Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 14 ottobre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    i fenomeni che sono emersi e progressivamente si sono consolidati negli ultimi decenni non solo nei Paesi di tradizionale sviluppo ma in ambito globale hanno portato all'inizio di quella che si può definire appropriatamente una nuova era. L'affermazione delle nuove «tecnologie del silicio», insieme con la disgregazione di una situazione internazionale di equilibri politici «bloccati» dalla prima metà del secolo XX, hanno determinato un accentuarsi molto deciso di un processo di globalizzazione totale che interessa l'economia, la finanza e la stessa cultura. Nel flusso della storia economica è stato superato uno «spartiacque» che dal modello di sviluppo del secolo XX imperniato su un nucleo di Paesi tradizionalmente avanzati ha portato ad uno scenario molto diverso che vede l'emergere prepotente di nuovi attori dotati di notevole competitività;
    il nostro Paese, se non vuole rinunciare drasticamente a istituzioni di welfare e solidarietà sociale che rappresentano il frutto di conquiste di numerosi decenni deve in questo nuovo scenario puntare a produzioni ad alto valore aggiunto essenzialmente giocando due carte: prodotti e servizi di altissimo livello tipici del «made in Italy» apprezzati e ricercati in tutto il mondo e prodotti e servizi ad alta tecnologia, in tal modo compensando in misura più che ampia i maggiori costi del lavoro italiano;
    l'Italia ha una tradizione di primo piano nell'ambito delle alte tecnologie, dove l'industria, l'università e la comunità scientifica operando in modo sinergico, con l'ausilio dell'azione pubblica, hanno in passato consentito lo sviluppo di interessanti eccellenze. Negli ultimi decenni – dietro l'accentuarsi di una gravosa concorrenza – il nostro Paese si è sostanzialmente ritirato da diversi dei settori ad alta tecnologia, dalla chimica fine agli acciai speciali, all'informatica e ai sistemi di comunicazione civile. Parallelo è l'accentuato peso che il capitale straniero ha acquisito o sta acquisendo in settori strategici, quali i servizi di comunicazione, i trasporti aerei, l'industria spaziale, i motori aeronautici, per i quali è indispensabile un impegno particolare volto ad evitare un degrado ed un impoverimento – a favore delle industrie straniere – dei ruoli che le realtà incardinate in Italia sono in grado di svolgere;
    è incontestabile l'esigenza di una attenzione attiva da parte dello Stato per la salvaguardia di quei settori nazionali di alta tecnologia tuttora validamente operanti. Tali settori – che operano in sinergia con le università e la comunità scientifica – sono il reale «motore» dell'innovazione e dello sviluppo delle tecnologie e quindi, per tale oggettiva caratteristica, possono e debbono costituire una efficace leva di ripresa e rilancio dell'industria e del sistema economico nazionale;
    nell'ambito dell'industria ad alta tecnologia ruolo preminente hanno i comparti dell'aerospazio e della elettronica professionale, che sono in tutti i Paesi considerati strategici anche ai fini della crescita del sistema economico, in quanto – operando al limite superiore dello stato dell'arte e sollecitati costantemente ad assicurare prestazioni più elevate ed insieme costi minori – costituiscono un concreto asset di nuove tecnologie di prodotto e di processo. Tali tecnologie, oltre ad essere suscettibili di impieghi duali al servizio della difesa, della sicurezza e del soddisfacimento di esigenze prioritarie della comunità, sono in molti casi oggetto di spillover (trasferimenti di tecnologie) a vantaggio di altri settori dell'industria e dell'economia generando una preziosa fertilizzazione nel sistema;
    in Italia le industrie dell'aerospazio e dell'elettronica high-tech rappresentano una realtà primaria nel settore delle alte tecnologie con un consistente patrimonio di tecnologie strategiche e con capacità di ricerca e di produzione adeguate. Presenti in aree puntuali, ma spesso integrate fra loro, di alta tecnologia vedono l'impegno di un novero ridotto di grandi imprese, di un tessuto di aziende di media grandezza (1.500-2.500 addetti) e di una costellazione di piccole e medie imprese detentrici di patrimoni tecnologici di grande rispetto nell'elettronica e nella meccanica fine. Attualmente il comparto ha un giro di affari annuale pari all'1 per cento del PIL, e investe in ricerca e sviluppo mediamente il 12 per cento dei ricavi con l'obiettivo di assicurare il mantenimento di un significativo livello di competitività internazionale. Ha una occupazione di oltre 50.000 addetti di altissima professionalità (oltre 20.000 ingegneri operanti in centri di ricerca, laboratori, impianti produttivi) e genera un indotto consistente e molto qualificato di oltre 150.000 addetti. Assicura anche un contributo fondamentale alla bilancia commerciale del Paese con esportazioni pari a circa 7 miliardi di euro l'anno;
    fattore trainante per l'industria aerospaziale sono la ricerca e lo sviluppo, che costituiscono la insostituibile chiave di successo, in quanto condizione necessaria per il consolidamento della competitività nei mercati internazionali. Le attività di ricerca e sviluppo per il settore aerospaziale sono estremamente impegnative: i progetti aerospaziali richiedono di regola investimenti di elevate dimensioni e impegnano nella fase di sviluppo tempi mediamente molto più lunghi che in altri settori (almeno cinque-sei anni). Da ciò derivano – oltre agli inevitabili rischi industriali – tempi di recupero degli investimenti necessariamente più elevati (con il raggiungimento del «punto di equilibrio finanziario» solo dopo 15 o più anni dall'investimento). In tale situazione sarebbe molto difficile la realizzazione di un progetto aerospaziale con l'utilizzo solo di risorse delle aziende. È per questi motivi che tutti i Paesi – e ormai anche l'Europa – prevedono, sia pure in forme diverse, interventi pubblici come condizione necessaria per mantenere vitale questa industria strategica in cui si concentrano effettive eccellenze di capacità tecnologiche che le danno titolo per aspirare ad una collocazione qualificata;
    in Italia una intelligente linea di politica industriale avviata già negli anni Ottanta ha consentito, prevedendo con la legge n. 808 del 1985 la istituzione degli opportuni strumenti di intervento, lo sviluppo e il mantenimento nel nostro Paese di una vitale e competitiva industria aerospaziale in grado anche di inserirsi nella rete delle principali collaborazioni internazionali. Il consolidamento di tale situazione in coerenza con le nostre capacità e gli interessi nazionali richiede che su tale industria siano ulteriormente concentrati in modo sistematico investimenti pubblici con la necessaria tempistica, in modo da non disperdere quelle capacità di concezione, progettazione produzione di sistemi complessi ad alta intensità di innovazione, che l'Italia negli anni è riuscita ad ottenere grazie agli investimenti passati. Si tratta di una condizione essenziale perché il nostro Paese conservi capacità e ruoli primari nello scenario internazionale in uno dei non molti comparti ad alta tecnologia in cui è tuttora presente. Ciò consentirà nelle prospettive di medio-lungo termine di confermare un posizionamento adeguato nell'ambito del settore europeo,

impegna il Governo:

   a definire e realizzare una politica industriale per il settore aerospaziale e dell'elettronica ad alta tecnologia finalizzata ad un duplice obiettivo:
    a) difendere e consolidare la presenza nazionale in tale settore evitando che in conseguenza di una ridotta incidenza delle azioni di governo le imprese italiane si trovino a soccombere di fronte alla aggressiva concorrenza di industrie straniere che fruiscono di un forte ed efficace supporto da parte delle autorità dei loro Paesi, salvaguardando in tal modo l'autonomia del Paese in aree strategiche, il suo posizionamento in ambito internazionale e insieme investimenti fatti e posti di lavoro altamente specializzati e qualificati;
    b) promuovere un reale sviluppo di tale settore, con uno spettro adeguato e lungimirante di misure che mettano le imprese nazionali ad alta tecnologia nella condizione di rafforzare il proprio patrimonio tecnologico e le proprie capacità in modo da poter operare sui mercati con un portafoglio di prodotti realmente competitivo permettendo in tal modo al nostro Paese di svolgere ulteriormente un ruolo primario nelle aree «strategiche» cogliendo le opportunità emergenti e favorendo una crescita non solo economica ma anche di una occupazione altamente qualificata;
   ad assicurare, nel contesto di questa politica industriale, un impegno di investimenti sistematici per promuovere la realizzazione da parte delle imprese nazionali di progetti di ricerca e sviluppo anche nel quadro di collaborazioni internazionali, assicurando quella continuità di interventi che è necessaria per consentire alle aziende di definire una pianificazione della ricerca e sviluppo effettivamente congruente con le caratteristiche e le esigenze del settore;
   a garantire, a tal fine, lo stanziamento di adeguate risorse finanziarie destinate agli interventi per la promozione delle attività di ricerca e sviluppo del settore aerospaziale nel medio termine operando attraverso la prossima legge di stabilità un rifinanziamento della legge n. 808 del 1985 idoneo alla copertura del fabbisogno per un periodo non inferiore al prossimo triennio.
