Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 1 ottobre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la procura della Repubblica di Firenze ha avviato importanti attività d'inchiesta sui lavori della Tav a Firenze che a gennaio di quest'anno hanno condotto all'iscrizione nel registro degli indagati di ben 31 persone tra cui funzionari e amministratori pubblici;
    le indagini si sono concentrate prevalentemente su due aspetti rilevanti: l'illecito smaltimento dei fanghi e dei materiali di risulta e la mancanza di opportune norme di sicurezza dei materiali e dei macchinari; la stessa fresa sotterranea «Monna Lisa», impiegata per la realizzazione del tunnel sotto Firenze è stata posta sotto sequestro; inoltre le indagini hanno messo in evidenza lo «scarso monitoraggio dei lavori»;
    nei giorni scorsi, in seguito a tali indagini, il giudice per le indagini preliminari Angelo Antonio Pezzuti ha richiesto gli arresti domiciliari per Maria Rita Lorenzetti presidente di Italferr ed ex presidente della Regione Umbria (Pd), Furio Saraceno presidente di Nodavia, Valerio Lombardi, tecnico di Italferr; Alessandro Coletta, consulente, ex membro dell'Autorità di vigilanza sugli Appalti pubblici, Aristodemo Busillo della Seli, la società incaricata di perforare il sottosuolo di Firenze con la fresa «Monna Lisa» ed infine Gualtiero (detto Walter) Bellomo ex coordinatore provinciale del PD di Palermo, membro della commissione VIA del ministero dell'Ambiente; per quest'ultimo la procura aveva addirittura chiesto il carcere, in quanto «si sarebbe impegnato per far ottenere una corsia preferenziale in Commissione VIA in cambio di appalti e della richiesta di una candidatura a deputato»;
    i capi di imputazione sono numerosi: associazione a delinquere, violazione delle norme ambientali, traffico illecito di rifiuti, abuso d'ufficio e corruzione;
    tra le misure adottate dalla magistratura fiorentina vi è anche l'interdizione dalle loro rispettive attività di Alfio Lombardi, Maurizio Brioni, Marco Bonistalli, dirigenti di Coopsette – la socia di maggioranza di Nodavia –, Remo Grandori presidente di Seli e Renato Casale, amministratore delegato di Italferr;
    il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze, nelle 450 pagine di ordinanza, ipotizza il rischio di reiterazione del reato e parla di un «articolato sistema corruttivo per cui, ognuno nel ruolo al momento ricoperto, provvede all'occorrenza a fornire il proprio apporto per conseguimento del risultato di comune interesse, acquisendo meriti da far contare al momento opportuno per aspirare a più prestigiosi incarichi, potendo contare sul fatto che i relativi effetti positivi si riverbereranno, anche se non nell'immediato, sui componenti della squadra medesima sotto forma anche di vantaggi di natura economica. In questa cornice, che prevede la contestuale ripartizione dei funzionari pubblici interessati ai procedimenti amministrativi di interesse, in amici e nemici, sono stati rilevati scambi di favore di varia natura»;
    nel caso specifico della Lorenzetti, l'accusa sostiene che l'imprenditrice avrebbe agito «mettendo a disposizione le proprie conoscenze personali, i propri contatti politici e una vasta rete di contatti grazie ai quali era in grado di promettere utilità ai pubblici ufficiali avvicinati, nell'interesse e a vantaggio della controparte Nodavia e Coopsette», le società che hanno vinto l'appalto dei lavori; da queste società Lorenzetti «pretendeva favori per il marito (l'architetto calabrese Pasquale Domenico) nell'ambito della ricostruzione dell'Emilia» colpita dal terremoto; nell'ordinanza del tribunale non è specificato di quali lavori si tratti, ma sul sito della società di Domenico Pasquale, la Cooper studio, è indicata la progettazione architettonica delle scuole di Novi (Modena);
    infiltrazioni della criminalità organizzata e precisi interessi affaristici di parte politica vengono in evidenza in questa delicata inchiesta giudiziaria che ha portato al blocco giudiziario dei cantieri;
    nello specifico, l'indagine mette in luce pressioni lobbistiche e partitiche sulla Commissione che si sarebbe dovuta occupare di redigere la valutazione dell'impatto ambientale del Ministero: a questa si richiedeva infatti di attestare che gli scarti di lavorazione della maxi-fresa venissero qualificati come inerti da costruzione; il tutto a vantaggio delle imprese compiacenti impegnate nei lavori, i cui margini di guadagno sarebbero stati enormi grazie al «declassamento» degli scarti suddetti, nonostante l'agenzia di controllo ARPAT, nei propri pareri rilasciati alla regione Toscana, avesse chiaramente affermato che il materiale di scavo prodotto dalla fresa per il sottoattraversamento fiorentino non poteva essere escluso dal regime normativo dei rifiuti;
    infatti, in virtù del Decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 161 del 10 agosto 2012 (Decreto Clini), articolo 2, comma 1, i materiali di scavo venivano ad essere considerati «sottoprodotti e non rifiuti» sbloccando così il trasporto di questi rifiuti speciali dal cantiere di Firenze a Cavriglia; la concomitanza di questi fatti induce a supporre che le succitate pressioni lobbistiche siano in grado di esercitare influenze non solo a livello regionale ma anche nazionale, tanto da coinvolgere il Governo in questioni inerenti opere pubbliche locali;
    sempre il suddetto decreto all'articolo 1 stabilisce che «I materiali da scavo possono contenere, sempreché la composizione media dell'intera massa non presenti concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti massimi previsti dal presente Regolamento, anche i seguenti materiali: calcestruzzo, bentonite, polivinilcloruro (PVC), vetroresina, miscele cementizie e additivi per scavo meccanizzato». Questo significa che il livello d'inquinamento dei materiali di scavo, non sarebbe stato stabilito in ogni singolo lotto di terra, ma su di un campione dell'intera massa prodotta per cui sarebbe stato possibile, attraverso un'oculata scelta del campione ogni 5000 metri cubi di materiali di scavo prodotti, conferire tutta l'intera massa prodotta dagli scavi come «pulita» senza esserlo affatto creando così un danno ambientale incalcolabile;
    il materiale da conferire a Cavriglia sarebbe andato a formare delle colline schermo di circa 3.550.000 metri cubi, mentre la cubatura totale prevista per le terre di scavo provenienti dal fresamento del sottoattraversamento di Firenze sarebbe stato di circa 2.450.000 metri cubi: questo lascerebbe lo spazio ad altri 1.100.000 metri cubi di provenienza non specificata, in parte provenienti dall'esecuzione della stazione Foster, ma che in parte sarebbero potuti arrivare anche da altre realtà «critiche» ed esposte a simili «sistemi corruttivi» ipotizzati dal tribunale di Firenze;
    il suddetto materiale di risulta, potenzialmente inquinante o non adatto per caratteristiche geotecniche a realizzare delle colline artificiali, sarebbe stato conferito proprio in prossimità del nuovo lago artificiale di Santa Barbara (frazione di Cavriglia), strategico da un punto di vista idrico per tutto il territorio del Valdarno;
    il centro di Geotecnologie, chiamato a monitorare la qualità dei materiali di scavo, ha come docente il professore Eros Aiello, la stessa persona che ha realizzato la relazione geologica e geotecnica del progetto definitivo del passante della TAV fiorentina evidenziando, anche se il fatto non è penalmente rilevante, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, il rischio di un evidente conflitto d'interessi tra controllore e controllato;
    l'inchiesta evidenzia, oltre al tentativo degli indagati di condizionare l'esito dei pareri dei funzionari pubblici nazionali e della regione Toscana competenti in concessione di VIA, anche forti pressioni sull'autorità di vigilanza sui lavori pubblici per aggirare i limiti introdotti nel 2011 al riconoscimento di riserve in corso di appalto; il costo dell'opera, alla luce dei maggiori oneri intervenuti, è salito da 550 milioni di euro ad oltre 800 milioni;
    desta non poche perplessità la modestissima copertura mediatica di fatti che – se accertati – metterebbero in luce una gravissima responsabilità da parte di esponenti di primo piano del principale partito di maggioranza; non va dimenticato che alcuni degli illeciti contestati, come abuso d'ufficio e corruzione, rappresentano odiosi delitti contro la pubblica amministrazione, reati che, se commessi da esponenti politici, appaiono ancora più sgradevoli per cui il sostanziale silenzio della stampa in proposito appare inaccettabile;
    appare evidente che, al di là dei gravissimi aspetti emersi nell'inchiesta giudiziaria, vi siano degli elementi di criticità delle scelte strategiche e infrastrutturali che sottendono il progetto TAV e che andrebbero a maggior ragione messi in discussione per evitare che l'ostinata prosecuzione di un modello trasportistico inadeguato alle esigenze del Paese possa portare ulteriori e ingiustificati costi per la collettività, che ha invece soprattutto bisogno di treni efficienti e funzionali per i pendolari anche di corto raggio;
    il sottoattraversamento Tav della città di Firenze è anacronistico, non solo per la mole di denaro pubblico che è stato e potrebbe essere ancora di più bruciato in questa grande opera, con le stime di spesa che vengono periodicamente aggiornate, ma anche per le gravissime implicazioni ambientali (sia per Firenze, dove sono previsti gli scavi, che per i comuni limitrofi a Cavriglia – (Arezzo) – dove è previsto lo smaltimento dei materiali di risulta); il tutto a fronte del risparmio di qualche minuto per i treni di alta velocità nella tratta Bologna – Firenze – Roma, senza nessun risvolto positivo per la mobilità locale, regionale e per la moltitudine di pendolari che usufruiscono di tali servizi quotidianamente;
    oltre al progetto adottato esistono anche progetti di massima alternativi che privilegiano il recupero dell'esistente e il passaggio in superficie prevedendo costi, tempi ed impatti sanitari, ambientali, paesaggistici ed architettonici molto minori,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni atto di propria competenza finalizzato al blocco cautelativo e immediato di tutti i lavori del sottoattraversamento fiorentino;
   a valutare l'ipotesi di abbandonare definitivamente il progetto del sottoattraversamento Tav di Firenze e il conseguente conferimento delle rocce e terre da scavo nell'area mineraria di Santa Barbara a Cavriglia (Arezzo);
   a predisporre una soluzione più economica, meno impattante e strategicamente alternativa al progetto della Tav fiorentina, privilegiando il potenziamento delle linee di superficie in modo da favorire sia il trasporto di lungo percorso che quello regionale e suburbano, tenendo conto delle reali necessità della collettività attraverso forme di partecipazione diretta di comitati cittadini, centri di ricerca e delle università;
   a porre in essere ogni atto per destinare parte degli stanziamenti economici relativi al sottoattraversamento Tav fiorentino alla viabilità e al trasporto pubblico locale, con particolare riferimento alla mobilità pendolare;
   ad avviare, nella denegata ipotesi di prosecuzione dei lavori, una costante e imparziale attività di monitoraggio e di vigilanza sui lavori relativi al sottoattraversamento Tav di Firenze e sul conferimento dei fanghi di risulta;
   ad avviare un'inchiesta interna al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sulla corret- tezza delle procedure alla luce dei primi risultati delle indagini della procura di Firenze, con particolare riguardo alla commissione di VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   a porre in atto misure, mediante appositi interventi regolamentari, volte ad assicurare la piena imparzialità dell'attività delle commissioni di controllo competenti sulle grandi opere;
   a sospendere l'avvio, per quanto di propria competenza, di qualsiasi ulteriore attività volta a garantire semplificazioni per le grandi opere e di qualsiasi ulteriore intervento normativo in materia di «terre e rocce da scavo».
