Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 11 dicembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La IX Commissione,
   premesso che:
    il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi, il 26 novembre 2013, ha nominato Commissario straordinario dell'autorità portuale di Cagliari l'ex parlamentare di Forza Italia Piergiorgio Massidda;
    il dottor Massidda è stato in carica alla Camera dei deputati dalla XII alla XIV legislatura e al Senato della Repubblica dalla XV alla XVI legislatura, ed è stato quasi esclusivamente impegnato nelle Commissioni Igiene e Sanità e Affari Sociali e nelle Commissioni parlamentari sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale e per l'infanzia e l'adolescenza, ad eccezione di un breve periodo nel 2006 nella Commissione territorio, ambiente e beni ambientali del Senato e nel 2011 nella Commissione lavori pubblici, comunicazioni del Senato;
    il 21 dicembre 2011 Piergiorgio Massidda ha annunciato le proprie dimissioni dall'incarico di senatore a causa dell'incompatibilità tra il ruolo parlamentare e quello di presidente dell'autorità portuale di Cagliari affidatogli a settembre dello stesso anno dall'allora Ministro Altero Matteoli;
    l'articolo 8 della Legge 28 gennaio 1994 n. 84 prevede che il Presidente, e di conseguenza il Commissario straordinario chiamato a ricoprire analoghe funzioni, venga nominato «nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale»;
    il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso presentato dal professor Massimo Deiana, docente di diritto della navigazione all'Università di Cagliari, con sentenza del 26 settembre 2013 n. 04768 ha stabilito che il dottor Massidda non ha le competenze per svolgere il ruolo ricoperto all'autorità portuale cagliaritana, annullando la precedente sentenza del Tar n. 00520 del 2012 che invece aveva lasciato Massidda a capo dell'autorità;
    la sentenza del Consiglio di Stato recita chiaramente che il dottor Massidda «per la sua storia personale, non poteva avere certo conseguito la massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuali ed era carente in radice del requisito prescritto dalla legge, per cui doveva probabilmente la sua nomina alle sue capacità politico-relazionali (di deputato, senatore e consigliere provinciale, e altro). In sostanza – continua la sentenza – il soggetto prescelto non solo possedeva titoli di studio del tutto estranei alla materia, ma nella sua pur pluriennale esperienza parlamentare si era sempre interessato delle materie direttamente o indirettamente affini alle sue capacità professionali e alle sue specifiche competenze mediche»,

impegna il Governo

a revocare la nomina di commissario dell'autorità portuale di Cagliari al dottor Piergiorgio Massidda posto che le funzioni di Commissario sono analoghe a quelle di presidente e pertanto secondo i firmatari del presente atto la nomina viola l'esecutività di una sentenza del Consiglio di Stato che si è espressa in maniera palese contro l'idoneità del medico cagliaritano a ricoprire il ruolo affidatogli dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
(7-00202) «Nicola Bianchi, Mura, Rotta, Liuzzi, Catalano, Crivellari».


   La X Commissione,
   premesso che:
    nel mese di giugno 2013 l'IVASS – Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni – che dal 1o novembre 2013 è succeduto in tutti i poteri, funzioni e competenze dell'ISVAP – ha pubblicato una indagine sulle tariffe RC auto praticate in Italia al 1° aprile 2013;
    l'indagine, che ha riguardato tutte le imprese sottoposte alla vigilanza dell'authority sul mercato assicurativo, ha preso in esame i prezzi praticati in 21 province (19 capoluoghi di regione e le province di Trento e Bolzano) per 11 tipologie standard di assicurati, sia automobilisti sia motociclisti, dei due sessi;
    dall'indagine risulta che, negli ultimi 12 mesi, è continuato ad aumentare il divario tra le tariffe praticate nelle regioni settentrionali rispetto a quelle centro-meridionali;
    l'analisi ha evidenziato inoltre che a Napoli la media del costo del premio assicurativo è pari a 1.214 euro e in Campania la media è di 1.164 euro, contro quella nazionale di 702 euro;
    a fronte dei premi pagati, il citato studio evidenzia che in Campania, ed in particolare a Napoli, il numero di sinistri denunciati sono stati la metà della media nazionale – 7,6 per cento contro il 12,70 per cento della media nazionale;
    sempre secondo lo studio, nel 2011 il costo totale dei risarcimenti per danni a cose e a persone è stato pari a 13,4 miliardi di euro; di questi circa 9 miliardi di euro si riferiscono a danni fisici (compresi i danni a cose per sinistri misti); in particolare 3,4 miliardi di euro sono i risarcimenti per invalidità permanenti, mentre 5,5 miliardi di euro afferiscono ai risarcimenti per invalidità superiori o per morte;
    dai risultati dell'analisi condotta sembrerebbe emergere un diffuso fenomeno speculativo sui danni alla persona che si concentra in particolare sui danni di lievissima entità (che rappresentano il 15 per cento dei sinistri) a fronte dei quali le imprese di assicurazioni hanno risarcito oltre 2,1 miliardi di euro all'anno;
    le Compagnie continuano, in modo ingiustificato e poco trasparente, ad omettere di comunicare le statistiche in base alle quali viene calcolata la tariffa ed il premio per provincia di residenza ovvero aree o microaree;
    l'Autorità garante della concorrenza e del mercato nel mese di febbraio 2013, nel rendere noti i dati emersi dall'indagine riguardante la procedura di risarcimento diretto e gli assetti concorrenziali del settore della RC auto, ha accertato che i premi per le RC auto sono cresciuti, nel periodo analizzato, a tassi abbastanza significativi per quasi tutti i profili assicurativi;
    inoltre, se si confrontano i premi assicurativi per RC auto con gli altri paesi europei si evince che in Italia sono, in media, più elevati e crescono più velocemente;
    il fenomeno delle polizze false è molto grande e radicato tanto che, nel mese di gennaio 2013, la procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha disposto l'arresto di 17 persone colpevoli di aver creato un business della contraffazione e delle assicurazioni false nelle province di Napoli e Caserta oltre che in Puglia e nel Lazio;
    nel corso dell'assemblea annuale dell'ANIA – Associazione delle imprese assicuratrici – svoltasi nel mese di luglio 2013, è stato affermato che tre milioni di auto circolano senza assicurazione pari al 7 per cento del parco vetture, che diventa il 12 per cento al Sud, il 30 per cento a Napoli;
    nel mese di novembre 2013, i carabinieri e la Guardia di finanza, coordinati dalla procura di Nola, hanno eseguito diverse misure, tra interdizioni, divieti di dimora e arresti, in tutto per 400 indagati, a carico di soggetti insospettabili come medici di strutture sia pubbliche che private, avvocati e falsi testimoni; i reati contestati vanno dall'associazione a delinquere alla truffa, alla corruzione, al falso ideologico ed in atto pubblico per sinistri inesistenti;
    questo elevato numero di sinistri con danni a cose e persone nella Campania, a Napoli e in altre zone del Mezzogiorno è, in larga parte, non vero, e dovuto all'azione delinquenziale di gruppi organizzati che danneggiano gli automobilisti onesti e virtuosi. Spesso le imprese di assicurazioni assistono – colpevolmente inermi – ai contenziosi che le vedono coinvolte, liquidando, all'esito delle pronunce giudiziarie risarcimenti ed indennizzi spesso non dovuti perché fondati su presupposti falsi e truffaldini; omettono adeguate difese in sede contenziosa preferendo «ribaltare» i costi relativi sugli utenti con l'aumento delle tariffe;
    il fenomeno delle truffe nel mondo assicurativo è reso possibile anche dall'uso, o meglio abuso, di alcuni istituti previsti nel nostro ordinamento quali il termine di decadenza nella denuncia dei sinistri occorsi da parte degli assicurati, nonché la cedibilità del credito assicurativo ed il sistema sanzionatorio penale per le frodi assicurative in generale che costituisce tutt'altro che un deterrente per chi è dedito a simili condotte criminose;
    il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, permette a neopatentati e a chi non possiede un attestato di rischio in corso di validità, la possibilità di usufruire della classe di merito di un familiare convivente e il mantenimento della classe di merito sul secondo veicolo, in caso di stipula di un nuovo contratto relativo ad un ulteriore veicolo dello stesso tipo;
    sulla scia e con la stessa logica del citato provvedimento è possibile introdurre un ulteriore meccanismo finalizzato a creare un circuito virtuoso e forme di premialità/bonus nei confronti degli assicurati e degli automobilisti che si mostrino virtuosi ovunque essi siano residenti ovvero circolino con i loro veicoli inteso;
    si potrebbe, in particolare, prevedere il diritto di ciascun assicurato – che non abbia provocato sinistri per un periodo non inferiore a sette anni – di beneficiare della migliore tariffa nazionale praticata sull'intero territorio nazionale dalla medesima compagnia per la corrispondente classe di merito, così da riconoscere all'assicurato virtuoso di Napoli di poter beneficiare della medesima tariffa riconosciuta all'assicurato di Bolzano od Aosta che abbia la stessa «storia» assicurativa;
    a tal fine, sarebbe indispensabile l'emanazione di uno apposito provvedimento anche in via d'urgenza;
    recentemente, diverse associazioni di categoria, fra le quali Federconsumatori, hanno elaborato proposte per riformare il settore assicurativo RC auto, allo scopo di porre un freno al caro tariffe e riuscire a garantire un risparmio reale;
    è lecito affermare che anche un numero ridotto d'interventi normativi, adottati con sollecitudine, potrebbe rivelarsi fondamentale per ottenere concretamente una diminuzione delle tariffe RC auto,

impegna il Governo:

   ad adottare un'iniziativa normativa urgente volta ad introdurre una forma di premialità consistente nell'applicazione della migliore tariffa prevista dalla singola compagnia sull'intero territorio nazionale per gli assicurati virtuosi;
   ad approvare un regolamento, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante le tabelle delle menomazioni all'integrità psicofisica ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo n. 209 del 2005, anche al fine di garantire la tutela delle vittime degli incidenti stradali, e di contenere i costi delle polizze Rc auto;
   ad assumere iniziative per prevedere che le imprese di assicurazione siano obbligate a comunicare le statistiche in base alle quali viene calcolata la tariffa ed il premio per provincia di residenza;
   ad assumere iniziative per inasprire ulteriormente le pene per il compimento del reato di frode assicurativa;
   ad assumere iniziative per fissare a quindici giorni i termini di prescrizione per la denuncia di un sinistro;
   ad assumere iniziative per introdurre il divieto di cessione del credito assicurativo;
   ad approvare con sollecitudine i provvedimenti di attuazione, ancora fermi, derivanti dalle misure sulle liberalizzazioni varate nel 2012 con riferimento al settore assicurativo.
(7-00201) «Impegno».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   LIUZZI, TOFALO, DELL'ORCO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CRISTIAN IANNUZZI, NICOLA BIANCHI, SCAGLIUSI e SIBILIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il settimanale L'Espresso n. 49 del 2013 reca un reportage a firma di Glenn Greenwald e Stefania Maurizi dal titolo «Da qui ci spiano gli americani»;
   dal reportage fondato sull'analisi dei file in possesso di Edward Snowden emerge che «(...) almeno fino al 2010, in Italia lo Special Collection Service è presente in ben due siti: a Roma, dove ha uno staff composto da agenti sotto copertura, e a Milano, (...) dove l'unita Scs opererebbe in modo totalmente automatizzato, ovvero senza l'ausilio di agenti»;
   i documenti citati nel suddetto reportage dimostrano, quindi, come l'Italia e le Autorità italiane siano state oggetto di un'intensa attività di spionaggio da parte del Governo americano;
   in particolare, da un'analisi delle strutture diplomatiche americane condotte dal giornalista britannico Duncan Campbell riportata dal settimanale si rileva che «La presenza del sistema di raccolta nascosto dello Special Collection Service, sul tetto dell'ambasciata di Roma, è chiara ed è una struttura tipica a quella di altre ambasciate in giro per il mondo. Non ho alcun dubbio che la struttura cubica a forma di tenda individuata dalla freccia è un sistema per nascondere la raccolta di intelligence elettronica (Sigint, ndr), con molte antenne non visibili, capaci di ascoltare: telefoni delle reti Gsm, Gprs, 3G e Cdma, come anche i canali di comunicazione del Governo e della polizia e di supportare anche le attività speciali della Cia come le intercettazioni mirate»;
   da ulteriori documenti classificati come «top secret e non rilasciabili a cittadini stranieri» analizzati dai giornalisti che hanno redatto il reportage emerge come l'ambasciata italiana a Washington sia stata oggetto di almeno due operazioni di spionaggio con nomi in codice «Bruneau» e «Hemlock» volte ad intercettare informazioni e comunicazioni della nostra sede diplomatica;
   presumibilmente anche dati dei cittadini italiani sono stati oggetto un'attività di intercettazione da parte dell'NSA come emerge dal file «Boundless Informant»«Italy» reso noto dai giornalisti Gleenwald e Maurizi dal quale è emerso che tra il 10 dicembre 2012 e il 9 gennaio 2013 la NSA ha raccolto 45.893.570 metadati telefonici riferibili a cittadini italiani;
   quanto emerge dai documenti riportati nel citato reportage smentirebbe le rassicurazioni del Presidente del Consiglio dei ministri fornite alla Camera nella seduta del 20 novembre 2013 allorquando ha dichiarato che «(...) ad oggi in base all'analisi della nostra intelligence e dei contatti internazionali, non risultano compromissioni della sicurezza delle comunicazioni, né dei vertici di Governo, né delle nostre ambasciate, né risulta che la privacy dei cittadini italiani sia stata violata da organismi informativi nazionali o in collaborazione con i servizi di intelligence stranieri» –:
   se i fatti sopra citati trovino riscontro;
   quali urgenti iniziative intendano adottare, nell'ambito delle proprie competenze, anche in sede diplomatica per far luce sulle vicende riportate nell'articolo giornalistico pubblicato su L'Espresso in relazione alle violazioni di sovranità denunciate e alle violazioni dei diritti dei cittadini italiani in materia di privacy e segretezza delle comunicazioni. (4-02920)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   RONDINI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che sono in tutto 26 le coppie italiane di genitori adottivi bloccate in Congo con i loro figli, in una situazione di emergenza estrema;
   le coppie sono partite dall'Italia a cavallo di ottobre e novembre per conoscere, portare a casa i bambini, al termine di un lungo e laborioso iter adottivo, durato per alcuni di noi anche 5-6 anni;
   le famiglie erano in procinto di partire, il 7 ottobre 2013, quando pochi giorni prima è stato comunicato loro ufficialmente lo stop all'uscita dei minori dalla Repubblica Democratica del Congo, operato dalla DGM (Direction General Migration) una sorta di polizia di dogana che emette i permessi per l'uscita dal Paese di tutti i cittadini congolesi;
   ufficialmente la motivazione si riferiva ad irregolarità riscontrate in alcune procedure adottive di altri Paesi quali USA e Canada, denunciando una vera e propria tratta di minori. La DGM, nelle vesti del suo direttore generale Francois Beya, ha ratificato questo blocco generale per tutti i minori per tutti i Paesi esteri, Italia compresa, nonostante nel nostro Paese esista tutta una complessa procedura adottiva e post-adottiva che rende pressoché impossibile qualsiasi «cessione» di minore;
   fin dal 25 settembre 2013, quando le famiglie hanno saputo della decisione della DGM congolese, subito si sono rivolte all'ente italiano CAI (Commissione per le adozioni internazionali) e dopo qualche settimana hanno ottenuto la possibilità di partire ugualmente per andare a conoscere i loro figli adottivi;
   dopo una iniziale resistenza da parte della Cai, che ha fatto desistere le famiglie, lo scorso 12 novembre hanno raggiunto Kinshasa per concludere l’iter adottivo, perché autorizzate dall'ente che ha seguito le loro procedure di adozione, in accordo con la Cai, e perché la Ministra Kyenge, in occasione della sua visita a Kinshasa nei giorni precedenti, aveva concordato per gli interessati la sospensione del blocco;
   le azioni congiunte della Ministra Kyenge e degli altri enti italiani operanti nel settore (come I 5 Pani, NAA, NOVA, AiBi, Enzo B) in concerto con le organizzazioni di altri Paesi che adottano in Congo (Francia compresa) hanno fatto sì che la DGM rilasciasse una lista di coppie autorizzate all'ingresso e dei relativi bambini che avevano ultimato tutto l’iter adottivo entro la fatidica data del 25 settembre e che sarebbero stati quindi autorizzati a lasciare il Paese;
   la lista è stata «affissa» presso la sede della DGM senza che ne venisse data una diffusione ufficiale (ad esempio tramite un invio alle ambasciate). Il 13 novembre le 26 famiglie italiane hanno raggiunto l'orfanotrofio dove vivono da qualche tempo i loro figli adottivi;
   oggi le famiglie vivono in orfanatrofio, aiutano le suore alla gestione quotidiana dei bambini. La sera con i piccoli vanno a dormire in una casa poco lontano dall'orfanatrofio, che condividono con altre 5 famiglie: c’è la corrente elettrica ma manca l'acqua corrente. I bambini dormono con i genitori adottivi su gonfiabili a terra ed alcuni sono costretti a dividere uno «stanzone» con altre famiglie;
   il 18 novembre 2013 gli italiani hanno consegnato presso la sede della DGM i dossier dei loro casi, i nostri passaporti e quelli dei nostri bambini, dopo aver ottenuto il visto di ingresso per i bambini dall'ambasciata italiana. La DGM ha accettato la documentazione, ma ha comunicato che non ha intenzione di fornire i visti di uscita per i nostri figli almeno per i prossimi 12 mesi (la durata del blocco imposto) e che non vi è traccia degli accordi (a quanto pare solo verbali) presi con il Governo italiano. Nessuna traccia, infine, neanche della fantomatica «lista» di autorizzati –:
   se il Ministro essendo a conoscenza della situazione intenda attivarsi presso le autorità congolesi e le più alte istituzioni internazionali al fine di consentire il ricongiungimento pieno e sereno delle famiglie nel nostro Paese. (4-02914)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   SEGONI, DAGA, TERZONI, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, TOFALO e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il rischio idrogeologico è una conclamata emergenza nazionale, corroborata da dati statistici, analisi scientifiche, fatti di cronaca e prese di posizione pubbliche da parte di politici e ministri, come affermato per esempio dal Ministro interrogato poche settimane fa in Commissione Ambiente: «La lotta contro il dissesto idrogeologico è una grande emergenza nazionale e rappresenta il più grande investimento infrastruttura che il nostro Paese ha in questo momento il dovere di compiere. Le stime dei costi degli interventi da realizzare per la mitigazione di questi rischi ci danno numeri allarmanti: solo per mettere in sicurezza le aree a più elevato rischio idrogeologico servirebbero circa 11 miliardi»;
   il Presidente del Consiglio dei ministri Letta ha dichiarato inoltre durante le commemorazioni del 50esimo anniversario della tragedia del Vajont: «Bisogna lavorare perché il tema del dissesto idrogeologico trovi risposte, perché le trovi la montagna, perché le trovi il nostro territorio reso meno fragile con regole giuste ed un uso del suolo diverso rispetto al passato»;
   la Camera ha approvato in data 26 giugno 2013, nel corso della seduta n. 41, la mozione 1-00114, dopo che il Governo aveva espresso parere favorevole condizionato ad alcune riformulazioni;
   sono trascorsi più di quattro mesi dall'approvazione di suddetta mozione, è già iniziata la stagione piovosa, e si sono già verificati i primi eventi franosi ed alluvionali che annualmente flagellano il territorio italiano –:
   quale sia lo stato di attuazione dei singoli dispositivi recati dalla mozione 1-00114 citata in premessa. (5-01706)


