Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 9 agosto 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 54, secondo comma, della Costituzione, nello stabilire che i cittadini chiamati a svolgere funzioni pubbliche devono adempierle «con disciplina ed onore», impone non solo il rispetto della «legalità formale», ma anche l'osservanza di ineludibili principi etico-morali, di cui sente urgente bisogno il popolo italiano;
    dalla citata norma costituzionale discende, tra l'altro, l'obbligo per coloro che ricoprono incarichi istituzionali di servire la Nazione, di adempiere le proprie funzioni con imparzialità, indipendenza e nel rispetto della legge, di perseguire l'interesse pubblico, di collaborare lealmente con i diversi poteri dello Stato, di ispirare i propri comportamenti alla sobrietà, alla serietà ed alla morigeratezza che si conviene a quanti sono chiamati a rappresentare il Paese e le sue Istituzioni democratiche;
    stanno crescendo nell'opinione pubblica, ormai già da alcuni anni, sentimenti di profondo disagio e di diffusa insofferenza per la condotta di uomini politici, appartenenti a diversi schieramenti, che – venendo meno alle responsabilità connesse agli incarichi istituzionali ad essi affidati ed in aperta violazione di quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 54 della Costituzione – tengono comportamenti per più versi riprovevoli, diretti ad assicurare a sé o ad altri indebiti vantaggi dall'esercizio delle funzioni pubbliche o ad abusare dei propri poteri e delle risorse loro affidate in ragione dell'ufficio che ricoprono;
    al discredito e alla delegittimazione delle istituzioni democratiche del Paese indubbiamente concorrono anche informazioni relative alla condotta pubblica e privata di uomini politici. La grande risonanza che trovano sulla stampa questi atteggiamenti insinua nella opinione pubblica che non si tratti di casi isolati, ma di uno stile e di un modo di procedere di tutta la politica. Non è certamente così, ma la condotta di chi ricopre incarichi pubblici non dovrebbe mai perdere di vista una sua specifica esemplarità. Si nota l'emergere di stili di vita difficilmente compatibili con la dignità di chi governa e con il decoro delle istituzioni e della vita pubblica. Si assiste a comportamenti in stridente contrasto con il tradizionale patrimonio morale del popolo italiano, che dai suoi legislatori e dai suoi governanti si attende l'esercizio delle cosiddette virtù repubblicane, a cominciare dall'onestà e dalla sobrietà, dalla giustizia e dalla competenza, dalla mancanza di conflitti d'interessi e dalla solidarietà, soprattutto quando è in atto una drammatica crisi economica che penalizza pesantemente le famiglie;
    l'allarmante «crisi morale» della politica italiana si ripercuote negativamente anche sul piano istituzionale ed economico: non vi è dubbio, infatti, che lo smarrimento di saldi valori etici accresca il distacco tra cittadini e istituzioni, renda queste ultime meno credibili ed affidabili ed alimenti la sfiducia degli operatori economici nella capacità del Paese e dei suoi governanti di reagire efficacemente alla crisi in atto. L'Italia non si è mai trovata tanto chiaramente dinanzi alla verità della propria situazione, che le impone di correggere abitudini e stili di vita. Cosa facile da dire, ma estremamente difficile da applicare;
    negli Stati Uniti – dove già da tempo sono attivi presso il Congresso organi deontologici autorevoli e severi, quali il Committee on Standards of Official Conduct della Camera dei rappresentati ed il Select Committee on Ethics del Senato federale – nel 2008 è stato istituito l'OCE – Office of Congressional on Ethics, organismo indipendente, composto in egual misura da democratici e repubblicani, con il compito di indagare su casi di violazione del codice etico da parte di uomini politici, componenti del loro staff pubblici funzionari;
    l'esigenza di innalzare il livello di moralità della politica è stata ritenuta prioritaria anche in Francia, dove lo scorso 6 aprile è stato approvato il Code de déontologie della Assemblée nationale e, il successivo 15 giugno, è stato nominato il primo Déontologue de l'Assemblée nationale, un organo volto a garantire l'indipendenza, l'imparzialità e la probità dei deputati francesi;
    appare dunque necessario dotare con urgenza anche l'ordinamento italiano di credibili e trasparenti sistemi di valutazione e garanzia dell'etica pubblica e dell'integrità della classe dirigente politica, introducendo un complesso di regole deontologiche e di meccanismi di controllo e sanzione in grado di garantire la correttezza e la moralità dei comportamenti di coloro che ricoprono, a tutti i livelli, cariche elettive o di nomina politica;
    si ritiene che un simile compito non possa essere lasciato solo all'iniziativa spontanea, – pur necessaria –, perché il solo ricorso all'autodisciplina delle forze politiche si è dimostrata non sufficiente per prevenire e sanzionare l'illegalità ed il malcostume; né un simile compito può essere affidato all'iniziativa spontanea delle singole istituzioni, ma deve rientrare in un quadro chiaro e coerente di regole comuni – tenuto conto dell'esigenza di assicurare a tutti i livelli di governo – nazionale e locale – standard uniformi di correttezza e moralità nella condotta specialmente di chi è chiamato a ricoprire cariche elettive o di nomina politica,

impegna il Governo

ad assumere – nel rispetto delle prerogative e dell'autonomia costituzionalmente riconosciute a ciascuna Camera, nonché alle regioni ed enti locali ed in coordinamento con l'autonomia di ciascuno di tali enti – iniziative anche di carattere normativo volte ad assicurare la compiuta attuazione dell'articolo 54, comma secondo, della Costituzione, a tal fine prevedendo in particolare l'adozione di una pluralità di norme che costituiscano un «codice etico» per coloro che ricoprono cariche pubbliche.
(1-00174) «Binetti, Buttiglione, Cesa, Cera, Adornato, Gigli, Sberna, Calabrò, Fucci, Pagano».


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 27 del 24 marzo 2012 ha convertito, con modificazioni, il decreto legge n. 1 del 24 gennaio 2012, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività (legge sulle liberalizzazioni);
    l'articolo 66 del decreto-legge n. 1 del 2012 disciplina le modalità di dismissione dei terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola e specificatamente, il comma 1 così recita: «...entro il 30 giugno di ogni anno, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con decreto di natura non regolamentare da adottare d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze anche sulla base dei dati forniti dall'Agenzia del demanio nonché su segnalazione dei soggetti interessati, individua i terreni agricoli e a vocazione agricola, non utilizzabili per altre finalità istituzionali, di proprietà dello Stato non ricompresi negli elenchi predisposti ai sensi del decreto legislativo 28 maggio 2010 n. 85, nonché di proprietà degli enti pubblici nazionali, da alienare a cura dell'Agenzia del demanio mediante procedura negoziata senza pubblicazione del bando per gli immobili di valore inferiore a 100.000 euro e mediante asta pubblica per quelli di valore pari o superiore a 100.000 euro. L'individuazione del bene ne determina il trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato...»;
    il comma 3 dell'articolo 66 del decreto-legge n. 1 del 2012 stabilisce le procedure di alienazione dei terreni, al fine di favorire lo sviluppo dell'imprenditorialità agricola giovanile a cui viene riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori agricoli, così come definiti dal decreto legislativo del 21 aprile 2000 n. 185;
    le regioni, le province e i comuni, anche su richiesta dei soggetti interessati possano vendere, per le finalità e con le modalità disciplinate dal comma 1 dell'articolo 66, i beni di loro proprietà agricoli e a vocazione agricola, con la possibilità di conferire all'Agenzia del demanio mandato irrevocabile vendere; successivamente alla vendita, l'Agenzia del demanio provvede al versamento agli enti territoriali, già proprietari, dei proventi derivanti dalla vendita al netto dei costi sostenuti e documentati;
    le stime dell'Agenzia del demanio sui terreni pubblici, riferiscono dati che evidenziano una quantità di ettari di terreni di proprietà dello Stato, delle province e dei comuni, di considerevole entità;
    secondo le stime dell'Agenzia del demanio gli ettari di proprietà statale ammontano a 5359 (valore stimato in 78,3 milioni di euro), mentre la quota di terreni che sono attribuiti in proprietà agli enti locali rappresenta il 98 per cento del totale della superficie quantificata in 1,3 milioni di ettari corrispondenti a 760 mila unità con una netta prevalenza di beni direttamente appartenenti ai comuni che costituiscono la quota dell'82 per cento;
    da un dossier recentemente pubblicato dalla CIA, in collaborazione col CENSIS, sulla agricoltura italiana, si evince che le imprese create tra il 1990 e il 2000 si sono ridotte sensibilmente (-17,1 per cento), le aziende più giovani, nate dopo il 2000, sono invece cresciute significativamente (+15 per cento), arrivando a rappresentare quasi il 40 per cento delle imprese agricole e agroalimentari. La crisi economica ha comportato un rinnovamento di tutto il settore agricolo, sostituendo l'impresa tradizionale con nuovi e più competitivi modelli aziendali. Infatti, per quanto riguarda la nuova generazione di giovani imprenditori agricoli i dati indicano che il 10 per cento dei conduttori ha meno di 40 anni, con punte nel Nord-ovest del 13,4 per cento e nelle Isole del 12,3 per cento. Tra gli imprenditori agricoli, 25-40enni, il 45,3 per cento è diplomato e l'11,2 per cento è laureato, e, tra quanti decidono di intraprendere l'attività agricola prima dei 25 anni, il 65,3 per cento ha un diploma superiore e il 5,2 per cento è già laureato. A quanto suddetto, si aggiunge che la dimensione media delle imprese è cresciuta tra il 2010 e il 2012, mentre le imprese senza addetti hanno registrato una significativa contrazione (-7,9 per cento) e quelle fino a cinque addetti hanno visto ridurre di misura la propria base. È cresciuto esponenzialmente il numero delle imprese più strutturate, ossia +18,4 per cento quelle con 10-19 addetti, +37 per cento quelle con 20-49 addetti e addirittura +60,9 per cento quelle con più di 50 addetti. La crescita della dimensione media ha interessato tutte le aree del Paese, e in particolare Sicilia e Sardegna, dove l'incremento è stato dell'82 per cento, passando da 5 a 9,1 ettari in media. Tra il 2008 e il 2011 sono aumentati del 4,2 per cento i produttori di prodotti agroalimentari di qualità (denominazione di origine protetta, indicazione geografica protetta, specialità tradizionale garantita), soprattutto nelle regioni del Sud (+21,6 per cento). Nello stesso periodo le aziende agrituristiche autorizzate sono cresciute di quasi 4000 unità, passando da 18.480 a 20.413, registrando un aumento del 10,5 per cento in cinque anni. Da ultimo, il contributo dei beni agricoli all’export italiano potrebbe essere del 6 per cento nel periodo 2014-2016;
    da uno studio di Coldiretti, il settore primario potrebbe creare nuove opportunità di lavoro per oltre duecentomila persone;
    uno dei temi da affrontare con urgenza è quello dell'eccessivo costo della terra in alcune aree del Paese, si pensi che nelle zone di produzione più celebri si arriva a pagare un ettaro di vigneto fino a mezzo milione di euro, mentre in altre aree, cosiddette marginali, un ettaro di terra ha un costo relativamente basso In verità, le aree che presentano un prezzo inferiore, oltre al grado di fertilità che è il dato principale, andrebbero sistematizzate con tecniche agronomiche ad hoc, alquanto costose, con cui rendere il terreno interessato coltivabile e logisticamente accessibile. Per poter fare ciò, al giovane imprenditore agricolo bisogna consentire l'accesso al credito, il debito spalmato su periodi più lunghi di quelli attuali, tassi di interesse bassissimi, e l'operazione socio-economica «terra ai giovani» andrebbe inquadrata in un corollario-quadro con precise linee guida normative al fine di avviare in maniera organica e sistematica, prima la ricognizione e, successivamente, l'alienazione dei terreni di proprietà dello Stato, al fine di conoscere la reale consistenza numerica delle aree demaniali e stabilire un prezzo dei terreni calmierato;
    non manca l'interesse di investitori stranieri per l'acquisizione di aziende o corpi fondiari di una certa rilevanza situati in zone particolarmente pregiate. Il rischio è che i fondi d'investimento, ubicati in paradisi fiscali, possano tare incetta di quei fiori all'occhiello dell'agroalimentare made in Italy, con ripercussioni economiche che andrebbero, ulteriormente a drogare i valori monetari dei terreni. Si avvierebbe, così, una spirale speculativa della terra che potrebbe depotenziare un settore strategico per l'economia italiana, quale è quello primario, che sta toccando il record storico di 34 miliardi di euro di fatturato,

impegna il Governo:

   ad avviare congiuntamente al sistema delle regioni e delle province autonome, all'Associazione dei comuni italiani e all'Unione delle province italiane, un tavolo tecnico-operativo al fine di monitorare la reale consistenza numerica dei terreni nella disponibilità dello Stato e degli enti territoriali e, conseguentemente, classificarne i valori economici;
   a provvedere quanto prima all'emanazione del decreto di natura non regolamentare previsto dall'articolo 66, comma 1, del decreto-legge del 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge del 24 marzo 2012, n. 27, al fine di consentire la pubblicazione del primo elenco di beni demaniali a vocazione agricola da locare o alienare, con diritto di prelazione per i giovani imprenditori agricoli;
   a convocare la Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo del 28 agosto 1997, n. 281, allo scopo di raggiungere un'intesa con le regioni e le province autonome e gli enti locali, finalizzata alla definizione di direttive omogenee per l'attuazione dell'articolo 66, comma 7, del sopra citato decreto-legge per quanto attiene ai beni immobili a vocazione agricola di proprietà dei suddetti enti;
   a sottoscrivere con l'Associazione bancaria italiana un protocollo di intesa con cui definire modalità e procedure semplificate per consentire l'accesso al credito ai giovani imprenditori del settore primario che saranno protagonisti dell'operazione socio-economica «terra ai giovani»;
   ad assumere iniziative per istituire un fondo di rotazione attraverso cui sostenere l'acquisto e/o l'affitto dei terreni da parte dei giovani con l'erogazione di mutui a tasso agevolato sulla base di una valutazione della sostenibilità dei progetti di impresa che i giovani dovranno presentare per accedere al sostegno del fondo di rotazione;
   a individuare e a proporre alle regioni e alle province autonome modalità per una integrazione tra le forme di sostegno agli investimenti – soprattutto nel sottoprogramma «giovani» – dei programmi di sviluppo rurale 2014-2020 e l'accesso alla terra dei neo-imprenditori agricoli in attuazione del decreto-legge n. 1 del 2012.
(1-00175) «Migliore, Franco Bordo, Palazzotto, Zan, Pellegrino, Zaratti, Lacquaniti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   i drammatici fatti di Santiago di Compostela, che hanno visto la morte di oltre 78 persone, dimostrano l'urgenza di affrontare il tema della sicurezza sulle ferrovie ed in particolare la necessità di investimenti per consentire agli organismi preposti alla sicurezza di svolgere le proprie funzioni con mezzi e risorse adeguate;
   l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, costituita con decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162, riveste un ruolo fondamentale nell'ambito della sicurezza ferroviaria con compiti normativi, autorizzativi e di controllo per l'intero sistema ferroviario nazionale in attuazione della direttiva 2004/49/CE;
   con decreto ministeriale 169 T del 31 ottobre 2007 veniva indicata la necessità di definire puntualmente la struttura, l'organizzazione e il funzionamento dell'agenzia rispondendo alle esigenze di efficienza ed efficacia e di dotare l'Agenzia di tutti i necessari strumenti operativi, scientifici e consultivi tali da garantire, non solo l'osservanza dei principi che regolano l'attività dell'Agenzia stessa ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 162 del 1997, ma anche l'assolvimento dei propri compiti istituzionali, con particolare riferimento alla regolazione tecnica, avvalendosi delle necessarie professionalità e competenze tecnico-scientifiche;
   all'articolo 4 del succitato decreto ministeriale veniva stabilito un ampliamento della dotazione organica inizialmente prevista nel numero di 205 unità a n. 300 unità a regime;
   con regolamento attuativo decreto del Presidente della Repubblica 25 febbraio 2009, n. 34 «Regolamento concernente l'approvazione dello Statuto dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, a norma dell'articolo 4, comma 6, lettera a) del decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162» veniva stabilita la dotazione organica dell'Agenzia di un totale di 300 unità con la seguente ripartizione: n. 1 direttore, n. 34 dirigenti, n. 169 area professionale, n. 48 area tecnica, n. 48 area amministrativa;
   solo dopo l'emanazione del citato regolamento recante disciplina del reclutamento delle risorse umane con il decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 2011 n. 224, l'Agenzia ha potuto acquisire personale proprio e stabilizzare la sua forma giuridica;
   al termine delle prime procedure di reclutamento completate in applicazione degli articoli 17 e 18 del decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 2011, n. 224 (regolamento concernente il reclutamento del personale da parte dell'ANSF), l'Agenzia, invece, dispone attualmente soltanto di 98 unità di personale nei propri ruoli di cui 88 provenienti dal gruppo FS e le rimanenti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   l'Agenzia, in quanto ente pubblico in regime di diritto pubblico, è soggetto in materia di personale alla disciplina del decreto legislativo n. 165 del 2001 e ai vincoli del patto di stabilità interno che di fatto non consentono nuove assunzioni di personale seppur disponendo delle risorse necessarie a bilancio;
   per il corretto espletamento delle funzioni proprie assegnate all'Agenzia sarebbero necessarie almeno 60 unità in più per un totale di 158 addetti, una cifra che rimane ben lontana comunque della previsioni iniziali di un organico a pieno regime di 300 unità;
   i dati a disposizione (rapporto annuale ANSF 2012) dimostrano come nel 2012 ci sia stato un incremento del numero delle collisioni di treni, dei deragliamenti di treni, degli incidenti alle persone e che, tuttavia, il numero degli incidenti complessivi, 108 eventi incidentali, rimane stabile rispetto al 2011;
   per quanto riguarda le conseguenza degli incidenti, si rileva un incremento del valore complessivo dei morti e dei feriti gravi rispetto al 2011, in controtendenza con il biennio precedente nel quale erano stati registrati valori in progressiva diminuzione (il numero totale di vittime – morti + feriti gravi – sale da 99 nel 2011 a 109 nel 2012);
   il lavoro dell'Agenzia – solo nel 2012 – ha svolto nel campo della supervisione 90 audit, 142 accertamenti mirati, 1.583 ispezioni nelle quali sono stati effettuati 9.759 controlli su singoli enti; nell'attività svolta sull'infrastruttura ferroviaria, che ha riguardato tutte le strutture territoriali di RFI (le «direzioni territoriali produzione»), l'Agenzia ha effettuato 590 controlli di routine tra deviatoi e circuiti di binario, per un totale di 4.522 controlli;
   si evince, dal quadro fin qui delineato, l'importanza del lavoro svolto dall'Agenzia nel campo delle sicurezza e dei controlli realizzabile soltanto attraverso il supporto figure ad alta professionalità e specializzazione;
   la dotazione organica attuale desta forte preoccupazioni sulla reale possibilità dell'Agenzia di portare avanti tutti i compiti affidati con un organico così sotto dimensionato (1/3 delle unità previste a regime) in virtù dell'aggravamento della complessità del sistema ferroviarie con l'ingresso nel mercato di un nuovo operatore privato NTV che, dal 28 aprile 2012, ha inciso in modo gravoso sull'attività dei controlli e delle sicurezza delle reti ferroviarie –:
   se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative normative urgenti per fornire all'Agenzia gli strumenti «minimi», nel più breve tempo possibile, in grado di garantire gli standard di efficacia ed efficienza richiesti dallo stesso decreto legislativo n. 165 del 2001 allentando i vincoli del patto di stabilità che si frappongono al potenziamento delle risorse umane necessarie per l'espletamento dei servizi e dei compiti affidati all'Agenzia, o ricorrendo ad analoghe soluzioni finanziarie.
(2-00191) «Nardella, Biffoni, Lorenzo Guerini, Coppola, Simoni, Rotta, Paolucci, Bargero, Nicoletti, Taranto, Tartaglione, Vaccaro, Venittelli, Salvatore Piccolo, Rabino, Dallai, Realacci, Gelli, Brandolin, Mauri, Valiante, Malpezzi, Manciulli, Sani, D'Incecco, Ginoble, Carrescia, Fragomeli, Giulietti, Monaco, Grassi, Casellato, Impegno, Benamati, Bonafè».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE ROSA, BARBANTI, BUSTO, DAGA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 25 giugno 2013 a Capo Figari, area protetta della Gallura, a Golfo Aranci, un incendio – probabilmente di origine dolosa – protrattosi per 22 ore, ha distrutto oltre 600 ettari di ginepri secolari e macchia mediterranea;
   dopo un pomeriggio di fiamme, l'evacuazione di cinquanta bagnanti e alcune famiglie, non si è riusciti comunque a domare il rogo; in piena notte i focolai hanno ripreso vita, il maestrale si è trasformato in libeccio e in tanti, inermi, hanno assistito alla distruzione dell'altro versante di Capo Figari;
   a causa dell'area così impervia che limita inevitabilmente l'intervento delle squadre a terra di vigili del fuoco, protezione civile, forestale e volontari è imprescindibile l'utilizzo dei cosiddetti Canadair; a Olbia ce ne dovrebbero essere due, ma uno era a Nuoro ed è arrivato un'ora e mezza dopo e l'altro era fermo per un guasto;
   nei dintorni di Ghilarza, in provincia di Oristano, in data 8 agosto 2013, sono state evacuate decine di case e in ospedale c’è un uomo di 52 anni in condizioni disperate per aver sfidato il rogo che stava divorando il suo ovile; a Laconi, un altro paese dell'Oristanese, la protezione civile ha ordinato lo sgombero di una casa di riposo: un incendio minaccia dal giorno 7 agosto 2013 la zona di Bingixedda e quaranta anziani sono stati portati via d'urgenza;
   si segnalano emergenze a Burgos, nella periferia di Sassari e nella provincia di Cagliari: tra Isili e Nurallao le campagne ardono da giorni e i quaranta detenuti di una colonia penale sono stati trasferiti in tutta fretta;
   quella del 7 agosto 2013 era considerata una giornata a rischio e le previsioni sono state rispettate: i piromani hanno fatto scattare l'assedio soprattutto nei piccoli centri dell'Alto Oristanese, dove è stata incenerita una fetta di territorio di quasi duemila ettari; uno dei soli due Canadair disponibili ha subito un'avaria quasi subito: il secondo è arrivato poco prima delle 20 ed è dovuto tornare alla base per il sopraggiungere della notte;
   per la regione Sardegna, infatti, sono previsti, in dotazione solamente due Canadair, essendo stato tagliato il terzo precedentemente previsto, secondo le riduzioni al bilancio della protezione civile; a supporto dei due Canadair ci sono solo 11 elicotteri, acquistati peraltro con risorse regionali;
   i due Canadair risultano spesso fuori uso, a causa delle troppe ore trascorse in volo, o impegnati altrove, a centinaia di chilometri di distanza, o peggio ancora oltre Tirreno;
   l'area di Capo Figari era completamente priva della fascia antincendio: i terreni – sia di proprietà privata che pubblica – avrebbero dovuto essere ripuliti proprio per togliere miccia e combustibile agli incendiari, ma non è stato fatto, mancava inoltre il colonnino per le autobotti, ed è stato solo un caso o la provvidenza che ha fatto sì che fossero scongiurati danni più gravi anche alla popolazione;
   nel 2012 i dati del Corpo forestale dello Stato testimoniano che nella sola regione Sardegna ci sono stati 805 incendi che hanno interessato un'area complessiva di 3.314 ettari, mentre in tutta la Penisola si sono registrati 8.699 incendi per un'area complessiva di 99.331 ettari;
   la flotta aerea, trasferita ai vigili del fuoco dal dipartimento della protezione civile, è composta da 15 Canadair a cui se ne aggiungerà uno per il mese di agosto, più restanti quattro, posti in rotazione tecnica –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per riuscire a potenziare e a razionalizzare le risorse e i mezzi a disposizione al fine di prevenire in modo concreto ed efficace la distruzione della macchia mediterranea, flagello che continua a ripetersi, sistematicamente, ogni estate, mettendo seriamente a repentaglio tutto il territorio italiano con gravissime ripercussioni sociali, ambientali, paesaggistiche, ed economiche, penalizzando e depauperando il patrimonio turistico, che dovrebbe invece essere incentivato, sostenuto e favorito. (5-00928)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI e GIORGIA MELONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   gli incendi sono una piaga che contraddistingue prevalentemente la stagione estiva, causando danni ingenti al patrimonio privato e ambientale della nostra nazione; non di meno essi sono causa di vittime e feriti tra gli operatori che combattono il suddetto fenomeno e tra la civile popolazione;
   l'operato dei vigili del fuoco è indice di sicurezza per la vita umana e la salvaguardia e conservazione della flora e della fauna;
   i vigili del fuoco contano carenza di personale in ogni regione italiana, situazione che costringe il personale addetto a turni di lavoro straordinario, in special modo nel periodo estivo caratterizzato da incendi e roghi;
   la Sardegna è tra quelle regioni che registrano la suddetta carenza di personale, aggravata dalla condizione di insularità della regione stessa e dalla situazione viaria interna che non permette rapide operazioni di rinforzo da altre regioni;
   risulta essere in vigore la convenzione firmata dal Ministero dell'interno e la regione Sardegna in materia di interventi di protezione civile, la quale impone il rispetto della normativa vigente in materia di mobilità per tutti i vigili del fuoco del territorio italiano, che devono svolgere l'attività nell'ambito della propria regione di appartenenza al fine di rendere operativi i numerosi presidi decretati, ma mai aperti, e quelli aperti, ma mai resi operativi per mancanza di personale e quelli che rischiano di essere chiusi per carenza di personale;
   le organizzazioni sindacali dei vigili del fuoco lamentano da tempo il loro operare con mezzi vetusti oramai inadatti e le relative difficili condizioni di lavoro;
   in Sardegna quest'anno sono disponibili solamente due aerei Canadair rispetto alla dotazione di tre velivoli degli scorsi anni;
   i Canadair sono vitali per reprimere rapidamente ed efficacemente gli incendi e i roghi, specialmente in un territorio come quello della Sardegna, in zone difficilmente accessibili coi mezzi terrestri;
   la Sardegna è annualmente vittima del criminale operato di piromani che appiccano i roghi simultaneamente, rendendo necessario l'intervento degli operatori dal sud al nord dell'isola;
   solo nella giornata del 7 agosto 2013 sono stati distrutti più di due mila ettari di vegetazione, mettendo in pericolo civili abitazioni e strutture, causando feriti tra chi è intervenuto e incalcolabili danni ambientali e strutturali;
   i roghi sono favoriti oltre che dalle alte temperature che si stanno registrando nell'Isola anche dal forte vento che non rende agevole l'opera di contenimento;
   i roghi sono favoriti in alcuni casi dal degrado e trascuratezza del patrimonio boschivo;
   in Italia si registra l'assurda convinzione di chi considera il patrimonio forestale come un ostacolo e non come una risorsa e una ricchezza;
   non c’è nessuna attenuante per chi appicca un incendio o un rogo –:
   quali iniziative urgenti di competenza intenda intraprendere il Governo per far fronte all'emergenza incendi che sta colpendo duramente la Sardegna e per prevenire nuovi episodi;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo per valorizzare e proteggere il patrimonio boschivo, rendendolo agli occhi di tutti una risorsa e non una tara da eliminare;
   quali iniziative intenda assumere il Governo per adempiere alla convenzione con la regione Sardegna e permettere la mobilità di circa 300 vigili del fuoco sardi, in servizio nelle altre regioni italiane, la quale impone il rispetto della normativa vigente in materia di mobilità per tutti i vigili del fuoco del territorio italiano, che devono svolgere l'attività nell'ambito della propria regione di appartenenza anche al fine di rendere operativi i numerosi presidi decretati, ma mai aperti, e quelli aperti, ma mai resi operativi per mancanza di personale e quelli che rischiano di essere chiusi per carenza di personale;
   quali iniziative normative intenda intraprendere il Governo per punire duramente l'azione criminale dei piromani.
(4-01667)


   ARLOTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 31 ottobre 2013 ricorre il ventennale della scomparsa di Federico Fellini, l'artista e intellettuale italiano che più di ogni altro ha segnato il Novecento italiano in ambito internazionale, insignito di cinque premi Oscar e riconoscimenti prestigiosi in ogni parte del mondo;
   l'anno 2013 vede ricorrere inoltre i decennali di quattro capolavori del Maestro del cinema italiano: I vitelloni (60 anni), 8 e 1/2 (50 anni), Amarcord (40 anni), E la nave va (30 anni);
   sotto la sigla di «Fellinianno 2013», inaugurato simbolicamente nel novembre 2012 con l'apertura di una sala del museo della città riservata al libro dei sogni di Federico Fellini, il comune di Rimini, città che diede i natali al Maestro, organizza e promuove una collana di iniziative e di appuntamenti per ricordare il ventennale dalla sua scomparsa;
   così come avviene per i geni di ogni tempo, la ricorrenza rappresenta un'occasione straordinaria per fare il punto sull'eredità poetica e intellettuale di uno dei geni italiani più conosciuti al mondo (14 milioni di pagine online citano a tutt'oggi il nome di Fellini);
   sarebbe opportuno e doveroso inserire la trasmissione delle opere di Federico Fellini nei palinsesti dei canali televisivi in occasione del ventennale della scomparsa del Maestro –:
   se non si ritenga necessario valorizzare la figura e l'opera del Maestro, anche attraverso le ambasciate d'Italia all'estero, con iniziative che coinvolgano il Ministero per i beni e le attività culturali e la rete degli istituti italiani di cultura. (4-01674)


   LOCATELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in seguito alle inchieste penali tuttora in itinere che hanno investito la regione Lombardia e coinvolto il presidente della Regione, componenti della giunta, della Presidenza del Consiglio, semplici consiglieri, per i quali vige la presunzione di non colpevolezza ma non l'astensione da un severo giudizio politico sui comportamenti di amministratori pubblici che non si sono attenuti al precetto costituzionale dell'articolo 54, si è giunti allo scioglimento anticipato del consiglio regionale ex articolo 126, comma 3 della Costituzione, con deliberazione dell'ufficio di presidenza del consiglio della regione Lombardia n. 299 del 31 ottobre 2012 recante «Presa d'atto delle dimissioni personali e contestuali rassegnate da 74 Consiglieri regionali della Lombardia»;
   nelle more dell'emissione del decreto del Prefetto di Milano del 27 dicembre 2012 protocollo n. 47449/2012 di convocazione dei comizi elettorali la maggioranza del consiglio regionale riteneva di tutelarsi in vista delle prossime elezioni e a tal fine adottava una nuova legge elettorale regionale e precisamente la legge regionale 31 ottobre 2012, n. 17, che contiene norme di favore per i consiglieri uscenti, prevalentemente appartenenti alla maggioranza, consentendo l'esenzione dalla raccolta delle firme di presentazione, prescritte dall'articolo 9, comma 2, della legge n. 108 del 1968, financo nella misura ridotta prevista dall'articolo 1, comma 17, della legge regionale 31 ottobre 2012, n. 17, non solo per liste espressione di forze politiche corrispondenti ai gruppi consiliari con almeno 3 consiglieri costituiti all'inizio della legislatura, ma anche a quelli costituiti dopo l'approvazione della legge regionale n. 17 del 2012, e al verificarsi delle cause di scioglimento del consiglio regionale, addirittura alcuni costituiti lo stesso giorno del decreto di indizione dei comizi elettorali per il rinnovo del Consiglio;
   la nuova legge elettorale ha previsto due premi di maggioranza rispettivamente pari al 60 per cento e al 55 per cento dei seggi, entrambi legati non ai voti conseguiti dalle liste collegate al candidato presidente della regione bensì ai voti del candidato presidente primo classificato, prevedendo peraltro il voto disgiunto: un meccanismo del quale non è stata data informazione alcuna almeno per rendere consci gli elettori che non hanno votato alcuna lista ovvero liste collegate ad altri candidati, che il loro voto non serviva soltanto ad eleggere il Presidente della regione, ma anche a far assegnare seggi alle liste che non avevano votato o voluto votare, fenomeno particolarmente rilevante nella circoscrizione di Sondrio, con un candidato già leghista ma appartenente a lista collegata al candidato Ambrosoli, alternativo a Maroni che presentavano voto disgiunto;
   sulla base dei voti conseguiti dal candidato Maroni pari al 42,81 per cento sono stati assegnati 48 seggi alle liste collegate in luogo dei 37, cui avrebbero avuto diritto se calcolati proporzionalmente ai voti conseguiti dalle stesse, cui va aggiunto il seggio del presidente, non calcolato sulla base di un artifizio normativo, per cui alla coalizione vincente sono stati assegnati complessivamente 49 seggi su 80, quindi una percentuale superiore al 60 per cento degli 80 seggi di cui è composto il consiglio regionale;
   il verbale di proclamazione degli eletti della commissione centrale regionale costituita presso la corte di appello di Milano è stato impugnato ex articolo 130 cod. proc. amm. dai cittadini elettori avvocato Felice Besostri, Andrea Giovanni Distefano, Piero Basso, Patrizia Virdis, Francesco Somaini, Giuseppina Cristadoro, avvocato Emilio Zecca, Raffaele Antonio Vilonna, avvocato Claudio Tani, avvocato Aldo Bozzi, Luciano Lunghi, Giancarlo Aosani e Roberto Biscardini, che è giusto ricordare nominativamente per lo spirito civico dimostrato ed anche perché tra di essi ci sono alcuni che hanno ottenuto che la prima sezione della Corte di Cassazione con Ordinanza n. 12060 del 21 marzo-17 maggio 2013 rimettesse finalmente alla Corte Costituzionale alcune delle modifiche ai TT.UU. per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica della legge n. 270 del 2005 e precisamente l'assegnazione di un premio di maggioranza nazionale per la Camera dei deputati e regionale per il Senato senza una soglia minima in voti e/o seggi e per le liste bloccate;
   la questione, che secondo quanto risulta dall'interrogante, sarà trattata nell'udienza della Corte Costituzionale del 3 dicembre 2013, è rilevante anche per il ricorso contro l'applicazione della legge elettorale lombarda, che non ha previsto alcuna soglia in voti e/o seggi per le liste e/o per il candidato presidente per l'attribuzione del premio di maggioranza, come rilevato dalla Corte Costituzionale nelle sentenze nn. 15 e 16 del 2008 e 13 del 2012 nel caso che non si superi il 40 per cento dei voti, ossia la percentuale da applicare se il ricorso è accolto parzialmente, cioè con l'esclusione dal conteggio delle liste illegittimamente ammesse senza aver accolto le firme di presentazione in ciascuna delle circoscrizioni elettorali corrispondenti alle Province lombarde (infatti il presidente Maroni ha raccolto il 5,62 per cento in più del complesso delle liste a lui collegate);
   l'operato della commissione centrale regionale non è stato censurato dai ricorrenti per vizi propri, ma per aver la stessa – che non ha, malgrado sia composta da magistrati, natura e/o funzioni giurisdizionali – applicato norme regionali che si ritengono incostituzionali, e ciò nonostante si sia costituita con l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano, chiedendo la reiezione del ricorso, senza tuttavia prendere una posizione esplicita sulle censure di incostituzionalità delle norme elettorali lombarde;
   secondo la sua tradizione l'Avvocatura dello Stato non si dovrebbe comportare come un qualsiasi difensore di fiducia di un privato, ma sempre nell'interesse dello Stato e nell'interesse pubblico, che in questo caso coincide con la tutela dei diritti costituzionali dei cittadini elettori;
   il ricorso è pendente presso la sezione terza del TAR Lombardia, Milano, con il numero di ruolo generale n. 947 del 2013 e con la prossima udienza fissata al 6 ottobre 2013;
   dovrebbe essere interesse del Governo, che i diritti e valori costituzionali siano rispettati e che, in caso di non manifesta infondatezza, si pronunci la Corte Costituzionale, tanto più se riguardano il diritto di voto, pietra angolare in una democrazia rappresentativa come la nostra nella quale la sovranità appartiene al popolo, la cui espressione si fonda sul corpo elettorale –:
   se siano a conoscenza dei fatti di cui alla premessa;
   se intendano chiedere una relazione sui fatti all'Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano e all'Avvocatura Generale dello Stato e con particolare riferimento alle censure di costituzionalità relative alla legge regionale n. 17 del 2012 anche in considerazione dell'articolo 15 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611;
   se intendano conoscere quale posizione intenda assumere l'Avvocatura dello Stato con riferimento alla costituzionalità delle norme della legge regionale n. 17 del 2012. (4-01676)


   RAMPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni si sta discutendo circa l'ipotesi di apertura di una nuova discarica per residui solidi urbani nella città di Roma;
   il commissario straordinario per l'emergenza rifiuti ha individuato come sito una discarica sulla via Ardeatina altezza chilometri 15.300;
   tale sito risulta essere a ridosso di una importante borgata denominata Falcognana;
   a pochissima distanza esiste uno dei luoghi di culto più importanti della città e meta di pellegrinaggio da tutto il mondo per migliaia di persone quale il Santuario del Divino Amore;
   la zona individuata è uno degli ultimi scorci di agro romano e si ritrova a ridosso del parco dell'Appia Antica e della zona vincolata da cosiddetto «Vincolo Bondi»;
   il traffico di automezzi pesanti metterebbe ulteriormente in crisi arterie come l'Ardeatina, Laurentina e Via di Porta Medaglia allo stato già insufficienti ed insicure;
   i cittadini stanno manifestando in maniera decisa ma composta la loro contrarietà alla realizzazione di tale discarica nel sito individuato;
   il Ministero della difesa sembrerebbe aver offerto la propria disponibilità ad individuare le migliori soluzioni su terreni di propria pertinenza –:
   se si intenda, viste le numerose proteste e le argomentazioni su esposte, procedere alla creazione di un tavolo di lavoro interistituzionale che preveda l'individuazione di un luogo diverso rispetto a quello proposto per la nuova discarica della città di Roma tenendo presente della ulteriore disponibilità offerta dal Ministero della difesa. (4-01679)


   D'AMBROSIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo un'indagine realizzata dall'osservatorio Prezzi & Tariffe di «Cittadinanzattiva», negli ultimi 6 anni il costo dell'acqua è notevolmente aumentato, arrivando ad un incremento della tariffa del +33 per cento di media. Dal 2007 le tariffe sono raddoppiate o quasi a Viterbo (+92,7 per cento), Carrara (+93,4 per cento); Benevento (+100 per cento), e più che raddoppiate a Lecco (+126 per cento) e Reggio Calabria (+164,5 per cento). In altre 35 città gli incrementi hanno superato il 40 per cento;
   ci sono stati aumenti importanti nell'arco del 2012. Rispetto al precedente anno, si stima una crescita dei costi su base nazionale in media del 6,9 per cento, con oltre 80 città in cui vi è stato un incremento delle tariffe, in 16 casi con aumenti a due cifre. In generale, il «caro bollette» viaggia più spedito al Centro (+47,1 per cento rispetto al 2007, +9 per cento rispetto al 2011). Seguono le regioni del Nord (+32,1 per cento rispetto al 2007, +5,2 per cento rispetto al 2011) e il Sud (+23,8 per cento rispetto al 2007, +8,5 per cento rispetto al 2011);
   la predetta indagine è stata realizzata in tutti i capoluoghi di provincia, relativamente all'anno 2012. L'attenzione si è focalizzata sul servizio idrico integrato per uso domestico: acquedotto, canone di fognatura, canone di depurazione, quota fissa. I dati sono riferiti ad una famiglia tipo di tre persone, con un consumo annuo di 192 metri cubi di acqua, e sono comprensivi di Iva al 10 per cento. Per una famiglia italiana si può stimare una spesa annua di circa 310 euro per il sistema idrico integrato;
   le discrepanze tariffarie tra le varie zone geografiche del Paese emergono in maniera sostanziale e, molto spesso, del tutto immotivatamente, persino all'interno della stessa regione. Quanto appena rilevato avviene non essendoci un piano di omogeneizzazione delle tariffe, che tenga conto delle diverse peculiarità territoriali. Da anni, inoltre, non si adottano misure che vadano a tutelare le fasce deboli della popolazione, che in questo periodo di crisi economica sono soggette anche al significativo rincaro di un bene comune quale l'acqua;
   dall'indagine emerge inoltre un aumento della dispersione idrica in 56 città italiane, pari al 33 per cento negli ultimi sei anni, con un costo, derivante dall'acqua sprecata, pari a 3,7 miliardi di euro ogni anno –:
   quali iniziative si intendano porre in essere, per quanto di competenza, al fine di minimizzare l'incremento e la discrepanza delle tariffe relative al costo dell'acqua, contemplando anche misure di supporto per le fasce deboli e di miglioramento dell'efficienza idrica. (4-01684)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia nazionale per i giovani è un ente di diritto pubblico ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 300 del 1999 dotato di autonomia regolamentate, organizzativa, gestionale, patrimoniale, finanziaria e contabile;
   è stata creata in attuazione della decisione 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che ha istituito il programma comunitario gioventù in azione per il periodo 2007-2013;
   è vigilata dal Governo italiano e dalla Commissione europea;
   la mission istituzionale è volta, a promuovere la cittadinanza attiva dei giovani, e in particolare la loro cittadinanza europea; sviluppare la solidarietà e promuovere la tolleranza fra i giovani per rafforzare la coesione sociale; favorire la conoscenza, la comprensione e l'integrazione culturale tra i giovani di Paesi diversi; contribuire allo sviluppo della qualità dei sistemi di sostegno alle attività dei giovani ed allo sviluppo della capacità delle organizzazioni della società civile nel settore della gioventù; favorire la cooperazione nel settore della gioventù a livello locale, nazionale ed europeo;
   l'Agenzia nazionale per i giovani oltre ad essere quindi, lo strumento italiano di attuazione del programma, cura la progettazione e realizzazione di eventi e progetti speciali nel settore della gioventù, nonché l'elaborazione e la diffusione di analisi, ricerche e conoscenze riguardanti il mondo giovanile;
   il programma, in particolare, mira a rispondere, a livello europeo, alle esigenze dei giovani nella prospettiva di creare non solo maggiori o uguali opportunità nell'ambito dell'istruzione e del mercato del lavoro, ma anche con l'intento di promuovere l'impegno attivo, l'inclusione sociale e la solidarietà;
   i risultati conseguiti negli ultimi cinque anni hanno portato nel 2012 alla presentazione di 1.600 proposte progettuali per il programma gioventù in azione; di queste ben 580 sono state finanziate, oltre il doppio di quelle approvate nell'anno 2007 (246), anno di avvio del programma. Nella prima metà dell'anno 2013 (fino a maggio) le proposte sono aumentate fino a portarsi a 725 e sono stati già erogati dall'Agenzia nazionale per i giovani fondi per 7 milioni di euro. Tale valore è già superiore al totale dei progetti presentati nell'intero 2007, evidenziando la capacità dell'Agenzia nazionale per i giovani di gestire progetti numericamente triplicati rispetto all'anno di avvio del programma;
   sono cresciuti i fondi concessi dalla Commissione europea all'Agenzia, passati dagli iniziali 7 milioni di euro negli anni 2007-2010 ai 9,9 milioni di euro per il 2012 fino ai quasi euro 12 milioni per il 2013;
   l'Agenzia nazionale per i giovani spende il 99,9 per cento dei fondi assegnati e la strategia e la metodologia impiegate hanno, dunque, consentito all'Agenzia di diventare il punto di riferimento in Italia per le iniziative di mobilità giovanile e di facilitazione dell'inclusione, nonché per l'educazione non formale focalizzata su temi di carattere sociale; l'Agenzia ha, altresì, rafforzato il proprio ruolo di supporto operativo nell'avvicinare i giovani ed il mondo associativo alle opportunità offerte dall'Unione europea –:
   per quale ragione non si sia provveduto a nominare il direttore generale dell'Agenzia nazionale per i giovani, nonostante tale carica sia vacante del 29 luglio 2013, a seguito della decadenza automatica del precedente direttore ex articolo 19, comma 8, del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   per quale ragione, pur avendo la possibilità di prorogare il precedente incarico, si siano lasciati trascorrere i novanta giorni senza alcuna comunicazione né indicazione sulle intenzioni del Governo relativamente al management dell'Agenzia;
   se non si intenda procedere con celerità, anche in considerazione del vulnus creato dalla mancata previsione statutaria di un delega compiuta di poteri, causa di un sostanziale immobilismo dell'ente in questione;
   se non si ritenga urgente provvedere, per non vanificare i risultati raggiunti dal 2008 a oggi dall'Agenzia nazionale per i giovani nell'attuazione del programma comunitario «gioventù in azione», con una capacità di spesa dei fondi comunitari prossima al cento per cento e il puntuale rispetto delle scadenze poste dalla Commissione europea, risultati che avrebbero garantito una serena transazione alla nuova generazione di programmi 2014/2020 con ERASMUS PLUS, ponendo l'Agenzia nazionale per i giovani fra i soggetti compliant rispetto ai requisiti richiesti dall'Unione europea per la gestione del nuovo programma;
   se il mancato intervento sul management di una Agenzia che finanzia progetti che favoriscono l'inclusione di giovani con minori opportunità, sia sul territorio nazionale che promuovendo la mobilità transfrontaliera, non possa determinare grave nocumento a tali progetti a causa del blocco delle normali procedure di erogazione dei contributi e dalla mancata assistenza relativamente al corretto ciclo di vita dei progetti già finanziati. (4-01686)

AFFARI EUROPEI

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNETTA. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   a Roma è stato individuato, in località Falcognana, il possibile sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della capitale, dopo la decisione di chiudere il 30 settembre 2013 la discarica di Malagrotta per raggiunti limiti di capienza;
   secondo quanto riferito da organi di stampa – La Repubblica e il Messaggero del 9 agosto 2013 – tale decisione è stata presa nella tarda serata di giovedì 8 agosto 2013, durante un incontro avvenuto tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando, il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Ignazio Marino, che hanno dato incarico al commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, Goffredo Sottile, di verificare ulteriori aspetti tecnici e logistici del sito stesso;
   la vigente normativa europea, recepita dalla legislazione italiana, impone agli Stati membri processi progressivi di riduzione dei rifiuti e la stessa normativa indica come elemento determinante la limitazione al ricorso alle discariche per rifiuti;
   la Commissione europea ha già avviato nei confronti dell'Italia numerose procedure di infrazione riguardo la situazione di molte discariche presenti sul territorio nazionale;
   l'articolo 13 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, prevede che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all'ambiente ed in particolare: senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, la flora o la fauna, né causare inconvenienti da rumori od odori né danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse;
   nel marzo 2013 l'Italia è stata denunciata alla Corte europea di giustizia dalla Commissione europea per l'ambiente, in quanto parte dei rifiuti di Roma non avrebbero subito il trattamento meccanico biologico richiesto dai regolamenti europei per ridurre la consistenza volumetrica dei rifiuti, e facilitare un loro eventuale possibile recupero –:
   se il Ministro interrogato sia stato portato a conoscenza di tale progetto e come abbia valutato la compatibilità con le Direttive europee emanate in materia;
   se non si ritenga che, realizzando la discarica di Falcognana, il nostro Paese possa nuovamente incorrere in procedure di infrazione da parte della Commissione europea. (3-00274)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNETTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a Roma è stato individuato, in località Falcognana, il possibile sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della capitale, dopo la decisione di chiudere il 30 settembre 2013 la discarica di Malagrotta per raggiunti limiti di capienza;
   secondo quanto riferito da organi di stampa – La Repubblica e il Messaggero del 9 agosto 2013 – tale decisione è stata presa nella tarda serata di giovedì 8 agosto 2013, durante un incontro avvenuto tra il Ministro dell'ambiente Andrea Orlando, il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Ignazio Marino, che hanno dato incarico al commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, Goffredo Sottile, di verificare ulteriori aspetti tecnici e logistici del sito stesso;
   la vigente normativa europea, recepita dalla legislazione italiana, impone agli Stati membri processi progressivi di riduzione dei rifiuti e la stessa normativa indica come elemento determinante la limitazione al ricorso alle discariche per rifiuti;
   la Commissione europea ha già avviato nei confronti dell'Italia numerose procedure di infrazione riguardo la situazione di molte discariche presenti sul territorio nazionale;
   l'articolo 13 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 prevede che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all'ambiente ed in particolare: senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, la flora o la fauna, né causare inconvenienti da rumori od odori né danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse;
   gran parte della località Falcognana è ricompresa all'interno de parco regionale di Decima – Malafede, istituito col legge regionale n. 29 del 6 ottobre del 1997;
   nel sito individuato si è in presenza di una alta permeabilità del terreno testimoniata dal fitto reticolo idrografico secondario dell'affluente fosso dei Radicelli al fiume Tevere;
   a circa 1 chilometro di distanza dal sito individuato per la discarica è presente il Santuario del Divino Amore, luogo di culto famoso in tutto il mondo, che attira giornalmente migliaia di pellegrini ed è sottoposto a Vincolo Monumentale;
   nel territorio del municipio Roma IX sono già operanti numerose discariche: due a Porta Medaglia, due in via Ardeatina, una a Fioranello, una a Selvotta, nonché diversi recuperi ambientali tra via Laurentina e Santa Palomba ed una discarica di rifiuti pericolosi a Falcognana;
   nei territori limitrofi, è presente la discarica di Albano, il previsto inceneritore del Roncigliano e la discarica di amianto di Pomezia;
   i cittadini della zona, dopo i blocchi di via Ardeatina e dell'uscita 24 del grande raccordo anulare di Roma, hanno avviato lo sciopero della fame e della sete contro la realizzazione della discarica al Santuario del Divino Amore, visto che il Ministro dell'ambiente non aveva concesso l'incontro richiesto –:
   se il Ministro abbia tenuto conto di tutti i fatti in premessa, nel localizzare il sito di Falcognana a Roma per l'eventuale realizzazione di una discarica di rifiuti;
   se il Ministro abbia interpellato il Ministero della salute riguardo gli effetti nocivi della realizzazione della discarica sulla popolazione residente;
   se il Ministro si sia premunito di verificare con il Ministro per gli affari europei della possibilità di incorrere nuovamente in procedure di infrazione di direttive europee, visto che nel marzo 2013 l'Italia è stata denunciata alla Corte europea di giustizia dalla Commissione europea per l'ambiente, in quanto parte dei rifiuti di Roma non avrebbero subito il trattamento meccanico biologico richiesto dai regolamenti europei per ridurre la consistenza volumetrica dei rifiuti, e facilitare un loro eventuale possibile recupero;
   se il Ministro sia in costante contatto con il Ministero dell'interno per tutti gli aspetti concernenti l'ordine pubblico e per la verifica preventiva della proprietà dei terreni e degli impianti della struttura in relazione alla normativa sugli appalti e a quella antimafia;
   se il Ministro abbia considerato, sentito il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, l'impatto deleterio su un'area ad alta vocazione agricola e vinicola;
   se il Ministro abbia esperito, in accordo con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, tutte le verifiche del caso sulla sostenibilità della viabilità in una zona particolarmente inadeguata a sopportare un ulteriore aggravio di traffico pesante;
   se il Ministro abbia tenuto conto del fatto che buona parte dell'area di Falcognana è stata sottoposta nel gennaio 2010 a vincolo paesaggistico con la «dichiarazione di notevole interesse pubblico», emessa dal Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche, con decreto ministeriale del 25 gennaio 2010. (3-00273)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come ormai si ripete costantemente durante questo periodo dell'anno molti corsi d'acqua dei torrenti Antonucci, Tomarchiello e Sant'Anna della provincia di Vibo Marina risultano interamente ricoperti da canneti, sterpaglie, rami di alberi, e rifiuti di ogni genere che, qualora non debitamente puliti prima dell'inizio della stagione invernale, potrebbero dare corso a pericolose esondazioni, comportando smottamenti e frane con conseguenze anche pericolose per le popolazioni che vivono vicino ad essi;
   tale realtà costituisce una situazione ancor più critica per una regione come la Calabria, dove le eccessive opere di urbanizzazione e cementificazione contribuiscono a creare maggiore allarmismo;
   la Calabria, rappresentando una delle zone del territorio italiano a più elevato rischio idrogeologico, già nel passato ha affrontato gravi situazioni legate al dissesto idrogeologico, come confermato dal progetto Iffi (primo inventario dei fenomeni franosi in Italia), che ha evidenziato la diffusa fragilità del territorio individuando ben 409 punti identificativi del fenomeno franoso, con 78 aree soggette a rischio frana, per un'estensione totale di territorio che supera i 40 chilometri quadrati;
   la situazione appare molto critica anche in prossimità del fosso «La Badessa» dove immondizia mista ad una folta vegetazione impedisce il naturale deflusso delle acque;
   la medesima situazione si registra verso la frazione Longobardi che risulta essere particolarmente pericolosa; molti tratti dell'alveo non risultando visibili potrebbero pregiudicare il percorso dei torrenti interamente coperti da pietre e rocce;
   anche la strada statale 18 è interessata dai continui episodi di subsidenza che stanno creando gravi disagi alla viabilità locale, penalizzata ulteriormente anche dagli sporadici e inefficaci interventi dell'Anas;
   le diverse segnalazioni pervenute da parte della popolazione confermano una situazione allarmante, sottolineando la necessità di intervenire tempestivamente per porre fine a questo continuo stato di emergenza ambientale che persiste nel vibonese;
   sarebbe necessario provvedere anzitempo alla manutenzione dei siti e degli alvei al fine di non ripetere il verificarsi di eventi naturali disastrosi come l'alluvione del 2006 durante la quale, precipitazioni eccezionali, intense e persistenti, provocarono gravi e diffusi danni (allagamenti, frane) e 4 morti. Nella città di Vibo Valentia, in sole cinque ore, furono registrati più di 200 mm di pioggia, quando in media nel mese di luglio, nelle medesime località, le precipitazioni oscillarono tra i 30 e i 110 mm. Sul vibonese caddero circa 130 litri di acqua per ogni metro quadrato di terreno –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati e se non ritenga necessario, alla luce dei recenti accadimenti, intensificare attraverso gli organi competenti e in particolare attraverso il commissario delegato per gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico di cui all'accordo di programma stipulato con la regione Calabria, azioni per contrastare il fenomeno descritto al fine di evitare uno scempio ambientale di uno dei posti più suggestivi d'Italia, oltre a un tracollo economico del territorio;
   se il Governo non intenda assumere iniziative per adeguare le risorse finanziarie destinate alla difesa del suolo e alla prevenzione del dissesto idrogeologico, assicurando che la distribuzione avvenga in modo da privilegiare le aree a più alto rischio, come quella della provincia di Vibo. (4-01690)


   CRISTIAN IANNUZZI, BRESCIA e LOREFICE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Parco nazionale del Circeo viene istituito nel 1934 (regio decreto-legge n. 285 del 1934) «allo scopo di conservare, tutelare e valorizzare il patrimonio naturalistico e per la promozione e lo sviluppo del turismo e delle attività compatibili»;
   il parco vanta una delle più straordinarie collezioni di beni archeologici della nostra nazione con una grande quantità di testimonianze paleoecologiche e preistoriche. La presenza umana nel territorio è attestata a partire dal paleolitico medio, con grotte e ripari sotto roccia presenti lungo tutto il perimetro del monte Circeo e molti sono i resti degli insediamenti di età romana attorno al promontorio di Circe;
   il 17 luglio 2013 le organizzazioni Water Life Lake Club, ASD Fiume Cavata, Azienda Vallicola Lago di Paola, Fondazione Marcello Zei onlus, Istituto Pangea onlus, Italia Nostra, Teli Cultura Ambiente e Territorio, A.G.A.L., Ravenala – Parco Culturale Letterario «Omero», Rinascita Civile, Rosa del Deserto, Slow Food Condotta di Latina, Agenzia Talamata Viaggi, Il Sentiero e Borghinbici, hanno inviato una lettera aperta alle istituzioni locali per lanciare l'allarme sullo stato dei siti archeologici e turistici dell'area del Circeo e sull'immenso patrimonio del territorio che sta lentamente scomparendo;
   la possibilità di accesso a queste aree e la fruizione del parco contribuiscono in maniera significativa a valorizzare le funzioni pedagogiche e turistiche del territorio; inoltre, la loro messa in sicurezza è da considerarsi di fondamentale importanza per evitare spiacevoli incidenti come successo in passato;
   le grotte del promontorio del Circeo sono da considerarsi tra i maggiori poli di interesse speleomarino e paleoantropologico d'Italia nonché eccezionali testimonianze dei cambiamenti climatici nel tempo. Le cavità sono rimaste in stato di totale abbandono, prive di un adeguato piano di tutela ed esposte a spoliazioni e vandalismi;
   a seguito di alcuni crolli, l'ordinanza n. 85 del 2010 dell'ufficio circondariale marittimo di Terracina, tuttora vigente, all'articolo 1, ha interdetto «la balneazione, la navigazione, la sosta, l'ancoraggio, la pesca ed ogni altra attività che ne comporti la fruizione, fino all'avvenuto ripristino delle condizioni di sicurezza, della parete rocciosa del promontorio del Circeo del comune di San Felice Circeo e più precisamente nel tratto compreso tra la grotta delle Capre e la grotta della Maga Circe ed il relativo specchio acqueo adiacente la scogliera e/o costa rocciosa fino a 50 metri dalla stessa»;
   anche la grotta Guattari, che testimonia la presenza dei primi uomini stanziatisi al Circeo tra i 70.000 e 55.000 anni fa, ed è stata il luogo di ritrovamento di alcuni manufatti e del cranio fossile di un uomo di Neanderthal al centro di un ovale formato da pietre, è stata chiusa per infiltrazioni di acqua anni fa ed il problema non è mai stato affrontato;
   altri siti archeologici di grande interesse del territorio sono del tutto inaccessibili, in stato di abbandono o in pericolo di crollo: Torre Paola, Piscina di Lucullo, Fonte di Lucullo ed il sito romano nei pressi di Rio Martino;
   è urgente rendere fruibile grotta Guattari, grotta delle Capre, e tutte le meraviglie che il territorio del Circeo offre. Necessitano interventi strutturali che non possono essere più rimandati;
   l'articolo 9 della Costituzione della Repubblica italiana dispone: «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti espressi in premessa e quali iniziative intendano porre in essere per salvaguardare, valorizzare e rendere fruibili le aree in questione. (4-01694)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNETTA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   a Roma è stato individuato, in località Falcognana, il possibile sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della capitale, dopo la decisione di chiudere il 30 settembre 2013 la discarica di Malagrotta per raggiunti limiti di capienza;
   secondo quanto riferito da organi di stampa – La Repubblica e il Messaggero del 9 agosto 2013 – tale decisione è stata presa nella tarda serata di giovedì 8 agosto 2013, durante un incontro avvenuto tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando, il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Ignazio Marino, che hanno dato incarico al commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, Goffredo Sottile, di verificare ulteriori aspetti tecnici e logistici del sito stesso;
   gran parte del quadrante è stato sottoposto nel gennaio 2010 a vincolo paesaggistico con la «dichiarazione di notevole interesse pubblico», emessa dal Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo, ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004 successive modifiche, con decreto ministeriale del 25 gennaio 2010;
   nell'area sono presenti siti di altissimo pregio come l'area monumentale del Santuario del Divino Amore, nonché aree archeologiche e dimore storiche di valore –:
   se il Ministro interrogato sia stato interpellato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa i rischi di degrado in cui incorrerebbero i beni culturali e l'area archeologica interessata nell'ipotesi di una eventuale decisione di aprire la discarica di Falcognana. (3-00277)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRAMBILLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e del turismo 20 novembre 2007 «Criteri e modalità di erogazione di contributi in favore delle attività circensi e di spettacolo viaggiante, in corrispondenza degli stanziamenti del fondo unico per lo spettacolo, di cui alle legge 30 aprile 1985, n. 163», all'articolo 7 «Decadenza dal contributo» comma 2 recita: «Per i contributi al settore circense, la decadenza è disposta anche nel caso di condanna definitiva per i delitti di cui al titolo IX-bis del libro II del codice penale, o di ogni altra violazione di disposizioni normative statali e dell'Unione europea in materia di protezione degli animali»;
   con decreto, repertorio n. 977 dell'11 luglio 2013, il direttore generale per lo spettacolo dal vivo dottore Salvatore Nastasi, ha assegnato i contributi per l'anno 2013 ex articolo 15 decreto ministeriale 20 novembre 2007 alle attività circensi per euro 3.109.356 e per attività circense all'estero e danni conseguenti ad evento fortuito relativi agli anni 2011 e 2012 per un totale di euro 333.345;
   il decreto, repertorio n. 977 dell'11 luglio 2013, firmato dal direttore generale per lo spettacolo dal vivo dottore Salvatore Nastasi, riporta tra i beneficiari alcune attività circensi di cui sono note «le condanne definitive o le violazioni di disposizioni normative statali e dell'Unione europea in materia di protezione degli animali», come:
    a) Folloni Ronaldo, Concordia sulla Secchia (Modena), euro 8.000,00 condannato dal tribunale di Milano il 15 aprile 2002 per «detenzione in condizioni incompatibili con la sua natura di un elefante tenendolo immobilizzato sotto il tendone a una tavola di legno di metri quadri 6 circa, legandolo con due catene fissate alla tavola»;
    b) Lidia Togni, Pagani (Salerno), euro 135.000,00 condannata dal tribunale di Palermo, I sezione penale, il 27 marzo 2008 «perché deteneva animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, ed in particolare custodiva elefanti in condizioni di immobilizzazione, camelidi e zebre ricoverati in strutture ridotte e non conformi alle esigenze tipiche, in contrasto con le raccomandazioni Cites»;
    c) Franchetti Enis, Parma, euro 18.000,00 condannato dal tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio, il 27 gennaio 2010 «per il reato di cui all'articolo 1 comma 1 lettera f) e comma 2 della legge 150 del 1992», detenzione di tigri senza le prescritte certificazioni Cites e confisca delle stesse;
    d) il circo Bellucci è stato sanzionato nel gennaio 2012 a Bologna per violazione alle Linee guida Cites fatte proprie dal regolamento comunale tutela animali; nel citato decreto repertorio n. 977 dell'11 luglio 2013 sono elargiti contributi a «Bellucci Emidio – Maglie (Lecce) – euro 75.000», «Bellucci Loredana – Maglie (Lecce) – euro 30.000», «Bellucci Emidio – Maglie (Lecce) – euro 55.000 per acquisto nuovi impianti», «Bellucci Loredana – Maglie (Lecce) per attività in Romania 10.000 euro». A proposito dell'esercente Emidio Bellucci una semplice ricerca su «Infoimprese» permette di verificare che tale nome è registrato non a Maglie (Lecce) ma a Portici (Napoli) «Circo Bellucci più Acquatico di Bellucci Emidio»;
    e) il circo Martini è stato sanzionato nel maggio 2013 a Pesaro per violazione delle norme di custodia degli animali esotici. Nel citato decreto repertorio n. 977 dell'11 luglio 2013 sono elargiti contributi a «Martini Aldo – Roma – euro 25.000», «Martini Daris Leone Amedeo – Salerno – euro 100.000», «Martini Romolo – Salerno – euro 45.000» –:
   per quale ragione non siano evidentemente stati svolti i controlli per rispettare l'articolo 7, comma 2 del decreto ministeriale 20 novembre 2007 citato e sulla base di quale tipo di ricerche e documentazione il Ministero abbia finora proceduto negli anni precedenti e intenda procedere nei prossimi anni;
   quali dei circhi Bellucci e Martini, colpiti da sanzioni, abbiano visto assegnarsi finanziamenti non dovuti;
   se non ritenga doveroso e urgente disporre la revoca dei finanziamenti citati e assegnati;
   se non ritenga importante assumere iniziative per assegnare questi finanziamenti, così come eventualmente altri, per la costituzione di un proprio fondo per la custodia degli animali sequestrati o confiscati ad attività circensi visto che ad oggi questo costo è per lo più gravato sulle associazioni di protezione degli animali. (4-01685)