(1-00197) «Segoni, Artini, Bonafede, Baldassarre, Gagnarli, Agostinelli, Alberti, Barbanti, Baroni, Basilio, Battelli, Bechis, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Catalano, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Currò, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gallinella, Luigi Gallo, Silvia Giordano, Grande, Grillo, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Mucci, Nesci, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Prodani, Rizzetto, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Rostellato, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Tacconi, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Turco, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   il 7 novembre 2012 la Commissione ha approvato la fusione tra Outokumpu e ThyssenKrupp a condizione che lo stabilimento di Acciai Speciali Terni (AST) fosse ceduto a terzi. Questa dismissione avrebbe dovuto aver luogo qualche mese dopo;
   dopo quasi un anno Acciai Speciali Terni è ancora di proprietà di Outokumpu. Questa situazione ha delle ripercussioni negative sulla competitività dell'azienda e desta forte preoccupazione sia tra le autorità nazionali e locali che tra i lavoratori. Le ragioni sono molteplici: la produzione dei laminati sta calando, la posizione del mercato di Acciai Speciali Terni si è deteriorata, l'incertezza sul futuro di Acciai Speciali Terni non consente investimenti negli impianti e la concorrenza, anche da parte di Outokumpu, si fa sempre più agguerrita;
   lo scopo della dismissione richiesta dalla Commissione era quello di assicurare una concorrenza effettiva all'interno del mercato europeo della siderurgia e di assicurare che Acciai Speciali Terni svolgesse un ruolo di concorrente effettivo a Outokumpu. Il perdurare di questa situazione di stallo non consente di raggiungere questo obiettivo;
   Acciai Speciali Terni è uno dei principali produttori al mondo di laminati piani di acciaio inossidabile. Questa produzione è strategica per l'industria europea ed in particolare per quella italiana, che nonostante la crisi, consuma ad oggi 900 mila/tonnellate di acciaio Inox. Inoltre, l'attività dell'Acciai Speciali Terni è la fonte principale per l'economia del territorio e rappresenta il 20 per cento del prodotto interno lordo umbro;
   in una lettera del 4 luglio 2013 indirizzata al Ministro Zanonato, il commissario Almunia ha ribadito l'intenzione della Commissione di assicurare la sostenibilità economica e la competitività di Acciai Speciali Terni;
   a quattro mesi circa da quella dichiarazione, è vitale mettere in atto quanto prima una soluzione che garantisca la vivibilità economica complessiva di Acciai Speciali Terni;
   è opportuno evitare che Acciai Speciali Terni venga ceduto a Paesi extra-UE in quanto si tratterrebbe per la siderurgia europea della perdita di un sito integrato e di grande valore. Un tale risultato non solo non avrebbe alcun impatto positivo sulla concorrenza nel settore ma contribuirebbe, altresì, a rendere l'Europa più dipendente dall'acciaio in provenienza da Paesi terzi – in netta contraddizione con gli obiettivi di una politica industriale europea forte –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare affinché questa situazione d'incertezza sul futuro di Acciai Speciali Terni possa essere risolta a breve in modo da consentire il rilancio della produzione;
   se abbia in questi mesi ricevuto dalla Commissione garanzie idonee rispetto ai fatto che il futuro acquirente sia una realtà industriale europea con un vero progetto industriale per il futuro dello stabilimento che possa consentire ad Acciai Speciali Terni di restare competitivo sul mercato, e che quindi questo patrimonio europeo non venga poi frazionato da un acquirente extra europeo;
   se sia a conoscenza del fatto che alcune offerte di acquisto da parte di gruppi industriali non siano state accettate;
   se non ritenga opportuno chiedere esplicitamente l'impegno della Commissione ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché si pervenga alla vendita di Acciai Speciali Terni se anche questo tentativo non dovesse andare a buon fine.
(2-00237) «Galgano, Dellai».

Interrogazione a risposta orale:


   ANTIMO CESARO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'ennesimo ritrovamento di rifiuti tossici interrati è la riprova della devastazione ambientale provocata dalla criminalità organizzata, e non solo, sul territorio della Campania;
   il fatto che sia stato un pentito di camorra, Carmine Schiavone, a rivelare la presenza dei fusti in un'area di Casal di Principe legittima il sospetto che si è di fronte ad un'azione sistematica di inquinamento causato dai clan criminali, la cui vastità è impossibile quantificare;
   sembra che l'ex boss dei casalesi e collaboratore di giustizia dal 1993 rivelò in audizione alla Commissione bicamerale di inchiesta sul ciclo dei rifiuti nel 1997 i luoghi in cui la criminalità organizzata aveva interrato i veleni in Campania e nel basso Lazio e che gli atti della sua testimonianza erano stati secretati;
   è intollerabile che zone estese e popolose della Campania debbano continuare ad essere esposte al rischio di veleni che la scienza ha abbondantemente dimostrato essere causa di patologie tumorali;
   senza avere una mappa particolareggiata di questo tipo di inquinamento sarà impossibile avviare le iniziative di bonifica integrale dell'area interessata;
   il tema ambientale in Campania è decisamente prioritario e pregiudiziale per ogni serio progetto di sviluppo del territorio;
   i rifiuti tossici intombati sono stati rinvenuti nelle immediate vicinanze di una ludoteca. Questa circostanza, per quanto casuale, rappresenta il paradigma delle contraddizioni tra lo stato ideale e quello reale in tante zone della Campania: da una parte, gli sforzi per far crescere i bambini in ambienti pedagogicamente adeguati, dall'altra, una condizione igienico-sanitaria devastante, destinata a minare la loro salute lentamente e in modo occulto –:
   se non intendano verificare, per quanto di competenza, quanto dichiarato da Schiavone, in merito ai luoghi di smaltimento dei rifiuti tossici in Campania e nel Lazio, e quali iniziative ritengano opportuno adottare perché venga scoperta tutta la verità sui rifiuti tossici occultati sul territorio campano, anche attraverso una eventuale rimozione del segreto di Stato (ancora presente sulle rivelazioni dei pentiti auditi a suo tempo dalla Commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti).
(3-00353)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE ROSA, DE LORENZIS, TERZONI, GRILLO e PARENTELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dei referendum celebratisi il 12 e 13 giugno 2011 è stato abrogato il primo comma dell'articolo 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nella parte che prevedeva la remunerazione del capitale investito, ovvero nella parte che consentiva di fare profitti sull'acqua;
   la Corte Costituzionale, con sentenza n. 26 del 2011, chiarisce che l'abrogazione del citato articolo 154 è finalizzata a «rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell'acqua»;
   anche il Consiglio di Stato con il parere n. 267 il 25 gennaio 2013, a seguito all'adunanza della seconda sezione del 19 dicembre 2012 e riguardo al quesito che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas gli aveva rivolto il 23 ottobre 2012, si è espresso sull'eliminazione della remunerazione del capitale investito dalle tariffe;
   i dati estrapolati dai bilanci pubblicati sui siti internet del gruppo Cap Milano (con Cap Holding che controlla Amiacque srl), quale soggetto gestore del servizio idrico nella Provincia di Milano, indicano inequivocabilmente come queste società realizzino profitti non indifferenti (per ogni euro prelevato all'utenza come tariffa, 10 centesimi rimangono come utile su cui pagare le tasse);
   a nulla rileva la circostanza che questi utili vengano poi reinvestiti nell'attività, o distribuiti agli enti locali sotto forma di dividendi, visto che ai cittadini si fanno sostenere dei costi per tariffa che risultano esorbitanti rispetto a quelli che dovrebbero effettivamente essere se fossero limitati alla mera copertura dei costi sostenuti;
   in tale contesto milanese, non solo viene riconosciuta una remunerazione del capitale investito ma questa remunerazione può essere addirittura superiore a quanto era previsto prima dell'abrogazione referendaria;
   la giunta della provincia di Milano con deliberazione n. 163 del 21 maggio 2013 ha autorizzato Cap Holding e Amiacque a pubblicare un incremento tariffario;
   inoltre il Tar Toscana nel marzo 2013 (sentenza n. 436 del 2013) ha dato ragione al Forum toscano dei Movimenti per l'acqua dichiarando illegittime le tariffe successive al referendum;
   anche, a Chiavari, in Liguria, poche settimane fa il giudice di pace ha disposto la restituzione del 22 per cento della bolletta, la quota che in quel comune corrisponde al profitto;
   la sentenza, oltre a ribadire il valore legislativo dell'istituto referendario riconosce anche che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che ha prodotto la nuova tariffa reintroducendo il profitto sotto nuovo nome «oneri finanziari», ha un limitato potere amministrativo, comunque subordinato all'esito referendario;
   il 9 settembre il consiglio comunale di Milano ha approvato la delibera dell'ATO-Milano relativa al calcolo tariffario del servizio idrico integrato e contestualmente l'ordini del giorno proposto dal Comitato milanese acqua pubblica e dal Comitato italiano per il contratto mondiale per l'acqua di presa di posizione contro il metodo tariffario transitorio (MTT) dell'Autorità;
   infine proprio su questo tema è in discussione presso la Commissione ambiente la risoluzione 7-00036, introduzione nell'ordinamento nazionale di principi e norme per la tutela e la gestione pubblica delle acque nonché per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, in cui si espongono problematiche relative alla tariffazione del servizio idrico integrato e si formulano precisi impegni al governo –:
   quali iniziative, anche normative intenda adottare il Governo per ripristinare una situazione che risulti rispettosa della volontà popolare espressasi con i referendum. (5-01107)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il Movimento Trieste Libera-Gibanje Svobododni Trst-Free Trieste Movement, fondato nel 2011 rivendica per Trieste ed i comuni vicini lo status giuridico del Territorio libero di Trieste – Free Territory of Trieste – Svobodno Tržaško ozemlje (TLT-FTT-STO);
   si tratta dell'ente di diritto internazionale istituito, riconosciuto e regolamentato quale Stato indipendente a sovranità popolare, membro di diritto dell'ONU e sotto sua garanzia, dal Trattato di pace di Parigi del 1947 tra le Potenze Alleate ed Associate e l'Italia, entrato in vigore il 15 settembre 1947;
   il Trattato regolamenta anche, con le disposizioni dell'Allegato VIII, lo speciale regime del Porto Franco di Trieste;
   l'ordinamento del TLT ha istituito un regime di Governo provvisorio (Alleg. VII) sino a compimento del regime di Governo permanente (Alleg. VI);
   la funzione di Governo provvisorio del TLT è stata affidata, quale speciale mandato fiduciario internazionale, sino al 1954 ad un apposito Governo militare alleato, e convertita dal 1954 in amministrazione civile del Governo (non allo Stato) italiano con il memorandum d'intesa di Londra tra i Governi cedenti e subentranti nell'amministrazione;
   a seguito del trattato bilaterale di Osimo del 1975 tra l'Italia e la Jugoslavia, la questione del Territorio libero di Trieste risulta tolta per il momento dall'ordine del giorno del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, le quali hanno tuttavia confermato con lettere ufficiale nel 1983 che può esservi riammessa;
   il Movimento Trieste libera contesta infedeltà gravemente dannosa ai diritti ed all'economia della popolazione locale nella conduzione del mandato amministrativo fiduciario internazionale da parte del Governo italiano, invocandone sanatorie interne ed internazionali. Le tesi del Movimento sono state formalizzate in un apposito «Atto urgente di reclamo e messa in mora» dd. 18 giugno 2013, notificato alle autorità italiane ed internazionali competenti;
   negli ultimi mesi il MTL ha intensificato le proprie iniziative a favore della tesi della mancanza di sovranità dello Stato italiano sul TLT, incoraggiando gli abitanti alla disobbedienza civile;
   il Movimento, infatti, ha invitato gli elettori triestini a non votare durante le elezioni politiche del febbraio scorso – suggerendo la sottoscrizione e il deposito presso i seggi di dichiarazioni di «non-voto» – come riportato da numerose testate giornalistiche nazionali (tra cui l’Huffington Post Italia, articolo del 23 febbraio 2013). La stessa sollecitazione è stata puntualmente suggerita a ridosso delle elezioni regionali dell'aprile 2013;
   numerosi aderenti al MTL, inoltre, hanno intrapreso una campagna di disobbedienza fiscale, l'autorità del fisco italiano e della società di riscossione Equitalia;
   l'Ufficio legale dell'Agenzia delle entrate non ha accolto i vari ricorsi sul difetto di giurisdizione, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese e al risarcimento dei danni legati al ritardo del dovuto;
   quest'orientamento è stato condiviso dal tribunale civile di Trieste che il 3 settembre 2013 ha respinto con un'ordinanza il reclamo di un esponente del Movimento, riconoscendo la piena giurisdizione di Equitalia nel pignoramento di un immobile. L'atto contiene un approfondimento sulla validità degli accordi internazionali contestati dal MTL, senza fugare però dubbi interpretativi;
   nell'agosto del 2012 alcuni organi comunitari si sono interessati alle rivendicazioni sul territorio di Trieste avanzate dall'europarlamentare Mara Bizzotto (Lega Nord) e dal MTL. In particolare, la rappresentante leghista aveva presentato un'interrogazione sul porto libero di Trieste a cui ha risposto il commissario europeo per la fiscalità, il lituano Algirdas Semeta, dichiarando la validità dell'Allegato VIII del trattato di pace del 1947 che definisce il regime del porto libero di Trieste;
   la direzione dell'Unione europea Giustizia, sollecitata dal Movimento a intervenire di fronte alle presunte violazioni dei diritti dei cittadini del TLT commesse dall'autorità giudiziaria italiana, che agirebbe fuori dalla propria giurisdizione, ha precisato che la Commissione europea non ha titolo per intervenire essendo lo status giuridico di Trieste al di fuori del campo di applicazione del diritto dell'unione;
   l'11 settembre 2013, durante l'udienza del tribunale di Trieste dedicata all'obiezione fiscale di Roberto Giurastante leader del MTL, l'avvocato dello Stato Marco Meloni ha depositato una comparsa di risposta in nome e per conto del Ministero della giustizia. Il documento, dopo aver affermato che il TLT non solo non esiste «e non è mai esistito», ha toccato l'aspetto del logo dell'Onu che appare vicino alla dicitura del Movimento. In particolare, si legge: «L'utilizzo, da parte di un realtà associativa locale, della bandiera e dei simboli dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, certamente non autorizzato e abusivo, non trova conforto e sostegno alcuno nelle sole sedi competenti, che hanno peraltro preso sin da pressoché subito atto da un lato dell'impraticabilità della previsione del Territorio libero»;
   Meloni ha osservato che «il popolo di Trieste pur essendo stato privato della possibilità di esprimersi nell'Assemblea costituente eletta nel 1946 si è pronunciato da molto prima della nascita»;
   ad oggi le istituzioni nazionali non sono intervenute in modo organico e univoco sulla questione, mentre una ricostruzione della normativa internazionale è stata fatta solo dal Tribunale amministrativo regionale (TAR) del Friuli Venezia Giulia con la sentenza n. 76/2013, nell'ambito di un ricorso sulla concessione di alcune aree demaniali che fanno parte dell'area di porto vecchio di Trieste, assoggettato al regime giuridico di porto franco;
   un tentativo di «istituzionalizzare» questa vicenda è stato condotto dal consigliere comunale di Trieste Paolo Rovis (Pdl) che, tramite un ordine del giorno, intendeva impegnare l'aula a convocare una seduta dedicata al TLT invitando «gli esperti giuridici e i rappresentanti istituzionali che si riterranno utili per una migliore analisi della questione». L'ordine del giorno, però, è stato dichiarato irricevibile dopo una votazione in cui, dei 27 consiglieri presenti, solo tre hanno sostenuto l'atto d'indirizzo politico – Rovis stesso e i due consiglieri del Movimento 5 Stelle Paolo Menis e Stefano Patuanelli – giudicato estraneo alla delibera sul bilancio cui si riferiva –:
   se il Governo intenda chiarire gli aspetti del diritto internazionale che riguardano il territorio libero di Trieste – rivolgendosi al consiglio di sicurezza dell'ONU – in modo da fugare i dubbi di sovranità esistenti, colmando il vuoto con una auspicabile risposta delle istituzioni ed evitando l'aggravarsi delle tensioni sociali e politiche legate alla vicenda.
