Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 11 settembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    esprimendo il proprio apprezzamento per il tentativo in atto in queste ore, teso a scongiurare l'attacco alla Siria e a rilanciare il dialogo tra le parti coinvolte nei locale conflitto civile, con l'obiettivo finale di giungere ad una sua ricomposizione su basi eque, come recentemente raccomandato anche dalla Santa Sede;
    consapevole che la strada della pace in Siria e nella regione, alla quale è funzionale anche il disarmo chimico di Damasco, rimane irta di ostacoli, anche per l'esistenza di attori che hanno interessi di varia natura alla prosecuzione ed all'aggravamento della guerra in corso;
    condividendo la posizione adottata dal Governo italiano nella veste comunicata alle commissioni esteri dei due rami del Parlamento dal Ministro degli affari esteri lo scorso 27 agosto, in base alla quale risultava evidente il carattere pregiudiziale della presenza di un mandato delle Nazioni Unite all'appoggio di qualsiasi intervento armato contro il regime di Damasco;
    rilevando tuttavia, come l'apposizione della firma italiana alla Dichiarazione di San Pietroburgo, avvenuta da parte del Presidente del Consiglio al margine del G20, abbia non solo sancito una nuova spaccatura in seno all'Unione Europea, per la decisione della Germania di non condividerla, ma altresì modificato la posizione dell'Italia nella crisi siriana senza alcuna consultazione con il Parlamento, prefigurando un appoggio politico del nostro Paese al possibile attacco alla Siria anche in assenza di un mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, mentre venivano contestualmente date ampie assicurazioni alla Presidenza di turno del G20 circa il fatto che l'Italia rimaneva indisponibile a partecipare attivamente ad un intervento militare contro il regime di Damasco, generando conseguentemente incertezza sulla reale collocazione del nostro Governo;
    sottolineando come l'atteggiamento prescelto sia connotato da un'ambiguità che ha obiettivamente reso poco nitida e difficilmente leggibile la posizione italiana, con l'effetto di indebolirla rispetto a tutte le parti in causa;
    osservando altresì, come l'offerta di appoggio politico da parte dell'Italia alla coalizione dei volenterosi in predicato di attaccare la Siria ponga in condizioni di oggettivo pericolo i 1100 soldati italiani partecipanti all'Unifil II, di stanza nel Libano meridionale, esponendoli al rischio di rappresaglie da parte dell'Hezbollah, in caso di intervento militare contro il regime di Damasco;
    ricordando inoltre, che la percezione del crescente pericolo di estensione al Libano della guerra civile siriana ha già indotto il Governo turco a ritirare recentemente i propri caschi blu dall'Unifil II e quello degli Stati Uniti a disporre il rimpatrio di tutto il personale diplomatico non strettamente necessario in servizio nel Paese dei Cedri;
    segnalando che la decisione della Difesa italiana di inviare nelle acque prospicienti il Libano del cacciatorpediniere Andrea Dona parrebbe comprovare l'esistenza di preoccupazioni anche all'interno delle Forze Armate del nostro Paese, che peraltro il rischieramento della citata unità non è in grado di dissipare completamente, essendo insufficiente a dissuadere o respingere eventuali attacchi terroristici da parte dell'Hezbollah;
    sottolineando che la prosecuzione degli interventi militari italiani nei teatri di crisi all'estero è assicurata soltanto fino al prossimo 30 settembre e sono da reperire i fondi per coprire le esigenze operative ad essi connesse sino al termine dell'anno in corso,

impegna il Governo:

   a chiarire in modo univoco e non ambiguo che l'Italia non appoggerà alcuna iniziativa militare internazionale che non abbia solide fondamenta nel diritto internazionale e comunque previa autorizzazione del Parlamento nell'accertamento delle responsabilità per quanto accaduto alla periferia di Damasco lo scorso 21 agosto, tuttora oggetto di controverse ricostruzioni, in conformità con le deliberazioni adottate a suo tempo dal Consiglio Supremo di Difesa il 19 marzo 2003, alla vigilia di Iraqi Freedom, se del caso dichiarando espressamente come allora la non belligeranza dell'Italia;
   a predisporre comunque in via cautelativa il rimpatrio del contingente italiano di stanza in Libano in ogni caso prima del varo del prossimo decreto legge di proroga delle missioni internazionali delle nostre Forze Armate, atteso entro il 30 settembre prossimo.
(1-00180) «Giancarlo Giorgetti, Gianluca Pini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Prataviera, Rondini».


   La Camera,
   premesso che:
    il 26 giugno scorso, al termine del lungo negoziato attuato con la nuova procedura di co-decisione tra Consiglio e Parlamento europeo, è stato raggiunto raccordo politico sulla riforma della Politica agricola comune (Pac) per il periodo 2014-20 e che la nuova Pac deve essere trasposta nel contesto nazionale;
    nella trasposizione della Pac a livello nazionale la riforma ha previsto un elevato livello di sussidiarietà che implica pertanto la possibilità di compiere scelte significative all'interno del quadro regolamentare europeo;
    è fondamentale che queste scelte siano coerenti con una politica tesa a rafforzare la vocazione del sistema agroalimentare italiano nella direzione di una produzione di elevata qualità correttamente inserita nel contesto ambientale;
    quello nazionale è un contesto in cui la superficie agricola utilizzata (SAU) è scarsa e in progressiva contrazione e la distribuzione di reddito e di potere contrattuale lungo la filiera tende ad essere poco equilibrata nei confronti degli agricoltori;
    i cambiamenti climatici in corso stanno eliminando il carattere di eccezionalità dei fenomeni atmosferici estremi che vanno dall'eccesso di precipitazioni concentrate in brevi periodi alternati a lunghe fasi siccitose, con incidenze fortemente negative sul reddito degli agricoltori: in questa ottica appare sempre più necessario l'avvio di un rinnovato programma assicurativo di gestione del rischio mentre al tempo stesso si rende indispensabile un adeguato piano di gestione delle risorse idriche;
    in questa fase storica è necessario che la maggior parte delle risorse economiche disponibili attraverso la Pac tendano ad essere convogliate verso le imprese agricole in modo da intensificarne la competitività;
    vi sono dei settori dell'agricoltura italiana che attualmente faticano a competere sui mercati internazionali nonché delle aree particolarmente svantaggiate che necessitano di misure speciali di sostegno;

impegna il Governo

   ad applicare la regolamentazione dell'Unione europea relativa al settore agricolo, per il periodo 2014-2020, conformemente ai seguenti orientamenti:
   a) perseguire la realizzazione di un modello agricolo economicamente e ambientalmente sostenibile, valorizzando le produzioni di qualità, sostenendo in tutte le forme consentite la ulteriore crescita dell'agricoltura biologica ed evitando altresì che terreni o derrate agricole vengano sottratte alla filiera alimentare e destinate alla produzione di energia, dovendosi viceversa concentrare tale fenomeno nelle sole aree marginali o inutilizzabili;
   b) utilizzare tutti gli spazi previsti dalla normativa comunitaria per incentivare la filiera corta, l'efficienza nelle relazioni fra agricoltori ed industria, l'aggregazione dell'offerta, la trasparenza delle informazioni al consumatore;
   c) adottare, nel quadro della programmazione della politica di sviluppo rurale, una misura nazionale finalizzata ad agevolare il ricorso, da parte degli agricoltori, a forme assicurative nei confronti dei rischi derivanti dalle calamità naturali, dai fenomeni meteorologici, dalle epizoozie e dalle patologie vegetali;
   d) prevedere, nel quadro della programmazione della politica di sviluppo rurale, misure di ampio respiro, su base nazionale o regionale, dirette a consentire la realizzazione di opere finalizzate a migliorare la captazione, la conservazione e la gestione dell'acqua necessaria alle pratiche agricole;
   e) promuovere intese affinché le regioni, nel quadro dei programmi di sviluppo rurale di loro competenza, concentrino l'ammontare massimo delle risorse finanziarie disponibili sulle misure dirette alle imprese agricole, a partire da quelle finalizzate ad incrementare la competitività delle imprese medesime, a favorire il rinnovo della meccanizzazione ed a sostenere i giovani agricoltori (con la attivazione di tutte le facoltà previste dalla riforma sia nel primo che nel secondo pilastro), in modo da evitare una dispersione di risorse a vantaggio di soggetti o istituzioni diversi dall'impresa agricola;
   f) definire una organica politica di sostegno per le aree montane e le zone maggiormente svantaggiate, utilizzando tutti gli strumenti previsti dalla regolamentazione comunitaria, con l'obiettivo di assicurare una remunerativa prosecuzione dell'attività agricola in tali aree, tenendo conto anche dei fondamentali effetti ambientali e socio-culturali che l'agricoltura garantisce in tali contesti;
   g) erogare gli aiuti diretti previsti per il settore circoscrivendo il campo dei beneficiari soltanto agli imprenditori agricoli a titolo principale ed ai coltivatori diretti, con esclusione di qualsiasi altro soggetto, prevedendo inoltre una soglia minima per i pagamenti onde evitare una polverizzazione degli aiuti che non reca alcun reale beneficio economico e grava pesantemente sui costi di gestione della misura;
   h) evitare che nell'ammontare degli aiuti diretti erogati agli imprenditori agricoli a titolo principale ed ai coltivatori diretti si registrino riduzioni significative rispetto alle somme erogate al termine del periodo 2007-2013, in modo da scongiurare la possibilità che una repentina diminuzione del sostegno determini situazioni di crisi per alcuni comparti o per specifiche realtà produttive;
   i) sostenere con aiuti comunitari accoppiati i comparti produttivi che strutturalmente richiedono, ai fini della propria competitività, tali forme di aiuto, quali la zootecnia bovina ed ovina da carne, la filiera bieticolo-saccarifera ed il grano duro, valutando per quest'ultimo la possibilità di un aiuto accoppiato collegato ad un regime di alternanza produttiva con le colture proteiche, che avrebbe anche un importante effetto ambientale positivo nelle aree investite;
   j) impostare, con le regioni di produzione, un piano nazionale per il tabacco che contempli specifiche misure nella programmazione della politica di sviluppo rurale unitamente a misure nazionali di sostegno compatibili con la normativa comunitaria, con l'obiettivo di garantire la prosecuzione della coltura in tutte le tradizionali zone produttive;
   k) definire una strategia di lungo periodo per il settore lattiero-caseario, che tenga conto della fine del regime delle quote e che possa efficacemente accompagnare il conseguente riassetto del comparto, facendo leva su una valorizzazione sistematica della produzione sia sul mercato interno che all'estero, attivando tutti gli strumenti previsti per migliorare il funzionamento della filiera, e ricorrendo eventualmente anche ad aiuti accoppiati, comunitari o nazionali, in maniera non strutturale e limitatamente alle situazioni ove si registrino problemi di mercato;
   l) proseguire con il massimo impegno negli indirizzi finora seguiti per i settori vitivinicolo, ortofrutticolo ed oleicolo, ove la politica comunitaria continuerà a contemplare specifici importanti strumenti di sostegno finanziario.
(1-00181) «Catania, Dellai, Cesa, Schirò Planeta».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VI e VIII,
   premesso che:
    gli investimenti in edilizia di qualità, in risparmio energetico, in fonti rinnovabili, in innovazione e ricerca e, più in generale, in interventi di green economy sono un importante volano per la ripresa dell'economia italiana dalla grave e prolungata crisi economica in atto, perché consentono di coniugare l'obiettivo di maggiore competitività e di modernizzazione del Paese con un modello di sviluppo sostenibile per l'ambiente e la società, vicino alle esigenze delle persone, delle comunità e dei territori;
    l'Italia ha siglato accordi internazionali, come il protocollo di Kyoto, e accordi con l'Unione europea nell'ambito del cosiddetto pacchetto «20-20-20», vincolanti per l'avvio di una transizione verso una economia a basso contenuto di carbonio attraverso un approccio che preveda politiche coordinate per la lotta ai cambiamenti climatici; in tale contesto il contenimento delle emissioni di anidride carbonica per ridurre il rischio di mutamenti climatici è uno degli impegni più importanti e vincolanti per l'Italia;
    la stessa Unione europea prevede che entro la primavera del 2014 tutti i Paesi membri debbano presentare iniziative volte a ridurre i consumi energetici negli edifici esistenti, mentre è stato fissato entro il periodo 2019-2021 il termine ultimo per l'adozione di standard costruttivi per i nuovi edifici pubblici e privati che garantiscano quasi l'azzeramento di tali consumi;
    a partire dal 2007, nel nostro Paese, il perseguimento dell'obiettivo dell'efficientamento del patrimonio edilizio nazionale è stato attuato anche mediante un sistema di incentivi fiscali efficaci e semplici per il cittadino. Tra questi, particolare rilievo, hanno avuto le agevolazioni fiscali del 55 per cento, oggi del 65 per cento, per interventi di riqualificazione energetica degli edifici, le quali hanno riscosso un enorme successo. Secondo un'indagine del Cresme-Enea, infatti, già un anno fa il volume complessivo di interventi connessi a tale strumento è stato pari a 1.400.000, per un totale di 17 miliardi di euro di investimento complessivi, ed ha interessato soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto. Da rilevare il forte impatto occupazionale derivante dalla misura del 55 per cento che negli scorsi anni ha contribuito ad attivare ogni anno oltre 50 mila posti di lavoro nei settori coinvolti, soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto: dalle fonti rinnovabili alla domotica, dagli infissi ai materiali avanzati. Si sono così favorite un'importante innovazione e una spinta di tutto il comparto delle costruzioni verso la qualità, al tempo stesso mitigando, quantomeno, gli effetti di una pesantissima crisi che ha portato dall'inizio della crisi alla perdita di oltre 500.000 posti di lavoro nel settore dell'edilizia;
    allo stesso modo, gli investimenti per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio rispetto al rischio sismico costituiscono ormai una priorità ineludibile per colmare gli inaccettabili ritardi accumulatisi nel corso degli ultimi decenni e per prevenire i drammatici effetti, sia in termini di perdita di vite umane che di costi per gli interventi di emergenza e di ricostruzione delle zone colpite dai terremoti. Infatti, solo per dare un'idea della gravità della situazione, le aree a elevato rischio sismico sono circa il 44 per cento della superficie nazionale e interessano circa il 40 per cento della popolazione italiana; negli ultimi 30 anni oltre 50 terremoti hanno avuto una magnitudo superiore a 5,0 e i danni provocati dai ricorrenti terremoti sono stati ingentissimi – sia in termini di vittime registrate che in termini economici – anche e soprattutto perché ricadono su un patrimonio edilizio «fragile» e altamente vulnerabile (soltanto per i sette maggiori terremoti degli ultimi decenni – Belice 1968, Friuli 1976, Irpinia 1980, Marche e Umbria 1997, Molise e Puglia 2002, Abruzzo 2009, Emilia Romagna 2012 – sono stati spesi oltre 110 miliardi di euro);
    la Camera e, in particolare la Commissione ambiente, sia nella XV che nella XVI legislatura, si è occupata del tema con pareri e atti di indirizzo, tutti approvati pressoché all'unanimità, con i quali si impegnava il Governo a stabilizzare l'agevolazione fiscale del 55 per cento, oggi 65 per cento, (cosiddetto ecobonus), e a renderla applicabile a maggiori tipologie di intervento; in particolare, nella seduta del 18 gennaio 2012 (XVI legislatura), il Governo ha accolto, ed è stata conseguentemente approvata dalla Commissione, una risoluzione che impegnava il Governo alla stabilizzazione della citata agevolazione fiscale del 55 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici e alla loro estensione agli interventi di consolidamento antisismico; da ultimo, il 15 maggio 2013, quale primo atto della presente legislatura, la Commissione ha approvato, ancora una volta all'unanimità, una risoluzione che impegna il Governo a dare stabilità alla sopraddetta misura e a prevedere la sua estensione agli interventi per il consolidamento antisismico degli edifici;
    l'articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013, nel testo originario emanato dal Governo, prevedeva (limitatamente alle spese documentate relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici sostenute dalla data di entrata in vigore del decreto-legge fino al 31 dicembre 2013), l'innalzamento della agevolazione fiscale in questione dal 55 al 65 per cento, stabilendo altresì, con riferimento agli interventi relativi a parti comuni degli edifici condominiali, che l'agevolazione fiscale del 65 per cento si applichi alle spese sostenute dall'entrata in vigore del provvedimento sino al 30 giugno 2014;
    durante l'esame alla Camera, a seguito dell'approvazione di un emendamento fortemente sostenuto da una larga maggioranza di deputati della Commissione ambiente, il suddetto testo dell'articolo 14 è stato modificato, includendo nella previsione dell'agevolazione fiscale del 65 per cento per gli interventi effettuati fino al 31 dicembre 2013, anche gli interventi di consolidamento antisismico degli edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003;
    in definitiva, come ormai confermato dalle varie indagini al riguardo, in primo luogo quella citata del Cresme-Enea, l'agevolazione fiscale del 55 per cento, oggi del 65 per cento, si è dimostrata essere, di gran lunga, fra le misure anticicliche più efficaci attivate negli ultimi anni con effetti decisamente positivi sul bilancio del nostro Paese;
    d'altra parte, nella stessa «Relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra» allegata al documento di economia e finanza 2013 (DEF) «l'incentivazione del risparmio energetico negli edifici esistenti attraverso la detrazione fiscale del 55 per cento» è indicata tra gli interventi ritenuti fondamentali «al fine di porre il Paese su un giusto percorso emissivo rispetto agli obiettivi annuali di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per il periodo 2013-2020»;
    nel contesto giuridico nazionale, dunque, l'agevolazione fiscale per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici rappresenta una delle misure più importanti di green economy, attuata con rilevanti e significativi risultati anche per quel che riguarda i risparmi nella emissione di CO2, oltre al contenimento delle spese delle famiglie per la bolletta energetica, se è vero, come è vero, che tra una casa costruita con materiali innovativi secondo criteri di efficienza energetica e una casa costruita con tecniche vetuste e materiali di scarsa qualità esiste un risparmio medio di circa 1500 euro all'anno;
    allo stesso modo, l'estensione dell'agevolazione fiscale del 65 per cento agli interventi per il consolidamento antisismico degli edifici, sia pure attualmente per i soli edifici ricadenti nelle aree del territorio nazionale classificate come zone sismiche di grado 1 e 2, deve essere vista come un primo passo nella indispensabile direzione della messa in campo di politiche complessive, efficaci e durature, di prevenzione e messa sicurezza del patrimonio edilizio nazionale, capaci di garantire insieme una maggiore tutela della vita e dell'incolumità fisica dei cittadini e una progressiva riduzione degli enormi costi degli interventi emergenziali legati al periodico verificarsi di queste tragiche calamità naturali;
    in questo quadro, tuttavia, dal 1o gennaio 2014 l'agevolazione fiscale del 65 per cento (ecobonus) sarà ricondotta al 36 per cento, vale a dire alla misura originariamente prevista per le sole spese di ristrutturazioni edilizie che, dal 2012, è stata resa strutturale e definitiva con l'inserimento nel testo unico delle imposte dirette; finora, inoltre, l’ecobonus ha riguardato solo il patrimonio edilizio privato. Occorrerebbe pertanto, trovare soluzioni nuove per ampliare la platea dei soggetti fruitori di tale misura agevolativa, da un lato estendendo l’ecobonus agli interventi di riqualificazione energetica degli interi edifici e agli interventi di consolidamento antisismico degli edifici situati in aree ad alta pericolosità sismica che, tuttavia, per ragioni di tipo amministrativo, non rientrano ancora nelle citate zone sismiche 1 e 2, dall'altro, estendendo tale misura agli interventi per il consolidamento antisismico dei beni immobili strumentali (il Cresme ha stimato che l'estensione della platea dei beneficiari ai beni immobili strumentali potrebbe produrre da sola un incremento del 40-50 per cento degli investimenti) e agli edifici pubblici, dal momento che sono soprattutto gli edifici pubblici a registrare un insufficiente standard di sicurezza e di qualità: oltre la metà delle scuole italiane, ad esempio, è stata costruita prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica (1974);
    del resto, la migliore dimostrazione della bontà e della necessità di stabilizzare e ampliare l'ambito di applicazione dell'agevolazione fiscale per gli interventi di consolidamento antisismico degli edifici (oltre che del fatto che la qualità dell'ambiente nel quale le persone e le famiglie vivono è fortemente influenzata dalle condizioni strutturali e funzionali degli edifici), è venuta dai recenti terremoti in Garfagnana e Lunigiana e nelle Marche che, a fronte di scosse di alta intensità, non hanno prodotto alcuna vittima, soprattutto grazie al fatto che in quelle zone esiste un patrimonio edilizio ben costruito e rispondente alle vigenti norme antisismiche;
    in più occasioni, anche in occasione di audizioni parlamentari, sia il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi, che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, si sono impegnati per la stabilizzazione dell'agevolazione del 65 per cento;
    infine, nella seduta della Camera del 30 luglio 2013, in sede di conversione del decreto-legge n. 63 del 2013, il Governo si è impegnato, esprimendosi favorevolmente sull'ordine del giorno n. 9/1310-A/19, a «presentare, all'immediata ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa estiva, iniziative volte a dare stabilità all’ecobonus» oltre che ad ampliarne l'ambito di applicazione;
    ad oggi la pubblicità sulla normativa e sugli effetti economici e ambientali del provvedimento temporaneo è stata frammentaria e parziale; una pubblicità diffusa, chiara e puntuale potrebbe ampliare il numero degli interventi e gli effetti della normativa,

impegna il Governo:

   a rafforzare le politiche ambientali e di sostegno dell'edilizia di qualità, anche nell'ottica del perseguimento di quello sviluppo sostenibile sostenuto a livello globale e su cui l'Italia ha assunto impegni precisi anche nella recente Conferenza dell'ONU «Rio+20», assumendo iniziative urgenti dirette alla messa in sicurezza e alla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio nazionale, privato e pubblico, in particolare prevedendo nel disegno di legge di stabilità per il 2014 specifiche norme dirette a:
    a) dare stabilità all’ecobonus, vale a dire all'agevolazione fiscale del 65 per cento prevista dall'articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013;
    b) inserire l’ecobonus all'interno del complessivo quadro normativo in materia di agevolazioni fiscali, avendo cura di garantire, in ogni caso, un effettivo vantaggio agli interventi volti alla riqualificazione energetica e alla messa in sicurezza del patrimonio immobiliare, tenendo fermo a tal fine l'attuale parametro normativo che prevede una differenza di 15 punti percentuali fra l'agevolazione fiscale in parola (ecobonus) e quella riconosciuta per gli ordinari interventi di ristrutturazione edilizia;
    c) ampliare i soggetti fruitori dell’ecobonus, includendo nell'elenco degli interventi per i quali è possibile godere di tale agevolazione fiscale:
     1) gli interventi relativi alla riqualificazione energetica del patrimonio di edilizia residenziale pubblica;
     2) gli interventi relativi alla riqualificazione energetica di edifici interi;
     3) gli interventi di consolidamento antisismico degli edifici ricadenti in aree al alta pericolosità sismica che, per ragioni di tipo amministrativo, non rientrano ancora nelle zone 1 e 2 di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003;
     4) gli interventi di consolidamento antisismico dei beni immobili strumentali;
    d) pubblicizzare in maniera diffusa su tutti i media la normativa in merito all'Ecobonus.
(7-00090) «Realacci, Capezzone, Cominelli, Pastorelli, Giovanna Sanna, Gadda, Matarrese, Manfredi, Tino Iannuzzi, Benamati, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Segoni, Terzoni, Tofalo, Zolezzi, Braga, Mariani».


