell'ambito del programma detto «20-20-20»;
   il sistema di agevolazione fiscale del 55 per cento ha fino ad oggi certamente riscosso un enorme successo; secondo l'ultima indagine del Cresme-Enea il volume complessivo di interventi consta, ad oggi, di più di 1.400.000 interventi, 17 miliardi di euro complessivi di investimento, ed ha interessato soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto. Ha inoltre attivato ogni anno oltre 50 mila posti di lavoro nei settori coinvolti, soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto: dalle fonti rinnovabili alla domotica, dagli infissi ai materiali avanzati. Si è così favorita un'importante innovazione e una spinta di tutto il comparto verso la qualità;
   appare altresì opportuno redigere un bilancio degli interventi di incentivazione ed in particolare individuare, anche per tramite del supporto tecnico dell'ENEA, validi criteri di ampliamento dei tipi di intervento di efficientamento energetico e della platea dei beneficiari come, ad esempio, i beni strumentali che, sempre secondo stime del Cresme, potrebbero produrre un incremento del 40-50 per cento di tali investimenti con conseguente riflesso positivo in termini di riduzione di costi energetici ed ambientali;
   il credito d'imposta del 55 per cento è uno dei successi più significativi della green economy, nel nostro Paese ed ha al tempo stesso garantito importanti risparmi nelle emissioni di CO2, contribuendo ad alleggerire la bolletta energetica delle famiglie, tenuto conto della vetustà e dell'arretratezza in termini di prestazioni energetiche di larga parte del nostro patrimonio edilizio;
   si tratta pertanto di una delle misure anticicliche di gran lunga più importanti che sono state attivate negli ultimi anni. Secondo la sopraccitata indagine Cresme-Enea gli effetti complessivi sul bilancio del nostro Paese sono stati positivi;
   come è stato più volte ribadito dai massimi esperti in materia, inclusi i tecnici del dipartimento della protezione civile, gran parte del patrimonio edilizio italiano è di qualità scadente e lontano dagli standard antisismici indispensabili nel nostro Paese;
   avviando immediatamente un piano straordinario di consolidamento e miglioramento sismico degli edifici pubblici e privati, non solo si potrebbe mettere in sicurezza gran parte della popolazione, ma si potrebbe rilanciare un'economia legata all'edilizia di qualità, attivare il sistema delle piccole e medie imprese e produrre anche un rilevante effetto sul terreno occupazionale;
   la Commissione VIII sia nella XV che nella XVI legislatura si è occupata del tema, con pareri e atti, da ultimo con l'approvazione, nella seduta del 29 luglio 2010, del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul mercato immobiliare in cui si ribadisce la bontà e l'importanza dello sgravio fiscale in efficienza energetica e nella seduta del 18 gennaio 2012 il Governo ha accolto ed è stata conseguentemente approvate una risoluzione in merito alla stabilizzazione del credito d'imposta del 55 per cento per le misure di efficienza energetica degli edifici;
   nel cosiddetto «Allegato Kyoto» al documento di economia e finanza (allegato VI — «Documento sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e sui relativi indirizzi» — ) si legge testualmente che «al fine di porre il Paese su un giusto percorso emissivo rispetto agli obiettivi annuali di (riduzione delle emissioni di gas a effetto serra) per il periodo 2013-2020 si evidenzia la necessità di riconfermare e rifinanziare le azioni di cui all'allegato 1», fra le quali figura espressamente anche «l'incentivazione del risparmio energetico negli edifici esistenti attraverso la detrazione fiscale del 55 per cento»;
   l'interrogante ha più volte sollecitato il Governo attraverso decine di atti di sindacato ispettivo e di indirizzo, presentati nella XVI legislatura: interrogazione scritte e in commissione, risoluzioni in commissione, e ordini del giorno, tutti approvati in Assemblea, per ottenere la stabilizzazione del credito di imposta del 55 per cento sull'efficienza energetica degli edifici e l'estensione della misura al consolidamento antisismico degli edifici, partendo da scuole e ospedali –:
   quali iniziative urgenti intendano mettere in campo i Ministri interrogati per rafforzare le politiche ambientali e per favorire l'edilizia di qualità ed energicamente efficiente, attraverso interventi diretti alla riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare; se intendano assumere iniziative per dare effettiva stabilità al credito d'imposta del 55 per cento previsto per il miglioramento energetico degli edifici, per sostenere inoltre un importante settore della nostra economia, e per estendere le agevolazioni fiscali già previste per gli interventi di efficientamento energetico degli edifici anche agli interventi di consolidamento antisismico del patrimonio edilizio esistente. (4-00062)

  Risposta. — Il Governo ha da tempo confermato l'assoluta priorità di una forte politica a favore dell'efficienza energetica, in grado di rispondere positivamente all'esigenza di riduzione della dipendenza da fonti estere, delle emissioni in atmosfera e dei costi delle forniture e di attivare un circolo virtuoso di attività produttive e nuova occupazione.
  Questa priorità è stata confermata da uno dei primi provvedimenti varati dal Governo Letta, appunto votato alla promozione dell'efficienza energetica nell'edilizia e alla riqualificazione del patrimonio immobiliare nazionale: si tratta del decreto-legge n. 63 del 4 giugno 2013, convertito con la legge n. 90 del 3 agosto 2013, che recepisce la direttiva 2010/31/UE volta a promuovere la prestazione energetica degli edifici. La regolamentazione secondo
standard prestazionali di qualità orienta il mercato delle costruzioni non solo per quello che riguarda le nuove realizzazioni, ma anche della riqualificazione dell'esistente, costituendo un fattore di crescita dell'efficienza, importante tanto quanto la previsione di incentivi, economici o fiscali, espliciti. In parallelo, sono state potenziate e prorogate le detrazioni fiscali del 55 per cento – oggetto principale delle richieste dell'interrogante – portandole al 65 per cento, estendendone il campo anche ad interventi condominiali di più ampia portata e agli interventi di consolidamento antisismico.
  In particolare il decreto prevede:
   l'adozione a livello nazionale di una metodologia di calcolo della prestazione energetica degli edifici che tiene conto di determinati aspetti, tra cui le caratteristiche termiche dell'edificio, degli impianti di climatizzazione e di produzione di acqua calda. Essa tiene conto anche di altri vantaggi, come i sistemi di cogenerazione dell'elettricità e gli impianti di teleriscaldamento o teleraffrescamento urbano o collettivo;
   la fissazione, in conformità alla citata metodologia di calcolo, di requisiti minimi di prestazione energetica in modo da conseguire livelli ottimali in funzione dei costi. I requisiti minimi di prestazione energetica, da applicarsi agli edifici nuovi e a quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti, sono riveduti ogni 5 anni;
   la definizione di «edifici a energia quasi zero» e la redazione di una strategia per il loro incremento, tramite l'attuazione di un piano nazionale, nonché la previsione che entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione siano a energia quasi zero. Gli edifici di nuova costruzione occupati dalle amministrazioni pubbliche e di proprietà di queste ultime dovranno rispettare gli stessi criteri già a partire dal 31 dicembre 2018;
   l'adozione di un sistema di certificazione della prestazione energetica degli edifici che includa informazioni sul consumo energetico degli edifici, nonché delle raccomandazioni per il miglioramento in funzione dei costi. La redazione dell'attestato è obbligatoria in caso di costruzione, vendita o locazione di un edificio o di un'unità immobiliare, nonché per gli edifici occupati dalla pubblica amministrazione;
   l'adozione delle misure necessarie per prescrivere ispezioni periodiche degli impianti di riscaldamento e climatizzazione degli edifici.

  Il decreto-legge, inoltre, al fine di sostenere interventi di incremento dell'efficienza energetica negli edifici pubblici, con particolare attenzione agli edifici scolastici e agli ospedali, prevede di utilizzare parte delle risorse destinate al fondo di garanzia di cui all'articolo 22, comma 4 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, attualmente destinato alla realizzazione di reti di teleriscaldamento. Le risorse attualmente accantonate dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico, sono stimate in circa 50 milioni di euro, con un gettito annuo di circa 39 milioni di euro a valere sulle tariffe del gas naturale. È previsto inoltre che le risorse del suddetto fondo siano incrementate con una quota dei proventi derivanti dalla vendita all'asta delle quote di emissione di CO2 destinate ai progetti energetico-ambientali, di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30. È attualmente in corso di stesura il decreto attuativo, attraverso la definizione dei criteri di utilizzo del Fondo.
  Entro i prossimi mesi, sarà dato recepimento alla direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica e definiti gli obiettivi da raggiungere, tra i quali, ad esempio, la capacità di rendere più efficiente, a partire dal 1o gennaio 2014, il 3 per cento annuo della superficie coperta totale degli edifici riscaldati o raffreddati di proprietà del governo centrale e da esso occupati. Si tratta di un obiettivo cui ci si sta preparando da mesi, attraverso la centralizzazione in un unico inventario delle informazioni relative agli edifici pubblici del Governo centrale, contenente informazioni sulla superficie coperta e sulle prestazioni energetica degli edifici stessi. Le informazioni sono indispensabili per attivare un piano di interventi efficace e per rispondere all'obiettivo anche di riduzione dei costi degli apparati amministrativi.
  Tornando al tema delle detrazioni fiscali per il miglioramento energetico degli edifici, il citato decreto-legge n. 63 del 4 giugno 2013 ha previsto, oltre all'innalzamento del livello di detrazione di ulteriori 10 punti percentuali, la proroga dei benefìci sino al 31 dicembre 2013 (o al 30 giugno 2014 ma solo per gli interventi relativi alle parti comuni dell'edificio). In quello stesso provvedimento, è previsto di rendere strutturali e selettive le misure per il miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici. La legge di stabilità 2014 appena varata ha infatti confermato le detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica per il 2014 e il 2015, con un livello di detrazione rispettivamente del 65 per cento e del 50 per cento, rimandando successivamente ad un'ulteriore rimodulazione.
  In sintesi, il Governo ha messo in campo e sta mettendo in campo molte misure urgenti finalizzate a dare impulso all'efficienza energetica dell'edilizia, agendo su più strumenti (la regolazione delle prestazioni, la pianificazione, la certificazione, eccetera) e utilizzando lo strumento della detrazione fiscale come leva per investimenti e crescita occupazionale, secondo un modello di crescita virtuosa anche per le entrate del bilancio statale, condizione quest'ultima che costituisce la migliore premessa per rendere davvero strutturale questo tipo di beneficio.

Il Ministro dello sviluppo economicoFlavio Zanonato.


   REALACCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la paradossale vicenda di Soriano Ceccanti è stata raccontata da alcuni articoli su quotidiani nazionali così come da alcune agenzie di stampa;
   Soriano Ceccanti è affetto da paraplegia agli arti inferiori, perché fu colpito da un proiettile negli scontri davanti alla Bussola di Focette nel 1969. Risulta pertanto all'INPS persona affetta da invalidità ex lege n. 104 del 1992;
   nel luglio 2011 l'Istituto nazionale della previdenza sociale richiede al Ceccanti documentazione relativa al suo stato di invalidità, nonostante la patologia di cui è affetto Ceccanti non preveda visite di controllo secondo il decreto ministeriale 2 agosto 2007;
   successivamente a Soriano Ceccanti viene sospeso il trattamento di invalidità per il fatto che, secondo l'INPS, egli trascorreva troppo tempo all'estero, dove vivono i parenti della moglie. La pensione si eroga sulla base del requisito di dimora abituale nello Stato italiano: presupposto, che all'interrogante non pare sia mai stato messo in discussione dalla condotta di Ceccanti, che risiede a Pisa;
   il 14 maggio 2013 Soriano Ceccanti, dopo essere riuscito a sottoporsi a visita medico-legale a marzo del 2013, riceve comunicazione dall'INPS di esito positivo e di convalida dell'invalidità;
   da marzo 2013 Guelfi non riceve trattamento di invalidità in seguito alla non conclusa procedura di verifica da parte dell'Istituto di previdenza sociale –:
   quali iniziative intenda mettere in campo il Ministro interrogato al fine di verificare, anche per tramite degli uffici territorialmente competenti, per quale motivo patologie irreversibili vengano considerate passibili di visita di controllo di invalidità da parte dell'INPS e se non ritenga corretto il ripristino immediato del trattamento pensionistico di invalidità al Ceccanti. (4-01615)

  Risposta. — Il signor Ceccanti, invalido al 100 per cento percepisce sin dal 1984 una pensione di accompagnamento, dopo essere stato paralizzato da una pallottola sparata dalle forze dell'ordine.
  In data 15 luglio 2011, nell'ambito del piano di verifiche straordinarie previsto dall'articolo 10, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, l'INPS ha invitato il signor Ceccanti a presentare alla commissione medico legale di Pisa la documentazione sanitaria relativa al proprio stato invalidante, al fine di consentirne un accertamento agli atti, evitando, in tal modo all'interessato una nuova visita medica. Nella convocazione veniva altresì precisato che, in caso di mancata o incompleta presentazione della documentazione richiesta, l'interessato avrebbe potuto essere chiamato a visita diretta.
  Nel successivo mese di agosto, il signor Ceccanti rispondeva, tramite
fax, che la documentazione richiesta si trovava già in possesso dell'INPS; lo stesso, inoltre, contestava che la convocazione a visita avrebbe dovuto essere effettuata con un preavviso di almeno due mesi.
  Nel marzo del 2012, l'istituto provvedeva quindi a convocare nuovamente a visita il signor Ceccanti per il mese di maggio ma neanche in quella occasione l'interessato si presentava così come al successivo invito del gennaio 2013.
  Pertanto, in assenza di giustificazioni, la direzione provinciale di Pisa dell'INPS ha provveduto ad effettuare, in via cautelativa, la sospensione della prestazione per accertamenti, dandone notizia all'interessato con lettera dell'11 marzo 2013.
  Successivamente, in data 26 marzo 2013, il signor Ceccanti ha contattato personalmente il collegio medico-legale di Pisa per effettuare la visita conclusasi con la conferma del suo stato invalidante.
  In sede di controllo, l'INPS ha provveduto a richiedere all'interessato l'esibizione del passaporto e, in un secondo momento, il rilascio di un'autocertificazione attestante la sua dimora abituale in Italia nonché gli eventuali soggiorni all'estero. Ciò, in considerazione dei suoi lunghi soggiorni in Marocco e della non «esportabilità» delle prestazioni assistenziali e, in particolare, dell'indennità di accompagnamento. Tuttavia, entrambe le richieste sono state disattese.
  L'istituto ha quindi richiesto l'intervento del prefetto che si è attivato presso la locale ASL e il comune affinché tali enti attestassero l'effettiva dimora del signor Ceccanti in Italia.
  Pertanto, una volta che gli accertamenti hanno avuto esito positivo, l'INPS ha prontamente provveduto al ripristino della prestazione, ragione per cui la situazione evidenziata dall'interrogante può considerarsi risolta.

Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   RIZZETTO, BALDASSARRE, CIPRINI, BECHIS, ROSTELLATO, TRIPIEDI e COMINARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 19 gennaio del 2012 è stato sequestrato Giovanni Lo Porto, un italiano di 36 anni che lavorava nel sud del Punjab per la organizzazione non governativa tedesca Wel Hunger Hife;
   per quanto è dato sapere, il giorno del rapimento quattro uomini armati hanno fatto irruzione a Multan, vicino alle aree tribali a cavallo tra Pakistan e Afghanistan, nella casa dove viveva Giovanni, e lo hanno portato via con la forza insieme al suo collega Bernd Muehlenbeck, di 59 anni;
   nessuno ha rivendicato il loro rapimento, solo poco prima del Natale 2012, a quanto si apprende dalla stampa, è stato messo in rete un video nel quale Bernd Muehlenbeck dichiarava: «Ora siamo in difficoltà. Per favore accogliete le richieste dei mujahiddin. Possono ucciderci in qualsiasi momento»;
   l'uso del plurale nel predetto video, ha fatto sperare che i due si trovassero insieme e questo sarebbe la sola prova dell'esistenza in vita di Giovanni Lo Porto, almeno sino a quel periodo, da allora, è poi calato il silenzio da parte delle autorità italiane e dei mass media;
   sebbene in tali vicende le azioni delle autorità vengano svolte con la massima discrezione per tutelare l'ostaggio e consentire l'avvio dei contatti con i rapitori, si ritiene che dopo un anno e nove mesi dal rapimento, non siano state predisposte le opportune operazioni poiché non si ha alcuna notizia sugli esiti di eventuali indagini per rintracciare Giovanni, né si è al corrente di chi lo ha fatto prigioniero e se sia ancora in vita;
   il Governo e tutte le autorità competenti non possono abbandonare un giovane operatore umanitario italiano che si è recato in Pakistan per aiutare migliaia di persone colpite da una grave alluvione, vi è il dovere di compiere tutte le opportune azioni per individuare i rapitori e riportarlo alla sua famiglia, con la speranza che sia ancora in vita;
   dopo 22 mesi dal rapimento, non è accettabile che il caso di Giovanni Lo Porto sia caduto nel silenzio, in assenza di una qualsiasi notizia su quanto compiuto dalle Autorità preposte per rintracciare il giovane sequestrato –:
   se il Governo sia a conoscenza del rapimento di Giovanni Lo Porto;
   se siano stati stabiliti i necessari contatti e rapporti internazionali per rintracciarlo;
   quali attività siano state svolte e si intendano predisporre con la massima urgenza per acquisire notizie e risolvere positivamente questo drammatico caso.
(4-02531)

  Risposta. — Il Governo assicura il massimo impegno per risolvere la vicenda che coinvolge Giovanni Lo Porto, cooperante italiano della ong Welthungerhlife – WHH (german agro action) rapito assieme ad un suo collega tedesco il 19 gennaio 2012 nell'area di Multan, regione meridionale del Punjab pakistano.
  Purtroppo la delicata situazione lungo il confine afghano-pachistano rende particolarmente complessa la raccolta e la verifica delle informazioni sul nostro connazionale e costituisce un oggettivo fattore di rischio per la sua incolumità.
  Si precisa al riguardo che, a seguito della segnalazione del sequestro del connazionale giunta dall'Ambasciata d'Italia ad Islamabad, la vicenda è stata gestita dal Ministero affari esteri in coordinamento con le altre competenti articolazioni dello Stato.
  Sin dai giorni immediatamente successivi al sequestro, si è inoltre consolidato uno stretto coordinamento tra la nostra unità di crisi e quella tedesca, anche con ripetuti scambi di visite nelle rispettive capitali. In questi ventiquattro mesi in ogni occasione è stata assicurata la massima e coordinata pressione diplomatica da parte italiana e tedesca sulle locali autorità, anche con l'appoggio dei vertici dell'ong tedesca per la quale lavorava il nostro cooperante.
  A livello nazionale, abbiamo avuto più occasioni di incontro con la controparte pachistana, nelle quali abbiamo riaffermato l'aspettativa del Governo italiano ad una soluzione della vicenda e sottolineato il primario interesse alla tutela dell'incolumità del nostro connazionale. Al riguardo, si fa riferimento da ultimo all'incontro del Sottosegretario Mario Giro con il Ministro di Stato per il commercio e l'industria tessile pachistani, tenutosi il 28 ottobre 2013, e ai numerosi passi ufficiali che, a più riprese, l'ambasciatore italiano in Pakistan continua a compiere a tutti i livelli del Governo e delle Autorità politiche locali.
  In questo difficile contesto i funzionari dell'unità di crisi mantengono un costante contatto con la famiglia, in particolare con la madre Giuseppina Pia ed il fratello Giuseppe, i quali sono anche stati personalmente ricevuti dalla Ministro Emma Bonino nei mesi scorsi.
  Si assicura che il Ministero degli affari esteri, assieme a tutte le altre articolazioni dello Stato coinvolte, continuerà a compiere ogni sforzo al fine di riportare a casa il più presto possibile il nostro cooperante.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMario Giro.


   RONDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che i rom sfrattati dopo trent'anni dal campo di via Monte Bisbino, si sono riversati in città in cerca di una soluzione abitativa. Si tratta di circa 200 persone di origine serba, croata, romena che ora vagano in città;
   molte famiglie si sono accampate con i bambini alla Leon Beaux, l'ex fabbrica dismessa fra via Trieste e via Milano, altri si sono rifugiati nel parchetto di via Filzi, altri dormono nei camper parcheggiati qua e là nelle vie della città e si lavano alle fontanelle pubbliche;
   i terreni di loro proprietà su cui sorgeva il campo sono stati espropriati, a metà, dato che solo una parte serve per realizzare la rampa che collegherà l'A8 ai terreni di Expo 2015. Lo sgombero, auspicato e sollecitato per anni dall'amministrazione comunale e dai baranzatesi, si sta trasformando in un incubo per i cittadini;
   le cronache riportano come la complessa situazione sia rappresentata da un lato dai rom sfrattati che bivaccano ovunque in paese e che più di prima sono presenti nei negozi, nei bar e per le strade, mentre dall'altro lato c’è quel che resta del campo di via Bisbino, dove una parte dei nomadi vive ancora, dato che le loro «villette» non sono sul tracciato che interessa la realizzazione dell'opera viabilistica –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione non intenda intervenire per porre fine ad una situazione già difficoltosa che si sta trasformando in problema di ordine pubblico, adoperandosi per trocupata e predisponendo un piano di allontanamento. (4-01540)

  Risposta. — Lo sgombero dell'area sita in via Monte Bisbino al confine tra il comune di Milano e il comune di Baranzate su cui insistono diverse costruzioni abusive, occupate da circa 200 nomadi di nazionalità prevalentemente italiana e slava (croati, serbi, bosniaci) ed in parte rumena, è stato effettuato il 15 luglio 2013 dalla Polizia locale di Milano, con l'ausilio di personale della questura.
  Tale sgombero si è reso necessario per la realizzazione di un raccordo stradale che collegherà la stazione della metropolitana M1 di «Molino Dorino» con la Milano Laghi, in vista del grande evento «Expo 2015».
  Per quel che concerne la successiva sistemazione dei nomadi, a seguito di tale sgombero, due famiglie composte complessivamente da nove adulti, si sono provvisoriamente accampate all'interno della ditta dismessa «Leon Beaux», sita nel comune di Baranzate sino alla fine del mese di luglio 2013 e, successivamente, si sono allontanate per ignota destinazione, liberando la struttura.
  Si precisa che nei giardini pubblici di via Fabio Filzi a Baranzate non risulta alcun accampamento e, da notizie raccolte sul territorio, sembrerebbe che alcuni nomadi si siano rivolti ad agenzie immobiliari per acquistare o affittare appartamenti in quel comune.
  In ogni caso, si assicura che la situazione è stata pure esaminata dal Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica al quale hanno partecipato i sindaci dei comuni interessati per il migliore coordinamento delle azioni necessarie a fronteggiare eventuali disagi avvertiti dalla cittadinanza.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   ELVIRA SAVINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo una ricerca di Save the children, l'Italia è agli ultimi posti in Europa per «povertà di futuro» di bambini e adolescenti, privati di opportunità, prospettive e competenze. La povertà nelle sue varie forme: sociale, economica, d'istruzione e di lavoro li sta colpendo in modo grave privandoli di prospettive e di opportunità. Nasce da qui l'esigenza di intervenire con priorità su questi aspetti;
   in particolare, la ricerca evidenzia i quattro principali dati negativi nei riguardi dei bambini e degli adolescenti: il taglio dei fondi per i minori e famiglie, la mancanza di una vita dignitosa, il basso livello di istruzione ed il lavoro;
   il nostro Paese si colloca al diciottesimo posto nell'Europa dei 27 per spesa per l'infanzia e la famiglia;
   mancano risorse indispensabili per una vita dignitosa: si pensi infatti, che quasi il 29 per cento dei bambini sotto i sei anni, pari a ad numero di circa 950 mila vive ai limiti della povertà tanto che il nostro Paese è al ventunesimo posto in Europa per rischio povertà ed esclusione sociale fra i minori di anni da 0 a sei e il 23,7 per cento vive in stato di deprivazione materiale;
   stanno, infatti, in modo peggiore solo i minori di Bulgaria e Grecia secondo quanto riferito da Valerio Neri, direttore dell'associazione;
   sono altresì, preoccupanti i dati riguardanti l'istruzione. L'Italia è, infatti, ventiduesima per giovani con basso livello di istruzione: il 28,7 per cento tra i 25 anni e i 34 anni per effetto della dispersione scolastica, pari a circa il 18,2 per cento di under 25. L'Italia è, altresì, all'ultimo posto per tasso di laureati: il 20 per cento dei giovani fra i 30 e i 34 anni, pari a 760 mila persone;
   altrettanto preoccupanti sono i dati che riguardano il lavoro: i disoccupati sono il 38,4 per cento degli under 25, il quarto peggior risultato a livello europeo, mentre i giovani che non lavorano e non stanno seguendo corsi di formazione, sono 3.200.000 e posizionano il nostro Paese al venticinquesimo posto su 27;
   per quantificare il «furto del futuro» che si sta commettendo ai danni delle giovani generazioni; Save the Children ha utilizzato 12 indicatori Eurostat che permettono di comparare le chanche dei bambini;
   considerando i diversi indicatori, il nostro Paese, si posiziona 7 volte oltre il ventesimo posto in classifica –:
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano di dover quanto prima attuare uno specifico piano di contrasto alla povertà minorile e d'investimento in favore dell'istruzione pubblica e porre in essere interventi urgenti e strutturati in favore delle politiche per i minori e i giovani. (4-02234)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa all'attuazione di uno specifico piano di contrasto alla povertà minorile e d'investimento in favore dell'istruzione pubblica, nonché all'attuazione di interventi urgenti e strutturati in favore delle politiche per i minori e i giovani, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente si evidenzia che il Governo si è dotato di una strategia nazionale che prevede una pluralità di misure per contrastare le diverse manifestazioni di povertà, anche attraverso gli strumenti finanziari messi a disposizione dall'Unione europea, e si è impegnato a mettere a sistema tutte le sperimentazioni positive e le buone pratiche già esistenti in Italia.
  In tal senso il 3 maggio 2013 è stato pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, che avvia la sperimentazione della nuova carta acquisti, introdotta dal decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35.
  La nuova carta acquisti, destinata alle famiglie con minori in condizioni di disagio economico e lavorativo, affiancherà la carta acquisti «ordinaria» del 2008 (istituita dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) concessa agli anziani di età superiore o uguale ai 65 anni e ai bambini di età inferiore ai tre anni in possesso dei requisiti previsti dalla normativa, che, nel frattempo, continuerà a essere distribuita.
  La sperimentazione della nuova
social card – che avrà durata annuale – è prevista nelle 12 città italiane di maggiori dimensioni: Milano, Torino, Venezia, Verona, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Catania e Palermo; allo stato la misura è stata avviata in 11 delle 12 città individuate dalla norma che hanno completato le fasi di raccolta delle istanze di partecipazione dei cittadini e attualmente stanno completando le procedure di controllo dei requisiti e selezione dei beneficiari.
  Obiettivo del programma è la lotta alla povertà minorile, a partire dalle famiglie più marginali rispetto al mercato del lavoro, e l'acquisizione degli elementi necessari di valutazione per la successiva proroga del programma della carta acquisti ordinaria, e per la possibile generalizzazione della nuova
social card sperimentale come strumento di contrasto alla povertà assoluta.
  L'erogazione del sussidio si associa alla predisposizione di misure attive di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale. La concessione della Carta al beneficiario sarà, infatti, condizionata alla sottoscrizione di un progetto personalizzato di intervento dal carattere multidimensionale, predisposto dai servizi sociali dei Comuni o degli ambiti in rete con i servizi per l'impiego, i servizi sanitari e le scuole. I progetti dovranno riguardare adulti e bambini e prevedere specifici impegni in termini di: contatti con i servizi; ricerca attiva di lavoro; adesione a progetti di formazione; frequenza e impegno scolastico; prevenzione e cura volti alla tutela della salute.
  La sperimentazione sarà oggetto di valutazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al fine di accertare l'efficacia dell'integrazione del sussidio economico con servizi a sostegno dell'inclusione attiva nel favorire il superamento della condizione di bisogno.
  Con il decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, è stato previsto un allargamento della sperimentazione ai territori delle regioni del Mezzogiorno per l'anno 2014.
  La legge di stabilità per il 2014 ha ulteriormente rifinanziato il programma
social card di 40 milioni di euro per gli anni 2014, 2015 e 2016 al fine della progressiva estensione su tutto il territorio nazionale del programma sperimentale già in corso di realizzazione, inteso come sperimentazione di un apposito programma di sostegno per l'inclusione attiva, volto al superamento della condizione di povertà, all'inserimento e al reinserimento lavorativo e all'inclusione sociale.
  Inoltre il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in qualità di autorità capofila per l'Italia del Fondo sociale europeo, è impegnato nella preparazione della programmazione del Fse per il prossimo settennio (2014-2020). In riferimento all'obiettivo tematico 9 sostenuto dal Fse: «Promozione dell'inclusione sociale e lotta alla povertà», si rileva come la futura programmazione prenda in esame la dimensione sociale, in particolare con l'introduzione nel regolamento di un vincolo all'ammontare minimo di risorse dedicate (pari al 20 per cento delle risorse totali del Fse a livello di Stato membro) e di alcune priorità di investimento che ampliano in modo innovativo i campi di applicazione rispetto al precedente ciclo. Su tale presupposto, tra le aree rilevanti su cui agire, sono state individuate quelle concernenti il contrasto alla povertà assoluta, con particolare riferimento alle famiglie con minori, e il rafforzamento dei servizi socio-educativi per l'infanzia e dei servizi per la non autosufficienza.
  Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali intende dedicare un proprio programma nazionale, cofinanziato dal Fse, all'attuazione di tre linee di attività: la sperimentazione di misure di contrasto alla povertà basata sui principi della inclusione attiva; la promozione dell'innovazione in ambito sociale; il rafforzamento del confronto interistituzionale finalizzato alla definizione di livelli e
standard comuni.
  Per quanto riguarda la materia dell'istruzione pubblica ed in particolare con riferimento alla dispersione scolastica, il monitoraggio del terzo piano nazionale d'azione a favore dell'infanzia e dell'adolescenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 31 gennaio 2011, ha restituito i seguenti risultati.
  Sebbene il fenomeno della dispersione scolastica in Italia sia in progressivo calo, nel 2010 la quota di giovani che ha interrotto precocemente gli studi è pari al 18,8 per cento, un tasso di abbandono scolastico più alto rispetto alla media europea (14,1 per cento), e l'incidenza degli abbandoni è maggiore per la componente maschile rispetto a quella femminile.
  A fronte di questa situazione, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha adottato alcuni provvedimenti che mirano al contrasto del rischio di insuccesso formativo intervenendo sui fattori di possibile concausa: uno dei quali è il ruolo dell'orientamento. In tal senso il piano nazionale per l'orientamento e la dispersione scolastica, conseguente alla definizione delle Linee guida in materia di orientamento lungo tutto l'arco della vita, e articolato a livello regionale, è finalizzato alla:
   individuazione, attraverso l'analisi di dati statistici, di ricerca e di monitoraggio delle azioni in atto, delle criticità del sistema scolastico e formativo e l'assegnazione di risorse finanziarie ed umane mirate per interventi perequativi e di riequilibrio nelle scuole e nel territorio, da monitorare e supportare in tutto il percorso di sviluppo;
   l'acquisizione sistematica di tutti gli elementi informativi utili, a partire dall'attivazione dell'anagrafe dell'abbandono studenti;
   l'attivazione di «servizi integrati territoriali» per l'accoglienza, l'analisi e le risposte ai bisogni di ogni studente, sia a quelli presenti nel circuito d'istruzione e formazione, sia a quelli fuori da ogni formazione;
   la messa a punto di modelli per la verifica e la valutazione della validità degli interventi e l'utilizzo di flussi informativi utili a comprendere l'efficacia delle azioni intraprese dall'amministrazione ai vari livelli.

  Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha ripartito tra le regioni, per l'anno scolastico 2013/2014, una somma complessiva di 69 milioni di euro destinata a favorire il miglior esercizio del diritto allo studio da parte degli alunni appartenenti alle famiglie meno abbienti. In particolare, sono stati ripartiti 53.560 mila euro per la fornitura gratuita di libri di testo in favore degli alunni meno abbienti delle scuole dell'obbligo e secondarie superiori e 15.960.476 euro destinati al conferimento di borse di studio in favore degli alunni nell'adempimento dell'obbligo scolastico e nella successiva frequenza della scuola secondaria superiore.
  In materia è intervenuto anche il piano d'azione coesione, adottato dal Governo, per il miglioramento dei servizi pubblici collettivi al Sud (2011), e con specifico riferimento nella priorità istruzione, ha previsto la realizzazione di un complesso di interventi volti a contrastare il fallimento formativo in aree del Paese dove l'esclusione sociale e culturale è particolarmente grave e dove esiste da tempo una stretta corrispondenza fra povertà e dispersione scolastica. La priorità istruzione è dedicata, infatti, alle quattro regioni dell'obiettivo convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), rafforzando le azioni già in corso di realizzazione con i programmi operativi nazionali «competenze per lo sviluppo» (Fse) e «ambienti per l'apprendimento» (Fesr). Tra le azioni a favore degli interventi nella scuola previste dal piano si ricordano quelle finalizzate a: favorire nei ragazzi le conoscenze indispensabili e, insieme, la consapevolezza delle proprie attitudini, potenzialità e capacità, attraverso esperienze di
stage e di lavoro; migliorare nei ragazzi le competenze nella lingua straniera; migliorare la qualità delle strutture e infrastrutture scolastiche. Per tutti questi interventi il piano d'azione coesione programma complessivamente 974 milioni di euro che si aggiungono alla dotazione finanziaria dei due programmi nazionali Fesr e Fse, del valore complessivo di poco inferiore ai 2 miliardi di euro, entrambi in avanzato stato di attuazione.
  Inoltre la legge 8 novembre 2000, n. 328, rubricata: «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», ha istituito il fondo nazionale delle politiche sociali (per gli interventi di
welfare in generale, tra cui quelle di contrasto alla povertà minorile) il quale viene trasferito senza vincoli di destinazioni dallo Stato alle regioni (che programmano le politiche sul proprio territorio) e da queste ultime ai comuni (che gestiscono i servizi sociali). Inoltre, in base a quanto stabilito dalla suddetta legge, gli enti locali concorrono a finanziare le predette politiche anche con autonomi stanziamenti a carico dei propri bilanci.
  Per quanto concerne, in particolare il finanziamento delle politiche per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza, si evidenzia che la legge 28 agosto 1997, n. 285 ha istituito un fondo speciale da destinare alle suddette politiche ripartito tra le quindici città «riservatarie»: Venezia, Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Brindisi, Taranto, Reggio Calabria, Catania, Palermo e Cagliari; tale fondo è destinato al finanziamento dei progetti che perseguono le seguenti finalità:
   
a) realizzazione di servizi di preparazione e di sostegno alla relazione genitore-figli, di contrasto della povertà e della violenza, nonché di misure alternative al ricovero dei minori in istituti educativo-assistenziali, tenuto conto altresì della condizione dei minori stranieri;
   
b) innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia;
   
c) azioni per il sostegno economico ovvero di servizi alle famiglie naturali o affidatarie che abbiano al loro interno uno o più minori con handicap al fine di migliorare la qualità del gruppo-famiglia ed evitare qualunque forma di emarginazione e di istituzionalizzazione.

  Con la legge di stabilità per il 2014 il predetto fondo è stato incrementato nella misura di 2 milioni di euro per l'anno 2014.
  Tra gli strumenti attivati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la buona riuscita della sperimentazione 285, si menzionano: il tavolo di coordinamento tra il Ministero e le città riservatarie e la banca dati dei progetti.
  Quest'ultima ha la finalità di raccogliere i progetti realizzati nelle città e consente di monitorarli e valutarli oltre che renderli disponibili alla consultazione
web. La raccolta dei progetti e il loro inserimento in banca dati vengono effettuati direttamente dalle città riservatarie attraverso l'accesso riservato che consente l'implementazione e la modifica dei dati. Di ogni progetto sono descritti obiettivi, metodologia, risultati, enti coinvolti, risorse umane e finanziarie. La struttura della banca dati permette sia elaborazioni quantitative, anche di tipo statistico, sia analisi a carattere qualitativo, utili a rappresentare in modo chiaro e sintetico la progettazione 285 nelle 15 città riservatarie e su la cui base viene redatta la relazione annuale al Parlamento prevista dalla medesima legge.
  Quanto alle azioni promosse dal Governo per consentire ai minori di essere educati nell'ambito della propria famiglia, si rappresenta il Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è preoccupato innanzi tutto di prevenire il fenomeno dell'allontanamento dei minori dalla loro famiglia d'origine, promuovendo il progetto denominato «pippi – programma di intervento per la prevenzione dell'istituzionalizzazione».
  Il suddetto programma, promosso nel 2010 e proposto come sperimentazione pilota a tutte le 15 città «riservatarie»
ex legge n. 285 del 1997, è il risultato di una collaborazione tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il laboratorio di ricerca ed intervento in educazione familiare dell'Università di Padova ed i servizi sociali, nello specifico, quelli di protezione e tutela dei minori delle dieci città italiane tra le quindici città «riservatarie» suddette.
  Il programma, al fine di ridurre significativamente i rischi di allontanamento del bambino o del ragazzo e/o di rendere l'allontanamento, quando necessario, un'azione fortemente limitata nel tempo facilitando i processi di riunificazione familiare, intende individuare, sperimentare e monitorare un approccio continuo, flessibile ma allo stesso tempo strutturato di presa in carico del nucleo familiare per promuovere le abilità parentali e la ritessitura delle relazioni sociali tra la famiglia e l'ambiente sociale, tramite la realizzazione di
équipe multidisciplinari di professionisti.
  Il programma rivolto ad un numero limitato di nuclei familiari con figli in età 0-16 a grave rischio di allontanamento, che sono stati coinvolti in maniera continua e stabile per un arco temporale di 24 mesi, prevede anche specifiche attività formative per realizzare
équipes in grado di attuare interventi multidisciplinari ed integrati. Per favorire la realizzazione degli obiettivi sopra richiamati, il progetto pippi, ha contribuito a realizzare sul territorio reti di intervento che hanno portato al coinvolgimento delle altre filiere amministrative – scuola, Asl – nonché del privato sociale.
  Il programma pippi è proseguito nel 2013 con il coinvolgimento di nove città «riservatarie» con l'intento di perseguire due obiettivi fondamentali:
   il consolidamento delle competenze acquisite dagli operatori già coinvolti nella prima parte del programma sperimentale ed una presa in carico di 10 famiglie
target, prevalentemente nuove (i.e. precedentemente non ricomprese nel programma);
   l'ampliamento finalizzato alla formazione di nuovi operatori al modello pippi ed all'estensione del modello stesso a nuove circoscrizioni della città, con il coinvolgimento attivo di alcuni operatori che hanno preso parte alla prima sperimentazione di pippi e con il coinvolgimento di un numero compreso tra 2 e 5
équipes.
Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMaria Cecilia Guerra.


   ELVIRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   i dati allarmanti forniti dalla Società italiana di pediatria rivelano che il nostro Paese ha tassi di sedentarietà tripli rispetto agli altri Paesi europei: a 15 anni di età meno di 1 adolescente su 2 pratica attività sportiva continuativa, a 18 anni la pratica poco più di 1 su 3, mentre in controtendenza risultano soltanto i bambini dai 6 ai 10 anni, ma l'abbandono precoce comincia già ad 11 anni;
   in dieci anni (2001-2011) tra i bambini di età compresa tra i 6 e i 10 anni la pratica sportiva continuativa è aumentata di oltre 5 punti percentuali, passando dal 48,8 per cento al 54,3 per cento. Nell'ultimo anno, grazie ad una ulteriore crescita di circa 3 punti percentuali, i più piccoli hanno guadagnato il primato dei più sportivi del Paese. Quasi 6 su 10 (57 per cento) praticano uno sport in maniera continuativa, in particolare nuoto e danza. Si tratta di percentuali che non si registrano in nessun altro periodo della vita di ogni individuo;
   tuttavia, già dopo la scuola primaria, i bambini italiani iniziano ad allontanarsi dalla pratica sportiva. Tra il 2011 e il 2012 la quota di praticanti continuativi è diminuita persino nella fascia d'età 11-14 anni, passando dal 56 per cento al 53,4 per cento. Percentuale che tra i 15 e i 17 anni diventa del 48,5 per cento e si assesta 14 punti percentuali sotto, al 34,7 per cento, tra i 18 e i 19 anni;
   secondo i pediatri risulta particolarmente preoccupante l'elevato numero di sedentari assoluti, ovvero coloro che non praticano né sport (in maniera continuativo o saltuaria che sia) né alcuna attività fisica. Tale fenomeno riguarda soprattutto le ragazze in una percentuale che va da 24 per cento (tra i 15 e 17 anni) al 30 per cento (tra i 18 e i 19 anni);
   tra le principali cause all'origine di tale fenomeno vi sono le nuove tecnologie: gli adolescenti, infatti, trascorrono da tre a quattro ore al giorno davanti a uno schermo (di tv, computer o smartphone);
   tuttavia ciò non è sufficiente a spiegare perché il tasso di sedentarietà degli adolescenti italiani sia più che triplo rispetto a quello dei loro coetanei europei. Alcuni studi svolti in alcune città italiane hanno evidenziato due principali motivi alla base dell'abbandono: uno legato all'eccessivo impegno richiesto dallo studio (56,5 per cento) e l'altro riconducibile alle modalità di svolgimento dell'attività fisica perché «fare sport è venuto a noia» (65,4 per cento) «costa troppa fatica» (24,4 per cento), e gli «istruttori sono troppo esigenti» (19,4 per cento);
   è necessario offrire alle giovani generazioni nuovi stimoli, finalizzati ad una competizione sana, lontana dall'agonismo esasperato e da aspettative e pressioni eccessive che rischiano di allontanare i giovani dallo sport;
   lo sport è un elemento fondamentale per il sano sviluppo dei bambini, tanto da esser stato riconosciuto dalle Nazioni Unite come un diritto fondamentale. Secondo l'articolo 31 della Convenzione sui diritti dell'infanzia: «Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica[...]»;
   anche se tale articolo non cita espressamente lo sport, la dottrina ha specificato successivamente che le parole riposo, svago, gioco e attività ricreative, benché appaiano quasi come dei sinonimi, implicano invece differenze sostanziali. In particolare, per attività ricreative si intende una vasta gamma di azioni svolte per libera scelta, il cui scopo è il piacere e il divertimento: lo sport, le arti creative, i passatempi di carattere scientifico, tecnico, artigianale, agricolo;
   anche in Italia l'UNICEF si impegna a promuovere una vita sana – fondata sulla salute fisica, mentale e psicologica – dei bambini e degli adolescenti, grazie a sport, svago e attività ricreative;
   l'attività fisica regolare apporta innumerevoli benefici al corpo e alla mente: irrobustisce il fisico e ne previene le malattie; sviluppa e aiuta a mantenere sano l'apparato osseo; aiuta a controllare il peso corporeo; aiuta a ridurre il grasso e la pressione sanguigna; riduce lo stress, l'ansia, la depressione e la sensazione di solitudine; prepara i bambini all'apprendimento futuro; migliora il rendimento scolastico; aiuta a controllare vari rischi comportamentali, come l'uso di tabacco, droghe o di altre sostanze, le abitudini alimentari scorrette, il ricorso alla violenza;
   come dichiarato dal direttore esecutivo dell'UNICEF Ann Veneman, l'attività fisica promuove la non violenza, la tolleranza e la pace;
   lo sport insegna valori fondamentali quali amicizia, solidarietà, lealtà, lavoro di squadra, autodisciplina, autostima, fiducia in sé e negli altri, rispetto degli altri, modestia, comunicazione, leadership, capacità di affrontare i problemi, ma anche interdipendenza;
   lo sport rappresenta inoltre un importante fattore di coesione sociale, un valido sostegno per i giovani nel percorso di crescita, che li aiuta ad affrontare le sfide quotidiane e a superare le differenze culturali, linguistiche, religiose, sociali, ideologiche –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere al fine di riavvicinare gli adolescenti all'attività fisica e alla pratica sportiva;
   se non ritengano opportuno, altresì, porre in essere azioni tese alla valorizzazione dell'attività fisica e della pratica sportiva non agonistica coinvolgendo anche le società sportive e le strutture scolastiche. (4-02953)