(4-02011)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIMBRO, QUARTAPELLE PROCOPIO, TIDEI e LOCATELLI. —Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 10 settembre 2013 il quotidiano britannico Daily Mail ha riferito che una sposa-bambina di otto anni è morta dissanguata nello Yemen per le ferite interne riportate dopo la sua prima notte di nozze con il marito, un 40enne al quale la piccola Rawan era stata venduta dal padre;
   secondo i dati diffusi dalle Nazioni Unite, attualmente si registrano circa 60 milioni di casi di unioni matrimoniali dove la sposa è una minorenne costretta a sposare un uomo, che nella maggior parte dei casi, è molto più anziano di lei. La macabra pratica del matrimonio di minorenni permette ai genitori di saldare debiti o di ricevere un compenso in denaro: più è giovane la ragazza, più alto è il prezzo corrisposto alla famiglia della promessa sposa;
   secondo un rapporto di Human Rights Watch del 2011 in Yemen il 14 per cento viene dato in matrimonio prima dei 15 anni e il 52 per cento prima dei 18 anni; nel periodo 2000-2011, il 34 per cento delle donne in 41 Paesi in via di sviluppo tra e 20 e i 24 anni si è sposata prima del compimento del 18o anno di età. Secondo le Nazioni Unite per i prossimi 10 anni 25.000 bambine ogni giorno saranno costrette a sposarsi nel mondo. 100 milioni di ragazze si sposeranno prima di compiere 18 anni;
   nel 2009 la maggioranza dei parlamentari yemeniti ha votato a favore della fissazione dell'età minima per contrarre matrimonio a 17 anni, ma l'opposizione conservatrice ha fatto ricorso a una procedura parlamentare per bloccare la proposta di legge a tempo indeterminato. Attualmente nello Yemen non è prevista un'età minima per contrarre matrimonio; nel 1999 il Parlamento yemenita ha abrogato l'articolo 15 della legge nazionale sullo status personale, che fissava l'età minima per contrarre matrimonio a 15 anni per i bambini e le bambine. L'unica protezione rimasta è il divieto di avere rapporti sessuali con le bambine prima che abbiano raggiunto la pubertà;
   lo Yemen è parte di vari trattati e convenzioni internazionali che proibiscono il matrimonio in età infantile e che impegnano gli Stati parte a prendere provvedimenti per eliminare la pratica. Tra questi si annoverano la Convenzione sui diritti del fanciullo e la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna;
   i governi di Canada, Olanda, e Ghana, a cui si è unita anche l'Italia, hanno portato il tema delle spose bambine all'attenzione dell'Assemblea Generale dell'Onu organizzando a margine della assemblea generale l'evento too young to wed una campagna contro il matrimonio forzato e precoce;
   nell'occasione il Ministro Emma Bonino ha affermato che «Finora, le Nazioni Unite hanno affrontato la questione nell'ambito delle “Omnibus Resolutions”, considerandola in un ampio contesto», che comprende la lotta alla violenza contro le donne e agli abusi sui bambini. «Ma la questione è troppo importante perché sia solo una tra tante in una lista. Dobbiamo unire le nostre voci assieme alle vittime dei matrimoni precoci e forzati e fornire un quadro politico e legale per proteggerle» –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere nelle sedi internazionali e nei rapporti diplomatici bilaterali con lo Yemen per assicurare il rispetto delle Convenzioni internazionali a tutela dei minori e in particolare a trasporre in norme nazionali vincolanti la condizione della maggiore età per contrarre validamente matrimonio. (5-01105)

Interrogazione a risposta scritta:


   SIBILIA. —Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il 19 settembre 2013 la Guardia costiera russa ha abbordato l'Arctic Sunrise, la nave rompighiaccio di Greenpeace, battente bandiera olandese, in navigazione nel mare Artico per protestare in maniera pacifica contro le trivellazioni petrolifere di Gazprom;
   secondo le notizie che hanno raggiunto l'Italia subito dopo l'accaduto, l'equipaggio prima è stato minacciato con le pistole, poi è stato tratto in arresto con l'accusa iniziale di pirateria;
   secondo una prima ricostruzione dei fatti, si sarebbe trattato di un vero e proprio blitz, durante il quale la Guardia costiera russa si sarebbe avvalsa anche dell'ausilio di elicotteri;
   la Sunrise è stata sequestrata e rimorchiata fino alla rada di Murmansk, nell'estremo nord russo;
   secondo le dichiarazioni rese dagli ufficiali alla stampa russa, la cabina di sicurezza che Greenpeace stava appendendo alla piattaforma petrolifera somigliava ad una bomba;
   i responsabili della campagna Artico per Greenpeace International hanno, invece, spiegato che la cabina di sicurezza è un rifugio destinato a mantenere gli attivisti al caldo, è marcato con colori brillanti e reca il logo di Greenpeace;
   tra i trenta attivisti arrestati c’è anche Cristian D'Alessandro, napoletano, componente dell'equipaggio internazionale delle navi di Greenpeace dall'inizio del 2013, dopo vari anni di volontariato nel gruppo locale di Napoli;
   sembra che, nelle fasi successive all'arresto, sia stata negata agli attivisti l'assistenza sia legale sia dei propri consolati;
   diffusasi la notizia, oltre venti uffici di Greenpeace nel mondo hanno organizzato proteste davanti alle ambasciate russe, mentre a Roma un gruppo di attivisti ha consegnato alla rappresentanza diplomatica russa una richiesta di azione immediata per il rilascio dell'equipaggio;
   in base alle più recenti dichiarazioni del premier Vladimir Putin, l'accusa a carico dei trenta volontari non è più di pirateria, ma di violazione della legge internazionale avendo loro, secondo le autorità russe, tentato di «impadronirsi della piattaforma petrolifera»;
   i trenta arrestati si trovano in custodia cautelare presso i centri di detenzione provvisoria di Murmansk e dintorni, in qualità di sospetti, ed alcuni di essi sono già stati interrogati;
   Raffaella Ruggiero, la madre di Cristian D'Alessandro, ha scritto alle più alte cariche istituzionali, per fare piena luce su questa vicenda ed avere garanzie sulle sorti del proprio figlio;
   il console italiano a San Pietroburgo, Luigi Estero, ha offerto rassicurazioni sulle condizioni psico-fisiche di Cristian D'Alessandro –:
   se i Ministri interrogati conoscano quale sia l'esatta dinamica dei fatti e quali siano le accuse mosse a carico dell'equipaggio pacifista;
   se, trovandosi la nave in acque internazionali, non giudichino eccessiva l'azione delle autorità russe, se, quindi, non siano state violate alcune norme del diritto internazionale e, in tal caso, quali iniziative intendano assumere nei confronti delle autorità russe;
   quali iniziative abbiano già posto in essere o intendano assumere per ottenere l'immediato rilascio del nostro concittadino e il suo rientro in Italia. (4-02016)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da notizie stampa si apprende che da qualche giorno a Collobiano (VC) dal rigagnolo che scorre lungo il paese nella zona Castello, giunge uno sgradevolissimo odore di marcio ed ammoniaca, a tal punto che gli abitanti sono costretti a tenere le finestre chiuse;
   allo sguardo il ruscelletto appare invaso da schiuma bianca, probabilmente inquinante;
   «La situazione è seria – ha commentato il sindaco Claudia Mognato – un nostro abitante sta riscontrando danni all'allevamento di lumache. I pesci muoiono. L'odore è acre e invade tutta la zona. Ho chiamato l'Asl e spero che presto si impegnino a fare qualcosa»;
   anche il vicesindaco Alberto Buzzi si è interessato al problema: «Qualche giorno fa siamo stati invasi da questo odore di marcio e di ammoniaca. Abbiamo seguito il percorso della roggia per capire qual era l'origine e abbiamo visto che nella frazione di Busonengo c’è un digestore nel quale stanno ammassando l'insilato di mais e questa grande massa scola i suoi liquami direttamente in questa roggia che passa nel nostro paese e fa delle emanazioni pazzesche. I pesci sono morti e si può vedere la schiuma che si è formata. Siamo preoccupati per la nostra salute e ritengo sia un danno ambientale. Questo contaminante può da qui inquinare la falda e arrivare fino ai fiumi, perché viene scaricata nel torrente Elvo»;
   il materiale responsabile dei danni molto probabilmente proviene da un digestore della centrale a biomasse del vicino Busonengo che scarica dei liquami nel corso d'acqua, e la cittadinanza è preoccupata per la propria salute –:
   se, in particolare, il Ministro non ritenga opportuno disporre verifiche e controlli da parte del personale appartenente al comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.), in relazione all'oggettivo pericolo che si verifichi un danno ambientale, ai sensi dell'articolo 197, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152;
   se il Ministro, anche in considerazioni di fatti simili non ritenga opportuno rivedere la normativa delle «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili» di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 al fine di rafforzare le tutele anche procedimentali per i cittadini. (4-02019)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto l'interrogante apprende da fonti di stampa, il 25 settembre 2013 la coordinatrice del comitato Villa Fondi Bene Comune ha incontrato il Ministro interrogato al quale ha consegnato alcuni materiali, oltre che una lettera, intendendo così sottoporre all'attenzione del Ministro stesso la ingravescente situazione che si è venuta a determinare alla luce delle preoccupanti intenzioni dell'amministrazione comunale di Piano di Sorrento;
   si legge, infatti, nella lettera medesima che «è intenzione dell'Amministrazione Comunale di Piano di Sorrento di affidare alla gestione privata Villa Fondi, sede del Museo archeologico territoriale della penisola Sorrentina Georges Vallet, con l'obiettivo di trasformarla in location per la banchettistica e ricavarne una rendita di mille euro al mese. L'indignazione popolare si è manifestata in un'Assemblea pubblica dove hanno partecipato oltre settanta Associazioni che hanno ribadito il disappunto della Città nel perdere la fruibilità di un bene pubblico. Signor Ministro, conoscendo l'impegno che ha dedicato alla valorizzazione e tutela degli Scavi di Pompei e della Reggia di Caserta, col Decreto Cultura appena approvato al Senato, le saremmo infinitamente grati se disponesse un approfondimento delle ragioni della dismissione pubblica di Villa Fondi e un rilancio delle attività museali e culturali connesse alla struttura che vorremmo gestite ancora dal Comune, consapevoli della necessità di una migliore organizzazione. Certi di un suo interessamento, siamo a sua disposizione per fornirle ogni chiarimento su una vicenda che tocca profondamente il sentimento civico della Città» –:
   se il Governo sia in possesso di ulteriori informazioni in merito alla vicenda sopra illustrata e se abbia già disposto o intenda disporre gli approfondimenti sollecitati dal Comitato Villa Fondi Bene Comune;
   se il Governo, fermo restando il rispetto dei vari livelli di governo territoriale, non intenda esercitare tutti i poteri a sua disposizione per evitare quella che dalle intenzioni dell'amministrazione comunale appare come una inaccettabile privatizzazione di un bene comune di grande rilievo storico-artistico. (4-02020)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   ZARATTI, PIAZZONI e PILOZZI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio del comune di Civitavecchia, nel comprensorio militare di S. Lucia, è ubicato il centro tecnico logistico interforze (Ce.T.L.I) NBC, ente del Ministero della difesa, unico in Italia, con compiti di studio, verifiche ed applicazioni di carattere militare nei settori nucleare, biologico e chimico;
   fra i molteplici compiti di istituto c’è quello di «demilitarizzazione» delle armi e degli aggressivi chimici ritrovati sul territorio nazionale e risalenti alla prima e seconda guerra mondiale;
   tale funzione viene svolta in osservanza del decreto del Presidente della Repubblica n. 289 del 16 luglio 1997, che individua i compiti del Ministero della difesa e per esso quelli dell'ente preposto alle attività di cui trattasi, ente che in quel momento aveva la denominazione di «Stabilimento militare dei materiali di difesa NBC». Tale denominazione è stata modificata nel corso di una complessa ristrutturazione che ha riguardato l'intera area industriale del Ministero;
