Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 25 ottobre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il settore manifatturiero ha un ruolo di traino dell'economia del Paese, inglobando l'eccellenza della piccola e media impresa italiana che è rappresentata da oltre 450 mila artigiani e piccoli imprenditori, i quali danno lavoro a quasi 2 milioni di addetti e realizzano un valore aggiunto di 60 miliardi di euro;
    le piccole e medie imprese, a causa del prolungarsi della crisi, sono in uno stato di profonda sofferenza; molte di loro sono ormai condannate alla chiusura a causa della scarsa liquidità di cui dispongono, anche per le difficoltà di accesso al credito bancario, e della forte pressione fiscale, che è fra le più alte d'Europa;
    il 2012 è stato finora l'anno più duro della crisi per il numero di imprese che hanno chiuso: tra fallimenti, che sono stati oltre 12 mila, cioè più di mille al mese, 34 al giorno, liquidazioni (90 mila), procedure non fallimentari (2 mila), sono state 104 mila le aziende italiane chiuse; solo nel primo trimestre 2013 sono state avviate 3.500 procedure di fallimento, il 12 per cento in più rispetto al precedente anno;
    il tessuto delle attività manifatturiere italiane è tra i più performanti d'Europa; in particolare, la Lombardia ed il Nord-Est presentano il valore aggiunto manifatturiero pro capite più alto in assoluto rispetto ai maggiori Paesi dell'Unione europea e, nello stesso tempo, sono aree capaci di generare un valore aggiunto pro capite nei rimanenti settori dell'economia (costruzioni, servizi ed altri) tra i più elevati rispetto ai concorrenti europei;
    la perdita di competitività delle imprese manifatturiere ha, quindi, ricadute importanti sull'economia del Paese e, in particolare, sull'occupazione. I dati sulle forze lavoro tracciano un quadro in deterioramento del mercato del lavoro, dove si riduce la crescita dell'occupazione che si associa ad un ulteriore aumento della disoccupazione;
    nel manifatturiero esiste una vera e propria emergenza occupazionale; in quattro anni, dal 2009 al 2012, gli addetti sono diminuiti del 2,9 per cento, con picchi per settore che si registrano nel calzaturiero, nel chimico e nel comparto tessile. Sono, invece, positivi i dati relativi alle esportazioni che stanno attraversando una fase di espansione;
    sia a livello europeo, sia a livello nazionale e regionale, si afferma che per fare fronte alla crisi in atto, una delle misure da sostenere sia l'incremento delle attività di ricerca e sviluppo tecnologico, prevedendo una linea privilegiata per il sostegno alle azioni messe in atto dalle imprese che si orientano in questa direzione;
    gli effetti della crisi stanno mettendo in grande difficoltà soprattutto le piccole e medie imprese del manifatturiero che svolgono attività di ricerca e di sperimentazione; queste imprese, ad elevatissimo investimento in forza lavoro specializzato e dotate di grandi patrimoni immateriali costituiti da brevetti, modelli e marchi, si sostengono con forti anticipazioni di risorse finanziarie da parte degli istituti di credito. Pertanto, è opportuno creare le condizioni affinché non venga meno il canale di finanziamento nei loro confronti;
    in Europa il contributo del settore manifatturiero al prodotto interno lordo si aggira intorno ad una media del 15,2 per cento; l'obiettivo indicato dalla Commissioni europea è quello di raggiungere il 20 per cento nei prossimi sette anni, sia per migliorare la produttività dell'Unione europea rispetto agli Stati Uniti ed il Giappone, sia per mantenere i vantaggi competitivi acquisiti in alcuni settori più complessi e di elevata qualità;
    a livello europeo è in fase di studio la possibilità di una revisione dei vincoli del Patto di stabilità, finalizzata ad escludere dai suddetti vincoli gli investimenti destinati allo sviluppo delle infrastrutture, dell'innovazione e della ricerca, al fine di liberare risorse in favore dell'economia reale, oggi schiacciata da un'eccessiva politica del rigore;
    l'Italia potrebbe fornire un contributo importante al raggiungimento degli obiettivi europei, impegnandosi a contrastare l'attuale declino dell'industria manifatturiera e riposizionando le imprese di settore sulla strada della crescita e dello sviluppo;
    per le imprese manifatturiere, particolarmente sentito è il tema del credito. L'accesso al credito negli ultimi anni è, infatti, diventato sempre più problematico, determinando un vero e proprio ristagno economico che sta compromettendo la possibilità, da parte delle imprese, di improntare nuovi investimenti e, conseguentemente, di programmare la propria crescita non solo economica, ma anche e soprattutto tecnologica, con gravi ripercussioni sulla competitività delle aziende italiane rispetto a quelle europee;
    un ulteriore ostacolo alla crescita competitiva delle imprese è rappresentato dal fenomeno dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Rispetto alla media europea, in Italia occorre più tempo per essere pagati, infatti il ritardo medio è di 28 giorni. Il periodo medio di pagamento è di 57 giorni per i privati, di 88 giorni per le imprese e di ben 135 per la pubblica amministrazione;
    il perpetuarsi del fenomeno dei ritardi di pagamento rischia di generare danni irreparabili all'economia del Paese; è, quindi, necessaria l'adozione di efficaci strumenti di contrasto a tale fenomeno, anche attraverso l'istituzione di un fondo rotativo volto a garantire ai creditori una maggiore tutela contro i ritardi e le incertezze di pagamento;
    nel settore manifatturiero si è ultimamente accentuato un ulteriore fenomeno destabilizzante che si riverbera negativamente sull'intera tenuta del sistema produttivo ed occupazionale del Paese. Si tratta di un aspetto indotto dal processo della globalizzazione e noto come dislocazione dei processi produttivi, ovvero dell'organizzazione del processo produttivo su scala mondiale. Tale fenomeno non interessa più, come in passato, le sole imprese multinazionali, ma si estende ormai a tutte le imprese e prende il nome di delocalizzazione;
    si assiste, così, ad un trasferimento vero e proprio di attività o di fasi della produzione dai luoghi di origine verso Paesi come Marocco, Tunisia, Libia, Turchia, Egitto, Romania, Bulgaria, Moldavia, Carinzia e Slovenia, in vista di potere produrre a costi sempre più bassi;
    il sistema produttivo italiano subisce gravi lesioni dal processo di delocalizzazione che sta portando ad un lento e profondo depauperamento delle risorse economiche ed occupazionali presenti sul territorio; particolarmente colpite e penalizzate dagli effetti della delocalizzazione sono le zone distrettuali del lombardo-veneto e del Piemonte, soprattutto riguardo al settore manifatturiero dell'industria della moda, dell'abbigliamento e del tessile;
    in queste circostanze sarebbe necessario attuare una nuova politica di tutela delle realtà distrettuali nei settori interessati dai processi di delocalizzazione tramite la concessione di agevolazioni e riduzioni degli oneri amministrativi e dei carichi fiscali e sociali, ma ad ogni modo legati al rispetto di specifiche condizioni, tra cui la permanenza nei luoghi d'origine, l'assunzione di forza lavoro locale, l'assegnazione di commesse ad imprese dell'area d'appartenenza;
    lo sviluppo di particolari settori del manifatturiero, dal comparto moda, all'arredamento, all'elettronica e ai beni di largo consumo è, inoltre, minacciato dalla presenza sui mercati internazionali di prodotti contraffatti provenienti principalmente dai Paesi del sud-est asiatico, come la Cina;
    le economie di questi Paesi da tempo minacciano l'Italia e l'Europa con politiche commerciali aggressive favorite da bassissimi costi di produzione, anche legati alla violazione dei diritti umani e dei più elementari standard di sicurezza del lavoro, della salute e dell'ambiente;
    dalla relazione approvata, in data 22 gennaio 2013, dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, istituita presso la Camera dei deputati nella XVI legislatura, si apprende che il mercato del falso nel nostro Paese genera un fatturato di 7 miliardi e 109 milioni di euro. Le perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali sono calcolate in 5 miliardi e 281 milioni di euro, mentre sono oltre 130 mila i posti di lavoro sottratti all'economia reale;
    nella XVI legislatura, in Parlamento è stata più volte evidenziata, in particolare dal gruppo della Lega Nord, la necessità di adottare, in ambito nazionale ed europeo, più stringenti disposizioni per la tutela delle imprese italiane ed europee dalla concorrenza sleale, attraverso l'adozione di azioni europee antidumping e la protezione della denominazione e dei marchi di origine;
    un traguardo è stato raggiunto con l'approvazione della legge 8 aprile 2010, n. 55, recante «Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri» che, introducendo un sistema di etichettatura a garanzia della qualità del made in Italy, rappresenta un valido strumento di contrasto alla contraffazione. La suddetta legge, fortemente ostacolata dall'Europa, non ha ancora trovato definitiva applicazione;
    il rilancio del settore manifatturiero viene perseguito anche attraverso la realizzazione di un'organica strategia per la riduzione dei costi dell'energia, i quali rappresentano una delle principali cause dello svantaggio competitivo dell'Italia rispetto agli altri Paesi europei;
    particolare attenzione deve essere, infine, rivolta all'ammodernamento dell'apparato amministrativo del Paese che appare ancora troppo inefficiente e farraginoso, quantificandosi in un costo annuo per le imprese, specie per quelle di dimensioni più piccole, di circa 26 miliardi di euro, pari a circa 1,5 punti di prodotto interno lordo;
    la recente revisione dello «spesometro» rappresenta un ulteriore onere a carico dei contribuenti, determinando una sperequazione tra il sistema fiscale nazionale e quello dei principali Paesi europei e, allo stesso tempo, rallentando la ripresa economica delle imprese;
    la mancanza di interventi per la realizzazione di un'organica politica industriale, che appare necessaria per uscire dalla recessione e, al contempo, per inaugurare una nuova fase di crescita dell'economia italiana, contribuisce ad aggravare la crisi in cui versa il settore manifatturiero del Paese, creando incertezza sul futuro di tante piccole imprese,

impegna il Governo:

   ad attivare un'organica azione di difesa e di sostegno delle imprese del settore manifatturiero, con particolare riferimento ai distretti industriali, ricomprendendo in tali azioni l'osservanza da parte dei beneficiari di impegni diretti alla loro permanenza nei luoghi d'origine, al mantenimento e all'incremento della forza lavoro locale, all'assegnazione di lavori e all'eventuale esternalizzazione di processi produttivi ad imprese appartenenti all'indotto in cui esse operano;
   a perseguire l'obiettivo del rilancio del settore manifatturiero, anche attraverso l'attivazione di iniziative dirette:
    a) alla sottoscrizione di accordi con il sistema del credito per la concessione di prestiti temporanei ed a tassi agevolati volti a mantenere in vita le imprese in difficoltà;
    b) all'introduzione di rateazioni più lunghe e più flessibili ai fini dell'assolvimento da parte delle piccole e medie imprese dei propri debiti tributari e contributivi;
    c) alla semplificazione degli adempimenti amministrativi;
    d) alla riduzione dei carichi fiscali (iva ed imposte sulla produzione) e degli oneri sociali;
    e) la concessione di contributi per gli investimenti diretti alla ristrutturazione ed all'ammodernamento, soprattutto in campo tecnologico;
    f) all'adozione di misure per la riduzione del costo dell'energia, riportandolo sui livelli degli altri Paesi dell'Unione europea, con particolare riferimento ai settori con elevati consumi energetici;
    g) alla tutela del made in Italy, anche intervenendo per assicurare l'applicazione della vigente normativa che introduce un sistema di etichettatura obbligatoria sull'origine e sul luogo in cui avviene ciascuna fase di lavorazione dei prodotti in commercio;
   ad adottare efficaci strumenti di contrasto al fenomeno dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, attraverso l'adozione di misure per l'istituzione di un fondo rotativo che abbia il fine di garantire ai creditori una maggiore tutela contro i ritardi e le incertezze di pagamento;
   ad assumere iniziative dirette a rivedere gli attuali vincoli del Patto di stabilità interno, escludendo dagli stessi gli investimenti in innovazione, sviluppo e ricerca così da favorire una rapida ripresa dell'economia reale;
   a promuovere, in ambito nazionale e comunitario, iniziative di contrasto alla concorrenza sleale subita dalle imprese italiane ed europee, anche attraverso azioni antidumping, volte a contrastare l'ingresso nell'Unione europea di prodotti provenienti dalla Cina che siano il frutto di forme di lavoro illegale, nocivi per l'ambiente e la salute dei consumatori;
   ad intensificare e rendere più efficaci i controlli sulle attività esercitate dalle imprese cinesi sul territorio nazionale in relazione alla conformità dei prodotti alla vigente normativa sulla tutela del lavoro, sulla sicurezza, sulla salvaguardia della salute umana e dell'ambiente, nonché alla regolarità degli adempimenti richiesti in materia amministrativa, fiscale e contributiva, per l'esercizio dell'attività di impresa;
   a rilanciare il settore manifatturiero anche incentivando l'occupazione di giovani di età inferiore a trentacinque anni, ancora inoccupati, ovvero disoccupati da più di ventiquattro mesi;
   ad adottare misure di armonizzazione dell'attuale sistema fiscale nazionale con i più moderni sistemi fiscali vigenti in altri Paesi europei, promuovendo, altresì, una semplificazione degli adempimenti a cui sono sottoposte le piccole e medie imprese per sostenerne la ripresa economica.
(1-00220) «Allasia, Busin, Giancarlo Giorgetti, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    il rilancio del comparto manifatturiero è elemento essenziale della ripresa dello sviluppo economico del nostro Paese. La produzione manifatturiera, infatti, pur fortemente colpita dalla crisi economica, deve continuare a rappresentare un decisivo punto di forza dell'Italia. Le grandi risorse di competenza tecnica e di capacità imprenditoriale che si esprimono nella produzione manifatturiera costituiscono un potenziale di sviluppo dell'economia, di crescita dell'occupazione e della competitività che non deve essere disperso bensì valorizzato;
    se la produzione manifatturiera italiana va indietro non è perché non è competitiva o esporta poco, infatti il fatturato estero corre. La produzione manifatturiera italiana è in crisi perché si è spenta la domanda interna di consumo e di investimento e il fatturato domestico è crollato;
    gli effetti della crisi economica hanno avuto e stanno avendo forti ripercussioni sul mondo del lavoro, in particolare sulle imprese manifatturiere e su quelle che svolgono attività di ricerca, sperimentazione e innovazione. Se si guarda, infatti, al numero degli addetti e si fa un paragone tra il secondo trimestre del 2012 e lo stesso periodo del 2013 viene fuori che il calo dell'occupazione è stato del 7,2 per cento nel calzaturiero, del 7 per cento nel chimico/farmaceutico e del 6,5 per cento nel comparto tessile. In quattro anni, dal 2009 al 2012, gli addetti sono diminuiti del 2,9 per cento (mentre l’export è cresciuto di oltre il 32 per cento), la produzione industriale è crollata del 25 per cento in media e, in alcuni settori, di oltre il 40 per cento dal picco pre-crisi, con circa 40 imprese manifatturiere che spariscono ogni giorno;
    la struttura produttiva italiana è caratterizzata da due elementi: la presenza di pochi gruppi industriali di grandi dimensioni (nel settore della meccanica, dell'aeronautica, nel settore militare, dell'ottica e dell'alimentare, nonché nella moda e nelle costruzioni), la cui grandezza, peraltro, è mediamente inferiore a quella dei competitori esteri, e la prevalenza di imprese di piccole dimensioni accompagnata da un accentuato localismo produttivo. La rilevanza delle piccole imprese nella struttura industriale italiana emerge anche dal confronto con gli altri Paesi europei. Il tessuto delle micro, piccole e medie imprese rappresenta una realtà peculiare e consolidata: un fattore fondamentale di dinamismo e di crescita per l'economia nazionale. Si avverte, tuttavia, l'assenza nel sistema produttivo di una grande impresa capace di agire in termini di innovazione strategica o di trasferimento di innovazione ai sistemi imprenditoriali di dimensioni minori, svolgendo, in tal modo, un ruolo trainante e propulsivo. La principale caratteristica delle micro piccole e medie imprese italiane può essere individuata nella particolarità della loro forma organizzativa, che ha trovato l'espressione più completa nei distretti industriali, i quali, come le altre forme organizzative delle micro piccole e medie imprese, sono espressione di uno sviluppo imprenditoriale che nasce dal basso e riflette la capacità delle forze economiche, sociali ed istituzionali presenti in un determinato territorio di autopromuoversi, mettendo a frutto le risorse in termini di capitale umano, di materie prime e di conoscenza disponibili in ambito locale;
    i distretti produttivi rappresentano uno dei maggiori punti di forza del sistema industriale italiano e si configurano come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccola e media dimensione e dall'elevata specializzazione produttiva;
    è, infatti, da notare che per i principali distretti industriali italiani, il primo semestre 2013 si chiude con una crescita dell’export del +5,2 per cento rispetto al primo semestre 2012, evidenziando un andamento nettamente più favorevole rispetto dell’export manifatturiero del Paese, in calo dello 0,6 per cento. Questo indice evidenzia un altro risultato eccellente delle imprese distrettuali: se si considera l'ultimo anno iniziato a luglio 2012 e terminato a giugno 2013, l’export distrettuale è risultato ampiamente oltre i livelli pre-crisi. Occorre, quindi, riaffermare la centralità del manifatturiero e dei distretti produttivi nell'economia italiana, nonché la necessità che l'economia reale sia messa nelle condizioni di poter esprimere il suo potenziale con efficaci azioni di governo, prima fra tutte il taglio del cuneo fiscale;
    la grave crisi economica internazionale in atto rischia di amplificare i problemi del sistema economico italiano connessi alla scarsa attitudine a compiere investimenti nell'attività di ricerca e di sviluppo che si spiega con le peculiari caratteristiche settoriali (limitata presenza nei settori delle tecnologie avanzate e dei materiali innovativi) e, soprattutto, dimensionali delle imprese italiane. Le grandi imprese sono, infatti, il principale motore della ricerca in tutti i Paesi avanzati, mentre i problemi della piccola e media impresa sono legati in maniera evidente ad una forte carenza di investimenti in ricerca e sviluppo in grado di alimentare quella nuova industria (tecnologie dell'informazione e della comunicazione, ricerca medica ed altre), che, in tutti i Paesi sviluppati si dimostra la carta vincente della competizione internazionale;
    va, altresì, considerato che, il nostro Paese, appare in ritardo per quanto riguarda l'entità delle risorse pubbliche destinate al sostegno della ricerca e sviluppo e dell'innovazione; ciò si ripercuote negativamente sulla capacità competitiva del sistema produttivo italiano;
    a tutto questo si aggiunge che l'Italia, nel settore manifatturiero, si è caratterizzata per notevoli differenze nel grado di sviluppo economico delle diverse regioni. Il divario di sviluppo tra Nord e Sud non sembra essersi sostanzialmente ridotto e la crisi economica in atto, se non affrontata con politiche adeguate, rischia di aggravare tale situazione, poiché potrebbero risentirne maggiormente proprio le regioni più deboli;
    i principali problemi che causano la perdita di competitività del sistema produttivo manifatturiero sono legati al costo dell'energia, il cui differenziale di costo in Italia rispetto ai competitori europei penalizza pesantemente le imprese italiane energivore. Occorrono, quindi, politiche di sostegno della concorrenzialità nel mercato del gas e dell'accesso alle reti, per garantire una maggiore pluralità e differenziazione sul lato dell'offerta in modo da ridurre il costo del gas, principale materia prima di molte imprese manifatturiere: il costo dell'energia, infatti, è stato segnalato come elemento strutturale di debolezza ed è necessario riportarlo ai livelli degli altri Paesi europei, con particolare riferimento ai settori a più alta intensità energetica;
    le imprese manifatturiere sono, altresì, esposte più di altre alla concorrenza internazionale. Già nel 1947 con il Gatt e poi con l'Organizzazione mondiale del commercio del 1994, si è assistito ad una progressiva caduta dei dazi, che ha comportato una piena e assoluta concorrenza a livello globale e una crescita del prodotto interno lordo di tutti i Paesi industrializzati. Il modello italiano è fondato sulle esportazioni, che, tuttavia, hanno risentito della grave crisi economica internazionale. È, peraltro, vero che le aziende italiane soffrono più di altre aziende europee di un deficit di sistema dovuto soprattutto a inefficienze della produzione, che dipendono, come già detto, dagli alti costi dell'energia, da una burocrazia eccessiva e lenta, da un sistema fiscale particolarmente farraginoso, dall'insufficiente dotazione infrastrutturale, dalla mancanza di una rete di collegamento fra formazione, ricerca ed imprese. A ciò si aggiunge il costo elevato dei servizi bancari e delle assicurazioni: tutti oneri che costituiscono costi di produzione tali da non consentire alle imprese italiane di competere efficacemente sulla scena europea;
    è, quindi, necessario perseguire obiettivi di tutela e di aiuto del settore manifatturiero anche attraverso l'attivazione di interventi riguardanti: la sottoscrizione di accordi con le organizzazioni rappresentative del sistema del credito per la concessione di prestiti temporanei a tassi agevolati idonei a mantenere in vita le imprese in difficoltà, la semplificazione degli adempimenti amministrativi, la riduzione del carico fiscale sulle imprese (ad esempio iva e imposte di produzione) e degli oneri sociali, la concessione di una quota significativa di incentivi per gli investimenti diretti alla ricerca e all'innovazione tecnologica delle micro, piccole e medie imprese manifatturiere;
    servono, quindi, azioni per la crescita. L'Italia è nata per una politica economica fondata sull'imprenditoria e da qui bisogna ripartire, valorizzando le imprese moderne e competitive. Occorre puntare sulla qualità, sulle tecnologie eco-compatibili, sulle biotecnologie, con la cooperazione di una politica energetica che abbia obiettivi realisticamente raggiungibili, come la riduzione di emissioni di anidride carbonica;
    con il diffondersi dei processi di globalizzazione, l'apertura internazionale che, fino a qualche tempo fa, rappresentava per le imprese una semplice opportunità di crescita è divenuta una delle condizioni fondamentali per la loro esistenza. L'apertura internazionale è, dunque, fondamentale per la crescita economica, in particolare per l'Italia, economia manifatturiera con un prezioso patrimonio di micro, piccole e medie imprese che rappresentano il 99 per cento del tessuto produttivo, in grado di offrire sui mercati una vasta gamma di prodotti di eccellenza e di alta affidabilità per l'innovazione tecnologica che li caratterizza. È, quindi, necessario accrescere il grado di internazionalizzazione delle aziende al fine del sostegno del made in Italy, potenziando gli strumenti agevolativi esistenti, facilitando i processi di internazionalizzazione e i collegamenti con le università e i centri di ricerca;
    nella scorsa legislatura la X Commissione (attività produttive) della Camera dei deputati ha svolto un'indagine conoscitiva sulla situazione e sulle prospettive del sistema industriale e manifatturiero italiano in relazione alla crisi economica internazionale, approvandone al termine il documento conclusivo il quale ha tracciato le linee di azione per risolvere le criticità del settore individuate, in particolare quelle relative alle piccole e medie imprese;
    a tale proposito, tra i provvedimenti approvati nel corso della XVI legislatura, si segnalano lo statuto delle imprese (legge 11 novembre 2011, n. 180, recante ”Norme per la tutela della libertà d'impresa) con il quale l'Italia è stato il primo Paese ad introdurre nel proprio ordinamento il contenuto dello Small Business Act (atto sulle piccole imprese) adottato a livello comunitario e attuato con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 maggio 2010;
    lo Small Business Act sottolinea l'importanza delle micro, piccole e medie imprese, in quanto creatrici di posti di lavoro e protagoniste della crescita delle comunità locali e regionali, e il suo recepimento in Italia ha permesso di varare una serie di misure per rendere più competitive le micro, piccole e medie imprese, soprattutto in tempo di crisi;
    l'approvazione dello statuto delle imprese ha costituito un passaggio fondamentale per la realizzazione di un ambiente giuridico favorevole alle imprese, in particolare per quelle micro, piccole e medie, che è la condizione essenziale per favorirne l'avvio, lo sviluppo e la competitività. In attuazione della delega contenuta nello statuto delle imprese è stato emanato il decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, in materia di «Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, a norma dell'articolo 10, comma 1, della legge 11 novembre 2011, n. 180»;
    tuttavia, sono ancora molte le disposizioni dello statuto in attesa di essere attuate, tra le quali si ricorda la legge annuale per le micro, piccole e medie imprese;
    è da ricordare anche che è necessario che la competitività, i prezzi dell'energia e il futuro dell'industria ritornino al centro dell'azione europea. La priorità del rilancio dell'industria europea è stata ribadita il 23 ottobre 2013 dai Ministri dell'industria dell'Unione europea riuniti a Parigi, in occasione della prima conferenza ministeriale degli «Amici dell'industria», i quali hanno rivolto un appello al Consiglio europeo – che si svolgerà nel febbraio 2014 e sarà dedicato alla competitività industriale – ad adottare un'ambiziosa agenda industriale per l'Europa con l'obiettivo quadro dell'aumento della quota dell'industria nel prodotto interno lordo dell'area,

impegna il Governo:

   ad avviare politiche di sostegno all'attività manifatturiera attraverso tempestive iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a:
    a) semplificare gli adempimenti amministrativi che gravano sulle imprese;
    b) ridurre il carico fiscale e gli oneri sociali;
    c) ridurre il costo dell'energia, riportandolo ai livelli degli altri Paesi dell'Unione europea, con particolare riferimento ai settori a più alta intensità energetica, intervenendo sulle componenti fiscali ai fini di una loro perequazione;
    d) garantire la concessione, compatibilmente con i vincoli di bilancio, di una quota significativa di incentivi per gli investimenti diretti alla ricerca e all'innovazione tecnologica, con particolare riferimento alle micro, piccole e medie imprese;
    e) attuare la riduzione delle aliquote contributive che pesano sul costo del lavoro, impegnandosi a reperire le necessarie risorse economiche;
    f) valorizzare le forme organizzative di integrazione e cooperazione interaziendale sia sotto il profilo territoriale e del distretto produttivo, sia sotto il profilo dell'aggregazione per filiera e della rete quale espressione migliore di uno sviluppo economico che parte dal basso e rispecchia la capacità delle forze economiche, sociali ed istituzionali presenti in un determinato territorio;
    g) sostenere l'internazionalizzazione delle imprese al fine di promuovere il made in Italy, potenziando gli strumenti agevolativi esistenti e facilitando i processi di internazionalizzazione e i collegamenti con le università e i centri di ricerca;
    h) promuovere la sottoscrizione di accordi con le organizzazioni rappresentative del sistema del credito per la concessione di prestiti a tassi agevolati idonei a sostenere le imprese in difficoltà;
    i) assicurare un sostegno all'occupazione e al reddito dei lavoratori delle imprese in difficoltà, anche attraverso l'eventuale reperimento di maggiori risorse finanziarie da destinare agli ammortizzatori sociali, con particolare riferimento ad interventi di prolungamento della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, alla cassa integrazione in deroga (con particolare riferimento alle imprese artigiane) e ai contratti di solidarietà, rendendo, altresì, più facile l'accesso a queste procedure da parte delle imprese;
    l) promuovere processi di aggregazione, anche attraverso incentivi, delle imprese al fine di intervenire sull'assetto dimensionale del tessuto produttivo;
    m) dare attuazione con tempestività alle disposizioni contenute nella legge 11 novembre 2011, n. 180 (statuto delle imprese) e non ancora adottate;
    n) promuovere l'effettiva applicazione della direttiva sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e del decreto legislativo di recepimento;
    o) promuovere processi di gestione delle crisi aziendali, tenendo conto degli effetti e delle ricadute sull'indotto ai fini della salvaguardia delle piccole imprese e della relativa occupazione;
    p) sostenere con decisione quanto stabilito in occasione del Consiglio europeo sulla competitività del mese di settembre 2013, e successivamente ribadito il 23 ottobre 2013, con particolare riferimento all'adozione di un'agenda industriale per l'Europa, quale strumento per rivitalizzare l'industria dell'area e rafforzare la sua capacità produttiva.
(1-00221) «Costa, Vignali, Abrignani, Dorina Bianchi».

Risoluzione in Commissione:


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    la gravità della situazione della Terra dei Fuochi – di quella vasta area di territorio nelle province di Napoli e di Caserta che è ormai divenuta simbolo terribile e sinistro dei traffici illeciti di rifiuti e dell'enorme pericolosità di attività criminali che pongono pesantemente in pericolo l'ambiente e la salute dei cittadini – è assoluta;
    pochi dati esemplificativi, tratti dall'ultimo dossier redatto da Legambiente, che ha lanciato 25 anni fa l'allarme sul fenomeno e anche l'espressione Terra dei Fuochi (coniata nel Rapporto Ecomafia 2003), certificano la drammaticità della situazione attuale:
    dal 1o gennaio 2012 al 31 agosto 2013, i roghi di rifiuti, materiali plastici, pneumatici fuori uso e scarti di lavorazione industriali, frammisti ad altro materiale tossico (resti di fonderie, vernici, colle, eccetera), sono stati ben 6.034, di cui 3.049 in provincia di Napoli e 2.085 in quella di Caserta;
    in questa azione criminale di aggressione al territorio e alla salute dei cittadini in Campania sono risultati coinvolti, come risulta dalle indagini della magistratura, decine di clan camorristici, dai Bidognetti, ai Fabrocino, ai Belforte, ai Mazzacane, agli Iovine, agli Schiavone, ai Nuvoletta-Polverino, ai Mallardo, ai La Torre, ai Puccinelli – Perrella;
    molto avvertita e rilevante è in Campania la questione, particolarmente delicata e attuale, della bonifica dei tanti siti inquinati dal deposito, a vario titolo, di rifiuti di ogni genere, questione di assoluta rilevanza nazionale, atteso che è indubbio lo sversamento, spesso illegale, nei siti campani di rifiuti di ogni genere provenienti dalla intera Italia, come è comprovato dalle risultanze di tante vicende giudiziarie;
    i siti inquinati nelle due province erano 2.001 secondo l'ARPAC nel 2008 e tutto lascia pensare che il loro numero sia decisamente aumentato negli ultimi 5 anni se si tiene conto che nell'ultimo quinquennio, nelle province di Napoli e Caserta, sono stati effettuati 1.062 sequestri (pari a quasi il 10 per cento del totale nazionale) e 205 arresti (pari a quasi il 30 per cento del totale nazionale) per traffici e smaltimenti illegali di rifiuti;
    dal 2001 ad oggi, nella terra dei fuochi la magistratura ha portato avanti ben 33 inchieste per attività organizzata di traffico illecito di rifiuti (il 15 per cento in più di tutte quelle svolte sull'intero territorio nazionale);
    le perizie giudiziarie relative alla sola discarica illegale ex Resit certificano la presenza in quel sito di oltre 800 mila tonnellate di rifiuti tossici e di circa 60 mila tonnellate di percolato, dai cui veleni derivano – qui come in tutte le altre discariche illegali di rifiuti tossici – fenomeni gravissimi di inquinamento destinati, peraltro, ad aggravarsi progressivamente e a raggiungere il picco massimo – secondo le stime degli esperti – fra cinquanta anni;
    tale infausta previsione, del resto, è confermata pienamente dalle Considerazioni finali della Relazione dedicata, lo scorso anno, dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti alla situazione nella regione Campania, secondo cui «Il danno ambientale che si è consumato è destinato, purtroppo, a produrre i suoi effetti in forma amplificata e progressiva nei prossimi anni con un picco che si raggiungerà, secondo quanto riferito alla Commissione, fra una cinquantina d'anni. Questo dato – così si conclude la Relazione – può ritenersi la giusta e drammatica sintesi della situazione campana»;
    un'azione concreta e tempestiva di bonifica dei siti inquinati va coniugata ad iniziative utili e certificare la qualità e la sicurezza delle produzioni agroalimentari in quei territori;
    a fronte di questo drammatico quadro, va ricordato tuttavia che, così come l'inserimento nella legislazione nazionale del delitto di traffico illecito di rifiuti (introdotto dalla legge n. 93 del 2001 ed oggi contemplato dall'articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006) ha consentito di implementare progressivamente, nel corso dell'ultimo decennio, l'azione di contrasto verso le attività criminose da parte della magistratura e delle forze dell'ordine, parimenti, la nomina nel novembre 2012 del vice prefetto Donato Cafagna a commissario anti roghi tossici in Campania, con poteri di impulso e coordinamento delle istituzioni statali a livello periferico e delle Forze dell'ordine, ha portato nel corso del 2013 ad un rafforzamento delle attività di monitoraggio e di vigilanza delle filiere di smaltimento illegale di rifiuti sul territorio e ad una prima diminuzione del numero dei roghi rispetto al 2012: diminuzione, tuttavia, che deve essere in tempi rapidi molto più forte e significativa;
    quest'ultimo dato dimostra che, pur nella gravità della situazione, una convinta e continuativa azione di controllo del territorio e di contrasto ai fenomeni criminali può essere messa in campo e può dare frutti, anche nell'immediato; tale consapevolezza deve essere accompagnata, però, e sostenuta da una chiara assunzione di responsabilità politica da parte del Governo nazionale e della regione Campania;
    la questione della lotta ai traffici e agli smaltimenti illegali di rifiuti nella Terra dei Fuochi e un programma effettivo e incisivo di bonifiche complete e di messa in sicurezza dei siti inquinati devono entrare nell'agenda del Governo e diventare una priorità dell'azione complessiva dello Stato, della regione Campania e degli enti locali;
    per realizzare finalmente, senza ulteriori, ingiustificati e negativi rinvii e ritardi, un'attività di bonifica dei siti inquinati, in tempi certi e rapidi, occorre reperire adeguate risorse finanziarie, anche attraverso l'utilizzazione dei proventi derivanti dalle confische di beni alla criminalità organizzata,

impegna il Governo:

   a rafforzare le attività di controllo, prevenzione e contrasto delle attività illegali di smaltimento dei rifiuti nella Terra dei Fuochi, in primo luogo con lo stanziamento di ulteriori risorse per l'attuazione e l'implementazione del «Patto per la Terra dei Fuochi» sottoscritto l'11 luglio 2013 dal Ministero dell'interno, dall'Anci, dalla regione Campania e dai 57 comuni delle due province di Napoli e Caserta, insieme a diverse associazioni territoriali e valutando, altresì, l'opportunità di verificare la possibilità di impiego di unità militari per una più efficace azione di vigilanza e di controllo del territorio;
   ad assumere ogni iniziativa utile, per quanto di competenza e in raccordo con la regione Campania e gli enti locali interessati, per agevolare la rapida e integrale attuazione del Piano regionale di bonifica dei siti inquinati, come revisionato ed aggiornato dalla regione Campania nel maggio di quest'anno, considerato che le attività di bonifica non possono essere ulteriormente rinviate o paralizzate a tutela della salute delle persone;
   ad assumere iniziative normative dirette a prevedere che i proventi derivanti dai beni confiscati alla criminalità organizzata a seguito dello svolgimento di processi per traffico e smaltimento illegale di rifiuti, possano essere utilizzati in Campania per la bonifica dei siti inquinati in conseguenza dei medesimi traffici e smaltimenti illegali;
   a favorire ogni iniziativa normativa diretta ad ampliare l'ambito dei delitti contro l'ambiente, attraverso il loro inserimento nel codice penale e l'inasprimento delle relative sanzioni;
   ad assumere iniziative per rivedere la normativa in tema di bonifica dei siti contaminati, alla luce dell'inefficacia dell'attuale regolamentazione;
   ad assumere ogni iniziativa utile, per quanto di competenza e in raccordo con la regione Campania e gli enti locali interessati, per garantire una rapida e integrale attuazione dell'Accordo di programma denominato «Programma strategico per le compensazioni ambientali» stipulato fra il Ministero dell'ambiente e la regione Campania nel luglio 2008.
(7-00145) «Tino Iannuzzi, Castiello, Realacci, Borghi, Latronico, Manfredi, Pastorelli, Bratti, Mariani, D'Agostino, Pellegrino, Zaratti, Braga».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   secondo fonti di stampa sembra ci siano stati anche di recente casi di rimpatrio di potenziali richiedenti asilo egiziani con voli di linea nel giro di 24 ore, senza la possibilità di una puntuale verifica, in ottemperanza di un accordo del 2007 stipulato col regime di Mubarak, anche ora che in Egitto è in corso una guerra civile che ha reso ancora più drammatica la situazione dei copti in Egitto: l'11 agosto un'imbarcazione si ribalta su una spiaggia calabrese e quarantacinque egiziani vengono rimpatriati dall'aeroporto di Lamezia. Il 19 agosto un barcone con cento immigrati arriva al largo di Catania e gli egiziani sono identificati e separati dagli altri, in 10 sono imbarcati su un volo EgyptAir dallo scalo di Catania e rispediti indietro;
   tre persone, tra cui una bambina di 8 anni, sono state uccise il 21 ottobre 2013 sera davanti a una chiesa copta nei sobborghi del Cairo, durante un matrimonio, da uomini mascherati a bordo di una moto che hanno anche ferito una decina di fedeli, mentre sembra che non ci fosse nemmeno un poliziotto a presidiare l'evidentemente delicata situazione, come denunciato in seguito dai testimoni alla stampa;
   i cristiani copti rappresentano circa il 10 per cento della popolazione egiziana e negli ultimi anni, sono stati ripetutamente oggetto di violenza in Egitto, anche se la costituzione egiziana garantisce la libertà di culto e di credo religioso;
   dopo lo scoppio delle rivolte all'inizio dell'anno, le tensioni tra copti e musulmani si aumentate poiché gli estremisti islamici accusano i copti di complicità con il regime: dalla mattina del 14 agosto, quando i Fratelli musulmani incitarono ad attaccare i cristiani accusati di sostenere la giunta militare «golpista» guidata dal ministro della Difesa Abdul Fatah Khalil Al Sisi, che aveva defenestrato il presidente islamico Mohamed Morsi, la lotta politica si è trasformata in confronto religioso. Da allora, ogni giorno ci sono manifestazioni dei Fratelli musulmani contro i copti e nuovi slogan di minaccia appaiono sui muri, mentre chiese vengono bruciate e devastate, immagini sacre deturpate, case e negozi dei copti dati alle fiamme;
   è dai primi anni Settanta che la situazione è progressivamente peggiorata per i cristiani copti che pure hanno avuto un ruolo preponderante nella costruzione dello Stato moderno dagli inizi del Novecento: è infinito l'elenco di aggressioni e assassini verificatisi dai primi anni Novanta, violenze peggiorate in seguito alla rivoluzione del 2011; secondo la stampa, nel periodo della presidenza Morsi i cristiani uccisi sarebbero stati circa settanta, cui si aggiungerebbero i 27 morti da luglio, oltre alle 101 tra chiese, scuole ed edifici cristiani vandalizzati, dei quali 22 in modo gravissimo. Secondo la diocesi copta ortodossa di Los Angeles quaranta di queste chiese sarebbero state attaccate tra il 15 e il 16 agosto in meno di ventiquattro ore. Mentre manca ancora un censimento completo delle abitazioni, botteghe e proprietà private di cristiani distrutte, aumentano, di giorno in giorno gli omicidi di copti ortodossi praticanti e non si contano poi gli abusi, le violenze e i rapimenti donne e bambine cristiane, che spariscono con maggiore frequenza degli uomini, a cui seguono a volte dei matrimoni forzati;
   la sorte che sta toccando ai copti ortodossi in Egitto e ai fedeli delle altre confessioni cristiane è una forma di pulizia etnica e di genocidio che si sta consumando quasi nel silenzio, anche a causa della difficoltà di reperire notizie e informazioni in un paese travolto dall'instabilità politica;
   secondo fonti di stampa, nel corso degli anni, prima della «primavera araba», i Governi italiani hanno stipulato numerosi accordi con i regimi di Tunisia, Libia ed Egitto per la gestione dei flussi migratori dalla sponda Sud del Mediterraneo. Sembra essere ancora in vigore un «accordo con la Repubblica Araba d'Egitto per la cooperazione», (in Italia c'era Prodi, in Egitto Mubarak), di cui accennato sopra, firmato, come si legge in una nota del gennaio 2007 della Farnesina, dal sottosegretario agli affari esteri Ugo Intini e dal vice ministro egiziano Mohammed Menessy, il cui scopo sarebbe «la riammissione di immigrati clandestini». L'accordo – ancora sostanzialmente segreto – sarebbe stato siglato «in cambio di qualche migliaio di posti riservati ai lavoratori egiziani nelle quote ammesse annualmente con i decreti flussi», spiega Fulvio Vassallo, docente all'università di Palermo ed esperto di diritto d'asilo. Ma le leggi internazionali «vietano le espulsioni collettive di stranieri», dice ancora Vassallo. «In base alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, deve essere presa in considerazione la ’posizione individuale’ della persona sottoposta alla misura di allontanamento forzato»;
   a causa di questo accordo dal 2007 dall'aeroporto di Catania sembrano essere stati numerosi i voli effettuati nel corso degli anni per rimpatriare migranti che né l'Unhcr né il CIR hanno potuto incontrare per verificare se qualcuno di loro fosse un richiedente asilo, e questo nonostante la presenza di copti –:
   se il Ministro interrogato sia in grado di fornire ulteriori notizie sulla situazione della libertà religiosa e la condizione della minoranza copta in Egitto;
   quali iniziative urgenti abbia adottato o intenda adottare nelle opportune sedi internazionali al fine di utilizzare tutti gli strumenti politici e diplomatici per ottenere concrete rassicurazioni circa un'adeguata tutela dei cristiani copti in Egitto;
   se davvero sia ancora applicato l'accordo del 2007 di cui sopra, nonostante la difficile situazione politica dell'Egitto, e in questo caso, quali iniziative intenda prendere il Ministro interrogato affinché vengano tutelati i diritti dei potenziali richiedenti asilo egiziani che giungono nel nostro Paese;
   quali iniziative sia del Governo italiano sia di altri Paesi siano in corso presso l'ONU e altre organizzazioni internazionali per tutelare la libertà religiosa.
(2-00267) «Sorial».

Interrogazione a risposta scritta:


   CIMBRO, CASSANO e CHAOUKI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dello scoppio del «caso Snowden», nella seduta di giovedì 4 luglio 2013 delle Commissioni riunite I, III e IV di Camera e Senato, la Ministra Bonino ha riferito circa le notizie fino ad allora emerse in relazione alle «presunte» rivelazioni di Edward Snowden;
   in suddetta seduta la Ministra e i commissari intervenuti hanno sottolineato l'importanza dei rapporti di amicizia e di collaborazione politica ed economica con gli Stati Uniti, anche in vista dell'avvio del negoziato sul trattato TTIP (Transatlantic trade and investment partnership);
   in tale circostanza la Ministra ha riferito dell'avvio di un gruppo di lavoro relativo all’information gathering di competenza dei singoli Stati membri che avrebbe affiancato quello di competenza comunitaria relativo alla questione della protezione dei dati;
   in questi giorni il tema della sicurezza dei dati è ritornato in modo clamoroso alla ribalta arrivando a toccare anche altri Paesi dell'Unione europea configurando così uno scenario dai contorni incerti ed inquietanti;
   la Ministra Bonino si impegna ad intervenire in prima persona presso le Commissioni per riferire degli sviluppi relativi alla questione in oggetto –:
   quali siano gli sviluppi recenti della vicenda del «datagate» e quali iniziative il Governo abbia ritenuto opportuno assumere in relazione alla questione.
(4-02310)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta scritta:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   il tribunale di Pescara il 22 luglio scorso ha stabilito, nel giudizio di primo grado nel processo sulla «Sanitopoli» abruzzese, la condanna del presidente della Federazione italiana hockey e pattinaggio (FIHP) a quattro anni di reclusione e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici;
   il presidente (tuttora in carica) di detta federazione guida la FIHP Federazione da quasi venti anni ed è stato citato in giudizio dalla procura di Roma per appropriazione indebita di fondi attribuiti alla Federazione;
   si apprende da fonti giornalistiche che la prima denuncia dettagliata e motivata risale a maggio 2009 ed è stata effettuata dalla stessa moglie del presidente;
   il CONI ha provveduto ad effettuare un'indagine interna finalizzata «all'accertamento della conformità, legittimità e congruità delle spese», che l'indagine non è stata né condotta nel dettaglio né completata, per questo non può essere utilizzata per chiarire la posizione del presidente della FIHP. L'indagine è stata ugualmente inviata alla Corte dei conti del Lazio;
   durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2012 il procuratore generale della Corte dei conti del Lazio, Raffaele De Dominicis, ha parlato di gestione poco trasparente dei fondi destinati alla FIHP;
   chi presiede la Federazione italiana hockey e pattinaggio aderisce anche alla FIRS (Federation international de roller sports) e quindi rappresenta l'Italia in questo particolare settore sportivo;
   in Italia qualsiasi condanna non è definitiva fino al pronunciamento dei tre gradi di giudizio;
   lo sport, in ogni sua disciplina e specialità, rappresenta valori e principi che devono essere improntati alla buona condotta, al rispetto delle regole, all'ispirare comportamenti virtuosi in tutti i suoi praticanti –:
   se e come si intenda affrontare la situazione della FIHP, che rappresenta un pezzo importante della galassia delle discipline sportive praticate in Italia e il cui funzionamento impatta anche sull'immagine del nostro Paese nel mondo, e se non ritenga opportuno (qualora non fosse già stato fatto) attivare gli opportuni canali di relazione con il CONI per capire come assicurare il corretto funzionamento della federazione, tutelarne i praticanti e gli appassionati e, più in generale, lo sport italiano. (4-02305)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALERIA VALENTE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con la sentenza della Corte d giustizia europea (settima sezione) del 19 luglio 2012, l'Italia è stata sanzionata per «inadempimento di uno Stato – direttiva 91/271/CEE – Trattamento delle acque reflue urbane – Articoli 3, 4 e 10 – rete fognaria – trattamento secondario o equivalente – impianti di trattamento – campioni rappresentativi»;
   la direttiva 91/271/CEE, di cui la Corte ha affermato la violazione da parte dell'Italia, ebbe a prevedere l'adozione, da parte degli Stati membri, di una serie di «interventi quadro» tesi a tutelare la qualità dell'acqua potabile, di quella di balneazione e della biodiversità, con l'originario obiettivo di conseguire un sostanziale risanamento delle acque del continente europeo entro il 2015;
   il traguardo originariamente previsto per il risanamento delle acque si rivela, allo stato, del tutto irrealistico, in particolare in Italia, attese le condizioni in cui versano gli impianti ritenuti inadeguati, risultati fuori norma in oltre 800 aggregati urbani;
   con la citata sentenza del 19 luglio 2012, la Corte, all'esito della procedura di infrazione avviata nel 2004, ha previsto, oltre alla richiesta di un intervento rapido per sanare le violazioni, anche l'applicazione di possibili sanzioni, quantificabili per giorni di ritardo nell'adeguamento, il pagamento di una somma forfettaria a titolo di sanzione per il mancato adeguamento, l'eventuale sospensione dei finanziamenti europei;
   tra i grandi centri urbani oggetto della pronuncia di infrazione (fra cui Trieste, Reggio Calabria, Messina, Catania, Palermo) è ricompresa la città di Napoli, in ragione delle carenze del depuratore di Napoli est e delle inadeguatezze della rete fognaria di parte della città di Napoli e di diversi comuni della provincia napoletana;
   il depuratore di Napoli est, in particolare, opera da anni con autorizzazioni provvisorie, scaricando i liquami lavorati direttamente sulla costa, all'interno del porto di Napoli all'altezza del molo Bausan, attraverso una condotta di emergenza;
   in realtà, risulta essere stata già realizzata un'apposita condotta sottomarina per lo scarico delle acque trattate del depuratore Napoli est, che consentirebbe di ridurre l'impatto delle dirette immissioni in prossimità del litorale, limitando, altresì, il nocivo accumulo di sedimenti nell'area del porto di Napoli;
   sin dal 2009, peraltro, con l'ordinanza sindacale n. 1691 del 31 dicembre, il comune di Napoli ebbe a disporre che la regione Campania, nella sua qualità di responsabile della gestione del depuratore Napoli est, provvedesse alla immissione dei reflui trattati dal detto depuratore nella condotta sottomarina anzidetta, completamente realizzata, ma tutt'oggi inutilizzata;
   a quanto dichiarano gli uffici tecnici regionali campani – come si evince dalla nota di trasmissione prot. 28130558832 del 31 luglio 3013 all'Assessore all'ambiente della regione Campania, assunta al protocollo della GR il 4 agosto 2013, Segr. Part. Assessore ambiente, con il n. 4685/SP – pur avendone la regione fatto richiesta sin dal giugno 2012, il comune di Napoli non avrebbe rilasciato la prevista autorizzazione allo scarico, ritenuta imprescindibile per collegare il collettore emissario di collegamento alla anzidetta condotta sottomarina;
   con riferimento alle carenze del depuratore Napoli est, è ancora da rilevare che è stato già previsto, dal commissario di Governo per l'emergenza bonifiche e tutela delle acque insediato in Campania, che detto impianto, previ adeguamenti tecnico-strutturali, debba assorbire sia i reflui attualmente gestiti dall'impianto di S. Giovanni a Teduccio (impianto, quest'ultimo, destinato alla dismissione), sia gli ulteriori scarichi del litorale Napoli est attualmente diretti a mare;
   per l'adeguamento funzionale del depuratore Napoli est alle norme di settore e alle nuove esigenze che sarà destinato a soddisfare è stato già stanziato l'importo di euro 89.000.000, con deliberazione CIPE 60/2012 del 30 aprile 2012;
   ad ostacolare il tempestivo impiego dei fondi stanziati dal CIPE, ritardando il regolare svolgimento delle procedure per la effettuazione di progettazione e realizzazione del lavori di adeguamento del depuratore Napoli est, risulta essere sopraggiunta anche la previsione dell'allocazione, all'interno dell'area dell'impianto di depurazione stesso, di un termovalorizzatore, con conseguente necessità di rideterminare gli interventi da eseguire nell'area in questione;
   una delegazione istituzionale del Pd Campano ha effettuato una visita nell'area di Napoli est, nel mese di giugno 2013, per sollecitare la messa in funzione, da parte del comune di Napoli, di una centrale di sollevamento di liquami reflui provenienti da comuni della provincia di Napoli e da alcuni quartieri di Napoli est che sfociano direttamente a mare all'altezza del litorale di Vigliena a San Giovanni a Teduccio;
   la verifica dello stato dei luoghi è valsa anche a sollecitare l'istituzione di un apposito tavolo di lavoro tra regione e comune di Napoli per dare sollecita esecuzione agli interventi di adeguamento del depuratore di Napoli est e delle reti fognarie, nonché alla dismissione dell'impianto di depurazione di San Giovanni a Teduccio;
   la sollecitazione anzidetta è stata altresì formalizzata in una apposita interrogazione al presidente della regione Campania, con puntuale segnalazione delle criticità rilevate in sede di verifica dello stato dei luoghi;
   la risposta della regione Campania, non solo non ha fornito alcuna indicazione in merito ai tempi e alle modalità di effettuazione della gara necessaria ad avviare il procedimento per l'adeguamento del depuratore di Napoli est, ma ha, anzi, evidenziato la assoluta carenza di una adeguata sede di raccordo, tra la regione medesima e il comune di Napoli, per la realizzazione di un intervento di così grande impatto strategico per la salute del mare e dei cittadini –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, con specifico riferimento al pericolo di ulteriori effetti dannosi che incombe sul litorale Napoli est, e se nell'ambito di rispettiva competenza, non ritengano opportuno, alla luce di quanto esposto, costituire un apposito tavolo di concertazione, con il coinvolgimento delle amministrazioni indicate in premessa, anche in considerazione delle tempistiche dettate per l'utilizzazione dei fondi CIPE già assegnati e delle conseguenze derivanti dalla sentenza della Corte di giustizia europea (settima sezione) del 19 luglio 2012 con specifico riferimento alla carenze indicate in premesse. (5-01300)

Interrogazione a risposta scritta:


   MANNINO, LOREFICE, DE ROSA, BECHIS, CRISTIAN IANNUZZI, NUTI, LUPO, DE LORENZIS, BUSINAROLO e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, è stata data attuazione alla direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa che ha abrogato, a partire dall'11 giugno 2010, le direttive 96/62/CE, 1999/30/CE, 2000/69/CE e 2002/3/CE;
   con il citato decreto legislativo n. 155 del 2010 sono state abrogate le norme con le quali l'Italia aveva recepito e dato attuazione alle citate direttive europee – in special modo i decreti legislativi n. 351 del 1999, n. 183 del 2004 e n. 152 del 2007 – stabilendo, all'articolo 19, apposite norme transitorie e prevedendo l'obbligo, a carico delle regioni e delle province autonome e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di provvedere al riesame e all'aggiornamento degli atti adottati in base alla normativa previgente;
   con interrogazione a risposta scritta n. 4/02066, depositata il 3 ottobre 2013 è stato interrogato il Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare per conoscere le informazioni che lo stesso Ministero dispone in ordine all'attuazione, da parte della regione Siciliana, del decreto legislativo n. 155 del 2010 recante norme di attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa;
   i contenuti dell'interrogazione a risposta scritta n. 4/02066, ad oggi ancora senza riscontro, sono qui da intendersi integralmente richiamati;
   dalla risposta all'interrogazione del deputato Claudia La Rocca (atto assemblea regionale Siciliana n. 51), indirizzata all'assessore per il territorio e per l'ambiente della regione siciliana, si apprende che con determinazione assessoriale del 25 giugno 2012, la regione siciliana ha provveduto ad approvare la zonizzazione e classificazione del territorio regionale, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 155 del 2010, e che «il progetto di Razionalizzazione del monitoraggio della qualità dell'aria in Sicilia e relativo Programma di Valutazione, elaborato da ARPA Sicilia, è in attesa della valutazione del MATTM ai sensi dell'articolo 5, comma 6, dello stesso decreto legislativo 155/2010» –:
   se il progetto di zonizzazione e classificazione del territorio regionale, approvato con determinazione assessoriale del 25 giugno 2012, in base all'articolo 3 del decreto legislativo n. 155 del 2010, sia stato trasmesso al Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare e sia stato giudicato conforme alle disposizioni dello stesso decreto legislativo ed agli indirizzi espressi dal coordinamento tra Ministero, regioni ed autorità competenti in materia di aria ambiente e dunque sia stato adottato;
   se e quali variazioni e integrazioni rispetto al progetto di zonizzazione e classificazione del territorio regionale, il Ministero dell'ambiente della tutela del territorio e del mare, ai sensi all'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 155 del 2010, abbia trasmesso alla regione siciliana;
   se il progetto di razionalizzazione del monitoraggio della qualità dell'aria in Sicilia, elaborato dall'ARPA Sicilia, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 155 del 2010, sia stato istruito e giudicato conforme alle disposizioni dello stesso decreto legislativo ed agli indirizzi espressi dal coordinamento tra Ministero, regioni ed autorità competenti in materia di aria ambiente;
   se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia indicato, ai sensi dell'articolo 5, comma 6, del decreto legislativo n. 155 del 2010, le variazioni e le integrazioni da effettuare ai fini dell'attuazione del progetto di razionalizzazione del monitoraggio trasmesso dalla regione siciliana. (4-02311)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ARTINI, FRUSONE, RIZZO, PAOLO BERNINI, ALBERTI e DE ROSA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la questione della presenza a tutt'oggi dell'amianto presente a tutt'oggi sugli elicotteri militari ha destato molta attenzione da parte dell'opinione pubblica, come dimostrano gli articoli pubblicati dall’Huffington Post, Dagospia, Il Fatto Quotidiano ed altre importanti testate giornalistiche;
   l’Huffington Post in data 7 agosto 2013 riportava «Elicotteri delle forze armate pieni di amianto: in esclusiva il carteggio tra la Difesa e Agusta Westland». L'articolo spiegava che «la flotta di elicotteri delle nostre forze armate è a rischio contaminazione: innumerevoli modelli attualmente in dotazione a esercito, marina, aviazione e carabinieri sarebbero in pratica scatole volanti piene di amianto»;
   secondo quanto riportato nell'articolo dell’Huffington Post che ha reso noto un carteggio tra Agusta Westland e il segretariato generale della difesa e direzione Nazionale degli Armamenti: «Per quanto riguarda i modelli AB 206, AB 205, AB 212, AB 212 AS, AB 412: “L'amianto può essere contenuto in guarnizioni, condotti, tubi, nonché pastiglie dei freni”. Negli elicotteri SH-3D; HH-3F: “L'amianto può essere contenuto nelle pastiglie dei freni, ruote e rotore, e nella frizione e nell'APU (cioè unità di potenza ausiliaria, ndr)”. Nel CH47: “L'amianto può essere contenuto nelle pastiglie dei freni”. Non va meglio all'A129: “L'amianto è presente nelle guarnizioni delle paratie parafiamma”. Né all'A109: “L'amianto può essere contenuto in guarnizioni, condotti, tubi, nonché pastiglie dei freni, rotore e ruote”. Ma in un'altra tabella del 13 febbraio 1996 (dieci anni prima) viene indicata la presenza di amianto anche a bordo dell'AB204, dell'SH-3DTS e dell'HH 500 (M, MC, MD, E). Ora, le pastiglie dei freni nel frattempo saranno anche state sostituite con altre prive di asbesto (“dal 1992 non sono state più prodotte o consegnate pastiglie contenenti amianto”, sostengono nella medesima corrispondenza quelli della compagnia anglo-italiana). Ma le guarnizioni, i tubi e tutto il resto ?”»;
   seguito dell'interrogazione a risposta in Commissione 5-00945 il Ministro della difesa Mario Mauro ha ribadito «ancora una volta che l'attenzione dell'Amministrazione alla tutela della salute del personale rispetto all'esposizione all'amianto non soltanto è al massimo livello possibile, ma si sviluppa a trecento sessanta gradi. Finora, infatti, l'impegno finalizzato a garantire che il personale non venisse sottoposto ad esposizioni all'amianto oltre il prescritto valore limite, non si è limitato soltanto ai componenti degli elicotteri, ma ha riguardato, fin dalla sua messa al bando, tutti i mezzi e tutte le strutture delle Forze armate»;
   il Ministro della difesa Mario Mauro ha sottolineato nella risposta in sommissione che «non è realistica, tuttavia, la prospettiva di una rimozione integrale della presenza di amianto, che, peraltro, possiamo trovare ancora in grandi quantità anche nelle fabbriche, negli edifici privati e pubblici e nell'ambiente. L'attività dell'Amministrazione, infatti, in linea con le disposizioni vigenti, è costantemente indirizzata a individuare la sussistenza di situazioni di rischio per esposizione ad amianto per il proprio personale ed intraprendere, nei casi in cui tali esposizioni siano superiori al valore fissato per legge, le azioni necessarie a perseguire la tutela della salute e della sicurezza del personale stesso.(...) È evidente che tutte le attività condotte sino ad ora hanno tenuto conto del fatto che la pericolosità dell'amianto permane nella possibilità che vengano rilasciate nell'aria fibre (aerodisperse) in misura superiore al previsto valore limite»;
   come ha informato il Ministro Mario Mauro, oltre alle inchieste delle procure militari di Roma e Napoli, la questione sarebbe oggetto di indagini anche da parte della magistratura ordinaria;
   l'Agusta Westland ha reso noto con lettera del suo Amministratore delegato al Ministro della difesa, che «allo stato attuale, gli elicotteri delle Forze armate e dei Corpi dello Stato sono stati “bonificati”, in accordo a prescrizioni tecniche emesse da Agusta e con piani di intervento coordinati con i vari enti, per quanto riguarda i componenti che rappresentavano un pericolo maggiore per il personale e per l'ambiente, ovvero le pastiglie dei freni delle ruote del carrello di atterraggio (di gran lunga le più pericolose) e quelle del freno rotore (per le quali si sta operando sugli ultimi elicotteri)»;
   Agusta Westland ha redatto note tecniche per «fornire elementi a supporto dell'impiego dell'incapsulante per materiale contenente amianto potenzialmente presente in varie guarnizioni installate in elicotteri in zona baia motori»;
   la legge n. 257 del 1992 disciplina il «Controllo sulle dispersioni causate dai processi di lavorazione e sulle operazioni di smaltimento e bonifica»;
   il decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modificazioni disciplinano la materia «di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro»;
   il decreto ministeriale 6 agosto 2004 stabilisce «Normative e metodologie tecniche di applicazione dell'articolo 6, comma 3, e dell'articolo 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell'impiego dell'amianto», indicando le procedure per le bonifiche, le metodologie e il controllo del rischio;
   un caso di mesotelioma ha colpito un addetto alle eliche per gli elicotteri delle Forze Armate, è stato citato nel terzo rapporto Renam (Registro Nazionale Mesoteliomi) –:
   se intenda fornire l'elenco dettagliato dei componenti contenenti amianto e quelli sospetti di contenerlo suddividendosi in friabili e compatti per ogni modello di elicottero ancora in servizio;
   dove si trovino detti materiali presenti a bordo nei singoli modelli degli elicotteri;
   quali siano le procedure di prevenzione del rischio adottate per tutto il personale che a qualunque titolo opera su detti mezzi aerei (piloti, equipaggio, manutentori di qualsiasi professionalità) nonché i contenuti del documento di valutazione dei rischi per le mansioni sopra elencate;
   se non intenda rendere noti, anche fornendo la relativa documentazione, gli attestati di formazione, informazione e addestramento relativi alla protezione dal rischio amianto del personale operante a qualunque titolo sugli elicotteri in uso alle forze armate;
   quale sia la metodologia seguita per la valutazione del rischio ed in particolare per il monitoraggio delle fibre che possono disperdersi durante le operazioni di qualunque natura effettuate sugli elicotteri;
   quali siano i risultati delle indagini eventualmente già effettuate e quale sia il metodo analitico seguito, ed il nominativo dei laboratori incaricati di effettuarli;
   quale siano le ditte che hanno effettuato i lavori di bonifica sugli elicotteri in uso alle Forze armate;
   se intenda rendere noti, anche formando la relativa documentazione, l'elenco dei componenti contenenti amianto eventualmente presenti nei magazzini ricambi dei reparti che ospitano gli elicotteri in questione, i piani dei lavori di bonifica ex articolo 256 decreto legislativo n. 81 del 2008 inclusi i piani delle bonifiche effettuate da Agusta Westland e i formulari dei rifiuti oggetto delle opere di bonifica effettuate negli anni 2012-2013.
   se non intenda altresì rendere noti, anche fornendo la relativa documentazione le relazioni redatte ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 257 del 1992 ed inviate alle aziende sanitarie competenti territorialmente ed alle regioni dall'entrata in vigore della legge 257 ad oggi, i piani dei lavori di bonifica ex articolo 34 del decreto-legislativo n. 277 del 1991, e successive modificazioni e i formulari dei rifiuti oggetto di smaltimento dei componenti. (5-01298)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   MOLTENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 23 luglio 2013 il consiglio regionale della Liguria ha approvato all'unanimità la mozione (prot. n. 417 /ac) presentata in data 10 maggio dal gruppo consiliare Lega Nord Liguria – Padania, tesa a sostenere lo spostamento del carcere Marassi ad altro luogo rispetto alla sua attuale ubicazione;
   in particolare, il consiglio regionale ligure ha rilevato non solo che la struttura carceraria di Marassi è inadeguata alle esigenze richieste, ma altresì che la sua attuale collocazione comporta gravi difficoltà di carattere logistico, di sicurezza e ordine urbano;
   l'assemblea regionale ha inoltre sottolineato come lo spostamento della struttura carceraria consentirebbe al quartiere di Marassi di poter convertire l'area per scopi sociali, sportivi e/o commerciali;
   nessun problema ostativo vi sarebbe a tale trasferimento per la disponibilità di diverse aree e/o immobili demaniali che potrebbero essere valutati per l'individuazione di soluzioni alternative;
   successivamente all'approvazione della mozione, le proposte furono condivise anche dal Ministro della giustizia, come risulta da numerosi articoli di giornale risalenti a luglio 2013 (Il Giornale, il Secolo XIX, Corriere mercantile, la Repubblica, e altri);
   il Ministro della giustizia stesso sottolineò la necessità e urgenza di tale trasferimento, al fine di restituire alla città l'area del carcere di Marassi ed avviare le opportune opere di riqualificazione della zona;
   oltre ad essere una struttura obsoleta e non più adeguata alle moderne esigenze, il carcere genovese versa altresì in una situazione critica per la presenza di circa 800 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 450 posti;
   oltre a quanto sopra e come denunciato anche dal Sappe, a Genova è necessario un urgente intervento in materia di edilizia carceraria, considerato che manca anche un istituto di pena minorile;
   dopo tali dichiarazioni e dopo mesi dall'approvazione della mozione, non risultano al momento iniziative o progetti per procedere all'effettivo trasferimento della struttura carceraria di Marassi –:
   se il Ministro ancora oggi concordi sulla necessità di procedere al trasferimento dell'istituto carcerario di Marassi, se abbia già individuato un'area di destinazione, quali iniziative ad oggi abbia intrapreso e/o avviato, in quali tempi abbia stimato l'effettivo e conclusivo trasferimento dell'istituto penitenziario genovese, quali interventi in materia di edilizia carceraria intenda adottare per la città di Genova e, più in generale, in Liguria. (3-00402)