(1-00207) «Pisicchio».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni XII e XIII,
   premesso che:
    l'etichettatura dei prodotti alimentari è una garanzia per il consumatore perché fornisce precise informazioni sul contenuto del prodotto, sul luogo e sulla sua data di confezione e la normativa sull'etichettatura dei prodotti alimentari nasce nel 1978 con la direttiva 79/112/CEE, recepita in Italia mediante il decreto legislativo n. 109 del 1992;
    la normativa europea in questo campo è in costante evoluzione, e dovrebbe esserlo sempre e solo a esclusiva garanzia degli interessi dei consumatori; le modifiche previste dalla stessa normativa in Italia sono state recepite attraverso modifiche al decreto legislativo n. 109 del 1992 che, ancora oggi, è il riferimento nazionale contenente la disciplina per etichettare i prodotti alimentari;
    dopo un complesso iter in cui si sono susseguite emanazioni ed abrogazioni di normative, il 25 ottobre 2011 il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato il Regolamento (UE) 1169 «relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori»; dette novità avrebbero dovuto entrare in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione del Regolamento, ma i soggetti preposti all'etichettatura dei prodotti alimentari possono usufruire di un periodo transitorio di tre anni per adeguarsi; con eccezione della novità riguardante l'indicazione dell'obbligatorietà della dichiarazione nutrizionale, la cui cogenza è prevista entro un periodo di cinque anni dall'entrata in vigore del Regolamento;
    nell'esprimere la propria preoccupazione, la Cia-Confederazione italiana agricoltori, ha ricordato che a partire dal 2016 diventerà obbligatoria in tutta Europa l'etichettatura nutrizionale, vale a dire l'indicazione corretta dei principi nutritivi e del relativo apporto calorico riportata sull'etichetta di ogni prodotto alimentare, e ha sottolineato come l'etichettatura nutrizionale degli alimenti proprio perché è fondamentale per la tutela della salute dei cittadini, non può essere banalizzata in modo riduttivo, secondo una logica digitale: buono/cattivo;
    ha destato molte critiche e disapprovazioni la raccomandazione inglese diffusa nel mese di giugno con la quale il governo britannico ha introdotto il regime volontario cosiddetto «a semaforo», di etichettatura nutrizionale che classifica gli alimenti con il verde, il giallo o il rosso, sulla base del contenuto di sale, zucchero, grassi e grassi saturi presente in 100 grammi di prodotto;
    lo schema inglese del «semaforo» si basa sulla schedatura degli alimenti: verde uguale cibo «buono», rosso uguale cibo «cattivo», mettendo a rischio i prodotti di qualità e non considerando il fatto che non esistono cibi «buoni» o «cattivi» ma solo regimi alimentari corretti o scorretti;
    schedare cibi e bevande in questo modo, a parere dei firmatari del presente atto, è pericoloso e fuorviante, perché si offre al consumatore soltanto un'informazione parziale ed erronea che non tiene più conto della dieta complessiva e soprattutto non considera il regime alimentare nel suo insieme e quindi, il modo in cui gli alimenti vengono integrati fra loro;
    un'alimentazione è equilibrata nel momento in cui offre un mix dei vari elementi, che forniscono i nutrienti di cui abbiamo bisogno. Non è sano nutrirsi solo ed esclusivamente di un unico prodotto, sia che si tratti di salume sia che si tratti di piatti pronti, piuttosto che di dolci o formaggi; ma soprattutto non è scientificamente corretto sotto il profilo dietetico e nutrizionale ignorare che il valore nutrizionale di una dieta non è la somma del valore nutrizionale di ogni singolo alimento, ma l'equilibrio con cui interagiscono tra di loro in modo efficace i diversi prodotti;
    un'alimentazione è equilibrata nel momento in cui offre un mix dei vari elementi, che forniscono i nutrienti di cui abbiamo bisogno. Non è sano – né è ipotizzabile – nutrirsi solo ed esclusivamente di un unico prodotto, sia che si tratti di salume sia che si tratti di piatti pronti, piuttosto che di dolci o formaggi;
    l'approccio agli alimenti, proposto dall'Inghilterra in modo così semplificato sul piano comunicativo: verde fa bene, rosso fa male, potrebbe avere, se diffuso in tutta Europa, effetti devastanti su molti dei prodotti agroalimentari di qualità, prima di tutto quelli «made in Italy»;
    potrebbe verificarsi che una bibita light, con un po’ meno di zucchero, benché densa di edulcoranti, conservanti e aromatizzanti, avrebbe il semaforo verde, mentre il latte, a causa del suo tenore in grassi, il semaforo rosso. Stesso semaforo rosso avranno gli oli, i formaggi, il pesce affumicato, la frutta secca e tutti i grandi prodotti dop e igp quali Grana, Parmigiano, prosciutti, salumi;
    il criterio prevalente per la classificazione degli alimenti e del loro valore nutrizionale sarebbe riconducibile ad una dimensione puramente quantitativa, trascurando gli aspetti qualitativi. Si diffonderebbero, in tal modo, gli effetti benefici di un'alimentazione a basso valore nutritivo, trascurando i pregi della dieta mediterranea eletta patrimonio dell'umanità, dalla quinta sessione del Comitato intergovernativo dell'UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell'umanità;
    questo importante riconoscimento consente di accreditare un prezioso ed equilibrato esempio di contaminazione naturale e culturale, quale è lo stile di vita mediterraneo, come eccellenza mondiale. Non a caso il termine «dieta» si riferisce all'etimo greco «stile di vita», cioè all'insieme delle pratiche, delle rappresentazioni, delle espressioni, delle conoscenze, delle abilità, dei saperi e degli spazi culturali con i quali le popolazioni del Mediterraneo hanno creato e ricreato nel corso dei secoli una sintesi tra ambiente culturale, organizzazione sociale, universo mitico e religioso intorno al mangiare; una visione complessiva quindi dell'alimentazione come parte integrante di uno stile di vita, che va ben oltre la singola misura del singolo alimento considerato come buono o cattivo e riconduce l'alimentazione umana in una cultura della complessità, che rifugge da riduzionismi pericolosi e intrinsecamente sbagliati;
    il sistema che dovrebbe entrare in vigore nel giro di tre anni rappresenterà ulteriori ostacoli alle esportazioni, oltre a rappresentare costi aggiuntivi per i produttori (e quindi per i consumatori), che sarebbero costretti ad adeguare le proprie etichette in base al paese a cui vendono le loro referenze;
    il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin ha manifestato le proprie riserve sulla proposta del Regno Unito di etichettare gli alimenti con il cosiddetto sistema dei «semafori», nella lettera inviata al Commissario europeo per la salute Tonio Borg, ha evidenziato l'assenza di riscontri scientifici, nel giudizio con cui verrebbero etichettati i prodotti, cosa che potrebbe causare confusione nei consumatori, interferenze nelle politiche nutrizionali e nelle strategie di corretta informazione;
    il Ministro ha dichiarato che: «Il sistema proposto considera le caratteristiche da prodotti in maniera superficiale e rischia di mettere in cattiva luce e discriminare gli alimenti tipici della nostra tradizione, conosciuti ovunque per le loro caratteristiche organolettiche e la loro qualità»;
    l'articolo 35 del Regolamento dell'Unione europea n. 1169/2011, dispone i seguenti criteri da rispettare nell'etichettatura dei prodotti:
     a) si basano su ricerche accurate e scientificamente fondate condotte presso i consumatori e non inducono in errore il consumatore;
     b) il loro sviluppo deriva dalla consultazione di un'ampia gamma di gruppi di soggetti interessati;
     c) sono volti a facilitare la comprensione, da parte del consumatore, dei contributo o dell'importanza dell'alimento ai fini dell'apporto energetico e nutritivo di una dieta;
     d) sono sostenuti da elementi scientificamente fondati che dimostrano che il consumatore medio comprende tali forme di espressione o presentazione;
     e) nel caso di altre forme di espressione, esse si basano sulle assunzioni di riferimento armonizzate di cui all'allegato XIII oppure, in mancanza di tali valori, su pareri scientifici generalmente accettati riguardanti l'assunzione di elementi energetici o nutritivi;
     f) sono obiettivi e non discriminatori;
     g) la loro applicazione non crea ostacoli alla libera circolazione delle merci;
    l'introduzione di tale tipologia di etichettatura comporterebbe per le imprese, in particolar modo per le SMEs (Small and medium enterpries), una barriera alla libera circolazione delle merci. Quanto detto trova fondamento nell'articolo 34 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che afferma che «sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione, nonché qualsiasi misura di effetto equivalente.»;
    il Governo britannico ha annunciato ufficialmente la sua raccomandazione prima ancora che la Commissione europea abbia verificato la compatibilità della proposta del Regno Unito con il diritto dell'Unione europea, valutando in particolare la necessità o meno di notifica alla Commissione europea e agli altri Stati membri ai sensi della direttiva 98/34/CE;
    il sistema di etichettatura proposto dal Regno Unito rappresenta un precedente molto negativo che rischia di rendere le etichette alimentari dell'Unione europea ancora più frammentate, mettendo a rischio uno dei principali obiettivi del Regolamento UE 1169/2011: l'armonizzazione delle informazioni sui prodotti alimentari nel mercato interno europeo,

impegna il Governo:

   ad assumere le opportune iniziative di competenza, atte a stabilire che l'Unione europea verifichi che siano rispettati i criteri previsti dall'articolo 35 del Regolamento UE n. 1169/2011;
   a sensibilizzare tutti i Paesi dell'Unione europea, a prendere urgenti iniziative, nel caso da una verifica analitica da parte dei Paesi coinvolti scaturissero restrizioni alle importazioni;
   a verificare congiuntamente con gli Stati membri e secondo le disposizioni previste in tal senso dall'Unione europea, se ci sia stata una procedura di infrazione nei confronti del Regno Unito;
   a diffondere tramite puntuali campagne informative, l'importanza di una dieta varia ed equilibrata insieme ad una regolare attività fisica esprimendo contrarietà a qualsiasi sistema di etichettatura alimentare basato su approcci che tendono a confondere i consumatori.
