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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 18 dicembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni III e IV,
   premesso che:
    nei giorni 19 e 20 dicembre 2013 avrà luogo il Consiglio europeo, che in attuazione delle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2012, è stato convocato con un ordine del giorno che prevede al primo punto la Politica di sicurezza e difesa comune (PSDC);
    secondo quanto previsto dalle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2012 si tratteranno nello specifico le seguenti questioni; a) aumentare l'efficacia, la visibilità e l'impatto della PESD; b) potenziare lo sviluppo delle capacità di difesa; c) rafforzare l'industria europea della difesa;
    nello specifico, gli obbiettivi fissati riguardo a queste questioni riguardano: 1) l'efficacia operativa, intesa come capacità di risposta rapida ed efficace alle crisi in coerenza con l'approccio globale dell'Unione europea, fondato sulle priorità della prevenzione dei conflitti e gestione delle crisi; 2) la capacità di difesa, costituita da capacità militari e civili, in una ottica di pianificazione già a livello nazionale di una «messa in comune e condivisione» delle risorse; 3) una più forte industria europea della difesa, più integrata e competitiva grazie a un mercato più funzionante e ad attività di ricerca e sviluppo, e che oggi dà lavoro direttamente a circa 400 mila persone, 960 mila se si considera anche l'indotto;
   considerato che:
    i primi anni del XXI secolo sono stati caratterizzati da un periodo di cambiamento strutturale prolungato, che sta trasformando l'ordine mondiale. In particolare ciò rende necessario un approccio innovativo per definire un nuovo ordine mondiale multipolare che sia inclusivo e che poggi sullo Stato di diritto e su un modello di democrazia pluralista, nonché sui valori universali, inclusi i diritti umani;
    la crisi finanziaria mondiale e il crescente affermarsi di nuove economie emergenti pongono importanti sfide politiche, economiche, sociali, culturali e ambientali, inclusi i problemi interni, per tutte le parti coinvolte;
    per affrontare tali sfide è necessario, perciò, intraprendere un'azione collettiva e unitaria a livello di Unione europea e forgiare alleanze per promuovere e mantenere la pace, la sicurezza, il progresso sociale, la prosperità, la diversità culturale, nonché la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto per i diritti umani;
    è necessario, a tal fine, che tutte le politiche e azioni dell'Unione europea siano conformi al diritto internazionale e alla Carta delle Nazioni Unite;
    l'Unione europea deve difendere gli interessi dei suoi cittadini nel mondo in modo determinato e uniforme, basando le sue politiche sulla promozione dei valori fondamentali sui quali l'Unione è fondata (democrazia, Stato di diritto e diritti umani giustizia sociale e lotta contro la povertà) e sul rispetto per gli altri paesi;
    a tal fine, la politica estera dell'Unione deve essere flessibile e adeguata nel rispondere alle minacce e alle sfide emergenti in settori quali la sanità, l'energia, i cambiamenti climatici e l'accesso all'acqua, ciascuno dei quali può avere un impatto sulle nostre priorità politiche e le nostre economie, nonché sullo sviluppo internazionale;
    purtroppo si registra che l'Unione europea non ha ancora, in risposta a tali sfide, sviluppato una chiara strategia per le sue relazioni con il resto del mondo mentre è necessario che le sue attività siano definite più dalla reazione che dall'azione promossa in coerenza con i valori fondamentali sui quali l'Unione stessa è fondata;
    l'Alto rappresentate per la Politica estera e la sicurezza comune, Catherine Ashton, ha assunto l'impegno per il rafforzamento dell'approccio globale dell'Unione europea fondato su un'analisi che: 1) inquadri la nozione europea di «situazione di crisi potenziale»; 2) individui interessi, obiettivi e ruolo dell'Unione europea; 3) elabori una visione strategica unica e comune sui conflitti e sull'impegno futuro dell'UE nei diversi teatri; 4) affidi centralità al lavoro di prevenzione mediante lo strumento diplomatico, l'allarme precoce e l'azione rapida; 5) metta a disposizione tutte le capacità europee al servizio degli obiettivi comuni; 6) definisca un impegno di lungo termine per la costruzione di società pacifiche e resilienti; 7) evidenzi i legami tra i diversi campi di intervento (sicurezza energetica, cambiamento climatico, flussi migratori, lotta contro il terrorismo e il crimine organizzato o la riforma della governance economica mondiale); 8) affidi un ruolo più forte alle delegazioni dell'Unione europea nel coordinamento del dialogo e della cooperazione con gli altri organismi multilaterali a partire dalle Nazioni Unite, dalla Nato o dall'Unione africana, come pure con la società civile;
    è da sottolineare che tali impegni, astrattamente in linea con gli obiettivi dell'Unione sopra richiamati, non hanno avuto una reale dimensione Europea in questi anni, rimanendo spesso ostaggio degli interessi interconnessi a quelli affaristico-militari collegati all'industria bellica e agli interessi dei singoli Stati;
    ancora una volta si riscontra una preliminare problematica derivante dallo scarso «peso» politico dell'Unione europea, per cui questioni densamente politiche e strategiche, come quelle sopra richiamate, restano marginali, poiché è assente la prospettiva di cosa comporti l'idea di una Europa unita e di cosa questo significhi sul piano di una politica europea di sicurezza e difesa comune;
    non è più rinviabile il tema di quale politica di difesa comune ha bisogno l'Unione Europea, tenendo presente la cornice della costruzione dell'Europa politica, con soluzioni basate sul superamento delle politiche di austerità come risposta alla crisi economica e finanziaria che ha travolto l'Europa e il mondo nell'ultimo decennio;
    occorre definire una puntuale analisi delle minacce globali, cui anche l'Unione europea deve fronteggiare, per fornire adeguate risposte;
    a questo fine tre questioni appaiono strategiche: i cambiamenti climatici; la minaccia del terrorismo e della criminalità organizzata; le minacce dettate dalla proliferazione nucleare;
    il fenomeno dei cambiamenti climatici esigono una profonda riflessione da parte dell'Unione europea rispetto alle sue responsabilità determinate dalle politiche di approvvigionamento energetico e dalle logiche di sfruttamento dell'ambiente nonché delle sue politiche industriali anche in paesi terzi;
    occorre definire con precisione gli strumenti sui quali si rafforzano la prevenzione del terrorismo e della criminalità organizzata, i quali devono essere impostati alla prevenzione, al dialogo e all'azione diplomatica più che alle azioni di conflitto, razionalizzando la logica delle missioni militari che hanno padroneggiato la scena internazionale in questi anni e che poco hanno a che vedere con una vision unitaria e «umanitaria» dell'Unione europea;
    occorre un impegno maggiore dell'Unione europea contro la proliferazione nucleare, assumendo il compito all'Europa il rafforzamento e la ratifica dei trattati di non-proliferazione nucleare;
    per queste ragioni non è più rinviabile un bilancio delle missioni internazionali cui l'UE partecipa da cui devono essere poi rielaborate criticamente l'efficienza operativa, la capacità di difesa e il rafforzamento e la contemporanea razionalizzazione dell'industria della difesa europea;
    occorre contemporaneamente dare maggiore impulso allo sviluppo della cooperazione internazionale, alla riduzione delle spese militari e alla predisposizione di corpi civili di pace europei in accordo con quanto previsto nei valori fondanti dell'Unione europea;
    non è più rinviabile aprire il dibattito ai cittadini dell'Unione sul modello di difesa europeo, al fine di coinvolgerli anche su scelte che spesso comportano pesanti oneri per la collettività e che ad esempio, come per il nostro Paese accade con i recenti investimenti sugli F-35 e le fregate FREMM, compromettono lo sviluppo di quei valori fondamentali di cui l'Unione si fa portatrice;
    l'apertura del bilancio dell'Unione europea per la ricerca in materia di difesa o per l'approvvigionamento di beni e tecnologia militari rappresenta, infatti, un errore strategico in quanto l'introduzione di nuove risorse non farebbe altro che prolungare gli attuali deficit strutturali derivanti, tra l'altro, da inefficienze, duplicazioni, corruzione, frammentazione e acquisizioni di beni e tecnologie militari inutili;
    tali investimenti oltre che non in linea con una visione unitaria della politica di difesa europea, appaiono compromettere il progresso sociale, la prosperità, la giustizia sociale nonché la lotta alla povertà;
    appare negativa e in contraddizione con lo sviluppo di una vera politica di pace la creazione di una comunità di utenti da utilizzare nell'immediato e nel prossimo a proposito dell'elaborazione, nel periodo 2020-2025, di sistemi aerei pilotati a distanza (RPAS) europei in grado di rimanere a media quota per lunghi periodi (medium-altitude long endurance). Bene farebbe l'Unione Europea e gli Stati membri ad astenersi dall'intensificare la cooperazione a livello di Unione europea in materia d RPAS (droni);
    la totale mancanza di discussioni su scala Unione europea circa le norme che, all'interno dell'Unione, dovrebbero disciplinare lo sviluppo, l'acquisizione, l'utilizzo e le esportazioni di droni, armati e non, nonché la ricerca in materia deve vedere impegnata l'Unione Europea nel garantire la pubblicità della base giuridica per l'utilizzo di droni, la responsabilità operativa, la fissazione di criteri mirati, il loro impatto nonché le informazioni circa presunte violazioni, indagini e procedimenti penali, garantendo altresì che dati statistici e metodologici di base come quelli citati non siano tenuti segreti con il pretesto della sicurezza,

impegnano il Governo:

   a promuovere, in sede europea, un azione concreta ed efficace per colmare le lacune e le criticità dell'attuale modello di politiche di sicurezza e difesa comune evidenziate in premessa, e in particolare a farsi promotore di una azione per la sospensione dei programmi di armamento internazionali come quello sugli F-35 Joint Fight Striker che non rispondono alle esigenze di razionalizzazione ed efficiente gestione delle risorse, nonché confliggenti con un modello unitario di difesa;
    a promuove l'istituzione dei corpi civili di pace europei per dare forza a forme di interposizione e peacekeeping civile nelle aree di conflitto o a rischio di conflitto;
    a farsi partecipe di una revisione dei rapporti dell'Unione europea con le organizzazioni militari internazionali come la Nato, per attuare quanto esposto in premessa;
    ad adoperarsi affinché il Consiglio europeo:
     vari finalmente un processo di revisione della difesa europea trasformando in realtà il coordinamento dei processi nazionali di pianificazione della difesa a livello dell'Unione europea e sulla base di tale valutazione, inviti il vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante per la Politica estera e la sicurezza comune dell'Unione ad avviare un processo di ampia portata, che prenda in considerazione la necessità di condivisione coi cittadini europei, per elaborare un Libro bianco sulla sicurezza e la difesa, al fine di razionalizzare le ambizioni strategiche e i processi di sviluppo delle capacità dell'Unione europea;
     istituisca un fondo europeo per la riconversione dell'industria bellica in industria civile, sfruttando il know-how raggiunto e le professionalità dei lavoratori, anche per dare risposta alla razionalizzazione del settore minimizzando la perdita dei posti di lavoro ed evitando la dispersione di conoscenze scientifiche e tecnologiche;
     adotti una politica che, dentro una scelta complessiva orientata al disarmo, premi i sistemi integrati europei della difesa e scoraggi l'acquisto di sistemi d'arma la cui ricaduta occupazionale e tecnologica per l'Unione Europea – come nel caso degli F35 – è marginale e non adeguatamente proporzionale al costo dell'investimento.