Interrogazione a risposta scritta:


   PES. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da vari organi di stampa viene riportato che in Sardegna, a seguito del piano di riorganizzazione carceri, nei giorni scorsi, con un volo charter Blue Panorama atterrato all'aeroporto di Cagliari, sono sbarcati centotrentadue tra camorristi, mafiosi, trafficanti internazionali di droga, diretti a Oristano Nuoro e Tempio;
   sempre da fonti di stampa, si apprende che nella casa circondariale di Massama – Oristano, sono stati trasferiti già quarantatré detenuti, la maggior parte in regime di alta sorveglianza, ma, il dato ancora più preoccupante è che a essi, nei prossimi giorni, potrebbero aggiungersi altri detenuti in regime di alta sorveglianza e alcuni probabilmente soggetti al regime 41-bis, ovvero esponenti di criminalità camorristica e mafiosa internazionale;
   si sa che i detenuti suddetti devono essere sottoposti a strettissime e specifiche misure di sorveglianza e sotto massima sicurezza «(...) devono essere ristretti all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari» (legge n. 94 del 15 luglio 2009, all'articolo 2, della lettera f);
   le misure di sicurezza per i detenuti in regime di alta sorveglianza, richiedono un notevole spiegamento di forze, strutture adeguate, sorveglianza costante, che si differenzia da quella «ordinaria» cui sono sottoposti i detenuti non compresi in tale regime cautelare;
   il sindacato della Polizia di Stato, UGL ha già avanzato urgente richiesta di adeguamento delle misure assistenziali e strutturali, nonché il potenziamento dell'organico degli agenti carcerari;
   se confermato, l'arrivo a Massama – Oristano dei suddetti detenuti desta forte preoccupazione anche fra gli abitanti locali per i rischi di infiltrazione del sistema mafia nel territorio della Sardegna, indenne da tale fenomeno, ma, non, per questo, inviolabile dall'insediamento della criminalità organizzata, che, invece, potrebbe costituire una minaccia permanente alla convivenza civile e un ostacolo enorme al progresso dell'isola;
   forti timori si hanno anche per il «turismo penitenziario» che potrebbe svilupparsi a causa del trasferimento di taluni personaggi, appartenenti a cosce mafiose, coinvolti nelle attività processuali, che necessariamente saranno avviate;
   sarebbe comunque opportuno che la regione assicuri un rafforzamento di presidi socio-sanitari e di supporti diagnostici a fronte di tale significativo aumento numerico di detenuti –:
   se il Ministro, alla luce delle perplessità dell'interrogante, ma, soprattutto, per evitare l'allarmismo diffuso, non ritenga opportuno chiarire se i detenuti trasferiti in Sardegna e quelli prossimi ad esserlo, in particolar modo nel carcere di Massama- Oristano rientrino nel disposto del 41-bis o a sorveglianza speciale;
   se il Ministro, qualora le notizie allarmanti diffuse nelle ultime ore, fossero fondate, non ritenga opportuno valutare ulteriori iniziative per evitare una dislocazione massiccia in Sardegna dei detenuti ad alta sorveglianza e eventualmente soggetti all'articolo 41-bis, considerando che nel passato la scelta dei penitenziari della Sardegna per la custodia di detenuti sottoposti al regime di carcere duro, ha comportato effetti negativi per l'immagine dell'isola che si basa, in assenza di altre risorse primarie, sulla dimensione turistica;
   se il Ministro, non ritenga necessario predisporre un ulteriore rafforzamento del numero di operatori socio-sanitari e di supporti diagnostici negli istituti penitenziari a cui questi soggetti ebbero stati destinati;
   se il Ministro, non ritenga di dare disposizioni urgenti per evitare che il sistema carcerario sardo sia utilizzato come contenitore delle criminalità le più pericolose, in considerazione, anche, del rischio, di infiltrazioni nel territorio sardo di organizzazioni malavitose, da quelle mafiose a quelle camorristiche, sino alle organizzazioni internazionali di traffico di droga;
   se il Ministro, a seguito del disposto contenuto nel «pacchetto sicurezza», legge n. 94 del 2009, «i detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono essere ristretti all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari», possa prevedere altre sedi di sezioni di massima sicurezza, in considerazione del fatto che l'avverbio «preferibilmente» non prescrive l'obbligo di utilizzare le sedi insulari, ma dà la possibilità di scelta. (4-02309)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MORANI, LUCIANO AGOSTINI, CARRESCIA, LODOLINI, MANZI, MARCHETTI e PETRINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012 istituisce, a decorrere dal 2013, il Fondo unico nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario;
   alla composizione del Fondo concorrono le risorse derivanti dalla compartecipazione all'accisa sul gasolio per autotrazione e quella sulla benzina, le risorse introdotte con la legge finanziaria per l'anno 2008, nonché le risorse per la gestione dei servizi ferroviari di interesse regionale;
   per l'anno 2013 la dotazione finanziaria complessiva del fondo è di 4.929 milioni di euro e la ripartizione ministeriale assegna alle Marche, per l'anno 2013, la quota di 107 milioni pari, cioè, al 2,18 per cento del totale;
   la regione Marche riceve circa 68 euro per abitante, collocandosi molto al di sotto della media nazionale (95,7 euro/ab.) e addirittura ricevendo meno della metà di quello che ricevono regioni con caratteristiche demografiche analoghe quali Basilicata, Liguria, Umbria e Molise;
   se il fondo nazionale trasporti fosse ripartito sulla base della popolazione residente, la quota spettante alla regione Marche sarebbe pari a 149,8 milioni di euro con un incremento del 39,5 per cento rispetto ai 107 milioni attuali;
   se il fondo nazionale trasporti fosse ripartito esclusivamente sulla base della superficie territoriale, la quota spettante alla regione Marche sarebbe pari a 203 milioni di euro con un incremento del 90 per cento rispetto al contributo attuale;
   anche con un contributo misto che tenga in conto sia l'elemento di superficie territoriale che quello della popolazione residente la quota spettante alla regione Marche sarebbe pari a 176,8 milioni con un incremento di circa il 64,7 per cento rispetto al contributo attuale;
   la regione Marche non usufruisce dei servizi ferroviari regionali di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 422 del 1997 e dei relativi finanziamenti assicurati dallo Stato;
   la regione Marche, comportandosi in maniera virtuosa, ha sopperito ai trasporti ferroviari senza ulteriori contributi da parte dello Stato (potenzialmente pari a 15,5 milioni di euro);
   per le altre regioni le ferrovie regionali pesano per circa il 14 per cento sul totale dei trasferimenti statali;
   attualmente i fondi statali vengono trasferiti alle regioni sulla base del criterio della spesa storica;
   tale criterio è indubbiamente di più semplice applicazione per lo Stato ma contiene evidenti elementi di disequilibrio nelle erogazione dei flussi e disincentiva processi di risparmio virtuoso –:
   se il Governo, in attesa di un futuro accordo tra le regioni per modificare i criteri dell'erogazione del contributo, intenda intervenire assumendo iniziative dirette alla costituzione di un fondo perequativo per quanto riguarda la quota ancora da attribuire per il 2013 in maniera tale da attenuare in parte questa situazione di grave criticità e ingiustizia e ristabilire una democratica omogeneità di trattamento sociale ed economico in relazione a un servizio essenziale come il trasporto pubblico locale;
   se il Governo intenda porre in essere azioni atte a riequilibrare la ripartizione del Fondo nazionale trasporti distorta dal criterio della spesa storica posto che con questo tipo di ripartizione, regioni come quella delle Marche, che hanno da sempre cercato di ridurre gli oneri dello Stato sulle spese relative al settore trasporti, si ritrovano ingiustamente penalizzate in virtù della loro stessa virtuosità. (5-01296)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PASTORELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a quanto risulta da quotidiani e da altri mezzi di informazione, sembrerebbe che nei prossimi giorni Trenitalia spa procederà alla soppressione di alcune corse della tratta ferroviaria L'Aquila-Rieti-Terni;
   tale ipotesi, ove fosse attuata (segnalata a più riprese dagli amministratori locali del territorio interessato da tale tratta) comporterebbe notevoli disagi per la popolazione ivi residente, che vedrebbe drasticamente compromesse le proprie possibilità di spostamento verso i luoghi di lavoro;
   le notizie uscite, oltre ad un generico riferimento al contenimento dei costi, non forniscono alcuna valida spiegazione di una simile eventuale scelta strategica, né viene indicata agli utenti interessati alcuna alternativa valida in termini di trasporto pubblico;
   il mantenimento di questa decisione, evidentemente, finirebbe per frustrare ulteriormente le capacità produttive di un territorio che vede già da tempo compromessa la propria competitività a livello nazionale ed europeo;
   al contrario, la ferrovia Terni-Rieti-L'Aquila-Sulmona è una linea che, collegando due dorsali della rete nazionale (la Roma-Ancona e la Roma-Pescara), risulterebbe di interesse strategico qualora fosse ammodernata sotto il profilo del metodo di trazione dei treni, ancora a motore diesel, il cui superamento da diesel ad elettrico porterebbe anche un grande vantaggio in termini ambientali –:
   di quali informazioni sia in possesso rispetto alle notizie di soppressione di alcune corse sulla linea Terni-Rieti-L'Aquila;
   di quali informazioni sia in possesso circa l'attuale stato della linea ferroviaria in oggetto, ma soprattutto quali provvedimenti intenda adottare nel prossimo futuro rispetto alle problematiche connesse alla linea Terni-Rieti-L'Aquila;
   se non reputi necessario, con riferimento a dette problematiche, convocare un tavolo con i soggetti e le istituzioni competenti, ivi compresi i comitati degli utenti interessati (peraltro già formatisi), al fine di trovare una soluzione di applicazione immediata, nonché di elaborare delle strategie, anche d'investimento, a medio e lungo termine;
   se non reputi necessario attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di reperire le risorse necessarie all'ammodernamento ed al potenziamento della linea ferroviaria in oggetto, considerato che oltre alla TAV, indispensabile per lo sviluppo dell'Italia, è ora di progettare soluzioni anche per le linee locali con riguardo particolare a quelle che ricadono sui grandi nodi. (4-02300)


