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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 12 luglio 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La V Commissione,
   premesso che:
    l'incremento della produzione italiana di idrocarburi deriva principalmente dai due grandi giacimenti presenti in Basilicata, ubicati rispettivamente in Val d'Agri e a Tempa Rossa: il giacimento situato in Val d'Agri è il più grande giacimento petrolifero dell'Europa continentale, porta all'Italia oltre l'80 per cento della produzione nazionale di greggio e copre per circa il 6 per cento il fabbisogno nazionale; inoltre, dal 2015 il giacimento di Tempa Rossa porterà un incremento del 40 per cento della produzione petrolifera nazionale, la riduzione della dipendenza estera per l'approvvigionamento energetico e un importante contributo alla bilancia nazionale dei pagamenti;
    con il Memorandum d'intesa sottoscritto tra lo Stato e la regione Basilicata il 29 aprile 2011, le Parti si sono impegnate a «porre in essere un percorso unitario e condiviso di definizione ed attuazione degli interventi a valenza strategica in grado di rafforzare la competitività del sistema produttivo e formativo della Basilicata, attraverso uno speciale e straordinario sostegno aggiuntivo alla ricerca industriale, al miglioramento della rete infrastrutturale e della mobilità, alla formazione per la regione Basilicata, a fronte del grande contributo dato dalla regione Basilicata alla bilancia energetica nazionale, per il radicamento di una effettiva ricaduta occupazionale sul territorio e al fine di assicurare un rendimento sostenibile agli investimenti delle compagnie petrolifere»;
    l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 1 del 2012, ha dato attuazione al predetto memorandum, stabilendo che: «Al fine di favorire nuovi investimenti di ricerca e sviluppo delle risorse energetiche nazionali strategiche di idrocarburi nel rispetto del dettato dell'articolo 117 della Costituzione, dei principi di precauzione, di sicurezza per la salute dei cittadini e di tutela della qualità ambientale e paesistica, di rispetto degli equilibri naturali terrestri e acquatici, secondo i migliori e più avanzati standard internazionali di qualità e sicurezza e con l'impiego delle migliori tecnologie disponibili, garantendo maggiori entrate erariali per lo Stato, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le modalità per individuare le maggiori entrate effettivamente realizzate e le modalità di destinazione di una quota di tali maggiori entrate per lo sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori di insediamento degli impianti produttivi e dei territori limitrofi, nonché ogni altra disposizione attuativa occorrente all'attuazione del presente articolo»;
    pertanto, l'emanazione del decreto previsto dal citato articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 1 del 2012, che ancora non è avvenuta, costituisce un passo fondamentale per realizzare effettivamente l'impegno dello Stato a destinare parte delle entrate fiscali derivanti dalle attività di estrazione di idrocarburi allo sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali nei territori interessati, in particolare nel territorio della regione Basilicata, da cui proviene la massima parte della produzione nazionale;
    sembra che la ragione principale del ritardo nell'emanazione del predetto decreto risieda in alcuni ostacoli frapposti dal Ministero dell'economia e delle finanze ai fini del concerto necessario in materia, che appare necessario superare al più presto,

impegna il Governo

ad accelerare quanto più possibile gli adempimenti di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di consentire la sollecita emanazione del decreto interministeriale previsto dall'articolo 16 del decreto-legge n. 1 del 2012, risolvendo in tal modo le questioni, principalmente connesse a profili di contabilità e di bilancio, relative all'individuazione e quantificazione delle risorse da destinare alle predette finalità di sostegno territoriale.
(7-00065) «Palese, Latronico, Saltamartini, Pagano».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   MONGIELLO, VENITTELLI, ANTEZZA, ZANIN, COVELLO, MARIANO, MICHELE BORDO, PELILLO, VENTRICELLI, BELLANOVA, CAPONE e GINEFRA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Corte costituzionale nella camera di consiglio del 3 luglio 2013 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme sulla riforma delle funzione e degli organi delle province disposte dal decreto legge «Salva Italia», ossia dell'articolo 23, commi 4, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 20-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, nonché delle ulteriori previsioni in materia di soppressione delle province introdotte dal decreto legge sulla «Spending review», ossia degli articoli 17 e 18 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135;
   la Corte, in particolare, ha verificato che le predette disposizioni violano l'articolo 77 della Costituzione, in relazione agli articoli 117, secondo comma, lettera p), e 133, primo comma, della Costituzione, in quanto trattasi di norme adottate tramite un decreto-legge, il quale è atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza e pertanto è uno strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel predetto giudizio;
   ove tali norme non fossero state caducate, la loro attuazione avrebbe comportato, tra l'altro, anche il trasferimento, dalle province ai comuni, delle funzioni in materia di valorizzazione dei beni culturali e tra esse la gestione del sistema bibliotecario;
   al riguardo, al fine di far meglio comprendere l'importanza, la specificità e la peculiarità del sistema bibliotecario provinciale, i direttori delle biblioteche provinciali di Bari, Brindisi, Campobasso, Foggia, Isernia, L'Aquila, Lecce, Pescara, Potenza, Teramo, hanno elaborato e diffuso un puntuale documento informativo in cui tali elementi di rinomanza sono stati dettagliatamente evidenziati facendo emergere i rischi per la cultura che un eventuale trasferimento di funzioni avrebbe allo scopo comportato;
   l'eventuale processo di riordino e revisione delle competenze delle province italiane, per le biblioteche provinciali, per lo più presenti solo in alcune realtà dell'Italia meridionale, avrebbe rappresentato un vulnus gravissimo in grado di determinare l'impoverimento (se non la scomparsa) di servizi e funzioni sovracomunali essenziali volti a conservare e valorizzare, attraverso la raccolta e l'incremento delle collezioni bibliografiche e documentarie, l'identità storica, culturale e civile dei rispettivi territori;
   vale la pena ricordare che per ragioni storiche antiche e recenti, infatti, queste specifiche biblioteche (una quindicina in tutto su un complesso nazionale di oltre 10.000 biblioteche di enti diversi) svolgono da tempo compiti che conferiscono loro i caratteri non già di mere biblioteche di consultazione e lettura, ma di servizi e funzioni biblio-documentali e di conservazione dell'eredità culturale di «area vasta», cioè di ambito sovracomunale e talvolta interprovinciale (per sedimentazione bibliografica-documentaria, per utenza, per essere centro di coordinamento e raccordo di sistemi bibliotecari di ampi territori, per iniziative di promozione e valorizzazione);
   inoltre, da tempo queste biblioteche hanno una salda connessione provinciale (ad esempio in qualità di centro di rete dei poli sub regionali o regionali del Servizio bibliotecario nazionale), con il coordinamento, l'assistenza e la tenuta centralizzata di funzioni tecnico-operative e formative di biblioteche locali di enti e istituzioni pubblici e privati e spesso di università e di enti ecclesiastici;
   il nostro ordinamento, inoltre, contiene specifiche norme che elevano queste biblioteche a luogo di «deposito legale» di quanto pubblicato ai fini della costituzione dei rispettivi «Archivi bibliografici regionali», con ciò riaffermando anche un loro imprescindibile ruolo di istituti di conservazione di area vasta;
   il paventato trasferimento di queste biblioteche ai rispettivi comuni capoluogo sarebbe quindi esiziale ai fini del mantenimento di questi pur consolidati caratteri vista l'assoluta incompetenza amministrativa e inesistenza di una tradizione di coordinamento intercomunale da parte dei comuni capoluogo, ma soprattutto in considerazione della insussistenza di risorse finanziarie capaci di mantenere e accrescere i livelli di funzionalità e specificità delle attuali biblioteche provinciali;
   in aggiunta andrebbe sottolineata l'ulteriore criticità che l'ipotizzato trasferimento di funzioni avrebbe creato al sistema bibliotecario territoriale. Infatti, la riforma degli articoli 13 e 14 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, insieme a quella intervenuti ai sensi dell'articolo 14, commi 26 e 27 del decreto legge n. 78 del 2010 convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010 e dell'articolo 19 del decreto-legge n. 95 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, in ragione della reintroduzione dei principi delle spese facoltative e delle spese obbligatorie da esse stabiliti, hanno determinato l'obbligo dei comuni di assicurare l'esercizio delle funzioni fondamentali, da cui però sono state espunte le biblioteche i musei ed i teatri. In tal modo tali strutture e servizi non solo sarebbero restati un onere a carico dell'ente locale erogante, ma avrebbero anche assunto su di loro l'alea della estemporaneità amministrativa e finanziaria, rischiando di vanificare gli interventi e le funzioni di coordinamento che in alcuni casi si sono trasformate in una grande e modernissima infrastruttura interbibliotecaria, ottimizzando i costi di gestione attraverso la centralizzazione di alcuni servizi generali ad alto costo;
   un eventuale trasferimento ai comuni delle biblioteche provinciali, in una situazione di crisi della finanza locale, sarebbe il colpo finale dato a questi istituti che come noto, affinché possano rispondere ai compiti di coordinamento, di sistema e di servizi biblio-documentali e conservativi di area vasta, necessitano di certezza di stanziamenti, continuità degli stessi, programmazione della propria azione;
   a poche ore dalla pronuncia dell'incostituzionalità delle norme sulla soppressione delle province, il Governo ha reso noto che sarebbe stata sua volontà approvare un disegno di legge costituzionale volto a prevedere la soppressione delle province e la riproposizione delle disposizioni vanificate dalla predetta sentenza;
   successivamente, il Governo, dando seguito alla citata dichiarazione di intenti, nella seduta del Consiglio dei ministri del 5 luglio 2013, ha, tra l'altro, esaminato uno schema di disegno di legge costituzionale per l'abolizione delle province da sottoporre al parere della conferenza unificata –:
   se in ragione di quanto descritto in premessa, non intendano tener conto della peculiarità del sistema bibliotecario, segnatamente del Sud Italia, oggi affidato alle province ed in tale ambito intraprendere le opportune iniziative normative volte conservare in capo ad ambiti amministrativi di analogo rango a quello provinciale, le competenze in materia di reti e sistemi informativi e biblio-documentali, o se del caso a porre in capo alle regioni la regolazione delle funzioni biblio-documentali relative ai sistemi a rete sovraccomunali in quanto le stesse regioni rappresentano gli unici enti che potrebbero avere obblighi nei confronti della gestione dei citati sistemi, servizi e attività biblio-documentali. (3-00202)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:


   SCALFAROTTO. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   gli organi di stampa hanno dato notizia che domenica 30 giugno il Presidente russo Vladimir Putin ha firmato legislativo una legge contro la cosiddetta «propaganda omosessuale», intendendosi per essa il semplice parlare di questioni o fatti che attengono alla vita delle persone omosessuali, anche sui media, quando la comunicazione o le informazioni possono giungere anche a minori di 18 anni;
   sempre sulla stampa è stata data notizia che in occasione della manifestazione del Gay Pride di San Pietroburgo dello scorso 29 giugno si sono registrati violenti scontri tra attivisti LGBTI e gruppi anti-gay;
   il 24 giugno 2013 il Consiglio dell'Unione europea ha adottato il documento n. 11492/13 recante «Gli orientamenti per la promozione e la tutela dell'esercizio di tutti i diritti umani da parte di lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali (LGBTI)»;
   sia l'Italia sia la Russia sono membri del Consiglio d'Europa e sottoscrittori della Convenzione europea dei diritti umani. Da ultimo con la raccomandazione CM/Rec(2010)5 del Consiglio dei ministri agli stati membri è stata avanzata la richiesta di adottare misure per combattere la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere;
   la Corte europea dei diritti umani ha già condannato la Russia nel 2010 per aver violato la Convenzione, proibendo i pride che dovevano svolgersi a Mosca negli anni 2006, 2007 e 2008 –:
   quali azioni intenda intraprendere per conto dell'Italia o quali iniziative sul piano diplomatico intenda farsi promotore presso altri Paesi per sollecitare la Russia ad abrogare la legge appena approvata e a garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone LGBTI. (3-00206)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PORTA e TIDEI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la spiacevole vicenda del divieto di sorvolo che alcuni Paesi europei hanno opposto alla richiesta proveniente dall'aereo presidenziale del Presidente della Repubblica plurinazionale di Bolivia, Evo Morales, ha causato un serio danno alle relazioni tra i Paesi europei e la Bolivia;
   d'altra parte è diplomaticamente e politicamente difficile condividere una tale linea di condotta nei confronti di un Paese amico e partner come la Bolivia, in particolare nei confronti della massima autorità istituzionale di quel Paese;
   le istituzioni europee dovrebbero essere anch'esse chiamate ad esprimersi nel merito di questi avvenimenti per la loro rilevanza;
   il Ministro interrogato, in data 3 luglio 2013, ha spiegato e garantito al Parlamento l'assoluto non coinvolgimento del nostro Paese in questa vicenda, in quanto, dopo averlo concesso, non è stato mai revocato il permesso di sorvolo o atterraggio dell'aereo presidenziale boliviano nel nostro territorio;
   infatti, dopo la decisione presa dal comandante dell'aereo presidenziale – con a bordo il Presidente Morales – di atterrare a Vienna alle ore 21,00 del 2 luglio 2013, il permesso di sorvolo è semplicemente scaduto in via automatica e, poche ore dopo, nella mattinata del 3 luglio è stato immediatamente ripristinato;
   l'Italia, alla luce delle dichiarazioni del Ministro interrogato, non ha nulla da rimproverarsi circa il comportamento adottato nella vicenda;
   il danno d'immagine per il nostro Paese è stato comunque molto grave, poiché ad avviso degli interroganti il Governo non è riuscito, nei giorni successivi al fatto, a svolgere un'adeguata azione politica e diplomatica nei confronti dei Paesi latino-americani volta a spiegare la sostanziale diversità della condotta italiana che invece è stata assimilata, dall'opinione pubblica internazionale e latino-americana, a quella degli altri Paesi europei coinvolti;
   particolarmente importante e positivo è stato, d'altra parte, aver avuto l'opportunità di spiegare, attraverso l'ambasciatore d'Italia a La Paz, la posizione italiana al Ministro degli esteri della Bolivia, spiegazione che non risulta agli interroganti contemplasse alcuna richiesta di scuse della Bolivia all'Italia; risulta, per tale motivo, singolare che parallelamente il rappresentante italiano intervenendo alla riunione della Organizzazione degli Stati Americani del 9 luglio a Washington, da quanto si evince dalla registrazione della sessione, abbia adottato un atteggiamento del tutto differente e contraddittorio, spingendosi a sostenere che non è l'Italia che deve chiedere scusa alla Bolivia ma il contrario –:
   quali direttive di comportamento siano state date alla rappresentanza italiana presso l'Organizzazione degli Stati americani;
   se la dichiarazione che il rappresentante d'Italia presso l'OSA ha reso nel suo intervento, contemplando l'ipotesi di scuse all'Italia da parte della Bolivia, sia da considerare una richiesta ufficiale, concordata, indicata o suggerita dal Ministero degli affari esteri;
   in caso contrario, in base a quale mandato il rappresentante italiano presso l'OSA abbia rivolto tale richiesta, ad avviso degli interroganti impegnativa, inaccorta e infondata, alla Bolivia. (5-00613)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'UVA, SILVIA GIORDANO, MARZANA, MANLIO DI STEFANO, GAGNARLI, LOREFICE, CECCONI, TERZONI e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 giugno 2013, presso i saloni dell'Ergife Palace Hotel di Roma, è stata sostenuta la prova preselettiva per il concorso, per titoli ed esami, a 35 posti di segretario di legazione in prova, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 4o Serie speciale del 12 aprile 2013 e con scadenza 27 maggio 2013;
   la prova da sostenere è stata affidata, in regime di appalto, alla società «Selexi S.r.l.» di Milano grazie al mandato dell'ufficio V concorsi del Ministero degli affari esteri;
   il bando di concorso, così come pubblicato all'interno del sito internet del Ministero, prevedeva per lo svolgimento della prova preselettiva un quiz di 60 domande a risposta multipla, da svolgersi nel termine massimo di 60 minuti e concernente le tre materie oggetto delle successive prove scritte: storia delle relazioni internazionali, diritto internazionale pubblico e dell'Unione europea, politica economica e cooperazione economica, commerciale e finanziaria multilaterale, congiuntamente a domande in lingua inglese e di logica;
   al fine di ottenere l'accesso alle successive prove scritte, veniva richiesto ai candidati al concorso di rispondere in maniera esatta ad almeno due terzi dei quesiti da sostenere nello svolgimento del quiz, riuscendo a totalizzare almeno 40 risposte esatte;
   i risultati della prova, mediante immediata pubblicazione sul sito internet del Ministero, venivano resi noti nella stessa data in cui sono state sostenute le prove preconcorsuali, 11 giugno 2013, ma solamente attraverso la mera indicazione dei nominativi risultati idonei a sostenere le prove scritte successive e senza alcuna indicazione circa i risultati dei quiz;
   in data 17 giugno 2013 è stato possibile per i candidati al concorso ottenere l'accesso ai risultati della prova preconcorsuale i quali, a seguito della presa visione, denunciavano la presenza di un sistema di calcolo effettuato attraverso un procedimento ritenuto del tutto anomalo e con la altrettanto anomala presenza di un «abbuono», così come riportato dallo stesso Ministero, di 6 domande risultate non essere state ricomprese ai fini della valutazione finale;
   dall'attenta analisi dei quesiti abbuonati dal Ministero in sede di concorso, si può rilevare come solo alcuni di questi contengano una formulazione palesemente errata ovvero posta in maniera non pertinente, mentre è possibile altresì rilevare, attraverso una più estesa verifica, come in realtà tali difetti e caratteristiche siano presenti invece in altri e ulteriori quesiti oggetto della prova preselettiva;
   la decisione di abbuonare le domande ritenute palesemente errate ovvero poste in maniera non pertinente solleva numerosi dubbi nel merito, data la presenza di quesiti non affetti da alcun vizio né di forma né di sostanza tra i sei presi in considerazione dal Ministero e dalla commissione esaminatrice, mentre tra le restanti domande figurano quesiti posti in maniera altrettanto ambigua se non addirittura errata, e sui quali nessun provvedimento veniva assunto;
   la previsione di un abbuono, così come disposto dal Ministero, dalla commissione esaminatrice e dalla società Selexi S.r.l., ha conseguentemente permesso ad alcuni dei candidati il raggiungimento della soglia minima prevista dal bando di concorso, e tale risultato veniva raggiunto anche grazie alla contestuale quanto arbitraria decisione di lasciare immutata la valutazione delle restanti domande affette da vizi di forma e di sostanza e per le quali si decideva di non assumere alcun provvedimento;
   l'accesso del personale diplomatico al Ministero degli affari esteri necessita di una valutazione, in sede di pubblico concorso, attenta quanto esente da arbitrio, attraverso selezioni chiare e trasparenti che garantiscano l'accesso ai previsti dal bando di concorso a candidati meritevoli;
   tale circostanza e tali criteri non sembrano riguardare il concorso in esame, dal momento che io stesso risulta affetto da vizi che ne hanno messo in dubbio la legittimità, data la presenza di numerosi candidati risultanti idonei solo a seguito di un abbuono disposto dallo stesso Ministero sia per quesiti che risultano palesemente errati ovvero posti in maniera non pertinente, sia per quesiti dai quali non emerge alcun tipo di vizio, mentre nulla veniva deciso circa la presenza di ulteriori quesiti all'interno della prova altrettanto notevoli di essere abbuonati stando ai criteri utilizzati per i 6 quesiti effettivamente non considerati ai fini della valutazione finale –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sin qui esposti;
   se il Ministro intenda chiarire le motivazioni che hanno comportato un ritardo nella pubblicazione dei risultati dei candidati e non della mera lista dei soggetti idonei, benché in presenza di procedura completamente automatizzata;
   se il Ministro sia a conoscenza delle ragioni che hanno comportato la scelta della procedura dell’«abbuono» e dei motivi per cui non si sia disposto di eliminare i soli quesiti ritenuti errati o non correttamente esposti, non contestuale dimensionamento della soglia numerica prevista per l'ammissione alle prove successive;
   se il Ministro sia a conoscenza delle ragioni che hanno comportato la decisione di abbuonare domande non affette da alcun evidente vizio di forma e di sostanza, mentre altrettanto non veniva disposto per quesiti che presentavano caratteri di invalidità ben più rilevanti quanto evidenti;
   quali siano, se presenti, le responsabilità dell'impresa appaltatrice, «Selexi S.r.l.» di Milano e quali iniziative risarcitorie e intenda eventualmente intraprendere;
   se intenda adoperarsi per ripristinare lo stato di legalità, nel pieno rispetto del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, provvedendo urgentemente affinché la prova preselettiva venga nuovamente disposta dal Ministero e provvedendo altresì al contestuale annullamento di quella tenutasi in data 11 giugno 2013 e affidandone a diversa ditta appaltatrice la sua predisposizione e il corretto svolgimento. (4-01245)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARROCU, MURA, CANI, MARCO MELONI, PES, FRANCESCO SANNA, GIOVANNA SANNA e SCANU. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   ENAC ha dato avviso al pubblico dell'avvio della procedura di conformità urbanistica ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383, relativamente al piano di sviluppo aeroportuale (PSA e/o masterplan) dell'aeroporto di Cagliari Elmas, precisando che presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è conclusa positivamente la procedura di valutazione di impatto ambientale per la quale si è in attesa di ricevere il relativo decreto;
   non risulta in alcun modo che il masterplan sia stato assoggettato alla procedura di valutazione ambientale strategica (VAS);
   ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 la VAS «riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale» come il piano di sviluppo aeroportuale in questione;
   in particolare, l'articolo 6, comma 2, impone che devono essere sottoposti a detta procedura i piani e i programmi per il settore dei trasporti lettera a) o «per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni»;
   nel caso di specie non solo si tratta di un piano incidente sul settore dei trasporti, ma lo stesso interessa un'area di protezione speciale che riveste le caratteristiche sopra descritte per l'esigenza di protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, con la conseguenza che è innegabile che lo stesso dovesse essere sottoposto a valutazione ambientale strategica ai sensi della normativa richiamata che non può essere derogata da mere circolari ministeriali che, in ipotesi, escludano l'assoggettabili a valutazione ambientale strategica;
   peraltro, nell'ambito del piano di sviluppo aeroportuale è prevista la realizzazione di piazzali in cemento per una estensione di oltre 6 ettari nell'ambito di una zona (Santa Caterina) oggetto di tutela sia archeologica sia paesaggistica;
   emerge come il piano di sviluppo aeroportuale non abbia attentamente considerato che lo sviluppo aeroportuale verso il centro abitato e l'inevitabile aumento degli aeromobili implicherà un sensibile aggravamento delle condizioni di salubrità ambientale riscontrabili nella zona, con particolare riferimento all'inquinamento acustico ed atmosferico;
   i dati riportati nel piano di sviluppo aeroportuale sotto il predetto profilo appaiono carenti;
   il piano di sviluppo aeroportuale e i progetti in esso indicati risultano agli interroganti in palese contrasto con gli strumenti urbanistici comunali anche di rilevanza paesaggistica-ambientale –:
   se e come il Ministro possa procedere all'emanazione del decreto di valutazione di impatto ambientale in assenza di una più complessa ed articolata ponderazione degli effetti sull'ambiente nell'ambito di un procedimento di valutazione ambientale strategica;
   se abbia tenuto conto dei negativi impatti sul territorio di Elmas e sugli abitanti del masterplan dell'aeroporto di Cagliari Elmas;
   se e come intenda sopperire a tali gravi carenze;
   se non intenda per le questioni di cui sopra sospendere il procedimento di approvazione della valutazione di impatto ambientale. (4-01253)