   SIMONE VALENTE, MANTERO e BATTELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il comune di La Spezia ha partecipato ad un bando europeo per l'assegnazione di fondi POR-FESR 2007-2013, ottenendo un finanziamento di 8.999.800,00 euro, su una spesa di investimento prevista di 13.984.000,00 euro per la riqualificazione del «centro città», all'interno della quale è prevista anche la storica piazza Verdi;
   piazza Verdi fu costruita a metà degli anni trenta e come si evince dai documenti storici, già dal 1938-39 possedeva i suoi caratteristici pini domestici, come si può notare da reportage fotografici dell'epoca e dalle immagini di repertorio dell'Istituto Luce del bombardamento del ’44 da parte delle truppe alleate;
   nella relazione allegata al progetto di riqualificazione, invece, la direttrice delle Istituzioni culturali del comune di Spezia, sostiene che gli alberi furono piantati molto dopo la fine della seconda guerra mondiale;
   quanto sopra è contenuto in una relazione, a carattere prescrittivi, allegato al bando per la selezione del progetto di riqualificazione della piazza, e contrasta con i documenti ufficiali presenti negli archivi comunali e alle sopra citate immagini di repertorio;
   come già scritto, la presenza dei pini è ampiamente documentata:
    a) verbale n. 14 della Commissione edilizia del 17 dicembre 1937 con il quale viene approvata la proposta dell'Ispettorato municipale dei giardini per «la piantagione di n. 12 piante di pino domestico lungo l'asse maggiore della piazza in perfetto allineamento con le colonne della illuminazione pubblica elettrica»;
    b) delibera del 3 luglio 1939 del podestà della Spezia (13/547) che rende esecutivo il pagamento delle fatture per la «piantagione di un filare di pini in piazza Giuseppe Verdi»;
    c) numerose fotografie, della fine degli anni ’30 del secolo scorso che confermano la presenza dei pini in piazza Verdi;
    d) i filmati dell'Istituto Luce che riprendono dall'alto la città prima di un bombardamento del 1944, e che riprendono le truppe alleate nel 1945 mostrano chiaramente la presenza dei pini già alti;
   la piazza in questione è soggetta, secondo l'articolo 12, comma 1, del «codice Urbani», al vincolo storico-architettonico, avendo età di realizzazione superiore ai 70 anni. Al momento della approvazione del progetto selezionato dal sopra citato bando, la Soprintendenza ha disposto una procedura di verifica puntuale dell'interesse culturale, architettonico ed artistico della piazza;
   l'autorizzazione della Soprintendenza (del 6 novembre 2012) al cosiddetto Progetto Buren selezionato dal bando, era vincolata all'avvio di detta procedura di verifica. Con nota del 17 giugno 2013, la Soprintendenza ai beni architettonici ha disposto di non proseguire con i lavori per carenza nell'istruttoria ed il 18 giugno 2013, il dirigente responsabile del procedimento del comune conferma la sospensione. Un'altra nota del 21 giugno 2013 la Soprintendenza specifica che sono sospesi in particolare gli interventi relativamente alle «opere interessanti l'area centrale della piazza e le componenti arboree ivi presenti», quindi trattasi dei pini domestici che potrebbero sulla base della citata procedura di verifica rientrare tra gli elementi fondativi dell'interesse culturale della piazza nel suo insieme;
   la legge 14 gennaio 2013, n. 10, all'articolo 7, comma 1, lettera c), contiene disposizioni per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali in aree urbane. Gli alberi monumentali vengono, in questa norma, definiti come «alberi ad alto fusto inseriti in particolari complessi architettonici di importanza storica e culturale e non solo quelli che costituiscono unicità naturalistiche isolate e protrattesi nel tempo a volte anche nei secoli»;
   la legge stessa rinvia ad un decreto ministeriale e ad un successivo censimento l'individuazione di tali alberi monumentali;
   nonostante né il decreto ministeriale, né il censimento sopra-citati siano stati emanati, resta indubbio che gli alberi rientranti nella definizione della legge n. 10 del 2013 debbano comunque essere tutelati cautelativamente al fine di rispettare la ratio di detta normativa;
   in violazione della sospensiva, in data 15 luglio 2013, alcuni mezzi pesanti iniziavano i lavori in piazza;
   in data 17 luglio 2013 la Soprintendenza per i beni architettonici ha contestato il mancato avvio della procedura di verifica da parte della amministrazione comunale e ha avviato di ufficio tale procedura;
   nonostante ciò e sulla base della nota della Soprintendenza per i beni architettonici del 21 giugno 2013, sono stati avviati i lavori nelle parti laterali della piazza, senza alcuna prescrizione di cantiere al fine di tutelare le parti centrali (componenti arboree comprese) e soprattutto nelle more di una procedura di verifica dell'interesse culturale su tutte le componenti (pertinenze e componenti arboree comprese) dell'immobile;
   la necessità di prescrizioni di cantiere è altresì contenuta nella relazione peritale sulla stabilità delle componenti arboree della parte centrale della piazza (pini domestici), ma tale perizia è stata svolta prima dell'inizio del cantiere e da allora sono passate oltre 4 settimane senza che nessuna autorità competente abbia rilevato il rischio altissimo di danneggiamento di beni che attualmente sono vincolati ex lege e potrebbero essere confermati in tale regime giuridico dalla procedura di verifica in corso;
   risulta prioritario adottare il più presto possibile iniziative legislative e regolamentari al fine di garantire un maggior controllo e potere di veto del Ministero –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione;
   quali iniziative di competenza il Ministro possa ed intenda portare avanti o abbia già posto in essere per fermare tale scempio e per tutelare il patrimonio storico-architettonico del comune di La Spezia.
(4-01692)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LUIGI GALLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dalla relazione sulla gestione 2012 della Cassa depositi e prestiti spa (CDP), pagina 80, si evince che al 31 dicembre 2012 il saldo del conto corrente presso la Tesoreria centrale dello Stato, su cui vengono depositate le somme raccolte da Cassa depositi e prestiti nell'ambito della sua gestione separata, si è attestato a quota 132,7 miliardi di euro circa, in incremento del 9 per cento rispetto al dato di fine 2011 (pari a 122 miliardi di euro);
   allo stesso giorno la Cassa depositi e prestiti aveva crediti in essere verso clientela e banche per un totale di 100,5 miliardi di euro a fronte di una raccolta postale di 233,6 miliardi di euro;
   Cassa depositi e prestiti, a partire da marzo 2012, è inoltre entrata a far parte delle controparti ammesse alle operazioni di gestione della liquidità del Ministero dell'economia e delle finanze (OPTES); nel corso del 2012 tale operatività ha fatto registrare una provvista media di 14 miliardi di euro (con saldo nullo alla data del 31 dicembre 2012) che, al fine di garantire l'equilibrio economico-finanziario, è stata impiegata: a) per assolvere gli obblighi di riserva obbligatoria, b) in titoli di Stato italiani a brevissima scadenza e c) in operazioni di pronti contro termine di impiego di liquidità a breve termine con collaterale titoli di Stato italiani;
   dalla lettura della relazione annuale 2011 della Banca d'Italia, tabella 13.11 sulla consistenza del debito delle amministrazioni pubbliche, si evince inoltre che tra le «altre passività» vi sono prestiti di istituzioni finanziarie monetarie (IFM) residenti pari a 128 miliardi di euro circa;
   secondo quanto reso esplicito in una nota della tabella della relazione (pagina 111), dal settembre 2006 la Cassa depositi e prestiti spa è inclusa tra le istituzioni finanziarie monetarie; dalla stessa data i prestiti erogati dalla Cassa in favore delle amministrazioni pubbliche confluiscono nella voce «prestiti di IFM»;
   in seguito all'inasprirsi dei vincoli del patto di stabilità interno per la spesa, in particolare per investimenti, degli enti locali, questi accedono con sempre maggiore difficoltà ai mutui della Casa depositi e prestiti (3,3 miliardi di euro di nuovi mutui erogati nel 2012, a fronte di 6,2 miliardi di euro nel 2011, e a fronte di impegni in essere complessivi della Cassa depositi e prestiti verso gli enti locali di 84 miliardi di euro circa) –:
   quale parte dei 132,7 miliardi di euro della gestione separata della Cassa depositi e prestiti depositati presso il conto corrente della tesoreria dello Stato finanzia il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche nel breve termine;
   sotto che forma di prestiti la Cassa depositi e prestiti finanzia regolarmente il fabbisogno dello Stato, a quali tassi, con quali scadenze, e con quale profitto ogni anno;
   perché la Cassa depositi e prestiti non usi questa liquidità per aumentare il suo portfolio di prestiti a breve termine in favore delle amministrazioni locali con tassi più favorevoli di quelli di mercato permettendo così un'erogazione maggiore di mutui pur ottemperando ai vincoli del patto di stabilità interno per quel che concerne la spesa per investimenti.
(5-00930)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TURCO, BUSINAROLO e FANTINATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   per quel che riguarda la «valorizzazione» dei beni demaniali di Peschiera del Garda (Verona), sul sito dell'Agenzia del demanio (www.agenziademanio.it) è stato pubblicato sub: Diapositiva 1 – esiti della consultazione pubblica delle caserme di Peschiera del Garda dicembre 2012, il risultato della pubblica consultazione avviata il 25 luglio 2012;
   la nota sopra citata in particolare recita che: «...la maggior parte degli operatori ha evidenziato la criticità connessa al limite di durata della concessione che auspicano possa andare oltre l'attuale limite massimo di 50 anni (...)»; «(...) Nel caso del padiglione Ufficiali, e più in generale, per gli immobili con destinazione residenziale/commerciale è unanime la richiesta di poterne prevedere la vendita o quantomeno la concessione di un diritto di superficie fino a 99 anni»;
   e ancora: «unanime la richiesta di poter usufruire, ove possibile, di agevolazioni fiscali o finanziarie, in relazione ad investimenti finalizzati al recupero e alla valorizzazione dei patrimoni immobiliari di proprietà pubblica»;
   nel riepilogo dei «beni in uso alla PA centrale» Veneto - Verona - Peschiera del Garda - Parco Catullo - il padiglione ufficiali risulta già valutato 13.147.211,82 euro;
   i beni demaniali di Peschiera del Garda non sono «caserme» ma strutture cinquecentesche veneziane con opere di completamento e ampliamento asburgiche ottocentesche;
   i progetti ad oggi presi in considerazione prevedono anche la cessione di tutte le pertinenze dei beni demaniali e pertanto dei bastioni e di tutto lo spazio verde, privando i cittadini del diritto di passeggiate godendo delle bellezze naturali e del paesaggio;
   nelle varie proposte non è stata presa in considerazione quella del comitato Piazza d'Armi, formato da cittadini, che proponeva un bando internazionale o perlomeno europeo per la realizzazione di un polo universitario di alto profilo con relativo campus considerata l'ampiezza degli immobili e degli spazi verdi;
   gli edifici demaniali in questione sono, in quanto beni culturali di interesse storico-artistico particolarmente importante (decreto del Ministero per i beni e le attività culturali del 3 febbraio 2001), soggetti a vincolo di tutela notificato e quindi inalienabili;
   in un recente incontro tra l'amministrazione di Peschiera del Garda e incaricati dell'Agenzia del demanio si è convenuto, per accelerare i tempi della «valorizzazione», di:
    procedere con una gara a offerta libera, sistema che porterebbe all'assegnazione dei beni per un controvalore ovviamente molto inferiore al valore reale;
    procedere all'assegnazione del diritto di superficie in modo di aggirare il vincolo di inalienabilità e il limite previsto di cinquanta anni per la locazione locazione;

   la precedente interrogazione parlamentare n. 4-00137 del 30 maggio 2006, degli onorevoli Realacci e Fogliardi, aveva già avuto conferma dell'inalienabilità dei beni in questione, da parte del Sottosegretario per i beni e le attività culturali pro tempore –:
   se i Ministri non ritengano di intervenire:
    a) a conferma del vincolo di inalienabilità dei beni demaniali di Peschiera del Garda;
    b) a conferma del limite di cessione cinquantennale come previsto nel progetto di «valorizzazione» dei beni demaniali in genere;
    c) a conferma della necessità di una base d'asta compatibile con il reale valore degli immobili;
    d) a conferma che, dopo presa visione diretta, gli immobili in riferimento non sono caserme dismesse ma immobili di alto valore storico/artistico come già precisato nel decreto del Ministero per i beni e le attività culturali del 3 febbraio 2001;
    e) a conferma che, in questa fase congiunturale per il Paese, è impensabile un intervento economico di qualsiasi genere per sostenere interventi di riutilizzo che poi andrebbero a esclusivo vantaggio dei privati e a carico della collettività.
(4-01670)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi tempi, il Presidente del Consiglio ed il Ministro interrogato hanno accennato pubblicamente ad un piano di privatizzazioni da avviare in autunno, al fine di far diminuire il debito pubblico, tramite la valorizzazione del patrimonio immobiliare e la cessione delle partecipazioni pubbliche nazionali e degli enti locali;
   tale piano di privatizzazioni dovrebbe essere attuato attraverso una società di gestione del risparmio denominata «Investimenti immobiliari italiani – Invimit SGR», detenuta al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze. Non sono però state fornite ancora indicazioni sullo svolgimento del piano, sui tempi e sulle modalità –:
   quale sia la «mission» affidata alla società Invimit dal Governo, specificando modalità e tempi di attuazione. (4-01687)


   ZACCAGNINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sono sottoposti al potere di vigilanza del Ministro dell'economia e delle finanze gli statuti delle fondazioni bancarie;
   tali enti, originati dalla riforma del 1998-99 (legge 23 dicembre 1998, n. 461 e decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153), sono soggetti di carattere essenzialmente privato, istituzionalmente dediti a compiti di utilità sociale che devono essere comunque tenuti distinti dalle funzioni pubbliche in senso stretto;
   le disposizioni legislative di riforma sopracitata stabiliscono i settori ammessi, cioè gli ambiti nei quali può esercitarsi l'attività delle fondazioni e dispongono che il loro patrimonio è totalmente vincolato al perseguimento degli scopi statutari, che deve essere gestito in modo coerente con la natura delle fondazioni quali enti senza scopo di lucro che operano secondo principi di trasparenza e moralità;
   inoltre la medesima riforma stabilisce che le fondazioni, nell'amministrare il patrimonio, debbano osservare criteri prudenziali di rischio, in modo da conservarne il valore ed ottenerne una redditività adeguata;
   gli organi di informazione hanno molte volte messo in evidenza che sovente le fondazioni bancarie non agiscono in conformità con quanto stabilito dalla legge, invadono campi che non sono loro propri, investono risorse in modo arbitrario e rischioso, si occupano di affari che assai poco hanno a che fare con i settori ammessi e le loro finalità istituzionali;
   fra le tante fondazioni che per le loro attività al di fuori di una corretta linea di gestione delle risorse hanno meritato l'attenzione dei media rientra la fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, presieduta fino a poche settimane fa per oltre venti anni dallo stesso presidente;
   la fondazione cedette la Cassa dei risparmi ad IMI - San Paolo e ciò le ha consentito di ottenere una enorme quantità di denaro che impiega in modi che hanno suscitato critiche ed obiezioni e che non sembra rispondano a quegli obiettivi di prudenza, equilibrio e moralità richiesti dalla legge;
   la cessione del pacchetto azionario della banca, avvenuto in più fasi, ha fatto sì che il patrimonio netto (bilancio 2011) si aggiri in circa 429 milioni di euro;
   le risorse della fondazione sono state investite per acquisire numerose partecipazioni in diverse società ed enti: Hera holding, Hera luce, Civitas srl, Romagna innovazione, Cassa depositi e prestiti, Fondo F2i, Polaris Investment S.A, Polaris Investment Italia s.g.r. spa, Università Alma Mater, Sinloc s.p.a.;
   per quasi tutte queste società i vertici della fondazione, presidente e direttore generale, già ben retribuiti per il loro prestigioso incarico, percepiscono ulteriori generosi compensi;
   il valore attuale di molte delle predette partecipazioni a quanto consta all'interrogante è nettamente inferiore alle somme investite;
   nel bilancio del 2011 della Fondazione si legge:
    al 31 dicembre 2011, quindi, la Fondazione partecipa al capitale di Intesa Sanpaolo con n. 40.371.428 azioni del valore nominale complessivo di euro 20.993.142,56 pari allo 0,26 per cento del capitale ordinario mentre la percentuale sul capitale sociale di complessivi euro 8.545.561.614,72 rimane dello 0,246 per cento. La partecipazione è iscritta in bilancio per complessivi euro 104.199.624,84 al costo medio di euro 2,581 per azione. Il valore di mercato dell'azione Intesa Sanpaolo al 31 dicembre 2011 è di euro 1,294 per cui a valore di mercato, la partecipazione si cifrerebbe in euro 52.240.627,83. Rispetto al valore di bilancio si evidenzia una minusvalenza latente di euro 51.958.997,79;
   altre perdite si registrano per gli investimenti immobiliari dell'ex Monte di pietà, sede della fondazione e di palazzo Talenti Framonti, ancora oggetto di lavori: infatti, quasi 15 milioni di euro spesi per il primo e oltre 23 milioni di euro per il secondo indicano un investimento enorme che non corrisponde in alcun modo all'attuale valore degli immobili;
   particolarmente dubbio appare l'impiego di una parte della somma spesa per l'acquisto del palazzo Talenti, comprato da Civitas s.r.l. società strumentale della fondazione, che ne detiene l'intero capitale, costituita il 19 novembre 2007;
   la fondazione ha trattato l'acquisto dell'immobile con la Pirelli Real Estate;
   il 23 novembre 2007, come risulta dalla nota integrativa di Civitas s.r.l., la società ha rilevato i diritti acquisiti dalla società «Corso Vittorio Emanuele 24-28 s.r.l.» di Milano;
   il 4 dicembre 2007, a rogito del notaio Renata Mariella, il palazzo Talenti viene acquisito dalla «Pirelli & C. Real Estate Opportunities s.g.r. S.p.A.»;
   non si conoscono quali diritti siano stati acquistati il 23 novembre;
   alla fine di questa operazione il valore a bilancio dell'immobile è pari a euro 11.312.475,34;
   in Civitas s.r.l. è tuttora presidente l'ex presidente della fondazione;
   l'investimento enorme in palazzo Talenti non pare abbia in alcun modo considerato quale ritorno economico vi potrà mai essere per un'opera tanto costosa per mezzo di utilizzi capaci di remunerare in un tempo ragionevole i soldi spesi;
   si tratta, fra l'altro di interventi che all'interrogante appaiono privi di quegli elementari requisiti di sobrietà che dovrebbero essere alla base della attività di una fondazione che, si ricorda, persegue fini di utilità sociale e dovrebbe investire in attività diversificate, prudenti e fruttifere;
   infine la fondazione, esulando dai propri fini statutari ha deciso di occuparsi di parcheggi e delle connesse attività immobiliari;
   l'idea delle operazioni immobiliari sul parcheggio e le modalità di gestione e finanziamento sono state avanzate da un'altra società partecipata dalla fondazione, la Sinloc spa (una società che con esito che all'interrogante appare rasentare il ridicolo aveva pronosticato che erano praticamente risolti tutti i problemi di due società forlivesi sottoposte al suo esame, Sapro e Aeroporto, fallite entrambe dopo poche settimane dal pronostico delle loro buone prospettive future);
   la fondazione ha dunque avanzato una proposta al comune affermando che essa stessa avrebbe investito alcuni milioni di euro se l'amministrazione comunale avesse fatto una gara per la costruzione e la gestione di un grande parcheggio in centro storico, adiacente alla sede dei musei e delle mostre, l'ex San Domenico, mettendo una parte della somma necessaria;
   il comune, accettando la proposta, ha emesso quindi un bando pubblico al quale però ha partecipato una sola ATI (associazione temporanea di imprese) costituita da una impresa del mondo cooperativo e dalla società strumentale della fondazione stessa, Civita spa;
   la proposta progettuale ed economica presentata non ha superato l'esame della commissione comunale incaricata di esaminare le proposte presentate, una sola in realtà;
   fra l'altro la proposta di fatto prevedeva la privatizzazione di un pezzo di città per cedere a privati dei nuovi parcheggi interrati, che insieme a quelli pubblici da gestire da parte di Civita spa, avrebbero costituito per almeno 50 anni una fonte di traffico nel centro cittadino pregiudicando qualsiasi futuro intervento volto a ridurre l'inquinamento nella città storica;
   ad avviso dell'interrogante i compensi percepiti per la partecipazione ai consigli di amministrazione delle società partecipate dovrebbero essere restituiti per fini di utilità sociale e non acquisiti dai vertici della Fondazione;
   appare all'interrogante non conforme alle indicazioni della legge e soprattutto ai principi di moralità ed eticità da essa affermati che gli strumenti finanziari affidati in gestione patrimoniale individuale, che dal bilancio risultano pari a euro 180.802.664, siano investiti in fondi comuni di investimento esteri promossi da Polaris S.A.;
   secondo l'interrogante una fondazione, in coerenza con i propri doveri statutari e istitutivi, dovrebbe sostenere con le proprie risorse altre opere, comprese quelle di carità, invece di mostrarsi interessata ad altro, soprattutto a discutibili investimenti immobiliari, preferendo investire alcuni milioni di euro in quello che appare un inutile parcheggio interrato a piazza Guido da Montefeltro da cui i forlivesi ricaveranno solo traffico e inquinamento in centro storico;
   con riferimento alla citata operazione, così come è stata ideata e messa poi in atto, appare discutibile la partecipazione diretta al bando di chi aveva promosso la proposta e ne aveva determinato caratteristiche, modalità e tempi di gestione, oneri per il comune, importo delle altre opere da finanziare e altro –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire la sana e prudente gestione della Fondazione Cassa dei risparmi di Forlì e il rispetto delle norme che ne regolano l'attività;
   quali siano i diritti acquistati dalla società Corso Vittorio Emanuele 24-28 srl di Milano e a quali scopi;
   se corrisponda ai doveri statutari della fondazione il farsi promotrice di interventi immobiliari nella città, supplendo di fatto all'attività della pubblica amministrazione e, ad avviso dell'interrogante, imponendo proprie scelte per la città e per il territorio. (4-01696)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RUBINATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con legge n. 148 del 14 settembre 2011, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, il Governo veniva delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari allo scopo di conseguire risparmi di spesa e incremento di efficienza;
   l'articolo 1, comma 2, della legge delega individuava i criteri oggettivi ed omogenei da applicare per ridefinire l'assetto territoriale degli uffici giudiziari, ivi comprese le sezioni distaccate di tribunale, disponendo di tener conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro, dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino d'utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata;
   com’è noto, la riforma delle circoscrizioni giudiziarie, approvata con il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 e n. 156, che entrerà in vigore a partire dal 13 settembre 2013, ha ridisegnato la geografia giudiziaria disponendo la chiusura sic et simpliciter di 31 sedi di tribunali, con annesse procure, e di tutte le 220 sezioni distaccate, senza considerare le specificità dei territori, la situazione effettiva e strutturale degli uffici giudiziari, le istanze e i bisogni delle comunità locali, a giudizio dell'interrogante disattendendo di fatto ai principi e criteri direttivi delineati dalla legge delega;
   la soppressione irrazionale ed indiscriminata dei tribunali cosiddetti «minori» penalizza tutte quelle realtà territoriali che risultano invece in grado di soddisfare pienamente i principi e criteri direttivi di efficienza ed economicità stabiliti dalla legge, con grave pregiudizio per il diritto di accesso alla giustizia da parte dei cittadini;
   nel caso della circoscrizione del tribunale di Treviso, la riforma ha disposto l'accorpamento alla sede centrale delle tre sezioni distaccate di Montebelluna, Castelfranco Veneto e Conegliano;
   contro la soppressione di quest'ultima sede vi è stata una significativa presa di posizione da parte dei sindaci delle comunità locali interessate, di molte categorie economiche nonché dell'avvocatura locale, in considerazione dell'importanza e della centralità che tale ufficio giudiziario riveste all'interno del tessuto amministrativo, economico e sociale di un'area così vasta della provincia di Treviso, qual è la Sinistra Piave, caratterizzata dalla presenza di numerose attività economicamente rilevanti;
   va infatti considerato che il presidio ha sede in una città, Conegliano, che conta ben 35.514 residenti, costituendo il secondo comune della provincia, anche per importanza economica, con un indice di redditività che è secondo solamente al comune di Treviso. La città inoltre si estende su un territorio molto esteso con una superficie pari a 36,33 chilometri quadrati ed è situata in una posizione strategica nella rete di infrastrutture a servizio della mobilità, sia per la rete ferroviaria, per le strade statali – ad esempio SS. Pontebbana – sia per le autostrade A27 e A28;
   l'ufficio giudiziario di Conegliano soddisfa un bacino di utenza di 207.519 abitanti distribuiti su 26 comuni, supportando un notevole carico di lavoro che, nel 2011 ha raggiunto la soglia di ben 3.452 sopravvenienze (di cui 3.098 in ambito civile e 354 in ambito penale); dati questi che superano ampiamente entrambi i valori-soglia (85.490 abitanti e 2.269 sopravvenienze annuali) già a suo tempo indicati dalla Commissione tecnica ministeriale nella relazione del 23 aprile 2012 per individuare le sezioni distaccate da considerare intangibili;
   dai dati forniti dal Ministero della giustizia emerge altresì che l'ufficio giudiziario di Conegliano, pur registrando da anni una carenza di organico, si contraddistingue per funzionalità ed efficacia riuscendo a definire un numero di procedimenti superiore a quelli sopravvenuti nello stesso periodo;
   lo stesso Ministero ha inoltre evidenziato un progressivo aumento dei procedimenti di volontaria giurisdizione, incentrati sull'istituto dell'amministrazione di sostegno, stante la progressiva longevità della popolazione, che rendono ancor più necessaria e opportuna la vicinanza dell'ufficio giudiziario alle persone sottoposte al servizio di protezione;
   tali numeri evidenziano con estrema chiarezza che la sezione distaccata di Conegliano riveste una importanza rilevantissima per l'intero comprensorio in quanto dà risposta ad innumerevoli richieste di servizi giudiziari e per tale motivo è stata percepita dalle autorità e comunità locali come non giustificata la decisione di procedere con la sua soppressione, avendo essa una conseguenza diretta sulla possibilità da parte delle imprese e dei cittadini di ricorrere ad un efficace e rapido esercizio della giustizia, quando, come ha sottolineato il Consiglio nazionale forense, il diritto di accesso alla giustizia è un diritto fondamentale della persona costituzionalmente garantito;
   oltre ai dati oggettivi sopra richiamati, i quali evidenziano la necessità di mantenere il presidio giudiziario di Conegliano, si evidenzia che sussistono notevoli difficoltà ed oggettive problematiche di carattere organizzativo e logistico nell'attuazione della riforma che, lungi dal conseguire risparmi di spesa ed efficienza, rischia di determinare una situazione di paralisi del sistema posto che:
    a) la sede accorpante del tribunale di Treviso non è strutturata in modo tale da consentire interventi di ampliamento e/o sopraelevazione per dare adeguata sistemazione al personale, agli arredi e agli uffici. Sul punto va evidenziato che la sezione distaccata di Conegliano è collocata attualmente in locali di oltre 1.600 metri quadrati e analoga metratura non pare possa essere reperita presso la sede centrale, considerata la necessità di dare adeguata sistemazione al personale e agli arredi anche delle altre due sezioni distaccate di Montebelluna e Castelfranco. In ogni caso, l'eventuale recupero e adattamento degli spazi esistenti comporterebbe comunque interventi significativi del cui onere il comune di Treviso non potrebbe, stante i vincoli del patto di stabilità, farsi carico;
    b) per quanto riguarda il personale, mancano a tutt'oggi dati precisi riguardanti coloro i quali hanno manifestato la disponibilità al trasferimento presso la sede accorpante e, quindi non è possibile fare una previsione sull'organico né, conseguentemente sul carico di lavoro. Va peraltro ricordato che il tribunale di Treviso si trova ad affrontare tale delicata riorganizzazione in presenza di una già cronica carenza di personale giudicante e amministrativo e che il semplice spostamento di risorse umane, a carico di lavoro invariato, non può ritenersi risolutivo;
    c) la dirigenza del tribunale di Treviso ha recentemente disposto che la trattazione dei procedimenti penali e le iscrizioni a ruolo per le cause civili con 1a udienza successiva al 15 settembre 2013 avvenga in sede centrale, senza considerare le problematiche organizzative e logistiche dovute all'inidoneità del tribunale ad accogliere personale e strutture delle sedi distaccate oltre al rischio di creare ulteriori ritardi e congestionamenti;
    d) a seguito della recente assegnazione per alcuni giorni alla settimana di una parte del personale amministrativo e degli ufficiali giudiziari della sezione distaccata di Conegliano presso la sede centrale di Treviso, si sta assistendo alla riduzione del tempo di apertura al pubblico degli uffici delle cancellerie e degli uffici giudiziari ed all'ulteriore peggioramento del funzionamento dei relativi servizi presso la sede di Conegliano, senza un corrispondente beneficio nel funzionamento della sede centrale, ma con ulteriore aggravio degli uffici, già cronicamente carenti sotto il profilo organizzativo;
   la cessazione dell'attività della sezione distaccata di Conegliano avrà pertanto una ripercussione negativa su tutta l'amministrazione giudiziaria nella provincia di Treviso, oltre a risultare del tutto ingiustificata in relazione ai dati sulla sua operatività ed efficienza;
   inoltre i presunti risparmi legati a questa soppressione e ipotizzati dal Governo in 2.889.597 di euro per il 2012, in 17.337.581 per il 2013 e di 31.358.999 per il 2014 paiono alquanto sovrastimati, considerati gli elevati costi logistici legati alla necessità di procedere al trasferimento dei fascicoli, uffici e attrezzature, mentre rimarrebbe inalterato il costo del personale che costituisce il 63 per cento delle spese sostenute dal Ministero della giustizia;
   contro la riforma, come formulata dal decreto legislativo n. 155 del 2012, sono pendenti 14 ricorsi per declaratoria di illegittimità avanti la Corte Costituzionale sulla prevalente base dell'eccesso di delega, oltre a numerosissime impugnazioni in sede amministrativa dei provvedimenti emessi dalla dirigenza di vari tribunali in attuazione della norma predetta;
   da ultimo, in data 8 agosto 2013, la Camera, in sede di conversione del decreto-legge n. 69 del 2013 ha approvato a larghissima maggioranza un ordine del giorno, il n. 29 a prima firma del deputato Verini, che impegna il Governo, nell'attuazione della riforma della geografia giudiziaria, a verificare attentamente ogni singola situazione e ad emanare un decreto correttivo del decreto legislativo n. 156, o a istituire presidi di giustizia con le stesse funzioni di sezioni distaccate laddove siano stati soppressi i tribunali, per evitare accorpamenti non funzionali alle esigenze di efficientamento delle procedure e dell'attività giudiziaria –:
   se e quali iniziative di carattere normativo il Governo intenda attivare per scongiurare, il più presto possibile, in relazione all'entrata in vigore delle norme previste dal decreto legislativo n. 155 del 2012, la soppressione della sede di Conegliano assicurando altresì la prosecuzione della sua attività, conformando i criteri di riordino della geografia giudiziaria alla realtà dei territori e ai bisogni effettivi delle comunità locali. (5-00929)


   MANZI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il riordino della geografia giudiziaria introdotta dal decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, che diventerà operativa a partire dal 13 settembre 2013, prevede il taglio di ben 31 tribunali e 220 sezioni distaccate di tribunale;
   questo nuovo modello organizzativo ha sollevato fin dalla sua emanazione le vive proteste, non solo degli operatori del diritto, ma anche delle istituzioni locali e dei cittadini delle aree direttamente coinvolte, che criticano l'accentramento dell'attività giudiziaria introdotto dalla riforma e giustificato da risparmi di spesa, a discapito dell'efficienza di un servizio pubblico essenziale che rischia di essere notevolmente compromesso, stante anche l'inadeguatezza di molte sedi centrali di tribunale ad accogliere e gestire il sovraccarico esponenziale di procedimenti, utenti ed operatori;
   come riportato di recente da autorevoli testate giornalistiche anche l'Anci avrebbe scritto a tutti i sindaci interessati dagli effetti della riforma della geografia giudiziaria per chiedere di non procedere a formali impegni legati alle richieste delle sedi territoriali degli uffici giudiziari;
   la legge 24 aprile 1941, n. 392, recante «Trasferimento ai Comuni del servizio dei locali e dei mobili degli Uffici giudiziari», infatti, stabilisce che le spese per la gestione di tali uffici sono a carico dei bilanci dei comuni, i quali, poi, vengono rimborsati dal Ministero della giustizia con l'erogazione di un contributo economico annuo;
   negli ultimi anni, a fronte di una spesa media annuale sostenuta dai tribunali ed anticipata dai bilanci dei comuni, pari a 315 milioni di euro, il contributo versato dallo Stato ai comuni, a titolo di rimborso è stato pari all'80-90 per cento delle spese effettivamente sostenute e gli acconti e i saldi sono stati spesso erogati accumulando gravi ritardi, a volte anche di diversi anni;
   l'accorpamento di talune sedi giudiziarie, a seguito della soppressione di talune di esse, comporta dunque nuove richieste di spesa da mettere a carico dei bilanci comunali, che riguardano: spese per la realizzazione, l'adeguamento e la messa in sicurezza di nuove sedi, spese per il trasloco, spese per le nuove utenze, spese per i nuovi servizi di vigilanza e di gestione ordinata degli immobili, con richiesta da parte dei tribunali di risorse aggiuntive di quanto già speso e non rimborsato a totale carico dei comuni;
   le storie del rapporto fra sindaci e tribunali, a nord come al sud dell'Italia, sono molto simili, ma a farne le spese, saranno soprattutto i comuni «ospitanti» che, se di piccole dimensioni, si troveranno ad ospitare un tribunale più pesante rispetto a quello già in carico, con un notevole aggravio di spesa in termini percentuali, rispetto allo scorso anno, a fronte di limitati rimborsi statali;
   a questi stessi comuni la spending review ha tagliato il 75 per cento dei contributi spettanti a titolo di rimborso, ma non il meccanismo di base, per effetto del quale molti sindaci saranno costretti ad aumentare le spese per ospitare gli uffici trasferiti dai centri minori;
   nel relativo capitolo di bilancio del Ministero della giustizia sono iscritti, per l'esercizio in corso solo 79,8 milioni di euro e, per il rimborso delle spese sostenute dai comuni relative all'anno 2012 mancano oltre 230 milioni di euro, già anticipati dalle casse comunali;
   negli ultimi anni la diminuzione delle assegnazioni statali destinate ai comuni, a fronte di un aumento del contributo finanziario richiesto, nonostante l'avanzo e i risultati positivi del comparto degli enti locali, ha determinato una situazione finanziaria di assoluta insostenibilità per gli enti locali;
   le mancate entrate in ciascun comune, a fronte di una spesa già sostenuta, impatteranno in maniera negativa sulle risorse comunali destinate al sostegno dei cittadini e ai fabbisogni delle comunità locali, scaricando su di essi i risparmi statali per effetto del riordino dello stato centrale –:
   se il Ministro interrogato alla luce dei fatti sopra menzionati ritenga necessario intervenire con misure connettive della riforma stessa, al fine di un'adeguata revisione del modello di riorganizzazione della geografia giudiziaria, che tenga conto dei problemi dell'amministrazione della giustizia e dei bisogni della collettività;
   se inoltre il Ministro ritenga di assumere ogni possibile iniziativa per erogare i contributi spettanti ai comuni per le spese già sostenute di gestione degli uffici giudiziari e, allo stesso tempo promuovere una revisione della normativa che pone a carico degli stessi le spese per gli uffici giudiziari, riconducendole più correttamente alla responsabilità dello Stato, essendo la giustizia un servizio statale e non una competenza comunale. (5-00931)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CASELLATO e RUBINATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 di revisione delle circoscrizioni giudiziarie ha dato attuazione da attuazione alla delega al Governo di cui alla legge n. 148 del 2011;
   nell'attuazione della «riforma della geografia giudiziaria» il gruppo del partito Democratico alla Camera ha avanzato delle proposte, contenute in una risoluzione in commissione, che chiedono con forza al Governo un decreto correttivo o un altro atto ad hoc che tenga conto delle eventuali criticità legate alla specificità del bacino di utenza e alla dimensione territoriale, alle situazioni infrastrutturali e alla presenza di criminalità organizzata, nonché delle criticità legate al trasferimento logistico delle sezioni distaccate presso i tribunali, e che tenga anche conto, tra gli altri correttivi suggeriti, della necessità di istituire presidi di giustizia con le stesse funzioni di sezioni distaccate laddove siano stati soppressi i tribunali, così da evitare ogni rischio di desertificazione giudiziaria e di accorpamenti non funzionali alle esigenze di efficientamento delle procedure e dell'attività giudiziaria;
   la sezione tributaria di Conegliano, provincia di Treviso, serve 207.519 abitanti distribuiti su 26 comuni e ha 3.452 (3.098 in ambito civile e 354 in ambito penale) nuovi procedimenti all'anno;
   con la chiusura della sede coneglianese la mole di lavoro si riverserebbe sul tribunale di Treviso, che avrebbe grosse difficoltà a gestire tutti questi nuovi procedimenti;
   va considerato il costo sociale di questo taglio, con costi economici maggiori per i cittadini e tempi più lunghi. A Conegliano inoltre sono aperti 412 procedimenti per amministratori di sostegno, una figura spesso ricoperta da fratelli anziani, che incontrerebbero non poche difficoltà nello spostarsi fino al capoluogo;
   il tribunale di Conegliano ha ragione di esistere per il servizio e la mole di lavoro che svolge per tutto il territorio della Sinistra Piave. Inoltre, un eventuale trasloco, che secondo la legge dovrebbe avvenire ad onere della pubblica amministrazione, ha un costo stimato di 60 mila euro e richiede risorse e spazi che, da quanto emerso dagli incontri sinora avuti, il Comune di Treviso non può mettere a disposizione –:
   quale sia la posizione del Ministro interrogato in merito alla succitata riforma della «geografia tributaria», in particolar modo per la sede di Conegliano, alla luce delle considerazioni espresse;
   quali siano le sue, intenzioni in merito al recepimento delle indicazioni contenute nella suddetta risoluzione e se, in particolare non ritenga che, laddove vengono aboliti i tribunali, non sia opportuno pensare a presidi giudiziari quali ad esempio sezioni distaccate, al fine di evitare congestionamenti e per semplificare se non ritenga opportuno, laddove vengono abolite sezioni distaccate, prendere in considerazione l'opportunità di garantire la presenza di uno sportello giudiziario del tribunale. (4-01669)


   BOCCUZZI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 aprile 2011 si è concluso il processo di primo grado svolto in corte d'assise, per il rogo «Accaduto il 6 dicembre 2007, nel quale persero la vita sette lavoratori;
   il processo in questione ha avuto tempi contenuti rispetto alla complessità della vicenda;
   l'intero corso del procedimento è stato caratterizzato dall'intreccio delle elevate competenze tra magistratura, corpi specializzati e ricercatori universitari;
   il procuratore aggiunto Raffaele Guariniello è universalmente riconosciuto come un solido e fondamentale punto di riferimento per chi opera nel settore della prevenzione e del contrasto agli infortuni e alle morti sul lavoro;
   nel corrente anno, a differenza degli anni precedenti si sta verificando un'inversione di tendenza rispetto agli ultimi, con un sensibile incremento del numero sia delle morti che degli infortuni;
   la crisi che ha colpito il Paese, ad avviso dell'interrogante ha influito sulla riduzione degli infortuni che si è verificata, in ragione dell'elevato numero di lavoratori posti in cassa integrazione o che hanno perso il lavoro;
   il procuratore Guariniello intervenendo sul tema degli infortuni, molte volte ha sottolineato l'importanza dei risultati raggiunti subordinando la stessa ad un lavoro meticoloso e puntuale che si può svolgere solo con un gruppo di lavoro preparato, proponendo la nascita di una procura nazionale sugli infortuni e la creazione di nuclei specializzati di magistrati ed investigatori che sanno come lavorare ed intervenire appena accade un infortunio e di task force organizzate che abbiano rapporti con tecnici universitari competenti –:
   se il Ministro, nei limiti delle sue competenze, intenda valutare questa proposta, discuterla con gli altri dicasteri competenti e sottoporla all'attenzione dei competenti organismi di autogoverno, assumendo iniziative normative nel senso da essa auspicato. (4-01673)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNETTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a Roma è stato individuato, in località Falcognana, il possibile sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della capitale, dopo la decisione di chiudere il 30 settembre 2013 la discarica di Malagrotta per raggiunti limiti di capienza;
   secondo quanto riferito da organi di stampa – La Repubblica e il Messaggero del 9 agosto 2013 – tale decisione è stata presa nella tarda serata di giovedì 8 agosto 2013, durante un incontro avvenuto tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando, il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Ignazio Marino, che hanno dato incarico al commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, Goffredo Sottile, di verificare ulteriori aspetti tecnici e logistici del sito stesso;
   le condizioni della viabilità dell'area interessata da tale eventuale decisione – quadrante Ardeatina-Laurentina di Roma – sono particolarmente critiche poiché la zona è già al collasso ed è inadeguata a sopportare un ulteriore aggravio di traffico pesante;
   la via Laurentina, a causa dei lavori di ampliamento che sono fermi da un anno e mezzo, è in condizioni disastrate ed è teatro di continui incidenti stradali;
   la via Ardeatina, unica senza svincolo a quadrifoglio del grande raccordo anulare di Roma, è rivestita da un manto stradale pessimo e, da dicembre 2012, è interessata da un divieto di transito ai mezzi pesanti oltre i 3,5 metri di altezza e alle 6,5 tonnellate di peso (ordinanza della provincia di Roma n. 35/2012) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle intenzioni del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di sottoporre tale zona ad un ulteriore aggravio di circolazione pesante;
   se il Ministro sia stato interpellato circa la definizione di un nuovo ed ulteriore piano di viabilità che si renderebbe necessario se la realizzazione della discarica fosse effettivamente individuata nella località di Falcognana. (3-00278)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI, NICOLA BIANCHI, DE ROSA, BUSTO, DAGA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO, CATALANO, DE LORENZIS, DELL'ORCO, CRISTIAN IANNUZZI, LIUZZI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il servizio ferroviario è esercitato in regione Lombardia dal 3 marzo 2011 dalla società Trenord, nata dalla fusione di Trenitalia (Divisione Regionale Lombardia) e LeNord (gruppo FNM); l'offerta commerciale di Trenord è composta oltre che dal servizio urbano, anche dai servizi regionali e dal Regioexpress che collegano quasi tutti i capoluoghi di provincia con Milano; il servizio si compone di 2300 treni/giorno e il contratto di servizio con regione Lombardia ammonta a circa 450 milioni di euro; la regione Lombardia è la più popolata in Italia e ha una rete di imprese ancora piuttosto forte con importanti necessità logistiche per la movimentazione del personale e delle merci;
   i servizi di collegamento fra i capoluoghi di provincia e Milano sono decisamente carenti, esistono comitati di cittadini in ogni provincia lombarda per denunciare i principali disservizi (pressoché quotidiani tantopiù in questa stagione dove i treni vengono sistematicamente sostituiti da autobus);
   la regione Lombardia è tra le aree più inquinate al mondo, con superamenti delle polveri sottili ben oltre i limiti consigliati per la tutela della salute sia in termini di numero di sforamenti che in termini quantitativi dei singoli sforamenti; del pari l'industrializzazione è decisamente importante, a questo dovrebbe corrispondere una pari rete di infrastrutture. La sostenibilità delle infrastrutture è sempre più collegata alle ridotte emissioni e alla prevalenza dei servizi pubblici. Le tempistiche di percorrenza attuali nel tratto Mantova-Milano sono incompatibili con un servizio moderno e con la qualità di vita adeguata dei pendolari che quotidianamente raggiungono Milano in treno da Mantova e disincentivano l'utilizzo del mezzo pubblico e il guadagno stesso del gestore della linea. In particolare si sottolinea la presenza di linea a singolo binario nel tratto fra Cremona e Mantova e l'assenza di treni che effettuino un ridotto numero di fermate su questa tratta. Per cui in definitiva il tratto ferroviario di 166 chilometri fra Mantova e Milano, con treni che possono procedere a 160 chilometri all'ora viene percorso in oltre 2 ore, con quotidiani ritardi e disservizi dovuti anche alla qualità del materiale rotabile. Questi limiti penalizzano un eventuale utilizzo a fini di trasporto merci della linea stessa;
   Mantova è una città tutelata dall'Unesco, le note difficoltà logistiche per raggiungerla penalizzano notevolmente il settore turistico;
   in relazione all'evento «Expo 2015», Mantova sarà una delle mete del pubblico dell'Expo in quanto realtà significativa per valutare il settore agroalimentare (visto il tema dell'Expo 2015, nutrire il pianeta) regionale e produttivo in generale. L'evento contribuirà anche ad arricchire l'offerta culturale per il pubblico dell'Expo essendo una delle perle del Rinascimento italiano;
   sono in corso notevoli stanziamenti economici infrastrutturali in regione Lombardia, orientati in maggioranza alla viabilità privata. Tali provvedimenti risultano antistorici data l'insostenibilità e l'inutilità degli investimenti stessi, in un'ottica di progressivo allontanamento dalla dipendenza dai combustibili fossili e di auspicabile miglioramento delle condizioni di inquinamento ambientale; i numerosi sforamenti dei limiti per le polveri sottili rischiano di aumentare il numero di procedure di infrazione verso il nostro Paese;
   il traffico veicolare contribuisce in modo significativo alla presenza di alte concentrazioni di polveri; i veicoli, infatti, producono polveri sia come conseguenza dell'utilizzo di combustibili fossili per la loro alimentazione, sia per l'usura di pneumatici, freni e manto stradale;
   secondo i dati elaborati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e pubblicati sul Conto nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, si stima che la presenza nell'aria di particolato sia attribuibile per un terzo al settore dei trasporti, all'interno del quale la meta circa delle emissioni di PM10 riconducibile alle sole autovetture;
   sulla scorta dei dati rilevati in Italia nel 2009 dall'ISPRA (istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) risulta, infatti, come gli autoveicoli e motoveicoli (autovetture, motoveicoli, motocicli, mezzi leggeri e pesanti per trasporto merci e passeggeri) abbiano contribuito alla produzione di PM10 con circa 28.300 tonnellate di tale particolato;
   di conseguenza, appare necessario avviare una riprogrammazione degli interventi di carattere infrastrutturale che sia orientato a promuovere forme di mobilità, come il trasporto ferroviario, di minore impatto ambientale che riducano la congestione degli assi viari;
   il progressivo passaggio del trasporto su gomma a vie alternative in queste aree padane potrebbe passare anche dalle vie fluviali, vista la presenza di una rete già parzialmente attrezzata di canali;
   i previsti investimenti nazionali su alcune linee ferroviarie ad alta velocità che implicano percorsi importanti in trafori montani (preventivo di oltre 12 miliardi di euro con oltre 40 chilometri della galleria più lunga per la TAV in Val di Susa e di oltre 6 miliardi di euro per il tratto che comprende i 27 chilometri per la galleria più lunga del «terzo valico» ligure), risultano insostenibili in termini ambientali ed economici. Inoltre sottraggono risorse (costi di vari ordini di grandezza maggiori) per la modernizzazione della rete ferroviaria che dovrebbe consentire la mobilità fra tutte le realtà urbane italiane, in una nazione ad elevata densità abitativa –:
   in previsione di Expo 2015 e della programmazione degli investimenti infrastrutturali legati all'evento, se il Governo non ritenga di cogliere l'opportunità per assumere iniziative volte a utilizzare le risorse disponibili al fine di adeguare l'infrastruttura ferroviaria di collegamento tra Mantova e Milano, anche nell'ottica di un potenziamento complessivo della rete ferroviaria lombarda, incrementando la capacità trasportistica e riducendo i tempi di percorrenza. (5-00926)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AMBROSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal report dei dati ambientali delle città – Istat 2012 – si evince che la domanda di trasporto pubblico, espressa dal numero di passeggeri trasportati in un anno dall'insieme delle diverse modalità di trasporto pubblico urbano è stata pari, nel 2012, a 208,9 passeggeri per abitante, in diminuzione (-7,4 per cento) rispetto all'anno precedente;
   oltre che in nove grandi comuni (Milano 689,2 passeggeri trasportati per abitante, Venezia 655,7, Roma 438,2, Trieste 332,7, Bologna 246,4, Firenze 245,0, Genova 236,7, Cagliari 234,0 e Torino 230,4), valori superiori al dato medio si sono rilevati anche a Bergamo (271,9) e Siena (252,5). Solo a Milano, Venezia e Roma ogni abitante ha effettuato (in media) più di un viaggio al giorno;
   in 12 capoluoghi del Mezzogiorno (tra i quali sei della Sardegna e quattro della Sicilia), oltre a Latina e Sondrio, la domanda di trasporto pubblico locale è stata particolarmente contenuta e si sono contati meno di 10 passeggeri trasportati per abitante;
   in 78 comuni si è assistito a una contrazione della domanda di trasporto pubblico rispetto all'anno precedente. Le riduzioni più accentuate, superiori al 20 per cento, si sono verificati a Macerata, Frosinone, Siracusa, Caltanissetta, Ragusa e Lanusei, mentre una tendenza alla riduzione di più lungo periodo ha caratterizzato otto comuni (Lecco, Reggio nell'Emilia, Vicenza, Pistoia, Arezzo, Grosseto, Avellino e Taranto) che presentano, nell'arco di un quinquennio, variazioni sempre negative dall'indicatore considerato;
   in controtendenza, aumenti consistenti (superiori al 10 per cento rispetto al 2011) si sono registrati a Cuneo, Forlì, Fermo, Latina, Andria, Crotone e Sassari, mentre considerando l'arco di un quinquennio, solo quattro comuni hanno mostrato un orientamento continuo alla crescita della domanda: Torino, Biella, Andria e Carbonia;
   nelle principali realtà urbane la domanda di trasporto pubblico (5,3 volte superiore a quella osservata nei capoluoghi più piccoli) è stata pari in media a 329,1 passeggeri per abitante, valore in netto calo rispetto al 2011 (-8,2 per cento). Nei rimanenti comuni l'indicatore assume valori molto più contenuti, pari a 62,2 passeggeri trasportati per abitante (-2,3 per cento rispetto all'anno precedente). La contrazione della domanda registrata per il complesso dei comuni capoluogo nel 2012 è quindi da attribuire in larga parte alle dinamiche negative che caratterizzano i grandi comuni (12 su 16): in tre città (Roma, Napoli e Catania) la variazione negativa supera il 13 per cento –:
   alla luce dei dati riportati dall'Istat quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda intraprendere. (4-01681)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Codacons in data 7 agosto 2013 ha diffuso il seguente comunicato:
    «per un biglietto ferroviario verso il Sud Italia ad agosto si arriva a spendere tre volte in più rispetto al mese di settembre. Afferma il presidente dell'associazione Carlo Rienzi: “In considerazione delle partenze degli italiani verso le località del sud Italia, Trenitalia e NTV avrebbero dovuto aumentare i posti a sedere a tariffa ridotta. Chi decide di spostarsi oggi in treno è soggetto a costi elevatissimi e a spendere in alcuni casi più del triplo rispetto ad altri periodi dell'anno. Per tale motivo abbiamo investito della questione l'Antitrust, affinché verifichi se vi siano distorsioni a danno degli utenti”. L'associazione ha infatti confrontato le tariffe ferroviarie di Trenitalia e di NTV in vigore oggi con quelle applicate per gli stessi collegamenti nel mese di settembre, e ha scoperto che una singola tratta arriva a costare più del triplo a seconda del periodo in cui si decide di viaggiare;
    ad esempio, per quanto riguarda Trenitalia, se si parte il 12 di agosto da Roma diretti a Lamezia Terme, si spenderà per un intercity tra i 48,50 e i 66 euro, mentre per un Frecciabianca mediamente tra 63 euro e 91 euro. Se però si sposta la data di partenza di un mese, al 12 settembre, la spesa cala sensibilmente: 19 euro per un intercity e 19 o 29 euro per un Frecciabianca. Stesso discorso per la tratta Roma-Salerno: su un intercity si spende tra i 19 e i 28 euro ad agosto, 39 euro su un Frecciarossa; a settembre bastano 9 euro per un intercity e 19 euro per un Frecciarossa. Non va meglio sul Frecciargento Roma-Lecce, dove il 12 di agosto si spendono 66 euro contro i 49 euro del 12 settembre. Simile la situazione sui treni NTV: per il collegamento Roma-Salerno le tariffe partono da 32 euro ad agosto, per scendere a 18 euro a settembre»;
   tale situazione di certo non contribuisce, inoltre, ad incrementare il flusso turistico verso le regioni meridionali –:
   quali siano le iniziative che si intendono adottare per quanto di competenza, affinché non si ripeta tale discriminatoria problematica a danno dei cittadini che utilizzano il mezzo ferroviario per raggiungere le regioni meridionali durante il mese di agosto. (4-01682)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNETTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Roma è stato individuato, in località Falcognana, il possibile sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della capitale, dopo la decisione di chiudere il 30 settembre 2013 la discarica di Malagrotta per raggiunti limiti di capienza;
   secondo quanto riferito da organi di stampa – La Repubblica e il Messaggero del 9 agosto 2013 – tale decisione è stata presa nella tarda serata di giovedì 8 agosto 2013, durante un incontro avvenuto tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando, il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Ignazio Marino, che hanno dato incarico al commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, Goffredo Sottile, di verificare ulteriori aspetti tecnici e logistici del sito stesso;
   la presenza di numerosi insediamenti abitativi di decine di migliaia di cittadini nelle immediate adiacenze ai siti interessati – Castel di Leva, Divino Amore, Falcognana, Spregamore, Selvotta, Monte Migliore, Colle dei Pini, Santa Palomba, Santa Fumia, Palazzo Morgana, Paglian Casale;
   lo stato di grande agitazione sociale tra la popolazione dei quartieri Selvotta, Schizzanello, Trigoria, Monte Migliore, Spregamore, Falcognana, Santa Fumia, Castel Di Leva, Santa Palomba rischia di innescare situazioni di pericolo per l'ordine pubblico;
   i cittadini della zona, dopo i blocchi di via Ardeatina e dell'uscita 24 del grande raccordo anulare di Roma, hanno avviato, nella serata dell'8 agosto 2013, lo sciopero della fame e della sete contro la realizzazione di tale discarica al Santuario del Divino Amore –:
   se il Ministro interrogato sia stato informato dalle autorità preposte della grave situazione creatasi che destabilizza l'ordine pubblico;
   come intenda provvedere affinché la pacifica protesta degli abitanti sia tutelata senza trascendere in casi di cronaca;
   se sia stato interpellato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la gestione della condizione di crisi che è destinata a protrarsi nel mese di agosto, mese già di per sé complicato per la gestione della pubblica sicurezza;
   se siano state effettuate, o siano in corso, in base alla vigente normativa antimafia, verifiche utili a prevenire rischi di infiltrazione della criminalità organizzata. (3-00276)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Marano di Napoli, comune della provincia napoletana, nel maggio 2013 si sono tenute le elezioni amministrative, che si sono concluse con l'elezione a sindaco di Angelo Liccardo, sostenuto dalla coalizione di centrodestra;
   l'8 luglio 2013 è stata varata la giunta comunale, di cui fa parte il dottor Gaetano Orlando, assessore con deleghe a polizia municipale, viabilità, protezione civile, ambiente ed ecologia;
   il dottor Orlando è direttore del distretto sanitario n. 38, afferente alla azienda sanitaria locale Napoli 2 nord e competente per i comuni di Marano di Napoli e Quarto;
   già nel corso della prima seduta del consiglio comunale alcuni consiglieri di minoranza evidenziarono la necessità di approfondire la situazione concernente l'assessore Orlando e la possibile incompatibilità tra il ruolo di direttore del distretto sanitario n. 38 e la carica di assessore, come riporta il quotidiano locale d'informazione online «Retenews24.it» nell'articolo «Giunta Marano, scoppia caso Orlando: per Civit assessore è incompatibile»;
   nello stesso articolo si afferma che, al pari di altri componenti della giunta nominata dal sindaco Liccardo, l'assessore Orlando aveva preventivamente presentato un'autocertificazione per chiarire la sua compatibilità con il nuovo incarico;
   il 19 aprile 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo n. 39 del 2013 «Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190», attuativo di una disposizione contenuta nella «legge anticorruzione» che si applica a tutta la pubblica amministrazione e alle società partecipate;
    il tema è stato recentemente affrontato dalla Civit (Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche), massimo organo nazionale in materia di inconferibilità ed incompatibilità degli incarichi nella pubblica amministrazione, che nella delibera n. 58/2013 ha esaminato il problema dell'applicabilità alle diverse figure dirigenziali esistenti nel settore sanitario delle fattispecie di inconferibilità e incompatibilità previste, genericamente, per gli incarichi dirigenziali, come riportato anche dall'edizione online de «Il Sole-24 Ore» nell'articolo «Civit sull'incompatibilità delle cariche: si applica anche alla dirigenza sanitaria. Cosmed: “Sconcertante”» del 18 luglio 2013;
   in tale delibera ha concluso per l'applicazione del decreto legislativo n. 39 del 2013 a dirigenti di distretto, direttori di dipartimento e di presidio e, in generale, direttori di strutture complesse, e quindi anche al dottor Orlando, come riporta anche il quotidiano locale online «Internapoli.it»” nell'articolo «Marano, l'incompatibilità di Orlando è “un caso”» del 29 luglio 2013;
   lo stesso articolo sottolinea come su situazioni analoghe siano pervenute già svariate richieste di chiarimento alla Civit e quindi l'organismo di garanzia dovrebbe a breve esprimersi ancora sull'argomento;
   eventuali casi di incompatibilità definite dalla legge, ed in particolare dall'articolo 16, comma 3, del decreto n. 39 del 2013, vanno al più presto individuati e rimossi;
   in un comunicato stampa del 25 luglio 2013 la Civit ha annunciato, in relazione all’iter di conversione del decreto-legge n. 69 del 2013, la sospensione delle proprie decisioni sulle numerose richieste di parere attualmente all'esame e pervenute da amministrazioni ed enti in materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi, ai sensi dell'articolo 16, comma 3, del decreto legislativo n. 39 del 2013;
   il comunicato stampa in questione spiega che tale decisione si innesta in un contesto di profonda preoccupazione da parte della Civit relativamente alle previste modifiche normative, che, incidendo sulle funzioni che sono state attribuite alla Civit dalla legge n. 190 del 2012 e dai decreti delegati (in particolare, con riferimento alla materia dell'inconferibilità e incompatibilità degli incarichi, assegnando all'autorità un ruolo meramente consultivo per la emanazione di direttive da parte dell'esecutivo), rappresenterebbero secondo la Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche un vulnus all'esercizio in autonomia e indipendenza delle funzioni attribuite dalla legge n. 190 del 2012, che ha individuato nella Civit l'Autorità nazionale anticorruzione, in attuazione della convenzione delle Nazioni Unite in materia di lotta alla corruzione e della convenzione di Strasburgo, proprio in quanto autorità indipendente –:
   se il Ministro intenda adottare iniziative, anche normative, in relazione alla disciplina di fattispecie analoghe a quella concernente il caso dell'assessore Orlando;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di risolvere la questione legata alla Civit, in modo da far riprendere le attività della Commissione, utili a sanare questo ed altri casi dubbi.
(4-01668)


