Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 6 novembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema finanziario nazionale è sempre più spesso caratterizzato da forme di controllo delle società di natura piramidale che consentono attraverso un apporto di ridotto capitale di esercitare importanti forme di controllo anche su società di notevoli dimensioni e di rilevanza strategica nazionale;
    il descritto sistema si articola di frequente attraverso la costruzione di catene societarie ispirate alla logica delle cosiddette «scatole cinesi» termine con il quale si indica un artificio finanziario attraverso il quale è possibile giungere a controllare più società investendo parti del capitale posseduto all'origine, generalmente inferiori al valore reale delle società che vengono acquistate;
    con l'utilizzo di tali artifizi finanziari è possibile controllare imprese di rilevanti dimensioni ed interesse strategico detenendo una partecipazione minima di capitale, spesso attraverso società non contendibili perché non quotate nel mercato dei capitali di rischio;
    tale situazione reca grave danno in termini sistemici per l'economia nazionale e, in particolare, risulta pregiudizievole per i diritti delle minoranze azionarie e per i detentori di partecipazioni diffuse e non legate da vincoli parasociali;
    la normativa nazionale sulle offerte pubbliche di acquisto (OPA), fissata dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, e successive modifiche e integrazioni, ha quale obiettivo principale la tutela dell'investimento azionario e del risparmio nel suo complesso considerato, con un'attenzione particolare ai diritti delle minoranze azionarie rispetto alle decisioni assunte dagli azionisti di maggioranza;
    il tema della tutela dei diritti delle minoranze è presente anche nella direttiva 2004/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, concernente le offerte pubbliche di acquisto che al considerando 9 ricorda che: «È opportuno che gli Stati membri adottino le misure necessarie per tutelare i possessori di titoli, in particolare quelli con partecipazioni di minoranza, quando è stato acquisito il controllo delle loro società. Gli Stati membri dovrebbero assicurare tale tutela obbligando chiunque acquisisca il controllo di una società a promuovere un'offerta rivolta a tutti i possessori di titoli di tale società, proponendo loro di acquisire la totalità dei loro titoli ad un prezzo equo definito in comune. Gli Stati membri dovrebbero poter istituire altri strumenti per la tutela degli interessi dei possessori di titoli, come l'obbligo di promuovere un'offerta parziale quando l'offerente non acquisisce il controllo della società o l'obbligo di promuovere un'offerta simultaneamente all'assunzione di controllo della società»;
    la citata direttiva 2004/25/CE, come noto, non reca un'indicazione univoca circa la determinazione della soglia al superamento della quale sorge l'obbligo di promuovere un'offerta pubblica di acquisto obbligatoria riconoscendo agli Stati membri il potere di determinare tale soglia, così come chiarito dal terzo comma dell'articolo 5 che testualmente prevede: «La percentuale di diritti di voto sufficiente a conferire il controllo ai sensi del paragrafo 1 e le modalità del calcolo sono determinate dalle norme dello Stato membro in cui la società ha la propria sede legale»;
    il legislatore nazionale nel recepire la richiamata direttiva ha stabilito all'articolo 106 TUF che chiunque, a seguito di acquisti, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento ha l'obbligo di promuovere un'offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti i possessori di titoli sulla totalità dei titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in loro possesso;
    il comma 3-bis della citata disposizione prevede altresì che: «La Consob, tenuto conto delle caratteristiche degli strumenti finanziari emessi, può stabilire con regolamento le ipotesi in cui l'obbligo di offerta consegue ad acquisti che determinino la detenzione congiunta di titoli e altri strumenti finanziari con diritto di voto sugli argomenti indicati nell'articolo 105, in misura tale da attribuire un potere complessivo di voto equivalente a quella di chi detenga la partecipazione indicata nel comma 1»;
    conformemente al vigente quadro normativo europeo nel disciplinare l'offerta pubblica di acquisto obbligatoria è possibile ricorrere a diversi sistemi: un sistema cosiddetto «a soglia fissa» che fa perno su di un'individuata soglia di possesso azionario, uguale per tutte le società, superata la quale si ha una presunzione di acquisizione di controllo; un sistema di tipo flessibile (cosiddetto sistema «a soglia variabile»), che individua caso per caso la fattispecie che configura il trasferimento «rilevante» di azioni, rimettendo ad un soggetto esterno – verosimilmente l'Autorità di vigilanza sui mercati – la scelta circa la materialità, ai fini dell'offerta pubblica di acquisto, dello spostamento proprietario in seno al soggetto quotato; un sistema, «di tipo misto», che prevede una soglia fissa in termini percentuali, uguale per tutte le imprese quotate, e al contempo una ulteriore soglia, solitamente più bassa, che discrezionalmente l'Autorità di vigilanza può fissare, ove ritenga integrati, in relazione alle specificità degli assetti proprietari dell'emittente, i presupposti di proposizione dell'offerte pubbliche di acquisto obbligatoria;
    come rilevato in un recente studio pubblicato dall'ESMA (European Securities and Market Authority) a livello europeo tutti gli Stati membri, ad eccezione di Spagna, Danimarca, Estonia e Repubblica ceca, hanno adottato un modello a soglia fissa definita, nella maggior parte dei casi, attorno al 30-33 per cento dei diritti di voto esercitabili in assemblea; uno Stato, l'Ungheria, ha due soglie a percentuali fisse, mentre quattro Stati (Spagna, Repubblica ceca, Danimarca ed Estonia) hanno una soglia a percentuale fissa e un'altra a percentuale variabile, legata al controllo di fatto;
    in proposito il presidente della Consob Giuseppe Vegas il 26 settembre 2013 in occasione dell'audizione presso le commissioni riunite VIII e X del Senato della Repubblica ha avuto modo di chiarire che l'adozione di un «sistema misto» che preveda una doppia soglia per far ricorrere l'obbligo di offerta pubblica di acquisto sarebbe pienamente compatibile con il sistema delineato nella direttiva europea;
    l'esperienza maturata ha dimostrato come l'attuale sistema di offerta pubblica di acquisto a soglia unica e fissa al 30 per cento si caratterizzi per una certa efficacia nel caso di società quotate a capitale diffuso in piccolissime quote, mentre non risulta efficace quando all'interno di una compagine azionaria frazionata esista una società o un patto in grado di esercitare un'influenza dominante nelle assemblee;
    l'adozione di un sistema che preveda l'obbligo di offerta pubblica di acquisto in tutti i casi di effettivo cambiamento del controllo della società rappresenta la modalità che più si conforma alle linee ispiratrici della stessa disciplina dell'offerta pubblica di acquisto obbligatoria, vale a dire quella di attribuire agli azionisti di minoranza un diritto di uscita a parità di condizioni in caso di cambiamento del soggetto controllante, tanto più in un contesto quale quello italiano caratterizzato dalla presenza di scatole cinesi e gruppi piramidali, come, peraltro, ricordato dal presidente Vegas in occasione della summenzionata audizione;
    risulta, pertanto, necessario e urgente un aggiornamento delle norme del TUF allo scopo di migliorare il funzionamento del mercato e tutelare più efficacemente i diritti delle minoranze. La soglia unica al 30 per cento, infatti, venne a suo tempo individuata nella convinzione che avrebbe favorito il mercato del controllo laddove nessuno avesse avuto interesse a lanciare un'offerta pubblica di acquisto. L'esperienza maturata nella vigenza delle attuali disposizioni ha dimostrato che molto spesso il passaggio del controllo senza offerte pubbliche di acquisto ha favorito le rendite di posizione e penalizzato le minoranze azionarie senza procurare concreti vantaggi alle società soggette a cambio di controllo,

impegna il Governo:

  ad attivarsi con qualsiasi iniziativa normativa, al fine di introdurre, con la massima celerità, le necessarie modifiche al Testo unico sulla finanza, in modo da:
    a) aggiungere alla soglia fissa del 30 per cento, già prevista per l'offerta pubblica di acquisto obbligatoria, una seconda soglia legata all'accertata situazione di controllo di fatto;
    b) rafforzare i poteri di controllo della Consob nell'accertamento dell'esistenza di situazioni di controllo di fatto da parte di soci singoli o in concerto tra loro, in linea con le decisioni già assunte dalla Consob stessa in casi analoghi;
   a promuovere ad una riforma organica della «disciplina codicistica» volta a rafforzare i diritti delle minoranze, anche con riferimento alla rappresentanza azionaria, al fine di garantire una maggiore rappresentatività delle liste minoritarie nella compagine societaria.
(1-00234) «De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Nicola Bianchi, Catalano, De Rosa, L'Abbate, Gagnarli, Parentela, Toninelli, D'Uva, Bechis, Rostellato, Grillo, Gallinella, Lupo».

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,
   premesso che:
    la persistenza nel nostro Paese della congiuntura economica sfavorevole ha esposto il sistema editoriale italiano a una condizione di crisi profonda, acuita dalla peculiare condizione del mercato dei media, investito dalle trasformazioni legate alla diffusione degli strumenti più innovativi di fruizione multimediale dei contenuti;
    il rapporto «La Stampa in Italia 2010-2012», presentato nel giugno scorso dal Presidente della Fieg (Federazione italiana editori giornali) Giulio Anselmi, ha delineato un quadro di grave crisi del settore, segnato dall'andamento negativo di tutti i principali indicatori;
    nel quinquennio 2007-2012 le vendite di giornali sono diminuite del 22 per cento, con una caduta che in numeri assoluti corrisponde a circa un milione di copie perdute al giorno; nello stesso periodo la pubblicità sulla stampa è crollata del 33,6 per cento, a fronte di una diminuzione di quella televisiva pari al 20 per cento, creando ulteriore sbilanciamento in un contesto recessivo per tutti;
    nel 2012, in particolare, il mercato pubblicitario e tornato ai livelli del 1991, con una contrazione del 14,3 per cento rispetto al 2011 (del 17,6 per cento per i quotidiani e del 18,4 per i periodici); il solo dato positivo è costituito dall'apprezzabile aumento della pubblicità sul web, che nel 2012 è cresciuta rispetto all'anno precedente del 5,3 per cento (e del 147 per cento rispetto al 2007), ma che da sola non basta a compensare la forte flessione fatta registrare dalla carta stampata; i bilanci delle imprese editrici hanno fatto registrare una riduzione dei ricavi pari al 9 per cento per i quotidiani e al 9,5 per cento per i periodici, con un margine operativo lordo crollato, secondo le elaborazioni della Fieg, dell'85 per cento;
    alla forte perdita di ricavi ha concorso anche l'incontrollata diffusione dei contenuti editoriali sul web, imponendo la ricerca di strumenti che, senza pregiudicare la libertà della rete, assicurino una più efficace e selettiva tutela del diritto d'autore on line;
    le stime e i primi dati disponibili inducono a ritenere che la condizione di crisi del settore, in mancanza di interventi di sostegno, perdurerà per tutto il 2013;
    in particolare, è destinato ad accrescersi l'impatto negativo della crisi sui livelli occupazionali, che nel 2012 ha già fatto registrare, rispetto all'anno precedente, una diminuzione dei giornalisti del 4,2 per cento e dei poligrafici del 6,7 per cento; – negli ultimi due anni sono stati firmati, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, accordi per la dichiarazione dello stato di crisi per oltre sessanta testate, tra quotidiani e periodici, con il conseguente ricorso alla cassa integrazione straordinaria, all'indennità di disoccupazione e a oltre 200 prepensionamenti; questi ultimi hanno peraltro già assorbito ed esaurito gli specifici stanziamenti previsti per questo istituto dalla legge n. 416 del 1981, sino a tutto l'anno 2017;
    la diffusione di televisori collegabili ad internet, oggi stimati in oltre 2 milioni, e di applicativi per dispositivi mobili, incentiverà entro il 2019 una crescita degli utenti, stimata dagli attuali 700 mila a 5 milioni, tale da spingere alla graduale soppressione di strumenti quali il palinsesto e la comparsa di nuovi attori internazionali sul mercato, destabilizzando ulteriormente l'assetto occupazionale nel settore radiotelevisivo, soprattutto locale;
    le imprese editoriali devono poter investire maggiori risorse nella digitalizzazione e nell'innovazione tecnologica, in modo da realizzare una migliore integrazione tra prodotti cartacei e prodotti digitali e tra prodotti digitali stessi, recuperando così concorrenzialità anche rispetto alle richieste ed alle tendenze del mercato e del pubblico più giovane;
    la rete di distribuzione e di vendita appare non più adeguata, sia per il suo grado di obsolescenza tecnologica, che costituisce un freno al recupero di efficienza e di competitività del settore, sia per le criticità indotte da un non equilibrato assetto dei rapporti tra le diverse componenti della filiera;
    la gravità e la persistenza della condizione di crisi di un settore che presidia un bene pubblico qual è l'informazione impongono la predisposizione di misure in grado di produrre effetti anche a breve termine, che siano capaci di avviare e sostenere il rilancio del sistema editoriale nazionale,

impegna il Governo:

   ad avviare un processo di riforma e di adeguamento della disciplina per l'editoria digitale, definendo il prodotto digitale, anche nel settore radiotelevisivo;
   ad adottare misure, anche di carattere straordinario, idonee, già nel breve periodo, a creare le condizioni per il rilancio del settore editoriale ed il sostegno all'occupazione;
   a sostenere l'innovazione tecnologica, attraverso il rifinanziamento di misure come il credito agevolato per le imprese e gli incentivi fiscali per la diffusione dei contenuti digitali;
   a favorire il necessario ricambio generazionale dei giornalisti e dei poligrafici, anche attraverso misure di incentivazione fiscale ed il rifinanziamento degli istituti della legge 5 agosto 1981, n. 416; a sostenere, anche attraverso gli strumenti previsti dall'ordinamento per le start up innovative, le nuove imprese editoriali basate su progetti di innovazione multimediale;
   a favorire l'estensione dell'aliquota IVA al 4 per cento all'editoria on line, compatibilmente con le normative europee e i vincoli di finanza pubblica;
   a favorire, anche con misure di incentivazione fiscale degli investimenti, la modernizzazione del sistema di distribuzione e vendita dei giornali;
   ad avviare un processo di riforma e di adeguamento della disciplina del diritto d'autore e dei diritti connessi;
   a favorire un'intesa tra editori e motori di ricerca volta ad individuare forme adeguate di remunerazione per l'utilizzo dei contenuti editoriali on line, anche attraverso il recupero di risorse da reinvestire nei progetti di innovazione tecnologica e digitale del sistema, ovvero, in mancanza, a predisporre una iniziativa normativa ad hoc per la disciplina del diritto d'autore on line, ponendo fine a un saccheggio di contenuti che avviene nella palese e non più tollerabile violazione di principi di diritto;
   ad avviare un processo di riforma e di adeguamento della disciplina per l'editoria digitale, definendo il prodotto digitale, anche nel settore radiotelevisivo;
   a stabilizzare un livello adeguato, seppur inferiore a quello degli anni scorsi, di risorse finanziarie da destinare annualmente alle diverse misure di sostegno, in modo da consentire alle imprese di programmare investimenti e riorganizzazioni.
(7-00160) «Zampa, Rotta».


   La XI Commissione,
   premesso che:
    il comma 9 dell'articolo 1 della legge n. 243 del 2004 (cosiddetta riforma Maroni) ha confermato, in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2015 la possibilità di conseguire il diritto all'accesso al trattamento pensionistico di anzianità – in presenza di un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni o di un'età pari o superiore a 57 anni, per le lavoratrici dipendenti, e a 58, per le autonome – nei confronti di quelle lavoratrici che optano per una liquidazione del trattamento medesimo secondo le regole di calcolo del metodo contributivo;
    l'articolo 24, comma 14, del decreto-legge n. 201 del 2011, cosiddetto «decreto salva-Italia» (legge n. 214 del 2011), ha previsto che le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge medesimo continuino ad applicarsi, tra l'altro, alle lavoratrici contemplate dal sopracitato articolo 1 della cosiddetta riforma Maroni;
    l'INPS, con la circolare numero 35 del 14 marzo 2012, ha interpretato la disposizione del citato articolo 24 nel senso che le lavoratrici possono esercitare l'opzione in esame, a condizione che il termine del 31 dicembre 2015 venga computato facendo riferimento alla decorrenza del trattamento pensionistico e non alla semplice maturazione dei requisiti; la disposizione in esame è stata interpretata come una deroga al regime generale introdotto dalla riforma pensionistica, in modo restrittivo e nell'ottica di un principio della minor spesa e del risparmio;
    il decreto-legge n. 201 del 2011 non novella il comma 9 dell'articolo 1 della legge n. 243 e pertanto le disposizioni in esso contenute rimangono valide e non costituiscono una deroga al nuovo regime pensionistico; casomai è da considerare illegittima l'introduzione della decorrenza temporale;
    i firmatari del presente atto reputano il contenuto della circolare n. 35 nella parte concernente le lavoratrici in regime sperimentale contra legem;
    anche nel corso di un'audizione del 6 novembre 2012, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali pro tempore Fornero, di fronte alla 11a Commissione del Senato, rispondendo ad alcuni quesiti sull'interpretazione contenuta nella circolare n. 35, aveva espresso dubbi in merito ai contenuti della circolare medesima, impegnandosi ad approfondire la questione presso i competenti uffici dell'INPS,

