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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 3 febbraio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'imposta sul valore aggiunto (IVA) è stata per la prima volta introdotta in Europa nel 1954, in Francia, e nel 1967 gli Stati membri dell'allora Comunità economica europea convennero di sostituire i rispettivi sistemi nazionali di imposta sulla cifra d'affari con un sistema comune dell'IVA;
    l'IVA rappresenta un'importante fonte di entrate per i bilanci nazionali, tanto che nel 2008 il gettito IVA ha rappresentato in media il 7,8 per cento del prodotto nazionale lordo degli Stati membri, una percentuale che ha registrato un aumento di quasi il 13 per cento dal 1995;
    la complessità delle norme IVA comporta numerosi ed importanti oneri amministrativi per le imprese e la gestione dell'IVA rappresenta quasi il 60 per cento dell'onere totale misurato per molti settori economici, dal momento che sono numerosi i fattori, come la detrazione e le aliquote, in relazione ai quali le piccole e medie imprese non possono sempre permettersi consulenti fiscali per gestire la sempre più complessa normativa in materia (tale complessità riduce notevolmente l'interesse degli investitori per l'Unione europea);
    il fatto che la gestione di operazioni nazionali e intra-comunitarie continua ad essere trattata in modo diverso ai fini dell'IVA rappresenta un ostacolo al raggiungimento di obbiettivi più performanti e la situazione è resa più complessa dall'esistenza di numerose opzioni e deroghe di cui gli Stati membri possono avvalersi ai sensi della normativa dell'Unione europea sull'IVA, con il risultato che all'interno dell'Unione europea sono applicate norme tra loro molto diverse;
    a seguito dell'approvazione da parte del Consiglio europeo nel 2007 del programma d'azione della Commissione COM (2007) 23 del 21 gennaio 2007, il quale era finalizzato a ridurre del 25 per cento entro il 2012 gli oneri amministrativi derivanti dalla normativa dell'Unione europea, la Commissione europea ha presentato nel 2009 un piano contenente 16 misure, tra cui l'abolizione della dichiarazione riepilogativa annuale dell'IVA o degli elenchi degli acquisti intra-Unione europea e la riduzione della frequenza delle dichiarazioni IVA;
    il 1o dicembre 2010 la Commissione europea ha adottato un Libro verde sul futuro dell'IVA (COM (2010) 695), finalizzato ad analizzare gli aspetti critici del sistema europeo dell'imposta sul valore aggiunto, così da verificare la coerenza del tributo con il mercato unico, al fine di incrementarne le entrate e contemporaneamente di ridurre i costi di conformità a carico dei contribuenti e la vulnerabilità del sistema alle frodi;
    il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha adottato una comunicazione sul futuro dell'IVA (COM (2011) 851) in cui sono definite le caratteristiche fondamentali che devono sussistere per un nuovo regime, giungendo alla conclusione che la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea è ostacolo agli scambi tra Paesi membri dell'Unione europea;
    l'attuale frammentazione evidenzia come la mancanza di armonizzazione causi una maggiore complessità, con conseguenti difficoltà per le imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione, che sono perciò disincentivate ad intraprendere operazioni di commercio transfrontaliero, e il Libro verde sul futuro dell'IVA rileva la necessità dell'armonizzazione delle aliquote IVA per impedire che le differenze di aliquota influiscano sulla decisione del luogo di acquisto, determinando fenomeni di distorsione nel funzionamento del mercato interno;
    l'aumento di due punti percentuali dell'aliquota IVA ordinaria, congiuntamente al crescente aumento degli adempimenti amministrativi imposti alla imprese italiane, rappresenta un ulteriore inasprimento della pressione fiscale a loro carico, determinando un minor gettito erariale, così come confermato dai dati più recenti, ed aumentando, allo stesso tempo, la possibilità dell'evasione fiscale;
    con la decisione 2013/678/Ue del Consiglio dell'Unione europea, l'Italia è stata autorizzata a esentare dall'IVA i soggetti passivi il cui volume d'affari non superi i 65.000 euro annui, in quanto l'importo è compatibile con la proposta di modifica della direttiva presentata dalla Commissione europea il 29 ottobre 2004, che, allo scopo di semplificare gli obblighi IVA, intende permettere agli Stati membri di fissare fino a 100.000 euro la soglia di volume d'affari annuo per l'accesso al regime speciale di esenzione dall'IVA per le piccole imprese;
    con lo «Small business act per l'Europa» (COM (2008) 394 del 25 giugno 2008) l'Unione europea ha adottato principi fondamentali per soddisfare le esigenze delle piccole e medie imprese, al fine di aiutare le piccole e medie imprese a trarre maggior vantaggio dalle opportunità offerte dal mercato unico, e il miglioramento dell'ambiente imprenditoriale delle piccole e medie imprese è contemplato anche in una delle iniziative faro del programma «Europa 2020»,

impegna il Governo:

   ad assicurare che sia dato seguito alle finalità indicate dal Libro verde sul futuro dell'IVA (COM(2010) 695) e dalla successiva comunicazione sul futuro dell'IVA stessa, allo scopo di:
    a) realizzare una piena armonizzazione del sistema delle aliquote IVA, così da renderlo più coerente ed equo, eliminando le differenziazioni nazionali ora vigenti;
    b) definire un regime speciale a favore delle piccole imprese, allo scopo di ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle attuali disposizioni in materia di IVA;
    c) armonizzare la vigente legislazione nazionale alle più recenti normative europee, ampliando il numero dei contribuenti italiani per i quali sono oggi previste semplificazioni e riduzioni degli obblighi fiscali, come l'esonero della registrazione e della tenuta delle scritture contabili, delle liquidazioni e dei versamenti periodici e dell'acconto dell'imposta sul valore aggiunto;
    d) estendere il regime di vantaggio stabilito dalla decisione 2013/678/Ue per l'esenzione dall'IVA per i soggetti passivi il cui volume d'affari non superi i 65.000 euro annui anche alle imposte dirette e all'IRAP, attraverso la previsione di un'aliquota di vantaggio;
    e) stabilire, per i soggetti con un fatturato annuo inferiore a una predeterminata soglia, il beneficio dell'esenzione dal tributo, destinando, altresì, il maggior gettito derivante dall'attività di contrasto alle frodi alla riduzione delle aliquote IVA vigenti;
    f) adottare il nuovo modello di dichiarazione IVA standard proposto dalla Commissione europea che prevede un insieme uniforme di requisiti per le imprese relativi alla compilazione delle dichiarazioni IVA.
(1-00329) «Busin, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    il 6 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato una comunicazione sulla nuova strategia dell'Unione europea in materia di imposta sul valore aggiunto (COM (2011) 851), che fa seguito alla consultazione svolta sul verde presentato il 1o dicembre 2010 (COM (2010) 695 definitivo);
    le entrate IVA, nel 2009, hanno rappresentato circa 784 miliardi di euro, pari al 21 per cento del gettito fiscale nazionale, inclusi i contributi previdenziali;
    secondo il rapporto allegato al Libro verde, la complessità del sistema provoca un mancato introito da IVA, dovuto a frodi IVA, mancati pagamenti, errori ed altro, che per il 2009 può essere prudentemente stimato pari al 6,9 per cento del prodotto interno lordo e al 12 per cento delle entrate IVA dell'Unione europea. Ciò significa un'evasione pari a circa 118,8 miliardi di euro;
    secondo il rapporto, in Italia la percentuale salirebbe al 22 per cento, per un totale di circa 29 miliardi di euro di IVA evasa rispetto ad un gettito complessivo pari a oltre 130 miliardi di euro;
    mentre, secondo uno studio pubblicato sulla rivista della società italiana di statistica, il gap IVA rispetto a quella potenziale risulta superiore al 25 per cento e si colloca su livelli più elevati di circa il 15 per cento rispetto alla media europea;
    ad avviso della Commissione europea, il nuovo sistema IVA dovrebbe perseguire i seguenti tre obiettivi principali:
     a) riduzione degli oneri amministrativi delle imprese, per agevolare il commercio transfrontaliero, attraverso l'introduzione dello «sportello unico» e la standardizzazione delle dichiarazioni IVA;
     b) ampliamento della base imponibile e limitazione del ricorso alle aliquote ridotte;
     c) potenziamento degli attuali meccanismi antifrode, tra cui Eurofisc, per ridurre la perdita di entrate dovute all'IVA non versata;
    il 15 maggio 2012 il Consiglio Ecofin ha approvato le conclusioni sulla nuova strategia dell'Unione europea in materia di IVA. Il Consiglio, tra le altre cose:
     a) sostiene la proposta di creare uno sportello unico IVA entro il 2015;
     b) invita la Commissione europea a chiarire meglio il valore legale e le funzioni del portale web sull'IVA che verrebbe creato al fine di fornire informazioni in più lingue su questioni come la registrazione, la fatturazione, le dichiarazioni IVA, le aliquote IVA, nonché gli obblighi speciali e limitazioni del diritto a detrazione;
     c) concorda sull'opportunità di esaminare nel dettaglio il vigente regime IVA dei servizi pubblici, al fine di promuovere una migliore concorrenza tra settore pubblico e settore privato;
     d) prende atto che la Commissione europea è a favore di un uso limitato delle aliquote ridotte da parte degli Stati membri;
    il processo di riforma avviato dal Libro verde dovrebbe alla fine portare a un sistema dell'IVA caratterizzato dagli attributi seguenti:
     a) «semplice»: un soggetto passivo che opera all'interno dell'Unione europea dovrebbe essere tenuto a rispettare un unico insieme di norme chiare e semplici in materia di IVA, un codice europeo dell'IVA. Tale codice stabilirebbe norme adattate ai modelli di business moderni e agli obblighi normalizzati che tengono pienamente conto dei progressi realizzati nelle nuove tecnologie. Un soggetto passivo dovrebbe avere a che fare unicamente con le autorità fiscali di un solo Stato membro;
     b) «efficiente e neutrale»: l'introduzione di una base imponibile più ampia e l'attuazione del principio di imposizione all'aliquota normale permetterebbero di generare un gettito maggiore a un costo inferiore oppure, in alternativa, di ridurre l'aliquota normale senza incidenze sul gettito. Eventuali deroghe a tali principi dovrebbero essere razionali e definite in modo uniforme. La neutralità richiede, inoltre, norme identiche in materia di diritto a detrazione e restrizioni molto limitate all'esercizio di tale diritto;
     c) «solido e a prova di frode»: i metodi moderni di riscossione e di controllo dell'IVA dovrebbero massimizzare le entrate effettivamente percepite e limitare, per quanto possibile, la frode e l'elusione fiscale. Questo modo di procedere renderà più agevole il rispetto degli obblighi di conformità per le imprese, ma esigerà che le autorità fiscali nazionali si concentrino sui comportamenti a rischio e sugli autori effettivi delle frodi e che, in ultima analisi, esse si comportino come un'amministrazione europea dell'IVA. Per conseguire questo obiettivo sarà essenziale uno scambio di informazioni intensificato, automatizzato e rapido tra le amministrazioni fiscali nazionali;
    dare priorità alla semplificazione nei prossimi anni è in linea con il principio del «pensare anzitutto in piccolo» contenuto nello «Small business act per l'Europa», che promuove l’e-government e soluzioni a sportello unico per semplificare il contesto normativo e amministrativo in cui le piccole e medie imprese operano;
    il Libro verde IVA ricorda, tra l'altro, che tanto lo Small business act quanto la «Strategia per la crescita e l'occupazione UE 2020» auspicano un regime speciale a favore delle piccole e medie imprese atto a ridurre gli oneri amministrativi risultanti dall'applicazione delle normali disposizioni in materia di IVA: le imprese aventi un fatturato annuo inferiore a una determinata soglia possono beneficiare dell'esenzione IVA. Tuttavia, questi regimi costituiscono una risposta frammentaria al fatto che i costi di conformità dell'IVA sono proporzionalmente più elevati per le piccole imprese che per quelle grandi, soprattutto se esercitano la loro attività in tutta l'Unione europea. La soluzione più ovvia, ad avviso della Commissione europea, consisterebbe nell'istituire un regime esteso a tutta l'Unione europea, caratterizzato da una soglia comune;
    da uno studio effettuato per la Commissione europea alcuni anni fa è emerso che, in generale, il 12 per cento dell'IVA teorica non è percepito. La frode rappresenta un aspetto importante del cosiddetto divario dell'IVA, divario che consiste, però, anche di altri aspetti, come l'IVA non riscossa a seguito di errori, negligenza e fallimenti;
    alcune disposizioni della direttiva IVA sono superate e non tengono conto del mercato unico. Si tratta, in particolare, del regime per le piccole imprese e delle disposizioni relative all'IVA di gruppo;
    per meglio assicurare la neutralità dell'imposta sarà, inoltre, necessario riesaminare le norme complesse e divergenti in materia di diritto a detrazione e predisporre un meccanismo atto a risolvere le questioni di doppia imposizione;
    per quanto concerne l'attuazione del regime del gruppo IVA, mentre la direttiva comunitaria riconosce un unico soggetto passivo giuridico e fiscale, pur in presenza di soggetti giuridici indipendenti, l'ordinamento italiano mantiene l'autonomia delle singole società interessate;
    la frammentazione del sistema comune dell'IVA dell'Unione europea in 27 sistemi nazionali dell'IVA rappresenta l'ostacolo principale a scambi intra-unionali efficienti, impedendo così ai cittadini di beneficiare dei vantaggi di un mercato unico autentico;
    le imprese attive a livello internazionale ritengono di pagare un prezzo per questa mancanza di armonizzazione sotto forma di complessità, costi di conformità supplementari e incertezza giuridica;
    le piccole e medie imprese spesso non dispongono delle risorse necessarie per far fronte a questi aspetti e rinunciano, pertanto, ad intraprendere attività transfrontaliere;
    queste carenze possono esercitare sui comportamenti commerciali un impatto tale da impedire alle imprese di prendere le decisioni più efficaci. Nel momento in cui la normativa fiscale influenza la decisione di acquistare o vendere merci o servizi, la neutralità economica dell'IVA non è più garantita e il funzionamento del mercato unico è gravemente pregiudicato;
    le aliquote ridotte assolvono una funzione redistributiva: contribuiscono alla progressività del sistema tributario, tassando ad aliquota inferiore consumi «necessari», e sono state, pertanto, classificate tra le misure a rilevanza sociale nel rapporto finale del gruppo di lavoro sull'erosione fiscale, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze in vista della riforma fiscale di cui alla delega fiscale in corso di esame da parte del Parlamento (Atto Camera n. 282 - Atto Senato n. 1058);
    il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, ha disposto un progressivo aumento delle aliquote IVA: l'aliquota ordinaria è passata dal 20 al 21 per cento da agosto 2011. A seguito delle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 76 del 2013, a decorrere dal 1o ottobre 2013, l'aliquota ordinaria è rideterminata nella misura del 22 per cento, mentre resta ferma l'attuale aliquota ridotta del 10 per cento (anch'essa originariamente destinata ad aumentare). In sostanza dal 1o ottobre 2013 le aliquote IVA sono le seguenti: 22 per cento (ordinaria), 10 per cento (ridotta) e 4 per cento (super-ridotta); esse risultano superiori alle aliquote medie applicate nei Paesi aderenti all'Unione europea,

impegna il Governo:

