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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 27 dicembre 2013

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TINO IANNUZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   da diverse settimane si trascina purtroppo insoluta la grave e delicatissima vicenda, relativa alle ventiquattro famiglie italiane impegnate in procedure di adozione internazionale nella Repubblica democratica del Congo;
   le autorità di quello Stato, a far data dal 25 settembre 2013, hanno deciso di sospendere e di bloccare per dodici mesi le procedure di adozione internazionale con diversi Paesi, fra i quali rientra anche l'Italia; all'origine di tale decisione vi sarebbero irregolarità, che sarebbero state riscontrate nelle procedure di adozione da parte di alcuni paesi;
   tuttavia, nell'assumere questa decisione generalizzata, indiscriminata ed automatica e proprio per questa ragione ingiusta e non motivata, le medesime autorità hanno anche stabilito di escludere dal blocco le procedure già in fase avanzata;
   in particolare le autorità di Kinshasa, all'inizio del mese di novembre 2013, si sono impegnate con il Ministro per l'integrazione Cécile Kyenge a consentire la positiva definizione delle procedure oramai alla fase finale, con documentazione regolarmente controllata;
   così avrebbero potuto concludersi tali procedure che interessano queste ventiquattro famiglie italiane, con la possibilità, quindi, per i bambini interessati di avere finalmente e per sempre propri genitori ed una propria famiglia; coronando, altresì, il sogno ed i sacrifici dei genitori adottandi;
   tutti gli sforzi profusi e tutte le iniziative, assunte in questi mesi dal Governo e dalle autorità italiane, purtroppo non hanno avuto esito e non sono riusciti a risolvere la dolorosissima e preoccupante vicenda;
   il trascinarsi di questa situazione è causa di sofferenze indicibili per i bambini, che si vedono ancora privati della possibilità di avere la propria famiglia, e per i genitori adottandi, che da mesi rimangono in Congo per stare vicino a bambini che già considerano alla luce della procedura già svolta e che soprattutto, sentono e sono negli affetti come propri figli;
   fra l'altro il protrarsi delle settimane cagiona pesantissime ed oramai insostenibili difficoltà alle famiglie italiane, alle prese con la scadenza dei visti di ingresso in Congo, con la necessità di riprendere le proprie attività lavorative in Italia, di raggiungere i propri cari rimasti nel nostro Paese; ed, inoltre tali famiglie sono sottoposte a spese ingenti e continue;
   occorre, pertanto, che il Governo intensifichi ogni iniziativa, ogni rapporto con il Governo della Repubblica democratica del Congo per la positiva soluzione di questa vicenda, che sta suscitando giustamente tanta partecipazione ed emozione nella opinione pubblica italiana –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare con massima tempestività ed urgenza – anche attraverso tutte le misure utili e necessarie di sostegno e di aiuto alle famiglie – per assicurare la positiva e definitiva risoluzione della descritta vicenda, che rappresenta un autentico e doloroso calvario per le famiglie italiane adottande e per i bambini che attendono ancora di poter finalmente vivere con i genitori che già rivolgono loro affetto e premure. (5-01802)


   DE MENECH. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata dei 26 dicembre 2013 la provincia di Belluno è stata colpita da un'ondata di maltempo che ha prodotto forti nevicate, in tutte le zone altimetricamente più alte del territorio, e intense piogge in quelle più basse; in media 50 centimetri di neve, che hanno causato il black-out elettrico del Cadore, dello Zoldano e dell'Agordino, paralizzato la circolazione stradale e ferroviaria, mettendo di fatto in ginocchio il sistema turistico provinciale nelle giornate di massima affluenza;
   le forti nevicate hanno provocato l'interruzione dell'energia elettrica in molti comuni della zona del Cadore, dello Zoldano e dell'Agordino (circa 18), lasciando più di 50.000 persone senza luce, colpendo ulteriormente moltissime attività turistiche nel pieno delle festività natalizie;
   questa interruzione, durata quasi un giorno, si sarebbe potuta evitare con una costante e puntuale manutenzione delle linee elettriche, troppo spesso abbandonate nei territori di montagna, e con adeguati servizi di manutenzione spesso appaltati al massimo ribasso, senza le necessarie garanzie di qualità;
   si poteva intervenire più puntualmente e velocemente con la somministrazione di emergenza dell'elettricità mediante l'utilizzo di generatori di emergenza;
   le forti nevicate hanno causato la caduta di numerosi alberi e le intense piogge hanno causato numerosi smottamenti, lungo le vie di comunicazione, lasciando isolate per ore intere comunità;
   le strade statali di montagna non hanno una costante manutenzione dei cigli stradali, manutenzione necessaria per prevenire la caduta di alberi e gli smottamenti del sedime stradale in condizioni metereologiche avverse;
   le forti nevicate hanno causato la caduta di alberi lungo la ferrovia che da Ponte nelle Alpi porta a Calalzo di Cadore, provocando una lunga interruzione del servizio pubblico;
   la linea ferroviaria Ponte-Calalzo è da troppi anni abbandonata e non esiste un piano di ammodernamento e manutenzione capace di prevenire tali situazioni;
   tutto quanto accaduto è stato solo in parte provocato dalle avverse condizioni atmosferiche e si sarebbe potuto sicuramente evitare con una manutenzione costante delle linee elettriche, dei cigli stradali, delle linee ferroviarie;
   Belluno è una delle Province che produce più energia nel settore idroelettrico, e per la popolazione di questi territori non è più sopportabile che non si investano in questi luoghi parte dei profitti per mantenere adeguati livelli dei servizi essenziali come la distribuzione dell'energie, le vie di comunicazione e la mobilità ferroviaria;
   in una provincia interamente montana come quella di Belluno, fenomeni di questo tipo, seppur eccezionali, non possono provocare tali disagi; disagi che hanno messo in ginocchio un'economia già in grave difficoltà come quella turistica;
   questi territori, che pure presentano condizioni del tutto simili a quelle dei territori delle confinanti, siano essi Stati esteri che regioni e province autonome, vengono obiettivamente a trovarsi in condizioni di indiscutibile squilibrio rispetto ai poteri di autogoverno e alla disponibilità di risorse riconosciuti. Queste situazioni di squilibrio emergono in maniera chiara nei momenti di difficoltà atmosferica in quanto, nei territori di montagna, adeguati investimenti in manutenzioni prevengono le situazioni di difficoltà come quelle accadute nella giornata del 26 dicembre –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere per garantire alla provincia di Belluno una adeguata manutenzione ordinaria e straordinaria delle linee elettriche e delle grandi vie di comunicazione come le strade statali e le linee ferroviarie e come il Governo intenda, per quanto di competenza, rapportarsi con gli enti che hanno in gestione tali servizi come Terna, Enel, Trenitalia, RFI e ANAS che hanno l'obbligo di garantire il livello dei servizi;
   come intendano affrontare il tema degli investimenti in infrastrutture nei territori di montagna come quelli della provincia di Belluno, investimenti necessari per prevenire situazioni di crisi come quelle vissute nella giornata del 26 dicembre 2013 e che consentano di pianificare un possibile sviluppo di tali territori oggi in grande difficoltà economica;
   quali risorse intendano destinare per quanto di competenza, a questi territori in considerazione dei danni subiti, al fine di ripristinare le necessarie condizioni di sicurezza del sistema delle infrastrutture provinciali. (5-01803)

Interrogazione a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   tra il giorno 24 ed il giorno 26 dicembre 2013 una eccezionale e violenta tempesta con pioggia ininterrotta e forte vento ha spazzato l'intera Lombardia, colpendo in particolare i settori alpini e prealpini;
   nella tarda serata del 25 dicembre a Bellagio (Como) una frana ha travolto un'auto sulla quale viaggiavano un ragazzo di 18 anni e un'amica di 16, con fango, sassi, rami e terra che hanno colpito la vettura, una Y10, trascinandola per alcuni metri lungo la strada e finita contro il guard-rail, all'altezza di un tornante;