(7-00209) «Duranti, Di Battista, Scotto, Corda, Piras, Manlio Di Stefano, Del Grosso, Basilio, Tofalo, Frusone, Artini, Rizzo, Scagliusi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   MARAZZITI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   ad appena due mesi dalla tragedia davanti le coste di Lampedusa, stanno creando sconcerto e polemiche le riprese diffuse con un telefonino dagli stessi migranti e pubblicate in un servizio andato in onda sul Tg2 che mostra costoro in fila e nudi sottoposti alla disinfestazione contro la scabbia: tra le persone sottoposte al trattamento ci sarebbero eritrei, siriani, ghanesi, nigeriani, kurdi e, secondo alcuni, anche alcuni sopravvissuti al terribile naufragio del 3 ottobre 2013 che, come tanti altri, non dovrebbero più trovarsi nel centro di accoglienza a così tanta distanza dall'ingresso;
   stando al racconto di uno dei protagonisti, Khalid, si tratta di una prassi consolidata all'interno del centro di accoglienza di Lampedusa;
   i migranti che giungono in Italia, come in qualunque altro Paese, necessitano di un appropriato esame medico, aiuto, sostegno umano e psicologico, e nell'eventuale intervento a sostegno terapeutico in ogni caso, come per ogni essere ma la loro privacy e dignità deve essere rispettata: a nessuno dovrebbe essere richiesto e tanto meno imposto di spogliarsi in pubblico, e questo non è accettabile in qualunque circostanza;
   i sistemi con cui viene effettuato il trattamento antiscabbia, indegni di un Paese civile tanto da far ricordare i campi di concentramento, non possono lasciare indifferenti, anche alla luce degli impegni che l'Italia ha assunto in materia di accoglienza;
   l'indifferenza e la «normalità» delle scene registrate gettano una luce imbarazzante sul degrado e sull'assuefazione al degrado da parte di quanti sono tenuti, da convenzioni e contratti, oltre che da scelta professionale, a offrire accoglienza e trattamento umano e dignitoso, in quanto responsabili della gestione del centro di accoglienza, come pure sull'assenza di verifiche ovvero sull'assuefazione delle stesse autorità tenute al controllo e responsabili in prima istanza del servizio di accoglienza, ancorché affidato in gestione ad altri soggetti;
   le istituzioni non possono tacere davanti a scene che rischiano di cancellare i gesti straordinari di chi si è sacrificato per salvare tanti migranti abbandonati in mare e gli appelli forti e nobili dei mesi scorsi, rivolti, tra gli altri, da Papa Francesco e dal Presidente del Consiglio Letta;
   comportamenti così offensivi della dignità umana, massificanti, censurabili anche in circostanze diverse e non caratterizzate dall'obbligo morale e civile di offrire un servizio degno di accoglienza e primo soccorso, sono venuti alla luce in maniera eccezionale e fanno temere che tali comportamenti siano la prassi e ordinaria amministrazione;
   già in occasione della visita di alcuni deputati, all'indomani della più grande strage conosciuta nel Mediterraneo dei nostri tempi avvenuta il 3 ottobre 2013, era emersa una condizione inaccettabile di vita dei profughi, con servizi igienici insufficienti e non funzionanti, oltre 1000 ospiti con 250 posti di capienza, oltre 5000 profughi costretti a stare tutta la notte sotto la pioggia senza ripari diversi da materassi di gommapiuma senza fodera, utilizzati come baraccopoli zuppe d'acqua;
   profonda indignazione è stata manifestata anche dall'arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro, secondo il quale «la situazione emergenziale non può giustificare situazioni e trattamenti che poco hanno a che fare con il rispetto della dignità umana e dei diritti dell'uomo» –:
   se non intendano fornire un immediato chiarimento sulle procedure adottate, sulle convenzioni in essere con l'ente o gli enti gestori, nonché un rapido accertamento dei fatti, al fine di capire di chi siano le responsabilità delle indegne modalità con cui i migranti vengono sottoposti alle docce antiscabbia al freddo e nudi in fila in attesa nel pieno mese di dicembre;
   se non intendano procedere allo svuotamento sistematico del numero in eccesso rispetto alle 250 unità di capienza entro 48 ore dagli arrivi di profughi, e, se del caso, perché intendano perpetuare una situazione di aberrante inaccoglienza che umilia l'intero Paese e anche le forze civili e militari impegnate costantemente nell'evitare nuove perdite di vite umane nel canale di Sicilia;
   se non intendano integrare gli sforzi con la protezione civile, ampiamente sottoutilizzata all'interno della risposta all'immigrazione via mare verso l'Italia, che coinvolge migliaia di persone da Paesi in guerra come la Libia, la Somalia, il Mali, l'Eritrea, la Siria, già sfruttate dai trafficanti umani dopo traversate nel deserto e viaggi durati molti mesi e costati già vite umane e grandi impegni finanziari a vantaggio di contrabbandieri e crimine organizzato, incoraggiato in questa attività dall'assenza di alternative;
   se non intendano almeno procedere alla individuazione e alla messa in atto di metodi di tutela della salute senza violare il rispetto della privacy e della dignità delle persone che ad esso siano sottoposte;
   se non intendano rendere pubblici i contratti di ingaggio degli enti gestori del servizio di accoglienza nel campo di Lampedusa e se non intendano assumere iniziative per sanzionare chi sia responsabile della mancata offerta dei servizi concordati secondo standard dignitosi e di qualità;
   se non intendano procedere a sanzioni – e quali – nei confronti delle autorità responsabili del controllo e del rispetto dei termini della convenzione in atto tra ente/i gestore/i, chiaramente disattesi da tempo nel campo di Lampedusa;
   quali impedimenti e responsabilità siano da imputare per la mancata realizzazione e il mancato inizio dei lavori del secondo campo di prima accoglienza, finanziati dal 2012, e all'ottobre 2013 non iniziati;
   se non intendano comunicare ufficialmente la data di inizio lavori e la data di fine lavori per il campo in questione, già deliberato, trattandosi dell'unico modo per impedire la cronicizzazione del sovraffollamento, del degrado degli standard di ospitalità fino al degrado e al deficit strutturale e sistemico in quello che è un servizio di prima accoglienza di soggetti fragili e che rappresenta la porta dell'Italia e dell'Europa e conseguentemente anche l'indice di civiltà e di capacità di risposta del nostro Paese rispetto a un problema non congiunturale mondiale. (3-00524)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BERGAMINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'incendio nel capannone-dormitorio cinese (sette morti e due feriti gravi, tutti lavoratori cinesi) di Prato, avvenuto il 1o dicembre 2013, chiama in causa diversi attori istituzionali ben consapevoli di quanto avviene in quell'area;
   fino ai tempi recenti, Prato è stato l'emblema dell'operosità dei distretti produttivi e dell'industria simbolo del made in Italy: la moda;
   seppure ridotto rispetto ad un tempo, il distretto industriale del tessile-moda pratese conta ancora circa 6.500 imprese, delle quali 3.500 (54 per cento) di proprietà cinese;
   in quello che, nonostante la crisi degli ultimi tredici anni, è il distretto tessile più importante d'Europa è nato un circuito produttivo parallelo, con un fatturato stimato due miliardi di euro, di cui almeno un miliardo nel capitolo dell'economia illegale;
   a dispetto della crisi globale e dei controlli della polizia locali, infatti, non si ferma l'avanzata del distretto cinese dell'abbigliamento low cost di Prato, unico esempio in Europa di filiera produttiva etnica, nata e cresciuta grazie allo sfruttamento della manodopera (in gran parte clandestina), all'evasione fiscale, al mancato rispetto delle norme su sicurezza, lavoro, igiene;
   secondo una recente indagine dell'Ires (2012), il funzionamento del mercato del lavoro cinese a Prato ha alcune peculiari caratteristiche: una mortalità dei contratti altissima con un turn over di manodopera elevato (a distanza di quattro anni tra il 2008 e il 2012 appena l'8 per cento dei lavoratori risulta ancora occupato), ventimila lavoratori, in gran parte clandestini, invisibili a banche dati e fisco, contratti per la maggior parte a tempo indeterminato (91 per cento) ma stipulati con la clausola vessatoria delle dimissioni in bianco e part time fittizio per pagare meno contributi. Di pari passo il funzionamento delle aziende cinesi, che nascono e muoiono a ritmo vertiginoso (un tasso di turn-over del 45,3 per cento, contro il 13,2 per cento delle imprese italiane) e che proprio per sfuggire ai controlli e alle sanzioni e poter sparire rapidamente hanno quasi esclusivamente natura di ditte individuali (quasi il 90 per cento) con una vita media di appena due anni;
   è in tale contesto di insostenibile illegalità e sfruttamento che si colloca la tragedia di Prato che ha portato la procura della Repubblica ad aprire un'inchiesta con le ipotesi di reato di omicidio colposo plurimo e incendio colposo, omissione di norme di sicurezza e sfruttamento di manodopera clandestina;
   il cosiddetto « dumping alla cinese di Prato» (lavoratori in nero sfruttati e sottopagati, evasione totale dei tributi) crea – altresì – un fenomeno di concorrenza sleale verso le imprese, verso il lavoro e verso i lavoratori, una concorrenza allarmante che nasce all'interno del Paese: aziende e interi distretti industriali che fanno concorrenza alle aziende e ai distretti italiani dall'interno, città contro città, distretti contro distretti;
   la via diplomatica non ha contribuito sino ad ora a fornire le risposte sperate: dal Governo cinese non è arrivato – nemmeno in questo tragico frangente – l'atteso impegno a debellare l'illegalità, mentre, per quanto riguarda la Farnesina, si deve segnalare che non esiste un accordo di estradizione tra Italia e Cina per contrastare l'immigrazione clandestina proveniente da tale Paese in quantità crescente;
   dal 2007 è attivo nell'area interessata lo strumento dei patti per la sicurezza, finalizzati a consolidare con misure concrete calibrate sulle singole realtà locali la cooperazione tra Governo e istituzioni locali nell'azione di contrasto alle varie forme di illegalità;
   il patto per Prato sicura, firmato una prima volta nel 2007, è stato rinnovato per ben tre volte: nel 2008, nel 2010 e nell'ottobre 2013;
   l'ultimo patto per Prato sicura, la cui verifica è prevista dopo il 31 dicembre 2014, si caratterizza, rispetto ai precedenti, per l'assenza – a fronte della dichiarata necessità di mantenere ed incrementare la dotazione umana e strumentale per il pieno raggiungimento degli obiettivi in esso contenuti – delle necessarie risorse finanziarie –:
   alla luce di quanto sopra illustrato, quali tempestive e rigorose iniziative il Governo intenda intraprendere volte ad affermare in modo inequivocabile l'autorità dello Stato nell'area interessata, al fine di garantire – anche attraverso il reperimento di nuove risorse finanziarie – il rispetto e l'osservanza delle leggi in materia di difesa dei diritti umani, di lotta all'evasione fiscale, di lavoro e sicurezza sui luoghi di lavoro, d'immigrazione, rendendo in tal modo la legalità il vero volano per la ripresa produttiva del territorio. (5-01738)

Interrogazione a risposta scritta:


   COSTANTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   molti enti pubblici e i Ministeri si servono di agenzie di stampa pagando il servizio di abbonamento annuale concordato con le singole testate;