   a prendere le opportune iniziative, nell'ambito degli organismi europei, al fine di:
    a) ottenere una graduale armonizzazione delle aliquote IVA standard;
    b) disporre di una base giuridica che consenta di adottare misure nazionali immediate, anche se a titolo temporaneo, per porre fine ad alcune pratiche fraudolente, come suggerito dalla comunicazione della Commissione europea al Parlamento, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo (COM (2011) 851 definitivo);
    c) dare attuazione alla creazione di Eurofisc (regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio del 7 ottobre 2010) ed a scambi automatizzati di informazioni rafforzati e prevedere un ampliamento della gamma di informazioni a cui gli Stati membri che lo desiderano possano avere accesso automatizzato;
    d) prevedere la creazione, nel quadro di Eurofisc, di un gruppo transfrontaliero di revisori composto da esperti delle amministrazioni fiscali nazionali, per procedere più sistematicamente a audit transfrontalieri e trarre profitto dalle conoscenze e dall'esperienza già acquisite in questo campo dai revisori e dai coordinatori dei controlli multilaterali;
    e) disporre che una parte delle maggiori entrate degli Stati membri, conseguente alla diminuzione delle possibilità di frode, sia assegnata al bilancio dell'Unione europea;
   a predisporre le opportune iniziative, anche normative, sul piano nazionale, al fine di:
    a) introdurre l'obbligo di transazione tracciata per tutte le operazioni tra soggetti IVA indipendentemente dai limiti di importo;
    b) migliorare il flusso di informazioni riguardanti la formazione dell'IVA a debito e a credito, allineandosi alle best practice a livello europeo, verificando, in particolare, la possibilità di reinserire le dichiarazioni IVA periodiche;
    c) verificare la possibilità di introdurre meccanismi di disincentivo all'evasione dell'IVA sui beni e servizi intermedi, con particolare riferimento ai meccanismi di reverse-charge, di applicazione del meccanismo di deduzione base da base per alcuni settori e di versamento dell'imposta da parte degli enti della pubblica amministrazione che acquistano beni o servizi soggetti all'imposta;
    d) predisporre misure più efficaci nel contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale, un aumento dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sulle rendite finanziarie e una revisione dell'imposta sulle transazioni finanziarie, destinando il maggior gettito derivante da queste misure alla riduzione delle aliquote IVA.
(1-00330) «Paglia, Lavagno, Migliore, Di Salvo, Marcon, Boccadutri, Melilla».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni III e IV,
   premesso che:
    l'11 ottobre 2013, a 113 chilometri da Lampedusa e a 218 chilometri da Malta una nave peschereccio, carica di profughi siriani tra i quali circa 150 bambini, è affondata in mare rendendo ancora più drammatica e pesante la lista dei morti nel Mediterraneo tra le persone che fuggono dalla guerra e dalla fame;
    i dati di massima – essendo una nave che trasportava illegalmente profughi purtroppo la contabilità dei passeggeri non può che essere approssimativa – dicono di almeno 268 annegati, solo 26 corpi recuperati e 212 sopravvissuti. Insomma, ci si trova di fronte ad una delle più gravi tragedie nel Mediterraneo degli ultimi decenni;
    nell'inchiesta del giornalista Fabrizio Gatti pubblicata dal settimanale L'Espresso in edicola il 5 dicembre 2013, si ricostruiscono gli eventi che, qualora confermati, metterebbero in luce l'inefficacia del sistema di soccorso e gravi responsabilità nel ritardo con cui si è risposto alla richiesta di aiuto pervenuta a più riprese dall'imbarcazione dei profughi;
    secondo la ricostruzione de L'Espresso, infatti, già alle ore 11 dal dottor Mohanad Jammo, primario del reparto di terapia intensiva dell'ospedale di Aleppo, parte una prima telefonata alla centrale del coordinamento di Roma del comando generale della capitaneria di porto, una struttura della Marina, inquadrata nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti della Guardia costiera. Questa è l'unica chiamata la cui esistenza è smentita dall'ammiraglio Felicio Angrisano e sulla quale le ricostruzioni dei fatti non coincidono con le dichiarazioni del dottor Jammo;
    secondo l'ammiraglio Angrisano, infatti, solo alle ore 12,26 dell'11 ottobre 2013 «giunge da apparato telefonico satellitare alla centrale operativa una chiamata fortemente disturbata e a tratti incomprensibile. Dopo cinque minuti di tentativi di comunicare la linea cade. L'esperienza maturata induce comunque a contattare, come già fatto in centinaia e centinaia di casi analoghi, il gestore della rete Thuraya, che ha sede negli Emirati arabi»;
    otto minuti dopo, alle ore 12,39, il dottor Jammo richiama e la telefonata prosegue fino alle ore 12,56. La voce è più comprensibile «tanto da permettere – scrive l'ammiraglio Angrisano – di acquisire alcuni elementi, numero e nazionalità delle persone a bordo, luogo di partenza, la presenza di due bambini bisognosi di cure, fornendo per ultimo la posizione dell'unità che con motore fermo, imbarca acqua»;
    a bordo ci sono, infatti, diversi feriti da raffiche di mitra sparate da una motovedetta libica che per tutta la notte aveva inseguito la nave dei profughi. Le pallottole hanno forato lo scafo, alcuni passeggeri sono gravemente feriti e il peschereccio comincia a imbarcare acqua;
    i profughi siriani erano stati tenuti prigionieri dal 7 al 10 ottobre 2013 in un casolare di Zuwara, in Libia, e da quel porto obbligati a salire a bordo del peschereccio dei fratelli Khaied e Mohamed, noti trafficanti di esseri umani che si sono arricchiti con l'emergenza profughi;
    anche ignorando la chiamata delle ore 11, non confermata dall'ammiraglio Angrisano, alle ore 13 c’è ancora tutto il tempo per far partire le motovedette e i pattugliatori da Lampedusa e per interessare la nave Libra della Marina militare italiana – sui cui radar la nave dei profughi è visibile – che, secondo la ricostruzione giornalistica si trovava tra le 27 e le 10 miglia, a mezz'ora di navigazione o poco più dalla nave in difficoltà. Né l'Italia né Malta chiedono il suo intervento. La Marina militare contesta questa ricostruzione sostenendo che alle ore 13,34 la nave Libra si trovasse a 27 miglia dal punto di richiesta del soccorso, insomma a 50 chilometri. Alla velocità massima della nave, 20 nodi, 37 chilometri orari, con il mare calmo di quel giorno, essa avrebbe comunque potuto raggiungere i profughi intorno alle ore 15, in un'ora e mezzo di viaggio; la Libra arriverà invece solo alle ore 18, perché soltanto dopo l'affondamento della nave dei profughi il coordinamento di Malta chiede alla centrale operativa di Roma il concorso degli italiani;
    è stata rilevata una decisa confusione su chi doveva intervenire tra Malta e l'Italia. Alle ore 13 dell'11 ottobre 2013 era ancora possibile salvare tutti i naufraghi, ma la centrale operativa di Roma rinunciava all'intervento diretto e passava la richiesta di soccorso a Malta nonostante la distanza tra l'isola di Lampedusa e la nave dei profughi sia la metà della distanza tra la stessa e l'isola di Malta;
    nel suo resoconto scritto, l'ammiraglio Angrisano sostiene che «l'unità si trova nell'area di responsabilità di Malta e quella centrale di coordinamento viene pertanto interessata alle 13 dalla centrale operativa della Guardia costiera che comunica di aver anche individuato nella zona due navi mercantili, più prossime alle unità dei migranti, rispettivamente a 25 e 70 miglia»;
    secondo L'Espresso alle ore 13,34 di quel pomeriggio si nasconderebbe un altro retroscena incredibile. È il momento in cui l'avviso ai naviganti del centro operativo di Roma viene diramato a tutto il mondo: la nota «hydrolant 2545» chiede alle navi in transito di assistere, se possibile, il peschereccio dei profughi: alle navi in transito ma non alla nave Libra;
    alle ore 16,22, l'autorità di Malta informa Roma che un proprio aereo ha individuato il peschereccio alla deriva. Alle ore 17,07 sempre da La Valletta avvertono che si è capovolto e chiedono aiuto all'Italia. Soltanto alle ore 17,51 arriva sul posto la prima nave soccorso, il pattugliatore maltese P61. Verso le ore 18 si unisce la Libra ma ormai è troppo tardi;
    la risposta del Sottosegretario onorevole Gioacchino Alfano, del 10 gennaio 2013, all'interpellanza urgente 2-00330 conferma secondo i firmatari del presente atto la confusione tra i ruoli di comando tra Malta e l'Italia, indica la conferma a quanto riportato già nella interpellanza citata;
    i tratti di mare di competenza di Malta risultano di gran lunga superiori per estensione rispetto alle forze che lo stato maltese ha a disposizione per fronteggiare tale emergenza,

impegnano il Governo:

   a istituire una sala operativa congiunta Italia-Malta in modo da uniformare il coordinamento di Roma del comando generale delle Capitanerie di porto, struttura della Marina inquadrata nel Ministero dei trasporti, da cui dipende l'attività della Guardia costiera italiana, con la corrispondente struttura dello Stato di Malta che tenda in tal modo a ridurre i conflitti o le situazioni di ridotta capacità decisionale, causata da una non ben definita competenza;
   ad assumere iniziative per modificare i trattati di collaborazione per le operazioni SAR nel canale di Sicilia al fine di ridurre al minimo i problemi di competenza rilevati nel tragico evento dell'11 ottobre 2013;
   a esporre in sede europea la questione, al fine di creare un coordinamento che consenta una migliore coperture, per le operazioni SAR, della zona del canale di Sicilia;
   a valutare la necessità di rendere primario il ruolo di controllo flussi migratori, rispetto all'attuale vigilanza possa al fine di rendere ancora più tempestive le ricerche e le operazioni di eventuale soccorso.
(7-00248) «Artini, Manlio Di Stefano, Frusone, Rizzo, Basilio, Nicola Bianchi, Paolo Bernini, Corda, Tofalo».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il materiale riproduttivo vegetale è il primo anello della catena alimentare la cui varietà e diversità rappresenta un fattore fondamentale per la tutela della biodiversità agricola e della qualità della produzione di alimenti e mangimi; tale varietà è oggi a rischio: la Fao ha stimato che in 100 anni si registrerà una perdita del 75 per cento della biodiversità agricola, a causa della diffusione globale di poche varietà vegetali;
    il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura ratificato dall'Italia con la legge n. 101 del 2004 impegna, tra le altre cose, gli Stati ad adottare una serie di misure comprensive della realizzazione di sistemi agricoli differenziati, allargando la base genetica e incoraggiando la creazione di stretti legami tra la selezione vegetale e lo sviluppo agricolo. In particolare, l'articolo 9 riconosce una serie di diritti agli agricoltori in relazione alla tutela delle conoscenze tradizionali e alla partecipazione e distribuzione dei vantaggi derivanti dalla tutela brevettuale delle risorse genetiche; il riconoscimento reale di tali diritti porterebbe alla realizzazione di un sistema in cui le sementi tradizionali possono accedere sul mercato in maniera paritaria con le sementi ibride commercializzate dalle multinazionali;
    l'Unione europea ha lavorato svariati anni ad una nuova legislazione per i semi con l'obiettivo dichiarato di uniformare, semplificare e rendere maggiormente omogenea la legislazione in materia negli Stati membri e, il 6 maggio 2013, la Commissione europea ha presentato la proposta di Regolamento del parlamento europeo e del consiglio relativo alla produzione e alla messa a disposizione sul mercato di materiale riproduttivo vegetale (testo unico sul materiale riproduttivo vegetale) COM (2013)262;
    la proposta in esame è finalizzata a sostituire e ad aggiornare dodici direttive attualmente in vigore che regolano la materia ed è diretta inoltre a regolare l'iscrizione del materiale riproduttivo vegetale, in cui rientrano non solo le sementi, ma anche le piante e loro parti in grado di riprodurre piante intere, nei registri nazionali ed europeo, nonché la commercializzazione, l'etichettatura, gli imballaggi e i controlli post certificazione del medesimo materiale; inoltre, è il caso di sottolineare che la proposta di regolamento nella formulazione attuale porterebbe di fatto ad estendere la possibilità di brevetto anche alle sementi non OGM e tale disposizione determinerebbe un controllo totale della filiera da parte delle multinazionali;
   anche se nella proposta di regolamento sono previste apposite deroghe relative «al materiale riproduttivo vegetale destinato a un mercato di nicchia», e regole specifiche per le «antiche varietà tradizionali» – sottratti agli iter di registrazione – esse non sembrano sufficienti a tutelare le specificità locali e la biodiversità agricola italiana; in particolare, il timore è che la nuova legislazione invece di migliorare le regole sulla commercializzazione dei semi aumenti in maniera significativa le difficoltà per gli agricoltori di costruire sistemi sementieri informali tra di loro mediante una circolazione dei semi fuori dai canali commerciali; inoltre, la proposta appare in contrasto con quanto sancito dal Trattato citato non consentendo, in ultima analisi, la realizzazione di quel sistema di mercato in cui le sementi tradizionali possono accedere in maniera non penalizzante rispetto ai semi ibridi commerciali delle aziende multinazionali;
    la standardizzazione della regolamentazione del mercato dei semi potrebbe determinare effetti pesanti sulla biodiversità europea, producendo un livellamento della varietà delle sementi;
    di certo, tale omogeneità delle legislazioni sementiere produrrà effetti positivi per il settore agroindustriale, mentre gli agricoltori potrebbero trovarsi a dover adempiere solo ad una attività di produzione secondo le logiche del mercato mondiale in cui i semi sono solo una merce qualsiasi, senza più assolvere alla funzione di conservazione, di selezione e di libero scambio del materiale riproduttivo vegetale;
    i cambiamenti climatici costringono a ridurre considerevolmente il consumo mondiale di energia. L'agricoltura industriale è uno dei settori che produce un alto consumo di combustibili fossili, utilizzati sia per i pesticidi sia per i concimi, i trasporti, l'industria della distribuzione e il lavoro meccanizzato della terra; tutto questo determina un enorme impoverimento del suolo e della biodiversità;
    gli alimenti venduti nei mercati sono per la quasi totalità prodotti dagli stessi semi industriali che forniscono un prodotto uniforme; in compenso tali semi non possono essere usati per la produzione di semi e, così, gli agricoltori diventano consumatori dei loro stessi semi, che devono comprare ogni anno da società specializzate;
    il relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto all'alimentazione, Olivier De Schutter nei propri rapporti evidenzia sistematicamente che l'unica soluzione per nutrire la popolazione mondiale in maniera costante è l'agricoltura mista su piccola scala, ecologica e locale;
    sulla questione delle sementi, quindi, non risulta opportuno procedere ad una legislazione che centralizzi ancora di più le decisioni e le procedure di cui beneficerà in massima parte il settore industriale a scapito degli agricoltori;
    nel mese di dicembre 2013, il Presidente della commissione agricoltura del Parlamento europeo, Paolo De Castro, in una lettera inviata al quotidiano «La Repubblica» in risposta ad un articolo firmato da Carlo Petrini dal titolo «I semi non hanno padroni. I contadini d'Europa sfidano le multinazionali» afferma di «ritenere necessario chiarire la posizione del Parlamento europeo su un tema di grande rilievo come quello del regolamento sulla commercializzazione delle sementi e delle piante da propagazione» e precisa che «la Commissione Agricoltura del Parlamento europeo ha già avuto modo di manifestare un profondo malessere che si è tradotto in oltre 1.000 emendamenti tra i quali spicca anche la richiesta di rigetto totale della proposta» (em. 93 sottoscritto anche dallo stesso presidente De Castro, Ndr); i motivi di tale malessere derivano «dalla sintesi forzata di temi differenti tra loro e complessi come la commercializzazione delle sementi e del materiale di propagazione che possono creare un fardello amministrativo inutile per gli agricoltori e limitare la scelta e la trasparenza per i consumatori»;
    in questo complesso contesto è necessario anche ricordare che la Corte di giustizia europea, il 12 luglio 2013, in merito alla controversia in materia di sementi di ortaggi tra due imprese francesi, un'associazione no-profit, la Kokopelli, e un produttore di sementi, Graines Baumaux sas, ha ritenuto obbligatoria l'iscrizione ufficiale di una varietà vegetale prima della sua commercializzazione, così come previsto dalle direttive sementiere già in vigore;
    pertanto è fondamentale evitare ogni ulteriore irrigidimento della legislazione in materia di semi con l'obiettivo di consentire la creazione di un modello in cui la produzione e la disponibilità di materiali riproduttivi vegetali di alta qualità fisica e sanitaria in tutta Europa siano coniugati ad una effettiva tutela della biodiversità;
    il 28 gennaio 2014, la Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo ha reso noto che voterà il rigetto con risoluzione del «testo unico sul materiale riproduttivo vegetale» il prossimo 11 febbraio; da ultimo, il 30 gennaio 2014 la Commissione ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare al Parlamento europeo, ha già rigettato a grande maggioranza (46 a favore e 4 contro) il testo unico sul materiale riproduttivo vegetale per garantire la sicurezza dell'agricoltura europea e il commercio internazionale delle semi ma non a discapito della biodiversità e della libertà dei piccoli coltivatori europei di crescere e utilizzare le proprie sementi;
    il 22 dicembre 2013, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2014 anno internazionale dell'agricoltura familiare (IYFF). L'iniziativa sarà focalizzata sulla ricerca di risposte concrete ai problemi e alle aspettative delle comunità rurali, ovunque esse si trovino, in modo da poter rivolgere ai Governi un piano d'azione ben preciso funzionale al rigoglio e alla tutela dell'agricoltura familiare sostenibile;
    il Governo in numerose occasioni ha espresso la propria posizione di difesa e tutela della biodiversità di interesse agricolo dai tentativi di inserimento nella filiera di coltivazioni OGM,

