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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 10 settembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi siriana ha raggiunto dimensioni tali da mettere a rischio la stessa sopravvivenza della Siria come Stato e come nazione unitaria e da più di due anni sottopone la popolazione a sofferenze insopportabili per i civili, con stime di circa centodiecimila vittime e due milioni di rifugiati e profughi, gran parte dei quali al di fuori dei confini nazionali, ormai alla ricerca di terre più sicure fino ai tragici episodi che hanno toccato le coste siciliane;
    la mattina del 21 agosto 2013 un attacco missilistico con armi chimiche nella periferia di Damasco, nella zona di Ghouta, ha causato numerosissime vittime civili, documentate da testimonianze oculari e filmati-video;
    le Nazioni Unite hanno inviato in Siria una missione ispettiva al fine di svolgere i dovuti accertamenti, purtroppo ritardati a causa della mancanza della tempestiva autorizzazione da parte del Governo di Damasco, e di riferirne gli esiti al Segretario generale, Ban Ki-Moon;
    le armi chimiche sono considerate armi di distruzione di massa, la loro produzione e il loro stoccaggio sono stati messi al bando dalla Convenzione sulle armi chimiche del 1993, di cui pure la Siria non è parte, ma sono certamente armi illecite e il loro uso è vietato anche dal diritto internazionale consuetudinario – consolidatosi a partire dal Protocollo di Ginevra del 1925 sulla proibizione delle armi chimiche in guerra di cui anche la Siria è parte – come ha dichiarato lo stesso Segretario generale delle Nazioni Unite, ribadendo che, qualora accertato, l'utilizzo di agenti chimici configurerebbe «una grave violazione del diritto internazionale ed un oltraggioso crimine di guerra»;
    l'ulteriore grave violazione di una norma internazionale fondamentale, quale il divieto di utilizzare armi chimiche indiscriminatamente contro la popolazione civile, rappresenta una forma di escalation del conflitto che richiede una risposta ferma e decisa da parte della comunità internazionale, non solo per le morti ingiuste e atroci provocate, ma anche per la conseguenza che l'eventuale sottovalutazione dell'azione possa ridurre ogni deterrenza e ogni scrupolo per l'utilizzo di dette armi in conflitti successivi;
    il Presidente Obama ha deciso di chiedere al Congresso degli Stati Uniti l'autorizzazione a un attacco militare limitato e mirato, volto a colpire obiettivi militari legittimi per rispondere all'uso di armi chimiche da parte del regime siriano, per esercitare una forte deterrenza e ridurre la possibilità per l'esercito siriano di ricorrere nuovamente all'uso di tali armi in futuro, come si legge nella risoluzione approvata dalla commissione per gli affari esteri del Senato statunitense;
    il Governo italiano ed altri Governi europei hanno manifestato le loro preoccupazioni sull'effettiva opportunità di un intervento militare non sostenuto da un ampio consenso internazionale, pur mantenendo assolutamente ferma la condanna dell'uso delle armi chimiche così come ribadendo l'impegno a cercare gli strumenti più efficaci e opportuni per prevenire e punire le violazioni del diritto internazionale;
    a margine del G20 di San Pietroburgo 11 Stati (Australia, Canada, Francia, Italia, Giappone, Repubblica di Corea, Arabia saudita, Spagna, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti d'America), cui si è poi aggiunta la Germania, hanno sottoscritto una dichiarazione comune che richiede una «forte risposta alla grave violazione» e un «forte messaggio che questo tipo di atrocità non possono essere ripetute», ribadendo la necessità di far valere la responsabilità degli autori dei crimini, ricordando che «il conflitto siriano non ha una soluzione militare» e che si rimane impegnati nella ricerca di una soluzione politica attraverso l'attuazione del comunicato finale della Conferenza di Ginevra del 2012;
    la proposta avanzata dal Segretario generale dell'Onu di creare aree supervisionate internazionalmente in cui le armi chimiche presenti in Siria possano essere immagazzinate e distrutte, rilanciata dalla Federazione russa e ripresa anche dall'Unione europea e dagli Stati Uniti, merita la massima considerazione al fine di conseguire il prioritario obiettivo di tutelare la popolazione civile da altri attacchi analoghi a quello del 21 agosto 2013;
    l'Italia e l'Unione europea hanno fin dall'inizio ritenuto necessario sostenere le richieste profonde di democrazia e dignità della popolazione siriana e di fronte alla durezza delle risposte governative hanno sempre sostenuto la necessità di un negoziato di pace e di una soluzione politica e non militare;
    è da condannare il comportamento del presidente Assad di fronte alle aperture per una soluzione politica avanzate dal Governo italiano e da altri Governi, così come dopo gli autorevolissimi richiami del Papa anche nei confronti dei leader del G20 riunito a San Pietroburgo, posizioni responsabili che vengono sfruttate dal regime siriano, data la gravità dei fatti;
    all'interno delle stesse forze che combattono il regime siriano è solo da poco tempo che si sta registrando con molta fatica la progressiva affermazione di una leadership, mentre non si è ancora consolidata un'intesa politica interna quale alternativa capace di tutelare pienamente le componenti laiche e religiose democratiche, di mantenere l'integrità del Paese e di garantire la transizione verso uno Stato di diritto pluralista e tollerante, tanto che si manifesta la viva preoccupazione che l'opposizione possa essere egemonizzata da gruppi estremisti e terroristi;
    il processo di escalation militare non lascia intravedere né nel breve periodo né nel lungo periodo un vincitore, ma già lascia sul terreno un intero mondo di vittime civili e ha diffuso la fuga o il terrore in gran parte delle comunità etniche e religiose storicamente insediate in Siria, mettendo a serissimo rischio la continuità di un modello di convivenza pacifica di popoli e di fedi assai raro nel mondo;
    il regime di Bashar Assad è in ogni caso da ritenere un interlocutore politico delegittimato nella sua rappresentatività dalla violenza messa in atto che, se ne fossero accertate le responsabilità in relazione all'utilizzo delle armi di distruzione di massa, risulterebbe addirittura inaccettabile;
    l'azione positiva dispiegata dal Governo fa sì che l'Italia stia guardando con attenzione e lungimiranza alla regione mediorientale nel suo complesso, nella consapevolezza che la delicatezza e l'intreccio delle questioni richiedono determinazione e non semplificazione, affinché si assicuri la libera e autonoma decisione del popolo siriano sul suo futuro;
    la notizia della liberazione del giornalista Domenico Quirico è motivo di soddisfazione per la società italiana ed il mondo dell'informazione ed induce a sperare che possa essere favorevole anche la conclusione del sequestro di padre Dall'Oglio e degli altri esponenti religiosi,

impegna il Governo:

   a svolgere, ancor più alla luce dei recentissimi sviluppi, un ruolo proattivo per favorire e rendere possibile una soluzione politica della crisi e un negoziato tra le parti;
   a sostenere l'iniziativa volta a far emergere, a mettere sotto controllo internazionale e a neutralizzare l'arsenale chimico siriano, con l'obiettivo irrinunciabile che non possa essere nuovamente usato, confidando che una risoluzione in tal senso sia presto adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;
   a proseguire nella sua azione di condanna assoluta ed inequivocabile dell'utilizzo di armi chimiche e della necessaria punizione dei responsabili, anche attraverso il ricorso agli strumenti politici, diplomatici e convenzionali possibili, incluso il deferimento al Tribunale penale internazionale;
   ad insistere perché la reazione della comunità internazionale sia ferma e funzionale al raggiungimento di obiettivi chiari, ivi inclusa la prevenzione dell'ulteriore utilizzo di armi chimiche, attraverso strumenti proporzionati, assicurando il più ampio consenso internazionale nel rispetto del ruolo delle Nazioni Unite, escludendo la partecipazione ad interventi militari in assenza di un esplicito mandato del Consiglio di sicurezza e, in ogni caso, valutando con attenzione che ogni azione intrapresa non comporti solo un aggravamento della situazione politica e di instabilità dell'area;
   ad intensificare l'impegno umanitario in favore dei profughi;
   a prendere tutte le iniziative che possano essere utili ad accelerare una tregua, per un cessate il fuoco bilaterale più ampio, e a creare le condizioni per un nuovo negoziato internazionale capace di dare voce adeguata all'opposizione siriana interna e all'estero, alla società civile siriana e a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto che possono avere peso nella ricerca di una soluzione equa e nella fine del conflitto stesso;
   a verificare tutte le strade diplomatiche e politiche perché la situazione in Siria si apra alla transizione democratica per superare l'attuale regime, assicurando la rappresentanza di tutte le componenti, la tutela delle minoranze, il rispetto dei principi dello Stato liberale e di diritto;
   a far sì che la soluzione politica e diplomatica coinvolga necessariamente tutti gli attori importanti, regionali e internazionali, inclusi la Russia e l'Iran, attraverso il rilancio del processo di Ginevra per giungere alla convocazione di una conferenza internazionale;
   a portare avanti la riflessione, con i partner europei, sulle modalità di applicazione delle sanzioni nei confronti della Siria in funzione dell'obiettivo di condurre le parti al tavolo negoziale, perché sia più forte la pressione sull'attuale regime e si attenuino invece gli effetti sulla popolazione civile;
   a farsi promotore di una politica europea unitaria, sulla base del joint statement sottoscritto a margine dei lavori del G20 di San Pietroburgo, degli esiti positivi della riunione informale dei Ministri degli esteri dell'Unione europea a Vilnius e della comune determinazione sulla condanna dell'utilizzo di armi chimiche, da far valere anche in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con l'ambizione di far evolvere la politica estera e di sicurezza comune verso uno strumento effettivo ed efficace, in prospettiva del Consiglio europeo di dicembre 2013 sulla difesa, nonché del semestre italiano di presidenza nella seconda parte del 2014;
   a valutare attentamente le conseguenze del conflitto siriano sul contesto in cui si svolge la missione Unifil, adeguando le condizioni di sicurezza del contingente italiano dislocato in Libano;
   a riferire tempestivamente al Parlamento sugli sviluppi della crisi in Siria anche al fine delle conseguenti determinazioni relative alla posizione dell'Italia.
(1-00178) «Speranza, Brunetta, Dellai, Pisicchio».


   La Camera,
   premesso che:
    dopo oltre due anni dall'inizio del conflitto la situazione in Siria non accenna a migliorare e, anzi, appare costretta in una pericolosa situazione di stallo, nella quale appare in modo sempre più evidente come nessuna delle due parti abbia ragionevoli possibilità di prevalere definitivamente sull'altra, né, tantomeno, di riuscire a stabilizzare il Paese, anche se una delle parti dovesse guadagnare ulteriore terreno;
    sinora, né gli sforzi della comunità internazionale volti a fermare i massacri, né, tantomeno, la ferma condanna delle violenze, espressa a più riprese, hanno potuto impedire la continua escalation dello scontro tra le forze governative e quelle di opposizione riunite nella Coalizione nazionale siriana;
    secondo l'ultimo bilancio delle Nazioni Unite, dall'inizio del conflitto sono state uccise oltre novantamila persone, tra le quali anche migliaia di donne e bambini, e vi sarebbero circa oltre quattro milioni di sfollati nel Paese e un milione e mezzo di rifugiati siriani, riparati nei Paesi limitrofi (Giordania, Libano, Turchia, Iraq ed Egitto);
    la crisi siriana è ancora una volta il segno del profondo mutamento in atto nel contesto regionale del Mediterraneo, ma la sua peculiarità sta proprio nel fatto di non essere più una crisi regionale, ma di aver assunto una dimensione mondiale, all'interno della quale si muovono i soggetti internazionali che hanno condotto la partita sin qui e attraverso la quale appare pienamente la complessità dello scenario siriano;
    mentre, infatti, il Governo di Damasco riceve da parte di Russia e Iran rifornimenti in strumenti, armi, oltre a uomini di Hezbollah provenienti dal Libano, tra gli Stati che sostengono con mezzi e armamenti l'insurrezione vanno annoverati il Qatar, l'Arabia Saudita, la Giordania e la Turchia;
    il dieci per cento della popolazione siriana è di fede cristiana ed è già stata oggetto di attacchi da parte dei ribelli, che hanno colpito con ferocia sia le aree cristiane delle città di Damasco ed Aleppo, sia la cittadina di Homs e, da ultimo, anche il villaggio di Maaloula, uno dei siti cristiani più importanti di tutta la Siria, saccheggiando alcune chiese e monasteri e minacciando i cristiani di vendicarsi su di loro dopo il trionfo della rivoluzione;
    pur essendo rappresentata all'interno del Consiglio nazionale siriano, per la comunità cristiana si prefigura quindi il rischio, in una Siria senza Assad, di perdere le garanzie dei propri diritti e quella tolleranza religiosa che il regime laico le aveva finora garantito;
    in ambito europeo, con la decisione del Consiglio degli affari esteri di lasciar decadere a partire dal 1o giugno 2013 l'embargo sulla vendita di armi (sia al regime che ai ribelli), prolungando di ulteriori dodici mesi le sole sanzioni economiche, si è di fatto spaccato il fronte comune dell'Unione europea rispetto al conflitto in corso nel Paese, e se anche un accordo politico tra i 27 Stati membri prevedeva che non ci sarebbe stato alcun invio di armi almeno fino alla fine del mese di agosto, allo stato attuale ciascun Paese può decidere autonomamente;
    in Italia, i Ministri della difesa e degli affari esteri hanno sinora espresso la propria personale contrarietà in merito all'eventuale invio di armi alla Siria, una decisione che, tuttavia, compete al Governo nella sua collegialità;
    in ambito internazionale, inoltre, rimangono incerti sia la tempistica sia lo stesso formato della conferenza di pace Ginevra II, per la quale si sono impegnate negli scorsi mesi le diplomazie di Russia e Stati Uniti, la quale dovrebbe realizzare l'intento di fare sedere intorno allo stesso tavolo forze di governo e oppositori, nonché tutti i Paesi che siano in grado di influenzare la crisi e possano poi contribuire all'attuazione delle intese che verranno auspicabilmente decise, tra i quali i Paesi confinanti (Libano, Giordania, Iraq e Turchia) e i principali attori regionali, tra cui l'Arabia Saudita o l'Egitto;
    nelle intenzioni della comunità internazionale, la conferenza Ginevra II dovrebbe, inoltre, passando attraverso il rafforzamento delle strutture organizzative dell'opposizione sul terreno e dando un forte segnale politico al regime, rappresentare un primo passo per convincere il Presidente siriano Assad che il negoziato dovrà condurre ad una vera transizione politica nel Paese;
    in quest'ambito, «l'Italia e i partner del Gruppo Amici della Siria si stanno adoperando per convincere la Coalizione nazionale siriana ad alleggerire le precondizioni per l'avvio del negoziato e ad aumentare la sua rappresentatività e quindi la sua credibilità al tavolo negoziale», come riferito dal Ministro degli affari esteri durante una recente audizione parlamentare;
    il Governo di Damasco è stato accusato di aver perpetrato, nelle prime ore dell'alba del 21 agosto 2013 nei quartieri est di Damasco, un attacco con armi chimiche, causando la morte di oltre mille persone, perlopiù civili;
    ai sensi dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, l'uso di armi chimiche caratterizzato dalla sistematicità e consapevolezza dell'attacco contro la popolazione civile è configurabile anche come crimine di guerra;
    rispetto all'attacco del 21 agosto 2013 è stata disposta un'ispezione dell'Onu, volta ad accertare l'effettivo impiego delle armi chimiche, ma gli ispettori, che si trovavano nel Paese già da due giorni prima dell'attacco, e cioè dal 18 agosto 2013, sono stati ammessi a visitare i siti interessati solo a partire dal 26 agosto 2013;
    il tempo concesso agli ispettori per ultimare il proprio lavoro è di tre settimane, ma il suo risultato non sarà dirimente, posto che il rapporto, come da mandato, si limiterà a confermare o meno l'utilizzo del gas, senza però attribuire precise responsabilità;
    la notizia dell'attacco chimico ha suscitato non solo l'immediata ed energica condanna internazionale, ma anche l'avvio di una valutazione relativa ad una risposta adeguata da parte della stessa comunità internazionale;
    in quest'ambito, la Francia e gli Stati Uniti hanno sostenuto la necessità di un intervento militare, mentre il resto della comunità internazionale auspica ancora una soluzione negoziale, che passi anche attraverso un'interlocuzione con la Russia;
    il Governo italiano si è associato alla condanna degli attacchi, ma il Ministro degli affari esteri ha espresso la convinzione che «debba essere il Consiglio di sicurezza ad assumersi con tempestività e pienamente le responsabilità che discendono dal suo ruolo e dalle sue funzioni di garante supremo della pace e sicurezza internazionali. Riteniamo quindi che sia il Consiglio di sicurezza che debba pronunciarsi in modo inequivocabile e senza distinguo»;
    allo stato attuale, l'Onu ha dichiarato di non ritenere opportuno un intervento militare nel Paese;
    sul versante Nato, il Segretario generale Anders Fogh Rasmussen, in occasione della conferenza stampa mensile del 3 settembre 2013, ha comunicato che la Nato non parteciperà all'operazione militare contro la Siria prospettata dagli Usa, ma, anche in assenza di questo coinvolgimento diretto nella guerra, è stato già da tempo posto in essere il rafforzamento delle difese aeree della Turchia, Paese chiave dell'Alleanza atlantica;
    l'Europa è ancora vista dai Paesi mediterranei come un interlocutore importante e, in questo ambito, l'Italia dovrebbe riappropriarsi di un ruolo da protagonista, considerata la sua posizione strategica nell'area e facendo leva sulla propria credibilità internazionale, rendendosi promotrice di un'iniziativa negoziale che consenta una via politica di uscita dalla crisi e, in un'ottica più a lungo raggio, di una nuova politica europea per il Mediterraneo;
    l'Italia rimane fortemente impegnata anche sul fronte umanitario, sia attraverso l'impegno annunciato alla Conferenza dei paesi donatori per la Siria di Kuwait City, di complessivi 22 milioni di euro per il 2013 (secondo contributo a livello europeo dopo la Gran Bretagna), che vanno ad aggiungersi ai 7,5 milioni di euro del 2012, sia sotto il profilo delle iniziative sul piano umanitario, realizzate sia sul piano bilaterale sia d'intesa con le agenzie Onu, con interventi destinati alle fasce più deboli della popolazione, in particolare bambini e donne;
    un intervento militare in Siria avrebbe implicazioni su scala mondiale, tenuto conto che in questa partita giocano un ruolo la Russia, la Turchia, l'Arabia Saudita, il Qatar, la Giordania e il Libano, che sullo sfondo c’è il problema della sicurezza di Israele e che i Paesi confinanti con la Siria appaiono minacciati in maniera crescente dagli effetti destabilizzanti del conflitto;
    altri 14 Paesi, tra cui gli Emirati arabi uniti e il Qatar, hanno aderito alla dichiarazione che condanna la Siria per l'attacco con armi chimiche del 21 agosto 2013 e in cui si chiede una risposta internazionale forte perché il Governo siriano si assuma la propria responsabilità, in precedenza siglato da 11 Paesi, tra cui l'Italia, in occasione del G20 a San Pietroburgo;
    lunedì 9 settembre 2013 la Siria ha accolto favorevolmente la proposta russa di mettere sotto il controllo della comunità internazionale le proprie armi chimiche, proposta che avrebbe incassato anche il sostegno dell'Iran;
    dapprima la posizione interventista della Francia e poi la proposta russa ed il suo accoglimento da parte siriana evidenziano, ancora una volta, l'incapacità europea di agire in modo concordato ed incisivo nell'ambito delle crisi internazionali;
    una volta messo in sicurezza l'arsenale chimico di Assad, la negoziazione di una soluzione politica alla crisi continua a rappresentare l'unica via percorribile al fine di realizzare una stabilizzazione di lungo periodo della Siria e dell'intera regione,

impegna il Governo:

   a non appoggiare un eventuale intervento militare in Siria, nemmeno attraverso l'uso delle basi militari, se non deciso e attuato in ambito sovranazionale sotto l'egida dell'Onu;
   a ricercare, al contempo, una via di uscita politica dal conflitto siriano, anche attraverso il sostegno alla proposta di requisizione delle armi chimiche siriane su cui già diverse diplomazie europee si sono pronunciate favorevolmente, mantenendo un dialogo costante con i partner del Gruppo Amici della Siria, e valutando l'opportunità dell'avvio di contatti diretti con la Russia e l'Iran, anche con l'obiettivo di agganciare quest'ultimo Paese al processo di Ginevra;
   a sostenere nelle competenti sedi internazionali l'avvio dei negoziati tra le parti attraverso la tempestiva convocazione della conferenza internazionale «Ginevra II», atta a definire una via d'uscita al conflitto in Siria che favorisca la cessazione delle ostilità e l'avvio della transizione democratica nel Paese;
   ad attivarsi affinché alla comunità cristiana residente in Siria continuino ad essere garantite sia la sicurezza sia la libertà di culto;
   a sostenere in sede europea la necessità di un rafforzamento della politica estera comune;
   a farsi protagonista in ambito europeo dell'elaborazione di una nuova politica per il Mediterraneo, che consenta una stabilizzazione dell'intera regione.
(1-00179) «Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Rampelli, Taglialatela, Totaro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   un medico di 44 anni di Trescore (Bergamo), Eleonora Cantamessa, e un indiano sono stati travolti e uccisi l'8 settembre 2013 a Chiuduno (Bergamo), a seguito di una rissa scatenatasi intorno alle ore 22.30 sulla ex strada provinciale 91;
   secondo una prima ricostruzione dei fatti, la dottoressa Cantamessa, mentre tornava a casa, ha visto la rissa fra gli indiani e poiché uno di loro giaceva a terra sanguinante si è fermata a prestargli soccorso;
   mentre era china sul ferito, l'auto degli aggressori è tornata indietro e ha falciato entrambi i corpi;
   l'inaudita violenza della notte scorsa è l'ennesima tragica testimonianza di quanto accade nella provincia di Bergamo nei luoghi dove la presenza degli immigrati è particolarmente nutrita e rappresentata da popolazioni ed etnìe molto diverse tra loro (indiani, pakistani, e altri), tanto da creare conflitti, spesso per motivi religiosi;
   le forze dell'ordine, pur svolgendo un lavoro esemplare, risultano essere in numero insufficiente, per garantire un pieno controllo del territorio bergamasco, anche per via della carenza di mezzi tecnici e strutturali –:
   quali misure intendano intraprendere per potenziare gli organici delle forze dell'ordine e le relative dotazioni economiche-finanziarie, al fine di salvaguardare la sicurezza dei cittadini bergamaschi.
(2-00200) «Giancarlo Giorgetti, Invernizzi, Allasia, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 1° settembre 2013 a seguito della partita di calcio del campionato di serie A 2013/14, Roma-Hellas Verona, tenutasi presso lo Stadio Olimpico di Roma, la squadra ospite veronese è stata oggetto di un episodio di ordinaria follia;
   in serata, il bus dell'Hellas Verona, sul quale viaggiava l'intera squadra degli sportivi oltre all'allenatore ed i loro accompagnatori, è stato preso di mira da un gruppetto di persone mentre si allontanava dallo stadio Olimpico, in zona ponte Milvio;
   il pullman della squadra, lasciato lo stadio, all'ingresso della tangenziale est, è stato colpito da sassi lanciati da facinorosi, presumibilmente appartenenti alla tifoseria della Roma, che hanno mandato in frantumi il vetro dei finestrini posti sul lato anteriore sinistro del veicolo;
   fortunatamente non è stato riscontrato alcun ferito tra gli occupanti del bus della squadra veneta, ma il bus non è potuto più ripartire;
   subito dopo l'episodio, i passeggeri sono scesi dal pullman e sono stati accompagnati dagli agenti di polizia, con altri mezzi, in commissariato;
   a colpire e danneggiare il vetro di un finestrino del pullman della squadra del Verona è stato, per quanto si è appreso dalla questura di Roma, un sasso lanciato da due persone sulla tangenziale est a Roma, dalla parte opposta della carreggiata, sebbene il bus della squadra scaligera fosse scortato avanti e dietro;
   i due presunti aggressori sono poi riusciti a dileguarsi all'altezza dell'uscita Campi Sportivi;
   a seguito delle dichiarazioni rilasciate dagli investigatori si tratterebbe di un’«azione ben studiata», dal momento che i responsabili di tale assurdo gesto si erano appostati in direzione opposta al senso di marcia del pullman del Verona;
   gli occupanti del bus al momento dell'aggressione fra i quali l'allenatore della squadra Hellas Verona, Andrea Mandorlini, hanno dichiarato che l'aggressione sarebbe potuta finire davvero male poiché, anche in considerazione della velocità abbastanza sostenuta tenuta dal veicolo che percorreva già la tangenziale, se i sassi lanciati contro il bus veronese avessero colpito l'autista, che si trovava a meno di un metro di distanza dal finestrino colpito, le conseguenze avrebbero potuto essere ben più serie, sia per gli occupanti del bus sia per gli altri veicoli nelle vicinanze;
   le società sportive, ai sensi dell'articolo 14 del codice di giustizia sportiva, rispondono solo per i fatti violenti che avvengono «all'interno dell'impianto sportivo» e «nelle aree esterne immediatamente adiacenti»;
   da più parti, ben prima della vigilia della partita, era stato paventato l'alto rischio di scontri fra le due tifoserie anche in ragione della risaputa e risalente rivalità tra le tifoserie delle due squadre Roma ed Hellas Verona;
   nel pomeriggio si erano verificati tafferugli e conseguenti cariche di alleggerimento da parte degli agenti di polizia nei pressi della curva nord;
   nella circostanza è stato necessario il lancio di lacrimogeni;
   durante i momenti di tensione tra le tifoserie:
    due tifosi giallo-rossi (Roma) erano stati fermati, dei quali uno arrestato;
    altri due denunciati, di cui un minorenne, erano stati fermati con un coltello e due bombe carta –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri ed i Ministri interrogati, ciascuno per quanto di competenza, siano informati dei gravi fenomeni di violenza che puntualmente accompagnano gli incontri sportivi di calcio, tra l'altro professionistico, in particolare dei fatti narrati più sopra, accaduti in Roma il 1o settembre 2013 ed, in caso affermativo, se e quali provvedimenti intendano pone in essere affinché tali episodi di vera e propria criminalità, abbiano a cessare;
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, ritengano di poter promuovere in merito alla necessità di accertare le circostanze del violento episodio subìto dalla squadra dell'Hellas Verona;
   se ed in quali modi intendano intervenire al fine di accertare eventuali responsabilità a titolo omissivo che, in connessione con i gravissimi fatti più sopra indicati, abbiano avuto le autorità preposte alla prevenzione ed al controllo di sicurezza per gli avvenimenti sportivi, ed in particolare il questore di Roma;
   quali iniziative s'intendano assumere per porre fine a tali episodi, considerando anche l'ipotesi di impulso alla modifica della normativa, in particolare dell'articolo 14 del codice di giustizia sportiva, in modo da renderla adeguata a prevenire e reprimere situazioni assimilabili a quella testé rappresentata, facendo sì che siano addebitati alle società di riferimento delle squadre di calcio i danni arrecati dalle rispettive tifoserie, anche al di fuori dei fatti violenti che avvengano «all'interno dell'impianto sportivo» e «nelle aree esterne immediatamente adiacenti».
(5-00971)

Interrogazione a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro per l'integrazione Cécile Kyenge, in una sua dichiarazione all'agenzia ASCA del 31 luglio 2013, parlando dell'accesso al servizio civile da parte di non cittadini italiani in possesso di regolare permesso di soggiorno, ha affermato testualmente: «il punto fondamentale è parlare di persone residenti in Italia che vogliono dare un contributo come lavoro e volontariato a un servizio che esiste già: il ragionamento deve partire da qui»;
   il Ministro Kyenge parrebbe conseguentemente orientato a proporre un intervento sul decreto legislativo n. 77 del 2002, volto a modificarne l'articolo 3, comma 1, secondo cui «Sono ammessi a svolgere il servizio civile i cittadini italiani», sostituendo il requisito della cittadinanza con quello della residenza;
   in base a consolidata dottrina, una simile trasformazione si ripercuoterebbe anche sulle disposizioni di legge recanti i requisiti per l'ammissione alla prestazione del servizio militare volontario, imponendone la modifica nella stessa direzione, in quanto equiparato;
   peraltro, già nel 2007, il costituzionalista Emanuele Rossi, docente presso la Scuola Santa Anna di Pisa, aveva sottolineato come il decreto legislativo n. 77 del 2002 fosse modificabile solo tramite un nuovo intervento normativo dello stesso rango;
   il decreto legislativo n. 77 del 2002 è già stato tra l'altro oggetto di modifiche nel 2005, insieme alla legge n. 64 del 2001 istitutiva del servizio civile nazionale, tramite il decreto legge n. 7 del 31 gennaio 2005, convertito in legge n. 43 del 31 marzo 2005 –:
   che significato vada attribuito alle esternazioni del Ministro per l'integrazione generalizzate nella premessa e se il Governo nella sua interezza condivida o meno l'idea di sostituire il requisito della cittadinanza con quello della residenza per l'ammissione alla prestazione del servizio civile volontario (e di quello militare, in quanto equiparato). (4-01765)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:


   FEDRIGA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   nell'agosto del 2013 due coniugi di Lignano Sabbiadoro, in provincia di Udine, Paolo Burgato e Rosetta Sostero, sono stati torturati e barbaramente uccisi nella loro casa, a scopo di rapina;
   l'orribile delitto è stato commesso da due ragazzi cubani, Lisandra e Reiver Laborde Rico; quest'ultimo, mentre la polizia svolgeva le indagini è riuscito a scappare a Cuba, dove le autorità cubane lo avrebbero fermato nell'ottobre 2012;
   è notizia di questi giorni che Reiver sarebbe stato condannato per il delitto a 20 anni di reclusione da parte delle autorità giudiziarie cubane. La notizia, con procedura perlomeno discutibile, è stata comunicata attraverso una semplice e-mail alla Procura di Udine dal Consolato italiano a L'Avana, rimandando ad una comunicazione ufficiale tra i Ministeri di giustizia e degli affari esteri dei due Paesi della quale al momento non si ha notizia;
   il processo a L'Avana è stato istruito sulla base degli atti allegati dalle autorità giudiziarie italiane alla richiesta di rogatoria che aveva portato allo svolgimento di un interrogatorio dell'indagato, che ai primi di gennaio aveva portato a Cuba il comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri di Udine, capitano Fabio Pasquariello, e il capitano Giuseppe De Felice dei Ros di Roma;
   in seguito le autorità cubane, a quanto è dato sapere, non hanno più interloquito con gli omologhi italiani, non dando seguito alla richiesta di rogatoria e celebrando un processo forse all'insaputa delle autorità nazionali;
   occorre verificare se, come sostengono il legale dei coniugi assassinati, Reiver Laborde Rico potrebbe essere processato in Italia. Il legale infatti ha contestato, anche con una lettera inviata al Ministro degli esteri, l'applicazione del principio «ne bis in idem» al caso specifico, perché tale principio non è riconosciuto in ambito extra europeo;
   la famiglia delle vittime ricorda anche al Ministro Bonino il suo impegno per una stretta vigilanza rispetto alla richiesta di rogatoria, che a questo punto pare vanificata;
   in seguito agli ultimi sviluppi della vicenda, il legale afferma poi di essere certo che «lo stato cubano ha sin dall'inizio ostentato una collaborazione con le autorità italiane puramente strumentale», con il solo scopo di «proteggere il proprio concittadino e l'immagine del governo da un'opinione pubblica indignata»;
   se l'esito della vicenda sarà quello fin qui delineato, essa costituirà una grave sconfitta sul piano diplomatico, giurisdizionale e civile per il nostro Paese che non potrà garantire giustizia a due cittadini vittime di un atroce delitto, gettando le basi, anche per il futuro, di una possibile impunità per tutti i criminali stranieri che potranno rifugiarsi in un Paese estero compiacente –:
   quali siano le esatte informazioni in possesso del Governo in merito allo svolgimento a Cuba di un processo contro Reiver per il delitto di Lignano Sabbiadoro e come lo stesso Governo intenda procedere per assicurare lo svolgimento di un processo in Italia e garantire giustizia alla famiglia delle vittime. (3-00291)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazioni a risposta immediata:


   GRIMOLDI, ALLASIA, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GIANCARLO GIORGETTI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, PRATAVIERA, GIANLUCA PINI e RONDINI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato di volere presentare la candidatura della città di Roma come sede per i giochi olimpici del 2024;
   l'ambizione della città ad ospitare i giochi risale già al 1996, quando la candidatura proposta dall'allora sindaco Rutelli per l'anno 2004 fu scartata dal Cio a favore di Atene; a distanza di quasi 10 anni, molti imputano proprio allo sforzo economico per l'organizzazione delle olimpiadi, eccessivo per le finanze elleniche, l'inizio delle difficoltà per il bilancio greco;
   la nuova candidatura di Roma come sede per i giochi olimpici del 2020 è stata bloccata dal Governo Monti nel febbraio 2012, quando il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore non ha ritenuto di firmare la necessaria lettera di impegno economico da parte del Governo, anche per non gravare sui contribuenti mentre si approntavano misure restrittive in termini di tasse, di lavoro e di pensioni;
   la proposta del Presidente del Consiglio dei ministri Letta, appena resa nota, ha subito trovato entusiastico accoglimento da tutti gli amministratori coinvolti, il sindaco ed il presidente della regione, comprese le opposizioni, come l'ex sindaco Alemanno;
   in tema di eventi sportivi internazionali, è ancora forte il brutto ricordo dell'organizzazione nella capitale dei mondiali di nuoto 2009, dove ad un ingente impegno finanziario non è corrisposta alcuna eredità di strutture sportive, né infrastrutture, e la competizione si è svolta impianti improvvisati dopo che i lavori per le piscine non sono stati conclusi o hanno realizzato strutture inservibili perché fuori misura regolamentare;
   la candidatura della città di Roma appare alquanto velleitaria, considerando la situazione finanziaria del comune. A seguito della nomina (articolo 78 del decreto-legge n. 112 del 2008) di un commissario straordinario del Governo per la ricognizione della situazione economico-finanziaria del comune di Roma e delle società da esso partecipate, nel 2010 era stato accertato un debito fuori bilancio pari a 22,4 miliardi di euro. Al 31 dicembre del 2012 il debito lordo del comune di Roma risulta di 16,8 miliardi di euro, di cui 4 miliardi e 432 milioni di oneri non finanziari e 12 miliardi e 370 milioni di debiti finanziari;
   con il decreto-legge n. 78 del 2010 (articolo 14) è stato definito un contributo a carico del bilancio dello Stato a decorrere dall'anno 2011 di 500 milioni di euro all'anno, fino al completo ripianamento del debito e dei relativi oneri finanziari;
   di questi, 300 milioni di euro sono a carico dell'erario, 200 milioni di euro sono a carico di Roma capitale, che, però, deve recuperarli con l'aumento delle addizionali comunali irpef e dell'addizionale sui diritti d'imbarco per i passeggeri degli aeroporti di Fiumicino e Ciampino –:
   a quanto ammonti ad oggi il debito del comune di Roma, e quanta parte di esso sia stato ad oggi pagato e a quanto ammonti il residuo, e se entro l'anno 2024 il debito del comune di Roma potrà essere ripianato e quindi la città potrà disporre di risorse proprie per onorare la proposta di candidatura ad ospitare i giochi olimpici, attesi anche i meri vincoli e gravami derivanti dal fiscal compact, che necessariamente indurranno il Governo ad imporre ulteriori gravami sui contribuenti italiani. (3-00299)