   SILVIA GIORDANO, BARONI, CECCONI, DALL'OSSO, DI VITA, GRILLO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sarebbe morto per asfissia, in seguito a una procedura di arresto troppo violenta da parte dei carabinieri: Bohli Kayes, l'immigrato tunisino di 35 anni, che ha perso la vita, il 6 giugno 2013, a Riva Ligure, poco dopo la sua cattura, avvenuta al culmine di un'operazione antidroga;
   il referto dell'autopsia, eseguita dalla dottoressa Simona Del Vecchio, responsabile del servizio di medicina legale di Imperia, parla di: «arresto cardiocircolatorio neurogenico, secondario ad un asfissia violenta da inibizione dell'espansione della gabbia toracica»;
   l'ipotesi che fa il medico legale è che nel momento dell'arresto o del trasporto in auto, dal luogo dell'arresto alla caserma, sia stato in qualche modo impedito a Bohli Kayes di respirare e di espandere la cassa toracica e questo ha determinato, in un individuo che già era in carenza di ossigeno perché proveniva da una violenta colluttazione, un debito di ossigeno notevole questo il commento del procuratore di Sanremo, Roberto Cavallone, titolare delle indagini;
   i tre carabinieri che procedettero all'arresto di Kayes rimangono indagati per omicidio colposo;
   a detta del procuratore di Sanremo, Roberto Cavallaro, in questa vicenda c’è una grossa responsabilità delle istituzioni dello Stato per la morte di questo cittadino tunisino, perché al di là di quello che poteva aver commesso, la vita è sacra e quando un cittadino, italiano o straniero, è nella disponibilità delle istituzioni, la sua integrità fisica deve essere assolutamente tutelata;
   il consolato tunisino in Italia ha chiesto copia del referto medico –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato per quanto di competenza, in merito ai fatti citati in premessa;
   quali iniziative intenda intraprendere affinché come affermato dal Procuratore di Sanremo Roberto Cavallaro, sia garantita e tutelata l'integrità fisica di qualsiasi cittadino italiano o straniero, che sia nelle disponibilità delle istituzioni. (4-01683)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro dell'interno, con proprio decreto del 12 novembre 2012, disponeva l'istituzione di una commissione, affidandole il mandato di procedere ad una verifica amministrativa finalizzata ad accertare la regolarità di alcune procedure di appalto gestite dal dipartimento della pubblica sicurezza e dal dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, ed in particolare:
    a) le procedure di affidamento gestite dal dipartimento della pubblica sicurezza comprese nel P.O.N. «Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno», denominato «PON Sicurezza», ed evocate in un esposto anonimo del 26 luglio 2012;
    b) le procedure di affidamento relative a opere e contratti pubblici segretati o caratterizzati da particolari misure di sicurezza, gestite da entrambi i dipartimenti sopra menzionati;
   veniva inoltre affidato alla commissione il compito di approfondire il tema del ricorso alla segretazione dei contratti poiché tale istituto consente all'amministrazione procedente di derogare alle procedure ordinarie di affidamento degli appalti pubblici;
   all'interno della relazione di questa commissione, datata 21 febbraio 2013, si evidenziano criticità in relazione alle quali già precedentemente la Corte dei Conti, scrutinando alcune procedure di gara, aveva riscontrato e segnalato frequenti scelte amministrative non collimanti con i precetti posti dalla legislazione vigente, individuando, in particolare:
    a) il ricorso troppo generalizzato alla segretazione;
    b) l'assenza, in molti casi, dei presupposti di fatto che legittimano il ricorso alla segregazione;
    c) la competenza all'adozione del provvedimento;
    d) il carattere assolutamente generico della dichiarazione di segregazione;
    e) una non sempre efficace funzione di programmazione dei lavori;
   nel rassegnare le osservazioni conclusive circa l'analisi delle procedure contrattuali verificate, la commissione evidenziava un sensibile scostamento da alcune fondamentali regole poste a presidio degli obiettivi di trasparenza e di apertura al mercato, di reiterate violazioni delle regole che disciplinano le procedure di scelta del contraente, risultando così compromessi i principi di libertà di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza;
   a conferma di quanto più volte segnalato dalla Corte dei Conti, anche la commissione, pur avendo lavorato su un numero esiguo di procedimenti e per un arco temporale breve, sostanzialmente è giunta alle stesse conclusioni –:
   se si intenda avviare una verifica completa di tutti gli appalti segretati e quali iniziative si intendano adottare per il futuro, in modo tale da restituire completa trasparenza alle procedure di gara utilizzate nell'ambito del dipartimento della pubblica sicurezza e dal dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile. (4-01688)


   PIZZOLANTE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l’iter per la realizzazione della nuova caserma dei vigili del fuoco di Piacenza città ha avuto inizio nel 2000;
   il provveditorato Interregionale opere pubbliche per l'Emila-Romagna e le Marche affidava, il 22 marzo 2006, alla Ati Viteco s.c.a.r.l. de L'Aquila i lavori per la costruzione dell'edificio;
   la nuova caserma risulta ultimata da anni, ma non è ancora stata utilizzata dal Corpo destinatario –:
   quali siano i motivi della mancata tempestiva utilizzazione e per quando si stimi che i problemi relativi possano essere risolti, in particolare, si chiede se sia vero che la caserma sia stata costruita con criteri tali da renderla inagibile agli attuali mezzi di cui il Corpo dei vigili del fuoco è dotato. (4-01695)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, LUIGI GALLO, VACCA, MARZANA, SIMONE VALENTE, BRESCIA, D'UVA, DI BENEDETTO, BATTELLI e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale sistema di formazione dei nuovi docenti, denominato TFA (tirocinio formativo attivo), recentemente conclusosi o in procinto di concludersi, ha selezionato, fra circa 200 mila aspiranti, circa 11 mila docenti attraverso tre apposite prove d'accesso articolate in un test preliminare a carattere nazionale, una prova scritta e una prova orale vertenti sulle conoscenze disciplinari relative alle materie oggetto di insegnamento della classe di abilitazione, secondo i programmi definiti dalle indicazioni nazionali;
   il suddetto percorso formativo ha poi contemplato la frequenza di corsi disciplinari e pedagogico-didattici, un tirocinio attivo di 475 ore in classe e il superamento dei relativi esami, concludendosi con un esame finale di abilitazione composto dall'esposizione di un progetto didattico su un argomento disciplinare estratto a sorte da ciascun candidato e dalla discussione della relazione finale sul tirocinio svolto in classe;
   l'iscrizione alla preselezione per ogni classe di concorso costava dai 100 ai 150 euro e dopo il superamento delle prove di accesso, la frequenza al percorso abilitante necessitava del pagamento di una tassa di iscrizione di circa 2.600 euro a testa in media;
   sulla base del decreto ministeriale n. 249 del 2010, e dei successivi regolamenti ministeriali ad esso connesso, l'abilitazione conseguita tramite la frequenza del TFA risulta declassata rispetto a quella conseguita in passato con i cicli della SSIS (scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario), ai cui abilitati era sempre spettato l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, unico canale utile per ottenere l'immissione in ruolo per scorrimento (legge n. 296 del 2006). A differenza di quanto avvenuto sempre in passato, quindi, al titolo conseguito con il tirocinio formativo attivo spetterebbe solamente l'inserimento nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto (GI), dalle quali è difficilmente ottenibile un incarico annuale, né si potrà mai ambire al posto di ruolo a tempo indeterminato;
   il suddetto decreto perpetra una discriminazione tra chi si è abilitato con il tirocinio formativo attivo (ai sensi del decreto ministeriale n. 249 del 2010) e chi ha conseguito il medesimo titolo equipollente presso gli altri Paesi dell'UE o chi, dopo avere interrotto la scuola di specializzazione per l'insegnamento secondario si è abilitato frequentando lo stesso corso di tirocinio formativo attivo durante questo anno accademico;
   il prossimo aggiornamento delle graduatorie di istituto è previsto per il 2014;
   l'imminente approvazione dei TFA speciali, decisa a seguito dell'apertura da parte della Commissione europea di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per la violazione della direttiva comunitaria 1999/70 sulla reiterazione dei contratti a tempo determinato, abiliterà oltre 80.000 docenti aventi un'anzianità di servizio pari a tre anni scolastici –:
   quali iniziative intenda assumere per equiparare il titolo conseguito tramite tirocinio formativo attivo a quello ottenuto nel periodo 1999-2009 dagli abilitati mediante scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario sulla base del medesimo riconoscimento di quel valore di prova concorsuale che spettava a questi ultimi (ai sensi dell'articolo 1, comma 6-ter, del decreto-legge 28 agosto 2000 n. 240, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2000 n. 306), in modo da ottemperare all'articolo 97 della Costituzione, che prevede l'assunzione previo concorso nella pubblica amministrazione;
   quali iniziative intenda adottare per consentire la riapertura straordinaria delle graduatorie di istituto per l'anno scolastico 2013-14, garantendo in tal modo che il titolo conseguito dai nuovi docenti abilitati mediante TFA ordinario risulti spendibile fin da subito e senza attendere un intero anno scolastico e se non ritenga opportuno rendere il suddetto aggiornamento annuale delle graduatorie una prassi abituale, in virtù delle nuove modalità di abilitazione che prevedono appunto l'emissione di bandi a cadenza annuale;
   se non ritenga opportuno valutare l'istituzione di un canale alternativo di inserimento in graduatoria per gli abilitati mediante TFA ordinario, al fine di tenere in considerazione il faticoso percorso seguito e la dura selezione constata di tre prove successive sostenute dagli abilitati con il TFA ordinario;
   se intenda emanare il bando di un secondo ciclo di tirocinio formativo attivo ordinario rivolto in particolare ai candidati risultati idonei ma non vincenti alle prove del primo ciclo e se intenda garantire l'ammissione in sovrannumero al suddetto secondo ciclo per coloro che erano risultati vincenti in più classi di concorso di ambito diverso e che avevano dovuto rinunciare a una di esse ai fini dell'abilitazione, difformemente da quanto avveniva secondo le procedure previste dalla scuola di specializzazione per l'insegnamento secondario. (5-00925)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale 24 aprile 2013 n. 334 del Ministro pro tempore Profumo aveva anticipato i test per le ammissioni all'università al mese di luglio, introducendo un meccanismo di «bonus» calcolati in base al voto di maturità ed alla scuola di provenienza;
   con il decreto ministeriale 12 giugno 2013 n. 449, sono stati rinviati i test a settembre e si è tentato di mitigare quelle che sono state ritenute delle criticità non potendo tuttavia intervenire in radice (ad esempio sul cosiddetto bonus maturità), in quanto vincolati dall'attuazione del decreto legislativo 14 gennaio 2008 n. 21, i cui principi non possono essere modificati da un decreto ministeriale. In particolare, si è deciso di attribuire il cosiddetto bonus maturità, da 1 a 10 punti, esclusivamente ai candidati che hanno ottenuto un voto all'esame di stato almeno pari a 80/100 e non inferiore all'80esimo percentile della distribuzione dei voti della propria commissione d'esame nell'anno scolastico 2012/13. Modifica che avrebbe tuttavia addirittura portato ad un peggioramento della situazione, risultando penalizzante per quegli studenti «bravi» capitati in una classe di «eccellenti»;
   si apprende dagli organi di stampa che la Ministra Carrozza ha già riconosciuto la natura «temporanea» di tali provvedimenti, la necessità di una semplificazione dei criteri di funzionamento dei bonus e di essere già al lavoro per mettere in essere un meccanismo più equo e meno impattante già dal 2014 –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo per creare le condizioni affinché vengano preservati tutti gli studenti che, quest'anno e solo per quest'anno, saranno valutati con criteri già definiti «inadeguati», e diversi da quelli degli anni passati e da quelli degli anni futuri, in modo da garantire che non sia ancora una volta questa generazione di studenti a pagare le conseguenze di scelte politiche superficiali e dannose. (4-01678)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BOCCUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i dati relativi al prodotto interno lordo, al livello dei consumi, alla disoccupazione, all'utilizzo degli ammortizzatori sociali, al debito pubblico italiano, schizzato al 126,1 per cento del prodotto interno lordo, mostrano un'Italia in piena recessione;
   la grave crisi in atto dal 2008 non accenna a diminuire d'intensità. Le affermazioni sulla prossima uscita dal tunnel appaiono sgradevoli e danno il senso del distacco esistente con il Paese reale;
   il reddito disponibile delle famiglie si è contratto pesantemente ed è aumentato enormemente il numero di quelle che versano in condizioni di grave disagio economico e sociale;
   la produzione industriale ha registrato su base annua un calo considerevole e negli ultimi 4 anni siamo passati dal 5o all'8o posto nella graduatoria mondiale manifatturiera;
   la disoccupazione ha raggiunto il 10,8 per cento in Italia e ha superato il 9 per cento in Piemonte, percentuale più alta di tutto il nord-Italia (era il 7,6 per cento nel 2011);
   quella giovanile è al 35,1 per cento e quasi un 20 per cento di giovani, i cosiddetti NEET, non studiano, non si formano, non cercano lavoro. In provincia di Torino, nella fascia 15-24 anni, la disoccupazione è giunta al 28,4 per cento, percentuale più alta di tutto il Nord ovest, la cui media è del 22,2 per cento;
   dal 2007 al 2012 gli occupati fino a 35 anni d'età sono diminuiti di quasi 1,5 milioni, mentre i lavoratori tra 55 e 64 anni sono aumentati del 26 per cento per effetto degli interventi previdenziali;
   nei primi nove mesi del 2012 c’è stato il crollo delle nuove pensioni: gli assegni liquidati dall'Inps sono diminuiti del 35,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011, solo per effetto della «finestra mobile» e dello «scalino» scattati nello scorso anno, mentre la riforma Fornero impatterà dal 2013. L'età media è passata dai 60,3 ai 61,3 e l'anno prossimo l'Italia sorpasserà la Germania;
   nei primi 10 mesi del 2012, in Italia sono state richieste quasi 900 milioni di ore di cassa integrazione (in Piemonte oltre 116 milioni, pari al 13 per cento del totale), dato che rende certo il superamento del miliardo alla fine dell'anno. È bene sottolineare che in Piemonte le risorse a disposizione per la cassa in deroga non sono sufficienti per arrivare a fine anno, pertanto il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, che è torinese, dovrebbe attivarsi per fare arrivare rapidamente i milioni ancora mancanti;
   per quanto concerne la mobilità, da inizio anno c’è stata una crescita di quasi il 9 per cento, in particolare di quella non indennizzata;
   in tale contesto appare inopportuno il superamento progressivo dell'attuale sistema di ammortizzatori, previsto dalla cosiddetta riforma del mercato del lavoro;
   in aggiunta, attualmente sono aperti più di 150 tavoli di crisi, che riguardano 180.000 dipendenti e quasi 30.000 esuberi;
   si tratta di un parziale bollettino di guerra, peraltro in continuo aggiornamento;
   dalla fine del 2008, anche il Piemonte ha registrato una consistente perdita di posti di lavoro e di imprese, un massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali, il peggioramento delle condizioni per migliaia di famiglie e la nascita di nuove povertà;
   la situazione resta molto difficile, perché, se stupisce positivamente la grande capacità di reazione di tante aziende piemontesi, in grado di competere e di esportare, si continua a registrare un continuo arretramento nei consumi e nella fruizione di beni e servizi da parte dei residenti;
   in proposito, bisogna ricordare che il tasso di utilizzo degli impianti si attesta al 68 per cento, circa 7 punti sotto il livello tipico delle normali fasi di crescita;
   oltre al lavoro che manca, c’è forte preoccupazione per le prestazioni del welfare locale, alle prese con risorse in forte diminuzione e con una domanda in costante aumento;
   è stato detto tante volte che, dal livello nazionale, un aiuto importante potrebbe giungere anche dalla modifica del patto di stabilità interno, almeno per i comuni virtuosi, per consentire di spendere le risorse disponibili per le opere già cantierabili e rilanciare l'edilizia, da sempre volano per altri settori produttivi;
   le politiche del Governo hanno perseguito l'obiettivo di una sorta di svalutazione interna delle pensioni e delle retribuzioni, che su base annuale sono aumentate dell'1,4 per cento, a fronte di un'inflazione al 3,2 per cento, conseguenza anche del blocco contrattuale dei dipendenti pubblici iniziato dal 1o gennaio del 2010 –:
   quali siano le iniziative messe in atto per arginare la preoccupante situazione esplicata nella premessa. (4-01672)


   RUOCCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in un periodo di crisi economica tanto profonda e radicata, in cui, secondo l'Istat, le famiglie hanno cominciato a ridurre la spesa per i beni di prima necessità, compresi pane e pasta, è iniquo che lo Stato seguiti ad erogare pensioni di svariate decine di migliaia di euro al mese, specie per individui che hanno ricoperto posizioni di privilegio di nomina politica in enti pubblici o parapubblici maturando peraltro il suddetto diritto attraverso il metodo retributivo;
   nel contesto generale di impoverimento progressivo dei cittadini, dell'incremento del tasso di disoccupazione, dell'aumento dell'età pensionabile, mantenere tali sacche di privilegio, residui di un sistema che si è dimostrato non solo insostenibile, ma completamente fallimentare, rappresenta non solo un incomprensibile danno economico per lo Stato, basato su principi giuridici interpretati talvolta in modo opinabilmente restrittivo, ma anche un fattore di possibile danno sociale, superiore per certi versi allo stesso disagio economico;
   la percezione di un processo redistribuivo al contrario è un segnale devastante che contribuisce ad incoraggiare l'evasione fiscale e determina un clima di sfiducia generalizzata verso le istituzioni, con il possibile insorgere di fenomeni di protesta e rabbia per quella che da molti sono avvertite come vere e proprie ingiustizie;
   secondo l'articolo de Il Fatto Quotidiano «spending review: restano le pensioni d'oro, tagliati i buoni pasto agli statali», ripreso dal blog «I segreti della casta» sarebbero, nel 2012, 100 mila i «super-pensionati», un numero abbastanza esiguo rispetto alla totalità dei pensionati, ma che soli percepirebbero dallo Stato ben 13 miliardi di euro l'anno;
   per quantificare l'insostenibilità di tale trattamento basti pensare, che secondo i conteggi effettuati dal blog «I segreti della casta», non bastano i contributi versati da 2 milioni di lavoratori per garantite l'erogazione di tali pensioni;
   la pensione più ricca d'Italia sarebbe quella di Mauro Sentinelli, ex manager e ingegnere elettronico della Telecom che percepirebbe un assegno di 90.246 euro al mese circa 3008 euro al giorno, che si sommerebbe peraltro ai gettoni di presenza che gli spetterebbero in qualità di membro del consiglio d'amministrazione di Telecom e presidente del consiglio d'amministrazione di Enertel Servizi srl;
   tra le cosiddette pensioni d'oro non mancano di occupate un posto di rilievo quelle di cui sono beneficiari alcuni personaggi politici: tra questi il pensionato più pagato è il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi, che cumula 30 mila euro al mese di pensione da Bankitalia con 4.000 euro dell'Inps ed i 19.054 euro dell'indennità da parlamentare;
   Lamberto Dini incasserebbe invece 18 mila euro da Bankitalia, 7.000 dall'Inps e 19.054 dal Senato;
   Giuliano Amato cumulerebbe i 22.048 euro mese dall'Inpdap coi 9.363 che gli dà il Parlamento;
   al di là dei casi specifici sembra sempre più opportuno un intervento definitivo per impedire che si continuino a corrispondere cifre simili che vanno, chiaramente, al di là di qualsiasi proporzione relativamente alla corrispondenza con quanto effettivamente versato come contributi pensionistici o di qualsiasi raffronto con gli attuati livelli medi dei redditi da retribuzione e da lavoro;
   uno dei maggiori freni che i Governi precedenti hanno riscontrato negli interventi per imporre contributi di solidarietà che potessero minimamente incidere sull'entità abnorme delle pensioni più elevate corrisposte dallo Stato sono state le pronunce della Corte costituzionale;
   nell'estate del 2011, infatti, il Governo Berlusconi, introduceva il suddetto contributo con il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, rafforzato in seguito dall'articolo 24, comma 31-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, cosiddetto Salva Italia), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, emanato dal Governo Monti;
   le misure di questi provvedimenti avevano l'obiettivo fondamentale di garantire la «stabilizzazione finanziaria», di evitare cioè il rischio default;
   si tratta del prelievo operato sulle pensioni di importo superiori a 90.000 euro lordi annui. Il contributo di perequazione è stato applicato nella misura del 5 per cento sulla parte eccedente i 90.000 euro e fino a 150.000 euro, poi nella misura del 10 per cento per la parte eccedente i 150.000 euro, ed infine nella misura del 15 per cento sulla parte eccedente i 200.000 euro di trattamento pensionistico lordo annuo. Si tratta di un bel prelievo, che ha agito solo sui pensionati con reddito alto dal 1o gennaio 2012 (e fino al 31 dicembre 2017);
   la Corte costituzionale tuttavia, a seguito di un ricorso derivante dalla richiesta di un magistrato presidente della Corte dei conti in quiescenza dal 21 dicembre 2007, titolare di pensione diretta di importo superiore a euro 90.000,00 annui, il quale ha chiesto il riconoscimento del proprio diritto di percepire il trattamento pensionistico ordinario, privo delle decurtazioni introdotte dall'articolo 18, comma 22-bis, del decreto-legge 6 luglio n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, nonché la condanna dell'amministrazione ai conseguenti pagamenti, ha stabilito l'incostituzionalità delle misure attraverso la sentenza n. 116 del 5 giugno 2013;
   secondo la Corte infatti risulterebbe violato il principio di eguaglianza dell'articolo 53 della Costituzione in quanto imposto nei confronti dei soli pensionati, categoria «colpita in misura maggiore rispetto ai titolari di altri redditi e, più specificamente di redditi da lavoro dipendente»;
   il prelievo sotto forma di «contributo di solidarietà» infatti, come sottolinea la Corte costituzionale, avrebbe natura tributaria e quindi deve essere commisurate alla «capacità contributiva» (secondo l'articolo 53 della Costituzione) dei cittadini, che sono «eguali davanti alla legge» (articolo 3), e non si può distinguere tra tipologie di reddito per penalizzare alcuni o premiare altri;
   la sentenza porterà quindi, non solo all'interruzione del prelievo, ma anche al diritto alla sua restituzione, a partire dal 1o gennaio 2012;
   a fronte di questa sentenza, il Ministro interrogato Enrico Giovannini dichiarava, in un articolo del 30 giugno 2013 sul Corriere della Sera che «sulle pensioni d'oro non si può mettere un contributo di solidarietà perché è stato bocciato dalla Corte costituzionale ma si può bloccare l'indicizzazione (ovvero l'aggiornamento Istat)», un blocco che a seconda del livello di importo al quale si fissa «può produrre effetti non trascurabili»;
   data però la situazione di sperequazione, anche alla luce dell'ultima riforma delle pensioni, appare più equo procedere attraverso l'introduzione di nuove norme per fissare un tetto ai trattamenti pensionistici, specie se definiti secondo il metodo retributivo, che non corrisponde quindi ad una contribuzione reale;
   appare inoltre opportuno, al fine di evitare casi paradossali come quelli esposti innanzi evitare la possibilità di cumulo tra redditi da pensione e da lavoro –:
   se il Governo intenda intervenite, e in quale modo, al fine di ridefinire al ribasso i trattamenti pensionistici più elevati allo scopo di diminuire la sperequazione tra questi e il livello medio dei salari e delle pensioni conteggiate attraverso il metodo contributivo;
   se sia intenzione del Governo definire un tetto massimo per le erogazioni pensionistiche definite attraverso il metodo retributivo e prevedere il divieto di cumulo dei redditi da pensione con quelli da lavoro. (4-01677)


   BOCCUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
    in materia di tutela del lavoratore, il sistema normativo prevede che «sul datore di lavoro gravano sia il generale obbligo di neminem laedere, espresso dall'articolo 2043 del codice civile, la cui violazione è fonte di responsabilità extra-contrattuale, sia il più specifico obbligo di protezione dell'integrità psico-fisica del lavoratore sancito dall'articolo 2087 del codice civile ad integrazione ex lege delle obbligazioni nascenti dal contratto di lavoro, la cui violazione è fonte di responsabilità contrattuale;
   l'integrità psicofisica e morale dell'individuo trova riconoscimento giuridico non solo quale interesse tutelato da leggi ordinarie (si pensi agli articoli 581, 582, 590 e 185 del codice penale o all'articolo 5 del codice civile) e da leggi speciali (come l'articolo 9 dello statuto dei lavoratori), ma finanche da norme di rango costituzionale, quali quelle contenute nell'articolo 32 della Costituzione che garantisce la salute come fondamentale diritto dell'individuo, nell'articolo 41 che pone precisi limiti alla esplicazione dell'iniziativa economica privata stabilendo, peraltro, che la stessa non può svolgersi «in modo da arrecare danno alla dignità umana», e nell'articolo 2 che tutela i diritti inviolabili dell'uomo anche «nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità» e richiede l'adempimento dei doveri di solidarietà sociale. L'articolo 2087 del codice civile è «cristallino e preciso» nell'intimare all'imprenditore un impegno per la sicurezza del lavoratore;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con il decreto interministeriale n. 19 del 24 gennaio 2011, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ha emanato il regolamento sulle modalità di applicazione del pronto soccorso aziendale in ambito ferroviario. Tale regolamento dà attuazione a quanto disposto dal decreto legislativo n. 81 del 2008, che, con l'articolo 45, al comma 3, definisce le modalità di applicazione in ambito ferroviario del decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e successive modificazioni;
   il decreto interministeriale n. 19 del 2011 nel tentare di regolamentare la materia del soccorso in ambito ferroviario ha trasformato tout court circa 20.000 ferrovieri in lavoratori isolati, cancellando inspiegabilmente precedenti tutele di prevenzione in tema di sicurezza sino ad oggi riconosciute;
   in ambito ferroviario le aziende esercenti il trasporto applicano un equipaggio di condotta ad agente solo, ovvero un solo agente alla guida dei treni;
   la condizione di assoluta precarietà e pericolosità di questo lavoro che incide sulla sicurezza deve essere supportato dai contenuti del decreto interministeriale n. 19 del 2011 che ritiene si debba garantire ai lavoratori in questione un «soccorso qualificato» che, in analogia ai contenuti del decreto presidenziale 27 marzo 1992, debba avvenire, come per tutti i cittadini italiani, in 20 minuti;
   ad oggi numerose denunce di una organizzazione sindacale, in tutto il territorio nazionale, e denunce di numerosissimi RLS/RSU, ritengono assolutamente inesigibile tale determinazione del soccorso, configurando grave nocumento per la sicurezza dei lavoratori e dei passeggeri;
   a tali denunce sono seguite delle «simulazioni» delle aziende ferroviarie che hanno confermato la preoccupazione dei rappresentanti dei lavoratori; il soccorso ai lavoratori ed ai viaggiatori, infatti, in caso di malore dell'unico macchinista alla guida, non rispetta minimamente tali limiti imposti dai decreti attestando i soccorsi a 60 minuti circa;
   una procura piemontese, intervenuta sull'argomento, ha già rinviato a giudizio un datore di lavoro di Trenitalia per «non aver assicurato idonee ed effettive procedure per il pronto intervento»;
   recentemente le ASL di Savona, a seguito di esposti dei lavoratori, hanno contestato, sempre a Trenitalia, l'adozione di un equipaggio di condotta ad agente solo senza garantirne il soccorso. A tal proposito è stato «prescritto» a Trenitalia l'adozione di un equipaggio con 2 agenti di condotta al fine di garantire l'esigibilità dei soccorsi ai lavoratori ed ai viaggiatori in tempi congrui con la normativa ministeriale vigente;
   le aziende ferroviarie, ad oggi, persistono ad utilizzare alla guida dei treni, nel territorio italiano, un solo agente di condotta omettendo le predette sicurezze e di fatto a giudizio dell'interrogante contravvenendo al rispetto dei decreti ministeriali menzionati, condizione reale di rischio per molti lavoratori e utenti del trasporto ferroviario –:
   quali iniziative si intendano assumere affinché venga comunque assicurato anche al personale viaggiante e agli equipaggi dei treni un «soccorso qualificato», in analogia, per quanto riguarda i termini e i tempi, a quanto previsto per la generalità dei cittadini e dei lavoratori;
   se non si ritenga che l'organizzazione del lavoro con un solo agente alla guida dei treni non assicuri una piena tutela della salute e dell'integrità dei lavoratori, così come previsto dall'articolo 2087 del codice civile, rappresentando un potenziale motivo di rischio anche per i viaggiatori/utenti delle Ferrovie italiane.
(4-01693)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNETTA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   a Roma è stato individuato, in località Falcognana, il possibile sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della capitale, dopo la decisione di chiudere il 30 settembre 2013 la discarica di Malagrotta per raggiunti limiti di capienza;
   secondo quanto riferito da organi di stampa – La Repubblica e il Messaggero del 9 agosto 2013 – tale decisione è stata presa nella tarda serata di giovedì 8 agosto 2013, durante un incontro avvenuto tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando, il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Ignazio Marino, che hanno dato incarico al commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, Goffredo Sottile, di verificare ulteriori aspetti tecnici e logistici del sito stesso;
   nella zona interessata da tale paventata decisione sono attive importanti aziende agricole e vinicole che verrebbero a trovarsi in difficoltà a causa dell'inquinamento che potrebbe essere causato dalla realizzazione di questa enorme discarica di rifiuti –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti in premessa e, in caso positivo, se non abbia ritenuto doveroso esprimere al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la propria valutazione circa la realizzazione di tale discarica in una zona ad alta vocazione agricola e vinicola. (3-00279)

Interrogazione a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   Paolo Gulinelli è stato nominato titolare ufficio monocratico AGEA nel 2001, ed ha esercitato tale incarico sino al 31 dicembre 2008;
   a fine 2006, Gulinelli è stato nominato anche direttore generale della SIN s.r.l., società all'epoca controllata al 100 per cento dal socio pubblico AGEA e, successivamente – a seguito di apposita gara di appalto –, da fine 2007 partecipata al 51 per cento da AGEA («socio pubblico») ed al 49 per cento dall'aggiudicatario della gara («socio privato»);
   Paolo Gulinelli ha un contratto di lavoro di assunzione in SIN srl, sottoscritto a fine 2006, che prevedrebbe un ruolo di dirigente apicale ed una retribuzione lorda annua di 250.000 euro, con una indennità di mancato preavviso – in caso di risoluzione del contratto senza giusta causa – di 12 anni (144 mensilità), ridotto a 8 anni (96 mensilità) dopo il compimento del 60o anno di età (ottobre 2012 nel caso del Gulinelli);
   tale contratto ha subito, negli anni, degli incrementi, fino ad avere attualmente il valore di 262.000 euro/anno come è deducibile dal sito internet della SIN nel quale sono pubblicati gli stipendi dei dirigenti della società;
   Gulinelli ha ricoperto il ruolo di direttore generale SIN sino a settembre 2011, ossia sino alla trasformazione della società da s.r.l. a s.p.a. avvenuta appunto – per volontà dei soci AGEA («socio pubblico») e aziende del RTI Almaviva («socio privato») – ad agosto 2011;
   da quasi 2 anni quindi – in attuazione di quanto previsto dallo statuto e dai patti parasociali della SIN s.p.a. (come trasformata ad agosto 2011) – sono stati designati e nominati – come vertici della società – altri rappresentanti, che hanno operato ed operano in tali ruoli;
   da settembre 2011, a quanto consta all'interrogante, Gulinelli sarebbe comunque rimasto dirigente dipendente della società, con lo stesso contratto di lavoro, senza apparentemente avere alcun incarico in società, senza comparire nell'organigramma, e senza per quanto risulta figurare nella sottoscrizione di atti e procedimenti della società, al contrario di quanto accaduto sino all'agosto 2011 quando Gulinelli aveva i «pieni poteri» gestionali e sottoscriveva ogni atto societario di natura contrattuale, gestionale, amministrativa;
   tale situazione si protrae, quindi, da circa 2 anni ed in questo periodo – anche a valle della trasformazione della SIN da s.r.l. a spa sono emerse tutta una serie di irregolarità nella gestione societaria ascrivibili a Gulinelli;
   l'operato di Gulinelli come direttore generale SIN – nel periodo dal 2008 all'agosto 2011 – ha registrato anche tutta una serie di irregolarità gestionali che sono state oggetto di contestazione formale e di indagine da parte dell'autorità giudiziaria e della Corte dei conti;
   l'azione manageriale di Gulinelli in SIN – nel periodo dal 2008 all'agosto 2011 – non ha avuto un effetto sullo sviluppo della Società in linea con le attese dei Soci («socio pubblico» AGEA e «socio privato» RTI) portando invece ad una contrazione dei lavori pari a circa il 40 per cento rispetto agli sviluppi inizialmente previsti;
   il livello di servizio reso da SIN nei confronti dell'AGEA e del Ministero è stato, a quanto consta all'interrogante, decisamente scadente: a riprova di questo si citano i numerosi interventi in tal senso del direttore di AGEA uscente – dottor Guido Tampieri – sia sulla carta stampata che in atti ufficiali ed anche in una direttiva sulla azione amministrativa di AGEA nella quale – con riferimento a SIN – si è esplicitamente disposto che AGEA adottasse «strumenti organizzativi idonei» ad evitare «la totale delega a SIN» delle funzioni di governo e controllo delle attività, facendo di fatto riferimento anche all'antieconomico utilizzo del personale ed alla mancanza di trasparenza nella gestione societaria –:
   se confermi gli elementi della situazione sopra illustrata con particolare riferimento al perpetuarsi di situazioni di spesa per incarichi non più ricoperti, per l'utilizzo antieconomico del personale e in relazione alla mancanza di trasparenza nella gestione societaria della SIN;
   se intenda dare mandato ai nuovi incaricati dal Governo per AGEA, e al Ministero al fine di chiarire le motivazioni dei rilevanti costi di gestione della SIN a carico del bilancio dello Stato anche al fine di procedere ad una riorganizzazione della società che elimini le inefficienze e i costi eccessivi della gestione della struttura;
   se – anche alla luce della riorganizzazione del modello operativo degli enti e delle società vigilate dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – ritenga che l'attuale modello organizzativo della società SIN sia efficiente e funzionale al raggiungimento degli obiettivi del dicastero agricolo, e in particolare se ritenga opportuno rivedere la posizione dell'attuale direttore generale della SIN. (4-01691)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNETTA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a Roma è stato individuato, in località Falcognana, il possibile sito in cui realizzare la discarica per lo stoccaggio dei rifiuti della capitale, dopo la decisione di chiudere il 30 settembre 2013 la discarica di Malagrotta per raggiunti limiti di capienza;
   secondo quanto riferito da organi di stampa – La Repubblica e il Messaggero del 9 agosto 2013 – tale decisione è stata presa nella tarda serata di giovedì 8 agosto 2013, durante un incontro avvenuto tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Andrea Orlando, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il sindaco di Roma Ignazio Marino, che hanno dato incarico al commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio, Goffredo Sottile, di verificare ulteriori aspetti tecnici e logistici del sito stesso;
   nel marzo 2013 l'Italia è stata denunciata alla Corte europea di giustizia dalla Commissione europea per l'ambiente, in quanto parte dei rifiuti di Roma non avrebbero subìto il trattamento meccanico biologico richiesto dai regolamenti europei per ridurre la consistenza volumetrica dei rifiuti, e facilitare un loro eventuale possibile recupero;
   la presenza nell'area di forti concentrazioni di gas radon ha reso necessario un monitoraggio del gas, che è stato avviato dopo l'approvazione dell'ordine del giorno 2 ottobre collegato alla seduta di consiglio municipale di Roma IX del 4 febbraio 2010;
   nel territorio del municipio Roma IX sono già operanti numerose discariche: due a Porta Medaglia, due in via Ardeatina, una a Fioranello, una a Selvotta, nonché diversi recuperi ambientali tra via Laurentina e Santa Palomba ed una discarica di rifiuti pericolosi a Falcognana;
   nei territori limitrofi, è presente la discarica di Albano, il previsto inceneritore del Roncigliano e la discarica di amianto di Pomezia –:
   se il Ministro interrogato sia informata di tale progetto e in caso positivo se sia stata interpellata, e in che modo, rispetto alla necessità di una approfondita valutazione della sostenibilità dell'impatto sulla salute pubblica che la presenza di tale discarica provocherebbe. (3-00275)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO, DI VITA, BARONI, CECCONI, DALL'OSSO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO, CANCELLERI e MARZANA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   Antonina Seminara all'ottavo mese di gravidanza, si è sentita male intorno alle 18 di domenica 4 agosto e alle 19,30 ed è stata ricoverata presso l'ospedale di Nicosia (Enna);
   i medici dell'ospedale di Nicosia (Enna) constata l'assenza di battito del bambino sono intervenuti con un cesareo d'urgenza, che si è concluso intorno alle ore 23 e 15 con la constatazione della morte del bambino, la donna successivamente è stata preda di uno shock emorragico;
   l'ospedale di Nicosia non avendo la terapia intensiva ha chiamato il 118 alle 23,30 per la richiesta dell'elisoccorso, che doveva trasportare la donna alla rianimazione di Sciacca, dove era disponibile un posto per il ricovero;
   sia la rianimazione di Enna, sia quella di Caltanissetta non avevano disponibilità di posti letto;
   la donna è stata caricata sull'ambulanza per raggiungere il luogo di atterraggio dell'elicottero che dista dall'ospedale cinque chilometri circa. Ma l'elicottero più vicino, quello che è di stanza a Caltanissetta, era fuori uso e si è dovuto attendere il mezzo da Palermo, atterrato dopo tre ore;
   Antonina Seminara è morta e i familiari della donna hanno presentato una denuncia ai carabinieri chiedendo che sia fatta luce sui ritardi e la procura di Nicosia ha aperto un'inchiesta;
   è necessario accertare con rigore tutte le responsabilità e verificare se ci sono stati ritardi o errori imputabili ai servizi o alle strutture sanitarie che sono state interessate a partire dall'ospedale di Nicosia;
   la procura di Nicosia sta acquisendo tutta la documentazione per ricostruire la vicenda a partire dal mancato arrivo dell'elicottero dell'elisoccorso di Caltanissetta, fuori uso per un guasto ed ha aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti;
   anche la procura di Sciacca, luogo in cui la donna è morta dopo l'arrivo con l'elisoccorso giunto da Palermo, ha avviato un'inchiesta e accertamenti sono stati disposti anche dall'assessore regionale alla sanità;
   questa tragica vicenda impone una profonda riflessione sull'importanza dei punti nascita soprattutto nelle aree marginali della Sicilia distanti dalle grandi strutture ospedaliere e sulle strutture sanitarie che, come l'ospedale di Nicosia, sono prive di strumentazioni come la rianimazione, e quindi incapaci di affrontare qualsiasi urgenza;
   la morte di Antonina Seminara è assurda, incomprensibile e inaccettabile; le è dovuta una indagine da parte del Ministero della salute per verificare le responsabilità, la sicurezza e l'appropriatezza delle procedure eseguite, ed evitare che tragedie come queste si ripetano;
   ad avviso degli interroganti è inaccettabile che nell'ospedale di Nicosia non sia presente la rianimazione e che nel 2013 si debba morire per inammissibili ritardi nei soccorsi –:
   se sia stata avviata una verifica ispettiva da parte del Ministero della salute e, in caso affermativo, quali elementi siano stati acquisiti circa la sicurezza e l'appropriatezza delle procedure seguite;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di garantire che i punti nascita da una parte non siano chiusi, e dall'altra siano forniti di tutte le attrezzature e le dotazioni capaci di fornire un tempestivo intervento nei casi di emergenza come quello accaduto a Nicosia. (5-00924)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BOCCUZZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   viene definito acufene quella sensazione uditiva un suono continuo, costante (ad esempio fischi, ronzii, e altro) percepito in un orecchio o in entrambi o nella testa. Questa patologia non è semplicemente un disturbo molto fastidioso, come si usa spesso liquidarlo, ma una vera e propria malattia invalidante che affligge in Italia il 10 per cento della popolazione priva di difetti uditivi;
   vivere per mesi, anni, sentendo ininterrottamente nelle orecchie e nella testa rumori, anche multipli è un vero stillicidio, che provoca uno stato invalidante dal punto di vista dell'assetto psicologico ed emozionale, del livello di attenzione e concentrazione, della vita di relazione. Si tratta di fattori che spesso portano ad uno stato di forte depressione, a volte con risvolti drammatici quali la morte per suicidio;
   varie sono le classificazioni degli acufeni proposte dagli studiosi nell'arco di mezzo secolo. Alcuni distinguono gli acufeni in oggettivi e soggettivi. Gli acufeni oggettivi sono molto rari e si presentano come suoni che si generano all'interno del corpo umano, come ad esempio quelli originati da un flusso vascolare particolare o da contrazioni muscolari;
   gli acufeni soggettivi sono i più comuni e si individuano nei casi in cui il soggetto percepisce un suono che non è ascoltabile dall'esterno e che può essere provocato da farmaci, ma anche da alcool, caffeina e antidepressivi;
   ad oggi i portatori in Italia sono oltre cinque milioni –:
   quali iniziative intenda adottare per avviare studi e ricerche su questa patologia un po’ dimenticata, ma che può colpire tutti indistintamente. (4-01671)


   ALBERTI, BASILIO, COMINARDI, SORIAL, GRILLO, ZOLEZZI, DE ROSA, DAGA, BUSTO, TOFALO, MANNINO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI, DELL'ORCO, SCAGLIUSI, DE LORENZIS, DI BENEDETTO, MANLIO DI STEFANO, PESCO, DI BATTISTA, SPADONI, GRANDE, DEL GROSSO, SILVIA GIORDANO, MANTERO, LOREFICE, DALL'OSSO, DI VITA, BARONI, CECCONI, VACCA, SIMONE VALENTE, ARTINI, RIZZO, CORDA, PAOLO BERNINI e BARBANTI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'amministrazione comunale di Brescia appena insediata ha emesso una nuova ordinanza (protocollo n. 79272/13 del 25 luglio 2013) innalzando vertiginosamente i limiti minimi accettabili di contaminazione nell'uso dei terreni della zona Caffaro;
   la nuova ordinanza sindacale ha modificato i limiti massimi di contaminazione di giardini pubblici e privati della zona a sud del sito di interesse nazionale Caffaro ed esattamente al punto 1.3 la nuova ordinanza recita che sono assoggettate a divieto di utilizzo a scopo ricreativo che comporti il contatto diretto con il terreno, anche se inerbito, le aree adibite a giardini pubblici e privati con livelli di inquinamento superiori ai limiti della tabella B allegato 5 al Titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006. Sono invece escluse dal divieto le zone ed aree pavimentate dei medesimi giardini.
   inoltre al punto 1.4 si precisa che il divieto di utilizzo a scopo ricreativo che comporti il contatto diretto con il terreno di giardini pubblici e privati con livelli di inquinamento inferiori ai limiti della già citata Tabella B. Sono escluse dal divieto le zone ed aree il cui terreno è inerbito o pavimentato o che sia stato oggetto di riporti con materiali provenienti da aree non contaminate;
   il decreto legislativo n. 152 del 2006, Allegato 5, titolo V, parte quarta, tabelle, A e B, stabilisce le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) dei diversi inquinanti nei suoli «in relazione alla specifica destinazione del sito»;
   per PCB e diossine sono le seguenti:
    PCB: unità di misura, mg/kg; Siti ad uso Verde pubblico, privato e residenziale (A), 0,06; Siti ad uso Commerciale ed Industriale (B), 5;
    «sommatoria PCDD, PCDF (conversione T. E.)»*: unità di misura, ngTE/kg; Siti ad uso Verde pubblico, privato e residenziale (A), 10; Siti ad uso Commerciale ed Industriale (B), 100;
* (ovvero sommatoria di diossine e furani, misurati in Tossicità Equivalente alla diossina più tossica, quella di Seveso);

   vale a dire che per i giardini o meglio le aree ad uso verde pubblico utilizzati a scopo ricreativo, in particolare da bambini, sono state fatte valere le concentrazioni della tabella B del decreto legislativo n. 152 del 2006, Allegato 5, titolo V, riferite ai siti ad uso commerciale e industriale nonostante si tratti di giardini privati e pubblici per i quali andrebbe utilizzata la Tabella A del medesimo;
   dato che il livello di contaminazione reale delle aree verdi è da 10 a 80 volte superiore al limite posto dalla tabella A, ma comunque inferiore al nuovo limite imposto dall'ordinanza, ovvero quello della tabella B, ne risulta che buona parte dei giardini pubblici e privati tornerebbero fruibili con l'unico accorgimento di inerbire il terreno o pavimentare parte dello stesso;
   lo stesso decreto stabilisce che le concentrazioni soglia devono «considerarsi valore di attenzione, superato il quale, occorre svolgere una caratterizzazione» e quindi, «l'analisi di rischio sanitario e ambientale sito-specifica», sia per identificare «i livelli di contaminazione residua accettabili», rispetto a cui «impostare gli interventi di messa in sicurezza e/o bonifica», sia per valutare gli «effetti sulla salute umana derivanti dall'esposizione prolungata all'azione delle sostanze presenti nelle matrici ambientali contaminate» (comma 1, lettera s, articolo 240, decreto legislativo n. 152 del 2006);
   dunque è prevista la possibilità di discostarsi dalle concentrazioni soglia, ma a condizione che si realizzi «l'analisi di rischio sanitario e ambientale sito-specifica»;
   in passato sono state effettuate per il sito Caffaro ben due analisi di rischio sanitario e ambientale sito-specifiche da parte delle istituzioni preposte e competenti in materia: una prima, nel 2003, da parte del dipartimento insediamenti produttivi e interazione con l'ambiente dell'istituto per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (Ispesl) di Roma; una seconda, nel 2007, da parte dell'Istituto superiore di sanità;
   quest'ultima si è occupata in particolare delle colture agricole nella zona Chiesanuova – Noce, ritenendole in parte ammissibili con le proibitive (se rispettate) restrizioni di cui al punto 3 dell'ordinanza; inoltre, ha elaborato le concentrazioni di contaminazione accettabili nel suolo profondo a bonifica effettuata (1 metro di scavo); invece, non si è occupata espressamente di giardini perché il tema era già considerato nell'ordinanza sindacale, con i divieti previsti, appunto, in forza della precedente analisi di rischio dell'Ispesl;
   l'analisi di rischio dell'Ispesl fu a suo tempo validata dall'Asl di Brescia e servì da supporto al perfezionamento dell'ordinanza sindacale sui divieti e della relativa cartellonistica per la popolazione, quella che ora si ritiene in parte superata;
   l'analisi di rischio dell'Ispesl prevedeva in considerazione esattamente i casi di cui trattasi, ovvero giardini privati (sim. 4) e giardini pubblici (sim. 6), ovviamente inerbiti, ad uso ricreativo, definendo per PCB e diossine le seguenti concentrazioni limite accettabili:
    PCB mg/kg: sim. 4 Zona residenziale di tipo condominiale con presenza di giardino, 0,068; sim. 6 Zona verde ad uso pubblico ricreativo, 0,098; Concentrazioni di cui alla tabella B «accettabili» secondo la nuova Ordinanza, 5;
    Diossine ngTE/kg: sim. 4 Zona residenziale di tipo condominiale con presenza di giardino, 3,7; sim. 6 Zona verde ad uso pubblico ricreativo, 5,4; Concentrazioni di cui alla tabella B «accettabili» secondo la nuova Ordinanza, 100;

   va notato che, per le zone in questione, l'analisi di rischio sanitario, se per i PCB indica valori di poco sopra l'attuale tabella A, per le diossine pone concentrazioni addirittura inferiori alla tabella A;
   ma i dati dell'inquinamento ambientale sono rimasti uguali e se fatti nuovi sono intervenuti, andrebbero esattamente nella direzione opposta a quella della nuova ordinanza sindacale, aumentando le restrizioni invece di ridurle: i PCB ora, a differenza del 2003, sono dichiarati dall'Organizzazione mondiale della sanità cancerogeni certi per l'uomo; negli ultimi anni si è consolidata la conoscenza di 12 PCB-DL, ovvero diossina simili, che nei monitoraggi biologici, vengono sommati a diossine e furani per calcolare la tossicità equivalente (TE) e che, dunque, vanno misurati e sommati alla TE anche nei terreni (ciò che a Brescia non è mai stato fatto);
   si segnala, infine, che in data 21 giugno 2013 l'ASL recapita al comune di Brescia una nota avente come oggetto: «Ordinanza contingibile ed urgente sito inquinato Brescia-Caffaro e territorio comunale nella zona sud ovest della Città – integrazione» e che recita: «Con riferimento alla nota del 28 maggio 2013, protocollo n. 0086053, inoltrata a codesta amministrazione comunale, in merito a quanto in oggetto emarginato ed in seguito a quanto convenuto in seno al comitato tecnico scientifico PCB di ieri, si rappresenta la necessità che il punto 1.3) del testo dell'ordinanza sindacale contingibile ed urgente del 17 dicembre 2012 protocollo n. 113475, venga corretta con i seguenti perfezionamenti:
    divieto di utilizzo ricreativo che comporti il contatto diretto con il terreno di giardini pubblici e privati con livelli di inquinamento superiore ai limiti della Tabella B, allegato 5, al Titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006, non pavimentati;
    divieto di utilizzo a scopo ricreativo che comporti il contatto diretto con il terreno di giardini pubblici e privati, con livello di inquinamento inferiore alla Tabella B, allegato 5, al Titolo V del decreto legislativo n. 152 del 2006, se con terreno non inerbito nelle aree non pavimentate oppure non oggetto di riporti con materiali provenienti da aree non contaminate» –:
   se la soluzione espressa dalla nuova ordinanza emessa dal comune di Brescia, rispetti il principio di precauzione per la tutela della salute e le concentrazioni minime accettabili della specifica analisi di rischio sanitario, posto che si tratta di aree ricomprese in un sito di interesse nazionale;
   se si ritenga utile procedere ad una nuova analisi di rischio sanitario e ambientale svolta da un ente terzo, quale l'Istituto superiore di sanità. (4-01675)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VENITTELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dal 2009 è stato avviato il progressivo spegnimento dei tradizionali segnali televisivi analogici e il passaggio delle trasmissioni al solo sistema digitale (switch off). Questo passaggio è stato realizzato in più fasi e si è concluso nel 2012 con il passaggio definitivo al nuovo sistema;
   a distanza di oltre un anno dalla conclusione della fase di transizione da un sistema all'altro, si registrano delle problematiche di ricezione in alcune aree della provincia di Campobasso e in particolare nel comune di Portocannone;
   queste problematiche di ricezione non consentirebbero un'ottimale visione della programmazione televisiva delle reti dell'emittente pubblica, in particolar modo del canale Rai 3, in quanto le trasmissioni televisive sarebbero interrotte continuamente da perdite del segnale –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle difficoltà nella ricezione del segnale digitale terrestre in alcune aree del Paese, con particolare riferimento alle aree della provincia di Campobasso e quali misure intenda attivare al fine di migliorare la ricezione dei canali digitali in queste aree. (5-00927)