  Risposta. — Il tavolo nazionale per la governance nello sport, istituito nel 2012 ed in fase di ricostituzione, ha la funzione di promuovere il raccordo tra le istituzioni titolari di competenze in materia di sport e gli altri soggetti istituzionali cointeressati ad iniziative congiunte attinenti allo sport. L'organismo ha già adottato il «Piano Nazionale per la promozione sportiva 2012-2013», allo scopo di avvicinare i cittadini alla pratica dello sport e dell'attività motoria, promuovere la massima diffusione dell'attività fisica e sportiva in tutta la popolazione, in particolare nell'infanzia e nell'adolescenza. Sono pertanto state avviate attività, tuttora in corso a livello nazionale, per la promozione dell'educazione motoria nella fascia di età della scuola primaria per la corretta formazione e crescita; la diffusione delle attività sportive nella fascia di età della scuola secondaria; la promozione dei valori dello sport per il recupero del minore recluso e per l'integrazione sociale; la lotta all'obesità eccetera.
  Nelle linee programmatiche del Dicastero da me rappresentato, particolare rilievo assume il binomio sport-scuola, nonché la peculiarità dello sport nella prevenzione della sedentarietà e della obesità, soprattutto in età scolare.
  Nell'ottobre 2013 è stato definito un protocollo di intesa con il CONI che prevede lo sviluppo di progetti, in cui saranno investiti 7 milioni di euro, di alfabetizzazione motoria e di avviamento allo sport, in collaborazione anche con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministero della salute.
  In particolare, nell'ambito del suddetto protocollo di intesa, è stato rifinanziato, anche per il 2014, il progetto denominato «Alfabetizzazione motoria», in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per un importo di euro 3.450.000,00 a valere sui fondi delle «Politiche per lo sport» della tabella di bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri. Sempre all'interno del citato protocollo di intesa è stato inoltre finanziato il «Progetto Doposcuola» con un importo di euro 4.000.000,00 per favorire, coerentemente con le direttrici individuate dal citato piano nazionale, iniziative per promuovere, anche in orario extrascolastico, la diffusione dello sport di base e, più in generale, la diffusione della pratica sportiva e motoria.

Il Ministro per gli affari regionali e le autonomieGraziano Delrio.


   SCOTTO, FRATOIANNI e FERRARA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   alle ore 12 del 7 maggio 2013, in occasione della visita del Ministro dell'istruzione e della ricerca Maria Chiara Carrozza alla prefettura di Napoli in piazza del Plebiscito, studenti universitari organizzavano un presidio per manifestare solidarietà ai colleghi milanesi per gli eventi verificatisi il giorno prima;
   nello stesso luogo era in atto altra manifestazione di un gruppo di lavoratori del consorzio di bacino;
   visti i motivi della protesta dei lavoratori gli studenti cercavano di esprimere loro solidarietà e vicinanza, ma venivano da questi ultimi aggrediti prima verbalmente e poi fisicamente, addirittura col lancio di un casco, come si evince anche dalle immagini televisive delle redazioni giornalistiche locali;
   tra i lavoratori del suddetto consorzio vi erano esponenti dell'estrema destra napoletana che palesavano le loro violente radici ideologiche inneggiando slogan fascisti;
   la polizia in due diverse occasioni sceglieva di caricare esclusivamente gli studenti e non i facinorosi che avevano provocato i disordini;
   a seguito di questi incresciosi eventi, gli studenti sceglievano nel pomeriggio di effettuare un volantinaggio informativo nei quartieri del centro storico e nei pressi del Regio conservatorio di Napoli «San Pietro a Majella», dove nel frattempo si era recato il Ministro per un'altra tappa del suo tour a Napoli;
   in via San Sebastiano, in un momento in cui l'ordine pubblico non manifestava alcuna criticità, alla sola vista dei manifestanti i reparti mobili della polizia di Stato caricavano ulteriormente gli studenti senza alcuna reazione da parte di questi ultimi;
   le cariche della polizia risultavano eccessive e ingiustificate anche agli occhi dei negozianti della zona intervistati subito dopo, come visibile attraverso diversi video reperibili su YouTube –:
   quali misure intenda assumere per verificare le responsabilità delle forze dell'ordine che hanno operato in occasione dei fatti narrati. (4-00454)

  Risposta. — Il 7 maggio 2013, in concomitanza della visita nella città di Napoli del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, studenti aderenti ai collettivi universitari hanno dato luogo ad una manifestazione non autorizzata, in segno di solidarietà con gli studenti milanesi dell'università «Statale», scontratisi il giorno precedente con le Forze dell'ordine.
  Dopo una breve assemblea svoltasi presso l'istituto universitario «L'Orientale», i manifestanti si sono diretti verso piazza del Plebiscito, sede della prefettura, dove era previsto un incontro tra il citato esponente del Governo ed i rettori delle università campane.
  Nella stessa piazza era stato precedentemente preannunciato un presidio di lavoratori del consorzio unico di bacino, che operano nel settore del ciclo dei rifiuti.
  Il gruppo studentesco, giunto in piazza del Plebiscito, si disponeva a ridosso dei predetti lavoratori, tra i quali erano presenti elementi vicini alla destra.
  Trascorsi alcuni minuti, gli studenti cominciavano ad intonare cori «antifascisti» e, dopo ripetuti e reciproci scambi di insulti, nonostante il tentativo delle forze di polizia di tenerli separati, i due gruppi venivano a contatto.
  L'intervento di rinforzo di altro personale delle forze dell'ordine consentiva di allontanare dalla piazza i facinorosi.
  Durante tali fasi, alcuni operatori di polizia venivano colpiti da vari oggetti contundenti rendendo necessarie le cure mediche.
  Nel frattempo, gli studenti, ricompattatisi, davano vita ad un altro corteo che da via Cesario Console raggiungeva la sede del rettorato dell'università Federico II, dove ha avuto luogo un'assemblea.
  Nel pomeriggio della stessa giornata, circa cento manifestanti tentavano di avvicinarsi alla sede del conservatorio di musica S. Pietro a Majella, presso la quale, intanto, si era recato il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
  Bloccati dal cordone di sicurezza all'altezza di piazza Miraglia, gli stessi intonavano
slogan offensivi contro le autorità e le forze dell'ordine e, nel tentativo di eludere lo sbarramento, si portavano in via S. Sebastiano con il chiaro intento di raggiungere il conservatorio, lanciando oggetti contundenti all'indirizzo delle forze di polizia, costrette, in quest'ultima circostanza, ad un'azione di alleggerimento dei manifestanti senza far uso di mezzi coercitivi.
  Si rappresenta, comunque, che gli interventi delle forze di polizia sono stati adeguati alle circostanze che si erano venute a creare, e solo la professionalità degli operatori di polizia ha evitato che le manifestazioni degenerassero.
  I successivi accertamenti hanno consentito di individuare e deferire all'autorità giudiziaria sei persone, di cui tre attivisti dei collettivi studenteschi universitari più radicali e tre dipendenti del consorzio unico di bacino, ritenuti responsabili dei reati di rissa aggravata, manifestazione non autorizzata e accensione di fuochi pericolosi.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   SCOTTO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 agosto 2013 è stata notificata a tutti i consiglieri di opposizione del comune di Bacoli, in provincia di Napoli, nonché al sindaco di Bacoli, al prefetto di Napoli e al comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri, una nota della polizia municipale avente ad oggetto: «Relazione di servizio del 07 agosto 2013 – Controlli di Polizia Amministrativa e di Polizia giudiziaria eseguiti presso gli stabilimenti balneari militari di Via Plinio il Vecchio»;
   da tale relazione, firmata dal tenente colonnello Marialba Leone comandante della polizia municipale di Bacoli, si evince che sono stati impediti e «arbitrariamente interrotti» i controlli della polizia municipale all'interno dello stabilimento balneare della Marina Militare;
   si legge nella relazione che «si è presentato il maresciallo qualificatosi quale comandante della stazione carabinieri della Marina Militare di Miliscola, unitamente a due appuntati, il quale ha intimato perentoriamente e sgarbatamente agli scriventi di portarsi fuori dallo stabilimento e di identificarsi. Senza opporre alcuna resistenza gli scriventi si sono portati fuori dallo stabilimento, sotto gli occhi sconcertati dei presenti, e parimenti sconcertati per l'atteggiamento non istituzionalmente corretto dei Militari, particolarmente per l'atteggiamento del maresciallo che ha indirizzato al comandante della PM frasi farneticanti e minacciose»;
   sempre dalla nota stilata dalla polizia municipale di Bacoli si evince che gli stabilimento balneari Esercito, Marina Militare, Aeronautica Militare e Vigili del Fuoco «sono gestiti da privati cittadini», e che sono state riscontrate irregolarità all'interno dello stabilimento balneare Esercito-Amministrazione della difesa già nel 2009, quando «nell'ambito di una delle basi logistiche del litorale di Miliscola, la P.M di Bacoli, rilevò abusi edilizi regolarmente denunciati all'A.G.»;
   i fatti avvenuti in data 7 agosto 2013 presso lo stabilimento balneare della Marina Militare sono estremamente gravi ed incresciosi, così come le ripetute irregolarità denunciate all'interno della relazione della polizia municipale;
   non è assolutamente accettabile che il comune di Bacoli, tramite il suo corpo di polizia municipale, venga privato del diritto di controllo del proprio territorio e del proprio litorale, anche in considerazione del fatto che gli stabilimento balneari definiti «militari» sono in realtà vere e proprie strutture ricettive private;
   i fatti narrati sono stati riportati anche dalla stampa locale, ed in particolare dal quotidiano d'informazione online «Freebacoli» negli articoli «Polizia Municipale cacciata dal lido della Marina Militare» e «Polizia cacciata, il sindaco tace: protocollata interrogazione urgente», pubblicati rispettivamente l'8 agosto 2013 ed il 9 agosto 2013 –:
   se i Ministri interrogati siano informati dei fatti esposti in premessa;
   se siano state assunte iniziative, per quanto di competenza, in merito ai fatti del 7 agosto 2013;
   quale sia, al momento, lo status di tutti i «lidi militari» presenti sul territorio nazionale. (4-01770)

  Risposta. — Lo stabilimento elioterapico di Capo Miseno-Bacoli è classificato Organismo di protezione sociale (Ops), annesso alla «Sala Convegno Unificata» della sede di Napoli e posto alle dipendenze del comando del distaccamento della Marina militare di Napoli (Maridist).
  Il citato comando, come previsto dalla normativa vigente in materia, provvede ai necessari adempimenti connessi alla gestione amministrativa dell'organismo.
  Il combinato disposto di cui agli articoli 547 e 1833 del decreto legislativo n. 66 del 2010, infatti, prevede che per l'esercizio delle attività connesse con gli interventi di protezione sociale, il Ministero della difesa possa provvedere mediante affidamento in concessione alle organizzazioni costituite tra il personale dipendente, oppure a enti e terzi, con procedure negoziali semplificate.
  Attualmente, la gestione dello stabilimento elioterapico di Capo Miseno è affidata in concessione alla ditta Sibilla Mare sas di Bacoli (NA), con atto negoziale del 21 giugno 2004.
  Si evidenzia che gli Ops rientrano nel novero delle «aree militari», in quanto destinate ad espletare compiti istituzionali facenti capo alle Forze armate e, come tali, sottoposte ad obblighi di vigilanza e di identificazione/autorizzazione all'accesso.
  In merito alle «ripetute irregolarità denunciate all'interno della relazione della polizia municipale», si osserva che, a quanto risulta, le stesse si riferirebbero ad alcune violazioni amministrative ed edilizie, già contestate al gestore privato dello stabilimento balneare.
  Al riguardo, Maridist Napoli, presso cui l'organismo è costituito, esercita diretta vigilanza sul funzionamento e sulla gestione dello stesso, mediante disposizioni di indirizzo e di coordinamento delle relative attività, volte al raggiungimento delle finalità istituzionali.
  Anche il comando in capo del dipartimento militare marittimo dello Jonio e del canale d'Otranto, in qualità di Alto comando periferico nel cui ambito giurisdizionale è istituito l'organismo, esercita azione di vigilanza, coordinamento e controllo sul funzionamento e sulle relative attività dello stesso, per la corretta attuazione degli indirizzi generali stabiliti dall'autorità centrale.
  Tanto premesso, quanto ai fatti del 7 agosto 2013, per i quali l'interrogante chiede «se siano state assunte iniziative, per quanto di competenza...», si osserva che, da una disamina degli atti in possesso, non sono emersi profili di illegittimità tali da giustificare l'assunzione di alcuna iniziativa.
  Con riferimento, invece, allo «
status di tutti i lidi militari presenti sul territorio nazionale», si rappresenta che, come già evidenziato in premessa, gli stabilimenti balneari, i lidi e gli stabilimenti elioterapici rientrano nel novero degli organismi di protezione sociale, in quanto espressione di funzioni istituzionali che attengono alla sfera del benessere ed alla cura psico-fisica del personale militare.
  Per quanto riguarda, più specificamente, la Marina militare, si tratta di aree di demanio marittimo in consegna, ai sensi dell'articolo 34 del codice della navigazione, per fini istituzionali della Forza armata e, per tale motivo, da considerare «aree militari» e, quindi, sottratte dalla delega di funzioni attribuite alle regioni (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 1995).

Il Ministro della difesaMario Mauro.


