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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 30 aprile 2013

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il tribunale civile di Torre Annunziata ha dichiarato il fallimento della società Deiulemar Compagnia di Navigazione spa con sentenza n. 25 del 2 maggio 2012 per aver emesso obbligazioni, in violazione di quanto disposto dall'articolo 2412 del codice civile, per un valore di 858 milioni di euro circa;
   nel 1997 l'ufficio italiano dei cambi, oggi confluito in Banca d'Italia, aveva rifiutato la richiesta di iscrizione della società dell'elenco generale degli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 Testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993 e successive modifiche), per mancanza dei presupposti di legge;
   nel 2002 la Banca d'Italia, sulle vicende in questione, ha segnalato la società alla competente procura della Repubblica a norma dell'articolo 331 del codice di procedura penale;
   il decreto legislativo n. 231 del 2007, in attuazione della direttiva 2005/60/CE, conferisce all'Unità di informazione finanziaria, istituita presso la Banca d'Italia, l'analisi dei flussi finanziari al fine di individuare e prevenire fenomeni di riciclaggio di denaro nonché l'analisi finanziaria delle operazioni sospette segnalate;
   l'articolo 41 del decreto legislativo n. 231 del 2007 introduce una procedura per la segnalazione, obbligatoria, delle operazioni sospette;
   non si ha conoscenza delle segnalazioni effettuate dai soggetti di cui al decreto legislativo n. 231 del 2007 operanti con la predetta società, i relativi soci ed amministratori, effettivamente pervenute all'Unità di informazione finanziaria;
   non si ha conoscenza di quali inadempienze l'Unità di informazione finanziaria abbia riscontrato in relazione alle operazioni poste in essere dalla società;
   non si comprende se sia stata o meno effettuata un'analisi dei flussi finanziari riconducibili alla società così come previsto dal decreto legislativo n. 231 del 2007 e dal regolamento per l'organizzazione e il funzionamento dell'Unità di informazione finanziaria;
   non si comprende se le autorità preposte al controllo abbiano adempiuto alle proprie prerogative –:
    se non ritengano opportuno assumere ogni iniziativa di competenza affinché si possa pervenire all'individuazione degli eventuali responsabili degli omessi controlli e delle omesse segnalazioni;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere al fine di evitare che in futuro possano verificarsi nuovamente simili violazioni a danno dei risparmiatori e della stabilità del sistema finanziario.
(2-00031) «Lombardi, Luigi Gallo».

Interrogazioni a risposta orale:


   POLIDORI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ormai da mesi è in discussione, con ampia risonanza mediatica, il progetto di trasformazione in spa «ibrida», avanzato su iniziativa del Consiglio di gestione, della più antica banca cooperativa milanese, la Banca popolare di Milano, i cui soci saranno chiamati a votare in un'imminente assemblea sul passaggio dall'assetto cooperativo ad un non meglio precisato modello di società per azioni ibrida;
   il progetto diffuso alla stampa, peraltro illustrato sommariamente, prevede un rinnovamento radicale della BPM da conseguire attraverso 3 operazioni: un aumento gratuito di capitale, nella misura del 10 per cento del capitale sociale, che verrebbe assegnato ai dipendenti della banca; la costituzione di una Fondazione con le finalità di erogare servizi socio-assistenziali alle famiglie dei dipendenti ed ex dipendenti della banca; la trasformazione della forma giuridica della BPM in società per azioni;
   stando alle dichiarazioni dei proponenti, l'adozione del modello della spa sarebbe necessario sia per favorire un accesso più efficiente al mercato dei capitali sia in quanto la forma cooperativa impedirebbe la pianificazione di soluzioni di lungo termine considerate necessarie per affrontare il nuovo contesto competitivo;
   la Banca popolare di Milano, nonostante la notevole dimensione che la colloca tra i primi 10 intermediari italiani, è tuttora una banca a forte vocazione localistica, con poco meno del 45 per cento dei propri sportelli presenti nella provincia di Milano e con circa il 62 per cento della rete distributiva in Lombardia;
   il Gruppo BPM negli ultimi 3 anni ha destinato mediamente oltre 6,3 milioni di euro all'anno per finanziare iniziative in favore delle comunità di riferimento;
   sulla base di quanto riportato nel documento, invece, a seguito della trasformazione in spa, soltanto l'1 per cento del risultato d'esercizio sarà destinato ad iniziative sociali in favore del territorio;
   affermare che la forma giuridica della cooperativa costituisca un impedimento alla pianificazione di soluzioni di lungo termine, è quanto meno singolare e certamente in contrasto con quanto comunemente accettato dall'analisi economica: sono proprio la governance cooperativa ed il legame sociale con le comunità di riferimento ad assicurare la stabilità della visione gestionale svincolata dalla ricerca di obiettivi di breve termine tipici delle spa, spesso controllate da una ristretta cerchia di investitori individuali, attenti ad interessi più immediati –:
   di quali notizie dispongano il Governo e il Ministro interrogato e quali iniziative, anche normative, per quanto di competenza, si intendano assumere a tutela dell'economia reale nonché dei soci e dei clienti bancari dell'azienda esposta in premessa. (3-00029)


   FRANCESCO SAVERIO ROMANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi numerose fonti giornalistiche hanno riportato la notizia di quanto accaduto a Battipaglia, dove la sezione minorile della corte d'appello di Salerno ha sancito la decadenza della potestà materna nei confronti di una donna di 46 anni, insegnante e separata dal marito. I bambini contesi hanno rispettivamente 7 e 8 anni e il tribunale dei minori di Salerno li ha già destinati a una casa famiglia, in quanto ritiene che la loro madre sia affetta da «PAS» ossia la sindrome di alienazione parentale;
   il prelievo forzato dei due minori da parte dei poliziotti, di un assistente sociale e di una psicologa del comune di Battipaglia, è stato documentato da un video choc girato proprio dalla madre dei bambini e consegnato alla redazione del Corriere del Mezzogiorno;
   il caso, accaduto il 15 marzo 2013, ricorda quanto già avvenuto, in toni altrettanto drammatici, presso la scuola elementare di Cittadella (Padova) ove, alle 8,00 del mattino, un bimbo conteso per l'affidamento familiare veniva strappato alla madre, con la quale voleva rimanere, e trascinato via a forza dalle forze dell'ordine per eseguire la sentenza di affidamento;