   a quanto apprende l'interrogante da fonti sindacali alcune di queste sarebbero in grave ritardo con il pagamento degli stipendi ai propri dipendenti, si avvarrebbero di lavoratori assunti con tipologie contrattuali atipiche e precarie, spesso di dubbia regolarità e sarebbero in grave ritardo con il pagamento dei contributi Inpgi –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se non intendano adottare ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, e in ogni caso promuovere ispezioni all'interno delle singole redazioni che vengono pagate con soldi della collettività e se non si ritenga utile attivare un tavolo tecnico con i singoli ordini regionali che conoscono approfonditamente lo stato dell'editoria italiana. (4-02985)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   BUENO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   nel corso di recenti audizioni presso le Commissioni affari esteri di Camera e Senato, i vertici del Ministero hanno illustrato il programma di avvio della riorganizzazione della rete diplomatico-consolare italiana;
   è noto che si tratta dell'applicazione della legge finanziaria 2007 che ha imposto al Ministero degli affari esteri di avviare la «ristrutturazione della rete diplomatica, consolare e degli istituti di cultura in considerazione del mutato contesto geopolitico, soprattutto in Europa»;
   la spending review ha inoltre rafforzato l'obbligo per la Farnesina di riorganizzare la propria rete e tale necessità è avvertita anche dai partner europei del nostro Paese, che già da diversi anni, si sono impegnati in processi di riorientamento delle loro risorse verso i mercati emergenti, smantellando sedi nel vecchio continente;
   in tutto questo contesto non dobbiamo dimenticare i 50 milioni di italiani che vivono e lavorano all'estero e che rappresentano una preziosa risorsa economica, culturale e politica per il Paese specialmente alla luce dei risultati positivi del nostro export in tanti settori;
   le comunità italiane nel mondo chiedono e hanno bisogno di rapporti forti con le istituzioni italiane, rivendicano giustamente servizi efficienti dalla pubblica amministrazione italiana come spettano ai cittadini residenti in Italia;
   il piano presentato dal Ministero nel luglio 2013 prevedeva un calendario di soppressioni strutturato in tre fasi: al 30 novembre 2013 chiusura del consolato di Tolosa, del consolato di Spalato, di Scutari, del consolato di Alessandria, oltre a Sion, Neuchatel e Wettingen. Al 28 febbraio 2014 sono invece previste le seguenti chiusure: consolato di Neswark, consolato generale di Timisoara e il consolato di Adelaide e Brisbane. Al 30 giugno 2014 si prevede la chiusura del consolato di Amsterdam;
   a seguito di tali chiusure il Ministero ha preannunciato l'attivazione in loco di strutture sostitutive (sportelli consolari, consolati onorari, missioni periodiche), che andranno modulate di caso in caso a seconda della composizione della collettività, del suo grado di integrazione e della distanza dalla sede principale. Accanto a questi interventi si prevede il potenziamento della tecnologia informatica a supporto della garanzia del mantenimento dei servizi alle comunità italiane;
   nelle ultime settimane è giunto l'annuncio di nuove soppressione, si parla addirittura di 33 sedi tra le quali 3 rappresentanze diplomatiche (ambasciata di Tegucigalpa, rappresentanza Unesco, ambasciata di Reykjavik), 11 uffici consolari (consolati generali di Filadelfia, Nizza e Tripoli, consolati di Detroit, San Gallo, Recife, Maracaibo e Montevideo, agenzie consolari di Moron e Lomas de Zamora), 6 sportelli consolari (Innsbruck, Chambery, Grenoble, Norimberga, Digione, Manchester), 5 istituti di cultura (Lione, Lussemburgo, Copenaghen, Salonicco, Stoccarda) e 8 sezioni distaccate di istituti di cultura (Wolfsburg, Washington, Francoforte, Vancouver, Ankara, Strasburgo, Grenoble, Innsbruck);
   la chiusura del consolato di Recife ha suscitato grande preoccupazione in Brasile. Recife è la capitale dello stato del Pernambuco, nel nordest del Brasile, con una popolazione di 1,56 milioni di abitanti è la terza città del nord-est del paese. Il Consolato ha giurisdizione su tutta la regione Nordest del Brasile costituita di nove stati federali: Alagoas (capitale Maceió), Bahia (capitale Salvador), Ceará (capitale Fortaleza), Maranhão (capitale São Luís), Paraìba (capitale João Pessoa), Pernambuco (capitale Recife), Piauì (capitale Teresina), Rio Grande do Norte (capitale Natal), Sergipe (capitale Aracaju);
   stiamo parlando di un'area totale del Nordest è di 1.558.196 km2 (5,3 volte la superficie dell'Italia) e la popolazione è di ben 53 milioni di abitanti di cui tanti italiani sparsi nel vastissimo territorio;
   oltre alla sede di Recife, il consolato dispone di una rete di sette uffici dipendenti: un consolato onorario (Salvador), un vice consolato onorario (Fortaleza), due agenzie consolari onorarie (Natal e São Luís) e tre corrispondenti consolari onorari (João Pessoa, Maceió e Porto Seguro) –:
   se il Governo confermi questa ulteriore chiusura non preventivamente annunciata e in quale modo intenda garantire i servizi ai cittadini italiani residenti nella circoscrizione consolare oggetto di chiusura e con quali strumenti sostitutivi intenda compensare il venir meno delle funzioni svolte dal consolato di Recife. (4-02991)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


  CIRIELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   una recente inchiesta giornalistica condotta dal Corriere del Mezzogiorno ha fatto luce su una preoccupante vicenda che interessa, in particolare, proprio quel territorio tristemente noto come «terra dei fuochi», martoriato dall'interramento di rifiuti tossici;
   nello specifico, in alcune aree dell'Ato 2, afferenti i comuni della provincia di Napoli e di Caserta, sarebbero ancora in uso, perché mai sostituite, condotte d'acqua realizzate con un mix «cemento e amianto», cioè il pericoloso eternit;
   l'esistenza di acquedotti all'amianto investirebbe, in realtà, varie parti d'Italia e si tratterebbe di tubature che hanno in media circa cinquant'anni: i primi tubi di cemento-amianto risalgono, infatti, al periodo 1913-1921, tutti prodotti dalla Eternit spa di Genova e da quell'epoca hanno avuto un impiego assai diffuso;
   in Campania sarebbero oltre 112 i chilometri di condotte realizzate con tubature in cemento e amianto, vale a dire circa il 7 per cento della rete (1.458,75 chilometri complessivi), così come certificato dal dettagliato piano d'ambito redatto dallo stesso Ato 2 Napoli-Volturno fra luglio 2002 e marzo 2003, ma ancora oggi valido;
   secondo quanto emerso dall'inchiesta giornalistica, i 112 chilometri di pericolosissime tubature all'amianto si snoderebbero nel sottosuolo di 136 comuni, tra i quali 104 comuni della provincia di Caserta e 32 municipi della provincia di Napoli;
   per ovviare al problema, sembrerebbe che già nel 2003 l'Ato 2 avesse previsto un piano finanziario e una serie di interventi sulle vecchie condotte, individuando da 3 a 5 anni il tempo necessario per sostituire le tubature in amianto;
   non sarebbe, però, di competenza dell'Ato 2 intervenire per sostituire tali condotte d'acqua, ma sarebbero i comuni interessati gli unici soggetti abilitati ad intervenire, ognuno nel proprio territorio, per l'ammodernamento degli impianti;
   in molti casi, i sindaci, pur consapevoli della delicata questione, ammettono la loro impotenza perché non in grado di far fronte ai notevoli impegni finanziari richiesti per smontare e sostituire le condotte idriche;
   la presenza di tubature in amianto desta particolare allarme per la salute dei cittadini, in quanto le fibre di amianto nell'acqua si aggiungono alle concentrazioni elevatissime di arsenico in diversi pozzi che alimentano l'acquedotto;
   le analisi svolte dalla TetraTech per conto della Nato, infatti, avrebbero messo in evidenza concentrazioni altissime di arsenico, talora quattro volte il limite imposto dalla legge;
   peraltro, nelle zone a rischio sismico le condotte in amianto potrebbero subire fratture che farebbero impennare la concentrazione di amianto nelle acque potabili di decine di comuni, senza contare i rischi dovuti alla vetustà di tali tubature;
   la diffusione dell'amianto nell'acqua potabile – come spiegato dal dottor Vito Totire, medico dell'Associazione esposti amianto (Aea) – avviene comunemente mediante corrosione delle tubature che, attraverso lo scorrimento dell'acqua, determina il trasporto delle fibre di amianto nelle abitazioni, dove possono essere ingerite o inalate dal consumatore;
   seppur vero che le condotte idriche in cemento-amianto sono state realizzate ben cinquant'anni fa anche sulla base di relazioni tecniche che indicavano un bassissimo rischio per la salute umana, il pericolo diventa però altissimo con la cessione di fibre di amianto che è, a sua volta, connessa alla perdita di compattezza del manufatto che si realizza per una lunga esposizione (alcuni decenni) agli agenti atmosferici o per danneggiamento ad opera dell'uomo;
   appare quindi fondamentale verificare che gli acquedotti, realizzati 60 anni fa e ancora funzionanti, siano in buone condizioni per escludere i rischi derivanti dalla dispersione di fibre –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali iniziative di competenza ritengano opportuno adottare per assicurare l'avvio di una indagine conoscitiva sulla rete idrica nazionale e tutelare il fondamentale diritto alla salute dei cittadini, anche intervenendo, eventualmente di concerto con i dicasteri competenti, per la sostituzione delle condotte d'acqua in amianto. (4-02983)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'area mineraria chiamata «Ex miniera di calcopirite di Libiola» è situata nel comune di Sestri Levante (GE) e le frazioni più prossime alla miniera sono Libiola e Tassani;
   il primo sfruttamento della miniera risale all'età di bronzo, circa 3100 a.C., tant’è che una parte della miniera è stata perimetrata con vincolo archeologico; a seguito di uno sfruttamento discontinuo durante il medioevo, inizia uno sfruttamento vero e proprio nel 1859 che prosegue per decenni, tra alti e bassi;
   l'impoverimento del rame spinge i proprietari della miniera, nel 1935, ad adottare un impianto di flottazione che, mediante l'uso di acidi forti portava in evidenza le parti di rame presenti nei minerali cavati; gli scarti del processo, fortemente inquinati venivano scaricati in una vecchia cava d'argilla in località Fossa Lupara, sempre nel comune di Sestri Levante, che poi ha preso il nome di Ramaia e ha sopravvissuto, senza alcuna protezione fino alla chiusura nel 1962;
   nel complesso minerario emergono oggi quattro problemi rilevanti:
    il primo riguarda le gallerie vecchie di 150 anni e il rischio di crolli, anche in considerazione che in molti gallerie circola un significativo quantitativo di acqua;
    il secondo problema riguarda l'inquinamento chimico e l'acidificazione delle acque e delle sabbie fluviali causata dell'intensivo sfruttamento minerario che ha portato allo scoperto ed abbandonato significative quantità di minerale che, entrando in contatto con l'acqua, sia piovana che fluviale, si destabilizza liberando elementi chimici che inquinano il territorio; infatti, le analisi svolte dall'ARPAL nel 2004 hanno mostrato il superamento delle concentrazioni stabilite dalla normativa vigente in elementi molto dannosi per la salute pubblica, come il cromo esavalente;
    proprio per la necessità di bonifica del sito, nel 2005 è intervenuto il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con un accordo di programma ai sensi della legge n. 388 del 2000, articolo 114, comma 20, firmato il 18 novembre 2005, tra lo stesso Ministero, la regione Liguria, la provincia di Genova e il comune di Sestri Levante, «per la bonifica ed il recupero ambientale dei siti ex estrattivi minerari delle miniere di Libiola»;
    sono stati assegnati 450.000 euro per la bonifica, di cui 250.000 gestiti dalla regione e 200.000 gestiti dal comune, ma non sono chiari né l'effettivo stanziamento di tali finanziamenti né la consistenza degli eventuali lavori attivati;
    il terzo problema riguarda i capannoni industriali abbandonati in località Balica, ad un chilometro scarso dall'abitato di Santa Vittoria di Libiola, che hanno i tetti in eternit, con pezzi che si staccano puntualmente nelle giornate ventose creando emergenza ambientale da rischio amianto;