   i giovani occupanti, terrorizzati, sono rimasti bloccati nell'abitacolo mentre intervenivano i Vigili del fuoco per liberare i due ragazzi, pulire la sede stradale e rimetterla in sicurezza, e a Porlezza, nell'Altolago, una roccia si è staccata dalla montagna ed è caduta sulla strada, in un momento in cui non c'erano veicoli in transito, mentre per le forti piogge altre frane si sono verificate nei comuni di Blevio, Pognana Lario lungo la provinciale Lariana e a Tremezzo;
   allo stesso tempo, nel lecchese, una frana si è staccata all'alba di Santo Stefano a Premana, in Valvarrone (Lecco), e due famiglie sono state evacuate per precauzione, mentre terra e sassi sono precipitati a valle, travolgendo tre auto e una moto i quali poi sono finiti contro due palazzine delle case popolari, con i due edifici che hanno riportato alcuni danni;
   secondo le prime informazioni, lo smottamento, pur non essendo di grosse dimensioni, ha provocato ingenti danni, e i vigili del fuoco sono impegnati incessantemente per allagamenti di cantine e garage e per il recupero di barche sul lago di Como, imbarcazioni che per il forte vento si staccano dagli ormeggi;
   i comuni interessati dalla calamità stanno attendendo una stima precisa dei danni riscontrati ed impegnare, conseguentemente, risorse per ripristinare le infrastrutture danneggiate, quali principalmente strade, ponti e tratte ferroviarie;
   il 3 ottobre 2013 la Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati all'unanimità ha approvato una risoluzione, la n. 8-00016, nella quale si impegna il Governo allo stanziamento di almeno 500 milioni di euro l'anno per la difesa del suolo, prevedendo altresì che le somme suddette siano escluse dai limiti imposti dal patto di stabilità, sia delle regioni che degli enti locali –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere nella gestione della fase emergenziale della tempesta che ha colpito la Lombardia, e le province di Como e Lecco in particolare, tra il 24 ed il 26 dicembre 2013;
   se non ritengano opportuno assumere iniziative per stanziare, nei prossimi provvedimenti, risorse da destinare agli interventi di emergenza per le Province interessate dall'evento calamitoso, assumendo altresì iniziative per incrementare le risorse contro il dissesto idrogeologico per la realizzazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i soggetti istituzionali territorialmente preposti, di un piano organico con obiettivi a breve e medio termine per la difesa del suolo delle zone colpite dalla vicenda sopra descritta prevedendo infine che le somme sopra citate siano escluse dai limiti imposti dal patto di stabilità, sia delle regioni che degli enti locali. (4-03064)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   DI LELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   gli ambiti territoriali, ad esempio quello idrico o quello dei rifiuti, sono individuati dalle regioni con apposita proposta di legge regionale (nel caso del servizio idrico integrato con riferimento ai bacini idrografici), e su di essi agiscono le autorità di ambito, strutture con personalità giuridica che organizzano, affidano e controllano la gestione del servizio integrato;
   gli ambiti territoriali ottimali (ATO), le cui definizioni e le modalità operative sono contenute nella legge del 5 gennaio 1994, n. 36, modificata dal decreto legislativo n. 152 del 2006, sono stati aboliti con la legge n. 42 del 26 marzo 2010 nell'ambito della razionalizzazione della spesa pubblica, attribuendone la competenza alle regioni per una attribuzione delle funzioni, il termine di scadenza per questa riattribuzione era stato fissato al 27 marzo 2011 poi prorogato al 31 dicembre 2012;
   con il decreto «Cresci-Italia» (1/2012) viene ribadita la riorganizzazione degli ATO, nel quale le regioni devono riorganizzare i servizi pubblici locali in ambiti territoriali ottimali, non inferiori alla dimensione provinciale e, se le regioni risultano inadempienti, subentrano i poteri sostitutivi del Governo; la scadenza per questo adempimento era il 30 giugno 2012;
   un esempio riepilogativo delle problematiche derivanti dalla mancata attuazione della dismissione/riorganizzazione degli Ato è l'ambito territoriale ottimale laziale, n. 2 (detto anche ATO2), le cui modalità operative sono stabilite nella legge della regione Lazio del 22 gennaio 1996, n. 6, che ha approvato in base ad una procedura del tutto avulsa, rispetto a quella di una gara ad evidenza pubblica, una convenzione di gestione per l'affidamento diretto del servizio idrico integrato, all'ACEA ATO2 spa;
   nell'ATO2 di Roma la conferenza dei sindaci e dei presidenti delle province ha confermato ACEA spa soggetto affidatario del servizio idrico integrato per il tramite di ACEA ATO2 spa, una società di capitali individuata attraverso un affidamento diretto (società mista direttamente partecipata da società già quotata in borsa alla data del 1o ottobre 2003 – articolo 113, comma 15-bis, decreto legislativo 267/00 – TUEL), al cui capitale sociale partecipano tutti gli enti locali appartenenti all'ATO2, che ammonta a euro 362.834 mila rappresentato da n. 36.283.432 azioni ordinarie da euro 10 cadauna e possedute da:
    Acea spa: n. 35.000.000 azioni ordinarie per v.n. complessivo pari ad euro 350.000 mila;
    comune di Roma n. 1.283.321 azioni ordinarie per v.n. complessivo pari a euro 12.833 mila;
    110 comuni dell'ATO2 Lazio centrale Roma n. 110 azioni ordinarie per v.n. complessivo di euro 1 mila;
    provincia di Roma: n. 1 azione ordinaria per v.n. complessivo di euro 10;
   il modello di governance è quello tradizionale delle società di capitali;
   la Commissione europea ha richiamato più volte il Governo in tema di affidamento diretto dei servizi pubblici locali e sue proroghe, evidenziando il contrasto di tale procedura, non rientrante tra quelle con gara ad evidenza pubblica, in conformità con le norme e i principi generali di parità di trattamento, pubblicità e concorrenza posti dal Trattato comunitario;
   in particolare sono intervenute anche delle circolari governative che hanno evidenziato la violazione delle disposizioni comunitarie in merito alle procedure d'affidamento diretto, come quella riguardante l'ATO2 LAZIO;
   analogamente e con diversi rilievi, si è espressa più volte, anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ribadendo l'ambiguità della procedura di affidamento suesposta;
   attualmente non tutti i comuni dell'ambito territoriale in esame hanno formalmente deliberato l'affidamento del servizio idrico integrato all'ACEA ATO2 SPA, tra questi i comuni di Anguillara Sabazia, Bracciano, e altri, i quali sono intenzionati a non dare seguito al completamento del passaggio del servizio al gestore unico;
   più volte è stato richiesto ai comuni su menzionati di completare il passaggio del servizio idrico al gestore unico sia da parte del CAL (Consiglio autonomie locali), sia da parte degli uffici della regione Lazio ma anche dalla STO di ATO2;
   più volte i sindaci dei comuni suddetti hanno provveduto a negare il consenso del passaggio dei servizio idrico al gestore unico;
   molteplici sono i disagi cui sarebbero sottoposti gli utenti del servizio idrico dei comuni suddetti in caso di passaggio dello stesso al gestore unico ACEA ATO2, non per responsabilità diretta di quest'ultimo, ma per l'inequivocabile ed oggettiva difficoltà ad erogare un servizio con i medesimi livelli qualitativi oggi assicurati dalla gestione locale attuata dai comuni o loro controllate locali;
   il 12 e 13 giugno 2011 il referendum plebiscitario sull'acqua pubblica ha di fatto sancito la volontà, come mai prima, da parte dei cittadini a voler «mantenere pubblico il servizio idrico» con il 95,80 per cento di SI;
   evidente è la manifestazione e la volontà della democrazia diretta che nega con veemenza – si veda il risultato referendario – il proseguimento del processo di trasferimento del servizio idrico ad un soggetto di fatto privato;
   è noto il procedimento di approvazione della legge di iniziativa popolare n. 31 «Tutela, governo e gestione pubblica delle acque» in corso alla regione Lazio;
   elevati sarebbero gli aumenti di prezzo cui sarebbero soggetti i cittadini residenti nei comuni suddetti in caso di passaggio del servizio ai gestore unico;
   elevati sarebbero quindi i disagi economici cui dovrebbero far fronte i cittadini in un momento storico-economico particolarmente difficile che richiede decisioni giuste –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative normative, con il coinvolgimento delle regioni e degli enti locali, per dare attuazione alla volontà espressa con la consultazione referendaria, facendo altresì in modo che si pervenga alla sospensione delle procedure previste dalla riforma della gestione dei servizi idrici locali.