   in merito alla vicenda padovana, a quanto risulta dalla stampa (si veda, ad esempio, Il Corriere del Veneto dell'11 ottobre 2012), gli agenti, che si erano presentati a scuola con il papà, avevano il compito di prelevare il minore e portarlo in una casa famiglia secondo le decisioni dei giudici della corte d'appello di Venezia che avevano stabilito che la patria potestà del bambino spettasse unicamente al padre (si veda la nota della questura pubblicata da Il Mattino di Padova dell'11 ottobre 2012);
   anche la madre dei due bambini del comune di Battipaglia, come la madre padovana, è accusata di «Pas», sindrome di alienazione parentale, che la spingerebbe a condizionare psicologicamente i figli per metterli contro il padre, dal quale è separata. Per guarire da tale patologia occorrerebbe «disintossicare» il bambino delle influenze di un genitore (in questo caso la madre) per consentirgli di riallacciare i rapporti con l'altro (in questo caso il padre);
   la sindrome «PAS» non essendo riconosciuta dalla comunità scientifica e legale è, ad oggi, ancora oggetto di controversie e di dibattiti in ambito scientifico e giuridico. Da ultimo (sentenza 7041/2013), la Corte di cassazione ha espresso le proprie riserve sulla esistenza e fondatezza della patologia. La lunga analisi della corte rammenta, in particolare, che è in dubbio che si tratti di una sindrome, non essendo stata accolta come tale nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm);
   quella del comune di Battipaglia è una tragica vicenda, resa ancora più drammatica dalla richiesta del curatore dei minori di sospensione anche della potestà paterna in seguito ad abusi sessuali a cui il padre, secondo la denuncia della donna, avrebbe sottoposto i figli in passato e che sarebbero emersi anche dalla testimonianza degli stessi bambini durante un colloquio con uno psicologo;
   il numero di bambini che divengono oggetto di contesa nella pratiche di separazione e divorzio fra i genitori è aumentato vertiginosamente negli ultimi anni. Le operazioni di separazione di un minore da un genitore dovrebbero avvenire sempre in modo riservato e mai con violenza, poiché la tutela del bambino deve essere al centro di qualunque azione –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri ed i Ministri interrogati, ciascuno per quanto di competenza, siano a conoscenza di quanto sopra riportato e, in caso affermativo, quali iniziative, anche normative, intendano assumere per evitare il verificarsi di casi come quello di cui in premessa;
   quali siano state le disposizioni impartite agli agenti di polizia in merito alla vicenda esposta;
   se risultino inadempienze e, in caso affermativo, da parte di chi e per quali fatti specifici. (3-00030)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIBILIA, COLONNESE, LUIGI GALLO, CASO, TOFALO, LIUZZI, SPADONI, TACCONI, LUIGI DI MAIO, FURNARI, MANLIO DI STEFANO, DE LORENZIS, FICO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, DALL'OSSO e MANTERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il prossimo cinque maggio 2013 ricorrerà il quindicesimo anniversario di una delle più tragiche calamità naturali che la storia d'Italia ricordi: la spaventosa alluvione che, il 5 maggio 1998, colpì la Campania, causando oltre 160 vittime nei comuni di Quindici e Sarno e migliaia di sfollati nell'area interessata;
   per giorni la protezione civile, le forze dell'ordine e i numerosi volontari scavarono tra le macerie del salernitano e dell'avellinese alla disperata ricerca dei sopravvissuti; l'angoscia, i momenti drammatici, la paura quotidiana scandirono la vita di quei giorni per i cittadini delle zone colpite;
   interi quartieri furono distrutti, cancellati per sempre dalla frana; come Casa Manzi (a Quindici), soprannominata poi la Pompei del 2000;
   a Sarno, anche un ospedale, Villa Malta, fu completamento inghiottito dal fango;
   nonostante i lavori di messa in sicurezza svolti negli anni, ancora oggi si convive con la preoccupazione che possa ripetersi qualcosa di simile a quel tragico 1998;
   è sufficiente recarsi in quelle zone per capire l'origine di simili preoccupazioni, comprenderne la piena fondatezza ed interrogarsi sulla mancanza di adeguati provvedimenti per garantire la sicurezza degli abitanti;
   dalle numerose segnalazioni dei cittadini della zona emergono alcune importanti criticità:
    i Regi Lagni costituiscono un pericolo reale per l'intera comunità perché versano in un totale stato di abbandono; tale pericolosità è stata denunciata, il 20 luglio 2012, anche dal consigliere comunale di Quindici Antonello Leone, il quale interessò della questione direttamente il prefetto di Avellino, ma ad oggi non risultano essere stati avviati interventi adeguati;
    solo nel comune di Quindici ben 95 famiglie attendono da quindici anni i contributi per la ricostruzione o la riparazione delle abitazioni danneggiate; parte dei 6.362.163,5 euro che servirebbero per ridare un tetto a queste persone sono bloccati nei meandri burocratici;
   qualora dovesse verificarsi una nuova frana i danni sarebbero ingenti e la responsabilità sarebbe da attribuire all'inerzia dei Governi e delle amministrazioni locali; responsabilità resa ancora più grave dalla consapevolezza del costo – in termini di vite umane, sociale ed economico – sostenuto a causa dell'incuria del passato;
   ad avviso degli interroganti sarebbe opportuno procedere ad un puntuale monitoraggio della situazione dei Regi Lagni, visti gli alti livelli di inquinamento presenti in zona, nonché riconsiderare il ruolo di enti come l'Arcadis, Agenzia regionale campana difesa suolo, la cui gestione dell'intera vicenda è apparsa inadeguata –:
   se alla luce di quanto riportato non si intenda assumere subito ogni iniziativa di competenza per un risanamento della zona colpita ed una adeguata messa in sicurezza operando sulla prevenzione del dissesto idrogeologico che interessa l'area sopra citata, a partire dalle zone classificate come «zona di approfondimento»;
   se il Governo ritenga opportuno avviare iniziative per individuare i responsabili della modalità di spesa dei fondi statali elargiti fino ad ora che, vista la condizione attuale, sono stati evidentemente mal utilizzati;
   se il Governo sia in grado di escludere categoricamente che i fondi erogati siano finiti, anche indirettamente, nelle mani di clan camorristici o altre organizzazioni malavitose e se, in caso contrario, non ritenga di dover effettuare dei controlli approfonditi sulle filiere di spesa;
   quali impegni intenda assumere il Governo al fine di garantire che l'area colpita dall'alluvione di quindici anni fa venga completamente messa in sicurezza, garantendo il pieno ripristino delle infrastrutture e degli immobili danneggiati.