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    secondo l'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006, comma 1, nella sua formulazione in vigore dal 25 dicembre 2010, il materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso (quali paglia, sfalci, potature, e altro), che non venga utilizzato in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia, rientra nella gestione dei rifiuti speciali, in quanto derivanti da attività agricole e agro-industriali;
    così articolata, la disciplina in questione non consente più l'eliminazione di detto materiale mediante l'uso del fuoco, pratica che così va a configurare il reato di illecito smaltimento dei rifiuti;
    tale disciplina ha creato non poca incertezza, posto che le regioni, nell'ambito dell'elaborazione dei propri piani di prevenzione degli incendi boschivi, hanno spesso disciplinato in senso opposto in ordine a tali pratiche, configurando come lecite (in certi orari e con determinate modalità) la pratica dell'abbruciamento di detto materiale vegetale di scarto;
    al momento, stante in materia di tutela dell'ambiente la chiara prevalenza della normativa statale su quella regionale (più volte sancita dalla stessa Corte costituzionale, cfr. sentt. nn. 307 del 2003, 246/2006, 378/2007), dove la prima costituisce un limite invalicabile per la seconda, detto materiale deve essere trattato, secondo le vigenti previsioni di legge, alla stregua di rifiuto speciale;
    le aziende agricole italiane, in modo particolare quelle di modeste dimensioni, sono messe in una situazione di grave di difficoltà dalla normativa nazionale citata in premessa, posto che devono sopportare costi aggiuntivi per lo smaltimento di materiale vegetali del tutto naturali;
    in particolare, dette aziende spesso non sono nelle condizioni di poter produrre, secondo quanto previsto dall'articolo 185 citazione «energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana», dati gli elevati costi che tali processi comportano, e stante anche l'assoluta genericità delle condizioni poste dalla stessa normativa (che determinato una notevole incertezza negli stessi operatori economici nel settore agricolo);
    a fronte dei notevoli costi che le aziende agricole sono costrette a sopportare, specialmente nel presente periodo di grave crisi economica, per lo smaltimento di paglie, potature ed altro materiale vegetale simile, l'alternativa (del tutto inaccettabile) per dette imprese al momento è la commissione del reato di illecito smaltimento dei rifiuti;
    nell'attuale quadro di incertezza, quindi, sulle possibili condotte lecite alternative che le aziende possono adottare in merito alla presente questione, il rischio è che detto materiale non venga ne raccolto né in qualche modo smaltito, aumentando così il rischio di incendi derivanti dall'essicazione di quest'ultimo e l'innalzamento delle temperature;
    le condizioni estremamente delicate nella quali si trova il settore agricolo nazionale impongono un'attenzione particolare sulle problematiche di questo da parte delle istituzioni nazionali, ivi comprese quelle legate alla gestione e smaltimento dei rifiuti,

impegna il Governo

a prendere opportune iniziative, di qualsiasi natura e nell'ambito delle proprie competenze, al fine di mettere in condizione le imprese agricole di poter smaltire autonomamente, e pur sempre nei rispetto dell'ambiente, paglia, sfalci, potature, nonché materiali agricoli o forestali naturali non pericolosi, ivi inclusi quelli derivanti dalla manutenzione del verde pubblico e privato, che non vengano utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia.
(7-00089) «Pastorelli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANCARLO GIORGETTI, INVERNIZZI, ALLASIA, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un medico di 44 anni di Trescore (Bergamo), Eleonora Cantamessa, e un indiano sono stati travolti e uccisi l'8 settembre 2013 a Chiuduno (Bergamo), a seguito di una rissa scatenatasi intorno alle ore 22.30 sulla ex strada provinciale 91;
   secondo una prima ricostruzione dei fatti, la dottoressa Cantamessa, mentre tornava a casa, ha visto la rissa fra gli indiani e poiché uno di loro giaceva a terra sanguinante si è fermata a prestargli soccorso;
   mentre era china sul ferito, l'auto degli aggressori è tornata indietro e ha falciato entrambi i corpi;
   l'inaudita violenza della notte scorsa è l'ennesima tragica testimonianza di quanto accade nella provincia di Bergamo nei luoghi dove la presenza degli immigrati è particolarmente nutrita e rappresentata da popolazioni ed etnìe molto diverse tra loro (indiani, pakistani, e altri), tanto da creare conflitti, spesso per motivi religiosi;
   le forze dell'ordine, pur svolgendo un lavoro esemplare, risultano essere in numero insufficiente, per garantire un pieno controllo del territorio bergamasco, anche per via della carenza di mezzi tecnici e strutturali –:
   quali misure intendano intraprendere per potenziare gli organici delle forze dell'ordine e le relative dotazioni economiche-finanziarie, al fine di salvaguardare la sicurezza dei cittadini bergamaschi.
(4-01778)


   BOCCADUTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   dal comunicato ufficiale della Presidenza del Consiglio del 9 settembre 2013 si apprende che il consiglio di amministrazione ha avviato la procedura di riconferma del professor Vito Riggio a presidente dell'Ente nazionale dell'aviazione civile;
   il professor Riggio era stato nominato commissario straordinario dell'Enac dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ingegner Pietro Lunardi, il 10 luglio 2003. Successivamente era stato nominato presidente con decreto del Presidente della Repubblica l'11 agosto 2003, su delibera del Consiglio dei Ministri nella seduta dell'11 luglio 2003 e poi riconfermato il 27 settembre 2007. Quindi è stato nominato con reiterate proroghe commissario straordinario;
   ove si procedesse ad ulteriore nomina, il professor Riggio otterrebbe un terzo mandato, per un periodo complessivo tra ruolo di presidente e di commissario di reggenza dell'Enac di 14 anni;
   in questi anni l'Enac ha trattato questioni delicatissime, tra cui la cessione degli slot di Alitalia-Linee aree italiane spa alla Compagnia aerea italiana spa, il fallimento di Windjet spa, l'ingresso nel mercato italiano di Ryanair;
   la rotazione delle cariche pubbliche apicali è un principio che irrobustisce le istituzioni e che il governo dovrebbe tener in alta considerazione nel procedere alle nomine di propria competenza –:
   se il Ministro non ritenga opportuno individuare altri professionisti che possano essere nominati presidente dell'Ente nazionale dell'aviazione civile. (4-01782)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:


   CARELLA, GASBARRA, META, MORASSUT, TIDEI, MICCOLI, FERRO e GREGORI. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   il Sahara Occidentale, conosciuto come Sahara spagnolo, è stato colonia spagnola fino al 1976;
   le Nazioni Unite hanno inserito il Sahara occidentale nella lista dei territori non autonomi e dal 1991 ha istituito e inviato in Sahara occidentale una missione internazionale di interposizione denominata Minurso, di cui fanno parte anche militari italiani;
   il piano di pace dell'ONU, sottoscritto dalle parti, Regno del Marocco e Fronte Polisario, legittimo rappresentante del Popolo sahrawi, prevedeva inoltre la cessazione delle ostilità e la celebrazione, entro un anno, di un referendum di autodeterminazione con il quale si definisse lo status del Sahara Occidentale, ma tale referendum non si è mai svolto;
   le Nazioni Unite in numerosi documenti ufficiali hanno riconosciuto il diritto del popolo sahrawi all'autodeterminazione, respingendo così di fatto le pretese di sovranità avanzate dal Marocco. Sono numerose le risoluzioni dell'Assemblea generale e del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in forza delle quali si riconosce il processo di autodeterminazione del popolo sahrawi;
   il Consiglio di sicurezza il 25 aprile 2013 ha prorogato il mandato della MINURSO, fino al 30 aprile 2014 (S/RES/2099), dopo aver discusso le conclusioni e le raccomandazioni del Segretario generale dell'ONU sulla situazione in Sahara occidentale (S/2013/220 dell'8 aprile 2013) e dell'iniziativa diplomatica svolta dall'inviato personale delle Nazioni Unite per il Sahara Occidentale, Christopher Ross, e ha riaffermato la sua volontà di aiutare le parti a pervenire a una soluzione politica giusta, durevole e mutualmente accettata che garantisca l'autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, secondo i principi enunciati dalla Carta delle Nazioni Unite e ha chiesto alle parti e agli Stati vicini di cooperare con le Nazioni Unite al fine di superare l’impasse in cui si trovano, da tempo, i negoziati e di avanzare verso una soluzione politica capace di rinforzare la cooperazione tra gli Stati del Maghreb arabo e di contribuire a garantire stabilità e sicurezza nella regione del Sahel;
   il Segretario generale dell'ONU ha inoltre chiesto un maggiore impegno nel garantire il rispetto dei diritti umani in Sahara occidentale e ha incoraggiato le parti a collaborare con la comunità internazionale per mettere a punto e applicare misure credibili, che garantiscano pienamente il rispetto dei diritti umani della popolazione civile saharawi, privata dei diritti più elementari (diritti di associazione, di espressione e di manifestazione), così come hanno evidenziato i rapporti di Amnesty International, Human rights watch, l'Organizzazione mondiale contro la tortura, l'Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni unite e la Fondazione Robert F. Kennedy;
   il 19 aprile 2013 il dipartimento di Stato americano ha pubblicato un dossier sulla situazione dei diritti umani in Sahara occidentale, a sostegno di un progetto di risoluzione che proponeva l'ampliamento del mandato della MINURSO sui diritti umani, poi abbandonato a seguito delle pressioni della diplomazia marocchina;
   l'Ufficio delle Nazioni Unite dell'Alto commissario per i diritti umani ha espresso preoccupazione le per durissime sentenze emesse il 17 febbraio 2013 dal Tribunale militare di Rabat nei confronti di 25 civili saharawi, arrestati la notte tra l'8 e il 9 novembre 2010, dopo lo smantellamento del campo della dignità di Gdeim Izik, nei pressi di El Aioun, la capitale del Sahara occidentale, senza aver tentato di fare chiarezza sui fatti e senza avere reali prove di colpevolezza, come hanno testimoniato i rapporti degli osservatori internazionali presenti al processo. Il Tribunale ha emesso 9 condanne all'ergastolo, 4 a trent'anni, 8 a venticinque anni e 2 a vent'anni. Solo per due componenti del gruppo la pena è stata commisurata alla detenzione preventiva della pena (due anni). Gli accusati hanno dichiarato ai famigliari di essere stati torturati e maltrattati durante la detenzione, costretti, con la forza, a sottoscrivere le dichiarazioni rilasciate durante gli interrogatori della polizia;
   non vanno inoltre dimenticate le drammatiche condizioni di vita dei profughi saharawi costretti a vivere da decenni in campi di rifugiati in Algeria, nei pressi della città di Tindouf, totalmente dipendenti dagli aiuti umanitari, che a seguito della crisi economica mondiale sono drasticamente diminuiti, determinando effetti devastanti sull'intera popolazione rifugiata, in particolare donne, bambini e anziani;
   il 24 luglio 2013 Marocco e Commissione europea hanno sottoscritto un nuovo accordo di pesca che consentirà a 126 pescherecci europei, un centinaio di quali di nazionalità spagnola, di pescare nelle acque territoriali del Marocco e del Sahara occidentale, visto che nello stesso accordo non se ne specifica l'esclusione. L'accordo costerà alla Commissione 40 milioni di euro all'anno, per quattro anni, a fronte dei 36,1 milioni di euro del precedente accordo, che però non sarà immediatamente esecutivo, ma dovrà essere approvato dal Parlamento europeo, che già nel 2011 aveva espresso parere contrario al rinnovo dell'accordo. Le motivazioni del voto contrario erano basate sui dubbi circa l'effettiva rendita economica e la sostenibilità del patto per l'Unione europea, ma soprattutto perché l'accordo violava i diritti fondamentali del popolo saharawi e la legalità internazionale;
   il Sahara Occidentale non è parte del Marocco, nessun Paese ha mai riconosciuto le sue pretese di sovranità e i Saharawi non sono mai stati consultati sul tema dello sfruttamento delle risorse del territorio (pesca, fosfati, ...) e non vi sono prove che ne abbiano avuto beneficio;
   le pretese del Marocco sul Sahara Occidentale sono state respinte dalla Corte Internazionale di giustizia, che nel 1975 ha confermato che non esiste alcun vincolo di sovranità del Regno del Marocco sul Sahara occidentale. Con questo accordo si estende de facto l'autorità del Marocco anche sulle acque territoriali di pertinenza del Sahara occidentale, con ciò negando al popolo saharawi un'effettiva utilizzazione delle risorse ittiche;
   a parere degli interroganti quest'accordo dell'Unione europea è altamente contraddittorio, in quanto teso a riconoscere al Marocco il controllo e lo sfruttamento delle acque territoriali del Sahara Occidentale, in violazione del diritto internazionale. Ora che l'attuale accordo di pesca con il Marocco deve essere rinnovato, il Sahara Occidentale dovrebbe essere esplicitamente escluso dalla sua applicabilità territoriale, come d'altronde lo esclusero gli Stati Uniti al momento della firma di un accordo di libero scambio con il Marocco –:
   quale sia la posizione del Governo riguardo l'accordo commerciale di sfruttamento delle risorse ittiche del Sahara occidentale da parte del Regno del Marocco;
   se non ritenga tale accordo ampiamente in contraddizione con quanto dichiarato da Hans Corell, consigliere legale delle Nazioni Unite che, nel suo parere giuridico emesso dal Consiglio di sicurezza nel 2002, concludeva che lo sfruttamento delle risorse naturali del Sahara Occidentale, poiché non tiene conto degli interessi e dei desideri dei Saharawi, era da considerarsi contrario alla legalità internazionale, anche considerato che Corell ha in seguito dichiarato: «È evidente che un accordo con queste caratteristiche, che non distingue le acque del Sahara Occidentale da quelle del Marocco, viola la legge internazionale» (New Routes, Vol. 15 (4/2010), pag. 13) e che a causa di tutti questi dubbi legali, i servizi giuridici del Parlamento europeo hanno raccomandato all'Unione europea già nel 2009 di sospendere l'accordo o per lo meno di non estenderlo alle acque del Sahara Occidentale;
   quale sia la posizione del Governo rispetto all'attuale situazione del popolo saharawi e che tipo di azioni intende mettere in campo, affinché siano pienamente rispettati i diritti umani della popolazione saharawi. (3-00303)

Interrogazione a risposta scritta:


   LOCATELLI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende da un articolo del Corriere della Sera del 18 agosto 2013, il governo dell'Ecuador avrebbe deciso di fare marcia indietro e, dopo aver approvato nel 2007 un progetto definito rivoluzionario per la tutela della foresta amazzonica, avrebbe deciso di concedere le trivellazioni in una delle aree del Paese con la più vasta biodiversità, il Parco nazionale dello Yasuni;
   sei anni fa, infatti, il Governo ecuadoregno aveva deciso di sospendere le attività petrolifere nel campo di Ishpingo-Tambococha-Tiputini (ITT), che possiede riserve equivalenti a circa 920 milioni di barili di petrolio, per un valore di 7,2 miliardi di dollari, in cambio di un indennizzo di circa 3,6 miliardi da parte della comunità internazionale entro il 2023;
   tale piano, accolto con apparente entusiasmo dai Paesi occidentali e patrocinato dall'ONU, avrebbe consentito di evitare l'estrazione del greggio con la relativa riduzione di oltre 400 milioni di tonnellate di diossido di carbonio nell'atmosfera e la conservazione di un'area che, secondo alcuni recenti studi, in un ettaro quadrato accoglie più specie animali di tutta la fauna selvatica nordamericana;
   nel settembre dell'anno scorso, a margine dell'Assemblea generale dell'ONU, l'Italia, così come altri numerosi Stati, ha firmato un accordo con l'Ecuador per una conversione di una tranche del debito del Paese sudamericano, pari a 35 milioni di euro, come contributo all'iniziativa per la salvaguardia dello Yasuni;
   molti volti noti di Hollywood si sono impegnati a favore di tale iniziativa contribuendo in maniera decisiva alla raccolta di fondi;
   la popolazione ecuadoriana, in particolar modo quella indigena che vive nell'area equatoriale, ora chiede a gran voce una consultazione popolare per far decidere al popolo le sorti dell'area dello Yasuni;
   Humberto Cholango, presidente della Confederazione delle nazionalità indigene dell'Equatore (Conaie), ha affermato che in Ecuador «si consulta la popolazione sulle corride per cui non si capisce perché non si possa consultare su una questione di enorme importanza che potrebbe mettere in pericolo la vita degli indigeni e della biodiversità dell'area»;
   tutto ciò sarebbe dovuto al mancato arrivo dei fondi internazionali promessi a sostegno di tale iniziativa, a dimostrazione che al di là dell'apparenza vi è un sostanziale accordo tra i poteri economici e quelli politici che sono più interessati all'estrazione del greggio piuttosto che alla salvaguardia del pianeta;
   il Fondo creato per finanziare il progetto ha finora raccolto solo 13,3 milioni di dollari già versati e impegni per altri 116 milioni, cifra che rappresenta appena lo 0,37 per cento di quanto il governo di Quito si attendeva;
   se non si riuscirà a trovare rapidamente una soluzione il pianeta andrà incontro ad ulteriori danni irreversibili a tutto beneficio delle compagnie petrolifere che ovviamente esultano per la mancata realizzazione del progetto previsto –:
   se e per quale motivo l'Italia non abbia assolto agli impegni presi per sostenere economicamente questa importante iniziativa che, almeno sulla carta, era stata presa in una sede internazionale e che avrebbe rappresentato un importante cambiamento di rotta nelle quasi inesistenti politiche di difesa dell'ambiente;
   se non si ritenga importante ed urgente intervenire, in tutte le sedi internazionali, affinché si renda operativo l'impegno sottoscritto per impedire le riprese delle attività petrolifere nell'area del Parco nazionale dello Yasuni a difesa delle popolazioni locali e della ricca ed importantissima biodiversità ivi esistente. (4-01790)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   anche in questa stagione estiva che volge al termine il tratto di mare compreso tra Metaponto, Pisticci, Scanzano e Policoro è stato teatro di avvistamenti di numerosi delfini;
   da alcuni anni l'avvistamento di questi mammiferi si è fatto più frequente suscitando la gioiosa attenzione di bagnanti;
   questa presenza ovviamente depone a favore dell’habitat e della qualità delle acque del mar Jonio su cui si affaccia la Basilicata;
   tale tratto è però inserito nelle concessioni di ricerca petrolifera che purtroppo anche l'ultimo decreto ministeriale dello sviluppo economico non ha modificato preservandolo da tali possibili attività;
   l'area dunale e retrodunale del litorale è già inserita nelle aree SIC per le particolari caratteristiche presenti –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda attivare per prevedere innanzitutto l'inserimento del tratto lucano jonico tra le aree di reperimento per la presenza dei delfini e successivamente istituendo una specifica area marina protetta. (5-00982)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOBBA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   a Vercelli recentemente sono stati scoperti i resti di un opificio di epoca romana, attribuibile al II secolo dopo Cristo, durante i lavori relativi alla realizzazione del Museo dello Sport;
   a seguito di detto ritrovamento, la cittadinanza si è attivata, attraverso una petizione, promossa dall'Associazione Città del riso e dalla Consulta per la valorizzazione del territorio vercellese, al fine di «non permettere la distruzione dell'Opificio romano, salvandolo e attrezzandolo ai fini turistici»;
   a parere dell'interrogante la proposta contenuta nella petizione è condivisibile infatti nella stessa si legge: «Il “Museo dello Sport” è un'opera costosa che molti giudicano di dubbia utilità. In ogni caso esso può essere trasferito altrove, sempre in città. Oppure il progetto – come avviene in molti Paesi civili del mondo – può essere modificato, lasciando visitabile l'Opificio, anche ai fini turistici»;
   la petizione pone l'attenzione anche sull'anfiteatro romano, sito nelle vicinanze dell'opificio e da diversi anni chiuso al pubblico, il quale non è valorizzato sia per il suo potenziale storico che turistico;
   la petizione di cui in premessa è stata firmata da 650 persone, di cui 204 firme sono state protocollate e solo il 12 per cento delle adesioni arrivano da città diverse da Vercelli –:
   se non si ritenga urgente e doveroso intervenire al fine di preservare e promuovere l'Opificio romano di cui in premessa, anche attraverso il coinvolgimento di tutte le associazioni e degli esperti locali quali reali interlocutori tecnici degli enti locali che non dispongono di uffici specifici competenti. (5-00988)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI, INVERNIZZI e CAPARINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la storia e la cultura locale sono state spesso raccontate e trasmesse dalle televisioni e dalle radio locali;
   in Lombardia, ad esempio, è nata la prima alternativa alla Rai, Antenna 3 di Renzo Villa, le cui trasmissioni erano seguite in tutto il Nord e replicate da altre Tv locali;
   tante altre reti televisive e radio locali hanno raccontato l'Italia dalla provincia, fornendo un racconto spesso diverso da quello delle reti nazionali e della Rai;
   i loro archivi sono in parte spariti e in parte si stanno smagnetizzando, facendo perdere per sempre questi documenti storici, tra cui anche importanti telegiornali locali;
   per conservare questi archivi sarebbe utile e necessario convertire le pellicole o i VHS in digitale ed archiviare in videoteche apposite questi importanti documenti;
   in tal modo, sarebbe possibile salvare una parte importante della nostra storia e della nostra cultura e permettere ai posteri di avere un'importante fonte culturale che vada al di là dei filmati delle teche Rai –:
   se il Ministro sia a conoscenza di questa problematica e se non intenda intervenire, anche con il coinvolgimento di volontari, affinché un'importante testimonianza storica, quale quella delle televisioni e delle radio locali, venga salvaguardata. (4-01785)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI, ARTINI, ALBERTI, RIZZO, L'ABBATE, PARENTELA, GALLINELLA, BASILIO, PAOLO BERNINI e FRUSONE. — Al Ministro della difesa, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere — premesso che:
   attualmente sono circa 282 i vincitori e gli idonei di concorsi pubblici banditi dall'Amministrazione civile della difesa negli anni 2008-2009 e che risultano essere in attesa di assunzione. Le procedure concorsuali in parola sono quelle di seguito specificate:
   a) concorso su base circoscrizionale per 111 posti di funzionario di amministrazione, area funzionale C, posizione economica C1. Bandito con Gazzetta Ufficiale 4a Serie Speciale n. 59 del 27 luglio 2007, graduatoria di merito pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 24 del 25 marzo 2011. Tale procedura si è conclusa nel 2009 e i relativi cittadini risultati vincitori/idonei sono in attesa da 4 anni;
   b) concorso su base circoscrizionale per 9 posti di collaboratore bibliotecario, area funzionale C, posizione economica C1 bandito con Gazzetta Ufficiale 4a Serie Speciale n. 59 del 27 luglio 2007, graduatoria di merito pubblicata in data 8 aprile 2009, con i vincitori in attesa da 4 anni;
   c) concorso su base circoscrizionale per 63 posti di collaboratore tecnico, elettrotecnico ed elettromeccanico area funzionale C, posizione economica C1. Bandito con Gazzetta Ufficiale 4a Serie Speciale n. 59 del 27 luglio 2007, graduatoria di merito pubblicata in data 14 novembre 2008, con i vincitori in attesa da 5 anni;
   d) concorso su base circoscrizionale per 4 posti di funzionario tecnico, settore elettronico, optoelettronico e delle telecomunicazioni area funzionale C, posizione economica C2. Bandito con Gazzetta Ufficiale, 4a Serie Speciale n. 59 del 27 luglio 2007, graduatoria di merito pubblicata in data 15 dicembre 2008, con i vincitori in attesa da 5 anni;
   e) concorso su base circoscrizionale per 5 posti di ingegnere del settore elettrotecnico ed elettromeccanico, area funzionale C, posizione economica C2. Bandito in data 16 luglio 2007, graduatoria di merito pubblicata in data 28 novembre 2008 con un'attesa di 5 anni;
   f) concorso su base circoscrizionale per 30 posti di assistente tecnico del settore motoristico e meccanico, area funzionale B, posizione economica B3. Bandito con Gazzetta Ufficiale 4a Serie Speciale n. 59 del 27 luglio 2007, graduatoria di merito pubblicata in data 15 dicembre 2008 in attesa da 5 anni;

   considerato che la direzione generale del personale civile (Persociv) ha inoltrato alla funzione pubblica, già dal 2011 la richiesta di autorizzazione alla assunzione del personale risultato vincitore che, successivamente rimodulata sulla base delle risorse disponibili, riguarda:
   a) n. 208 assunzioni complessive, di cui n. 175 per la cosiddetta area 3a (riferite alla copertura dei posti messi a bando delle procedure da punti 1 a 4 specificati in premessa) per la copertura, nel numero esatto, di carenze nell'area risultanti alla data del 31 ottobre 2012 per effetto della rideterminazione delle dotazioni organiche avvenuta a seguito dei tagli imposti dallo spending review (decreto-legge n. 95 del 2012);
   b) n. 24 per la cosiddetta area 2a (riferite alla copertura dei posti messi a bando di cui al punto 6 specificato in premessa);
   c) n. 7 ripartite tra dirigenti, professori, vittime del terrorismo, e altri;

   sussistono gravissimi problemi dovuti allo progressiva perdita di professionalità a causo delle cessazioni dal servizio di personale civile della difesa e del mancato ripianamento delle carenze per effetto del blocco del turnover;
    tale situazione critica è avvertita, in particolare, negli arsenali e altri enti della cosiddetta area industriale, la cui presenza è stato ripetutamente giudicata come strategica ai fini della stessa missione istituzionale;
    il progressivo invecchiamento della forza lavoro civile dell'Amministrazione dello difesa (età media intorno ai 56 anni) lo rende ogni giorno sempre meno efficiente;
    gli elevati oneri sostenuti dalla pubblica amministrazione per esperire le citate procedure concorsuali potrebbero essere dispersi se non finalizzati al reclutamento dei vincitori/idonei dei relativi concorsi parte dei quali, a causa del lungo tempo di atteso delle assunzioni ormai trascorso, potrebbero aver rinunciato alle stesse –:
   quali iniziative nell'immediato si intendano porre in essere, o siano già state poste in essere, per ottenere da parte della funzione pubblica l'autorizzazione richiesta da Persociv ai fini dell'assunzione dei candidati risultati vincitori delle procedure in argomento. (4-01791)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LIUZZI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 155 del 2012 recante le disposizioni attuative sulla soppressione dei tribunali e riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari a causa di misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria, prevede la soppressione di 31 sedi di Fori e delle relative procure della Repubblica, la soppressione di 220 sezioni distaccate e l'entrata in vigore per il 13 settembre 2013 (articolo 11 del decreto legislativo n. 155 del 2012);
   la sezione distaccata di Pisticci del tribunale di Matera, sin dalla sua istituzione, in forza della legge delega n. 254 del 1997 è stata allocata presso una struttura di proprietà comunale il cui costo per il Ministero della giustizia attualmente ammonta a 120.000,00 euro annui;
   il comune di Pisticci, con un notevole dispendio di risorse economiche, ha ristrutturato ed ammodernato, con risultanti di eccellenza, la sede degli uffici giudiziari nel plesso di via Cantisani di 2.523 metri quadri netti, adeguato alle esigenze rappresentate dal presidente del tribunale di Matera unitamente al capo degli uffici amministrativi;
   il comune di Pisticci per tutto il tempo necessario per l'efficacia dei tempi attuativi del richiamato decreto legislativo 155 del 2012, ha deliberato – verbale n. 226 protocollo n. 316 del 9 ottobre 2012 e verbale n. 232 protocollo 326 del 16 ottobre 2012 – il trasferimento nella nuova sede degli uffici giudiziari, mettendola a disposizione a titolo di comodato d'uso gratuito e senza alcun onere a carico del Ministero della giustizia. Suddetto progetto, già a conoscenza delle autorità giudiziarie e del Ministero della giustizia, visti i pareri favorevoli ivi compreso quello del presidente della corte d'appello di Potenza con nota n. 3411 di protocollo del 6 maggio 2008, e quello della commissione circondariale di manutenzione che, con verbale protocollo n. 1109 del 2012 della seduta del 15 giugno 2012, ha espresso parere favorevole sull'idoneità dei locali messi a disposizione dal comune di Pisticci per il trasferimento della sezione distaccata del tribunale e dell'ufficio del giudice di pace;
   con l'entrata in vigore del decreto legislativo n.155 del 2012, tutte le sezioni distaccate dei tribunali, tra cui quella di Pisticci, sono state soppresse, ma l'articolo 8 del decreto legislativo n. 155 del 2012 prevede che «Quando sussistono specifiche ragioni organizzative o funzionali [...] il Ministro della giustizia può disporre che vengano utilizzati a servizio del Tribunale, per un periodo non superiore a cinque anni dalla data di efficacia di cui l'articolo 11, comma 2, gli immobili di proprietà dello Stato, ovvero di proprietà comunale [...] 4. Le spese di gestione e manutenzione degli immobili sono a carico del Comune ove i medesimi si trovano in base alle disposizioni della legge 24 aprile 1941 n. 392»;
   il tribunale di Matera, sede accorpante, che allo stato attuale è insufficiente ed inadeguata a garantire la funzionalità e l'efficienza dello stesso, presenterà ulteriori criticità con il trasferimento della sezione distaccata di Pisticci, che in termini di carichi di lavoro ordinari è pari a quelli del suddetto tribunale;
   il tribunale di Matera non solo soffre di carenza di spazi per aule, per uffici, per l'utenza, per detenuti e per archivi, ma soprattutto di servizi igienici, di cui nessuno allo stato è utilizzabile da disabili e portatori di handicap e contestualmente anche di gravi infiltrazioni di acqua dal soffitto tale da insinuarsi nei piani inferiori e nelle condutture elettriche con grave rischio per l'utenza, quest'ultime denunciate più volte dai mezzi di informazione locale;
   l'accorpamento del tribunale di Pisticci alla sede centrale di Matera, comporterà a detta dell'interrogante, l'ulteriore aggravamento dell'inadeguatezza del foro centrale, il cui comune di Matera ha già dichiarato di non avere disponibilità di risorse per acquisire locali in locazione, che, anche se disponibili, comporterebbero la dispersione degli uffici nella città;
   il comune di Pisticci, offrendo la sua struttura giudiziaria a costo zero, comporterebbe un vantaggio che si tradurrebbe in notevoli ed evidenti risparmi di spesa per il Ministero, che in caso contrario dovrebbe sobbarcarsi l'aggravio di spesa del costo degli affitti di nuovi locali indispensabili alla sede accorpante per ospitare il nuovo contenzioso, vietato dall'articolo 10 del decreto legislativo 155 del 2012 così detto «principio di invarianza»;
   la commissione circondariale di manutenzione del tribunale di Matera riunitasi il 17 aprile 2013 per la trattazione delle «linee guida per l'attuazione della procedura prevista dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 155 del 2012» deliberava a maggioranza qualificata parere favorevole sull'opportunità di richiedere al Ministro della giustizia l'applicazione estensiva dell'articolo 8 medesimo per il rilascio dell'autorizzazione all'utilizzo per un periodo di cinque anni, della struttura messa a disposizione dell'amministrazione comunale di Pisticci a servizio del settore penale del tribunale di Matera;
   il presidente del consiglio dell'ordine forense di Matera depositava parere positivo – durante la commissione sopracitata – alla proposta di mantenere in vita e rilanciare il presidio giudiziario di Pisticci condividendo l'investimento finanziario fatto dallo stesso Comune per il recupero e la ristrutturazione dell'immobile da destinare all'ufficio giudiziario;
   come risulta da verbale della predetta riunione il sindaco di Matera, ente proprietario dell'immobile della sede accorpante, faceva rilevare che nel periodo 2012/2013 l'amministrazione comunale aveva impegnato per la manutenzione del palazzo di giustizia la somma di 610.000 euro, ribadendo inoltre che per motivi di carenza di risorse finanziarie non era possibile reperire nuovi immobili di proprietà comunale o da acquisire in affitto, da destinare ad uffici giudiziari;
   a corroborare la carenza delle aule di udienza per i processi penali presso la sede centrale di Matera, interveniva il presidente della sezione penale, dottor De Benedictis che faceva rilevare che era possibile tenere solo due udienze penali al giorno, attesa la disponibilità di solo due aule di udienza, esprimendo parere favorevole al mantenimento del settore penale a Pisticci; inoltre concludeva che la commissione poteva esprimere una valutazione positiva circa l'opportunità di mantenere la sede di Pisticci al servizio del tribunale di Matera per cinque anni limitatamente al settore penale;
   il consiglio giudiziario della corte di appello di Potenza, organismo deputato a rilasciare parere, obbligatorio ma non vincolante, deliberava a giudizio dell'interrogante erroneamente che tale disposizione non è applicabile al caso di specie;
   la non utilizzazione quale sede giudiziaria del complesso immobiliare di via Cantisani di Pisticci rappresenterebbe agli occhi della società civile negativo esempio di sperpero della spesa pubblica e contestualmente di mala gestione delle risorse disponibili per rendere ai cittadini il servizio giustizia, che si aggiunge al vero e proprio scandalo rappresentato dalla prevista soppressione dell'ufficio del giudice di pace di Pisticci;
   dal «bilancio sociale della giustizia in Basilicata», indagine commissionata dalla procura generale della corte di appello di Potenza per l'anno 2006, il tribunale di Pisticci è risultato l'ufficio con il miglior rendimento in termini di costi/benefici. Alcuni dati che seguono confermano quanto appena detto: giudice di pace di Potenza la spesa annua ammonta a euro 1.008.357,00 numero di sentenze emesse 1.064, costo medio per lo Stato di ogni sentenza euro 947,71; giudice di pace di Matera: spesa annua euro 368.587, numero di sentenze emesse 640, costo medio per lo Stato per ogni sentenza euro 575,92; giudice di pace di Pisticci: spesa annua euro 227.664, numero di sentenze emesse 984, costo medio per lo Stato per ogni sentenza euro 231,37; con vari decreti del Ministero della giustizia sono state concesse proroghe ex articolo 8 per l'utilizzo degli immobili delle sedi giudiziarie accorpate – per la verità in numero insufficiente – sia ai cosiddetti tribunalini, sia ad alcune sedi distaccate –:
   come intenda il ministro far fronte alla pacifica inidoneità strutturale e funzionale del tribunale centrale di Matera, ad ospitare l'enorme contenzioso, civile e penale, rinveniente dalla soppressa sede di Pisticci;
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda porre in essere per superare le criticità strutturali e funzionali della sede centrale del tribunale di Matera – ora «cantiere aperto», in termini di sicurezza, igienicità e funzionalità per l'utenza, specie di quella portatrice di handicap – tenendo presente che la nuova e moderna sede della struttura giudiziaria di Pisticci sita in via Cantisani, è concessa dal comune di Pisticci al Ministero della giustizia a titolo totalmente gratuito;
   ove il Ministro reputi di trovare le risorse economiche per affrontare le maggiori spese necessarie per l'affitto dei nuovi locali necessari o per l'ampliamento dell'attuale stabile, stante l'indisponibilità del comune di Matera ad accollarsi qualsiasi onere;
   come giustifichi il Ministro, ritenuta la finalità di spending review del decreto legislativo 156 del 2012, la soppressione dell'ufficio del giudice di pace di Pisticci, stanti i risultati di eccellenza in Basilicata in termini di costi/benefici;
   se gli uffici giudiziari di Pisticci possano essere utilizzati in regime di prorogatio nel limite massimo dei cinque anni così come previsto dal decreto e come concesso per alcuni fori in Italia interessati dalla riforma della geografia giudiziaria. (5-00978)


   D'OTTAVIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con un documento approvato dal consiglio comunale di Cerignola in data 6 settembre 2013 si richiede un urgente incontro con il Ministro teso a valutare la possibilità di ottenere la deroga di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 152 del 2012 per il mantenimento della sede distaccata del tribunale di Foggia presso il comune di Cerignola;
   in tale documento si argomenta con ampie motivazioni descritte a favore di questa tesi, soprattutto il carico di lavoro della sede e l'importante presidio che il tribunale rappresenta nella lotta alla criminalità;
   nel resto d'Italia già sono avvenute opportune rivisitazioni al piano della geografia giudiziaria –:
   se si è fissata la data dell'incontro richiesto e quindi se siano state sospese le procedure di trasloco;
   se si intenda concertare con le autorità locali e gli organi competenti le soluzioni che permettano allo Stato di non segnare quella che all'interrogante appare una scelta di arretramento nella lotta per la legalità. (5-00989)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 155 del 2012 afferisce alla nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, l'attuale riassetto proposto per la parte territoriale del Friuli Venezia Giulia presenta l'oggettivo rischio di non apportare alcuna funzionalità al servizio giudiziario, né tantomeno di produrre una riduzione dei costi;
   nella sua stesura originaria il suddetto decreto prevedeva per il distretto della Corte d'appello di Trieste l'accorpamento della sede staccata di Palmanova al tribunale di Gorizia, secondo quanto prescritto da uno studio redatto dallo stesso Ministero della giustizia. Questa configurazione, oltre ad essere in pratica a costo zero, era di fatto coerente ad un equilibrio definito in base ai parametri relativi al numero di abitanti e alle distanze territoriali;
   questa nuova rappresentazione territoriale riceveva il parere positivo del Consiglio superiore della magistratura e che invece in sede di Commissione giustizia di Camera e Senato il disegno di riordino veniva modificato accorpando la sede distaccata di Palmanova, assieme a quella di Cividale e a quella di Tolmezzo, al tribunale di Udine. Tale cambiamento, accolto dal Ministero con la modifica del testo originario del decreto, ha comportato di fatto una serie di effetti oggettivamente non ascrivibili come positivi, se riferiti al buon funzionamento dell'istituzione e al rapporto fra la stessa macchina giudiziaria e i cittadini. Mi riferisco in particolare a:
    una produzione di costi in primo luogo riferiti al fatto che, solo per adeguare il tribunale di Udine all'esigenza di accogliere il personale e i magistrati provenienti dalle succitate sedi soppresse, si rende necessaria una spesa stimata di 2 milioni di puro; questo in palese contraddizione con l'obiettivo del provvedimento di riforma ispirato dalla spending review;
    la generazione di una sostanziale disomogeneità territoriale sia per quel che riguarda la distribuzione del numero di abitanti, sia per l'ampiezza geografica dei nuovi circondari;
    la poco funzionale dipendenza della capitaneria di porto di Monfalcone a due tribunali, quelli di Gorizia e di Udine, mentre nell'originale disegno di riforma la competenza era in capo solo a quello di Gorizia;
    l'impossibilità di ampliare il numero deficitario di magistrati della sede di Gorizia, in quanto senza accorpamenti con altre sedi non ci sarà alcuna integrazione di personale e la situazione di sotto organico impedirà ai giudici di avviare dei percorsi di specializzazione così come previsto dalla riforma;
   rilevato infine che la difficoltà complessiva di questa situazione di sofferenza del tribunale di Gorizia viene adesso fortemente appesantita dall'entrata in vigore della nuova legge che prevede il conferimento ai tribunali ordinari delle competenze proprie di quelli dei minori –:
   se alla luce di questi elementi sia da ritenere ancora vantaggioso e produttivo per l'amministrazione giudiziaria il disegno di riforma che prevede il trasferimento presso il tribunale di Udine, in alternativa a quello di Gorizia, della sede distaccata di Palmanova e in caso contrario quali iniziative intenda assumere.
(4-01780)


   RAMPELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, ha attuato la delega al Governo per la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, disponendo la chiusura di decine di Tribunali, tra i quali anche quello di Tolmezzo, in provincia di Udine;
   la soppressione mediante accorpamento al capoluogo provinciale del tribunale di Tolmezzo non trova alcuna ragione in un'ottica di efficienza e produttività, come risulta chiaramente dalla valutazione della capacità di smaltimento del lavoro e dagli indici di produttività dell'ufficio secondo le graduatorie stilate dal Ministero della giustizia, in base ai dati sui flussi giudiziari nel quinquennio 2004/2008, e dalla comparazione dei dati locali del tribunale di Tolmezzo con quelli degli altri 57 tribunali subprovinciali raccolti dalla commissione del Consiglio nazionale forense nel documento del 29 novembre 2011;
   la soppressione della citata sede, inoltre, determinerebbe devastanti effetti sull'economia di un territorio che secondo le direttive politiche regionali, nazionali ed europee dovrebbe essere oggetto di interventi di supporto, e causerebbe un rilevante onere economico a carico della popolazione, dovuto sia alla spesa per le maggiori distanze da percorrere per raggiungere gli uffici giudiziari, sia dalla riduzione di introiti per l'indotto della zona;
   infine, la chiusura del tribunale di Tolmezzo priverebbe del presidio giudiziario di prossimità un territorio che, oltre a comprendere un'area molto vasta che costituisce una vera porta aperta verso il centro e l'est Europa, e proprio in ragione di tale collocazione è interessata fortemente dai fenomeni del riciclaggio, dell'immigrazione clandestina, dell'importazione di armi e di sostanze stupefacenti, ospita un carcere di massima sicurezza (regime 41-bis), e sarebbe perciò destinato ad essere osservato con particolare interesse dalla malavita organizzata;
   il pesante impatto che la chiusura del tribunale avrebbe sull'economia e sul tessuto sociale del già depresso territorio montano della provincia di Udine, si pone anche in evidente contrasto con il nuovo modello di governo del territorio già delineato dal legislatore regionale –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di scongiurare la chiusura della sede giudiziaria di Tolmezzo. (4-01789)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni il diritto alla casa è stato messo in seria discussione attraverso la liberalizzazione degli affitti, le dismissioni e la privatizzazione del patrimonio abitativo pubblico, la caduta verticale degli investimenti nell'edilizia residenziale pubblica, la crescente tassazione sugli immobili;
   la crisi economica e sociale, con l'aumento della disoccupazione e delle fasce sociali travolte dalla povertà, ha aggravato l'emergenza della casa sintetizzabile in cifre allarmanti:
    a) 650 mila famiglie collocate nelle graduatorie comunali per l'accesso ad una casa popolare;
    b) 65 mila sentenze di sfratto emesse ogni anno di cui il 90 per cento per morosità incolpevole;
    c) 130 mila richieste annue di esecuzioni di sfratti da parte di ufficiali giudiziari;
    d) 30 mila sfratti ogni anno eseguiti con la forza pubblica;
    e) azzeramento del Fondo contributo agli affitti per le fasce più povere, con un rischio di sfratti per morosità per 350 mila famiglie;
    f) azzeramento di ogni finanziamento per edilizia residenziale pubblica a canone sociale;
    g) 30 mila case popolari tenute sfitte in gravi condizioni di degrado;
    h) un milione di assegnatari di case popolari condannati a vivere senza un'adeguata manutenzione degli alloggi da parte degli Enti gestori;
    i) 200 mila alloggi di enti pubblici posti in dismissione e sottratti alla locazione a canone sostenibile –:
   quali iniziative intenda assumere per contrastare l'emergenza abitativa attraverso:
    a) nuovi programmi di edilizia residenziale pubblica per la manutenzione e la costruzione di nuove case popolari;
    b) la sospensione degli sfratti per morosità incolpevole garantendo il passaggio da casa a casa;
    c) una nuova politica della casa che aiuti le famiglie bisognose e le giovani coppie alla costruzione di nuove abitazioni.
(2-00204) «Melilla».

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   una recente riunione a Pescara delle associazioni professionali, imprenditoriali e sindacali dell'Abruzzo, con la partecipazione di Parlamentari ed istituzioni Abruzzesi, ha chiesto con forza un programma per la velocizzazione della linea ferroviaria adriatica, anche in considerazione di un positivo impegno in questo senso annunciato dall'amministratore delegato di Trenitalia Mauro Moretti;
   dobbiamo purtroppo constatare come il nostro Paese sia segnato da una netta cesura tra area adriatica e resto dell'Italia, con la prima contrassegnata da una dotazione infrastrutturale ferroviaria decisamente penalizzante esclusa com’è dalla attuale rete del trasporto ad alta velocità, ma – cosa ancora più grave – anche da previsioni di investimenti futuri se non in aree limitate e circoscritte;
   in questo senso appare decisivo, al fine di alleggerire questo grave handicap che pesa sull'Abruzzo in modo particolare, procedere subito all'ammodernamento della rete esistente, attraverso una sua prima velocizzazione nel tratto compreso tra Bologna e Bari. Intervento possibile con un investimento quantificato dallo stesso amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, in un miliardo e mezzo di euro. La misura, se attuata, porterebbe ad accrescere significativamente fattuale velocità commerciale dei vettori, riducendo sensibilmente i tempi di collegamento tra la nostra regione e le grandi città, tanto del nord che del sud;
   strumento operativo per procedere all'investimento è l'inserimento dell'investimento del Piano nazionale per le infrastrutture, il cui aggiornamento è in via di redazione e che già nelle prossime settimane dovrebbe essere definito;
   il processo di velocizzazione deve vedere l'Abruzzo al centro dell'investimento, perché tra le regioni dell'area adriatica è la più penalizzata. Nelle Marche, infatti, sono già operativi i treni veloci di Trenitalia e Ntv; mentre la tratta più a sud, tra Bari e Foggia è addirittura già inserita organicamente nei piani finanziari dell'Alta velocità –:
   quali iniziative intenda assumere per inserire il programma di velocizzazione della linea ferroviaria adriatica nel Piano nazionale per le infrastrutture in via di aggiornamento. (3-00301)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILOZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Ferrovia Avezzano/Roccasecca è una delle tratte ferroviarie più antiche del nostro Paese essendo stata inaugurata, in tempi diversi, tra il 1884 e il 1902. Lunga circa 79 km, la ferrovia collega lungo le 22 stazioni i paesi tra la provincia dell'Aquila e la media valle del Liri;
   la tratta ferroviaria è oggi gestita dalla società RFI – Rete Ferroviaria Italiana ed ha costituito per lunghi decenni l'unico mezzo di collegamento con la capitale e la direttrice Nord/Sud per tutte gli abitanti di quelle aree;
   la tratta è oggi considerata tecnicamente una linea secondaria e viene utilizzata prevalentemente dagli studenti che frequentano l'università dell'Aquila e tutte le scuole secondarie lungo la tratta fino a Sora;
   secondo i dati dell'osservatorio regionale trasporti dell'Abruzzo (TRAIL), la tratta ha un traffico medio giornaliero feriale pari a 28 mila viaggiatori/chilometro con un incremento negli ultimi anni pari al 16 per cento;
   nel corso degli ultimi anni, RFI è intervenuta più volte sulla tratta, che ancora oggi non è stata elettrificata solamente per gli alti costi connessi a questo intervento, effettuando importanti investimenti volti alla messa in sicurezza dei 79 km del tracciato che oggi sono senza dubbio all'avanguardia sotto il profilo della sicurezza;
   secondo Rete Ferroviaria Italiana però, questa linea ferroviaria necessità di interventi di manutenzione strutturale volti ad adeguare in prevalenza i binari ai nuovi standard tecnici previsti dalla legge;
   come ogni anno, la ferrovia è stata chiusa nel mese di giugno, al termine dell'anno scolastico, per consentire lo svolgimento dei lavori di manutenzione ordinaria per poter riaprire poi nel mese di settembre;
   quest'anno però, le migliaia di studenti che utilizzano la ferrovia hanno constatato che RFI non ha riaperto la tratta ferroviaria in questione e a comunicato che la stessa resterà chiusa sine die a causa della indisponibilità dei fondi necessari a svolgere i necessari interventi tecnici;
   la chiusura della ferrovia rappresenta senz'altro un notevole disagio per le migliaia di studenti che quotidianamente la utilizzano costringendoli a utilizzare il servizio sostitutivo tramite autobus all'uopo predisposto;
   oltre ai disagi per gli utenti della tratta, la chiusura della ferrovia costituisce un errore strategico fondamentale in contrasto con una politica nazionale dei trasporti, volta a incentivare l'utilizzo di mezzi a basso impatto ambientale riducendo le emissioni di gas serra e l'inquinamento ambientale;
   RFI negli ultimi anni ha perseguito una politica di investimenti volta a privilegiare le tratte ad Alta velocità abbandonando progressivamente le linee secondarie a bassa redditività ma che costituiscono ancora oggi uno strumento fondamentale per il trasporto di milioni di persone;
   il destino della tratta Sora/Avezzano rappresenta dunque il simbolo di una politica dei trasporti differente e la sua definitiva chiusura andrebbe nella direzione opposta a quella auspicata negli ultimi anni anche dall'Unione Europea che, accanto alle direttrici Alta Velocità, ha richiamato gli Stati membri al mantenimento di un efficiente trasporto pubblico locale –:
   se non ritenga opportuno intervenire affinché la tratta ferroviaria Avezzano/Roccasecca venga riaperta al più presto dopo lo svolgimento dei necessari interventi tecnici di adeguamento strutturale;
   quali siano gli intendimenti del Governo per il rilancio del trasporto pubblico locale. (5-00984)


   PIAZZONI, PILOZZI e ZARATTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il progetto di costruzione della metropolitana Metro C di Roma è oggi uno dei cantieri più importanti dell'intero territorio nazionale sia in termini di entità dell'investimento richiesto sia in termini di importanza dell'opera in costruzione;
   il 28 febbraio 2006 avveniva l'aggiudicazione della gara all'associazione temporanea d'impresa che, a norma del decreto legislativo n. 190 del 2002, il 3 aprile 2006 costituisce la società di progetto Metro C S.c.p.A;
   il 13 aprile 2006 avveniva la firma del verbale di inizio attività e, di conseguenza, iniziavano le indagini preliminari e la progettazione dell'opera mentre il 12 Ottobre 2006 avveniva la firma del contratto tra Roma Metropolitane e Metro C S.c.p.A;
   il costo iniziale dell'opera venne quantificato in poco più di 3 miliardi di euro per la tratta Clodio-Mazzini-Monte Compatri-Pantano dei quali il 70 per cento a carico dello Stato, il 18 per cento a carico del comune di Roma e il 12 per cento a carico della regione Lazio;
   il termine dei lavori sull'intera tratta è stato originariamente stabilito per il 2016 ma, sin dall'inizio dei lavori, è apparsa subito chiara la difficoltà di rispettare tale data tanto che nell'aprile 2010, il sindaco Alemanno dichiarava lo spostamento al 2018 il fine lavori;
   i ritardi nel completamento dell'opera, composta di singole tratte delle quali sono state annunciate più volte delle pre-aperture, sono senza dubbio dovuti, come è noto, anche alla complessità dei lavori che vengono svolti in aree ad altissima densità archeologica e dunque in tempi e modi ben diversi rispetto a condizioni normali;
   oltre la necessaria cautela, è però indubbio che i ritardi accumulati, e il conseguente aumento dei costi, siano imputabili anche a negligenze, mancanza di coordinamento tra gli enti coinvolti, ritardi nelle forniture. A titolo esemplificativo, è notizia recente che la «talpa», la trivella utilizzata per compiere lo scavo delle gallerie, è ferma sotto gli scavi di San Giovanni dall'ottobre 2011, senza apparente motivo;
   mantenere fermo un macchinario come quello da oltre un anno e mezzo, comporta prevedibili ulteriori ritardi nel completamento dei lavori tanto che l'assessore Improta, nel condividere la notizia relativa al fermo della talpa, comunicava lo slittamento dell'entrata in esercizio nella tratta Pantano-Centocelle al giugno 2014;
   ancora oggi i lavori di completamento sono fermi e non risulta chiaro quando potranno riprendere come riferito dalla stampa nazionale nei giorni scorsi, all'esito di un vertice presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti tra il comune, il Ministero e la società aggiudicataria;
   ciò sta avendo degli inevitabili conseguenze occupazionali con l'annuncio della cassa integrazione per le centinaia di lavoratori impegnati nell'opera, con conseguente e paradossale aggravio dei conti pubblici;
   nel corso degli anni, il costo complessivo della linea metropolitana C di Roma è cresciuto in termini difficilmente quantificabili, attesa la sequela di integrazioni e nuovi stanziamenti decisi dai Governi succedutisi nel tempo. Da ultimo il decreto n. 69 del 2013, prevede che «Entro il 30 ottobre 2013 viene sottoposto al CIPE il progetto definitivo della tratta Colosseo-Piazza Venezia della linea C della metropolitana di Roma, da finanziarsi a valere sul Fondo di cui al comma 1 a condizione che la tratta completata della stessa linea C da Pantano a Centocelle sia messa in esercizio entro il 15 ottobre»;
   un ulteriore stanziamento è dunque preannunciato anche se in termini e modi ancora non quantificabili. Ciò rende ancora più necessaria una quantificazione reale ed effettiva dei costi sostenuti fino ad oggi per la progettazione e costruzione della linea metropolitana C di Roma e dei costi ancora da sostenere per il completamento definitivo dell'opera;
   ulteriormente, appare necessario, ad opinione degli interroganti, valutare i motivi dei ritardi accertati nel completamento dell'opera e le eventuali responsabilità da parte dei soggetti coinvolti –:
   quale sia l'ammontare dei costi sostenuti fino ad oggi per la progettazione e costruzione della linea metropolitana C di Roma nonché dei costi ancora necessari al completamento dell'opera a carico di tutti i soggetti pubblici coinvolti;
   quali siano i tempi per il definitivo completamento dell'opera e se non ritenga necessario predisporre una indagine per accertare le cause dei ritardi nel completamento dell'opera e dell'aumento dei costi preventivati. (5-00985)


   SIBILIA, CATALANO, DELL'ORCO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, NICOLA BIANCHI, D'INCÀ, TOFALO, SILVIA GIORDANO e NUTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la stazione ferroviaria di Avellino, inaugurata nel 1861, negli ultimi anni, è stata interessata da numerosi tagli alle corse a causa della progressiva riduzione dei trasferimenti statali: 1) eliminazione completa dei collegamenti su ferro Avellino-Napoli nel 2010; 2) pesante diminuzione dei collegamenti tra Avellino e Salerno nel 2011 e nel 2012; 3) soppressione delle corse Avellino-Roma nel 2012; 4) sostituzione dei collegamenti ferroviari con autobus, a discapito delle esigenze degli utenti, e riduzione continua dei chilometri assegnati al trasporto su gomma fino alla recente previsione del «servizio a chiamata»;
   nel periodo compreso tra settembre e ottobre del 2012 la stazione di Avellino ha visto il taglio completo dei collegamenti con la città di Salerno e Benevento, determinando una effettiva chiusura della stessa, riaperta in seguito solo part-time dopo le insistenti proteste dei cittadini;
   la situazione dei trasporti è peggiorata a causa delle continue crisi delle aziende di trasporto su gomma come SITA e CSTP, le quali non assicurano un efficiente servizio, costringendo i lavoratori e gli studenti pendolari all'utilizzo di mezzi privati;
   un vasto bacino di utenza è interessato ad usufruire dei collegamenti con Napoli, Benevento e Salerno, sedi di importanti e frequentatissime Università;
   nella zona industriale di Avellino, vicina alla stazione ferroviaria, vi è uno scalo merci progettato e realizzato per trasferire sulla linea Avellino-Benevento e poi proseguire sulla rete ferroviaria nazionale gran parte delle merci prodotte nel nucleo ASI, oltre che per trasportare agli stabilimenti ASI le materie prime provenienti dal resto dell'Europa. Tra l'altro, a questo terminal ferroviario si raccorda una linea che parte dall'interno degli stabilimenti Fiat-Fma per raggiungere le immediate vicinanze di altri stabilimenti. Questo fondamentale scalo ferroviario non è mai entrato in funzione perché il suo completamento è stato bloccato a pochi centimetri dai binari della linea ferroviaria Avellino-Benevento;
   attualmente per trasferire materie prime e prodotti da e per il nucleo ASI, nonché rifiuti del vicino STIR, bisogna utilizzare esclusivamente mezzi su gomma in quanto anche il servizio scalo merci della stazione di Avellino è stato soppresso da una decina di anni –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se, alla luce di quanto premesso, non ritengano opportuno assumere iniziative, ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza, come ad esempio lo stanziamento di nuovi fondi statali destinati al trasporto ferroviario provinciale e regionale, sia per rendere concrete le potenzialità di smistamento merci e trasferimento persone per la stazione di Avellino, strategico crocevia tra i territori della Campania, sia per assicurare l'erogazione del servizio essenziale del trasporto pubblico su ferro garantito dalla Costituzione. (5-00987)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TIDEI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero della difesa con decreto del 25 gennaio 2008 ha definito e individuato gli aeroporti dell'Aeronautica militare strettamente destinati alle esigenze di difesa nazionale e parimenti gli aeroporti militari utilizzabili anche per esigenza di traffico civile sulla base di intervenute intese tra il Ministero della difesa ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, tenuto conto anche del piano nazionale dei trasporti civili;
   gli aeroporti di Roma Ciampino, Verona Villafranca, Brindisi, Treviso e Rimini a breve avranno definitivamente adeguato le loro attività al traffico passeggeri, divenendo a tutti gli effetti aeroporti civili infatti entro la fine dell'anno dovrebbe essere definito il nuovo contratto con l'Ente nazionale di assistenza al volo, con l'inclusione dei cinque aeroporti;
   Enav per gli aeroporti in questione dovrebbe selezionare e formare nuovi controllori di volo, con tempi conseguenti e costi presumibilmente ingenti a carico dell'azionista unico società per azioni che è il Ministero delle Finanze –:
   quali siano gli orientamenti dei Ministri sui fatti riportati in premessa;
   se non ritengano opportuno di trasferire direttamente ad Enav spa il personale dell'aeronautica militare addetto al controllo dei voli negli aeroporti ex militari di Roma Ciampino, Verona Villafranca, Brindisi, Treviso e Rimini, affinché il personale militare sia adeguatamente riposizionato e l'Enav e dunque il Ministero dell'economia e delle finanze possano abbattere i costi relativi alla formazione di personale ex novo. (4-01777)


   LAFFRANCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o giugno 2013 è entrata in vigore la nuova disciplina che rimodula le sanzioni operate dalla società Trenitalia sui treni regionali e regionali veloci, pari a 50 euro, oltre il costo del biglietto, per chi salga su un convoglio sprovvisto del biglietto stesso, senza andarsi a costituire al capotreno;
   tale sanzione si applica ai viaggiatori che provvedano a pagare immediatamente il costo del biglietto e la relativa sanzione, che si eleva a 100 euro nel momento in cui tale debito non venisse saldato in quella sede, dovendo il controllore provvedere al rilascio di un verbale ed un relativo bollettino postale per il pagamento;
   stesso trattamento, tuttavia, viene riservato a chi volesse pagare attraverso bancomat o carta di credito, risultando il controllore sprovvisto del pos mobile, di cui sono invece dotati i controllori di treni quali Intercity o Frecce, rendendo pertanto impossibile l'operazione di pagamento da parte del passeggero, che si trova così costretto a subire un rincaro della sanzione di 50 euro, pur disponendo della possibilità e della volontà di pagare con moneta elettronica;
   tutto questo comporta, peraltro, il rischio di mancata riscossione della sanzione da parte della società Trenitalia, con conseguente danno per le casse della stessa, nonché un'esasperazione da parte dei passeggeri che non fossero in quelle circostanze in possesso di denaro contante –:
   quali siano le motivazioni per le quali i controllori dei treni regionali e regionali veloci non sono dotati di pos mobile per accogliere i pagamenti da parte degli utenti con carte di credito e bancomat, al fine di impedire l'ingiusta erogazione di sanzioni nei confronti dei passeggeri, con i rischi finanziari legati alla mancata riscossione da parte della società Trenitalia stessa. (4-01779)


   MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio europeo, nel dicembre 2012, ha istituito la Macroregione Adriatico-Ionica, di cui l'Abruzzo è parte integrante. Tale area deve essere immaginata come lo scenario di riferimento in cui inserire le scelte di programmazione e le scelte prioritarie di infrastrutturazione della nostra regione; oltretutto, le nuove scelte europee in tema di macro-regione offrono all'Italia e all'Abruzzo un'occasione irripetibile per proporsi come baricentro di questa nuova dimensione che collegherà parti importanti del continente;
   scelta strategica, da questo punto di vista, è l'ingresso in Connecting Europe Facility, programma che stanzia più di 50 miliardi di euro sulle reti europee di trasporti, energia e digitale per la programmazione 2014-2010. Primo punto di questa strategia è il collegamento dell'Abruzzo con il Corridoio V (Kiev-Sarajevo-Ploče). Si tratta di un nodo della rete trasportistica europea (TEN-T) completamente mancante, che può essere pienamente soddisfatto recuperando il ruolo di «land bridge» tra la penisola iberica e i Balcani e valorizzando l'unica rete trasportistica di rilievo (quella autostradale) già esistente tra l'Adriatico e il Tirreno, quella dell'Abruzzo da Pescara/Chieti verso Roma/Civitavecchia. Questa funzione infrastrutturale è già nella programmazione nazionale essendo prevista nel Quadro strategico nazionale 2007-2013;
   la connessione con Ploče e la realizzazione del collegamento Adriatico-Tirreno, via Abruzzo, deve inoltre favorire il prolungamento del Corridoio Baltico-Adriatico (ora limitato a Ravenna) fino a Brindisi, permettendo all'Abruzzo di inserirsi nelle vie continentali Nord-Sud ed Est-Ovest –:
   quali iniziative intenda assumere per concordare con la Commissione europea il prolungamento nelle reti TEN-T anche nell'area adriatica, al fine di permettere la realizzazione dell'alta velocità ferroviaria. (4-01788)


   CENSORE, BRUNO BOSSIO, BRUNO, BINDI, COVELLO, MAGORNO, OLIVERIO, BATTAGLIA, AIELLO, D'ATTORRE e STUMPO. —Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le politiche aziendali del Gruppo Ferrovie dello Stato italiane, in Calabria, continuano ad essere costantemente orientate alla riduzione degli investimenti e ad un aumento vertiginoso dei tagli, attraverso una strategia che sembra voler mirare solo al completo isolamento e abbandono della suddetta regione;
   con decorrenza 8 settembre 2013, in Calabria, sono stati soppressi altri 14 treni locali. In particolare, la soppressione riguarda i seguenti treni:
    R 3741 da Catanzaro Lido (8.05) a Reggio Calabria C.le (10.57);
    R 8524 Reggio Calabria C.le (8.15) a Catanzaro Lido (11.30);
    R 12714 da Reggio Calabria C.le (9.05) a Roccella J (11.15);
    R 3746 da Reggio Calabria C.le (10.05) a Catanzaro lido (13.12);
    R 12715 da Roccella J. (11.50) a Reggio Calabria C.le (14.00);
    R 8531 da Catanzaro Lido (18.05) a Reggio Calabria C.le (21.10);
    R 12665 Lamezia T. C.le (10.45) a Rosarno (12.10);
    R 12666 da Rosarno (13.20) a Lamezia T. C.le (15.00);
    R 12673 da Lamezia T. C.le (14.45) a Rosarno (16.10);
    R 12670 da Rosarno (15.20) a Lamezia T. Cle (17.00);
    R 12675 da Lamezia T. C.le (15.50) a Rosarno (17.12);
    R 12676 da Rosarno (18,20) a Lamezia T. C.le (19.50);
    R 3775 da Lamezia T. C.le (11.45) a Catanzaro Lido (12.35);
    R 3780 da Catanzaro Lido (16.45) a Lamezia T. C.le (17.30);
   suddette scelte costringono i calabresi ad iniqui trattamenti rispetto ad altre regioni;
   è imprescindibile garantire ai calabresi il diritto alla mobilità, in termini compatibili con lo standard nazionale;
   appare necessario intervenire tempestivamente, presso le sedi competenti, affinché sia scongiurato un altro, l'ennesimo scippo ai danni dei calabresi, giustificato con una dissertazione di tipo esclusivamente ragionieristico, senza tenere in considerazione i diritti dei calabresi –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
   quali iniziative intenda assumere nei confronti del Gruppo Ferrovie dello Stato italiane affinché sia definitivamente messa la parola «fine» ad una politica aziendale a giudizio degli interroganti offensiva e discriminatoria, che non ha nessuna considerazione nei confronti della Calabria e dei calabresi;
   se ritenga necessario procedere al più presto alla convocazione di un tavolo nazionale che veda la partecipazione del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, del Ministero dei trasporti e della regione Calabria e che abbia il compito di concertare una nuova e più moderna politica del trasporto su ferro in Calabria, che permetta il rilancio dei servizi a favore della collettività e dell'economia della regione. (4-01792)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   è in fase di studio da parte della regione Piemonte un nuovo Collegamento autostradale A4 (Santhià) – Biella – A26 (Ghemme), costruzione finanziata in parte con fondi pubblici e in parte privati con modalità project-financing;
   dalle varie associazioni presenti sul territorio state espresse delle notevoli perplessità sul progetto, tra cui:
    a) il percorso autostradale attraversa in parte e/o delimita l'area denominata Baraggione (popolarmente conosciuta come Baraggia) un ambiente unico a livello europeo tutelato con l'istituzione di un sito di interesse comunitario e di un parco il cui danno alla biodiversità previsto sarà compensato solo in parte dalle mitigazioni proposte;
    b) la costruzione di un nuovo tratto autostradale comporta la trasformazione di territorio attualmente destinato a uso agricolo (334 ettari), con un impatto significativo sul settore e sulla tutela dei suoli, come riportato dal progetto stesso;
    c) la realizzazione dell'opera comporterà severi disagi per la popolazione residente (rumori, polveri, traffico camion, e altro) sia in fase di costruzione che in fase funzionale;
    d) l'impatto dell'opera sul paesaggio sarà particolarmente importante, poiché gran parte del percorso verrà realizzato in rilevato;
    e) il ricorso al project-financing per il reperimento di parte dei fondi necessari alla costruzione dell'opera comporta la previsione di una percorrenza a pedaggio su strade attualmente a libera percorrenza (superstrada);
   si tenga presente che lo studio sui dati di traffico relativi al Biellese è datato 2002 e già in quella fase la valutazione conclusiva era poco favorevole all'opera. Il progetto, aggiornato al dicembre 2010, riporta dei dati di traffico relativi al 2007 valutando un incremento costante del traffico fino al 2030; ma i dati statistici delle autostrade limitrofe, tramite l'AISCAT (Associazione italiana società concessionarie autostrade e trafori), danno invece una progressiva riduzione del traffico che nel 2012 è stata valutata in un 7.2 per cento arrivando a un progressivo 10,2 per cento nell'aprile 2013. La SATAP invece al 31 dicembre 2012 sul tratto Torino-Milano ha rilevato una riduzione del 5,93 per cento e dell'8,47 per cento sul tratto Torino-Piacenza e anche qui le stime si aggirano intorno al 10 per cento per il primo trimestre 2013;
   a quanto risulta, i dati rilevati dalle varie società autostradali limitrofe sono in totale contrasto con le previsioni utilizzate per motivare l'opera, ma è importante evidenziare che tale decremento di traffico fosse già presente nel bilancio SATAP al 31 dicembre 2011 con un –0.7 per cento e 1,25;
   la zona di Carisio ed il relativo casello autostradale sulla A4 sta diventando un importante centro per la logistica; tale nodo non sarà direttamente raggiungibile da Biella con la nuova autostrada;
   è previsto che la nuova autostrada incorpori un tratto della superstrada SR 142 attualmente percorribile senza pedaggio; il nuovo tratto a pagamento comporterà un aggravio diretto e ingiustificato ai tanti pendolari biellesi incrementando la congestione del traffico locale nel tratto Masserano – Cossato – Vigliano;
   la regione Piemonte (che finanzia in parte l'opera) ha seri problemi di bilancio così come lo Stato, altro finanziatore;
   la regione Piemonte con delibera di giunta N. 25-5760 ha emesso disposizioni urgenti per il rientro in materia di trasporto pubblico locale riguardanti il periodo 2013-2015 che comporteranno soppressione di corse e riduzioni di servizio;
   il collegamento ferroviario diretto Biella – Milano sta per essere soppresso come numerose altre linee;
   stanno progressivamente aumentando le problematiche di manutenzione dei tratti stradali esistenti e le società autostradali richiedono continue concessioni per l'aumento dei pedaggi per contrastare il progressivo calo dei passaggi –:
   se non si ritenga opportuno rivedere e aggiornare lo studio del traffico reale e previsto nella zona per dare motivazione sul perché, nonostante i dati di traffico fossero insufficienti sin dall'inizio, si è proseguito nell'opera suddetta;
   se non ritenga opportuno revocare eventuali finanziamenti statali per la Pedemontana biellese, ed eventualmente trasferire i finanziamenti su opere infrastrutturali alternative o potenziare quelle già esistenti. (4-01796)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   GUERRA e LORENZO GUERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale n. 318 del 2000 prevede l'attribuzione di fondi erariali destinati al finanziamento dell'esercizio associato di funzioni comunali a favore delle unioni di comuni e delle fusioni;
   l'Intesa di conferenza unificata n. 936 del 1o marzo 2006, sancita tra Governo regioni ed enti locali, contiene i criteri per il riparto e la gestione delle risorse statali a sostegno dell'associazionismo comunale a favore delle unioni di comuni che svolgano l'esercizio associato di funzioni e servizi comunali;
   il fondo erariale consolidato per il finanziamento dell'esercizio associato delle funzioni comunali mediante unioni di comuni ammonta attualmente a circa 10 milioni di euro, così come previsto dall'articolo 53, comma 10, legge n. 388 del 2000. Complessivamente le risorse a disposizione dell'incontro azione di unioni di comuni e fusioni risultano nel 2013 ridotte di due terzi rispetto agli esercizi precedenti, in paradossale contraddizione rispetto agli obiettivi politici dichiarati a sostegno delle gestioni associate e della riorganizzazione del sistema delle autonomie locali;
   il decreto ministeriale 318 del 2000 e la successiva intesa del 2006 prevedono che il Ministero dell'interno con decreto pubblichi i modelli di certificazione che unioni di comuni devono presentare entro il 30 di settembre di ciascun anno per la richiesta di contributi di cui al predetto fondo;
   allo stato attuale non risulta ancora pubblicato il suddetto decreto, non consentendo così alle unioni di comuni di presentare le attestazioni per richiedere i contributi per l'anno 2013;
   non si rinviene nessuna previsione normativa che impedisca la regolare attribuzione alle unioni di comuni dei trasferimenti erariali afferenti al citato fondo;
   proprio nel momento in cui, anche mediante il recente disegno di legge del Governo in materia si afferma di voler promuovere le unioni di comuni, si sta determinando invece una situazione per cui, in caso di mancata erogazione dei contributi per le gestioni associate verrebbe compromessa la chiusura dei bilanci delle stesse unioni di comuni con gravi ripercussioni per l'esercizio stesso delle funzioni e dei servizi associati e con rischi di dissesto per gli enti;
   la promozione ed il sostegno alle unioni di comuni ed ai sempre più numerosi processi di fusione avviati volontariamente da decine di comuni, richiedono non solo che il Governo non venga meno agli obblighi di distribuzione del fondo esistente ma che le risorse a sostegno di questi importantissimi processi di riforma del sistema delle autonomie locali vengano significativamente aumentate –:
   se e con quali misure immediate il Governo intenda assolvere ai propri adempimenti in materia di contributi alle unioni di comuni per il 2013, a partire dall'emanazione con urgenza del decreto ministeriale di approvazione del modello di certificazione delle funzioni e servizi comunali gestiti in forma associata, nel rispetto della prevista e mai abrogata scadenza del 30 settembre per la presentazione dei certificati da parte delle unioni di comuni e l'erogazione dei relativi contributi;
   se il Governo non intenda contestualmente definire un incremento del fondo citato in premessa tale da garantirne il ripristino almeno ai livelli del 2012 e dare insieme stabilità ai trasferimenti alle unioni e anche adeguata copertura e garanzia di sostegno alle norme di incentivazione delle fusioni di comuni. (3-00302)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
I Commissione:


   BIANCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155, e 7 settembre 2012, n. 156, in attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148, hanno introdotto una nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, nonché una revisione delle circoscrizioni giudiziarie-uffici dei giudici di pace, prevedendo, tra l'altro, la soppressione di oltre duecento sezioni distaccate di tribunali in tutta Italia e rivedendo in modo drastico la geografia giudiziaria del Paese, con decorrenza dal 13 settembre 2013;
   il riordino della geografia giudiziaria e la conseguente riduzione dei presidi di giustizia voluta dal Governo Monti, rischia di determinare un allentamento della repressione penale della criminalità e di incidere quindi negativamente anche sull'ordine pubblico e sui livelli di criminalità nel Paese –:
   quali siano le valutazioni del Ministro interrogato in merito agli effetti che la nuova organizzazione dei tribunali ordinari, degli uffici del pubblico ministero e delle circoscrizioni giudiziarie-uffici dei giudici di pace disposta dai citati decreti legislativi produrrà in termini di tutela dell'ordine pubblico e contrasto della criminalità, con particolare riferimento alle aree del Paese in cui è maggiore l'incidenza della criminalità, non solo organizzata. (5-00990)


   MIGLIORE, DANIELE FARINA, DI SALVO, PILOZZI e KRONBICHLER. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 15 giugno 2013, nella città di Milano, si è svolto un raduno di organizzazioni neonaziste all'insaputa dell'amministrazione locale;
   per i giorni 12, 13 e 14 settembre 2013 è annunciata una iniziativa analoga denominata «Festival Boreal» nella quale è prevista la presenza di esponenti del British National Party, del raggruppamento spagnolo Democracia Nacional, del Croato Hesp e di numerose altre forze europee note per le posizioni politiche di matrice neonazista;
   tale iniziativa, in un primo momento annunciata nella provincia di Milano, si svolgerà verosimilmente a Cantù presso il «Campo Solare» e, secondo quanto pubblicato dal «Corriere di Como», edizione online di lunedì 9 settembre 2013: «dagli uffici preposti sarebbe già arrivato l'assenso allo svolgimento della manifestazione»;
   numerose sono le prese di posizione di associazioni, sindaci, a partire da quello di Milano, affinché tale iniziativa non abbia svolgimento in quanto contraria, nei contenuti, alle leggi e lesiva dei principi della nostra Costituzione repubblicana;
   una richiesta di vietare tale raduno è stata anche formalizzata dall'Associazione nazionale partigiani d'Italia al, prefetto e al questore di Milano –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dello svolgimento del «Festival Boreal» e se non ritenga opportuno aderire alla richiesta di vietare il raduno avanzata dall'Anpi, nonché condivisa da molte associazioni, sindaci e privati cittadini.
(5-00991)


   FIANO, BRAGA, GUERRA, POLLASTRINI, RAMPI, COMINELLI, CINZIA MARIA FONTANA, GADDA, MALPEZZI, COVA, CARLO GALLI, PELUFFO, TENTORI, MISIANI, CASATI, CARNEVALI, CIMBRO, FRAGOMELI, SCALFAROTTO, FERRARI, CARRA, GASPARINI, QUARTAPELLE PROCOPIO, SCUVERA, GIUSEPPE GUERINI, LAFORGIA, LORENZO GUERINI, SENALDI, MARANTELLI, MOSCA, MARTELLI, BERLINGHIERI e BAZOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli organi di stampa hanno dato notizia che, nei giorni 12, 13 e 14 settembre prossimi, verrà organizzato in Lombardia il «Festival Boreal», un raduno dei movimenti neonazisti e neofascisti europei promosso da Forza Nuova;
   tale raduno, inizialmente annunciato nella zona del milanese, si terrà invece presso la località pubblica Campo Solare di Cantù, in provincia di Como, sulla base di un'autorizzazione rilasciata dall'amministrazione comunale;
   la regione Lombardia è stata interessata negli ultimi anni dallo svolgimento di raduni e incontri di analogo stampo, il cui orientamento culturale fa esplicito richiamo all'intolleranza, al razzismo, alla xenofobia, all'omofobia, alla violenza; il raduno a Malnate l'aprile scorso e quello nel quartiere Rogoredo a Milano lo scorso giugno; sul territorio comasco, nell'area dell'erbese, solo due mesi fa si è tenuto un analogo raduno organizzato da Militia;
   in queste settimane si sono già registrate diverse prese di posizione delle istituzioni e delle forze democratiche ed antifasciste del territorio, a sottolineare la preoccupazione per il fatto che il ripetersi di appuntamenti di questo tipo porti alla diffusione delle ideologie estremiste ed eversive, in netto contrasto con i principi e i valori democratici ed antifascisti sanciti dalla Costituzione italiana –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale prossimo appuntamento e come intenda intervenire, per quanto di propria competenza, al fine di impedire la manifestazione in oggetto e prevenire il rischio che episodi simili possano ripetersi in futuro. (5-00992)


   MATTEO BRAGANTINI e INVERNIZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso 17 agosto, nei pressi dello stadio «Renzo Barbera» dove si sarebbe disputato l'incontro di Coppa Italia tra Palermo e Verona, si è verificato un episodio di violenza gravissimo, che avrebbe potuto avere risvolti ancora più drammatici;
   una fitta sassaiola di una quarantina di tifosi rosanero nei confronti di un pullman a bordo del quale erano presenti tifosi scaligeri, all'altezza di piazza Giovanni Paolo II, ha fatto da prologo ad un violento contatto tra tifosi, sedato dall'intervento degli agenti. A conclusione degli scontri, oltre che un pullman danneggiato, si sono contati quattro feriti;
   da quanto si apprende, il pullman sul quale viaggiavano i tifosi veronesi non era scortato dalle forze dell'ordine;
   è noto inoltre come, in occasione della partita Roma Verona, il pullman su cui viaggiava la squadra è stato aggredito violentemente dai tifosi romanisti. Anche in questa occasione, fortunatamente è stata scongiurata una tragedia, come si apprende anche dai racconti drammatici dei calciatori che viaggiavano sul pullman –:
   quali informazioni il Ministro abbia sui fatti descritti in premessa che mostrano palesemente gravi carenze nell'organizzazione e nel funzionamento delle operazioni di ordine pubblico e sicurezza che dovrebbero essere garantite in occasione di tutti gli eventi sportivi e in particolare, di quelli ritenuti maggiormente a rischio, e quali provvedimenti intenda prendere per evitare che fatti simili si ripetano in futuro. (5-00993)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GELLI e MATTIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC) è stata istituita con decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010, n. 50, oggi recepita dal decreto legislativo n. 159 del 6 settembre 2011 (codice antimafia);
   scopo principale dell'Agenzia è quello di provvedere all'amministrazione e alla destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie, a seguito di confisca definitiva, nonché coadiuvare l'amministratore giudiziario sotto la direzione dell'autorità giudiziaria in fase di sequestro fino alla confisca di primo grado, dopo la quale assume la gestione diretta degli stessi beni;
   nel 2007 i beni dell'azienda di Suvignano, presso il comune di Monteroni d'Arbia, provincia di Siena, consistenti in una importante tenuta estesa oltre 700 ettari e valutata 22 milioni di euro, venivano sottoposti a confisca definitiva;
   la regione Toscana, insieme agli enti locali interessati, alle associazioni Libera ed Arci, condividevano e presentavano all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata un progetto organico di gestione della stessa tenuta di cui in premessa, in grado di creare nuova occupazione ed avviare il riutilizzo e la valorizzazione completa dell'azienda di Suvignano, sia sotto il profilo dell'attività agricola e zootecnica sia dal punto di vista sociale, visto che il progetto comprendeva anche l'organizzazione di attività per la promozione della legalità e di iniziative di contrasto alle mafie;
   nell'ottobre del 2012, il presidente della regione Toscana aveva esposto detto progetto al Ministro dell'interno pro tempore Anna Maria Cancellieri, dando ufficialità e pubblicizzando l'azione a favore della legalità in rappresentanza dei propri cittadini;
   in data 19 agosto 2013, l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata respingeva detto progetto e disponeva la vendita dei beni dell'azienda Suvignano attraverso una gara ad evidenza pubblica;
   il provvedimento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata non motivava le ragioni per le quali la proposta regionale e degli enti locali fosse stata respinta e richiamava l'applicazione dell'articolo 48, comma 8, lettera b), del decreto legislativo n. 159 del 2011, ovvero la destinazione della «vendita, per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima eseguita dall'Agenzia, a soggetti che ne abbiano fatto richiesta, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse pubblico o qualora la vendita medesima sia finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso»;
   non risulta né all'interrogante, né all'opinione pubblica che siano state avanzate richieste di acquisto da parte di soggetti privati, come previsto dal citato decreto legislativo;
   fatto salvo il legittimo ricorso alle vie giudiziarie da parte della proponente regione avverso la decisione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, i cittadini afferenti il territorio e tutta la comunità, comprese associazioni e fondazioni, sono stati profondamente turbati dalla stessa decisione –:
   se non si ritenga urgente e doveroso verificare quanto esposto in premessa e, nel caso, porre in essere tutte le iniziative utili al fine di assicurare la «garanzia dell'effettivo riutilizzo sociale dei patrimoni mafiosi, affinché il compito istituzionale svolto non si riduca a semplice dato statistico, ma si concretizzi in una reale percezione della presenza dello Stato nel territorio», come si legge sul sito dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. (5-00981)