    il quarto problema è rappresentato dal fatto che i vuoti di coltivazione a cielo aperto della miniera sono stati per un periodo di almeno 8 mesi discarica di RSU del comune di Sestri Levante, tant’è che nelle foto scattate sul territorio affiorano molti sacchetti di plastica;
   a seguito del sopraccitato accordo di programma del 18 novembre 2006, con decreto dirigenziale n. 4153 del 29 dicembre 2006, la regione Liguria ha incaricato Sviluppo Italia Aree produttive s.p.a. della realizzazione di uno studio geologico e idrogeologico sul sito ex miniere dei Calcopirite di Libiola, a seguito dell'acquisizione e riorganizzazione dei dati disponibili;
   il documento conclusivo di tale studio effettuato nel periodo gennaio 2007-maggio 2009 ha confermato la complessità del sito e la presenza di metalli pesanti sul territorio, nonché dati importanti e informazioni di dettaglio ai fini dell'attuazione degli interventi di bonifica e di regimazione delle acque;
   sono stati condotti monitoraggi ai fini dell'individuazione delle relazioni tra l'ammontare delle precipitazioni nell'area di ricarica della miniera e la portata agli sbocchi delle gallerie e delle sorgenti naturali monitorate; le misure di mitigazione consigliate prevedono la necessità di interventi per la bonifica dell'area;
   ai fini della garanzia della salute pubblica occorrerebbe innanzi tutto realizzare al più presto un depuratore della falda acquifera –:
   se il Ministro intenda adoperarsi, anche a seguito dell'accordo di programma sottoscritto «per la bonifica ed il recupero ambientale dei siti ex estrattivi minerari delle miniere di Libiola», allo scopo di esaminare lo stato di inquinamento dei suoli e della falda acquifera e valutare gli interventi opportuni da adottare. (4-02990)


   L'ABBATE, SCAGLIUSI, DE LORENZIS, CARIELLO, BRESCIA, D'AMBROSIO, BALDASSARRE, DAGA, SEGONI, ZOLEZZI, BUSTO, MANNINO, TERZONI, PARENTELA, TOFALO, GAGNARLI, INVERNIZZI, LUPO, GALLINELLA, MASSIMILIANO BERNINI e BENEDETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   all'interrogazione a risposta scritta 4/00762 del 6 giugno 2013 trasformata in interrogazione a risposta in commissione 5/00813 il 1o agosto 2013 riguardante la discarica presente in contrada Martucci a Conversano (BA), ha risposto in data 17 settembre 2013 il Sottosegretario all'ambiente Marco Flavio Cirillo;
   in data 8 ottobre 2013 è stato approvato il nuovo PRGRU (Piano regionale gestione rifiuti urbani) della regione Puglia che continua ad inserire al suo interno la megadiscarica di contrada Martucci;
   in agro di Conversano (BA), in una delle contrade più fertili della campagna pugliese (Contrada Martucci) si sta perpetuando un enorme danno ambientale per la presenza:
    a) di una discarica comunale (incontrollata, attiva dal 1975 al 1982 e saltuariamente dal 1990 al 1996) mai bonificata;
    b) del primo lotto della discarica della «Lombardi Ecologia S.r.l.» (autorizzato sulla scorta di un documento, sulla cui fondatezza non sono mancate controversie, che attestava la sua esistenza prima dell'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982, gestito in modo incontrollato dal 1984 al 1990 e dal 1994 al 1996), esaurito e dal 18 aprile 2013 posto sotto sequestro dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale della Procura della Repubblica di Bari che ipotizza il reato di disastro ambientale;
    c) del terzo lotto della discarica della «Lombardi Ecologia S.r.l.» (su 10 ettari, attivo dal 1996 al 2011, esaurito e sequestrato dal tribunale della Procura della Repubblica di Bari);
    d) del secondo lotto della discarica della «Lombardi Ecologia S.r.l.» diventato poi la discarica di servizio/soccorso (anch'essa sequestrata) annessa all'impianto complesso per il trattamento dei rifiuti dell'ex ATO Bari 5, comprendente 12 celle per la biostabilizzazione dei rifiuti e un impianto per la produzione di CDR;
    e) di un centro di raccolta e selezione del materiale proveniente dalla raccolta differenziata, completato nel 2001 e mai attivato;
    f) di un parco fotovoltaico di 8 ettari (quattro dei quali sul primo lotto della discarica) realizzato con semplice DIA grazie a quattro istanze per installare unità di potenza inferiore ad 1 Megawatt;
    g) di campi (soprattutto vigneti) coltivati su rifiuti smaltiti illegalmente e di tre pozzi, a valle idraulica del primo lotto della discarica, inquinati da piombo, manganese e ferro (tutti sequestrati dalla Procura della Repubblica di Bari il 24 giugno 2013);
   dalla consultazione del libro «L'ultimo chiuda la discarica» (Pietro Santamaria, Levante editori, Bari, 2010), che riporta «trent'anni di storia di cave di terreno trasformate in discariche più o meno controllate, tra Conversano e Mola di Bari, durante l'infinita emergenza rifiuti in Puglia» emerge che:
    il primo lotto della discarica della «Lombardi Ecologia S.r.l.» è stato inserito dall'ENEA nel «Piano regionale dei siti potenzialmente contaminati ai sensi del decreto ministeriale 16 maggio 1989» (pagina 66). Infatti, con delibere 8 settembre 1994 n. 6021 della giunta regionale e 20 dicembre 1995 n. 67 del Consiglio regionale pugliese fu approvato il piano regionale di bonifica dei siti contaminati commissionato all'ENEA ai sensi dell'articolo 5 legge n. 441 del 1987 e dei decreti ministeriali 16 maggio 1989 e 30 dicembre 1989. Il Piano rilevò 1212 aree potenzialmente contaminate, elencate separatamente a seconda che fossero giudicate meritevoli di bonifica a breve, medio o lungo termine in funzione del livello di rischio ambientale associato a ciascuna area. Nell'elenco dei siti da bonificare a lungo termine era inserito al 264o posto (su 289 complessivi, ordinati in ordine decrescente di rischio) la discarica Lombardi – 1o lotto (codice 19-02). Nello stesso elenco, al 149o posto, l'ENEA collocò altresì la vecchia discarica comunale, sempre in contrada Martucci (codice BA 19-03), non controllata e non autorizzata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982;
    il terzo e secondo lotto della discarica della «Lombardi Ecologia S.r.l.» sono adiacenti al primo lotto, da bonificare, ma questo non è stato considerato dallo studio di impatto ambientale (SIA) presentato dall'ATI COGEAM e «Lombardi Ecologia S.r.l.» che si aggiudicò nel 2006 la gara di appalto per la costruzione e la gestione dell'impianto complesso in contrada Martucci (pagina 98);
    in contrada Martucci sono presenti doline e inghiottitoi tipici dei territori carsici (come riportato in eloquenti fotografie a pagina 157, 161 e 162), mai considerati dal suddetto SIA. Inoltre, nel provvedimento con cui il GIP Annachiara Mastrorilli il 18 aprile 2013 ha disposto il sequestro delle discariche autorizzate è scritto che «in occasione del sopralluogo eseguito il 31 gennaio 2013» la procura di Bari ha riscontrato «la presenza di vore (...). Quanto riscontrato evidenzia la possibile presenza di rischio di contaminazione delle acque di falda a causa della diretta comunicazione del percolato di discarica attraverso i predetti punti di comunicazione (vore e doline)». La presenza di simili formazioni carsiche è confermata nella relazione geologica e geotecnica allegata agli atti del procedimento attualmente in corso per il rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale dell'impianto complesso di trattamento dei rifiuti con discarica di servizio/soccorso a servizio del bacino Bari 5 realizzato in contrada Martucci. Tanto che il Comitato tecnico provinciale, il 12 marzo 2013 in seguito alla lettura della stessa relazione ha affermato che «l'intervento non è coerente con le prescrizioni di normativa». Infatti, il decreto legislativo n. 36 del 2003 afferma che le discariche non vanno ubicate «in corrispondenza di doline, inghiottitoi o altre forme di carsismo superficiale» (punto 2.1 dell'allegato 1);
    la valutazione di impatto ambientale per l'impianto complesso di trattamento dei rifiuti, con annessa discarica, si concluse con esito positivo «esclusivamente in considerazione del contesto determinatosi nella Regione Puglia in materia di smaltimento rifiuti e della conseguente e persistente emergenza e con lo scopo di completare il ciclo integrato di gestione dei rifiuti» (determinazione n. 506/2006 del dirigente del settore ecologia della regione Puglia);
    il terzo lotto della discarica della Lombardi Ecologia è stato realizzato in una cava non autorizzata e non controllata di terreno e ha inghiottito la strada vicinale «Pozzovivo» per un tratto lungo 175 metri. Il Tribunale di Bari il 26 febbraio 1988 con procedimento n. 20/87 R.G. condannò i due responsabili: Giovanni Giovene e Antonio Di Bari (pagina 85);
    durante la gestione del primo lotto della discarica, l'andamento altimetrico della strada vicinale «Capone Martucci» fu modificato con l'aumento del livello lungo il confine nord della discarica (pagina 85);
    dall'esame delle ortofoto (pagine 127-129), si ritiene che anche la quota di altre aree di contrada Martucci sia stata alzata (pagina 161) smaltendo illegalmente rifiuti e coltivando sopra vigneti (come del resto hanno dimostrato le stesse indagini disposte dalla Procura di Bari);
    il I e III lotto di discarica della «Lombardi Ecologia S.r.l.» sono stati realizzati in cave abusive di terreno scavate negli anni ’70. Dalle foto (pagine 22, 25 e 26) è evidente che per realizzare la discarica di servizio/soccorso l'attività di estrazione del terreno è continuata anche negli anni successivi, tanto da portare alcune piccole cave a diventare un'unica depressione di diversi ettari;
    secondo le testimonianze di ex-dipendenti della «Lombardi Ecologia S.r.l.», il percolato prodotto dall'esercizio delle discariche veniva utilizzato per innaffiare i vicini campi coltivati ad ortaggi e frutta, immesso direttamente in falda o «riciclato sulla superficie della discarica» (pagina 85);
   secondo il decreto legislativo n. 152 del 2006 è compito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in caso di minaccia di danno ambientale, imporre ai soggetti responsabili l'adozione di misure preventive e di sostituirsi loro nell'adottarle. In caso di danno ambientale verificatosi, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare deve imporre ai soggetti responsabili l'adozione di misure di ripristino e di sostituirsi loro nell'adottarle –:
   se, coerentemente con quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, alla luce di quanto riportato in premessa, il Ministero interrogato intenda valutare un immediato intervento per avviare le procedure per il risarcimento del danno ambientale subìto a causa del ritardo nell'attivazione delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno stesso. (4-02995)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   GREGORIO FONTANA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito della procedura di selezione della Capitale europea della cultura 2019, in data 15 novembre 2013, la giuria nominata dal Ministero per compiere le attività di selezione ha preselezionato 6 delle 21 città che avevano presentato la propria candidatura – Cagliari, Lecce, Matera, Perugia, Ravenna, Siena – tra le quali sarà poi scelta la città a cui sarà conferito il titolo di Capitale europea della cultura;
   la decisione del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1622/2006/CE assegna ai sette membri europei designati dagli organi Unione europea (Commissione, Consiglio e Comitato delle regioni) una necessaria preponderanza rispetto ai sei membri italiani, assicurando in tal modo il rafforzamento della componente europea nel processo di selezione e un giudizio equilibrato e super partes della giuria;
   sia nel Regolamento europeo ECoc (articolo 6.3) nelle regole procedurali per la competizione promulgate dal Ministro italiano dei beni culturali il 23 aprile scorso (articolo 3.2 e 3) si sottolinea come i membri della giuria abbiano «il dovere di segnalare ogni cambiamento nei loro impegni professionali e privati che possa dare luogo a conflitto d'interesse, anche solo potenzialmente»;