impegna il Governo:

   a mettere in atto tutte le iniziative utili al fine di tutelare il libero scambio delle sementi tra gli agricoltori e la loro non brevettabilità a tutela della biodiversità, anche in previsione del semestre di Presidenza italiana presso l'Unione europea;
   a farsi promotore, in ambito europeo, di una normativa sementiera che abbia una particolare attenzione alle sementi tradizionali consentendone sia lo scambio tra gli agricoltori sia l'accesso al mercato in modo non penalizzante rispetto ai semi ibridi commerciali delle aziende multinazionali e che individui le opportune azioni di sostegno per gli agricoltori custodi anche in considerazione del ruolo da essi svolto nella conservazione e produzione di biodiversità agricola;
   a garantire che i piccoli agricoltori possano vendere materiale di propagazione agli utilizzatori finali con una minore burocrazia non penalizzante;
   a promuovere e a tutelare ogni iniziativa utile a diffondere le pratiche per la difesa della biodiversità di interesse agrario, predisponendo – in occasione dell'evento internazionale del 2014 che celebra l'agricoltura familiare sostenibile – gli opportuni progetti nell'ambito di EXPO 2015.
(7-00247) «Cenni, Fiorio, Mariani, Bratti, Mosca, Oliverio, Braga, Tentori, Antezza, Mongiello, Carra, Venittelli, Terrosi, Zanin, Cova».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   DORINA BIANCHI, BOSCO e PICCONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   recentemente alcuni organi di stampa hanno riferito notizie riguardanti indagini della Guardia di finanza relative al funzionamento ed all'attività di AGEA, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura istituita con il decreto legislativo n. 165 del 1999;
   dette indagini riguarderebbero a quanto consta agli interroganti irregolarità non sanabili nell'ambito delle procedure relative alle campagne di «domanda unica» nel periodo 2005-2012 in relazione a centinaia di migliaia di domande;
   nel caso in cui dovesse emergere che per le campagne di domanda unica (D.U.) effettuate in passato risultassero anomalie e/o vizi di forma concreti il nostro Paese potrebbe essere esposto al rischio che le autorità europee chiedano una rettifica finanziaria;
   ciò comporterebbe, con ogni probabilità, un danno economico e finanziario stimabile in miliardi di euro;
   Agea gestisce circa la metà della domanda unica e quindi delle connesse erogazioni, mentre l'altra parte è gestita direttamente dalle regioni dotate di un proprio organismo pagatore;
   se si considera che i CAA (centri di assistenza all'agricoltura) erano i medesimi, potrebbe risultare molto probabile che anche per tali domanda unica si siano verificate le stesse anomalie o vizi di forma o ancora irregolarità, per cui il rischio di rettifiche a cui è esposto il nostro Paese potrebbe risultare maggiorato anche del doppio;
   bisogna inoltre considerare che le eventuali irregolarità potrebbero riguardare anche le domande inerenti i PSR (Piani di sviluppo regionali) con il conseguente rischio di ulteriori rettifiche nel caso in specie difficilmente quantificabili ma, comunque, di assai rilevante entità –:
   se e quando AGEA abbia informato l'autorità giudiziaria in ordine alle predette anomalie ed abbia avviato procedimenti amministrativi tesi all'individuazione dei soggetti responsabili di dette irregolarità;
   quali azioni abbia posto in essere l'attuale commissario di AGEA relativamente alle riscontrate anomalie e se, allo stato, risultino effettivamente accertate irregolarità sulle procedure di domanda unica e a quale periodo si riferiscano tali eventuali irregolarità;
   se le paventate irregolarità riguardino anche altri tipi di fondi e quale sia, allo stato, la situazione relativa alla gestione ed erogazione dei fondi relativi ai Piani di sviluppo regionali;
   quale sia stato il ruolo svolto dal Sistema informativo nazionale in relazione alle predette domande. (3-00603)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato dal quotidiano Il Corriere della Sera, il 1o febbraio 2014, il vicepresidente della Commissione europea e commissario all'industria, Antonio Tajani, sarebbe pronto ad avviare nel corso della presente settimana, la procedura d'infrazione contro l'Italia, a causa della mancata applicazione della direttiva dell'Unione europea sui pagamenti dei crediti dovuti alle imprese da parte della pubblica amministrazione, nonché dei ritardi che continuano ad allungarsi nei confronti dei creditori, già attanagliati dalla crisi;
   l'attesa media oscilla sui 170 giorni, ed il nostro Paese, sostiene il suddetto commissario Tajani, di fronte ai dati forniti dalla Confartigianato, risulta essere il peggiore pagatore a livello europeo;
   il medesimo articolo prosegue, evidenziando che, se la procedura d'infrazione sarà resa applicabile, l'Italia rischierà di pagare circa centomila euro di multa al giorno, ovvero interessi di mora pari a circa 3-4 miliardi di euro, corrispondenti all'8,25 per cento della cifra complessiva che secondo stime varia tra i 40 e i 60 miliardi di euro;
   le predette cifre che equivalgono al pagamento di un anno di IMU o al 4 per cento del prodotto interno lordo, continua il quotidiano milanese, se da un lato rappresentano il negoziato del Governo con i propri creditori per recuperare tali importi, successivamente vengono sprecate per pagare le sanzioni applicate dall'organismo europeo, a seguito di mancata osservanza di quanto stabilito in ambito comunitario;
   l'articolo del Il Corriere della Sera riporta, altresì, la notizia secondo la quale il Governo avrebbe chiesto alla Commissione europea, di rinviare l'annuncio dopo la visita del Presidente del Consiglio Letta e del Ministro interrogato;
   il commissario Tajani, a tal proposito starebbe attendendo i dati dell'Ance, l'Associazione nazionale costruttori edili, prescelta come advisor a Confartigianato, per deliberare ufficialmente la procedura d'infrazione nei riguardi dell'Italia attraverso, il cosiddetto «Eu Pilot», un progetto di mediazione, che serve per favorire una spiegazione reciproca prima del passaggio a metodi rigorosi;
   il Paese chiamato in causa, ovvero l'Italia, ha dieci settimane di tempo a disposizione per la trattazione, con la facoltà per il commissario all'industria dell'Unione europea, di dimezzare i tempi fino a 5 settimane con le successive implicazioni negative e penalizzanti per l'economia italiana, ove si concretizzassero realmente le sanzioni previste;
   l'interrogante rileva che l'avvio della suesposta procedura d'infrazione da parte della Commissione europea, ove confermato, rischia di determinare gravi conseguenze per la tenuta dei conti pubblici, nonché per le esigue stime di crescita nel breve termine per il nostro Paese;
   un'eventuale applicazione delle sanzioni, secondo quanto riporta l'articolo del quotidiano Il Corriere della Sera, potrebbe ulteriormente peggiorare, a giudizio dell'interrogante, il fragile sistema della contabilità pubblica, con rischi di un successivo aumento della tassazione, come è avvenuto con la legge di stabilità per il 2014, approvata nel mese di dicembre 2013 –:
   quali orientamenti intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se trovi conferma, quanto pubblicato dal quotidiano Il Corriere della sera e, in caso affermativo, quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle rispettive competenze, al fine di evitare la procedura d'infrazione europea, le cui sanzioni avrebbero un'entità finanziaria tale da rischiare di aggravare ulteriormente il sistema dei conti pubblici italiani;
   se trovi altresì conferma quanto riportato dal medesimo quotidiano, secondo cui il Governo avrebbe chiesto alla Commissione europea di rimandare ogni decisione ed un eventuale annuncio successivamente alla visita a Bruxelles del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro interrogato;
   se infine non convengano che un eventuale pagamento di una sanzione di un importo così elevato, pari a circa 3-4 miliardi di euro, rischi di vanificare gli sforzi finanziari che i contribuenti italiani hanno sostenuto nel corso degli ultimi due anni, per fronteggiare una crisi economica senza precedenti i cui effetti, a giudizio dell'interrogante, sono tutt'altro che superati. (4-03422)


   GULLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   la famiglia costituisce la cellula fondamentale della società;
   sussiste per i bambini il diritto costituzionalmente garantito ad avere una famiglia;
   la famiglia riesce ad esplicare meglio la funzione costituzionalmente prevista attraverso la presenza dei figli;
   le problematiche legate alle adozioni non costituiscono un fatto esclusivamente privato delle famiglie;
   la questione è di grande interesse pubblico, poiché coinvolge migliaia di bambini che aspettano una famiglia e migliaia di coppie italiane che hanno deciso di costruirne una;
   le adozioni in generale, quelle internazionali in particolare sono in netto calo rispetto all'anno 2012;
   dallo stesso comunicato del 24 gennaio 2014 della Commissione per le adozioni internazionali si evince una progressiva riduzione del numero degli adottati;
   gli enti autorizzati per le adozioni internazionali, autoconvocatisi a Milano il 23 gennaio 2014 hanno rilevato:
    il continuo calo delle adozioni (anche il 2013 ha chiuso negativamente);
    le crescenti difficoltà per le famiglie italiane ad intraprendere il cammino dell'adozione;
    la mancanza, da oltre due anni, di un chiaro indirizzo politico per lo sviluppo in Italia e all'estero delle adozioni ed una conseguente azione di reale guida dell'autorità centrale italiana;
   dal 19 dicembre 2013 manca il vicepresidente del CAI, la cui assenza incide sulla piena funzionalità del predetto organismo –:
   quali iniziative urgenti si intendano prendere per:
    riportare le adozioni internazionali nell'agenda politica del Governo;
    consentire alla Commissione per le adozioni internazionali di svolgere appieno le sue funzionalità anche attraverso la nomina del vicepresidente;
    favorire l'adozione di minori italiani e stranieri da parte di cittadini italiani. (4-03424)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   GADDA, BORGHI, BRAGA, MARANTELLI, SENALDI, GUERRA, ARLOTTI e MORANI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'accordo bilaterale tra Italia e Svizzera del 3 ottobre del 1974, recepito nel nostro ordinamento dalla legge numero 386 del 1975, prevede una compensazione finanziaria per l'imposizione operata in Svizzera sulle remunerazioni dei frontalieri italiani. L'accordo prevede un'esenzione fiscale dei lavoratori frontalieri nel loro luogo di domicilio in Italia e un riversamento da parte della Svizzera allo Stato italiano del 38,8 per cento degli incassi fiscali derivanti dall'attività lavorativa dei frontalieri. Nell'annuale riunione bilaterale prevista dall'accordo italo/svizzero del 1974 sull'imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri italiani svoltasi il 24 ottobre del 2013 la delegazione elvetica ha comunicato che l'importo della compensazione finanziaria sulle remunerazioni dei frontalieri per l'anno 2012 è stata di 58,6 milioni di franchi (per Vallese, Ticino e Grigioni, di cui 56 milioni dal Ticino), una cifra equivalente a circa 47 milioni di euro. Il versamento è già stato effettuato nei 400 comuni italiani dove risiedono i lavoratori frontalieri;
   per una cifra consistente di comuni, circa un centinaio, i fondi ottenuti con i ristorni costituiscono una parte rilevante del loro gettito fiscale complessivo. Per 90 di questi comuni vicini alla frontiera i ristorni costituiscono una quota superiore al 20 per cento del bilancio comunale, e talvolta, nei comuni più interessati da questo fenomeno, la percentuale sale ulteriormente. Di conseguenza, i ristorni provenienti dai versamenti del Canton Ticino costituiscono una cifra irrinunciabile, senza la quale vari sindaci hanno rimarcato di non poter più assicurare molti servizi ai cittadini; una considerazione ancora più stringente alla luce dei numerosi tagli subiti dalle amministrazioni locali in questi anni;
   in questi anni la controparte elvetica, in particolare il Canton Ticino, ha messo più volte pesantemente messo in discussione l'erogazione dei ristorni nelle modalità definite dall'accordo bilaterale italo/svizzero del 1974. Nel 2012 il Consiglio di Stato, l'organismo esecutivo del Canton Ticino, ha versato solo metà dei ristorni previsti dall'accordo, bloccando per molti mesi il resto dell'erogazione, come mezzo di pressione sul Consiglio federale, l'organismo esecutivo della Confederazione Elvetica, al fine di ridurre in modo significativo la quota dei ristorni da versare all'Italia. Le pressioni in questo senso continuano a rimanere costanti e sempre più forti. In data 29 gennaio 2014 il Gran Consiglio, l'organismo legislativo del Canton Ticino, ha approvato quasi all'unanimità, due voti contrari, 1 astenuto e 53 favorevoli) l'iniziativa cantonale in materia di imposizione fiscale dei frontalieri. L'iniziativa cantonale approvata dal Gran Consiglio chiede all'Assemblea federale, il Parlamento svizzero, di imporre al Consiglio federale il non rispetto del trattato, e dunque sospendere del tutto i versamenti dei ristorni. L'iniziativa è stata lanciata proprio come forma di pressione nei confronti del governo elvetico in occasione delle trattative su un nuovo accordo fiscale tra Italia e Svizzera sulla tassazione dei capitali esportati illecitamente;
   venerdì 24 gennaio del 2014 il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto- legge «Disposizioni urgenti in materia di rinvio di termini relativi a adempimenti tributari e contributivi, di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero, nonché altre disposizioni urgenti in materia tributaria e contributiva». La normativa non prevede l'anonimato e consente l'emersione di capitali detenuti all'estero ed i loro eventuale rientro. Le disposizioni prevedono che le imposte vengano pagate per intero con un meccanismo di diversificate riduzioni delle relative sanzioni. Per quanto riguarda le norme penali, il provvedimento prevede che vengano meno i reati di infedele dichiarazione mentre per altre ipotesi di reato è prevista una attenuazione del carico penale, come riporta il comunicato stampa diffuso dal sito del Governo. Il decreto-legge sulla tassazione dei capitali garantirà una nuova base giuridica per un accordo fiscale con la Svizzera, dichiarato come obiettivo dal Ministro dell'economia e delle finanze Saccomanni. Proprio in merito alla trattative sull'accordo fiscale con l'Italia vari partiti del Canton Ticino chiedono di rivedere oppure annullare la regolamentazione relativa ai ristorni dei frontalieri –:
   quali siano le forme di tutela che il Governo pensa di inserire per proteggere il quadro normativo che disciplina l'imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri, con particolare attenzione al riguardo dell'erogazione dei ristorni nei confronti dei comuni di confine, che non possono essere privati di risorse fondamentali, tanto più in un periodo di difficoltà del gettito fiscale come l'attuale. (4-03412)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta orale:


