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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 14 febbraio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il maltempo, con le forti precipitazioni delle ultime settimane ed in particolare gli eventi metereologici del 30 gennaio e 1o febbraio 2014, ha causato a Roma e nel Lazio gravissimi problemi alla cittadinanza, mettendo a rischio numerosi quartieri ed intere comunità delle città, con frane, smottamenti e allagamenti in diverse parti del territorio comunale;
    tali eventi metereologici hanno evidenziato una elevatissima fragilità del territorio dovuto ad un insieme di fattori che vanno dalle particolari situazioni morfologiche del territorio agli squilibri causati dall'abusivismo edilizio, alla carenza in molte parti della città di un'adeguata rete di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche;
    da oltre 10 anni si ripetono, soprattutto in determinate aree urbane, eventi alluvionali ormai con cadenza sempre più ravvicinata e con effetti sempre più devastanti sul patrimonio edilizio e infrastrutturale, dovuti ad episodi metereologici considerati «insoliti», ma che ormai devono essere considerati ciclici ed ordinari;
    il dissesto idrogeologico ha interessato in particolar modo la rete stradale di Roma Capitale che è costituita da oltre novemila strade, che si estendono per più di 5.000 chilometri per le quali è sempre più difficile garantire un'adeguata manutenzione, mentre svariate arterie non sono oggetto di interventi da molti anni;
    la pavimentazione stradale a causa delle abbondanti piogge dei giorni scorsi è stata gravemente compromessa e molti assi viari mostrano fenomeni di erosione del manto stradale, con buche e voragini, segni inequivocabili di dissesto strutturale e non solo superficiale;
    tale situazione costituisce innanzitutto un pericolo per la pubblica incolumità nonché la causa di enormi disagi per le chiusure e le deviazioni obbligatorie determinando situazioni di congestione veicolare insopportabili per il tessuto produttivo e per i cittadini residenti;
    le risorse finanziarie a disposizione del Campidoglio per la manutenzione stradale ammontano a due euro al metro quadro per l'anno 2014 pari a 25 milioni di euro, importo notevolmente inferiore a quello stanziato nell'anno 2006, pari ad 80 milioni di euro;
    allo stesso modo sono drammaticamente diminuite le risorse a disposizione delle province e dei comuni del Lazio;
    in queste condizioni, vista l'esiguità delle risorse a disposizione non è possibile impostare alcun piano di manutenzione ma solo predisporre interventi emergenziali;
    è stato dimostrato che con un'attenta politica di prevenzione e manutenzione ordinaria si potrebbero ridurre drasticamente i costi degli interventi di emergenza e di riparazione riducendo l'ormai insostenibile costo del dissesto idrogeologico in termini di vite umane e di danni all'economia;
    l'articolo 31 della legge n. 183 del 12 novembre 2011, «Patto di Stabilità interno degli Enti Locali» prevede che ai fini della tutela dell'unità economica della Repubblica, le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e, a decorrere dall'anno 2013, i comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti, concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione;
    per le grandi città, nel patto di stabilità 2014, le regole generali derivanti richiederebbero un saldo positivo di bilancio di 305 milioni euro (invece dei 210 milioni calcolati con le regole previgenti);
    il patto di stabilità sta nella realtà rendendo impossibile alle amministrazione locali qualsiasi intervento infrastrutturale e di manutenzione e di fatto incapaci non solo di predisporre piani di investimento per le opere pubbliche ma di portare avanti l'ordinaria attività amministrativa e gestionale;
    in un'intervista su repubblica.it il 5 febbraio il Ministro dello sviluppo economico Flavio Zanonato ha ribadito che il patto di stabilità non è più funzionale, che sono necessarie regole meno rigide e che le risorse vanno liberate e investite;
    si mette anche in evidenza la necessità di valutare la possibilità di modifica al patto di stabilità per le opere di manutenzione, richiesta peraltro già formulata dall'A.N.C.I. nel 2012, considerato che la manutenzione del patrimonio scolastico è un obbligo di legge, senza contare gli effetti benefici sull'economia, dovuti, all'eventuale avvio di opere relativamente piccole e immediatamente cantierabili,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per attenuare i vincoli del patto di stabilità in particolare per quello che riguarda i capitoli di spesa inerenti al dissesto del territorio, alla manutenzione degli edifici scolastici, alla messa in sicurezza della rete stradale;
   ad assumere iniziative per definire, nell'ambito dei vincoli finanziari del patto di stabilità, una disciplina adeguata alle funzioni di Capitale d'Italia della città di Roma che consenta la realizzazione delle necessarie opere di riqualificazione e messa in sicurezza atte al momento, a superare lo stato di crisi, ponendo rimedio ai danni causati dalla recente alluvione;
   a dichiarare, visto lo stato di pericolo e gli ingenti danni economici recati ai territori interessati dall'alluvione del 31 gennaio e 1o febbraio 2014, lo stato di emergenza;
   ad assumere iniziative per stanziare le necessarie risorse economiche per Roma Capitale e per gli altri comuni della regione Lazio colpiti dalle alluvioni del mese di febbraio 2014.
(1-00342) «Marroni, Marco Di Stefano, Roberta Agostini, Bonaccorsi, Campana, Coscia, Ferro, Gregori, Melilli, Meta, Miccoli, Tidei».


   La Camera,
   premesso che:
    i vertici dei consigli d'amministrazione e dei collegi sindacali di molte società pubbliche italiane sono di imminente scadenza, tra le principali si segnala ENI, ENEL, POSTE E FINMECCANICA;
    precisamente quest'anno giungono a scadenza i consigli di amministrazione di 14 società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, più altri 35 consigli di società controllate indirettamente, tra queste Enav, Poligrafico, Fintecna, Mistral Air, Italia Turismo, Fondo Strategico e tredici società del gruppo Fs. Scadono anche i collegi sindacali di 10 controllate dirette e di 50 controllate indirette, tra cui Eni, Coni Servizi, Rai World, Stretto di Messina. In tutto sono 49 consigli di amministrazione e sessanta collegi sindacali. A una media di 5-6 incarichi per ogni organo collegiale si arriva a 600 incarichi totali da attribuire;
    purtroppo nel corso degli anni le nomine delle società pubbliche sono state più nell'ottica di suddivisione di poltrone e di potere che di competenza, professionalità, indipendenza, onorabilità e trasparenza;
    a riguardo il Ministro dell'economia e delle finanze ha emanato una direttiva, in base alla mozione approvata al Senato il 19 giugno 2013;
    la direttiva dispone che per la valutazione delle candidature, si deve tener conto per i candidati, tra gli altri, dei seguenti elementi:
     a) non devono essere membri del Parlamento, del Parlamento europeo, del Consiglio di una regione o di enti locali con popolazione superiore a 15.000 abitanti;
     b) devono possedere comprovata professionalità ed esperienza in ambito giuridico, finanziario o industriale;
     c) non devono avere conflitti di interesse col posto da assegnare;
    inoltre si stabilisce causa di ineleggibilità o decadenza dall'incarico l'aver subito una condanna, anche non definitiva, per delitti contro la pubblica amministrazione o per altri reati in materia bancaria, finanziaria, assicurativa. Le società partecipate dovranno modificare gli statuti tenendo conto delle disposizioni contenute nella direttiva. Le remunerazioni dei nominati devono essere stabilite sulla base delle performance aziendali ed ispirate a criteri di moderazione dei compensi;
    ma tale direttiva non contempla un limite ai mandati e all'età degli amministratori e non impedisce alla folta schiera dei politici non rieletti di aspirare a un posto di primo piano. Inoltre la parte della direttiva dove si parla della ineleggibilità legata a fatti giudiziari appare così elastica da non creare preoccupazioni in quei manager come ad esempio Scaroni e tanti altri;
    si prevede che il Ministro, prima di procedere alle nomine, acquisisca un parere positivo da parte di un comitato di garanzia composto da: Cesare Mirabelli, presidente emerito della Consulta, Vincenzo Desario, ex direttore generale della Banca d'Italia, e Maria Teresa Salvemini, consigliere Cnel. Tale Comitato costa cinquantamila euro l'anno;
    ma viste le recenti riconferme di Domenico Arcuri e Giancarlo Innocenzi nei ruoli di amministratore e presidente di Invitalia; di Pietro Ciucci al vertice dell'Anas; di Lamberto Cardia e Mauro Moretti come presidente e amministratore di Ferrovie. Inoltre alla fine di giugno 2013 sono stati confermati ai vertici di Sace, la società che assicura i crediti all'export, il presidente Giovanni Castellaneta e l'amministratore Alessandro Castellano. Situazione simile in Fincantieri, dove Giuseppe Bono ha strappato l'ennesimo mandato;
    è la dimostrazione palese ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo che il Comitato di garanzia e la direttiva Saccomanni non è efficace e non garantisce i criteri di trasparenza, pubblicità, professionalità, onorabilità ed indipendenza che nomine di società partecipate dello Stato devono avere;
    questo è possibile solo attraverso un pieno coinvolgimento del Parlamento e la fissazione di tutti i criteri di nomina attraverso una norma di rango primario scevra da ogni interpretazione e deroghe capziose;
    come già espresso nella mozione 1-00301 tali grandi aziende costituiscono il tessuto connettivo dell'economia del Paese e sono tutte strategiche per la loro funzione attuale e per quella che potranno svolgere in futuro nella ristrutturazione ecologica, civile e tecnologica del sistema economico italiano. Esse sono state costruite con il lavoro e le tasse di 4 o 5 generazioni di italiani lungo il corso di oltre un secolo: i proprietari delle quote residue in mano allo Stato sono, dunque, i cittadini italiani che non possono essere espropriati della possibilità di decidere sul loro assetto attuale e futuro;
    le società pubbliche sono strategicamente rilevanti per il posizionamento dell'industria nazionale, in un quadro di definizione degli equilibri di mercato interno e internazionale; il bilancio dello Stato è positivamente ristorato dagli utili derivanti dalle profittevoli attività dei gruppi di imprese facenti capo alle sopracitate attività;
    bisogna evitare che nella selezione dei componenti dei consigli d'amministrazione e dei collegi prevalgano ancora una volta umilianti logiche spartitorie e di appartenenza,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa normativa urgente volta a prevedere, che le imminenti proposte governative di nomina di membri dei consigli di amministrazione e dei collegi sindacali delle società a partecipazione pubblica totale o di controlli siano effettuati secondo i seguenti criteri e modalità in aggiunta a quelli previsti dalla direttiva del Ministero dell'economia e delle finanze del 24 giugno 2013:
    a) siano sottoposte al previo parere delle competenti Commissioni parlamentari al fine di verificare la professionalità, onorabilità ed indipendenza;
    b) che preveda l'incompatibilità per coloro che abbiano:
   1) un procedimento giudiziario in corso;
   2) già ricoperto l'incarico per due mandati consecutivi;
   3) superato il limite di età di 66 anni;
   4) non siano stati eletti nel Parlamento, nel Parlamento europeo, nel Consiglio di una regione o di enti locali con popolazione superiore a 15.000 abitanti da almeno cinque anni;
   ad assumere iniziative dirette a predisporre, successivamente, una norma di rango primario dei disciplini le nomine dei consigli di amministrazione e dei collegi sindacali secondo criteri e modalità della direttiva del Ministero dell'economia e delle finanze del 24 giugno 2013 e che preveda il rispetto dei requisiti di cui al precedente impegno.
(1-00343) «Vallascas, Prodani, Da Villa, Crippa, Petraroli, Fantinati, Rizzetto, Rostellato, Mucci, Della Valle».