(7-00128) «Binetti, Cesa, Buttiglione».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PIRAS, DURANTI e FAVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il centro addestramento guastatori (conosciuto anche con l'acronimo di C.A.G.) situato nella Sardegna nord-occidentale a Capo Marrargiu-Torre Poglina, pochi chilometri a sud di Alghero, è un ente addestrativo delle forze armate italiane per operatori dell’intelligence dipendente dall'Agenzia informazioni e sicurezza esterna e dallo stato maggiore della Difesa;
   la base segreta militare di Torre Poglina, detta comunemente Centro addestramento guastatori, fu realizzata intorno al 1954. Divenne nota in relazione al Piano Solo e negli anni ’80 tornò agli onori delle cronache per il caso dell'organizzazione Gladio;
   i terreni erano stati acquistati nel 1954 da una società a responsabilità limitata di copertura, la Torre Marina, i cui soci erano esponenti di alto livello del SIFAR, il servizio segreto militare, e nella massima segretezza, anche grazie all'apporto di fondi della CIA, fu allestita la base, adibita a sede del C.A.G., centro addestramento guastatori, ed in seguito considerata la principale base addestrativa della struttura clandestina dell'organizzazione Gladio;
   il 1o ottobre 1956 era stata costituita, nell'ambito dell'Ufficio «R» del SIFAR, una sezione addestramento, denominata S.A.D.;
   alle dipendenze della S.A.D. venne posto il centro addestramento guastatori;
   in occasione dell'eventuale attuazione del Piano Solo, un progetto con il quale si sarebbe potuto assegnare all'Arma dei carabinieri il controllo dello Stato, la base di Capo Marrargiu avrebbe dovuto ospitare 731 enucleandi (che sarebbero poi dovuti essere trasferiti nel carcere ottocentesco di Castiadas), cioè persone del mondo della politica e del sindacato considerate pericolose e secondo questo programma da detenere sino ad emergenza cessata;
   nel 1986 l'esistenza della base di Capo Marrargiu fu per la prima volta resa pubblica dall'inchiesta del giudice veneziano Carlo Mastelloni riguardo al presunto sabotaggio dell'aereo C-47 Dakota dell'Aeronautica Militare Argo 16 che si schiantò a Marghera nel 1973 e che operava segretamente per il trasporto verso e da quella base del C.A.G. di personale in addestramento;
   la struttura di Poglina sorge nella costa ovest della Sardegna, sulla strada provinciale n. 105 «Alghero-Bosa», al chilometro 6+300, e si estende su superficie di 229,822 metri quadrati;
   dal 2006 la base ritornò in piena funzione come centro addestramento per i reparti delle forze speciali italiane, della NATO o di Paesi amici;
   a fine anni ‘50 i terreni erano stati acquistati da una società a responsabilità limitata di copertura, i cui soci erano tutti membri del SIFAR (Servizio informazioni forze armate);
   il Sifar è stato per anni il servizio segreto militare, infatti qui nella massima segretezza viene creato anche il C.A.G. (Centro addestramento guastatori);
   secondo numerose e fondate testimonianze, come quella del generale Gian Adelio Maletti, quando l'Italia era scossa da piani di golpe si pensava di usare Poglina come una sorta di luogo dove realizzare una prigione politica, nella quale realizzare la base addestrativa della struttura clandestina «Gladio»;
   attualmente la base ospita il «distaccamento operativo tipo C» del raggruppamento unità difesa ed è gestita dall'AISE;
   nello spazio acqueo antistante durante le esercitazioni non è possibile navigare ed ormeggiare imbarcazioni nonché contattare la capitaneria di Alghero per conoscere i periodi di addestramento;
   secondo il quotidiano sardo L'Unione Sarda, tra il 19 e il 20 agosto 2011 sarebbe atterrato a Poglina Abdel Salam Jallud, braccio destro dell'ex dittatore libico Gheddafi;
   i comuni su cui ricadono i 100 ettari immersi nella meravigliosa strada Alghero-Bosa si stanno adoperando per far diventare quel tratto di litorale patrimonio dell'umanità (Unesco) –:
   quali attività vengano attualmente svolte all'interno della base di Poglina;
   quali attività di addestramento siano state effettuate all'interno della base militare dal 1955 ad oggi;
   di quali elementi disponga circa la presenza a Poglina del libico Abdel Salam Jallud;
   quali motivi di pubblica utilità e difesa spingano lo Stato a mantenere in attività la base militare centro addestramento guastatori in un territorio immerso nel verde, per cui verrà richiesto il riconoscimento come patrimonio dell'Unesco. (5-01208)

Interrogazione a risposta scritta:


   MOLEA e CAUSIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la legge 14 gennaio 2013, n. 10, ha previsto, fra l'altro, l'istituzione di un «Comitato per lo sviluppo del verde, pubblico» deputato a funzioni di monitoraggio del verde pubblico, di verifica delle azioni degli enti locali a tutela della sicurezza delle alberature, di promozione di interventi relativi ai gradini storici ed altre similari, tutte puntualmente indicate all'articolo 3 della legge;
   sempre il medesimo articolo 3 prevede che «Con decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare sono definite la composizione e le modalità di funzionamento del Comitato»;
   la legge n. 10 del 2013 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 1° febbraio 2013 ed è entrata in vigore il 16 febbraio successivo;
   il precedente 21 dicembre 2012 il Governo presieduto da Mario Monti aveva rassegnato le dimissioni, privando così il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Corrado Clini, del potere di nominare il «Comitato»;
   costituisce infatti consolidata prassi costituzionale che un Governo dimissionario operi solo in regime di prorogatio, dovendosi limitare a svolgere l'ordinaria amministrazione sino all'insediamento degli organi del nuovo Esecutivo, con eccezione degli atti necessari ed urgenti dal punto di vista istituzionale, in specie per garantire la continuità dell'azione amministrativa;
   nel caso di specie tale limite all'attività del Governo dimissionario era rafforzato dalla circolare del Presidente del Consiglio dei Ministri n. USG/5793-P del 21 dicembre 2012 che, per quanto riguarda le nomine, afferma che «potrà procedersi soltanto a nomine, designazioni e proposte strettamente necessarie perché vincolate nei tempi da leggi o regolamenti, ovvero derivanti da esigenze funzionali, non procrastinabili, per assicurare pienezza e continuità all'azione amministrativa. Ogni nuova iniziativa in merito dovrà essere preventivamente sottoposta all'assenso del Presidente del Consiglio al fine di garantire uniformità dei comportamenti»;
   pertanto il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore risultava, a giudizio degli interroganti, totalmente privato del potere di nominare il «Comitato»;
   inopinatamente il Ministro, pro tempore Clini risulta invece avere:
    a) nominato il «Comitato» con decreto n. 51 del 18 febbraio 2013, cioè adottato dopo solo 2 giorni dopo l'entrata in vigore della legge n. 10 del 2013 quindi, ad avviso dell'interrogante senza avere potuto svolgere un adeguata istruttoria di merito;
    b) attribuito ad alcuni componenti la veste (non prevista dalla legge autorizzante) di «membri di diritto», cioè «a vita», dove una tale attribuzione permanente confligge con le restanti disposizioni del decreto stesso, le quali fissano in dieci anni la durata massima della permanenza in carica per i componenti il «Comitato»;
    c) ampliato ad avviso dell'interrogante indebitamente le funzioni del «Comitato», attribuendone numerose e secondo gli interroganti non condivisibili non previste dalla legge autorizzante (attraverso l'aggiunta, all'articolo 1 comma 1 lettera «a» del decreto, del seguente periodo «esprimendo..., anche a richiesta, le proprie valutazioni tecniche e giuridiche» nelle materie del verde pubblico e privato), così finendo per attribuire al «Comitato» il potere di indicare i soggetti che possono svolgere attività professionale nella progettazione e gestione del verde urbano;
   sul punto la questione è delicatissima, perché le competenze professionali in materia di progettazione, direzione e manutenzione del verde urbano, privato e pubblico, non sono attribuite specificatamente a una categoria professionale in particolare, ma sono svolte prevalentemente dagli iscritti nell'albo degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati in concorrenza con gli iscritti nell'albo degli agronomi e forestali, nonché da iscritti in altri albi, tutti operanti fra loro in regime di libera concorrenza;
   in un tale quadro, assegnato al «Comitato» il potere di interpretazione «tecnica e giuridica» delle competenze professionali in materia di verde pubblico e privato, le eventuali determinazioni del predetto «Comitato» (che ha anche il potere di redigere un «Piano nazionale» per fissare le linee guida per la realizzazione di aree verdi, di fatto vincolanti per i comuni) possono decidere il livello di competenza professionale, ad esempio, degli agronomi rispetto agli agrotecnici e così determinare ambiti di esclusività professionale, diversamente non previsti dalle leggi istitutive degli albi;
   in realtà, purtroppo, agli interroganti sembra essere questo il risultato cui si voleva pervenire alla luce del fatto che il Presidente dell'albo degli agronomi e forestali è stato nominato «membro a vita» del «Comitato», a soli tre giorni dall'entrata in vigore della legge n. 10 del 2013, mentre nessun rappresentante del concorrente albo degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati è stato nominato nei restanti 10 posti previsti nel «Comitato», nonostante il fatto che da due anni l'albo degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati sia diventato il primo in Italia come numero di candidati agli esami abilitanti (sopravanzando anche l'albo degli agronomi e dei forestali), e che sia l'unico albo interprofessionale, a cui accedono non solo agronomi, agrotecnici e forestali ma anche dottori naturalisti ed architetti del paesaggio;
   per conoscere la composizione del «Comitato» il collegio nazionale doveva ricorrere all'esercizio del diritto di accesso, che riusciva ad essere svolto solo dopo una formale diffida al Ministro pro tempore Clini ed al capo dell'ufficio legislativo del Ministero, Massimiliano Atelli. Nel corso dell'accesso il collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati scopriva che, oltre al primo decreto illegittimo, l’ex Ministro Clini ne aveva adottati, altri 5, tutti adottati, ad avviso degli interroganti, in carenza di potere, e precisamente:
    decreto n. 105 del 28 marzo 2013, con cui sono stati nominati 5 membri ordinari del «Comitato», tra cui il Presidente, nella persona di Massimiliano Atelli, capo dell'ufficio legislativo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, mentre gli altri componenti sono Tullio Pericoli (disegnatore), Vittorio Emiliani (giornalista e saggista), Tiziano Fratus (scrittore e poeta) ed Anna Maria Maggiore (dirigente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare). Nessuno di loro risulta avere la benché minima competenza agronomica;
    decreto n. 116 del 9 aprile 2013, con cui è stati nominato membro del «Comitato» l'ingegnere Giorgio Boldini, presidente di AIVEP (una piccola associazione che opera nel verde pensile, il cui presidente, per gli studi di ingegneria compiuti, risulta secondo gli interroganti oggettivamente privo di specifiche conoscenze agronomiche);
