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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 12 dicembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VI e VIII,
   premesso che:
    con il termine amianto si comprende un gruppo di sei minerali silicatici (i.e. crisotilo, crocidolite, amosite, tremolite, actinolite, antofillite) che si ritrovano naturalmente nelle rocce ed, a causa della loro aspetto asbestiforme (i.e. cristalli fibrosi con lunghezza superiore od uguale a 5 – e rapporto di allungamento (L : D) maggiore od uguale a 3 : 1), sono considerati tra i materiali naturali più pericolosi per l'essere umano;
    la loro pericolosità consiste, come riconosciuto dalle autorità sanitarie e da ricerche medico-scientifiche, nella capacità di rilasciare fibre potenzialmente inalabili che penetrando nella profondità dei polmoni possono provocare gravi malattie come asbestosi, mesiotelioma a carcinoma polmonare;
    fino agli anni novanta purtroppo i materiali amiantiferi hanno avuto un grande utilizzo nell'industria perché la loro struttura fibrosa resiste al fuoco e al calore, all'azione di agenti chimici e biologici, all'abrasione e all'usura, hanno un'alta resistenza meccanica ed un'alta flessibilità, presentano proprietà fonoassorbenti e termoisolanti e si legano facilmente con materiali da costruzione (calce, gesso, cemento) e con alcuni polimeri (gomma, PVC). Per anni sono stati considerati materiali versatili a basso costo, e sono stati utilizzati per la preparazione di materiali quali cemento-amianto, termo e fono isolanti, tessili per l'edilizia sia pubblica che privata;
    solo a seguito di ricerche medico-scientifiche ed al crescente insorgere di patologie polmonari gravi, riscontrate già a partire degli anni ottanta, a carico dei lavoratori del settore con alta esposizione alle fibre di amianto, la comunità tutta ha iniziato a ritenere l'utilizzo e l'esposizione – professionale e non – alle fibre di amianto un grave pericolo per la salute umana ed a considerare l'amianto un contaminante ambientale;
    le fibre di asbesto, inalate provocano gravi patologie dell'apparato respiratorio (l'asbestosi, il tumore maligno del polmone e della laringe e il mesotelioma pleurico) e neoplasie a carico di altri organi, il mesotelioma peritoneale, pericardico e della tunica vaginale del testicolo, e il tumore maligno dell'ovaio. Causano inoltre placche pleuriche e inspessimenti pleurici diffusi. Alcuni studi suggeriscono che sia causa di tumori maligni in ulteriori sedi, quale l'apparato digerente. Queste patologie sono caratterizzate da un lungo intervallo di latenza tra l'inizio dell'esposizione e la comparsa della malattia, intervallo che, nel caso del mesotelioma, è in genere di decenni. È, inoltre, ben noto che l'amianto ha rappresentato in passato un rischio oltre che per i lavoratori anche per i loro familiari, che potevano respirare le fibre portate a casa ad esempio con gli abiti da lavoro. Infine, è riconosciuto un rischio di mesotelioma anche a seguito di esposizione ad amianto di natura ambientale sia antropica (per la residenza nei pressi di industrie o di siti con importante inquinamenti ambientali e per il riutilizzo del materiale di scarto), sia in particolari aree dove sono presenti affioramenti naturali di minerali fibrosi. In queste ultime condizioni è stato rilevato anche un incremento delle patologie pleuriche benigne. Nella casistica del Registro nazionale italiano dei mesoteliomi (ReNaM) circa l'8-10 per cento dei casi per i quali sono state ricostruite le modalità pregresse di esposizione è risultato esposto per motivi ambientali (la residenza) o per motivi familiari (la convivenza con familiari professionalmente esposti). L'analisi dei dati forniti dagli studi epidemiologici che mettono in relazione la patologia con l'esposizione subita, indica che il rischio di patologie da amianto cresce in funzione dell'intensità di esposizione, della durata e del loro prodotto (dose cumulativa), anche per le patologie neoplastiche;
    sulla base di queste considerazioni, oltre alla legge numero 257 del 1992 che ha vietato nel nostro Paese l'estrazione, l'importazione, l'esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, sono stati emanati alcuni decreti e circolari applicative con l'obiettivo di gestire il potenziale pericolo derivato dalla presenza di amianto negli edifici, manufatti e coperture;
    dopo la cessazione delle lavorazioni, tuttavia, resta da gestire la presenza di grandi e diffuse quantità di materiali contenenti amianto in matrice friabile, negli edifici civili e industriali, negli impianti e nei mezzi di trasporto (in particolare in quelli navali) e di altrettanto rilevanti presenze di materiali contenenti amianto in matrice compatta il cui progressivo deterioramento, anche semplicemente dovuto alla vetustà del materiale, può essere causa di rilascio di fibre e di conseguente rischio per la salute e per l'ambiente;
    le metodologie di bonifica tradizionali da materiali amiantiferi, previste dalla legge n. 257 del 1992 e dal relativo decreto ministeriale 6 settembre 1994, comportano interventi specializzati, che molto spesso per l'alto costo richiesto non vengono effettuati con tempismo e consistono in: (i) rimozione dei materiali di amianto e loro conferimento in discariche speciali, (ii) incapsulamento e (iii) confinamento. La messa in sicurezza dei rifiuti derivanti dalla rimozione (i) è sempre più problematica per diversi motivi tra cui la difficoltà a rendere sostenibile per l'ambiente la creazione di nuove discariche dedicate e le difficoltà economiche che i gestori di discariche dovrebbero sopportare per l'adeguamento alla nuova normativa;
    il decreto del 29 luglio 2004 n. 248, ha introdotto ulteriori possibilità di recupero dei rifiuti contenenti amianto definendo i trattamenti e i processi che conducono alla totale trasformazione cristallochimica dell'amianto (i.e. pirolisi, carbonatazione). Tali trattamenti, se adeguatamente realizzati, permettono di evitare il conferimento in discarica e il riutilizzo del prodotto trattato;
    secondo quanto denunciato dal Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) nel 2002, dalle associazioni ambientaliste e dall'Associazione italiana esposti amianto sono più di 32 milioni le tonnellate di amianto nel Paese (per un totale di 8 milioni di metri cubi) ed oltre 34 mila i siti da bonificare;
    sempre secondo quanto dichiarato dalle associazioni ambientaliste e dalla «Associazione Italiana Esposti Amianto», la bonifica dei siti contaminati «procede lentamente» tanto che «ai ritmi attuali dovremmo convivere con l'amianto almeno fino al 2100»;
    secondo i dati elaborati da Legambiente, inoltre, sono in attesa di bonifica circa 50 mila edifici pubblici e privati e 100 milioni di metri quadrati strutture in cemento-amianto, a cui vanno aggiunti 600 mila metri cubi di amianto friabile;
    nel novembre 2012 si è svolta a Venezia la seconda Conferenza governativa nazionale sull'amianto, nel corso della quale sono stati indicati gli obiettivi da perseguire in questa nuova e ultima fase della lotta per la completa eliminazione della fibra nociva dall'Italia;
    il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Corrado Clini, nel corso della conferenza governativa, parlò di 40 mila siti censiti in Italia con rilevanti tracce di amianto, di questi almeno 400 importanti dal punto di vista della contaminazione; 2 miliardi e mezzo di metri quadrati di coperture ancora da bonificare e quasi 16 mila mesoteliomi maligni rilevati in Italia tra il 1993 e il 2008;
    secondo l'Ufficio internazionale del lavoro, sono circa 120.000 i decessi causati nel mondo ogni anno da tumori provocati dall'esposizione all'amianto e sono circa 4.000 quelli risultanti in Italia;
    nei prossimi decenni, stante il lungo periodo di latenza della malattia, che può anche superare i 30 anni, si avrà, anche in Italia, un ulteriore forte incremento dei decessi provocati dall'amianto, incremento che raggiungerà l'apice tra il 2015 e il 2025 (e, secondo alcuni esperti, addirittura nel 2040);
    oltre al problema della rimozione dell'amianto che, come è stato rilevato, procede molto lentamente, desta particolare preoccupazione la connessa necessità di gestire in sicurezza l'immensa quantità di rifiuti contenenti amianto prodotti;
    il 14 marzo 2013 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulle minacce per la salute legate all'amianto e sulle prospettive di eliminazione di tutto l'amianto esistente; si tratta di un importante atto del Parlamento europeo a favore del riciclo del rifiuto amianto; nella risoluzione si afferma che il conferimento dei rifiuti di amianto in discarica non è il sistema più sicuro per eliminare definitivamente il rilascio di fibre di amianto nell'ambiente, in particolare nell'aria e nelle acque di falda. La risoluzione raccomanda inoltre «per quanto riguarda la gestione dei rifiuti di amianto, l'adozione di misure – con il consenso dei cittadini interessati – volte a promuovere e sostenere tanto la ricerca nell'ambito delle alternative ecocompatibili quanto le tecnologie che se ne avvalgono, nonché a garantire procedimenti quali l'inertizzazione dei rifiuti contenenti amianto, ai fini dell'inattivazione delle fibre di amianto attive e della loro conversione in materiali che non mettono a repentaglio la salute pubblica»;
    nel mese di aprile 2013 è stato presentato il Piano nazionale amianto. In tale documento si rimarca il rischio di mesotelioma dovuto anche all'attività non professionale come ad esempio «l'esposizione ambientale o paraoccupazionale». Lo schema del Piano nazionale amianto rimarca inoltre «la drammatica carenza di siti di smaltimento sul territorio nazionale, che pone, con forza, un duplice ordine di priorità. Da un lato è necessario promuovere la ricerca e la sperimentazione di metodi alternativi allo smaltimento in discarica, anche in considerazione del fatto che eventuali tecniche di recupero in sicurezza di tali materiali possono comportare decisivi risparmi di risorse finanziarie pubbliche in conseguenza della riduzione dei costi di smaltimento. Dall'altro è necessario superare le lacune della Pianificazione Regionale e le difficoltà che a livello territoriale e nazionale ostacolano o, quantomeno, rallentano la realizzazione di impianti di smaltimento o recupero di rifiuti»;
    va rimarcato come il Piano nazionale amianto, sottoposto alla Conferenza unificata nella seduta del 10 aprile 2013, si è sostanzialmente «bloccato» per le osservazioni di carattere finanziario avanzate dal Ministro dell'economia e delle finanze;
    proprio per avviare concrete politiche di smaltimento il decreto-legge n. 83 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge numero 134 del 2012, all'articolo 11, ha introdotto la possibilità di detrarre del 50 per cento gli oneri per le opere di ristrutturazione e di efficientamento energetico che riguardano anche la bonifica dell'amianto. Tale detrazione copre un tetto massimo di spesa fino a 96.000 euro;
    la detrazione del 50 per cento per la bonifica amianto è attiva dal 23 giugno 2012 e terminerà il 30 dicembre 2013;
    alla luce di quanto esposto in premessa appare evidente la necessità di prorogare, se non stabilizzare, tale detrazione soprattutto per promuovere e incentivare la bonifica degli edifici dall'amianto, sia con metodologie tradizionali che con nuovi metodi di trasformazione definitiva dell'amianto (tramite pirolisi o carbonatazione) e tutelare la salute pubblica;
    il 15 maggio 2013 la Commissione ambiente e territorio della Camera dei deputati ha approvato un documento che promuove politiche di incentivazione per gli investimenti in edilizia di qualità: in particolare la risoluzione (numero 8-00001) che impegna il Governo, tra l'altro, a rafforzare le politiche ambientali e a favorire l'edilizia di qualità ed energeticamente efficiente attraverso iniziative dirette alla riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare, in particolare assumendo iniziative dirette a dare stabilità, se non ad incrementare, all'agevolazione fiscale del 55 per cento per l'efficientamento energetico degli edifici (secondo quanto dispone l'articolo 11 del decreto-legge numero 83 del 2012);
    in data 30 luglio 2013, il Governo ha accolto un ordine del giorno (numero 9/01310-A/008 alla legge numero 90 del 2013, a prima firma del deputato Luigi Dallai) che lo impegna a «valutare la possibilità di stabilizzare nel primo provvedimento utile» «l'agevolazione fiscale per le opere di ristrutturazione e di efficientamento energetico che riguardano la bonifica dell'amianto (introdotta dall'articolo 11 della legge n. 134 del 2012), sia con metodi tradizionali che con trasformazione definitiva dell'amianto»;
    esponenti del Governo hanno già manifestato la necessità di stabilizzare gli incentivi previsti dall'articolo 11 del decreto-legge numero 134 del 2012, sia l'articolo 11 del decreto-legge numero 83 del 2012;
    va inoltre segnalato come le politiche di incentivazione per gli investimenti in edilizia di qualità hanno rappresentato un importante volano per la ripresa economica ed occupazionale del nostro Paese, aggravata dalla recessione ancora in atto,

impegnano il Governo:

   ad avviare la revisione della normativa in materia di protezione della popolazione dai rischi dell'amianto attraverso la semplificazione ed aggiornamento della cospicua normativa esistente anche ricorrendo alla formulazione di un testo unico che armonizzi le oltre 100 leggi esistenti;
   a reperire le risorse per la definitiva approvazione e applicazione del Piano nazionale amianto;
   a ripristinare gli extra-incentivi per la sostituzione dell'eternit con il fotovoltaico tra gli strumenti per finanziare e accelerare le bonifiche, uno strumento cancellato dai recenti conti energia, nonostante abbia portato alla rimozione di oltre 20 milioni di metri quadrati di eternit dai tetti e all'installazione di 2.159 megawatt da fonti energetiche pulite e rinnovabili;
   a rafforzare azioni e interventi per la bonifica dei siti inquinati da amianto, promuovere e finanziare adeguatamente la ricerca sul fronte dello smaltimento sia con metodologie tradizionali che con nuove metodologie di trasformazione definitiva dell'amianto medesimo (tramite pirolisi o carbonatazione), in particolare provvedendo a stabilizzare, nel primo provvedimento utile ed alla luce di quanto esposto in premessa, l'agevolazione fiscale per le opere di ristrutturazione e di efficientamento energetico che riguardano la stessa bonifica dell'amianto (introdotta dall'articolo 11 della legge numero 134 del 2012), al fine di tutelare la salute dei cittadini e promuovere politiche efficaci per l'edilizia di qualità capaci di dare impulso all'economia ed all'occupazione del settore;
   a completare la mappatura dell'amianto sul territorio nazionale, sulla base delle «Linee Guida per la corretta acquisizione delle informazioni relative alla mappatura del territorio nazionale interessato gialla presenza di amianto», predisposte nel giugno 2012 e diramate a tutte le regioni così da consentirne una omogenea e corretta applicazione su tutto il territorio nazionale;
   ad individuare nuovi siti di stoccaggio dei rifiuti contenenti amianto favorendo nel contempo la ricerca diretta a sviluppare tecniche di gestione di tali rifiuti che diano maggiori garanzie dal punto di vista sanitario e ambientale, quali le tecniche di inertizzazione/vetrificazione, come, peraltro, richiesto dal Parlamento europeo con la citata risoluzione del marzo 2013;
   a dare maggior impulso alle iniziative di informazione della popolazione e dei lavoratori interessati, sui rischi connessi alla presenza dell'amianto negli ambienti di vita e di lavoro, con particolare riferimento alle strutture dedicate all'infanzia e alla cura.
(7-00203) «Dallai, Fregolent, Gadda, Braga, Realacci, Bratti, De Menech».