   i membri della Giuria ECoc 2019, in base alle suddette regole procedurali per la competizione, hanno firmato «una dichiarazione d'onore in cui negano ogni conflitto di interesse con le Città che si sono candidate al titolo ECoc»;
   a causa dell'assenza di due componenti europei della giuria – Manfred Gaulhofer, nominato dalla Commissione Unione europea, ed Elisabeth Vitouch, nominata dal Consiglio delle regioni Unione europea – è venuta meno la necessaria preponderanza dei sette membri europei rispetto ai sei italiani;
   il membro di giuria Alessandro Hinna, in quanto partner della società struttura consulting, ha lavorato a progetti commissionati da: comune e provincia di Cagliari, comune di Barumini (provincia Campidano-Sardegna), Fondazione Cassa di Risparmio Calabria e Lucani e comune di Matera;
   il presidente della giuria Steve Green, come emerge dalla sua biografia pubblicata su ConnectCp, ha avuto una collaborazione lavorativa con Charles Landry membro del comitato scientifico di Matera 2019;
   lo stesso mister Landry ha partecipato all'audizione al Ministero insieme ad altri nove colleghi di fronte alla giuria presieduta dal collega Green –:
   quali misure intenda tempestivamente assumere il Ministro, prima di ratificare la decisione della giuria relativa alle sei città finaliste ECoc 2019, al fine di condurre ogni opportuno accertamento sulla regolarità delle procedure sopra descritte, in particolare per quel che riguarda possibili conflitti di interesse verificatisi nel loro svolgimento, anche al fine di evitare che tale vicenda si ripercuota negativamente sull'immagine del nostro Paese a livello europeo. (4-02994)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCANU. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che un porto italiano sarà usato per il trasbordo delle componenti delle armi chimiche più pericolose dell'arsenale siriano e che «non sarà un porto militare». Lo indicano fonti europee a margine del Consiglio dei Ministri degli esteri in corso a Bruxelles;
   sempre da notizie di stampa si apprende che: «il progetto, messo a punto da russi e americani con l'Opac, prevede che le componenti dei gas — che diventano pericolose solo quando vengono mescolate — vengano trasportate al porto siriano di Latakia. Qui esse devono essere caricate a bordo di navi danesi e norvegesi che le trasporteranno al porto italiano, dove dovranno essere trasferite a bordo della nave statunitense “Cape Ray” attrezzata con speciali apparati mobili per lo smaltimento. Le scorie del processo saranno poi trattate negli impianti delle aziende civili che hanno messo a disposizione dell'Opac le loro capacità industriali»;
   si apprende inoltre che il Ministro degli affari esteri, Emma Bonino ha dichiarato da Bruxelles che sarà l'Organizzazione per la distruzione delle armi chimiche (Opac) a decidere in quale porto italiano transiteranno le medesime. Lo stesso Ministro ha chiarito che l'Opac «ha confermato la disponibilità ad esporre le modalità tecniche dell'operazione al Parlamento italiano, alla ripresa delle attività a gennaio». Al termine di una riunione con i colleghi dell'Unione europea il Ministro Bonino ha precisato che la scelta sarà fatta dall'Opac sulla base di tre elementi: «Il pescaggio, la capienza del porto e la lontananza o la vicinanza dal centro abitato»;
   si devono ritenere credibili le anticipazioni riportate dalle notizie di stampa che non risultano al momento in alcun modo smentite –:
   se intendano chiarire con l'urgenza che la delicatezza dell'argomento impone, e non con interposizione dell'Opac, i termini esatti della operazione sopradescritta ed in particolare quali garanzie il Governo intenda offrire al Parlamento e al Paese relativamente alla sicurezza delle persone e alla salvaguardia dell'ambiente.
(5-01741)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRUSONE, TOFALO, CORDA, BASILIO, ARTINI, RIZZO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   un comunicato della NATO Support Agency (NSPA) del 23 ottobre 2013 informava che la medesima agenzia aveva stipulato un contratto per una durata iniziale di tre anni del valore di circa 7 milioni di euro l'anno per la manutenzione dei velivoli Airbus 319 in servizio presso il 31o stormo dell'Aeronautica militare italiana e destinati prevalentemente al trasporto di Stato;
   una precedente gara con il medesimo oggetto, indetta dalla 2a divisione del comando logistico dell'Aeronautica militare, pubblicata dalla Gazzetta Ufficiale dell'8 agosto 2011, non era stata aggiudicata per mancanza di offerte valide;
   nel primo semestre 2013, la NSPA aveva anche firmato per conto del Ministero della difesa un contratto del valore di 255 mila euro con la filiale italiana della società di consulenza PricewaterhouseCoopers Advisory SpA per non meglio precisati servizi di «rationalization & innovation», come specificato nel documento Purchase Orders awarded by NSPA with a value of 76,800 and abovePeriod: 1o January 2013-30 June 2013, pubblicato sul sito della stessa agenzia;
   quest'ultimo contratto si riferirebbe a una consulenza relativa alla riorganizzazione delle direzioni generali del Ministero che curano la gestione del personale militare in previsione di un loro possibile transito dall'area tecnico-amministrativa all'area tecnico-operativa;
   la NSPA, agenzia NATO con sede operativa a Capellen in Lussemburgo, fornisce servizi logistici per conto dell'organizzazione nordatlantica oltre a supportare alcuni programmi di armamento comuni;
   i contratti in parola, relativi alla manutenzione degli Airbus dell'Aeronautica e la consulenza relativa alla ristrutturazione di uffici ministeriali, riguardano servizi che non rientrano nelle competenze della NATO e interessano attività di esclusivo interesse nazionale –:
   quale sia l'oggetto specifico e il contenuto del contratto sottoscritto dalla NATO Support Agency in nome e per conto del Ministero della difesa con la società PricewaterhouseCoopers spa;
   quali siano i motivi che hanno indotto il Ministero a far intervenire la medesima agenzia per affidare i servizi di manutenzione dei velivoli Airbus 319 del 31o Stormo nonostante fosse già stata avviata una procedura concorsuale nazionale che, anche se non assegnata in un primo tempo, avrebbe potuto essere ripetuta com’è già avvenuto innumerevoli volte;
   per quale motivo il Ministero abbia ritenuto di ricorrere alla mediazione della NATO Support Agency per svolgere dei bandi di gara di interesse esclusivamente nazionale dove non sono coinvolte attività NATO o internazionali;
   quanti e quali altri contratti siano stati gestiti negli ultimi due anni dalla stessa agenzia per conto o a favore del Ministero della difesa;
   quali siano le norme che autorizzano e i criteri che regolano il ricorso ai servizi della NATO Support Agency anche nel caso in cui le acquisizioni di beni o servizi non si riferiscano ad attività multinazionali.
(4-02988)


  RIZZO, FRUSONE, ARTINI, CORDA e BASILIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   così come previsto dal comma 31 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 227 del 28 dicembre 2012 convertito dalla legge n. 12 del 1o febbraio 2013 «Il Ministero della difesa è autorizzato, per l'anno 2013, a cedere, a titolo gratuito, alla Repubblica islamica del Pakistan n. 500 veicoli M113»;
   si apprende dall'organo di stampa online «La Nuova Sardegna» dell'8 dicembre 2013 che sono stati già trasferiti circa 200 automezzi blindati dell'Esercito italiano provenienti da basi del sud Italia presso il porto di Oristano. I primi mezzi blindati sono arrivati giovedì 5 dicembre 2013 provenienti dalla base di Capo Teulada. Visto il loro peso, 10 tonnellate ciascuno, ogni Tir ne trasporta solo due. Oltre dalla base del Sulcis i Vcc 1 e 2 arriveranno, secondo indiscrezioni trapelate, anche da altre due basi italiane, tutte nel Sud. Il loro trasferimento si dovrebbe concludere entro Natale;
   come riportato su «La Nuova Sardegna» che riferisce le parole del capitano di fregata Rodolfo Raiteri comandante del porto di Oristano «I blindati verranno caricati su una nave e trasferiti in Pakistan entro la fine del 2013»;
   lo stesso giornale online riferisce che, come corrispettivo della dismissione dei mezzi, viene riconosciuto un contributo forfettario di euro 4.000 e che sono state appaltate alla multinazionale Agility Logistics tramite la consociata italiana Agility Logistics Srl di Milano le attività di logistica portuale –:
   se le modalità della cessione siano conformi a quanto previsto dal comma 31 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 227 del 2012 posto che gli automezzi si sarebbero dovuti cedere a titolo gratuito;
   se il trasferimento e i costi di trasporto ad Oristano e da Oristano in Pakistan incidano sul bilancio del Ministero o se facciano capo al Governo pakistano ed eventualmente a quanto ammontino. (4-02992)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARTELLA e MOGNATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in provincia di Venezia, i lavori per la realizzazione della circonvallazione lungo la strada provinciale 14, che hanno interessato anche l'ammodernamento della ferrovia Adria-Mestre, intervento indispensabile per bypassare il passaggio a livello di Boion (frazione di Campolongo Maggiore), risultano essere bloccati, da ben due anni;
   gli interventi citati sono stati avviati nel 2006, a seguito di un accordo siglato tra regione Veneto, provincia di Venezia, sistemi territoriali spa (stazione appaltante dell'opera) e comune di Campolongo;
   l'opera in questione fino ad oggi è costata circa 8 milioni di euro di cui 4 stanziati dalla provincia di Venezia;
   da quasi due anni i lavori sono fermi con l'impresa esecutrice che con il completamento delle attività assegnatele è andata via;
   a questo stato di cose va aggiunto il dato che la provincia di Venezia ha manifestato la non volontà di entrare in possesso dell'opera, come previsto dall'accordo e il comune si trova, quindi, nella paradossale situazione di avere una infrastruttura quasi completa ma al momento inutilizzabile, nella sua funzione di circonvallazione, proprio perché mancano gli ultimi 500 metri e la realizzazione della correlata pista ciclabile;
   durante questi due anni molti si sono svolte diverse conferenze di servizio e diversi altri incontri tecnico-politici, su proposta del comune di Campolongo Maggiore, senza però addivenire allo sblocco definitivo dell'opera;
   per il completamento dell'infrastruttura occorrono, secondo le stime dei tecnici, circa 700 mila euro;
   risorse che sono di fatto disponibili presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e che in base ad una tempistica resa nota nel marzo 2013 doveva vedere, entro la scorsa estate, la firma di un accordo di programma integrativo, tra Ministero e regione Veneto, per quanto riguarda le risorse mancanti, con il conseguente avvio delle procedure per la gara di completamento della circonvallazione, che si sarebbe dovuto avere entro la fine di quest'anno;
   l'accordo di programma integrativo risulta essere pronto presso il Ministero ma non ancora trasmesso alla regione Veneto per l'approvazione e la successiva sottoscrizione;
   mancando questa cornice è, pertanto, impossibile avviare la gara per l'affidamento dei lavori e l'impiego dei 700 mila euro per il completamento della circonvallazione –:
   se il Ministero sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali sono i problemi che ostacolano la sottoscrizione dell'accordo di programma integrativo tra Ministero delle infrastrutture e regione Veneto, e quali iniziative intenda pertanto attivare, al più presto, per lo sblocco delle risorse al fine di consentire il completamento della circonvallazione lungo la strada provinciale 14 nei pressi della frazione di Boion di Campolongo Maggiore.