   MATARRELLI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   domenica 12 gennaio 2014 ha visto un'ennesima pagina nera per lo sport nella provincia di Matera presso il pala «Wojtyla» del comune di Montescaglioso;
   la compagine locale di pallavolo femminile del campionato di serie B2 – girone H si è aggiudicato l'incontro «Off occhiali» di Montescaglioso – «Vis Severiana» di Mesagne (Brindisi) in una partita tirata ma sostanzialmente corretta;
   è da condannare, invece, il comportamento di alcuni giovani tifosi della squadra locale che a bordo campo hanno insultato le atlete ospiti apostrofandole con i più svariati ed offensivi epiteti che si possano sciaguratamente rivolgere ad una donna;
   sono gravissime anche le frasi rivolte alla capitana della «Vis Severiana», Nneka Karen Arinze, atleta italo-nigeriana, insultata in più occasioni per il colore della pelle;
   si tratta di uno spettacolo indecente, peraltro sottovalutato e giustificato da molti adulti presenti, perché ad opera di «una banda di ragazzini»;
   e tutto è avvenuto, sotto lo sguardo degli arbitri che hanno chiesto l'allontanamento del folto gruppo di incivili dalle spalle delle giocatrici mesagnesi soltanto verso il termine dell'incontro;
   la pallavolo è uno sport pulito in cui il razzismo nella sua forma più bieca non era finora mai comparso e quanto accaduto domenica 12 gennaio 2014 è da ritenersi un episodio che non fa ben sperare per il futuro e per i comportamenti di una parte dei tifosi delle giovani generazioni;
   il gesto è stato condannato dalla società mesagnese, che ha scritto un formale esposto alla Federazione/Lega nazionale di pallavolo per denunciare questo grave episodio di razzismo;
   questo il triste commento che Nneka Karen Arinze ha scritto su Facebook: «Parliamo di come risanare lo sport in Italia, parliamo di come poter rendere i palazzetti e i campi di gioco dei luoghi più degni di esser frequentati da famiglie, da grandi e bambini. Parliamone, ma soprattutto non lasciamo impuniti questi comportamenti incivili. Una partita di pallavolo deve essere ricca di agonismo, di sana competizione... non di ripicche da parte di chi ha in mano le sorti della gara o di offese da parte di chi ha solo il dovere di sostenere la propria squadra!!! Gli insulti contro le donne e gli insulti razzisti no, non si possono sopportare!!!»;
   in poche ore la notizia è stata riportata da numerose testate giornalistiche e televisioni locali e nazionali, così come in grande quantità sono stati i messaggi di solidarietà giunti all'attenzione della capitana e alla società sportiva: il commissario tecnico della nazionale di volley maschile ha manifestato vicinanza alla pallavolista, così come hanno fatto moltissime società atletiche e tanti altri sportivi;
   anche il governatore della regione Puglia, Vendola ha voluto incontrare la giocatrice italo-nigeriana, definendola «ambasciatrice di Puglia»;
   a concludere la lunga lista di attestazioni di stima per il coraggio dimostrato dall'atleta, quello della Federazione italiana di pallavolo che in un messaggio pubblico ha chiesto alla pallavolista romana di diventare testimonial del mondiale femminile di pallavolo che si terrà quest'anno in Italia;
   infine, la stessa società «Vis Severiana» ha presentato le proprie scuse in merito dell'accaduto ed, in particolare, alla capitana della squadra destinataria di «insulti razziali» da parte di alcune persone presenti al palazzetto nel corso dell'incontro ma allo stesso tempo ha respinto le accuse di «razzismo», non ritenendo Montescaglioso ed i suoi abitanti persone mosse da tale sentimento vergognoso ed ignobile per poi tornare sui propri passi e negare l'insulto razzista cori offensivi, sanzionabili come previsto dal regolamento federale. Anzi con una successiva dichiarazione a mezzo stampa la società avversaria è stata accusata di aver inventato di sana pianta la vicenda;
   all'interrogante appaiono gravi, nel contesto, anche le affermazioni della capitana della squadra lucana, Anna Abbrescia, che ai microfoni di una emittente televisiva ha parlato di «cori cui siamo abituate» –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda promuovere una verifica in merito alla esatta dimensione dell'indegna vicenda, anche al fine esercitare una pressante moral suasion per indurre tutti i soggetti ad un comportamento moralmente e socialmente corretto;
   se intenda porgere la solidarietà del Governo all'atleta offesa. (3-00602)

Interrogazione a risposta scritta:


   ANZALDI e GELLI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   il 12 gennaio 2014 si è svolto presso Marina di Grosseto l'incontro del campionato provinciale giovanissimi tra Casotto Pescatori e Paganico;
   nel corso della gara a seguito di uno scontro di gioco tra due calciatori uno rimane sul campo privo di sensi;
   l'allenatore del Casotto pescatori, il signor Claudio Buso, accortosi dell'accaduto e del giocatore quindicenne privo di sensi entra in campo per soccorrere il giovane atleta praticandogli un massaggio cardiaco che probabilmente ha salvato la vita al ragazzo;
   la giustizia sportiva a seguito del referto arbitrale ha squalificato l'allenatore per 45 giorni e cioè fino al prossimo primo marzo perché si legge testualmente «a seguito di un normale incidente di gioco entrava non autorizzato sul terreno di gioco proferendo una frase minacciosa nei confronti del direttore di gara»;
   la società del mister Buso ha presentato ricorso;
   pur rispettosi dell'autonomia sportiva la notizia come riportata da diversi organi di stampa lascia francamente sconcertati;
   è assolutamente certo che la vita di un ragazzo vale più di una squalifica ed è proprio per questo che il provvedimento appare eccessivo e ingiusto considerata la gravità della situazione di quella particolare circostanza;
   ogni week end purtroppo sistematicamente le cronache sportive e non riportano sui campi minori, in particolare nei campionati giovanili, episodi di violenza legati ad un agonismo esasperato che spesso fanno passare in secondo piano i valori che invece dovrebbero essere promossi attraverso l'attività sportiva –:
   se il Ministro sulla base di quanto accaduto e alla possibilità di incidenti che possono seriamente mettere a repentaglio l'integrità fisica e la vita degli atleti a tutti i livelli di pratica agonistica non intenda, valorizzando il gesto compiuto dal mister Buso nel soccorrere il giocatore infortunato promuovere, coinvolgendo tutti gli operatori dello sport, una maggiore attenzione alla tutela della salute degli atleti con particolare riferimento ai casi di gravi malori in campo analoghi a quello descritto in premessa. (4-03427)

COESIONE TERRITORIALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   il Fondo europeo sviluppo regionale (FESR) per il periodo 2007-2013 ha messo a disposizione 347 miliardi di euro, circa un terzo del bilancio comunitario, per favorire iniziative degli Stati membri finalizzate a sviluppare una coesione economica e sociale delle regioni europee in modo armonioso e sostenibile;
   il programma operativo regionale (POR-FESR 2007/2013) del Friuli-Venezia Giulia prevedeva l'utilizzo di 300 milioni di euro di cofinanziamento la cui spesa, così come quella delle altre regioni, deve essere certificata per rispondere ai parametri comunitari;
   secondo le disposizioni europee, infatti, il Paese membro deve spendere almeno il 48,5 per cento di quanto è stato stanziato come cofinanziamento, pena la perdita dei contributi che nei periodi successivi sarebbero ridotti sempre più;
   il 27 maggio e 19 settembre 2013 il Governo italiano ha presentato una richiesta di revisione del POR-FESR 2007/2013 finalizzata a ridurre l'ammontare del cofinanziamento, giustificandola con «cambiamenti importanti nelle priorità nazionali e regionali»;
   la nuova deliberazione della giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia del 20 dicembre 2013, n. 2442, «POR FESR 2007/2013» – emanata 10 giorni prima della scadenza del programma – prende atto della modifica del POR e il nuovo piano finanziario di riferimento riduce il finanziamento da 300 a 233 milioni;
   a seguito di questo taglio alle risorse stanziate, la regione Friuli-Venezia Giulia ha potuto dichiarare la spesa di circa 150 milioni, superando il 48 per cento della nuova cifra pattuita, circostanza che fa centrare il target di spesa previsto;
   questo escamotage contabile ha contribuito ad evitare una sonora bocciatura dell'Italia nell'utilizzo del FESR, ed è stato utilizzato anche da altre regioni;
   infatti il 4 gennaio 2014, sul sito del Ministero per la coesione territoriale è stato pubblicato il comunicato stampa che, con toni che appaiono trionfalistici, ha reso noto come «tutti i 52 Programmi Operativi dei Fondi Strutturali europei hanno superato i target di spesa evitando la perdita di risorse legata alla scadenza del 31 dicembre 2013. In totale la spesa ha raggiunto il 52,7 per cento delle risorse programmate, a fronte di un obiettivo minimo di spesa per il 2013 pari al 48,5 per cento»;
   come riconosciuto nella stessa nota stampa, «il positivo risultato è stato reso possibile sia dalle incisive iniziative di accelerazione che hanno coinvolto le amministrazioni centrali e regionali sia dalla riprogrammazione realizzata con le azioni previste nel Piano di Azione e Coesione che, con la riduzione del cofinanziamento a carico delle risorse nazionali, ha permesso di massimizzare l'utilizzo delle risorse comunitarie a disposizione»;
   il 9 gennaio 2014, il quotidiano Il Sole 24 Ore ha pubblicato sul proprio sito online l'articolo «Fondi europei, l'Italia centra i target di spesa 2013 e si avvicina agli altri Paesi» in cui si fa presente che a Bruxelles «si registra un prudente ottimismo, supportato dai recuperi registrati nei Paesi a rischio disimpegno, vale a dire, oltre all'Italia, Romania e Bulgaria, che sono passate dall'allarme di giugno, con percentuali di attuazione rispettivamente del 26,20 per cento e del 40 per cento, a livelli di spesa più promettenti, 33,47 per cento e 50,8 per cento. La sensazione è che le misure varate dalla Commissione per dare tempo e ossigeno ai Paesi in difficoltà abbiano prodotto i risultati sperati, soprattutto il taglio del cofinanziamento nazionale degli interventi che, come è accaduto in Italia, ha agevolato le amministrazioni abbassando gli obiettivi di certificazione e aumentando il peso percentuale delle spese già sostenute»;
   è inaccettabile che la riduzione del cofinanziamento comunitario del POR-FESR 2007/2013 possa essere considerato in termini positivi, visto che le regioni e gli enti locali hanno bisogno più che mai di risorse finanziare per realizzare progetti di sviluppo –:
   se il Ministro interrogato abbia esercitato prima della revisione delle risorse stanziate dal FESR i suoi poteri di vigilanza, verifica e coordinamento in materia di coesione territoriale, in modo che siano rispettati i vincoli di spesa previsti in ambito comunitario. (5-02050)


   PINNA. — Al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea sancisce che, per rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale al suo interno, l'Unione deve mirare a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno favorite o insulari, e che un'attenzione particolare deve essere rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici. Per portare a termine l'impegno di coesione economica e sociale la Commissione ha creato strumenti finanziari, fondi strutturali e fondo di coesione;
   la programmazione dei fondi europei 2014-2020 si incardina su tre priorità, concepite per rafforzarsi a vicenda: crescita intelligente (sviluppare un'economia basata sulla conoscenza e sull'innovazione); crescita sostenibile (promuovere un'economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva); crescita inclusiva (promuovere un'economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale);
   in base al regolamento generale sui fondi strutturali – regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013 – ogni Stato membro redige un contratto di partenariato per l'intero periodo di programmazione, 1o gennaio 2014 – 31 dicembre 2020;
   il contratto indica: la ripartizione indicativa del sostegno dell'Unione europea per obiettivo tematico a livello nazionale per ciascun fondo; i meccanismi a livello nazionale e regionale che garantiscono il coordinamento tra i fondi e gli altri strumenti di finanziamento dell'Unione e nazionali e con la Banca europea per gli investimenti; le modalità per garantire un'esecuzione efficace, tra cui una tabella consolidata delle tappe fondamentali e degli obiettivi stabiliti nei programmi; le modalità per garantire l'attuazione efficiente, tra cui una valutazione per stabilire se sia necessario rafforzare la capacità amministrativa delle autorità e, se del caso, dei beneficiari;
   il 9 dicembre 2013 il Governo italiano ha inviato la bozza di accordo alla Commissione europea, come concordato tra il Ministro per la coesione territoriale Carlo Trigilia e il commissario per gli affari regionali Johannes Hahn. Il documento inviato è il frutto di un lungo percorso di preparazione e di discussione con vari soggetti istituzionali: amministrazioni centrali, le regioni e il partenariato economico e sociale, ossia le associazioni e organizzazioni di categoria. In questa prima fase il Parlamento italiano è stato escluso dalla concertazione;
   la Commissione, in base alla proposta di regolamento generale, valuta il contratto di partenariato e formula osservazioni entro tre mesi dalla presentazione del contratto stesso. Lo Stato interessato, se necessario, rivede il contratto e la Commissione adotta una decisione, che approva il contratto di partenariato entro sei mesi dalla sua presentazione, a condizione che le eventuali osservazioni da essa formulate siano state adeguatamente recepite;
   il comma 246 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) stabilisce che il Governo, prima della stipula definitiva dell'accordo con le autorità dell'Unione europea, lo trasmetta al Parlamento per l'espressione del parere delle commissioni parlamentari permanenti competenti per materia –:
   a che punto sia l’iter del contratto di partenariato di cui in premessa e se intenda rendere note eventuali modifiche suggerite dalla Commissione di modo che il Parlamento possa esprimere il parere di competenza tenendo conto dei suggerimenti manifestati in sede europea.
(5-02052)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BASSO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Cogoleto in provincia di Genova rischia di trovarsi al massimo entro il 15 febbraio 2014 privo della stazione dell'Arma dei carabinieri;
   la vicenda prende il via nel 2008 quando il nucleo dell'Arma di Cogoleto, a causa del mancato pagamento del canone di affitto della sede di via Gioiello, fu costretto a confluire presso la compagnia di Arenzano;
   nel corso di questi anni le unità dei carabinieri in servizio presso la locale stazione sono passate da otto a quattro con le conseguenti notevoli difficoltà di operatività per il controllo del territorio;
   l'amministrazione comunale su iniziativa del sindaco inizialmente aveva proposto, in sede di comitato provinciale per la sicurezza e l'ordine pubblico, una nuova sede senza però ricevere da parte dell'Arma parere positivo in quanto si riteneva necessario uno spazio maggiore che i locali di villa Nasturzio, presso i quali è ospitata la biblioteca comunale, non erano in grado di offrire; 
   nel maggio 2013 il consiglio comunale approva all'unanimità un ordine del giorno in cui si esprime la volontà della città di Cogoleto di poter mantenere la stazione dell'arma dei Carabinieri;
   si costituisce anche un comitato cittadino che raccoglie oltre 2000 firme a sottoscrizione di una petizione rivolta alle istituzioni affinché la locale stazione non fosse soppressa;
   l'amministrazione comunale ha inoltre avanzato la proposta di concedere gratuitamente un immobile con spazi adeguati e funzionali alle esigenze dell'Arma presso l'area della ex tubi ghisa, impegnandosi anche a pagare le utenze pur di evitare che l'Arma chiuda il proprio presidio a Cogoleto;
   il 20 gennaio 2014 il consiglio comunale ha approvato un nuovo ordine del giorno attraverso il quale è stata ribadita l'assoluta priorità di mantenere la presenza dell'Arma in relazione alle note problematiche di ordine pubblico;
   si è in presenza di una comunità di oltre 9 mila abitanti e d'estate, essendo Cogoleto una importante meta turistica della riviera, essa vede triplicarsi le presenze con tutte le conseguenze che questo comporta in termini di esigenze di sicurezza e controllo del territorio –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare per verificare presso il competente comando provinciale e regionale dei Carabinieri quanto esposto in premessa, garantendo conseguentemente il mantenimento della stazione dell'Arma dei carabinieri presso il comune di Cogoleto, con l'obiettivo di assicurare una prossimità territoriale efficiente ed efficace in grado di rispondere alla domanda di sicurezza dei cittadini. (5-02048)