   Le Commissioni VI e VIII,
   premesso che:
    in Italia gli effetti della perdurante situazione di crisi si ripercuotono anche sulla situazione abitativa, colpendo pesantemente un bene primario, come la casa, che rappresenta non soltanto un bene economico ma un fondamentale fattore di integrazione, inclusione e coesione sociale;
    da un recente documento unitario della Conferenza delle regioni, ANCI, Federcasa, CGIL, CISL e UIL emerge che più di una famiglia su dieci vive in condizioni di povertà relativa e una su venti di povertà assoluta; il 57 per cento percepisce un reddito inferiore a quello medio e il 22 per cento vive in una situazione di disagio economico;
    i costi dell'abitare rappresentano spesso un ostacolo per l'accesso al mercato abitativo; molte famiglie non riescono più a sostenere i costi dei mutui o dei canoni di affitto, delle spese energetiche e di gestione, data la loro eccessiva incidenza rispetto ad un livello di reddito troppo basso e talvolta alla perdita del lavoro da parte di uno o più componenti del nucleo familiare;
    nel nostro paese il 72,4 per cento delle famiglie vive in case di proprietà, mentre solo il 18 per cento del patrimonio abitativo è affitto, contro il 58 per cento della Germania, il 40 per cento dell'Austria e il 39 per cento della Francia; il divario con gli altri paesi europei cresce se si guarda all'offerta di abitazioni di edilizia residenziale pubblica: il 4 per cento in Italia contro il 32 per cento dell'Olanda, il 23 per cento per cento dell'Austria e il 17 per cento della Francia, nonostante siano stimate in 650.000 le domande di aventi titolo per l'accesso all'edilizia sociale giacenti presso comuni ed ex Iacp;
    un aspetto particolarmente critico è dato dallo squilibrio esistente tra i diversi regimi di locazione presenti nel nostro paese, a seguito della riforma del 1998; da un'analisi dei contratti abitativi registrati, risultano 615.000 le locazioni di natura concordata – i cui canoni calmierati sono cioè oggetto di accordi territoriali con la proprietà – mentre sono quasi 3,5 milioni i contatti di locazione a canone di libero mercato;
    questa situazione ha comportato aumenti dei canoni di affitto libero oltre il 100 per cento nell'ultimo decennio e condizioni di affitto spesso insostenibili per diverse categorie sociali: oltre 4 milioni di giovani tra i 25 e 39 anni risiedono ancora nella famiglia di origine; 4 milioni di lavoratori stranieri vivono in affitto e l'80 per cento in condizioni di coabitazione e spesso di sovraffollamento;
    un dato impressionante è rappresentato dall'aumento negli ultimi anni del numero di sentenze di sfratto emesse, 265.000 negli ultimi cinque anni; da dati ANCE nel 2012 sono stati emessi 67.790 sfratti di cui il 90 per cento per morosità incolpevole degli inquilini, cresciuti in percentuale del 77,4 per cento dal 2007;
    a fronte di tale situazione il nostro Paese manca da troppi anni di una politica abitativa che vada oltre la logica di interventi frammentari ed emergenziali, a causa dell'assenza di finanziamenti stabili, di una ripartizione di compiti e funzioni conflittuale tra livello nazionale e regionale e di misure di natura fiscale e di sostegno al disagio abitativo del tutto inadeguate;
    dopo l'esaurimento dei finanziamenti provenienti dalle ritenute Gescal sulla fiscalità generale (1998) i finanziamenti per l'edilizia sociale si sono bruscamente interrotti; a ciò si somma l'ambiguità interpretativa derivante dalla riforma del titolo V della Costituzione rispetto ai compiti del livello centrale in materia di politiche abitative e l'assenza nel nostro paese di una definizione univoca di edilizia sociale, coerente con la normativa europea vigente, che hanno concorso ad un progressivo ritirarsi dell'impegno dello Stato nel finanziamento del settore. Le ultime risorse per il finanziamento di interventi di edilizia residenziale pubblica risalgono allo stanziamento previsto dal decreto-legge n. 159 del 2007 per l'attivazione del Programma straordinario di interventi di edilizia sociale del Governo Prodi; risorse trasferite ai territori solo dopo un lungo contenzioso ed un iter complesso che ne ha ritardato l'efficacia;
    il successivo Piano nazionale di edilizia abitativa del 2008 non ha fin qui prodotto risultati apprezzabili, a causa di un modello di offerta del Piano che risulta di difficile incrocio con le condizioni economiche della domanda. La preponderanza dell'offerta di alloggi impropriamente definiti «sociali», destinati alla locazione a canoni moderati ma comunque troppo prossimi a quelli di mercato; un sistema integrato di fondi immobiliari che hanno drenato parte delle risorse pubbliche senza generare consistenti investimenti, soprattutto per la difficoltà di cofinanziamento di regioni, enti locali ed ex Iacp; l'orientamento verso una fascia «grigia» che ha di fatto escluso la risposta a bisogni abitativi espressi dalle fasce sociali in maggiore difficoltà economica hanno segnato dei forti limiti allo sviluppo di questo strumento. La stessa Corte dei conti con la delibera n. 20/2011 si è espressa sul programma, segnalando: «viste le carenze o la lentezza dei risultati, si è inteso esprimere un giudizio comunque non positivo sull'efficacia, efficienza ed economicità della spesa pubblica che è stata destinata al Programma straordinario ed al Piano casa», con l'auspicio che tale monitoraggio possa «far accelerare la realizzazione dei progetti di edilizia residenziale oggetto dell'indagine»;
    la situazione degli ex Iacp è da tempo ormai fortemente critica, sia in relazione ad alcuni aspetti legati alla loro configurazione giuridica e alla proprietà del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, sia in ragione della difficoltà di far fronte ad esigenze di manutenzione e fruibilità degli alloggi esistenti, a causa del livello spesso insostenibile degli affitti sociali, dell'impossibilità di beneficiare di misure incentivanti, come le detrazioni fiscali per le spese di ristrutturazione e riqualificazione energetica e di un regime fiscale penalizzante (pagamento quota erariale IMU per gli alloggi di ERP con la sola detrazione di 200 euro);
    gli strumenti di sostegno al comparto dell'affitto non sono riusciti in questi anni a far fronte al disagio abitativo di fasce sociali deboli o rese tali dalla crisi, né ad incrementare l'offerta di alloggi a canoni sociali e convenzionati;
    il Fondo sostegno affitti, strumento di sostegno al reddito di locazione istituito nel 1999, ha visto in questi anni crescere in maniera esponenziale le domande di accesso (oltre 350.000 le richieste nel 2010) ma di converso diminuire progressivamente le risorse stanziate, fino al totale azzeramento nel 2012, e lasciando solo alle regioni e ai comuni il compito di sostenere questa misura. Solo il recente decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102 ha rifinanziato questo strumento, a partire però dal 2014, insieme alla costituzione di un Fondo per le morosità incolpevoli istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    l'introduzione della cedolare secca nel sistema di tassazione dei redditi di locazione ha ulteriormente indebolito il canale concordato; la mancanza di una differenziazione significativa tra le aliquote applicate al canone libero (21 per cento) e quelle applicate al canone concordato (19 per cento prima e 15 per cento ora, a seguito del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102) e l'assenza di un reale contrasto di interessi che avvantaggi anche gli inquilini, ha fatto sì che la convenienza fosse limitata ai pluriproprietari con redditi elevati e che non ci fosse nessun risultato apprezzabile rispetto all'emersione del «nero» nel settore delle locazioni. I dati relativi alle prime due annualità di applicazione del tributo dimostrano che la cedolare secca non ha risposto alle aspettative che aveva suscitato: il livello di evasione è rimasto pressoché invariato, il costo degli affitti non ha subito alcuna riduzione né c’è stato un incremento di affitti a canone concordato, mentre le entrate fiscali complessive sono diminuite in maniera consistente nel 2012, e ancora di più lo saranno nel 2013, comportando una perdita di gettito per lo Stato tra gli 800 e i 500 milioni di euro/anno (dati del MEF);
    anche il regime di tassazione sulla casa, in particolare con la continua ridefinizione dell'applicazione dell'IMU per l'anno in corso e della IUC per il prossimo anno, hanno penalizzato il settore delle locazioni, per una condizione di incertezza diffusa e, nel caso dell'IMU, per l'assenza di un'aliquota ridotta per le locazioni concordate, ma anche penalizzando gli inquilini che dovranno corrispondere una quota della TASI;
    il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito con modificazioni dal Parlamento con alcune modifiche migliorative, ha indicato un primo segnale di inversione di tendenza sulle politiche della casa, con misure di sostegno all'accesso all'abitazione e al settore immobiliare, attraverso l'intervento della Cassa depositi e prestiti e il rifinanziamento e l'istituzione di alcuni Fondi: il Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa, il Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa, il Fondo nazionale di sostegno per l'accesso alle abitazioni in locazione e il Fondo di garanzia a copertura del rischio di morosità «incolpevole» degli inquilini in difficoltà nel pagamento dell'affitto a causa di difficoltà temporanee;
    quelle sopra indicate rappresentano certamente misure utili, ma necessitano di ulteriori risorse e di risposte strutturali ad un disagio abitativo diffuso ed articolato, che deve essere affrontato guardando con più coraggio ai modelli europei più avanzati, in coerenza con i contenuti della risoluzione del Parlamento europeo dell'11 giugno 2013 in tema di edilizia popolare [2012/2293 (INI)], potenziando il comparto dell'affitto ed in particolare dell'affitto concordato sulla base di accordi territoriali, attingendo al patrimonio edilizio invenduto per dare risposte ad un bisogno di abitazioni a costi sostenibili;
    la ricerca di soluzioni al problema abitativo può rappresentare uno straordinario canale di rilancio di un settore strategico come quello dell'edilizia, pesantemente colpito dalla crisi di questi anni, interpretando appieno la sfida della riqualificazione edilizia ed energetica del patrimonio esistente, delle aree dismesse e delle periferie, senza concorrere a nuova diffusione insediativa e consumo di suolo libero (dati ANCE dicono che la conferma degli incentivi fiscali per la ristrutturazione e la riqualificazione energetica hanno prodotto nei soli primi 8 mesi del 2013 un volume di investimenti di 14,4 miliardi, con un incremento di oltre il 50 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente ed un evidente effetto positivo in termini di occupazione),

impegnano il Governo:

   ad avviare un confronto con tutti gli attori istituzionali e sociali delle politiche abitative che consenta di definire nuove misure normative, finanziarie e fiscali di contrasto al disagio abitativo, riattivando, a tale scopo, il tavolo di confronto e di concertazione sulle politiche abitative istituito dall'articolo 4 della legge 8 febbraio 2007, n. 9 e l'Osservatorio della condizione abitativa previsto dalla legge n. 431 del 1998;
   a rafforzare gli strumenti di sostegno all'accesso all'abitazione previsti dal decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, in particolare rendendo strutturali ed incrementando su quantità coerenti alle dimensioni della domanda le risorse del Fondo di sostegno alle locazioni e del Fondo per la morosità incolpevole;
   a rafforzare il comparto dell'affitto, in particolare del canale concordato, attraverso l'immediata convocazione delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale, al fine di promuovere una nuova convenzione nazionale di cui all'articolo 4 della legge n. 431 del 1998 che possa consentire il rinnovo degli accordi territoriali sugli affitti concordati;
   a rivedere il regime fiscale delle locazioni, a partire dall'eliminazione dell'opzione della cedolare secca per i contratti a canone libero e confermandola invece, con aliquota del 15 per cento, soltanto per quelli a canone concordato, destinando le conseguenti maggiori entrate tributarie ad un rafforzamento degli strumenti a sostegno della locazione;
   a procedere ad una revisione delle detrazioni per gli inquilini a vario titolo (abitativo, studenti, lavoratori fuori sede), attraverso l'equiparazione alle misure previste per il sostegno ai mutui per la prima casa;
   a prevedere la tracciabilità di tutti i pagamenti dei canoni di locazione, con esclusione di quelli di edilizia residenziale pubblica, come misura di contrasto all'evasione fiscale nel mercato delle locazioni;
   a valutare la possibilità di procedere all'impiego dei depositi cauzionale relativi ai contratti di locazione, attualmente congelati dal locatore presso gli istituti di credito, per alimentare un fondo di rotazione per il finanziamento di alloggi in locazione agevolata e strumenti di sostegno ai conduttori in difficoltà;
   a prevedere un'applicazione del nuovo sistema di tassazione sugli immobili che preveda una penalizzazione per i proprietari di alloggi sfitti, oltre ad un certo numero, nei comuni ad alta tensione abitativa, attraverso l'imposizione dell'aliquota massima, e al contrario un beneficio con aliquote più favorevoli per gli alloggi locati a canone concordato;
   a ripartire alle regioni le residue risorse ex-Gescal, attualmente giacenti presso la Cassa depositi e prestiti, e quelle disponibili presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti riferite a programmi di edilizia residenziale esauriti, nonché a prevedere ulteriori risorse certe e programmabili nel tempo finalizzate al recupero degli alloggi pubblici non utilizzati che necessitano di interventi di ristrutturazione e all'ampliamento dell'offerta di edilizia residenziale pubblica nei comuni ad alta tensione abitativa;
   ad assumere iniziative dirette a prevedere un trattamento fiscale più coerente ed omogeneo per il settore dell'edilizia residenziale pubblica, riformando il decreto ministeriale 22 aprile 2008 sulla definizione di alloggio sociale in coerenza con le indicazioni del trattato dell'Unione europea;
   a prevedere la destinazione di una quota dei Fondi strutturali europei 2014-2020 per interventi di miglioramento strutturale e di riqualificazione edilizia, energetica e urbana, finalizzati ad incrementare l'offerta di alloggi pubblici e a canone calmierato;
   a provvedere alla stabilizzazione degli incentivi fiscali per ristrutturazioni e riqualificazione energetica degli edifici, prevedendo l'estensione anche a favore dei soggetti gestori dell'edilizia residenziale pubblica;
   a valutare l'efficacia degli interventi previsti dal Piano nazionale di edilizia abitativa del 2008, considerando l'opportunità di introdurre regole di maggiore trasparenza ed equità al fine di ottimizzare l'utilizzo delle risorse pubbliche da investire nel settore del social Housing, in particolare rafforzando la quota di alloggi ad affitto permanente a canone convenzionato;
   a prevedere, anche nell'ambito degli interventi di social housing, meccanismi per la riconversione degli alloggi invenduti, al fine di immetterli sul mercato a costi sostenibili, per l'affitto o per l'acquisizione in proprietà;
   a recepire nelle proprie politiche i contenuti della risoluzione del Parlamento europeo dell'11 giugno 2013 in tema di edilizia popolare [2012/2293 (INI)], sostendendone la validità anche nelle sedi di confronto europee.
(7-00204) «Braga, Capozzolo, Borghi, Realacci, Morassut, Mariani, Manfredi, Gadda, Mazzoli, Arlotti, Tino Iannuzzi, Carrescia, Bratti, Cominelli, Ginoble, Zardini, Moretto, Giovanna Sanna».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    secondo quanto disposto dall'articolo 21, comma 2-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128 del 2013, l'articolo 20 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, viene così modificato: «Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, da emanare entro il 31 marzo 2014, la durata dei corsi di formazione specialistica viene ridotta rispetto a quanto previsto nel decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 1o agosto 2005, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 258 del 5 novembre 2005, con l'osservanza dei limiti minimi previsti dalla normativa europea in materia, riorganizzando altresì le classi e le tipologie di corsi di specializzazione medica»;
    the section and board of anaesthesiology dell'UEMS (European Union of Medical Specialists) consapevole della direttiva europea sul riconoscimento delle qualifiche professionali (direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo) in cui si afferma, nell'allegato 5, che il periodo minimo di formazione per anestesiologia è di tre anni, ricorda come (nel medesimo allegato alla sezione 2, articolo 25) la direttiva afferma che la durata minima della formazione andrebbe modificata per adeguarla al progresso scientifico e tecnico. Con soli tre anni di specializzazione, infatti, questi medici, anche se soddisfano i requisiti minimi per essere iscritti come «specialisti» in un altro Paese dell'Unione europea, avranno grandi difficoltà a partecipare al mercato del lavoro europeo. Il consenso unanime tra gli anestesisti in Europa prevede che la durata della formazione specialistica debba essere di almeno cinque anni in anestesiologia per acquisire le necessarie competenze in materia (Union Européenne des Médecins Spécialistes – European Union of Medical Specialists, Section and Board of Anaesthesiology, President Dr. Jannicke Mellin-Olsen, Haslum 26 maggio 2010);
    infatti, dal 2008 il Core Curriculum «Anaesthesiology, Pain and Intensive Care Medicine» deliberato dall'EBA per l’Union Européenne des Médecins Spécialistes (UEMS), sottoscritto e pubblicato dall’European Society of Anaesthesiology (ESA) (Ref. Eur J Anaesthesiol 20008 Jul; 25(7):528-30) stabilisce chiaramente che: «il tempo di formazione totale di uno specialista dura minimo di 5 anni, alla luce delle ampliate competenze richieste al giorno d'oggi, di cui almeno un anno può essere specificamente indirizzato alla formazione della cosiddetta terapia intensiva»;
    già in sede di conversione del decreto-legge è stato inviato da tutte le associazioni italiane di anestesisti, rianimatori e intensivisti nonché firmato dai maggiori esperti nel campo in Italia un position estatement che affermava che «la denominazione usata nella direttiva risulti essere “Anestesia”, denominazione comune a tutti i Paesi europei, ma oggi non considerata sufficiente. Infatti, la specializzazione in «Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva» comprende: anestesia, medicina dell'emergenza, medicina perioperatoria, terapia intensiva e terapia del dolore. Tutto ciò è incompatibile con soli 4 (o addirittura 3) anni di corso di specializzazione. [...] Il Diploma di specializzazione in anestesia, rianimazione e terapia intensiva» se ridotto ulteriormente «non sarebbe più riconosciuto a livello europeo, in quanto non in linea con le raccomandazioni EBA/UEMS. La conseguenza sarebbe la non possibilità di libera circolazione a livello europeo degli Specialisti Italiani in Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva, contrario alle norme di Diritto Europeo del Lavoro». La riduzione a 4 anni del corso di specializzazione in «Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva» proposta con l'emendamento Crimì, infatti, «renderebbe problematico se non impossibile, abilitare i futuri specialisti nel prossimo futuro a lavorare in Terapia Intensiva, secondo le normative europee [...] La normativa nazionale in tema di terapia del dolore e cure palliative (Legge n. 38 del 2010) definisce chiaramente le competenze da acquisire per lo Specialista della disciplina, unica a comprendere le basi utili alla formazione per questo settore clinico, così importante, ma ancora così poco sviluppato nel nostro Paese»;
    gli ordinamenti didattici delle specializzazioni degli altri Stati dell'Unione europea prevedono un percorso formativo più lungo, ad esempio Belgio 5 anni, Regno Unito 7 anni, Polonia 6;
    come riportato, ad esempio, sia dal «Bando di Concorso per l'ammissione dei laureati in Medicina e Chirurgia alle scuole di specializzazione mediche 2011-2012 – Università degli Studi di Bari», sia dal «Bando di Concorso per l'ammissione dei laureati in Medicina e Chirurgia alle scuole di specializzazione mediche 2012-2013 – Università degli Studi di Bari», alla «durata legale del corso» riportano la dicitura «5 anni» per il corso di «anestesia, rianimazione e terapia intensiva;
    con l'approvazione dell'articolo 21, comma 2-bis del decreto-legge n. 104 del 2013 per quel che concerne la specializzazione in «Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva» si prevedono, nel 2016, ben 1144 specialisti che entreranno contemporaneamente sul mercato del lavoro chi (550) con un titolo quadriennale, chi (594) con un titolo quinquennale;
    attualmente il mercato del lavoro nell'ambito della sanità in Italia è talmente bloccato che non riesce ad assorbire il numero di specialisti che le scuole licenziano ogni anno in anestesia, rianimazione e terapia intensiva e nel 2016 metà di questi non saranno in grado di poter far valere il proprio titolo neppure all'estero per le motivazioni esposte in precedenza;
    il decreto ministeriale 1o agosto 2005 «Riassetto Scuole di Specializzazione di Area Sanitaria» afferma all'articolo 2 comma 2 che «Per il conseguimento del Titolo di Specialista nelle tipologie di corsi di specializzazione compresi nelle classi area medica, chirurgica e dei servizi clinici lo specialista in formazione deve acquisire 300 CFU complessivi, articolati in 5 anni di corso (o 360 CFU per i percorsi formativi delle Scuole articolate in 6 anni di corso). Per ciascuna tipologia di Scuola è indicato il profilo specialistico e sono identificati gli obiettivi formativi ed i relativi percorsi didattici funzionali al conseguimento delle necessarie conoscenze culturali ed abilità professionali». Il suddetto decreto ministeriale ha aumentato gli anni dei corsi di specializzazione per tenere conto delle normative europee e del decreto ministeriale 270 del 2004 che, all'articolo 3, comma 7, dichiara che «il corso di specializzazione ha l'obiettivo di fornire allo studente conoscenze e abilità per funzioni richieste nell'esercizio di particolari attività professionali e può essere istituito esclusivamente in applicazione di specifiche norme di legge e di direttive dell'Unione europea»;
    in premessa al suddetto decreto ministeriale 1o agosto 2005, infatti, veniva riportato che «tenuto conto che il decreto ministeriale 270/2004 stabilisce all'articolo 3, comma 7, che possono essere istituiti corsi di specializzazione esclusivamente in applicazione di direttive europee o di specifiche norme di legge; considerata l'esigenza di provvedere al riassetto delle scuole di specializzazione dell'area sanitaria nel quadro della disciplina generale degli studi universitari recata dal decreto ministeriale n. 270 del 2004; visti i pareri del Consiglio Universitario Nazionale (CUN), resi nelle adunanze del 17 dicembre 2003, 13 aprile 2005 e 6 luglio 2005; visto il parere del Consiglio Superiore di Sanità del Ministero della Salute, espresso in data 16 febbraio 2005; viste le note prot. N. 3097 del 27 maggio 2005 e prot. N. 3060 del 6 giugno 2005 con le quali sono stati richiesti i pareri degli ordini professionali interessati; visto il parere della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri espresso in data 28 giugno 2005; considerata la necessità di adeguare gli ordinamenti didattici delle Scuole di specializzazione dell'area sanitaria al quadro della riforma generale degli studi universitari, di cui al citato decreto ministeriale n. 270 del 2004; considerata la necessità di individuare gli obiettivi formativi delle citate Scuole di specializzazione in adeguamento a quanto previsto all'articolo 34 e seguenti del decreto legislativo n. 368 del 1999; considerata l'opportunità di consentire una razionalizzazione complessiva dell'offerta formativa in stretta connessione con le esigenze del Servizio Sanitario Nazionale; ritenuta altresì la necessità di raccogliere in un unico provvedimento gli ordinamenti didattici delle Scuole di specializzazione mediche a normativa CEE e per le esigenze del Servizio Sanitario Nazionale finalizzandoli al conseguimento di una piena e autonoma capacità professionale dello specializzando, fondata su una solida base scientifica»,

