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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 2 aprile 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    sono circa 80.000 le lavoratrici e i lavoratori italiani che ogni giorno attraversano i confini nazionali per prestare la loro attività lavorativa all'estero con il permesso di frontaliere;
    di questi oltre 45.000 provengono dalle province di Como, Varese e Sondrio;
    il frontalierato è a tutti gli effetti un fenomeno strutturale del mercato del lavoro ed un aspetto rilevante nei rapporti dell'Italia con i Paesi di confine; ha rappresentato nel corso del tempo e rappresenta tuttora un importante contributo allo sviluppo di questi Paesi ed una elevata risorsa per l'economia delle province italiane di confine;
    la particolare condizione di vita e di lavoro dei frontalieri li espone tuttavia ad una serie complessa di problematiche di natura fiscale, previdenziale, di sicurezza sociale e regolazione del lavoro, derivanti dal fatto di essere a tutti gli effetti cittadini italiani ma prestatori di lavoro in uno Stato estero;
    nonostante la rilevanza del fenomeno, il nostro Paese non dispone di una specifica disciplina legislativa in grado di riconoscere pienamente il valore e l'importanza del lavoro frontaliero per il contesto economico e sociale delle aree territoriali ove è presente; al contrario diversi provvedimenti governativi adottati negli ultimi anni hanno ignorato la specificità dello status di lavoratore frontaliere, generando talvolta una sottovalutazione se non un aggravamento dei tanti problemi aperti;
    a titolo esemplificativo le recenti controversie maturate in ordine al riconoscimento dell'indennità di disoccupazione speciale per i frontalieri attivi in Svizzera, così come le contraddittorie comunicazioni fiscali circa la dichiarazione di conti stipendi e le velate accuse d'infondati privilegi, hanno evidenziato l'esistenza di uno spettro assai più ampio di problematiche;
    è opportuno stimolare un più convinto impegno per arrivare al più presto all'approvazione di uno statuto dei lavoratori frontalieri, che definisca un quadro di diritti e doveri chiari legati a questa peculiare condizione di lavoro e dia soluzione ai problemi in essere, generati principalmente dalla mancanza di una regolamentazione specifica,

impegna il Governo

a promuovere l'apertura di un tavolo di confronto, con le rappresentanze delle associazioni Sindacali e dei Lavoratori dei territori di confine e le regioni territorialmente coinvolte, con l'obiettivo di predisporre l'impianto di uno statuto dei lavoratori frontalieri utile alla ripresa dei negoziati internazionali in grado di produrre accordi bilaterali con i Paesi di confine, che prevedano una specifica ed appropriata disciplina del lavoro frontaliero.
(1-00013) «Braga, Guerra, Marantelli, Gadda, Orlando, Arlotti, Dell'Aringa, Baretta, Senaldi, Gianni Farina, Tentori, Fragomeli, Garavini».


