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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 28 gennaio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    nello scorso mese di dicembre il Parlamento europeo ha bocciato la proposta di risoluzione sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi (sexual and reproductive health and right) di cui era relatrice l'eurodeputata portoghese Edite Estrela;
    il cuore del testo è il riconoscimento della titolarità delle donne a decidere se e quando diventare madre, la salute sessuale riproduttiva e i diritti che ne conseguono: contraccezione, possibilità di compiere in questo ambito scelte informate e consapevoli e interruzione di gravidanza sicura;
    nell'ambito della diritti sessuali e riproduttivi e della salute, ricordiamo che ogni anno il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) stila una classifica dei Paesi secondo il livello in cui si collocano in termini di disuguaglianze di genere. Riguardo l'aspetto relativo alla salute riproduttiva nella vita, l'indice della disuguaglianza di genere (gender inequality index), mostra come gli Stati membri dell'Unione europea presentino un'evidente disparità nella salute sessuale e riproduttiva delle donne;
    il Parlamento europeo ha espresso in diverse occasioni il proprio sostegno agli investimenti a favore della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi delle persone (SRHR);
    tale sostegno sembra però subire un rallentamento preoccupante per la crisi finanziaria, la recessione economica in corso e i corrispondenti tagli lineari alla spesa pubblica degli Stati membri che tendono ad accelerare la privatizzazione dei servizi sanitari e a ridurre l'accesso e la qualità dei servizi stessi;
    sempre in ambito europeo stanno sempre più emergendo posizioni retrive che attaccano la libertà di scelta delle donne ed il loro diritto alla salute. È ciò che sta avvenendo in Spagna con la proposta del Ministero di grazia e giustizia Gallardon detta «Antiproyecto de ley»;
    è fondamentale che il Parlamento Europeo affermi la primaria scelta delle donne nella procreazione e la promozione della loro salute sessuale e riproduttiva come condizione indispensabile per realizzare la piena cittadinanza delle donne;
    secondo l'OMS la salute riproduttiva riguarda i processi, le funzioni e il sistema riproduttivi in tutte le fasi delle vita. Ciò implica che tutte persone siano in grado di condurre una vita sessuale senza condizionamenti, responsabile, sicura e che le donne abbiano la possibilità di decidere della propria maternità. In tale concetto è implicito il diritto delle persone di essere informati e di avere accesso, sulla base di una scelta personale, a metodi sicuri, efficaci e accessibili di regolazione della fertilità, il diritto di accedere a servizi sanitari adeguati che permettano alle donne di vivere la gravidanza e il parto in modo sicuro e diano alle coppie le migliori possibilità di avere nascituri sani;
    il 27 settembre 2012 è stata approvata la risoluzione «21/6 A/HRC/21/L.10» del Consiglio Onu dei diritti umani, che ha incluso la contraccezione e l'interruzione volontaria della gravidanza tra i diritti umani;
    in Europa l'aborto è legalmente consentito su richiesta in venti Stati membri. Degli altri sette Paesi, tre Stati membri (Gran Bretagna, Finlandia, Cipro) consentono un'interpretazione molto ampia delle motivazioni che possono comportare restrizioni, mentre negli altri tre Stati membri (Irlanda, Polonia, Lussemburgo) un'interpretazione restrittiva delle motivazioni e la generale opposizione o il timore di eseguire aborti hanno determinato una situazione in cui gli aborti legali (segnalati) avvengono assai di rado, o per nulla. Malta è l'unico Stato membro in cui l'aborto è vietato per legge senza eccezioni;
    purtroppo l'aborto, anche quando è legale, è spesso evitato o prorogato da ostacoli che impediscono di accedere in tempo stretti a servizi adeguati, come l'ampio ricorso all'obiezione di coscienza che allungano periodi di attesa non necessari dal punto di vista medico;
    la pratica dell'obiezione di coscienza nega a molte donne la libertà di scelta, non solo l'interruzione legale della gravidanza, ma anche l'accesso ai servizi di salute riproduttiva, per esempio a informazioni, al reperimento di contraccettivi, a visite prenatali;
    in Slovacchia, Ungheria, Romania, Polonia, Irlanda e anche nel nostro Paese quasi il 70 per cento di tutti i ginecologi e il 40 per cento, degli anestesisti oppongono l'obiezione di coscienza alla possibilità di eseguire aborti. L'obiezione di coscienza da diritto individuale diventa troppo spesso obiezione di struttura e questo è inaccettabile. Questi ostacoli sono palesemente in contrasto con la libertà e responsabilità delle donne nella maternità e con le norme mediche internazionali contemplate nella legge italiana n. 194 del 1978;
    è evidente inoltre che vietare l'aborto non ha mai contribuito ad una diminuzione del tasso con cui si verifica;
    non è raro che le donne che vivono in Paesi dell'Unione europea con politiche abortive restrittive si rechino in altri Stati membri per sottoporsi all'aborto con costi economici elevati oltre alla possibilità di essere incriminati penalmente nel paese di residenza. In sostanza, il divieto colpisce in modo più specifico le donne più svantaggiate (quelle che non possono spostarsi facilmente in altri Paesi dell'Unione europea per ottenere un aborto, come le donne con difficoltà economiche, le richiedenti asilo, le donne assistite o sotto la responsabilità dello Stato, ecc.), e ciò contribuisce ad accrescere le disuguaglianze sanitarie all'interno dell'Unione;
    una lungimirante prevenzione delle gravidanze non desiderate rispettosa delle decisioni femminili richiede, tanto più in questa crisi, un nuovo e più robusto welfare universale teso innanzitutto a rimuovere tutte le condizioni di precarietà che congelano per molte giovani progetti di avere figli o figlie;
    la proposta europea di un nuovo «Programma Salute per la crescita 2014-2020» non contiene alcun riferimento alla libertà e alla salute sessuale e riproduttiva e ai relativi diritti. È quindi necessario che la Commissione europea li includa nella prossima strategia dell'Unione europea per la salute pubblica;
    sempre nell'ambito della libertà di scelta e del diritto alla salute sessuale e riproduttiva, un aspetto importante è quello delle infezioni sessualmente trasmissibili: HIV, sifilide, sifilide congenita, gonorrea, clamidia e linfogranuloma venereo (LGV). Ai sensi della decisione 2119/98/CE, gli Stati membri sono tenuti a presentare dati relativi a tutte le variabili richieste; tuttavia, nella pratica questo non avviene sempre, e a ciò si aggiunge anche la lacunosità di alcuni sistemi nazionali di vigilanza delle infezioni sessualmente trasmissibili; a tal fine è importante che la Commissione europea e gli Stati membri si occupino della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi specifici e delle necessità delle persone che vivono con l'HIV, nel quadro di un approccio olistico teso a contenere la diffusione. Per raggiungere questo obiettivo occorre espandere l'accesso ai programmi di salute sessuale e riproduttiva, integrando l'accesso ai test e alle terapie dell'HIV/AIDS, i servizi di consulenza e prevenzione e invertendo i fattori socioeconomici di base che contribuiscono al rischio di HIV/AIDS per le donne, come la disuguaglianza di genere e la discriminazione;
    nell'ambito del programma promosso dal Consiglio d'Europa «Combattere le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere», per l'attuazione e l'implementazione della raccomandazione del Comitato dei ministri CM/REC (2010)5, il nostro Paese ha elaborato la Strategia nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere, approvata con decreto ministeriale del 16 aprile 2013, predisposta e coordinata dall'ufficio nazionale antidiscriminazioni (UNAR), in collaborazione con le diverse realtà istituzionali, le Associazioni LGBTI e le parti sociali;
    detta Strategia nazionale è finalizzata alla realizzazione di un piano triennale di azioni pilota (2013-2015), integrate e multidisciplinari, volte alla prevenzione e al contrasto delle discriminazioni nei confronti delle persone omosessuali, transessuali e intersessuate;
    quanto su riportato, riprende, tra l'altro, la sostanza e buona parte della suddetta proposta di risoluzione della portoghese Edite Estrela presentata e respinta dal Parlamento europeo,

impegna il Governo:

   a farsi promotore presso tutte le sedi istituzionali europee di iniziative volte:
    al riconoscimento della primaria libertà e responsabilità delle donne nella sessualità e nelle scelte di maternità, principio fondamentale per una nuova strategia europea di libertà e diritti;
    all'attuazione di efficaci politiche a favore della libertà di scelta e della salute sessuale e riproduttiva includendola nella prossima strategia dell'Unione europea per la salute pubblica;
    a promuovere ogni iniziativa europea nei confronti degli Stati membri per l'elaborazione di strategie e iniziative che integrino le questioni relative alla salute sessuale e riproduttiva nei settori della sanità pubblica in modo da sostenere un'attuazione più efficace e una migliore sensibilizzazione in questa materia;
    ad attivarsi affinché i servizi di qualità per l'aborto siano resi legali, sicuri e accessibili a tutte, in primo luogo nell'ambito dei sistemi di salute pubblica degli Stati membri, anche con riferimento alle donne non residenti, le quali spesso sono costrette a ricercare tali servizi in altri Paesi a causa di leggi restrittive in materia di aborto nel loro Paese d'origine;
    a intervenire con efficacia per rimuovere gli ostacoli che spesso limitano o impediscono di accedere all'interruzione volontaria di gravidanza innanzitutto come l'ampio ricorso all'obiezione di coscienza;
    a sollecitare gli Stati membri a regolamentare e monitorare il ricorso all'obiezione di coscienza nelle professioni chiave in modo da assicurare che l'assistenza sanitaria in materia di salute riproduttiva sia garantita come diritto individuale ovunque;
    ad adottare disposizioni mirate per rispondere alle esigenze specifiche delle persone più svantaggiate il cui accesso ai metodi contraccettivi moderni può essere ostacolato da difficoltà sociali, economiche soprattutto nell'attuale situazione di crisi;
    a promuovere presso gli Stati membri dell'Unione europea, alla luce dell'impatto della crisi economica e finanziaria sul settore della sanità pubblica, la diffusione a titolo gratuito di informazioni, di servizi mirati in materia di contraccettivi e di altri servizi inerenti alla libertà di scelta e alla salute sessuale e riproduttiva, nonché di misure di prevenzione, diagnosi e cura delle malattie sessuali trasmissibili;
    a favorire un accesso equo a servizi sanitari economici;
    ad attivarsi affinché gli Stati membri assicurino una qualificata attività di informazione, formazione, educazione sentimentale, anche in modo obbligatorio nel sistema scolastico, per poter affermare la maternità come scelta e realizzare una vita affettiva e sessuale libera dagli stereotipi, i pregiudizi, e affrancata da tutte le forme di violenza contro le donne, nonché contro la discriminazione basata sul genere, sull'identità di genere e sull'orientamento sessuale;
    ad attivarsi affinché – nell'ambito delle politiche internazionali di cooperazione allo sviluppo – si rivolga un'attenzione costante e specifica alla libertà di scelta e alla salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti, e affinché la suddetta cooperazione allo sviluppo si prefigga obiettivi concreti di rispetto delle decisioni femminili sempre, alla riduzione della mortalità materna e infantile, all'aborto sicuro, ai contraccettivi, alla prevenzione e alla lotta contro l'HIV/AIDS e altre infezioni sessualmente trasmissibili e all'eliminazione di pratiche come la mutilazione genitale femminile, l'aborto selettivo in funzione del sesso del feto, le sterilizzazioni forzate, e altro;
   a recepire in ambito nazionale, e implementare – in quanto Stato membro dell'Unione europea – le suddette politiche a favore della libertà di scelta e della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi;
   ad attuare quanto previsto dalla mozione n. 1-00045 approvata dalla Camera l'11 giugno 2013, con riferimento alla piena attuazione della legge 194/1978 in materia di interruzione volontaria della gravidanza.
(1-00324) «Nicchi, Migliore, Di Salvo, Piazzoni, Aiello, Ricciatti, Melilla».


   La Camera,
   premesso che:
    sono sempre più frequenti le inchieste giudiziarie che coinvolgono personalità titolari di una pluralità, a volte abnorme, di incarichi lautamente retribuiti, e che hanno destato sconcerto e rabbia nell'opinione pubblica;
    è frequente, altresì, l'assegnazione da parte della pubblica amministrazione o di aziende ed enti ad essa collegati di incarichi di consulenza a pensionati della stessa pubblica amministrazione o delle aziende ed enti ad essa collegati;
    gli elevati tassi di disoccupazione consiglierebbero una maggiore attenzione e suddivisione degli incarichi lavorativi, specialmente di quelli dirigenziali e meglio retribuiti, favorendo l'inserimento e il progresso nella carriera della pubblica amministrazione dei giovani più preparati e brillanti;
    l'accumulo di incarichi porta inevitabilmente ad un accentramento di potere nelle mani di pochi e a dequalificare organizzazioni ed enti, penalizzati dalla impossibilità da parte di queste figure apicali di poter seriamente assolvere ai loro compiti di istituto;
    tale sistema finisce per favorire di sovente la corruzione e talora determina autentici conflitti di interesse, quando il ruolo di controllore e di controllato finiscono nelle mani della stessa persona,

impegna il Governo:

   a realizzare in tempi rapidi una ricognizione delle posizioni e degli incarichi multipli esistenti in capo ad un medesimo soggetto dipendente o dirigente della pubblica amministrazione o delle aziende ed enti ad essa collegati, procedendo alla conseguente revoca di ogni incarico aggiuntivo rispetto a quello principale svolto dall'interessato;
   a verificare, entro un anno, l'esistenza di conflitti di interessi al momento in essere, accertando se la loro sussistenza abbia prodotto danno alle finanze pubbliche;
   a predisporre entro sei mesi ogni utile iniziativa, anche di tipo normativo, volta ad impedire nel futuro ogni assunzione di incarichi retribuiti per i dipendenti pubblici e per i pensionati della pubblica amministrazione, oltre che per tutti i dipendenti e dirigenti di tutte le partecipate e consociate dello Stato, delle regioni e degli enti locali, delle agenzie, delle authority e di ogni altro ente previsto con legge dello Stato;
   a prevedere nel medesimo provvedimento il divieto assoluto di assegnare consulenze ai pensionati della pubblica amministrazione, non solo nelle amministrazioni di provenienza, ma anche in ogni altra branca delle pubblica amministrazione, oltre che in tutte le partecipate e consociate dello Stato, delle regioni e degli enti locali, nelle agenzie, nelle authority e in ogni altro ente previsto con legge dello Stato.
(1-00325) «Gigli, Dellai, Sberna, Schirò, Fitzgerald Nissoli».


   La Camera,
   premesso che:
    da notizie a mezzo stampa, negli ultimi anni il fenomeno dell'abbandono dei minori è in costante crescita, essendo passato dai 145 milioni di bambini dichiarati in stato di abbandono nel 2004 ai 168 milioni del 2009;
    tuttavia, seguendo un trend apparentemente opposto a quello del fenomeno dell'abbandono dei minori, il numero delle idoneità all'adozione internazionale dichiarate dai tribunali per i minorenni italiani sarebbe drasticamente diminuito, passando dalle 6.273 nel 2006 alle 3.106 del 2012;
    tra le principali ragioni della crisi dell'istituto dell'adozione internazionale vanno senz'altro considerati i rilevanti costi che le famiglie devono sopportare quando intraprendono questo percorso e che contribuiscono negativamente, specie in un periodo di grave crisi economica quale quello che stiamo vivendo;
    proprio per far fronte agli elevati costi, nel 2005 è stato istituito un «Fondo di sostegno delle adozioni internazionali», finalizzato al rimborso di parte delle spese sostenute per l'adozione di un bambino straniero nel corso dell'anno precedente, le cui funzioni sono state successivamente assorbite dal Fondo per le politiche della famiglia, istituito dall'articolo 19, comma 1 del decreto-legge 223 del 2006, destinato a finanziare anche il sostegno delle adozioni internazionali;
    da notizie a mezzo stampa si evincerebbe però che sarebbero stati erogati rimborsi fino alle adozioni concluse nell'anno 2010, con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 agosto 2011, registrato dalla Corte dei conti il 5 gennaio 2012; mentre per quanto concerne le adozioni concluse nel 2011 – le cui pratiche sono già state istruite dalla Commissione per le adozioni internazionali in quanto rientranti nello stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri – ad oggi non sarebbe stato erogato alcun rimborso; infine, relativamente alle adozioni concluse nell'anno 2012 ancora non sarebbe stato emesso alcun decreto;
    è evidente che l'interruzione della misura del rimborso a favore delle famiglie adottive costituisca un grave ostacolo per tante coppie italiane altrimenti decise ad adottare, rischiando altresì di configurare una disparità di trattamento tra cittadini, con un'ulteriore ingiusta penalizzazione nei confronti di tante coppie più fragili economicamente ma che credono fermamente nel diritto di ogni bambino ad avere una famiglia;
    tuttavia, tra le ragioni del predetto calo delle adozioni, vanno altresì considerate le procedure amministrative, spesso piuttosto farraginose, e i tempi eccessivi, e dagli esiti incerti, che caratterizzano i procedimenti di adozione;
    lo stesso Ministro della giustizia ha ritenuto opportuno procedere allo studio di una possibile riforma della legge 4 maggio 1983 n. 184, al fine di dare nuovo impulso al settore delle adozioni internazionali, e lo scorso luglio ha istituito, presso il Ministero, una Commissione di studio con il compito, tra gli altri, di approfondire il tema della riforma dell’iter procedurale, della semplificazione delle procedure dell'adozione internazionale, della riduzione dei costi e dell'introduzione di ipotesi di gratuità dell'adozione internazionale;
    peraltro, le recenti vicende della cronaca hanno messo in luce come spesso i tempi incerti nelle procedure di adozione dipendano non solo dalle procedure italiane farraginose, e che necessitano di un aggiornamento, ma anche dalle incerte condizioni politiche dei paesi di origine dei bambini, dove talvolta si assiste ad improvvise chiusure – o limitazioni – nelle procedure di adozione in corso,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile volta a reperire tutte le risorse necessarie per erogare i rimborsi relativi alle procedure di adozione concluse nel 2011, nonché a procedere quanto prima all'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri necessario per l'erogazione dei rimborsi relativi all'anno 2012;
   a valutare l'opportunità di istituire un apposito fondo, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, anche di fatto e in assenza di qualsivoglia rapporto contrattuale, nello svolgimento delle procedure di adozione ovvero che sostenga sul piano economico le coppie che sopportano un aggravio ulteriore dei costi a causa dell'inatteso allungarsi delle procedure quale conseguenza del blocco o della limitazione da parte del Paese di origine dei bambini delle procedure in corso;
   ad adottare ogni iniziativa utile volta a rafforzare, nelle opportune sedi internazionali, le relazioni bilaterali e gli accordi negoziali in materia di adozioni internazionali, al fine di ridurre il più possibile il verificarsi di eventi di inattesa chiusura delle procedure internazionali di adozione, che provocano costi umani elevatissimi tanto nelle coppie che hanno intrapreso questo percorso, quanto soprattutto nei bambini;
   a presentare entro sei mesi una relazione dettagliata al Parlamento sullo stato dell'arte delle relazioni in corso e degli accordi bilaterali sottoscritti e ratificati in questa materia, al fine di ottenere un quadro chiaro e aggiornato, che riduca il più possibile lo stato di incertezza delle procedure di adozione nei confronti di determinati Paesi e offra utili elementi al Parlamento in vista di una possibile riforma delle procedure in materia.
(1-00326) «Quartapelle Procopio, Antezza, Binetti, Sberna, Gigli, Zampa, Del Grosso, Scuvera, Tacconi, Manciulli, Patriarca, Piccoli Nardelli, Chaouki, Manlio Di Stefano, Nicoletti, Monaco, Santerini, Cassano, Lenzi, Bonafè, Sibilia, Spadoni, Mogherini, Mosca, Marazziti, Preziosi, Gentiloni Silveri, Gadda, Alli, Casellato, Scotto, Fregolent, Casati, Boschi, Marantelli, Sereni, Scagliusi, Ascani, Rotta, Giorgis, Lauricella, Verini, Giuditta Pini, Rocchi, Rostan, Mariani, Manzi, Iori, Beni, Grassi, Lattuca, Marzano, Biondelli, D'Incecco, Morani, Porta, Scalfarotto, Biffoni, Campana».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    nel 2011 la Repubblica del Sudan del Sud, tramite un referendum popolare molto partecipato, ha dichiarato la propria indipendenza, ponendo così fine a un conflitto civile durato più di 50 anni. Ciononostante permangano ancora alcune controversie con il confinante Sudan legate ai giacimenti petroliferi e alla definizione dei confini;
    il primo periodo di vita del nuovo Stato è stato relativamente tranquillo. Nel mese di dicembre 2012 la città di Wau, nello Stato di Western Bahr el Ghazal, è stata di proteste e scontri interetnici che hanno causato morti e feriti. Negli Stati di Upper Nile, Unity e Jongley sono inoltre attive varie milizie ribelli e si sono registrati scontri tra queste ultime e le forze armate sud sudanesi;
    a metà dicembre 2013, durante un tentativo di colpo di stato da parte del deposito vice-presidente Riek Mashar, la capitale del Sudan del Sud, Juba, è stata teatro di violentissimi combattimenti tra fazioni della guardia militare. Un funzionario dell'Onu ha riferito che tra 400 e 500 cadaveri sono stati trasportati nell'ospedale cittadino in seguito ai duri combattimenti tra fazioni militari rivali della guardia repubblicana. Altre 800 persone sono rimaste ferite. I soldati ribellatisi al Governo hanno ripreso al mattino gli attacchi contro l'esercito regolare, violando il coprifuoco ordinato dal presidente Salva Kiir. Tra le vittime vi erano sia combattenti che civili;
    ventimila persone si sono rifugiate nelle basi Onu della città e l'aeroporto di Juba è stato chiuso, mentre per lungo tempo è stata totalmente fuori uso la rete telefonica mobile;
    gli Stati Uniti hanno deciso di sospendere tutte le attività dell'ambasciata in Sud Sudan e di evacuare il personale americano non essenziale. Il dipartimento di Stato ha anche chiesto ai cittadini statunitensi di lasciare il Paese al più presto;
    un appello in tal senso è arrivato anche dalla Farnesina che con un avviso sul sito viaggiaresicuri.it ha sconsigliato «vivamente» di partire per il Sud Sudan. A chi intenda comunque raggiungere il Paese: «ha raccomandato la massima prudenza e di rimanere in stretto contatto con l'ambasciata italiana ad Addis Abeba, evitando gli spostamenti via terra al di fuori delle aree urbane»;
    il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha chiesto al governo africano di garantire «la sicurezza di tutti i civili, indipendentemente dalla comunità a cui appartengono»;
    gli scontri sembrerebbero avere come motivazione non solo questioni interne all'Splm – il Movimento armato per la liberazione del popolo sudanese, principale gruppo oppositore in Sudan e partito politico separatista – ma sono da inserire anche nelle rivalità tribali mai assopitesi dopo la proclamazione d'indipendenza del 2011. Gli scontri sembrano infatti essere infuriati tra soldati appartenenti al clan Dinka di Riir contro quelli del Clan Nuer, fedeli al deposto Mashar;
    a inizio gennaio gli scontri avevano già provocato migliaia di morti e costretto oltre 200mila persone a lasciare le proprie abitazioni, per timore di essere uccise. Neppure i compound delle Nazioni Unite si sono dimostrati aree sicure;
    il Governo di Juba, impegnato su diversi fronti, ha dichiarato lo stato d'emergenza per lo Stato di Unità e quello dello Jonglei, la cui capitale Bor continua a passare di mano, contesa tra le truppe ribelli e quelle governative;
    in attesa dell'avvio dei negoziati in Etiopia, l'Unione africana ha di istituire una commissione d'inchiesta che indaghi sulle violazioni dei diritti umani e gli altri abusi;
    secondo quanto riportato dal portavoce dell'esercito, Philip Aguer, lo scorso 14 gennaio, circa 200 civili – tra cui molte donne e bambini –, in fuga dagli scontri armati che sono ripresi a Malakal la capitale dello stato sud-sudanese dell'Alto Nilo a nord-est del Paese, hanno perso la vita nel naufragio di un traghetto sovraccarico che percorreva il Nilo;
    la comunità internazionale non può tollerare questa conclamata tragedia umana,