   BORGHI e TERROSI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la società ITW-LKW Geotermia Italia nel 2011 presentò al Ministero dello sviluppo economico un progetto pilota per l'indagine sulla risorsa geologica nell'Altopiano dell'Alfina e nel 2012 la Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie del Ministero espresse parere favorevole. Tale progetto riguardava la costruzione di due centrali della potenza di 5 megawatt l'una, ricadenti rispettivamente nel comune di Acquapendente (Viterbo) e nel comune di Castelgiorgio (Terni). Tale progetto prevedeva l'utilizzo di 3 pozzi già presenti nel territorio, utilizzati precedentemente dall'ENEL residuo di attività precedentemente svolte da quest'ultima;
   tutti i comuni situati sull'altopiano dell'Alfina come Castelgiorgio, Orvieto e Acquapendente e quelli che insistono sul bacino idrografico del lago di Bolsena quali Montefiascone, Bolsena, San Lorenzo Nuovo insieme alla provincia di Viterbo, si sono espressi in maniera negativa nei confronti del progetto della società ITW-LKW;
   oltretutto il progetto che attualmente è al vaglio della valutazione di impatto ambientale da parte della amministrazione centrale dello Stato risulta diverso da quello per il quale è stato acquisito il parere: la società ITW&LKW infatti inizierebbe con la costruzione della sola centrale nel comune di Castelgiorgio (Terni) ma anziché tre pozzi in totale, ne aprirebbe nove solo per quella porzione, impossibilitata tra l'altro a sfruttare i pozzi già esistenti dell'ENEL che reputati pericolosi, nel frattempo sono in fase di chiusura;
   le perplessità che portano i sindaci di quei comuni a mostrare estrema prudenza nei confronti del progetto stesso, oltre al probabile conflitto di interesse in capo al presidente della commissione tecnica di valutazione di impatto ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Guido Monteforte Specchi, che pur ricoprendo tale ruolo firmò un parere per conto della ITW&LKW e partecipò a nome di quest'ultima ad una riunione presso la regione Umbria, che ha mostrato ostilità nei confronti del progetto stesso, sono dovute alla pericolosità che l'attività geotermica può rappresentare per la falda acquifera dell'altopiano dell'Alfina e per il lago di Bolsena nonché al timore, purtroppo suffragato da studi scientifici, per tutti i paesi citati, costruiti sul tufo e già inscritti in un'area a forte criticità sismica;
   l'altopiano dell'Alfina ed il sottostante lago di Bolsena (Viterbo) sono infatti importanti riserve d'acqua potabile per Umbria e Lazio. L'installazione di impianti geotermici può compromettere la qualità dell'acqua conseguentemente alle fratture che potrebbero essere indotte nel terreno;
   inoltre, l'elevata fragilità sismotettonica ed un contesto edilizio fortemente vulnerabile come quello dei centri della «civiltà del tufo» sconsigliano l'installazione di impianti geotermici (a memoria si ricordano i terremoti a Tuscania nel 1971 e a Castelgiorgio nel 1957). Il progetto descritto sommariamente sopra prevede la costruzione di pozzi di re-immissione vicinissimi alle case del paese;
   nel mese di settembre 2013 nel comune di Arcidosso (Siena) si teneva un incontro dal titolo «Amiata e territorio» dove si è affrontato il sentito dibattito sui terremoti indotti, dovuti anche alle trivellazioni del suolo da parte antropica contestualmente a progetti geotermici. In detto incontro, erano presenti diverse personalità, tra cui il geologo Borgia, che circa dieci anni fa indagò sui sopraccitati fenomeni. Ad anni di distanza, si legge in un articolo riportato nella Nazione del 18 settembre 2013, che è scientificamente confermato che la reiniezione dei fluidi geotermici può essere una delle cause di terremoto. Sostiene la tesi di Borgia anche il geologo Mucciarelli, direttore del Centro ricerche sismologiche dell'Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale di Trieste, che in particolare ha ricercato le relazioni tra attività umane nel sottosuolo e la possibile attivazione di sismi, tematica molto presente all'estero ma misconosciuta in Italia. Per entrambi la variazione di pressione, prodotta nel sottosuolo per sfruttare i vapori geotermici portandoli in superficie, sollecita i movimenti che possono manifestarsi comunque, ma nel corso dei millenni futuri;
   il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, modificato dal decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, ha previsto che, al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale, sono considerati di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale, di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza e comunque con emissioni nulle e con potenza nominale installata non superiore a 5 megawatt per ciascuna centrale;
   l'autorità competente per il conferimento dei relativi titoli minerari è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l'intesa con la regione interessata;
   inoltre la legge 7 agosto 2012, n. 134, ha disposto l'inserimento dell'energia geotermica tra le fonti energetiche strategiche e il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia», ha disposto che gli impianti geotermici pilota sono di competenza statale (integrando l'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 e il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);
   i progetti geotermici pilota sono quindi sottoposti alla valutazione di impatto ambientale di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Questa legge ha inoltre disposto per gli stessi impianti la loro esclusione dalle previsioni della Direttiva 96/82/CE (Seveso), gettando preoccupazioni rispetto alla loro sicurezza nelle operazioni di trivellazione ed esercizio, con particolare riferimento alla prevenzione di incidenti connessi a determinate sostanze pericolose e alla limitazione delle conseguenze per l'uomo e per l'ambiente nonché per l'assenza ex lege dei requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione territoriale, con riferimento alla destinazione e utilizzazione dei suoli che tengano conto della necessità di mantenere le opportune distanze tra stabilimenti e zone residenziali –:
   cosa intende fare il Ministro per individuare e scongiurare il reale rischio documentato di sismicità indotta da impianti geotermici nel territorio dell'Alfina e in quello limitrofo, assumendo iniziative per rivedere le modificazioni apportate al decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, che ha disposto che gli impianti geotermici pilota sono di competenza statale (integrando l'articolo 1 comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 e il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), soprattutto nel rilascio dell'autorizzazione relativa all'analisi di impatto ambientale, che vista la conoscenza del territorio, dovrebbe essere rimesso alle autorità locali così come per gli altri impianti di geotermia non considerati impianti pilota. (5-01707)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio del comune di Campoformido è presente un sito di importanza comunitaria (SIC) «Magredi di Campoformido» IT 3320023 (Direttiva 79/409/CEE e 92/43/CEE Rete Natura 2000), designato zona speciale di conservazione con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 21 ottobre;
   nel sito si sviluppa anche l'area dell'aeroporto Udine-Campoformio che, con decreto interministeriale del 2 maggio 2008 (Gazzetta Ufficiale n. 183 del 6 agosto 2008), ha acquisito lo status di aeroporto civile;
   all'interno di detto aeroporto, oltre alla zona statale, della quale è stato disposto il transito dal demanio aeronautico militare al demanio aeronautico civile con il predetto decreto, insiste anche una zona regionale trasferita alla regione Friuli Venezia Giulia denominata «Aerocampo»;
   nell'aeroporto di Campoformido esiste, ed è attualmente utilizzata (come si evince dalla documentazione pubblicata su AIP del sito www.enav.it), una pista in erba denominata 04-22 delle dimensioni di metri 730x40 su cui svolge prevalentemente la propria attività l'Aero Club Friulano;
   per detto aeroporto l'Enac, nell'ambito del piano triennale 2010-2012 – investimenti sugli aeroporti minori – ha previsto uno stanziamento di 2,5 milioni di euro destinati ad interventi mirati all'incremento della safety (sicurezza tecnica) e della security (sicurezza delle persone e dei beni);
   nello specifico sono stati previsti il ripristino della recinzione aeroportuale, nonché lavori di «manutenzione straordinaria» e di «risanamento delle infrastrutture di volo» di una pista da tempo abbandonata (colonizzata infatti da alberi e arbusti), denominata «Ex G-91», orientamento 04R-22L e dei raccordi e del piazzale con pavimentazione in conglomerato bituminoso, oltre a opere accessorie;
   la modifica ipotizzata, se attuata, comporterebbe una revisione del piano di rischio, predisposto dal comune di Campoformido sulla sola pista funzionante e omologata, di 730 metri, con notevoli ripercussioni sull'abitato di Villa Primavera in quanto sarebbero sicuramente allargati vincoli urbanistici e di sicurezza su aree già edificate legittimamente ed in tempi remoti;
   l'amministrazione comunale di Campoformido, con unanime espressione del consiglio comunale ha espresso la netta contrarietà alla ventilata ristrutturazione dell'area e alla modifica dell'attuale sedime; 
   in una nota inviata alla regione Friuli Venezia Giulia il 17 aprile 2012, il comune di Campoformido ha anche messo in dubbio che l'intervento proposto possa essere considerato «manutenzione straordinaria», come sostiene l'ENAC, ritenendo bensì che detto intervento che si configuri come «nuova realizzazione»;
   dalle foto aeree dell'area la pista «Ex G-91» risulta chiaramente dismessa e abbandonata, mentre la pista attualmente utilizzata, la «04-22», è costituita da prato;
   risulta che il progetto di «manutenzione straordinaria» della pista «Ex G-91» sia oggetto di «valutazione di incidenza» da parte dei competenti uffici della regione Friuli Venezia Giulia, in quanto l'area aeroportuale ricade nell'ambito della zona SIC (sito di importanza comunitaria) «Magredi di Campoformido»;
   in data 15 novembre 2012, il servizio valutazione impatto ambientale della regione Friuli Venezia Giulia ha chiesto la verifica di assoggettabilità alla VIA, ai sensi dell'articolo 9-bis della legge regionale n. 43 del 1990 –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza che il programma previsto dall'ENAC per l'aeroporto di Campoformido interessa un area ricompresa nel sito di importanza comunitaria (SIC) «Magredi di Campoformido» IT 3320023;
   se non si intenda intervenire per scongiurare la realizzazione del progetto dell'ENAC in quanto detti interventi andrebbero a determinare un sicuro e pesante danno ambientale, con rilevante incidenza su un sito di importanza comunitaria, oltre a nuovi e pesanti rischi per la popolazione e le infrastrutture esistenti nella zona. (4-02913)


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 17 dicembre 2013 ricorrerà il triste anniversario dell'incidente della Grimaldi Lines nel mar Tirreno. Con mare e vento forza nove, nell'area del Banco di Santa Lucia, ad ovest dell'isola di Gorgona, caddero in acqua dalla nave cargo «Venezia» della Grimaldi Lines due bilici carichi di bidoni contenenti sostanze tossiche ed altamente infiammabili, al contatto con l'aria;
   ad oggi secondo le più recenti notizia di stampa sarebbero ancora 71 i fusti in mare;
   la stampa locale e nazionale diede ampio risalto alla tragica vicenda con articoli apparsi su La Repubblica, Il Tirreno e, tra gli altri, dal sito Panorama.it. Nell'incidente furono dispersi 198 fusti per un totale di 40 tonnellate di sostanze tossiche nei fondali del Tirreno, a circa 20 miglia dalla costa di Livorno all'interno del parco nazionale dell'arcipelago toscano: cuore del Santuario internazionale di mammiferi marini Pelagos;
   è importante precisare quanto segue: sembrerebbe che solo dopo quattro giorni la capitaneria di porto di Livorno abbia inviato bollettini e segnalazioni ai comuni rivieraschi interessati, precisando che: «(...) Chiunque avvistasse i fusti, sia pescherecci che cittadini a riva, ci avverta subito, non li tocchi se sono asciutti... »; inoltre il comandante della guardia costiera livornese sottolineò che i fusti «(...) sono nocivi e se non vengono tenuti costantemente bagnati possono infiammarsi (...)»;
   si tratterebbe di catalizzatori di ossidi di cobalto: barrette piccole e granulose, di solito utilizzate per desolforizzare benzina e gasolio;
   a seguito di quanto accaduto all'epoca nei confronti dell'armatore proprietario del Grimaldi partì una diffida affinché si impegnasse a ritrovare e rimuovere dal mare i fusti;
   risultano poi alcune incongruenze rispetto alla ricostruzione dell'accaduto da parte della Grimaldi Lines. Il comandante del cargo «Venezia», secondo quanto appare dalla stampa, dichiara di essersi accorto di aver perso i semirimorchi solo all'arrivo nel porto di Genova: tale dichiarazione è in evidente contrasto da quanto risulta dalle strutture di sicurezza dei porti: l'allarme è infatti stato lanciato subito dopo l'incidente;
   fonti dell'Arpa Toscana e dell'Ispra, l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, riunitisi, il 30 dicembre 2011, in un tavolo tecnico convocato d'emergenza in prefettura a Livorno a cui hanno partecipato anche, asl, regione Toscana, Marina militare e i vigili del fuoco rivelano che: «[...] per fortuna non sono facilmente solvibili in acqua, ma sono soggette ad autocombustione se secche, e comunque sono effettivamente tossiche per la fauna marina...»;
   le sopraddette rassicurazioni, peraltro sommarie, non risultano all'interrogante del tutto sufficienti sia per la vaghezza dei resoconti da parte delle autorità competenti sia per i ritardi nel recupero del pericoloso materiale disperso in mare dopo quasi un mese dall'incidente;
   in particolare da anni Legambiente Arcipelago Toscano ha chiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di impegnarsi fortemente nella ricerca e nella difficile azione di recupero dei fusti che potrebbero essersi inabissati fra l'isola di Gorgona e il banco di Santa Lucia, in un punto dove i fondali arrivano fino a 400 metri di profondità ;
   l'interrogante ha presentato un atto di sindacato ispettivo anche nella passata XVI legislatura senza ottenere alcuna risposta nonostante i ripetuti solleciti –:
   se i Ministri interrogati intendano chiarire con la massima urgenza quali sia lo stato del monitoraggio dell'area in cui occorse l'incidente e quali siano le iniziative ancora in atto per arrivare al completo recupero dei fusti tossici onde escludere definitivamente qualsiasi rischio per la salute dei cittadini e dell'ambiente e in quale modo si intenda assicurare alle autorità competenti, viste anche le possibili difficoltà tecniche causate dalle grandi profondità, le risorse necessarie per recuperare i fusti tossici così come avvenuto in altre situazioni sospette;
   se e in quale modo la compagnia Grimaldi Lines sia stata chiamata a concorrere al recupero dei fusti e a sostenere i relativi costi;
   se intendano urgentemente informare i cittadini su quali siano realmente le sostanze solide inorganiche autoriscaldanti disperse in mare;
   se intendano chiarire se sia stata accertata la dinamica e le responsabilità dell'incidente e determinare l'impatto di questo ennesimo inquinamento marino in modo da impedire che esso si ripeta in un'area importante che il Parco nazionale dell'arcipelago toscano e il Santuario Pelagos proteggono. (4-02915)