    dereto n. 130 del 19 aprile 2013, con cui è stato modificato il decreto ministeriale n. 51 del 18 febbraio 2013 allargando ad 11 (e non più a 9) il numero dei componenti del comitato;
    decreto n. 145 del 24 aprile 2013, con cui è stato nominato il membro designato dall'ANCI;
    decreto n. 149 del 25 aprile 2013 con cui è stato nominato il decimo membro del comitato nella persona della dottoressa Giulia Cosenza (ex-parlamentare, imprenditrice turistica;
   risultano pertanto allo stato nominati 10 membri del «Comitato» (compresi due componenti «a vita») su 11 posti disponibili;
   nonostante specifica e documentata richiesta inviata il 26 febbraio 2013 dal collegio nazionale, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore non ha nominato nessun rappresentante dell'albo degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati, preferendo soggetti con competenze oggettivamente estranee alla materia ed addirittura lasciando un seggio vacante;
   allo stato l'unico tecnico presente nel «Comitato» è il presidente dell'albo degli agronomi e dei forestali, diretto concorrente con quello degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati;
   il Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati si vedeva perciò costretto ad impugnare tutti i 6 decreti assunti dal Ministro pro tempore Clini al TAR Lazio, il quale fissava l'udienza cautelare per il 20 giugno 2013;
    il giorno precedente l'udienza, 19 giugno il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare onorevole Andrea Orlando, ad avviso degli interroganti, senza svolgere un'adeguata istruttoria obbligatoriamente prevista per casi del genere della legge n. 241 del 1990, adottava il decreto n. 185 con cui venivano «confermati ad ogni effetto, i componenti del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico di cui all'articolo 3 della legge 14 gennaio 2013, n. 10, nominati con i decreti ministeriali... con le decorrenze per ciascuno previste»;
   si è evidentemente ad avviso degli interroganti, in presenza di un atto che lascia sbalorditi con il quale il potere politico adotta un provvedimento amministrativo che di fatto finisce per orientare una decisione dell'autorità giudiziaria;
   in ogni caso il TAR, anche alla luce del decreto ministeriale «confermativo» del 19 giugno 2013 decideva per un merito abbreviato fissando l'udienza al 23 gennaio 2014 –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga necessario, esercitando il potere di coordinamento dell'attività dei Ministri, previsto dall'articolo 95 della Costituzione, invitare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a revocare i decreti citati in premessa;
   se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga, alla luce di quanto rappresentato, procedere motu proprio ad una immediata revoca dei 6 decreti assunti in totale carenza di potere ed in violazione della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 2012 protocollo n. USG/5793-P nonché alla revoca del proprio decreto n. 185 del 2013, procedendo quindi alla costituzione del «Comitato per lo sviluppo del verde pubblico» nel pieno rispetto della legge autorizzante n. 10 del 2013, tenendo conto delle competenze tecnico-professionali degli attori del sistema e degli interessi contrapposti, evitando che il «Comitato» venga surrettiziamente utilizzato per creare anacronistiche privative ed esclusive professionali, che il Governo dovrebbe invece rimuovere ove esistenti;
   se, per quanto attiene alle modalità di adozione del decreto n. 185 del 2013 assunto secondo gli interroganti in violazione delle procedure e delle modalità previste dalla legge n. 241 del 1990 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga altresì di dover chiarire l’iter e le ragioni che hanno portato alla sua emanazione, anche con riferimento all'iniziativa assunta dagli uffici e all'istruttoria svolta dagli stessi;
   se comunque non ritenga il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per le modalità con le quali il «Comitato» è stato costituito, di doverne prudentemente sospendere l'insediamento almeno sino a che il TAR Lazio si sarà pronunciato, comunque integrandolo con un rappresentate dell'albo degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati nell'undicesimo seggio tuttora disponibile. (4-02159)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS=Eco-management and audit scheme) è un sistema a cui possono aderire volontariamente le imprese e le organizzazioni, sia pubbliche che private, aventi sede nel territorio dell'Unione europea o al di fuori di esso, che desiderano impegnarsi nel valutare e migliorare la propria efficienza ambientale;
   il primo Regolamento EMAS n. 1836 è stato emanato nel 1993 e nel 2001 è stato sostituito del Regolamento n. 761 che, a sua volta sottoposto a revisione, è stato sostituito nel 2009 dal nuovo Regolamento n. 1221;
   EMAS è principalmente destinato a migliorare l'ambiente e a fornire alle organizzazioni, alle autorità di controllo ed ai cittadini uno strumento attraverso il quale è possibile avere informazioni sulle prestazioni ambientali delle organizzazioni;
   il sistema di gestione relativo alle attività tecniche di registrazione EMAS, accreditamento e sorveglianza dei verificatori ambientali EMAS sono svolte in conformità alla norma ISO 9001:2008 (Certificato 9175 rilasciato da IMQ-CSQ);
   i Regolamenti (CE) 1221/09 EMAS e (CE) 66/10 ECOLABEL prevedono che ogni Stato membro istituisca gli organismi competenti nazionali cui demandare il compito di applicare gli schemi comunitari; nel nostro Paese, il decreto ministeriale n. 413 del 1995 ha istituito il Comitato ecolabel ecoaudit per svolgere le funzioni attribuite ai predetti organismi competenti;
   lo stesso decreto prevede che i membri del Comitato, che è composto da rappresentanti dei Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico, della salute e dell'economia e delle finanze, restino in carica tre anni e che l'incarico possa essere rinnovato solo una ulteriore volta;
   l'ultimo decreto di nomina del Comitato per l'Ecolabel e per l'Ecoaudit è il GAB-DEC–2010–000111 del 28 giugno 2010 — a firma del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, registrato all'UCB il 9 luglio 2010 visto n. 233;
   negli ultimi anni la legislazione nazionale ha riconosciuto benefici e incentivi e soprattutto semplificazioni per l'ottenimento delle autorizzazioni ambientali per le imprese che aderiscono volontariamente ad EMAS, o che certificano prodotti e servizi con il marchio Ecolabel;
   la registrazione consente, inoltre, di aver un rapporto trasparente con gli enti di controllo, come regione, provincia e ARPA, ed importanti agevolazioni, anche economiche;
   per le imprese e organizzazioni registrate EMAS si prevedono semplificazioni in materia di rifiuti, di prevenzione e riduzione integrata dell'inquinamento (IPPC), di energia, di acque; in sintesi, la registrazione EMAS è l'obiettivo più qualificante, a carattere volontario, che un impresa possa perseguire, a dimostrazione del proprio impegno nel rispetto e tutela dell'ambiente;
   purtroppo il comitato EMAS è decaduto nel luglio 2013 e non è stato rinominato da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; pertanto, tutte le pratiche di richiesta di registrazione sono attualmente ferme in attesa che venga istituito il nuovo comitato;
   al momento, tutto è in stallo in attesa della decisione del Ministro che potrebbe anche rinnovare d'ufficio il Comitato decaduto ai fini dell'accelerazione delle pratiche;
   le perdite per le imprese sono consistenti, in quanto hanno già investito per implementare internamente i propri sistemi di gestione conformi alle norme europee in questione; infatti, in termini di oneri risparmiati in un momento di crisi economica come l'attuale la riattivazione del Comitato può essere di vitale importanza per le imprese –:
   se e con quali tempi il Ministro intenda riattivare il Comitato per l'Ecolabel e per l'Ecoaudit, sezione EMAS e sezione Ecolabel. (4-02157)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VELO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo del 7 settembre 2012, n. 155 recante la nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, ha previsto la soppressione a partire dal 13 settembre di un certo numero di tribunali ordinari, di sezioni distaccate e di procure della Repubblica;
   tra le sezioni distaccate per le quali è stata operata la soppressione vi è anche quella di Portoferraio, sull'isola d'Elba, la cui chiusura ha già prodotto in un solo mese notevoli ripercussioni negative per quanto riguarda l'amministrazione della giustizia: sull'isola d'Elba sono infatti presenti otto comuni, e la trasferta fino a Livorno può comportare anche 40 minuti di macchina fino a PortoFerraio, più di un'ora di traversata se non ci sono condizioni metereologiche avverse, e un'ora ulteriore di macchina per raggiungere dal porto di Piombino il primo tribunale utile, sito a Livorno;
   il 6 ottobre 2013 sei agenti della polizia municipale di Portoferraio (su 10 che erano in organico) sono stati chiamati a testimoniare presso il tribunale di Livorno, con una trasferta che oltre ad aver lasciato scoperto l'organico presente sull'isola per l'intera giornata, ha comportato un dispendio economico non indifferente dell'amministrazione comunale che ha dovuto farsi carico delle spese di trasferta per sei agenti per l'intera giornata, senza considerare che spesso le trasferte avvengono per partecipare ad udienze che vengono all'ultimo momento rinviate, o della durata di appena 10 minuti;
   la sezione distaccata di Portoferraio andava dunque presa in seria considerazione non solo per le peculiarità connesse al fatto di trovarsi su un'isola con ben otto comuni diversi, collegata alla più vicina sede di tribunale solo dopo molte ore di viaggio e con incertezze sul rientro in caso di condizioni metereologiche avverse, ma anche dalla circostanza che sull'isola è presente un'importante casa di reclusione, che nel corso di questi anni ha visto aumentare i detenuti, e al cui aumento non è seguito il necessario adeguamento del numero di agenti di custodia;
   a seguito dunque della soppressione della sezione distaccata, gli agenti di custodia sono ora costretti ad accompagnare i detenuti al processo fino alla sede di Livorno, ancora una volta non solo con notevole accrescimento dei costi a carico dell'amministrazione pubblica, ma altresì riducendo pericolosamente la vigilanza all'interno della casa di reclusione ogni qual volta occorre condurre un detenuto a processo;
   è già stata insediata una commissione ministeriale che, entro il 13 settembre del prossimo anno, avrà il compito di stimare i risultati della riforma della nuova geografia giudiziaria, al fine di avere un quadro chiaro e offrire valutazioni di merito, utili per consolidare o rivedere gli assetti definiti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati, quali siano i suoi orientamenti circa i gravi disagi che già si stanno manifestando sull'isola d'Elba, e alla luce del lievitare dei costi, tanto a carico dell'amministrazione comunale, quanto per quella centrale, se e quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di consentire quanto prima la riapertura della sezione distaccata di Portoferraio.