(4-03061)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   ZANIN, COPPOLA, BRANDOLIN, SCANU, MARCON, MALISANI, BLAZINA e ROSATO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni il consiglio comunale di Cordenons (PN) a più riprese ha espresso la propria preoccupazione per un possibile inquinamento del suolo e delle falde acquifere dovuto ad accumuli di metalli pesanti rilasciati dalle munizioni in uso per gli addestramenti e dal materiale di brillamento ed ha accompagnato il «disciplinare d'uso» con raccomandazioni e mozioni approvate all'unanimità richiedendo che fosse l'ARPA provinciale di Pordenone, come soggetto pubblico terzo rispetto alle Forze armate, ad eseguire gli opportuni controlli sull'area del Poligono e a monitorare i livelli di inquinamento raggiunti;
   nel frattempo le analisi effettuate dall'Esercito, e rese note a marzo 2013, hanno rilevato una presenza, sopra la soglia consentita, di cadmio, nichel, zinco, vanadio, antimonio, rame e specialmente piombo. L'area interessata è stata cintata e interdetta a militari e civili, facendo scattare la segnalazione obbligatoria agli organi di controllo e l'avvio della procedura di bonifica;
   nei giorni scorsi, come riferito dalla stampa, il dipartimento provinciale dell'Arpa ha comunicato in una nota inviata al comando della 132a brigata Ariete di Cordenons, al comando dell'Esercito, a regione e provincia, alla prefettura di Pordenone e all'Ass6, nonché ai comuni di Cordenons, San Quirino, Vivaro e San Giorgio della Richinvelda, sui cui territori insiste il poligono, che il torio 232, metallo radioattivo derivato dal decadimento dell'uranio, è presente oltre la soglia naturale nell'area del poligono militare Cellina Meduna a Cordenons, con relativo aumento dell'allarme per la salute umana;
   l'area militare è stata assimilata a quella industriale, dove i limiti relativi alla presenza dei metalli è più alta rispetto all'area abitativa, ma questo innalzamento dei limiti non ha molto senso visto che alcuni gruppi di abitazioni distano a poche centinaia di metri dalle aree interessate;
   a breve distanza dal poligono militare c’è la zona di interesse comunitario SIC-ZPS con specie di flora e fauna di massima importanza ambientale. Inoltre a breve distanza si estendono le coltivazioni; il fatto che l'ARPA chieda di poter effettuare ulteriori analisi oltre il perimetro del poligono anche su flora e fauna è quanto mai opportuno;
   la vasta area dei Magredi e delle Risorgive è molto frequentata non solo dagli agricoltori e dagli ambientalisti ma anche da tanta gente comune che frequenta a piedi o in bicicletta la bellezza del luogo, per cui i motivi di pericolosità per la salute umana sono legittimi –:
   quali tempi e quali strumenti si intendano adoperare, per quanto di competenza, per assicurare la celere soluzione del caso di inquinamento con rischi per la salute umana, adoperandosi per la rassicurazione su base scientifica della popolazione;
   se non si ritenga necessario adoperarsi, dato il caso di specie, per immediati accertamenti in tutti i territori analogamente soggetti ad azioni di addestramento militare;
   quali strumenti di prevenzione da tale inquinamento, in ogni luogo ove esso sia possibile, si intendano attuare all'interno delle Forze armate. (4-03062)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   DE LORENZIS, DA VILLA, LOREFICE, MANNINO e PARENTELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   giorno 1o dicembre 2013, alle 23.10 circa, il treno regionale 3546 (Potenza – Foggia) è deragliato nei pressi di Cervaro (FG) a seguito dell'esondazione del fiume Carapelle;
   secondo fonti stampa le piogge abbondanti che si sono abbattute sulla Puglia in quei giorni, hanno provocato il cedimento della sede ferroviaria e lo slittamento di un binario;
   nell'incidente sono rimasti contusi il macchinista e il capotreno che, secondo fonti stampa, sono stati ricoverati in ospedale con «codice rosso», feriti anche altri due viaggiatori;
   dal sito di Trenitalia spa, si apprende che i due lavoratori sono stati «leggermente contusi» mentre da fonti di stampa del 2 dicembre, si apprende che il macchinista Michele Nota è stato intubato per il peggioramento delle condizioni del suo trauma toracico, contestualmente sono gravi ma stabili, le condizioni dell'altro ferito grave dell'incidente ferroviario, il capotreno Michele Capotorto, anche lui intubato;
   sempre in Capitanata, dalla mattina del 2 dicembre 2013, è stata interrotta la tratta Foggia-Manfredonia e secondo le notizie reperibili dal sito di Trenitalia spa, i tecnici di RFI stiano monitorando il ponte ferroviario a causa della piena del fiume Candelaro, contestualmente sulla linea Foggia – Bari è stata disposta, una riduzione di velocità ai treni nel tratto tra Incoronata e Cerignola (FG), mentre è stata interrotta anche la linea Barletta – Spinazzola per la presenza di fango sui binari, causate – secondo le notizie pubblicate da trenitalia – delle abbondanti piogge che in quei giorni hanno colpito la Puglia;
   dalle 11,30 circa del 2 dicembre il traffico ferroviario sulla linea Pescara – Foggia è stato rallentato per verifiche sul sedime ferroviario, da parte dei tecnici RFI, mentre la circolazione dei treni tra Pescara e Francavilla procedeva su un solo binario (direzione Foggia) in entrambi i sensi di marcia, mentre dalle ore 16:00 sulla linea Caserta – Foggia è stato sospeso il traffico ferroviario per l'allagamento della stazione di Bovino;
   dalle notizie fornite pubblicamente da Trenitalia spa, per tutta la durata della sospensione del servizio su treni, sono stati attivati dei servizi sostitutivi con autobus, ma a causa dell'allagamento di alcune strade, i bus sostitutivi previsti dall'orario ufficiale hanno effettuato percorsi alternativi allungando i tempi di viaggio di circa un'ora;
   nella mattina del 3 dicembre, nel potentino, a causa del crollo di un muro adiacente la sede ferroviaria in Contrada Valle Paradiso, la circolazione è stata sospesa dalle 8,30 alle 9,10 tra Tito e Potenza. Il regionale 3441 Bella Muro-Potenza Inferiore è giunto a destinazione con circa un'ora di ritardo;
   il 5 dicembre, Trenitalia annunciava che nei giorni feriali sarebbero tornati a circolare, 12 treni regionali tra Potenza e Melfi ma tutti gli altri collegamenti della linea Potenza – Melfi – Foggia saranno effettuati con bus sostitutivi;
   nella sezione del sito di Trenitalia riguardante i «lavori e le modifiche al servizio» si apprende che «Da mercoledì 4 dicembre 2013, per danni all'infrastruttura a seguito di avverse condizioni meteo la circolazione ferroviaria è sospesa tra le stazioni di Foggia e Melfi», tuttavia, ad oggi, non sono state ancora fornite ulteriori informazioni che indichino fino a quando la tratta Foggia-Melfi, rimarrà sospesa –:
   se il Ministro possa fornire elementi in merito allo stato di salute dei due lavoratori;
   se il Ministro possa fornire informazioni in merito al ripristino della linea ferroviaria tra Foggia e Melfi, se e quando sia stata ripristinata o, in caso negativo, quando si preveda che verrà ripristinata;
   se il Ministro sia a conoscenza di fattori che oltre al maltempo, abbiano contribuito a produrre le interruzioni del servizio in quei giorni in generale e in particolare dell'incidente in questione, come ad esempio l'ostruzione dei corsi d'acqua da parte di materiale non rimosso, mancati interventi previsti contro il dissesto idrogeologico, cattivo stato della rete ferroviaria;
   se il Ministro sia a conoscenza di interventi di consolidamento e strutturali della superficie su cui insistono i binari e, nel caso affermativo, quali tipi di intervento saranno previsti dal gestore del servizio e dallo Stato;
   se a fronte di eventi meteorologici eccezionali, ma sempre più frequenti, siano previsti lavori per evitare in futuro, sospensioni, disagi ed incidenti analoghi;
   se il Ministro possa escludere totalmente il rischio del ripetersi di incidenti simili in caso di analoghe situazioni meteo. (4-03058)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BELLANOVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il territorio salentino, come riportato dagli organi di stampa, è stato scenario in queste ultime settimane di un’escalation di atti criminosi. Solo negli ultimi dieci giorni, intatti, si sono verificati tre assalti a colpi di pistola. L'ultimo dopo la mezzanotte di venerdì scorso, da una calibro 9 sono stati esplosi nove colpi di pistola contro il portone di una palazzina nel quartiere San Pio a Lecce;
   nei giorni scorsi sono stati compiuti degli attentati ad attività commerciai tra i quali il nuovo Caffè Carletto in piazza Partigiani a Lecce danneggiato da 5 colpi di pistola calibro 7,65 nella notte del 13 dicembre 2013; nella notte del 15 dicembre una bomba piazzata al bar Paisiello, in pieno centro storico, ha svegliato la città. Inoltre nei comuni di Surbo e Monteroni alcuni ordigni sono stati piazzati sotto le auto di due imprenditori, a Galatina è stato bruciato uno scooter di un imprenditore;
   al netto delle cause, che hanno scatenato questi attentati, sui quali la magistratura sta già operando per fare chiarezza, come è facilmente intuibile il solo verificarsi di atti criminosi crea uno stato di preoccupazione nei cittadini salentini;
   gli organi territoriali preposti, quale la prefettura di Lecce, è intervenuta repentinamente convocando un tavolo con le forze dell'ordine atto ad affrontare questa problematica. Dagli organi di stampa si legge che è stata ribadita la necessità di un maggiore controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine, che però si ritrovano sempre più spesso a fare i conti con carenze di uomini e mezzi –:
   se il Ministro interrogato, stante quanto espresso sopra in premessa, non ritenga utile intervenire con celerità potenziando l'organico ed i mezzi utili alle forze dell'ordine per contrastare «l'emergenza criminalità» sul territorio salentino, sostenendo il grande impegno profuso dalle stesse forze dell'ordine, coadiuvando e potenziando l'azione già intrapresa dalla magistratura e dalla prefettura di Lecce. (5-01797)