   NICOLA BIANCHI, CRISTIAN IANNUZZI, GALLINELLA, BENEDETTI, DE LORENZIS, TERZONI, BECHIS e COZZOLINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in Sardegna sono stati presentati sei progetti per la realizzazione di impianti solari termodinamici che prevedono un'occupazione dei suoli agricoli, prevalentemente in zone E2 ed E3, per una superficie complessiva che supera abbondantemente i mille ettari, che comprende aree geografiche, nelle province di Cagliari e di Sassari, molto differenti tra loro per caratteristiche ambientali, produzioni economiche, storie, culture e vocazioni;
   quattro delle sei proposte, Flumini Mannu (50 MWe), Gonnosfanadiga (50 MWe), Campu Giavesu – Cossoine (30 MWe) e Giave e Bonorva (50 MWe), dovrebbero rientrare tutte insieme, secondo fonti di stampa (Il Sole 240RE del 2 ottobre 2013), in un unico grande progetto, l'Archimede Solar Energy, partenariato internazionale tra il Gruppo Angelantoni e i giapponesi della Chiyoda Corporation, che dovrebbe comprendere investimenti per oltre un miliardo di euro nel solare termodinamico e dovrebbe creare in Sardegna cinquemila posti di lavoro;
   il mega progetto, accorpando i singoli impianti, darebbe vita a quattro centrali, la cui potenza complessiva è pari a 389 Megawatt termici. La competenza della valutazione del progetto globale, quindi, secondo i responsabili dell'Ase, sarebbe nazionale;
   la valutazione dei singoli progetti, invece, rientra nelle esclusive competenze regionali secondo quanto stabilito da disposizioni normative, in particolare dal decreto legislativo 152/06 come corretto e integrato dal decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, all'articolo 7, commi 3 e 4. L'allegato II al comma 2 stabilisce che sono progetti di competenza nazionale le «installazioni relative a centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW», rimandando a competenza regionale per la VIA o per la procedura di assoggettabilità alla VIA i progetti relativi ad impianti con potenza inferiore;
   gli impianti di Campu Giavesu – Cossoine, Flumini Mannu (Villasor) e Bonorva-Giave sono già stati esaminati dal Servizio ambiente e valutazioni impianti (SAVI) in Sardegna e sono stati inviati a valutazione di impatto ambientale (VIA). La Energo Green Renewables S.r.l., titolare del progetto per l'impianto di Cossoine (30 MWe – 160 ettari nella provincia di Sassari), il cui avviso di deposito è stato pubblicato sul quotidiano La Nuova Sardegna in data 10 agosto 2012, ha presentato un ricorso straordinario al Capo dello Stato in data 18 marzo 2013, chiedendo l'annullamento della deliberazione regionale (n. 48/37 dell'11 dicembre 2012) che rinviava la richiesta alla VIA, ma il ricorso risulta ancora pendente;
   la deliberazione regionale citata metteva chiaramente in evidenza le criticità evidenziate dal SAVI. Si rilevano, nello specifico, «incongruenze ed indeterminatezza di diversi importanti aspetti di natura progettuale (per es., superficie captante del parco solare, opere di connessione, tecnologia della centrale ausiliaria, modalità di approvvigionamento della biomassa, etc.); alterazione della morfologia naturale dei luoghi e irreversibili interferenze con gli elementi caratteristici dell'area agricola interessata; notevole impatto di natura paesaggistica, considerati anche i potenziali fenomeni di interferenza visiva e conseguenti effetti cumulativi con altri impianti similari realizzati o proposti nelle aree circostanti non presi, peraltro, in considerazione nella documentazione presentata; necessità di imponenti opere di sistemazione altimetrica con potenziale movimentazione di consistenti quantitativi di terre e rocce da scavo; rilevanti impatti sulle componenti acque superficiali e sotterranee dovuti ai notevoli consumi di risorsa idrica, alla conseguente necessità di creare adeguate opere di accumulo e/o di derivazione di acque sotterranee, con alterazione del regime idraulico sia superficiale che sotterraneo e potenziale contaminazione della risorsa idrica; impatti sulla componente atmosfera, anche durante la fase di cantiere, con possibili ripercussioni sulla salute pubblica, data anche la vicinanza a diversi ricettori sensibili (aziende, case sparse e centro abitato di Cossoine, distante poche centinaia di metri dal sito di intervento); consistente consumo di suolo agrario, sottrazione di habitat e della copertura vegetazionale, con notevoli impatti sulle popolazioni faunistiche e avifaunistiche potenzialmente presenti nell'area interessata dalle opere»;
   la stessa deliberazione, inoltre, riferiva anche «forti preoccupazioni espresse a livello sociale» (gli abitanti di Cossoine si sono espressi in un referendum contro la centrale con il 90 per cento dei voti);
   secondo più recenti fonti di stampa (Il Sole 24Ore del 27 novembre 2013, «Sardegna, il futuro in 24 scatoloni») il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avrebbe stabilito che la competenza della procedura di Valutazione di impatto ambientale dei progetti è ministeriale. L'istruttoria, secondo l'articolo, dovrebbe essere completata entro 150 giorni (quindi alla fine di aprile 2014) e in caso di esito positivo si darebbe subito seguito all'investimento da 1,09 miliardi di euro per il progetto globale;
   sono già scesi in campo sull'isola vari Comitati per il No al termodinamico in aree agricole, costituiti in tutti i centri interessati dai progetti, che si oppongono al consumo indiscriminato dei suoli agricoli, e contestano la legittimità di un'iniziativa globale, valutata a livello nazionale e che non tenga conto delle peculiarità dei singoli territori interessati, anche in base alle valutazioni regionali già espresse su progetti per centrali che singolarmente non raggiungono la potenza di 300 MW termici –:
   se quanto risulta dagli articoli del quotidiano citato corrisponda al vero e quindi se effettivamente il progetto unitario sia stato depositato presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'apertura della procedura di valutazione;
   se così fosse, se non ritenga di fornire agli interroganti spiegazioni sulle motivazioni dell'accorpamento dei quattro singoli progetti originari, tra i sei presentati in regione, in un unico grande impianto, che supera i 300 MW termici e che in questo modo comprenderebbe centrali assai distanti tra loro, in qualche caso anche più di 150 km, realizzate in aree con caratteristiche ambientali, paesaggistiche, economiche e culturali totalmente diverse, ciò in contrasto, ad avviso dell'interrogante con le norme di legge che distinguono le competenze regionali da quelle statali;
   se non ritenga di fornire chiarimenti su come si possa conciliare una nuova valutazione nazionale con gli atti già prodotti a livello regionale, che individuano con chiarezza i limiti di diversa natura dei progetti presentati. (4-02916)


   ROSTAN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in provincia di Napoli, e precisamente nel territorio del comune di Casalnuovo di Napoli, è localizzata una falda acquifera, generatasi nell'alveo del fiume Sebeto;
   i lavori di costruzione di tre sopraelevate lunghissime da parte della TAV nel territorio del comune di Casalnuovo di Napoli, e precisamente nella località Feneria, hanno provocato l'innalzamento della falda acquifera che si è sollevata dal sottosuolo fino ad allagare la maggior parte dei campi e, cosa molto più pericolosa, gli scantinati dei palazzi circostanti;
   tale sollevamento è stato causato dal fatto che la costruzione dei piloni ha provocato lo sbarramento e la deviazione della falda sotterranea, nonché una sensibile alterazione dei fenomeni di drenaggio del terreno;
   da indagini geologiche effettuate sull'area interessata dai lavori della TAV, è emerso, con evidenza, l'anomalo innalzamento della falda, verificatosi in tutta la zona, ed il decadimento delle caratteristiche meccaniche dei vari strati orizzontali di terreno presenti nel sottosuolo;
   le costruzioni residenziali di cui sopra, sono sorte tra gli anni settanta ed ottanta e fino alla realizzazione dei piloni in cemento armato, i cui pilastri penetrano per diversi metri nel sottosuolo, non avevano mai manifestato problematiche simili;
   è da ritenere, dunque, che la edificazione dei piloni della TAV abbia provocato un significativo innalzamento delle acque sotterranee che, allo stato, penetrano nelle strutture in cemento armato realizzate negli anni addietro, le cui fondamenta, ad oggi, vengono sollecitate in maniera estremamente preoccupante da tale fenomenologia, con particolare alle armature in ferro che allo stato sono «in acqua»;
   tale situazione, ha spinto, nel recente passato, le famiglie residenti in zona, ad avviare una pluralità di azioni legali, attualmente in corso, che vedono coinvolte, tra gli altri, il comune di Casalnuovo di Napoli, la Provincia di Napoli, la Regione Campania, l'ufficio territoriale di Governo di Napoli, RFI SPA e la ITALFER SPA;
   il fenomeno in esame si è verificato, in forme estremamente analoghe, durante la realizzazione del centro Direzionale di Napoli;
   a fronte di questa situazione, il comune di Casalnuovo di Napoli, il Consorzio di bonifica delle Paludi di Napoli e Volla, e la Rete ferroviaria Italiana S.p.A – RFI – hanno sottoscritto la Convenzione per la progettazione e la realizzazione di opere di canalizzazione per la sistemazione idraulica superficiale in località Feneria, e per il miglioramento della ricezione e dello smaltimento delle acque meteoriche provenienti dagli impalcati ferroviari nella rete di canali in gestione al consorzio di bonifica delle Paludi di Napoli e Volla;
   con la stipula di tale accordo, il consorzio si è impegnato a svolgere tutte le attività necessarie per la realizzazione, la direzione ed il collaudo degli interventi previsti dalla Convenzione;
   RFI si è impegnata, invece, a fornire al Consorzio gran parte delle somme necessarie per l'esproprio, la realizzazione, la direzione lavori e il collaudo, da parte dello stesso Consorzio degli interventi in programma;
   alla sottoscrizione di tale Convenzione, si è giunti a seguito dei diversi tavoli tecnici operativi tenutisi presso la prefettura di Napoli, convocati al fine di giungere ad una soluzione dell'annosa vicenda;
   nell'ambito di tali riunioni, finalizzate alla risoluzione del problema si è preso atto dell'esistenza di due distinti fenomeni alla base del sopravvenuto dissesto idrogeologico:
    innalzamento del livello della falda, già da tempo in atto e sviluppatosi a seguito di interventi antropici nell'area in questione;
    problematica del drenaggio e ruscellamento delle acque superficiali, riconducibile alle profonde mutazioni subite nel tempo dall'area Feneria;
   tuttavia, le attività di cui sopra, che pure avrebbero dovuto fornire una risposta, seppur parziale, al problema di cui in premessa, non sono state ancora portate a termine ed i cittadini residenti in località Feneria continuano a vivere enormi disagi –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione evidenziata in premessa e se, alla luce di quanto esposto, ritengano opportuno valutare la possibilità di assumere iniziative per favorire l'attuazione dell'accordo, in tempi ragionevoli e compatibilmente con le risorse economiche a disposizione, a tutela della stabilità idro-geologica della località Feneria sita in Casalnuovo di Napoli (Napoli);
   se i Ministri interrogati, contestualmente alle attività di cui sopra, ritengano opportuno avviare un'attività di screening della effettiva condizione dalla falda presente in località Feneria, sita in Casalnuovo di Napoli (Napoli) e delle conseguenze che su di essa stanno avendo e/o hanno avuto i lavori della TAV; e in caso di effetti negativi per il territorio, se sussistano responsabilità in tal senso a carico degli enti e/o dei soggetti privati coinvolti nella realizzazione delle strutture di sostegno della rete ferroviaria ad alta velocità;
   quali iniziative, in attuazione dell'accordo citato in premessa, si stiano ponendo in essere per fare in modo che si metta in sicurezza il territorio in località Feneria, sita in Casalnuovo di Napoli (Napoli), al fine dell'abbassamento dei livelli della falda ivi situata e della conseguente normalizzazione della stessa. (4-02917)