   GIORGIA MELONI e RAMPELLI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   la Provincia autonoma di Bolzano ha da tempo in animo la cancellazione di parte della toponomastica italiana;
   tale cancellazione è dettata da ragioni esclusivamente politiche ed ora anche elettorali, vista l'imminenza delle consultazioni provinciali e regionali;
   in passato, il partito di maggioranza assoluta nella regione, la Südtiroler volkspartei (Svp), si era posta l'obiettivo di mantenere soltanto 500 toponimi degli attuali ottomila di lingua italiana, a fronte di circa centoventimila in lingua tedesca;
   sulla base di una proposta che non ha ottenuto alcun voto favorevole dai consiglieri del gruppo linguistico italiano, la Südtiroler volkspartei, forte della maggioranza assoluta in consiglio provinciale, è riuscita ad approvare una legge che furbescamente avrebbe portato alla cancellazione di migliaia di toponimi di lingua italiana;
   tale legge è stata impugnata dal precedente Governo innanzi alla Corte costituzionale, la quale a parere degli interroganti non potrà che dichiararla incostituzionale, posto che lo statuto di autonomia è legge costituzionale e prevede espressamente l'obbligo del bilinguismo nella toponomastica;
   la fragilità della legge provinciale approvata è talmente evidente che i rappresentanti della Südtiroler volkspartei si sono affrettati a chiedere al candidato Premier «in pectore», onorevole Bersani, di ritirare il ricorso in caso di vittoria elettorale, alla quale la Südtiroler volkspartei avrebbe contribuito portando in dote il proprio pacchetto elettorale;
   dalle dichiarazioni del Ministro interrogato e del Presidente del Consiglio dei ministri in occasione di altrettanti incontri con gli esponenti della Südtiroler volkspartei, avvenuti a Roma e a Bolzano, si evince che è stata fatta una trattativa per la cancellazione di una parte della toponomastica di lingua italiana, la cui portata non è nota e comunque non avrebbe una base giuridica, e che tale trattativa avrebbe totalmente escluso dai colloqui i rappresentanti del gruppo linguistico italiano;
   qualora vi fosse l'intenzione di intervenire nella materia del bilinguismo, l'ipotesi di procedere con una norma di attuazione allo statuto (che non potrebbe comunque modificare lo statuto stesso) costituirebbe una forzatura delle stesse regole democratiche e di rispetto delle minoranze, tenuto conto che nella commissione paritetica non siedono rappresentanti dell'opposizione e che fornisce il parere al Governo che vara la norma senza alcun passaggio in Parlamento;
   la toponomastica di lingua italiana è patrimonio culturale dell'intera comunità nazionale e viene utilizzata da circa un secolo e come tale dovrebbe essere preservata e valorizzata e non mortificata o cancellata –:
   quale tipo di accordo, e su quali basi, sia stato preso con i rappresentanti di lingua tedesca della Provincia autonoma di Bolzano e se si stia prendendo in considerazione l'ipotesi di una modifica dello statuto di autonomia tesa a cancellare l'obbligo del bilinguismo. (3-00300)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi le dichiarazioni del pentito di camorra Carmine Schiavone, ex cassiere del clan dei Casalesi, rilasciate nel corso di alcune trasmissioni televisive, concernenti lo sversamento e l'interramento illegale di rifiuti di ogni genere, anche tossici e nocivi, addirittura radioattivi, nel territorio campano e nel basso Lazio, hanno suscitato timore e sconcerto nelle popolazioni locali. In particolare, lo Schiavone racconta del sistema illecito dei rifiuti tossici, che proverrebbero dalle aziende del nord Italia, destinati all'interramento nelle campagne campane. Le dichiarazioni del pentito sarebbero riscontrabili in numerosi atti giudiziari, e alcune di esse sono contenute negli atti di un processo in corso in questi mesi, condotto dal pm della dda di Napoli Alessandro Milita;
   molti siti interessati dagli sversamenti illegali descritti e circostanziati dallo stesso Carmine Schiavone si troverebbero in territori che vanno dal lungomare di Baia Domizia fino a Pozzuoli, a Casal di Principe – in questo caso il pentito fa specificamente riferimento ai terreni adiacenti il campo sportivo – a Castel Volturno, Santa Maria la fossa e nel cosiddetto triangolo della morte, cioè quella vasta area tra le province di Napoli e Caserta che va da Caivano, dove nelle scorse settimane sono stati rinvenuti rifiuti pericolosi interrati in un campo adibito a coltura agricola, Afragola e Acerra fino al basso casertano;
   come riportato da «Il Fatto quotidiano» nell'articolo «Traffico di rifiuti, il boss pentito Carmine Schiavone: “Mie denunce inascoltate”», così come in interviste rilasciate a SkyTg24 e a Tv Luna 2, il boss pentito ha dichiarato che tutte le sue indicazioni circa date, luoghi e circostanze relative all'interramento di rifiuti tossici sarebbero state trascritte in numerosi verbali, anche della Commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti, presieduta all'epoca da Massimo Scalia, senza che ad esse conseguisse alcuna operazione di bonifica. Anzi, da quanto risulta, le dichiarazioni rese da Schiavone nel 1997 davanti alla Commissione Scalia, in cui sarebbero stati consegnati appunti e documenti con l'indicazione delle società coinvolte e dei luoghi degli smaltimenti illegali, furono secretate;
   da quanto finora emerso, dunque, la portata devastante dal punto di vista ambientale derivante dallo smaltimento illegale di rifiuti tossici e pericolosi, – la cui quantificazione, secondo anche l'ex pm della Dda di Napoli Raffaele Cantone, è di fatto impossibile – sarebbe stata nota a partire dagli anni ’90, vale a dire da oltre venti anni, senza che alcuna iniziativa di mappatura e di bonifica fosse intrapresa;
   peraltro, numerosi studi, tra questi quello commissariato dal dipartimento della protezione civile e predisposto dall'organizzazione mondiale della sanità, dall'Istituto nazionale di sanità, dal Consiglio nazionale delle ricerche e dall'osservatorio epidemiologico della regione Campania o alcuni più decenti svolti dall'Università di Napoli Federico II, hanno chiaramente stabilito il nesso che ci sarebbe tra l'incremento dei tumori in alcune aree della Campania e la presenza di discariche illegali e di rifiuti tossici interrati nella regione;
   da quanto fin qui evidenziato, emerge un quadro desolante dietro cui appaiono ancora oscure le cause delle tante e inspiegabili omissioni sui necessari approfondimenti di mappatura dei siti e sulle mancate bonifiche, omissioni che continuano a perpetrarsi ancora oggi, senza che alcuna azione concreta venga intrapresa per porre fine ad uno scandalo immane in quella che potremmo definire, purtroppo, la terra di nessuno –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, per verificare le affermazioni del pentito Carmine Schiavone in merito alle localizzazioni dei rifiuti tossici e pericolosi interrati illegalmente in Campania e nel basso Lazio al fine di predisporre immediatamente, previa individuazione di adeguate risorse finanziarie, un piano di bonifiche che preveda, tra l'altro, un'accurata mappatura dei siti degli sversamenti illegali e la conseguente programmazione, per partizione e per grado di pericolosità, di interventi di bonifica dei territori interessati.
(2-00201) «Picierno, Amendola, Mariastella Bianchi, Bonavitacola, Bossa, Bratti, Bressa, Capozzolo, Chaouki, Del Basso De Caro, D'Incecco, Epifani, Famiglietti, Gianni Farina, Fedi, Garofani, Grassi, Tino Iannuzzi, Impegno, Leva, Losacco, Manfredi, Manciulli, Paris, Salvatore Piccolo, Giorgio Piccolo, Realacci, Rossomando, Rostan, Rughetti, Scalfarotto, Valiante, Verini, Zoggia».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   in data 12 agosto 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 5a serie speciale – contratti pubblici n. 94 il bando di assegnazione dei lavori per la costruzione dell'impianto termovalorizzatore di Napoli est nel territorio di Giugliano in Campania (Napoli);
   tale bando di gara dà il via alla procedura per la concessione dell'appalto per la progettazione definitiva ed esecutiva, realizzazione e gestione del termovalorizzatore per i rifiuti stoccati in balle in regione Campania;
   l'appalto è di circa 450 milioni di euro;
   la costruzione dell'impianto sarà avviata entro dicembre e ultimato nel giro di 3 anni; troppi però sono i dubbi circa l'organicità delle ecoballe (combustibile solido secondario) dato che, a causa della fermentazione, la frazione organica si è trasformata in FOS, cioè frazione organica stabilizzata;
   da oltre 10 anni il territorio del giuglianese (Napoli) ha un gravame di circa 35 discariche, legali e non, tra queste la discarica di «Taverna del Re», dove sono depositate circa 7 milioni di eco balle, mai sottoposte ad alcun procedimento di caratterizzazione occupanti una superficie equivalente a quasi 360 campi di calcio;
   il decreto-legge n. 61 del 2007, convertito dalla legge n. 87 del 2007, vieta la realizzazione di impianti di smaltimento finale in questo territorio;
   l'articolo 4 della direttiva 75/442/CEE del Consiglio del 15 luglio 1975 relativa ai rifiuti, stabilisce che gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i rifiuti vengano smaltiti o recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza arrecare pregiudizio all'ambiente; a tal fine, gli articoli 9 e 10 della suddetta direttiva stabiliscono che tutti gli stabilimenti che effettuano il trattamento dei rifiuti debbono ottenere un'autorizzazione delle autorità competenti relativa, in particolare, alle precauzioni necessarie in materia;
   esistono innumerevoli studi di settore che rilevano una incidenza mortale di malattie incurabili e svariate patologie, addebitabili alle polveri prodotte dagli inceneritori;
   il quinto programma politico e di azione della Comunità europea a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile, completato dalla decisione n. 2179/98/CE, sul suo riesame, indica come obiettivo il «non superamento dei carichi e dei livelli critici» di alcuni inquinanti quali gli ossidi di azoto (NOx), il biossido di zolfo (SO2), i metalli pesanti e le diossine, mentre in termini di qualità dell'aria l'obiettivo è una effettiva protezione di tutti i cittadini dai rischi riconosciuti per la salute provocati dall'inquinamento atmosferico;
   la direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull'incenerimento dei rifiuti dispone severe restrizioni in materia;
   si registra la violazione dell'articolo 14 della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti in Italia, l'ultima nel dicembre 2012;
   l'idea di costruire un nuovo inceneritore, atteso che il quadro normativo comunitario non contempla il termine «termovalorizzatore», nel territorio comunale di Giugliano in Campania, in un territorio già compromesso dalla presenza del sito di stoccaggio «Taverna del re», sta causando enorme preoccupazione nei cittadini che abitano nella cosiddetta Terra dei fuochi;
   come noto, infatti, sui suoli di Taverna del Re, oggi giacciono milioni di «ecoballe», sulla cui composizione non vi sono elementi di garanzia, rendendone difficile una corretta gestione nel rispetto della salute dei cittadini e dell'ambiente;
   il decreto-legge n. 195 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2010, ha programmato per lo smaltimento definitivo dei rifiuti stoccati soprattutto nell'area di Taverna del Re un complesso impiantistico da localizzare nell'area di Giugliano/Villa Literno; infatti l'articolo 10 comma 6-bis recita: «Al fine di assicurare la compiuta ed urgente attuazione di quanto disposto dall'articolo 8, comma 1-bis, del decreto-legge n. 90 del 2008, l'impianto di recupero e smaltimento dei rifiuti è realizzato, acquisita l'intesa rispettivamente con la provincia di Napoli o con la provincia di Caserta e sentiti i comuni interessati, presso un'area individuata nei territori dei comuni di Giugliano o Villa Literno, ovvero trascorsi inutilmente centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto individuata nel medesimo ambito territoriale dal Presidente della regione Campania»;
   non è dato sapere se le procedure previste nell'articolo citato siano state espletate e, nel caso, se esistano documenti che ne certifichino l'esito;
   con riferimento a queste stesse procedure, in una nota che la provincia di Napoli inviò nel 2011 al presidente della regione Caldoro e all'assessore all'ambiente Giovanni Romano si legge che la natura e la relativa tipologia tecnica dell'impianto da realizzare sarebbe stata determinata dall'esito della caratterizzazione chimico-fisica della balle operata dall'ARPAC;
   è lecito chiedersi se questa caratterizzazione sia stata realizzata e nel caso, quali siano i risultati, visto che ormai da anni si chiede l'istituzione di una commissione tecnico-scientifica indipendente per analizzare e valutare la composizione delle balle;
   il decreto-legge n. 90 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 2008, all'articolo 8-bis, comma 1, afferma: «Per superare la situazione di emergenza e per assicurare un'adeguata capacità complessiva di smaltimento dei rifiuti prodotti in Campania, per gli impianti di termovalorizzazione localizzati nei territori dei comuni di Salerno, Napoli e Santa Maria La Fossa (Caserta), il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta motivata del Sottosegretario di Stato, definisce, con riferimento alla parte organica dei rifiuti stessi, le condizioni e le modalità per concedere, con propri decreti, i finanziamenti e gli incentivi pubblici di competenza statale previsti dalla deliberazione del Comitato interministeriale prezzi n. 6 del 29 aprile 1992, anche in deroga ai commi 1117 e 1118 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, e al comma 137 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2097, n. 244»;
   il riferimento alla parte organica dei rifiuti rende difficile immaginare che ci si riferisca alle balle che invece, secondo il bando, è il materiale che si vuole inviare all'incenerimento;
   tra l'altro per beneficiare dei cosiddetti CIP 6 dovremmo avere anche fare con fonti di energia rinnovabile il che, secondo quando definito all'articolo 2 della direttiva 2001/77/CE, esclude la frazione non biodegradabile dei rifiuti dalla categoria delle fonti energetiche rinnovabili; da questo bisogna dedurre che, non solo il rifiuto prevalentemente non biodegradabile di cui sono composte le balle non può beneficiare dei contributi CIP 6; tale considerazione riguarda più che altro motivazioni di carattere economico che potrebbero ripercuotersi sui costi dell'operazione per la realizzazione dell'inceneritore la quale, se da un lato viene spinta come quella indicata anche dal Piano regionale di gestione di rifiuti urbani (PRGRU), dall'altro può indurre a riconsiderare seriamente l'altra soluzione che lo stesso Piano propone come alternativa all'inceneritore, ma che non viene presa in considerazione perché ritenuta non in linea col principio di riduzione di volume di rifiuto da conferire in discarica, vale a dire la realizzazione di un impianto di trattamento meccanico – o la riconversione della linea del trattamento meccanico dello STIR più vicino alla zona di massima concentrazione di rifiuto stoccato che è quello di Giugliano – mirata alla riqualificazione del trito-vagliato stoccato;
   questa soluzione anche se non in linea con il PRGRU, perché produrrebbe un maggior volume di rifiuto finale, ha il vantaggio di poter ottenere un prodotto inerte e sicuramente, di gran lunga meno impattante dal punto di vista ambientale rispetto alle ceneri leggere e pesanti provenienti dall'inceneritore, che seppure in volume minore sono estremamente più pericolose per la salute; inoltre, un trattamento meccanico non pone il problema del trattamento delle acque che, utilizzate nell'inceneritore per raffreddare le ceneri, ne escono largamente contaminate dai metalli pesanti con cui vengono a contatto –:
   anche alla luce degli incontri che il Ministro dell'ambiente, del territorio e del mare ha avuto con gli organi regionali e gli enti locali, di quali elementi disponga in merito a tale vicenda e quali posizioni intenda esprimere;
   se, in relazione a tale vicenda, non si intenda verificare l'attualità del rischio di infrazione comunitaria anche tenendo conto dei nuovi orientamenti dell'Unione europea in tema di rifiuti nonché dei programmi europei che mettono al bando dal 2020 gli impianti inceneritori chiedendo ai paesi aderenti l'innalzamento dei livelli di raccolta differenziata ed il riciclo dei materiali nonché la disposta biodiversità europea;
   se il Governo non intenda verificare e approfondire, nell'ambito delle proprie competenze, le recenti e continue dichiarazioni di Carmine Schiavone, che da giorni indica attraverso i media la gravità degli svernamenti effettuati in venti anni nel napoletano finanche radioattivi, valutandone eventuali conseguenze sul piano delle responsabilità e in tema di costi ambientali e sanitari nonché intervenendo, per quanto di competenza, in merito alla bonifica di tale territorio.
(2-00203) «Micillo, Busto, Daga, Segoni, Mannino, Terzoni, De Rosa, Zolezzi, Tofalo, Cecconi, Di Vita, Baroni, Dall'Osso, Grillo, Lorefice, Silvia Giordano, Mantero, Colonnese, Pinna, Nesci, Carinelli, Spessotto, Vignaroli, Fico, Luigi Di Maio, Lupo, Benedetti, Gagnarli, Massimiliano Bernini, Parentela, Gallinella».

Interrogazioni a risposta scritta:


   DORINA BIANCHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con riferimento all'area di Crotone, si rende noto che la società Syndial ha incorporato, negli anni passati, la Pertusola Sud spa Fosfotec srl;
   la su citata società Syndial ha inoltrato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, una serie di richieste di approfondimenti e di approvazione di progetti che attualmente costituiscono l'oggetto di procedimenti in fase istruttoria e di conseguenza in attesa di determinazioni del Ministero medesimo;
   nel dettaglio, con riguardo ai suoli dell'area ex EniChem Agricoltura spa (di derivazione Montedison), la Syndial è in attesa di ottenere da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'approvazione di un lotto del progetto di bonifica (POB), presentato nel mese di novembre del 2011, in relazione al quale nell'aprile del 2013 la stessa società ha presentato delle integrazioni documentali allo scopo di fornire il maggior numero di informazioni utili per il raggiungimento della conclusione del procedimento;
   un'altra richiesta di approfondimento istruttorio presentata dalla società Syndial al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare risale al mese di maggio del 2013 avente come oggetto le discariche Ex Pertusola ed Ex Fosfotec, i cui progetti di risanamento (messa in sicurezza permanente) sono stati presentati nel triennio 2008/2011. Il parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare risulta essere necessario allo scopo di portare avanti e concretamente attuare i già citati progetti di discarica;
   proseguendo nell'elenco dei procedimenti pendenti, si rende noto che, nel maggio del 2012 è stata presentata, su iniziativa del Consorzio industriale, una variante al progetto di bonifica della falda acquifera che la società Syndial considera una importante opportunità di valorizzazione delle risorse del territorio interessato. A riguardo, nel maggio del 2013, si è tenuta una conferenza istruttoria con precisa richiesta di approfondimenti trasmessi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e che ancora sono in attesa di risposta –:
   quali siano i motivi per i quali le richieste inoltrate al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da parte della società Syndial in riferimento ai procedimenti delineati in premessa, non abbiano ancora ottenuto una concreta risposta, così impedendo ai procedimenti medesimi di giungere ad una conclusione in grado di permettere alla Syndial stessa di attuare lavori di massima importanza e valorizzazione del territorio crotonese;
   sulla base del progetto presentato dal comune di Crotone ed approvato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, se vi siano rilevanti novità riguardanti la concreta possibilità che la società Syndial possa procedere all'attuazione degli interventi di bonifica sull'area archeologica di Crotone e, ovviamente, quali siano i tempi previsti per tale operazione. (4-01764)


   MELILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro interrogato ha annunciato recentemente «... una fortissima accelerazione delle bonifiche industriali su cui si traccheggia da anni con conferenze dei servizi che non approdano a nulla»;
   in questo quadro nazionale, desta seria preoccupazione la situazione del sito industriale di Bussi Sul Tirino, già dichiarata da anni area SIN, e della annessa discarica, la cui bonifica è ad un punto morto da anni ed il commissariamento delle attività non solo non sta risolvendo le problematiche di inquinamento ma le sta peggiorando costantemente da anni;
   il sito di Bussi (Pe) è tra le discariche più grandi d'Europa, investe un'area di circa 60 chilometri e vede circa 300.000 abitanti in vario modo interessati dalle conseguenze degli inquinanti;
   l'inquinamento delle aree industriali sta producendo effetti devastanti lungo tutto il corso del fiume Pescara, e le popolazioni residenti sono sottoposte agli inquinanti presenti nelle acque;
   il porto canale di Pescara ha visto interrotte le attività di pesca per più di due anni, anche a causa delle difficoltà di dragaggio nel suo alveo delle sostanze inquinanti presenti nel sito di Bussi Sul Tirino, che hanno bisogno di essere trattate in modo speciale;
   le attività industriali della Solvay di Bussi sono minacciate di chiusura aggiungendo al problema ambientale anche quello occupazionale –:
   in che modo intenda accelerare le attività di bonifica dei siti SIN e, in particolare, di quello di Bussi Sul Tirino;
   con quali tempi e con quali modalità intenda intervenire garantendo una possibile reindustrializzazione delle aree ottenibile solo con le opportune bonifiche;
   quali azioni intenda attivare per la bonifica dell'asta fluviale del fiume Pescara;
   se non si intenda superare subito il commissariamento affidato a GOIO alla luce dei risultati, a giudizio dell'interrogante fallimentari, della sua azione.
(4-01766)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   vaste aree della Campania, e in particolare i territori a nord di Napoli e a sud di Caserta, hanno subito negli ultimi trent'anni un'autentica, impietosa devastazione, soprattutto per il sistematico smaltimento illegale di rifiuti tossici provenienti dalle industrie del Nord e dal tessuto dell'economia illegale locale;
   tali eventi sono stati fatti emergere negli ultimi anni dal lavoro di magistratura, forze dell'ordine, giornalismo d'inchiesta e comitati locali;
   il 24 agosto 2013 è stata trasmessa dal canale televisivo satellitare Sky TG24 un'intervista a Carmine Schiavone, collaboratore di giustizia dal 1993 e prima elemento di spicco del clan camorristico dei Casalesi;
   nella detta intervista egli ha affermato di aver rivelato, nel corso di audizioni in commissione «Ecomafie» nel 1997, i luoghi esatti dov’è interrata l'immondizia più pericolosa, come riportato anche dall'articolo «Schiavone: “Ho detto dove sono i rifiuti tossici, non bonificano perché costa troppo”» pubblicato dall'edizione online de Il Fatto Quotidiano del 31 agosto 2013;
   Schiavone ha affermato anche d'aver segnalato la presenza nell'agro casertano di cassette di piombo con materiale nucleare provenienti dal Nord Europa, e di esser stato presente ad un sopralluogo interrotto per la presenza di livelli di radioattività troppo elevati;
   secondo il suo racconto, Schiavone avrebbe consegnato alla commissione d'inchiesta documenti e appunti con l'indicazione delle società coinvolte, delle targhe dei mezzi usati e dei luoghi degli smaltimenti, come riporta sempre il Fatto Quotidiano in data 31 agosto 2013 nell'articolo «Traffico di rifiuti, il boss pentito Carmine Schiavone: “Mie denunce inascoltate”»;
   Schiavone ha dichiarato anche che in occasione delle audizioni gli sarebbe stato detto che era impossibile bonificare le aree in questione perché sarebbe stato eccessivamente gravoso per le casse dello Stato, come riferisce Il Fatto Quotidiano nel primo articolo citato;
   le deposizioni di Schiavone sono tuttora secretate, e non è possibile accertare quanto e cosa fu realmente detto, se non per quanto (poco) risulta dalle relazioni finali della commissione pubblicate nel 2001;
   le dichiarazioni rilasciate nel corso dell'intervista da Carmine Schiavone convergono con quanto negli ultimi anni affermato dall'altro pentito del clan dei Casalesi, Gaetano Vassallo –:
   se non sia opportuno fornire alla cittadinanza che rischia malattie gravi e mortali una completa informazione sui pericoli per la salute;
   se non sia urgente svolgere immediatamente analisi a tappeto nel vasto territorio indicato da Schiavone e da altri pentiti in precedenza (come il già citato Vassallo) e delle falde acquifere;
   se non si ritenga di assumere iniziative per un'immediata bonifica del territorio;
   se non si debba avviare un processo di conversione in agricoltura «no food» dei terreni interessati da coltivazioni ed allevamenti nelle aree coinvolte dallo sversamento di rifiuti tossici. (4-01771)


   NICCHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la costruzione del nuovo porto di Cecina, a lavori ancora non ultimati, da mesi ha cambiato la linea di costa e le correnti sottomarine hanno iniziato a produrre effetti devastanti sulla spiaggia nord del fiume;
   negli anni si erano create dune a protezione della pineta, riserva naturale biogenetica, ma grazie all'opera dell'uomo l'equilibrio naturale è stato completamente distrutto, tanto che in quella zona della costa si è formata un'ansa (la spiaggia è sparita) dalla quale il mare entra fin dentro la pineta;
   l'intera economia della zona ha una preminente vocazione turistica e che la distruzione dell'ambiente provoca danni economici incalcolabili,
   l'attuale situazione mette a forte rischio la presenza di strutture ricettive e di servizio che rischiano la chiusura con importanti perdite di posti di lavoro;
   le modifiche prodottesi alla linea di costa a nord e a sud del nuovo porto di Cecina sono evidenti e si sono prodotte dopo la costruzione delle infrastrutture in mare;
   le opere portuali sono utili al turismo, soltanto nella misura in cui le stesse non danneggino e distruggano altre attività turistiche o rechino danno irreversibile al valore aggiunto della nostra ricchezza che è l'ambiente;
   la questione desta viva preoccupazione nell'intera comunità della Bassa Val di Cecina, preoccupazione di cui si è fatto promotore, tra gli altri, anche il Presidente di Confesercenti di Cecina;
   nel 2011, nella preoccupazione concreta della negatività dell'opera, fu inviata una lettera aperta al presidente della regione Toscana e per conoscenza al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore Clini, alla Commissione europea per l'ambiente e ad altre istituzioni, sottoscritta da docenti universitari (Roberta de Monticelli, Salvatore Settis, Stefano Rodotà ed altri), dal WWF, da Italia Nostra, ed altre associazioni, dove con puntualità scientifica venivano elencate le tante criticità del progetto riguardo all'ambiente, al fiume, alla costa, all'inquinamento per gli escavi, e di riflesso sull'economia locale, invitando la regione stessa ed il comune a controllare l’iter realizzativo dell'opera. Alla lettera non fece seguito alcuna risposta;
   a parere dell'interrogante è stato prodotto un danno ambientale di fronte al quale è urgente intervenire. Non si possono negare effetti se i medesimi sono evidenti e fisicamente percepibili e se gli stessi sono postumi ad una palese e macroscopica modificazione geomorfologica;
   tale situazione trova conforto nella letteratura scientifica che ammette questa relazione causa-effetto –:
   quali interventi urgenti ritenga necessari, nell'ambito delle sue competenze, per la salvaguardia della costa a nord e sud del nuovo porto e in merito ai danni ambientali prodotti dalla costruzione del nuovo porto. (4-01772)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   FANUCCI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   gli ufficiali del ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri lamentano una disparità di trattamento rispetto agli omologhi del ruolo normale, in base alla normativa vigente e sin dalla differenziazione dei ruoli stabilita dal decreto legislativo n. 171 del 1993;
   il citato decreto legislativo aveva distinto i ruoli prevedendo varie differenze, dal momento che mentre gli ufficiali del ruolo normale provengono dall'Accademia militare, i colleghi del ruolo speciale sono assunti a seguito di un concorso pubblico;
   gli appartenenti al ruolo speciale potevano raggiungere il grado apicale di colonnello (ultimo grado di ufficiale superiore), mentre gli appartenenti al ruolo normale potevano ambire al grado di generale di divisione, potendo così aspirare ai gradi di ufficiale generale;
   la circolare n. 545/228-1991 del 16 settembre 1995 del comando generale dell'Arma dei carabinieri ha previsto, per gli ufficiali del ruolo speciale, lo svolgimento esclusivamente di incarichi meno prestigiosi, quali attività di insegnamento o impieghi burocratici nelle amministrazioni regionali o dell'Arma, a differenza degli ufficiali del ruolo normale, per i quali sono riservati i comandi di battaglione, provinciali e di scuola;
   il successivo decreto legislativo n. 298 del 2000 ha abrogato il precedente decreto legislativo n. 117 del 1993, accentuando le differenze tra i due ruoli e determinando una vera e propria discriminazione nei confronti degli appartenenti al ruolo speciale;
   soltanto gli ufficiali del ruolo normale possono conseguire l'indennità perequativa riservata ai generali di brigata o l'indennità di posizione dei generali di corpo d'armata, a fronte della mera indennità di valorizzazione dirigenziale per gli appartenenti al ruolo speciale;
   vari aspetti del trattamento accessorio sono, di fatto, limitati a coloro che si trovano nel ruolo normale. Le richiamate differenze sono dovute alle normative di settore vigenti, che rischiano di determinare una discriminazione a danno degli appartenenti al ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri;
   il decreto legislativo n. 298 del 2000 appare all'interrogante in contrasto con gli articoli 3, 52 e 97 della Costituzione, oltre che, relativamente ai profili economici, con il principio di perequazione retributiva, di cui al combinato disposto degli articoli 3 e 36 Costituzione;
   nel corso della XVI legislatura, interrogazioni parlamentari in merito sono state presentate al Ministero della difesa. La risposta agli interroganti fornita dall'allora Ministro Giampaolo Di Paola, seppur giudicata parziale dagli ufficiali del ruolo speciale, confermava rimpianto normativo vigente e giustificava le differenze di ruolo e trattamento –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative normative al fine di eliminare le disuguaglianze di trattamento subite dagli ufficiali del ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri rispetto ai loro colleghi del ruolo normale. (4-01768)


   SCOTTO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 agosto 2013 è stata notificata a tutti i consiglieri di opposizione del comune di Bacoli, in provincia di Napoli, nonché al sindaco di Bacoli, al prefetto di Napoli e al comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri, una nota della polizia municipale avente ad oggetto: «Relazione di servizio del 07 agosto 2013 – Controlli di Polizia Amministrativa e di Polizia giudiziaria eseguiti presso gli stabilimenti balneari militari di Via Plinio il Vecchio»;
   da tale relazione, firmata dal tenente colonnello Marialba Leone comandante della polizia municipale di Bacoli, si evince che sono stati impediti e «arbitrariamente interrotti» i controlli della polizia municipale all'interno dello stabilimento balneare della Marina Militare;
   si legge nella relazione che «si è presentato il maresciallo qualificatosi quale comandante della stazione carabinieri della Marina Militare di Miliscola, unitamente a due appuntati, il quale ha intimato perentoriamente e sgarbatamente agli scriventi di portarsi fuori dallo stabilimento e di identificarsi. Senza opporre alcuna resistenza gli scriventi si sono portati fuori dallo stabilimento, sotto gli occhi sconcertati dei presenti, e parimenti sconcertati per l'atteggiamento non istituzionalmente corretto dei Militari, particolarmente per l'atteggiamento del maresciallo che ha indirizzato al comandante della PM frasi farneticanti e minacciose»;
   sempre dalla nota stilata dalla polizia municipale di Bacoli si evince che gli stabilimento balneari Esercito, Marina Militare, Aeronautica Militare e Vigili del Fuoco «sono gestiti da privati cittadini», e che sono state riscontrate irregolarità all'interno dello stabilimento balneare Esercito-Amministrazione della difesa già nel 2009, quando «nell'ambito di una delle basi logistiche del litorale di Miliscola, la P.M di Bacoli, rilevò abusi edilizi regolarmente denunciati all'A.G.»;
   i fatti avvenuti in data 7 agosto 2013 presso lo stabilimento balneare della Marina Militare sono estremamente gravi ed incresciosi, così come le ripetute irregolarità denunciate all'interno della relazione della polizia municipale;
   non è assolutamente accettabile che il comune di Bacoli, tramite il suo corpo di polizia municipale, venga privato del diritto di controllo del proprio territorio e del proprio litorale, anche in considerazione del fatto che gli stabilimento balneari definiti «militari» sono in realtà vere e proprie strutture ricettive private;
   i fatti narrati sono stati riportati anche dalla stampa locale, ed in particolare dal quotidiano d'informazione online «Freebacoli» negli articoli «Polizia Municipale cacciata dal lido della Marina Militare» e «Polizia cacciata, il sindaco tace: protocollata interrogazione urgente», pubblicati rispettivamente l'8 agosto 2013 ed il 9 agosto 2013 –:
   se i Ministri interrogati siano informati dei fatti esposti in premessa;
   se siano state assunte iniziative, per quanto di competenza, in merito ai fatti del 7 agosto 2013;
   quale sia, al momento, lo status di tutti i «lidi militari» presenti sul territorio nazionale. (4-01770)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   BUSIN e MOLTENI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a metà agosto 2013 è entrato in vigore l'ennesimo strumento di contrasto all'evasione fiscale messo a punto dall'Agenzia delle entrate, il cosiddetto «redditometro», che, incrociando numerose banche dati, prenderà di mira tutti i soggetti che evidenzieranno una discrasia tra i redditi dichiarati in Italia e le spese effettuate;
   in particolare, lo strumento utilizzato dall'Agenzia delle entrate per stanare gli evasori attraverso il monitoraggio del reddito in base ai consumi, prevede che gli accertamenti scattino ogni qual volta verrà misurata una spesa superiore del 20 per cento rispetto alle entrate denunciate;
   lo strumento così concepito dimostra ancora una volta la scarsa comprensione e l'assoluto disinteresse dell'apparato burocratico di questo Paese per le realtà territoriali specifiche del Nord, in particolare per il fenomeno tipico dell'arco alpino del frontaliera;
   si tratta di migliaia di lavoratori che da sempre varcano il confine del Paese quotidianamente per lavorare nei Paesi confinanti, apportando un importante contributo economico alle aree dove ogni sera fanno ritorno; nell'attuale situazione di gravissima crisi economica ed occupazione, i frontalieri, arrivati a quasi 60.000 nell'ultimo anno, svolgono anche una funzione calmieratrice su un mercato del lavoro nazionale in preda alla disoccupazione e agli ammortizzatori sociali;
   per contro, l'Agenzia delle entrate fa finta che il fenomeno non esista, senza nulla avere imparato dalle precedenti negative esperienze connesse alle pratiche burocratiche, citando a titolo esemplificativo quelle più eclatanti relative allo scudo fiscale che avevano vessato assurdamente i frontalieri, benché nulla avessero a che vedere con la movimentazione di ingenti capitali a scopo elusivo;
   è insito nel nuovo redditometro il rischio che i frontalieri, che percepiscono redditi all'estero ed effettuano, consumi in Italia, con un contributo netto al buon andamento della nostra economia, vengano invece puntualmente vessati come se fossero evasori, chiamati a subire verifiche e a dovere rendere giustificazioni, subendo costi e tempi della burocrazia più degli altri cittadini, con una evidente ed ingiusta disparità di trattamento;
   i frontalieri, in particolare quelli che si recano in Svizzera, sono obbligati a percepire i redditi su un conto estero, e sono tassati interamente alla fonte; non hanno nulla a che fare con gli evasori, dunque, e non hanno margine di scelta ma sono vincolati dalle leggi del Paese in cui lavorano, leggi certamente note all'Agenzia delle entrate e più volte riportate alla sua attenzione;
   l'ottusità dell'Agenzia, che non ha fino ad oggi adottato atti specifici e di buon senso volti a non aggravare di oneri burocratici ingiustamente i lavoratori frontalieri, pare dunque colposa;
   la possibilità, prevista dall'Agenzia, di giustificare la provenienza estera dei propri redditi appare comunque subordinata ad una richiesta dell'Agenzia e dunque ad un onere aggiuntivo per i frontalieri, che si concretizzerà come minimo nella predisposizione di appositi moduli o documentazione rafforzata rispetto a tutti gli altri cittadini –:
   in che termini il Governo intenda applicare anche ai frontalieri le nuove regole sul redditometro, ovvero se intenda emanare celermente una circolare esplicativa o altro provvedimento di propria competenza atto a chiarire il caso di specie, senza inutili e ingiusti gravami a carico dei lavoratori frontalieri. (5-00974)


   FRAGOMELI e CAUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in materia di finanza locale, negli ultimi anni sono stati promossi numerosi interventi normativi principalmente rivolti al contenimento della spesa e alla riduzione dell'indebitamento da parte degli enti locali, a tal fine prevedendo una progressiva diminuzione del tetto dell'indebitamento rispetto al totale delle entrate correnti dal 25 per cento del 2004 al 6 per cento dell'anno 2013;
   con l'articolo 16, comma 31, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, hanno trovato applicazione dal 2013 le disposizioni in materia di patto di stabilità interno anche per i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti che hanno comportato una forte limitazione della possibilità di impiego degli avanzi di amministrazione anche per i piccoli comuni e un obbligo di riduzione del tetto dell'indebitamento al fine di liberare risorse sia sulla parte corrente (quota interessi) sia sulla quota capitale, riducendo l'indice di rigidità dei bilanci;
   gli enti locali che attivano le procedure per l'estinzione anticipata dei mutui – molti dei quali assunti presso la Cassa depositi e prestiti – devono corrispondere oltre al capitale residuo anche un indennizzo calcolato ai sensi del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 20 giugno 2003;
   l'entità dei suddetti indennizzi supera spesso, per i mutui a tasso fisso, il 10 per cento del capitale da rimborsare, configurandosi come una sorta di «penalità» per gli enti locali;
   il decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, aveva eliminato analoghe penali sull'estinzione totale o parziale dei mutui «prima casa» stipulati da privati dopo il febbraio 2007;
   il 2 maggio 2007 l'Abi e le associazioni di consumatori facenti parti del Consiglio nazionale consumatori e utenti (CNCU) hanno sottoscritto un accordo che ha fissato la misura delle penali per i mutui sottoscritti da privati prima del 2007, secondo i seguenti tetti massimi: a) Mutuo a tasso variabile: 0,50 per cento penale soglia; 0,20 per cento nel terzultimo anno di ammortamento del mutuo; 0,00 per cento negli ultimi due anni di ammortamento del mutuo; b) Mutuo a tasso fisso stipulato prima del 2001: 0,50 per cento penale soglia; 0,20 per cento nel terzultimo anno di ammortamento del mutuo; 0,00 per cento negli ultimi due anni di ammortamento del mutuo;
   l'articolo 4 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, modificato dal decreto legislativo 14 dicembre 2010, n. 218, ha inserito nel testo unico bancario, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, il nuovo articolo 120-ter, che sostituisce integralmente la disciplina già dettata dal citato articolo 7 senza comunque introdurre innovazioni sostanziali nel contenuto della disciplina stessa;
   alla luce di tutto ciò è quanto mai necessario rivedere l'attuale disciplina in materia di estinzione anticipata dei mutui degli enti locali in tal modo incentivando la riduzione del debito pubblico ascrivibile agli enti locali, eventualmente anche mediante l'utilizzo di avanzi di amministrazione –:
   se non ritenga di intervenire equiparando le condizioni applicate ai soggetti privati per l'estinzione anticipata dei mutui anche a quelli assunti dagli enti locali, superando l'attuale pagamento degli indennizzi. (5-00975)


   ZANETTI, SOTTANELLI e SBERNA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale disciplina relativa all'Imposta municipale propria penalizza alcune categorie di immobili che nel precedente regime impositivo godevano di un'esenzione totale o parziale del pagamento del tributo locale;
   in occasione della discussione del decreto-legge n. 54 del 2013 (AC 1012) è stato accolto un ordine del giorno (9/01012-A/17) in cui si impegnava il Governo a considerare l'opportunità di equiparare il trattamento fiscale stabilito per le abitazioni principali, ad esclusione di quelle appartenenti alle categorie A/1, A/8 e A/9, per le unità immobiliari a destinazione abitativa utilizzate come tali dai parenti di primo grado in linea retta del soggetto passivo che le concede ad essi in uso a titolo gratuito –:
   a quanto ammonti la stima del minor gettito conseguente ad una eventuale equiparazione, su tutto il territorio nazionale, senza rinvii alla potestà regolamentare dei comuni, del trattamento fiscale previsto per le abitazioni principali per le unità immobiliari concesse a titolo gratuito dal soggetto passivo ai parenti di primo grado in linea retta che le usino come abitazione principale. (5-00976)


   CANCELLERI, LUIGI DI MAIO, RUOCCO, PESCO, BARBANTI, VILLAROSA e TRIPIEDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi alcune fonti di stampa hanno riportato che l'ex deputato del PdL e consigliere dell'allora Ministro dell'economia, Giulio Tremonti, Marco Milanese, ha preso servizio alla Scuola superiore dell'economia e delle finanze (SSEF), direttamente controllata proprio dal Ministero dell'economia e delle finanze, con uno stipendio lordo annuo pari a 194.332 euro;
   Milanese, secondo quanto si apprende dal link http://www.ssef.it/?id=9841, è inserito tra i docenti ordinari della SSEF, i quali – si legge visitando il suddetto link – «sono scelti tra i professori universitari in posizione di aspettativa senza assegni vincitori di concorso a professore universitario in attesa di chiamata, magistrati, avvocati dello Stato e dirigenti di amministrazioni pubbliche (articolo 5, comma 2 del decreto del Ministero delle finanze 28 settembre 2000, n. 301), i docenti ordinari della SSEF sono professori inseriti in apposito ruolo ad esaurimento (articolo 4-septies, comma 4 del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97) e svolgono, nell'ambito di competenza, le attività, necessarie all'adempimento dei fini istituzionali»;
   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, tale incarico, lautamente retribuito nella prestigiosa scuola per la formazione del personale dell'amministrazione economica e finanziaria è stato conferito nonostante una condanna in primo grado, un rinvio a giudizio ed un'inchiesta della magistratura che lo vede coinvolto proprio insieme all'ex Ministro Tremonti;
   sempre secondo quanto si apprende da fonti di stampa, il 28 marzo scorso Milanese è stato, condannato dal tribunale di Roma a 8 mesi per finanziamento illecito di un deputato (pena sospesa), nel processo nato da un filone dell'inchiesta sugli appalti ENAV. Associazione a delinquere, corruzione e rivelazione di segreto invece sono i capi di imputazione per i quali Milanese è stato rinviato a giudizio, l'8 giugno 2013, dal GUP Amelia Primavera del tribunale di Napoli: «avrebbe ricevuto denaro e regali (...) dall'imprenditore Paolo Viscione in cambio della promessa di rallentare e «aggiustare» un inchiesta a suo carico;
   dal 10 marzo 2013, infine, Milanese è indagato, insieme a Tremonti, per finanziamento illecito a singolo parlamentare, nell'inchiesta del PM Paolo Ielo della Procura di Roma che gira intorno all'abitazione nel cuore della capitale in cui l'ex Ministro dell'economia e delle finanze ha abitato dal luglio 2010 all'estate del 2011; l'ipotesi dell'inchiesta è che l'imprenditore Angelo Proietti, titolare della Edil Ars, abbia pagato di tasca propria, tra 2008 ed il 2009, i 250 mila euro di lavori eseguiti nell'immobile di 200 metri quadrati di via del Campo Marzio per entrare nelle grazie del Ministro Tremonti e per consolidare il legame con Milanese il quale, in SOGEI, aveva un peso specifico non indifferente in materia di nomine e di affidamento di appalti –:
   sulla base di quali criteri l'ex deputato Marco Milanese sia stato nominato docente ordinario della SSEF, in quanto il suo curriculum vitae e le sue tendenze giudiziarie non appaiono corrispondere ai criteri della SSEF sopra elencati, e quindi se ritenga necessario provvedere urgentemente alla sua revoca. (5-00977)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 23 agosto 2013 è entrata in vigore la legge n. 99 del 2013 di conversione del decreto-legge 28 giugno 2013 n. 76, relativo ai primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di imposta sul valore aggiunto (Iva);
   il provvedimento, all'articolo 11 comma 22, contiene una serie di disposizioni – che entreranno in vigore dal primo gennaio 2014 – relative alla regolamentazione della sigaretta elettronica (e-cigs);
   in particolare, è stabilita l'applicazione dell'imposta di consumo (accisa) pari al 58,5 per cento sul dispositivo, sulle parti di ricambio dello stesso e sulle ricariche, parificando questo prodotto sul piano della tassazione alle sigarette e al tabacco trinciato;
   in ragione di questa equiparazione, la commercializzazione è riservata solo ai soggetti autorizzati dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, sulla base degli stessi requisiti e delle stesse condizioni richieste oggi per i depositari fiscali autorizzati. I titolari a loro volta devono comunicare – ai fini dei controlli fiscali – una serie di informazioni, compresi gli esercizi abilitati alla vendita al pubblico;
   inoltre, in attesa di una disciplina organica in materia, la legge stabilisce che la vendita delle sigarette elettroniche è consentita anche ai tabaccai in deroga all'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1958;
   spetterà a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 31 ottobre prossimo, stabilire il contenuto e le modalità di presentazione dell'istanza autorizzativa, le procedure per la variazione dei prezzi di vendita al pubblico e altre incombenze amministrative in conformità, per quanto applicabili, a quelle vigenti per i tabacchi lavorati;
   il 26 agosto 2013 il quotidiano Il Sole 24 Ore ha pubblicato una parte della lettera aperta che il presidente dell'Anafe (Associazione nazionale fumo elettronico), Massimiliano Mancini, ha inviato al Ministro dell'economia e delle finanze Fabrizio Saccomanni per evidenziare le gravi ricadute sul comparto a seguito della sottoposizione ad accisa delle e-cigs;
   Mancini evidenzia come il settore di riferimento abbia realizzato, nel 2012, «un fatturato di circa 350 milioni di euro con l'apertura di circa tremila punti vendita e l'impiego di un totale di circa quattromila persone (escluso l'indotto), ma che nel 2014 possiamo tranquillamente prevedere sarà ridotto a meno di un quarto»;
   previsioni fosche anche da parte dell'Ovale, azienda di punta nella produzione e nell'import delle sigarette elettroniche, che evidenzia di aver già subito perdite del 50 per cento nei fatturati e ne stima, entro il dicembre 2013 un ulteriore tracollo fino all'80 per cento;
   secondo l'azienda «senza il provvedimento legislativo che equipara di fatto le e-cigs e le bionde tradizionali lo Stato avrebbe continuato ad incassare, soltanto dal gruppo Ovale, tra i 60 e i 70 milioni di euro (tra Iva e tasse varie); ora quella cifra probabilmente si ridurrà a pochi milioni di euro. Così la tassa che doveva servire, nelle intenzioni dichiarate dal Governo, a coprire il rinvio dell'aumento dell'Iva, si tradurrà di fatto in un clamoroso flop» –:
   se il Ministro interrogato intenda inserire nel decreto attuativo sulla regolamentazione delle e-cigs, da emanare entro il 31 ottobre prossimo, misure a tutela dei venditori che hanno avviato la loro attività prima della promulgazione del provvedimento in premessa, dell'indotto e del livello occupazionale del settore. (5-00968)