impegna il Governo

a sollecitare l'INPS, anche allo scopo di evitare contenziosi già avviati e futuri, a rivedere il punto 7.2 della circolare n. 35 concernente la liquidazione del trattamento pensionistico per le lavoratrici in regime sperimentale, nel senso che per tali lavoratrici non deve essere applicata la finestra mobile per la decorrenza del trattamento pensionistico né le aspettative di vita, ma resta valida la semplice maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015, come peraltro chiaramente definito nella citata disposizione di cui all'articolo 24, comma 14.
(7-00159) «Gnecchi, Polverini, Fedriga, Rizzetto, Bechis, Tinagli, Airaudo».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    nel corso della discussione avviata dalla XIII Commissione sul contrasto alla contraffazione e alle frodi della filiera agricola e agroalimentare è emersa l'esigenza di un miglioramento delle procedure di ispezione e, soprattutto, di una più efficace concertazione delle azioni degli enti preposti al controllo e alla repressione degli illeciti;
    al fine di rendere più agevole tale concertazione è stato istituito ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali del 13 febbraio 2003, n. 44, un Comitato tecnico presieduto dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali o da un suo delegato e formato dai rappresentanti di tutti gli organismi di controllo di cui all'articolo 6, comma 7, della legge n. 462 del 1986 e cioè: l'ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari e per la repressione delle frodi, il Corpo forestale dello Stato, la divisione 2o dell'ispettorato generale che si avvale del nucleo agroalimentare e forestale (NAF), il comando carabinieri politiche agricole e alimentari che si avvale del nucleo antifrode comunitarie – (NAC), il comando carabinieri per la sanità che si avvale del nucleo anti sofisticazioni – (NAS), la Guardia di finanza, l'Agenzia delle dogane e infine AGECONTROL;
    i suddetti numerosi organismi, operano in autonomia ed andrebbero coordinati in maniera razionale attraverso l'analisi e la pianificazione degli obiettivi assegnati a ciascuno di essi, posto che il Corpo forestale dello Stato, ad esempio, svolge un'attività specifica rispetto agli altri organismi di tutela del territorio rurale e montano, di prevenzione e contrasto degli inquinamenti e degli sversamenti illegali, tutelando l'alimento a monte della filiera e non soltanto una volta realizzato e distribuito;
    è importante sottolineare che una delle principali criticità del sistema di controllo è la scarsa fruizione delle informazioni contenute nelle banche dati in possesso di ciascun organismo che andrebbero certamente migliorate, arricchite e condivise, anche sfruttando il prezioso patrimonio informativo dell'Agea,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di procedere a un riordino delle autorità impegnate nel contrasto alla contraffazione e alle frodi agroalimentari al fine di ottimizzare l'attività di accertamento e repressione, evitando la costituzione di ulteriori organismi, nonché attraverso il potenziamento dell'attività di coordinamento svolta dal Comitato tecnico di cui in premessa e il miglioramento del sistema di banche dati comuni;
   a prevedere la possibilità di presentare una relazione annuale al Parlamento per la diffusione dei risultati ottenuti da ciascuno degli organismi predisposti al contrasto alla contraffazione e alle frodi agroalimentari.
(7-00158) «Gallinella, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Lupo, Parentela».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   in data 20 settembre 2013, il Governo ha presentato la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (DEF) 2013, secondo quanto stabilito dall'articolo 10-bis della legge n. 196 del 2009;
   nella tavola IV.1a (conto della pubblica amministrazione a legislazione vigente), a pagina 29 del suddetto documento, si legge che per l'anno 2013 si prevede un saldo primario di 35.226 milioni di euro; spesa per interessi passivi di 83.949 milioni di euro; indebitamento netto –48.723 milioni di euro; prodotto interno lordo nominale 1.557,3 miliardi di euro; rapporto indebitamento/prodotto interno lordo –3,1 per cento;
   in data 30 settembre 2013, nell'ambito della procedura per deficit eccessivi, l'Istat ha comunicato alla Commissione europea i dati di finanza pubblica, secondo quanto disposto dal Reg. (CE) 479 del 2009 e successive modificazioni e integrazioni;
   nell'ambito del Consiglio dei ministri, n. 29, del 9 ottobre 2013, è stato approvato il decreto-legge n. 120 del 2013 che, all'articolo 3, comma 1, contiene misure finalizzate a consentire il rientro dallo scostamento dagli obiettivi di contenimento dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni del 2013, entro un valore non superiore al 3 per cento del prodotto interno lordo;
   con la nota informativa del 21 ottobre 2013, l'Istat ha reso noti i dati della notifica dell'indebitamento netto e del debito delle amministrazioni pubbliche, in base a quanto previsto nel trattato di Maastricht; in particolare, nel documento pubblicato dall'istituto di statistica, si legge che «Le previsioni dell'indebitamento netto, del debito, della spesa per interessi e della spesa per investimenti delle p.a., per l'anno 2013, sono quelle contenute nella Nota di Aggiornamento del DEF, presentata dal Ministero dell'economia e delle finanze il 20 settembre 2013»;
   nel prospetto n. 1 della nota informativa Istat, è scritto che, per l'anno 2013, si prevede un saldo primario di 36.763 milioni di euro; spesa per interessi passivi di 83.949 milioni di euro; indebitamento netto –47.186 milioni di euro; prodotto interno lordo nominale 1.557,307 miliardi di euro; rapporto indebitamento/prodotto interno lordo –3 per cento;
   rispetto alla nota di aggiornamento al Def presentata dal Governo, nel documento pubblicato dall'Istat, il saldo primario risulta quindi aumentato di 1.537 milioni di euro, l'indebitamento netto migliorato di altrettanto e il rapporto indebitamento/prodotto interno lordo è rientrato nei parametri previsti dalla procedura sui deficit eccessivi;
   l'Istat ha dichiarato che «sulla notifica trasmessa dall'Italia non sono state espresse [dalla Commissione] riserve», dove il termine riserve è definito nell'articolo 8 del Reg. (CE) n. 3605/93, ora abrogato e rimpiazzato dal suddetto Reg. (CE) 479/2009 e successive modificazioni e integrazioni; ciò sta a significare, ad avviso degli interpellanti che la Commissione europea non ha esercitato il dovuto controllo sulla qualità dei dati ovvero che si trattava di «dati statistici completi, affidabili, tempestivi e coerenti»;
   l'articolo 6, comma 2, Reg. (CE) 479/2009 e successive modificazioni e integrazioni, statuisce che: «2. Le revisioni importanti dei dati effettivi sul disavanzo e sul debito già trasmessi sono adeguatamente documentate. Le revisioni devono essere comunque comunicate e adeguatamente documentate se comportano un superamento dei valori di riferimento riportati nel protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi o se implicano che i dati di uno Stato membro non superano più i valori di riferimento»;
   ciò comporta che se l'Istat avesse dovuto comunicare alla Commissione europea un rapporto indebitamento netto/prodotto interno lordo del 3,1 per cento, come contenuto nella Nota di aggiornamento al Def, anziché del 3 per cento, avrebbe dovuto presentare un supplemento di documentazione;
   la prima firmataria del presente atto Roberta Lombardi ha già proposto al Governo due interrogazioni, per avere chiarimenti sulla procedura di nomina del professor Antonio Golini a presidente dell'Istat, con l'incarico di «presidente facente funzioni», avvenuta a giudizio degli interpellanti senza rispettare il dettato normativo (legge n. 322 del 1989 e legge n. 196 del 2009) e in assoluto dispregio delle prerogative del Parlamento –:
   per quale motivo, in data 30 settembre 2013, nell'ambito della procedura per deficit eccessivi, l'Istat – ente nazionale di ricerca pubblico – abbia comunicato, alla Commissione Europea, dati di finanza pubblica difformi rispetto a quelli ufficiali contenuti nella nota di aggiornamento al DEF, presentata dal Governo in data 20 settembre 2013;
   quale soggetto, nella compagine dei dirigenti dell'istituto nazionale di statistica, sia individuabile come responsabile per l'avvenuta diffusione di tali dati alla Commissione europea;
   come può accadere che un ente finanziato con denaro pubblico sia responsabile dell'invio di dati nella migliore delle ipotesi quantomeno inesatti nei confronti degli organi di governo dell'Unione europea;
   quali provvedimenti si intendano assumere nei confronti dei dirigenti che risulteranno eventualmente responsabili;
   entro quale termine il Governo intenda, dopo mesi, provvedere alla designazione di un presidente pro tempore dell'Istat, nel rispetto della procedura indicata dalla legge n. 196 del 2009.
(2-00288) «Lombardi, Nesci, Colonnese, Carinelli».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il 2 marzo 1994, l'elicottero A 109 della guardia di finanza, nome in codice Volpe 132, decolla dall'aeroporto di Elmas, per una «missione di ricognizione costiera notturna per la repressione di traffici illeciti via mare nel tratto Elmas-Poetto-Capo Carbonara-Capo Spartivento-Elmas», con a bordo il maresciallo Gianfranco Deriu e il brigadiere Fabrizio Sedda;
   la motovedetta G-63 Colombina è l'unità «cooperante». Alle 19,15 c’è l'ultimo contatto radio con l'elicottero. Deriu comunica: «Ci dirigiamo sugli obiettivi segnalati sul radar». Poi più nulla, e solo alle 19,52, dopo un lunghissimo e inspiegabile silenzio, la sala operativa cerca di mettersi in contatto con l'elicottero. Ma Volpe 132 è svanito nel nulla;
   l'elicottero precipitò in mare per cause mai accertate, svanendo nel nulla, e i due finanzieri morirono, ma i loro corpi non sono mai stati ritrovati insieme al relitto dell'Augusta A 109;
   la tragedia avvenne di fronte alla costa sud-orientale della Sardegna, tra Capo Carbonara e Capo Ferrato;
   la ricognizione si sarebbe dovuta concludere a Capo Spartivento, con l'elicottero che sarebbe dovuto tornare ad ovest: ma Deriu e Serra proseguirono verso nord est, nella zona di Capo Ferrato, dichiarando di aver individuato «un obiettivo» sui radar;
   alcuni testimoni, Giovanni Utzeri, Luigi Marini, Antonio Cuccu e Giuseppe Zuncheddu, vedono da angolazioni diverse un elicottero della Guardia di Finanza, velivolo Volpe 132, A-109 (Augusta 109), sorvolare questa zona, incendiarsi, esplodere e precipitare in mare;
   tutti e quattro i testimoni oculari hanno dichiarato che l'elicottero in questione è caduto in prossimità di una nave portacontainer (in seguito identificata con il mercantile Lucina), ancorata in quel tratto di mare da alcuni giorni;
   secondo alcuni abitanti della zona, il mercantile Lucina avrebbe preso rapidamente il largo dopo l'abbattimento dell'elicottero;
   due mesi e mezzo dopo l’«incidente», la commissione tecnico-formale nominata dalle autorità militari archivia il caso. E la conclusione in sintesi è: non esistono riscontri obiettivi per ipotizzare cosa sia accaduto. Nella relazione non si fa cenno a due testimoni oculari che erano stati sentiti a verbale;
   il 9 marzo 1994, a Mogadiscio, vengono uccisi Ilaria Alpi e Miran Horvatin, giornalisti d'inchiesta che indagavano sui traffici illeciti di armi tra Africa ed Europa;
   il 9 giugno 1994 la procura di Cagliari chiede all'Aeronautica una copia della relazione della commissione tecnico-formale. Due settimane dopo arriva in procura una lettera dall'ufficio centrale per la sicurezza della presidenza del consiglio dei ministri nella quale si comunica che la relazione è coperta dal segreto di Stato;
   alla presenza del t. col. dell'Aeronautica militare, Enrico Moraccini, capo della Commissione d'inchiesta militare per accertare la dinamica dei fatti, al mar.llo di P.G. Angelo Anedda e al brig. Giuseppe Madera, alcuni giorni dopo la tragedia, sono state messe per iscritto le dichiarazioni rese il giorno dell’«incidente» da Luigi Marini: (...) «La sera del 2 marzo 1994, intorno alle 19:15/:25, mentre pescavo sul fiume Picocca, ho sentito un rumore di motori in lontananza e, scrutando il cielo, ho cercato di capire da dove venisse. In quell'attimo, in direzione di Capo Ferrato, sul lato sinistro, guardando il mare, ho visto un fascio di luce salire dal basso verso l'alto e subito ricadere verso il basso. Da quel momento il rumore è cessato»;
   il 6 luglio 1994, quattro mesi dopo la caduta dell'elicottero Volpe 132, il mercantile Lucina è stato lo scenario di una strage, avvenuta nel porto di Jenjen (Algeria), sprovvisto di adeguate misure di sicurezza e distante 300 chilometri da Algeri. Il mercantile sostava a Jenjen da 27 giorni per un ritardo di scarico merci che sarebbe dovuto avvenire nel sicuro porto di Djendjen. Tutti i membri dell'equipaggio del Lucina furono sgozzati;
   tra le merci trasportate dal Lucina c'erano anche 600 tonnellate di materiale «non dichiarato» (ufficialmente grano) che, secondo un articolo scritto a due mani da Magdi Cristiano Allam e da Nacera Benali per il giornale Repubblica (1997), potrebbe riferirsi ad un carico di armi;
   l'armatore della Lucina (in quel periodo di proprietà della SEM, utilizzata per trasportare il grano dalla Sardegna all'Africa e sospetta per traffici illeciti di armi, droga e rifiuti tossici è la stessa nave che secondo testimonianze si trovava alla fonda nella rada di Feraxi la sera del 2 marzo 1994) Massimo Cellino, ha dichiarato agli inquirenti che il comandante del mercantile, Salvatore Scotto, lo chiamava tutti i giorni dicendo di sentirsi in pericolo e chiedendo di contattare l'ambasciata italiana per accelerare la procedura di scarico merci, rallentata dal governo algerino;
   secondo varie ipotesi che furono formulate dalle procure di Trapani e di Napoli, che si sono occupate della vicenda, molte delle responsabilità sulla strage del Lucina sono attribuibili all'ambasciata italiana di Algeri, la quale era a conoscenza che su quella nave avrebbe dovuto imbarcarsi un ex agente segreto, Gaetano Giacomina di Oristano, alias G-65, per anni infiltrato in Algeria. L'agente G-65 è morto misteriosamente a Capo Verde, nel 1998;
   le indagini del procuratore della Repubblica Mauro Mura e del pubblico ministero Guido Pani, vertono sull'accusa di «disastro aviatorio» e di «omicidio colposo plurimo». Le perizie effettuate dai carabinieri del Ris subiscono però diversi rallentamenti nel corso delle indagini, come pure la consulenza di parte per accertare se sui rottami del velivolo ci fossero tracce di esplosivo. «La risposta del Ris non è mai arrivata», ha dichiarato l'avvocato delle parti civili Deriu e Sedda, Carmelo Fenudi, «l'accertamento se ci fosse stata traccia di esplosivo o di altro materiale che potesse far pensare all'abbattimento dell'elicottero sarebbe stata importante per trasformare l'accusa da omicidio colposo plurimo a duplice omicidio volontario, che prevede l'ergastolo e l'imprescrittibilità del reato. Da parte del Ris sono arrivate alcune richieste di proroga di 30 giorni: la prima avvenuta il 19 maggio 2005 e la seconda il 18 agosto dello stesso anno. Appare pertanto non giustificata una richiesta di archiviazione fondata sul fatto che, ancora oggi, la consulenza tecnica non sia stata ancora espletata e depositata»;
   nell'ottobre 2011, il Procuratore Mauro Mura annulla la richiesta di archiviazione della procura sulla morte dei due sottufficiali della guardia di finanza a causa delle gravissime mancanze investigative che, negli ultimi 18 anni, non hanno permesso che venisse alla luce la verità: l'assenza totale di comunicazioni tra l'elicottero Volpe 132 e la motovedetta G.63; la «fantomatica» zona d'ombra su cui si sarebbe trovato l'elicottero; i 40 minuti di silenzio nelle comunicazioni T/B/T tra il velivolo della guardia di finanza e Cagliari avvicinamento; la mancanza comunicazioni tra il II gruppo del Nucleo Elicotteristi guardia di finanza e la Torre di Controllo;
   il capo di imputazione per il quale si procede, viene modificato e si passa da disastro aviatorio ad omicidio colposo plurimo;
   a rafforzare la convinzione della procura sono stati alcuni fatti acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini, quando il sostituto procuratore Guido Pani ha chiesto all'Aeronautica militare una copia della relazione della Commissione d'inchiesta ma la richiesta è prima stata respinta perché coperta da segreto militare, e successivamente si ha copia della relazione, che risulta però poco dettagliata e superficiale. Secondo il Ministero dell'interno e della difesa, la morte dei due sottufficiali della guardia di finanza è un incidente, probabilmente dovuto ad un errore del brigadiere Sedda;
   altro elemento raccolto dalla procura riguarda il furto di un elicottero gemello di Volpe 132 dal deposito della guardia di finanza di Oristano, gestito dalla ditta Wind Air s.r.l.: in seguito a una segnalazione anonima, l'elicottero è stato trovato a Quartu S. Elena. Si è ipotizzato un depistaggio: l'elicottero «gemello», fatto a pezzi, sarebbe potuto essere gettato in mare in una zona distante dal poligono interforze e spacciato per l'elicottero disperso;
   la Wind s.r.l è risultata essere una società senza ragione sociale che potrebbe essere stata utilizzata come copertura dai servizi segreti. Il legale di questa società, l'avvocato Costantino Polo, risulta avere tre diversi dati anagrafici e innumerevoli residenze, tutte inesistenti;
   da alcuni documenti demaniali dello Stato italiano è emerso che ad Oristano, tra gli immobili pubblici, c’è un edificio dove il codice corrispondente allo stabile è lo stesso della sede legale della società Wind s.r.l. La sede della Wind s.r.l.; dopo il furto dell'elicottero da Oristano, è stata spostata a Nuoro ad un indirizzo inesistente;
   negli atti a seguito della richiesta di archiviazione (17 giugno 2002) è contenuta una relazione datata 16 marzo 2000, redatta dalla sezione della Polizia giudiziaria: a pagina 8 si afferma che «il giorno della scomparsa dell'elicottero erano in corso esercitazioni militari con lancio di missili»;
   dalla lettura delle ordinanze dell'ufficio circondariale marittimo di Arbatax (n. 01 del 1994 e n. 02 del 1994) relative ai mesi febbraio e marzo, era possibile evincere che il giorno 2 marzo 1994 era stata interdetta la navigazione dalle ore 8 alle ore 17,30, da Capo Monte Santo a capo Ferrato, in quanto dovevano essere effettuate «esercitazioni militari con lancio di missili e razzi»;
   nell'aprile 2013, il pubblico ministero Pani sulla base delle conclusioni della consulenza di parte, ipotizza l'uso di un missile. Gli investigatori dovranno cercare di individuare il relitto dell'Augusta 109 nel mare di Capo Ferrato, in un punto dove si arriva anche a mille metri di profondità –:
   quali motivi abbiano spinto lo Stato a mantenere il segreto militare sulle indagini svolte dalla Commissione militare, e successivamente, a fornire una scarna relazione di 40 pagine sull'accaduto da cui si evince che si è trattato di un incidente;
   se e quali legami, per quanto risulti al Governo, possano esserci tra la scomparsa dell'elicottero Volpe 132 che indagava su un traffico illecito d'armi, la nave Lucina assalita in Algeria, e la morte della giornalista Ilaria Alpi in Somalia, che a sua volta ricercava informazioni sui traffici d'armi tra Europa e Africa oltre a seguire le vicende della guerra civile somala per il tg3;
   per quali motivazioni, sempre per quanto risulti al Governo, le perizie sui pochi resti ritrovati di Volpe 132 siano arrivate alla Procura di Cagliari soltanto nell'autunno del 2011;
   per quali motivazioni la società Wind Air Srl proprietaria dell'elicottero gemello di Volpe 132, rubato ad Oristano e poi ritrovato a Quartu Sant'Elena smontato a pezzi, avesse sede in un immobile del patrimonio indisponibile dello Stato adibito ad uso governativo come rilevato dai documenti dell'Agenzia del demanio, in via Tribuna di Campitelli 23 a Roma;
   quali legami possano esistere tra le esercitazioni militari programmate nel periodo di marzo 1994 e la scomparsa dell'elicottero;
   se non ritenga necessario costituire una Commissione d'inchiesta ministeriale sul caso Volpe 132 e dare una svolta alla cosiddetta «Ustica sarda», in cui permangono troppi misteri, per rendere giustizia e verità ai familiari delle vittime, allo Stato e ai cittadini sardi ed italiani.
(2-00290) «Piras».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TURCO, TERZONI, MANNINO, LOREFICE, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, MANTERO, BECHIS, BALDASSARRE e D'UVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il primo di ottobre 2013 la spiaggia rosa e l'intera isola di Budelli, uno dei simboli del parco nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena in Sardegna, sono state vendute all'asta giudiziaria immobiliare del tribunale di Tempio Pausania per i debiti accumulati dalla proprietà, una società immobiliare lombarda;
   il compendio immobiliare consistente nell'isola che presenta la mitica «spiaggia rosa» e un altro milione e seicentomila metri quadrati di rocce e macchia mediterranea che affiorano nell'arcipelago della Maddalena sono stati acquistati all'asta da un cittadino neozelandese, Michael Harte, al prezzo 2 milioni e 944 mila euro;
   un prezzo decisamente basso se si tiene conto delle particolarità che presenta la stessa isola, della sua estensione territoriale, della eccezionali doti paesaggistiche e naturalistiche tali da rappresentare un patrimonio di biodiversità marina e terrestre unico al mondo nel suo genere;
   nel luglio 2013, quando Budelli è andata ufficialmente all'incanto, il presidente dell'ente Parco, Giuseppe Bonanno, si era mostrato tranquillo, perché «i vincoli di tutela promossi e messi in atto dall'Ente – aveva spiegato –, in particolare sulla spiaggia rosa, proteggono l'area anche di fronte all'acquisizione da parte di privati»;
   il parco nazionale della Maddalena, infatti, ai sensi e per gli effetti della legge quadro sulle aree protette (la legge n. 394 del 1991), può esercitare entro 90 giorni il diritto di prelazione, decidendo di acquistare al medesimo prezzo d'aggiudicazione all'incanto quest'isola dal valore inestimabile;
   lo stesso Bonanno aveva annunciato un nuovo «sollecito» al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'acquisizione di Budelli al patrimonio pubblico;
   tale diritto di prelazione è stato, tuttavia, vanificato dalla legge di stabilità 2013;
   l'articolo 1, comma 138, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013), ha novellato l'articolo 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; in particolare, è stato inserito al predetto articolo 12 il comma 1-quater, il quale ha previsto che, per l'anno 2013, «le amministrazioni pubbliche» [...] «non possono acquistare immobili a titolo oneroso»;
   l'isola di Budelli costituisce un patrimonio unico nel suo genere e che dovrebbe essere acquisito al patrimonio statuale al fine di preservare intatto l'ecosistema e la biodiversità di flora e fauna che è presente sull'isola, e garantire così il rispetto perpetuo dei vincoli ambientali e paesaggistici –:
   se e quali misure il Governo ritenga di poter promuovere in merito alla necessità di assicurare che la proprietà dell'isola di Budelli venga acquisita allo Stato;
   se sia intenzione del Governo, per quanto di competenza, contribuire a rimuovere gli ostacoli di legge, e mettere a disposizione le risorse necessarie, con fondi pubblici o promuovendo la raccolta di donazioni private, affinché l'isola di Budelli diventi un bene dello Stato;
   se sia intenzione del Governo approntare eventualmente iniziative ad hoc onde consentire al Parco nazionale della Maddalena l'acquisto dell'isola di Budelli in deroga alla normativa richiamata.
(5-01379)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MICCOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   lo storico «palazzo degli esami» sito in via Induno, edificio di indiscusso valore architettonico, giace da molti anni senza essere utilizzato per alcun tipo di attività; esteso in un intero isolato del rione di Trastevere a Roma, è un edificio del 1912 di proprietà dello Stato, progettato dall'ingegner Del Bufalo, ed è stato sede fino a dieci anni fa circa di concorsi ed esami di Stato per funzionari pubblici; il demanio dello stato attribuisce ad esso (aggiornamento elenchi gennaio 2010) un valore complessivo di euro 107.130.638,88;
   il 3 giugno 2000 il direttore generale dell'ufficio centrale per i beni archeologici architettonici artistici e storici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha apposto il vincolo monumentale sul palazzo degli esami, dichiarando che l'immobile ha interesse di particolare importanza ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352) per i motivi contenuti nell'apposita relazione storico-artistica;
   nel 2002 sono iniziati i progetti ed i lavori di adeguamento e ristrutturazione del palazzo. Da numerose informazioni ufficiose la struttura sarebbe dovuta divenire sede dei «servizi segreti» (SISDE, servizio per le informazioni e la sicurezza democratica), notizia quest'ultima avvalorata dalla perdurante assenza di cartelli di cantiere nei vari stralci di lavori;
   dal 2004 (a partire da agosto) al 2006 (novembre) i lavori vengono affidati ad un'associazione temporanea di imprese, di cui faceva parte l'IMAC spa. Titolare di quest'ultima era l'imprenditore Pierfrancesco Murino. L'altra ditta associata all'ATI faceva capo al gruppo dell'imprenditore Enrico Intini;
   le attività di ristrutturazione sono state sospese per quattro anni e mezzo e poi riprese ad opera dell'IMAC spa come unica ditta appaltatrice, soltanto nel mese di maggio del 2011 e sono terminate alla fine del 2012;
   al momento risulta compiuto solo il rifacimento dell'esterno dell'edificio: l'interno invece è stato svuotato e trasformato, aumentando notevolmente la superfìcie utile. Mancano ancora, per rendere fruibile l'immobile, che è internamente allo stato di «rustico», tutti i rivestimenti, gli infissi interni e gli impianti tecnici: l'importo previsto per il completamento oscilla da un minimo di dieci ad un massimo di 20 milioni di euro. I ponteggi esterni, recentemente rimossi, sono stati montati per circa dieci anni: il costo del nolo degli stessi è stato calcolato in circa euro 5000 mensili;
   l'imprenditore Pierfrancesco Murino, titolare dell'IMAC spa al momento dell'appalto dei lavori, è stato rinviato a giudizio nel settembre 2011 per corruzione ed associazione a delinquere, con altre diciassette persone tra cui Diego Anemone, Angelo Balducci (ex provveditore alle opere pubbliche del Lazio), Fabio De Santis (suo successore), Guido Bertolaso, nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti del G8 e dei «Grandi eventi» che si è estesa ad alcune delle maggiori opere degli ultimi anni: dai mondiali di nuoto a Roma del 2009 al G8 della Maddalena, fino alle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia ed agli appalti del SISDE (giornalisticamente riportata come «inchiesta sulla cricca»);
   sulla questione dei lavori per l'immobile del palazzo degli esami sono state presentate quattro interrogazioni parlamentari, ad oggi senza risposta. Nello specifico: alla Camera dei deputati, il 26 ottobre 2004, on. Paolo Cento, interrogazione a risposta scritta 4-11394 (al Ministro dell'interno circa i «lavori per trasformare il Palazzo degli esami, in un centro di investigazioni sul terrorismo» in cui si esprimevano «dubbi sia per l'impatto ambientale e architettonico, sia per la sicurezza del quartiere» e il 31 maggio 2012, onorevole Pina Picierno, interrogazione a risposta scritta 4/16375 al Presidente del Consiglio e ad altri Ministri, al Senato della Repubblica 8 giugno 2010 senatore Lionello Cosentino interrogazione a risposta scritta 4-03286 (al Presidente del Consiglio e ad altri Ministri) e il 4 aprile 2012 senatore Lionello Cosentino interrogazione a risposta orale 3-02781 (al Presidente del Consiglio e ad altri Ministri) –:
   quale sia, ad oggi, il progetto per la destinazione d'uso della citata struttura; se ne venga confermato l'utilizzo da parte delle forze dell'ordine, in particolare dal Sisde, così come originariamente risultava da numerose ufficiose informazioni;
   se si intenda intervenire perché allo storico immobile nel cuore di Trastevere, a metà strada tra le sedi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo sia assegnata un'adeguata e definitiva funzione atta a scongiurare un ulteriore degrado della struttura e del territorio circostante. (4-02409)


   GRIMOLDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il problema della non autosufficienza sta assumendo nel nostro Paese toni sempre più allarmanti sotto il profilo sociale ed economico, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, dell'elevato numero di incidenti sulle strade e sui luoghi di lavoro, del processo di disaggregazione del contesto familiare tradizionale, e dell'incremento delle patologie degenerative legate all'inquinamento ambientale. L'urgenza di tali questioni impone una presa di posizione netta affinché tutti i cittadini si sentano partecipi di un progetto globale e solidaristico volto ad affrontare un problema che coinvolge l'intera società;
   la legge 8 giugno 1990, n. 142, «legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale ed i diritti delle persone handicappate», tra le finalità contempla anche la prevenzione e la rimozione delle condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona handicappata alla vita della collettività. La presente legge dedica l'intero articolo 24 alle norme per l'eliminazione o il superamento delle barriere architettoniche. Il citato articolo prevede che tutti gli edifici pubblici o aperti al pubblico devono essere eseguiti in conformità alle disposizioni vigenti;
   troppo spesso però alle leggi nel nostro Paese non segue una vigilanza seria atta a far sì che al principio normativo segua una corretta applicazione;
   i cittadini consumatori diversamente abili hanno più volte evidenziato la necessità di un intervento finalizzato ad abbattere le barriere architettoniche che non permettono loro di accedere e frequentare i locali di ristorazione;
   le associazioni a tutela delle persone diversamente abili denunciano, oramai da tempo, una delle problematiche principali che non permette una piena fruibilità da parte dei cittadini in carrozzina dei locali di ristorazione, ossia tavoli inadeguati a permettere una corretta seduta alle persone in carrozzina;
   i diritti di cittadinanza delle persone non autosufficienti non possono limitarsi all'accesso ai servizi sanitari, all'istruzione nelle scuole e nelle università, alla predisposizione di forme di sostegno socio-assistenziale, alla realizzazione di inserimenti mirati nel contesto lavorativo. Devono essere più ampi, ed è questo il lavoro che occorre fare, liberandosi dal preconcetto legato alla funzione assistenziale;
   la vera pari dignità per tutti si potrà, infatti, raggiungere soltanto quando diverranno di primaria importanza anche il diritto al tempo libero, il diritto di viaggiare, il diritto di esprimersi, il diritto all'attività fisica e il diritto di divertirsi;
   la possibilità di fruire di luoghi per il tempo libero, per la comunicazione e per la socializzazione non può e non deve essere garantita soltanto ad alcuni ma deve essere patrimonio di tutti –:
   quali iniziative di competenza il Governo abbia avviato al fine di rendere la normativa in materia di abbattimento delle barriere architettoniche realmente operativa e per risolvere la problematica descritta in premessa che rende i locali di ristorazione inaccessibili alle persone diversamente abili in carrozzina. (4-02410)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPI, MAURI, COVA, GUERRA, GIUSEPPE GUERINI, MARANTELLI e BRAGA. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   dall'ottobre 2006 è attivo preso il passo del Ghisallo in Lombardia il museo del ciclismo;
   questa struttura, situata in un luogo simbolo, conserva cimeli importanti come buona parte delle maglie rosa dei Giri d'Italia, ha un settore interattivo, permette di conoscere tutti i tour e le grandi classiche;
   dopo la scomparsa di Fiorenzo Magni, che lo aveva fortemente voluto e sostenuto, il museo si è trovato in difficoltà economiche, nonostante gli importanti investimenti di regione Lombardia, degli enti locali e del mondo del ciclismo;
   dal 3 di novembre il museo è chiuso ed è concreto il rischio che ad aprile, dopo la chiusura invernale, non venga riaperto –:
   se si sia a conoscenza di tale situazione e come si intenda intervenire per quanto di competenze. (4-02427)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   nei giorni del 21 e 22 ottobre, i comuni di Carasco, San Colombano Certenoli, Coreglia Ligure, Orero, Borzonasca e Mezzanego, delle Valli Fontanabuona e Sturla nella provincia di Genova, sono stati colpiti da una calamità alluvionale;
   nella sola nottata del 21, tra mezzanotte e le due del mattino, quando, il fenomeno si è manifestato con la maggiore intensità, sono caduti sull'intero Tigullio 175 millimetri di pioggia in media;
   l'alluvione ha provocato il crollo del ponte sullo Sturla della strada provinciale numero 225, che collega Carasco con la Valle Fontanabuona, comportando di fatto l'isolamento della stessa Valle e causando la morte di due persone rimaste coinvolte nel disastro;
   le intense precipitazioni hanno inoltre provocato frane e smottamenti, cedimenti di muri, allagamenti e danni alle tombinature, che hanno interessato strade e abitazioni anche portando all'interruzione della viabilità, all'allontanamento di famiglie dalle loro residenze per motivi di sicurezza e all'isolamento di alcune borgate;
   i comuni interessati, anche grazie alla pronta assistenza della regione, hanno immediatamente posto in essere le azioni più urgenti di messa in sicurezza, tuttavia, in considerazione delle loro ridotte dimensioni e della gravità dei danni, non possono disporre dei poteri né delle risorse che si rendono necessarie per intervenire in modo tempestivo ed efficace;
   tra i vari interventi necessari, massima priorità per garantire nuovamente un collegamento tra la Valle Fontanabuona e la costa ha la ricostruzione del ponte sulla strada provinciale 225, il cui crollo e il conseguente quasi totale isolamento della Valle evidenziano, peraltro, l'urgenza del tunnel della Valle Fontanabuona, che dovrebbe collegare Rapallo sulla costa con Moconesi nell'interno, lungo la strada provinciale 225, assicurando così un rapido e sicuro collegamento tra la Valle e la Riviera –:
   se il Governo intenda dichiarare lo stato di calamità per i comuni colpiti dall'alluvione, per riconoscere alla regione e agli locali coinvolti gli adeguati poteri d'intervento e adeguati aiuti economici;
   se il Governo intenda provvedere mediante le necessarie iniziative, se del caso normative, per riconoscere alla regione e agli enti locali coinvolti dalla calamità una deroga al patto di stabilirà interno in relazione alla spesa per investimenti, al fine di permettere loro di approntare in autonomia gli interventi che sono necessari, con oneri a valere sui fondi disponibili nei rispettivi bilanci;
   quali interventi il Governo abbia svolto e intenda svolgere per favorire la costruzione del tunnel della Valle Fontanabuona, opera che, anche alla luce di quanto accaduto, risulta più che mai opportuna e urgente per gli abitanti e le numerosissime attività produttive di valle.
(2-00287) «Pastorino, Schirò Planeta, Antimo Cesaro, Sberna, Guerra, Lorenzo Guerini, Decaro, Vecchio, D'Agostino, Giuseppe Guerini, Gribaudo, Gozi, Amendola, Gandolfi, Tentori, Basso, Laforgia, Fitzgerald Nissoli, Vargiu, Piccione, Petrini, Gadda, Crimì, Rotta, Narduolo, Carocci, Culotta, Tino Iannuzzi, Vazio, Mattiello, Marchetti, Tullo, Greco, Zardini, Civati, Mariano, Palma, Paolucci, Taricco».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DAGA, TURCO, COZZOLINO, DE LORENZIS, PARENTELA, TERZONI, MANNINO, CRISTIAN IANNUZZI, TOFALO, DE ROSA, NICOLA BIANCHI, LOREFICE, GRILLO, GAGNARLI, D'UVA, BECHIS, BALDASSARRE e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'11 marzo 2013, nel corso di una riunione tra il Governo italiano e la regione Siciliana, per esaminare la situazione creatasi in merito al MUOS di Niscemi, fu deciso di affidare a un organismo tecnico indipendente (l'Istituto superiore di sanità, più brevemente I.S.S, eventualmente in raccordo con l'Ispra) «uno studio approfondito e in tempi brevi di valutazione dell'impatto sull'ambiente e sulla salute delle popolazioni interessate delle emissioni elettromagnetiche anche in caso di utilizzo alla massima potenzialità degli impianti»;
   con ordinanza del 9 luglio 2013, sul ricorso proposto dal Ministero della difesa contro i provvedimenti della regione Sicilia di revoca dell'autorizzazione alla costruzione del Muos, il Tar della Sicilia ha respinto la richiesta di sospensiva ritenendo prioritario e assolutamente prevalente il principio di precauzione (articolo 3-ter, decreto legislativo n. 152 del 2006), nonché l'indispensabile presidio del diritto alla salute della comunità di Niscemi, non assoggettabile a misure anche strumentali che la compromettano seriamente fin quando non sia raggiunta la certezza assoluta della non nocività del sistema Muos; sussistendo seri dubbi anche in ordine all'incidenza e alla pericolosità del sistema in questione sul traffico aereo della parte orientale dell'isola (aeroporti di Comiso, Sigonella e Catania);
   nella relazione conclusiva dell'ISS del 12 luglio 2013 si legge che all'istituto sarebbe stato affidato «uno studio, da effettuare in tempi brevi, di valutazione dell'impatto sulla salute della nuova installazione». Come evidenziato nell'articolo del foglietto della ricerca dal titolo «La relazione dell'I.S.S non basta per giustificare il voltafaccia del governatore Crocetta», si colgono differenze sostanziali rispetto alla dicitura originale. Lo studio non dovrebbe più essere «approfondito» e sono scomparse sia la valutazione di impatto sull'ambiente che la verifica in caso di utilizzo degli impianti alla massima potenza;
   la relazione dell'ISS si richiama al principio generale che vuole che le valutazioni del rischio si basino sull'analisi del «peggiore dei casi possibili» (come ribadito per il caso in questione anche dalle norme CEI 211-7 e 211-10) ed è quindi necessario adottare il valore di 1600 watt per la potenza di trasmissione massima delle antenne paraboliche MUOS operanti in banda Ka. Tale valore è oltretutto il più realistico, al contrario di quanto affermato (relazione ISS paragrafo 1.5.2 pagina 13), visto che è quello coerentemente indicato nella documentazione di progetto presentata in Italia e all'estero, mentre il valore di 200 watt, otto volte inferiore, non appare in alcun documento;
   le garanzie di sicurezza per l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici sono fissate dalla legge quadro n. 36 del 2001 e dai successivi decreti attuativi (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003), che ne hanno fissato le soglie di sicurezza (recentemente modificate dall'articolo 14 del decreto-legge n. 179 del 18 ottobre 2012); tale normativa è recepita dalla regione Siciliana attraverso le «Linee guida per il contrasto del fenomeno delle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici», decreti del 5 settembre 2012 (Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia n. 54) e del 27 Agosto 2008 «procedura per il risanamento dei siti nei quali viene riscontrato il superamento dei limiti di esposizione e dei valori di attenzione dei campi elettromagnetici.»; mentre il decreto legislativo 81 del 2008 detta norme specifiche per la protezione dei lavoratori addetti;
   la procedura istruttoria necessaria per autorizzare l'installazione di ripetitori e stazioni radio-trasmittenti (stazioni radio base) è definita dal «Codice delle comunicazioni elettroniche» (decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259), che precisa come debbano essere verificate le condizioni di sicurezza per l'esposizione della popolazione e dei lavoratori addetti (decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, articolo 87, commi 1 e 3, allegato 13 modello A);
   le procedure tecniche che riguardano la misura e la valutazione delle emissioni sono fissate dalle norme CEI 211-7 e 211-10. Inoltre la normativa radioprotezionistica italiana (legge n. 36 del 2001) ha assunto esplicitamente il principio di precauzione, anche sulla base delle indicazioni della relazione congiunta ISS-ISPEL del 1981 scelta che oltretutto ha ricevuto un autorevole riconoscimento, con l'inserimento recente da parte dell'IARC dei campi elettromagnetici di radio-frequenza tra i possibili agenti cancerogeni per l'uomo (Gruppo 2b);
   una delle conseguenze dell'adozione del principio di precauzione è la fissazione di limiti di sicurezza per l'esposizione a lungo termine della popolazione (valori di attenzione). Tale limite, come giustamente puntualizzato nella relazione ISS (paragrafo 1.4.2, pagina 9), è stato fissato in base a un compromesso tra esigenze tecniche e risultanze scientifiche e il suo rispetto non garantisce in assoluto l'assenza di rischio, vi sono anzi evidenze del fatto che la soglia per annullare gli effetti biologici delle radiazioni non ionizzanti debba essere di un ordine di grandezza inferiore. Per queste ragioni il rigoroso rispetto dei limiti fissati dai valori di attenzione è uno dei requisiti minimi richiesti dalle valutazioni;
   le eventuali future emissioni dovute agli impianti MUOS sarebbero destinate a sommarsi a quelle dell'attuale impianto NRTF, perciò è richiesta un'accurata valutazione preliminare delle attuali emissioni, da effettuarsi ai sensi del «Codice delle comunicazioni elettroniche» (decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, articolo 87, commi 1 e 3, allegato 13 modello A). Il rispetto di tale rigorosa procedura è previsto anche dalla legislazione regionale siciliana, con il decreto dell'assessorato territorio e ambiente 27 agosto 2008, ed è stato autorevolmente ribadito dal verificatore del tribunale amministrativo regionale per la Sicilia;
   le conclusioni dello studio dell'Istituto superiore di sanità, appaiono tutt'altro che definitive e rassicuranti: «La natura puramente teorica delle valutazioni qui riportate impone comunque la necessità di verifiche strumentali successive alla messa in funzione delle antenne del sistema Muos, qualora quest'ultime vengano effettivamente installate»;
   con nota prot. n. 32516 del 24 luglio 2013 della regione Sicilia, nelle cui premesse si fa riferimento allo studio dell'ISS, è stata disposta la revoca dei provvedimenti in precedenza emanati dalla stessa, che revocavano l'autorizzazione alla costruzione del Muos, sui quali era in corso il procedimento presso il Tar della Sicilia di cui all'ordinanza sopra riportata;
   lo stesso governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, durante l'assemblea regionale siciliana del 12 agosto 2013 ha dichiarato che: «L'Istituto Superiore di Sanità dice che il progetto MUOS non supera i limiti di emissione previsti dalla legge, e siccome io sono una persona che rispetta la legge e siccome sub legis et libertatem, la libertà e la democrazia sono regolati dalla legge, perché ognuno di noi può avere tutte le opinioni ideologiche e politiche che vuole – MUOS si, MUOS no – ma io qui non sono interprete di una ideologia, prima di tutto sono l'interprete della legge, e non ho i poteri di revocare i trattati politico-militari! L'unica cosa dove la regione poteva intervenire era quella della tutela e della difesa dei cittadini, ed un Istituto superiore, al di sopra delle parti, dice che questa tutela è rispettata, ed io non ci posso fare nulla!» –:
   se sia stata eseguita un accurata valutazione preliminare delle attuali emissioni, da effettuarsi ai sensi del «Codice delle comunicazioni elettroniche» (decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, articolo 87, commi 1 e 3, allegato 13 modello A);
   se le misurazioni effettuate dall'Ispra conducano alle medesime risultanze alle quali era pervenuta l'Arpa Sicilia;
   se lo studio dell'Istituto superiore di sanità giunga a conclusioni rassicuranti relativamente all'impatto delle emissioni elettromagnetiche del sistema Muos sull'ambiente e sulla salute delle popolazioni interessate, tali che possa essere stata raggiunta la certezza assoluta della non nocività del sistema Muos;
   se l'Istituto superiore di sanità abbia svolto per intero il mandato conferitogli; in caso negativo, quali siano i motivi per i quali lo studio condotto dall'Istituto superiore di sanità non sia stato approfondito. (5-01396)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PILOZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Rocca d'Arce è un piccolo comune in provincia di Frosinone con circa 1.000 abitanti, costruito a 556 metri sul livello del mare;
   per le sue particolari caratteristiche morfologiche, Rocca d'Arce è stato in questi anni scelto come sito per l'installazione di antenne, stazioni e ponti radio destinati alla trasmissione dei segnali radio televisivi e telefonici dei principali operatori del mercato;
   il complesso delle antenne è ubicato a pochi metri dal centro storico dell'abitato, confinante con il cimitero comunale e occupando un'area che ospitava un antico castello tanto che oggi il Paese, viene letteralmente sovrastato dai numerosi tralicci che costituiscono il «panorama» caratteristico della cittadina;
   in particolare, secondo i dati forniti da DGTVi (l'associazione italiana per lo sviluppo della tv digitale terrestre), costituita da Rai, Mediaset, Telecom Italia Media, DFree e FRT, dal comune di Rocca d'Arce risultano trasmessi i seguenti segnali «Multiplex»: Timb 1 – Banda UHF – Canale 47 frequenza 682,000 – Polarizzazione H, Timb 2 – Banda UHF – Canale 60 frequenza 786,000 – Polarizzazione H, Timb 3 – Banda UHF – Canale 48 frequenza 690,000 – Polarizzazione H e MDS 1 – Banda UHF – Canale 52 frequenza 722,000 – Polarizzazione H;
   in concreto, dalle antenne poste nella parte più alta della rocca cittadina, vengono trasmessi i segnali relativi ai seguenti canali televisivi: Real Time, QVC, Mediaset Extra, Mediaset Italia 2, HSE24, Giallo, DMAX, Entertaiment Fact, Cubovision, RTL 102,5, Super, Sportitalia e Sportitalia2, Sportiatalia 24, vero Tv, Padre Pio Tv, Arturo, iLIKE Tv, RTL 102,5 radio, La7, MTV, La7D, K2, Frisbee, Cinquantacinque, Vero Capri, MTV Music, LA7 on demand, La7D on demand, MTV on demand, Più servizi, LA7 News, LA7 news on demand, Premium Menu, Premium Comedy, Premium Action, Disney Channel, Disney Junior, Cartoon Network, Premium Calcio da 1 a 7, Fox Sports Plus, Hot Time da 1 a 3;
   a ciò vanno aggiunte le antenne volte alla diffusione del segnale telefonico che l'interrogante non è in grado, causa la indisponibilità di dati attendibili, di descrivere ed elencare in dettaglio ma che risultano facilmente identificabili dal resto delle antenne presenti e destinate alla diffusione del segnale radio televisivo;
   inoltre, nel territorio del comune di Santopadre, a poche decine di metri dal sito descritto, insistono ulteriori antenne dalle quali, come risulta dai dati del DGTVi, vengono irradiati i segnali relativi ai canali Rai Sport, RaiGulp, Premium a Class TV;
   il complesso delle installazioni appena descritte, genera un inquinamento elettromagnetico di notevole rilevanza che colpisce direttamente tutti gli abitanti del comune di Rocca d'Arce e quelli dei comuni limitrofi;
   gli effetti a lungo termine sulla salute dell'inquinamento elettromagnetico sono ancora oggi difficili da determinare. La scienza non ha ancora stabilito con certezza se esiste un legame diretto fra l'esposizione prolungata ai campi elettromagnetici e l'insorgenza di forme tumorali: diverse ricerche effettuate in tutto il mondo hanno però evidenziato il probabile nesso di causa ed effetto, registrando un aumento dei casi di cancro per esposizioni protratte e in particolare l'incremento di forme leucemiche infantili (i bambini assorbono infatti l'energia generata dai campi magnetici con più facilità, a causa della loro massa fisica ridotta);
   il legislatore italiano, nel corso degli ultimi anni, notevolmente in ritardo rispetto all'urgenza del fenomeno, ha definito un quadro giuridico volto a individuare i livelli massimi di esposizione ai campi elettromagnetici sia per le basse che per le alte frequenze: con la legge n. 36 del 2001 e il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003 in particolare, sono stati definiti i livelli dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici sul territorio nazionale;
   il comune di Rocca d'Arce, attesa la grande quantità di sorgenti di emissione di campi elettromagnetici, rappresenta, se non un «unicum», senza dubbio una «eccezione» a livello nazionale che comporta l'esposizione da parte dei cittadini ad un livello molto elevato e costante di onde elettromagnetiche di varia frequenza;
   le conseguenze di tale costante esposizione sono oggi difficilmente quantificabili attesa l'assenza di studi epidemiologici mirati, volti a conoscere le caratteristiche dell'incidenza tumorale nella popolazione residente;
   la legge n. 36 del 2001 ha definito e ripartito in maniera chiara le competenze tra lo Stato e le regioni in materia di emissioni di radiofrequenze –:
   se non ritenga necessario, nel rispetto della ripartizione delle competenze tra Stato e regioni, realizzare uno studio volto a verificare l'incidenza a lungo termine sulla salute dei cittadini del comune di Rocca d'Arce in seguito alla esposizione prolungata e costante a onde elettromagnetiche di varia frequenza;
   se non ritenga opportuno attivarsi per la stipula, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera f), della legge n. 36 del 2001, di accordi di programma con i gestori e/o i proprietari o con coloro che abbiano comunque la disponibilità degli impianti per emittenza radiotelevisiva e telefonia mobile, al fine di promuovere tecnologie e tecniche di costruzione degli impianti che consentano di minimizzare le emissioni nell'ambiente e di tutelare il paesaggio. (4-02425)


   FRATOIANNI, PANNARALE, DURANTI, MATARRELLI e SANNICANDRO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia, Carmine Schiavone, davanti alla «Commissione Parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti» e riportate nel verbale di audizione del 7 ottobre 1997, disegnano un quadro spaventoso di quanto accaduto negli anni ’90 in Italia rispetto alla gestione del traffico illecito di rifiuti ad opera delle organizzazioni criminali. All'interno delle dichiarazioni rese da Schiavone alla Commissione, ce n’è una che riguarda l'utilizzo del territorio pugliese: «...parlavamo spesso di Puglia, c'erano discariche nelle quali si scaricavano sostanze che venivano da fuori, in base ai discorsi che facevamo negli anni fino al 1990-1991...». Schiavone parla di Salento, ma dichiara pure di aver sentito parlare delle province di Bari e Foggia, quali luoghi utilizzati per lo sversamento e l'occultamento di rifiuti altamente pericolosi;
   il traffico illecito, sempre secondo le rivelazioni del collaboratore di giustizia, riguardava sostanze tossiche, fanghi industriali, rifiuti di lavorazione, rifiuti radioattivi e altre sostanze ad elevatissimo potenziale inquinante, capaci di determinare conseguenze mortali sulle popolazioni dei territori interessati;
   il collaboratore di giustizia, Silvano Galati, ex esponente dell'organizzazione mafiosa «Sacra Corona Unita», nel 2005 ha rivelato agli inquirenti che nelle campagne del comune di Casarano (Lecce) sono stati sepolti rifiuti tossici. Si consideri, che la zona del casaranese è fortemente interessata dalla presenza di colture, in particolare oliveti e vitigni, che caratterizzano un'economia locale prevalentemente agricola;
   le rivelazioni, nonostante siano state rese circa vent'anni fa, inquietano e preoccupano a tutt'oggi perché, se comprovate da fatti concreti, raccontano di un'ecomafia locale che avrebbe messo in serio pericolo la vita di tante comunità pugliesi. Pertanto, è necessario procedere alla precisa ricostruzione dei fatti, ad una verifica puntuale e scrupolosa delle fonti, e verificare la presenza sul territorio pugliese dei siti inquinati da sostanze altamente pericolose e cangerogene. Successivamente, si dovrà procedere alla valutazione del grado di tossicità dei siti inquinati e alla bonifica dei luoghi contaminati –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddescritti;
   se non si ritenga necessario avviare un'azione di accertamento sul territorio pugliese per verificare, luoghi e dimensione dello smaltimento illecito di rifiuti pericolosi e cancerogeni;
   se all'epoca siano stati informati i prefetti competenti e i vertici della polizia di Stato dei fatti ricordati in premessa. (4-02426)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TURCO, TERZONI, MANNINO, LOREFICE, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, BUSINAROLO, PARENTELA, BECHIS e D'UVA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   legge regionale della regione Veneto del 12 agosto 2011, n. 17 pubblicata sul BUR della regione Veneto al n. 61 del 2011, «Disciplina dell'attività di raccolta dei cimeli e reperti mobili della grande guerra» – consente a vari soggetti la ricerca, l'individuazione, il dissotterramento, e l'asporto dei reperti mobili e cimeli della prima guerra mondiale senza, in realtà, regolamentare il destino che gli stessi sopporteranno una volta che saranno stati asportati dai luoghi in cui giacciono da oltre 97 anni;
   la raccolta viene disciplinata in modo piuttosto disinvolto, e si consente, previa autorizzazione, l'asporto dei reperti mobili e cimeli a particolari soggetti:
    a) «che attestano idonee conoscenze dei luoghi di esercizio della attività di raccolta dei cimeli e reperti mobili della grande guerra» (articolo 2, comma 2);
    b) ovvero «agli iscritti ad associazioni storico-culturali senza fini di lucro e agli iscritti alle associazioni combattentistiche e d'arma» (articolo 2, comma 3);
   leggi simili riguardanti la ricerca ed il distacco delle vestigia e dei cimeli della prima guerra mondiale sono state varate anche nelle altre regioni alpine interessate dal teatro della grande guerra ovvero le regioni Friuli-Venezia-Giulia e Lombardia;
   il decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137», indica quali siano i beni culturali:
    articolo 10, Beni culturali, comma 3: «Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall'articolo 13: d) le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose»;
   ed ancora all'articolo 11, Beni oggetto di specifiche disposizioni di tutela, comma 1 lettera i): «le vestigia individuate dalla vigente normativa in materia di tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale, di cui all'articolo 50, comma 2»;
   articolo 50, Distacco di beni culturali: «2. È vietato, senza l'autorizzazione del soprintendente, disporre ed eseguire il distacco di stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni, tabernacoli nonché la rimozione di cippi e monumenti, costituenti vestigia della Prima guerra mondiale ai sensi della normativa in materia»;
   questa legge della regione Veneto e simili leggi del Friuli-Venezia Giulia e della Lombardia, permettono sostanzialmente a privati non in possesso di titoli idonei inerenti a specifiche competenze in materia dei beni culturali ed in assenza di riconosciute capacità e conoscenze storico-artistiche di poter distaccare e fare propri i cimeli della prima guerra mondiale;
   viene, quindi, data la possibilità di asportare dal luogo di ritrovamento tutta una serie ai cimeli storico-militari che per i modi nei quali può essere attuata non dà alcuna garanzia relativamente al corretto recupero ed al trattamento conservativo che sarà riservato a tali cimeli, poiché, non viene richiesta alcuna preparazione o competenza specifica né alcuna particolare consapevolezza del valore storico dei reperti da parte del soggetto che effettua la ricerca ed il distacco;
   la regione Veneto prevede di fatto la facoltà di rilasciare un permesso, che non è abilitata a concedere, di «recuperare» beni culturali appartenenti allo Stato (proprietà dichiarata dal Codice dei beni culturali – decreto legislativo n. 42 del 2004), senza la previa autorizzazione della soprintendenza dei beni culturali;
   tali soggetti, non qualificati, anche se autorizzati, potranno cercare ed asportare a loro piacimento in tutta la regione Veneto i cimeli della prima guerra mondiale e farne ciò che vogliono: sia arricchendo costose collezioni private che nella quasi totalità dei casi saranno tenute nascoste per anni, sia, (ancora peggio) ponendoli in vendita sui mercati rionali o tematici dell'usato;
   si offre, quindi, a tali soggetti non titolati, quella che agli interroganti appare una facile scappatoia normativa che permette a «pochi eletti» di godere di un patrimonio che appartiene alla comunità e deve restare pubblico e che una volta rimosso nel modo errato non sarà mai più possibile ricostituire;
   il provvedimento adottato dall'amministrazione regionale veneta finisce per valorizzare, perciò ad avviso dell'interrogante, persone non competenti;
   si ritiene potrebbe essere più consono con le finalità di conservazione del patrimonio storico-militare italiano della prima guerra mondiale, riservare tale attività di ricerca e recupero a progetti nazionali e/o regionali congiunti e dedicati, che garantiscano l'impiego di soggetti titolati, auspicabilmente in possesso di lauree in materia di conservazione dei beni culturali, dotati della necessaria preparazione tecnica specifica, nel pieno rispetto della normativa nazionale di settore;
   il tutto con la ragionevole aspettativa che grazie alla supervisione dell'ente pubblico preposto alla ricerca e recupero, i reperti e cimeli che siano stati individuati, possano essere correttamente asportati dal sito di ritrovamento ed affidati in mani competenti per la loro successiva conservazione e valorizzazione con lo scopo dichiarato di andare a costituire un patrimonio storico-militare pubblico, non esclusivamente italiano ma globale e quindi alla portata di tutti –:
   se il Governo ritenga di assumere iniziative, anche con il coinvolgimento delle regioni, per assicurare una più piena salvaguardia dei beni e reperti storici e militari della prima guerra mondiale.
(5-01397)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 13 giugno 2009 è stata collocata sulla facciata del Duomo di Orvieto una copia in vetroresina del gruppo scultoreo di uno dei capolavori del Trecento italiano: la Maestà con angeli reggicortina raffigurante la Madonna in trono con Bambino attribuita ad Andrea Pisano (in marmo), baldacchino e angeli reggicortina (in bronzo), basi in alabastro e marmo in riuso;
   l'originale che – almeno per le parti bronzee è legato al nome di Lorenzo Maitani – è stato rimosso per restauri nel 1983;
   il 9 giugno 2009 con lettera protocollo n. 20/09 diretta al Ministro per i beni e le attività culturali l'associazione Italia Nostra, sezione di Orvieto, ha contestato il collocamento della copia del gruppo scultoreo poiché inadeguata sia per la qualità artistica sia per la tecnica di riproduzione ma anche per le modalità di collocazione dell'opera in copia nel luogo di destinazione tale da rappresentare una «ferita aperta» al patrimonio culturale artistico della città di Orvieto;
   il 10 giugno 2009 con provvedimento protocollo MBAC-DR-UMB SG01 0004584 la direzione regionale per i beni e le attività culturali e paesaggistici dell'Umbria esprimeva parere favorevole al posizionamento della replica a condizione che la copia fosse desunta dall'originale tramite rilievo tridimensionale e fossero eseguiti altri interventi di miglioramento delle cromie ed in ogni caso limitato alla collocazione temporanea per un periodo inferiore ad un anno;
   la relazione degli uffici della competente soprintendenza per i beni architettonici dell'Umbria, in risposta al Ministero e alla lettera di Italia Nostra, affermava la precisione della copia e che le imperfezioni a dieci metri di altezza sono difficilmente ravvisabili;
   tuttavia dal 2009 l'opera del duomo di Orvieto, ente preposto alla salvaguardia del monumento, ha chiesto ed ottenuto dalla direzione regionale per i beni culturali dell'Umbria proroghe del termine concesso per la verifica e gli interventi sulla copia come vennero suggeriti dalla direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Umbria con il provvedimento del 10 giugno 2009;
   l'ultima proroga è ormai scaduta il 1o marzo 2012 senza che nulla sia stato realizzato secondo quanto rilevato e «denunciato» dall'associazione Italia Nostra, sezione di Orvieto, con lettera del 22 ottobre 2012 protocollo 16/12;
   è necessario che il Governo intervenga per fare chiarezza sulla gestione della riproduzione del gruppo scultoreo della Maestà del duomo di Orvieto e sulle cause del ritardo degli interventi di correzione a suo tempo richiesti –:
   quali iniziative intenda adottare per verificare la gestione degli interventi sulla riproduzione dell'opera della Maestà ancora collocata sulla facciata del duomo di Orvieto, adottando tutti i provvedimenti volti alla correzione e/o alla rimozione – se necessaria – della copia del suddetto gruppo scultoreo a salvaguardia del patrimonio artistico monumentale della città di Orvieto e dell'Italia. (4-02411)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANCARLO GIORGETTI, GIANLUCA PINI, MARCOLIN, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   il 3 novembre, il quotidiano libico in lingua inglese Libya Herald ha dato notizia dell'imminente avvio di una missione italiana di sorveglianza aerea ed elettronica dei confini della Libia;
   il dispositivo coprirebbe i confini libici dalla zona di Owaynat, prossima alla frontiera egiziano-sudanese, fino al punto di giunzione tra Libia, Tunisia ed Algeria, ed avrebbe per scopo quello di ridurre i flussi migratori clandestini diretti dal cuore dell'Africa verso il Mediterraneo;
   secondo il predetto quotidiano libico, a dar l'annuncio dell'imminente avvio della missione di sorveglianza sarebbe stato lo stesso Primo Ministro, Ali Zeidan, nel corso di una conferenza stampa tenuta il 30 ottobre 2013 –:
   se le affermazioni rese dal Primo Ministro libico Ali Zeidan corrispondano o meno al vero ed, in questo caso, cosa si attenda per dar ufficialmente il via ad un intervento che potrebbe contribuire significativamente ad alleviare la pressione migratoria sull'isola di Lampedusa. (4-02408)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il numero dei lavoratori frontalieri residenti nel comune di Lentate sul Seveso in provincia di Monza è a tutt'oggi significativo e non mostra numeri in calo;
   il comune di Lentate sul Seveso oggi non risulta tuttavia inserito fra i cosiddetti comuni di frontiera, malgrado disti meno di 20 chilometri dal confine con la Confederazione Elvetica e in modo incoerente con il fatto di essere invece inserito fra i comuni beneficiari dello sconto sui carburanti previsto da regione Lombardia per i comuni di confine;
   l'Agenzia delle entrate adotta un criterio per la definizione di frontaliero afferente solo i lavoratori che quotidianamente si recano dalla propria residenza, sita in un comune prossimo al confine, nell'ambito della fascia di 20 chilometri dallo stesso, in uno dei Cantoni confinanti con l'Italia;
   tuttavia, malgrado la definizione della zona dei 20 chilometri è ormai entrata nell'uso, in questi termini non viene menzionata in nessun documento ufficiale e, di fatto, fa stato l'elenco dei comuni che hanno il diritto di ricevere il ristorno dell'imposta alla fonte dal fisco svizzero e i cui residenti che lavorano in Svizzera non dichiarano il reddito in Italia –:
   se il Governo intenda attivarsi per inserire il comune di Lentate sul Seveso nell'elenco dei comuni di frontiera, facendo beneficiare anche i frontalieri di Lentate dell'esenzione dalla dichiarazione dei redditi e il comune stesso tra i beneficiari dei ristorni dalla Svizzera. (4-02417)