   PLACIDO e AIELLO. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 25 settembre 2001 ENEL Produzione ha presentato un progetto di riattivazione, attraverso la riconversione a biomasse, di uno dei due gruppi della centrale termoelettrica del Mercure – risalente alla metà degli anni ’60 e ormai completamente inattiva da oltre 15 anni – sita nel territorio del comune di Laino Borgo (CS), all'interno di un'area doppiamente protetta a livello nazionale e comunitario (parco nazionale del Pollino e Zona di protezione speciale – ZPS – Pollino e Orsomarso – IT 9310903);
   al progetto si oppone, con grande forza e determinazione, l'intera popolazione della Valle, nonché, anche con atti formali e iniziative legali adottati ad hoc, le amministrazioni delle comunità più a rischio e l'ente parco nazionale del Pollino, attraverso il consiglio direttivo, la comunità del Parco, oltre a istituzioni – tra cui la regione Basilicata e la e provincia di Potenza – rappresentanti politici e amministratori di ogni appartenenza, associazioni e comitati locali e nazionali;
   in particolare, iniziative di forte opposizione al progetto dell'Enel sono state adottate da parte della comunità del Parco, Organo collegiale di governo del territorio che comprende i presidenti delle regioni di Calabria e Basilicata, delle province e delle comunità montane nei cui territori sono ricomprese le aree del Parco, nonché, infine, ma certo non da ultimi, i sindaci dei 56 comuni – 32 calabresi e 24 lucani – del parco;
   tra gli atti formali adottati dalla comunità del parco figurano l'atto deliberativo (n. 9) del 10 dicembre 2009, in cui addirittura si chiede lo smantellamento della centrale del Mercure, attesa la sua assoluta incompatibilità con l'ambiente protetto del parco del Pollino e gli interessi e i diritti delle popolazioni che vi abitano;
   tale posizione, fortemente critica circa la presenza stessa della centrale del Mercure nel parco nazionale del Pollino, è stata immediatamente recepita e fatta propria, con specifico atto deliberativo (n. 84), in data 11 dicembre 2009, dal consiglio direttivo dell'ente parco nazionale del Pollino;
   il piano del parco adottato dall'ente, dopo un'attesa di oltre 15 anni dalla sua istituzione, dedica alla centrale del Mercure addirittura un intero paragrafo, ribadendone la inconciliabilità con l'area protetta e definendo norme, limiti e criteri per la produzione di energia elettrica con utilizzo di biomasse sul territorio del Parco, lontanissimi e incompatibili con le specifiche che caratterizzano il progetto dell'Enel;
   tali posizioni e atti formali, tuttora pienamente vigenti, unitamente ad altri pareri pure espressi sulla vicenda – primo tra tutti quello dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Potenza – n. 27260 dell'8 ottobre 2009, hanno portato alla inevitabile assunzione, da parte dell'Ente Parco, di iniziative legali, autonome rispetto a quelle intraprese dai comuni di Viggianello (PZ) e Rotonda (PZ) e delle Associazioni ambientaliste nazionali – Italia Nostra, Forum Ambientalista, WWF – oppositive al progetto di riconversione e riapertura della centrale del Mercure;
   le azioni legali, complessivamente ed autonomamente intraprese contro il progetto dell'Enel, hanno infine condotto alla sentenza 04400/2012 del Consiglio di Stato – depositata il 1o agosto 2012 – che, in pratica, lo boccia definitivamente;
   con decreto n. 16459 del 19 novembre 2012 la regione Calabria – dipartimento n. 5/attività produttive – settore politiche energetiche, non tenendo praticamente in alcun conto il pronunciamento del Consiglio di Stato, ha secondo l'interrogante incredibilmente autorizzato la riattivazione della sezione 2 della centrale, attraverso l'utilizzo di atti nulli, senza attivare le procedure previste dalla vigente normativa e contro l'esplicito ed espresso parere dell'ente parco nazionale del Pollino, ente gestore del territorio su cui sorge la centrale;
   avverso tale provvedimento sono state immediatamente varate ulteriori iniziative legali presso il tribunale amministrativo (TAR) di Catanzaro, competente per territorio, per ripristinare il principio di legalità e tutelare i legittimi interessi e i diritti delle popolazioni interessate, che hanno immediatamente dato luogo, da parte loro, a vibrate proteste e manifestazioni, a testimonianza ulteriore della delicatezza della vicenda e della unanime opposizione, popolare e istituzionale, ad uno sciagurato progetto che, se portato a compimento, li danneggerebbe irreparabilmente, oltre a devastare un'area protetta tra le più belle d'Italia;
   nel periodo intercorso tra la prima e la seconda udienza – quest'ultima tenutasi il 21 giugno 2013 – l'Enel, in evidente difficoltà per l'andamento complessivo della vicenda, ha chiesto all'ente parco di concordare una moratoria del procedimento amministrativo, a fronte di impegni vaghi e generici, tra l'altro in evidente contrasto con gli obblighi imposti dalla sentenza del Consiglio di Stato;
   identica iniziativa è stata proposta ai sindaci ricorrenti, mentre nessun contatto l'Enel ha ritenuto di avere con le Associazioni ambientaliste, pur esse promotrici di un autonomo procedimento amministrativo;
   ovviamente, come pure era doveroso attendersi in relazione agli obblighi istituzionali nei confronti della tutela degli interessi e dei diritti delle popolazioni rappresentate, né il sindaco di Viggianello, né quello di Rotonda hanno inteso, attraverso il proprio legale, avallare in udienza la richiesta dell'Enel, e così pure uguale comportamento hanno tenuto i legali delle associazioni ambientaliste, seppur non preventivamente contattate;
   l'ente parco del Pollino, certamente almeno attraverso il proprio presidente, faceva ad avviso degli interroganti incredibilmente sua la proposta dell'Enel, accordando la moratoria richiesta e influendo perciò, con ogni evidenza in maniera decisiva, sulla decisione dei giudici amministrativi che hanno rinviato a nuova data – precisamente al novembre 2013 – i tre distinti procedimenti, accorpandoli;
   tale esito, mentre è perfettamente in linea con i desiderata e gli interessi dell'Enel, appare essere, invece, secondo gli interroganti, in palese contrasto con quelli del territorio e delle popolazioni residenti –:
   quali iniziative urgenti il competente Ministro intenda adottare per:
    a) poter conoscere chi abbia disposto e in seguito a quali considerazioni una linea di condotta che gli interroganti giudicano subalterna agli interessi dell'Enel e contraria a quelli della tutela dell'area protetta del parco nazionale del Pollino e delle popolazioni ivi residenti;
    b) poter conoscere altresì se tale decisione abbia avuto il pieno e formale avallo, attraverso tutte le modalità istituzionali previste, degli organi consultivi e direttivi dell'Ente, in primo luogo della comunità del parco che garantisce la rappresentanza democratica della volontà popolare, nonché del consiglio direttivo;
    c) nel caso in cui così non fosse, intervenire, in ossequio alla legge quadro che assegna al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la vigilanza sulle aree protette, a fronte di decisioni non autorizzate dagli organi collegiali per gli opportuni provvedimenti di censura ed auspicabile rimozione dei responsabili di tali determinazioni, che risultano essere di offesa ai principi stessi di legalità e di tutela del territorio dell'area protetta del parco nazionale del Pollino, oltre che dei diritti e degli interessi delle popolazioni che lo abitano. (4-01259)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   MORANI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il premio «Arca dell'arte — premio nazionale Rotondi ai salvatori dell'arte» è stato istituito dalla legge n. 111 del 3 agosto 2009;
   il suddetto premio, intitolato all'opera dello scomparso soprintendente ai beni artistici e storici delle Marche Pasquale Rotondi, protagonista di una delle più grandi azioni di salvataggio di opere d'arte messa in atto a livello nazionale e internazionale, è divenuto un appuntamento di estremo interesse culturale per la provincia di Pesaro e le aree di Sassocorvaro e Montefeltro;
   la Rocca Ubaldinesca di Sassocorvaro, dove ogni anni si svolge il premio, è altresì conosciuta come «l'arca dell'arte», in quanto fu scelta dal Ministro dell'educazione nazionale Giuseppe Bottai come «sicuro ricovero per le opere d'arte minacciate dalla guerra». Nella Rocca confluirono da varie sopraintendenze d'Italia migliaia di opere tra le quali capolavori di Giorgione, Bellini, Piero della Francesca, Paolo Uccello, Tiziano, Crivelli, Carpaccio, Mantegna, Raffaello, Tintoretto, Lotto, Perugino, Veronese, Rubens, Tiepolo, Canaletto;
   nel 1997, per iniziativa del comune di Sassocorvaro, fu riportato alla luce questo pezzo di storia locale e nazionale e fu istituito, nell'ambito del progetto Arca dell'arte, il premio ai salvatori dell'arte intitolato a Pasquale Rotondi, per rendere omaggio al suo straordinario impegno e, gettando un ponte tra passato, presente e futuro, ricordare che la salvaguarda dei beni artistici richiede l'impegno di tutti;
   le finalità del premio «Arca dell'arte» sono così definite: a) segnalare le figure che si sono contraddistinte nell'attività di salvataggio di opere d'arte a livello internazionale, europeo e nazionale; b) segnalare le figure che in campi particolari, quali la comunicazione e il mecenatismo, si sono distinte per particolari attività in favore dell'arte o della promozione dell'arte; c) segnalare le figure che nell'esercizio di attività di protezione civile si sono contraddistinte per interventi di salvataggio di opere d'arte;
   la legge n. 111 del 3 agosto 2009 autorizza una spesa annua di 160.000 euro da corrispondere al comune di Sassocorvaro per l'organizzazione del premio annuale «Arca dell'arte»;
   negli ultimi due anni i finanziamenti annui al premio sono passati da 160.000 euro a soli 10.000 –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di garantire la continuazione e prosecuzione di una manifestazione di un tale richiamo e interesse culturale come il premio Arca dell'arte;
   se il Governo intenda assumere iniziative per ripristinare i fondi necessari al mantenimento di tale manifestazione onde evitare l'abbandono delle realtà di eccellenza artistico-culturale che rendono il nostro Paese unico al mondo. (3-00204)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COCCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   tra i beni significativi del patrimonio storico artistico casertano si distingue la Reggia di Caserta;
   tale complesso costituisce un bene di valore universale tale da essere stato inserito nel 1997 nella lista del Patrimonio mondiale dell'umanità redatto dell'UNESCO;
   tuttavia, dopo una visita privata alla Reggia tenuta in data 6 luglio 2013 ho constatato numerose difficoltà per i disabili nella fruibilità e accessibilità al suddetto complesso;
   solo per citare alcuni esempi:
    mancano mappe sull'accessibilità all'interno del depliant informativo sulla Reggia ed i giardini;
    non vi sono mappe tattili e informazioni accessibili ai non vedenti all'inizio dei luoghi da visitare;
    non vi sono luoghi di sosta all'interno delle Sale;
    non esiste un servizio di trasporto che permetta di percorrere i Giardini Reali nella loro estensione;
    la segnaletica museale è insufficiente;
   inoltre, ho personalmente riscontrato il dissesto, in più punti, della pavimentazione del percorso museale degli appartamenti storici;
   l'unica rampa esistente nei cortili del complesso, consente l'accesso all'ascensore che porta agli appartamenti storici, ma non ve ne sono altre che permettano di accedere ai bagni a norma, al guardaroba, al bar, al self-service, al Teatro di Corte e alla Quadreria che si trovano dislocati nei vari Cortili del complesso ad una quota superiore a quella di calpestio;
   non è stato individuato, all'ingresso del monumento, un locale destinato all'accoglienza di persone con esigenze speciali;
   sembra non vi sia nel piano di sicurezza della Reggia e dei giardini una specifica attenzione ai visitatori con disabilità;
   appare evidente, dunque, la necessità di interventi mirati a valorizzare a migliorare la fruibilità e l'accessibilità del complesso da un punto di vista della riduzione delle barriere architettoniche e del servizio di accoglienza e di orientamento per le persone disabili;
   l'articolo 27 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948), la Carta europea dei diritti fondamentali (2000), la Risoluzione del Consiglio dei ministri dell'Unione europea «sull'accessibilità delle infrastrutture culturali e delle attività culturali per le persone con disabilità» del 6 maggio 2003 e l'articolo 30 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite ratificata dall'Italia con legge n. 18 del 2009 rafforzano i diritti delle persone con disabilità a godere dei beni e le attività culturali;
   inoltre, l'articolo 3 della Costituzione stabilisce che «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
   nell’«Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei» (decreto ministeriale 10 maggio 2001) si sottolinea che il museo deve risultare accessibile e fruibile in ogni sua parte pubblica alla totalità dei visitatori;
   il codice etico del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha introdotto la responsabilità dei dipendenti a garantire pari opportunità e non discriminazione;
   con il decreto ministeriale 28 marzo 2008 «Linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale», sono state indicati gli orientamenti per rendere accessibili gli uffici periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo –:
   quali iniziative intenda adottare per consentire ai disabili la piena fruibilità e accessibilità della Reggia di Caserta e dei suoi giardini. (5-00609)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARONI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la metà della ricerca italiana, in particolare quella che si riferisce ai settori delle scienze umanistiche e sociali, ha bisogno delle biblioteche e di tutti i supporti bibliotecari;
   per tutti coloro che hanno incarichi didattici e amministrativi, nelle università, l'attività di ricerca basata sulla documentazione reperibile presso le biblioteche, si svolge, in particolare, in modo intenso, proprio nei mesi estivi;
   la biblioteca nazionale di Roma, per il periodo estivo osserva il seguente orario: dal 15 luglio al 10 agosto e dal 26 al 31 agosto: lunedì-sabato: 8.30-13.30; la distribuzione del materiale librario: lunedì-venerdì: 9.00-12.00 Sabato: a seconda del periodo tre le ore 9.30 e le ore 11.30; dal 12 24 agosto: lunedì-sabato: 10.00-11.00;
   all'interrogante e a numerosi colleghi è accaduto di partire in agosto per lavorare in luoghi in cui è possibile trovare aperte importanti biblioteche, infatti l'interrogante ha potuto personalmente verificare che la Bibliothèque Nationale di Parigi, i periodi di chiusura sono di soli quattro giorni all'anno: natale, capodanno, pasqua e la festa nazionale del 14 luglio;
   appare all'interrogante incredibile che non sia possibile un sistema di turni, rotazioni, sostituzioni in modo da permettere l'apertura normale e continuativa della biblioteca nazionale di Roma –:
   quali iniziative intenda avviare al fine di rendere accessibile anche nel periodo estivo e in maniera continuativa la biblioteca nazionale di Roma al pari di quello che accade per le più importanti biblioteche nazionali europee come nel caso della biblioteca di Parigi. (4-01249)


   ZARATTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito dello studio sul degrado di alcuni siti archeologici dei Castelli Romani, nato da una collaborazione tra l'assessorato all'ambiente e patrimonio archeologico del comune di Albano laziale e la soprintendenza per i beni architettonici e del paesaggio del Lazio, sono state individuate alcune emergenze dovute soprattutto al verificarsi di atti vandalici e alle difficoltà di attuare politiche di tutela adeguate. Una di queste è quella che interessa la nota «villa di Pompeo», interna a «villa Doria», storica villa di Albano Laziale in provincia di Roma;
   l'area di villa Doria è sottoposta, ai sensi del vigente PTPR del Lazio, ai vincoli relativi alla testimonianza dei caratteri identitari archeologici storici e relativa fascia di rispetto di 100 metri (normativa individuazione degli immobili e delle aree tipizzati dal piano paesaggistico: articolo 134, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 42 del 2004), ai vincoli relativi alle aree boscate (normativa relativa alla ricognizione delle aree tutelate dalla legge: articolo 134, comma 1, lettera b) e articolo 142, comma 1, del decreto legislativo 42 del 2004) e a quelli relativi ad aree di interesse archeologico già individuate (normativa relativa alla ricognizione delle aree tutelate dalla legge: articolo 134, comma 1, lettera b), e articolo 142, comma 1, del decreto legislativo 42 del 2004), nonché ai beni di insieme, cioè vaste località con valore estetico tradizionale e bellezze panoramiche (normativa relativa all'individuazione degli immobili e delle aree di notevole interesse pubblico: legge regionale n. 37 del 1983, articolo 14, legge regionale n. 24 del 1998, articolo 134, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 42 del 2004 e articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004);
   l'area di villa Doria è interessata da lavori di ampliamento di un centro sportivo sito in via dell'Olivella, che rischia di intaccare il patrimonio archeologico vincolato e di deturpare un sito riconosciuto di notevole interesse pubblico e sul cui relativo progetto associazioni e cittadini hanno già sollecitato la soprintendenza, chiedendo se sia stato sottoposto a verifica preliminare archeologica, ovvero a indagini e scavi preventivi finalizzati all'individuazione di eventuali strutture connesse all'adiacente «villa di Pompeo» –:
   se il Ministro interrogato non ritenga chiarire quali iniziative, in applicazione della normativa vigente, la soprintendenza per i beni architettonici e del paesaggio del Lazio intenda attuare al fine di salvaguardare un significativo patrimonio archeologico quale la villa di Pompeo e la complessiva area di villa Doria in Albano laziale. (4-01256)

COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTAN. — Al Ministro per la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro per la coesione territoriale si avvale, per le attività ad esso delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri, del dipartimento per lo sviluppo delle economie territoriali – DISET;
   il DISET è attualmente, in forza di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 ottobre 2012, Autorità di gestione del programma operativo interregionale attrattori culturali, naturali e turismo;
   tale funzione era stata trasferita al DISET dal Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport per accelerare la realizzazione del programma, in forte ritardo di attuazione con un residuo di fondi non spesi pari al 50 per cento della dotazione iniziale di circa 2 milioni di euro, a rischio disimpegno automatico entro il 2015;
   la realizzazione integrale di tale programma costituisce una importante occasione per il sostegno dell'industria turistica nelle aree del Paese dove più forte è il divario economico, preesistente anche alla attuale grave situazione di crisi economica;
   il riavvio tempestivo del programma consentirebbe di dare ossigeno anche alle attività di promozione turistica svolte attraverso il Ministero per i beni, le attività culturali e il turismo;
   la principale causa di tali forti ritardi è quella della inadeguatezza delle strutture tecniche deputate allo svolgimento di tali attività in quanto prive delle forme di assistenza tecnica previste dallo stesso Programma e dai regolamenti comunitari in essere;
   tale attività dovrebbe essere affidata, secondo quanto dichiarato dal Governo in più occasioni ed in particolare dall'ex Ministro pro tempore per la coesione territoriale nelle sue relazioni al Parlamento, alle Agenzie in house che tale attività già svolgono per un pluralità di amministrazioni pubbliche, massimizzando l'impiego delle professionalità presenti all'interno di tali strutture, specializzate nella gestione delle attività svolte con utilizzo di fondi comunitari;
   il DISET avrebbe già firmato fin da dicembre 2012 delle convenzioni quadro con Invitalia spa e Promuovi Italia spa per disciplinare tali attività che si prevedeva di avviare già dall'inizio del corrente anno;
   entrambe le società avevano adeguato le loro strutture per garantire il servizio di assistenza tecnica richiesto;
   il ritardo nell'avvio del programma, oltre al mancato utilizzo di fondi a beneficio del sistema turistico dell'intero Paese di cui le «Regioni Convergenza» sono una parte importantissima, sta comportando la possibilità di una perdita di oltre 100 posti di lavoro e la dispersione di altrettante professionalità qualificate, laureati e tecnici specialisti del settore, con una età anagrafica coerente con la necessità di garantire risposte alle richieste di occupazione giovanile cui il Governo si è impegnato a dare risposte –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti e delle problematiche di cui in premessa;
   quali iniziative urgenti intenda assumere per l'immediato avvio dell'impiego dei fondi del programma;
   quali siano nello specifico le ragioni per le quali non è stato dato seguito alle convenzioni quadro sottoscritte con le Agenzie di assistenza tecnica a totale partecipazione pubblica;
   quali siano le iniziative che il Ministro intenda assumere per completare la razionalizzazione delle partecipazioni di settore avviata con il decreto-legge n. 95 del 2013 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, per l'ottimizzazione dei servizi di assistenza tecnica a beneficio delle pubbliche amministrazioni centrali al fine di migliorare l'utilizzo delle risorse comunitarie nazionali. (5-00607)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RUBINATO, CASELLATO e D'ARIENZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la legge delega n. 244 del 2012 ha previsto che il Governo proceda con propri decreti a razionalizzare lo strumento militare nel senso di un contenimento dei costi e di un efficientamento delle strutture e degli strumenti;
   il Parlamento ha impegnato il Governo pro tempore, attraverso l'approvazione dell'ordine del giorno 9/5569/22 nell'ultima fase della precedente legislatura, ad adottare detti decreti legislativi solo dopo averli sottoposti al parere delle nuove Camere così da consentire una piena e corretta partecipazione al processo legislativo, in particolare nel senso della verifica della rispondenza dei decreti attuativi ai principi e allo spirito della delega;
   inopinatamente, pur non essendo ancora stati emanati i richiamati decreti legislativi, il Ministro della difesa con proprio decreto del 20 febbraio 2013 ha soppresso il 10 comando forze di difesa con sede in Vittorio Veneto (TV) trasferendolo alla caserma Predieri di Firenze;
   tuttavia tale destinazione suscita dubbi sulla praticabilità del trasferimento di circa 500 unità tra ufficiali, sottufficiali, volontari e impiegati/operai civili e sulla effettiva ed efficiente sistemazione in immobili che non presentano standard minimi accettabili, a causa dello stato di degrado in cui la caserma fiorentina versa e che comporterebbe, per tali ragioni, una radicale e costosa ristrutturazione per la quale sarebbe previsto un costo di circa una decina di milioni di euro nei prossimi tre anni e al quale si aggiungerebbe, come costo complessivo del trasferimento, un milione di euro per le indennità da corrispondere al personale a seguito della riallocazione;
   lo spostamento avrebbe come conseguenza, inoltre, l'abbandono di sei diverse infrastrutture nella città di Vittorio Veneto, di cui almeno due di pregio (palazzo Piccin e palazzo D'oro Altan), che, non manutenzionate, sono destinate a deperire con grave danno erariale, considerato altresì che in tal modo risulterebbero inutilmente investite le risorse già utilizzate per gli interventi di manutenzione straordinaria effettuati nel palazzo Piccin, attuale sede del comando Primo FOD a Vittorio Veneto, negli ultimi 5-7 anni (impianto elettrico e antincendio, sostituzione porte e finestre, sostituzione impianto di videosorveglianza, e altro);
   peraltro, la caserma Predieri, nuova ipotizzata sede del comando, sarebbe posta in luogo soggetto alle esondazioni dell'adiacente fiume Arno, come testimonierebbe il fatto di esser stata interessata dalla storica alluvione del 1966 di Firenze –:
   se corrispondano al vero i costi indicati e stimati in premessa, quanto agli investimenti già realizzati su Palazzo Piccin e a quelli preventivati per la ristrutturazione della caserma Predieri, quale sia l'analisi effettuata dei costi di gestione delle due sedi di Vittorio Veneto e di Firenze e se vi sia stata una verifica sull'effettivo conseguimento degli obiettivi di razionalizzazione e riduzione delle spese;
   se sia stata valutata o non sia da valutarsi, in alternativa al trasferimento, la permanenza a Vittorio Veneto della sede del comando 1o FOD seppur accompagnata dalla riduzione/razionalizzazione delle attuali sei strutture;
   se non ritenga opportuno riesaminare le ragioni alla base del provvedimento già assunto dal Ministro della difesa nell'ambito del complessivo riassetto delineato con i decreti legislativi di cui alla legge n. 244 del 2012, assicurando oltre ad una effettiva spending review anche la procedura di consultazione delle Camere sui predetti decreti come previsto dal summenzionato ordine del giorno 9/5569/22. (5-00602)

Interrogazione a risposta scritta:


   NACCARATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Vigodarzere è da tempo intenzionato a disporre dell'ex deposito centrale dei sistemi missilistici dell'Aeronautica militare per collocarvi il centro operativo comunale di Protezione civile;
   l'amministrazione di detto comune ha di recente provveduto alla stesura del piano di protezione civile, che ha evidenziato, in base al piano di assetto idrogeologico del bacino del Brenta—Bacchiglione, come gran parte del suo territorio risulti esposto al rischio idraulico;
   le infrastrutture presenti nel territorio di detto comune che, ad un primo esame, parevano idonee ad ospitare il centro operativo comunale di protezione civile e gli insediamenti dedicati al ricovero della popolazione residente in caso di evento calamitoso, sono risultate comprese nel perimetro delle zone a rischio secondo il piano di assetto idrogeologico del bacino;
   al contrario l'analisi dello stesso piano ha evidenziato che l'area ove insiste l'ex deposito centrale dei sistemi missilistici dell'Aeronautica militare, dismesso dal 2008, e tuttora non utilizzato, non ricade nella perimetrazione di pericolo e risulterebbe dotata delle strutture e dei servizi necessari ad accogliere eventuali zone di ricovero e ad ospitare il centro operativo comunale di protezione civile;
   l'amministrazione comunale di Vigodarzere ha provveduto a segnalare il suo interesse per quest'area e il direttore dell'unità di progetto del genio civile di Padova ha confermato questa indicazione con il suo parere favorevole all'utilizzo di una parte delle strutture per lo stoccaggio di materiali e mezzi finalizzati alla gestione delle emergenze idrauliche dei corsi d'acqua di propria competenza (Brenta, Muson dei Sassi, Bacchiglione);
   si sottolinea che la disponibilità dell'ex deposito missilistico consentirebbe al comune di Vigodarzere e agli uffici del genio civile di garantire idonei supporti operativi e logistici all'intero sistema provinciale di protezione civile;
   inoltre, se l'intero complesso venisse destinato a tali progetti di rilevante interesse pubblico, sarebbe sicuramente preservato da possibili insediamenti abusivi scongiurando ogni ipotesi di degrado –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di propria competenza intenda assumere per dare risposta alla necessità espressa dal comune di Vigodarzere di utilizzare l'ex deposito centrale dei sistemi missilistici dell'Aeronautica militare per collocarvi il centro operativo comunale di protezione civile.
(4-01254)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCUVERA, FERRARI e GUERRA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Sannazzaro de’ Burgondi, in provincia di Pavia, insiste una raffineria di proprietà dell'ENI che copre il fabbisogno di prodotti petroliferi di gran parte della Lombardia, del Piemonte, della Liguria e dell'Emilia;
   tale raffineria, inaugurata da Agip Petroli nel 1963, negli ultimi 50 anni ha apportato benefici occupazionali, ma anche costi ambientali e sociali alla popolazione di Sannazzaro de’ Burgondi;
   la raffineria è stata più volte adeguata con nuove tecnologie, tra il 1988 e il 1992 è stata ristrutturata e, secondo la stessa ENI, vanta uno dei più alti tassi di efficienza d'Europa;
   il comune di Sannazzaro de’ Burgondi ha, negli ultimi anni, stipulato alcune convenzioni con il gruppo Eni spa nelle quali, a titolo di mitigazione e perequazione ambientale, vengono messi a disposizione dei fondi per la realizzazione di opere pubbliche, come quelle afferenti ai progetti «Deasphalting» e «Hydrocracking» (disposizione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 27 giugno 2007) ed «ENI EST» (decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro per beni e le attività culturali DVA – DEC – 2010 -0001014 del 31 dicembre 2010) che prevedono erogazioni per un importo complessivo di euro 5.500.000, parzialmente utilizzato in tempi di libera possibilità operativa;
   il comune di Sannazzaro de’ Burgondi, naturalmente è assoggettato al patto di stabilità e per effetto degli articoli 30, 31, 32 della legge n. 183 del 2011 e successive modifiche e integrazioni, che disciplinano la materia per il triennio 2012-2014, e stato assoggettato, per il 2012, ad un obiettivo programmatico iniziale ammontante ad euro 1 milione 137 mila, applicando così alla media degli impegni di spesa corrente registrata nel triennio 2006-2008, come risultante dai certificati ai conti consuntivi, la percentuale del 15,6 per cento;
   ai fini della determinazione del saldo obiettivo, la normativa vigente stabilisce che sia considerata la spesa registrata nei conti consuntivi senza esclusione alcuna e, pertanto, non sono esclusi dal patto i contributi dovuti da Eni, a titolo di mitigazione e perequazione ambientale, per la realizzazione di opere pubbliche, al comune di Sannazzaro de’ Burgondi;
   le opere e gli interventi di mitigazione e perequazione ambientale sono coessenziali all'attività della raffineria. La concreta impossibilità della loro realizzazione, a causa dei vincoli del patto di stabilità, rischia di compromettere il delicato equilibrio tra l'importante attività produttiva e la sua sostenibilità ambientale;
   l'entità delle risorse destinate alla mitigazione e compensazione è tale, in proporzione alle dimensioni del bilancio comunale, da rendere tecnicamente impossibile perseguire l'obiettivo di patto agendo sulle altre voci –:
   se non vi siano le condizioni per interpretare le vigenti norme sul patto di stabilità in modo da consentire, data la loro peculiarità, di escludere dal patto di stabilità casi come quello descritto e, nel caso specifico, i contributi che Eni spa deve corrispondere al comune di Sannazzaro de’ Burgondi per la realizzazione delle opere pubbliche di cui ai progetti «Deasphalting» e «Hydrocracking» ed «ENI EST» come citati in premessa e le relative spese;
   se in ogni caso il Governo non ritenga di assumere iniziative, anche normative, per consentire, in situazioni come quella descritta, di trarre il comune fuori dalla irrazionale e ingiustificabile alternativa tra il violare il patto e il non realizzare opere e interventi irrinunciabili dal punto di vista della sostenibilità ambientale.
(5-00610)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO e BOCCADUTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   venerdì 28 giugno 2013 un alto prelato di Salerno, monsignor Nunzio Scarano, insieme al carabiniere Giovanni Maria Zito, ex funzionario dei servizi segreti dell'Aisi, e al broker finanziario Giovanni Carenzio, sono stati arrestati nell'ambito di un filone di indagine sullo Ior;
   secondo quanto riportato dall'articolo dell'edizione on line de «La Repubblica» «Scandalo Ior arrestato prelato di Salerno. In manette anche un carabiniere e un broker» dello stesso 28 giugno, i tre sarebbero accusati di coazione, truffa e calunnia. Scarano e Zito, riferisce articolo, avrebbero cercato di far rientrare dalla Svizzera 20 milioni di euro in contanti, denaro ritenuto frutto di evasione fiscale;
   lunedì 1° luglio 2013 il direttore generale ad interim dello Ior, Paolo Cipriani, e il suo vice Massimo Tulli, si sono dimessi con il placet papale e della nuova Commissione d inchiesta sullo Ior istituita solo pochi giorni prima da Papa Francesco I;
   Cipriani e Tulli sarebbero infatti indagati per la «sistematica violazione delle norme anti riciclaggio da parte della Banca Vaticana tra il 2011 e il 2012», secondo quanto riportato da «La Repubblica» nell'articolo «Ior, le 13 operazioni che accusano i vertici» del 3 luglio 2013;
   nelle tredici operazioni che vengono contestate si contano i famosi 23 milioni di euro congelati sui conti di corrispondenza Ior del Credito Artigiano, così come operazioni di minore entità ma dalla similare struttura, con importi vicini al milione di euro;
   il 5 luglio 2013 sono stati notificati gli avvisi di chiusura delle indagini preliminari sia a Paolo Cipriani che a Massimo Tulli;
   come riporta «La Repubblica» del 6 luglio nell'articolo «I peccati della banca di Dio: norme antiriciclaggio aggirate per tre anni», è documentato ha operato come un sistema offshore nel cuore geografico dell'Italia e della sua capitale, libero da ogni vincolo di trasparenza, protetto dall'impenetrabile segreto vaticano e strutturalmente tarato per consentire operazioni di riciclaggio;
   i pubblici ministeri scrivono che lo Ior intratteneva diversi conti correnti con banche operanti in territorio italiano, qualificati tutti, dal punto di vista formale, di «corrispondenza» ma coniuganti in realtà contemporaneamente operatività tipiche dei conti correnti ordinari e dei conti di corrispondenza;
   una tale rete di «conti di corrispondenza ibridi» ha la funzione di operare come un network che è insieme di raccolta e transito di denaro, ma che, soprattutto, ha una caratteristica peculiare, ovvero la «confusione» delle giacenze sui conti;
   le inchieste degli ultimi anni hanno dimostrato che più di un imprenditore italiano ha riciclato denaro proveniente da evasione fiscale utilizzando i conti correnti Ior, come nel caso degli armatori D'Amico –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, anche normative, abbia già preso e quali intenda prendere, per quanto di competenza, al fine di rafforzare i controlli e le verifiche in materia di contrasto alle attività di riciclaggio e di trasparenza dell'attività creditizia. (4-01244)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   GIULIETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la direttrice E78 (Grosseto Fano) rappresenta un'arteria fondamentale per l'Umbria e per il Paese, attraversando tre regioni e arrivando a congiungere la costa adriatica con quella tirrenica;
   ad oggi non si dispone di un progetto preliminare dell'opera e la stessa rischia di essere una delle maggiori incompiute viarie del Paese;
   la regione Umbria sta investendo risorse in prossimità del tracciato umbro individuato in relazione alla E78 con la realizzazione di un'importante piastra logistica intermodale;
   una società di costruzioni ha presentato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti una manifestazione di interesse per la realizzazione in partenariato pubblico privato della E78 Grosseto Fano, trasmettendo successivamente al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il primo studio sommario di fattibilità ai sensi dell'articolo 175 comma 13 del codice dei contratti pubblici ed ipotizzando un'ottimizzazione del tracciato al fine di ridurre i costi di realizzazione dell'opera;
   l'opera interessa tre regioni Marche, Umbria e Toscana le quali dovrebbero costruire una società di progetto ai sensi dell'articolo 56 del codice –:
   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto per la realizzazione ed il completamento della E78 (Grosseto Fano) ed in quali tempi intenda procedere per la definizione della stessa nella programmazione delle infrastrutture pubbliche;
   se il Governo intenda giungere quanto prima alla valutazione del progetto per realizzare l'opera con la formula del contratto di disponibilità (l'articolo 160-ter codice contratti). (3-00203)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BERGAMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 208 del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, come modificato dalla legge n. 120 del 2010, prevede che i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal codice siano devoluti allo Stato, quando le violazioni siano accertate da funzionari, ufficiali ed agenti dello Stato, nonché da funzionari ed agenti dell'ente Ferrovie dello Stato o delle ferrovie e tramvie in concessione ovvero alle regioni, province e comuni quando le violazioni siano accertate da funzionari, ufficiali ed agenti, rispettivamente, delle regioni, delle province e dei comuni;
   i proventi delle contravvenzioni, secondo quanto sancito dal citato 208, dovrebbero essere reimpiegati secondo percentuali prestabilite, in attività legate alla sicurezza stradale;
   in particolare la legge n. 120 ha previsto che, dei proventi spettanti agli enti locali, una quota pari al 12,5 per cento sia destinata a interventi sulla segnaletica delle strade di proprietà dell'ente, una quota pari al 12,5 per cento sia destinata al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni e una restante quota pari al 25 per cento ad altre finalità connesse al miglioramento della sicurezza stradale, quali manutenzione delle strade, interventi sulle barriere, sistemazione del manto stradale, tutela degli utenti deboli, formazione in materia di educazione stradale, interventi a favore della mobilità ciclistica;
   l'articolo 25 della legge n. 120 del 2010 è intervenuta anche sulla ripartizione dei proventi derivanti da violazioni dei limiti di velocità, di cui all'articolo 142 del codice della strada, prevedendo che siano attribuiti, in misura pari al 50 per cento ciascuno, all'ente proprietario della strada su cui è stato effettuato l'accertamento, con esclusione delle strade in concessione e all'ente da cui dipende l'organo accertatore;
   la legge ha stabilito altresì che gli enti interessati, diversi dallo Stato, debbano utilizzare la quota dei proventi ad essi spettanti nella regione nella quale sono stati effettuati gli accertamenti;
   si prevede che le somme derivanti dalle quote dei suddetti proventi siano destinate: alla realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, ivi comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti; al potenziamento delle attività di controllo in materia di circolazione stradale, ivi comprese le spese relative al personale;
   la disposizione prevede che ciascun ente trasmetta in via informatica al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed al Ministero dell'interno una relazione in cui sono indicati, con riferimento all'anno precedente, l'ammontare complessivo dei proventi di propria spettanza, sia riferiti all'articolo 208 che all'articolo 142, nonché gli interventi realizzati con dette risorse, specificando gli oneri sostenuti per ciascun intervento;
   la percentuale dei proventi spettanti ai sensi dell'articolo 142 è ridotta del 90 per cento annuo nei confronti dell'ente che non trasmetta la suddetta relazione, o che utilizzi i proventi in modo difforme da quanto previsto dall'articolo 208 e dell'articolo 142, per ciascun anno per il quale sia riscontrata una delle predette inadempienze;
   la citata legge n. 120 del 2010, all'articolo 25, comma 2, prevede l'emanazione di un decreto attuativo del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, per approvare il modello di relazione e definire le modalità di trasmissione in via informatica della stessa, nonché le modalità di versamento dei proventi agli enti ai quali sono attribuiti;
   il successivo decreto-legge n. 16 del 2012, che ha recato disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento, ha differito l'emanazione del decreto attuativo citato a 90 giorni successivi alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge, disponendo, in caso di mancata emanazione del decreto entro il predetto termine, che trovino in ogni caso applicazione le disposizioni di cui all'articolo 142 del codice della strada;
   malgrado lo stringente apparato normativo, l'utilizzo dei proventi delle sanzioni derivanti da violazioni del codice della strada appare del tutto difforme dal dettato della legge;
   come emerge da uno studio effettuato dalla Fondazione Luigi Guccione, i metodi di rendicontazione degli enti locali risultano molto diversi tra loro, non sempre è chiaro l'utilizzo di tali risorse e in alcuni casi le spese non vengono rendicontate analiticamente, ma indicate solo con una cifra totale;
   l'analisi relativa all'utilizzo delle somme evidenzia impieghi assai lontani percentualmente da quanto previsto dalle disposizioni legislative, mettendo in evidenzia l'inefficacia degli strumenti di controllo previsti –:
   quali siano i motivi della mancata emanazione del decreto attuativo di cui all'articolo 25, comma 2, della legge n. 120 del 2010 e quali iniziative il Governo ritenga di dover adottare al fine di pervenire ad un modello unico di rendicontazione delle risorse provenienti dalle sanzioni per violazioni del codice che consenta di premiare gli enti virtuosi e sanzionare quelli che risultano inadempienti rispetto agli obblighi previsti dalla legge.
(5-00603)


   CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la recente legge n. 120 del 2010, recante disposizioni in materia di sicurezza stradale, all'articolo 9, mediante l'integrale sostituzione del comma 2 dell'articolo 85 del codice della strada, ha inteso ulteriormente ampliare, rispetto al passato, la tipologia di veicoli che possono essere destinati ad effettuare il servizio di noleggio con conducente per trasporto di persone; in data 13 agosto 2011 è entrata in vigore una modifica al codice della strada che prevede fra i veicoli che possono essere adibiti al servizio di noleggio con conducente sia contemplato anche il «triciclo»;
   la classificazione dei veicoli ai fini del codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285) riportata all'articolo 47 del suddetto codice della strada non contiene la parola «triciclo» e per questo motivo ci si deve domandare se per «tricicli» siano da intendere solo quei veicoli a tre ruote muniti di un motore, oppure qualsiasi veicolo a tre ruote con o senza motore;
   in forza del decreto ministeriale 5 aprile 1994, recante recepimento della direttiva 92/61/CEE del Consiglio del 30 giugno 1992, all'articolo 1, comma 2, si definiscono tricicli come «veicoli a tre ruote simmetriche muniti di un motore con cilindrata superiore a 50 cc se a combustione interna e/o aventi una velocità massima per costruzione superiore a 45 km/h»; parimenti il decreto 31 gennaio 2003 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, recante recepimento della direttiva 2002/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 marzo 2002 (che abroga la direttiva 92/61/CEE del Consiglio) all'articolo 1, comma 2, lettera c), qualifica i tricicli come «veicoli a tre ruote simmetriche (categoria L5e) muniti di un motore con cilindrata superiore a 50 cm3 se a combustione interna e/o aventi una velocità massima per costruzione superiore a 45 km/h»; anche il decreto ministeriale 30 settembre 2003 n. 40T, recante recepimento della direttiva 2000/56/CE, per triciclo intende quel «veicolo a tre ruote simmetriche munito di un motore con cilindrata superiore a 50 cm3 se a combustione interna e/o avente una velocità massima per costruzione superiore a 45 km/h»;
   non si può tuttavia fare a meno di rilevare che, come si evince dalla rubrica dei singoli provvedimenti sopra elencati: la direttiva 92/61/CEE è relativa all'omologazione dei veicoli a motore a due o a tre ruote; la direttiva 2002/24/CE è relativa all'omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote, come confermato anche dal comma 1 dell'articolo 1 secondo il quale essa si applica a tutti i veicoli a motore a due o tre ruote, e quindi non ai veicoli a due o tre ruote in genere; la direttiva 2000/56/CE di modifica della direttiva 91/439/CEE del Consiglio, del 29 luglio 1991, è relativa alla patente di guida (ovviamente per veicoli a motore); anche la direttiva 21 gennaio 2005 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nel richiamare i decreti ministeriali 5 aprile 1994 e 30 settembre 2003, definisce il triciclo quel «veicolo a tre ruote simmetriche munito di un motore con cilindrata superiore a 50 cc se a combustione interna e/o avente una velocità massima per costruzione superiore a 45 km/h», ma risulta relativa alla guida dei tricicli e dei quadricicli da parte di conducenti con limitazioni funzionali agli arti. Ne deriva che le definizioni esaminate non concernono i tricicli, quanto tali, ma solo «i tricicli a motore»;
   il dizionario della lingua italiana Devoto-Oli definisce il lemma triciclo come quel velocipede a tre ruote, una anteriore e due posteriori, usato specialmente dai bambini, per la maggiore stabilità rispetto alla bicicletta; veicolo a tre ruote, mosso da una pedaliera o da un micromotore, impiegato per il trasporto di merci (Comp. di tri- e -ciclo). Inoltre, l'articolo 50 decreto legislativo n. 285 del 1992 qualifica «Velocipedi» quei veicoli con due o più ruote funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali o di analoghi dispositivi, azionati dalle persone che si trovano sul veicolo;
   allo stesso modo, la quarta edizione del Glossary for Transport Statistics dell’United Nations Economic Commission for Europe final version del 14 luglio 2009 denomina «cycle» quel veicolo che ha due o più ruote e di norma è azionato esclusivamente dall'energia muscolare di persone che si trovano su quel veicolo in particolare attraverso un sistema a pedali, leve o bracci (per esempio biciclette, tricicli, quadricicli e carrozze per invalidi);
   la ratio sottesa alla novella recata dalla legge n. 120 del 2010 intende adeguare la norma relativa al comma 2 dell'articolo 85 codice della strada alle nuove realtà cittadine in corrispondenza anche delle esperienze estere, dove il noleggio con conducente di motocicli e risciò a pedali risulta essere una modalità di spostamento molto valida;
   esiste a proposito una richiesta di chiarimento giacente presso i competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti corredata da un dettagliato parere legale. Peraltro, sono già attive iniziative imprenditoriali con risciò a pedali in molte città italiane, quali Roma, Firenze, Milano, Torino, Genova, Bari, Salerno;
   risulta all'interrogante che molte città italiane hanno già tentato in vario modo di dare risposte amministrative alle imprese che si occupano di risciò, ad esempio, Roma (con un progetto sperimentale con i detenuti), Firenze (con vari progetti sperimentali di pubblico trattenimento), Torino (con un bando nei cimiteri comunali), Genova (con una autorizzazione a fare tour turistici), Bologna (con iniziative occasionali);
   vi sono inoltre il grande apprezzamento che i servizi con risciò riscuotono dal grande pubblico e l'interesse di molti cittadini a sviluppare nel centri storici servizi innovativi ed ecologici (a zero emissioni di CO2) di trasporto di persone come avviene in moltissime città europee ed americane –:
   se il Ministro non intenda chiarire con urgenza se con la parola «triciclo» riportata all'articolo 85 del codice della strada attualmente in vigore, si sia inteso consentire sia ai veicoli a motore dotati di carta di circolazione (tricicli a motore, motocarrozzette, e altri) sia ai velocipedi non dotati di carta di circolazione (tricicli a pedali, tricicli con pedalata assistita) la possibilità di svolgere il servizio di noleggio con conducente o se in alternativa con la parola «triciclo» si debbano intendere solo i veicoli a tre ruote a motore e conseguentemente debba essere aggiornato e corretto l'articolo 47 del codice della strada con la previsione e la spiegazione della nuova tipologia di veicoli denominata «triciclo»;
   se si intenda precisare se lo svolgimento di noleggio con conducente con tricicli (cioè veicoli a tre ruote) risulta essere una delle attività economiche «liberalizzate» dai recenti provvedimenti del Governo (decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari – e decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011 – Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici);
   se non si intenda riconoscere una utilità pubblica ai trasporti di persone e cose effettuati con velocipedi e risolvere attraverso iniziative normative specifiche lo svolgimento di servizi di piazza (taxi risciò) a zero emissioni di CO2 per il trasporto di persone e cose con velocipedi limitatamente ai centri storici, alle aree pedonali, alle zone a traffico limitato, ai parchi e alle piste ciclabili al fine di ridurre le emissioni gassose e la produzione di polveri fini e per creare occupazione giovanile;
   se il Ministro interrogato non ritenga utile promuovere ed agevolare, per quanto di competenza, con il coinvolgimento dell'ANCI, servizi innovativi ed ecologici di trasporto di persone e cose con velocipedi (risciò a pedali o bici-risciò o cargo-risciò) nelle città italiane sopraelencate interessate a sviluppare tali attività nei propri centri storici. (5-00605)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CINZIA MARIA FONTANA. Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   la legge 27 dicembre 2001, n. 459, dispone norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero;
   ai fini delle operazioni di voto, l'articolo 5 della legge n. 459 del 2001 prevede la realizzazione dell'elenco aggiornato dei cittadini italiani residenti all'estero finalizzato alla predisposizione delle liste elettorali;
   in particolare, il decreto del Presidente della Repubblica n. 104 del 2003 prevede la formazione prima dell'elenco provvisorio e poi di quello definitivo degli elettori residenti all'estero che, non avendo optato per il voto in Italia, votano per corrispondenza all'estero. Gli elenchi vengono formati previo allineamento delle posizioni contenute nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) e negli schedari consolari, confrontando i relativi dati in possesso rispettivamente del Ministero dell'interno e del Ministero degli affari esteri;
   risulta tuttavia che le procedure di aggiornamento dell'anagrafe degli italiani residenti all'estero richiedano un tempo particolarmente lungo, con il rischio di creare notevoli disfunzioni e disservizi e di negare un diritto costituzionalmente previsto quale il diritto di voto;
   è il caso, ad esempio, di una cittadina italiana iscritta all'AIRE da circa dieci anni che, trasferendo la propria residenza dal Belgio all'Honduras nel mese di novembre 2011, si è trovata impossibilitata ad esercitare il proprio diritto di voto alle elezioni politiche 2013, nonostante avesse immediatamente proceduto ad aggiornare la propria posizione presso il consolato. A ben 15 mesi di distanza dalla dichiarazione di trasferimento, infatti, la cittadina italiana risultava ancora «in corso di iscrizione»;
   sempre più frequente è il caso di cittadini italiani la cui professione comporta trasferimenti di sede in Paesi diversi, anche ad intervalli di tempo brevi –:
   quali iniziative e quali soluzioni operative i Ministri interrogati intendano adottare per superare i ritardi e le disfunzioni che si sono manifestate in occasione delle consultazioni elettorali e per accelerare l'attività di allineamento delle posizioni contenute nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero e negli schedari consolari, al fine di garantire ai cittadini italiani residenti all'estero il pieno ed effettivo esercizio del diritto di voto. (5-00614)