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sabato 7 settembre 2013 un medico, il dottor Pasquale Suriano, è stato aggredito e picchiato nell'ospedale di Policoro (Matera) da un signore affetto da gravi disturbi psichici;
   il medico di guardia nulla ha potuto contro la folle aggressione costata ematomi, traumi e lividi su tutto il corpo;
   nonostante le conseguenze dell'aggressione il medico dal pomeriggio di sabato fino alla mattina di domenica ha svolto il suo lavoro;
   l'episodio di cui è stato vittima il medico di Policoro non è così raro anche nelle strutture sanitarie lucane;
   la sicurezza era stata già oggetto di tagli da parte dell'asm Matera nei mesi scorsi con un ridimensionamento dei servizi di vigilanza;
   è indispensabile garantire agli operatori sanitari e anche agli stessi cittadini che si rivolgono alle strutture sanitarie adeguata sicurezza che può essere posta a rischio da gesti e attimi di follia come quello citato in premessa;
   vanno ringraziati tutti gli operatori del servizio sanitario pubblico, come il dottor Suriano, per il lavoro che svolgono tra incontestabili difficoltà –:
   se e quali iniziative il Governo intenda promuovere circa la necessità di rafforzare i presidi di sicurezza presso le strutture sanitarie regionali e anche di chi svolge nei comuni servizio di guardia medica notturna. (5-00983)


   BUSIN e MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da organi di stampa («Libertà» del 5 luglio 2013, pagina 17), nel territorio del comune di Piacenza è in corso, da oltre 18 mesi, l'occupazione abusiva di un complesso immobiliare ubicato al civico 10 di via Nino Bixio, da parte di un gruppo di stranieri di provenienza dell'Est;
   il complesso immobiliare (ex alloggi Enel) composto da due palazzine, di cui la principale di quattro piani, e varie pertinenze adibite a box, è stato acquisito dalla società Elettra Due che aveva apposto sigilli di cemento e lucchetti per evitare che abusivi potessero entrarvi;
   a nulla sono valsi i tentativi della proprietà, con numerose e reiterate richieste alle autorità e alle forze dell'ordine, di rientrare nella disponibilità degli immobili;
   desta, inoltre, allarme sociale la ricaduta sulla sicurezza dell'area, considerato che ad oggi non è nemmeno possibile quantificare il numero di persone che risiedono in tale insediamento –:
   se sia noto quali misure siano state intraprese per risolvere la situazione descritta in premessa e per ristabilire, il prima possibile, una condizione di legalità. (5-00994)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RONDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in riferimento all'interrogazione a risposta immediata in I Commissione affari costituzionali 5-06170, presentata dagli onorevoli Pierguido Vanalli e Marco Rondini in data 15 febbraio 2012, al Ministro dell'interno: «Per sapere – premesso che: il giorno 13 maggio 2011, a Lacchiarella (Milano), vi è stata una diffusione a mezzo stampa di uno scritto prodotto dal consigliere di maggioranza dell'amministrazione comunale di Lacchiarella, signor Fausto Franceschi, eletto regolarmente nella lista civica “Vivere Lacchiarella”, il quale denuncia pubblicamente il grave fenomeno di evasione fiscale da parte della locale pro-loco, dell'abituale prassi di ricevere denaro da terzi senza emettere alcun tipo di fattura o ricevuta che attesti l'avvenuto incameramento di denaro, provento di affitti e usufrutti di strutture pubbliche di proprietà del comune di Lacchiarella, denunciando l'esistenza di un non chiaro e quantificabile “giro di nero” ovvero di denaro non tracciabile del quale non è chiara la sua destinazione e il suo utilizzo; viene altresì evidenziato dal signor Fausto Franceschi, che il sindaco pro-tempore signor Luigi Acerbi era stato avvisato da tempo, tramite lettere scritte dallo stesso Franceschi (la prima risalirebbe all'agosto del 2010) di quanto accadeva nella pro-loco, stigmatizzando che lo stesso Acerbi non ha mai presentato alcun atto formale o azioni d'indagine o di controllo a seguito della denuncia del consigliere comunale appartenente alla sua coalizione il quale evidenziava che il sindaco da tempo sapesse di quanto accadeva, che nulla era stato fatto e che esso fosse connivente; vengono nominati altri due consiglieri di maggioranza, dei quali non vengono esplicitati i nomi, che sono testimoni e vittime di questo tipo di gestione scorretta; il signor Fausto Franceschi, essendo anche consigliere della proloco di Lacchiarella, in quanto una rappresentanza di consiglieri comunali che di diritto occupano tre posti nel consiglio di amministrazione della pro-loco (2 di maggioranza e 1 di minoranza) a seguito del rilevante contributo elargito dalla giunta comunale pari a 30.350,00 euro l'anno, denuncia che all'atto della richiesta di visionare i bilanci della pro-loco ha ricevuto un categorico rifiuto da parte del presidente della pro-loco signor Campagnoli; il signor Fausto Franceschi denuncia che i consiglieri di maggioranza abbiano cercato di minimizzare e che mal sopportino la sua iniziativa facendo così supporre un ulteriore numero di soggetti, appartenenti alla maggioranza del gruppo consigliare “Vivere Lacchiarella”, parimenti conniventi; gli organi di stampa hanno ripreso quanto accaduto su denuncia dei cittadini di Lacchiarella; l'8 giugno 2011 è comparso un articolo su “La Padania” – pagine 8 e 9 – e il 10 giugno 2011 la notizia è stata diffusa al TG di Primarete Lombardia e Telecolor –: se, a seguito della grave denuncia e alla comprovata mancanza di trasparenza e di un comportamento integerrimo da parte dei consiglieri comunali di maggioranza, non si intenda valutare la sussistenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri di cui all'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali»;
   in quella occasione il Ministro dell'interno pro tempore aveva risposto: «La richiesta viene posta in relazione alla gestione della pro-loco e alla asserita mancanza di vigilanza sull'associazione da parte dell'Amministrazione comunale. Al riguardo, ricordo che il Comune di Lacchiarella ha rinnovato i propri organi elettivi nel giugno 2009. Sindaco è stato eletto il dottor Luigi Acerbi alla guida di una lista in seno alla quale è stato eletto consigliere comunale Fausto Franceschi. Quest'ultimo secondo quanto riportato dal quotidiano “La Padania” l'8 giugno dello scorso anno, avrebbe lamentato irregolarità fiscali e opacità finanziaria nella gestione della locale pro-loco, asserendo la mancanza di vigilanza da parte del Sindaco e degli altri colleghi di maggioranza. Secondo quanto riferito dal locale Comando Provinciale della Guardia di Finanza, non risultano, al momento, elementi che confermino quanto riportato nell'articolo di stampa. In ogni caso, lo stesso Comando Provinciale ha avviato un'attività di indagine volta all'accertamento di eventuali irregolarità. Ricordo che per esercitare i poteri di rimozione e sospensione di amministratori locali – ai sensi dell'articolo 142 del Testo Unico sugli Enti locali – è necessaria l'esistenza, tra gli altri, di “gravi e persistenti violazioni di legge” ovverosia, secondo giurisprudenza consolidata, della reiterazione di azioni illegali o di comportamenti omissivi, trascurando colpevolmente l'adozione di atti obbligatoriamente connessi all'esercizio delle proprie funzioni. A tal fine, deve comunque essere dimostrata la persistenza di tali violazioni. Nell'assicurare che, nell'ambito dei poteri conferiti dalla legge, la situazione locale viene comunque seguita dalla Prefettura, voglio anche precisare che solo all'esito degli accertamenti in corso potranno essere valutate le relative risultanze, nel rispetto dei limiti che qualunque attività conoscitiva incontra quando si tratta di compiere verifiche sugli organi elettivi degli enti locali» –:
   alla luce di quanto esposto in premessa, quali siano stati gli sviluppi nell'ambito delle questioni riportate nella precedente interrogazione e se il Ministro intenda chiarire quali tipi di interventi siano stati attivati in relazione a quanto era stato preannunciato nella risposta fornita dal Ministro agli interroganti. (4-01783)


   GIULIETTI e LODOLINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle settimane scorse il Governo ha proceduto a stabilizzare molte unità di «volontari» che per anni hanno prestato servizio nei vigili del fuoco;
   è, comunque, importante superare qualsivoglia forma di precariato, occorre acquisire alcune informazioni in merito alle selezioni avvenute per l'assunzione di personale presso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   il 6 novembre 2008 è stato bandito un concorso pubblico per far fronte al turn over relativamente al corpo dei Vigili del Fuoco. Nel bando vi erano delle quote riservate: il 45 per cento a militari (che fino al 2004, con la leva obbligatoria, facevano gli «ausiliari») e il 25 per cento a quei volontari non stabilizzati. Il bando è da 814 posti, che vengono poi assegnati in base ai requisiti del bando;
   in 4.000 (circa) risultano idonei, ma in molti si vedono scavalcati dalle nuove stabilizzazioni di precari del volontariato nei vigili del fuoco che il concorso non l'hanno fatto o, peggio ancora, l'hanno fatto ma non sono risultati idonei;
   in considerazione del fatto che l'apertura di più graduatorie ha ingolfato il sistema creando una situazione simile a quella della scuola pubblica;
   occorre dare un segnale ai tanti ragazzi che partecipano a concorsi pubblici che il merito continua ad avere un valore fondamentale per il nostro ordinamento –:
   quale sia, ad oggi la situazione circa lo scorrimento della graduatoria di merito relativa al concorso di cui alla premessa e quale possa esserne l'evoluzione durante la vigenza della graduatoria stessa;
   se non si ritenga necessario procedere all'esaurimento della graduatoria di merito prima di procedere ad ulteriori stabilizzazioni di «precari-volontari» nel rispetto di chi il concorso l'ha fatto e ha superato l'idoneità, tenendo altresì conto che nel bando originario era prevista una quota riservata proprio ai «volontari».
(4-01786)


   NACCARATO, CASELLATO, CRIMÌ, CRIVELLARI, DAL MORO, D'ARIENZO, DE MENECH, GINATO, MARTELLA, MIOTTO, MOGNATO, MORETTI, MURER, NARDUOLO, ROTTA, RUBINATO, SBROLLINI, ZARDINI e ZOGGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 31 agosto 2013 il movimento di estrema destra Casa Pound ha diffuso la notizia secondo cui, quest'anno, la festa nazionale di Casa Pound si terrà in Veneto presso Revine Lago in provincia di Treviso dal 12 al 15 settembre;
   per la prima volta la Festa nazionale di Casa Pound esce da Roma dove è nato il movimento di chiara ispirazione neofascista, con l'intento dichiarato nelle parole del suo presidente di «far diventare “itinerante” la festa nazionale. Partiamo dal Nordest, per arrivare, anno dopo anno, a toccare tutte le regioni, e raccontare una realtà, quella delle oltre 70 sezioni di Casa Pound Italia dislocate in tutta Italia»;
   l'appuntamento ospiterà esponenti dell'estrema destra italiana tra cui, Simone di Stefano, Adriano Scianca e il presidente fondatore di Casa Pound, Gianluca Iannone, autodefinitosi fascista nel terzo millennio, già condannato in primo grado a 4 anni di reclusione per l'aggressione nel 2004 a Predappio ad un membro delle forze dell'ordine in occasione delle celebrazioni dell'anniversario della morte di Benito Mussolini (fonte: il Resto del Carlino, Forlì, 23 aprile 2009);
   tra gli interventi è annunciato anche Jean-Yves Le Gallou, esponente di spicco dell'estrema destra francese, che ricorderà Dominique Venner, membro della Nouvelle Droite, recentemente suicidatosi in segno di protesta contro la presenza di cittadini di religione musulmana in Francia;
   Casa Pound dalla sua fondazione si fa portatrice di messaggi razzisti e xenofobi, coltiva da anni formazioni locali di chiara ispirazione neofascista e i suoi esponenti sono protagonisti di numerosi episodi di violenza;
   oggi con questa festa nazionale il movimento intende accrescere la portata e l'intensità dei suoi messaggi su scala nazionale attraverso un disegno preciso diretto a raccogliere simpatizzanti e diffondere in modo sempre più capillare le tesi neofasciste;
   si ricorda che la legge 25 giugno 1993, n. 205, vieta ogni forma di discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi e punisce sia la propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, sia gli atti sia l'istigazione a commettere atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi oltre che la partecipazione a movimenti dediti a queste attività;
   la festa nazionale di Casa Pound rappresenta l'ultimo segnale della volontà di accrescere e organizzare il movimento neofascista e, per questo, ha generato preoccupazione e reazioni da parte delle associazioni partigiane venete e delle forze democratiche – in particolare da parte della segreteria nazionale dell'ANPI in data 9 settembre 2013 – che vedono nelle dette manifestazioni pericolose avvisaglie di apologia del fascismo e che intendono difendere l'argine posto dalla XII disposizione finale della nostra Costituzione alla riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista;
   la località scelta per la festa nazionale di Casa Pound comporta problemi di ordine pubblico anche per la conformazione del luogo e per la concomitanza con altre iniziative locali –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopraesposti;
   quali provvedimenti intenda adottare per evitare che attraverso queste manifestazioni si consolidi e si diffonda l'ideologia neofascista e si proceda nel tentativo di ricostruire apparati organizzativi di ispirazione fascista in violazione della nostra Costituzione repubblicana. (4-01793)


   PIAZZONI e PILOZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   stando alle dettagliate denunce presentate da diverse realtà associative operanti nella difesa del territorio della Valle dell'Aniene e rilanciate da diversi organi di informazione online locali, il circolo Janus di Tivoli, per conto del gruppo escursionistico Monte Kailash – organizzazioni entrambe dichiaratamente di ispirazione neo fascista – avrebbe occupato arbitrariamente la «Mola Vecchia di Jenne»;
   tale occupazione, stando alle dichiarazioni del presidente del circolo Janus, rilanciate dal sito web, notizialocale.it in data 25 agosto, è avvenuta al fine di trasformare il vecchio mulino – struttura restaurata con finanziamenti pubblici e storicamente a disposizione (previa legale richiesta) di associazioni ed escursionisti per utilizzo temporaneo – nella sede del Gruppo Monte Kailash, rivendicando addirittura il mutamento del nome in «Rifugio Wandervogel», in spregio alla attuale intitolazione dello stesso all'ambientalista, politico e intellettuale italiano Antonio Cederna;
   in data 26 agosto la notizia veniva ripresa dal sito di informazione locale subynews, osservando come il gruppo di estrema destra si fosse appropriato della «Mola Vecchia» e constatando come ciò fosse avvenuto a insaputa dell'amministrazione comunale, la quale, ignara dell'accaduto, avrebbe, per bocca del vicesindaco, provveduto a effettuare i sopralluoghi e le verifiche del caso;
   il 29 agosto tuttavia, il sito lecittà.it riferiva cronaca dettagliata di un presunto incontro tra il sindaco, il vice sindaco e una delegazione del Circolo Janus, conclusasi, secondo gli estensori dell'articolo, con la piena soddisfazione dei membri dell'organizzazione per la possibilità offertagli di collaborare con l'amministrazione comunale nella gestione della «Mola Vecchia di Jenne» dietro presentazione di apposita richiesta di gestione, tramite progetto di riqualificazione e apposito piano di spesa;
   se l'appropriazione non conforme alle norme, operata dal circolo Janus, di uno spazio restaurato con finanziamenti pubblici e storicamente a disposizione (previa legale richiesta) di associazioni ed escursionisti per utilizzo temporaneo, manifesta un preoccupante gesto di assoluto sprezzo verso la comunità, esso appare ancora più inquietante alla luce del quadro riguardante la natura e gli scopi sociali del gruppo autore di tale violazione;
   la comunicazione sui social network del circolo Janus e del gruppo Monte Kailash, inequivocabilmente inneggia al leader del fascismo e del nazionalsocialismo, invita a munirsi di fucili kalashnikov per le escursioni, incita all'odio invitando a «scovare qualche partigiano ancora nascosto tra i monti»;
   la stessa arbitraria volontà di mutare il nome della «Mola Vecchia» in «Rifugio Wandervogel», contiene un esplicito riferimento al nazionalismo di stampo tedesco, essendo i Wandervogel un movimento giovanile sorto in Germania alla fine del secolo scorso, poi in larga parte confluito nella Gioventù Hitleriana, ben noto per la barbarie e le atrocità commesse durante il nazismo, atrocità che colpirono lo stesso Antonio Cederna, alla cui memoria è intitolato il vecchio mulino;
   la ricostruzione sopra citata, in assenza di smentite ufficiali e di una presa di distanza pubblica da parte dell'amministrazione comunale, sarebbe di estrema gravità, poiché l'amministrazione stessa, invece di segnalare e denunciare alle autorità competenti gli autori di una violazione che appare palese e più volte rivendicata, avrebbe addirittura accettato questi ultimi come interlocutori privilegiati per un ipotetico affidamento in gestione di un bene pubblico, a quanto risulta agli interroganti senza l'indizione di alcun bando di gara ed escludendo, in tal modo, tutte quelle realtà locali che da anni promuovono sul territorio attività culturali naturalistiche, escursionistiche e di tutela ambientale –:
   se il Ministro intenda verificare le notizie riportate, e quali iniziative intenda intraprendere per contrastare questo preoccupante focolaio di iniziative neo fasciste nel comune di Jenne e nella Valle dell'Amene. (4-01794)