   L'ABBATE, SCAGLIUSI, DE LORENZIS, BRESCIA, TURCO, GALLINELLA, LUPO e GAGNARLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da circa cinque anni, il territorio del comune di Conversano (BA) è interessato da una preoccupante escalation di fatti criminali senza precedenti, costellata da due omicidi, un tentato omicidio e numerosi attentati;
   in data 14 febbraio 2010, in pieno centro cittadino e tra i passanti, viene assassinato con numerosi colpi di pistola il pregiudicato Michele Di Battista;
   in data 14 giugno 2011, sulle scale del nosocomio cittadino «Fiorenzo Jaia», verso le ore 11.00, Giuseppe Giannoccaro viene ammazzato con un coltello;
   in data 31 agosto 2013, in pieno centro cittadino e alla presenza di numerosi bambini, si torna a sparare. Obiettivo dell'agguato è un noto pregiudicato locale che si ritiene abbia collegamenti con personaggi di spicco della criminalità barese. La malavita del capo luogo pugliese avrebbe iniziato, infatti, a prendere possesso sul territorio di Conversano tentando di piegare la società civile con una serie di attentati, tra i quali non è passato inosservato alle cronache nazionali quello dell'incendio del mercato ortofrutticolo avvenuto nella notte tra il 26 ed il 27 agosto 2013;
   a questo ennesimo episodio, sono seguiti altri atti intimidatori che hanno allarmato l'intera comunità tanto da spingere l'amministrazione locale a tenere un consiglio comunale monotematico il 30 settembre 2013. La stampa (nella fattispecie il periodico Fax Settimanale – Ed. Conversano) non solo ha pubblicato diversi articoli di stampa sugli episodi ma ha anche pubblicato diverse fotografie scattate durante la campagna elettorale delle comunali 2008 e dato risonanza ad alcuni accadimenti risalenti all'ultima campagna elettorale delle comunali 2013 in cui paiono esserci possibili intrecci e collusioni tra il sindaco del comune di Conversano e personaggi legati o, comunque, riconducibili alla criminalità organizzata locale e barese. Avvenimenti al centro dello stesso consiglio monotematico del 30 settembre 2013;
   i numerosi e crescenti illeciti e reati registratisi negli ultimi cinque anni nel comune del sud-est barese (con un incremento dello spaccio di droga, delle estorsioni in danno di agricoltori, artigiani e commercianti e del riciclaggio di denaro sporco) hanno aumentato i timori della comunità conversanese di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata sia nel tessuto economico sia negli organi comunali elettivi in odore di forti legami con i personaggi della cosiddetta «malavita» di cui sopra –:
   se il Ministro sia stato messo a conoscenza dell'intensificarsi di fenomeni criminosi nel comune del barese, ampiamente documentati dalla stampa locale;
   quali iniziative intenda mettere in atto il Ministro interrogato, anche attraverso la prefettura di Bari nell'ambito delle proprie competenze, stante il perpetuarsi di condotte e fatti di evidente gravità che si registrano nel comune di Conversano (Bari) e che sono anche oggetto di indagini giudiziarie, per garantire un maggior controllo dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza nonché per reprimere, ai sensi degli articoli 141 e 143 del TUEL, eventuali infiltrazioni criminali negli organi elettivi e nell'apparato amministrativo garantendo la regolarità, correttezza e legittimità delle attività e delle procedure amministrative (affidamento appalti pubblici, assegnazione alloggi popolari e contributi economici) anche in relazione ad eventuali condizionamenti e/o inquinamenti esterni. (5-01798)


   BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 6 luglio 2013 la Direzione distrettuale antimafia di Venezia ha inviato 27 avvisi di garanzia nell'ambito dell'inchiesta sulla presunta presenza di materiali non inertizzati (rifiuti di acciaieria molto inquinanti) interrati nel sottofondo dell'A31 Valdastico Sud. I reati contestati sono quelli di falso ideologico e traffico illegale di rifiuti in forma organizzata;
   dalle analisi effettuate in soli tre lotti della Valdastico Sud, tra Longare e Agugliaro, dal 2009 sarebbero infatti sversati al di sotto del fondo stradale 155.836 metri cubi di scorie di acciaieria non bonificati e quindi potenzialmente nocivi;
   tra gli indagati Attilio Schneck, presidente della A4 holding, società che controlla la Serenissima ed ex presidente della Brescia-Padova spa, Flavio Orlandi, presidente del consiglio di amministrazione, nonché amministratore delegato della Spa Serenissima Costruzioni, Valeria Caltana, presidente del consiglio di Amministrazione nonché amministratore delegato della Mestrinaro spa di Zero Branco, Antonio Beltrame presidente del Cda e amministratore delegato della società Acciaierie Beltrame spa di Vicenza, il costruttore Pierluca Locatelli, oggetto di inchieste analoghe in Lombardia, nonché Luigi Persegato amministratore della Coseco movimento terra SRL;
   molte delle persone coinvolte nell'inchiesta risultano essere titolari o responsabili del comparto tecnico relativo alle ditte che gestivano lavori, progetti, analisi dell'autostrada A31, parte sud;
   questo è solo l'ultimo episodio di una indagine che parte dal 2011 a seguito di un dettagliato esposto presentato dall'Associazione italiana esposti amianto e Medicina democratica alla Procura di Brescia, già titolare di un'inchiesta sui rifiuti interrati sotto il manto stradale della superstrada Brescia-Bergamo-Milano, che ha inviato, per competenza, il materiale relativo all'inchiesta, alla procura antimafia di Venezia;
   il problema sollevato dalle associazioni di cui sopra è principalmente quello dell'inquinamento delle falde sottostanti i comuni tagliati dalla grande opera; inquinamento aggravato nei periodi di pioggia intensa, riscontrato in più di un'occasione dai residenti e che può avere, in un arco di tempo relativamente lungo della vita umana, effetti altamente nocivi;
   durante i lavori di costruzione della Valdastico, infatti, le ruspe spianarono gli scarti di lavorazione industriale in mezzo alle coltivazioni, riversando, di fatto, sostanze pericolose nei canali di irrigazione del granoturco;
   il rischio, quindi, è che l'acqua sia stata contaminata in maniera consistente da diverse sostanze tossiche; dalle analisi realizzate, infatti, è emerso che l'arsenico e il piombo presenti nel terreno sono ben superiori ai limiti consentiti dalla legge e che anche altri metalli nocivi sforano i limiti di tollerabilità (il nichel, il cobalto, il cadmio, il cromo totale, il selenio, il mercurio e l'amianto);
   il 31 luglio 2012 la Commissione Europea è stata informata del rischio rifiuti sotto la cosiddetta Valdastico Sud, in quanto sotto il manto stradale dell'autostrada che collega Vicenza e Rovigo potrebbero essere presenti rifiuti tossici che metterebbero a rischio la salute di migliaia di persone –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative intendano adottare, in base alle proprie competenze, al fine di avviare una seria e costante attività di controllo nell'affidamento degli appalti di tali imponenti ed invasive infrastrutture che, se gestiti in maniera irresponsabile ed anomala come appare per il caso Valdastico rischiano di compromettere l'incolumità della popolazione italiana;
   se non ritengano urgente avviare un'attività di monitoraggio della zona circostante l'infrastruttura così da verificare il reale impatto che la cattiva gestione dei lavori di costruzione dell'infrastruttura ha avuto sull'ambiente e, di conseguenza sulla salute dei cittadini della zona. (5-01801)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MATTIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel 1952 a Trappeto, in Sicilia, morirono di stenti un bambino e poi un uomo che aveva scelto di vivere e lottare accanto agli ultimi di Trappeto, e che decise di sdraiarsi proprio sul pagliericcio dove era morto quel bambino e di iniziare lo sciopero della fame per provocare l'intervento delle istituzioni: si chiamava Danilo Dolci;
   il collega parlamentare Khalid Chaouki ha deciso di entrare e poi chiudersi dentro il centro di identificazione ed espulsione di Lampedusa;
   il deputato Chaouki ha dichiarato che non uscirà dal Centro di identificazione ed espulsione di Lampedusa fino a quando non verrà ripristinata la legalità, e non saranno trasferiti i profughi siriani ed eritrei, i sopravvissuti al terribile naufragio dello scorso ottobre, e l'autore del video, girato di nascosto con un telefono cellulare, che ha testimoniato le condizioni inaccettabili nelle quali avveniva nello stesso centro il trattamento sanitario contro la scabbia, mandato poi in onda dal Tg2;
   tra il gesto di Danilo Dolci e quello di Chaouki sono passati più di sessant'anni: gesti estremi di questo genere non dovrebbero più essere necessari, ma, se c’è chi ancora sente il bisogno di porli in essere è perché le soluzioni, pur tante volte annunciate, tardano ad arrivare;
   nei centri di identificazione ed espulsione, nei centri di prima accoglienza (CDA) e nei CARA, centri di accoglienza richiedenti asilo, distribuiti su tutto il territorio nazionale, si concentra una quantità di sofferenza insopportabile, che offende sia chi in queste strutture è costretto a rimanere sia chi in quelle strutture deve lavorare: si tratta di una sofferenza tanto più odiosa perché figlia di scelte politiche, non di tragiche fatalità, una sofferenza e un'ingiustizia contrarie ai fondamenti dello Stato di diritto, di cui soprattutto i parlamentari non possono non sentirsi responsabili –:
   quali iniziative il Ministro abbia intenzione di adottare al fine di ripristinare la legalità all'interno del centro di identificazione ed espulsione di Lampedusa e se non ritenga di dover intervenire con urgenza al fine di far trasferire tutti i profughi dal centro di prima accoglienza di Lampedusa e il giovane siriano autore del video. (4-03057)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 121 del 1981 prevede all'articolo 82 il diritto del personale della polizia di Stato di associarsi in sindacato;