   D'ATTORRE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 agosto 2012, mediante comunicato stampa del comune di Catanzaro veniva annunciato testualmente che «...attraverso la firma di un protocollo d'intesa che prevede l'utilizzo dei fondi PON Sicurezza...» sarà possibile dotare la Città di una «...tecnologia militare in campo civile per monitorare 24 ore su 24 l'intero territorio ed essere pronti ad intervenire celermente su ogni situazione...»;
   in data 9 agosto 2012, veniva avanzata, al comune di Catanzaro, mediante invio e mail, una richiesta da parte della società BunkerSec Corp. per «...affidamento incarico per la realizzazione del progetto Safe City...»;
   in data 10 agosto 2012, veniva predisposta delibera di giunta comunale n. 323 avente come oggetto: «Atto di indirizzo per il comandante della Polizia Municipale di Catanzaro per la stipula tra la Società BunkerSec Corp. (...) e l'Amministrazione Comunale di Catanzaro, dell'accordo per l'incarico di redigere, a titolo gratuito, il progetto Safe City...»;
   in data 13 agosto 2012, con determina dirigenziale n. 2626 del settore polizia Municipale di Catanzaro veniva accolta la richiesta avanzata dalla società Bunkersec Corp., e si affidava alla stessa «... l'incarico per studio, programmazione economica e redazione progetto Safe City...»;
   in data 21 agosto 2012 veniva stipulata la convenzione tra amministrazione comunale di Catanzaro e la società BunkerSec Corp. per l'affidamento a titolo gratuito dell'incarico per lo studio, programmazione economica e redazione del progetto Safe City con l'applicazione della tecnologia Data Center;
   nell'ottobre 2012, veniva presentato ufficialmente da parte della BunkerSec Corp. Il progetto per un sistema di controllo incentrato su 900 telecamere in una città di 90.000 abitanti;
   in data 8 marzo 2013, con deliberazione n. 57 della giunta comunale di Catanzaro di «... approvazione dello studio iniziale e offerta di bilancio del progetto Safe City della società BunkerSec Corp. ...»;
   considerata la tempistica e la modalità di presentazione sorgono molti dubbi in merito al progetto in questione;
   l'amministrazione comunale di Catanzaro ha deliberato l'adozione del progetto denominato Safe City senza avviare alcuna procedura legale di evidenza pubblica, così come invece presupposto indispensabile richiesto dalle normative nazionale ed europea vigenti;
   l'importo base del progetto ammonta a 23.180.000 euro suscettibile di aumento del 15 per cento, e al netto di IVA, tasse, costi doganali, spese accessorie, canoni e fluttuazioni di cambio, per un costo complessivo quindi non ancora effettivamente quantificabile;
   allo stato all'interrogante, risulta inesistente dal punto di vista documentale qualsiasi ricerca di mercato atta ad acquisire conoscenze sia sulle dotazioni attinenti al progetto in oggetto sia su eventuali proposte di utilizzo di tecnologie alternative e quindi risulta inesistente, ogni possibile valutazione comparativa sia in termini tecnici e qualitativi, che soprattutto in termini economici e finanziari;
   non vi risultano essere motivazioni tali da giustificare l'intero procedimento amministrativo e manca una adeguata e corroborata valutazione degli aspetti emergenziali dell'ordine e della sicurezza pubblica, che avrebbe dovuto vedere secondo l'interrogante il coinvolgimento anche della prefettura di Catanzaro, tale appunto da giustificare un sistema di 900 telecamere su 90 mila abitanti;
   ad oggi le autorità competenti sulle ordinarie condizioni di ordine e sicurezza pubblica nella città di Catanzaro non hanno mai denunciato una situazione di emergenza tale da rendere necessari interventi come il progetto di «Safe City;
   esiste una indubbia invasività del Safe City, anche in merito alla tutela della privacy, ovvero del diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della propria vita privata, elemento di cui non vi è traccia nella predisposizione del progetto stesso;
   la realizzazione del Safe City, ovvero l'adozione di una, come recita testualmente il progetto, «...tecnologia militare in campo civile per monitorare 24 ore su 24 l'intero territorio ed essere pronti ad intervenire celermente su ogni situazione...» suscita perplessità in merito alla governance dei dati sensibili, e particolare inquietudine sui possibili scenari di intelligence, da parte di Stati stranieri anche alla luce dei recenti episodi internazionali;
   negli atti amministrativi prodotti è assente l'indicazione puntuale delle fonti di finanziamento necessarie all'adozione del Safe City, e risultano assai vaghi ed indeterminati, ad avviso dell'interrogante, in sospensione fattuale, per così dire, affidando ad un vago «i competenti uffici regionali» dove reperire i fondi necessari;
   è del tutto mancante ad avviso dell'interrogante l'indicazione puntuale e certa della copertura dei costi di esercizio, di gestione, e di manutenzione ordinaria e straordinaria del Safe City, valutati molto approssimativamente in alcuni milioni di euro/anno;
   dal comune di Catanzaro è stato ripetutamente asserito che i fondi individuati, di cui non vi è traccia, per la realizzazione del Safe City, andrebbero persi se non utilizzati per tale finalità;
   nelle linee programmatiche di mandato il sindaco di Catanzaro ha indicato nei PON sicurezza la fonte di finanziamento del progetto Safe City;
   tale indicazione però non risulta in alcun atto precedente e successivo prodotto dall'amministrazione comunale;
   ad oggi manca ogni tipo di informazione sulle attuali dotazioni di videosorveglianza presenti a Catanzaro, sul numero delle telecamere già installate, sulla loro efficacia e sul loro effettivo funzionamento;
   non è dato sapere perché l'amministrazione comunale non abbia immaginato di utilizzare, ripristinare e mettere a sistema, in sinergia con gli altri organismi periferici dello Stato, i dispositivi già esistenti, magari con l'integrazione di altri dispositivi ma con importi decisamente inferiori a quelli previsti dal progetto Safe City;
   con la determina dirigenziale n. 372 del 4 febbraio 2013, era stata affidata, con regolare selezione pubblica e tramite i PON sicurezza, la fornitura di un sistema di videosorveglianza da destinare a due quartieri della città, per un costo molto circoscritto, pari di euro 81.000;
   tale bando, e relativo affidamento, sono stati però sorprendentemente revocati in autotutela con determina dirigenziale n. 726 del 6 marzo 2013;
   ancora una volta la scansione temporale degli atti prodotti risulta assai originale per la brevità con cui sono stati adottati;
   è del tutto evidente quella che all'interrogante appare una sostanziale accondiscendenza in maniera acritica alle proposte avanzate dalla società BunkerSec Corp.;
   è stato avanzato anche un ricorso al Tar in merito al progetto in oggetto –:
   se il Ministero dell'interno, considerata la rilevanza desumibile dalle premesse, sia a conoscenza del progetto Safe city e sia stato coinvolto nel medesimo e, in tal caso, se abbia acquisito o intenda acquisire informazioni sulla società che lo ha proposto;
   come siano stati utilizzati i fondi PON sicurezza fino ad oggi ed eventualmente se si intenda, qualora emergessero delle irregolarità, revocare tali fondi;
   se non sia il caso di istituire presso la locale prefettura un tavolo istituzionale con il coinvolgimento di tutti i soggetti impegnati a garantire la sicurezza e l'ordine pubblico in città al fine di individuare soluzioni articolate e complessive a partire anche dal potenziamento degli organici delle forze dell'ordine presenti a Catanzaro città. (5-00615)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il commissariato di pubblica sicurezza di Bitonto ha attualmente in organico 38 operatori in servizio di polizia; la pianta organica prevista nelle tabelle del decreto ministeriale 1989 è di 47 unità di personale che espleta servizio di polizia; questi uomini e donne operano su un territorio, urbano ed agricolo, fra i più vasti e popolati della provincia di Bari e con un indice di criminosità fra i più alti della regione intera; la popolazione residente nel comune di Bitonto è di circa 64.000 abitanti e risulta distribuita in tre centri abitati includendo le due frazioni di Palombaio e Mariotto distanti rispettivamente circa 10 e 15 chilometri dal centro città; a fronteggiare continui eventi delittuosi, che spaziano dai furti di auto e furti in abitazione, ai più gravi scontri a mano armata tra diversi clan malavitosi, vi sono, oltre agli uomini e donne del commissariato di pubblica sicurezza, circa 12 militari della locale stazione carabinieri e circa 16 finanzieri della locale tenenza della guardia di finanza (che operano anche su altre città limitrofe);
   è evidente che pur essendo possibile e realizzabile garantire la presenza di una pattuglia addetta al controllo del territorio nell'arco delle 24 ore, è anche vero che un così esiguo dispiegamento di forze non è sufficiente ad assicurare un livello ottimale di presenza su tutto il territorio comunale ed un adeguato e duraturo contrasto degli eventi criminosi oltre che una profonda azione preventiva che soffocano l'economia ed il vivere civile della città di Bitonto;
   ciò nonostante, il locale commissariato ha condotto negli ultimi giorni una operazione di polizia giudiziaria che ha attenuato una escalation di violenza tra pregiudicati che non disdegnano il confronto armato fra loro allo scopo di controllare il territorio e le «piazze di spaccio» di sostanze stupefacenti, culminata il giorno 2 luglio 2013 in una sparatoria in pieno centro urbano frequentato da numerosi cittadini esposti al rischio di ferimento da arma da fuoco; ne sono testimonianza i video diffusi dalla questura di Bari il giorno 11 luglio 2013 a seguito del fermo dei relativi protagonisti;
   è tuttavia probabile che quest'ultimo episodio possa determinare un notevole incremento della guerriglia armata nel territorio della città di Bitonto e frazioni;
   è altresì vero che i sistemi di videosorveglianza recentemente attivati hanno contribuito a portare a buon esito le indagini sull'episodio sopra citato, tanto che è stato richiesto al Ministero dell'interno (dipartimento della pubblica sicurezza), un incremento del numero di apparati da installare in altre zone al momento non servite da tale utile sistema di sicurezza e vigilanza elettronica;
   è fuori di dubbio che un adeguamento di organico e mezzi, anche ai livelli di quanto previsto dalla non recente decretazione ministeriale del 1989, gioverebbe al miglioramento della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica ed alla «copertura» ottimale di tutto il territorio di Bitonto e frazioni –:
   se il Ministro sia stato messo a conoscenza dell'intensificarsi di fenomeni criminosi nel comune di Bitonto e della provincia di Bari che hanno riguardato, nel recente passato, anche il tentativo di intimidazione di funzionari della pubblica amministrazione e di amministratori pubblici;
   quali provvedimenti intenda assumere a partire dal potenziamento dell'organico, dall'auspicabile insediamento di un avamposto di forze dell'ordine (nelle piazze principali delle due frazioni) e per il potenziamento del servizio di videosorveglianza in tutte le aree non ancora coperte da tale servizio;
   quali provvedimenti si intendano assumere al fine di intensificare le azioni di prevenzione e repressione condotte dalle forze di polizia nel centro urbano di Bitonto, di concerto con le amministrazioni locali ed in sinergia con tutte le forze dell'ordine presenti sul territorio.
(4-01251)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GHIZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 21 aprile 2011, n. 63, ha previsto l'abrogazione dell'articolo 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, in materia di equipollenza del diploma di laurea in scienze motorie al diploma di laurea in fisioterapia, e disposizioni relative al conseguimento della laurea in fisioterapia da parte di studenti e laureati in scienze motorie;
   come stabilito dal comma 2 dell'articolo 1 della citata legge — entro nove mesi dalla sua approvazione — il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, avrebbe dovuto emanare un decreto per regolamentare il conseguimento della laurea in fisioterapia per i laureati e gli studenti iscritti ai corsi di laurea in scienze motorie;
   con detto decreto il Ministro avrebbe dovuto definire la disciplina del riconoscimento dei crediti formativi, l'accesso al corso universitario in fisioterapia e la disciplina dello svolgimento del periodo di formazione e il tirocinio sul paziente;
   a oltre due anni dall'approvazione della legge, tale decreto non risulta ancora essere stato emanato –:
   se il Ministro interrogato intenda verificare le motivazioni di tale ritardo e in che tempi intenda ottemperare a quanto disposto dal succitato articolo 1, comma 2, della legge 21 aprile 2011, n. 63 al fine di dare attuazione al dettato normativo.
(5-00606)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'UVA, SILVIA GIORDANO, MARZANA, MANLIO DI STEFANO, GAGNARLI, LOREFICE, CECCONI, TERZONI e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nella provincia di Messina, nel solo triennio di applicazione della cosiddetta riforma Gelmini, si è assistito a una drastica riduzione degli organici scolastici, di cui 400 unità sottratte alla scuola primaria, 400 unità alla scuola secondaria di II grado e circa 300 alla scuola secondaria di I grado;
   con particolare riferimento al settore della scuola primaria, in Sicilia i tetti organici imposti dalle normative introdotte nel corso degli ultimi anni hanno impedito, in un ambito di fondamentale importanza per lo sviluppo economico e culturale del meridione quale è certamente quello dell'istruzione pubblica, la possibilità che le famiglie possano veder pienamente garantito ai propri figli il diritto allo studio;
   le politiche nazionali che senza soluzione di continuità hanno determinato una costante riduzione dei finanziamenti alla scuola pubblica, creando gravi disagi alle regioni del Mezzogiorno e alla regione siciliana in particolare, hanno fortemente ridimensionato il diritto delle famiglie di effettuare una reale e libera scelta circa le possibilità e le modalità di fruizione offerte dal servizio scolastico per i propri figli, con particolare riferimento alla possibilità di decidere circa la durata dello stesso nel caso della scelta tra la possibilità di accesso a classi a tempo prolungato e la tipologia di corsi e indirizzi da seguire;
   a seguito delle già citate riduzioni dell'offerta formativa nelle regioni meridionali si evidenzia, in particolare, come non possano essere accolte, nonostante espresse previsioni normative in merito, le richieste di istituire classi di insegnamento per strumento musicale nelle scuole secondarie di I grado, con conseguente e grave danno alla educazione, formazione e accrescimento culturale;
   la scuola messinese, istituto comprensivo «Pascoli-Crispi», a fronte di 40 richieste e in presenza dei requisiti necessari per una favorevole risposta in merito, richiedeva per l'anno scolastico 2013/2014 l'istituzione di una classe prima di scuola secondaria di I grado a indirizzo musicale per l'insegnamento di varie specialità strumentali risulta emblematico quanto grave;
   la stessa scuola, nonostante si sia proceduto all'espletamento delle formali richieste e alla selezione dei ragazzi che avrebbero fatto parte della classe musicale da istituire, ha visto negata la sua domanda a seguito di carenza di fondi necessari e una contestuale presenza di limiti organici così come confermato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca tramite il proprio ufficio scolastico regionale per la Sicilia;
   i giovani ragazzi del sud, e siciliani in particolare, pagano, loro malgrado, anni di sprechi e riduzioni finanziarie che hanno ormai gravemente compromesso il loro diritto di accesso allo studio, con l'inevitabile presenza di forti differenze tra le regioni del meridione e quelle del resto d'Italia, laddove le prime vedono irrimediabilmente ridotta l'offerta di formazione su strumenti musicali, ormai passata dalla presenza di 21 a 4 classi nella sola provincia di Messina;
   il comma 2 dell'articolo 3 della Costituzione italiana prevede che sia compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana richiedendo altresì che tali differenze e limitazioni nell'offerta formativa italiana, tramite la quale l'individuo si sviluppa sia umanamente che culturalmente, vengano eliminate –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sin qui esposti, con particolare riferimento alla continua riduzione della presenza di classi a indirizzo musicale;
   se il Ministro intenda monitorare tale situazione e assumere provvedimenti in merito attraverso i quali garantire anche ai giovani studenti meridionali e siciliani il diritto di accedere alle classi a indirizzo musicale, consentendo così anche a questi il diritto di pieno accesso all'offerta formativa e, allo stesso tempo, impedendo che errori politici e sprechi economici ricadano su di essi e sul loro sviluppo formativo e culturale. (4-01246)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge 8 ottobre 2010, n. 170 «Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico» dispone che la diagnosi dei disturbi specifici di apprendimento, sia fatta nell'ambito dei trattamenti specialistici già assicurati dal Servizio sanitario nazionale a legislazione vigente e sia comunicata dalla famiglia alla scuola di appartenenza dello studente o, qualora la regione nel cui territorio non sia possibile fare diagnosi nell'ambito dei trattamenti erogati dal SSN, presso specialisti o strutture accreditate;
   con la nota del 26 maggio 2011, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ha previsto che, riguardo alle diagnosi degli alunni con disturbi specifici di apprendimento precedenti all'entrata in vigore della legge n. 170 del 2010, le scuole siano autorizzate temporaneamente a riconoscere valide le certificazioni, in attesa delle indicazioni regionali per l'individuazione di strutture accreditate;
   la regione Marche non ha ancora indicato le strutture accreditate e le UMEE dell'ASUR, non sono in grado di offrire il servizio a tutte le richieste che provengo dagli ambiti scolastici e/o dalle famiglie;
   molti specialisti non autorizzati rilasciano certificazioni incomplete e non informano le famiglie sulla non validità di quanto certificato;
   per ottenere una certificazione e seguire le terapie di recupero da uno specialista privato la famiglia deve affrontare un impegno economico notevole;
   in particolare, nel comune di Osimo, per mancanza di personale e mancanza d'informazione la situazione è ulteriormente aggravata da questi motivi;
   vi è una scarsa conoscenza della normativa scolastica con conseguenti imprecisioni nelle certificazioni e nelle indicazioni trasmesse alle famiglie;
   a oggi, le valutazioni sono possibili solo in vista dell'esame di Stato o per passaggi tra scuole di grado diverso;
   gli studenti non sono seguiti con terapie adeguate e quelli segnalati nel primo quadrimestre 2012 sono ancora in attesa di certificazione costringendo i genitori a rivolgersi a strutture private;
   pur comprendendo le difficoltà generali presenti, legate alla grave crisi finanziaria che costringe le amministrazioni pubbliche a rivedere le programmazioni d'interventi, che quelle specifiche, riferite ai problemi contingenti dell'Asur e delle strutture che operano a livello socio-sanitario nel territorio, si ritiene che non debbano essere i bambini a dover pagare in prima persona il disagio della delicata funzione dell'apprendimento –:
   quali iniziative si intendano mettere in atto per adottare i provvedimenti necessari per il riassetto funzionale e organizzativo del servizio indicato dalla legge n. 170 del 2010. (4-01252)