   RUBINATO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Ditec S.p.a, azienda che produce serramenti industriali con sede a Quarto d'Altino (Ve), nel 2009 acquisita dalla multinazionale svedese Assa Abloy, con sede legale a Stoccolma, impiegava nel 2011 circa 130 lavoratori;
   l'azienda il 6 dicembre 2011 ha comunicato alle rappresentanze sindacali, attraverso il suo amministratore delegato, la decisione di chiudere lo stabilimento sito a Quarto d'Altino (Ve) entro il 2013 e di delocalizzare l'attuale produzione per una parte in Repubblica Ceca e per l'altra in Cina e la logistica presso la sede legale di Caronno Pertusella (Va), indicando esuberi per 90 dei 130 dipendenti;
   a partire dal 9 gennaio 2012 è aperto un tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico con l'azienda, le parti sociali, le istituzioni locali, per verificare le condizioni alle quali garantire la continuità produttiva e occupazionale del sito di Quarto d'Altino;
   l'azienda nel sito di Quarto d'Altino non ha utilizzato dalla comunicazione del 2011 ad oggi nessuna ora di cassa integrazione, anzi al contrario ha richiesto attività straordinaria ai dipendenti sia nel 2012 che nel 2013;
   l'azienda, passata nel frattempo alla denominazione Entrematic, senza aver sinora presentato un piano di ristrutturazione, il 6 agosto 2013 ha inaspettatamente comunicato alle rappresentanze sindacali, attraverso il suo amministratore delegato, l'apertura formale della procedura di mobilità per 57 degli attuali 90 dipendenti;
   la delocalizzazione all'estero della produzione della Ditec significherebbe una perdita gravissima di posti di lavoro e di professionalità che durante l'esperienza trentennale ha permesso all'azienda di raggiungere importanti risultati sotto il profilo produttivo ed economico;
   la multinazionale Assa Abloy sta acquisendo nuovi stabilimenti e nuovi marchi e ad oggi risulta possedere le seguenti società/marchi in Italia: Besam S.p.a., CORBIN S.r.l., DITEC S.p.a., Gardesa S.r.l., MAB S.p.a., Nuova FEB S.r.l., Yale Corni Sistemi di Sicurezza S.p.a., Yale Security Products S.p.a., Entrematic;
   inoltre ha avviato un piano di ristrutturazione globale che prevede licenziamenti per 6.957 dipendenti;
   la divisione Assa Abloy Entrance Systems di cui DITEC fa parte, pur registrando una crescita debole delle vendite nel mercato europeo, sui mercati America e Asia mostra una crescita continua, tanto che complessivamente il margine operativo nel secondo trimestre 2013 è stato di +13,5 per cento;
   la divisione Assa Abloy Entrance Systems sembra aver acquisito una posizione dominante sul mercato italiano, come indicato dallo stesso AD Juan Vargues in occasione dell'acquisizione di DITEC: «Con Ditec diventiamo veramente un leader mondiale negli automatismi per ingressi completando il nostro portafoglio di prodotti. Sono molto lieto di dare il benvenuto al team DITEC nella divisione Entrance Systems. Con questa acquisizione diventiamo l'indiscusso numero uno nel mercato italiano delle porte automatiche ed aggiungiamo un importante canale di vendita indiretta» afferma Juan Vargues, Vice Presidente di Assa Abloy e Capo della divisione Entrance Systems;
   l'attività produttiva di DITEC presso il sito di Quarto d'Altino coinvolge numerosi terzisti del territorio veneto che rischiano di subire pesantissimi contraccolpi da questo piano di delocalizzazione che ne potrebbe pregiudicare le condizioni di esistenza;
   in passato l'azienda ha dichiarato di aver svolto attività di ricerca di soggetti imprenditoriali interessati al sito di Quarto d'Altino in grado di garantire continuità occupazionale e produttiva con consulenti propri, senza interfacciarsi con il Ministero, senza mai presentare peraltro alcun soggetto potenzialmente interessato;
   più in generale, va osservato che nell'ambito dei gruppi multinazionali hanno particolare rilevanza i fenomeni di rilocazione all'estero di funzioni aziendali, rischi imprenditoriali, beni materiali o immateriali, i quali non scontano oggi nel nostro Paese un livello di imposizione adeguato ai valori attuali o potenziali trasferiti;
   tale situazione di fatto è agevolata dalle diverse possibili interpretazioni, attualmente sostenibili, della disciplina sui prezzi di trasferimento applicabile alle riorganizzazioni aziendali ai sensi delle linee guida sui prezzi di trasferimento emanate dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), ad oggi principale riferimento internazionale e domestico in materia;
   appare perciò necessario salvaguardare l'interesse nazionale in presenza di tali fenomeni, anche alla luce della legislazione già implementata nella Repubblica federale di Germania, che ha dato prova di salvaguardare l'interesse erariale, economico e sociale in conformità sia alle menzionate linee guida sui prezzi di trasferimento emanate dalla OCSE, sia al diritto comunitario, introducendo un contesto normativo più rigoroso sul piano fiscale che tuteli, in particolar modo, il know how delle aziende italiane che rappresentano l'eccellenza del tessuto produttivo manifatturiero italiano, al fine di scongiurare che aziende multinazionali possano essere in grado di acquisire e/o replicarla a basso costo, attraverso la delocalizzazione delle produzioni, il know how italiano nel mondo;
   è stata presentata dall'interrogante una proposta di legge il 29 aprile 2013 (A.C. 851) in tema di «Modifica all'articolo 110 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di criteri di valutazione applicabili ai trasferimenti di beni tra società nelle operazioni transfrontaliere di riorganizzazione» –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, anche in vista del tavolo tecnico convocato per il 4 settembre 2013, al fine di:
    a) scongiurare l'annunciata delocalizzazione da parte della multinazionale che avrebbe ricadute negative sui livelli occupazionali e impoverirebbe l'economia locale;
    b) richiedere all'autorità garante della concorrenza e del mercato di avviare un'indagine ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 287 del 1990 in relazione all'eventuale sussistenza di condizioni di abuso di posizione dominante;
    c) garantire tutela anche ai terzisti coinvolti e ai loro dipendenti, anche mediante la verifica dell'esistenza e della correttezza di contratti di subfornitura redatti ai sensi delle norme vigenti;
    d) verificare l'impatto del piano di ristrutturazione della stessa multinazionale Assa Abloy su altri siti produttivi italiani, eventualmente estendendo il tavolo presso il Ministero e coinvolgendo figure apicali della multinazionale;
    e) avviare un'operazione congiunta Ministero-azienda di ricerca di soggetti imprenditoriali interessati al sito di Quarto d'Altino in grado di garantire continuità occupazionale e produttiva;
    f) verificare che la riorganizzazione messa in atto da Assa Abloy, relativamente allo stabilimento di Quarto d'Altino, non determini un depauperamento del patrimonio della società stessa, cagionando danni diretti e/o indiretti ai terzi creditori;
    g) verificare che la delocalizzazione effettuata da Assa Abloy verso i propri stabilimenti di produzione in Cina e Repubblica Ceca sia avvenuta nel rispetto della vigente normativa fiscale in termini di transfer price, sia per le immobilizzazioni materiali sia – in particolare – per tutto ciò che concerne le proprietà intellettuali, registrate e non, e specificatamente all'avviamento rappresentato dal trasferimento di eventuale lista clienti e know how tecnologico;
    h) attivare l'introduzione anche in Italia di norme sulle riorganizzazioni transfrontaliere e delocalizzazioni che, sull'esempio di quanto già avviene per alcuni paesi quali la Germania, nel rispetto della normativa comunitaria, salvaguardino l'interesse economico e sociale senza contraddire i principi di libera concorrenza e della libertà di trasferimento. (5-00932)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la legge 29 dicembre 1993, n. 580, interviene sul riordino delle camere di commercio, industria, artigianato e della agricoltura, ed in particolare l'articolo 20 concerne i segretari generali;
   il comma 4 del predetto articolo 20, prevede la istituzione di un elenco di nominativi per la designazione e la nomina dei segretari generali, nonché l'emanazione da parte del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato di un decreto per la definizione di criteri e di modalità per l'iscrizione nell'elenco e per la sua tenuta in conformità ai principi di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
   il decreto ministeriale 26 ottobre 2012 reca il regolamento relativo alla nuova disciplina per la tenuta dell'elenco nazionale dei soggetti che possono concorrere per la designazione e la nomina a segretari generali delle camere di commercio, sebbene all'epoca dei fatti oggetto del presente atto di sindacato ispettivo ancora non vigente;
   si ricorda comunque che il Ministero dello sviluppo economico aveva precedentemente adottato il decreto ministeriale 19 giugno 1995, n. 422, quale regolamento recante norme di attuazione dell'articolo 20 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, concernente criteri e modalità per l'iscrizione nell'elenco dei segretari generali di camere di commercio, che è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 241 del 14 ottobre 1995;
   con riferimento alle procedure messe in atto, nell'anno 2010, per nominare il segretario generale della camera di commercio di Trapani si segnala che secondo quanto rilevato da parte di organizzazioni sindacali che per due volte hanno impugnato la delibera di attivazione della procedura concorsuale, esse sarebbero state viziate dall'assunzione di comportamenti impropri, se non illegittimi, nonché suscettibili di censura;
   nel 2010, nelle more dell'espletamento della procedura concorsuale e della conseguente nomina del segretario generale, le relative funzioni sono state svolte dall'allora dirigente della CCIAA, dottor Diego Carpitella al quale, nella veste di segretario generale facente funzioni, compete, fra le altre, la responsabilità dei procedimenti e degli atti relativi alla suddetta procedura;
   nella fattispecie la camera di commercio di Trapani, a seguito del compiuto pensionamento del suo ex-segretario generale, dottor Filippo Sparla, ha dovuto procedere alla nomina del suo successore. Vi sono dubbi riscontrati sulla correttezza delle procedure che hanno portato alla nomina ed all'investitura del dottor Diego Carpitella nelle funzioni di segretario generale facente funzioni della camera di commercio di Trapani, incaricato dalla giunta camerale il 7 dicembre 2009 con decorrenza 2 gennaio 2010, incarico la cui durata si sarebbe protratta, per quanto consta all'interrogante, oltre il limite massimo previsto dal decreto legislativo 165 del 2001;
   tali dubbi riguardano il possesso da parte del dottor Carpitella dei requisiti di cui agli articoli 6 e 7, del su citato decreto ministeriale 19 giugno 1995, n. 422, con particolare riguardo alle capacità professionali, di cui all'articolo 6, comma 1, del Regolamento;
   come emerso da alcuni articoli di stampa pare che il fascicolo personale del suindicato dottor Carpitella, allegato alla domanda di iscrizione all'elenco dei soggetti che possono essere nominati segretari generali delle camere di commercio, come prescritto dall'articolo 2 del suddetto regolamento, contenga attestazioni che sarebbero suscettibili di censura sotto il profilo della veridicità delle informazioni fornite e della legittimità dei documenti prodotti. Si fa riferimento, nello specifico, alla documentazione allegata dal dottor Diego Carpitella allo scopo di attestare il possesso di capacità professionali relative all'area «economico-promozionale», di cui all'articolo 6, comma 1, paragrafo 1, lettera C), del suddetto regolamento. Infatti, a sostegno dell'asserito possesso delle capacità professionali in oggetto, il dottor Carpitella avrebbe prodotto un rapporto di ricerca dal titolo «Marketing sul territorio, esigenze delle imprese ed opportunità di sviluppo», che lo stesso avrebbe elaborato nell'ambito del progetto «Servizi per l'internazionalizzazione delle Camere di Commercio siciliane: marketing sul territorio, esigenze delle imprese ed opportunità di sviluppo e consolidamento rete regionale dei suoi sportelli», realizzato nell'ambito del fondo di perequazione 2004 da Unioncamere Sicilia ed avente fra i partner camerali aderenti, la C.C.I.A.A. di Trapani;
   per tale rapporto sarebbe stato «utilizzato» un antecedente rapporto di ricerca, realizzato da Mediacamere ed Istituto Tagliacarne nel 2000, per conto di Unioncamere Sicilia, nell'ambito del progetto a valere sul fondo di perequazione 1997, «Marketing Territoriale», copiandone e plagiandone buona parte dei dati contenuti;
   il confronto fra i due documenti, infatti, evidenzia una rilevante identità di struttura, contenuti, dati e grafici in essi contenuti. Le uniche «modifiche» apportate sarebbero quelle relative agli anni di riferimento dei dati presi in esame: lasciando immutati i dati statistici che erano contenuti nel documento originale, ci si sarebbe limitati esclusivamente ad attribuirli ad un periodo di tempo più recente;
   le modalità di conferimento al dottor Carpitella dell'incarico di collaborazione professionale relativo all'elaborazione della ricerca di cui al punto precedente fanno riscontrare ripetute anomalie, allo stato degli atti; all'interrogante appare infatti viziato da procedure irregolari l'intero iter burocratico in contrasto con le disposizioni del decreto legislativo n. 165 del 2001 in materia di conferimenti di incarichi, e dall'adozione di atti illegittimi. Infatti, l'incarico è stato conferito con una semplice lettera del presidente della CCIAA di Trapani e non del segretario generale, soggetto a ciò legittimato, per svolgere, a giudizio dell'interrogante incomprensibilmente, una attività di ricerca per conto di altro soggetto, l'azienda speciale servizi per le imprese. Per il conferimento di tale incarico sembrerebbero esser state seguite procedure irregolari ed adottati atti illegittimi;
   in realtà, soggetto legittimato a conferire l'incarico non sarebbe stata la «Azienda Speciale ai Servizi alle imprese» né la CCIAA di Trapani, bensì Unioncamere Sicilia, attuatore del progetto. Ne conseguirebbe che l'affidamento dell'incarico «de quo» sarebbe avvenuto con lettera d'incarico di un soggetto non legittimato allo stesso;
   a tale proposito non regge nemmeno l'obiezione secondo la quale tale procedura anomala sarebbe stata adottata in quanto il dottor Diego Carpitella era inquadrato nell'organico della camera di commercio, con la qualità di dirigente contabile; risulta, infatti, all'interrogante che per legge eventuali incarichi a dirigenti e dipendenti camerali debbano essere conferiti con atto del segretario generale della camera di commercio, e non dal suo presidente;
   va, inoltre, rilevato che l'affidamento dell'incarico in oggetto non è stato precorso da alcuna procedura ad evidenza pubblica e conseguente comparazione dei titoli degli altri dirigenti camerali. Infatti, il dottor Carpitella «dirigente contabile» della CCIAA trapanese, da qualche mese, non poteva vantare esperienze e competenze curriculari specifiche in materia di ricerca, tali da legittimare, o almeno giustificare la mancata adozione della procedura di rito;
   in merito alla formalizzazione dell'incarico, ulteriori perplessità emergono in relazione alla circostanza secondo la quale, la nota a firma del presidente Pace risulta priva di alcuni elementi che costituiscono requisiti contrattuali essenziali, ossia di indicazioni specifiche riguardanti l'oggetto dell'incarico, le modalità ed i tempi di realizzazione dello stesso, e quelle relative al calcolo del corrispettivo spettante;
   appare evidente una condizione di conflitto d'interessi, in capo alla persona del signor Giuseppe Pace al tempo dei fatti oggetto della presente interrogazione, nella sua duplice veste di presidente di Union- camere Sicilia, ossia dell'effettivo ente titolare del progetto fondo di perequazione nell'ambito del quale il dottor Carpitella «avrebbe» realizzato il suddetto studio e di presidente della camera di commercio di Trapani, quale rappresentante legale di un ente che, a giudizio dell'interrogante illegittimamente, ha incaricato il suddetto dottor Carpitella;
   come previsto dall'articolo 7 del regolamento n. 422 del 1995, all'epoca dei fatti vigente, il segretario generale della camera di commercio di Trapani pro-tempore, pare abbia certificato, con apposita dichiarazione, il possesso da parte del dottor Carpitella dei prescritti requisiti professionali;
   non vi è notizia in merito ad eventuali verifiche sul fascicolo del dottor Diego Carpitella, presso la direzione generale del commercio servizio centrale delle camere di commercio e degli UU.PP.I.C.A, divisione VIII, competente alla tenuta dell'elenco dei soggetti che possono essere nominati segretari generali nelle CCIAA in Italia;
   come emerso da notizie di stampa, pare che le procedure avviate per l'espletamento del concorso per la nomina del segretario generale della camera di commercio di Trapani siano state gestite ed indirizzate in direzione di una nomina per così dire «riservata» verso un solo candidato, e che tale candidato, alla fine risultato vincitore della selezione, sia stato il dottor Alessandro Antonio Alfano, attualmente segretario di Unioncamere Sicilia. In merito a tale vicenda, si ricorda che sarebbero ancora in corso indagini dell'autorità giudiziaria;
   anche nel caso del dottor Alessandro Antonio Alfano, non vi sono riscontri relativi alla domanda ed al suo fascicolo personale. Il dott. Alessandro Antonio Alfano, come risulta da alcune notizie di stampa, vanta il titolo di studio di laurea breve (triennale) in economia e commercio, titolo che sembrerebbe non idoneo ad espletare le funzioni di dirigente apicale in una pubblica amministrazione, come nel caso del Segretario generale della camera di commercio –:
   quali iniziative intenda assumere a garanzia del corretto e trasparente andamento della Pubblica Amministrazione e se si intenda procedere d'ufficio, così come previsto dall'articolo 11 del decreto ministeriale n. 230 del 2012, facendo proporre alla Direzione Generale competente la cancellazione dall'elenco dinamico dei nominativi dei sopraindicati soggetti, previa contestazione agli interessati, qualora risultassero iscritti nonostante l'assenza dei previsti requisiti. (4-01680)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sono 380, in Basilicata, i lavoratori del settore del mobile imbottito, dipendenti delle aziende Doimo, Incanto e Mid, che attendono il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la fruizione della cassa integrazione;
   nello specifico, l'attesa dura dal febbraio scorso per i 150 dipendenti della Manifattura italiana divani (Mid) la cui cassa integrazione straordinaria dovrebbe avere una durata biennale. Alla Incanto sono 180 i lavoratori per una cassa integrazione in proroga della durata di sei mesi avviata il 6 maggio scorso, mentre alla Doimo la cassa integrazione straordinaria, che riguarda 50 lavoratori, è stata avviata il 15 giugno 2013 e avrà la durata di un anno;
   recentemente anche la Natuzzi aveva manifestato l'intenzione di chiudere gli stabilimenti di Matera e Ginosa avviando procedure di mobilità per 1726 lavoratori;
   per sostenere e rilanciare il distretto del mobile imbottito era stato previsto appena a febbraio 2013 uno stanziamento di 101 milioni di euro, grazie a un accordo di programma tra il Ministero dello sviluppo economico, la regione Puglia, la regione Basilicata e Invitalia. L'intesa aveva molteplici obiettivi, tra cui la salvaguardia e il consolidamento delle imprese murgiane che operano nel settore del mobile imbottito, l'attrazione di nuove iniziative imprenditoriali, il sostegno – finalizzato al reimpiego – dei lavoratori espulsi dalla filiera produttiva, in una zona pesantemente colpita dalla crisi delle imprese del comparto;
   le risorse finanziarie stanziate erano state così ripartite: il Mise 40 milioni di euro, la regione Puglia 40 milioni di euro, la regione Basilicata 21 milioni di euro;
   è stato costituito un comitato di coordinamento (sotto la regia di Ministero dello sviluppo economico) per assicurare l'organicità degli interventi –:
   quali siano le motivazioni per cui, nonostante il predetto recente e significativo, dal punto di vista finanziario, intervento pubblico nel distretto del mobile imbottito di quell'area, proprio in quel contesto si assiste ad una significativa perdita di posti di lavoro. (4-01689)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Culotta e altri n. 2-00190, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cardinale.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Gozi e altri n. 4-01529, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rubinato.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Mannino e altri n. 5-00811, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Cancelleri, Segoni, Terzoni, Daga, Tofalo, Zolezzi, De Rosa, Busto.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Mannino e altri n. 5-00812, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 luglio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Cancelleri, Segoni, Terzoni, Daga, Tofalo, Zolezzi, De Rosa, Busto.

  L'interrogazione a risposta scritta Mannino e Terzoni n. 4-01558, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Lupo, Di Benedetto, Nuti, Cancelleri, Di Vita, De Rosa.

  L'interrogazione a risposta scritta Mannino n. 4-01563, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 agosto 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Lupo, Di Benedetto, Nuti, Cancelleri, Di Vita, Segoni, Terzoni, Daga, Tofalo, Zolezzi, De Rosa, Busto.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Di Lello n. 7-00076, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 62 del 31 luglio 2013.

   Le Commissioni VII e XI,
   premesso che:
    l'attuale sistema di formazione dei nuovi insegnanti per la scuola secondaria, conosciuto come TFA (tirocinio formativo attivo), ha abilitato in quest'anno accademico quasi 11.000 docenti che, per accedervi, hanno dovuto superare tre dure prove di accesso, pagare una lauta tassa di iscrizione (circa 2600 euro in media), frequentare corsi disciplinari e pedagogico-didattici, affrontare un tirocinio di 475 ore e sostenere un esame finale;
    l'accesso al TFA è stato articolato attraverso il superamento di tre prove, svoltesi fra il luglio ed il novembre del 2012, così distinte: a) preselettiva (composta da n. 60 test a risposta multipla su argomenti disciplinari relativi alle diverse classi di concorso) da ritenersi valida con il raggiungimento minimo di punti 21/trentesimi; b) prova scritta (relativa a domande aperte concernenti la disciplina in esame) da ritenersi valida con il raggiungimento minimo di punti 21/trentesimi; c) prova orale (con domande inerenti argomenti riguardanti la disciplina in oggetto) da ritenersi valida con il raggiungimento minimo di punti 15/ventesimi;
    il percorso formativo ha poi contemplato la frequenza di corsi disciplinari e pedagogico-didattici e il superamento dei relativi esami, concludendosi con un esame finale di abilitazione concernente l'esposizione di un progetto didattico su un argomento disciplinare estratto a sorte da ciascun candidato e la discussione della relazione finale sul tirocinio svolto in classe;
    sulla base del decreto ministeriale 249 del 2010, e dei successivi regolamenti ministeriali ad esso connesso, l'abilitazione conseguita tramite la frequenza del TFA risulta declassata rispetto a quella conseguita in passato con i cicli della SSIS (Scuole di Specializzazione per l'insegnamento Secondario), ai cui abilitati era sempre spettato l'inserimento nelle Graduatorie ad esaurimento, unico canale utile per ottenere l'immissione in ruolo per scorrimento (legge 296 del 2006). A differenza di quanto avvenuto sempre in passato, quindi, al titolo conseguito con il TFA spetterebbe solamente l'inserimento nella seconda fascia delle Graduatorie d'Istituto (GI), dalle quali è difficilmente ottenibile un incarico annuale, né si potrà mai ambire al posto di ruolo a tempo indeterminato;
    con l'emanazione in data 27 giugno del decreto ministeriale 572 del 2013, poi, le Graduatorie ad esaurimento (GaE) vengono integrate solo per chi ha conseguito il titolo di abilitazione all'estero e per chi ha congelato la SSIS dell'ultimo ciclo 2007-09 e, iscrittosi con riserva all'epoca, ha completato la formazione e ottenuto il titolo frequentando il nostro stesso corso di TFA appena concluso;
    il suddetto decreto perpetra una discriminazione tra chi si è abilitato con il tirocinio formativo attivo (ai sensi del decreto ministeriale 249 del 2010) e chi ha conseguito il medesimo titolo equipollente presso gli altri Paesi UE o chi, dopo avere interrotto la SSIS, si è abilitato frequentando lo stesso corso di TFA durante questo anno accademico;
    il vulnus del decreto ministeriale 572 del 2013 opera una disparità di trattamento tra titoli di abilitazione equipollenti, violando la Direttiva 2005/36/CE e sancendo il paradosso normativo per cui i docenti abilitati nei Paesi UE possano accedere alle GaE, e quindi, in prospettiva, al ruolo, mentre quei docenti che hanno conseguito lo stesso titolo entro i confini nazionali vengono relegati alla seconda fascia delle Graduatorie d'Istituto, dalle quali è possibile ottenere supplenze saltuarie e temporanee, senza con ciò poter ambire ad una collocazione a tempo indeterminato;
    è facile trarre dal decreto ministeriale 572 del 2013, infatti, l'implicita affermazione del principio di equivalenza legale tra i corsi SSIS e quelli del tirocinio formativo attivo, che risiede nell'attribuzione al TFA di quel valore giuridico che consente ai congelati SSIS di ottenere l'abilitazione mediante la sua frequenza;
    il decreto ministeriale 249 del 2010, vieppiù, annoverava tra i suoi principi cardine la corrispondenza tra i posti messi in palio per l'accesso al TFA e il fabbisogno di personale scolastico calcolato sulla base dei futuri pensionamenti;
    il Ministro pro tempore Profumo, nel corso degli ultimi mesi del suo mandato al Ministero della pubblica istruzione, ha stabilito nella bozza di modifica al regolamento del decreto ministeriale 249 del 2010 datata al 12 giugno del 2012, che i titoli di abilitazione conseguiti al termine del TFA costituiscono requisito di ammissione alle procedure concorsuali, che, come è ben noto, danno, in caso di superamento, diritto al ruolo, mentre diversamente non viene riconosciuta l'idoneità all'insegnamento, come per i vecchi concorsi, e quindi l'accesso alle graduatorie ad esaurimento;
    si è così creata una disparità di trattamento, non conforme al dettato costituzionale; al contrario, il titolo conseguito tramite TFA dovrebbe essere equiparato giuridicamente a quello ottenuto nel periodo 1999-2009 dagli abilitati SSIS sulla base del medesimo riconoscimento di quel valore di prova concorsuale che spettava a questi ultimi (ai sensi dell'articolo 1, comma 6-ter, del decreto-legge 28 agosto 2000 n. 240, convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2000 n. 306), in modo da ottemperare all'articolo 97 della Costituzione, che prevede l'assunzione previo concorso nella pubblica amministrazione;
    il principio di valore concorsuale andrebbe attribuito, altresì, dal punto di vista della presente risoluzione, non solo all'esame finale di abilitazione che concludeva il percorso SSIS e ha concluso similmente quello del TFA, bensì dovrebbe essere esteso per legge alle tre prove di accesso sopraelencate, la cui valenza ai fini della selezione meritocratica pare essere perfino più significativa rispetto alle prove dell'ultimo concorso per l'insegnamento;
    a differenza delle procedure e dei principi che governavano il sistema di reclutamento fino al 2009 con l'inserimento degli ultimi abilitati SSIS IX Ciclo, chi ora consegue l'abilitazione alla docenza con il T.F.A. risulta essere fortemente penalizzato sotto qualsiasi punto di vista: a) vincitore di un concorso che non ha alcuna ricaduta professionale ed occupazionale; b) detentore di un titolo dal valore abilitante privo di riconoscimento che non risulta spendibile nel sistema scolastico nazionale;
    la risoluzione è perciò volta a conciliare la duplice finalità dell'equiparazione dei docenti abilitatisi con merito e della distinzione giuridica di questi ultimi rispetto ai docenti che godranno di un percorso riservato basato sull'anzianità di servizio,

impegna il Governo:

   ad intraprendere tutte le iniziative necessarie ad intervenire:
    a) per la riapertura e l'inserimento nella terza fascia delle Graduatorie ad esaurimento dei docenti abilitati tramite la frequenza del TFA ordinario, con un punteggio pari a quello conferito negli anni precedenti agli abilitati SSIS, in virtù della Direttiva 2005/36/CE che sancisce l'uguaglianza dei titoli abilitanti professionali nel territorio dell'Unione Europea e attribuendo al medesimo titolo quel valore di prova concorsuale che consente l'assunzione in ruolo ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione tramite il doppio canale di reclutamento tuttora vigente;
    b) per l'inserimento contestuale nella Prima fascia delle Graduatorie d'Istituto come da sempre conferito agli abilitati SSIS prima del decreto di riapertura del 2009 o, quanto meno, nella Seconda fascia delle stesse, come previsto dalle note e dai regolamenti ministeriali, da attuare entro il prossimo anno scolastico 2013-14, in modo da rendere effettivamente usufruibile da subito il titolo di abilitazione del TFA come prescritto dalle note ministeriali del 29 aprile 2011 prot. n. 1065 e del 17 aprile 2013;
    c) per favorire la continuazione dell'esperienza formativa e meritocratica mediante l'emanazione del bando di un secondo ciclo di TFA ordinario rivolto ai neo laureati, alla luce della recente esclusione dalla possibilità di inserimento nella terza fascia delle Graduatorie d'Istituto, a chi non gode di un'anzianità di servizio utile ai PAS e in particolar modo per quei candidati risultati idonei ma non vincenti alle prove del primo ciclo, e per coloro che sono risultati vincenti in più classi di concorso di ambito diverso e che hanno dovuto rinunciare ad una di esse ai fini dell'abilitazione per i quali si chiede l'ammissione in sovrannumero.
(7-00076) «Di Lello, Labriola, Costantino».

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza Guerra n. 2-00187, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 68 dell'8 agosto 2013.

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, ai commi 8, 8-bis, 8-ter, 8-sexies e 9 dell'articolo 18 rubricato come «Sblocca cantieri, manutenzione reti e territorio e fondo piccoli Comuni», prevede il finanziamento di interventi per l'edilizia scolastica e per investimenti nei comuni con meno di 5.000 abitanti;
   nello specifico, il comma 8 allo scopo di aumentare il livello di sicurezza degli edifici scolastici, prevede che l'INAIL, destini fino a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2016 per gli interventi del piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici, previsto dall'articolo 53, comma 5, del decreto-legge n. 5 del 2012;
   il comma 8-bis, ai fini della predisposizione del suddetto piano di edilizia scolastica, autorizza una spesa di 3,5 milioni per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, per l'individuazione di un modello unico di rilevamento e potenziamento della rete di monitoraggio e di prevenzione del rischio sismico;
   i commi 8-ter e 8-sexies, prevedono la destinazione di ulteriori somme da assegnare al Fondo unico per l'edilizia scolastica, ma da attribuire sulla base di una procedura specifica, per l'attuazione di misure urgenti per la riqualificazione e la messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali;
   il comma 9 destina contributi statali a favore dei piccoli comuni (con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti) e a favore delle unioni composte da comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e dei comuni risultanti da fusione tra comuni, ciascuno dei quali con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
   gli interventi in materia di edilizia scolastica, oltre a soddisfare prioritarie esigenze relative alla messa in sicurezza degli edifici, rappresentano un importante contributo al raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita produttiva e occupazionale previsti dal Programma nazionale di riforma presentato alla Commissione europea nel quadro della Strategia Unione europea 2020;
   l'effettiva operatività di tali interventi ed il conseguente effetto di sblocco dei cantieri e degli investimenti in settori di straordinario rilievo quali la messa in sicurezza degli edifici scolastici e del territorio, e importanti interventi infrastrutturali, rischia di essere depotenziata se non vanificata dai vincoli del Patto di stabilità interno;
   per il particolare assetto contabile-finanziario dei comuni con popolazione fra i 1.001 e i 5.000 abitanti, l'applicazione dei vincoli del patto di stabilità interno oltre che essere insostenibile finanziariamente è anche tecnicamente ingestibile per enti con bilanci estremamente contenuti nelle dimensioni finanziarie, rigidi nella composizione della spesa, impossibilitati a compiere operazioni straordinarie di carattere patrimoniale e con un andamento dei flussi di cassa di parte capitale estremamente erratico e largamente eterodiretto –:
   se il Ministro interpellato, sia a conoscenza delle gravi problematicità di carattere contabile e finanziario che interessano i comuni con popolazione al di sotto dei 5000 abitanti, e quali urgenti ed incisive misure intenda adottare, anche in attuazione di un ordine del giorno (n. 9/01248-AR/022) sottoscritto dell'interrogante ed accolto dal Governo nella seduta del 24 giugno 2013, al fine di escludere i pagamenti riferiti ai finanziamenti di cui in premessa dai limiti del Patto di stabilità interno dei comuni con popolazione al di sotto dei 5000 abitanti, per la quota di rispettiva competenza.
(2-00187) «Guerra».

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: mozione Migliore n. 1-00169 del 7 agosto 2013.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Chimienti n. 3-00271 dell'8 agosto 2013.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Cristian Iannuzzi e altri n. 4-01624 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 67 del 7 agosto 2013. Alla pagina 4301, seconda colonna, dalla riga ottava alla riga tredicesima, deve leggersi: «CRISTIAN IANNUZZI, NICOLA BIANCHI, CATALANO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DELL'ORCO, DE LORENZIS e LIUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:» e non come stampato.

  Alla pagina 4302, prima colonna, dalla riga quarantunesima alla riga quarantaduesima, deve leggersi: «se il Ministro dell'economia e delle finanze sia a conoscenza dei fatti espressi in premessa e se» e non come stampato.

  Alla pagina 4302, seconda colonna, alla riga quarta, deve leggersi: «se si intenda avviare delle indagine per» e non come stampato.

  Alla pagina 4302, seconda colonna, alla riga decima, deve leggersi: «se si intenda, conformemente a quanto» e non come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BENAMATI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito della politica culturale del Ministero degli affari esteri la diffusione della lingua italiana all'estero costituisce un'area di impegno prioritario;
   per mantenere vivo il legame con la lingua di origine, la direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie (DI.G.I.E.P.M.) promuove corsi di lingua a favore della collettività italiana all'estero, previsti dal decreto legislativo n. 297 del 1994, articolo 636 (ex legge n. 153 del 1971) e dalla circolare n. 13 del 7 agosto 2003;
   negli ultimi anni, oltre a perseguire questo obiettivo specifico, i corsi sono diventati uno strumento fondamentale nella strategia generale di diffusione dell'italiano. A tale scopo, in Belgio, è stato stipulato l'accordo bilaterale «Charte de Partenariat»;
   in una città strategica come Bruxelles, Capitale d'Europa, dove sono presenti scuole specifiche di un gran numero di Stati membri, tra cui Francia, Germania e Regno Unito, incredibilmente non sarebbe presente una scuola italiana, sebbene la comunità italiana sia fra le più numerose;
   in Belgio ci sono oltre 30.000 giovani italiani in età scolare, di cui 6.000 solo nella capitale. Di questi soltanto 750 godrebbero del privilegio di essere iscritti nelle sezioni italiane della Scuola europea: una scuola privata, riservata ai figli dei funzionari europei, in cui insegnano docenti italiani inviati dal Ministero degli affari esteri;
   quello di cui i cittadini italiani in Belgio avrebbero davvero bisogno sarebbe una scuola italiana che dia la consapevolezza di essere italiani, affinché un giorno non debbano sentirsi stranieri nel proprio Paese;
   la comunità italiana all'estero dimostra una grande volontà di rinsaldare i legami con le nostre origini, la nostra lingua, le nostre tradizioni, assicurando ai figli giovani una corretta conoscenza, assimilazione e adesione al nostro retaggio culturale, così difficile da salvaguardare a migliaia di chilometri di distanza;
   sarebbe nell'interesse dello Stato italiano e dei suoi rappresentanti preservare l’«italianità» dei cittadini residenti all'estero, che sono i primi ambasciatori dell'Italia e della sua cultura, ma soprattutto una quota rilevante degli elettori di oggi e di domani;
   in Belgio risulta essere assente una scuola italiana, e ciò comporta la rinuncia dello studio della propria lingua madre per molti giovani italiani in età scolare –:
   se quanto riportato in promessa corrisponda al vero e quali siano le possibilità per garantire anche in Belgio una scuola pubblica italiana. (4-00441)

  Risposta. — Con riferimento alla possibilità di istituire in Belgio una scuola pubblica italiana, si premette come le ineludibili esigenze di contenimento della spesa pubblica non rendano agevole, allo stato attuale, prevedere l'istituzione di scuole statali all'estero. Come noto, il decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012 (cosiddetto decreto «Spending Review») impone una riduzione del contingente del personale scolastico italiano da destinare all'estero, il cui limite massimo, da raggiungere progressivamente, è fissato in 624 unità complessive (dalle 1.024 preesistenti), distribuite fra personale docente e non docente (dirigenti scolastici, insegnanti, personale amministrativo di segreteria e lettori).
  Occorre, tuttavia, sottolineare come, in assenza di una scuola italiana, i corsi di lingua italiana a favore delle nostre collettività all'estero sono diventati negli anni uno strumento fondamentale nella strategia generale di diffusione dell'italiano grazie alla loro capillare presenza nelle scuole locali. Essi hanno contribuito a caratterizzare l'italiano come lingua di cultura, oltre che di emigrazione in virtù della numerosa collettività del nostro Paese ivi residente. La presenza diffusa di questi corsi ha reso possibile la formazione di un ampio bacino di utenza grazie al quale si sono potuti raggiungere stadi avanzati di competenza della lingua con incrementi del numero di studenti a livello liceale e universitario.
  Come rilevato dall'interrogante, il quadro che regolamenta l'offerta di lingua e cultura italiana nel Belgio francofono è dato dall'accordo bilaterale denominato «Carta di Partenariato», sottoscritta dai rappresentanti della comunità francese del regno del Belgio e dai paesi le cui comunità di vecchia e nuova immigrazione sono maggiormente rappresentate: Italia, Grecia, Marocco, Portogallo, Turchia, Romania, Spagna e Cina.
  L'offerta formativa prevista dalla carta si articola in «Corsi di lingua e cultura italiana» e in «Corsi di apertura alle lingue e culture». I primi sono i corsi di italiano propriamente intesi, i secondi sono caratterizzati da un taglio maggiormente interculturale, con la presenza contemporanea di un docente italiano e di un docente francofono.
  Nell'area francofona quasi il 100 per cento dei corsi integrati nelle scuole sono offerti in base agli accordi della «Carta»; le scuole impegnate sono 121 nella circoscrizione consolare di Charleroi – che comprende anche l'ex circoscrizione di Liegi – e 26 in quella di Bruxelles, per un totale di 147 scuole. La «Carta» non è valida per la comunità fiamminga, con la quale è invece in vigore un protocollo culturale, sottoscritto nel febbraio 1999, che prevede intese operative tra i locali enti gestori e le singole realtà scolastiche per l'integrazione dei corsi nelle scuole locali.
  Nella circoscrizione di Bruxelles sono presenti 15 docenti di ruolo, che tengono 228 corsi, per un bacino di 3.706 alunni, mentre nella circoscrizione consolare di Charleroi (comprendente anche la ex circoscrizione di Liegi) operano attualmente 28 docenti di ruolo, per 416 corsi e 7.158 alunni. A questi si aggiungono 19 corsi per 291 alunni, tenuti dagli enti gestori dei corsi di lingua.
  I dati sopra esposti testimoniano il costante impegno profuso dal Governo per continuare a promuovere in maniera capillare ed efficace l'insegnamento della nostra lingua in Belgio. L'ambasciata a Bruxelles, che conferma la posizione di preminenza dell'insegnamento dell'italiano rispetto alle altre lingue previste dalla summenzionata carta, resta fortemente impegnata a monitorare con attenzione l'evolversi della situazione, per evitare in particolare che eventuali accordi per aderire alla Carta di paesi come Cina e Russia non producano eventuali conseguenze che vadano a discapito dell'italiano. Compatibilmente con l'effettiva disponibilità di risorse, la Farnesina intenderebbe inoltre rafforzare nel 2014 il proprio sostegno finanziario agli enti gestori.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteriMario Giro.


   BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il piano di riorganizzazione generale della flotta di imbarcazioni dei vigili del fuoco sta togliendo al servizio di soccorso ed antincendio la disponibilità di una specifica imbarcazione di soccorso, dislocata sul Lago Maggiore, denominata VFRAFF (Rescue and Fire Fighter) sostituendola con un gommone di tipo semicabinato, inadatto e con potenzialità assolutamente inferiori;
   l'imbarcazione RAFF risulta essere l'unico mezzo attualmente operante su tutto il Lago maggiore sulle cui sponde si affacciano oltre la Svizzera nella parte Nord, le province di Verbania, Novara e Varese;
   su tutto il Lago Maggiore, secondo per estensione in Italia, si registra un incessante e intenso traffico di motonavi delle società di servizio pubblico di linea «Navigazione Laghi» con una notevole affluenza di passeggeri oltre al servizio di traghetti sulla linea «Intra – Laveno» che collega le sponde Piemontese e Lombarda del Lago;
   nello specchio d'acqua antistante la città di Stresa operano inoltre 60 imbarcazioni private (con portata media di 30 passeggeri) adibite a trasporto pubblico verso le isole Borromee, che con edifici storici, musei e giardini, costituiscono una meta turistica di fama mondiale: si stima che la consistenza del flusso nautico interno sia secondo, in Italia, solamente a quello della Laguna di Venezia;
   il dipartimento dei vigili del fuoco ha assegnato dall'anno 2006 l'imbarcazione RAFF al comando vigili del fuoco del Verbano-Cusio-Ossola e da allora sono stati effettuati centinaia di interventi di soccorso, salvando anche delle vite umane;
   il comando vigili del fuoco del Verbano-Cusio-Ossola organizza regolarmente, da diversi anni, numerosi corsi di formazione indirizzati al personale operativo vigili del fuoco di tutta la regione e di tutto il territorio nazionale per il conseguimento delle previste abilitazioni al soccorso in ambito acquatico oltre alla formazione ed aggiornamento del personale effettivo del Verbano-Cusio-Ossola che è stato formato e possiede le abilitazioni previste per il soccorso in acqua;
   il gommone consegnato al comando del Verbano-Cusio-Ossola dotato di caratteristiche notevolmente inferiori all'imbarcazione RAFF attualmente operante in quanto non è stato concepito per il servizio antincendi ed infatti presenta potenzialità limitate a tale servizio, quali la portata delle pompe antincendio molto inferiore; inoltre quasi nulla è la possibilità di caricare in cabina dispositivi di protezione individuale ed attrezzature di soccorso e di antincendio, inoltre lo scafo con tubolari di gomma risulta essere assolutamente inidoneo ad un servizio antincendio;
   il suddetto gommone semicabinato non risulta essere di nuova fabbricazione ma proveniente da un altro comando di una località di mare, ormai in disuso, presenta diversi problemi e malfunzionamenti dovuti a vetustà e a mancati interventi di manutenzione che lo rendono inidoneo alla messa in servizio; addirittura l'imbarcazione risulta priva del necessario certificato di collaudo periodico –:
   se non ritenga necessario prendere al più presto provvedimenti affinché si possa ristabilire un servizio idoneo al mantenimento della necessaria sicurezza dei vigili del fuoco e garantire, così, l'indispensabile protezione dei cittadini che intendano navigare sul lago maggiore. (4-00684)

  Risposta. — Il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco ai sensi dell'articolo 26, comma 5, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, è chiamato ad assicurare «con mezzi e materiali propri, il servizio di soccorso pubblico e di contrasto agli incendi nei porti e loro dipendenze, sia a terra che a bordo delle navi e dei galleggianti».
  L'attuale congiuntura economica e le ripetute riduzioni dei fondi disponibili, purtroppo, non consentono più di sostenere tutte le spese per far fronte alle esigenze logistiche e strumentali necessarie all'attività di soccorso portuale; pertanto, al fine di contenere i costi della gestione alla luce degli attuali stanziamenti di bilancio, è stato predisposto un «progetto di riorganizzazione della flotta VVF», che prevede la riduzione del naviglio di circa un terzo del numero di unità salvaguardando, comunque, l'obiettivo di assicurare almeno il dispositivo di soccorso nautico minimo, per le varie categorie di porti, previsto dalla legge 13 maggio 1940, n. 690.
  A seguito della sopraggiunta dismissione di 20 unità navali della originaria flotta di 68, è stata effettuata una nuova collocazione sul territorio delle rimanenti unità e tra queste anche di quella, a suo tempo, assegnata al presidio lacustre sul lago Maggiore, al quale è stata assegnata, in previsione dello spostamento della motobarca «RAFF VF 05», un'altra unità navale tipo RIB grande.
  L'imbarcazione, pur se di caratteristiche prestazionali diverse, è ugualmente in grado di assolvere ai compiti di soccorso acquatico, inerenti la ricerca e il soccorso per la salvaguardia della vita umana in ambito lacustre e l'intervento antincendio di imbarcazioni e natanti da diporto.
  Le due imbarcazioni continueranno a coesistere per tutto il tempo necessario a verificare che la nuova unità navale sia effettivamente in grado di sostituire in tutte le funzioni e in tutte le condizioni meteorologiche l'unità «RAFF».

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   BOSSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la penisola sorrentina (provincia di Napoli) nonostante l'esiguità di spazi, la particolare morfologia del territorio e la fragilità dello stesso sotto il profilo idrogeologico, è oggetto da circa un decennio di una smisurata richiesta di progetti edilizi per la realizzazione di «parcheggi pertinenziali», da realizzare ai sensi del combinato disposto degli articoli 6 e 9 della legge regionale n. 19 del 2001;
   nel 1987, con legge regionale n. 35, è stato adottato il piano urbanistico territoriale dell'area sorrentino-amalfitana, che fissa, tra le altre cose, una serie di tutele e vincoli urbanistici per uno dei luoghi riconosciuti come tra i più belli d'Italia e tra i più preziosi sotto il profilo del patrimonio naturalistico;
   successivamente, con legge regionale n. 19 del 2001, si è resa possibile l'edificazione di parcheggi interrati anche in aree dove sussistono i vincoli imposti dal piano urbanistico territoriale della penisola sorrentino-amalfitana; in particolare, l'articolo 9 della sopra menzionata legge, recitava, all'atto dell'approvazione: «le disposizioni della presente legge trovano applicazione anche nei territori sottoposti alla disciplina di cui alla legge regionale 27 giugno 1987, n. 35, e, in caso di contrasto, prevalgono sulle disposizioni di quest'ultima», introducendo così una deroga indiscriminata al piano urbanistico territoriale;
   nel 2004, compresa la gravità della situazione, la stessa regione Campania promosse una modifica della legge n. 19 del 2001; con la legge n. 16 del 2004, fu cancellata la deroga generalizzata e introdotta la possibilità di realizzare parcheggi solo in situazioni di compatibilità e di rispetto dei «vincoli posti dal piano territoriale»;
   dal 2011 la regione Campania, lungi dal varare una legge coordinata di modifica del piano paesistico della penisola sorrentina, non rispetta, a parere dell'interrogante, come si avrà modo di approfondire nel prosieguo, precisi principi costituzionali, inserendo nelle proprie leggi finanziarie, con la cancellazione di una frase o una parola dal contesto della disposizione normativa, modifiche di fatto al testo normativo varato nel 2004;
   con la finanziaria del 2011, articolo 2 comma 1, lettera n) della legge n. 1 del 2011, la regione Campania modifica il testo dall'articolo 9 della legge regionale n. 19 del 2001 eliminando l'inciso «fatti salvi tutti i vincoli previsti dalla legge stessa» e lasciando inalterato nel resto la disposizione nel senso che «le disposizioni procedurali della presente legge trovano applicazione anche nei territori sottoposti alla disciplina di cui alla legge regionale 27 giugno 1987 n. 35»;
   con il comma 5 dell'articolo 52 della legge finanziaria 2012, inoltre, la regione Campania ha successivamente introdotto anche l'ultima, in ordine di tempo, modifica sopprimendo «dopo la parola “disposizioni” anche “procedurali”»; in definitiva allo stato di tutte le modifiche l'articolo 9 della legge n. 19 del 2001 adesso recita in questo modo: «Le disposizioni della presente legge trovano applicazione anche nei territori sottoposti alla disciplina di cui alla legge regionale 27 giugno 1987 n. 35»;
   la regione Campania, successivamente, in data 28 giugno 2012, ha emanato una nota di chiarimenti con la quale si smentiva che la modifica riconsentisse quegli interventi non più consentiti dalla novella del 2004; con la nota la regione si è affrettata a chiarire che le novelle adottate con l'articolo 2 della finanziaria 2011 e 52, comma 5, della finanziaria 2012 non consentono, comunque, di derogare ai vincoli imposti dal piano urbanistico territoriale ed, in particolare, non lo consentono nelle zone territoriali 2, 3, 6 eccetera, nelle quali non è possibile realizzare parcheggi pertinenziali privati e, nella zona territoriale 2, per diversa motivazione neppure pubblici;
   tuttavia sono successivamente intervenute varie decisioni del TAR Campania, tra le ultime la n. 2052 del 2013 (e prima ancora la 4788 del 2012), con la quale il giudice amministrativo, preso atto delle modifiche introdotte con le finanziarie regionali nel 2011 e 2012, considera ormai superata la novella del 2004 e, quindi, nuovamente possibile realizzare box pertinenziali anche in deroga ai vincoli del piano urbanistico territoriale;
   appare grave, oltre che singolare, che modifiche così rilevanti vengano introdotte con una legge finanziaria, senza un progetto organico e senza neppure un'istruttoria che tenga conto dei danni già arrecati dall'iniziale formulazione dell'articolo 9 del 2001;
   le conclusioni interpretative cui giunge la sezione del TAR Campania, competente territorialmente per l'area del piano paesistico della costiera sorrentina, non possono non destare preoccupazione; il legislatore regionale ha infatti il dovere di non emanare disposizioni equivoche che determinano non solo incertezza, ma consentono a chi ha interesse a coltivare tali incertezze a trarne vantaggio naturalmente a discapito dell'ambiente e di un territorio che dovrebbe essere tra i più protetti d'Italia;
   tanto l'articolo 9 della legge regionale n. 19 del 2001, quanto le novelle introdotte dalle finanziarie regionali 2011 e 2012, se ne è corretta l'interpretazione fornita dal TAR Campania, sono, a parere dell'interrogante di dubbia costituzionalità, perché ledono quanto disposto dall'articolo 117 II comma lettera s) della Costituzione;
   non c’è alcun dubbio, infatti, che le regioni non possano derogare ai principi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato; in materia di tutela dei beni culturali lo Stato, con il decreto legislativo n. 42 del 2004, ha inteso fissare dei principi inderogabili ed invalicabili alla legislazione regionale. Principi che, però, sono stati secondo l'interrogante non rispettati dal legislatore regionale della Campania con le novelle all'articolo 9 della legge regionale n. 19 del 2001, introdotte con l'articolo 2 della legge regionale n. 1 del 2011 e con il comma 5 dell'articolo 52 della legge regionale n. 1 del 2012;
   in tema di pianificazione paesaggistica e tutela del paesaggio il decreto legislativo n. 42 del 2004, dopo aver previsto (articolo 135) che «Lo Stato e le regioni assicurano che il paesaggio sia adeguatamente conosciuto, tutelato e valorizzato prevede che, a tal fine, le regioni, anche in collaborazione con lo Stato, nelle forme previste dall'articolo 143, sottopongono a specifica normativa d'uso il territorio, approvando piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, concernenti l'intero territorio regionale, entrambi di seguito denominati «piani-paesaggistici»;
   l'articolo 143, poi, indica le modalità di approvazione del piano paesaggistico individuando una serie di fasi che si connotano per l'accuratezza dell'istruttoria, per l'analisi dell'esistente e per ulteriori attività d'analisi (quali: l'accertamento delle dinamiche di trasformazione del territorio attraverso l'individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio; la comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo, l'individuazione degli ambiti paesaggistici) che sono propedeutiche all'elaborazione della pianificazione paesaggistica; a tale pianificazione sono chiamati a dare il loro contributo associazioni ambientaliste, enti territoriali, soprintendenze, e altri soggetti;
   le novelle delle finanziarie del 2011 e del 2012 di fatto introducono una deroga generalizzata ai vincoli imposti dalla pianificazione paesaggistica approvata con la legge regionale della Campania n. 35 del 1987 e senza che alcuna delle attività procedurali previste dalla legge statale, il decreto legislativo n. 42 del 2004 articoli 135-143, sia stata espletata;
   per assurdo la pianificazione viene vanificata consentendo indiscriminatamente, in deroga ai vincoli imposti su determinate aree dal piano urbanistico territoriale, al privato ed al funzionario dei comuni inseriti nell'area del piano paesaggistico di individuare dove realizzare l'intervento;
   è una situazione del tutto analoga a quella verificatasi con la legge finanziaria regionale n. 11 del 21 ottobre 2010, articolo 1, comma 1 e 2, con la quale si consentiva ai titolari di strutture turistiche ricettive e balneari di realizzare, in deroga agli strumenti urbanistici paesistici, sovracomunali e comunali, piscine previo parere della sovrintendenza;
   la Corte Costituzionale, in quel caso, con sentenza n. 235 del 2011 ha dichiarato l'incostituzionalità della disposizione, in quanto violava le procedure di rimozione del vincolo paesistico fissate dall'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 ed, inoltre, introduceva deroghe alla pianificazione paesaggistica. Il che, a giudizio della Corte, determinerebbe «... una invasione nella competenza legislativa statale in quanto le disposizioni intervengono in materia di tutela del paesaggio, ambito riservato alla potestà legislativa dello Stato, e sono in contrasto con quanto previsto dal Decreto Legislativo 42 del 2004 (in senso conforme sentenze Corte Costituzionale 101 del 2010 e 272 del 2009)»;
   tra i motivi proposti la Presidenza del Consiglio aveva, per l'appunto, rilevato la violazione dell'articolo 117 della Costituzione nella parte in cui con la legge regionale della Campania n. 11 del 2010 articolo 1, comma 1 e 2, si consentiva la deroga alla pianificazione paesaggistica senza il rispetto delle procedure fissate dagli articoli 135 e 143 del decreto legislativo n. 42 del 2004;
   nell'ipotesi delle novelle introdotte all'articolo 9 della legge n. 19 del 2001, ricorre secondo l'interrogante la medesima violazione del principio costituzionale, perché, lungi dal seguire le procedure previste dalla legge statale, autorizzando, nell'ipotesi di parcheggi interrati pertinenziali, la deroga indiscriminata ai vincoli imposti dal piano urbanistico territoriale, si modifica la pianificazione paesaggistica vigente vanificandola e, conseguentemente, si violano le disposizioni di tutela del paesaggio;
   le novelle, quindi, a parere dell'interrogante, sono di dubbia costituzionalità perché, in concreto, comportano una modifica del Piano Paesaggistico, ma senza che siano rispettati i criteri procedurali indicati dal capo III del decreto legislativo n. 42 del 2004 all'articolo 143 richiamato dal precedente articolo 135 –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se risultino agli atti i motivi della mancata impugnazione degli atti normativi della regione Campania di cui in premessa, ai sensi dell'articolo 127 della Carta costituzionale. (4-00908)

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
  Sono stati manifestati dubbi di costituzionalità in ordine alla norma contenuta nell'articolo 9 della legge regionale della Campania n. 19 del 2001, concernente l'area sorrentino-amalfitana.
  Tale norma, infatti, a seguito di diverse modifiche legislative, succedutesi nel tempo, risulta ora, anche a seguito di pronunce giurisprudenziali del TAR Campania, consentire taluni interventi edilizi, quali la realizzazione di parcheggi pertinenziali, ancora in deroga ai vincoli della pianificazione urbanistico territoriale, compresa, quindi, quella paesaggistica.
  Inoltre, l'attenzione è rivolta alle disposizioni contenute nelle leggi regionali n. 1 del 2011 e n. 1 del 2012 che hanno introdotto modifiche alla previgente formulazione della norma contenuta nell'articolo 9 della legge regionale n. 19 del 2001, modifiche che hanno finito per rendere più scarna la norma regionale con un generico riferimento alla possibilità di derogare al piano urbanistico territoriale, senza alcun riferimento al rispetto dei vincoli esistenti in materia di tutela paesaggistica.
  Ora si vuole sapere se risultino agli atti i motivi della mancata impugnazione delle norme regionali di modifica e, dunque, segnatamente, degli articoli 2, comma 1, lettera
n) della legge regionale n. 1 del 2011 e 52, comma 5, della legge regionale n. 1 del 2012.
  Questo dipartimento, nell'ambito dell'attività di verifica della compatibilità costituzionale delle norme regionali ai fini di eventuali impugnazioni delle leggi regionali in applicazione dell'articolo 127 della Costituzione, ha svolto, sulle norme regionali sopracitate, la consueta necessaria istruttoria, che coinvolge tutte le Amministrazioni statali interessate per competenza.
  All'esito di detta istruttoria, in relazione alle leggi regionali di cui trattasi, il Consiglio dei ministri ha deliberato l'impugnazione di numerose disposizioni.
  In particolare, la legge regionale n. 1 del 2011 è stata impugnata con delibera del Consiglio dei ministri del 3 marzo 2011, su conforme parere del Ministero per i beni e le attività culturali, relativamente alla norma contenuta nell'articolo 1, comma 1, lettera
l), che estendeva l'applicazione del procedimento semplificativo di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 139 del 2010, a tutti gli interventi previsti dal «piano casa» regionale, in violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela di beni culturali e del paesaggio di cui all'articolo 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione.
  La legge finanziaria regionale n. 1 del 2012 è stata anch'essa impugnata a seguito della delibera governativa del 16 marzo 2013, su conforme parere dei Ministeri per le politiche agricole, della salute, dell'economia, dell'ambiente. Numerosissime sono state le disposizioni oggetto di impugnazione, che sono state ritenute censurabili sotto diversi profili: quello ambientale, quello economico-contabile e quello sanitario, anche in relazione al piano di disavanzo sanitario. In particolare, sono stati impugnati gli articoli 11, 22, 23, commi 6, 7 e 10, 24, commi 2 e 3, 27 comma 1, lettera
b), 32, 37, 45, commi 1 e 3, e 50.
  Appare dunque evidente che l'attività istruttoria svolta dal dipartimento per gli affari regionali, il turismo e lo sport, in relazione alle due citate leggi regionali, è stata condotta con particolare accuratezza e che sulle norme oggetto dell'atto di sindacato ispettivo nessuna delle amministrazioni centrali interessate ha formulato rilievi o osservazioni che avrebbero potuto determinare l'impugnazione delle stesse.
  Ulteriori elementi potranno essere forniti dal competente Ministero per i beni e le attività culturali.

Il Ministro per gli affari regionali e le autonomieGraziano Delrio.


   BUONANNO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   all'interno dei diversi provvedimenti assunti questi ultimi anni e finalizzati ad una revisione della spesa pubblica, ritenuta da più parti eccessiva e certamente non più in linea con la difficile situazione economica contingente, una delle voci su cui più di è deciso di rivedere i vincoli di spesa è stata quella delle così dette «auto blu», ovvero gli automezzi a disposizione dei funzionari dello Stato e della pubblica amministrazione, il cui numero eccessivo è in fase di doverosa rimodulazione;
   da informazioni apparse su alcuni siti web e così come denunciato dall'interrogante durante i lavori dell'assemblea di martedì 25 giugno 2013, pare che membri del precedente Governo, e nello specifico l'ex Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, abbiano ancora in uso auto blu e scorte, senza tuttavia che risultino particolari esigenze di tutela e quindi in evidente contrasto con il rigoroso contenimento della spesa pubblica –:
   se non si ritenga opportuno fare chiarezza sulla vicenda sopra descritta ed assumere i necessari provvedimenti, all'interno delle rispettive competenze, al fine di porre termine a questa situazione specificando altresì le motivazioni che hanno consentito fino ad ora il perdurare di un servizio che appare assolutamente ingiustificato e fornendo un preciso elenco delle personalità del precedente Governo e dei politici che godono tuttora di un servizio di scorta o usufruiscono di mezzi e personale della pubblica amministrazione.
(4-01064)

  Risposta. — Si fa riferimento all'interrogazione in esame concernente l'utilizzo di auto blu e scorte da parte di componenti del precedente Governo.
  In particolare, l'interrogante, richiamando notizie pubblicate su diversi siti
web chiede chiarimenti in merito alla questione afferente il protrarsi del godimento dei suddetti benefici da parte del dottor Mario Catania – Ministro pro tempore per le politiche agricole, alimentari e forestali del Governo Monti – oltre la scadenza del suo mandato governativo.
  Al riguardo, dagli opportuni approfondimenti è emerso che, a seguito della segnalazione circa l'esistenza di possibili rischi connessi all'attività istituzionale del Ministro Catania, la prefettura di Roma ha disposto l'attivazione, a cura del Corpo forestale dello Stato, di un servizio di tutela su auto non protetta fino al 31 marzo 2013; tale servizio con successivo provvedimento è stato poi prorogato al 30 giugno 2013.
  Allo stato, risulta tuttavia, che non essendo intervenuta, dopo tale data, nessuna ulteriore proroga, il Corpo forestale dello Stato ha cessato di provvedere al servizio in questione che, pertanto, è, a tutti gli effetti, non più operante dal 30 giugno 2013.

Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazioneGianpiero D'Alia.


   CARUSO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   con l'Accordo tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Turchia sulla previdenza sociale firmato a Roma in data 8 maggio 2012 e la cui ratifica ed esecuzione era stata prevista con apposito disegno di legge dal Ministro degli affari esteri pro tempore nel gennaio 2013 si è inteso consolidare i rapporti tra i due Paesi sul versante della sicurezza sociale, attraverso la sostituzione della Convenzione europea di sicurezza sociale, strumento del Consiglio d'Europa ratificato da entrambi gli Stati ed attualmente in vigore tra gli stessi;
   nello specifico il citato accordo dispone il rafforzamento degli strumenti amministrativi orientati alla tutela dei lavoratori assicurati nei due Paesi, semplificando le procedure per l'esonero contributivo dei lavoratori a seguito delle imprese;
   inoltre, l'accordo in esame individua il campo di applicazione rationae materiae dello stesso per entrambi gli Stati contraenti, determinando le legislazioni che costituiranno oggetto di coordinamento;
   le disposizioni annoverate nel suddetto accordo rappresentano di fatto un rinnovamento ed un riadeguamento dei termini di gestione dei rapporti tra i due Paesi contraenti su un versante particolarmente delicato e significativo come la sicurezza sociale, in considerazione dell'urgenza di rivedere gli strumenti sanciti dalla suindicata convenzione europea;
   la ratifica dell'accordo assume un ruolo significativo segnatamente sul versante delle garanzie in materia sanitaria dei lavoratori del MAE a contratto in servizio in Turchia, che al momento vivono pesanti limiti in termini di tutela e accesso ai servizi sanitari gratuiti: le disposizioni dell'Accordo consentiranno loro di fare riferimento al sistema sanitario nazionale, garantendo l'accesso gratuito a tutte le strutture ospedaliere pubbliche e private convenzionate presenti in Turchia, e riconoscendo anche il diritto all'assistenza sanitaria dopo il collocamento a riposo;
   l’iter di ratifica citato in premessa è stato compromesso dalla conclusione anticipata dell'ultima legislatura, tanto da rendere urgente riproporre il medesimo disegno di legge anche nella corrente legislatura al fine di creare le condizioni per una opportuna quanto urgente esecuzione di disposizioni importanti per la tenuta e per la corretta operatività dei nostri lavoratori impiegati sul territorio turco –:
   se si intenda procedere in tempi celeri alla presentazione di un disegno di legge recante ratifica ed esecuzione dell'accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Turchia sulla previdenza sociale, firmato a Roma in data 8 maggio 2012. (4-00298)

  Risposta. — L'accordo sulla previdenza sociale tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Turchia firmato a Roma l'8 maggio 2012 in occasione del II vertice intergovernativo bilaterale e negoziato tra i Ministeri del lavoro e della previdenza sociale dei due Paesi, prevede la parità di trattamento in materia previdenziale tra i lavoratori italiani e turchi, l'applicazione di una normativa uniforme ed il mantenimento dei diritti in via di acquisizione attraverso la totalizzazione dei periodi assicurativi.
  Tale accordo, rafforzando il quadro amministrativo a tutela dei lavoratori assicurati nei due Paesi e semplificando le procedute per l'esonero contributivo dei lavoratori al seguito delle imprese, mira a migliorare il contesto per il trasferimento di lavoratori italiani in Turchia, un mercato lavorativo particolarmente promettente per il dinamismo delle imprese turche e per l'ampia presenza di filiali di aziende italiane.
  Nella piena consapevolezza dell'importanza di questo accordo, nonostante le limitate disponibilità del fondo dedicato alle ratifiche degli accordi internazionali, sono in corso delle verifiche volte a determinare l'auspicabile sostenibilità finanziaria di una sua eventuale ratifica.

Il Viceministro degli affari esteriMarta Dassù.