(4-00329)


   PES, VILLECCO CALIPARI, AMICI, MADIA, GIORGIS, LENZI, GHIZZONI, MOGHERINI, CINZIA MARIA FONTANA, BELLANOVA, DE MICHELI, RICHETTI, MOSCA, LAFORGIA, MANZI, MARCHI, MARANTELLI, ARGENTIN, SCALFAROTTO, ROSSOMANDO, SERENI, GIACHETTI, BOSSA, MURER, MORETTI, MURA, BINDI, MIOTTO, CAMPANA, BONACCORSI, BRAGA, BOSCHI, BONAFÈ, FERRANTI, EPIFANI, BLAZINA, MAESTRI, MALISANI, MARIANI, SBROLLINI, PIERDOMENICO MARTINO, LOSACCO e MORANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Carta di Treviso firmata il 5 ottobre 1990 da Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa italiana e Telefono azzurro con l'intento di disciplinare i rapporti tra informazione e infanzia da una parte salvaguarda il diritto di cronaca, dall'altra pone l'accento sulla responsabilità che tutti i mezzi d'informazione hanno nella costruzione di una società che rispetti appieno l'immagine di bambini e adolescenti;
   il documento è stato approfondito e integrato dal Vademecum del 25 novembre 1995; il 30 marzo 2006 la Carta è stata aggiornata estendendo la tutela dei minori ai mezzi di comunicazione digitali;
   alcune emittenti televisive hanno diffuso l'intervista, in seguito ripresa anche da altri mezzi di informazione, al figlio dell'uomo che domenica ha aperto il fuoco di fronte a palazzo Chigi ferendo due carabinieri;
   il figlio appena undicenne dell'uomo che ha sparato all'impazzata contro il cordone di sicurezza davanti a Palazzo Chigi, è finito in tv nello schermo dove milioni di persone si sono commosse sentendogli dire che «gli dispiace per i carabinieri colpiti», che «papà ha sbagliato ma gli vogliamo bene tutti !»;
   la Carta di Treviso ha fissato alcune norme vincolanti di autoregolamentazione per i giornalisti italiani e, in senso lato, per tutti gli operatori di informazione che sono tenuti ad osservare la normativa penale, civile ed amministrativa che regola la corretta informazione in materia di minori;
   tutti gli operatori dei mezzi di informazione, anche quello online, devono evitare di pubblicare qualsiasi elemento che possa ledere la dignità dei minori o turbarne il suo equilibrio psicologico, a prescindere dall'eventuale consenso del genitori;
   occorre porre particolare attenzione nella diffusione delle immagini e nella narrazione delle vicende, allo scopo di non scivolare nel sensazionalismo e/o nel pietismo, che potrebbero divenire sfruttamento della persona;
   l'obiettivo è difendere l'identità, la personalità e i diritti dei minori vittime o colpevoli di reati, o comunque coinvolti in situazioni che potrebbero comprometterne l'armonioso sviluppo psichicologico;
   la disciplina speciale, già vigente nella materia dei minori e dei soggetti deboli, prescrivendo il rispetto dei principi sanciti dalla Convenzione ONU del 1989 sui diritti del bambino e delle regole sottoscritte con la Carta di Treviso per la tutela della personalità del minore, sia come protagonista attivo, sia come vittima di un reato, in particolare, dispone che il giornalista non pubblichi il nome o qualsiasi elemento che possa condurre all'identificazione dei minori coinvolti in casi di cronaca;
   va valutato comunque se la diffusione della notizia relativa al minore giovi effettivamente all'interesse del minore stesso o se, invece, invada la sua sfera emotiva e psicologica;
   ribadisce che il rispetto per la persona del minore richiede il mantenimento dell'anonimato nei suoi confronti, il che implica la rinuncia a pubblicare elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla sua identificazione;
   appare grave il fatto che sia stata trasmessa e diffusa all'interno di una trasmissione televisiva un'intervista che ha coinvolto direttamente un bambino, in fondo anch'egli vittima del gesto disperato e incomprensibile del padre –:
   quali iniziative normative di tutela possano essere adottate per evitare possibili strumentalizzazioni da parte degli adulti, soprattutto nell'ambito del sistema dell'informazione, e per assicurare un netto confine tra il diritto di informazione e il diritto dei bambini ad essere protetti, specialmente se coinvolti, loro malgrado, in gravi fatti di cronaca. (4-00330)


   RIZZETTO e PRODANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 12 marzo 2013 il Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha approvato con decreto n. 239/EL-146/181/2013 il progetto definitivo per la costruzione ed esercizio da parte della società Terna spa dell'elettrodotto a 380 a doppia terna Udine ovest-Redipuglia ed opere connesse;
   il predetto decreto non è stato pubblicato a cura e spese della Terna spa ai sensi delle normative vigenti con la conseguenza di rendere difficoltosa la presa d'atto e quindi di fatto ostacolare i possibili ricorsi giurisdizionali nei termini assentiti dalla legge;
   l'infrastruttura medesima, che si caratterizza per essere un gigantesco elettrodotto aereo che attraversa zigzagando la pianura friulana, rimane fortemente osteggiata dalle amministrazioni e dalle popolazioni locali per essere di ostacolo alla sicurezza, alle attività economiche e allo sviluppo delle aree attraversate, tanto più, in considerazione della possibile soluzione alternativa dell'interramento lungo il bordo autostradale, sempre ignorato ed osteggiato dalla società proponente con il falso presupposto di un esagerato maggior onere economico e di fantasiose controindicazioni sul piano tecnico e della sicurezza;
   la società proponente si è pervicacemente sottratta ad un confronto sulle possibili alternative e nella ricerca di soluzioni meno impattanti e quindi rispettose dell'articolo 9 della Costituzione repubblicana;
   il quadro esigenziale quale è stato esposto negli elaborati progettuali, ancorché a giudizio degli interroganti incompleto e fuorviante, non tiene conto di nuovi potenti elettrodotti, sebbene in avanzata fase di progettazione e già sottoposti nelle sedi comunitarie per attestarne il supposto valore strategico e quindi la urgenza realizzativa (i.e. Okroglo-Udine ovest);
   negli anni trascorsi è risultato del tutto evidente come in quello che appare uno spregiudicato abuso di posizione dominante e nella pluridecennale assenza di un piano energetico nazionale non vi sia stata funzione pubblica preposta alle verifiche procedurali e alle approvazioni di rito che fosse capace di moderare o subordinare gli interessi e la privata strategia aziendale all'interesse generale o solo dare una puntuale risposta a tutte le osservazioni inoltrate da amministrazioni locali, enti e privati cittadini;
   non fu dato riscontro alla richiesta delle amministrazioni locali di sottrarre la valutazione di impatto ambientale al chiuso della commissione preposta per accedere alla «inchiesta pubblica», la quale appartiene alla discrezionalità del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   a scoraggiare la pubblica opinione dal pretendere la salvaguardia ambientale attraverso una soluzione alternativa e ad ottenere l'isolamento degli amministratori locali che si sono fatti carico di sostenere i diritti degli amministrati è stata oltretutto inscenata una campagna propagandistica di spropositate dimensioni e secondo gli interroganti di ingannevole o fuorviante contenuto;
   altrettanto subordinato alle pretese della società proponente si è rivelato il vertice regionale del Friuli Venezia Giulia, il quale, dopo aver commissionato uno specifico studio e constata una possibile alternativa progettuale di minor impatto, maggiore velocità realizzativa e minor costo, si è determinato ad occultare detta soluzione, tanto da poterla considerare tardiva;
   con tali presupposti e sotto l'onda di un vistoso, quanto velleitario «ricatto occupazionale» agitato da ben identificate aziende ed associazioni, l'elettrodotto in oggetto sarebbe stato riproposto con la dichiarata finalità di abbattere i costi dell'energia, di garantire la sicurezza e di demolire linee obsolete, che come tali devonsi comunque demolire: ciò, nonostante la decadenza dei termini temporali che la legge assegna al vincolo preordinato all'esproprio, e nonostante l'attuale contesto di crescente sovraccapacità rispetto alle reali esigenze regionali;
   è stata indi riformata a distanza di anni la conferenza di servizi, riesumato il vincolo preordinato all'esproprio, nonostante la sua decadenza, e approvato un nuovo progetto, senza alcuna istruttoria in merito alle vistose modifiche progettuali introdotte ed alle osservazioni pervenute;
