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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 3 aprile 2013

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   COVA e MALPEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 29 giugno 2012 il Ministero della sviluppo economico, la regione Lombardia, la provincia di Milano e il comune di Cassina dé Pecchi (Milano) hanno sottoscritto un protocollo istituzionale d'intesa per «Iniziative a tutela della vocazione del sito Industriale Nokia Siemens di Cassina dè Pecchi»;
   l'area industriale Nokia Siemens di Cassina dé Pecchi rappresenta una significativa risorsa per la competitività e l'occupazione della Lombardia e del Paese;
   il punto 2 di questo protocollo dichiara «condividono che la dimensione della crisi economica in corso e dei soggetti coinvolti nello sviluppo dell'area Nokia Siemens di Cassina dé Pecchi rendano necessario un pieno e responsabile coinvolgimento e coordinamento del Ministero della Sviluppo Economico e delle strutture di suo riferimento per lo sviluppo di azioni tese ad attrarre aziende che partecipino allo sviluppo del polo industriale interessato» –:
   quali iniziative abbia messo in atto il Governo per intervenire a favore del sito di Cassina dé Pecchi e per la ripresa della sua attività imprenditoriale. (4-00135)


   CENSORE e AIELLO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'invaso della diga «Alaco», sito a Brognaturo in provincia di Vibo Valentia, è l'unica dotazione idrica per 88 comuni della Calabria centrale;
   da anni, oramai, non si riescono ad avere notizie certe e totalmente rassicuranti sulla potabilità dell'acqua soggetta, molto spesso, ad ordinanze di non potabilità successivamente revocate;
   spesso, dai rubinetti di diverse zone, l'acqua si presenta sporca e maleodorante;
   questo caso sta causando enormi disagi alle popolazioni del luogo che, non essendo serene, tendono a non utilizzare l'acqua nemmeno per scopi umani;
   a seguito di numerose denunce l'invaso «Alaco», in data 17 maggio 2012, è stato sottoposto a sequestro su provvedimento emesso dalla procura della Repubblica di Vibo Valentia;
   in data 25 marzo 2013, su richiesta del prefetto di Vibo Valentia, l'Istituto superiore della sanità ha dichiarato la propria disponibilità ad assicurare consulenza in merito alle problematiche connesse alla sicurezza delle acque –:
   quale sia l'attuale situazione con specifico riferimento all'eventuale presenza nell'invaso «Alaco» di sostanze potenzialmente dannose per la salute pubblica;
   quali opportune iniziative di competenza si intendano adottare tese alla tutela della salute dei cittadini serviti dall'invaso «Alaco». (4-00137)


   CENSORE, AIELLO, BATTAGLIA, BRUNO BOSSIO, COVELLO, MAGORNO e OLIVERIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in Calabria la condizione dei lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità è divenuta ormai insopportabile;
   sebbene gli oltre 5000 Lsu-Lpu svolgano da molti anni un lavoro insostituibile negli enti locali, la loro condizione di precarietà risulta sempre più grave, tanto che in seguito alla recente sentenza della Corte costituzionale che ha «bocciato» l'articolo 55 del collegato alla manovra finanziaria 2012 della regione Calabria, i rischi per il loro futuro sono improvvisamente divenuti elevatissimi;
   in seguito a ciò, in Calabria potrebbe esplodere una vera e propria «bomba sociale», anche per i gravissimi ritardi dell'amministrazione regionale che non ha mai inteso avviare un percorso virtuoso di regolarizzazione dei lavoratori precari, lasciati addirittura senza stipendi per numerosi mesi;
   i lavoratori Lsu-Lpu, ad avviso degli interroganti sono di fatto trattati come «schiavi», senza stipendi e senza futuro. È stata tolta loro anche la dignità;
   i lavoratori rivendicano oltre al pagamento degli arretrati, anche un piano di stabilizzazione, al fine di porre fine a questa lunga condizione di incivile precariato. Occorre ricordare che senza l'apporto degli Lsu/Lpu, viene messa in ginocchio la normale gestione dei servizi essenziali in molti enti locali. Già alcuni comuni stanno dichiarando l'impossibilità di garantire i servizi fondamentali;
   da ricordare come nella scorsa legislatura, il Governo Berlusconi ha destinato 110 milioni di euro per la stabilizzazione degli Lsu di Napoli e di Palermo, lasciando del tutto dimenticati i precari calabresi, nonostante le vibrate proteste delle opposizioni parlamentari e delle forze sindacali –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se conosca la sua gravità;
   cosa si intenda fare per quanto di competenza, al fine di trovare una soluzione normativa che avvii il percorso della stabilizzazione dei suddetti precari;
   cosa si intenda fare per garantire una copertura assicurativa ai precari impiegati nella pubblica amministrazione, i quali, benché in servizio da molti anni, risultano del tutto scoperti dal punto di vista previdenziale;
   se non si intenda avviare un tavolo di concertazione con la regione Calabria, al fine di studiare un percorso che, per quanto di competenza, porti all'individuazione delle risorse finanziare che garantiscano la stabilizzazione degli Lsu-Lpu della Calabria. (4-00138)


   BRUNO BOSSIO, AIELLO, BATTAGLIA, CENSORE, COVELLO, D'ATTORRE, MAGORNO, OLIVERIO, STUMPO e BINDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel novembre del 2010 è stato sottoscritto tra la regione Calabria ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un accordo di programma quadro (APQ) finalizzato a fronteggiare il rischio idrogeologico presente sul territorio calabrese, mediante la realizzazione di interventi urgenti, per un importo complessivo pari a 220 milioni di euro;
   l'accordo di programma quadro è cofinanziato al 50 per cento dalla regione Calabria attraverso l'utilizzo dei fondi FAS (programma 2007-2013) e dal ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare attraverso le risorse previste dall'articolo 2, comma 240 della legge 23 dicembre 2009, n. 191;
   nello stesso accordo di programma quadro, considerata l'urgenza degli interventi, è stata prevista l'istituzione di una struttura commissariale autonoma;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2171 del 2011 è stato nominato commissario straordinario delegato il dottor Domenico Percolla;
   a distanza di oltre due anni dalla sottoscrizione dell'accordo di programma quadro in Calabria pare siano state espletate le procedure di gara di soli tre interventi su un totale di 185 previsti;
   a seguito delle recenti precipitazioni atmosferiche si sono nuovamente registrati sul territorio calabrese smottamenti ed esondazioni di decine di corsi d'acqua, aggravando una situazione idrogeologica già di per sé fragile ed estremamente compromessa;
   l'area archeologica di Sibari è stata fortemente danneggiata dalla esondazione del fiume Crati;
   nella zona del fiume Crati erano stati previsti interventi di sistemazione e consolidamento delle arginature prospicienti l'area archeologica per un impegno economico complessivo di 4 milioni di euro;
   la realizzazione dell'intervento previsto nell'accordo di programma quadro sugli argini del fiume avrebbe certamente evitato l'esondazione;
   tutti gli interventi previsti nell'accordo di programma quadro sono stati programmati per rimuovere e/o ridurre le condizioni di rischio presenti sul territorio;
   di fatto gli stessi interventi rappresentano un ulteriore aiuto al ripristino delle condizioni di sicurezza di quelle aree interessate dagli eventi meteorici del novembre 2009 nonché oggetto di specifica ordinanza della protezione civile;
   si rende necessario ed improcrastinabile provvedere alla messa in sicurezza di tutte le aree individuate in accordo di programma quadro –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione relativa alla gestione commissariale e dei ritardi accumulati nell'attuazione degli interventi previsti dell'accordo di programma quadro;
   quale sia l'effettiva spesa finora erogata e per quali interventi;
   quali iniziative il Governo intenda adottare per rimuovere le evidenti criticità emerse nella gestione commissariale del suddetto accordo di programma quadro, al fine di garantire il carattere di urgenza e l'efficacia degli interventi previsti.
(4-00144)