(5-01739)


   MAGORNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Trenitalia, negli ultimi anni ha soppresso numerosi treni regionali e a lunga percorrenza da e per la Calabria, causando disagi oltre che per quanto riguarda il trasporto locale anche lungo le tratte a lunga percorrenza nei collegamenti ferroviari Nord-Sud;
   a seguito del nuovo orario ferroviario invernale, in vigore dal 16 dicembre 2013, è stato ulteriormente compromesso il diritto alla mobilità dei cittadini calabresi con tagli indiscriminati delle corse ferroviarie che interessano in particolare la tratta del Tirreno Cosentino che vede ogni giorno gli spostamenti di migliaia di pendolari che per lavoro, studio o quant'altro utilizzano il treno come unico mezzo di trasporto;
   in particolare la linea Paola-Cosenza è stata duramente penalizzata in quanto nella fascia oraria che va dalle ore 16.40 alle ore 18.55 non è previsto alcun treno in partenza verso il capoluogo di provincia, costringendo così i pendolari ad inutili, estenuanti, e poco confortevoli attese;
   inoltre, i cittadini del Tirreno Cosentino e della Calabria in genere, quotidianamente vivono gravi difficoltà causate dai ritardi, dai disservizi, dalla vetustà del materiale rotabile, dalle coincidenze quasi impossibili con treni a lunga percorrenza nonché dalla improvvisa e non preavvisata cancellazione di convogli ferroviari che impediscono agli stessi di raggiungere regolarmente la loro destinazione;
   il comprensorio del Tirreno Cosentino è un territorio a forte vocazione turistica con località di richiamo e pertanto i tagli indiscriminati di treni e collegamenti oltre ad arrecare un danno sociale, compromettono anche l'economia comprensoriale, acuendo la condizione di isolamento che da sempre caratterizza quest'area rispetto al resto della nazione –:
   se il Governo sia informato di quanto sopra esposto e, conseguentemente, quali iniziative il Ministro, per quanto di competenza, intenda assumere in maniera urgente nei confronti di Trenitalia, affinché venga qualificato il sistema della mobilità su ferro lungo il Tirreno Cosentino e siano ridotti al minimo i disagi degli utenti della linea ferroviaria locale con particolare attenzione ai pendolari che, quotidianamente, per lavoro o studio percorrono ogni giorno la tratta Paola-Cosenza. (5-01740)

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da anni la questione del trasporto pubblico locale e del pendolarismo costituisce uno dei più gravi problemi per la mobilità urbana ed extraurbana nazionale e attribuisce all'Italia un triste primato negativo in Europa in termini di mobilità sostenibile, sicurezza, abbattimento delle emissioni da traffico veicolare e diritti dei passeggeri;
   complessivamente sono al 2013 oltre 2 milioni e 861 mila i passeggeri sul servizio ferroviario regionale;
   dall'importante campagna sulla mobilità sostenibile «Pendolaria 2013» promossa annualmente da Legambiente si evince che fin dal 2009 mentre i passeggeri aumentavano del 17 per cento le risorse statali per il trasporto regionale si sono ridotte del 25 per cento. Come predetto sono quasi 3 milioni le persone che ogni giorno prendono il treno per andare a lavorare o a studiare;
   i clamorosi tagli alle risorse imposti dalla crisi negli ultimi anni dimostrano che per i Governi delle passate legislature la questione della mobilità pendolare è stata secondaria. Nel 2009 il totale dei fondi disponibili per i trasporti su gomma e su ferro corrispondeva a circa 6,1 miliardi di euro. Nel 2013 questa voce è di poco più di 4,9 miliardi. Poiché il totale necessario per il funzionamento dei trasporti pubblici locali sarebbe di 6,5 miliardi di euro;
   sull'autotrasporto invece sono piovuti dal 2000 al 2013, oltre 5,3 miliardi di euro. Tra fondi diretti e sconti sui pedaggi autostradali, per circa 500 milioni in media l'anno a cui vanno aggiunti 330 milioni di euro già stanziati per il 2014. Impressionante poi la disuguaglianza nel premiare i cantieri delle grandi opere a scapito della mobilità urbana e pendolare. I finanziamenti da parte dei Governi che si sono succeduti in questo decennio, attraverso la legge Obiettivo, hanno premiato per il 71,9 per cento gli investimenti in strade e autostrade;
   proprio in un momento di crisi economica come quello che stiamo attraversando, la mobilità pendolare e sostenibile diventa una necessità perché è proprio la crisi ad obbligare tante persone a spostarsi sui mezzo pubblici per risparmiare. Ad esempio sono 670 mila i pendolari lombardi e 560 mila quelli del Lazio. Si pensi che su alcune linee è come se ogni mattina si spostassero tutti gli abitanti di una città come Arezzo o Ancona. Paradossalmente negli anni sono state ridotte le corse e chiuse anche molte biglietterie nelle stazioni a fronte di aumenti delle tariffe non giustificati da alcun miglioramento. Ci si trova quindi di fronte a una questione nazionale e a una battaglia di civiltà nell'interesse dei cittadini;
   il 2014 sarà un anno fondamentale per ripensare e migliorare il servizio ferroviario in Italia, scadrà infatti il contratto nazionale di servizio che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha in corso con Trenitalia per gli intercity e i contratti di servizio in 12 regioni e nelle 2 province autonome di Trento e Bolzano. Si aprirà una stagione di gare per l'affidamento come da direttive europee –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della questione e della grave situazione in cui versa il trasporto locale e pendolare nelle maggiori aree metropolitane del Paese e se non si ritenga utile:
    a) dare certezza pluriennale di risorse: spostando il finanziamento della legge obiettivo dalla strada al ferro;
    b) approvare subito, di concerto con l'autorità di regolazione dei Trasporti, la carta dei servizi e dei diritti degli utenti;
    c) introdurre una detrazione fiscale vantaggiosa per gli abbonamenti al trasporto pubblico locale e ferroviario che allevierebbe le spese delle famiglie, specie in difficoltà;
    d) garantire nel nuovo contratto di servizio collegamenti ferroviari efficienti al Nord come al Sud tra i principali capoluoghi, integrati con il sistema di porti e aeroporti. (4-02986)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   PICIERNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 16 dicembre 2013 l'edizione serale del TG2, nel servizio di Valerio Cataldi, trasmetteva un video girato con un telefonino che mostrava il singolare trattamento riservato ai migranti nel centro di accoglienze di Lampedusa;
   nel video venivano mostrate file di migranti in attesa di essere sottoposti alla disinfestazione contro la scabbia. Le immagini risalgono al 13 dicembre 2013, in pieno inverno, ma i migranti sono denudati nel cortile del centro, in mezzo ad una folla di altri uomini in fila, mentre il personale medico decideva chi sottoporre al trattamento da scabbia;
   la profilassi prevede, di certo, l'utilizzo della pompa per la disinfestazione da scabbia, ma — come scrive Valerio Cataldi, autore del servizio — «il luogo, l'umiliazione, la perdita del senso di umanità che avvolge tutta quella situazione, è questo che lascia sgomenti»;
   tra le persone sottoposte al trattamento ci sarebbero eritrei, siriani, ghanesi, nigeriani, kurdi e, da quanto emergerebbe, anche alcuni sopravvissuti al nubifragio del 3 ottobre 2013;
   le immagini del TG2 riportano alla mente quelle tristemente note alla storia dei campi di concentramento. Ma si è nel centro di soccorso e prima accoglienza di Lampedusa. Gli operatori della Cooperativa Lampedusa sembrano agire con una quasi innaturale disinvoltura, quasi a rappresentare plasticamente il superamento di quel limite del trattamento disumano, che adesso sembrerebbe ordinaria quotidianità;
   risalgono a solo due mesi fa i nubifragi del 3 e dell'11 ottobre, una ecatombe in cui persero la vita circa 600 persone, le conseguenti reazioni indignate e le tante promesse ancora inevase –:
   se e quali iniziative intenda assumere al fine di procedere rapidamente alle necessarie verifiche delle condizioni del centro di accoglienza ed accertare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità;
   se intenda fin da subito avviare un processo di cambiamento verso un modello di accoglienza dei migranti, degli asilanti e dei rifugiati degno di un Paese civile, nella consapevolezza che, sebbene in una situazione emergenziale, nulla può giustificare trattamenti che poco hanno a che fare con il rispetto della dignità umana e dei diritti dell'uomo. (3-00522)


   CHAOUKI, REALACCI, ZAMPA e BONOMO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   nell'edizione delle 20,30, il Tg2 ha mandato in onda un servizio choc sulle condizioni degli immigrati all'interno del centro di soccorso e prima accoglienza di Lampedusa;
   un filmato mostrava immagini assolutamente orribili, girate di nascosto con un telefonino da un immigrato trattenuto nel centro, e riguardavano un trattamento antiscabbia al quale vengono sottoposti gli ospiti del centro di primo soccorso e accoglienza, una pratica che pare debba essere ripetuta periodicamente, addirittura ogni tre quattro giorni;
   il filmato mostrava uomini e donne, nudi, in fila, all'aperto, in un'area del centro di soccorso e prima accoglienza di Lampedusa mentre venivano irrorati con una pompa e del disinfettante dal personale della cooperativa che gestisce la struttura;
   tra loro vi erano eritrei, ghanesi, nigeriani e, stando a quanto riportato, anche diversi sopravvissuti al terribile naufragio del 3 ottobre 2013, che tanto sdegno, commozione e pubbliche assunzioni di impegno aveva suscitato;
   il sindaco di Lampedusa, Giusy Nicolini ha commentato «Come nei campi di concentramento» –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di dovere immediatamente fare chiarezza in merito a quanto avviene nel centro di soccorso e prima accoglienza di Lampedusa, poiché il modo, mostrato inequivocabilmente dalle sconcertanti immagini mandate in onda dal Tg 2, in cui viene effettuato il trattamento antiscabbia nel centro con i migranti, anche con queste rigide temperature invernali, disposti in fila nudi, lavati solo con una pompa e del disinfettante, non è degno di un Paese civile, e quali iniziative urgenti ed efficaci intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di individuare i responsabili di questa vergognosa vicenda. (3-00523)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è di questi giorni la polemica sulla condanna dell'esponente di Casa Pound Simone Di Stefano, arrestato e condannato per aver sostituito la bandiera dell'Unione europea con quella italiana;