   GAGNARLI, L'ABBATE, PARENTELA, GALLINELLA, LUPO, BALDASSARRE e SEGONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la società GMP Bioenergy ha presentato al comune di Chitignano (AR) un progetto di costruzione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile (biomassa legnosa vergine) in assetto cogenerativo, delle relative opere connesse e funzionali, comprensivo dell'elettrodotto di connessione alla rete pubblica, di potenza elettrica nominale pari a 0,992 MWE, gemella di un'altra centrale a Caprese Michelangelo (AR), presentata dalla stessa società;
   il progetto di Chitignano è stato autorizzato con procedura abilitativa semplifica in data 8 giugno 2013 ed anche in questo caso, come per la centrale di Caprese Michelangelo, senza informare la popolazione sul nuovo insediamento industriale, né tanto meno chiedere un parere alla cittadinanza prima che la procedura autorizzativa si perfezionasse;
   successivamente, a seguito delle forti proteste dei cittadini e visto il regolamento urbanistico che non ammetteva nell'area individuata attività nocive alla salute ed all'ambiente, il sindaco di Chitignano ha prodotto una istanza di riesame, alla quale si aggiungerà una prossima conferenza di servizi fissata per la prima settimana di gennaio 2014;
   nel nostro Paese vi è una prassi consolidata a non sottoporre l’iter autorizzativo di questi progetti ad una attenta valutazione di impatto ambientale, così come stabilito dalla direttiva 13 dicembre 2011, n. 2011/92/UE (direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati);
   dalla citata direttiva dell'Unione europea discende un preciso obbligo gravante su tutti gli Stati membri di assoggettare a VIA non solo i progetti indicati nell'allegato I, ma anche i progetti descritti nell'allegato II, qualora si ritenga possano comportare un impatto ambientale importante all'esito della procedura di screening. Le caratteristiche di questi progetti debbono considerare i criteri di cui all'allegato III, ed in particolare «la dimensione del progetto, il cumulo con altri progetti, l'utilizzazione di risorse naturali, la produzione di rifiuti, l'inquinamento ed i disturbi ambientali da essi prodotti, il rischio di incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate, la loro localizzazione e il loro impatto potenziale con riferimento, tra l'altro, all'area geografica e alla densità della popolazione interessata»;
   anche la centrale a biomasse legnose autorizzata alla società GMP Bioenergy nel comune di Chitignano (AR) non è stata sottoposta a verifica di assoggettabilità a VIA (cosiddetto screening) ed eventuale successiva valutazione di impatto ambientale (VIA) e ciò costituisce violazione della Difettiva europea in questione n. 2011/92/UE e, quindi, violazione dell'articolo 117 della Costituzione che impedisce agli enti locali di uno Stato membro di legiferare in contrasto con il dettato comunitario;
   in Toscana, oltretutto, vige ancora il vecchio Piano di indirizzo energetico (PIER) adottato nel 2008, in quanto il nuovo Piano ambientale ed energetico (PAER), il cui iter di approvazione è cominciato ad ottobre 2012, non è ancora terminato; il nuovo PAER conterrà anche il Piano regionale per le aree protette e sarà finalmente possibile determinare le zone adeguate e quelle interdette dalla realizzazione di impianti di energie rinnovabili, in accordo con la direttiva europea sopra citata; fino ad allora, tuttavia, in Toscana si continuano ad autorizzare centrali di questo tipo anche in zone poco consone, come nel caso della centrale di Chitignano, che dovrebbe sorgere a circa 60/70 metri (in linea d'aria) da una scuola d'infanzia, a 50 metri dalle più vicine civili abitazioni, a circa 100 metri dall'antica Podesteria (che ospita in diversi periodi dell'anno persone diversamente abili), a circa 200 metri dal Castello degli Ubertini (anno 1100) e vicinissima al centro del paese di Chitignano;
   secondo la «Stima degli impatti ambientali e sanitari dell'impianto» effettuata dal professor Federico Valerio – chimico ambientale, già direttore del Servizio di chimica ambientale, Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro – nella relazione tecnica presentata dalla GMP Bioenergy srl per l'impianto di Chitignano non sono stati trattati importanti argomenti: tra questi le misure sperimentali sulle emissioni di impianti simili, le informazioni sulla concentrazione di idrocarburi policiclici aromatici e diossine nei fumi della caldaia, l'analisi di rischi dovuti alla produzione e l'uso di gas infiammabile (syngas), la presenza e l'uso di numerosi combustibili in contemporanea presenza di ossigeno liquido, l'assenza di impianti di tele riscaldamento, tele raffreddamento, finalizzato a spegnere impianti termici già esistenti a Chitignano ed, in tal modo, compensare le nuove emissioni della centrale;
   dalla relazione del professor Valerio evince inoltre che l'entrata in funzione del gassificatore peggiorerà in modo non trascurabile la qualità dell'aria, oggi invece ottima a Chitignano perché nettamente inferiore sia agli attuali che ai prossimi obiettivi di qualità previsti per le polveri sottili; in particolare si legge «l'entrata in funzione della centrale impedirà di raggiungere, per Chitignano, sia l'obiettivo di mantenere la qualità dell'aria dove essa è buona (PM10-NO2) sia l'obiettivo di migliorarla negli altri casi (ozono)» il tutto in evidente contrasto con l'articolo 1 della Direttiva 96/62/CE recepita dall'Italia con decreto legislativo n. 155 del 2010;
   l'organizzazione mondiale della sanità afferma che le polveri sottili nell'aria sono pericolose anche a concentrazioni inferiori agli attuali limiti, come evidenziato nello studio pubblicato il 31 gennaio 2013 in cui si legge: «L'esposizione a lungo termine al particolato fine (PM2,5) può provocare arteriosclerosi, disturbi alla nascita e malattie respiratorie tra i bambini»; inoltre, il progetto «Review of evidence on health aspects of air pollution» (Revihapp) suggerisce anche un eventuale legame con lo sviluppo neurologico, la funzione cognitiva ed i diabeti e conferma i collegamenti causali tra il particolato PM2,5 ed i decessi dovuti a malattie cardiovascolari e respiratorie; il Commissario europeo all'ambiente, Janez Potocnik, che ha commissionato i suddetti studi all'Oms, ha sottolineato che è in corso un riesame 2013 della politica UE sulla qualità dell'aria, che deve fondarsi su dati scientifici più recenti che approfondiscano i legami tra l'inquinamento atmosferico e la salute umana;
   la giurisprudenza costituzionale, infine – come riportato dalla mozione n.1-00096 depositata il 13 giugno 2013, a firma dei deputati del gruppo parlamentare M5S della Commissione ambiente – nel corso degli anni ha evidenziato la supremazia della conservazione dell'ambiente rispetto alla produzione di energia, sebbene prodotta da fonti rinnovabili –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente di quanto esposto in premessa, e se intendano assumere iniziative anche normative affinché le autorizzazioni degli impianti di questa tipologia siano precedute da una fase di screening (preliminare alla Via), come previsto dalla Direttiva 13 dicembre 2011 n. 2011/92/UE, in considerazione delle «dimensioni del progetto, cumulo con altri progetti, l'utilizzazione di risorse naturali, la produzione di rifiuti, ... omissis. .. all'area geografica e alla densità della popolazione interessata», posto che in alcune regioni, tra cui la Toscana, non è ancora pronto il nuovo PAER che determinerà le zone adeguate e quelle interdette dalla realizzazione di impianti di energie rinnovabili;
   cosa intendano fare i Ministri interrogati, nell'ambito delle rispettive competenze, in merito a quella che agli interroganti appare una evidente violazione della direttiva 96/62 CE e del successivo decreto legislativo n. 155 del 2012 di recepimento da parte di queste tipologia di centrali soprattutto alla luce dei recenti studi dell'Organizzazione mondiale della sanità sul rapporto tra inquinamento atmosferico e salute umana che hanno indotto il Commissario europeo all'ambiente ad un riesame della politica dell'Unione europea sulla qualità dell'aria che presto si tradurrà in una normativa più stringente.
(4-02922)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   NESCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il complesso denominato «Tonnara di Bivona» in Vibo Valentia è un bene incamerato tra le pertinenze del pubblico demanio marittimo;
   il cespite è escluso dagli elenchi soggetti alla legge regionale della Calabria n. 17 del 21 dicembre 2005, nonché dalle recenti norme del federalismo demaniale (di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 3 del decreto-legislativo n. 85 del 2010), sicché la vigilanza di merito spetta alla capitaneria di porto;
   la soprintendenza competente esercita sul bene in argomento la vigilanza per l'applicazione del codice per i beni culturali (ex articoli 57 e 106 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni) da parte degli enti che ne hanno la proprietà o la gestione;
   ai sensi dell'articolo 57-bis del suddetto codice, ogni uso del bene deve essere preventivamente autorizzato dalla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Calabria;
   il quadro territoriale regionale (Q.T.R.) ha incluso la «Tonnara di Bivona» nella categoria dei beni identitari ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni e dell'articolo 51 del rammentato quadro territoriale regionale;
   il bene, si legge sul blog «Comune portosantavenere» (su piattaforma «Blogspot»), «sin dal 1990 ha fruito di una serie di finanziamenti pubblici (Soprintendenza BAP di Cosenza e regione Calabria) ai fini del recupero ed uso museale», con «una cifra che supera i 2 milioni di euro»;
   con lettera, nell'ottobre 2012 l'associazione antimafia «Gerbera gialla» chiese al comune di Vibo Valentia e alla procura della Repubblica come mai il suddetto museo del mare, finanziato per 1.304.000 di euro dalla regione Calabria con fondi del Por Calabria 2000/2006, non fosse stato completato e – si legge sul blog «Comuneportosantavenere» – «al suo posto sorge, invece, la sede estiva dei Vigili Urbani e quella di un'associazione locale»;
   contestualmente, la medesima associazione domandò quale fosse lo stato finale dei lavori e il relativo conto, l'esistenza di certificato di ultimazione lavori, di collaudo statico e di collaudo tecnico-amministrativo, nonché l'esistenza di parere circa la destinazione d'uso finale da parte della Soprintendenza ai beni monumentali e, all'occorrenza, del contenuto di codesto atto;
   il 30 agosto 2011, la redazione del summenzionato blog interpellò la Corte dei conti per sapere «se un uso difforme del bene storico rispetto ai finanziamenti ottenuti sia possibile», anche con il timore che tale prassi «possa condurre a breve allo stravolgimento strutturale dell'opera, compromettendo definitivamente il suo valore storico ed il suo uso culturale a vantaggio della (...) comunità, vanificando le risorse umane e finanziarie sin qui spese per la sua valorizzazione»;
   nel maggio 2013, lo stesso sindaco di Vibo Valentia, Nicola D'Agostino, sottolineò pubblicamente, presenti il prefetto di Vibo Valentia, il commissario dell'ente provincia e ufficiali di carabinieri e Guardia di finanza, che la «Tonnara di Bivona» è un bene di competenza demaniale, poi informando della sospensione delle concessioni d'uso rilasciate dal Comune nel 2010 e 2011 (su YouTube);
   l'8 dicembre il bene in argomento è stato utilizzato come seggio per le elezioni primarie del Partito democratico –:
   se sia a conoscenza dei fatti qui esposti;
   in virtù di quale norma e di quale titolo il bene risulti ad oggi utilizzato discrezionalmente dal comune di Vibo Valentia per usi diversi da quelli previsti nell'ambito dei finanziamenti erogati;
   se in capo al comune di Vibo Valentia – per gli usi sin qui disposti – risultino concessione d'uso e pareri autorizzativi da parte della competente soprintendenza BSE;
   quali verifiche possa promuovere in ordine allo stato e ai costi dei lavori finanziati;
   quali misure, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare perché il bene sia restituito alla sua funzione, nel rispetto delle normative vigenti. (4-02923)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il settore dei giochi e delle scommesse ha subito in Italia, nel corso degli ultimi anni, una notevole evoluzione con una proliferazione dell'offerta derivante da un numero sempre più ampio di possibilità di gioco, anche attraverso l'introduzione di giochi on line;
   secondo i dati dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, la raccolta complessiva dei giochi nell'anno 2009 è stata di 54,4 miliardi di euro, con un incremento del 14,4 per cento rispetto al 2008, e che tali dati confermano e rafforzano ulteriormente il trend in crescita registrato nel corso degli ultimi anni;
   oltre il 50 per cento dei proventi proviene dai cosiddetti apparecchi, o slot machine, anche se un mercato in particolare espansione è rappresentato dai giochi on line, laddove si evidenzia un incremento superiore all'80 per cento rispetto alla raccolta complessiva del 2008;
   al di là delle conseguenze derivanti dall'abuso del gioco, e note col nome di ludopatia, il fenomeno sta assumendo una particolare gravità dal momento che sui giochi opera anche la criminalità organizzata, particolarmente interessata al settore delle scommesse clandestine ma anche al mercato legale delle stesse, in virtù del fatto che rappresenta un ottimo metodo, sicuro, veloce ed efficace per il riciclaggio del denaro derivante da affari illeciti;
   nel luglio del 2012 il Consiglio di Stato ha dato il proprio via libera al bando scommesse per assegnare 2 mila nuove agenzie, con base d'asta a 11 mila euro e scadenza delle concessioni al 30 giugno 2016, e nel solo primo semestre 2012, così come ricordato da Agipronews, le scommesse sportive hanno raccolto poco meno di 2 miliardi di euro, in calo del 6 per cento rispetto al primo semestre 2011, mentre nel primo semestre la spesa complessiva degli italiani in scommesse sportive è stata di circa 366 milioni di euro;
   secondo l'attuale normativa, l'attività di raccolta e di gestione delle scommesse presuppone una concessione previa pubblica gara, nonché di un'autorizzazione di polizia, e qualsiasi violazione è passibile di sanzioni penali;
   nel nostro Paese, infatti, la regolamentazione del settore delle scommesse è affidata ai monopoli di Stato, i quali regolamentano il gioco d'azzardo attraverso il rilascio di concessioni assegnate a seguito di gare ad asta e chi partecipa a questi bandi è soggetto ad una serie di controlli molto stringenti per quanto riguarda l'assegnazione; a seguito del rilascio della concessione si ha diritto ad ottenere dalla questura la licenza di pubblica sicurezza (TULPS);
   oggi in Italia operano con regolare concessione rilasciata dai monopoli di Stato circa 13.000 agenzie, e tutte queste concessioni generano all'erario un triplice introito, derivante sia dall'offerta che si presenta in sede di assegnazione, sia dalla imposta unica (il così detto «PREU») che si sostanzia in un prelievo sul totale della raccolta e sia dal fatto che sia le società rivenditrici (i punti sul territorio) che le società che forniscono i franchising (Snai, Lottomatica, Sisal per citarti gli operatori più grandi) generano utili e pagano le imposte allo Stato italiano;
   fino al 2002, le società di capitali quotate nei mercati regolamentati non potevano ottenere una concessione per i giochi d'azzardo e quindi sono rimaste escluse dalle gare;
   il decreto legge n. 223 del 2006, cosiddetto «decreto Bersani» (misure di contrasto del gioco illegale) ha proceduto ad una riforma del settore del gioco in Italia, destinata ad adeguarlo alle norme dell'Unione, e i ricorrenti nei procedimenti principali gestiscono «centri trasmissione dati» («CTD»);
   l'organizzazione delle scommesse compete solamente ad una società che dopo aver ricevuto la proposta di scommessa inoltrata dal centro trasmissione dati può accettare o meno la scommessa, mentre al titolare del centro trasmissione dati spetta esclusivamente il compito di mettere in contatto lo scommettitore e il bookmaker straniero, così che il servizio offerto sarebbe, dunque, solo quello di proporre agli scommettitori la connessione e la trasmissione dati, inoltrando al bookmaker la scommessa;
   purtroppo in Italia è presente anche una fittissima rete di operatori irregolari riconducibili a grandi società di betting straniero le quali raccolgono scommesse sul territorio italiano, qualificandosi come centri di trasmissione dati in quanto raccolgono scommesse sul suolo italiano sebbene poi la scommessa venga registrata nel Paese dove ha sede la società estera, spesso localizzata in noti paradisi fiscali così da evitare la tassazione dello Stato italiano e provocando in tal modo un mancato gettito erariale di circa 400 milioni annui solo di PREU, ai quali vanno, poi, aggiunti i mancati introiti provenienti dal fatto che queste società non hanno sede in Italia;
   tali società molto spesso esercitano la raccolta delle scommesse senza licenza di pubblica sicurezza e non hanno obblighi di limitazione per quanto riguarda l'ingresso di minori all'interno delle loro sale;
   questi centri trasmissione dati hanno iniziato a proliferare sia perché non si qualificano come agenzie di scommesse sia a seguito di una sentenza della Corte di giustizia europea (sentenza «Costa-Cifone»);
   tale sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 16 febbraio 2012 nelle cause riunite C-72/10 e C-77/10 (sentenza Costa-Cifone) ha stabilito la compatibilità di un regime di monopolio in favore dello Stato e di un sistema di concessioni e autorizzazioni nel settore dei giochi e delle scommesse, purché siano rispettati i principi comunitari in materia di libertà di stabilimento e di prestazione di servizi, parità di trattamento degli operatori – attraverso il principio di equivalenza e di effettività – e proporzionalità, assicurando inoltre il rispetto della certezza del diritto e del dovere di trasparenza;
   è quindi possibile offrire esclusivamente le tipologie di giochi figuranti in un elenco, sanzionando con la decadenza della concessione l'offerta di qualsiasi altro gioco, purché le decisioni amministrative relative alla redazione dell'elenco siano basate su criteri obiettivi, non discriminatori e noti in anticipo, e possano essere oggetto di un rimedio giurisdizionale; è inoltre possibile prevedere la decadenza di una concessione di gioco quando nei confronti del concessionario, del legale rappresentante o degli amministratori del concessionario siano state adottate misure cautelari o provvedimenti di rinvio a giudizio nell'ambito di un determinato procedimento penale, purché questa ipotesi sia definita con riferimento a fattispecie penali collegate all'attività di gioco e chiaramente definite;
   a seguito di questa sentenza tutti gli operatori stranieri si sono riversati nel mercato italiano aprendo punti in numerose località senza averne tuttavia piena legittimità, e numerosi tribunali italiani a seguito delle denunce e dei contenziosi nati con gli operatori regolari a volte hanno chiuso i centri trasmissione dati a volte ne hanno autorizzato l'attività;
   la sentenza Costa-Cifone si riferisce al vecchio bando di gara del 2006, e ad oggi non è presente nessuna sentenza nella quale si statuisce che vi sia stata una qualsiasi discriminazione nel nuovo bando;
   il regime concessorio italiano subordina l'esercizio del gioco al possesso delle concessioni, non violando i principi comunitari, e per l'esercizio del gioco d'azzardo sembra pertanto desumersi come necessaria la licenza di pubblica sicurezza il cui rilascio è subordinato al possesso della concessione rilasciata dai monopoli di Stato, deducendone che i centri trasmissione dati sprovvisti di licenza di pubblica sicurezza dovrebbero essere chiusi –:
   se, in ragione del fatto che un minor controllo sulle attività legate al mondo delle scommesse determina, a causa del consistente volume di «giocate» che sfuggono al computo delle imposte, un ingente danno erariale ovvero il mancato incasso erariale unico (PREU), non ritenga opportuno attivarsi da subito per verificare se vi sia un costante controllo dei livelli di servizio e del rispetto delle convenzioni per le concessioni relative alla conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco, allo scopo di salvaguardare le conseguenti entrate erariali;
   se non si ritenga utile assumere iniziative, anche normative, per prevedere meccanismi di revoca delle concessioni, anche di quelle perduranti da molti anni, ogni qual volta si accertino contatti con esponenti o società collegate con la criminalità organizzata, ovvero prevedere la decadenza della concessione nell'ipotesi che il concessionario gestisca direttamente o indirettamente attività transfrontaliere di gioco assimilabili a quelle gestite dall'AAMS ovvero giochi d'azzardo proibiti dall'ordinamento giuridico nazionale;
   se non ritenga opportuno attivarsi presso tutte le competenti sedi, alla luce anche delle sentenze normative di settore, al fine di provvedere ad una verifica sulla legittimità dei punti scommesse irregolari nel continuare a svolgere la propria attività, assumendo altresì le opportune iniziative normative al fine di stabilire una regolamentazione del settore finalizzata ad un maggior controllo contro il gioco non regolare. (4-02910)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   RONDINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di oggi che la sezione minorenni della corte d'appello di Milano ha ridotto la pena da 15 a 9 anni e 8 mesi di reclusione per Remi Nikolic, il rom che il 12 gennaio 2012 a bordo di un suv rubato travolse e uccise, dopo averlo trascinato per circa 200 metri sull'asfalto, l'agente di polizia locale Niccolò Savarino in via Varé a Milano;
   si tratta di una ulteriore riduzione di pena poiché già in primo grado il tribunale per i minorenni di Milano aveva condannato Remi Nikolic a soli 15 anni di reclusione, rispetto ai 26 chiesti dal pubblico ministero;
   nonostante l'efferatezza dell'omicidio e la circostanza che il reo successivamente aveva cercato di sottrarsi alla giustizia fuggendo in Ungheria, il tribunale di Milano aveva invece riconosciuto al rom le attenuanti generiche per la minore età dell'imputato, i precedenti penali non particolarmente rilevanti, il contesto di vita familiare nel quale Nikolic è cresciuto, l'intensità e la tipologia del dolo;
   la corte di appello di Milano, a differenza del primo grado, ha applicato la massima estensione delle attenuanti generiche e pertanto oggi, in secondo grado, a Remi Nikolic è stato inflitto, in sostanza, il minimo della pena prevista in un dibattimento per un caso del genere di omicidio volontario;
   Remi Nikolic, avendo già scontato quasi due anni di pena, tra meno di tre anni potrà anche chiedere di essere messo in regime di semilibertà;
   nella giurisprudenza ormai costante e pacifica le attenuanti generiche possono essere riconosciute solo alla presenza di un comportamento processuale in cui è dato cogliere segnali di resipiscenza ed anche la valutazione della concreta capacità a non delinquere non sia ancorata al solo dato formale dell'assenza di precedenti condanne o a precedenti penali non particolarmente rilevanti, e non, per converso per i motivi che sono stati adotti nella sentenza in parola ai fini della concessione delle attenuanti generiche;
   è notevole lo scalpore tra l'opinione pubblica che la sentenza di primo grado del tribunale di Milano già allora suscitò e che oggi l'ulteriore riduzione di pena in grado di appello sta ulteriormente ampliando;
   tali decisioni e il riconoscimento di attenuanti come quelle applicate al caso costituiscono dei gravissimi precedenti, per l'incolumità e la sicurezza dei cittadini e di tutti gli operatori, come l'agente di polizia locale investito, che stava semplicemente facendo il proprio lavoro;
   tali sentenze parrebbero, a giudizio dell'interrogante, giustificare la commissione di reati da parte di soggetti, anche recidivi e con precedenti penali, che sapranno che potranno sempre beneficiare delle attenuanti concesse a Nikolic;
   tali decisioni mettono a rischio non solo il principio di certezza del diritto ma anche quello della pena –:
   se non intenda assumere un'iniziativa normativa per rafforzare il sistema sanzionatorio in fattispecie come quella descritta in premessa. (4-02925)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI, COLONNESE, CECCONI e TERZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 12 dicembre 1982, in Ancona, si è verificato lo smottamento della collina Montagnolo verso il mare con effetti disastrosi tanto da essere stata definita «la grande frana di Ancona». Il movimento franoso ha provocato danni ingentissimi. Sono andati distrutti fabbricati ad uso abitativo (oltre mille), due ospedali, l'università di medicina e chirurgia, la casa di riposo Tambroni, la caserma della polizia stradale, i fabbricati industriali Angelini e decine di attività commerciali, artigianali e professionali, è scomparso un intero quartiere, «il Borghetto». Danni ingentissimi si sono verificati sulla linea ferroviaria Ancona Bologna e sulla strada statale 16 restata inagibile per mesi. È stato necessario l'intervento straordinario dello Stato che ha stanziato, mediante leggi speciali, per provvedere al risanamento e alla ricostruzione, in altre zone della città, del patrimonio abitativo, ospedaliero, universitario e industriale distrutti. La zona è perimetrata dalla regione e per alcuni tratti ci sono zone classificate R 3 e R 4 (molto pericolose). Anche le recenti piogge di novembre hanno destato allarme nella cittadinanza come riportato dai quotidiani locali: Il Corriere Adriatico, il Messaggero e il Resto del Carlino. Si è appreso altresì che la regione Marche nel corso del 2013, a seguito delle verifiche e degli studi cui l'area è sottoposta in permanenza, ha deliberato la modifica e l'ampliamento delle zone pericolose. Da almeno dieci anni, l'ANAS e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno previsto di realizzare un collegamento viario definito «uscita a ovest», allo scopo di collegare il porto internazionale di Ancona alla grande viabilità stradale (A14 e SS 16). Il progetto è stato favorevolmente esaminato dal CIPE, è stata bandita la gara per l'affidamento dell'opera in concessione mediante lo strumento del progetto di finanza. La gara è stata vinta da un'associazione temporanea di imprese (Impregilo, Astaldi, Pizzarotti e CO e Itinera). È stato redatto lo schema di convenzione per la progettazione definitiva il 19 novembre 2012 e, pur essendo trascorso un anno, la procedura sembra aver trovato qualche difficoltà. Infatti, come segnalato dall'interrogante in precedenti atti di sindacato ispettivo, ancora senza risposta, la firma della convenzione, definita «storica», da un comunicato stampa della giunta della regione Marche dell'agosto 2013, data per siglata il 26 agosto, si è rivelata una «bufala». La firma, annunciata poi per il 15 settembre, poi per il 20 ottobre, poi entro novembre, non è ancora avvenuta e l'ultimo annuncio, entro il 20 dicembre, appare all'interrogante inverosimile come i precedenti. Il consiglio comunale di Ancona, preoccupato per la situazione, ha approvato all'unanimità la deliberazione n. 59 del 16 settembre 2013 «Mozione sulla bretella A 14 – S.S. 16 – Ancona Porto», con la quale si impegna il sindaco ad intervenire immediatamente sul Ministero affinché l'ANAS e la società Autostrade vengano ad illustrare al consiglio comunale le caratteristiche del progetto e gli elementi essenziali del contratto e del cronoprogramma dei lavori. Il consiglio comunale «aperto» è convocato per il 17 dicembre 2013, ma ancora non ci sono certezze sulla presenza dei rappresentanti ministeriali, di ANAS e società Autostrade né sono state fornite le informazioni richieste. La situazione è di estrema preoccupazione anche perché il tracciato stradale preliminarmente progettato, inizia dall'area portuale, scavalca la ferrovia con un viadotto che sale fino a 25 metri e si intuba in un tunnel proprio nell'area interessata dalla «grande frana di Ancona» e persino nelle zone classificate R 3 e R 4 –:
   se siano a conoscenza di quanto suesposto e per quali motivi il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non abbia ancora fornito le informazioni richieste dalla città capoluogo di regione e se e quando intenda farlo;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sia a conoscenza delle modifiche apportate dalla regione Marche sul perimetro della «grande frana di Ancona» e se l'opera risulti compatibile con la delicatezza e la pericolosità dell'area interessata;
   se trovi conferma che lo schema di convenzione finora predisposto preveda un contributo a fondo perduto dello Stato del 50 per cento dei costi di realizzazione dell'infrastruttura. (5-01704)