impegna il Governo

a valutare la possibilità escludere dal riassetto delle scuole di specializzazione, con relativa riduzione degli anni di corso, introdotto con l'articolo 21, comma 2-bis, del decreto-legge n. 104 del 2013 convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, la specializzazione in «Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva» per i motivi esposti in premessa.
(7-00205) «D'Uva, L'Abbate, Scagliusi, Lorefice, Lupo, Gagnarli, Silvia Giordano, Mannino».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro per le riforme costituzionali, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, per sapere – premesso che:
   la legge 21 dicembre 2005, n. 270 «Modifiche alle norme per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica» presentata dall'allora Ministro delle Riforme, Roberto Calderoli, promulgata dal Presidente della Repubblica Ciampi, controfirmata dal Presidente del Consiglio dei Ministri Berlusconi e vistata dal Guardasigilli Castelli è la legge elettorale attualmente in vigore. Dal 2005 ad oggi si sono susseguiti ben tre Parlamenti, quello del 2006 (maggioranza Unione), quello del 2008 (maggioranza Pdl-Lega) e quello attuale, tutti eletti tramite il sistema elettorale a base proporzionale «porcellum» e non quello a base maggioritaria «mattarellum», precedentemente in vigore;
   in data 4 dicembre 2013 «La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 270 del 2005 che prevedono l'assegnazione di un premio di maggioranza – sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della Repubblica – alla lista o alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito, almeno, alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55 per cento dei seggi assegnati a ciascuna Regione». La Corte ha altresì dichiarato «l'illegittimità costituzionale delle norme che stabiliscono la presentazione di liste elettorali “bloccate”, nella parte in cui non consentono all'elettore di esprimere una preferenza (...)». Le motivazioni del pronunciamento «saranno rese note con la pubblicazione della sentenza, che avrà luogo nelle prossime settimane e dalla quale dipende la decorrenza dei relativi effetti giuridici»;
   pertanto, come dichiarato dall'avv. Aldo Bozzi, in questi anni si è perpetuato «...l'esproprio del diritto di voto» e si sono susseguiti «...otto anni di democrazia abusiva»;
   la sentenza della Corte costituzionale pone le radici a considerazioni che porterebbero a supporre «incostituzionali» tutta una serie di leggi elettorali regionali e la legge elettorale per le province e quella per i comuni che sono ispirate al «porcellum», introducendo oltre al sistema proporzionale con premio di maggioranza senza soglia anche, per alcune di queste, la presenza di «liste elettorali bloccate»;
   si evidenzia come il sistema elettorale della Toscana, che ha emanato un'organica disciplina in materia elettorale con le leggi regionali n. 25 del 2004 e 74 del 2004, applicate nelle elezioni del 2005 e con la modifica apportata con legge statutaria regionale 8 gennaio 2010, n. 1, prevede che i seggi del consiglio della regione Toscana siano attributi con metodo proporzionale e premio di maggioranza sulla base di liste provinciali concorrenti, costituite da candidati circoscrizionali e candidati regionali, collegate con un candidato alla presidenza della giunta regionale. Il candidato alla carica di Presidente della Giunta non dispone di un gruppo di consiglieri che provengono da una «sua» lista. Sono le liste provinciali ad indicare – in ciascuna circoscrizione – i candidati regionali. Questi sono eletti in forza dei voti ottenuti dalla propria lista circoscrizionale, e non da voti di preferenza stabiliti dai cittadini, infatti la legge elettorale Toscana esclude l'espressione del voto di preferenza e la ripartizione dei seggi del consiglio regionale avviene in sede regionale;
   anche secondo alcuni studiosi di sistemi elettorali molte Regioni dovranno ora riconsiderare la propria legislazione in materia –:
   se il Governo, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale del 4 dicembre 2013 di cui in premessa e ferma restando l'autonomia di ciascuna regione nella materia elettorale, non intenda promuovere un ampio confronto, anche in sede di Conferenza Stato-Regioni, in ordine alle conseguenze per i sistemi elettorali regionali che possono ritenersi riconducibili agli orientamenti della Corte costituzionale, in considerazione dell'evidente questione di interesse generale sottesa alle illegittimità rilevate in merito all'esercizio del diritto di voto, con particolare riferimento all'attribuzione del premio di maggioranza e alla mancata facoltà dell'elettore di esprimere un voto di preferenza.
(2-00339) «Segoni, Artini, Gagnarli, Baldassarre, Bonafede».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRIVELLARI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio di Porto Tolle, al limite orientale della provincia di Rovigo, esiste da anni una centrale termoelettrica di proprietà di Enel spa su cui l'azienda ha da tempo presentato un progetto di riconversione a carbone autorizzato in data 5 gennaio 2011 da parte della direzione generale per l'energia nucleare, le energie rinnovabili e l'efficienza energetica del Ministero dello sviluppo economico d'intesa con la regione Veneto;
   l'impianto in questione unitamente a quel di Brindisi e Civitavecchia (peraltro già riconvertiti e pienamente operativi) risulta essere tra s siti più grandi non solo del Paese ma anche tra i primi in Europa, forte dei suoi quattro gruppi da 660 megawatt l'uno per una potenza complessiva di 2640 megawatt e capace di generare circa l'8 per cento dei fabbisogno energetico nazionale;
   in data 17 maggio 2011 con sentenza del Consiglio di Stato viene annullata la decisione del TAR del Lazio che con il decreto del 29 luglio 2009 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva dato parere positivo alla valutazione di impatto ambientale per la nuova opera;
   l'intervento di riconversione, una volta a regime, potrebbe dare lavoro a 800 persone circa tra dipendenti e indotto, per un investimento complessivo di circa 2,5 miliardi di euro, senza dimenticare che il solo cantiere per i lavori darebbe nel tempo lavoro ad ulteriori 1500 persone con punte di 3000;
   Enel spa ha chiesto nel frattempo di poter demolire uno dei quattro gruppi dell'impianto, intervento già previsto nel progetto di riconversione e che potrebbe rappresentare al contempo una prima anche se parziale risposta dal punto di vista occupazionale (80/100 persone per un anno a costo zero, considerato che le circa 20 mila tonnellate di ferro del manufatto potrebbero garantire la copertura economica);
   questo fattore non appare certo secondario specie se considerata la peculiarità del territorio in cui l'impianto insiste, con un'economia votata in larghissima parte solo all'attività ittica e turistica;
   questa richiesta avanzata da parte di Enel spa e condivisa dal comune di Porto Tolle non ha ricevuto ancora risposta da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   alla luce di tutto ciò l'intervento di demolizione assume dunque carattere di urgenza sia di tipo economico che occupazionale;
   la questione dell'approvvigionamento energetico in generale risulta essere un elemento strategico e in particolare sulla vicenda di Porto Tolle si è registrata sin dal primo momento del suo insediamento una notevole attenzione e la sensibilità da parte dell'Esecutivo –:
   come e se il Governo intenda attivarsi per sbloccare almeno i lavori per il primo dei quattro gruppi, considerate le ricadute positive in termini occupazionali e non solo che questa decisione comporterebbe per il territorio. (5-01714)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DADONE, NUTI, DELLA VALLE, CASTELLI, BECHIS, BUSTO, CHIMIENTI, CRIPPA e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 20 novembre 2013 si è tenuto a Roma, presso Villa Madama, il vertice bilaterale italo-francese al quale hanno preso parte il Presidente del Consiglio Enrico Letta e il Presidente François Hollande;
   in tale sede i Governi di Italia e Francia hanno dichiarato, per voce del Presidente Letta, di considerare la costruzione della nuova linea ferroviaria Lione-Torino un cantiere aperto, sottolineando il carattere prioritario della realizzazione;
   accanto alle chiare prese di posizione in favore di una grande opera come il TAV, il Presidente Letta ha altresì dichiarato che entrambi i Governi vogliono spingere anche per la realizzazione della Torino-Cuneo-Ventimiglia-Nizza per rendere i due Paesi ancora più «osmotici» ed ha concluso la conferenza stampa, tenutasi al termine del vertice, affermando che: «I due Governi si impegnano a proseguire i negoziati sull'attualizzazione della Convenzione franco-italiana del 1970 relativa alla linea ferroviaria e a stabilire un meccanismo istituzionale di condivisione delle responsabilità ben equilibrato, riguardante il futuro della linea, sia dal punto di vista operativo che del finanziamento;
   è stato confermato l'impegno da parte di Italia e Francia ad adottare il prima possibile le misure necessarie per ottenere il cofinanziamento comunitario all'inizio dei lavori. Partirà infatti nel 2014 la presentazione alla Commissione europea di una domanda congiunta per avere il massimo sostegno finanziario nel periodo 2014-2020 (finanziamenti già in parte promossi a Bruxelles il 17 ottobre 2013);
   contrariamente alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio sulla necessità di preservare la linea Torino-Cuneo-Ventimiglia-Nizza perché ritenuta «strategica», dal 15 dicembre 2013, a seguito di una riduzione ulteriore delle corse, si passerà a 4 transiti al giorno, lasciando presumere che i tempi per la dismissione di suddetta linea ferroviaria siano molto prossimi;
   in data 28 novembre 2013 il Ministro Lupi è intervenuto sul caso, tramite una lettera pubblicata su La Stampa e indirizzata al professor Andrea Carandini, ribadendo il massimo impegno del Governo e annunciando un emendamento alla legge di stabilità 2014, all'interno del quale verranno destinati 29 milioni di euro per il mantenimento, la gestione e la modernizzazione della Cuneo-Nizza;
   il MoVimento 5 Stelle ha sottoscritto una mozione finalizzata a impegnare il Governo ad abbandonare la costruzione del TAV Torino-Lione e a investire le somme necessarie per la realizzazione di tale opera nelle linee locali già esistenti, quali ad esempio la Cuneo-Nizza ma essa è stata respinta dalla maggioranza;
   il MoVimento 5 Stelle ha proposto una risoluzione in Commissione trasporti (n. 7-00130) in favore della linea Cuneo-Nizza non ancora calendarizzata;
   la prima firmataria del presente atto ha presentato già una interrogazione (n. 4-01009) sulla medesima linea alla quale non ha fatto seguito alcuna risposta –:
   quale sia la ragione per la quale il Governo ha ritenuto di fissare il vertice bilaterale con la Francia in data 20 novembre 2013, data in cui si era approvato il disegno di legge di ratifica dell'accordo Italia-Francia sul TAV solo in uno dei due rami del Parlamento e dunque vi era un iter di ratifica incompleto;
   quale sia il motivo per il quale a tali affermazioni non corrisponde un lavoro apposito nelle sedi di Governo opportune;
   quale sia la ragione per la quale il Ministro interpellato ha dichiarato che presenterà un emendamento alla legge di stabilità, sperando nell'approvazione dello stesso da parte della maggioranza, piuttosto che agire con un diverso atto del Governo, visto che ad oggi risulta presentato un solo emendamento a firma Oliverio e risulta essere stato respinto;
   quali siano le linee programmatiche del Governo in tema di trasporti, con specifico riguardo, al rapporto di priorità tra costruzione di grandi opere e mantenimento delle linee di trasporto già esistenti;
   quali siano le iniziative concrete che il Ministro intende assumere per scongiurare la chiusura di una linea storica quale la Cuneo-Nizza, oltre all'auspicio dell'approvazione di un emendamento alla legge di stabilità (emendamento peraltro già respinto);
   se infine non ritenesse opportuno, laddove non vi fossero coperture finanziarie adeguate, destinare le somme stornate dalle grandi opere in favore della manutenzione, del mantenimento, della valorizzazione e del riammodernamento delle linee ferroviarie già esistenti. (4-02926)


   SCAGLIUSI, L'ABBATE, MANLIO DI STEFANO e SIBILIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 15 del 2009 ha conferito delega al Governo per riformare la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici. Tale delega ha trovato attuazione con il decreto legislativo n. 150 del 2009, recante la cosiddetta Riforma Brunetta;
   il decreto legislativo n. 150 del 2009 enuncia il fondamentale principio secondo cui «ogni amministrazione pubblica è tenuta a misurare e valutare la performance con riferimento all'amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola e ai singoli dipendenti», secondo modalità conformi alle direttive impartite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT);
   il decreto prevede l'istituzione, presso ogni amministrazione, degli organismi indipendenti di valutazione della performance (OIV), aventi come funzioni principali, tra le altre, quella di esercitare le attività di controllo strategico e comunicare tempestivamente eventuali criticità riscontrate ai competenti organi interni di governo ed amministrazione nonché alla Corte dei conti, all'Ispettorato per la funzione pubblica e alla CIVIT, compilare una graduatoria delle valutazioni individuali del personale dirigenziale e non dirigenziale;
   secondo l'ultimo rapporto della Commissione Onu nel 2012 la percentuale di persone che usano Internet in Italia è del 58 per cento;
   secondo il rapporto OCSE reso noto il 14 novembre 2013, solo il 19 per cento dei cittadini italiani usano la rete per interagire con enti locali e governo centrale contro una media Ocse del 50 per cento;
   solo il Cile, con il 7 per cento, ha un risultato peggiore, mentre tutti i grandi Paesi europei sono al di sopra del 40 per cento: la Gran Bretagna al 43 per cento, la Spagna al 45 per cento, la Germania al 51 per cento e la Francia al 61 per cento;
   gli italiani dovrebbero godere di buoni servizi sociali dai momento che, come il rapporto dell'OCSE indica, la spesa pubblica in welfare nel 2011 ha raggiunto quasi il 50 per cento del prodotto interno lordo (PIL) rispetto alla media dei 34 Stati membri dell'OCSE che si attesta al 45,4 per cento. Tuttavia, la spesa nell'istruzione in Italia è stata dell'8,5 per cento del prodotto interno lordo rispetto alla media dei Paesi OCSE (12,5 per cento);
   con riferimento ai dati del 2011, l'Ocse ha reso noto che i senior manager della pubblica amministrazione centrale italiana hanno invece uno stipendio medio di 650 mila dollari (quasi il triplo della media mondiale), mentre in Francia, un dirigente pubblico guadagna in media 260 mila dollari all'anno, in Germania 231 mila e in Gran Bretagna 348 mila. Negli Stati Uniti, la retribuzione media dei manager è di 275 mila dollari;
   dal 2012, con il decreto Salva-Italia, è stato imposto un tetto di 302.937 euro lordi (circa 420 mila dollari) per i dirigenti pubblici –:
   quali siano le misure che il Governo intenda adottare per migliorare la qualità dei servizi tecnologici previsti per l'interazione tra i cittadini, gli enti locali ed il Governo centrale;
   quali siano le strategie che il Governo intende adottare per far accrescere tra i cittadini la consapevolezza degli strumenti disponibili per suddetta interazione;
   quali siano i parametri di valutazione che definiscono un così alto livello di retribuzione per i dirigenti pubblici rispetto agli omologhi degli altri Paesi dell'OCSE, nonostante i pessimi risultati registrati in materia di efficienza della pubblica amministrazione e dei servizi offerti ai cittadini. (4-02929)