   l'attuale denominazione di Ce.T.L.I. NBC è stata assunta il 1o settembre 2004, in occasione dell'accorpamento con un altro ente ricadente nel medesimo comprensorio e denominato Centro tecnico fisico, chimico e biologico. Infine, con decreto del 18 novembre 2009, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 50 del 2 marzo 2010 sono stati fissati definitivamente compiti, struttura e funzioni del Ce.T.L.I. NBC;
   l'attività di distruzione di armi chimiche viene svolta in ottemperanza della legge 18 novembre 1995, n. 496, con la quale lo Stato italiano ha ratificato la convenzione internazionale del 31 gennaio 1993 di Parigi sulla proibizione dello sviluppo, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche;
   la suddetta attività di demilitarizzazione delle armi chimiche viene svolta con l'utilizzo di impianti industriali costruiti allo scopo, situati nel medesimo sito;
   tale attività, svolta sotto il controllo degli ispettori internazionali dell'OPAC (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche), ha permesso di smaltire nel tempo, ingenti quantitativi di sostanze, quali yprite, adamsite, fosgene e proiettili a caricamento chimico;
   attualmente rimangono da smaltire circa 20.000 proiettili a caricamento chimico, che rappresentano circa la metà del quantitativo dei proiettili ritrovato nel corso degli anni;
   presso il Ce.T.L.I. NBC di Civitavecchia è stato effettuato uno studio tecnico finalizzato all'individuazione di tecnologie alternative per la demilitarizzazione delle armi chimiche;
   tale studio, svolto su mandato delle superiori autorità del Ministero della difesa, è in avanzato stato di attuazione, in quanto è stata già scelta la tecnologia adatta fra quelle disponibili e lo studio è attualmente in valutazione presso lo Stato Maggiore della difesa. Sarebbe inoltre già stata individuata la ditta in possesso dei requisiti tecnici per realizzare un eventuale impianto;
   tale tecnologia si basa su un processo di ossidazione termica in luogo dell'ossidazione chimica che caratterizza le attuali lavorazioni;
   la costruzione di un impianto di ossidazione termica si configura come un incenerimento vero e proprio avendo i requisiti di una combustione, in quanto sviluppa energia termica producendo anche fumi e gas che, pur in presenza di filtri, vengono tuttavia immessi in atmosfera;
   in data 16 febbraio 2010 il Ministro della difesa pro tempore La Russa, rispondendo ad una interrogazione a risposta scritta (n. 4-03913) presentata alla Camera dei deputati il 14 settembre 2009 primo firmatario Turco Maurizio del Partito Democratico, ha, tra l'altro affermato che «è in corso una verifica in merito alla possibilità di incrementare la potenzialità dell'impianto a costi immutati, ricorrendo a soluzioni di distruzione alternative che permettano lo smaltimento dei manufatti a ritmi superiori a quelli attuali;
   sembrerebbe sia peraltro previsto un finanziamento oltre 15 milioni di euro per la realizzazione del suddetto impianto di incenerimento;
   il comprensorio di Civitavecchia è già fortemente compromesso dal punto di vista ambientale, per la presenza di impianti termoelettrici, alimentati anche a carbone, del porto e di altri numerosi insediamenti industriali, che contribuiscono a minare la qualità dell'aria e dell'ambiente in genere con incidenza negativa sulla salute dei cittadini;
   il Centro tecnico logistico interforze (Ce.T.L.I) NBC occupa un'area di circa 600 ettari e confina con i territori dei comuni di Allumiere e Tarquinia;
   la valutazione epidemiologica dello stato di salute dei cittadini residenti nei comuni di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella curata dal dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale risalente a febbraio 2012 (nel quale si riportano i dati relativi allo stato di salute della popolazione civitavecchiese e di quella del restante comprensorio tra il 1o febbraio 2006 e il 31 dicembre 2010), dimostra quanto i territori interessati registrino un eccesso di rischio di tumori, e per ambo i sessi si osserva un allarmante aumento di mortalità per infezioni acute alle vie respiratorie;
   il consiglio comunale di Civitavecchia e i comuni limitrofi, in ripetute occasioni, si sono espressi contro qualsiasi forma di incenerimento dei rifiuti –:
   se esista una relazione sull'attuale incidenza ambientale e sanitaria degli impianti esistenti, anche al fine di verificare se le attività che si sono svolte nell'impianto fin dai tempi del Ministero della guerra, abbiano alterato lo stato del suolo e delle falde acquifere;
   se siano state prese in considerazione diverse modalità di «smaltimento» finalizzate alla demilitarizzazione delle armi chimiche, in luogo del previsto impianto di ossidazione termica;
   se non si reputi necessario approfondire gli effetti ambientali e sanitari di tale scelta, in un'area peraltro già compromessa dal punto di vista ambientale e sanitario, provvedendo nel frattempo a sospendere l’iter di realizzazione dell'impianto di cui in premessa;
   a prevedere comunque adeguate forme di monitoraggio delle emissioni dell'impianto di ossidazione termica di cui in premessa, e gli opportuni controlli ambientali e sanitari nei territori interessati;
   a prevedere il costante coinvolgimento delle comunità locali e a garantire adeguate modalità di informazione e pubblicità, anche tramite i siti istituzionali, circa l’iter di realizzazione del suddetto impianto. (4-02023)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FABBRI, INCERTI, MONTRONI, ARLOTTI, PETITTI, PAGANI, MAESTRI, CARLO GALLI, LENZI, PATRIARCA, IORI, ZAMPA, BOLOGNESI, BARUFFI, MARCHI e GHIZZONI. —Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità, adottata alla fine dello scorso anno ha previsto per le cooperative sociali l'aumento dell'Iva dal 4 per cento al 10 per cento, entro il 2013, al fine di consentire il raggiungimento dell'obiettivo di un bilancio in equilibrio strutturale entro l'anno;
   la legge n. 381 del 1991 ha definito le cooperative sociali, individuando in esse lo strumento idoneo per il perseguimento di finalità sociali di interesse generale e di promozione umana, da realizzare attraverso la gestione di servizi socio-sanitari, educativi e di attività produttive, attraverso i quali permettere l'integrazione lavorativa di persone svantaggiate e disabili;
   attualmente le prestazioni socio-sanitarie erogate dalle cooperative sociali sono soggette all'IVA al 4 per cento fino alla fine del 2013 per poi passare, stante la normativa prevista dai commi 488, 489 e 490 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2013, al 10 per cento nel 2014;
   in Italia ci sono circa 12.000 cooperative sociali e loro consorzi che occupano 380.000 persone e raggiungono con i loro servizi 7 milioni di cittadini. Il 66 per cento del fatturato della cooperazione sociale arriva dagli enti pubblici, il 34 per cento direttamente dagli utenti e dalle loro famiglie. È il mondo delle comunità d'accoglienza per giovani o minori, di tanti asili nido, dei servizi socio-sanitari per anziani e disabili, comunità di accoglienza e altro;
   se effettivamente tale aumento, pari al 150 per cento, dovesse verificarsi, si metterebbero in ginocchio centinaia di cooperative del settore socio-sanitario ed educativo col rischio concreto di una considerevole perdita di posti di lavoro;
   il mondo della cooperazione sociale oggi svolge un ruolo a forte valenza pubblica ed investire su di esso può generare un forte volano di crescita occupazionale, come hanno messo in luce la Commissione europea, con il documento sui White Jobs nel welfare ed il CESE con il parere sull'imprenditoria sociale, adottati nel corso del 2012;
   l'aumento dell'IVA per la cooperazione sociale di tipo A suona come un colpo di grazie al welfare del Paese con un aggravio di ben 510 milioni di euro che si ripartirebbero per il 70 per cento sulla pubblica amministrazione e per il 30 per cento sulle famiglie, utenti finali dei servizi;
   oggi le cooperative sociali, i comuni e le regioni sono in prima linea a fronteggiare le ricadute della crisi sui cittadini e a garantire il welfare territoriale e i livelli essenziali di assistenza, investendo su modelli innovativi di gestione dei servizi;
   la nuova aliquota del 10 per cento si applicherebbe alle prestazioni socio-sanitarie ed educative rese dalle cooperative sociali, in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale;
   gli enti locali per far fronte all'aumento dell'IVA di 6 punti percentuali, con le medesime risorse del 2013, nel 2014 forniranno meno servizi sociali agli italiani: si taglieranno i servizi di inclusione sociale proprio alle fasce più deboli della popolazione;
   quest'anno l'Unione europea varerà una riforma complessiva del regime IVA e, quindi, bisognerà intervenire ancora a livello nazionale su questa materia;
   l'impennata dal 4 per cento al 10 per cento dell'IVA per la cooperazione sociale rappresenta una falsa entrata per le casse dello Stato, e potrà diventare un boomerang che avrà l'effetto di ridurre i servizi per i cittadini: minore numero di posti nei nidi e negli asili, tagli all'assistenza per disabili, riduzione delle ore di apertura per i centri diurni, riduzione dell'assistenza domiciliare per i non autosufficienti, così come i posti per gli anziani nelle residenze sanitarie assistenziali;
   il 24 settembre 2013 il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/00282-A/002 (Crivellari) che impegna il Governo ad evitare l'aumento dell'IVA, dal 4 per cento al 10 per cento, per i servizi rivolti a soggetti svantaggiati erogati da consorzi e cooperative sociali, lasciando invariato il 41-bis della Tabella A – Parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 633/1972, che prevede l'IVA al 4 per cento –:
   se non reputi urgente adoperarsi per mantenere l'IVA per le prestazioni di servizi socio-sanitari ed educativi resi dalle cooperative sociali al 4 per cento assumendo iniziative per abrogare i commi 488, 489 e 490 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2013. (5-01102)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dal 25 giugno al 19 luglio 2012 i servizi ispettivi di finanza pubblica dell'ispettorato generale di finanza – dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze hanno eseguito una verifica amministrativo-contabile presso il comune di Santeramo in Colle (BA), cui seguiva una relazione del 28 settembre 2012 a firma del dirigente S.I.Fi.P. del V settore –:
   quali siano le risultanze di tale verifica amministrativo-contabile effettuata presso il comune di Santeramo in Colle (BA). (4-02013)


   LODOLINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Banca Marche è sempre stata un punto di riferimento per il sistema economico marchigiano, rispondendo con adeguate linee creditizie alle esigenze finanziarie delle imprese del territorio;
   i nuovi vertici aziendali, negli ultimi mesi, hanno dimostrato inequivocabilmente la volontà di risanare i conti della Banca, partendo da un'analisi trasparente dell'esposizione creditizia, propedeutica ad un consolidamento dell'istituto;
   la gestione provvisoria da parte dei due commissari, disposta dalla Banca d'Italia, permetterà un ulteriore chiaro inquadramento della situazione per mettere i possibili investitori nelle condizioni di scegliere se e come contribuire alla messa in sicurezza e ad un solido rilancio della banca;
   i lavoratori, anche tramite lo sciopero del 30 agosto 2013, hanno espresso la loro preoccupazione circa un possibile smantellamento dell'istituto, la sua cessione «a pezzi» o l'ingresso di qualche grande gruppo con eventuali obiettivi puramente speculativo-finanziari, che annullerebbero quel valore aggiunto che Banca Marche ha sempre dimostrato con l'attenzione rivolta al tessuto imprenditoriale regionale;
   anche altri istituti di credito medio-piccoli italiani stanno vivendo situazioni di difficoltà e si trovano nella stessa necessità di Banca Marche di dover reperire nuovo capitale per rafforzare il patrimonio;
   nel recente passato il Governo, per non mettere a rischio il sistema creditizio italiano, si è fatto carico del salvataggio di un altro istituto (Monte dei Paschi di Siena), che si trovava in una situazione simile a quella sopra menzionata, concedendo un prestito pubblico (i cosiddetti «Monti Bond»);