Interrogazione a risposta scritta:


   BOCCADUTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   recenti ricerche sostengono che almeno la metà degli italiani ha giocato a slot machine, bingo, gratta e vinci e video lottery almeno una volta;
   il fenomeno, lungi dall'essere mero strumento di distrazione e passatempo, ha assunto dimensioni preoccupanti, interessando ampi strati della popolazione; tra questi, ha diffusione soprattutto tra coloro che sono in questa fase maggiormente colpiti dalla crisi economica, costituendo un mezzo effimero di riscatto sociale;
   secondo il Codacons il costo sociale del gioco d'azzardo ammonterebbe a circa 7 miliardi; ogni singolo giocatore costerebbe allo Stato 38 mila euro annui; secondo l'Organizzazione Mondiale della sanità in Italia i malati si aggirano intorno a 1 milione, con un 800 mila persone a rischio; numero che, secondo Coldiretti, raggiungerebbe i 3 milioni;
   il fenomeno, cresciuto negli ultimi anni, vede un coinvolgimento diretto dello Stato, che lo utilizza per realizzare profitti: nel 2012 la spesa sostenuta per il gioco è stata di 17,1 miliardi di euro, di cui 8,1 miliardi di gettito erariale e 9 miliardi di guadagni per gli esercenti –:
   quali misure, secondo la propria competenza, i Ministri interrogati intendano assumere per combattere il fenomeno della ludopatia e per ridurre progressivamente, sino a vietare, il gioco d'azzardo, sotto qualsiasi forma, in Italia. (4-01767)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta immediata:


   DELLA VALLE e CASTELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 26 giugno 2013 è stata disposta la perquisizione dell'appartamento del dottor Pierpaolo Pittavino, consulente tecnico sin dal giugno 2012 per l'avvocato Claudio Novaro, uno dei difensori nei processi per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011 accaduti in località Chiomonte (Torino) durante manifestazioni di protesta del Movimento NoTav. La perquisizione è stata disposta a seguito di accusa di stalking ai danni di un operaio del cantiere del cunicolo esplorativo per il progetto della nuova linea Torino-Lione, tale Adelmo Tessa, persona la cui identità risulta essere tuttora ignota al dottor Paolo Pittavino;
   in data 29 luglio 2013 sono state disposte perquisizioni per dodici cittadini italiani accusati per i reati di cui all'articolo 280, comma 1, n. 3, del codice penale e agli articoli 10 e 121 della legge n. 497 del 1974 per i fatti del 10 luglio 2013, sempre in Chiomonte (Torino) e tra i perquisiti figura la dottoressa Dana Lauriola, parimenti consulente tecnico, sin dal giugno 2012, di avvocati difensori nel processo per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011;
   a seguito delle suddette perquisizioni non sono state rinvenute né «armi micidiali», né elementi che possano supportare la gravissima accusa di terrorismo, sono invece stati sequestrati indumenti, zaini, effetti personali, telefoni cellulari e computer;
   i computer sequestrati al dottor Pierpaolo Pittavino e alla dottoressa Dana Lauriola contengono informazioni riservate e legalmente privilegiate, legate alla loro attività professionale di consulenza tecnica nei processi per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011, svolte dai consulenti sin dal mese di giugno del 2012;
   tale processo con 53 imputati si svolge a Torino nell'aula bunker del carcere delle Vallette ed è entrato da poche settimane nella fase dell'istruttoria dibattimentale;
   i dottori Pittavino e Lauriola, insieme ad ulteriori consulenti, da più di un anno hanno creato diversi database di informazioni, la replicazione informatica delle produzioni della procura della Repubblica in tale processo (ammontanti queste ultime a svariate decine di migliaia di pagine e migliaia di documenti cartacei, oltre a più di 100 dvd contenenti centinaia di ore di video della polizia scientifica o digos), oltre ad avere curato un'imponente raccolta di materiale probatorio documentale, fotografico e video, da differenti fonti informative, finalizzata a costituire supporto alle linee difensive di tutti gli avvocati della difesa dei 53 imputati, costituitisi in un coordinamento di più di 40 legali dal mese di giugno del 2012;
   fra gli strumenti utilizzati dal coordinamento dei legali impegnati nella difesa nel processo per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011 rientra una mailing list, estesa ai consulenti, inclusi pertanto i dottori Pittavino e Lauriola, e da questi amministrata. Sulla mailing list in oggetto, a partire dal mese di giugno 2012, sono transitate, e transitano, tutte le più importanti comunicazioni che i 40 e più difensori, anche per ragioni logistiche dettate dal numero e dalle rispettive localizzazioni geografiche in diverse e numerose regioni d'Italia, scambiano fra di loro nell'ideazione e gestione delle strategie difensive relative al processo citato. A titolo esemplificativo della delicatezza e strategicità dello strumento informatico, sul flusso della mailing list in oggetto si è discorso di identità di testimoni da indicare in lista, scelta di video e/o fotografie da produrre, discussioni circa la selezione di riti alternativi;
   fra i titolari del più volte citato processo per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011, nei quali prestano consulenza tecnica a favore della difesa i medesimi dottori Pittavino e Lauriola, vi sono i pubblici ministeri Antonio Rinaudo ed Andrea Padalino, ovverosia i medesimi pubblici ministeri che hanno disposto le suddette perquisizioni a carico dei dottori Pittavino e Lauriola per diversi fatti avvenuti nell'anno 2013;
   cittadini, amministratori locali, membri del Parlamento italiano e giuristi indipendenti hanno espresso forti criticità nel merito della validità dei capi di imputazione iscritti a carico della Dr.ssa Lauriola e di altri come lei, che risulterebbero non contestualizzabili nelle vicende legate all'opposizione alla realizzazione del cunicolo esplorativo della Maddalena;
   va considerata la possibile violazione, a parere degli interroganti:
    a) dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6, comma 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà, che prevedono che il processo si svolga nel contraddittorio tra difesa e accusa in condizioni di parità, posto che, se una delle parti conosce in anticipo le strategie e le tattiche difensive dell'altra (in questo caso, se così fosse, di ben 53 imputati), ciò integra svantaggio sostanziale ed irreparabile e come tale in contrasto con il sistema costituzionale che regola i diritti degli imputati;
    b) dell'articolo 103, comma 2, del codice di procedura penale relativo alle garanzie di libertà del difensore e dei suoi consulenti, posto che il sequestro presso il consulente è vietato, di modo che la polizia giudiziaria avrebbe dovuto astenersi dal procedere a sequestrare e poi copiare materiali e strumenti utilizzati per fornire la consulenza, appena ricevutane la notizia dai perquisendi;
    c) dell'articolo 103, comma 5, del codice di procedura penale qualora la procura della Repubblica di Torino fosse entrata in possesso, in tutto o in parte, del flusso informativo costituito sulla mailing list di cui si è detto, giacché in tale modo essa avrebbe avuto accesso a comunicazioni riservate tra difensori, nonché a comunicazioni riservate tra difensori e loro consulenti, protette a norma del comma 5. In tale evenienza, fermo quanto sopra in merito all'ipotesi di violazione dell'articolo 111 della Costituzione, ci si troverebbe, di fatto, in presenza di intercettazioni di comunicazioni ex articolo 266 e 266-bis del codice di procedura penale, del tutto vietate se a carico di difensori e consulenti;
    d) dell'articolo 256 del codice di procedura penale in merito alla procedura prevista, e alle relative garanzie, quando si debba reperire documentazione detenuta per ragioni di ufficio e si formuli opposizione del segreto professionale da parte dei consulenti, i quali sono equiparati, secondo la previsione dell'articolo 200 del codice di procedura penale, ai difensori, e cioè a soggetti che non possono essere obbligati a deporre sui fatti conosciuti per la loro professione. Secondo tale disciplina i pubblici ministeri non possono procedere al sequestro nei confronti dei consulenti di quei documenti detenuti per ragioni del loro ufficio, se non a fronte dell'infondatezza della dichiarazione fatta dal consulente circa le ragioni della detenzione dei medesimi documenti. Nel caso di specie risulta, invece, dai verbali di perquisizione che la dottoressa Lauriola abbia prontamente esibito le nomine a consulente da parte delle difese, circostanza peraltro già ampiamente nota ai pubblici ministeri procedenti, ed indicato che i supporti informatici su cui si stava operando il sequestro contenevano materiale elaborato su incarico dei difensori che la avevano nominata. Analogamente ha dichiarato il dottor Pittavino, come appare dal verbale di perquisizione –:
   se il Ministro interrogato, nell'ambito delle sue competenze, intenda verificare gli elementi esposti in premessa, adottando, qualora una delle ipotesi qui svolte si rilevasse fondata, le iniziative disciplinari che gli competono, oltre ad ogni più opportuna iniziativa a termine di legge che si rivelasse necessaria. (3-00293)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   la società Agricola Suvignano srl è stata sequestrata più di 15 anni fa, nel luglio del 1996, che è stata definitivamente confiscata nel 2007;
   fin dal 2008 la regione Toscana, con il comune e la provincia interessati, aveva già presentato un progetto di utilizzo del bene, successivamente integrata con la disponibilità a farsi carico delle posizioni debitorie in essere. Disponibilità ribadita anche recentemente dalla regione Toscana;
   nella proposta si prevedeva di utilizzare il bene sia per attività agricole che per attività di promozione della cultura della legalità, garantendo ed ampliando l'attuale numero di addetti impiegati nella struttura;
   la finalità delle legge sui beni confiscati è sempre stata duplice: sottrarre ai mafiosi i beni accumulati con le attività illecite e restituirli alla collettività per valorizzarli e renderli anche un luogo simbolico della vittoria contro le mafie;
   la finalità di ottenere un ristorno economico diretto dai beni attraverso la vendita ai privati è sempre stata subordinata, anche nelle leggi più recenti, alla possibilità di un utilizzo pubblico;
   l'articolo 117, comma 7, del Codice antimafia ha sancito l'obbligo di trasferire beni immobili ed aziende agli enti locali che ne avessero già fatto richiesta prima dell'entrata in vigore del nuovo testo di legge;
   nessuna procedura di valorizzazione del bene è stata portata avanti in questi anni da parte dell'Agenzia per i beni confiscati e nessuna manifestazione d'interesse all'acquisto sembra essere stata avanzata da privati;
   le istituzioni locali assieme alle associazioni più impegnate sui temi della legalità sono coinvolte attivamente nel progetto di valorizzazione del bene;
   il progetto è stato discusso attivamente e sottoposto negli anni all'attenzione dei Ministri competenti;
   il presidente della regione Toscana ha chiesto un incontro istituzionale onde rivedere la decisione di porre all'asta il bene in considerazione dell'impegno delle istituzioni locali –:
   per quale motivo l'Agenzia per i beni confiscati abbia ritenuto di non adeguarsi a quanto previsto da detto articolo di legge ed abbia, al contrario, deciso per l'avvio di una procedura di vendita all'asta del bene, procedura che potrebbe correre il rischio di vederlo rientrare in possesso, anche attraverso prestanome, di esponenti delle mafie, rendendo vano un impegno pluriennale;
   se non si ritenga, al contrario che debba invece darsi seguito all'assegnazione richiesta dalla regione Toscana.
(2-00202) «Garavini, Rosato, Bindi, Gelli, Cenni, Dallai, Beni, Fontanelli, Giacomelli, Velo, Fossati, Verini».