Interrogazione a risposta scritta:


   MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella strada statale 434 Transpolesana, importante strada statale che collega Verona a Rovigo, sono stati conclusi, già da tre settimane, i lavori di manutenzione straordinaria di alcuni essenziali tratti del percorso stradale;
   la strada, classificata come strada extraurbana principale, attraversa i comuni della bassa veronese e rappresenta un importante asse viario, indispensabile per il collegamento con Verona e le autostrade A4 e A13;
   negli ultimi anni, la crisi economica in atto, che ha comportato un generale spostamento dei flussi di traffico dalla rete autostradale a pagamento verso la viabilità statale, ha fatto registrare un sensibile incremento del traffico sulla strada statale 434;
   a causa del degrado del manto stradale si è reso necessario abbassare il limite di velocità da 110 km/h a 70 km/h, in svariati punti, in attesa dell'esecuzione dei lavori, per evitare gli incidenti stradali;
   tuttavia, nonostante i lavori siano conclusi in molti tratti stradali, inspiegabilmente, l'ANAS non ha provveduto a ripristinare i limiti di velocità precedenti sopportati dalla sezione stradale e ciò continua a creare disagi ai cittadini con gravi ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale –:
   se il Ministro intenda adoperarsi, per quanto di propria competenza, affinché l'ANAS provveda a ripristinare i limiti di velocità propri della strada statale 434 Transpolesana, antecedenti agli abbassamenti resisi necessari per il degrado del manto stradale e per l'esecuzione dei lavori, sui tratti ove i lavori risultano già conclusi. (4-02919)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FRAGOMELI, GUERRA, PASTORINO e RUGHETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comma 1, dell'articolo 19 del decreto-legge n. 95 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012 (cd. Spending review) modificando l'articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito, con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010, individua il ventaglio delle funzioni fondamentali comunali da svolgersi obbligatoriamente in forma associata attraverso unioni di comuni (ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 267 del 2000) o convenzioni – ad esclusione della lettera l), stato civile e servizi anagrafici – da parte dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero 3.000 abitanti se appartenenti o appartenuti a comunità montane;
   la soglia demografica minima da raggiungere con la forma associativa, unione o convenzione, pur nella varietà delle sue declinazioni da parte delle legislazioni regionali, non risulta essere quasi mai inferiore rispettivamente ai 5.000 ed ai 3.000 abitanti nelle aree montane;
   l'articolo 31 del decreto Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997 n. 465 recante «Regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali, a norma dell'articolo 17, comma 78, della legge 15 maggio 1997, n. 127» prevede al punto 1, lettera a): i segretari comunali e provinciali sono classificati in tre fasce professionali denominate A, B e C: a) nella fascia professionale C, sono inseriti i segretari, idonei allo titolarità di sedi di comuni fino a 3.000 abitanti, a seguito del conseguimento dell'abilitazione concessa dalla Scuola Superiore di cui all'articolo 98, comma 4, del T.u.e.l. n. 267 del 2000;
   il generalizzato obbligo per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti di gestire in forma associata le funzioni fondamentali ovvero istituire le unioni di comuni – tra le quali rientra la funzione di segreteria comunale – rende di fatto inutilizzabili in tali enti le professionalità della fascia C che quindi non avranno più, di fatto, alcuno sbocco professionale; la gestione associata obbligatoria deve essere attuata entro il 31 dicembre 2013;
   appare quindi evidente la necessità di una urgente rivisitazione della suddetta fascia professionale, al fine di consentire alle costituende forme di aggregazioni comunali – attesa la sostanziale omogeneità delle problematiche a quella dei piccoli comuni – di avvalersi dell'adeguata professionalità dei segretari comunali con un trattamento economico sostenibile per i bilanci dei singoli comuni associati –:
   se il Governo non ritenga indispensabile assumere le iniziative di competenza per consentire che i segretari comunali di fascia C possano essere assegnati a comuni e alle loro forme associative con popolazione fino a 10.000 abitanti. (5-01702)


   GINEFRA, BELLANOVA, CAPONE, VENTRICELLI, MARIANO, MONGIELLO, CASSANO, GRASSI, LOSACCO, DECARO e SCALFAROTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 9 dicembre 2013 ha avuto inizio una protesta di carattere nazionale promossa dal cosiddetto Movimento dei forconi;
   tale protesta si sta articolando con irruzioni in aziende e negozi e blocchi stradali. Questi ultimi creano una serie di problemi per la viabilità nei centri cittadini e nelle arterie di collegamento, con pesanti conseguenze sulle attività dei commerciali;
   a Torino, che resta l'epicentro dell'azione dei dimostranti, ma anche ad Imperia e in Puglia sono state segnalate azioni di forza in supermercati, aziende che hanno costretto numerosi negozianti ad abbassare le serrande;
   in un intervista al TG3 il Ministro interrogato ha dichiarato: «La linea è quella del rispetto della legge e della democrazia, significa che noi siamo per dare supporto a chi protesta pacificamente, ma deve farlo nel rispetto della legge, non consentiremo che le città vengano messe a fuoco». Sempre nella stessa intervista ella ha denunciato «inaccettabili minacce ai negozianti costretti a chiudere» annunciando che sull'accaduto riferirà «in Parlamento, la casa degli italiani»;
   a Torino alcuni agenti di polizia al cospetto dei manifestanti si sarebbero tolti il casco e questo gesto sarebbe stato interpretato come manifestazione di solidarietà ai dimostranti;
   la Confesercenti ha chiesto «il ripristino della legalità subito» perché i commercianti «hanno diritto di lavorare in tranquillità». L'associazione ha inoltre denunciato: «È stato impedito a migliaia di operatori commerciali di allestire i loro banchi sui mercati e si stanno minacciando di ritorsioni i negozianti che oggi hanno aperto i negozi»;
   la protesta prosegue, anche se uno dei leader del Movimento dei forconi, Mariano Ferro, ha reso noto di aver rimandato l'ipotesi di una manifestazione nazionale nella Capitale: «Ci sarà, stiamo stabilendo quando, ma sarà con le nonne e i bambini. Una manifestazione democratica e pulita». Ferro avrebbe attribuito la guerriglia del 9 a Torino a «quattro scalmanati, la stragrande maggioranza era pacifica»;
   nelle intenzioni del Movimento, le manifestazioni dovrebbero durare cinque giorni;
   a Torino, dove due cortei hanno attraversato anche ieri la città, 8 persone sono state denunciate – 4 per interruzione di pubblico servizio, quattro per violenza privata –, mentre altre 12 sono state identificate mentre protestavano in piazza Statuto. Per il blocco sulla tangenziale sono stati identificati 11 manifestanti, per i quali la denuncia scatterà a breve. Sull'arteria la situazione è tornata alla normalità poco prima delle 18: 25 manifestanti erano entrati a piedi sulla carreggiata all'altezza dell'Interporto Sito e sono stati allontanati dalla polizia allo svincolo successivo, in corso Allamano. Il prefetto del capoluogo piemontese, Paola Basilone, ha annunciato l'arrivo oggi di «nuovi rinforzi delle forze dell'ordine per fronteggiare i forti disagi di queste ore»;
   si registrano disagi anche in provincia: ad Avigliana, in Valle di Susa, gli organizzatori de «L'Italia si ferma» hanno istituito un altro posto di blocco con mezzi pesanti e trattori. Occupata anche la stazione. Rallentamenti a Pinerolo, mentre un altro presidio è stato allestito allo svincolo della tangenziale tra Collegno e Pianezza;
   a Perugia, una trentina di persone sono entrate nella sede del Partito democratico, nel centro storico, occupando la sala riunioni e minacciando di non andare via fin quando non avessero parlato con i dirigenti. Sul posto è arrivata la Digos, che ha tenuto sotto controllo la situazione, fino a quando i dimostranti non hanno lasciato la sede dopo aver parlato con un esponente del partito. La manifestazione si è comunque svolta in maniera pacifica;
   a Imperia il corteo di manifestanti, che per tutta la giornata ha organizzato blocchi a macchia di leopardo per tutta la città, si è sciolto, intorno alle 18.30 in piazza Dante;
   a Savona i manifestanti hanno tentato di occupare i binari della stazione, ma sono stati sgomberati dalle forze dell'ordine;
   ad Albenga (Savona) i manifestanti hanno invaso i binari della ferrovia sino all'arrivo della forza pubblica. Solo a quel punto la circolazione ferroviaria lungo la linea del ponente è ripresa. I dimostranti avrebbero acceso anche dei fumogeni ma all'arrivo delle forze dell'ordine se ne sarebbero andati. Il corteo si è quindi spostato nel centro cittadino;
   a Milano si è conclusa a piazzale Loreto la manifestazione del Movimento dei Forconi cominciata in mattinata. I dimostranti hanno lasciato la piazza e il traffico sta tornando lentamente alla normalità. Ma la protesta non si è fermata: questa mattina alle 10 proseguirà a piazzale Loreto. Presidio davanti al Pirellone, dove è giunto un corteo di trattori convocati dalla Copagri, la confederazione di produttori agricoli. Paralizzata la circolazione nella zona della stazione Centrale, una trentina i trattori sistemati dagli agricoltori davanti alla sede della Regione. Presidi ancora a Rho, a Brescia e all'aereoporto di Orio al Serio;
   nei pressi di Verona è stato nuovamente chiuso al traffico in entrambi i sensi il casello di Soave sull'autostrada A4, sede di uno dei presidi più numerosi in Veneto. Le autorità avevano provato in tarda mattinata a riaprire l'uscita, ma un nuovo assembramento di manifestanti, soprattutto studenti arrivati a dar manforte ai dimostranti delle varie associazioni, ha riportato la tensione, all'esterno del casello, costringendo ad una nuova chiusura;
   particolarmente gravi sono i fatti accaduti in Puglia. Nella serata di ieri i binari della stazione ferroviaria di Bisceglie, nella provincia di Barletta Andria Trani, sono stati occupati dai manifestanti. Tutti i treni regionali e a lunga percorrenza – rende noto Ferrovie dello Stato – sono fermi nelle stazioni di Bari, Molfetta, Trani e Barletta. Ancora ieri tensione a Barletta, dove i manifestanti hanno bloccato la zona industriale, paralizzando il traffico barricando l'accesso con transenne e cassonetti. Blocchi stradali anche a Bari e Andria;
   a Molfetta e Bisceglie sono state denunciate ronde nelle aziende per costringere con la forza i lavoratori ad abbandonare il posto di lavoro: i militanti del movimento di protesta sono penetrati nel grande e frequentatissimo centro commerciale di Molfetta, costringendo gli impiegati a chiudere ed a fermare le attività, porte sbarrate all'Ipercoop. Sono state poi raggiunte la sede della società di informatica Exprivia, di proprietà del presidente della Confindustria Puglia, Domenico Favuzzi, che è stata evacuata e i cui dipendenti sono stati invitati a lasciare il posto di lavoro, ed un call center della zona;
   ad Andria, massimi disagi: sono stati segnalati numerosi episodi di violenza. Alcuni commercianti pare siano stati costretti a chiudere le proprie attività con la forza, vessati da altri commercianti locali che avevano aderito alla manifestazione. Secondo la Prefettura della BAT, agli autotrasportatori in sciopero, si sono uniti anche alcuni ultrà della squadra di calcio dell'Andria ed è proprio su di loro che sono puntati gli occhi vigili delle istituzioni locali che hanno fatto partire accurati accertamenti;
   a Barletta, i manifestanti, hanno utilizzato i cassonetti per i rifiuti, sistemandoli al centro della carreggiata, per bloccare l'accesso alle automobili. A presidiare questi posti di blocco improvvisati sono rimasti alcuni manifestanti, mentre gli altri dal centro cittadino hanno raggiunto il porto, già presidiato dalle forze dell'ordine. A Trani ieri era annunciato il blocco del mercato settimanale;
   la Bat è sotto assedio: i negozi ed i cinema sono tutti chiusi. A Bisceglie persino le farmacie sarebbero state chiuse. Le foto dei manifestanti su dei camioncini che girano in città e intimano ai negozianti di Bisceglie di chiudere le loro attività stanno facendo il giro della Rete, mentre cresce l'indignazione. Intanto, scoppia la corsa affannata al carburante ed i disagi per gli automobilisti ed i pendolari sono stati numerosi e pesanti;
   sulla tangenziale di Bari ieri le auto si muovevano a passo d'uomo. Un gruppo di manifestanti, circa una cinquantina di persone, tra cui molti giovani, ha bloccato due corsie della carreggiata in direzione Sud. Il presidio è ora sorvegliato da guardia di finanza, polizia e carabinieri. Sul lampione a centro della tangenziale i manifestanti hanno issato una bandiera tricolore;
   a Palermo, i dimostranti sono radunati sotto la Regione Sicilia. Cori e slogan contro «la politica e i politici assassini». In tilt la circolazione stradale sotto il palazzo in piazza Indipendenza. In serata, a Catania circa 250 persone stanno sfilando in corteo nella centralissima via Etnea a sostegno della protesta dei Forconi. Secondo fonti investigative, per la maggior parte sono ultras del Calcio Catania;
   a Roma ieri è proseguito il presidio in Piazza dei Partigiani, davanti alla stazione Ostiense. La prefettura ha deciso di rafforzare le misure di sicurezza per prevenire eventuali manifestazioni. Le forze dell'ordine presidieranno stazioni e snodi autostradali e si è deciso di intensificare i controlli sulle zone attorno a Montecitorio, Palazzo Chigi, Palazzo Madama e Quirinale –:
   quali iniziative intenda promuovere per scoraggiare il ripetersi di episodi come quelli che hanno coinvolto alcuni agenti di polizia a Torino;
   quali le misure avviate per accertare gli episodi di violenza verificatisi sul territorio nazionale con particolare riferimento alle minacce denunciate dai negozianti con particolare riferimento a quelle denunciate in Puglia;
   se siano al vaglio del Ministro verifiche su infiltrazioni nel movimento di frange di gruppi violenti, tifoserie di calcio e organizzazioni criminali di stampo mafioso. (5-01708)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta orale:


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   14 lavoratrici della Sigistel, call center di Sulmona (AQ), sono state accusate dall'azienda di scarso rendimento e perderanno il posto di lavoro;
   quello che la proprietà del call center avrebbe contestato alle dipendenti sarebbe lo scarso rendimento, che avrebbe portato alla perdita di commesse importanti;
   l'azienda pescarese che conta 30 dipendenti ha infatti avviato le sospensioni cautelative per quasi  la metà dei suoi dipendenti, che dal 7 novembre 2013 sono in cassa integrazione a zero ore, senza cioè poter lavorare nemmeno a turno;
   i giovani operatori, quasi tutti laureati e con un'età media di trent'anni, in passato hanno accettato di essere pagati anche a rate, pur di non perdere il posto di lavoro. Un'occupazione fissa e a tempo indeterminato, faticosamente conquistata grazie a vertenze e mobilitazioni;
   in una nota i sindacati, sostengono che si tratta in sostanza di licenziamenti camuffati e che non si può attribuire alla negligenza degli operatori la perdita di alcune commesse. I sindacati inoltre sottolineano come sia necessario impedire che il call center chiuda senza saldare gli ultimi stipendi arretrati ai lavoratori: l'accordo di cassa integrazione, infatti, prevedeva anche il saldo rateizzato delle ultime mensilità –:
   se non intenda assumere una iniziativa per scongiurare la chiusura dell'azienda e il mancato pagamento degli stipendi dovuti ai dipendenti. (3-00514)