   SPADONI, SCAGLIUSI, DE LORENZIS, PARENTELA, DA VILLA, TOFALO, SIBILIA e MANNINO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   quindici mesi fa una cittadina italiana in stato interessante, Alessandra Pacchieri, durante un viaggio di lavoro in Inghilterra ed in seguito ad un attacco di panico, probabilmente provocato da un'errata assunzione dei farmaci prescritti per un disordine bipolare, era stata trasferita presso la clinica inglese Horlow Essex;
   durante il periodo di degenza, è nata una bambina che, date le condizioni di salute della madre, è stata affidata ai servizi sociali della Contea dell'Essex;
   nel provvedimento di affido del giudice si legge che i medici che avevano in cura Alessandra erano contrari a separare madre e figlia e lo stesso giudice, nei successivi colloqui, trovava la donna in buono stato;
   nei mesi successivi la madre ha fatto ritorno in Italia per ricongiungersi con le altre due figlie, proseguendo le cure;
   attualmente le sue condizioni di salute sono notevolmente migliorate e per questo ha avanzato richiesta presso il tribunale di Firenze per l'affido, negato successivamente, alla zia paterna;
   la piccola è stata dichiarata adottabile dalle autorità inglesi, impedendo così alla madre di rivederla e tenerla con sé;
   dopo numerose istanze per ottenere un intervento delle autorità italiane per porre termine alle illegittime ingerenze delle autorità inglesi, il tribunale ha ordinato la formazione di separato fascicolo intestato alla piccola da trasmettere al pubblico ministero per riferire sulla giurisdizione e la competenza;
   tale fascicolo è stato inviato sia al tribunale che ai servizi sociali inglesi ma anche al consolato italiano a Londra, senza alcun risultato;
   è stata trasferita la competenza al tribunale dei minorenni di Roma che ha dichiarato di non riconoscere il provvedimento della corte inglese perché contrario alle norme italiane e internazionali di ordine pubblico;
   il presupposto della dichiarazione di adottabilità è lo stato di abbandono del minore e dell'inesistenza di familiari che possano prendersene cura;
   il regolamento (CE) 2201/2003, in materia di competenza, riconoscimento ed esecuzioni di decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale, stabilisce che «in caso di urgenza, le autorità giurisdizionali di uno Stato membro possono adottare provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna relativamente alle persone presenti in quello Stato»; in sintesi, quindi, non è dato alcun potere allo Stato estero di adottare provvedimenti di carattere definitivo quali una dichiarazione di adottabilità ed il conseguente provvedimento di adozione, soprattutto quando il minore non è in stato di abbandono;
   gli Stati in questione, italiano e inglese, sono firmatari della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
   la Costituzione italiana tutela la maternità e l'infanzia e agevola la formazione delle famiglie, ai sensi degli articoli 29 e seguenti –:
   quali siano le motivazioni che hanno portato un atteggiamento di indifferenza da parte del consolato italiano a Londra che dovrebbe tutelare ogni cittadino italiano presente sul territorio inglese;
   quali azioni si intenda intraprendere per il trasferimento di competenza dai servizi sociali inglesi a quelli italiani, per valutare il caso in Italia e l'eventuale adozione da parte della zia paterna della minore. (4-03070)

  Risposta. — La cittadina italiana in questione veniva ricoverata presso l'unità psichiatrica dell'ospedale di Chelmsford (Essex, Regno Unito) il 13 giugno 2012 a causa di una crisi dovuta a precedentemente diagnosticata sindrome bipolare con episodi maniaco-psicotici, mentre frequentava un corso di formazione della «Ryanair».
  La polizia inglese prendeva contatto con la madre della stessa per informarla della situazione. Né la connazionale, né alcun suo familiare ritenevano di informare dell'accaduto il Consolato generale a Londra. Risulta dalla successiva ricostruzione del decreto del tribunale per i minorenni di Roma del 20 settembre 2013 che i servizi sociali inglesi avessero sin dal 26 luglio 2012 informato il tribunale per i minorenni di Firenze dell'accaduto, comunicando che la signora era in stato interessante e che, a causa delle sue condizioni di salute, non avrebbe potuto aver cura della nascitura. Risulta anche che i servizi sociali inglesi avessero avuto contatti approfonditi con la famiglia prima e dopo la nascita della bambina per stabilire se vi fosse qualcuno che potesse prendersene cura.
  La signora ed i suoi familiari non si sono mai rivolti al Consolato generale d'Italia a Londra durante il periodo di degenza presso l'ospedale psichiatrico nell'Essex, né in un momento successivo. In particolare, né la signora né i suoi legali hanno ritenuto di chiedere alcuna assistenza il 1o febbraio 2013, quando la connazionale avrebbe preso parte all'udienza sul caso presso la Corte distrettuale di Chelmsford, conclusasi con la decisione di affidamento pre-adottivo della piccola nata ad una famiglia inglese. La mancata richiesta di assistenza consolare rileva tanto più quando si consideri che proprio la presenza della signora all'udienza ha rappresentato per il tribunale per i minorenni di Roma un riconoscimento da parte della connazionale della giurisdizione inglese sul caso (decreto del 20 settembre 2013).
  Solo a distanza di quasi un anno dall'accaduto, il 9 maggio 2013, i legali della signora hanno contattato il Consolato generale d'Italia a Londra inviando un fax che, in termini generici, segnalava un reato di «traffico di minori» da parte delle autorità inglesi e chiedeva al Consolato di «aprire un'inchiesta sulla vicenda». Nella comunicazione non si faceva menzione alcuna dell'avvenuto parto cesareo, dei motivi che avevano condotto le autorità inglesi al ricovero, e si faceva stato di aver avviato un'azione presso il tribunale per i minorenni di Firenze.
  Il tribunale per i minorenni di Firenze il 17 maggio 2013 stabiliva la non sussistenza della propria giurisdizione. In data 28 maggio 2013 il nostro Ministero della giustizia rigettava l'istanza del 9 maggio sopra indicata, ribadendo che la decisione della Corte inglese di Chelmsford poteva essere impugnata solo nell'ordinamento britannico e con le procedure che trovano applicazione nel Regno Unito.
  Il 31 ottobre 2013 il Consolato generale riceveva copia del decreto del tribunale per i minorenni di Roma del 20 settembre 2013 che, nel confermare la giurisdizione dei tribunali inglesi sulla vicenda nei termini poc'anzi citati, ha stabilito anche che «la decisione giudiziale inglese non può essere riconosciuta (ossia recepita nell'ordinamento italiano) per contrarietà ai principi richiamati, che costituiscono nella materia adozionale parte integrante dell'ordine pubblico interno ed internazionale».
  Nella ricostruzione dei fatti contenuta nel citato decreto del tribunale di Roma si è venuti per la prima volta a conoscenza della nascita per parto cesareo della bambina.
  Si è del resto appreso che anche le altre due figlie della signora erano nate con parto cesareo, il che rende la decisione – che le autorità sanitarie britanniche hanno sottolineato aver adottato per salvaguardare la salute della madre e della bambina – comprensibile perlomeno da un punto di vista medico.
  Il Consolato generale ha immediatamente preso contatto con i servizi sociali inglesi sulla questione ed ha incaricato un avvocato di fiducia di elaborare una strategia legale. Ciò per valutare i margini di una possibile azione di assistenza alla nostra connazionale, sia pur nell'ambito degli evidenti limiti posti dall'indipendenza della magistratura e dell'acclarata giurisdizione britannica sul caso.
  Con comunicazione del 6 dicembre 2013 il tribunale per i minori di Firenze ha fornito ulteriori elementi dai quali risulta che:
   i servizi sociali inglesi avevano all'epoca preso immediatamente contatti con il servizio sociale presso la unità sanitaria locale di Siena;
   la nonna materna aveva confermato la sua indisponibilità ad occuparsi della nascitura «delegando ai servizi sociali competenti l'adozione di qualsiasi provvedimento si rendesse necessario»;
   la signora non era mai stata in grado di occuparsi in modo idoneo e continuativo delle sue figlie per le perduranti condizioni di disagio psichiatrico unite a problemi di alcolismo e tossicodipendenza già rilevate dalla Corte suprema di Los Angeles, che aveva privato dal 2007 al 2009 la signora e l'ex marito della potestà genitoriale;
   la signora ha tenuto nei confronti delle figlie condotte pregiudizievoli ben descritte nelle relazioni sociali, tanto da ingenerare nelle stesse paura anche solo di vederla e marcate reazioni di rifiuto;
   la stessa dichiara di non essere più d'accordo nell'affidare le figlie, compresa l'ultima nata, ad una zia paterna e dichiara inoltre di aver firmato di fretta l'istanza di affido delle figlie alla zia su suggerimento del suo legale per bloccare il procedimento di adozione in Inghilterra.

  Per completezza di informazione, si segnala che il padre della connazionale in una recente intervista rilasciata al Mail on sunday ha espresso il proprio sostegno all'operato dei servizi sociali britannici, sostenendo che a sua figlia (per le sue condizioni) non possa essere permesso di tenere l'ultima nata. Aggiunge inoltre che i servizi sociali inglesi accompagnarono la figlia in Italia, quando vi è rientrata, chiedendo a lui, alla sua ex moglie ed al padre della bambina se volevano prendersi cura della stessa, ottenendo risposte negative da tutti.
  Il Consolato generale a Londra è in contatto con il legale della signora, avvocato Oliva. Si resta in attesa che lo studio Brendan Fleming, che assiste la connazionale in Inghilterra, sottoponga il caso al Presidente della
«Family Division» dell'Alta corte, che aveva espresso il suo interessamento sulla vicenda. Solo una volta che i legali della connazionale avranno proceduto in tal senso il Consolato generale potrà intervenire in giudizio in qualità di amicus curiae per verificare se le procedure nella vicenda siano state rispettate e per far conoscere al giudice quanto contenuto nel decreto del tribunale per i minorenni di Roma del 20 settembre 2013, in particolare sulla contrarietà della decisione giudiziale inglese a principi dell'ordine pubblico interno ed internazionale.
  Non risulta che lo studio Brendan Fleming abbia ancora presentato istanza al giudice.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMario Giro.


   TOTARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 maggio 2013, intorno alle ore 12,30, presso il dipartimento n. 5 – scienze politiche – dell'università degli studi di Firenze, a Novoli, alcuni studenti di Casaggì – circa sette – avevano allestito un banchetto per propaganda politica in vista delle elezioni universitarie in programma i prossimi 20-21 maggio 2013;
   un gruppo di circa cinquanta studenti con caschi in testa, catene e bastoni hanno inizialmente cercato di allontanare i ragazzi di Casaggì, quindi, in seguito alla legittima opposizione dei suddetti, li hanno aggrediti al grido di «Fuori i fascisti dall'Università !»;
   sono intervenuti i carabinieri e sono in corso le indagini per l'identificazione dei responsabili;
   da quanto riportano testimoni e le cronache dell'informazione locale con molta probabilità gli organizzatori dell'aggressione appartengono al collettivo di scienze politiche e allo spazio autogestito, organizzazioni studentesche alle quali sono state concesse dal rettore due aule per svolgere attività politica –:
   in che modo si intenda intervenire, per quanto di competenza, affinché ci sia la garanzia che i colpevoli siano identificati al più presto e siano puniti per gli atti di violenza commessi;
   in che modo si intenda intervenire affinché non si verifichino più fatti così gravi che minacciano fortemente la libertà di espressione e di pensiero. (4-00485)

  Risposta. — Il 15 maggio 2013, uno studente universitario ha telefonato al 113 per segnalare dei tafferugli all'interno del polo scientifico di Novoli.
  Le indagini hanno riferito di una lite, degenerata in aggressione, tra studenti della sinistra antagonista e militanti del sodalizio di destra «Casaggì», impegnati in una manifestazione di propaganda elettorale in vista delle allora imminenti elezioni universitarie.
  In seguito agli scontri, un membro di Casaggì ha riportato lievi lesioni, giudicate guaribili in tre giorni; non è stata sporta querela, ma gli aggressori sono stati comunque deferiti all'Autorità giudiziaria per il reato di violenza privata aggravata.
  L'episodio in questione, certamente lesivo della libertà di espressione e pensiero, a parere di questa amministrazione non desta particolare preoccupazione in quanto circoscritto al contesto della campagna elettorale precedente le consultazioni universitarie, tra l'altro svoltesi poi regolarmente. Si assicura, in ogni caso, la massima attenzione da parte delle forze dell'ordine, costantemente impegnate in azioni di monitoraggio e nella tutela e nel mantenimento della sicurezza pubblica.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'ordinamento degli enti locali è disciplinato dal Testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, e dai singoli statuti comunali;
   sia il Testo unico degli enti locali che i singoli statuti comunali al loro interno prevedono norme in materia di diritti dei consiglieri di minoranza e doveri dell'amministrazione comunale;
   da notizie in possesso dell'interrogante sembrerebbe che il sindaco e la giunta del comune di Terricciola, in provincia di Pisa, dal suo insediamento, nel giugno del 2009, fino all'ottobre del 2013, in più occasioni non avrebbero tutelato i diritti delle minoranze, e non avrebbero rispettato quanto previsto dal testo unico sugli enti locali, agli articoli 42, 43, commi 1 e 3, e 44, e dallo stesso statuto comunale, agli articoli 22, 23, 24, 25 e, in particolare, all'articolo 25, comma 6;
   nello specifico, l'amministrazione comunale avrebbe omesso di fornire risposta a due interrogazioni e due mozioni presentate da consiglieri di minoranza, non avrebbe, nel periodo tra aprile ed ottobre 2013 proceduto alla convocazione del consiglio comunale;
   inoltre, non sarebbero stati né approvato il regolamento di funzionamento del consiglio comunale né sarebbe stata convocata la commissione per la revisione dello statuto (malgrado lo statuto comunale sia superato dalle nuove disposizione legislative);
   della vicenda sono stati informati più volte (da ultimo in data 10 ottobre 2013) sia il prefetto di Pisa che il Ministro dell'interno, ma non sono mai state assunte iniziative –:
   per quale motivo il prefetto non abbia provveduto a dare riscontri alla lettera inviata il 10 ottobre 2013. (4-02632)