   l'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002 prevede che «nell'ambito della stessa sede di servizio, i trasferimenti in uffici diversi da quelli di appartenenza del Segretario nazionale, regionale e provinciale di sigle sindacali rappresentative sul piano nazionale, possono essere effettuati previo nulla osta dell'organizzazione sindacale di appartenenza»;
   l'articolo 15 della legge n. 300 del 1970 (statuto dei lavoratori) vieta e dichiara nullo qualsiasi atto diretto a discriminare nelle assegnazioni o nei trasferimenti o comunque a recare pregiudizio al lavoratore a causa della sua affiliazione o attività sindacale;
   si stanno verificando alcuni casi di trasferimenti «forzati» di dirigenti sindacali di polizia in Toscana di cui l'interrogante è venuto a conoscenza;
   un trasferimento riguarda un dirigente sindacale della sigla «Autonomi di Polizia», tale Giacomo Migliozzi in forza alla questura di Livorno ed un altro riguarda Gianluca Pantaleoni, un dirigente sindacale della sigla «Consap» in forza alla sezione polizia stradale di Lucca;
   in base alla documentazione pervenuta all'interrogante sembrerebbe che detti trasferimenti siano collegati alla loro attività sindacale;
   a giudizio dell'interrogante, l'amministrazione centrale della polizia di Stato dovrebbe curare con maggiore attenzione questi casi e provvedere conseguentemente e, se del caso, evitare che i provvedimenti nei confronti di dirigenti sindacali possano anche solo dare la semplice impressione di essere punitivi anziché basati sui soli criteri di efficienza ed efficacia amministrativa;
   la Confederazione sindacale autonoma di polizia (CONSAP) da tempo, con decreto del Ministro della funzione pubblica, risulta annoverata tra le organizzazioni sindacali della polizia di Stato maggiormente rappresentative ed in ragione di tale status ha sottoscritto contratti nazionali di lavoro, accordi nazionali quadro, contrattazioni decentrate in tutta Italia e i suoi rappresentanti siedono nelle commissioni centrali e periferiche del dipartimento della pubblica sicurezza ex articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 395 del 1995 –:
   se non ritenga necessario intervenire per garantire il rispetto delle normative poste a tutela della libertà sindacale all'interno della polizia di Stato avviando una indagine amministrativa utile a verificare la legittimità dei comportamenti posti in essere dal direttore pro-tempore delle specialità della P.S. (4-03063)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   BONOMO, D'OTTAVIO, BORGHI, BENAMATI, PICCOLI NARDELLI e FREGOLENT. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 34 della Costituzione italiana riconosce il diritto allo studio per tutti e su tutto il territorio nazionale;
   l'assessore della regione Piemonte ai rapporti con le università, ha presentato il 18 dicembre 2013 alla sesta commissione del consiglio regionale una relazione sul diritto allo studio secondo la quale i fondi ministeriali per il 2014 si ridurrebbero da 7 a 6 milioni (nel 2010 erano 10);
   l'attuale previsione di bilancio della Regione Piemonte prevede per l'anno venturo una riduzione di fondi dai quasi 10 milioni stanziati nel 2013 ad 8 (nel 2009 con la precedente amministrazione di centrosinistra erano ben 26,5);
   per l'anno accademico 2013-2014 questi fondi sono stati utilizzati per distribuire 4.767 borse di studio, che bastano a soddisfare circa il 50 per cento di chi ne avrebbe diritto;
   al di là della percentuale, il numero delle borse assegnate si è drammaticamente ridotto negli ultimi anni, mascherando il numero degli aventi diritto con l'introduzione di una serie di parametri non economici, peraltro spesso iniqui fra differenti corsi di studio e mal costruiti, che hanno fatto sorgere due categorie, gli idonei che non beneficiano di assegno per mancanza di fondi e gli esclusi pur con ottimi profitti perché oltre al numero minimo di crediti ora si devono raggiungere medie voto che arrivano fino al 29/30;
   il Piemonte è dunque passato dall'essere regione virtuosa per il diritto allo studio a fanalino di coda, lontano anni luce da regioni come la Toscana o la Puglia, e nel contempo l'amministrazione regionale si è trovata al centro di una serie di scandali ed inchieste giudiziarie sull'utilizzo improprio di fondi pubblici, che si assommano ai  rilievi della Corte dei conti;
   oltre agli assegni per i borsisti, il diritto allo studio è stato mutilato anche per quanto riguarda le politiche sulle residenze per studenti, sui trasporti pubblici e su molti altri aspetti, financo a penalizzare l'erogazione di pasti –:
   se la notizia sulla riduzione per il 2014 del fondo per il diritto allo studio nella quota parte per il Piemonte da 7 a 6 milioni sia vera ed in ogni caso quali iniziative di competenza il Ministro intenda intraprendere affinché sia garantito anche in Piemonte il rispetto dei livelli minimi di diritto allo studio nelle strutture universitarie così come assicurato dalla Costituzione su tutto il territorio nazionale. (4-03060)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZETTO, ROSTELLATO, TRIPIEDI, BECHIS, COMINARDI, CIPRINI e BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'inefficienza dei centri per l'impiego in Italia è divenuta fatto notorio e, nell'attuale periodo di grave crisi occupazionale, tale questione costituisce argomento all'ordine del giorno come si apprende, tra l'altro, alla pagina web www.ilfattoquotidiano.it da un articolo, del 21 dicembre 2013, di Thomas Mackinson, Lucio Musolino e Vincenzo Iurillo;
   i centri per l'impiego sono uffici della pubblica amministrazione istituiti per gestire il mercato del lavoro promuovendo, altresì, politiche attive per collocare i lavoratori ed effettuare preselezioni al fine dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro, di contro, sono di fatto enti che producono ingenti costi ed alimentano la burocrazia;
   sono 556 i centri per l'impiego presenti in Italia presso i quali lavorano 10.000 dipendenti pubblici, tuttavia, solo il 2-3 per cento delle assunzioni sono determinate dall'intervento di tali uffici, a fronte di un costo pubblico concessivo che sembra si aggiri attorno i 500 milioni di euro all'anno;
   a quanto risulta, ormai, milioni di italiani si rivolgono a detti enti solo per ottenere la cosiddetta «dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro», ai fini del sussidio per la disoccupazione;
   è emerso che gli stessi dipendenti dei centri per l'impiego sono spesso stati costretti a lavorare con contratti illegali e sottopagati e che, nell'ambito della gestione di tali uffici pubblici, in alcuni casi, sono state avviate indagini per truffa e mala gestione certificata dai revisori contabili;
   emerge, dunque, la necessità di un'immediata ed urgente riforma dei centri per l'impiego che ne consenta la razionalizzazione, attraverso un riordino complessivo delle strutture esistenti valorizzando e ampliando la centralità delle strutture pubbliche a partire dal ruolo Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed evitando duplicazioni e sovrapposizioni di mansioni attraverso un riparto delle funzioni tra strutture centrali e periferiche –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito a quanto segnalato;
   se e quali urgenti ed immediate iniziative, per quanto di competenza, intenda promuovere per addivenire a una riforma del settore che consenta una migliore gestione del mercato del lavoro e, di conseguenza permetta di collocare i lavoratori agevolando l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro. (4-03059)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Santa Marinella, a circa 50 chilometri da Roma, è situato il parco archeologico di Pyrgi, polo di grande interesse culturale ed ecologico;
   nel periodo della stagione venatoria, ma non solo, tale area è frequentata da cacciatori appostati tra i campi e i canneti che, di fatto, mettono a rischio l'incolumità dei visitatori;
   per non alterare l’habitat naturale dell'area sacra di Pyrgi, la segnaletica vieta l'accesso dei visitatori alla spiaggia; l'area non risulta invece tabellata ai fini del divieto di caccia;
   da qualche tempo è in atto una protesta da parte di alcune associazioni e di cittadini che chiedono che tutta l'area sia tabellata e preclusa all'attività venatoria, restituendola alla sua vocazione turistica e ambientale;
   la legge nazionale n. 157 del 1992 vieta la caccia nelle aree archeologiche e così recita all'articolo 21: «è vietato a chiunque l'esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive» –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti e se non intendano intervenire, anche attraverso la competente sovrintendenza, affinché sia rispettata la normativa nazionale e l'area archeologica e naturalistica di Pyrgi sia protetta dall'azione, spesso incontrollata, dei cacciatori. (5-01800)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, il Ministro per gli affari europei, per sapere – premesso che:
   in ambito sia europeo che italiano il fenomeno geotermico è stato approcciato con eccessiva generalizzazione e non tiene conto delle singole realtà, specie in Amiata, dove le caratteristiche geologiche e l'alta presenza di mercurio, legata anche alla storia mineraria del territorio, costituiscono ulteriori elementi di preoccupazione per la tutela della salute e dell'ambiente; questo dato emerge chiaro dalla vicenda dell'Amiata, dove la regione Toscana, attraverso l'Agenzia regionale di sanità (Ars), ha commissionato alla fondazione «Gabriele Monasterio» e al Cnr di Pisa uno studio epidemiologico per verificare i possibili danni alla salute dei residenti nei sedici comuni toscani, sede di impianti geotermici. Il Rapporto, pubblicato nell'ottobre 2010, rinvenibile dal sito della regione Toscana, ha evidenziato nella zona sud, cioè in Amiata, una grave situazione sanitaria: + 13 per cento di morti. Tutto ciò significa che sull'Amiata le condizioni ambientali e locali incidono negativamente sulla salute;