(5-01202)

Interrogazione a risposta scritta:


   COSTANTINO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o settembre 2013, circa 15 nuclei familiari hanno occupato uno stabile privato in via Episcopio a Benevento, disabitato da 20 anni e di proprietà di un'anziana signora di 85 anni;
   la Caritas di Benevento è intervenuta sul caso, proponendo un intervento economico atto a riqualificare l'ex asilo per renderlo agibile e vivibile; la proposta è stata accettata dalle famiglie disagiate e si è provveduto all'accordo;
   il quotidiano locale Ottopagine, in data 16 settembre 2013, ha riportato un episodio increscioso che ha visto coinvolti alcuni impiegati dell'ufficio «servizi sociali» del comune di Benevento che, in particolare, avrebbero minacciato di portar via i figli ad una famiglia occupante lo stabile privato di via Episcopio;
   la famiglia – come documentato da un video registrato di nascosto dalla stessa – sarebbe stata minacciata da un'assistente sociale del comune di Benevento: una lunga conversazione tra la famiglia e la signora dei servizi sociali, otto minuti, nella quale in diversi momenti è stata accennata l'eventualità di portar via i bambini alla coppia: «Non potete stare in mezzo a quella gentaglia: se arriva uno sgombero, i bambini vi saranno tolti e affidati a una casa famiglia». Un lungo dibattito, con il filo conduttore, quasi unico, di una bambina, figlia di genitori senza lavoro, che non poteva stare «tra quella gentaglia». «Se non vi allontanate da quella casa io la bambina ve la allontano»; il concetto è stato anche riproposto: «Se non mi ascoltate io dovrò agire: se fanno lo sgombero per tutti i bambini che sono in Via Episcopio si avrà la stessa trafila». E ancora: «Sei una mamma irresponsabile tu, se ti metti in mezzo a quella gentaglia»;
   un giornalista che ha ascoltato la registrazione della conversazione, ha riportato l'ultimo avvertimento dell'assistente sociale al padre del bambino: «Trovati un lavoro se non vuoi stare da tuo suocero, altrimenti io la bambina la metto in affidamento»; l'uomo, a questo punto, ha chiesto: «Mi sta minacciando ?», la risposta è stata: «Si, è una minaccia»;
   in un periodo difficile di crisi e difficoltà economiche e sociali crescenti non è accettabile, ad avviso dell'interrogante, tale prassi d'intervento di assistenza sociale: esso genera paura, allontanamento e aggravamento delle problematiche del cittadino;
   in un momento, quale quello attuale, il ruolo dell'assistente sociale è fondamentale e costituisce il biglietto da visita di un comune, il perno del buon funzionamento della macchina sociale; solidarietà, cooperazione, sensibilità, mutuo aiuto, ascolto e soluzione tempestiva dovrebbero, infatti, essere alla base della politica locale, nonché gli strumenti da utilizzare necessariamente dinanzi ad emergenze abitative, sociali e familiari;
   la grave crisi economica che attraversa il nostro Paese costituisce un serio problema che andrebbe affrontato con politiche sociali mirate a livello locale, attraverso una rete di servizi comunali e di assistenza sociale solidali, sensibili e cooperativi che creino un connubio con le famiglie in difficoltà, evitando di farle sentire sole abbandonate ad un inesorabile e drammatico destino –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se, nell'ambito delle proprie competenze, siano a conoscenza dell'avvio di indagini rispetto a quanto accaduto che non può non apparire estremamente grave soprattutto alla luce del delicato ruolo che gli assistenti sociali sono chiamati a svolgere a tutela delle famiglie. (4-02158)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:


   BORGHI e VALIANTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sulla strada statale SS 18, lungo il tratto Battipaglia-Paestum, sarebbero state programmate e in parte realizzate in tempi diversi una serie di rotatorie per mettere in sicurezza il traffico;
   in particolare, l'Anas avrebbe programmato, tra le altre, una rotatoria per mettere in sicurezza il cavalcavia di Taverna Nova (Eboli), e la relativa mobilità, per la quale avrebbe predisposto il finanziamento e avrebbe presentato il progetto al comune interessato ai fini della sua approvazione;
   tale progetto tuttavia sarebbe stato accantonato perché l'esproprio delle aree necessarie a realizzarlo sarebbe stato considerato invasivo di interessi privati. Tale decisione avrebbe così impedito la realizzazione di un'opera pubblica essenziale alla viabilità e alla sicurezza degli automobilisti, in un tratto stradale peraltro interessato da gravi e frequenti incidenti;
   i fondi destinati alla messa in sicurezza di Taverna Nova sarebbero stati destinati su altri lavori e utilizzati per realizzare una rotatoria nei pressi del Cilento Outlet Village, il quale avrebbe dovuto esso stesso realizzare l'opera a proprie spese, a seguito di una decisione di Anas, per garantire la sicurezza del traffico sul tratto di strada interessato;
   a seguito dello spostamento dei fondi, l'Anas avrebbe comunicato al comune di Eboli che la responsabilità e gli oneri per la messa in sicurezza del citato cavalcavia sarebbero rimasti, di conseguenza, a carico del comune;
   ad oggi non è stato effettuato alcun intervento per mettere in sicurezza il cavalcavia di Taverna Nova, permanendo il pericolo di incidenti e il problema di ingorgo del traffico;
   tutte le decisioni inizialmente assunte dall'Anas nei riguardi del Cilento Outlet Village sarebbero state modificate con grave pregiudizio per la sicurezza e lo snellimento del traffico, con code particolarmente lunghe nel fine settimana e che si aggraveranno in estate, quando il traffico sulla strada statale 18 aumenterà in maniera esponenziale;
   in particolare non sarebbero stati più realizzati il sottopasso e la corsia di scorrimento inizialmente previsti dall'Anas per la canalizzazione del traffico in entrata e in uscita dal centro commerciale menzionato, che esso stesso avrebbe dovuto realizzare a proprie spese;
   a servizio del centro commerciale sono state realizzate, con finanziamenti pubblici, in un tratto di circa duecento metri, ben tre rotatorie, che rappresentano, di fatto, un ostacolo alla sicurezza e allo scorrimento del traffico di crociera sulla strada statale 18;
   inoltre in località Cioffi (Eboli), sempre sulla strada statale 18, sarebbe stata realizzata da Anas, in variante al progetto iniziale, una rotatoria decentrata dall'asse viario, con grave pericolo e pregiudizio del traffico –:
   se il Ministro non ritenga di intervenire per accertare se sulle modifiche inerenti le rotatorie menzionate e sulla mancata realizzazione di quella di Taverna Nova sia stato richiesto l'intervento di competenza delle amministrazioni locali coinvolte e se siano state commesse irregolarità, al fine di assicurare legalità e trasparenza nella gestione delle opere e delle risorse pubbliche e di garantire l'interesse della collettività alla sicurezza stradale, in particolare sulla strada statale 18. (5-01204)


   GRIMOLDI, CAPARINI e BORGHESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   tutto il territorio della Valle Trompia sopporta danni gravissimi, ambientali, sociali ed economici, a causa della congestione del traffico sull'unica strada che attraversa la Valle;
   l'ennesimo incidente automobilistico dei giorni scorsi ha creato lunghe code che hanno bloccato per ore il flusso delle persone e merci;
   le amministrazioni locali hanno realizzato una serie di iniziative minori dirette ad alleggerire il traffico, insufficienti però a risolvere i problemi della viabilità principale, dimostrando tuttavia da sempre la loro disponibilità di collaborazione con le amministrazioni centrali;
   la necessità di adeguare le infrastrutture della Valle è una primaria esigenza sia per i cittadini sia per le imprese che, con fatica, cercano di affrontare al meglio le sfide economiche attuali e future;
   si tratta di una valle operosa dal punto di vista produttivo che già rischia di soccombere a causa della grave crisi economica e che viene maggiormente penalizzata per la mancanza di collegamenti alternativi che consentano una mobilità adeguata alle quotidiane esigenze;
   i cittadini aspettano da anni la realizzazione del tratto autostradale della Valtrompia, progetto quest'ultimo già previsto, approvato e finanziato da tempo, che, tuttavia, non riesce a partire per motivi indipendenti dal territorio;
   il progetto definitivo è stato approvato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) nel 2004 e quello esecutivo nel 2005 e, pertanto, l'infrastruttura avrebbe dovuto già essere realizzata;
   i ritardi registrati per la realizzazione della nuova infrastruttura mettono in grave crisi anche le amministrazioni locali per la persistenza dei vincoli urbanistici presenti sul territorio;
   negli ultimi mesi sono apparse notizie stampa allarmanti sul rinnovo della concessione autostradale della Brescia-Padova che potrebbe incidere anche sulla costruzione dell'infrastruttura autostradale della Valtrompia –:
   se il Ministro intenda riesaminare e tenere nella massima considerazione le complesse questioni legate alla viabilità della Valtrompia chiarendo l'orientamento del Ministero e dell'ANAS per la risoluzione delle problematiche e per la realizzazione dell'infrastruttura alternativa alla insufficiente viabilità attuale. (5-01205)


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 5 novembre 2007 Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, regione Lombardia, provincia di Milano, provincia di Lodi, CAL, ANAS e una rappresentanza dei comuni coinvolti hanno sottoscritto l'accordo di programma per la realizzazione della tangenziale est esterna di Milano (TEEM) e il potenziamento del sistema della mobilità dell'est milanese e del nord lodigiano;
   l'intervento autostradale collega l'autostrada A4 «Milano-Brescia» all'altezza di Agrate Brianza con l'autostrada A1 «Milano-Bologna» all'altezza di Melegnano, per uno sviluppo complessivo di circa 33 chilometri, oltre a circa 38 chilometri di opere connesse e compensative; l'intervento interessa principalmente il territorio della provincia di Milano (20 comuni) per circa 25,6 chilometri, nonché quello della provincia di Lodi (7 comuni) per circa 7,4 chilometri. Il territorio interessato dall'opera può essere individuato nell'area compresa tra i seguenti assi infrastrutturali primari o naturali:
    a nord il tratto Milano-Bergamo dell'autostrada A4 «Milano-Venezia»;
    a ovest la A51 «Tangenziale est di Milano»;
    a sud il tratto Lodi-S. Donato Milanese dell'autostrada A1 «Autostrada del Sole»;
    a est la sponda occidentale del fiume Adda. Sono previste 3 interconnessioni autostradali (autostrada A4 MI-BS, autostrada BreBeMi e autostrada A1 MI-BO) e 6 svincoli (Pessano con Bornago, Gessate, Pozzuolo Martesana, Liscate, Paullo e Vizzolo Predabissi);
   il 13 marzo 2012 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la delibera Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) n. 51/2011 del 3 agosto 2011 di approvazione del progetto definitivo della TEEM, che prevede una riduzione di 145 milioni di euro per le opere compensative concordate con i comuni e nessun investimento per il trasporto su ferro e le metropolitane M2 e M3 per Vimercate e Paullo;
   la piena efficacia del provvedimento ha portato, il 20 luglio 2012, all'avvio del procedimento espropriativo per i particellari compresi nella «dichiarazione di pubblica utilità» del 7 febbraio 2012 nonché a un'integrazione della stessa dichiarazione per le parti di TEEM e delle opere connesse oggetto di modifiche e adeguamenti (27 luglio 2012);
   alla fine del novembre 2012, Concessioni autostradali lombarde spa ha approvato il progetto esecutivo trasmesso dopo il via libera del consiglio di amministrazione di Tangenziale esterna spa;
   l'11 giugno 2012 sono stati inaugurati i cantieri della TEEM, nonostante manchino ancora i piani finanziari e non vengano rispettati pienamente i procedimenti, come evidenziato dai ricorsi contro le procedure esecutive e di esproprio a da una vasta mobilitazione popolare in corso;