   LIUZZI, DE ROSA, TOFALO, TERZONI, MANNINO, ZOLEZZI e BUSTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'inceneritore Fenice di Melfi tratta 65.000 tonnellate annue di rifiuti di cui 30.000 di rifiuti solidi assimilati agli urbani e 35.000 di rifiuti industriali;
   l'inceneritore Fenice di Melfi è stato posto al centro di indagini giudiziarie da parte della procura della Repubblica di Potenza, che ipotizza il reato di disastro ambientale, per il quale risultano essere stati indagati responsabili di dipartimento regionale, responsabili aziendali e dell'ex-direttore generale dell'ARPAB, nonché del suo responsabile per la provincia di Potenza, Agenzia regionale per l'ambiente della Basilicata, nei confronti dei quali, l'11 ottobre 2011, sono state emesse ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari;
   il CTU, il professor Francesco Fracassi del dipartimento di chimica dell'università degli studi di Bari, nominato dalla procura di Melfi, nella sua relazione del 24 maggio 2010 evidenziava un inquinamento, conosciuto dai proprietari dell'impianto Fenice già dal 29 giugno 2000 (o dal maggio 2002) e dall'ARPA Basilicata (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente Basilicata) dal 10 gennaio 2002;
   dalla relazione del professor Fracassi, è emersa quindi la condotta omissiva dell'impianto Fenice srl – EDF e dell'ARPA Basilicata i quali erano già a conoscenza di un disastro ambientale a partire dalle date prima citate. Tuttavia dagli atti risulta che l'ARPA Basilicata non ha inviato alcuna comunicazione alla procura di Melfi (ai sensi dell'articolo 244 del Testo unico ambientale) se non prima del 3 marzo 2009;
   solo dal 2009, è in atto la procedura di messa in sicurezza di emergenza (M.I.S.E) dell'impianto Fenice, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo n. 153 del 2006;
   a distanza di quattro anni dal provvedimento di messa in sicurezza di emergenza, dai monitoraggi bimestrali dell'ARPA Basilicata sulle falde acquifere, l'emergenza non risulta essere rientrata, ma sono certificati (sempre dall'ARPAB) la prosecuzione e l'aggravamento dell'inquinamento della falda acquifera e di conseguenza del territorio. Nello specifico risultano essere presenti ferro, nickel, manganese, composti organici Volatili (VOC) e fluoruri ben oltre la soglia dei parametri consentiti;
   l'ARPA Basilicata, nella sua nota – Al 2 – n. 0008981 class.ne 26/03/2001 del 14 ottobre 2011 inviata a vari enti, ha sostenuto che gli interventi di messa in sicurezza di emergenza (peraltro non ancora completati a 4 anni dall'inizio dei primi) avessero sensibilmente ridotto i livelli di contaminazione delle acque sotterranee in attesa degli interventi di bonifica, questi ultimi non ancora concordati operativamente;
   il dottor geol. Giampiero D'Ecclesiis, dopo un'ampia relazione redatta su iniziativa del Comitato di «Diritto alla Salute» di Lavello, ebbe a dichiarare nel penultimo capoverso della predetta relazione, citando testualmente «Appare quindi necessario richiedere gli indispensabili approfondimenti numerici e, laddove non fossero stati eseguiti, gli accertamenti in situ necessari per determinare tutte le principali grandezze idrogeologiche indispensabili per procedere ad una modellizzazione del fenomeno esaminato tale da validare l'ipotesi di genesi, propagazione e diffusione dell'inquinamento e sulla base del quale procedere ad un mirato piano di bonifica dell'area» (Giampiero D'Eclessiis, 26 aprile 2012);
   si ipotizza che l'inquinamento dell'inceneritore potrebbe far si che si rilevino anche molti altri valori ben oltre la soglia consentita, quali ad esempio diossine, furani e PCB dei camini;
   l'impianto continua ad operare in base ad autorizzazioni provvisorie rilasciate dalla provincia di Potenza nelle more del rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale da parte della regione Basilicata da tempo scaduta; fatto che ha contribuito a far condannare l'Italia dalla Corte europea per violazione della direttiva 200/1/CE (sentenza del 31 marzo 2011 causa C-50/10);
   la Commissione d'inchiesta istituita dalla regione Basilicata sull'impianto Fenice di Melfi, istituita dal consiglio regionale il 4 ottobre 2011, ha concluso il 20 marzo 2012 i propri lavori denunciando gravi responsabilità sottolineati da una corposa relazione finale con inadempienze, omissioni, ritardi con cui gli organi di controllo regionali hanno adempiuto ed adempiono ai loro compiti istituzionali, al di là dei precisi profili di responsabilità giuridica dei singoli responsabili, la definizione dei quali è compito della magistratura approfondire. Tale situazione evidenzia inoltre responsabilità degli uffici regionali e provinciali che avrebbero dovuto esercitare i controlli, oltre che dei vertici passati ed attuali dell'Agenzia di protezione ambientale della Basilicata;
   con ordinanza sindacale a seguito della conferenza di servizi di giugno 2012, alla quale la società non si è presentata si intima a Fenice Ambiente srl entro 15 giorni di presentare il progetto della barriera idraulica realizzata e nel contempo essa dovrà fornire anche una relazione tecnica giustificativa del persistente superamento dei contaminanti nei pozzi di monitoraggio. L'ordinanza prescrive inderogabilmente l'obbligo di presentare una relazione descrittiva dei metodi proposti per l'introduzione dei fluidi traccianti al fine di verificare l'integrità dell'impianto sul quale si nutrono preoccupazioni circa il suo corretto funzionamento. Le attività di monitoraggio delle acque sotterranee dovranno essere svolte per un trimestre, con cadenza mensile, all'esito delle quali saranno adottate conseguenti ulteriori prescrizioni. A Fenice è stato prescritto anche di fornire una relazione specialistica contenente tutti i chiarimenti, gli approfondimenti tecnici, la raccolta sistematica dei dati acquisiti ed ogni altra integrazione, utile a risolvere tutte le criticità e le osservazioni rilevate dal documento ISPRA, dal parere espresso dalla Conferenza di servizi nella seduta del giugno 2012 e dalle integrazioni richieste dalla delibera del Commissario straordinario nel 2011. In caso di inottemperanza del soggetto obbligato si procederà a termini di legge denunciando quanto dovuto all'Autorità Giudiziaria ed assumendo tutti gli opportuni provvedimenti a tutela della salute e della pubblica incolumità;
   l'ordinanza succitata ha prolungato i tempi di intervento non garantendo la salvaguardia ambientale tant’è vero che le istituzioni territoriali e strumentali della Basilicata regione, provincia di Potenza, comune di Melfi, ARPA Basilicata, azienda sanitaria del potentino, non sono sembrate capaci di individuare le cause dell'inquinamento oltre a far ricondurre i valori al di sotto della concentrazione della soglia di contaminazione (C.S.C);
   nonostante quanto affermato nella nota ARPA Basilicata del 14 ottobre 2011, dai controlli della stessa istituzione strumentale, è emerso il 25 settembre 2012 che al camino del forno rotante i valori di emissione del mercurio immesso in atmosfera sono risultati essere oltre tre volte la soglia massima consentita: 0,177 mg/Nm3 rispetto allo 0.05 tollerato;
   nelle falde acquifere continua a verificarsi il superamento dei valori limite di concentrazione di sostanze inquinanti; il soggetto attualmente gestore «Fenice Ambiente srl» che ha rilevato l'impianto da EDF Fenice spa, a quanto consta agli interroganti, non ottempera ai piani di bonifica ed alle prescrizioni del comune di Melfi circa il piano di bonifica che comprenda anche le aree a valle delle barriere idrauliche a ridosso dell'impianto, nella piana di San Nicola di Melfi. Detta società a responsabilità limitata non sembra a giudizio degli interroganti offrire garanzie non solo economiche ma anche tecniche per assolvere alla bonifica, ricorrendo alla giustizia amministrativa contro i provvedimenti e le ordinanze sindacali del comune di Melfi;
   è in atto un ricorso al TAR della Basilicata da parte della società che gestisce l'impianto, la quale considera insostenibile il sequestro dell'impianto di sua proprietà e la nomina di custodi giudiziari atti a garantire l'eliminazione del sequestro in atto;
   le istituzioni locali si sono dimostrate, a giudizio degli interroganti, inadeguate e poco trasparenti nella gestione virtuosa della riduzione, riciclo e riuso dei rifiuti prodotti dai residenti della Basilicata;
   dalle diverse interrogazioni parlamentari rivolte negli ultimi anni al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare su queste problematiche, sulla base anche delle audizioni svoltesi in Commissione ambiente è sempre emersa, oltre alle problematiche legate all'inquinamento pluriennale delle falde idriche, anche l'assenza di un monitoraggio della matrice ambientale aria, fatto salvo uno studio dell'Istituto superiore di sanità autonomamente realizzato;
   il Governo Monti ed i Ministri interrogati, hanno approvato l'8 marzo 2013 una strategia energetica nazionale (SeN) in cui si ipotizza la prosecuzione del pagamento dei CIP6 e il recupero energetico dai rifiuti;
   si è consapevoli che quanto enunciato nella strategia energetica nazionale è dissonante con l'indirizzo della risoluzione del Parlamento europeo del 24 maggio 2012 nel quale si determina che si mira alla realizzazione di «Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse». Tale risoluzione, pur non essendo una direttiva, costituisce un documento preparatorio da un lato per il settimo programma europeo d'azione per l'ambiente e dall'altra per la nuova direttiva quadro sui rifiuti prevista per il 2014;
   il trattato di Maastricht, recepito dalla normativa italiana nel «codice dell'ambiente» (decreto legislativo n. 152 del 2006), all'articolo 301, recita: «In applicazione del principio di precauzione del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione». Tale concetto è stato ulteriormente precisato con l'articolo 3-ter del decreto legislativo n. 4 del 2008 (integrativo del decreto legislativo n. 152 del 2006): «La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva...»;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in ottemperanza dell'articolo 132 del decreto legislativo n. 152 del 2006, può esercitare interventi sostitutivi «per mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza» del decreto legislativo n. 152 del 2006, diffidando la regione Basilicata a provvedere ad attuare le azioni di bonifica entro il termine massimo di centottanta giorni, ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale e, in caso di persistente inadempienza da parte della società Fenice Ambiente srl;
   nell'esercizio dei poteri sostitutivi, di cui al comma 1 dell'articolo 132 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina un commissario ad acta per la gestione delle aree contaminate che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico della regione, anche al fine dell'organizzazione di un efficace sistema dei controlli –:
   quali iniziative i Ministri interroganti intendano assumere, per quanto di propria responsabilità, nel rispetto dei profili di competenza della magistratura;
   quali iniziative per quanto di competenza, intendano porre in essere per verificare in modo estensivo ed esaustivo l'entità dei possibili danni all'ambiente prodottisi nel tempo e per monitorare e tutelare la salute della popolazione locale dagli effetti delle emissioni inquinanti;
   se non si ritenga doveroso un intervento tempestivo e diretto ai sensi dell'articolo 132 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in particolare con la nomina di un commissario ad acta, affinché, sulla base di un piano di caratterizzazione dell'intera area sottesa all'inceneritore Fenice, venga attuata la bonifica dell'area con oneri a carico dell'ente inadempiente;
   se intendano assumere iniziative, alla luce di quanto esposto ed in relazione a circostanze analoghe registrate in altre parti del territorio nazionale, per rafforzare con urgenza e con decisione i parametri di tutela ambientale e le conseguenti azioni in caso di superamento dei valori limite, con particolare riferimento alle emissioni di diossina. (4-00152)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   BORGHI, MARANTELLI, BRAGA e GUERRA. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi in tutto il territorio del Canton Ticino, appartenente alla Confederazione elvetica confinante con la Repubblica italiana, è stata avviata un'intensa campagna di stampa e mass-mediatica con uso di manifesti stradali da parte di un partito politico (l'Unione Democratica di Centro – UDC Ticinese) nei quali si è attivata quella che agli interroganti appare una vera e propria campagna xenofoba nei confronti dei lavoratori italiani occupati presso aziende ticinesi;
   tale iniziativa segue, a distanza di due anni, una precedente ed analoga campagna, nella quale i lavoratori italiani vennero additati alla pubblica opinione elvetica – in maniera volgare e offensiva come questa volta – come soggetti che derubano la ricchezza e il diritto al lavoro dei cittadini svizzeri;
   sono quasi 50.000 i cittadini italiani che quotidianamente si recano dall'Italia alla Svizzera per motivi di lavoro, provenienti segnatamente dalle province di Varese, Como, Sondrio e Lecco per la regione Lombardia e dalla provincia del Verbano Cusio Ossola per la regione Piemonte;
   le mansioni che i nostri cittadini occupano sono in molti casi di rilievo e di elevata professionalità, e la loro attività è regolata e garantita da uno specifico accordo bilaterale tra Italia e Svizzera;
   va ritenuta inaccettabile ogni campagna discriminatoria, con sfondo razzista e xenofobo, nei confronti di chiunque, e pertanto a maggior ragione nei confronti di cittadini della Repubblica italiana che in maniera onesta e corretta esplicano il diritto al lavoro garantito dalla nostra Costituzione in un confinante Stato estero;
   è indispensabile un passo diplomatico dell'Italia a tutela dell'onore e dei diritti dei nostri cittadini, lavoratori transfrontalieri, al fine di far cessare una pericolosa e perniciosa campagna di stampa ai danni dei medesimi –:
   quali iniziative immediate ed urgenti intenda assumere il Governo nei confronti delle autorità della Confederazione elvetica e del Canton Ticino tese a interrompere immediatamente ogni iniziativa discriminatoria, xenofoba e offensiva nei confronti dei lavoratori italiani occupati in Canton Ticino. (4-00140)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 ottobre 2012 è entrato in vigore il decreto ministeriale 10 agosto 2012, n. 161 (regolamento recante la disciplina dell'utilizzazione delle terre e rocce da scavo) e, da tale data, in virtù di quanto disposto dall'articolo 39, comma 4, del decreto legislativo n. 205 del 2010, deve ritenersi abrogato l'articolo 186 del decreto legislativo n. 152 del 2006 vale a dire la disposizione del codice dell'ambiente che disciplinava le terre e rocce da scavo (TRS);
   la normativa sulle terre e rocce da scavo, infatti, si inserisce – o meglio scaturisce – dalla normativa sui rifiuti, in quanto finalizzata a stabilire quando un materiale scavato possa essere o meno qualificato come rifiuto;
   il Codice dell'ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006) è stato modificato dal decreto legislativo n. 205 del 2010 che ha recepito la direttiva rifiuti 19 novembre 2008 n. 2008/98/CE;
   l'articolo 39, comma 4, del decreto legislativo n. 205 del 2010 stabilisce che «dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all'articolo 184-bis, comma 2, è abrogato l'articolo 186»:
   con il decreto legislativo n. 205 del 2010, pertanto, l'articolo 186 ha assunto la caratteristica di norma temporanea, fino all'emanazione del decreto destinato a individuare le condizioni alle quali le terre e rocce da scavo possono essere considerate sottoprodotto;
   peraltro, prima che fosse adottato un decreto ministeriale ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, la materia è stata disciplinata da due decretazioni d'urgenza:
    a) dal decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27) cosiddetto decreto «Liberalizzazioni», il cui articolo 49, comma 1, dispone che «L'utilizzo delle terre e rocce da scavo è regolamentato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da adottarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto»;
    b) dal decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2 (convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 28) cosiddetto decreto «Ambiente», il cui articolo 3 reca l'interpretazione autentica dell'articolo 185 del decreto legislativo n. 152 del 2006 in materia di matrici materiali di riporto;
   proprio ai sensi dell'articolo 49, comma 1, del citato decreto-legge n. 1 del 2012 è stato emanato il decreto ministeriale 10 agosto 2012, n. 161, intitolato «Regolamento recante la disciplina dell'utilizzazione delle terre e rocce da scavo»;
   il decreto ministeriale n. 161 del 2012 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 settembre 2012 ed è entrato il vigore il 6 ottobre 2012;
   da tale data deve ritenersi abrogato l'articolo 186 del codice dell'ambiente, fatta salva la disciplina transitoria;
   l'entrata in vigore del decreto ministeriale n. 161 del 2012 che prevede rigorose ma anche onerose procedure per l'analisi e la caratterizzazione dei materiali sta creando rilevanti problemi all'attività edilizia, soprattutto dei cosiddetto «piccoli cantieri»;
   a fronte della produzione di poche centinaia di metri cubi di terre e rocce da scavo infatti le analisi chimiche vanno condotte sulla lista completa di analisi che comprende circa cento elementi e le procedure amministrative sono le stesse per i cantieri di grande infrastrutture od opere edili;
   si è inoltre posto, fra gli operatori del settore (aziende, professionisti e gli stessi comuni) il problema se il decreto ministeriale n. 161 del 2012 sia o meno applicabile anche ai materiali da scavo provenienti dai cosiddetto piccoli cantieri che costituiscono un'attività rilevante sia sotto profilo economico sia sotto quello ambientale per il loro elevato numero e la parcellizzazione sul territorio;
   con nota prot. 36288 del 14 novembre 2012, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, rispondendo ad un quesito dell'ordine dei geologi dell'Umbria, ha afferma sibillinamente che: «.... il decreto ministeriale in oggetto non ha trattato l'argomento in quanto l'articolo 266, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 così come modificato dall'articolo 2, comma 45-bis, decreto legislativo n. 4 del 2008 indicava la necessità di un diverso decreto in quanto: “Con successivo decreto, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive e della salute, è dettata la disciplina per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia”»;
   ne consegue che, anche in ragione del principio di precauzione, sia gli organi di controllo sia le imprese tutt'oggi applicano le procedure del decreto ministeriale n. 161 del 2012 anche ai piccoli cantieri –:
   entro quale data i Ministri interrogati ottempereranno all'obbligo di legge e adotteranno il decreto previsto dall'articolo 266, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, così come modificato dall'articolo 2, comma 45-bis, del decreto legislativo n. 4 del 2008 per la semplificazione amministrativa delle procedure relative ai materiali, ivi incluse le terre e le rocce da scavo, provenienti da cantieri di piccole dimensioni la cui produzione non superi i seimila metri cubi di materiale. (4-00134)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENTEMERO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la settecentesca villa Borromeo d'Adda è un complesso di edifici di circa 3.800 metri quadrati circondato da un parco di circa 30 ettari, situata nel comune di Arcore (MB), fondata dalla nobile famiglia D'Adda;
   la villa è stata definita una delle più sontuose residenze di campagna della Lombardia ed ha una rilevante importanza storica, artistica e turistica per il territorio locale;
   dal 1980 il complesso è di proprietà comunale e attualmente la destinazione d'uso prevista è Centro internazionale di ricerca, documentazione e progettualità sul paesaggio e l'ambiente;
   dal 2002 la scuderia ospita il corso di laurea quinquennale di restauro religioso, ligneo e di arte contemporanea dell'Accademia di Brera;
   nel 2010 è stato redatto il progetto definitivo per la ristrutturazione di un primo lotto. Il costo dell'intervento è pari a 2.700.000 euro, la cui copertura è stata prevista per 500.000 euro mediante contributo da parte della Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo (ARCUS spa) e per i rimanenti 2.200.000 euro a carico del comune di Arcore;
   lo stanziamento di 500.000 euro da parte di ARCUS spa non sarebbe stato ancora erogato;
   nell'ambito del piano per le opere pubbliche, il comune di Arcore ha previsto per il prossimo triennio la somma di 410.717,11 euro per spese necessarie alla progettazione esecutiva del I lotto nel 2013 e nel 2014, la somma di 2.290.000 euro per il restauro, considerando i 500.000 euro della società ARCUS spa –:
   a che punto sia lo stanziamento del contributo di 500.000 euro di Arcus a favore del restauro della villa Borromeo di Arcore per evitare l'ulteriore impoverimento e la rovina della storica dimora settecentesca. (5-00068)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   D'ARIENZO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 – semestre europeo – prime disposizioni urgenti per l'economia (Gazzetta Ufficiale n. 160 del 12 luglio 2011), era stato istituito, sperimentalmente per gli anni 2011 e 2012, un credito di imposta a favore delle imprese che finanziavano progetti di ricerca, in università ovvero enti pubblici di ricerca;
   il credito di imposta spettava per gli investimenti realizzati a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010 e fino alla chiusura del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2012;
   si ritiene utile continuare a favorire un'imprenditorialità altamente qualificata e di supporto al sistema economico nazionale –:
   se il Governo intenda assumere iniziative normative per rinnovare il credito d'imposta anche per il biennio 2013/2014;
   se siano risultate inutilizzate risorse rispetto all'impegno di spesa previsto da poter eventualmente reinvestire per il biennio 2013/2014. (5-00069)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   POLVERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 28 dicembre 2011, presso l'Istituto superiore di studi penitenziari in Roma, è iniziato il terzo corso di formazione per vice commissari in prova del ruolo direttivo ordinario del Corpo di polizia penitenziaria;
   l'articolo 9, del decreto legislativo n. 146 del 2000, prevede che i vice commissari penitenziari in prova frequentino, presso l'Istituto superiore di studi penitenziari dell'amministrazione penitenziaria, un corso di formazione teorico-pratico della durata di dodici mesi, durante il quale i corsisti non possono essere impiegati in servizi d'istituto;
   al termine del corso, il personale dichiarato idoneo al servizio nel Corpo di polizia penitenziaria sostiene un esame finale sulle materie oggetto del corso e coloro i quali hanno superato gli esami finali del corso sono nominati vice commissari penitenziari, prestando giuramento e venendo ammessi al ruolo direttivo ordinario del Corpo di polizia penitenziaria secondo l'ordine di graduatoria dell'esame finale;
   il corso di formazione è terminato il 26 gennaio 2013 e da quella data i vice commissari in prova si trovano presso l'Istituto superiore di studi penitenziari in attesa di poter sostenere l'esame finale, il cui inizio è calendarizzato per la prima decade di aprile 2013, occupando praticamente tutto il mese di aprile;
   l'UGL-Polizia Penitenziaria riferisce che ai corsisti pare sia stato informalmente comunicato che la loro permanenza presso l'Istituto superiore di studi penitenziari, in contrasto con l'articolo 9 del decreto legislativo n. 146 del 2000, si prolungherà almeno fino a settembre 2013, dovendo attendere l'espletamento delle procedure di avanzamento dei commissari del primo corso r.d.o. alla qualifica di commissario capo, a quanto consta all'interrogante non ancora iniziate dal consiglio di amministrazione del Ministero della giustizia, in quanto l'ammissione di questi ultimi alla qualifica superiore consentirebbe di liberare i posti in pianta organica destinati agli attuali vice commissari in prova;
   in un periodo drammatico quale quello che sta attraversando l'economia italiana appare difficilmente giustificabile l'utilizzo di denaro pubblico operato dall'amministrazione penitenziaria, che costringe all'inattività operativa quasi 130 funzionari di polizia penitenziaria, privati delle rispettive funzioni istituzionali;
   l'UGL Polizia Penitenziaria riferisce che più volte ha chiesto spiegazioni all'amministrazione penitenziaria in ordine ai ritardi patologici che caratterizzano le procedure di avanzamento relative ai ruoli direttivi della polizia penitenziaria, ivi compresa quella citata, ma nessuna risposta è giunta all'Organizzazione sindacale in questione da parte della pubblica amministrazione in questione;
   analoghe richieste di chiarimenti sono state formulate dalla citata Organizzazione sindacale in ordine alla tempistica del corso di formazione per funzionari di polizia penitenziaria in questione, che avrebbe dovuto consentire di avere in servizio effettivo i vice commissari già dal mese di febbraio 2013;
   si potrebbero, ad avviso dell'interrogante, individuare precise responsabilità contabili a carico di chi ha deciso di procedere comunque all'assunzione dei vice commissari in prova del terzo corso r.d.o., poiché a fine dicembre 2011 la dotazione organica della qualifica di riferimento (300 posti tra vice commissari e commissari, ex decreto legislativo n. 146 del 2000, tabella D) era pressoché completamente occupata dai funzionari già assunti dall'amministrazione con i due precedenti corsi di formazione (2005 e 2010), non esistendo, quindi, vacanze organiche attuali che giustificassero l'immissione in ruolo di altri 127 vice commissari in prova. In sintesi si sospetta che i vice commissari siano stati assunti con modalità di dubbia legittimità, non essendoci alcuna reale vacanza organica all'atto dell'assunzione;
   l'operato dell'amministrazione penitenziaria sarebbe stato corretto se quest'ultima avesse prima definito la procedura di avanzamento alla qualifica di commissario capo dei funzionari del primo corso r.d.o., avendo essi maturato i requisiti già dal 1o luglio 2011, per poi procedere alle assunzioni dei vice commissari in prova, attualmente fermi all'Istituto superiore di studi penitenziari, tenendo conto del reale numero di posti vacanti in pianta organica, determinato dalla promozione dei funzionari più anziani;
   l'amministrazione penitenziaria ha dato per scontato che l'effetto naturale della procedura di avanzamento alla qualifica di commissario capo sia rappresentato dalla promozione di un numero di funzionari pari all'intera dotazione organica prevista dalla normativa vigente (113 posti – attualmente tutti liberi – per commissario capo r.d.o. ex decreto legislativo n. 146 del 2000, tabella D), liberando così 113 posti di qualifica nel ruolo vice commissari/commissari;
   alla luce dei «Criteri di massima e criteri operativi per la valutazione dei titoli negli scrutini per merito comparativo per la promozione alla qualifica di Commissario Capo penitenziario del ruolo direttivo ordinario, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146, da adottarsi per il triennio 2011/2013», adottati, secondo l'interrogante con colpevole ritardo, dal consiglio d'amministrazione del Ministero della giustizia nella seduta del 3 febbraio 2012 (in Bollettino ufficiale ministero Giustizia 31 marzo 2012, n. 6), appare fin troppo evidente che molti funzionari corrono il rischio di permanere nella qualifica di commissario poiché non riusciranno a superare la soglia del punteggio minimo (50/100) previsto per l'ammissione allo scrutinio, per un verso, a causa della non valutabilità di titoli già presi in considerazione in occasione dello scrutinio precedente; per altro verso, in ragione di quelli che appaiono evidenti errori commessi dal consiglio di amministrazione nella determinazione delle singole categorie di titoli ammissibili;
   la creazione di un «tetto di cristallo», effetto del mancato avanzamento dei funzionari «anziani», con loro permanenza nella qualifica di commissario, potrebbe rendere illegittima ex post (ove non sia tale già ora) l'assunzione dei 127 vice commissari in prova, con ovvie ricadute in termini di responsabilità politica e contabile a carico di coloro i quali hanno autorizzato tali assunzioni –:
   se corrisponda al vero la ricostruzione in fatto e in diritto relativa alla vicenda testé tratteggiata;
   ove le informazioni in possesso dell'interrogante siano veritiere, quali iniziative intenda adottare:
    a) per ricondurre la situazione denunciata con la presente interrogazione nell'alveo della legalità, giuridica e contabile;
    b) per rivedere i «Criteri di massima e criteri operativi per la valutazione dei titoli negli scrutini per merito comparativo per la promozione alla qualifica di Commissario Capo penitenziario del ruolo direttivo ordinario», adottati dal consiglio di amministrazione, al fine di evitare che i commissari del primo corso r.d.o. costituiscano loro malgrado un «tetto di cristallo» per l'immissione in ruolo dei vice commissari del terzo corso r.d.o.;
    c) per impedire che sia vanificato l'impegno formativo profuso dai vice commissari in prova, impedendone una loro irragionevole permanenza presso l'Istituto superiore di studi penitenziari, senza poter dare il proprio contributo al servizio del Paese, operando al più presto negli istituti penitenziari italiani;
    d) per pervenire, ove del caso a un accertamento della titolarità delle connesse responsabilità giuridiche, contabili e disciplinari. (4-00153)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i cantieri sulla strada statale 131 rappresentano la più grave negligenza nella gestione di opere pubbliche statali in Sardegna;
   sono ormai trascorsi otto anni dall'aggiudicazione degli appalti per la realizzazione di due tratti della Carlo Felice e quei cantieri sono ancor oggi una quotidiana via crucis per migliaia di cittadini;
   i tempi di realizzazione sono ormai scaduti da tre anni per il tratto verso Sanluri, mentre i lavori non sono nemmeno iniziati per quello verso Nuraminis;
   la sicurezza dei cantieri, oltre ai disagi sulla strada più importante per la Sardegna, ha superato la soglia massima di rischio;
   sul posto si presentano lavori abbandonati senza alcun tipo di sicurezza, con la carreggiata stradale ridotta a vera e propria mulattiera;
   non è più procrastinabile un immediato intervento a tutela della sicurezza da parte degli organi competenti e un'indagine ministeriale sulla scandalosa gestione di quell'opera;
   i due cantieri sono stati aggiudicati, come si legge negli atti, rispettivamente il 4 e il 22 febbraio del 2005;
   sono trascorsi 8 anni e quei cantieri sono ancora in condizioni disastrose;
   il tratto verso Sanluri, secondo i cartelli dell'opera, obbligatori per legge sulla carreggiata stradale si sarebbe dovuto concludere nell'ottobre del 2010;
   i termini contrattuali indicati nel cartello lavori risultano scaduti quasi tre anni fa;
   da una verifica sul cantiere ci si rende conto che i lavori sono tutt'altro che in fase conclusiva e quindi i ritardi saranno ancora più gravi;
   il cantiere è in condizioni di sicurezza precaria sotto ogni punto di vista;
   il tratto da Villagreca a Nuraminis, secondo i cartelli dell'opera, si dovrebbe, invece, concludere, inspiegabilmente, nell'ottobre del 2013, nonostante la prima aggiudicazione sia del febbraio 2005 come l'altro;
   in questo caso, però, i lavori non sono di fatto nemmeno iniziati. Sul cantiere ci sono solo qualche picchetto, qualche reticolato in plastica e sommarie piste in terra;
   nella giornata di lunedì 1o aprile 2013 in quel tratto di strada si sono generati a causa di quei cantieri 20 chilometri di fila, amplificando, per via del controesodo pasquale, quel che capita in quel tratto di strada tutti i giorni;
   si tratta di cantieri abbandonati, con pochissimi operai, e in alcuni tratti ormai con un'incuria disarmante;
   la strada statale 131 è stata inclusa nel dicembre 2001 su richiesta del presidente della regione Sardegna nella delibera CIPE n. 121 nell'ambito dei «corridoi stradali» della regione Sardegna;
   l'11 ottobre del 2002 era stata sottoscritta l'intesa generale quadro tra Governo e regione Sardegna, che prevede il completamento e l'adeguamento della strada statale 131;
   nel 2003 vengono redatti i progetti definitivi di due dei tre lotti che vengono approvati dall'ANAS il 25 settembre;
   il 13 gennaio 2004 l'ANAS approva il progetto definitivo del 3o lotto con un importo stimato in 133,3 milioni di euro;
   l'ANAS pubblica il bando di gara del 1o lotto (dal chilometro 23+885 al chilometro 32+412) per l'importo di 20,4 milioni di euro e il bando di gara del 2o lotto (dal chilometro 32+412 al chilometro 41+000) per l'importo di 35,5 milioni di euro;
   il 4 febbraio 2005 viene aggiudicato il 1o lotto per 17,152 milioni di euro ed il 22 febbraio il 2o lotto a 29,5 milioni di euro;
   in teoria il 5 dicembre 2007 iniziano i lavori dal chilometro 32+300 al chilometro 41+000;
   in data 11 maggio 2010, dopo 5 anni dal primo bando, l'ANAS consegna i lavori di ammodernamento e di adeguamento dal chilometro 23+885 al chilometro 32+412 – Nuraminis-Villagreca;
   in base ai dati comunicati dal responsabile unico del procedimento al 31 maggio 2011, si rilevano le seguenti percentuali di avanzamento dei lavori:
    17 per cento per il lotto dal chilometro 23+885 al chilometro 32+412 - Nuraminis-Villagreca;
    58 per cento per il lotto dal chilometro 32+412 al chilometro 41+000 - Svincolo Villasanta;
   la data di ultimazione per il lotto Nuraminis-Villagreca è fissata al 22 ottobre 2013 che, considerato lo stato d'avanzamento dell'opera, risulta praticamente impossibile da rispettare;
   è indispensabile mettere in campo iniziative urgenti per risolvere la questione;
   occorre promuovere anche attraverso gli organi competenti dello Stato, a partire dalla polizia stradale, una puntuale verifica sul grado di pericolosità di quei cantieri e della stessa segnaletica che appare all'interrogante fuori da qualsiasi norma;
   è urgente che le autorità competenti accertino lo stato della sicurezza in quei 18 chilometri, relativi ai due cantieri e che si provveda a disporre eventuali prescrizioni –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire urgentemente con l'Anas per affrontare e risolvere la gestione, ad avviso dell'interrogante scandalosa, di questi due cantieri e del completamento dell'intera arteria statale di prima importanza per la Sardegna;
   se non ritenga di dover accertare come sia possibile che interventi per quasi 60 milioni di euro non siano stati conclusi in tempi minimi piuttosto che prolungarsi all'infinito;
   se non ritenga di dover valutare l'eventuale accresciuto costo dei lavori, oltre al danno causato ai singoli automobilisti in termini di tempo e costi;
   se non ritenga di dover istituire presso il Ministero una commissione d'indagine per capire quali sono le cause reali di quello che all'interrogante appare uno scandaloso ritardo e perseguire eventuali responsabilità;
   se non ritenga di dover chiedere urgenti chiarimenti al presidente dell'Anas sullo stato dei lavori e sulle immediate iniziative che intende attivare per risolvere definitivamente la questione. (3-00015)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARRESCIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il collegamento stradale tra il porto di Ancona e l'autostrada A14, con bretella di collegamento alla variante alla strada statale 16 è opera di fondamentale importanza per il porto di Ancona;
   l'intervento riguarda la realizzazione di un collegamento viario ad elevata capacità tra il porto di Ancona, l'autostrada A14 e la variante alla strada statale 16, di cui è in corso di progettazione l'ampliamento:
    i dati salienti dell'opera sono i seguenti:
     lunghezza: 10,7 chilometri;
     sezione categoria «B» strade extraurbane principali (2+2 corsie di marcia larghe 3,75 metri ciascuna con spartitraffico centrale e banchine laterali);
     due gallerie, ciascuna a due fornici (Ghettarello, 3,125 chilometri, con scavo meccanizzato; Palombella, 1,078 chilometri, con scavo tradizionale);
     tempi di realizzazione opera: 6 anni;
     costo complessivo dell'investimento: 574,5 milioni di euro;
   il collegamento stradale tra il porto di Ancona e l'autostrada A14, con bretella di collegamento alla variante alla strada statale 16 è compresa nel 1o programma delle infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale di cui alla delibera CIPE n. 121/2001 e confermato dal documento «infrastrutture prioritarie» redatto dal Ministero delle infrastrutture nel novembre 2006;
   l'opera fa parte dell'intesa generale quadro tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione Marche, sottoscritta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in data 24 ottobre 2002;
   il progetto preliminare redatto dall'Anas è stato approvato con delibera del consiglio di amministrazione in data 15 marzo 2005. È stato sottoposto a procedura di VIA, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 190 del 2002, ed ha ottenuto parere favorevole, con prescrizioni, dalla commissione speciale VIA in data 31 marzo 2006;
   il consiglio di amministrazione dell'Anas del 20 febbraio 2006 ha deliberato l'inclusione del progetto nel master plan delle opere da realizzare mediante l'istituto del project financing. Nel corso del mese di luglio 2007 l'Anas ha pubblicato l'avviso indicativo per la selezione del promotore per la progettazione, realizzazione e gestione, con il sistema del project financing, del collegamento stradale tra il porto di Ancona e la grande viabilità; alla scadenza del termine fissato (16 novembre 2007) per la presentazione delle domande l'Anas ha ricevuto 10 proposte da parte degli aspiranti promotori;
   in data 23 aprile 2008 il Consiglio di amministrazione dell'Anas ha dichiarato di pubblico interesse la proposta presentata dall'ATI Impreglio – Astaldi – Pizzarotti – Itinera, che avrà il diritto di prelazione nella successiva fase di gara per la selezione del concessionario;
   in data 14 luglio 2008 il progetto preliminare presentato dal promotore è stato trasmesso alla struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la conseguente istruttoria per la sottomissione del progetto preliminare all'approvazione del CIPE;
   in data 16 gennaio 2009 si è provveduto alla pubblicazione del progetto e lo stesso è stato trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministero per i beni e le attività culturali e alla regione Marche, per il rilascio da parte degli stessi delle integrazioni ai pareri, a suo tempo rilasciati, necessari per la successiva approvazione del progetto preliminare e della proposta presentata dal promotore, da parte del CIPE;
   in data 29 luglio 2009 la commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha espresso parere positivo con prescrizioni, rilevando che il progetto del promotore sostanzialmente non varia rispetto a quello già presentato da Anas nel 2005, se non per aspetti di dettaglio;
   dal 21 settembre 2009 al 22 ottobre 2009 si è tenuto il collegio tecnico, istituito ai sensi dell'articolo 165 comma 6, lettera b) del decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni e composto dai rappresentanti della struttura tecnica di missione del MIT, regione Marche, comune di Ancona, autorità portuale di Ancona, R.F.I., Multiservizi s.p.a., ed ANAS s.p.a., che al termine dei lavori ha definito un quadro prescrittivo di varianti progettuali;
   il progetto preliminare e la proposta del promotore sono stati approvati dal CIPE con delibera n. 34 del 13 maggio 2010;
   in data 11 agosto 2010 è stato pubblicato il bando di gara ai sensi dell'articolo 155, comma 1, del decreto legislativo n. 163 del 2006 per l'individuazione del concessionario. Alla scadenza del 30 settembre 2010 sono state presentate sei domande di prequalifica, tutte ammesse alla fase successiva della procedura;
   in data 26 novembre 2010 è stata pubblicata la delibera CIPE n. 34 del 13 maggio 2010, registrata dalla Corte dei conti in data 12 novembre 2010;
   in data 5 maggio 2011 il CIPE ha approvato con prescrizioni, lo schema di convenzione;
   in data 26 novembre 2011 è stata pubblicata la delibera CIPE n. 9 del 5 maggio 2011. Lo schema di convenzione disciplina il rapporto tra il concedente (ANAS s.p.a.) ed il concessionario per la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento viario;
   in data 15 dicembre 2011 sono state trasmesse le lettere di invito ai soggetti prequalificati. La scadenza per la presentazione delle offerte è stata fissata al 15 febbraio 2012;
   ai sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 98 del 2011 (convertito dalla legge n. 111 del 2011), in seno al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è stata istituita l'Agenzia per le infrastrutture stradali ed autostradali, che compie opera di vigilanza e controllo in nome per conto del Ministero. Tale Agenzia ha sostituito l'ANAS in qualità di stazione appaltante;
   in data 15 febbraio 2012, non risultando pervenute ulteriori offerte oltre a quella del promotore, è stata avviata la procedura negoziata per l'aggiudicazione definitiva dell'opera (rif. articolo 56 del decreto legislativo n. 163 del 2006);
   il 1o ottobre 2012 le attività di vigilanza sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e il relativo personale dell'Ispettorato di vigilanza in capo ad Anas, sono stati trasferiti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, (rif. articolo 11, comma 5, del decreto-legge n. 216 del 2011, convertito dalla legge n. 14 del 2012);
   con decreto ministeriale n. 341 del 1o ottobre 2012 tutte le concessioni in capo all'Anas sono passate al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella istituenda struttura di vigilanza sulle concessioni autostradali nell'ambito del dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali e il personale;
   con il decreto-legge n. 179 del 2012 (il cosiddetto «decreto sviluppo»), è stata data la possibilità di favorire la realizzazione di nuove infrastrutture previste in contratti di partenariato pubblico-privato per le quali venga accertata la non sostenibilità economico-finanziaria, con agevolazioni e cofinanziamenti utili a ripristinare l'equilibrio del piano economico-finanziario (cfr. articolo 33 del citato decreto). Tale possibilità è prevista, a determinate condizioni, anche per i bandi già assegnati, come il caso in questione;
   nonostante il tempo trascorso ed i continui solleciti sia della regione Marche sia del comune di Ancona non si è ancora riusciti a firmare la convenzione tra il concedente ed il concessionario –:
   se sia a conoscenza dei motivi del ritardo nella firma della convenzione;
   se i motivi siano da imputarsi solo a ritardi burocratici oppure alla scarsa volontà dell'impresa di eseguire l'opera;
   quali iniziative intenda adottare per sbloccare una situazione insostenibile che sta danneggiando lo sviluppo del porto di Ancona e dell'economia marchigiana.
(4-00132)