   La Camera,
   premesso che:
    il MUOS (per esteso: Mobile user objective system) è un moderno sistema di radio-telecomunicazioni satellitari ad altissima frequenza della marina militare statunitense, dotato di satelliti geostazionari e stazioni di terra. Sarà utilizzato per coordinare in maniera capillare tutti i sistemi militari statunitensi dislocati in ogni parte del globo e per guidare sistemi d'arma quali gli aerei privi di pilota;
    destinato principalmente ad utenti mobili (piattaforme aeree e marittime, veicoli di terra e soldati), il MUOS trasmetterà la voce degli utenti, i dati e le comunicazioni video tramite l'installazione di antenne paraboliche ad emissioni elettromagnetiche in grado di comunicare in ambienti svantaggiati (come ad esempio regioni altamente boscose);
    il MUOS comprenderà quattro impianti di stazione a terra. Le selezioni per la scelta dei siti terrestri sono state completate nel 2007 con la firma di un «Memorandum of Agreement» (MOA) tra la marina degli Stati Uniti e il Dipartimento della difesa australiano. Le quattro stazioni di terra, ognuna delle quali serve uno dei quattro satelliti attivi, saranno ubicate presso: l’Australian defence satellite communications station a Kojarena a circa 30 chilometri a est di Geraldton, nel Sud-Ovest dell'Australia; all'interno del Naval Radio Transmitter Facility (NRTF) a Niscemi, a circa 60 chilometri dalla US Naval Air Station di Sigonella, in Sicilia; nel Sud-Est della Virginia (sito non specificato); nel «Naval Computer and Telecommunications Area Master Station Pacific» nelle Hawaii;
    la stazione terrestre posta nell'area del Mediterraneo, in un primo momento, era prevista all'interno della base militare americana di Sigonella. Ma a seguito dei risultati di uno studio sull'impatto delle onde elettromagnetiche generate dalle antenne (Sicily RADHAZ Radio and Radar Radiation Hazards Model), eseguito da due aziende private, AGI - Analytical Graphics Ine. (con sede a Exton, Pennsylvania) e Maxim Systems (San Diego, California), il progetto fu spostato a Niscemi. Nello specifico, fu elaborato un modello di verifica dei rischi di irradiazione sui sistemi d'armi, munizioni, propellenti ed esplosivi (il cosiddetto HERO – Hazards of Electromagnetic to Ordinance), ospitati nella grande base siciliana. Una simulazione informatica del sistema MUOS, fornita dai consulenti di Maxim Systems, dimostrava la reale esistenza di rischi connessi al regolare funzionamento dell'impianto. Si prevedeva l'emissione di fasci di onde elettromagnetiche di portata tale da interferire con le apparecchiature poste sugli aeromobili in volo in quella zona per i vicini aeroporti civili di Comiso e di Fontanarossa e in loco per quello militare di Sigonella. Si presuppone il fondamento di questa relazione in quanto i vertici militari americani si convinsero a spostare la stazione MUOS a Niscemi, nella base NRTF-8 già all'epoca sotto il comando di Sigonella;
    in Sicilia, il terreno di impianto del MUOS, ricadente all'interno della Riserva naturale orientata (RNO) denominata «Sughereta di Niscemi», istituita con decreto assessoriale 475/1997 e inserita nella rete ecologica «Natura 2000» come Sito di importanza comunitaria (SIC) ITA050007, si trova ad una distanza di circa 6 chilometri a Sud-Est del centro abitato del paese di Niscemi e ad una distanza di circa 2 chilometri dai primi agglomerati edilizi;
    i comitati No MUOS, il primo dei quali sorto già nel febbraio del 2009, esprimono fortissime preoccupazioni riguardo le conseguenze dell'istallazione di tale sistema, per l'incidenza che l'utilizzo a regime dello stesso possa avere su: salute umana, ecosistema della Sughereta di Niscemi, qualità dei prodotti agricoli, diritto alla mobilità e allo sviluppo del territorio, diritto alla pace e alla sicurezza del territorio e dei suoi abitanti;
    in data 21 dicembre 2012, la sezione prima del Tar di Palermo, nell'ambito del procedimento iscritto al n. 1864 del 2011, ha disposto, con ordinanza, la nomina di un verificatore, nella persona del preside della facoltà di ingegneria di Roma «La Sapienza», che dichiari quali sono la consistenza e gli effetti delle emissioni elettromagnetiche generate dall'impianto MUOS e se tali emissioni siano o meno conformi alla normativa nazionale e regionale in materia di tutela delle esposizioni elettromagnetiche e di tutela ambientale delle aree SIC;
    tale verificazione, depositata in data 27 giugno 2013 ha confermato che tutti gli studi ed i dati posti a base della autorizzazioni regionali sono erronei ed inattendibili, sottolineando che non sono stati adeguatamente valutati i rischi per la popolazione e per le interferenze strumentali con i vicini aeroporti. Mentre risulta certo l'impatto ambientale negativo legato alle onde elettromagnetiche emesse dall'impianto;
    frattanto, la regione siciliana, con atti del 29 marzo 2013 revocava le autorizzazioni ambientali rilasciate per la realizzazione del MUOS;
    avverso tali revoche ha proposto ricorso il Ministro della difesa, con 2 distinti ricorsi innanzi al TAR Palermo iscritti ai nn. 808 e 950 del 2013, chiedendone l'annullamento previa sospensione;
    il TAR, con ordinanze del 9 luglio 2013, rigettava la domanda di sospensiva, ritenendo che vi fossero seri dubbi sulla nocività dell'impianto per la salute pubblica, per l'ambiente e per la sicurezza del traffico aereo dei vicini aeroporti;
    le ordinanze del 9 luglio 2013, venivano impugnate, sempre il Ministro della difesa innanzi al Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana il quale fissava per la discussione la camera di consiglio del 25 luglio 2013;
    tuttavia, il 24 luglio 2013 interveniva la revoca dei provvedimenti di revoca del 29 marzo 2013 ad opera della regione siciliana in forza di un procedimento concordato con il Ministero della difesa che subordinava la ripresa dei lavori di realizzazione del MUOS (ed il ripristino delle autorizzazioni regionali) al parere positivo di una commissione formata dall'Istituto superiore di sanità;
    anche la revoca del 24 luglio 2013 desta forti perplessità posto che l'Istituto superiore di sanità a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo non è organo terzo e le sue conclusioni contraddicono quelle alle quali era giunto il verificatore del TAR professor D'Amore ed i tecnici incaricati dalla regione che avevano allegato parere contrastante. Inoltre, la relazione dell'Istituto superiore di sanità è fondato sulle rilevazioni effettuate in una settimana dall'ISPRA che contraddicono le rilevazioni delle emissioni elettromagnetiche effettuate in decenni dall'ARPA Sicilia;
    quanto operato dal Ministero della difesa, sia nella concessione in uso esclusivo alle Forze armate statunitensi della base di Niscemi, sia negli atti successivi, compresa l'instaurazione del contenzioso volto a far annullare la revoca delle autorizzazioni operata dalla regione siciliana, si pone ad avviso dei firmatari del presente atto in grave contrasto con quanto previsto dagli articoli 80, 87 ed 11 della Costituzione. Si segnala peraltro che, il Ministero della difesa ha operato senza la necessaria preventiva autorizzazione del Parlamento;
    sul nostro territorio vi è una compresenza di basi militari ad uso delle forze NATO in esecuzione del Patto Nord Atlantico e di basi militari concesse in uso esclusivo alle forze armate statunitensi, oltre a basi militari nelle quali coesistono attrezzature ad uso promiscuo delle forze NATO o dello stesso esercito italiano e delle forze armate statunitensi;
    il trattato Nato non contiene precise disposizioni per quanto riguarda le basi. Si è fatto spesso riferimento a due categorie di disposizioni: a) l'articolo 3, che obbliga gli Stati membri a prestarsi mutua assistenza e a mantenere ed accrescere la loro capacità individuale o collettiva di resistere ad un attacco armato; e b) l'articolo 9, istitutivo del Consiglio atlantico, che è stato talvolta invocato, specialmente in passato, per giustificare l'assunzione di obblighi indipendentemente da un accordo formale stipulato secondo le procedure stabilite dalla nostra Costituzione. Ma dall'obbligo di cooperazione non discende certamente l'obbligo di concedere una base. Il fondamento della base resta pur sempre un accordo bilaterale;
    mentre le basi in uso alla NATO o ad uso promiscuo trovano la loro ragion d'essere nel Trattato Nord Atlantico, le basi di uso esclusivo USA trovano la loro fonte in convenzioni di uso pattizio. Una recente pubblicazione del Servizio Studi del Senato della Repubblica, intitolata «Le basi americane in Italia – problemi aperti» cura Natalino Ronzitti dell'Istituto Affari Internazionali al riguardo riporta che: «Nel quadro della Nato, le strutture militari dell'organizzazione coesistono accanto a quelle derivanti da accordi bilaterali stipulati dagli Stati Uniti. Talvolta è difficile distinguere se si tratti di una base Nato o di una base Usa, poiché può darsi che nella base Nato esistano aree riservate agli Stati Uniti. Si tratta di basi ad uso promiscuo. Una classificazione delle due categorie di installazioni non è possibile in questa sede e richiederebbe un'indagine puntuale, che si rivela difficile, spesso a causa della mancanza di pubblicità dei relativi accordi istitutivi;
    in passato, il Ministro della difesa Arturo Parisi ha dichiarato, dinanzi alla Camera dei deputati, il 19 settembre 2006, che esistono otto basi Usa in Italia disciplinate sulla base di accordi bilaterali Italia-Usa»;
    per quanto riguarda le infrastrutture, il principale accordo bilaterale tra Italia e Stati Uniti è l'Accordo bilaterale sulle infrastrutture (BIA) del 1954. L'accordo venne preceduto da due accordi in materia di difesa nel 1950 e nel 1952 nonché da uno scambio di note del 1952. L'accordo venne firmato dal Ministro degli esteri italiano (Giuseppe Pella) e dall'ambasciatrice statunitense in Italia (Clara Booth Luce), non venne mai sottoposto a ratifica parlamentare. Il fondamento giuridico di tale procedura viene fatto risalire alla «procedura semplificata», un comportamento consuetudinario che prevede l'entrata in vigore di un atto non appena siglato da un rappresentante dell'esecutivo Questa procedura, di norma utilizzata per accordi di natura tecnica, non si sarebbe potuta applicare anche all'accordo relativo alle installazioni militari. In virtù degli articoli 80 ed 87 della Costituzione, raccordo circa le installazioni militari, rientrando tra gli accordi di natura politica e non essendo inquadrabile in fattispecie di natura finanziaria, costituisce un caso per il quale la procedura semplificata non potrebbe essere applicata. Il ricorso alla procedura semplificata nella risoluzione delle problematiche connesse alla installazione militare potrebbe configurare l'incostituzionalità dei procedimenti adottati;
    dal punto di vista operativo, le basi militari utilizzate dalle forze armate statunitensi e le basi ad utilizzo NATO differiscono notevolmente in termini di possibilità di utilizzo. Le basi concesse in utilizzo NATO vengono utilizzate solo in riferimento ad operazioni, belliche o esercitative, definite dall'alleanza. Le basi concesse ad uso agli Stati Uniti sono invece a disposizione per i fini specifici determinati dagli accordi bilaterali ad esse applicabili che assumono grande rilevanza politica;
    la normativa circa la presenza di installazioni militari statunitensi in Italia è stata incrementata nel 1995 dallo Shell Agreement o «Memorandum d'intesa tra il ministero della difesa della Repubblica italiana ed il dipartimento della difesa degli Stati Uniti d'America, relativo alle installazioni/infrastrutture concesse in uso alle forze statunitensi in Italia». Questo accordo, ugualmente è entrato in vigore attraverso procedura semplificata ed inizialmente secretato;
    la base di Niscemi è regolata dal l'Accordo sottoscritto il 6 aprile 2006 (Technical Arrangement between the Ministry of Defence of the Italian Republic and the Department of Defence of the United States of America regarding the installations/infracstruture in use by the U.S forces in Sigonella, Italy);
    tale accordo è composto da una scrittura negoziale avente carattere prevalentemente tecnico, nel proprio allegato numero 1 specifica che il sito di Niscemi è fra quelli US Funded - US exclusive use (finanziato ed utilizzato esclusivamente dalle forze armate statunitensi);
    lo stesso accordo prevede che tutte le spese sia di costruzione che di esercizio e manutenzione spettano alle forze armate USA le quali restano proprietarie sia degli impianti che di tutti i materiali, approvvigionamenti e ricambi necessari per il loro esercizio;
    va richiamato quanto disciplinato dall'annesso «A» al Memorandum di intesa tra il Ministero della difesa della Repubblica Italiana ed il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti D'America relativo alle installazioni/infrastrutture concesse in uso alle Forze Statunitensi in Italia del 2 febbraio 1995;
    detto allegato, alla pagina A-4- disciplina l'uso esclusivo specifica: «Con il termine ”uso esclusivo” si intende l'utilizzazione da parte di una forza appartenente ad una singola Nazione di installazioni e/o infrastrutture, definite e comprese nel perimetro dell'installazione, per lo svolgimento di attività correlate alla missione e/o dei compiti assegnati a detta forza dal Governo dello Stato di origine. L'attribuzione di ”uso esclusivo” ad installazioni e/o infrastrutture utilizzate dalle forze USA non limita in alcun modo l'esercizio della sovranità dello Stato Italiano, secondo quanto stabilito dall'articolo VII del NATO/SOFA»;
    è da notare che l'articolo VII del NATO/SOFA richiamato disciplina esclusivamente l'attività d'ordine pubblico interna alla base e la giurisdizione sul personale e non l'uso della base;
    il Capitolo VI dell'Allegato rubricato sotto il titolo «Comando» specifica che «Le funzioni di tale Comando, che sono esercitate da un Ufficiale Italiano, variano a seconda che l'installazione sia utilizzata congiuntamente o esclusivamente dalle Forze Armate degli USA...»;
    inoltre prevede (comma 3) che «il Comandante USA esercita il comando pieno sul personale, l'equipaggiamento e le operazioni statunitensi»... disponendo solo un obbligo di informazione nei confronti del Comandante Italiano;
    infine il Capitolo IX che disciplina le Infrastrutture prevede la seguente classificazione:
   Infrastrutture a finanziamento congiunto;
   Infrastrutture a finanziamento NATO;
   Infrastrutture a finanziamento USA;
   Infrastrutture a finanziamento Italiano;
    i fabbricati e le infrastrutture sono classificate in:
   NATO o Nazionale, di uso congiunto;
   NATO di uso esclusivo, Italiano o USA;
   Nazionali di uso esclusivo Italiano o USA;
    seguendo questa classificazione, in base all'allegato 1 dell'Accordo sottoscritto il 6 aprile 2006 (Technical Arrangement between the Ministry of Defence of the Italian Republic and the Department of Defence of the United States of America regarding the installations/infracstruture in use by the U.S forces in Sigonella, Italy, il sito di Niscemi è fra quelli classificati a Finanziamento USA e di uso esclusivo USA;
    le superiori considerazioni, da un lato rendono evidente che il Ministro della difesa, Mario Mauro, ha risposto in maniera inesatta quando, in data 22 maggio 2013, ad un'interrogazione parlamentare del primo firmatario della presente mozione, nella quale si chiedeva quale legittimazione il Ministro avesse per impugnare le revoche delle autorizzazioni ambientali effettuate dalla regione siciliana; il Ministro in quella sede ha affermato che il Ministero agiva per un interesse proprio trattandosi di opera strategica anche per l'Italia ed affermando che esso rappresenterà, qualora completato subordinatamente agli esiti dello studio dell'Istituto superiore di sanità, «un sistema strategico di comunicazione satellitare di cui potranno servirsi anche le forze armate italiane, in attuazione del principio di assistenza reciproca vigente in ambito Nato»;
    tali affermazioni, in base alle superiori considerazioni appaiono non veritiere posta la classificazione del sito di Niscemi come di uso esclusivo delle forze armate USA e l'assenza di alcun accordo successivo riguardante l'utilizzazione del sistema satellitare MUOS;
    la rilevata inesattezza ha come effetto di evitare che gli accordi bilaterali sottoscritti e attuati possano rilevarsi illegittimi perché formalizzati al di fuori delle procedure disciplinate dagli articoli 80 e 87 della Costituzione, spogliando il Parlamento di una propria inalienabile prerogativa di decidere nelle scelte riguardanti la politica internazionale autorizzando la ratifica degli accordi internazionali;
    il MUOS è un impianto satellitare, che guiderà sistemi d'arma, che fa parte di una costellazione di impianti satellitari il cui simultaneo funzionamento è essenziale per le finalità strategiche della difesa USA. Ciò vuol dire che, rispetto ad altre basi, aeree o navali, delle quali può essere impedito l'utilizzo in caso di conflitti nei quali siano coinvolti gli Stati Uniti ma che non siano partecipati dall'Italia, di questo impianto non potrà essere negato l'uso. L'Italia viene legata indissolubilmente alle politiche belliche USA e le popolazioni, in particolari quelle residenti nelle adiacenze, saranno esposte a rischi bellici dipendenti dalle guerre altrui. L'accordo che consente la realizzazione di un simile impianto ha un impatto fortissimo nella politica internazionale dell'Italia e non può essere classificato né come accordo tecnico né come accordo di natura puramente economica. Per questo tipo di accordi, che rappresentano autentici trattati internazionali, esiste la cautela dell'articolo 80 della Costituzione che prevede che siano resi esecutivi dal Governo, previa approvazione da parte del Parlamento e promulgazione ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione da parte del Capo dello Stato. Nel caso in questione, mai nessuna approvazione è intervenuta da parte del Parlamento ed il Ministero della difesa ha continuato ad applicare, proponendo anche ricorsi giurisdizionali, atti che i firmatari del presente atto giudicano illegittimi;
    anche perché la politica bellica statunitense che si muove fuori dai limiti previsti dall'articolo 11 della Costituzione repubblicana e non è limitata agli scopi previsti dall'articolo 5 del trattato Nord Atlantico e l'installazioni di basi militari statunitensi con le caratteristiche sopra indicate non può essere compresa nella mera esecuzione dei principi di cui all'articolo 3 dello stesso trattato;
    a ciò va aggiunto che, anche a prescindere dalla classificazione della base come di uso e a finanziamento esclusivo USA, in nessuna parte il Trattato NATO prevede che gli Stati membri siano tenuti ad ospitare basi militari di altri Stati membri sul proprio territorio, sicché accordi ulteriori che prevedano lo stazionamento di forze armate ed armamenti stranieri sul territorio Italiano, sicuramente sono trattati internazionali di natura politica soggetti alla disciplina degli articoli 80 e 87 della Costituzione;
    il trattato che riguardi la realizzazione di un impianto il cui uso non può essere impedito in occasione di eventi bellici nei quali l'Italia non è ufficialmente coinvolta, anche quando questi esulino dai limiti stabiliti dall'articolo 11 della Costituzione repubblicana e dall'articolo 5 del trattato Nord Atlantico non sarebbe autorizzabile dal Parlamento neanche ai sensi dell'articolo 80 della Costituzione stessa;
    i trattati, inoltre, al fine di rispettare anche il disposto del secondo comma dell'articolo 11 della Costituzione repubblicana dovrebbero prevedere forme di reciprocità, di controllo o, quantomeno dei termini di validità o di revisione cosa non presente nei trattati istitutivi delle servitù militari oggi in essere,

impegna il Governo:

a sospendere l'esecuzione di ogni accordo bilaterale relativo alla realizzazione del sistema di trasmissione satellitare denominato MUOS nella base militare di Niscemi e rimettere ogni accordo al riguardo al Parlamento ai fini dell'approvazione preventiva ai sensi dell'articolo 80 ed 87 della Costituzione chiarendo le reali caratteristiche e le condizioni d'uso dell'impianto di trasmissione, la sua possibile esclusione in occasione di eventi bellici, i costi sostenuti dal Governo Italiano per le basi militari statunitensi e lo stazionamento dei militari USA in Italia.
(1-00344) «Palazzotto, Rizzo, Beni, Sberna, Artini, Marcon, Corda, Duranti, Migliore, Di Benedetto, Basilio, Lupo, Cancelleri, Villarosa, Frusone, Lorefice, Grillo, Silvia Giordano, Tofalo, Di Vita, Nuti, Manlio Di Stefano, Baroni, Marzana, D'Uva, Mannino, Currò, Scotto, Fratoianni, Costantino, Fava, Giancarlo Giordano, Piras, Cimbro, Franco Bordo, Zanin, Aiello, Airaudo, Di Salvo, Daniele Farina, Ferrara, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Zan, Zaratti, Boccadutri».

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    il Governo cinese ha deciso di procedere a un'eliminazione quasi totale del nomadismo in Cina di qui al 2015. Secondo quanto stabilito dal rapporto di Human Rights Watch, più di due milioni di tibetani verranno spostati contro la loro volontà verso nuove case di cemento. Già entro il 2014 oltre 900 mila persone saranno sradicate dai loro villaggi e spostate nei «nuovi villaggi socialisti», costruiti appositamente a poche centinaia di metri di distanza dai vecchi villaggi come vere e proprie città dormitorio, in cui le case sono messe una in fila all'altra e organizzate per strade parallele con una nuova organizzazione funzionale a un maggior controllo della popolazione, Nella regione del Qinghai, parte dell'altipiano tibetano, entro la fine dell'anno il totale di tibetani sedentarizzati arriverà a 413.000;
    centinaia di migliaia di nomadi vengono tolti dalle praterie, e persuasi a vivere in casette a schiera lungo nuove strade asfaltate, dove abitano anche quadri di Partito, preposti a controllare che non nascano nuove insurrezioni anti-cinesi. Tutto ciò sta provocando la fine di uno stile di vita millenario, con conseguenze assai negative sulla cultura, sullo stile di vita e sulla stessa possibilità di sostentamento economico delle popolazioni locali;
    a questi episodi vanno aggiunte le molte e tragiche auto-immolazioni che si sono succedute in questi anni di monaci, monache e laici tibetani per protestare nei confronti del regime della Repubblica popolare cinese che persiste nel negare alla minoranza tibetana i suoi diritti fondamentali; a tali episodi si aggiungono le attività repressive della polizia cinese che minaccia e fa incarcerare i familiari delle vittime o chiunque sia sospettato di aver aiutato o condiviso il gesto estremo;
    dal 2009 sono 127 i tibetani che si sono immolati per la mancanza di ogni libertà nel loro Paese; tali episodi testimoniano la disperazione estrema in cui vivono i tibetani ai quali viene sistematicamente negato il diritto di professare liberamente il proprio credo e di tenere vive le loro tradizioni culturali;
    dopo più di sessantanni dall'occupazione militare del Tibet nel 1959, il Governo della Repubblica popolare cinese ha praticato una politica di assimilazione forzata e di marginalizzazione economica dei tibetani;
    i diritti umani fondamentali sono sistematicamente negati per i tibetani: non è concessa alcuna libertà politica, la lingua e la cultura tibetana sono progressivamente discriminate, non vi è una vera libertà religiosa e il solo possedere un'immagine del Dalai Lama è considerato un reato; nonostante le autorità cinesi abbiano dichiarato di aver levato il bando sulle immagini del leader tibetano, i tibetani sono sistematicamente marginalizzati nelle attività economiche e nell'accesso all'istruzione;
    il Tibet è dal 2008, l'anno dell'ultima e diffusa rivolta popolare tibetana, praticamente inaccessibile al turismo straniero e nell'intera regione è applicata una non dichiarata legge marziale;
    il Dalai Lama ha ribadito in tutte le occasioni di essere contrario all'indipendenza del Tibet dalla Cina e di essere favorevole ad una soluzione politica che garantisca una genuina autonomia culturale, politica e religiosa al popolo tibetano;
    dal giugno del 2012, il leader dell'amministrazione tibetana in esilio in India, Lobsang Sangay, ha dovuto accettare le dimissioni degli inviati speciali del Dalai Lama;
    i due inviati speciali hanno guidato il team tibetano in 9 incontri con i rappresentanti delle autorità cinesi a partire dal 2002, ribadendo in ogni colloquio la propensione tibetana ad una autonomia del Tibet che non mettesse in discussione la sovranità cinese sulla regione;
    dopo l'ultimo incontro con il Governo cinese del gennaio 2010 le autorità cinesi non hanno più ritenuto utile continuare un dialogo diretto, portando alle conseguenti dimissioni dei due inviati tibetani, sconfortati dalla mancanza di risultati,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative affinché l'Unione europea faccia un passo formale che consenta di interrompere immediatamente nella Repubblica popolare cinese le violenze nei confronti della popolazione e dei religiosi tibetani di creare nelle aree popolate dalla minoranza tibetana un clima di dialogo e tolleranza;
   a chiedere al Governo della Repubblica popolare cinese la ripresa del dialogo con gli inviati del Dalai Lama, al fine di trovare una soluzione condivisa, in grado di permettere alla comunità tibetana in Cina di poter godere di una genuina autonomia e di riaprire il Tibet al mondo esterno, consentendo un accesso libero e senza condizioni ai media internazionali;
   a sollecitare, attraverso le Nazioni Unite, in particolare l'Alto Commissariato per i diritti umani e il Consiglio per i diritti umani, un'azione di monitoraggio sul rispetto dei diritti umani in Tibet.
(7-00264) «Tidei, Amendola, Beni, Caruso, Cassano, Chaouki, Cimbro, Fedi, Carlo Galli, Garavini, La Marca, Locatelli, Nicoletti, Fitzgerald Nissoli, Quartapelle Procopio, Rigoni».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   TANCREDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i titoli II e III del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, in materia di lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni dettano disposizioni relative, rispettivamente, alla «Misurazione, valutazione e trasparenza della performance» ed al «Merito e Premi»;
   l'articolo 57, comma 21, del decreto legislativo 235 del 2010 stabilisce espressamente che «Con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinati i limiti e le modalità di applicazione delle disposizioni dei Titoli II e III del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, al personale del Ministero dell'economia e delle finanze e delle Agenzie Fiscali»;
   la legge 135 del 2012, all'articolo 5, pur prevedendole, nelle more dell'applicazione di quanto disposto dall'articolo 19 del citato decreto legislativo n. 150 del 2009, le pubbliche amministrazioni valutino anche la performance del personale, non abroga in alcun modo i contenuti derogatori della norma speciale per il Ministero dell'economia e delle finanze e per le Agenzie fiscali;
   il direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, ha adottato, con propria determinazione del 20 dicembre 2013, un «sistema di valutazione e misurazione della performance individuale del personale non dirigenziale» richiamando, peraltro espressamente, nelle premesse, la norma di cui all'articolo 57, comma 21, della legge 235 del 2010 –:
   se sia stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal citato articolo 57 legge n. 235 del 2010, considerando il fatto che, se il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non fosse stato emanato, ciò renderebbe ad avviso dell'interrogante illegittima la determinazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli del 20 dicembre 2013;
   nel caso in cui il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non fosse stato emanato, quali iniziative urgenti si intendano adottare affinché sia revocata la determinazione direttoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. (4-03603)


   OLIVERIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   risulta anche da notizie di stampa che l'ultima ondata di maltempo del mese di gennaio 2014 ha determinato l'esondazione del fiume Crocchio, con la conseguenza che tutti i campi circostanti sono stati irrimediabilmente danneggiati, determinando così una grave emergenza idrogeologica;
   la Calabria, già nel passato ma soprattutto nei mesi scorsi, ha affrontato gravi situazioni legate a fenomeni calamitosi di natura idraulica e idrogeologica che, non solo hanno determinato danni economici rilevanti, ma soprattutto hanno causato gravissimi disagi alle popolazioni residenti, evidenziando la diffusa fragilità del territorio calabrese;
   nella zona industriale di Botricello durante l'esondazione sono state gravemente danneggiate le tubature sottostanti il manto stradale, compresa la condotta idrica arrivando a erodere anche parte del manto stradale;
   l'area danneggiata risulta seriamente compromessa e una eventuale ulteriore ondata di maltempo potrebbe arrecare grave danno anche alle attività imprenditoriali circostanti;
   è assolutamente indispensabile agire con tempestività provvedendo alla pulitura degli alvei — mediante l'utilizzo di personale tecnico specializzato — le cui ostruzioni causano il progressivo malfunzionamento dell'intera rete dei canali che si immettono nel fiume, compromettendo il delicato equilibrio esistente tra fiume e pianura circostante ed evitando in questo modo che il fiume continui ad allargare i propri argini;
   a conferma della gravità della situazione le agenzie stampa locali riportano che sui luoghi interessati è giunto il personale tecnico che non ha potuto fare altro che prendere visione dell'accaduto. La mancanza di risorse impedisce il pur minimo ed indispensabile lavoro di manutenzione idraulica –:
   se il Governo non intenda dichiarare, con immediatezza, lo stato di calamità naturale per le zone colpite drammaticamente dalle recenti alluvioni;
   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda promuovere il Ministro interrogato al fine di tutelare l'ambiente e salvaguardare il territorio, avviando un lavoro di sistemazione degli argini dei fiumi e di tutte le infrastrutture idrauliche. (4-03605)


   VILLAROSA, BUSINAROLO, BENEDETTI, VACCA, SIBILIA, CORDA, COMINARDI, PESCO, ALBERTI e TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano La Notizia Giornale, del quale è direttore responsabile il dottor Gaetano Pedullà, il 4 febbraio 2014 ha pubblicato un articolo dal seguente titolo: «In vacanza in Australia col permesso del sindacato – Dirigente del Dap posta le foto della missione – Trentacinque giorni pagati dallo Stato;
   l'articolo si riferisce ad un agente di polizia penitenziaria sindacalista, componente dello staff del provveditore dell'amministrazione penitenziaria per il Lazio, che, in permesso sindacale retribuito, cioè pagato dallo Stato, si è recata in vacanza in Australia;
   infatti, il mese scorso, il sindacato denominato CNPP (Coordinamento nazionale polizia penitenziaria), a capo del quale sin dal 2001 c’è Giuseppe Di Carlo, ha chiesto 35 giorni di cumulo di permessi sindacali in favore dell'agente Luana Scalise, a far data dal 20 gennaio al 28 febbraio 2014; fatto apparentemente lecito, se non fosse che l'agente in questione, invece di svolgere attività sindacale a tutela dei diritti dei lavoratori, si trova, proprio in questo periodo, nostro malgrado, in vacanza nell'altra parte del mondo, fatto palesemente testimoniato da alcune foto messe sulla sua bacheca Facebook, ove la stessa viene prima ritratta con i biglietti aerei in mano per l'Australia e poi viene immortalata in affascinanti località dell'Oceania;
   i cumuli di permessi sindacali per le forze di polizia ad ordinamento civile, devono essere richiesti, esclusivamente, per svolgere il mandato sindacale; infatti, l'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002, recita: «Per l'espletamento del loro mandato, i dipendenti della Polizia di Stato, del Corpo di polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato, che ricoprono cariche di dirigenti sindacali in seno agli organismi direttivi delle organizzazioni sindacali rappresentative sul piano nazionale ai sensi della normativa vigente, nonché i dirigenti sindacali che, pur avendone titolo, non sono collocati in distacco sindacale ai sensi dell'articolo 31, possono fruire di permessi sindacali con le modalità e nei limiti di quanto previsto dal presente articolo»;
   il comma 9 del predetto articolo chiarisce altresì: «I permessi sindacali di cui al presente articolo sono a tutti gli effetti equiparati al servizio prestato nell'amministrazione e sono retribuiti ...». In pratica, l'agente in questione gode di fatto di un periodo di ferie a spese degli italiani;
   tutto questo avviene mentre l'Unione europea ha sanzionato l'Italia per le condizioni disumane delle carceri e dove, a far fronte ad un esercito di detenuti, ci sono meno di 38 mila agenti della polizia penitenziaria, perché buona parte di loro sono impiegati nei Ministeri, nelle segreterie dei provveditori e, nostro malgrado, anche in vacanza a spese dello Stato nei Paesi esotici –:
   se il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere iniziative per osteggiare con fermezza questi privilegi dei sindacati e quali azioni concrete intenda adottare, anche alla luce del danno economico patito dallo Stato, in merito alla vicenda descritta dal quotidiano la Notizia Giornale. (4-03615)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:


   DI BATTISTA, SPADONI, DEL GROSSO e MANLIO DI STEFANO. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 febbraio 2006 l'Ambasciata d'Italia a Kabul comunicava che nella camera di uno stabile in Kabul, nella Guest House della IDLO (International Development Law Organization), erano stati rinvenuti i corpi senza vita di Stefano Siringo e Iendi Iannelli;
   Stefano Siringo era un esperto esterno inviato in missione a Kabul dalla DGCS (direzione generale alla cooperazione e sviluppo di questo Ministero) presso l'Ufficio italiano di giustizia;
   Iendi Iannelli era un responsabile amministrativo della IDLO (International Development Law Organization), agenzia intergovernativa riferibile alle Nazioni Unite con sede in Roma in Viale Vaticano 106 che in Afghanistan si stava occupando di un progetto finanziato dal Ministero degli affari esteri denominato Strengthening the rule of Law in Afghanistan;
   a seguito del decesso veniva aperta un'indagine contro ignoti presso la procura di Roma che conferiva incarico peritale di accertare le cause della morte: secondo la consulenza tecnica Iannelli e Siringo sono deceduti a causa di una dose letale di eroina con un grado di purezza pari all'89 per cento;
   in un primo momento il pubblico Ministero presso la procura di Roma, Luca Palamara, chiedeva l'archiviazione, ma, a seguito di opposizione delle persone offese, il G.I.P. disponeva nuova iscrizione per il reato di cui all'articolo 575 codice penale, indicando, di conseguenza, ulteriori mezzi di indagine;
   successivamente il tribunale ordinario di Roma, sezione dei giudici per le indagini preliminari, nella persona del G.I.P. Dott.ssa Rosalba Liso, con provvedimento del 30 gennaio 2013, disponeva comunque l'archiviazione del procedimento e la restituzione degli atti al Pubblico Ministero;
   dal predetto provvedimento di archiviazione, seppur non idoneo al giudicato ed anche se motivato sulla base dell'impossibilità di individuare i soggetti che materialmente hanno cagionato la morte di Iendi Iannelli e Stefano Siringo, emergono però alcune questioni di assoluto rilievo che meritano di essere approfondite;
   il primo aspetto che va evidenziato attiene alle cause del decesso «in quanto il giudice per le indagini preliminari ha escluso che la morte sia avvenuta in virtù di assunzione volontaria di eroina, potendosi, per converso, con assoluta serenità ritenere accertato che la di loro morte sia dovuta a terzi che abbiano maldestramente simulato una simile causa di decesso;
   in particolare l'esame delle dichiarazioni rese hanno recisamente negato che gli stessi (Siringo e Iannelli n.d.r.) fossero assuntori di sostanze stupefacenti, salvo l'uso sporadico di droghe leggere come hashish, con ciò rendendo inverosimile che gli stessi avessero deciso di assumere un quantitativo di eroina elevatissimo con un grado di purezza prossimo al 100 per cento;
   addirittura alcune dichiarazioni in merito allo stato di malessere di Iannelli proprio la sera della morte e circa l'ipotesi di avvelenamento, vanno messe in correlazione alla circostanza che la IDLO ha imposto ai suoi dipendenti, per una settimana, il divieto di mangiare presso la mensa guest house e che sono note le «tecniche di avvelenamento praticate in Afghanistan attraverso l'uso combinato di cibi e droghe»;
   inoltre il GIP ha affermato che sui luoghi del decesso veniva rinvenuto un eccessivo quantitativo di eroina sparso nella camera, «quasi a voler simulare un'abbuffata di droga, tale da poter allontanare possibili diverse cause alternative»;
   il secondo aspetto che emerge dalla vicenda attiene all'utilizzo delle somme gestite dalla IDLO per l'esecuzione del progetto giustizia in Afghanistan, circostanza che, sempre secondo il GIP non può essere tenuta distinta dalla morte dei due giovani;
   in particolare il Giudice Rosalba Liso ritiene che siano emersi dalle indagini «elementi tali da ritenere che proprio in virtù del ruolo ricoperto da Iannelli e Siringo all'interno dell'IDLO, essi fossero venuti a conoscenza di anomalie gestionali di notevole entità economica che ben avrebbero potuto determinare la chiusura del progetto e la cessazione dell'erogazione dei finanziamenti da parte del Ministero degli Affari Esteri italiano»;
   alcune persone escusse a sommarie informazioni hanno riferito che Iannelli aveva confidato loro l'esistenza di false fatturazioni tra IDLO e la UNOPS (United Nations Office for Project Services) nonché anomalie di bilancio;
   le anomalie contabili e la gestione poco trasparente dei fondi erogati dall'Italia vengono confermate anche dalle seguenti persone: dalla dottoressa Deledda, all'epoca dei fatti vice coordinatore dell'ufficio italiano Giustizia a Kabul; dal dottore Buscaglia, affiancato a Iannelli come capo progetto IDLO; da Samuel Gonzalez Ruiz magistrato messicano incaricato dalla IDLO di occuparsi della istruzione di pubblici ministeri in Afghanistan; da Andrea Rossoni, legal advisor IDLO. Buscaglia riferisce di un ammanco pari a 1,5 milioni di dollari relativamente al progetto per il quale lavoravano Iannelli e Siringo;
   gli interroganti sono venuti a sapere, anche da organi di stampa, dell'apertura di un'indagine per il reato di peculato, proprio in merito alla gestione contabile IDLO che però si è avvalsa sin da subito dell'immunità giurisdizionale non consentendo, all'epoca dei fatti, un tempestivo esame degli atti contabili;
   la consegna di documenti da parte della IDLO alla magistratura sarebbe avvenuta solo anni dopo su nuova esplicita richiesta che, sempre secondo il provvedimento del GIP succitato, avrebbe di fatto neutralizzato il buon esito dell'indagine;
   gli interroganti non sono riusciti a sapere gli esiti di tale indagine la quale, a fronte delle ingenti somme che, a partire dal 2005, sono state destinate del MAE a progetti gestiti e portati avanti dalla IDLO, assume una rilevanza particolare;
   la vicenda de quo è stata già oggetto di un atto di sindacato ispettivo (interrogazione parlamentare n. 4-08849) alla quale il Sottosegretario pro tempore Alfredo Mantica dava una risposta per iscritto, ma che non ha risolto determinate questioni che è necessario sottoporre ai Ministri interrogati –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritta in premessa;
   se il Ministro della giustizia sia a conoscenza dell'apertura di una indagine, da parte della magistratura, volta ad accertare eventuali responsabilità penali in merito alla gestione contabile IDLO;
   se il Ministro degli affari esteri, alla luce delle vicende descritte abbia proceduto o intenda procedere ad una indagine interna sui fatti di cui in premessa, fornendo le risultanze della medesima, nonché se abbia preceduto a chiedere conto alla IDLO della gestione delle somme a quest'ultima destinate dal MAE per il progetto di cooperazione di cui in premessa e per gli altri progetti di cui alla legge n. 449 del 1987;
   quali iniziative di propria competenza intenda intraprendere il Ministro degli affari esteri per assicurare una sempre più corretta e trasparente gestione degli importi che il MAE destina a progetti di cooperazione di cui alla legge n. 49 del 1987. (3-00642)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   un cittadino italiano, membro del Parlamento europeo negli scorsi giorni si è visto rifiutare il visto d'ingresso in India, chiesto per lo svolgimento di un viaggio in delegazione ufficiale proprio dello stesso organismo parlamentare, per recarsi in visita all'ambasciata italiana e a quella europea a Nuova Delhi;
   tale decisione, dando luogo ad un trattamento discriminatorio rispetto alla prassi vigente nella concessione dei visti per i comuni cittadini, nei confronti di un cittadino italiano, rappresenta l'ennesimo sgarbo nei confronti della nostra Nazione dall'India, che oggi arriva persino ad impedire ad un parlamentare europeo il diritto di recarsi in missione per seguire da vicino gli sviluppi dell'azione diplomatica dell'Unione europea nei confronti dei nostri due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone;
   con tale arbitrario atteggiamento l'India ha, inoltre, dimostrato scarso rispetto anche rispetto all'istituzione europea che questo cittadino rappresenta –:
   se sia al corrente dei fatti esposti in premessa e come intenda intervenire al riguardo. (4-03602)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il maltempo continua a non dare tregua all'Italia: nei giorni scorsi forti precipitazioni e temperature particolarmente rigide si sono accanite contro il nostro Paese e la situazione, soprattutto, al Sud risulta ancora particolarmente preoccupante;
   la Calabria quotidianamente si trova ad affrontare gravi situazioni legate al dissesto idrogeologico e, in particolare, le province di Crotone, Catanzaro e Vibo Valentia rappresentano una delle zone del territorio italiano a più elevato rischio idrogeologico;
   la situazione risulta particolarmente critica del comune di Drapia, e in particolare nelle frazioni di Caria e Brattirò, rimaste isolate a causa di smottamenti, allagamenti, interruzioni e frane di strade e riversamenti di fango, facendo esondare anche alcuni fiumi;
   molte abitazioni che confinano con le strade provinciali 17 e 20, che collegano tra loro i comuni di Tropea, Drapia e Ricadi, sono rimaste isolate per diversi giorni e, solo dopo l'eliminazione del fango dal fiume sono diventate nuovamente raggiungibili;
   sempre da agenzie di stampa locali viene dato risalto alla notizia che all'altezza del bivio di Brattirò è crollata una parte della carreggiata, crollo avvenuto con un lento movimento franoso subito dopo il passaggio di uno scuolabus;
   sul posto sono intervenuti vigili del fuoco, volontari della protezione civile e personale della provincia di Vibo Valentia;
   le condizioni della viabilità rimangono ancora oggi comunque critiche, da destare preoccupazione;
   per i prossimi giorni sono previste ulteriori precipitazioni, anche intense, nelle località interessate, mentre scenderanno ancora le temperature;
   sono necessari interventi risolutivi per la rapida messa in sicurezza di un territorio così fragile adottando scelte che ad oggi risultano tardive;
   le condizioni idrogeologiche del territorio, che hanno dato luogo a molteplici smottamenti di diverse entità, devono rappresentare la spinta affinché la regione Calabria richieda con urgenza lo stato di calamità naturale;
   la situazione in Calabria, a parere dell'interrogante, si conferma grave ed appare essere causata anche dai continui cambiamenti climatici che provocano repentini sfasamenti stagionali con aumento delle temperature estive e con conseguenti modificazione delle precipitazioni atmosferici –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per garantire tempestivi interventi per la messa in sicurezza idrogeologica del territorio calabrese e, in particolare, delle province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia;
   se il Governo intenda mettere a disposizione delle realtà colpite risorse finanziarie adeguate destinate alla difesa del suolo e alla prevenzione del dissesto idrogeologico, stabilendo altresì procedure per assegnare i fondi in modo da privilegiare le aree a più alto rischio idrogeologico.
   (4-03604)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 20 dicembre 2013 Carlo Fuortes è stato nominato soprintendente del Teatro dell'Opera di Roma;
   nella sua prima conferenza stampa ha denunciato una situazione di bilancio «gravissima», sostenendo che il Teatro dell'Opera di Roma ha un passivo di 10 milioni di euro;
   secondo la lettera pubblica datata 3 dicembre 2013 di Bruno Vespa, che ricopriva il ruolo di vicepresidente dell'Opera, il bilancio, a quella data, non aveva un passivo quale quello denunciato, appena due settimane dopo dal nuovo soprintendente;
   con il passivo di bilancio denunciato da Fuortes il teatro dell'Opera non rientrerebbe tra le istituzioni virtuose che raggiungono il pareggio di bilancio, come, invece, è accaduto nei quattro anni precedenti;
   lo stesso Fuortes è anche amministratore delegato della Fondazione «Musica per Roma», trovandosi a parere dell'interrogante in una evidente situazione di conflitto di interesse, posto che a fronte di un passivo del Teatro dell'Opera sarebbe proprio l'Accademia di Santa Cecilia, socia della stessa Fondazione, a «prendere il suo posto» tra le istituzioni virtuose;
   del consiglio di amministrazione del teatro dell'Opera di Roma, di cui Fuortes è amministratore delegato, fa parte anche Bruno Cagli, presidente a sua volta dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia;
   il mancato pareggio di bilancio del teatro dell'Opera causerà sia una consistente riduzione di personale, sia la drastica riduzione degli stipendi di coloro che riusciranno a conservare il posto, e questo sta comportando uno stato di agitazione tra i lavoratori;
   il danno quindi non sarà solo politico e culturale, ma colpirà i lavoratori di un intero settore, di cui fanno parte teatri, compagnie di prosa, musica e danza, ai quali non verranno garantiti i livelli occupazionali;
   gli stessi lavoratori sono consapevoli che si sta dando luogo ad una «concorrenza sleale» che altera le condizioni del mercato culturale determinando i cachet degli artisti in regime di monopolio;
   la nascita di un super polo culturale guidato da una sola figura appare peraltro in contrasto con le leggi sulla concorrenza, e sarebbe utile che si ottenga in merito un parere dell'Autorità, viste le reiterate denunce dell'Agis e degli operatori privati –:
   quali siano le cause del mancato raggiungimento del pareggio di bilancio del Teatro dell'Opera, come invece annunciato dal vicepresidente dello stesso teatro nella lettera pubblica del 3 dicembre;
   quali saranno le conseguenze sulle retribuzioni dei lavoratori e in generale sui livelli occupazionali, e come si intenda intervenire al riguardo;
   se l'adesione al «decreto Bray» non abbia provocato un declassamento dell'Opera a favore di Santa Cecilia;
   a quanto ammonti la retribuzione di Carlo Fuortes come amministratore delegato di Musica per Roma e come Soprintendente del Teatro dell'Opera, compresi rimborsi e altri benefit;
   se visti i tagli radicali all'indotto culturale che hanno colpito anche l'Opera di Roma non si intenda aprire un tavolo con le parti interessate, al fine di tutelare i circuiti culturali e i posti di lavoro.
(4-03614)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   DI GIOIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a Cagliari risultano a rischio i fondi per la messa in sicurezza del quartiere di via Peschiera, sul colle di Tuvumannu, colpito nel 2008 da crolli e smottamenti. Come annunciato dall'assessore ai trasporti Mauro Coni, in risposta ad una interrogazione presentata in consiglio comunale da tre esponenti del Pd, risulta che il Governo potrebbe dirottare parte dei finanziamenti previsti per la messa in sicurezza del quartiere di via Peschiera, per l'esattezza 1,2 milioni di euro, verso Olbia colpita il 18 novembre 2013, dal ciclone Cleopatra;
   nel 2008 in via Peschiera, si aprì un cratere così profondo da ingoiare un'auto Audi (proprietà di Gianluca Morelli); questa ed altre aree limitrofe furono in seguito evacuate e molti edifici vennero chiusi per via del pericolo. Nel 2009 si fece ricorso alla giustizia per indagare su eventuali responsabilità del comune per mancate misure di consolidamento e di Abbanoa (Ente delle acque) per le perdite idriche. Le indagini geologiche e geotermiche rivelarono un sottosuolo di voragini e caverne, colmate un tempo con della terra di riporto che torrenti, generati da perdite idriche, hanno trascinato via, lasciando un «vuoto sotterraneo»;
   la strada di via Peschiera è ancora oggi transennata costringendo gli abitanti del quartiere a vivere una quotidianità disagiata, a causa dei limiti di transito, del mancato ritiro dei rifiuti, dei parcheggi bloccati. I lavori attesi dal 2008 non hanno mai avuto inizio, nonostante la situazione di grande pericolo e il dissesto idrogeologico del territorio richiedano l'attuazione urgente di interventi strutturali e di stabilizzazione dell'intero quartiere;
   il progetto per la messa in sicurezza dell'intera area è già pronto e condiviso dagli enti interessati; il comune ha già messo a disposizione i fondi che permettono la messa in sicurezza delle vie più a rischio, ma tali fondi risultano insufficienti senza il concorso di risorse da parte della regione e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, come previsto dall'accordo di programma firmato nel 2008;
   i lavori sono rimasti bloccati a causa del mancato via libera da parte di Efisio Orrù, commissario straordinario, nominato dalla regione per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, che, a quanto consta all'interrogante, non si è dimostrato propenso ad autorizzare la destinazione dei fondi sulla base delle elaborazioni progettuali, col rischio che questi soldi non spesi vengano dirottati dal Governo altrove, così come sembra stia accadendo;
   alcuni mesi fa Patrizia Tramaioni, portavoce del Comitato spontaneo composto dagli abitanti del quartiere di via Peschiera, scriveva: «Questo freno dell'ultima ora non consentirebbe di mettere in sicurezza l'area come programmato e come accordato, in quanto le risorse comunali non sarebbero sufficienti, lasciando l'abitato transennato dal 2008 e privo di servizi, condannandolo alle limitazioni veicolari, all'inaccessibilità totale nelle strade dichiarate più a rischio, all'isolamento e lo stato di abbandono più totale –:
   se corrisponda al vero quanto sopra esposto e se non si ritenga urgente e necessario prendere atto delle istanze dell'assessore ai trasporti di Cagliari e dei cittadini che vivono nel quartiere di via Peschiera in condizioni di grande rischio e disagio, aprendo con essi e con tutte parti interessate un tavolo di confronto;
   se non si ritenga opportuno, in ogni caso, intervenire al fine di assicurare i finanziamenti statali previsti (1,2 milioni di euro) per la messa in sicurezza del quartiere e dei suoi abitanti, e trovare al contempo le risorse e le soluzioni necessarie per intervenire nel territorio di Olbia, drammaticamente colpito dalla terribile alluvione del novembre 2013, senza creare una incomprensibile contrapposizione tra due realtà territoriali che aspettano entrambe di veder risolte le loro istanze. (4-03606)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   si apprende che il tribunale di Napoli, ad avviso dell'interpellante, pur di celebrare in data 12 febbraio 2014 una nuova udienza del processo a carico del Presidente Silvio Berlusconi, dopo quella già tenutasi il giorno precedente, ha rinviato diversi importanti procedimenti, tra cui uno per usura aggravata con circa venti imputati appartenenti a organizzazioni camorristiche, pendente da diversi anni e che proprio all'udienza oggi prevedeva l'esame della parte offesa;
   un'azione, quella del tribunale di Napoli, che, risultando, ad avviso dell'interpellante, fuori da ogni principio e prassi di corretta amministrazione della giustizia e mettendo inoltre in secondo piano e a rischio le insopprimibili esigenze di un serio contrasto alla criminalità organizzata e di salvaguardia della sicurezza, suscita dubbi e perplessità sulle motivazioni delle scelte operate –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, e quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito della propria competenza, affinché sia garantito il regolare svolgimento delle attività del tribunale, in linea con un'amministrazione della giustizia che sia effettivamente in grado di rispondere alle esigenze di contrasto alla criminalità e di sicurezza dei cittadini.
(2-00411) «Brunetta».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 24 gennaio 2014, presso l'assemblea generale della corte d'appello di Trieste, il presidente Mario Trampus ha presentato la relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2014;
   sono incoraggianti i dati esposti dal presidente della corte d'appello, che registrano una riduzione sensibile dell'arretrato ponendo Trieste come capofila in Italia in riferimento al rapporto tra «procedimenti iscritti e definiti» nella media ponderata degli ultimi sette anni;
   l'andamento positivo, in controtendenza rispetto al resto del Paese, ha avuto inizio nel quinquennio 2003-2008 quando le definizioni penali della Corte erano aumentate da 1.008 a 1.631;
   Trampus ha ricordato come dai 3.406 processi in arretrato di fine 2006 si è giunti ai 2.322 di fine giugno 2013, un risultato legato «alla elevata capacità professionale e dedizione dei magistrati e alla forte sinergia stabilita tra magistrati e cancellerie»;
   nell'esposizione della relazione, il presidente della corte d'appello di Trieste ha espresso la propria preoccupazione per gli effetti prodotti dalla riforma delle circoscrizioni giudiziarie, introdotta con il decreto legislativo n. 155 del 2012: «Se lo scopo era quello di creare zone uniformi, in regione, questo si è risolto nella creazione di un “superdistretto” da 530 mila abitanti con l'accorpamento di Tolmezzo a Udine, uno da 350 mila a Pordenone, uno di 200 mila a Trieste e una “cenerentola” da 120 mila come Gorizia»;
   Trampus si è detto preoccupato per l'accorpamento al tribunale di Pordenone della sezione distaccata di Portogruaro del tribunale di Venezia, che ha un bacino di 100 mila abitanti in più «senza contare il movimento estivo di circa sei milioni di persone delle località balneari»;
   una situazione di sofferenza è evidente anche per Gorizia: su una pianta organica di 10 magistrati ce ne sono cinque in servizio, più un magistrato distaccato da Trieste e altri due con supplenze di tre mesi;
   come riportato nelle relazione, si segnala che «il disagio determinato da carichi di lavoro gravosi, con il rischio di incorrere in illeciti disciplinari per ritardi nel deposito dei provvedimenti sono fattori che inducono i magistrati dell'ufficio a presentare domanda di trasferimento: la fuga dal Tribunale, in atto ormai da anni, non si arresta ed, anzi, è destinata a breve ad un ulteriore aggravamento che potrebbe del tutto precludere il normale funzionamento del Tribunale» –:
   quali iniziative urgenti s'intendano adottare per risolvere le criticità emerse nella rideterminazione delle circoscrizioni giudiziarie che incidono negativamente sul regolare funzionamento dei tribunali di Pordenone e Gorizia. (5-02167)