   DURANTI e PIRAS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, ha previsto la specificità del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ed ha attribuito un ruolo negoziale ai COCER;
   l'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n. 255, comma 1, lettera b), prevede che «L'Amministrazione informa preventivamente i COCER in ordine [...] ai criteri per la destinazione, l'attribuzione e modalità di attribuzione delle risorse di cui all'articolo 5, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 171.»;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 52 del 2009, articolo 5, comma 5 stabilisce che «nella definizione dei criteri di ripartizione delle somme destinate ai fondi per l'efficienza dei servizi istituzionali sarà assicurato il ruolo della Rappresentanza Militare, ai sensi della normativa vigente al momento della suddetta ripartizione»;
   l'articolo 5, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 171 del 2006 recita testualmente che «Con decreto del Ministro della difesa, su proposta del Capo di Stato Maggiore della Difesa, sentiti gli organi di vertice di Forza armata e previa informazione, ai sensi dell'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n. 255, alle rappresentanze militari centrali, sono annualmente determinati i criteri per la destinazione e l'utilizzazione delle risorse indicate ai commi 1 e 2, disponibili al 31 dicembre di ciascun anno, nonché le modalità applicative concernenti l'attribuzione dei compensi previsti dal presente articolo»;
   risulta agli interroganti che lo Stato Maggiore della Difesa, contravvenendo alle leggi ed alle norme soprarichiamate, abbia sottoposto alla firma del Ministro della difesa il decreto di attribuzione del fondo efficienza servizi istituzionali (FESI) relativo all'E.F. 2012 senza il previsto parere della rappresentanza militare (COCER);
   il Cocer Comparto Difesa, con due differenti delibere (delibere n. 1 del 18 giugno 2013 e n. 2 del 26 giugno 2013), ha denunciato questa problematica chiedendo, per il tramite del Capo di stato Maggiore della Difesa, di interessare il Ministro della difesa ed al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione esigendo urgenti chiarimenti anche per l'eventuale avvio delle procedure di raffreddamento dei conflitti di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 195 del 1995 nonché ha chiesto di ritirare il provvedimento relativo al F.E.S.I. anno 2012 al fine di riportarlo in un alveo democratico e di legittimità –:
   se quanto illustrato in premessa corrisponda al vero;
   se intenda riconoscere al Cocer il ruolo negoziale riconosciuto dall'articolo 19, comma 3, della legge 4 novembre 2010, n. 183;
   se intenda, come chiesto dal Cocer Comparto Difesa, ritirare il provvedimento relativo al Fondo efficienza servizi istituzionali (FESI) relativo all'E.F. 2012 emanato senza il previsto parere della rappresentanza militare (COCER) al fine di riportarlo in un alveo democratico e di legittimità;
   se intenda far pervenire al Cocer Comparto Difesa, ai sensi dell'articolo 5, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 171 del 2007, lo schema del decreto del Ministro della difesa attributivo del fondo riguardante l'E.F. 2012 al fine di rispettare quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 255 del 1999;
   se intenda, relativamente al fondo efficienza servizi istituzionali (FESI) relativo all'E.F. 2013, istituire in tempi brevi un tavolo tecnico che si confronti con il Cocer sui criteri determinativi e attributivi del «terzo pilastro» che come comunicato al Cocer con la lettera dello Stato Maggiore Difesa protocollo n. M–D SSMD 0054514 17.06.2013 è stato attivato a partire dal corrente anno. (5-02051)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   le precipitazioni atmosferiche dell'ultimo periodo hanno accentuato ulteriormente le criticità presenti nel comprensorio di Pomarico in provincia di Matera sotto il profilo del dissesto idrogeologico;
   Pomarico è un importante centro della Val Basento purtroppo storicamente esposto al rischio frane;
   nella scorsa legislatura con due diverse interrogazioni la n. 3-02072 e la n. 3-01765 l'interrogante aveva posto ai Governi in carica le questioni concernenti la delicata situazione in cui versa il territorio di Pomarico in particolare per la sicurezza e la incolumità di persone ed edifici compresa la scuola elementare;
   le priorità, infatti, si chiamano Fosso Capo d'inferno che è appunto il fronte più vicino all'istituto delle elementari, Piana Pacilio per il quale è stato presentato anche un progetto presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in attesa di finanziamento, nonché Fosso San Pietro che interessa diverse abitazioni e anche un depuratore;
   si tratta di porre in essere interventi con la massima urgenza per evitare che il rischio possa trasformarsi in tragedia –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda attivare per mettere in sicurezza il comprensorio di Pomarico a partire dalle priorità indicate in premessa. (5-02049)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LACQUANITI, DI SALVO e KRONBICHLER. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con comunicato stampa di metà dicembre 2013, ANAS Spa ha reso noto di aver ottenuto, da parte dei proprietari di aree necessarie alla realizzazione di parte (circa 1,5 chilometri) del raccordo autostradale tra la A4 e la Valtrompia, l'accordo per l'acquisizione delle relative aree e di versare entro il 31 dicembre 2013 le somme concordate con gli stessi;
   nell'occasione l'assessore ai lavori pubblici della provincia di Brescia ha affermato che entro luglio 2014 inizieranno i lavori da parte di ICS Grandi Lavori Spa, essendo attualmente in corso la definizione del cronoprogramma dei lavori da parte di ANAS;
   a distanza di diciotto anni dalla prima proroga 1996 della concessione (oggi con scadenza al 2026) senza gara d'appalto, dell'autostrada Bs-Pd nella quale fu concepito per la prima volta a spese della concessionaria, la realizzazione del raccordo autostradale tra la A4 e la Val Trompia, è completamente cambiato il quadro di riferimento programmatico in cui tale raccordo autostradale fu collocato;
   appare quindi necessario valutare con attenzione se la scelta di diciotto anni fa sia ancora saggia ed attuale, oppure debba essere considerata obsoleta e da rivedere alla luce della situazione presente e delle prospettive future;
   si consideri pure che l'attuale procedura in corso per l'acquisizione delle aree da parte di ANAS può essere felicemente risolta (senza alcuna penale per i contraenti) dalla «Clausola risolutiva espressa “presente nella proposta contrattuale sottoscritta dalle parti,” che non avrà alcuna efficacia nel caso in cui l'opera non abbia a realizzarsi, per mancata conclusione della procedura di gara ovvero per impossibilità ad eseguire i lavori per causa non imputabile ad ANAS Spa (....)»;
   la necessità di rivedere un quadro programmatico di infrastrutture ormai obsoleto, inadeguato e superato dalla realtà, e non più rispondente alle aspettative future, è confermato anche dalle sentenze del TAR Brescia n. 859 del 2008, n. 2072 del 2010 e del Consiglio di Stato n.04457/2011, che sentenziano il rifacimento ab initio di tutta la procedura per la realizzazione del raccordo autostradale Valtrompia, e di tutte le relative autorizzazioni, dal progetto generale alla valutazione ambientale, dalla gara d'appalto alla deliberazione di pubblica utilità del CIPE n. 12 del 27 maggio 2004, ormai dichiarata decaduta, nonché di tutti i relativi atti ed autorizzazioni;
   peraltro ANAS non si è affatto adeguata alle sentenze sopra indicate, che richiedono il rifacimento di tutta la procedura per la realizzazione dell'opera fin dall'inizio, da una nuova approvazione del progetto generale alla valutazione ambientale, dalla conferenza di servizi alla gara d'appalto, dalla riedizione della dichiarazione di pubblica utilità (anch'essa scaduta) di cui alla suddetta deliberazione CIPE n. 12 del 2004, al rinnovo di ogni autorizzazione prevista dalla procedura;
   il necessario adeguamento di ANAS alle citate sentenze, imporrebbe perlomeno il rifacimento della valutazione ambientale, necessaria perché il quadro di riferimento programmatico su cui si è basata la VIA del 2002 è completamente cambiato, sia sotto l'aspetto trasportistico che infrastrutturale ed urbanistico. Infatti:
    da quasi un anno è entrata in funzione la metropolitana di Brescia che giunge alle porte della Valle Trompia, il cui progetto prevede il prolungamento in valle; infrastruttura dichiarata concorrenziale ed alternativa al raccordo autostradale della Val Trompia nel parere VIA della regione Lombardia espresso sul raccordo autostradale;
    nell'anno 2006 è entrata in funzione una nuova strada parallela al tratto di raccordo autostradale che ANAS intende ora realizzare. Questa nuova infrastruttura (inesistente ai tempi della VIA del 2002) assolve alla stessa funzione della nuova costruzione prevista di parte del raccordo autostradale, drenando oltre 10.000 veicoli giorno dalla SP 345, come rilevato dallo studio del Politecnico di Milano. Inoltre, la realizzazione del progetto di messa in sicurezza della SP 345 da parte della provincia di Brescia (progetto meritevole di essere completato ed implementato) con eliminazione di semafori, attraversamenti a raso e la creazione, di rotatorie ha reso fluido il traffico, togliendo ogni significato e funzionalità al previsto raccordo autostradale tra la A4 e la Valtrompia;
    a seguito della delocalizzazione di oltre 400 aziende dal centro produttivo della valle nel comune di Lumezzane, causata dalla forte concorrenza orientale sulla produzione tipica locale di valvolame e casalinghi, si è verificato un calo demografico del comune di Lumezzane. Questo ha causato una forte contrazione dei prezzi degli immobili industriale ed abitativi, con condizioni di sfitto mai viste dalla fine della guerra. È in corso il rifacimento dello strumento urbanistico comunale perché nessuna delle dieci lottizzazioni previste dal precedente Piano di governo del territorio è stata avviata –:
   se non ritenga necessario, al fine di garantire i principi di tutela dell'ambiente e del territorio, assumere iniziative affinché ANAS Spa si adegui alle sentenze citate con il rifacimento della procedura, compresa la valutazione di impatto ambientale, come imposto dalle medesime sentenze;
   se non si ritenga di intervenire al fine di evitare un cattivo uso di denaro pubblico, per mancata ottemperanza di ANAS Spa alle citate sentenze, ormai definitive e inappellabili, nei procedimenti in cui ANAS è rimasta soccombente;
   se non si reputi più opportuno, alla luce di quanto suesposto, che i fondi stanziati nel piano finanziario dell'autostrada Bs Vr Vi Pd Spa destinati al raccordo autostradale tra la A4 e la Valtrompia, siano dirottati nel prolungamento della metropolitana di Brescia, coinvolgendo nella struttura societaria sia ANAS Spa che la concessionaria autostradale, sul modello dell'autobrennero per la realizzazione del Brenner Basic Tunnel. (4-03417)


   SIBILIA, SCAGLIUSI, MANNINO e PARENTELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Monteforte Irpino (Avellino), con atto consiliare n. 78 del 29 gennaio 2004, ha ceduto a titolo gratuito, per causa di pubblica utilità, al provveditorato delle opere pubbliche un suolo di proprietà comunale, nella maggiore consistenza dell'area in catasto terreni individuata al foglio 27 particella 8, sito in località Santa Maria, per realizzare la Caserma dei carabinieri con l'onere modale della retrocessione a favore dello stesso comune nel caso di mancato inizio dei lavori entro il termine di 18 mesi dall'adozione del deliberato;
   con atto pubblico amministrativo del 6 giugno 2006, numero di repertorio 8947, il terreno è entrato nella materiale disposizione dell'Agenzia del demanio dello Stato;
   dall'anno 2006 i lavori relativi alla costruzione della caserma dei carabinieri del comune di Monteforte Irpino, oggetto di finanziamento per un importo pari a euro 1.000.000,00 sul capitolo 7341 del bilancio 2004 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed appaltati (a corpo) per un importo pari a euro 770.462,24 con contratto rep. 8791 del 7 ottobre 2005, non risultano terminati né sono pervenute comunicazioni da parte del provveditorato ai lavori pubblici sul termine finale di detti lavori, stagnanti per mancanza di fondi e/o storno degli stessi per altre infrastrutture;
   in seguito al protrarsi di una condizione di sostanziale abbandono della struttura, ridotta ad uno scheletro in muratura e diventata rifugio di animali randagi pericolosi soprattutto per i bambini del campus scolastico «I.C. Aurigemma» situato a brevissima distanza, il consiglio comunale di Monteforte Irpino ha offerto in uso temporaneo gratuito al comando provinciale dei carabinieri alcuni locali ubicati presso la casa della cultura in piazza Umberto allo scopo di garantire un presidio di legalità, sul territorio ed in attesa che la struttura abbandonata venga finalmente realizzata;
   il comune di Monteforte Irpino, con delibera consigliare n. 59 del 29 novembre 2011, ha deciso di dare mandato all'avvocatura comunale in mancanza di concrete assicurazioni sulla data di completamento della caserma, di studiare ogni forma di tutela giuridico-amministrativa per la restituzione del suolo concesso in proprietà al Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti previo eventuale abbattimento del manufatto a tutt'oggi realizzato a totale spese del predetto Ministero, con la quantificazione del relativo danno materiale e all'immagine per il comune di Monteforte Irpino e denuncia alla procura generale della Corte dei Conti;
   il Cipe ha assegnato, tramite la delibera n. 34 del 2012 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 15 maggio 2012, ulteriori euro 1.090.000,00 per il completamento della caserma dei carabinieri di Monteforte Irpino –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente della situazione esposta in premessa e quali iniziative concrete intendano assumere al fine di dare risposte certe ai cittadini di Monteforte Irpino in merito alla realizzazione definitiva della caserma dei carabinieri. (4-03418)


   MASSIMILIANO BERNINI, MANNINO, SIBILIA e PARENTELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con regio decreto del 12 luglio 1923 venne approvato il progetto degli invasi del Salto e del Turano nella provincia di Rieti;
   i lavori che vennero affidati alla «Terni – Società per l'industria e l'elettricità», comportarono dal 1936 e il 1939 l'esproprio di terreni sottratti alla produzione agricola unica fonte di sostentamento di quelle zone montane, nonché la perdita di abitazioni, con prezzo di esproprio concesso di modesta entità;
   la costruzione delle due dighe provocò l'inondazione e l'abbandono di interi paesi;
   il disciplinare che secondo il testo unico del regio decreto n. 1775 del 1933 avrebbe dovuto essere realizzato dal genio civile di Rieti e che avrebbe dovuto garantire i privati e i comuni, fu approvato dal Ministero dei lavori pubblici il 22 giugno 1950, più di dieci anni dopo la conclusione dell'opera stessa;
   in quegli anni la battaglia per ottenere equi o reali indennizzi da parte dell'Enel interessò tutto il Paese e nel 1955 nacque un forte movimento dei comuni rivieraschi d'Italia che, in materia, avanzò precise rivendicazioni;
   la vertenza dei comuni interessati si è protratta per decenni senza mai concludersi; nel frattempo vi è stata la privatizzazione dell'Enel e questa ha ceduto all'ENDESA i bacini del Salto e del Turano –:
   se i crediti che le popolazioni del Salto e del Turano avevano nei confronti dell'ENEL siano transitati all'ENDESA;
   se non si ritenga opportuno, anche in considerazione della partecipazione statale in Enel, acquisire ogni elemento utile su quanto su esposto al fine di porre positivamente fine a questa lunga e complessa vicenda, assumendo le iniziative di competenza per sbloccare finalmente il pagamento dei crediti per le popolazioni delle Valli del Salto e del Turano, che tanto hanno pagato per la costruzione degli invasi. (4-03425)