   il 28 giugno 2013, il consiglio di amministrazione di Tangenziale esterna spa, società esecutiva della galassia TEM che ha prodotto, ad avviso dell'interrogante, solo una moltiplicazione di incarichi e consulenze, ha proceduto alla riformulazione del piano economico finanziario 2011 dell'opera, che il 2 agosto 2013 è stato sottoposto all'assemblea dei soci, allo scopo di armonizzare il piano sia alle mutate condizioni di credito (dal 6,8 al 7,5 per cento = +0,7 per cento) e di traffico (cali anche a due cifre registrati da alcune concessionarie nel 2013 al confronto con i flussi 2011) sia al recente «decreto del fare»;
   il 10 luglio 2013 è andata deserta la seconda asta per la vendita dell'82,4 per cento della società Milano Serravalle-Milano Tangenziali (di cui il 52 per cento è in mano alla provincia e il 18 per cento del comune di Milano);
   nessuno ha offerto i 660 milioni di euro necessari per acquistare le azioni detenute da ASAM spa (la holding della provincia di Milano), dal comune di Milano, dalla provincia di Como, dal comune di Como, dalla camera di commercio di Como, dalla provincia di Pavia, dal comune di Pavia e dalla camera di commercio di Pavia, dalla provincia di Lecco e dalla autorità portuale di Genova;
   per la realizzazione della nuova tangenziale est esterna è previsto un investimento di oltre due miliardi di euro, oneri finanziari esclusi. Soldi che dovrebbero arrivare dalla «finanza di progetto», senza alcun ricorso a finanziamenti pubblici a fondo perduto: a tal fine i soci del concessionario avrebbero dovuto «conquistare» le risorse sul mercato, a fronte della bontà del progetto. Poi avrebbero avuto 50 anni per «ripagare» l'investimento (tanto dura la concessione) grazie ai flussi di traffico;
   i lavori procedono a rilento (poco meno del 5 per cento al 31 marzo 2013, secondo il report trimestrale di Impregilo, una delle imprese attive sui cantieri), continuano ad aprire cantieri privi di finanziamento, le banche non mostrano di dare fiducia al progetto e i soci non hanno capacità di aumentare la propria esposizione. Nel frattempo procede la distruzione del parco agricolo sud Milano e di zone agrarie di grandissimo pregio;
   il bilancio 2012 di Tangenziale esterna spa, chiude con una perdita di 2.794.161 euro. A fronte di questo disavanzo, i «costi per servizi» di TE spa sono invece quasi raddoppiati in un anno. Si passa dai 1.417.298 euro del 2011 ai 2.261.487 euro del 2012, anno in cui Stefano Maullu, già assessore della giunta regionale lombarda di Formigoni, è stato nominato amministratore delegato;
   il «Decreto del fare», pubblicato il 21 giugno 2013 in Gazzetta Ufficiale, ha sbloccato 3 miliardi di euro per investimenti in infrastrutture, dei quali 350 milioni per la tangenziale est esterna di Milano, che sarà oggetto di specifica revisione della convenzione da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, guidato dal lombardo Maurizio Lupi (articolo 18, comma 2, del decreto). I 350 milioni di euro stanziati dal Governo finiranno direttamente nelle tasche degli azionisti privati di TEM, perché l'azionista pubblico, Serravalle spa, ha perso il controllo tre mesi fa –:
   se il Ministro interrogato non ritenga che le gravi anomalie che caratterizzano il progetto, siano in contrasto con l'accordo di programma sottoscritto nel 2007 dallo stesso Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e, di conseguenza, quali provvedimenti intenda adottare per moltiplicare le attività di controllo sui cantieri e sulle cave di prestito, per verificare le condizioni di sicurezza e i rischi di infiltrazioni della criminalità organizzata, con l'obiettivo di bloccare i cantieri privi di finanziamento e dirottare le risorse pubbliche stanziate su progetti per rilanciare il trasporto pubblico e la mobilità alternativa, l'agricoltura, l'edilizia scolastica e la manutenzione del territorio. (5-01206)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHAOUKI, PALAZZOTTO, VILLECCO CALIPARI, RACITI e MOSCATT. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si è venuti a conoscenza della storia di Mahari Kidane, trentatreenne eritreo, nato il 1o gennaio 1980, e sbarcato nell'isola di Lampedusa il 13 settembre 2013, da un racconto/denuncia di Francesco Mollo, giornalista professionista del «Quotidiano della Calabria»;
   stando a quanto riferito da Mollo, il signor Kidane, passato dal centro di prima accoglienza di Pozzallo (RG), sarebbe poi scomparso il 26 settembre 2013 nel momento in cui il pullman, che lo avrebbe dovuto portare allo Sprar di Cosenza con il resto della sua famiglia, stava per partire;
   quando, all'arrivo nella casa gestita dall'associazione che si occupa dei progetti di accoglienza Sprar, i volontari hanno chiesto notizie ai poliziotti sull'assenza dell'uomo, non avendo altre risposte, gli agenti ne avrebbero semplicemente cancellato con un colpo di pennarello il nome nella lista che lo vedeva comparire assieme ai suoi familiari;
   per di più, da giorni, nessuno dalla questura e della prefettura di Ragusa risponde alle richieste di notizie avanzate dalla dottoressa Enza Papa responsabile dello Sprar di Cosenza sulle sorti di Mahari Kidane;
   da quanto emerge dal racconto della moglie, Yurdanus Abrha, sono arrivati insieme a Lampedusa il 13 settembre e sono stati trasferiti in un primo centro di accoglienza per 10 giorni. In seguito, il 24 settembre sono stati trasferiti a Pozzallo dove sono rimasti due giorni. Secondo le parole della signora Abrha «l'impatto con questo campo è stato terribile, non è un campo, è un grande magazzino dove tutti – circa duecento persone – dormono insieme, e i bagni sono in comune. Appena arrivati in questo posto sono scoppiati grandi disordini con la polizia, perché nessuno voleva sottoporsi al fotosegnalamento e le forze dell'ordine ci picchiavano con i manganelli e urlavano contro tutti. Io e la mia famiglia abbiamo provato ad opporci, ma vedendo la reazione violenta e avendo due bambini piccoli, abbiamo deciso di farci fare le foto segnaletiche e di farci prendere le impronte»;
   sempre secondo quanto raccontato dalla moglie di Kidane: «il 26 settembre ci hanno ordinato di salire su un autobus, senza dirci dove ci avrebbero portato; lo abbiamo chiesto ma ci rispondevano che non lo sapevano. Nessuno ci dava informazioni. Io, mio marito, mia madre e i miei due figli eravamo già seduti quando hanno riaperto le porte e la polizia ci ha ordinato di scendere. Nessuno capiva perché e cosa stesse succedendo. Siamo scesi tutti e all'improvviso alcune persone hanno iniziato ad urlare e a scappare. Ho visto la polizia rincorrere e afferrare alcuni miei connazionali; ad uno gli hanno rotto un braccio. Nella confusione ho perso mio marito. Ci hanno ordinato nuovamente di salire e le porte si sono chiuse; l'autobus è partito nella confusione più totale, mio marito non era presente. Siamo partiti all'ora di pranzo e siamo arrivati verso le undici di sera a Cosenza, dove siamo stati accolti da due ragazze. A loro ho subito comunicato che mio marito non c'era. Il giorno seguente, venerdì 27 settembre, sono stata ascoltata da una responsabile della Kasbah alla quale ho raccontato tutta la mia storia comunicandole che ero molto preoccupata per mio marito. Abbiamo scritto insieme una relazione che è stata spedita al Ministero, alla Prefettura e alla Questura di Ragusa, per chiedere dov’è mio marito. Ma dopo otto giorni nessuno ha risposto»;
   stando a quanto affermato anche da Enza Papa, responsabile dell'associazione «La Kasbah» che gestisce lo Sprar di Cosenza è stata immediatamente inviata una nota ufficiale per chiedere notizie al Ministero dell'interno, alla questura e alla prefettura di Ragusa. Ma a distanza di una settimana nessuna di quelle istituzioni avrebbe risposto. Oltre all'assurdità del caso specifico, che pare non essere l'unico, visto che le associazioni siciliane da tempo denunciano il crescente numero di casi di migranti desaparecidos, questa vicenda è emblematica del modello disumano di gestione securitaria dei fenomeni migratori –:
   se non ritenga di dover intervenire per far luce sulla vicenda del cittadino eritreo Mahari Kidane, al fine di capire innanzitutto dove sia e cosa gli abbia impedito di prendere l'autobus per Cosenza con la sua famiglia;
   se non ritenga necessario procedere ad una urgente e approfondita verifica delle condizioni del centro di accoglienza di Pozzallo e delle condizioni in cui versano i migranti che lì ricevono prima accoglienza. (5-01203)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come emerge da notizie di stampa e da segnalazioni di associazioni impegnate nella lotta alla mafia, da alcuni mesi si susseguono sempre più preoccupanti minacce rivolte nei confronti del dottor Nino Di Matteo, pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia (DDA);
   il dottor Di Matteo, magistrato dal 1991 è stato il sostituto procuratore della Repubblica presso la direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta dal 1992 al 1999 e pubblico ministero della DDA di Palermo dal 1999. Ha indagato sulle stragi dei magistrati Rocco Chinnici, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e delle loro scorte e sull'omicidio del giudice Antonino Saetta. È stato pubblico ministero in numerosi processi a carico di centinaia di mafiosi dell'ala militare di Cosa nostra e di fiancheggiatori — alcuni insospettabili — di Bernardo Provenzano. Inoltre, si è occupato di molti casi riguardanti i rapporti tra mafia, politica e istituzioni: tra questi possiamo ricordare i processi al senatore Salvatore Cuffaro, al funzionario dei servizi segreti Ignazio D'Antone e alle «talpe» presso la procura di Palermo;
   in particolare, il dottor Di Matteo negli ultimi tempi è stato impegnato in prima linea nei processi per la cosiddetta «trattativa» tra mafia e Stato;
   risulta al deputato interrogante da articoli di stampa che, in seguito alle minacce sopra citate, la protezione sia stata innalzata al livello massimo: gli uomini della sua scorta sono aumentati, sono stati affiancati dalle teste di cuoio, gli armamenti si sono rafforzati ed è stato previsto — dopo non poche sollecitazioni — il divieto di sosta in luoghi sensibili come la via dove risiede la madre;
   addirittura, secondo quanto riferito da fonti di stampa, una serie di segnalazioni anonime lascerebbero intendere che a Palermo siano già arrivati 15 chilogrammi di esplosivo per uccidere il dottor Di Matteo e gli uomini sulla sua scorta;
   non sfuggirà ai Ministri interrogati come in questa triste notizia si possano udire gli echi di quanto accaduto nel passato a illustri colleghi del dottor Di Matteo, i quali pure avevano appreso dell'arrivo in Sicilia dell'esplosivo per ucciderli, ma non sono stati in grado di evitare il peggio, anche per una non del tutto adeguata protezione da parte dello Stato;
   alcune associazioni attive nella lotta alla mafia rappresentano all'interrogante la necessità che, al fine di evitare il triste ripetersi di eventi terribili che hanno colpito in passato nobili servitori dello Stato, possa essere ulteriormente innalzata la protezione del dottor Di Matteo e degli uomini della sua scorta mediante l'equipaggiamento del convoglio con un dispositivo bomb jammer;
   la presunta nocività di tale dispositivo, peraltro, secondo le medesime associazioni, sarebbe trascurabile dal momento che assimilabile a quella di tanti oggetti comuni che vengono comunemente utilizzate ogni giorno come telefoni cellulari, dispositivi wifi, televisioni e simili –:
   quali siano le informazioni in possesso dei Ministri interrogati con riferimento ai reali e concreti pericoli ai quali il dottor Di Matteo è attualmente esposto;
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover predisporre tutte le misure necessarie alla massima protezione possibile nei confronti del dottor Nino Di Matteo, della sua scorta e di tutti i servitori dello Stato che dovessero trovarsi in analoghe situazioni di grave e imminente pericolo;
   quale sia l'orientamento dei Ministri interrogati circa la possibilità di dotare il dottor Di Matteo e la sua scorta del dispositivo bomb jammer e, qualora siano intenzionati a non procedere in tal senso, quali siano le valutazioni che lascerebbero preferire di non muoversi in tal senso.