Interrogazione a risposta orale:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 settembre 2013, il quotidiano Il Fatto quotidiano titolava «Giugliano: emblema di un'emergenza nazionale»; nello stesso articolo si riferiva: «Giugliano, terza città della Campania, capitale dei veleni. La situazione dei quasi 95 km2 di territorio che va da Marano ad Aversa, fino al litorale domizio, può essere descritta utilizzando come chiave di lettura i quattro elementi della natura: il fuoco dei roghi tossici; l'aria infestata dalle diossine; la terra impregnata di rifiuti industriali; l'acqua marcia dei “laghetti” in cui la camorra ha sversato di tutto e dei pozzi agricoli inquinati. Il pm Alessandro Milita nell'ambito delle indagini sulla discarica ebbe a dire, in Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti, che l'inquinamento di questa zona può essere paragonato all'Aids, essendo destinato a crescere sia negli effetti che nella dispersione delle sostanze dai siti contaminati a quelli limitrofi. [...] Dagli anni ’80 alla metà degli anni ’90 il boss Bidognetti, tramite la società Ecologia 89, ha illegalmente smaltito nel giuglianese 800.000 tonnellate di rifiuti, provenienti da aziende del Nord, come l'Acna di Cengio; sono le 57.000 tonnellate di percolato derivatene a minacciare le falde acquifere.»;
   in data 24 aprile 2013 il quotidiano La Repubblica in un articolo dal titolo «Camorra, sciolto il Comune di Giugliano» descriveva come «Il consiglio dei ministri ha sciolto il Comune di Giugliano. Per camorra. [...] Squarci della città-palude per eccellenza, il rifugio estesissimo (va dalla Napoli nord a Castel Volturno, dall'aversano alla zona flegrea) per peccatori e superlatitanti. La terra di migliaia di demolizioni mai eseguite, del mattone dilagante di Camorra spa e degli investimenti con i casalesi, l'enorme paesone dove un blitz nel 2008 azzerò in buona parte il corpo di polizia municipale, 23 “divise” accusate di tangenti, falso e abusi, e mai più sostituite nonostante i 120 mila abitanti per 100 chilometri quadri. E, soprattutto: è la città a disposizione dei potenti, che ha ingoiato 18 discariche oltre a quelle illegali, l'epicentro della terra dei fuochi (dove bruciano i rifiuti), nonché unico porto “salvo” per i campi di migliaia di napoletani-rom, che da lì partono per lavorare, mendicare o esser uccisi nei conflitti a fuoco dopo le rapine»;
   i risultati del rapporto del Ministero della salute sui 44 luoghi e siti più inquinati d'Italia http://curiosity2013.altervista.org/ecco-il-rapporto-del-ministero-della-salute-sui-44-siti-piu-inquinati-ditalia-esposti-a-tumori-ed-altre-malattie-oltre-6-milioni-di-italiani/, tracciano una mappa che unisce il paese nel segno della devastazione ambientale e del sacrificio di intere comunità: oltre 6 milioni di cittadini esposti al rischio di patologie che vanno dall'asma, ai tumori, alle malattie cardiocircolatorie e neurologiche. Nel rapporto del Ministero della salute l'elenco dei comuni campani è lunghissimo: oltre a Giugliano, nell'aria di Caserta e Napoli, litorale domizio-flegreo e agro aversano, figurano più di 50 comuni. Qui, si legge nel rapporto, «Il Decreto di perimetrazione del Sin elenca la presenza di discariche. Nel Sin sono stati osservati eccessi della mortalità in entrambi i generi per tutti i principali gruppi di cause, con eccessi di mortalità per il tumore polmonare, epatico e gastrico, del rene e della vescica. I risultati hanno, anche, mostrato un trend di rischio in eccesso all'aumentare del valore dell'indicatore di esposizione a rifiuti per la mortalità generale». Non diversa la situazione lungo il litorale vesuviano, sul tratto che va da Castellammare di Stabia a Napoli;
   in una dichiarazione video, il 31 agosto 2013, al «Fattoquotidiano» Carmine Schiavone, ex boss dei casalesi e collaboratore di giustizia dal 1993, denunciava il traffico illegale dei rifiuti tossici in Campania, dal sito del fatto quotidiano http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/08/31/schiavone-so-dove-sono-rifiuti-tossici-in-campania-non-bonificano-perche-costa-troppo/243151/ «Otto giorni è il tempo del dolore e della meraviglia. Per questo facevamo passare una settimana fra un omicidio e l'altro». Così Carmine Schiavone, ex boss dei casalesi e collaboratore di giustizia dal 1993. Ma se lo scalpore per certe notizie ha vita breve, al contrario i danni ambientali dello sversamento di rifiuti tossici nelle cave della Campania hanno una durata lunghissima. Fino a quando non vengono rimossi. E qui casca l'asino. «Io certe cose, come i luoghi esatti dove è interrata l'immondizia più pericolosa, le ho dette nel 1997 durante le audizioni in commissione Ecomafie – racconta Schiavone – Sapete cosa mi dissero ? Che era impossibile bonificare perché servivano troppi soldi». A distanza di quasi vent'anni, quelle parole oggi sono ancora coperte dal segreto, mentre milioni di persone rischiano di ammalarsi gravemente. Secondo l'ex capoclan, nelle terre dell'agro di Caserta sarebbero finite anche «cassette di piombo con materiale nucleare», arrivate dal nord Europa. «Andammo a fare un sopralluogo a Casale – ricorda – Siamo dovuti scappare via per il livello di radioattività» –:
   se siano a conoscenza dei fatti narrati;
   se non reputino di dover intervenire tempestivamente, sul territorio Campano, anche in base alle informazioni fornite dall'ex boss dei casalesi e collaboratore di giustizia Carmine Schiavone;
   se non reputino opportuno un monitoraggio più efficace dell'intera filiera legata ai rifiuti, in particolare di quella dei rifiuti industriali;
   se non reputino opportuno assumere iniziative normative dirette all'estensione dei provvedimenti di sequestro e confisca dei beni ai trafficanti di rifiuti nonché la definizione di un reato specifico per il traffico di materie radioattive e la definizione di un sistema integrato e tecnologicamente all'avanguardia di gestione dei rifiuti industriali;
   se non reputino opportuno favorire il settore agroalimentare con politiche di sgravio fiscale in quelle regioni, come la Campania, che sull'agricoltura basano la propria economia. (3-00292)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAZZOTTO e PILOZZI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   nelle ultime settimane si sono susseguiti sbarchi di migranti provenienti dalle coste nordafricane, sbarchi che hanno portato in Italia un gran numero di minori non accompagnati;
   in particolare, per tali soggetti vigono precise tutele, derivanti da fonti giuridiche interne ed internazionali, in considerazione della loro «debolezza» sia in relazione alla capacità giuridica, sia rispetto le possibilità di affrontare una vita autonoma;
   il nostro Paese manca di una legge organica in grado di offrire una disciplina uniforme circa le procedure di accoglienza dei minori non accompagnati;
   tale lacuna ha permesso che si creasse una situazione estremamente disomogenea nei vari centri e nelle varie zone del Paese;
   la cosiddetta «legge Puglia» del 1995 non è sufficientemente puntuale nel delineare la natura giuridica, e quindi le caratteristiche dei centri di accoglienza, permettendo così una discrezionalità alle forze di polizia ed alle autorità locali, che si tramuta in trattamenti fortemente disomogenei fra soggetti nella medesima condizione da un punto di vista giuridico;
   nel CPSA di Pozzallo (SR) i minori non accompagnati stazionano per mesi in un centro del tutto inadatto ad accoglierli, in attesa di essere trasferiti in una struttura idonea, e tale soggiorno, effettuato in strutture create per ospitare i migranti solo per poche ore (dalle 48 alle 72), rappresenta un periodo alienante e stressante per i giovani migranti, che non ricevono, a quanto consta all'interrogante, alcun servizio specifico (scuola, corsi di lingua, attività sportiva, assistenza legale e psicologica), se non quelli forniti grazie alla buona volontà degli operatori dei centri, al di fuori dei loro compiti contrattuali;
   le strutture di accoglienza per minori non accompagnati sono estremamente differenziate, per caratteristiche e servizi offerti, nel territorio nazionale; la struttura di accoglienza per migranti di Priolo ospita oltre 100 milioni, molti dei quali non accompagnati, e porta avanti la sua attività in un quadro di inaccettabile incertezza. Ad oggi non è chiaro, alla cooperativa che gestisce il centro, da quale soggetto essa dipenda e se debba aspettarsi le risorse per portare avanti le proprie attività dal comune, dalla regione o dal Ministero dell'interno. I servizi offerti ai minori ospiti della struttura non possono poi che risentire di queste incertezze e di questi ritardi;
   molti sono i minori di cui si perdono le tracce e che si rendono irreperibili lasciando la struttura che li ospita. Risulterebbe che dal centro di accoglienza per minori di Priolo alcuni minori migranti siano stati prelevati da terzi tramite autovetture –:
   di quali informazioni disponga il Ministro interrogato circa la natura giuridica del centro di accoglienza di Priolo e, in particolare, da quale ramo della pubblica amministrazione esso dipenda;
   quali misure il Ministro interrogato intenda adottare per abbreviare il periodo di stazionamento dei minori non accompagnati nella struttura di prima accoglienza di Pozzallo, al fine di adeguarlo alla tempistica di soggiorno che dovrebbe caratterizzare tali strutture;
   se il Governo non intenda implementare il sistema di centri di accoglienza per minori e stabilire procedure nonché tempi certi per il trasferimento delle risorse ai centri, affinché gli stessi possano realmente «accogliere» i migranti e fornire servizi adeguati;
   quali misure il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per contrastare l'emergenza dei minori non accompagnati che si rendono irreperibili.
(4-01773)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, LUIGI GALLO, VACCA, D'UVA, BRESCIA, MARZANA, BATTELLI, SIMONE VALENTE e DI BENEDETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 605, lettera c) della legge 27 dicembre 2006 n. 296 aveva trasformato le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento (GaE) «al fine di dare adeguata soluzione al fenomeno del precariato storico e di evitarne la ricostituzione, di stabilizzare e rendere più funzionali gli assetti scolastici, di attivare azioni tese ad abbassare l'età media del personale docente» e aveva fatto salvi «gli inserimenti nelle stesse graduatorie da effettuare per il biennio 2007-2008 per i docenti già in possesso di abilitazione, e con riserva del conseguimento del titolo di abilitazione, per i docenti che frequentano, alla data di entrata in vigore della presente legge, i corsi abilitanti speciali indetti ai sensi del predetto decreto-legge n. 97 del 2004, i corsi presso le scuole di specializzazione all'insegnamento secondario (SISS), i corsi biennali accademici di secondo livello ad indirizzo didattico (COBASLID), i corsi di didattica della musica presso i Conservatori di musica e il corso di laurea in Scienza della formazione primaria», aggiungendo come «la predetta riserva si intende sciolta con il conseguimento del titolo di abilitazione»;
   nonostante quanto previsto dall'articolato della legge n. 296 del 2006, Il Ministero non ha provveduto a chiudere i corsi in scienze della formazione primaria, e anzi ha continuato fino al 2010 ad attivare con identiche modalità percorsi formativi abilitanti attraverso l'emissione di bandi ministeriali annuali, basando la distribuzione dei posti disponibili per tali corsi sull'esigenza e il fabbisogno di insegnanti negli anni futuri;
   l'articolo 14, comma 2-ter del decreto-legge 29 dicembre 2011 n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, pur ribadendo la chiusura delle graduatorie ad esaurimento, ha istituito una fascia aggiuntiva alle suddette graduatorie, ma ha contemporaneamente e restrittivamente ridotto l'accesso alle stesse per «i docenti abilitati dopo aver frequentato i corsi biennali abilitanti di secondo livello ad indirizzo didattico (COBASLID), il secondo e il terzo corso biennale di secondo livello finalizzato alla formazione dei docenti di educazione musicale delle classi di concorso 31/A e 32/A e di strumento musicale nella scuola media della classe di concorso 77/A, nonché i corsi di laurea in scienze della formazione primaria negli anni accademici 2008-2009, 2009-2010 e 2010-2011»;
   il decreto ministeriale 14 giugno 2012 n. 53, che ha dato attuazione all'articolo 14 comma 2-ter del decreto-legge n. 216 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2012 ha stabilito i termini per l'inserimento nelle predette graduatorie aggiuntive a decorrere dall'anno scolastico 2012-2013 e ha, secondo l'interrogante inopinatamente, previsto la possibilità che presentino «domanda di inclusione in una fascia aggiuntiva alla III fascia delle graduatorie ad esaurimento, costituite in applicazione del decreto ministeriale 12 maggio 2011 n. 44, modificato dal decreto ministeriale 26 maggio 2011 n. 47, i docenti che negli anni accademici 2008/09, 2009/10 e 2010/11 hanno conseguito l'abilitazione dopo aver frequentato ... (omissis) il secondo e il terzo corso biennale di secondo livello, finalizzato alla formazione dei docenti di educazione musicale (classi di concorso A031-A032) e di strumento musicale (classe di concorso A077) e i corsi di laurea in Scienze della Formazione Primaria»;
   secondo l'articolo 10 del predetto decreto le domande di inserimento nella nuova fascia andavano presentate «entro e non oltre il termine del 10 luglio 2012» escludendo con questa disposizione, di fatto, tutti quei docenti che avrebbero conseguito l'abilitazione successivamente a tale data presso le facoltà di Scienze della formazione primaria quadriennale;
   le disposizioni del suddetto decreto hanno determinato da una parte, l'inserimento nella fascia aggiuntiva (di fatto una coda) dei docenti aventi diritto all'inclusione nella III fascia delle graduatorie ad esaurimento e dall'altra l'esclusione senza alcuna ragione dall'inserimento nella predetta fascia di tutti quei docenti che, dopo marzo 2012, hanno conseguito sino ad oggi il titolo, e di tutti gli abilitandi che conseguiranno l'abilitazione, presso le facoltà di Scienze della Formazione Primaria, perché iscritti agli anni accademici 2008-2009, 2009-2010, 2010-2011, perpetrando un atto ingiustificato e discriminatorio –:
   quali urgenti iniziative di carattere normativo intenda assumere il Ministro affinché siano rimosse le disparità di trattamento rilevate nelle premesse e nelle constatazioni e affinché vengano inclusi nella III fascia graduatorie ad esaurimento gli abilitati e gli abilitandi iscritti negli anni 2008-09, 2009-10, 2010-11 al corso quadriennale di Laurea in Scienze della Formazione Primaria, mettendo fine a una situazione iniqua riguardante circa 15.000 docenti. (5-00972)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PARENTELA, NESCI, SIMONE VALENTE, BRESCIA, VACCA, LUIGI GALLO, MARZANA, D'UVA, BATTELLI, BARBANTI e DIENI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 13 luglio 2011 è stato adottato il decreto del direttore generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – 4a serie speciale – concorsi n. 56 del 15 luglio 2011, con il quale veniva bandito il concorso per titoli ed esami per il reclutamento di 2386 dirigenti scolastici per le scuole primarie, secondarie di primo grado e di secondo grado e per gli istituti educativi di tutto il territorio nazionale;
   le fasi concorsuali per il reclutamento dei nuovi dirigenti scolastici, in Calabria, si sono regolarmente concluse decretando 98 vincitori a fronte dei 108 posti previsti dal bando;
   la graduatoria generale di merito, pubblicata il 10 Luglio 2012 con il decreto del direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per la Calabria protocollo n. 12362, ha una validità triennale, così come previsto dall'articolo 16 del bando di concorso;
   appare evidente il difetto di programmazione delle risorse professionali da reclutare in virtù del decreto-legge n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n 111, che ha portato all'approvazione di un piano di razionalizzazione e riorganizzazione delle rete scolastica calabrese con la chiusura di circa 100 scuole e la scomparsa di tutti i posti messi a concorso;
   in applicazione del punto «2.2 Criteri concernenti i Dirigenti scolastici» della direttiva n. 94 del 2009, successivamente confermata dall'articolo 4 della direttiva n. 97 del 2012 a firma del Ministro Profumo, «Negli altri casi», ossia una volta riscontrata l'inesistenza di situazioni di esubero nonché l'inesistenza di valutazioni negative a carico dei Dirigenti richiedenti il mantenimento in servizio, «il Direttore dell'Ufficio scolastico regionale, potrà motivare la mancata risoluzione del rapporto di lavoro nei confronti di coloro che abbiano maturato i quaranta anni di contributi, sulla base del numero di eventuali uffici dirigenziali vacanti nell'ambito regionale, per i quali si dovrebbe far ricorso all'istituto di reggenza, o delle particolari situazioni che rendano opportuna la continuità di direzione da parte degli attuali titolari, anche in ragione della loro professionalità ed esperienza, nonché della mancanza nelle graduatorie di aspiranti alla nomina a dirigente scolastico.»;
   l'ufficio scolastico regionale della Calabria, esercitando il potere discrezionale previsto del comma 11, dell'articolo 72 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, (cosiddetto pensionamento per anzianità contributiva), nonostante i criteri dettati dalle direttive ministeriali n. 94 del 2009 e n. 97 del 2012 sopra menzionate, rispettivamente a firma del Ministro Gelmini e del Ministro Profumo, ha preferito invece mantenere in servizio
26 dirigenti scolastici, su un totale di 46 pensionamenti preannunciati, in illogica difformità rispetto alle decisioni già adottate dallo stesso ufficio scolastico regionale nel 2012, a normativa invariata ed a concorso ancora non concluso;
   che lo stesso ufficio scolastico regionale della Calabria, a conclusione delle operazioni di mutamento incarichi dirigenziali e di mobilità interregionale, ha quantificato in 25 unità il numero dei posti disponibili per il conferimento nuovi incarichi dirigenziali con decorrenza 1 settembre 2013 e che per i rimanenti 73 vincitori non vi è alcuna certezza che possano essere immessi in ruolo nell'anno scolastico 2014/15, ultimo anno scolastico di validità della graduatoria;
   in mancanza di un intervento legislativo, ad oggi, la procedura concorsuale in Calabria rischia di perseguire parzialmente le proprie finalità non garantendo le legittime aspettative degli aventi diritto all'immissione in ruolo ed il turn-over generazionale –:
   quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda assumere al fine di garantire l'immissione in ruolo dei vincitori del concorso per dirigenti scolastici della regione Calabria;
   se il Ministro intenda estendere la vigenza della graduatoria di merito della procedura concorsuale per il reclutamento di dirigenti scolastici, di cui al decreto del direttore generale del 13 luglio 2011, fino al suo esaurimento;
   se il Ministro intenda consentire la mobilità interregionale dei vincitori del concorso in esame, così come è accaduto nel precedente concorso a dirigente scolastico, con conseguente nomina dei predetti vincitori del concorso in Calabria, su base volontaria, nelle altre regioni dove siano stati già assorbiti tutti i vincitori di concorso o laddove, comunque, si dovesse riscontrare l'esistenza di sedi vacanti e disponibili;
   se il Ministro interrogato, coerentemente con il tenore di alcune sue dichiarazioni rilasciate ad organi di stampa, come ad esempio: «Servono più insegnanti, servono giovani insegnanti Sulla scuola si basa il futuro, loro trasmettono il sapere, permettono le innovazioni. I giovani ricercatori e insegnanti salveranno questo Paese.» (vedasi intervista rilasciata dal Ministro ai microfoni di Rainews24 in data 19 agosto 2013), intenda tutelare (e in che modo) il diritto all'immissione in ruolo dei nuovi dirigenti scolastici selezionati a seguito di una procedura altamente selettiva, o se, invece, intenda continuare a tollerare condotte da parte dei vari uffici scolastici regionali che, come quello calabrese, preferiscono il mantenimento in servizio di dirigenti scolastici con anzianità contributiva superiore a 40 anni ed età anagrafica pari o superiore a 62 anni senza alcun beneficio in termini occupazionali per le nuove leve dei vincitori del concorso in esame;
   quali provvedimenti di natura legislativa e/o amministrativa intenda proporre e/o attuare al fine di realizzare un corretto bilanciamento fra l'interesse privato al mantenimento in servizio dei dirigenti scolastici con anzianità contributiva superiore a 40 anni e l'interesse pubblico alla salvaguardia delle esigenze organizzative e funzionali dell'amministrazione scolastica, tenuto conto dell'esigenza di portare a termine la predetta procedura concorsuale con l'assunzione in servizio di tutti i vincitori del concorso a dirigente scolastico, per come statuito nel bando di concorso del 13 luglio 2011 contenuto nel decreto a firma del direttore generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. (4-01769)


   LODOLINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si fa seguito all'appello ANCI che da anni si batte per mantenere la scuola sui territori, chiediamo che venga garantita un'istruzione di qualità;
   nonostante l'azione forte e determinata ci si trova alla vigilia del nuovo anno scolastico con situazioni di emergenza scolastica, con comuni che presentano scuole in sofferenza o che rischiano di scomparire, soprattutto perché l'aumento delle pluriclassi fa aumentare l'esodo verso i grandi centri;
   essendo documentato che la chiusura di una scuola fa aumentare la marginalità dei territori, scelta gravissima per l'Umbria, è necessario che il Governo si impegni ad assegnare organico per gestire almeno le situazioni di sofferenza segnalate;
   ormai non si contano le sezioni chiuse negli scorsi due anni e le situazioni di difficoltà;
   le pluriclassi attualmente sono circa 90 in Umbria e necessitano di organico aggiuntivo per garantire una didattica di qualità, non vanno comunque misconosciute le capacità di quegli insegnanti che hanno saputo «fare scuola» anche nelle pluriclassi, ma c’è una tendenza negativa che porta i genitori a trasferire in altra scuola, senza pluriclasse, i propri figli;
   altra questione riguarda le liste d'attesa nelle scuole dell'infanzia dei piccoli centri, che non possono essere trattate alla stessa stregua delle liste di attesa dei grandi comuni: pur non trattandosi di scuola dell'obbligo, se le richieste non vengono evase, si favorisce la fuga delle future iscrizioni alla scuola primaria;
   i comuni chiedono che la scuola resti sui territori, che venga potenziata, assicurando il diritto allo studio a tutti i cittadini, indipendentemente dal luogo in cui si vive;
   è necessario che lo Stato garantisca l'istruzione capillare e uniforme sul territorio nazionale; ad oggi le risposte e le scelte hanno privilegiato un accentramento che non produce alcun beneficio a nessuno dei soggetti interessati, ma che impoverisce il sistema scolastico dentro uno schema in cui le responsabilità vengono rimpallate e in cui non si fa il benché minimo sforzo per garantire quella protezione territoriale che diventa anche protezione sociale. Anche quando si potrebbe fare qualcosa, anche quando si tratta di scegliere, seppur in una condizione difficile e complessa si privilegia l'accentramento nella logica dei grandi numeri;
   c’è bisogno di un azione sistemica, ma c’è bisogno anche di interventi puntuali e minimali, concreti immediatamente programmabili e realizzabili che produrrebbero benefìci immediati su tutto il sistema, scelte che possono essere compiute e che fanno riferimento a precise responsabilità politiche;
   salvare le scuole dei piccoli comuni significa lasciare presidi territoriali, evitare congestioni a livello centrale, garantire una didattica ricca perché proporzionata e pluricentrica, salvaguardare gli investimenti fatti dai piccoli e grandi comuni in termini di sicurezza e messa a norma degli edifici e di garanzia di servizi di qualità connessi al sistema scolastico. In questo caso la sordità produrrebbe ulteriori danni ad un organismo che già ha bisogno di cure, non si può consentire di svegliarci tra qualche anno con un sistema scolastico disintegrato fondato sullo spreco. Sullo spreco perché per risparmiare attraverso tagli indiscriminati si perdono eccellenze e riferimenti importanti per garantire appunto pluralità e valorizzazione dei territori minori obiettivi da più parti richiamati come fondamentali nella prossima programmazione europea;
   la scuola dei piccoli centri non deve essere trattata come deroga ma con leggi e risorse specifiche, con una strategia di tutela e valorizzazione della permanenza delle popolazioni su territori definiti marginali, ma di grande importanza in merito alla gestione delle risorse naturali, alla qualità territoriale e alla coesione sociale –:
   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto per:
    a) considerare le scuole dei comuni montani con una normativa specifica, e non più come deroga, assicurando nella dotazione organica assegnata dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca la copertura per le scuole montane, stabilendo priorità nella assegnazione dell'organico a cura degli uffici scolastici regionali;
    b) abbassare il parametro di costituzione della pluriclasse nelle scuole di comuni montani, che al momento è fissato in un massimo 18 alunni, per evitare la creazione di pluriclassi comprendenti più gruppi di alunni di età diverse, anche non contigue;
    c) abbassare il numero minimo di alunni per classe attualmente a 10 per i comuni montani, portandolo almeno a 6-8 alunni;
    d) valutare l'attivazione di sezioni per la scuola dell'infanzia con numero di 10 alunni nei comuni montani come previsto dal decreto ministeriale n. 176 del 1997;
    e) affrontare il problema delle liste di attesa alla scuola dell'infanzia anche nei piccoli comuni, spesso privi di altri servizi per l'infanzia;
    f) definire l’«ottimale dimensionamento» della rete scolastica attraverso criteri e parametri e non solo il numero degli alunni cercando di coniugare le istanze degli enti locali con l'esigenza di una qualità del servizio;
    g) investire nella formazione degli insegnanti che lavorano nelle pluriclassi, al fine di garantire un insegnamento di qualità e condizioni adeguate per l'innovazione didattica;
    h) garantire la «continuità» pluriennale degli insegnanti nelle scuole di montagna, legando la concessione di punteggi aggiuntivi ad una effettiva continuità di servizio, secondo criteri da concordare tra le parti sociali;
    i) impegnare le regioni, come già avviene in alcune parti d'Italia, a sostenere progetti innovativi volti a superare le «sofferenze» di organico (docente e personale ATA) nelle piccole scuole nell'ottica di sostenere, potenziare e valorizzare questi presidi educativi, strettamente legati al loro territorio;

   se il Governo ritenga opportuno istituire un gruppo di lavoro interistituzionale per «la scuola di montagna e la montanità» che potrebbe rivelarsi opportuno strumento per la programmazione educativa del territorio. (4-01775)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FEDRIGA e MOLTENI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 6 settembre sul quotidiano di informazione on line «MattinOnline», edizione svizzera, è stata pubblicata la notizia che l'Inps avrebbe deciso di versare le pensioni d'invalidità agli immigrati, anche senza permesso di soggiorno di lunga durata, con i soldi versati dalla Svizzera per le indennità di disoccupazione dei frontalieri;
   secondo l'articolo di stampa sembrerebbe, infatti, che la Svizzera continui a pagare all'Inps le indennità di disoccupazione per i frontalieri italiani, ma che l'Ente previdenziale non utilizzi tali soldi a beneficio dei frontalieri italiani, bensì per il pagamento delle pensioni di invalidità agli immigrati, anche quelli privi di permesso di soggiorno CE di lungo periodo;
   sempre secondo l'articolo di stampa, la somma che l'Inps impiegherebbe arbitrariamente, invece che versarla ai frontalieri, contravvenendo agli accordi stipulati, ammonterebbe a 300 milioni di euro –:
   se corrisponda al vero quanto riportato dall'articolo di stampa, sia in termini di quantificazione della somma versata dalla Confederazione elvetica all'Inps e sia in termini di utilizzo irregolare della stessa da parte dell'istituto previdenziale. (5-00970)


   FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è notizia pubblicata sul «Corriere della Sera» online del 18 agosto 2013 (quella dello strano caso dell'Amat, azienda municipale del trasporto pubblico di Palermo, ove su un totale di 1.900 dipendenti ben 600 godono dei benefici della legge 104, che consente di assentarsi dal lavoro per tre giorni se in casa hanno un congiunto disabile del quale occuparsi;
   secondo quanto denunciato dall'articolo di stampa, è accaduto che molti dei suddetti 600 dipendenti abbiano deciso di non andare a lavorare nel periodo di Ferragosto, provocando grandi disservizi alla rete di trasporto palermitana: gli autobus cittadini hanno accumulato ritardi da record, tra gli utenti c’è chi ha lamentato attese di oltre un'ora sotto il caldo ferragostano, ciò perché – appunto – decine di mezzi non sono usciti dall'autorimessa per mancanza di autisti ufficialmente in permesso per assistere il parente disabile;
   lo stesso direttore dell'Amat ha dichiarato che «più di una volta è capitato che in concomitanza con un ponte si registrasse un boom di assenze, abbiamo tentato di calendarizzare le richieste, chiedendo ai dipendenti di avvisarci un mese prima, ma non ha funzionato, perché la legge consente loro di usufruire di tre giorni di assenza retribuiti quando vuole e senza preavviso»;
   il citato articolo di stampa ricorda poi che in passato il servizio pubblico a Palermo andò in tilt per un episodio similare: all'Amat ci furono oltre 200 permessi per motivi elettorali, così in massa si assentarono perché – ufficialmente – designati rappresentanti di lista alle elezioni amministrative;
   il ripetersi di siffatti episodi lascia presumere comportamenti furbeschi e fraudolenti da parte dei dipendenti dell'Amat, società peraltro sull'orlo del fallimento, con perdite di esercizio per oltre dieci milioni di euro –:
   quali urgenti iniziative di propria competenza anche ai sensi dell'articolo 33, comma 7-bis, della legge n. 104 del 1992 intenda intraprendere per verificare la corretta fruizione dei benefici di cui alla citata legge 104 da parte dei dipendenti dell'Amat. (5-00973)