   TONINELLI, COZZOLINO, D'AMBROSIO, DIENI, DADONE e NUTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende dalla stampa, Palantir è un software in grado di gestire i dati di milioni di persone senza limitazioni di quantità;
   questo sofisticato programma, «creato e sviluppato da Ebay, PayPal e da un fondo di investimento della Cia», utilizzerebbe algoritmi di ultima generazione per scoprire relazioni invisibili (La Repubblica del 19 giugno del 2013);
   Palantir è «probabilmente il più potente software in circolazione per rivoltare da cima a fondo un database. È quello che la Nsa (National Security Agency) statunitense utilizza per i tabulati forniti da Verizon, al centro dello scandalo datagate» (La Repubblica del 19 giugno 2013);
   risulta addirittura che Palantir sia stato capace di individuare l'esatto luogo dove si trovava Osama bin Laden attraverso le immagini apparse in occasione del suo video messaggio;
   questo potentissimo strumento investigativo è stato acquistato dal Ministero della difesa ed è attualmente utilizzato dai carabinieri del Ros;
   Palantir non viene impiegato soltanto per rintracciare terroristi. Risulta infatti dalla stampa che Palantir «è in stato di sperimentazione anche dall'Agenzia delle entrate, di Equitalia e delle Poste Italiane. Questo sistema infatti oltre che per finalità civili può essere utilizzato anche per le frodi fiscali e contabili» (Il Fatto Quotidiano del 25 ottobre 2013);
   in particolare, «Equitalia, che ha un database di 40 milioni di contribuenti con tutte le informazioni sulle riscossioni degli enti pubblici (pagamenti effettuati, iscrizioni a ruolo, multe, cartelle esattoriali), lo utilizza per scoprire elusioni e frodi interne. Fatto lavorare sull'intera anagrafe tributaria, può rintracciare le scatole cinesi, le intestazioni fittizie di beni e società, le “triangolazioni societarie” possibili per evadere le tasse» (La Repubblica del 19 giugno 2013);
   Equitalia è stata più volte criticata a causa dei suoi metodi invasivi nei confronti dei contribuenti –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero, ed in particolare, se risulti che il sistema Palantir sia in stato di sperimentazione da parte di Equitalia ed, in caso affermativo, quali siano i risultati ottenuti;
   se l'utilizzo del sistema Palantir da parte di Equitalia garantisca il diritto alla privacy dei cittadini. (4-02418)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   BIFFONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'organico della polizia penitenziaria risulta sottodimensionato rispetto alla pianta organica stabilita dal Ministero;
   in particolare, le carenze sono individuabili nei ruoli di sovrintendenti e ispettori; ad oggi infatti risultano in forza alla polizia penitenziaria 2.369 sovrintendenti rispetto ai 4.500 stabiliti dalla pianta organica e 2.246 ispettori rispetto ai 4.358 stabiliti dalla pianta organica;
   risulterebbe, per le informazioni in possesso, possibile procedere allo scorrimento della graduatoria degli idonei non vincitori di un nuovo corso per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente di polizia penitenziaria attingendo dalla graduatoria utile di cui ai PP.DD.GG. datati 27 e 30 marzo 2009, ultimo concorso effettuato nel ruolo;
   alla stregua di altre procedure concorsuali recenti, per le quali amministrazioni pubbliche hanno l'obbligo di procedere alla riapertura dei termini scorrendo i posti messi a bando attingendo dalle graduatorie degli idonei non vincitori già esistenti purché approvate non oltre il 1° gennaio 2008, si potrebbe dunque ipotizzare di proporre di utilizzare il corso-concorso in argomento, essendo stata approvata la graduatoria di questo ultimo concorso nel 2009, al fine di provvedere alla almeno parziale copertura dei ruoli vacanti –:
   se quanto sopra descritto sia possibile e, in caso positivo, se sia intenzione del Ministro di avvalersi di tale opportunità. (3-00424)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
II Commissione:


   MOLTENI, GIANLUCA PINI e FEDRIGA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 16 agosto 2011, quattro cittadini italiani, tra cui tre consiglieri comunali ed un elettore del comune di Cattolica, hanno ritenuto di dover presentare un ricorso elettorale, ex articolo 70 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, contestando al sindaco neoeletto una causa d'incompatibilità;
   in poche parole, era già noto che la società controllata dal sindaco, che ha come core business un prodotto destinato ad impianti pubblici, e come clienti prioritari le pubbliche amministrazioni, vende, da oltre 10 anni, del materiale elettronico coperto da brevetti al comune di Cattolica;
   la situazione è particolare, perché il comune, negli ultimi sette anni, non ha mai comprato direttamente i prodotti del sindaco, ma li ha sempre fatti comprare direttamente a coloro che vincevano, di volta in volta, gli appalti per la manutenzione del proprio impianto d'illuminazione;
   si badi, l'acquisto proprio di quel materiale, di quella specifica società è obbligatorio per il manutentore di turno, perché il brevetto che copre quei determinati prodotti non consente di utilizzare materiale di altre società;
   quindi il manutentore o compra quel prodotto del sindaco o non può dare esecuzione correttamente al contratto di manutenzione;
   a questo si aggiunga un'ulteriore nuova fornitura smart town, deliberata in settembre 2011, ed il fatto che al prossimo appalto per pubblica illuminazione di Cattolica, lo stesso si troverebbe contemporaneamente nella posizione di uno dei fornitori in gara, e contemporaneamente il detentore del potere di valutazione e selezione delle offerte;
   i ricorrenti si sono limitati a far notare questa circostanza, sostenendo che in questo modo vi era un'incompatibilità in capo al sindaco di Cattolica, che da una parte vendeva i propri prodotti (come imprenditore) e dall'altra parte li faceva acquistare (come sindaco);
   il pubblico ministero, intervenuto nella causa, alla prima udienza si è espresso per l'accoglimento del ricorso;
   il collegio, di fronte alle argomentazioni dei ricorrenti ha disposto una consulenza tecnica d'ufficio, la quale ha accertato che effettivamente i prodotti del sindaco sono compatibili e possono essere sostituiti solo con gli stessi prodotti del sindaco;
   dopo l'istruttoria disposta dal collegio, il pubblico ministero all'ultima udienza si è espresso per l'accoglimento del ricorso, di nuovo;
   in linea di principio, questo significa che il ricorso non era completamente infondato;
   il collegio, dopo la discussione, con il dispositivo della sentenza ha respinto il ricorso, condannando i ricorrenti a qualcosa come oltre euro 23.000 di spese legali;
   si noti che non si è fatto riferimento al partito del sindaco o dei ricorrenti. Questa è una questione di principio e non importa il colore delle parti, perché tutti si potranno trovare, in futuro, nell'una o nell'altra situazione;
   in questo caso conta la sostanza, ovvero che alcune persone sono ricorse ad un giudice per far verificare l'esito di determinate elezioni e questa verifica è uno strumento fondamentale di democrazia;
   è uno strumento talmente importante che il procedimento elettorale è forse l'unico procedimento giurisdizionale rimasto in cui non è previsto il pagamento del contributo unificato e nell'ambito del quale tutti gli atti sono esenti da ogni spesa, imposta o bollo. Inoltre, le parti, se vogliono, possono presentarsi anche senza avvocati, e pertanto questo è un costo generato da una discrezione di parte;
   questo perché un procedimento elettorale può presupporre questioni così importanti che è vitale che tutti possano far valere le proprie ragioni;
   in questa sede si prescinde da chi abbia ragione o meno in questa causa, perché si tratta di una questione che interessa solo la corte che tratterà l'appello;
   appare agli interroganti eccessiva, nell'ambito di un procedimento elettorale, la cifra di euro 23.000 per le spese legali a carico di persone che hanno presentato un ricorso che non era manifestamente infondato, al punto che la stessa Repubblica italiana, per tramite del suo pubblico ministero ne ha chiesto l'accoglimento;
   tale decisione secondo gli interroganti di fatto inibisce chiunque in futuro dal far valere la legalità e difendere la democrazia, esponendo al rischio di subire una simile, e a quanto consta agli interroganti mai d'ora prima emessa, pesantissima condanna;
   appare infatti plausibile il rischio che da ora in poi tutti, di qualunque parte politica essi siano, si guardino bene dal far valere anche situazioni sacrosante, ma che espongono a delle conseguenze personali terribili –:
   se il Governo non ritenga di assumere iniziative normative volte a definire una disciplina delle spese processuali che garantisca che i procedimenti in materia elettorale, come quello di cui in premessa, siano il più possibile economici e accessibili a tutti, trattandosi di strumenti fondamentali di democrazia. (5-01388)


   DANIELE FARINA, MIGLIORE e SANNICANDRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con P.D.G. 23 novembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale - n. 30 del 16 aprile 2004, è stato indetto un concorso pubblico a 50 posti nell'area C, posizione economica C2, profilo professionale di educatore (Ministero della giustizia – dipartimento dell'amministrazione penitenziaria);
   la graduatoria è stata pubblicata solo nel 2010; ad oggi, sarebbero state assunte solo 27 unità sui 50 posti messi a concorso, e le ultime assunzioni risalirebbero a circa un anno fa;
   considerati i cospicui e numerosi cosiddetti «tagli», vi è la concreta possibilità che i restanti vincitori, ovvero 23 educatori, non vengano assunti, e ciò a fronte della drammatica condizione in cui versano notoriamente le nostre carceri;
   sicuramente la situazione di invivibilità che caratterizza gli istituti di pena del nostro Paese sarebbe migliorabile con l'incremento, tra tutte le professionalità pure necessarie nell'ambito, del numero di educatori;
   è del tutto evidente, infatti, che non sia possibile avviare percorsi rieducativi e di recupero dei detenuti, e dunque attuare quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione, trascurando l'assunzione delle figure che proprio di ciò si occupano;
   nonostante anche la legge n. 199 del 2010, all'articolo 5, prevedesse un necessario e imprescindibile «adeguamento numerico e professionale della pianta organica del personale civile del DAP del Ministero della giustizia anche in relazione all'entità numerica della popolazione carceraria», fino ad oggi si è assistito solo alla drastica riduzione della presenza di tali figure;
   nel 2003 furono banditi due concorsi per educatore penitenziario: uno per 397 posti (C1) e l'altro per 50 posti (C2); mentre si è arrivati alla copertura totale dei 397 posti per educatore C1, altrettanto, invece, non è stato fatto per gli educatori C2 –:
   quali urgenti iniziative il Ministro intenda adottare per consentire il completamento delle assunzioni riguardanti il concorso citato in premessa che, oltre ad essere necessarie per l'attuazione concreta di quanto previsto dall'articolo 27 della Costituzione in tema di funzione rieducativa della pena, renderebbero finalmente giustizia a chi, da tempo ormai, ha maturato il diritto all'assunzione. (5-01389)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 419 del 1998 e il successivo decreto legislativo n. 230 del 22 giugno 1999, hanno inserito il Servizio sanitario penitenziario nel sistema sanitario nazionale, definendo gli ambiti di intervento degli enti interessati – regioni, Ministero della salute e Ministero della giustizia;
   all'Azienda sanitaria locale veniva assegnata la funzione di dislocare le prestazioni sanitarie, mentre l'amministrazione penitenziaria conservava compiti relativi alla sicurezza;
   lo stesso decreto legislativo n. 230 del 1999 disponeva il transito immediato, a decorrere dal 1o gennaio 2000, delle mansioni relative alla prevenzione e all'assistenza e cura dei detenuti tossicodipendenti e prevedeva il trasferimento delle altre funzioni sanitarie al termine di un periodo di sperimentazione da realizzarsi presso alcune regioni;
   la legge finanziaria 2008 ha statuito, infine, il definitivo passaggio alle Asl di tutte le funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in questione, da attuarsi mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che venne emanato il 1o aprile 2008. Gli psicologi dipendenti dall'Amministrazione penitenziaria, in conseguenza di ciò, transitarono nei ruoli del servizio sanitario nazionale;
   l'amministrazione penitenziaria sembra non tener conto, a giudizio dell'odierno interrogante e della Intesa-Ugl penitenziari, sia delle disposizioni legislative emanate che dell’iter procedurale in atto indicendo un concorso per 39 psicologi;
   terminato l’iter concorsuale e proclamati i vincitori del concorso, risultava impossibile la loro assunzione per l'attuazione del trasferimento delle competenze relative alle Asl, che negavano e negano la possibilità di assumerli nei loro organici;
   è intendimento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria procedere all'assunzione dei 39 psicologi istituendo nuovamente il profilo di funzionari psicologi che non si concilia con il fatto che le prestazioni svolte dagli psicologi sarebbero state trasferite al Servizio sanitario nazionale in base alle citate norme –:
   quale sia stata la ragione per cui è stato indetto un concorso per 39 psicologi alla luce dell’iter legislativo e regolamentare teso a trasferire la sanità penitenziaria alle Asl regionali;
   quali costi abbia sostenuto il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria per indire e svolgere il concorso;
   quale sia, allo stato attuale, l'assistenza psicologica fornita presso gli istituti penitenziari e se, alla luce del monitoraggio in essere relativo al trasferimento delle funzioni debba ritenersi adeguata;
   quali iniziative di competenza abbia intenzione di adottare il ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-02420)


   NESCI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   alle ore 7 del mattino, Simona Riso, ragazza di 28 anni originaria di San Calogero (Vibo Valentia), è stata trovata agonizzante, lo scorso 30 ottobre, nel cortile della sua abitazione in via Urbisaglia n. 9 a Roma;
   la stessa, poi trasportata in ambulanza all'ospedale capitolino «San Giovanni», è lì deceduta a breve distanza, per una crisi respiratoria provocata da una frattura alle costole, secondo le notizie fornite dalla stampa;
   secondo gli organi di informazione, in un primo tempo la procura di Roma ha considerato il decesso una conseguenza di possibile colpa medica e, acquisiti i primi elementi utili, starebbe vagliando l'ipotesi di omicidio volontario, compresa la possibilità che l'assassino sia stato un conoscente della giovane, secondo dichiarazioni di suo fratello Nicola, riportate dai media;
   per la stampa del primo novembre 2013, ricevuti i soccorsi e in stato di coscienza, la giovane Simona avrebbe detto ai medici di essere stata addirittura violentata, il che potrebbe anche alludere a un tentativo di violenza sessuale respinto dalla ragazza, comunque rimasta vittima di lesioni fatali;
   a sottolineare tale ultima circostanza è stata una zia della giovane, come risulta scorrendo le cronache;
   la famiglia Riso – per quanto raccontato ai giornalisti dall'avvocato di parte Sebastiano Russo – è certa che qualcuno abbia ucciso Simona, il che merita la massima considerazione anche sul piano investigativo;
   secondo l'autopsia, già effettuata, la ragazza è stata gravemente percossa e ciò troverebbe conferma nel racconto di uno dei vicini di casa della ventottenne, che, è precisato in un articolo su Repubblica. it, intorno alle 6 del mattino ha sentito battere contro una finestra, «come se qualcuno chiedesse aiuto»;
   al vaglio del pubblico Ministero Attilio Pisani, titolare dell'inchiesta, risulta, per le notizie della stampa, anche la cartella clinica acquisita presso il suddetto ospedale;
   tra gli aspetti che – secondo le cronache – la famiglia solleciterà di approfondire c’è anche la verifica sull'operato dei sanitari del pronto soccorso del succitato nosocomio –:
   quali iniziative, per quanto di competenza e ferme restando le attribuzioni della magistratura, ritengano di adottare per contribuire a fare luce sui fatti e affinché sia resa al più presto giustizia, così contribuendo ad alleviare il dolore della famiglia di Simona Riso. (4-02428)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO, ZOLEZZI e TRIPIEDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel documento di Aggiornamento del programma infrastrutture strategiche (PIS), a cura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (XI Allegato infrastrutture, aggiornamento settembre 2013), pubblicato in allegato al Documento di economia e finanza si afferma, a proposito delle nuove autostrade previste in project financing, che «bisogna alleggerire il bilancio dello Stato da contributi pubblici già stanziati o da stanziare per la realizzazione di nuove opere autostradali ponendo a carico del concessionario gli oneri finanziari relativi»;
   le grandi opere autostradali della Lombardia, si basano su progetti concepiti senza una visione strategica, in totale latitanza di una programmazione della mobilità, semplicemente sulla scorta di aspettative finanziarie tanto ottimistiche da essere travolte dalla crisi che si è abbattuta su molti altri investimenti di natura speculativa, intrapresi senza adeguata considerazione dei rapporti tra costi e benefici;
   tale incongruenza costituisce il principale «baco» dell'enorme blocco di investimenti (per complessivi 10 miliardi di euro) destinati alla terna BreBeMi-TEM-Pedemontana, opere di cui è ormai chiaro da tempo che gli effetti sulla mobilità regionale o non vi saranno affatto, come nel caso di BreBeMi, o, se vi saranno, serviranno una domanda di mobilità largamente insufficiente in rapporto a quanto ipotizzato per giustificare la copertura dell'investimento;
   l'esortazione del Governo significa che la Tem non può contare sui 350 milioni previsti nel «Decreto del Fare» e che la recente richiesta formalizzata dal presidente della provincia di Milano, di un finanziamento statale straordinario di 590 milioni di euro (da aggiungere al miliardo già speso) per rendere appetibile la Pedemontana agli occhi di ipotetici investitori privati, è semplicemente irricevibile;
   nel documento del Governo si afferma in modo chiaro che i concessionari devono puntare al «recupero di efficienza» da perseguire anche con l'integrazione di concessioni su più tratte della rete esistente, e che tale recupero deve consentire di operare il completamento tecnologico, strutturale e ambientale della rete in concessione d'esercizio;
   l'indicazione del documento governativo, nell'affermare perentoriamente che i relativi oneri finanziari devono essere posti a carico del concessionario, esclude anche l'eventualità di aumenti tariffari sulla rete esistente «perché sarebbero intollerabili per l'economia del Paese», e pertanto non fornisce alcuna via di fuga;
   la regione Lombardia è ormai sbilanciata nell'avviamento di cantieri autostradali sguarniti di garanzie finanziarie;
   ci sono ancora molti margini d'azione e di limitazione del danno, per quanto riguarda larga parte dello sviluppo di TEM e Pedemontana, per rivisitare i progetti alla luce del nuovo quadro delle risorse, per evitare di aprire cantieri destinati a diventare eterni per mancanza di linfa finanziaria, per chiudere cantieri senza futuro, per evitare di assistere impotenti a inutili scempi di territorio e a evitabili sprechi di risorse ambientali ed economiche, e per dirottare risorse, le poche realmente disponibili, verso la risoluzione delle vere criticità e dei colli di bottiglia della rete regionale della mobilità –:
   se il Governo intenda compiere passi in questa direzione, con adeguata determinazione e con la consapevolezza che ad essere in gioco è una parte assolutamente rilevante delle aspettative di sviluppo della regione Lombardia. (5-01382)


   CARRESCIA e BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il collegamento stradale tra il porto di Ancona e l'autostrada A14, tramite la bretella di collegamento alla variante alla strada statale n. 16, è opera di fondamentale importanza per l'economia delle Marche. Il collegamento stradale tra il porto di Ancona e l'autostrada A14, il cui costo complessivo è di 574,5 milioni di euro, è compreso nel 1o programma delle infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale del 2001, valenza confermata nel documento «Infrastrutture prioritarie» del MIT del 2006 e fa parte dell’«Intesa generale quadro» sottoscritta tra la regione Marche e la Presidenza del Consiglio dei ministri;
   il progetto preliminare, redatto dall'Anas nel 2005, è stato inserito nel master plan delle opere da realizzare mediante l'istituto del project financing che, alla fine dell’iter, è stato aggiudicato al promotore, l'ATI Impregilo – Astaldi – Pizzarotti – Itinera ed approvato dal CIPE nel maggio 2010. Nel 2011 l'Agenzia per le infrastrutture stradali ed autostradali che opera all'interno del MIT ha sostituito l'Anas in qualità di stazione appaltante. Nonostante il tempo trascorso ed i continui solleciti sia della regione Marche sia del comune di Ancona sia con diverse interrogazioni parlamentari (ancora senza risposta) non è stata ancora firmata la Convenzione con l'ATI Impregilo – Astaldi – Pizzarotti – Itinera;
   la realizzazione di tale infrastruttura autostradale è elemento indispensabile per adottare qualsiasi scelta di programmazione delle attività del Porto di Ancona; al tempo stesso, una efficace e autorevole governance dell'Autorità portuale è fattore cruciale per un rapido completamento dei lavori per la realizzazione dell'opera in questione;
   tuttavia, la situazione del sistema portuale di Ancona si sta aggravando oltre che per la mancanza di adeguati collegamenti con la grande viabilità nazionale, anche per la mancata nomina del presidente dell'autorità portuale che è commissariata dal maggio scorso privando la realtà locale di un interlocutore forte ed autorevole;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto del 7 maggio 2013 ha nominato l'avvocato Luciano Canepa quale commissario straordinario dell'autorità portuale dorica «fino alla nomina del presidente e comunque per un periodo non superiore a sei mesi decorrenti dall'8 maggio 2013». Il Commissario attuale è anche il presidente uscente dell'Autorità portuale di Ancona, scaduto nel marzo scorso, la nomina del quale a suo tempo era stata enfatizzata come foriera di impegni di finanziamento di rilevanti opere portuali per oltre 210 milioni da parte dell'allora Ministro Matteoli, impegni del tutto disattesi;
   la nomina del Commissario è avvenuta sebbene gli enti locali avessero provveduto dal gennaio scorso alla comunicazione della terna prevista dalla legge. Nella terna, si evidenzia, è inserito anche l'attuale presidente della camera di commercio di Ancona, sulla cui indicazione c’è piena convergenza, di recente pubblicamente ribadita, da parte di regione Marche, provincia e comune di Ancona nonché delle forze politiche e delle associazioni locali di categoria;
   il porto internazionale di Ancona ha un ruolo fondamentale per lo sviluppo della regione Marche nonché strategico nel contesto dei rapporti fra l'Italia con i Paesi dei Balcani e con tutta la regione macro-Adriatica;
   è quindi necessario un governo dell'autorità portuale non più affidato ad una gestione commissariale bensì agli ordinari organi previsti dalla legge stante le forti connessioni fra l'attività dell'Autorità portuale e le opere da realizzare, fra le quali, il citato collegamento Porto-Autostrada;
   è perciò importante che la scelta sia effettuata al più presto;
   a pochi giorni dalla scadenza della gestione commissariale (8 novembre 2013) non risulta però neppure deferita dal Ministero delle infrastrutture e trasporti alla competente Commissione parlamentare la richiesta di parere propedeutica alla nomina del nuovo presidente dell'autorità portuale di Ancona –:
   se il Ministro ritenga di assumere un'iniziativa urgente per giungere entro il corrente mese alla firma della convenzione con l'ATI Impregilo – Astaldi – Pizzarotti – Itinera relativa all'opera viaria di collegamento fra il porto di Ancona e l'autostrada A14, adottando, in questo quadro un'iniziativa altrettanto urgente per procedere alla nomina del nuovo presidente dell'autorità portuale di Ancona, che, ad avviso dell'interrogante, costituisce un passaggio indispensabile anche per una rapida realizzazione dell'infrastruttura autostradale in questione. (5-01383)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VEZZALI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la gestione amministrativa e commerciale del porto di Ancona è affidata all'autorità portuale istituita ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 84 del 1994, quale personalità giuridica di diritto pubblico;
   gli organi dell'autorità portuale sono indicati dal successivo articolo 7 della citata legge, mentre l'articolo 8 disciplina le modalità di nomina del presidente;
   la legge prescrive che il Ministro competente nomini il presidente dell'autorità portuale previa intesa con la regione, nell'ambito di una terna di qualificati esperti designati dalla provincia, dai comuni interessati e dalla camera di commercio nell'ambito territoriale della autorità portuale;
   il Ministro ha la facoltà di non tenere conto della prima terna richiedendone una successiva nell'ambito della quale effettuare la nomina. Solo qualora non pervenga la seconda terna nei termini previsti dalla normativa vigente, il Ministro nomina il presidente di intesa con la regione (Corte Costituzionale – sentenza n. 339 del 2005);
   nonostante gli enti preposti abbiano provveduto nel mese di novembre 2012 a fornire le necessarie candidature relative alla nomina del presidente dell'autorità portuale di Ancona, il Ministro non ha fatto richiesta di una seconda terna, ai sensi dell'articolo 8, commi 1 e 1-bis della legge n. 84 del 1994, ma ha nominato in data 7 maggio 2013 con proprio decreto un commissario;
   è evidente ad avviso dell'interrogante che il commissariamento del porto di Ancona non è conforme alla legge in vigore ed, in particolare, al citato articolo 8, vista la presenza di una terna proposta già a novembre 2012;
   il porto internazionale di Ancona ha necessità di una governance autorevole, espressione del territorio sia nella figura del presidente che dei suoi organi, che comunque risultano decaduti al termine del mandato quadriennale;
   fondamentale è che il presidente sia espressione della realtà socio economica del territorio, con propria residenza in ambito provinciale anche al fine di contenere le spese di incarico, e che possa con immediatezza contribuire alla realizzazione di opere strategiche già in corso d'opera e contribuire allo sviluppo commerciale dello scalo dorico –:
   quali siano i motivi di questo notevole ritardo nella nomina del presidente della autorità portuale di Ancona, se corrisponda al vero l'intenzione di procedere senza intesa con la regione alla nomina di un presidente esterno di cui già circolerebbe il nome e quali siano i motivi della scelta al di fuori della terna e delle indicazioni degli enti locali. (5-01377)