(4-02154)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   LABRIOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la qualità dei servizi offerti dai Centri per l'impiego sembra, nel complesso, ampiamente insoddisfacente, nonostante alcune positive eccezioni, collocate in particolari aree del Paese. I Centri per l'impiego intermediano appena l'1,6 per cento della nuova manodopera (dati Istat, 2012);
   dai confronti internazionali sulla ripartizione della spesa per le politiche del lavoro, emerge che il livello di investimenti pubblici nei Servizi per l'inserimento nel mercato del lavoro si colloca sensibilmente al di sotto della media europea (appena un quinto). Inferiore alla media europea (sebbene in termini assai meno evidenti) risulta anche la spesa per politiche attive, mentre la spesa per Integrazioni al reddito e, in particolare, la spesa per pensionamenti anticipati, sopravanzano la media europea;
    le difficoltà dei centri per l'impiego si legano, innanzitutto, alla grave carenza di personale (appena 7.500 addetti, molti dei quali precari, a fronte dei 77.000 della Gran Bretagna e 115.000 della Germania); a un quadro di competenze normative e amministrative disarticolato (strutturato su tre livelli – Stato, regioni e province – e, soprattutto, segnato dalla mancanza di un soggetto a livello nazionale con funzioni di coordinamento dell'intero sistema); alla scarsa interoperabilità degli uffici; alla mancanza di un efficace raccordo con gli altri operatori pubblici (scuola, università) e privati (agenzie per il lavoro e sistema della bilateralità);
   con la raccomandazione del 22 aprile 2013, atto non vincolante per gli Stati membri, si è posta al centro del dibattito europeo la necessità di investire sul capitale umano dei giovani guidando le loro transizioni occupazionali. La strategia elaborata, la cosiddetta youth guarantee, si propone di raggiungere uno specifico obiettivo: garantire ai giovani un'opportunità di lavoro o formazione entro un periodo di 4 mesi dall'inizio della disoccupazione o dall'uscita dal sistema d'istruzione formale;
   il Governo italiano sta lavorando per recepire in tempi rapidi la strategia europea. Il progetto in via di definizione evidenzia la centralità dei Centri per l'impiego nell'implementazione del piano: il limite della proposta, per il nostro sistema, è proprio questo;
   l'unica strada percorribile per attuare in tempi brevi la strategia europea è quella di potenziare il raccordo tra pubblico e privato coinvolgendo le istituzioni formative, le parti sociali a tutti i livelli, valorizzando i territori;
   tale considerazione viene dalle esperienze avviate in alcune regioni italiane, che evidenziano come l'elemento di successo si identifichi nella capacità di creare partnership, integrazione, raccordo nei servizi per l'impiego;
   esempi di youth guarantee, nel nostro Paese, si rinvengono nel Veneto, dove è in via di implementazione un Piano integrato per l'occupazione giovanile, ispirato al modello nordico e precursore della youth guarantee, e in Toscana, dove nell'ambito del Progetto Giovani Sì, la regione ha approvato un pacchetto di misure volte a sostenere i giovani non solo nella transizione scuola-lavoro ma anche in quella verso l'età adulta;
   le sperimentazioni avviate nei diversi Paesi europei e nelle nostre regioni, indicano quali sono gli aspetti su cui concentrare l'attenzione: centralità degli investimenti nel capitale umano, integrazione scuola lavoro, apprendistato, raccordo tra pubblico e privato nell'intermediazione, trasparenza dei mercati, cultura industriale, partnership capaci di coinvolgere tutti gli attori in una logica di mainstreaming. A ben guardare, si tratta di aspetti del tutto assimilabili a quelli già definiti, a livello nazionale, dal decreto legislativo n. 181 del 2000 e rimasti sostanzialmente sulla carta –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere al fine di approntare un sistema di governance partecipato e integrato, capace di riconoscere piena centralità alla persona rilanciando l'apprendistato quale strumento di placement e di costruzione di competenze, riorganizzando e rimettendo al centro delle politiche di raccordo i centri per l'impiego e quali strumenti stia attivando per rendere pienamente operativa la strategia Youth Guarantee. (4-02151)


   LAFFRANCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'allarme sulle penalizzazioni che la riforma Fornero in materia pensionistica riserva ai lavoratori che hanno fruito di permessi mensili ex legge n. 104 del 1992 sta creando notevole preoccupazione per le famiglie in cui vi sono persone disabili;
   le penalizzazioni interessano coloro che hanno chiesto la pensione anticipata (i cosiddetti «lavoratori precoci»), concessa al di là dell'età anagrafica, che abbiano i requisiti previsti dalla normativa;
   nello specifico, in base all'articolo 24, comma 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, se il pensionamento anticipato avviene prima del compimento dei 62 anni di età è applicata, sulla quota di trattamento di pensione relativa all'anzianità contributiva maturata fino al 31 dicembre 2011, una riduzione dell'1 per cento per i primi due anni mancanti al raggiungimento dei 62 anni di età ed elevata al 2 per cento per gli ulteriori anni mancanti alla suddetta età, a partire dalla data del pensionamento;
   la situazione è stata resa ancora più difficoltosa con l'introduzione di una deroga alla penalità per chi raggiunge i requisiti entro il 2017 senza avere i 62 anni di età;
   infatti l'articolo 6, comma 2-quater, del decreto-legge n. 216 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14 (cosiddetto «decreto mille proroghe») ha disposto che la suddetta riduzione non trova applicazione limitatamente ai soggetti che maturano il requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, qualora la contribuzione ivi prevista derivi esclusivamente da «prestazione effettiva di lavoro», escludendo in tal modo: l'astensione facoltativa per maternità, i periodi di mobilità, di cassa integrazione straordinaria o in deroga, di disoccupazione; i permessi ex legge n. 104; l'astensione dal lavoro per donazione di sangue e di emocomponenti; le giornate di sciopero; le aspettative senza assegni a qualsiasi titolo;
   dunque, nel caso specifico di coloro che usufruiscono di permessi ex legge n. 104 del 1992, le nuove regole hanno previsto che, se non vogliono subire una penalizzazione, devono allungare l'attività lavorativa del corrispondente periodo «perduto»;
   la legge 5 febbraio 1992, n. 104, è stata istituita per assicurare e garantire una adeguata tutela ai cittadini disabili, prevedendo alcuni permessi lavorativi, definiti nelle modalità e nei tempi, per il disabile stesso o per il familiare che garantisce assistenza e sostegno;
   la situazione venutasi a creare con la normativa attuale succitata crea una grave discriminazione per coloro che assistono familiari disabili e che quindi svolgono un ruolo di importante valore sociale, già gravati da situazioni personali difficili e comunque per tutte le famiglie in cui vive una persona disabile –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto descritto in premessa, non ritenga opportuno adottare iniziative, anche di tipo normativo, finalizzate a superare le sostanziali discriminazioni nei confronti di coloro che usufruiscono dei permessi lavorativi ex legge n. 104 del 1992;
   se non ritenga opportuno assimilare alla «prestazione affettiva di lavoro» anche l'astensione dal lavoro riguardante i permessi ex legge n. 104 del 1992.