impegna il Governo:

   a favorire l'azione diplomatica per giungere alla fine dei conflitti interni nella Repubblica del Sud Sudan, anche con opportuno sostegno alle iniziative regionali, soprattutto in seno all'Igad, e all'Unione africana;
   a sostenere progetti e iniziative internazionali per creare una vera fiducia tra le comunità del Sud Sudan, che nonostante l'indipendenza non hanno ancora sviluppato un senso di comune appartenenza nazionale;
   a vigilare, insieme ai partner regionali, affinché sia il Governo che l'esercito mantengano un profilo inclusivo di tutti i gruppi etnici presenti nel Paese.
(7-00232) «Quartapelle Procopio, Scotto, Tidei, La Marca, Carlo Galli».


   La III Commissione,
   premesso che:
    l'ALBA, l'Alleanza bolivariana per le Americhe (Alianza bolivariana para América Latina y el Caribe) è un sistema di cooperazione politica, sociale ed economica tra i Paesi dell'America Latina e i Paesi caraibici, promossa a partire dal 2004 dal Venezuela e da Cuba in alternativa all'ALCA (Area di libero commercio delle Americhe) voluta dagli Stati Uniti;
    l'Alleanza bolivariana per le Americhe è un modello d'integrazione dei popoli dei Caraibi e dell'America Latina, i quali condividono spazi geografici, vincoli storici e culturali, necessità e potenzialità comuni;
    si tratta, dunque, di uno schema d'integrazione basato sui principi di cooperazione e solidarietà, che nasce come alternativa al modello neoliberale, il quale non ha fatto altro che acuire le asimmetrie strutturali e favorire l'accumulazione delle ricchezze a minoranze privilegiate a scapito del benessere dei popoli;
    l'ALBA è basata sulla creazione di meccanismi finalizzati alla creazione di vantaggi cooperativi fra le nazioni che permettano di compensare le asimmetrie (sociali, tecnologiche, economiche, sanitarie, e altro) esistenti tra i paesi dell'emisfero;
    nella proposta dell'ALBA hanno importanza fondamentale i diritti umani, del lavoro e delle donne, la difesa dell'ambiente nonché la lotta contro le politiche protezionistiche;
    i Paesi appartenenti all'Alba, inoltre, perseguono l'obiettivo di eliminare gli ostacoli all'integrazione impegnandosi a fronteggiare: la povertà della maggioranza della popolazione, le profonde diseguaglianze e asimmetrie tra i paesi, gli interscambi e relazioni non paritarie nelle relazioni internazionali, il peso di un debito impossibile da pagare, l'imposizione della politica di risanamento strutturale del FMI e della Banca mondiale, gli ostacoli all'accesso all'informazione, alla conoscenza e alla tecnologia, la monopolizzazione dei mass media;
    la stessa Ministra, Emma Bonino, nel suo intervento alla Conferenza Italia-America Latina e Caraibi, tenutasi a Roma il 12 dicembre 2013, ha evidenziato che «i rapporti tra i nostri popoli hanno radici secolari e precedono la nascita delle entità statuali moderne cui apparteniamo» e che «... quello tra Italia e America Latina è un legame sedimentatosi con il succedersi di intere generazioni»;
    nel medesimo intervento, la Ministra sottolineava, inoltre, che «l'Italia ha da sempre creduto che l'America latina dovesse diventare una grande area di benessere e prosperità saldamente legata all'Unione europea e in particolare a quei Paesi, come il nostro, che guardano con naturale simpatia e interesse allo sviluppo della regione»;
    sempre nel corso di tale Conferenza, la Ministra Bonino evidenziava, altresì, che «l'America Latina e Caraibi negli ultimi due decenni hanno vissuto uno straordinario risveglio economico, culturale e politico. Sono diventati laboratori di politiche pubbliche ideate con coraggio per rispondere alle sfide sociali che la globalizzazione ci impone, ottenendo risultati considerevoli in termini di riduzione della povertà», menzionando, tra le varie realtà di cooperazione e integrazione che stanno nascendo in America Latina e nei Caraibi, anche l'ALBA,

impegna il Governo:

   a intensificare e rafforzare i rapporti politici, culturali, diplomatici ed economici con i Paesi dell'America Latina e dei Caraibi e in particolare con i Paesi appartenenti alla menzionata ALBA;
   a porre, quale obiettivo prioritario della politica estera italiana, quello del rafforzamento delle relazioni con i Paesi dell'America Latina e dei Caraibi;
   a favorire, sostenere e accelerare il rafforzamento e il consolidamento delle relazioni con i Paesi dell'America Latina e dei Caraibi anche nelle diverse sedi europee e sovranazionali.
(7-00234) «Di Battista, Manlio Di Stefano, Spadoni, Sibilia, Grande, Scagliusi, Tacconi, Del Grosso».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    il comparto dei dispositivi medici rappresenta un segmento importante nella garanzia del diritto alla salute dei cittadini in quanto rientra nei LEA – livelli essenziali di assistenza;
    la norma che classifica i dispositivi medici, indica la tariffa, i possibili beneficiari e relative modalità di erogazione risale ad oltre 14 anni fa, è il decreto 27 agosto 1999 n. 332 «regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe»;
    inizialmente il decreto prevedeva, all'articolo 11, un ambito di validità triennale ma la previsione è stata disattesa ed il nomenclatore nonostante ripetute sollecitazioni rimane quello predisposto in un tempo precedente al decreto 332/99 e quindi largamente obsoleto, spesso inutilizzabile da parte dei pazienti costretti spesso a ricorrere a proprie spese per l'acquisto di dispositivi aggiornati, per non parlare di tariffe largamente superate, con ricadute negative sui bilanci delle aziende sanitarie;
    non sono mancate proposte di aggiornamento al decreto del 1999, avanzate dai vari Ministri della salute che si sono avvicendati, ma puntualmente è sopraggiunto il parere negativo della Ragioneria generale dello Stato che ha evidenziato la carenza di copertura finanziaria per poter «bollinare» il provvedimento, perpetuando una situazione non più accettabile;
    l'inerzia del Governo è stata in parte sussidiata da sporadiche iniziative regionali che però riguardano interventi specifici legati ad alcune patologie, accentuando la disomogeneità nell'accesso ai livelli essenziali di assistenza per ragioni territoriali o per patologie, entrambi elementi che contribuiscono ad affievolire l'accesso al diritto alla tutela della salute;
    è necessario ed urgente interrompere una attesa non più sostenibile che colpisce i cittadini, altera le condizioni del mercato, costituisce aggravio non giustificato ai bilanci delle aziende sanitarie, aprendo la strada, inoltre, alle pronunce dei TAR chiamati a sostituirsi alle doverose scelte del Governo, bypassando così anche i vincoli della Ragioneria generale dello Stato;
    i recenti provvedimenti riguardanti la revisione della spesa hanno determinato un tetto alla spesa dei dispositivi medici senza accompagnare il provvedimento con la revisione del nomenclatore lasciando intendere che le tariffe non erano congrue ed i contratti di aggiudicazione troppo onerosi;
    la CUD (commissione unica sui dispositivi medici) istituita con legge 289/2002 risulta scaduta il 21 luglio 2012 e non ancora rinnovata come risulta dal sito del Ministero della salute;
    le norme che hanno introdotto l'attività di monitoraggio sugli acquisti dei dispositivi medici deve uscire dalla fase sperimentale per entrare a regime e quindi realizzare quanto previsto dall'articolo 57, comma 5, della legge 289 del 2002 che recita: «Le aziende sanitarie devono esporre on line via Internet i costi unitari dei dispositivi medici acquistati semestralmente, specificando aziende produttrici e modelli. Tali informazioni devono essere disponibili entro il 31 marzo 2003 e devono essere aggiornate almeno ogni sei mesi»,

impegna il Governo:

   a procedere, nel più breve tempo possibile al rinnovo della Commissione unica sui dispositivi medici;
   a dare continuità all'attività di monitoraggio prevista dal decreto ministeriale 11/6 del 2010 nonché attuazione a quanto previsto dalla legge 289 del 2002, articolo 57, comma 5;
   ad adottare con urgenza e comunque non oltre il 31 marzo 2014, il decreto di aggiornamento del nomenclatore dei dispositivi medici, al fine di corrispondere alla legittima aspettativa dei pazienti che hanno il diritto di poter disporre di ausili e dispositivi provenienti dal più attuale stato di avanzamento del progresso tecnologico nel settore della produzione degli stessi.
(7-00233) «Miotto, Lenzi, Argentin, Amato, Capone, D'Incecco, Grassi, Iori, Murer, Biondelli, Paola Bragantini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   l'Italia, da ultima dei Paesi interessati, con la legge 9 novembre 2012, n. 196, ha ratificato il Protocollo di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi del 1991 nell'ambito dei trasporti, fatto a Lucerna il 31 ottobre 2000;
   in sede di approvazione del disegno di legge di ratifica del suddetto protocollo, il Governo accogliendo il 17 ottobre 2012 l'ordine del giorno n. 9/05465/001, ha di fatto aperto la strada ad avviso dell'interpellante ad una cosiddetta «dichiarazione interpretativa», il cui obiettivo è sostanzialmente quello di esautorare il suddetto Protocollo del suo contenuto centrale, ossia: di ignorare, per quanto al territorio italiano, il divieto della realizzazione della ormai famigerata Autostrada Alemagna;
   il suddetto ordine del giorno approvato, testualmente chiede di «chiarire, all'atto del deposito dello strumento di ratifica del Protocollo in oggetto, eventualmente anche attraverso la formulazione di una dichiarazione interpretativa, che le disposizioni dell'articolo 11 non pregiudicano la possibilità di realizzare progetti stradali di grande comunicazione sul territorio italiano, comprese le infrastrutture necessarie per lo sviluppo degli scambi con i Paesi situati a nord dell'arco alpino, e che le disposizioni relative all'internalizzazione dei costi esterni, di cui agli articoli 3, comma 1, 7, comma 1, e 14 sono da riferirsi all’acquis comunitario»;
   è evidente secondo l'interpellante quindi l'obiettivo dell'atto di indirizzo accolto, sostenuto in modo per niente velato dalla rappresentanza di categoria degli autotrasportatori: non ostacolare la realizzazione del progetto di collegare il Veneto con «strada di grande comunicazione» con l'area economica a nord delle Alpi, nota sotto il nome di «Auto – o Superstrada Alemagna»;
   detta autostrada, se anche realizzata solo su territorio italiano, avrebbe come effetto un massiccio indotto di traffico, di merci e di persone, sulle reti stradali all'interno dell'arco alpino e oltre;
   ad avviso dell'interpellante, una simile «dichiarazione interpretativa» è da qualificare una riserva indebita. Non si può voler far parte di un accordo internazionale per sostenere allo stesso momento, di «interpretare» lo stesso nel senso di non applicare un punto centrale dell'accordo medesimo;
   è peraltro noto che il Governo austriaco nel frattempo sta sondando la disponibilità del Governo italiano di far chiarezza su questo specifico punto. A Vienna pare si rafforzi la convinzione che la Repubblica austriaca debba intraprendere un passo ufficiale nei confronti del suo Stato partner Italia per deporre ricorso formale contro tale «interpretazione»;
   in base alla normativa internazionale tale ricorso va deposto entro un anno dal relativo atto che, appunto risale al 7 febbraio dell'anno 2013. Di conseguenza, il termine scadrà il 6 febbraio prossimo –:
   se non ritenga indispensabile fornire le opportune e necessarie assicurazioni circa la volontà di garantire il pieno e completo rispetto della legge n. 196 del 2012, di ratifica del Protocollo di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi, con particolare riferimento al diniego circa la realizzazione del progetto di «Auto – o Superstrada Alemagna».
(2-00384) «Kronbichler».

Interrogazione a risposta orale:


   MOLEA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa (nota dell'agenzia ADNkronos delle ore 21,40 del 23 gennaio e dal Fatto Quotidiano Lavoro) che l'editore dell'agenzia ADNkronos ha inviato una comunicazione al comitato di redazione con cui annuncia la riduzione del personale nella misura di 23 unità operative, di cui 20 giornalisti e 3 poligrafici e che stanno per iniziare le relative procedure di mobilità;
   l'assemblea dei lavoratori, giornalisti e poligrafici, ha deciso una immediata azione di mobilitazione deliberando 5 giornate di sciopero cui aderiscono in segno di solidarietà anche le altre redazioni del gruppo;
   il sindacato di categoria qualifica l'azione dell'azienda come un «intollerabile atto ritorsivo, illegittimo e fuori da ogni regola che disciplini qualsiasi rapporto di lavoro» –:
   se siano al corrente della crisi apertasi all'ADNkronos e delle gravi ripercussioni che la stessa può pesantemente esercitare sia sui lavoratori che vedono messo in discussione il posto di lavoro, che più in generale sul settore dell'informazione che lamenta sempre più spesso l'attacco ai propri spazi di libertà;
   quali iniziative intendano adottare, per quanto di loro competenza e atti a favorire la ripresa del dialogo tra le parti e l'avvio a soluzione dell'intera vicenda. (3-00592)

Interrogazioni a risposta scritta:


   AIRAUDO, DI SALVO, LACQUANITI, FERRARA, PELLEGRINO, MARCON, NICCHI, NARDI e PAGLIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale, l'Electrolux ha presentato una proposta di piano industriale per i quattro stabilimenti italiani che, oltre a prevedere un drastico taglio dei salari (portando gli stipendi, oggi calcolati in 1.400 euro al mese a circa 700-800 euro), anche un taglio dell'80 per cento dei 2.700 euro di premio aziendali, la riduzione delle ore lavorate a 6 con contestuale aumento dei ritmi produttivi, il blocco dei pagamenti delle festività, la riduzione di pause, permessi sindacali (-50 per cento) e lo stop agli scatti di anzianità;
   ancora peggiori risulterebbero le notizie sullo stabilimento di Porcia, per il quale non sarebbe previsto alcun piano industriale e, di fatto, il costo di produzione delle lavatrici sommato al costo orario del lavoro complessivo diventerebbero tali da non permettere per lo stabilimento di Porcia alcun tipo di prospettiva di rilancio industriale, alcun tipo di progettazione: per cui il destino potrebbe essere solo la chiusura;
   secondo quanto risulta all'interrogante Electrolux dovrebbe prevedere, a fronte degli attuali 24 euro l'ora per lavoratore, di tagliare 3,20 euro a Solaro, 3 euro a Forlì e 5,20 euro a Susegana. Per Porcia il taglio sarebbe stimato in 7,50 euro l'ora ma il costo del prodotto finito graverebbe di 30 euro a pezzo mandando fuori mercato la produzione;
   in buona sostanza, Electrolux sarebbe costretta a tagliare, oltre Porcia, anche lo stabilimento in Polonia vittime entrambi della concorrenza asiatica di Samsung e Lg. Per gli altri siti produttivi italiani, qualora il piano fosse comunque approvato dai sindacati, si prevedono investimenti per 28 milioni di euro a Forlì, 40 milioni a Solaro e 22 a Susegana;
   il management di Electrolux ha quindi presentato un piano industriale del tutto irricevibile che potrebbe impedire anche alla parte sindacale di proseguire il confronto con l'azienda, il rischio di desertificazione industriale e di ulteriori delocalizzazioni delle attività produttive della suddetta azienda continua ad incombere nel nostro Paese, senza che il Governo si adoperi in alcun modo per presentare un serio organico di azioni mirate per tutelare il settore manifatturiero;
   il pericolo è che gli intendimenti della società siano quelli, più volte manifestati, di procedere a numerosi esuberi in Italia, al termine dei periodi di cassa integrazione straordinaria autorizzati: sarebbero 1.600 i licenziamenti in tutto il territorio nazionale, e a tale obiettivo è mirato l'azione di investigazione della multinazionale sugli stabilimenti italiani avviata già lo scorso anno;
   a parere dell'interrogante, è quanto mai urgente che il Governo si faccia parte attiva per avviare le trattative con la proprietà della società svedese anche al fine di impedire che l'azienda prosegua anche in queste settimane il processo mirato all'espulsione degli addetti dello stabilimento di Porcia ed attui un piano di riorganizzazione aziendale complessivo di fatto mirato alla chiusura degli stabilimenti italiani;
   peraltro è da considerarsi assurdo che la politica industriale di questo Paese venga di fatto portata avanti con i salari e i diritti dei lavoratori che attraverso le loro fatiche dovrebbero garantire gli investimenti necessari e pagare di tasca propria il prezzo del loro lavoro;
   la legge di stabilità 2014, recentemente entrata in vigore, ha disposto per l'anno 2014 uno stanziamento di 50 milioni di euro volto al finanziamento dei trattamenti di integrazione salariale per i contratti di solidarietà;
   la disposizione, a differenza degli ultimi interventi in materia, non ha, però, previsto la proroga della norma che consentiva l'innalzamento dell'integrazione salariale del 20 per cento, prescrivendo un aumento limitato — nella misura del 10 per cento — che attesta l'ammontare dell'importo al 70 per cento del trattamento perso a seguito della riduzione dell'orario di lavoro;
   tale scelta provocherà ricadute negative su migliaia di lavoratori già coinvolti da procedure di diminuzione del reddito;
   si rende necessario un ulteriore intervento in materia di contratti di solidarietà, con l'obiettivo di incrementarne l'ammontare del trattamento di integrazione salariale, con particolare riferimento a quello dei lavoratori con redditi più bassi –:
   se il Governo sia conoscenza di quanto descritto dalla presente interrogazione e quali iniziative urgenti e non più procrastinabili intenda adottare per convocare immediatamente presso la Presidenza del Consiglio, un tavolo di trattative con la proprietà Electrolux al fine di scongiurare ulteriori esuberi e al fine di fermare il processo di espulsione dei lavoratori che si sta compiendo nello stabilimento di Porcia;
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per rendere possibile la permanenza come realtà produttiva delle fabbriche della Electrolux, dalle cui sorti dipende il futuro di migliaia di lavoratori e degli stabilimenti distribuiti in molte parti del Paese;
   se tale settore produttivo sia ritenuto dal Ministro dello sviluppo economico come un settore sul quale valga la pena investire, in termini di ricerca e innovazione, al fine di conservare e rilanciare le presenze produttive e il know how diffuso in diversi punti del territorio nazionale, dando così certezze e prospettiva ai lavoratori, anche attraverso gli eventuali processi di formazione e riqualificazione;
   quali provvedimenti intenda intraprendere il Governo al fine di tutelare i lavoratori a rischio, anche attivando un tavolo di confronto che coinvolga pienamente i rappresentanti dei lavoratori, la dirigenza aziendale e i Ministeri competenti, che individui ogni possibile soluzione volta ad evitare ripercussioni negative sugli attuali livelli occupazionali;
   quali urgenti iniziative intenda adottare al fine di salvaguardare il reddito dei lavoratori interessati dai contratti di solidarietà, anche mediante la previsione di disposizioni che, incrementando l'ammontare del trattamento di integrazione salariale e ripristinando la percentuale di riferimento prevista antecedentemente all'approvazione della legge di stabilità 2014, tengano conto concretamente delle esigenze dei lavoratori. (4-03338)