   da più parti, a livello regionale, si sta manifestando la richiesta affinché lo Stato intervenga nel consolidamento patrimoniale di Banca Marche, tanto quanto ha già fatto appunto nel caso della banca senese;
   sussiste l'esigenza di rafforzare patrimonialmente l'istituto ed evitare un'ulteriore stretta creditizia nei confronti delle piccole e medie imprese del territorio che sono state già penalizzate pesantemente dalla precedente gestione dell'Istituto –:
   se Governo conosca gli esiti delle azioni già intraprese per sensibilizzare i cittadini, gli imprenditori e gli altri grandi investitori a partecipare al consolidamento patrimoniale della Banca e se intenda esaminare l'opportunità di un intervento statale a favore della ricapitalizzazione di Banca delle Marche. (4-02021)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per sapere, premesso che:
   con l'approvazione della legge n. 85 del 2009, l'Italia ha aderito al Trattato di Prüm, firmato da Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria il 27 maggio 2005. Tale trattato è volto a rafforzare la cooperazione di polizia in materia di lotta al terrorismo, alla criminalità transfrontaliera ed all'immigrazione clandestina. La citata legge istituisce la banca dati del DNA presso il Ministero dell'interno e il laboratorio centrale per la banca dati del DNA presso il Ministero della giustizia. Vengono in particolare tenuti distinti il luogo di raccolta e confronto dei profili del DNA (banca dati nazionale del DNA) dal luogo di estrazione dei predetti profili e di conservazione dei relativi campioni biologici (laboratorio centrale presso l'amministrazione penitenziaria), nonché dal luogo di estrazione dei profili provenienti da reperti (laboratori delle forze di polizia o altrimenti specializzati, come i R.I.S. di Parma);
   l'articolo 19 della suddetta legge pone inoltre a carico del Governo l'obbligo di inviare periodicamente al Parlamento una relazione sull'attività della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la medesima banca dati. Fino al 2011 a tale obbligo ha adempiuto il Ministro della giustizia; nel 2012 ha invece provveduto il Ministro dell'interno;
   l'articolo 16 della legge demanda a un regolamento di delegificazione, ancora non emanato, la disciplina attuativa della legge. Attraverso tale atto – che doveva essere emanato entro quattro mesi dall'entrata in vigore della legge – dovevano essere regolamentati: il funzionamento e l'organizzazione della banca dati e del laboratorio centrale; le modalità di trattamento, di accesso e di comunicazione dei dati; le tecniche e le modalità di analisi e conservazione dei campioni biologici; i tempi di conservazione dei profili del DNA e dei campioni biologici; le attribuzioni dei responsabili della banca dati e del laboratorio centrale; le competenze tecnico-professionali del personale addetto alla banca dati e al laboratorio centrale; le modalità ed i termini di esercizio dei poteri conferiti al Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie; le modalità di cancellazione dei profili del DNA e di distruzione dei relativi campioni biologici;
   in data 20 settembre 2012, il sottosegretario alla giustizia Antonino Gullo a seguito di interrogazione a risposta immediata in Commissione Giustizia della Camera dei deputati affermava che «è stata, infatti, predisposta la bozza di regolamento attuativo di cui all'articolo 16 della legge n. 85 del 2009, che è stata condivisa da tutte le Autorità partecipanti, eccezione fatta dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali. Peraltro, il Ministero della Giustizia, sin dal 3 febbraio 2011, ha formalmente provveduto a trasmettere il parere favorevole sul testo approntato e, più di recente nel maggio 2012, ha confermato la propria immediata disponibilità a porre in essere tutte le attività necessarie per l'approvazione definitiva dello schema di regolamento da sottoporre al Consiglio dei Ministri. A sua volta, il Ministero dell'Interno, con nota del 27 luglio 2012, si è riservato di convocare tra le Amministrazioni interessate una nuova riunione, allo stato non indetta»;
   l'articolo 18 della legge delegava il Governo ad emanare, entro un anno, uno o più decreti legislativi per provvedere alla integrazione dell'ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria mediante l'istituzione di ruoli tecnici nei quali inquadrare il personale da impiegare nelle attività del laboratorio centrale. Il Governo ha esercitato la delega con il decreto legislativo 162 del 2010. Le procedure concorsuali per l'assunzione dei ruoli tecnici della polizia penitenziaria non potranno però essere avviate prima della definizione dei regolamenti attuativi da parte dei rispettivi ministeri;
   il sottosegretario alla giustizia Antonino Gullo, nella risposta all'interrogazione di cui prima, a proposito dell'articolo 18 della legge, affermava che «per quanto concerne le attività di stretta competenza del Ministero della Giustizia, si è già provveduto – a norma dell'articolo 18 della legge citata – a predisporre il decreto attuativo per l'istituzione dei ruoli tecnici in cui verrà inquadrato il personale di Polizia penitenziaria, impiegato nel laboratorio centrale della Banca dati del DNA. Il provvedimento è già entrato in vigore nel settembre 2010 (decreto legislativo 9 settembre 2010, n. 162) e sono stati predisposti anche i tre regolamenti attuativi previsti per la determinazione dei profili professionali dei ruoli tecnici del Corpo di Polizia penitenziaria, per le modalità di accesso alla qualifica iniziale dei ruoli tecnici del Corpo di Polizia penitenziaria e, infine, per la disciplina delle modalità di svolgimento dei corsi di formazione relativi alle suddette qualifiche. Per il primo regolamento si è in attesa, soltanto, del concerto del Ministero dell'Economia, per il secondo del parere delle associazioni sindacali, mentre per il terzo devono essere acquisiti i concerti prescritti per legge. Sottolineo, peraltro, che il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, per la parte di competenza, ha anche posto in essere numerosissime iniziative. Tra le altre, segnalo che sul capitolo 1752 del bilancio della Giustizia sono state finanziate risorse pari a euro 18.074.462,00, per la realizzazione del Laboratorio Centrale del DNA. È stato stipulato il contratto per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione dell'immobile destinato a sede del Laboratorio Centrale, che sarà pronto a breve. È stata, inoltre, indetta una gara pubblica in ambito comunitario per l'approvvigionamento di «strumenti elettronici ed arredi tecnici da utilizzare presso il Laboratorio Centrale del DNA». La fornitura è stata aggiudicata per un importo pari a euro 4.198.000,00 ed è stata consegnata a dicembre 2011»;
   in data 7 dicembre 2012 in merito all'attuazione della legge, la Commissione europea, con la presentazione della relazione sull'attuazione della decisione 2008/615/GAI sul potenziamento della cooperazione, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera («decisione di Prüm») (COM(2012)732), ha lamentato il ritardo di alcuni Stati membri, tra cui l'Italia, nella realizzazione degli adeguamenti tecnici necessari allo scambio automatizzato di dati relativi al DNA e alle impronte digitali;
   in data il 31 gennaio 2013, il giornale Il Fatto quotidiano riportava che sono stati spesi sedici milioni di euro per la realizzazione del laboratorio centrale DNA e che «il 2 ottobre 2010, viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo che prevede l'istituzione dei “ruoli tecnici del personale del Corpo di polizia penitenziaria”: operatori, revisori, periti e direttori. Il numero delle persone necessarie a mandare avanti il Laboratorio è 37. Non centinaia, appena 37. Eppure il Dap non riesce a bandire i concorsi, che devono essere aperti all'esterno»;
   in risposta al suddetto articolo il vice capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria dott. Luigi Pagano, comunicava al quotidiano che «al momento dell'attribuzione dell'incarico conferito dalla legge 85/2009 l'Amministrazione Penitenziaria ha iniziato tempestivamente il complesso iter che doveva portare alla creazione del Laboratorio centrale d'analisi del Dna e all'indizione dei concorsi riguardante i ruoli tecnici della Polizia Penitenziaria delegata a condurre il laboratorio;
   secondo, la gestione dei fondi accreditati all'Amministrazione è stata estremamente oculata; sono stati realizzati, in tutti i 207 istituti della nazione, i gabinetti per il prelievo dei reperti biologici sia dei detenuti già presenti che degli ingressi futuri, formato il personale, creato, presso la C.R. di Rebibbia, il laboratorio centrale completandolo di attrezzature tecnologicamente all'avanguardia; terzo, il laboratorio allo stato non è fermo, bensì, sono in corso le procedure per l'accreditamento dello stesso che saranno avviate dai biologi della Università di Tor Vergata; quarto, le procedure concorsuali per l'assunzione dei ruoli tecnici della Polizia Penitenziaria, infine, avranno inizio non appena saranno varati, dai competenti organi, i regolamenti attuativi; quinto, non mi sembra di vedere nelle altre forze di Polizia un desiderio di accaparramento del Laboratorio né, invero, il Dap sarebbe disponibile a «passare la mano»;
   da quanto è dato sapere, ad oggi circa cinquanta nazioni nel mondo si sono dotate di banca dati nazionale del DNA. Il Regno Unito ha avviato la banca dati nazionale del DNA nel 1995. Ad oggi il loro database include più di 5 milioni di profili. La Francia, invece, ha avviato la banca dati nazionale del DNA nel 1999. Ad oggi il loro database include 1.5 milioni di profili. Il tasso di crescita dell'adozione di un programma nazionale per la realizzazione di una banca dati del DNA aumenta esponenzialmente, si stima che nel 2015 il 60 per cento della popolazione mondiale vivrà in nazioni dotate di database DNA;
   i benefici derivanti dalla messa in funzione della banca dati nazionale del DNA aumenteranno all'aumentare dei profili genetici memorizzati nella stessa. Uno dei benefici più evidenti derivanti dall'adozione della banca dati nazionale del DNA è l'aumento fino al 60 per cento della probabilità di identificazione del colpevole a partire dal campione di DNA raccolto sulla scena del crimine;
   la ratifica del trattato di Istanbul impegna il nostro Paese ad intensificare tutti gli sforzi per prevenire la violenza sulle donne ed in particolare il femminicidio. L'utilizzo della Banca dati nazionale del DNA ha dimostrato, nei Paesi in cui è stata attivata, di poter contribuire alla riduzione delle violenze sessuali grazie alla rapida identificazione del colpevole. Con conseguente effetto psicologico positivo in termini di propensione alla denuncia dei crimini di tipo sessuale da parte delle vittime. Per quanto riguarda le violenze sessuali, infatti, l'uso dell'analisi del DNA combinato con l'adozione di una banca dati nazionale del DNA aumenta enormemente la probabilità di identificare il colpevole. Non è raro, infatti, che chi si macchia di tale tipo di violenza sia recidivo, per cui l'uso della banca dati DNA rende le indagini decisamente più efficaci. Nel Regno Unito, ad esempio, nel biennio 2006-2007, oltre un terzo dei crimini di violenza sessuale sono stati risolti grazie al ricorso alla banda dati nazionale del DNA –:
   quale sia lo stato dell’iter relativo ai regolamenti attuativi previsti per le modalità di accesso alla qualifica iniziale dei ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria, per le modalità di accesso alla qualifica iniziale dei ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria e, per la disciplina delle modalità di svolgimento dei corsi di formazione relativi alle suddette qualifiche;
   se il Governo sia intenzionato, e in quali tempi e modi, a dare piena attuazione alla legge n. 85 del 2009 e rendere, così, immediatamente operativa la banca dati nazionale del DNA.
(2-00233) «Tartaglione, Giuliani, Simoni, Taranto, Morani, Roberta Agostini, Venittelli, Bruno, Manfredi, Pisicchio, Valeria Valente, Moretti, Verini, Manzi, Rostan, Marzano, Scalfarotto, Bossa, Tidei, Salvatore Piccolo, Bonavitacola, Valiante, Mattiello, Preziosi, Famiglietti, Scanu, Paolucci, Pastorino, Coccia, Miccoli, Gullo, Gadda, Albanella, Mongiello, Iacono, D'Incecco, Amoddio, Amendola, Gozi, Capone, De Menech, Fontanelli».