(4-02153)


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   su vari organi di informazione è apparsa la notizia che la Faist Sangro az di Lanciano (CH) che produce componenti per auto e turbo compressori e che occupa una cinquantina di dipendenti, ha licenziato due lavoratrici con gravi problemi di salute;
   nel primo caso la lavoratrice madre di due figli, invalida, dunque categoria protetta, era reduce da due interventi delicati, ed aveva superato di qualche settimana il periodo di comporto che il Contratto nazionale prevede in materia di malattia. A nulla è valsa la disponibilità della lavoratrice che sarebbe rientrata in azienda non ancora guarita pur di non perdere il lavoro;
   nel secondo invece si tratta di una donna nigeriana, madre di tre bimbi, affetta da una grave patologia operabile soltanto in America e attualmente ancora ricoverata in ospedale;
   in questo caso la direzione aziendale ha negato due mesi di aspettativa che indirettamente hanno costretto la lavoratrice alle dimissioni;
   se ciò venisse confermato si tratterebbe ad avviso dell'interrogante di una gravissima discriminazione sul lavoro;
   i diritti al lavoro e alla salute, sanciti dalla Costituzione Repubblicana, devono essere garantiti a tutti e non si possono penalizzare le donne madri, chi è portatore di problemi invalidanti o chi non detiene il passaporto italiano;
   i sindacati hanno annunciato che nelle prossime ore chiederanno alla Honeywell, azienda committente della Faist, di togliere la commessa all'azienda lancianese. Inoltre hanno minacciato di intraprendere un'azione legale fino alla Corte di Giustizia europea –:
   se non ritenga doveroso verificare la veridicità della notizia e nel caso in cui venisse confermata evitare che si compia una gravissima discriminazione sul lavoro nei confronti delle due dipendenti. (4-02155)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la normativa nazionale attribuisce competenza funzionale in caso di avvelenamento (anche per fattori ambientali) ai centri antiveleni (CAV);
   nella regione Campania questa competenza è affidata all'AORN Cardarelli di Napoli e – questo è il paradosso campano – tale presidio rifiuta di occuparsi delle intossicazioni causate da fattori ambientali;
   a quanto viene comunicato al deputato interrogante dal «Coordinamento Comitati Fuochi», alla data del 10 ottobre 2013, presso la sezione relativa al CAV del sito del nosocomio napoletano, si può leggere che: «L'ambulatorio non si occupa di tossicologia ambientale»;
   risulta pertanto di difficile comprensione capire a chi si dovrebbe rivolgere il cittadino campano che accusa sintomatologie o disturbi legati a fenomeni di intossicazione cronica o subacuta, anche solo sospetta;
   da questo punto di vista, purtroppo, in Campania chi ha bisogno non può ricevere cure dal sistema sanitario nazionale, a meno di non provare che l'intossicazione sia stata provocata da fattori altri, diversi da quello ambientale (come, per esempio, aver respirato fumi tossici in fabbrica o aver mangiato cibi in scatola contaminati);
   questo drammatico vulnus di tutele è stato denunciato lo scorso agosto dalle associazioni aderenti al Coordinamento comitato fuochi, con l'adesione di più di mille singoli cittadini, che dopo aver acquisito consulenza medico-legale dell'epidemiologo tossicologo dottor Antonio Marfella, con l'assistenza legale dell'avvocato Valentina Centonze, hanno presentato una diffida ad adempiere indirizzata alla regione Campania, all'AORN Cardarelli, all'Istituto Pascale, al AOU policlinico Federico II, ed all'università degli studi di Napoli Federico II, Facoltà di farmacia – dipartimento di chimica farmaceutica e tossicologia;
   l'obiettivo perseguito è quello di imporre alle amministrazioni diffidate, in primis all'ospedale Cardarelli, responsabile del CAV, e alla regione Campania, competente allo stanziamento delle risorse economiche necessarie, di adoperarsi per attuare le previsioni normative in materia, assicurando ai cittadini campani gli strumenti necessari per ottenere in tempi rapidi la diagnosi e la cura delle intossicazioni di tipo ambientale, anche solo sospette, attraverso la via individuata dalla scienza medica recepita nel nostro ordinamento giuridico che affida ai centri antiveleni l'erogazione di prestazioni sanitarie in materia di tossicologia specialistica, costituenti anche i cosiddetti «livelli essenziali di assistenza» previsti dal Ministero della salute;
   i cittadini ed i comitati, le associazioni tutte aderenti al Coordinamento comitato fuochi confidano in un rapido intervento delle amministrazioni diffidate per porre rimedio all'incombente emergenza sanitaria offrendo, a tutela del diritto alla salute dei cittadini campani, strumenti validi per assicurare diagnosi e cura dalle intossicazioni ambientali, con l'auspicio che la risoluzione di vicende così delicate non debbano adire le vie giudiziarie –:
   quali siano le informazioni in possesso del Governo con riferimento ai gravi fatti sopra riportati;
   quali siano gli intendimenti del Governo in merito, nel rispetto dei vari livelli territoriali di competenza, al fine di garantire i cosiddetti «livelli essenziali di assistenza», soprattutto alla luce dei noti e drammatici casi di cronaca dai quali emerge molto chiaramente il grave stato di contaminazione ambientale del territorio campano. (4-02156)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BERNARDO e LAFFRANCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Cerved è uno dei marchi Cerved group. Il gruppo è stato costituito nel 2009 dal Fondo di private equity Bain Capital attraverso la fusione di Cerved bi, Lince, Centrale dei bilanci databank. Al gruppo appartengono anche Finservice, Jupiter e Consit;
   Cerved, che appare come un vero e proprio «cartello» tra 7 ex concorrenti, opera nel mercato delle informazioni commerciali e dei bilanci delle imprese, fattura circa 290 milioni di euro, ha 1.200 dipendenti ed Ebit (risultato operativo prima degli oneri finanziari e delle imposte) pari a circa il 50 per cento del fatturato;
   il Fondo Bain capital riesce a portare Cerved group (per sua stessa ammissione pubblica), in pochissimo tempo, ad una quota pari al 90 per cento del mercato bancario e pari ad oltre l'80 per cento del mercato rappresentato dalle prime 1.000 imprese italiane: dunque, di fatto, rappresenta un monopolio;
   il prodotto che viene commercializzato è sostanzialmente una commodity, sia pure immateriale, essendo un estratto di certificati camerali, bilanci, visure protesti. Si tratta della commercializzazione di dati pubblici che, in un Paese normale, dovrebbero essere in mano pubblica e di gratuita consultazione; viceversa, per effetto dell'operazione di aggregazione, queste informazioni non solo sono a pagamento ma il prezzo lo determina il monopolista;
   il «cartello» fino al 2012 non è un vero e proprio monopolio ma un duopolio perché c’è ancora sul mercato un piccolo concorrente: Experian data service. Ad aprile 2013 experian e Cerved group hanno «deciso di dare vita a una joint venture per la costituzione in Italia di un più Potente sistema di informazioni creditizie» (cit. comunicato Experian);
   banche, imprese e privati italiani sono costretti, di fatto, a riconoscere ad una società di azionariato estero una commissione per ogni informazione pubblica a cui accedono. In questo modo vengono realizzati importantissimi profitti che, grazie alla localizzazione dei principali fondi in paradisi fiscali (Bain capital per primo), non comportano nemmeno un introito per le casse dell'erario italiano;
   nel 2012 il fondo americano Bain Capital cede Cerved group al fondo Cvc capital partners fondato nel 1981, localizzato in un paradiso fiscale (Jersey, Isole del canale britannico) specializzato in operazioni di «buy outy», termine sintetico ed anglosassone con il quale si indica la tecnica di chi compra un'azienda con i soldi dell'azienda stessa. Il fondo Cvc è un colosso, pare che abbia circa 46 miliardi di dollari di attivo in gestione ed è noto alle cronache borsistiche italiane essendo recentemente stato coinvolto in uno dei più importanti flop borsistici conosciuti dalla storia italiana: Seat Pagine Gialle. Un'azienda che è passata da 26 miliardi di capitalizzazione nel 2000 al fallimento con circa quattromila dipendenti che hanno perso il posto di lavoro;
   Seat Pagine Gialle è stata acquisita da Cvc capital partners nel 2003 per 3 miliardi di euro; cifra che è stata prontamente recuperata (con interessi) dalla stessa Cvc attraverso un maxi dividendo di 3,57 miliardi di euro distribuito da Seat al nuovo azionista, già l'anno successivo all'acquisizione; tale distribuzione di risorse ha poi generato un indebitamento complessivo per Seat Pagine Gialle di circa 4 miliardi di euro dal quale e non è più riuscita a riprendersi, finendo poi drammaticamente in fallimento;
   Cvc capital partners, per finanziarsi l'acquisizione Cerved, decide (secondo la tecnica buy out) di indebitare la stessa Cerved che, attraverso la controllata Cerved technologies emette nel 2013 presso investitori istituzionali obbligazioni per 780 milioni di euro. Dei fondi raccolti – precisa una fonte reuters – 290 milioni vengono utilizzati per ripagare prestiti bancari, 50 milioni di tasse e parte di quello che rimane per pagare 700 milioni di euro al fondo Bain capital. Un'operazione dunque quasi totalmente a debito;
   naturalmente gli analisti di Moody's e Standard & Poor's, dopo questa operazione, hanno assegnato un giudizio «junk», spazzatura, al gruppo Cerved technologies (che ora ha un fatturato di 290 milioni ed un indebitamento per 800) e che ha finito per influire anche sul rating delle emissioni (da b a CCC); il bond Cerved technologies da 780 milioni di euro è stato suddiviso in tre tranches, due a tasso fisso e una a tasso variabile. La fetta più grossa riguarda le emissioni a tasso fisso per un totale di 530 milioni di euro –:
   se il Ministro dello sviluppo economico, alla luce di quanto esposto in premessa, ritenga di esercitare le proprie competenze in materia di tutela della concorrenza segnalando all'Autorità garante della concorrenza e del mercato la situazione di sostanziale monopolio nella gestione di servizi camerali;
   se il Ministro dello sviluppo economico non ritenga che sarebbe opportuno costituire un'apposita banca dati gratuita e consultabile attraverso, ad esempio, le camere di commercio, che raccolga e metta a disposizione del pubblico e in particolare delle aziende, certificati camerali, bilanci, visure protesti e altri dati pubblici;
   quale sia il livello delle imposte pagate dal gruppo Cerved all'erario italiano e se non ritenga opportuno applicare al gruppo una tassazione basata sulla stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale nazionale. (5-01207)

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso:
   la Val Pescara, sede per più di un secolo di importanti insediamenti industriali, versa in una grave crisi con la chiusura di varie fabbriche e la perdita di centinaia di posti di lavoro;
   il processo di deindustrializzazione, a partire dallo storico polo chimico di Bussi (Pescara) si è esteso a tante altre realtà produttive dell'intera provincia di Pescara quali Italcementi, Sacci, Faricerca, Somi, Aurum, Italcables, Dayco, Telecom. Matex, Telecomn, Oma, Sicabeton, Icie, aziende abbigliamento;
   le organizzazioni sindacali hanno aperto vari tavoli di confronto con le aziende interessate e a livello istituzionale, con la regione e con il Ministero dello sviluppo economico anche in relazione ad accordi sottoscritti precedentemente e disattesi a seguito della crisi industriale –:
   se non ritengano di assumere una iniziativa di confronto con le parti sociali e le istituzioni abruzzesi per fronteggiare la crisi industriale della provincia di Pescara con proposte specifiche di sviluppo locale al fine di creare nuova occupazione. (4-02152)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Braga e altri n. 1-00013, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 aprile 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Borghi, Basso.