  Risposta. — La questione oggetto dell'interrogazione in esame rientra nella sfera propria dell'autonomia dell'Ente e nell'attività di regolamentazione interna.
  In particolare, in merito all'esposto presentato da alcuni consiglieri comunali di minoranza del comune di Terricciola, per la mancata risposta a due interrogazioni e due mozioni presentate dagli stessi, il sindaco – tramite la prefettura di Pisa – ha fatto conoscere che le relative richieste non sono mai pervenute.
  Le convocazioni dei consigli comunali – tra le 5 e le 7 ogni anno – sono sempre state effettuate nei tempi previsti dallo statuto, concentrando in poche sedute gli argomenti da trattare.
  Relativamente alle comunicazioni, mozioni e interpellanze, il sindaco ha specificato che dal 2010, su richiesta scritta del consiglieri di minoranza, la risposta viene data nel primo consiglio utile e che, nell'ultimo consiglio comunale del 29 novembre 2013, è stata data risposta a tutte le interrogazioni formulate.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   TRIPIEDI, COMINARDI, DAGA, CIPRINI, DE ROSA, BECHIS, BRUGNEROTTO, BALDASSARRE, CARINELLI, ALBERTI, BARBANTI, FERRARESI, MICILLO, FICO, PESCO, CHIMIENTI, MARZANA, CANCELLERI, PISANO, SIBILIA, VACCA, DEL GROSSO, BATTELLI, CRISTIAN IANNUZZI, DELLA VALLE, CORDA, DI BATTISTA, SORIAL, PETRAROLI, DELL'ORCO, CRIPPA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, NICOLA BIANCHI, TOFALO, TERZONI, SEGONI, ZOLEZZI, BENEDETTI, TONINELLI, COZZOLINO, BUSTO, SCAGLIUSI, SPESSOTTO, VIGNAROLI, LOREFICE, GRILLO, DIENI, DADONE, BRESCIA, SILVIA GIORDANO, DALL'OSSO, CECCONI, FRACCARO, D'AMBROSIO, MANTERO, RIZZO, SIMONE VALENTE, ARTINI, BUSINAROLO, PAOLO BERNINI, TANCREDI, CARIELLO, AGOSTINELLI e BONAFEDE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   Giulio Cavalli, scrittore, attore, regista e autore teatrale nonché ex consigliere della regione Lombardia, rappresenta una figura di rilevante importanza nella società civile per la sua battaglia ininterrotta contro la mafia iniziata nel 2009, anno in cui iniziò a parlare di criminalità organizzata in Lombardia nelle sue rappresentazioni teatrali, motivo per il quale gli venne assegnata la scorta. Nel 2010, fecero seguito libri da lui scritti relativi alla medesima tematica. Sempre nello stesso anno, fece seguito la sua elezione a consigliere regionale;
   Luigi Bonaventura, ex affiliato di ’ndrangheta della cosca Vrenna-Bonaventura di Crotone, ora collaboratore di giustizia, ha dichiarato in un'intervista video pubblicata in data 2 agosto 2013 sul sito fanpage.it, che la ’ndrangheta avrebbe voluto uccidere Giulio Cavalli investendolo con un mezzo rubato (presumibilmente una jeep o un camion) nel periodo di fine gennaio 2011, momento in cui gli venne revocata la scorta;
   sarebbe opportuno ed auspicabile che, a fronte delle dichiarazioni rese dal collaboratore di Giustizia Luigi Bonaventura, si proceda prontamente ai necessari riscontri anche sotto il profilo investigativo e processuale –:
   se i Ministri, ciascuno per le proprie competenze, intendano verificare il livello di adeguatezza di protezione di Giulio Cavalli e, se questo dovesse rivelarsi insufficiente, quali misure intendano adottare;
   se i Ministri, ciascuno per le proprie competenze, intendano verificare il livello di adeguatezza di protezione di Luigi Bonaventura e, se questo si rivelasse inesistente o insufficiente, quali misure intendano adottare. (4-02135)

  Risposta. — Com’è noto, la normativa vigente prevede che le misure di protezione siano adottate solo dopo un'approfondita valutazione del profilo di rischio dei soggetti protetti. Tale valutazione si svolge sia in sede periferica, con la proposta del prefetto – sulla base delle risultanze della riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia – sia in sede centrale, per le definitive determinazioni dell'ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (Ucis). Quest'ultimo ha il compito di raccogliere e analizzare le informazioni sulle situazioni a rischio comunicate dai prefetti, nonché quelle direttamente fornite dagli organismi di informazione e sicurezza e dagli uffici e reparti delle forze di polizia.
  Dopo aver completato l'attività istruttoria, l'Ucis adotta le misure di protezione e vigilanza sulla base del livello di rischio accertato, ovvero modifica o revoca quelle già adottate. La verifica sistematica del grado di personale esposizione al rischio costituisce ulteriore garanzia dell'effettiva necessità del servizio di scorta: essa è infatti finalizzata a rimodulare, se necessario, le misure adottate, sulla base delle effettive necessità e degli eventuali sviluppi investigativi.
  Attualmente il signor Giulio Cavalli è destinatario di uno specifico dispositivo di protezione e di vigilanza. Tale misura è stata adottata il 12 maggio 2009, su proposta della prefettura di Lodi, a seguito di ripetuti atti intimidatori e vandalici, collegati alla sua attività antimafia. Il dispositivo espletato da personale qualificato della polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri, è oggetto di verifiche periodiche, soprattutto in seguito alle rivelazioni del collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura.
  Recentemente, gli organi di stampa hanno riportato la notizia del rinvenimento di una pistola in prossimità dell'abitazione romana dell'attore. L'attività investigativa al riguardo è tuttora in corso ed è coperta da segreto istruttorio. Pertanto, alla luce di tale atto intimidatorio, la questione della sicurezza di Giulio Cavalli è stata nuovamente riesaminata in sede di riunione di coordinamento delle forze di polizia, presieduta dal prefetto di Roma il 10 ottobre 2013. In tale occasione è stata confermata la misura di protezione a tutela dell'artista, il cui profilo di rischio continua a essere oggetto di costante e attento monitoraggio.
  Per quanto riguarda il signor Luigi Bonaventura, si assicura che egli è attualmente destinatario di servizi di vigilanza in forma intensificata, estesi anche ai luoghi frequentati dai figli.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   ZACCAGNINI, LABRIOLA e FURNARI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con decreto-legge n. 201 del 2001 il Governo Monti ha deciso di inglobare, gli enti evidenziali INPDAP e ENPALS all'interno dell'ente previdenziale INPS. Tutto questo per armonizzare il sistema pensionistico attraverso l'applicazione del sistema del metodo contributivo;
   in sostanza il nuovo Inps è subentrato in tutti i rapporti attivi e passivi dei due enti previdenziali. La scelta di tale unificazione è stata dettata dall'esigenza di realizzare un cospicuo risparmio delle spese di personale e di funzionamento attraverso il processo di razionalizzazione organizzativa che ne sarebbe conseguito. Le modalità di attuazione della misura sono contenute nell'articolo 21, commi da 1 a 9;
   in data 17 luglio 2013 il quotidiano Il Sole 24 ore in un articolo dal titolo: «L'Inpdap porta in rosso l'Inps il bilancio torna negativo (-9 miliardi) a causa della fusione». «La relazione più difficile in cinque anni di gestione». È quanto afferma, nell'articolo, il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua, il quale partendo dagli effetti della crisi economica e finanziaria, che negli ultimi 4 anni ha fatto salire a 80 miliardi la spesa per la sola cassa integrazione e indennità di disoccupazione (coperta per circa il 57 per cento dai contributi sociali) denuncia una situazione di crisi. Poi passa ai risultati di bilancio e, spiegato che non dipende da questi numeri la stabilità finanziaria del sistema pensionistico messo in sicurezza dalle ultime riforme, annota: «Dopo quattro anni di conto economico in nero quest'anno l'Inps torna al rosso. Un disavanzo finanziario – dice Mastrapasqua – in tutto imputabile alla gestione dei lavoratori pubblici»;
   era stato previsto che l'incorporazione dell'Inpdap avrebbe avuto un impatto negativo è così è stato: quasi 9 miliardi di disavanzo finanziario di competenza contro i 7,9 miliardi di avanzo trovati nel lontano 2008. A pesare su questa gestione non è la crisi ma l'ormai annoso blocco del turn over nella pubblica amministrazione: meno dipendenti pubblici vuol dire meno contributi. E più pensioni da pagare;
   in data 16 luglio 2013 dal sito dell'ansa.it viene diramata la seguente dichiarazione: «Superinps: 9 mld rosso 2012 Dopo fusione con INPDAP (ANSA) – ROMA, 16 LUG – Nel 2012 il risultato finanziario di competenza del nuovo Inps è stato negativo per 8,996 miliardi di euro a causa dell'integrazione con l'Inpdap. L'incorporazione dell'ente pensionistico dei lavoratori della pubblica amministrazione, già rileva l'Inps, ha fatto scendere il patrimonio netto da 41,3 miliardi nel 2011 a 22 nel 2012»
   in base a tali dichiarazioni riprese dai maggiori organi di stampa emerge il dato che la previdenza privata viene spolpata: nel 2012 il risultato finanziario del nuovo Inps è stato negativo per 8,996 miliardi di euro – l'incorporazione dell'Inpdap ha dimezzato il patrimonio netto: dai 41,3 miliardi nel 2011 ai 22 nel 2012 dati ravvisabili anche ravvisabile anche sul sito internet dell'ente nella sezione «Relazione annuale del presidente»;
   in data 17 giugno 2013 si legge la seguente dichiarazione «La scelta di unificare INPS, INPDAP ed ENPALS, sulla quale abbiamo espresso sin dall'inizio le nostre perplessità e la nostra contraria fu motivata dal precedente Governo dall'esigenza di realizzare un cospicuo risparmio delle spese di personale e di funzionamento attraverso il processo di razionalizzazione organizzativa che ne sarebbe conseguito. Nel concreto, dopo circa mezzo dall'unificazione dei tre istituti, nulla di tutto ciò e ancora avvenuto»;
   queste le parole di Salvatore Chiaramente, Andrea Nardella ed Enrico Matteo Ponti, Segretari Nazionali rispettivamente di FP Cgil, Cisl FP e UIL pubblica amministrazione i quale aggiungono: «Nonostante la riduzione del numero dei componenti del collegio dei sindaci dell'INPS a tre unità, imposta dalla norma, l'organo di controllo risulta tuttora composto di ben 9 unità, tutti dirigenti generali di provenienza ministeriale, con un costo annuo complessivo di quasi 2.500.000 euro anziché di «soli» 750.000, cui si aggiungono altre ingenti somme per le auto di servizio, gli autisti, i corsi di lingua singoli per il presidente del Collegio, fino ad arrivare al buono pasto di 7 euro percepito a prescindere dall'orario ed alle regole stabilite per gli altri dipendenti»;
   «il paradosso», proseguono i tre sindacalisti «è che le 6 persone che hanno occupato le 6 posizioni aggiuntive nel collegio dei sindaci hanno lasciato liberi altrettanti posti di dirigente generale nei vari Ministeri, posti immediatamente occupati con nomine di diretta competenza del Consiglio dei ministri, con un ulteriore aggravio di spesa di circa 2 milioni di euro l'anno;
   ma non è tutto: ci sono sedi di proprietà dell'Ente semivuote mentre il personale è concentrato in palazzi per i quali si pagano fitti enormi. Il palazzo di viale Beethoven a Roma costa, sempre ai lavoratori, ai pensionati e alle imprese, la bella cifra di 10 milioni di euro l'anno di affitto! Cifra che sarebbe possibile risparmiare totalmente solo spostando gli uffici presso la semivuota sede di via Ballami, a pochi minuti di distanza, di proprietà dell'INPS. La stessa cosa succede a Napoli: due sedi vicine, una in affitto alla bella cifra di 800 mila euro l'anno, una di proprietà semi vuota;
   finora qualcuno ha pensato di porre in essere le procedure per tagliare questi sprechi, concludono Chiaramonte, Nardella e Ponti. Assolutamente no, tuttavia si è pensato bene di proporre un taglio di 96 milioni di euro del salario del personale dell'INPS. La situazione è resa ulteriormente negativa dal sostanziale rifiuto dei vertici dell'INPS di avviare un confronto, reale e concreto sui processi di riorganizzazione i cui effetti ricadono pesantemente tanto sull'utenza tanto sui lavoratori;
   è evidente che se si dovesse prendere in considerazione tale proposta mobiliteremo il personale e fermeremo l'INPS;
   tutto questo nonostante gli avvertimenti. Esattamente un anno fa, 11 luglio 2012, il comitato di indirizzo e vigilanza (CIV) dell'Inps lanciò un improvvido allarme: con l'integrazione di Inpdap e Enpals rischio di disavanzo di 6 miliardi, replicò Mastrapasqua: «La sostenibilità», dice il manager ai microfoni del Gr1, «è qualcosa che va oltre un bilancio che rappresenta dei numeri ma non rappresenta la tendenza quindi mi sento di poter dire che, a fronte di quello che sicuramente sono dei commenti tra il tecnico ma anche soprattutto politico, ci sono dei numeri incontrovertibili che sono dati dalla certificazione avvenuta dagli organismi europei della sostenibilità e delle buone riforme che sono state fatte nel nostro Paese» e da Fornero: «Il rischio pensioni denunciato dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Istituto pensionistico e derivante dall'annessione dell'Inpdap «non esiste». Lo sostiene il Ministro del lavoro e politiche sociali, Elsa Fornero, per la quale il disavanzo «è conosciuto dallo Stato, sarebbe stato coperto e sarà comunque coperto adesso». Il Governo «ha cambiato le regole» e «le istituzioni internazionali certificano la sostenibilità dei conti», ha aggiunto;
   alla perdita corrente reale causata quest'anno da Inpdap-Enpals ai conti sani dell'Inps privata è più alto, infatti al disavanzo complessivo di SuperInps dobbiamo aggiungere il mancato avanzo che mediamente Inps da sola portava a casa ogni anno, un miliardo circa, che anno dopo anno avevano costituito un tesoretto da 42 miliardi, ora di colpo dimezzato –:
   se siano a conoscenza dei fatti narrati;
   se in base alla luce dei 20 miliardi di disavanzo di due anni che sono stati sottratti al patrimonio Inps, con un tale trend non ci sia il reale rischio che nel 1025 ci sia il completo azzeramento di tutto il patrimonio;
   se non intendano in base anche alle denunce dei sindacati intraprendere azioni che gravano sulle casse dell'Inps;
   quali azioni intenda intraprendere al fine di tutelare l'ente Inps e quindi le pensioni dei cittadini italiani. (4-01451)

  Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce agli effetti dell'accorpamento di Inpdap ed Enpals nell'Inps a seguito del decreto-legge n. 201 del 2011 e, nello specifico, agli effetti che tale iniziativa ha prodotto sul bilancio dell'Inps anche in funzione della sostenibilità dell'intero sistema pensionistico.
  A questo proposito è opportuno evidenziare che gli effetti innanzi richiamati vanno ricondotti ad una rappresentazione contabile già nota e compresa nei saldi di finanza pubblica al momento dell'adozione del decreto-legge n. 201 del 2011, per effetto dell'incorporazione dei predetti Istituti nell'Inps.
  Si sottolinea,
in primis, che l'operazione di accorpamento ha determinato, nel suo insieme, i seguenti effetti:
   
a) l'Inps, pur mantenendo la stessa denominazione, diviene nella sostanza l'ente previdenziale della generalità dei lavoratori italiani, acquisendo tre milioni di nuovi assicurati;
   
b) dal punto di vista meramente contabile, il nuovo ente risultante dall'accorpamento nell'Inps di Inpdap e Enpals assorbe il disavanzo Inpdap;
   
c) nel nuovo Inps, dopo l'accorpamento, confluiscono tutti i trasferimenti a differente titolo dal bilancio dello Stato all'Inpdap.