 * * *

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   24 coppie di genitori adottivi sono bloccate in Congo con i loro figli in una situazione intollerabile con gravi conseguenze sul piano sanitario, psicologico ed economico;
   il blocco della partenza dei genitori italiani con i bambini è stato deciso dal DGM (Direction General Migration) della Repubblica democratica del Congo al termine di un lunghissimo processo autorizzativo delle adozioni;
   le eventuali irregolarità sono riferite ad altri Paesi quali gli USA e il Canada, ma sono state ingiustamente bloccate le partenze verso tutti gli Stati esteri compresa l'Italia;
   la Commissione per le adozioni internazionali e la Ministra Kyenge, insieme alle organizzazioni italiane operanti nel settore delle adozioni, avevano lavorato per uno sblocco della vicenda, ma purtroppo la realtà è che le 26 coppie di genitori partite per il Congo vivono nell'orfanotrofio dove sono ospitati i bambini adottivi, tra evidenti difficoltà di ogni natura;
   la situazione non ancora trova uno sbocco positivo creando disagi non più sopportabili dai genitori adottivi e dai loro bambini –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere presso le autorità del Congo e internazionali per consentire il ritorno in Italia delle 26 coppie di genitori italiani adottivi con i loro figli per ridare serenità e speranza a persone duramente provate da una esperienza assurda e intollerabile e superare così lo spettacolo indegno di un rimpallo delle responsabilità sulla pelle di innocenti bambini e dei loro genitori. (3-00516)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   da oltre un mese ci sono 52 cittadini italiani bloccati a Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo;
   si tratta di 26 coppie di genitori adottivi, partite da diverse regioni italiane alla volta di Kinshasa lo scorso 7 novembre per incontrare e portare in Italia quelli che ora sono a tutti gli effetti i loro figli;
   il viaggio di novembre è, infatti, arrivato per loro dopo aver sbrigato tutta la prevista, lunga e costosa trafila legale prevista per l'adozione (colloqui con psicologi, forze dell'ordine, magistrati del tribunale dei minori), al termine della quale hanno ottenuto il via libera dalla Commissione per le adozioni internazionali che opera presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, sembrerebbe che gli italiani non possano lasciare il Paese perché l'autorità congolese che rilascia i visti di uscita per i bambini, presso la quale, peraltro, anche i genitori adottivi hanno dovuto depositare i propri passaporti in attesa del visto d'uscita, avrebbe interrotto la propria attività;
   il motivo per questa sospensione sarebbe da ricercare nella vicenda delle seconde adozioni, praticate da alcune coppie che avevano adottato bambini in quel Paese, e che avevano spinto il Governo di Kinshasa già nel mese di settembre a comunicare allo Stato italiano e a tutti i Paesi che adottano in Repubblica democratica del Congo che avrebbe bloccato tutti i permessi in uscita per i minori congolesi per i successivi dodici mesi;
   tuttavia, essendosi l'Italia rivelata estranea a tali pratiche, che peraltro nel nostro Paese configurano un reato, le autorità congolesi avevano poi dato il via alle famiglie in questione per andare a prendere i propri figli;
   ora l'ennesimo e improvviso cambio di orientamento del Governo congolese sta imponendo gravissimi sacrifici alle famiglie adottive ivi trattenute;
   queste ultime, infatti, stanno vivendo in condizioni assai disagiate, alle quali si aggiungono sia rischi sanitari derivanti dal fatto che l'effetto dei vaccini cui si erano sottoposti sta svanendo, sia danni economici, posto che per ogni mese di permanenza nel proprio territorio le autorità congolesi chiedono la corresponsione di 400 euro a persona a titolo di permesso di soggiorno, sia, infine, il rischio di perdere il proprio posto di lavoro a causa della prolungata assenza;
   ad una coppia incontrata solo pochi giorni fa, l'Ambasciatore italiano a Kinshasa avrebbe detto di non poter prevedere un loro ritorno a casa prima di ulteriori quattro mesi;
   appare a dir poco incredibile che le famiglie italiane siano costrette a scontare le conseguenze degli atteggiamenti irregolari, se non addirittura illegali, posti in essere da cittadini di altri Paese, e che siano esposte ai continui cambi di atteggiamento da parte delle autorità locali senza che le nostre rappresentanze in quel Paese riescano a garantire né la loro permanenza in condizioni degne, né, tantomeno, il loro ritorno a casa –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di permettere l'immediato rientro in Italia dei nostri concittadini ingiustamente trattenuti in Congo, nonché, nelle more, a garantire loro un'adeguata assistenza in loco. (4-02937)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NICOLA BIANCHI, CRISTIAN IANNUZZI, GALLINELLA, BENEDETTI, DE LORENZIS, TERZONI, BECHIS e COZZOLINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in Sardegna sono stati presentati sei progetti per la realizzazione di impianti solari termodinamici che prevedono un'occupazione dei suoli agricoli, prevalentemente in zone E2 ed E3, per una superficie complessiva che supera abbondantemente i mille ettari, che comprende aree geografiche, nelle province di Cagliari e di Sassari, molto differenti tra loro per caratteristiche ambientali, produzioni economiche, storie, culture e vocazioni;
   quattro delle sei proposte, Flumini Mannu (50 MWe), Gonnosfanadiga (50 MWe), Campu Giavesu – Cossoine (30 MWe) e Giave e Bonorva (50 MWe), dovrebbero rientrare tutte insieme, secondo fonti di stampa (Il Sole 240RE del 2 ottobre 2013), in un unico grande progetto, l'Archimede Solar Energy, partenariato internazionale tra il Gruppo Angelantoni e i giapponesi della Chiyoda Corporation, che dovrebbe comprendere investimenti per oltre un miliardo di euro nel solare termodinamico e dovrebbe creare in Sardegna cinquemila posti di lavoro;
   il mega progetto, accorpando i singoli impianti, darebbe vita a quattro centrali, la cui potenza complessiva è pari a 389 Megawatt termici. La competenza della valutazione del progetto globale, quindi, secondo i responsabili dell'Ase, sarebbe nazionale;
   la valutazione dei singoli progetti, invece, rientra nelle esclusive competenze regionali secondo quanto stabilito da disposizioni normative, in particolare dal decreto legislativo 152/06 come corretto e integrato dal decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, all'articolo 7, commi 3 e 4. L'allegato II al comma 2 stabilisce che sono progetti di competenza nazionale le «installazioni relative a centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW», rimandando a competenza regionale per la VIA o per la procedura di assoggettabilità alla VIA i progetti relativi ad impianti con potenza inferiore;
   gli impianti di Campu Giavesu – Cossoine, Flumini Mannu (Villasor) e Bonorva-Giave sono già stati esaminati dal Servizio ambiente e valutazioni impianti (SAVI) in Sardegna e sono stati inviati a valutazione di impatto ambientale (VIA). La Energo Green Renewables S.r.l., titolare del progetto per l'impianto di Cossoine (30 MWe – 160 ettari nella provincia di Sassari), il cui avviso di deposito è stato pubblicato sul quotidiano La Nuova Sardegna in data 10 agosto 2012, ha presentato un ricorso straordinario al Capo dello Stato in data 18 marzo 2013, chiedendo l'annullamento della deliberazione regionale (n. 48/37 dell'11 dicembre 2012) che rinviava la richiesta alla VIA, ma il ricorso risulta ancora pendente;
   la deliberazione regionale citata metteva chiaramente in evidenza le criticità evidenziate dal SAVI. Si rilevano, nello specifico, «incongruenze ed indeterminatezza di diversi importanti aspetti di natura progettuale (per es., superficie captante del parco solare, opere di connessione, tecnologia della centrale ausiliaria, modalità di approvvigionamento della biomassa, etc.); alterazione della morfologia naturale dei luoghi e irreversibili interferenze con gli elementi caratteristici dell'area agricola interessata; notevole impatto di natura paesaggistica, considerati anche i potenziali fenomeni di interferenza visiva e conseguenti effetti cumulativi con altri impianti similari realizzati o proposti nelle aree circostanti non presi, peraltro, in considerazione nella documentazione presentata; necessità di imponenti opere di sistemazione altimetrica con potenziale movimentazione di consistenti quantitativi di terre e rocce da scavo; rilevanti impatti sulle componenti acque superficiali e sotterranee dovuti ai notevoli consumi di risorsa idrica, alla conseguente necessità di creare adeguate opere di accumulo e/o di derivazione di acque sotterranee, con alterazione del regime idraulico sia superficiale che sotterraneo e potenziale contaminazione della risorsa idrica; impatti sulla componente atmosfera, anche durante la fase di cantiere, con possibili ripercussioni sulla salute pubblica, data anche la vicinanza a diversi ricettori sensibili (aziende, case sparse e centro abitato di Cossoine, distante poche centinaia di metri dal sito di intervento); consistente consumo di suolo agrario, sottrazione di habitat e della copertura vegetazionale, con notevoli impatti sulle popolazioni faunistiche e avifaunistiche potenzialmente presenti nell'area interessata dalle opere»;
   la stessa deliberazione, inoltre, riferiva anche «forti preoccupazioni espresse a livello sociale» (gli abitanti di Cossoine si sono espressi in un referendum contro la centrale con il 90 per cento dei voti);
   secondo più recenti fonti di stampa (Il Sole 24ORE del 27 novembre 2013, «Sardegna, il futuro in 24 scatoloni») il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avrebbe stabilito che la competenza della procedura di Valutazione di impatto ambientale dei progetti è ministeriale. L'istruttoria, secondo l'articolo, dovrebbe essere completata entro 150 giorni (quindi alla fine di aprile 2014) e in caso di esito positivo si darebbe subito seguito all'investimento da 1,09 miliardi di euro per il progetto globale;
   sono già scesi in campo sull'isola vari Comitati per il No al termodinamico in aree agricole, costituiti in tutti i centri interessati dai progetti, che si oppongono al consumo indiscriminato dei suoli agricoli, e contestano la legittimità di un'iniziativa globale, valutata a livello nazionale e che non tenga conto delle peculiarità dei singoli territori interessati, anche in base alle valutazioni regionali già espresse su progetti per centrali che singolarmente non raggiungono la potenza di 300 MW termici –:
   se quanto risulta dagli articoli del quotidiano citato corrisponda al vero e quindi se effettivamente il progetto unitario sia stato depositato presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'apertura della procedura di valutazione;
   se così fosse, se non ritenga di fornire agli interroganti spiegazioni sulle motivazioni dell'accorpamento dei quattro singoli progetti originari, tra i sei presentati in regione, in un unico grande impianto, che supera i 300 MW termici e che in questo modo comprenderebbe centrali assai distanti tra loro, in qualche caso anche più di 150 km, realizzate in aree con caratteristiche ambientali, paesaggistiche, economiche e culturali totalmente diverse, ciò in contrasto, ad avviso dell'interrogante con le norme di legge che distinguono le competenze regionali da quelle statali;
   se non ritenga di fornire chiarimenti su come si possa conciliare una nuova valutazione nazionale con gli atti già prodotti a livello regionale, che individuano con chiarezza i limiti di diversa natura dei progetti presentati. (5-01710)


   COVELLO e MAGORNO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   esiste un progetto riguardante la realizzazione di un Centro di raccolta comunale (CRC) a supporto della raccolta differenziata dei rifiuti urbani in località Albicello Donnici Inf. Cosenza, in zona agricola, a ridosso del torrente omonimo ad una quota altimetrica di metri 400 circa sul livello del mare. Tale centro come sottolineato nella relazione tecnica sarà funzionale alle attività logistiche di igiene urbana;
   il centro di raccolta ha lo scopo di far conferire rifiuti differenziati pericolosi non di provenienza domestica da avviare a recupero, compresi i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche;
   tale iniziativa, è necessario evidenziare, non è stata in alcuna forma preventivamente comunicata, né condivisa con i cittadini del luogo;
   è fondamentale sottolineare come i cittadini di Donnici siano assolutamente consapevoli dell'importanza della raccolta differenziata per il rispetto di un'etica ambientale. In questo sono risultati in primi, in città, ad applicarla;
    va tenuto conto della situazione del distretto idrografico dell'appennino meridionale; dalla relazione sintetica del piano di gestione acque territorio della regione Calabria, si evince negli allegati 3 e 16 dallo studio condotto dall'Agenzia regionale protezione ambientale Calabria (A.R.P.A.CAL), il torrente Albicello rientra tra i corpi idrici in «sorveglianza» (codice identificativo 199SS2N) dall'analisi delle pressioni sui corpi idrici superficiali. Non potendo determinare l'impatto delle pressioni esistenti e quindi giustificare l'attribuzione di una classe di corpo idrico «a rischio» o «non a rischio», questi corpi idrici vengono classificati temporaneamente come probabilmente a rischio, queste disposizioni seguono fedelmente quanto riportato al punto C.2.1. del decreto ministeriale n. 131 del 2008; tutti i corpi idrici inclusi nel programma di sorveglianza sono da monitorare in tempo utile, per consentire la verifica dell'obiettivo ambientale e la predisposizione del nuovo piano di gestione disposto per l'anno 2015;
   l'area in esame è sottoposta inoltre a vincolo paesaggistico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e successiva legge 8 agosto 1985, n. 431 (Galasso) il cui articolo 1, comma c), disciplina «i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna»;
   l'area in esame ricade in una zona a forte propensione al dissesto idrogeologico. Infatti, gli elementi innescanti sono da ricercare nella presenza di fenomeni franosi attivi e zone ad intensa erosione e per la presenza di un'importante direttrice tettonica regionale di direzione nord-sud. Inoltre, nell'area, non sono da escludere, qualora si verificassero eventi piovosi eccezionali, esondazione delle acque dello stesso torrente (come già avvenuto nel 1959 che ha cambiato il corso naturale dell'alveo). Ancora, la presenza del torrente ad una quota prossima a quella di progetto, presuppone l'esistenza di una falda acquifera superficiale (come riportato nella relazione geologica allegata al progetto – quota della falda posta a –0,80 dal piano campagna, per come evidenziato durante l'incontro che si è svolto presso la prefettura di Cosenza nella giornata del 9 dicembre 2013). Inoltre, il territorio comunale di Cosenza rientra nella zona sismica 1 – zona con pericolosità sismica alta. Il sito è posto su depositi alluvionali fluviali a granulometria sabbiosa; la concomitante presenza di una falda affiorante non esclude che in caso di eventi tellurici, possano verificarsi fenomeni di liquefazione e cedimenti;
   l'area in esame ricade in una fascia d'interfaccia di rispetto rischio incendio, che è stata eseguita correlando la vulnerabilità degli esposti con la pericolosità di un'area avente una larghezza pari a 200 metri attorno all'aree di perimetrazione delle strutture antropiche (fascia perimetrale) –:
   di quali elementi disponga il Governo circa la serie di problematiche e di evidenti criticità, discordanze e contraddittorietà per la nascita di questo «centro di raccolta comunale» e se e quali iniziative il Governo, nell'ambito delle sue competenze, intenda attivare, anche per il tramite degli organi periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, della competente autorità di bacino e dei vigili del fuoco, per evitare che vi siano ricadute sulla sicurezza dell'area, sull'integrità del bagaglio paesaggistico e sull'assetto delle risorse idriche della zona. (5-01716)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   è stata scoperta una discarica abusiva in località Bussi nelle vicinanze della confluenza del fiume Tirino con il fiume Aterno-Pescara ove è stata rinvenuta una cospicua quantità di materiale altamente inquinante;
   l'ordinanza della protezione civile n. 3504 del 9 marzo 2006 recante «Disposizioni di protezione civile dirette a fronteggiare la crisi di natura socio-economico-ambientale determinatasi nell'asta fluviale del bacino del fiume Aterno» ha disposto che il dottor Adriano Goio è nominato commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti necessari per il superamento della situazione di emergenza socio-economico-ambientale determinatasi nell'asta fluviale del bacino del fiume Aterno;
   con la nota del 10 maggio 2007 della regione Abruzzo è stata rappresentata, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'urgenza e l'indifferibilità degli interventi di messa in sicurezza e bonifica della discarica abusiva rinvenuta in località Bussi;
   l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2007 n. 3614 riguardanti ulteriori disposizioni di protezione civile dirette a fronteggiare la crisi di natura socio-economico-ambientale determinatasi nell'asta fluviale del bacino del fiume Aterno dispone che il dottor Adriano Goio provvede a porre in essere ogni utile iniziativa volta al superamento del nuovo sopravvenuto contesto critico relativo alla discarica abusiva in località Bussi;
   il decreto ministeriale 29 maggio 2008 istituisce e perimetra il sito di bonifica di interesse nazionale in località «Bussi sul Tirino»;
   le aree da sottoporre ad interventi di caratterizzazione, di messa in sicurezza di emergenza, bonifica, ripristino ambientale e attività di monitoraggio, sono state individuate all'interno della perimetrazione sopra citata;
   l'articolo 2, comma 3-octies, del decreto-legge n. 225 del 2010 prevede che il commissario delegato di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2007, n. 3614, provvede, entro il 30 giugno 2011, ad avviare la bonifica del sito d'interesse nazionale di «Bussi sul Tirino»;
   il decreto-legge n. 225 del 2010 prevede che le opere e gli interventi di bonifica e messa in sicurezza dovranno essere prioritariamente attuati sulle aree industriali dismesse e siti limitrofi, al fine di consentirne la reindustrializzazione;
   lo stesso decreto-legge n. 225 del 2010 prevede che agli oneri derivanti dall'avvio della messa in sicurezza di emergenza e della bonifica della discarica abusiva rinvenuta in località Bussi si provvede con un limite di 15 milioni di euro per l'anno 2011, 20 milioni di euro per l'anno 2012 e 15 milioni di euro per l'anno 2013;
   da notizie di stampa del mese di ottobre 2013 apparse sui quotidiani abruzzesi in occasione della visita del Ministro interrogato si apprende che sono state trasferite al commissario le risorse a proposito del sito di Bussi sul Tirino sottolineando l'importanza di definire le priorità e bloccare l'inquinamento; viene aggiunto, inoltre, che il Ministero da mesi sta lavorando sull'attività istruttoria;
   i ritardi alla messa in sicurezza del sito inquinato continua a produrre effetti nocivi alla natura e alle popolazioni a valle di Bussi;
   nel corso delle abbondanti piogge verificatesi all'inizio del mese di dicembre 2013 sono state registrate piene e esondazioni del fiume Pescara lungo l'intero bacino idrografico che, sicuramente, hanno trasportato ogni sorta di materiale, anche quelli altamente inquinanti, fuori dall'alveo del fiume;
   tali esondazioni potrebbero provocare ulteriore danno ambientale e alla salute delle popolazioni –:
   quale sia la situazione attuale del sito della discarica abusiva di Bussi sul Tirino e quali siano le attività di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica effettuate nel predetto sito per effetto dell'autorizzazione di cui all'articolo 2, comma 3-octies, del decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10;
   se le risorse pari a 50 milioni di euro siano state effettivamente trasferite e utilizzate, in tutto o in parte, per avviare la messa in sicurezza e la bonifica integrale della discarica abusiva di Bussi sul Tirino;
   se il Ministro intenda assumere iniziative per stanziare le ulteriori risorse necessarie per la bonifica integrale del sito d'interesse nazionale, e a quanto ammonterebbero queste risorse. (4-02934)


   VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   è stata scoperta una discarica abusiva in località Bussi nelle vicinanze della confluenza del fiume Tirino con il fiume Aterno-Pescara ove è stata rinvenuta una cospicua quantità di materiale altamente inquinante;
   l'ordinanza della protezione civile n. 3504 del 9 marzo 2006 recante «Disposizioni di protezione civile dirette a fronteggiare la crisi di natura socio-economico-ambientale determinatasi nell'asta fluviale del bacino del fiume Aterno» ha disposto che il dottor Adriano Goio è nominato Commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti necessari per il superamento della situazione di emergenza socio-economico-ambientale determinatasi nell'asta fluviale del bacino del fiume Aterno;
   l'ordinanza della protezione civile n. 3536 del 10 agosto 2006 determina che, in considerazione dei maggiori compiti connessi all'espletamento delle iniziative di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3504 del 9 marzo 2006, al commissario delegato è corrisposta una indennità onnicomprensiva, ad eccezione del solo trattamento di missione, di entità pari al trattamento economico in godimento ai direttori della regione Abruzzo;
   l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2007 n. 3614 riguardanti ulteriori disposizioni di protezione civile dirette a fronteggiare la crisi di natura socio-economico-ambientale determinatasi nell'asta fluviale del bacino del fiume Aterno dispone che il dottor Adriano Goio provvede a porre in essere ogni utile iniziativa volta al superamento del nuovo sopravvenuto contesto critico relativo alla discarica abusiva in località Bussi ed in particolare a diffidare i soggetti responsabili allo svolgimento degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica di rispettiva competenza e provvede in via sostitutiva, in caso di inadempienza dei medesimi, procedendo anche alle occorrenti iniziative tecniche, amministrative e di rappresentanza in sede giudiziaria per il risarcimento del danno ambientale;
   l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2007 n. 3614 dispone che al dottor Adriano Goio, in considerazione dei maggiori compiti connessi all'espletamento delle iniziative connesse alla Ordinanza stessa è corrisposta una indennità onnicomprensiva, ad eccezione del solo trattamento di missione, di entità pari al 20 per cento del trattamento economico in godimento ai direttori della Regione Abruzzo;
   con l'articolo 2, comma 3-octies, del decreto-legge 29 dicembre 2010 n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, il dottor Adriano Goio è stato autorizzato ad avviare la bonifica del sito d'interesse nazionale di «Bussi sul Tirino», come individuato e perimetrato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 29 maggio 2008 nonché sono stati stanziati, per le predette finalità, 15 milioni di euro per l'anno 2011, 20 milioni di euro per l'anno 2012 e 15 milioni di euro per l'anno 2013;
   con il comma 5 dell'articolo 35 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, il Commissario delegato è stato autorizzato a proseguire le attività fino al completamento degli interventi ivi previsti;
   da notizie di stampa del mese di ottobre apparse sui quotidiani abruzzesi in occasione della visita del Ministro interrogato si apprende che sono state trasferite al commissario delegato di cui sopra le risorse del sito di Bussi sul Tirino e, dalle stesse notizie di stampa, si legge che il Ministro dell'ambiente sottolinea che il Ministero da mesi sta lavorando sull'attività istruttoria sulla bonifica della discarica abusiva di Bussi sul Tirino –:
   quale sia la situazione attuale nel sito della discarica abusiva di Bussi sul Tirino comprese le eventuali diffide ai soggetti responsabili allo svolgimento degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica di rispettiva competenza previste dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2007, n. 3614;
   se l'indennità prevista dall'ordinanza della protezione civile n. 3536 del 10 agosto 2006 a cui si aggiunge l'indennità di entità pari al 20 per cento del trattamento economico in godimento ai direttori della regione Abruzzo stabilita nell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2007 n. 3614, considerando i presunti ritardi sull'assegnazione dei fondi, come dichiarato dal Ministro sugli organi di stampa, e quindi persistente la concreta impossibilità ad avviare la bonifica del sito d'interesse nazionale di «Bussi sul Tirino», sia stata corrisposta totalmente. (4-02935)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   COSTANTINO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'intero settore delle fondazioni liriche soffre da tempo di carenti finanziamenti pubblici, inidonei a programmare con certezza e lungimiranza le stagioni di rappresentazioni di opere e balletti;
   il recente decreto-legge n. 91 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 112 del 2013 nonostante la triennalità di finanziamenti definiti, non appare in grado di sanare la totalità dei debiti delle fondazioni;
   il teatro dell'opera di Roma è in crisi di liquidità ed a rischio default e commissariamento in base all'articolo 11 del citato decreto-legge. Nonostante le rassicurazioni del Ministro Bray, che ha scongiurato più volte il commissariamento, rimangono forti le preoccupazioni dei lavoratori sul futuro del teatro, che in caso il provvedimento venisse attuato vedrebbe ridotti i suoi organici fino al 50 per cento;
   in assenza di sicurezze sia economiche che normative, le istituzioni teatrali in generale continuano con la precarietà gestionale ed il relativo deperimento funzionale;
   l'unica sicurezza per rimanere in ordine come istituzione culturale cittadina e nazionale in quanto teatro di rappresentanza (legge n. 800 del 1967), la Fondazione teatro dell'Opera di Roma, ha estremamente bisogno della certezza di chiusura del bilancio in pareggio per l'anno 2013;
   la gestione del teatro dell'Opera di Roma ha provocato un debito, rimesso in parte nel conto patrimoniale nel bilancio consuntivo dell'anno 2012, di circa euro 16 milioni di euro senza piani di risanamento per il 2013;
   è stato siglato un accordo (18 maggio 2011) difformemente dai vigenti CCNL e CCAL, modificando materie inerenti l'orario di lavoro già trattate e di pertinenza di tutti i soggetti sindacali firmatari, all'insaputa delle organizzazioni sindacali confederali, esclusivamente con le organizzazioni autonome Fials Cisal e Libersind Confsal;
   l'accordo siglato in Campidoglio il 4 agosto 2011 in presenza del sindaco Alemanno, teso alla salvaguardia dell'organico di 631 unità utili alla Fondazione è stato sostanzialmente disatteso;
   l'organico è già sottodimensionato: 496 assunti su 631 previsti;
   si sono verificate nuove assunzioni a tempo indeterminato nell'area tecnico-amministrativa effettuate applicando criteri unilaterali ed arbitrari, disomogenei secondo i settori ma anche tra lavoratori del medesimo comparto, prevaricando graduatorie esistenti e avvantaggiando posizioni, predefinendo carriere riferibili a precise appartenenze sindacali; tutto questo nell'assoluta indifferenza del rispetto delle regole costituite (CCNL, CCAL contratti di settore del personale di sala, personale serale e assistenti dei minori) e al rispetto delle graduatorie di anzianità, in particolare la mancata applicazione dei diritti acquisiti nell'area artistica, per i contratti di assunzione a tempo determinato;
   sono stati immessi in organico circa 50 contratti a vario titolo (tra cui dirigenti, consulenti ma anche impiegati a tempo determinato in maniera di sostituire ruoli già presenti e coperti organicamente a tempo indeterminato), di cui, alcuni, anche composti da gradi parentali di discendenza diretta;
   la gestione ha cagionato la mancata retribuzione nel 2013 delle ferie maturate sia al personale assunto a tempo determinato alla conclusione di un contratto di lavoro, sia ad alcuni lavoratori posti in quiescenza e ha emarginato e destrutturato in maniera sistematica settori amministrativi nevralgici attraverso trasferimenti che non tengono in buon conto l'interesse della Fondazione ma che ne mettono in seria criticità la propria attività istituzionale di competenza violando il rispetto delle normative vigenti, con la creazione di un apposito organico parallelo, atto a gestire i dati sensibili e non rivelabili prodotti dalla dirigenza;
   la gestione ha esternalizzato gli impiegati alla Biglietteria al CLAN SERVICES COOP A.R.L, riducendone lo stipendio rispetto ai parametri del CCNL di settore, così come è avvenuta l'esternalizzazione del personale del Servizio Informatico affidato alla società Pages Personelle. Stessa cosa per l'esternalizzazione delle produzioni nonostante la capacità produttiva dei laboratori di falegnameria e scenografia, facendo rimanere inoccupati i lavoratori assunti a tempo indeterminato e non occupando i lavoratori necessari a tempo determinato. La capacità produttiva dei laboratori di sartoria è stata pressoché annientata a causa della procurata carenza di personale specializzato;
   si è verificata una totale mancanza di trasparenza amministrativa circa la copertura di ruoli del personale impiegatizio e tecnico, dettata più da esigenze di collocamento di mansioni/funzioni create appositamente, in maniera di poter giustificare le assunzioni di personale extra organico oltre le reali necessità amministrative e/o tecniche. Inoltre, l'aver favorito percorsi di carriera ad alcuni rappresentanti sindacali e/o a loro designati, secondo una precisa strategia di occupazione di ruoli chiave, di controllo e di potere, attuando, all'occorrenza, anche procedure selettive e/o «Ricerca di Personale» in modo assolutamente discrezionale e difforme dal CCNL;
   sono stati elargiti in maniera assolutamente discrezionale e poco trasparente premi retributivi a consulenti, dirigenti e personale a tempo indeterminato, in assenza di qualsiasi previsione del CCNL, attuando così un uso scorretto dei proventi derivanti dal FUS da destinarsi principalmente alla produzione istituzionale degli spettacoli;
   è stato prodotto un contenzioso enorme derivante anche da provvedimenti disciplinari usati in maniera coercitiva che, oltre i 150 ricorsi giudiziali del così detto «Collegato Lavoro», sono stati gestiti dallo studio legale privato «Marrazza & Associati», nonostante il patrocinio gratuito dell'Avvocatura dello Stato;
   la gestione ha sostanzialmente smantellamento alcuni reparti tecnici provocando la conseguenti scarsa capacità di produrre spettacoli contestualmente nelle due sedi deputate ed impegnate dalla precedente gestione del Teatro Costanzi e del Teatro Nazionale, con la successiva contrazione anche del personale a tempo determinato complementare e necessario;
   durante l'attuale gestione si sono svolti svariati concerti senza riscontro di pubblico e di conseguenti incassi, tali da far risultare queste rappresentazioni musicali del tutto improduttive nonché deficitarie, con costi che hanno comportato dai 500 euro ai 1500 euro a partecipante (a tal proposito occorre segnalare 11 concerti da camera eseguiti nel 2013, presso il conservatorio di S. Cecilia come da programma 2012/13, che non hanno potuto vendere biglietti perché la sala prescelta non era idonea ad accogliere pubblico pagante);
   si è scelto l'affitto dei locali di via D'Azeglio per un costo di 193.000 euro annui a carico del comune, nonostante la possibilità di reperimento e ristrutturazione di cubature utili presso il Teatro nazionale, mancando la valorizzazione di quanto già acquisito a proprio patrimonio e/o in alternativa ricorrendo alla richiesta di spazi di proprietà comunale –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno evitare il commissariamento del teatro dell'Opera di Roma, che colpirebbe inevitabilmente i malridotti organici di tecnici e amministrativi;
   se non ritenga di indurre a pianificare la restituzione dei debiti contratti, attraverso delle politiche di risparmio volte al risanamento economico con l'azzeramento di appalti e commesse esterne;
   se non ritenga opportuna un'azione di rilancio anche con una accurata ricerca di dirigenti capaci di governare il Teatro dell'Opera di Roma a partire dalla sovrintendenza e all'uopo, attesa l'importanza, di far sì che ciò avvenga come accaduto presso il Teatro Alla Scala di Milano, laddove tale carica è stata scelta in seguito ad un concorso internazionale;
   quali misure il Ministro interrogato ritenga necessarie per consentire il necessario ridimensionamento dei vari incarichi e le molteplici consulenze attualmente esistenti a carico della Fondazione, considerando che il decreto-legge n. 91 del 2013 individua tre figure dirigenziali e preminenti: il soprintendente, il direttore artistico ed il direttore amministrativo. (4-02938)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MAZZOLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nell'ottobre 2011 veniva bandito un concorso VFP4 11a immissione 2012 per forze armate, con iniziali 1.450 posti, poi aumentati durante l'iter concorsuale a 1.924 per poi, tramite decreto ministeriale n. 168 del 6 agosto 2012 e a graduatoria finale terminata, essere ridotti a 1.375, lasciando così a casa 549 ragazzi/e;
   infatti, a conclusione dell'intero iter concorsuale viene stilata la graduatoria finale ma non viene pubblicata e il 20 giugno 2012 viene firmato un nuovo decreto ministeriale, il n. 138, che porta a 1.375 i posti utili con graduatoria definitiva di 2.055 unità che avevano superato le visite mediche; con decreto ministeriale n. 168 del 6 agosto 2012 viene stabilito il taglio delle immissioni del concorso VFP4 lasciando così a casa 549 ragazzi/e;
   77 dei 549 concorrenti vincitori «tagliati», avverso il provvedimento che disponeva i «tagli», hanno presentato ricorso al Tar del Lazio ed in data 13 novembre 2013 vi è stata la pubblicazione della sentenza n. 9672/2013 che ha una efficacia erga omnes;
   con tale sentenza il Tar ha statuito l'accoglimento del ricorso principale, proposto dai 77 ragazzi, con conseguente annullamento, degli atti con esso impugnati;
   le motivazioni della decisione possono essere così riassunte mediante i seguenti riferimenti testuali: «La riduzione dei posti messi a concorso è infatti stata disposta facendo generico riferimento ad esigenze di contenimento della spesa nello stesso esercizio finanziario in cui non solo era stata autorizzata l'assunzione di un numero di militari pari ai posti messi a concorso, ma era stato addirittura disposto l'incremento dei suddetti posti; nonché rispetto alla decisione, successiva, di indire un nuovo bando rimettendo a concorso i medesimi posti già oggetto di tagli.
(Omissis)
tali operazioni di riduzioni, e successiva rimessa in gioco, dei posti messi a concorso sono stati effettuati quando ormai i nominativi dei vincitori erano noti per essere stata pubblicata la graduatoria di merito interessata dai tagli.
(Omissis)
siccome la riduzione viene operata quando ormai erano stati resi noti i nomi dei vincitori, la scelta di non utilizzare la graduatoria comporta, oltre all'azzerando delle aspettative di reclutamento dei soggetti idonei in essa inseriti, anche l'ulteriore conseguenza del «disconoscimento degli esiti» della procedura concorsuale espletata e quindi, di fatto, si presta ad «eventuali forme subdole di rivalutazione dei risultati dell'organo tecnico che ha già espresso un giudizio» sui candidati dichiarati idonei dalla Commissione esaminatrice (vedi, da ultimo, T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 21 novembre 2012 n. 1969).
(Omissis)
Appare evidente che, operando in tal modo, l'Amministrazione è incorsa nell'eccesso di potere per difetto di motivazione e che la motivazione sulla spesa addotta a supporto della decisione di riduzione dei posti appare pertanto pretestuosa e contraddittoria rispetto al comportamento precedente e successivo della PA che mostra un'altalenante e non coordinata serie di incrementi e riduzioni dei posti operate»;
   la medesima sentenza ha inoltre «fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione che dovrà, in esecuzione della presente decisione, ripronunciarsi sulla questione»;
   il Ministero della difesa, dopo 20 giorni dalla pubblicazione della sentenza, nella specie in data 3 dicembre 2013 ha reso pubblico il decreto n. 273 del 2013 con cui è stato disposto il bando di concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento di posti 2.229 per VFP4 suddivisi in:
    1.720 posti nell'Esercito;
    215 posti nella Marina militare;
    294 posti nell'Aeronautica militare;
   questo però senza prevedere il preventivo e ovvio «scorrimento» della graduatoria oggi esistente costituita dai 549 vincitori effettivi di concorso, ritenuti tali a seguito delle citata sentenza;
   vi è da aggiungere, inoltre, che il nuovo bando per l'anno 2014, appare contraddire quanto disposto dalle nuove misure adottate dal Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, poiché, anche se il bando si riferisce a posti di lavoro a tempo determinato (4 anni) con il comportamento posto dalla pubbliche amministrazioni viene comunque eluso il principio volto a conseguire risparmi di spesa;
   è infatti evidente che l'avvio di nuove procedure concorsuali è motivo di nuovi oneri a carico dei bilanci degli enti e delle amministrazioni;
   si avverte pertanto la assoluta prioritaria necessità che vengano rispettate le norme che hanno dato certezze e hanno tutelato i diritti acquisiti da vincitori ed idonei di concorsi regolarmente banditi –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda attivare per sanare questa situazione e consentire il ripristino delle immissioni;
   se il Ministro intenda eventualmente impugnare presso il Consiglio di Stato la sentenza del Tar Lazio del 13 novembre 2013, intervenuta in favore dei ricorrenti sulla questione oggi esaminata e se infine ritenga di dover bloccare il citato nuovo bando VFP4 pubblicato in data 3 dicembre 2013, che, in disapplicazione di quanto previsto dalle norme in materia di pubblica amministrazione varate dal Governo, lede a giudizio degli interroganti i diritti dei 549 vincitori effettivi, oggi rientranti in una graduatoria valida a seguito della sentenza del TAR Lazio pubblicata in data 13 novembre 201;
   se non si ritenga invece di dover esercitare i poteri di competenza, ponendo in essere un provvedimento in autotutela finalizzato alla rimodulazione delle regole concorsuali del nuovo bando indicato, prevedendo così lo scorrimento della graduatoria esistente e permettendo la consequenziale di immissione dei 549 vincitori effettivi. (5-01715)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   BRUNO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nonostante l'attività di cambia valute in Italia sia sostanzialmente regolata ed autorizzata dalla Banca d'Italia, parrebbe che moltissimi sportelli di cambiavalute non abbiano alcun limite di legge ai costi da applicare ai clienti;
   ad esempio, 159 dollari statunitensi allo sportello di piazza della Rotonda di Roma diventano 84 euro con ben 27,46 euro di spese di servizio pari al 19,70 per cento;
   situazioni simili sembrano riproporsi abitualmente nei principali aeroporti e in molti altri luoghi frequentati in particolare da visitatori stranieri;
   simili sostanziali cambi esosi rappresentano un deterrente per i turisti che da ogni parte del mondo vengono a Roma e in Italia;
   parrebbe che le autorità preposte, che hanno il compito di vigilare sul settore, conducano verifiche solo in caso di esposto puntuale, segnalando solo dopo l'accertamento il caso all'autorità giudiziaria, la quale interviene soltanto se si raggiunge il tasso ufficiale di usura (18 per cento) o quando il tasso di cambio e le commissioni applicate non vengono correttamente mostrate ai clienti;
   gli stranieri, che nella Capitale sembrerebbero rappresentare il 70 per cento del flusso turistico generale, si fermano in Italia per pochi giorni o qualche settimana al massimo e non hanno tempo per intentare un'azione legale, che dovrebbero poi seguire dall'estero;
   alcune associazioni dei consumatori invitano i turisti ad evitare le agenzie di cambio private e a rivolgersi alle banche, tuttavia le banche non sono obbligate a reperire una valuta che non sia nella loro disponibilità perché l'attività di cambio finisce per rappresentare un servizio liberamente prestato dagli intermediari bancari che, quindi, possono rifiutarsi di cambiare la valuta;
   le banche in cassa hanno solo le monete più comuni, il cambio di valuta meno commercializzata fa alzare la commissione a danno del consumatore;
   di fatto poche aziende gestiscono in Italia un giro d'affari di centinaia di milioni di euro finendo per esercitare una sorta di monopolio nel settore –:
   se il Governo sia a conoscenza del funzionamento del sistema dei cambia valute e quali siano i suoi orientamenti in merito al servizio reso ai cittadini e agli stranieri;
   se il Governo non ritenga opportuno, per quanto di competenza e anche attraverso un monitoraggio della Guardia di finanza, verificare quanto esposto nelle premesse, facendo anche luce sulle commissioni che vengono applicate dagli uffici di cambio;
   se il Governo non ritenga di richiedere all'Autorità garante della concorrenza e del mercato lo svolgimento di un'indagine nel settore dei cambia valute ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 287 del 1990;
   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative normative per favorire altri canali che consentano una gestione del servizio più efficace e meno costosa per gli utenti, demandandolo, ad esempio, con la dovuta regolamentazione, direttamente alle strutture ricettive tipo gli alberghi o alla rete di Poste Italiane. (4-02927)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 3 dicembre 2013 presso il salone d'onore del Coni pare sia stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra il Ministero della giustizia ed il CONI con cui si prevede in alcuni istituti penitenziari per la popolazione ivi detenuta l'avvio di corsi per la pratica di alcune discipline sportive, tra le quali il pugilato, la scherma e anche il tiro al piattello;
   come anche evidenziato nella lettera di protesta inviata dall'organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria al Ministro interrogato, mettere in mano ad un detenuto un fucile per poter sparare al tiro al piattello porrebbe a serio rischio e repentaglio non solo la sicurezza del Corpo di polizia penitenziaria, che con sempre maggiore ciclicità è oggetto di aggressione da parte dei detenuti, ma più in generale quella pubblica, se solo si considera che si vuole insegnare, ad esempio a rapinatori e stupratori, il modo migliore per usare le armi e i pugni;
   tra le tante iniziative che potrebbero e dovrebbero essere attivate in materia di politica penitenziaria, considerata la criticità del sistema detentivo italiano, come la realizzazione del piano di edilizia carceraria e l'avvio degli accordi con i Paesi di origine per il rimpatrio dei detenuti stranieri, non si comprende come tali corsi possano essere una priorità per il Ministro adito;
   tali iniziative, accompagnate dalle continue esortazioni, anche del Ministro interrogato ad adottare atti di clemenza, come l'indulto o l'amnistia, e i ben quattro provvedimenti cosiddetti «svuotacarceri» approvati nei soli due ultimi anni dai Governi Monti e Letta, minano il principio della certezza della pena e mortificano le forze dell'ordine impegnate invece quotidianamente nel contrasto ai fenomeni criminosi in continuo aumento, nonché, ma non da ultimo, le vittime dei reati;
   non è insegnando a sparare con un fucile o le tecniche di combattimento della boxe che si rieduca un condannato –:
   se corrisponda al vero che il Ministro interrogato abbia sottoscritto un protocollo di intesa con il CONI e se verranno avviati i corsi di cui in premessa all'interno delle carceri italiane; se consideri tali iniziative delle priorità per il dicastero o se invece non ritenga più utile investire risorse nell'implementazione delle strutture carcerarie o avviare accordi con i Paesi di origine per il rimpatrio dei detenuti stranieri presenti nelle carceri italiane. (4-02939)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NARDUOLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la situazione dei trasporti ferroviari regionali ed interregionali presenta criticità e problemi di grande rilevanza per la popolazione ed in particolare per lavoratori e studenti pendolari;
   come evidenziato anche dal rapporto «Pendolaria 2013» presentato da Legambiente, esistono casi in cui non si può e non si deve parlare di «problemi» ma di condizioni «ai confini della realtà»;
   tra questi vi è il caso della linea ferroviaria interregionale Mantova-Legnago-Monselice, che attraversa tre province (Mantova, Verona e Padova) ed è un collegamento vitale per delle zone abbastanza distanti da realtà urbane (Verona e Padova) dove sono collocate aziende, scuole ed università e dove lavorano e studiano migliaia di dipendenti e studenti che arrivano alla loro destinazione con il treno;
   nella tratta Legnago-Monselice il binario è unico ed i convogli spesso assolutamente insufficienti a trasportare dignitosamente i passeggeri;
   come se non bastasse, più volte al mese i convogli presentano pesantissimi ritardi o cancellazioni improvvise oppure si guastano, come accaduto una decina di giorni fa nel tratto Cerea-Legnago; il guasto ha comportato un'attesa in treno dei passeggeri di circa 5 ore;
   inoltre, a partire dal 15 dicembre 2013, giorno in cui entrerà in vigore il nuovo orario regionale cadenzato, concordato fra Trenitalia e regione Veneto, verranno cancellati i treni regionali diretti che collegano Padova con Legnago e Mantova, via Monselice, e viceversa. Tutti i nuovi regionali effettueranno servizio soltanto sull'asse Mantova-Legnago-Monselice e, quindi, anche i pendolari che devono recarsi a Padova dovranno per forza trasbordare a Monselice e utilizzare i treni regionali veloci, provenienti da Bologna o quelli, già classificati lenti, in arrivo da Ferrara e da Rovigo, che molto spesso arrivano a Monselice già sovraffollati;
   i treni cancellati saranno un totale di tredici, e più precisamente sette treni diretti che da Mantova (o da Legnago) arrivano a Padova alle 7.29, 7.54, 8.56, 9.56, 14.26, 15.42 e 17.56, e sei convogli che partono da Padova diretti a Legnago e a Mantova alle 9.09, 12.19, 14.36, 16.38, 17.19, 18.45  –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali strumenti abbia a disposizione per intervenire, per quanto di competenza, su situazioni che continuano a recare grande disagio a migliaia di pendolari e che riguardano più regioni e comunque la gestione di una grande azienda nazionale come Trenitalia. (5-01711)