   NARDUOLO, BONOMO, LATTUCA, ZARDINI, ROTTA, COMINELLI, TENTORI e MATTIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sugli organi di stampa – con particolare riferimento alle notizie degli ultimi giorni – si è letto il tragico racconto del «sangue sulle strade» e dagli stessi organi di stampa si apprende come ogni anno siano quattromila le persone che muoiono sulle strade, mentre più di duecentomila sono i feriti e quasi ventimila gli invalidi permanenti. In particolare, nell'ultimo anno, a causa degli incidenti stradali, sono morti quasi mille ragazzi che avevano meno di 30 anni. In Italia nel 2011 sono morte 972 persone sotto i 30 anni, 567 delle quali avevano un'età compresa tra i 18 e i 25 anni;
   nella comunicazione (2010) 389/3 della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Verso uno spazio europeo della sicurezza stradale: orientamenti 2011-2020 per la sicurezza stradale» si sottolinea come «la sicurezza stradale è una questione di importanza fondamentale per la società. Nel 2009, sulle strade dell'Unione europea sono morte più di 35.000 persone (l'equivalente di una città di medie dimensioni) e i feriti sono stati non meno di 1.500.000. Il costo per la società è altissimo: nel 2009 ammontava a circa 130 miliardi di euro. Nella comunicazione “Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, la Commissione ha posto l'accento sul valore della coesione sociale, di un'economia più verde, dell'istruzione e dell'innovazione, sottolineandone l'importanza per l'Europa. Questi obiettivi devono essere integrati nei vari elementi della politica europea dei trasporti, che deve essere diretta a garantire una mobilità sostenibile per tutti i cittadini, “decarbonizzare” i trasporti e sfruttare tutte le potenzialità offerte dai progressi tecnologici» e si aggiunge che «per migliorare l'efficienza complessiva del sistema dei trasporti e rispondere alle necessità e alle aspettative dei cittadini e delle aziende è essenziale ridurre il numero di morti e feriti tra gli utenti della strada. Pertanto, è necessario un approccio coerente, olistico e integrato che tenga conto delle sinergie con le finalità delle altre politiche: le politiche per la sicurezza stradale a livello locale, nazionale, europeo o internazionale devono integrare gli obiettivi pertinenti delle altre politiche pubbliche e viceversa» –:
   se il Governo stia adottando le opportune iniziative e a quale livello di concretizzazione siano le indicazioni europee, in particolare per quel che riguarda: a) creazione di un quadro strutturato e coerente di cooperazione basato sulle migliori pratiche diffuse tra gli Stati membri, condizione necessaria per un'attuazione efficace degli orientamenti 2011-2020 per la sicurezza stradale; b) elaborazione di una strategia per i feriti e gli interventi di primo soccorso, per dare una risposta alla necessità sempre più pressante di ridurre il numero di feriti sulle strade; c) miglioramento della sicurezza degli utenti vulnerabili della strada e in particolare dei motociclisti, che alla luce delle statistiche sull'incidentalità destano particolare preoccupazione. (4-00145)


