Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 9 settembre 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la Repubblica araba siriana, teatro da almeno due anni di un conflitto terribile e sanguinoso che ha indignato l'opinione pubblica mondiale, non può non destare particolare preoccupazione in relazione al destino geopolitico di un'area molto indebolita da una guerra civile che ha lasciato sul campo oltre centomila morti;
    le guerre in Iraq ed in Afghanistan, l'onda lunga delle primavere arabe e la persistenza del conflitto israelo-palestinese, nonostante i propositi di riapertura di un dialogo tra le parti della seconda amministrazione Obama, dimostrano che il quadro geopolitico dell'area sta vivendo trasformazioni profondissime; allo stesso tempo si affacciano sulla scena nuovi «player» statuali (Qatar, Turchia, Arabia Saudita ed altre «petromonarchie») e sì rafforzano gli interessi strategici di potenze regionali, e non, quali Iran e Russia, che puntano ad una nuova egemonia militare ed economica in tutta l'area;
    il regime di Assad si è macchiato di crimini inaccettabili sin dall'inizio del conflitto, evoluzione tragica di un movimento spontaneo di protesta popolare che, come nel solco della stagione del risveglio arabo, chiedeva democrazia e rispetto dei diritti umani. A fronte della durissima repressione dei movimenti di protesta, settori delle opposizioni in Siria, ed all'estero, hanno optato per la via delle armi. La scelta della strada dell’escalation militare ha trasformato profondamente anche la natura del fronte dei ribelli, che si è arricchito di sostegni internazionali significativi, mentre la logica dello scontro militare ha fatto passare in secondo piano e reso invisibile il lavoro coraggioso ed incessante di una miriade di organizzazioni, coordinamenti, collettivi, ed altri soggetti che praticano forme di autogestione, comunicazione alternativa, ricostruzione e mutualismo tra le popolazioni civili martoriate dal conflitto;
    tutti gli analisti ed esperti dei settore concordano ormai nel definire la fase dei combattimenti di «stallo» e nel ritenere che nella attuale situazione qualsiasi soluzione di tipo militare sia impraticabile e arrecherebbe ulteriori gravi sofferenze ad una popolazione civile ormai allo stremo, oltre ad aprire la strada ad uno scenario simile a quello attuale in Iraq, con una guerra civile e religiosa che sta provocando nel dopoguerra un numero elevatissimo di vittime civili e rischia di portare il Paese alla conflagrazione;
    le forze combattenti in opposizione alle truppe lealiste sono estremamente articolate e disomogenee, con forte prevalenza, accanto alle espressioni militari delle varie opposizioni politiche, almeno nella fase attuale, di formazioni più marcatamente jihadiste, quali Al Nusra, che si sono talvolta distinte anche per forme di rappresaglia cruente nei confronti delle truppe lealiste di Assad e di minoranze religiose, quali le comunità cristiane, come descrive la vicenda di Maanoula, la città patrimonio dell'Unesco, uno degli ultimi tre luoghi al mondo dove si parla ancora l'aramaico;
    in un simile scenario, l'Europa dimostra tutta la sua incapacità di parlare con una sola voce, e di svolgere un ruolo di attore politico globale. Da una parte, come conseguenza delle diverse prese di posizioni di Paesi membri circa la rimozione o meno dell'embargo dell'invio di armi ai ribelli, dall'altra, nella debolezza negoziale solo in parte mitigata dalla posizione unitaria, seppur ambigua, assunta riguardo al ricorso alla diplomazia internazionale, quale unica soluzione possibile alla crisi siriana. Lo stesso dicasi per il nostro Paese che sostiene a gran voce la via negoziale e, condannando l'uso di armi chimiche contro i civili, si oppone ad un intervento militare senza mandato dell'ONU, e nel contempo, grazie alle maglie larghe delle norme di controllo sul commercio di armi, ha tuttavia permesso ad imprese italiane produttrici di armi di vendere armi al regime di Assad;
    il Governo italiano già in data 26 agosto 2013, con l'audizione del Ministro degli affari esteri Emma Bonino alle Commissioni esteri di Camera e Senato congiunte, si è espresso in maniera molto netta ed inequivocabile contro un'eventuale azione militare; è necessario che tale posizione rimanga integra e senza ambiguità, soprattutto all'indomani del fallimento del G20, dove le potenze presenti hanno vissuto una spaccatura profonda e l'Italia ha scelto di sottoscrivere il documento degli Usa che, in forma assai ambigua, non escludeva una reazione militare in caso di accertamento dell'attacco chimico da parte di Assad. In tal modo, il nostro Paese rischia di vedere compromessa la sua capacità di mediazione e proposta politica per ripresa di un negoziato che porti alla cessazione delle ostilità e costringa le parti a trattare;
    è evidente che, se venisse confermato l'uso di gas Sarin nell'agosto 2013 da parte delle truppe lealiste, le stesse avrebbero commesso un crimine contro l'umanità, causando 1400 morti, come documentato in molti video;
    va anche segnalato che il protocollo di Ginevra del 1925 per la proibizione dell'uso dei gas asfissianti, avvelenanti e altri gas, e dei metodi di guerra batteriologica e la convenzione sulle armi chimiche (CAC) firmata a Parigi nel 1993 sulla proibizione dello sviluppo, la produzione, l'accumulo e l'uso delle armi chimiche e sulla loro distruzione, non hanno mai visto la adesione e la ratifica da parte della Siria;
    pur nelle more del definitivo responso da parte degli ispettori circa l'uso delle armi chimiche nel conflitto, tuttavia, si va paventando un intervento militare a guida Francia e Usa in un quadro pressoché unilaterale, che rischia di determinare una escalation di violenza e guerra in una regione estremamente difficile, con un ancor più diretto coinvolgimento nel conflitto dell'Iran e degli Hezbollah;
    gli effetti, pericolosi e preoccupanti, si ripercuoterebbero anche in un'area particolarmente fragile sul terreno istituzionale e dell'equilibrio etnico e religioso, quale è il Libano, dove la missione Unifil, costruita in un quadro multilaterale nel 2006 – e, oggi, a guida italiana – rischia di essere messa in discussione, e di non riuscire a svolgere fino in fondo la funzione positiva di peacekeeping che finora ha portato avanti; in questo quadro anche l'invio della nave Andrea Doria al largo del Mar Mediterraneo acquista un significato che merita di essere chiarito ulteriormente dalle autorità militari;
    l'azione militare, che potrebbe partire già nei prossimi giorni, non gode di consenso internazionale, turba profondamente l'opinione pubblica mondiale, configurandosi ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo come illegittima ed illegale e ben potrebbe portare ad un'ulteriore tragica escalation in Siria, oltre che ad una spirale di violenza a livello regionale, allontanando le prospettive di rilancio del processo negoziale di Ginevra II;
    è estremamente urgente mettere in pratica una strategia di de-escalation in vista della Conferenza di Ginevra II, individuata dal «The European Council of Foreign Relations» che si fonderebbe sui pilastri della conferenza Ginevra II, ovvero: il cessate il fuoco immediato, disarmo delle parti in conflitto interrompendo il flusso di riarmo dei protagonisti della guerra, un governo di transizione democratica che mantenga integra la sovranità e l'indipendenza della Siria, l'accesso di tutte le organizzazioni umanitarie in Siria, a partire dalle aree più colpite dalla guerra;
    è altissimo il numero di profughi coinvolti, circa un milione e mezzo, prevalentemente distribuiti tra la Giordania e il Libano, Paesi che rischiano una autentica deflagrazione del tessuto sociale, per non dimenticare gli effetti già visibili in Libano di uno «spill-over» del conflitto, evidente nei recenti attentati a Tripoli;
    in tale quadro, il timore di una escalation militare ha mobilitato non solo la società civile pacifista, attraverso anche lo straordinario messaggio del Pontefice contro la guerra, ma ha riconsegnato la giusta ed adeguata centralità ai Parlamenti, come nel caso della Gran Bretagna, dove la Camera dei Comuni ha bocciato la proposta del Primo Ministro Cameron di aderire alla azione militare in Siria, e degli Usa, dove il Presidente Obama ha deciso di sottoporre al voto del Congresso e del Senato l'eventuale via libera all'attacco,

impegna il Governo:

   ad intensificare la propria iniziativa in tutte le sedi, in particolare in seno all'Unione europea, per un processo negoziale e politico che porti alla soluzione diplomatica del conflitto, e che preveda il cessate il fuoco, il disarmo delle parti coinvolte, nonché il rilancio del processo di Ginevra, coinvolgendo tutti gli attori regionali, a partire dall'Iran, condannando altresì qualsiasi intervento armato al di fuori di un mandato ONU e sostenendo il ruolo centrale dell'inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba, Lakdar Brahimi;
   a proporre la riunione di un Consiglio europeo straordinario che abbia all'ordine del giorno la de-escalation, l'agenda di Ginevra e la richiesta di convocazione di una sessione speciale dell'Assemblea delle Nazioni Unite sulla crisi siriana;
   a riaffermare l'indisponibilità dell'Italia a partecipare direttamente o indirettamente (concedendo, ad esempio, l'uso delle basi militari presenti sul territorio nazionale o autorizzando altre forme di supporto logistico, o il diritto di sorvolo degli aerei d'attacco) a qualsiasi intervento militare in Siria;
   a destinare ulteriori finanziamenti alle organizzazioni internazionali e alle organizzazioni non governative per l'assistenza umanitaria e sanitaria dei profughi e a sollecitare uno sforzo concreto e coerente dell'intera Unione europea per sostenere le popolazioni civili siriane nelle aree di conflitto e nei Paesi vicini;
   a prevedere, come ha scelto di fare la Svezia, l'immediato riconoscimento dello status di rifugiato a tutti i siriani che fuggono dalla Siria e che ne fanno richiesta.
(1-00177) «Migliore, Scotto, Duranti, Fava, Piras, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Di Salvo, Daniele Farina, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Zan, Zaratti».

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    il Provincial Reconstruction Team – CIMIC Detachment (PRT) di Herat è l'unità militare che gestisce i progetti di sviluppo nella provincia di Herat coordinandosi con il Ministero degli affari esteri, le autorità locali e le altre organizzazioni internazionali presenti;
    l'attività del citato PRT ha una grande valenza dal punto di vista dello sviluppo dell'economia locale e del miglioramento delle condizioni di vita della popolazione; tutti i suoi lavori vengono appaltati alle ditte afghane, che utilizzano a loro volta manodopera locale;
    il carcere femminile è uno di questi progetti, inaugurato nel 2009 e dotato di una piccola biblioteca, una lavanderia, dei laboratori – dove le detenute imparano un mestiere o una lingua – un asilo nido, una cucina spaziosa e 12 camerate;
    la nuova struttura è andata a sostituirne una vecchia e fatiscente;
    le detenute sono qual sempre donne che hanno solo deciso di ribellarsi a mariti violenti e storditi dall'oppio, oppure che hanno avuto il coraggio di dire «no» al matrimonio combinato, imposto dalla famiglia, scegliendo di stare insieme a qualcun altro, diventando così «prostitute» per la legge;
    matrimoni forzati e precoci, anche al di sotto dei 16 anni, torture domestiche mediante pestaggi, coltellate e bruciature, stupri, prostituzione forzata, minacce di omicidi d'onore, rapimenti sono i capi di accusa maggiori;
    secondo Human Rights Watch, il 95 per cento delle ragazze e il 50 per cento delle donne rinchiuse nelle carceri del Paese ha commesso il «reato» di fuga non autorizzata (abbandono del tetto coniugale o familiare) o è colpevole di «zina», ossia di aver avuto relazioni sessuali extraconiugali;
    alcuni esempi di donne arrestate sono costituiti da: Sabar, 28 anni, che racconta di essersi ubriacata una sera durante una festa a casa sua e di essere stata condannata a due anni di prigione dopo che i vicini l'avevano denunciata. Oppure Gity, che quando ha lasciato il marito di anni ne aveva 18 ed è stata condannata per abbandono del tetto coniugale. O ancora Neeba, 25 anni, altri 12 da passare in carcere con l'accusa di aver bruciato vivo il marito;
    fonti del Ministero dell'interno dell'Afghanistan sostengono che le donne e le ragazze imprigionate per reati contro la morale sono in continuo aumento;
    la fuga non autorizzata non è neanche menzionata nel codice penale, ma la Corte suprema ha dato istruzione ai giudici di considerare le donne e le ragazze che cercano riparo dalla violenza alla stregua di criminali;
    il punto di vista contrario dei Ministri della giustizia e degli affari femminili è stato completamente ignorato;
    il reato di «zina», invece, nel codice penale è menzionato ampiamente ed è punito anche con 15 anni di prigione, non considerando che molte donne condannate sono state in realtà stuprate o costrette a prostituirsi;
    come prova della colpevolezza di «zina», i giudici si basano spesso sui «test di verginità», ovvero senza alcuna preparazione medica, i poliziotti afghani obbligano donne e ragazze a sottoporsi a questa umiliante aggressione sessuale che, sulla base dell'esito, può significare anni e anni di carcere;
    in circa la metà delle 34 province afghane, specialmente in quelle meridionali, non esistono rifugi, mentre i 18 esistenti hanno un numero di posti esiguo;
    per recarsi presso i centri antiviolenza e i centri d'ascolto le donne sono obbligate a essere accompagnate da una figura maschile e questo ovviamente le incentiva a nascondere la propria situazione e a non denunciarla;
    nella provincia di Herat è stato creato un centro d'ascolto all'interno di una struttura ospedaliera, in modo da poter dare la possibilità alle donne di muoversi autonomamente con il pretesto di curarsi e al tempo stesso denunciare la propria situazione, anche se si tratta di rari casi;
    le risorse stanziate dall'Unione europea e dal Ministero della difesa italiano per questa struttura sono scarse, appena 330.973,72 euro;
    dal 2002 sono stati stanziati per la missione Isaf euro 4.615.126.040, mentre per la cooperazione italiana un importo nettamente inferiore pari a 217.903.400 euro;
    pur essendo per uno Stato, in linea di principio, lecito amministrare il proprio territorio in maniera autonoma, organizzando liberamente le istituzioni governative e le leggi che regolino la comunità civile, la sovranità dello stesso sul suo territorio conosce diverse limitazioni che si riferiscono in primo luogo al divieto di violare il cosiddetto ius cogens (nel diritto internazionale sono le cosiddette norme consuetudinarie poste a tutela di valori considerati fondamentali e a cui non si può in nessun modo derogare) con particolare riferimento al rispetto dei diritti umani;
    a livello internazionale, l'Afghanistan ha firmato e ratificato: nel 2003 la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), nel 1983 i Patti internazionali sui diritti dell'uomo al fine di garantire l'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna nell'esercizio di tutti i diritti economici, sociali, culturali, civili e politici, nel 1985 la Convenzione per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione;
    nel 1990 l'Organizzazione della conferenza islamica ha elaborato e firmato la dichiarazione de Il Cairo sui diritti umani nell'Islam, in cui si afferma che «Tutti gli uomini sono eguali in termini di fondamentale dignità umana e di fondamentali obblighi e responsabilità, senza alcuna discriminazione di razza, colore, lingua, sesso, credo religioso, affiliazione politica, stato sociale o altre considerazioni»; e ancora, all'articolo 6: «La donna è uguale all'uomo in dignità umana e ha diritti da godere e obblighi da adempiere; essa ha la propria identità e indipendenza finanziaria e il diritto di mantenere il proprio nome e la propria identità» e all'articolo 11: «Gli esseri umani nascono liberi e nessuno ha il diritto di renderli schiavi, umiliarli, opprimerli o sfruttarli e non esiste soggezione se non a Dio l'Altissimo»,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per stanziare, nell'ambito del prossimo decreto trimestrale di rifinanziamento delle missioni internazionali, maggiori risorse per la cooperazione italiana per un concreto incremento dei centri d'ascolto e dei centri antiviolenza anche all'interno delle strutture ospedaliere di cui alla premessa;
   a prevedere una più efficace utilizzazione delle risorse economiche ora utilizzate per la missione Isaf, anche in vista dei ritiro dei contingenti, a favore di progetti di sviluppo rivolti alle donne con particolare riferimento ai centri antiviolenza e consultori;
   a intraprendere ogni iniziativa utile, sia in ambito bilaterale che multilaterale, affinché il Governo afghano si impegni concretamente a modificare il proprio ordinamento interno, nel rispetto gli accordi internazionali sottoscritti e ratificati, affinché non vengano reiterate continue forme di violazione della dignità umana e dei diritti delle donne.
(7-00088) «Spadoni, Manlio Di Stefano, Di Battista, Sibilia, Grande, Del Grosso, Tacconi, Scagliusi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI e TINAGLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per l'integrazione, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il fenomeno umanitario dell'accoglienza di bambini bielorussi – di cui sono motore famiglie italiane di qualsiasi estrazione sociale e colore politico – è unico al mondo, ed è ben sotto gli occhi e i riflettori dell'opinione pubblica;
   grazie all'azione di cooperazione delle stesse, diffusa capillarmente nel Paese, molti altri cittadini vengono, ogni anno, a contatto con questi bambini e «ragazzi di Chernobyl», perfettamente integrati nella nostra realtà;
   il rispetto di consolidati rapporti a cui sono legati profili umanitari rappresenta la cartina di tornasole della serietà di un Paese, su cui costruire serie basi della cooperazione sociale e della collaborazione economica tra Stati;
   la Bielorussia ha dimostrato nei fatti – con il riesame, a partire dal 2010, di oltre 500 pratiche adottive in sospeso – la sua volontà di riaprire le adozioni solo con l'Italia, in virtù di tale rapporto di cooperazione. Tant’è che già nel 2010 (da statistiche CAI) sono stati adottati 99 minori, 146 nel 2011, 46 nel 2012. Questo dato non può essere ignorato dalla Commissione per le adozioni internazionali che, si auspica, operi al fine di individuare le strade più opportune di sviluppo delle adozioni e non come è avvenuto nel periodo 2008-2012, con le pratiche per la Bielorussia, quando ha ritenuto di bloccare il deposito di nuove domande di adozione;
   in questi ultimi anni, la politica internazionale dell'Italia si è mostrata poco attenta alle adozioni internazionali, nonostante «il boom» delle stesse, registrato dalla Commissione suddetta, considerato il blocco di pratiche di adozione per decine di migliaia di famiglie italiane, con decreto di idoneità già ottenuto e in attesa di aprire la propria famiglia all'affetto di un minore;
   il boom delle adozioni dimostra la grande disponibilità all'adozione delle coppie italiane, che attendono 4-5 anni per raggiungere il risultato sperato. Tra quelle in attesa, ci sono appunto le famiglie adottanti in Bielorussia, che hanno un legame ben individuato con un minore che, il più delle volte, ha espresso la volontà chiara di essere adottato da una famiglia identificata;
   nel corso della riunione di insediamento in Commissione per le adozioni internazionali, il Ministro Kyenge ha posto l'attenzione sul dramma bielorusso dei circa 200 dossier già depositati e vagliati a Minsk; purtroppo, di fronte ad una difficile trattativa con le autorità della capitale (che dovrebbe essere volta anche alla ricerca di soluzioni definitive) il Ministero degli affari esteri sembra al momento porre estreme difficoltà e veti a qualsiasi tipo di rapporto con il Presidente bielorusso, temendo ripercussioni europee, pur essendo la questione di natura prettamente umanitaria –:
   se non ritengano opportuno promuovere una profonda riforma della Commissione per le adozioni internazionali, affinché essa non solo rappresenti un mero organo di controllo degli enti per le adozioni internazionali, ma sostenga anche il processo di espansione delle stesse, viste le sempre maggiori richieste di adozione da parte di coppie italiane, in modo da raggiungere il duplice obiettivo di efficacia ed efficienza, derivante dal porre sotto la medesima guida del Ministro degli affari esteri sia la Commissione per le adozioni internazionali sia il braccio operativo delle ambasciate, rappresentanti dello Stato italiano nel mondo. (3-00288)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI, DEL GROSSO e VACCA. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel gennaio 2013 l'Italcementi spa e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno sottoscritto un accordo che prevedeva la ristrutturazione del cementificio di Scafa (Pescara) e la concessione della cassa integrazione al 50 per cento dei suoi addetti fino al gennaio 2015;
   nelle scorse settimane l'azienda ha invece annunciato la cessazione delle attività dello stabilimento a partire dal 31 gennaio 2014;
   Italcementi ha motivato la chiusura anticipata dell'impianto con il perdurare della crisi dell'intera filiera delle costruzioni che ha visto diminuire le proprie vendite di oltre il 50 per cento negli ultimi dieci anni;
   per cercare di risolvere il caso dell'impianto di Scafa, il Ministro delle riforme costituzionali Gaetano Quagliariello ed il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Giovanni Legnini hanno ricevuto a Roma i sindaci del bacino minerario pescarese (Scafa, San Valentino, Manoppello, Lettomanoppello, Abbateggio, Roccamorice e Turrivalignani) ed i rappresentanti sindacali dei 70 lavoratori (160 se si considera l'indotto) a rischio di licenziamento;
   dall'incontro è scaturito l'impegno del Governo a sollecitare i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico a riconsiderare la chiusura del sito abruzzese nell'ambito della trattativa sul piano generale di ristrutturazione presentato dalla Italcementi;
   in contrasto con quanto asserito dall'azienda e con le attuali condizioni del mercato edilizio e delle infrastrutture appare peraltro la notizia di un interessamento della ditta Toto Costruzioni Generali spa, per la realizzazione di un nuovo cementificio nel territorio di Bussi sul Tirino (Pescara), a pochi chilometri da Scafa, mediante l'utilizzo dei fondi pubblici destinati alla bonifica del sito;
   tali fondi pubblici, per un totale di circa 50 milioni di euro, dovrebbero servire in favore delle «opere e gli interventi di bonifica e messa in sicurezza (, che) dovranno essere prioritariamente attuati sulle aree industriali dismesse e siti limitrofi, al fine di consentirne la reindustrializzazione»;
   ad oggi i lavori di bonifica non sono ancora iniziati e giacciono ancora nelle mani del commissario straordinario delegato per l'emergenza in relazione alla crisi socio-economico-ambientale determinatasi nell'asta fluviale del bacino del fiume Aterno;
   non si capisce inoltre perché tali fondi pubblici, ancora inutilizzati, invece che essere utilizzati solo per la bonifica del sito, emergenza mai risolta e mai affrontata dal citato Commissario, debbano essere utilizzati per la realizzazione di un cementificio a soli venti chilometri di distanza da un altro cementificio in chiusura;
   la realizzazione di un nuovo cementificio pone problemi relativi all'inquinamento ed alla bonifica dello stesso sito si andrebbe ad inquinare nuovamente un sito appena bonificato –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri e, secondo le rispettive competenze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dello sviluppo economico intendano adottare con urgenza provvedimenti idonei ad evitare la chiusura del cementificio di Scafa o quantomeno a salvaguardare il lavoro degli addetti all'impianto;
   se i Ministri vogliano altresì convocare i vertici della Italcementi spa ed i rappresentanti dei lavoratori del cementificio di Scafa al fine di trovare al più presto una soluzione condivisa;
   se il Governo intenda ricollocare le risorse indicate in premessa per una loro migliore utilizzazione per uno sviluppo industriale ed occupazionale sostenibile dal punto di vista economico ed ambientale. (5-00959)