   RIZZETTO e PRODANI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in base alla nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, ai sensi del decreto legislativo n. 155 del 2012, è stata disposta la chiusura del Tribunale di Tolmezzo, accorpato al tribunale di Udine;
   le autorità locali hanno ritenuto la soppressione del Tribunale di Tolmezzo inadeguata ed illogica poiché il risparmio di spesa invocato a giustificazione della chiusura non è reale, a causa della necessità di nuove strutture centrali per ospitare gli uffici da sopprimere nonché per i costi relativi agli spostamenti giornalieri di detenuti, magistrati e polizia giudiziaria considerando la presenza a Tolmezzo di un carcere di massima sicurezza;
   inoltre, la disposta chiusura determina un danno ai servizi delle città e alle popolazioni residenti nei territori marginali, come la montagna friulana;
   in data 3 dicembre 2013 è stato emesso parare dalla 2a Commissione permanente giustizia che, tra l'altro, si esprime sul ripristino di alcuni tribunali soppressi ed ha ad oggetto lo «schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative, correttive e di coordinamento delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e 7 settembre 2012, n. 156, tese ad assicurare la funzionalità degli uffici giudiziari (n. 36)»;
   in particolare, si legge nel parere «...si ritiene opportuno rivedere la scelta della soppressione del Tribunale di Tolmezzo che contava su una competenza territoriale di notevole ampiezza (oltre 2.169 chilometri quadrati), relativa, peraltro, anche al confine di Stato e che interessava comuni con rilevanti distanze dal tribunale accorpante»;
   tuttavia, nel dispositivo del provvedimento, tra i tribunali che la Commissione ritiene di dovere ripristinare – «in considerazione della specificità territoriale del bacino di utenza e dell'incidenza eccessiva sui costi dell'amministrazione della giustizia che sarebbero indotti dalla loro soppressione» – non viene indicato quello di Tolmezzo;
   è, dunque, evidente che tale parere è contraddittorio laddove nel corpo dell'atto evidenzia la necessità di riformare la soppressione del Tribunale di Tolmezzo, per poi non menzionare quest'ultimo nel dispositivo tra i tribunali che devono essere ripristinati;
   il parere della commissione, che va rettificato inserendo il Tribunale di Tolmezzo tra quelli da riabilitare, ad ogni modo, conferma la necessità di ripristinare lo stesso per la competenza territoriale di notevole estensione, altresì, nel disporne la chiusura, non è stato tenuto conto delle ingenti spese che conseguono, come i costi di locazione dei nuovi locali da destinare al personale trasferito nel capoluogo friulano;
   si mette, inoltre, in rilievo che l'accorpamento con il tribunale di Udine vanifica l'ingente spesa di ristrutturazione del tribunale di Tolmezzo, sostenuta con soldi pubblici e che è costata ben oltre 4 milioni di euro;
   il parere della 2a Commissione permanente giustizia ad avviso degli interroganti pone il tribunale di Tolmezzo in una posizione ibrida poiché non si esplicita nel dispositivo la richiesta del suo ripristino pur avendo motivato la necessità di riformarne la disposta chiusura –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito a quanto segnalato;
   se non ritenga che la soppressione del tribunale di Tolmezzo costituisca una scelta illogica ed in contrasto con criteri di spending review, considerando gli oltre 4 milioni di euro spesi per la sua ristrutturazione, i costi per l'affitto dei nuovi locali per il personale trasferito, l'eccessiva vastità del territorio del tribunale risultante dall'accorpamento nonché la presenza a Tolmezzo di un carcere di massima sicurezza;
   se il Ministro intenda disporre ulteriori e necessarie iniziative affinché venga ripristinato il tribunale di Tolmezzo. (5-02168)

Interrogazione a risposta scritta:


   MICILLO, FICO, SILVIA GIORDANO, COLONNESE, TOFALO, BARONI, CASO e LUIGI GALLO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 24 gennaio 2014 sul giornale on line fanpage.it è apparsa un'intervista ad un ex detenuto dei carcere di Poggioreale, R.L., relativamente a presunti pestaggi subiti all'interno della cosiddetta «cella zero» dei carcere di Poggioreale, in Napoli in data 1o luglio anno 2013;
   all'interno di questa intervista l'ex detenuto – il quale ha chiesto di restare anonimo ed ha espresso il desiderio che il suo volto uscisse coperto in modo da renderlo irriconoscibile – ha dichiarato di essere stato coattivamente portato da 3 guardie carcerarie all'interno di una cella, conosciuta come «cella zero», posta al piano terra della struttura carceraria, all'interno della quale è stato fatto spogliare, è stato picchiato ed è stato umiliato;
   la dottoressa Adriana Tocco, Garante dei detenuti della Campania, in ottemperanza alla sua funzione istituzionale, ha ribadito il suo dovere di informare la magistratura nonché il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria quando si trova a conoscenza di simili accadimenti;
   l'ex detenuto R.L., relativamente a quanto subìto, ha presentato denuncia attraverso la garante dei detenuti della regione Campania;
   dalle parole della stessa dottoressa Tocco è risultato che, è stata presentata una ulteriore denuncia firmata da ben 50 detenuti per maltrattamenti subiti all'interno della famigerata «cella zero»;
   secondo quanto dichiarato dall'ex detenuto intervistato e dal Garante dei detenuti della Campania dottoressa Adriana Tocco, la «cella zero» è una stanza posta al piano terra dell'edificio, isolata da telecamere e da qualsiasi mezzo di sorveglianza, dove le guardie carcerarie sono solite infliggere punizioni corporali ed umiliazioni varie nei confronti dei detenuti;
   risulta altresì dalle parole della dottoressa Tocco che molti detenuti sporgono denuncia per maltrattamenti subiti all'interno del carcere di Poggioreale solo una volta scontata la pena oppure che essi detenuti firmano le denunce solo qualora ricevano garanzie che tali denunce non vengano comunicate all'interno dei carcere;
   sempre dalle parole del garante risulta che una simile mole di denunce dovrebbe far sorgere un sospetto in capo alla magistratura;
   nuovamente sul giornale on line fanpage.it, in data 28 gennaio 2014, è apparsa un'intervista alla dottoressa Rita Bernardini, segretario dei radicali, dove afferma che in occasione della sua ultima visita ispettiva da deputata, il 12 febbraio 2013, all'interno dei reparto «Napoli» del carcere di Poggioreale, almeno tre detenuti le hanno denunciato pestaggi portati a compimento nella famigerata «cella zero». Continua la dottoressa Bernardini con un'affermazione molto grave, infatti la stessa sostiene che i pestaggi all'interno dei carcere di Poggioreale sono diventati una cosa ormai sistematica;
   il segretario dei radicali prosegue raccontando di essere stata chiamata nel settembre 2013 dalla Digos di Napoli per rispondere a domande sull'argomento; a detta della Bernardini inoltre i magistrati di sorveglianza non avrebbero mai visitato le celle detentive come prescrive l'ordinamento penitenziario;
   sull'espresso on line del 27 gennaio 2014 è riportata la medesima notizia relativa ai maltrattamenti che subirebbero i detenuti all'interno della cella zero;
   dall'articolo di cui sopra risulta che la dottoressa Tocco avrebbe inviato un esposto al procuratore aggiunto della Repubblica di Napoli Giovanni Melillo dei seguente tenore letterale: «Le comunico le gravi notizie di reato che mi sono pervenute e ho apprese durante alcuni colloqui intercorsi con i detenuti del carcere di Poggioreale, moltissimi detenuti lamentano abusi consistiti in violentissime percosse, spesso cagionanti lesioni gravi, che si consumano di notte ad opera di alcuni agenti penitenziari riuniti in “piccole squadre”. Alcuni mi hanno riferito i nomi degli agenti coinvolti. La maggior parte dei reclusi ha paura di denunciare le violenze subite per timore di ritorsioni». Continua la dottoressa Tocco affermando che i racconti sarebbero tutti coerenti tra di loro ed afferma che tali racconti: «evidenziano alcuni elementi comuni: i detenuti raccontano di essere stati prelevati dalle loro celle senza criterio, il fine univoco degli agenti chiaramente tra loro programmato, è dare sfogo alla loro violenza gratuita e costringerli a subire trattamenti disumani»;
   sul Corriere del Mezzogiorno del 31 gennaio 2014 risalta la notizia che la procura di Napoli ha aperto un fascicolo per verificare l'esistenza della famigerata «cella zero» all'interno del carcere di Poggioreale anche a seguito della nuova denuncia che sarebbe arrivata alla dottoressa Tocco firmata da 70 detenuti;
   dalle dichiarazioni della dottoressa Tocco, secondo l'articolo di cui sopra, risulta che l'accadimento di simili eventi possa essere dovuto all'elevato numero di detenuti presenti all'interno della casa circondariale di Poggioreale che determinerebbe una situazione di stress tra il personale della polizia penitenziaria;
   dall'analisi degli articoli di cui sopra si insinua nel lettore il pericoloso dubbio, paventato anche dalla dottoressa Tocco, che eventuali simili comportamenti violenti ad opera degli agenti di polizia penitenziaria possano essere causati dalla situazione di stress cui sono costretti da un lato gli stessi agenti di polizia e dall'altro i detenuti che devono subire condizioni di vita ai limiti dell'inumano –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda sopramenzionata e di quali informazioni disponga relativamente ai presunti pestaggi subiti nella cosiddetta «cella zero»;
   se siano mai arrivate voci e testimonianze di «pestaggi» nel carcere di Poggioreale, se siano mai state disposte indagini interne in materia e, in caso affermativo, quali risultati, abbiano prodotto;
   se sia stata disposta una specifica indagine interna sui pestaggi che avvengono all'interno del carcere di Poggioreale;
   se sia vero il fatto che i magistrati di sorveglianza non avrebbero mai visitato le celle detentive come prescrive l'ordinamento penitenziario ed, in caso di risposta negativa, quante e quali visite i magistrati abbiano effettuato;
   quante visite mediche vengano effettuate all'interno del detto carcere dovute a presunti pestaggi effettuati da guardie carcerarie in danno dei detenuti;
   quali siano i livelli di sovraffollamento del carcere di Poggioreale, padiglione per padiglione;
   se i pestaggi che subiscono i detenuti ad opere della polizia penitenziaria non siano in qualche modo riconducibili alle condizioni di vita cui è costretta la popolazione carceraria;
   quanti e quali procedimenti penali e civili siano in corso relativamente a presunti pestaggi subiti dai detenuti all'interno del carcere di Poggioreale e quanti e quali di essi siano conclusi;
   quante denunce o querele siano state presentate relativamente a presunti pestaggi all'interno dei carcere di Poggioreale. (4-03601)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOSSATI e TULLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, così come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1993, n. 575, all'articolo 373, comma 2, lettera c), prevede che sono esentati dal pagamento del pedaggio: «c) i veicoli con targa C.R.I., nonché i veicoli delle Associazioni di volontariato e degli organismi similari non aventi scopo di lucro, adibiti al soccorso nell'espletamento del relativo specifico servizio e provvisti di apposito contrassegno approvato con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione e del Ministro dei lavori pubblici»;
   la circolare del 5 agosto 1997 n. 3973 del Ministero dei lavori pubblici stabilisce che l'esenzione del pedaggio autostradale è ad oggi concessa soltanto quando si verificano contemporaneamente le seguenti condizioni:
    veicolo immatricolato a nome delle associazioni di volontariato;
    il veicolo deve essere adibito al soccorso;
    impegnato nell'espletamento del relativo specifico servizio;
    provvisto dell'apposito contrassegno previsto dal decreto ministeriale, del 15 aprile 1994;
   allo stato attuale i viaggi effettuati per trasporto sanitario, anche con un veicolo di soccorso (autoambulanza) delle associazioni di pubblica assistenza e misericordie, non vengono considerati impegnati nell'espletamento del relativo specifico servizio e quindi non riconosciuti esenti;
   le norme attuali non precisano che cosa si intenda per veicoli «adibiti al soccorso»;
   sulla definizione di soccorso si è espressa la Corte di giustizia europea [CGE, sez. III, 29/A/2010 n. C-190/08], con una pronuncia recepita dalla sentenza del Consiglio di Stato [CDS, sezione III, 7/2/2013, N. 2477), che ha affermato che «i servizi pubblici di soccorso comprendono solitamente sia i servizi di trasporto medico d'urgenza sia servizi di trasporto sanitario qualificato... (omissis)»;
   la società Autostrade per l'Italia spa ha dato disdetta ad ANPAS (Associazione nazionale pubbliche assistenze) ed alla Confederazione delle misericordie di Italia dell'accordo in essere dal 1999 per la fornitura di telepass esenti in comodato d'uso gratuito alle associazioni di pubblica assistenza e misericordia, che svolgono sul territorio nazionale oltre il 70 per cento del trasporto sanitario in Italia;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha incontrato a più riprese ambedue le organizzazioni nazionali (ANPAS e Confederazione nazionale delle misericordie di Italia) assicurando un intervento normativo con l'obiettivo di una chiara definizione dei veicoli «adibiti al soccorso» ed il mantenimento del telepass esente in comodato d'uso gratuito senza ulteriori aggravi burocratici ed organizzativi a carico delle associazioni di volontariato –:
   come e quando il Governo riterrà di porre in essere gli atti necessari affinché si continui a garantire l'esenzione del pedaggio autostradale ai veicoli di soccorso delle associazioni di volontariato (pubbliche assistenze e misericordie). (5-02165)