   gli amministratori regionali della regione Toscana, nonostante le relazioni tra aumento di inquinanti e incremento di malattie nella popolazione, hanno definito «rassicurante» il quadro. Su questi punti si è concentrata la relazione del comitato «Sos Geotermia» che dal suo sito https://sosgeotermia.noblogs.org/il-nostro-manifesto/ interviene sul caso «Sul monte Amiata [...] si sta procedendo, ad uno scempio ambientale gravissimo. Tale scempio viene perpetrato nascondendosi dietro alla falsa convinzione che la geotermia sia una fonte energetica rinnovabile e pulita. Nel caso delle centrali amiatine è esattamente il contrario. Ciascuna centrale geotermica emette nell'atmosfera, oltre a vapore di acqua e anidride carbonica, vapori di Mercurio, Arsenico, Acido solfidrico, Ammoniaca ed altri inquinanti provocando gravi danni all'ambiente e alla salute degli abitanti. Nello studio epidemiologico della Fondazione Monasterio di Pisa (ottobre 2010), dal titolo “Progetto Geotermia”, nell'allegato 6 (“Correlazione Ambiente e Salute: dati significativi”), nella parte relativa ai “Risultati statisticamente significativi delle analisi di correlazione geografica tra dati ambientali e dati sanitari”, si riconoscono patologie e mortalità in alcune zone delle aree geotermiche in relazione alle concentrazioni crescenti degli inquinanti emessi anche dalle centrali ENEL. Oltre all'inquinamento dell'atmosfera e del suolo, esiste il problema del depauperamento e dell'inquinamento della falda acquifera della montagna, una delle più ricche d'Italia, che fornisce acqua potabile alle province di Grosseto, Siena e Viterbo. Il fenomeno è dovuto alla correlazione tra falda idropotabile superficiale e campo geotermico, per cui tutte le volte che la portata di vapore sottratto aumenta, la portata delle sorgenti diminuisce e viceversa (Edra, 2006). Ma non solo. Le condizioni di depauperamento dell'acquifero amiatino sono così gravi che a fronte di una riduzione di portata anche modesta si ha una risalita dei fluidi geotermici, che vanno a contaminare la falda, aumentando la concentrazione di inquinanti come arsenico e boro e compromettendo la salubrità dell'acqua che, dall'Amiata, soddisfa le esigenze di circa 700.000 utenti delle provincie di Grosseto, Viterbo, Siena. Il livello della falda acquifera è molto al di sotto del livello atteso. Il piezometro installato dalla regione Toscana in località Poggio Trauzzolo (Santa Fiora, Grosseto) ha direttamente mostrato come il livello della falda (maggio 2010) si sia abbassato di 205 metri rispetto a quanto indicato dallo Studio Calamai nel 1970 e da quanto sostenuto da Enel. [...] La regione Toscana, infatti, appoggia il progetto di Enel che attraverso l'enorme guadagno ricevuto dal meccanismo dei certificati verdi, dei sussidi e dei finanziamenti pubblici, distribuisce alla stessa Regione ed ai comuni una pioggia di denaro a titolo di compensazione ambientale e con un costo in bolletta per la collettività mediamente del 30 per cento in più rispetto ad altri Paesi europei. Enel guadagna inoltre la possibilità di produrre in altri luoghi energia con combustibili fossili»;
   in data 6 novembre 2013 dal sito del quotidiano Il tirreno un articolo a firma di Francesca Ferri riportava la seguente notizia – «ROMA. Il ”caso geotermia” in Amiata entra nei lavori del 27o congresso dell'Associazione italiana di epidemiologia, a Roma, e lascia il segno. I partecipanti – scienziati e ricercatori di varie università e istituti di ricerca – non sono rimasti indifferenti ai dati relativi alle sostanze inquinanti rilasciate in atmosfera dalle cinque centrali amiatine e certificate dall'Arpat [...] Né alle 54 relazioni, certificate dallo studio epidemiologico dell'Agenzia regionale di sanità (Ars) della Toscana tra incrementi di malattie e concentrazioni crescenti degli inquinanti prodotti dalle centrali». All'appuntamento romano Sos Geotermia, ha portato le misurazioni fatte dall'Arpat nel 2008 e divulgate nel 2011, sulle emissioni di sostanze inquinanti rilasciate in atmosfera [...] è intervenuto al congresso ponendosi le seguenti domande riportate nel pezzo del quotidiano Il Tirreno: «Nella presentazione al congresso – spiega Barocci – ho invece sostenuto che, dal punto di vista sanitario, ciò che conta è la quantità totale che il territorio riceve». Quante sono queste quantità? L'Arpat lo certifica: in un anno le centrali dell'Amiata rilasciano in atmosfera 2.700 tonnellate di acido solforico, 28,97 chili di arsenico, 2.460 tonnellate di ammonio, 889,14 chili di mercurio, 11,01 tonnellate di acido borico e 655.248 tonnellate di anidride carbonica. «Dove finiscono tutte queste sostanze?», chiede Barocci. Arpat non ha mai dato una risposta. Una risposta, molto preoccupante, l'ha data invece l'Ars a un'altra domanda: esiste una relazione tra incrementi di malattie e concentrazioni crescenti, nell'ambiente, degli stessi inquinanti prodotti in maniera consistente anche dalle centrali geotermiche? La risposta è stata «sì», in 54 relazioni «statisticamente significative». «Pertanto con il linguaggio della logica, valida dai tempi di Aristotele – spiega Sos Geotermia – possiamo ritenere come vera l'esistenza di una relazione tra l'aumento notevole di malattie registrato e le concentrazioni crescenti di diversi inquinanti. Essendo riconosciuta nei comuni geotermici come vera anche la relazione tra gli stessi inquinanti presenti nell'ambiente e le emissioni delle centrali geotermiche, possiamo affermare come vero che l'eccesso di malattie è anche funzione delle emissioni delle centrali geotermiche». Perché dunque la Regione conclude che il quadro epidemiologico nell'area geotermica è «rassicurante»? «E una conclusione fuori dalla logica», spiega Barocci. «Mi sono confrontato con ricercatori del Cnr e dell'Ars e qualcuno mi ha detto: ”Non hai tutti i torti”». Ma, soprattutto, lo stupore è stato grande tra le file degli scienziati, «convinti finora – spiega Barocci – che la geotermia fosse una fonte pulita e rinnovabile di energia. Penso che lo sia, ma non ovunque, non in Amiata, perché qui il sottosuolo è ricco di metalli pesanti che, con l'attività geotermica, escono fuori insieme al vapore acqueo»;
   in Amiata il serbatoio geotermico, dal quale sono estratte migliaia di tonnellate di vapore, è ad acqua dominante. La produzione di energia comporta un consumo di milioni di metri cubi di acqua proveniente anche dagli acquiferi superficiali oltre che da quelli termali e geotermici. I serbatoi geotermici perdono vigore nel tempo e nell'arco di un decennio la portata iniziale si riduce di circa il 30 per cento, fino a mettere il pozzo di estrazione fuori produzione. Il declino dei pozzi è evidente nell'area geotermica di Piancastagniaio, dove proprio per questa ragione il piano di riassetto prevede la perforazione di 5 nuovi pozzi di estrazione. Questa è la palese dimostrazione che la geotermia in Amiata non solo non è un'energia pulita, ma neppure rinnovabile. Inoltre è documentata una interferenza tra le falde idriche superficiali e acquifero geotermico, questo collegamento è dovuto alla presenza di camini vulcanici, faglie e fratture vulcanico-tettoniche, evidenziate da studi condotti da decenni dagli stessi geologi di ENEL e confermate anche dal geologo della regione Toscana. L'Acquifero dell'Amiata, a partire dagli anni ’60 si è abbassato di circa 200 metri come è stato rilevato anche dal piezometro regionale realizzato in località Poggio Trauzzolo, che dal 2011 continua a registrare un calo della superficie di falda, indipendentemente dalle abbondanti piogge e nevicate degli ultimi anni. I carotaggi della perforazione, fotografati e repertati, testimoniano l'esistenza di frequenti fratture trasversali, pienamente coerenti con le precedenti ricerche;
   la legge n. 183 del 1989 e successive modifiche e integrazioni, articolo 144, del decreto legislativo n. 152 del 2006 prevede che le acque siano utilizzate con priorità per consumi potabili  e che siano tutelate le aree di ricarica delle falde idriche per il consumo umano, cioè che siano protette da qualsiasi fonte inquinante. Ciò nonostante ancora non è stato definito il bilancio idrico in programma sin dal 2002, strumento indispensabile per conoscere la quantità di acqua in uscita ed assicurare l'equilibrio fra le disponibilità di risorse ed i fabbisogni per i diversi usi nel rispetto delle leggi sopra ricordate;
   il decreto legislativo n. 4 del 16 gennaio 2008, ha modificato il decreto legislativo n. 152 del 2006, (codice dell'ambiente) e l'articolo 3-ter, nell'avvenuta modifica, rafforza nella legislazione italiana il principio di precauzione – già previsto peraltro dal trattato comunitario all'articolo 174, comma 2; oltre ad inquinanti tossici e nocivi per la salute, le centrali dell'Amiata, producono, come sopra riportato, migliaia di tonnellate di CO2 e grandi quantità di metano, altra sostanza climalterante. L'anidride carbonica emessa in Amiata è in una quantità di gran lunga superiore a quella emessa da una centrale alimentata ad olio combustibile. Quest'ultima infatti produce 700 tonn di CO2 per GW/h, mentre una centrale geotermoelettrica dell'Amiata ne produce 852 t/GWh, una quantità enorme, quasi tre volte superiore a quella emessa dalle centrali dell'area tradizionale di Larderello: 308 t/GWh;
   normalmente le centrali geotermoelettriche della Toscana producono intorno ai 10 kg/h di ammoniaca, ma la centrale di Bagnore 3 (20 Mw) ne ha prodotti nel 2005 addirittura 546,9 kg/h; ora pare si aggirino intorno ai 180 kg/h, essendo comunque la fonte più inquinante a livello regionale e contribuendo così in maniera pesante ad innalzare i valori del PM10 che determinano la qualità dell'aria in tutta la regione. Proprio per questo motivo la regione Toscana, nella delibera sopra richiamata, ha fissato il limite di emissione per questo inquinante in 2 kg/h, precisando al punto 4.9.2 ultimo comma, che mentre per altri inquinanti il valore stabilito è un valore obiettivo, riguardo all'ammoniaca questo valore deve essere rispettato, poiché limite fissato a sperimentazione avvenuta e quindi non modificabile. ENEL non rispetta questo limite;