   La Camera,
   premesso che:
    nella giornata del 27 marzo 2013 ha suscitato grande sdegno – come è giusto che sia – la notizia che quattro appartenenti al sindacato di polizia Coisp hanno manifestato davanti alla sede del comune di Ferrara dove lavora la signora Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, il ragazzo ucciso la notte del 25 settembre dagli agenti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri, per questo omicidio condannati in via definitiva dalla Corte di Cassazione;
    a rendere questo sit in ancor più vergognoso a parere dei firmatari del presente atto ha contribuito la presenza dell'onorevole Potito Salatto, europarlamentare di Fli;
    la stampa ferrarese e nazionale ha inoltre riportato la notizia secondo cui da un mese un furgone del Coisp con manifesti e bandiere gira per tutta la città di Ferrara per poi stazionare di fronte al comune di Ferrara per mostrare con grande evidenza gli stessi slogan gridati davanti al municipio;
    intervenendo su quanto accaduto il 27 marzo, i firmatari del presente atto di indirizzo manifestano di nuovo tutta la loro solidarietà e vicinanza alla signora Patrizia Moretti e ritengono assolutamente condivisibili le parole del Ministro Cancellieri che ha detto con estrema chiarezza innanzitutto che il dolore di una madre va sempre rispettato e che vanno rispettate le sentenze di condanna emesse dai tribunali, sentenze che devono essere rispettate dai cittadini e a maggior ragione dai membri delle forze dell'ordine. Le parole del Ministro dell'interno e il ricordo del compianto Antonio Manganelli, che da capo della polizia andò di persona a trovare i genitori di Federico Aldrovandi, aiutano a mantenere alto il senso di gratitudine verso le centinaia di migliaia di agenti che quotidianamente lavorano, nel rispetto delle regole, per garantire la sicurezza dei cittadini, in condizioni di crescente difficoltà operativa e mettendo a volte a rischio la propria incolumità;
    è da accogliere con favore la decisione del Ministro Cancellieri di incaricare il capo vicario della polizia Alessandro Marangoni di valutare se il comportamento di quegli agenti sia stato offensivo del decoro della divisa che indossano,

impegna il Governo

ad adottare con immediatezza tutte le iniziative volte a verificare se esistano o meno i presupposti per un azione disciplinare nei confronti dei poliziotti protagonisti del sit in che si è svolto di fronte al comune di Ferrara.
(1-00014) «Mariastella Bianchi, Bratti, Bressa, Fiano, Franceschini, Martella, Naccarato, Roberta Agostini, Rosato, Verini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   DI LELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   il Vesuvio viene considerato tra i vulcani più pericolosi al mondo anche a causa della grande quantità di «rischio esposto» cioè di popolazione interessata dai fenomeni vulcanici;
   dopo 60 anni di oblio il consiglio regionale della Campania nel 2003 ha varato un piano di decompressione abitativa denominato VesuVia, vincitore del primo premio assoluto al Forum PA 2005 e riconosciuto come best practice da organismi internazionali;
   tra le azioni previste dal piano vi era la legge regionale n. 21 del 2003 della regione Campania denominata «Norme urbanistiche per i comuni rientranti nelle zone a rischio vulcanico dell'area vesuviana» avente l'obiettivo di diminuire il carico residenziale nella zona rossa vesuviana incentivando nel contempo il mutamento di destinazione d'uso da abitativo a produttivo dei volumi legittimi esistenti;
   queste politiche hanno portato ad una riduzione di circa quarantamila residenti nel complesso dei 18 comuni della zona rossa che al censimento del 2011 ammontava a 542.200 abitanti rispetto ai 581.200 del censimento del 2001;
   il dipartimento della protezione civile nella stesura e adozione della pianificazione d'emergenza ha recentemente ritenuto di ampliare ulteriormente il perimetro della cosiddetta zona rossa;
   dunque occorre intervenire in ogni modo per reprimere la realizzazione illegittima di nuovi manufatti nell'intero territorio interessato;