   SCAGLIUSI, MANNINO, DE LORENZIS, L'ABBATE e MANLIO DI STEFANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   KIPOINT spa nasce nel 2002 ed è, ancora oggi, la rete di negozi in franchising di SDA Gruppo Poste italiane che opera come centro servizi per spedizioni nazionali e internazionali, servizi di imballaggio, servizi di fotocopisteria ed invio fax, stampa digitale, mailing e direct mailing e come rivenditore a catalogo di prodotti di cancelleria e cartoleria;
   Sviluppo Italia (oggi Invitalia), che agisce su mandato del Governo come si legge nella mission sul proprio sito istituzionale www.invitalia.it, proponeva nella propria rete di franchisor convenzionati KIPOINT;
   tra il 2005 e il 2010 oltre 100 franchisee hanno chiuso il proprio punto vendita KIPOINT dal momento che le previsioni, indicate dai proponenti il franchising, di fatturato annuo realizzabile «a regime» di 200.000 euro, sono risultate a dir poco azzardate, inattendibili e infondate;
   l'Associazione CODICI di Pescara si è fatta portavoce di 107 piccoli imprenditori affiliati al franchising KIPOINT per denunciare Poste Shop Spa;
   altre numerose denunce individuali di aderenti all'iniziativa KIPOINT si sono susseguite nel corso di questi ultimi anni;
   in data 30 marzo 2010, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (bollettino n. 13 del 19 aprile 2010 provv. N. 20951) ha condannato a una sanzione amministrativa pecuniaria di 100.000 euro Posteshop spa per aver ingannato gli aspiranti franchisee con una serie di messaggi definibili nella «fattispecie di pubblicità ingannevole»;
   nello specifico, le informazioni acquisite in fase istruttoria, evidenziano il carattere ingannevole, ai sensi degli articoli 1, 2, 3 del decreto legislativo n. 145 del 2007, dei messaggi diffusi da Posteshop sulle riviste AZ Franchising e Millionaire nel 2008 e 2009 e tramite la brochure e i dépliant diffusi negli stessi anni;
   dopo che il TAR del Lazio ha confermato la sentenza dell'Antitrust; con l'ordinanza collegiale n. 201206636, in data 21 dicembre 2012 il Consiglio di Stato ha sospeso il giudizio e rinviato a una pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea;
   nel frattempo, la maggior parte dei piccoli imprenditori che avevano aderito a KIPOINT, hanno perso decine di migliaia di euro in investimenti e rischiano di vendere la propria prima abitazione per rispettare gli impegni economici presi con gli istituti di credito;
   oggi KIPOINT non è più fra i franchisor convenzionati con Invitalia –:
   se sia al corrente della situazione e quali provvedimenti intenda adottare per affrontare le difficoltà in cui versano più di un centinaio di aderenti e delle rispettive famiglie;
   quali siano stati i requisiti che, fino a qualche anno fa, hanno permesso al marchio KIPOINT di figurare tra i franchisor convenzionati con l'allora Sviluppo Italia e quali siano le ragioni per le quali oggi KIPOINT non sia più tra questi;
   se non ritenga urgente valutare l'assunzione di iniziative per l'erogazione in tempi rapidissimi di un indennizzo sufficiente a consentire ai franchisee danneggiati di ottemperare agli impegni economici intrapresi, evitando soluzioni limite, quali la vendita della prima casa. (4-03346)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSTELLATO, COMINARDI, BECHIS, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, CHIMIENTI e BALDASSARRE. — Al Ministro per gli affari europei, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dal 1995 al 1997 le imprese situate nelle zone di Venezia e Chioggia hanno beneficiato di riduzioni o esenzioni dal versamento degli oneri sociali per la creazione e il mantenimento di posti di lavoro. Nel 1999 la Commissione ha ritenuto che alcuni di tali sgravi, il cui solo scopo era di salvaguardare posti di lavoro esistenti o che erano stati concessi a grandi imprese operanti in zone che non presentavano svantaggi regionali, erano incompatibili con le norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato e ha imposto all'Italia il recupero degli aiuti presso i beneficiari;
   nel 2007 la Commissione ha constatato che l'Italia non aveva adempiuto all'obbligo di recuperare gli aiuti e ha agito nei suoi confronti dinanzi alla Corte di giustizia, la quale, nel 2011, ha stabilito che l'Italia non aveva attuato la decisione adottata dalla Commissione nel 1999. Nel 2012, con una lettera di costituzione in mora, la Commissione ha avvertito l'Italia che se avesse continuato a non ottemperare all'obbligo di recuperare gli aiuti, sarebbe stata deferita per la seconda volta dinanzi alla Corte di giustizia;
   dalla risposta dell'Italia risulta che, a tutt'oggi, è stato recuperato solo circa il 20 per cento degli aiuti dichiarati incompatibili. La Commissione ha pertanto deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia una seconda volta, al fine di chiedere a quest'ultima di comminare il pagamento di una somma forfettaria e di una penalità;
   la Commissione propone una penalità giornaliera dell'importo di 24.578,4 euro, da moltiplicare per il numero di giorni trascorsi tra la prima sentenza della Corte e, a seconda del caso, la piena esecuzione da parte dello Stato membro oppure la seconda sentenza della Corte a norma dell'articolo 260, paragrafo 2, del TFUE, nonché il pagamento di una penalità decrescente per ogni giorno trascorso dalla sentenza fino alla sua esecuzione. L'importo definitivo delle penalità giornaliere sarà deciso dalla Corte –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno intervenire presso la Commissione europea al fine di prevenire la presentazione del ricorso alla Corte di giustizia – finalizzato alla quantificazione della penalità – in attesa del completamento delle procedure di recupero instaurate ex articolo 1, commi 351 e seguenti, della legge 24 dicembre 2012, n. 228;
   se i Ministri non ritengano opportuno chiedere alla Commissione europea una definitiva pronuncia in merito al diritto delle singole imprese a fruire o meno degli sgravi, al fine di adempiere alla sentenza della Corte di giustizia del 2011;
   se i Ministri interrogati possano spiegare come tale situazione sia potuta accadere senza che ci sia stato un effettivo controllo e a chi sia imputabile la responsabilità nella concessione degli aiuti di Stato incompatibili con l'ordinamento comunitario, nel ritardo delle azioni di recupero mediante riscossione coattiva e della definizione dei contenziosi giudiziari;
   se i Ministri non ritengano equo e corretto che, nel caso in cui vengano comminate dalla Corte di giustizia le sanzioni di cui in premessa, si possa prefigurare l'ipotesi di un danno recuperabile rivalendosi sui soggetti che illo tempore hanno autorizzato la concessione degli aiuti di Stato giudicati illegittimi;
   se i Ministri interrogati possano chiarire l'entità, gli oneri e gli effetti finanziari diretti a carico dell'Italia, che deriverebbero dalla sentenza di condanna dell'Unione europea nei confronti del nostro Paese e come si intenda agire per reperire le risorse finanziarie necessarie per l'eventuale pagamento. (4-03352)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   in data 16 maggio 2011 l'ENAC ha presentato, ai sensi dell'articolo 23 e seguenti del decreto legislativo 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, richiesta di pronuncia di compatibilità ambientale per il Nuovo master plan dell'aeroporto di Milano Malpensa;
   gli interventi previsti sono: ampliamento del sedime aeroportuale; potenziamento del sistema infrastrutturale dell'aeroporto mediante la realizzazione di una terza pista; ampliamento e riconfigurazione delle aree terminali dedicate al trasporto commerciale sia sul lato airside che landside in funzione delle previsioni di crescita; ampliamento dell'area dedicata al trattamento merci e realizzazione di un «parco logistico» di supporto all'intero contesto territoriale; razionalizzazione e potenziamento delle attività complementari al trasporto aereo;
   a progetto già depositato, SEA ha provveduto a integrare lo studio di impatto ambientale in data 20 giugno 2012 con delle «Integrazioni volontarie», e il 30 novembre 2012 con dei «chiarimenti» a seguito del contraddittorio tra le parti, ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, avvenuto il 18 settembre 2012;
   ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni sono state inviate osservazioni contenenti 1054 argomenti di contrarietà al progetto sottoscritte da cittadini, associazioni e comitati;
   numerose delibere di contrarietà sono state espresse dall'assemblea del parco del Ticino e da numerosi enti locali del territorio;
   le previsioni di traffico presentate da SEA come unica motivazione dell'ampliamento dell'aeroporto sono secondo gli interpellanti palesemente sovrastimate. Tali previsioni sono, allo stato, smentite dai dati reali; attualmente l'Aeroporto di Malpensa sta lavorando al 50 per cento delle proprie potenzialità: i dati di traffico su cui si basa il master plan di Malpensa sono obsoleti in quanto lo scenario alla base del master plan stesso è antecedente l'abbandono di Malpensa da parte di Alitalia; in questi anni il traffico a Malpensa è crollato da 24 milioni di passeggeri del 2007 a meno di 18 milioni del 2013; le previsioni di SEA pubblicate nel 2011 si sono dimostrate errate e non realistiche; SEA prevedeva per il 2012 un aumento di +5,6 per cento (movimenti) e +4,6 per cento (passeggeri) e invece si è registrato a -8,4 per cento (movimenti) e -4 per cento (passeggeri); SEA prevedeva per il 2013 un aumento di +5,2 per cento (movimenti) e +4,6 per cento (passeggeri) ed invece si è registrato a -6,1 per cento (movimenti) e -3,5 per cento (passeggeri). (Dati gennaio-novembre 2013, i dati ufficiali di dicembre 2013 non sono ancora stati pubblicati);
   ad oggi, l'unico parere positivo al progetto di espansione denominato «Nuovo Master Plan Aeroportuale dell'aeroporto di Milano Malpensa», è stato deliberato da regione Lombardia con d. giunta regionale n. X/13 del 3 aprile 2013;
   la comunità del parco Ticino formata da 47 comuni e 3 province ha all'unanimità deliberato con propria delibera n. 12 del 21 giugno 2013 di richiedere la revisione della delibera regionale X/13 con la quale regione Lombardia ha espresso il proprio parere nei confronti del master plan di Malpensa;
   l'area interessata dall'ampliamento del sedime aeroportuale è una zona naturalisticamente importante sia per la presenza di habitat di interesse comunitario (4030 Lande secche europee ossia brughiere, 6510 Praterie magre, 9160 Querceti di Farnia, 9190 Querceti acidofili con Quercus Robur), sia per la presenza di numerose specie animali tutelati e protetti da apposite direttive come la direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 concernente la conservazione degli uccelli selvatici;
   in relazione alla situazione di danno ambientale del SIC Brughiera del Dosso IT2010012, causato dal sorvolo degli aerei in decollo dall'aeroporto di Malpensa, la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l'Italia per violazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche («direttiva habitat»), con l'invio di una lettera di messa in mora all'Italia in data 22 giugno 2012 (Riferimento procedura n. 2012/4096);
   la presenza di habitat di interesse comunitario e di popolazioni significative di specie di interesse comunitario hanno portato in data 25 ottobre 2011 il Parco Ticino a inoltrare richiesta ufficiale a regione Lombardia, e per conoscenza al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'Unione europea, per l'istituzione di un nuovo sito di importanza comunitaria e zona di protezione speciale denominato «Brughiere di Malpensa e di Lonate»;
   tale richiesta è stata recentemente supportata dall'aggiornamento, così come richiesto da regione Lombardia, degli studi del parco Ticino datato Novembre 2013, che riconosce oltre ogni dubbio la valenza europea della zona denominata «Brughiere di Malpensa e di Lonate» tale da rendere «dovuto» il riconoscimento SIC/ZPS della stessa;
   il riconoscimento SIC/ZPS dell'area denominata «Brughiere di Malpensa e di Lonate» potrebbe generare un effetto compensazione tale da portare alla chiusura della procedura di infrazione n. 2012/4096 attualmente aperta per il SIC Brughiera del Dosso;
   in data 29 marzo 2013, ENAC, a seguito di vari incontri tenutisi con il gruppo istruttore della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (CTVA), ha chiesto una sospensione di nove mesi del procedimento di valutazione di impatto ambientale, al fine di approfondire e risolvere le problematiche progettuali legate allo sviluppo del quadro infrastrutturale della macro-area di riferimento e che la DVA con nota dell'11 aprile 2013 ha concesso la sospensione del procedimento valutazione di impatto ambientale;
   con nota del 30 dicembre 2013 ENAC ha richiesto un'ulteriore proroga di sei mesi e al momento la DVA sta predisponendo una risposta in merito, in cui chiedere motivazioni più specifiche sulla richiesta di proroga, in quanto non sufficientemente motivata e seguente ad una serie di svariate integrazioni già presentate dal proponente nel corso degli anni –:
   quali siano gli intendimenti del Ministro interpellato riguardo alle continue e non consuete proroghe della procedura di valutazione di impatto ambientale anche in relazione alle numerose osservazioni di contrarietà espresse dal territorio e certamente in buona parte condivise dalla commissione tecnica VIA/VAS;
   quali siano gli intendimenti del Ministro interpellato riguardo agli aspetti scientifici e biologici relativi alla perdita di una zona naturalisticamente importante tanto da essere considerato ad oggi un possibile sito di interesse comunitario, sapendo inoltre che la conseguenza di questa perdita potrebbe portare ad una nuova procedura di infrazione da parte della Comunità europea.
(2-00387) «Cimbro, Senaldi, Gadda, Simoni, Taranto, Bonafè, Daniele Farina, Fava, Kronbichler, Lacquaniti, Franco Bordo, Laforgia, Biffoni, Gianni Farina, Marantelli, Stumpo, Aiello, Nardi, Placido, Verini, Andrea Romano, Rabino, Ascani, Bosco, Garofalo, Miccoli, Benamati, Giuliani, Paris, Venittelli, Basso, Tino Iannuzzi, Impegno, Marazziti, Mariano, Di Gioia, Gutgeld, Causi, Giuditta Pini, Berlinghieri, Mauri, Scuvera, Tartaglione».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO, TURCO, BRUGNEROTTO, FANTINATI, DA VILLA, BENEDETTI, BUSINAROLO, COZZOLINO e SPESSOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio di bacino Bacchiglione è l'ente d'ambito a cui la regione Veneto, con la legge regionale n. 17 del 27 aprile 2012, ha affidato il compito di sovrintendere al ciclo integrato dell'acqua per il territorio di propria competenza (ambito territoriale ottimale) costituito da 140 comuni appartenenti alle province di Padova (60), Venezia (1) e Vicenza (79);
   del consiglio di bacino fanno parte, infatti, i comuni che ricadono nel territorio di pertinenza del bacino idrografico del fiume Bacchiglione: si tratta di un'area che si estende, nell'alta pianura alluvionale veneta, per circa 3.000 chilometri quadrati;
   il consiglio di bacino effettua la ricognizione degli impianti e delle reti esistenti, pianifica gli investimenti, stabilisce, tramite la tariffa, le risorse necessarie all'attuazione della propria pianificazione e la loro ripartizione nel tempo, controlla che il gestore realizzi gli investimenti programmati, mantenga standard tecnici ed organizzativi adeguati ed applichi correttamente la tariffa;
   il consiglio di bacino è subentrato in tutte le obbligazioni attive e passive della ex autorità d'ambito;
   l'autorità d'ambito Bacchiglione (AATO) ha affidato la gestione del servizio idrico integrato a quattro gestori, stipulando con essi un contratto di servizio che li impegna a garantire adeguati standards qualitativi all'utente indipendentemente dal luogo di residenza o dalla sua capacità economica. I gestori che attualmente operano nel territorio sono: AcegasAps S.p.A., Acque Vicentine S.p.A., Alto Vicentino Servizi S.p.A., Centro Veneto Servizi S.p.A.;
   la conseguenza di uno dei referendum abrogativi che gli italiani sono stati chiamati a votare il 12 e 13 giugno 2011 consiste nell'aver reso illegittima la cosiddetta «remunerazione del capitale investito», cioè una delle componenti che vanno a incidere, in ultima analisi, sulle bollette fatturate agli utenti del servizio idrico integrato (s.i.i.). L'esito abrogativo dei referendum si è prodotto da luglio 2011, in quanto il risultato è stato sancito con il decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011, n. 113 e n. 116 pubblicati in Gazzetta Ufficiale serie generale n. 167 del 20 luglio 2011;
   la Corte Costituzionale, con la sentenza 199/2012, ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sia nel testo originario che in quello risultante dalle successive modificazioni, poiché questo viola «il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare»;
   infine il Consiglio di Stato, con il parere n. 267 del 25 gennaio 2013, sostiene che il criterio dell'adeguatezza della remunerazione dell'investimento, a partire dal 21 luglio 2011, è stato applicato illegittimamente poiché in contrasto con gli effetti del referendum del 12 e 13 giugno del 2011;
   l'Aeeg, con la delibera n. 585 del 28 dicembre 2012, ha di propria iniziativa modificato la tariffa per il 2012 e 2013, ridefinita dai comitati dell'acqua «Tariffa truffa» perché l'Aeeg stesso, in modo del tutto illecito, non ha applicato l'esito referendario;
   il consiglio di bacino Bacchiglione, ente che comprende 140 comuni veneti ha deliberato il 12 dicembre 2013 a favore del nuovo metodo tariffario transitorio sull'acqua;
   in questo cosiddetto «metodo tariffario transitorio», sotto la voce «oneri finanziari», si ripropone il meccanismo della remunerazione del capitale, riproducendo, di fatto, la medesima componente tariffaria abrogata dai referendum 2011, e consentendo così l'indebitamento delle società di gestione 4 servizio idrico integrato presso istituti finanziari e di credito;
   il metodo tariffario transitorio determina le tariffe del 2012 e 2013 in base a quelle preventivate dal piano d'ambito. In termini concreti, questo significa che gli investimenti preventivati nel suddetto Piano sono considerati come realmente compiuti, senza che vi sia la necessità di verificare se ciò sia vero o meno. Questa parificazione molto spesso non corrisponde alla realtà e, in questo modo, si genera di fatto una sanatoria del pregresso;
   i cosiddetti «Oneri Finanziari» non sono affatto il riconoscimento al gestore degli eventuali prestiti da lui richiesti agli istituti di credito, sono bensì una misura forfettaria del guadagno, esattamente come lo era in precedenza la remunerazione del capitale investito. Va da sé quindi che questi non meglio specificati «Oneri Finanziari» non sono altro che la reintroduzione del citato sistema;
   la remunerazione prende come grandezza il profitto che il gestore avrebbe avuto se avesse investito il denaro in BTP o in altri comparti di investimento diversi dal settore idrico;
   inoltre il rischio economico per il gestore non esiste: l'investimento non è dovuto a capitale proprio, perché i soldi li mettono sempre gli utenti attraverso il pagamento della bolletta che è caricata degli interessi pagati alle banche per il prestito ottenuto. La tariffa relativa e il metodo per calcolarla sono già stabiliti in modo eguale in tutto il territorio nazionale e non dipendono dal gestore;
   un altro aspetto di fondamentale, importanza, riguarda quanto prescrive l'Europa in questa materia per il rilascio dei contributi. L'Aeeg sostiene che, per ottenerli, vi sia l'obbligo di remunerare il capitale di rischio. L'Europa invece prescrive solamente il recupero dei costi effettivamente sostenuti;
   il FONI (Fondo nuovi investimenti), alimentato con i contributi pubblici e privati, introduce un fondo destinato alla realizzazione di futuri investimenti. Finora invece questi contributi erano corrispettivi che andavano a diminuire la tariffa. L'utente dovrà quindi paradossalmente pagare due volte: la prima come cittadino che paga le imposte, la seconda come utente dell'acquedotto attraverso gli ammortamenti addebitati in bolletta;
   questo sistema illecito è stato già respinto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 335/2008 (per il canone della depurazione). Questa sentenza, chiarisce che con il «recupero integrale dei costi» si pagano unicamente gli investimenti già realizzati e non quelli che verranno effettuati in futuro (nel caso della depurazione dell'acqua, tutti i gestori l'hanno addebitata anche a chi non ne usufruiva violando la suddetta sentenza). Il risultato di questa situazione, è che i gestori non hanno ancora tolto dalla tariffa e restituito il costo della depurazione agli utenti non allacciati al depuratore;
   la «tariffa sociale» destinata a «politiche di aiuto per le categorie di utenti domestici in condizioni di disagio economico» e la proposta del Ministro Orlando di far pagare una tariffa più bassa a chi ha un reddito basso, aumentando la tariffa indiscriminatamente a tutti gli altri utenti, e lasciando del tutto invariato il profitto dei gestori, risulta essere una soluzione squilibrata e tutt'altro che equa. Si dice, a questo proposito, che il disagio sociale ed il consumo minimo di 50 lt./giorno di acqua, stabilito dall'OMS come diritto, devono essere sostenuti «dalla fiscalità generale» e non fatti pagare agli altri utenti;
   oltretutto, se finora il 7 per cento di remunerazione per il gestore era fisso, ora può addirittura essere maggiore, ed è stato tolto il limite di aumento tariffario del 6,5 per cento, formato da un massimo di aumento del 5 per cento +1,5 per cento di inflazione, perciò l'aumento potrà essere superiore;
   il MTT definisce il proprio ambito temporale di applicazione per il periodo di regolazione 2012-2013  mentre la delibera è del 28 dicembre 2012, cioè un anno dopo. La sentenza n. 832 del 27 febbraio 2006 emessa della 6a sezione del Consiglio di Stato, e la n. 1926 del Tar Lombardia del 1o agosto 2006, stabiliscono che il prezzo di un servizio non può essere applicato retroattivamente;
   l'Aato Bacchiglione e i 4 gestori non hanno mai adottato retroattivamente un aumento di tariffa. Se l'Aeeg intende farlo, lo fa illegalmente e il provvedimento va respinto senza indugio;
   quest'aumento del costo dell'acqua, bene primario per la sopravvivenza è superiore per tre gestori del consiglio di bacino Bacchiglione su quattro rispetto al limite precedentemente imposto del 6,5 per cento annuo. Oltre a questo aumento la nuova voce in tariffa chiamata oneri finanziari supera per due gestori su quattro del consiglio di bacino Bacchiglione, la quale sostituisce la precedente voce remunerazione del capitale investito –:
   se, relativamente a quanto esposto in premessa, in base alle proprie competenze e nel rispetto dell'autonomia della AEEG, non si ritenga importante valutare l'opportunità di introdurre obblighi di comunicazione in merito al funzionamento del servizio idrico integrato;
   se il Ministro interrogato intenda adottare ogni opportuna iniziativa, nei limiti di propria competenza, al fine di garantire che la regolazione dei sistemi efficienti di utenza sia in linea con quanto disposto dalla normativa nazionale e, in particolare, che la regolazione dell'accesso al sistema idrico preveda che i corrispettivi tariffari di trasmissione e distribuzione, e quelli a copertura degli oneri generali di sistema, siano applicati secondo equità e nel rispetto del parere del Consiglio di Stato n. 267 del 25 gennaio 2013;
   se intendano individuare misure di altra natura a sostegno delle popolazioni e dei cittadini già duramente colpiti dalla crisi economica in corso. (5-02005)