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Santa Croce spa di Canistro (AQ) ha aperto, il 15 novembre 2013, la procedura di mobilità per 38 lavoratori sui 78 dipendenti giustificando tale atto con un calo della produzione che, attualmente, non supera 100 milioni di bottiglie l'anno, una quota, secondo l'azienda, insufficiente a mantenere i livelli occupazionali. La storica azienda di Canistro (AQ) ha confermato gli esuberi ma ha comunque assicurato che il marchio non verrà ceduto;
   i sindacati annunciano la richiesta di incontrate con urgenza l'azienda e la Regione Abruzzo, che dà la concessione del prelevamento delle acque, per discutere di come salvaguardare il livello occupazionale e il rilancio dello stabilimento;
   in particolare, si chiede che la mobilità dei dipendenti sia volontaria, laddove è possibile, che siano attivati i contratti di solidarietà, che consentirebbero un minore impatto sulle maestranze. Inoltre si chiedono forti investimenti nel settore commerciale per il rilancio dello stabilimento di Canistro e la tutela di un marchio di qualità, come quello dell'acqua Santa Croce –:
   se non intenda assumere una iniziativa nei confronti dell'azienda, coinvolgendo sindacati, regione Abruzzo ed enti locali, per salvaguardare i livelli occupazionali. (3-00515)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TAGLIALATELA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a partire dagli anni novanta in molti comuni dell'area vesuviana, quali Carbonara di Nola, Ottaviano, Palma Campania, Poggiomarino, San Gennaro Vesuviano, Striano, Terzigno e, soprattutto, San Giuseppe Vesuviano, capitale del distretto, si è registrato una significativa immigrazione cinese, notevolmente irrobustitasi negli anni successivi;
   per diversi lustri la fonte prevalente di ricchezza per gli abitanti del distretto sono stati la produzione ed il commercio di stoffe e di vestiario;
   con l'arrivo dei cittadini cinesi, insediatisi dapprima nei citati comuni e progressivamente anche in altri comuni confinanti, tutto il sistema economico locale ha subito una profonda trasformazione, nel corso della quale imprenditori cinesi provenienti da Prato, in pochi anni, organizzando i lavoratori di quella comunità, sono diventati i veri padroni della zona, fagocitando di fatto le piccole aziende italiane ed infine espellendole dal mercato;
   sembrerebbe che capannoni, appartamenti, macchinari e altre attrezzature siano stati acquistati con danaro contante ed a prezzi ben più alti di quelli di mercato, e ciò indicherebbe l'esistenza di un sistema illegale, provvisto di ingenti risorse, ben organizzato e strutturato, che coordinerebbe anche gli aspetti relativi alle pratiche per l'immigrazione dei lavoratori, alle residenze, agli affitti dei locali, agli acquisti delle materie prime;
   il successo imprenditoriale delle citate aziende sarebbe quindi frutto del mancato rispetto delle normative in materia sia di immigrazione sia di lavoro –:
   se il Governo sia informato di quanto esposto in premessa, e quali iniziative urgenti intenda assumere per garantire il rispetto delle norme vigenti da parte delle aziende citate, anche al fine di evitare eventuali fenomeni di concorrenza sleale. (4-02912)


   RONDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si apprende come finalmente sia ufficiale: la tanto agognata busta arancione che dà una prospettiva sull'importo atteso della pensione non arriverà ai lavoratori italiani;
   a dare risposta alla domanda su quanto prenderanno di pensione i lavoratori che non hanno potuto beneficiare del sistema pensionistico retributivo doveva essere un leggendario documento denominato «busta arancione». Si trattava, secondo le intenzioni, di un mini-dossier contenente l'estratto conto dei contributi previdenziali che doveva essere inviato dall'Inps a casa degli italiani che avranno una previdenza calcolata in base ai contributi versati durante la propria vita lavorativa e non in base agli stipendi ricevuti negli ultimi anni di carriera;
   ora è arrivata la bocciatura definitiva: la busta arancione non ci sarà. Non arriverà mai;
   a deciderlo è stato il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini, che, come riporta un quotidiano, ha affermato: «Busta arancione vuol dire tutto e vuol dire nulla. Io sono sempre stato a favore della trasparenza. Ma se busta arancione vuol dire inviare a casa di tutti un foglio con dei numeri non credo faremmo un buon servizio al sistema, visto anche, come dimostrano i dati Ocse, la scarsa dimestichezza di molta parte della popolazione con la capacità anche matematica»;
   della busta arancione se ne parlava già nel 2009, quando il Ministro del lavoro e delle politiche sociali pro tempore, Maurizio Sacconi, ribadiva l'importanza di questa pratica importata dalla Svezia. La busta arancione, infatti, non è altro che una comunicazione annuale da parte dell'ente previdenziale nazionale (in Italia quindi l'Inps) a tutti gli iscritti, con le stime della loro posizione individuale, ovvero lo stato del conto corrente previdenziale, le proiezioni sui tempi di maturazione dei requisiti per il pensionamento e il valore economico dell'assegno;
   anche il Ministro pro tempore Elsa Fornero aveva recentemente ribadito l'importanza di questa pratica di trasparenza, che in fondo significa più consapevolezza dei lavoratori sulle proprie prospettive pensionistiche. Il Ministro aveva infatti introdotto nel famoso decreto «Salva Italia» di dicembre 2012 un punto che puntava proprio sull'informazione previdenziale;
   a inventare questo tipo di documento furono gli svedesi, che all'indomani della riforma previdenziale in senso contributivo a metà degli anni ’90 (che corrispondeva alla «riforma Dini» dell'Italia) mandarono ai cittadini una busta arancione contenente i numeri relativi al proprio futuro pensionistico con il nuovo sistema –:
   se il Ministro non intenda recedere dalla sua decisione riproponendo l'esperimento proposto a inizio 2012 quando è stato inviato un estratto conto ad alcuni contribuenti ma ad una platea molto ristretta di contribuenti: circa 100 mila persone, mentre ad aprile dello stesso anno sarebbe dovuta partire una spedizione massiccia di buste arancioni destinate a circa un milione di contribuenti che sarebbero state utili per i medesimi contribuenti al fine di conoscere il proprio futuro. (4-02924)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GUIDESI e CAON. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il sistema di contingentamento produttivo definito con il regime delle «quote latte», introdotto dal regolamento europeo (CE) n. 856/1984 del 31 marzo 1984, è l'elemento principale del regime comunitario del prelievo supplementare che serve a ridurre lo squilibrio tra offerta e domanda di latte in Europa;
   l'obiettivo di questo sistema era quello di garantire un prezzo «protetto» ai produttori al fine di evitare la sovrapproduzione. Il Paese che fosse andato oltre il rispetto della propria quota nazionale assegnata, oltrepassando il limite posto in tonnellate di latte annue prodotte, avrebbe pagato delle multe;
   nel 2009 venne istituita una commissione, per capire come mai ogni anno l'Italia era costretta a pagare all'Unione europea multe consistenti per gli esuberi produttivi di latte;
   nel 2010 due indagini svolte dai Carabinieri del NAC rilevano che gli esuberi produttivi non erano veritieri in quanto l'AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), organo competente in materia che aveva il compito di quantificare la produzione nazionale e comunicarla successivamente alla Commissione europea, in quanto unico organo responsabile nelle comunicazioni, sembra abbia comunicato falsi dati all'Unione europea;
   un «errore» che sembra sia stato poi riparato, tramite la modifica dell'algoritmo, attraverso l'alterazione dei criteri di calcolo del numero dei capi potenzialmente da latte; sembra cioè che sia stato innalzato il limite massimo di età passiva dell'animale da 120 mesi a 999 mesi (ossia 82 anni di età). Sembra che questo escamotage sia stato adottato al fine di giustificare il dato in eccesso che aveva determinato le sanzioni. Con questo metodo si è arrivati ad una differenza in aumento di 300 mila capi oltre il 20 per cento dell'intera popolazione bovina a indirizzo lattiero;
   in data 14 novembre 2013 è stata depositata presso il tribunale di Roma l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari relativa al procedimento a carico di ignoti riguardante la non corretta quantificazione delle quote latte e le relative sanzioni comminate in caso di superamento della quota attribuita ai produttori;
   nel provvedimento si afferma che «le quote da revocare per mancata produzione di latte, ovvero per produzioni inferiori al 70 per cento, erano certamente superiori rispetto a quelle effettivamente revocate; tale omissione è certamente ascrivibile ai funzionari dell'AGEA con conseguente danno ai produttori in quanto le quote revocate devono essere ridistribuite ai produttori gratuitamente»;
   dal 1995 la Lega Nord sostiene che i dati delle produzioni erano gonfiati ad arte e che non si dovevano pagare le multe. Negli anni si è arrivati al paradosso che gli allevatori italiani non potevano mungere le vacche delle proprie stalle per non superare le quote di produzione stabilite dall'Unione europea, e nel frattempo l'Italia importava latte dall'estero per soddisfare il fabbisogno nazionale. Intanto più di 20 mila stalle hanno chiuso e 35 mila allevatori si sono dovuti indebitare per pagare le multe non dovute o per acquistare quote di produzione inutili;
   il regime delle quote latte nell'aprile del 2015 finirà. Se dovessero essere confermati gli errori negli algoritmi di calcolo della produzione di latte, bisognerebbe riprendere in mano una questione che dura da 30 anni e sulla quale non è stata ancora posta la parola fine;
   si è di fronte a un vero e proprio inganno commesso ai danni di migliaia di allevatori, soprattutto del Nord Italia, che nel corso degli anni sarebbero stati costretti a versare multe non dovute o a pagare quote non necessarie;
   a parere degli interroganti come più volte segnalato con atti di sindacato ispettivo, si ravvede la necessità che l'AGEA debba essere soppressa e messa in liquidazione istituendo al suo posto agenzie interregionali che conoscono meglio le realtà territoriali e le aziende che vi operano. Nei fatti, AGEA secondo gli interroganti non è di alcuna utilità né all'agricoltura né agli agricoltori e si è resa responsabile di errori nella gestione dei fondi di finanziamento del FEAGA (fondo europeo di garanzia) e del FEASR (fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) –:
   quale sia la posizione del Governo su questa vicenda e come intenda procedere, per quanto di competenza, per fare piena luce sulle sconcertanti novità che sono emerse dall'inchiesta in corso sulle quote latte;
   quali iniziative intenda avviare al fine di risarcire le migliaia di allevatori che hanno ingiustamente pagato le multe e, al tempo stesso, per bloccare immediatamente qualunque sanzione in essere nei confronti dei presunti sovraproduttori;
   se non ritenga doveroso adottare, anche alla luce dei fatti suesposti, iniziative, anche normative, che prevedano la soppressione e la sostituzione di AGEA anche nell'ambito di interventi che comportano un riordino complessivo del sistema degli enti vigilati dal Ministero.
(5-01709)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato da un articolo del quotidiano Il Corriere della Sera l'8 dicembre 2013, a distanza di sei anni dalla legge che stabiliva l'obbligatorietà della fatturazione elettronica, tutti gli uffici pubblici potranno iniziare a ricevere in maniera facoltativa, i documenti in formato informatico, sulla base di specifici accordi con i loro fornitori;
   il medesimo articolo riporta inoltre, che tale decisione rappresenta una prova della durata di sei mesi in vista del 6 giugno 2014, quando il congedo alla carta diventerà obbligatorio, per i Ministeri, le agenzie fiscali, gli enti di previdenza e del 6 giugno 2015, quando le stesse regole riguarderanno tutti gli uffici pubblici tranne le amministrazioni locali;
   per tali enti pubblici, la scadenza non è stata ancora fissata, a dimostrazione di quanto sia lungo e articolato il processo di digitalizzazione del servizio di fatturazione;
   l'interrogante evidenzia come le considerazioni riportate nell'articolo suindicato dimostrino il palese stato di arretratezza del nostro Paese, sia in termini di lentezza e di lungaggini burocratiche divenute insostenibili in un processo di globalizzazione, che di resistenze e ambiguità che determinano indubbiamente un impatto negativo sulla competitività del sistema-Paese;
   accelerare il processo di fatturazione elettronica in maniera definitiva, ed in larga scala a tutti i livelli della pubblica amministrazione centrale e periferica, sia per gli enti nazionali, che locali, indistintamente, costituisce a parere dell'interrogante, un forte elemento di innovazione e di competitività con gli altri Paesi europei ed in particolare quelli dell'Eurozona;
   il nuovo sistema di fatturazione elettronica, se da un lato può causare spostamento di posti di lavoro nella pubblica amministrazione, determinando peraltro un notevole risparmio della spesa pubblica dalla riduzione della carta, dall'altro potrebbe essere bilanciato, dagli spazi che potrebbero crearsi, in quei settori dell'elettronica, per la spedizione di fatture, a partire dalla banda larga –:
   quali orientamenti intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali siano le motivazioni per le quali la scadenza definitiva per la carta non è stata fissata per le amministrazioni locali;
   quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano infine intraprendere, al fine di accelerare il processo di fatturazione elettronica in maniera stabile e permanente, per tutti i livelli della pubblica amministrazione, entro il 31 marzo 2014, i cui effetti positivi possono determinare una migliore competizione e un risparmio in termini ambientali e di risorse finanziarie della collettività. (4-02911)

* * * 

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   NARDUOLO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il fiume Fratta nasce con il nome di «Agno», nei pressi del Passo Lora nel Monte Zevola, ed assume, a seconda del tratto percorso, i nomi di Guà, Togna, Fratta e Gorzone;
   il fiume, che nasce con una eccellente qualità delle acque, attraversa scendendo in pianura tratti di territorio ad alta concentrazione di industria con particolare riferimento alle zone conciarie di Arzignano e Valdagno;
   nei decenni passati è stato interessato da pesanti fenomeni di inquinamento ed è stato oggetto di un piano di risanamento ambientale imperniato su azioni descritte nella Legge regionale del Veneto n. 1 del 30 gennaio 2004 all'articolo 22;
   tra le azioni previste in tale legge vi è un costante controllo qualitativo-quantitativo delle acque superficiali e quelle di falda eseguito in questi anni prevalentemente dall'Agenzia Regionale per l'Ambiente ARPAV;
   nel luglio scorso i giornali locali hanno riportato con grande evidenza la notizia che, a seguito di una campagna di misurazioni effettuate dal centro nazionale delle ricerche in accordo con il Ministero dell'Ambiente, sono state riscontrate sulle acque superficiali dell'Adige, del Bacchiglione e del Fratta-Gorzone percentuali di diverse entità sostanze perfluoro-alchiliche utilizzate principalmente per rendere resistente ai grassi e all'acqua materiali come tessuti, tappeti ecc.;
   la stampa riporta anche che sono state allertate le ULSS competenti sotto il diretto interessamento del Ministero della salute –:
   se i Ministri interessati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e se nel corso dei vari controlli, svolti in collaborazione tra enti regionali e autorità statali, siano emersi elementi tali da poter rassicurare gli oltre due milioni di persone interessate da un eventuale inquinamento, che non sono esistiti, non esistono né esisteranno problemi immediati per la loro salute, sia diretti che indiretti;
   se siano state individuate le cause della dispersione di tali elementi chimici nell'acqua e se siano in atto azioni tese ad eliminarle. (4-02918)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il comparto dell'elettronica rappresenta uno dei punti di forza del settore industriale siciliano e nazionale;
   le organizzazioni sindacali e i lavoratori sono fortemente preoccupati dalle voci di possibile cessione azionaria ai francesi della parte pubblica di St Microelettronics;
   una eventuale scelta di questo tipo rappresenterebbe un indebolimento di un segmento strategico del settore industriale;
   l'11 dicembre 2013 a Roma si terrà un incontro ministeriale sul futuro dell'azienda;
   la richiesta è quella di scongiurare una cessione in mano straniera del pacchetto azionario di parte pubblica;
   questo avverrebbe proprio nel momento in cui la Commissione europea ha puntato sul futuro dei semiconduttori con Catania che sarebbe capofila tra le aree obiettivo 1 destinatarie di finanziamenti europei –:
   se e quali iniziative il Governo intenda mettere in campo per evitare la cessione del pacchetto azionario agli stranieri coinvolgendo anche altri partner istituzionali e rafforzando le misure a sostegno di un comparto strategico dell'industria italiana (5-01701)


   FRAGOMELI e MAURI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   fin dall'inizio del passaggio alla televisione digitale terrestre, nei comuni facenti parte del la comunità montana della Valsassina, Val D'Esino e della Valvarrone (provincia di Lecco), comprendente 28 municipalità per un totale di circa 20 mila abitanti, vi sono state diverse difficoltà di ricezione, in particolare dei canali Rai, che hanno causato un disservizio a cittadini regolarmente paganti il canone radiotelevisivo;
   attualmente, a tre anni dal passaggio al digitale terrestre, i canali Rai visibili su tale territorio continuano ad essere solamente quattro (Rai 1, Rai 2, Rai 3 e Rai News 24), ovvero gli stessi già perfettamente fruibili con la vecchia tecnologia di trasmissione;
   gli operatori concorrenti il sistema radiotelevisivo nazionale (su tutti Mediaset e La 7) hanno, da subito, provveduto ad ottimizzare l'emissione del segnale permettendo così la perfetta ricezione e visione dei relativi canali televisivi;
   nel corso degli anni, numerose sono state le richieste d'intervento da parte delle amministrazioni locali, seguite dalle rassicurazioni degli organismi competenti che non hanno però portato ad una definitiva soluzione dei problemi in questione;
   il territorio interessato da tale problematica è una zona ad alta vocazione turistica dove, in periodi di alta stagione, il numero di residenti può anche quintuplicarsi arrivando a sfiorare le 100 mila presenze;
   nel contesto degli sforzi intrapresi per garantire una accoglienza dei turisti che sia la migliore possibile – garantendo un pieno servizio pubblico televisivo con la visione di tutti i canali televisivi Rai senza rischiare di compromettere gli sforzi economici e strutturali messi in campo da Enti pubblici e da soggetti privati – e di qualità all'altezza di altre aree turisticamente concorrenziali –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti e quali iniziative di propria competenza intenda mettere in campo per risolvere – in maniera definitiva – i problemi di ricezione dei restanti canali Rai mettendo fine ad una questione che lede la serietà e la credibilità del servizio pubblico radiotelevisivo e che crea altresì disagi ai cittadini che hanno pagato regolarmente il canone, pregiudicando inoltre la qualità dell'accoglienza in comuni ad alta vocazione turistica e salvaguardandoli quindi da possibili ripercussioni negative a livello economico ed occupazionale. (5-01703)


   ALBANELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   agli inizi degli anni 2000, ai piedi dell'Etna, si è realizzato un sistema industriale di tecnologie avanzate, avente come protagonista principale l'attuale ST MIcroelectronics, che ha fatto parlare l'ambiente economico e della ricerca di «Etna Valley»;
   un plant in piena salute, che occupava più di 4000 persone e che aveva in cantiere la costruzione di ulteriori moduli (M6) con l'impiego di altre 1000 persone;
   purtroppo non solo, a oggi, non sono state assunte le 1000 unita, ma più di 500 posti di lavoro sono stati trasferiti ad altre società, Micron e 3 Sun, che oggi versano in condizioni di grande difficoltà, come denunciato più volte dalla CGIL e da altre organizzazioni sindacali;
   a partire dal mancato avvio del modulo a 12 pollici del 2007, si assiste ad un lento, ma costante depotenziamento dell'insediamento industriale di ST Microelectronics a Catania;
   tale scelta non ricade su responsabilità del management locale, che può incidere solo parzialmente sul ridimensionamento del sito industriale siciliano, ma discende da una politica industriale del gruppo ST Microelectronics che, ancora una volta, sacrifica la Sicilia alla desertificazione industriale, come denunciato dalle anticipazioni sui principali andamenti economici del rapporto SVIMEZ 2013;
   da qui a breve si potranno determinare condizioni di grave difficoltà per il sito siciliano di ST, vale la pena ricordare al Governo il comportamento del Governo francese a difesa di un comparto strategico e dei posti di lavoro;
   sotto la spinta propulsiva delle organizzazioni sindacali (la CGT, l'organizzazione sindacale più radicale e rappresentativa in Francia) e dei lavoratori, il Governo transalpino entrò pesantemente nella partita che si stava giocando sul rischio di chiusura/ridimensionamento del sito francese. L'effetto finale è stato quello di mettere in campo, nell'area di Grenoble, il progetto Nano 2017 che prevede un investimento di 3,1 miliardi di euro di cui 600 milioni a carico del Governo, 400 dell'Unione europea, 100 delle comunità locali e 2 miliardi a carico della ST Microelectronics;
   in Francia, piuttosto che licenziare e/o peggiorare le condizioni dei lavoratori si è deciso di cogliere l'opportunità, offerta dall'Unione europea, che ha individuato nell'industria dei semiconduttori un settore strategico da rilanciare e sostenere, fino a portare la produzione di microchip al 20 per della produzione mondiale;
   non si può assistere inermi al lento declino della microelettronica, prima in Sicilia e poi in Italia;
   la possibilità di rilanciare il sito di Catania infatti esiste e passa per la definizione di un piano industriale garantito dall'azionista di maggioranza, cioè il Governo italiano, e non attraverso un peggioramento delle condizioni di lavoro. È necessario un maggiore flusso di investimenti sul territorio  –:
   se non si intenda procedere con determinazione ad avviare investimenti volti allo sviluppo del settore della microelettronica nel territorio siciliano – con il sito di Catania al centro di un nuovo progetto – anche mediante l'avvio di un tavolo di confronto che veda coinvolti il management internazionale della ST Microelectronics, le istituzioni nazionali e locali e le organizzazioni sindacali. (5-01705)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUBINATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, prevede, al fine di promuovere l'ampliamento della base produttiva e occupazionale, lo sviluppo di una nuova imprenditorialità nelle aree economicamente svantaggiate del Paese, nonché la diffusione di forme di autoimpiego, la concessione di una serie di incentivi in favore dell'auto imprenditorialità e dell'autoimpiego;
   in attuazione del citato decreto legislativo sono stati erogati nell'arco temporale 2000-2012 incentivi per complessivi circa 4 miliardi di euro che hanno consentito l'avvio di nuove iniziative imprenditoriali con conseguente creazione di un significativo numero di posti di lavoro per un totale di circa 180 mila nuovi occupati, oltre all'occupazione aggiuntiva creata dall'indotto di tali attività; in particolare, una percentuale significativa degli aspiranti beneficiari sono stati donne e giovani (rispettivamente il 44 per cento e il 51 per cento del totale);
   l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo dell'impresa (Invitalia), in qualità di soggetto gestore della selezione e dell'erogazione dei predetti incentivi, aveva già segnalato l'insufficienza dei fondi stanziati a tale scopo e dunque la necessità di prevedere ulteriori assegnazioni al fine, di garantire la continuità operativa delle attività oggetto dell'intervento normativo, circostanza quest'ultima riportata poi anche nella determinazione n. 15 del 2013 della sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti recante il risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della suddetta Agenzia per l'esercizio 2011;
   nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 24 aprile 2013 era stato pubblicato l'avviso con cui Invitalia rendeva noto l'avvenuto esaurimento delle risorse finanziarie disponibili in riferimento agli incentivi da erogare per gli interventi sopra indicati, con conseguente impossibilità di soddisfare ulteriori domande di agevolazione;
   successivamente, in data 10 luglio scorso, il Sottosegretario De Vincenti rispondendo in Commissione X anche all'interrogazione n. 5-00283 della sottoscritta, segnalava che il Governo, con decreto-legge n. 76 del 28 giugno 2013, coordinato con la legge di conversione 9 agosto 2013, n. 99, ha stabilito l'assegnazione di complessivi 80 milioni di euro per le misure per l'autoimpiego e autoimprenditorialità, nel limite di 26 milioni di euro per l'anno 2013, 26 milioni di euro per l'anno 2014 e 28 milioni di euro per l'anno 2015;
   da numerose segnalazioni pervenute sembra che le predette risorse, peraltro già insufficienti rispetto alle necessità, non siano state ancora assegnate e le misure per l'autoimpiego e l'autoimprenditorialità siano bloccate dal mese di aprile 2013 –:
   se corrisponda al vero che si sia verificato un ritardo nell'attuazione di quanto previsto dal decreto-legge n. 76 del 28 giugno 2013, coordinato con la legge di conversione 9 agosto 2013, n. 99, e quali iniziative intenda promuovere il Ministero al fine di dare quanto prima attuazione alle misure già approvate dal Parlamento, considerata anche l'allarmante situazione dell'occupazione giovanile;
   se il Governo intenda stanziare ulteriori risorse a tal scopo utilizzando i fondi POR-FESR 2014/2020. (4-02907)


   RUBINATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Ditec S.p.a, azienda che produce serramenti industriali con sede a Quarto d'Altino (Ve), nel 2009 acquisita dalla multinazionale svedese Assa Abloy, con sede legale a Stoccolma, impiegava nel 2011 circa 130 lavoratori;
   l'azienda il 6 dicembre 2011 ha comunicato alle rappresentanze sindacali, attraverso il suo amministratore delegato, la decisione di chiudere lo stabilimento sito a Quarto d'Altino (Ve) entro il 2013 e di delocalizzare l'attuale produzione per una parte in Repubblica Ceca e per l'altra in Cina e la logistica presso la sede legale di Caronno Pertusella (Va), indicando esuberi per 90 dei 130 dipendenti;
   a partire dal 9 gennaio 2012 è aperto un tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico con l'azienda, le parti sociali, le istituzioni locali, per verificare le condizioni alle quali garantire la continuità produttiva e occupazionale del sito di Quarto d'Altino;
   l'azienda nel sito di Quarto d'Altino non ha utilizzato dalla comunicazione del 2011 ad oggi nessuna ora di cassa integrazione, anzi al contrario ha richiesto attività straordinaria ai dipendenti sia nel 2012 che nel 2013;
   l'azienda, passata nel frattempo alla denominazione Entrematic, senza aver sinora presentato un piano di ristrutturazione, il 6 agosto 2013 ha inaspettatamente comunicato alle rappresentanze sindacali, attraverso il suo amministratore delegato, l'apertura formale della procedura di mobilità per 57 degli attuali 90 dipendenti;
   la delocalizzazione all'estero della produzione della Ditec significherebbe una perdita gravissima di posti di lavoro e di professionalità che durante l'esperienza trentennale ha permesso all'azienda di raggiungere importanti risultati sotto il profilo produttivo ed economico;
   la multinazionale Assa Abloy sta acquisendo nuovi stabilimenti e nuovi marchi e ad oggi risulta possedere le seguenti società/marchi in Italia: Besam S.p.a., CORBIN S.r.l., DITEC S.p.a., Gardesa S.r.l., MAB S.p.a., Nuova FEB S.r.l., Yale Corni Sistemi di Sicurezza S.p.a., Yale Security Products S.p.a., Entrematic;
   inoltre ha avviato un piano di ristrutturazione globale che prevede licenziamenti per 6.957 dipendenti;
   la divisione Assa Abloy Entrance Systems di cui DITEC fa parte, pur registrando una crescita debole delle vendite nel mercato europeo, sui mercati America e Asia mostra una crescita continua, tanto che complessivamente il margine operativo nel secondo trimestre 2013 è stato di +13,5 per cento;
   la divisione Assa Abloy Entrance Systems sembra aver acquisito una posizione dominante sul mercato italiano, come indicato dallo stesso AD Juan Vargues in occasione dell'acquisizione di DITEC: «Con Ditec diventiamo veramente un leader mondiale negli automatismi per ingressi completando il nostro portafoglio di prodotti. Sono molto lieto di dare il benvenuto al team DITEC nella divisione Entrance Systems. Con questa acquisizione diventiamo l'indiscusso numero uno nel mercato italiano delle porte automatiche ed aggiungiamo un importante canale di vendita indiretta» afferma Juan Vargues, Vice Presidente di Assa Abloy e Capo della divisione Entrance Systems;
   l'attività produttiva di DITEC presso il sito di Quarto d'Altino coinvolge numerosi terzisti del territorio veneto che rischiano di subire pesantissimi contraccolpi da questo piano di delocalizzazione che ne potrebbe pregiudicare le condizioni di esistenza;
   in passato l'azienda ha dichiarato di aver svolto attività di ricerca di soggetti imprenditoriali interessati al sito di Quarto d'Altino in grado di garantire continuità occupazionale e produttiva con consulenti propri, senza interfacciarsi con il Ministero, senza mai presentare peraltro alcun soggetto potenzialmente interessato;
   più in generale, va osservato che nell'ambito dei gruppi multinazionali hanno particolare rilevanza i fenomeni di rilocazione all'estero di funzioni aziendali, rischi imprenditoriali, beni materiali o immateriali, i quali non scontano oggi nel nostro Paese un livello di imposizione adeguato ai valori attuali o potenziali trasferiti;
   tale situazione di fatto è agevolata dalle diverse possibili interpretazioni, attualmente sostenibili, della disciplina sui prezzi di trasferimento applicabile alle riorganizzazioni aziendali ai sensi delle linee guida sui prezzi di trasferimento emanate dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), ad oggi principale riferimento internazionale e domestico in materia;
   appare perciò necessario salvaguardare l'interesse nazionale in presenza di tali fenomeni, anche alla luce della legislazione già implementata nella Repubblica federale di Germania, che ha dato prova di salvaguardare l'interesse erariale, economico e sociale in conformità sia alle menzionate linee giuda sui prezzi di trasferimento emanate dalla OCSE, sia al diritto comunitario, introducendo un contesto normativo più rigoroso sul piano fiscale che tuteli, in particolar modo, il know how delle aziende italiane che rappresentano l'eccellenza del tessuto produttivo manifatturiero italiano, al fine di scongiurare che aziende multinazionali possano essere in grado di acquisire e/o replicarla a basso costo, attraverso la delocalizzazione delle produzioni, il know how italiano nel mondo;
   è stata presentata dall'interrogante una proposta di legge il 29 aprile 2013 (A.C. 851) in tema di «Modifica all'articolo 110 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di criteri di valutazione applicabili ai trasferimenti di beni tra società nelle operazioni transfrontaliere di riorganizzazione» –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, anche in vista del tavolo tecnico convocato per il 4 settembre 2013, al fine di:
    a) scongiurare l'annunciata delocalizzazione da parte della multinazionale che avrebbe ricadute negative sui livelli occupazionali e impoverirebbe l'economia locale;
    b) richiedere all'autorità garante della concorrenza e del mercato di avviare un'indagine ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 287 del 1990 in relazione all'eventuale sussistenza di condizioni di abuso di posizione dominante;
    c) garantire tutela anche ai terzisti coinvolti e ai loro dipendenti, anche mediante la verifica dell'esistenza e della correttezza di contratti di subfornitura redatti ai sensi delle norme vigenti;
    d) verificare l'impatto del piano di ristrutturazione della stessa multinazionale Assa Abloy su altri siti produttivi italiani, eventualmente estendendo il tavolo presso il Ministero e coinvolgendo figure apicali della multinazionale;
    e) avviare un'operazione congiunta Ministero-azienda di ricerca di soggetti imprenditoriali interessati al sito di Quarto d'Altino in grado di garantire continuità occupazionale e produttiva;
    f) verificare che la riorganizzazione messa in atto da Assa Abloy, relativamente allo stabilimento di Quarto d'Altino, non determini un depauperamento del patrimonio della società stessa, cagionando danni diretti e/o indiretti ai terzi creditori;
    g) verificare che la delocalizzazione effettuata da Assa Abloy verso i propri stabilimenti di produzione in Cina e Repubblica Ceca sia avvenuta nel rispetto della vigente normativa fiscale in termini di transfer price, sia per le immobilizzazioni materiali sia – in particolare – per tutto ciò che concerne le proprietà intellettuali, registrate e non, e specificatamente all'avviamento rappresentato dal trasferimento di eventuale lista clienti e know how tecnologico;
    h) attivare l'introduzione anche in Italia di norme sulle riorganizzazioni transfrontaliere e delocalizzazioni che, sull'esempio di quanto già avviene per alcuni paesi quali la Germania, nel rispetto della normativa comunitaria, salvaguardino l'interesse economico e sociale senza contraddire i principi di libera concorrenza e della libertà di trasferimento. (4-02908)