   nonostante le indicate distorsioni, il 25 ottobre 2012 la giunta regionale del Friuli Venezia Giulia con delibera 1871 dichiarava che «È favorevolmente espressa l'intesa con lo Stato ai fini del rilascio, a favore di TERNA, dell'autorizzazione unica ministeriale alla costruzione ed all'esercizio dell'elettrodotto...», ciò senza citare o aver superato il parere ostativo espresso con precedente delibera di giunta n. 1095-2010 con il quale aveva deliberato «di non poter esprimere parere di compatibilità ambientale sul progetto...»;
   le «super grid», quali sono interpretate dall'elettrodotto in discussione, appartengono ad un modello obsoleto, inidoneo alla funzionalità energetica del Friuli Venezia Giulia, poco compatibile con il grande sviluppo delle rinnovabili, bensì al mero consolidamento del monopolio della società proponente; il futuro appartiene alle «smart grid» e a detta del decreto relativo alla «strategia energetica nazionale»... sono necessari adeguamenti strutturali delle reti di distribuzione, che, concepite come passive, sono diventate attive in quanto sede di generazione distribuita e le smart grid nascono essenzialmente per tale finalità –:
   quali iniziative si intendano assumere rispetto ai fatti in premessa che, ad avviso degli interroganti, sono tanto gravi da richiedere interventi urgenti per arginare quella che appare una deriva istituzionale, in uno con la lesione allo stato di diritto e i danni arrecati alle amministrazioni e popolazioni locali cui, altrimenti, rimane la sfiducia nei confronti delle istituzioni e la determinazione a ricorrere in ogni sede giurisdizionale nazionale e comunitaria avverso il decreto ministeriale di approvazione dell'opera in questione. (4-00334)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SANI, MARIANI, FONTANELLI, VELO, MANCIULLI, BOSCHI, PARRINI, REALACCI, NARDELLA, ROCCHI, CENNI e DALLAI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 13 gennaio del 2012 la nave da crociera Costa Concordia è naufragata davanti alle coste dell'isola del Giglio (isola che fa parte del Parco nazionale dell'arcipelago Toscano, il più grande parco marino d'Europa compreso all'interno del santuario internazionale dei cetacei);
   il relitto della nave, a 15 mesi dell'incidente, è ancora sul luogo del naufragio;
   si sta svolgendo, in questi giorni, il processo sul naufragio della nave e sono circa 250 i soggetti che si sono costituiti parte civile;
   la Costa Crociere sarà chiamata a rispondere in sede penale dei danni causati da propri dipendenti;
   un documento dell’authority americana United States Securities and Exchange Commission ha rivelato che le assicurazioni hanno già risarcito, per i danni subiti, la Costa Crociere con 500 milioni di dollari (circa 380-390 milioni di euro);
   tra le istituzioni che hanno avanzato la richiesta di risarcimento danni ci sono: la Presidenza dei Consiglio dei ministri, i ministeri della difesa, dell'interno, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e delle finanze, il commissariato per l'emergenza ambientale, il comune dell'isola del Giglio, la regione Toscana, la provincia di Grosseto e la camera di commercio di Grosseto;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non è stato ammesso (insieme ad altre associazioni ambientaliste), sempre secondo fonti di informazione come parte civile al procedimento per il naufragio della Costa Concordia;
   sempre fonti di informazione hanno reso noti i risultati di un rapporto, redatto da Arpat Toscana in collaborazione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da cui emergerebbero danni ambientali alla flora ed alla fauna sottomarine nelle acque del Giglio, a causa dell'impatto della nave sugli scogli e sui fondali;
   nello specifico nel dossier sopracitato viene riportato, sempre secondo fonti stampa, che sostanzialmente:
    «nella riserva marina a protezione integrale dell'isola del Giglio, la collisione della Costa Concordia e poi il suo inclinarsi sulla scogliera hanno prodotto una mutilazione dell'ecosistema marino e danni permanenti al paesaggio»;
    «nella zona di Punta Gabbianara i 290 metri del transatlantico hanno ucciso, per sradicamento la notte del 13 gennaio 2012 e togliendo la luce alle piante nei successivi quindici mesi, 7.500 metri quadrati di Posidonia oceanica e moltissimi esemplari di Pinna nobilis, mollusco conosciuto come “nacchera”, a rigorosa protezione. La fine della Posidonia (3,75 milioni il danno stimato, destinato a crescere) comporta una perdita di produzione ittica pari a 15.840 chili»;
    «il problema più grave è la contaminazione delle acque intrappolate all'interno della nave che sono uscite dallo scafo in minima parte. Il dossier del ministero sostiene che 250mila metri cubi d'acqua marina sono stati inghiottiti dal relitto divenendo veri e propri rifiuti liquidi che ora rischiano di fuoriuscire in mare con effetti devastanti per l'intera area. Si tratta di effetti devastanti: nelle prime settimane post-naufragio un inquinamento da saponi e detersivi è stato rilevato dalle centraline Arpat. Dopo mareggiate più forti, la Concordia ha inoltre rilasciato in mare idrocarburi La mistura nerastra di pane e carburante, shampoo e olii rischia di contaminare il mare cristallino dell'isola quando la nave sarà fatta ruotare»;
    danni complessivi stimati sono di circa 11,5 milioni di euro;
   anche alcune associazioni ambientaliste hanno evidenziato i danni provocati dal naufragio ad ambiente, flora e fauna: ad esempio, il relitto sta disturbando da mesi la naturale rotta migratoria degli uccelli ed i tragitti acquatici dei pesci;
   è stato comunque rimarcato che il danno ambientale complessivo potrà essere quantificato solo al momento della rimozione totale del relitto;
   anche a seguito di tali segnalazioni la procura di Grosseto sembra aver deciso di aprire, secondo quanto riportano i mezzi di informazione, un nuovo procedimento, contestando agli indagati anche l'imputazione di «disastro ambientale». Conseguentemente il Ministero dell'ambiente (oltre ad alcune associazioni ambientaliste) sembra abbia deciso di costituirsi parte civile nel nuovo procedimento;
   secondo altre fonti di informazione: «la Procura non avrebbe aperto un altro fascicolo di inchiesta per reato ambientale, come invece riportato da alcuni quotidiani. A questo proposito, fonti vicine a Costa precisano che la riparazione dell'impatto ambientale sul fondale del Giglio, dove giace la Concordia, e confermato da recenti analisi di Ispra e Arpat, fa parte a tutti gli effetti dell'ultima parte del piano di rimozione del relitto» –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero, e nello specifico, quali sono ed a quanto ammontino i danni complessivi causati ad ambiente, flora e fauna dal naufragio della Costa Concordia;
   se siano state avviate ulteriori indagini sulla vicenda;
   se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si sia quindi costituito parte civile nel processo sul naufragio della nave in corso a Grosseto e come ritenga di quantificare complessivamente in sede giudiziaria i danni causati dal naufragio se (come esposto in premessa) questo sarà possibile presumibilmente soltanto dopo la rimozione totale del relitto, che avverrà solo tra alcuni mesi;
   se non si ritenga opportuno intraprendere azioni urgenti per tutelare, ripristinare e salvaguardare l'ecosistema marino ed ambientale in attesa degli esiti del suddetto processo (5-00091)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   CARBONE, MARANTELLI, FARAONE, BONACCORSI, ERMINI, FRANCESCO SANNA, CHAOUKI, SCALFAROTTO, PICIERNO, COVELLO, BRUNO BOSSIO, CENSORE, MAGORNO, FAMIGLIETTI, SENALDI, CRIMÌ, QUINTARELLI, CAUSIN, RICHETTI, BORGHI e GALPERTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 marzo 2010, il tribunale di Cosenza – Sezione GUP, con sentenza n. 209 del 2010 – passata in giudicato –, ha condannato il signor Umberto Paladini ad anni uno e mesi undici di reclusione e euro 600,00 di multa per aver commesso i reati di cui agli articoli 640 (truffa) e 646 del codice penale (appropriazione indebita) a danno di dieci clienti dell'agenzia Allianz Ras spa di Cosenza di cui era agente contitolare;
   l'attività criminosa, protrattasi dal 2006 al 2009, ha fruttato al suddetto agente un illecito profitto complessivamente pari ad euro 1.060.000,00 circa, corrispondente ai premi assicurativi versati dai clienti raggirati ai quali sono stati consegnati, di volta in volta, polizze assicurative valide ma fatte risultare come «stornate», vale a dire annullate;