Interrogazione a risposta scritta:


   RUSSO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   numerosi cittadini residenti a San Giorgio a Cremano in provincia di Napoli al viale Bernabò n. 26 e 30 sono stati allontanati dalle autorità preposte dalle proprie abitazioni nella notte del 2 gennaio 2014, a seguito dell'incendio verificatosi tra la sera del 31 dicembre 2013 e la notte del 1° gennaio 2014 nell'edificio sito in viale Bernabò n. 22, appartenente al complesso «Villa Anna»;
   l'evacuazione è stata predisposta unicamente per motivi di pubblica incolumità per il pericolo di crollo dell'edificio incendiato;
   del tutto trascurato è stato l'aspetto di danno ambientale, peraltro già più volte denunciato sia alle autorità preposte del territorio (Sindaco e ASL) nel febbraio 2013, sia alla procura della Repubblica di Napoli nel novembre 2013;
   nessun intervento sino ad oggi è stato assunto dalle predette autorità;
   nell'esposto del febbraio 2013 si denunciava al sindaco del comune di San Giorgio a Cremano (Napoli) e al direttore del distretto sanitario n. 54 la presenza di amianto e di numerosi pneumatici ammassati in diversi cumuli nell'ambito del complesso di cui sopra;
   tali cumuli erano posti costantemente a rischio incendio con grave pericolo e nocumento della salute di quanti abitavano in quel complesso edilizio e più in generale in quell'area;
   nell'esposto alla procura della Repubblica di Napoli del novembre 2013 si denunciava la presenza sia di rifiuti speciali (pneumatici), che pericolosi come lastre sbriciolate di amianto;
   gran parte di questo materiale è stato accumulato indistintamente e in modo illecito da ignoti sia all'interno, sia all'esterno del fatiscente edificio, da tempo abbandonato e non abitato;
   l'incendio suddetto, proprio per la pericolosità del materiale depositato, ha reso tale sito ancor di più una vera e propria discarica se non proprio una vera «bomba ecologica»;
   l'incendio non è stato un evento fortuito ed imprevedibile, piuttosto sarebbe stato largamente previsto e prevedibile se solo avessero ascoltato gli allarmi ripetuti e le denunce dei residenti di quel complesso edilizio;
   il perdurante e totale stato di abbandono della proprietà, associato sia alla mancanza di interventi di manutenzione, sia di controllo da parte delle autorità competenti ha, di fatto, accresciuto la possibilità che si sprigionassero quelle temute fiamme;
   su richiesta esplicita degli abitanti del complesso edilizio de quo il sindaco ha interpellato i preposti uffici dell'ARPAC;
   la relazione Arpac riferisce di «rifiuti combusti» omettendo circa la presenza di quantità ingenti di rifiuti facilmente infiammabili (pneumatici e altro pericoloso materiale), ancora giacenti all'interno e attorno alla struttura fatiscente;
   nessun riferimento alle necessarie attività di bonifica dei luoghi è segnalato nell'ordinanza in relazione al segnalato amianto;
   ad oggi l'unica misura di prevenzione adottata consiste in una insufficiente delimitazione di sicurezza dell'edificio senza alcuna attività di messa in sicurezza, caratterizzazione e bonifica dell'area oggetto di questa interrogazione –:
   quali urgenti iniziative ritenga di porre in essere per verificare i fatti esposti, nel precipuo interesse della tutela della salute di quei cittadini, e per evitare che, nel perdurare senza alcuna azione di tale situazione possano determinarsi ulteriori rischi a carico degli abitanti ed ancor di più a danno del suolo e del sottosuolo con specifico riferimento alla presenza di amianto;
   se non ritenga di attivare una procedura straordinaria e d'emergenza per evitare che una popolazione già fortemente scossa per le note vicende della «terra dei fuochi» possa misurare scarsa attenzione da parte delle pubbliche amministrazioni locali e nazionali rispetto ad una vicenda che in sé genera grandissimo allarme sociale. (4-03347)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BATTELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   come riportato da vari articoli tra cui quello de «la Repubblica» pubblicato in data 5 gennaio 2014, i magistrati della Corte dei conti del Lazio hanno rinviato ai magistrati della sezione centrale di controllo, gli atti relativi all'approvazione di un decreto della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che autorizza l'incremento di 3 euro sul prezzo dei biglietti per la visita all'area archeologica romana che si trova tra il Colosseo ed il Campidoglio;
   nel provvedimento all'esame del magistrati, manca l'indicazione dei criteri utilizzati dalle soprintendenze per quantificare il prezzo degli ingressi ai poli culturali. Per i giudici il costo dei biglietti, invece, va determinato «tenendo conto della qualità degli allestimenti, dell'offerta dei servizi aggiuntivi al visitatore, della media annua degli ingressi e delle caratteristiche del territorio, la sua vocazione turistica e la presenza di altri spazi culturali»;
   ma, soprattutto, il decreto della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, contiene la dichiarazione del rispetto dei parametri previsti dalla legge, avendo assegnato solo il 14 per cento degli introiti ai privati. Un'affermazione che, per i giudici, «si rivela in contrasto con la documentazione agli atti»;
   l'articolo 2 del decreto ministeriale 11 dicembre 1997 n. 507, così come modificato dall'articolo 2, comma 5, del decreto ministeriale 28 settembre 2005, n. 222, disciplina le modalità di gestione degli introiti derivanti dai biglietti di ingresso ai monumenti, musei, gallerie, scavi di antichità, parchi e giardini monumentali;
   tale disciplina prevede che: «... Le convenzioni stabiliscono il versamento da parte del concessionario di una parte degli incassi ricavati dalla vendita dei biglietti non inferiore al settanta per cento degli incassi medesimi. Il compenso spettante al concessionario non può essere superiore al trenta per cento degli incassi ed è definito mediante parametri che tengono conto dell'ammontare complessivo degli incassi dell'anno precedente, dei costi di gestione dei servizi e degli interventi proposti dal concessionario per il miglioramento dei servizi medesimi e per l'attivazione o l'implementazione di strumenti informatici e telematici. I bandi di gara, predisposti per l'affidamento in concessione dei servizi di biglietteria, riportano le condizioni e i parametri individuati nel presente comma»;
   l'articolo 57, comma 7, del decreto legislativo n. 136 del 12 aprile 2006 (codice dei contratti), espressamente prevede: «È in ogni caso vietato il rinnovo tacito dei contratti aventi ad oggetto forniture, servizi, lavori, e i contratti rinnovati tacitamente sono nulli» –:
   quali siano i criteri utilizzati per la determinazione dei biglietti di ingresso ai luoghi della cultura;
   quali siano gli accordi previsti dalla convenzione in essere con la società «Mondadori Electa spa» riguardo alla ripartizione degli introiti derivanti dal pagamento dei biglietti di ingresso ai monumenti, musei, gallerie, scavi di antichità, parchi e giardini monumentali;
   quali siano gli accordi previsti dalle convenzioni stipulati con le altre società quali «Civita cultura srl» e «Munus srl» che gestiscono i poli museali romani;
   per quale motivo siano state rinnovate le convenzioni in essere con le varie società che gestiscono i servizi nei luoghi della cultura di Roma, cosa che appare all'interrogante palesemente in contrasto con le norme che disciplinano gli appalti pubblici;
   per quale motivo non siano state indette nuove gare per procedere all'affidamento di tali servizi;
   quando il Ministro interrogato intenda indire le procedure di gara ad evidenza pubblica, come previsto dalla già citata normativa nel codice degli appalti e come richiesto dalle norme comunitarie, nel rispetto dei principi comunitari di tutela della concorrenza, e, segnatamente, dei principi di «economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità». (5-02004)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CATALANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Banca del Mezzogiorno, di cui al decreto legge n. 112 del 2008, è stata creata, nell'ambito del piano per il Sud, con l'obiettivo di dare sostegno all'economia del Meridione;
   la missione della Banca del Mezzogiorno è sostenere i progetti di sviluppo delle piccole e medie imprese aumentando la disponibilità di credito a medio – lungo termine;
   l'offerta Banca del Mezzogiorno è riservata alle micro, piccole e medie imprese con sede legale in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, titolari del conto corrente BancoPosta in proprio o del conto corrente BancoPosta impresa;
   si apprende dalla Stampa, in un articolo dal titolo: «Banca del Mezzogiorno, nuovo flop italiano» pubblicato su Yahoo Finanza che, «[...] dopo più di un anno dall'inaugurazione, [...] l'ultima operazione deliberata dal consiglio di amministrazione è un finanziamento da 80 milioni in favore di aziende calabresi. Ma quel denaro, come riportato da MF, non si sa bene a chi spetti. Sono stati deliberati anche stanziamenti di piccolo calibro per un'azienda di serbatoi di gas lucana che lavora con Gazprom. [...] Nei primi mesi di attività, la banca ha finanziato soprattutto investimenti a medio e lungo termine, così come faceva MedioCredito Centrale (Mcc), acquistato dalla società di Massimo Sarmi (al costo di 136 milioni di euro) per formare la Banca del Sud. Per la precisione, il nome è Banca del Mezzogiorno, poiché “Banca del Sud” era già attiva a Napoli dal 2006. [...] Nonostante la Banca del Mezzogiorno non conceda credito alle start up meridionali, la sua struttura continua inesorabilmente a crescere. A fine 2012, infatti, i dipendenti erano saliti a 223 rispetto alle 183 unità di fine 2011, con ben 43 nuove assunzioni. I crediti verso la clientela, a fine dell'anno scorso, erano 175 milioni, di cui 140 milioni dell'ambito della “nuova operatività” della banca, rispetto ai 131 milioni di fine 2011. Il 2012, comunque, si è chiuso con un utile di 7,1 milioni e per la prima volta dalla sua nascita, l'istituto di Massimo Sarmi ha partecipato, lo scorso gennaio, per l'asta Bce per operazioni di rifinanziamento a tre mesi»;
   è stato stabilito che la banca operi come istituzione finanziaria di secondo livello, sostenendo progetti di investimento nel Mezzogiorno e promuovendo in particolare il credito alle piccole e medie imprese;
   in particolare, è tenuta a favorire: la nascita di nuove imprese, l'imprenditorialità giovanile e femminile, l'aumento dimensionale e l'internazionalizzazione, la ricerca e l'innovazione al fine di creare maggior occupazione;
   si apprende dalla stampa, in un articolo pubblicato su Linkiesta.it, dal titolo: «Perché Banca del Mezzogiorno finanzia la Fiat ?» che «[...] BdM, però, da banca di secondo livello, non si è mai trasformata nel «gigante da 7.500 sportelli» sognato da Tremonti poiché la trattativa con istituti popolari e banche di credito cooperativo è fallita per i dubbi sulla storia bancaria di Poste (sul piatto il controllo fino al 60 per cento), e si è appoggiata su appena 250 sportelli postali del Sud, in particolare nei 76 della Sicilia (66 Campania, 49 Puglia, 23 Abruzzo, 18 Calabria, 16 Sardegna, 3 Basilicata). Da qui arrivano il capo settore credito Pietro Cirrito, ex Banco di Sicilia e Credito Siciliano, gran parte delle convenzioni coi Confidi, i consorzi di enti locali e associazioni di categoria di cui si serve per supportare le aziende (Fideo Confcommercio Sicilia, Assoconfidi-Sicilia, Confeserfidi e Interconfidi Med), e delle domande accolte al Sud (6.168 operazioni) dal Fondo centrale di Garanzia per le Pmi (legge 662/1996), gestione pubblica principale ereditata dall'ex Mcc. [...] Interpellate da Linkiesta, sia BdM che Poste non hanno fornito chiarimenti sul tipo d'imprese sostenute. BdM, infatti, è stata creata per le piccole e medie imprese e collegata ai Confidi di fatto più per le medio-piccole. Ma, come rivelato dal Corriere, dei 750 milioni di euro del budget 2013 solo il 20 per cento è destinato a chi, stando ai criteri europei, ha dai 10 ai 250 occupati, fatturati da 2 a 50 milioni di euro o bilanci annui sotto i 43 milioni. Sul credito al Sud, rischi permettendo, è anche il contrario di quanto dicono Istat, Unioncamere-Istituto Tagliacame e Svimez, la Bce sulle piccole e medie imprese nell'area euro: per le italiane calano fatturati e profitti, aumentano oneri finanziari, costo del lavoro e problemi a reperire risorse dalle banche in primis per la scarsa liquidità dovuta ai ritardati pagamenti di enti pubblici. [...] tra le 400 imprese già finanziate da Sarmi ci sono colossi come Ansaldo, Fiat e Fincantieri, ma anche big di settore come Grimaldi Lines, De Cecco e Acquedotto Pugliese (Aqp), la SpA della Regione Puglia che gestisce l'impianto idrico più grande d'Europa. Vagliati (e poi scartati) pure Astaldi, Enav ed Enel. Ma che ci fa AqP con 452 milioni di euro di fatturato e 1.937 occupati nel 2011 accanto alla piccola ditta che chiede anche 25mila euro per nuove attrezzature ? Come risulta a Linkiesta, ha ottenuto da BdM un mutuo da 30 milioni di euro per gli investimenti infrastrutturali del Piano d Ambito 2010-2018: una spesa di circa 1,5 miliardi di euro coperta anche da un prestito diretto da 150 milioni di euro della Bei.»;
   dal momento della sua nascita, la Banca del Mezzogiorno è stata oggetto di attenzione dell'attività parlamentare, con atti di sindacato ispettivo anche nella legislatura precedente, e della stampa, proprio per la forte aspettativa suscitata da un progetto così importante;
   il rilancio economico del Mezzogiorno è fondamentale ai fini di una ripresa generalizzata della crescita di tutto il Paese;
   una significativa quota dell'imprenditorialità del Sud e soprattutto gli operatori più piccoli e delocalizzati sono esclusi dal credito bancario dei grandi istituti nazionali e necessitano quindi di interventi di supporto per crescere e svilupparsi;
   i piccoli imprenditori del Sud pagano uno spread aggiuntivo, rispetto a quelli del Nord, a causa della politica commerciale da tempo applicata dai grandi istituti bancari;
   risulterebbe all'interrogante che la Banca del Mezzogiorno avrebbe allargato l'orizzonte dei finanziamenti a grandi aziende –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   se non intenda intervenire ai fini di una verifica dell'avanzamento dell'attività della Banca in relazione agli obiettivi prefissati;
   a che punto sia l'attivazione delle strutture periferiche finalizzate all’ intercettazione delle esigenze di piccoli imprenditori, tradizionalmente esclusi dal sistema di credito ordinario, in riferimento, in particolare, agli sportelli preposti di Poste Italiane (da cui la Banca è controllata al 100 per cento) e al contributo delle banche di credito cooperativo;
   quale sia la distribuzione geografica delle facilitazioni concesse;
   quali siano gli operatori che hanno potuto effettivamente utilizzare le agevolazioni e per quale tipologia di beni;
   quali siano i driver individuati per innescare la crescita e quali le azioni prioritarie programmate per le diverse aree e, in particolare, per l'occupazione giovanile. (5-01995)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta dal rapporto della guardia di finanza, nel 2013, circa 5 miliardi di euro di risorse pubbliche sono state dissipate a causa di sprechi nella pubblica amministrazione e di truffe relative ai finanziamenti nazionali e comunitari;
   il bilancio dell'attività delle Fiamme gialle, dello scorso anno, prosegue il rapporto, rileva che oltre 19 mila i soggetti sono stati segnalati all'autorità competente e che sono stati scoperti quasi 3.500 finti poveri, mentre sono stati 4.300 i reati commessi contro la pubblica amministrazione: 12 al giorno;
   tra le indagini d'iniziativa o su mandato della magistratura e della Corte dei conti, i finanzieri hanno eseguito inoltre oltre 25 mila interventi per arginare gli sprechi e bloccare le frodi, concentrandosi in particolare su quei reati specifici di amministratori, funzionari e impiegati pubblici: corruzione, concussione, peculato, abuso d'ufficio;
   sono emersi danni erariali e sprechi per 3,5 miliardi di euro, un terzo dei quali riferibili al solo settore della sanità pubblica, nei 1.265 interventi effettuati in collaborazione con la Corte dei conti, e truffe ai finanziamenti pubblici nazionali ed europei, attraverso indebite percezioni o richieste, per 1,4 miliardi;
   a carico dei responsabili sono stati disposti sequestri di beni mobili, immobili, valuta e conti correnti per 309 milioni. Sono state poi accertate frodi previdenziali e assistenziali per 82 milioni di euro, nella maggior parte relative ad erogazioni a sostegno dell'invalidità in 389 casi, del lavoro agricolo in 4.210 casi ed «assegni sociali» in 445 casi; 
   le truffe al Servizio sanitario nazionale hanno invece provocato un danno di 23 milioni di euro e la denuncia di 1.173 soggetti, ed infine, secondo quanto è emerso dal rapporto della Guardia di finanza, sono stati segnalati 1.704 tra dipendenti pubblici e committenti per casi di incompatibilità e doppio lavoro, con conseguente contestazione di sanzioni amministrative per oltre 21 milioni di euro;
   l'interrogante evidenzia, con riferimento a quanto sopra esposto, come dal documento reso noto dalle Fiamme gialle, la situazione complessiva nell'ambito dell'utilizzo dei sussidi pubblici del Paese, nei confronti di chi illegittimamente incassa finanziamenti omettendo i propri doveri istituzionali ricoprendo incarichi pubblici, sia preoccupante e inaccettabile in considerazione dell'entità finanziaria complessiva emersa dal rapporto della Guardia di finanza;
   a giudizio dell'interrogante, occorre potenziare il sistema di vigilanza e di controllo, già ammirevolmente svolto dai finanzieri, i quali sono costretti a fronteggiare un fenomeno grave e difficile, quale lo spreco di risorse pubbliche così rilevanti in una situazione economica del Paese peraltro ancora emergenziale –:
   quali orientamenti intendano esprimere, nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano adottare al fine di potenziare il sistema di vigilanza e di controllo per un fenomeno socio-economico quale quello esposto in premessa, così preoccupante;
   se infine non ritengano opportuno prevedere un incremento della dotazione organica del personale della Guardia di finanza, al fine di ridurre gli sprechi ed i fenomeni illeciti nella pubblica amministrazione. (4-03335)


   GRASSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si fa riferimento alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del bando di concorso per l'ammissione di 53 allievi ufficiali al 114o corso di formazione dell'Accademia della guardia di finanza, per l'anno accademico 2014/2015;
   la nota circolare n. 11786 del 22 febbraio 2011 del Dipartimento della funzione pubblica concernente «Aggiornamenti alla nota circolare del 18 ottobre 2010, n. 46078. Programmazione del fabbisogno di personale triennio 2011-2013. Autorizzazioni a bandire per il triennio 2011-2013 e ad assumere per l'anno 2011» definisce chiaramente al punto 4, come «Destinatari», le amministrazioni individuate dall'articolo 1, comma 523, della legge 24 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni ed integrazioni, ovvero: le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo ivi compresi i Corpi di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   la nota circolare summenzionata circolare n. 11786 del 22 febbraio 2011 del dipartimento della funzione pubblica concernente «Aggiornamenti alla nota circolare del 18 ottobre 2010, n. 46078. Programmazione del fabbisogno di personale triennio 2011-2013. Autorizzazioni a bandire per il triennio 2011-2013 e ad assumere per l'anno 2011» definisce quali siano, al punto 6 le «Autorizzazioni ad assumere Corpi di Polizia e Corpo nazionale dei Vigili del fuoco», spiegando chiaramente il concetto di amministrazioni soggette a limitazioni nelle assunzioni ai sensi dell'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e dell'articolo 1, commi 89, 90 e 91, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, ed esplicitando, oltre ogni ragionevole dubbio, i criteri a cui Corpi di polizia e Corpo nazionale dei vigili del fuoco si riferiscano con riferimento alle norme generali del reclutamento;
   queste assunzioni sono autorizzate secondo le modalità di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, previa richiesta delle amministrazioni interessate, corredata da analitica dimostrazione delle cessazioni avvenute nell'anno precedente e delle conseguenti economie e dall'individuazione delle unità da assumere e dei correlati oneri, asseverate dai relativi organi di controllo (Articolo 9, comma 12, del decreto-legge n. 78 del 2010);
   la formulazione di cui al comma 3, dell'articolo 4, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recita: «Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è subordinata alla verifica:
    a) dell'avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate;
    b) dell'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1o gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza»;
   la formulazione di cui al comma 3 dell'articolo 4 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 «Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, non esclude il Comparto sicurezza – difesa, in quanto tale disposizione legislativa riferisce la portata della propria azione nei confronti di «tutte le amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni» (si ricordano, a tal proposito, l'articolo 66, comma 9-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e l'articolo 1, commi 89, 90 e 91, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dalle quali disposizioni il comparto sicurezza – difesa risulta essere parte integrante);
   la disposizione legislativa di cui al comma 3 dell'articolo 4 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 «Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni», richiama, esplicitamente e senza dubbio alcuno, il principio del rispetto al suddetto decreto-legge da parte delle amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo che autorizzino le proprie assunzioni secondo le modalità di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni;
   il comma 4 dell'articolo 4 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, ha prorogato al 31 dicembre 2016, per tutti i settori e tutti i comparti, l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti alla data di entrata in vigore;
   nella graduatoria di merito finale per l'ammissione al 113o corso dell'Accademia della Guardia di finanza sono iscritti all'incirca 50 idonei non vincitori i quali secondo la legge dovrebbero essere reclutati prima dell'indizione di un nuovo concorso;
   inoltre, è opportuno ricordare che tra le varie fasi concorsuali è previsto un tirocinio della durata di 18 giorni durante il quale gli aspiranti ricoprono la qualifica di allievo finanziere, sono spesati e dotati del vestiario di base militare e ricevono vitto e alloggio;
   tutti gli idonei non vincitori sono attualmente in possesso del suddetto vestiario ed hanno già ricevuto un inquadramento militare di base e sono pertanto pronti ad essere incorporati come la legge prevede;
   pertanto, nell'ottica del risparmio economico non vi è ragione di indire un nuovo concorso e spendere ulteriore denaro pubblico per la selezione di nuovi aspiranti quando esiste ed è vigente una graduatoria di merito con un numero di idonei non vincitori sufficiente alla formazione di un corso accademico –:
   quali siano le motivazioni che hanno portato alla pubblicazione di un nuovo bando di concorso per il reclutamento degli allievi ufficiali ad avviso dell'interrogante senza tenere conto delle suddette normative e quindi della graduatoria di merito del precedente concorso per l'anno accademico 2013/2014. (4-03337)


   ABRIGNANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la crescita del PIL e il rilancio di investimenti ed occupazione delle imprese italiane, unitamente al recupero di un clima di ottimismo sulle prospettive del sistema Paese, sono alcune fra le più importanti sfide che attendono la legislatura corrente;
   per orientare tali obiettivi primari, il Paese necessita di iniziative semplici ed immediate, in grado di rimettere in moto il sistema economico a partire da un nuovo impulso del settore creditizio verso l'erogazione del credito alle imprese;
   il leasing è lo strumento di finanziamento che meglio si presta a «scardinare» l'attuale stagnazione del credito bancario alle imprese per due motivi fondamentali. Da un lato, poiché la società di leasing è proprietaria del bene e gode quindi di una garanzia aggiuntiva, questo strumento di finanziamento risulta essere la forma tecnica meno rischiosa per il settore bancario e finanziario; dall'altro, il leasing è da sempre riconosciuto come lo strumento principale per finanziare gli investimenti produttivi;
   la minor rischiosità del leasing per il settore bancario e finanziario è riconducibile al fatto che, a fronte della concessione in uso del bene all'impresa (capannoni industriali, uffici, macchinari e beni strumentali all'attività di impresa e così via), la società di leasing ne mantiene la nuda proprietà. Ciò rappresenta di fatto una garanzia sul pagamento dei canoni di leasing che «agevola» la concessione del leasing stesso rispetto ad altre forme tecniche di finanziamento come i mutui chirografari o ipotecari; questi ultimi, infatti, inducono le banche a lunghe ed onerose operazioni di recupero del bene in sede giudiziaria, gravando peraltro il già oberato sistema della giustizia civile; le evidenze della minore rischiosità del leasing rispetto ai crediti bancari sono state recentemente presentate dalla Deloitte mettendo a confronto i tassi di perdita sui contratti di leasing in default chiusi nel 2010 (11,1 per cento nel Corporate e 19,6 per cento nel Retail PMI) e quelli del settore bancario che emergono dallo Stress test EBA del 2011 (rispettivamente 31 per cento e 36 per cento);
   a livello di rischiosità complessiva di portafoglio, in Italia il leasing mostra un'incidenza dei crediti in sofferenza al di sotto dei dati riferiti alle sofferenze bancarie nei confronti sia della clientela corporate che della clientela delle famiglie produttrici. Mentre, infatti, a giugno 2013 l'incidenza delle sofferenze su impieghi leasing era pari al 10,3 per cento nello stesso periodo, nel sistema bancario, il rapporto sofferenze lorde su impieghi risultava pari al 12,8 per cento per i piccoli operatori economici (famiglie produttrici) e all'11,2 per cento per le imprese;
   al fine di supportare il rilancio delle PMI (settore nel quale si concentrano oltre il 75 per cento dei finanziamenti in leasing), per un loro accesso al credito maggiormente flessibile e più in linea con le esigenze di dotazione di beni strumentali da parte di queste ultime, nella legge di stabilità il regime di deducibilità dei canoni di locazione finanziaria relativi ai beni strumentali per i soggetti esercenti arti e professioni (articolo 54, comma 2, del TUIR) e per le società di capitali (articolo 102, comma 7, del TUIR) è stato rivisto riportando il periodo di deducibilità fiscale del leasing pari alla metà dei coefficienti ministeriali per i beni strumentali (12 anni per gli immobili) utilizzati direttamente dall'impresa. L'intervento, di tipo selettivo, è diretto ad incrementare il volume dei contratti di leasing finanziario a decorrere dalla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni; sarebbero quindi esclusi dalle modifiche l'attuale stock di contratti in essere. Insomma con la legge di stabilità si è cercato di eliminare gli ostacoli e di rendere più appetibile questo strumento, a vantaggio dell'intero sistema;
   c’è poi un altro intervento del Governo pensato per rilanciare il sistema di leasing e di conseguenza le imprese: si tratta della «nuova Legge Sabatini» varata con il cosiddetto «decreto del Fare» il decreto-legge n. 69 del 2013. Si tratta di una rivisitazione della legge Sabatini nata nel 1965 per agevolare l'acquisto di impianti produttivi, che negli anni si è dimostrata un efficace stimolo all'economia. La Cassa depositi e prestiti è chiamata ad avere un ruolo determinante perché, a fronte di una provvista ad hoc, a tassi di mercato, erogata da Cassa depositi e prestiti a banche e finanziarie, l'aiuto si sostanzia in un contributo statale in conto interessi, che consente di abbattere il tasso ordinario praticato alle imprese (7,5 milioni di euro per l'anno 2014 e di 21 milioni di euro per il 2015), fino al 2021. Secondo le prime stime, l'anno prossimo il provvedimento dovrebbe mobilizzare 2,5 miliardi per investimenti;
   purtroppo in sede di conversione in legge del decreto-legge n.69 2013 è stata inopportunamente prevista per le finanziarie l'esibizione di una garanzia bancaria che limiterebbe l'accesso al leasing escludendo alcuni importanti operatori, con il fondato rischio di vedere penalizzate proprio le PMI che si vedrebbero private di quegli operatori di leasing che, in questo perdurante periodo di congiuntura economica, stanno puntando su di loro per rilanciare l'economia reale. L'obbligo della garanzia di una banca a favore di un intermediario finanziario è in aperto contrasto con il combinato disposto degli articoli 47 e 110 del TULB in materia di Finanziamenti agevolati e gestione di fondi pubblici che pongono sullo stesso piano le banche e gli intermediari finanziari vigilati da Banca d'Italia. In ambito di disciplina prudenziale per gli intermediari finanziari ex articolo 107 TUB è già in atto da parte della Banca d'Italia una vigilanza equivalente a quella delle banche; infatti la vigilanza della Banca d'Italia sugli intermediari finanziari li pone sullo stesso piano delle banche per il rischio di «default», con l'effetto che la previsione di una garanzia non può che tradursi in una loro penalizzazione che ad avviso dell'interrogante viola la libera concorrenza –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle iniziative normative summenzionate, e degli ostacoli che tuttora impediscono un pieno rilancio del settore del leasing a favore delle PMI;
   quali iniziative di competenza intendano adottare per evitare che ad oggi oltre il 40 per cento delle società di leasing (non appartenenti a gruppi bancari e quelle emanazione delle case costruttrici), nonché quelle la cui capogruppo non abbia stipulato una convenzione con Cassa depositi e prestiti, siano escluse dalla possibilità di erogare finanziamenti agevolati. (4-03343)


   L'ABBATE, DE LORENZIS, SCAGLIUSI, MANNINO e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si richiama l'interrogazione a risposta scritta 4-03100;
   il decreto ministeriale 23 dicembre 2013 del Ministero dell'economia e delle finanze intitolato «Individuazione delle carte valori ai sensi dell'articolo 2, comma 10-bis, lettere a) e b) della legge 13.07.1966, n. 559 e successive modificazioni e integrazioni» mette in atto l'individuazione delle carte valori prevista dall'articolo 17-bis del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013 che modificava, a sua volta, l'articolo 10-bis della legge istitutiva dell'Istituto Poligrafico Zecca di Stato (n. 559/1966);
   il decreto ha inserito a tutti gli effetti gli scontrini del «Gioco Lotto» tra le lavorazioni delle carte valori che devono essere prodotte dall'Istituto Poligrafico Zecca di Stato. Il decreto, infatti, riporta che lo scontrino «ha una funzione certificativa connessa all'accertamento dell'entrata erariale direttamente percepita dallo Stato per il tramite del raccoglitore e del Concessionario e, per tale motivo, costituisce ricevuta di introito attestante pagamenti dovuti allo Stato medesimo»;
   ad oggi, ovvero a quasi un mese dall'emanazione del decreto ministeriale che sancisce ad ogni effetto di legge che gli «scontrini» sono carte valori assegnate all'IPZS, tuttavia questa produzione viene realizzata negli stabilimenti privati della «P.C.C. Giochi e Servizi» a Tito (Potenza) e del «Rotolificio Bergamasco» di Bergamo, a quanto risulta agli interroganti senza alcun  controllo effettuato dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   vige, dunque, una rilevante anomalia che permette la contemporanea circolazione di due tipi di scontrini differenti tra loro: il vecchio tipo prodotto fino a settembre 2013 dall'IPZS secondo i criteri richiesti dal Ministero dell'economia e delle finanze ed il nuovo tipo di scontrino, prodotto a Tito (Potenza), senza il rispetto di alcuna regola e/o certificazione ministeriale;
   la perdita di questa importante commessa di lavoro ha già comportato il mancato rinnovo di 6 giovani apprendisti presso lo stabilimento IPZS di Foggia. Inoltre, a maggio 2014 scadranno i contratti di lavoro di altri 16 apprendisti ed il loro rinnovo è strettamente condizionato al recupero di questa lavorazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se intenda dare attuazione al decreto ministeriale emanato, risolvendo l'anomala situazione della doppia tipologia di «scontrini» in circolazione, in considerazione sia della proprietà dello Stato del Gioco del Lotto sia dell'utilizzo degli scontrini come ricevute per canone Tv, bollo auto e altre tasse, al fine di tutelare, inoltre, lo stabilimento IPZS di Foggia. (4-03353)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   in un'intervista alla tv privata Piùenne, riportata anche nel sito Fanpage.it il 24 gennaio 2014, un ex-detenuto del carcere di Poggioreale rivela: «Sono stato nella cella zero: lì mi hanno picchiato»;
   nell'intervista-video, l'ex detenuto rivela «Erano le dieci e mezza di sera. All'improvviso, senza motivo sono stato portato giù nella cella zero: le guardie mi hanno fatto spogliare nudo, mi hanno picchiato, mi hanno umiliato»;
   l'ex detenuto parla della cosiddetta «cella zero» del carcere di Poggioreale: «È una cella del piano terra dove ti puniscono, ti picchiano, è isolata da telecamere e da tutto»;
   nel servizio riportato dal sito, che fa riferimento ad un fatto risalente al 1o luglio 2013, parla anche Adriana Tocca, la Garante dei detenuti della Campania che, oltre a sottolineare la gravità della cosiddetta «cella zero» – e rispetto alla quale sostiene di aver ricevuto segnalazioni da più detenuti – afferma anche di aver presentato da tempo una denuncia firmata da 50 detenuti per maltrattamenti, senza aver ricevuto ad oggi notizie circa l'avvio di indagini al riguardo;
   quanto testimoniato dall'ex detenuto, e riportato dalla Garante della Campania, non può non apparire questione di assoluta gravità;
   ad avviso degli interpellanti, desta inoltre particolare preoccupazione che, ad oggi, non vi siano notizie circa indagini svolte al riguardo –:
   di quali informazioni disponga il Ministro circa i fatti riferiti in premessa;
   se siano state avviate indagini a seguito della denuncia sporta al riguardo dalla garante dei detenuti della Campania, Adriana Tocca;
   quali iniziative urgenti di propria competenza intenda assumere per far luce sulla esistenza della cosiddetta «cella zero»;
   se, anche in considerazione di questa ennesima inquietante notizia, non ritenga ormai improcrastinabile, oltre all'istituzione del garante nazionale delle persone private o limitate nella libertà personale, assumere iniziative per l'introduzione nel nostro ordinamento del reato di tortura.
(2-00386) «Migliore, Ferrara, Scotto, Daniele Farina, Sannicandro».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO, COLLETTI, AGOSTINELLI, FERRARESI, TURCO, MICILLO, BONAFEDE, CASTELLI e SARTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   presso la casa circondariale di Torino Lorusso e Cutugno (le ex-Vallette), è avvenuto in data 17 dicembre 2013 un fatto gravissimo;
   un poliziotto, agente di custodia col grado di assistente capo, ha ucciso un ispettore per poi rivolgere l'arma contro se stesso; l'agente è morto poco dopo in ospedale;
   sarebbero stati sparati parecchi colpi, l'omicidio suicidio è nel bar della casa circondariale, alle otto del mattino davanti ad altri colleghi che stavano facendo colazione;
   il fatto va ad aggravare la già pesante situazione della polizia penitenziaria, provata da quotidiane pericolose e stressanti condizioni di lavoro: 600 agenti a fronte di 1.500 detenuti, in una struttura che dovrebbe contenerne circa 800-900;
   alla base dei futili motivi di un litigio sarebbero state le divergenze in merito alle licenze di Natale;
   solo per puro caso non è stato coinvolto come ulteriore vittima, anche il commissario capo, comandante del reparto di polizia penitenziaria, nonché altri colleghi presenti all'avvenimento;
   purtroppo il clima da quel giorno è completamente degenerato, e le organizzazioni sindacali del Corpo hanno sottolineato la dura linea adottata dal commissario capo con i sottoposti, in una struttura che in realtà ha 200 agenti in meno di quanti sarebbero necessari data l'organizzazione e la dimensione della casa circondariale; di fatto, questa linea dura viene denunciata a seguito del gravissimo evento di dicembre, suscitando dubbi sulla sua strumentalizzazione;
   l'amministrazione penitenziaria non sembra stia tutelando i propri funzionari;
   non sono state rilevate contestazioni disciplinari o meramente amministrative ascrivibili al comandante o al vice comandante del reparto di Torino;
   l'amministrazione penitenziaria, pur in assenza di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, in assenza di provvedimenti disciplinari, in assenza di approfonditi atti ispettivi ha acconsentito che il commissario capo sia stato posto d'ufficio in congedo ordinario, in un periodo in cui – notoriamente – era necessaria la sua presenza in servizio (23 dicembre 2013-12 gennaio 2014), dando adito a voci circa il suo sicuro ed imminente, o già avvenuto, trasferimento d'ufficio;
   ad un mese dalla tragedia il direttore si è dimesso, per tornare alla scuola di formazione del personale penitenziario di Cairo Montenotte. Invece è stato trasferito il comandante della polizia penitenziaria, da sette anni al vertice dei 600 agenti di polizia della casa circondariale: distaccato al Prat (Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria) in attesa di ricevere una nuova mansione. A partire dal 24 gennaio a guidare il carcere ci saranno due donne –:
   perché l'amministrazione penitenziaria abbia posto ufficio in congedo ordinario il commissario capo in assenza di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, di provvedimenti disciplinari e di approfonditi atti ispettivi;
   come sia possibile che l'amministrazione penitenziaria possa consentire che diventi capro espiatorio, di un fatto sul quale sono ancora in corso accertamenti dell'autorità giudiziaria, un funzionario recentemente promosso alla qualifica di commissario capo (con posizione di 2o assoluto nel Corpo, 2o assoluto in Italia), titolato per primo nel r.d.o. scuola di perfezionamento per le forze di polizia, sempre con rapporto informativo eccellente e massimo (72+2 dal 2007 al 2012), stimato presso l'autorità giudiziaria e le altre forze di polizia per la capacità e la professionalità dimostrate;
   se il Ministro non ritenga di promuovere la revisione delle piante organiche degli operatori in carcere, al fine di garantire concreta attuazione a quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione in tema di finalità rieducativa della pena. (5-02006)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il sovraffollamento delle carceri italiane è un problema che deve interessare tutti gli organi istituzionalmente preposti e ripetutamente richiamati, anche dal Capo dello Stato, a dedicarvi una maggiore attenzione e sensibilità;
   tra le azioni che si ritengono utili per fronteggiare questa vera emergenza, c’è, sicuramente, un maggiore investimento di risorse finanziarie e di personale. Infatti, questa difficile situazione nella quale si trovano i penitenziari italiani, pone legittimi quesiti sulla condizione di vita dei detenuti, ma anche crea notevoli disagi al personale operativo della polizia penitenziaria che si trova a lavorare con risorse limitate e in condizioni decisamente complicate;
   l'interrogante, assieme a molti altri colleghi, ha sempre evidenziato le difficoltà recate dal blocco del turn over nel comparto;
   con altri atti di sindacato ispettivo sono stati richiamati i molti concorsi che anche l'amministrazione della polizia penitenziaria ha promosso e bandito recentemente e segnatamente, a titolo esemplificativo, si ricorda il concorso bandito nel novembre 2012 per 170 allievi agenti nel ruolo maschile e 44 nel ruolo femminile;
   con l'interrogazione n. 4-02620, rimasta ad oggi senza risposta, si chiedeva al Ministro interrogato la conferma dell'intenzione dell'amministrazione della polizia penitenziaria di indire un nuovo concorso per 260 allievi agenti, nonostante vi siano delle graduatorie in corso di validità;
   a dicembre 2013 l'amministrazione in argomento ha effettivamente proceduto a bandire il suddetto concorso, rinunciando allo scorrimento delle graduatorie che avrebbe consentito un risparmio di spesa, la presa in carico del personale in tempi più rapidi, la tutela dei diritti acquisiti dai candidati idonei nel rispetto della previsione legislativa contenuta nel decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, che prevede la validità delle graduatorie allora vigenti al 31 dicembre 2016 –:
   per quali ragioni l'amministrazione della polizia penitenziaria abbia ritenuto di impegnare nuove risorse per bandire ed espletare un nuovo concorso e abbia rinunciato a ricorrere alle graduatorie vigenti per l'assunzione di nuovi allievi agenti;
   se l'avvio di una nuova procedura concorsuale, nonostante vi siano graduatorie già vigenti non contrasti con l'articolo 4 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, che prevede la loro validità fino al 31 dicembre 2016;
   quali misure intenda adottare il Ministro per tutelare vincitori e idonei delle graduatorie attualmente vigenti. (4-03334)


   SILVIA GIORDANO, MANTERO, LOREFICE, DALL'OSSO, DI VITA e CECCONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel dicembre 2013 la signora Carmela Rosciano, figlia di Angelo, chiedeva al Ministro della giustizia, con missiva destinata anche al Presidente della Repubblica, un intervento immediato a seguito dell'arresto del padre gravemente ammalato;
   Angelo Rosciano, infatti, è in stato di detenzione dall'aprile 2012 per ricettazione, reato per il quale è stato condannato, dopo un processo dell'incredibile durata di 15 anni;
   «Mio padre soffre di una forte forma di diabete mellito alimentare, è arteriopatico, a causa di tali patologie ha sofferto l'amputazione dell'arto inferiore sinistro, soffre di parziale cecità, rischia la perdita anche dell'arto inferiore destro la cui circolazione è ostruita in vari punti.» è quanto dichiarato, nella richiesta di clemenza, da una figlia che sta assistendo, impotente, alla morte del padre vittima della burocrazia;
   infatti, Angelo Rosciano era riuscito ad ottenere gli arresti domiciliari che gli consentivano adeguate cure ed un miglioramento delle condizioni fisiche, ma, al momento del rinnovo annuale della misura alternativa, il medico incaricato della perizia lo ha dichiarato compatibile alla detenzione nonostante abbia riconfermato le patologie relative agli innumerevoli referti medici;
   questa decisione lo ha riportato nuovamente dietro le sbarre, nella casa circondariale di Sala Consilina, dove oggi vive con altri quattro detenuti in una cella di pochi metri quadrati;
   la situazione ora è di nuovo precipitata in una gravissima criticità per la sopravvivenza dell'uomo;
   Carmela Rosciano da alcuni giorni ha iniziato anche lo sciopero della fame. Una drammatica decisione che rappresenta l'ultimo disperato tentativo in una battaglia che da tempo conduce, con la sua famiglia, per salvare il padre Angelo da un trattamento iniquo e rischioso per la sua vita;
   in Italia non esiste la pena di morte, ma a detta dell'interrogante si corre, in questo caso, il drammatico rischio che le Istituzioni si rendano complici della morte per pena –:
   quale risposta abbia dato o intenda dare, per quanto di competenza, in relazione al caso rappresentato in premessa e se non ritenga necessario e improcrastinabile intervenire in questa vicenda con estrema tempestività, per quanto di propria competenza, alla luce delle richieste della famiglia. (4-03350)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   negli uffici postali dei comuni della provincia di Varese sono sempre più frequenti i disservizi;
   in particolare, si registrano forti ritardi nelle consegne a causa della mancanza di portalettere ed impiegati;
   l'aumento delle code e dei tempi di attesa sarebbe provocato dalla riorganizzazione del servizio di smistamento e del recapito;
   i sindaci dei comuni interessati hanno dichiarato la loro intenzione di affidare i servizi di corrispondenza massiva ad eventuali operatori privati, e di presentare un esposto alla procura della Repubblica;
   la scarsa qualità del servizio offerto da Poste Italiane si traduce in un oggettivo danno economico per i comuni e i cittadini –:
   se non intenda intervenire ai fini di un miglioramento della qualità del servizio offerto. (5-01994)