   MASSIMILIANO BERNINI, DAGA, LOREFICE, NICOLA BIANCHI, CRISTIAN IANNUZZI e MANNINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Acquapendente in provincia Viterbo, presso l'area Ex Enaoli, è presente dal 2011 una piazzola che assolve alla funzione di eliporto per il servizio di elisoccorso regionale;
   tale servizio è più che necessario, soprattutto per i comuni di Acquapendente, Onano, Proceno, San Lorenzo Nuovo che distano dal più vicino P.O. attrezzato, Ospedale Belcolle di Viterbo, circa 66 chilometri, con tempi di percorrenza medi di un'ora e mezza a causa della inadeguata viabilità che serve tutta l'alta Tuscia viterbese;
   per scongiurare la morte nei soggetti colpiti da sindrome coronarica acuta (SCA), è necessario intervenire al massimo entro un'ora dalla sua manifestazione, sottoponendo il paziente a trattamento emodinamica che nella provincia di Viterbo è garantito solo presso il P.O. del Belcolle;
   nonostante siano trascorsi alcuni anni dalla sua realizzazione, l'eliporto risulta ancora non collaudato, quindi inutilizzabile, a causa di alcuni tralicci elettrici nelle immediate vicinanze;
   attualmente il servizio di elisoccorso per il comprensorio in questione, utilizza nelle ore diurne il campo di calcio comunale come eliporto di fortuna, mentre nelle ore notturne, risulta essere impossibilitato, per mancanza di una superficie attrezzata;
   è stata presentata un'istanza a giugno 2011 da parte del presidente della commissione lavori pubblici, all'allora presidente della giunta regionale del Lazio Renata Polverini, sollecitandola ad intervenire nei confronti della società Enel per la risoluzione del problema e che ad oggi, non ha ottenuto alcuna risposta da parte dei soggetti pubblici e privati coinvolti;
   il sindaco del comune di Acquapendente, a seguito di un caso di «malasanità» avvenuto nel 2012, ha segnalato questa criticità, oltre ai tagli lineari della sanità del Lazio che vanno a colpire in modo particolare il servizio di primo soccorso;
   per collaudare e rendere quindi operativo l'eliporto, sarebbe necessario l'interramento della linea elettrica aerea che attualmente entra in conflitto con l'operatività degli aeromobili adibiti al pronto soccorso –:
   se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché siano ultimati i lavori di interramento delle linee elettriche. (4-03426)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   alcune testate giornalistiche hanno riportato nei giorni scorsi la notizia della mancata promozione a generale del capitano Sergio De Caprio, assurto agli onori della cronaca come «Capitano Ultimo», quando condusse l'operazione che portò alla cattura del pericoloso e da anni latitante boss di cosa nostra Salvatore Riina;
   in base alle indiscrezioni apparse sulla stampa, il mancato avanzamento del capitano sarebbe da ricondurre ad un vizio procedurale, non avendo egli ricoperto, come richiesto dalla specifica normativa, l'incarico di comandante provinciale per un biennio;
   appare singolare tuttavia che benché tale vizio, possa essere facilmente sanato, permettendo al capitano di tornare ad operare presso il raggruppamento operativo speciale come da suo stesso desiderio, nucleo, peraltro, nel quale il capitano ha già svolto servizio ottenendo brillanti risultati, dai vertici dell'Arma continui a non arrivare alcuna disposizione in tal senso;
   il capitano De Caprio ha sempre svolto con grandissimo impegno il proprio incarico, riuscendo a concludere operazioni investigative che hanno portato lustro all'Arma, e mettendo a serio rischio la propria incolumità personale –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e, se del caso, quali opportuni provvedimenti intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, affinché al capitano De Caprio possa essere riconosciuto a pieno titolo l'impegno da sempre profuso nello svolgimento del proprio incarico. (4-03415)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   è arrivata negli scorsi giorni la conferma ufficiale dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca riguardante le date dei prossimi test 2014 per l'ammissione ai corsi di laurea universitaria in medicina ed odontoiatria, che si svolgeranno tra marzo ed aprile 2014;
   questa scelta sembra essere stata dettata soprattutto per ragioni di tempistiche organizzative poiché a causa delle numerose rinunce e dei conseguenti ripescaggi, svolgere il test ancora a settembre 2014 avrebbe causato, per alcuni studenti ripescati, la perdita completa del primo semestre di lezione;
   come lo scorso anno, i test di ammissione di medicina ed odontoiatria saranno a graduatoria nazionale e sarà così possibile per ogni studente effettuare un solo test e scegliere successivamente in base al proprio punteggio ed alle proprie preferenze, prestabilite al momento dell'iscrizione, l'università da frequentare;
   la preparazione al test di medicina ed odontoiatria per l'anno accademico 2014-2015 risulterà per molti studenti più complicato degli stessi anni perché sarà contemporanea allo studio in vista degli esami di maturità 2014;
   nello stesso tempo potrebbe avere le ore contate il numero chiuso alla facoltà di medicina, dal momento che oltre mille degli studenti esclusi dai test di ammissione del mese di settembre 2013 potranno iscriversi alla facoltà dopo aver vinto il maxi ricorso al Tar del Lazio e altri cinquemila sono in attesa di una sentenza dei giudici;
   intanto la maggioranza degli studenti in Italia chiede al Ministro che venga abolito il numero chiuso ai corsi di medicina, poiché il rischio è quello dei ricorsi anno dopo anno. Il TAR del Lazio con una sentenza di pochi giorni fa ha ritenute fondate le ragioni dei ricorsi presentati dagli studenti per l'ambigua gestione del bonus maturità, prima dichiarato valido e, poi, annullato all'ultimo momento. In questo modo oltre mille studenti a cui era stata bloccata l'iscrizione all'università hanno potuto immatricolarsi. È la prima volta che viene riammesso un così elevato numero di studenti dopo un ricorso a un test di ammissione ad una facoltà a numero chiuso;
   l'istituzione del numero chiuso a medicina risale per alcune università come la Cattolica all'anno accademico 1961-62: anno di inizio del corso di laurea, ma si è poi estesa a tutti gli atenei per poter garantire a tutti i neolaureati non solo l'acquisizione delle conoscenze teoriche, ma anche il preciso e concreto sviluppo di competenze pratiche, indispensabili nell'esercizio, sia pure iniziale della professione medica;
   la Conferenza nazionale dei presidi delle facoltà di medicina e chirurgia, la Conferenza nazionale dei presidenti dei corsi di laurea in medicina e chirurgia e la Società italiana di pedagogia medica hanno sempre ritenuto indispensabile calibrare il numero degli studenti iscritti alla effettiva potenzialità formativa dell'ateneo, sia in termini di logistica, numero e capienza delle aule, sia in termini di potenziale formativo numero di docenti e di tutori clinici, sia in termini di effettive esperienze cliniche possibili, numero di posti letto, inclusi i posti di day hospital e di day surgery e possibilità di tirocini nei laboratori di diagnosi (sia quelli per immagini che quelli di biochimica clinica e di microbiologia e altro). Essendo la salute un bene che la Costituzione considera un diritto universale, è dovere delle istituzioni proposte alla formazione garantire l'acquisizione dei livelli di conoscenza e competenza fondamentali;
   gli studenti ora chiedono una sanatoria che garantisca i diritti di tutti coloro i quali abbiano sostenuto il test nell'anno 2013-2014, includendo anche l'annullamento del test previsto per il prossimo aprile 2014-2015;
   a ciò si aggiunge l'altro enorme problema rappresentato questo anno dallo scollamento tra il numero degli iscritti al corso di laurea e il successivo numero di contratti di formazione per gli specializzandi, con la ben nota discrepanza di questo anno che a fronte di 7000 laureati prevede meno di 3.500 contratti di formazione –:
   in che modo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda garantire la qualità della formazione degli studenti che si iscriveranno quest'anno, anche attraverso l'identificazione realistica del numero di contratti di formazione per le successive specializzazioni, che – vale la pena ricordare alla luce della normativa europea – risultano imprescindibili per l'esercizio della professione medica all'interno del Servizio sanitario nazionale; 
   in che misura ritenga che in un prossimo futuro – sia pure abolendo i test, i cui quesiti non sempre risultano significativi – si possano selezionare gli studenti da iscrivere, dal momento che, almeno per questo anno appena trascorso, le domande superavano di gran lunga la cifra di 80.000. (3-00601)


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nell'ultimo Consiglio dei ministri il Ministro interrogato ha presentato il nuovo Programma nazionale della ricerca 2014-2020 che dovrà essere approvato dal CIPE;
   il Programma delinea la strategia nazionale per la ricerca ed è di particolare interesse non solo per chi si occupa di ricerca ma anche per tutto il progetto di innovazione e di sviluppo del Paese. È stato presentato un modello di programmazione che passa dai tre anni attuali ai sette anni per consentire una migliore pianificazione delle ricerche più innovative;
   si tratta di un documento molto atteso dal sistema italiano della ricerca in quanto l'ultimo PNR 2011-2013, approvato con delibera CIPE del 23 marzo 2011, è definitivamente scaduto anche perché non è stato aggiornato annualmente come previsto dalla legge (cfr articolo 1 decreto legislativo n. 204 del 1998);
   il programma presentato dal Ministro delinea un percorso innovativo condivisibile per la sua proiezione settennale ma che lascia perplessi per il metodo in quanto la legislazione vigente prevede un programma triennale aggiornato annualmente per cui sarebbe auspicabile una revisione del quadro normativo;
   nel documento si preannuncia uno stanziamento di 900 milioni di euro l'anno, per 6,3 miliardi complessivi. A queste risorse si aggiungeranno le risorse degli altri Ministeri o enti finanziatori, che confluiranno nel Pnr. Il Ministro ha anche messo in evidenza come per la prima volta in Italia, tutti i Ministeri si coordineranno per fornire ai ricercatori italiani un quadro di riferimento unico, spendibile a livello europeo in modo maggiormente competitivo. Sembra quindi che finalmente saranno applicate le disposizioni di legge evitando rilievi della Corte dei conti come quelli fatti con la deliberazione n. 3/2012 della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato;
   il Piano dovrebbe nascere dalla collaborazione fra tutti gli interlocutori impegnati nella ricerca, a partire dal Ministero dello sviluppo economico. Per questo verranno costituiti comitati di programma (CP) specifici per ciascuna linea di intervento, formati da rappresentanti dei principali enti pubblici e privati partecipanti a quell'intervento, in primo luogo le regioni, che definiranno linee guida e programmi. Sono stati comunque già definiti alcuni temi strategici, raggruppati in undici macroaree, che vanno dalla biomedicina alla bioeconomia, dall'ambiente all'agenda digitale;
   gli obiettivi sono molto ambiziosi e, oltre a rilanciare la ricerca in Italia, puntano ad avviare Grandi progetti nazionali di innovazione, a creare nuova occupazione, a favorire la crescita dell'autonomia dei nostri ricercatori e a trasferire non solo tecnologie e brevetti, ma anche le competenze che fanno da base, all'interno di una cornice del sistema Paese;
   il programma si articola su tre assi prioritari: la formazione di persone altamente qualificate da inserire nel tessuto produttivo del Paese; l'identificazione di un numero limitato di progetti tematici importanti per non disperdere risorse e infine la promozione della capacità d'innovare e di competere da parte del sistema delle imprese, in particolare delle piccole e piccolissime;
   il trasferimento di conoscenze e competenze, dal mondo della ricerca al sistema produttivo, con ricadute in termini di occupazione, costituisce forse l'elemento più innovativo e valorizza il patrimonio di cultura professionale che caratterizza il made in Italy, nuove forme di collaborazione tra sistema di ricerca pubblico e privato, con un modello analogo a quello europeo;
   il Programma italiano in questo modo sarà coerente, come richiesto dalla legge, al programma di ricerca europeo, Horizon 2020, nella scelta dei temi, nelle procedure e nei tempi;
   se da una parte è apprezzabile lo sforzo e sono condivisibili gli obiettivi fondamentali per delineare una seria ed efficace politica nazionale della ricerca che coinvolga tutti i livelli decisionali, che abbia tempi sostenibili e priorità chiare e chiaramente integrate nel contesto dello spazio europeo della ricerca, dall'altra non si può non sottolineare la mancanza di un sistema legislativo coerente;
   il sistema dell'università e della ricerca ha gradualmente ha perso la sua specificità normativa rispetto alle altre amministrazioni e l'autonomia tutelata dall'articolo 33 comma 6 della Carta Costituzionale è stata ridimensionata. Un sistema nel quale esistono troppi vincoli normativi e misure di contenimento della spesa che soffocano il sistema; il quadro giuridico relativo alle professionalità impegnate nell'università, negli enti pubblici nazionali di ricerca e nelle strutture private che fanno ricerca risulta inadeguato in quanto frammentato e disorganico. Manca una cornice normativa che tenendo conto delle distinzioni di ruoli e di contesto in cui operano le diverse figure consenta una flessibile circolazione del capitale umano;
   si pensi solo che a legislazione vigente un ente nazionale di ricerca, che prima di procedere al reclutamento è obbligato ad attivare procedure di mobilità da altre amministrazioni, se identifica un docente universitario che si vuole spostare dall'università all'ente non può prenderlo in mobilità per vincoli normativi (impossibilità di cessione del contratto ex articolo 30 decreto legislativo n. 165 del 2001) –:
   in che modo il Miur intenda procedere per riconoscere specificità e autonomia del sistema dell'università e della ricerca e valorizzare la mobilità tra i ricercatori inseriti in diverse realtà professionali: università, enti di ricerca, uffici studi di aziende e altri riducendo le differenze che esistono tra di loro, sia a livello contrattuale che di prospettiva di carriera. (3-00604)

Interrogazione a risposta scritta:


   IACONO e ALBANELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 gennaio 2014 il TAR Lazio, con propria sentenza ha sancito il diritto dell'Istituto superiore di studi musicali provinciale di Teramo ad essere statizzato entro 30 giorni pena il commissariamento ad acta, condannando il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per inerzia;
   la legge n. 508 del 1999 all'articolo 2, commi 2 e 7, dispone la trasformazione degli istituti ex pareggiati in Istituti superiori di studi musicali e coreutici e la conseguente emanazione di appositi regolamenti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
   nonostante siano trascorsi oltre 13 anni l'applicazione delle norme sopracitate non è ancora possibile e molti istituti ex pareggiati si trovano in condizioni di limbo giuridico con il conseguente rischio di cessare le proprie attività e di non potere programmare l'attività didattica futura;
   allo stato attuale in Italia vi sono 18 Istituti musicali parastatali (istituiti e finanziati da comuni o province) che pur garantendo un'offerta formativa d'eccellenza ai propri allievi non sono nelle condizioni di completare l’iter per l'effettiva statizzazione;
   vista la sentenza del Tar della regione Lazio che rispetto all'Istituto musicale provinciale di Teramo ha sancito un pieno diritto alla statizzazione si ritiene che vi siano tutte le condizioni per potere garantire il diritto alla statizzazione anche degli altri Istituti musicali presenti nel territori nazionale;
   inoltre l'interrogante nel maggio del 2013 a supporto di quanto fin qui espresso ha provveduto alla sottoscrizione di una proposta di legge, primo firmatario onorevole Luisa Albanella, avente come oggetto «Norme per la statizzazione degli ex istituti musicali pareggiati», nella quale si ribadisce che l'attuazione del processo di statizzazione degli ex IMP non comporta oneri finanziari aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, né alcun incremento della pianta organica dello Stato, in quanto, nell'ambito del riordino generale e della razionalizzazione del sistema dell'AFAM che risponde a criteri di efficienza, risparmio e qualità, il passaggio del personale docente e non docente degli ex IMP, all'atto della statizzazione, avviene tramite inquadramento in sovrannumero nei ruoli dello Stato, con graduale assorbimento sui posti resi annualmente vacanti e disponibili a seguito delle cessazioni dal servizio, entro i limiti dell'attuale pianta organica statale relativa al comparto dell'AFAM;
   inoltre la razionalizzazione del sistema dell'AFAM conseguente all'attuazione della proposta di legge consentirebbe di includere nel sistema statale territori geografici fino ad oggi non coperti né finanziati direttamente dallo Stato, in considerazione del fatto che gli attuali enti finanziatori non sono più in grado di supplire lo Stato nella funzione di gestione di questa importantissima funzione –:
   alla luce della recente sentenza del TAR quale sia la volontà del Ministro interrogato circa l'avvio del processo di statizzazione per i numerosi istituti pareggiati presenti nel territorio nazionale;
   quali interventi il Ministro intenda promuovere per garantire l'offerta formativa degli istituti parastatali presenti nel territorio nazionale. (4-03411)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   l'INPS è tra i più grandi e complessi enti previdenziali d'Europa, gestisce la quasi totalità della previdenza italiana ed ha un bilancio che per entità è il secondo dopo quello dello Stato. Sono assicurati all'Inps la maggior parte dei lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato e dei lavoratori autonomi;
   il presidente dell'INPS è il rappresentante legale dell'istituto. È nominato con decreto del Presidente della Repubblica e dura in carica 4 anni;
   il presidente dell'Inps predispone il bilancio e i piani di spesa e investimento, attua le linee di indirizzo strategico dell'istituto e regolamenta l'organizzazione del personale e degli uffici, può assistere alle sedute del consiglio di indirizzo e vigilanza;
   la figura del presidente, nell'attuale struttura organizzativa dell'ente, racchiude in sé tutti i poteri, ma è molto rischioso e contrario a principi di buona amministrazione affidare nelle mani di una sola persona la responsabilità di un ente che ha il secondo bilancio più grande per entità, dopo lo Stato, sul quale la Corte dei conti, nel dicembre 2013, ha lanciato un allarme perché sia messo in sicurezza, avendo rilevato un aumento del deficit e il primo disavanzo finanziario della sua storia; è necessario che sia approvata con urgenza una riforma della governance dell'ente, che – sulla base dell'avviso comune del 26 giugno 2012 sottoscritto da CGIL, CISL, e UIL, e da Confindustria – reintroduca un consiglio di amministrazione che affianchi il consiglio di sorveglianza e sostituisca la figura del presidente;
   seguire la soluzione individuata dai sindacati può consentire di procedere speditamente nella riforma, evitando che si ripetano situazioni come quella del dimissionario presidente Mastrapasqua, la cui vicenda merita qui di essere ricordata;
   Antonio Mastrapasqua è stato presidente dell'INPS dal luglio del 2008, con incarico rinnovato fino al 31 dicembre 2014 con il decreto legge Salva-Italia, per realizzare la fusione tra INPS, INPDAP e ENPALS;
   la nomina a presidente dell'Inps di Mastrapasqua ha fatto seguito all'incarico di consigliere di amministrazione per i precedenti quattro anni (2004-2008). Dal luglio al dicembre 2008 egli è stato commissario straordinario del consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ) dell'Inps. Per poco più di un anno (ottobre 2008-novembre 2009) è stato presidente del comitato di settore degli enti pubblici non economici (Epne). Rappresenta l'Inps nella partecipata Equitalia;
   ma gli incarichi di Mastrapasqua, come noto ormai a tutt'Italia, sono numerosi. La lista seguente, diffusa dai giornali, prova a riassumerli:
   a) incarichi nel settore privato:
    presidente Idea Fimit: la più grande società immobiliare italiana;
    direttore generale Ospedale Israelita: nosocomio con tre sedi a Roma;
    amministratore unico della Litorale spa: azienda per lo sviluppo del litorale laziale;
   b) incarichi negli enti pubblici:
    presidente dell'Inps;
    commissario del «super Inps»: nato dalla fusione di Enpals, Inpdap e Inps;
    vicepresidente esecutivo di Equitalia: agenzia riscossione tributi;
   c) incarichi tra consigli di amministrazione, collegi sindacali e presidenze:
    Equitalia Sud spa, Presidente, Equitalia Nord spa, vice Presidente, Equitalia Centro spa Amministratore Delegato, Italia Previdenza spa, Direttore Generale, Aeroporti di Roma Engineering spa, Presidente del Collegio Sindacale, Aquadrome srl, Presidente del Collegio Sindacale, Cons. Cert. Qualità Impianti Presidente del Collegio Sindacale, EMSA Servizi spa (in liquidazione) Presidente del Collegio Sindacale, Eur Congressi Roma srl Presidente del Collegio Sindacale, Eur Power srl. Presidente del Collegio Sindacale, Eur Tel srl Presidente del Collegio Sindacale, Fondetir Fondo Pensione Complementare Dirigenti Presidente del Collegio Sindacale, Groma s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale, Italia Evolution s.p.a. (in liquidazione) Presidente del Collegio Sindacale, Mediterranean Nautilus Italy s.p.a. Presidente del Collegio Sindacale, Quadrifoglio Immobiliare s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale, Rete Autostrade Mediterranee s.p.a. Presidente del Collegio Sindacale, Telecontact Center s.p.a. Presidente del Collegio Sindacale, Telenergia s.r.l. Sindaco Effettivo, Autostrade per l'Italia s.p.a. Sindaco Effettivo, Autostar Holdeing s.p.a. Sindaco Effettivo, CONI Servizi s.p.a. Sindaco Effettivo, Fandango s.r.l. Sindaco Effettivo, Loquenda s.p.a. Sindaco Effettivo, Pa.th.net s.p.a. Sindaco Effettivo, Terotec Sindaco Effettivo, Spirai Tools s.p.a. Sindaco Effettivo, Pastificio Bettini Zannetto s.p.a. Sindaco Effettivo, Consorzio Elis per la Formazione Professionale Superiore Sindaco Supplente – Telecom Italia Media s.p.a. Revisore – Almaviva s.p.a. Consigliere di Gestione, Centro Sanità s.p.a, Liquidatore, Office Automation Products srl;
   secondo la stampa Mastrapasqua avrebbe precisato che i suoi incarichi sono soltanto nove oltre alla presidenza Inps (Equitalia, IdeaFimit, Ospedale Israelitico, Telenergia, Med Nautilus, Adr Engineering, Autostrade per l'Italia, Coni Servizi e Loquendo) e non venticinque. Fossero anche nove, sarebbero comunque troppi per una figura istituzionale chiamata a gestire un Ente come l'INPS, considerati l'alto rischio di conflitti di interesse che possono determinarsi;
   sarebbe opportuno che la legge, in questo e in altri casi, preveda incompatibilità nette che impediscano ai manager pubblici di avere più incarichi;
   quanto al potenziale conflitto di interessi, questo si è manifestato chiaramente il 25 gennaio 2014, quando gli organi di stampa hanno dato notizia, che la procura di Roma ha aperto un'inchiesta sulle cartelle cliniche truccate per gonfiare i rimborsi, all'ospedale Israelitico di Roma diretto da Antonio Mastrapasqua. Secondo il quotidiano La Repubblica ci sarebbero 12.164 schede di dismissione «taroccate» alla regione Lazio per ottenere «13,8 milioni di euro di rimborsi non dovuti», a cui si sommano «71,3 milioni di euro» di presunto «vantaggio patrimoniale»;
   l'ex presidente dell'Inps risulterebbe indagato nell'inchiesta per la sua attività di direttore generale del nosocomio, ma intervenendo con una propria nota ha dichiarato: «Si precisa che l'inchiesta è stata avviata anche grazie all'impulso dato in passato dallo stesso Mastrapasqua e quindi ha proprio la finalità di far chiarezza ed individuare eventuali responsabili di condotte penalmente rilevanti. Nessun rilievo o interesse assumono nell'indagine il ruolo di presidente dell'Inps del dottor Mastrapasqua né tantomeno quello di Direttore Generale dell'Ospedale Israelitico in quanto i fatti ipotizzati attengono a condotte che sarebbero state poste in essere da alcuni dirigenti sanitari e non afferiscono né all'Inps né all'Ospedale Israelitico come struttura sanitaria di rinomata efficienza e professionalità; entrambe ingiustamente colpite dalla diffusione di questa notizia»;
   a seguito della diffusione della predetta notizia, da molti settori della società e della politica è giunta la richiesta a Mastrapasqua di dimettersi, ma lui ha lungamente resistito prima di decidere di farlo;
   ma il filone più interessante dell'indagine, con riferimento al conflitto di interessi, è quello che riguarda la compensazione di fatture certificate dell'Ospedale con debiti presso l'Inps, ma Mastrapasqua ha precisato che sarebbe stata effettuata in base ad una legge che permette questo scambio a tutte le strutture di carattere religioso. Se le fatture non erano regolari problema sarebbe della regione che le ha certificate e dei dirigenti dell'Inps che le hanno scontate e non del presidente dell'ente –:
   come e in che tempi il Governo intenda promuovere la riforma della governance dell'istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).
(2-00391) «Migliore, Di Salvo».

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 29 gennaio 2014, poco dopo le 8 del mattino, sulle scale di Calata San Francesco, che collegano il quartiere di Chiaia al quartiere del Vomero a Napoli, un uomo è caduto all'indietro battendo violentemente la nuca;
   secondo una testimonianza oculare Ihor Dolonenko, poco prima di sbattere la nuca sul gradino, ha traballato, dopodiché il suo corpo ha vibrato pochi secondi e poi è caduto all'indietro;
   i primi soccorsi, forniti dal 118 su segnalazione di un passante, hanno dichiarato l'uomo deceduto sul colpo;
   ci sono volute 5 ore per dare un nome ed un'identità al cadavere;
   si tratta di Ihor Dolonenko, un ucraino di 44 anni, ingegnere militare che aveva lasciato l'esercito da 15 anni e che si trovava in Italia da 7 mesi, dove risiedeva a Poggiomarino con la moglie;
   Dolonenko era in possesso di un visto turistico, motivo per cui era costretto a lavorare saltuariamente ed in nero, non possedendo regolare permesso di soggiorno;
   in particolare, Ihor Dolonenko lavorava per una piccola impresa edile, ottenendo lavori di poca rilevanza tramite il fratello del proprietario dell'impresa in questione;
   proprio con il fratello dell'imprenditore si trovava in quel momento, poiché i due stavano effettuando un sopralluogo alle condotte pluviali di un edificio privato, al fine di stilare un preventivo dell'intervento manutentivo che, in un secondo momento, avrebbe realizzato la ditta in questione;
   sulla vicenda compaiono molte ombre legate ad illeciti e violazioni delle normative sul lavoro, motivo per cui è partita un'indagine sui due fratelli, ovvero sia il quarantenne napoletano (di cui per ora è stato rivelato solo il nome, Ciro) che doveva effettuare il sopralluogo con l'ucraino sia il proprietario dell'impresa edile che doveva realizzare i lavori;
   proprio questo Ciro, che dopo l'accaduto è stato soccorso a causa di un forte stato di shock, ha confermato che i due erano sul posto esclusivamente per dare un primo sguardo ad alcune tubature, senza svolgere alcun tipo di operazione, e che Dolonenko, che saltuariamente lo accompagnava durante i sopralluoghi, avrebbe accusato un malore improvviso tale da provocargli la perdita dell'equilibrio e dunque la fatale caduta;
   in effetti dai primi rilievi effettuati risulta che la vittima potrebbe aver accusato un malore fisico ed aver conseguentemente perso l'equilibrio, ma è altrettanto vero che al momento della caduta l'uomo aveva imbracciato un ponteggio di acciaio, e che stava trasportando tale attrezzo manualmente; dunque non è da escludere l'ipotesi secondo cui il peso della struttura avrebbe potuto determinare la perdita dell'equilibrio;
   i fatti narrati sono stati riportati anche nell'articolo intitolato «Napoli, morto sulle scale in via Tasso, cadavere esposto per 5 ore: “È stato un malore”», pubblicato dall'edizione online del quotidiano «Il Mattino» il 29 gennaio 2014, e nell'articolo dal titolo «Napoli. Operaio morto sulle scale, era un ingegnere militare: due indagati» pubblicato dallo stesso organo di informazione il 30 gennaio 2014;
   nonostante i dati pubblicati dall'Inail parlino di un progressivo calo di morti ed infortuni sul lavoro, il numero di tali episodi resta intollerabilmente alto;
   è da considerare, inoltre, come diversi casi di morte bianca non possano essere presi in considerazione dagli studi dell'Inail, dati i parametri di partenza, e dunque come il numero reale sia notevolmente superiore –:
   se non ritenga necessario intensificare i controlli relativi al rispetto delle normative sulla sicurezza sul lavoro;
   quali iniziative si intendano assumere per garantire una più efficace difesa della vita dei lavoratori. (4-03428)


   BUONANNO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere:
   quanto percepisca di pensione l'ex procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli e quale sia stata la liquidazione ottenuta dopo il pensionamento avvenuto nel 2013;
   se goda di benefit come ex magistrato in pensione. (4-03429)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella puntata del dicembre 2009 della trasmissione televisiva «Mi manda RaiTRE», allora condotta da Andrea Vianello, si riportò all'attenzione dei media e dell'opinione pubblica la vicenda dello scandalo del metanolo;
   lo scandalo del vino al metanolo fu una gravissima truffa perpetrata mediante una sistematica adulterazione di vino da tavola con il metanolo che si verificò in Italia tra la fine del 1985 e il 1986. Il vino venne sofisticato con miscele di liquidi e alcol metilico sintetico, un composto inodore usato per lacche e vernici;
   l'ingestione del prodotto adulterato causò l'avvelenamento e l'intossicazione di parecchie decine di persone, cui provocò danni personali gravissimi quali cecità, irreversibili danni neurologici ed in 22 casi la morte;
   il 1986 si chiuse con una contrazione del 37 per cento degli ettolitri nazionali prodotti e la perdita di un quarto del valore incassato l'anno prima;
   l'indagine che ne seguì rivelò che a partire da dicembre 1985 circa 30 aziende vinicole del Nordovest italiano avevano iniziato a tagliare i loro vini con dosi eccessive di metanolo, una sostanza che veniva usata in piccole quantità per aumentarne il contenuto alcolico;
   la stessa inchiesta individuò poi il principale responsabile nel commerciante di vini di Narzole, Giovanni Ciravegna. Alla fine del processo, Ciravegna fu condannato per omicidio colposo plurimo a 14 anni di reclusione, di cui 4 condonati;
   all'interrogazione scritta numero 4-05503 presentata dall'interrogante anche nella XVI Legislatura ed avente il medesimo oggetto il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali pro tempore onorevole Giancarlo Galan, il 24 maggio 2010, così rispose in merito ai risarcimenti: «Al riguardo, come evidenziato dagli interroganti, l'argomento riguarda la competenza non solo di questo Ministero ma dell'intero Governo. In ogni caso questo Ministero si farà parte attiva per trovare, d'intesa con gli altri Ministeri interessati, una soluzione normativa al problema, al fine di assicurare un equo risarcimento alle vittime della scandalosa sofisticazione in questione, nell'ambito delle risorse riservate dal bilancio pubblico per eccezionali eventi, in questo caso di grave pregiudizio per la salute pubblica»;
   ad oltre 29 anni da questa terribile truffa, e a quasi 4 anni dalla detta risposta del Ministro pro tempore Galan, le vittime del vino adulterato, rappresentate dall'Associazione vittime del metanolo, non sono ancora state risarcite. E questo ritardo non è degno di un Paese civile come l'Italia –:
   se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative urgentissime di carattere normativo per il risarcimento delle vittime creando un fondo speciale ad hoc per le vittime del vino al metanolo, richiesta peraltro avanzata anche da altre associazioni in difesa dei consumatori costituitesi parti civili già nel primo processo «Ciravegna». (4-03420)