   ai sensi della vigente normativa dettata in materia dal TUF (Testo unico finanziario), dal TUB (Testo unico bancario), dal codice delle assicurazioni private, dal codice del consumo nonché dai regolamenti emanati da CONSOB e IVASS (già ISVAP), tale operazione di «storno» può essere consentita solo previo ritiro della cosiddetta «copia cliente» e con l'autorizzazione della direzione generale della compagnia che deve, altresì, accertare la regolarità dell'operazione compiuta dall'agenzia periferica, nel corso delle ispezioni periodiche a cui è tenuta ex lege;
   invero, è giocoforza affermare che, se il signor Paladini è riuscito nel proprio piano criminoso, appunto impossessandosi dell'altrui denaro mediante la registrazione di false operazioni di storno, evidentemente la compagnia ALLIANZ spa non ha effettuato alcuna attività di controllo e vigilanza, per come avrebbe dovuto;
   l'ALLIANZ spa ha, infatti, consentito al signor Paladini di esercitare, nell'ambito della propria organizzazione, l'attività di agente assicurativo e promotore finanziario fino ai primi giorni di febbraio 2009, nonostante, fin dal 2006, fosse a conoscenza che quest'ultimo ad avviso dell'interrogante non era più in possesso del prescritto requisito di onorabilità, essendo risultato insolvente nei confronti della Borgo San Felice srl società controllata dalla stessa ALLIANZ spa, della somma di euro 19.032,15 giusto decreto ingiuntivo n. 458 del 2006 emesso dal Tribunale civile di Siena il 14 settembre 2006 e successiva ipoteca giudiziale iscritta nei pubblici registri immobiliari della conservatoria di Cosenza al n. 4707 del registro generale;
   oltre a tanto, pur dopo la predetta sentenza definitiva di condanna del signor Paladini, l'ALLIANZ spa, non ha inteso assumersi le proprie responsabilità ed ha, a quanto consta all'interrogante infatti, negato ai soggetti truffati, la totale restituzione degli importi dagli stessi investiti;
   in particolare, tra i suddetti truffati, l'ingegner Giovanni Credidio, che a suo tempo aveva investito il considerevole importo complessivo di euro 216.000,00, si è visto opporre il rifiuto del dovuto rimborso da parte della suddetta compagnia sulla scorta di inverosimili motivazioni, quale quella secondo cui le polizze sarebbero state impagabili in quanto risultate «stornate per mancato perfezionamento» quando, di contro, il tribunale penale ha accertato che l'agente registrava false operazioni di storno dei versamenti dei clienti, evitando in tal modo di dover inviare i relativi assegni presso la sede centrale e facendoli propri;
   di tanto, prova ne è, ad esempio, che l'ingegner Credidio detiene ogni contratto assicurativo in originale, debitamente sottoscritto anche dai funzionari della compagnia, né ha mai sottoscritto alcun documento di revoca e storno delle polizze contratte;
   orbene, a seguito di tale inaccettabile rifiuto, nel marzo 2009, l'ingegner Credidio, per il tramite del proprio legale, ha presentato formale reclamo l'ISVAP (oggi IVASS), reputando che tale organo di controllo, appositamente preposto per legge, sarebbe sicuramente intervenuto per garantire il rispetto delle norme giuridiche, sollecitando la piena assunzione di responsabilità da parte dell'ALLIANZ S.p.A. per tutto quanto accaduto;
   invero, in ben due anni d'istruttoria, l'IVASS si è limitata ad inoltrare all'ALLIANZ spa stringate missive di richiesta di meri chiarimenti sulla vicenda in questione, senza mai nemmeno censurarne il contegno manifestamente dilatorio e lesivo dei diritti del reclamante, per come risulta dagli atti contenuti nel fascicolo di reclamo n. 09-161518-00/A, acquisiti ai sensi della legge 241 del 1990;
   inoltre, nella fattispecie denunciata con il presente atto, stante la norma secondo cui in pendenza del reclamo, non è promuovibile alcuna autorità giudiziaria, l'ISVAP ha, in tal modo, di fatto ritardato di circa due anni l'incardinarsi del giudizio per la restituzione delle somme dovute dall'ALLIANZ spa all'ingegner Credidio, determinando a suo danno un ulteriore ed evidente nocumento;
   il nominato Istituto di vigilanza risulta, di fatto, appare all'interrogante assoggettato alle compagnie assicuratrici che, in forza del preponderante potere economico detenuto, esercitano un'influenza certamente maggiore rispetto a quella prodotta dai singoli consumatori, a tutela dei quali l'istituzione in parola dovrebbe operare –:
   quali iniziative urgenti anche normative il Ministro intenda adottare onde evitare il reiterarsi di altri simili episodi a danno dei consumatori. (4-00332)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
   in data 13 giugno 2012, nell'ambito di un'operazione di polizia, è stato arrestato Lander Fernandez Arrinda (LFA). L'arresto è avvenuto in esecuzione di una richiesta di estradizione avanzata dall'autorità giudiziaria spagnola per processare Lander Fernandez Arrinda dinanzi all’Audiencia Nacional di Madrid;
   Lander Fernandez Arrinda ad oggi risulta indagato per il reato contestato, in quanto il processo deve essere ancora celebrato dalle autorità spagnole. Pende, peraltro, il procedimento dinanzi alla Corte europea dei diritti umani, che dovrà pronunciarsi sul ricorso presentato dalla difesa dell'indagato il 19 aprile 2013;
   sebbene l'autorità giudiziaria spagnola contesti a Lander Fernandez Arrinda il reato di terrorismo, la fattispecie sottesa alla sentenza di accoglimento della richiesta di estradizione, emessa dalla sezione IV penale della corte di appello di Roma, in data 8 gennaio 2013, non appare in realtà caratterizzata da un significativo grado di offensività e pericolosità, riguardando l'incendio di un autobus (nel febbraio 2002) in sosta e senza passeggeri a bordo, commesso oltre dieci anni fa;
   la riconduzione di tale condotta al reato di terrorismo avviene secondo due presunzioni non condivisibili, ad avviso degli interpellanti: Lander Fernandez Arrinda infatti avrebbe commesso il fatto in concorso con Aingeru Cardanu Reoyo, appartenente ad una presunta organizzazione terroristica chiamata «Kale Borroka», a sua volta accusata di collaborare con l'EtA. In nessuna pronuncia giurisdizionale spagnola è stata, tuttavia, mai accertata l'esistenza di un'associazione denominata Kalle Borroka, il cui presunto collegamento con l'EtA è, dunque, privo di alcun riscontro probatorio;
   nel periodo in cui Lander Fernandez Arrinda è stato in custodia presso le autorità italiane, numerose testate nazionali e internazionali hanno riportano la notizia dell'arresto di un «terrorista basco», celebrando quindi un processo mediatico senza riservare all'indagato alcun diritto di replica e in violazione dei criteri di correttezza e veridicità della notizia cui deve ispirarsi la cronaca giudiziaria, anche alla luce di quanto sancito dal codice deontologico per il trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica, di cui all'allegato 1 al decreto legislativo n. 196 del 2003;
   dall'inizio della sua permanenza in Italia, l'autorità giudiziaria italiana ha riconosciuto che Lander Fernandez Arrinda ha tenuto una condotta rispettosa delle norme del nostro ordinamento; tuttavia, il 27 aprile 2013 lo stesso è stato estradato e condotto in Spagna a bordo di un aereo militare;
   in Spagna vige un sotto-sistema penale e penitenziario speciale applicabile a chi sia indagato per terrorismo e, segnatamente, ai militanti politici baschi, su cui più volte la Corte europea dei diritti umani ha dovuto pronunciarsi e che è stato oggetto di forti critiche da parte di organizzazioni non governative per la tutela dei diritti umani, come Amnesty International e Human rights watch, in ordine al rispetto di diritti e garanzie fondamentali, quali il diritto di difesa, la presunzione di innocenza, la personalità della responsabilità penale, i princìpi di eguaglianza e di tassatività, offensività e materialità delle fattispecie penali;
   è necessario monitorare costantemente le condizioni nelle quali verrà eseguita la custodia cautelare dell'indagato e l'evoluzione che seguirà il relativo procedimento, anche alla luce della vicenda decisa dalla CEDU con sentenza resa sul caso Otamendi Eguiguren c. Espagne del 16 ottobre 2012, in ordine alla violazione cosiddetta «procedurale» del divieto di tortura –:
   se i Ministri interpellati non ritengano opportuno assicurare una costante informazione sulle condizioni di detenzione del signor Lander Fernandez Arrinda e sull'evoluzione del relativo procedimento penale, assumendo ogni notizia a tal fine utile dalle autorità spagnole, in ragione della collaborazione prestata dall'Italia nell'ambito della procedura di estradizione e a fronte dell'importanza che tale vicenda assume dal punto di vista politico, sociale, giuridico e umanitario.