   sin dal settembre del 2012 l'interrogante ebbe modo di informare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sui tragici effetti che sarebbero stati prodotti dalla legge regionale varata dalla giunta Caldoro su proposta dell'assessore Taglialatela, «Norme in materia di tutela e valorizzazione dal paesaggio in Campania», modificando in senso permissivo la citata legge regionale n. 21 del 2003;
   nel corso degli anni sono state emesse ben 67.000 sentenze di demolizione di manufatti abusivi; taluni politici locali, facendo leva sulla legittima aspirazione dei cittadini ad avere una casa, in verità conducono una serrata guerra alle leggi antisismiche e al contempo lasciano intravedere la possibilità di un nuovo condono edilizio che di fatto con l'aumento del carico abitativo della zona vesuviana svuoterebbe le norme a difesa dell'incolumità dei cittadini;
   sul quotidiano napoletano Il Mattino di domenica 24 marzo 2013 nel titolo «Zona rossa, ruspe più lontane» si legge «sui vecchi abusi il Ministero frena: troppi posti di lavoro a rischio in caso di demolizione»;
   sempre sul Mattino, nell'articolo della corrispondente da Torre del Greco, si legge che il documento inviato ai sindaci dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti li invita ad assumere atteggiamenti prudenziali al fine di evitare l'apertura di contenziosi –:
   se risponda al vero che da parte degli uffici di via Nomentana, dove si trova la divisione abusivismo edilizio della direzione generale per le politiche abitative siano state emanate direttive, indicazioni o altro ai sindaci della zona vesuviana finalizzate ad evitare l'ottemperanza alle sentenze di demolizione delle strutture abusive;
   quali iniziative il Governo intenda adottare per garantire la sicurezza di una così vasta area la cui popolazione è esposta al rischio del vulcano. (4-00123)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BIONDELLI e REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Barengo in provincia di Novara è stata localizzata ai sensi dell'articolo 12 della legge regionale 14 dicembre 1998, n. 40, una discarica per rifiuti non pericolosi monodedicata a materiale da costruzione contenente amianto;
   tale decisione ha suscitato l'opposizione delle popolazioni locali che recentemente hanno avviato una raccolta di firme fra tutti i residenti dei comuni delle colline novaresi (aree note per la produzione vitivinicola), anche perché: il piano regionale amianto del Piemonte non prevede l'istituzione di nuove discariche oltre alle tre già presenti; l'area di 30 mila metri quadrati inizialmente era stata destinata alla realizzazione di un parco fotovoltaico e per questo alcuni cittadini avevano accettato la vendita del proprio terreno; i cittadini lamentano la mancanza di trasparenza su tutta la vicenda, sia nell'iter burocratico, sia nelle informazioni fornite ai cittadini sul progetto. Il comitato di cittadini «No amianto a Barengo», recentemente costituito per la salvaguardia del territorio, ha portato all'attenzione i dati raccolti ribadendo che le colline novaresi non devono diventare la discarica del Piemonte orientale. Lo stesso sindaco di Barengo ha già confermato l'intenzione di indire il Consiglio comunale e deliberare negativamente entro dieci giorni dalla data della stessa assemblea;
   si teme in particolare per i rischi per la salute derivanti dall'eventuale dispersione di fibre in amianto e per l'inquinamento conseguente al passaggio di autocarri, al consumo del suolo, all'eliminazione di zone boschive in una zona nella quale si coltivano vigne e sono presenti risaie;
   il sito prescelto dalla ditta Ederambiente che ha presentato nel mese di ottobre del 2012 la richiesta per la realizzazione della discarica rientra nell'area sotto tutela delle «colline novaresi»;
   il 12 dicembre 2012, si è riunita presso la provincia di Novara la conferenza di servizi, convocata ai sensi della legge n. 42 del 1998, che ha esaminato il progetto della citata discarica e i pareri delle istituzioni interessate, in tale sede l'Arpa ha evidenziato gli impatti che possono derivare dal progetto relativamente alla fauna e agli ecosistemi sostenendo che la proposta presenta criticità sia per impatti irreversibili che reversibili;
   inoltre, l'ambito ambientale in cui si colloca il sito è ad alta sensibilità di paesaggio ed è soggetto a vincolo paesaggistico, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, essendo area boschiva con essenze di pregio da tutelare e il cui mantenimento è fondamentale per la protezione della fauna presente nell'area; si teme soprattutto per l'inquinamento delle acque, l'area è infatti caratterizzata da un piccolo corso d'acqua e da molte zone paludose;