Interrogazione a risposta scritta:


   TERZONI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TOFALO, ZOLEZZI, NICOLA BIANCHI, CRISTIAN IANNUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI, DELL'ORCO, CATALANO e DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella tarda mattinata dell'8 giugno 2013 si è appreso dalle fonti di stampa, del positivo evolversi di una situazione di emergenza occorsa nei cieli romani nella prima mattinata dello stesso giorno. Ci si riferisce al volo Wizz Air W63141 da Bucarest a Roma Ciampino con 165 persone e 6 membri di equipaggio, il cui equipaggio dopo aver dichiarato emergenza per un problema al carrello sinistro, è stato istruito su specifica richiesta del Comandante a dirigersi verso il più attrezzato e con piste più adatte alla tipologia di emergenza dell'aeroporto Internazionale di Roma Fiumicino. Fortunatamente, grazie anche all'abilità del comandante Gianluca Rabitti Martini, il tutto si è risolto positivamente e questo atterraggio di emergenza si è concluso solo con minimi danni all'aeromobile AIRBUS A-320 e senza ulteriori danni ai passeggeri;
   si è appreso però con relativa preoccupazione che l'aeroplano prima di effettuare l'atterraggio di emergenza, ha dovuto così come prevedono le procedure, scaricare il carburante rimasto nei serbatoi alari in mare nell'apposita «drop zone» prevista dall'AIP Italia per l'aeroporto di Roma Fiumicino;
   pur essendo consapevoli che buona parte del Jet Avio A-1 viene disperso e vaporizzato nell'atmosfera e che è sempre prioritaria l'esigenza di salvare vite umane, occorre comunque avere ulteriori informazioni in merito –:
   se esista presso un registro degli eventi di «fuel dumping» con precisa indicazione del luogo, della quota, delle condizioni meteo e della quantità di carburante versata in questi anni per ogni evento;
   se vengano utilizzati dei modelli matematici, che in base ai dati prima menzionati, riescano a predire con una buona approssimazione l'area effettiva della caduta al suolo o in mare degli idrocarburi ed il loro quantitativo al fine di monitorare e quantificare la gravità dello sversamento in atmosfera e la sua ricaduta;
   se siano previsti a seguito di questi eventi, delle procedure di monitoraggio, di verifica sanitaria ed ambientale nelle aree di rilascio che insistono in prossimità delle aree regolamentate;
   se sia possibile visionare i protocolli in base a cui questi controlli vengono effettuati;
   se le procedure aeronautiche italiane che regolamentano il «fuel dumping» emanate dall'Ente nazionale per l'assistenza al volo (ENAV) siano conformi alle normative europee in vigore ed alle norme ICAO (Documento 4444 capitolo 15.4.3);
   tenendo conto che nel carburante avio (Jet A-1) normalmente sono presenti oltre ai derivati del petrolio molte altre sostanze additive (antidetonanti, antistatici, anti-ossidanti, inibitori della corrosione, sostanze antighiaccio e biocidi) di cui non si ha quasi mai un preciso riscontro sulla loro pericolosità per l'ambiente e per l'uomo se sia previsto che i produttori di carburante avio, così come previsto dalla normativa europea CE 1907/2006 e successive modificazioni, elenchino nelle schede di sicurezza tutti i componenti additivi aggiunti nel carburante avio da loro distribuito, posto che si è avuto modo di constatare che nel punto 3 delle SDS riguardanti il carburante avio non si ha quasi mai l'elencazione delle sostanze aggiunte, sostanze che il più delle volte sono estremamente più dannose del già pericoloso cherosene;
   quali elementi possano riferire in merito alla lungamente attesa banca dati unica delle sostanze chimiche presenti in natura (progetto REACH) di cui il Ministero della salute ha più volte rimandato la sua fruizione on-line per tutta la popolazione. (4-01747)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in base a quanto riportato dal sito istituzionale del Ministero degli affari esteri, le sedi consolari all'estero hanno il compito «di assicurare la tutela degli interessi italiani fuori dai confini nazionali»;
   in quest'ottica l'Italia mantiene aperte, oltre alle ambasciate nelle capitali, le rappresentanze consolari, specialmente in quei Paesi nei quali vi è una forte presenza di connazionali;
   in Slovenia ed in Croazia risiedono comunità italiane fortemente radicate, posto che non costituiscono il frutto di un processo di emigrazione/immigrazione ma sono comunità autoctone, in quanto le terre d'Istria, del Quarnaro e della Dalmazia sono da sempre terre coabitate da sloveni, croati ed italiani;
   nonostante il fatto che dopo la seconda guerra mondiale circa trecentocinquantamila persone hanno dovuto abbandonare le proprie case e fuggire dal regime jugoslavo, ancora oggi gli italiani in quella zona sono decine di migliaia, e ad essi si aggiunge quel dieci per cento della popolazione dell'Istria che si definisce «istriana», rifiutando le categorie nazionali e riconoscendo così il carattere multiculturale della regione (censimento 2011);
   la lingua italiana è diffusa in tutta la regione anche più dell'inglese, e il dialetto istro-veneto è parlato diffusamente anche da coloro che si definiscono croati;
   in questo quadro i consolati italiani hanno fin qui svolto un ruolo di fondamentale importanza, rappresentando in queste zone un punto di riferimento importante nella diffusione e nella difesa della nostra cultura, attraverso un'attività riconosciuta e apprezzata non solo dalla comunità italiana residente in queste terre, ma anche dalle comunità slovene e croate;
   attualmente, in Slovenia esiste il solo consolato di Capodistria, mentre in Croazia i consolati aperti risultano essere il consolato generale di Fiume, il consolato di Spalato, i consolati onorari di Pola e Ragusa, e il viceconsolato onorario di Buie;
   nell'ambito di un procedimento di razionalizzazione della spesa il Ministero degli affari esteri ha annunciato dapprima la chiusura dei consolati di Capodistria e di Spalato, ma di fronte alle polemiche il viceministro Dassù ha annunciato il ritiro della decisione di chiusura del consolato di Capodistria, confermando, invece, quella relativa a quello di Spalato;
   la locale comunità degli italiani ha dato il via a una raccolta di firme durante il mese di agosto 2013, che ha totalizzato diverse centinaia di consensi fra i quali quello del sindaco della città, e il «Comitato 10 Febbraio», parallelamente, ha lanciato una petizione online che ha raccolto ad oggi 1.023 firme a sostegno del mantenimento in funzione del consolato di Spalato;
   non va dimenticato, inoltre, che l'Italia ha in quella regione grandi interessi economici, e che l'ingresso della Croazia nell'Unione europea può rappresentare, anche grazie alla forte minoranza italiana della popolazione, un'occasione per l'Italia per tornare a svolgere il suo ruolo naturale nell'Alto Adriatico, ruolo che sembra attualmente interessare più i croati che gli italiani stessi;
   pur comprendendo la necessità di una razionalizzazione della spesa del Ministero non si ritiene che essa debba avvenire a scapito della presenza italiana in aree così rilevanti sotto il profilo dei legami storici, culturali ed economici con l'Italia, ma piuttosto attraverso la riduzione di capitoli di spesa di diversa natura, nonché attraverso la riduzione di sprechi e duplicazioni e l'implementazione dei programmi di rinnovamento tecnologico –:
   se non ritenga opportuno rivedere la decisione relativa alla chiusura del consolato di Spalato, preservando il ruolo delle comunità italiane in loco, se del caso, realizzando, agli stessi fini della razionalizzazione della spesa, un contenimento dei costi a carico di altre voci del bilancio del Ministero. (4-01751)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAGORNO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i laghi Arvo e Ampollino sono due grandi invasi artificiali costruiti negli anni ’20 per alimentare alcune centrali idroelettriche della Calabria;
   attualmente i due laghi servono il Nucleo idroelettrico della Calabria con le centrali elettriche poste lungo i fiumi Neto, Simeri, Crocchio e Savuto;
   l'Arvo e l'Ampollino, situati nel Parco nazionale della Sila, hanno una capacità complessiva di oltre 140 milioni di m3 d'acqua;
   la società elettrica A2A, multinazionale proprietaria di una parte delle centrali idroelettriche della Sila, intende procedere allo svuotamento dei laghi Ampollino e Arvo per effettuare interventi di manutenzione alle opere di presa dei due bacini idroelettrici;
   tali lavori di manutenzione sulle dighe, che prevedono lo svaso e la pulizia del fondale dei due grandi laghi, destano serie preoccupazioni e interrogativi legittimi sugli effetti che ciò potrebbe avere sull'ambiente, sui laghi stessi, sulla flora e sulla fauna nonché sui corsi d'acqua di valle e sull'assetto idrogeologico dell'intera Valle del Neto;
   a parere dell'interrogante, ci potrebbero essere evidenti ripercussioni sul comparto turistico che è uno dei settori trainanti nell'economia di questi territori –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
   se il Ministro, per quanto di competenza, intenda intervenire per verificare che tutte le procedure per gli interventi di che trattasi siano esperite secondo le previsioni di legge nonché per accertare quali siano le modalità di rimozione e smaltimento della notevole massa di fango e di materiale depositata sul fondo e che le operazioni di svaso e invaso dei suddetti laghi non abbiano di fatto alcun impatto negativo sull'ecosistema ricco di biodiversità e sull'intero habitat del Parco nazionale della Sila. (4-01745)


   TAGLIALATELA. —Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni di agosto il pentito Carmine Schiavone ha rilasciato diverse dichiarazioni alla stampa e ad emittenti televisive, indicando i luoghi dove sarebbero stati sotterrati i rifiuti tossici e radioattivi, provenienti dal Nord Italia e dall'Europa, nascosti ad opera del suo clan tra l'agro aversano e la provincia di Napoli;
   il pentito dei Casalesi, in particolare, ha rilasciato una intervista video a Il Fatto Quotidiano dichiarando: «Sotto l'autostrada, fino a Nola, se scavate sotto quei terreni troverete rifiuti sotterrati», e anche «lo sono andato a fare un sopralluogo a Casal di Principe per indicare i luoghi. Eravamo sul campo sportivo, ce ne siamo dovuti andare perché c'era troppa radioattività» e, infine, «Le società erano gestite dal genero di Bidognetti, Cerci, dall'avvocato Chianese ed anche da qualche politico»;
   Schiavone conferma anche di aver indicato i luoghi alla Commissione ecomafie, i cui membri, tuttavia, gli avrebbero risposto che per fare le bonifiche ci sarebbero voluti troppi soldi: «lo certe cose, come i luoghi esatti dove è interrata l'immondizia più pericolosa, le ho dette nel 1997 durante le audizioni in commissione Ecomafie. Sapete cosa mi dissero? Che era impossibile bonificare perché servivano troppi soldi»;
   a distanza di quasi vent'anni, quelle parole oggi sono ancora coperte dal segreto, mentre milioni di persone rischiano di ammalarsi gravemente;
   secondo l'ex capoclan, nelle terre dell'agro casertano sarebbero finite anche «cassette di piombo con materiale nucleare», arrivate dal Nord Europa;
   le parole di Carmine Schiavone – che accusa direttamente lo Stato delle mancate bonifiche dei siti inquinati dai veleni di Gomorra – hanno basi, a suo dire, riscontrabili in tantissimi atti giudiziari;
   buona parte degli elementi che confermano la sua ricostruzione del traffico illecito di rifiuti sono contenuti negli atti di un processo in corso in questi mesi, nel quale sono imputati alcuni esponenti del gruppo di Francesco Bidognetti, nomi che ricorrono nella testimonianza di Schiavone, come Gaetano Cerci e Cipriano Chianese;
   l'accusa è pesante, disastro ambientale, ma il complesso e difficile percorso della giustizia per cercare di scrivere una verità definitiva sui traffici di materiale contaminato – e forse radioattivo – dal Nord al Sud ha subito, negli anni, moltissimi ostacoli;
   la prima inchiesta della procura napoletana, conosciuta come «Adelphi», non riuscì ad arrivare alle condanne degli imprenditori che avevano utilizzato i servizi del clan dei casalesi per smaltire illegalmente migliaia di tonnellate di scorie pericolose, e la figura di Cipriano Chianese, avvocato oggi imputato nel processo per la contaminazione delle falde acquifere campane, è stata indicata – insieme a Gaetano Cerci e a Francesco Bidognetti – per la prima volta da Carmine Schiavone già nei suoi interrogatori del 1993;
   il Gip di Napoli Anita Polito, nell'ordinanza di custodia cautelare per l'indagine sul disastro ambientale conclusasi nei mesi scorsi, ricorda nei dettagli le date degli interrogatori del collaboratore di giustizia ex cassiere del clan: Schiavone venne ascoltato due volte nel 1993, due volte nel 1994 e poi nel 1996;
   nel suo raccolto dell'epoca «il collaboratore riferiva, in particolare, che verso la fine degli anni 80 – a partire dal 1988 – Chianese Cipriano (aderente ad un circolo culturale occultante una loggia massonica cui partecipava Cerci Gaetano), già operante per suo conto nello smaltimento dei rifiuti, ebbe ad avvicinarsi al gruppo di Sandokan (il boss Francesco Schiavone) e Bidognetti Francesco, intessendo con loro rapporti di affari per le discariche. Erano state rilasciate altresì alcune concessioni ottenute per la realizzazione di vasche ittiche, in realtà utilizzate per l'estrazione della sabbia, poi affidate a Cerci e riempite con rifiuti tossici»; e ancora: «Il Chianese procedette quindi a scaricare rifiuti nelle cave di sabbia che vanno dal Lago Patria fino a Mondragone (cave prodotte dal prelievo di sabbia destinate per le costruzioni del consorzio Con. Cav. per la superstrada Nola-Villa Literno)», tutte informazioni che, dunque, sono note da circa vent'anni;
   tra il 1995 e il 1996 la Criminalpol di Roma – su delega della procura napoletana – ha ripreso i verbali delle dichiarazioni di Schiavone, effettuando una serie di sopralluoghi nella provincia di Caserta, per cercare di individuare con precisione i punti di interramento dei rifiuti tossici;
   secondo il Gip di Napoli le dichiarazioni di Carmine Schiavone furono puntualmente riscontrate: «L'esito degli accertamenti disposti sul terriccio prelevato da alcuni dei siti individuati, consentiva di acclarare l'effettività della destinazione a discarica dei luoghi medesimi»;
   le denunce del collaboratore di giustizia furono raccolte nel 1997 anche dalla Commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti, presieduta all'epoca da Massimo Scalia. Secondo il cui racconto, Schiavone consegnò alla Commissione appunti e documenti con l'indicazione delle società coinvolte, delle targhe dei mezzi usati e dei luoghi degli smaltimenti, ma la sua deposizione risulta ancora oggi secretata e non è possibile capire quanto realmente raccontò e, di certo, di quel mondo di trafficanti descritto fin dal 1993 non appare una rendicontazione – se non per sommi capi – nelle relazioni finali della stessa Commissione approvate dal Parlamento nel 2001;
   i danni ambientali derivanti dallo sversamento di rifiuti tossici hanno una durata lunghissima, e fino a quando non saranno rimossi, e i relativi siti bonificati, tutta la popolazione residente nei territori interessati è esposta a gravissimi rischi per la propria salute –:
   se, per quanto di competenza, il Governo abbia effettuato riscontri su quanto dichiarato dal pentito Schiavone, e se sia stato possibile verificare l'effettiva ubicazione dei luoghi dove sarebbero stati interrati tali rifiuti;
    se, una volta riscontrate le indicazioni contenute nelle stesse dichiarazioni, ne siano state informate le autorità ambientali competenti sia in ambito regionale, sia in ambito nazionale, e quali iniziative urgenti si intendano porre in essere per procedere alla bonifica delle aree interessate. (4-01760)