   LATTUCA, PAGANI, MARCO DI MAIO, MOLEA e GIANLUCA PINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 agosto 2001, la regione Veneto ha siglato con il Governo il primo accordo quadro nel quale si è impegnata a redigere, d'intesa con la regione Emilia-Romagna, il progetto preliminare per la realizzazione dell'asse autostradale E55 Ravenna-Venezia «Nuova Romea» e ad attivare tutte le procedure conseguenti necessarie per la sua realizzazione;
   nello stesso anno la delibera CIPE n. 121, intervenuta in attuazione della legge n. 443 del 2001 «legge obbiettivo», ha previsto, tra le opere strategiche da realizzare, l'E55, insieme alla riqualificazione della E45 e alla trasversale Orte-Civitavecchia;
   a giugno 2012, dopo un iter durato più di un decennio, il progetto del corridoio autostradale dorsale E55 Orte-Mestre è stato inserito dal Governo fra le opere prioritarie da realizzare attraverso lo strumento del project financing (il promotore concessionario privato è già stato selezionato con gara) con gli incentivi fiscali previsti dalla legge n. 183 del 2011, come riportato dalle linee guida all'allegato infrastrutture 2013-2015;
   i cittadini delle province di Forlì-Cesena e di Ravenna attendono da tempo lo sblocco di questo progetto, alla cui realizzazione sono legate importanti opportunità per il territorio interessato e la soluzione dell'annoso problema dell'E45 (che si trova in uno stato sempre più degradato e con una manutenzione assolutamente inadeguata, in parte tenuta in sospeso proprio in attesa del nuovo intervento strutturale), come più volte sollecitato dalla regione Emilia-Romagna al Governo;
   la mancata approvazione, da parte del CIPE, del progetto per l'autostrada E55 Orte-Mestre – diversamente da quanto sarebbe stato garantito il 29 agosto 2012 da dirigenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al presidente della provincia di Forlì-Cesena e al sindaco di Cesena – determina una forte preoccupazione per l'ennesima interruzione dell'iter già sin troppo travagliato (oltre un decennio) di realizzazione della stessa. L'ulteriore rinvio di questo progetto comporta, in questa difficilissima fase della vita del Paese, l'allontanarsi della possibilità di ripresa economica (in termini di lavoro, crescita, valorizzazione dei territori) ad esso legata e sulla quale il territorio romagnolo contava –:
   quali iniziative intenda porre in essere nei confronti del CIPE per superare l'inaccettabile ulteriore ritardo nella approvazione dell'opera che, dopo dieci anni di progetti e confronti, non può più attendere;
   quali azioni intenda intraprendere affinché si giunga al più presto alla realizzazione della Nuova Romea Cesena-Mestre ed alla riqualificazione della E/45 Cesena-Orte, fondamentali per tutto il territorio dell'Emilia-Romagna e vitali per il collegamento nord-sud del Paese.
(4-00149)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAOLA BRAGANTINI, D'OTTAVIO e MATTIELLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione. — Per sapere – premesso che:
   sabato 30 marzo 2013 un gruppo di oltre 150 persone, precedentemente ospitate nei centri di accoglienza allestiti per l’«emergenza nord Africa» all'interno del territorio comunale di Torino, ha occupato due palazzine della zona nota come ex Villaggio Olimpico, sita in via Giordano Bruno, a Torino. Oggi già si contano oltre 400 occupanti, cui se ne stanno aggiungendo altri, provenienti anche da altre regioni;
   i finanziamenti ministeriali erogati per affrontare questa emergenza sono purtroppo terminati, e centinaia di profughi, ormai privi di riferimenti, costituiscono per il comune di Torino fonte di grande preoccupazione;
   le amministrazioni locali non possono essere lasciate sole ad affrontare la gestione sociale di questi fenomeni migratori –:
   con quali modalità e con quali risorse i Ministri intendano affrontare questa emergenza, affiancando, per quanto di competenza, le amministrazioni locali coinvolte. (4-00131)