   D'ALESSANDRO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la cronaca di questi giorni riporta un grave episodio avvenuto presso l'Istituto tecnico per geometri «Michelangelo Buonarroti» di Caserta, uno dei più grandi della provincia;
   in data 9 maggio 2013 un'insegnante ha infatti umiliato un alunno sedicenne, costringendolo a spogliarsi solo perché era vestito con una maglia su cui era stampato il volto del Presidente Silvio Berlusconi;
   non solo quindi lo ha rimproverato, urlando frasi di grave contenuto, riportate testualmente nella querela presentata al comando provinciale dei carabinieri di Caserta, come «Ti dovresti impiccare tu e Berlusconi» e «Ti ucciderei a te e pure a lui», ma lo ha obbligato ad indossare la t-shirt al contrario; la professoressa infatti lo avrebbe cacciato dalla classe, ordinandogli di cambiarsi nel corridoio attiguo, in quel momento frequentato da alunni e docenti, e costringendo il ragazzo così a seguire il resto della lezione con la maglia indossata al rovescio;
   i genitori hanno deciso di rivolgersi ai carabinieri del comando provinciale di Caserta anche perché il ragazzo è molto scosso, non riesce a superare lo choc di tornare in classe e vuole cambiare istituto; tra l'altro, l'insegnante avrebbe chiamato la madre del giovane rimproverandola per l'abbigliamento del figlio;
   il dirigente didattico dell'istituto ha dichiarato che è in corso una procedura di contestazione, che comprende lo svolgimento di audizioni e indagini, rispetto alla quale ci sarà una sanzione: l’iter si concluderà il prossimo 10 giugno 2013; a questo si affianca l'indagine penale che fa seguito all'esposto dei genitori;
   l'episodio è assai grave se si considera che tale atteggiamento discriminatorio, offensivo e violento proviene da un'insegnante che dovrebbe educare innanzitutto al rispetto delle idee altrui; lo specifico ruolo dell'insegnamento all'interno della scuola comporta che l'insegnante si consideri, e sia effettivamente, un educatore, cioè uno che aiuta a costruire e sviluppare la personalità dei suoi alunni; nel caso esposto, parole così ingiuriose e offensive sono sintomo di un comportamento diseducativo che, a giudizio dell'interrogante, non può non essere sanzionato –:
   se sia a conoscenza dei fatti suddetti e se, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare le opportune iniziative volte a stigmatizzare condotte di tale genere acquisendo ogni elemento utile con riferimento al procedimento disciplinare in corso ove effettivamente aperto, e qualora non lo fosse, se ne intenda promuovere l'apertura. (4-00575)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante stigmatizza il comportamento tenuto da un insegnante dell'istituto tecnico statale «Michelangelo Buonarroti» di Caserta, chiedendo se il Ministero sia a conoscenza della vicenda e quali iniziative ritenga di adottare.
  Il Ministero è a perfetta conoscenza della delicata questione.
  Il dirigente scolastico dell'istituto interessato ha esperito con sollecitudine le prime indagini istruttorie, avvalendosi delle testimonianze raccolte presso gli allievi, i docenti, il personale ausiliario e convocando a colloquio la docente per ascoltarla a sua difesa.
  A seguito delle risultanze raccolte il medesimo dirigente ha avviato un procedimento disciplinare che, si è poi concluso con la sospensione dal servizio per cinque giorni, a titolo di sanzione per il comportamento evidentemente scorretto della docente.
  Tale decisione appare conforme alle disposizioni di legge in materia e ai criteri di gradualità e proporzionalità sottesi all'irrogazione delle sanzioni disciplinari, considerata anche la circostanza che dall'istruttoria svolta è emerso come l'insegnante presenti una storia professionale integra e irreprensibile.
  Si ritiene opportuno segnalare che dall'esame della vicenda è emerso anche come la dirigente scolastica abbia saputo orientarsi ed agire con lucidità e fermezza, non permettendo che la risonanza che i fatti hanno avuto sui mezzi di comunicazione influisse sullo sviluppo dell'istruttoria né sulla decisione finale della sanzione da applicare.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaMaria Chiara Carrozza.


   D'UVA, COMINARDI, TRIPIEDI, CIPRINI, BECHIS, FRUSONE, DAGA, DE ROSA, VACCA, DE LORENZIS, NESCI, CARIELLO, BARONI, CARINELLI, BUSTO, PRODANI, LOREFICE, LUIGI DI MAIO, SPESSOTTO, TERZONI, ARTINI, COLONNESE, SPADONI, DELL'ORCO, DALL'OSSO, PESCO, D'INCÀ, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CRIPPA, BRESCIA, SIMONE VALENTE, ALBERTI, GAGNARLI, MANLIO DI STEFANO, CASO, BRUGNEROTTO, ZACCAGNINI, L'ABBATE, GALLINELLA, DADONE, COZZOLINO, DEL GROSSO, BATTELLI, TURCO, FERRARESI, PARENTELA, MARZANA, CASTELLI, VILLAROSA, DI BENEDETTO, MASSIMILIANO BERNINI, CANCELLERI, BASILIO, TOFALO, CECCONI, BENEDETTI, FICO, MANTERO, CHIMIENTI, PAOLO BERNINI, LUPO, LIUZZI, SORIAL, D'AMBROSIO, NICOLA BIANCHI, VALLASCAS, CORDA, BONAFEDE, AGOSTINELLI, DIENI, RUOCCO, CURRÒ, LOMBARDI, NUTI, GRILLO, RIZZETTO, BALDASSARRE e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   stando alle notizie pervenute, attraverso la lettura delle pagine online del portale nazionale del «MoVimento 5 Stelle» della Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana del 18 novembre 2008, dalla lettura della pagina online de Il Fatto Quotidiano del 24 novembre 2010 e, stando alle informazioni riferite al primo firmatario del presente atto dal rappresentante di una delegazione di manifestanti radunatisi presso piazza Montecitorio in Roma il 25 marzo 2013, il 18 novembre 2008 migliaia di persone prendevano visione del bando di concorso per l'assunzione di n. 814 vigili del fuoco permanenti, che veniva pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 4° Serie Speciale Concorsi n. 90 e, contestualmente anche sul sito istituzionale www.vigilfuoco.it, in cui si fissava il termine di scadenza per la presentazione della domanda al 18 dicembre 2008;
   il concorso pubblico, per titolo ed esami, veniva bandito dopo che nell'anno 2006, per carenza di fondi da stanziare per l'assunzione di personale a titolo permanente, si avviava una procedura straordinaria per l'assunzione di personale volontario, ovvero di vigili del fuoco discontinui;
   questi andarono a formare una graduatoria di personale da stabilizzare di circa 6000 unità di vigili discontinui, e tra questi, circa 2000 venivano assunti a titolo permanente, mentre la stessa graduatoria veniva chiusa nell'anno 2010;
   nel mese di luglio 2009 iniziavano le prove preselettive del bando di concorso per l'accesso al ruolo di n. 814 vigili del fuoco a titolo permanente, nel rispetto dell'articolo 97 primo comma dell'articolo 97 della Costituzione italiana, mentre nei mesi successivi si articolavano, nelle modalità previste dalla disciplina dello stesso bando, le conseguenti prove previste dal concorso;
   le prove concorsuali terminavano nel maggio del 2010, e consistevano in prove di tipo motorio ed orale;
   le commissioni iniziavano quindi la valutazione dei titoli, (preferenze, riserve, patenti) e stilavano la relativa graduatoria finale di merito che veniva pubblicata all'interno del Bollettino Ufficiale del 16 Luglio 2010;
   la graduatoria finale veniva accompagnata da ulteriori allegati, tra i quali erano presenti la Graduatoria B1 relativa ai militari che rientravano nella riserva prevista del 45 per cento dalla normativa del bando di concorso, la graduatoria B2 relativa al personale discontinuo da stabilizzare dei vigili del fuoco con riserva del 25 per cento, la graduatoria B3 relativa a coloro che avessero prestato servizio civile, per non meno di un anno, presso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco con riserva del 20 per cento, la graduatoria B4 relativa a coloro che non rientravano in nessuna delle precedenti riserve, l'allegato C consistente nell'elenco degli 814 nominativi dei soggetti risultati vincitori del concorso, infine l'allegato A, graduatoria generale di merito composta da 7600 persone, che venivano valutate come idonee ad essere assunte in via permanente all'interno del corpo dei vigili del fuoco;
   si evidenzia inoltre come a fronte di una graduatoria finale di circa 7600 unità, 3000 di queste venivano chiamate a sostenere la visita medica, condicio necessaria per la successiva assunzione, divenendo così idonee sia dal punto di vista concorsuale, sia dal punto di vista della integrità psicofisica, a svolgere in via permanente l'attività di vigile del fuoco;
   ad aprile 2011 prendeva il via il corso denominato «70° corso AVP», che vedeva al suo interno la presenza delle 814 unità vincitrici di concorso, ed aveva una durata complessiva di circa 6 mesi;
   successivamente, al fine di reintegrare il personale che aveva ottenuto il pensionamento tra gli anni 2009, 2010, furono chiamati a far parte di un secondo corso, denominato «71° corso AVP», circa 740 unità a dicembre del 2011, con un sistema che prevedeva l'applicazione del 100 per cento del cosiddetto turn over, dove per ogni unità in uscita dal Corpo dei vigili del fuoco, avveniva una contemporanea assunzione di un'altra unità che fosse presente all'interno della graduatoria finale di merito, benché il numero di unità chiamate al servizio erano comunque insufficienti a colmare la carenza di personale del Corpo dei vigili del fuoco;
   veniva quindi chiamato nel «71° corso AVP» parte del personale da stabilizzare grazie alle riserve previste delle graduatorie allegate, lasciando in attesa di assunzione le unità che avevano regolarmente sostenuto la procedura concorsuale, dal momento che il limitato numero di assunzioni venivano già coperte dal personale che presentava i requisiti per accedervi tramite riserva;
   seguiva nei mesi successivi, l'approvazione da parte del Governo presieduto dal Presidente del Consiglio Mario Monti, del decreto-legge n. 92 del 2012 e sua successiva conversione in legge, di revisione della spesa pubblica italiana, la cosiddetta spending review, che prevedeva un importante taglio economico al comparto della sicurezza ed un contemporaneo abbassamento della percentuale applicativa del meccanismo del turn over dal 100 per cento al 20 per cento per l'intero anno 2011, arrivando fino al 50 per cento per l'anno 2012, al 70 per cento per gli anni 2013 e 2014, ed infine al 100 per cento dal 2015 in poi, andando così ad aumentare il deficit di personale all'interno del Corpo dei vigili del fuoco;
   veniva approvato il 20 giugno del 2012 il decreto-legge n. 79 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge del 7 agosto 2012, n. 131 in cui si prorogavano i termini di validità delle graduatorie relative a due procedure selettive indette per le assunzioni nel Corpo dei vigili del fuoco, la graduatoria del personale volontario da stabilizzare dell'anno 2006, graduatoria che era stata soggetta a chiusura, e della graduatoria finale del concorso pubblico per l'assunzione di n. 814 dei vigili del fuoco permanenti, che venivano entrambe rinnovate sino al 31 dicembre 2014;
   veniva così riaperta la graduatoria del personale discontinuo del 2006, che entrava in conflitto con la graduatoria relativa al concorso pubblico del 2008, e che vedeva ulteriormente ridotte da parte degli appartenenti a quest'ultima, possibilità di assunzione all'interno del Corpo;
   nel mese di gennaio 2013 arrivava infine da parte della funzione pubblica l'autorizzazione ad assumere, ai sensi dell'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, in favore del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, autorizzazione che prevedeva di considerare ai fini dell'assunzione, anche la graduatoria del personale discontinuo, benché la procedura di stabilizzazione del personale Volontario presenta caratteri di specialità in deroga al principio di accesso alle pubbliche amministrazioni tramite pubblica selezione;
   nel 2012 iniziava parallelamente un meccanismo che prevedeva cicliche assunzioni di personale precario, che fossero in grado di ovviare in via temporanea alle carenze di personale all'interno del Corpo dei vigili del fuoco, andando ad utilizzare risorse che non venivano così destinate alle assunzioni di personale Permanente, che avrebbero invece consentito un tempestivo ripristino del numero di vigili del fuoco necessari per le esigenze del Corpo, e allo stesso tempo, andando ad utilizzare il personale qualificato presente all'interno della graduatoria finale pubblicata nell'anno 2010, valutato come immediatamente idoneo a svolgere l'attività di vigile del fuoco e già sottoposto a visite mediche, visite che lo stesso personale si vede costretto a sostenere annualmente, dal momento che queste hanno una validità temporanea –:
   se non intenda adottare tempestivamente le iniziative necessarie allo sblocco del turn over, ripristinando la misura del 100 per cento, a fronte di quella attualmente prevista del 70 per cento, per non aggravare ulteriormente il deficit di personale già elevato all'interno del Corpo dei vigili del fuoco;
   se non ritenga necessario prendere gli adeguati provvedimenti finalizzati a dirimere i conflitti nascenti tra le diverse graduatorie dalle quali attingere per l'assunzione del personale, attraverso una rimodulazione delle percentuali di accesso al Corpo dei vigili del fuoco delle stesse graduatorie, percentuali che attualmente mettono sullo stesso piano ciò che deve essere ordinario e ciò che dovrebbe avere invece carattere di eccezionalità, e quindi, nel pieno rispetto del precetto Costituzionale di cui all'articolo 97;
   se non ritenga opportuno disporre la sostituzione del personale permanente ricorrendo non solamente alla stabilizzazione del personale discontinuo, ma altresì attraverso l'assunzione di personale qualificato ed idoneo a ricoprire tale ruolo;
   se e con quali strumenti intenda stanziare fondi ulteriori per l'assunzione di vigili del fuoco permanenti, attingendo dalla già presente graduatoria finale di merito relativa al concorso per l'assunzione di n. 814 vigili del fuoco permanenti, andando così ad utilizzare personale già qualificato come idoneo a ricoprire tale incarico, e da affiancare al personale discontinuo della graduatoria di stabilizzazione, si necessario ma non sufficiente alle attuali esigenze del Corpo, esigenze acuite dall'imminente arrivo della stagione estiva che troppe volte ha visto impreparato il nostro Paese con danni incalcolabili al suo patrimonio ambientale. (4-00180)

  Risposta. — La stabilizzazione del personale volontario dei vigili del fuoco costituisce una procedura speciale derogatoria alla norma generale che prevede l'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso.
  Tale procedura è stata disciplinata con decreto del Ministro dell'interno del 30 luglio 2007 e ha consentito di immettere personale già qualificato nei ruoli operativi del Corpo e, al contempo, di non disperdere le professionalità acquisite in anni di servizio volontario.
  La relativa graduatoria, riguardante 6.080 candidati, approvata nel 2008, è stata chiusa il 31 dicembre 2010. Sulla base delle risorse disponibili, sono state stabilizzate 1.943 persone.
  Ai fini dell'assunzione di nuovo personale, il Ministero ha bandito, nel corso del 2008, anche un concorso per 814 vigili del fuoco, prevedendo comunque una riserva del 25 per cento dei posti al personale volontario iscritto in appositi elenchi da almeno 3 anni e con almeno 120 giorni di servizio.
  La procedura concorsuale, conclusa nel 2010, ha coinvolto circa 11 mila candidati e la relativa graduatoria ha costituito, negli anni successivi, l'unica fonte per sopperire alle carenze di personale.
  Successivamente, per far fronte alle evidenti conseguenze derivanti dall'esaurimento dell'efficacia delle graduatorie del procedimento di stabilizzazione e del concorso a 814 posti, con il decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, sono stati prorogati i termini di validità delle medesime fino al 31 dicembre 2014.
  L'intervento normativo ha, pertanto, delineato un doppio e parallelo bacino di approvvigionamento da cui attingere le nuove risorse, garantendo pari rilievo ad entrambe le graduatorie.
  Nel silenzio della norma circa le quote da riservare alla procedura di stabilizzazione, l'amministrazione ha ritenuto di attingere personale in misura pari al 50 per cento da ciascuna graduatoria, in modo da assicurare l'uniformità di trattamento rispetto agli interessi coinvolti, in linea anche con pregresse disposizioni normative in materia di assunzioni di personale dei vigili del fuoco.
  In particolare nel 2013, in base alle predette graduatorie, sono state assunte e avviate al 72o corso di formazione 136 unità, già sottoposte a visita medica e alle prove di selezione motoria.
  Riguardo alla possibilità di stanziare ulteriori fondi per l'assunzione di vigili del fuoco permanenti, si precisa che l'articolo 1, comma 90, della legge 228 del 2012, al fine di incrementare le assunzioni da
turn over (nel limite del 50 per cento per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e fino al 70 per cento per l'anno 2015) ha autorizzato una spesa annua complessiva per i comparti sicurezza-difesa e soccorso pubblico di 70 milioni di euro per l'anno 2013 e di 120 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014.
  Al di fuori della predetta autorizzazione di spesa, il bilancio del dipartimento dei vigili del fuoco non consente di reperire risorse aggiuntive, operando le rimodulazioni e riprogrammazioni della spesa previste dallo stesso articolo 1, comma 89, della richiamata legge n. 228 del 2012, da destinare all'aumento delle facoltà assunzionali dell'Amministrazione.
  Si specifica, infatti, che il quadro normativo non permette il finanziamento di assunzioni di personale di ruolo mediante la contestuale riduzione dell'autorizzazione di spesa per i richiami del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in ordine al quale sarebbe necessario uno specifico intervento legislativo.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   D'UVA, SILVIA GIORDANO, MARZANA, MANLIO DI STEFANO, GAGNARLI, LOREFICE, CECCONI, TERZONI e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 giugno 2013, presso i saloni dell'Ergife Palace Hotel di Roma, è stata sostenuta la prova preselettiva per il concorso, per titoli ed esami, a 35 posti di segretario di legazione in prova, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 4° Serie speciale del 12 aprile 2013 e con scadenza 27 maggio 2013;
   la prova da sostenere è stata affidata, in regime di appalto, alla società «Selexi S.r.l.» di Milano grazie al mandato dell'ufficio V concorsi del Ministero degli affari esteri;
   il bando di concorso, così come pubblicato all'interno del sito internet del Ministero, prevedeva per lo svolgimento della prova preselettiva un quiz di 60 domande a risposta multipla, da svolgersi nel termine massimo di 60 minuti e concernente le tre materie oggetto delle successive prove scritte: storia delle relazioni internazionali, diritto internazionale pubblico e dell'Unione europea, politica economica e cooperazione economica, commerciale e finanziaria multilaterale, congiuntamente a domande in lingua inglese e di logica;
   al fine di ottenere l'accesso alle successive prove scritte, veniva richiesto ai candidati al concorso di rispondere in maniera esatta ad almeno due terzi dei quesiti da sostenere nello svolgimento del quiz, riuscendo a totalizzare almeno 40 risposte esatte;
   i risultati della prova, mediante immediata pubblicazione sul sito internet del Ministero, venivano resi noti nella stessa data in cui sono state sostenute le prove preconcorsuali, 11 giugno 2013, ma solamente attraverso la mera indicazione dei nominativi risultati idonei a sostenere le prove scritte successive e senza alcuna indicazione circa i risultati dei quiz;
   in data 17 giugno 2013 è stato possibile per i candidati al concorso ottenere l'accesso ai risultati della prova preconcorsuale i quali, a seguito della presa visione, denunciavano la presenza di un sistema di calcolo effettuato attraverso un procedimento ritenuto del tutto anomalo e con la altrettanto anomala presenza di un «abbuono», così come riportato dallo stesso Ministero, di 6 domande risultate non essere state ricomprese ai fini della valutazione finale;
   dall'attenta analisi dei quesiti abbuonati dal Ministero in sede di concorso, si può rilevare come solo alcuni di questi contengano una formulazione palesemente errata ovvero posta in maniera non pertinente, mentre è possibile altresì rilevare, attraverso una più estesa verifica, come in realtà tali difetti e caratteristiche siano presenti invece in altri e ulteriori quesiti oggetto della prova preselettiva;
   la decisione di abbuonare le domande ritenute palesemente errate ovvero poste in maniera non pertinente solleva numerosi dubbi nel merito, data la presenza di quesiti non affetti da alcun vizio né di forma né di sostanza tra i sei presi in considerazione dal Ministero e dalla commissione esaminatrice, mentre tra le restanti domande figurano quesiti posti in maniera altrettanto ambigua se non addirittura errata, e sui quali nessun provvedimento veniva assunto;
   la previsione di un abbuono, così come disposto dal Ministero, dalla commissione esaminatrice e dalla società Selexi S.r.l., ha conseguentemente permesso ad alcuni dei candidati il raggiungimento della soglia minima prevista dal bando di concorso, e tale risultato veniva raggiunto anche grazie alla contestuale quanto arbitraria decisione di lasciare immutata la valutazione delle restanti domande affette da vizi di forma e di sostanza e per le quali si decideva di non assumere alcun provvedimento;
   l'accesso del personale diplomatico al Ministero degli affari esteri necessita di una valutazione, in sede di pubblico concorso, attenta quanto esente da arbitrio, attraverso selezioni chiare e trasparenti che garantiscano l'accesso ai previsti dal bando di concorso a candidati meritevoli;
   tale circostanza e tali criteri non sembrano riguardare il concorso in esame, dal momento che io stesso risulta affetto da vizi che ne hanno messo in dubbio la legittimità, data la presenza di numerosi candidati risultanti idonei solo a seguito di un abbuono disposto dallo stesso Ministero sia per quesiti che risultano palesemente errati ovvero posti in maniera non pertinente, sia per quesiti dai quali non emerge alcun tipo di vizio, mentre nulla veniva deciso circa la presenza di ulteriori quesiti all'interno della prova altrettanto notevoli di essere abbuonati stando ai criteri utilizzati per i 6 quesiti effettivamente non considerati ai fini della valutazione finale –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sin qui esposti;
   se il Ministro intenda chiarire le motivazioni che hanno comportato un ritardo nella pubblicazione dei risultati dei candidati e non della mera lista dei soggetti idonei, benché in presenza di procedura completamente automatizzata;
   se il Ministro sia a conoscenza delle ragioni che hanno comportato la scelta della procedura dell’«abbuono» e dei motivi per cui non si sia disposto di eliminare i soli quesiti ritenuti errati o non correttamente esposti, non contestuale dimensionamento della soglia numerica prevista per l'ammissione alle prove successive;
   se il Ministro sia a conoscenza delle ragioni che hanno comportato la decisione di abbuonare domande non affette da alcun evidente vizio di forma e di sostanza, mentre altrettanto non veniva disposto per quesiti che presentavano caratteri di invalidità ben più rilevanti quanto evidenti;
   quali siano, se presenti, le responsabilità dell'impresa appaltatrice, «Selexi S.r.l.» di Milano e quali iniziative risarcitorie e intenda eventualmente intraprendere;
   se intenda adoperarsi per ripristinare lo stato di legalità, nel pieno rispetto del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, provvedendo urgentemente affinché la prova preselettiva venga nuovamente disposta dal Ministero e provvedendo altresì al contestuale annullamento di quella tenutasi in data 11 giugno 2013 e affidandone a diversa ditta appaltatrice la sua predisposizione e il corretto svolgimento. (4-01245)

  Risposta. — Circa lo svolgimento della prova attitudinale del concorso per titoli ed esami a 35 posti di segretario di legazione in prova per l'accesso alla carriera diplomatica per l'anno 2013 si forniscono i seguenti elementi informativi:
   
1. L'11 giugno 2013 si è svolta la prova attitudinale del concorso per l'accesso alla carriera diplomatica per l'anno 2013. La nuova prova attitudinale, istituita con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 17 del 28 gennaio 2013, e volta ad accertare la capacità del candidato a svolgere l'attività diplomatica, in particolare verificando la preparazione nelle materie oggetto di concorso, inclusa la lingua inglese e le capacità di logicità del ragionamento. La prova attitudinale non concorre alla formazione del voto finale di merito.
  Tale prova consiste in un questionario composto da 60 quesiti a risposta multipla, a cui il candidato è tenuto a rispondere in 60 minuti. I quesiti sono incentrati sulle materie oggetto di concorso: storia delle relazioni internazionali, diritto internazionale pubblico e dell'Unione europea, politica economica e cooperazione economica, commerciale e finanziaria multilaterale, attualità internazionale in lingua inglese e
test psicoattitudinali.
  Per essere ammessi alle successive prove scritte d'esame, il candidato è chiamato a rispondere correttamente ad almeno due terzi delle domande del questionario a risposta multipla della prova attitudinale (quindi, 40 su 60).
  Dopo una ricerca di mercato, l'amministrazione ha affidato alla ditta Selexi Srl l'incarico di elaborare i questionari. Lo stesso 11 giugno sono state effettuate le correzioni anonime automatizzate da parte della ditta Selexi, ed è stata resa nota sul sito
web del Ministero degli affari esteri la lista dei 233 candidati ammessi alle prove scritte. Nei successivi 3 giorni lavorativi (e in particolare tra la mattinata di mercoledì 12 giugno e le ore 12,00 di lunedì 17 giugno) è stato possibile per i candidati accedere via web al proprio test attitudinale.
   
2. In tempi strettissimi l'amministrazione e l'azienda Selexi Srl hanno caricato sul web ben 1308 schede di risposta e le relative domande, nonché circostanziati elementi esplicativi dei risultati stessi.
  Vale la pena sottolineare che, qualora non fosse esistita l'automatizzazione in questa prima fase concorsuale (esercizio voluto fortemente dall'amministrazione negli ultimi anni, in linea con i principi di trasparenza, efficienza dell'azione amministrativa e dematerializzazione cartacea), i tempi per visionare la propria scheda sarebbero stati molto più lunghi. Ai sensi di legge, infatti, possono intercorrere sino a 30 giorni tra l'eventuale richiesta del candidato e l'accesso al materiale d'esame.
   
3. L'esercizio dell’«abbuono» consiste nella cosiddetta «sterilizzazione» di uno o più quesiti a risposta multipla che contengano elementi di non univocità e/o ambiguità. Tale esercizio è attività ricorrente nella prassi concorsuale e si verifica (in genere successivamente alla realizzazione dei quesiti, a prova conclusa e nella fase di correzione anonima e automatizzata dei test) in virtù del sorgere di elementi inaspettati (come ad esempio la rilevazione da parte della ditta di «anomalie statistiche» su quesiti ritenuti inizialmente chiari) che rendano doveroso un nuovo controllo sugli stessi quiz.
  Proprio per evitare l'alterazione della soglia di sbarramento dei 2/3 di risposte esatte prevista nella prova attitudinale in oggetto, e quindi per assicurare equanimità di trattamento a tutti i candidati, l'abbuono ha permesso l'attribuzione di un punto per ogni quesito abbuonato a tutti i candidati. Quindi, è come se tutti avessero risposto esattamente ai sei quesiti. In questo modo è stata assicurata equanimità di trattamento ai partecipanti e il mantenimento dei dettami di legge e del bando di concorso.
  Peraltro, lungi dall'aver adottato misure arbitrarie per la correzione dei
test, l'amministrazione, sulla base di valutazioni tecnico-discrezionali, ha agito in linea con superiori principi di buon funzionamento ed imparzialità del procedimento. E difatti, il suddetto abbuono è stato applicato prima dell'abbinamento tra schede risposte e schede anagrafiche, nel pieno rispetto dei principi di anonimato, equità e trasparenza.
  Altra cosa (e con ben altri effetti) sarebbe stato l'esercizio di «annullamento» dei
quiz non univoci e/o ambigui (ossia, l'eliminazione delle domande errate). Quello sarebbe stato certamente un atto illogico, arbitrario e irragionevole. Rendendo nulle alcune domande, tale opzione avrebbe alterato la soglia numerica di ammissione per passare alle prove successive, creando ingiusta ed ingiustificata disparità di trattamento tra i candidati.
   
4. Giova ricordare che il regolamento del concorso diplomatico (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 17 del 2013) prevede che per l'espletamento della prova attitudinale, l'amministrazione possa avvalersi anche di procedure automatizzate gestite da enti o società specializzate in selezione del personale. È prassi concorsuale che, per assicurare piena trasparenza e anonimato della prova, la produzione e l'attuazione dei test a risposta multipla siano affidate a ditta specializzata sul mercato. Ciò peraltro avviene da molti anni al Ministero e in altre amministrazioni pubbliche.
  La possibilità di incorrere in errori nella produzione dei quesiti a risposta multipla esiste, e ciò pur in presenza di ripetuti e doverosi controlli di qualità effettuati dalla ditta, in linea con precisi protocolli operativi interni alla stessa. Nel caso in parola, la procedura ha seguito un
iter logico e trasparente, ivi compresa la proposta di correttivi adottati per la sterilizzazione delle domande considerate non univoche e/o ambigue.
   
5. Stante quanto sopra, atteso che l'esercizio dell'abbuono dei sei quesiti considerati validi per tutti i candidati assicura il mantenimento assoluto dell'equo trattamento a beneficio di tutti i partecipanti alla prova, la non alterazione della soglia di sbarramento prevista dal bando di concorso, la salvaguardia della procedura e dei relativi atti amministrativi, un eventuale annullamento dell'esercizio concorsuale sarebbe senza dubbio un atto illegittimo, arbitrario, viziato da eccesso di potere e, infine, non giustificabile.
   
6. Per completezza di informazione si segnala che, rispetto al concorso diplomatico del 2012, il numero dei ricorsi presentati nel 2013 avverso l'esito della prova attitudinale è stato di gran lunga inferiore (meno della metà). Tale circostanza conforta ulteriormente l'amministrazione, sul rispetto della trasparenza e dell'adeguatezza dell'intero esercizio.
Il Viceministro degli affari esteriMarta Dassù.


   DADONE, COZZOLINO, DIENI, FRACCARO, LOMBARDI, NUTI e TONINELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le guide spirituali di religioni non cattolica, presenti sul territorio dello Stato italiano, per ottenere il riconoscimento di «Ministri di culto acattolico» da parte dello Stato stesso devono farne opportuna richiesta;
   le richieste di cui sopra, effettuate nell'ultimo anno da parte dei Pastori di Chiese Evangeliche sono state di fatto rigettate in massa limitando la libertà di professare ed esercitare la propria fede religiosa come garantito da Costituzione;
   la mancanza di riconoscimento formale del ruolo di «ministro di culto acattolico», oltre a tutti gli altri inconvenienti può anche essere adoperata dalle amministrazioni pubbliche per impedire ad un pastore o ad un responsabile religioso in generale di aprire un locale di culto o di continuare a tenerlo aperto, con la conseguenza di impedire effettivamente alle persone di fede non cattolica di riunirsi a pregare e celebrare il culto nella loro libertà di fede;
   gli interroganti sono venuti a conoscenza del fatto che nel gennaio del 2012 il Consiglio di Stato emetteva un parere in materia (su richiesta del precedente Ministro dell'interno, Maroni) in particolar modo relativamente alla questione del numero minimo di membri di chiesa sufficiente al fine di concedere da parte dello Stato alla «guida religiosa» di un culto non-cattolico il riconoscimento ministeriale (introdotto dalle leggi fasciste del 1929/1930) di «ministro di culto»;
   il Consiglio di Stato in detto parere indicava la cifra di 500 persone quale soglia minima necessaria per concedere il riconoscimento ministeriale di «ministro di culto» alle guide religiose non cattoliche, motivando l'individuazione della citata soglia sulla base del fatto che non esistano chiese di culto cattolico con numero inferiore ai 500 fedeli;
   i 500 membri di cui sopra non vengono calcolati tenendo conto soltanto di coloro che effettivamente frequentino il luogo di culto, bensì calcolando territorialmente i battezzati presso una specifica chiesa, basandosi sugli elenchi comunali di pura residenza anagrafica nel territorio della parrocchia;
   le comunità religiose non-cattoliche, invece, non essendo mai (ad esclusione, in Italia, soltanto delle Valli Valdesi) comunità (di fatto) «territoriali» ma sempre e soltanto comunità «libere» (cioè Comunità «volontarie» di fede), a differenza delle parrocchie cattoliche non inglobano mai più di quanti vi si riconoscano effettivamente ed attivamente;
   il parere del Consiglio di Stato, una volta formulato avrebbe dovuto essere accettato o rifiutato dal Ministro competente entro 90 giorni dalla sua emissione ma il Ministro dell'interno Cancellieri di fatto non ha provveduto né in un senso né nell'altro;
   fino ad ora questo non era quasi mai successo (quantomeno negli ultimi 30/40 anni) perché l'amministrazione pubblica si è quasi sempre resa conto, lei stessa per prima, della mancanza di legittimità costituzionale delle normative fasciste che prevedono tali limitazioni ad avviso degli interroganti incostituzionali al diritto delle persone di riunirsi liberamente anche per fini religiosi, e ha dunque il più delle volte lei stessa per prima disapplicato dette normative;
   il personale ministeriale, decorsi i tre mesi di cui sopra, ha ritenuto in via del tutto discrezionale di doversi attenere al parere del Consiglio di Stato;
   il personale ministeriale ha rifiutato a partire dallo scorso aprile tutte le richieste di riconoscimento del ruolo di «ministro di culto» e rigettato in massa tutte le richieste inoltrate;
   nonostante moltissime unioni ecclesiali lo richiedano ormai da decenni, prendendo l'esempio della città come Cuneo, su 14 comunità evangeliche presenti con sala di culto aperta al pubblico nel territorio comunale, soltanto 2 sono membri di unioni ecclesiali che hanno avuto il privilegio di vedersi concedere dallo Stato un'intesa;
   la mancanza di riconoscimento formale del ruolo di «ministro di culto acattolico» rende molto difficile ai rappresentanti di comunità religiose non cattoliche di accedere a quelle convenzioni con le amministrazioni e istituzioni pubbliche locali necessarie ad esempio per poter visitare gli ammalati negli ospedali e effettuare cura pastorale dei propri membri di chiesa nelle carceri, nelle caserme ed in luoghi analoghi;
   detta mancanza, oltre a tutti gli altri inconvenienti, può anche essere adoperata dalle amministrazioni pubbliche per impedire ad un pastore o ad un responsabile religioso in generale di aprire un locale di culto o di continuare a tenerlo aperto, con la conseguenza di impedire effettivamente alle persone di fede non cattolica di riunirsi a pregare e celebrare il culto nella loro libertà di fede, tutte le volte che si tratti di una comunità locale inferiore alle 500 persone;
   in una parrocchia cattolica frequentano con regolarità l'espletamento della funzione religiosa dalle 20 alle 70 persone circa (molto raramente più di 150 persone), e questo sia per quanto riguarda il Protestantesimo, come anche, grosso modo, per le altre comunità religiose;
   molte persone non hanno mai chiesto la loro cancellazione dall'elenco dei battezzati presso la parrocchia cattolica in cui vennero battezzati da bambini a partire da 30, 40 o 50 anni fa, una cancellazione che di fatto non chiede mai nessuno, e quand'anche venisse richiesta, viene spesso negata o ottenuta intraprendendo le vie legali –:
   se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, quali siano i criteri adottati per stabilire in 500 unità la soglia di fedeli necessaria al fine di concedere da parte dello Stato alla «guida religiosa» di un culto non-cattolico il riconoscimento ministeriale di «ministro di culto» e se non ritenga inidonea la scelta di utilizzare il battesimo quale parametro in luogo della frequenza effettiva dei luoghi di culto cattolico, considerato che il battesimo è rito tipicamente cattolico e non può essere assunto quale parametro universale per tutte le confessioni o le associazioni religiose. (4-00209)

  Risposta. — La questione sollevata con l'interrogazione in esame sulla presunta violazione della libertà di religione e di culto attuata nei confronti delle chiese evangeliche, va contestualizzata nel quadro delineato dal vigente assetto normativo.
  La nomina dei ministri di culto viene fatta in assoluta libertà e autonomia delle singole chiese, o dalle confessioni religiose, sulla base dei propri ordinamenti interni. Il ministro di culto, così nominato, può esercitare tutte le attività inerenti il pieno esercizio della libertà di religione e di culto, come previsto dall'articolo 19 della Costituzione.
  Solo per taluni atti del ministro di culto, affinché possano produrre effetti giuridici validi per l'ordinamento statale, la chiesa o la confessione a cui il ministro appartiene può richiedere l'approvazione governativa della nomina.
  Tale ipotesi trova la propria regolamentazione nella legge 24 giugno 1929, n. 1159, recante «disposizioni sull'esercizio dei culti ammessi nello Stato e sul matrimonio davanti ai ministri di culto medesimi».
  Pertanto, il potere di nomina del ministro di culto spetta alla chiesa di appartenenza che vi provvede in attuazione delle norme statutarie.
  Diversa invece la natura dell'approvazione governativa della nomina – di competenza statale – finalizzata soltanto a consentire che particolari atti come la celebrazione del matrimonio producano effetti giuridici.
  L'assenza dell'approvazione governativa della nomina a ministro di culto, così come il diniego della stessa, non configura una limitazione della funzione.
  Negli ultimi anni va ricordato che con l'espansione dei nuovi culti, ancorata ad un forte aumento migratorio, si è registrata una frequente presentazione di domande di approvazione di nomine di ministri culto appartenenti alle più diversificate associazioni religiose formate, in alcuni casi, anche da uno sparuto numero di aderenti. Tale circostanza ha indotto questa amministrazione a riflettere sul concetto giurisprudenziale di «comunità di fedeli qualitativamente e quantitativamente consistente».
  A tal riguardo l'amministrazione ha ritenuto di ancorare le proprie decisioni a quanto espresso dal Consiglio di Stato sul riscontro concreto del concetto di «consistenza numerica di fedeli».
  In particolare si è recepito il parere n. 1834 del 2011 con il quale è stato definito che la soglia minima di fedeli necessaria per l'approvazione governativa vada individuata nel collegamento quantitativo del ministro di culto ad «un gruppo sociale nel quale gli eventi legati ad atti di culto produttivi di effetti giuridici per il nostro ordinamento abbiano una frequenza apprezzabile su base annuale».
  Il Supremo Consesso ha ritenuto, inoltre, che il criterio di nomina dei ministri di culto, per garantire la giusta attuazione del principio costituzionale, vada coniugato con la distribuzione sul territorio dei gruppi di fedeli della stessa confessione religiosa.
  A tal fine, ha indicato la soglia di cinquecento persone per un ambito territoriale ristretto e di cinquemila unità per l'intero territorio nazionale.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoDomenico Manzione.


   DEL BASSO DE CARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   per far fronte alle richieste di riduzione della spesa degli Enti pubblici di previdenza e assistenza sociale da conseguirsi a partire dal 2013, l'INPS ha deciso la sospensione delle visite mediche di controllo domiciliari ai lavoratori in malattia disposte d'ufficio, lasciando operative solo quelle richieste dai datori di lavoro;
   tale decisione non potrà che determinare, nel breve periodo, un consistente aumento dell'attuale spesa per l'indennità di malattia, considerando che l'eventuale crescita, anche di uno/due decimali di punto della percentuale di assenteismo, comporterà un aumento della spesa di gran lunga superiore a quanto l'Istituto abbia speso nel 2012 per le visite mediche di controllo domiciliari di ufficio;
   con tale provvedimento di sospensione l'INPS rinuncia a svolgere il proprio ruolo sociale, procura un sicuro danno erariale allo Stato ed al tempo stesso preannuncia la fine della collaborazione professionale di circa 1.000 medici, con un'età media intorno ai cinquant'anni e che svolge questa attività in modo prevalente;
   tali professionisti che assicurano il servizio su tutto il territorio nazionale da oltre vent'anni, con elevata professionalità, a causa della struttura stessa del rapporto libero-professionale di collaborazione fiduciaria intrattenuto con l'INPS, avrebbero enormi difficoltà di reinserimento nel mondo del lavoro senza neanche beneficiare tra l'altro degli ammortizzatori sociali previsti per le altre categorie di lavoratori;
   le organizzazioni sindacali di categoria, in più occasioni, nelle sedi competenti, hanno proposto forme alternative di rapporto di lavoro dei medici di controllo INPS in grado di rendere il servizio ancora più efficiente ottimizzandone e razionalizzandone i costi;
   l'entrata a regime della modalità telematica di ricezione, compilazione e trasmissione delle visite mediche di controllo domiciliari supportata da sistemi informatici esperti (data mining), rende oggi possibile la creazione di un polo unico della medicina di controllo avendo l'INPS sicuramente i mezzi per gestire il controllo dello stato di salute dei lavoratori in malattia sia del comparto privato che di quello pubblico realizzando un ulteriore ottimizzazione dell'intero processo e diminuendone i costi –:
   quali iniziative intenda intraprendere per contemperare le esigenze di risparmio, le funzioni dell'ente e la tutela dei medici incaricati, confrontandosi con le organizzazioni di categoria e valutando soluzioni alternative a quelle individuate dall'INPS.
(4-00381)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, inerente la sospensione, disposta dall'Inps, delle visite fiscali d'ufficio per le assenze per malattia dei lavoratori del settore privato e le conseguenze di tale determinazione sull'attività lavorativa dei medici che finora hanno svolto la funzione di accertamento per conto dell'istituto, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente è opportuno ricordare che la temporanea sospensione, disposta dall'Inps, delle visite fiscali di ufficio ha trovato la propria giustificazione nelle recenti disposizioni normative che hanno imposto importanti tagli alle spese di funzionamento degli enti pubblici di assistenza e previdenza.
  In particolare, l'articolo 1, comma 108, della legge n. 228 del 2012 ha imposto all'Inps tagli alle proprie spese di funzionamento tali da conseguire, a decorrere dal 2013, risparmi aggiuntivi complessivamente non inferiori a 300 milioni di euro annui.
  Pertanto, al fine di raggiungere tale obiettivo, l'istituto ha predisposto una serie di misure di razionalizzazione delle spese, tra cui la temporanea sospensione delle visite mediche disposte d'ufficio, anche a seguito del miglioramento dell'efficienza dell'azione amministrativa attraverso la razionalizzazione e l'integrazione del flusso inerente la prestazione previdenziale di malattia con una più attenta selezione dei casi da monitorare.
  Tale miglioramento è stato conseguito anche grazie all'utilizzo di innovativi strumenti tecnologici di cui l'Inps si è potuto dotare negli ultimi tempi, quali:
   un sistema di
Data Mining, attraverso il quale la scelta dei soggetti da sottoporre a visita di controllo viene guidata da un «sistema informatico esperto» che garantisce oggettività, conservazione e riproducibilità delle azioni effettuate. Infatti, attraverso la costante elaborazione di tutti i certificati acquisiti e storicizzati, presenti nei data base centrali, l'istituto è ora in grado di individuare tutti quelli in costanza di prognosi. In tal senso il modello di analisi delle certificazioni di malattia è basato su una particolare tecnica statistica di analisi che permette di segnalare i certificati più «a rischio» in termini di adeguatezza della prognosi, sulla base di un indicatore di probabilità;
   il ricorso alle cosiddette valigette informatiche di cui sono dotati i medici di controllo, per la redazione, presso il domicilio del lavoratore, del cosiddetto verbale informatico che viene trasmesso in tempo reale ai sistemi informatici dell'istituto. In tal modo, l'esito della visita risulta immediatamente disponibile per le attività di competenza dell'Inps e reso contestualmente accessibile;
   una nuova procedura (Savio), ancora in fase di rilascio, per l'ottimizzazione dell'assegnazione delle visite ai medici di lista.

  Tanto premesso, occorre precisare che la questione segnalata nell'atto parlamentare in esame, ha ottenuto una soluzione positiva in quanto con messaggio del 19 giugno 2013, l'istituto ha comunicato la conclusione della fase di temporanea sospensione delle procedure relative alle predette visite mediche, fornendo alle proprie sedi territoriali specifiche indicazioni in tal senso.
  Pertanto, a decorrere dal 20 giugno 2013, la procedura per l'assegnazione ai medici iscritti nelle liste dell'Inps delle visite mediche di controllo disposte d'ufficio è nuovamente operativa.

Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   FEDRIGA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Faro della Vittoria, fra le attrazioni turistiche più importanti della città di Trieste, risulta attualmente chiuso al pubblico;
   un avviso posto all'esterno dell'ingresso principale della struttura chiarisce che: «Le visite al Faro sono temporaneamente sospese in attesa del rinnovo della convenzione tra la Marina Militare e la Provincia di Trieste»;
   tale convenzione risale al 1986 ed è stata periodicamente rinnovata fino al 31 dicembre 2012, data a partire dalla quale il Faro è stato chiuso;
   l'assessore al demanio della provincia di Trieste, Mariella De Francesco, ha affermato di attendere l'avvio di un confronto con i rappresentanti del Ministero della difesa e di ritenere opportuno il coinvolgimento nella gestione del Faro della Vittoria di altre amministrazioni e competenze, per incrementare l'offerta di servizi ed iniziative collegate alla fruizione del sito;
   ciò nonostante, nessuna autorità si è fatta avanti per avviare una discussione sui tempi e le modalità della riapertura del Faro della Vittoria;
   le persone che visitano il Faro, monumento nazionale, sono mediamente seimila all'anno;
   esiste il serio pericolo che la struttura rimanga chiusa al pubblico per tutta la stagione estiva –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per sbloccare la situazione e far riaprire al più presto al pubblico il Faro della Vittoria di Trieste. (4-00767)

  Risposta. — In merito alle iniziative da «assumere per sbloccare la situazione e far riaprire al più presto al pubblico il Faro della Vittoria di Trieste», mi preme sottolineare che nell'autunno 2012 sono iniziate le riunioni preliminari, indette dalla provincia di Trieste, per il rinnovo della convenzione citata nell'interrogazione in esame, cui ha partecipato quale rappresentante del dicastero il comandante della zona Fari di Venezia, su delega del dipartimento militare marittimo di Ancona.
  Nel corso dei predetti incontri è emersa la difficoltà, da parte della provincia, a reperire i fondi necessari per assicurare l'attuazione di alcuni articoli della citata convenzione riguardanti la sorveglianza, l'area di apertura delle visite, la pulizia e la manutenzione ordinaria, i servizi igienici, l'impianto di elevazione eccetera.
  Nell'ultima riunione, tenutasi il 19 giugno 2013, tra la provincia di Trieste ed il rappresentante del Ministero della difesa, si è concordato di procedere al perfezionamento della stesura dell'articolato della convenzione, sulla base delle risorse finanziarie rese concretamente disponibili da parte della provincia.
  In tale occasione è, altresì, emersa la volontà del provveditorato interregionale per le opere pubbliche per il Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, di procedere alla effettuazione di alcuni lavori di manutenzione straordinaria di competenza della stessa amministrazione, per la messa a norma dell'impianto elettrico delle aree esterne al faro, del cancello carraio, dell'ascensore, nonché per un intervento generale sulle componenti strutturali della torre-faro e sugli elementi ornamentali della lanterna e dell'angelo.

Il Ministro della difesaMario Mauro.


   GALATI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 giugno 2013 dalle ore 9.00 si è svolta a Roma la prova attitudinale del concorso per titoli ed esami a 35 posti di segretario di legazione in prova, come da bando pubblicato in Gazzetta Ufficiale, 4° serie speciale «Concorsi ed Esami» n. 29 del 12 aprile 2013;
   in esito a ricerca di mercato posta in essere dalla direzione generale per le risorse e l'innovazione, ufficio V, del Ministero degli affari esteri l'espletamento della prova attitudinale per il concorso diplomatico 2013 è stato affidato alla società Selexi srl, con sede legale a Milano;
   si riscontrano numerose irregolarità nella gestione della procedura selettiva;
   in primo luogo, si segnala che, sebbene nella stessa giornata dell'11 giugno 2013 sia stata pubblicata sul sito web del Ministro degli affari esteri – sezione «concorsi», la lista degli ammessi alle prove scritte, tuttavia tale elenco a quanto consta all'interrogante risulta privo delle informazioni relative al punteggio ottenuto dai candidati in elenco;
   l'omissione o mancata divulgazione di tale informazione produce di fatto l'impossibilità per i concorrenti di conoscere il punteggio degli ammessi ed il loro effettivo collocamento in graduatoria, in contrasto con i principi di pubblicità e trasparenza dell'azione amministrativa che informano le procedure di evidenza pubblica ai sensi della legge n. 241 del 1990;
   ulteriori anomalie si riscontrano con riferimento alle modalità di computo del punteggio conseguito da ciascun candidato;
   in proposito si segnala innanzitutto che l'accesso agli atti on-line, secondo la usuale procedura informatizzata che consente ai concorrenti registrati di prendere visione – procedura attivata successivamente allo svolgimento della prova in tempi generalmente rapidi – dei propri dati personali (questionario del candidato, scheda risposte, scheda anagrafica del candidato), è stato reso possibile, per quanto risulta all'interrogante, soltanto a partire dal 17 giugno;
   inoltre, in calce alla scheda risposte pubblicata nella medesima sezione «accesso agli atti on-line», è segnalato che la Commissione ha proceduto ad abbuonare per tutti i concorrenti le domande contrassegnate dal simbolo *, per un totale di n. 6 domande, essendo i quesiti ritenuti, nella loro formulazione, «non univoci» o «contenenti elementi di possibile ambiguità»;
   con tale dichiarazione, resa per iscritto, l'amministrazione, pur ammettendo l'erroneità dei quesiti, anziché procedere all'annullamento della prova, si limita semplicemente a convalidare come esatte le risposte relative ai quesiti inesatti, a giudizio dell'interrogante falsando di fatto l'intero meccanismo di computo del punteggio e producendo gravi iniquità tra i concorrenti;
   si segnala che hanno partecipato al concorso migliaia di candidati e, dunque, un incremento o decremento anche solo unitario nel computo del punteggio dei candidati è idoneo a produrre significative variazioni nella formulazione della graduatoria;
   l'operazione effettuata costituisce una modalità di intervento modificativo di atti della pubblica amministrazione secondo l'interrogante del tutto inadeguata, oltre che obiettivamente inammissibile ed incompatibile con i principi di buon andamento, correttezza, chiarezza e coerenza che devono informare l'azione amministrativa, in special modo nella misura in cui la stessa è rivolta allo svolgimento di procedure concorsuali dirette al reclutamento del personale diplomatico italiano;
   l'intervento appare all'interrogante inoltre idoneo, oltre che ad inficiare la validità dell'intera procedura selettiva (a tal proposito si segnala che sono già numerosi i ricorsi presentati presso il TAR Lazio) con conseguente dispendio consistente di risorse finanziarie, anche a ledere la credibilità e l'immagine del Ministero degli affari esteri, non soltanto nei confronti degli interessati, e dunque dei candidati, che sono comunque la parte che risulta direttamente lesa da tali modalità operative, ma anche nei confronti dei cittadini italiani che da tali modalità di valutazione, contrassegnate da un atteggiamento di sufficienza e scarsa attenzione, traggono maggiori elementi ad integrazione del già diffuso sentimento di perdita di fiducia nei confronti delle istituzioni –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta e delle anomalie riscontrate in una fase di estrema rilevanza quale quella della selezione e del reclutamento del personale diplomatico;
   attraverso quali modalità il Ministro intenda provvedere o abbia già provveduto a porre in essere le iniziative necessarie ed idonee a ristabilire una situazione di normalità, al fine di ripristinare e garantire la correttezza della procedura concorsuale in esame. (4-01157)

  Risposta. — Circa lo svolgimento della prova attitudinale del concorso per titoli ed esami a 35 posti di segretario di legazione in prova per accesso alla carriera diplomatica per anno 2013 si forniscono i seguenti elementi informativi:
   1) L'11 giugno si è svolta la prova attitudinale del concorso per l'accesso alla carriera diplomatica per anno 2013. La nuova prova attitudinale, istituita con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 17 del 28 gennaio 2013, è volta ad accertare la capacità del candidato a svolgere l'attività diplomatica, in particolare verificando la preparazione nelle materie oggetto di concorso, inclusa la lingua inglese e le capacità di logicità del ragionamento. La prova attitudinale non concorre alla formazione del voto finale di merito.
  Tale prova consiste in un questionario composto da 60 quesiti a risposta multipla, a cui il candidato è tenuto a rispondere in 60 minuti. I quesiti sono incentrati sulle materie oggetto di concorso: storia delle relazioni internazionali, diritto internazionale pubblico e dell'Unione europea, politica economica e cooperazione economica, commerciale e finanziaria multilaterale, attualità internazionale in lingua inglese e
test psicoattitudinali.
  Per essere ammessi alle successive prove scritte d'esame, il candidato è chiamato a rispondere correttamente ad almeno due terzi delle domande del questionario a risposta multipla della prova attitudinale (quindi, 40 su 60).
  Dopo una ricerca di mercato, l'amministrazione ha affidato alla ditta Selexi Srl l'incarico di elaborare questionari. Lo stesso 11 giugno sono state effettuate le correzioni anonime automatizzate da parte della ditta Selexi, ed è stata resa nota sul sito
web del Ministero degli affari esteri la lista dei 233 candidati ammessi alle prove scritte. Nei successivi 3 giorni lavorativi (e in particolare tra la mattinata di mercoledì 12 giugno e le ore 12 di lunedì 17 giugno) è stato possibile per i candidati accedere via web al proprio test attitudinale.
   2) In tempi strettissimi l'amministrazione e l'azienda Selexi Srl hanno caricato sul
web ben 1308 schede di risposta e le relative domande, nonché circostanziati elementi esplicativi dei risultati stessi.
  Vale la pena sottolineare che, qualora non fosse esistita l'automatizzazione in questa prima fase concorsuale (esercizio voluto fortemente dall'amministrazione negli ultimi anni, in linea con i principi di trasparenza, efficienza dell'azione amministrativa e dematerializzazione cartacea), i tempi per visionare la propria scheda sarebbero stati molto più lunghi. Ai sensi di legge, infatti, possono intercorrere sino a 30 giorni tra l'eventuale richiesta del candidato e l'accesso al materiale d'esame.
   3) L'esercizio dell’«abbuono» consiste nella cosiddetta «sterilizzazione» di uno o più quesiti a risposta multipla che contengano elementi di non univocità e/o ambiguità. Tale esercizio è attività ricorrente nella prassi concorsuale e si verifica (in genere successivamente alla realizzazione dei quesiti, a prova conclusa e nella fase di correzione anonima e automatizzata dei
test) in virtù del sorgere di elementi inaspettati (come ad esempio la rilevazione da parte della ditta di cosiddette «anomalie statistiche» su quesiti ritenuti inizialmente chiari) che rendano doveroso un nuovo controllo sugli stessi quiz.
  Proprio per evitare l'alterazione della soglia di sbarramento dei 2/3 di risposte esatte prevista nella prova attitudinale in oggetto, e quindi per assicurare equanimità di trattamento a tutti i candidati, l'abbuono ha permesso l'attribuzione di un punto per ogni quesito abbuonato a tutti i candidati. Quindi, è come se tutti avessero risposto esattamente ai sei quesiti. In questo modo è stata assicurata equanimità di trattamento ai partecipanti e il mantenimento dei dettami di legge e del bando di concorso.
  Peraltro, lungi dall'aver adottato misure arbitrarie per la correzione dei
test, l'amministrazione, sulla base di valutazioni tecnico-discrezionali, ha agito in linea con superiori principi di buon funzionamento ed imparzialità del procedimento. E difatti, il suddetto abbuono è stato applicato prima dell'abbinamento tra schede risposte e schede anagrafiche, nel pieno rispetto dei principi di anonimato, equità e trasparenza.
  Altra cosa (e con ben altri effetti) sarebbe stato l'esercizio di «annullamento» dei quiz non univoci e/o ambigui (ossia, l'eliminazione delle domande errate). Quello sarebbe stato certamente un atto illogico, arbitrario e irragionevole. Rendendo nulle alcune domande, tale opzione avrebbe alterato la soglia numerica di ammissione per passare alle prove successive, creando ingiusta ed ingiustificata disparità di trattamento tra i candidati.
   4) Giova ricordare che il regolamento del concorso diplomatico (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 17 del 2013) prevede che per l'espletamento della prova attitudinale, l'amministrazione possa avvalersi anche di procedure automatizzate gestite da enti o società specializzate in selezione del personale. È prassi concorsuale che, per assicurare piena trasparenza e anonimato della prova, la produzione e l'attuazione dei
test a risposta multipla siano affidate a ditta specializzata sul mercato. Ciò peraltro avviene da molti anni al Ministero e in altre amministrazioni pubbliche.
  La possibilità di incorrere in errori nella produzione dei quesiti a risposta multipla esiste, e ciò pur in presenza di ripetuti e doverosi controlli di qualità effettuati dalla ditta, in linea con precisi protocolli operativi interni alla stessa. Nel caso in parola, la procedura ha seguito un
iter logico e trasparente, ivi compresa a proposta di correttivi adottati per la sterilizzazione delle domande considerate non univoche e/o ambigue.
   5) Stante quanto sopra, atteso che l'esercizio dell'abbuono dei sei quesiti considerati validi per tutti i candidati assicura il mantenimento assoluto dell'equo trattamento a beneficio di tutti i partecipanti alla prova, la non alterazione della soglia di sbarramento prevista dal bando di concorso, la salvaguardia della procedura e dei relativi atti amministrativi, un eventuale annullamento dell'esercizio concorsuale sarebbe senza dubbio un atto illegittimo, arbitrario, viziato da eccesso di potere e, infine, non giustificabile.
   6) Per completezza di informazione si segnala che, rispetto al concorso diplomatico del 2012, il numero dei ricorsi presentati nel 2013 avverso l'esito della prova attitudinale è stato di gran lunga inferiore (meno della metà). Tale circostanza conforta ulteriormente l'amministrazione, sul rispetto della trasparenza e dell'adeguatezza dell'intero esercizio.

Il Viceministro degli affari esteriMarta Dassù.


   GRIBAUDO, VILLECCO CALIPARI, ROSSOMANDO, GHIZZONI, MARIANI, D'OTTAVIO, FABBRI, ERMINI, BRAGA, GIUSEPPE GUERINI, RUBINATO, ROTTA, PARIS, GNECCHI, GREGORI, BOSCHI, BONOMO, BONAFÈ, MARCO DI MAIO, GINEFRA, DECARO, CULOTTA, GIUDITTA PINI, COMINELLI, CIVATI, ZAMPA, GADDA, MANFREDI, PASTORINO, MORETTO, TENTORI e DE MARIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la procura generale di Stoccarda ha respinto in data 21 maggio 2013 il ricorso contro l'archiviazione dell'inchiesta per la strage di Sant'Anna di Stazzema nella quale morirono 560 civili il 12 agosto 1943 (presentato dall'avvocato Gabriele Heinecke per conto del presidente dell'Associazione dei martiri della strage, Enrico Pieri);
   le motivazioni della decisione recitano che «non ci sarebbero nuovi elementi in grado di dimostrare una premeditazione da parte degli ex membri della 16/a Divisione Reichsfuehrer per l'eccidio»; e anzi, «è certamente possibile che il massacro sia stato programmato, tuttavia non si è potuto accertare con la sicurezza giuridicamente necessaria che si sia trattato di un'azione di sterminio pianificata sin dall'inizio e che, per queste ragioni, nel caso di un'imputazione la corte assolverebbe gli imputati con alta probabilità»;
   nel processo italiano conclusosi nel 2005 sono stati condannati, nei tre gradi di giudizio all'ergastolo, i responsabili della stragi;
   decisioni del genere non sono certo le più idonee per portare avanti quel processo ai «pacificazione» che anche di recente, proprio a Sant'Anna, è stato ritenuto necessario, concordemente dalle più alte cariche istituzionali dell'Italia e della Germania –:
   quali iniziative intenda assumere per manifestare agli organismi che rappresentano la Germania nel nostro Paese ed allo stesso Governo della Repubblica tedesca l'indignazione e il dolore che la citata iniziativa ha suscitato nelle popolazioni interessate, così come nelle Associazioni e nei cittadini che auspicano da sempre che la vicenda delle stragi nazifasciste del 43-45 trovi una conclusione nel quadro della giustizia e della verità;
   quali ulteriori iniziative si intendano promuovere – nonostante simili «incidenti» e nell'intento di superarli e prevenirli – perché possa proseguire in modo adeguato il processo intrapreso dai Governi tedesco ed italiano con il lavoro del gruppo storico italo-tedesco, di recente concluso col deposito di una relazione nella quale si formulano esplicite raccomandazioni per avviare un processo di «memoria condivisa». (4-00643)

  Risposta. — Relativamente alle vicende processuali riguardanti i responsabili delle stragi di Sant'Anna di Stazzema si evidenziano qui di seguito le azioni intraprese dai Governi italiano e tedesco nel loro impegno condiviso di costruire una «comune cultura della memoria» che renda giustizia alle vittime del nazifascismo:
   1) All'indomani della decisione della procura di Stoccarda di archiviare l'inchiesta sui responsabili della strage di Sant'Anna a Stazzema, dei 26 settembre 2012, il Ministero degli affari esteri ha reagito tempestivamente. Infatti, il 2 ottobre 2012, in un incontro alla Farnesina con il Ministro federale per gli affari europei, Michael Georg Link, il segretario generale del Ministero degli affari esteri, ambasciatore Michele Valensise, ha richiamato la decisione della procura di Stoccarda, rilevando come, pur nel rispetto dell'indipendenza della magistratura tedesca, non sia possibile ignorare che tale decisione è per gli italiani, non solo per i sopravvissuti e i famigliari delle vittime, motivo di profondo sconcerto e rinnovata sofferenza. In tale contesto, l'ambasciatore Valensise ha altresì rilevato l'evidente contrasto tra gli effetti dirompenti e laceranti della decisione della procura di Stoccarda e l'impegno intrapreso da Italia e Germania con la istituzione, in occasione del vertice bilaterale del 2008, di una commissione di storici italiani e tedeschi, con il mandato di un «approfondimento comune sul passato di guerra italo-tedesco e in particolare sugli internati militari italiani, come contributo alla costruzione di una comune cultura della memoria». Nell'esprimere comprensione per i sentimenti dell'opinione pubblica italiana, tanto il Ministro Link quanto il Ministro Westerwelle hanno confermato l'impegno del Governo tedesco per la costruzione di una comune cultura della memoria, essendo la memoria e la conoscenza delle tragedie del passato essenziali alla salvaguardia degli ideali di libertà, democrazia e solidarietà che sono alla base della costruzione europea. In tale linea di pensiero, il Ministro Link ha in particolare sottolineato, in dichiarazioni rilasciate ai mezzi di informazione, l'impegno della Germania a fare «tutto il possibile, affinché i crimini commessi non possano venire dimenticati», assicurando altresì che «il Governo Federale continuerà ad assumersi la responsabilità storica dei crimini commessi per mano dei tedeschi» e che «la legge non può rendere come non accaduto quanto è accaduto».
   2) Per quanto concerne il processo di «pacificazione», ispirato ai principi di giustizia e verità, cui il Presidente della Repubblica Napolitano e il Presidente della Repubblica Federale di Germania Gauck hanno fatto riferimento nel corso del loro ultimo incontro che ha avuto luogo a Sant'Anna di Stazzema il 24 marzo 2013, si segnala che con sentenza del 3 febbraio 2012 la Corte internazionale di giustizia (CIG) ha accolto il ricorso della Germania per asserita violazione da parte dell'Italia dell'immunità giurisdizionale dello stato tedesco in relazione alle cause di risarcimento in atto nei tribunali italiani per fatti risalenti alla seconda guerra mondiale. Allo stesso tempo ha riconosciuto la legittimità delle aspettative di riparazione degli ex-internati militari italiani (IMI) e di altri cittadini italiani vittime del nazismo (segnatamente familiari delle vittime delle stragi), rinviandone la soluzione ad ulteriori negoziati tra i due Stati. All'indomani della predetta sentenza, l'allora Ministro degli esteri Terzi ha inviato una lettera al suo omologo tedesco Westerwelle, in cui affermava il nostro interesse ad un'attiva collaborazione tra i due Governi, in modo da definire le questioni rimaste insolute. Su queste basi è stato dunque avviato un percorso di consultazioni con Berlino.
   3) Il Ministro Terzi e il Ministro Westerwelle sono intervenuti il 19 dicembre 2012 alla presentazione alla Farnesina del rapporto della commissione di storici italiani e tedeschi, istituita il 18 novembre 2008 in occasione del vertice italo-tedesco di Trieste, con il mandato di un approfondimento comune sul passato di guerra italo-tedesco e in particolare sugli internati militari italiani, come contributo alla costruzione di una comune cultura della memoria. La presentazione del rapporto ha rappresentato l'occasione per la ripresa di un dialogo con la Germania su una pagina dolorosa della storia dei due Paesi. Il Ministro Terzi e il Ministro Westerwelle, che ha lanciato un forte messaggio sulla responsabilità morale e storica della Germania, si sono impegnati a dare attuazione concreta a una serie di iniziative. Finalizzate anche sulla base delle raccomandazioni contenute nel rapporto, esse prevedono in particolare la continuazione degli studi storici e azioni concrete di «peso politico e morale», dirette ad onorare e tramandare la memoria delle vittime della barbarie nazista.