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PARENTELA, GAGNARLI, LIUZZI, CATALANO, GALLINELLA e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada del Medio Savuto, progettata per collegare il raccordo autostradale del Medio Savuto (strada statale 616) e la strada dei Due Mari (strada statale 280), ha uno sviluppo di 30 chilometri ed è destinata a costituire l'infrastruttura viaria più importante della Calabria centrale, risolutiva per lo sviluppo delle zone interne del Reventino;
   la strada avrebbe dovuto essere un'alternativa veloce e più breve alla A3, per raggiungere i principali centri urbani calabresi, oltre che un volano di sviluppo per il territorio attraversato e rappresentato da circa 30 comuni delle province di Catanzaro e Cosenza;
   i trenta comuni che dovrebbero essere attraversati dalla strada del Medio Savuto sono raggiunti da infrastrutture viarie risalenti all'epoca borbonica e che risultano essere palesemente inadeguate alle esigenze dei cittadini, che nutrono la necessità di raggiungere con maggiore facilità in particolar modo i capoluoghi di provincia di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia anche alla luce del fatto che il sistema dei trasporti, come denunciano da anni i sindaci e i cittadini del territorio in questione, risulta drasticamente insufficiente;
   per la parte ricadente sul territorio Cosentino l'ente designato per la gestione del progetto fu la comunità montana del Medio Savuto e per quella ricadente sul territorio catanzarese la provincia di Catanzaro;
   i lavori del primo lotto dal Bivio Coraci a Decollatura, nella provincia di Catanzaro, iniziati negli anni ’80, vengono bloccati quasi subito da un intervento della magistratura;
   nel 1990 la comunità montana del Savuto (Cosenza) appalta una parte della strada, circa 4 chilometri conclusi i lavori costati circa 60 milioni di euro, inaugura e collauda la strada ma dopo pochi giorni viene chiusa al transito a causa di una frana;
   nel 2011 alcuni cittadini delle zone interessate dalla costruzione della strada, formano il comitato «la strada che non c’è» e sollecitano le istituzioni per la conclusione dei lavori con la raccolta di 7000 firme;
   con deliberazione n. 62 del 2011 (Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011), il Comitato interministeriale per la programmazione economica, nell'assegnazione di risorse ad interventi di rilievo nazionale ed interregionale e di rilevanza strategica regionale per l'attuazione del piano nazionale per il Sud, stanzia 70 milioni di euro per la conclusione dei lavori tra lo svincolo di Decollatura (Catanzaro) e lo svincolo di S. Pietro Apostolo (Catanzaro) ed altri 22 milioni di euro per i lavori tra lo svincolo di S. Pietro Apostolo e la strada statale 280;
   nel febbraio del 2013, il presidente della provincia di Catanzaro ed il governatore della regione Calabria Giuseppe Scopelliti, sottoscrivono i disciplinari che formalizzano lo stanziamento di 70 milioni di euro per il completamento del secondo lotto di lavori da Decollatura (Catanzaro) fino al bivio di San Pietro Apostolo (Catanzaro), garantendo la consegna dei lavori entro l'autunno del 2013;
   sulla Gazzetta Ufficiale n. 206 del 3 settembre 2013 è stata pubblicata la delibera n. 24 del 2013 del Comitato interministeriale per la programmazione economica che prevede lo stanziamento a favore della provincia di Vibo Valentia per i lavori relativi al 1o stralcio funzionale della superstrada del medio Savuto strada statale 616 alla strada provinciale per Serrastretta ed il completamento lotto funzionale tra lo svincolo con la strada statale 616 e la strada provinciale per Decollatura;
   ad avviso degli interroganti, un mancato sblocco dei finanziamenti per iniziare i lavori che consentirebbero il collegamento tra la strada del Medio Savuto e la strada statale 280 impedirebbe un rapido collegamento tra i comuni del Reventino ed il loro capoluogo di Provincia (Catanzaro), sbocco fino ad oggi naturale per i cittadini della zona e manterrebbe l'attuale scollamento tra i comuni della zona e Catanzaro –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza degli eventi sopra illustrati e cosa intenda fare a riguardo per assicurare ai cittadini del Reventino un servizio atteso da tanti anni;
   se il Ministro interrogato intenda adottare aggiornare sullo stato dei lavori di completamento del secondo lotto tra il bivio di Decollatura (Catanzaro) ed il bivio di S. Pietro Apostolo (Catanzaro);
   se vi sia l'intenzione, da parte del Ministro interrogato, di intervenire mediante lo stanziamento di circa 320 milioni di euro che sono necessari al completamento dell'intera arteria, che garantirebbe un efficace collegamento tra l'entroterra del Reventino ed i principali centri urbani calabresi. (5-01104)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel caso di rinnovo della validità della patente di guida, il titolare, dopo aver superato positivamente la visita medica, riceve direttamente dall'amministrazione centrale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti l'adesivo da applicare sulla patente stessa, a conferma della rinnovata validità del documento;
   il servizio di «postalizzazione» avviene, di norma, nell'arco di 30 o 40 giorni, anche se non mancano segnalazioni di ritardi di alcuni mesi. Peraltro, si ricorda, che nel 2012 si è registrata una sospensione del servizio a causa della mancanza di risorse sul relativo capitolo di spesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con conseguente impossibilità a chiedere al fornitore la necessaria attività;
   durante il periodo di attesa della consegna dell'adesivo, il titolare della patente di guida può circolare sul territorio nazionale provvisto del certificato di superamento della visita medica, in quanto le forze dell'ordine hanno accesso, h 24, al sistema centrale aggiornato dei titolari di patenti di guida con le nuove date di scadenza;
   diversamente, il certificato, accompagnato alla patente di guida non è sufficiente a validare il rinnovo della patente nei Paesi esteri, dovendo necessariamente essere inserita sulla patente di guida la modifica della data di scadenza (con l'apposizione dell'adesivo);
   soprattutto nelle aree di confine, il prolungarsi dell'attesa dell'adesivo è motivo di disagio per i tanti utenti che hanno necessità di recarsi oltre confine e sono impossibilitati a farlo finché non ricevono l'adesivo di conferma rinnovo. L'amministrazione consente agli utenti, in casi di urgenza, di preferire l'emissione di un duplicato della patente, ma questa avviene a spese dell'interessato;
   peraltro, si fa presente che la direttiva 2006/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006 impone agli Stati membri di adottare le più recenti tecniche antifrode e anticontraffazione all'atto di rinnovo delle patenti di guida ad oggi in circolazione. Questa disposizione esclude, quindi, l'applicazione di un adesivo sulla patente per l'aggiornamento delle informazioni, in quanto questi si deteriorano facilmente e diventano illeggibili –:
   quali iniziative normative il Governo intenda adottare per conformare la  legislazione alle nuove disposizioni impartite dalla direttiva 2006/126/CE;
   nelle more dell'adozione di una normativa aggiornata, quali iniziative il Ministro intenda adottare per consentire che il rilascio dei duplicati, ai titolari di patenti di guida che hanno necessità di recarsi all'estero, avvenga a spese dell'amministrazione e non dell'interessato;
   in alternativa, quali iniziative intenda promuovere per velocizzare la consegna degli adesivi di avvenuto rinnovo delle patenti. (4-02014)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo segnalazioni ricevute da lavoratori pendolari, gli utenti abbonati all'alta velocità di Trenitalia non necessitano di prenotazione per viaggiare sulla tratta di riferimento;
   tale prenotazione è facoltativa e ha il costo aggiuntivo di 3 euro, risultando così del tutto evidente come un costo di questo tipo, in particolare se sostenuto quotidianamente, non sia assolutamente trascurabile per un lavoratore pendolare;  
   peraltro, a tal proposito occorre segnalare che il concorrente Italo Treno NTV mette a disposizione degli abbonati la prenotazione senza alcun costo aggiuntivo;
   quindi, se un pendolare abbonato sale su un treno dove non ci sono posti disponibili si trova costretto a effettuare il viaggio in piedi e ciò, su convogli che raggiungono velocità molto elevate, con punte di ben 300 chilometri orari, rappresenta anche un grosso rischio per l'incolumità dei viaggiatori –:
   quale sia la ragione di tale normativa di Trenitalia ad avviso dell'interrogante inaccettabile per quanto riguarda la prenotazione del posto a sedere per i viaggiatori pendolari;
   se il Ministro interrogato non ritenga, nell'ambito delle sue competenze, di assumere iniziative affinché sia stabilita una corretta regolazione delle modalità di prenotazione dei viaggiatori pendolari abbonati. (4-02015)


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa che il 28 settembre, intorno alle 21, si è verificato un incidente nell'aeroporto di Roma Fiumicino;
   l'Airbus A320 Alitalia, proveniente da Madrid e diretto a Fiumicino, ha subito un'avaria al carrello principale destro;
   a causa della mancata fuoriuscita dello stesso, il comandante ha dovuto effettuare l'atterraggio solo con i carrelli anteriore e sinistro;
   toccata la pista, l'aereo si è inclinato sull'ala destra. Si è poi proceduto all'evacuazione con gli scivoli dei 151 passeggeri e dei 5 membri dell'equipaggio, tutti incolumi;
   l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo ha disposto l'apertura di un'inchiesta;
   l'Airbus è stato costruito nel 2010;
   la responsabilità è, ad avviso dell'interrogante, pienamente imputabile alla compagnia nazionale ma, sempre ad avviso dell'interrogante anche l'Ente nazionale per l'aviazione civile avrebbe dovuto effettuare dei controlli tali da evitare eventi di tal genere –:
   se non intenda intervenire presso ENAC ai fini dell'accertamento del rispetto di tutte le normative sulla sicurezza e dello stato dei controlli e della manutenzione degli aeromobili della Compagnia.
(4-02018)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 22 settembre 2013, a Casale Monferrato, alcune associazioni ecclesiali, Alleanza Cattolica, Comunione e liberazione e Movimento per la vita, hanno organizzato nell'auditorium San Filippo un convegno dal titolo: «Gender, omofobia, transfobia. Verso l'abolizione dell'uomo?», con il patrocinio dell'ufficio per la pastorale della salute della diocesi di Casale Monferrato;
   l'incontro a cui ha partecipato un pubblico di 150 persone è stato aperto dal saluto di un rappresentante della diocesi e dall'introduzione di una rappresentante dei Centri di aiuto alla vita, a cui sono seguiti gli interventi dei relatori del convegno;
   prima dell'avvio, relatori e pubblico sono stati accolti all'ingresso da un nutrito numero di persone che indossavano magliette e reggevano cartelli con rivendicazioni dei movimenti gay, le quali non appena sono iniziate le relazioni, hanno provocato nella sala, in maniera veemente i partecipanti al convegno, molestando in particolare coloro inviati ad intervenire;
   l'interrogante segnala in particolare che un esponente dei contestatori, si è messo di fronte al tavolo del convegno con le braccia allargate e ha gridato al relatore che stava mentendo e, subito dopo, una ventina di ragazze, reggendo dei cartelloni, sono salite sul palco e si sono disposte a cerchio attorno al tavolo stesso;
   non potendo più proseguire, gli organizzatori del convegno hanno concluso in anticipo gli interventi, invitando il pubblico a lasciare la sala senza raccogliere provocazioni. Nel frattempo sono giunti alcuni carabinieri, chiamati dal sindaco, e la loro presenza ha evitato ulteriori degenerazioni, pur essendosi il convegno chiuso anzitempo;
   l'interrogante evidenzia inoltre come all'interno della sala era presente all'incontro un giornalista del quotidiano: Il Fatto quotidiano, che ha filmato le scene dell'irruzione e le ha pubblicate sul sito del giornale;
   dal resoconto documentato si può apprendere che la contestazione è avvenuta da parte di attivisti e attiviste del Coordinamento Torino pride lgbt, unitamente al collettivo Altereva e ad Arcigay;
   il comportamento da parte dei contestatori, come si evince dal suindicato documentario si è dimostrato particolarmente grave, quando è intervenuto il professor Mauro Ronco, ordinario di diritto penale all'università di Padova, già presidente dell'ordine forense di Torino e già componente del Consiglio superiore della magistratura, al quale gli è stato impedito di intervenire, in considerazione del fatto che i facinorosi, agendo indisturbati, non volevano proprio che venisse trattato il tema da chi non la pensa come loro, pur con ragionamenti fondati su logica e scienza giuridica;
   la suesposta vicenda oggetto di una interpellanza urgente n. 2-00225, nella quale il Governo ha confermato che l'intervento delle forze di polizia, diretto a evitare che la contestazione potesse ulteriormente degenerare con pericolo per l'incolumità pubblica, è stato disposto e attuato con la massima tempestività possibile, a giudizio dell'interrogante risulta essere tuttora non definita, se si considera come i manifestanti siano intenzionati nelle prossime settimane ad intervenire con ulteriori forme di contestazioni obiettivamente intollerabili;
   l'interrogante evidenzia altresì come la vicenda suesposta, che desta a giudizio dell'interrogante, sconcerto e incredulità, risulti ulteriormente inquietante, se si considera come una delle sigle dei contestatori (Altereva) che ha partecipato all'irruzione interna, nella quale di era organizzato il convegno, successivamente alla dimostrazione, ha rivendicato l'iniziativa assunta, sostenendo, come in precedenza esposto, di aver programmato una sorta di calendario su quello che faranno nelle prossime settimane nell'ambito di manifestazioni del genere –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative infine intenda intraprendere prossimamente in caso di successive iniziative culturali e religiose, al fine di evitare il riproporsi di episodi simili a quello esposto in premessa, posto che i manifestanti hanno già confermato azioni di disturbo il 5 ottobre 2013 a Milano. (4-02017)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   l'articolo 18 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, modificato dalla legge di conversione 9 agosto 2013, n. 98 (denominato decreto del fare), in particolare al comma 8-ter, ha stanziato risorse «Al fine di attuare misure urgenti in materia di riqualificazione e di messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali, con particolare riferimento a quelle in cui è stata censita la presenza di amianto nonché di garantire il regolare svolgimento del servizio scolastico»;
   ai sensi della tabella 1, annessa al citato decreto è stata stanziata la cifra di 150 milioni di euro da ripartire tra le diverse regioni;
   il medesimo articolo, comma 8-quater, prevede che l'assegnazione «è effettuata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca entro il 30 ottobre 2013 sulla base delle graduatorie presentate dalle regioni entro il 15 ottobre 2013», e che «a tal fine, gli enti locali presentano alle regioni entro il 15 settembre 2013 progetti esecutivi immediatamente cantierabili di messa in sicurezza, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli edifici scolastici»;
   il comma 8-quinquies del suddetto articolo recita che «Il mancato affidamento dei lavori di cui al comma 8-quater entro il 28 febbraio 2014 comporta la revoca dei finanziamenti»;
   le domande inoltrate dalle regioni devono essere corredate dal progetto esecutivo, munito di tutti i visti, le autorizzazioni e i pareri richiesti dalla vigente normativa, nonché dallo stralcio del programma triennale delle opere pubbliche da cui si evinca l'inserimento dell'intervento proposto;
   a giudizio degli interpellanti, le date in cui sono stati emanati i decreti in diverse regioni evidenziano tempi ristrettissimi per la presentazione dei sopra citati progetti esecutivi (ad esempio: decreto Sicilia: 4 settembre 2013; decreto Campania: 10 settembre 2013; decreto Lombardia: 6 settembre 2013; decreto Veneto: 28 agosto 2013; decreto Piemonte: 27 agosto 2013; decreto Sardegna: 12 settembre 2013);
   è ormai tristemente nota la grave situazione dell'edilizia scolastica nel nostro Paese, dove oltre il 50 per cento dei 42 mila edifici in cui vivono milioni di studenti e di operatori scolastici non sarebbe a norma e diecimila di essi dovrebbero addirittura essere abbattuti. Peraltro, la situazione ha rilievi di vera emergenza alla luce della politica scolastica assunta negli ultimi anni con l'aumento del rapporto alunni/docenti, che, attuato nel quadro di un sistema nazionale di edifici scolastici vetusti – spesso non a norma in termini di sicurezza – ha determinato il sovraffollamento degli alunni in classi non idonee ad ospitarli;
   se il profilo della sicurezza è da considerare oltremodo preoccupante e impone interventi urgenti, va anche considerato che tutte le indagini internazionali sul rendimento degli studi confermano la centralità e la decisiva influenza positiva esercitata dalla confortevole e adeguata organizzazione degli spazi scolastici sull'efficacia dell'attività didattica e sui livelli di apprendimento;
   pertanto, se da un lato vi è l'urgenza di intervenire con un piano di riqualificazione, di adeguamento normativo – anche antisismico – e di miglioramento energetico per gran parte del patrimonio esistente, va valutata anche la necessità di arrivare alla creazione di strutture adeguate alle nuove esigenze didattiche –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza del numero delle scuole che si trovano in urgente necessità di accedere ai finanziamenti descritti in premessa e quante fra queste abbiano già progetti esecutivi in essere;
   se non ritenga indispensabile assumere iniziative per rivedere le stringenti scadenze indicate dal decreto summenzionato, concedendo agli enti locali un prolungamento del termine ivi indicato al fine di non precludere loro la partecipazione al bando di finanziamento, anche in corre- lazione ai sempre minori trasferimenti statali e regionali che i comuni sono costretti a subire;
   se non ritenga opportuno individuare nuove iniziative per superare le criticità emerse nell'attuazione dei «programmi stralcio» del piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici (avviato dalla legge finanziaria per il 2003), con particolare riferimento alla scarsa capacità di avvio dei lavori, al fine di completare i programmi e di fornire indicazione sui tempi necessari, anche alla luce della improcrastinabile esigenza di realizzare strutture che siano adeguate alle nuove esigenze didattiche nell'ottica di configurare la scuola come civic center in grado di valorizzare istanze sociali, formative e culturali.