(2-00030) «Migliore, Daniele Farina, Costantino».

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel 2011, nel territorio comunale di Como sono state elevate ben 2.938 multe a carico di veicoli immatricolati nel Canton Ticino della Svizzera italiana, di cui soltanto 1.186 saldate a fronte di ben 1.752 rimaste inevase, pari al 60 per cento del totale;
   il comune di Como ha incaricato delle riscossioni una società di recupero crediti che agisce con grande efficacia sul piano interno, ma risulta del tutto impotente all'estero;
   non sono conosciuti i dati relativi alle infrazioni contestate dalla Polstrada ai veicoli con targa straniera in transito per il territorio della provincia comasca nel 2011 e nel 2012;
   sono ignote anche le cifre relative alle sanzioni irrogate su scala nazionale nei confronti degli automobilisti esteri, il loro importo aggregato e quello degli incassi effettivi;
   il danno erariale è comunque certamente notevole, seppure non ancora quantificato;
   non sono conosciute neanche le azioni messe in campo dall'esecutivo italiano per pervenire alla riscossione del dovuto –:
    quali siano i dati concernenti il numero delle sanzioni irrogate dalla Polstrada agli automobilisti stranieri in transito sul territorio nazionale ed in particolare in quello della provincia di Como negli anni 2011 e 2012, quale sia la percentuale delle riscossioni e l'entità degli importi rimasti inevasi, nonché quali siano le azioni che il Governo può ed intende mettere in campo per recuperare all'estero il dovuto. (4-00326)


   CIMBRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è dal 2008 che a Bollate si è insediata, in uno stabile di via Alfieri, la sede della cosiddetta «Skinhouse», punto di ritrovo dell'organizzazione neofascista di ispirazione nazista denominata «Hammerskin», due anni dopo lo sfratto forzoso della sede di via Cannero di Milano;
   si tratta di una gruppo di naziskin, a detta della Digos l'ala più politicizzata, a rilevanza nazionale, che si ispira e si richiama al nazismo, ai miti della superiorità della razza e della violenza: si tratta di individui che si dichiarano esplicitamente antisemiti e radicalmente fascisti, e che considerano normale l'utilizzo della violenza come strumento di relazione sociale, e che spesso e volentieri girano armati;
   si tratta di un'organizzazione che nasce negli anni ’80 negli Stati Uniti, il simbolo del gruppo sono due martelli incrociati con le punte rivolte verso destra con sullo sfondo il «dente di Lupo» (uguale al simbolo di Terza Posizione), già adottato da alcune divisioni delle Waffen-SS;
   lo slogan da loro più utilizzato viene dalle parole di David Lane, militante di Fratellanza silenziosa, organizzazione eversiva neofascista americana negli anni ’80, attualmente in carcere per l'omicidio di un radioconduttore ebreo, è: «noi dobbiamo assicurare l'esistenza della nostra gente e il futuro dei bambini bianchi». La loro missione è quella di costituire un’elité di militanti;
   nel maggio del 1998, attraverso l'applicazione della legge Mancino, la Digos di Roma dà il via all’«Operazione Thor»: 90 perquisizioni, 150 denunciati, 9 provvedimenti di arresti domiciliari e 5 sedi chiuse a Roma;
   ad oggi sono stati moltissimi gli episodi di violenza ed aggressioni squadriste riconducibili agli skinhead, ai danni di attivisti politici, stranieri, gay e, più in generale, a chiunque venga da loro percepito come «diverso»;
   uno per tutti è l'episodio dell'omicidio di Nicola Tommasoli, morto dopo giorni di terribile agonia per i calci e le percosse subiti da parte di quattro naziskin, aggredito per motivi pretestuosi e vittima di una violenza efferata;
   per l'omicidio Tommasoli la corte d'assise di Verona ha emesso condanne per complessivi 50 anni di carcere. Poche ore dopo il pestaggio, i responsabili erano stati individuati e catturati dalla polizia;
   i cittadini di Bollate (soprattutto quelli che abitano nel quartiere interessato) da quando si è insediata la skinhouse, che ha avuto l'autorizzazione dell'utilizzo di un capannone di privati, essendosi presentata come associazione culturale, sono costretti a convivere con la paura di atti di violenza possibili, e con problemi legati all'ordine e alla sicurezza pubblica;
   inoltre la skinhouse è situata nelle vicinanze di una scuola elementare frequentata da più di cinquecento bambini, tra i quali molti figli di immigrati;
   inoltre in concomitanza con tali «manifestazioni culturali» le strade vengono occupate da decine di automobili di attivisti del movimento che di fatto prendono possesso di un intero quartiere;
   la skinhouse sta funzionando, inoltre, da polo di attrazione per tutti i naziskin e per i violenti che hanno considerato la sede di Bollate come un punto di ritrovo attirando anche attivisti da tutta Europa;
   la cittadinanza ha da subito dato vita ad aggregazioni e comitati che hanno, nel tempo, organizzato corsi di formazione per la cittadinanza su tale fenomeno, manifestazioni pubbliche, cortei, e raccolte di firme rivolte al prefetto e all'amministrazione per chiedere la chiusura della skinhouse;
   sia il prefetto che l'amministrazione comunale hanno sempre fornito risposte evasive e comunque non risolutive, prendendo in considerazione l'opportunità di intervenire solo laddove si verifichino problemi di ordine pubblico, senza affrontare alla radice la natura profondamente anticostituzionale di questo movimento –:
   se il Ministro non ritenga urgente intervenire per verificare se sussistano le condizioni per arrivare finalmente alla chiusura della skinhouse di Bollate, la cui «ragione sociale», la diffusione dei valori nazifascisti con il suo corollario di violenza ed intolleranza, contrasta apertamente con i valori costituzionali, oltre a rappresentare un vulnus gravissimo al tessuto sociale del territorio in cui insiste nonché un vero e proprio pericolo per la sicurezza dei cittadini di Bollate. (4-00328)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   OLIVERIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i lavori socialmente utili sono nati per offrire una possibilità di reinserimento lavorativo ai disoccupati di lunga durata e ai cassaintegrati, dando loro l'opportunità di indirizzare le proprie capacità lavorative in attività rivolte alla cittadinanza presso i comuni di residenza;
   il decreto legislativo del 1o dicembre 1997, n. 468, avente come oggetto la «revisione della disciplina sui lavori socialmente utili» ha introdotto alcune misure di stabilizzazione per i soggetti impegnati nei lavori socialmente utili, prevedendo, tra le altre cose, delle corsie preferenziali per l'accesso al pubblico impiego;