   ARLOTTI e PETITTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la provincia di Rimini, in ragione della peculiare vocazione turistica è meta privilegiata di turisti italiani tanto da far registrare nel corso dell'ultima stagione estiva la presenza di oltre 16.000.000 di turisti;
   è evidente che l'afflusso di turisti si collega direttamente anche alla dinamica delittuale su base provinciale;
   considerevole è, infatti, l'aumento dei reati riconducibili alla criminalità diffusa che destano un particolare allarme sociale, quali scippi, borseggi, rapine, furti negli appartamenti, furti di automobili, spaccio di sostanze stupefacenti, reati connessi allo sfruttamento della prostituzione e altro;
   si verifica, inoltre, un sensibile incremento del fenomeno dell'abusivismo commerciale, anche per il consistente numero di cittadini extracomunitari provenienti da altre regioni, che si riversano sulla costa riminese attratti dalle possibilità di guadagno connesse ai flussi turistici;
   a questo vi è da aggiungere anche la forte intensificazione del traffico veicolare, con conseguente aumento della esigenza di prevenzione della guida in stato di ebbrezza e di altri pericolose condotte di guida, specie nelle ore notturne alla luce della ingente presenza di locali e discoteche;
   sempre in relazione all'ordine pubblico la Riviera nel periodo estivo è luogo di feste, concerti e manifestazioni varie tra cui, a titolo di mero esempio, si ricorda l'annuale edizione del meeting per l'amicizia fra i popoli cui intervengono, oltre al Presidente del Consiglio dei ministri, personalità istituzionali, di governo anche estero, del mondo politico, culturale, ecclesiastico e sportivo, oppure l'evento denominato «Notte rosa», ribattezzato il «Capodanno dell'estate italiana» (che anche nella passata edizione ha richiamato oltre due milioni di persone); infine, tra le gare di auto e moto, il mondiale superbike (mese di giugno) e l'annuale edizione del Gran premio motociclistico di San Marino e delle riviera di Rimini, prova che fa parte del Motomondiale e che da circa vent'anni si disputa nel mese di settembre presso il Misano World Circuit di Misiano Adriatico (Rimini), la Fiera internazionale di «wellness»;
   in relazione a quanto sopra esposto, è del tutto evidente l'impegno a cui sono chiamate le forze di polizia, al fine di mantenere una adeguata capacità di controllo del territorio in questa provincia;
   prefettura e questura hanno già evidenziato presso il Ministero la necessità di potenziare le dotazioni organiche e di mezzi a disposizione per la provincia di Rimini: si tratterebbe di provvedere attraverso aggregazioni stagionali di personale con la destinazione di automezzi e dotazioni strumentali aggiuntive al fine di predisporre gli opportuni servizi di controllo del territorio, nonché di istituire, come di consueto, i posti estivi della polizia di Stato in Riccione e Bellaria-Igea Marina ed il posto estivo della specialità polizia ferroviaria in Riccione –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine di potenziare gli organici delle forze di polizia operanti in provincia di Rimini, mediante aggregazione per il periodo 1o luglio - 15 settembre 2013, e, conseguentemente, di potenziare i mezzi a loro disposizione.
(4-00136)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la Corte costituzionale, con la sentenza n. 147 del 4 giugno 2012, riconosce la fondatezza del ricorso presentato da sette regioni, e dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 19, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011, poi convertito nella legge n. 111 del 2011, in tema di dimensionamento scolastico, il quale dispone che: «Per garantire un processo di continuità didattica nell'ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall'anno scolastico 2011-2012 la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti comprensivi per acquisire l'autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche»;
   la sentenza n. 147 dichiara l'illegittimità della riportata disposizione essendo la programmazione del dimensionamento della rete scolastica, in base all'articolo 138 del decreto legislativo n. 112 del 1998, funzione della regione sulla base dei piani provinciali;
   molte regioni, tra cui la Lombardia, hanno approvato piani di dimensionamento della rete scolastica, in attuazione di una misura finalizzata a «garantire la continuità didattica», ma anche, come specificato da una prima circolare applicativa del MIUR del 2011, n. 8220, rispondente «a finalità di contenimento della spesa e al raggiungimento dell'obiettivo della stabilizzazione della finanza pubblica»;
   sono stati effettuati ricorsi al T.A.R., da parte delle istituzioni scolastiche e delle famiglie e alla Corte costituzionale da parte delle giunte delle regioni Puglia, Toscana, Emilia-Romagna, Umbria, sulla base della complessa ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni, così come disegnata dall'articolo 117 della Costituzione, che lascia alla legislazione esclusiva dello Stato le «norme generali sull'istruzione», demandando alla potestà legislativa concorrente Stato-regioni la materia dell'istruzione, che si esplica tramite poteri legislativi autonomi ma circoscritti;
   nel caso del dimensionamento già una sentenza della Consulta, la n. 200 del 2009, aveva riscostruito il variegato e stratificato quadro normativo in materia. La Corte, nel ricordare che le «norme generali sull'istruzione» attengono alla competenza legislativa esclusiva statale, richiamava la precedente pronuncia del 2004, n. 13, rammentando che «nel complesso intrecciarsi in una stessa materia di norme generali, principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche... il prescritto ambito di legislazione regionale sta proprio nella programmazione della rete scolastica. È infatti implausibile che il legislatore costituzionale abbia voluto spogliare le Regioni di una funzione che era già ad esse conferita nella forma della competenza delegata dall'articolo 138 del decreto legislativo n. 112 del 1998»;
   la sentenza della Corte costituzionale richiama anche altre norme intervenute nel tempo, come il decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 1998 o la legge n. 189 del 2008 (di conversione del decreto-legge n. 154 del 2008) che ribadiscono la competenza delle regioni, e degli enti locali, in ordine al dimensionamento scolastico;
   la Corte ha riconosciuto, con la recente sentenza n. 147, la competenza delle regioni, ricordando le proprie precedenti pronunce a proposito del dimensionamento e negando che le disposizioni censurate possano rappresentare norme generali dell'istruzione (di competenza statale nell'ambito della legislazione esclusiva) ma anche escludendo che le stesse possano ricomprendersi nei «principi fondamentali», riservati allo Stato nell'ambito della legislazione concorrente;
   le norme censurate, secondo la Corte, esplicano un «intervento di dettaglio, da parte dello Stato, in una sfera che, viceversa, deve rimanere affidata alla competenza regionale»;
   l'articolo 21, comma 3, della legge 15 marzo 1997 n. 59, afferma che «I requisiti dimensionali ottimali per l'attribuzione della personalità giuridica e dell'autonomia alle istituzioni scolastiche... anche tra loro unificate nell'ottica di garantire agli utenti una più agevole fruizione del servizio di istruzione, e le deroghe dimensionali in relazione a particolari situazioni territoriali o ambientali sono individuati in rapporto alle esigenze e alla varietà delle situazioni locali e alla tipologia dei settori di istruzione compresi nell'istituzione scolastica. Le deroghe dimensionali saranno automaticamente concesse nelle province il cui territorio è per almeno un terzo montano, in cui le condizioni di viabilità statale e provinciale siano disagevoli e in cui vi sia una dispersione e rarefazione di insediamenti abitativi», il comma 4 afferma che «La personalità giuridica e l'autonomia sono attribuite alle istituzioni scolastiche...a mano a mano che raggiungono i requisiti dimensionali di cui al comma 3 attraverso piani di dimensionamento della rete scolastica, e comunque non oltre il 31 dicembre 2000 contestualmente alla gestione di tutte le funzioni amministrative che per loro natura possono essere esercitate dalle istituzioni autonome»;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 18 giugno 1998 recita che il raggiungimento delle dimensioni ottimali delle istituzioni scolastiche ha lo scopo di garantire l'efficace esercizio dell'autonomia, dando stabilità nel tempo alle istituzioni scolastiche e offrendo alle comunità locali una pluralità di scelte. I parametri individuati all'articolo 2 comma 2 del suddetto regolamento prevedono di norma una popolazione scolastica compresa tra 500 e 900 alunni, escludendo le piccole isole, i comuni montani e le aree geografiche contraddistinte da specificità etniche o linguistiche, che possono essere ridotti fino a 300;
   molte istituzioni scolastiche sono in reggenza a causa della non ancora immissione in ruolo dei candidati che hanno superato le prove del concorso per dirigente scolastico, creando un grave disservizio al sistema nazionale di istruzione –:
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda porre in atto e quali indicazioni intenda fornire relativamente al dimensionamento della rete scolastica per l'anno scolastico 2013/14 in modo che sia reso effettivo l'articolo 19, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n 111 del 2011 e affinché in tutte le regioni italiane sia effettuato il dimensionamento della rete scolastica come previsto dall'articolo 21, commi 3-4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e siano rispettati i parametri previsti dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 18 giugno 1998.
(5-00066)


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale n. 39 del 30 gennaio 1998 (allegato tabella A) dispone le classi di concorso nelle scuole ed istituti di istruzione secondaria ed artistica. Tra queste, la classe di concorso 44/A «linguaggio per la cinematografia e la televisione» per l'insegnamento di «linguaggio cinematografico e televisivo», «storia e tecnica dello spettacolo», «tecnica del montaggio cinematografico e televisivo», «tecniche professionali», all'interno degli istituti professionali per la cinematografia e la televisione;
   il decreto ministeriale n. 31 del 14 marzo 2012 (allegato tabella B) definisce i posti disponibili per le immatricolazioni ai corsi di tirocinio formativo attivo per l'abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria di secondo grado per l'anno scolastico 2011-12. La classe A044, «linguaggio per la cinematografia e la televisione» non compare tra le classi di concorso per cui è stato avviato il tirocinio formativo attivo;
   al momento non tutte le cattedre disponibili per questa classe di concorso sono coperte da personale di ruolo e non esiste personale in esubero –:
   se e quando si intenda procedere all'avvio dei corsi di tirocinio formativo attivo per la classe di concorso A044, per consentire l'abilitazione degli aspiranti docenti in possesso dei requisiti necessari per la suddetta classe. (5-00067)