(2-00234) «Brescia, Luigi Gallo, Simone Valente, Vacca, Di Benedetto, Marzana, D'Uva, Battelli, Nicola Bianchi, Cristian Iannuzzi, Paolo Nicolò Romano, Liuzzi, Dell'Orco, Catalano, De Lorenzis, Barbanti, Pisano, Cancelleri, Villarosa, Chimienti, Ruocco, Pesco, Fantinati, Da Villa, Prodani, Crippa, Mucci, Vallascas, Della Valle, Petraroli».

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia», convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, all'articolo 18, comma 8-ter, autorizza la spesa di 150 milioni di euro, per l'anno 2014, «al fine di attuare misure urgenti in materia di riqualificazione e di messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali, con particolare riferimento a quelle in cui è stata censita la presenza di amianto, nonché di garantire il regolare svolgimento del servizio scolastico»;
   il successivo comma 8-quater dispone che tali risorse siano ripartite a livello regionale per essere poi assegnate agli enti locali proprietari degli immobili ad uso scolastico, sulla base del numero degli edifici scolastici e degli alunni presenti nella regione, e della situazione del patrimonio edilizio scolastico ai sensi della tabella 1 annessa allo stesso decreto, e che, a tal fine, gli enti locali entro il 15 settembre 2013 presentino alle regioni «progetti esecutivi immediatamente cantierabili di messa in sicurezza, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli edifici scolastici»;
   in seguito, entro il 15 ottobre 2013, le regioni devono presentare al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca le graduatorie alle quali si fa riferimento per l'assegnazione delle risorse, effettuata entro il 30 ottobre 2013 con decreto dello stesso Ministro;
   in base alla norma, il mancato rispetto del termine per la trasmissione delle graduatorie da parte delle regioni comporta la decadenza dall'assegnazione dei finanziamenti previsti per la ripartizione, e le risorse che non potranno essere assegnate saranno ripartite in misura proporzionale tra le altre regioni;
   tuttavia, i termini fissati dalle norme in esame appaiono troppo esigui per consentire ai comuni la preparazione dei progetti, soprattutto considerando che alcune regioni, come ad esempio la Basilicata, hanno pubblicato i relativi bandi solo nei primi giorni dello stesso mese di settembre, rendendo quasi impossibile per i comuni la predisposizione dei progetti entro i termini richiesti –:
   se non ritenga di disporre una proroga dei termini di cui in premessa.
(4-02012)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   l'applicazione delle quattro diverse riforme pensionistiche a cominciare dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010 ha determinato e determinerà per molte persone la mancanza di reddito per un periodo consistente e variabile secondo la data di cessazione dal lavoro e la tipologia di penalizzazione;
   il problema noto sotto il termine «esodati» ha avuto in realtà inizio nel 2010 con il decreto n. 78 in cui si prevedeva l'introduzione della «finestra» di dodici mesi, scelta che comporta conseguenze ancora oggi;
   paradossalmente anche l'inserimento nel contingente dei salvaguardati previsti da uno dei decreti di salvaguardia non tutela dalle difficoltà economiche perché la pensione verrà erogata solo al verificarsi delle condizioni previste dalle diverse normative succedutesi nel tempo in particolare se si tiene conto della finestra mobile introdotta dalla citata normativa dell'innalzamento dovuto all'aspettativa di vita;
   secondo le norme del decreto-legge n. 78 – articolo 12, comma 5-bis – per attenuare l'impatto dell'introduzione della finestra mobile veniva previsto un sostegno reddituale assicurato dal fondo sociale per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 18 comma 1, lettera a) del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, e attivato finora di anno in anno con appositi decreti ministeriali; attualmente sono stati emanati due decreti:
    a) il decreto ministeriale n. 63655 in data 5 gennaio 2012 per l'anno 2011, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 14 del 18 gennaio 2012;
    b) il decreto ministeriale n. 68225 in data 2 ottobre 2012 per l'anno 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 249 del 24 ottobre 2012;
   il decreto ministeriale per l'anno 2013 è ancora da emanare con conseguente vuoto reddituale di dieci mesi ad oggi per i lavoratori coinvolti;
   per l'anno in corso si tratta di 4.455 lavoratori rimasti senza assegno e senza pensione per una cifra prevista e regolarmente accantonata di euro 42.828.043, secondo il primo schema allegato al decreto 63655 a firma del Ministro pro tempore Fornero del 5 gennaio 2012;
   a fronte dei recenti annunci da parte del Ministro interpellato di un provvedimento allo studio per l'istituzione di un reddito minimo come strumento di lotta alla povertà, non ci si può esimere dal notare che qualche problema sarebbe risolto se si facesse quanto previsto dalla normativa vigente nei tempi utili –:
   per quali motivi il Governo non provveda ad emanare il citato decreto ministeriale lasciando tante famiglie senza reddito.
(2-00236) «Lenzi, Carra, Iori, Murer, Fossati, Fragomeli, Crimì, Scuvera, Cinzia Maria Fontana, Valiante, Incerti, Gnecchi, Berlinghieri, Beni, Giuliani, Bossa, Bratti, Damiano, Bellanova, Quartapelle Procopio, Sbrollini, Bolognesi, Gandolfi, Giacobbe, Ginato, Manfredi, Marantelli, Raciti, Madia, Cardinale, Boccuzzi, Giuditta Pini».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 2 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, e successive modifiche ed integrazioni, così come modificato dall'articolo 5 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, per il 2009 e dall'articolo 2, commi 156 e 157, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, per il 2010, è stata prevista la tassazione agevolata per alcune voci di salario accessorio erogato ai lavoratori dipendenti;
   le suddette norme prevedono che per i periodi di imposta per il periodo dal 2009 al 2012 ai titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore per 2009 a 35.000 euro e per il 2010 a 40.000 euro, si applica il regime dell'imposta sostitutiva del 10 per cento nel limite massimo di 6.000 euro lordi annui alle quote di salario accessorio erogate in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali e corredate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, in relazione a risultati riferibili all'andamento economico o agli utili della impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale;
   l'Agenzia delle entrate – direzione Roma – con risoluzione n. 83 del 17 agosto 2010, rispondendo ad un parere richiesto da alcuni lavoratori, per la fattispecie in questione che riguardava l'applicazione della norma sulla tassazione agevolata alle indennità e/o maggiorazioni retributive corrisposte per lavoro prestato in base ad un orario su turni, si è espressa affermando che «l'organizzazione del lavoro a turni costituisce di per sé una forma di efficienza organizzativa» e che la misura agevolativa trova applicazione non solo qualora l'organizzazione del lavoro sia adottata per la prima volta dall'impresa ma anche nel caso in cui questa applichi un nuovo e più ampio schema di turnazione che, come richiede il precetto di legge, dia luogo a «incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all'andamento economico dell'impresa»;
   l'AMAT di Palermo non ha applicato il regime di tassazione agevolata per tutte le quote di salario accessorio legato alla produttività, limitandone solo l'applicazione al lavoro straordinario;
   i lavoratori hanno più volte chiesto all'azienda l'applicazione del regime agevolato di tassazione per tutto il salario accessorio legato alla produttività, e ad oggi l'AMAT è inadempiente –:
   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative, se del caso anche attraverso una nota interpretativa di chiarimento, al fine di dare la certezza applicativa del regime agevolato sia all'azienda che agli stessi lavoratori che hanno avviato azioni di recupero della differenza di imposizione attraverso l'Agenzia delle entrate. (5-01101)


   BALDASSARRE, BECHIS, CIPRINI, COMINARDI, RIZZETTO, ROSTELLATO, TRIPIEDI, GAGNARLI, BONAFEDE, ARTINI e SEGONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Ceramic Insulators Livorno S.R.L. (C.I.L.) è un'azienda che ha per oggetto la produzione, la lavorazione di porcellane, ceramiche e materiali isolanti in genere, nata dalle ceneri del ramo «ceramiche industriali» della ex Richard Ginori;
   la C.I.L. è totalmente controllata dalla Coelme S.P.A., a sua volta facente parte, assieme alla francese EGIC, del gruppo statunitense Southern States;
   i principali clienti dell'azienda sono Terna, Siemens, ABB, Hapam, Red, National Grid;
   nel marzo 2013 la direzione dell'azienda ha annunciato la decisione di avviare la procedura di cassa integrazione straordinaria, della durata di un anno, per 29 lavoratori su 32 totali, per la cessazione del ramo di azienda relativo alla produzione. Sempre nel marzo 2013 è stato sottoscritto con l'azienda un accordo sindacale che prevede come, a termine della cassa integrazione guadagni straordinari, i lavoratori verranno posti in mobilità;
   la società produce isolatori elettrici in porcellana che assumono la qualificazione di prodotto strategico;
   gli utilizzatori del prodotto sono gli enti elettrici, tutte le ditte elettromeccaniche costruttrici di apparecchiature di cui l'isolatore sia un componente (sezionatori, interruttori e altro) ed infine gli impiantisti, ovverosia le ditte che prendono in appalto la costruzione di linee e sottostazioni complete;
   secondo la direzione, l'azienda ha avuto un forte calo di ordini per motivi ascrivibili essenzialmente alla crisi generalizzata dei mercati ed è diventata fortemente dipendente dal mercato italiano (TERNA) e dagli ordini ricevuti da COELME e da altre aziende dello stesso gruppo;
   nel corso del 2011, CIL ha sostenuto oneri notevoli per raggiungere gli standard produttivi richiesti da TERNA e per omologare i nuovi prodotti ad ha acquisito da TERNA un accordo quadro, oggi quasi interamente evaso;
   a fine 2011 TERNA ha iniziato a ridurre in modo drastico gli investimenti, cancellando o rallentando anche quelli già avviati, per cui CIL, come tutti i fornitori di TERNA, si è trovata senza nuove commesse dirette e/o indirette per quel tipo di isolatori destinati a Terna. Particolarmente grave per la società è stato il blocco degli investimenti «TERNA SET» (impianti chiavi in mano) per i quali la società si trovava in condizione particolarmente favorevole, sia per la capacità produttiva disponibile che le consentiva di evadere commesse in tempi brevi, sia per aver sottoscritto un accordo quadro con uno dei principali operatori del settore e vincitore della gara nazionale per tali progetti;
   relativamente ai produttori di apparecchiature (sezionatori) in Europa e nel mondo, che costituivano in passato un canale di vendita importante, CIL ha riscontrato negli ultimi anni una perdita progressiva di quota di mercato, acquisita da altri produttori di isolatori operanti in Paesi con manodopera a basso costo;
   il 31 gennaio 2012 Terna presenta il piano di sviluppo della Rete elettrica di trasmissione nazionale il quale prevede, per il decennio 2012-2021, investimenti per oltre 7 miliardi di euro, finalizzati a realizzare benefici in termini di efficienze per il sistema elettrico tra cui la diminuzione delle perdite di energia e la riduzione delle emissioni di CO2;
   è probabile che, avviandosi alla sola commercializzazione del prodotto, la CIL comprerà gli isolatori prodotti da Portogallo, Cina e India, apponendovi il marchio C.I.L. Italy e commercializzando questi come «made in Italy»;
   il Ministero dello sviluppo economico, nel tutelare il «made in Italy», riserva particolare attenzione a settori peculiari, come quello delle ceramiche, avendo istituito anche un «Comitato nazionale ceramico», nel quale – come si può leggere sul sito del Ministero – «è stato affrontato il problema di rilanciare i marchi, dei poli e dell'alta istruzione professionale, dell'aggiornamento annuale dei dati di settore e della promozione dei contratti di rete di impresa»;
   non va trascurata l'importanza strategica di mantenere nel nostro Paese un'azienda che produca isolatori in ceramica e non appare ammissibile agli interroganti la mera commercializzazione di tale prodotto, acquistandolo da Paesi che utilizzano manodopera a basso costo (Cina e India) garantendo risultati di minore qualità, in una situazione di mercato già fortemente compromessa –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione su descritta;