Interrogazione a risposta scritta:


   GAGNARLI, BALDASSARRE e SEGONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la situazione del trasporto locale su rotaia in Toscana è da tempo al centro dell'attenzione di media e quotidiani locali: dai ritardi alle soppressioni, dalle condizioni dei convogli alle gare di affidamento per il prossimo anno, dagli incidenti ai nuovi regolamenti ANSF sulla redistribuzione di responsabilità e mansioni tra capotreni e macchinisti;
   la prima firmataria del presente atto ha già presentato diversi atti di sindacato ispettivo su alcuni dei temi sopra citati: una interpellanza urgente, unica a cui si è avuta risposta, e 4 interrogazioni a risposta scritta ancora in sospeso;
   alcuni parlamentari 5 stelle toscani, Massimo Artini e Samuele Segoni, ed anche il presidente della regione Toscana Enrico Rossi, stanno effettuando periodicamente sopralluoghi nelle tratte più «calde» per verificare lo stato in cui sono costretti a viaggiare migliaia di pendolari;
   dal liveblog il Tirreno, grazie al certosino lavoro di giornalisti e utenti della rete ferroviaria, è possibile monitorare giornalmente questi ritardi e disagi sulle tratte regionali; a titolo di esempio si riportano di seguito i dati della settimana dal 27 al 31 gennaio 2014 sulle 3 linee più calde della Toscana:
    sulla Arezzo-Firenze, il caso della settimana è stato il «mistero» del regionale veloce 2304 di martedì 28 per Firenze SMN: Trenitalia ne annunciava il ritardo di 15 minuti, in rete alcuni pendolari raccontavano di esserci saliti, mentre altri viaggiatori dichiaravano di non averlo visto passare e che risultava assente anche dal tabellone elettronico della stazione; venerdì 31, il giorno delle bombe d'acqua che si sono rovesciate sulla Toscana, la pioggia ha creato gravi problemi tra cui l'allagamento del sottopasso a San Giovanni Valdarno, rimasto chiuso a causa dell'acqua alta;
    sulla Pisa-Lucca-Aulla venerdì 31 le forti piogge hanno messo in ginocchio il pisano: 14 i treni con un ritardo di almeno 10 minuti e ben 4 le soppressioni. Anche nei giorni precedenti, non sono mancati i problemi: tranne lunedì, i treni ritardatari sono stati sempre in doppia cifra; mercoledì 29 gennaio è stato il giorno peggiore con ben quattro corse che hanno totalizzato più di mezz'ora di ritardo;
    sulla Faentina il caso della settimana è stato il cambio di orario di tre corse che, tra gli altri, hanno interessato anche il frequentatissimo regionale 6806 da Borgo San Lorenzo a Firenze delle 7:23. Durante la settimana sulla Firenze-Borgo San Lorenzo si sono totalizzati ben 82 minuti di ritardo, sulla linea inversa invece 44 minuti totali di ritardo ed una soppressione, sulla Faenza-Firenze SMN si sono registrati 10 minuti di ritardo;
   sul Corriere fiorentino on-line del 5 febbraio 2014 si legge che la regione Toscana applicherà a Trenitalia una penale di 664.000 euro per i disservizi rilevati dagli ispettori regionali nel corso del 2012. Una cifra che non comprende ancora la valutazione economica dei ritardi e delle soppressioni; la penale si riferisce infatti solo agli standard di qualità del viaggio: carrozze sporche, problemi di riscaldamento o di condizionamento dell'aria, toilette inagibili, porte che non funzionano, biglietterie automatiche fuori servizio e mancate comunicazioni ai viaggiatori;
   nel tentativo di cambiare faccia al trasporto ferroviario locale l'amministrazione regionale ha deciso di interrompere, a fine anno, il contratto di servizio con Trenitalia e sta organizzando una gara per l'affidamento del servizio, ed un nuovo accordo quadro con RFI, ai sensi del decreto legislativo n. 188 del 2003, propedeutico allo sviluppo della procedura di gara;
   l'affidamento ad un nuovo gestore presenta tuttavia numerosi aspetti ancora da chiarire, tra cui le modalità con cui garantire la disponibilità dei beni necessari al servizio in ordine al materiale rotabile, ai depositi ed alle officine, se la Toscana sarà divisa in più lotti o in un unico lotto, se ci saranno ripercussioni circa il personale attualmente impiegato da Trenitalia –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché vengano salvaguardati gli standard di sicurezza e qualitativi, la continuità temporale e spaziale del servizio, la corretta manutenzione straordinaria, ordinaria e le revisioni periodiche del materiale rotabile, la pulizia interna ed esterna alle carrozze, la gestione delle relazioni con l'utenza e la tutela dei lavoratori attualmente impiegati da Trenitalia. (4-03612)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PALMIZIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   alcuni consiglieri comunali di Carpi segnalano una imminente riduzione della pianta organica dei vigili del fuoco, in servizio della città di Carpi, il cui personale svolge l'attività all'interno di un vasto territorio a nord di Modena, estendendosi fra l'altro fino ad alcuni comuni reggiani;
   organi d'informazione locale tuttavia riportano che quanto sostenuto dai medesimi rappresentanti dell'amministrazione locale, sia in controtendenza rispetto a quanto da essi affermato, a causa delle possibili notizie che risultano poco chiare sul futuro riassetto del modello organizzativo del personale dei vigili del fuoco, in fase di riesame da parte del Ministero dell'interno;
   il nuovo modello organizzativo, secondo quanto pubblicato dalla stampa locale riferisce infatti, che per il comando di Modena sia previsto addirittura un potenziamento, in considerazione del previsto passaggio dall'attuale organico di 257 unità ad un organico di 264 uomini;
   la novità importante di questo modello organizzativo, cosiddetto flessibile, risulterebbe quella di adottare un progetto, già da anni attuato a Modena, che consiste in un potenziamento anche della sede di Carpi, che dispone di 42 vigili effettivi a fronte di una dotazione prevista di 36 uomini;
   tale riorganizzazione infatti, verrebbe demandata all'autonomia del dirigente per la distribuzione dell'organico in funzione delle esigenze del territorio e quindi dei singoli distaccamenti;
   la stampa di Carpi evidenzia inoltre che, se si valuta l'aumento di 7 unità su Modena previsto nel nuovo modello organizzativo, non esistono di fatto le condizioni per un ridimensionamento dei vigili del fuoco a Carpi, aggiungendo inoltre che a tal fine, il sindacato dei vigili del fuoco vigilerà attentamente per mantenere inalterati gli attuali standard di sicurezza a Carpi;
   il nuovo modello organizzativo attualmente in fase di discussione, avrebbe come logica prioritaria un utilizzo variabile degli uomini fra i vari comandi e distaccamenti, proprio in funzione di un servizio di pronto intervento più efficiente, che non è invece possibile con le piante organiche ingessate;
   l'interrogante rileva come le informazioni in merito ad un eventuale depotenziamento dell'organico del medesimo personale di pubblica sicurezza siano tuttavia contrastanti, anche nell'ambito delle diverse sigle sindacali che divergono sulla necessità di prevedere una revisione dei dispositivi di soccorso, che indicherebbero una riduzione del personale presso il distaccamento dei vigili del fuoco di Carpi;
   in considerazione di quanto esposto in precedenza, risulta evidente, a giudizio dell'interrogante, come sia urgente e necessario ristabilire un quadro complessivo, da parte del Ministro interrogato, volto ad accertare le intenzioni, nell'ambito delle decisioni relative ad un eventuale ridimensionamento dell'organico del personale dei vigili del fuoco in attività nella città di Carpi –:
   se trovino conferma le notizie esposte in premessa, secondo le quali il Ministero dell'interno sarebbe intenzionato a riordinare l'organigramma della pianta organica del personale del Corpo dei vigili del fuoco, attraverso un ridimensionamento del numero dei dipendenti attualmente presso il distaccamento di Carpi;
   in caso affermativo, se non ritenga tale decisione, ingiusta e penalizzante nei confronti della città carpigiana, la cui sede riveste un'importanza strategica in considerazione del bacino d'utenza in cui si svolge l'attività di sicurezza e di presidio che si estende fino ai comuni del vasto territorio a nord di Modena e fino ad alcuni comuni reggiani;
   quali iniziative infine intenda intraprendere, al fine di garantire in caso di un ridimensionamento del personale suddetto, adeguati livelli di sicurezza e di tutela in materia di prevenzione incendi, soccorso pubblico e difesa civili, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. (5-02169)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da articoli di stampa locale (Il Resto del Carlino edizione Ravenna) e nazionale (Il Tempo) l'interrogante apprende con sincera preoccupazione che l'agente dei servizi Gian Marco Mancini, già ingiustamente incarcerato per 9 mesi per la vicenda dell'imam Abu Omar e recentemente assolto con formula piena da ogni addebito per la stessa vicenda, sia stato oggetto di pesantissime e serie minacce di morte proprio a seguito dell'assoluzione;
   Gian Marco Mancini fu accusato di rapimento, a quanto consta all'interrogante anche sulla base di testimonianze, poi rivelatesi inattendibili, da parte di esponenti politici di estrema sinistra noti per battaglie a difesa strenua di centri sociali e dei centri di cultura islamica come quelli gestiti da Abu Omar;
   nel recente passato si è assistito nella provincia di Ravenna ad un aumento di centri di cultura islamica e di aderenti a centri sociali legati all'estrema sinistra;
   sempre da notizie di stampa parrebbe che le stesse anonime e vigliacche minacce siano state rivolte alla sua famiglia residente in provincia di Ravenna;
   casi di intolleranza religiosa e politica legati a vicende complesse come quella nella quale è stato sua malgrado protagonista l'agente Mancini possono, purtroppo, stimolare la fantasia malata di estremisti e fanatici –:
   quali misure intenda adottare il Ministro al fine di garantire l'incolumità di tutti i soggetti coinvolti loro malgrado nella vicenda e di contribuire, per quanto di competenza, ad assicurare alla giustizia i responsabili di queste vigliacche minacce;
   quali misure intenda adottare il Ministro interrogato al fine di monitorare la presenza di estremisti e fanatici in provincia di Ravenna ai fini della prevenzione e della pubblica sicurezza. (4-03600)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 4 febbraio 2014, stando a quanto dichiarato dagli stessi occupanti, alcuni agenti della Digos si sarebbero recati al Teatro Valle, accompagnati da ispettori del lavoro e della Asl;
   gli occupanti il Teatro, tuttavia, avrebbero loro impedito l'ingresso, pur a fronte del fatto che gli agenti hanno loro spiegato che i controlli in corso erano ordinati dalla magistratura a seguito di un'indagine per occupazione;
   il Teatro Valle di Roma è occupato da oltre due anni (dal giugno del 2011) da un gruppo di persone che ne ha preso possesso, senza titolo, al fine di gestirne le attività, sia con riferimento alla messa in scena di spettacoli, che all'organizzazione di corsi e dibattiti, utilizzando a tal fine il materiale tecnico, elettrico e fonico della struttura; 
   il Teatro Valle è un bene pubblico di proprietà del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ma neanche più la Soprintendenza di Stato ha accesso al Teatro al fine di condurre le regolari verifiche, come fa nelle altre strutture;
   l'occupazione ha impedito la realizzazione di una stagione ponte, preparata dal teatro Argentina, dalla quale, in seguito al passaggio di gestione dall'ETI a Roma capitale, sarebbe dovuto dipendere il Valle;
   l'occupazione oltre a determinare i mancati incassi del Teatro, sta causando un danno erariale che oggi ammonterebbe a circa due milioni di euro, posto che gli occupanti non hanno mai provveduto né al pagamento delle utenze di acqua, luce, rifiuti, riscaldamento, telefono e internet, né al versamento del corrispettivo per i diritti SIAE;
   inoltre, la gestione degli occupanti sarebbe di fatto priva di agibilità, in quanto non vengono pagati i contributi ENPALS che ne permettono il rinnovo, e il Teatro stesso versa in un evidente stato di degrado;
   nel comunicato diramato in seguito al rifiuto opposto alla Digos di accesso al teatro, l'associazione che si firma «Teatro Valle occupato» si legge: «Esprimiamo dunque preoccupazione per l'incapacità delle amministrazioni pubbliche a svolgere il loro ruolo di interlocuzione nei confronti della società civile. Un'assenza che può generare conseguenze pericolose, liquidando esperienze sociali e civili come questioni di ordine pubblico gestite direttamente da magistratura e forze dell'ordine»;
   i fatti riportati in premessa, ove confermati, appaiono di inaudita gravità, soprattutto in considerazione del fatto che l'occupazione del Teatro Valle è a tutti gli effetti abusiva –:
   se siano informati dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere in merito. (4-03608)