   nella relazione di monitoraggio del 2006 l'ARPAT sollecita: «... di riconsiderare i limiti previsti dalla normativa vigente per gli inquinanti normati, tenendo conto della forma in cui sono presenti nelle emissioni, del flusso di massa complessivo emesso dalle centrali ubicate in uno stesso territorio»; nel 2007 l'ARPAT riafferma: «... La necessità di definire i limiti alle emissioni per ammoniaca e acido borico, nonché di riconsiderare riducendoli i limiti previsti dalla normativa vigente per gli inquinanti normati»;
   recentemente è stata autorizzata la costruzione della centrale di Bagnore 4 (40 Mw), la più grande dell'Amiata, che insieme all'approvazione del piano di riassetto dell'area geotermica di Piancastagnaio, consentirà il raddoppio della produzione geotermica. Le rispettive procedure di VIA non hanno preso in esame l'impatto cumulativo delle emissioni, come ARPAT da tempo ha richiesto, né è stato preso in considerazione l'inquinamento che continuano a produrre le discariche di materiali di risulta derivanti dalla lavorazione del mercurio, siti ancora in gran parte da bonificare, nonostante il loro inserimento nei piani di bonifica regionali;
   la costruzione della centrale di Bagnore 4 è prevista a poco più di 200 metri dall'attuale centrale Bagnore 3. Questo è quanto certifica la delibera della giunta regionale Toscana n. 810 del 10 settembre 2012; «La nuova centrale Bagnore 4 e due nuovi pozzi sono localizzati all'interno di un sito di interesse comunitario (SIC) e zona di protezione speciale (ZPS) “Monte Labbro ed Alta Valle dell'Albegna” (IT 5190018), mentre i rimanenti interventi sono programmati in prossimità del medesimo SIC/ZPS ed alcuni ricadono all'interno o nelle vicinanze del SIC/ZPS “Alto corso del fiume Fiora” (IT 51A0019) e del SIC “Cono vulcanico del Monte Amiata” (IT51A0017). Per la tutela e la valorizzazione del sito “Monte Labbro ed Alta Valle dell'Albegna” sono stati finanziati dagli inizi degli anni 2000 due progetti LIFE Natura dall'Unione europea. L'ARPAT, dipartimento di Siena, in una sua relazione del febbraio 2007 dal titolo “Controllo e monitoraggio delle pressioni e dello stato dei territori soggetti allo sfruttamento dei fluidi geotermici” scrive, in riferimento alle aree adiacenti agli impianti già in esercizio: “le campagne di controllo della qualità delle acque superficiali hanno evidenziato che le acque dei fossi adiacenti agli impianti presentano variazioni significative dei parametri arsenico e boro rispetto alla “normale composizione”, riscontrabile nei torrenti che scorrono in zone non interessate dalla presenza delle centrali»;
   l'Amiata è riconosciuta zona sismica di Cat 2, seconda la classificazione regionale 2012, quindi ad alta sismicità, ai sensi degli articoli 93-94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e dell'articolo 105 della legge regionale n. 1 del 2005. La geotermia, come dimostrato scientificamente, produce una «sismicità  indotta» derivante da fenomeni di depressurizzazione del sottosuolo dovuti dallo sgonfiamento dei cuscini geotermici e alla reiniezione dei fluidi con conseguente possibile fatturazione delle rocce, oltre a fenomeni di subsidenza. Inoltre questo impianto, che sorgerà non più a duecento metri dalla centrale esistente Bagnore 3, ricade all'interno di un'area classificata ad alto rischio di frana «PF4» dal piano di bacino del Fiora. Se si tiene conto che le centrali geotermiche non possono essere messe «fuori servizio» con la stessa facilità con cui si può intervenire con altri tipi di impianti è evidente il pericolo cui sono sottoposti gli abitanti delle zone prossime alle centrali. Tali pericoli aumentano notevolmente se consideriamo che il patrimonio edilizio in Amiata è costituito in prevalenza da centri storici ed edifici costruiti in passato in assenza di norme antisismiche;
   il professore Mucciarelli docente di sismologia applicata, nella facoltà di ingegneria dell'università della Basilicata e direttore del centro ricerche sismologiche dell'Istituto nazionale di oceanografia e geografia sperimentale intervenendo sulla rivista Ingegneria sismica nel numero di giugno 2013 arriva alle seguenti conclusioni: «In Italia gli studi sulla sismologia indotta sono in cronico ritardo, rispetto al resto del mondo data l'assenza di dati pubblici su questo fenomeno. Questa assenza di dati e di studi potrebbe essere confusa con assenza del fenomeno stesso. Ciò sarebbe pericoloso in un momento in cui vi è un forte interesse per attività quali la geotermia, lo stoccaggio di metano ed il sequestro sotterraneo di anidride carbonica. Anche in aree con bassi livelli di sismicità naturale va prevista comunque l'istallazione di reti microsismiche che consentano il monitoraggio della sismicità indotta. I dati di queste reti dovrebbero essere resi disponibili su siti pubblici. Nella progettazione di impianti andrebbe considerata anche la sismicità che questi possono indurre come avviene in altri Paesi europei. La auspicabile futura disponibilità di dati anche per scosse di modesta entità potrebbe consentire di costruire relazioni di attenuazione delle accelerazioni con la distanza e di conversione magnitudo intensità ad hoc per sismicità indotta. Infine maggiori cautele andrebbero adottate in quelle aree dove le strutture esistenti risultano inadeguate sismicamente già per la sismicità naturale»;
   le attuali leggi prevedono che il valore limite di alcuni pericolosi inquinanti quali il mercurio, l'acido solfidrico e l'arsenico possano essere rilevati con due diverse modalità:
    a) in concentrazione nelle emissioni sotto forma di soluti del trascinato liquido (drift) e in questo caso gli inquinanti sono presenti in misura modestissima a causa della forte diluizione del drift con immissione di aria esterna;
    b) nel flusso di massa che viene scaricato in atmosfera e che pertanto inquina l'ambiente, dove invece le quantità superano di gran lunga i limiti previsti in concentrazione;
   le attuali leggi prevedono però che sia considerato a norma un impianto geotermico, se rispetta anche soltanto uno dei due limiti. Così scriveva il prof. Eros Bacci, docente di ecotossicologia all'università di Siena nel 1998, in un volume sull'energia geotermica pubblicato a cura di ARPAT: «Limiti in concentrazione sono alternativi a quelli in portata (forse sarebbe stato più corretto il contario!) per cui le emissioni che eccedono i valori in portata...riescono a rientrare in norma con i limiti di concentrazione»;
   in Amiata, benché i fluidi geotermici contengano sostanze con un alto grado di tossicità e nocività, l'Enel costruisce ancora centrali «flash» il cui funzionamento concettualmente è lo stesso da quasi un secolo. Questi impianti, infatti, continuano a scaricare tonnellate di sostanze inquinanti in atmosfera, con qualche accorgimento, quali i filtri AMIS, che comunque abbattono solo in parte e solo alcuni inquinanti (idrogeno, solforato, mercurio), mentre gli altri sono immessi totalmente in atmosfera. Queste tecniche sono obsolete e non più consentite in gran parte del mondo per il forte impatto ambientale che producono e sono state sostituite dalla tecnologia delle centrali «a ciclo binario»;
   se, considerato che l'acqua è un bene comune di gran lunga più importante degli utili di una società energetica e tenuto conto della grave crisi idrica determinata anche dagli impianti geotermici che comportano forti aumenti dei consumi, ad avviso degli interpellanti nella specifica circostanza del Monte Amiata si sarebbe dovuto applicare il principio di precauzione –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti narrati e quali azioni intendano intraprendere;
   se i Ministri, visto l'eccesso di malattie registrate nei comuni geotermici con concentrazioni crescenti degli inquinanti di cui in premessa, non reputino ci sia un nesso con le suddette emissioni geotermiche, che si ripetono da diversi decenni in Amiata;
   se non reputino che il bilancio idrico avrebbe dovuto essere definito, come richiesto anche dalle autorità di bacino, comprendendo le acque emesse dalle centrali geotermiche e che le aree di ricarica delle falde idropotabili debbano essere individuate, perimetrate e tutelate;
   di quali elementi disponga circa la conformità dell'attività geotermica in Amiata con le normative vigenti così come sopra citate;
   se viste le norme e le direttive e indicazioni dell'Unione europea sulla riduzione delle emissioni di ammoniaca e metano, non reputino che le centrali geotermiche dovrebbero essere escluse dalle energie rinnovabili, visto che producono più di una centrale alimentata ad olio combustibile e se stante i dati dell'Arpat, si possa sostenere che le centrali geotermoelettriche producano energia pulita e sostenibile tale da ricevere una cospicua somma di incentivi statali;
   se tale situazione non comporti rischi elevati per l'incolumità pubblica in caso di eventi sismici che, stante i fatti, si potrebbe verificare con conseguenze disastrose; quindi se non ravvedano un reale rischio per l'incolumità degli abitanti del territorio, considerato che l'Amiata è reputata anche zona sismica, e se non ritengono, per quanto di competenza, di fare proprie le considerazioni del professore Mucciarelli docente di sismologia applicata;
   se non ritengano doveroso, per quanto di competenza, colmare le lacune normative, finora troppo generalizzate, in tema di geotermia,  facendo proprie le istanze dei movimenti e dei coordinamenti locali che denunciano un grave rischio per la salute e per l'ambiente;
   se i Ministri vista la costruzione di Bagnore 4 all'interno di un sito di interesse comunitario e zona di protezione speciale, non ritengano che vada ad inquinare pesantemente un'area protetta, anche in considerazione del fatto che, ad avviso degli interpellanti sia sta agendo in netto contrasto con le scelte compiute in precedenza dalla pubblica amministrazione che ha prima usufruito di finanziamenti pubblici per proteggere e valorizzare le risorse naturali e le biodiversità di un'area ed ora usufruisce delle «compensazioni ambientali» di ENEL per danneggiare quello che invece avrebbe dovuto tutelare.