DIFESA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   pochi giorni fa il Governo italiano, attraverso i suoi Ministri, applaudiva alla «pausa di riflessione» espressa dagli Stati Uniti, Francia ed Inghilterra;
   lo stesso Ministro della difesa a margine di un convegno di storia militare a Torino dichiarava che «gli interventi finalizzati ad ottenere la pace, sono la strada maestra, perché attraverso il tempo di contenimento dei conflitti la pace venga raggiunta»;
   nel mentre pronunciava tali parole di pace, veniva approntata e fatta partire dal porto militare di Taranto la nave militare Doria;
   tale partenza è stata motivata in via ufficiale dal Governo con il fine di rafforzare il contingente italiano già impegnato nella missione Unifil in Libano e quindi sia con lo scopo di proteggere da attacchi dal cielo la missione e che per una eventuale evacuazione del nostro contingente, grazie agli elicotteri imbarcati;
   la nave Doria è un cacciatorpediniere di nuova generazione. In sostanza la più operativa nave da guerra della nostra marina (escludendo le portaerei ed aeromobili Cavour e Garibaldi), sotto l'aspetto bellico. Si tratta, infatti di una nave da difesa aerea, dotata di un sistema missilistico Paams per lancio di missili Aster 15 e Aster 30. È dotata anche di due lanciarazzi e due lanciasiluri. Ha un elicottero imbarcato e quasi 200 membri di equipaggio;
   a parere degli interpellanti l'invio della nave Doria e il prossimo invio della nave Maestrale appaiono non commisurati alla prevista attività di pattugliamento in seno alla missione Unifil. Tale missione, infatti, poteva essere garantita con semplici fregate o corvette;
   inoltre, il livello decisionale che ha dato l'ordine di inviare la suddetta nave, cioè il CINCNAV (il Comando in capo della squadra navale), pare incongruente rispetto alla delicata decisione di inviare la nave da guerra più importante della flotta del nostro Paese in un teatro operativo così complesso come quello del Medio Oriente nel quale sono peraltro preannunciati interventi militari di altri Paesi;
   tale decisione, inoltre, appare poco coerente con un Governo che ha apprezzato il pronunciamento del Parlamento inglese contrario ad ogni intervento armato in Siria;
   è parere, non solo degli interpellanti, che l'invio della migliore nave da guerra del nostro Paese sotto l'aspetto bellico, rappresenti un segnale di aggressione e di potenziale minaccia, un «mostrare i muscoli», e non appaia come un gesto di difesa e di pace –:
   per quali motivi sia stata inviata nell'area del Medio Oriente la nave militare Doria, se non ritenga il Ministro di dovere dare l'ordine del ritiro della nave stessa e quali misure intenda assumere il Governo al fine di proteggere il nostro contingente.
(2-00199) «Duranti, Migliore, Scotto, Piras, Fava, Marcon».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MAZZOLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nell'ottobre 2011 veniva bandito un concorso VFP4 1a immissione 2012 per FFAA, con iniziali 1450 posti;
   nel dicembre 2011 tale concorso vedeva ampliato il numero delle immissioni a 1924 con esplicito riferimento della relativa copertura finanziaria da reperire;
   conseguentemente sono aumentati anche i concorrenti da selezionare alle visite mediche passando dagli iniziali 2200 ai 3000 a seguito del nuovo decreto;
   a conclusione dell'intero iter concorsuale viene stilata la graduatoria finale ma non viene pubblicata e il 20 giugno 2012 viene firmato un nuovo decreto ministeriale, il n. 138, che porta a 1375 i posti utili con graduatoria definitiva di 2055 unità che avevano superato le visite mediche;
   con decreto ministeriale n. 168 del 6 agosto 2012 viene stabilito il taglio delle immissioni del concorso VFP4 lasciando così a casa 549 ragazzi/e;
   79 dei 549 concorrenti vincitori «tagliati» hanno presentato ricorso al Tar del Lazio e il 10 luglio 2013 vi è stata la discussione del ricorso e si è in attesa della sentenza;
   vi è da aggiungere che una parte di questi 549 vincitori effettivi di concorso in diversi hanno vinto altri concorsi in polizia di Stato, nella polizia penitenziaria e nell'arma dei carabinieri, altri sono in attesa della graduatoria VFP4 2013, e quindi il numero della platea è sicuramente inferiore alle 549 unità;
   vi è stata inoltre una significativa presenza di rinunciatari al momento della prima immissione che faceva sperare nella possibilità di ripianamenti attingendo dalla graduatoria e invece questo non è avvenuto –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda attivare per sanare questa situazione e consentire il ripristino delle immissioni a 1924 unità come da decreto ministeriale n. 380 del 6 dicembre 2011. (5-00954)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   GIORGIA MELONI, CORSARO, RAMPELLI, TOTARO, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI e TAGLIALATELA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   negli scorsi giorni il Financial Times ha dato notizia di una lettera del Commissario europeo alla concorrenza, Joaquin Almunia, al Ministro dell'economia e delle finanze Fabrizio Saccomanni, relativa al piano di ristrutturazione del Monte dei Paschi di Siena;
   nel documento il Commissario, chiamato a valutare se gli aiuti di Stato concessi all'istituto senese attraverso i cosiddetti Monti bond siano in linea con le regole europee, avrebbe scritto che «per consentire alla banca di ristabilire la sua autosufficienza, l'attuale piano deve ancora essere migliorato», con particolare riguardo ai temi dei compensi in favore dei manager, del taglio dei costi e del trattamento dei creditori;
   Almunia avrebbe, inoltre, affermato che, senza modifiche urgenti al piano, potrebbe disporre l'apertura di una procedura d'indagine formale sugli aiuti a MPS da parte dello Stato italiano;
   il Commissario si sarebbe detto in primo luogo preoccupato per la stabilità della banca, e avrebbe definito come «gonfiate» le stime relative ad una perdita di cinquemila posti di lavoro se MPS fosse costretta a tagliare le sue operazioni di trading proprietario e a ridurre gradualmente a 320 milioni la sua esposizione sui titoli di Stato;
   inoltre, avrebbe affermato di non condividere «la metodologia con cui si arriva al risultato», posto che, a suo avviso, non sarebbero considerate possibilità di tagliare i costi diverse dal taglio del personale, e avrebbe stigmatizzato che per la procedura sarebbe più rilevante che la banca «chiarisca e si impegni sui tagli che sarebbero necessari per la sua autonomia una volta che il finanziamento della Bce non sarà più disponibile»;
   con particolare riferimento agli stipendi del management, il commissario dell'Unione europea avrebbe, infine, ricordato che, secondo le regole comunitarie, nelle banche che ricevono aiuti i compensi dei più alti dirigenti non possono essere superiori di oltre 15 volte il salario medio nazionale, e che questa disposizione deve essere applicata fino alla fine del piano di ristrutturazione, o fino a quando tutti gli aiuti ricevuti non siano stati rimborsati;
   la diffusione della lettera del Commissario Almunia, pubblicata anche da un quotidiano nazionale, ha causato il crollo del titolo in Borsa, diminuito di quasi il cinque per cento a 0,2 euro;
   già la BCE, in un parere datato 17 dicembre 2013, giorno in cui la Unione europea aveva dato il via libera condizionato all'erogazione di 3,9 miliardi di euro di aiuti di Stato alla banca senese, aveva espresso il suo dissenso alla formula escogitata dal Governo a sostegno della banca senese e che prevedeva per essa, in caso di più che probabile di mancanza di liquidità, la possibilità di pagare gli interessi sul prestito obbligazionario con nuovi titoli di debito, in alternativa all'assegnazione al Tesoro di azioni MPS;
   all'istituto di Francoforte questa soluzione era apparsa criticabile proprio perché pone sempre a carico dello Stato, e con l'unico paletto che l'opzione sarebbe stata utilizzabile solo per gli interessi maturati nel 2012 e nel 2013, che secondo le stime ammontano a circa 550 milioni di euro, il costo da pagare;
   nel parere della banca europea era scritto che «Nella visione della Bce l'opzione che permette a Mps di pagare le cedole dei bond attraverso l'emissione di nuove azioni a favore del ministero dovrebbe essere preferita all'ipotesi di emissione di nuove obbligazioni», posto che «questa seconda opzione, specialmente se ripetuta nel tempo a causa dell'assenza o dell'inadeguatezza di profitti distribuibili, finirebbe per appesantire il carico di interessi sul bond, in un contesto operativo già difficile. Ciò potrebbe mettere ulteriormente in discussione la performance della banca nel breve termine e compromettere la sua capacità di rimborsare il bond nei tempi dovuti»;
   la questione della necessità di una pesantissima operazione di salvataggio in favore del Monte dei Paschi di Siena ha riportato all'attualità anche il tema della separazione tra banche commerciali e banche d'affari, una riforma a parere degli interroganti necessaria e non più procrastinabile perché spedirebbe finalmente il paradosso che gli Stati – e quindi i contribuenti – siano chiamati ad essere i salvatori di ultima istanza per coprire i rischi assunti dai banchieri con i soldi di ignari risparmiatori, in spregio dei rischi assunti;
   l'attuazione di tale riforma, al contrario, garantirebbe più trasparenza, ridurrebbe i rischi assunti faciliterebbe le operazioni di vigilanza e la gestione di eventuali crisi, ma è purtroppo fortemente osteggia dalle stesse banche d'affari a causa della drastica limitazione degli utili delle banche – e dei bonus dei banchieri – che ne deriverebbero –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere con riferimento alle indicazioni ricevute dal Commissario europeo Almunia e di cui in premessa, al fine di conformarsi alle normative europee vigenti ed evitare che il caso del salvataggio di MPS divenga l'oggetto dell'ennesima procedura a infrazione a carico del nostro Paese;
   se non ritenga di assumere tempestivamente le iniziative normative necessarie per realizzare la separazione tra banche commerciali e banche d'affari, al fine di tutelare i risparmiatori e tutti i contribuenti dalle speculazioni bancarie.
(3-00290)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FANUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   una delle ragioni della perdurante crisi economica del nostro Paese è la carenza di liquidità delle imprese dovuta in primo luogo al mancato pagamento dei crediti vantanti nei confronti della pubblica amministrazione;
   l'ammontare dei crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione rappresenta un forte elemento di debolezza delle imprese, per le quali la disponibilità di liquidità costituisce una condizione necessaria per aumentare i piani d'investimento o migliorare la gestione ordinaria dunque per limitare il fenomeno di chiusura di attività produttive;
   al momento non si conosce l'ammontare complessivo dei suddetti crediti e la quota di pagamenti stanziata dal decreto-legge n. 35 del 2013 rischiano di rappresentare soltanto una parte della cifra che effettivamente dovrà essere corrisposta;
   le parole del Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Enrico Letta e del Ministro dell'economia e delle finanze, Fabrizio Saccomanni, inducono all'ottimismo circa le reali possibilità di procedere con il pagamento dei debiti entro tempi celeri, ma la mancanza di un dato definitivo in merito rischia di compromettere il buon lavoro compiuto dal Governo fino a questo momento;
   la credibilità stessa dello Stato risulta compromessa dall'assenza di questo dato certo: criteri di trasparenza e puntualità sono necessari per ristabilire un rapporto fiduciario fra la pubblica amministrazione e i cittadini, e per dare modo alla politica di trovare modalità corrette che consentano la restituzione di liquidità al nostro sistema economico;
   la pubblica amministrazione richiede il pagamento tempestivo dei propri crediti entro la scadenza di 60 giorni, secondo quanto stabilito dalle norme europee, mentre onora gli impegni nei confronti del cittadino secondo tempistiche ben più lunghe e complesse –:
   quale sia l'ammontare esatto dei debiti accumulati dalla pubblica amministrazione, al settembre 2013, nei confronti delle imprese e dei cittadini;
   quale sia l’iter di pagamento previsto e la tempistica necessaria per completare il saldo. (5-00963)


   FANUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel novembre del 2011, complici le incertezze sullo scenario politico italiano, il rendimento dei titoli di Stato decennali era salito al 6,797 per cento, dopo aver raggiunto un massimo di 6,802 per cento, con un rendimento dei titoli di Stato italiani ormai prossimo al 7 per cento, giudicato come livello massimo prima di ricorrere ad aiuti economici europei;
   la situazione economica e finanziaria italiana, in quei giorni, induceva alla preoccupazione poiché tassi di interesse così elevati avrebbero comportato una forte restrizione del credito e ridotto l'autorevolezza del nostro Paese sui mercati internazionali, una condizione per i conti pubblici non sostenibile;
   il lavoro dei governi presieduti da Mario Monti e Enrico Letta hanno consentito di abbassare in modo sostanziale il livello dello spread e di ridurre significativamente i tassi di interesse a carico dello Stato italiano;
   nel settembre del 2013 lo spread si sta assestando attorno ai 250 punti base, valore che permette di far conto sulla riduzione della spesa in conto interessi;
   sulla base del Documento di economia e finanza (Def) del Governo, aggiornato ad aprile 2013, il Centro studi di Unimpresa (Unione nazionale di imprese) ha messo in luce possibili riduzioni della spesa per interessi relativa ai bot, btp, cct e ctz da emettere nei prossimi 16 mesi;
   considerando la durata delle nuove obbligazioni e la scadenza media dei titoli pubblici, si potrebbe prevedere una consistente quota di risparmio sugli interessi da destinare altrove –:
   se corrisponda al vero tale disponibilità, a quanto ammontino le risorse aggiuntive derivanti dalla riduzione dei tassi di interesse nel 2013, quando potranno essere impegnate dette risorse, e se il Governo non consideri prioritario destinare tali risparmi agli enti locali. (5-00964)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   come previsto dal decreto legislativo del 7 settembre 2012, n. 155, recante la nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, il 13 settembre 2013 saranno soppressi i tribunali ordinari, le sezioni distaccate e le procure della Repubblica di cui alla tabella A allegata al decreto medesimo;
   tra le sezioni distaccate per le quali è prevista la soppressione vi è anche quella di Portoferraio, sull'isola d'Elba, la cui soppressione rischia di produrre notevoli ripercussioni negative per quanto riguarda l'amministrazione della giustizia, anche solo in considerazione del fatto che per raggiungere Livorno ci vogliono almeno 4 ore di viaggio in condizioni normali;
   il decreto legislativo di riordino della geografia giudiziaria prevede, tuttavia, anche un periodo di tempo, pari a 5 anni, a disposizione dei presidenti dei tribunali per la gestione delle chiusure, in considerazione delle diverse situazioni presenti sul territorio;
   il 6 settembre 2013 si terrà un incontro con i sindaci dell'isola ed i rappresentanti degli operatori della giustizia, anche al fine di far presente al prefetto di Livorno la delicata situazione che si verrebbe a creare a seguito dell'imminente chiusura della sezione distaccata di Portoferraio;
   il 28 agosto 2013 sono state comunicate da parte del Ministero interpellato alcune deroghe alle previste soppressioni di sedi di tribunali –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interpellato intenda adottare al fine di consentire, nei termini previsti dal decreto legislativo di riordino della geografia giudiziaria italiana, il mantenimento della piena operatività della sezione distaccata di Portoferraio, anche valutando la possibilità di concedere la deroga per la sede in questione.
(2-00198) «Velo, Manciulli, Gelli, Giacomelli, Fregolent, Mariani, Bindi, Locatelli, Valeria Valente, Fossati, Marantelli, Cenni, Boschi, Bonifazi, Bonaccorsi, Sani, Rocchi, Raciti, Marchi, Bini, Parrini, Nardella, Luciano Agostini, Tidei, Fanucci, Bellanova, Ermini, Carnevali, Bonafè, Biffoni, Nardi».

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il servizio ferroviario lungo la linea Sicignano degli Alburni-Lagonegro fu sospeso nel marzo del 1987 con l'introduzione di autoservizi sostitutivi su gomma;
   tale linea, che ha una lunghezza di circa 78,4 chilometri, interessa un bacino di 22 comuni, con circa 9.000 abitanti;
   questi comuni sono tutti nella provincia di Salerno, ad eccezione di Lagonegro situato in provincia di Potenza;
   negli anni successivi la linea non è stata ripristinata;
   peraltro nel corso degli anni sono stati realizzati studi tecnici ed economici per il ripristino dell'esercizio ferroviario sulla linea Sicignano-Lagonegro, particolarmente atteso dalle comunità e dalle amministrazioni locali e rilevante per il sistema dei collegamenti nella intera zona;
   nella legge 29 dicembre 2003, n. 376, è stata prevista l'erogazione di un contributo triennale (per complessivi 18 milioni di euro) in favore delle Ferrovie dello Stato spa per gli interventi finalizzati al ripristino della tratta ferroviaria Sicignano-Lagonegro;
   in ogni caso tale tratta non risulta mai essere stata formalmente dismessa, attraverso lo specifico procedimento previsto e tipizzato dalla normativa vigente;
   è da ritenersi, invece, che questa linea ferroviaria è stata interrotta, sia pure da diversi anni, in attesa di decisioni definitive;
   la questione di tale tratta ferroviaria è già stata sollevata dall'interrogante nella XVI Legislatura con la interrogazione n. 5-01635 del 15 luglio 2009, con risposta del rappresentante del Governo pro tempore il successivo 12 novembre;
   una nuova interrogazione n. 5-00118 è stata presentata, il 14 maggio 2013, dall'esponente nell'attuale legislatura;
   in risposta a tale ultimo atto di sindacato ispettivo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella seduta della IX Commissione dell'11 luglio 2013, ha affermato che «nello scorso mese di maggio RFI ha avviato un nuovo studio di fattibilità che sarà completato entro il prossimo mese di ottobre»;
   occorre che la indicata scadenza del prossimo mese di ottobre sia effettivamente rispettata per evitare altri ritardi ed altri gravi perdite di tempo e per rendere, invece, finalmente possibile un progetto idoneo, funzionale e con costi più ridotti rispetto a quelli francamente eccessivi e troppo alti, fino ad oggi ipotizzati;
   sembra che RFI spa abbia commissionato tale nuovo studio di fattibilità per valutare l'intervento da effettuare con il minor costo possibile, al fine di ripristinare la tratta ferroviaria Sicignano-Lagonegro, come hanno sollecitato tutti i sindaci del comprensorio con specifici atti deliberativi e come da tempo stanno facendo tanti cittadini riuniti anche in un comitato molto attivo e determinato –:
   quale sia l'effettiva situazione della linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro interrotta dal 1987 ed, in particolare, quando sarà effettivamente ultimato tale studio di fattibilità, essenziale ed assolutamente determinante per attivare, in concreto, un progetto adeguato, ma dai costi contenuti, per ripristinare questa linea ferroviaria così rilevante per tutte le comunità interessate. (5-00965)

Interrogazioni a risposta scritta:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il presidente dell'autorità portuale di Ancona ha esaurito il mandato quadriennale dal marzo 2013 e il Ministero, dopo la proroga di rito dei 45 giorni, è ricorso al commissariamento dell'autorità portuale designando il presidente uscente invece che procedere alla nomina su indicazione delle nuove amministrazioni insediatesi dopo le elezioni del 26/27 maggio 2013;
   le settimane e i mesi passano senza che il Ministro abbia ancora ricercato l'intesa con la regione per procedere alla nomina del presidente dell'autorità portuale e al rinnovo degli organi dell'autorità;
   il porto rappresenta una tra le principali concentrazioni economiche di Ancona e delle Marche l'interrogante ritiene che la situazione commissariale deve cessare –:
   se e quando intenda ottemperare alla legge n. 84 del 1994, ricercando l'intesa con la regione Marche e procedere alla nomina del presidente dell'autorità portuale di Ancona. (4-01746)


   TOTARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il trust è uno dei più importanti istituti del sistema giuridico anglosassone di common law, sorto nell'ambito della giurisdizione di equity, e serve a regolare una molteplicità di rapporti giuridici, in particolare in materia di successioni, pensionistica, diritto societario e fiscale;
   in forza di un accordo di trust, un soggetto (settler, o disponente) trasferisce la proprietà di un suo bene ad altro soggetto (trustee, o fiduciario) nell'interesse di un terzo (beneficiario) e per un fine specifico;
   il trustee agisce in relazione ad un bene proprio ancorché segregato nel suo patrimonio e la pubblicità che egli richiede ha due funzioni: proteggere i beneficiari e raggiungere il perseguimento dello scopo prefissato dal settler;
   il trustee è obbligato a tenere i beni del trust separati dai propri;
   in particolare, tutte le volte che si tratti di beni o diritti iscritti o iscrivibili in registri pubblici o privati, il trustee è tenuto a richiederne l'iscrizione/intestazione;
   il primo luglio 1985 è stata promulgata la convenzione dell'Aja relativa alla legge sui trust, poi ratificata e resa esecutiva dall'Italia in forza della legge 16 ottobre 1989, n 364, e il nostro Paese si è pertanto impegnato (primo Paese fra quelli di civil law) a riconoscere nel proprio ordinamento gli effetti dei trust che possiedono le caratteristiche di cui all'articolo 2 della convenzione;
   con il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, è stato introdotto un nuovo articolo al codice civile (2645-ter) sotto la rubrica «Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone disabili, a pubbliche amministrazioni, ad altri Enti o persone fisiche»;
   l'istituto è stato anche preso in considerazione dalla legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, commi 74-76) e dalla circolare dell'Agenzia delle entrate del 6 agosto 2007 n. 48/E, quest'ultima al solo fine di regolamentarne gli aspetti fiscali e tributari;
   l'atto istitutivo del trust non potrà essere autenticato ex articolo 7 della legge n. 248 del 2006, poiché non si tratta di un semplice atto di alienazione;
   è possibile trascrivere al pubblico registro automobilistico l'atto istitutivo del trust nel quale il disponente preveda tra i beni, anche dei veicoli;
   i successivi atti di disposizione dei veicoli da parte del trustee, che a questo punto risulta intestatario al pubblico registro automobilistico, potranno invece essere autenticati ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 248 del 2006 (cosiddetta legge Bersani);
   per l'aggiornamento della carta di circolazione occorre rivolgersi agli uffici della Motorizzazione civile;
   ad alcuni cittadini, al momento della registrazione di veicoli acquistati tramite suddetto istituto, non è stato aggiornato né rilasciato il libretto di circolazione da parte della motorizzazione di Firenze in quanto priva di istruzioni in merito –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, e quali iniziative intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, a fine di garantire l'applicazione di tale istituto.
(4-01753)


   SCANU e MURA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 4 settembre 2013 è stato nominato il commissario dell'autorità portuale del nord Sardegna, costituita dai porti di Golfo Aranci, Olbia e Porto Torres;
   la nomina del commissario è avvenuta dopo la proroga di 45 giorni del presidente uscente, ed è stata fatta in luogo della normale procedura di nomina del presidente attraverso la ricerca delle opportune intese sulla base delle terne dei soggetti interessati in base alla normativa prevista dalla legge n. 84 del 1994 –:
   quali siano i motivi che hanno indotto il Ministro a procedere alla nomina di un commissario invece che alla nomina del presidente secondo le procedure previste dal legge dopo 45 giorni di proroga al presidente uscente;
   quali siano le ragioni che hanno portato ad individuare il commissario all'interno delle terne indicate da un ente locale piuttosto che nella figura di un tecnico del Ministero o tra esperti provenienti dalle capitanerie;
   quali siano le ragioni che hanno portato alla scelta del commissario individuato che, secondo le notizie giornalistiche, sarebbe privo dei requisiti previsti dalla legge e quali siano invece i titoli scolastici, professionali e di esperienza specifica;
   per quale motivo, se fosse vero che il commissario non ha i requisiti previsti dalla normativa per fare il presidente dell'autorità, il Ministro abbia ritenuto di doverlo indicare in una funzione commissariale che comporta maggiori competenze e responsabilità perché agisce in assenza degli organismi ordinari, come il comitato portuale. (4-01754)

INTEGRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   COSTANTINO, MIGLIORE, PILOZZI, FRATOIANNI e AIELLO. — Al Ministro per l'integrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 10 agosto 2013, durante la sua detenzione presso il Centro di identificazione e di espulsione Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto, a Crotone, è morto Moustapha Anaki, un marocchino di 31 anni;
   Anaki si trovava in Italia da 7 anni ed era stato condotto nel Centro di identificazione e di espulsione di Isola Capo Rizzuto un mese prima che perdesse la vita;
   in seguito al suo decesso è esplosa una rivolta che ha causato danni ingenti alla struttura, motivo per il quale la stessa è stata chiusa, dislocando i trattenuti in altri centri in tutta Italia;
   la versione ufficiale fornita dall'ente gestore Misericordie – vincitore dell'appalto della struttura dal 2012 al 2015, che si occupava anche dell'assistenza sanitaria – nonché dalla questura, è che Anaki, soffrendo di cardiopatia, sarebbe morto per un «malore», e che la rivolta non sarebbe avvenuta per il suo decesso, ma per i tempi di permanenza dei trattenuti;
   l'ispezione effettuata alla fine del 2012 dal tribunale di Crotone ha dimostrato «che gli immigrati sono stati trattenuti nel Cie in strutture al limite della decenza»;
   le visite da parte dei giornalisti sono praticamente inaccessibili «per motivo di ordine pubblico», come riportato su Repubblica.it, in un articolo a firma di Raffaella Cosentino del 19 agosto 2013;
   l'indagine di Medici per i diritti umani, «Arcipelago Cie», ha dimostrato che il Centro di identificazione e di espulsione di Crotone ha impiegato il più basso tasso di risorse economiche tra i Centri di identificazione e di espulsione italiani, ovvero solo 21,4 euro a persona;
   all'interno dell'ex struttura militare sorge anche il Cara, centro di accoglienza per richiedenti asilo, nel quale attualmente vivono 1.700 persone, il doppio della capienza massima prevista per la struttura –:
   per quali motivi la notizia della morte di Anaki, nonché della conseguente protesta degli immigrati siano state comunicate dalla prefettura solo una settimana dopo i fatti;
   di quali informazioni dispongano i Ministri interrogati circa i fatti descritti in premessa. (4-01759)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   FERRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dalla stampa locale, a Jenne, piccolissimo centro della Valle dell'Aniene in provincia di Roma, il circolo Janus di Tivoli avrebbe occupato arbitrariamente la «Mola Vecchia», storico edificio di pregio all'interno del Parco naturale regionale dei Monti Simbruini, l'area protetta più grande del Lazio, per farne un rifugio «Wandervogel» e la sede del «Gruppo escursionistico Monte Kailash»;
   solo dopo la denuncia di numerose associazioni del territorio, il comune di Jenne avrebbe saputo dei fatti e avrebbe incontrato i rappresentanti del circolo Janus, manifestando la propria disponibilità a formalizzare un qualche rapporto di collaborazione e impegnandosi a valutare rapidamente un loro progetto di riqualificazione e gestione della vecchia struttura;
   in accordo con l'intera comunità del parco dei Monti Simbruini, la «Mola Vecchia» di Jenne era stata dedicata al noto giornalista, ambientalista, politico e intellettuale italiano Antonio Cederna, che oltre ad aver consacrato la propria esistenza alla tutela dei beni culturali, paesistici e ambientali del nostro Paese, nel 1943, per sfuggire alla chiamata alle armi della Repubblica di Salò, si rifugia in Svizzera, per poi essere arrestato e internato nel campo di lavoro forzato di Buren in Germania;
   il vecchio mulino, tale era la sua funzione in passato, è sempre stata una struttura pubblica, restaurata e gestita con i soldi dei cittadini. Una tappa fondamentale del «Sentiero Coleman» che collegava la città di Tivoli al comune di Vallepietra e che, essendo il primo percorso escursionistico tracciato nel Lazio alla fine dell'800, il parco dei Monti Lucretili e quello dei Monti Simbruini vorrebbero ripristinare attraverso lo studio e la realizzazione di un comune progetto;
   è evidente a tutti l'inequivocabile matrice ideologica del circolo Janus di Tivoli che sempre secondo quanto riportato dalla stampa locale, esalterebbe nelle sue iniziative e nelle comunicazioni pubblicate in rete figure e simboli legati indissolubilmente alla storia del fascismo e del nazismo;
   il comune di Jenne si trova a pochi chilometri da Affile, altro piccolo centro dell'alta Valle dell'Aniene, dove da molti mesi è in corso una difficile battaglia per la rimozione del mausoleo dedicato al Maresciallo Oraziani;
   con una nota indirizzata al sindaco del comune di Jenne, ai sindaci dei comuni di Subiaco, Trevi nel Lazio, Vallepietra, Cervara di Roma, Agosta, Marano Equo e Arsoli, ai commissari straordinari e ai direttori del Parco dei Monti Simbruini e dei Monti Lucretili e al presidente della comunità montana dell'Aniene, l'associazione «TerraViva» e le altre associazioni ambientaliste, culturali e di promozione turistica e sociale del territorio, hanno sollecitato un intervento urgente contro l'occupazione abusiva compiuta dal circolo Janus di Tivoli e una soluzione diversa per la futura gestione della vecchia struttura;
   sarebbe infatti indispensabile che il comune di Jenne e il Parco naturale regionale dei Monti Simbruini si adoperassero per garantire alla «Mola Vecchia» una gestione coerente con la vocazione originale dell'edificio e rispettosa delle norme e delle procedure previste per l'affidamento a terzi di strutture pubbliche –:
   se alcuna informazione sia giunta al Governo in merito ai fatti citati in premessa e quali iniziative ritenga necessario intraprendere per fermare ogni inaccettabile rigurgito di chiara natura neofascista che investe alcuni comuni dell'alta Valle dell'Aniene. (3-00289)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FIANO, BRAGA, RAMPI, MAURI, GUERRA, COMINELLI, CINZIA MARIA FONTANA, GADDA, POLLASTRINI, MALPEZZI, COVA, GIAMPAOLO GALLI, PELUFFO, CASATI, CARNEVALI, CIMBRO, FRAGOMELI, SCALFAROTTO, FERRARI, CARRA, MISIANI, TENTORI, GASPARINI, QUARTAPELLE PROCOPIO, SCUVERA, GIUSEPPE GUERINI, LAFORGIA, LORENZO GUERINI, MELILLI, SENALDI, MARANTELLI, MOSCA, MARTELLI, BERLINGHIERI e BAZOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli organi di stampa hanno dato notizia che, nei giorni 12, 13 e 14 settembre prossimi, verrà organizzato in Lombardia il «Festival Boreal», un raduno dei movimenti neonazisti e neofascisti europei promosso da Forza Nuova, la cui dislocazione sul territorio lombardo rimane per ora ancora sconosciuta;
   la regione Lombardia è stata interessata negli ultimi anni dallo svolgimento di raduni e incontri di analogo stampo, il cui orientamento culturale fa esplicito richiamo all'intolleranza, al razzismo, alla xenofobia, all'omofobia, alla violenza (il raduno a Malnate l'aprile scorso e quello nel quartiere Rogoredo a Milano lo scorso giugno, per citare solo gli ultimi in ordine cronologico);
   in queste settimane si sono già registrate diverse prese di posizione delle istituzioni e delle forze democratiche ed antifasciste del territorio, a sottolineare la preoccupazione per il fatto che il ripetersi di appuntamenti di questo tipo porti alla diffusione delle ideologie estremiste ed eversive, in netto contrasto con i principi e i valori democratici ed antifascisti sanciti dalla Costituzione italiana –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale prossimo appuntamento e come intenda intervenire, per quanto di propria competenza, al fine di impedire la manifestazione in oggetto e prevenire il rischio che episodi simili possano ripetersi in futuro. (5-00958)


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio del comune di Fisciano, nella Valle dell'Irno, ricade il prestigioso campus dell'università degli studi di Salerno, che vanta tutte le facoltà, con un bacino di circa 50.000 studenti e che è caratterizzato da strutture didattiche, di ricerca, del tempo libero e da servizi di assoluta rilevanza;
   attualmente, nella grande realtà del campus universitario è già operante solo un posto di polizia, assolutamente insufficiente a garantire la massima e doverosa tutela dell'ordine e della sicurezza delle persone;
   infatti, tale postazione di polizia può contare su appena 4 unità, tenuto conto che negli anni precedenti l'organico poteva ricomprendere 7/8 unità, alcune delle quali venute meno e mai sostituite;
   appare a tal fine necessario e opportuno potenziare e accrescere le risorse umane, professionali ed organizzative a disposizione delle Forze dell'ordine, rafforzando il presidio di polizia, attualmente presente nell'università, per assicurare un'azione più intensa e forte di prevenzione e repressione delle attività criminose;
   in risposta all'interrogazione dell'esponente 5-07530, il Sottosegretario al Ministero dell'interno De Stefano, nella seduta della 1a Commissione del 3 ottobre 2012, ha affermato che non sussistono le condizioni per trasformare in commissariato l'attuale posto di polizia nel campus;
   le motivazioni dedotte in quella sede sono francamente «freddamente burocratiche», incapaci di tener conto e di valutare nella giusta misura una realtà così complessa e variegata come quella del campus universitario;
   una realtà universitaria caratterizzata da grande vivacità e da una moltitudine di attività, per di più in continua e significativa evoluzione;
   del resto, nella predetta risposta, il Governo ha riconosciuto che nell'ambito del campus universitario «la presenza giornaliera – fra studenti e persone dell'intero indotto – è stimata in ben quarantacinquemila unità»; inoltre, nella medesima risposta, il Ministero ha riconosciuto che il personale adibito al presidio di polizia nel campus assicura oltre ad una rilevante «attività amministrativa», compresa quella afferente al rilascio di passaporti, «anche attività informativa e di vigilanza e di controllo in occasione di particolari iniziative» pubbliche «dell'Ateneo», iniziative assai frequenti attesi i livelli di qualità ed eccellenza raggiunti dall'università di Salerno in tanti ambiti disciplinari, scientifici, di ricerca e confronto culturale;
   è, quindi, innegabile che l'esistente posto di polizia assolve quotidianamente ad una molteplicità di attività, che vanno al di là dei pur gravosi e fondamentali compiti strictu sensu di istituto;
   il consiglio comunale di Fisciano, più volte negli ultimi anni ed ultimamente, con deliberazione n. 14 del 14 maggio 2012, ha deciso di richiedere al prefetto ed al questore di Salerno, al Ministro dell'interno, la creazione del commissariato di polizia nel campus universitario, e, comunque, il potenziamento dell'attuale presidio di polizia;
   già in passato, a più riprese, l'università di Salerno ha condiviso, con atti formali, questa proposta;
   negli ultimi tempi si sono registrati nella Valle dell'Irno numerosi episodi criminosi, che hanno determinato giustificato allarme, rendendo ancor più necessaria l'istituzione del commissariato di polizia –:
   quali iniziative il Ministro interrogato ritenga di poter assumere per soddisfare le esigenze obiettive e rilevanti di potenziare e rafforzare il presidio di polizia, presente nel campus universitario di Fisciano ed attualmente con un numero di unità di personale assegnato assolutamente insufficiente e con una dotazione complessiva di risorse e di mezzi assolutamente inadeguati;
   se non si rilevi la necessità, non più procrastinabile ma quanto mai prioritaria ed urgente, di accrescere, in misura congrua ed incisiva, la dotazione di personale e di risorse professionali, organizzative e strumentali a disposizioni dell'attuale presidio di polizia, al fine di consentirgli di poter svolgere un'azione più efficace, più intensa, capillare e diffusa nel controllo e nel monitoraggio dell'ordine e della sicurezza pubblica nell'ambito del campus universitario e nella intera Valle dell'Irno. (5-00966)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BALDELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel corpo nazionale dei vigili del fuoco vi sono alcune attività di re-training espletate dal personale, necessarie al mantenimento di specialità, effettuate al di fuori dell'orario ordinario di lavoro, che non vengono remunerate dal Ministero dell'interno, dipartimento vigili del fuoco, per carenza di fondi;
   su quesito del sindacato Conapo al dipartimento dei vigili del fuoco si è chiesto l'istituzione di un apposito «monte ore» nazionale, o in subordine, di dare almeno autorizzazione all'utilizzo dei cosiddetti «risparmi di gestione» dello straordinario che il personale, per vari motivi, non dovesse effettuare;
   il dipartimento con nota prot. n. 3235/S116/3 del 31 maggio 2013 ha risposto che non è possibile istituire apposito fondo per ristrettezze economiche, mentre per quanto attiene la possibilità di utilizzare i cosiddetti «risparmi di gestione», il dipartimento prevede che la «liquidazione dello straordinario è fissata nel limite massimo di 22 ore pro capite, in funzione di comprovate esigenze di servizio e nell'ambito di eventuali risparmi di gestione» come previsto anche dall'articolo 42, comma 3, del Contratto integrativo di lavoro del C.N.VV.F. sottoscritto in data 30 luglio 2002;
   anche la circolare prot. n. 12331 del 7 giugno 2011 a firma del Capo dipartimento, prefetto Tronca, conferma tale possibilità (limite di 22 ore mediante utilizzo di risparmi di gestione laddove disponibili) per il «personale del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco» senza operare distinzione alcuna. Va poi analogamente osservato che la circolare prot. n. 12331 del 7 giugno 2011 a firma del Capo dipartimento, prefetto Tronca, in riferimento alle diverse quote esistenti di assegnazione di fondi per lo straordinario chiarisce che «dette quote, infatti, nondevono intendersi a destinazione rigidamente vincolata»;
   il comandante provinciale dei vigili del fuoco di Ancona, a seguito di specifica richiesta del sindacato Conapo di tale provincia, con nota prot. n. 8497 del 30 maggio 2011, ha formulato quesito al dipartimento dei vigili del fuoco per conoscere, tra l'altro, se sia possibile remunerare l'attività di re-training mediante l'utilizzo dei «risparmi di gestione» e, comunque, segnalando, anche in tal caso, le difficoltà dovute all'insufficienza del budget annuale del comando per procedere alla remunerazione di tutte le attività di re-training. La relativa risposta, con nota prot. n. 7733 del 7 giugno 2013 a firma di un sostituto del vice capo dipartimento dei vigili del fuoco, ingegner Pini, è stata del seguente tenore «si evidenzia che l'esiguità delle risorse disponibili sul relativo capitolo di spesa non consente il pagamento delle prestazioni per tutte le attività di re-training e pertanto le stesse dovranno essere compensate con recupero ore»;
   la risposta del vice capo dipartimento vigili del fuoco da una parte ammette l'esistenza di tale attività, ma dall'altra non chiarisce esaustivamente se alcune attività di re-training, come per esempio quelle obbligatorie ed autorizzate dal comandante ai fini dal mantenimento della specialità, possano essere retribuite con i risparmi di gestione in considerazione anche del fatto che l'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 7 maggio 2008 prevede che ai «Vigili del Fuoco che espletano prestazioni lavorative regolarmente autorizzate aggiuntive all'orario d'obbligo è riconosciuto il diritto al pagamento delle prestazioni straordinarie entro i limiti fissati dall'amministrazione sulla base delle disponibilità di bilancio»;
   facendo riferimento, solo a titolo di esempio, al comando di Ancona che ha formulato il quesito, da un accesso agli atti del sindacato Conapo è risultato un «risparmio di gestione» di 1.854 ore nel 2011, di 2.458 ore nel 2012, e le proiezioni del 2013 sembrano destinate a superare le 2.500 ore, ovvero, in tal caso, 2.500 ore disponibili ed inutilizzate, mentre di contro si nega la retribuzione al personale che rischia la vita;
   il dipartimento dei vigili del fuoco, con nota prot. n. 3235/S116/3, ha affermato che «l'obbligo di svolgere re-training deriva, invece, dall'applicazione di norme di carattere generale sulla sicurezza sul lavoro» ma non ha chiarito se tale obbligo è da ritenersi cogente anche al di fuori dell'orario di lavoro e di turnazione, ed in tal caso come può l’ amministrazione imporre un obbligo durante un orario non di lavoro peraltro pretendendo poi di non corrispondere la relativa retribuzione per le ore prestate;
   l'attività svolta dai vigili del fuoco è particolarmente impegnativa dal punto di vista fisico ed è soggetta a continui rischi di incolumità e l'attività di addestramento, in sé molto impegnativa e anch'essa esposta al rischio di incidenti, ha l'obiettivo di cercare di ridurre al massimo tali rischi e di mantenere tono fisico idoneo e capacità professionali allo svolgimento del lavoro;
   qualche mese fa, un vigile del fuoco di Livorno è deceduto proprio mentre era impegnato in un'attività di addestramento al di fuori del normale orario di servizio e questo dimostra quanto siano delicate queste attività e, soprattutto, quanto sia ancor più delicata e pericolosa l'attività dei vigili del fuoco senza necessario addestramento che si continua a pretendere a spese e rischio del dipendente –:
   se risulti possibile per i comandanti del CNVVF di procedere alla remunerazione di talune attività di re-training, individuate, come recita l'articolo 42, comma 3, del CCNLI 30 luglio 2002 «previa intesa con le OO.SS. territoriali» e «nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili nel pertinente capitolo ovvero utilizzando il rispettivo risparmio di gestione»;
   se l'obbligo di effettuare i re-training sussista anche al di fuori dell'orario ordinario di lavoro e di turnazione nel caso in cui il dipartimento dei vigili del fuoco non dovesse corrispondere alcuna retribuzione ai vigili del fuoco. (4-01748)


   POLVERINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   l'UGL vigili del fuoco, sulla base della ricognizione delle deleghe versate dai propri iscritti al 31 dicembre 2012, è maggiormente rappresentativa nel settore dei dirigenti e direttivi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, secondo quanto previsto all'articolo 24 dell'accordo integrativo per il personale direttivo e dirigente, recepito nel decreto del Presidente della Repubblica del 7 maggio 2008;
   con diverse note inviate, prima al capo dipartimento dei vigili del fuoco, soccorso pubblico e difesa civile del Ministero dell'interno, successivamente al Sottosegretario all'interno con delega ai vigili del fuoco ed al Ministro dell'interno, la Federazione nazionale UGL vigili del fuoco, considerato il ritardo nell'emanazione del decreto, ha chiesto una deroga per essere convocata a partire da luglio 2013 alle riunioni indette dall'amministrazione, risposta disattesa dal dipartimento dei vigili del fuoco, soccorso pubblico e difesa civile;
   alla data odierna, il dipartimento della funzione pubblica, non ha ancora provveduto all'emanazione con apposito decreto dei dati relativi alla rappresentatività e, di conseguenza, non ha ottemperato all'articolo 24, comma 4, dell'accordo integrativo per il personale direttivo e dirigente, recepito nel decreto del Presidente della Repubblica del 7 maggio 2008;
   tale prerogativa si ricava dalle trattenute operate sullo stipendio dei singoli dipendenti al 31 dicembre, nel caso in esame è avvenuta il 31 dicembre 2012, e, pertanto, nessuna ragione amministrativa giustifica un periodo di tempo tanto lungo per certificare un dato disponibile in tempo reale, in quanto presente nei sistemi informatici delle amministrazioni competenti –:
   quali iniziative si intendano adottare per accelerare la soluzione di tale questione e non arrecare ulteriore danno derivante dalla discriminazione che l'organizzazione sindacale UGL vigili del fuoco sta subendo. (4-01750)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   BURTONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il combinato disposto del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, recante «Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università», convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, ha generato modifiche negative all'ordinamento giuridico riguardante il mondo scolastico;
   tra le situazioni di emergenza, quella del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) risulta essere davvero preoccupante, non solo per la modalità di svolgimento del lavoro degli stessi operatori, ma anche in considerazione dell'esiguità del personale impegnato a coprire i servizi minimi indispensabili;
   il Ministero dell'istruzione, università e ricerca, insieme agli uffici periferici come gli uffici scolastici regionali e provinciali, conferendo annualmente incarichi di supplenze, in relazione a posti vacanti in pianta organica, colma di fatto, con il ricorso a contratti a termine, le carenze strutturali e sistematiche dell'amministrazione scolastica statale;
   tale situazione deriva dalla previsione annuale, operata da parte del Ministero competente, dell'organico di diritto, il quale risulta ogni anno numericamente inferiore rispetto alle effettive necessità dell'amministrazione scolastica, tale da prevedere sempre su base annuale, l'approvazione di un organico di fatto, in relazione al quale gli uffici periferici dello Stato procedono con il conferimento di incarichi fino al 30 giugno il più delle volte prorogati per gli esami di Stato, per sopperire all'effettivo fabbisogno lavorativo all'interno delle scuole statali;
   tale situazione non tutela i predetti lavoratori precari con oltre tre anni di incarico annuale, secondo quanto recepito dalla direttiva 1999/70/CE nel decreto-legge n. 368 del 2001;
   l'introduzione nell'ordinamento dell'articolo 9, comma 18, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, non può in alcun modo pregiudicare i diritti acquisiti dai lavoratori sopra indicati e che quanto previsto al comma 4-bis sia da ritenersi palesemente illegittimo restando esclusi dall'applicazione del presente decreto i contratti annuali a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale ATA;
   per effetto della nota n. 6703 del 24 agosto 2011 e del successivo decreto ministeriale 9 febbraio 2012 n. 17, di convocazione per la mobilità professionale del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) delle istituzioni scolastiche ed educative – sequenza contrattuale 25 luglio 2008 – comparto scuola, il personale ATA collocato in una posizione utile ai fini dell'immissione in ruolo nel proprio profilo professionale ha perso l'ulteriore possibilità di ottenere tale immissione e quindi il posto di lavoro a tempo indeterminato;
   per effetto del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, cosiddetto decreto sulla spending review, l'articolo 14, comma 13 e 14, riduce ulteriormente le già esigue possibilità di immissioni in ruolo del personale ATA, peggiorando gli standard di funzionalità degli uffici di segreteria nonché la qualità dei servizi minimi indispensabili (apertura delle scuole, sorveglianza, gestione laboratori) –:
   come mai, su base provinciale, il personale ATA dopo una serie di tre o più contratti annuali non sia stato ancora stabilizzato e per gli effetti riconducibili alle disposizioni normative precedenti, se tali norme abbiano sensibilmente ritardato o addirittura compromesso tali procedure con la conseguente violazione della normativa comunitaria e nazionale;
   se le procedure di cui sopra potrebbero, di fatto, aver compromesso la realizzazione del piano triennale di assunzioni in ruolo e l'impegno assunto per la stabilizzazione del personale precario;
   se il Ministro concordi con quanto esposto in premessa e se non intenda, al fine di porvi rimedio:
    a) assumere indicative per trasformare dall'anno scolastico 2013/2014 la graduatoria provinciale permanente ATA di cui all'articolo 554 del decreto-legge n. 297 del 1994 in una graduatoria provinciale ad esaurimento, con la possibilità di aggiornamento triennale e inserimento a pettine in altra provincia o regione, diversa da quella di immissione in ruolo del candidato;
    b) applicare con decorrenza dall'anno scolastico 2013/14 ai candidati inclusi nella graduatoria provinciale permanente ATA, di cui all'articolo 554 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, nonché nelle graduatorie provinciali ad esaurimento di cui ai decreti ministeriali 19 aprile 2001, n. 75 e 24 marzo 2004 n. 35, cui spetta il diritto di essere inseriti nella prima fascia delle corrispondenti graduatorie d'istituto per le supplenze temporanee della medesima provincia, producendo l'allegato Modello G tramite (POLIS – ISTANZE ON LINE), – (risultando inseriti secondo la graduazione derivante dall'automatica trasposizione dell'ordine di punteggio con cui figurano nelle corrispondenti graduatorie provinciali) – le disposizioni di cui all'articolo 2 comma 2 del decreto ministeriale 12 ottobre, 2011, n. 92;
    c) che con decorrenza dall'anno scolastico 2012/13 vengano assegnati i posti residui riservati per ciascun anno del triennio 2011/2013, (n. 1.300 posti – D. I. Agosto 2011) di personale ATA, accantonati per il transito nei ruoli del personale amministrativo e tecnico del personale docente dichiarato parzialmente «inidoneo», al personale incluso nelle graduatorie permanenti di cui all'articolo 554 del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297 fatta salva la possibilità di abrogare il comma 13 e 14, dell'articolo 14, del più recente decreto-legge n. 95 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 7 agosto 2012 che prevede la mobilità dei docenti parzialmente «inidonei» e degli ITP appartenenti alle classi di concorso C999 e C555 nei profili di AA e AT considerato che la questione docenti inidonei diventa ancora più pressante, dal momento che la soluzione deve essere imboccata entro il 2014, poiché la mancata attuazione del trasferimento nei ruoli ATA è coperta dalla clausola di salvaguardia prevista nell'articolo 1, comma 621, lettera b), della legge n. 296 del 2006, nei fatti riducendo l'importo disponibile dei fondi di cui all'articolo 4, comma 82, della legge n. 183 del 2011 e di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge n. 112 del 2008, copertura che verrà a mancare a partire dal 1 gennaio 2014;
    d) effettuare un attento e puntuale monitoraggio, verificando la ripartizione dei contingenti concordata tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – U.S.R. e organizzazioni sindacali sulla programmazione triennale di assunzioni a tempo indeterminato di personale ATA, per il triennio 2011/13, secondo lo schema di decreto interministeriale che ne ha dato attuazione, essendo evidente la disomogeneità tra Nord, Centro, e Sud sulla ripartizione dei contingenti, assegnando maggiori posti in deroga sull'organico di fatto ATA, con particolare attenzione al profilo di assistente amministrativo e tecnico, nonché di collaboratore scolastico;
    e) assumere iniziative per coprire tutti i posti vacanti e disponibili in organico di diritto ATA, superando l'attuale distinzione tra organico di diritto e organico di fatto, ovvero prevedendo per l'anno scolastico 2013/14 un organico funzionale di durata triennale o quinquennale che consenta alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado di poter meglio sopperire alle carenze organizzative attuali assicurando al contempo una migliore offerta formativa;
    f) adeguare l'organico d'istituto degli assistenti amministrativi dei circoli didattici, scuole secondarie di 1° grado, istituti comprensivi, all'organico d'istituto degli assistenti amministrativi delle scuole secondarie di 2° grado;
    g) riproporre un nuovo decreto ministeriale salva precari per l'anno scolastico 2013/14 applicando le disposizioni di cui all'articolo 2 comma 2 del decreto ministeriale 12 ottobre 2011, n. 92 includendo nella citata disposizione ai soli fini del riconoscimento del punteggio, la proroga degli effetti giuridici di cui al decreto ministeriale 92/11 non maturati dai candidati inclusi nella graduatoria provinciale permanente ATA, di cui all'articolo 554 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, nell'anno scolastico 2012/13, prevedendo altresì, l'avviamento dei Progetti attivati dalle regioni in convenzione con gli Uffici scolastici regionali, in forza dell'articolo 1, comma 3 della legge n. 167 del 24 novembre 2009 della durata da 3 a 8 mesi per l'anno scolastico 2013/14, con il riconoscimento del punteggio per intero anziché commisurato alla sola durata del progetto, non essendo infondata la tesi di ulteriori tagli all'organico ATA. (3-00287)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a Bernalda in provincia di Matera nell'imminente avvio dell'anno scolastico si sta verificando un problema molto grave circa la formazione delle prime classi della scuola media inferiore;
   si formerebbero solo 4 classi per 110 alunni;
   tra essi vi sarebbero alcuni alunni disabili e altri con difficoltà di apprendimento;
   i genitori si sono mobilitati e hanno sollevato la questione al prefetto di Matera e agli uffici provinciali e regionali competenti;
   con questi numeri non vengono rispettati i parametri previsti dalla stessa normativa di Stato vigente e il sovraffollamento comporterebbe notevoli difficoltà nell'esercizio della funzione di insegnamento e conseguentemente anche per l'apprendimento degli stessi alunni;
   Bernalda è uno dei centri più importanti del Metapontino e con una popolazione scolastica consistente che necessita di una adeguata attenzione da parte degli uffici scolastici –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda attivare con la massima urgenza per evitare la composizione di classi sovraffollate e ripartire in maniera più congrua e rispettosa delle normative gli alunni della prima media in avvio dell'anno scolastico 2013/2014. (5-00956)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALATI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il polo di Lamezia Terme della facoltà di agraria dell'università degli studi di Reggio Calabria si presenta da anni come una struttura di riferimento per studenti e ricercatori nell'ambito di una rete integrata di formazione, competenze, innovazione, professionalità, capacità operativa e flessibilità ed in un contesto di riconosciuto prestigio determinato dal confluire delle esperienze scientifiche dei laureati provenienti da tale facoltà nel mondo del lavoro;
   tale modello di formazione scientifica e professionale rappresenta un fiore all'occhiello tra le esperienze formative che il sistema universitario calabrese è in grado di proporre a quanti cittadini siano desiderosi di accrescere le loro competenze e conoscenze scientifiche nel settore dell'agronomia, settore peraltro in costante ascesa anche e soprattutto in considerazione del corrispondente accrescimento, in misura progressivamente più estesa, dell'importanza che l'Unione europea attribuisce all'agricoltura;
   la struttura qui considerata, il cui funzionamento è stato reso possibile grazie anche all'impegno e alle risorse messe a disposizione dal comune di Lamezia Terme – si ricorda a tal proposito che a partire dal secondo semestre dell'anno accademico 2009/2010 le lezioni frontali si svolgono presso lo storico palazzo Blasco, nuova sede del corso di laurea, al centro di Lamezia Terme, messo a disposizione dallo stesso comune – costituisce evidentemente un'importante opportunità per centinaia di studenti calabresi che, ogni anno, hanno la possibilità di fare riferimento, per la prosecuzione dei propri studi, ad una struttura funzionale avente sede all'interno del territorio provinciale, in grado di proporre loro un'offerta didattica di alto livello e di garantire una formazione professionale ed un bagaglio di conoscenze tecnico-scientifiche del tutto idonee a dare adeguata risposta ai livelli di competenza che il mercato del lavoro nel settore agrario richiede;
   a giudizio dell'interrogante appare peraltro opportuno sottolineare l'importanza che l'esistenza di una struttura di questo tipo riveste all'interno di un territorio, come quello calabrese ed in particolare nel lametino, nel quale l'agricoltura rappresenta un settore-chiave del tessuto economico;
   l'interrogante ritiene inoltre che l'accrescimento delle competenze specialistiche nel settore dell'agronomia, unitamente al potenziamento della ricerca e della sperimentazione in campo biologico – attraverso il ricorso alle nuove metodologie e con il supporto delle risultanze della ricerca – rappresentano fattori determinanti per la valorizzazione ed il più efficace sfruttamento delle risorse naturali del territorio (offrendo peraltro la possibilità di operare con cognizione di causa nel pieno rispetto dell'ambiente) e, al contempo, opportunità in termini di crescita economica ed occupazionale, anche e soprattutto a beneficio delle numerose imprese operanti nel settore, le quali possono avvalersi di professionisti altamente competenti formatisi in loco, quindi con una conoscenza adeguata e specifica delle caratteristiche fisiche e chimiche dell'ambiente di riferimento;
   stando alle notizie che negli ultimi mesi trapelano e si susseguono con sempre maggiore insistenza sulle fonti di stampa, confermate peraltro dalle numerose proteste studentesche, nonché da precise manifestazioni di dissenso dichiarate anche da rappresentanti istituzionali e di categoria di riferimento per il territorio di Lamezia Terme, si fa strada con sempre maggiore insistenza l'ipotesi della chiusura di tale polo, scelta determinata, secondo quanto si apprende dalle medesime fonti, dalle politiche di redistribuzione delle risorse e revisione della spesa pubblica;
   si tratta di uno scenario che, se confermato, sarebbe completamente suscettibile di produrre una significativa perdita di chanche, oltre che, primariamente, per la società civile, la quale può attualmente fare riferimento ad una eccellente struttura ed attingere ad un'offerta formativa di spessore, anche per gli operatori economici e scientifici attivi sul territorio di riferimento e per le stesse istituzioni locali che hanno lavorato con grande impegno investendo energie e risorse su un progetto di sviluppo positivo e sostenibile che appare all'interrogante valido e meritevole di una più profonda valutazione, da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in ordine alla sua importanza vitale per un'area territoriale, sulla quale gli investimenti in termini di know how e formazione scientifica si sono sempre proposti come efficaci strumenti per l'accrescimento dei volumi di produttività con risultati importanti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'ipotesi della chiusura del polo di Lamezia Terme della facoltà di agraria dell'università degli studi di Reggio Calabria attualmente in campo;
   se il Ministro ritenga possibile, nei limiti delle proprie competenze, promuovere ed operare una specifica – ed eventualmente ulteriore – valutazione in ordine all'ipotesi di cui in premessa e all'opportunità di mantenere in attività tale struttura, anche e soprattutto in considerazione della rilevante importanza che la ricerca scientifica e la formazione universitaria nel settore dell'agronomia rivestono in un territorio, come quello lametino, nel quale la possibilità di acquisire una formazione specifica sul territorio consente alle numerose imprese operanti nel settore di avvalersi di competenze di alto livello in grado di assicurare una adeguata e razionale gestione dei processi di produzione.
(4-01749)


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la sessione 2013 dei test di ingresso ai corsi di laurea a numero chiuso è in pieno svolgimento e già si alzano numerose polemiche legate a una serie di fatti;
   è stata annullata la prova di ammissione per i corsi di studio delle professioni sanitarie all'università di Parma e c’è stato lo scambio di questionari tra il test di psicologia e quello di biologia a La Sapienza di Roma;
   i test sono stati annullati a causa di gravi errori nelle domande, determinando l'esigenza di disporre la ripetizione della prova con ulteriori costi per la collettività, ma soprattutto con un grave disorientamento per gli studenti, che si scontrano con l'inefficienza e la inaffidabilità di una parte delle istituzioni;
   quest'anno per di più entra in gioco anche il cosiddetto bonus maturità che «regala» da 1 a 10 punti extra in relazione al voto ottenuto all'esame di Stato, a condizione che lo stesso sia non inferiore all'80esimo percentile della commissione d'esame;
   si crea in questo modo una strana competitività tra i ragazzi e tra le classi: meglio essere i più bravi in una classe decisamente modesta, che essere tra i bravi in una classe ad alto rendimento complessivo; il paradosso è che in questo modo si penalizzano le classi caratterizzate da un alto standard qualitativo, nel sospetto che in quelle classi i voti siano attribuiti in modo troppo generoso, e non ci sia una effettiva meritocrazia tra docenti e studenti;
   infatti, nella diffusa convinzione che al Sud sia più facile diplomarsi con un voto alto rispetto al Nord, si è deciso di penalizzare classi intere, determinando in tal modo un divario tutt'altro che indifferente sul punteggio di ammissione tra i due estremi geografici d'Italia;
   per ovviare a questo rischio si rimanda alle tabelle del Ministero, da cui ad esempio si deduce che se a Milano, a livello provinciale, si accede al bonus maturità con una media di 87/100 per i diplomi al liceo classico e di 84/100 al liceo scientifico, a Catanzaro possono ottenere un bonus analogo i diplomati con 97/100 e 96/100; difficile far capire ai giovani che questo sistema di evidente disuguaglianza dovrebbe consentire alla fin fine una maggiore equità;
   un'altra novità di questa maturità 2013 è la graduatoria nazionale, a differenza della passata edizione in cui erano previste macro-aggregazioni territoriali. Saranno poi gli studenti che hanno ottenuto i migliori risultati a scegliere liberamente l'ateneo a loro più congeniale; anche questa norma risponde in linea di massima al desiderio di creare le condizioni per l'accesso alle facoltà più prestigiose in base al binomio meritocrazia-libertà personale. Poiché però nulla è stato fatto per creare un numero adeguato di borse di studio o per adeguare alla nuova situazione i criteri del diritto allo studio, sarà ancora una volta il criterio strettamente economico a guidare le scelte degli studenti, che pur potendo in teoria scegliere, dovranno di fatto accontentarsi della soluzione più accessibile;
   occorre inoltre sottolineare che per le facoltà di medicina e odontoiatria i posti a disposizione sono sempre gli stessi, circa 11 mila, mentre è prevista in questi stessi anni una riduzione oggettiva del numero dei medici in servizio, per raggiunti limiti di pensionamento. Nello stesso tempo i concorrenti sono aumentati, passando dai circa 70.000 degli anni precedenti agli oltre 90.000 di quest'anno;
   molti dei non ammessi si spostano dall'Italia verso i Paesi vicini, Spagna, Albania, Romania, dove sembra molto più facile essere ammessi alla frequenza ai corsi delle varie facoltà; questi stessi studenti negli anni successivi cercano di rientrare in Italia e di inserirsi agli anni di corso successivi, vogliono partecipare ai nostri corsi di specializzazione e comunque chiedono il riconoscimento del loro diploma di laurea;
   il paradosso è che gli studenti che superano la selezione in Italia avranno come diretti colleghi e collaboratori, o competitori, quegli stessi colleghi che solo qualche anno prima non avevano superato la loro stessa selezione –:
   se non intenda rivedere il sistema dei test al fine di renderlo maggiormente aderente al cosiddetto diritto allo studio e per disincentivare quella pratica ormai sempre più diffusa della cosiddetta fuga dei cervelli, anche se si tratta di cervelli che professionalmente sono solo allo stato potenziale. (4-01752)