  Pertanto, dal punto di vista degli effetti sulla finanza pubblica, l'accorpamento non ha determinato alcun effetto negativo, in quanto è intervenuto sulla regolazione dei trasferimenti tra enti della pubblica amministrazione, con effetti di neutralità sulle singole voci (contributi/prestazioni previdenziali) del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, non venendo modificate le norme sostanziali che le regolano.
  L'operazione di accorpamento disposta dal decreto-legge cosiddetto Salva Italia non comporta pertanto alcun effetto sulla sostenibilità del sistema previdenziale inteso nel suo complesso, che resta pienamente confermata, soprattutto per effetto delle modifiche ai diversi regimi pensionistici conseguenti alla recente riforma pensionistica.
  La complessiva neutralità della richiamata operazione di accorpamento è stata da ultimo confermata anche dal punto di vista normativo dall'articolo 1, comma 5, della legge di stabilità per il 2014, la quale ha previsto che «Le anticipazioni di bilancio concesse ai sensi del comma 3 dell'articolo 35 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, negli esercizi pregressi al 2012, al fine di garantire il pagamento delle prestazioni erogate dall'istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP) si intendono effettuate a titolo definitivo e pertanto eliminate dalla contabilità istituita ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 35 della legge n. 448 del 1998». Ciò significa che, come confermato dal Servizio Bilancio del Senato, le richiamate disposizioni non hanno effetti sui saldi di finanza pubblica in quanto si tratta di interventi meramente tecnico-contabili che di fatto neutralizzano la pregressa passività patrimoniale ex Inpdap confluita nell'Inps con la soppressione dell'ex Inpdap e alimentata dalle anticipazioni effettuate all'Inpdap nel periodo fino al 2011.
  La stessa operazione è invece idonea a determinare sicuri effetti positivi per la finanza pubblica, realizzando una notevole riduzione, crescente nel tempo, delle spese di funzionamento, attraverso l'eliminazione di duplicazioni e sovrapposizioni negli apparati, nella logistica, nelle dotazioni strumentali, ecc., in piena rispondenza all'azione del Governo in materia di contenimento dei costi.
  A tal riguardo, l'Inps ha fatto sapere che le misure di razionalizzazione logistica e delle risorse strumentali sono idonee a produrre risparmi quantificati a regime in 100 milioni di euro annui.
  Inoltre, l'aver creato un unico referente per l'intero settore in concomitanza con i percorsi di convergenza dei diversi regimi pensionistici risponde a una logica di miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione amministrativa, funzionale a garantire più elevati e omogenei livelli di servizio a tutti gli utenti nonché a ridurre le distanze nelle
performance degli enti previdenziali.
  Per quanto concerne la composizione del collegio dei sindaci dell'Inps, si rappresenta che il numero dei componenti, originariamente fissato in sette unità dal comma 7 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 479 del 1994, è stato incrementato di due unità dal comma 5 dell'articolo 21 del decreto-legge n. 201 del 2011, proprio in considerazione dell'accorpamento tra i predetti Istituti.
  Si precisa, inoltre, che i componenti del predetto collegio in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di qualifica non inferiore a dirigente generale – ai sensi del citato comma 7 articolo 3 – sono collocati fuori ruolo per il periodo corrispondente alla durata del loro mandato, ai sensi del medesimo comma 7.
  Per quanto concerne le auto di servizio dell'Inps, l'Istituto ha fatto sapere che il loro utilizzo è disciplinato da apposito regolamento adottato in conformità delle disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 agosto 2011 recante modalità e limiti di utilizzo delle autovetture di servizio.
  Per quanto riguarda lo stabile sito in Roma al viale Beethoven – citato nel presente atto parlamentare –, l'Inps ha rappresentato che il relativo contratto già oggetto di risoluzione anticipata, è stato rilasciato il 27 dicembre 2013, previo trasferimento degli attuali uffici in altri stabili già in uso all'istituto, con conseguente risparmio di risorse economiche per circa 10 milioni di euro a valere sul bilancio 2014.
  Da ultimo si rappresenta che, con determinazione presidenziale n. 205 del 26 ottobre 2012, l'Inps ha avviato il processo di razionalizzazione logistica delle sedi territoriali, al fine di ottimizzare l'uso delle risorse e degli spazi strumentali e realizzare un abbattimento delle locazioni passive e delle relative spese.
  Nell'ambito di detto processo sono stati individuati, sull'intero territorio nazionale, 164 interventi di razionalizzazione, al fine di liberare 155 stabili, per una superficie di circa 239.000 metri quadri ed un risparmio annuo, a regime – in termini di minori spese di funzionamento – stimato in circa 36 milioni di euro (di cui 17,9 milioni di minori canoni).
  L'Inps ha chiarito infine che, data la particolare complessità dell'area metropolitana di Napoli, la stessa è stata oggetto di un piano di integrazione
ad hoc. Detto piano, attualmente, in fase di perfezionamento, prevede, tra l'altro, il rilascio dell'immobile che attualmente ospita la direzione provinciale ex Inpdap Napoli 2 (contigua ad altra sede Inps), con un risparmio, relativamente agli oneri per locazioni passive, di circa 900.000 euro.
Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   ZAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 agosto 2013 un operaio egiziano di 43 anni, Mohamed Awad Hassan Abd El Fattah, residente a Treviglio (Bergamo), coniugato e padre di quattro figli, operaio della ditta «Ma.pi s.r.l.» di Bottanuco (Bergamo), è morto a causa di un incidente sul lavoro avvenuto nelle «Acciaierie Venete» di Padova, ubicate in via Riviera Francia;
   Mohamed Awad Hassan Abd El Fattah è caduto da una passerella posta a un'altezza di circa 8 metri costruita per la manutenzione di un forno;
   le cause all'origine dell'incidente sul lavoro sono ancora da accertare. I primi rilievi sono stati eseguiti da parte del «Servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro» di Padova, in collaborazione con l'Arma dei carabinieri, al fine di valutare se le prescrizioni di legge in materia di salute e di sicurezza nel luogo di lavoro siano state rispettate e, conseguentemente, applicate –:
   se il Ministro interrogato intenda acquisire tutte le informazioni utili per accertare le cause dell'incidente e, per quanto di competenza, garantire che siano individuate le eventuali responsabilità per il mancato rispetto delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. (4-01619)

  Risposta. — L'interrogazione in esame si riferisce all'infortunio mortale sul lavoro occorso, il 3 agosto 2013, al signor Mohamed Awad Hassan Abd El Fattah che prestava attività lavorativa presso la cooperativa Destinazione Lavoro, in qualità di socio lavoratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato e con la qualifica di facchino.
  Nel rispondere al quesito formulato dall'interrogante, ci si limiterà, in questa sede, a riportare gli elementi informativi acquisti presso la competente direzione territoriale del lavoro di Padova nonché quelli forniti dall'Inail.
  Preliminarmente, occorre precisare che, a decorrere dal 22 luglio 2013, il signor Mohamed Awad veniva distaccato, insieme ad altri colleghi, presso l'impresa
Ma.Pi. srl di Bottanuco (Bergamo) a quel tempo impegnata in lavori di manutenzione straordinaria presso lo stabilimento dell'impresa Acciaierie Venete spa, con sede in Padova.
  Tali lavori, in particolare, affidati in appalto alla società Hayama Tech srl erano stati da quest'ultima conferiti in subappalto alla Ma.Pi. srl, anche se limitatamente alla manutenzione di un forno di riscaldo.
  Più precisamente, l'intervento straordinario consisteva nello smantellamento dei rivestimenti di materiale refrattario all'interno del forno, con conseguente demolizione e rimozione del materiale di risulta, e nel rifacimento dell'intera superficie all'interno dello stesso.
  I lavori affidati alla Ma.Pi. srl hanno avuto inizio il 2 agosto 2013 durante uno dei periodi di fermo degli impianti (normalmente coincidenti con i mesi di agosto e dicembre) riservati agli interventi di manutenzione straordinaria.
  Per quel giorno, in particolare, erano stati programmati due turni di lavoro, antimeridiano e notturno, e si era provveduto alla nomina dei referenti delle imprese operanti presso lo stabilimento dell'impresa Acciaierie Venete spa.
  I lavoratori presenti durante il turno notturno, tra i quali il signor Mohamed Awad, avevano concordato di effettuare la pausa, intorno alle ore 1:00, in un luogo ubicato al piano terra dello stabilimento, distante dal forno e, pertanto, meno esposto al rumore e al calore.
  Quella volta, il signor Mohamed Awad, anziché accompagnarsi ai colleghi, così come era solito fare, decideva di effettuare la pausa su di un tratto della pensilina di ferro che conduceva alla bocca del forno.
  Al termine della pausa, mentre attraversavano la pensilina per la ripresa dei lavori, i colleghi, scorgevano il signor Mohamed Awad che giaceva sul suolo ad un'altezza di circa 6/8 metri, in corrispondenza del tratto in cui la pensilina era sprovvista delle traversina di protezione.
  Sul luogo dell'infortunio sono prontamente intervenuti il servizio Asl 118, i vigili del fuoco di Padova e, su delega della competente autorità giudiziaria, i funzionari del servizio di prevenzione igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro (Spisal) presso l'unità locale socio sanitaria 16 di Padova.
  Al termine delle indagini, i funzionari dello Spisal hanno provveduto a trasmettere alla Procura della Repubblica di Padova apposito verbale contenente gli esiti degli accertamenti effettuati.
  Si precisa, al riguardo, che le cause e circostanze dell'evento nonché l'accertamento delle eventuali responsabilità sono tutt'ora al vaglio della autorità giudiziaria.
  Da ultimo, la competente sede Inail ha reso noto di aver avviato, a seguito dell'infortunio, l'istruttoria finalizzata all'erogazione delle prestazioni di legge.
  L'Istituto, in particolare, ha provveduto a contattare il consolato d'Italia in Egitto e il Consolato egiziano in Italia per ottenere notizie su eventuali superstiti aventi diritto alla rendita di cui all'articolo 85 del Testo unico n. 1124 del 1965 nonché all'erogazione del beneficio
una tantum a carico del Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro.
  Pertanto, all'esito alle risultanze dell'istruttoria la stessa sede provvederà alla corresponsione dell'assegno
una tantum spettante agli eventuali superstiti o, in mancanza, a chiunque dimostri di aver sostenuto le spese funerarie.
Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   ZAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 21 settembre 2013 a Verona è convocato un convegno dal titolo «La teoria del gender: per l'uomo o contro l'uomo?» organizzato dal Movimento difesa della vita e dall'associazione Famiglia domani;
   l'iniziativa ha ricevuto il patrocinio del comune di Verona e della provincia di Verona che fornisce anche la sala convegni al palazzo della Gran Guardia;
   il sindaco e il presidente della provincia di Verona parteciperanno all'apertura dei lavori;
   scorrendo i nomi dei professori che parteciperanno ci sono fautori di teorie come quella «riparatrice», ovvero la concezione secondo cui l'omosessualità è una patologia da cui si può guarire;
   secondo un articolo dell’Espresso a firma di Antonio Sciotto, pubblicato l'11 settembre 2013 e dal titolo «Tosi sponsor dell'omofobia»: «Siamo al lancio di una vera e propria piattaforma culturale e politica, che si oppone agli ormai sempre più diffusi ”queer studies” e ”gender theories”, ovvero gli studi sulla differenza e complessità dei generi, di cui tra l'altro l'Università di Verona rappresenta uno dei poli di eccellenza»;
   tema del convegno sarà la lotta contro la parificazione dei diritti. I relatori sono medici e studiosi secondo i quali l'omossessualità è una piaga e una patologia da curare;
   molte associazioni lgbt e antirazziste di Verona chiedono il ritiro del patrocinio di comune e provincia –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere il Governo per evitare che in futuro si tengano con patrocini istituzionali manifestazioni e convegni che incitano alla discriminazione e all'omofobia senza prevedere tra l'altro alcun contraddittorio. (4-01831)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si segnala che il dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha avviato un'istruttoria relativa al Convegno «La teoria del gender: per l'uomo o contro l'uomo?» svoltosi il 21 settembre 2013 a Verona con il patrocinio del Comune e della Provincia.
  L'evento è stato organizzato dall'associazione Famiglia domani, dal Movimento europeo difesa per la vita e dal Centro culturale Nicolò Stenone, con l'intervento di docenti universitari e medici.
  L'istruttoria posta in essere ha evidenziato che sul sito di una delle associazioni organizzatrici (
www.famigliadomani.it), sono rinvenibili posizioni contrarie a quanto sancito dall'Organizzazione mondiale della sanità in merito all'omosessualità. L'Oms infatti, sin dal 1999, ha stabilito che l'omosessualità non è da considerarsi una patologia. In tal senso, alcune affermazioni volte a considerare l'omosessuale come una persona «sofferente di un disturbo patologico, bisognosa di cure e non in grado di vivere normalmente le proprie relazioni affettive», non sembrano avere un fondamento scientifico. Risultano parimenti discutibili alcuni passaggi relativi all'opportunità di avere insegnanti eterosessuali per «indirizzare» le scelte dei ragazzi in ordine al proprio orientamento sessuale.
  Si evidenzia, tuttavia, che non è stato possibile ottenere un riscontro testuale degli atti del convegno e che, considerato il principio costituzionalmente garantito di libera manifestazione del pensiero di cui all'articolo 21 della Costituzione e l'autonomia di cui godono gli enti territoriali nella concessione dei patrocini, il Governo non può attivare alcuno strumento per valutare o censurare il merito dell'iniziativa.
  Il dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri ha, invece, inviato agli organizzatori dell'evento, a titolo di contributo al dibattito tenutosi nel corso del Convegno, n. 200 copie della strategia nazionale lgbt (2013-2015) adottata in via ufficiale dal Governo in adesione al programma «Combattere le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere» promosso dal Consiglio d'Europa in attuazione della Raccomandazione adottata dal Comitato dei ministri CM/REC (2010)5.
  Da quanto appreso dalla prefettura di Verona, il sindaco di Verona ha comunicato di aver concesso a titolo gratuito la sala della Gran Guardia ai sodalizi promotori, in quanto associazioni legalmente riconosciute.
  In tale contesto, peraltro, il sindaco ha precisato di aver concesso a titolo gratuito la medesima sala per sabato 9 novembre 2013 per il convegno «Contro natura? Lesbiche, gay, bisessuali, asessuali, trans, intersex/dsd si interrogano sul loro posto nel creato», organizzato da alcune associazioni, fra le quali il Circolo
Pink e l'Arcigay Pianeta Urano.
  Sulla base di tale circostanza il sindaco di Verona ha respinto le affermazioni secondo le quali l'amministrazione comunale sarebbe
sponsor di iniziative discriminanti o omofobe e ha affermato che il comune «concede a sodalizi diversi la medesima possibilità di poter esprimere, liberamente e in maniera civile, le proprie opinioni».
  Relativamente alla concessione di patrocini istituzionali, si sta valutando la possibilità di adottare linee guida e/o atti di indirizzo volti a sensibilizzare gli amministratori locali in ordine all'opportunità di valutare con attenzione il contenuto delle iniziative patrocinate, concedendo un adeguato spazio ad un contraddittorio finalizzato a dar voce alle istanze provenienti dai diversi segmenti della società civile, specie in materia di tutela dei diritti delle persone.

Il Viceministro del lavoro e delle politiche socialiMaria Cecilia Guerra.