   il comma 8 dell'articolo 45 della legge n. 144 del 17 maggio 1999 ha stabilito espressamente che «ai lavoratori impegnati in lavori socialmente utili assoggettati alla disciplina di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 1o dicembre 1997, n. 468, è riservata una quota del 30 per cento dei posti da ricoprire mediante avviamenti a selezione di cui all'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni»; con il trasferimento di competenze tra gli Enti Locali e gli Uffici Territoriali del Ministero dell'Istruzione e sulla base di quanto disposto dal comma 8, articolo 45, della legge n. 144 del 1999 si sarebbe potuto avviare un programma di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili che dal 1996 svolgono all'interno delle scuole statali italiane mansioni di vario genere (compreso quello delle pulizie) tutte assimilabili a quelle di collaboratore scolastico;
   dal 2001 questi lavoratori, a seguito di una convenzione quadro sottoscritta tra il Ministero dell'istruzione, d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e i quattro grandi consorzi di imprese e di società cooperative, C.IC.L.A.T. S.c.r.l., Consorzio nazionale servizi s.c.r.l., Manital e Consorzio Miles servizi integrati, sono transitati dai provveditorati scolastici (attuali UPS) alle aziende private;
   questo accordo ha dato il via al processo di esternalizzazione dei servizi di pulizia nelle scuole e ha aggravato la condizione di precarietà e di sfruttamento dei lavoratori ex lavoratori socialmente utili, che a seguito di ciò hanno subito ulteriori riduzioni delle retribuzioni;
   a peggiorare una già difficile condizione di disagio economico si è aggiunta la decisione (accordo 14 giugno 2011 tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca-consorzi-sindacati) di avviare la procedura per l'attivazione della cassa integrazione guadagni in deroga;
   in tutti questi anni, disattendendo la normativa italiana, non sono mai state messe in atto misure volte alla stabilizzazione degli ex lavoratori socialmente utili, che da sempre sono stati utilizzati per sopperire alle carenze di organico nelle scuole e che con il loro lavoro hanno garantito un servizio efficiente e qualificato, così come riconosciuto anche dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   il processo di stabilizzazione con l'inserimento degli ex lavoratori socialmente utili nell'organico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca farebbe risparmiare allo Stato 60 milioni di euro rispetto alla situazione attuale;
   nell'anno scolastico 2013/2014 partirà il nuovo affidamento d'appalto per la fornitura dei servizi di pulizia e altri servizi per gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, bandito dal Consip, che, viste le premesse, contribuirà a peggiorare le già precarie condizioni degli ex lavoratori socialmente utili –:
   quali azioni intenda porre in essere il Ministro interrogato al fine di tutelare la posizione lavorativa dei circa 11.500 lavoratori ex lavoratori socialmente utili che operano nelle scuole;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno attivarsi per sostenere il processo di stabilizzazione dei lavoratori ex lavoratori socialmente utili come personale ATA, oggi già operanti in tutti gli istituti scolastici, come peraltro già accaduto in passato per altri Ministeri, producendo un significativo risparmio per le casse dello Stato. (4-00327)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   PINNA, CORDA, VALLASCAS e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni l'amministrazione regionale della Sardegna ha provato a risolvere la situazione della stabilizzazione dei lavoratori amministrativi precari mediante leggi, deliberazioni e determinazioni. Nonostante nel farlo la regione sia andata incontro a sentenze di incostituzionalità, si rileva il reiterato tentativo di aggirare il dettato costituzionale mediante la riproposizione di disposizioni non allineate ai principi della Carta e specificamente al principio della parità di accesso mediante pubblico concorso per gli impieghi nella pubblica amministrazione, che dovrebbe assicurare i più elevati standard di rispetto dei diritti dei lavoratori. La linea di condotta assunta dalla regione è in forte contrapposizione rispetto al quadro normativo nazionale;
   la legge regionale n. 3 del 7 agosto 2009, recante «Disposizioni urgenti nei settori economico e sociale», è stata impugnata di fronte alla Corte costituzionale che, con la sentenza n. 235 del 2010, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dei commi 2, 3 e 12 dell'articolo 3. Infatti, i commi 2 e 3 si pongono in aperto contrasto con l'articolo 97 della Costituzione, che impone il concorso quale modalità di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni e consente deroghe a tale principio solo qualora ricorrano esigenze particolari e sia adeguatamente garantita la professionalità dei prescelti; anche il comma 12 viola il principio del pubblico concorso, di cui agli articoli 51 e 97 della Costituzione, non offrendo adeguata garanzia né della sussistenza della professionalità, né del carattere necessariamente aperto delle procedure selettive;
   successivamente, il 19 gennaio 2011, è stata approvata la legge regionale n. 1, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione», la quale all'articolo 7 prevede integrazioni alla suddetta legge regionale n. 3 del 2009 e misure volte al superamento del precariato. Tuttavia, a seguito del ricorso n. 28 del 2011 promosso dal Presidente del Consiglio, i commi 1, 2 e 3 del citato articolo 7 sono stati dichiarati incostituzionali con sentenza n. 30 del 2012. Il comma 1 confligge con l'articolo 17, comma 10, del decreto-legge n. 78 del 2009, espressivo di un principio di coordinamento della finanza pubblica volto al contenimento della spesa, e viola l'articolo 97 della Costituzione, poiché prefigura lo svolgimento non di un concorso aperto a tutti ma esclusivamente di una specifica selezione concorsuale riservata ai lavoratori precari in possesso dei requisiti previsti dalla legge regionale stessa. In ugual modo, i commi 2 e 3 dell'articolo 7 si pongono in aperto contrasto con l'articolo 97 della Costituzione;
   il 30 giugno 2011, la regione ha approvato la legge n. 12 il cui articolo 20 è rubricato «Interpretazione autentica, modifiche e integrazioni dell'articolo 3 della legge regionale n. 3 del 2009 così come modificato dall'articolo 7, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2011». Tuttavia, come dichiarato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 99 del 2012, tale disposizione è priva di effetti a causa dell'intervenuta sentenza della Corte costituzionale, n. 30 del 2012, che come precedentemente descritto ha rilevato l'incostituzionalità dello stesso articolo 7, comma 1;
   va segnalato che l'assessorato regionale degli enti locali, finanze ed urbanistica il 10 agosto 2011 aveva pubblicato la circolare prot. n. 29804, avente ad oggetto «Disposizioni per il superamento del precariato negli enti locali. Articolo 3 della legge regionale 7 agosto 2009 n. 3 così come modificato dall'articolo 7, comma 1, della legge regionale 19 gennaio 2011, n. 1 (Legge finanziaria 2011) e dall'articolo 20, commi 1 e 2, della legge regionale 30 giugno 2011, n. 12», nonostante vi fosse il giudizio pendente della Consulta sull'articolo 7, pertanto suscettibile di essere dichiarato incostituzionale, come poi è avvenuto;