   D'UVA, SILVIA GIORDANO, MARZANA, MANLIO DI STEFANO, GAGNARLI, LOREFICE, CECCONI, TERZONI e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   risulta agli interroganti che il 26 aprile 2013 i dottori Mara Massai e Silvio Soffritti, ex ricercatori presso L'Alma Mater Studiorum – università di Bologna, hanno depositato alla procura della Repubblica Italiana presso il tribunale di Ferrara un esposto all'interno del quale viene denunciata la presenza di un sistema clientelare all'interno dell'università di Bologna risalente al 1992;
   all'interno del testo depositato presso la procura è possibile osservare una serie di presunte irregolarità circa l'ammissione ai corsi per il dottorato di ricerca nella cattedra di sociologia, quali modalità di estrazione dei temi da sviluppare in sede di esame, mancanza di trasparenza dei risultati delle prove scritte affrontate dai candidati, evidenti discrasie tra le valutazioni dei candidati effettuate in sede di prova scritta e quelle stabilite al termine della prova orale;
   nell'esposto, così come depositato, si rinvengono una numerosa e analitica sequenza di casi in cui vengono riportati in maniera dettagliata riferimenti a persone che, in quanto beneficiarie di rapporti familiari o a seguito di corrispettivi vantaggi, avrebbero beneficiato di nomine, assegnazioni di dottorati di ricerca e cattedre fino ad occupare con tali meccaniche, all'interno di un intero dipartimento, quasi tutti i ruoli disponibili;
   tra le tecniche utilizzate per la gestione delle procedure concorsuali e successive e illegittime attribuzioni, si segnala quella della contestazione di atti illeciti commessi da parte di collaboratori di personale docente, contestazione che avviene però ad opera dello stesso personale che ne aveva disposto l'assunzione;
   dal testo in esame emerge una serie talmente ampia di docenti resisi protagonisti in prima persona attraverso la gestione delle cattedre e dei posti da assegnare attraverso concorsi ovvero oggetto di benefici ottenuti grazie a rapporti di diretta parentela o di semplice legame di interesse, che non può essere utilmente riportata all'interno di tale atto, segno questo di una evidente quanto radicata ed estesa situazione di gravità estrema, la quale se confermata, comporterebbe il necessario allontanamento di decine di docenti, ricercatori e dottorandi, con conseguenze non trascurabili all'immagine e al prestigio dell'Alma mater studiorum – università di Bologna;
   tra i tanti casi di procedure concorsuali sospette si evidenzia quello di una candidata che, partecipando al bando di concorso presso il dipartimento di ricerca in sociologia della facoltà di scienze politiche per l'anno 2009/2010, risultava al termine dello stesso esclusa, e decideva per questo di procedere alla verifica del suo elaborato e, per un esame comparato, anche a quella degli elaborati risultati vincitori;
   a seguito della richiesta di accesso agli atti oggetto di valutazione in sede di esame, ovvero dei criteri seguiti per la stessa valutazione, l'amministrazione universitaria ottemperava alla richiesta consegnando il solo tema elaborato dalla candidata richiedente e dei verbali che (nella seconda e terza seduta) conterrebbero solo le firme e non le date degli stessi;
   da quanto dichiarato dagli ex ricercatori nell'esposto depositato presso la Procura della Repubblica, risulta che i criteri e le relative procedure di valutazione per diversi bandi di concorso di dottorato di ricerca presentano questo vizio, benché questi costituiscano criteri indispensabili per il rispetto della legalità e della trasparenza durante le procedure di pubblico concorso;
   nonostante la previsione, così come evidenziato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 913 del 2011, di apporre un semplice voto numerico senza necessità di ulteriori motivazioni, questa può avvenire solo in presenza di preventiva fissazione dei criteri di massima ai quali necessariamente il voto numerico dovrà fare riferimento, ritenendosi in caso di mancanza di tale previsione illegittima l'eventuale valutazione effettuata;
   quello sin qui riportato è soltanto uno dei casi descritti e quindi presenti all'interno dell'esposto depositato dagli ex ricercatori Mara Massai e Silvio Soffritti presso il tribunale di Ferrara, casi che presentano una precisione e una accuratezza nelle modalità e nell'attribuzione delle responsabilità dei fatti posti in essere in maniera illegittima che, se confermati in sede di accertamento e di indagine, costituirebbero uno dei più gravi scandali che il sistema universitario italiano ha dovuto affrontare nel corso degli ultimi anni, con gravissimi danni all'immagine e al buon nome dell'ateneo bolognese, oltre che alla lesione dei fondamentali principi di correttezza e buon andamento della pubblica amministrazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'esposto depositato alla procura della Repubblica, presso il tribunale di Ferrara, ovvero dei gravissimi fatti ivi riportati;
   se intenda verificare, indipendentemente dall'indagine della magistratura, i fatti esposti in premessa, anche valutando la possibilità di avvalersi dell'ispettorato della funzione pubblica, e cosa intenda fare qualora sia confermata la presenza di condotte estremamente gravi che contrastano con i principi di legittimità, correttezza e imparzialità dell'amministrazione. (4-01258)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GNECCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la risoluzione conclusiva di dibattito (8-00208) relativa al trattamento di quiescenza spettante al personale dipendente di Poste Italiane – tema che dal 1998 non ha trovato soluzione, è stata approvata dalla Commissione lavoro in data 6 novembre 2012. In tale sede, il viceministro pro tempore Michel Martone espresse in nome del Governo un parere favorevole sull'ulteriore nuova versione della risoluzione in discussione, manifestando soddisfazione per l'intesa raggiunta con i presentatori dell'atto d'indirizzo, in vista dell'individuazione delle iniziative più idonee da adottare per la soluzione del problema;
   nello specifico la risoluzione impegnava il Governo ad assumere, entro il 31 gennaio 2013, ogni utile iniziativa che consentisse di conoscere la consistenza del patrimonio immobiliare di cui il suddetto fondo è dotato e la relativa destinazione d'uso e a valutare la possibilità, entro il 31 gennaio 2013, compatibilmente con gli effetti finanziari, di adottare eventuali iniziative, anche di natura normativa, che consentissero ai lavoratori di Poste Italiane spa di usufruire di un costante aggiornamento del valore dell'indennità di buonuscita, nonché di garantire il diritto alla corresponsione della buonuscita di detti lavoratori, pur in costanza di rapporto di lavoro;
   ad oggi non risulta che abbia avuto seguito l'impegno previsto dalla risoluzione allo scopo di porre fine ad una situazione che si trascina incredibilmente fin dall'anno 1998 –:
   se non ritenga il Ministro interrogato di attivarsi per dare seguito a quanto previsto dalla risoluzione di cui in premessa e di porre in essere le conseguenti iniziative, anche di natura normativa, che mettano fine ad una situazione non più procrastinabile. (5-00604)


   GNECCHI, INCERTI, GHIZZONI, LENZI e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 18 comma 13 della legge n. 111 del 2011 si è ribadito che: «Con specifico riferimento all'Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio (ENASARCO) compreso tra gli enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, si conferma che la relativa copertura contributiva ha natura integrativa, rispetto a quella istituita dalla legge 22 luglio 1966, n. 613, come previsto dall'articolo 2 della legge 2 febbraio 1973, n. 12»;
   la fondazione Enasarco rientra quindi fra la tipologia di enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994 n. 509, ma è l'unica tipologia di ente, nell'ordinamento pensionistico italiano con copertura contributiva di natura integrativa, che preveda però la contribuzione obbligatoria (quindi doppia contribuzione per i soggetti interessati, che sono obbligati a versare anche all'INPS), eroga prestazioni previdenziali alla stessa stregua di qualsiasi altro fondo di previdenza di base, pubblico o privato che sia;
   ciò ha da sempre rappresentato un'anomalia nel panorama del sistema previdenziale italiano, sollevando un contenzioso continuo (fra l'altro è attesa una sentenza emessa a sezioni unite dalla Corte di cassazione) e l'ultima in ordine temporale è l'ordinanza n. 2962 del 3 agosto 2011 del Tar del Lazio, che ha ribadito la propria giurisdizione e competenza in relazione alla fondazione Enasarco, sottolineando che ciò che rileva, non è la natura giuridica di Enasarco, ma la funzione che attraverso l'ente viene svolta, nella specie previdenziale, la cui pubblicistica è di immediata evidenza;
   a differenza degli altri lavoratori iscritti a un fondo di previdenza obbligatoria, agli iscritti Enasarco, è preclusa la totalizzazione, nonostante lo stesso ente rientri fra i soggetti di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994, perché come precisa il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, (direttiva del 2 marzo 2006): «per gli agenti di commercio la totalizzazione dei periodi contributivi versati all'ENASARCO ed all'INPS, in concreto non trova applicazione. Infatti, scopo della totalizzazione è coprire periodi di contribuzione diversi per i quali siano stati versati contributi previdenziali ad Enti gestori diversi. Per l'agente di commercio è invece contemporaneo l'obbligo d'iscrizione, e di versamenti dei contributi previdenziali, sia verso la Gestione Commercianti dell'INPS, sia verso la Fondazione ENASARCO. In questo modo non sorge la possibilità di utilizzare la totalizzazione. Nel caso invece che, (per motivi che appaiono comunque di difficile realizzazione), una delle due contribuzioni (INPS o ENASARCO) non sia stata versata, la disciplina della totalizzazione può trovare applicazione»;
   va precisato inoltre che paradossalmente, l'articolo 36 del regolamento della fondazione Enasarco prevede la restituzione del 30 per cento dei contributi versati solo nel caso di cambio di attività e di trasferimento ad altro fondo previdenziale integrativo obbligatorio, ma questa tipologia di fondi, come già sopra rilevato, non esiste nell'ordinamento pensionistico italiano, né sono in vista riforme in tal senso;
   allo stato, quindi, un agente di commercio in caso di cessazione dell'attività prima di aver raggiunto i 20 anni di versamenti all'Enasarco per non perdere contributi (versati obbligatoriamente) non ha altra scelta che proseguire con i versamenti volontari, ma se non ha i requisiti per accedere alla contribuzione volontaria (sette anni di anzianità maturati) o non ha la convenienza perché in età avanzata, le somme depositate presso l'Enasarco sono irrimediabilmente perse;
   dall'ultima indagine effettuata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla sostenibilità finanziaria degli enti ex decreto legislativo n. 509 del 1994 e del decreto legislativo n. 103 del 1996 risultano esservi al 31 dicembre 2009 nell'ente Enarsarco la presenza di ben 588.704 posizioni di cosiddetti iscritti silenti. Fra questi si calcola che almeno 100.000 di queste posizioni hanno un'anzianità contributiva superiore ai 5 anni;
   come riportato dal quotidiano Sole 24 Ore di sabato 1o giugno 2013 (supplemento Plus24 pagina 16) è stata avviata recentemente l'indagine dalla Covip, sebbene estesa a tutti gli enti a seguito del mandato di vigilanza sulle Casse ricevuto ex lege, sulle attività finanziarie della fondazione, che dovrebbe far luce sulle scelte effettuate da Enasarco, in particolare sui bond strutturati e sulla valutazione degli stessi da parte dell'Ente;
   l'ente Enasarco è stata fatta oggetto in questi ultimi anni di decine di atti di sindacato ispettivo, che chiedevano il superamento di questo ente o comunque le necessarie modifiche normative chiarendo definitivamente se trasformarla in previdenza integrativa con iscrizione su base volontaria e quindi con la possibilità di poter riscuotere quanto versato o con il conseguimento di una rendita al raggiungimento dei requisiti minimi previsti; primo obiettivo da garantire dovrebbe essere che sempre a contribuzione previdenziale versata corrisponda una prestazione in modo da non creare contribuzione silente –:
   quali iniziative, anche normativa il Ministro interrogato intenda assumere per correggere questa evidente anomalia del sistema pensionistico italiano, qual è appunto la fondazione Enasarco, che da tempo, da più parti e soprattutto a tutela degli iscritti, si chiede venga sanata e resa coerente con il sistema previdenziale italiano. (5-00611)


   GNECCHI, MAESTRI, INCERTI, MADIA, BOCCUZZI, CINZIA MARIA FONTANA e GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 214 del 2011, approvata nel dicembre 2011, è intervenuta sul sistema previdenziale italiano penalizzando fortemente coloro che erano prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici previgenti, allungando oltremodo il periodo di attesa;
   le deroghe previste, che consentono per alcune situazioni particolari di poter mantenere i previgenti requisiti di accesso alla pensione, sono state anche oggetto di successivi decreti e relative circolari/messaggi dell'INPS, che hanno reso particolarmente difficoltosa la gestione delle cosiddette salvaguardie, con ritardi inaccettabili, per la definizione delle platee e dei soggetti da inserire nelle salvaguardie;
   nello specifico, una delle molte questioni non sufficientemente chiarite, attiene all'applicazione dell'aspettativa di vita: la norma richiamata dispone venga applicata anche a coloro che sono potenzialmente fruitori delle salvaguardia;
   con siffatta previsione normativa già presente nella legge richiamata, si sono di fatto esclusi dalla salvaguardia migliaia di lavoratori, licenziati a seguito di accordi di mobilità stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011 e altre categorie di salvaguardie previste da successivi provvedimenti normativi e che a causa dell'aspettativa di vita si sono visti negare l'accesso alla salvaguardia;
   dono stati presentati diversi atti di sindacato ispettivo per far comprendere al Governo, l'assurdità della succitata previsione normativa e solo dopo diversi mesi, sono stati esclusi dall'applicazione dell'aspettativa di vita, i cosiddetti quarantisti e ultimamente, anche se si rimane in attesa del benestare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, coloro che maturano i requisiti con le quote o per l'accesso alla pensione di vecchiaia all'interno del periodo di mobilità (circolare dell'INPS 76-2013);
   la suddetta circolare dell'INPS nulla però dice sull'applicazione dell'aspettativa di vita alle altre categorie oggetto delle salvaguardie previste sia dalla legge n. 214 del 2011 che dalla legge n.  14 del 2012 (mobilita lunga, fondi di sostegno, contributori volontari, esoneri, accordi di esodo individuali o collettivi e altro) che a causa dei criteri restrittivi per l'accesso alla salvaguardia, introdotti con i successivi decreti ministeriali, che pongono dei precisi limiti temporali entro i quali deve essere maturato il trattamento pensionistico, escludono di fatto molti lavoratori dalla salvaguardia stessa, proprio a causa dei tre mesi aggiuntivi previsti dall'aspettativa di vita;
   giova nuovamente ricordare che trattasi di accordi collettivi e individuali che prevedevano l'uscita dal lavoro, sottoscritti prima del 4 dicembre 2011, ed è prassi consolidata che i patti vengono stilati e sottoscritti dalle parti conformemente alle norme vigenti alla data degli accordi ed è comprensibile, oltre che giustificata, la conseguente sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, messa davvero a durissima prova con la manovra sulle pensioni del dicembre 2011, che non ha tenuto conto, come sempre è stato fatto con le riforme previdenziali approvate nel passato, delle norme previgenti –:
   se non ritenga il Ministro interrogato di intervenire sulla problematica segnalata, estendendo quanto già definito sull'applicazione dell'aspettativa di vita, con la circolare 76-2912 dell'INPS, rispetto alla salvaguardia, non solo alla categoria dei «mobilitati» ma anche alle altre categorie oggetto di salvaguardia che altrimenti si vedrebbero ingiustamente escluse dall'accesso alla salvaguardia stessa. (5-00612)

Interrogazione a risposta scritta:


   NACCARATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale 11 aprile 2011 disciplina le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all'Allegato VII del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti di cui all'articolo 71, comma 13, del medesimo decreto legislativo;
   la norma innova le precedenti disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 162 del 1999 e nel decreto del Presidente della Repubblica n. 462 2001;
   in particolare il decreto si occupa delle attività di verifica periodica relative ad apparecchi di sollevamento per persone e cose, idroestrattori e recipienti a pressione, introducendo la novità del loro possibile affidamento ad enti notificati presso il Ministero dello sviluppo economico;
   la disciplina prevede che l'ente notificato, di norma un soggetto privato, debba cedere una quota del ricavo ottenuto grazie all'attività di verifica svolta in ottemperanza al decreto, a favore dell'ente pubblico (ARPA, INAIL);
   la norma coinvolge direttamente un comparto lavorativo relativamente ristretto costituito dagli enti notificati e dalle strutture dell'ARPA preposte, ma i suoi risvolti applicativi interessano una parte consistente del mondo produttivo, determinando ricadute di tipo amministrativo e finanziario su molti datori di lavoro;
   l'attribuzione degli incarichi di verifica da parte dell'ente notificato viene effettuata su specifico mandato dell'ente pubblico, che esercita questa prerogativa in piena autonomia;
   nell'allegato I al decreto si prevede una fitta serie di requisiti per gli ispettori che possono svolgere l'attività di verifica tra cui almeno due anni di esperienza specifica nel settore;
   tale esperienza sembra essere posseduta solo da dipendenti dell'ente pubblico, precedentemente accreditato ai detti controlli;
   tale fattore sembra costringere le tariffe del servizio ad un allineamento sulle quote stabilite dall'ente pubblico, mettendo a repentaglio la concorrenza in questo preciso settore;
   la normativa precedente che regolava la materia da un decennio (per le verifiche degli ascensori decreto del Presidente della Repubblica n. 162 del 1999 e per gli impianti di terra nei luoghi di lavoro decreto del Presidente della Repubblica n. 462 del 2001) non prevedeva requisiti così stringenti e ha dispiegato la sua efficacia senza incontrare critiche da parte dei soggetti di questo settore;
   alcuni enti notificati lamentano una possibile penalizzazione dei professionisti che con loro collaborano e difficoltà per l'accesso a questo tipo di attività dei nuovi professionisti, in particolare di quelli più giovani;
   inoltre, si stima che possano aumentare i costi dell'attività burocratica delle strutture pubbliche (ARPA) relativamente alla gestione amministrativa, vanificando gli ipotizzati benefici conseguenti alla obbligatorietà del prelievo di una quota destinata all'ente pubblico sul fatturato degli enti notificati –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza intendano adottare per garantire la concorrenza e la possibilità di reclutamento di professionisti da parte degli enti notificati.
(4-01255)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIULIETTI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, sono state emanate precise disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, con conseguente decadenza dagli incarichi ricoperti;
   la norma non prevedendo espressamente un regime transitorio di entrata in vigore delle disposizioni ivi previste, sembra incidere di fatto su situazioni consolidatesi nel pieno rispetto del quadro legislativo allora vigente, prima dell'entrata in vigore del decreto medesimo, con gravi conseguenze sui delicati equilibri degli organi elettivi dei comuni;
   la CIVIT, con le delibere n. 46, 47 e 48 del 27 giugno 2013, ha formalizzato il proprio orientamento sulle questioni applicative sollevate dal decreto legislativo n. 39 del 2013, ivi compreso il regime transitorio, ritenendo che le nuove ipotesi di incompatibilità disciplinate dalla norma trovino applicazione anche agli incarichi in essere alla data di entrata in vigore dal decreto e dunque affidati sotto l'egida del previdente regime –:
   se, in assenza della previsione del regime transitorio, le incompatibilità previste dal decreto legislativo n. 39 del 2013 operino sin da subito anche per le situazioni esistenti alla data di entrata in vigore della legge, oppure si applichino soltanto alle cariche ed agli incarichi sorti a partire dalla entrata in vigore della norma, in ossequio al principio generale del nostro ordinamento per cui tempus regit actum;
   se, più in particolare, dalla tesi dell'applicabilità della legge alle situazioni in essere prima dell'entrata in vigore della legge, possa discendere la conseguenza di non tenere conto che i rapporti giuridici coinvolti sono scaturiti da atti adottati di regola all'esito di un procedimento o, comunque, di una procedura di natura privatistica, i quali hanno acquisito efficacia sotto il vigore della precedente disciplina, considerato che, in proposito, la giurisprudenza amministrativa in più occasioni ha richiamato l'applicazione del principio tempus regit actum quale criterio su cui si conforma l'azione dell'amministrazione, lo svolgimento dei procedimenti e l'adozione dei provvedimenti conclusivi (Cons. Stato, n. 1511/2013, Cons. Stato 1458/2009, Cons. Stato, sezione V 495/2006);
   se non si finirebbe per attribuire alla norma un valore retroattivo non espressamente previsto che si porrebbe, tra l'altro, in netto contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti, quali innanzitutto il diritto, costituzionalmente garantito, di accesso alle cariche elettive in condizioni di parità (basti pensare, a titolo meramente esemplificativo, al caso di un sindaco eletto nelle elezioni amministrative del 2009, che incorra in una situazione di incompatibilità e rassegni le proprie dimissioni: ciò comporterebbe, a termini dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 267 del 2000, lo scioglimento del consiglio comunale e la contestuale nomina di un commissario;
   se quanto esposto al punto precedente non configurerebbe, di fatto, una forma surrettizia di limitazione dell'elettorato passivo che si porrebbe in netto contrasto con il dettato costituzionale e con l'orientamento giurisprudenziale corrente, secondo il quale le norme sopravvenute riguardanti i diritti soggettivi afferenti i titolari di cariche pubbliche elettive trovano applicazione alla scadenza del mandato elettivo considerato che:
    a) quello dell'elettorato passivo costituisce un diritto «riconducibile nell'ambito dei diritti inviolabili di cui all'articolo 2 della Costituzione» (sentenza n. 571/1989);
    b) a norma dell'articolo 51 della Costituzione «l'eleggibilità è la regola, l'ineleggibilità l'eccezione» (cfr. sentenze nn. 46/1969, 235/1988, 510/1989);
    c) le cause di ineleggibilità, derogando al principio costituzionale della generalità del diritto elettorale passivo, sono di stretta interpretazione e devono comunque rigorosamente contenersi entro i limiti di quanto sia ragionevolmente indispensabile per garantire la soddisfazione delle esigenze di pubblico interesse cui sono ordinate. (4-01247)