   MELILLA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto appreso dal referente dei detenuti della Associazione radicali Abruzzo, nella persona del dottor Francesco Lo Piccolo, incaricato di contribuire – in assenza dell'istituzione di un garante regionale – a tutelare i diritti delle persone ristrette in carcere, sussiste in Chieti una situazione meritevole d'essere evidenziata e portata all'attenzione del Governo;
   Tarek Sgaieri, cittadino tunisino nato nel 1985, è stato arrestato il 22 ottobre 2008 per aver commesso una rapina e per essere stato trovato in possesso di un modesto quantitativo stupefacenti. Per questi motivi, gli è stata inflitta una pena la cui scadenza è prevista per il prossimo 24 febbraio;
   all'inizio dell'anno scorso, in considerazione del comportamento esemplare tenuto dal detenuto nel periodo di permanenza presso il carcere di Chieti, lo stesso è stato ammesso – insieme ad altri
6 compagni (detenuti ed ex detenuti) – ad un programma di lavoro all'esterno previsto dall'articolo 21 dell'O.P. che prevedeva l'assunzione in work experience (tirocinio formativo) con borsa lavoro presso una cooperativa edile. In virtù di detta opportunità emersa nell'ambito di un progetto europeo elaborato dalla Regione Abruzzo (nel quadro delle azioni del Fondo sociale europeo) per l'inserimento sociale di detenuti ed ex detenuti italiani e stranieri, il detenuto è riuscito a crearsi una vera e propria prospettiva di reinserimento, accompagnata a livello sociale anche dall'esercizio dell'attività sportiva praticata nel tempo libero con la squadra «Integra Sport» della Caritas teatina:
   l'inserimento nel mondo del lavoro per il detenuto è stato un vero e proprio toccasana: lo stesso ha iniziato immediatamente a distinguersi, sia presso i propri colleghi che nei confronti del datore di lavoro, per l'assiduità, l'impegno, l'abilità e la assoluta abnegazione nello svolgimento dell'attività di manovale;
   anche nell'ambito dell'attività sportiva ha mostrato attinenza agli scopi non solo agonistici, ma socio-culturali dell'attività «Integra Sport», diretta a favorire l'integrazione e fortemente appoggiata con spirito ecumenico anche dalla Diocesi. Nel frattempo Tarek, già da anni convertito dall'islamismo alla fede evangelica, ha potuto frequentare ministri di culto protestanti, normalmente autorizzati all'ingresso nella casa circondariale di Chieti, approfondendo la sua formazione religiosa ed usufruendo di permessi premio sempre volti ad approfondire il percorso spirituale o ad espletare attività di volontariato (ad esempio per due anni consecutivi ha partecipato come volontario alla Giornata nazionale della colletta alimentare). Non ha mai richiesto permessi per fini personali o familiari, essendo sostanzialmente solo sul territorio nazionale;
   certamente consistente è stato l'investimento, non solo in termini di risorse finanziarie (anche di provenienza europea), che lo Stato, la regione Abruzzo, la comunità locale (profit e non-profit, enti religiosi) e gli operatori penitenziari hanno rivolto nei confronti del signor Sgaieri, anche al fine di garantire una parità di trattamento rieducativo e di opportunità indipendentemente dai requisiti di cittadinanza e secondo il più autentico spirito della normativa penitenziaria;
   non è frequente verificare che – come invece è accaduto in questa circostanza – a fronte di una simile apertura di credito, il detenuto dia dimostrazione dell'effettivo raggiungimento di una vera e propria integrazione sociale, lavorativa ed affettiva;
   come detto, da quando ha iniziato a lavorare Tarek Sgaieri ha acquisito fiducia in se stesso, senso di responsabilità, si è guadagnato la stima e l'amicizia dapprima dei colleghi di lavoro e poi via via di tutti quanti sono entrati in relazione con lo stesso. L'attività svolta ha consentito al giovane anche di ottenere una seppur modesta indipendenza economica ed una concreta aspettativa di stabilità. Si pensi ad esempio che il datore di lavoro ha sin d'ora preannunciato la propria disponibilità a trasformare, alla scadenza e previo rinnovo del permesso di soggiorno (onde non incorrere lui stesso in sanzioni), l'attuale contratto di tirocinio formativo in assunzione a tempo indeterminato;
   in una situazione del genere, è accaduto che lo Sgaieri – in vista dell'imminente provvedimento di scarcerazione definitiva per intervenuta fine pena – abbia demandato al proprio legale il compito di inoltrare alla Questura di Chieti, competente per territorio, la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno: documento senza il quale, stante la legislazione vigente, il lavoratore non potrebbe continuare a soggiornare in Italia, così da proseguire il proprio cammino di crescita sociale, familiare ed economica e di conseguenza non potrebbe essere assunto;
   senonché, inopinatamente è stato disposto il rigetto dell'istanza benché, per le ragioni che si diranno, è opinione dell'interrogante che difettino chiaramente i requisiti per negare il provvedimento autorizzativo;
   se è vero come è vero, difatti, che Sgaieri, ormai 7 anni fa, si è macchiato di un reato (articolo 628/III CP) che secondo la normativa sui permessi di soggiorno deve essere «valutato» ai fini del rilascio, è altresì innegabile che – a fronte di tale elemento, di per sé non ostativo – risiedono innumerevoli altre circostanze tali da far ritenere non solo opportuno ma addirittura doveroso il rinnovo del permesso di soggiorno;
   basti pensare che, la prospettiva di un eventuale rimpatrio del giovane, ha suscitato l'immediata presa di posizione del datore di lavoro e degli stessi colleghi i quali non hanno esitato a dirsi pronti a manifestazioni di protesta ed astensione dal lavoro nel caso in cui Sgaieri venisse allontanato;
   anche relativamente alla sistemazione abitativa, v’è stata l'offerta, da parte di una famiglia residente in provincia di Chieti che ha conosciuto il giovane e la sua storia tramite i suoi colleghi di lavoro, di mettere a disposizione gratuitamente un alloggio per consentire allo Sgaieri di continuare a soggiornare nel circondario che – finalmente – gli ha offerto quell'opportunità di riscatto tanto attesa che, lo stesso, non si è lasciato sfuggire;
   si pensi infine – considerando la valenza simbolica della circostanza – che lo stesso Arcivescovo di Chieti, Bruno Forte, ha apprezzato la partecipazione dello Sgaieri al progetto della Caritas Integra Sport, tanto che il detenuto ha potuto partecipare ad una conferenza stampa tenuta in proposito dal medesimo arcivescovo;
   siamo dunque in presenza di una situazione che potremmo definire «piacevolmente eccezionale»: quella, cioè, di un giovane che in pochi anni è riuscito a passare dalla condizione di rappresentare l'archetipo dell'extracomunicatio «cattivo» a quella di dimostrazione concreta che un'opportunità c’è, solo che la si voglia cogliere;
   abbandonare Sgaieri a se stesso sarebbe un errore imperdonabile;
   vorrebbe dire obbligarlo a fare immediato ritorno in Tunisia: Paese dal quale manca ormai da molti anni (circa 10-12) e presso il quale non potrebbe fare affidamento nemmeno sui legami affettivi, vista l'ostilità che familiari ed (ex) amici nutrono nei confronti del giovane, reo di essersi convertito ormai da molti anni alla religione cristiano-evangelica;
   rispedire Tarek Sgaieri in Tunisia vorrebbe dire non solo frustrare il progetto di reinserimento che lo ha reintrodotto alla legalità e che lo ha visto partecipare con spirito di abnegazione ma la stessa concezione della giustizia; vorrebbe dire gettare nello sconforto i tanti operatori che hanno creduto e credono non solo in quel giovane ma in tutti coloro a cui quell'opportunità viene concessa. Significherebbe gettare alle ortiche tutte le risorse finanziarie che lo Stato e la regione Abruzzo hanno destinato ad uno scopo tanto nobile e ambizioso;
   è ovvio che vedere sfumare le possibilità doverosamente offerte al detenuto dalle istituzioni statali per diniego dello Stato stesso indurrebbe il detenuto ed i compagni in condizioni similari, a perdere ogni ragionevole fiducia nella giustizia italiana; peraltro, data la situazione personale dello Sgaieri, che rende quantomeno difficoltoso il suo rientro in Tunisia, lo stesso potrebbe facilmente optare per un reiterarsi della situazione di clandestinità, in Italia o in un altro Paese dell'Unione europea, e inevitabilmente per il ricorso a mezzi di sussistenza illegali (lavoro nero quando non ulteriori crimini). L'eventuale provvedimento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, avrebbe dunque una sola probabile conseguenza: quella di generare ulteriore illegalità in una situazione in cui tutti i presupposti sussistono per il regolare inserimento della persona sul territorio italiano ed ogni presidio economico, trattamentale e umano è stato speso dallo Stato affinché ciò fosse possibile;
   risulta, peraltro, che sussistano numerosi casi consimili e precedenti risolti in senso sfavorevole ai detenuti stranieri –:
   se rispondano al vero le circostanze indicate e quali iniziative intenda il Governo adottare al riguardo;
   se sia vero o meno che personale addetto alla questura di Chieti, sin dal momento della presentazione dell'istanza tesa ad ottenere il rilascio del permesso di soggiorno e quindi a prescindere da qualsiasi istruttoria e dall'esame della documentazione, abbia preannunciato l'imminente e certo rigetto della domanda;
   se e quali iniziative i Ministri dell'interno e della giustizia intendano adottare affinché gli investimenti trattamentali compiuti in sede penitenziaria ed il loro buon esito siano tenuti in prioritaria considerazione nella procedura di rinnovo dei permessi di soggiorno (non già rinnovati per intervenuta detenzione);
   se non sia indispensabile e urgente assumere iniziative per contemperare l'impiego di investimenti rieducativi su soggetti extracomunitari in detenzione e la normativa sull'immigrazione. (4-03610)


   SORIAL. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'11 febbraio 2014, una ragazza di soli quattordici anni di Fontaniva si è tolta la vita gettandosi dalla terrazza sul tetto dell'ex hotel Palace di Borgo Vicenza a Cittadella spinta da Ripetuti attacchi di cyberbullismo dei quali era divenuta il bersaglio sul social network Ask.fm, come riportato dalla stampa;
   tra le decine di decine di insulti ricevuti dalla ragazza vi erano frasi come di vera e propria istigazione al suicidio, come: «Spero che uno di questi giorni taglierai la vena importantissima che c’è sul braccio e morirai»;
   Ask.fm è un social network associato a un numero rilevante di episodi di cyberbullismo, lanciato il 16 giugno 2010 da Klaves Sinka in Lettonia nel 2010, basato su un'interazione di semplice «domanda-risposta» tra utenti con la possibilità di restare anonimi;
   il sito ha presto scalato le classifiche fra i siti più ricercati nel web e nel 2013 ha superato i sessanta milioni di utenti registrati, di cui 13,2 milioni di frequentatori giornalieri. L'Italia è il Paese con più iscritti al mondo;
   nelle «condizioni di utilizzo» stabilisce che gli utenti devono avere almeno 13 anni, ma ovviamente su internet chiunque può avere qualunque età, e a 14 anni ci si può collegare e ricevere inviti al suicidio come «Ucciditi», «Prenditi un cancro», «Bevi dell'ammoniaca», segnalati dagli utenti in tutto il mondo;
   erano già da tempo emersi seri dubbi sui possibili rischi derivati dall'utilizzo di Ask.fm per via dell'anonimato che amplificava fenomeni di cyberbullismo, facilitando insulti e attacchi, pericolosi soprattutto per il mondo degli adolescenti in cui le identità reali e quelle digitali sono ormai una sola cosa, e i pericoli del mondo si replicano nel dominio elettronico;
   il suicidio è stato il triste epilogo di questi attacchi di bullismo digitale per quindici ragazzi nel mondo negli ultimi mesi, come la quattordicenne del Leicestershire, Hannah Smith, che il 2 agosto 2013 si è suicidata sempre a causa di insulti e inviti all'autolesionismo scritti sul suo profilo di Ask, tragedia per la quale il premier David Cameron ha chiesto di boicottare il sito mentre il padre di Hannah, Dave, ha posto ai media l'accorata domanda «quanti teenager si devono uccidere a causa degli abusi online prima che si faccia qualcosa» e accusato i creatori di Ask.fm di omicidio colposo;
   come evidenziato di recente da Vincenzo Spadafora, presidente dell'Autorità per l'infanzia e l'adolescenza, c’è l'impressione di una scollatura tra il digitale e il reale, tra l'illusione di anonimato e la reale tracciabilità di ogni atto compiuto on-line, perché «Prima quando si aggrediva qualcuno, si vedevano le conseguenze di quello che si faceva, si vedeva il sangue. In rete tutto questo sfuma, il sangue non si vede», ma i fatti e le loro conseguenze sono reali e infatti tutto quello che passa per la rete resta, è rintracciabile e può anche rimanere come una macchia a vita che può essere valutata anche dalle aziende che devono assumere in futuro, che vanno a cercare notizie su internet;
   proprio perché tutto ciò che avviene in rete è reale e l'anonimato è solo un'illusione, la procura di Padova, che all'inizio aveva deciso di non aprire un'inchiesta, poi ha aperto un fascicolo «per atti relativi» sulla morte della ragazzina, che, considerate le incitazioni rivolte alla 14enne sul social «Ask.fm», potrebbero andare dai maltrattamenti all'istigazione al suicidio –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e non intendano assumere iniziative urgenti al fine di combattere questa forma di violenza che minaccia tutti ma in particolar modo gli utenti più giovani di questi social network come Ask.fm, intensificando controlli e facendo in modo che non sia più possibile permettere la modalità di interazione anonima tra gli utenti che favorisce il proliferare di attacchi di cyberbullismo o che venga reso obbligatorio segnalare agli utenti stessi che l'anonimato non solleva dalla responsabilità personale e che può essere rintracciabile dalle forze dell'ordine in caso di inchieste giudiziarie;
   se i Ministri interrogati non intendano assumere tutte le iniziative necessarie per promuovere l'informazione e l'educazione dei più giovani e non solo, sulla reale potenzialità e sulle conseguenze dell'utilizzo dei social network, con l'obiettivo di un uso corretto e responsabile della rete affinché il fenomeno del cyberbullismo possa essere finalmente combattuto e arginato. (4-03611)


   SORIAL. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Brescia è allarme mafia: il Nord, considerato da sempre non a rischio rispetto al fenomeno mafioso, sta diventando terreno molto fertile per la proliferazione di questa forma di criminalità organizzata che sembra stia generando un vero e proprio inquinamento dell'economia locale, avvantaggiandosi della crisi economica e della ricaduta che questa ha sulle piccole e medie imprese;
   durante l'audizione avvenuta nel mese di dicembre 2013 presso la Commissione parlamentare antimafia in prefettura a Milano, come riportato dalla stampa locale, il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti ha dichiarato che: «L'infiltrazione mafiosa riguarda tutta la Lombardia, non solo il distretto di Milano ma anche quello di Brescia, che è una zona a rischio. Abbiamo sollecitato una riflessione sull'opportunità di rafforzare le strutture investigative di Brescia. Se consideriamo che in Lombardia c’è un solo centro Dia, dovrebbe essere almeno raddoppiato come centri operativi»;
   il procuratore generale vicario della direzione nazionale antimafia, Pierluigi Dell'Osso, ha spiegato che si sta presentando un fenomeno di «nuova ’ndrangheta proiettata verso le sofisticazioni finanziarie», riscontrato in particolare nella «zona costiera» dell'Emilia-Romagna e «nella bassa bresciana fino al Garda con proiezioni verso il Veneto»;
   l'ex procuratore generale Guido Papalia, in occasione della cerimonia di celebrazione dell'anno giudiziario del gennaio 2014, ha spiegato che i fenomeni delle infiltrazioni mafiose che stanno emergendo in maniera evidente nella Lombardia occidentale, sono presenti e visibili da tempo nella Lombardia orientale;
   secondo una ricerca dell'Adnkronos ripresa da molti quotidiani, il nostro sta diventando un mondo imprenditoriale quasi o del tutto rassegnato, che non vede altra strada che la tangente per poter fare il proprio mestiere, a causa di una corruzione dilagante soprattutto nell'ambito delle piccole e media imprese: il 20 per cento di queste paga tangenti, sotto una qualsiasi forma; 5 su 10 hanno rifiutato almeno una richiesta di denaro per concludere un affare nel corso dell'ultimo anno; 4 su 10 pensano che in futuro possano essere costrette a farlo, mentre soltanto 1 su 10 ha denunciato perché in tanti pensano che «da solo non puoi cambiare nulla, ottieni un solo risultato, spesso irreversibile: non lavori più»;
   la commistione del mondo degli imprenditori con quello della mafia sta avvenendo in vari modi: per esempio, come messo in luce dall'inchiesta «Grillo parlante 2», condotta dai carabinieri e diretta dalla procura di Milano, che ha portato in questi giorni a otto ordinanze di custodia cautelare per il reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso in concorso, per alcuni imprenditori del Nord la ’ndrangheta costituisce un valido partner, poiché più efficiente dello Stato nel recupero crediti: contattando un esponente del clan della cosca Mancuso di Limbadi, in pochi giorni, a volte ore, il debitore cedeva alle pressioni e pagava quanto doveva, mentre seguendo le vie legali, l'imprenditore avrebbe dovuto impegnarsi in una causa civile che forse non avrebbe portato a nulla;
   in altri casi, la mafia è occasione di crescita economica, soprattutto in un momento di crisi come questo: l'operazione «Ulisse» del 2012, che ha portato a ben 37 ordinanze di custodia cautelare, ha infatti messo in luce l'esistenza di soggetti nel mondo delle imprese, che non sembrano più essere semplicemente vittime di estorsione o minacciati, ma sembrano aspirare a far parte delle organizzazioni criminali, come sottolineato dall'ex procuratore generale dottor Guido Papalia, nel discorso d'inaugurazione dell'anno giudiziario 2013;
   anche secondo il «Rapporto ecomafie in Lombardia» del 2012 di Legambiente, esiste il rischio che tra gli imprenditori «non solo non si trova conveniente la denuncia del tentativo di estorsione, come avvenuto in passato, quando gli imprenditori hanno scelto di tacere, ma alcuni di loro oggi sono pronti a passare addirittura “armi e bagagli” dalla sponda della legalità, dello Stato, a quella della criminalità mafiosa, saltando a piè pari ogni possibile remora etica», fatto sottolineato anche da Ilda Boccassini: «È evidente che da parte della classe imprenditoriale che opera ed è stanziale a Milano e in Lombardia purtroppo c’è la convenienza ad agire secondo schemi illegali, illeciti, pur sapendo di rivolgersi alle persone sbagliate»;
   il grado di penetrazione delle organizzazioni criminali di tipo mafioso nelle città del nord come Milano, o Brescia è ormai al pari di quello riscontrato nelle regioni considerate di tradizionale insediamento del fenomeno mafioso: la Lombardia è ormai tra le prime regioni per beni sequestrati e confiscati perché il patrimonio frutto del crimine organizzato e il mercato lombardo degli stupefacenti garantirebbero introiti valutati tra gli 840 milioni ed i 2,4 miliardi di euro;
   le Camere hanno ampliato già nelle scorse legislature il mandato della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno mafioso, meglio nota come Commissione antimafia, in modo tale da farvi rientrare lo studio della penetrazione della criminalità organizzata italiana e straniera nelle regioni di non tradizionale insediamento dei sodalizi criminali;
   nel 2011 le segnalazioni di operazioni potenzialmente mafiose provenienti dalla Lombardia sono state il 18,16 per cento del totale, rispetto al 4,7 per cento della Sicilia e il 2,35 per cento della Calabria, ciò sta a significare che il mercato finanziario della Lombardia è considerato più «attraente» dalla criminalità organizzata per le sue maggiori potenzialità ai fini di riciclaggio e ad altro uso illecito;
   la Direzione distrettuale antimafia di Brescia avrebbe segnalato che «le variegate investigazioni, specie in materia di traffico dei rifiuti e associazione di stampo mafioso, stanno facendo emergere sempre più frequentemente il coinvolgimento di ambienti della pubblica amministrazione e della politica con i fenomeni criminosi oggetti di indagine»;
   anche se di recente è stato istituito presso questa Direzione distrettuale antimafia un desk interforze per l'aggressione dei patrimoni delle organizzazioni criminali di stampo mafioso che prevede l'intervento della Direzione investigativa antimafia a livello centrale con funzioni esclusivamente di monitoraggio dei dati forniti delle varie forze di polizia, si tratta però di una struttura che, anche se è sicuramente utile perché costituisce un passo in avanti nella direzione indicata, non può comunque essere considerata sufficiente per le ragioni esposte; infatti nel periodo luglio-novembre 2011 su complessive 137 segnalazioni pervenute al centro Direzione investigativa antimafia di Milano, ne sono state approfondite solo 14 e, tra queste, nessuna delle 28 provenienti da Brescia e delle 4 provenienti da Bergamo –:
   se il Ministro sia a conoscenza della delicata situazione descritta in premessa e se non consideri urgente intervenire al fine di rafforzare, per quanto di competenza, l'azione di contrasto al crimine organizzato nelle regioni di più recente presenza mafiosa, con particolare attenzione alla Lombardia, dove l'incidenza del fenomeno rappresenta già una vera e propria emergenza;
   se non intenda promuovere azioni informative non solo di controllo e repressione del fenomeno, ma anche di prevenzione, anche in considerazione dello svolgimento di Expo 2015, ormai imminente, che rappresenta un bottino troppo ricco per la criminalità organizzata;
   ad assumere iniziative in modo da rendere realtà l'istituzione della Direzione investigativa antimafia anche nel distretto giudiziario di Brescia, visto che il fenomeno mafioso è in rapida espansione e la richiesta ora è sostenuta anche dal procuratore nazionale antimafia. (4-03613)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COMINARDI, TRIPIEDI, ROSTELLATO, CIPRINI e BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o febbraio 2014 il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua rassegnava le sue dimissioni al Ministro del lavoro e delle politiche sociali Enrico Giovannini;
   secondo il quotidiano La Repubblica, il dimissionario Mastrapasqua ha depositato una relazione, protocollata il 10 gennaio 2014, documento n. 1091, attinente al bilancio di previsione dell'Inps 2014, da cui emerge una diminuzione del patrimonio netto di 11.997 milioni di euro;
   nello specifico, il patrimonio dell'Inps, pur in presenza dei numerosi interventi normativi finalizzati alla razionalizzazione, delle spese dell'ente, passerà da 7.468 milioni a – 4.429 milioni di euro;
   tenuto conto degli interventi apportati con la legge di stabilità a dicembre 2013, è evidente che il disavanzo cronico dell'ente stia mettendo a rischio l'erogazione dei trattamenti pensionistici, attuali e futuri;
   le previsioni finanziarie di competenza evidenziano un disavanzo pari a 12.021 milioni di euro per l'anno 2014, un disavanzo pari a 10.602 milioni di euro per l'anno 2015 e a 10.449 milioni di euro per l'anno 2016;
   l'andamento negativo era stato già evidenziato dall'ex presidente Antonio Mastrapasqua nella relazione annuale 2012, presentata il 16 luglio 2013 alla Camera dei deputati, rappresentando, con riferimento alla gestione finanziaria di competenza, un contributo negativo per 8.996 milioni di euro;
   i suddetti dati sembrano dissolvere i presunti effetti positivi che il Governo intendeva perseguire, in termini contabili, derivanti dall'articolo 21 del decreto-legge n. 201 del 2011, decreto «Salva Italia» nonché dalla «riforma Fornero» prevista all'articolo 24 del medesimo decreto;
   tra l'altro, il risparmio derivante dalla costituzione del più grande ente previdenziale d'Europa, in termini di fiscalità generale, ricade sui trattamenti pensionistici dei lavoratori privati;
   secondo un articolo del quotidiano Il Fatto, del 14 aprile 2013, la pubblica, amministrazione centrale e locale non ha versato per anni i contributi previdenziali dei suoi dipendenti determinando così una disparità di trattamento tra il datore di lavoro pubblico – lo Stato italiano – e il datore di lavoro privato;
   tale disparità di trattamento si acuisce tenuto conto che il datore di lavoro privato risponde penalmente in caso di omesso versamento dei contributi previdenziali del proprio dipendente come previsto dal decreto-legge n. 463 del 1983, convertito dalla legge 11 novembre 1983, n. 638;
   del resto, la relazione della Corte dei conti, avente ad oggetto l'analisi del bilancio del 2012, evidenzia che la gestione dei lavoratori parasubordinati e le prestazioni temporanee concorrono complessivamente a ripianare il disavanzo dell'ente previdenziale più grande d'Europa;
   vi è da comprendere, a questo punto, se il Governo abbia intenzione di intervenire per ripianare il disavanzo dell'Inps con trasferimenti dalla fiscalità generale, al di là degli interventi previsti dalla legge di stabilità –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'effettiva situazione del principale ente previdenziale italiano ed europeo;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'esatto ammontare dei contributi previdenziali non versati agli enti previdenziali preposti nel settore del pubblico impiego;
   quali siano state nel corso degli anni e quali siano attualmente le figure o gli organi di controllo responsabili di eventuali inadempienze. (5-02166)


   BOCCADUTRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal 2011 Alitalia Compagnia Aerea Italiana spa dedica ai passeggeri dei propri voli un servizio di bus navetta tra Roma e l'aeroporto di Fiumicino, che si svolge mediante pullman in regime di nolo con conducente;
   si tratta di un servizio:
    altamente qualificato, anche perché caratterizzato dall'utilizzo di una tecnologia all'avanguardia per quanto concerne le prenotazioni e tutta la gestione dei passeggeri;
    di grande convenienza economica per i suoi fruitori, visto che il costo del biglietto è di soli euro 7,00;
    che assicura di non perdere l'aereo in partenza e garantisce il collegamento con la città, dopo l'atterraggio;
    innovativo (il primo in Italia) e che ha dato grande visibilità ad Alitalia;
   per svolgerlo sono stati utilizzati pullman dedicati, che espongono il marchio «Alitalia Bus»;
   sono quasi un milione i passeggeri che ne hanno usufruito e pressoché inesistenti i reclami, i guasti meccanici dei mezzi, o ancora i furti o le perdite di voli;
   per offrire questo servizio «Alitalia Bus», Alitalia ha creato una partnership con la società Alitransport srl;
   la Società Alitransport srl è stata creata esclusivamente per questo scopo e da alcuni coraggiosi piccoli imprenditori;
   l'impegno profuso ha permesso di raggiungere risultati ottimali, tanto nel coordinamento del servizio di navetta con i voli, quanto nella gestione delle prenotazioni e nella formazione dei gruppi di passeggeri. L'aiuto di un gruppo di storici partner, poi, ha permesso ad Alitransport srl di allestire e fornire i mezzi di trasporto personalizzati e di offrire ai passeggeri un personale di terra altamente qualificato;
   Alitransport srl ed i suoi tre partner: Vitertur Servizi Pubblici srl, Intour srl e Angelo Bus Mobility srl – che hanno già programmato per il futuro investimenti per milioni di euro, anche allo scopo di rendere ancora più qualificato il servizio offerto – contano, oggi, circa 40 dipendenti tra autisti, assistenti di terra, personale amministrativo ed organizzativo, meccanici, preziosi posti di lavoro creati con coraggio in un periodo di grande crisi;
   dal mese di gennaio 2014, però, il servizio «Alitalia Bus» risulta sospeso;
   Alitalia Compagnia Aerea Italiana spa avrebbe risolto il contratto con Alitransport srl per un mancato pagamento;
   Alitransport srl:
    ha mostrato e dimostrato la propria completa disponibilità a riprendere senza indugio il servizio «Alitalia Bus», sanando immediatamente ed integralmente le pendenze con Alitalia e offrendo, ove necessario, ogni e più opportuna garanzia;
    ha documentato di avere mostrato ad Alitalia la propria completa disponibilità nel senso sopra indicato ricevendo, a quanto consta all'interrogante, risposte negative, alternate a pesanti silenzi;
    ha dichiarato che, se la situazione resterà immutata, in quanto società monomandataria, sarà costretta, suo malgrado, a licenziare l'intero personale, a rinunciare agli investimenti già programmati e a liquidare ed estinguere la società;
   se Alitransport srl cesserà di esistere, inevitabilmente si registrerà un effetto a catena anche sui lavoratori e le famiglie di questi nonché su tutti i lavoratori che beneficiano del lavoro indotto dalla stessa –:
   se il Governo sia a conoscenza delle decisioni di Alitalia riguardo all'interruzione del servizio ALITALIA BUS e delle conseguenze negative sui livelli occupazionali del suo partner Alitransport e delle società collegate al servizio «Alitalia Bus» e se non ritenga opportuno promuovere un tavolo ministeriale che coinvolga Alitalia, Alitransport, Aeroporti di Roma, gli enti e le istituzioni territoriali nonché le componenti sociali, sindacali e produttive coinvolte, al fine di evitare l'interruzione del servizio e la conseguente ed inevitabile perdita di posti di lavoro. (5-02173)


   FUCCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal 2011, Alitalia compagnia aerea italiana spa ha avviato un servizio di bus navetta tra Roma e l'Aeroporto di Fiumicino, accessorio rispetto ai servizi di trasporto aereo e dedicato ai soli passeggeri dei propri voli, espletato con pullman in regime di nolo con conducente;
   il servizio si è caratterizzato per l'alta qualità dei pullman, per il costo ridotto del trasporto pari a 7 euro per singolo passeggero, per l'elevata tecnologia informatica impiegata per le prenotazioni e la gestione dei passeggeri, nonché per la grande efficacia, poiché i pullman sono stati organizzati in corrispondenza dei voli Alitalia e hanno consentito il collegamento in tempo utile per ciascun volo ovvero per tornare a Roma città a qualsiasi ora atterri il singolo volo all'Aeroporto Leonardo da Vinci;
   per il servizio Alitalia ha impiegato pullman esclusivi, personalizzati con la classica livrea tricolore della principale compagnia aerea italiana, con l'indicazione sulle fiancate del marchio «Alitalia Bus»;
   il servizio, già da tempo offerto da altri vettori all'estero, è per la prima volta proposto in Italia e nell'Aeroporto Leonardo da Vinci; pertanto il servizio «Alitalia Bus» ha dato lustro alla Compagnia di bandiera e al Paese, oltre a innovare il mercato e stimolare la concorrenza, a favore dei consumatori;
   risulta che i fruitori del servizio «Alitalia Bus» siano stati entusiasti, essendo praticamente nulli reclami e lamentele, nonché perdite di bagagli, furti, perdite di voli, guasti meccanici dei veicoli e altro;
   la qualità del servizio «Alitalia Bus» offerto da Alitalia, che dall'avvio ha coinvolto quasi un milione di passeggeri e quasi 40.000 tragitti, si colloca pertanto nell'eccellenza dei servizi aeroportuali italiani;
   Alitalia ha offerto il servizio «Alitalia Bus» in partnership con la Società Alitransport Srl nata appositamente per questo scopo, su impulso di un gruppo di piccoli imprenditori, attivi nel settore dei trasporti pubblici da oltre due decenni;
   Alitransport ha organizzato tutti gli aspetti del servizio «Alitalia Bus», tra l'altro coordinando il servizio di navetta con la partenza dei voli, gestendo le prenotazioni e la formazione dei gruppi di passeggeri e altro;
   Alitransport ha poi, con l'ausilio di un gruppo di storici partner, allestito e fornito i pullman personalizzati con autisti altamente specializzati, nonché il personale di terra, plurilingue e dotato di competenze culturali per consigliare percorsi turistici e servizi ai passeggeri;
   complessivamente, Alitransport srl e le sue società partner Vitertur Servizi Pubblici srl, Intour Srl e Angelo bus mobility Srl impiegano circa 40 dipendenti fra autisti, personale di accoglienza e amministrativi;
   le suddette società hanno già svolto nonché programmato anche per il futuro importanti investimenti per alcuni milioni di euro, per l'acquisto e/o il leasing di pullman idonei, anche per qualità, all'erogazione del servizio, nonché per la formazione (anche culturale e linguistica) del personale di accoglienza e per l'acquisto dei dispositivi tecnologici di gestione del servizio;
   l'ampliamento dei servizi di Alitalia, tramite Alitransport e il servizio «Alitalia Bus», risulta aver aiutato il turismo romano e la connessa indotta attività di PMI, in un periodo non facile per l'economia nazionale e internazionale;
   dal gennaio 2014 il servizio «Alitalia Bus» risulta sospeso;
   si è giunti a conoscenza che Alitalia avrebbe risolto il contratto con Alitransport e sospeso il servizio, contestandole un mancato pagamento;
   Alitransport ha dichiarato e documentato la propria disponibilità a riprendere in qualsiasi momento il servizio «Alitalia Bus», provvedendo all'immediato ed integrale pagamento delle pendenze con Alitalia, se del caso offrendo le dovute garanzie ad Alitalia per la prosecuzione del rapporto;
   Alitransport ha poi dichiarato e documentato di aver rappresentato più volte tale disponibilità direttamente ad Alitalia, ora ricevendo dinieghi, ora non ricevendo nemmeno risposta –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle decisioni di Alitalia circa il disimpegno del servizio «Alitalia Bus» e se non ritenga necessario, per quanto di competenza, promuovere iniziative urgenti per  salvaguardare i livelli occupazionali ed evitare la perdita degli investimenti delle pubbliche amministrazioni coinvolte con le ovvie ricadute negative sul fronte occupazionale. (5-02174)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI e ALLASIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Agrati Group, multinazionale che produce viti e bulloni, con cinque stabilimenti in Italia, ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Collegno (To) ed il licenziamento collettivo ai sensi della legge n. 223 del 1991 degli 82 dipendenti, sui 500 occupata in Italia;
   la notizia è stata comunicata alla rappresentanza sindacale il 30 gennaio 2014, con lettera in cui la società motivava la cessazione dell'attività produttiva: fase di crisi e ridimensionamento del mercato europeo degli autoveicoli; delocalizzazione delle produzioni oltre Europa; mancanza di prospettive di ripresa e carenza di competitività del sito di Collegno rispetto alla produzione in Estremo Oriente;
   secondo le dichiarazioni dell'assessore al lavoro della regione Piemonte dopo l'incontro con il sindacato per approfondire la situazione aziendale, avvenuto l'11 febbraio 2014 l'azienda non risulta essere in crisi, non ha fatto ricorso negli ultimi anni all'utilizzo di ammortizzatori sociali e, pertanto, non sembrano chiari i motivi di tale decisione –:
   se e quali iniziative di competenza, anche in termini di moral suasion, il Governo intenda adottare in merito alla vicenda esposta in premessa anche per far chiarezza sulla reale situazione produttiva dell'azienda e sulle ragioni della decisione assunta dalla proprietà di chiudere lo stabilimento piemontese e procedere con i licenziamenti collettivi;
   se non ritenga opportuno aprire con urgenza un tavolo di crisi sulla Agrati spa, per conoscere il piano industriale aziendale e salvaguardare i livelli occupazionali. (4-03607)

SALUTE

Interrogazioni a risposta orale:


   VARGIU, BALDUZZI e MONCHIERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2012 è stato pubblicato il testo del decreto legislativo n. 178 del 28 settembre 2012, che disciplina il riordino dello status giuridico dell'Associazione Italiana della Croce Rossa;
   tale decreto stabilisce la necessità e disciplina la gradualità dell'azione rivolta alla privatizzazione della Croce Rossa Italiana;
   in data 2 agosto 2013, il Ministero della salute ha trasmesso alla Presidenza della Camera la relazione sullo stato di attuazione del decreto legislativo recante la riorganizzazione della CRI;
   tale relazione è stata discussa nell'ambito della XII Commissione degli affari sociali della Camera;
   la discussione in XII Commissione si è conclusa con l'approvazione, in data 27 novembre 2013, di una risoluzione che, alla lettera d) del dispositivo ribadisce la necessità di un attento monitoraggio dei provvedimenti attuativi del decreto legislativo n. 178 del 2012, sollecitando il Ministero della salute a fornire una informativa trimestrale di merito al Parlamento;
   la necessità di monitoraggio e di costante conoscenza dello stato di attuazione del provvedimento legislativo da parte del parlamento nasce da alcune criticità, peraltro puntualmente rappresentate nella stessa relazione trasmessa al Parlamento da parte del Ministero della salute;
   in particolare, non risulta ancora definito il decreto di natura non regolamentare, previsto dal comma 3 dell'articolo 1-bis del decreto legislativo n. 178 del 2012, come modificato dal decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013, che deve disciplinare le modalità organizzative e funzionali dell'Associazione CRI, anche con riferimento alla sua base associativa privatizzata;
   in particolare, non si hanno notizie certe sulla costituzione della sede di confronto, presso il dipartimento della funzione pubblica, ex comma 5 dell'articolo 6 dello stesso decreto legislativo n. 178 del 2012 che deve definire il nuovo contratto nazionale di riferimento del personale della CRI;
   in particolare, non risulta ancora emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsto dal comma 1 dell'articolo 6 dello stesso decreto legislativo n. 178 del 2012 che deve stabilire i criteri e le modalità di equiparazione fra i livelli di inquadramento del personale civile della CRI e quelli del personale già appartenente al corpo militare della CRI e i contratti collettivi dei diversi comparti della pubblica amministrazione –:
   se nella informativa trimestrale di monitoraggio che verrà resa alla Camera, a seguito della risoluzione approvata in data 27 novembre 2013 dalla XII Commissione della Camera, sia possibile prevedere una dettagliata illustrazione delle azioni che il Ministero ha posto in essere e intende porre in essere per la sollecita risoluzione delle criticità segnalate, nonché della tempistica prevista per l'emanazione degli attesi atti governativi. (3-00640)


   DELLA VALLE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   all'articolo 11 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, la dispensazione, da parte dei farmacisti, di medicinali aventi le medesime caratteristiche e prezzo di vendita al pubblico più alto di quello di rimborso è possibile solo su espressa richiesta dell'assistito e previa corresponsione da parte dell'assistito della differenza tra il prezzo di vendita e quello di rimborso;
   all'articolo 11 del decreto-legge 24 gennaio del 2012, n. 1, il medico, nel prescrivere un farmaco, è tenuto sulla base della sua specifica competenza professionale, ad informare il paziente dell'eventuale presenza in commercio di medicinali aventi uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario uguali;
   il farmacista, qualora sulla ricetta non risulti apposta dal medico l'indicazione della non sostituibilità del farmaco prescritto, dopo aver informato il cliente e salvo diversa richiesta di quest'ultimo, è tenuto a fornire il medicinale prescritto quando nessun medicinale fra quelli indicati nel primo periodo del presente comma abbia prezzo più basso ovvero, in caso di esistenza in commercio di medicinali a minor prezzo rispetto a quello del medicinale prescritto, a fornire il medicinale avente prezzo più basso;
   al fine di razionalizzare il sistema distributivo del farmaco, anche a tutela della persona, nonché al fine di rendere maggiormente efficiente la spesa farmaceutica pubblica, l'Agenzia del farmaco (AIFA), con propria delibera da adottare entro il 31 dicembre 2012 e pubblicizzare adeguatamente anche sul sito istituzionale del Ministero della salute, revisiona le attuali modalità di confezionamento dei farmaci a dispensazione territoriale per identificare confezioni ottimali, anche di tipo monodose, in funzione delle patologie da trattare. Conseguentemente, il medico nella propria prescrizione tiene conto delle diverse tipologie di confezione –:
   come mai ad oggi l'AIFA non abbia ancora adottato la delibera di cui sopra e quali iniziative intenda intraprendere, nei limiti delle sue competenze, affinché tale delibera sia pubblicata. (3-00641)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel nostro Paese 2 milioni e 800 mila persone vivono con una diagnosi di tumore: nel 2013, i nuovi casi registrati sono stati 366 mila. Tra gli uomini, i più frequenti sono il cancro alla prostata, del colon retto e quello al polmone, mentre tra le donne al primo posto si trovano le neoplasie della mammella e del colon retto. Nella fascia di età che va dai 50 ai 69 anni sono stati diagnosticati quasi il 39 per cento del totale dei tumori;
   in compenso grazie alla disponibilità di farmaci più efficaci e alla elaborazione di protocolli migliori sotto il profilo socio-assistenziale, è aumenta la sopravvivenza a 5 anni per i tumori del colon-retto, alla mammella e alla prostata;
   non è ancora sufficientemente chiara la distinzione tra il farmaco oncologico salvavita e il farmaco oncologico innovativo;
   in alcune regioni italiane bisogna aspettare dai 36 ai 50 mesi prima che una terapia innovativa, già approvata dall'Agenzia italiana del farmaco, sia effettivamente accessibile;
   il ritardo viene definito «inaccettabile», da parte dell'Associazione italiana di oncologia medica, dalla Società italiana di ematologia e dalla Federazione italiana delle associazioni di volontariato;
   la cosiddetta legge dei «100 giorni» voluta dal Ministro interrogato per accelerare la messa in commercio dei nuovi medicinali per le patologie gravi, è di fatto inapplicata;
   sono pertanto necessari degli specifici interventi per eliminare le differenze tra le varie regioni, in quanto il Servizio sanitario nazionale previsto dalla legge n. 833 del 1978 deve conservare la sua funzione di garanzia per tutti i cittadini italiani, senza permettere che un travisamento del Titolo V della Costituzione crei 20 sistemi sanitari regionali a scapito dei cittadini e non a esclusiva ed evidente tutela della loro salute –:
   quali urgenti iniziative intenda attuare al fine di assicurare parità di accesso a farmaci innovativi, che per la loro documentata efficacia sono in grado di garantire ai pazienti affetti da tumore un allungamento dei tempi di vita e una migliore qualità di vita e in che modo intenda salvaguardare l'effettiva applicazione della norma dei «100 giorni». (5-02170)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   desta grave preoccupazione lo stato di agitazione dei ginecologi, pur essendo ben noti i problemi di chi lavora nei punti nascita, acuiti dal blocco del turnover, dai tagli di posti letto e cosa non irrilevante dalla mancanza di risposte da parte di Governo e regioni;
   secondo i dati ufficiali del Ministero, in Italia ci sono 128 strutture che fanno meno di 500 parti all'anno, il target minimo fissato nell'accordo Stato-regioni del 2010. Secondo le società scientifiche, in quelle situazioni ci sono rischi per mamme e neonati, mentre molte delle misure previste in quell'intesa sono rimaste lettera morta;
   sul disagio di quanti lavorano nei punti nascita: ginecologi e neonatologi in primo piano, pesano non solo i problemi della sicurezza dei luoghi di lavoro ma anche i costi della cosiddetta medicina difensiva, dovuti principalmente all'esponenziale aumento della conflittualità legale;
   la medicina materno-infantile in Italia, soprattutto per quanto riguarda i punti nascita, ha una sua specificità che non consente una immediata trasposizione delle linee guida elaborate in altri Paesi europei, per quanto possano essere supportate da evidenze scientifiche ben documentate;
   le linee guida prodotte in questo campo, derivate per lo più da società scientifiche di origini anglosassoni, vanno adattate ad un Paese, come il nostro, che ha una sua specificità geografica: non solo è lungo, stretto e con tante piccole isole, ma soprattutto presenta in molti casi evidenti criticità di collegamenti stradali o marittimi –:
   quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, intenda porre in essere a tutela della maternità e del diritto dei bambini a nascere in condizioni di massima sicurezza garantendo punti nascita altamente qualificati in cui l'accesso possa essere tempestivo e facilitato per tutti gli utenti. (5-02171)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   un numero rilevante di importanti farmaci biotecnologici in scadenza di brevetto fra il 2015 e il 2020 apre la strada all'ingresso di nuove categorie di farmaci biosimilari, soprattutto in aree terapeutiche ad alto costo come l'ematologia e l'oncologia;
   secondo le recenti stime di uno studio pubblicato su Pharmacoeconomics-Italian Research Articles, esisterebbe un potenziale di risparmio enorme stimato tra i 165 e 200 milioni di euro nel 2015 e 450-570 nel 2020;
   si tratta, tuttavia, di un'opportunità che rischia di non essere sfruttata adeguatamente a causa di pregiudizi che ancora permangono sui biosimilari attualmente in commercio, sulla loro efficacia e soprattutto sulla loro sicurezza rispetto ai cosiddetti farmaci «originatori». Dubbi ingiustificati, secondo gli esperti;
   per essere approvati dalle autorità regolatorie – le stesse che approvano anche i farmaci di riferimento – i biosimilari devono fornire evidenze di comparabilità, ossia debbono dimostrare di essere sovrapponibili in termini di efficacia e sicurezza rispetto ai farmaci già presenti sul mercato;
   in realtà si spendono centinaia di milioni di euro all'anno nelle classi terapeutiche in cui vi sono biosimilari, mentre le risorse «non risparmiate» avrebbero potuto essere utilizzate per altri aspetti connessi ad altre terapie per i pazienti. Meno biosimilari si utilizzano di fatto meno risorse si hanno per comprare altri farmaci, spesso unici e innovativi –:
   quali iniziative siano previste al fine di diffondere una maggiore e migliore informazione tra gli operatori sanitari e i cittadini per dissipare dubbi e incertezze sulla efficacia dei farmaci biosimilari, in un momento in cui la spending review obbliga a fare economie pesanti anche nel delicato settore della tutela della salute. (5-02172)