(2-00351) «Zaccagnini, Pellegrino, Zolezzi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   L'ABBATE, CRIPPA, VALLASCAS, GAGNARLI, GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI, LUPO, SCAGLIUSI, BRESCIA, CARIELLO, PARENTELA, DE LORENZIS, D'AMBROSIO e BALDASSARRE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la regione Puglia è dotata di uno strumento programmatico denominato PEAR (piano energetico ambientale regionale) adottato con delibera G.R. n. 827 dell'8 giugno 2007 e poi aggiornato con delibera G.R. n. 602 del 28 marzo 2012, che contiene indirizzi e obiettivi strategici in campo energetico in un orizzonte temporale di dieci anni. Il PEAR concorre pertanto a costituire il quadro di riferimento per i soggetti pubblici e privati che, in tale campo, assumono iniziative nel territorio della regione Puglia;
   il PAN (piano di azione nazionale), previsto dalla direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili fornisce indicazioni dettagliate sulle azioni da porre in atto per il raggiungimento, entro il 2020, dell'obiettivo vincolante per l'Italia di coprire con energia prodotta da fonti rinnovabili il 17 per cento dei consumi lordi nazionali;
   in data 16 dicembre 2011, la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione relativa alla «Tabella di marcia per l'energia 2050», la cosiddetta «roadmap 2050», con la quale ha fissato l'obiettivo della riduzione delle emissioni di carbonio dell'80 per cento da raggiungere, appunto, entro il 2050;
   la SEN (strategia energetica nazionale), datata marzo 2013, prevede «il mantenimento di un ruolo chiave del gas nella transizione energetica, nonostante una riduzione del suo peso percentuale e in valore assoluto nell'orizzonte dello scenario. Come evidenziato anche nella Roadmap europea 2050, la sostituzione in Europa del carbone e dell'olio con il gas naturale nel breve e nel medio termine darà un contributo essenziale alla riduzione delle emissioni»;
   in data 9 marzo 2009 la società Enel Produzione spa ha presentato al Ministero dello sviluppo economico – dipartimento per l'energia istanza ai sensi dell'articolo 1, comma 26, della legge n. 239 del 2004 per l'autorizzazione alla costruzione ed all'esercizio di un collegamento (merchant-line) in corrente continua tra l'Italia e l'Albania da 500 kV ovvero tra impianti rispettivamente di 1 e 500 megawatt nei paesi di Casamassima (Bari) e Porto Romano (provincia di Durres - Albania), dove Enel possiede un impianto a carbone in funzione dal prossimo anno. Istanza accolta dal Ministero che ha emanato il decreto interministeriale n. 239/EL-155/192/2013 del 19 settembre 2013;
   la lunghezza complessiva del tracciato marino è di circa 197 chilometri di cui 27, in acque italiane sino all'approdo sulle coste del comune di Polignano a Mare (Bari) in località S. Vito, in un'area densamente antropizzata tra Cala Ponte e Porto Cavallo, che interesserà aree attualmente destinate alle attrezzature funzionali e ricettive turistiche, ai sensi dell'articolo 53 del piano regolatore e, successivamente, zone destinate ad uso agricolo. Il tratto terminale di 300 metri nel comune di Polignano in contrada Grottole interesserà un territorio classificato come Va (zone a vincolo archeologico) e Vm (aree di rispetto di beni storico-culturali), per i quali il piano regolatore generale statuisce la inedificabilità. I suddetti cavi saranno posati in una trincea larga circa 0,7 metri e ricavata su percorso stradale che interesserà, per circa 31 chilometri, i comuni di Polignano a Mare, Conversano, Mola di Bari, Turi e Casamassima, con una profondità di circa 1,5 metri. Il tratto terminale, seppur lungo la strada provinciale, per circa 5 chilometri giunge in prossimità di un'ampia zona di interesse archeologico in località Purgatorio, nei pressi della Lama Giotta, su cui insiste un vincolo idrogeologico;
   la centrale Enel di Porto Romano è costituita da unità della capacità di 800 megawatt ciascuna: il 60 per cento della produzione sarà esportato in Italia (7,8 TWh) mentre il restante 40 per cento sarà destinato al mercato albanese, sebbene attualmente l'Albania produca energia al 99 per cento da fonte idrica (energia prodotta 5,15 GWh e potenza installata idrica 1,86 GW). L'investimento per la costruzione del cavidotto è pari a 2,2 miliardi di euro;
   la direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente, nota anche come «direttiva Vas», estende l'obbligo di valutazione ambientale ai processi di pianificazione e programmazione. La valutazione di impatto ambientale agisce necessariamente a un livello del processo decisionale che risente di decisioni già prese in ambito pianificatorio e programmatorio; la direttiva Vas è volta a intervenire all'origine di tali decisioni, con l'obiettivo di «garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione e dell'adozione di piani e programmi [...] che possono avere effetti significativi sull'ambiente» (articolo 1);
   in applicazione dell'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito dalla legge n. 17 del 2007, a partire dal 31 luglio 2007 è entrata in vigore la Parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006, avente ad oggetto le «Procedure per la valutazione ambientale strategica (Vas), per la valutazione d'impatto ambientale (Via) e per l'autorizzazione ambientale integrata (Ippc)». Con decreto del Presidente della Repubblica n. 90/2007 di riordino del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è stata istituita la commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale cui sono assegnate le competenze in materia di valutazione ambientale strategica e di valutazione di impatto ambientale, anche per le opere strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001. La Commissione, infatti, accorpa la Commissione per la valutazione d'impatto ambientale, istituita ai sensi dell'articolo 18, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, e la Commissione speciale per la valutazione di impatto ambientale, istituita ai sensi dell'articolo 184, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Tra le funzioni della Commissione figurano «le attività tecnico-istruttorie per la valutazione ambientale strategica dei piani e programmi la cui approvazione compete ad organi dello Stato, in attuazione di quanto previsto dalla direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27.06.2001, ed esprime il proprio parere motivato per il successivo inoltro al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che adotta il conseguente provvedimento»;
   nel decreto Mise-Matt a quanto consta agli interroganti è assente qualsiasi riferimento alla procedura di Vas (valutazione ambientale strategica) applicata al piano di sviluppo della rete di trasmissione (previsto dal terzo pacchetto energia composto da due direttive e tre regolamenti). Il terzo pacchetto energia introduce il piano di sviluppo decennale di rete che deve essere redatto sulla base dei piani di sviluppo nazionali e in conformità con gli scenari elaborati da ENTSO-E (European Network of Transmission System Operators Electricity). Oltre alla stretta correlazione con i piani nazionali, il piano europeo si propone uno sviluppo coerente con i piani di investimento regionali. Tutto questo è coerente con la strategia europea comune di passaggio verso una low carbon economy;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 dicembre 1988 regolamenta la redazione dei Sia (studio impatto ambientale) e le leggi regionali lo replicano nella sostanza. Nel Sia prodotto per l'elettrodotto Albania-Italia a giudizio degli interroganti è disatteso l'articolo 5 «Quadro di riferimento ambientale», comma 3, lettera a) «Stima qualitativamente e quantitativamente gli impatti indotti dall'opera sul sistema ambientale, nonché le interazioni degli impatti con le diverse componenti ed i fattori ambientali, anche in relazione ai rapporti esistenti tra essi». Inoltre, come da «Allegato I – Componenti e Fattori Ambientali», «Lo studio d'impatto ambientale di un'opera con riferimento al quadro ambientale dovrà considerare le componenti naturalistiche ed antropiche interessate, le interazioni tra queste ed il sistema ambientale preso nella sua globalità», mancano le componenti ed i fattori ambientali «f) salute pubblica: come individui e comunità», «h) radiazioni ionizzanti e non ionizzanti: considerati in rapporto all'ambiente sia naturale che umano» con «la descrizione dei livelli medi e massimi di radiazioni presenti nell'ambiente interessato, per cause naturali ed antropiche, prima dell'intervento» e «la definizione e caratterizzazione delle sorgenti e dei livelli di emissioni di radiazioni prevedibili in conseguenza dell'intervento»;
   sia la VIA (valutazione d'impatto ambientale) sia il decreto attuativo del Ministero dello sviluppo economico autorizzano un impianto relativo ad un progetto di potenza pari a 500 megawatt mentre già adesso, in fase documentale, è prevista una successiva «Fase II» per arrivare a complessivi 1.000 megawatt –:
   se i Ministri interrogati intendano far in modo che vengano completate le procedure e le analisi, soprattutto dal punto di vista elettromagnetico, come riportato in premessa, a maggior ragione in vista di una «Fase II» che porterà l'elettrodotto a 1.000 megawatt;
   se i Ministri interrogati ritengano utilmente strategico il progetto in questione, soprattutto in relazione ai dubbi emersi sul rispetto delle direttive nazionali ed europee, e come questo debba poi interfacciarsi con la rete di distribuzione attualmente esistente, dato che la regione Puglia dispone già di una sovrapproduzione di energia da fonti rinnovabili che risulta sprecata a causa di mancanza di accumulatori efficaci e di una rete sottostante non efficiente;
   se i Ministri interrogati ritengano che l'approvvigionamento da centrale a carbone non metta in difficoltà il rispetto dei parametri normativi europei di riduzione dell'emissione di CO2. (5-01799)

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Benedetti e altri n. 4-01458 del 24 luglio 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01801;
   interrogazione a risposta scritta Benedetti e altri n. 4-01536 del 1o agosto 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01800;
   interrogazione a risposta scritta L'Abbate e altri n. 4-02196 del 16 ottobre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01798;
   interrogazione a risposta scritta L'Abbate e altri n. 4-02629 del 21 novembre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01799.

ERRATA CORRIGE.

  Interrogazione a risposta scritta Mannino n. 4-03034 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 143 del 21 dicembre 2013. Alla pagina 8314, dalla decima alla diciannovesima riga deve leggersi: «la mancata ottemperanza alle prescrizioni fissate nel provvedimento di rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale – e in particolare a quella concernente l'obbligo di adeguamento tecnologico dell'impianto esistente – costituisce una grave minaccia per la salute pubblica stante la stessa collocazione dell'impianto rispetto ai centri abitati circostanti –:» e non «la mancata ottemperanza alle prescrizioni fissate nel provvedimento di rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale – e in particolare a quella concernente l'obbligo di adeguamento tecnologico dell'impianto esistente – non costituisca una grave minaccia per la salute pubblica stante la stessa collocazione dell'impianto rispetto ai centri abitati circostanti –:», come stampato.