   AGOSTINELLI, CECCONI e TERZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione Marche hanno sottoscritto una convenzione, il 18 dicembre 2013 con la società Salini-Impregilo e altre tre imprese associate in una apposita ATI, per la realizzazione dell'uscita Ovest del porto di Ancona;
   si tratta di un'importante opera infrastrutturale, concernente in un raccordo autostradale di circa 10,7 chilometri dei quali gran parte in galleria;
   l'Impregilo si impegnerebbe a realizzare l'opera in project financing, non essendosi concretizzato il precedente impegno di Anas per una realizzazione in proprio dell'opera;
   il CIPE ha approvato il progetto preliminare dell'opera;
   la società Impregilo è stata negli scorsi anni in più occasione oggetto di attenzione da parte delle autorità giudiziarie;
   allo stesso tempo la realizzazione dell'opera suscita perplessità rilevanti per quel che concerne il suo impatto ambientale, dato che potrebbe coinvolgere una zona soggetta a frane (Posatora);
   inoltre, il ricorso alla tecnica del project financing pone l'interrogativo su quale sarà il pedaggio che dovrà essere richiesto agli utenti dalla società per rientrare dall'investimento effettuato; al riguardo alcune fonti hanno ipotizzato un pedaggio 0,26 euro al chilometro per i veicoli leggeri e di 0,46 euro al chilometro per i veicoli pesanti, oltre alla tariffa da pagare alla Società autostrade per il percorso, dagli attuali caselli dell'A 14 Ancona Nord e Ancona Sud, fino al nuovo casello Ancona porto previsto nel progetto –:
   se possa confermare che sia stata firmata la convenzione di cui in premessa e quali siano le modalità che hanno condotto alla scelta di Impregilo e quali siano i contenuti della Convenzione e del progetto preliminare dell'opera. (5-01999)


   MICHELE BORDO, MONGIELLO e SCALFAROTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha chiesto e ottenuto l'autorizzazione per la costruzione di una passerella in legno e acciaio sull'isolotto di Sant'Eufemia, antistante la cittadina di Vieste, per garantire la sicurezza dell'unico addetto al faro;
   l'opera, pur avendo ottenuto i pareri e le autorizzazioni di legge previsti, è contestata dai cittadini viestani, che attraverso petizioni civiche hanno già raccolto centinaia di firme, a causa del suo evidente e negativo impatto paesaggistico, tanto da aver indotto l'amministrazione comunale ad attivare un procedimento amministrativo di autotutela con la richiesta di sospensione dei lavori;
   la cittadina di Vieste è la prima meta turistica balneare della Puglia e l'isolotto di Sant'Eufemia rappresenta uno dei luoghi più simbolici e apprezzati dai turisti –:
   se e come il Governo intenda operare per:
    verificare il pieno rispetto delle prescrizioni relative all'esecuzione dei lavori;
    concertare con l'amministrazione comunale e la cittadinanza una soluzione tecnica più sostenibile sotto il profilo ambientale, paesaggistico e sociale. (5-02001)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale situazione delle autostrade A.24 ed A.25 ed alcune leggi entrate in vigore successivamente all'aggiudicazione della concessione alla concessionaria Strada dei Parchi s.p.a. (SDP) rendono necessaria l'esecuzione di importanti lavori di manutenzione straordinaria e di adeguamento sismico delle dette autostrade e dei relativi impianti, e per tale motivo SDP ha presentato alla struttura di vigilanza sulle concessioni autostradali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (subentrata ad ANAS quale concedente) un nuovo progetto di piano economico finanziario (PEF) completo di parametri per il riequilibrio dello stesso. Il progetto del nuovo PEF tiene conto:
    a) degli interventi necessari per l'adeguamento degli impianti delle gallerie, obbligatorio ai sensi della legge n. 264 del 2006, che prevede il loro completamento entro il 2019, fatta eccezione per la galleria San Rocco e per le gallerie che risultano di preminente interesse nazionale per lunghezza e per collegamenti strategici, il cui completamento il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha prescritto debba avvenire entro il 2014;
    b) della necessità di provvedere alla messa in sicurezza ed all'adeguamento sismico dei viadotti, ai sensi dell'articolo 1, comma 183, della legge n. 228 del 2012, a seguito degli eventi sismici che nel 2009 hanno interessato l'Abruzzo;
   la proposta di nuovo PEF è stata presentata l'11 ottobre 2013, dopo che gli interventi ed investimenti in esso recepiti erano stati preliminarmente esaminati e discussi, senza obiezioni, nel corso di una riunione tenuta con il Ministero il precedente 3 settembre 2013. La stessa è attualmente all'esame del Ministero, che dovrà comunicare le sue decisioni entro breve termine, poiché il nuovo PEF deve avere decorrenza dal corrente mese di gennaio;
   l'adozione del nuovo PEF e la conseguente esecuzione dei lavori ed interventi sopra descritti comporterà notevolissimi investimenti, la cui copertura, ai sensi della convenzione che regola la concessione e della normativa vigente, dovrà avvenire mediante incrementi tariffari e, per quanto possibile, mediante proroga della durata della concessione, oggi fissata al 31 dicembre 2030;
   al fine di ridurre l'incremento tariffario derivante da quanto sopra, e quindi l'onere gravante sugli utenti, SDP ha proposto che i maggiori investimenti vengano finanziati, tra l'altro:
    posticipando la scadenza della convenzione dal 2030 al 2075;
    cancellando il corrispettivo di concessione che essa deve corrispondere al concedente, per quanto residuo al 31 dicembre 2013 (tale cancellazione costituirebbe, quindi, una compartecipazione del Concedente al finanziamento dei maggiori investimenti in argomento);
    l'articolo 1, comma 183 della legge n. 228 del 2012 prevede che, nel caso di interventi straordinari di adeguamento sismico eccetera sulle autostrade A.24 ed A.25, «il Governo ... rinegozia con la società concessionaria le condizioni della concessione anche al fine di evitare un incremento delle tariffe non sostenibile per l'utenza»;
   con riferimento al citato corrispettivo SDP è impegnata, come da offerta formulata in sede di gara, a versare alla concedente (all'epoca, l'ANAS) il corrispettivo complessivo di euro 748.862.503,68, da versare in 28 canoni annuali con maggiorazione dell'interesse annuo del 6 per cento (l'entità dell'interesse era stato stabilito da ANAS in sede di gara): di conseguenza il canone concessorio annuo comprensivo di interessi è pari ad 59.517.030,41 euro;
   con l'articolo 36 del decreto-legge n. 98 del 2011 (convertito dalla legge n. 111 del 2011 e successive modifiche e integrazioni) sono state adottate «Disposizioni in materia di riordino dell'ANAS S.p.a», ed in particolare era stato stabilito che dal 1o gennaio 2012 la vigilanza e controllo sulle concessioni autostradali sarebbe stato trasferito da ANAS – che a tale settore sovrintendeva tramite l'IVCA (Ispettorato vigilanza concessioni autostradali) – alla Agenzia per le infrastrutture e dei trasporti. Con il successivo decreto-legge n. 216 del 2011 articolo 11, comma 5), convertito dalla legge n. 14 del 2012 e successive modificazioni e integrazioni – allegato 3 – era stato inoltre stabilito:
    che il trasferimento delle suddette competenze sarebbe stato operativo nel momento in cui fosse stato approvato lo statuto dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali («Agenzia») ed emesso il relativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri approvativo;
    che fino al completamento di tali adempimenti, comunque non oltre il 30 settembre 2012, ANAS ed IVCA avrebbero proseguito la gestione di quanto sopra;
    che ove le procedure attuative non fossero state completate entro il 30 settembre 2012, l'Agenzia sarebbe stata soppressa, e tutti i suoi compiti ed attribuzioni sarebbero stati trasferiti direttamente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   con decreto ministeriale n. 341 del 2012 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha preso atto che la procedura di cui sopra non è stata completata, e che quindi il settore è divenuto di sua competenza, ed ha istituito una specifica «struttura di vigilanza sulle concessioni autostradali» («SVCA»);
   per effetto di tali norme, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e per esso la SVCA, è subentrato con effetto dal 30 settembre 2012 ad ANAS quale concedente in tutti i rapporti concessori autostradali, compreso quello intrattenuto con SDP: in particolare, la normativa richiamata prescrive espressamente che laddove la convenzione utilizza il termine «concedente» deve intendersi il Ministero, e per esso SVCA;
   di conseguenza, è palese che il corrispettivo di concessione che SDP deve corrispondere in rate annuali è di competenza di ANAS per gli importi maturati fino al 30 settembre 2012, mentre per il periodo successivo è di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (di cui SVCA è un dipartimento), al quale deve essere pertanto versato;
   e infatti, con nota del 21 gennaio 2013, ANAS ha comunicato a tutte le società concessionarie autostradali: «... con riferimento al canone per attività collaterali (cosiddetto sub-concessioni) previsto in ciascuna convenzione, si richiede alle società concessionarie in indirizzo di inviare nel più breve tempo possibile ad ANAS S.p.A. i dati relativi, per competenza, al periodo 1o gennaio 2012 – 30 settembre 2012 e di versare il relativo importo direttamente ad ANAS S.p.A. con gli stessi tempi e modalità utilizzati per gli anni precedenti. Gli importi di competenza temporale 1o ottobre 2012 – 31 dicembre 2012 saranno invece versati al MIT secondo le istruzioni che esso vorrà impartire»;
   contrariamente a quanto sopra, con ulteriore nota del 7 marzo 2013, indirizzata solamente a SDP, ANAS ha affermato, contraddicendo quanto alla precedente citata lettera del 21 gennaio 2013: «si rappresenta che, come è noto, in seguito all'aggiudicazione della concessione di cui all'oggetto, è sorto in capo ad ANAS il diritto a percepire il corrispettivo riconosciutole di lire 1,450 miliardi, erogato in 28 rate annuali. In effetti, è incontestabile che il diritto di ANAS a percepire l'intero corrispettivo di concessione si sia perfezionato ab origine»;
   analoga decisione ha comunicato il Ministero con nota del 7 marzo 2013;
   sembra perciò di comprendere che sia intervenuto un accordo in base al quale il Ministero abbia deciso di lasciare ad ANAS il diritto a percepire il corrispettivo di concessione come sopra dovuto da SDP, e questo in difformità del chiaro dettato delle norme citate, che prevedono che il Ministero subentra in tutte le posizioni e diritti di ANAS nei rapporti concessori autostradali;
   una tale decisione, ove confermata, comporterebbe conseguenze assolutamente negative per gli utenti autostradali. Infatti, ANAS è oggi estranea al rapporto concessorio, e quindi utilizzerà il corrispettivo di cui sopra per le sue finalità istituzionali: di conseguenza, i maggiori investimenti, venendo a mancare la compensazione parziale con il corrispettivo e non essendo ipotizzabile un'altra forma di contributo pubblico dello Stato nell'attuale situazione, non potranno che essere finanziati mediante ulteriore rilevantissimo incremento delle tariffe di pedaggio, con le ovvie conseguenze;
   le considerazioni che precedono rendono evidente che l'accordo come sopra intervenuto tra Ministero ed ANAS farà sì che il corrispettivo derivante da una concessione autostradale che interessa Abruzzo e Lazio sarà utilizzato per finanziare le attività di ANAS sull'intero territorio nazionale, e che i maggiori investimenti resi necessari dalle norme sopra richiamate resteranno, di fatto, a carico dei soli utenti che, statisticamente e considerato il tracciato e le caratteristiche delle autostrade A.24 ed A.25, sono principalmente residenti nel territorio dell'Abruzzo e del Lazio –:
   se non ritenga di intervenire al fine di chiarire che i corrispettivi di concessione dovuti da SDP debbano essere investiti nei lavori necessari di manutenzione straordinaria e di adeguamento sismico delle autostrade A24 e A25. (4-03345)


   SPESSOTTO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, MANNINO, DE LORENZIS, LIUZZI, LOREFICE e CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   l'ENAC (Ente nazionale per l'aviazione civile), nel tempo, ha progressivamente caratterizzato la gestione del personale con provvedimenti che appaiono agli interroganti di dubbia trasparenza e legittimità in quanto adottati in contrasto sia con le vigenti norme di carattere generale che con quelle contrattuali;
   in questo quadro si inserisce il significativo fenomeno dei lavoratori transitati in mobilità da altre pubbliche amministrazioni utilizzando procedure che, a quanto consta agli interroganti, sistematicamente non hanno previsto il ricorso alla preventiva, diffusa pubblicizzazione delle reali esigenze dell'ENAC in ordine alla provvista di risorse umane. Ne è derivato che diversi di tali lavoratori, che nelle amministrazioni di provenienza erano inquadrati nei ruoli amministrativi, una volta transitati in ENAC, dietro semplice istanza degli interessati, sarebbero stati reinquadrati d'ufficio nell'area professionale senza alcuna selezione;
   tale procedura, oltre ad apparire in netto contrasto con quanto avvenuto nei confronti del personale già in servizio presso l'ente che ha, invece, giustamente, dovuto sostenere prove selettive di tipo concorsuale con un numero di posti attribuibili ovviamente inferiore alle domande pervenute, non può che aver comportato un notevole onere per l'ente tenuto conto che il personale dell'area professionale è inserito, anche ai fini retributivi, nel CCNL della dirigenza;
   esempi di gestione del personale e di attribuzione di consistenti benefici economici e di carriera al di fuori del più generale quadro normativo e regolamentare ovvero dei vincoli connessi all'utilizzo delle risorse pubbliche, si sarebbero registrati negli ultimi mesi del 2013;
   nonostante nel pubblico impiego sia espressamente vietato il riconoscimento del cosiddetto mansionismo sia per motivazioni di ordine economico che per evitare il sempre latente fenomeno del clientelismo, alcuni dipendenti addetti all'ufficio legale e contenzioso sarebbero passati dal livello P1 al livello P9 senza selezione concorsuale e senza preventiva informativa alle organizzazioni sindacali –:
   se siano a conoscenza delle segnalate deroghe alle norme su rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni effettuate dall'ENAC;
   se non intendano porre in essere ogni e qualsiasi iniziativa di competenza, comprese apposite ispezioni ministeriali, per verificare la legittimità dei provvedimenti di cui in premessa, ad avviso degli interroganti adottati in contrasto con le norme sul pubblico impiego e sulla spending review;
   se, ove sussistessero reiterate e gravi violazioni di legge, con conseguente possibile danno erariale, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti non ritenga opportuno assumere iniziative affinché si prevenga all'annullamento dei relativi atti amministrativi e al commissariamento dell'ENAC. (4-03349)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TULLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sarebbe necessaria una riflessione, pur consapevole dell'autonomia delle sfere di azione e di decisione della Federazione/Italiana Gioco calcio, sulle politiche condotte in relazione al sistema del calcio professionista e in particolare ai rapporti con il sistema televisivo;
   in questi anni il valore dei «diritti televisivi» ha assunto sempre più rilievo per i bilanci delle Società, che si trovano a dovere competere con investimenti per acquisti e stipendi dei giocatori sempre più enormi, questo spesso a discapito di una politica di sostegno dei vivai giovanili e con il ricorso ad acquisire «campioni» stranieri;
   in questo quadro si è scelto, di differenziare il giorno in cui giocano serie A e B, di «spezzettare» il turno di campionato, con anticipi, posticipi, orari diversificati nella giornata della domenica compresa l'assurda partita di Serie A delle 12,30, questo per ottimizzare al meglio gli incassi attraverso i diritti televisivi, che vedono tra l'altro le Società minori spesso penalizzate nella suddivisone economica degli stessi;
   il calcio è uno sport, uno spettacolo giocato in campo, e le emozioni trasmesse dai sostenitori attraverso il tifo ne sono elemento complementare;
   la riduzione degli spettatori negli stadi è dettata da molte ragioni, ma sicuramente il ricorso a un eccessiva trasmissione televisiva degli eventi ne rappresenta una;
   in tal senso molte polemiche si stanno creando sulla decisione della Lega Calcio di programmare per ragioni televisive il derby genovese tra Genoa e Sampdoria in programma domenica 2 febbraio alle 12.30;
   i derby, sono partite particolari in cui la componente delle tifoserie assume una centralità dovuta alla rivalità cittadina, e coreografie e tifo sono ancor più parti integranti dello spettacolo, anche per i media;
   il derby genovese non si sottrae a questo cliché, è una partita in cui le tifoserie hanno dato prova di far coniugare la forte rivalità con altrettanta sportività, le due tifoserie sono spesso impegnate in azioni di carattere sociale molto positive e non sono mancate occasioni perché queste siano state compiute unitariamente;
   la scelta, per la prima volta di giocare un derby alle 12.30 potrebbe esser causa di inutili tensioni  –:
   se il Ministro interrogato disponga di elementi in merito a eventuali rischi per l'ordine pubblico derivanti dalla decisione assunta con riferimento all'orario della partita di cui in premessa. (5-01998)


   MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, PARENTELA, L'ABBATE, GALLINELLA, LUPO e BENEDETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 22 gennaio 2014 alle ore 4,00 del mattino un incendio ha completamente distrutto il centro visite dell'Oasi LIPU Castel di Guido ricadente all'interno della riserva statale del litorale romano e nel comune di Roma;
   detto incendio è stato riscontrato essere di natura dolosa ed è da intendersi, a parere degli interroganti, come atto intimidatorio contro l'attività di educazione e vigilanza, soprattutto nei confronti del bracconaggio, svolta dagli operatori e volontari della LIPU;
   l'Oasi di Castel di Guido ricade in un SIC, un sito di importanza comunitaria, tutelato dall'Unione europea ed è riconosciuta come IBA (important birds area), una delle aree europee più importanti per la conservazione degli uccelli; essa ospita 526 specie di piante, tra cui orchidee, e diverse specie protette, oltre a ben 207 specie di animali tra uccelli come il gruccione, la rondine, il nibbio bruno, mammiferi come il tasso, l'istrice, il moscardino, rettili e anfibi;
   l'Oasi ha un enorme valore paesaggistico, essendo uno degli ultimi scorci della campagna romana ben conservato, a pochi passi dalla Capitale e dalla sua inaugurazione ad oggi, è stata visitata da più di 80.000 persone, soprattutto cittadini romani: bambini, studenti, famiglie, anziani;
   l'Oasi di Castel di Guido ospita decine di volontari che si dedicano ad attività di manutenzione e tutela dell'area protetta, nonché decine di studenti universitari che si dedicano ad attività di studio e ricerca –:
   quali iniziative di competenza intenda il Ministro interrogato mettere in atto per assicurare la piena sicurezza degli operatori, dei volontari e di tutti coloro che per motivi di studio, ricreativi e ludici frequentano l'Oasi di Castel di Guido;
   se il Ministro interrogato abbia intenzione di farsi promotore di iniziative che intensifichino l'attività di vigilanza e controllo nell'Oasi di Castel di Guido e più in generale all'interno della riserva del litorale romano, volte alla prevenzione dei reati ambientali;
   quali iniziative intenda porre in essere, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, volte alla realizzazione di un incisivo piano nazionale di contrasto al bracconaggio. (5-02002)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'8 gennaio 2014 il dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, direzione centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo del Ministero dell'interno ha inviato a tutti i prefetti una circolare che, oltre a invitare quest'ultimi ad attivarsi per reperire sul territorio strutture adatte all'accoglienza a seguito dei «massicci sbarchi di cittadini stranieri», specifica minuziosamente il tipo di trattamento che deve essere riservato ai «richiedenti protezione internazionale»;
   tale circolare specifica che a questi ultimi «oltre al vitto (rispettoso dei principi e abitudini alimentari) e alloggio, ... l'assistenza generica alla persona compresa la mediazione linguistica, l'informazione, orientamento e assistenza alla formalizzazione della richiesta di protezione internazionale, il servizio di pulizia, la fornitura di biancheria e abbigliamento adeguato alla stagione, prodotti per l'igiene, pocket money di 2,5 euro al giorno», debba essere assicurata anche una tessera/ricarica telefonica di 15 euro;
   quanto disposto dalla circolare aumenterà il numero delle richieste fittizie, anche solo per usufruire dei benefit previsti, di protezione internazionale, strumento già abusato da chi giunge clandestinamente nel nostro Paese, poiché si concludono con il riconoscimento dello status di rifugiato solo nell'8 per cento circa dei casi;
   975 euro mensili garantiti a chi clandestinamente giunge in Italia corrispondono a poco meno di uno stipendio di un giovane precario o stagista, anche laureato, o di un operaio con famiglia a carico al netto delle tasse;
   la circolare nulla specifica con riguardo alla durata delle elargizioni dei diversi servizi e benefit, ma prevede per il triennio 2014/2016 il potenziamento del sistema di accoglienza per la sistemazione di oltre 21 mila persone, benché solo nell'anno 2013 si sia registrato un totale di circa 43 mila arrivi e di più di mille già nei primi giorni dell'anno nell'ambito dell'operazione Mare Nostrum presso il porto di Augusta –:
   se corrisponda al vero quanto previsto dalla circolare, quale sia la durata delle misure previste e il costo totale benefit ed elargizioni ivi disposte, se non ritenga che tali iniziative incentivino le richieste di protezione internazionale fittizie, se il Ministro adito non ritenga più opportuno rettificare quanto disposto, in particolare per quanto riguarda la previsione di 15 euro per le ricariche telefoniche, se non ritenga più opportuno investire le stesse risorse per il rimpatrio dei clandestini. (4-03340)


   COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella seduta del 16 gennaio 2014 la Commissione affari costituzionali della Camera dei Deputati ha approvato a maggioranza, con il voto contrario dei deputati del gruppo Movimento Cinque stelle l'atto del governo n. 67 recante la bozza di decreto del Ministro dell'interno con il quale si procedeva al riparto dei contributi previsti per l'anno 2013 a favore delle associazioni combattentistiche vigilate dallo stesso ministero;
   la bozza di decreto ministeriale proponeva di ripartire nel modo seguente il contributo totale di 1.892.961 euro: Associazione nazionale vittime civili di guerra euro 1.476.509,58; Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti euro 227.155,32; Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti euro 189.296,10;
   l'esame del decreto ministeriale si è svolto, a giudizio degli interroganti, con gravi carenze da parte del Governo il quale ha trasmesso alla commissione competente i rendiconti annuali relativi all'anno 2012 dell'attività svolta dagli enti beneficiari del contributo solo a seguito della sollecitazione avanzata da parte del gruppo Movimento 5 stelle, ed in sede di esame in commissione non ha fornito alcuna informazione ne documentazione comprovante il rispetto della data del 15 luglio per il deposito del conto consuntivo relativo all'anno precedente, nonostante tale informazione sia stata espressamente richiesta come risulta dal resoconto della seduta del 9 gennaio 2014;
   il conto consuntivo per l'esercizio finanziario 2012 dell'Associazione nazionale vittime civili di guerra registra alla voce spese in conto capitale la cifra di euro 11.385.833,62, delle quali euro 8.178.806,38 sono destinati all'acquisto di titoli di Stato in rinnovo di altri scaduti durante l'esercizio 2012, come evidenziato nella relazione che accompagna il conto consuntivo;
   un simile volume di investimenti suscita perplessità di natura politica in merito al fatto che nell'attuale situazione economica lo Stato abbia erogato un contributo di euro 1.476.509,58 per l'anno 2013;
   il contenuto della memoria depositata dall'Associazione nazionale vittime civili di guerra presso la prima commissione Affari costituzionali del Senato, in occasione di una seduta di audizioni informali disposte in quella sede nel corso dell'esame dell'atto del governo n. 67, e successivamente acquisita dalla prima commissione della Camera dei Deputati, non ha fugato la perplessità di natura politica in merito all'erogazione del contributo pubblico per l'anno 2013;
   dalla consultazione del sito internet ufficiale dell'Associazione nazionale vittime civili di guerra www.anvcg.it gli interroganti, fatta eccezione per il nome del presidente dell'Associazione, non sono stati in grado di reperire la sezione nella quale sia pubblicato lo statuto dell'associazione e l'organigramma degli organi direttivi dell'associazione nazionale, quali ad esempio eventuali vice presidenti, uffici di presidenza, segretario generale e altro –:
   quale sia la data di deposito presso il Ministero dell'interno del bilancio dell'associazione relativo all'anno 2012;
   quali siano le motivazioni in base alle quali il Ministero dell'interno non abbia provveduto, come previsto dalla normativa vigente, al deposito presso le Commissioni parlamentari competenti dei bilanci delle associazioni combattentistiche destinatarie di un contributo da parte dello stesso ministero, finché non è pervenuta richiesta in tal senso da parte della Commissione affari costituzionali della Camera;
   se il presidente dell'Associazione nazionale vittime civili di guerra e gli altri eventuali componenti degli organi direttivi, organizzativi ed esecutivi dell'associazione percepiscano a qualsiasi titolo un emolumento economico da parte dell'Associazione stessa e a quanto ammonti annualmente tale eventuale emolumento;
   se l'Associazione utilizzi su tutto il territorio italiano sedi per lo svolgimento della propria attività istituzionale messe a disposizione dallo Stato o da altro ente pubblico a titolo gratuito o agevolato e quante siano queste sedi;
   quali siano state in concreto le iniziative poste in essere dall'Associazione in tema di informazione e sensibilizzazione sull'argomento della presenza di ordigni inesplosi risalenti alla seconda guerra mondiale in territorio italiano, nonché le iniziative concretamente poste in essere a sostegno delle persone rimaste vittime dell'esplosione di ordigni bellici inesplosi nel corso dell'anno 2013. (4-03354)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CHIMIENTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale sistema di formazione degli insegnanti per la scuola secondaria è costituito dal tirocinio formativo attivo (TFA) al quale si accede mediante il superamento di tre prove selettive e che, secondo quanto dichiarato dal Ministero, vedrà partire i bandi per il secondo ciclo entro il mese di febbraio;
   il bando del primo ciclo non ha previsto la possibilità di iscriversi contemporaneamente a più classi di concorso o di congelare le prove superate, con la conseguente necessità, nel caso in cui si risultasse vincitori di più classi di concorso, di optare per la frequenza dei corsi di una sola di queste, rifiutando le altre;
   le procedure previste dalla SSISS, con particolare riferimento all'articolo 1, comma 10, del decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 12 luglio 2007, che definiva le modalità delle prove di ammissione alle scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario per l'anno accademico 2007-2008, ammettevano la frequenza contemporanea dei corsi ai candidati che risultavano vincitori in più classi di concorso e l'eventuale congelamento della frequenza;
   inoltre, l'articolo 15, comma 17, del decreto ministeriale n. 249 del 2010, consente l'iscrizione al tirocinio formativo attivo, in sovrannumero e senza dover sostenere l'esame di ammissione, a coloro che hanno superato l'esame di ammissione alle scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario, che si sono iscritti e che hanno in seguito sospeso la frequenza delle stesse (congelati SSIS), nonché il riconoscimento di eventuali crediti acquisiti nel percorso precedente;
   la decadenza dalle ulteriori classi di concorso vinte vanifica l'impegno e lo studio profusi per superare tutte le prove di accesso e finisce per rendere inutile il pagamento delle laute tasse di iscrizione alle diverse prove;
   l'accesso in sovrannumero non altera il fabbisogno, poiché il primo ciclo di tirocinio formativo attivo ha abilitato un numero di docenti inferiore al numero dei posti messi a bando (11.000 anziché 20.000), e comunque, essendo già abilitati, i vincitori di più classi di concorso non devono essere considerati come nuove immissioni nella scuola, ma risultano già conteggiati nei posti messi a bando per il primo ciclo che sono stati stabiliti in funzione delle reali esigenze;
   il conseguimento di un'ulteriore abilitazione da parte dei vincitori di più classi di concorso risulta anche un vantaggio e un'occasione per l'istituzione scolastica, che in questo modo potrebbe disporre di docenti non solo meritevoli, ma anche flessibili e capaci di adattarsi meglio all'offerta formativa delle scuole;
   in occasione dell'incontro informale avvenuto il 26 settembre 2013 con una delegazione dei docenti abilitati con tirocinio formativo attivo ordinario, i rappresentanti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avevano mostrato di essere sensibili alle rivendicazioni dei vincitori di più classi di concorso, ma alle buone intenzioni, ad oggi, non si è ancora dato seguito –:
   se intenda garantire l'ammissione in sovrannumero al suddetto secondo ciclo per coloro che erano risultati vincitori in più classi di concorso di ambito diverso e che avevano dovuto rinunciare a una di esse ai fini dell'abilitazione, difformemente da quanto avveniva secondo le procedure previste dalla SSISS;
   se non ritenga opportuno che i vincitori di più classi di concorso frequentino solo i corsi e il tirocinio diretto relativi alla disciplina oggetto di abilitazione, avendo già frequentato e sostenuto i relativi esami degli insegnamenti di scienze dell'educazione, nonché effettuato il tirocinio indiretto e quello diretto relativo alla didattica per l'integrazione degli alunni con disabilità;
   se intenda consentire ai vincitori di più classi di concorso del primo ciclo di tirocinio formativo attivo ordinario di versare le tasse universitarie di iscrizione in relazione ai crediti formativi universitari da conseguire. (4-03342)


   CHIMIENTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le graduatorie dei tutor coordinatori del TFA ordinario stilate nel 2012 sulla base del bando emanato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e compilate attraverso una selezione svolta dalle scuole di formazione universitarie stesse hanno una durata di due anni;
   i candidati ritenuti idonei non hanno svolto il loro compito per l'intero periodo, ma solo per un anno;
   da queste selezioni si sono create graduatorie con numeri esigui per quanto concerne varie discipline e ciò, in primis, a causa del carattere altamente restringente dei requisiti richiesti;
   in vista del nuovo bando per il II ciclo del TFA ordinario si potrebbero mantenere ancora per un anno le graduatorie vigenti e bandire nuove selezioni solo in caso di necessità;
   i tutor coordinatori sono figure centrali per l'attività di tirocinio obbligatoria dei nuovi insegnanti;
   il bando del 2012 per il I ciclo del TFA ordinario era stato predisposto sulla falsariga di quelli già utilizzati per le SSIS, senza tener conto dei decreti emanati dallo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che rendevano impossibile l'applicazione del bando medesimo. Per presentare domanda si richiedevano, infatti, 5 anni di ruolo nella disciplina in questione e il possesso di almeno 3 tra 12 requisiti, ma alcune discipline erano entrate in organico di diritto solo dal 2009, come, ad esempio, spagnolo nelle scuole medie (A445) o in anni successivi, come neogreco, arabo e cinese;
   ciò ha creato ulteriori rallentamenti alle scuole di formazione universitarie, che hanno dovuto attendere risposte, ad oggi ancora non pervenute, da parte degli uffici regionali e dello stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per poi bandire nuovamente ed autonomamente quei bandi, solo in parte modificati con una errata corrige;
   i requisiti stringenti richiesti per la figura dei tutor coordinatori miravano a ottenere formatori di altissimo livello, mentre le università hanno finito per adoperare la propria autonomia nel bandire e nello scegliere i docenti da utilizzare per i corsi delle didattiche di disciplina o di ambito generale dei TFA unicamente per offrire un posto a precari o assegnisti interni;
   ciò non solo non è proficuo ai fini didattici, ma è deleterio ai fini dei TFA, anche in considerazione del fatto che fin dai tempi delle SSIS tali bandi davano la precedenza agli strutturati universitari, che quasi mai hanno alle spalle anche un'esperienza scolastica. Ciò ha comportato una sostanziale riproposizione degli stessi contenuti già affrontati nel corso di laurea, che nulla hanno a che vedere con le finalità del tirocinio formativo attivo. Ancor più grave è il caso in cui, in mancanza di una disponibilità interna, vengano scelti soggetti non abilitati per l'insegnamento di quella disciplina, creando in questo modo un dannoso conflitto di interessi con i discenti –:
   se non ritenga opportuno valutare la possibilità di garantire una maggiore flessibilità per alcune discipline nella scelta dei tutor, con la possibilità di derogare in caso di mancanza di candidature idonee, quanto meno per ciò che concerne il numero di annualità di ruolo, in modo da permettere una selezione accurata e mirata dei soggetti e al contempo uno spettro più ampio di docenti candidabili;
   se non ritenga opportuno che, al pari di quanto previsto dai bandi per i tutor coordinatori, i docenti dei corsi disciplinari siano di ruolo e, solo in via eccezionale, quanto meno in possesso dell'abilitazione e di una comprovata esperienza scolastica. (4-03344)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   come emerge nelle ultime ore dagli organi di stampa, la procura della Repubblica di Roma sta indagando su Antonio Mastrapasqua – presidente INPS – per presunte cartelle cliniche «truccate» al fine di gonfiare rimborsi in favore dell'ospedale Israelitico di Roma diretto dallo stesso signor Antonio Mastrapasqua;
   il quotidiano La Repubblica quantifica in 12.164 le schede di dismissione «taroccate» alla regione Lazio finalizzate all'ottenimento di «13,8 milioni di euro di rimborsi non dovuti» cui si sommano «71,3 milioni di euro» di presunto «vantaggio patrimoniale»;
   il quotidiano La Repubblica inoltre, rivela come lo stesso Mastrapasqua sia indagato per truffa, abuso di ufficio e falso ideologico e come da settembre 2013 sia stato interrogato più volte dal pubblico ministero Cristina Palaia;
   il premier Enrico Letta ha chiesto «massima chiarezza nel rispetto dei cittadini» e ha inviato il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, a fornire una relazione in merito ad una vicenda che, se accertata, si paleserebbe come gravissima;
   il signor Antonio Mastrapasqua, in veste di direttore dell'Ospedale Israelitico di Roma, si sarebbe altresì impegnato a curare pendenze con INPS – di cui lo stesso è presidente – effettuando compensazioni di titoli inerenti fatture dell'Ospedale Israelitico versus la regione Lazio, fatture che alla luce delle indagini in corso, si presumono fraudolentemente gonfiate;
   il signor Mastrapasqua nelle sue funzioni di dominus dell'Ospedale Israelitico di Roma risulta avere negoziato con la regione Lazio la consistenza, la coerenza e la bontà di moltissime fatture del valore di milioni e milioni di euro che talune ASL di Roma devono rimborsare all'Israelitico;
   sempre il giornale La Repubblica online del 27 gennaio informa che l'accordo con la regione Lazio era stato proposto da un dirigente, noto col cognome di Romano, e poi approvato dalla Governatrice Polverini, nel suo ruolo di commissario ad acta per il deficit della sanità nel Lazio, anche se erano state avanzate riserve forti da parte dei rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze e della salute presenti al tavolo tecnico;
   il presidente dell'INPS Mastrapasqua esercita, tra le altre, unitamente alle cariche di vice-presidente di Equitalia centro spa, vice-presidente del consiglio di amministrazione di Equitalia nord spa, presidente del collegio sindacale di Groma srl, presidente del collegio sindacale di Mediterranean Nautilus Italy spa, sindaco effettivo di Coni servizi spa, presidente del collegio sindacale di Telenergia srl, sindaco effettivo di Autostrade per l'Italia spa, presidente del consiglio d'amministrazione di Equitalia sud spa, sindaco effettivo di Loquenda spa, direttore dell'Ospedale israelitico di Roma, presidente di Idea Fimit sgr, direttore della casa di riposo Ebraica, presidente del collegio sindacale di Eur Tel srl;
   l'esercizio della carica di presidente INPS assume ipso facto una rilevanza tale da non ammettere situazioni come quella attuale ove la carica di presidente dell'Inps viene esercitata unitamente e contemporaneamente a numerose altre cariche;
   la stessa Corte dei conti, in sede di «Determinazione e relazione della Sezione di controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS)» ha rilevato, come sia fondamentale evitare «eccessive concentrazioni di potere» (evidentemente, a parere degli interpellanti, tanto più se in capo ad un solo soggetto) in quanto non funzionale al proficuo esercizio delle attività di tali importanti enti;
   a parere degli interpellanti, la compensazione crediti/debiti effettuata dall'Ospedale Israelitico, apparirebbe irrituale e molto probabilmente non accordata ad altri contribuenti nelle normali procedure di attività riscossiva –:
   se l'interpellato Ministro sia a conoscenza dei fatti su esposti;
   se il Ministro interpellato, intenda richiedere la remissione del mandato di presidente INPS al signor Antonio Mastrapasqua con conseguente eventuale commissariamento dell'ente;
   se la decisione dell'accettazione in compensazione da parte dell'INPS dei crediti anomali dell'ospedale israelitico, in considerazione della rilevanza della cifra, sia stata attentamente vagliata e approvata dai revisori dei conti e da altri organismi di vigilanza dell'INPS, resi edotti, si presume, delle riserve dei funzionari governativi;
   se la decisione dell'accettazione in compensazione da parte dell'INPS dei crediti anomali dell'ospedale israelitico, in considerazione della rilevanza della cifra, sia stata vagliata da consulenti esterni, resi edotti, si presume, delle riserve dei funzionari governativi, magari tramite un parere pro veritate;
   se l'interpellato Ministro, intenda fare luce in merito alla presunta compensazione crediti/debiti effettuata all'Ospedale Israelitico;
   se sia nella disponibilità dell'interpellato Ministro un report relativo a controlli effettuati dai revisori dei conti e dagli altri organismi di vigilanza INPS, in merito alla vicenda dell'Ospedale Israelitico;
   se il Ministro interpellato intenda assumere ogni opportuna iniziativa al fine di pervenire ad una ottimizzazione del modello di governance che permetta di garantire la «buona condotta» dell'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS), capace di promuovere l'interesse pubblico e quello delle principali categorie di stakeholder, rispettosa delle normative e procedure, responsabile ed efficiente nell'uso delle risorse, efficace nella qualità, trasparenza e nella correttezza dei processi decisionali;
   se il Ministro interpellato intenda adottare iniziative, anche di natura normativa, che prevedano l'incompatibilità del ruolo di presidente INPS contemporaneamente all'esercizio di qualsiasi altro incarico o funzione e altresì l'incompatibilità dell'esercizio della carica di presidente INPS per soggetti che ricoprano o abbiano ricoperto negli ultimi tre anni incarichi pubblici elettivi sancendo così il vincolo di esclusività di tale carica;
   se il Ministro interpellato intenda assumere iniziative, anche di natura normativa, al fine di introdurre, per l'assegnazione dell'incarico di presidente INPS, il parere vincolante delle Commissioni parlamentari competenti;
   se il Ministro interpellato intenda assumere iniziative normative volte all'introduzione di stringenti requisiti di competenza e professionalità per l'assunzione della carica di presidente INPS.
(2-00388) «Baldassarre, Silvia Giordano, Barbanti, Rostellato, Cecconi, Ruocco, Rizzetto, Baroni, Cancelleri, Bechis, Dall'Osso, Alberti, Chimienti, Di Vita, Pesco, Ciprini, Grillo, Pisano, Cominardi, Lorefice, Villarosa, Tripiedi, Mantero, Nuti».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   le gravi imputazioni di truffa, abuso d'ufficio e falso ideologico, mosse dalla procura della Repubblica di Roma al presidente dell'INPS – al di là del doveroso rispetto del procedimento giudiziario e del principio di innocenza, fino a sentenza passata in giudicato, previsto dal nostro ordinamento – ripropongono in modo non più rinviabile il tema di un immediato ridisegno della governance del più grande ente previdenziale d'Italia e forse d'Europa, e al tempo stesso la verifica della compatibilità della massima carica amministrativa dell'ente con innumerevoli incarichi gestionali in enti pubblici e soggetti giuridici privati;
   come noto, l'articolo 21 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto la soppressione degli enti Inpdap e Enpals e attribuito le relative funzioni all'INPS, così dando vita ad un ente secondo solo allo Stato, con un bilancio di 700 miliardi di euro, 35.000 dipendenti e una platea di 24,5 milioni di iscritti;
   in precedenza, con l'articolo 7, comma 7, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, il Governo pro tempore dispose l'affidamento della governance dell'INPS alla figura monocratica del presidente dell'INPS, eliminando il consiglio di amministrazione, e ciò si è sinora protratto nonostante la Corte dei Conti nella sua relazione del novembre 2011 avesse già espresso perplessità circa la concentrazione dei poteri determinatasi, sottolineando «il potenziamento del tutto singolare dell'organo monocratico di vertice dell'istituto cui vengono riconosciute oltre a quelle di rappresentanza, le attribuzioni di indirizzo gestionale e tutte le competenze non conferite ad altri organi che non trova riscontri nell'assetto degli enti pubblici non economici e neanche nel modello societario»;
   nella passata legislatura, su impulso del Partito Democratico, la Camera dei deputati approvò un'apposita mozione con la quale si impegnava il Governo ad una verifica dell'attuale modello di governance degli enti previdenziali ed assicurativi, e, successivamente, si è avviato presso la XI Commissione l’iter delle proposte di legge volte a superare la gestione monocratica. Anche in questa legislatura, sin dal 26 marzo 2013, il gruppo Partito Democratico riproposto il progetto di legge di codifica dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, concernente l'ordinamento e la struttura organizzativa dell'istituto nazionale della previdenza sociale e dell'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nonché delega al Governo per il riordino degli organi collegiali territoriali dei medesimi enti;
   l'Inps è uno dei presidi del sistema di welfare italiano ed è chiamato a svolgere una funzione sociale di straordinaria importanza come quella della tutela dalla vecchiaia, in primo luogo gestendo le risorse derivanti dalla contribuzione dei lavoratori pubblici, privati e autonomi e delle imprese, soggetti a cui si dovrebbe essere riconosciuto un prioritario ruolo attivo nel governo dell'ente. Parimenti, chi viene chiamato a guidare l'ente assume un ruolo di grande responsabilità sociale e deve quindi assicurare la massima credibilità professionale, operando al riparo da qualsiasi dubbio di imparzialità e correttezza deontologica, garantendo l'esclusione di ogni forma, anche indiretta, di conflitto di interessi –:
   se non si ritenga necessario e urgente intervenire, soprattutto alla luce degli ultimi accadimenti giudiziari, al fine di garantire una governance dell'ente equilibrata, collegiale e trasparente, superando l'attuale fase di gestione straordinaria e riportandola ad un assetto più appropriato per un ente pubblico, così come autorevolmente indicato dalla Corte dei Conti e come proposto nei progetti di legge già presentati al riguardo, in linea con quanto richiesto nell'avviso comune del 26 giugno 2012 sottoscritto da Confindustria e CGIL, CISL e UIL;
   quali siano gli orientamenti del Ministro rispetto alla circostanza della concomitanza dei molteplici incarichi ricoperti, anche per conto di soggetti privati, dall'attuale presidente dell'Inps e quali iniziative intenda assumere al fine di superare tale situazione.
(2-00385) «Bellanova, Giacobbe, Cinzia Maria Fontana, Baruffi, Maestri».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di questi giorni quella del nuovo piano industriale Electrolux che prevede un maxi-taglio dei salari quale condicio sine qua non per scongiurare la chiusura delle fabbriche italiane;
   secondo fonti sindacali riportati dalla stampa la proposta avanzata dalla proprietà svedese per il salvataggio dei quattro stabilimenti di Susegana, Porcia, Solaro e Forlì prevedrebbe un taglio drastico dei salari, tale da dimezzare l'attuale media di circa 1.400 euro al mese a 700/800 euro mensili;
   la proposta originale, secondo i sindacati, prevedeva addirittura un taglio dell'80 per cento dei 2.700 euro di premio aziendali, la riduzione delle ore lavorate a 6, la sospensione dei pagamenti delle festività, la riduzione di pause e permessi sindacali (-50 per cento) ed il blocco degli scatti di anzianità; il costo del lavoro — ora a 24 euro l'ora — sarebbe così sceso a 3-5 euro medi, così da ridurre il gap con il costo del lavoro in Polonia, dove gli operai della Electrolux percepiscono 7 euro l'ora;
   l'azienda, dal canto suo, precisa che «la proposta tutta da discutere sul costo dell'ora lavorata prevede una riduzione di 3 euro. In termini di salario netto questo equivale a circa l'8 per cento di riduzione ovvero a meno di 130 euro al mese. (...) L'azienda ribadisce anche che il regime di 6 ore assunto come base per tutti i piani industriali è da considerarsi con applicazione della solidarietà come da accordi sottoscritti e dei quali auspica il prossimo rinnovo» (vedi La Stampa 27 gennaio 2014);
   il Ministro dello sviluppo economico ha commentato che «I prodotti italiani nel campo dell'elettrodomestico sono di buona qualità ma risentono dei costi produttivi, soprattutto per quanto riguarda il lavoro, che sono al di sopra di quelli che offrono i nostri concorrenti. È necessario dunque ridurre i costi di produzione, in Italia c’è un problema legato all'esigenza di ridurre il costo del lavoro» –:
   quali reali ed effettive ricadute sui salari comporterebbe il piano industriale di Electrolux Italia e quali urgenti iniziative di propria competenza il Governo intenda adottare per ridurre il costo del lavoro, preso atto delle dichiarazioni del Ministro dello sviluppo economico citate in premessa e considerato che la diminuzione del costo del lavoro non può e non deve ricadere sul salario netto percepito dal lavoratore. (5-02003)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZAN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Gruppo Giona (ex Lametal) con sede a Santa Maria di Zevio in provincia di Verona produttore di scaldacqua, bollitori, pompe di calore e sottocaldaie ha tre stabilimenti operativi: il primo a Valstagna provincia di Vicenza che produce scaldacqua elettrici, il secondo a Santa Maria di Zevio con produzione di bollitori e pompe di calore, il terzo a Caorso con produzione di sottocaldaie destinate all'integrazione del sistema di riscaldamento;
   nello stabilimento di Valstagna attualmente sono impiegati 35 dipendenti a tempo indeterminato;
   due anni fa questi dipendenti sono stati messi in contratto di solidarietà con riduzione parziale delle ore lavorative e quindi dello stipendio;
   le ore non lavorate sono state fino al 7 dicembre 2013 coperte da cassa integrazione ordinaria;
   il 6 dicembre 2013 le parti, i sindacati Fiom Cgil e Uilm Metalmeccanici e la proprietà, hanno concordato una proroga della cassa integrazione per 13 settimane dal 9 dicembre all'8 marzo 2014;
   a tutto gennaio, però, i lavoratori non hanno percepito né gli stipendi arretrati di varie mensilità né le indennità di cassa integrazione guadagni;
   da luglio 2013 e in questi mesi i lavoratori hanno sia dei periodi lavorati sia dei periodi di parziale sospensione del rapporto di lavoro dovuti al contratto di solidarietà, sia sospensioni totali per cassa integrazione;
   l'azienda sta beneficiando a quanto consta all'interrogante di soldi pubblici non versandoli però ai dipendenti;
   i lavoratori sono in assemblea permanente all'esterno dell'azienda dai primi di novembre;
   c’è stato l'interessamento da parte degli organi competenti per territorio, sindaci e assessori i quali hanno avuto un incontro con l'azienda nella sede di Verona;
   c’è stato un incontro a livello regionale a Venezia tra l'assessore regionale al lavoro, la proprietà, i rappresentanti delle categorie sindacali e la rappresentanza dell'azienda in cui l'azienda si è impegnata a varare un piano industriale di ristrutturazione, ad oggi mai avanzato –:
   quali iniziative intenda prendere il Ministro per risolvere la difficile situazione in cui versano i 35 dipendenti dello stabilimento di Valstagna e le loro famiglie e quali interventi intenda adottare nei confronti dell'azienda per il mancato versamento degli stipendi. (4-03336)


   LODOLINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Roal Electronics è una ditta storica del tessuto produttivo della Val Musone, ed in particolar modo di Castelfidardo;
   già nel 2012, a causa della crisi, l'azienda era ricorsa alla cassa integrazione straordinaria per 37 dipendenti su 146;
   la proprietà ha deciso di vendere la propria attività ad una multinazionale finlandese Efore: management finlandese (70 addetti in patria) e siti produttivi in Cina (circa 700 addetti);
   a seguito di tale riorganizzazione è stata avviata la procedura di mobilità per 51 dipendenti su 146 (circa il 35 per cento), e ciò ha portato alla proclamazione dello stato di agitazione da parte degli operai ed impiegati;
   in altre circostanze simili la«Regione ha adottato tutte le procedure concertative, nonché gli ammortizzatori sociali, utili a evitare gli esuberi nelle ditte colpite dalla crisi –:
   quali iniziative intenda adottare per salvaguardare l'occupazione e le prospettive industriali dello stabilimento di Castelfidardo della Roal Electronics. (4-03339)


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riferito da rappresentati sindacali (Terni oggi del 27 dicembre 2013), nel mese di novembre del 2013 due lavoratori della Ipercoop di Terni sono stati licenziati con l'accusa di aver «rubato» alcuni prodotti dolciari (in particolare, merendine e caramelle) del supermercato;
   il provvedimento di licenziamento adottato ai danni dei lavoratori appare fortemente sproporzionato ed ingiusto rispetto alla condotta contestata agli stessi e lascia improvvisamente senza alcuna forma di sostentamento economico i dipendenti e le loro famiglie, uno dei quali lavorava da ben venti anni nella Coop;
   forte è stata la solidarietà tra i lavoratori che si sono prodigati anche per una raccolta fondi per contribuire alle spese legali necessarie per impugnare i licenziamenti ed è altrettanto forte la perplessità in ordine alla logica adottata dalla Coop alla base del drastico licenziamento che ha colpito i due lavoratori, uno dei quali aderenti alla sigla sindacale dei Cobas;
   la vicenda merita di essere evidenziata non solo per la sua gravità, ma proprio perché emblematica di una situazione che coinvolge numerosi lavoratori dipendenti da cooperative i cui contratti prevedono meno tutele e meno garanzie, tanto che sempre più spesso i lavoratori attivano vertenze giudiziarie innanzi al giudice del lavoro per ottenere il rispetto delle garanzie e dei diritti previsti dalla normativa e dalla nostra Costituzione (in particolare articolo 36 detta Costituzione) –:
   quali concrete iniziative intenda assumere il Ministro allo scopo di favorire un dialogo tra i lavoratori e la direzione dell'Ipercoop di Terni anche al fine di sensibilizzare la direzione della Coop Centro Italia verso un ripensamento del provvedimento adottato in danno dei lavoratori;
   se il Governo intenda intervenire assumendo ogni iniziativa anche di tipo normativo in grado di tutelare adeguatamente la figura del socio lavoratore nelle cooperative e in grado di fugare ogni ambiguità in materia di diritti economici e sindacali del lavoro dipendente nelle cooperative. (4-03348)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GNECCHI, BELLANOVA, MADIA, ALBANELLA, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, FARAONE, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GREGORI, GRIBAUDO, INCERTI, MAESTRI, MARTELLI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, SIMONI e ZAPPULLA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 16, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 — «Spending review» — convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, prevede l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con Conferenza Stato-città ed autonomie locali, volto a stabilire i parametri di virtuosità per la determinazione delle dotazioni organiche degli enti locali, tenendo prioritariamente conto del rapporto tra dipendenti e popolazione residente. A tal fine era disposta la determinazione della media nazionale del personale in servizio presso gli enti;
   a decorrere dalla data di efficacia del decreto del Presidente del Consiglio ministri gli enti che risultino collocati ad un livello superiore del 20 per cento rispetto alla media nazionale non possono effettuare assunzioni a qualsiasi titolo mentre gli enti collocati ad un livello superiore del 40 per cento rispetto alla media sono autorizzati ad applicare le misure di gestione delle eventuali situazioni di soprannumero disciplinate dall'articolo 2 del citato decreto-legge;
   nonostante la scadenza fosse fissata per il 31 dicembre 2012, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non è stato ancora emanato, conseguentemente non è stato possibile determinare la media nazionale del personale in servizio presso gli enti locali e applicare le relative misure di gestione dell'organico;
   nel frattempo, diversi enti locali hanno avviato procedure per individuare le eccedenze di personale da porre in quiescenza sulla base delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, che ha esteso a tutte le amministrazioni pubbliche, in caso di eccedenza dichiarata per ragioni funzionali o finanziarie dell'amministrazione, l'efficacia delle disposizioni dell'articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012 che, al comma 1, stabilisce la riduzione delle dotazioni organiche della pubbliche amministrazioni, determinandola per gli uffici dirigenziali e le relative dotazioni organiche in misura non inferiore al 20 per cento di quelli esistenti e per le dotazioni organiche del personale non dirigenziale, in misura non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti di organico di tale personale;
   il comma 11, lettera a), del medesimo articolo prevede, per le unità di personale eventualmente risultanti in soprannumero all'esito di tali procedure di riduzione, che le amministrazioni, previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali, avviino le procedure di mobilità ed eccedenza collettiva — previste dall'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 — applicando ai lavoratori in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi i quali, ai fini del diritto all'accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico in base alla disciplina vigente prima dell'entrata in vigore del cosiddetto decreto «SalvaItalia» avrebbero comportato la decorrenza del trattamento medesimo entro il 31 dicembre 2016, dei requisiti anagrafici e di anzianità contributiva nonché del regime delle decorrenze previsti dalla predetta disciplina pensionistica, con conseguente richiesta all'ente di appartenenza della certificazione di tale diritto;
   il ricorso a tale normativa da parte di un crescente numero di enti locali sta comportando la definizione di procedure di eccedenza di personale che non tengono conto — a causa della mancata emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 16, comma 8, del decreto sulla Spending Review — della media nazionale del personale in servizio presso gli enti locali;
   a parere dell'interrogante si rende necessario — al fine di garantire una applicazione meno contraddittoria della disciplina per l'individuazione delle eccedenze e del conseguente pensionamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni — l'adozione del più volte citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri –:
   se non intenda adoperarsi con la massima urgenza al fine di procedere all'emanazione del decreto di cui in premessa, per definire la media nazionale del personale in servizio presso gli enti locali;
   quali siano i dati a sua disposizione in merito al numero di procedure per l'individuazione delle eccedenze e delle conseguenti richieste di pensionamento avviate dagli enti locali in base alle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 101 del 2013. (5-01997)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dall'articolo «Mancano i postini: mamma riceve la diagnosi del tumore dopo un mese», pubblicato ne Il Gazzettino il 20 gennaio 2014, che i disservizi frequenti registrati dal servizio di Poste italiane hanno provocato danni considerevoli nel comune di Mareno di Piave;
   nello specifico, la carenza di portalettere ha fatto sì che la posta non fosse consegnata per diversi giorni;
   tra le lettere non recapitate vi era il risultato di un test oncologico, eseguito all'ospedale di Castelfranco Veneto il 19 dicembre 2013 e arrivato al paziente il 16 gennaio;
   il ritardo ha costretto il paziente a posticipare l'inizio della chemioterapia;
   Poste italiane offre un servizio pubblico e non può permettere che si registrino carenze di portalettere in nessun comune, pena la revoca del contratto di servizio;
   il servizio offerto da Poste italiane può, in casi come questo, essere di fondamentale importanza per la società;
   Poste italiane rappresenta lo Stato, e i valori cui questo si informa –:
   se non intenda intervenire ai fini di una risoluzione dei problemi di qualità del servizio già più volte denunciati dall'interrogante e se non intenda, considerata la gravità delle conseguenze del disservizio, valutare l'assunzione di iniziative, anche normative, per garantire in casi come quello di cui in premessa un indennizzo adeguato al danneggiato. (5-01996)


   BELLANOVA e CAPONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata del 24 gennaio 2014 le organizzazioni sindacali hanno proclamato un mese di sciopero delle prestazioni straordinarie che vedrà coinvolti tutti i lavoratori di Poste Italiane in provincia di Lecce, applicati nel recapito e alla sportelleria;
   sul documento diffuso dalle organizzazioni sindacali si legge che «da troppo tempo l'Azienda Poste Italiane, per sopperire alle proprie carenze di personale, ricorre quotidianamente alle prestazioni straordinarie. Questa situazione non penalizza soltanto i lavoratori, sottoposti anche nell'orario di lavoro normale a un eccessivo carico di lavoro, ma anche i cittadini, costretti a estenuanti file allo sportello e a ricevere la posta con enormi ritardi»;
   l'organico della sportelleria e del recapito, da quanto si apprende pare sia ridotto e in tanti casi nonostante ciò il personale è chiamato anche sostituire i colleghi assenti per lunghi periodi. Lavoratori mobilitati continuamente da un ufficio all'altro della provincia, operatori costretti, come riporta il documento delle organizzazioni sindacali «ad anticipare i soldi del carburante e il cui rimborso viene riconosciuto anche dopo quattro o cinque mesi. Convocazioni in direzione con orari non contrattuali e spesso pomeridiani e a volte senza neanche il riconoscimento del compenso straordinario, come nel caso dei Direttori d'ufficio. Nessuna tutela legale per i Direttori d'ufficio, anche se prevista contrattualmente, nei casi di contenzioso con la clientela o di interventi della magistratura per i ritardi con cui l'azienda fa arrivare i documenti nelle richieste di accertamenti titoli»;
   peraltro ad aggravare questa situazione sembrerebbe esserci anche una questione igienico-ambientale a rischio, tanto che nel documento si legge «in violazione delle leggi in materia senza precedenti, figlia di appalti al ribasso, che non garantiscono spazi di lavorazione a norma, un'adeguata pulizia dei locali, l'aerazione dell'aria e la sanificazione degli impianti di condizionamento»;
   più volte l'interrogante ha portato all'attenzione del Ministero competente queste problematiche evidentemente sottovalutate da parte di Poste italiane. Gli stessi cittadini hanno palesemente portato all'attenzione delle istituzioni i numerosi casi di disservizi verificatisi in provincia di Lecce che avrebbero imposto, evidentemente, una riorganizzazione più proficua a vantaggio degli utenti. Invece sembra essersi instaurato un meccanismo inverso che ha portato ad una razionalizzazione aziendale che, come sottolineato più volte, rischia di scaricarsi unicamente sui lavoratori, insieme ai malumori degli utenti –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per trovare una celere e proficua risoluzione per i lavoratori dell'azienda Poste italiane e conseguentemente per i cittadini leccesi costretti a subire continui disagi. (5-02000)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BLAZINA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nella regione Friuli Venezia Giulia si riscontra già da diverso tempo un notevole ritardo nella consegna della posta proveniente dalla vicina Repubblica di Slovenia. Gli ultimi due casi riguardano due lettere provenienti da Ljubljana e recapitate a Sgonico (provincia di Trieste). Dalle date stampate sulle buste delle due lettere e rispetto alle date di consegna a domicilio intercorre un intero mese. Una delle due lettere aveva come mittente il Parlamento sloveno;
   tali esempi sono molteplici e denotano un reale e persistente disservizio delle Poste italiane che arreca ai cittadini – abitanti nella zona di confine della regione – un grave danno, anche perché molti hanno rapporti parentali o professionali con la Repubblica di Slovenia;
   informata della situazione la direzione nazionale delle Poste non ha intrapreso alcuna iniziativa per risolvere tale questione –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere per effettuare un'attenta ricognizione e un monitoraggio continuo delle disfunzioni del servizio pubblico postale, al fine di individuarne le cause e avviare in tempi brevi tutte le necessarie azioni per migliorare l'efficienza, la rapidità e la qualità del servizio postale su tutto il territorio nazionale. (4-03341)


   FANTINATI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Ofv, Officine ferroviarie veronesi, è un'azienda storica del tessuto industriale veronese. Nata nel 1901, è diventata una delle più importanti realtà industriali italiane, ormai ultima, nel campo della progettazione e costruzione di materiale rotabile;
   negli ultimi anni l'azienda si è specializzata principalmente nella produzione di carrozze passeggeri per i treni regionali con particolare attenzione alla progettazione e produzione della costruzione dei telai in ferro e nell'allestimento;
   nel 2011, Ofv ha acquisito un'importante commessa dal gruppo Ansaldo che prevedeva la costruzione di 340 carrozze con un piano industriale di tre anni. A seguito dell'acquisizione è stato potenziato l'organico occupazionale portando tra stabilimenti di Verona e di una succursale a Castelfranco Veneto a 464 gli occupati. Negli stabilimenti di Verona i lavoratori, a fine 2012, erano 350, di cui 162 con contratto di somministrazione;
   Ansaldo spa ha rallentato i pagamenti degli stati di avanzamenti della commessa, creando una sofferenza finanziaria ad Ofv con conseguenti ritardi nei pagamenti degli stipendi e morosità nei confronti dei fornitori;
   l'8 aprile 2013, Ofv ha chiesto istanza di ammissione al concordato preventivo; dal giudice è concessa la liberatoria per continuare l'attività con la creazione di tre new.co, i cui consigli di amministrazione sono composti dai referenti Ofv;
   una new.co ha il compito di gestire i «servizi» (ordini, acquisti, amministrazione, eccetera) le altre la parte produttiva. A Verona la costruzione di carrozze, a Castelfranco Veneto la manutenzione delle carrozze;
   il giudice ha chiesto che l'attività non aggravi ulteriormente la posizione debitoria e dimostri una redditività già dal primo mese;
   con la conseguente trattativa sindacale si arriva a ridurre le retribuzioni anche del 15 per cento per chi passerà nelle new.co;
   il 17 maggio del 2013 si giunge ad un accordo approvato dall'82 per cento dei lavoratori, sottoscritto da tutta la Rsu, da Fim e Uilm (non dalla Fiom);
   secondo fonti sindacali, a tutt'oggi, i committenti dei treni (Ansaldo e Treni Italia) confermano le commesse che darebbero lavoro per almeno 18 mesi (120 carrozze);
   il mancato pagamento dell'affitto dello stabilimento, preso in gestione da tre anni dalle Ofv, ha di fatto sancito la chiusura del Fervet di Castelfranco Veneto e la mobilità per i circa 200 addetti di un tempo (attualmente lavoravano nel sito solo 68 persone assunte tramite agenzie interinali);
   nell'ottobre 2013 presso il tribunale di Verona è stata depositata la richiesta di amministrazione straordinaria, funzionale alla nomina del commissario secondo la cosiddetta legge Marzano;
   il Ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato, durante una visita alla fabbrica veronese avvenuta nell'ottobre 2013, si era detto pronto a nominare un commissario per le Ofv entro breve tempo, assicurando il suo impegno «affinché la produzione possa ripartire al più presto»;
   il 7 gennaio 2014, si è tenuto a Roma, alla presenza dell'assessore regionale al lavoro, Elena Donazzan, e del Ministro Zanonato, l'incontro richiesto dai lavoratori di Officine ferroviarie veronesi per approfondire la situazione dell'azienda a pochi giorni dall'udienza del Tribunale fallimentare di Verona;
   nei giorni scorsi, il giudice della sezione fallimentare del tribunale di Verona ha disposto un termine di 60 giorni per verificare eventuali manifestazioni d'interesse d'acquisto delle Ofv –:
   in considerazione delle promesse che il Ministro Zanonato aveva fatto ai lavoratori durante l'incontro di ottobre 2013, quali iniziative urgenti s'intendano adottare al fine di promuovere la ripartenza dell'attività della fabbrica e scongiurare il rischio dell'imminente fallimento.
(4-03351)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Colletti e altri n. 1-00239, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciprini.

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Bianchi Nicola e altri n. 7-00202, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Lorenzis.

  La risoluzione in Commissione Mariani e altri n. 7-00220, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Castricone.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Da Villa n. 5-01964, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Crippa.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Catalano n. 4-03243 del 22 gennaio 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01994;
   interrogazione a risposta scritta Catalano n. 4-03259 del 22 gennaio 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01995;
   interrogazione a risposta scritta Catalano n. 4-03269 del 22 gennaio 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01996.