   ATTAGUILE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1 della legge n. 443 del 21 dicembre 2001, rubricato «delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive» (detta legge obiettivo), così come modificato dall'articolo 13 della legge n. 166 del 1o agosto 2002, che al comma 1, dispone che «il Governo, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle Regioni, individua le infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti produttivi e strategici e di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese»;
   il medesimo articolo 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 dispone che l'individuazione di dette infrastrutture sia operata a mezzo di un Programma predisposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti d'intesa coi Ministeri competenti e le regioni interessate, e poi inserito nel Documento di programmazione economica e finanziaria con l'indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione;
   nella seduta del 21 dicembre 2001 il CIPE ha approvato il primo Programma delle infrastrutture strategiche e le infrastrutture interessanti il territorio della regione Campania ivi comprese e la relativa previsione di spesa;
   il soprarichiamato articolo 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 dispone che «gli interventi previsti dal programma sono compresi in un'intesa generale quadro avente validità pluriennale tra il Governo e ogni singola Regione, al fine del congiunto coordinamento e realizzazione delle opere»;
   il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, alla Parte II, Titolo III, Capo IV, detta la disciplina relativa alla progettazione, approvazione dei progetti, procedure di aggiudicazione e realizzazione delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale, individuate a mezzo del programma di cui al comma 1 dell'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e, all'articolo 256, comma 1, dispone l'abrogazione del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190;
   nel primo Atto integrativo all'Intesa generale quadro, firmato in data 1o agosto 2008 tra Governo e regione Campania, è stata inserita l'opera infrastrutturale ferroviaria Napoli-Bari tra gli interventi strategici di preminente interesse nazionale;
   nell'allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza contenente il 9o Programma delle Infrastrutture Strategiche è inserito l'intervento denominato «Linea AV/AC Napoli-Bari – completamento e raddoppio Napoli-Cancello-Frasso Telesino-Apice-Orsara»;
   nel Piano nazionale per il Sud, approvato con delibera CIPE n. 62 del 2011 sono confluite le principali opere localizzate nel Mezzogiorno con caratteristiche di preminente interesse nazionale tra cui la direttrice ferroviaria Napoli-Bari-Lecce-Taranto;
   il 14 maggio del 2012 la regione Campania ha pubblicato sul Bollettino ufficiale numero 35 il testo della delibera della giunta numero 87, adottata il 6 marzo del 2012, recante «Approvazione dello schema di protocollo di intesa tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero per la coesione territoriale, Regione Campania e Rete ferroviaria italiana spa per il congiunto coordinamento ai fini della direttrice ferroviaria Napoli-Bari.»;
   dalla attenta lettura di tale protocollo di intesa si evince che la regione Campania ha proposto, in relazione alla tratta «Apice-Orsara», di tornare alla prima soluzione, ovvero un tracciato diretto, in massima parte interrato, al fine di ridurre i tempi di percorrenza, i costi ed i tempi di realizzazione;
   tale soluzione determinerebbe la esclusione dell'Irpinia dal tracciato dell'Alta Capacità e il conseguente venir meno dei presupposti per la realizzazione di una prevista piattaforma logistica nel territorio del comune di Grottaminarda;
   il 7 giugno del 2012, rispondendo ad un'interrogazione parlamentare, il Ministro per i rapporti con il Parlamento pro tempore ha confermato che la regione Campania ha ufficialmente espresso l'esigenza di rivedere, per la tratta Apice-Orsara, il progetto in istruttoria presso il Ministero delle infrastrutture, per ritornare alla soluzione progettuale che era originariamente stata ipotizzata da Rete ferroviaria italiana –:
   quali siano le intenzioni del Governo in merito alla definizione del tracciato dell'Alta Capacità «Apice-Orsara» o se il Ministro interrogato intenda confermare quanto già annunciato dal precedente Governo per bocca dell'allora Ministro per i rapporti con il Parlamento pro tempore. (4-02302)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ARLOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i vigili del fuoco della provincia di Rimini prestano la propria attività di prevenzione e di soccorso alla popolazione del territorio, che normalmente è di oltre 335mila abitanti, ma che registra nelle sue strutture ricettive (la cui densità è maggiore che in qualsiasi altra realtà) quasi 16 milioni presenze annue, con punte di oltre quattro milioni a luglio e agosto;
   sotto la competenza dei vigili del fuoco è l'aeroporto di Rimini «Federico Fellini», che chiuderà il 2013 con 600mila passeggeri, così come anche la Fiera di Rimini che costituisce il terzo polo fieristico nazionale e conta nell'anno 2 milioni di visitatori, con le conseguenti necessità in termini di sicurezza preventiva e d'intervento dei vigili del fuoco;
   nel 2008 è stato stipulato tra lo Stato Italiano e la Repubblica di San Marino un trattato di cooperazione che prevede che i vigili del fuoco di Rimini intervengano – come avvenuto – in caso di incendi o altre emergenze nel territorio della vicina Repubblica;
   è stata recentemente completata l'acquisizione sotto la competenza dei vigili del fuoco di Rimini del distaccamento vigili del fuoco di Novafeltria, con un incremento degli interventi di soccorso, dell'attività di vigilanza sul territorio e di attività di prevenzione incendi;
   il Comando dei vigili del fuoco di Rimini è classificato di tipo S1, che corrisponde alle sedi più piccole d'Italia, a fronte invece di un numero di interventi che pongono la centrale di Rimini tra le prime 20 sedi centrali;
   parimenti gli organici dei funzionari tecnici e degli amministrativi sono stati individuati assegnando al Comando provinciale la classe minima di personale, e non è stata più data autorizzazione allo straordinario per sopperire al trasferimento su base volontaria di 4 Vigili per il terremoto dell'Aquila e per le isole, con conseguenze che pesano sul territorio in termini di criticità nella composizione delle squadre anti-incendio;
   il comando dei vigili del fuoco di Rimini conta inoltre il distaccamento di Cattolica, la cui sede è tuttora inadeguata, e il distaccamento di Bellaria, operativo nei mesi estivi ma di cui non è stata ancora ufficializzata l'apertura –:
   se intenda modificare la classificazione per il comando dei vigili del fuoco di Rimini adeguando l'organico alle necessità di intervento testimoniate dall'alto numero di interventi almeno riconoscendo quella di Rimini come sede tipo S3, alla stregua di sedi quali quelle delle vicine città di Pesaro, Forlì, Ravenna;
   se intenda integrare anche l'organico del personale tecnico e del personale amministrativo al pari di quello dei comandi di analoghe dimensioni e caratteristiche;
   se intenda stanziare maggiori risorse ai capitoli di spesa per la manutenzione mezzi e per le infrastrutture delle sedi in cui presta servizio il personale del CNVVF;
   se non ritenga opportuno intervenire per quanto di competenza per accelerare la costruzione del polo del soccorso di tutto il sistema di protezione civile della zona sud nella provincia di Rimini, che vedrebbe in una unica sede i vigili del fuoco, la protezione civile e la Croce rossa. (5-01292)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   D'UVA, BATTELLI, DI BENEDETTO, BRESCIA, CHIMIENTI, SIMONE VALENTE, MARZANA, VACCA, LUIGI GALLO, LOREFICE, CANCELLERI, D'INCÀ, NESCI, COLONNESE, CARINELLI, SPESSOTTO, PINNA, LUIGI DI MAIO, DI VITA, DALL'OSSO, CECCONI, CRISTIAN IANNUZZI e TOFALO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Centro europeo tossicologico, laboratorio di ricerca di proprietà della società Myrmex, con sede a Catania, è un centro italiano di eccellenza nel settore tossicologico e tossicogenomico specializzato nella sperimentazione preclinica di nuove molecole farmacologicamente attive e nello studio della sicurezza e del metabolismo dei nuovi farmaci;
   lo staff di ricercatori e di personale tecnico che opera all'interno del Centro è attualmente composto da 76 unità e le attività di ricerca, secondo quanto riportato dal sito internet della società Myrmex, sono state ampliate grazie ai finanziamenti erogati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel settore della salute pubblica, con particolare attenzione alle patologie con un'elevata incidenza nella popolazione dei Paesi industrializzati quali, ad esempio, le patologie oncologiche e quelle neurodegenerative;
   nell'anno 2009 il Centro viene rilevato dalla multinazionale americana Pfizer, leader nel mercato farmaceutico mondiale e attiva nei settori di ricerca, della produzione e della commercializzazione di farmaci ma, solo due anni più tardi, viene dismesso e ceduto all'azienda Myrmex, attiva nel settore sanitario delle protesi ortopediche;
   l'azienda Myrmex, che rileva in data 16 settembre 2011 un laboratorio con standard di efficienza internazionali, i cui programmi di ricerca avvengono in collaborazione con il CNR e con l'Istituto superiore di sanità, con finanziamenti stanziati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, paga una cifra simbolica di un euro per acquisirne la proprietà;
   nonostante il mercato non sia nuovo ad acquisti di tale entità, dato il periodo di avviamento stimato in due anni per ottenere nuovi affidamenti da parte di nuovi potenziali clienti e un passivo valutato in 15,8 milioni di euro, la società Myrmex acquista, di fatto, un fabbricato che vale 10 milioni di euro, macchinari da 12,6 milioni di euro e attrezzature di laboratorio per altri 12,5 milioni di euro, per una valutazione complessiva del laboratorio, nel rogito notarile, di circa 37 milioni di euro;
   secondo quanto riportato sul giornale Il Fatto quotidiano, in data 20 ottobre 2013, i ricercatori attualmente occupati, anziché ottemperare alle proprie mansioni e svolgere attività di ricerca sono costretti, a causa delle inefficienze dell'attuale gestione del Centro, a non effettuare alcun tipo di attività di laboratorio, svolgendo nel corso degli ultimi anni attività di ricerca regolarmente documentate ma mai realmente effettuate;
   in particolare il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha finanziato il progetto della società Myrmex «Cadaver lab», per lo studio su organi e cellule umane, con una somma pari a 3 milioni di euro ma, secondo quanto riportato dall'articolo citato, lo stesso programma non è stato mai avviato, nonostante i ricercatori addetti alle attività dichiarino nei propri registri di effettuare regolarmente il proprio lavoro di laboratorio;
   nonostante le somme vengano regolarmente erogate per il pagamento degli stipendi dei ricercatori e per la prosecuzione delle attività di ricerca commissionate, come sembrerebbe dimostrato dalla quietanza della Banca d'Italia in data 7 agosto 2013, il laboratorio è di fatto inutilizzato dal momento che, secondo quanto riportato dall'articolo, risultano mancanti al suo interno gli strumenti essenziali per effettuare qualsivoglia operazione finalizzata al completamento dei progetti finanziati dallo stesso Ministero;
   il 16 settembre 2013 sono decaduti i termini dell'accordo di stabilità occupazionale che la Myrmex e la Pfizer avevano predisposto durante l'operazione di trasferimento della proprietà, con conseguente rischio di chiusura del Centro europeo tossicologico e, allo stesso tempo, costringendo i 76 lavoratori altamente specializzati alla perdita di ogni garanzia occupazionale, disperdendo un notevole patrimonio culturale e scientifico, in un territorio già estremamente carente dal punto di vista dello sviluppo e della ricerca medico-scientifica qual è la regione Siciliana –:
   se quanto riportato dall'articolo su Il Fatto quotidiano del 20 ottobre 2013 corrisponda al vero;
   se intenda assumere urgenti iniziative di competenza per evitare che il Centro europeo tossicologico, laboratorio di eccellenza nel settore tossicologico e tossicogenomico e specializzato nella sperimentazione preclinica di nuove molecole farmacologicamente attive venga chiuso, disperdendo così il notevole patrimonio di conoscenza medico-scientifica e, allo stesso tempo, verificare che i finanziamenti pubblici vengano effettivamente utilizzati agli scopi prefissati dal Ministero. (5-01297)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZAPPULLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come si evince dalla comunicazione ufficiale del sito internet dell'Ente nazionale per il microcredito «Il progetto Microcredito vuol essere uno strumento di aiuto per tutte le donne che vogliono “ripartire da sé” ovvero dalla possibilità di creare una propria impresa, senza dover fornire garanzie reali alla banca, o chiedere aiuto alla famiglia, sia un genitore o il proprio marito/compagno. Il microcredito può risolvere il problema dell'accesso al credito che da sempre penalizza le donne più degli uomini: tassi d'interesse maggiori, importi accordati inferiori e soprattutto maggiore richiesta di garanzie»;
   l'Ente ha provveduto all'affidamento dei servizi da realizzare per la gestione del progetto del Microcreditodonna, con procedura ad evidenza pubblica in economia;
   alla suddetta procedura ha partecipato solo la Etimos foundation onlus, aggiudicandosi l'affidamento del servizio, nonostante tale organizzazione sia operativa soltanto in Abruzzo (nei comuni colpiti dal terremoto del 2009) e in Emilia, Lombardia e Veneto (nei comuni colpiti dal terremoto di maggio 2012); 
   tale limitata capacità organizzativa a giudizio dell'interrogante pregiudica per gran parte del territorio nazionale, ed in particolar modo per le aree più segnate dal protrarsi della crisi e dalle difficoltà di accesso al credito come quelle del Mezzogiorno d'Italia tra cui spicca la situazione della Sicilia, la possibilità di accedere a questo importante strumento di sostegno per l'iniziativa imprenditoriale delle donne –:
   quali urgenti iniziative si intendano adottare al fine di porre rimedio alla situazione sommariamente descritta in premessa, rendendo su tutto il territorio nazionale, in particolar modo nelle aree con più alti tassi di disoccupazione femminile, praticabile l'utilizzo dello strumento del Microcreditodonna. (5-01299)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAUSIN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Telecom Italia spa ha recentemente organizzato una gara nazionale per l'assegnazione delle attività di facility management (manutenzioni impianti tecnologici, meccanici elettrici, opere edili, servizi pulizia e altro) per un valore superiore a 100 milioni di euro;
   Telecom Italia spa non ha provveduto a condizionare l'assegnazione delle commesse a nuovi appaltatori al rispetto di alcuna «clausola sociale» ossia l'impegno delle imprese subentranti ad assumere dal fornitore cessato il personale operante sulle commesse;
   in questo modo si sono determinate eccedenze di personale di almeno 400 persone per le quali sono in corso due procedure di licenziamento collettivo che riguardano anche oltre 100 persone ex dipendenti Telecom Italia, che erano state «esternalizzate» dalla stessa e trasferite ad uno dei fornitori nei confronti del quale si è verificata una notevole riduzione delle attività assegnate –:
   sia a conoscenza dei fatti suesposti, e quali urgenti iniziative intenda assumere a tutela dei livelli occupazionali. (4-02304)


   GAROFALO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto di riparto del 3 ottobre 2013, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell'ambito della distribuzione delle risorse destinate dal Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS), ha escluso la regione Sicilia, dalla distribuzione dei 267 milioni di euro complessivamente destinati, all'assistenza delle famiglie, dei minori, di portatori di handicap e di soggetti con particolari disagi sociali;
   gli organi di stampa siciliani rilevano in particolare, che le risorse inizialmente assegnate alla regione isolana, pari a circa 27 milioni di euro, che sarebbero dovute essere convogliate ai distretti socio-sanitari, non sono state più erogate a causa della mancata rendicontazione dell'utilizzo delle risorse destinate al suddetto Fondo per il triennio 2010-2012;
   gli stessi quotidiani locali evidenziano inoltre, che nessun assessorato competente della regione Sicilia nel corso del medesimo triennio, ha previsto un programma adeguato e conseguentemente rendicontato le spese per le politiche sociali che prevedono il coinvolgimento di enti, onlus, associazioni e aziende sanitarie;
   la mancata programmazione, secondo quanto riportato dai suddetti organi d'informazione, ha inoltre determinato un ulteriore effetto negativo e penalizzante, caratterizzato dal mancato utilizzo di 50 milioni di euro, previsti all'interno del riportato Fondo nazionale per le politiche sociali e peraltro già spendibili nel bilancio della regione isolana, la cui sospensione è attribuita proprio all'interruzione dell’iter procedurale, che avrebbe dovuto portare alla concreta distribuzione delle risorse per i distretti in precedenza elencati, i cui effetti determineranno evidenti e rilevanti sofferenze finanziarie;
   molti di essi infatti, a causa della riduzione delle risorse disponibili, non saranno più in grado di garantire i diversi servizi in ambito sociale previsti attraverso il bonus socio-sanitario, l'assistenza ed il trasporto di anziani e disabili, la cura dei centri di accoglienza o di recupero per tossicodipendenti, strumenti che intervengono a sostegno dei comuni per garantire condizioni di vita migliori per le fasce più deboli della cittadinanza;
   l'interrogante evidenzia inoltre come ai suesposti profili di criticità, si affiancano ulteriori elementi socio-economici negativi per la comunità siciliana, a causa della riduzione dei fondi previsti per il servizio civile e con essi il numero di volontari impiegabili (circa 500) decisa dalla Conferenza Stato-regioni, sede nella quale sono state cambiate le modalità di attribuzione delle percentuali delle quote previste spettanti alla regione;
   l'assessorato alle politiche sociali, secondo quanto riportato dal sito internet del medesimo organo esecutivo dell'ente territoriale siciliano, nell'ambito della mancata assegnazione delle risorse, ha addebitato al Ministero interrogato la responsabilità della fallita attribuzione degli stanziamenti per i distretti socio-sanitari siciliani, ascrivendo allo stesso dicastero che quanto avvenuto determinerà ulteriori situazioni di crisi per i territori e le comunità locali già in difficoltà sociali ed economiche;
   la nota del suddetto assessorato precisa tuttavia che le risorse 2010-2012 rientrerebbero comunque nella disponibilità prevista per gli stanziamenti 2007-2009 e che la causa che ha determinato tale ambiguità è imputabile al disallineamento tra la programmazione e i fondi utilizzati;
   le risorse 2010-2012 pertanto, secondo quanto sostenuto dalla nota dello stesso organo esecutivo, che smentisce le decisioni intraprese del Ministero interrogato, saranno presenti nella programmazione 2013-2015 in fase di approvazione;
   quanto esposto in precedenza, a giudizio dell'interrogante, desta sconcerto e preoccupazione in considerazione sia della condotta da parte dei soggetti istituzionali regionali e nazionali coinvolti nella vicenda, che appare contraddittoria e di dubbia comprensione e che evidenzia tra l'altro un rimando di responsabilità, scarsamente decoroso, ma soprattutto dall'eventualità ove fosse confermato che il mancato trasferimento delle risorse pari a oltre 27 milioni di euro a favore della comunità siciliana, per finalità sociali e sanitarie, nonché il blocco di 50 milioni di euro non spendibili, in considerazione della crisi economica così profonda che sta affrontando il Paese da oltre cinque anni, accresce ulteriormente il divario e la disuguaglianza tra il Nord e le aree del Mezzogiorno, particolarmente svantaggiate –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se intenda confermare l'esclusione delle risorse previste dal Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS), nei riguardi della regione Sicilia, per il triennio 2010-2012, così come riportato in premessa;
   in caso affermativo, se non ritenga opportuno prevedere iniziative normative volte a stanziare misure in grado di sostenere i distretti socio-sanitari della Sicilia in quanto la mancata attribuzione delle risorse inizialmente previste rischia di ampliare il divario socio-economico tra le diverse aree del Paese, alimentando il rischio di tensioni sociali, in particolare nel Mezzogiorno ed in Sicilia, costretta a fronteggiare una crisi economica senza precedenti. (4-02306)