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito della revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei percorsi di istruzione liceale, l'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, stabilisce che all'organizzazione dei percorsi delle sezioni bilingue, delle sezioni ad opzione internazionale, di liceo classico europeo, di liceo linguistico europeo e ad indirizzo sportivo si provvederà con distinto regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sulla base dei criteri previsti dal citato regolamento;
   è stato già approvato dal Consiglio dei ministri un regolamento sull'organizzazione delle sezioni ad indirizzo sportivo nella seduta dell'11 gennaio 2013 –:
   se il Ministro abbia intenzione di procedere alla definizione di regolamenti relativi anche all'organizzazione dei percorsi delle sezioni bilingue, delle sezioni ad opzione internazionale, di liceo classico europeo, di liceo linguistico europeo, nell'ottica di proseguire la revisione dell'assetto dei percorsi liceali, così come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2012, n. 89. (5-00070)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   fino al 2012, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) nei primi mesi dell'anno effettua massive operazioni di invio postale della certificazione unica dei redditi ai soggetti per i quali assolve funzione di sostituto d'imposta;
   relativamente all'obbligo di trasmettere la certificazione unica dei redditi relativa all'anno d'imposta 2012 per la dichiarazione dei redditi da assolvere nel 2013, l'Inps renderà disponibile il CUD soltanto in modalità telematica;
   infatti, la legge 24 dicembre 2012, n. 228, cosiddetta legge di stabilità 2013, all'articolo 1, comma 114, ha previsto che, a decorrere dall'anno 2013, «gli enti previdenziali rendono disponibile la certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente, pensione e assimilati in modalità telematica. È facoltà del cittadino richiedere la trasmissione del CUD in forma cartacea. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;
   dunque, gli enti previdenziali non inviano più il CUD ai pensionati in formato cartaceo, se non su espressa richiesta dell'interessato;
   a motivo di ciò, l'Istituto nazionale della previdenza sociale ha reso disponibile la certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente, pensione e assimilati (CUD) sul proprio sito istituzionale www.inps.it, nella sezione servizi online – servizi al cittadino;
   ai sensi di quanto disposto dal summenzionato articolo 1, comma 114, della legge di stabilità 2013, per tutti coloro che ne faranno esplicita richiesta, inoltre, sarà possibile ottenere il CUD in formato cartaceo attraverso uno dei canali alternativi descritti in dettaglio nella circolare n. 32 del 26 febbraio 2013, tra i quali: le agenzie INPS, recandosi agli sportelli veloci dedicati al rilascio del CUD; le postazioni informatiche self-service, disponibili presso le strutture territoriali dell'Istituto; la posta elettronica, inviando una mail da un indirizzo di posta elettronica certificata CEC-PAC; i centri di assistenza fiscale; gli uffici postali appartenenti alla rete «Sportello Amico», a pagamento; solo da ultimo gli enti di patronato;
   molte famiglie sono sprovviste di computer e, soprattutto gli anziani, spesso non hanno la necessaria dimestichezza con i sistemi informatici;
   di conseguenza, si è di fatto generata una situazione di confusione e maggiore difficoltà per quelle fasce di popolazione che non hanno la possibilità o la capacità di connettersi a internet e stampare dal sito dell'Inps il modello CUD, utilizzando il proprio codice Pin (rilasciato per metà via mail e per metà con un sms sul telefonino);
   inoltre, ad essere colpite saranno particolarmente le categorie più deboli, gli anziani ed i disabili, i quali dovranno affrontare spostamenti a volte assai faticosi, se non impossibili, e spese non previste per ottenere una documentazione necessaria ai fini fiscali;
   il pagamento del servizio di rilascio dei CUD da parte degli uffici postali – i cui sportelli costituiscono interfaccia abituale per molti cittadini, soprattutto anziani, per lo svolgimento di altre operazioni (incasso assegni delle pensioni, depositi e altro) – appare da un lato inspiegabile, data la necessità di ottenimento della documentazione ai fini fiscali di tutti i cittadini; dall'altro iniquo rispetto alla previsione gratuita di ottenimento dello stesso documento attraverso canali alternativi;
   la novità telematica per il rilascio della certificazione fiscale non è stata accompagnata da una campagna informativa tale da illustrare chiaramente al cittadino le modalità messe a sua disposizione per venire in possesso della forma cartacea del CUD;
   a riguardo, solo con il messaggio n. 5024 del 22 marzo 2013, l'Inps ha evidenziato che, oltre ai canali e agli strumenti già indicati in precedenza, per ottenere il CUD i cittadini possono avvalersi del servizio offerto dagli enti di patronato, in forma assolutamente gratuita. L'erogazione del servizio è infatti ammessa su specifica richiesta del cittadino interessato e dietro apposito mandato il quale, unitamente ad una copia del documento del richiedente, dovrà essere conservato dal patronato ed esibito a richiesta dell'Inps;
   si contesta inoltre anche la scelta di non inviare più al domicilio l'OBISM creando molto disagio; esso non riguarda l'obbligo di ottemperare agli adempimenti fiscali, ma è comunque un documento che permette al pensionato o a chi gli presta assistenza fiscale e previdenziale di avere certezza sugli importi mensili e della 13sima mensilità, anche rispetto a questo –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito alla situazione;
   se non ritenga opportuno adoperarsi per mettere in atto un'adeguata campagna informativa in tempi celeri che permetta di fare chiarezza in merito alle modalità di rilascio del CUD, anche al fine di ripristinare un clima di serenità tra le categorie più deboli, gli anziani ed i disabili;
   se, infine, non intenda assumere specifiche iniziative affinché sia garantito il servizio di rilascio del CUD a titolo assolutamente non oneroso per l'utente quale che sia l'istituto, l'ente o il soggetto abilitato al rilascio di una documentazione indispensabile ai fini fiscali per tutti i cittadini.
(2-00015) «Gnecchi, Lenzi, Maestri, Incerti, Boccuzzi, Nicoletti, Fabbri, Petitti, Mosca, Damiano, Bobba, Rosato, Ginefra, Mongiello, D'Incecco, Amato, Bossa, Murer, Berretta, Naccarato, Rampi, Dell'Aringa, Giampaolo Galli, Verini, Tullo, Giacobbe, Carocci, Baretta, Cenni, Giovanna Sanna, Rocchi, Lattuca, Fregolent, Pes, Scalfarotto, Bellanova, Miotto».

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   ZACCAGNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI, PARENTELA, BENEDETTI e LUPO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 15 marzo 2013, la Commissione europea si è espressa sulla sospensione dell'uso dei pesticidi neonicotinoidi, utilizzati spesso in agricoltura ma considerati i maggiori responsabili della morte di intere colonie di api, indispensabili alla sopravvivenza dell'ecosistema;
   la votazione all'interno della Commissione europea ha visto il voto favorevole per la messa al bando di tali pesticidi di 13 Paesi, tra i quali l'Italia, 9 voti contrari e 5 astenuti. Nonostante la volontà degli Stati membri appaia chiara, la Commissione non ha potuto far altro che prendere atto e rinviare la decisione, in mancanza di una maggioranza qualificata;
   è necessario ricordare che le api impollinano il 50 per cento dei fiori garantendo così la riproduzione della metà delle piante presenti sul pianeta; la loro scomparsa significherebbe quindi compromettere il benessere e l'equilibrio di tutta la flora terrestre e di conseguenza della fauna. La comunità scientifica italiana, europea e mondiale, secondo quanto ricordato dalla responsabile agricoltura di Greenpeace, Federica Ferrarlo, ha messo in guardia più volte sul pesante contributo che neonicotinoidi e altri pesticidi apportano al drammatico declino delle api ed appare quindi urgente agire per vietare l'uso di tali prodotti e tutelare il nostro ecosistema;
   gli interroganti ritengono fondamentale il ruolo che le api hanno nella «valutazione» della qualità dell'ambiente in cui vivono e viviamo: «Se un giorno le api dovessero scomparire, all'uomo resterebbero soltanto quattro anni di vita». Queste sono le parole pronunciate dal genio Albert Einstein;
   esse sono, infatti, considerate una sorta di «sentinella» dell'ambiente, poiché nel loro corpo, se pur in concentrazioni che non fanno temere per la salute umana, sono stati spesso rinvenuti contaminanti ambientali quali metalli pesanti, radionuclidi gamma emittenti, microinquinanti organici, idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenili, pesticidi, microrganismi patogeni;
   le misure di sospensione e i divieti proposti dalla Commissione europea riguardavano tre pesticidi commercializzati da Syngenta e Bayer (imidacloprid, clothianidin e/o thiamethoxam) che in Italia sono già al bando per la concia delle sementi;
   nel nostro Paese, inoltre, da quattro anni vige una normativa nazionale di cautela rispetto all'uso di tali principi attivi, con attuale scadenza al 30 giugno 2013;
   la pericolosità dei pesticidi è stata evidenziata, in più occasioni, da parte dell'EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) che ha sottolineato come non sia stata ancora individuata un'unica causa della diminuzione del numero di api. Tuttavia sono stati indicati diversi fattori concomitanti, che agiscono in combinazione fra loro o separatamente. Fra questi vi sono gli effetti dell'agricoltura intensiva e dell'uso di pesticidi contenenti il principio attivo neonicotinoide thiamethoxam –:
   se, in attesa che la Commissione europea si pronunci nuovamente, proponendo una nuova soluzione a livello comunitario, i Ministri interrogati intendano rendere definitivo il bando dei neonicotinoidi per la concia dei semi di mais, in scadenza il 30 giugno 2013;
   se abbiano promosso o intendano promuovere al più presto un nuovo studio nazionale sul ruolo che i pesticidi neocotinoidi giocano nella morte di intere colonie di api, compromettendo oltre ad uno dei settori più importanti e fiorenti della produzione agricola italiana, anche la qualità dell'ambiente e, di conseguenza, della salute. (4-00141)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E SEMPLIFICAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   ROTTA e ZARDINI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   il CPI 2012 di Trasparency international che misura la percezione della corruzione nel settore pubblico e politico a livello globale posiziona l'Italia al 72o posto su 174 paesi nel mondo con un punteggio di 42 su 100. Tale posizionamento comporta corruzione, opacità, debole sistema di controllo e valutazione che comportano un impatto negativo sull'economia, sull'attrazione degli investimenti esteri e sulla credibilità del Paese;
   le autonomie locali, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, pubblicano sul proprio sito istituzionale le delibere ed i provvedimenti adottati dall'ente per assicurare valori costituzionali dell'imparzialità e del buon andamento delle pubbliche amministrazioni (articolo 97 della Costituzione) per favorire il controllo sociale sull'azione amministrativa e per promuovere la diffusione della cultura della legalità e dell'integrità nel settore pubblico;
   la normativa vigente esclude dalla pubblicazione le notizie concernenti la natura delle infermità degli impedimenti personali o familiari che causino l'astensione dal lavoro, nonché le componenti della valutazione o le notizie concernenti il rapporto di lavoro tra il predetto dipendente e l'amministrazione, idonee a rivelare taluna delle informazioni [quelle cosiddette sensibili] di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d, del decreto legislativo n. 196 del 2003;
   l'articolo 11, comma 1 e 3, del decreto legislativo n. 150 del 2009 disciplina la trasparenza, intesa come accessibilità totale, e prevede la pubblicazione sui siti istituzionali delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione e le fasi del ciclo di gestione della performance;
   considerato che la volontà degli enti si manifesta attraverso le deliberazioni e le determinazioni assunte in materia di organizzazione e di gestione della performance, si ritiene necessario garantire la pubblicazione di tali atti al fine di attuare la trasparenza;
   la Cgil Funzione Pubblica di Verona, dopo aver verificato che l'azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona provvede alla pubblicazione del solo elenco degli oggetti delle deliberazioni e determinazioni sul proprio sito istituzionale, ha richiesto al direttore generale di provvedere alla pubblicazione completa dei contenuti degli atti e provvedimenti adottati dall'ente sul sito istituzionale;
   il direttore generale dell'azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona nella risposta inviata alla Cgil di Verona conferma la scelta di non pubblicare per intero le deliberazioni e le determinazioni dell'ente, ribadisce che l'articolo 32 della legge n. 69 del 2009 si occupa di pubblicazione di atti e provvedimenti non a fini di trasparenza dell'attività amministrativa, ma a fini del tutto diversi, ossia di pubblicità legale e sottolinea il rispetto dei dati personali, diversi da quelli cosiddetti sensibili, che vanno diffusi, solo in caso di necessità, e solo in presenza di una norma che espressamente lo ammetta –:
   se non ritenga opportuno e urgente assumere ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo finalizzata a chiarire la disciplina applicabile alle fattispecie di cui in premessa al fine di conseguire la pubblicazione completa degli atti e delle deliberazioni sul sito istituzionale dell'ente e realizzare così la trasparenza intesa come accessibilità totale ai sensi delle vigenti disposizioni di legge.
(4-00150)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BAZOLI, BERLINGHIERI, COMINELLI e GALPERTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la trasmissione televisiva «Presa Diretta», andata in onda su RaiTre domenica 31 marzo 2013, ha presentato un'inchiesta sul caso Caffaro, ovvero sulla contaminazione diffusa da PCB (policlorobifenili) che interessa vaste aree collocate nel comune di Brescia, oggi individuate e riconosciute come sito di interesse nazionale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, inquinamento dovuto principalmente alle attività pregresse dello stabilimento chimico Caffaro spa, attivo dall'inizio del 1900 nella produzione di vari composti derivati dal cloro, tra cui i policlorobifenili;
   nel corso della trasmissione sono stati riportati i dati di una recente indagine condotta da un epidemiologo di Mantova, dottor Paolo Ricci, su dati ufficiali dell'Istituto superiore di sanità, che hanno suscitato grande impressione e forte preoccupazione nell'opinione pubblica bresciana;
   in particolare, l'indagine ha verificato l'incidenza tra la popolazione bresciana di alcune forme tumorali (dati diversi da quelli di mortalità, che dipendono anche dalla risposta sanitaria) accertando un significativo aumento rispetto al resto del Nord Italia di tumori al fegato (+58 per cento), tumori al seno (+26 per cento), linfomi non-Hodgkin (+20 per cento);
   secondo l'epidemiologo che ha analizzato e fornito i dati nel corso della trasmissione tali scostamenti sarebbero da mettere in relazione con il forte inquinamento da PCB dei terreni della città e delle zone limitrofe –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tali dati epidemiologici e li possa confermare;
   se vi sia evidenza epidemiologica di una incidenza di tumori in generale tra la popolazione bresciana superiore alla media del Nord Italia;
   se vi siano evidenze scientifiche che possono mettere in relazione la già riscontrata presenza nella media della popolazione bresciana di significativi livelli di PCB nel sangue (entrato attraverso la catena alimentare) con i dati di maggiore incidenza di alcune forme tumorali, ovvero con altre patologie note;
   se e quali precauzioni intenda adottare o abbia deciso in ordine a tale emergenza il Ministero della salute. (4-00139)