  Attraverso un'intensa collaborazione tra la Farnesina, l'ambasciata di Germania, i rappresentanti delle associazioni degli ex-internati italiani, delle vittime del nazismo e dei sindaci dei comuni delle stragi, sono state delineate numerose proposte concrete, alcune delle quali si conta possano essere realizzate su impulso del Ministro degli esteri Bonino, già da quest'anno, per proseguire poi con altre iniziative nei prossimi due anni, in coincidenza con il settantesimo anniversario dei tragici fatti del 1943-45.
Il Viceministro degli affari esteriMarta Dassù.


   LAVAGNO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   SIRE SPA, in liquidazione, è una società operante nel campo di produzione del klinker, ovvero una ceramica di particolare resistenza e durata che si ottiene da un processo produttivo di estrusione e da una cottura lenta a temperature tra le più elevate del settore pari a 1300o;
   la società, con sede legale a Torino e unità produttive a Roreto di Cherasco (Cuneo), occupa complessivamente n. 179 unità lavorative, al 20 agosto 2012;
   la società ha presentato, in data 25 febbraio 2013, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, istanza di esame congiunto, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 2000 finalizzato al ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per crisi aziendale per cessazione totale di attività, di durata biennale, a cui è seguita la convocazione delle parti;
   alla data del 10 luglio 2012 presso la regione Piemonte era stato sottoscritto un verbale di accordo che precedeva il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi, successivamente autorizzata con decreto n. 70237 del 20 dicembre 2012, per un numero massimo 179 lavoratori;
   il piano di risanamento aziendale previsto dal predetto accordo è stato in gran parte realizzato con immissione di liquidità nuova per circa 4 milioni di euro per concretizzare quasi tutte le azioni previste in risposta alla crisi;
   nel frattempo il trend negativo di settore ha ulteriormente contratto l'attività della società e con essa la sua capacità di rimborsare il debito bancario, producendo la decadenza della convenzione interbancaria con conseguente perdita del requisito di continuità aziendale;
   nel mese di dicembre 2012 l'assemblea dei soci, preso atto dello stato di insolvenza finanziaria e di mancanza della continuità aziendale, ha posto in liquidazione volontaria la società con cessazione totale dell'attività produttiva;
   le parti coinvolte, nel corso di numerosi incontri tenuti in sede sindacale, hanno valutato tutti i possibili ammortizzatori sociali previsti dalla normativa al fine di ridurre l'impatto sociale sul piano occupazionale dovuto alla decisione della società di cessare totalmente l'attività, ed hanno convenuto di ricorrere alla cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale per cessazione totale dell'attività per un arco temporale di 24 mesi, vista la complessità delle iniziative da porre in essere per la gestione delle eccedenze, definendo un adeguato piano di gestione, sebbene le sospensioni siano già iniziate a decorrere dal 19 agosto 2012 in virtù del Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 70237 del 20 dicembre 2012;
   l'articolo 1, comma 205, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), ha rifinanziato da ultimo gli interventi previsti dal decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, che consente, in caso di cessazioni di attività, il trattamento di integrazione salariale straordinaria per crisi aziendale per un periodo annuale, prorogabile per un secondo anno, con la predisposizione di un piano biennale che preveda interventi da adottare nel corso del periodo di riferimento ai fini delle gestioni delle eccedenze occupazionali;
   le parti, in considerazioni di quanto esposto, hanno individuato i seguenti strumenti per la gestione degli esuberi da attuarsi per il primo e secondo anno della cassa integrazione guadagni straordinaria:
    a) trasferimento di ramo d'azienda: la società sta ricevendo, da parte di alcune aziende terze, manifestazioni di interesse per l'acquisizione di un ramo d'azienda dell'unità di Roreto di Cherasco, con conseguente passaggio alle dipendenze dell'eventuale cessionario del personale addetto del ramo stesso ed interessato dall'intervento dell'ammortizzatore sociale. Le trattative sono attualmente in corso e si ipotizza l'affitto di ramo di azienda finalizzato all'acquisto di parte degli impianti produttivi, delle superfici e dei relativi lavoratori. Si prevede il trasferimento del personale potrebbe avvenire in maniera progressiva e successivamente alla scadenza dei primi 12 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria;
    b) ricollocazione esterna del personale, sulla base della disponibilità volontaria del lavoratore, presso le aziende presenti nel territorio nazionale ed estero. La società si adopererà direttamente per presentare, ad aziende sul territorio sue clienti e/o fornitrici, le candidature dei propri lavoratori interessati dalla cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione di attività affinché, nei loro programmi di assunzione, valutino la possibilità di esaminare le candidature delle figure eccedenti;
    c) ricorso all’outplacement finalizzato alla ricollocazione: la società si è già attivata attraverso il ricorso a primarie e certificate società di outplacement accreditate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per fornire alle maestranze interessate un servizio di ricollocazione sul mercato del lavoro che tenga conto delle esperienza professionali acquisite;
    d) attivazione presso le istituzioni locali di percorsi di politica attiva del lavoro mediante la predisposizione di specifiche iniziative formative e di riqualificazione professionale, funzionali alla ricollocazione del personale sospeso. A tal proposito la provincia di Cuneo con nota n. 0008619 del 4 febbraio 2013 ha affermato la disponibilità ad attivare un programma di ricollocazione compatibilmente con le esigenze del centro per l'impiego e con la nuova programmazione relativa alle risorse messe a disposizione dal FSE;
    e) Confindustria Cuneo, associazione alla quale la società aderisce, si è impegnata, attraverso il proprio servizio di borsa lavoro, ad operare per favorire la ricollocazione del personale in esubero;
    f) nel periodo di fruizione della cassa integrazione guadagni straordinaria la società attiverà una procedura di licenziamento collettivo, subordinata al requisito della non opposizione del lavoratore, al fine di favorire la ricollocazione presso aziende terze, la realizzazione di progetti di auto imprenditorialità e il raggiungimento dei requisiti pensionistici. La società e i patronati hanno verificato che circa 5 lavoratori matureranno i requisiti necessari per accedere al trattamento pensionistico nel corso del primo anno di cassa integrazione guadagni straordinaria, mentre nel corso del secondo anno tale numero dovrebbe avvicinarsi alle 15 unità;
   la società dichiara che ad oggi il piano di gestione degli esuberi ha consentito di ricollocare n. 8 suoi dipendenti –:
   quali iniziative il Ministro intenda porre in essere per dare soluzione alla crisi della società SIRE ed, in particolare se ritenga di prorogare la cassa integrazione guadagni straordinaria per i dipendenti di tale società, anche in assenza della ricollocazione di parte della manodopera. (4-00222)

  Risposta. — Con riferimento alla interrogazione in esame, concernente le prospettive industriali ed occupazionali della società Sire Spa, sulla base delle informazioni acquisite presso i competenti uffici dello scrivente Ministero, si rappresenta quanto segue.
  La Sire Spa nasce negli anni ’70 dalla iniziativa di quattro imprenditori attivi nel commercio dei prodotti per l'edilizia; successivamente si è sviluppata rapidamente espandendosi anche nel segmento di mercato dei prodotti residenziali.
  Nel periodo compreso tra il 2008 al 2011 la società ha manifestato
performances di redditività negativa in conseguenza della crisi economica che, com’è noto, ha colpito molto pesantemente tutto il settore dell'edilizia, determinando altresì una grave contrazione del mercato immobiliare.
  Nel mese di luglio del 2012, perdurando la recessione economica e nel pieno del crollo delle vendite che a fine giugno 2012 avevano subito un calo del 30 per cento, la società ha deciso di far ricorso alla Cigs per crisi aziendale per cessazione di attività a 12 mesi – ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 della legge n. 223 del 1991.
  I competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno, perciò, approvato con decreto n. 70237 del 20 dicembre 2012 il programma di crisi aziendale per cessazione di attività relativamente al periodo dal 20 agosto 2012 al 19 agosto 2013.
  Conseguentemente all'approvazione di detto programma, è stata autorizzata dai predetti uffici la corresponsione del trattamento straordinario di integrazione salariale (Cigs) in favore dei dipendenti della società – un massimo di 174 unità lavorative – per il periodo anzidetto (20 agosto 2012 al 19 agosto 2013).
  Il 13 marzo 2013 la società, preso atto dell'aggravarsi della crisi, ha sottoscritto con le parti sociali, presso i competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, verbale di accordo per trasformare la predetta Cigs per crisi aziendale per cessazione di attività a 12 mesi – ai sensi della citata legge n. 223 del 1991 – in Cigs per crisi aziendale per cessazione di attività a 24 mesi – ai sensi del decreto-legge n. 249 del 2004.
  A seguito di tale accordo governativo, la società – con istanza presentata il 19 marzo 2013 – ha chiesto l'approvazione del programma di crisi aziendale per cessazione di attività con gestione degli esuberi in 24 mesi ai sensi del citato decreto-legge n. 249 del 2004.
  I competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno, perciò, autorizzato per i primi 12 mesi – dal 20 agosto 2012 al 19 agosto 2013 – il trattamento di integrazione salariale.
  Si rendo noto, inoltre, che per la concessione del trattamento Cigs per il secondo anno – dal 20 agosto 2013 al 19 agosto 2014 – è necessario attendere che la competente direzione territoriale del lavoro effettui gli accertamenti sul concreto avvio del concordato piano di gestione delle eccedenze occupazionali come previsto dal 1o comma dell'articolo 1 del decreto-legge n. 249 del 2004.
  Si informa, altresì, che le disposizioni della circolare n. 42 del 2004, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali prevedono – in particolare ai punti C e D – che l'adozione dei provvedimenti relativi all'approvazione del programma del secondo anno e conseguentemente della concessione del trattamento di Cigs avviene solo in presenza delle risultanze ispettive del servizio ispezione della competente direzione territoriale del lavoro.
  Tale circolare puntualizza, inoltre, che dette verifiche non possono essere effettuate prima della scadenza dei primi 9 mesi di trattamento di Cigs.
  Si rende noto, infine, che la direzione territoriale del lavoro di Cuneo ha fatto sapere che la Sire spa sta portando avanti delle trattative per la cessione ad una azienda spagnola di una linea di produzione con una possibile riallocazione di una parte del personale (circa 70).
  Conclusivamente, pur dandosi atto della rilevanza delle questioni prospettate nel presente atto parlamentare sarà possibile dare ad esse una risposta affermativa solo all'esito delle trattative menzionate e al termine delle verifiche da parte dell'organo di vigilanza a ciò preposto dalla normativa di riferimento.

Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   MANNINO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 11 giugno 2013 si è tenuta presso i saloni dell'Ergife Palace Hotel di Roma la prova preselettiva per il concorso, per titoli ed esami, a 35 posti di segretario di legazione in prova, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 4° serie speciale del 12 aprile 2013 e con scadenza 27 maggio 2013;
   la prova era affidata alla società «Selexi Srl» di Milano su mandato dell'ufficio V concorsi del Ministero degli affari esteri;
   secondo quanto previsto dal bando di concorso, pubblicato all'indirizzo internet del Ministero, la nuova modalità di svolgimento della prova preselettiva consisteva in un quiz di 60 domande a risposta multipla in 60 minuti, concernenti le tre materie degli scritti (storia delle relazioni internazionali, diritto internazionale pubblico e dell'Unione europea, politica economica e cooperazione economica, commerciale e finanziaria multilaterale) affiancate da domande in lingua inglese e di logica. Per avere accesso alle prove scritte, erano necessari i due terzi delle risposte corrette, pari a 40 risposte;
   i risultati della prova sono stati resi noti, mediante pubblicazione sul sito del Ministero, la sera stessa dell'11 giugno 2013, indicando esclusivamente la lista dei nomi ammessi senza comunicare i risultati effettivi; a quanto risulta agli interroganti soltanto in data 17 giugno 2013 è stato possibile accedere agli atti: in tale sede i candidati, ammessi e non ammessi, hanno potuto constatare che i risultati erano stati calcolati attraverso un procedimento che si ritiene essere palesemente anomalo e che prevede l'inusitato «abbuono» (come da dicitura ministeriale comparsa nel sito) di 6 domande, che sono state ritenute non valevoli ai fini della valutazione;
   è così emerso che nel novero di queste 6 domande «abbuonate» alcune contenevano quesiti mal posti e palesemente errati, mentre altre invece risultavano formulate regolarmente;
   a complicare ed aggravare la situazione di manifesta anormalità vi era la presenza di quesiti mal posti e palesemente errati anche nel resto delle altre domande; a parere degli interroganti, se da un lato appare grave che, con una presa di posizione che appare arbitraria si sia intervenuto sulla correzione (che ha previsto di considerare esatte le risposte date alle domande errate e di «abbuonare», perché ritenuti inesatti, anche i quesiti che in realtà non lo erano), altrettanto grave è che non si sia intervenuto o non ci si sia accorti di altre domande che risultano mal poste, ambigue dove non macroscopicamente errate;
   per quanto sopra descritto risulta all'interrogante illogico ed immotivato il criterio con cui il Ministero, la Commissione esaminatrice e la società incaricata di formulare il questionario abbiano deciso di «abbuonare» le domande errate, così permettendo a numerosi candidati di accedere alla soglia minima delle 40 risposte, sulla base di domande che sono manifestamente inesatte e, di contro, di non intervenire su altre domande anch'esse inesatte;
   risulta incomprensibile come possa il Ministero degli affari esteri selezionare opportunamente il proprio personale diplomatico, tramite domande inesatte, che hanno creato solo confusione a tutti i candidati, finendo col fuorviare tutti i partecipanti alla prova, dati i ristretti limiti di tempo per le risposte, e non hanno permesso di selezionare i candidati migliori: si ribadisce che buona parte degli idonei appare in realtà insufficiente ed ha beneficiato dell’«abbuono», a giudizio dell'interrogante arbitrario, mentre anche chi non ne ha beneficiato non è, a buona ragione, escludibile a causa della confusione generale derivante dai quesiti errati e/o mal posti. Si configura, pertanto, un danno evidente che implica un vulnus alla buona immagine del Ministero stesso, della diplomazia e di tutti i volenterosi e preparati futuri servitori dello Stato;
   nessuna risposta è stata fornita dal Ministero degli affari esteri ad analoga interrogazione a risposta scritta n. 4-00450 a prima firma del senatore Orellana depositata in data 27 giugno 2013 –:
   quali siano i motivi per cui, a fronte di una procedura completamente automatizzata, il parziale accesso agli atti sia stato possibile solo sette giorni dopo la pubblicazione della lista degli idonei, ledendo in questo modo l'interesse legittimo degli esclusi a tutelare nei modi più opportuni le loro posizioni;
   quali siano le ragioni per cui a fronte della pubblicazione dei nomi e cognomi degli idonei non sia stata fornita contestuale indicazione del punteggio conseguito, informazione che avrebbe permesso ai candidati di verificare l'idoneità della procedura selettiva rispetto all'applicabile normativa e al bando di concorso;
   quale fosse la graduatoria e quali fossero i rispettivi punteggi di tutti i candidati a seguito della somministrazione del test preselettivo prima dell’«abbuono» elaborato, in corso d'opera, dalla commissione;
   quali siano le ragioni che hanno comportato la scelta della procedura dell’«abbuono» e non già quella più logica, non arbitraria, e più rispettosa dei diritti dei candidati, dell'eliminazione delle domande errate, con la conseguente riconsiderazione della punteggio minimo per l'ammissione;
   come sia stato possibile agire con la dovuta diligenza nella selezione delle domande da «abbuonare» nel lasso di tempo intercorso tra la fine della prova nella tarda mattinata dell'11 giugno e la pubblicazione della lista degli idonei avvenuta nella prima serata del giorno stesso;
   come sia stato possibile incorrere in errori marchiani, inserendo domande errate, valutando errate domande giuste e lasciando per buone domande non corrette;
   se la commissione sia stata in grado di vagliare preventivamente i quesiti che sarebbero stati posti ai candidati;
   se il Ministero abbia provveduto o intenda provvedere, attraverso l'ufficio di competenza, a rivalersi sull'impresa appaltatrice, ovvero la «Selexi Srl» e, in caso contrario, quali iniziative urgenti intenda assumere al riguardo;
   se il Ministero non intenda intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, con procedura d'urgenza, al fine di ristabilire una situazione di trasparenza e di correttezza amministrativa, anche disponendo l'annullamento della prova attitudinale e la sua ripetizione a causa dei numerosi errori nei quesiti proposti e per l'arbitrarietà delle procedure adottate nella valutazione che ne hanno a giudizio dell'interrogante oggettivamente falsato l'esito finale;
   quali misure intenda prendere in subordine per attenuare tale grave discriminazione;
   quali siano state le motivazioni che hanno determinato il Ministero alla sostituzione del commissario di tedesco, avvenuta in data 28 giugno 2013 e, allo stato, ad avviso dell'interrogante non chiaramente motivata;
   se quindi non sia stato manifestamente irragionevole far proseguire la procedura di selezione facendo svolgere le prove scritte, permettendo, a termine della loro correzione, il consolidarsi di ulteriori e contrarie posizioni di interesse nei candidati;
   quali garanzie il Ministero intenda fornire affinché non si ripetano simili irregolarità nelle future edizioni della procedura di selezione;
   se il Ministero intenda, alla luce dei fatti occorsi, non avvalersi più dei servizi della società «Selexi Srl», nonché, valutare nell'immediato la possibilità di procedere con ogni iniziativa utile a tutela della propria immagine e credibilità, con particolare riguardo al danno arrecato dalla richiamata società «Selexi Srl».
(4-01214)

  Risposta. — Circa lo svolgimento della prova attitudinale del concorso per titoli ed esami a 35 posti di segretario di legazione in prova per l'accesso alla carriera diplomatica per l'anno 2013 si forniscono i seguenti elementi informativi:
   1) L'11 giugno 2013 si è svolta la prova attitudinale del concorso per l'accesso alla carriera diplomatica per l'anno 2013. La nuova prova attitudinale, istituita con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 17 del 28 giugno 2013, è volta ad accertare la capacità del candidato a svolgere l'attività diplomatica, in particolare verificando la preparazione nelle materie oggetto di concorso, inclusa la lingua inglese e le capacità di logicità del ragionamento. La prova attitudinale non concorre alla formazione del voto finale di merito.
  Tale prova consiste in un questionario composto da 60 quesiti a risposta multipla, a cui il candidato è tenuto a rispondere in 60 minuti. I quesiti sono incentrati sulle materie oggetto di concorso: storia delle relazioni internazionali, diritto internazionale pubblico e dell'Unione europea, politica economica e cooperazione economica, commerciale e finanziaria multilaterale, attualità internazionale in lingua inglese e
test psico-attitudinali.
  Per essere ammessi alle successive prove scritte d'esame, il candidato è chiamato a rispondere correttamente ad almeno due terzi delle domande del questionario a risposta multipla della prova attitudinale (quindi, 40 su 60).
  Dopo una ricerca di mercato, amministrazione ha affidato alla ditta Selexi Srl l'incarico di elaborare i questionari. Lo stesso 11 giugno sono state effettuate le correzioni anonime automatizzate da parte della ditta Selexi, ed è stata resa nota sul Sito
web del Ministero degli affari esteri la lista dei 233 candidati ammessi alle prove scritte. Nei successivi 3 giorni lavorativi (e in particolare tra la mattinata di mercoledì 12 giugno e le ore 12,00 di lunedì 17 giugno) è stato possibile per i candidati accedere via web al proprio test attitudinale.
   2) In tempi strettissimi l'amministrazione e l'azienda Selexi Srl hanno caricato sul
web ben 1308 schede di risposta e le relative domande, nonché circostanziati elementi esplicativi dei risultati stessi.
  Vale la pena sottolineare che, qualora non fosse esistita l'automatizzazione in questa prima fase concorsuale (esercizio voluto fortemente dall'amministrazione negli ultimi anni, in linea con i principi di trasparenza, efficienza dell'azione amministrativa e dematerializzazione cartacea), i tempi per visionare la propria scheda sarebbero stati molto più lunghi. Ai sensi di legge, infatti, possono intercorrere sino a 30 giorni tra l'eventuale richiesta del candidato e l'accesso al materiale d'esame.
   3) L'esercizio dell’«abbuono» consiste nella cosiddetta «sterilizzazione» di uno o più quesiti a risposta multipla che contengano elementi di non univocità e/o ambiguità. Tale esercizio è attività ricorrente nella prassi concorsuale e si verifica (in genere successivamente alla realizzazione dei quesiti, a prova conclusa e nella fase di correzione anonima e automatizzata dei
test) in virtù del sorgere di elementi inaspettati (come ad esempio la rilevazione da parte della ditta di cosiddette «anomalie statistiche» su quesiti ritenuti inizialmente chiari) che rendano doveroso un nuovo controllo sugli stessi quiz.
  Proprio per evitare l'alterazione della soglia di sbarramento dei 2/3 di risposte esatte prevista nella prova attitudinale in oggetto, e quindi per assicurare equanimità di trattamento a tutti i candidati, l'abbuono ha permesso l'attribuzione di un punto per ogni quesito abbuonato a tutti i candidati. Quindi, è come se tutti avessero risposto esattamente ai sei quesiti. In questo modo è stata assicurata equanimità di trattamento ai partecipanti e il mantenimento dei dettami di legge e del bando di concorso.
  Peraltro, lungi dall'aver adottato misure arbitrarie per la correzione dei
test, l'amministrazione, sulla base di valutazioni tecnico-discrezionali, ha agito in linea con superiori principi di buon funzionamento ed imparzialità del procedimento. E difatti, il suddetto abbuono è stato applicato prima dell'abbinamento tra schede risposte e schede anagrafiche, nel pieno rispetto dei principi di anonimato, equità e trasparenza.
  Altra cosa (e con ben altri effetti) sarebbe stato l'esercizio di «annullamento» dei quiz non univoci e/o ambigui (ossia, l'eliminazione delle domande errate), Quello sarebbe stato certamente un atto illogico, arbitrario e irragionevole. Rendendo nulle alcune domande, tale opzione avrebbe alterato la soglia numerica di ammissione per passare alle prove successive, creando ingiusta ed ingiustificata disparità di trattamento tra i candidati.
   4) Giova ricordare che il regolamento del concorso diplomatico (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 17 del 2013) prevede che per l'espletamento della prova attitudinale, l'amministrazione possa avvalersi anche di procedure automatizzate gestite da enti o società specializzate in selezione del personale. È prassi concorsuale che, per assicurare piena trasparenza e anonimato della prova, la produzione e l'attuazione dei
test a risposta multipla siano affidate a ditta specializzata sul mercato. Ciò peraltro avviene da molti anni al Ministero e in altre amministrazioni pubbliche.
  La possibilità di incorrere in errori nella produzione dei quesiti a risposta multipla esiste, e ciò pur in presenza di ripetuti e doverosi controlli di qualità effettuati dalla ditta, in linea con precisi protocolli operativi interni alla stessa. Nel case in parola, la procedura ha seguito un
iter logico e trasparente, ivi compresa la proposta di correttivi adottati per la sterilizzazione delle domande considerate non univoche e/o ambigue.
   5) Stante quanto sopra, atteso che l'esercizio dell'abbuono dei se quesiti considerati validi per tutti i candidati assicura il mantenimento assoluto dell'equo trattamento a beneficio di tutti i partecipanti alla prova, la non alterazione della soglia di sbarramento prevista dal bando di concorso, la salvaguardia della procedura e dei relativi atti amministrativi, un eventuale annullamento dell'esercizio concorsuale sarebbe senza dubbio un atto illegittimo, arbitrario, viziato da eccesso di potere e, infine, non giustificabile.
   6) La sostituzione del membro aggiuntivo di lingua tedesca della commissione esaminatrice, come esaustivamente motivato nelle premesse del decreto di nomina decreto ministeriale n. 5015/0406/
BIS, e occorsa per sopraggiunti motivi di salute dello stesso.
   7) Per completezza di informazione si segnala che, rispetto al concorso diplomatico del 2012, il numero dei ricorsi presentati nel 2013 avverso l'esito della prova attitudinale è stato di gran lunga inferiore (meno della metà). Tale circostanza conforta ulteriormente l'Amministrazione, sul rispetto della trasparenza e dell’ adeguatezza dell'intero esercizio.

Il Viceministro degli affari esteriMarta Dassù.


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la direzione aziendale dello stabilimento Real Aromi spa di Città Sant'Angelo (Pescara), proprietaria del marchio storico AURUM di Pescara, ha comunicato ai sindacati la volontà di chiudere l'attività produttiva trasferendola nello stabilimento del Gruppo ILLVA spa di Saronno;
   tale scelta mortifica il territorio pescarese, getta nella disperazione le famiglie dei lavoratori che perdono il proprio posto di lavoro, aggrava la situazione occupazionale della provincia di Pescara che ha già altri rilevanti crisi aziendali e un alto tasso di disoccupazione;
   il sindacato ha chiesto alla prefettura di aprire un tavolo tra le parti sociali per trovare soluzioni non traumatiche per questa vertenza –:
   quali iniziative intenda assumere per una soluzione positiva della vertenza in direzione della salvaguardia dell'occupazione e del sito produttivo di Città Sant'Angelo. (4-00407)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con cui si chiede quali iniziative si intendano adottare in merito alla situazione occupazionale della Real Aromi s.p.a., si rappresenta quanto segue.
  La Real Aromi spa di città S. Angelo (Pe) è una delle 20 società che compongono il gruppo «Illva Saronno
Holding», una multinazionale da anni attiva nel mercato dell'industria dolciaria, per la produzione di liquori, vini, gelati e bakery, e dei loro semilavorati (basi, estratti ed aromi).
  Nata nel 1989 e interamente di proprietà della Illva Saronno Holding S.p.A., la Real Aromi S.p.A. ha sempre operato presso lo stabilimento industriale di città S. Angelo (Pe), una vasta area di circa 36.000 metriquadri composta da tre corpi logistici distinti, adibiti a distilleria, a laboratorio di produzione di estratti ed aromi e a magazzino per lo stoccaggio delle merci e per il deposito di macchinari. Nel medesimo terreno industriale insistono anche gli uffici amministrativi e direzionali e una foresteria ad uso abitativo del personale interno.
  L'attuale forza lavoro della Real Aromi S.p.A. è composta di ventiquattro unità, un dipendente è assunto con contratto a tempo determinato e un lavoratore si trova in
part time. Attualmente l'azienda impiega anche tre lavoratori in somministrazione.
  Negli ultimi tre anni l'azienda ha occupato costantemente una forza lavoro media annua di 24 unità, è in regola con le denunce ed i versamenti contributivi all'Inps, non si è mai avvalsa di agevolazioni contributive verso l'Inps e non ha mai fatto ricorso alla cassa integrazione guadagni, ordinaria o straordinaria.
  Attualmente circa l'80 per cento del fatturato annuo della Real Aromi S.p.A. è rivolto alle società del gruppo Illva (cosiddetto fatturazione «
intercompany») e proviene in larga misura dalla vendita di semilavorati (cosiddette «basi») allo stabilimento Illva Saronno S.p.A. di Saronno (Va), all'interno del quale si realizza la finitura e/o l'imbottigliamento e la commercializzazione di liquori come l’«Amaretto di Saronno», il «Rabarbaro Zucca» l’«Amaro 18», eccetera. Il restante 20 per cento del fatturato della Real Aromi S.p.A. proviene dalla produzione e vendita ad aziende che non appartengono al gruppo Illva Saronno di estratti ed aromi destinati alla finitura e all'imbottigliamento.
  Lo storico liquore dannunziano «
Aurum» viene interamente prodotto presso le distillerie dello stabilimento di città Sant'Angelo (Pe), per poi essere imbottigliato e commercializzato nello stabilimento Illva di Saronno. La produzione di «Aurum» è stata stimata in non più dell'1-2 per cento dell'intero fatturato annuo della Real Aromi S.p.A., per un totale di circa 15.000 bottiglie di liquore prodotte ogni anno.
  Nel triennio 2009/2011, l'azienda ha registrato un utile lordo fiscale annuo (quale base imponibile IRES) pressoché costante, addirittura in leggero e progressivo aumento.
  Nel 2012 il totale dei ricavi lordi della Real Aromi S.p.A. è stato di euro 9.454.000,00 (in crescita rispetto agli 8.048.000,00 del 2011), di cui euro 7.604.000,00 (in crescita rispetto agli euro 6.257.000,00 del 2011) per ricavi «
Inter company» (ossia da società del gruppo) ed euro 1.850.000,00 (in crescita rispetto agli euro 1.791.000,00 del 2011) per ricavi da vendite «trade» (ossia a clienti esterni). Nella comunicazione di avvio della procedura di mobilità del 20 maggio 2013 l'azienda argomenta che il fatturato delle vendite «trade», oltre a rimanere costante, non genera alcun profitto, anzi vi è una «perdita per l'elevato costo del venduto che non permette di servire il mercato a prezzi competitivi».
  Negli ultimi mesi, la Illva ha intrapreso una strategia di riorganizzazione aziendale di alcune società del gruppo, che ha interessato, in particolar modo, la Real Aromi S.p.A. di città Sant'Angelo, intesa a trasferire l'intera produzione di semilavorati dal sito industriale di città Sant'Angelo allo stabilimento Illva Saronno S.p.A. di Saronno (Va) in una prospettiva di migliore efficienza produttiva, di contenimento dei costi di produzione e di migliori livelli di competitività da perseguire mediante il rafforzamento di sinergie operative, organizzative e produttive tra le società del gruppo. Le ragioni di questa scelta sono state sintetizzate dall'azienda nei tre seguenti fattori critici:
   1) ingenti costi fissi di gestione degli impianti produttivi e logistici (per forniture di energia, manutenzione degli spazi aperti e degli immobili, ad uso industriale e non);
   2) inefficienza dell'organizzazione dell'attuale processo produttivo, a motivo della eccessiva ampiezza dell'area industriale e alle distanze che dividono i corpi produttivi che aumenta i servizi accessori e i connessi costi di produzione;
   3) ingenti costi per il trasporto dei semilavorati verso lo stabilimento di Saronno.

  Per queste ragioni – come argomentato nella comunicazione di attivazione della procedura di mobilità del 20 maggio 2013 e ulteriormente spiegato ai funzionari ispettivi della Direzione territoriale del lavoro di Pescara incaricati degli accertamenti – il trasferimento e il conseguente accentramento dell'intero processo produttivo all'interno di un unico stabilimento industriale consentirebbe di rimuovere le suddette inefficienze logistiche e funzionali, e di perseguire una migliore ottimizzazione del processo produttivo, oltre che di abbattere notevolmente i costi di gestione. Da ciò deriva una inevitabile riduzione del personale, attesa, peraltro, la presenza di maestranze qualificate proprio presso il sito produttivo di Saronno.
  La decisione di chiudere lo stabilimento di città Sant'Angelo e di trasferire l'intera produzione presso lo stabilimento del varesino sembra rispondere dunque alla necessità di una razionalizzazione ed ottimizzazione dei processi produttivi delle aziende del gruppo Illva, in ragione di una lamentata sofferenza del mercato nazionale attenuata soltanto dalla presenza sui mercati esteri.
  Il 20 maggio 2013, la Real Aromi S.p.A. ha aperto una procedura di mobilità per 23 unità lavorative. Si tratta di figure professionali inerenti la produzione e le attività di servizio alla produzione, nonché le funzioni direttamente amministrative, con esclusione della funzione commerciale già presente a Saronno con una sola unità lavorativa in forza, e della funzione direttiva (il direttore di stabilimento di città Sant'Angelo).
  Azienda e parti sociali territoriali si sono già incontrate più volte, sia in sede sindacale che presso le sedi istituzionali della provincia e della prefettura di Pescara, fino a raggiungere, il 30 maggio 2013, un accordo di massima a firma della società, della Confindustria di Pescara, delle Rsa, e della Cgil e Uil di Pescara, con il quale è stata dichiarata chiusa positivamente la procedura di mobilità, salvo poi specificarne e ratificarne i contenuti presso la sede della provincia di Pescara, come da vigente normativa in materia.
  I punti principali dell'accordo sono stati i seguenti:
   nel prendere atto delle motivazioni economiche e di mercato che hanno originato l'esigenza della chiusura dell'unità produttiva di città Sant'Angelo, le organizzazioni sindacali firmatarie hanno convenuto con l'azienda in merito alla impercorribilità di strade alternative alla procedura di mobilità;
   la procedura di mobilità interessa n. 23 lavoratori dipendenti;
   viene predisposto e regolamentato un «piano sociale», che prevede misure di sostegno economico all'esodo dei lavoratori, interamente a carico dell'azienda. L'incentivo consiste in una integrazione al trattamento di fine rapporto maturato e dovuto, secondo criteri di calcolo predefiniti. Gli incentivi hanno importi e massimali variabili a seconda delle fasce di reddito e della tipologia contrattuale in essere con ciascun lavoratore. Viene concordata, inoltre, la corresponsione dell'indennità di preavviso a fronte dell'intimazione di licenziamento con effetto immediato. Tali misure restano subordinate alla sottoscrizione, da parte di ciascun lavoratore, di un atto di rinunzia ad impugnare, in qualsivoglia sede, il provvedimento di licenziamento, e va redatto con le modalità di un verbale di conciliazione in sede sindacale, sì da consentire il perfezionamento, a tutti gli effetti giuridici, della fattispecie dell'esodo. La predetta rinuncia costituisce titolo per l'erogazione degli incentivi previsti, decorsi 30 giorni dalla sua sottoscrizione;
   fino al 15 giugno 2013, i lavoratori interessati potranno presentare alla direzione risorse umane eventuali richieste di trasferimento presso gli impianti di Saronno;
   a partire dal 5 agosto 2013 l'azienda attiverà un processo di cassa integrazione guadagni straordinaria, con trattamento economico mensile anticipato dal datore di lavoro, che avrà la durata di 12 mesi continuativi e con termine fissato improrogabilmente alla data del 4 agosto 2014. Il ricorso alla procedura di Cig straordinaria – della quale l'accordo costituisce l'atto formale di avvio, il cui esito resta comunque subordinato all'approvazione di questo Ministero – interesserà n. 23 lavoratori dipendenti e sarà inteso a realizzare un percorso di graduale recupero e reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori dell'azienda. Nel corso dell'intero periodo di sospensione, non saranno attuati meccanismi di rotazione tra i lavoratori, a motivo della necessità di svolgere operazioni di svuotamento e bonifica degli impianti aziendali, che si presume saranno completate il 31 dicembre 2013;
   il ricorso al suddetto ammortizzatore sociale non osta a che i lavoratori in Cigs possano, nel periodo di sospensione dell'attività, iscriversi alle liste di mobilità, senza opposizione al licenziamento, al fine di ricollocare la loro professionalità presso altre aziende, ovvero dichiarare la propria disponibilità alla risoluzione del rapporto di lavoro al fine di conseguire l'indennità di mobilità in un'unica soluzione per l'avviamento di un'attività in proprio, ovvero risolvere il proprio rapporto di lavoro sulla scorta della maturazione dei requisiti pensionistici, utilizzando la contribuzione figurativa spettante per la CIGS e la successiva mobilità, e comunque previa dichiarazione scritta resa all'azienda e suffragata da adeguata certificazione contributiva;
   in caso di mancata autorizzazione ministeriale all'istanza di Cig straordinaria, l'azienda procederà mediante due
tranches di licenziamenti collettivi con effetto immediato, in data 5 agosto 2013 e 31 dicembre 2013, derogando al limite dei 120 giorni, come da facoltà prevista dalla legge della quale le parti hanno dichiarato di volersi avvalere, con immissione in mobilità di tutti i lavoratori entro e non oltre la data del 5 agosto 2014.
Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   META, GASBARRA, ARGENTIN, BONACCORSI, CAMPANA, CARELLA, COSCIA, CUPERLO, FERRO, GAROFANI, GENTILONI SILVERI, GREGORI, MADIA, MARRONI, MICCOLI, MORASSUT, ORFINI, STUMPO e TIDEI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata di sabato 3 agosto 2013 è stata organizzata dal comune di Roma capitale un'importante manifestazione per inaugurare la chiusura al traffico di via dei Fori Imperiali, nel tratto compreso tra largo Corrado Ricci e via Labicana, con la conseguente pedonalizzazione della strada;
   l'evento organizzato dal comune di Roma ha richiamato l'attenzione di tutti gli organi di informazione italiani e internazionali, numerose autorità, tra i quali rappresentanti diplomatici di Paesi stranieri, considerata la rilevanza dell'iniziativa;
   all'evento era annunciata la presenza della Presidente della Camera dei deputati, onorevole Laura Boldrini, la quale ha poi partecipato al taglio del nastro simbolico per celebrare la «Notte dei Fori», evento organizzato dal comune di Roma con numerosi spettacoli e iniziative gratuite, compresa l'apertura straordinaria di tutta l'area archeologica a ridosso del Colosseo e di piazza Venezia;
   il giorno precedente era stata annunciata una manifestazione, per la sera di sabato 3 agosto 2013, dei comitati di protesta contro l'ipotesi di localizzazione della nuova discarica di rifiuti trattati della capitale presso l'area, già utilizzata come discarica di rifiuti speciali, della Falcognana sulla via Ardeatina, alle porte di Roma;
   ai manifestanti era stata concessa per la loro manifestazione l'area di piazza della Bocca della Verità, a poche centinaia di metri da piazza Venezia, e al sit-in dei cittadini era presente anche l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno;
   i manifestanti dei comitati anti-discarica ad un certo punto della serata hanno cominciato a spostarsi verso l'area di via dei Fori Imperiali, dove si stavano per tenere le celebrazioni per la pedonalizzazione dell'area e dove la terza carica dello Stato, la Presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini, stava per partecipare al taglio del nastro insieme ad altre autorità ed al sindaco Ignazio Marino;
   ai manifestanti è stato concesso l'ingresso, non autorizzato dalla questura di Roma, nell'area dei Fori, mettendo in essere azioni di disturbo, ponendo a rischio la partecipazione di centinaia di migliaia di cittadini accorsi a via dei Fori Imperiali per l'evento, nonché l'incolumità delle autorità, a partire dalla Presidente della Camera dei deputati, del sindaco della città di Roma e delle delegazioni diplomatiche;
   nel corso della protesta è stata colpita alla testa dai manifestanti il vicecomandante della polizia municipale di Roma capitale –:
   se non ritenga di dover verificare presso la questura di Roma le modalità con cui è stata gestita la sicurezza della giornata del 3 agosto 2013 in riferimento all'arrivo dei manifestanti dei comitati anti-discarica, senza autorizzazione, nei pressi di via dei Fori Imperiali, al fine di accertare quali ordini siano stati impartiti per fronteggiare una contestazione violenta che, ha messo a rischio l'incolumità delle autorità e dei cittadini accorsi all'evento. (4-01622)

  Risposta. — Con l'interrogazione indicata in oggetto l'interrogante lamenta che la manifestazione dello scorso 3 agosto, organizzata dal comune di Roma in occasione della chiusura al traffico di via dei Fori Imperiali, sia stata turbata da un gruppo di persone che protestavano per la localizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti nella zona del Divino Amore.
  In particolare, viene posta in rilievo la circostanza che sarebbe stata messa in pericolo l'incolumità dei cittadini che avevano deciso di aderire all'iniziativa dell'amministrazione capitolina e delle stesse autorità intervenute, tra le quali l'onorevole Laura Boldrini, Presidente della Camera dei deputati.
  La manifestazione di protesta contro la localizzazione della discarica, regolarmente preavvisata alla questura di Roma, si sarebbe dovuta svolgere secondo modalità che, dopo l'iniziale raduno dei partecipanti a Piazza Bocca della Verità, ne prevedevano la conclusione in Piazza di Porta Capena, con un percorso che non interferiva con la concomitante cerimonia.
  Tuttavia, il corteo del manifestanti ha deviato repentinamente in direzione del Campidoglio, per poi successivamente dirigersi in via dei Fori Imperiali.
  La decisione assunta dai responsabili dell'ordine pubblico di non respingere o disperdere con la forza i manifestanti ha tenuto conto di diverse circostanze e, soprattutto, della variegata composizione del corteo, a cui aderivano, in misura significativa, donne, bambini e disabili.
  Sono state assunte, perciò, misure di prudente contenimento che hanno costantemente assicurato l'incolumità e la sicurezza dei cittadini e delle alte autorità intervenute, ancorché, in alcuni momenti, siano state rivolte contestazioni verbali all'indirizzo del sindaco, sempre riferite alla questione della discarica.
  Ciò si è verificato, in particolare, allorché il sindaco di Roma e il Presidente della Camera dei deputati hanno raggiunto a piedi, da via dei Fori Imperiali, il Colosseo, dove, all'altezza della stazione della metropolitana, in un'area di libero accesso al pubblico, stazionava un piccolo gruppo di persone, all'incirca una decina, che aderivano alla protesta contro la discarica.
  Tuttavia, anche nei momenti di maggiore concitazione, grazie alla pronta rimodulazione dei servizi da parte della questura, è stata garantita la protezione ravvicinata delle autorità, scongiurando qualsivoglia degenerazione della protesta in forme di violenza fisica.
  La stessa contusione, di lieve entità, accusata dal vice comandante della polizia di Roma Capitale è risultata del tutto accidentale, come, peraltro, dimostrano le immagini televisive.
  La cerimonia si è poi conclusa nel rispetto del programma e con l'illustrazione, da parte del sindaco di Roma, del progetto dell'area pedonale, senza che si registrassero ulteriori forme di contestazione, venuta a scemare anche grazie alla disponibilità annunciata dalle autorità capitoline di incontrare per il giorno seguente una delegazione dei manifestanti.
  Dalla ricostruzione del fatti emerge come l'ordine pubblico sia stato gestito contemperando le diverse esigenze, con la professionalità e l'accortezza adeguate al contesto divenuto particolarmente delicato.
  In ogni caso, in considerazione del fatto che non è stato rispettato il percorso preavvisato alla questura di Roma, l'autorità di pubblica sicurezza, come prevede la legge, ha immediatamente provveduto a darne notizia alla competente autorità giudiziaria.

Il Ministro dell'internoAngelino Alfano.


   MIGLIORE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la crisi finanziaria del 2008 ha messo in evidenza alcune carenze strutturali dell'economia europea;
   la risposta dell'Unione europea è stata quella di elaborare un nuova strategia politico-istituzionale che desse un nuovo abbrivio per il rilancio dell'economia europea, cercando di allentare il gap tecnologico, fissare nuovi obiettivi in materia di occupazione, produttività e coesione sociale;
   a tal proposito è stata elaborata dalla Commissione europea la strategia «Europa 2020» che fissa obiettivi ben precisi per l'occupazione e la crescita dell'Europa da raggiungere entro il 2020;
   per stimolare la crescita e l'occupazione sono state individuate dall'Europa sette iniziative prioritarie: agenda digitale europea, unione dell'innovazione, youth on the move (all'interno del pacchetto «Crescita Intelligente»), un'Europa efficiente sotto il profilo delle risorse, una politica industriale per l'era della globalizzazione (all'interno del pacchetto «Crescita Sostenibile»), un'agenda per le nuove competenze e i nuovi lavori e la piattaforma europea contro la povertà (all'interno del pacchetto «crescita solidale»);
    l'agenda digitale europea si propone si sfruttare al meglio il potenziale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) per favorire l'innovazione – abbattendo il cosiddetto «divario digitale», digital divide – la crescita economica e il progresso;
   tutte queste linee programmatiche sono state riassunte in una comunicazione (COM(2010)245) del 19 maggio 2010 indirizzata al Parlamento europeo, Consiglio europeo, Comitato economico e sociale, Comitato delle regioni;
   il titolo della comunicazione è: «Un'agenda digitale europea», il cui obiettivo principale è quello di voler sviluppare un mercato unico digitale con cui condurre l'Europa verso una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva;
   in data 22 giugno 2012 il Governo Monti ha emanato il decreto-legge n. 83 del 2012: «Misure urgenti per la crescita del Paese» (cosiddetto decreto sviluppo»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012;
   l'articolo 19 del decreto prevede l'istituzione dell'Agenzia digitale per Italia, nata dalla soppressione di DigitPA e dall'Agenzia per la diffusione delle tecnologie e per l'innovazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
   l'Agenzia per l'Italia digitale, sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio o del Ministro da lui delegato, opera sulla base dei principi di autonomia organizzativa, tecnico-operativa, gestionale, di trasparenza, economicità e persegue gli obiettivi di efficacia, efficienza, imparzialità, semplificazione e partecipazione dei cittadini e delle imprese;
   l'Agenzia per l'Italia digitale è preposta alla realizzazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, in coerenza con gli indirizzi elaborati dalla cabina di regia di cui all'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, e con l'Agenda digitale europea;
   l'articolo 21 del decreto-legge n. 83 del 2012 disciplina «organi e statuto» dell'Agenzia. Gli organi dell'Agenzia sono: il direttore generale, il comitato di indirizzo e il collegio dei revisori dei conti;
   il direttore generale dell'Agenzia viene nominato entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del decreto, previo avviso pubblico, è il legale rappresentante dell'Agenzia, la dirige e ne è responsabile, e resta in carica tre anni;
   a conclusione dell'avviso pubblico e dopo aver vagliato i curricula dei candidati, nella riunione del 30 ottobre 2012, il Consiglio dei ministri ha preso atto dell'avvenuta nomina del direttore generale dell'Agenzia nella persona dell'ingegnere Agostino Ragosa;
   in una nota di Palazzo Chigi si legge che: «...la nomina è il frutto di una valutazione collegiale, a cui si è giunti attraverso una procedura innovativa e aperta, per l'individuazione della figura professionalmente più adatta, sui principali siti dei Ministeri competenti è stato infatti pubblicato per 15 giorni un apposito avviso, al quale hanno risposto oltre 200 candidati...»;
   l'articolo 21, comma 4, del decreto-legge dispone che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, o del Ministro delegato, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, del Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, viene approvato lo statuto dell'Agenzia entro il termine di quarantacinque giorni dalla nomina del direttore generale;
   in data 18 ottobre 2012 il Governo Monti ha emanato il decreto-legge n. 179 del 2012: «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese (cosiddetto decreto sviluppo bis o decreto crescita 2.0) convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, con cui è stata approvata l'Agenda digitale;
   l'Agenzia per l'Italia digitale è lo strumento cardine per la realizzazione dell'agenda digitale;
   nel mese di marzo 2013 il Governo ha spedito alla Corte dei Conti per la registrazione lo statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale;
   da notizie di stampa si è appreso che in data 24 aprile 2013 il Governo ha chiesto alla Corte dei Conti di avere indietro lo statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale;
   da notizie di stampa emergerebbe che lo statuto sia stato ritirato, perché presentava più di un punto debole, quindi, per evitare la bocciatura dalla Corte dei Conti il Governo ha ritirato l'atto per poterlo modificare;
   la parte dello Statuto che andrebbe riscritta è quella relativa alla dotazione organica; precisamente, lo statuto fissa il tetto in 150 unità, mentre la norma istitutiva, articolo 22 del decreto-legge n. 83 del 2012, parla di un organico che dovrà essere formato dall'accorpamento del personale della soppressa DigitPA (circa 120 unità) e dall'Agenzia per la diffusione delle tecnologie e per l'innovazione della Presidenza del Consiglio dei ministri (due unità);
   il comma 6 dell'articolo 22 del decreto-legge n. 83 del 2012 recita che: «...entro quarantacinque giorni dalla nomina del Direttore Generale dell'Agenzia, è determinata l'effettiva dotazione delle risorse umane, nel limite del personale effettivamente trasferito ai sensi dei commi 3 e 4, con corrispondente riduzione delle dotazioni organiche delle amministrazioni di provenienza, fissate entro il limite massimo di 150 unità, nonché la dotazione delle risorse finanziarie e strumentali necessarie al funzionamento dell'Agenzia stessa, tenendo conto del rapporto tra personale dipendente e funzioni dell'Agenzia, in un'ottica di ottimizzazione delle risorse e di riduzione delle spese per il funzionamento e per le collaborazioni esterne...»;
   la cifra di 150 unità è la cifra massima, che non necessariamente deve essere raggiunta, mentre lo Statuto afferma che la dotazione dell'Agenzia è fissata in numero di 150 unità;
   alla Corte dei Conti ha destato seri dubbi la situazione relativa alla composizione del comitato di indirizzo che è presieduto dal direttore generale, una situazione questa che potrebbe creare un cortocircuito dato che nel ruolo amministrativo apicale della struttura, che deve fornire le linee di operatività, e, dunque, allo stesso direttore, sieda lo stesso direttore;
   l'ultimo articolo dello statuto, il quale prevede, in via transitoria, la copertura in posti dirigenziali per garantire la piena operatività al nuovo organismo, assegna al direttore generale la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato, per un massimo di due anni non rinnovabili, a persone di comprovata professionalità, da assumere con qualifiche dirigenziali, di cui tre di livello generale. Anche quest'aspetto è stato oggetto di dubbi di legittimità da parte della Corte dei Conti a causa di possibili spese eccessive e fuori luogo;
   alla luce di quanto descritto al punto precedente il direttore generale, ingegner Agostino Ragosa, sempre secondo notizie di stampa, vorrebbe carta bianca sulle assunzioni dei dirigenti e dell'organico di 150 persone, non tenendo conto che il cosiddetto decreto crescita 2.0 stabilisce che l'Agenzia ha diritto a circa 28 unità in meno alle attuali 150, cioè lo stesso numero di dipendenti provenienti dagli altri due enti soppressi e accorpati nell'Agenzia, questo anche nell'ottica di un risparmio dei costi per le casse dello Stato, così come previsto dallo stesso decreto istitutivo dell'Agenzia;
   le organizzazioni sindacali con una missiva indirizzata al direttore generale, ingegner Agostino Ragosa, hanno protestato rispetto alla stesura dello Statuto, fatta da un Governo dimissionario, e al tentativo dell'approvazione dello statuto, venuto meno grazie all'atteggiamento accorto della magistratura contabile, il quale contiene «previsioni» che appaiono in assoluto contrasto con la stessa norma di risparmio e contenimento della spesa pubblica, si pensi al decreto-legge n. 95 del 2012, cosiddetto decreto spending review, e al decreto istitutivo dell'Agenzia stessa;
   altre notizie di stampa affermano che lo statuto è stato ritirato per evitare una bocciatura da parte della Corte dei Conti;
   il direttore generale, ingegner Agostino Ragosa, ha affermato su quotidiani nazionali che lo statuto è stato ritirato dal Governo per un vizio di procedura: è stato spedito alla Corte dei Conti dal Ministero dello sviluppo economico, mentre sarebbe dovuto arrivare direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri;
   risulta da notizie di stampa e, precisamente, da un virgolettato del direttore generale dell'Agenzia, che si starebbe lavorando ad un programma per gli anni 2013-2015 da 26 miliardi di euro che saranno assegnati con gare pubbliche;
   la prima gara pubblica sarà di 2,5 miliardi di euro e verrà assegnata entro ottobre 2013 con lo scopo di creare il sistema pubblico di connettività (SPC);
   a tutt'oggi si è accumulato un gravissimo ritardo rispetto ai decreti attuativi del decreto-legge n. 83 del 2012, l'unico decreto attuativo emanato è soltanto quello della nomina del direttore generale dell'Agenzia, e del decreto-legge n. 179 del 2012 per il quale sono stati emanati tre decreti attuativi a fronte di 36 decreti attuativi mancanti;
   da un articolo pubblicato in data 4 maggio 2013 sul quotidiano Il Sole24ore, il direttore generale dell'Agenzia, ingegner Agostino Ragosa, ha affermato che: «...rispetto alla partenza dell'Agenda Digitale andrebbe individuato un meccanismo di semplificazione tant’è che la governance del sistema digitale italiano è un capolavoro di bizantinismo. Da un lato si è fatto ordine nelle varie strutture tecniche – DigitPa, Agenzia per l'innovazione, Dipartimento per la digitalizzazione della Presidenza del Consiglio – accorpandole in un'unica agenzia, dall'altro si è scelto di non scegliere affidando la vigilanza e il coordinamento politico della stessa Agenzia a quattro ministeri, oltre che alla Presidenza del Consiglio e a due rappresentati della Conferenza Unificata. Oltretutto, il Comitato di indirizzo che dovrebbe essere espressione di questo mostro burocratico non si è ancora insediato, in attesa che vengano nominati i membri regionali...»;
   secondo le dichiarazioni rese dal direttore generale dell'Agenzia l’impasse in cui versa lo stesso ente sarebbe da imputare al «...capolavoro di bizantinismo...» partorito dalle leggi istitutive. Sempre secondo le sue stesse affermazioni ci sarebbero degli impedimenti oggettivi per far partire i primi step dell'Agenda digitale italiana;
   da una lettura della legge istitutiva dell'Agenzia, emergono evidenti gli adempimenti che il direttore generale dell'Agenzia, avrebbe dovuto e potuto porre in essere per consentire un normale svolgimento della sua attività ossia: definire le risorse finanziarie, strumentali e professionali propedeutiche all'elaborazione e, successiva emanazione dello statuto;
   pur in assenza dello statuto dell'Agenzia, il direttore generale avrebbe potuto agire in base da quanto stabilito dal comma 2 dell'articolo 22 del decreto-legge n. 83 del 2012 che così recita: «... Il Direttore Generale esercita in via transitoria le funzioni svolte dagli enti soppressi e dal Dipartimento di cui all'articolo 20, comma 2, in qualità di Commissario Straordinario, fino alla nomina degli altri organi dell'Agenzia per l'Italia Digitale...»;
   emerge dalla lettura dello statuto e, in relazione alla legge istitutiva, la dubbia legittimità dell'articolo 6, comma 3, dello statuto (attribuzione del direttore) perché è in palese contrasto con i princìpi normativi enunciati dal decreto legislativo n. 165 del 2001 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), nella parte in cui si fa confusione tra gestione e indirizzo dell'Agenzia;
   l'articolo 11, commi 1 e 2, dello statuto (princìpi generali di organizzazione e di funzionamento) a giudizio degli interroganti non è in linea l'articolo 22, comma 8, della legge istitutiva dell'Agenzia che così recita: «...All'attuazione degli articoli 19, 20, 21 e 22 si provvede con le risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica...»;
   desta sorpresa e preoccupazione l'inserimento all'articolo 15 dello statuto (norma transitoria per la copertura provvisoria di posizioni dirigenziali e in materia di assunzioni) di una norma transitoria per la copertura provvisoria di posizioni dirigenziali, senza che ci sia una espressa previsione legislativa di rango superiore ed, inoltre, in evidente contrasto con i princìpi enunciati dal decreto legislativo n. 165 del 2001;
   da ultimo, è opportuno tenere in debita considerazione quanto affermato da recenti analisi macroeconomiche fatte da esperti di economia e dall'OCSE, che individuano nell'Agenda digitale europea un importante moltiplicatore della crescita economica dell'Unione europea –:
   quali siano stati i criteri di selezione «innovativi» per individuare i candidati che avessero i requisiti necessari a ricoprire l'incarico di direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale;
   se non si ritenga, alla luce di quanto suddescritto, di rimuovere l'organo di gestione dell'Agenzia per l'Italia digitale, ossia il direttore generale, ingegner Agostino Ragosa, dall'incarico che ricopre in base alla normativa prevista in materia;
   quali siano stati i pregiudizi di natura economico-patrimoniale cagionati al «sistema Paese» da quella che agli interroganti appare l'inefficienza del management dell'Agenzia digitale per l'Italia;
   se il Governo non ritenga opportuno valutare preventivamente e concordemente con lo spirito della legge che istituisce l'Agenzia e dà avvio all'Agenda digitale per l'Italia, le opportune iniziative che rispettino in modo cogente i crismi stabiliti dalle norme in materia. (4-00734)

  Risposta. — L'interrogante chiede di conoscere le valutazioni del Presidente del Consiglio sull'attuazione dell'agenda digitale italiana e sulla situazione organizzativa dell'agenzia digitale italiana.
  Il Governo, sin dal suo insediamento, è fortemente impegnato nel sostegno allo sviluppo delle tecnologie della comunicazione e della informazione del Paese ben comprendendo, in linea con l'agenda digitale europea, i vantaggi economici e occupazionali derivanti.
  A riprova dell'attenzione verso la maggiore diffusione ed utilizzazione delle tecnologie, si evidenzia che il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, articolo 10, in corso di conversione ha, tra l'altro, agevolato la diffusione dell'uso di
internet, con l'introduzione della norma che consente il cosiddetto wi-fi libero.
  Non si limita al predetto intervento, ovviamente, la strategia complessiva volta alla modernizzazione dei rapporti tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese, alla riduzione del digital divide esistente in Italia e al coinvolgimento del più ampio numero di cittadini-utenti nell'uso continuo degli strumenti che la moderna tecnologia mette a disposizione.
  Tra le prime questioni sulle quali questo Governo si è impegnato spicca certamente la
governance complessiva dell'agenda digitale italiana: il sistema previsto dalla vigente legislazione, dimostratosi troppo farraginoso, anche a causa del coordinamento politico affidato alla concertazione tra più Ministri, è stato semplificato e reso più efficiente con alcune emblematiche modifiche introdotte dall'articolo 13 del citato decreto, che si richiamano brevemente.
  Al fine di rafforzare e accelerare la realizzazione degli obiettivi dell'agenda digitale, la cabina di regia sarà presieduta dal Presidente del Consiglio che rimane l'unico vigilante sull'agenzia digitale italiana.
  Nell'ambito della cabina di regia è stato istituito il tavolo permanente per l'innovazione e l'agenda digitale italiana, organismo consultivo permanente composto da esperti in materia di innovazione tecnologica e da esponenti delle imprese private e delle università, presieduto dal commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale. Per semplificare l'attuazione dei progetti dell'agenda digitale sono state apportate modifiche legislative, ad esempio, in materia di fascicolo sanitario elettronico, sistema pubblico di connettività e diffusione del domicilio digitale.
  È stata introdotta, in sede di conversione e con il parere favorevole del Governo, anche una norma che consente di velocizzare i procedimenti di adozione dei regolamenti e decreti di attuazione previsti da vari articoli del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.
  Per quanto concerne la gestione e l'organizzazione dell'agenzia digitale italiana, sulla quale l'interrogante si sofferma diffusamente, si rappresenta quanto segue.
  L'attuale direttore generale, ingegner Agostino Ragosa, è stato nominato nel rispetto dei criteri per il conferimento degli incarichi dirigenziali definiti dall'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, tra i candidati che hanno risposto all'avviso pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 217 del 17 settembre 2012 e aventi una particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di innovazione tecnologica, in possesso di una comprovata esperienza di elevato livello nella gestione di processi di innovazione, tanto nel settore pubblico quanto nel settore privato.
  Relativamente alle notizie di stampa, riportate dall'interrogante, si rappresenta che agli atti dell'ufficio risulta che la Corte dei conti ha ritenuto che lo Statuto dovesse essere vistato dall'ufficio di bilancio della Presidenza del Consiglio e non dall'Ufficio di bilancio del Ministero dello sviluppo economico, come erroneamente accaduto in una prima fase, e per questo motivo è stato restituito.
  Nelle more del visto della Corte si è insediato l'attuale Governo che, avendo compiuto ulteriori valutazioni sull'organizzazione dell'agenzia, ha ritenuto necessario rimodulare sia la dotazione organica, prevedendo il limite complessivo a 130 unità (rispetto alle 150 iniziali) sia le correlate risorse finanziarie e strumentali necessarie al funzionamento dell'agenzia, sia, infine, la vigilanza dell'agenzia stessa affidata al solo Presidente del Consiglio. Le suddette modifiche sono state apportate con il citato decreto-legge n. n. 69 del 2013.
  Conseguentemente la Presidenza del Consiglio ha ritenuto di ritirare lo Statuto per una rielaborazione alla luce dello
ius superveniens.
  Le preoccupazioni espresse dall'interrogante sulla spesa per il personale possono essere fugate poiché si provvederà con decreto del Presidente del Consiglio alla determinazione delle risorse umane, dirigenziali e non, nell'ottica di ottimizzazione delle risorse e di riduzione delle spese per il funzionamento e per le collaborazioni esterne.
  Vengono attribuiti, inoltre, alla Corte dei conti alcuni dubbi circa la composizione del comitato di indirizzo, fermo restando che la stessa non si è mai espressa in merito, si richiama l'attenzione dell'interrogante, sul fatto che il direttore dell'agenzia non è ricompreso tra i membri del comitato, ai sensi dell'articolo 21 del decreto-legge n. 83 del 2012.
  Infine, con riferimento alle scelte politiche generali in materia di agenda digitale si rende noto che il Commissario del Governo per l'attuazione dell'agenda digitale è, comunque, già al lavoro per predisporre una
roadmap relativa a tutti i progetti in essere e dare il contributo adeguato del nostro Paese al prossimo Consiglio europeo di ottobre che verterà, tra l'altro, proprio sui temi dell'agenda digitale europea.
  A livello nazionale, la cabina di regia presenterà, a breve, al Parlamento una relazione sullo stato dei programmi di digitalizzazione e si può già ora anticipare, all'interrogante, che non si sono verificate significative interruzioni al regolare processo di realizzazione degli obiettivi, grazie all'impegno operativo delle strutture che sono ora riunite nell'agenzia digitale italiana e delle altre amministrazioni coinvolte nella realizzazione dell'agenda digitale italiana.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministriFilippo Patroni Griffi.


   MONTRONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la graduatoria per l'accesso alle scuole dell'infanzia statali del comune di Castel San Pietro Terme (BO) per l'anno scolastico 2013-2014 è stata pubblicata il 27 marzo 2013;
   tale graduatoria evidenzia che circa il 45 per cento delle richieste non ha trovato accoglimento. Infatti le richieste di iscrizione sono risultate 184 a fronte di un numero di posti disponibili complessivamente pari a 102 (71 nelle scuole dell'infanzia «Ercolani» e «Rodari» in comune di Castel San Pietro Terme, 3 nella scuola materna di San Martino in Pedriolo, frazione del comune di Casalfiumanese, facenti capo alla direzione didattica statale del comune di Castel San Pietro Terme e 28 nella scuola dell'infanzia «G. Grandi» di Osteria Grande, frazione del comune di Castel San Pietro Terme e facente parte dell'istituto comprensivo del comune medesimo);
   l'esclusione di 82 bambine e bambini (55 alle «Ercolani» e «Rodari» di Castel San Pietro Terme; 19 alle «G. Grandi» e 8 a San Martino in Pedriolo) ha sollevato forte contrarietà tra le famiglie coinvolte e più in generale nelle comunità locali determinando la richiesta agli enti preposti di istituire quattro nuove sezioni (due a Castel San Pietro Terme, una a Osteria Grande e una San Martino in Pedriolo);
   le amministrazioni comunali di Castel San Pietro Terme e Casalfiumanese hanno già assunto l'impegno a predisporre gli spazi per ospitare le nuove sezioni ed unitamente ai genitori hanno rivolto richiesta alla direzione dell'ufficio scolastico della regione Emilia Romagna affinché sia previsto il personale insegnante necessario all'apertura delle nuove sezioni;
   quanto avvenuto nei comuni sopra citati avviene purtroppo in molte regioni e comuni del Paese –:
   se e quali azioni intenda assumere al fine di assicurare l'offerta della scuola dell'infanzia in modo adeguato alle necessità delle famiglie. (4-00403)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante chiede che vengano attivate maggiori sezioni per la scuola dell'infanzia con riferimento specifico al comune di Castel San Pietro Terme (Bologna).
  Si rappresenta preliminarmente che la circolare n. 10 del 21 marzo 2013, relativa alle dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2013/2014, per la scuola dell'infanzia ha confermato in organico di diritto i posti attivati in organico di fatto nell'anno 2012/2013 disponendo che eventuali incrementi di posti finalizzati all'estensione del servizio possono essere autorizzati dall'ufficio scolastico regionale nell'ambito delle risorse complessive assegnate.
  Riguardo alla situazione della scuola dell'infanzia del comune di Castel San Pietro Terme è stato interessato il competente ufficio scolastico regionale il quale, sentito anche l'ufficio di ambito territoriale ha comunicato che in tale comune risultano attualmente 82 bambini in lista d'attesa per l'iscrizione alla scuola dell'infanzia, cumulando le richieste pervenute alla direzione didattica ed all'istituto comprensivo.
  L'ufficio scolastico regionale non ha potuto autorizzare, in organico di diritto, nuove sezioni statali in considerazione della indisponibilità di risorse aggiuntive e ha proceduto alla conferma delle 11 sezioni a tempo normale operanti nella direzione didattica e delle 5 sezioni a tempo normale operanti nell'Istituto comprensivo.
  D'intesa con la provincia di Bologna, a seguito di un monitoraggio congiunto sulle situazioni di maggiore criticità per la scuola dell'infanzia, il comune di Castel San Pietro Terme è risultato avere maggiore priorità.
  Pertanto l'ufficio scolastico regionale confida di poter intervenire nella determinazione dell'organico di fatto previsto per l'anno scolastico 2013/2014, compatibilmente con le risorse che verranno assegnate.
  Si fa presente infine che il numero di sezioni statali autorizzate nella provincia di Bologna è aumentato costantemente nell'ultimo decennio passando da 344 sezioni dell'organico di diritto dell'anno 2000/2001 a n. 515 sezioni dell'anno scolastico 2012/2013.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaMaria Chiara Carrozza.


   NACCARATO, MIOTTO e NARDUOLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel novembre 2010, uno degli interroganti ha depositato un'interrogazione a risposta scritta riguardante la situazione della società Helios Technology, con sede legale in via Postumia 9/b a Carmignano di Brenta (Padova) – soggetta alla direzione e al coordinamento della società Kerself Spa con sede in Prato di Correggio (Reggio Emilia);
   la società si apprestava a predisporre la cassa integrazione per 190 dei 200 dipendenti in seguito a una grave crisi finanziaria che ha investito sia Helios che Kerself determinando un calo della produzione, incrementi nelle perdite e un forte indebitamento, impedendo di fatto l'approvvigionamento di materie prime indispensabili al proseguimento dell'attività;
   nel frattempo al Gruppo Kerself è succeduto nella proprietà il gruppo Aiòn Renewable che non è stato in grado di risolvere le difficoltà dell'impresa;
   Aiòn Renewable s.p.a. dispone di un capitale sociale di 24,7 milioni di euro ed è partecipata per il 28 per cento da Avelar Energy LTD, per il 19 per cento da Zongyi Luxembourg investement Sarl, per il 24 per cento da Free Float, per l'8 per cento da Finmav s.p.a., per il 7 per cento da Nobis s.r.l., per il 6 per cento da Vitrè s.a.s., e per il restante 8 per cento da Francesco e Sebastiano Maggi;
   il Ministero, nella persona del viceministro Michel Martone, ha risposto alla interrogazione citata, ripercorrendo la storia della vicenda e descrivendo la delicata situazione attuale confermando lo stato di precario equilibrio economico finanziario delle società citate;
   in particolare il Ministero fa presente che «nel primo semestre 2010, il gruppo Kerself è entrato in crisi, registrando un calo del valore della produzione e un incremento delle perdite e dell'indebitamento complessivo. Analogo trend negativo è stato registrato a partire dal 2010 anche dalla Helios Technology s.p.a., tale condizione è stata determinata dalle difficoltà dell'azienda di approvvigionarsi di materie prime a causa della carenza di liquidità. A partire dal 2009, infatti la Helios Technology s.p.a. Ha sostenuto forti investimenti finalizzati all'acquisto di nuovi impianti ad alta tecnologia; ad aggravare la situazione di crisi è intervenuta, nell'ottobre del 2010, la conclusione in senso sfavorevole per la Helios dell'arbitrato internazionale della International Chamber of Commerce di Parigi che ha imposto all'azienda il pagamento di 30 milioni di euro alla società cinese LDK Solar Co.Ldt, in relazione ad un contratto di fornitura di silicio stipulato tra le due aziende. In seguito alle forti preoccupazioni espresse dalle organizzazioni sindacali circa lo stato dell'azienda, si sono svolti presso le istituzioni comunali e provinciali vari incontri con le parti sociali, nel corso dei quali si è convenuto di ricorrere alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, di cui Helios Technology s.p.a. Ha usufruito nell'anno 2010 e 2011»;
   in seguito Helios Technology s.p.a. con il piano industriale 2010-2014 si è impegnata a far ripartire la produzione e a mantenere i livelli di occupazione;
   nella stessa risposta il Ministero fa presente che «la Regione Veneto ha rappresentato che in assenza di incentivi finalizzati all'acquisto di moduli fotovoltaici, in prospettiva si potrebbe arrivare alla chiusura degli impianti stante la mancanza di nuovi ordini della specifica linea produttiva»;
   occorre considerare che tra il 2010 e il 2011, in seguito a pronunce dell'Unione europea che hanno giudicato eccessivi gli incentivi italiani al settore fotovoltaico, tali addirittura da comportare meccanismi distorsivi della concorrenza, detti incentivi sono stati ridotti;
   infine il Ministero fa sapere che alla data del 13 febbraio scorso né Aiòn né Helios avevano richiesto incontri presso il Ministero del lavoro per l'esame della situazione occupazionale;
   l'8 marzo 2013 il titolo Aiòn Renewable è stato sospeso dalle borse fino a data da destinarsi e oggi si apprende dalla stampa che il tribunale di Reggio Emilia ha dichiarato il fallimento della stessa società rimandando al 24 settembre l'esame delle passività che pare ammontino a 245 milioni di euro;
   questa notizia coinvolge direttamente le due società, Ecoware di Padova e la Helios Technology di Carmignano sul Brenta, e pone in seria difficoltà la prospettiva di salvaguardare i 290 dipendenti già pesantemente danneggiati dall'andamento delle due imprese e dai cronici ritardi nei pagamenti degli stipendi;
   il prossimo 4 aprile si terrà un vertice presso la Provincia di Padova per valutare ipotesi di piani industriali tesi a tutelare i dipendenti sui quali, tuttavia, pesa la vicenda di Aiòn Renewable s.p.a. che appare difficilmente risolvibile –:
   se i Ministri siano al corrente dei fatti fin qui esposti;
   in che modo i Ministri intendano adoperarsi per evitare che la situazione sopra descritta possa degenerare sino a comportare il blocco totale degli stabilimenti Helios ed Ecoware e la conseguente perdita di 290 posti di lavoro;
   se i Ministri intendano coinvolgere la regione Veneto, tramite l'agenzia Veneto Sviluppo, per salvaguardare una realtà produttiva che occupa numerosi lavoratori ed è all'avanguardia nella produzione di moduli fotovoltaici. (4-00085)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con cui si chiede quali iniziative si intendano adottare in merito alla situazione occupazionale della Helios technology Spa, si rappresenta quanto segue.
  La società
Helios technology fa parte del gruppo Aiòn renewables con sede a Carmignano sul Brenta (Padova) e opera nel settore della produzione, progettazione e installazione di impianti solari fotovoltaici. Essa applica il Contratto collettivo nazionale di lavoro dell'industria metalmeccanica ed occupa attualmente 158 unità lavorative.
  La grave crisi che ha investito l'intero gruppo
Aiòn renewables di cui la Helios technology Spa fa parte, ha pesantemente colpito tutto il cosiddetto distretto veneto del fotovoltaico ed ha determinato una situazione di difficoltà sociale e di squilibrio economico e finanziario generati da una costante e progressiva flessione del fatturato e perdita di commesse.
  In considerazione della grave crisi descritta e stante le difficoltà gestionali della stessa, la società si è vista costretta, successivamente all'incontro svoltosi il 30 ottobre 2012 in sede aziendale con le organizzazioni sindacali, a sospendere l'intero organico occupato presso l'unità di Carmignano sul Brenta (Padova).
  Successivamente la società ha presentato a questo Ministero istanza per l'espletamento dell'esame congiunto
ex articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 10 giugno 2000, n. 218 (Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento per la concessione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria e di integrazione salariale a seguito della stipula di contratti di solidarietà, ai sensi dell'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59), per l'esame della situazione aziendale della suddetta unità produttiva. A seguito di ciò, le parti sono state convocate il 29 novembre 2012.
  Nel corso dell'incontro il rappresentante aziendale ha preliminarmente rappresentato che presso l'unità produttiva di Carmignano sul Brenta (Padova) l'attività aziendale si articola nei seguenti reparti: amministrazione e controllo, acquisti, commerciale, tecnico, produzione moduli, reparti di manutenzione, qualità e ricerca e sviluppo e logistica, servizi generali, pulizie, personale, centralini, comunicazione, direzione ed I.T.
  Con il verbale di accordo sottoscritto in pari data da questo Ministero, dall'azienda e dalle organizzazioni sindacali, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, sono stati condivisi due differenti percorsi di cassa integrazione guadagni che interessano la totalità dei lavoratori in organico. Più in particolare:
   per i reparti di amministrazione e controllo, acquisti, commerciale, tecnico, produzione moduli, reparti di manutenzione, qualità e ricerca e sviluppo e logistica, servizi generali, pulizie, personale, centralini, comunicazione, direzione ed I.T., nell'ottica aziendale di varare il modello produttivo, per razionalizzare le risorse contenendo al tempo stesso i costi fissi, la società farà ricorso ad un trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale della durata di 12 mesi. Ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge n. 223 del 1991 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro) e dell'articolo 1 del decreto ministeriale n. 31826 del 18 dicembre 2002, modificato con decreto ministeriale n. 35302 del 15 dicembre 2004, l'intervento di cassa integrazione guadagni straordinaria riguarderà un numero massimo di 117 unità lavorative occupate presso i reparti non oggetto di cessazione di attività e si articolerà secondo le seguenti modalità:
    1) l'individuazione dei lavoratori da sospendere dovrà avvenire sulla base delle esigenze tecnico-organizzative e produttive aziendali e gli stessi verranno sospesi a zero ore e/o ad orario ridotto;
    2) le parti concordano che verrà attuata la rotazione tra i lavoratori tenuto conto delle esigenze tecnico-organizzative e produttive aziendali, nonché della fungibilità delle mansioni. Le tempistiche di detta rotazione verranno esaminate tra le parti in sede locale;
    3) nel corso del periodo di intervento della cassa integrazione guadagni straordinaria le parti concordano di affiancare il suddetto percorso con un piano di risanamento che prevede investimenti in nuovi macchinari e materiali, elaborazione di nuove tecnologie di produzione e riduzione dei costi fissi e di struttura. Le parti concordano altresì che durante il periodo di integrazione salariale, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e ridurre il numero delle eccedenze, verranno utilizzati i medesimi strumenti previsti per la gestione degli esuberi nell'ambito del percorsi di cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione parziale di attività;
    4) l'azienda chiederà all'Inps il pagamento diretto del trattamento di integrazione salariale;
   per il reparto di produzione celle, la medesima società farà ricorso ad un trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale per cessazione parziale di attività per 24 mesi. Ai sensi del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291 (Interventi urgenti in materia di politiche del lavoro e sociali) e dell'articolo 33, comma 23, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità per il 2012), a decorrere dal 30 ottobre 2012 l'intervento di integrazione salariale riguarderà un numero massimo di 41 unità lavorative. Al riguardo le parti hanno condiviso un piano biennale per la gestione delle eccedenze, stante la complessità delle iniziative da porre in essere in considerazione del difficile momento congiunturale sotto il profilo occupazionale attraversato dal territorio di riferimento.

  Per il primo anno il piano di gestione degli esuberi sarà così articolato:
   1) ricollocazione esterna preferibilmente presso le altre aziende del gruppo
Aiòn renewables o presso aziende fornitrici, nonché presso aziende terze interessate ad acquisire alcune delle figure professionali coinvolte nel percorsi di cassa integrazione guadagni straordinaria;
   2) ricollocazione esterna attraverso il supporto dei centri per l'impiego della provincia di Padova e delle agenzie per il lavoro accreditate al
network provinciale per la ricerca di opportunità di lavoro in aziende del territorio;
   3) percorsi formativi e di riqualificazione professionale nell'ambito delle iniziative istituzionali e dei progetti di attuazione delle politiche attive del lavoro promosse dagli enti pubblici. La formazione potrà avvenire ricorrendo alle risorse disponibili presso i fondi per la formazione interprofessionale;
   4) procedura di licenziamento collettivo subordinata al requisito della non opposizione finalizzata alla ricollocazione presso aziende terze, ad iniziative di autoimprenditorialità ed al raggiungimento dei requisiti pensionistici secondo la normativa vigente.

  Per il secondo anno di cassa integrazione guadagni straordinaria si confermano tutti gli strumenti evidenziati per la gestione degli esuberi per il primo anno.
  Inoltre nel verbale di accordo viene specificato quanto segue: i lavoratori da sospendere saranno individuati in base al criterio dell'appartenenza al reparto oggetto della cessazione di attività e i lavoratori verranno sospesi a zero ore e, trattandosi di cessazione di attività, non è prevista la rotazione del personale; la società si impegna ad attuare il piano di gestione degli esuberi e le parti concordano che le misure e i piani sopra descritti saranno idonei a consentire, entro i primi dodici mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria (dal 30 ottobre 2012 al 29 ottobre 2013) la gestione positiva di almeno il 30 per cento (pari a 12 unità lavorative) del personale dichiarato in esubero, prendendo atto che il raggiungimento di tale risultato è requisito indispensabile per l'accesso al secondo anno di intervento della cassa integrazione guadagni straordinaria; la società prevede inoltre che gli strumenti individuati potranno determinare, nel corso dei 12 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria (dal 30 ottobre 2013 al 29 ottobre 2014) la gestione dei lavoratori ancora in esubero e l'azienda chiederà all'Inps il pagamento diretto del trattamento di integrazione salariale.
  Il secondo anno di cassa integrazione potrà essere concesso nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili.
  Le parti si incontreranno, in sede locale, con cadenza di norma bimestrale o su richiesta, per la verifica dell'andamento della cassa integrazione guadagni straordinaria e del piano di gestione degli esuberi.
  L'Inps ha comunicato infine i seguenti periodi di integrazione salariale già fruiti dalla
Helios technology Spa:
   cassa integrazione ordinaria: 11 settimane nel 2010 e 27 settimane nel 2011 a conguaglio, nonché 22 settimane nel 2012 a pagamento diretto;
   cassa integrazione straordinaria: 10 settimane nel 2012 e 9 settimane nel 2013 a pagamento diretto.

Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   OLIVERIO. – Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. – Per sapere — premesso che:
   la regione Calabria ha approvato per appello nominale e con maggioranza semplice e precisamente con 37 votanti su 50 consiglieri, favorevoli 24, contrari 3, astenuti 10, la legge regionale 16 maggio 2013 n. 24 recante il «Riordino enti, aziende regionali, fondazioni, agenzie regionali, società e consorzi comunque denominati, con esclusione del settore sanità»;
   la richiamata legge prevede in particolare, all'articolo 5, l'accorpamento dei consorzi provinciali per le aree di sviluppo industriale (ASI), già istituiti con la legge regionale 24 dicembre 2001 n. 38;
   lo statuto della regione Calabria prevede tuttavia, all'articolo 54 comma 3, che: «con legge approvata a maggioranza di due terzi dei componenti del Consiglio regionale, la Regione può istituire enti, aziende e società regionali, anche a carattere consortile, con enti locali o con altre regioni, nonché partecipare o promuovere intese anche di natura finanziaria»;
   le ASI rientrano a pieno titolo fra gli organi costituiti tra regione ed enti locali; per esempio, dell'ASI di Crotone fanno parte oltre la regione, la provincia, il comune di Crotone, il comune di Rocca di Neto, il comune di Isola Capo Rizzuto, il consorzio di bonifica della provincia di Crotone ed altri enti;
   in considerazione dell'articolo 54, comma 3, dello statuto della regione Calabria, i consorzi provinciali per le aree di sviluppo industriali (ASI) possono essere istituiti solo con una legge approvata con la maggioranza qualificata dei due terzi prevista dallo statuto e non con una legge approvata con la maggioranza semplice, come del caso della legge 16 maggio 2013, n. 24, richiamata in oggetto;
   lo statuto ha competenza in materia di disciplina del procedimento legislativo ai sensi dell'articolo 123 della Costituzione e, in considerazione di ciò, lo statuto può disciplinare anche maggioranze aggravate per determinate tipologie di leggi, come ad esempio nel caso della legge elettorale (sentenza n. 2 del 2004 della Corte costituzionale);
   dunque la violazione della procedura prevista dallo statuto regionale si configura come una violazione indiretta della Costituzione, che lo identifica come fonte sulle fonti regionali e dunque vincola al rispetto del medesimo nel procedimento legislativo –:
   se sia al corrente della situazione e se non intenda valutare se sussistano i presupposti per esercitare il suo potere di impugnativa esplicitamente previsto dall'articolo 127 della Costituzione, considerata la palese violazione dell'articolo 54, comma 3, dello statuto operata in sede di approvazione della legge n. 24 del 2013 da parte del consiglio della regione Calabria, in particolare avendo questi proceduto ad approvarla senza la maggioranza qualificata richiesta. (4-00994)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
  La regione Calabria, con la legge in oggetto, in attuazione dell'articolo 9 del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, al fine di concorrere al raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, ha provveduto alla riorganizzazione di numerosi enti regionali mediante fusione, accorpamento e soppressione degli stessi enti, delle aziende regionali, delle fondazioni, delle agenzie regionali, società e consorzi comunque denominati. Tale riordino nasce dall'esigenza di razionalizzazione per il contenimento dei costi, ormai non più imprescindibile.
  I settori individuati dalla regione sono:
a) politiche sociali e del lavoro; b) servizi ed assistenza finanziaria alle imprese; c) gestione del patrimonio immobiliare regionale; d) cultura e turismo; e) agricoltura, montagne e foreste.
  La suddetta legge regionale, approvata con la maggioranza semplice, in particolare all'articolo 5, prevede l'accorpamento dei consorzi provinciali per le aree di sviluppo industriale, già istituiti con la legge regionale n. 38 del 2001, in un unico consorzio regionale per lo sviluppo delle attività produttive, denominato CORAP. L'interrogazione lamenta l'illegittimità costituzionale della legge regionale in quanto approvata dal consiglio regionale a maggioranza semplice, mentre l'articolo 54, comma 3, dello statuto di autonomia, afferma che la regione possa istituire enti, aziende e società regionali, «con legge approvata a maggioranza dei due terzi dei componenti del consiglio regionale».
  Si ritiene che tale disposizione non presenti criticità, in quanto la norma statutaria prevede una maggioranza qualificata per l'approvazione di leggi regionali che istituiscano nuovi enti regionali, al fine di raggiungere obiettivi di contenimento della spesa pubblica, mentre la legge regionale in oggetto, intende, viceversa, provvedere alla soppressione, fusione e accorpamento di enti regionali, mirando a razionalizzare la spesa.
  Non sono stati formulati rilievi di illegittimità costituzionale da parte dei ministeri competenti e, pertanto, il Consiglio dei ministri, alla data del 12 luglio 2013, ha deliberato la non impugnativa della legge regionale.

Il Ministro per gli affari regionali e le autonomieGraziano Delrio.


   OTTOBRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 aprile, alcuni organi d'informazione hanno dato risalto alla vicenda di Paolo Clari, idraulico 58enne di Riva (TN), al quale 2 anni fa, dopo un banale incidente in scooter, era stata erroneamente diagnosticata una lussazione della spalla, quando in realtà si trattava di una rottura dei legamenti con necessità di intervento chirurgico;
   cure sbagliate e inefficaci hanno compromesso definitivamente le possibilità motorie del signor Clari, il quale oggi è nell'impossibilità di poter continuare a svolgere il suo lavoro di idraulico, così come gli è stato ribadito dai medici che lo hanno visitato e operato 2 anni dopo l'incidente;
   si deduce da questo che per il signor Clari si possa parlare di vera e propria menomazione, se si pensa che l'attività lavorativa del signor Clari non può essere inclusa tra quelle usuranti o che chiedano un grosso sforzo fisico, ma una normale capacità di utilizzo degli arti superiori;
   nonostante ciò, al signor Clari è stata riconosciuta un'invalidità del 30 per cento, una percentuale che non dà diritto ad alcuna forma di assistenza di natura economica o relativa al suo ricollocamento lavorativo;
   nel frattempo, infatti, il signor Clari è stato licenziato dall'azienda presso la quale lavorava e non gli è stata ancora versata nessuna indennità di disoccupazione, la quale – tra l'altro – coprirebbe solo parzialmente il tempo che separa il signor Clari dalla pensione, nonostante 40 anni di contributi regolarmente versati –:
   se si intenda acquisire la documentazione e i referti medici che attribuiscono al signor Clari una percentuale d'invalidità inferiore al 33 per cento, e se non si sia davanti a una menomazione tale da far accedere il signor Clari ai benefici attribuiti con le leggi che regolamentano il collocamento mirato (legge n. 68 del 1999);
   quali siano le ragioni per cui, nonostante il licenziamento, al signor Clari non venga ancora versata da parte dell'Inps alcuna indennità relativa alla sua posizione di persona che ha perso il lavoro. (4-00289)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente la vicenda del signor Paolo Clari, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente si ritiene opportuno riepilogare gli elementi essenziali al ricorrere dei quali, a norma del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, «Testo Unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali», un evento lesivo può essere giuridicamente qualificato come infortunio sul lavoro: la causa violenta, l'occasione di lavoro e la lesione.
  L'occasione di lavoro, caratteristica distintiva dell'infortunio sul lavoro indennizzabile, è rappresentata essenzialmente dal nesso di causalità che lega, con rapporto di causa ed effetto, l'attività lavorativa protetta e l'evento lesivo.
  Alla luce di quanto sopra, poiché l'incidente stradale occorso al signor Clari non è riconducibile all'attività lavorativa, nessun indennizzo è purtroppo dovuto dall'Inail.
  Inoltre il signor Clari, al quale è stata riconosciuta un'invalidità del 30 per cento, non possiede la percentuale minima richiesta dall'articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68. Con riferimento alla richiesta di «acquisire la documentazione e i referti medici che attribuiscono al signor Clari una percentuale di invalidità inferiore al 33 per cento» si rappresenta, al riguardo, che il Ministero non è competente ad effettuare l'iscrizione negli elenchi di cui all'articolo 8 della richiamata legge n. 68 del 1999, in quanto i titolari di tale funzione sono i servizi provinciali per il collocamento mirato.
  Da ultimo, si precisa che l'INPS ha accolto la domanda di indennità di disoccupazione ASpI presentata dal signor Clari in data 2 maggio 2013.
  Tuttavia, considerato che il signor Clari risultava indennizzato per malattia fino al 28 aprile 2013 e ha quindi recuperato la capacità lavorativa dal giorno seguente, l'indennità di disoccupazione ASpI è stata corrisposta a decorrere dal 29 aprile 2013.

Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   PASTORELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a tutt'oggi non risulta rinnovata la convenzione antincendio boschiva per l'anno 2013 tra il Ministero dell'interno, dipartimento dei vigili del fuoco – direzione regionale del Lazio, e la regione Lazio;
   tale omissione ha determinato la chiusura, a partire dal primo di gennaio di quest'anno, del distaccamento provvisorio dei vigili del fuoco di Poggio Mirteto, mettendo così a repentaglio la sicurezza dei 45 mila cittadini residenti nella zona, i quali ora possono fare affidamento sulla sola sede centrale di Rieti;
   tale situazione (riportata anche da numerosi organi di stampa di rilevanza nazionale) comporta che i tempi di soccorso arrivino ad oltre un'ora dalla segnalazione dell'urgenza, con tutto ciò che ne consegue anche in termini di tutela ambientale del territorio della Bassa Sabina (la quale ospita, peraltro, la riserva naturale Tevere-Farfa);
   un simile assetto dei servizi antincendio contrasta chiaramente con lo stesso programma ministeriale «Soccorso Italia in 20 minuti»;
   il protrarsi di tale inerzia finisce, evidentemente, per frustrare l'utilità stessa dello sforzo economico sostenuto dalla regione Lazio che negli anni ha impegnato ingenti risorse per la costruzione di un polo della sicurezza a Poggio Mirteto (in linea con il programma ministeriale di cui sopra) –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di rinnovare per l'anno 2013 la convenzione antincendio boschiva;
   se non reputi necessario assumere i provvedimenti del caso al fine di rendere permanente il distaccamento dei vigili del fuoco di Poggio Mirteto. (4-00301)

  Risposta. — La convenzione antincendio boschiva AIB stipulata dal dipartimento dei Vigili del fuoco e la regione Lazio, attiva sin dal 2004, è stata annualmente rinnovata fino al 31 dicembre 2012.
  Essa prevedeva l'istituzione di una sede giornaliera diurna a Poggio Mirteto (Rieti), con funzionalità stagionale.
  Preciso, comunque, che recentemente, prima della chiusura, la sede ha operato in orario diurno per l'intero arco dell'anno, grazie alle risorse regionali nell'ambito dell'accordo di programma stipulato annualmente per il potenziamento del dispositivo di soccorso.
  Allo stato, gli attuali stanziamenti di bilancio dell'amministrazione centrale non consentono il mantenimento della sede.
  La regione Lazio ha, recentemente, corrisposto la somma per gli importi dovuti per la convenzione AIB 2011 e ha assicurato il successivo versamento degli oneri sostenuti da questa amministrazione, in base agli accordi sottoscritti per l'anno 2012.
  Ciò ha permesso di raggiungere un'intesa per rinnovare la convenzione antincendi boschiva per il 2013 che prevede l'apertura dei diversi distaccamenti regionali ubicati nel territorio regionale, tra cui anche quello di Poggio Mirteto, seppur limitatamente al periodo dal 15 giugno al 30 settembre 2013.
  La convenzione prevede anche la possibilità di implementare l'accordo, al fine di estendere il periodo di attivazione, qualora venissero stanziati ulteriori finanziamenti da parte della regione.
  In merito alla richiesta di attivazione di un distaccamento permanente dei vigili del fuoco nel comune di Poggio Mirteto, si precisa che tale nuova istituzione rientra nei programmi di ottimizzazione dei servizi antincendi nella regione Lazio, così come previsto dal progetto «Soccorso Italia in 20 minuti» la cui realizzazione resta, tuttavia, subordinata e condizionata dalle carenze di organico e di risorse finanziarie.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   PILI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dispone:
  «Art. 6. – 1. Il personale del Corpo nazionale si distingue in permanente e volontario.
  ... omissis ... il personale volontario non è legato da un rapporto d'impiego all'Amministrazione ed iscritto in appositi elenchi istituiti presso i comandi provinciali dei vigili del fuoco, secondo quanto previsto nel regolamento di cui all'articolo 8, comma 2, ed è chiamato a prestare servizio secondo quanto previsto nella sezione II del presente capo.
  Art. 9. Richiami in servizio del personale volontario.
  1. Il personale volontario può essere richiamato in servizio temporaneo in occasione di calamità naturali o catastrofi e destinato in qualsiasi località.
  2. Il personale di cui al comma 1 può inoltre essere richiamato in servizio:
   a) in caso di particolari necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo nazionale;
   b) per le esigenze dei distaccamenti volontari del Corpo nazionale, connesse al servizio di soccorso pubblico;
   c) per frequentare periodici corsi di formazione, secondo i programmi stabiliti dal Ministero dell'interno.

  3. I richiami in servizio di cui al comma 2, lettera a), sono disposti nel limite di centosessanta giorni all'anno per le emergenze di protezione civile e per le esigenze dei comandi provinciali dei vigili del fuoco nei quali il personale volontario sia numericamente insufficiente. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinate le modalità di avvicendamento del personale volontario richiamato in servizio.
  4. Al personale volontario può essere affidata, con provvedimento del direttore regionale dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, la custodia dei distaccamenti. L'incaricato della custodia ha l'obbligo di ricevere le comunicazioni e le richieste di intervento e di dare l'allarme; è tenuto inoltre alla manutenzione ordinaria dei locali ed alla conservazione del materiale antincendio».
   la legge 12 novembre 2011, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, n. 183, reca all'articolo 4:
  «... omissis. .. 12. Al comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, dopo la lettera c) è aggiunta la seguente:
    c-bis) i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, non costituiscono rapporti di impiego con l'Amministrazione;
   a seguito di autorizzazione della direzione centrale delle risorse umane e della direzione regionale dei vigili del fuoco per la Sardegna è stata inviata una nota ai vigili del fuoco volontari con la quale vengono richiamati in servizio temporaneo per essere impiegati presso i comandi provinciale dei vigili del fuoco della Sardegna;
   in tale comunicazione si precisa che, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 8 marzo 2006 n. 139, come ribadito al comma 12 dell'articolo 4 della legge 12 novembre 2011, n. 183 – il richiamo in questione non costituisce rapporto di impiego con l'Amministrazione;
   sono quasi mille i vigili del fuoco volontari in Sardegna;
   tale forza professionale costituisce un valore imprescindibile dell'intero comparto della sicurezza e della stessa protezione civile anche in considerazione dell'insularità della Sardegna;
   la previsione normativa che riguarda il rapporto di impiego con l'amministrazione statale risulta di fatto in contrasto con le più elementari norme sul diritto del lavoro, considerato che la precarietà dei vigili volontari dispiegata in tanti anni ha invece di fatto costituito un rapporto di fatto continuativo;
   a conferma di un'anomala definizione di precarietà è la graduatoria predisposta periodicamente funzionale proprio alla stabilizzazione di tali lavoratori;
   la firma in questione richiesta dai comandi provinciali rappresenta una palese violazione del diritto al lavoro perché di fatto con l'apposizione di quella firma per poter essere richiamati in servizio si vorrebbe cancellare tutti i diritti acquisiti dai vigili volontari;
   tale coercizione è ad avviso dell'interrogante un vero e proprio ricatto che non può essere ne accettato ne proposto da una pubblica amministrazione a dei lavoratori che hanno con grande professionalità servito il Paese –:
   se non intenda il Ministro intervenire con urgenza per bloccare questa procedura ad avviso dell'interrogante coercitiva che finirà per privare il Paese di migliaia di figure professionali con l'avvio di un contenzioso infinito nel quale lo Stato non potrà che essere soccombente;
   se non si intenda intervenire, anche attraverso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al fine di sospendere, l'applicazione di quella nefasta forma che nega diritti acquisiti e condiziona l'apporto dei vigili volontari al servizio di protezione civile a cui sono chiamati;
   se non si intenda assumere urgentemente un'iniziativa normativa correttiva che sani questa situazione incresciosa e ponga fine a questo calvario dei vigili del fuoco volontari che costituiscono una vera e propria risorsa per la Sardegna e il Paese tutto. (4-00005)

  Risposta. — Il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco è composto da personale permanente e volontario. La componente permanente è reclutata mediante concorso pubblico, mentre quella volontaria a domanda dell'interessato.
  L'articolo 4, comma 12, della legge 12 novembre 2011, n. 183, legge di stabilità 2012, espressamente prevede che «i richiami in servizio non costituiscono rapporti di impiego con l'Amministrazione». Il servizio prestato dal vigile del fuoco volontario, anche se retribuito, pertanto non si connota come prestazione di lavoro subordinato.
  La componente volontaria, d'altra parte, è stata tenuta, da sempre, in grande considerazione per l'alto valore e le specifiche competenze professionali.
  Il riconoscimento del ruolo svolto dal volontariato è comprovato anche dai numerosi interventi normativi in materia.
  Ai sensi del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 e del decreto del Presidente della Repubblica del 6 febbraio 2004, n. 76, è infatti previsto per i vigili volontari un ampio regime di tutela a partire dal trattamento economico ed assicurativo.
  Sul fronte dei benefici assunzionali, poi, il recente decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, ha previsto, anche per il personale volontario, l'assunzione obbligatoria, per chiamata diretta nominativa, del coniuge e dei figli superstiti del personale deceduto o divenuto permanentemente inabile a qualsiasi attività lavorativa per effetto di ferite o lesioni riportate nell'espletamento delle attività istituzionali.
  Per quanto concerne, infine, il problema generale del lavoro cosiddetto «precario», con il decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 131, sono stati prorogati i termini di validità della graduatoria della stabilizzazione del personale volontario al 31 dicembre 2014.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.


   PILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il sindaco di San Sperate (Cagliari) Enrico Collu ha segnalato all'interrogante la delicata situazione che si è verificata nelle scorse ore nel proprio comune in seguito allo sgombero del campo rom sulla strada statale 554 e la decisione del comune di Cagliari di dislocare i nuclei di rom anche nei paesi della cintura cagliaritana;
   il sindaco di San Sperate ha appreso dell'arrivo di questi nuclei rom dai propri concittadini e non dagli amministratori di Cagliari e solo a posteriori è stato informato dalla prefettura di Cagliari;
   per una questione di equità e di rispetto delle norme edilizio-sanitarie il sindaco ha chiesto di verificare se le normative soprattutto igienico-sanitarie di queste locazioni siano in regola;
   appare improprio il metodo utilizzato e il mancato coordinamento tra comuni e risultano, ad avviso dell'interrogante, inaccettabili certi metodi che violano la leale collaborazione tra enti di pari livello istituzionale oltre alla mancanza di rispetto dell'autonomia locale e della sua comunità costrette a subire decisioni altrui senza alcun tipo di condivisione;
   una quarantina di abitanti del comune di San Sperate si sono ritrovati in municipio per protestare contro il repentino trasferimento deciso dal comune di Cagliari;
   appare fuori luogo l'argomentazione che si tratti di contratti di locazione di natura privatistica;
   in via Pio La Torre e nella strada provinciale 4, a Ponti Becciu, a San Sperate secondo quanto riferiscono gli abitanti della zona sarebbero stati dislocati più di venti nuovi abitanti, tra bambini e adulti insieme a roulotte;
   alcuni residenti delle zone urbane interessate ai trasferimenti hanno fatto rilevare che le case sarebbero inadatte a contenere un così gran numero di persone –:
   se non intenda il Ministro dell'interno verificare le implicazioni di ordine pubblico delle modalità del trasferimento di questi nuclei rom in dispregio delle più elementari regole di rapportarsi tra enti locali e istituzioni preposte al coordinamento di tali situazioni;
   se non ritenga di dover assumere iniziative tali da garantire i cittadini e la sicurezza dell'intera area interessati a questi fenomeni;
   se non ritenga di dover assumere iniziative, anche normative, per supportare le amministrazioni locali nella gestione di queste delicate situazioni sia in termini finanziari che operativi;
   se non ritenga di dover assumere iniziative normative tali da impedire trasferimenti di comunità viaggianti senza la preventiva autorizzazione del comune ricevente, alla luce dei profili di ordine pubblico che vi sono sottesi. (4-00037)

  Risposta. — Il campo rom presente lungo la strada statale 554, nella periferia della città di Cagliari, sorge vicino ad agglomerati abitativi.
  I servizi risultano molto carenti e in situazione di degrado, mentre la convivenza all'interno è stata spesso caratterizzata da forte conflittualità tra i diversi nuclei familiari.
  Tale situazione è stata più volte esaminata sia in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica che in diverse riunioni convocate sul tema al fine di affrontare, con il comune di Cagliari e gli altri enti e istituzioni competenti, i diversi profili attinenti alla igiene e salute pubblica, alla sicurezza e alla pubblica incolumità, agli aspetti di ordine sociale e di tutela dei minori.
  L'attenzione delle forze di polizia è stata sempre costante.
  Nel corso di una riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica tenutosi il 22 maggio 2012 sulla base della richiesta della procura della Repubblica di Cagliari, si è provveduto al sequestro preventivo dell'area del campo, in considerazione della gravità ed attualità del pericolo per l'ambiente e la salute pubblica.
  Nella medesima riunione il sindaco di Cagliari ha illustrato il progetto denominato «Dal campo alla città solidale, percorsi di inclusione sociale per le famiglie ROM», predisposto dalla Caritas diocesana e dai servizi sociali del comune, volto alla definizione di percorsi di inclusione della comunità ROM nel tessuto sociale ed al superamento della logica del «campo», secondo le linee guida contenute nella «Strategia nazionale d'inclusione dei Rom, dei sinti e dei caminanti» in attuazione della comunicazione della Commissione europea n. 173/2011.
  Nell'occasione, il direttore della Caritas riferiva delle ricerche, in parte infruttuose, di abitazioni da locare ove trasferire le famiglie Rom presenti nel campo.
  Al fine di agevolare le ricerche, il comune di Cagliari ha avviato sondaggi esplorativi presso i comuni dell'area vasta per verificarne la disponibilità dei siti.
  Nella serata del 30 giugno 2012, il campo nomadi ubicato lungo la strada statale 554 è stato lasciato dalla totalità dei soggetti in ottemperanza a quanto disposto dal provvedimento del GIP del tribunale di Cagliari che nominava custode dell'area il sindaco del capoluogo sardo e lo autorizzava ad adottare ogni iniziativa necessaria ad assicurare la bonifica e messa in sicurezza dei luoghi.
  A seguito del pacifico e spontaneo allontanamento dal campo, i rom sono stati accompagnati presso diverse strutture abitative, alcune pubbliche ed altre private, secondo l'articolato progetto di inclusione predisposto dalla Caritas e dai servizi sociali del comune.
  Gli appartamenti sono stati reperiti nei comuni di Decimomannu, Monserrato, Quartu Sant'Elena, San Sperate e Selargius, mentre i 9 nuclei familiari alloggiati nel territorio del comune di Cagliari hanno trovato sistemazione presso la casa padri saveriani.
  La concreta attuazione del progetto – costantemente monitorata dalla prefettura – ha incontrato qualche reazione negativa in alcuni dei comuni interessati, ove da parte di taluni settori della popolazione sono stati espressi timori circa paventati contraccolpi sul piano della sicurezza.
  In tale contesto, il sindaco di San Sperate, piccolo centro dell’
hinterland cagliaritano, ha lamentato una carente preventiva informazione riguardo alla soluzione alloggiativa individuata per due nuclei familiari.
  Il risalto conferito dalla stampa locale alla vicenda ed il ripetersi di alcuni episodi di protesta e di intolleranza nei confronti dei rom ospitati in San Sperate hanno spinto la prefettura di Cagliari a convocare, il 6 luglio 2012, un'apposita riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, con la partecipazione del sindaco del comune capoluogo e degli amministratori di tutti i comuni interessati al fine di esperire ogni utile intervento di chiarificazione in ordine ai vari aspetti attuativi del progetto di inclusione sociale dei rom.
  Tutti i sindaci condividevano con la prefettura di Cagliari e la Caritas la necessità di contrastare le tensioni sociali seguite al trasferimento dei cittadini rom e favorire l'integrazione degli stessi nel territorio.
  A conclusione dell'incontro, in considerazione delle possibili difficoltà segnalate dagli amministratori locali, è stata disposta l'istituzione presso la provincia di un tavolo tecnico, tuttora operativo, con la partecipazione dei rappresentanti degli enti locali per monitorare l'andamento del progetto.
  Si rappresenta, infine, che le criticità evidenziate sono state esaminate ed affrontate anche in sede di riunione di coordinamento delle Forze di polizia dove è stato disposto in via preventiva l'intensificazione delle misure di vigilanza nell'ambito del controllo del territorio, pur in assenza di segnali di particolare rilievo.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoDomenico Manzione.