   MIOTTO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con proprio decreto in data 10 dicembre 2013 ha istituito il tavolo tecnico del settore piante officinali con lo scopo di valutare il piano triennale del settore piante officinali, presentato al costituendo tavolo in data 16 luglio 2013;
   ai componenti del tavolo tecnico è stato concesso un tempo limitatissimo, coincidente con le festività natalizie per formulare proposte ed osservazioni e tuttavia alcuni rilievi critici sono stati formulati in particolare dalla federazione degli erboristi italiani;
   il piano di settore triennale delle piante officinali in realtà prescinde dalla legge n. 99 del 1931 «disciplina della coltivazione, raccolta e commercio delle piante officinali» e dal regolamento di applicazione, e non può essere buon motivo la evidente obsolescenza della norma, che opportunamente può e deve essere aggiornata, come risulta confermato dalla presentazione di proposte di legge sia al Senato che alla Camera – con atto 1961 – nonché dalle numerose leggi regionali che nel frattempo si sono succedute;
   nel piano compare un unico cenno all'erborista – al capitolo n. 6 – ma risulta evidente, nel complesso del documento, il tentativo di rimuovere il vincolo delle competenze specifiche derivanti da un adeguato percorso formativo che ora può essere identificato nella laurea in scienze e tecniche erboristiche, a vantaggio di una sorta di liberalizzazione nella coltivazione, trasformazione e commercio delle piante officinali, attività che erroneamente verrebbero considerate come generica pratica agricola;
   eppure fra le azioni per affrontare le criticità del sistema, individuate dal predetto documento, compare l'esigenza di investire sulla qualità e l'erborista può rappresentare un fattore decisivo per qualificare l'intera filiera del sistema, fermo restando che un disconoscimento della figura dell'erborista sarebbe sicuramente negativo anche per le aziende di coltivazione, indirizzando, in un certo senso la produzione su una minore quantità di specie con sicure ricadute negative anche sulla qualità delle materie prime vegetali. Invece, come afferma la bozza del piano di settore triennale, le piante officinali costituiscono una categoria ampia di specie botaniche, non classificabili nelle classiche categorie agronomiche per via della loro peculiarità, che le rende una classe di piante trasversali dal punto di vista botanico, agronomico ed ecologico che si caratterizzano per una molteplicità di destinazioni;
   proprio sulla base di questi presupposti quando si parla di piante officinali per uso erboristico, alimentare, farmaceutico, cosmetico, l'assistenza della figura professionale dell'erborista nella coltivazione e prima trasformazione è essenziale per arrivare ad un prodotto di buona qualità e sicuro per il consumatore, in grado di competere con il prodotto importato –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover considerare con attenzione le osservazioni che gli erboristi italiani hanno proposto;
   se non ritenga di dover considerare con attenzione la circostanza che un documento importante come il piano di settore delle piante officinali non possa prescindere dal rispetto della normativa vigente ed in particolare della legge n. 99 del 1931;
   se abbia valutato con attenzione, qualora il piano di settore venisse approvato, la ricaduta devastante per migliaia di professionisti e di attività economiche che improvvisamente vedrebbero cancellato il riconoscimento della qualità professionale della propria attività. (4-03421)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 1 del 2012 convertito dalla legge n. 27 del 2012 ha inteso assicurare una più capillare presenza nel territorio del servizio farmaceutico;
   si decide l'incremento del numero delle farmacie per capire meglio il territorio, migliorare il servizio e favorire l'occupazione;
   le regioni devono organizzare l'espletamento dei concorsi straordinari per il conferimento delle nuove sedi e di quelle vacanti assegnando le nuove farmacie entro un anno dall'entrata in vigore della legge n. 27 del 2012;
   l'UTIFAR (Unione tecnica italiana farmacie) ha reso noto che le commissioni regionali incaricate dei suddetti concorsi straordinari sono 14; non sarebbero invece noti gli atti di nomina delle commissioni di Abruzzo, Basilicata, Campania, Valle d'Aosta, mentre le province di Trento e Bolzano non hanno invece ancora pubblicato il bando, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 255 del 2013 –:
   quale sia lo stato di attuazione del decreto-legge n. 1 del 2012 in generale e in particolare rispetto all'apertura delle nuove farmacie e ai concorsi straordinari regionali. (4-03413)


   PATRIARCA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a seguito delle nuove disposizioni vigenti riguardanti l'obbligo da parte delle società sportive dilettantistiche di dotarsi di defibrillatori semiautomatici (Ministero della salute, decreto 24 aprile 2013) sono a porre un quesito che vede coinvolti alcuni volontari della Croce rossa italiana operanti sul territorio nazionale. Alcuni di loro sono in possesso della qualifica di «esecutore BLSD» rianimazione cardiopolmonare di base con uso di defibrillatori semiautomatici DAE rilasciato dall'IRC (Italian Resuscitation Council). Tale abilitazione viene regolarmente rinnovata a seguito di aggiornamenti e training teorico-pratici. Scopo primario della qualifica BLSD è quello di salvaguardare la vita umana attraverso la diffusione della rianimazione cardiopolmonare e cerebrale (RCP) in Italia; inoltre intende diffondere su tutto il territorio nazionale le linee guida internazionali accettate per la pratica dell'RCP;
   leggendo quanto sopra viene spontaneo desumere che un attestato rilasciato da IRC non conosca confini territoriali, poiché si rifà a linee guida nazionali ed internazionali. Nonostante questo, il documento rilasciato a seguito di un corso frequentato, ad esempio, in Emilia-Romagna non viene ritenuto valido in un'altra regione;
   i volontari in questione si vedono obbligati quindi a ripetere il corso di «esecutore BLSD» nelle altre regioni limitrofe;
   ci si chiede come possa un protocollo di intervento salvavita riconosciuto, uniformato ed accettato a livello internazionale decadere a causa di normative sanitarie regionali;
   visto da un'altra ottica il non intervenire perché non legalmente abilitati su quel territorio geografico, oltre che essere criticabile da un punto di vista etico, potrebbe anche essere perseguibile poiché l'articolo 593 del codice penale in materia di omissione di soccorso recita: «...soggiace alla pena chi trovando un corpo che sia o sembri inanimato, ovvero persona ferita o che sembri in pericolo, omette di prestare l'assistenza occorrente o di darne immediato avviso alle Autorità...»;
   vero è che la chiamata al numero di soccorso 118 assolve il compito primario di «...dare immediato avviso alle Autorità», ma il «...prestare l'assistenza occorrente» potrebbe avere una diversa chiave di lettura nel momento in cui si andasse a verificare che, nonostante la presenza sul luogo dell'evento di un esecutore BLSD, quest'ultimo non è intervenuto pur avendo a disposizione un defibrillatore solamente perché frenato da problemi burocratici legati al confine geografico;
   i dubbi dell'interrogante riguardano sia la correttezza nell'applicazione della normativa sia, viste le possibili interpretazioni di legge, l'entità del rischio, civile o penale, cui si può andare incontro a seguito dell'uso o meno del defibrillatore in una situazione come quella descritta –:
   quali siano gli orientamenti del Governo e quali iniziative si intendano assumere al riguardo. (4-03414)


   CARNEVALI e MIOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si moltiplicano in questi mesi le preoccupazioni per la diminuzione delle donazioni di organi che trascinano una flessione dei trapianti, ma non risulta avviata alcuna adeguata attività di analisi sulle cause di tale andamento e di verifica sulla effettiva attuazione delle norme in vigore e sulle iniziative da assumere per diffondere la cultura della donazione;
   sarebbe auspicabile che per affrontare questi temi il Governo producesse una relazione annuale sulla applicazione delle norme, ma la vigente legge n. 91 del 1999 prevede, all'articolo 26, che il Ministro della salute riferisca sulla situazione dei trapianti e dei prelievi effettuati sul territorio nazionale, nell'ambito della relazione sullo stato sanitario del Paese e finora il capitolo trapianti e donazioni compare nell'ultima relazione prodotta, riguardante il 2011, in stringatissime due cartelle che commentano una tabella che riporta il numero ed i tassi di donatori per tipologia e per territorio regionale;
   al fine di mantenere i livelli di eccellenza che il nostro Paese aveva raggiunto nel passato e nella consapevolezza che migliaia di vite possono essere salvate se si diffonde la cultura della donazione e se si può contare su una rete efficiente per i trapianti, le interroganti reputano opportuno operare una verifica sullo stato di attuazione dopo 15 anni dall'approvazione della legge n. 91 del 1999 al fine di rimuovere gli ostacoli che ne hanno impedito la piena applicazione –:
   se il Ministro possa fornire un report aggiornato sulla attuazione di tutti i contenuti della legge n. 91 del 1999 ed in particolare quali iniziative siano state attivate nell'ultimo quinquennio nel campo della formazione, della informazione, della organizzazione della rete e della attuazione delle norme sul silenzio-assenso, nonché quali azioni intenda attivare per dare compiuta attuazione alle raccomandazioni che pervengono dalla Commissione europea. (4-03419)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORASSUT. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nell'aprile del 2004 il consorzio Casa Lazio in Roma registrava un fallimento dovuto ad una truffa perpetrata, dalla presidenza del Consorzio stesso ai danni degli associati a seguito del quale la Guardia di Finanza operava il sequestro dei beni e delle attività ivi comprese quelle della Cooperativa Capannelle 2000 facente parte del Consorzio;
   nel novembre 2005 la Coop Capannelle 2000 veniva posta in gestione commissariale e veniva eletto commissario governativo l'ingegner Raffaele Mazzei di Lamezia Terme il quale restava in carica fino al settembre del 2008 anche grazie alla proroga concessa dal Ministero nel gennaio 2008 – Gazzetta ufficiale n. 17 del 21 gennaio 2008;
   durante il suo commissariamento l'ingegnere Mazzei accertava che la cooperativa era in attivo di euro 2.800.000,00 (due milioni ottocento mila), cifra corrispondente alla somma consegnata al Ministero dello sviluppo economico dall'ex proprietario del terreno e potenziale realizzatore degli alloggi delle famiglie, ingegner Giannini, il quale al momento del crack ed essendo non coinvolto dallo stesso aveva inteso mettere al sicuro le somme che i soci gli avevano versato per l'acquisto del terreno in località Capannelle;
   dalla data di proroga dei mandato commissariale da parte del Ministero all'ingegner Mazzei la direzione enti Cooperativi del Ministero non ha adottato alcun provvedimento riguardante la situazione della Coop Capannelle 2000;
   nel giugno del 2008 l'assemblea dei soci convocata dal Mazzei per l'approvazione dei bilanci votava per la messa in liquidazione della Coop Capannelle 2000 e per il ristorno delle somme recuperate ai soci aventi diritto;
   il Ministero non provvedeva ad onorare le decisioni dell'assemblea soci e alla messa in liquidazione costringendo i soci stessi a sollecitare per iscritto la direzione Enti cooperativi senza mai ricevere risposta;
   nel marzo 2011, venuti a conoscenza che le somme suddette si erano assottigliate per continui prelievi da parte del Mazzei anche a causa dell'incuria del Ministero, i soci provvedevano, attraverso i loro legali, a presentare apposita diffida con messa in mora del Ministero ma anche in questo caso senza alcuna risposta;
   nel gennaio 2012 veniva presentata una interrogazione parlamentare a firma dell'interrogante;
   a seguito dell'interrogazione, nel marzo 2012, con decreto del Ministero del 20 marzo 2012 l'avvocato Giuseppe Leone veniva nominato commissario liquidatore e lo stesso comunicava ai soci della cooperativa la messa in liquidazione coatta amministrativa ex articolo 2545-terdecies del codice civile;
   l'ingegner Raffaele Mazzei ha avuto modo in altre situazioni di rivelarsi inaffidabile e non trasparente nella sua attività di commissario governativo per conto del Ministero per lo sviluppo economico, come risulta dalla vicenda della liquidazione del Consorzio agrario provinciale di Catanzaro dal quale è stato rimosso nel 2010 – dopo sette anni di attività – da commissario governativo con decreto apposito del Ministero;
   lo stesso ingegner Raffaele Mazzei risulterebbe – da fonti di stampa calabresi – al centro di una inchiesta giudiziaria della procura della Repubblica di Lamezia Terme proprio in relazione alla sua attività di Commissario della coop Capannelle 2000 –:
   se, sulla base degli atti depositati, risulti come si giunse nel lontano 2005 alla nomina dell'ingegner Raffaele Mazzei da parte del Ministero;
   se risulti per quali ragioni nel corso degli anni trascorsi, nonostante solleciti, diffide e interrogazioni e nonostante il contemporaneo disvelamento delle irregolarità perpetrate dal Mazzei in altri incarichi attribuiti dallo stesso Ministero, quest'ultimo non abbia mai provveduto a dare risposta ai soci della Coop Capannelle 2000 e alle loro proteste e preoccupazioni scritte e si sia dovuta attendere la sollecitazione di una specifica interrogazione parlamentare per incaricare un nuovo liquidatore;
   se risulti come siano state custodite dal Ministero le somme pari ad euro 2.800.000,00 (due milioni ottocento mila) ad esso affidate a garanzia dei soci dall'ingegner Giannini e già oggetto di truffa per il crack del consorzio Coop Casa Lazio del 2004;
   quali misure intenda assumere il Ministero affinché le famiglie, ormai stanche, sfiduciate e deluse dal comportamento delle istituzioni possano all'un tempo recuperare fiducia e le risorse loro spettanti per garantire la realizzazione di un programma urbanistico finalizzato al diritto alla loro casa. (4-03416)


   RICCIATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   l'agenzia Ansa del 22 gennaio 2014, riporta la notizia della probabile presenza di ingenti risorse di petrolio e gas nel sottofondo marino del versante croato dell'Adriatico;
   sempre l'agenzia Ansa, riporta le dichiarazioni del Ministro dell'economia croato, Ivan Vrdoljak, in merito ad un vivo interessamento di una ventina tra le maggiori compagnie petrolifere mondiali, per aggiudicarsi le licenze di estrazione;
   da settembre del 2013 la società norvegese Spectrum, su incarico del Governo croato, è impegnata nell'esplorazione del potenziale petrolifero dell'Adriatico orientale, attività tuttora in corso;
   il Blue World Institute of Marine Research and Conservation, istituto di ricerca indipendente croato, che si occupa di biologia marina e di monitoraggio dell'area Adriatica, ha confermato la presenza di una indagine di prospezioni geologiche per la ricerca di idrocarburi in Adriatico;
   se le previsioni sulla consistenza dei giacimenti di risorse naturali fossero confermate, la Croazia diverrebbe uno snodo energetico di primaria importanza per l'intera regione Adriatica, trasformando l'Adriatico in una enorme area estrattiva;
   la conformazione geografica del mare Adriatico – area lunga, stretta e senza sbocco immediato sul mare aperto – desta forti allarmi per la sicurezza della popolazione, sia umana che marina, in caso di incidenti in fase di estrazione dai giacimenti petroliferi e metaniferi;
   la conformazione geografica dell'area Adriatica non sarebbe, inoltre, in grado di sostenere una attività estrattiva di quella portata, senza compromettere in modo determinante gli equilibri biologici dell'area –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti illustrati in premessa;
   se gli accordi di partnership tra Italia e Croazia prevedano specifici protocolli in materia di produzione energetica, ricerca, estrazione e raffinazione di prodotti petroliferi e metaniferi nell'area Adriatica;
   quale sia la posizione del Governo italiano sulle attività di estrazione, illustrate in premessa, da parte di Paesi confinanti con l'Italia e quali iniziative intenda adottare per salvaguardare la sicurezza dell'area. (4-03423)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Fiano e altri n. 4-03158, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carra.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Duranti e Piras n. 4-01109 del 2 luglio 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02051.