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO, COLLETTI, DELL'ORCO, COMINARDI, DALL'OSSO, MUCCI, FERRARESI, SILVIA GIORDANO, SARTI, PAOLO BERNINI, TACCONI, GRANDE, DEL GROSSO, DI BATTISTA, SIBILIA e SCAGLIUSI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel 2011, il mercato italiano del gioco d'azzardo ha raccolto, al netto dei premi erogati, 18,4 miliardi di euro, pari al 4,4 per cento del mercato mondiale e oltre il 15 per cento di quello europeo;
   secondo CONAGGA (Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d'azzardo), a fronte di una netta riduzione dei risparmi delle famiglie e della spesa per alimenti a causa della crisi economica, nel 2011 è cresciuta la spesa sul gioco d'azzardo del 30 per cento rispetto al 2010;
   secondo una rielaborazione dei dati dell'Amministrazione autonoma Monopoli di Stato del 2012, la spesa annua pro capite sul gioco d'azzardo è di 1703 euro;
   secondo il CNR, il gioco d'azzardo coinvolge il 58,1 per cento dei maschi tra i 15 e i 19 anni e il 36,8 per cento delle ragazze;
   a fronte di un aumento della spesa sul gioco d'azzardo, le entrate per l'erario hanno visto una riduzione di circa il 10 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente;
   secondo le indagini della Guardia di finanza, ammonta ad oltre 98 miliardi di euro l'evasione fiscale di alcune società concessionarie di slot machine dei quali solo una minima parte è stata ad oggi recuperata;
   il rapporto 2011 della Corte dei Conti dice che «il consumo dei giochi interessa prevalentemente le fasce sociali più deboli» e, secondo CONAGGA, gioca di più chi ha una minore scolarizzazione;
   secondo una stima di CONAGGA, che tiene conto dei costi sanitari, dei costi indiretti e dei costi per la qualità della vita, i costi sociali complessivi causati in Italia dai giocatori d'azzardo patologici sono stimabili tra i 5,5 e i 6,6 miliardi di euro, andando perciò ad assorbire gran parte delle risorse incassate dall'erario;
   i soldi che le famiglie spendono nei giochi vengono tolti dai consumi, provocando un danno indiretto per le casse dello Stato dovuto alla «mancata» IVA incassata, quantificabile, secondo CONAGGA, in 3,8 miliardi di euro ogni anno;
   gli apparecchi, quali slot machine e videolottery, raccolgono il 54 per cento del fatturato complessivo e, grazie alle loro caratteristiche quali minore lasso di tempo fra una partita e l'altra, l'assenza di relazioni umane, la spazialità e temporalità diffusa e gli stimoli visivi e sonori, risultano essere i maggiori responsabili dell'instaurarsi di dipendenze;
   anche i giochi online, che raccolgono il 16 per cento del fatturato complessivo, presentano caratteristiche analoghe agli apparecchi –:
   quali azioni si intendano mettere in campo per recuperare i 98 miliardi di euro evasi e contrastare, in futuro, i fenomeni di evasione;
   a fronte di un costo sociale così elevato e delle sempre più numerose patologie dovute al gioco d'azzardo, se non si ritenga opportuno assumere iniziative volte a vietare su tutto il territorio nazionale gli apparecchi quali slot machine, videolottery e i giochi d'azzardo online.
(4-00148)


   SCOTTO, BOSSA, FORMISANO, LUIGI GALLO e GIORGIO PICCOLO. — Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il commissario ad acta del piano di rientro del settore sanitario con decreto n. 49 del 27 settembre 2010 ha approvato il riassetto della rete ospedaliera territoriale, disponendo, che i direttori generali ed commissari straordinari delle aziende sanitarie locali procedessero alla presentazione di un piano attuativo aziendale di riorganizzazione, di riconversione, di riallocazione e/o di dismissione dei propri presidi, ovvero di concentrazione di funzione specifiche come quelle relative alle attività di emergenza e di pronto soccorso;
   il suddetto piano individuava tra le strutture da riconvertire il presidio ospedaliero A. Maresca di Torre del Greco per trasformarlo da emergenza ed urgenza di II livello a centro di lungodegenza e riabilitazione;
   l'applicazione di tale piano si palesava da subito incongrua con le reali necessità del territorio su cui insiste l'ospedale Maresca provocando l'impossibilità di una totale applicazione delle richieste e delineando una situazione ibrida tra le funzioni che svolgeva la struttura inizialmente, e quelle alle quali avrebbe dovuto assolvere;
   per garantire il servizio sanitario nella fascia territoriale della provincia sud di Napoli si procedeva all'individuazione di due plessi distinti su cui distribuire i servizi e nella fattispecie procedendo alla formazione degli ospedali riuniti del Golfo comprendenti il presidio ospedaliero A. Maresca e il presidio ospedaliero Sant'Anna&SS. Madonna della Neve di Boscotrecase nonché imponendo alle stesse unità operative di coprire entrambi i presidi e trasferendo in completo alcuni reparti;
   la riconversione stessa del presidio ospedaliero Maresca era subordinata all'attivazione dell'emergenza ed urgenza all'ospedale del Mare di Ponticelli, struttura polifunzionale che tuttora è in costruzione e interessata da provvedimenti legali e contrattuali che ne inficiano il completamento e la apertura;
   nonostante le difficoltà già palesi, con un decreto del 31 dicembre 2012, la regione Campania ha determinato il blocco per un anno di qualsiasi tipo di assunzione, mobilità e trasferimento di personale all'interno delle Asl, provocando in sintesi l'impossibilità totale di sopperire a mancanze, carenze, pensionamenti e stati di malattia del personale stesso;
   il piano di rientro non ha tenuto conto dell'utenza che usufruiva dei servizi dell'ospedale A. Maresca che insiste su un territorio comprendente le città di Torre del Greco, Ercolano, Portici, San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio per un totale di trecentocinquantamila (350.000) abitanti;
   i disagi e le criticità provocate hanno allertato la cittadinanza al punto tale da promuovere la formazione di comitati civici spontanei di protesta sostenuti da operatori sanitari, forze politiche e sindacali, amministrazioni ed enti che da anni sottopongono ai vertici politici ed istituzionali che hanno compito decisionale la grave situazione in cui versa il territorio;
   la cittadinanza e le amministrazioni dei comuni interessati, gli organi di stampa e di informazione anche nazionali hanno più volte avuto rassicurazione da parte dei vertici di Asl e regione sull'inapplicabilità del decreto n. 49 del 2010 per la parte riguardante l'ospedale Maresca ma tuttora, tale decreto è di riferimento per la redazione dei piani attuativi;
   le innumerevoli ed esasperate proteste cittadine, nonché le vibranti richieste delle amministrazioni che si sono succedute e le innumerevoli denunce ad organi competenti hanno prodotto incontri pubblici, tavoli tecnici, audizioni, conferenze dei sindaci, conferenze di servizi commissioni consiliari, consigli comunali monotematici, commissioni regionali e innumerevoli documentazioni ed atti formali ed informali che vanno tutti verso la risoluzione di assicurare l'emergenza e urgenza al presidio ospedaliero Maresca e l'attivazione dei reparti utili a sostenere tale fine, senza che mai nessuno si assumesse le responsabilità di scelte che il proprio ruolo nonché gli impegni presi gli consegnavano;
   dall'incontro ottenuto da comitati e amministrazione di Torre del Greco con il sub commissario Morlacco e il presidente Stefano Caldoro, del giorno 29 luglio 2011 si è ottenuta la stesura della delibera 830 contenente:
    16 posti letto destinati al reparto di chirurgia;
    22 posti letto destinati al reparto di medicina;
    10 posti letto destinati al reparto di gastroenterologia;
    16 posti letto destinati al reparto di S.P.D.C.;
    70 posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza in conformità allo stesso decreto n. 49 del 2010;
   ciò al fine di garantire definitivamente il servizio di emergenza e urgenza unitamente alla destinazione d'impiego indicata dal piano di rientro;
   tale delibera non è mai stata resa realmente attuativa a discapito di impegni ufficialmente sottoscritti;
   la dismissione dell'emergenza e urgenza viene subordinata nel decreto n. 49 del 2010 alla costruzione e abilitazione ai servizi dell'ospedale del Mare di Ponticelli nonostante quest'ultimo non fosse stato ancora strutturalmente completato e la cui situazione versi tuttora in uno stato di criticità all'attenzione della prefettura;
   le criticità del servizio sanitario pubblico hanno provocato innumerevoli disagi alla popolazione, provocando casi gravissimi di malasanità tra cui decessi annunciati ed evitabili che continuano a verificarsi sempre più numerosi;
   le forze e il numero del personale medico e sanitario diviso su due plessi sono ormai esigue e insufficienti a garantire anche il minimo servizio di sanità pubblica al territorio con conseguente rischio per la salute dei lavoratori e la vita dei cittadini;
   l'incapacità di assolvere adeguatamente da parte dell'ospedale Sant'Anna alle necessità dell'utenza, costringe a continui spostamenti in ambulanza tra i due plessi anche in situazioni di estrema urgenza, producendo quello che agli interroganti appare un ulteriore cattivo uso delle risorse economiche e ponendo il personale in condizioni di operatività al limite della legalità;
   buona parte dei dati acquisiti dalla regione per la valutazione degli sprechi forniscono, ad avviso degli interroganti, una rappresentazione lontana dalla realtà e, tra l'altro, non risulta che siano stati effettuati idonei riscontri da parte delle autorità competenti;
   la normativa nazionale in materia di sanità prevede 3,6 posti letto per 1000 abitanti e attualmente la Asl Na3sud è in grado di coprire un fabbisogno per 0,3 posti letto per 1000 abitanti consegnando una situazione drammatica e palesemente al di sotto delle necessità e dei fabbisogni del cittadino;
   la città di Napoli conta un alto numero di posti letto per 1000 abitanti dovuto, anche alla volontà di tenere aperte tutte le sedi dei policlinici universitari, mentre la provincia versa in una situazione insostenibile relativamente alla semplice necessità di emergenza e urgenza;
   un piano di rientro economico, a giudizio degli interroganti non può essere applicato senza tener conto dei danni effettivi che provoca alla cittadinanza, dismettendo una struttura ospedaliera funzionante senza valutare il gran numero di abitanti (350.000) che vengono lasciati senza assistenza sanitaria pubblica, rafforzando strutture isolate e fatiscenti con conseguenti perdite in termini monetari e di diritto alla salute pubblica;
   non può consentirsi una riorganizzazione tale della sanità pubblica da permettere che a fronte dei 3,6 posti letto per 1.000 abitanti che prevede la legge nazionale se ne garantiscano nel territorio interessato della Asl Na3sud solo 0,3;
   infine non si può permettere l'applicazione, tra l'altro manchevole e a singhiozzi, di un piano di rientro economico che ad avviso dell'interrogante, quasi scientificamente, mette in conto contestualmente al risparmio economico la perdita di vite umane;
   a giudizio dell'interrogante, il presidente della regione Campania, il sub-commissario ad acta nella regione Campania, il presidente della provincia, il direttore generale della Asl Na3sud, che dovrebbero da anni essere a conoscenza di tali problematiche e che non hanno preso, secondo gli interroganti, adeguati provvedimenti, stanno producendo quello che agli interroganti appare un disastro in termini di servizio al cittadino, salute pubblica e vite umane nonostante le innumerevoli e vibranti richieste di intervento da parte di amministrazioni comunali, forze politiche e sindacali, comitati cittadini e di quartiere, associazioni di commercio, culturali e di volontariato, nonché da parte di dipendenti delle strutture e degli operatori sanitari tutti; va aggiunto il rischio di un forte danno all'erario dello Stato non essendo razionale la gestione della spesa perché fondata su dati di spreco ed economici, ad avviso degli interroganti, errati e mai realmente comparati o riscontrati –:
   se non si ritenga doveroso, con ogni consentita urgenza, verificare, nell'ambito del monitoraggio sull'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e, in particolare, lo stato dei servizi di assistenza, emergenza ed urgenza forniti al cittadino, nonché la legittimità di tutti gli atti che il commissario ad acta ha già posto formalmente in essere e tendenti, secondo le motivazioni e le documentazioni, a rientrare economicamente sugli sprechi, senza valutare l'incidenza in termini di forti rischi che si provoca sui territori;
   se non si ritenga opportuno, per quanto di competenza, rivalutare, con coerenza e razionalità, le reali disponibilità complessive in termini di unità operative, strutture, materiali, beni mobili ed immobili al fine di una corretta ridistribuzione sull'intero territorio regionale a beneficio della cittadinanza tutta;
   quante unità operative in forza agli ospedali militari attualmente in parte inoperosi, potrebbero essere impiegate a sostegno di quella che è una vera è propria area di crisi sanitaria, il territorio della Asl Na3sud. (4-00151)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MAURI, MARANTELLI, RAMPI, GADDA, SENALDI, CIMBRO, SCALFAROTTO, MARZANO, META, CARNEVALI, GIUSEPPE GUERINI e FRAGOMELI, LAFORGIA, COVA, VILLECCO CALIPARI, CASATI, GASPARINI, MALPEZZI, POLLASTRINI, BERLINGHIERI, QUARTAPELLE PROCOPIO, GUERRA, LORENZO GUERINI e GIAMPAOLO GALLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   si rincorrono da settimane notizie tra i lavoratori interessati e sugli organi di informazione su un presunto piano di smantellamento di Sea Handling che prevedrebbe il taglio di 739 dipendenti sugli attuali 2.392 a tempo pieno, la nascita di una newco, la rinegoziazione al ribasso del 10 per cento dei contratti di lavoro per i riassorbiti, la riduzione dei servizi forniti e la vendita della stessa attraverso trattativa in esclusiva senza alcun bando pubblico;
   va considerata la connessione di questa situazione con il possibile rigetto da parte della Commissione europea della richiesta di sospensiva e il conseguente obbligo di dare corso alla restituzione a Sea spa dei 359 milioni 644 mila euro più interessi ricevuti tra il 2002 e il 2010 con il preannunciato fallimento del ramo handler:
   si auspica che il Governo dispieghi in sede comunitaria tutte le ulteriori iniziative possibili per un esito positivo della situazione, anche d'intesa con gli altri livelli istituzionali territoriali interessati –:
   quali siano le informazioni in possesso del Governo e le strategie per scongiurare un epilogo drammatico sul piano strategico e occupazionale. (4-00130)