   il 4 agosto 2011 è stata approvata la legge regionale n. 16, «Norme in materia di organizzazione e personale». In relazione ad essa, la Corte costituzionale con sentenza n. 212 del 2012 ha dichiarato l'incostituzionalità dei commi 2 e 8 dell'articolo 6, «Disposizioni sul superamento del precariato», e dell'articolo 10, «Piano sul precariato nelle aziende ASL». Il comma 2 dell'articolo 6 detta la disciplina di attuazione della misura di stabilizzazione prevista a favore di determinate categorie di personale precario dall'articolo 7, comma 2, della legge regionale n. 1 del 2011, dichiarato incostituzionale per violazione dell'articolo 97, ne consegue l'illegittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 2. Mentre il comma 8 dell'articolo 6 è dichiarato incostituzionale per violazione dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione. L'articolo 10 è costituzionalmente illegittimo in quanto a sua volta in contrasto con gli articoli 97 e 117, terzo comma, della Costituzione;
   come brevemente esposto, dal 2009 si sono susseguite leggi impugnate di fronte alla Corte costituzionale, che ne ha dichiarato l'illegittimità di determinate disposizioni. Malgrado ciò, a seguito della deliberazione dell'11 dicembre 2012 n. 48/23, il 21 dicembre 2012 la regione Sardegna ha pubblicato l'avviso n.P. 29518 avente ad oggetto un piano per il superamento del precariato e la riapertura della procedura di stabilizzazione a domanda, basato su diverse disposizioni normative fra cui anche la legge regionale n. 13 «Rimodulazione del quadro degli interventi regionali a sostegno delle politiche del lavoro e disposizioni in materia di contratti a termine», del 26 giugno 2012, e la legge regionale n. 17 «Finanziamento agli enti locali per il funzionamento dei Centri servizi per il lavoro (CSL), dei Centri servizi inserimento lavorativo (CESIL) e delle Agenzie di sviluppo locale e disposizioni varie», del 13 settembre 2012, di cui sono oggetto di impugnativa di fronte alla Consulta rispettivamente: l'articolo 2, comma 1, e l'articolo 2, commi 2 e 3. Nell'eventualità in cui tali disposizioni fossero dichiarate incostituzionali ci si troverebbe nuovamente nella situazione di partenza;
   inoltre, va sottolineato che la regione Sardegna, con decreto n.P 11409/22 del 19 aprile 2010 dell'Assessorato degli affari generali, personale e riforma, ha indetto un «Concorso pubblico per l'assunzione a tempo indeterminato presso l'amministrazione regionale di n. 42 funzionari amministrativi della categoria D – livello retributivo D1 – Area gestione amministrativo-finanziaria», il cui bando è stato pubblicato on-line il giorno 26 dello stesso mese. Le prove preselettive del suddetto concorso sono state rinviate ben nove volte, lasciando nel limbo gli aspiranti partecipanti, che hanno sostenuto e continuano a sostenere costi sia in termini di tempo impiegato per la preparazione sia in termini di costi per il materiale di studio;
   ad aggravare la situazione è l'ultimo rinvio, comunicato il 14 gennaio 2013, con cui si avvisa che i 42 posti previsti saranno rivisti in diminuzione in misura corrispondente a quella delle unità di riferimento da stabilizzare, poiché, come espresso nell'avviso prot. n.P. 797 del 2013, «gli inquadramenti “a domanda” – da disporsi nell'ambito dei posti disponibili per il reclutamento – devono precedere le assunzioni per concorso»;
   come emerge non si è ancora giunti a una soluzione. Per converso, oltre ad aver favorito la perdita di credibilità dell'amministrazione e di qualità della stessa legislazione, in violazione del principio della certezza del diritto, sono state costruite e si continuano a costruire false speranze per i molti lavoratori precari e i tanti cittadini in cerca di occupazione. Questa critica condizione appare ancor più grave alla luce dei dati relativi al mercato del lavoro sardo: nell'ultimo quadrimestre del 2012 il tasso dei disoccupati ha raggiunto il 16,4 per cento;
   occorre pertanto un'assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni al fine di dare certezze al personale precario, nel rispetto dalla Costituzione, e offrire l'opportunità a quanti lo attendono di accedere a un concorso pubblico mediante procedure trasparenti e aperte per l'accesso all'impiego nelle amministrazioni pubbliche della Sardegna –:
   quali eventuali iniziative di competenza il Ministro ritenga opportuno assumere in relazione a quanto indicato in premessa alla luce del dettato costituzionale e della legislazione vigente, nello specifico della legge n. 228 del 24 dicembre 2012, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato», che all'articolo 1, comma 401, limita il ricorso all'istituto della stabilizzazione dei lavoratori precari all'interno della pubblica amministrazione, mediante la modifica dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001, «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche». (4-00333)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSATO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   la legge 24 dicembre 2012, n. 228 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013), all'articolo 1, comma 388, ha modificato il termine di scadenza dell'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato approvate successivamente al 30 settembre 2012;
   il termine del 30 dicembre 2012 (disposto dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 – Proroga di termini previsti da disposizioni legislative) viene quindi prorogato al 30 giugno 2013. La proroga riguarda l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, compresa la Presidenza del Consiglio;
   con sentenza n. 6560 del 20 dicembre 2012, il Consiglio di Stato, pur ribadendo, ai fini del reclutamento, un generale favore dell'ordinamento per l'utilizzazione della graduatoria degli idonei in considerazione della finalità di contenimento della spesa pubblica ad esso sottesa, non ha escluso la possibilità di attivare nuovi concorsi pubblici qualora, in presenza di speciali discipline di settore o di particolari circostanze di fatto o di ragioni di interesse pubblico, ciò venga ritenuto necessario dall'amministrazione, a condizione che la decisione assunta sia adeguatamente motivata –:
   quali siano le amministrazioni pubbliche interessate dalla norma che proroga la validità dell'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato;
   se tra le amministrazioni pubbliche interessate dalla norma vi sia, in particolare, anche il settore delle polizie locali.
(4-00331)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Alberto Giorgetti n. 4-00319, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 aprile 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Polidori.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in Commissione Bobba e altri n. 5-00088 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 10 del 29 aprile 2013. Alla pagina 742, prima colonna, dalla riga ventinovesima alla riga trentesima, deve leggersi: «Vice Ministro, Michel Martone, così dichiarava:» e non «Sottosegretario per l'Economia e le finanze, Michel Martone, così dichiarava:», come stampato.