   PANNARALE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 25 giugno 2013 è stato presentato il 1° rapporto nazionale dell'osservatorio sull'invalidità civile istituito da Cittadinanzattiva nel quale si offrono, in un quadro esauriente e attendibile, informazioni e dati sul procedimento di riconoscimento delle minorazioni civili (invalidità civile, accompagnamento);
   le molteplici criticità nell'accesso ai benefici collegati all'invalidità civile, segnalate nel Rapporto dal tribunale per i diritti del malato, dai servizi PiT salute e dalle Associazioni di pazienti che aderiscono al Coordinamento nazionale delle Associazioni dei malati cronici (CnAMC), trovano ulteriore conferma nei dati contenuti nella relazione della Corte dei conti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per l'esercizio 2011, approvata con determinazione n. 91/2012;
   le modalità di presentazione delle domande di accertamento, la valutazione sanitaria, la concessione delle prestazioni, il ricorso in giudizio, sono stabilite dall'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito in legge con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, titolato «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile» che fissa i nuovi criteri e competenze nei procedimenti, in vigore dal primo gennaio 2010: la domanda di accertamento di invalidità, handicap e disabilità va presentata all'Istituto di previdenza e non più alle ASL; inoltre le competenti Commissioni ASL sono integrate da un medico INPS quale componente effettivo;
   in attuazione della legge, il disegno organizzativo e procedurale è definito dall'INPS, con determinazione commissariale n. 189 del 20 ottobre 2009, e prevede che le domande vadano presentate esclusivamente in via telematica all'Inps che a sua volta le trasmette, in tempo reale e in via telematica, alle ASL;
   la nuova composizione delle Commissioni ASL (integrate dal medico INPS) avrebbe dovuto generare un vantaggio in termini di tempi e risparmi di gestione per l'erario. Infatti, per rispondere alla necessità di snellire la procedura e creare percorsi differenziati, la circolare INPS del 28 dicembre 2009, n. 131, che disciplina l’iter, prevede che se a seguito della visita il verbale è approvato all'unanimità è validato dal responsabile del centro medico legale dell'INPS ed è spedito all'interessato da parte dell'INPS. Inoltre, se il verbale dà diritto a prestazioni economiche, viene anche attivato il flusso amministrativo per la relativa concessione ed erogazione delle provvidenze economiche. Se invece al termine della visita di accertamento l'approvazione del verbale da parte della Commissione non è unanime, l'INPS ne sospende l'invio e acquisisce gli atti che vengono esaminati dal Responsabile del Collegio Medico Legale dell'INPS. Questi può validare il verbale entro 10 giorni oppure procedere ad una nuova visita diretta nei successivi 20 giorni, in sintesi, con l'intento di ottenere tempi più rapidi nei procedimenti di accertamento e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici, la circolare 131 del 2009 prevede che le visite dirette siano limitate ai casi dubbi e ai casi su cui non vi sia accordo in seno alla Commissione, consentendo comunque un ampio ricorso alla valutazione sugli atti, riducendo i disagi per il cittadino;
   la successiva comunicazione INPS del 20 settembre 2010, «accertamenti di invalidità civile – implementazione dei criteri per l'accertamento diretto» (interna e non diffusa nel sito ufficiale) ha come effetti l'aggravarsi delle inefficienze e la compressione dei diritti. Infatti, il direttore generale stabilisce che «si rende indispensabile potenziare il ricorso all'accertamento sanitario diretto sulla persona con l'obiettivo di verificare la sussistenza ovvero la permanenza dei requisiti sanitari (...)». Il ricorso alla visita diretta è prioritario, persino quando il giudizio della commissione ASL (integrata con il medico INPS) è unanime, con un severo appesantimento dell’iter procedurale se si considera che nel 2011 dei verbali definiti il 97,8 per cento ha visto un giudizio espresso all'unanimità dai componenti della commissione medica delle ASL e il restante 2,2 per cento a maggioranza (fonte: Relazione della Corte dei conti per l'esercizio 2011). Le «Linee Guida» allegate alla Comunicazione sottolineano «che l'accertamento sanitario diretto è da ritenersi prioritario al fine di garantire la massima coerenza metodologica e la trasparenza dell’iter valutativo e del conseguente giudizio medico-legale. Ciò soprattutto nei casi in cui si evidenzi una severa minorazione dell'integrità psico-fisica da cui derivano benefici assistenziali». Dunque, in contrasto con gli obiettivi di semplificazione burocratica e di rispetto della dignità della persona, ad essere più duramente colpiti dal provvedimento sono proprio i cittadini con maggiori difficoltà, per i quali la seconda visita rappresenta un'incombenza ulteriore, specie quando può tenersi solo a centinaia di chilometri dal domicilio;
   la Corte dei conti rileva nella relazione per l'esercizio 2011 diverse criticità conseguenti a tali scelte operative da parte dell'istituto (vedasi il ricorso da parte del collegio medico legale alla visita diretta – anche in caso di giudizio unanime della Commissione ASL, integrata dal medico INPS – e la scelta di sottoporre tutti i verbali alla validazione della Commissione medica superiore – CMS) che, per quanto giudicate giustificabili da fattori oggettivi, hanno appesantito l’iter procedurale. I verbali predisposti vengono trasmessi all'istituto – cui compete la decisione definitiva in merito allo stato di invalidità – e sono presi in carico dai collegi medico legali delle sedi, per la loro validazione, e successivamente dalla Commissione medica superiore, cui spetta l'accertamento conclusivo, prima di procedere alla comunicazione dell'esito al richiedente. I collegi medico legali hanno preso in carico 765.106 verbali, pari al 66 per cento di quelli inviati all'INPS;
   deve peraltro rilevarsi che, decorsi 60 giorni dalla trasmissione dei verbali, senza che sia intervenuta validazione da parte dei collegi medico legali, questi vengono definiti agli atti con «silenzio-assenso»; nel 2011, secondo la Relazione della Corte dei conti questa circostanza si è verificata nel 51 per cento di tutti i verbali trasmessi dalle ASL;
   in effetti, tale procedura non solo appare in evidente contraddizione con lo spirito che ha animato la legge n. 102 del 2009, ma sembra anche violare delle normative vigenti. Infatti, le «Linee Guida» propongono delle eccezioni discrezionali alla convocazione alla visita diretta per i pazienti affetti dalle patologie elencate nel decreto ministeriale 2 agosto 2007 e rispetto alle quali sono escluse visite di controllo come stabilito dall'articolo 6, comma 3, della legge 9 marzo 2006, n. 80 «(...) i soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti, che abbiano dato luogo al riconoscimento dell'indennità di accompagnamento o di comunicazione, sono esonerati da ogni visita medica finalizzata all'accertamento della permanenza della minorazione civile o dell'handicap»;
   a tal riguardo, il 1o rapporto nazionale dell'Osservatorio sull'invalidità civile registra la preoccupante ascesa delle mancate esenzioni dalla visita che dal 42,5 per cento nel 2011 passa al 58,8 per cento dei cittadini nel 2012. Sempre più spesso, in sostanza, nonostante la persona abbia diritto ad essere esonerata dalla visita di rivedibilità, poiché affetta da patologia stabilizzata o ingravescente e titolare di assegno di accompagnamento, non viene dichiarata esonerata, sottoponendola ripetutamente agli enormi disagi derivanti dalla sospensione dei benefici;
   rispetto a questo, peraltro a conferma della difformità di giudizio sul territorio nazionale, risulta dalle denunce e dalle segnalazioni delle cittadine e dei cittadini pugliesi che l'INPS in Puglia applicherebbe il suddetto decreto ministeriale 2 agosto 2007 solo per coloro i quali soffrono di patologie neuropsichiche. A tal proposito, giunge una segnalazione di una ragazza di 25 anni affetta da patologia oncologica grave e recidiva (inserita nell'elenco del suddetto DM), che non solo è stata costretta ad effettuare tutto l’iter delle visite obbligatorie (3 in 18 mesi da quando si è ammalata) ma si è vista negato il diritto al riconoscimento dell'invalidità civile riconosciuta solo 18 mesi prima al 100 per cento;
   in sintesi, dalla più recente attività di controllo della Corte dei conti, riportata all'interno della «Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per l'esercizio 2011» approvata con determinazione n. 91 del 2012 (novembre), risulta che: «le perduranti disfunzioni nell'invalidità civile fanno propendere per la riunificazione in un solo soggetto dell'intero procedimento – dalla prima visita alla erogazione delle prestazioni – attraverso una rinnovata disciplina delle competenze e delle singole sequenze, a garanzia delle categorie da tutelare e per assicurare indipendenza e uniformità di giudizio su tutto il territorio» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto espresso in premessa;
   se non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché:
    a) sia messa a punto, in modo condiviso con le associazioni/federazioni di persone con disabilità e di pazienti, una semplificazione dell'attuale iter amministrativo di riconoscimento dell'invalidità civile;
    b) sia annullata la comunicazione interna del direttore generale INPS e le «linee guida operative» del 20 settembre 2010, con riguardo ai criteri di riconoscimento dell'indennità di accompagnamento, ripristinando così le vigenti previsioni di legge;
    c) l'INPS istituisca presso i propri uffici un tavolo permanente e paritetico di confronto, composto dalle Organizzazioni civiche di tutela del diritto alla salute, dalle Organizzazioni di tutela dei diritti delle persone con disabilità, dai rappresentanti dei Ministeri coinvolti, nonché dai rappresentanti dell'INPS, volto a individuare le misure necessarie per superare le criticità del sistema e a formulare proposte di miglioramento condivise. (4-02308)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Maierato, in provincia di Vibo Valentia, territorio ad alta vocazione agricola, vengono perpetrati ingenti danni alle colture agricole e agli allevamenti di animali da pascolo ad opera da parte di cinghiali selvatici;
   la Coldiretti Calabria ha chiesto un urgente incontro al prefetto e al questore di Vibo valentia, mettendo in evidenza lo stato di esasperazione degli agricoltori e proponendo anche un estensione del periodo di caccia al cinghiale;
   i comparti agricoli interessati sono sottoposti a enormi danni non più sostenibili da parte degli agricoltori, alcuni dei quali hanno deciso di abbandonare le zone montane;
   il reiterarsi di questi gravi episodi rende necessaria l'adozione di immediati provvedimenti onde evitare il diffondersi di manifestazioni dettate da reazioni emotive;
   risulta, pertanto, assolutamente opportuno provvedere urgentemente a risarcire i danni provocati ai territori interessati –:
   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di venire incontro alle giuste aspettative degli agricoltori di Maierato, i quali traggono prevalentemente il loro sostentamento dalle attività agricole, contribuendo nel contempo a tutelare l'ambiente e il patrimonio naturale. (5-01293)