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 4 settembre 2013 sono stati arrestati due individui accusati di aver aggredito e percosso uno studente, in concorso con numerosi altri soggetti, lo scorso 14 febbraio, all'università statale di Milano, dopo una discussione per motivi politici, fratturandogli il cranio e procurandogli danni «estetici e funzionali» permanenti;
   i due arrestati, entrambi studenti universitari di area antagonista iscritti alla facoltà di scienze politiche, sarebbero vicini al collettivo «Panetteria» e al gruppo «Assemblea di Scienze Politiche», che occupa l'ex Cuem e l'ex Cuesp dell'università statale di Milano, e uno dei due risulta, inoltre, imputato nel processo a carico di alcuni esponenti del movimento «No Tav», ed era stato già arrestato nel gennaio 2012 nell'ambito dell'inchiesta della procura di Torino per gli scontri dell'estate 2011 in Val di Susa;
   il ragazzo aggredito sarebbe stato colpevole di aver scarabocchiato con un pennarello un manifesto del collettivo di scienze politiche, e questa colpa sarebbe stata reputata sufficiente, a giudizio degli occupanti, per dar vita a un pestaggio di gruppo e ridurre in fin di vita il giovane malcapitato, un'azione al contempo di violenza efferata e di patetica viltà alle quali, purtroppo, non sono nuovi questi gruppi di estremisti presenti nelle università italiane;
   l'episodio in questione non costituisce, purtroppo, un caso isolato, e numerose sono le testimonianze relative ad atti intimidatori e anche violenti perpetrati da gruppi cosiddetti antagonisti e riconducibili all'estrema sinistra all'interno degli atenei della nostra Nazione;
   nel caso di specie, appare, inoltre, particolarmente grave che alcuni testimoni, tra cui uno dei ragazzi picchiati e uno degli aggressori, sentiti dai Carabinieri abbiano minimizzato l'accaduto, perché, sembrerebbe, minacciati dagli antagonisti, e che anche lo stesso giovane picchiato inizialmente non ha denunciato l'accaduto;
   le indagini, infatti, sarebbero partite a seguito di una denuncia fatta ai carabinieri dal medico di turno nel pronto soccorso dove la vittima sarebbe poi stata costretta a recarsi a causa delle percosse subite –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa;
   quanti e quali siano gli spazi all'interno delle università pubbliche italiane attualmente occupati e da chi;  
   quali iniziative di competenza siano attualmente messe in campo per sincerarsi che all'interno di tali spazi occupati non siano commessi atti illegali e criminosi;
   quali urgenti iniziative intendano assumere al fine di mettere in sicurezza gli atenei italiani e tutti i loro studenti, allontanando i gruppi estremisti e violenti, al fine di garantire la piena attuazione del diritto allo studio sancito dalla Costituzione. (4-01756)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COMINARDI, TRIPIEDI, BECHIS, CIPRINI, BALDASSARRE, RIZZETTO e ROSTELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 21 del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 24 dicembre 2011, n. 214, disponeva la soppressione dell'Inpdap e dell'Enpals, trasferendone tutte le relative funzioni all'Inps che subentrava in tutti i rapporti attivi e passivi degli enti soppressi;
   la gestione finanziaria di competenza del nuovo Inps, come evidenziato dal presidente Antonio Mastrapasqua nella relazione annuale 2012, presentata il 16 luglio 2013 alla Camera dei deputati, ha registrato un contributo negativo per 8.996 milioni di euro;
   il disavanzo finanziario di competenza è stato causato dall'integrazione dell'Inpdap, che nell'anno 2011 aveva chiuso il bilancio con una perdita di circa 10 miliardi di euro;
   tuttavia, il Presidente dell'Inps assicurava la stabilità finanziaria dell'ente auspicando un intervento del Parlamento al fine di colmare il disavanzo ex Inpdap, oggi Inps;
   da tale operazione legislativa, posta in essere dal Governo Monti, risulta ben chiaro che l'accorpamento degli enti ha contribuito a colmare il disavanzo dell'Inpdap mediante l'avanzo dell'Inps, che ha visto una sensibile diminuzione del proprio patrimonio netto da 41,3 miliardi nel 2011 a 22 miliardi nel 2012;
   l'aumento del numero dei trattamenti pensionistici ed il cronico calo delle entrate contributive, come evidenziato già nel 2012 dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Inps, potrebbe condizionare definitivamente l'erogazione delle pensioni, in favore di tutti i beneficiari;
   il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Inps, con la prima nota di variazione del bilancio preventivo del 2013 approvata prima dell'estate, ha stimato un ulteriore disavanzo del bilancio dell'Inps di circa 9,2 miliardi, confermando l'andamento negativo dovuto all'accorpamento tra gli enti previdenziali predetti;
   vi è da comprendere, a questo punto, se il Governo abbia intenzione di ripianare il disavanzo dell'Inps, intervenendo strutturalmente sul problema, e comprendere se tale andamento sia temporaneo o definitivo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali siano le sue valutazioni in merito alla situazione di disavanzo cronico degli Enti previdenziali accorpati all'Inps;
   se tali interventi di soppressione e successiva integrazione siano la causa dell'insostenibile innalzamento dei requisiti anagrafici e contributivi e saranno la causa, nel breve termine, di ulteriori misure concernenti il trattamento pensionistico;
   se il Ministro, in ultimo, non ritenga opportuno adoperarsi in tempi brevi per istituire una commissione sul debito dell'attuale INPS, fornendo ai cittadini dati chiari ed inequivocabili relativi alla stabilità finanziaria dell'ente, anche rispetto all'attività di integrazione degli alto enti previdenziali soppressi, accertando ogni eventuale responsabilità in capo alle figure dirigenziali e di controllo degli enti soppressi. (5-00960)


   LUCIANO AGOSTINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto INAIL è un ente pubblico che opera attraverso sedi locali tramite un proprio portafoglio clienti, ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali pertanto, obbligato alla osservanza della legge del 26 gennaio 2010, n. 25, che obbliga le pubbliche amministrazioni ad una riduzione di personale;
   il Presidente dell'INAIL con determinazione n. 80 del 15 settembre 2010 ha approvato la rimodulazione della dotazione organica di personale dirigenziale e non;
   con detto atto l'Istituto ha altresì enucleato alcune sedi da declassare a «unità affidata alla responsabilità di personale non dirigenziale» esplicitando nello specifico, un declassamento per la sede di Ascoli Piceno;
   l'applicazione dell'atto di cui sopra prevede il declassamento per la sede INAIL di Ascoli Piceno da tipo A a tipo B con contestuale e ad avviso dell'interrogante artificiosa attribuzione del portafoglio dall'ufficio di Fermo (tipo B) a quello di Macerata;
   l'accorpamento del sito di Fermo a quella di Macerata va ad alterare un quadro già esistente poiché le sedi INAIL di Ascoli Piceno (tipo A) e di Fermo (tipo B) con sede riferimento Ascoli Piceno in base alla circolare INAIL del 21 maggio 2009 ad oggi continuano ad essere vincolate in modo strutturale ed organico;
   quanto sopra riportato determinerà nell'immediato pesanti effetti in termini di pregio quali i progetti sperimentali a livello nazionale già realizzati come quello relativo al reinserimento mirato dei lavoratori disabili tramite modello di valutazione biopsicosociale – unico nel centro d'Italia eseguito in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali unitamente al progetto in corso di realizzazione destinato ai portatori di handicap –:
   quali siano stati i criteri, non riconducibili ad una mera discrezionalità, con cui l'INAIL ha individuato le sedi da declassare;
   se non si ritenga necessario sollecitare l'istituto nell'orientare le previste riduzioni di organico non già verso sedi provinciali ma in direzione di siti centrali o regionali meno obbligate nel quotidiano e delicato rapporto con l'utenza;
   se non ritenga di far riconsiderare l'aggregazione del portafoglio della sede di Fermo ad altra sede e restituire in tal modo lo status maturato dal raggiungimento di tutti gli obiettivi istituzionali di piano concordati congiuntamente per Ascoli Piceno e Fermo. (5-00961)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. —Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Fondazione Enasarco è l'Ente azionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio, preposto alla gestione di forme di pensioni integrative obbligatorie a favore degli stessi, diventata dal 1997 un organismo di diritto privato, la cui gestione è soggetta al controllo pubblico del ministero del lavoro e politiche sociali e del ministero dell'economia e delle finanze;
   numerosi atti di sindacato ispettivo presentati presso la Camera dei deputati e presso il Senato hanno evidenziato una gestione da parte degli organi della Fondazione poco trasparente per alcuni aspetti e disinvolta per altri: precedenti interrogazioni ed interpellanze hanno, infatti, denunciato investimenti finanziari promossi da Enasarco per la somma di 1,5 miliardi, di cui 780 milioni di euro investiti nel fondo Anthracite delle isole Cayman, garantiti da Lehman Brothers, con conseguenti ingenti perdite;
   nel contempo, sono state segnalate notevoli irregolarità anche in relazione al piano di dismissioni immobiliari di proprietà dell'Ente, tanto da far supporre che l'intera operazione e le modalità con le quali è stata attuata fossero finalizzate a ripianare le consistenti perdite subite a seguito degli investimenti indicati;
   Enasarco appare inoltre caratterizzata da aspetti, a dir poco, anomali, in quanto è l'unico ente pensionistico al quale i soggetti interessati devono versare obbligatoriamente i contributi integrativi unitamente a quelli versati all'Inps, con il risultato che tali soggetti sono gravati da una doppia imposizione contributiva e che l'obbligatorietà dell'onere contributivo verso entrambi gli istituti comporta l'impossibilità di totalizzare i periodi contributivi versati rispettivamente all'uno ed all'altro Ente;
   come se non bastasse, è stato rilevata la circostanza che un agente di commercio che voglia cessare l'attività prima di aver raggiunto 20 anni di versamento contributivo all'Enasarco, per non perdere i contributi già obbligatoriamente versati dovrebbe ricorrere al versamento volontario, possibile, tuttavia, solo per coloro che abbiano già maturato almeno sette anni di anzianità;
   già da questi elementi emerge un quadro piuttosto singolare della Fondazione nell'ambito degli enti pensionistici;
   tra le sue attività la Fondazione annovera anche quella ispettiva, con la quale accerta la natura del rapporto di agenzia, laddove ne individui i presupposti e l'osservanza degli obblighi contributivi da parte delle ditte preponenti;
   recentemente è stato intrapreso, da parte di Enasarco, un controllo sistematico sulle agenzie immobiliari, al fine di verificare, nell'ambito delle stesse, la configurazione di rapporti di collaborazione ascrivibili al contratto di agenzia ex articolo 1742 c.c., e si ritiene che, anche a tale riguardo, siano emerse alcune anomalie in considerazione dell'avvenuto riscontro da parte della Fondazione di un elevato numero di presunti rapporti di collaborazione all'interno di agenzie immobiliari, riconducibili, a parere dell'Ente, al novero dei contratti ex articolo 1742 c.c.;
   per arginare i devastanti effetti conseguenti all'irrogazione di sanzioni in un settore già oltremodo piegato dalla crisi economica, è stato concluso da parte di alcune associazioni rappresentative della categoria degli agenti immobiliari ed Enasarco un protocollo d'intesa con il quale «regolamentare» ufficialmente i rapporti di collaborazione tra le imprese di mediazione ed i propri collaboratori non abilitati nell'ambito dell'articolo 1742 c.c. e ss., laddove non ricorrano altre tipologie di rapporti di lavoro, riducendo, così, in base all'accordo siglato, l'importo delle sanzioni eventualmente irrogate a seguito di accertamento ispettivo;
   nell'occasione, Enasarco ha evidenziato la necessità di regolamentare anche il rapporto di collaborazione che intercorre tra l'impresa e i soggetti abilitati ai sensi della legge n. 39 del 1989, ovvero quei soggetti che, in possesso dei requisiti previsti dalla specifica legge professionale (legge n. 39 del 1989) esercitano l'attività di mediazione;
   conseguentemente è stata ventilata l'ipotesi, da parte delle medesime associazioni di categoria degli agenti immobiliari e di Enasarco, di presentare formale interpello al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per ottenere definitivi chiarimenti in ordine al possibile inquadramento o meno ex articolo 1742 c.c. anche dei rapporti di collaborazione intercorrenti tra le imprese di mediazione ed i propri collaboratori titolati ai sensi della legge n. 39 del 1989;
   a tal proposito, la Federazione italiana agenti immobiliari professionali (Fiaip), l'associazione di categoria più rappresentativa del settore, ha espresso la propria totale contrarietà all'ipotesi di inoltrare un interpello, in considerazione del fatto che non si possono assolutamente confondere le due categorie (collaboratori abilitati e non) né la categoria degli agenti immobiliari e quella degli agenti di commercio, entrambe disciplinate da una propria specifica normativa;
   occorre poi sottolineare che un collaboratore «titolato» deve, inoltre, osservare in proprio tutti gli obblighi previsti in capo agli agenti immobiliari (assicurazione, privacy, antiriciclaggio e altro) e, pertanto, non può essere inquadrato nemmeno formalmente in altre forme contrattuali;
   ma il rilievo sicuramente più dirimente è che le due attività (mediatore ed agente di commercio) sono addirittura incompatibili ex articolo 5, comma 3, della legge n. 39 del 1989 ed articolo 5 della legge n. 204 del 1985;
   ad ogni modo anche l'inquadramento dei collaboratori non abilitati, nell'ambito del contratto ex articolo 1742 c.c., rende, ancor più difficile individuare coloro che esercitano abusivamente l'attività di mediazione all'interno delle agenzie immobiliari, contribuendo, così, ad alimentare ulteriormente il fenomeno dell'abusivismo;
   come è facile osservare, oltre alle incontestabili ragioni di merito sopra elencate, appare evidente all'interrogante la singolare coincidenza tra la critica situazione patrimoniale della Fondazione Enasarco ed il recentissimo orientamento, assunto dalla stessa Fondazione, volto ad assoggettare gli agenti immobiliari all'iscrizione obbligatoria presso di sé, con conseguente doppia imposizione contributiva (nei confronti dell'Inps e dell'Enasarco): non si può ignorare, infatti, la circostanza che la necessità di obbligare gli agenti immobiliari all'iscrizione presso l'Enasarco è sorta a distanza di ben 24 anni dall'emanazione della legge professionale degli agenti immobiliari;
   la situazione patrimoniale della Fondazione, denunciata negli atti di sindacato ispettivo richiamati, unita al rilievo della novità (in quanto mai emersa prima) dell'indirizzo adottato dalla Fondazione, hanno fatto, dunque, a parere dell'interrogante, emergere la pretestuosità della posizione adottata da Enasarco nei confronti degli agenti immobiliari –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente della volontà della Fondazione Enasarco di assoggettare la categoria degli agenti immobiliari all'obbligo di iscrizione presso la Fondazione stessa con conseguente obbligo di versamento contributivo integrativo, e quali provvedimenti, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere in merito. (4-01755)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 10 luglio 2013 il tribunale fallimentare di Cagliari ha ammesso la proposta di concordato preventivo presentata dalla «Keller Elettromeccanica s.p.a. in liquidazione»;
   il piano prevede la locazione per un periodo non inferiore a 24 mesi, con al termine un'opzione di acquisto, del ramo aziendale di Villacidro (Sardegna) della «Keller Elettromeccanica s.p.a. in liquidazione» alla multinazionale indiana Ruia Group, attraverso le controllate «Moltonway Limited» (con sede a Dublino) e Jessop Group;
   il 24 luglio 2013 il consiglio regionale della Sardegna ha autorizzato la SFIRS s.p.a. a sottoscrivere e concedere in leasing azionario le azioni del capitale sociale della «New Sardinian Rail Way s.r.l.» di Villacidro, trasformandola in s.p.a. e consentendo di cedere il 40 per cento delle azioni;
   il cuore dell'attività che sarà svolta dalla Ruia Group, mediante il ramo d'azienda di Villacidro è costituito dalla commessa per la costruzione di 212 carrozze passeggeri per le ferrovie egiziane, i cui tempi di realizzazione previsti corrispondono all'incirca ai 24 mesi della locazione; per la realizzazione della commessa, la Ruia Group utilizzerà 271 dei 293 dipendenti sardi della «Keller Elettromeccanica s.p.a. in liquidazione». Questi verranno reintegrati a scaglioni per la realizzazione della commessa;
   il piano prevede, altresì, la locazione per un periodo non inferiore a 24 mesi, con al termine un'opzione di acquisto, del ramo aziendale di Carini (Sicilia) della «Keller Elettromeccanica s.p.a. in liquidazione» alla Tanitic Ltd, anch'essa facente parte della multinazionale Ruia Group, che però non ha previsto per il sito alcun investimento, né alcun suo immediato riutilizzo produttivo;
   nel giugno 2013 la regione siciliana ha chiesto alla Tanitic Ltd di riconsiderare l'ipotesi dell'impiego produttivo del sito ex Keller di Carini, offrendosi all'uopo di compiere le necessarie azioni istituzionali per sostenere tale ipotesi. Con nota del luglio 2013, la Tanitic Ltd ha dichiarato di accogliere positivamente tale disponibilità della regione siciliana e si è impegnata a riconsiderare l'ipotesi del rilancio produttivo del sito di Carini;
   per altro verso «Ansaldo Breda», società interamente controllata da Finmeccanica e operante nello stesso settore di «Keller Elettromeccanica s.p.a. in liquidazione», attualmente investe prevalentemente nel settore dell'alta velocità, mentre sarebbe proficuo che essa tornasse ad operare anche nei rami più tradizionali, tenuto conto che proprio la rete ferroviaria siciliana necessita di un urgente ammodernamento che contribuisca a rendere più efficiente la mobilità regionale;
   tra luglio e agosto 2013 alla forza lavoro siciliana dell'ex Keller, composta di 197 dipendenti, è stata prolungata di sei mesi la cassa integrazione straordinaria, alla quale, in mancanza di altre prospettive, seguirà inevitabilmente la messa in mobilità. Si consideri inoltre che la regione siciliana sta attraversando una grave crisi occupazionale, che il trasporto ferroviario resta un settore strategico per l'economia del nostro Paese e che lo stabilimento Imesi (Ansaldo Breda), di proprietà di Finmeccanica, è adiacente allo stabilimento ex Keller di Carini (PA) –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere per salvaguardare il livello occupazionale colpito da un'eventuale dismissione dello stabilimento ex Keller di Carini (PA), situato in un'area già fortemente depressa dal punto di vista economico, quale è la Sicilia, e quali azioni, diverse dall'utilizzo degli ammortizzatori sociali, intenda adottare a tutela dei lavoratori e per il rilancio del settore ferroviario;
   se il Governo non ritenga opportuno porre in essere ogni atto di competenza teso all'acquisizione da parte di Ansaldo Breda dello stabilimento ex Keller di Carini (PA) attualmente dotato di 197 lavoratori dipendenti, al fine di creare un polo ferroviario strategicamente utile al rilancio del settore ferroviario stesso in Italia, tenuto conto dello stato di deterioramento in cui versano soprattutto le linee ferroviarie siciliane;
   quali azioni ulteriori intenda intraprendere il Governo per il rilancio del sito Keller siciliano, anche in considerazione della disponibilità in tal senso espressa dalla regione siciliana e dalla Tanitic Ltd e se non ritenga utile l'apertura di un tavolo di confronto tra questi soggetti e tutti gli altri potenzialmente interessati al fine di verificare le concrete ed effettive possibilità di intervento. (4-01758)