   MAURI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la regione Calabria partecipa alla Società «Stretto di Messina spa» con una quota pari al 2,6 per cento del capitale sociale;
   con la delibera Cipe n. 83 del 29 marzo 2006 è stato approvato il piano finanziario per la realizzazione della cosiddetta «Variante Ferroviaria di Cannitello» opera destinata al miglioramento e all'implementazione del sistema della rete ferroviaria regionale, pur mantenendo le caratteristiche tecniche originarie;
   con delibera n. 77/2009 il Cipe, nel quadro del mutato quadro politico nazionale, riteneva di dover ricondurre la citata opera tra quelle propedeutiche alla realizzazione del manufatto stabile di collegamento con la Sicilia, assegnando a «Stretto di Messina» come nuovo soggetto attuatore in vece di RFI, il compito della realizzazione della cosiddetta «Variante di Cannitello», e successivamente «Stretto di Messina» affidava al «Contraente Generale Eurolink» la realizzazione, secondo quanto indicato e prescritto dalle delibere n. 83/2006 e 77/2009 del CIPE;
   in data 23 dicembre 2009 il contraente generale «Eurolink», incaricato dalla Società «Stretto di Messina Spa», Nuovo soggetto attuatore in vece di RFI, avviava i cantieri per la realizzazione della cosiddetta «variante ferroviaria di Cannitello»;
   nell'allegato 1 alla deliberazione 83/2006 del Comitato interministeriale per la programmazione economica si legge che, nell'ambito del progetto relativo a tale galleria ferroviaria artificiale, si sarebbe dovuto provvedere, tra le altre cose, al «completo ricoprimento della galleria artificiale in maniera da ottenere un completo mascheramento, estendendo ad un ambito più vasto di alcuni chilometri, ove possibile, la riconformazione e ricontestualizzazione morfologica»;
   la rinnovata delibera Cipe n. 77/2009 espressamente confermava le clausole contenute nella delibera n. 83/2006;
   nell'ambito della ricontestualizzazione morfologica e della riconfermazione ambientale, è stata considerata la sistemazione a verde attrezzato dell'area risultante dal mascheramento della galleria artificiale e la ristrutturazione straordinaria del tratto di lungomare attiguo alla predetta galleria;
   con delibera Cipe n. 6 del 20 gennaio 2012, in ottemperanza alla decisione parlamentare del 28 ottobre 2011, lo stesso Comitato per la programmazione economica provvedeva alla rideterminazione, in riduzione, del fondo infrastrutture, sottraendo circa 1,3 miliardi di euro al ponte sullo stretto;
   per effetto di tale riduzione finanziaria, la Società «Stretto di Messina» era costretta, al fine di provvedere al finanziamento necessario all'ultimazione dell'infrastruttura, ad accendere un mutuo di 12 milioni e 204 mila euro da pagarsi negli 11 anni successivi;
   allo stato, l'opera definita «Variante Ferroviaria di Cannitello», entrata regolarmente in esercizio, non risulta completata nella parte delle prescrizioni imposte dalla menzionata delibera Cipe n. 83/2006 e 77/2009, con l'effetto di stare ingenerando viva preoccupazione tra la popolazione locale;
   nonostante le rassicurazioni fornite dai rappresentanti dell'ente locale, sul sito dedicato all'infrastruttura stabile di collegamento, la Società «Stretto di Messina Spa» dichiarava che l'opera era stata ultimata nel mese di aprile 2012;
   tale notizia veniva confermata con l'atto a firma del sindaco di Villa San Giovanni, Rocco La Valle, il quale, con provvedimento del 2 ottobre 2012, suo malgrado, era costretto a dare «pubblicità-notizia» che, in data 21 maggio 2012, la società Eurolink ha provveduto all'ultimazione dei lavori afferenti la cosiddetta «variante ferroviaria di Cannitello»;
   lo stato dell'arte è oggi rappresentato da un cantiere ormai rimosso da tempo da parte del «Contraente Generale Eurolink» e da uno «scatolare» in cemento armato che, come è stato definito, rappresenta «un manufatto esteticamente deteriore e paesaggisticamente deturpante»;
   in ottemperanza al decreto-legge n. 179 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 221 del 2012, la mancata sottoscrizione del previsto «atto aggiuntivo», da sottoscriversi entro 60 giorni da parte della società «Stretto di Messina Spa» e contraente generale, ha comportato la caducazione di tutti gli atti che regolano i rapporti di concessione, nonché le convenzioni ed ogni altro rapporto contrattuale stipulato dalla società concessionaria;
   per effetto, l'infrastruttura stabile di collegamento tra la Sicilia ed il Continente deve ritenersi cancellata da ogni programma infrastrutturale e che, tuttavia, allo stato, l'opera definita «Variante Ferroviaria di Cannitello», pur entrata regolarmente in esercizio, non risulta completata nella parte delle prescrizioni imposte dalla menzionata delibera Cipe n. 83/2006, con l'effetto di stare ingenerando viva preoccupazione tra la popolazione locale;
   la vicenda sta generando forte preoccupazione nella città di Villa San Giovanni, la quale legittimamente ritiene di potere e dovere pretendere la completa realizzazione del manufatto nei termini indicati dalla delibera n. 83/2006 e 77/2009 del Cipe, quale atto di ristoro per i danni sofferti da quella comunità;
   a fronte di tale situazione e in un momento in cui monta tra i cittadini un sentimento ostile nei confronti della politica e delle istituzioni, occorre assumersi la responsabilità di parlare ai cittadini con il linguaggio della chiarezza, ma anche di esercitare tutte le prerogative finalizzate a pretendere che le imprese e le società affidatarie e delegate alla realizzazione dei programmi e delle opere portino a compimento gli impegni contrattualmente assunti –:
   quali iniziative intenda assumere per assicurare il completamento degli interventi con risorse congrue, anche integrando le disponibilità esistenti, in particolare garantendo la completa e puntuale attuazione delle prescrizioni recate dalla delibera Cipe n. 83 del 2006 e dalla delibera CIPE 77 del 2009. (5-01718)

Interrogazione a risposta scritta:


   SEGONI, ARTINI, GAGNARLI, BALDASSARRE, BONAFEDE e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Pisa intende dotarsi di una linea metropolitana di superficie di collegamento fra l'aeroporto Galilei, i parcheggi scambiatori di Pisa sud e la stazione ferroviaria centrale come risulta dalla pubblicazione Burt n. 17 del 27 aprile 2011 della regione Toscana;
   è già presente un servizio di collegamento ferroviario tra stazione centrale e l'Aeroporto Galilei gestito da Trenitalia;
   il costo complessivo dell'opera soprannominata «people mover» è salito fino a 69 milioni di euro, per un tratto di 1 chilometro e 780 metri;
   27 milioni di euro in un primo momento dovevano essere attinti da finanziamenti europei per la mobilità sostenibile. Ma il finanziamento è stato drasticamente ridotto riducendosi a 7 milioni. L'importo rimanente dell'opera è a totale carico di Stato e regione Toscana;
   il collegamento ferroviario già esistente risponde alle richieste del servizio, permettendo un deflusso dei passeggeri in maniera più armonica rispetto alla nuova linea;
   il servizio ferroviario gestito da Trenitalia rimarrà attivo una volta realizzata la nuova linea metropolitana. La spesa per il mantenimento di questo percorso sarà sempre a carico della regione Toscana per un costo di 470 mila euro annui, praticamente dimezzato rispetto alla spesa attuale di 800 mila euro;
   il costo previsto per il biglietto della metropolitana sarebbe di euro 2.50 a fronte di euro 1.10 attuali per percorrere la medesima tratta con l'attuale servizio ferroviario;
   l'ipotesi di utenti giornalieri prevista nell'ora di punta è di circa 800-1.000 unità: quindi in una fascia compresa tra i 4.350.000 ed i 5.440.000 passeggeri annui, a fronte di un numero di passeggeri in transito dall'aeroporto Galilei nell'anno 2012 di 4.494.915 unità, molti dei quali provenienti dall'area di Firenze direttamente in treno –:
   se quanto riportato in premessa trovi conferma;
   a quanto ammonti il finanziamento a carico dello Stato;
   quali siano le motivazioni relative alla pianificazione, al finanziamento e alla realizzazione di un'opera di poche centinaia di metri che prevede un costo totale pari a un terzo della spesa complessiva di tutto il trasporto pubblico locale della sola regione Toscana;
   se siano note le ricadute per gli enti pubblici di eventuali mancati ricavi e se siano stati stimati in fase di progettazione;
   quale sia l'ammontare Iva per la realizzazione del progetto. (4-02932)

INTEGRAZIONE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per l'integrazione, il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   dalla stampa si apprende che 26 coppie di genitori italiani che hanno avviato e perfezionato con la Commissione governativa per le adozioni internazionali l’iter per la procedura di adozione di alcuni minori in Congo, sono «bloccati» nella Repubblica congolese;
   le coppie italiane sono partite da varie regioni (Toscana, Liguria, Lazio, Abruzzo e Umbria) alla volta del Congo il 12 novembre per concludere l’iter adottivo perché autorizzate dall'ente che ha seguito le procedure di adozione in accordo con la Commissione per le adozioni internazionali;
   la Repubblica democratica del Congo tramite la Direction general migration (DGM), dopo un primo blocco generale di tutti minori per tutti i Paesi esteri, Italia compresa, per presunte irregolarità, avrebbe rilasciato una lista di coppie autorizzate all'ingresso e dei relativi bambini che avevano ultimato tutto l’iter adottivo entro la data del 25 settembre e che sarebbero stati quindi autorizzati a lasciare il Paese;
   da fonti giornalistiche (Il Sole24ore) si apprende che il 18 novembre gli italiani hanno consegnato presso la sede della Direction general migration i dossier dei loro casi, i passaporti dopo aver ottenuto il visto di ingresso per i bambini dall'ambasciata italiana, tuttavia la Direction general migration ha comunicato che non avrebbe fornito i visti di uscita per i bambini per tutta la durata del blocco imposto (12 mesi) e che non vi sarebbe traccia della lista di autorizzati;
   le famiglie si trovano tuttora in Congo e vivono in condizioni igienico-sanitarie difficili (manca l'acqua corrente e si usa l'acqua piovana raccolta nei secchi); da fonti giornalistiche (La Repubblica del 11 dicembre 2013) si apprende che si registra il primo caso di malaria tra i 52 italiani che rimangono bloccati da quasi un mese perché mancano visti di uscita per i 32 bambini che hanno adottato;
   a ciò si aggiunge che la permanenza in loco costringe gli italiani ad affrontare spese sempre più importanti esponendoli anche a conseguenze sul piano lavorativo poiché i permessi lavorativi presi non possono essere allungati a tempo indeterminato;
   sono in corso trattative diplomatiche ma rimane forte la preoccupazione in merito alle condizioni dei cittadini italiani e dei loro bambini e ai tempi di risoluzione della procedura di adozione –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei motivi del diniego del visto di uscita da parte delle autorità congolesi e quali iniziative urgenti abbia adottato o intenda adottare al fine di sostenere le famiglie italiane e pervenire al più presto ad una positiva soluzione delle procedure di adozione e di rientro delle famiglie con i loro bambini;
   quali iniziative intenda adottare affinché non si verifichino tali situazioni per il futuro.
(2-00337) «Ciprini, Gallinella».