   BUONANNO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il censimento 2011 generale della popolazione e delle abitazioni, primo censimento online, dove i questionari potevano essere compilati ed inviati anche via web, numera la popolazione italiana al 9 ottobre 2011 e i dati definitivi della popolazione legale di ogni comune italiano sono stati diffusi dall'Istat il 19 dicembre 2012;
   il comune di Volpiano (Torino) conta, ad oggi, secondo i dati risultanti da questo censimento, una popolazione di 14.998 abitanti;
   il dato tuttavia non trova corrispondenza con i dati dello stesso comune pubblicati sul sito web dell'Istat laddove la popolazione residente al 1o gennaio 2011 risultava essere pari a 15.097 unità, ovvero 99 in più rispetto al dato del censimento dello stesso anno;
   il sito web ufficiale del comune di Volpiano visualizza una apposita sezione dedicata al censimento Istat dove si rimanda anche ad alcuni link di siti internet dove si quantifica la popolazione del comune al 1o gennaio 2012 in 15.043 abitanti;
   il dato di 15.043 è confermato dalla stessa Istat che ad un preciso link web (http://demo.istat.it/bil2012/index.html) presenta i dati aggiornati della popolazione residente a Volpiano al 1o gennaio 2012 e quantificata, per l'appunto, in 15.043 unità;
   il comune di Volpiano, sempre sul sito web ufficiale, invita i propri cittadini, ovvero «tutte le persone non censite alla data del 9 ottobre 2011» e «visti i dati rilevati al 15o Censimento generale della popolazione del 9 ottobre 2011 e i dati contenuti nell'anagrafe della popolazione residente», chiaramente evidente lo scostamento tra i dati in possesso dell'ente presso l'Ufficio Anagrafe e i dati riportati al censimento Istat, «a presentarsi urgentemente, all'Ufficio Anagrafe di questo Comune per confermare il requisito della dimora abituale (residenza) oppure indicare in quale Comune siano state eventualmente censite»;
   l'amministrazione comunale di Volpiano, con delibera di giunta n. 5 del 17 gennaio 2013, «Determinazione indennità di funzione agli amministratori locali ai sensi dell'articolo 82 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e s.m.i., del decreto ministeriale 4 aprile 2000, n. 119 e dell'articolo 1, comma 54, della legge n. 266 del 2005», ha fissato le indennità degli amministratori locali sulla base della popolazione residente al 31 dicembre 2011 e determinata in 15.372 unità, così che le indennità di funzione percepite dagli amministratori, fissate dalla Giunta Comunale pur in diminuzione rispetto agli importi previsti dal decreto ministeriale n. 119 del 2000 al fine di non gravare sulle risorse finanziarie dell'ente, mantengono inalterate le percentuali nei rapporti previsti per le diverse categorie di amministratori;
   l'attuale sistema elettorale prevede modalità diverse in base alla popolazione legale di un comune, e che nei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti il sindaco viene eletto in un turno unico mentre nei comuni con popolazione oltre tale soglia il sistema prevede un turno di ballottaggio tra i candidati sindaci, qualora nessuno di essi ottenga la maggioranza assoluta dei voti validi –:
   se alla luce della difformità dei dati relativi alla popolazione residente a Volpiano ed in vista delle prossime elezioni amministrative, non ritenga opportuno adottare le iniziative all'interno delle proprie competenze per chiarire precisamente a quanto ammonti la popolazione di Volpiano così da valutare se sussistano difformità nell'utilizzo dei dati della popolazione a fini elettorali e a scopi di indennità di funzione degli amministratori.
(4-01262)

SALUTE

Interrogazioni a risposta orale:


   CESA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) fondazione Santa Lucia di Roma è una struttura di eccellenza nazionale nel campo della neuroriabilitazione ed un centro di rilievo internazionale per la ricerca scientifica nel campo delle neuroscienze;
   la struttura opera con 750 dipendenti con rapporto subordinato a tempo pieno con contratto a tempo indeterminato e ospita molti operatori dell'università e di strutture di ricerca con circa 450 studenti che seguono i corsi di laurea per le professioni sanitarie;
   ad oggi la gravissima situazione economica finanziaria della fondazione Santa Lucia si è aggravata ulteriormente. Dal 2006 la fondazione Santa Lucia è fatta oggetto di sistematici tentativi di dequalificazione. Infatti le delibere della regione Lazio vorrebbero declassare la fondazione Santa Lucia ad una semplice casa di cura privata anziché riconoscerle lo status di ospedale di rilievo nazionale e di alta specializzazione quale è appunto un IRCCS. In più occasioni il TAR ed il Consiglio di Stato hanno confermato il riconoscimento e quindi l'accreditamento della fondazione quale ospedale di alta specialità neuroriabilitativa dotata di 325 posti letto ed ha bloccato ogni tentativo della regione sia di limitazione a 160 la dotazione dei posti letto di alta specialità neuroriabilitativa che di esclusione da questa di tutte le patologie neurologiche (ictus, malattie degenerative del sistema nervoso, mielolesioni) ad eccezione dei post comatosi (con stato di coma maggiore di 7 giorni);
   per quanto riguarda la riabilitazione extra ospedaliera, il Consiglio di Stato ad ottobre 2012, ha posto fine ad un contenzioso di anni confermando definitivamente la dotazione di 187 posti «non residenziale estensiva» destinati prevalentemente alla riabilitazione dei pazienti in età evolutiva;
   nonostante i pronunciamenti della giustizia amministrativa, la regione Lazio non adempie ai dispositivi giurisprudenziali ed insiste in sistematici comportamenti che l'interrogante giudica sostanzialmente ostruzionistici tra cui l'omissione del pagamento delle somme spettanti alla fondazione in forza degli stessi pronunciamenti;
   il mancato riconoscimento della «configurazione» di ospedale di alta specialità neuroriabilitativa provocherebbe l'inevitabile chiusura della fondazione stante l'impossibilità di assorbire i costi della struttura specialistica su posti letto ridotti in numero e complessità assistenziale;
   il Consiglio di Stato in più decisioni ha annullato le tariffe nazionali della riabilitazione ospedaliera e della specialistica ambulatoriale in quanto sono state riproposte nel 2006 e da ultimo nel 2012 senza alcuna variazione delle tariffe del 1996 calcolate sulla base dei costi, rilevati per l'anno 1994. Ciò comporta che le remunerazioni annuali che la regione Lazio valorizza per la fondazione Santa Lucia dal 2006 sono sottovalutate di almeno il 40 per cento rispetto ai costi standard di produzione ed hanno quindi prodotto un buco finanziario almeno di euro 10.000.000 ogni anno e nel complesso di euro 60.000.000;
   in questi anni, per la palese inadeguatezza delle tariffe del 1994, — rispetto alla struttura dei costi di un ospedale di alta specialità ed al consistente e costante incremento dei costi, specificatamente del personale — la fondazione ha continuato ad operare indebitandosi verso il sistema bancario, fornitori, personale e altri. Dopo anni l'adeguamento tariffario non è più procrastinabile per l'impossibilità di fare ulteriore ricorso al credito bancario;
   la regione Lazio non ha neanche provveduto a pagare la somma di euro 40.000.000 spettanti alla fondazione in base alle deliberazioni adottate dalla stessa regione in tema di remunerazione annuale delle prestazioni sanitarie;
   nel complesso la regione Lazio deve alla fondazione Santa Lucia un importo complessivo prossimo ad euro 100.000.000 a cui ovviamente corrispondono altrettanti debiti verso banche fornitori ed altri creditori;
   nonostante tutti gli impegni assunti in campagna elettorale con i pazienti, con le rappresentanze dei lavoratori e con la direzione della fondazione, la nuova giunta Zingaretti ha reso vani tutti i tentativi della fondazione di attivare un processo, anche per piccoli passi continuativi, per arrivare ad una soluzione negoziale delle controversie con la regione;
   negli incontri avuti, la regione ha infatti mantenuto le proprie posizioni in tema di configurazione e tariffe, pretendendo da ultimo di imporre il contratto di remunerazione 2013, nonostante i ripetuti annullamenti del TAR e del Consiglio di Stato e si è rifiutata di far fronte alle proprie obbligazioni di pagamento adducendo questioni burocratiche tra regione, ASP ed ASL;
   tale illegittimo ed ingiustificabile comportamento della regione è la principale minaccia alla continuazione delle attività di assistenza e ricerca, per cui la fondazione è costretta all'unica strada del ricorso alla giustizia presso tutte le sedi competenti per ottenere il riconoscimento dei propri diritti;
   il mancato incasso delle somme dovute dalla regione, unitamente alla richiesta in atto di restituzione dei prestiti da parte delle banche, provocheranno a breve la paralisi delle attività di cura, ricerca e didattica della fondazione per l'impossibilità di pagare il personale (938 tra medici, infermieri, terapisti, ricercatori e personale di supporto) ed i fornitori di beni e servizi essenziali –:
   se siano a conoscenza dei fatti sopra rappresentati e se non ritengano che nell'ambito del ripianamento complessivo del debito della regione Lazio non debba essere data specifica attenzione, tra gli altri, all'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), fondazione Santa Lucia, nei fatti e in diritto giudicabile una struttura di eccellenza nazionale ed internazionale nella neuroriabilitazione e nelle neuroscienze;
   se non ritengano che sia necessario ed urgente agire mediante il commissario ad acta adottando ogni opportuna iniziativa utile a risolvere la grave situazione economica in cui versa la fondazione Santa Lucia, a garanzia del diritto dei pazienti ad essere curati in una struttura specializzata per il trattamento di gravi e complesse patologie, nonché a garanzia dei livelli occupazionali dell'istituto, garantendo al medesimo la remunerazione in funzione della sua qualificazione, nonché dei maggiori requisiti, strutturali, tecnologici, organizzativi e di ricerca. (3-00201)


   SANGA. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale congiuntura economica negativa ha diminuito le capacità di spesa del consumatore medio, rendendo maggiormente appetibile una vasta gamma di prodotti non originali, ormai presenti in tutti i settori del mercato, secondo diverse fasce di prezzo;
   l'utilizzo di nuove tecnologie ha reso più semplice l'imitazione, la duplicazione e la falsificazione di un'ampia area di prodotti, aprendo letteralmente il mercato legale alla penetrazione di merce contraffatta;
   secondo le analisi più recenti, il commercio del falso nel nostro Paese, con il solo riferimento al mercato interno (senza dunque considerare la quota di merci contraffatte che partono dall'Italia verso l'estero), avrebbe prodotto un fatturato annuo di circa 7 miliardi di euro, con un'ingente perdita per il bilancio dello Stato, in termini di mancate entrate fiscali;
   a tali effetti negativi sul piano dell'economia nazionale, si aggiungono i pericoli che, come di recente testimoniato da un episodio di cronaca, l'utilizzo di prodotti contraffatti può comportare per la salute dei cittadini, posto che questi ultimi tendono ad inserirsi con sempre maggiore frequenza nel circuito produttivo legale, sfuggendo a qualsiasi tipologia di controllo e senza alcun tipo di garanzia per i consumatori;
   è notizia di mercoledì scorso che tre dirigenti di un'importante casa farmaceutica di Anagni sono stati arrestati dai carabinieri del Nas di Latina con l'accusa di aver contraffatto un medicinale, l'Ozopulmin, utilizzato per la cura di affezioni respiratorie di bambini e lattanti;
   secondo quanto riportato dai principali quotidiani nazionali, i titolari dell'azienda interessata, non avendo più a disposizione il principio attivo del farmaco a causa di un disaccordo commerciale con la ditta fornitrice, per assicurare la continuità del prodotto nelle farmacie e non perdere quote di mercato, avevano deciso di avviare comunque la produzione di lotti di farmaco contraffatti, nella piena consapevolezza di esporre a rischi per la salute un considerevole numero di persone e di bambini;
   le indagini condotte dai carabinieri del Nas, che hanno portato al sequestro di tre lotti di medicinale, per un totale di 35 mila confezioni, hanno accertato che nei farmaci era presente una sostanza simile al principio attivo proveniente dalla Francia e normalmente usata per cosmetici ed integratori alimentari. I medicinali non solo risultavano inefficaci, ma erano in grado di simularne la presenza del principio attivo in virtù durante all'esito delle analisi obbligatorie eseguite sul prodotto finito;
   alla luce del quadro delineato, nonché dei frequenti episodi di cronaca cui si assiste, appare assolutamente necessario intervenire per non lasciare i cittadini-consumatori in balia di fenomeni che, in mancanza di un'azione sinergica di monitoraggio e controllo da parte delle istituzioni e degli enti a ciò preposti, possono incidere direttamente sulla sicurezza e sulla incolumità di tutta la popolazione –:
   se i Ministri suddetti ritengano di dover assumere le iniziative di competenza per garantire ai cittadini un'adeguata protezione rispetto ai fenomeni della contraffazione, in particolare modo laddove ad essere coinvolti risultino comparti e settori produttivi, quali ad esempio l'industria farmaceutica, i cui prodotti possono incidere negativamente e direttamente la salute dei consumatori. (3-00205)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BIONDELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sclerosi sistemica progressiva è una malattia autoimmune reumatica, degenerativa e cronica che colpisce soprattutto le donne, oltre l'89 per cento dei pazienti affetti è donna;
   è una malattia del tessuto connettivo causata caratterizzata da ispessimento e indurimento della cute, da alterazioni delle piccole arterie e dei capillari, e da un interessamento viscerale di entità variabile dovuto a fibrosi di organi ed apparati (sistema muscolo scheletrico, polmone, tubo digerente, cuore, rene);
   la diagnosi è basata sulla presenza di manifestazioni cliniche tipiche in associazione ad alterazioni degli esami bioumorali e le alterazioni di laboratorio più importanti sono: aumento degli indici di infiammazione, anemia ed alterazioni del numero dei globuli bianchi all'emocromo, la creatininemia e l'azotemia, gli enzimi epatici, l'esame delle orine, gli anticorpi caratteristici: anticorpi anticentromero, anticorpi antitopoisomerasi (Scl70);
   complessivamente sul territorio italiano sono stati rilevati oltre 14.500 casi, dei quali la popolazione femminile rappresenta lo 89,75 per cento (12.983) contro il 10,25 per cento degli uomini (1.483) con un rapporto donna/uomo calcolato su un dato Italia di 8,33 donne malate ogni uomo. Con specifiche riguardanti le fasce d'età a partire dai 5 anni (nella forma giovanile) agli oltre 75 anni, le percentuali vanno dallo 0,16 per cento per la fascia 5 ai 14 anni, 15,02 per cento dai 15 ai 44, 42,92 per cento dai 45 ai 64 anni, 27,38 per cento dai 65 ai 74 anni e il rimanente 14,51 per cento per la fascia di età a partire dai 74 anni;
   secondo i dati della Lega italiana sclerosi sistemica relativi ai ricoveri ogni 100 mila abitanti per la malattia in alcune regioni, il dato maggiore si registra in Lombardia con il 30,45 per cento dei casi; seguita dalla Sardegna con il 26,6 per cento, dalla Calabria con il 24,4 per cento e dal Veneto con il 18,6 per cento;
   nonostante tale malattia non sia inserita nel decreto ministeriale 18 maggio 2001, n. 279 «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124» il quale elenca le malattie rare, alcune regioni, quali Piemonte e Toscana, hanno già provveduto a riconoscergli tale status assicurando così ai pazienti affetti da tale malattia tutte le prestazioni sanitarie adeguate, mentre altre tra cui la Lombardia dove maggiore è il numero di ricoveri per tale patologia non ha provveduto a fare tale scelta –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione sovraesposta e non ritenga opportuno agire urgentemente al fine di modificare quanto prima il decreto ministeriale contenete l'elenco delle malattie rare inserendovi anche la sclerosi sistemica progressiva al fine di assicurare così cure uniforme ed adeguate su tutto il territorio nazionale;
   se altre regioni, oltre a Toscana e Piemonte, abbiano riconosciuto o stiano per riconoscere, in assenza di una normativa nazionale, la sclerosi sistemica progressiva quale malattia rara;
   se il Ministro non ritenga, pur nel rispetto delle competenze regionali in materia sanitaria, ed in attesa della revisione a livello nazionale dell'elenco delle malattie rare favorire ogni iniziativa diretta a riconoscere tale patologia tra le malattie rare. (5-00608)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LENZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la cefalea rappresenta la malattia neurologica a più elevata prevalenza al mondo. L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha inserito tale malattia tra le 20 patologie più invalidanti per le donne di età compresa tra i 15 e 45 anni e rappresenta il motivo del 5 per cento delle visite dal medico di medicina generale (MMG) e il 30 per cento delle visite specialistiche neurologiche;
   in Italia circa 7 milioni di persone soffrono di emicrania e i suoi costi sanitari diretti e indiretti sono stimabili in circa 6 miliardi di euro all'anno;
   l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha pubblicato sul supplemento ordinario n. 10 della Gazzetta Ufficiale n. 35 dell'11 febbraio 2013 l'autorizzazione n. 68/2013 del 23 gennaio 2013 per l'immissione in commercio del medicinale per uso umano «Botox» per «il sollievo sintomatico in pazienti adulti che soddisfano i criteri diagnostici per emicrania cronica (cefalee di durata ≥ 15 giorni al mese di cui almeno 8 giorni con emicrania) e che hanno mostrato una risposta insufficiente o sono intolleranti ai farmaci per la profilassi dell'emicrania;
   la Commissione regionale del farmaco dell'Emilia Romagna in data 23 maggio 2013 pubblicata con la determinazione n. 7242 del 19 giugno 2013 provvedeva ad aggiornare il prontuario terapeutico regionale (PTR) esprimendo parere non favorevole all'inserimento del farmaco Botox per uso umano nel trattamento dell'emicrania cronica;
   a quattro richieste motivate personalizzate del Centro Cefalee IRCCS-ISN ASL Bologna e università di Bologna sulla base della decisione della commissione regionale del Farmaco l'AVEC (commissione del farmaco di AREA vasta Emilia Centrale) che coinvolge le sei aziende sanitarie presenti sul territorio della provincia di Bologna e Ferrara (AUSL di Bologna, Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Orsola-Malpighi, II.OO.RR., AUSL di Imola, AUSL e Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Anna di Ferrara) ha a sua volta espresso parere non favorevole all'utilizzo extra prontuario terapeutico regionale della tossina botulinica di tipo A –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione sopraesposta e se, non ritenga opportuno assumere iniziative per quanto di competenza al fine di promuovere anche per i cittadini residenti in Emilia Romagna l'utilizzo della tossina botulinica di tipo A per il trattamento della emicrania cronica così come avviene in tutte le altre regioni italiane anche in considerazione delle scarse alternative terapeutiche attualmente disponibili. (4-01248)