   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, RIZZETTO, ROSTELLATO, BECHIS, BRUGNEROTTO, MUCCI, FANTINATI, DELLA VALLE, VALLASCAS, CRIPPA, BENEDETTI e TURCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Hydronic Lift SpA è un'azienda che produce componenti idraulici e meccanici per ascensori con uno stabilimento nel comune di Pero (Milano);
   dal sito internet della società si apprende che «oltre 200.000 ascensori in tutto il mondo installano dispositivi prodotti nello stabilimento di Pero [...] Hydronic Lift SpA negli anni si è conquistata una clientela a livello mondiale, dalla piccola impresa a tutte le multinazionali del settore, garantendo la conformità alle varie norme nazionali»;
   dopo alcuni mesi di cassa integrazione a rotazione, nella settimana di ferragosto i 30 dipendenti hanno ricevuto una lettera (datata 9 agosto 2013), con cui l'azienda li informava di aver avviato la procedura di cassa integrazione straordinaria per cessata attività. Rientrati dalle ferie, il 26 agosto 2013 i dipendenti hanno trovato lo stabilimento chiuso;
   il 30 agosto 2013, presso l'Associazione industriali di Saronno (Varese), si è svolto l'incontro tra i rappresentanti dei lavoratori, il sindacato e l'impresa, durante il quale i rappresentanti dell'azienda hanno ribadito la volontà di chiudere lo stabilimento e di licenziare 19 operai. Sottolineato che dal 27 agosto 2013, davanti all'ingresso dello stabilimento, è presente un presidio di dipendenti e organizzazioni sindacali per denunciare questo atto profondamente lesivo dei diritti e della dignità dei lavoratori. Sul cancello dello stabilimento, i dipendenti hanno secondo gli interroganti giustamente affisso un eloquente striscione con la scritta: «Vigliacchi !»;
   martedì 3 settembre 2013 è stato convocato un incontro al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in cui l'azienda sembrerebbe intenzionata a ribadire la richiesta di cassa integrazione straordinaria e la chiusura dello stabilimento di Pero, nonostante la decisa e motivata contrarietà di dipendenti e organizzazioni sindacali;
   va rilevata la particolare gravità della situazione, soprattutto per le inqualificabili modalità con cui si è proceduto alla chiusura dello stabilimento, di fronte alla quale sarebbe necessario un urgente intervento di tutte le Istituzioni, incluso il Governo, nel farsi parte attiva al fine di ripristinare la legalità –:
   in quale forma il Governo intenda affrontare tale grave situazione soprattutto in considerazione dell'incontro del 3 settembre 2013 tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali e azienda in questione;
   quali azioni abbia intrapreso o abbia intenzione di intraprendere il Governo per impedire che l'azienda chiuda ingiustificatamente lo stabilimento di Pero;
   quale ruolo stia svolgendo il Governo per garantire il rispetto della legalità e quale tipo di intervento ha avviato per arrivare ad una positiva soluzione della vertenza. (4-01761)


   TRIPIEDI, COMINARDI, RIZZETTO, CIPRINI, ROSTELLATO, BECHIS, MUCCI, FANTINATI, DELLA VALLE, VALLASCAS, CRIPPA, BENEDETTI, BRUGNEROTTO e TURCO. —Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Jabil Circuit Inc. è una società americana leader mondiale nel manufacturing elettronico e leader in Italia nella produzione di ponti radio per il settore delle telecomunicazioni e di componenti elettronici in particolare circuiti elettrici per i produttori di apparecchiature originali;
   il gruppo Nokia-Siemens con sede nel sito industriale di Cassina de’ Pecchi (MI), ha venduto la propria fabbrica al gruppo Jabil Circuit Inc. in data novembre 2007;
   il sito industriale di Cassina de’ Pecchi ha 50 anni di storia di innovazioni tecnologiche e di collaborazione con le università che hanno portato alla registrazione di svariati brevetti nel settore delle telecomunicazioni e che occupava, fino ad una decina di anni fa, circa 3000 lavoratori;
   la Jabil, di proprietà di Nokia, rappresentava la parte produttiva di questo polo di eccellenza dell'hi-tech italiano;
   la Jabil nel giugno 2010 ha venduto l'intera forza lavoro al fondo italoamericano Mercatech per poi tornare nuovamente alla guida dello stabilimento nel febbraio 2011. Tale operazione ha creato, in un lasso di tempo di soli sette mesi, un buco finanziario all'azienda stimabile in 70 milioni di euro;
   tutti i 325 dipendenti hanno ricevuto comunicazione di licenziamento via fax il 28 settembre 2011, licenziamento reso effettivo dalla data del 16 dicembre 2011;
   nella data del 16 luglio 2011 è iniziato un presidio permanente dei dipendenti l'azienda dinnanzi alla stessa, presidio a tutt'oggi presente;
   l'articolo 1 della Costituzione italiana recita che «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro»;
   il lavoro e l'occupazione rappresentano nel programma di Governo «la priorità» e che senza di esso il Paese rischia di affondare;
   la maggioranza dei 325 lavoratori licenziati dalla Jabil è di età superiore ai quarantanni e quindi con oggettive difficoltà di ricollocazione nel mondo del lavoro;
   il 29 giugno 2012 è stato redatto un «Protocollo istituzionale d'intesa a tutela della vocazione industriale del sito di Cassina dà Pecchi» sottoscritto dal Ministero dello sviluppo economico, dalla regione Lombardia, dalla provincia di Milano e dal comune di Cassina de’ Pecchi;
   esiste un impegno preso dal Governo, nella persona dell'ex Ministro dello sviluppo economico, Ministro Corrado Passera, attraverso un suo rappresentate in data 23 luglio 2012 durante una riunione presso il comune di Cassina de’ Pecchi, di dare un mandato ufficiale all'agenzia governativa Invitalia per elaborare un progetto di rilancio delle attività produttive nell'area in questione e che i 325 dipendenti in mobilità dell'azienda Jabil stanno a tutt'oggi attendendo una risposta in merito;
   nel mese di febbraio 2013 i dipendenti Jabil hanno ottenuto, tramite un accordo scritto tra l'amministrazione comunale di Cassina de’ Pecchi e la Jabil, i macchinari per la produzione da destinare gratuitamente all'imprenditore che si farà carico della ripresa delle attività produttive nell'area industriale in questione;
   i lavoratori licenziati hanno trovato un imprenditore interessato a rilevare i macchinari della Jabil riassumendo parte degli ex-dipendenti ma si trovano a fronteggiare la multinazionale Nokia, proprietaria dell'area, che non intende favorire la reindustrializzazione della stessa continuando tra l'altro a dichiarare esuberi tra i propri dipendenti (circa 700 su 1000 solo nell'ultimo anno) –:
   se i Ministri, ciascuno per le proprie competenze, conoscono i dati dei lavoratori interessati dai licenziamenti e il piano di riorganizzazione aziendale della Jabil;
   se i Ministri intendono assumere provvedimenti e quali a tutela dell'occupazione e degli effetti sociali degli annunciati licenziamenti;
   quali misure urgenti e/o provvedimenti i Ministri intendano assumere per promuovere il dialogo con le parti sociali allo scopo di predisporre un piano industriale per salvaguardare il livello occupazionale sull'area industriale in questione;
   se i Ministri, ciascuno per le proprie competenze, abbiano predisposto una strategia per gestire la situazione e quali impegni intendano assumere per lo sviluppo del gruppo. (4-01762)


   PLACIDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 18 della legge n. 68 del 1999, recante norme per il diritto al lavoro dei disabili, al secondo comma prevede: «In attesa di una disciplina organica del diritto al lavoro degli orfani e dei coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause, nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati, il cui status è riconosciuto ai sensi della legge 26 dicembre 1981, n. 763, è attribuita in favore di tali soggetti una quota di riserva, sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di cinquanta dipendenti, pari a un punto percentuale e determinata secondo la disciplina di cui all'articolo 3, commi 3, 4 e 6, e all'articolo 4, commi 1, 2 e 3, della presente legge. La predetta quota è pari ad un'unità per i datori di lavoro, pubblici e privati, che occupano da cinquantuno a centocinquanta dipendenti. Le assunzioni sono effettuate con le modalità di cui all'articolo 7, comma 1. Il regolamento di cui all'articolo 20 stabilisce le relative norme di attuazione»;
   successivamente alla approvazione della legge n. 68 del 1999, veniva emanato il decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 2000 (Regolamento di esecuzione per l'attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68), il quale all'articolo 9, commi 3 e 4, espressamente recita: «3. Ai fini della definizione da parte delle regioni, dell'attribuzione dei punteggi di valutazione degli elementi che concorrono alla formazione delle graduatorie, le regioni medesime, a norma di quanto previsto dall'articolo 8, comma 4, della legge n. 68 del 1999, tengono conto, prioritariamente, dei seguenti criteri generali:
    a) anzianità di iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio;
    b) condizione economica;
    c) carico familiare;
    d) difficoltà di locomozione nel territorio.
   4. Le regioni, in base alle singole esigenze locali, possono individuare ulteriori criteri rispetto a quelli di cui al comma 1»;
   sempre per un corretto inquadramento della normativa relativa all'argomento della presente interrogazione, deve essere ulteriormente richiamato l'articolo 3, comma 123, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008) che ha stabilito l'equiparazione degli orfani di caduti sul lavoro alle vittime del terrorismo. Tale articolo prevede, per l'appunto, l'equiparazione della categoria degli orfani o, in alternativa, del coniuge superstite di coloro che siano morti per fatto di lavoro, ovvero siano deceduti a causa dell'aggravarsi delle mutilazioni o infermità che hanno dato luogo a trattamento di rendita da infortunio sul lavoro, a quella delle vittime del terrorismo di cui all'articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, prevedendo ai fini del collocamento obbligatorio, un diritto di precedenza con preferenza a parità di titoli, per i soggetti indicati rispetto ad ogni altra categoria, introducendo riserve di posti per l'assunzione ad ogni livello e qualifica anche a favore di coloro che svolgono già un'attività lavorativa;
   in Italia, quindi, dopo un costante processo evolutivo della normativa sul lavoro, attualmente le vedove e gli orfani dei caduti sul lavoro sono tutelati principalmente dall'articolo 18 della legge n. 68 del 1999 e successivamente sono stati equiparati, nel 2007, quanto alla loro tutela, alle vittime del terrorismo;
   si è passati, così, dalle prime forme di tutela e di solidarietà offerte dalle società operaie di mutuo soccorso e dalle prime forme di tutela sindacale ad una codificazione legislativa di una (per certi versi) impropria (proprio perché lasciata al volontarismo) primitiva o originaria forma di assistenza. Attualmente, pertanto, è lo Stato che si prende carico, attraverso un meccanismo che dovrebbe garantirne la priorità nella collocazione lavorativa, dei familiari delle vittime dei caduti sul lavoro, equiparati alle vittime del terrorismo;
   la frammentarietà e l'assenza di una disciplina organica che garantisca una applicazione omogenea che non determini disparità e disuguaglianze tra regione e regione, territorio e territorio, produce effetti paradossali e assai discriminatori dei diritti dei cittadini che versano nelle condizioni previste dalla legge;
   così se è vero che, ai sensi dell'articolo 9, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 2000, «le regioni, in base alle singole esigenze locali, possono individuare ulteriori criteri rispetto a quelli di cui al comma 1», i quali restano i criteri generali, è altrettanto vero che non potrebbe in alcun modo essere possibile (proprio ai sensi del dettato normativo testé riportato) che gli «ulteriori» criteri nella realtà nullifichino e vanifichino il precetto legislativo in questione;
   a questo proposito sarebbe accaduto, e sembra continui ad accadere, che, per gli avvisi pubblici per l'avviamento a selezione per l'assunzione presso gli enti locali o enti sub regionali della Basilicata con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato di lavoratori appartenenti alle categorie protette di cui all'articolo 18, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68, si faccia riferimento, a quanto consta all'interrogante, quanto all'anzianità, non già ai criteri generali di cui all'articolo 9, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 2000 bensì al decreto legislativo n. 181 del 2000. Ciò determina come conseguenza immediata che le graduatorie previste e stilate dai centri per l'impiego (CPI) provinciali ai sensi della legge n. 68 del 1999, vengano formulate con un criterio peraltro nemmeno espressamente contenuto nel dettato del decreto legislativo n. 181 del 2000 appena richiamato. Questa interpretazione della legge e questa conseguente ed incomprensibile discrasia è dovuta alla applicazione, solamente ai fini degli avvisi pubblici a cui si è innanzi fatto cenno, di un diverso periodo di anzianità di iscrizione che viene ricalcolato in funzione di ogni nuovo e diverso avviso pubblico;
   in realtà, la ratio ispiratrice di detto decreto è quella di fissare criteri di indirizzo in materia di lavoro anche per adeguare il sistema di incontro tra domanda e offerta agli indirizzi comunitari intesi a promuovere strategie preventive della disoccupazione giovanile e della disoccupazione di lunga durata. Sulla base di detta finalità ispiratrice, le regioni avrebbero potuto in via generale dotarsi di strumenti più particolari tesi a favorire l'incontro di domanda e offerta di lavoro;
   questa applicazione del dettato normativo che l'interrogante giudica impropria determina che le graduatorie regionali della regione in questione (redatte per gli avvisi pubblici di avviamento a selezione di lavoratori ex articolo 18, legge n. 68 del 1999), che dovrebbero essere la mera risultante delle due graduatorie provinciali (Potenza e Matera), vedono comparire soggetti che non erano presenti in nessuna delle due graduatorie provinciali nell'anno precedente e che invece vi rientrano con una anzianità rilevante;
   questa applicazione già di per sé determina sostanzialmente una mancanza di trasparenza perché i soggetti iscritti nelle graduatorie ex lege n. 68 del 1999, i quali hanno una legittima aspirazione a vedersi collocati una volta che le graduatorie medesime vedranno scorrere «verso l'alto» la propria posizione, in realtà, ad ogni avviso pubblico per la selezione di lavoratori ex articolo 18, comma 2, legge n. 68 del 1999, si possono vedere sopravanzare da lavoratori mai iscritti prima nelle graduatorie previste ex lege (ma che risultano con una anzianità di diversi anni) o che addirittura siano presenti soggetti che, nelle graduatorie ai sensi della legge n. 68 del 1999, hanno una certa anzianità e così si trovino «indietro», mentre nella specifica ed apposita graduatoria di cui all'avviso pubblico, se ne ritrovino all'improvviso un'altra, «avanti» di posizione;
   in verità, questa situazione è evidente, per lo meno, con riferimento agli avvisi pubblici nei quali ictu oculi si determina una situazione sicuramente diversa da quello che risultava precedentemente dalle graduatorie provinciali. Tuttavia, ciò è possibile evincerlo unicamente in relazione a situazioni più «antiche». Infatti, ciò che preoccupa ulteriormente è che, in virtù di quella che si ritiene una impropria applicazione, sia pure a livello della regione in questione, del dettato legislativo nazionale, un soggetto rientrante nelle categorie di cui all'articolo 18 della legge n. 68 del 1999 (ma in realtà questa applicazione impropria della legge vale per tutti i lavoratori), anche nel momento in cui si iscrive nelle relative graduatorie presso il CPI di riferimento invece che maturare quale dies a quo della propria anzianità il giorno di iscrizione (ai sensi della laconica formulazione «anzianità ex lege n. 181 del 2000») potrebbe nella sostanza autocertificare una anzianità più risalente nel tempo rispetto a quella prevista ex lege (legge n. 68 del 1999 e decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 2000) e così frustrarne il relativo dettato normativo. In pratica, soprattutto per le iscrizioni più recenti potrebbe accadere che sin nel momento della iscrizione nel CPI si autocertifichi l'anzianità sopravanzando coloro i quali sono in attesa, perché iscritti, da più tempo. Quindi, nonostante una iscrizione assai recente che continua – o sarebbe più giusto dire «dovrebbe continuare» – ad essere l'unico criterio su cui fondare un diverso punteggio ai fini della possibilità del collocamento rispetto a coloro che conservano una anzianità di iscrizione maggiore, che in questo senso dovrebbero risultarne avvantaggiati, si possa ottenere d'emblée un punteggio di disoccupazione ben maggiore perché, autocertificando la propria anzianità, chi si iscrive oggi, ai sensi di questa discutibile applicazione del decreto legislativo n. 181 del 2000, possa risultare iscritto anche da 10 anni, ad esempio. Il tutto senza che gli altri soggetti iscritti possano avvedersene;
   per esemplificare ulteriormente, così procedendo, accade che una persona a cui muore il proprio genitore, sul lavoro, nel 2013, e da oggi si metta in cerca di occupazione chiedendo la propria iscrizione nel centro per l'impiego, potrebbe autocertificare una anzianità di vent'anni così scavalcando persone che attendono nelle liste da ben più tempo. Questo modo di procedere appare all'interrogante, ove confermato, assurdo, illogico, iniquo, diseguale, dal momento che chi si viene a trovare solo oggi in una situazione come quella che la legge vuole tutelare non può precedere, grazie ad una «applicazione impropria» della legge, coloro i quali sono in cerca di occupazione da ben più tempo;
   quanto sino ad ora evidenziato (nei punti che precedono) rappresenta, in un certo senso, una interpretazione possibile di ciò che accade mentre il dato incontrovertibile rimane che, da un anno all'altro risulta che sarebbero ricompresi nell'ambito delle graduatorie provinciali (e con una anzianità, alcune volte, risalente nel tempo) soggetti che nella graduatoria dell'anno precedente non risultavano presenti;
   sempre in relazione a ciò che accade nell'ambito delle categorie in argomento, va precisato che, ai fini del riconoscimento dello status di orfani e di coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro [...], tanto alcuni siti ministeriali che circolari esplicative richiedono che sia l'INAIL ad attestare l'avvenuta corresponsione della rendita in virtù del conclamato riconoscimento dell'evento che li riguarda in relazione all'attività lavorativa prestata dal proprio congiunto. Non è possibile, in pratica, che questa condizione, o status, possa essere autocertificata né che vi siano altre forme «equipollenti» di attestazione, come ad esempio verbale dei carabinieri, atto notorio, attestazioni aziendali, certificazioni INAIL in cui l'evento morte non viene messo in relazione di causalità come nesso eziologico con l'infortunio precedentemente occorso e in cui non si fa cenno alla corresponsione di una rendita, cosa che purtroppo a quanto consta all'interrogante potrebbe accadere in relazione a soggetti presenti nelle graduatorie provinciali o negli avvisi pubblici di avviamento a selezione. In questo modo non vi sarebbe la certezza che alcuni soggetti abbiano titolo di preferenza nell'iscrizione nelle graduatorie di cui si tratta né ad accedere agli avvisi pubblici a selezione con priorità rispetto agli altri;
   la precisazione svolta al punto che precede assume assoluta rilevanza con riferimento ai congiunti di vittime del lavoro. Infatti, l'equiparazione degli orfani di caduti sul lavoro con le vittime del terrorismo ha determinato, quale forma di ristoro per gli stretti congiunti dei caduti sul lavoro (alla stessa stregua dei congiunti dei caduti per mano terroristica), una serie di «privilegi» per tali soggetti anteponendoli a qualsivoglia altra categoria in caso di assunzione. Essi, ad esempio, mantengono il diritto ad un titolo di preferenza nei concorsi pubblici a parità di punteggio a prescindere dallo stato di disoccupazione ed a prescindere dalla stessa iscrizione nelle liste (purché comprovino tale status) oppure, sempre per rimanere ad una ipotesi esemplificativa, nel comparto Ministeri, hanno il diritto alla chiamata nominativa diretta anche in relazione alle categorie B3, C1 e C2 (per i livelli retributivi dal sesto all'ottavo) e fino al 10 per cento delle carenze in organico (vale a dire ben oltre le aliquote di riserva delle categorie protette). Orbene, da tale equiparazione, deriva che nell'ambito della categoria «non disabili», grazie e proprio in virtù della suddetta richiamata equiparazione, gli orfani abbiano diritto a una precedenza assoluta rispetto agli altri soggetti che pure hanno diritto alla iscrizione nella stessa categoria e alla quota di riserva dell'1 per cento. Tuttavia la mancata verifica dello status in questione (verifica della sussistenza certificazione INAIL che solo parzialmente avviene unicamente per la provincia di Potenza), in uno alla mancata evidenziazione di una distinzione all'interno della graduatoria («non disabili») tra gli orfani e gli altri soggetti, rende non agevole verificare chi effettivamente e legittimamente sopravanza altri. Questo modo di procedere non rappresenta secondo l'interrogante assolutamente un elemento di trasparenza;
   l'articolo 21 della legge 12 marzo 1999 n. 68 prevede: «1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale ogni due anni, entro il 30 giugno, presenta al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, sulla base dei dati che le regioni annualmente, entro il mese di marzo, sono tenute ad inviare al Ministro stesso». La relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge in questione è scritta sulla scorta dei dati che annualmente le regioni sono tenute ad inviare; la norma non prevede una sanzione in caso del mancato invio delle informazioni da parte delle regioni. Con riferimento alla Basilicata, tuttavia, dalle relazioni presentate, emergono una serie di dati che non appaiono collimanti con quanto emerge dalle graduatorie provinciali relative agli stessi anni di riferimento, soprattutto per ciò che attiene ai «non disabili» ci sono inoltre una serie di dati discutibili. Infatti, a fronte di un numero complessivo di iscritti al 31 dicembre di ogni anno che progressivamente decresce dai 756 del 2003 ai circa 603 del 2010, vi è un numero di iscritti durante l'anno che inizialmente passa dai 79 del 2003 ai 27 del 2006 salvo poi avere una brusca impennata dal 2007, in cui raggiunge le 109 unità, rimaste poi pressoché costanti negli anni successivi;
   va precisato che esistono nella sostanza due tipi di iscrizioni: a) quella degli iscritti al «31 dicembre», che è la graduatoria stilata per coloro i quali sono in cerca di occupazione; b) quella degli iscritti «durante l'anno», che non rientrano ancora a far parte della graduatoria effettiva ma vi rientreranno l'anno successivo;
   i nuovi iscritti «durante l'anno» contemplano anche le morti o gli infortuni sul lavoro che producano una invalidità che la legge richiede per tale iscrizione e che siano state (come status) riconosciute dall'INAIL;
   orbene, basta porre mente ai dati INAIL, per rendersi conto che l'incidenza delle morti e di simili infortuni, per ciò che attiene alla gestione regionale, può dirsi molto contenuta e il numero di coloro i quali possono maturare un diritto alla iscrizione può tranquillamente considerarsi limitato in pochissime unità, in media una decina;
   il numero di persone complessivamente avviate al lavoro annualmente nel periodo di riferimento – 2003/2010 – è variato da un minimo di 13 unità ad un massimo di 41;
   nelle relazioni biennali inviate dal Ministero al Parlamento emerge che il numero degli iscritti «durante l'anno» per l'intera regione Basilicata, vale a dire di nuovi soggetti che versino nelle condizioni richieste dalla legge, risulta indicato (nelle relazioni ministeriale) in 79 unità nel 2003 40 nel 2005, 27 nel 2006, 109 nel 2007, 101 nel 2008, 96 nel 2009 e 100 nel 2010 (mancano nelle relazioni i dati del 2004 e del 2011 perché non comunicati dalla regione). È perlomeno singolare verificare come per i dati ufficiali INAIL le morti sul lavoro dal 2007 al 2010 siano state in media pari a 12,8 unità all'anno. Immaginando una media che rimane pressoché costante (salvo piccole variazioni) non si comprende un numero di persone così elevato ed anomalo, e che rimane costante nel tempo, di persone che ogni anno si iscrivono ex novo;
   proprio partendo dai dati INAIL a cui si è innanzi fatto riferimento non è facilmente spiegabile l'impennata di iscrizione che si registra nel 2007, quando si è passati dalle 27 unità dell'anno precedente a 109. Complessivamente, infatti, dal 2003 al 2010 – secondo i dati della relazione ministeriale – si registrano complessivamente 21 risoluzioni, elemento che contribuisce a rendere poco credibile l'aumento in questione che dal 2007 in poi fa mantenere una media costante di 100 nuove iscrizioni l'anno. Tale dato desta ancor più preoccupazioni se raffrontato con quello, più contenuto, di altre regioni ben più numerose;
   anche qualora l'interpretazione dei dati di cui al punto che precede fornita da chi scrive non fosse corretta e si volessero ricomprendere nelle iscrizioni degli iscritti «durante l'anno» anche coloro i quali rinnovino la iscrizione dell'anno precedente (e non solo gli iscritti «ex novo»), dovrebbe derivarne che nella successiva graduatoria al «31 dicembre» debbano essere ricompresi unicamente gli iscritti durante l'anno (al 31 dicembre 2007, per rimanere all'esempio, dovrebbero risultare unicamente 109 iscritti in graduatoria). Cosa che invece non sembra avvenire;
   la relazione ministeriale inviata al Parlamento per ciò che attiene al 2010 (manca come detto qualsiasi dato per il 2011) riferisce che gli iscritti nella categoria «non disabili» (ex articolo 18) al 31 dicembre dello stesso anno siano pari a 603 unità. Nello stesso anno dalle graduatorie provinciali (di Potenza e Matera) risultano complessivamente 347 iscritti al 31 dicembre (105 nella graduatoria di Potenza e 242 in quella di Matera; peraltro un ulteriore elemento «singolare» è il fatto che nella provincia di Matera, che ha abitanti pari a circa la metà di quella di Potenza, vi sia una così rilevante incidenza statistica di morti od infortuni);
   le stesse incongruenze si registrano anche negli anni precedenti;
   sarebbe interessante inoltre comprendere nel dettaglio a quale guerra si riferiscano le vedove e gli orfani di guerra iscritti in numero di 22 nella graduatoria al 31 dicembre 2010 della Provincia di Matera e soprattutto quanti anni abbiano;
   quanto alla pubblicità delle graduatorie, l'esigenza di contemperare la stessa con la tutela dei dati personali degli iscritti in relazione ai dati sensibili deve trovare un giusto punto di equilibrio e deve essere uniforme su tutto il territorio nazionale; così, se è vero che gli interessati abbiano diritto a non vedere resa pubblica la loro malattia, non è altrettanto vero che gli altri beneficiari iscritti nelle liste in maniera comparativa non abbiano diritto a conoscere status, punteggio di anzianità, carichi di famiglia, reddito di coloro i quali li precedono nella graduatoria. Non è possibile, a parere di chi scrive, avere delle graduatorie on line che recano dei codici numerici attraverso i quali ogni beneficiario può verificare soltanto la propria posizione e non quella degli altri. Il diritto alla riservatezza attiene alla malattia ma non anche ad altri elementi che, nel momento in cui ci si iscrive in una graduatoria pubblica che prevede requisiti ben definiti, devono poter essere conosciuti da tutti. Sarebbe il caso che anche in relazione a questo aspetto si abbia una disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale;
   in relazione agli appartenenti alla categoria degli orfani e dei coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause, nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro, la legge n. 407 del 1998 stabilisce anche per le pubbliche amministrazioni l'obbligo delle assunzioni degli appartenenti alla categoria delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata o loro congiunti, con precedenza assoluta rispetto alle altre categorie protette, anche nell'ipotesi in cui già svolgano un'attività lavorativa e, quindi, in alternativa a quest'ultima. Al riguardo, nella circolare 14 novembre 2003, n. 2 «Vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Assunzioni obbligatorie presso amministrazioni pubbliche» (Gazzetta Ufficiale 5 dicembre 2003, n. 283, Serie Generale) del dipartimento della funzione pubblica si prevede quanto segue: «I soggetti di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 407 del 1998, hanno diritto al collocamento obbligatorio di cui alle vigenti disposizioni legislative, con precedenza assoluta rispetto ad ogni altra categoria protetta. [...] In ogni caso dette assunzioni possono essere effettuate tramite chiamata diretta, a seguito di domanda che gli interessati possono presentare alle amministrazioni pubbliche. Nell'eventualità in cui non risultino presentate domande, l'amministrazione dovrà rivolgersi ai competenti uffici di collocamento per attingere alle relative liste». Tra l'altro, l'articolo 35, comma 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001 dispone che: «Per il coniuge superstite e per i figli del personale delle Forze armate, delle Forze dell'ordine, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del personale della Polizia municipale deceduto nell'espletamento del servizio, nonché delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, e successive modificazioni ed integrazioni, tali assunzioni avvengono per chiamata diretta nominativa». Ai sensi della sopra citata circolare del dipartimento della funzione pubblica, «ogni amministrazione, ai fini dell'assunzione di soggetti appartenenti alle categorie protette, deve attenersi alle seguenti fasi procedurali: 1) determinare, nell'ambito della programmazione del fabbisogno di personale, la consistenza numerica dei soggetti da assumere, appartenenti alle categorie protette; 2) determinare preventivi, oggettivi e pubblici criteri per lo svolgimento delle prove di idoneità previste dall'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487. Tali prove, che non comportano valutazioni comparative, sono finalizzate all'accertamento di specifiche capacità e conoscenze correlate sia alla tipologia di lavoro da svolgere sia al livello di titolo di studio per esso richiesto; 3) determinare preventivi, oggettivi e pubblici criteri anche con riferimento all'ordine di convocazione degli interessati ai fini dell'espletamento delle prove di idoneità». Come precisato innanzi, l'articolo 3 comma 123 della legge n. 244 del 2007 (la finanziaria 2008) ha stabilito l'equiparazione degli orfani di caduti sul lavoro con le vittime del terrorismo;
   tutta la normativa in questione si presenta non sistematica e contraddittoria in ragione del fatto che l'assunzione per chiamata nominativa dei soggetti rientranti nella categoria dei caduti sul lavoro, in quanto equiparati, sembrerebbe essere una facoltà per le pubbliche amministrazioni e allo stesso tempo un dovere, a tale conclusione pervenendosi per l'uso dell'indicativo dell'articolo 35, comma 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   non è possibile che ad oggi vi siano soggetti, orfani di caduti sul lavoro, in Basilicata che da alcuni decenni siano in attesa di una collocazione e che si trovino costantemente superati da nuovi iscritti –:
   quali iniziative, anche di natura conoscitiva, normativa o di controllo, per quanto di competenza nazionale, il Governo intenda assumere per contrastare la situazione denunciata in premessa e per assicurare una corretta ed uniforme applicazione delle norme sull'intero territorio nazionale. (4-01763)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il «Cabaser» è un farmaco molto importante previsto nei piani terapeutici di moltissimi malati di Parkinson;
   il Parkinson è una malattia neurodegenerativa che in Italia interessa circa 150.000 soggetti e altri 50.000 sono i pazienti affetti da parkinsonismo;
   con questi numeri è evidente che la scelta di far uscire diversi farmaci dal prontuario farmaceutico e inserirli nella fascia a pagamento rappresenta una scelta penalizzante per pazienti che sono costretti a farne uso sistematico e continuo;
   oltre al Cabaser gli altri farmaci interessati sono l'Azilect, bromocriptina e Pegolide –:
   se e quali iniziative il Governo intenda promuovere per evitare che questi farmaci vengano catalogati in fascia C e fuori dal prontuario evitando ai pazienti e alle loro famiglie una ulteriore penalizzazione economica. (5-00955)


   LENZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 settembre la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che lo Stato italiano deve versare un adeguamento dell'indennità integrativa a tutti i cittadini infettati da Hiv, epatite B o C dopo una trasfusione o somministrazione di emoderivati;
   sino a oggi i cittadini interessati ricevevano un indennizzo che, sulla base della legge n. 210 del 1992, si attestava a circa 542 euro al mese. Una somma che però non è mai stata rivalutata tenendo conto dell'indice Istat utilizzato per calcolare l'adeguamento al tasso di inflazione e quindi al costo della vita. In sostanza, per oltre vent'anni, si è rimasti legati ai parametri del 1992. La sentenza di Strasburgo afferma invece il principio che nessun cittadino può essere escluso dalla retroattività dell'adeguamento Istat;
   in precedenza la situazione non si era sbloccata neppure dopo che la Corte costituzionale italiana, nel 2011, aveva dichiarato l'illegittimità del decreto n.78 del 2010 che limitava la rivalutazione dell'indennità a quella base, escludendo quindi quella integrativa;
   un provvedimento, quest'ultimo, ora censurato anche dalla Corte di Strasburgo, secondo la quale lo Stato italiano ha solo voluto garantirsi un vantaggio economico nei processi intentati dai ricorrenti contro il mancato pagamento della rivalutazione dell'indennità, violando così i diritti dei ricorrenti e di tutti coloro che si trovano nella loro stessa situazione;
   in base a quanto stabilito dai giudici europei, lo Stato italiano avrà sei mesi di tempo, dal momento in cui la sentenza diventerà definitiva, «per stabilire una data inderogabile» entro cui s'impegna a pagare rapidamente le somme dovute. La sentenza non sarà comunque definitiva prima di tre mesi, cioè il tempo a disposizione del Governo italiano per chiedere la revisione del caso davanti alla Grande Camera della stessa Corte;
   finalmente, grazie a questa sentenza, si riconosce a tutti i circa 60 mila cittadini italiani infettati, senza differenze, la possibilità di percepire gli arretrati dell'adeguamento Istat per l'indennizzo loro riconosciuto –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere affinché, dopo più di venti anni di sofferenti battaglie, a questi cittadini venga riconosciuto finalmente un loro diritto aggiungendo ai 542 euro già previsti la rivalutazione dell'indennità calcolata in circa 140 euro al mese. (5-00957)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la società Politex del Gruppo Freudenberg, ha avviato un processo di riorganizzazione dei propri siti per mantenere e rafforzare la produzione in Italia;
   la necessità sarebbe dovuta al periodo di crisi che colpisce particolarmente il settore delle costruzioni;
   nel processo di ristrutturazione è prevista la chiusura di una linea in Valbasento Pisticci in provincia di Matera oltre che di due a Novedrate (Como) con 47 esuberi complessivi;
   per quanto riguarda l'impianto di Pisticci la chiusura di una linea suscita preoccupazioni circa il futuro dell'intero impianto e anche le sue ripercussioni più in generale sul sito industriale della Valbasento;
   preoccupazioni tra i lavoratori erano emerse sin dal momento in cui nel recente passato per la realizzazione di un nuovo sito in Russia erano state inviate proprio maestranze dell'impianto lucano ad addestrare gli addetti russi;
   si tratta di un impianto ad alta capacità di innovazione con maestranze e professionalità indiscutibili –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda attivare con la massima urgenza per verificare con la società e le organizzazioni sindacali la possibilità di scongiurare gli esuberi e di valutare l'utilizzo di strumenti idonei ad affrontare l'attuale crisi di mercato della Politex senza procedere a licenziamenti e aiutando la società ad affrontare il processo di ammodernamento soprattutto per quanto concerne il sito della Valbasento. (5-00962)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'aeroporto regionale dell'Abruzzo di Pescara perde i voli postali notturni in coincidenza con la chiusura del centro di meccanizzazione delle poste di via Volta di Pescara;
   tale scelta oltre che danneggiare l'occupazione locale, crea seri problemi alle prospettive dell'aeroporto regionale dell'Abruzzo di Pescara avendo l'ENAC deciso di ridurre l'assistenza al volo da 24 ore giornaliere a 18 ore;
   Poste italiane, attraverso il proprio operatore Mistral Air, ha scelto l'aeroporto di Ancona rinunciando a quello di Pescara per i voli postali –:
   quali siano le motivazioni di questa scelta di Poste italiane e quali iniziative intendano assumere per evitare questo progetto negativo per il futuro dell'aeroporto regionale dell'Abruzzo di Pescara.
(4-01744)


   BUSIN. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Afv Beltrame, attivo nella siderurgia dal 1896, fra i leader europei nella produzione di acciaio, da alcuni anni accusa un calo di ordini e produzione conseguente alla grave crisi economica, e che negli scorsi anni, per tale ragione, si sono susseguiti piani di riorganizzazione nei poli produttivi del gruppo, ad eccezione, fino ad oggi, di quello di Vicenza;
   organi di stampa locale (Giornale di Vicenza e Corriere del Veneto) riportano in questi giorni la notizia secondo la quale la Acciaierie Beltrame ha annunciato ai sindacati un piano di riorganizzazione con 65 esuberi, per lo più di operai, proprio nello stabilimento berico dove operano 580 dipendenti;
   le organizzazioni sindacali, fortemente contrarie alla decisione aziendale, hanno fissato un incontro per il 13 settembre 2013, quando probabilmente inizierà la trattativa, sottolineando come a Vicenza la potenzialità produttiva dell'azienda risulta sovradimensionata visto il mercato, in quanto lo stabilimento può produrre fino a 1,2 milioni di tonnellate di acciaio all'anno mentre l'azienda ha ipotizzato di ridurre il personale portando l'operatività dai 20 turni settimanali attuali a 15;
   nei giorni scorsi, si sono incontrati i vertici vicentini delle principali sigle sindacali e i rappresentanti parlamentari della zona, allo scopo di fare il punto della situazione sull'economica locale, assumendosi l'impegno di monitorare costantemente la realtà vicentina sostenendo con forza le priorità lavorative del territorio;
   la recessione ha costretto già numerosi imprenditori, anche in provincia di Vicenza, a chiudere la propria attività con evidenti e pesanti ripercussioni sui livelli occupazionali impiegati, e che la chiusura delle attività imprenditoriali ha determinato, soprattutto nella provincia berica, uno sconforto psicologico tanto negli imprenditori quanto negli operai, trasformatosi anche in alcuni e drammatici episodi di suicidio –:
   se non ritengano opportuno avviare opera di moral suasion e di adoperarsi presso tutte le sedi competenti al fine di salvaguardare i livelli occupazionali delle famiglie interessate dalla vicenda delle Acciaierie Beltrame. (4-01757)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in commissione Realacci ed altri n. 5-00913, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Manfredi, Carrescia, Gadda.