   SIBILIA, TOFALO, SILVIA GIORDANO, NUTI e D'INCÀ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la città di Benevento, negli ultimi anni, è interessata da un’escalation di fatti di cronaca nera e giudiziaria, che vedono coinvolti, a vario titolo, esponenti dell'amministrazione e impiegati di diversi livelli del comune;
   il 5 settembre 2012, in pieno giorno, due colpi di pistola venivano esplosi contro l'automobile del dirigente comunale del settore finanze e risorsa umane, Andrea Lanzalone, parcheggiata nei pressi del municipio;
   il 13 novembre 2012, l'assessore all'ambiente, Luigi Abbate, era vittima di un gesto intimidatorio: ignoti squarciavano le ruote della sua automobile;
   nel novembre del 2012, a seguito di un'inchiesta della procura della Repubblica di Benevento e dei blitz in comune da parte della Guardia di Finanza, il sindaco Fausto Pepe, il vicesindaco Raffaele Del Vecchio, alcuni assessori e dirigenti comunali venivano indagati per turbativa d'asta e falso ideologico in relazione alla realizzazione ed installazione del presepe dell'artista Riccardo Dalisi, costato 137 mila euro;
   il 23 febbraio 2013, il dirigente comunale del settore urbanistica, Salvatore Zotti, subiva un attentato intimidatorio: ignoti davano fuoco alla porta di ingresso della sua abitazione;
   nel marzo del 2013, la procura della Repubblica di Benevento avviava un'inchiesta sul comune e sull'azienda dei trasporti Urbani AMTS in relazione alla vicenda legata all'onerosa costruzione del parcheggio di Porta Rufina (oltre un milione di euro), che ha portato la stessa azienda, di cui il comune è socio unico, sull'orlo del fallimento;
   nel giugno del 2013, la procura della Repubblica di Benevento chiedeva il rinvio a giudizio del sindaco Fausto Pepe, degli ex assessori Luigi Boccalone e Aldo Damiano e di altre 50 persone (tra dirigenti, funzionari e tecnici del comune, nonché imprenditori), indagate nell'ambito dell'inchiesta denominata «Mani sulla città» con l'accusa di reati che vanno dal peculato alla corruzione, concussione elettorale, truffa, fatturazioni false e abuso di ufficio in merito alla concessione di alcuni appalti di opere pubbliche e alla gestione delle forniture di beni e servizi del comune;
   ancora nel giugno del 2013, la procura della Repubblica di Benevento chiedeva il rinvio a giudizio del sindaco Fausto Pepe e di altri 4 indagati per illeciti legati alla gestione dei rifiuti nella discarica di Piano Borea;
   nel luglio del 2013, il dirigente comunale del settore finanze e risorse umane, Andrea Lanzalone, vittima dell'attentato intimidatorio del 5 settembre del 2012 e già coinvolto nell'inchiesta denominata «Mani sulla città», veniva raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare, nella forma degli arresti domiciliari, emessa dal Gip del Tribunale di Benevento su richiesta della procura della Repubblica nell'ambito dell'inchiesta su alcuni concorsi truccati, che vede indagate, a vario titolo, altre 8 persone, tra cui anche Cosimo Lepore, assessore alle risorse umane all'epoca dei fatti;
   nell'agosto del 2013, la procura della Repubblica di Benevento avviava un'indagine a carico di 110 persone, tra cui il sindaco Fausto Pepe, due consiglieri comunali, alcuni ex assessori, funzionari comunali, tecnici progettisti e direttori dei lavori, nonché imprenditori e privati cittadini, per presunte difformità nella costruzione di immobili ed abusi edilizi illegittimamente sanati nelle zone cosiddette «Sub-aree» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se, alla luce di quanto premesso, non ritenga opportuno assumere iniziative ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza, anche ai sensi dell'articolo 141 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (4-01798)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRECO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da alcuni quotidiani (vedi La Sicilia, anno LXIX n. 239, 31 agosto 2013; livesiciliacatania del 4 settembre 2013), quattro dirigenti scolastici in servizio presso diversi comuni della regione Sicilia (Gela, Caltanissetta e Catania), con autonomi ricorsi d urgenza ex articolo 700 del codice di procedura civile promossi innanzi al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, chiedevano ed ottenevano nei confronti del loro datore di lavoro, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in persona del Ministro pro tempore, il loro mantenimento in servizio per l'intero anno scolastico 2013-2014 e, comunque, sino al raggiungimento del 66o anno di età;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – ufficio scolastico regionale per la Sicilia in persona del direttore generale pro tempore, Maria Luisa Altomonte, con provvedimento PROT. MIUR AOO DIRSI. REG. UFF.15916 USC. del 9 agosto 2013 dava attuazione ai predetti provvedimenti giudiziari;
   lo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – ufficio scolastico regionale per la Sicilia in persona del direttore generale pro tempore, Maria Luisa Altomonte con provvedimento PROT. MIUR AOO DIRSI. REG. UFF.16587 USC. del 28 agosto 2013 revocava il provvedimento di cui al precedente punto (prot. 15916 del 9 agosto 2013), disponendo i mutamenti di incarico, a far data dal 1o settembre 2013, dei dirigenti scolastici di cui all'allegato prospetto sulla scorta della futura pubblicazione di un provvedimento governativo che avrebbe successivamente apprestato interpretazione autentica all'articolo 24, commi 3 e 4, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, nel senso che «il conseguimento da parte di un lavoratore dipendente delle pubbliche amministrazioni di un qualsiasi diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011 comporta obbligatoriamente l'applicazione del regime di accesso e delle decorrenze previgente rispetto all'entrata in vigore del predetto articolo 24 – per i lavoratori dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni il limite ordinamentale, previsto dai singoli settori di appartenenza per il collocamento a riposo d'ufficio e vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso, non e modificato dall'elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia e costituisce il limite non superabile, se non per il trattenimento in servizio o per consentire all'interessato di conseguire la prima decorrenza, utile della pensione ove essa non sia immediata, al raggiungimento del quale l'amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o d'impiego se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione»;
   nello specifico, secondo l'amministrazione, la futura pubblicazione di una norma di cui alla data del 28 agosto 2013 non si aveva contezza, «per la sua valenza retroattiva impedisce la prosecuzione del rapporto di lavoro dei predetti Dirigenti oltre il 65o anno di età», e comporta il «collocamento a riposo dei Dirigenti Scolastici summenzionati», rendendo così «disponibili, ai fini dei mutamenti di incarico per l'a.s. 2013/2014, le sedi dagli stessi occupate nell'a.s. in corso»;
   a seguito della pubblicazione del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, in Gazzetta Ufficiale n. 204 del 31 agosto 2013, lo stesso dirigente generale dell'ufficio scolastico regionale per la Sicilia con successivo provvedimento amministrativo confermava l'atto adottato il 28 agosto 2013;
   è opinione dei firmatari del presente atto che dovrebbe essere principio comunemente conosciuto, riconosciuto e condiviso che i provvedimenti giurisdizionali – quand'anche gravemente erronei o fondati su leggi venute meno per successione pure con effetto retroattivo – non siano rimossi al di fuori degli ordinari sistemi impugnativi sollecitabili in seno alla stessa amministrazione giudiziaria;
   appare agli interroganti quantomeno stravagante, per contro, l'agire dell'amministrazione pubblica laddove ha ritenuto espressamente di non adempiere ad un ordine ad essa impartito dall'autorità giudiziaria della Repubblica, di fatto arrogandosi, essa stessa, il potere di dichiarare inefficace e di rimuovere, con atto amministrativo, un provvedimento giurisdizionale di immediata attuazione. E ciò – già pure non tollerabile a fronte di una legge vigente (in quanto pubblicata) non esistendo nel sistema un meccanismo di decadenza e/o caducazione automatica dei provvedimenti giurisdizionali nemmeno a fronte di atti legislativi espressamente dichiarati aventi efficacia retroattiva – sulla scorta, peraltro, di un provvedimento governativo inesistente che, nemmeno nato, è stato da essa battezzato come retroattivo, mercé la mera auto-referenziazione in «interpretazione autentica»;
   ed ancora secondo l'opinione degli interroganti, l'attività posta in essere dall'ufficio scolastico regionale per la Sicilia in persona del direttore generale pro tempore, appare ancor di più penalizzante e discriminatoria considerato che in altre regioni d'Italia, in ottemperanza ad eguali ordinanze ex articolo 700 del codice di procedura civile emesse dal giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, i direttori generali dei rispettivi uffici scolastici regionali (si veda provvedimento DDG n. 254 del 27 agosto 2013 a firma del direttore generale pro tempore dell'ufficio scolastico regionale per il Lazio), hanno mantenuto in servizio i dirigenti scolastici in favore dei quali si era espressa l'autorità giudiziaria –:
   di quali informazioni disponga circa la notizia diramata dalla stampa siciliana e riportata in premessa;
   se il Ministro non ritenga di dovere fornire dettagliati elementi in ordine ai propri dipendenti il cui diritto al mantenimento in servizio era già stato disposto/dichiarato dall'autorità giudiziaria ordinaria in funzione di giudice del lavoro;
   se la decisione di disattendere le ordinanze emesse dall'autorità giudiziaria dello Stato italiano circa il mantenimento in servizio dei quattro dirigenti scolastici siciliani, sia scaturita da una libera iniziativa del direttore generale dell'ufficio scolastico per la Sicilia, dottoressa Maria Luisa Altomonte, e, in tal caso, quali iniziative amministrative e disciplinari si intendano adottare nei confronti del citato dirigente; o, se invece, la decisione di disattendere le ordinanze emesse dall'autorità giudiziaria della Repubblica circa il mantenimento in servizio dei quattro dirigenti scolastici siciliani sia scaturita dai vertici del dicastero, e in tal caso, in forza di quale principio di diritto. (4-01797)


   CIPRINI, GALLINELLA, MARZANA, LUIGI GALLO, D'UVA, SIMONE VALENTE e DI BENEDETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nelle graduatorie docenti di ogni ordine e grado, sia di istituto che ad esaurimento, la legge prevede la possibilità per il docente di inserire il conseguimento di titoli culturali ai quali corrisponde l'assegnazione di un determinato punteggio. È noto che il conseguimento di tali titoli culturali consente al docente di migliorare la propria posizione nelle suddette graduatorie al fine di ottenere un punteggio più alto e dunque la possibilità di ricevere un incarico per supplenze «brevi o saltuarie» od anche annuali;
   anche nei concorsi a cattedre, in particolare nell'ultimo bandito, questi titoli vengono conteggiati e rendono possibile la «scalata» da parte dei docenti nella graduatoria di merito finale: di fatto accade che il docente che ha accumulato più titoli ha maggiori possibilità di mantenere una posizione «alta» rispetto ad altri docenti che, paradossalmente, hanno conseguito votazioni migliori nelle prove concorsuali ma che sono privi di tali titoli culturali;
   titoli culturali valutabili nelle graduatorie docenti sono il dottorato di ricerca (punti 12), il diploma di specializzazione pluriennale (anche solo biennale, 6 punti), diploma di perfezionamento e/o master universitario di primo e secondo livello di durata annuale, corrispondenti a 1.500 ore e 60 crediti, con esame finale, coerenti con gli insegnamenti, ai quali si riferisce la graduatoria o eventualmente di natura trasversale purché attinente alla didattica (punti 3), corso universitario di perfezionamento di durata almeno annuale coerente con gli insegnamenti cui si riferisce la graduatoria o eventualmente di natura trasversale purché attinente alla didattica (punti 1);
   mentre ai dottorati di ricerca si accede tramite il superamento di un concorso pubblico, bandito e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, e dunque previa pubblica valutazione delle conoscenze e competenze dei candidati, ciò non accade invece per la maggior parte dei corsi di perfezionamento e master ai quali si accede semplicemente previo pagamento della tassa d'iscrizione e delle rette previste per la frequenza e il conseguimento del titolo;
   non solo gli atenei pubblici hanno la possibilità di organizzare ed concedere tali titoli culturali bensì anche gli atenei «telematici» privati (ma equiparati) ed altri enti (istituti, enti privati associazioni volte alla formazione degli insegnanti) comunque accreditati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (direttiva n. 90/2003); ciò di fatto ha indotto la classe docente – segnata da una grave condizione di precarietà cronica – a prendere parte a quella che in ambito scolastico viene definita come una vera e propria «raccolta punti» utile a migliorare la propria posizione nelle graduatorie delle scuole statali. Il costo di tali corsi e/o master è pari a 500, 800 o 1.200 euro annui richiesti generalmente da tali soggetti privati e/o università telematiche che erogano i titoli;
   è facilmente immaginabile che non tutti i docenti hanno le possibilità economiche per poter sostenere il costo di tali corsi, e conseguire il titolo culturale offerto da tali soggetti accreditati e/o università telematiche;
   la maggior parte dei corsi proposti non richiedono una frequenza obbligatoria in presenza ma solo online (tramite accesso da un computer e lasciando scorrere delle video-lezioni, senza alcuna interazione valutabile) e prevedono al loro termine, quale «esame finale», un semplice test a «crocette» e/o un elaborato di poche pagine;
   accade che il requisito della «durata annuale» del corso, richiesto dalle tabelle di valutazione delle graduatorie docenti, spesso viene interpretato con una certa elasticità: l'immatricolazione al corso può avvenire anche fine ottobre ed il corso può concludersi con un esame anche già ad aprile;
   è noto come non accada mai che ad uno di questi corsi o master il candidato venga bocciato. È facile comprendere come ne sia derivato un vero e proprio «business dei titoli»: università telematiche e soggetti accreditati propongono annualmente la propria offerta formativa pensata con l'unica finalità di far acquisire/comprare punteggio certamente non attraverso criteri di merito e di eccellenza;
   il fenomeno è talmente diffuso che basta guardare qualsiasi sito internet che si occupa di scuola per vedere la pubblicità di tali corsi e/o master online offerti da soggetti il cui unico fine è rappresentato dal vendere tali corsi a scapito della classe docente e del criterio del merito che dovrebbe presiedere l'inserimento e l'aggiornamento di tali titoli nelle graduatorie;
   recentemente sarebbe emerso il fenomeno, in vista del prossimo aggiornamento delle graduatorie del 2014, dell'organizzazione di «corsi di specializzazione biennale» da parti di soggetti che consentirebbero il conseguimento del titolo culturale con l'attribuzione del valore di punti 6;
   in realtà la proliferazione di tali corsi, lungi dal potenziare la preparazione della classe docente, rappresenta un vulnus alla qualità del sistema nazionale d'istruzione, dequalifica la professione docente, favorisce – di fatto – non il merito bensì coloro che possono permettersi in termini economici il costo per il conseguimento di tali titoli –:
   se il Ministro sia a conoscenza della suddetta situazione;
   quali misure o provvedimenti il Ministro intenda intraprendere per intensificare i controlli, la vigilanza e il monitoraggio in ordine alle modalità di immatricolazione e allo svolgimento dei corsi e/o master organizzati da soggetti, cosiddetti accreditati, nonché in ordine al rispetto del livello di preparazione e competenza del personale utilizzato dai suddetti soggetti che hanno il compito di organizzare i corsi e verificare i test finali dei corsi e master, secondo quanto previsto dalla legislazione vigente e in particolare dalla direttiva ministeriale n. 90 del 2003 in tema di accreditamento di soggetti per la formazione del personale della scuola;
   quali misure intenda adottare – anche di tipo regolamentare/normativo – per «ridurre» il peso di tali titoli culturali nelle graduatorie dei docenti ed evitare la proliferazioni di tali titoli rilasciati da enti accreditati e valorizzare il merito e la qualità del sistema nazionale d'istruzione con la promozione della effettiva preparazione dei docenti. (4-01799)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato su il sussidiario.net il 30 agosto 2013 «la vicenda degli esodati si carica di un nuovo controverso aspetto»;
   al momento, sebbene l'Inps quantifica in circa 390 mila unità gli aventi diritto alle salvaguardie, sono state stanziate risorse per la salvaguardia di «sole» 13 mila persone rimaste prive di reddito da lavoro o da pensione, cui dovrebbero aggiungersi altri 20 mila soggetti tutelati dall'ultimo decreto;
   risulterebbe tuttavia che al 10 giugno 2013 solamente l'8 per cento di coloro cui è stato riconosciuto l'accesso al trattamento pensionistico secondo le regole previgenti al decreto cosiddetto «Salva-Italia» ha ricevuto effettivamente l'assegno, vale a dire che su 130 mila solo 11.384 persone sono riuscite a veder conclusa positivamente la propria triste vicenda;
   risulta all'interrogante che i nominativi degli aventi diritto sono stati trasmessi dalle DTL all'Istituto previdenziale e che il ritardo nell'erogazione dell'assegno è imputabile all'Inps che non ha ancora effettuato le dovute verifiche;
   tempi così lunghi per l'erogazione dell'assegno sono vergognosi ed inaccettabili, considerato che si tratta di persone che oramai già da due anni attendono una soluzione, dopo esser rimasti senza sostentamento economico per via delle modifiche alle regole di accesso alla pensione avvenute dopo l'apposizione della propria firma all'accordo di fuoriuscita dall'azienda –:
   se trovi conferma il dato riportato in premessa, ovvero che solo l'8 per cento su 130 mila aventi diritto abbia ricevuto l'assegno dall'Inps e, in caso di risposta affermativa, quali siano le motivazioni di tali lungaggini ovvero, in caso di risposta negativa, quale sia la corretta percentuale di coloro che concretamente già percepiscono l'assegno pensionistico. (5-00980)


   BINI e GELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in Italia lavora solo il 16 per cento (circa 300.000 individui) delle persone con disabilità fra i 15 e i 74 anni, contro il 49,9 per cento del totale della popolazione. Solo l'11 per cento, poi, delle persone con limitazioni funzionali che lavorano ha trovato occupazione attraverso un Centro Pubblico per l'Impiego. E ancora, le persone con limitazioni funzionali che sono inattive rappresentano una quota quasi doppia rispetto a quella osservata nell'intera popolazione (l'81,2 per cento contro il 45,4 per cento), mentre la percentuale di chi non è mai entrato nel mercato del lavoro e che non cerca di entrarvi (250.000 persone, per la quasi totalità donne) è molto più elevata tra chi ha limitazioni funzionali gravi (il 18,5 per cento) contro l'8,8 per cento di chi ha limitazioni funzionali lievi;
   la stessa Corte di giustizia dell'Unione europea, ha sonoramente bocciato il nostro Paese, stabilendo che esso «non ha adottato tutte le misure necessarie per garantire un adeguato inserimento professionale dei disabili nel mondo del lavoro e la invita a porre rimedio a questa situazione al più presto»; la legge n. 68 del 1999 «Norme per il diritto al lavoro dei disabili», ha lo scopo di promuovere l'inserimento e l'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso un collocamento mirato e, possono accedere agli appositi elenchi le persone che presentano tali requisiti:
    a) le persone in età lavorative affette da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e i portatori di handicap intellettivo, che comportano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, accertata dalle commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile;
    b) gli invalidi del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento accertato dall'INAIL;
    c) i non vedenti o i sordomuti di cui alle leggi n. 38 e 381 del 1970;
    d) gli invalidi di guerra, invalidi civili di guerra, invalidi per servizio con minorazioni ascritte dalla prima alla ottava categoria del testo unico sulle pensioni di guerra;
    e) le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata ed i loro familiari (legge n. 407 del 23 novembre 1998);
   la direzione centrale delle prestazioni dell'INPS con circolare del 28 dicembre 2012, n. 149 (allegato n. 2) ha stabilito che l'assegno mensile pari a 275,87 per l'invalido civile parziale, cioè per colui che ha una invalidità compresa tra il 74 per cento e il 99 per cento è erogato solo se il reddito per il 2013 non è superiore a 4.738,63;
   tale limite di reddito scoraggia molte persone, specialmente coloro che sono affette da disturbi psichici a cercare un'occupazione che molte volte produce un reddito analogo a quello percepito dall'indennità ma con molte più difficoltà logistiche, organizzative e altro;
   il lavoro per le persone disabili non è solo fonte di reddito ma è anche principalmente momento d'inserimento sociale;
   sempre in base alla circolare del 28 dicembre 2012, n. 149 (allegato n. 2) l'INPS ha fissato per gli invalidi totali il limite di reddito per il 2013 pari a 16.127,30 per percepire la pensione di invalidità di euro 275,87 mensile –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire per predisporre ulteriori misure volte a favorire un inserimento reale dei lavoratori disabili nel mondo del lavoro anche valutando l'opportunità di modificare favorevolmente la normativa riguardante la tassazione dei redditi da lavoro degli invalidi civili parziali. (5-00986)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TIDEI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il prodotto software Gerico 2013 versione 1.0.4 versione del 19 luglio 2013 consente il calcolo della congruità, tenuto conto della normalità economica, e della coerenza economica per i 205 studi di settore applicabili per il periodo d'imposta 2012. Il software è aggiornato con le modifiche agli studi previste dai decreti ministeriali 21 marzo 2013 e 28 marzo 2013 e con i correttivi «crisi» da applicare alle risultanze degli studi di settore approvati con decreto ministeriale 23 maggio 2012;
   ai fini dell'adeguamento ai compensi puntuali delle categorie professionali, per quanto riguarda l'Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili per quest'anno Gerico 2013 ha previsto risultati in ascesa;
   vista la gravità della crisi, incombente, le imprese del Paese registrano cali di fatturato, licenziamenti, ritardati pagamenti della pubblica amministrazione e, quindi, attraversano una fase di grandi difficoltà; conseguentemente anche le categorie professionali soffrono nella riscossione dei propri compensi, specie i dottori commercialisti che, lavorando spessissimo a fianco all'impresa, percepiscono e subiscono i segnali della crisi;
   i mancati adeguamenti rispetto alle indicazioni del software Gerico 2013 rendono soggetti a controllo e dunque a contraddittorio negli uffici competenti –:
   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti riportati in premessa;
   se non si ritenga di verificare, alla luce della situazione economica che investe le imprese e i liberi professionisti, l'effettiva puntualità dei parametri emessi dallo strumento Gerico 2013;
   se non si ritenga che l'amministrazione finanziaria debba discriminare, anche alla luce di queste evidenze, con la necessaria saggezza e buon senso, i mancati adeguamenti soprattutto da parte di tutti quei professionisti che si trovano nei primi anni di attività. (4-01776)


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Italcementi ha deciso di chiudere lo stabilimento di SCAFA (PE) a partire dal 1o gennaio 2015, contravvenendo agli accordi che aveva sottoscritto con le Organizzazioni Sindacali per la ristrutturazione del cementificio al fine di fronteggiare la crisi che investe tutto il settore collegato alla edilizia;
   i lavoratori e gli enti locali della Val Pescara hanno in queste settimane dato vita ad un ampio movimento di protesta per cercare di tutelare l'occupazione e una presenza produttiva che ha segnato la storia industriale della provincia di Pescara;
   nella Val Pescara è in crisi da anni anche il polo industriale più grande della Provincia, quello di Bussi, con la quasi totale scomparsa delle aziende chimiche che nel passato sono arrivate ad occupare migliaia di lavoratori;
   dunque la situazione occupazionale a seguito del crollo verticale dell'industria e della crisi che attraversano i settori del commercio e dell'artigianato è drammatica, con un tasso di disoccupazione giovanile oltre il 40 per cento;
   è stato chiesto un intervento urgente ai Ministeri competenti essendo questa vertenza di valenza nazionale poiché sono coinvolti tutti gli stabilimenti del Gruppo Italcementi –:
   se non intendano rispondere positivamente alla richiesta dei sindacati e degli Enti Locali della provincia di Pescara per un incontro urgente tra Sindacati e Proprietà presso il Ministero competente per individuare un percorso condiviso di tutela dell'occupazione e di ristrutturazione del cementificio di Scafa. (4-01784)