   AGOSTINELLI, FERRARESI, BUSINAROLO, CECCONI e TERZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sul Messaggero Ancona del 5 novembre 2013, un articolo dal titolo «uscita a ovest, Impregilo alla resa dei conti», illustra che dopo l'ultimatum lanciato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti all'impresa Impregilo è attesa a giorni la risposta della cordata di imprese «Entro la settimana è atteso un incontro a Roma tra i responsabili del Ministero e un rappresentante di Impregilo per chiudere la partita: o si firma il contratto d'appalto o scattano le sanzioni e le penali per le imprese che hanno vinto la gara. Inoltre – continua l'articolo – Sarebbe questo l'aut aut che il Ministero ha posto alla cordata di imprese vincitrici della gara del project financing, grazie alla proposta a costo zero per lo Stato. A confermare la situazione era stato lo stesso Ministro al Messaggero venerdì scorso. Impregilo ha fatto delle osservazioni in merito alla convenzione a cui stiamo rispondendo in modo puntuale – ha dichiarato il Ministro Lupi –. L'opera si deve realizzare, è un impegno che abbiamo preso. Siamo in ritardo, ma sono certo che entro novembre la questione sarà risolta»;
   come già illustrato nelle precedenti interrogazioni presentate dagli interroganti, ancora senza risposta da parte del Governo, la questione riguarda la «storica firma» della convenzione per l'uscita a ovest, annunciata come avvenuta il 26 agosto 2013, successivamente smentita ma data per certa entro il 15 settembre, anch'essa smentita ma data per sicura entro il 20 ottobre, termine anch'esso spirato senza esito. Firma che riguarda una convenzione per la redazione del progetto esecutivo dell'infrastruttura da realizzare nel territorio del comune di Ancona: la bretella di collegamento tra il porto di Ancona e la grande viabilità (A14 e SS16);
   tutto ciò, ad avviso degli interroganti, rappresenta l'ennesima scarsa informazione nei confronti dei cittadini e del consiglio comunale della città che ha chiesto invano informazioni corrette e trasparenti su una strada che costa circa 500.000.000 di euro e attraversa l'area della «grande frana di Ancona» che 31 anni fa ha distrutto tre quartieri: due ospedali e un ospizio, l'università, la caserma della polizia stradale e centinaia di abitazioni e decine di imprese –:
   se la firma riguardi la convenzione per la progettazione dell'opera o il contratto d'appalto;
   se risponda al vero che a Impregilo e associate siano state preannunciate, in caso di mancata firma, sanzioni e penali, in base a quali normative e con quali atti;
   come e quando si intendano fornire le informazioni richiesi all'unanimità del Consiglio comunale oltre un mese fa (16 settembre 2013, n. 59). (5-01395)

Interrogazione a risposta scritta:


   L'ABBATE, LIUZZI, DE LORENZIS, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SCAGLIUSI, GAGNARLI, CRISTIAN IANNUZZI, TURCO, NICOLA BIANCHI, DE ROSA, PARENTELA, MASSIMILIANO BERNINI e D'UVA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dalle statistiche reperite (statistiche passeggeri e veicoli dal 1995 al 2011 – Fonte: «Avvisatore Marittimo di Brindisi») l'implementazione dell'autorità portuale, prevista dalla legge n. 84 del 1994, ha coinciso con l'inizio del declino del porto di Brindisi con la quasi scomparsa del traffico nobile e veicoli in favore di altri porti vicini, la diminuzione delle merci (fatto salvo per le merci obbligate, ma meno nobili, come carbone e gpl) e la perdita di competitività;
   in data 7 giugno 2011, con decreto ministeriale del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti su designazione dell'allora sindaco D. Mennitti, viene nominato presidente dell'autorità portuale il greco Hercules Haralambides;
   il candidato brindisino alla presidenza, ingegner Calogero Casilli, designato nelle terne della provincia e della camera di commercio, ha proposto ricorso al Tar di Lecce contro la nomina del presidente Haralambides sulla base dell'assunto che un cittadino non italiano seppur comunitario non potesse assumere la carica di presidente di un'autorità portuale;
   in data 21 marzo 2012, il comitato portuale dell'autorità brindisina ha riconfermato alla carica di segretario generale dell'ente Nicola Del Nobile, già segretario generale durante la gestione del precedente presidente dell'autorità portuale di Brindisi, Giuseppe Giurgola;
   il Tar di Lecce, accogliendo il ricorso dell'ingegner Casilli, sentenziava che «si deve ritenere che la cittadinanza italiana sia un requisito indispensabile per accedere alla carica di Presidente dell'Autorità portuale». L'esito comporta la nomina, dal luglio 2012, dell'Ammiraglio Ferdinando Lolli come commissario dell'autorità Portuale di Brindisi;
   in data 9 gennaio 2013, il Consiglio di Stato ha concesso la sospensiva della sentenza del Tar di Lecce in favore di Haralambides e ha rinviato la decisione alla Corte di Giustizia dell'Unione europea. Contestualmente, Haralambides è ritornato a rivestire la carica di presidente dell'autorità portuale, priva però del segretario generale Nicola Del Nobile che il 28 febbraio 2013 presenta le dimissioni;
   in data 13 settembre 2013, l'ordine del giorno del Comitato Portuale previsto per il 18 settembre, viene integrato con proposta per la nomina di segretario generale del dottor Cosimo Casilli (di professione farmacista ed ex parlamentare del Partito Democratico, già dirigente della provincia di Lecce). Una proposta di nomina effettuata a giudizio degli interroganti ignorando i dettami in merito alle competenze stabiliti dalla legge n. 84 del 1994;
   in data 18 settembre 2013, il Comitato portuale ha bocciato il rendiconto consuntivo 2012 dell'Autorità portuale di Brindisi a causa di alcune poste di bilancio relative alle premialità (oltre 700.000 euro) ai dipendenti dell'Authority, elargite saltando il parere dell'organo collegiale e non prevedendo alcun tipo di trasparenza nel conferimento di queste somme (fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno, 19 settembre 2013, pagina 26), mentre la nomina del segretario generale viene rinviata;
   in data 18 marzo 2013, alcuni membri del Comitato portuale hanno presentato una richiesta di «trasparenza amministrativa», lamentando «un'eccessiva riservatezza dell'Ente, con particolare riferimento ai Decreti Presidenziali». In data 22 marzo 2013, la presidenza del Comitato portuale ha risposto affermando che l'accesso agli atti amministrativi, per verificarne la legittimità, da chiunque richiesto (sia esso cittadino, associazione o impresa), deve essere dettato dalla legge n. 241 del 1990, per possibili profili di riservatezza;
   nel mese di maggio 2013 è stata completata una petizione cittadina a titolo «Trasparenza degli atti dell'Autorità Portuale» di Brindisi con la quale si chiedeva di rendere pubblici i seguenti atti (passati e futuri): decreti presidenziali, preventivi di spesa, consuntivi di spesa, elenco fornitori dell'Ente. Veniva richiesta, altresì, la creazione di un albo pretorio dell'ente, consultabile on-line, con lo scopo di rendere pubblici tutti gli atti dello stesso ente;
   la trasparenza per la pubblica amministrazione è prevista dal decreto legislativo n. 33 del 14 marzo 2013 che all'articolo 1, comma 2, recita «La trasparenza, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali misure intenda adottare alla luce del protrarsi dello stato di non trasparenza dell'ente, in contrasto con la normativa vigente nonché con le richieste del comitato cittadino;
   se il Ministro interrogato ritenga opportuno che le nomine relative al presidente e agli organici dell'autorità portuale siano stabilite dopo una selezione basata sul merito e sulle competenze. (4-02423)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BLAZINA. — Al Ministro dell'interno, Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la legge 14 febbraio 2001, n. 38 «Legge di tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli Venezia Giulia», all'articolo 10, prevede che nei comuni, inseriti nella tabella di cui all'articolo 4 della stessa legge e confermati con decreto del presidente della regione Friuli Venezia Giulia, tutte le indicazioni toponomastiche e la segnaletica stradale devono riportare, in aggiunta a quella italiana, anche la lingua slovena;
   in seguito ad una verifica svolta emerge che in particolare sulle autostrade gestite da Autovie venete le disposizioni di cui sopra non vengono rispettate;
   le motivazioni che la stessa azienda ha fornito in merito a tale comportamento si basano su un presunto obbligo di richiedere una speciale autorizzazione al Ministero competente e comunque sull'impossibilità di usare la segnaletica bilingue sulle autostrade per non meglio precisati motivi di sicurezza pubblica. Tali sono state le motivazioni addotte da parte della società Autovie venete anche nel recente incontro convocato presso la prefettura di Gorizia per dirimere tale problema;
   tale situazione è in contrasto con le norme di tutela della minoranza linguistica slovena e lede i diritti riconosciuti da norme internazionali, nazionali e regionali;
   nella regione Trentino Alto Adige tutte le tabelle toponomastiche e tutta la segnaletica, anche quella posta sulle autostrade, è rigorosamente bilingue e cioè in italiano e tedesco;
   la stessa prassi è in uso anche nei tratti autostradali in Slovenia e Croazia nelle zone in cui è presente la minoranza linguistica italiana –:
   se il Ministro sia stato debitamente informato di tale problema e in particolare se l'interpretazione della società Autovie venete sia fondata e, nel qual caso, se non si ravvisi una palese disparità di trattamento a danno della minoranza slovena presente nel Friuli Venezia Giulia, rispetto ad altre minoranze linguistiche riconosciute dall'ordinamento nazionale;
   quali iniziative intenda adottare per individuare le opportune soluzioni per dare adeguata e piena attuazione alla legge n. 38 del 2001. (5-01380)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni articoli apparsi oggi sui quotidiani, si apprende che il Ministero dell'interno ha disposto lo sgombero parziale del Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d'Isonzo (Gorizia) e il trasferimento, già in queste ore; di 38 immigrati nell'analoga struttura di Trapani;
   tale centro è stato, di fatto, reso inagibile e piraticamente distrutto dagli stessi clandestini lì ospitati nel corso delle numerose e violente rivolte scoppiate negli ultimi mesi;
   sempre secondo agenzie di stampa, per 12 clandestini ospitati nel centro «in queste ore sono state accelerate le operazioni di rimpatrio o di allontanamento»;
   secondo alcune indiscrezioni che si sono susseguite negli ultimi giorni e che vengono riportate anche dai quotidiani, tale decisione del Ministro dell'interno non sarebbe finalizzata al ripristino in tempi celeri della funzionalità del Centro di identificazione ed espulsione bensì sarebbe il primo passo verso una sua temporanea chiusura, come da tempo chiede il centrosinistra sia a livello nazionale che locale, ad esempio la governatrice Serracchiani;
   a seguito di tale decisione e senza una chiara presa di posizione da parte del Ministro dell'interno, il sindaco Franco Tommasini infatti ha dichiarato alla stampa che «La chiusura mi sembrerebbe in questo momento un passaggio logico», alla luce anche del fatto che al Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca, che ospitava circa una sessantina di persone, sono rimasti non più di dieci clandestini ancora in attesa di rimpatrio;
   Angelo Obit, segretario provinciale del Sindacato autonomo di polizia/Sap ha rilasciato alla stampa le seguenti dichiarazioni «A quanto pare quella presa a Roma è una decisione politica, non operativa. Di fatto lo Stato si arrende a chi ha devastato il centro. Il messaggio che passa con questo provvedimento è che con la violenza si può ottenere tutto»;
   è la stessa direttiva comunitaria 2008/115, cosiddetto appunto rimpatri, a prevedere la necessaria presenza e operatività in territorio nazionale dei Centri di identificazione ed espulsione e la permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione è condizione necessaria per procedere all'identificazione del clandestino e al suo effettivo –:
   se corrisponda al vero quanto riportato dai quotidiani; in particolare quali siano le reali interazioni del Ministro dell'interno con riguardo al Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca e se ritenga opportuno non solo mantenere tale struttura ma renderla operativa il prima possibile;
   quali siano esattamente e a quanto ammontino i danni causati dagli immigrati clandestini ospitati nel centro, se siano stati identificati gli autori dei danneggiamenti alla struttura, quanti di questi avevano già precedenti penali e per quali reati, quali provvedimenti siano stati adottati nei loro confronti a seguito degli atti di devastazione del centro e da quanto fossero ospitati nel Centro di identificazione ed espulsione;
   entro quanto tempo il Ministro abbia previsto di concludere i lavori di riparazione e quando rimetterà in funzione il Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca;
   se i 12 clandestini per i quali sono state «accelerate le operazioni di rimpatrio di allontanamento» siano stati effettivamente già rimpatriati o si trovino ancora in territorio nazionale e dove e, in tale ultimo caso, quando avverrà il loro effettivo rimpatrio;
   quando verranno rimpatriati tutti i clandestini trasferiti ora al centro di Trapani. (4-02413)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le esigenze cui il servizio di polizia locale fa fronte sono in costante crescita, specialmente nel campo della sicurezza urbana e del mantenimento dell'ordine pubblico;
   sarebbe conseguentemente opportuno prevedere la possibilità che il personale della polizia locale possa disporre, oltre che dell'arma corta, anche di armi non letali come gli spray alla capsina ed il bastone estensibile;
   rende problematico l'ampliamento delle armi in dotazione a questi strumenti non letali il modo il cui è formulato il decreto ministeriale n. 145 del 14 marzo 1987;
   una soluzione potrebbe consistere nell'inserimento all'interno del predetto decreto ministeriale di una disposizione che stabilisca che l'armamento in dotazione agli addetti al servizio di polizia municipale può essere integrato con spray alla capsina e bastone estensibile, mediante delibera della giunta comunale territorialmente competente;
   rappresenta altresì un problema avvertito dal personale della polizia locale la circostanza che il porto d'arma di servizio sia limitato strettamente all'ambito territoriale di competenza, al contrario di quanto capita per le guardie giurate e gli stessi privati cittadini –:
   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle circostanze generalizzate nella premessa ed in particolare sull'opportunità di modificare nel senso indicato le disposizioni del decreto ministeriale n. 145 del 14 marzo 1987 e di assumere iniziative per rimuovere i limiti territoriali attualmente gravanti sul porto d'arma di servizio di cui fruisce il personale delle polizie locali. (4-02415)


   BARBANTI, NICOLA BIANCHI, DE ROSA, PARENTELA, TONINELLI, CECCONI, ALBERTI, ROSTELLATO, D'UVA, CRISTIAN IANNUZZI, BECHIS, BUSINAROLO, BALDASSARRE, DE LORENZIS, GRILLO, DIENI, CANCELLERI, PISANO, LOMBARDI, BARONI e MARZANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 15 maggio 2013 un incendio di matrice dolosa distruggeva a Gallico, comune alla periferia di Reggio Calabria, il centro sociale CSOA «Cartella»;
   il 16 settembre 2013 alla Chiesa Ortodossa di Sbarre, alla periferia sud di Reggio Calabria, veniva appiccato il fuoco mentre il parroco celebrava la funzione;
   secondo quanto osservato solo negli ultimi giorni, nella città di Reggio Calabria:
    in data 24 ottobre viene data alle fiamme l'auto del presidente dell'Associazione nazionale costruttori edili della provincia di Reggio Calabria, Francesco Siclari;
    il 25 ottobre viene data alle fiamme l'auto di Lucio Dattola, presidente della camera di Commercio di Reggio Calabria e di UnionCamere Calabria, che proprio poche ore prima aveva promosso un incontro tra tutte le associazioni antiracket e antiusura e i rappresentanti istituzionali per condividere un programma di intervento finalizzato a creare una «rete per la legalità»;
    il 28 ottobre viene abbandonata davanti alla procura di Reggio Calabria una bottiglia incendiaria ed un accendino, a non più di dieci metri dalla camionetta dell'esercito che presidia continuativamente gli uffici della procura generale e il tribunale (misura di sicurezza disposta dopo gli attentati del 2010 quando, oltre alla bomba di Via Cimino, veniva fatto esplodere un ordigno sotto l'abitazione del procuratore generale, Salvatore Di Landro, e fu fatto ritrovare un bazooka nei pressi della sede della direzione distrettuale antimafia);
    nella notte tra il 3 ed il 4 di novembre 2013 è stato dato alle fiamme il museo dello strumento musicale;
   quest'ultimo era nato nel 1996 per volere di un medico reggino, Demetrio Spagna, fondatore dell'Associazione che si occupava di promuovere la ricerca, la catalogazione, la raccolta e la conservazione di strumenti popolari provenienti da tutto il mondo, oltre che della gestione dei relativi spazi espositivi;
   la collezione del museo reggino era arrivata a raggiungere il considerevole numero di circa 800 esemplari di strumenti musicali, andati distrutti questa notte unitamente ad una biblioteca che raccoglieva libri antichi e una preziosa collezione di spartiti musicali in copia unica;
   l'insieme di questi gesti spregevoli, per l'eterogeneità degli obiettivi, interessa la società civile nella sua più ampia accezione –:
   se sia a conoscenza dell’escalation dei fatti criminosi esposti in premessa;
   quali siano le misure che intende adottare per scongiurare questa progressione di fatti criminosi vista la palese inadeguatezza di quelle previste allo stato attuale;
   con quale tempistica intenda provvedere, data l'importanza della città di Reggio Calabria e il suo prossimo interessamento ad elezioni amministrative comunali – dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose – al fine di dare ai cittadini, per quanto di competenza, il più rapido sollievo da questa obiettiva strategia della tensione, che mina il clima sociale ed è passibile di turbare e distorcere il consenso che verrà prestato alle urne.
(4-02421)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GHIZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ha istituito l'abilitazione scientifica nazionale per le funzioni di professore universitario di prima e di seconda fascia;
   con decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, è stato emanato il regolamento concernente il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale;
   la prima tornata per il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale è stata bandita con decreto direttoriale n. 222 del 20 giugno 2012;
   l'articolo 8, comma 6, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 222 del 2011 aveva fissato il termine per la conclusione dei lavori delle commissioni giudicatrici per il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale cinque mesi e sessanta giorni dopo la pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale, scaduto il quale si sarebbe provveduto alla sostituzione della commissione;
   l'articolo 1, comma 389, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, aveva reso possibile prorogare, mediante specifico decreto direttoriale, il termine di cui sopra, relativamente alla prima tornata, al massimo fino al 30 giugno 2013; inoltre, il comma 394 del medesimo articolo stabiliva che anche il termine massimo del 30 giugno 2013, poteva essere ulteriormente prorogato, mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, al massimo fino al 31 dicembre 2013;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 19 giugno 2013 il termine massimo del 30 giugno 2013 è stato spostato al 30 settembre 2013;
   con ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 26 settembre 2013 il termine massimo del 30 settembre 2013 è stato spostato al 30 novembre 2013;
   con decreto direttoriale n. 47 del 9 gennaio 2013 il termine per la conclusione dei lavori delle commissioni giudicatrici è stato fissato al 30 aprile, 31 maggio e 30 giugno 2013 a seconda del numero dei candidati nei singoli settori concorsuali;
   con decreto direttoriale n. 1263 del 28 giugno 2013 il termine per la conclusione dei lavori delle commissioni giudicatrici è stato fissato al 23 settembre ovvero al 30 settembre 2013, a seconda del numero dei candidati nel singolo settore concorsuale;
   con decreto direttoriale n. 1718 del 20 settembre 2013 il termine del 23 settembre 2013 sopra citato è stato prorogato al 30 settembre 2013;
   con decreto direttoriale n. 1767 del 30 settembre 2013 il termine del 30 settembre 2013 è stato prorogato al 30 novembre 2013 per tutti i settori concorsuali;
   con decreto direttoriale n. 161 del 28 gennaio 2013, è stata bandita la seconda tornata per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale, con scadenza per la presentazione delle domande fissata al 31 ottobre 2013;
   i candidati alla prima tornata, non potendo conoscere in tempo utile l'esito della loro prima domanda di abilitazione, sono stati costretti a ripresentare la domanda di abilitazione per la seconda tornata;
   a norma dell'articolo 16, comma 3, lettera m) della legge n. 240 del 2010, risulta preclusa per un biennio la possibilità di ripresentare domanda di abilitazione (per qualunque fascia) a quei candidati che non avessero conseguita l'abilitazione;
   tale preclusione era basata sul fatto che la medesima legge stabilisce che ogni tornata si concluda entro cinque mesi dall'indizione e quindi non potrebbero verificarsi sovrapposizioni tra le successive tornate annuali, mentre tale termine di legge si è rivelato impossibile da rispettarsi già per la prima tornata;
   con nota ministeriale n. 3209 del 14 febbraio 2013, quindi mentre la procedura di valutazione da parte delle commissioni giudicatrici era già in corso, tutti i candidati venivano inusualmente invitati a verificare la correttezza dei codici biblioteconomici delle pubblicazioni inserite a suo tempo nella domanda di partecipazione, ovvero anche a inserire quelli mancanti, con preciso riferimento, per quanto riguarda i settori cosiddetti «bibliometrici», ai codici di identificazione delle pubblicazioni relativi a due sole banche dati internazionali, per la precisione ISI e SCOPUS, di proprietà rispettivamente di Thomson-Reuters e di Elsevier, cioè delle due maggiori case editrici scientifiche internazionali, senza tener conto di altre banche dati internazionali di importante rilievo per determinate aree scientifiche;
   il succedersi delle proroghe e l'accavallarsi delle normative è testimonianza diretta dell'estrema farraginosità e della difficile verificabilità delle procedure fissate per il conseguimento dell'abilitazione, col risultato che si è diffusa una grande incertezza sia tra i commissari che tra i candidati;
   nella mozione n. 1-01152, presentata il 26 settembre 2012 dall'onorevole Mazzarella e firmata da deputati di quasi tutti i gruppi parlamentari, veniva già segnalato al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca pro tempore che il cosiddetto «criterio della mediana» per il conseguimento dell'abilitazione individuato dal decreto ministeriale n. 76 del 7 giugno 2012 appariva essere debole sia statisticamente che culturalmente, almeno secondo il giudizio di settori vasti e importanti delle comunità scientifiche nazionali e internazionali;
   con nota circolare n. 754 dell'11 gennaio 2013, rivolta principalmente a commissari e candidati, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca pro tempore cercava di chiarire molti aspetti controversi della normativa procedurale e, in particolare, il fatto che il superamento dei criteri delle mediane non potesse essere considerato né sufficiente per conseguire l'abilitazione in presenza di un giudizio complessivo negativo, né necessario per conseguire l'abilitazione in presenza di un giudizio complessivo positivo;
   ciò nonostante la situazione è rimasta di grande incertezza sia per i commissari che per i candidati mentre si susseguono le prese di posizione critiche sulla procedura tecnica fissata per il conseguimento dell'abilitazione –:
   se il Ministro non ritenga opportuno un intervento di chiarimento definitivo sui molti aspetti controversi o dubbi delle procedure per il conferimento dell'abilitazione nella prima tornata, nonché sull'eventuale modifica dei criteri e parametri fissati per il suo conseguimento nelle tornate successive;
   quale sia la posizione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sui temi specifici sollevati in premessa, in particolare per quanto riguarda il sovrapporsi della seconda tornata con la prima e il divieto ai candidati non abilitati di ripresentare domanda. (5-01378)

Interrogazione a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto musicale pareggiato Pergolesi di Ancona versa in una drammatica situazione;
   il comune di Ancona ha rivolto con una lettera un accorato appello al Ministro interrogato perché è il solo soggetto ad avere in mano il destino dell'istituto;
   attualmente l'Istituto musicale pareggiato Pergolesi ha un commissario ministeriale dimissionario e un commissario, il direttore del conservatorio di Pesaro, in scadenza al 31 ottobre, e quindi allo stato, l'istituto, alla vigilia dell'inizio dei corsi accademici, previsto il 4 novembre 2013, è privo di un direttore e di certezze per l'avvio del percorso per l'anno 2013/2014 –:
   quali azioni urgenti intenda intraprendere al fine di garantire l'avvio dei corsi, per un prestigioso e attrezzato l'istituto quale è il Pergolesi di Ancona e una delle eccellenze musicali come il conservatorio di Pesaro. (4-02406)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BELLANOVA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante in data 25 luglio 2012 con atto n. 5-07543 ha posto al Governo il problema dei lavoratori della banca MPS che aveva annunciato un processo di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale, con il piano di impresa 2012-2015, facendo emergere non poche preoccupazioni tra i lavoratori operanti presso il gruppo;
   da più di un anno e mezzo, vale a dire da quando il gruppo MPS ha annunciato l'esternalizzazione del back office della banca, i lavoratori coinvolti in questo piano hanno convissuto con lo spettro della precarizzazione della loro vita e della possibile espulsione dall'azienda;
   il 15 di ottobre 2013 il gruppo MPS ha ufficializzato la lista degli «esternalizzati»;
   da quello che emerge a mezzo stampa e dalle note divulgate dai lavoratori sembrerebbe che il territorio salentino sia particolarmente penalizzato da questa operazione. L'operazione inizialmente prevedeva il coinvolgimento potenziale di una platea di 2058 lavoratori, tutti appartenenti alla divisione denominata Daaca, allocati su 7 diversi poli (Siena, Lecce, Milano, Padova, Roma, Firenze e Mantova);
   l'istituto, come riporto da una nota dei lavoratori, ha successivamente definito il perimetro del soggetti da esternalizzare: 1.085 unità, il 52 percento del totale. Ciò che ha particolarmente colpito è che la percentuale delle persone interessate dalla cessione nel territorio salentino sarebbe quasi del 70 percento. Quindi sono 182 su 267 i lavoratori salentini che fuoriuscirebbero dall'istituto e tanti quelli che, come denunciato dai lavoratori, sarebbero a rischio licenziamento a causa dell'età media, che a differenza degli altri poli coinvolti, risulta essere piuttosto bassa (circa 45 anni) e quindi lontana da prepensionamenti;
   inoltre, i lavoratori nella nota asseriscono che «la banca ha inizialmente sostenuto che la nuova società sarebbe nata da una partnership con un altro soggetto, e che avrebbe sempre visto il Monte dei Paschi come azionista. L'attuale situazione, invece, vede come unici soggetti interessati a divenire azionisti di questa nuova società due aziende non bancarie, Bassilichi e Accenture. La banca si è di fatto defilata, e se per un anno ha sostenuto con mercato e lavoratori che non avrebbe esternalizzato, ma solo “societarizzato” mille dipendenti con le relative attività, oggi a pochi giorni dalla realizzazione del progetto, scopre le carte e scompare dalla compagine azionaria del nuovo soggetto»;
   dalle informazioni raccolte dai lavoratori sembrerebbe che le società interessate all'acquisizione delle attività oggetto di esternalizzazione non siano nelle condizioni di offrire garanzie adeguate in una prospettiva di lungo termine. Nello specifico, infatti, Bassilichi sarebbe un gruppo composto, ad oggi, da circa 1.100 dipendenti per i quali pare siano in atto procedure di riduzione dell'orario di lavoro, di cassa integrazione e solidarietà. Accenture sembrerebbe essere una società da anni interessata ad operazioni di outsourcing che pare abbiano portato alla precarizzazione di molti lavoratori (esempio vertenza lavoratori Tess);
   i lavoratori lamentano nella nota stampa che «non si parla di piano industriale, ma semplicemente di taglio dei costi operato solo sul personale» e si chiedono, inoltre, come sia possibile che «MPS ceda le attività ed i lavoratori che le svolgono, ad una nuova società che promette di fornire a Bmps le stesse attività, con lo stesso personale, dietro il pagamento di un canone ben più basso del costo del personale stesso»;
   il territorio salentino vive, purtroppo, un periodo durissimo nel quale tante sono le vertenze aperte che hanno visto traumaticamente fuoriuscire lavoratori in età «difficile», vale a dire non più giovani, ma non prossimi al pensionamento e dunque difficilmente ricollocabili. Una ulteriore emorragia occupazionale comporterebbe un costo troppo alto da pagare per il Salento e per le sue forze occupazionali ed economiche –:
   se i Ministri interrogati, dato quanto sopra riportato, non ritengano opportuno ed urgente istruire un tavolo interministeriale che veda protagonisti tutti i soggetti interessati al fine di individuare ogni possibile strada che abbia come interesse preminente la salvaguardia dei livelli occupazionali. (5-01390)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 24 dicembre 2007, n. 247, «Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale» al punto 77 modifica l'articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184, e introduce nel comma 5-bis della stessa legge la facoltà di riscatto degli anni per il conseguimento della laurea per i soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza che non abbiano iniziato l'attività lavorativa. In tale caso, il contributo è versato all'INPS in apposita evidenza contabile separata e viene rivalutato secondo le regole del sistema contributivo, con riferimento alla data della domanda. Il montante maturato è trasferito, a domanda dell'interessato, presso la gestione previdenziale nella quale sia o sia stato iscritto;
   molti giovani che hanno aderito, allorché inoccupati, con il supporto dei genitori a riscattare gli anni di laurea potrebbero aver trovato lavoro all'estero ed essere iscritti presso un regime pensionistico di uno Stato europeo o delle istituzioni europee e in futuro non avere una posizione contributiva da occupati in Italia, vista l'alta percentuale di disoccupazione giovanile in Italia;
   la legge prevede che «Il montante maturato è trasferito, a domanda dell'interessato, presso la gestione previdenziale nella quale sia o sia stato iscritto»;
   inoltre, i contributi sono versati all'INPS in apposita evidenza contabile separata ed esiste una normativa per il trasferimento dei contribuiti tra l'INPS e la previdenza delle istituzioni europee e viceversa –:
   quali iniziative intenda porre in essere per venire incontro ai giovani citati in premessa e se sia a conoscenza di eventuali disposizioni per il trasferimento, intraprese dall'INPS e su richiesta degli interessati, in merito ai contributi versati alla previdenza delle istituzioni europee. (4-02407)


   GRIMOLDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nonostante i numerosi interventi da parte di Governi e Parlamenti, sia in ambito comunitario che internazionale, le problematiche relative al rispetto dei diritti umani, della tutela del lavoro, della sicurezza e della concorrenza sono ancora irrisolte in diversi Paesi del mondo;
   in particolare, in Cina, secondo la Laogai rezarch foundation, esistono almeno 1.045 campi di rieducazione, i cosiddetti «laogai», in cui sono detenuti fra i 4 e i 6 milioni di individui, tra cui i dissidenti politici, i sostenitori del sistema democratico, i religiosi e i leader di minoranze etniche, che lavorano fino a 18 ore al giorno, subendo maltrattamenti e torture; lo scopo di questi campi di sfruttamento legalizzato è quello di fornire un'enorme massa di forza lavoro che alimenti le produzioni cinesi a bassissimo costo;
   i prodotti cinesi sono spesso citati nelle cronache giornalistiche per la pericolosità e per i danni alla salute; tra questi si citano i cellulari bombe, gli acciai radioattivi, i giocattoli tossici, i farmaci contraffatti, i cibi nocivi e altri;
   l’import dalla Cina, oltre a creare problemi alla salute, ha anche messo in crisi la nostra economia, ed in particolare quella delle piccole e medie imprese del nord, che sono state costrette a delocalizzare in quanto non più in grado di affrontare la concorrenza sleale delle imprese cinesi;
   i dazi doganali potrebbero essere uno strumento utile, da un lato, per tutelare le imprese ed i lavoratori e, dall'altro, per evitare che vengano immessi nel mercato prodotti contraffatti, di bassissima qualità e nocivi per la salute –:
   quali azioni il Governo intenda intraprendere per tutelare le imprese ed i lavoratori italiani dalla concorrenza sleale cinese, per contrastare la crisi economica che sta colpendo duramente il nostro Paese e per arginare la disoccupazione ormai giunta a livelli insostenibili.
(4-02414)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PARENTELA, GALLINELLA, LUPO, GAGNARLI, L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI e BENEDETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'attività di pesca nel nostro Paese si svolge nel quadro degli indirizzi strategici stabiliti dalla politica comune della pesca e volti a garantire la sostenibilità a lungo termine del settore ittico, attraverso la conservazione, la gestione e lo sfruttamento delle risorse del mare nell'ottica di salvaguardare e tutelare l'ecosistema marino;
   se la definizione di principi e regole comuni agli Stati membri è indispensabile al conseguimento degli obiettivi suddetti, è evidente che le specificità dei diversi bacini marittimi che caratterizzano il territorio nazionale richiedono un approccio diversificato per la gestione delle risorse nelle varie attività e zone di pesca;
   la normativa comunitaria dovrebbe tenere maggiormente in conto le esigenze delle realtà locali su cui incide, le tradizioni, i sistemi di pesca e la tipologia della flotta; i Paesi del sud Europa presentano proprie peculiarità sia per quanto riguarda i bacini marini sia per l'impatto economico-occupazionale delle attività legate alla pesca, mentre in molti casi la programmazione delle attività di pesca risulta più identificativa delle caratteristiche dell'area nord europea e solo parzialmente adattabile alla dimensione mediterranea ed italiana in particolare;
   è noto inoltre che la diversità di regole per le flotte extra Unione europea che operano nelle stesse zone di pesca in cui intervengono le flotte italiane, quali il bacino adriatico, oltre a vanificare gli obiettivi di riduzione dello sforzo di pesca al fine di agevolare la ricostituzione degli stock ittici, determina un significativo divario di competitività tra imprese;
   l'impatto di alcune norme comunitarie su specifiche realtà locali è tale da determinare contraccolpi pesantissimi su intere marinerie che basano la loro sussistenza su attività di pesca stagionale e tradizionale, quali la pesca del novellame da consumo, detto anche sardella, vietata dal recente regolamento europeo relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mare Mediterraneo;
   nel corso del 2013 sono state sequestrate dalla Guardia di finanza e dal personale della Guardia costiera molte tonnellate di novellame di sarda in varie località marittime del Paese a testimonianza delle continue attività di frodo e pirateria ittica che non solo danneggiano i pescatori onesti ma vanificano gli sforzi di fermo pesca imposti ai fini della ricostituzione degli stock ittici;
   la pesca costiera del novellame rappresenta un segmento importantissimo del comparto della piccola pesca di diverse località marittime calabresi ed interessa oltre 1000 addetti diretti e circa l'80 per cento delle piccole imbarcazioni della pesca artigianale della Calabria dove la tradizionale pesca alla sardella rappresenta una delle principali fonti di reddito per intere comunità e famiglie;
   in considerazione della necessità di valutare la prosecuzione di queste attività nel quadro di un prelievo controllato e sostenibile volto ad assicurare la rinnovabilità delle risorse ittiche, è bene ricordare che per la cattura del novellame viene utilizzata una rete a circuizione, denominata sciabica, che non danneggia la fauna ittica;
   a parere degli interroganti, considerate le deroghe applicate per esempio in Liguria e in Toscana, sarebbe auspicabile la predisposizione di un piano di gestione per le pesche speciali, da sottoporre alla Commissione europea al fine di valutare, pur nell'ambito dei riferimenti comunitari, la continuazione della pesca del novellame in Italia, e in particolare del Mezzogiorno, regolamentandola nel rispetto del ciclo di riproduzione della specie –:
   se non ritenga opportuno predisporre un piano di gestione nazionale per le pesche speciali, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno, al fine di valutare la continuazione della pesca del novellame per le piccole imbarcazioni della pesca artigianale e di salvaguardare la storia e la cultura di importanti «nicchie» agroalimentari che costituiscono un vero e proprio giacimento per le piccole imprese, che su queste costruiscono la loro attività e fonte di reddito;
   se, nel caso in cui la pesca del novellame non sia valutata come sostenibile, non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze, adottare iniziative atte a garantire la sopravvivenza delle piccole imprese sopracitate. (5-01375)


   PARENTELA, GALLINELLA, LUPO, GAGNARLI, L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI e BENEDETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la denominazione di origine controllata, nota con l'acronimo DOC, è un marchio di origine italiano utilizzato in enologia che certifica la zona di origine e delimitata della raccolta delle uve utilizzate per la produzione del prodotto sul quale è apposto il marchio; esso viene utilizzato per designare un prodotto di qualità e rinomato, le cui caratteristiche sono connesse all'ambiente naturale ed ai fattori umani e rispettano uno specifico disciplinare di produzione approvato con
decreto ministeriale;
   il vino Cirò e l'uva da cui lo stesso deriva prendono il nome dalla città di Cirò nel Crotonese dove il vitigno cresce e il vino viene imbottigliato. Il Cirò è uno dei prodotti doc di massimo pregio dell'industria agroalimentare calabrese e, più nello specifico, della viticoltura della regione in punta allo stivale;
   secondo le più recenti disposizioni comunitarie, l'ambito di imbottigliamento del vino è stato ampliato ben oltre i confini regionali e così è possibile trovare nei supermercati bottiglie di Cirò confezionate in Veneto. Le determinazioni della Commissione europea prevedono l'ampliamento a tutta l'Europa dell'ambito di confezionamento di alcuni prodotti tutelati dai marchi Doc e Dop;
   questo fattore sta suscitando forte preoccupazione da parte dei produttori calabresi, i quali sostengono che estendere l'ambito di confezionamento del vino e di altre produzioni tutelate dai marchi d'origine comprometta la qualità del vino e di altri prodotti come il caciocavallo silano, il quale ha subito già da tempo modifiche al disciplinare e la produzione è consentita anche in altre regioni del centro-sud d'Italia;
   secondo il parere degli interroganti e del presidente della Coldiretti calabrese (come riportato in una nota stampa AGI del 4 novembre 2013), questa procedura seppur legale, dovrebbe in teoria allargare gli spazi di mercato a tutti i Paesi dell'Unione, ma in realtà potrebbe ledere gli interessi dei territori di provenienza del prodotto. Tale procedura potrebbe facilitare il rischio di aumentare la commercializzazione di prodotti stranieri spacciandoli come italiani e incorrere quindi in casi di contraffazione e di concorrenza sleale, come la possibilità che partite di merce avariata inquinino il mercato agricolo regionale e nazionale –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se non ritenga opportuno assumere iniziative affinché siano rispettate procedure rigide di controllo in modo che il vino imbottigliato come Cirò fuori dai confini regionali e il caciocavallo silano siano effettivamente quelli prodotti in Calabria, senza sofisticazioni. (5-01376)


   CAON. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Cassa nazionale assistenza e previdenza per allenatori e guidatori trotto e allenatori e fantini galoppo fondata nel 1968, ha come scopo quello di assistere i professionisti ippici durante e al termine della propria attività;
   l'esigenza dalla quale trae origine la Cassa è quella di dare supporto per eventuali incidenti, dovuti alla pericolosità della professione svolta, e di far fronte alle precarie condizioni economiche in cui si venivano e si vengono a trovare numerosi allenatori, guidatori e fantini al termine della loro carriera professionale;
   la Cassa viene finanziata da una quota diretta (contribuzione dei soci) e da una quota maggioritaria indiretta dal comparto ippico e precisamente una quota parte proveniente dalle multe erogate agli organi di disciplina a carico dei professionisti ippici e una contribuzione annuale disposta dall'ente competente prelevata dai fondi destinati alle categorie ippiche;
   negli ultimi due anni la competenza su tutto il comparto ippico è stata trasmessa da UNIRE ad ASSI (legge 15 luglio 2011, n. 111) e da ASSI al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (decreto-legge 27 giugno 2012, n. 87);
   con il decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali del 31 gennaio 2013 recante «trasferimento delle funzioni e delle risorse dall'ex ASSI al Mipaaf e all'Agenzia delle dogane e monopoli» nel 2013 i contributi assistenziali da erogare alla Cassa sono di competenza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali che indica nel capitolo di bilancio 2290 «spese per gli interventi già di competenza della soppressa agenzia per lo sviluppo del settore ippico – ASSI» gli stanziamenti per gli anni 2013-2015 tra i quali quello da destinare ai fondi di assistenza al settore ippico;
   attualmente la Cassa conta 420 iscritti e assiste 267 persone (una ultracentenaria, 16 ultra novantenni, 103 ultra ottantenni, 2 diversamente abili, 4 invalidi al 100 per cento e due al 67 per cento) con un contributo medio di circa 500 euro per gli assistiti e circa 300 euro per i superstiti;
   da dicembre 2012 gli assistiti non percepiscono più il loro sussidio che nel frattempo si è ridotto a 410 euro per gli assistiti e 246 euro per i superstiti. Gli assistiti, in via precauzionale sono ricorsi all'assistenza sociale ricevendo, però, un assegno ridotto in quanto risultano già beneficiari delle somme erogate dalla Cassa ma che in realtà non percepiscono più;
   in data 2 agosto 2013 il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali emanava un decreto ministeriale con il quale si autorizzava la spesa di 1 milione 320 mila euro per la corresponsione dell'intero contributo 2013 a favore della Cassa. Detto decreto veniva inviato all'ufficio centrale del bilancio presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per il controllo di competenza ma questo non veniva registrato dall'Ufficio centrale del bilancio in quanto «in forma analoga ad un precedente provvedimento osservato con la nota n. 12846 del 18 giugno 2012»;
   in base al regolamento delle corse, le sanzioni disciplinari 2010/2012 trotto e 2012 galoppo, dovevano essere pagate entro 30 giorni dall'infrazione e in ogni caso non oltre il termine ultimo del 30 giugno 2013 in rispetto al disposto della delibera n. 114 del 10 ottobre 2012 gestione temporanea ex ASSI;
   in data 8 febbraio 2013 il tribunale di Roma – 2a sezione civile – ha emesso un provvedimento esecutivo, in favore della Cassa contro ex Unire ex ASSI ora Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di pagamento senza dilazione dei crediti a tutto il 31 dicembre 2009 pari a 1.592.418,02 euro –:
   quali siano state le motivazioni che hanno portato alla non registrazione da parte dell'Ufficio centrale del bilancio del suddetto decreto ministeriale del 2 agosto 2013;
   quali siano le giustificazioni per le quali ancora non sia avvenuto il trasferimento dell'80 per cento delle sanzioni disciplinari 2010/2012 trotto e 2012 galoppo nonché quelle del 2013;
   per quali motivi non si sia ancora provveduto al pagamento dei crediti per il 2009 nonostante sia sopravvenuta una sentenza del tribunale di Roma. (5-01381)

Interrogazione a risposta scritta:


   MONGIELLO, OLIVERIO, ANTEZZA, CENNI, COVA e VENITTELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la vicenda dello smaltimento illegale dei rifiuti in Campania rappresenta una delle pagine più buie del nostro Paese ed i cui contorni, soprattutto per quanto riguarda le responsabilità pregresse e gli effetti nocivi prodotti, sono ancora tutti da portare alla luce;
   il dato certo è che in queste circostanze i rischi più gravi per la salute li corrono le popolazioni che sono costrette a vivere nelle prossimità dei territori oggetto di smaltimento illegale. Il caso più evidente in tale ambito è il fenomeno dell'incendio dei rifiuti speciali, abbandonati e smaltiti illecitamente in gran parte dei territori delle province di Caserta e di Napoli, le cui emissioni nuocciono irrimediabilmente alla salute delle persone chi abitano in tali luoghi ma la cui presenza distrugge e contamina i suoli, le falde e l'ambiente;
   il caso della «terra dei fuochi» è uno spaccato atroce di questa drammatica realtà di disastro ambientale. Già nel 2007, come si evince dallo specifico sito web www.laterradeifuochi.it si denunciavano tali pratiche illecite ed infatti si scriveva: «Sovente, percorrendo gli assi autostradali della provincia e della regione (quali ad esempio la SS162 Asse Mediano, SPI Circumvallazione esterna di Napoli, SS265, SS268, SS7 bis, A1, A3), in meno di un'ora e già per piccoli tratti, si possono osservare decine di pennacchi di fumo nero, dalla puzza acre e pungente. In modo particolare nei territori dei Comuni di Giugliano, Qualiano e Villaricca. Tristemente denominati la terra dei fuochi, anche nel best seller «Gomorra»;
   questa brutta storia colpisce soprattutto le popolazioni campane che vi si devono raffrontare quotidianamente trovandosi costrette a respirare aria nociva e ad ammalarsi, insieme alle generazioni future, di gravi malattie tra cui la principale, i tumori;
   in un quadro già di per sé fosco e terribile che penalizza la Campania, le sue popolazioni, i suoi territori, l'economia e le speranze delle future generazioni, il senso civico vorrebbe che ad attivarsi per superare lo stato di crisi in atto vi fossero la solidarietà e l'azione, soprattutto istituzionale. Purtroppo, però, sembra che in questi giorni chi si stia evidenziando sia la speculazione commerciale a danno dell'economia rurale ed agroindustriale dell'intera Campania;
   si fa riferimento, in particolare, al caso della campagna di comunicazione appena lanciata da una nota impresa agroindustriale del settore della trasformazione del pomodoro che ha fatto pubblicare sul maggiori mezzi di comunicazione e di informazione un manifesto pubblicitario recante la figura dell'Italia stilizzata e l'immagine di un pomodoro al centro nord, tra Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto, con la frase «i nostri pomodori solo dal nord»;
   l'interrogante ritiene che questi comportamenti, più che da giustificarsi come atti informativi dovuti a motivi etici e di responsabilità civile, rappresentino un colpo basso verso le produzioni meridionali e verso l'intera filiera agricola ed agroindustriale del sud per cui si approfitta di una tragedia ambientale e dell'onda di preoccupazioni che riguardano le popolazioni colpite dalla gestione illecita dei rifiuti per ottenere spazi di reputazione e di visibilità in maniera impropria;
   con ciò non si vuole sottacere la rischiosità dell'inquinamento provocato da tali modalità illegali di smaltimento dei rifiuti in Campania, ma stando ai rapporti ed i controlli che da più di un decennio le autorità e le istituzioni pubbliche pubblicano in materia di contaminazioni dei prodotti agroalimentari della Campania, in particolare delle province di Napoli e di Caserta, la campagna di comunicazione sopra richiamata, che tende di fatto a mettere in cattiva luce le produzioni e gli agricoltori del sud, appare del tutto fuori luogo;
   per non andare molto lontano negli anni, al fine di evidenziare la non rischiosità alimentare e commerciale delle derrate prodotte in Campania a seguito di allarmi verificatisi per presenze di elementi come le diossine ed altri componenti di tale famiglia, di seguito riportiamo di estratti di fonti istituzionali che chiariscono i reali contorni del fenomeno;
   la prima fonte attiene ad una pubblicazione dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), relativa al progetto «Emergenza diossina regione Campania», recentemente pubblicato che si occupa ampiamente delle problematiche sopra indicate. Il lavoro, attivato nel 2003, era inizialmente finalizzato al potenziamento dell'attività di indagine, analisi e monitoraggio del territorio campano. Successivamente, anche in ragione della gravità della situazione ambientale per la regione Campania, resa ancor più evidente dalla contemporanea sussistenza dell'emergenza rifiuti, si specializzò anche nel versante della possibile contaminazione delle specie vegetali agricole del comprensorio delle province di Caserta e di Napoli;
   si riporta una sintesi della relazione introduttiva del progetto: «l'ISPRA ha coinvolto anche l'intero Sistema periziale con in prima fila l'ARPAC, l'istituto Superiore di Sanità, l'Università “la Sapienza” di Roma, l'Università della Calabria, l'Università del Piemonte Orientale, l'Università dell'Insubria oltre a numerose aziende private. Sono stati effettuati centinaia di prelievi su numerose matrici (suoli, acque, sedimenti, aria, vegetali, ittiofauna, ceneri da incendi), sono state eseguite, per ogni campione, analisi chimiche riguardanti 29 congeneri tra diossine e furani e DLPCB, analisi granulometriche dei suoli, eseguiti centinaia di sopralluoghi, redatti molteplici documenti tecnico scientifici, effettuate numerose ed affollate riunioni a Roma, Caserta, Napoli. Questi gli elementi salienti del complesso programma di indagine che ci ha visti impegnati per oltre un lustro e che sono sinteticamente descritti in questo documento. Il principale risultato che sembra possa trarsi è che la situazione ambientale riguardante le diossine della Campania non si presenta con elementi di specificità tali da differenziarla da territori simili per estensione ed antropizzazione. Questo non significa che vada tutto bene. Sono stati riscontrati superamenti dei limiti di legge sui suoli di non pochi siti. Alcune aree hanno richiesto approfondimenti e si è riscontrata una pratica diffusa di incendi di materiali di varia natura, ma la situazione generale non induce particolare preoccupazione almeno nel breve-medio periodo.»;
   in effetti, per quanto riguarda lo specifico piano di rilevamento degli inquinanti sulle produzioni vegetali, il relativo capitolo 13, recita, nelle conclusioni: “le concentrazioni riscontrate per i parametri PCDD, PCDF e DL-PCB nei prodotti vegetali campionati nelle province di Napoli, Caserta, Benevento e Salerno e nel Comune di Acerra, non presentano valori né prossimi né tantomeno superiori ai limiti d'azione stabiliti per i prodotti ortofrutticoli in relazione a quanto stabilito nella Raccomandazione 2006/88/CE. È bene precisare che il fine di tale campionamento non era quello di effettuare una valutazione di rischio sanitario (che per la componente vegetali avrebbe previsto una stima dell'apporto percentuale giornaliero nella dieta) quanto effettuare una valutazione a carattere ambientale nei prodotti vegetali «non lavati» per stabilire se in tali prodotti si potevano ritrovare i contaminanti oggetto di questo studio ovvero se durante il periodo di permanenza «fuori terra» di tali prodotti essi siano stati o meno soggetti ad una qualche esposizione (aerea, risospensione da suolo o pratiche agricole da verificare). Anche se per i prodotti vegetali non esiste una normativa «ambientale», la normativa comunitaria presa a riferimento [SCF 2000; SCAN, 2000 Raccomandazione 4 marzo 2002; Parere EFSA 2005; Raccomandazione EFTA 2007; Raccomandazione 2006/88/CE; Regolamento (CE) N. 1881/2006;] costituisce comunque un valido riferimento ed essendo a carattere sanitario rappresenta un approccio cautelativo ai fini della tutela e prevenzione della salute umana. Infatti, la normativa comunitaria su menzionata si pone come obbiettivo la riduzione dei livelli di contaminazione da raggiungere nei mangimi e negli alimenti per poter ridurre l'esposizione di gran parte della popolazione della Comunità Europea al fine di poter raggiungere la dose settimanale ammessa per i PCDD, PCDF e per i DLPCB stabilita dal comitato scientifico dell'alimentazione umana [Direttiva 2001/102/CE; Raccomandazione della Commissione del 4 marzo 2002] pari a 14 pgWHO-TEQ/kg di peso corporeo come Dose Tollerabile Settimanale (Tolerable Weekly Intake TWI). Le stime dell'esposizione indicano che una parte considerevole della popolazione della Comunità assume tali sostanze con gli alimenti, al di là della dose ammissibile. A tal fine il significato di questa attività di monitoraggio ambientale e la relativa discussione dei dati, seppur limitatamente al data set analizzato, risulta essere di interesse scientifico in quanto, in seguito alla caratterizzazione del territorio e delle attività antropiche che insistono nelle aree oggetto d'indagine, è possibile effettuare una valutazione dei possibili inquinanti della tipologia di inquinamento e delle potenziali fonti di emissione di cui i prodotti vegetali porrebbero essere un ipotetico target.»;
   l'altra fonte che verte sulla problematica di cui si discute è una risposta fornita dal Governo ad un atto di sindacato ispettivo presentato nel mese di settembre 2012 (4-17500), vertente su quali dati detenessero i ministeri competenti in merito alla situazione ambientale nel comprensorio che va da Casoria, Acerra fino a Terzigno, Nola e sant'Antonio Abate, ed in particolare presso allevamenti e terreni agricoli anche al fine di ricavare informazioni cliniche inconfutabili sulla presenza di sostanze inquinanti in generi alimentari primari come il latte, verdure, carni ed acqua delle falde acquifere locali laddove gli stessi potessero essere stati viziati nella loro genuinità dalle sostanze cancerogene e tossiche solitamente sprigionate dalla combustione di materiali plastico-ferrosi;
   la risposta fornita dal Governo recita: «Si risponde all'interrogazione in esame, per gli aspetti di competenza, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri. A seguito dell'incendio del sito di ecoballe di Acerra sviluppatosi nella notte del 18 agosto 2012, il Ministero della salute ha partecipato all'incontro del successivo 24 agosto 2012, tenutosi presso la regione Campania, con i dipartimenti di prevenzione delle Aa.ss.ll. coinvolte (Napoli e Caserta), l'istituto zooprofilattico sperimentale del mezzogiorno e l'Agenzia regionale protezione ambiente Campania. L'incontro ha avuto la finalità di valutare, sulla base delle attività di controllo già attuate dalla regione per monitorare la presenza di diossine nelle aree a rischio, le eventuali modifiche da apportare alle strategie pianificate per escludere dal consumo alimenti e mangimi contaminati. Già nel giugno 2012, infatti, la regione aveva fornito alle autorità competenti linee guida procedurali da applicare nei casi di intensificazione delle segnalazioni di roghi ed incendi di materiali plastici e di rifiuti, al fine di automatizzare e rendere più tempestivi gli interventi di prevenzione. Tali linee guida prevedono la creazione di un'area circolare di 3 chilometri di raggio attorno al sito in cui è stato segnalato l'incendio, con l'indicazione di tutti gli operatori (allevamenti, produttori di alimenti per animali, eccetera) presenti nel suo interno, in cui procedere alle necessarie verifiche ed, eventualmente, a prelievi ufficiali. Nel caso specifico, si è provveduto a controllare gli allevamenti e a prelevare un campione di latte bufalino dall'unico allevamento ritenuto a rischio dal servizio veterinario dell'Azienda sanitaria locale competente. È importante sottolineare che il territorio ricadente nelle province di Napoli e Caserta è, da tempo, sottoposto a costante monitoraggio. Soltanto negli ultimi due anni, infatti, sono stati prelevati n. 268 campioni tra foraggi e prodotti di origine animale, con il riscontro di n. 3 risultati non conformi. Nella zona di Acerra, inoltre, è in vigore da diversi anni un'ordinanza del sindaco che vieta il pascolo agli animali. Tuttavia, non risultando alcun divieto di coltivazione di vegetali destinati al consumo umano, il Ministero della salute ha richiesto alla regione la programmazione di controlli specifici ai fini della tutela della salute pubblica;
   in generale, comunque, dal 2001, da quando cioè furono riscontrate le prime non conformità per diossine, in campioni di latte ovi-caprino prelevati in attuazione del Piano nazionale per la ricerca di residui (Pnr), nella regione Campania coesistono diversi piani di campionamento, nazionali e regionali, che prevedono, in via esclusiva o nell'ambito di controlli più ampi, l'analisi per la ricerca di contaminanti ambientali, quali diossine e policlorobifenili (Pcb) diossina-simili. Il Ministero della salute è costantemente in contatto con la regione Campania per essere aggiornato circa le attività svolte e l'evoluzione della problematica. Dall'aprile del 2002, oltre ai regolari controlli programmati annualmente dal Ministero, per la ricerca di residui di contaminanti ambientali in animali vivi ed alimenti (Pnr) e in mangimi [Piano nazionale alimentazione animale (Pnaa)], la regione ha attuato:
    a) piani di intervento per emergenza diossine (2002-2004), che hanno portato al prelievo di 595 campioni di latte di diverse specie (bovino, ovicaprino e bufalino) e 434 campioni di mangimi zootecnici. L'area di campionamento, inizialmente limitata alle province di Napoli e Caserta, è stata progressivamente estesa ad altre zone del territorio regionale;
    b) piano legge regionale n. 3 del 2005 (2007-2008), per la tutela del patrimonio zootecnico della bufala mediterranea italiana, che ha portato al controllo, in aree geografiche maggiormente esposte al rischio diossine, di 130 stabilimenti di trasformazione lattiero-caseari;
    c) piano di sorveglianza sulla contaminazione da diossine in Campania (anno 2008-2010) che, nella sua durata triennale, ha visto il prelievo di 378 campioni (255 di latte e 118 di mangimi) negli allevamenti a vocazione lattifera;
    d) piano dell'Unione europea (2008), su richiesta del Ministero della salute e della Commissione europea, che ha consentito di controllare, in un arco di tempo limitato (15 giorni) tutti i caseifici riconosciuti della regione Campania che trasformavano latte bufalino, permettendo così, anche nella sua prosecuzione, la verifica del 71,9 per cento della realtà zootecnica bufalina;
    e) piano regionale integrato (anno 2011-2014), motivato dall'analisi del rischio scaturita dalle attività degli anni precedenti (2008-2010) che, oltre ad aver individuato la zona del basso casertano ed, in particolare, l'area compresa tra la sponda sinistra del Volturno e la sponda destra dei Regi Lagni, quale area maggiormente contaminata, hanno mostrato che la fonte di origine è rappresentata da un incenerimento selvaggio ed incontrollato di rifiuti plastici abbandonati. Il piano prevede il prelievo di 200 campioni/anno (100 di latte di massa e 100 di alimenti zootecnici) presso 50 aziende. Pertanto, ogni azienda sarà campionata per due volte a distanza di sei mesi, al fine di valutare presso la stessa azienda l'andamento dei livelli di contaminanti nel corso dell'anno. Inoltre, nelle zone in cui il rischio è assente o minore saranno fatti convergere i campionamenti per diossine stabiliti dal Pnr;
    f) piano Sin (siti di interesse nazionale – 2011), avente come finalità il monitoraggio dei contaminanti ambientali in alimenti di origine animale prodotti nei Sin o in prossimità degli stessi. In attuazione di tale piano, è stata avviata un'attività di monitoraggio, mediante l'utilizzo di bioindicatori, quali animali della specie ovi-caprina (latte), vongole o in alternativa galline ovaiole (uova)/mitili, al fine di raccogliere tutti i dati necessari per una corretta definizione dei livelli di rischio per i principali contaminanti negli alimenti di origine animale. Per la regione Campania, sono stati già valutati il Sin «Bacino idrografico Fiume Sarno» e il Sin «Litorale Domizio Flegreo e Agro aversano». Il primo ha visto coinvolte le province di Avellino e Salerno (134 prelievi di latte ovi-caprino in 34 allevamenti con esiti conformi) mentre il secondo, il cui inizio di attività è recente, vede coinvolte le province di Caserta e Napoli;
    g) progetto Sebiorec (2004), promosso dalla regione Campania e realizzato dall'istituto superiore di sanità, in collaborazione con l'istituto di fisiologia clinica del consiglio nazionale delle ricerche (Ifc-Cnr), l'osservatorio, epidemiologico, il registro tumori presso l'Asl Napoli 4 e cinque tra le aziende sanitarie locali della regione Campania. Tale studio ha previsto il prelievo di campioni di sangue e di latte materno, in 13 comuni delle province di Napoli e Caserta, per analizzare il contenuto di contaminanti organici persistenti (diossine, Pcb diossina-simili e metalli pesanti); progetto Sentieri (studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento), finanziato dal Ministero della salute nel 2006 e coordinato dall'istituto superiore di sanità, avente come finalità la valutazione della mortalità delle popolazioni residenti nei Sin per il periodo 1995-2002, per contribuire ad individuare le priorità negli interventi di risanamento ambientale finalizzati alla prevenzione delle patologie causate da fonti di esposizione ambientale nei Sin. Le conclusioni di questo studio, nel quale rientra anche il Sin «Litorale Domizio Flegreo e Agro aversano», sono state presentate nel corso del Convegno «L'impatto sulla salute dei sui contaminati: il Progetto Sentieri», tenutosi in data 18 settembre 2012 presso questo ministero. Da quanto sopra si evince che il Ministero della salute e l'istituto superiore di sanità sono ampiamente coinvolti nelle tematiche afferenti la sicurezza alimentare nel rapporto con l'ambiente;
   dalle documentazioni ufficiali sopra richiamate, sembra di poter affermare che i controlli, la vigilanza e le attenzioni sulla sicurezza delle derrate agricole ed agro-alimentari ottenute nei territori della Campania oggetto di smaltimento illecito di rifiuti siano da sempre attentamente e costantemente forniti dalle autorità pubbliche competenti e che pertanto i consumatori non siano affatto messi a rischio per le fattispecie che il citato articolo pubblicitario dell'industria conserviera del pomodoro dichiara di voler evidenziare traendo spunto dal caos scatenato dalle rivelazioni sulla Terra dei Fuochi, zona di produzione delle altre conserve in Italia –:
   quali iniziative di competenza intendano urgentemente assumere per evitare speculazioni e comportamenti impropri da parte degli operatori dell'industria agroalimentare o di analoghi settore, segnatamente di quella conserviera e del pomodoro, a danno delle produzioni e degli operatori agricoli delle regioni del sud, con particolare riguardo alla regione Campania;
   quali eventuali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare affinché il precedente della campagna dell'industria settentrionale di trasformazione dei pomodori citata in premessa, non rischi di diventare solo una immotivata e poco condivisibile azione di promozione commerciale a vantaggio della stessa azienda e delle imprese del Nord ma a detrimento di quelle del Sud ed in particolare della Campania, ciò soprattutto alla luce del fatto che, in ragione delle fonti istituzionali sopra richiamate, tale campagna promozionale si basa esclusivamente su fatti di cronaca e non su evidenze scientifiche quali quelle di cui in premessa, le quali invece forniscono elementi più chiari e ad ogni modo ripetibili sulla esclusione della non sicurezza delle produzioni agricole ed agroalimentari della Campania. (4-02412)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XII Commissione:


   DI VITA, CECCONI, LOREFICE, MANTERO, GRILLO e DALL'OSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in materia di indennizzo ex legge n. 210 del 1992 (in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni e trasfusioni di sangue) è previsto che le domande vengano presentate alla AUSL territorialmente competente e poi successivamente inoltrate alla CMO (commissione medica ospedaliera), la quale è chiamata ad esprimere il giudizio sanitario relativo alla sussistenza del nesso causale tra il vaccino e/o la trasfusione di sangue e la malattia, l'ascrivibilità della patologia contratta ad una delle otto categorie della tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 834 del 1981 ed, infine, il giudizio relativo alla tempestività della domanda;
   avverso tale giudizio è ammesso ricorso ex articolo 5, comma 1, della legge n. 210 del 1992 al Ministero della salute;
   il Ministero della salute, negli anni passati, nel decidere su tali ricorsi non si limitava a pronunciarsi esclusivamente sui motivi oggetto di impugnativa ed in molte occasioni procedeva nel merito alla riforma in peius del provvedimento emanato dalla CMO, anche su pari non oggetto di impugnativa;
   il tribunale di Reggio Emilia, con la sentenza n. 185 del 5 giugno 2013, in merito al riconoscimento dell'indennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992, ha ritenuto non conforme alla legge tale prassi ministeriale, stabilendo che in sede di ricorso amministrativo il Ministero non può riformare il provvedimento della CMO per motivi diversi da quelli sollevati dal ricorrente; il sistema amministrativo consegnato dal legislatore in tema di indennizzo, secondo il tribunale di Reggio Emilia, non consente, infatti, al Ministero di annullare o riformare il provvedimento per motivi diversi da quelli sollevati dal ricorrente, né è possibile annullare o riformare parti del provvedimento non oggetto dell'impugnazione a fronte della necessaria corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e del divieto di reformatio in peius (in tal senso anche corte di appello di Venezia, Sezione Lavoro, sentenza n. 234 del 2012);
   anche il Consiglio di Stato, sulla base dei suddetti principi, con delibera n. 5/2012 del 9 gennaio 2012, ha riconosciuto che: «Il Ministero ha solo il potere di valutare la fondatezza o meno delle censure rivolte dal ricorrente, limitando la propria cognizione ai punti e ai capi che sono coinvolti» e che «tenuto conto che il Ministero è privo del potere di sindacare la discrezionalità tecnica della Commissione in sede di erogazione dell'indennizzo, non si capisce come tale potere possa essergli concesso in sede di decisione del ricorso dell'interessato al di fuori dell'ambito da esso devoluto.»;
   il parere emesso dal Consiglio di Stato è stato chiarissimo nel confermare che «la prassi ministeriale sarebbe non conforme alla legge»;
   nonostante la normativa vigente e la giurisprudenza parlino chiaro, l'interrogante ha recentemente appreso da un privato cittadino, il signor A.P. padre di S.P., un ragazzo reso autistico a causa di una vaccinazione obbligatoria, che presso gli uffici del Ministero, in sede di decisione in via gerarchica, è invalsa tutt'oggi, in numerosi casi, la suddetta prassi non conforme alla legge;
   nel caso del signor P., ma come in altri casi analoghi in cui i cittadini ricorrenti impugnino il giudizio delle CMO per i soli profili inerenti la tempestività della domanda, il citato Ministero ha provveduto a riformare nel merito il provvedimento emanato dalla commissione medica, nuovamente sindacando ed escludendo l'esistenza del nesso causale tra morbo e vaccinazione, prima invece pacificamente riconosciuto;
   in riferimento al caso specifico della famiglia P., si sottolinea come questa, contestualmente alla presentazione del ricorso amministrativo al Ministero per la revisione del mancato riconoscimento della tempestività della domanda di indennizzo, in via del tutto cautelativa, avesse altresì diffidato formalmente il Ministro a non rivedere la statuizione della CMO relativamente anche agli aspetti già riconosciuti ed assodati (nesso causale e categoria di assegnazione); ciò esclusivamente in virtù del fatto che in molti altri casi il Ministero aveva decretato ordinariamente il ribaltamento di giudizi positivi già avuti; in tal senso sono significativi i numerosi interventi in commissione degli anni scorsi per questo aspetto specifico (fra gli altri quelli dell'onorevole Duilio);
   il principio generale della corrispondenza tra chiesto e pronunciato non può in alcun modo essere posto in discussione –:
   quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere, a fronte anche dei numerosi interventi di denuncia degli anni scorsi (interrogazioni e risoluzioni in Commissione), al fine di evitare la grassi illegittima suddetta. (5-01391)


   BINETTI, MONCHIERO e SBERNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il rapporto Cedap 2013 del Ministero della salute evidenzia una mortalità neonatale in Italia ai livelli minimi, tra le migliori in Europa, 2,72 per 1000 nati, con oltre 500.000 neonati all'anno. Tutto questo è merito dei progressi in neonatologia, e dell'aver preso atto che i piccoli pazienti hanno necessità e specificità in medicina;
   così come messo in evidenza attraverso il messaggio che il Ministro interrogato, ha rivolto agli esperti riuniti a Firenze per il XIX Congresso della Sin, la Società italiana di neonatologia: «È necessario far sì che ad ogni parto venga garantito un livello essenziale ed appropriato di assistenza ostetrica e pediatrico/neonatologica, che venga implementata l'appropriatezza e la sicurezza nell'erogazione delle cure, garantita la presa in carico e la continuità assistenziale per la puerpera ed il neonato, con particolare responsabilità in caso di dimissioni di neonati che necessitano di cure più impegnative»;
   tuttavia, la Sin, denuncia che nonostante il 60 per cento di neonati definiti sani, spesso il giudizio di normalità espresso alla nascita può essere ingannevole, pertanto la nuova sfida, secondo i neonatologi italiani, è la prevenzione delle malattie neonatali più diffuse: cardiopatie congenite, encefalopatie, la sepsi e l'ittero. Tutto ciò per non dimenticare la presenza di eventi sanitari negativi e la permanenza di differenze strutturali e tecnologiche tra le diverse aree regionali;
   le anomalie che si verificano solo qualche giorno dopo la nascita dei neonati, che non hanno manifestato immediate malattie evidenti, secondo quanto spiegano gli esperti della Sin, è dovuto ad eventi legati alla transizione dalla vita intrauterina a quella extrauterina, che se considerati nella loro globalità, si realizzano in un esteso arco temporale. Ne deriva che eventuali disordini dell'adattamento hanno diversificati periodi di latenza prima di raggiungere l'espressività clinica;
   si verifica spesso che il giudizio clinico di normalità che è possibile formulare alla nascita è, pertanto, necessariamente provvisorio e va confermato da successive osservazioni. In altri termini il neonato «apparentemente» sano alla nascita presenta, almeno teoricamente, tutta una serie di rischi potenziali di turbative del processo di adattamento alla vita extrauterina, che vanno sistematicamente esclusi mediante una procedura di follow-up clinico ben definita;
   purtroppo accade che – secondo quanto evidenziato anche dal presidente della Società italiana di neonatologia – mandando a casa presto i neonati e non dopo quattro o cinque giorni come si faceva in passato non si possano identificare in modo adeguato anche le più comuni patologie;
   alla luce delle mozioni discusse e approvate alla Camera, il 29 ottobre 2013, sulla celiachia è importante tener presente che, soprattutto per i bambini, la celiachia può comportare una serie di disturbi che interessano il processo della crescita, dello sviluppo delle capacità e che, comunque, possono indurre una sofferenza grave di tutto quello che è il sistema e l'apparato gastrointestinale, il sistema renale e tutta una serie di alterazioni che rendono più difficile la vita di questi bambini; tutto ciò si può prevenire attraverso uno screening precoce messo a punto secondo una metodica dell'Istituto di pediatria dell'università «La Sapienza», che è tutt'altro che invasiva; è una metodica molto semplice, che si fa sulla saliva dei bambini –:
   se non ritenga opportuno promuovere screening neonatali obbligatori e sistematici, attuati con controlli ravvicinati per tutto il primo mese di vita, coinvolgendo il neonatologo ed il pediatria di famiglia attraverso idonee raccomandazioni, modalità e tempistiche, attuando politiche sanitarie e azioni atte a migliorate la qualità e l'appropriatezza dell'assistenza neonatale, così come dichiarato dal Ministro della salute rendendo pienamente operativo il programma nazionale sanitario. (5-01392)


   NICCHI, PIAZZONI e AIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   giovedì 7 novembre 2013, è in programma a Roma una manifestazione promossa dall'Associazione italiana giovani medici (Sigm) e dalla Federspecializzandi;
   ancora una volta i giovani della sanità vogliono ricordare le problematiche relative all'inadeguato finanziamento dei contratti e delle borse di studio di formazione specialistica di area sanitaria ed alla mancata valorizzazione dei corsisti di medicina generale. Insomma, ancora l'ennesima dimostrazione di un Paese che non decide di investire sui giovani e quindi sul futuro;
   annualmente sono circa 10 mila le matricole che si iscrivono al corso di laurea in medicina, mentre nel post-lauream l'accesso alla formazione dei neolaureati è possibile soltanto per 4.500 specializzandi e circa 900 corsisti di medicina generale;
   per quanto riguarda l'anno accademico appena cominciato, la previsione è di una contrazione dei contratti di specializzazione a finanziamento ministeriale (circa 2.500);
   a ciò si aggiunge un trend in diminuzione degli accessi ai corsi di formazione specifica di medicina generale, dato peraltro in controtendenza rispetto ad ogni logica programmatoria in un contesto di crescente carico delle malattie croniche;
   va peraltro ricordata la situazione in cui versano gli specializzandi del settore sanitario (biologici chimici, fisici iscritti alle scuole, di specializzazione sanitarie), i quali, pur avendo tutti gli obblighi e doveri dei colleghi medici, non hanno diritto a riconoscimento alcuno, né economici, né in termini di diritti fondamentali –:
   se non si intendano assumere iniziative per un aumento delle risorse finanziarie per i contratti di formazione medica specialistica a finanziamento ministeriale, nonché per consentire il finanziamento di almeno 1.000 contratti/borse di studio da destinare agli specializzandi non medici iscritti alle scuole di specializzazione di area sanitaria. (5-01393)


   IORI, LENZI, BIONDELLI, BURTONE, FOSSATI, BENI, CASATI, D'INCECCO, PATRIARCA, GRASSI, AMATO, BELLANOVA, SCUVERA e CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dal 14 giugno 2008, a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, riguardante le modalità e i criteri per il trasferimento al servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie, delle attrezzature e dei beni strumentali in materia di sanità penitenziaria, sono state trasferite le funzioni sanitarie necessarie a garantire i livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) per le persone detenute in carcere, negli istituti e servizi di giustizia minorile o internate negli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG); dopo tale trasferimento, le responsabilità dell'assistenza sanitaria sono state assunte dalle regioni e dalle aziende sanitarie;
   nell'ambito delle disposizioni per il progressivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari è stata autorizzata la spesa di 120 milioni di euro per l'anno 2012 e di 60 milioni di euro per l'anno 2013 per la realizzazione e la riconversione delle strutture già esistenti; tali risorse sono assegnate alle singole regioni con decreto del Ministro della salute che, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze previa intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti Stato-regioni, approva i programmi specifici per l'adozione di misure alternative all'internamento negli ospedali psichiatrici giudiziari e il potenziamento dei servizi territoriali di salute mentale;
   il decreto interministeriale adottato il 28 dicembre 2012 prevedeva uno stanziamento complessivo di 173.807.991 euro ripartito secondo due macro-criteri: il 50 per cento delle risorse secondo la popolazione residente al 1o gennaio 2011, l'altro 50 per cento delle risorse a seconda del numero dei soggetti internati negli ospedali psichiatrici giudiziari, suddivisi per regione di residenza, al 31 dicembre 2011;
   le persone internate negli ospedali psichiatrici giudiziari alla data del 4 aprile 2013, sono risultate 1.015, in calo rispetto alle 1.484 censite alla data del 31 dicembre 2011, grazie soprattutto ai programmi regionali di dimissioni di tutti gli internati considerati in grado di proseguire il proprio percorso di vita anche in un ambiente esterno alle strutture degli ospedali psichiatrici giudiziari, passando in carico ai dipartimenti di salute mentale competenti;
   per ora sono in fase finale di approvazione da parte del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, i programmi presentati dalle regioni Emilia-Romagna, Marche, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lazio, Campania e Calabria, mentre i programmi di altre regioni sono in attesa del concerto tecnico finanziario o devono ancora essere presentati;
   l'articolo 1, comma 1, lettera e), del decreto-legge 25 marzo 2013, n. 24, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2013, n. 57 ha posticipato al 15 maggio 2014 il termine di presentazione dei programmi per le regioni ancora in attesa di definire il programma;
   il comma 7 dell'articolo 3-ter del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9, ha stanziato 38 milioni di euro per il 2012 e 55 milioni di euro a decorrere dal 2013; tali risorse sono state destinate alle regioni per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari e per il recupero e il reinserimento sociale dei pazienti precedentemente internati, prevedendo l'assunzione di personale qualificato in grado di attuare specifici percorsi terapeutico-riabilitativi;
   il CIPE ha approvato, nella seduta del 21 dicembre 2012, la delibera di riparto tra le regioni delle risorse destinate alla copertura finanziaria degli oneri di parte di corrente derivanti dal completamento del percorso di progressivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari;
   relativamente al riparto dei fondi per l'anno 2013, è stata raggiunta, in sede di Conferenza unificata del 7 febbraio 2013 un'intesa sulla proposta di delibera CIPE (n. 15 dell'8 marzo 2013);
   il percorso istituzionale e burocratico che dovrà portare alla chiusura definitiva degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il 1o aprile 2014, secondo i dati del Ministero, imporrebbe di assicurare entro quella data 995 posti letto;
   si rileva altresì che il costo unitario per posto letto sarebbe variabile tra i 110.000 e i 230.000 euro –:
   se corrisponda al vero che il termine del 1o aprile 2014 potrebbe essere superato ancora una volta, rendendo necessaria un'ulteriore proroga dei termini del percorso che porta alla chiusura definitiva degli ospedali psichiatrici giudiziari e, in tal caso, quali iniziative, risorse, criteri e tempistiche siano previste per il completamento del predetto percorso tramite misure alternative alla detenzione, strutture di sicurezza e riqualificazione dei servizi territoriali e dei dipartimenti di salute mentale. (5-01394)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE, ALBANELLA, PICCIONE, IACONO, CAPODICASA, AMODDIO, GRECO, GULLO, CARDINALE, MOSCATT, LAURICELLA, PICCOLI NARDELLI, FARAONE, GENOVESE, RIBAUDO, RACITI e CULOTTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in Sicilia attualmente vi sono 15.036 posti letto per pazienti acuti di cui 3.596 nelle strutture private;
   con il ridimensionamento adottato dalla regione siciliana i numeri cambiano con 14.118 posti per acuti e 3.294 post acuti;
   con questo ridimensionamento la Sicilia può rispettare il tetto di 3,1 posti per acuti ogni mille abitanti;
   questo comporta un ridimensionamento di circa 1000 posti nel settore pubblico e 500 nelle strutture private;
   diventa indispensabile verificare se per la Sicilia è possibile applicare parametri più flessibili sul rapporto popolazione posti letto anche rispetto a quanto accade per altre regioni italiane, come ad esempio il Veneto, che ha un rapporto 3,6 con una popolazione simile a quella siciliana;
   il ridimensionamento dei posti letto rischia di aggravare ulteriormente la condizione del servizio sanitario pubblico in regione –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare per verificare che il piano di ridimensionamento non incida sui livelli essenziali di assistenza penalizzando i cittadini siciliani. (5-01398)

Interrogazione a risposta scritta:


   ELVIRA SAVINO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   secondo gli ultimi dati dell'Istat ripresi da Coldiretti durante la presentazione del primo dossier sui prodotti alimentari a basso costo («I rischi dei cibi low cost») risulta che oltre 6 famiglie italiane su 10 (62,3 per cento) hanno previsto tagli nella spesa per l'acquisto degli alimenti, con conseguenze piuttosto negative sia a livello qualitativo che quantitativo, privilegiando nell'acquisto prodotti offerti spesso a prezzi troppo bassi per essere sinceri e che rischiano di avere un impatto sulla salute;
   secondo i dati del dossier «I rischi del cibo low cost» nel 2013 gli allarmi alimentari in Italia sono aumentati del 26 per cento e quello del cibo low cost è l'unico settore a registrare un aumento delle vendite per effetto della crisi;
   nel primo trimestre dell'anno infatti si è registrato un balzo record nel numero di notifiche nazionali al sistema di allerta comunitario per la prevenzione dei rischi alimentari, rispetto allo stesso periodo di 5 anni fa, prima dell'inizio della crisi di carattere economico-finanziario che ha investito anche il nostro Paese;
   nel primo trimestre del 2013 le vendite sono aumentate solo nei discount alimentari che – secondo quanto riportato dalla Coldiretti – hanno fatto segnare un incremento del 2 per cento, mentre sono risultate in calo tutte le altre forme distributive fisse al dettaglio;
   dietro il cosiddetto cibo low cost si celano spesso ricette modificate, l'uso di ingredienti di qualità scadente o metodi di produzione alternativi. Ciò è quanto è stato affermato dal presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che l'80 per cento degli allarmi alimentari è stato provocato da prodotti a basso costo provenienti da Paesi che sono fuori dall'Unione europea, tra cui in primis la Cina e poi l'india e la Turchia, nazioni, cioè, dalle quali provengono ingredienti e alimenti che possono essere offerti a basso prezzo anche per le diverse regole sanitarie e ambientali in vigore, oltre che per lo sfruttamento della manodopera;
   di fronte ad una escalation di truffe ed inganni legate alla produzione alimentare, favorite anche dalla crisi economico-finanziaria, è importante investire sull'agricoltura europea anche per assicurare cibo in quantità e qualità adeguate alle esigenze dei cittadini –:
   quali iniziative i Ministri, per quanto di competenza, intendano assumere al fine di valorizzare l'agricoltura europea e garantire nel contempo la sicurezza ambientale e alimentare e la salute dei cittadini;
   se non ritengano opportuno porre in essere campagne d'informazione finalizzate alla conoscenza dei rischi legati all'acquisto e al consumo di prodotti alimentari «low cost», e delle forme di tutela che garantiscano ai cittadini un consumo alimentare basato sulla qualità. (4-02422)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   fondata nel 1881, la Franco Tosi Meccanica Spa è un'azienda leader a livello internazionale per l'ingegnerizzazione, produzione e vendita di turbine a vapore e turbine idrauliche, inserita in un mercato che prevede per il futuro una forte e continua crescita soprattutto nei Paesi emergenti;
   il Ministero dello sviluppo economico ha organizzato nell'ultimo anno diversi incontri con i rappresentati della Gammon India Limited, società indiana che detiene il controllo della maggioranza dell'azionariato dal 2008, al fine di trovare una soluzione alla critica situazione aziendale anche attraverso l'ingresso di nuovi partner aziendali nel capitale. Numerosi sono stati gli incontri presso le istituzioni locali quali regione Lombardia e Comune di Legnano, numerose le manifestazioni e gli scioperi organizzate dalle rappresentanze sindacali dell'impresa e numerosi gli articoli di diverse testate giornalistiche quali Il Sole 24 Ore, Il Giorno, La Prealpina che hanno puntualmente riportato l'evolversi della situazione aziendale. Da quasi due anni è in atto un continuo e sempre più rapido deteriorarsi del patrimonio industriale, tecnologico e commerciale di uno storico marchio di rilievo internazionale;
   in relazione alle vicende della stessa azienda è già stata presentata un'interrogazione parlamentare dall'onorevole Farina il 29 aprile 2013 che riporta «il 16 aprile presso il Ministero dello sviluppo economico si è svolto un incontro tra la Gammon India Limited, la regione Lombardia, la provincia di Milano, i sindacati e l'amministrazione comunale di Legnano e la società Termomeccanica, altra storica azienda italiana, che ha presentato una proposta di acquisto della Franco Tosi Meccanica Spa;
   nei mesi successivi la proprietà della Franco Tosi Meccanica Spa, vista negata la richiesta di concordato presentata presso il tribunale di Milano, ha rischiato il fallimento, di fatto scongiurato dal commissariamento: il dottor Filippo D'Aquino, giudice delegato del tribunale di Milano ha autorizzato il commissario giudiziario, l'avvocato Gian Paolo Barazzoni, a ricercare un affittuario del ramo d'azienda produttivo di Franco Tosi Meccanica in data 31 luglio 2013. Nel mese di settembre, 2013 sono state aperte le offerte presentate per il bando di gara per l'affitto della storica azienda di Legnano; l'interesse è stato manifestato da quattro realtà industriali di carattere internazionale. Il tribunale di Milano ha poi fissato per il 23 ottobre 2013 la data entro la quale si sarebbe dovuto prendere una decisione sulla delicata vicenda;
   tale decisione viene superata dalla nomina da parte del Ministero dello sviluppo economico di un amministratore straordinario, il dottor Andrea Lolli nel mese di ottobre 2013. Nelle prossime due settimane, si evince dalla stampa, sentito il parere del Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell'economia e delle finanze ed ottenute le finanze necessarie, il commissario straordinario potrebbe decidere di traghettare l'azienda fino all'estate del 2014 e prevedere un nuovo bando internazionale questa volta non destinato all'affitto, ma all'acquisto della Franco Tosi Meccanica Spa;
   il continuo procrastinare di una scelta definitiva da quasi due anni per la storica azienda di Legnano potrebbe risultare catastrofico dato che i livelli produttivi ed occupazionali dell'azienda sono ridotti al minimo storico con un fatturato ormai inferiore ai 70 milioni di euro e con circa 400 dipendenti, di cui gran parte in cassa integrazione guadagni straordinaria;
   il know-how tecnologico e produttivo rappresentato da giovani menti potrebbe definitivamente essere disperso, e difficilmente poi recuperato, con l'esodo di ingegneri e tecnici di produzione dall'azienda stessa;
   il valore e la stima del marchio Franco Tosi Meccanica nei confronti di clienti di spicco internazionale potrebbe perdere sensibilmente di valore di mese in mese;
   gli interessi di creditori privati ed istituzionali – Equitalia Spa sembra sia esposta per oltre 40 milioni di euro, mentre il totale dei debiti dell'azienda sembra raggiungere cifre ben più importanti – potrebbero essere ulteriormente lesi nei prossimi mesi;
   potrebbe nel tempo venire a meno l'interesse di possibili acquirenti che già hanno manifestato le loro intenzioni attraverso le procedure previste dal tribunale di Milano per l'affitto ed il successivo acquisto dell'azienda stessa –:
   quali ulteriori iniziative i Ministri interpellati, per quanto di competenza, intendano intraprendere al fine di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e di quelli produttivi della società Franco Tosi Meccanica Spa ed entro quale data tali iniziative verranno intraprese.
(2-00289) «Cimbro, Cassano, Chaouki, Arlotti, D'Ottavio, Gianni Farina, Bersani, Villecco Calipari, Monaco, Manfredi, Marchi, De Micheli, Gribaudo, Zoggia, Causin, Oliaro, Amendola, Pollastrini, Carlo Galli, De Maria, Carnevali, Bosco, Galperti, Bolognesi, Genovese, Peluffo, Giorgio Piccolo, Scanu, Porta, Realacci, Lacquaniti, Fava, Marcon, Airaudo, Ferrari, Quartapelle Procopio, Giacomelli, Daniele Farina, Moretti, Giampaolo Galli».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
X Commissione:


   LACQUANITI e DI SALVO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Novem Car Interior Design spa è un'azienda tedesca leader mondiale nella produzione di interni in legno per automobili di alta, gamma, che possiede uno stabilimento anche a Bagnatica, in provincia di Bergamo;
   il comparto manifatturiero della provincia di Bergamo è stato già fortemente colpito e ridimensionato dalla crisi economica, con pesantissime ricadute in termini occupazionali e inevitabili tensioni sociali;
   a causa dell'uscita dalla produzione di alcuni modelli di automobili, nel febbraio del 2012 è stato presentato dalla Novem un piano di riorganizzazione dello stabilimento di Bagnatica; ed entro il mese di maggio 2013 l'azienda, per quanto risulta agli interroganti, ha previsto di completare il licenziamento di circa 100 dipendenti, pari alla metà dei lavoratori impiegati nella sede bergamasca;
   l'azienda ha previsto, altresì, una residua linea di produzione per modelli di automobili, per cui tuttavia è ugualmente prevista la fuoriuscita dalla produzione per la fine del 2015;
   il segmento produttivo degli interni in legno per automobili di alta gamma necessita di 16/20 mesi per entrare a pieno regime da quando viene affidata la commessa; pertanto, se Novem non decide adesso di affidare allo stabilimento di Bagnatica la produzione per nuovi modelli di automobili, il sito è destinato a chiudere definitivamente entro la fine del 2015 –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda promuovere a far fronte alla crisi industriale che sta investendo pesantemente il manifatturiero lombardo, colpendo migliaia di lavoratori, nonché volte a ottenere da Novem Car Interior Design spa elementi che permettano di valutare il proseguimento dell'attività di produzione nel territorio bergamasco, con la presentazione di un piano di ristrutturazione aziendale credibile e, infine, se non si intenda convocare d'urgenza un tavolo di confronto con l'amministratore delegato di Novem group, Martin Funk, e i rappresentanti dei lavoratori, per offrire ai lavoratori garanzie certe sul loro futuro occupazionale, con l'assegnazione di nuove linee produttive allo stabilimento di Bagnatica. (5-01384)


   BENAMATI e SCUVERA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la multinazionale farmaceutica americana Merck ha comunicato formalmente alle organizzazioni sindacali territoriali che da gennaio 2013 comincerà la fase di spostamento dei volumi produttivi dallo stabilimento di Pavia, con conseguenti esuberi tra i lavoratori di cui circa 270 tra i dipendenti e 150 nell'indotto;
   la suddetta multinazionale ha contemporaneamente avviato la procedura di mobilità per 230 tra informatori scientifici e impiegati della sede centrale;
   la dismissione dello stabilimento Merck di Pavia e la messa in mobilità di lavoratori della sede centrale italiana della multinazionale costituiscono l'avvio di un processo di uscita definitiva dell'impresa americana dal territorio nazionale;
   quello farmaceutico è un settore strategico per il nostro Paese: secondo i dati Istat elaborati da Farmindustria, l'Italia è il secondo produttore europeo dopo la Germania, e conta 65 mila addetti, di cui circa il 90 per cento laureati o diplomati, 6 mila addetti alla ricerca e sviluppo, il 9 per cento degli addetti totali, 25 miliardi di euro di produzione di cui il 61 per cento rivolto all'estero;
   l'importanza della presenza della multinazionale Merck sul territorio italiano, e in particolare nella regione Lombardia all'avanguardia per produzione farmaceutica e biotech in Italia, rende la questione della prossima chiusura dello stabilimento pavese una questione di rilievo nazionale;
   con riferimento allo stabilimento pavese, presso il Ministero dello sviluppo economico è stato istituito un tavolo ministeriale per gestire la crisi occupazionale determinata dalle decisioni della multinazionale, a cui partecipano le organizzazioni sindacali, i vertici aziendali, le amministrazioni locali e alcuni parlamentari –:
   quali ulteriori iniziative politiche, per quanto di competenza, il Ministro intenda assumere per evitare che il nostro Paese venga privato di una realtà strategica quale rappresentata da Merck. (5-01385)


   ALLASIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la crisi del mercato pubblicitario ha colpito l'intera industria editoriale italiana e a risentirne è stata anche la società Seat pagine gialle, già lacerata da non chiare scelte finanziarie messe in atto negli anni passati da un gruppo di fondi di private equity;
   dopo l'acquisizione, avvenuta nel 2003, la società Seat è arrivata a poco a poco sull'orlo del baratro, schiacciata da un indebitamento che ha toccato la soglia di circa 2,7 miliardi, privando 300 mila azionisti di minoranza di consistenti risparmi;
   nel 2012 è stata eseguita una ristrutturazione delle passività finanziarie che ha ridotto a 1,3 miliardi il debito della società;
   il calo dei ricavi accertato per l'anno 2012, che vede una perdita di 843 milioni di euro rispetto al precedente anno, ha minato sensibilmente le linee guida strategiche adottate per il triennio 2011-2013, come affermato dagli stessi vertici aziendali;
   la drammatica situazione finanziaria dell'azienda ha conseguenze disastrose anche per l'occupazione –:
   se intenda promuovere una concertazione con i vertici aziendali affinché vengano quanto prima rese note le strategie industriali di Seat pagine gialle, anche in relazione alla realizzazione di possibili investimenti per lo sviluppo dell'azienda, evitando altresì che le scelte intraprese dalla società abbiano ricadute negative sui risparmi dei piccoli azionisti.
(5-01386)


   FANTINATI, CRIPPA, DELLA VALLE, DA VILLA, VALLASCAS, PRODANI, MUCCI e PETRAROLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dalle notizie di stampa apparse in queste ultime settimane e dalle dichiarazioni rilasciate da autorevoli esponenti dell'Esecutivo emergono posizioni diverse, in alcuni casi persino distanti, sulle misure da adottare per scongiurare quello che sarebbe un autentico disastro per la Compagnia Alitalia e il sistema dei trasporti italiano;
   è evidente che bisogna chiarire responsabilità e ruoli giocati in questa vicenda dai soci privati e dalle banche nella gestione della compagnia e questo compito spetta al Governo ed in particolare ai Ministri preposti;
   comunque le notizie sulla ricapitalizzazione di Alitalia e di conseguenza il piano industriale continuano ad essere poco chiare;
   si apprende che Air France-Klm avrebbe chiesto ad Alitalia, come condizione per partecipare all'aumento di capitale, la rinuncia all'apertura di nuovi collegamenti a medio-lungo raggio e all'acquisto di altri aerei;
   inoltre una delle ipotesi avanzate è quella di una possibile acquisizione da parte del gruppo Poste italiane s.p.a;
   addirittura si paventa di un possibile commissariamento dell'azienda;
   infine da ultime indiscrezioni si cerca un partner internazionale come ad esempio Air flot;
   è evidente che tale situazione confusionaria danneggia l'immagine dell'Italia e preoccupa fortemente migliaia lavoratori –:
   quali siano gli interventi, di propria competenza, che intenda adottare per la tutela e il rilancio della nostra Compagnia di bandiera. (5-01387)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo svedese Electrolux sembra non limitarsi alla dichiarata volontà di ridimensionare quantità e tipologie produttive dei principali stabilimenti italiani, ma, stando ai numeri di cui si parla, circa 1.500 esuberi, alla più concreta prospettiva di abbandono della presenza nel nostro Paese, sottraendo di fatto un'antica cultura industriale;
   lo Stato già nel 2010 con il Governo Berlusconi, ha saputo predisporre misure concrete per scongiurare il piano di esubero, allora 800 lavoratori del gruppo, garantendo il mantenimento in Italia del principale polo produttivo di frigoriferi (Susegana);
   l'annunciato piano di esuberi di oggi, con delocalizzazione di produzione verso Polonia ed Ungheria crea fortissima preoccupazione per la tenuta del sistema produttivo ed occupazionale del nostro sistema Paese già fortemente messo alla prova da altre crisi industriali;
   i territori interessati dagli insediamenti produttivi prevedono ricadute sociali dagli esiti imprevedibili; solo nella provincia di Pordenone dove è sorta la grande tradizione del marchio Zanussi, si stima che la possibile chiusura o il drastico ridimensionamento dello stabilimento di Porcia, metta a rischio circa 5.000 posti di lavoro, un dramma epocale per questa provincia caratterizzata da una vocazione industriale alimentata dall'industria Zanussi;
   le ragioni dell'annunciato drastico ridimensionamento della presenza occupazionale e produttiva del gruppo Electrolux in Italia, sembrano trovare giustificazione in un grave deficit competitivo degli stabilimenti italiani rispetto ad alternative produttive disponibili per il gruppo Electrolux negli insediamenti produttivi polacchi ed ungheresi;
   tale deficit competitivo risulta essere determinato principalmente dal differenziale di due fondamentali fattori di produzione:
    a) il costo del lavoro (24 euro/ora lavorata in Italia contro i 6 euro/ora lavorata in Polonia) e in particolare dalla componente fiscale e contributiva dello stesso;
    b) il costo dell'energia (di circa il 30 per cento superiore in Italia rispetto a Polonia e Ungheria) e, in particolare dalla componente fiscale che grava su tale fattore;
   il vantaggio competitivo dei Paesi beneficiari di tale eventuale processo di delocalizzazione produttiva risulta essere intensamente finanziato dalla contribuzione comunitaria e dunque anche da quella dello Stato italiano –:
   quali iniziative il Governo intenda mettere in campo per prevenire eventuali decisioni di disinvestimento delle attività produttive del gruppo Electrolux in Italia;
   quali iniziative specifiche il Governo intenda assumere, nel breve periodo, per arginare la crisi dell'intero settore elettrodomestico (il secondo comparto manifatturiero dopo l’automotive);
   se intenda adottare, anche in forma selettiva, iniziative per ridurre significativamente il differenziale di costo del lavoro e di costo dell'energia così da rendere meno convenienti le scelte di delocalizzazione e così da attrarre nuovi investimenti sul territorio nazionale, con particolare riguardo ai settori, come l'elettrodomestico, più esposti alla competizione globale;
   se il Governo intenda intraprendere iniziative in sede comunitaria per promuovere l'adozione di misure straordinarie a sostegno di un comparto gravemente minacciato dalla competizione globale;
   in subordine, se il Governo intenda intraprendere in sede comunitaria iniziative tese a mitigare il differenziale competitivo di attività industriali sul territorio comunitario alimentato da specifiche politiche comunitarie. (4-02405)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   i collegamenti fra Milano e la Brianza sono assolutamente carenti ed insufficienti e necessitano di immediate soluzioni;
   l'area metropolitana milanese e la provincia di Monza e Brianza, tra le aree più popolate ed urbanizzate d'Europa, soffrono di gravissimi problemi di inquinamento dovuti all'eccessivo utilizzo di autovetture ed alla mancanza cronica di mezzi di spostamento alternativi;
   nella zona della Brianza est, caratterizzata da una forte industrializzazione e sede di numerose multinazionali, è sorto nel 2008 il distretto high tech Milano Brianza che raggruppa le aziende e le realtà produttive territoriali;
   l’iter di approvazione del progetto di prolungamento della linea metropolitana MM2 da Cologno nord, attuale capolinea, a Vimercate, capoluogo della Brianza est, evidenzia attualmente difficoltà che stanno fortemente e gravemente ritardando i tempi di realizzazione di tale fondamentale ed imprescindibile infrastruttura;
   tale prolungamento è un fattore di sviluppo territoriale di strategica importanza per tutta l'area riconducibile al distretto HT Milano Brianza; l'opera, infatti, è certamente destinata a produrre un notevole contributo al processo di rafforzamento e di rilancio delle realtà industriali in tutta l'area ed è senz'altro risorsa irrinunciabile nel percorso di rilancio dell'intero est Brianza;
   la stazione di testa di Vimercate, sita sulla tangenziale est nei pressi del complesso delle Torri Bianche, svolgerebbe anche l'importante funzione di scambio modale gomma/ferro ed intercetterebbe tutto il traffico della Brianza Nord e quello proveniente dalle province di Lecco, Como, Sondrio e Bergamo;
   la regione Lombardia e tutti gli enti locali della zona interessata si sono adoperati per ribadire l'importanza della realizzazione dell'opera;
   è inoltre auspicabile, in vista dell'Expo, un potenziamento dei collegamenti tra la Brianza e Milano che consentirà, tra le altre cose, l'abbattimento del traffico veicolare con una conseguente diminuzione dell'inquinamento, ed una forte riduzione dei tempi di spostamento, a tutto vantaggio della vivibilità e della produttività della zona –:
   se il Governo, in considerazione delle problematiche che affliggono il sistema della viabilità in Brianza, in un'area densamente popolata ed industrializzata, non intenda adoperarsi, anche attraverso i fondi Expo, affinché venga realizzata in tempi rapidi un'opera strategica per il territorio e per l'economia dell'intero Paese, eventualmente assumendo le necessarie iniziative anche normative per stanziare nel bilancio dello Stato delle risorse necessarie per tale fondamentale infrastruttura. (4-02416)


   ERMINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la società PH FACILITY che in associazione temporanea di impresa con Selex ES (Finmeccanica) ha vinto la gara di appalto per lo svolgimento del servizio di manutenzione degli impianti automatizzati dei centri di meccanizzazione di Poste italiane ha proposto di assumere solo 150 lavoratori degli oltre 200 attualmente in forza;
   nel solo centro di Sesto Fiorentino ciò comporterebbe una diminuzione dell'occupazione del 50 per cento portando il numero degli addetti da 22 a 11;
   si rileva che l'accordo ministeriale del 2007 impegnava la ditta subentrante ad assumere il personale già occupato, circostanza che invece non si realizzerebbe con la proposta di PH FACILITY –:
   quali siano le iniziative che intende porre in essere per salvaguardare i posti di lavoro e se non intenda convocare le parti per trovare una soluzione che tuteli i lavoratori. (4-02419)


   FARAONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   AnsaldoBreda s.p.a., controllata da Finmeccanica s.p.a., è la principale società italiana di costruzioni di rotabili per il trasporto su ferro e si occupa di progettazione e costruzione di treni completi ad alta velocità, di elettrotreni metropolitani e suburbani (TAF e TSR) e di tram (Sirio), di progettazione e costruzione di equipaggiamenti elettrici di trazione e ausiliari e di apparecchiature di sicurezza e segnalamento ferroviario;
   AnsaldoBreda s.p.a. deriva dalla fusione industriale intervenuta nel 2001 tra Ansaldo Trasporti e Breda Costruzioni Ferroviarie, entrambe aziende eredi della tradizione italiana nel settore dei veicoli su rotaia la cui fusione ha consentito l'integrazione della competenza elettrica con quella meccanica, rendendo AnsaldoBreda capace di progettare e costruire in autonomia un prodotto completo;
   la strategica importanza storica ed economica dell'azienda, a livello nazionale, vede coinvolte quattro regioni (Toscana, Campania, Calabria e Sicilia);
   lo stabilimento di Carini, nel 1991, che fino ad allora si chiamava I.me.si. (industria metalmeccanica siciliana) ed ha già al suo attivo una propria e importante storia industriale, per esempio attestata, tra le tante commesse, dalla realizzazione dei piloni costruiti per il ponte sul Bosforo, entra a far parte della società Breda Costruzioni Ferroviarie, si può ben dire, a un «prezzo politico» e non al suo reale valore di mercato;
   da allora, ha continuato ad incrementare e accumulare la propria esperienza e competenza con una lunga storia di commesse e successi industriali: dalle centinaia di carrozze costruite per le ferrovie italiane ai carri navetta per il tunnel sotto La Manica (Francia-Inghilterra); dagli oltre 400 autobus negli anni ’90, ai tram della metropolitana di Lille (Francia) e Boston (USA) alle vetture a 2 piani per il Marocco, ultime delle commesse internazionali;
   nel frattempo, la regione siciliana, attraverso la Resais, si è fatta carico di 450 lavoratori dei 550 allora in organico, con l'impegno, da parte del gruppo industriale, di realizzare nello stabilimento di Carini un processo di diversificazione produttiva, rilanciando l'azienda e portando il nuovo organico a 350 unità;
   nel tempo sono stati sempre respinti i tentativi di ridimensionamento da parte della società Breda dello stabilimento di Carini e nel 1996 è stato sottoscritto un nuovo accordo che indicava una missione strategica, ovvero la componentistica ad alto valore aggiunto;
   Breda non ha mai dato attuazione all'accordo del 1991, né a quello del 1996, bloccando a 130 le unità lavorative (oggi 162);
   lo stabilimento dal ’91 muta, quindi, la propria missione produttiva dalla costruzione di metalmeccanica pesante, a quella rotabile, nonché di carrozze per le ferrovie, di carri navetta per i tunnel sottomarini e di autobus;
   nell'autunno del 2004, inopinatamente, si assiste alla cessione di circa la metà delle aree produttive a favore della Keller, altra azienda metalmeccanica del settore che poi è totalmente fallita nel giro di pochi anni, insieme agli impianti produttivi, sabbiatura, forni di verniciatura ed allestimento carrozze, con il fine non tanto nascosto di dismettere così, nel tempo, l'impianto produttivo di Carini facente capo ad AnsaldoBreda con la non sottaciuta motivazione che il sito era lontano geograficamente dai luoghi di consegna e, quindi, non sufficientemente produttivo e remunerativo in termini di profitti;
   in tale contesto, dal 2009 lo stabilimento di Carini muta La propria destinazione produttiva, specializzandosi e occupandosi esclusivamente del cosiddetto revamping, ovvero della modifica e dell'aggiornamento sostanziale di carrozze e vetture, aggiungendo alla missione lavorativa il service (quest'ultimo attualmente non operativo);
   si sono operati così facendo, dal parte della direzione di AnsaldoBreda, un depotenziamento e una dequalificazione produttiva sistematica e persistente, nonostante, l'impianto di Carini fosse apprezzato e competitivo sul piano nazionale e internazionale per i livelli e i requisiti di produttività e qualità di prodotto realizzato e remunerativo sul piano della concorrenza di mercato;
   lo stabilimento della AnsaldoBreda di Carini ha una lunga storia di commesse e successi industriali nazionali ed internazionali e come sopra riportato, negli ultimi anni, la sua principale attività consiste nella costruzione di carrozze, revamping, nonché il recupero di vecchi vagoni;
   lo stabilimento, pur essendo un pezzo importante di storia dell'industria italiana e pur mantenendo intatta la potenzialità e le professionalità per realizzare prodotti interamente nuovi e in quasi totale autonomia, nonostante disponga di un capannone di oltre 16.000 metri quadri attrezzato di sala di bonifica e di 4 linee di produzione, dell'impianto di prova e di ampi spazi per la sosta dei rotabili e lo stoccaggio dei materiali, tuttavia, negli ultimi anni, è stato oggetto di un graduale depotenziamento;
   l'intenzione da parte di Finmeccanica appare quella di spacchettare l'azienda, destinando gli stabilimenti di Carini e Reggio Calabria in una bad company, facendo transitare Pistoia e Napoli in una new company, più appetibile per gli acquirenti;
   successivamente, da un comunicato del Governatore della Calabria Scopelliti, del 21 ottobre 2013, risulta che, a seguito di un confronto con il presidente di Finmeccanica, il prefetto Gianni De Gennaro, lo stabilimento di Torre Lupo non solo non verrà scorporato, ma verrà rilanciato;
   non sembra chiaro da dove provengano le maggiori perdite del gruppo, e quindi, eventuali sprechi, considerando che lo stabilimento di Carini influisce solo per il 5 per cento;
   allo stato attuale, l'ultima commessa di 70 carrozze, si ultimerà nel mese di novembre 2013. Da quel momento, lo stabilimento di Carini rimane senza più commesse e quindi nelle condizioni di essere chiuso e la conseguenza che gli operai, altamente specializzati, vengano licenziati;
   tale scenario è molto probabile che accada se l'AnsaldoBreda non partecipa (ad oggi risulta che non abbia presentato la propria offerta) alla gara indetta l'8 ottobre 2013 (scadenza 12 novembre 2013) bandita da parte di Trenitalia spa, per l'appalto del servizio di manutenzione ciclica di RO e Face Lift per un numero minimo di ottanta e fino ad un massimo di trecento carrozze, che comporterebbe, in caso di aggiudicazione, lavoro all'azienda e alle maestranze per altri 6 anni;
   alla luce di quanto suddetto, sembra esserci la chiara intenzione di smantellare esclusivamente lo stabilimento siciliano, accusato già dal 2004 di «dispersione geografica»;
   l'Italia e, soprattutto, la Sicilia vive una condizione di emergenza economica e pertanto, risultano essere controproducenti politiche di svendita e smantellamento dell'industria italiana e siciliana;
   sarebbe auspicabile portare avanti politiche di rilancio e consolidamento, al fine di non perdere produttività e maestranze, non creando ulteriore precariato;
   appare evidente all'interrogante la volontà di impedire l'acquisizione di nuove commesse e conseguentemente di favorire lo smantellamento dello stabilimento di Carini –:
   quale sia l'intenzione del Governo per salvaguardare l'impianto produttivo dell'AnsaldoBreda di Carini, in particolare, cosa intende fare, con misure adeguate, efficaci ed urgenti, per impedire lo smantellamento dello stabilimento siciliano e programmarne il rilancio, valorizzandone le potenzialità ed evitandone così la chiusura con conseguente desertificazione del settore industriale in Sicilia. (4-02424)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Marazziti e altri n. 1-00224, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Locatelli e, contestualmente con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Marazziti, Raciti, Palazzotto, Pisicchio, Locatelli, Tabacci, Chaouki, Currò, Schirò Planeta, Migliore, Santerini, Galgano, Moscatt, Sberna, Giuseppe Guerini».

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Scuvera e altri n. 1-00108, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 giugno 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Petrenga.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Spessotto e altri n. 5-01340, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Mucci, Busto, Zolezzi, Ferraresi, Parentela, Daga, Mannino, Paolo Bernini, Dall'Osso.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Casellato e altri n. 3-00419, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Malisani.

  L'interrogazione a risposta in commissione Simoni e altri n. 5-01373, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fossati.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Gianluca Pini n. 4-00406 del 14 maggio 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Valiante n. 5-00747 del 24 luglio 2013;
   interpellanza urgente Giancarlo Giorgetti n. 2-00283 del 5 novembre 2013.