   CENNI e DALLAI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Governo ha esplicitato, sin dal suo insediamento, la volontà di concentrare i suoi sforzi e la sua azione a sostegno della ripresa economica ed occupazionale, sostenendo i settori che esprimono eccellenza e potenzialità ed incentivando l'innovazione;
   il comparto della produzione di camper in Italia rappresenta una fetta molto consistente dell'intero settore europeo;
   dopo oltre due decenni di ininterrotta crescita di mercato, con significativi incrementi di volumi di produzione, di fatturato e di occupati per le imprese della filiera, il settore italiano della produzione di «Camper» sta registrando da alcuni anni una sensibile inversione di tendenza. Tra il 2006 ed il 2011 si è passati infatto da circa 14.400 a circa 7 mila immatricolazioni annue; (i caravan sono 1.698 per un totale di 8.714). Nell'anno 2012 le immatricolazioni di camper in Italia sono state 4.731;
   il settore della camperistica genera in Italia oltre 600 milioni di euro di fatturato, di cui il 58 per cento destinato all'export, con oltre 7.000 dipendenti, 4.000 diretti e oltre 3.000 indiretti;
   nella zona della Valdelsa, (tra le province di Siena e di Firenze) è presente un distretto industriale della camperistica dove viene attualmente realizzato oltre l'80 per cento della produzione nazionale del comparto (nello specifico nei comuni di Barberino Val d'Elsa, Casole d'Elsa, Colle Val d'Elsa, Monteriggioni, Poggibonsi, San Casciano Val di Pesa, San Gimignano, Tavarnelle Val di Pesa). In tale territorio si registra un fatturato annuo di oltre 500 milioni di euro;
   sono qui presenti alcune delle aziende leader del settore a livello nazionale ed internazionale che, per le ragioni appena citate, hanno dovuto affrontare una forte riorganizzazione, fusioni, incorporazioni, con conseguenti crisi occupazionale, ricorso alla cassa integrazione e una forte riduzione del personale;
   ultima in ordine di tempo ad essere interessata l'azienda Rimor, azienda storica della Valdelsa, che conta circa 300 dipendenti dei quali 160 diretti e circa 120 indiretti (indotto). L'azienda in gravi difficoltà economiche e finanziarie legate ad esposizioni con istituti di credito e difficoltà nell'accesso al credito, pur avendo in portafoglio importanti ordini per i mercati internazionali quantificabili in circa 500 camper per un valore di circa 20 milioni di euro, ha annunciato nei giorni scorsi la messa in mobilità di tutti i dipendenti. Tale decisione è stata poi ritirata in seguito ad un tavolo di confronto che ha visto partecipare, oltre all'azienda, le parti sociali e le istituzioni locali fra cui la regione Toscana. È stato infatti raggiunto un accordo condiviso che prevede, in alternativa alla procedura di mobilità, la richiesta di apertura di cassa integrazione straordinaria. Negli ultimi giorni ha avanzato una richiesta di «concordato in bianco». Il Tribunale di Siena ha nominato un Commissario giudiziale;
   complessivamente dal 2007 ad oggi, dai dati resi noti dalle amministrazioni locali e dalle associazioni dei produttori, a fronte di un crollo delle immatricolazioni in Italia che supera il 50 per cento e di una diminuzione dei volumi prodotto nell'ordine leggermente inferiore del 40 per cento, l'occupazione del distretto della Valdelsa, riferita soltanto alle aziende produttrici e non alle imprese totali della filiera, è scesa di 400 unità (da 1700 a 1300 addetti). Negli ultimi 5 anni il numero dei veicoli prodotti è sceso da 20 mila a 12 mila unità;
   in questi anni la regione Toscana e le istituzioni locali hanno seguito con attenzione lo sviluppo e le problematiche del settore della camperistica, riconoscendone potenzialità e peculiarità e cercando di intervenire tempestivamente con politiche adeguate in grado di supportare soprattutto azioni tese ad accrescere la qualità del prodotto, la ricerca e l'innovazione, nonché la infrastrutturazione logistica sul territorio;
   si ricorda nello specifico che nel luglio 2007 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa fra regione Toscana, la provincia di Siena, la provincia di Firenze, i comuni dei territori interessati, le associazioni imprenditoriali e sindacali per la riqualificazione della zona produttiva locale e la nascita di una filiera strutturata del camper anche attraverso finanziamenti in settori strategici di intervento come le infrastrutture, la logistica, la ricerca e la formazione;
   in seguito sono state inoltre avviate le procedure per realizzare uno snodo ferroviario della Valdelsa, in località Zambra: una infrastruttura logistica, che comporta un investimento di 1,2 milioni di euro, necessaria per supportare l'attività delle industrie della zona;
   vanno inoltre segnalate le iniziative a sostegno della camperistica presenti anche nell'ambito del «Progetto integrato per la meccanica» che la regione Toscana ha approvato nelle scorse settimane. Il progetto prevede complessivamente in quattro anni risorse per circa 200 milioni di euro;
   le imprese Laika Caravans e Trigano hanno già attivato progetti di innovazione e di ricerca, cofinanziati con bando della regione Toscana che coinvolgono l'intera filiera ed i principali dipartimenti universitari dei tre atenei toscani (Pisa, Siena e Firenze) e che riguardano i consumi, materiali di costruzione più leggeri, tecnologia hi-tech e domotica;
   risulta evidente come tali sforzi rappresentino la volontà dei gruppi italiani ed europei di mantenere, e concentrare, in questa area il cuore e l'eccellenza della camperistica italiana, con l'intento di rendere più competitiva l'offerta nazionale;
   il mercato della camperistica risente non solo della crisi generalizzata economica e dei consumi, ma anche di una carenza di politiche fiscali ed infrastrutturali a sostegno del settore. La tassazione sui veicoli costituisce infatti la quinta voce di gettito erariale governativo e manca sul territorio italiano, a differenza di altri paesi europei, una efficace e moderna rete di strutture atte alla fruibilità del turismo all'aria aperta (come aree di sosta attrezzate e di accoglienza, e altro). Emerge da alcuni studi, con chiarezza, come per rilanciare il comparto sarebbe utile, in linea con la normativa già adottata da altri paesi europei, modificare l'articolo 116 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, per introdurre l'innalzamento della guidabilità, per la patente «B», dei camper da 3,5 a 3,7 tonnellate. Con questa modifica i camper potrebbero essere dotati di dispositivi ed accessori capaci di elevare i livelli di sicurezza e di comfort aumentando al tempo stesso la platea di potenziali clienti;
   va inoltre rimarcato che molto spesso i camper rappresentano per alcune categorie di soggetti disabili una delle rare opportunità ricreative e di vacanza. In alcune nazioni (come ad esempio in Inghilterra) sono state introdotte, per promuovere ed incentivare tale fruizione, specifiche agevolazioni fiscali per i disabili e gli invalidi. Sarebbe opportuno quindi prevedere, anche nel nostro ordinamento, detrazioni e aiuti finanziari equiparando gli autocaravan ai mezzi di uso precipuo degli stessi disabili (come ad esempio le carrozzine) estendendo quindi le disposizioni già previste dall'articolo 8 della legge 27 dicembre 1997, numero 449;
   all'industria del camper si devono inoltre importanti effetti indiretti sull'indotto turistico del nostro paese: nel 2012 sono stati 5,6 milioni i turisti «en plein air» che hanno scelto di visitare l'Italia, di cui 3,1 milioni italiani e 2,5 milioni stranieri (ricerca condotta dal CISET-Centro internazionale di studi sull'economia turistica dell'università Ca’ Foscari di Venezia), per un totale di 21 milioni di notti ed una spesa complessiva di 1,2 miliardi di euro (dati dell'Osservatorio della Banca d'Italia). I turisti italiani determinano una spesa complessiva di circa 1,4 miliardi di euro. Il turismo «en plein air», secondo i dati Istat, rappresenta circa il 6 per cento del movimento turistico straniero in Italia. Nonostante l'Italia sia la destinazione più ambita per la bellezza dei luoghi da visitare rispetto alle principali nazioni europee in cui è più diffusa la cultura del «camper style», come Germania e Francia, risulta carente per offerta di luoghi di sosta, facilità di accesso alle strutture ricettive e servizi offerti;
   questa mancanza di politiche, rispetto alle altre nazioni europee, è testimoniata soprattutto dai dati: se in Italia dal 2006 al 2011 si è passati, per le immatricolazioni di nuovi camper, da 14.400 a poco più di 7.000 unità, nello stesso lasso temporale in Francia si è passati da 20.200 a 19.300 nel 2011 e 17.786 nel 2012, mentre in Germania da 18.400 a 21.700 nel 2011 e ben 24.062 immatricolazioni nel 2012;
   alla luce di quanto esposto emerge quindi l'opportunità e l'utilità di un formale riconoscimento di questa filiera industriale della Valdelsa quale «distretto italiano della camperistica». In tale territorio è infatti concentrato oltre l'80 per cento della produzione italiana; qui si stanno già svolgendo importanti ricerche e potrebbe meglio caratterizzarsi uno spazio pubblico e privato di ricerca ed innovazione del prodotto, utilissimo a far camminare ulteriormente la camperistica, per tutelare i siti produttivi ed i livelli occupazionali, per far crescere fatturato, produzione e capacità di competere sul mercato;
   si è insediato da tempo in Valdelsa un tavolo di lavoro, a cui partecipano regione Toscana, la provincia di Siena, la provincia di Firenze, i comuni dei territori interessati e l'Associazione produttori caravan e camper (Apc), le imprese, le organizzazioni sindacali, che sta ulteriormente lavorando per affinare il funzionamento del distretto e per chiedere al Ministero dello sviluppo economico il riconoscimento formale di questo ambito quale «distretto del camper italiano»;
   il riconoscimento del «distretto italiano della camperistica» è già stato oggetto di atti di sindacato ispettivo nella XVI Legislatura ed in particolare di una risoluzione in Commissione Attività Produttive sottoscritta da più parti politiche, della Camera dei deputati la cui discussione era già stata avviata e non conclusa anche a causa delle elezioni anticipate;
   presso il Ministero dello sviluppo economico si sono svolti, durante la XVI legislatura, incontri relativi ai problemi ed allo sviluppo della camperistica, a cui hanno preso parte oltre alle istituzioni e ai soggetti interessati sul territorio, anche rappresentanti del dicastero del turismo e delle infrastrutture e dell'istituto del commercio estero;
   il Governo ha accolto come raccomandazione, il giorno 25 luglio 2013, un ordine del giorno al «Decreto del Fare» (numero 9/1248-AR/34 a prima firma del deputato Susanna Cenni) che lo impegna a valutare la possibilità di inserire, nei prossimi provvedimenti, iniziative urgenti utili anche a rilanciare con efficacia il comparto della camperistica italiana sostenendo concretamente le azioni, i progetti ed i finanziamenti già assunti dalle istituzioni territoriali (esposti in premessa). Nello specifico:
    norme finalizzate ad incentivare la ricerca e l'innovazione di prodotto nella camperistica, per tutelare i siti produttivi ed i livelli occupazionali, per far crescere il fatturato, la produzione e la capacità di competere sul mercato;
    norme a sostegno all'export ed in particolare per favorire l'accesso al credito delle aziende per le commesse destinate ai paesi esteri, dal momento che quasi il 60 per cento della produzione italiana di caravan è destinata ai mercati internazionali;
    norme ed agevolazioni fiscali nei confronti delle famiglie con soggetti disabili che usufruiscono del camper;
    la possibilità di modificare il Codice della Strada per introdurre l'innalzamento della guidabilità, per la patente «B», dei camper da 3,5 a 3,7 tonnellate;
    la promozione della realizzazione di una efficace e moderna rete di strutture atte alla fruibilità del turismo all'aria aperta;
    a riprendere, attraverso un tavolo con la regione Toscana, le province di Siena e Firenze ed i Comuni interessati, un lavoro organico teso al rilancio del comparto, alla sua innovazione, all'ipotesi o riconoscimento del distretto in oggetto quale produttore del Camper italiano per eccellenza –:
   quali iniziative urgenti intende intraprendere per far fronte agli impegni sopra richiamati, per supportare con efficacia il comparto della camperistica italiana sostenendo concretamente le azioni, i progetti ed i finanziamenti già assunti dalle istituzioni territoriali, coerentemente con quanto espresso in premessa ed in particolare con i contenuti dell'ordine del giorno numero 9/1248-AR/34; (4-02909)


   TOTARO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da notizie in possesso dell'interrogante risulterebbe che tra il personale dipendente a tempo indeterminato della Rai - Radiotelevisione italiana, avente la qualifica di dirigente e di giornalista, vi siano singole posizioni di dipendenti che, essendo nota la data delle rispettive decorrenze del congedo per trattamento di quiescenza, abbiano accumulato significativi periodi di ferie non godute il cui cumulo in qualche caso potrebbe anche superare i giorni lavorativi restanti fino alla data del pensionamento;
   la RAI nel corso degli ultimi mesi ha dato avvio ad un rilevante processo di incentivazione, che ha riguardato anche un certo numero di dirigenti e giornalisti –:
   quale sia la consistenza numerica dei dipendenti (dirigenti e giornalisti) a tempo indeterminato per i quali ricorrono le casistiche sopra indicate;
   se i rispettivi contratti prevedano la non fruizione di cumulo di periodi di ferie non goduto da parte dei dipendenti;
   se ciò possa esporre l'azienda a possibili iniziative in sede giurisdizionale da parte dei richiamati dipendenti, dirette ad ottenere il risarcimento economico del cumulo delle ferie non godute;
   se l'azienda abbia eseguito, ovvero abbia in animo di eseguire, transazioni individuali ai fini del riconoscimento economico di cumuli di periodi di ferie non goduti, e, se del caso, quali siano stati gli importi economici effettivamente riconosciuti agli interessati;
   quali iniziative l'azienda abbia assunto per consentire ai dipendenti il pieno godimento dei periodi di ferie non godute, ovvero lo smaltimento di quelle accumulate. (4-02921)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Brunetta n. 2-00335, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Chiarelli.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Manlio Di Stefano e altri n. 4-02820, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fico.

  L'interrogazione a risposta in commissione Dell'Orco e altri n. 5-01689, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 dicembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Lorenzis.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Ruocco n. 4-02876, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 133 del 6 dicembre 2013.

   RUOCCO, SEGONI, MANNINO, DI BATTISTA, TONINELLI, DA VILLA, LOREFICE, LOMBARDI e DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni, veniva costituita la «Gestione Commissariale» del piano di rientro del debito del comune di Roma, tali disposizioni costituiscono un «unicum» nel contesto dell'ordinamento contabile degli enti locali;
   con l'articolo 4 comma 8-bis del decreto-legge n. 2 del 2010 convertito con modificazioni, dalla legge n. 42 del 2010 e dalla legge n. 191 del 2009 e successive modificazioni e integrazioni, è stata rimessa ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la nomina di un commissario straordinario per la gestione del piano di rientro di cui al predetto articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni, gestito con separato bilancio e approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2008;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 settembre 2010, e successivamente con decreto del 4 gennaio 2011 in ragione di quanto richiesto dall'articolo 2, comma 196-bis della legge 23 dicembre 2009, veniva nominato il commissario straordinario del Governo del debito del comune di Roma di cui all'articolo articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 e successive modificazioni e integrazioni nella persona del dottor Massimo Varazzani;
   nel caso del comune di Roma, è facoltà del commissario straordinario – in forza dell'articolo 2, comma 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2008 – di rinegoziare i debiti contratti per mutui e prestiti e quelli per le operazioni derivate ad essi connesse, inseriti nel piano di rientro, per i quali a seguito della rinegoziazione possa determinarsi una riduzione del valore delle passività a carico del bilancio dell'ente;
   la gestione dei contratti finanziari «swap» cosiddetti derivati, stipulati dal comune di Roma tra il 2002 e il 2008, è passata alla suddetta gestione straordinaria;
   secondo quanto riportato nella «relazione contabile di fine mandato» del Comune di Roma depositata nel febbraio 2013, il «mark to market» di questi contratti, alla data di passaggio alla gestione commissariale (aprile 2008), aveva un saldo negativo a danno del comune pari a 147 milioni di euro;
   da quanto riportato nella Deliberazione n. 20/2010/VSGF della Corte dei conti il comune di Roma ha intrapreso nove operazioni di finanza derivata;
   dalla «relazione concernente la rendicontazione delle attività svolte dalla gestione commissariale per il piano di rientro del debito pregresso di Roma capitale», trasmessa alla presidenza della Camera dei deputati il 19 aprile 2013, è emerso che la gestione commissariale ha provveduto alla chiusura di 7 contratti derivati sui 9 esistenti;
   sempre dalla medesima relazione, si apprende che, con apposita delibera quadro, la gestione commissariale ha predisposto ed inoltrato agli organi di vigilanza competenti un memorandum esplicativo, al fine di descrivere in dettaglio l'esito delle procedure di estinzione anticipata dei contratti derivati, conclusesi nel corso del 2011;
   il commissario straordinario non ha mai pubblicato alcuna informazione in relazione a dette transazioni e operazioni, né alcuna informazione in relazione alle sofferenze economiche subite dal comune di Roma e dallo Stato a causa di detti contratti;
   con decreto-legge n. 95 del 2012 convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012, il fondo istituito con l'articolo 14, comma 14-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, con una dotazione annua di 300 milioni di euro ed una ulteriore quota di 200 milioni di euro garantita da delegazione di pagamento rilasciata da Roma Capitale attraverso l'imposizione locale (addizionale di imbarco sugli aeromobili in partenza dagli aeroporti di Roma pari a euro 1 a passeggero ed incremento dello 0,4 per cento dell'addizionale comunale IRPEF) è stato destinato alla copertura degli oneri del piano di rientro;
   è interesse dei cittadini ed in particolare dei cittadini della città di Roma conoscere come vengono utilizzate le risorse derivanti dalle citate imposte aggiuntive;
   in data 25 marzo 2013 i consiglieri comunali appartenenti al Movimento 5 Stelle hanno avanzato una richiesta di accesso agli atti al commissario straordinario, per ricevere copia dei contratti derivati estinti e di quelli rinegoziati (ancora in essere) ricevendo esito negativo. In data 23 luglio 2013, successivamente all'insediamento, i medesimi consiglieri hanno reiterato la domanda, anche questa volta con esito negativo –:
   se la Presidenza sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
   quali iniziative, per quanto di sua competenza, la Presidenza intenda mettere in atto al fine di verificare la natura, il contenuto, gli oneri economici e finanziari derivanti dalle operazioni di accensione e ristrutturazione dei contratti derivati del comune di Roma;
   quali siano gli organi di vigilanza competenti a cui il commissario straordinario afferma di aver inoltrato un memorandum esplicativo al fine di descrivere in dettaglio l'esito delle procedure di estinzione anticipata dei contratti derivati, conclusesi nel corso del 2011;
   in quale modo intenda provvedere perché il memorandum di cui sopra sia reso pubblico ed accessibile da tutti i soggetti interessati;
   in subordine, quali siano gli uffici competenti a cui richiedere i dati relativi alla gestione commissariale di Roma capitale ed, in particolare, le informazioni relative alle transazioni, alle operazioni finanziarie poste in essere, ai costi sopportati dal comune di Roma per chiudere in anticipo i contratti derivati e alle sofferenze economiche subite ed accertate sino ad oggi dal comune e dallo Stato a causa dell'estinzione anticipata di detti contratti;
   quali iniziative, per quanto di sua competenza, la Presidenza intenda mettere in atto al fine di verificare il valore complessivo del «mark to market» dei contratti derivati sottoscritti tra il 2002 e il 2008 da parte del comune di Roma, ed estinti anticipatamente dal commissario straordinario;
   quali iniziative, in conseguenza della precedente e per quanto di sua competenza, la Presidenza intenda mettere in atto al fine di verificare il valore complessivo del «mark to market» negativo che è stato pagato alle banche dal comune di Roma e dalla gestione commissariale in relazione ai prodotti derivati sottoscritti tra il 2002 e il 2008;
   quali iniziative, per quanto di sua competenza, la Presidenza intenda mettere in atto al fine di verificare se il commissario straordinario abbia proceduto a rinegoziazioni e/o ristrutturazioni dei prodotti derivati stipulati dal comune di Roma;
   quali iniziative, per quanto di sua competenza, la presidenza intenda mettere in atto al fine di verificare la natura, il contenuto, la scadenza, gli importi, il «mark to market» attuale, e gli oneri economici e finanziari dei contratti derivati ancora in essere. (4-02876)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta orale Fragomeli n. 3-00133 del 20 giugno 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Segoni n. 5-01444 del 13 novembre 2013.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Cenni e Dallai n. 5-00793 del 30 luglio 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02909;
   interrogazione a risposta in Commissione Rubinato n. 5-00932 del 9 agosto 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02908;
   interrogazione a risposta in Commissione Rubinato n. 5-01286 del 24 ottobre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02907.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Rampi e altri n. 4-00262 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 9 del 16 aprile 2013. Alla pagina 647, seconda colonna, dalla riga decima alla riga tredicesima: «PROCOPIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:» e non «PROCOPIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:», come stampato.

  Interrogazione a risposta scritta Rampi e altri n. 4-02597 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 122 del 20 novembre 2013. Alla pagina 7073, prima colonna, dalla riga quarantatreesima alla riga quarantaquattresima deve leggersi: «e CURRÒ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:» e non «e CURRÒ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:», come stampato.