   BENAMATI, BARGERO, CASATI, BOCCUZZI, PORTAS, COVELLO e GRIBAUDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i prezzi dei carburanti per autotrazione in Italia sono fra i più elevati in Europa;
   il 2012 è stato caratterizzato da una forte contrazione nei consumi di carburanti con una perdita complessiva di circa il -10 per cento, con la benzina che dimezza i valori rispetto al 2000, sotto i 9 milioni/tonnellata ed il gasolio auto con un -10 per cento (-2,5 milioni/tonnellata) sul 2011;
   la struttura dei costi di vendita dei carburanti è essenzialmente basata sulle voci di acquisizione della materia prima, sulle lavorazione, sui margini lordi e sulla componente fiscale (accise ed iva);
   secondo quanto evidenzia la banca dati del centro studi Promotor GL Events, la maggiore spesa per carburanti sostenuta dagli automobilisti e dai motociclisti italiani è legata soprattutto alla crescita del carico fiscale;
   nel contempo, però, le dinamiche differenti dei prezzi di mercato della materia prima e l'andamento dei costi alla pompa hanno più volte sollecitato l'ipotesi di manovre speculative sui prezzi finali di tali prodotti;
   si apprende di recente dalla stampa che un'indagine dell'autorità giudiziaria (procura di Varese) indicherebbe come fondata l'ipotesi che alcune compagnie petrolifere abbiano messo in atto manovre speculative sul prezzo della benzina quasi a prefigurare la messa in atto di un vero e proprio «cartello» speculativo;
   sempre da fonti stampa si apprende che dalle indagini sembrano esistere «indizi di commissione dei delitti di cui agli articoli 501 o 640 del Codice penale da parte di legali rappresentanti e componenti dei cda e dirigenti delle compagnie petrolifere...»;
   i reati di cui agli articoli in questione sarebbero quindi identificabili in turbativa del mercato e truffa;
   sempre da queste informazioni stampa emergerebbe uno scambio di informazioni tra le varie compagnie e anche una reciproca cessione di quantitativi di carburanti l'una con l'altra, cosa che secondo la procura dimostrerebbe una sorta di correlazione stretta tra soggetti in teoria concorrenti;
   i dati risulterebbero da rilevazioni e verifiche di lunga durata eseguite dalla Guardia di finanza;
   l'indagine investirebbe le principali sigle in commercio: Shell, Tamoil, Eni, Total, Erg, Esso, Kuwait Petroleum, Api che avrebbero, sempre secondo notizie riportate dalla stampa, fatto scattare il classico meccanismo del «cartello» dei prezzi a danno dei consumatori;
   per una questione di competenza territoriale il giudice ha deciso che a procedere siano le procure territoriali, principalmente Roma e Milano;
   non risultano precedenti in Italia per un'indagine giudiziaria che cerca di far luce appieno sul meccanismo di formazione dei prezzi della benzina;
   a partire da febbraio 2011 il Ministero dello sviluppo economico, attraverso la direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica, dovrebbe espletare azioni di sorveglianza e controllo, anche in attuazione dell'articolo 51 della legge 23 luglio 2009 e del decreto ministeriale 15 ottobre 2010, sui prezzi dei carburanti per autotrazione per uso civile realmente praticati –:
   pur nel doveroso rispetto delle prerogative autonome dei diversi poteri e autorità dello Stato, quali siano in dettaglio i meccanismi di sorveglianza da parte del Ministero nel settore e, ove quanto in premessa risponda al vero, cosa risulti al Ministro e cosa abbia in programma per verificare ulteriormente lo stato della situazione a tutela di tutti i cittadini utenti.
   (4-00133)


   VENITTELLI e LEVA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Comitato per la programmazione economica – CIPE con deliberazione n. 62 del 3 agosto 2011, relativa all'individuazione ed assegnazione di risorse ad interventi di rilievo nazionale ed interregionale e di rilevanza strategica regionale per l'attuazione del piano nazionale per il Sud, alla tavola 9 – piano nazionale per il Sud, assegna, in particolare alla regione Molise, 40,3 milioni di euro per i danni alluvionali e da eventi atmosferici, nonché 346 milioni di euro per il sisma del 2002;
   con successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 79788 del 2012, in sede di ripartizione del fondo per lo sviluppo e la coesione, una parte delle suddette risorse sono state trasferite sul capitolo 8396 dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico nella misura di euro 30.920.000 in conto competenza e nella misura di euro 20.000.000 quali autorizzazioni di cassa;
   allo stato attuale nessuna di tali risorse risulta ancora trasferita alla regione Molise –:
   quali siano i tempi previsti per il trasferimento alla Regione Molise delle risorse considerate in premessa per tali interventi, e tanto alla luce della necessità del rilancio del sistema economico della regione, nonché per l'urgenza di porre fine allo stato di disagio abitativo delle popolazioni dell'area del cratere del sisma del 2002. (4-00142)


   FERRARESI e DELL'ORCO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a seguito delle scosse del 20-29 maggio 2012 il tessuto economico produttivo di determinate zone dell'Emilia Romagna (nota come l'area del cratere) è stato pesantemente colpito;
   a seguito delle contingenti interruzioni forzose delle attività, del conseguente calo della clientela e delle gravose difficoltà nel ripristinare gli esercizi, molti imprenditori hanno subito una drastica riduzione del volume di affari, e hanno dovuto sostenere considerevoli esborsi non altrimenti previsti;
   la situazione economica ha subito radicali mutamenti tali da rendere i parametri degli studi di settore non più adeguati per una corretta valutazione;
   a oltre 10 mesi dal terremoto pochissime imprese hanno incassato i contributi per la ricostruzione, mentre molte sono quelle che hanno dovuto pagare le imposte inizialmente sospese;
   sono iniziati gli accertamenti da parte dell'Agenzia delle entrate su aziende che non hanno pagato le tasse (e/o stavano rimediando tramite l'istituto del ravvedimento oneroso) magari non potendo utilizzare il meccanismo del mutuo della Cassa depositi e prestiti;
   molti imprenditori denunciano di essere in grave difficoltà non solo a causa del sisma, ma ora anche per aver ricevuto avvisi da parte dell'Agenzia delle entrate con la richiesta di pagamento dei tributi arretrati –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere al fine di:
    a) sospendere per un congruo numero di anni, i già discutibili studi di settore, nelle zone del cratere in ragione dell'evidente causa di forza maggiore;
    b) sospendere almeno per due anni la riscossione dei tributi non pagati o in subordine prevedere la concessione di cospicue dilazioni. (4-00143)


   GINEFRA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nell'impianto Itrec di Trisaia, in provincia di Matera, sono conservati rifiuti radioattivi. Lo stabilimento, infatti, venne costruito per estrarre uranio da 64 elementi di combustibile super radioattivo che arrivarono, 40 anni fa, dal reattore americano Elk River (Minnesota);
   l'11 luglio 2012, la Sogin (Società gestione impianti nucleari – società di Stato incaricata della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi); ha trasmesso un comunicato stampa nel quale informava che l'assemblea dei soci aveva approvato il bilancio 2011 e preannunciava l'elaborazione e l'invio dell'istanza generale di smantellamento per l'Itrec;
   il suddetto piano globale di disattivazione dell'impianto Itrec di Trisaia prevedrebbe prescrizioni per stessa la disattivazione;
   da quanto si apprende si tratterebbe di un progetto pluriennale molto importante, sia sul piano economico, sia per la salute della popolazione, perché nelle viscere dell'Itrec sarebbe conservato pericoloso materiale radioattivo;
   la Gazzetta del Mezzogiorno – da quanto si apprende dal numero di giovedì 28 marzo 2013 – avrebbe dapprima contattato la Sogin per chiedere copia della suddetta istanza e, dopo che a tale richiesta sarebbe stato opposto diniego dalla società avrebbe reiterato la stessa al Ministero dello sviluppo economico in qualità di responsabile del procedimento;
   dopo 8 mesi di solleciti, con un fax a firma dell'ingegner Marcello Saralli (divisione gestione di materiali e rifiuti nucleari), il Ministero avrebbe espresso «parere negativo» in quanto «nei documenti di cui trattasi sono contenuti dati, informazioni ed elaborati che, in base alla normativa vigente, e segnatamente ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 luglio 2011, recante “Disposizioni per la tutela amministrativa del segreto di stato e delle informazioni classificate”, debbono considerarsi “informazioni classificate controllate” secretate»;
   sempre dall'articolo de La Gazzetta del Mezzogiorno si apprende che da comunicazioni informali sarebbe stata addotta come motivazione del diniego la circostanza che alcuni particolari, come le mappe del sito, se resi pubblici, avrebbero potuto esporre la struttura a rischi di varia natura, inclusi quelli terroristici;
   la mappa del sito è tuttavia già pubblica e reperibile su internet;
   secondo l'autrice del suddetto articolo, la giornalista Marisa Ingrosso, elementi di certezza ad oggi sarebbero:
    a) che le imprese locali sarebbero state escluse dalla bonifica;
    b) che la Sogin ha cambiato il piano «tant’è che ora lo smantellamento avverrebbe in due corpi separati e distinti, rispetto al primo progetto che prevedeva un corpo unico e la bonifica della cosiddetta “fossa irreversibile”»;
    c) che il «Tavolo della trasparenza regionale» sulle attività e i progetti all'interno dell'Itrec non sarebbe convocato da due anni;
    d) che la Sogin affermerebbe che «terminerà la bonifica dell'impianto di Rotondella nel 2026» –:
   se il Ministro intenda fornire ogni elemento propedeutico a dare trasparenza alla suddetta procedura e a rassicurare la popolazione sulle modalità con le quali verrà garantito il supremo bene della salute pubblica in un'operazione di dismissione la cui durata prevista sarebbe di tredici anni e le cui caratteristiche ad oggi non sono note. (4-00146)


   CARRESCIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 71 del 28 marzo 2011 – supplemento Ordinario n. 81, dal 29 marzo 2011 è in vigore il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE»;
   il decreto legislativo si inserisce nel quadro della politica energetica europea volta alla riduzione dell'utilizzo dei combustibili fossili e delle emissioni di CO2 e introduce rilevanti novità per gli installatori di impianti tecnologici per la produzione di energia da fonti rinnovabili;
   fino al 1o agosto 2013, per i soggetti che svolgono attività di installazione e manutenzione di caldaie, caminetti e stufe a biomassa, sistemi solari fotovoltaici e termici, sistemi geotermici a bassa entalpia, pompe di calore e altro è necessario il possesso di requisiti professionali così come stabiliti dal vigente articolo 4 del decreto ministeriale 37 del 2008 (diploma di laurea in materia tecnica specifica, diploma o qualifica conseguita al termine di scuola secondaria del secondo ciclo, seguito da un periodo di inserimento di almeno due anni continuativi alle dirette dipendenze di una impresa del settore o in alternativa titolo o attestato in materia di formazione professionale, previo un periodo di inserimento di almeno quattro anni consecutivi alle dirette dipendenze di una impresa del settore; prestazione lavorativa svolta, alle dirette dipendenze di una impresa abilitata nel ramo di attività cui si riferisce la prestazione dell'operaio installatore per un periodo non inferiore a tre anni, escluso quello computato ai fini dell'apprendistato e quello svolto come operaio qualificato, in qualità di operaio installatore con qualifica di specializzato);
   è bene ricordare che ad oggi sono in attività molti soggetti che hanno avuto d'ufficio il riconoscimento dei requisiti nell'anno 1990, anno di entrata in vigore della legge n. 46 del 1990, norma che per la prima volta prevedeva la nomina di un responsabile tecnico in possesso di specifici requisiti per lo svolgimento dell'attività nel settore impiantistico;
   dopo il 1o agosto 2013, sono previste ulteriori prescrizioni per quanto riguarda il titolo o l'attestato di formazione professionale; in particolare, i soggetti che vorranno svolgere l'attività d'installazione e di manutenzione sugli impianti suddetti e che appunto alla data del 1o agosto 2013 non saranno in possesso di un titolo di studio (laurea tecnica, diploma o qualifica tecnica), dovranno frequentare un particolare corso di formazione professionale diversificato per ogni tipologia di impiantista; per di più, nulla è specificato nel decreto legislativo 28 del 2011 per quanti hanno i requisiti per aver svolto attività lavorativa come operaio specializzato alle dipendenze di un'impresa abilitata o per quanti li hanno avuti d'ufficio;
   un responsabile tecnico divenuto tale in base a quanto previsto dalla lettera d) del comma 1 dell'articolo 4 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37, e che da anni installa impianti non potrà più svolgere tali attività salvo che non frequenti, a sue spese, un corso di formazione di un elevato numero di ore da tenersi entro il 31 luglio 2013;
   dai dati segnalati dalle associazioni di categoria, in particolare dalla Confartigianato – CGIA e dalla CNA, due responsabili tecnici su cinque sono attualmente qualificati sulla base dell'esperienza acquisita sul campo dell'energia da fonti rinnovabili;
   se non verrà modificato il citato decreto legislativo 28 del 2011 salvaguardando i diritti acquisiti degli installatori di impianti che non sono laureati o diplomati ma che operano da anni sul mercato, decine di migliaia di installatori di impianti verranno a trovarsi senza lavoro –:
   se sia a conoscenza del problema sopra esposto;
   se e quali iniziative normative intenda adottare con urgenza per salvaguardare i diritti acquisiti degli installatori di impianti che non sono laureati o diplomati ma che operano da anni sul mercato e che dal 1o agosto 2013 verranno a trovarsi senza lavoro. (4-00147)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Speranza e Bellanova n. 1-00007, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 marzo 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Damiano.