   MICILLO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nell'Ottocento l'isola di Ischia diventa una delle capitali del termalismo europeo, al pari delle più note stazioni inglesi e austriache. Le «antiche terme comunali», che sorgono sul porto, diventano un punto di riferimento anche per gli studiosi;
   il radon — elemento radioattivo naturale, appartenente alla classe dei gas nobili, e derivante dalla emanazione di una particella alfa da un atomo di radio — è una sostanza che viene assorbita molto facilmente attraverso le mucose (soprattutto degli apparti respiratorio e digerente) e la cute e si diffonde molto rapidamente ai tessuti con un'affinità elettiva per i lipidi (www.benessere.com);
   le linee-guida concernenti la prevenzione, la diagnostica e l'assistenza in oncologia, previste dall'accordo tra Ministro della sanità e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano pubblicate nella Gazzetta Ufficiale del 2 maggio 2001, hanno descritto gli effetti sanitari del radon: «L'esposizione al radon ed ai suoi prodotti di decadimento è un fattore di rischio per il tumore polmonare ed è generalmente considerata come una delle principali cause di tale neoplasia, dopo il fumo della sigaretta. L'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha classificato tali radionuclidi tra le sostanza di gruppo 1; si stima che il rischio individuale sull'intera vita dovuto all'esposizione continua a 100 Bq/m3 sia dell'ordine di 1 per cento con un'incertezza stimabile in un fattore 3»; secondo le stime riportate nel medesimo documento si ipotizza che dal 5 al 15 per cento dei 30.000 tumori polmonari che ogni anno si verificano in Italia, siano attribuibili al radon;
   in data 4 maggio 2003 il programma Report su Rai3 aveva acceso i riflettori sulla presenza del gas radon nell'isola di Ischia e aveva posto in evidenza la sua pericolosità sulla salute umana a causa delle elevate concentrazioni presenti;
   nel servizio televisivo citato Francesco Bochicchio dell'Istituto superiore di sanità aveva affermato che: «La caratteristica fondamentale del radon è che è un gas inerte e quindi significa che dal posto in cui viene prodotto, dal suolo e dal materiale di costruzione, può muoversi e diffondere e in particolare entrare nei luoghi chiusi tra cui le abitazioni e concentrarsi»;
   Campania, Lazio e Veneto sono le regioni con la più alta concentrazione di radon e si stima che un milione di abitazioni in Italia siano esposte al radon;
   in data 4 aprile 2009 nel blog di Andrea d'Ambra si legge che: «Quello di cui la terza isola italiana per numero di abitanti avrebbe bisogno è una vasta campagna informativa rivolta alla popolazione, una diffusa misurazione di livelli di Radon e la conseguente bonifica di quei luoghi dove i livelli, risultano oltrepassare i limiti raccomandati dalla Comunità europea di 200 Bq/m3 per le nuove abitazioni e 400 Bq/m3 per quelle già esistenti» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti nella premessa, in particolare se allo stato attuale siano disponibili i dati delle rilevazioni di gas radon nelle varie zone dell'isola d'Ischia, ciò comprendendo sorgenti ed immobili (edilizia pubblica, privata e scuole);
   se non si intenda promuovere all'uopo tale studio mediante esperti del settore e quali iniziative si intendano assumere a tutela della salute degli isolani;
   se siano state effettuate indagini sull'incidenza di patologie tumorali ai polmoni, sia tra i fumatori, sia tra i non fumatori, e, in caso contrario, se non intenda avviare un circostanziato studio epidemiologico per valutare l'insorgenza del rischio rispetto al dato nazionale.
(4-01257)


   PLACIDO e AIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 25 settembre 2001 ENEL produzione ha presentato un progetto di riattivazione, attraverso la riconversione a biomasse, di uno dei due gruppi della centrale termoelettrica del Mercure — risa lente alla metà degli anni ’60 e ormai completamente inattiva da oltre 15 anni — sita nel territorio del comune di Laino Borgo (CS), all'interno di un'area doppiamente protetta a livello nazionale e comunitario (Parco Nazionale del Pollino e Zona di Protezione Speciale — ZPS — Pollino e Orsomarso — IT 9310903);
   al progetto si oppone, con grande forza e determinazione, l'intera popolazione della Valle, nonché, anche con atti formali e iniziative legali adottati «ad hoc», le amministrazioni delle comunità più a rischio e l'ente parco nazionale del Pollino, attraverso sia il consiglio direttivo che la comunità del parco, oltre a istituzioni — tra cui la regione Basilicata e la provincia di Potenza —, rappresentanti politici e amministratori di ogni appartenenza, associazioni e comitati locali e nazionali;
   tale opposizione è motivata non soltanto dai danni economici ed occupazionali che deriverebbero alle popolazioni calabresi e lucane dell'intera area, vista la certificata vocazione turistica e agro-alimentare di qualità del territorio compreso nel Parco nazionale del Pollino, ma anche dai rischi per la salute, connessi al funzionamento della centrale, per via delle emissioni aeree di inquinanti e del loro permanere nella Valle del Mercure, caratterizzata da condizioni microclimatiche che determinerebbero una prolungata persistenza di questi inquinanti all'interno della valle medesima;
   nell'ambito dei pericoli per la salute pubblica, fonte di massimo allarme e costante preoccupazione tra i cittadini, vanno prioritariamente iscritti i rischi di malattia correlati alla presenza di grandi quantità di amianto in entrambi i gruppi costituenti la vecchia centrale del Mercure;
   Enel ha pubblicamente dichiarato di non aver bonificato il gruppo uno della centrale per motivi economici, ma di essersi limitata alla messa in sicurezza dell'amianto ivi presente, mentre completamente bonificato sarebbe stato, sempre a detta dell'Enel, il gruppo due, interessato dal progetto di riconversione a biomasse;
   non sono state, però, fornite informazioni dettagliate, come pure sarebbe stato opportuno e necessario, né sulle quantità di amianto rimosse dal gruppo sottoposto — a detta dell'Enel — a bonifica, né sulle modalità della bonifica, né sul suo effettivo completamento;
   sono passati, inoltre, ormai diversi anni anche dagli interventi di cosiddetta «messa in sicurezza» dell'amianto contenuto nel gruppo uno della centrale e non è dato sapere quale sia l'attuale condizione, né se siano garantite le condizioni minime di sicurezza per la popolazione e l'ambiente circostante;
   tale inadeguatezza di informazioni, su aspetti importanti e delicati di salute pubblica, hanno forse anche contribuito ad alimentare voci — insistentemente ricorrenti — che riportano la non completa rimozione dell'amianto — che, si dice, sarebbe stato semplicemente «ricoperto», «incamiciato», ma non rimosso — dal gruppo due della centrale;
   altresì motivo di preoccupazione sono le attività attualmente in corso all'interno della centrale del Mercure, in quanto, a fermi prolungati, si intervalla un'attività, di norma notturna, accompagnata da forti e allarmanti rumori, che preoccupano le popolazioni e ne disturbano la tranquillità notturna;
   con decreto n. 16459 del 19 novembre 2012 la regione Calabria — dipartimento n. 5/attività produttive — Settore politiche energetiche, non tenendo conto di quanto sancito dalla sentenza 04400/2012 del Consiglio di Stato che, in pratica, boccia definitivamente il progetto presentato dall'Enel, ha autorizzato la riattivazione della sezione 2 della centrale, attraverso l'utilizzo di atti nulli, senza attivare le procedure previste dalla vigente normativa e contro il parere dell'ente parco nazionale del Pollino, ente gestore del territorio su cui sorge la centrale;
   avverso tale improvvido provvedimento, istituzioni locali — comuni di Viggianello (Potenza) e Rotonda (Potenza) — e Associazioni ambientaliste nazionali — Italia Nostra, Forum Ambientalista, WWF — hanno ricorso nuovamente al tribunale amministrativo regionale (TAR) di Catanzaro — competente per territorio —, il quale, nell'udienza del 21 giugno 2013, ha deciso un rinvio del ricorso al mese di novembre;
   prende corpo, pertanto, il rischio che l'Enel possa, nelle more, procedere alla messa in funzione continuativa della centrale, con la temuta eventualità che i rischi per la salute cui si è precedentemente accennato possano irreparabilmente concretizzarsi;
   tale situazione ha vieppiù alimentato sconcerto ed allarme tra le popolazioni interessate, che hanno immediatamente dato luogo a vibrate proteste e manifestazioni, a testimonianza ulteriore della delicatezza della vicenda e della unanime opposizione, popolare e istituzionale, ad uno sciagurato progetto che, se portato a compimento, le danneggerebbe irreparabilmente sotto l'aspetto economico, occupazionale e della salute, oltre a devastare un'area protetta tra le più belle d'Italia –:
   quali iniziative urgenti il Ministro della salute intenda adottare per:
    a) tutelare il diritto alla salute e ad una corretta informazione delle popolazioni della Valle del Mercure, attraverso la verifica e la chiara individuazione delle attività a suo tempo svolte per la bonifica dell'amianto contenuto nel gruppo due della centrale del Mercure, nonché alla messa in sicurezza di quello presente nel gruppo uno della stessa centrale e, ancora, per chiarire quale sia la situazione attuale della quota di tale pericolosissimo materiale, ancora presente all'interno della centrale;
    b) tutelare la salute e la sicurezza di quanti abitano nei pressi della centrale del Mercure e di quanti vi lavorano, soggetti a un molesto e dannoso inquinamento acustico, certamente di minore importanza rispetto ai temuti rischi legati alla presenza dell'amianto ma, tuttavia, necessitante anch'esso di adeguati e urgenti provvedimenti. (4-01260)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PILOZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Schneider Electric Industrie Italia spa società facente capo alla multinazionale francese Schneider Electric, è presente in Italia da molti anni con diversi stabilimenti tra cui quello ricadente nel comune di Rieti;
   lo stabilimento di Rieti in particolare, attivo a partire dal 1982 per il gruppo Vanossi Sud spa – Groupe Merlin Gerin, è passato sotto il controllo della Schneider dal 2001 e attualmente impiega 180 persone oltre l'indotto, dopo aver raggiunto anche i 260 dipendenti diretti nei primi anni 2000;
   nel mese di novembre 2012, la Schneider comunicava a tutti i dipendenti l'intenzione di provvedere alla chiusura dello stabilimento di Rieti a causa della «progressiva riduzione dei volumi di fabbricazione» conseguenza della crisi del mercato;
   la Shneider, in questi ultimi anni, ha investito risorse importanti per nuovi stabilimenti in Bulgaria, partnership con aziende cinesi, senza operaie quei piccoli ma necessari investimenti nel sito produttivo di Rieti, al fine di adeguarlo alle mutate esigenze di mercato;
   a seguito di tale comunicazione, e delle sollecitazioni dei sindacati, il Governo ha convocato un tavolo di concertazione tra le parti al fine di verificare possibili soluzioni volte a salvaguardare i livelli occupazionali dello stabilimento;
   ad oggi però, il tavolo ministeriale non ha prodotto risultati tangibili mentre i lavoratori già fruiscono della Cassa integrazione a seguito della richiesta dell'azienda;
   la Schneider è oggi l'ultima grande realtà industriale presente sul territorio della provincia di Rieti dopo che la crisi industriale, economica e finanziaria degli ultimi anni ha comportato la chiusura dei principali stabilimenti presenti sul territorio e la foga degli investimenti;
   in conseguenza della crisi economica oggi la provincia di Rieti soffre di una situazione occupazione e sociale ai limiti della sostenibilità tanto che si registra un preoccupante fenomeno di emigrazione delle fasce giovanili con conseguente ulteriore impoverimento sociale;
   l'eventuale chiusura dello stabilimento Schneider costituirebbe un vero e proprio «colpo di grazia» ad un territorio e ad una economia già in profonda difficoltà;
   il Governo avrebbe la possibilità di attivare strumenti normativi e finanziari atti a facilitare una soluzione della vertenza citata e non limitarsi a convocare le parti interessate;
   a riprova di ciò, si segnala l'Accordo di programma per l'area di lavoro Frosinone-Anagni in via di sottoscrizione, che vede il Ministero dello sviluppo economico farsi meritoriamente attore protagonista di un progetto di rilancio di un territorio in difficoltà –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di impedire la chiusura dello stabilimento della Schneider Electric Industrie Italia spa di Rieti;
   se e quali opportune iniziative, anche normative, di politica industriale e di tutela dei diritti dei lavoratori il Governo intenda adottare al fine di risollevare le sorti del sistema produttivo della provincia di Rieti. (4-01250)


   GALATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 aprile 2012, con decreto del tribunale di Milano, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 30 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, riguardo la «Nuova Disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d'insolvenza» è dichiarata l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria per la G.D.M. (grande distribuzione meridionale) spa (con sede legale a Milano e sede operativa a Reggio Calabria) in liquidazione;
   il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 20 aprile 2012, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 114 del 17 maggio 2012, ha disposto la nomina dell'avvocato professor Marcello Parrinello quale commissario straordinario della grande distribuzione G.D.M. (meridionale) spa in amministrazione straordinaria;
   in data 8 maggio 2013 la Società AZ spa con socio unico, con sede in Catanzaro, in persona dell'amministratore delegato dottor Desiderio Noto, ha trasmesso al commissario straordinario Marcello Parrinello, nell'ambito della medesima procedura Grande distribuzione meridionale spa in liquidazione, l'offerta per l'acquisto congiunto del punto vendita «Le Ninfee» e del punto vendita ubicato nell'immobile sito in Reggio Calabria, via de Nava n. 1, di seguito «punto vendita FIAT», proponendo un prezzo di cessione pari ad euro 2.342.184.34 (duemilionitrecentoquarantaduemilacentottantaquattro/34) ed impegnandosi contestualmente – nell'ambito della procedura di cui all'articolo 47 della legge 29 dicembre del 1990, n. 428, e successive modifiche ed integrazioni, con successivo raggiungimento di relativo accordo sindacale – ad impiegare presso i due punti vendita un numero totale di teste equivalenti (TE) pari a 90, secondo le forme contrattuali previste dalla normativa vigente in materia di lavoro;
   in data 9 maggio 2013, secondo quanto comunicato in data 10 maggio 2013 alla società AZ spa dal commissario straordinario Marcello Parrinello a mezzo posta elettronica, nel corso del comitato di sorveglianza tenutosi a Milano l'organo di controllo dichiara di approvare l'offerta presentata dalla stessa, proponendo contestualmente ulteriori condizioni modificative ed integrative sottoposte all'attenzione della società interessata, intese, in particolare, ad estendere a 100 il numero di unità lavorative (T.E.) e prevedere un corrispettivo pari ad euro 2.600.000,00 oltre IVA;
   in data 22 maggio 2013 la società AZ spa comunica al commissario straordinario Marcello Parrinello la disponibilità ad accettare le condizioni sopra riportate, confermando il contenuto di cui all'offerta per l'acquisto presentata dalla stessa in data 8 maggio 2013 ed approvata dal comitato di sorveglianza, invitandolo a trasmettere la bozza del contratto di cessione in modo da verificarne il contenuto e procedere all'avvio della procedura delle consultazioni sindacali ai sensi dell'articolo 47 della legge 29 dicembre del 1990, n. 428;
   si segnalano irregolarità nella gestione della procedura concorsuale da parte del comitato di sorveglianza;
   in particolare, all'esito della riunione del comitato di sorveglianza tenutasi in data 17 giugno 2013 per esaminare le offerte pervenute e relative all'ex grande distribuzione meridionale, il commissario straordinario Marcello Parrinello ha reso alla stampa alcune dichiarazioni, affermando che nel corso della riunione sono state esaminate due manifestazioni di interesse presentate dai due competitor di maggior rilievo – il gruppo Noto (Società AZ spa) ed il gruppo Bonina (Centro supermercati regione Sicilia) – e che, alla luce di valutazioni di ordine tecnico, il comitato di sorveglianza ha infine ritenuto opportuno esprimere parere favorevole alla seconda proposta (presentata dal Gruppo Bonina), nonostante la precedente approvazione intervenuta in data 9 maggio 2013, da parte dello stesso comitato, dell'offerta presentata dalla Società AZ spa in data 8 maggio 2013 e dalla stessa confermata, con modificazioni ed integrazioni, in data 22 maggio 2013;
   inoltre, da informazioni pubblicate a mezzo stampa nelle date del 5-6 giugno 2013 (e, dunque, antecedentemente rispetto alla riunione del comitato del 17 giugno 2013), risulta essere stato siglato un accordo tra Csrs-Centro supermercati regione Sicilia (associato al gruppo Sigma) e GDM per l'acquisizione di parte del retailer messinese di 10 punti vendita tra Sicilia e Calabria;
   dunque, di fatto, l'atto conclusivo della prima fase della procedura concorsuale (relativa alla valutazione della migliore proposta di acquisto e la conseguente assegnazione societaria) sarebbe stato deciso antecedentemente alla riunione del comitato di sorveglianza del 17 giugno 2013 e dunque in sede extra-procedimentale, oltre che nella totale inosservanza del dovere di informazione da parte dell'organo incaricato della gestione della procedura in esame delle parti interessate in merito allo stato di avanzamento della stessa;
   alla luce della vicenda descritta, la società AZ spa ha provveduto ad effettuare formale diffida stragiudiziale –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle criticità rilevate nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria attivata per la G.D.M. (grande distribuzione meridionale) spa, delle modalità attraverso le quali il comitato di sorveglianza costituito per la valutazione della medesima procedura ha operato e se non ritenga opportuno per quanto di competenza vigilare sulla correttezza nello svolgimento della stessa e sul rispetto delle prescrizioni normativamente previste. (4-01261)

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Sanga n. 4-00975 del 21 giugno 2013 in interrogazione a risposta orale n. 3-00205.
   interrogazione a risposta scritta Scalfarotto n. 4-01161 del 5 luglio 2013 in interrogazione a risposta orale n. 3-00206.