   CAON. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nell'allegato al decreto del Ministero delle politiche agricole del 13 gennaio 2011, n. 309, concernente «Contaminazioni accidentali e tecnicamente inevitabili di prodotti fitosanitari in Agricoltura Biologica», vengono indicati i limiti massimi di residui fitosanitari, autorizzati e non, in agricoltura biologica;
   a parere dell'interrogante il documento è condivisibile con l'idea di fissare delle soglie numeriche massime per i prodotti autorizzati in agricoltura biologica e per quelli non autorizzati in agricoltura biologica, ma autorizzati in agricoltura convenzionale e presenti accidentalmente ed inevitabilmente in produzioni biologiche;
   il regolamento (CEE) del Consiglio del 24 giugno 1991, n. 2092, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari non menzionava, e quindi neanche lo escludeva, possibili contaminazioni accidentali in prodotti biologici e non era neanche menzionato nel Regolamento (CE) del Consiglio del 28 giugno 2007, n. 834, relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CEE) n. 2092/91;
   nei suddetti regolamenti si parla sempre di «metodo di coltivazione biologico», che si svolge all'interno di un sistema molto più ampio di produzioni convenzionali, inoltre, per altri contaminanti, come ad esempio gli OGM, sono stati stabiliti limiti massimi di residui pari a quelli dei prodotti convenzionali;
   se viene assunto lo 0,01 mg/kg come limite massimo residuale per i prodotti non autorizzati in agricoltura biologica, oltre il quale il prodotto non può essere venduto come biologico, si presume che con quel valore o al di sotto di tale limite il prodotto risulta conforme, quindi biologico. Allora come mai si rende necessaria l'apertura di un'indagine, da parte degli organismi di controllo, dato che l'eventuale contaminazione viene già classificata come accidentale e tecnicamente inevitabile;
   i laboratori di analisi, ancorché accreditati, si differenziano tra loro per diversi motivi: quali il metodo utilizzato per effettuare le analisi (per esempio gascromatografo, spettrometro di massa), le modalità di estrazione, i limiti di rilevabilità. Gli esiti dei laboratori hanno una variabilità che può arrivare a +/- 50 per cento del valore indicato in analisi, quindi lo stesso prodotto per un laboratorio può risultare conforme, mentre per un secondo laboratorio può risultare non conforme;
   l'Istituto superiore di sanità in occasione di una «Giornata di formazione» indicava come sia necessario sottrarre al risultato ottenuto dall'analisi l'incertezza della misura e che il dato così depurato venisse utilizzato per stabilire la conformità ad un dato limite;
   considerata la variabilità del +/- 50 per cento delle determinazioni analitiche dei laboratori di analisi tale variabilità dovrebbe essere tenuta in considerazione nella valutazione dei valori dei residui. Quindi se il valore analitico riscontrato, ridotto del 50 per cento, risultasse inferiore al valore massimo di riferimento, 0,01 mg/kg, il prodotto potrebbe essere certificato come biologico;
   se si tiene conto della variabilità del +/- 50 per cento i laboratori di analisi, qualora la presenza di antiparassitari sia al di sotto della citata soglia numerica, non provvederebbero comunque ad interessare il competente organo di controllo al fine di consentire ogni attività finalizzata ad accertare eventuali cause di contaminazione presso l'operatore coinvolto;
   prendendo spunto da paesi Nord europei quali la Germania, che hanno fatto e fanno scuola in questo settore, secondo i principi della BNN guides lines, a parere dell'interrogante sarebbe opportuno prevedere modifiche che siano volte a modificare l'allegato al DM 309 del 2011 escludendo l'avvio di un'indagine da parte dell'organismo di controllo al fine di valutare la causa volontaria o accidentale della contaminazione anche in presenza di una quantità minima di residui nonché l'accertamento, da parte dell'OdC, della natura accidentale e tecnicamente invitabile della presenza di residui anche quando questi hanno valori al di sotto del limite;
   infine, i campionamenti dovrebbero riguardare solo i prodotti nella loro forma edibile –:
   se non ritenga di dover fare, in base a quanto esposto, un'attenta riflessione sul problema e non convenga sulla necessità di apportare le dovute modifiche all'allegato al decreto ministeriale n. 309 del 2011, valutando le proposte dell'interrogante, tenendo anche in considerazione quanto indicato dall'Istituto superiore di sanità;
   se abbia valutato l'impatto che il decreto ministeriale n. 309 del 2011 ha avuto sui prodotti biologici italiani, alla luce del fatto che un prodotto certificato biologico in nord Europa, con il criterio del +/- 50 per cento, viene importato nel nostro Paese e rivenduto anche all'estero. (5-01294)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   COLONNESE e FICO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   ad aprile 2013, con nota PG 2013/0285581, il comune di Napoli ha sollecitato l'emissione di un parere, richiesto il 30 novembre 2010, inerente la possibilità di espletamento di progressioni verticali bandite nell'anno 2009, dunque anteriormente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2009, per il passaggio alle categorie C e D del personale dipendente;
   il comune di Latina, in analoga situazione, ha richiesto e ottenuto nel 2012 un parere in cui la Funzione Pubblica ritiene, tra l'altro, «che i passaggi di area banditi anteriormente al 1o gennaio 2010 in applicazione della previgente disciplina normativa, come nel caso di specie, possono essere portati a compimento, fermo restando che, per effetto del richiamato articolo 24, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2009 l'utilizzo delle relative graduatorie è consentito al solo fine di assumere i candidati vincitori e non anche gli idonei della procedura selettiva» –:
   quali siano i motivi del mancato riscontro al quesito posto dal comune di Napoli. (4-02301)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURER. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a legge 15 marzo 2010, n. 38, recante «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010 ha sancito la tutela del diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore;
   per «cure palliative» si è inteso indicare all'articolo 2 della sopra citata legge «l'insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici»;
   per «terapia del dolore» si è inteso indicare «l'insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti a individuare e applicare alle forme morbose croniche idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro variamente integrate, allo scopo di elaborare idonei percorsi diagnostico-terapeutici per la soppressione e il controllo del dolore»;
   uno dei passaggi attuativi della sopra citata legge è quello previsto dall'articolo 5, che fa riferimento alle «Reti nazionali per le cure palliative e per la terapia del dolore»; e in particolare al comma 2 dell'articolo 5, che individua i profili professionali e di specializzazione specifici dei medici che andranno a comporre le reti di cui sopra;
   si tratta di un passaggio importante che deve però tenere conto delle caratteristiche degli oltre 2mila medici che oggi consentono l'operatività degli Hospice e delle cure palliative domiciliari;
   alcune indagini condotte dalla Federazione cure palliative (FCP) e della Società italiana di cure palliative (SICP) indicano, infatti, che la metà dei medici palliativisti non possiede una delle specialità indicate dalla legge n. 38 del 2010 e un terzo non ha alcuna specialità;
   si tratta, comunque, di professionisti con diversi anni di esperienza, detentori oggi delle più elevate competenze nel nostro Paese; sono quelli che hanno contribuito a fare la storia delle cure palliative italiane, permettendone lo sviluppo in una fase pionieristica e rappresentano una risorsa indispensabile per garantire l'attività di assistenza ai pazienti;
   il timore è che dal decreto attuativo della legge n. 38 del 2010 derivi l'impossibilità di molti medici di prestare le loro cure, con il risultato paradossale che invece di tutelare i pazienti e le loro famiglie, esso riporti l'Italia alla condizione degli anni 80, quando i 250mila malati che ogni anno affrontano una fase terminale erano privi di qualunque forma di tutela;
   appare indispensabile per chi già opera nel settore, al fine di preservare e riconoscere le competenze acquisite sul campo in questi anni da medici senza specializzazione o con specialità diverse da quelle previste dalla disciplina, un provvedimento che riguardi un periodo transitorio, in attesa che i giovani medici finiscano i nuovi iter formativi in via di definizione;
   senza un provvedimento di questo tipo, i medici attivi nella maggior parte degli Hospice e delle equipe di cure palliative domiciliari sarebbero costretti a non esercitare e le strutture a non poter più garantire assistenza –:
   se sia a conoscenza della problematica sopra esposta e se sia intenzione del Governo intervenire con un'apposita iniziativa, se del caso normativa, per salvaguardare le cure palliative condotte da medici senza i titoli previsti dalla nuova normativa ma che hanno anni di esperienza diretta sul campo. (5-01295)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCUVERA e BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la multinazionale farmaceutica americana Merck ha comunicato formalmente alle organizzazioni sindacali territoriali che da gennaio 2013 comincerà la fase di spostamento dei volumi produttivi dallo stabilimento di Pavia, con conseguenti esuberi tra i lavoratori di cui circa 270 tra i dipendenti e 150 nell'indotto;
   la suddetta multinazionale ha contemporaneamente avviato la procedura di mobilità per 230 tra informatori scientifici e impiegati della sede centrale;
   la dismissione dello stabilimento Merck di Pavia e la messa in mobilità di lavoratori della sede centrale italiana della multinazionale costituiscono l'avvio di un processo di uscita definitiva dell'impresa americana dal territorio nazionale;
   quello farmaceutico è un settore strategico per il nostro Paese: secondo i dati Istat elaborati da Farmindustria, l'Italia è il secondo produttore europeo dopo la Germania, e conta 65 mila addetti, di cui circa il 90 per cento laureati o diplomati, 6 mila addetti alla ricerca e sviluppo, il 9 per cento degli addetti totali, 25 miliardi di euro di produzione di cui il 61 per cento rivolto all'estero;
   l'importanza della presenza della multinazionale Merck sul territorio italiano, e in particolare nella regione Lombardia all'avanguardia per produzione farmaceutica e biotech in Italia, rende la questione della prossima chiusura dello stabilimento pavese una questione di rilievo nazionale;
   con riferimento allo stabilimento pavese, presso il Ministero dello sviluppo economico è stato istituito un tavolo ministeriale per gestire la crisi occupazionale determinata dalle decisioni della multinazionale, a cui partecipano le organizzazioni sindacali, i vertici aziendali, le amministrazioni locali e alcuni parlamentari –:
   quali ulteriori iniziative politiche, per quanto di competenza, il Ministro intenda assumere per evitare che il nostro Paese venga privato di una realtà strategica quale quella rappresentata da Merck.
(5-01291)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SORIAL e COMINARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo fonti di stampa lo stabilimento di Manerbio (BS) della multinazionale belga-tedesca Agfa verrà chiuso e così resteranno a breve a casa i 120 lavoratori bresciani ora in cassa integrazione straordinaria per cessata attività, visto che l'azienda chiuderà definitivamente nel giugno 2014;
   la decisione è stata confermata a Roma all'incontro al Ministero dello sviluppo economico tra gli altri con i rappresentanti del Governo e i sindacati bresciani di Fim e Fiom;
   l'azienda sembrerebbe avanzare una proposta per il futuro del sito: realizzare un nuovo piano territoriale sul quale, con l'aiuto della regione, non si tirerebbe indietro –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di propria competenza, anche in termini di moral suasion, il Governo intenda adottare a tutela dei 120 lavoratori coinvolti dal rischio di perdita del posto di lavoro. (4-02303)


   L'ABBATE, BRESCIA, GALLINELLA, GAGNARLI, D'AMBROSIO, LUPO, MASSIMILIANO BERNINI, DE LORENZIS, CATALANO, SCAGLIUSI e PARENTELA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la deliberazione della giunta regionale 11 dicembre 2007 n. 2147 sancisce l'accordo di programma ai sensi dell'articolo 34, del decreto legislativo n. 267 del 2000 per la realizzazione del «Polo Integrato per lo Sviluppo Economico» grazie all'accesso, entro il termine del 31 dicembre 2007, ai fondi F.A.S. (fondi aree sottosviluppate) assegnati dal Ministero dell'economia e delle finanze alla regione Puglia (Por Puglia 2000/2006), successivamente trasferiti al comune di Foggia e alla camera di commercio di Foggia. Il «polo integrato per lo sviluppo economico» dispone, dunque, di un contenitore di risorse per la sua realizzazione di circa 50 milioni di euro;
   il piano prevede la suddivisione dell'area impegnata in quattro lotti minimi di intervento: in particolare nei lotti 2 e 3 la camera di commercio allocherà nei suoi immobili la nuova sede camerale nonché la cittadella dell'economia mentre il comune di Foggia allocherà gli uffici direzionali del comune, servizi a sostegno dell'attività dell'amministrazione, un centro servizi del distretto agroalimentare del tavoliere ed una sala riunioni. La consegna è inizialmente prevista per fine 2011;
   come riportato nel «PIT 1 Tavoliere», la misura 4.2 «Interventi di completamento e miglioramento delle infrastrutture di supporto e qualificazione dei bacini logistici dei sistemi produttivi locali» POR Puglia, completamento di programmazione – asse IV prevede due azioni. Azione a – «Completamento e miglioramento infrastrutturale degli insediamenti produttivi nell'area del Comune di Foggia (Centro servizi DAT). Contributo finanziario complessivo 800.000 euro. Con questa misura si finanziano le opere di urbanizzazione del Centro servizi di Foggia (le altre due sedi sono localizzate a San Severo e a Cerignola). Il Centro sorgerà all'interno del Polo integrato di servizi della città di Foggia in una zona a ridosso dell'Ente Fiera. All'interno del polo, oltre al Centro servizi DAT, troveranno posto la cittadella dell'economia (CCIAA), uffici dell'Ente Fiera, la sede dello Sviluppo Economico del Comune di Foggia, il tutto realizzato coi fondi FAS (Fondi per le Aree Sottosviluppate)». Azione b – «Infrastrutture fisiche ed immateriali a supporto delle attività produttive e delle attività di servizio comuni. Contributo finanziario complessivo 4.270.000 euro. Appalto pubblico di forniture con procedura aperta, ai sensi degli artt. 3 e 5 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 – scadenza 22 dicembre 2006. Con questa misura si finanzia la fornitura della Rete Telematica del Centro Servizi del Distretto Agroalimentare del Tavoliere (rete intranet ed internet, della rete di telecomunicazioni e della rete di telecontrollo del Centro Servizi) relativo al progetto di realizzazione del network infotelematico del DAT. Il Patto territoriale di Foggia, su impulso dell'Ufficio Unico, ha rimodulato i suoi interventi in favore delle infrastrutture per il PIT n. 1. Per la costruzione della palazzina del centro servizi di Foggia e la ristrutturazione dei centri di San Severo e Cerignola ha destinato i fondi rinvenienti dalle economie del patto territoriale per un importo di 3.251.170,56 euro (Progetto approvato dal Ministero delle attività produttive (sviluppo economico) decreto ministeriale n. 5853 del 22 settembre 2006). Soggetto attuatore del progetto è l'Amministrazione Provinciale di Foggia»;
   la Camera di Commercio di Foggia nel 2008 indice bando di gara di circa euro 22 milioni per la realizzazione della «Cittadella dell'Economia di Capitanata» per la sua nuova sede (GURI del 12 maggio 2008 punto III.1.2 «Principali modalità di finanziamento e di pagamento e/o riferimenti alle disposizioni applicabili in materia: fondi propri e fondo Regione Puglia come da delibera CIPE n. 20/2004»). La gara viene vinta dal Consorzio CCC di Bologna il quale concorre in fase di gara per i lavori edili OG1 per la ditta «Mucafer Scarl» di Manfredonia (Foggia) e tutti i lavori di OS28 ed OS30 per il «CAT Consorzio Alta Tecnologia soc. coop. cons.» di Ravenna.
   nel marzo 2010, tramite un suo responsabile, il CAT contatta la «Dema Impianti S.r.l.» per formulare un'offerta per i lavori da realizzare presso il cantiere «cittadella dell'economia» di Capitanata, nuova sede della Camera di Commercio di Foggia, che la stessa produce puntualmente sulla scorta del progetto di gara e del computo metrico ricevuto dal CAT. La Dema aderisce al CAT ma subito dopo viene modificato il progetto di gara che prevede una mole di lavoro maggiore. La Dema continua ad operare in cantiere; a seguito dei mancati pagamenti da parte del consorzio CAT, incomincia una diatriba sino alla estromissione dai lavori di Dema il 25 ottobre 2012 nonostante le opere presso la «cittadella dell'economia» non siano concluse; 
   con sentenza n. 19 del 03 aprile 2013, il tribunale civile di Ravenna dichiara il fallimento del Consorzio Alta Tecnologia Soc. Coop. Cons.;
   in data 29 luglio 2013, il consigliere regionale Michele Ventricelli presenta un'interrogazione all'assessorato regionale allo sviluppo economico per portare a conoscenza delle vicende la giunta pugliese senza ricevere, ad oggi, risposta;
   la «Dema Impianti S.r.l.», piccola azienda altamurana composta da 16 dipendenti, fornendo al CAT materiali tecnologici di vario genere e posa in opera, a ministero di maestranze altamente specializzate, presso la «Cittadella dell'economia» di Capitanata fino al 23 ottobre 2012, ha maturato un consistente credito;
   a distanza di molti anni dall'indizione della gara per la realizzazione del Polo integrato per lo sviluppo economico e della Cittadella dell'economia, le relative opere non sono ancora state completate nonostante l'erogazione di cospicui fondi statali –:
   di quali elementi disponga il Governo circa i motivi per i quali il «Polo integrato per lo sviluppo economico» e l'annessa «cittadella dell'economia», a più di tre anni dall'inizio dei lavori, non abbiano ancora aperto i battenti, alla luce dei corposi fondi statali utilizzati per la costruzione dei medesimi;
   se il Governo intenda assumere iniziative, anche normative, per evitare che si ripetano casi come quello di cui in premessa. (4-02307)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Giuseppe Guerini e Misiani n.  4-00799, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta dell'11 giugno 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Quartapelle Procopio.

ERRATA CORRIGE

  Mozione Vezzali e altri n. 1-00151 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 56 del 19 luglio 2013. Alla pagina 3465, prima colonna, dalla riga terza alla riga quinta deve leggersi: «linea d'indirizzo nazionale che garantisca i» e non «linea d'indirizzo nazionale che imponga alle regioni il rispetto dei termini della legge dello Stato, garantendo perlomeno i», come stampato.