Interrogazione a risposta scritta:


   CANCELLERI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Caltanissetta l'impianto sportivo comunale polivalente «Michelangelo Cannavò» di Contrada Pian del lago è stato occupato da più di un centinaio di migranti che chiedono di essere ospitati all'interno del centro di accoglienza di Caltanissetta sito in Contrada Pian del Lago. Sono tutti uomini, per lo più afghani, pakistani e bengalesi;
   non si registrano interventi da parte dell'amministrazione comunale, né interventi del Ministro dell'interno Angelino Alfano – il quale dopo la sua visita in Sicilia aveva promesso interventi urgenti come riportato dall'articolo di stampa del blog seguonews dove affermava: «Ho assunto l'impegno di attivare il Ministro del welfare per una solidarietà sociale e un welfare a beneficio del Comune di Caltanissetta»;
   a seguito di un'ispezione eseguita personalmente, l'interrogante preso atto che la situazione è allarmante soprattutto dal punto di vista igienico-sanitario: non c’è acqua, se non con mezzi di fortuna, non c’è energia elettrica, ci sono solamente alcuni bagni chimici distanti dal luogo occupato, si dorme al gelo, su materassi ammassati all'aperto o sotto tende improvvisate, si cucina accendendo dei fuochi, non c’è alcuna assistenza sanitaria, scarseggiano i beni di prima necessità. Quanto descritto si può anche visionare dal servizio mandato in onda dal TG2 domenica 12 gennaio 2014;
   il dottore Carlo Privitera si è reso disponibile ad un sopralluogo, a seguito del quale ha redatto la relazione sanitaria. Dalla stessa emerge che: «Da non trascurare, sotto questo aspetto, è l'elevatissimo rischio di trasmissione di condizioni morbose preesistenti e che trovano un habitat ideale per il proprio sviluppo, complice la situazione metereologica», la relazione continua: «Lo stesso rischio infettivologico al quale sono esposti gli occupanti di tale insediamento è elevatissimo, rappresentando un ricettacolo di infezioni di diversa gravità, alle quali la popolazione è ugualmente esposta, e, spesso, impreparata dal punto di vista immunologico, ad affrontare batteri virus e parassiti che da tempo non sono presenti nelle nostre aree, grazie alla presenza di presidi igienico-sanitari. Tale insediamento, pertanto, deve essere considerato come un serbatoio di infezione» – e conclude – «i continui flussi di persone da e per il centro abitato, il loro stazionamento davanti a supermercati, parcheggi e altri luoghi pubblici, magari frequentati da bambini o anziani, persone quindi più a rischio di contrarre malattie trasmissibili, sia, come già detto per via oro-fecale, sia per via inalatoria, rappresentano momenti di contatto «a rischio» per la trasmissione di agenti patogeni «inusuali», con un rischio concreto di micro/macro epidemie di diversa entità. La problematica inerente all'insediamento abusivo presso l'area di Pian del Lago due rappresenta, alla luce di quanto esposto, un problema la cui risoluzione riveste carattere di estrema urgenza nell'interesse della collettività, al fine di garantire il giusto livello di prevenzione della salute del cittadino»;
   durante il sopralluogo è stato denunciato, da parte di un migrante, il fatto che nelle ore notturne i migranti vengono avvicinati da uomini che chiedono prestazioni sessuali in cambio di denaro, sfruttando la condizione di povertà in cui vivono queste persone. Episodi come questo evidenziano che esiste anche un problema di sicurezza che difficilmente – con la scarsa dotazione attuale – le forze di polizia possono controllare –:
   se il Governo non ritenga opportuno attuare misure volte a garantire la sicurezza socio-sanitaria dei migranti ma anche dei cittadini della comunità nissena. (4-03609)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Bergamini n. 1-00217, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 104 del 24 ottobre 2013:

   La Camera,
   premesso che:
    la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB) è una banca multilaterale a vocazione esclusivamente sociale e una delle più antiche istituzioni finanziarie internazionali europee. Quando venne creata, sulla base di un Accordo parziale tra gli Stati membri del Consiglio d'Europa, il 14 aprile del 1956, lo scopo prioritario era quello di fornire aiuti finalizzati e risolvere i problemi dei rifugiati. Da allora il suo campo d'azione si è progressivamente esteso ed oggi contribuisce in modo significativo al rafforzamento della coesione sociale in Europa;
    la CEB è uno strumento chiave della politica di solidarietà europea, che opera aiutando gli Stati membri – attualmente quaranta – a perseguire una crescita sostenibile ed equa, finanziando progetti di investimento sociale suddivisi in tre ambiti, stabiliti nel 2006 dal consiglio d'amministrazione dell'istituzione: il rafforzamento dell'integrazione sociale, la gestione ambientale e il sostegno alle infrastrutture pubbliche a vocazione sociale. Per la sua attività la CEB non riceve aiuti o sovvenzione dagli Stati membri e basa la propria attività su fondi e riserve propri;
    in particolare, interviene in favore dei 21 Paesi d'Europa centrale, orientale e del Sud-est che costituiscono, conformemente agli orientamenti strategici del Piano di sviluppo 2010-2014, un obiettivo «prioritario». Nel decennio 2002-2011 sono stati approvati progetti per oltre 21 miliardi di euro ed erogati oltre 16 miliardi di prestiti. Tra i principali paesi beneficiari vi sono la Polonia, l'Ungheria e la Romania. L'interlocutore della Banca è comunque sempre uno Stato membro, mai direttamente le imprese;
    forte è la cooperazione della CEB con la Commissione europea e con altre banche regionali e istituzioni finanziarie multilaterali, come la Banca europea per gli investimenti (BEI), il Western Balkans Investment Framework (WBIF), la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), la Banca mondiale, la Nordic Investment Bank e la Banca KFW;
    di fronte alle difficili sfide dell'attuale contesto economico e finanziario internazionale, che implicano una crescita importante della domanda di prestiti da parte degli Stati membri, la CEB è chiamata a uno sforzo straordinario volto ad assicurare da un lato il contenimento dei profili di rischio e dall'altro il completo rispetto del mandato statutario-sociale;
    il 4 febbraio 2011 il consiglio di direzione della CEB, con la risoluzione n. 386, ha approvato il sesto aumento di capitale della Banca, finalizzato a sostenere i principali campi d'intervento, che ha portato il capitale totale sottoscritto da 3,3 miliardi di euro a 5,5 miliardi di euro;
    con la legge n. 117 del 6 luglio 2012, l'Italia ha aderito a tale aumento di capitale, per un importo complessivo di 366.078.000 euro, comprendenti l'incorporazione di riserve nel capitale liberato per 40.964.000 euro e la sottoscrizione di nuovi titoli per 325.114.000 euro, con conseguente incremento della quota di capitale detenuta fino all'ammontare di 915.770.000 euro, senza obbligo di versamento immediato, in quanto la sottoscrizione di una quota di capitale «a chiamata» non comporta esborsi finanziari effettivi;
    con tale sottoscrizione l'Italia ha mantenuto la misura attuale di partecipazione e di diritto di voto e continua a svolgere un ruolo centrale nel processo decisionale: in quanto azionista della CEB, l'Italia partecipa alle riunioni degli organi di governo della Banca stessa, con rappresentanti dei Ministeri dell'economia e delle finanze e degli affari esteri;
    l'Italia assieme a Francia e Germania è il maggior azionista della Banca, al 31 dicembre 2012 il nostro Paese deteneva il 16,77 per cento del capitale sottoscritto, in una quota superiore rispetto alla partecipazione ad altri organismi multilaterali di intervento finanziario;
    nel decennio 2002-2011 il Consiglio d'amministrazione della CEB ha approvato prestiti a favore dell'Italia per un volume totale di 1,9 miliardi di euro, di cui 1,6 miliardi già erogati, principalmente a favore di PMI, per interventi di ricostruzione a seguito di catastrofi naturali, nel campo dell'istruzione, nella sanità e nelle infrastrutture locali, ma anche a favore di interventi in favore del patrimonio storico, l'edilizia sociale ed aiuti a favore di rifugiati e migranti. Tuttavia, l'ultimo progetto di sviluppo della Banca in Italia risale al biennio 2007-2009;
    nel 2011, su 2,11 miliardi di euro di progetti approvati, nessuno coinvolgeva l'Italia e su 1,85 miliardi di euro di prestiti approvati, 16 milioni (0,9 per cento) riguardavano il nostro Paese. Analogamente, dei 28 progetti approvati nel 2012 dal Consiglio di amministrazione della CEB, per un totale di 1.798 milioni di euro, nessuno riguardava l'Italia;
    il 2011 e il 2013 sono stati approvati 11 progetti (per 515 milioni di euro) a favore di altrettante sussidiarie banche italiane (Intesa Sanpaolo e Gruppo Unicredit) in Europa centrale, orientale e sudorientale (quindi, non in Italia);
    nel primo quadrimestre del 2013 sono state approvate undici richieste di finanziamento, per un importo complessivo di 613,9 milioni di euro. Di questi progetti due terzi (399 milioni) sono volti a potenziare la coesione sociale e tre a supporto di infrastrutture pubbliche con fini sociali (scuole, centri di ricerca, carceri). Anche in questo caso non si registrano progetti provenienti dal nostro Paese;
    la questione della coesione sociale e del suo rafforzamento all'interno dell'Unione europea è uno dei temi centrali della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva;
    la Commissione europea, il 20 febbraio 2013 nella comunicazione «Investire nel settore sociale a favore della crescita e della coesione, in particolare attuando il Fondo sociale europeo nel periodo 2014-2020» (COM (2013) 83) ha elencato le sfide che la politica sociale dell'Unione dovrà affrontare nei prossimi;
    tra gli obiettivi fondamentali da perseguire attraverso una piena integrazione tra utilizzo dei fondi europei, azioni ricomprese nella Strategia Europa 2020 e programmi nazionali di riforma, viene ricompreso l'utilizzo con la massima efficacia dei fondi europei. In particolare, gli Stati membri sono invitati a ricercare i modi per integrare le risorse dell'Unione europea mediante finanziamenti provenienti dalla Banca mondiale, dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa e dal gruppo della Banca europea degli investimenti;
    nel primo quadrimestre del 2013 sono state approvate undici richieste di finanziamento, per un importo complessivo di 613,9 milioni di euro. Di questi progetti, due terzi (399 milioni di euro) sono volta a potenziare la coesione sociale e tre a supporto di infrastrutture pubbliche con fini sociali (scuole, centri di ricerca e carceri). Anche in questo caso non si registrano progetti provenienti dal nostro Paese;
    nel novembre 2013 è stato approvato un progetto di soli 6 milioni di euro a favore di PerMicro, intermediario finanziario attivo a livello nazionale con 13 agenzie in 10 regioni e specializzato nel microcredito a favore di immigrati;
    il dato di fatto evidente è che negli ultimi anni il nostro Paese non ha usufruito dei prestiti provenienti dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, al cui finanziamento contribuisce in maniera sostanziosa;
    la questione della coesione sociale e del suo rafforzamento all'interno dell'Unione europea è uno dei temi centrali della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva;
    la Commissione europea, il 20 febbraio 2013 nella comunicazione «Investire nel settore sociale a favore della crescita e della coesione, in particolare attuando il Fondo sociale europeo nel periodo 2014-2020» (COM (2013) 83) ha elencato le sfide che la politica sociale dell'Unione dovrà affrontare nei prossimi anni;
    tra gli obiettivi fondamentali da perseguire attraverso una piena integrazione tra utilizzo dei fondi europei, azioni ricomprese nella Strategia Europa 2020 e programmi nazionali di riforma, viene ricompreso l'utilizzo con la massima efficacia dei fondi europei. In particolare, gli Stati membri sono invitati a ricercare i modi per integrare le risorse dell'Unione europea mediante finanziamenti provenienti dalla Banca mondiale, dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa e dal gruppo della Banca europea degli investimenti;
    allo stesso modo la CEB si è posta come obiettivo strategico per la programmazione 2014-2016 l'affiancamento degli Stati membri nell'Ue per un migliore utilizzo dei fondi strutturali europei, a cominciare dal Fondo Sociale;
    l'allocazione dei fondi del Fondo sociale europeo prevede che una quota minima di investimenti sia riservata ad ogni stato membro dell'Unione Europea e che la distribuzione dei restanti fondi avvenga in base alle esigenze regionali e non nazionali, tenendo in questo modo conto delle differenze, anche profonde, tra i livelli di benessere presenti all'interno di uno stesso Stato;
    i potenziali settori di intervento riguardano, infatti, aree che rispondono ad esigenze su cui l'attenzione è particolarmente alta in questo momento nel nostro Paese: su tutti, il tema della prevenzione di catastrofi naturali e di protezione del territorio ed interventi di ricostruzione; azioni in favore di rifugiati e migranti; istituti penitenziari; salvaguardia e protezione del patrimonio storico e culturale;
    alla luce del mutato quadro europeo negli ultimi anni, in una situazione internazionale particolarmente complicata, di fronte a una crisi economico-finanziaria di portata mondiale, bisognerebbe altresì rivedere la strategia di intervento della stessa Banca europea degli investimenti, che ha sempre privilegiato obiettivi calibrati su determinate aree geografiche, senza procedere invece per specifiche aree tematiche di azione;
    gli obiettivi prioritari non dovrebbero essere fissati su base geografica, ma tematica: la Banca centrale europea dovrebbe adattare i propri obiettivi alle nuove priorità e necessità del continente europeo. La frattura della coesione sociale non segue più il confine tra oriente ed occidente, ma ha un andamento puntinato che percorre il continente nella sua totalità; l'intervento della CEB deve quindi operare nelle situazioni e aree specifiche di maggior disagio e necessità;
    in data 3 dicembre 2013, è stato audito, presso la delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea del Consiglio d'Europa, il professor Nunzio Guglielmino, Vice Governatore della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, che ha svolto in merito alcune dichiarazioni ed osservazioni,

impegna il Governo:

   ad intervenire con determinazione, anche attraverso il coinvolgimento degli altri Stati aderenti alla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, per promuovere un cambio di rotta nella strategia di azione della CEB, incentivando, già a partire dal 2014, programmi di intervento trasversali basati su specifiche aree tematiche e non su obiettivi territoriali, nonché per incentivare, nell'ottica di una migliore integrazione con gli strumenti finanziari dell'Ue, una omogeneizzazione dei criteri di allocazione dei fondi con una definizione delle aree prioritarie basata sui confini regionali e non nazionali degli stati membri;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa per favorire una maggiore trasparenza delle attività della CEB, anche attraverso la pubblicazione di una mappatura chiara degli importi investiti e delle aree interessate dagli investimenti;
   ad attivarsi per promuovere una migliore conoscenza della CEB in Italia, al fine di incentivare e accrescere in Italia l'utilizzo degli strumenti finanziari messi a disposizione degli Stati aderenti, in particolare attraverso un idoneo orientamento e supporto dei soggetti interessati ai finanziamenti, a partire dalle regioni, nonché a rimuovere ogni possibile ostacolo amministrativo e burocratico che possa aggravare o ostacolare le procedure di intervento della Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa nel nostro Paese;
   ad incentivare l'utilizzo di tutti quei programmi volti a creare dinamiche e prospettive d'investimento, di crescita e di occupazione a livello nazionale e regionale e che prevedono la partnership delle maggiori istituzioni politico-finanziarie europee e internazionali, con le autorità nazionali e regionali;
   a dare attuazione a quanto indicato dalle istituzioni europee, favorendo il più possibile l'integrazione delle risorse dell'Unione europea, con i finanziamenti provenienti dalla Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa;
   a sostenere la promozione di un cambiamento degli statuti affinché la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa possa adottare politiche di sostegno ed erogare finanziamenti diretti ad istituzioni ed enti pubblici, senza ricorrere all'intermediazione degli istituti bancari privati;
   ad avviare approfondimenti con la Banca di Sviluppo del Consiglio di Europa, al fine di verificare la possibilità di interventi straordinari in Italia rivolti, in particolare, all'edilizia scolastica e carceraria, alla salvaguardia del patrimonio storico e culturale alla prevenzione di catastrofi naturali e alla protezione del territorio.
(1-00217)
(Nuova formulazione) «Bergamini, Alli, Bernardo, Ravetto, Gelmini, Gregorio Fontana, Polverini, Giammanco, Costa, Abrignani, Rotondi».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Fossati n. 4-03304 del 24 gennaio 2014.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Rizzetto e Prodani n. 4-02886 del 9 dicembre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02168.