   navigando in rete, su youtube nello specifico, alcuni cittadini hanno fatto notare un video, a giudizio dell'interrogante, vergognoso ed intollerabile;
   tale video riprende un centinaio di personaggi dei centri sociali dell'isola mentre applaudono due ragazzi che bruciano la bandiera italiana in pieno giorno, a Palermo, in presenza di centinaia di testimoni e vicino a numerosi esponenti delle forze dell'ordine;
   risulta di tutta evidenza la diversità di trattamento, sia dei funzionari di polizia che della magistratura, nei riguardi di questi due teppisti senza onore: condannato il primo (Simone Di Stefano) e ignorati i secondi (gli attivisti dei centri sociali);
   vale la pena ricordare che secondo l'interrogante quanto compiuto da questi due giovani può integrare gli estremi del reato previsto dall'articolo 292 del codice penale: «(Vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato). Chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. La pena è aumentata da euro 5.000 a euro 10.000 nel caso in cui il medesimo fatto sia commesso in occasione di una pubblica ricorrenza o di una cerimonia ufficiale. Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni. Agli effetti della legge penale per bandiera nazionale si intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali»;
   l'articolo del codice penale è chiaro e non necessita di commenti ulteriori. Si può solo immaginare cosa sarebbe accaduto se questi due ragazzi avessero compiuto lo stesso identico gesto in Francia, negli Stati Uniti o in Turchia –:
   se i funzionari di polizia abbiano provveduto ad identificare i responsabili del fatto e consegnarli alla giustizia;
   se un procedimento giudiziario sia già in corso a carico dei due soggetti e per quale ipotesi di reato;
   quali iniziative di competenza abbia intenzione di adottare il Ministro interrogato per contrastare comportamenti illegali come quelli descritti in premessa. (4-02987)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 29 novembre 2013 è stato attivato nel territorio di Milano e provincia il centralino unico di emergenza, denominato NUE (numero unico di emergenza), verso il quale vengono ormai convogliate tutte le chiamate dirette alla polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri, alla Guardia di finanza, al Corpo forestale dello Stato, al pronto soccorso del servizio sanitario nazionale ed ai vigili del fuoco;
   presso il NUE, destinazione finale di tutte le chiamate fatte dai cittadini utilizzando il 112, il 113, il 115, il 117, il 118 ed il 1515, un funzionario civile provvede allo smistamento delle telefonate, con l'effetto di allungare la procedura richiesta per l'attivazione del servizio richiesto d'urgenza, in circostanze emergenziali in cui la sollecitudine ha normalmente una speciale importanza;
   merita di essere sottolineato in questo contesto come al cittadino venga chiesto sostanzialmente di descrivere per telefono almeno due volte gli eventi che stanno determinando la sua richiesta di intervento immediato;
   qualora occorra attivare la polizia stradale, i passaggi necessari diventano addirittura tre, poiché allo smistamento da parte del funzionario civile preposto al NUE deve seguire quello operato dal personale della polizia di Stato;
   fino all'attivazione del NUE, personale specializzato dell'Arma dei carabinieri, della polizia di Stato, del Corpo od altro ente di appartenenza assicurava tempestivamente una risposta alla chiamata d'emergenza, anche perché al delicato incarico venivano destinati uomini e donne di provata esperienza operativa;
   in seguito all'attivazione del NUE nel territorio comunale e provinciale milanese, inoltre, al personale in pattuglia dell'Arma dei carabinieri e della polizia di Stato risulterebbe in particolare preclusa la facoltà di conferire direttamente con la propria centrale operativa, con conseguente necessità per il personale delle forze dell'ordine in servizio di far ricorso alle linee civili, pagando di tasca propria il costo delle chiamate;
   all'origine dell'introduzione del NUE ci sono disposizioni emanate dalle autorità dell'Unione europea –:
   quali misure il Governo intenda adottare per ridurre i disagi recati ai cittadini ed al personale delle forze di polizia dall'introduzione del NUE nel territorio comunale e provinciale milanese, e più in generale nel Paese. (4-02989)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1984 vieta ai docenti di svolgere ripetizioni private agli studenti dell'istituto in cui insegnano per evidenti motivi di incompatibilità con la funzione pubblica che svolgono;
   si hanno, purtroppo, segnalazioni da verificare di comportamenti in tante città non appropriati uniti al malcostume di avere in cambio delle ripetizioni compensi «in nero» –:
   quali dimensioni abbia l'eventuale violazione del decreto legislativo n. 297 del 1984 e quali fatti siano stati nel caso accertati negli anni passati;
   se non intenda promuovere una azione preventiva di sensibilizzazione nelle scuole pubbliche italiane al fine di assicurare piena trasparenza e correttezza alla funzione docente. (3-00521)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAON e GUIDESI. Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la contraffazione alimentare detta «agropirateria» si distingue in falsificazione degli alimenti ovvero nota come «frode di qualità» dove il prodotto viene modificato con la sostituzione, sottrazione e/o integrazione degli alimenti che lo compongono e falsificazione del marchio ovvero nota come «frode sull'origine» che riguarda la riproduzione abusiva del brevetto secondo il quale l'alimento è prodotto;
   una frode alimentare molto diffusa deriva, invece, dalla «falsa indicazione dell'origine per territorio dei prodotti». Sono colpiti, soprattutto, i prodotti italiani a maggior diffusione internazionale a danno ovviamente del made in Italy;
   le frodi nel settore agricolo e agroalimentare rappresentano un fenomeno preoccupante e, nonostante l'intensificarsi dei controlli, continuano a svilupparsi in maniera crescente;
   il Corpo forestale dello Stato svolge, tra gli altri compiti, anche funzioni di polizia agroalimentare ovvero controllo della filiera agroalimentare con repressione delle frodi alimentari, come la falsificazione dei prodotti che potrebbero causare danni alla salute e controllo del rispetto delle normative comunitarie;
   durante un'audizione del capo del Corpo forestale dello Stato svoltasi, il 3 ottobre 2013, presso la Commissione agricoltura della Camera dei deputati sono stati riportati i dati sull'attività svolta, fino al 30 settembre 2013, dal Corpo nell'ambito del settore agroalimentare indicando che sono stati effettuati oltre 4.700 controlli, più di 170 persone sono state denunciate e circa 700 sanzioni amministrative elevate, per un importo complessivo di circa euro 1.900.000, nonché oltre 160 notizie di reato;
   chi acquista cibo contraffatto spesso non ne è consapevole perché, a differenza di altre tipologie di prodotti, molti alimenti non sempre sono caratterizzati da un costo notevolmente più basso rispetto a quelli originali. Bisogna, però essere anche consapevoli che i prodotti venduti con l'etichetta made in Italy e con l'effigie della bandiera italiana, non sempre sono lavorati nel nostro Paese ma in aziende che hanno la loro sede in un altro Stato, quindi al di fuori dei requisiti e dei presupposti previsti dalle normative italiane in vigore;
   a fronte di 34 miliardi di export agroalimentare italiano si devono fare i conti con oltre 60 miliardi di prodotti che sembrano italiani, ma che in realtà non lo sono. È un mercato potenziale enorme, ma bisogna insistere per difendere i produttori italiani. La forza del sistema agroalimentare italiano si basa non solo sulla qualità, la tradizione e la bontà dei prodotti, ma anche sulla sicurezza alimentare e sui controlli;
   sembra che, in data 2 agosto 2013 il presidente di Federalimentari abbia scritto una lettera al Ministro interrogato per chiedere «a nome dell'industria alimentare italiana, nel rispetto della disciplina comunitaria armonizzata, di intervenire sul Corpo forestale dello Stato sospendendo le attività di controllo tuttora in atto che stanno causando, altresì, pesanti ripercussioni mediatiche ingiustamente dannose per chi tanto ha speso per la buona immagine del Paese»;
   a parere degli interroganti la missiva inviata dal presidente di Federalimentari al Ministro, chiedendo la sospensione dei controlli a tutela del made in Italy, se fosse vera è un fatto grave;
   a parere degli interroganti è ora di scrivere in maniera chiara sulle etichette la provenienza di un prodotto, e ripensare a un modello più trasparente, che lasci la possibilità di scelta al consumatore, libero di acquistare made in Italy o un prodotto agroalimentare, che ha altra provenienza;
   il sistema dell'agroalimentare di qualità deve ristrutturarsi profondamente, sposando una etichettatura rigorosa e dotandosi di strumenti di controllo che garantiscano trasparenza e remunerazione adeguata a tutti gli agricoltori che scelgono la strada della qualità –:
   quale sia stata la risposta del Ministro alla lettera summenzionata e quali azioni intenda intraprendere al fine di salvaguardare le attività di controllo per la sicurezza e tutela dei prodotti agroalimentari made in Italy;
   quali misure di competenza, con specifico riferimento al commercio con l'estero, intenda avviare per prevenire le pratiche fraudolente o ingannevoli ai danni del made in Italy o in grado di trarre in inganno il consumatore;
   quali determinazioni intenda trasmettere alle autorità di controllo e, in particolare, al Corpo forestale dello Stato, per applicare la definizione precisa dell'effettiva origine degli alimenti, secondo quanto stabilito dall'articolo 4, commi 49 e 49-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sulla tutela del made in Italy.