   ZAPPULLA e FARAONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il prolungarsi della recessione ha acuito la condizione di disagio economico di larga parte della popolazione, rischiando di mettere a repentaglio la tenuta sociale del Paese; il Governo dimostra consapevolezza del profondo e perdurante stato di crisi in cui versa l'Italia e della necessità di reperire le risorse volte alla copertura dei costi relativi agli ammortizzatori sociali, divenuti in questi anni un indispensabile strumento di sopravvivenza per centinaia di migliaia di persone;
   le risorse stanziate sinora, purtroppo, risultano essere solo in minima parte sufficienti a garantire il fabbisogno delle regioni, le quali stanno, insieme alle parti sociali, richiamando con sempre maggior forza l'attenzione su tale problematica; in particolare, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e delle regioni del meridione – caratterizzate da un tessuto economico più fragile rispetto alle altre – temono che il mancato reperimento di ulteriori risorse possa aggravare i rischi di tensione sociale;
   in Sicilia, nel 2012, gli ammortizzatori sociali hanno comportato un costo di poco più di 200 milioni di euro. Le previsioni relative all'anno in corso delineano un quadro ancora più negativo: i dati disponibili evidenziano un incremento percentuale delle ore e dei lavoratori posti in cassa integrazione e la crescita si fa esponenziale se si parla della cassa integrazione straordinaria o in deroga;
   a tal proposito, l'assessore regionale al lavoro della regione Sicilia, Ester Bonafede, dopo un incontro con i rappresentanti del Governo, ha annunciato che fino a luglio non sono previsti finanziamenti per gli accordi relativi alla concessione di nuovi ammortizzatori sociali sottoscritti nei mesi scorsi – riguardanti diverse richieste di imprese in crisi – e che, da quella data, in mancanza di un intervento, anche i lavoratori che attualmente stanno percependo i relativi trattamenti si ritroveranno nell'impossibilità di continuare a farlo;
   la necessità di rapidi interventi di rifinanziamento è avvertita con vivezza – oltre che dalla popolazione – dalle istituzioni locali e dalle rappresentanze sindacali, consapevoli dell'esigenza di uno sforzo che garantisca anche per il 2013 la corresponsione di risorse almeno eguali a quelle dell'anno precedente –:
   allo scopo di attenuare le ripercussioni della grave crisi occupazionale e sociale che ha colpito il nostro Paese, e più in particolare la regione Sicilia, quali urgenti iniziative intenda adottare allo scopo di garantire nel minor tempo possibile le condizioni, anche e soprattutto di carattere finanziario, per assicurare il riconoscimento degli ammortizzatori sociali necessari ad affrontare la sfavorevole congiuntura economica per tutto il 2013.
(4-00895)

  Risposta. — Sul punto si rappresenta quanto segue.
  Per l'anno 2013, sono state destinate agli ammortizzatori sociali in deroga risorse pari 2.205 milioni di euro, ai quali si aggiungono 287 milioni a carico del piano di azione coesione da destinarsi alle quattro regioni obiettivo convergenza.
  Rispetto a tali risorse, sono stati assegnati alle regioni e pubblica amministrazione:
   1. 1.830 milioni, destinati agli accordi sottoscritti in sede regionale, di cui 84 milioni circa assegnati alla regione siciliana;
   2. 287 milioni circa a carico del piano di azione e coesione, che sono stati assegnati alle regioni dell'obiettivo convergenza (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia), di cui 108 milioni circa assegnati alla regione siciliana.

  Inoltre, 170 milioni sono stati destinati alle regioni e pubblica amministrazione per il finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga di competenza dell'anno 2012 e 205 milioni sono stati stanziati per finanziare gli interventi in favore delle aziende che hanno concluso accordi in sede governativa.
  Per l'anno 2014, l'articolo 2, comma 65 della legge n. 92 del 2012 prevede che a valere sul fondo sociale per l'occupazione siano resi disponibili 1.000 milioni da destinare alla concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale o di mobilità in deroga alla normativa vigente.
  La legge 27 dicembre 2013, n. 147, (legge di stabilità per il 2014) ha previsto, altresì, il finanziamento di ammortizzatori sociali in deroga, contratti di solidarietà e cassa integrazione guadagni straordinaria.
  In particolare, sono previsti:
   un incremento, per l'anno 2014, di 600 milioni di euro del fondo sociale per l'occupazione e la formazione da destinare al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga previsti dall'articolo 2, commi 64-66, della legge n. 92 del 2012;
   l'autorizzazione, per il 2014, della spesa di 40 milioni di euro per il finanziamento dei contratti di solidarietà (di cui all'articolo 5, commi 5 e 8, del decreto-legge n. 148 del 1993, convertito nella legge n. 236 del 1993); riguardo ai contratti di solidarietà, l'ammontare del trattamento di integrazione salariale viene incrementato per l'anno 2014 del 10 per cento, elevando pertanto la misura complessiva dal 60 per cento al 70 per cento. Ciò nel limite massimo di 50 milioni di euro a valere sulle risorse del fondo sociale per occupazione e formazione;
   l'autorizzazione, per il 2014, di 50 milioni di euro per il finanziamento delle proroghe a 24 mesi della cassa integrazione guadagni straordinaria (cassa integrazione guadagni straordinaria) per cessazione di attività (di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 249 del 2004).

  Si precisa, inoltre, che con riferimento agli ammortizzatori sociali in deroga, gestiti a livello regionale, ogni regione e pubblica amministrazione a livello territoriale individua – in accordo con le parti sociali – le aziende e i lavoratori che possono accedere agli ammortizzatori sociali in deroga, con relative previsioni delle priorità di intervento. Pertanto, solo ogni regione e pubblica amministrazione ha a disposizione il quadro completo delle aziende che abbiano fatto richiesta di accedere ai trattamenti di integrazione salariale e/o di mobilità in deroga e il quadro numerico dei lavoratori complessivamente interessati sul proprio territorio, con previsione del fabbisogno economico reale per il finanziamento di tali interventi.
  Conclusivamente, la problematica segnalata è nota in tutta la sua delicatezza al Governo, il quale intende confermare anche per il futuro il proprio impegno a garantire l'adeguato rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiCarlo Dell'Aringa.


   ZARATTI, PIAZZONI, STUMPO e CARELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 15 ottobre 2013 il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro su richiesta della famiglia del ex capitano delle Ss Erich Priebke, condannato all'ergastolo per l'eccidio delle Fosse Ardeatine del 24 marzo 1944, rappresentata dall'avvocato Paolo Giachini, autorizzava il trasferimento della salma dell'ex gerarca nazista nel convento della Fraternità sacerdotale San Pio X di Albano Laziale, per la celebrazione delle esequie;
   il sindaco di Albano Laziale, dopo aver appreso la notizia da fonti giornalistiche, con ordinanza n. 231, «Ritenuto che tale evenienza, qualora confermata, contrasterebbe in maniera eclatante con il contributo reso dalla nostra città e dai nostri cittadini alla lotta di liberazione nazionale ed alla lotta partigiana; in particolare nel rispetto della memoria morale e civile dovuta ai caduti nel barbaro eccidio delle Fosse Ardeatine, tra i quali sono da annoverare anche persone molto vicine alla nostra comunità considerato che, contrariamente a quanto previsto dal Regolamento di polizia Mortuaria (decreto del Presidente della Repubblica n. 285 del 1990) alle ore 15.00, non è pervenuta a questo Comune alcuna autorizzazione o comunicazione circa il transito della salma di Priebke sul territorio comunale.... considerato che tale notizia, qualora confermata, potrebbe determinare seri pericoli per l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana...», vietava il transito di salme sul territorio comunale, per la giornata del 15 ottobre, onde evitare eventi pregiudizievoli per l'incolumità pubblica e sicurezza della civica comunità;
   il prefetto di Roma, considerato il divieto da parte del Questore di Roma allo svolgimento di funzioni relative alle esequie ed al trasporto della salma di Erich Priebke, in forma pubblica e solenne, nonché qualunque manifestazione pubblica, nel territorio della provincia di Roma, tenuto conto delle vibranti contestazioni in atto da parte di movimenti ed associazioni che si richiamano ad ideologie fortemente contrapposte e comunque della volontà dei familiari di Priebke che avesse luogo un rito funebre, ordinava che il rito funebre avesse luogo in forma privata presso la confraternita S. Pio X, incaricando sindaco di Albano dell'esecuzione dell'atto;
   un esponente della Fraternità sacerdotale San Pio X che in Italia ha sede ad Albano Laziale, ha pubblicamente espresso in passato e in più occasioni tesi antisemite e negazioniste sulla Shoah, che ancora oggi trovano nella comunità lefebvriana diretti sostenitori;
   fin dal primo pomeriggio del 15 ottobre un presidio di cittadini e rappresentanti delle amministrazioni locali di Albano Laziale, Castel Gandolfo e Genzano di Roma formatosi davanti la sede della Fraternità San Pio X manifestava la propria forte indignazione per la scelta assunta da prefetto di far svolgere l'esequie di Priebke nella città di Albano Laziale, già insignita di medaglia d'argento della Resistenza, in spregio alla memoria morale e civile delle vittime della strage delle Fosse Ardeatine, per la quale Priebke è stato condannato all'ergastolo; il livello di tensione è giunto al culmine al passaggio del feretro e dopo l'ingresso nella sede della Fraternità per lo svolgimento del rito;
   nelle stesse ore, gruppi organizzati di estrema destra e inneggianti al movimento neonazista, da ore attivi sui social network, giungevano in prossimità del luogo indicato dal prefetto di Roma per l'esecuzione del rito e venivano tenuti a distanza dai reparti delle forze dell'ordine che presidiavano l'ingresso della struttura, con forti momenti di tensione culminati poi in violenti scontri e tafferugli; ciò nonostante il leader del gruppo di estrema destra Militia Maurizio Boccacci riusciva ad entrare nella struttura della Fraternità per partecipare alle esequie;
   dalle dichiarazioni rilasciate dal legale della famiglia Priebke, Paolo Giachini il rito non avrebbe avuto inizio data l'impossibilità di molti dei cento invitati, tenuti lontani dalle forze di polizia, di convenire nella struttura; lo stesso prefetto di Roma avrebbe successivamente deciso il trasferimento, per motivi di ordine pubblico, della salma di Priebke in un'area a giurisdizione militare lontana da Roma, nello specifico nei pressi dell'aeroporto militare di Pratica di Mare –:
   se il Ministro sia stato messo a conoscenza preventivamente delle decisioni assunte dal Prefetto di Roma e se è stato informato dell'evoluzione degli eventi accaduti nel pomeriggio del 15 ottobre 2013 nella città di Albano Laziale;
   se la decisione del prefetto di Roma, motivata tra l'altro dall'unica disponibilità resa dalla Fraternità San Pio X ad ospitare il rito in forma privata e riservata, cui erano stati invitati cento persone, senza alcuna preventiva informazione né coinvolgimento dell'amministrazione comunale di Albano, sia stata assunta tenendo in debito conto dei rischi per la sicurezza e l'ordine pubblico, che avevano peraltro già portato il questore di Roma ad emettere Ordinanza del 14 ottobre 2013. (4-02216)

  Risposta. — La vicenda oggetto dell'interrogazione in esame ha suscitato vasto clamore per il forte coinvolgimento emotivo che è legato al ricordo della tragedia delle Fosse Ardeatine e che tutt'oggi interessa tutti coloro che ebbero un ruolo in quell'eccidio.
  Pertanto una ricostruzione dei fatti non può non tener conto dell'alta carica simbolica che l'episodio consumatosi in questi giorni ha assunto agli occhi non solo della comunità romana, e in particolare di quella ebraica, ma di tutta l'opinione pubblica.
  Preliminarmente, va tenuto conto del fatto che il prefetto di Roma, nella gestione di questa delicatissima vicenda, ha dovuto innanzitutto misurarsi con la richiesta avanzata dal legale tutore di Priebke volta a far sì che il rito funebre dell'ex ufficiale tedesco potesse svolgersi nella chiesa romana di Santa Maria Immacolata di Lourdes.
  A fronte delle reazioni piuttosto accese conseguenti a tale proposta e in considerazione della possibilità di turbative durante le esequie, è stato deciso di vietarne lo svolgimento in forma pubblica, con specifica ordinanza del questore di Roma adottata ai sensi dell'articolo 18 del Tulps.
  Subito dopo, il prefetto di Roma, preso atto della disponibilità espressa dalla Fraternità sacerdotale San Pio X di Albano Laziale di ospitare presso la propria sede il rito funebre in forma privata, ha valutato favorevolmente tale disponibilità, anche in considerazione che in quel momento era l'unica soluzione emersa.
  Il prefetto ha comunque ordinato che lo svolgimento delle esequie avvenisse in forma assolutamente privata, e, a tal fine, si è avvalso del potere di ordinanza previsto dall'articolo 2 del Tulps norma di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
  È del tutto evidente come il provvedimento prefettizio, in quanto adottato per specifiche finalità di esclusiva competenza dello Stato, fosse destinato a prevalere su ogni altro diverso provvedimento, e, quindi, anche sull'ordinanza del sindaco di Albano, peraltro motivata anche con riferimento a esigenze di tutela della sicurezza urbana, attribuzioni queste ultime che rientrano nella più vasta competenza del prefetto.
  È notorio, peraltro, come il fatto che siano trapelate notizie, anche da fonti giornalistiche, riguardanti il luogo di celebrazione del funerale, abbia attratto molti esponenti di estrema destra a darsi convegno nella cittadina laziale.
  Si rappresenta, inoltre, che la gestione dei servizi di ordine pubblico è stata attentamente valutata, tant’è che, su richiesta del prefetto di Roma, il dipartimento della pubblica sicurezza ha disposto l'assegnazione di complessive 400 unità di rinforzo dei reparti mobili di polizia.
  All'evento, in particolare, erano presenti circa 600 persone, tra cui – con l'intento di impedire l'accesso del feretro – anche alcuni sindaci ed amministratori dei comuni limitrofi ed il presidente della locale sede Anpi.
  I disordini e i momenti di forte tensione hanno reso necessario, anche per consentire il passaggio del corteo funebre, l'intervento delle forze di polizia presenti sul posto, le quali hanno poi proceduto all'identificazione di due facinorosi e al loro deferimento all'autorità giudiziaria.
  Il prefetto di Roma, infine, ha disposto con separato provvedimento il divieto di tumulazione della salma di Priebke in tutta la provincia.
  Anche quest'ultimo provvedimento è stato adottato allo scopo di evitare ulteriori turbative, corrispondendo alla medesima esigenza di tutela dell'ordine pubblico.
  Tale ulteriore decisione dimostra come, nella gestione di una vicenda che presentava oggettivi profili di criticità, la massima autorità provinciale di pubblica sicurezza abbia costantemente ispirato la propria azione ad una linea di prudenza e di ponderata valutazione delle diverse esigenze venutesi a creare nella gestione di tutta la vicenda.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.