   quali urgenti e calibrati interventi il Ministro dello sviluppo economico intenda assumere per tutelare il «made in Italy» nel settore delle ceramiche industriali;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno porre la propria attenzione sulla vicenda e intervenire, per quanto di competenza, sulla problematica su descritta, coinvolgendo «TERNA» in merito a futuri investimenti, al fine di scongiurare una possibile crisi del settore sia a livello regionale che nazionale. (5-01103)

Interrogazione a risposta scritta:


   LODOLINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi decenni Serra de’ Conti ha rappresentato un polo produttivo di riferimento per il calzaturiero nell'intera provincia di Ancona;
   accanto alle aziende produttrici di calzature si è sviluppato in zona un notevole indotto capace di garantire l'intera filiera del prodotto finito;
   nel corso degli ultimi anni diverse imprese sono state attraversate dalla crisi ed ora tale crisi rischia di investire profondamente dal punto di vista occupazionale il calzaturificio A&G, che non può essere considerata un'azienda in crisi;
   da quanto si apprende dalle organizzazioni sindacali la proprietà avrebbe comunicato la volontà di trasferire in altro Paese settori della produzione della detta azienda;
   sono inaccettabili le scelte di quegli imprenditori, pochi, che assumono scelte, ad avviso dell'interrogante, sbagliate decidendo di trasferire le produzioni all'estero e andando a compromettere la qualità del lavoro, per essere competitivi sul costo del lavoro e non sulla qualità dei prodotti;
   il futuro del manifatturiero si gioca in via prioritaria sulla qualità del prodotto, sulla capacità organizzativa, sull'innovazione, sulla legalità e sul made in Italy –:
   quali iniziative intenda adottare per salvaguardare l'occupazione di tutte le persone impiegate nelle diverse mansioni presso la suddetta azienda, per impedire il trasferimento dell'azienda e per tutelare i lavoratori e l'intero tessuto produttivo e sociale locale. (4-02022)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOREFICE, CECCONI, DI VITA, DALL'OSSO, GRILLO, BARONI, MANTERO e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o agosto 2013 in Commissione affari sociali il sottosegretario Paolo Fadda ha risposto all'interrogazione a risposta immediata n. 5-00733 concernente l'opportunità di abrogare il decreto ministeriale 4 maggio 2012 nella parte in cui genera iniquità tra i soggetti danneggiati da sangue infetto nelle richieste transattive;
   il rappresentante del Governo ha dichiarato che è in corso un'operazione finalizzata alla stipula delle transazioni e che sono pervenute circa 7.000 domande di adesione –:
   se il Ministro interrogato possa fornire con esattezza i dati relativi al numero di soggetti infettati che sono stati effettivamente indennizzati, nonché sulle risorse da destinare alle transazioni ancora disponibili. (5-01106)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   in data 25 settembre 2013 il primo firmatario del presente atto riceveva una missiva dal sindaco del comune di Saluggia, signor Firmino Barberis, che rendeva note diverse preoccupazioni relative al sito Eurex di Saluggia, più volte oggetto di sindacato ispettivo sia in questa che nelle precedenti legislature, anche con il supporto della capogruppo di minoranza, signora Paola Olivero;
   nello specifico, il signor Barberis, faceva presente che, nonostante il parere negativo del comune di Saluggia, dopo due conferenze di servizi, il Ministro interpellato emanava in data 30 luglio 2013 un decreto, ai sensi dell'articolo 24, comma 4, del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2012, per autorizzare la SOGIN a costruire a Saluggia un impianto denominato Waste Management Facility (WMF) «destinato a condizionare e trattare i rifiuti solidi radioattivi dell'impianto Eurex»;
   il luogo dove dovrebbe sorgere l'impianto WMF non gode dei criteri di edificabilità, occorre quindi che il comune deliberi sulla modifica del piano regolatore;
   secondo il sindaco, «il parere negativo è stato dato con lo scopo di sollecitare il Ministero e gli enti preposti a fare azioni concrete per individuare il sito unico nazionale dove portare i rifiuti radioattivi di Saluggia e degli altri otto comuni italiani sede di impianti e centrali nucleari, tre dei quali sono in Piemonte»;
   sul territorio del comune di Saluggia sono giacenti oltre i 2/3 delle scorie radioattive presente in Italia, sotto forma di rifiuti sia liquidi che solidi;
   in data 19 settembre 2013 l'ISPRA rendeva noto che «sulla base della vigilanza svolta in data 28 agosto 2013 da questo Istituto, alla presenza di funzionari dell'ARPA Piemonte, il bacino WP719 risulta essere completamente drenato e privo di sedimenti e le operazioni di bonifica sono da ritenersi completate... Si informa, infine, che questo Istituto ha richiesto alla SOGIN un programma in merito alle successive modalità di gestione in sicurezza della WP719, che preveda la dismissione della stessa ai fini della raccolta degli effluenti liquidi e la predisposizione di un sistema alternativo» –:
   come mai non sia stato ancora individuato il sito unico di stoccaggio nazionale, anche alla luce delle diverse posizioni assunte dai comuni coinvolti e in particolare quello di Saluggia;
   quando si preveda l'individuazione dello stesso sito e quale sia la tempistica di realizzazione;
   come mai si continuino a costruire, come nel caso del comune di Saluggia, depositi temporanei, investendo ingenti risorse che invece dovrebbero essere destinate alla realizzazione del sito unico nazionale;
   come mai il Governo non abbia sollecitato l'ISPRA nell'elaborare i criteri di idoneità tecnica per la localizzazione del sito di stoccaggio di scorie, visto che gli stessi dovevano essere individuati entro dicembre del 2012, come da dichiarazione del Viceministro del lavoro e delle politiche sociali, pro tempore, Michel Martone, nel rispondere all'interpellanza 2-01655, resoconto stenografico dell'Assemblea, seduta n. 689 del 20 settembre 2012;
   quali siano il reale valore e il peso che il Governo intende attribuire alla pronuncia che il consiglio comunale sarà tenuto ad adottare relativamente al decreto di cui in premessa;
   come mai nel citato decreto non si faccia riferimento alla necessità della valutazione di impatto ambientale (VIA).
(2-00235) «Bobba, Lavagno, Anzaldi, Bargero, Mariastella Bianchi, Biondelli, Boccuzzi, Bonifazi, Bonomo, Borghi, Paola Bragantini, Bratti, Casellato, Cenni, D'Ottavio, Damiano, Fiorio, Fregolent, Gelli, Grassi, Gribaudo, Gozi, Lacquaniti, Magorno, Mariani, Mattiello, Nardella, Patriarca, Pellegrino, Portas, Realacci, Rocchi, Rossomando, Taricco, Zan, Zaratti».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRUNO BOSSIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   per la prima volta, uno studio condotto dall'ISVAP ammette l'esistenza di una situazione anomala sulle condizioni assicurative al Sud ed in particolare quantifica con esattezza l'entità del divario dei prezzi Nord-Sud;
   l'indagine è stata condotta su 21 province italiane, la maggior parte delle quali sono anche capoluoghi di regione, mentre due corrispondono alle provincie autonome del Trentino Alto Adige (Bolzano e Trento);
   l'analisi dei dati raccolti dall'Isvap fino a luglio 2012, consente di chiarire che le provincie meridionali presentanti, nella maggioranza dei casi, prezzi medi di listino più elevati rispetto a quelli praticati nel settentrione, indipendentemente dai soggetti presi in esame dall'indagine, siano essi automobilisti o motociclisti, neopatentati o guidatori esperti;
   è stato inoltre accertato che, non solo i prezzi delle polizze sono più elevati al Sud, ma anche gli aumenti medi annuali sul costo della RC Auto obbligatoria fanno registrare valori quasi sempre più alti rispetto alle provincie settentrionali;
   il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo e la competitività», convertito con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012 n. 27, in materia di assicurazioni ha previsto, tra le altre, una disposizione diretta ad uniformare la tariffa RC Auto in tutto il territorio nazionale, eliminando così le rilevanti disparità di prezzo esistenti tra le diverse regioni italiane;
   in particolare l'articolo 32, comma 3-quinquies, del citato decreto-legge testualmente recita «Per le classi di massimo sconto, a parità di condizioni soggettive ed oggettive, ciascuna delle compagnie di assicurazione deve praticare identiche offerte»;
   in relazione alla portata delle condizioni «oggettive» che possono giustificare offerte non identiche, ed in particolare se tra tali condizioni rientrino le differenti condizioni di rischio rilevabili nelle diverse aree del territorio nazionale, è stata acquisita l'interpretazione del Ministero dello sviluppo economico;
   il 19 aprile 2012 l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (Isvap) ha inoltrato alle imprese di assicurazione che esercitano la RC auto in Italia, con sede legale in Italia o in un altro Stato membro dello Spazio economico europeo (SEE) o terzo rispetto ad esso, nonché per conoscenza al Ministero dello sviluppo economico e all'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), una circolare esplicativa delle disposizioni, contenute nel citato decreto in materia di assicurazione obbligatoria RC auto, che hanno immediato impatto sui consumatori;
   tra queste ultime, al paragrafo 4, si fa riferimento proprio all'articolo 32 del citato decreto-legge che lo stesso Istituto di vigilanza definisce norma di non facile interpretazione per la quale, si legge nella circolare, data la delicatezza e la rilevanza della questione, è stata acquisita l'interpretazione del Ministero;
   il Ministero, con nota del 18 aprile 2012, ha fornito all'autorità l'interpretazione dell'articolo 32, poi riportata nella circolare stessa, in cui si asserisce che una ragionevole e legittima interpretazione della norma dovrebbe includere nelle differenziazioni tariffarie possibili, anche per le classi di massimo sconto, quelle legate alle oggettive differenze delle condizioni di rischio rilevate nei singoli territori (frequenza dei sinistri, livello di risarcimenti eccetera), precisando che escludere il parametro della territorialità nell'analisi del rischio sarebbe in contrasto con il principio di libertà tariffaria garantito dalla normativa comunitaria;
   in altre parole, la norma impone comunque alle imprese di assicurazione di individuare nell'ambito della propria autonomia tariffaria e in attesa di una più complessiva revisione del sistema bonus-malus, le modalità più idonee per pervenire progressivamente ad un maggior favore tariffario verso i guidatori più virtuosi, anche mediante una più adeguata valorizzazione di tale condizione virtuosa nelle aree territoriali in cui le condizioni di rischio permangano transitoriamente maggiori;
   l'interpretazione resa dal Ministero archivia definitivamente la possibilità per i cittadini delle regioni del sud Italia di essere soggetti all'imposizione di una tariffa più equa e non discriminatoria e vanifica del tutto la portata della norma contenuta nel decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1;
   si apprende da un articolo della rivista Quattroruote del 27 agosto 2013 che ad oggi i veicoli circolanti senza RC Auto sono tra i 3,1 e i 4 milioni (stime Ania ed Aci), ovvero oltre il 7 per cento del totale degli automezzi, il picco si raggiunge al Sud con l'11,9 per cento, un fenomeno che sta raggiungendo proporzioni da allarme sociale;
   la mancanza di copertura assicurativa è in evidente e diretta relazione con gli elevati aumenti dei premi assicurativi, dato che l'incidenza degli automobilisti scoperti è tanto più frequente nelle fasce di territorio dove i premi assicurativi, a parità di altre condizioni, sono più elevati –:
   quali iniziative nei limiti della propria competenza il Ministro interrogato intenda adottare per ripristinare i diritti violati e l'effettiva parità di trattamento per i cittadini residenti in talune specifiche aree territoriali con particolare riferimento all'area metropolitana calabrese e per rendere più equo e competitivo il comparto delle assicurazioni sulla RC auto, visto che, nonostante i numerosi interventi legislativi e regolatori degli ultimi 5 anni, i prezzi delle polizze continuano a registrare incrementi significativi e generalizzati. (5-01100)

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Prodani n. 5-01007 del 13 settembre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-02011.
   interrogazione a risposta scritta Bruno Bossio n. 4-01985 del 27 settembre 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01100.