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAROFALO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'anno 2012, la Corte dei Conti, sezione di controllo per la regione siciliana in osservanza di quanto indicato dall'articolo unico, comma 168 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, ha riscontrato comportamenti difformi della sana gestione finanziaria del comune di Milazzo, tali da provocarne il dissesto;
   la magistratura contabile siciliana, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, la cui disposizione è stata ritenuta inapplicabile in Sicilia, dal mese di aprile del 2012, con la deliberazione del 19 luglio 2012, n. 203, ha richiesto formalmente al medesimo comune siciliano, l'adozione di adeguate misure correttive «... atte a superare le gravi criticità riscontrate»;
   la medesima magistratura contabile, attraverso una successiva deliberazione del 29 settembre 2012 n. 242, a seguito dell'inottemperanza delle misure richieste, ha constatato formalmente la permanenza della grave situazione contabile di squilibrio finanziario esistente nel comune di Milazzo;
   in coerenza con quanto stabilito dalla disposizione del suindicato decreto legislativo, la Corte dei Conti siciliana, ha conseguentemente trasmesso la predetta deliberazione, anche al prefetto di Messina, riservandosi di accertare, decorsi trenta giorni, l'eventualità del perdurante inadempimento, nonché la sussistenza delle condizioni di dissesto finanziario previste dall'articolo 244 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali»;
   il 4 dicembre 2012 la Corte dei Conti, ha accertato, con la deliberazione del 14 novembre 2012, n. 359, trasmessa al comune di Milazzo, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 6 comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, il perdurante inadempimento dell'ente medesimo, rispetto all'esigenza di adottare le misure correttive necessarie a ripristinare gli equilibri di bilancio;
   nelle more, il Governo Monti ha stabilito con le misure previste dal decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, che, per gli enti locali in situazioni di squilibrio di bilancio sia prevista, per la prima volta, la possibilità di evitare il dissesto finanziario attraverso l'approvazione di un piano di riequilibrio decennale;
   l'articolo 3 del suddetto decreto-legge, ha tuttavia precisato che, nell'ambito dei benefici previsti dalle procedure di riequilibrio non rientrano quegli enti locali, già destinatari di deliberazione della Corte dei Conti riguardante l'adozione di misure correttive;
   il comune di Milazzo pertanto, già destinatario di richiesta di assunzione di misure correttive da parte della sezione di controllo della Corte dei Conti siciliana, non ha potuto conseguentemente aderire alle disposizioni previste dal cosiddetto piano decennale di riequilibrio;
   nelle more dell'adozione dei provvedimenti adottato dal prefetto di Messina, il medesimo decreto-legge è stato successivamente convertito, con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012 n. 213, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 7 dicembre 2013;
   l'interrogante evidenzia che, attraverso le modifiche introdotte in sede di conversione del suddetto provvedimento di decretazione d'urgenza, il beneficio di aderire al cosiddetto piano decennale di riequilibrio è stato precluso, esclusivamente, agli enti locali destinatari di eventuali provvedimenti della Corte dei Conti a partire dalla data d'entrata in vigore della legge;
   ciononostante, il prefetto di Messina, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, con nota n. 36501 dell'11 dicembre 2012, nell'ambito dei provvedimenti di propria competenza, ha invitato i componenti del consiglio comunale di Milazzo «a deliberare il dissesto finanziano dell'Ente entro e non oltre il 31 dicembre 2012»;
   il medesimo consiglio comunale in maniera corretta e conforme alla legge, ha tuttavia deliberato il 22 dicembre 2012, anche a seguito delle modifiche introdotte dal decreto-legge 10 ottobre 2012 n. 174, la richiesta di adesione al piano di riequilibrio previsto dall'articolo 243-bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
   la predetta deliberazione, è stata inoltrata, entro 5 giorni, alla sezione regionale della Corte dei Conti, al Ministero dell'interrogato ed alla Corte dei Conti sede nazionale;
   il presidente del consiglio comunale, in ottemperanza a quanto disposto dal comma 3 del suddetto articolo 243-bis, che prevede la temporanea sospensione della procedura di dissesto in itinere, ha formalmente comunicato al prefetto di Messina, la sospensione della trattazione della proposta di deliberazione di dissesto finanziario dell'ente di Milazzo, precedentemente iscritta all'ordine del giorno del consiglio comunale;
   il viceprefetto di Messina, tuttavia con provvedimento n. 394, 2013 del 5 gennaio 2013, ha a giudizio dell'interrogante erroneamente, diffidato il consiglio comunale e nominato il commissario ad acta, per la dichiarazione dello stato di dissesto finanziario del comune di Milazzo;
   in applicazione di quanto disposto dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 (jus superveniens), l'interrogante segnala che il prefetto avrebbe dovuto prendere atto della decisione del consiglio comunale di Milazzo, di avvalersi della nuova ed alternativa procedura per consentire all'ente di ripristinare gli equilibri di bilancio;
   ciononostante il commissario ad acta, insediatosi il 10 gennaio 2013, all'uopo nominato dal prefetto di Messina, con deliberazione n. 2 dell'11 gennaio 2013, ha invece approvato il dissesto finanziario del comune di Milazzo;
   il prefetto di Messina conseguentemente, ha proceduto in conformità di quanto previsto dall'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, attraverso la procedura di scioglimento del consiglio dell'ente interessato ai sensi dell'articolo 141 del citato testo unico dell'ordinamento degli enti locali n. 267 del 2000;
   stante la dichiarazione di dissesto finanziario dell'ente comunale di Milazzo, il Ministero dell'interno ha in seguito, nominato una commissione straordinaria di liquidazione, per l'amministrazione della gestione e dell'indebitamento pregresso e per l'adozione di tutti i provvedimenti per l'estinzione dei debiti del comune di Milazzo;
   l'assessore regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica della regione siciliana, nelle more dell'emanando decreto del Presidente della regione di scioglimento del consiglio comunale ha sospeso l'organo consiliare, nominando un commissario straordinario in sostituzione del consiglio comunale;
   il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, nei primi giorni di settembre del 2013, con ordinanza n. 707/13, preso atto della sentenza della Corte Costituzionale n. 219 del 2013, ha accolto l'appello proposto da alcuni consiglieri comunali di Milazzo e, per l'effetto, ha recepito l'istanza cautelare proposta in primo grado;
   con il predetto provvedimento giurisdizionale, gli effetti della deliberazione di dichiarazione di dissesto finanziario del comune di Milazzo, adottata dal commissario ad acta, sono stati successivamente sospesi;
   l'interrogante rileva che, in precedenza, il presidente della regione siciliana, quale ulteriore conseguenza della dichiarazione di dissesto, con proprio decreto del 16 maggio 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della regione siciliana il 7 luglio 2013, su proposta dell'assessore regionale per le autonomie locali e la funzione pubblica, ha dichiarato sciolto il consiglio comunale di Milazzo; 
   i consiglieri comunali, immediatamente sospesi dopo l'approvazione della delibera di dissesto, in quella che all'interrogante appare una inerzia omissiva del presidente della regione, sono stati costretti a rivolgersi nuovamente al TAR di Catania, per ottenere la reintegrazione dell'organo, la sospensione del decreto presidenziale di scioglimento del Consiglio comunale ed in ultimo, la sospensione del decreto del Ministero dell'interno con il quale è stata nominata la commissione straordinaria;
   tale ulteriore ricorso avverso gli atti adottati nelle more della decisione del Consiglio di giustizia amministrativa, è stato proposto tuttavia soltanto in via cautelativa;
   la sospensione degli effetti dell'atto presupposto (delibera dissesto), infatti, si è estesa automaticamente agli atti consequenziali, (caducante dell'annullamento dell'atto presupposto) quali la nomina della commissione e lo scioglimento consiglio comunale (atti consequenziali, esecutivi e meramente confermativi);
   i ricorrenti, tuttavia avuto riguardo della particolarità della vicenda (si pensi al reinsediamento automatico di un organo consiliare ed alle possibili conseguenze sotto il profilo delle responsabilità e dell'ordine pubblico), hanno comunque ritenuto opportuno attendere la decisione del giudice amministrativo;
   di recente il TAR di Catania, ritenendo la giurisdizione della Corte dei Conti (allo stato è pendente innanzi alle Sezioni Unite della Cassazione un ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione), non si è pronunciato sulla domanda cautelare di sospensione degli effetti dei provvedimenti meramente esecutivi della dichiarazione di dissesto (nomina della commissione e lo scioglimento consiglio comunale);
   siffatto modus procedendi, oltre a costituire un gravissimo vulnus ad un organo amministrativo democraticamente eletto, determina a giudizio dell'interrogante, gravissimi ritardi nella programmazione delle scelte amministrative, che certamente non possono essere delegate ad un organo straordinario;
   a giudizio dell'interrogante, il grave ritardo nell'adozione in autotutela di un provvedimento di sospensione del decreto di scioglimento, che mutua la propria motivazione nella delibera di dissesto, i cui effetti allo stato sono sospesi da un provvedimento giurisdizionale, una violazione dell'autonomia delle amministrazioni locali costituzionalmente garantita e in quella di principi generali dell'ordinamento;
   il principio di legalità, esige, a parere dell'interrogante, che il Presidente della regione siciliana adotti senza dilazione, il provvedimento di sospensione della dichiarazione di scioglimento del consiglio comunale di Milazzo, consentendo al predetto organo esercitare un diritto garantito dalla Costituzione;
   la commissione straordinaria di liquidazione per l'amministrazione della gestione e dell'indebitamento pregresso e per l'adozione di tutti i provvedimenti per l'estinzione dei debiti, continua ciononostante a riunirsi presso il comune di Milazzo, producendo attività amministrativa in relazione ad un procedimento sospeso in via giurisdizionale, a parere dell'interrogante, in maniera inopinata ed in spregio alle più elementari regole amministrative, nonostante la sospensione degli effetti della deliberazione di dichiarazione di dissesto finanziario –:
   se non ritengano opportuno, nell'ambito delle rispettive competenze, assumere iniziative in tempi rapidi affinché:
    a)  la commissione straordinaria di liquidazione per l'amministrazione della gestione e dell'indebitamento sospenda e/o interrompa, senza ulteriore dilazione di tempi, lo svolgimento di qualsivoglia attività in considerazione del fatto che la deliberazione di dissesto finanziario è, allo stato, sospesa dal provvedimento emesso dal Consiglio di giustizia amministrativa;
   b) si disponga urgentemente una verifica mediante ispezione della situazione finanziaria e contabile del comune di Milazzo, con particolare riferimento a tutti gli atti posti in essere dalla giunta comunale e a eventuali omissioni e/o ritardi che hanno determinato la grave situazione venutasi a determinare. (5-01717)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   da mesi il parco di Colle Oppio a Roma vive una situazione di degrado senza precedenti, trasformatosi in una tendopoli a cielo aperto nella quale oltre un centinaio di immigrati bivaccano all'interno di un'area di alto pregio architettonico e paesaggistico, a due passi dal Colosseo e dalla Domus aurea;
   in seguito alle denunce presentate dai residenti della zona, il parco era stato sgomberato meno di un mese fa, ma è già di nuovo reinsediato;
   lo stato di abbandono del parco provoca gravissimi problemi sia di igiene sia di sicurezza, ai quali si aggiungono anche le tensioni e gli scontri tra gli immigrati stessi;
   inoltre, le condizioni di degrado nella quale sono costrette a vivere queste persone, accampate in rifugi di fortuna e in condizioni di estrema precarietà soprattutto in questi giorni di grande freddo, violano i più elementari diritti di qualunque essere umano;
   alla totale indifferenza ed inerzia nei confronti del problema dimostrata dall'amministrazione comunale fa eco l'inattività anche del potere centrale;
   con riferimento agli immigrati che occupano il parco, infatti, andrebbe operata una verifica dei permessi per il soggiorno in Italia procedendo alla loro accoglienza nelle apposite strutture, togliendoli dalla strada –:
   se non ritengano opportuno intervenire al più presto, per quanto di competenza, nel senso di cui in premessa, al fine sia di garantire agli immigrati delle degne condizioni di vita, sia di restituire al parco di Colle oppio il suo pregio culturale e archeologico, tutelando al contempo la sicurezza di tutti i cittadini. (4-02928)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in occasione della tradizionale festa di Santa Barbara, il 4 dicembre 2013, il Comandante provinciale dei vigili del fuoco di Como, Marisa Cesario, ha pubblicamente esposto le difficoltà con cui si confronta il suo comando;
   dopo aver attirato l'attenzione sulla contrazione del personale assegnato ai distaccamenti dei vigili del fuoco nella provincia comasca, ora pari a 140 unità, Marisa Cesario ha evidenziato le gravi carenze di organico che si stanno determinando ad alcuni livelli critici della struttura, come quelli dei funzionari qualificati e dei capisquadra, ruoli attualmente scoperti al 60 per cento;
   mancherebbero, in particolare, sei funzionari sui nove previsti in pianta organica e ben 24 capisquadra su 40, carenze che le promozioni previste a breve termine ridurranno ma non potranno cancellare del tutto –:
   se e quando il Governo conti di intervenire per assicurare la copertura totale dei ruoli di funzionario qualificato e caposquadra nei distaccamenti dei vigili del fuoco soggetti al comando provinciale comasco. (4-02930)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   all'interrogante sono giunte numerose segnalazioni da parte della cittadinanza, suffragate anche da una serie di inchieste di stampa, circa la indecorosa situazione di degrado dei campi nomadi nella città di Napoli e nell’hinterland partenopeo;
   l'aspetto più allarmante sarebbe quello legato alla condizione dei minori. In particolare, i dati sono preoccupanti con riferimento alla mancata frequenza scolastica, alle condizioni di vita ai limiti dell'umano, al degrado ambientale, alla prostituzione minorile, ai roghi tossici, allo smembramento dei rifiuti o altri materiali;
   i campi rom di Napoli sono collocati principalmente nell'area est (Barra, Ponticelli, Poggioreale, San Pietro a Patierno, Gianturco) e nell'area nord. Nei campi sovraffollati si vive in condizioni disumane a livello igienico-sanitario, e, per sopravvivere, è necessario andare alla ricerca di oggetti e materiali nei rifiuti, raccogliendo di tutto. Molto spesso accade che per recuperare materiali, questi vengano bruciati (ciò avviene spesso nel caso del rame), respirando i fumi che poi si propagano anche nelle aree circostanti;
   inoltre, si creano enormi discariche dove tutti, specialmente le organizzazioni criminali, si sentono autorizzati a portare materiali pericolosi o costringendo i rom a disfarsene. I rom a Napoli sono purtroppo l'ultima ruota di una filiera illegale;
   il deputato interrogante ha potuto accertare che sono numerose le organizzazioni (associazioni, cooperative, e altro) che percepiscono finanziamenti per fornire assistenza a queste comunità. Tuttavia, le situazioni di degrado non migliorano e non si comprende la ragione di ciò –:
   quali provvedimenti intenda assumere il Governo al fine di migliorare la condizione dei campi nomadi nel territorio del comune di Napoli e nell’hinterland partenopeo. (4-02933)


   CANCELLERI, COLONNESE e LOREFICE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   a Caltanissetta all'impianto sportivo comunale polivalente «Michelangelo Cannavò» di contrada Pian del lago, si trovano «accampati» più di un centinaio di immigrati, tutti uomini, per lo più afghani, pakistani e bengalesi;
   va preso atto che la situazione è allarmante, soprattutto dal punto di vista igienico-sanitario: non c’è acqua, se non con mezzi di fortuna; non c’è energia elettrica; ci sono solamente alcuni bagni chimici; si dorme, al gelo, su materassi ammassati all'aperto o sotto tende improvvisate; si cucina accendendo dei fuochi qua e là; non c’è alcuna assistenza sanitaria; scarseggiano i beni di prima necessità;
   la nostra Costituzione prevede all'articolo 2 che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale;
   all'articolo 3 stabilisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali –:
   se non si ritenga opportuno istituire un'apposita commissione territoriale in modo da poter accelerare le tempistiche del rilascio del permesso di soggiorno, restituendo così dignità ai migranti e alla città. (4-02936)


   TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la legge 1o aprile 1981, n. 121, recante il «Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza», prevede, all'articolo 82 il diritto del personale della polizia di Stato di associarsi in sindacato;
   la Confederazione sindacale autonoma di polizia (CONSAP) da tempo, con decreto del Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione, risulta annoverata tra le organizzazioni sindacali della polizia di Stato maggiormente rappresentative, ed in ragione di tale status ha sottoscritto contratti nazionali di lavoro, accordi nazionali quadro, e contrattazioni decentrate in tutta Italia, e i suoi rappresentanti siedono nelle commissioni centrali e periferiche del dipartimento della pubblica sicurezza ex articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 395 del 1995;
   l'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 2002 prevede che «nell'ambito della stessa sede di servizio, i trasferimenti in uffici diversi da quelli di appartenenza del segretario nazionale, regionale e provinciale delle organizzazioni sindacali delle Forze di Polizia ad ordinamento civile rappresentative sul piano nazionale, possono essere effettuati previo nulla osta dell'organizzazione sindacale di appartenenza»;
   l'articolo 15 dello «statuto dei lavoratori» (legge n. 300 del 1970) vieta e dichiara nullo qualsiasi atto diretto a discriminare nelle assegnazioni o nei trasferimenti, o comunque a recare pregiudizio, al lavoratore a causa della sua affiliazione o attività sindacale;
   la direzione centrale per le risorse umane, con nota n. 333.D/5675 del 29 ottobre 2013 a firma del direttore della divisione II, M. Blaconà, ha avviato l’iter procedurale per il trasferimento d'ufficio nei confronti del segretario nazionale nonché segretario generale provinciale di Lucca, Gianluca Pantaleoni, ai sensi dell'articolo 55, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 335 del 1982, in seguito alla richiesta avanzata dalla direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della polizia di Stato in data 3 ottobre 2013;
   la richiesta di trasferimento, a firma del direttore centrale, Santi Giuffrè, sembrerebbe motivata esclusivamente dal fatto che dal 2010, nell'esercizio delle sue funzioni sindacali, il Pantaleoni ha operato una forte attività di denuncia sui mass media e all'autorità giudiziaria, facendo venir meno «i necessari presupposti per la permanenza nella Polizia Stradale» –:
   se non ritenga necessario intervenire al fine di verificare, nel caso di specie, il rispetto delle normative vigenti a tutela della libertà sindacale all'interno della polizia di Stato, se del caso avviando un'indagine amministrativa. (4-02940)