Interrogazione a risposta scritta:


   DI VITA, FICO, PAOLO BERNINI, CECCONI, DALL'OSSO, GRILLO, SILVIA GIORDANO, NUTI, COZZOLINO, VACCA, COLONNESE, DI BENEDETTO, LUIGI DI MAIO e AGOSTINELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nella scuola primaria e in quella secondaria, alcuni alunni con disabilità non sono autonomi nell'esercizio delle attività igienico-sanitarie;
   purtroppo tali alunni non vedono riconosciuto il loro diritto allo studio poiché, alcuni istituti scolastici, non sono in grado di fornire i servizi essenziali idonei al soddisfacimento dei loro bisogni primari;
   a riguardo è emblematico l'appello/provocazione lanciato lo scorso 21 febbraio 2013 da Anna La Rosa, madre di Francesco, 13enne disabile: «io madre di Francesco chiedo l'abolizione dell'integrazione e l'istituzione di scuole-ghetto dove racchiudere e rinchiudere chi è intrappolato dentro un corpo deficitario e che si esprime con un codice che la nostra mente non decodifica e il nostro cuore non comprende. È più ingiusto promettere e deludere che eludere dei diritti e umiliare chi nella vita non ha alternative. Paesi molto più civilizzati del nostro non si imbellettano con leggi fantastiche che non fanno i conti con un'innegabile difficoltà d'attuazione e una politica che balla sulle ceneri delle sorti di chi rappresenta. In altri paesi si garantisce senza sconti a chi nella vita ha già fatto troppi sconti alle possibilità di vita»;
   queste le parole durissime pronunciate da una madre di un giovane alunno con disabilità; parole però che ben potrebbero essere quelle di ogni genitore di qualsiasi altro ragazzo con disabilità, che manifestano la rabbia legata alle tristi vicende che tante persone nella medesima condizione hanno vissuto, e continuano a vivere, quotidianamente;
   di fatto sui genitori dell'alunno con disabilità grava il peso pressoché quotidiano di trovarsi costretti a recarsi presso la scuola frequentata dal figlio per far sì che questi possa regolarmente recarsi in bagno e svolgere le proprie funzioni fisiologiche, supplendo dunque nella mansione di assistenza igienico-sanitaria un personale scolastico personale preposto che però nella stragrande maggioranza dei casi risulta non disponibile o non adatto allo svolgimento del compito;
   come pioggia sul bagnato, tale situazione va a gravare ulteriormente sulle spalle delle famiglie con persone con disabilità, già ampiamente vessate a causa degli innumerevoli disservizi causati dallo Stato;
   è paradossale che, allorché una famiglia decida che il proprio figlio con disabilità frequenti la scuola, com’è diritto, questa si ritrovi in seguito costretta a fornirgli l'assistenza presso l'istituto stesso; ciò che infatti accade in concreto di frequente è che il genitore dell'alunno con disabilità debba recarsi a scuola durante le ore di lezione per assistere il proprio figlio, in tal modo supplendo di fatto al personale addetto;
   l'Istat ha recentemente pubblicato l'indagine riguardante le risorse e gli strumenti di cui sono dotate le scuole per permettere e favorire l'inserimento scolastico degli alunni con disabilità; da un rapido esame del suddetto studio, emerge in particolare il dato che la presenza di alunni con disabilità è notevolmente aumentata, ma quasi 10.000 studenti non hanno visto rispettare il proprio diritto al progetto educativo individuale, troppe scuole non sono ancora accessibili e l'insegnante di sostegno ricopre un ruolo ancora marginale;
   le persone con disabilità sono soggetti giuridici e, come tali, sono titolari di tutte le situazioni soggettive riconosciute e garantite, in generale, dalla Costituzione e, quindi, sia dei diritti civili, sia dei diritti sociali;
   la tutela costituzionale dei disabili, pertanto, si fonda sia sull'articolo 38, comma 3, costituzione, sia sul combinato disposto degli articoli 2 e 3 Costituzione che impongono alla Repubblica ovvero al legislatore e a tutte le altre articolazioni istituzionali di riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'uomo nel rispetto dell'uguaglianza formale e sostanziale;
   l'articolo 13, comma 3, della legge n. 104 del 1992 individua l'obbligo per gli enti locali di fornire figure di assistenza di base per gli allievi con handicap fisici o sensoriali;
   la nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 3390, del 30 novembre 2001, fornisce poi un quadro completo degli aspetti normativi ed indica la centralità del lavoro di rete; l'assistenza di base, infatti, concorre con l'attività educativa e didattica all'integrazione della persona disabile secondo il progetto unitario del Piano educativo individualizzato (PEI), interno alla progettualità delle scuole autonome prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999; la scuola, mediante i propri organi di gestione, deve quindi adoperarsi nella formazione apposita e specifica degli operatori per giungere alla piena integrazione degli alunni disabili;
   la materia dell'assistenza «materiale» ai portatori di handicap non è però affidata ad una norma di legge, ma semplicemente alla contrattazione collettiva nazionale, che prevede delle mansioni specifiche per il personale;
   in altre parole la legge prevede in via generale che si debba fare qualcosa per i portatori di handicap, e che vi deve essere un generico coordinamento tra i servizi scolastici e quelli sanitari, socio assistenziali, culturali, ricreativi e sportivi, ma poi gli strumenti a disposizione dei dirigenti scolastici e soprattutto dei genitori che intendono far valere il diritto del portatore di handicap a frequentare la scuola, vengono nella pratica sviliti dal fatto che non vi sia una legge che obbliga: a) il dirigente scolastico ad avere nel suo organico personale atto a svolgere espressamente questo compito; b) che obblighi lo stesso lavoratore a svolgere il suddetto compito, prevedendo ad esempio delle qualifiche (anche di idoneità fisica) specifiche;
   nella fattispecie in esame, quindi, si è in presenza di un lavoratore che sarebbe potenzialmente addetto a svolgere il compito previsto dal contratto nazionale, e dunque da questo punto di vista il dirigente scolastico non avrebbe responsabilità specifica, ma il suddetto lavoratore è impossibilitato a svolgere la predetta mansione in quanto non è «fisicamente idoneo» a farlo (e anche lui dal suo punto di vista è giuridicamente tutelato);
   è dei giorni scorsi la notizia che il Governo sarà presto impegnato a emanare un provvedimento in ambito scolastico che prevede la stabilizzazione di 27 mila posti per gli insegnanti di sostegno; questi ultimi, infatti, sono al momento poco più di 65 mila, di cui solo il 60 per cento impiegato a tempo pieno nello stesso istituto, un numero insufficiente che costringe, da una parte, gli stessi insegnanti ad un avvicendamento quasi inevitabile e, dall'altra, gli alunni disabili a cambiare troppo spesso il loro principale punto di riferimento a scuola;
   seppur lodevole negli intenti, la suddetta manovra appare tuttavia insufficiente a dare nuovo e deciso impulso ad un settore tanto delicato come quello dell'assistenza scolastica degli alunni con disabilità che, diversamente, necessiterebbero di un generale riordino della normativa di riferimento finalizzato in particolar modo a realizzare un servizio diversificato sia in base alle specificità presentate dall'alunno con disabilità, che al particolare tipo di assistenza da questi richiesta; sotto quest'ultimo profilo, infatti, preme inoltre sottolinearsi che il provvedimento in esame non affronta neppure marginalmente la pur emergenziale questione dell'insufficienza scolastica del personale addetto all'assistenza igienico sanitaria degli alunni con disabilità;
   l'assegnazione di adeguato supporto scolastico ai disabili è un impegno formale che va necessariamente affidato ad un personale specializzato e formato per questo scopo;
   il servizio di assistenza agli alunni disabili è a carico delle amministrazioni locali; ma queste ultime risultano, nella maggioranza dei casi, gravemente inadempienti;
   si tratta dunque di un fenomeno troppo grave e diffuso perché il Governo non se ne occupi in prima persona, adottando i dovuti provvedimenti –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno:
    inviare alle competenti commissioni parlamentari una relazione sull'entità del problema e, più in generale, sulle difficoltà che oggi vanificano il procedimento di inserimento nelle scuole, e, di conseguenza, il riconoscimento del diritto di integrazione sociale e di diritto allo studio, da parte dei giovani disabili, nonché sui provvedimenti adottati o che si intendono adottare per la loro risoluzione;
    a porre in essere con il coinvolgimento delle amministrazioni locali, opportune attività, utili ed efficaci a porre fine a tale vulnus normativo;
    avviare iniziative, anche di carattere normativo, più appropriate di quelle attualmente in atto, utili a garantire finalmente la piena integrazione degli alunni disabili nelle scuole, disciplinando la materia in modo organico, al fine di evitare un rimpallo di responsabilità e competenze che, da com’è strutturata ora la materia, appare inevitabile e in tale contesto prevedere che tra il personale ata presente all'interno dell'istituto vi debba essere almeno un soggetto abile a svolgere le funzioni di assistenza anche igienico-sanitaria al portatore di handicap, in modo da costringere i dirigenti scolastici a dotarsi di personale adeguato. (4-01774)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIORIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni mesi sono presenti sul mercato italiano bottiglie che presentano nelle confezioni, negli imballaggi o nelle etichette la denominazione vino «naturale»; talvolta tale termine è sostituito con simili aggettivi tra cui «artigianale» o «libero»;
   la produzione e la commercializzazione di vino «naturale» sta continuamente aumentando: sono nate associazioni di viticoltori, consorzi di aziende, guide e pubblicazioni specifiche ed appuntamenti tematici dedicati (come ad esempio l'evento «ViniVeri»);
   a differenza del vino «biologico», che deve rispondere a determinate caratteristiche di produzione definite dal Regolamento di esecuzione (UE) n. 203 del 2012 della Commissione dell'8 marzo 2012, il vino «naturale» è «autodisciplinato», non risponde quindi ad una normativa di produzione unica, chiara ed articolata;
   tale situazione sta inevitabilmente causando tensioni fra associazioni di produttori ed un conseguente disorientamento da parte dei consumatori che di fatto non possono associare le informazioni presenti nelle confezioni o nelle etichette delle bottiglie di vino ad un disciplinare di produzione inequivocabile ed esclusivo;
   l'utilizzo del termine vino «naturale» è stato oggetto di indagini da parte dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (Icqrf). Recentemente, in una nota enoteca romana, sono state ritirate bottiglie che presentavano la dicitura «vino naturale»: Secondo l'Icqrf «la loro vendita e diffusione attraverso un'etichetta che in realtà non ha disciplina normativa» poteva infatti risultare «fuorviante e quindi dannosa per altri produttori. L'etichettatura “vino naturale” è un messaggio non corretto, anzi distorto, che danneggia le nostre produzioni vitivinicole. Con questa azione l'ispettorato ha quindi tutelato da una parte la corretta informazione dei consumatori e dall'altra i produttori italiani e gli esercenti da fenomeni di concorrenza sleale»;
   risulta quindi evidente che sussiste, sia a livello nazionale che comunitario, un vuoto normativo rispetto alla produzione del vino «naturale» ed un orientamento ministeriale che ne impedisce conseguentemente ad oggi la commercializzazione –:
   se non ritenga utile, rispetto a quanto esposto in premessa, promuovere un percorso, a livello nazionale e comunitario, per definire un disciplinare per la produzione di vino «naturale» al fine di tutelare imprese del settore ed i consumatori;
   se non ritenga comunque necessario, per dare coerenza e continuità alle attività dell'Istituto centrale della tutela della qualità e repressione frodi citate in premessa, assumere un'iniziativa, se del caso normativa, che vieti il commercio in Italia di vino che presenti aggettivi, nelle confezioni, negli imballaggi o nelle etichette, riferiti a disciplinari di produzione non ufficialmente regolamentati. (5-00969)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   PIAZZONI, NICCHI e AIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto rilevato recentemente dalla stampa nazionale la povertà sanitaria è cresciuta del 57 per cento in tre anni. In sostanza la gente non riesce più a pagarsi i farmaci;
   in Italia, infatti, dal 2006 al 2013 la povertà sanitaria è aumentata in media del 97 per cento: sono, cioè, aumentati i cittadini che hanno difficoltà ad acquistare i medicinali, anche quelli con prescrizione medica. Lo rivela un dossier realizzato dalla Fondazione banco farmaceutico onlus e recentemente portato all'attenzione dell'opinione pubblica;
   se prima la crisi colpiva le famiglie, costringendole a fare a meno di alimenti, vestiario e generi di consumo – si legge nel documento – oggi è in difficoltà anche la capacità di procurarsi le medicine;
   i dati emersi dal dossier sono il frutto del lavoro svolto da sette anni, dal 2006 al 2013, dalla Fondazione banco farmaceutico onlus, che sul territorio nazionale raccoglie – grazie alla Giornata nazionale di raccolta del farmaco e alle donazioni aziendali – e distribuisce agli enti convenzionati che fanno richiesta di medicinali;
   le categorie sociali che fanno richiesta di medicinali sono ampie: dalle famiglie numerose, agli anziani con pensione minima, fino agli immigrati, anche irregolari. I risultati sono stati poi incrociati con i dati della Caritas italiana provenienti da un campione di 336 centri di ascolto attivi in 45 diocesi. In termini percentuali, l'aumento delle richieste di farmaci è stato pari al 57,1 per cento in tre anni, anche se in termini assoluti non è tra le richieste prioritarie. Molto probabilmente, tale forma di richiesta è assorbita da altre voci del sistema di classificazione. In effetti, tre sole voci – richiesta generica di beni primari, richiesta generica di sussidi economici e assistenza sanitaria – coprono il 70,4 per cento delle richieste complessive;
   quanto precede rappresenta un dato di eccezionale gravità idoneo a colpire in modo profondo il diritto alla salute e l'accesso alle cure dei cittadini più deboli e bisognosi –:
   quale iniziative urgenti intenda assumere il Governo alla luce di quanto descritto in premessa al fine di garantire il pieno rispetto del principio costituzionalmente tutelato del diritto alla salute e dell'accesso alle cure da parte dei cittadini più deboli e bisognosi del nostro Paese.
(3-00294)


   BINETTI, VARGIU, MONCHIERO, GIGLI e SCHIRÒ PLANETA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
    è drammaticamente attuale il dibattito in merito alla sicurezza negli ambulatori di psichiatria, scaturito successivamente alla follia omicida che ha portato all'uccisione della dottoressa Paola Labriola, psichiatra presso un centro di salute mentale di Bari, accoltellata a morte, durante una visita, da un paziente con problemi di tossicodipendenza;
   si tratta di una vicenda drammatica, emblematica di differenti forme di disattenzione legate, anche e soprattutto, alla gestione complessiva di qualità e attenzione verso questi pazienti psichiatrici;
   il dibattito generatosi è legato, soprattutto, alle circostanze che avrebbero potuto impedire l'omicidio, dal momento che quel malato non sarebbe stato nuovo a comportamenti aggressivi e a minacce e si ipotizza che il suo comportamento fosse prevedibile;
   purtroppo, a parere degli interroganti, non esiste una metodologia di prevenzione della follia, meno che mai delle linee guida e neanche un esercito di vigilantes può impedire che qualcosa di tragico avvenga. L'unico modo per prevenirla è tentare di curarla attraverso delle organizzazioni adeguate, degli operatori preparati ed in numero sufficiente, nonché delle risorse anche se minime;
   se le strutture fossero adeguatamente organizzate e attrezzate, sarebbe sicuramente ridotto il verificarsi di simili drammi, anche perché gli operatori sono in grado di gestire ogni genere di situazioni. Purtroppo accade che alcune regioni, per problemi di risparmio, abbiano accorpato la salute mentale con la dipendenza, pur trattandosi di problematiche molto diverse. Ci sono dipartimenti con organici decimati e questo accentua la fragilità delle strutture in cui si opera;
   oggi i servizi per le dipendenze e per la salute mentale vessano in situazioni drammatiche, con operatori esposti a continui rischi e malati sempre più numerosi rispetto alle forze reali degli operatori stessi e delle strutture in cui operano;
   per il rispetto che si deve a Paola Labriola e per i tanti operatori che come lei rischiano la vita in strutture non adeguatamente organizzate, occorrerebbe ripensare, a parere degli interroganti, ad una modifica della legge n. 180 del 1978, attraverso interventi adeguati per pazienti e operatori, tenendo conto delle necessità territoriali, presenti e future, dei malati di mente, potenziando i finanziamenti disponibili, cercando di creare nel sistema le condizioni per ridurre ragionevolmente le tante piccole crisi, in cui gli operatori sono troppo spesso lasciati soli –:
   quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, intenda attuare per potenziare la sicurezza negli ambulatori di psichiatria e se non ritenga opportuno porre particolare attenzione alla gestione complessiva degli ambulatori psichiatrici specificatamente in merito alla sicurezza di operatori e pazienti. (3-00295)


   FORMISANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il commissario ad acta del piano di rientro del settore sanitario con decreto n. 49 del 27 settembre 2010 ha approvato il riassetto della rete ospedaliera territoriale, disponendo che i direttori generali ed commissari straordinari delle aziende sanitarie locali procedessero alla presentazione di un piano attuativo aziendale di riorganizzazione, di riconversione, di riallocazione e/o di dismissione dei propri presidi, ovvero di concentrazione di funzione specifiche come quelle relative alle attività di emergenza e di pronto soccorso;
   il suddetto piano individuava tra le strutture da riconvertire il presidio ospedaliero A. Maresca di Torre del Greco, per trasformarlo da emergenza ed urgenza di II livello a centro di lungodegenza e riabilitazione;
   l'applicazione di tale piano si palesava da subito incongrua con le reali necessità del territorio su cui insiste l'ospedale Maresca, provocando l'impossibilità di una totale applicazione delle richieste e delineando una situazione ibrida tra le funzioni che svolgeva la struttura inizialmente e quelle alle quali avrebbe dovuto assolvere;
   per garantire il servizio sanitario nella fascia territoriale della provincia sud di Napoli si procedeva all'individuazione di due plessi distinti su cui distribuire i servizi, procedendo nella fattispecie alla formazione degli ospedali riuniti del Golfo comprendenti il presidio ospedaliero A. Maresca e il presidio ospedaliero Sant'Anna&SS. Madonna della neve di Boscotrecase, nonché imponendo alle stesse unità operative di coprire entrambi i presidi e trasferendo in completo alcuni reparti;
   la riconversione stessa del presidio ospedaliero Maresca era subordinata all'attivazione dell'emergenza ed urgenza all'ospedale del Mare di Ponticelli, struttura polifunzionale che tuttora è in costruzione e interessata da provvedimenti legali e contrattuali che ne inficiano il completamento e l'apertura;
   nonostante le difficoltà già palesi, con un decreto del 31 dicembre 2012, la regione Campania ha determinato il blocco per un anno di qualsiasi tipo di assunzione, mobilità e trasferimento di personale all'interno delle aziende sanitarie locali, provocando in sintesi l'impossibilità totale di sopperire a mancanze, carenze, pensionamenti e stati di malattia del personale stesso;
   il piano di rientro non ha tenuto conto dell'utenza che usufruiva dei servizi dell'ospedale A. Maresca, che insiste su un territorio comprendente le città di Torre del Greco, Ercolano, Portici, San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio per un totale di trecentocinquantamila (350.000) abitanti;
   i disagi e le criticità provocate hanno allertato la cittadinanza, al punto tale da promuovere la formazione di comitati civici spontanei di protesta sostenuti da operatori sanitari, forze politiche e sindacali, amministrazioni ed enti che da anni sottopongono ai vertici politici ed istituzionali che hanno compito decisionale la grave situazione in cui versa il territorio;
   la cittadinanza e le amministrazioni dei comuni interessati, gli organi di stampa e di informazione anche nazionali hanno più volte avuto rassicurazione da parte dei vertici di aziende sanitarie locali e regione sull'inapplicabilità del decreto n. 49 del 2010 per la parte riguardante l'ospedale Maresca, ma tuttora tale decreto è di riferimento per la redazione dei piani attuativi;
   le innumerevoli ed esasperate proteste cittadine, nonché le vibranti richieste delle amministrazioni che si sono succedute e le innumerevoli denunce ad organi competenti, hanno prodotto incontri pubblici, tavoli tecnici, audizioni, conferenze dei sindaci, conferenze di servizi, commissioni consiliari, consigli comunali monotematici, commissioni regionali e innumerevoli documentazioni ed atti formali ed informali, che vanno tutti verso la risoluzione di assicurare l'emergenza e urgenza al presidio ospedaliero Maresca e l'attivazione dei reparti utili a sostenere tale fine, senza che mai nessuno si assumesse le responsabilità di scelte che il proprio ruolo, nonché gli impegni presi gli consegnavano;
   dall'incontro ottenuto da comitati e amministrazione di Torre del Greco con il subcommissario Morlacco e il presidente Stefano Caldoro, del giorno 29 luglio 2011 si è ottenuta la stesura della delibera n. 830 contenente:
    a) 16 posti letto destinati al reparto di chirurgia;
    b) 22 posti letto destinati al reparto di medicina;
    c) 10 posti letto destinati al reparto di gastroenterologia;
    d) 16 posti letto destinati al reparto di servizio psichiatrico di diagnosi e cura;
    e) 70 posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza in conformità allo stesso decreto n. 49 del 2010;
   ciò al fine di garantire definitivamente il servizio di emergenza e urgenza unitamente alla destinazione d'impiego indicata dal piano di rientro;
   tale delibera non è mai stata resa realmente attuativa a discapito di impegni ufficialmente sottoscritti;
   la dismissione dell'emergenza e urgenza viene subordinata nel decreto n. 49 del 2010 alla costruzione e abilitazione ai servizi dell'ospedale del Mare di Ponticelli, nonostante quest'ultimo non fosse stato ancora strutturalmente completato e la cui situazione versi tuttora in uno stato di criticità all'attenzione della prefettura;
   le criticità del servizio sanitario pubblico hanno provocato innumerevoli disagi alla popolazione, provocando casi gravissimi di malasanità tra cui decessi annunciati ed evitabili che continuano a verificarsi sempre più numerosi;
   le forze e il numero del personale medico e sanitario diviso su due plessi sono ormai esigue e insufficienti a garantire anche il minimo servizio di sanità pubblica al territorio, con conseguente rischio per la salute dei lavoratori e la vita dei cittadini;
   l'incapacità di assolvere adeguatamente da parte dell'ospedale Sant'Anna alle necessità dell'utenza costringe a continui spostamenti in ambulanza tra i due plessi, anche in situazioni di estrema urgenza, producendo quello che all'interrogante appare un ulteriore cattivo uso delle risorse economiche e ponendo il personale in condizioni di operatività al limite della legalità;
   buona parte dei dati acquisiti dalla regione per la valutazione degli sprechi forniscono, ad avviso dell'interrogante, una rappresentazione lontana dalla realtà e, tra l'altro, non risulta che siano stati effettuati idonei riscontri da parte delle autorità competenti;
   la normativa nazionale in materia di sanità prevede 3,6 posti letto per 1.000 abitanti e attualmente l'azienda sanitaria locale Na3sud è in grado di coprire un fabbisogno per 0,3 posti letto per 1.000 abitanti, consegnando una situazione drammatica e palesemente al di sotto delle necessità e dei fabbisogni del cittadino;
   la città di Napoli conta un alto numero di posti letto per 1.000 abitanti, dovuto anche alla volontà di tenere aperte tutte le sedi dei policlinici universitari, mentre la provincia versa in una situazione insostenibile relativamente alla semplice necessità di emergenza e urgenza;
   un piano di rientro economico, a giudizio dell'interrogante, non può essere applicato senza tener conto dei danni effettivi che provoca alla cittadinanza, dismettendo una struttura ospedaliera funzionante senza valutare il gran numero di abitanti (350.000) che vengono lasciati senza assistenza sanitaria pubblica, rafforzando strutture isolate e fatiscenti, con conseguenti perdite in termini monetari e di diritto alla salute pubblica;
   non può consentirsi una riorganizzazione tale della sanità pubblica da permettere che a fronte dei 3,6 posti letto per 1.000 abitanti che prevede la legge nazionale se ne garantiscano nel territorio interessato dall'azienda sanitaria locale solo 0,3;
   infine, non si può permettere l'applicazione, tra l'altro manchevole e a singhiozzi, di un piano di rientro economico, che, ad avviso dell'interrogante, quasi scientificamente mette in conto contestualmente al risparmio economico la perdita di vite umane;
   a giudizio dell'interrogante, il presidente della regione Campania, il sub-commissario ad acta nella regione Campania, il presidente della provincia, il direttore generale dell'azienda sanitaria locale Na3sud, che dovrebbero da anni essere a conoscenza di tali problematiche e che non hanno preso, secondo l'interrogante, adeguati provvedimenti, stanno producendo quello che all'interrogante appare un disastro in termini di servizio al cittadino, salute pubblica e vite umane, nonostante le innumerevoli e vibranti richieste di intervento da parte di amministrazioni comunali, forze politiche e sindacali, comitati cittadini e di quartiere, associazioni di commercio, culturali e di volontariato, nonché da parte di dipendenti delle strutture e degli operatori sanitari tutti; va aggiunto il rischio di un forte danno all'erario dello Stato, non essendo razionale la gestione della spesa perché fondata su dati di spreco ed economici, ad avviso dell'interrogante, errati e mai realmente comparati o riscontrati;
   tutto quanto premesso era già stato sottoposto all'attenzione del Ministro interrogato nell'interrogazione a risposta scritta 4/00151 presentata in data 3 aprile 2013 dagli onorevoli Scotto Arturo, Bossa Luisa, Formisano Aniello, Gallo Luigi, Piccolo Giorgio;
   in questo quadro, appare necessario riconsiderare le reali disponibilità complessive in termini di unità operative, strutture, materiali, beni mobili ed immobili ai fini di una corretta ridistribuzione sull'intero territorio regionale a beneficio della cittadinanza tutta, magari valutando le unità operative in forza agli ospedali militari attualmente in parte inoperosi, che potrebbero essere impiegate a sostegno di quella che è una vera è propria area di crisi sanitaria –:
   se non si ritenga doveroso, con riguardo al territorio dell'azienda sanitaria locale Na3sud, con urgenza, verificare, nell'ambito del monitoraggio sull'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, il rispetto dei livelli essenziali di assistenza, in generale, per riportare in Campania il rapporto degenti/posti letto più vicino alla media nazionale e, in particolare, lo stato dei servizi di assistenza, emergenza ed urgenza forniti al cittadino, nonché la legittimità di tutti gli atti che il commissario ad acta ha già posto formalmente in essere e tendenti, secondo le motivazioni e le documentazioni, a rientrare economicamente sugli sprechi, senza a parere dell'interrogante aver valutato l'incidenza in termini di forti rischi per i territori. (3-00296)


   LENZI, AMATO, ARGENTIN, BENI, BIONDELLI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, D'INCECCO, FOSSATI, GELLI, GRASSI, IORI, MIOTTO, MURER, PATRIARCA, PICCIONE, SBROLLINI, SCUVERA, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 settembre 2013 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che lo Stato italiano deve versare un adeguamento dell'indennità integrativa a tutti i cittadini infettati da hiv, epatite B o C dopo una trasfusione o somministrazione di emoderivati;
   sino a oggi i cittadini interessati ricevevano un indennizzo che, sulla base della legge n. 210 del 1992, si attestava a circa 542 euro al mese. Una somma che, però, non è mai stata rivalutata tenendo conto dell'indice Istat utilizzato per calcolare l'adeguamento al tasso di inflazione e, quindi, al costo della vita. In sostanza, per oltre vent'anni, si è rimasti legati ai parametri del 1992. La sentenza di Strasburgo afferma, invece, il principio che nessun cittadino può essere escluso dalla retroattività dell'adeguamento Istat;
   in precedenza la situazione non si era sbloccata neppure dopo che la Corte costituzionale italiana, nel 2011, aveva dichiarato l'illegittimità del decreto-legge n. 78 del 2010, che limitava la rivalutazione dell'indennità a quella base, escludendo quindi quella integrativa;
   un provvedimento, quest'ultimo, ora censurato anche dalla Corte di Strasburgo, secondo la quale lo Stato italiano ha solo voluto garantirsi un vantaggio economico nei processi intentati dai ricorrenti contro il mancato pagamento della rivalutazione dell'indennità, violando così i diritti dei ricorrenti e di tutti coloro che si trovano nella loro stessa situazione;
   in base a quanto stabilito dai giudici europei, lo Stato italiano avrà sei mesi di tempo, dal momento in cui la sentenza diventerà definitiva, «per stabilire una data inderogabile» entro cui si impegna a pagare rapidamente le somme dovute. La sentenza non sarà comunque definitiva prima di tre mesi, cioè il tempo a disposizione del Governo italiano per chiedere la revisione del caso davanti alla Grande Camera della stessa Corte;
   finalmente, grazie a questa sentenza, si riconosce a tutti i circa 60 mila cittadini italiani infettati, senza differenze, la possibilità di percepire gli arretrati dell'adeguamento Istat per l'indennizzo loro riconosciuto –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere affinché dopo più di venti anni di sofferenti battaglie a questi cittadini venga riconosciuto finalmente un loro diritto, aggiungendo ai 542 euro già previsti la rivalutazione dell'indennità calcolata in circa 140 euro al mese e gli arretrati, circa 15 mila euro a persona, nonché quante siano ancora attualmente le cause pendenti tra lo Stato italiano ed i cittadini per il riconoscimento del danno causato da emoderivati, trasfusioni e vaccinazioni e quali iniziative urgenti intenda adottare per accelerare i tempi relativi alla definizione delle singole azioni legali.
(3-00297)


   CALABRÒ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   per quanto si evince da notizie di stampa, attraverso il sito www.121doc.it continua a essere effettuata la vendita on line di medicinali soggetti a prescrizione medica per la cura di patologie varie, quali l'obesità, calvizie, farmaci per la contraccezione e la salute sessuale;
   l'attività del predetto sito, pubblicizzata attraverso i media, costituisce un concreto pericolo per la salute, soprattutto delle giovani generazioni, oltre ad essere svolta, a quanto pare, in violazione delle disposizioni legislative vigenti, sia nazionali che comunitarie, in materia di vendita al pubblico dei medicinali sottoposti a prescrizione medica –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per assicurare, in relazione ai menzionati fenomeni, il rispetto della normativa nazionale e comunitaria a tutela della salute pubblica.
(3-00298)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LACQUANITI e DI SALVO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Novem Car Interior Design spa è un'azienda tedesca leader mondiale nella produzione di interni in legno per automobili di alta gamma, che possiede uno stabilimento anche a Bagnatica, in provincia di Bergamo;
   il comparto manifatturiero della provincia di Bergamo è stato già fortemente colpito e ridimensionato dalla crisi economica, con pesantissime ricadute in termini occupazionali e inevitabili tensioni sociali;
   a causa dell'uscita dalla produzione di alcuni modelli di automobili, nel febbraio del 2012 è stato presentato dalla Novem un piano di riorganizzazione dello stabilimento di Bagnatica; ed entro il mese di maggio 2013 l'azienda completerà il licenziamento di circa 100 dipendenti, pari alla metà dei lavoratori impiegati nella sede bergamasca;
   l'azienda ha previsto una residua linea di produzione per modelli di automobili, per cui tuttavia è ugualmente prevista la fuoriuscita dalla produzione per la fine del 2015;
   il segmento produttivo degli interni in legno per automobili di alta gamma necessita di 16/20 mesi per entrare a pieno regime da quando viene affidata la commessa; pertanto, se Novem non decide adesso di affidare allo stabilimento di Bagnatica la produzione per nuovi modelli di automobili, il sito è destinato a chiudere definitivamente entro la fine del 2015 –:
   quali iniziative il Governo intenda promuovere utili a far fronte alla crisi industriale che sta investendo pesantemente il manifatturiero lombardo, colpendo migliaia di lavoratori, nonché volte a ottenere da Novem Car Interior Design spa elementi che permettano di valutare il proseguimento dell'attività di produzione nel territorio bergamasco, con la presentazione del piano di ristrutturazione aziendale;
   se il Governo intenda convocare d'urgenza un tavolo di confronto con l'amministratore delegato di Novem group Martin Funk e i rappresentanti dei lavoratori, per offrire ai lavoratori garanzie certe sul loro futuro occupazionale, con l'assegnazione di nuove linee produttive allo stabilimento di Bagnatica. (5-00967)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Fossati e altri n. 7-00033, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 giugno 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato D'Incecco.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Tino Iannuzzi e Bonavitacola n. 5-00952, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Capozzolo.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Grande n. 1-00113, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 38 del 21 giugno 2013.

   La Camera,
   premesso che:
    secondo una stima delle Nazioni Unite il conflitto in Siria ha causato circa 100.000 vittime e 1.600.000 rifugiati, gran parte dei quali sta riversandosi entro i confini del territorio libanese e giordano, impegnando questi ultimi Paesi a forme di assistenza non concordate;
    sarebbe quantomeno fuorviante correlare la crisi siriana solo a questioni di equilibri strategici interni al Paese basate su questioni politico-religiose: in territorio mediorientale, com’è ampiamente noto, si stanno concentrando gli interessi e le attenzioni di tutte le grandi economie, unitamente a quelli dei Paesi limitrofi, consentendo all'intera area geografica di poter divenire, da qui a breve, un campo di confronto aperto a questioni di varia natura;
    questi temi, in virtù della loro polivalenza, consentono di avviare un ragionamento di più larga natura ed offrono interessanti spunti di analisi per favorire una ben determinata riflessione a tutti i livelli – locale, regionale ed ovviamente internazionale – fino ad arrivare alla possibilità di concentrare le attenzioni e le sensibilità sulle più annose contrapposizioni tra oriente ed occidente, lasciando pertanto spazio ad una più approfondita ricerca su ogni possibile esito e prospettiva politica. Per lo stesso motivo anche lo sviluppo del conflitto potrebbe evolversi in molteplici direzioni e portare a conseguenze insanabili sul territorio mediorientale e sugli equilibri di potere all'interno della stessa area;
    in queste ultime settimane la crisi siriana sta ulteriormente inasprendosi, causando, quale preoccupante conseguenza, un deterioramento delle trattative diplomatiche;
    il 7 giugno 2013 le Nazioni Unite hanno lanciato un appello, impegnandosi a mettere a disposizione un fondo di 4,4 miliardi di dollari quale aiuto – il più cospicuo della storia di questo organismo – per assistere il sempre crescente numero delle vittime;
    l'Unione europea ha deciso di rinnovare per un altro anno ancora le sanzioni contro la Siria, ad eccezione però dell'embargo sulle armi che viene lasciato come decisione autonoma ai singoli Stati, ma che andrebbe inevitabilmente a sostenere le operazioni belliche dei rivoltosi;
    in virtù di quanto sopra evidenziato, le fonti di informazione forniscono quadri politici diversi e troppo spesso nettamente contrastanti tra loro, rendendo l'analisi dei problemi in questione – cosa già di per sé assai complessa – un autentico rebus per chiunque, pur sensibile alle problematiche in essere, non abbia modo di attingere direttamente alle fonti perché impossibilitato a presenziare alle fasi del conflitto così come alle fasi delle trattative diplomatiche. Detto ciò, risulterà ovvio quanto l'informazione a sostegno di Assad sia interessata a promuovere una compattezza popolare per risollevare le sorti di un Governo già de facto esistente, così come, d'altro canto, i ribelli abbiano tutto l'interesse ad attenersi a fonti atte a sostenere la tesi diametralmente opposta. Va però ricordato che, indipendentemente da ciò, il popolo siriano deve rimanere sovrano su ogni decisione interna al proprio Paese;
    l'articolo 1 dello statuto delle Nazioni Unite e l'articolo 1 della Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, così come l'Atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, noto anche come Atto finale di Helsinki del 1975, sanciscono che l'autodeterminazione dei popoli è un diritto universale che permette ad ogni popolazione di decidere liberamente il proprio statuto politico senza ingerenza esterna, così come l'articolo 11 della Costituzione italiana dichiara che: «l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali»,

impegna il Governo:

   ad assumere un ruolo proattivo nelle trattative diplomatiche in attesa della conferenza di Ginevra II, sia a livello di politica interna europea che internazionale;
   ad utilizzare perciò tutti i canali diplomatici di cui si dispone per evitare l'intervento militare di altri Paesi in territorio siriano e proporsi quale mediatore per una soluzione pacifica del conflitto;
   a non partecipare ad alcun tipo di intervento in territorio siriano, né di carattere militare né tantomeno ad operazioni di peacekeeping, ma a fornire piuttosto aiuto ed esperienza in termini diplomatici, anche attraverso la creazione di partnership con il Paese stesso;
   a promuovere un'operazione di mediazione sovranazionale, affinché l'embargo economico che grava sulle spalle di una popolazione già stremata da anni di conflitto venga rimosso, favorendo un percorso attraverso cui il nostro Paese possa, presso le sedi competenti, proporre di rivedere la decisione presa in sede europea di lasciare libertà ai singoli Paesi membri sull'embargo di armi in territorio siriano, affinché la diffusione di queste ultime sia, se non proprio ridotta, almeno non incentivata da parte dei Paesi dell'Unione europea;
   a non sostenere e ad ostacolare ogni proposta di riapertura di forniture di armi e materiale bellico e ad impedirne anzi il transito in porti, aeroporti e stazioni ferroviarie, negando inoltre di disporre delle acque territoriali e dello spazio aereo italiano a chiunque intendesse trasportare armi in Siria, favorendo le cause della guerra, ed a contrastare con forza l'uso delle basi militari presenti sul territorio, incluse quelle di Sigonella, Aviano e Napoli;
   a creare, di concerto con altri partner internazionali, le condizioni per una de-escalation di violenza nel Paese affinché possa evitarsi un allargamento del conflitto su più vasta scala, incentivando perciò il dialogo con ogni attore coinvolto per promuovere un clima di maggiore distensione politica perché possa cessare ogni violenza armata promossa da chiunque tra le parti in causa;
   a non prendere parte, ed, anzi, a dissuadere ogni tipo di ingerenza relativa alla politica interna del Paese e a lasciare altresì al popolo siriano la decisione ultima su ogni questione, favorendo perciò un percorso di pacifica partecipazione democratica, che rispetti la sovranità, l'indipendenza, l'unità e l'integrità della Repubblica araba siriana.
(1-00113)
«Grande, Tacconi, Scagliusi, Del Grosso, Pesco, Spadoni, Di Battista, Manlio Di Stefano, Sibilia, Spessotto, Carinelli, Colonnese, Vignaroli, Currò, Chimienti, Cariello, Caso, Vacca, Luigi Gallo, Cristian Iannuzzi, Battelli, Baroni, Dall'Osso, Di Vita, Frusone, Mucci, Alberti, Rizzo, Cancelleri, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Bonafede, Segoni, Sorial, Micillo, Rostellato, Cominardi, Bechis, Baldassarre, Basilio, Grillo, Benedetti, Zaccagnini, Da Villa, Prodani, Crippa, Vallascas, Della Valle, Liuzzi, Tofalo, Daga, Gagnarli, L'Abbate, Rizzetto, Turco, Agostinelli, Fico, Castelli, Businarolo, Furnari, Labriola, Mantero, Toninelli, Cozzolino, Pinna, Brugnerotto, D'Uva, Artini, Simone Valente, Di Benedetto, Cecconi, Dadone, Nesci, D'Ambrosio, Ruocco, Nuti, Corda, Ciprini, Gallinella, Fraccaro».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Molteni n. 4-01721 del 5 settembre 2013;
   interpellanza urgente Migliore n. 2-00197 del 6 settembre 2013.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Lacquaniti e Di Salvo n. 4-00582 del 27 maggio 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00967;
   interrogazione a risposta orale Chimienti e altri n. 3-00251 del 31 luglio 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00972.