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la IX Commissione, il 21 aprile 2010, ha approvato all'unanimità una risoluzione relativa alla continuità territoriale aerea per la Sardegna;
   il regolamento (CEE) n. 2408/92 del Consiglio, del 23 luglio 1992, sull'accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie, ha stabilito un'apposita disciplina in materia di oneri di servizio pubblico, definendo come onere di servizio pubblico «qualsiasi onere imposto a un vettore aereo di prendere tutte le misure necessarie, relativamente a qualsiasi rotta sulla quale sia stato abilitato a operare da parte di uno Stato membro, per garantire la prestazione di un servizio che soddisfi determinati criteri di continuità, regolarità, capacità e tariffazione, criteri cui il vettore stesso non si atterrebbe se tenesse conto unicamente del suo interesse commerciale»;
   il medesimo regolamento ha previsto che uno Stato membro possa imporre oneri di servizio pubblico riguardo ai servizi aerei di linea effettuati verso un aeroporto che serve una regione periferica o in via di sviluppo all'interno del suo territorio o una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto regionale nel suo territorio, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico della regione in cui si trova l'aeroporto stesso;
   ai sensi della predetta normativa comunitaria, ai fini dell'imposizione degli oneri di servizio pubblico, gli Stati membri devono tener conto di una serie di parametri e, in particolare: del pubblico interesse; della possibilità, in particolare per le regioni insulari, di ricorrere ad altre forme di trasporto e dell'idoneità di queste ultime a soddisfare il concreto fabbisogno di trasporto; delle tariffe aeree e delle condizioni proposte agli utenti; dell'effetto combinato di tutti i vettori aerei che operano o intendono operare sulla rotta;
   laddove altre forme di trasporto non possano garantire servizi adeguati e ininterrotti, gli Stati membri interessati possono prescrivere, nell'ambito degli oneri di servizio pubblico, che i vettori aerei che intendono operare sulla rotta garantiscano tale prestazione per un periodo da precisare, conformemente alle altre condizioni degli oneri di servizio pubblico; il regolamento ha stabilito altresì che l'accesso ad una rotta, sulla quale nessun vettore aereo abbia istituito o si appresti a istituire servizi aerei di linea, conformemente all'onere di servizio pubblico imposto, possa essere limitato dallo Stato membro ad un unico vettore aereo per un periodo non superiore a tre anni, al termine del quale si procederà ad un riesame della situazione;
   l'articolo 4 del regolamento ha previsto quindi un meccanismo in due fasi: nella prima fase, (paragrafo 1, lettera a) lo Stato membro interessato impone oneri di servizio pubblico su una o più rotte accessibili a tutti i vettori comunitari, a condizione che essi rispettino i suddetti oneri. Se nessun vettore si presenta per gestire tale rotta onerata, lo Stato membro può passare ad una seconda fase (paragrafo 1, lettera d) che consiste nel limitare l'accesso della rotta ad un solo vettore, selezionato sulla base di una gara d'appalto comunitaria, per un periodo massimo di tre anni, rinnovabile. Il vettore designato può allora ricevere una compensazione;
   il Parlamento europeo, nella risoluzione del 3 febbraio 2003, in materia di libro bianco sulla politica dei trasporti, recita «la necessità imperativa che la politica dei trasporti contribuisca alla coesione economica e sociale, tenendo conto della peculiare natura delle regioni periferiche insulari»;
   il Comitato economico e sociale, nel documento «Regioni gravate da svantaggi strutturali», enuncia fra i principi in materia di continuità territoriale quello di «discriminazione positiva», in base al quale le misure destinate a taluni territori e volte a controbilanciare i vincoli strutturali permanenti non costituiscono vantaggi indebiti, bensì elementi che contribuiscono a garantire un'autentica parità. L'articolo 154 del Trattato di Amsterdam, con la dichiarazione n. 30 ad esso allegata, recita: «la conferenza riconosce che le regioni insulari soffrono, a motivo della loro insularità, di svantaggio strutturale il cui perdurare ostacola il loro sviluppo economico e sociale»;
   da ultimo il regolamento di rifusione n. 1008 del 2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 settembre 2008, recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità, ha ridefinito, all'articolo 16, la disciplina degli oneri di servizio pubblico, prevedendo la facoltà per uno Stato membro di imporre tali oneri riguardo ai servizi aerei di linea effettuati tra un aeroporto comunitario e un aeroporto che serve una regione periferica o in via di sviluppo all'interno del suo territorio o una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto nel suo territorio, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico e sociale della regione servita dall'aeroporto stesso e individuando i criteri in base ai quali deve essere valutata la necessità e l'adeguatezza dell'onere di servizio pubblico; in particolare, il comma 10 ha previsto che il diritto di effettuare tali servizi sia concesso tramite gara pubblica, per rotte singole o, nei casi in cui ciò sia giustificato per motivi di efficienza operativa, per serie di rotte a qualsiasi vettore aereo comunitario abilitato a effettuarli;
   l'articolo 17 del citato regolamento n. 1008/2008 disciplina la procedura della gara di appalto stabilendo, al paragrafo 3, i contenuti del bando di gara e del successivo contratto e, in particolare, prevedendo, alla lettera e), i parametri obiettivi e trasparenti sulla base di quali è calcolata la compensazione, ove prevista, per la prestazione dell'onere di servizio pubblico;
   l'articolo 36 della legge n. 144 del 1999 ha recato la disciplina della continuità territoriale per la regione Sardegna e le isole minori della Sicilia dotate di scali aeroportuali, prevedendo che il Ministro dei trasporti e della navigazione, con proprio decreto, stabilisca gli oneri di servizio pubblico relativamente ai servizi aerei di linea effettuati tra gli scali aeroportuali della Sardegna e delle isole minori della Sicilia e i principali aeroporti nazionali;
   come previsto dal citato articolo 36, la determinazione dei contenuti degli oneri di servizio pubblico deve avere luogo, senza oneri per il bilancio dello Stato, in conformità alle conclusioni di una conferenza di servizi tra le regioni interessate e le pubbliche amministrazioni competenti, indetta e presieduta dai presidenti delle regioni interessate, che individua gli aeroporti nazionali interessati e deve altresì indicare: le tipologie e i livelli tariffari; i soggetti che usufruiscono di sconti particolari; il numero dei voli; gli orari dei voli; i tipi di aeromobili; la capacità di offerta;
   il medesimo articolo stabilisce che, qualora nessun vettore istituisca servizi di linea con assunzione di oneri di servizio pubblico, sia indetta dal Ministro dei trasporti e della navigazione, d'intesa con i presidenti delle regioni Sardegna e Sicilia, una gara d'appalto europea per l'assegnazione delle rotte; con decreto del Ministro dei trasporti 1° agosto 2000, successivamente modificato limitatamente all'importo delle tariffe, dal decreto del ministro dei trasporti 21 dicembre 2000, sono stati imposti oneri di servizio pubblico su sei rotte tra gli aeroporti della Sardegna e quelli di Roma e Milano;
   con decreto del Ministro dei trasporti 8 novembre 2004 è stato previsto un nuovo regime relativo agli oneri di servizio pubblico sulle rotte aeree con la Sardegna, che ha individuato diciotto rotte e relativi oneri, precisando che esse costituivano un unico pacchetto che doveva essere accettato interamente ed integralmente dai vettori interessati senza compensazioni di qualsivoglia natura o provenienza; a seguito della decisione del tribunale amministrativo regionale del Lazio del 17 marzo 2005, le autorità italiane hanno sospeso l'efficacia del suddetto decreto;
   anche sulla base degli esiti della conferenza di servizi, nella quale era stata chiesta una sostanziale modifica del contenuto della precedente imposizione di oneri, il successivo decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 15 novembre 2005 ha abrogato il decreto 8 novembre 2004, stabilendo di procedere ad una integrale riformulazione dell'intero contenuto del provvedimento;
   il regime di continuità territoriale previsto dai decreti del Ministro dei trasporti del 2000 è stato quindi, di fatto, prorogato ben oltre la data prestabilita, provocando tuttavia una sostanziale alterazione del principio iniziale, senza tenere conto del nuovo scenario del mercato aereo, né delle diverse esigenze della regione Sardegna in ordine alla stessa continuità territoriale;
   da ultimo i decreti del Ministero dei trasporti 29 dicembre 2005, n. 35, e, n. 36, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'11 gennaio 2006, hanno imposto oneri di servizio pubblico complessivamente su 16 collegamenti tra i tre scali aeroportuali della Sardegna e una serie di aeroporti nazionali, più ampia che in precedenza e comprensiva, oltre che degli aeroporti di Roma e Milano, anche degli aeroporti di Bologna, Torino, Firenze, Verona, Napoli e Palermo;
   la precedente continuità territoriale aerea era quindi limitata ai sardi, compresi gli emigrati residenti fuori Sardegna. Tuttavia la Commissione europea (CE) ha vincolato lo Stato italiano alla cancellazione di quel regime tariffario in quanto «contraria al Trattato europeo perché discriminatoria» (decisione della Commissione europea del 23 aprile 2007). La posizione della Commissione europea è definita con estrema chiarezza dalla decisione del 23 aprile 2007, n. 332, nella quale si precisa che gli oneri di servizio pubblico (OSP) possono essere utilizzati anche per la Sardegna, a condizione che lo si faccia «nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità. Essi devono essere debitamente giustificati», in quanto «sono definiti come un eccezione al principio del regolamento, ai sensi del quale, lo (gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) permette (permettono) ai vettori aerei comunitari di esercitare diritti di traffico su rotte all'interno della Comunità»;
   la citata decisione della Commissione europea del 23 aprile 2007 reca pertanto penetranti rilievi in ordine alla nuova disciplina in materia di continuità territoriale; in particolare, la Commissione europea, nel riconoscere la necessità che i collegamenti aerei con la Sardegna siano sottoposti al regime degli oneri di servizio pubblico in ragione dell'insularità e dell'assenza di effettivi mezzi di trasporto alternativi, con la propria decisione ha tuttavia richiesto che l'applicazione dei citati decreti ministeriali n. 35 e 36 del 2005 abbia luogo alle seguenti condizioni:
    a) i vettori aerei che intendono rispettare gli oneri di servizio pubblico operano la rotta interessata, a prescindere dal momento in cui essi hanno notificato la loro intenzione di iniziare a prestare i loro servizi, e dalla data in cui è stata trasmessa tale notifica;
    b) i vettori aerei non sono vincolati ad una continuità di servizi, nel quadro degli oneri di servizio pubblico, superiore ad un anno;
    c) le autorità italiane si impegnano a riesaminare la necessità di mantenere l'imposizione di oneri di servizio pubblico su una rotta, nonché il livello degli oneri imposti a ciascun vettore, quando un nuovo vettore inizia ad operare, o notifica la sua intenzione di operare su tale rotta e, in ogni caso, una volta l'anno;
    d) le autorità italiane si impegnano a non impedire a vettori aerei di prestare servizi sulle rotte interessate al di là delle esigenze minime, per quanto riguarda le frequenze e le capacità previste dagli oneri di servizio pubblico;
    e) i vettori aerei non hanno l'obbligo di offrire tariffe agevolate ai nati in Sardegna, anche se residenti fuori Sardegna;
    f) le autorità italiane si impegnano a non subordinare il diritto di prestare servizi su una rotta tra due città all'obbligo di operare un'altra rotta tra due città;
   il successivo decreto del Ministro dei trasporti 3 luglio 2007, n. 87-T ha modificato il precedente decreto 29 dicembre 2005, n. 35, sottoponendo al regime degli oneri di servizio pubblico i soli aeroporti di Roma Fiumicino e di Milano Linate;
   il decreto del Ministro dei trasporti 1° agosto 2007, n. 117-T ha abrogato, a decorrere dal 26 ottobre 2008, il decreto 29 dicembre 2005, n. 35, che imponeva gli oneri di servizio pubblico tra i tre aeroporti sardi e gli aeroporti di Roma Fiumicino e Milano Linate, in vista degli esiti di una nuova conferenza di servizi che determinasse, anche in relazione alle valutazioni espresse dalla Commissione europea, il contenuto della nuova imposizione di oneri di servizio pubblico sulla regione Sardegna;
   il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 5 agosto 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 199, del 23 agosto 2008, ha imposto, a decorrere dal 27 ottobre 2008, oneri di servizio pubblico tra i tre aeroporti sardi e gli aeroporti di Roma Fiumicino e Milano Linate, tenendo conto delle valutazioni espresse in sede comunitaria e delle risultanze della conferenza di servizi riunitasi con il compito di modificare l'assetto della continuità territoriale della regione Sardegna, alla luce della decisione della Commissione europea del 23 aprile 2007, prevedendo che le tariffe onerate agevolate ammontino, rispettivamente, ad euro 49 per i collegamenti con l'aeroporto di Roma Fiumicino ovvero ad euro 59 per i collegamenti con l'aeroporto di Milano Linate, comprensive di IVA ed al netto delle tasse ed oneri aeroportuali;
   il predetto decreto ministeriale ha previsto una procedura tesa a modificare le tariffe in caso di rilevanti scostamenti, rilevati trimestralmente, del costo del carburante e/o del rapporto di cambio euro/dollaro USA; in base ad un'istruttoria effettuata da ENAC, le cui risultanze sono state esaminate in data 30 settembre 2009 da ENAC, regione Sardegna e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le tariffe per le categorie agevolate sono state rimodulate nel modo seguente: 41 euro per i collegamenti con l'aeroporto di Roma Fiumicino e 50 euro per i collegamenti con gli aeroporti di Milano Linate;
   in base alla risposta resa in data 29 ottobre 2009 dal Sottosegretario Reina alle interrogazioni a risposta in Commissione n. 5-01647, 5-01838 e 5-02000, svolte congiuntamente, non risulta ancora inviata dall'ENAC la comunicazione alle compagnie aeree in ordine al ribasso delle tariffe agevolate che le compagnie medesime sono tenute ad operare in conseguenza alla verifica operata;
   da ultimo il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 9 marzo 2009, considerata la necessità di uniformarsi alla decisione della Commissione europea per quanto riguarda l'individuazione delle categorie di passeggeri a cui è riservata la tariffa agevolata, ha modificato il precedente decreto ministeriale n. 36 del 2005, relativo agli oneri di servizio pubblico tra i tre aeroporti della Regione Sardegna e altri aeroporti nazionali diversi da Roma Fiumicino e Milano Linate, precisando che tali tariffe sono applicabili a: residenti in Sardegna; disabili; giovani dai 2 ai 21 anni; anziani al di sopra dei 70 anni; studenti universitari fino al compimento del ventisettesimo anno di età (queste ultime tre categorie senza alcuna discriminazione legata al luogo di nascita, di residenza e nazionalità);
   occorre rilevare che la mancata estensione della continuità territoriale a tutti i cittadini europei in transito dagli aeroporti italiani verso e dalla Sardegna costituisce una grave discriminazione ai danni della regione, a causa degli svantaggi permanenti derivanti dalla sua insularità, e viola il diritto alla mobilità verso territori disagiati;
   lo svantaggio dell'insularità rende il costo dei trasporti, per e dalla Sardegna, sia per i cittadini che per le merci, sia marittimo che aereo, di gran lunga più caro rispetto a quello della penisola e del resto d'Europa. Ad essere penalizzati non sono solo i sardi, residenti ed emigrati, ma tutti i cittadini europei; il riconoscimento del principio dell'insularità, da parte del Parlamento italiano, nella legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale, apre nuove prospettive per il riconoscimento delle misure di perequazione dello svantaggio;
   è necessario mantenere una continuità territoriale volta a garantire non solo la perequazione degli svantaggi dell'insularità e con essa migliori condizioni di sviluppo per la Sardegna, ma anche una migliore e più moderna «mobilità» per tutti i cittadini europei;
   l'applicazione della tariffa agevolata ai soli residenti in Sardegna colpisce in particolar modo i cittadini europei emigrati dalla Sardegna, che non possono mantenere i legami con la propria terra di origine a causa dei costi elevati che caratterizzano il trasporto da e verso la regione; è questo, tra l'altro, l'effetto della recente decisione di Alitalia di cancellare il regime tariffario che la continuità territoriale aerea metteva a disposizione degli emigrati sardi, cioè di quelle persone nate in Sardegna ma residenti fuori dall'isola;
   ulteriori disagi e penalizzazioni derivano dal fatto che l'obbligo, per cui, ai sensi della convenzione stipulata tra l'ENAC e le compagnie aeree, in ottemperanza a quanto previsto dal punto 4.3 del bando di gara, i posti a tariffa agevolata non sono sottoposti ad alcuna limitazione e alla tariffa medesima non si possono applicare restrizioni né penali, risulta largamente disatteso dalle compagnie aeree;
   le compagnie aeree, infatti, in modo che all'interrogante appare molto discutibile, limitano i posti a tariffa agevolata ed emettono biglietti a tariffa intera a cittadini residenti in Sardegna, riservandosi la definizione di eventuali e arbitrari sconti, senza prevedere, per le tariffe non agevolate, gli scaglioni previsti dalla normativa al fine di conseguire un prezzo medio di vendita significativamente inferiore alla tariffa massima non agevolata; tale comportamento provoca un grave danno economico ai cittadini sardi che sono costretti, per quella che all'interrogante appare una palese violazione delle norme contrattuali, a sopportare costi non dovuti con un conseguente indebito arricchimento delle compagnie aeree;
   come effetto di questa situazione, le tariffe per i cittadini non residenti risultano insostenibili e raggiungono cifre inaccettabili, tipiche di un regime monopolistico, e il comportamento delle compagnie aeree rende evidente come l'attuale modello di continuità territoriale sia diventato sempre di più un ostacolo alla libertà di movimento dei cittadini da e verso la Sardegna piuttosto che un fattore di riequilibrio;
   occorre inoltre segnalare che appare grave e lesivo dei più elementari diritti di movimento e di libertà di circolazione, che ai cittadini sardi malati e obbligati a viaggiare in barella, sia applicata la tariffa agevolata per uno solo dei quattro biglietti che le compagnie obbligano ad acquistare in tale circostanza;
   risulta inaccettabile che un cittadino sardo residente debba pagare quattro biglietti, di cui tre per non residenti, per potersi recare in un centro specializzato a curarsi; questo rappresenta un caso emblematico di un modello di continuità territoriale che deve essere radicalmente modificato senza ulteriori ritardi;
   in generale, infine, un grave ostacolo all'attuazione della continuità territoriale con la Sardegna è rappresentato dal trasferimento alla regione delle relative funzioni, senza una revisione della normativa che disciplina la continuità territoriale e senza il trasferimento di apposite risorse; l'articolo 1, comma 837, della legge 29 dicembre 2006, n. 296, ha previsto che le funzioni relative alla continuità territoriale vengono trasferite alla regione Sardegna e il successivo comma 840 ha stabilito che per gli anni 2007, 2008 e 2009 gli oneri relativi alle funzioni trasferite ai sensi del comma 837 rimangano a carico dello Stato;
   tale modifica, che ha assegnato alla regione autonoma Sardegna la competenza della continuità territoriale, non ha modificato le norme che regolano la continuità territoriale in base all'articolo 36 della legge n. 144 del 1999;
   il trasferimento di competenze in ordine alla continuità territoriale desta preoccupazione in quanto non appaiono definite in termini puntuali le competenze conferite alla regione Sardegna, e comunque non sembra corretto che la regione Sardegna provveda, con risorse proprie, alla continuità territoriale, stante il fatto che il riequilibrio territoriale è un obiettivo riconosciuto dall'Unione europea, e cui lo Stato è chiamato far fronte con propri stanziamenti e intervenendo in via diretta, come attualmente previsto dall'articolo 36 della legge n. 144 del 1999;
   la risoluzione approvata unanimemente dalla Commissione trasporti della Camera dei deputati impegnava il Governo:
    1) ad avviare un immediato confronto per ridefinire, nell'ambito della conferenza di servizi che il presidente della regione Sardegna è stato delegato ad istituire e presiedere dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la disciplina della continuità territoriale, superando quella vigente, che risulta inadeguata sia sotto il profilo concettuale che sotto quello dei servizi e dei costi, per pervenire a un modello di continuità territoriale intesa come un fattore di riequilibrio di condizioni permanenti di svantaggio derivanti dall'insularità e di garanzia del diritto alla mobilità per i territori svantaggiati, tenendo conto anche di quanto previsto dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione;
    2) in particolare, ad assumere le appropriate iniziative per definire e attuare una continuità territoriale che, tenga conto, oltre che degli effetti del processo di liberalizzazione del mercato del trasporto aereo, anche dei seguenti obiettivi:
     a) favorire l'individuazione di un maggior numero di voli e di rotte aeree da e per la Sardegna che consenta, nel contesto dello sviluppo potenziale della domanda, di avere più operatori sulla stessa rotta;
     b) favorire la possibilità di determinare, sulla base del principio di riequilibrio legato alle condizioni insulari della Sardegna, di una tariffa massima a cui si applichi il regime degli oneri di servizio pubblico, applicando, come parametro, le condizioni più favorevoli del costo ferroviario;
     c) favorire la possibilità, per tutte le compagnie aeree di poter viaggiare sulle rotte di collegamento con gli aeroporti della Sardegna, proponendo, nell'ambito di una situazione di concorrenza, ribassi rispetto alla tariffa massima prestabilita in relazione agli oneri di servizio pubblico;
    3) ad assumere le appropriate iniziative volte a verificare, con i competenti organismi comunitari e nel rispetto della normativa dell'Unione europea e degli indirizzi stabiliti dalla Commissione europea, la possibilità di estendere il regime di continuità territoriale a tutti i cittadini, in ottemperanza al principio di non discriminazione riaffermato dalla decisione della Commissione n. 2007/332/CE, del 23 aprile 2007, e, nell'ambito delle competenze attribuite ai singoli soggetti istituzionali dalla normativa vigente, a prevedere che a tutti i cittadini residenti nel territorio nazionale ed europeo che intendano effettuare voli da e per la Sardegna sia applicata la tariffa sottoposta ad onere di servizio pubblico, in modo da garantire il rispetto del principio di riequilibrio territoriale in relazione all'insularità della regione;
    4) a proporre una puntuale definizione delle competenze dello Stato e della regione Sardegna relativamente alla continuità territoriale, in relazione al trasferimento alla regione Sardegna delle funzioni in materia, disposto dall'articolo 1, comma 837, della legge 29 dicembre 2006, n. 296, con la contestuale individuazione delle risorse necessarie per l'esercizio di tali funzioni;
    5) ad assumere le opportune iniziative per sollecitare gli enti competenti in materia di vigilanza sul trasporto aereo a comunicare tempestivamente alle compagnie aeree, le nuove e più basse tariffe di trasporto aereo per i cittadini residenti in Sardegna, applicabili a seguito delle risultanze emerse dall'istruttoria effettuata da ENAC in merito alla revisione delle tariffe prevista dal paragrafo 5.6. dell'Allegato del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 5 agosto 2008, e a verificare che le compagnie aeree pratichino tariffe scaglionate per i cittadini non residenti, al fine di rimuovere in tempi rapidi ogni ostacolo alla corretta attuazione della continuità territoriale da e per la Sardegna;
    6) ad assumere le opportune iniziative per promuovere, nei limiti delle competenze in materia delegate alla regione Sardegna e del mantenimento degli attuali costi ricadenti sul bilancio dello Stato, la revisione, anche in ragione dell'impegno assunto dal rappresentante del Governo nelle dichiarazioni rese presso la IX Commissione (trasporti, poste e telecomunicazioni) in data 29 ottobre 2009, delle condizioni di trasporto dei passeggeri che necessitano della barella, in particolare per quanto riguarda la tariffa agevolata –:
   se intenda fornire elementi con somma urgenza in merito alle determinazioni adottate al fine di attuare quanto indicato dalla risoluzione della Commissione trasporti di cui in premessa;
   se non intenda adottare con urgenza, entro marzo 2013, i decreti di imposizione degli oneri di servizio pubblico, così come indicato nella risoluzione della Commissione, sulla quale il Governo pro tempore ha espresso il parere favorevole;
   se non intenda convocare con urgenza un incontro tra i soggetti istituzionali per verificare gli adempimenti da espletare per favorire la più rapida attuazione della continuità territoriale così come indicato nella risoluzione della Commissione di cui in premessa;
   se non intenda attivarsi con urgenza al fine di evitare ulteriori indebite pressioni delle compagnie aeree che, pubblicamente e non, esprimono una esplicita contrarietà all'estensione della continuità territoriale ai non residenti, così come invece indicato dalla risoluzione della Commissione trasporti della Camera.
(4-00048)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Con decreto ministeriale 21 febbraio 2013, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 61 del 13 marzo 2013, sono stati imposti nuovi oneri di servizio pubblico sui collegamenti tra gli scali di Alghero, Cagliari e Olbia e quelli di Roma Fiumicino e Milano Linate, così come definiti ed individuati in sede di apposita conferenza di servizi che si è tenuta tra luglio e ottobre 2012. Nelle more dell'entrata in vigore dei nuovi oneri di servizio (27 ottobre 2013) il precedente decreto ministeriale d'imposizione del 5 agosto 2008 continua ad espletare in via temporanea i suoi effetti.
  Le cosiddette rotte minori sarde sono invece tuttora regolamentate dal decreto ministeriale del 29 dicembre 2005.
  Attualmente, considerata l'esigenza di continuare ad assicurare la continuità territoriale aerea dell'isola, l'accesso ai servizi aerei di linea, di cui ai predetti decreti ministeriali del 5 agosto 2008 e del 29 dicembre 2005, è regolato a norma dell'articolo 16, paragrafo 8, del Regolamento (CE) n. 1008/2008, quindi, senza compensazione economica ai vettori cui servizi stessi sono assegnati.
  Ciò premesso, con riferimento agli impegni assunti dal Governo con la risoluzione del 2010, richiamata nell'interrogazione in esame, si comunica quanto segue.
  Come è noto, l'articolo 1, comma 837, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, ha previsto il trasferimento alla regione Sardegna delle funzioni attinenti alla continuità territoriale e, per quanto concerne il relativo finanziamento, il comma 840, del medesimo articolo 1, ha disposto che i relativi oneri siano a carico della regione stessa a partire dal 2010.
  In attuazione della predetta legge, in data 7 settembre 2010, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'ENAC e la regione Sardegna hanno sottoscritto un protocollo d'intesa che, nel delineare concretamente i rispettivi compiti di ciascuna amministrazione, all'articolo 6 ha specificato che «Le risorse finanziarie necessarie per l'imposizione degli oneri di servizio pubblico sono a carico della Regione Autonoma Sardegna».
  Conseguentemente, l'individuazione della tipologia attuativa di continuità territoriale è in gran parte oggetto, a partire dalla predetta data, di scelta della regione Sardegna che stanzia sul proprio bilancio le somme da dedicare alla continuità territoriale aerea.
  Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, oltre a partecipare alla conferenza di servizi, come previsto dall'articolo 4 del citato protocollo d'intesa, dispone con proprio decreto gli oneri di servizio pubblico in conformità alle conclusioni della conferenza di servizi di cui all'articolo 36, comma 2, della legge n. 144 del 1999.
  In tale quadro, con l'imposizione di cui al citato decreto ministeriale del 21 febbraio 2013, si è optato per una continuità territoriale a tariffa agevolata massima applicabile indiscriminatamente a tutti i passeggeri per i 9 mesi intercorrenti dal 16 settembre al 14 giugno. Ciò in quanto la realizzazione del modello di continuità esteso a tutti i cittadini residenti e non residenti, e dunque interamente «a tariffa unica», avrebbe necessitato una compensazione sicuramente superiore ed incompatibile con le risorse finanziarie che la regione ha ritenuto di stanziare per tale finalità.
  Inoltre, per quanto concerne il costo del biglietto per i passeggeri sardi che necessitano di barella, sempre con riferimento alla nuova imposizione, si fa presente che a tutela di tale categoria di persone il richiamato decreto ministeriale 21 febbraio 2013 prevede «una tariffa massima pari al costo di 4 biglietti a tariffa agevolata sulla tratta».
  Per i collegamenti relativi alla nuova imposizione in data 10 aprile 2013 la Commissione europea ha pubblicato una informativa nella
Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea serie C 104; a breve saranno pubblicati i relativi bandi di gara.
  Infine, quanto al lamentato contingentamento del numero di biglietti a tariffa agevolata, si rileva che i vigenti decreti ministeriali d'imposizione dispongono chiaramente che i biglietti a tariffa onerata agevolata per le tratte soggette ad OSP sono privi di limitazioni, e ad essi non sarà applicabile alcuna restrizione. Per completezza d'informazione si precisa che l'ENAC, ai sensi dell'articolo 5 del suddetto Protocollo d'intesa del 2010, «provvede alla vigilanza ed al monitoraggio del rispetto, da parte dei vettori, degli obblighi derivanti dal regime di oneri di servizio pubblico cui i medesimi sono assoggettati».

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiMaurizio Lupi.


   PORTA, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI e LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   centinaia di connazionali titolari di pensione brasiliana, ma residenti in Italia, nonostante le ripetute sollecitazioni a livello parlamentare e di rapporti tra le autorità dei due Paesi, sono costretti tuttora a riscuotere la prestazione brasiliana tramite un delegato accreditato presso il patronato «Assistencial dos imigrantes italianos»;
   il sistema adottato presenta numerosi aspetti di criticità sia per quanto riguarda i gravi ritardi nella ricezione dei pagamenti che per la mancata corrispondenza tra le somme erogate e quelle spettanti;
   in più occasioni da parte dei rappresentanti del Governo italiano e dei responsabili dell'istituto previdenziale, si è sottolineato come una positiva soluzione potrebbe derivare dall'entrata in vigore del nuovo accordo bilaterale di sicurezza sociale Italia-Brasile firmato a Brasilia nel 1995, che consentirebbe di esportare le prestazioni di sicurezza sociale in ognuno dei Paesi contraenti, un accordo tuttavia non ancora ratificato dai rispettivi Parlamenti;
   nelle more della definizione del trattato bilaterale, lo stesso Ministero del lavoro brasiliano ha manifestato l'intenzione di trasmettere le rate di pensione non più tramite un procuratore, ma direttamente in accredito sui conti correnti dei rispettivi interessati;
   la sollecitazione fatta in questo senso dall'ambasciatore italiano nel 2008, non ha avuto tuttavia alcun concreto riscontro; lo stesso esito ha avuto l'impegno che le autorità brasiliane hanno manifestato nel corso della quarta riunione del Consiglio Italia-Brasile per la cooperazione economica, industriale, finanziaria e per lo sviluppo, svoltasi a Brasilia il 9 novembre 2009;
   l'INPS da parte sua ha trasmesso al Ministero degli affari esteri e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in data 30 marzo 2011, un quadro riepilogativo dei precedenti in materia e delle possibili soluzioni per la riscossione diretta in Italia delle pensioni erogate dall'INSS brasiliano;
   l'indefinito prolungarsi di una soluzione per i pensionati italiani è in evidente contraddizione con le trattative e le soluzioni che si stanno sviluppando tra gli istituti previdenziali del Brasile e della Spagna in merito a situazioni del tutto simili tra i due Paesi –:
   in quali tempi il Governo intenda presentare al Parlamento il disegno di legge di ratifica del nuovo accordo bilaterale di sicurezza sociale Italia-Brasile, che darebbe una risposta organica e risolutiva a un insieme di questioni aperte e urgenti, tra le quali quella qui richiamata;
   se il Ministro degli affari esteri non intenda rappresentare ancora una volta alle autorità brasiliane l'opportunità di pervenire ad una soluzione definitiva per il pagamento delle pensioni legittimamente maturate da cittadini italiani nel corso della loro permanenza in Brasile, favorendo un accredito diretto degli importi;
   se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non intenda sollecitare l'INPS a riprendere al più presto i contatti con l'istituto brasiliano affinché sia perfezionato un accordo risolutivo di una questione che pende da troppi anni, con danno e disagio di persone che non hanno altra esigenza che quella di vedere esaudito un loro legittimo diritto. (4-00287)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si pone all'attenzione del Governo la questione concernente le criticità del sistema per cui i connazionali titolari di pensione brasiliana, residenti in Italia, sono tenuti a riscuotere la prestazione brasiliana tramite un delegato accreditato presso il patronato Assistencial dos imigrantes italianos.
  La situazione oggetto di interrogazione è da tempo all'attenzione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, in collaborazione con il Ministero degli affari esteri e con l'Inps, ha intrapreso negli anni varie iniziative.
  Per dar conto degli ultimi interventi in tal senso si rappresenta quanto segue.
  Nel luglio del 2012, in risposta a una richiesta del Ministero, il corrispondente Ministero del lavoro brasiliano aveva informato dell'aggiudicazione dell'appalto per il servizio di pagamento delle pensioni brasiliane all'estero al
Banco central do Brasil, con la previsione di iniziare a pagare i beneficiari su conto corrente italiano a partire da gennaio 2013. A fine anno 2012, a seguito di nuova richiesta di aggiornamento, il Ministero del lavoro brasiliano comunicava un ritardo su tale previsione.
  Da ultimo, è stato richiesto un intervento diretto dell'ambasciata d'Italia in Brasile che il 9 maggio 2013, ha avuto un incontro con l'autorità competente brasiliana. Sempre il 9 maggio si è svolto presso l'ambasciata brasiliana a Roma un incontro tra rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero degli affari esteri e del
Banco central do Brasil, nonché con l'incaricato d'affari dell'ambasciata. In tale occasione, si è ottenuta da parte brasiliana la disponibilità ad attivare i necessari canali per sollecitare le autorità governative a rimuovere gli ostacoli che attualmente impediscono la rimessa diretta delle pensioni brasiliane ai residenti in Italia.
Il Ministro del lavoro e delle politiche socialiEnrico Giovannini.


   RIZZO, BASILIO, CORDA, ARTINI, FRUSONE, ALBERTI e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i diversi episodi criminosi si stanno registrando nel Comune di sant'Agata de’ Goti (Bn) tra i quali l'incendio di un autoambulanza dell'associazione no profit «Il Cireneo» e autovetture di amministratori e giornalisti locali, nonché l'incremento di furti nelle abitazioni private soprattutto della periferia della cittadina stanno suscitando legittimo allarme nella locale popolazione;
   la pur importante attività di contrasto alla criminalità da parte dei carabinieri potrebbe diventare più efficace con l'accorpamento delle piccole stazioni limitrofe in modo da formare una tenenza dei Carabinieri a Sant'Agata de’ Goti. Infatti tale accorpamento consentirebbe un servizio di pattugliamento più efficace ed efficiente: anche di notte avendo a disposizione più agenti si potrebbe avere un carabiniere di turno nella tenenza e una pattuglia che effettui la vigilanza sul territorio;
   tale accorpamento consentirebbe un risparmio nel costo dell'affitto nonché una migliore copertura del servizio di vigilanza sul territorio;
   l'accorpamento dovrebbe riguardare le stazioni dei carabinieri di Sant'Agata de’ Goti (Bn), Dugenta e Telese Terme e l'istituzione di una Tenenza a Sant'Agata che abbia il compito di controllare i territori di Dugenta, Sant'Agata de’ Goti, Limatola e Durazzano escludendo quello di Telese Terme in cui è già presente un commissariato di polizia. La suddetta richiesta è suffragata anche dal fatto che Sant'Agata è il Paese più grande come estensione geografica della provincia di Benevento infatti ha una estensione territoriale di 62,92 chilometri quadrati con una popolazione di circa 11.300 abitanti invece dove sono presenti le compagnie dell'arma Cerreto Sannita e Montesarchio rispettivamente hanno una estensione geografica di 33,26 e 26,26 chilometri quadrati e una popolazione di circa 4.000 e circa 13.000 –:
   quali iniziative intendano prendere i Ministri interrogati per rispondere alle esigenze di sicurezza dei cittadini di Sant'Agata de’ Goti e se non reputino opportuno procedere all'accorpamento delle stazioni dei carabinieri di cui in premessa con la costituzione di una unica tenenza dei carabinieri a sant'Agata de’ Goti.
(4-01225)

  Risposta. — Prima di affrontare nel merito la questione posta con l'atto di sindacato ispettivo in esame, ritengo doveroso soffermarmi brevemente sull'importante e indiscusso ruolo che l'Arma dei carabinieri svolge nell'ambito dell'ampia missione affidata alle Forze armate per la difesa del Paese e la salvaguardia delle libere istituzioni.
  L'Arma non solo concorre alla difesa integrata del territorio nazionale, ma partecipa anche alle operazioni per il mantenimento e il ristabilimento della pace e della sicurezza internazionale, contribuisce alle attività volte alla ricostruzione e al ripristino dei corpi di polizia locali nei teatri operativi, garantisce i servizi di sicurezza delle rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero ed esercita le funzioni di polizia militare, in via esclusiva per tutte le Forze armate.
  Fatta questa premessa, per quanto concerne l'opportunità di accorpare le stazioni carabinieri di Sant'Agata dei Goti, Dugenta e Telese Terme – come auspicato dall'interrogante – sottolineo che tali stazioni, competenti sugli omonimi comuni e, rispettivamente, su quelli di Durazzano, Limatola e Castelvenere, non sono incluse in alcuno dei progetti, recentemente avviati dall'Arma dei carabinieri, di razionalizzazione del dispositivo territoriale e non risultano, allo stato, interessate da altre proposte ordinative.
  Ciò, in considerazione della riconosciuta e indubbia funzionalità dell'attuale assetto istituzionale operante nell'area geografica interessata.
  Prima di concludere, vorrei porre in risalto – e rassicurare l'interrogante – come l'Arma dei carabinieri abbia sempre posto notevole e costante attenzione nel perseguimento di un dispositivo territoriale efficiente e adeguato per l'assolvimento dei propri compiti istituzionali, tra cui quello della tutela della sicurezza dei cittadini e del territorio.

Il Ministro della difesaMario Mauro.


   ROCCHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le numerose sedi prive di dirigenza scolastica venutesi a determinare nelle scuole, nel corso degli ultimi anni, hanno creato una situazione di necessità ed urgenza per lo svolgimento di concorsi e conseguente assegnazione dei ruoli. Con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 13 luglio 2011 è stato emanato il bando di concorso per esami e titoli relativo al reclutamento di dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e per gli istituti educativi. La copertura di gran parte dei posti vacanti è stata perseguita con il reclutamento degli idonei inseriti nella graduatoria di merito;
   la legittimità e la correttezza delle procedure deve essere certificata dall'amministrazione, cosa che è stata fatta e che ha portato, in Toscana, alla definizioni di una graduatoria di merito per 137 dirigenti scolastici, dalla quale si procede a 106 nuove assunzioni con decorrenza 1° settembre 2012;
   il 19 aprile 2013, a seguito di ricorso promosso da candidati che, pur avendo superato la prova preselettiva, non ottenevano punteggio idoneo per il passaggio alla successiva fase concorsuale delle prove orali, il TAR per la Toscana (prima sezione) accoglie il ricorso;
   la sentenza del tribunale amministrativo evidenzia un profilo di illegittimità in particolare nella composizione della commissione giudicatrice e nella sua modifica avvenuta a seguito di dimissioni del Presidente, illegittimità che conduce all'annullamento di tutte le operazioni concorsuali a partire dalla correzione delle prove scritte, facendo salva la sola prova preselettiva, e conseguente annullamento della graduatoria finale e degli atti di nomina dei vincitori;
   l'ufficio scolastico regionale per la Toscana intende porre resistenza alla sentenza del TAR e si rivolge all'Avvocatura dello Stato per inoltrare appello al Consiglio di Stato con contestuale richiesta di sospensiva della sentenza i cui tempi ed esiti, però, sono difficili da prevedere;
   i fatti sinteticamente riportati in premessa, simili a quelli verificatisi in Molise, Lombardia e Lazio, impongono riflessioni sull'eccesso di procedure amministrative che stanno alla base dei pubblici concorsi per dirigente scolastico i cui aspetti formali sono frequentemente oggetto di contenzioso che genera incertezze nelle parti coinvolte, il dilatarsi dei tempi per la loro risoluzione e costi elevati per la pubblica amministrazione (vedasi la trasmissione della sentenza di cui trattasi alla Corte dei Conti);
   l'interrogante intende però sottolineare che l'annullamento del concorso genera una situazione di incertezza e confusione per l'intero sistema scolastico toscano che, ove non venisse accolta alcuna sospensiva della sentenza, rischia di travolgere la conclusione di questo anno scolastico ed, in misura maggiore l'avvio del prossimo;
   la sentenza del TAR Toscana annulla l'atto di nomina di 106 dirigenti scolastici già in servizio dal 1° settembre 2012 nei rispettivi ruoli, i quali rischiano di dover rientrare in servizio, come docenti, su posti, del resto, già assegnati a nuovi titolari;
   inoltre, ciò determina il rischio di avere, già da settembre 2013, circa 170 istituzioni scolastiche (106 istituzioni scolastiche oltre alle circa 30 istituzioni scolastiche sottodimensionate ed alle sedi con dirigenti in pensionamento), su un totale di 483, senza dirigente e quindi, da assegnare in reggenza, con le inevitabili conseguenze sul piano organizzativo e gestionale per l'intero sistema;
   a questo si deve aggiungere la vicenda umana e professionale dei vincitori di concorso che, dopo aver affrontato e superato le prove previste, svolto le attività formative d'ingresso, arricchito la loro preparazione attraverso la gestione di istituzioni scolastiche anche complesse, si trovano coinvolti in una vicenda giudiziaria alla quale sono estranei;
   né possono essere sottaciute le legittime pretese di circa 50 docenti ricorsisti che intendono avere una seconda possibilità di concorrere, forti di irregolarità ed illegittimità amministrative riconosciute da un tribunale;
   la Regione Toscana, nella persona del vicepresidente e assessore all'istruzione, Dottoressa Stella Targetti, ha espresso grande preoccupazione per gli effetti che la sentenza potrà avere sul sistema scolastico regionale e, oltre ad iniziative legali, auspica interventi di tipo legislativo che possano garantire la corretta risoluzione ai problemi territoriali oltre alla composizione delle aspettative degli interessati –:
   se sia a conoscenza di quanto espresso in premessa e quali iniziative intenda assumere:
    a) per scongiurare il rischio che, già dal settembre 2013, circa un quarto delle istituzioni scolastiche toscane rimangano prive di dirigenza o con reggenti su due o più scuole;
    b) per tutelare la posizione dei 106 dirigenti immessi in ruolo (che pure hanno firmato un contratto con clausola rescissoria) le cui competenze professionali sono state ampiamente convalidate sia dalle prove concorsuali che dall'esperienza lavorativa maturata e la cui continuità di servizio sulle rispettive sedi sarebbe auspicabile;
    c) per dare riconoscimento ai 50 ricorsisti le cui ragioni sono state ampiamente riconosciute dal tribunale amministrativo;
    d) per definire soluzioni normative che determinino una composizione degli interessi delle parti in causa tale da ripristinare condizioni di stabilità e di legalità nell'assegnazione dei dirigenti alle istituzioni scolastiche ed evitare la proliferazione di contenziosi che possono protrarsi per anni e costi alla pubblica amministrazione, oltre ad inevitabili inefficienze per il sistema scolastico;
    e) per ridefinire nuove procedure che garantiscano un reclutamento dei dirigenti scolastici in condizioni di maggiore ordine, trasparenza e certezza, interrompendo la lunga stagione di assunzioni condizionate più da sentenze che dal principio di una seria e rigorosa valutazione delle competenze. (4-00373)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede quali iniziative il Ministero intenda assumere a fronte dell'annullamento da parte del giudice amministrativo della procedura concorsuale per dirigente scolastico che si è svolta nella regione Toscana.
  Al riguardo si ricorda che con le sentenze n. 641, 643 e 645 del 19 aprile 2013 il TAR Toscana ha annullato le prove selettive, sia scritte che orali, del concorso per il reclutamento di dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria e per gli istituti educativi della medesima regione.
  Il relativo ricorso è stato proposto da alcuni concorrenti risultati non idonei all'esito delle prove scritte.
  Nelle motivazioni delle richiamate pronunce emerge come il giudice abbia ritenuto non conformi a legge le modalità di correzione degli elaborati (si afferma in particolare che la commissione esaminatrice non avrebbe compiuto un'analisi collegiale dei singoli compiti) e la composizione della commissione a seguito della sostituzione di un nuovo presidente a quello originario dimissionario.
  Questa amministrazione, non ritenendo condivisibile la posizione assunta dal TAR Toscana, ha proposto appello avverso le citate decisioni con richiesta di sospensione cautelare delle stesse in quanto, tra l'altro, suscettibili di determinare significativi inconvenienti sulla regolare conclusione dell'anno scolastico in corso e sull'avvio del successivo.
  Il Consiglio di Stato (sesta sezione), con una serie di decreti monocratici datati 30 maggio 2013, ha accolto le istanze cautelari decidendo di sospendere gli effetti delle sentenze.
  La Camera di Consiglio che si sarebbe dovuta riunire il 2 luglio per la discussione delle suddette misure cautelari è stata rinviata al 5 novembre prossimo.
  Si precisa che al momento, nelle more della definizione del giudizio, i 106 neo dirigenti scolastici continuano a svolgere le funzioni loro assegnate, con ciò assicurando la regolare conclusione dell'anno scolastico in corso e l'avvio del successivo.
  Come sottolineato in altre occasioni, i competenti uffici del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, pur auspicando una positiva conclusione del contenzioso giudiziario, stanno comunque valutando tutte le eventuali misure da adottare, sia nei confronti dei ricorrenti, sia nei confronti dei vincitori del concorso, per evitare ripercussioni negative di un eventuale esito del giudizio all'amministrazione.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaMaria Chiara Carrozza.


   ROSATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno consentono agli stranieri presenti sul territorio nazionale regolarmente di accedere ai servizi dello Stato; pertanto, l'esibizione del permesso di soggiorno o della carta è richiesta dagli uffici ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni od altri provvedimenti di interesse dello straniero;
   l'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1988, n. 286, così come modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, prevede che siano fatti salvi dall'obbligo di esibizione di tale documenti da parte dello straniero, i provvedimenti che riguardino l’«accesso alle prestazioni sanitarie [...] e quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie»;
   in particolare, la legge 15 luglio 2009, n. 94, sostituisce la precedente previsione normativa che estendeva la non sussistenza dell'obbligo a tutti i provvedimenti inerenti «gli atti di stato civile o all'accesso a pubblici servizi»;
   il decreto legislativo, così novellato, escluderebbe – stando ad una interpretazione restrittiva – la possibilità per lo straniero irregolare di poter registrare anagraficamente la nascita di un figlio in territorio nazionale;
   eppure, l'articolo 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989, che anche l'Italia ha recepito con legge 27 maggio 1991, n. 176, dichiara che «Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi»;
   il Ministero dell'interno ha emanato una circolare del 7 agosto 2009, del dipartimento per gli affari interni e territoriali, nella quale si precisa che «per le attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione (registro di nascita – stato civile) non devono essere esibiti documenti inerenti il soggiorno»;
   sebbene la circolare ministeriale abbia contribuito a dirimere il dubbio iniziale circa l'interpretazione dell'articolo 6 del decreto legislativo di cui sopra, affinché tale disposizione non si ponga in contrasto con l'articolo 10 della Costituzione per violazione di norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta, sarebbe necessaria una sua modifica –:
   se il Governo ritenga opportuno assumere iniziative per attribuire ai contenuti della circolare un valore legislativo, almeno in relazione al punto 3 della stessa. (4-00229)

  Risposta. — In merito alla questione rappresentata con l'interrogazione in esame, si osserva, innanzitutto, che da parte degli ufficiali di stato civile sussiste l'obbligo di attenersi alle direttive impartite dal Ministero dell'interno, cui è affidata dall'articolo 14 del decreto legislativo 30 luglio 199, n. 300, la vigilanza sul corretto svolgimento dei servizi di stato civile.
  In ordine allo specifico quesito posto con l'interrogazione in esame, si osserva che la circolare del 7 agosto 2009, n. 19, chiarisce che «per lo svolgimento delle attività riguardanti le dichiarazioni di nascita e di riconoscimento di filiazione, non devono essere esibiti documenti inerenti al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese, anche a tutela del minore, nell'interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto».
  Al riguardo, non risulta siano state assunte dai comuni linee interpretative difformi da quelle stabilite nella citata circolare adottata dal Ministero dell'interno nell'ambito dell'esercizio dei propri poteri di indirizzo in materia.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoDomenico Manzione.


   ROSATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 10 aprile 2012 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, un bando di concorso del comando generale della Guardia di finanza per titoli ed esami, per il reclutamento di 750 allievi finanzieri della Guardia di finanza, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale delle Forze armate;
   le prove concorsuali, compresa la verifica dei requisiti psico-fisici, si sono svolte regolarmente e il 21 febbraio 2013 è stata pubblicata la graduatoria di merito finale;
   la graduatoria finale di merito prevede che 637 vincitori siano arruolati direttamente nella Guardia di finanza e 113 siano arruolati solo al termine di un periodo di ferma di quattro anni nelle Forze armate;
   per quanto attiene al contingente ordinario la graduatoria riporta 1.346 candidati idonei di cui 562 vincitori da arruolare direttamente nella Guardia di finanza, 98 vincitori da avviare alla ferma prefissata nelle Forze Armate e 659 idonei in soprannumero;
   espletate, quindi, le procedure di selezione si dovrebbe procedere con la presa in carico degli idonei vincitori, ma, risulta all'interrogante, che a distanza di più di due mesi non sono stati ancora comunicati agli stessi modalità e tempi di arruolamento;
   l'attività di lotta all'evasione fiscale – portata avanti dalla Guardia di finanza – è particolarmente importante e dirimente alla luce degli allarmi lanciati anche dalle istituzioni europee sul peso economico degli evasori. Peraltro, le azioni della Guardia di finanza appaiono al centro dell'azione governativa, intenzionata a ridurre il carico fiscale gravante sulle famiglie ma a fronte di un rafforzamento delle misure di controllo da parte delle autorità competenti;
   nonostante il cruciale ruolo che in Italia svolge il Corpo, le fiamme gialle si trovano in una situazione di carenza d'organico: secondo i dati ripresi da Il Sole 24 Ore nell'ottobre 2012, infatti, la Guardia di finanza dovrebbe avere un organico di 51.519 addetti, mentre quello effettivo arriva a 47.486 –:
   quali siano le tempistiche e le modalità di presa in carico degli idonei risultati vincitori del concorso per allievi finanzieri;
   come il Governo intenda tutelare gli idonei in soprannumero che potrebbero essere arruolati a copertura della carenza d'organico che si segnala per la Guardia di finanza;
   come, compatibilmente con le disponibilità di bilancio, il Governo intenda assicurare alla Guardia di finanza una piena operatività e la copertura della carenza d'organico. (4-00346)

  Risposta. — Con il documento di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante ha chiesto di conoscere le motivazioni che attengono alla mancata incorporazione di 562 vincitori di concorso da arruolare direttamente a seguito della conclusione del concorso indetto per il reclutamento di 750 allievi finanzieri nel 2012 e, attese le note carenze di organico del Corpo, le cause che impediscono l'incorporazione degli altri candidati risultati idonei ma non in posizione utile per l'arruolamento. In sintesi, l'onorevole Rosato chiede di conoscere se è possibile ricorrere al cosiddetto «scorrimento» della graduatoria dei vincitori di concorso pubblico al fine di potenziare la guardia di finanza nella sua quotidiana lotta all'evasione fiscale.
  Al riguardo, il comando generale della Guardia di finanza con riferimento all'assorbimento dei vincitori del concorso per il reclutamento di 750 allievi finanzieri ha riferito quanto segue:
   il bando di concorso di reclutamento è stato bandito in vigenza del cosiddetto
turnover – introdotto a partire dal 2010, con l'articolo 2, comma 208, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 – che consente alle amministrazioni del comparto sicurezza di procedere annualmente a nuove assunzioni nel limite delle cessazioni intervenute nel corso dell'anno precedente;
   tale facoltà assunzionale è stata però limitata, per effetto dell'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (cosiddetto decreto
spending review), in misura pari al 20 per cento, per il periodo 2012-2014 e al 50 per cento per il 2015.

  Alla luce del mutato quadro normativo il Corpo, per il 2012, ha deciso di salvaguardare tutti i vincitori di concorso mantenendo inalterato il numero dei posti a concorso, dovendo, tuttavia scaglionare l'incorporamento in più anni a causa delle risorse finanziarie che si renderanno disponibili nelle successive annualità e tenendo ferma la necessità di arruolare figure professionali maggiormente qualificate quali gli ufficiali e gli ispettori.
  In relazione alle suesposte ragioni, nel corrente d'anno (2013) è stato stabilito di procedere all'assorbimento di una prima aliquota di vincitori del concorso in rassegna pari a 352 unità, aliquota così rideterminata a seguito delle ulteriori modifiche normative introdotte dall'articolo 1, commi 89-91, delle legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), mentre i restanti vincitori di concorso saranno incorporati nelle successive annualità.
  Tali modifiche hanno, infatti, consentito di innalzare i limiti delle assunzioni dal 20 per cento al 50 per cento per il biennio 2013-2014 e al 70 per cento nel 2015, a condizione che si trovi idonea copertura finanziaria in due distinti fondi. Il primo costituito a seguito delle risorse recuperabili dalla rimodulazione delle dotazioni di spesa di ciascun Ministero e il secondo costituito con consistenza annua lorda pari a 70 milioni di euro per il 2013 e a 120 milioni di euro a decorrere dal 2014, da ripartire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (non ancora emanato) tra le amministrazioni interessate.
  In merito all'eventuale incorporamento degli idonei in soprannumero del concorso in esame, il comando generale della guardia di finanza ha riferito che:
   la facoltà di «scorrere» la graduatorie finali dei concorsi per il reclutamento degli allievi finanzieri è normativamente prevista dall'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199, e consente il reclutamento degli altri idonei entro 18 mesi dall'approvazione della graduatoria finale di merito (28 gennaio 2013), ma solo dopo l'incorporamento dei vincitori del concorso in argomento;
   tale facoltà è di fatto preclusa, tuttavia, dal momento che tale incorporamento (dei vincitori del concorso) si concluderà ben oltre il 28 luglio 2014 a causa delle limitazioni imposte dal
turn over sia pur rimodulato a seguito della legge di stabilità 2013.

  Infine, in relazione alla forza effettiva attualmente in servizio nella guardia di finanza lavorano 60.527 unità a fronte di una dotazione organica di 68.130 militari, deficit destinato ad aumentare per effetto del decreto spending review e che solo risorse straordinarie appositamente previste potranno ridurre in modo da affievolire gli effetti negativi del turn over limitato.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanzePier Paolo Baretta.


   ROSATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'Arma dei carabinieri ha pubblicato il 16 settembre 2011, un bando di concorso per titoli ed esami per l'ammissione al 2° corso triennale (2012-2015) di 490 allievi marescialli;
   come annunciato nella risposta del Ministro della difesa pro-tempore del 27 novembre 2012, all'interrogazione n. 4-17491 sul medesimo tema, il 20 settembre 2012 il vice direttore della direzione generale per il personale militare ha firmato il decreto di approvazione delle graduatorie di merito;
   con l'applicazione del blocco del turnover previsto nel provvedimento di revisione della spesa, i posti previsti dal concorso sono stati ridimensionati nella misura dell'ottanta per cento, portando i reclutamenti per allievi maresciallo da 490 a 150 unità;
   con la legge 24 dicembre 2012, n. 228, – (legge di stabilità 2013), si è disposto uno stanziamento pari a 70 milioni di euro per l'anno in corso e pari a 120 milioni di euro per l'anno 2014. Le risorse sono destinate alle assunzioni del comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche in deroga alle percentuali del turn-over di cui all'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nella misura massima del 50 per cento per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e fino al 70 per cento per l'anno 2015;
   l'incertezza sta creando notevoli disagi ai candidati e alle loro famiglie, che non sanno se e quanti posti si renderanno disponibili per il corso;
   a parere dell'interrogante è uno stato d'incertezza inaccettabile visto che i candidati hanno vinto un regolare concorso e godono di un diritto all'assunzione;
   molti giovani si sono presentati alle procedure concorsuali speranzosi di poter servire il proprio Paese; sono ragazze e ragazzi carichi di entusiasmo che purtroppo si trovano, e non è la prima volta, ad affrontare delle prove di selezione che poi non si traducono in un'assunzione di personale –:
   alla luce del fatto che nella legge di stabilità 2013 si è disposto un incremento delle percentuali del turn-over a partire dall'anno in corso con una dotazione finanziaria pari a 70 milioni di euro, quale tempistica il Ministro preveda per la presa in carico degli allievi marescialli dell'Arma dei carabinieri attualmente non assunti.
(4-00457)


   ROSATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 25 febbraio 2012 è stato indetto un bando per esami e titoli per il reclutamento di 1886 allievi carabinieri effettivi, riservato, ai sensi dell'articolo 2199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari delle Forze armate in ferma prefissata di un anno o quadriennale; lo stesso si è concluso il 26 marzo 2012;
   dal bando stesso si evince che «i candidati idonei, fino a concorrenza dei posti messi a concorso saranno dichiarati vincitori secondo l'ordine delle graduatorie ed ammessi alla frequenza del corso formativo, che si svolgerà presso i Reparti di istruzione di assegnazione» e che «i vincitori del concorso, senza attendere alcuna comunicazione, dovranno presentarsi presso i Reparti di istruzione, nella data e con le modalità che saranno resi noti, verosimilmente a partire dal 21 settembre 2012»;
   le graduatorie sono state rese disponibili e, di conseguenza, i 1886 vincitori individuati del bando di reclutamento degli allievi carabinieri effettivi si sono resi disponibili per presentarsi ai reparti a partire da settembre del 2012;
   con il provvedimento di revisione della spesa, la presa in organico presso i reparti dei 1886 vincitori del bando ha subito un arresto a causa del contenimento della spesa e del blocco del turn over disposti anche per il Ministero della difesa;
   con la legge 24 dicembre 2012, n. 228, – (legge di stabilità 2013), si è disposto uno stanziamento pari a 70 milioni di euro per l'anno in corso e pari a 120 milioni di euro per l'anno 2014. Le risorse sono destinate alle assunzioni del comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche in deroga alle percentuali del turn over di cui all'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nella misura massima del 50 per cento per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e fino al 70 per cento per l'anno 2015;
   il Ministro della difesa pro tempore nella risposta all'interrogazione n. 4-17451, promuovendo una iniziativa di innalzamento delle percentuali del turn over allora vigenti, ha dichiarato che una rimodulazione avrebbe potuto di permettere «di andare incontro alle aspettative dei volontari in ferma prefissata delle Forze armate vincitori di concorso»;
   dietro ai numeri del concorso 1886 allievi carabinieri ci sono vite e aspettative di ragazzi e ragazze che hanno vinto un regolare concorso del Ministero della difesa e che sulla base di ciò hanno assunto delle decisioni personali e si sono organizzati di conseguenza, rinunciando, in alcuni casi, anche ad altre offerte di lavoro –:
   se, alla luce delle intenzioni espresse dal Ministro della difesa pro tempore nella risposta del 27 novembre 2012, e riscontrato che nella legge di stabilità 2013 si sia disposto un incremento delle percentuali del turn over a partire dall'anno in corso con una dotazione finanziaria pari a 70 milioni di euro, quale tempistica il Ministro preveda per la presa in carico degli allievi carabinieri attualmente ancora non assunti. (4-00460)

  Risposta. — Si risponde contestualmente ad entrambi gli atti, in quanto concernenti la medesima tematica.
  Nel merito, faccio osservare che la riduzione del
turn over introdotta dall'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012 sulla spending review, ha comportato, purtroppo, la contrazione dei posti banditi nei due richiamati concorsi per il reclutamento di 490 allievi marescialli, passato a 150 immissioni, e di 1.738 allievi carabinieri, sceso a 240 unità.
  Il comando generale dell'Arma dei carabinieri, tuttavia, ha inteso, fin da subito, riservare il giusto grado di considerazione alla posizione dei circa 1.800 concorrenti che – per effetto dei tagli sopravvenuti – sono risultati di fatto penalizzati, non potendo essere assunti, pur essendo vincitori di concorso.
  In tale quadro, l'Arma dei carabinieri ha elaborato un programma di assunzioni per l'anno 2013, che prevede 1.569 nuovi reclutamenti pari al 50 per cento delle 3.138 cessazioni dal servizio rilevate nel 2012, da conseguire in parte utilizzando le risorse del
turn over e parte da imputare sul Fondo del Ministro dell'economia e delle finanze.
  Tale piano assunzionale, già all'esame dei competenti organi, sulla base delle risorse preventivate dovrebbe permettere gradualmente di soddisfare – già a decorrere dal prossimo autunno – le legittime aspettative di larga parte dei giovani candidati dei bandi del 2012, risultati «idonei non prescelti» per effetto dei tagli sopravvenuti.
  In particolare, sarà possibile procedere allo scorrimento delle rispettive graduatorie:
   immettendo al corso triennale per allievi marescialli tutti i 340 vincitori del bando del 2012;
   incorporando un contingente di circa 1.180 allievi carabinieri, tra i quali figurano oltre 800 volontari delle Forze armate individuati dalla «graduatoria aperta» della procedura concorsuale del 2012, nonché circa 380 volontari in ferma prefissata quadriennale (vincitori di concorso 2008) di previsto rientro dalle Forze armate al termine della ferma quadriennale.

  L'amministrazione, tuttavia, proseguirà la sua azione tesa a tutelare anche la posizione dei circa 700 candidati rimanenti del medesimo bando, nell'ambito della stesura dei futuri piani di assunzione dell'arma dei carabinieri.
  Al riguardo, faccio osservare che sul sito ufficiale del dicastero in data 24 maggio 2013 sono stati pubblicati alcuni chiarimenti in ordine al piano delle assunzioni in argomento.

Il Ministro della difesaMario Mauro.


   SANI, GHIZZONI, DALLAI, ROCCHI, CENNI, PES, CARROZZA, PARRINI, MANCIULLI e VELO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 36 della Costituzione sancisce che «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa»;
   il 5 aprile 2013 gli organi di informazione hanno pubblicato una denuncia delle associazioni sindacali di categoria secondo la quale al liceo linguistico Antonio Rosmini di Grosseto è stato utilizzato il sorteggio per decidere quali docenti supplenti avrebbero dovuto ricevere lo stipendio;
   secondo quanto comunicato in una conferenza stampa a Firenze le organizzazioni sindacali hanno confermato che «le scuole ricevono un budget che molto spesso è non sufficiente. Questo fa sì che non tutti i precari possano essere pagati contestualmente, e allora qualche scuola provocatoriamente sta avanzando l'idea di fare un sorteggio. Così è successo al Rosmini: per pagare gli 11 docenti sarebbero serviti 12 mila euro, ma il ministero ne ha erogati solo cinquemila, sufficienti per cinque persone. I docenti sono stati messi in ordine alfabetico è stata estratta una lettera, e abbiamo cominciato a pagare a partire da quella lettera. Tutto alla presenza delle Rsu della scuola, perché fosse chiaro che non c'era nessuna forma di favoritismo»;
   gli altri sei docenti, secondo quanto riportato nella conferenza stampa, non sono stati ancora pagati: «Siamo in attesa che arrivino i fondi per pagare i residui di febbraio, ma ora scatta il mese di marzo. La ragione del ritardo sta anche nei problemi legati alla sperimentazione di nuove procedure. A metà anno scolastico il ministero ha deciso di cambiare la procedura di erogazione dei fondi per il pagamento dei supplenti temporanei, quelli che sostituiscono il personale scolastico malato, con l'effetto che il sistema si è bloccato. Abbiamo situazioni dove il personale deve riscuotere 3-4 mesi in arretrato»;
   la regione Toscana, per voce dell'assessore all'istruzione Stella Targetti, ha comunicato che anticiperà i soldi per il pagamento dello stipendio degli insegnanti supplenti del liceo linguistico Antonio Rosmini di Grosseto;
   secondo quanto emerge dal recente studio pubblicato da Eurostat, che compara la spesa pubblica nel 2011 in Europa, l'Italia è all'ultimo posto nell'Unione europea per la spesa in cultura e scuola. L'Italia ha speso infatti per il settore l'1,1 per cento del prodotto interno lordo contro una media comunitaria del 2,2 per cento;
   questo esposto tratteggia indiscutibilmente un fatto gravissimo non soltanto per ciò che riguarda il diritto, sancito dalla Costituzione, del lavoratore alla equa retribuzione, ma anche per la continua carenza di risorse adeguate all'istruzione pubblica, un settore continuamente sottoposto a tagli indiscriminati e che dovrebbe invece rappresentare un elemento fondamentale su cui costruire il futuro di una nazione;
   altrettanto grave è, a giudizio degli interroganti, il silenzio registrato in questi giorni da parte del Ministero competente sull'intera vicenda –:
   per quali reali motivi il liceo linguistico Antonio Rosmini di Grosseto non abbia ricevuto i finanziamenti necessari per poter corrispondere gli stipendi ai docenti secondo quando indicato nella tempistica contrattuale e quando tale risorse economiche saranno trasferite;
   da quanto tempo si registrino dilazioni nei pagamenti al liceo linguistico Antonio Rosmini;
   se queste dilazioni siano da attribuire anche a «problemi legati alla sperimentazione di nuove procedure da parte del ministero competente», come riportato in premessa dalle associazioni sindacali;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di fatti analoghi che riguardano altri istituti pubblici nazionali scolastici e nello specifico personale docente o tecnico amministrativo;
   quali iniziative o provvedimenti urgenti si intendano quindi intraprendere per evitare che tali episodi possano ripetersi e si possa ottenere una puntuale erogazione degli stipendi dei supplenti temporanei assunti dagli istituti pubblici scolastici. (4-00199)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame con la quale l'interrogante chiede chiarimenti relativamente al mancato pagamento degli stipendi agli insegnanti supplenti del Liceo «Antonio Rosmini» di Grosseto.
  Al riguardo si precisa che la questione è stata risolta; gli stipendi relativi ai mesi di marzo e aprile sono stati interamente corrisposti.
  Gli inconvenienti descritti si sono in effetti riscontrati nel mese di marzo quando i fondi disponibili sono risultati insufficienti. Ciò è accaduto, per un verso, perché nella scuola in questione a febbraio di quest'anno sono risultate necessarie più supplenze rispetto alla previsione e, per altro verso, perché le nuove procedure di acquisizione dei dati contabili delle scuole sul sistema SIDI – Sistema informatico dell'istruzione dovevano ancora essere perfezionate per arrivare alla piena funzionalità.
  A fronte di tale situazione, in una riunione che si è tenuta il 7 marzo 2013 tra il dirigente scolastico, il direttore dei servizi generali e amministrativi, il membro della rappresentanza sindacale unitaria di istituto e una delegata sindacale, è stato deciso di pagare con le risorse a disposizione solo alcuni (otto per la precisione) dei quattordici supplenti.
  Quanto all'erogazione delle risorse risulta che l'istituto «Rosmini» ha stipulato, nell'esercizio 2013, contratti di supplenza per un totale di 46.919,03 euro e ha avuto assegnati ed erogati complessivamente 46.920,00 euro.
  Al medesimo istituto sono stati poi erogati ulteriori 6.324,00 euro quale importo necessario a coprire l'ulteriore fabbisogno registrato alla data del 13 maggio 2013.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricercaMaria Chiara Carrozza.


   TULLO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto Idrografico della Marina (I.I.M), che è l'organo cartografico dello Stato designato alla produzione della documentazione nautica ufficiale nazionale obbligatoria per la navigazione dipendente dal Ministero della difesa, ha sede a Genova, sino dalla sua istituzione risalente al 1872, presso il Forte San Giorgio;
   nella sua lunga storia l'Istituto Idrografico della Marina ha naturalmente strutturato un profondo legame non solo occupazionale, ma culturale e scientifico con il tessuto cittadino a partire dall'istituzione del primo sistema di riferimento nazionale italiano alla fine dell'ottocento con la determinazione della città di Genova quale punto di emanazione dell'ellissoide di Bessel e del conseguente sistema di riferimento usato sino al 1940 sino all'attuale operatività presso il Porto Antico di Genova del mareografo, fondamentale riferimento per la determinazione del livello medio marino dei mari d'Italia (s.l.m.) che fa del capoluogo ligure il punto «zero» per il calcolo di tutte le altimetrie italiane;
   il rapporto con la città è proiettato ed inserito anche sul futuro occupazionale, considerate le collaborazioni e sinergie previste con il realizzando parco scientifico e tecnologico degli Erzelli, con il Museo del mare e della navigazione, con l'Acquario di Genova e con l'università degli studi di Genova con l'istituzione del master di II livello in geomatica marina;
   in controtendenza con i tagli operati su altri istituti, lo Stato Maggiore della Marina ha confermato nell'aprile 2012 in 204 unità di personale civile la dotazione organica dell'Istituto Idrografico della Marina prospettando quindi nel prossimo futuro un raddoppio degli attuali posti occupazionali per il personale civile presso l'Istituto stesso, cosa che rappresenta una preziosa opportunità di sostegno in particolare all'occupazione di neolaureati;
    in un necessario quadro di riorganizzazione e razionalizzazione delle strutture in uso, anche per rispondere ai necessari adeguamenti tecnologici, si è aperto da tempo un dialogo con le varie istituzioni al fine di trovare una adeguata soluzione pro futuro;
   nel quadro di riassetto delle aree già di proprietà della Marina militare presso la città di La Spezia si è ventilato un possibile trasferimento dell'Istituto Idrografico della Marina presso tale sede –:
   se le indiscrezioni circa la volontà di operare un trasferimento dopo 150 anni da Genova a La Spezia corrispondano al vero;
   se si siano valutate le conseguenze sulle attuali collaborazioni tecnico-scientifiche poste in essere con successo tra l'Istituto Idrografico della Marina e le molte realtà genovesi;
   quali iniziative si intendano attuare al fine di tutelare gli attuali dipendenti dell'Istituto Idrografico della Marina residenti a Genova. (4-00845)

  Risposta. — Confermo, innanzitutto, quanto già rappresentato in sede di risposta al precedente atto n. 4-00165 dello stesso interrogante.
  Quale elemento di novità, posso, peraltro, rassicurare l'interrogante, che a seguito delle risultanze dei lavori del tavolo tecnico, costituito coinvolgendo i livelli istituzionali territoriali competenti, è già in fase avanzata di stesura una bozza di accordo di programma che prevede l'individuazione, su Genova, di un sito adeguato alle esigenze dell'istituto.

Il Ministro della difesaMario Mauro.


   VILLECCO CALIPARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto del Presidente della Repubblica il 31 luglio 2007, ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 400 del 1988, viene istituito il Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse;
   nella relazione semestrale del commissario straordinario del Governo per le persone scomparse del giugno 2012 dalle 105.092 denunce di scomparsa presentate alla data del 30 giugno 2011, si è passati alle 115.366 denunce acquisite alla fine di giugno 2012 (10.274 in più), pari ad un incremento percentuale su base annua del 9,78 per cento;
   nella relazione semestrale del commissario straordinario del Governo per le persone scomparse del giugno 2012 viene ribadito che il dramma delle persone scomparse è un fenomeno diffuso su tutto il territorio nazionale e in continuo aumento;
   con la legge n. 203 del 2012, entrata in vigore il 29 novembre 2012, si è recentemente rafforzata la disciplina in tema di ricerca di persone scomparse;
   con la circolare del 14 gennaio 2013, l'attuale commissario straordinario per le persone scomparse, prefetto Paola Basilone, ha segnalato ai prefetti gli aspetti principali della legge 14 novembre 2012, n. 203, entrata in vigore il 29 novembre;
   l'associazione Penelope, che riunisce i familiari e gli amici delle persone scomparse, da dieci anni cerca di diffondere sul territorio nazionale la conoscenza del dramma di una scomparsa e cerca l'attenzione delle istituzioni;
   l'associazione Penelope denuncia che sulla Gazzetta dello Sport del 16 marzo 2013 n. 64 è esposta l'immagine pubblicitaria della nuova automobile Kia CEÈD prodotta dalla Kia Motors affiancata da un messaggio fortemente lesivo del diritto delle persone scomparse di essere ricercate e delle loro famiglie che vivono un'enorme dramma per la scomparsa della persona cara –:
   quali iniziative intenda assumere per svolgere un'opera di sensibilizzazione sul tema delle persone scomparse, evitando che si verifichino casi come quello descritto che appare gravemente lesivo del diritto delle persone scomparse di essere ricercate e delle loro famiglie che patiscono un dramma per la scomparsa della persona cara. (4-00314)

  Risposta. — L'entrata in vigore della legge n. 203 del 2012 recante «Disposizioni per la ricerca delle persone scomparse» e le consecutive direttive commissariali, indirizzate ai prefetti, hanno concorso alla maggiore comprensione del fenomeno ed al rafforzamento delle procedure e delle iniziative a livello locale.
  I dati più recenti relativi alla portata del fenomeno sono contenuti nell'ultima relazione semestrale del commissario straordinario del Governo per le persone scomparse.
  Le persone ancora da rintracciare risultano essere 25.453, di cui 9.396 cittadini italiani e 16.057 cittadini stranieri. Di questi i maggiorenni sono 14.855 e i minorenni 10.598.
  Il fenomeno, in continuo aumento su tutto il territorio nazionale desta un forte allarme sociale, anche perché riguarda un numero elevato di minori, di donne e di persone anziane.
  Ciò premesso, questa amministrazione condivide pienamente l'opinione espressa dall'associazione dei familiari degli scomparsi «Penelope» in merito al messaggio pubblicitario relativo alla distribuzione di un prodotto di una casa automobilistica.
  Il contenuto di tale messaggio, infatti appare lesivo del diritto di quanti sono scomparsi e ricercati dai propri familiari.
  Il commissario straordinario, pertanto, ha segnalato la vicenda all'Autorità per le garanzie delle comunicazioni per l'adozione di eventuali provvedimenti di competenza.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoDomenico Manzione.