   NACCARATO, MIOTTO e NARDUOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   ad Abano Terme in provincia di Padova nella frazione di Giarre, tra via Roveri e via Podrecca, è sito un lotto di terreno trasformato nel 2005 da zona agricola a zona edificabile sul quale la ditta Acquamarina Srl ha aperto un cantiere per la costruzione di una quadrifamiliare, una bifamiliare e una casa singola;
   la società avrebbe dovuto completare nel settembre 2012 gli immobili già acquistati da alcuni cittadini della zona che hanno versato caparre fino a 60 mila euro;
   la ditta è stata dichiarata fallita il 18 luglio 2013 e oggi la costruzione della quadrifamiliare si è fermata al 50 per cento, mentre le altre abitazioni sono state rifinite tra l'80 e il 90 per cento;
   i cittadini avrebbero stipulato, a quanto risulta all'interrogante, dei preliminari d'acquisto che non sono stati registrati o non sono stati depositati e quindi, nella maggior parte, non potrebbero vantare alcun diritto sulle abitazioni. Solo in tre casi, prima del fallimento, gli acquirenti avrebbero chiesto di dare esecuzione all'atto preliminare;
   a quanto consta all'interrogante i fornitori, che in questi anni non sono stati pagati dalla Acquamarina srl, hanno acceso ipoteche sugli immobili e c’è addirittura un caso di più atti preliminari, con relative caparre, sullo stesso immobile;
   si può stimare che il danno per gli acquirenti si aggiri sul milione di euro, mentre per i fornitori è di circa 600 mila euro;
   ora come prevede la legge, le case verranno vendute all'asta dal curatore fallimentare;
   gli interroganti esprimono preoccupazione per la situazione generatasi dal fallimento che configura un danno ingiusto a cittadini ignari che hanno anticipato somme consistenti investendo su un bene primario come l'abitazione per la propria famiglia;
   la vicenda ha gettato nella disperazione intere famiglie che hanno visto dilapidati i risparmi del lavoro di anni e che ora, vittime di condotte a dir poco censurabili, rischiano di non vedere riconosciuto nemmeno il diritto di proprietà sugli immobili incompleti;
   questa vicenda ha creato sconcerto e fortissima preoccupazione anche nella comunità per il sospetto che questi episodi possano ripetersi a causa della difficile situazione economica, ma soprattutto per la mancanza di controlli da parte degli enti locali sull'attività delle società impegnate in simili affari immobiliari –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopraesposti;
   se si intendano assumere iniziative normative volte a stabilire requisiti più stringenti per le imprese che svolgono attività immobiliari come quelle descritte in premessa e a prevedere misure di tutela e sostegno per i cittadini che sono vittime di tali episodi. (4-02941)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, per sapere – premesso che:
   in data 21 settembre 2007 veniva firmato un protocollo d'intesa tra il Ministro della pubblica istruzione pro tempore Giuseppe Fioroni e l'allora presidente del CONI Giovanni Petrucci;
   nello specifico, al punto 3 di tale protocollo, si conveniva di «sostenere ed implementare l'attività ludico-motoria nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria»;
   per dare seguito all'applicazione del punto di cui sopra, in data 10 dicembre 2009, con nota prot. n. 6077 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, veniva annunciato l'avvio del progetto pilota «Alfabetizzazione Motoria nella scuola primaria» per l'anno 2010 e con successiva nota prot. n. 241 del 14 gennaio 2010, a firma del vice direttore generale, dottor Sergio Scala, si dava l'avvio alla «formazione» del personale ed alla procedura per l'individuazione dei plessi in cui avviare il progetto pilota, dichiarando l'urgenza per entrambe le pratiche;
   il progetto pilota ha coinvolto circa 9000 classi, 230 mila alunni per un totale di 258578 alunni coinvolti, pari ad un costo di 5 milioni di euro, finanziato in quota parte dal CONI;
   con successiva nota prot. n. 7995, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dichiarava la prosecuzione del progetto di alfabetizzazione motoria per gli anni scolastici 2010/2011, 2011/2012 e 2012/2013, con progressivo aumento di finanziamenti e consequenziale incremento di personale e plessi scolastici coinvolti, stanziando 2 milioni e mezzo di euro, mentre il CONI, da quanto risulta dai bilanci, stanziò 5 milioni di euro. Il consuntivo per l'anno scolastico 2010/2011 risulta essere di circa 8 milioni di euro;
   per l'anno scolastico 2011/2012, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e CONI confermano lo stesso impegno economico, arrivando ad un leggerissimo incremento dei plessi interessati, ma che a consuntivo hanno generato un leggero calo dei costi, che risultano essere stati pari a 7 milioni e 700 mila euro;
   per l'anno scolastico 2012/2013, i dati previsionali hanno rilevato un consistente aumento di plessi, personale e, di conseguenza, un maggior impegno economico da parte di Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e CONI, pari a 12 milioni e mezzo di euro, coinvolgendo 2600 esperti, 3000 plessi, 26.000 classi e 520.000 alunni, per un totale di 780.000 ore. L'impegno del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca risulta essere ancora pari a 2 milioni e mezzo di euro, mentre quello della Presidenza del Consiglio dei ministri pari a 2 milioni di euro e quello del CONI pari a 7 milioni e mezzo di euro;
   ai plessi partecipanti al progetto è stato fornito un KIT puzzle gym per lo svolgimento di attività motorie adeguate alla formazione primaria;
   il progetto di alfabetizzazione motoria non ha avuto seguito per l'anno scolastico in corso, tanto meno è previsto alcun sulla prosecuzione di tale progetto;
   durante l'audizione di rappresentanti del CONI in Commissione VII il 27 novembre 2013, è stato annunciato dagli stessi che il CONI ha predisposto un protocollo da proporre al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per riproporre il progetto di alfabetizzazione motoria dal 2014. La cifra totale necessaria pare essere di 11 milioni di euro, di cui 2,5 assegnati al CONI dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e 3,5 assegnati dall'ufficio dello sport sotto la Presidenza del Consiglio –:
   se il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca abbia liquidato l'intera quota di sua competenza per il pagamento degli oneri comportati dal progetto di alfabetizzazione motoria;
   quanto abbia effettivamente speso lo Stato, dettagliando le spese in capo ad ogni singolo Ministero ed altre istituzioni partecipanti al finanziamento del progetto per ogni singolo anno, anche fornendo la documentazione che comprovi le spese a carico dello Stato;
   se la spesa per il kit di supporto sia rientrato nella spesa prevista sia stato un onere aggiuntivo ai fondi stanziati per il progetto, a quanto ammontino le spese per tale kit e a quale ditta sia stata appaltata, ovvero affidata direttamente la sua fornitura, anche fornendo la documentazione che comprovi l'affidamento o l'appalto che ha permesso alla ditta di fornire tali kit;
   se i Ministri interpellati intendano avviare al più presto il prosieguo per il prossimo anno del progetto di alfabetizzazione motoria, riuscendo a darvi continuità, coprendo l'intero territorio nazionale, arrivando nel più breve tempo possibile ad avere un docente di ruolo in possesso di diploma ISEF e/o laurea in scienze motorie, come unico soggetto titolato allo svolgimento dell'attività fisica nella scuola primaria.
(2-00338) «Simone Valente, Brescia, Marzana, Luigi Gallo, D'Uva, Battelli, Di Benedetto, Vacca».

Interrogazione a risposta scritta:


   PES. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   ancora una volta le nostre istituzioni scolastiche, a causa delle ridotte risorse, sono costrette a far sentire la propria voce;
   oltre 500 ragazzi di Mogoro, di Gonnostramatza e Masullas rischiano di non poter più svolgere le lezioni perché l'istituto, ormai da diversi mesi, senza il direttore scolastico amministrativo, è carente di materiale didattico, di cui ha bisogno per poter svolgere le normali attività scolastiche;
   gli insegnanti, spesso, per supplire alle carenze dell'istituzione, sono costretti a chiedere un contributo economico alle famiglie su cui pesa la crisi economica del Paese, aggravata dai disagi prodotti dall'alluvione;
   in questi giorni gli alunni, il personale docente dell'istituto comprensivo di Mogoro, stanchi di dover patire sulla propria pelle le carenze della pubblica amministrazione, si sono astenuti dalle lezioni per segnalare il disagio che stanno vivendo;
   la scuola di cui si parla è dell'obbligo e come recita la Costituzione, all'articolo 34, l'istruzione inferiore è obbligatoria e gratuita, per tutti; i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi; lo Stato, quindi, ha l'obbligo di fornire agli alunni tutto ciò di cui necessitano, per garantire loro le normali attività didattiche, a sostegno del diritto allo studio –:
   se il Ministro interrogato non ritenga urgente e opportuno intervenire, per quanto di competenza, al fine di garantire il diritto allo studio agli studenti di Mogoro, di Gonnostramatza e Masullas;
   se non ritenga opportuno valutare l'assunzione di iniziative per garantire, presso lo stesso istituto, il ruolo stabile del direttore dei servizi generali amministrativi, spesso, svolto da reggenti amministrativi che, dovendo svolgere mansioni superiori, lamentano la mancanza di benefici economici e pertanto rifiutano nuove mansioni. (4-02931)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BELLANOVA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni 22 mila pensionati salentini si trovano a vivere una condizione di estrema preoccupazione. L'Istituto nazionale di previdenza sociale ha inviato agli stessi una comunicazione attraverso la quale l'ente previdenziale chiede ai pensionati di rimborsare somme, a suo dire, indebitamente percepite, pena il blocco delle prestazioni;
   sugli organi di stampa si legge che «i rappresentanti dei pensionati hanno lamentato innanzitutto la mancata comunicazione dell'arrivo di così tante lettere, che coglierebbe i pensionati impreparati ad affrontare il prevedibile affollamento delle sedi comunali dell'Inps. Contestate, inoltre, la genericità delle notizie contenute nelle richieste, l'errata corrispondenza dei redditi degli anni di riferimento, l'impossibilità a visionare on-line le posizioni, tramite la casella dedicata, a causa della sospensione sino a oltre metà dicembre dei programmi, e anche la non esclusione delle rendite svizzere»;
   proprio in merito alle rendite svizzere le organizzazioni sindacali puntualizzano che è «un errore che si ripeterebbe alla fine di ogni anno»;
   purtroppo è già accaduto nel recente passato che i pensionati si siano visti recapitare richieste, da parte dell'istituto di previdenza, di rimborso di somme indebitamente percepite con formule generiche e burocraticamente asettiche. Tutto questo ha generato una comprensibile ed ampia preoccupazione in persone che fanno già fatica ad affrontare questo periodo di crisi durissima e che sono alle prese con un equilibrio economico che ogni giorno si fa più precario –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di intervenire con celerità per evitare il blocco delle prestazioni a 22 mila pensionati salentini che in una situazione così critica andrebbe, purtroppo, ad aggravare gli effetti di quanto sopra descritto;
   in che modo il Ministro interrogato intenda intervenire affinché l'INPS operi opportune verifiche prima dell'invio di comunicazioni che scatenano forti preoccupazioni, ciò al fine di evitare ulteriori disagi e penalizzazioni ai pensionati salentini. (5-01712)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BASSO, GIACOBBE, TULLO, CAROCCI, MARIANI, VAZIO e PASTORINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Piaggio Aero Industries spa rappresenta una delle più importanti realtà italiane nel settore delle costruzioni aeronautiche e un tassello fondamentale del tessuto produttivo ligure e nazionale;
   la società ha due stabilimenti in Liguria, a Genova Sestri Ponente e a Finale Ligure dove lavorano rispettivamente 540 e 750 dipendenti;
   l'impianto di Finale Ligure, che si occupa di progettazione, costruzione, assistenza e manutenzione dei motori aeronautici, di componenti metalliche degli aeromobili e della costruzione di subassiemi di aerostrutture effettua i test sulle componenti degli aeromobili nella galleria del vento;
   a Sestri Ponente, dove sono effettuati l'assemblaggio, i collaudi, le prove di volo e la revisione dei velivoli, hanno anche sede gli uffici direzionali e i corporate head quarters dell'azienda;
   inoltre, presso l'aeroporto di Genova, è operativo all'interno degli hangar Piaggio Aero, il service center principale che provvede ai servizi di manutenzione, riparazione e revisione dei P 180 Avanti II e di tutti i velivoli con certificazione Jar 145;
   a fronte dell'impegno da parte della società a presentare un piano industriale che desse garanzie occupazionali e sviluppo ad entrambi gli stabilimenti, lo Stato si è fatto carico dei problemi dell'azienda, prima con la legge n. 808 del 1985 e recentemente garantendo le risorse per gli ammortizzatori sociali (accordo di mobilità 2011 per 167 dipendenti Piaggio e accordo di Cassa integrazione guadagni straordinaria al Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 2012, con decorrenza 10 gennaio 2013, che coinvolge 1.180 lavoratori);
   lo Stato ha più volte ribadito, attraverso i propri rappresentanti istituzionali, la strategicità della produzione di Piaggio Aero Industries, compreso il drone P.1HH;
   da ultimo, il 31 agosto 2013, il Ministro della difesa Mario Mauro nella sua visita allo stabilimento genovese ha dichiarato: «il tipo di aerei e i prototipi prodotti da questa azienda sono di sicuro interesse per il Ministero della difesa»;
   la Piaggio Aero Industries si è impegnata più volte con i sindacati e con gli enti locali a presentare il proprio progetto industriale, rinviando però ripetutamente e unilateralmente gli incontri programmati, suscitando legittime perplessità e timori fra i lavoratori –:
   quali azioni intenda adottare per garantire che l'azienda mantenga gli impegni presi con le istituzioni e le organizzazioni sindacali, attraverso la presentazione di un progetto industriale in grado di dare garanzie occupazionali e di sviluppo a entrambi i siti produttivi di Sestri Ponente e Finale Ligure, anche a fronte delle risorse fin qui messe in campo dallo Stato sia in termini di contributi alle aziende aeronautiche sia in termini di ammortizzatori sociali. (5-01713)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Tinagli e altri n. 1-00272, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Iori, Madia, Raciti, Cominelli, De Micheli, La Marca, Gregori, Marchetti, Malpezzi, Lodolini, Tidei, Sbrollini, Scuvera, Carlo Galli, Giampaolo Galli, Chaouki, Boschi.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Quartapelle Procopio altri n. 2-00334, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mariani.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Cova e altri n. 4-02821, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Crivellari.

  L'interrogazione a risposta scritta Cova e altri n. 4-02822, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Crivellari.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Sorial n. 4-02162, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 97 del 15 ottobre 2013.

   SORIAL. – Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dai rubinetti di Brescia scende acqua sempre più carica di cromo esavalente;
   il cromo esavalente «sulla base di evidenze sperimentali ed epidemiologiche è stato classificato dalla IARC come cancerogeno per l'uomo (classe I)» (Fact sheet: «Cromo esavalente», Ispesl, dipartimento di medicina del lavoro, Centro ricerche Parma CERT); diversi studi hanno dimostrato che è molto tossico se ingerito o se i fumi vengono respirati;
   l'aumento del cromo esavalente nell'acqua di Brescia è legato al passato industriale della zona: i bagni di cromo sono una protezione essenziale per tutte le lavorazioni metalliche (dalle posate alle armi), e fino a pochi anni fa le scorie liquide venivano scaricate semplicemente nei corsi d'acqua e nel terreno e infatti nel Mella per decenni sono finiti quintali e quintali di liquidi tossici che hanno inquinato i pozzi nella bassa valle, parte della città, fino ad arrivare nella Bassa, il granaio della provincia. Oggi non sono aumentate le fonti inquinanti, ma i veleni rilasciati nell'ambiente in passato proseguono inesorabili la loro discesa e stanno dunque percolando fino alla falda profonda;
   i dati forniti dalla ASL nell'ultimo rapporto di agosto indicano una concentrazione crescente del cromo esavalente nell'acqua di rubinetto, giunta a 10 microgrammi per litro, con picchi nelle zone ovest della città e nella bassa Valtrompia, con un aumento rispetto a febbraio anche in zona Lamarmora e Villaggio Sereno; dai rubinetti scende acqua anche con 13 microgrammi di cromo esavalente per ogni litro, un inquinamento che rimane nonostante gli accurati filtraggi a cui il gestore sottopone l'acqua e che l'organismo umano assimila con gravi rischi per la salute;
   lo Stato della California ha recentemente abbassato il limite da 0,06 a 0,02 microgrammi per litro, quantità ben cinquecento volte inferiore alle concentrazioni medie presenti nell'acquedotto di Brescia;
   ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 31 del 2001, che dà attuazione alla direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano, «Entro il 31 gennaio di ciascun anno, la regione o la provincia autonoma comunica al Ministero della sanità e dell'ambiente le seguenti informazioni relative ai casi di non conformità – dei parametri relativi alle acque destinate al consumo umano – riscontrati nell'anno precedente» in particolare indicando: «a) il parametro interessato ed il relativo valore, i risultati dei controlli effettuati nel corso degli ultimi dodici mesi, la durata delle situazioni di non conformità; b) l'area geografica la quantità di acqua fornita ogni giorno, la popolazione coinvolta e gli eventuali effetti sulle industrie alimentari interessate; c) una sintesi dell'eventuale piano relativo all'azione correttiva ritenuta necessaria compreso un calendario dei lavori, una stima dei costi e la relativa copertura finanziaria nonché disposizioni in materia di riesame»;
   ai sensi dell'articolo 8 del medesimo decreto legislativo «L'azienda unità sanitaria locale comunica i punti di prelievo fissati per il controllo, le frequenze dei campionamenti e gli eventuali aggiornamenti alla competente regione o provincia autonoma ed al Ministero della sanità secondo modalità proposte dal Ministro della salute (...) e trasmette gli eventuali aggiornamenti entro trenta giorni dalle variazioni apportate»;
   infine ai sensi dell'articolo 75 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che concerne anche lo stato delle acque superficiali: «Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea pericolo di grave pregiudizio alla salute o all'ambiente oppure inottemperanza ad obblighi di informazione il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere, decorso inutilmente il quale il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. Gli oneri economici connessi all'attività di sostituzione sono a carico dell'ente inadempiente. Restano fermi i poteri di ordinanza previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessità e le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente, nonché quanto disposto dall'articolo 132» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti indicati e se siano stati adottati provvedimenti anche urgenti in relazione alla situazione di cui in premessa, con particolare riferimento alla necessaria tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini delle aree interessate, per garantire la salute e la tranquillità della popolazione;
   quale sia il quadro aggiornato della situazione di cui in premessa, e, qualora lo si ritenesse necessario, se si intenda convocare un tavolo tra tutte le parti istituzionali coinvolte per trovare una soluzione condivisa a salvaguardia del territorio e delle popolazioni locali;
   se sussistano i presupposti per l'invio di un'ispezione del Comando dei carabinieri per la tutela della salute per accertare la condizione delle acque destinate al consumo umano nella città di Brescia;
   se e come sia stata informata la popolazione sullo stato del loro territorio e dei rischi per la loro salute;
   se si intenda avviare in tempi rapidi, attraverso l'istituto superiore di sanità, un'indagine epidemiologica aggiornata sugli eventuali effetti nocivi dell'inquinamento della falda acquifera sulla salute dei cittadini;
   se sussistano i presupposti per un intervento ai sensi dell'articolo 75, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, alla luce di quanto rappresentato in premessa. (4-02162)

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Dallai n. 7-00155 del 5 novembre 2013;

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Sorial n. 4-02535 del 14 novembre 2013;
   interpellanza urgente Dadone n. 2-00332 del 10 dicembre 2013.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Nicola Bianchi e altri n. 4-02916 dell'11 dicembre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01710.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in commissione Crivellari n. 5-01577 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 126 del 27 novembre 2013. Alla pagina 7365, prima colonna, dalla riga diciottesima alla riga diciannovesima, deve leggersi: «CRIVELLARI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere –» e non «CRIVELLARI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere –», come stampato.