   NUTI, BARONI, BRUGNEROTTO, CASTELLI, CECCONI e DI VITA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ogni mese i pensionati italiani si vedono trattenute dalle proprie pensioni somme, anche se modeste, denominato ONPI, Opera nazionale per i pensionati d'Italia;
   tuttavia, questo Ente, creato nel lontano 1948 con lo scopo di finanziare case di riposo per anziani sparse sul territorio nazionale, fu soppresso tramite il decreto legge 481 del 1978, cioè 35 anni fa, in quanto considerato «ente inutile». Ciononostante, la trattenuta ad essa collegata fu incredibilmente mantenuta. Inoltre, fu deciso di trasferire i fondi così raccolti dall'INPS al Ministero del tesoro, il quale a sua volta si sarebbe fatto carico di ripartirli fra le regioni;
   le regioni, secondo quanto stabilito dalla legge, avrebbero dovuto utilizzare queste somme per finanziare l'assistenza agli anziani nel proprio territorio. Questo obbligo è stato però facilmente eluso dalle regioni che inserirono queste somme nei propri flussi di entrata, senza certezza di destinazione per gli scopi originariamente previsti, svuotando di conseguenza il contributo di ogni suo significato;
   inoltre, secondo le notizie emerse grazie ad una inchiesta del 2012 portata avanti da organi di stampa, le regioni, che sarebbero dovute essere le destinatarie finali di questa trattenuta, di fatto, smisero di ricevere questi fondi nel 1984. Ma ciò che risulta ancor più assurdo è che presso gli stessi uffici del Ministero del tesoro non si ha certezza, sempre secondo quanto emerso da questa inchiesta, di come i fondi vengano gestiti e, soprattutto, a chi siano destinati;
   da diversi anni si trascina il problema del fare chiarezza sull'utilizzo di questi fondi. La motivazione che ci sia bisogno di tempo per espletare le necessarie chiarificazioni burocratico-amministrative risulta ormai essere una scusa vergognosa e non più sostenibile;
   in particolare, si rileva che, stando al bilancio dell'INPS, il contributo pro-capite di 0,01 euro «EX-ONPI» produrrebbe un ammontare complessivo annuo di più di 3 milioni di euro, versato dall'istituto previdenziale nelle casse dello Stato;
   tale contributo, anche se non rappresenta, vista la sua modesta entità, un grave danno economico per i singoli pensionati italiani, costituisce sicuramente una chiara ingiustizia morale. La trasparenza è sempre stata per il MoVimento 5 Stelle un principio fondamentale: fare chiarezza sull'utilizzo di questi fondi è quindi per noi imperativo –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se risulti quale sia l'attuale destinazione delle somme trasferite nelle casse dello Stato tramite il «CONTRIBUTO EX-ONPI» e se le Regioni siano coinvolte nella spartizione di tali somme;
   se non ritengano necessario eliminare questo contributo che, seppur modesto, appare agli interroganti ridicolo e privo di qualsiasi ragione per sussistere. (4-01787)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   CRIVELLARI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la pesca illegale al pesce siluro sta assumendo i contorni ormai di un vero e proprio business lungo il tratto finale del fiume Po;
   la questione interessa da vicino diversi territori situati nel basso corso, dal Mantovano fino al mare (Polesine, dove peraltro si segnalano situazioni analoghe anche lungo il Canalbianco);
   stando alle testimonianze delle comunità locali che vivono in quelle zone si tratta chiaramente di un fenomeno in crescita che sta assumendo i contorni del vero e proprio saccheggio;
   stando a quanto riportato da diversi articoli apparsi nel tempo sulle cronache locali si lamenta la presenza di pescatori di frodo provenienti per lo più da Paesi dell'Est (Ungheria in primis ma anche Romania) che fanno ricorso a metodi a dir poco barbari come gli elettrostorditori, la cosiddetta «impiccagione» (un filo immerso sott'acqua di circa mezzo metro e collegato a un peso di piombo che procura un'agonia inutile oltre che lunghissima ai pesci) e persino il «palamitro killer» (ami innescati con pesce vivo collegati a un trave portante e sollevati dal fondo del grazie a bottiglie di plastica);
   questa razzia nei nostri fiumi, oltre alle più che discutibili modalità di pesca, ha anche un risvolto economico in quanto va ad alimentare i mercati di quei Paesi;
   l'attività avviene senza il minimo rispetto delle più elementari normative in materia di sicurezza, molto spesso anche nelle ore serali e notturne, e del tutto illegalmente configurando quindi un reato –:
   se il Governo non ritenga necessario assumere le opportune iniziative affinché la pratica ormai sempre più diffusa della pesca del siluro nelle acque del fiume Po (e analogamente del Canalbianco) non venga maggiormente e opportunamente monitorata al fine di scongiurare pratiche barbare, situazioni di frodo e perciò di evasione ma anche di palese violazione delle più elementari norme in materia di sicurezza. (4-01781)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SBROLLINI, GINATO, MORETTI e CRIMÌ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   alcune situazioni particolarmente gravi, se confermate, dal punto di vista dell'inquinamento ambientale sono state portate a conoscenza dell'opinione pubblica, creando allarme e preoccupazione. In particolar modo, la recente inchiesta sul sottofondo della Valdastico sud e il rilevamento di sostanze potenzialmente inquinanti in alcuni pozzi della provincia necessitano di interventi chiarificatori e risposte certe;
   per quanto riguarda il caso A31 sud, un esposto presentato dall'associazione Medicina democratica e dall'Associazione italiana esposti amianto ha dato il via all'inchiesta seguita dalla direzione antimafia di Venezia che il 22 luglio conferirà l'incarico ai periti per l'analisi del terreno. Nel documento presentato dalle associazioni si denuncia un presunto inquinamento delle falde sotto il cantiere dell'A3 sud causato dalla presenza di materiale tossico, in particolare rifiuti di acciaieria;
   sulla questione dell'inquinamento delle acque, in base a recenti rilevamenti, la concentrazione di sostanze perfluoro-alchiliche in alcune zone del vicentino, sarebbe molto alta, si registrano infatti 1500 nanogrammi per litro a Brendola, Sarego e Lonigo, mentre in un pozzo del capoluogo si sfiorano i 2000. Non esiste in Italia una normativa che regoli con severità la presenza di tali sostanze nell'acqua, tali prodotti ad oggi sono infatti esclusi dalle tabelle delle sostanze inquinanti. La pericolosità di queste sostanze è in corso di accertamento. Nonostante il vuoto normativo italiano, esiste una raccomandazione comunitaria del 2010 che chiede di monitorarne la presenza negli alimenti poiché tali sostanze sono associabili a un ampio spettro di effetti sulla salute. La Germania si è dotata di una normativa severa che fissa un tetto di 100 nanogrammi per litro. In questo preoccupante contesto, le sedi Arpav hanno un ruolo essenziale per monitorare e scongiurare le minacce alla salute dei cittadini e all'ambiente –:
   se per la questione Valdastico sud, il Ministro stia monitorando gli sviluppi dell'inchiesta e se, in merito alla stessa, intenda avviare, per quanto di competenza, verifiche sulla regolarità delle procedure di realizzazione dell'opera;
   se per quanto riguarda l'inquinamento dei pozzi, sia a conoscenza del vuoto normativo sopra descritto e se non intenda assumere iniziative per fissare rigidi parametri nonché ponendo in essere azioni di messa in sicurezza e controllo delle acque. (5-00979)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in uno studio diffuso dal Ministero della salute il bacino idrografico del fiume Sacco è stato annoverato tra i 44 siti più inquinati d'Italia, ed è stato appurato che nei comuni che insistono sull'area negli ultimi anni si è registrato un aumento del tasso di mortalità, dovuto principalmente a patologie dell'apparato digerente, del sistema cardiocircolatorio e di tipo tumorale;
   l'emergenza ambientale della Valle del Sacco deriva dal dismesso distretto industriale della zona, costruito a partire dai primi del Novecento e basato sull'industria bellica e sulla produzione di materiali ferroviari, cui si sono aggiunti, negli anni, il cemento, i pesticidi, e la chimica pesante;
   l'assenza di precisi vincoli ambientali all'epoca della dismissione dei siti, e tanto più nel periodo della loro attività, ha fatto sì che nascessero oltre un centinaio di discariche abusive e che i rifiuti tossici venissero «smaltiti» semplicemente interrandoli, spesso non molto lontano dai corso d'acqua del fiume;
   uno studio del dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario della regione Lazio ha evidenziato il grave stato di inquinamento della zona, rilevando la presenza nell'acqua di betaesaclorocicloesano, una sostanza inquinante derivante dalla produzione di un potente insetticida, il lindano, bandito dal 2001, sostanza anche riscontrata nei sangue delle persone tenute sotto osservazione nel corso dell'indagine;
   lo stato di emergenza ambientale nella Valle del Sacco era stato riconosciuto già nel marzo del 2005, in seguito alla morte di alcuni capi di bestiame e del ritrovamento di elevati livelli della citata sostanza inquinante in campioni di latte di un'azienda agricola;
   tra i comuni della Valle in oggetto vi è anche quello di Ceccano, per il quale già nel 2009 fu dichiarato lo stato di emergenza ambientale ma la cui popolazione risulta incomprensibilmente esclusa dal monitoraggio sanitario promosso nella zona;
   con un decreto ministeriale del 12 marzo 2013 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha formalizzato il declassamento del bacino del fiume Sacco e di Frosinone da siti di interesse nazionale a siti di interesse regionale –:
   quali iniziative si intendano assumere al fine di ripristinare la classificazione di sito di interesse nazionale (SIN) per la Valle del Sacco, e di destinare gli investimenti necessari a provvedere agli urgenti interventi di bonifica;
   quali iniziative il Governo intenda assumere, ove il sito possa essere nuovamente classificato come sito di interesse nazionale, affinché nel monitoraggio sullo stato di salute delle popolazioni residenti sia incluso anche il comune di Ceccano, al fine di ottenere un quadro completo della situazione sanitaria nella zona e predisporre i relativi interventi in favore dei residenti. (4-01795)

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Garavini e altri n. 2-00202, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Simoni, Rocchi, Bonafè.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Giorgia Meloni n. 1-00179, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 74 del 10 settembre 2013.

   La Camera,
   premesso che:
    dopo oltre due anni dall'inizio del conflitto la situazione in Siria non accenna a migliorare e, anzi, appare costretta in una pericolosa situazione di stallo, nella quale appare in modo sempre più evidente come nessuna delle due parti abbia ragionevoli possibilità di prevalere definitivamente sull'altra, né, tantomeno, di riuscire a stabilizzare il Paese, anche se una delle parti dovesse guadagnare ulteriore terreno;
    sinora, né gli sforzi della comunità internazionale volti a fermare i massacri, né, tantomeno, la ferma condanna delle violenze, espressa a più riprese, hanno potuto impedire la continua escalation dello scontro tra le forze governative e quelle di opposizione riunite nella Coalizione nazionale siriana;
    secondo l'ultimo bilancio delle Nazioni Unite, dall'inizio del conflitto sono state uccise oltre novantamila persone, tra le quali anche migliaia di donne e bambini, e vi sarebbero circa oltre quattro milioni di sfollati nel Paese e un milione e mezzo di rifugiati siriani, riparati nei Paesi limitrofi (Giordania, Libano, Turchia, Iraq ed Egitto);
    la crisi siriana è ancora una volta il segno del profondo mutamento in atto nel contesto regionale del Mediterraneo, ma la sua peculiarità sta proprio nel fatto di non essere più una crisi regionale, ma di aver assunto una dimensione mondiale, all'interno della quale si muovono i soggetti internazionali che hanno condotto la partita sin qui e attraverso la quale appare pienamente la complessità dello scenario siriano;
    mentre, infatti, il Governo di Damasco riceve da parte di Russia e Iran rifornimenti in strumenti, armi, oltre a uomini di Hezbollah provenienti dal Libano, tra gli Stati che sostengono con mezzi e armamenti l'insurrezione vanno annoverati il Qatar, l'Arabia Saudita, la Giordania e la Turchia;
    il dieci per cento della popolazione siriana è di fede cristiana ed è già stata oggetto di attacchi da parte dei ribelli, che hanno colpito con ferocia sia le aree cristiane delle città di Damasco ed Aleppo, sia la cittadina di Homs e, da ultimo, anche il villaggio di Maaloula, uno dei siti cristiani più importanti di tutta la Siria, saccheggiando alcune chiese e monasteri e minacciando i cristiani di vendicarsi su di loro dopo il trionfo della rivoluzione;
    pur essendo rappresentata all'interno del Consiglio nazionale siriano, per la comunità cristiana si prefigura quindi il rischio, in una Siria senza Assad, di perdere le garanzie dei propri diritti e quella tolleranza religiosa che il regime laico le aveva finora garantito;
    in ambito europeo, con la decisione del Consiglio degli affari esteri di lasciar decadere a partire dal 1o giugno 2013 l'embargo sulla vendita di armi (sia al regime che ai ribelli), prolungando di ulteriori dodici mesi le sole sanzioni economiche, si è di fatto spaccato il fronte comune dell'Unione europea rispetto al conflitto in corso nel Paese, e se anche un accordo politico tra i 27 Stati membri prevedeva che non ci sarebbe stato alcun invio di armi almeno fino alla fine del mese di agosto, allo stato attuale ciascun Paese può decidere autonomamente;
    in Italia, i Ministri della difesa e degli affari esteri hanno sinora espresso la propria personale contrarietà in merito all'eventuale invio di armi alla Siria, una decisione che, tuttavia, compete al Governo nella sua collegialità;
    in ambito internazionale, inoltre, rimangono incerti sia la tempistica sia lo stesso formato della conferenza di pace Ginevra II, per la quale si sono impegnate negli scorsi mesi le diplomazie di Russia e Stati Uniti, la quale dovrebbe realizzare l'intento di fare sedere intorno allo stesso tavolo forze di governo e oppositori, nonché tutti i Paesi che siano in grado di influenzare la crisi e possano poi contribuire all'attuazione delle intese che verranno auspicabilmente decise, tra i quali i Paesi confinanti (Libano, Giordania, Iraq e Turchia) e i principali attori regionali, tra cui l'Arabia Saudita o l'Egitto;
    nelle intenzioni della comunità internazionale, la conferenza Ginevra II dovrebbe, inoltre, passando attraverso il rafforzamento delle strutture organizzative dell'opposizione sul terreno e dando un forte segnale politico al regime, rappresentare un primo passo per convincere il Presidente siriano Assad che il negoziato dovrà condurre ad una vera transizione politica nel Paese;
    in quest'ambito, «l'Italia e i partner del Gruppo Amici della Siria si stanno adoperando per convincere la Coalizione nazionale siriana ad alleggerire le precondizioni per l'avvio del negoziato e ad aumentare la sua rappresentatività e quindi la sua credibilità al tavolo negoziale», come riferito dal Ministro degli affari esteri durante una recente audizione parlamentare;
    il Governo di Damasco è stato accusato di aver perpetrato, nelle prime ore dell'alba del 21 agosto 2013 nei quartieri est di Damasco, un attacco con armi chimiche, causando la morte di oltre mille persone, perlopiù civili;
    ai sensi dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, l'uso di armi chimiche caratterizzato dalla sistematicità e consapevolezza dell'attacco contro la popolazione civile è configurabile anche come crimine di guerra;
    rispetto all'attacco del 21 agosto 2013 è stata disposta un'ispezione dell'Onu, volta ad accertare l'effettivo impiego delle armi chimiche, ma gli ispettori, che si trovavano nel Paese già da due giorni prima dell'attacco, e cioè dal 18 agosto 2013, sono stati ammessi a visitare i siti interessati solo a partire dal 26 agosto 2013;
    il tempo concesso agli ispettori per ultimare il proprio lavoro è di tre settimane, ma il suo risultato non sarà dirimente, posto che il rapporto, come da mandato, si limiterà a confermare o meno l'utilizzo del gas, senza però attribuire precise responsabilità;
    la notizia dell'attacco chimico ha suscitato non solo l'immediata ed energica condanna internazionale, ma anche l'avvio di una valutazione relativa ad una risposta adeguata da parte della stessa comunità internazionale;
    in quest'ambito, la Francia e gli Stati Uniti hanno sostenuto la necessità di un intervento militare, mentre il resto della comunità internazionale auspica ancora una soluzione negoziale, che passi anche attraverso un'interlocuzione con la Russia;
    il Governo italiano si è associato alla condanna degli attacchi, ma il Ministro degli affari esteri ha espresso la convinzione che «debba essere il Consiglio di sicurezza ad assumersi con tempestività e pienamente le responsabilità che discendono dal suo ruolo e dalle sue funzioni di garante supremo della pace e sicurezza internazionali. Riteniamo quindi che sia il Consiglio di sicurezza che debba pronunciarsi in modo inequivocabile e senza distinguo»;
    allo stato attuale, l'Onu ha dichiarato di non ritenere opportuno un intervento militare nel Paese;
    sul versante Nato, il Segretario generale Anders Fogh Rasmussen, in occasione della conferenza stampa mensile del 3 settembre 2013, ha comunicato che la Nato non parteciperà all'operazione militare contro la Siria prospettata dagli Usa, ma, anche in assenza di questo coinvolgimento diretto nella guerra, è stato già da tempo posto in essere il rafforzamento delle difese aeree della Turchia, Paese chiave dell'Alleanza atlantica;
    l'Europa è ancora vista dai Paesi mediterranei come un interlocutore importante e, in questo ambito, l'Italia dovrebbe riappropriarsi di un ruolo da protagonista, considerata la sua posizione strategica nell'area e facendo leva sulla propria credibilità internazionale, rendendosi promotrice di un'iniziativa negoziale che consenta una via politica di uscita dalla crisi e, in un'ottica più a lungo raggio, di una nuova politica europea per il Mediterraneo;
    l'Italia rimane fortemente impegnata anche sul fronte umanitario, sia attraverso l'impegno annunciato alla Conferenza dei paesi donatori per la Siria di Kuwait City, di complessivi 22 milioni di euro per il 2013 (secondo contributo a livello europeo dopo la Gran Bretagna), che vanno ad aggiungersi ai 7,5 milioni di euro del 2012, sia sotto il profilo delle iniziative sul piano umanitario, realizzate sia sul piano bilaterale sia d'intesa con le agenzie Onu, con interventi destinati alle fasce più deboli della popolazione, in particolare bambini e donne;
    un intervento militare in Siria avrebbe implicazioni su scala mondiale, tenuto conto che in questa partita giocano un ruolo la Russia, la Turchia, l'Arabia Saudita, il Qatar, la Giordania e il Libano, che sullo sfondo c’è il problema della sicurezza di Israele e che i Paesi confinanti con la Siria appaiono minacciati in maniera crescente dagli effetti destabilizzanti del conflitto;
    altri 14 Paesi, tra cui gli Emirati arabi uniti e il Qatar, hanno aderito alla dichiarazione che condanna la Siria per l'attacco con armi chimiche del 21 agosto 2013 e in cui si chiede una risposta internazionale forte perché il Governo siriano si assuma la propria responsabilità, in precedenza siglato da 11 Paesi, tra cui l'Italia, in occasione del G20 a San Pietroburgo;
    lunedì 9 settembre 2013 la Siria ha accolto favorevolmente la proposta russa di mettere sotto il controllo della comunità internazionale le proprie armi chimiche, proposta che avrebbe incassato anche il sostegno dell'Iran;
    dapprima la posizione interventista della Francia e poi la proposta russa ed il suo accoglimento da parte siriana evidenziano, ancora una volta, l'incapacità europea di agire in modo concordato ed incisivo nell'ambito delle crisi internazionali;
    una volta messo in sicurezza l'arsenale chimico di Assad, la negoziazione di una soluzione politica alla crisi continua a rappresentare l'unica via percorribile al fine di realizzare una stabilizzazione di lungo periodo della Siria e dell'intera regione,

impegna il Governo:

   a non appoggiare un eventuale intervento militare in Siria;
   a ricercare, al contempo, una via di uscita politica dal conflitto siriano, anche attraverso il sostegno alla proposta di requisizione delle armi chimiche siriane su cui già diverse diplomazie europee si sono pronunciate favorevolmente, mantenendo un dialogo costante con i partner del Gruppo Amici della Siria, e valutando l'inopportunità dell'avvio di contatti diretti con la Russia e l'Iran, anche con l'obiettivo di agganciare quest'ultimo Paese al processo di Ginevra;
   a sostenere nelle competenti sedi internazionali l'avvio dei negoziati tra le parti attraverso la tempestiva convocazione della conferenza internazionale «Ginevra II», atta a definire una via d'uscita al conflitto in Siria che favorisca la cessazione delle ostilità e l'avvio della transizione democratica nel Paese;
   ad attivarsi affinché alla comunità cristiana residente in Siria continuino ad essere garantite sia la sicurezza sia la libertà di culto;
   a sostenere in sede europea la necessità di un rafforzamento della politica estera comune;
   a farsi protagonista in ambito europeo dell'elaborazione di una nuova politica per il Mediterraneo, che consenta una stabilizzazione dell'intera regione.
(1-00179)
«Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Rampelli, Taglialatela, Totaro».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Giancarlo Giorgetti n. 2-00200 del 10 settembre 2013;
   interrogazione a risposta scritta Bini n. 4-01350 del 19 luglio 2013.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo, cambio presentatore e modifica ordine dei firmatari.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Ginato e altri n. 4-01521 del 31 luglio 2013 in interrogazione a risposta in Commissione Sbrollini n. 5-00979.