(5-01742)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 23 novembre 2013, il cratere di sud-est ha prodotto una spettacolare eruzione durata qualche settimana;
   l'attività eruttiva ha prodotto numerose e forti esplosioni accompagnate da potenti boati. Si sono formate due o tre piccole colate di lava in direzione sud ed in direzione est;
   questa attività eruttiva, come si può facilmente accertare dai numerosi video pubblicati su internet e dai numerosi articoli di stampa, ha causato enormi danni alle popolazioni ed alle attività economiche, soprattutto agricole;
   la giunta regionale siciliana, su proposta del direttore generale della protezione civile, ha, conseguentemente, approvato la dichiarazione di stato di calamità per i seguenti comuni della provincia di Catania: Adrano, Biancavilla, Castiglione di Sicilia, Calatabiano, Fiumefreddo di Sicilia, Linguaglossa, Piedimonte Etneo, Mascali, Milo, Sant'Alfio. Per quanto riguarda, invece, la provincia di Messina, i comuni interessati sono Castelmola, Giardini Naxos, Letojanni e Taormina;
   secondo quanto hanno dichiarato i massimi vertici della regione siciliana, la dichiarazione si è resa necessaria per i rischi alla salute umana che si creano per l'emissione di ceneri, nonché per i rischi alla circolazione sia veicolare che pedonale, per l'intasamento dei tombini e delle caditoie, per le attività produttive e per gli insediamenti industriali, agricoli e turistici;
   proprio in questo momento, il vulcano Etna ha ripreso la sua attività eruttiva continuando a provocare danni e disagi a cose e persone e non si riesce a prevedere la fine di questa eruzione;
   a giudizio dell'interrogante, il Ministro interrogato dovrebbe dichiarare lo stato di calamità per i territori dei comuni individuati dalla regione siciliana colpiti da questi eccezionali eventi vulcanico-atmosferici;
   a giudizio dell'interrogante si dovrebbe prevedere, per almeno l'immediato anno prossimo venturo, lo sgravio o l'eliminazione dei contributi agricoli, la riduzione del 50 per cento dei redditi domenicali e agricoli dei terreni catastali e l'erogazione di maggiori e migliori aiuti economici destinati al sostentamento del settore agricolo in generale e degli agricoltori nello specifico –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-02984)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
I Commissione:


   DADONE. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   in vista della giornata internazionale contro la corruzione, che si celebrerà il prossimo 9 dicembre, è stato diffuso dall'associazione Transparency international l'edizione del perception corruption index, una sorta di classifica mondiale della corruzione che sintetizza in un unico indicatore le valutazioni di 13 organismi indipendenti;
   in questa graduatoria l'Italia è posizionata al sessantonovesimo posto su 175. Prima del nostro Paese si sono classificati stati quali Cuba, il Ghana, il Ruanda e la Namibia, solo per fare alcuni esempi. Tra gli Stati europei l'Italia risulta addirittura terzultima, a pari merito con la Romania e seguita esclusivamente da Bulgaria e Grecia;
   la corruzione in Italia, oltre che come fenomeno di malaffare e come elemento di discredito dell'immagine internazionale del nostro Paese, si configura sempre di più come uno dei fattori strutturali che rallenta la crescita economica del nostro Pil. La Corte dei conti ha stimato in circa 60 miliardi di euro annui il costo della corruzione, una cifra enorme che vale da sola come diverse leggi di stabilità e si traduce in una enorme zavorra che il nostro sistema economico e sociale subisce: nessuna economia può reggere un tale costo, che altro non è che una tassa occulta sui cittadini estranei all'accordo criminale;
   è assunto condiviso che l'illegalità e la corruzione tendano a essere costanti nel tempo: si può riscontrare un'improvvisa contrazione solo quando l'emersione degli scandali è tale da innalzare esponenzialmente il «costo del rischio» del mercato illegale, rendendo l'accordo corruttivo «diseconomico». Ad esempio, negli appalti banditi dopo «Tangentopoli» il prezzo pagato dagli enti pubblici è calato in media del 40-50 per cento (dai 300-350 miliardi di lire per chilometro della metropolitana di Milano si è passati a 150-250 miliardi...);
   la lotta all'illegalità e alla corruzione, anche quando riguarda le diffuse condotte di «malamministrazione», svolge un ruolo chiave per l'economia di un Paese, in quanto consente di liberare energie vitali compresse, che possono aiutare lo sviluppo dei mercati, e favorisce situazioni di emersione delle attività economiche che giovano al sistema generale della fiscalità;
   per contrastare il fenomeno della corruzione è stata approvata la legge n. 190 del 2012 e come previsto da quella stessa legge è stato recentemente varato dalla Civit, nella sua qualità di Autorità anticorruzione, il piano nazionale anticorruzione;
   la corruzione, come specifica lo stesso piano nazionale anticorruzione, va combattuta a diversi livelli, tra i quali quello normativo e di prevenzione –:
   quali misure specifiche e risorse siano già state destinate o saranno destinate alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni corruttivi che si verificano nel nostro Paese. (5-01744)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MAESTRI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio di Parma e Piacenza è stata istituita il 16 maggio 2005 ed ha competenza su circa il 40 per cento del territorio della regione Emilia-Romagna, un'area densa di edifici monumentali e di complessi paesaggistici di rilevante interesse culturale;
   ad oggi risultano assegnati alla soprintendenza n. 15 unità delle quali 6 in posizione di comando da altri enti;
   a causa della prossima scadenza del termine temporale massimo di tre anni di comando, come previsto dall'articolo 13, comma 2, della legge 4 novembre 2010, n. 183, tra la fine del 2013 e i primi mesi del 2014, la gran parte del personale comandato, a Parma e in Emilia-Romagna, dovrà rientrare nelle amministrazioni di provenienza;
   si tratta di personale che presta servizio presso gli uffici periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo da molti anni, nel corso dei quali ha acquisito esperienza e specifiche competenze ritenute ormai fondamentali;
   è doveroso ricordare, tuttavia, che anche la soprintendenza di Parma e Piacenza è ancora impegnata nella gestione di situazioni «post emergenziali» conseguenti al sisma del 2008 e del gennaio 2012, tra le quali interventi di ripristino del Castello di Torrechiara e della Reggia e del duomo di Colorno (Parma) –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della circostanza sopradescritta e della situazione di grave pregiudizio al funzionamento degli uffici periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo qualora i comandi in corso non fossero rinnovati;
   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere una specifica iniziativa normativa che consenta il definitivo trasferimento, a richiesta, del personale comandato presso gli uffici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e proveniente da altre amministrazioni.
(5-01743)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero della salute ha di recente emanato il decreto ministeriale n. 25 del 2012, recante norme idonee alla tutela del consumatore finale, nell'ambito di qualsiasi apparecchiatura destinata al trattamento dell'acqua potabile. Il decreto recepisce specifiche normative comunitarie al fine di disporre precisi obblighi per i produttori degli impianti/filtri; obblighi che concernono anche l'autorizzazione e la certificazione da parte del Ministero della salute della idoneità di detti sistemi. Ciò, affinché si immettano sul mercato prodotti sicuri ad un livello tale da tutelare al massimo il consumatore. Detto regolamento è a tutt'oggi inattuato, sia in ambito pubblico che domestico;
   ferma restando la certificazione di rispondenza ai requisiti di sicurezza, occorre verificare la presenza, nella documentazione resa obbligatoria dalla su indicata normativa, del certificato di conformità ex decreto ministeriale n. 174 del 2004 ed ex articolo 9 del decreto legislativo n. 31 del 2001;
   si ricorda inoltre che il produttore deve indicare sulla confezione di ogni apparecchiatura le seguenti specificazioni:
    finalità specifiche cui l'apparecchio è destinato;
    i valori dei parametri ex decreto legislativo n. 31 del 2001 come modificati dall'apparecchiatura;
    il periodo di utilizzo;
    le prestazioni garantite nel periodo ritenuto utile;
   occorre verificare che siano rispettate le indicazioni del produttore o distributore contenute nel manuale d'uso, come prescritto, affinché la loro puntuale osservanza faccia sì che le prestazioni dell'apparecchiatura rimangano entro livelli dichiarati dal produttore;
   occorre verificare che sia presente il riferimento alle analisi chimiche e chimico-fisiche dell'apparecchio utili al produttore per la definizione delle condizioni d'uso, della manutenzione, del periodo di utilizzo dell'apparecchiatura;
   occorre verificare la presenza nel manuale d'istruzioni della dicitura: «apparecchiatura per il trattamento di acque potabili», mentre sugli opuscoli informativi e/o pubblicitari occorre verificare la presenza della dicitura: «Attenzione: quest'apparecchiatura necessita di una regolare manutenzione periodica al fine di garantire i requisiti di potabilità dell'acqua trattata ed il mantenimento dei miglioramenti come dichiarati dal produttore»;
   un chiaro esempio del mancato rispetto del decreto ministeriale n. 25 del 2012 è facilmente riscontrabile in apparecchiature presenti nei luoghi pubblici, come distributori automatici del caffè. È difficile pensare che una legge così importante per la salute del cittadino sia disattesi e che i relativi controlli non siano compiuti dagli organi competenti in materia. Infatti, la gran parte di distributori del caffè presenti nelle strutture pubbliche quali scuole, ospedali, caserme, e altro, sono forniti di un sistema di filtraggio non idoneo a quanto disposto dallo stesso Ministero della salute –:
   se sia a conoscenza di questa situazione e quali azioni intenda mettere in campo affinché sia rispettato il decreto ministeriale n. 25 del 2012. (5-01737)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'associazione delle piccole imprese dell'Aquila torna a porre l'accento sul problema della restituzione delle tasse e dei contributi sospesi dopo il sisma;
   le imprese denunciano un ingiustificato silenzio dopo i clamori di qualche tempo fa, che avevano condotto a una audizione in consiglio comunale, alla presenza del sottosegretario Giovanni Legnini;
   la restituzione di tasse, tributi e contributi è un argomento di vitale importanza per la sopravvivenza economica delle imprese locali che auspicano una presa di posizione chiara del Governo e delle istituzioni;
   dopo il drammatico terremoto dell'Aquila ci fu un provvedimento che sospese il pagamento delle imposte per le imprese all'interno del cratere: provvedimento a più riprese sospeso e riproposto in aula dal Governo, che ha rimandato all'Unione europea la decisione finale;
   la decisione definitiva, da parte dell'Unione europea, sulla procedura di infrazione aperta nei confronti del Governo e sulla vicenda della restituzione delle tasse sospese, è attesa per la fine di gennaio –:
   se il Governo non intenda intervenire al più presto per fare chiarezza definitivamente sulla restituzione delle imposte che rischia di compromettere la sopravvivenza delle piccole imprese aquilane.
(3-00520)

Interrogazione a risposta scritta:


   FANTINATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato lo schema di procedura per l'autorizzazione allo svolgimento dei corsi di formazione per i certificatori energetici degli edifici, le uniche figure professionali abilitate a redigere l'Attestato di prestazione energetica (APE);
   l'autorizzazione ministeriale per i corsi è prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 75 del 2013, in vigore dal 12 luglio 2013, che ha fissato i criteri di accreditamento degli esperti e degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici, il cosiddetto APE (attestato di prestazione energetica);
   la direttiva 2010/31/Ue sulla prestazione energetica in edilizia prevede l'obbligatorietà della certificazione per tutti i trasferimenti;
   il Ministero dello sviluppo economico spiega che «l'Attestato di Prestazione Energetica è uno tra gli strumenti più importanti per valorizzare, anche a fini commerciali, la qualità energetica ed ambientale di un immobile. Esso costituisce, inoltre, la premessa per la creazione di nuove figure professionali dedicate e la specializzazione di quelle esistenti. Nell'ambito della politica di promozione dell'efficienza energetica il Governo, con il decreto-legge n. 63 del 2013 (Ecobonus), convertito con modificazioni dalla legge n. 90 del 2013, ha recentemente rafforzato questo strumento»;
   il Governo, nella bozza di disegno di legge su sviluppo e semplificazione collegato alla legge di stabilità 2014, prevede l'eliminazione dell'obbligo di allegazione dell'APE in caso di trasferimento di immobili a titolo gratuito e di sanzionare con una semplice multa di 500 euro quelli di compravendita e locazione privi di tale certificazione, ritenendoli comunque validi;
   in Italia, pur in assenza di una tariffazione ufficiale per la redazione di un attestato di prestazione energetica – i minimi tariffari sono stati aboliti dal cosiddetto decreto Bersani – il prezzo di una certificazione è, per le diverse tipologie edilizie, superiore alla sanzione prevista dal Governo in caso di assenza;
   la semplificazione contenuta nello schema di disegno di legge «Sviluppo» ha suscitato le proteste dei professionisti per un contesto normativo in continua evoluzione che da un lato persegue la responsabilizzazione del certificatore – il quale rischia sanzioni penali nel caso di errata redazione APE –, dall'altro svilisce il compito del professionista, prevedendo sanzioni non consone all'importanza, alla responsabilità e alla complessità del lavoro da effettuarsi;
   sono molti i progettisti che hanno sostenuto ingenti spese per l'acquisto dei software indispensabili per la redazione dell'APE proprio in virtù della sua obbligatorietà;
   pur avendo, più volte, ribadito di confidare nello sviluppo del comparto dell'efficienza energetica, ritenendolo in grado di sviluppare centinaia di migliaia di posti di lavoro, il Governo di fatto, e a stagioni alterne, ritorna sui propri passi contribuendo a ridicolizzare il contenuto dell'APE, del settore e del lavoro dei professionisti –:
   quali iniziative s'intendano adottare al fine di portare chiarezza e affidabilità all'interno di un quadro normativo che all'interrogante pare confuso e instabile, azioni che abbiano l'obiettivo di garantire il giusto peso al settore dell'efficienza energetica;
   se, fermo restando il pagamento della sanzione amministrativa prevista in caso di assenza di certificazione, non si ritenga opportuno che siano dichiarati comunque nulli i contratti non conformi. (4-02993)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Gagnarli e altri n. 7-00193, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Baldassarre, Nicola Bianchi, D'Ambrosio, Prodani, Baroni, Nuti, Di Benedetto, Di Vita, Cancelleri, Mannino, Grillo, Marzana, Lorefice, D'Uva, Rizzo, Villarosa, Ferraresi, Scagliusi, Bechis, Segoni.

  La risoluzione in Commissione Gagnarli e altri n. 7-00206, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: De Lorenzis, Businarolo, Spessotto, Mannino, Terzoni, Cristian Iannuzzi, Bechis, Busto.