   l'ASL ha evidenziato la mancata considerazione della presenza di un'altra discarica di rifiuti non pericolosi dell'ATO e del conseguente moltiplicarsi degli impatti sull'area;
   il 14 marzo 2013 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulle minacce per la salute legate all'amianto e sulle prospettive di eliminazione di tutto l'amianto esistente; si tratta di un importante atto del Parlamento europeo a favore del riciclo del rifiuto amianto;
   nella risoluzione si afferma che il conferimento dei rifiuti di amianto in discarica non è il sistema più sicuro per eliminare definitivamente il rilascio di fibre di amianto nell'ambiente, in particolare nell'aria e nelle acque di falda;
   per quanto riguarda lo smaltimento, la risoluzione invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che qualsiasi rifiuto contenente amianto, indipendentemente dal contenuto di fibre, sia classificato come rifiuto contenente amianto, indipendentemente dal contenuto di fibre, sia classificato come rifiuto pericoloso e quindi smaltito esclusivamente in specifiche discariche per rifiuti pericolosi, in conformità alla direttiva 1999/31/CE, o, previa autorizzazione, essere trattato in appositi impianti, testati e sicuri di trattamento e inertizzazione, e che la popolazione interessata debba essere informata al riguardo;
   nella provincia di Novara è presente una discarica a Ghemme per la quale nel mese di dicembre del 2011 il comune ha dovuto imporre il divieto di accesso al pubblico a causa della presenza di contaminanti per i quali è stato rilevato il rischio cancerogeno; è inoltre in discussione il progetto per la realizzazione della discarica di amianto a Barengo, mentre è di recente fallito il tentativo di aprirne un'altra a Borgomanero in località Cumiona; nella zona di Carpignano è prevista la nuova localizzazione di un pozzo esplorativo dell'Eni per la ricerca di petrolio con relative trivellazioni, una operazione che proprio per l'atteggiamento contrario della popolazione, sta spingendo l'Eni a valutare l'esplorazione all'interno del comune di Ghemme; a Grignasco i comitati cittadini stanno facendo opera di controllo sulla così definita «opera di riprofilatura» della cava del Colombino che potrebbe essere riaperta rimettendo in modo un processo industriale che, seppur per un periodo stimato in 10 anni, potrebbe compromettere un'area destinata ad una crescita turistica e agricolo ambientale, con la necessità di un transito di 10 camion all'ora ed un importante spostamento di materiale; ed infine, nel paese di Casalvolone, sono in corso di definizione i ricorsi al Tar presentati a seguito della decisione della realizzazione di un impianto di compostaggio a biogas;
   le suddette attività insistono nel territorio di comuni che distano una ventina di chilometri l'uno dall'altro, collocati in parte nella fascia del fiume Sesia, e in parte una zona di produzione di vini DOCG e di risaie, che recentemente sembra ricevere particolare attenzione per attività di smaltimento dei rifiuti, mentre invece dovrebbe ricevere attenzioni ulteriori per una difesa delle peculiarità territoriali divenute ormai elementi non solo caratteristici ma anche di crescita economica per tutta la provincia –:
   quali iniziative di competenza intendano assumere, considerata la netta presa di posizione del Parlamento europeo, al fine di pervenire a un'immediata moratoria delle autorizzazioni, in corso sia in Piemonte che nel resto del Paese, delle discariche di amianto, adottando misure con il consenso dei cittadini interessati, volte a promuovere e sostenere tanto la ricerca nell'ambito delle alternative ecocompatibili, quanto le tecnologie che se ne avvalgono, e garantendo procedimenti, quali l'inertizzazione dei rifiuti contenenti amianto, ai fini dell'inattivazione delle fibre e della loro conversione in materiali che non mettono a repentaglio la salute pubblica. (5-00065)

Interrogazione a risposta scritta:


   VACCA, COLLETTI, DEL GROSSO, AGOSTINELLI, ALBERTI, BALDASSARRE, BASILIO, BATTELLI, BENEDETTI, PAOLO BERNINI, MASSIMILIANO BERNINI, BONAFEDE, BRESCIA, BRUGNEROTTO, BUSINAROLO, BUSTO, CANCELLERI, CARINELLI, CASO, COLONNESE, CORDA, COZZOLINO, CRIPPA, DA VILLA, DAGA, DALL'OSSO, D'AMBROSIO, DE LORENZIS, DE ROSA, DELLA VALLE, DELL'ORCO, DI BATTISTA, DI BENEDETTO, LUIGI DI MAIO, DIENI, D'UVA, FICO, GAGNARLI, GALLINELLA, LUIGI GALLO, GRILLO, L'ABBATE, LIUZZI, LOMBARDI, LOREFICE, MANNINO, MANTERO, MARZANA, MICILLO, NUTI, PARENTELA, PESCO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SARTI, SCAGLIUSI, SPADONI, SPESSOTTO, TACCONI, TERZONI, TOFALO, TONINELLI, TRIPIEDI, TURCO, SIMONE VALENTE, VALLASCAS, ZACCAGNINI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 26 marzo 2013 gli onorevoli Vacca e Del Grosso si sono recati presso gli uffici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per esercitare il diritto da cittadino portavoce – parlamentare di accesso agli atti riguardo il progetto Ombrina 2 della società Medoilgas Italia s.p.a. circa la concessione di coltivazione idrocarburi liquidi e gassosi «d30B.C – MD»;
   tale iniziativa imprenditoriale è da sempre osteggiata dalla popolazione locale, dalle amministrazioni territoriali, dalle associazioni e in generale da tutto il tessuto produttivo e le numerosissime osservazioni al progetto testimoniano quanto dichiarato;
   l'istanza del progetto di coltivazione del giacimento Ombrina Mare risale al 9 dicembre 2009, mentre il permesso di ricerca degli idrocarburi risale a decreto ministeriale del 5 maggio 2005, che lo ha accordato per una durata di 6 anni;
   l'8 novembre 2010 con nota protocollo n. 0026875 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla Società Medoilgas Italia s.p.a., è stato comunicato il preavviso di rigetto dell'istanza di concessione di coltivazione in virtù degli effetti prodotti dal decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128, recante «Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69»;
   con nota 22 novembre 2010 la società Medoilgas Italia s.p.a. ha presentato le proprie osservazioni in ordine al preavviso di rigetto;
   il decreto di rigetto dell'istanza di concessione di coltivazione non è stato mai perfezionato;
   nel frattempo, il Ministero dello sviluppo economico, con decreto, prorogava il permesso di ricerca a favore della società Medoilgas;
   il Governo con decreto-legge del 22 giugno 2012, n. 83 (convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 187 del 11-08-2012), ha modificato l'articolo 6 comma 17 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
   le modifiche apportate, di fatto, riaprono tutte le istanze di concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare;
   le numerosissime osservazioni al progetto Ombrina 2 della società Medoilgas Italia s.p.a. di parte dei cittadini, delle amministrazioni locali, delle associazioni e delle realtà produttive del territorio in cui ricade il progetto testimoniano la ferma contrarietà alla realizzazione dello stesso;
   nella lettera protocollo DIVA – 2012 – 0016011 del 3 luglio 2012 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la società Medoilgas Italia s.p.a. esprime «un doveroso apprezzamento per il prezioso contributo apportato da Lei (dottor Corrado Clini – Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare) e dai suoi collaboratori per l'individuazione della soluzione poi adottata dal Governo al fine di porre riparo ad una situazione insostenibile oltre che ingiusta per gli operatori del settore» (petrolifero) auspicandone «un positivo completamento dell’iter alle Camere per una sua definitiva e rapida approvazione» a seguito di istanze «più volte rappresentate in passato» circa le «disposizioni introdotte con il decreto legislativo 128 del 2010...» che ha determinato «...drastiche restrizioni alle attività di esplorazione e coltivazione di idrocarburi nei mari italiani»;
   ogni Ministro dovrebbe agire seguendo criteri di terzietà, imparzialità e indipendenza e ad avviso degli interroganti, questi principi non sono stati rispettati dal Ministro interrogato considerato che la citata società ha ritenuto di esprimere il «doveroso apprezzamento per il contributo apportato» alla vicenda, che sembra essenzialmente riferito agli interessi della stessa Medoilgas Italia s.p.a. mentre appare agli interroganti inesistente la considerazione nei confronti dei cittadini, delle amministrazioni locali, delle associazioni e delle realtà produttive del territorio in cui ricade il progetto –:
   in cosa consista il prezioso contributo, citato nella missiva, apportato dal Ministro interrogato, e dai suoi collaboratori, per l'individuazione della soluzione ad una situazione «insostenibile» causata da una norma dello Stato e per quale motivo non vi sia traccia di rapporti tanto cordiali e attenti con i cittadini e le amministrazioni locali. (4-00129)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAZZOTTO, VENDOLA, MIGLIORE, CLAUDIO FAVA, DURANTI, PIRAS, SCOTTO, COSTANTINO, QUARANTA, MARCON, RICCIATTI, PAGLIA, AIELLO e PELLEGRINO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il mobile user objective system (MUOS) è un sistema di comunicazione satellitare ad altissima frequenza e a banda stretta, composto da cinque satelliti e quattro stazioni di terra, una delle quali è in fase di realizzazione in Sicilia, nel comune di Niscemi, all'interno della riserva naturale Sughereta (area SIC);
   il programma MUOS è gestito direttamente dall’Us Navy (Marina militare USA);
   il sistema MOUS integrerà forze navali, aeree e terrestri in movimento in qualsiasi parte del mondo;
   l'impianto di Niscemi è composto da tre trasmettitori parabolici basculanti ad altissima frequenza e due antenne elicoidali UHF. Le antenne paraboliche basculanti hanno un diametro di 18 metri circa. Si prevede una cementificazione di oltre 2.500 metri quadri;
   la costruzione del MUOS, inizialmente prevista a Sigonella, è stata spostata a Niscemi in seguito alla realizzazione dello studio di valutazione di impatto elettromagnetico «Sicily radhaz radio and radar radiation hazard model», realizzato per conto delle forze armate statunitensi da AGI e Maxym System, in cui è indicato che i campi elettromagnetici prodotti dal MUOS, possono facilmente far detonare missili e bombe depositate all'interno della base militare di Sigonella. Sembra, infatti, che i campi elettromagnetici prodotti vanno ad interferire con qualunque apparecchiatura elettrica, inclusi by-pass, pace-maker, e altro;
   la relazione effettuata, che ha portato allo spostamento dell'installazione da Sigonella a Niscemi, contiene informazioni importanti e, presumibilmente, le prove della pericolosità delle interferenze elettromagnetiche dell'impianto. La relazione, però, non è mai stata portata nella sua interezza a conoscenza delle autorità locali che hanno così potuto operare esclusivamente su dati parziali;
   l'azione investigativa dell'ARPA (Agenzia regionale protezione ambiente Sicilia) risulta non esaustiva a causa della mancanza di dati certi. In particolar modo, le informazioni tecniche sugli impianti e sullo stesso sistema MUOS della stazione di Niscemi sono coperte da segreto militare;
   la procura di Caltagirone ha disposto, in data 6 ottobre 2012, il sequestro dei cantieri del MUOS di Niscemi, in quanto l'installazione avrebbe violato le prescrizioni fissate dal decreto istitutivo dell'area protetta. Tale sequestro è stato annullato il 28 ottobre 2012 dal tribunale della libertà di Catania, permettendo la ripresa dei lavori. Il procuratore della Repubblica di Caltagirone, in attesa delle motivazioni della sentenza, ha fatto ricorso in Cassazione;
   a fine gennaio 2013, la Commissione ambiente e territorio dell'Assemblea regionale Siciliana si riunisce simbolicamente a Niscemi, a conferma della volontà del nuovo Parlamento regionale di procedere ad una chiusura del cantiere MUOS;
   successivamente si è tenuta a Palermo una riunione congiunta delle commissioni ambiente e sanità dell'Assemblea regionale siciliana a cui hanno partecipato numerosi esperti, scienziati, studiosi delle problematiche dell'elettromagnetismo, amministratori locali e il personale dell'ARPA Sicilia. In data 17 febbraio 2013, il presidente delle regioni Rosario Crocetta ha avviato le procedure di revoca delle autorizzazioni alla realizzazione del MUOS all'interno dell'area della riserva naturale Sughereta. Si è tenuto, poi, un incontro tra il governo regionale ed il governo nazionale, in cui è stato deciso di affidare all'Istituto superiore della sanità un ulteriore studio delle problematicità relative all'installazione dell'impianto MUOS;
   le commissioni ambiente e sanità dell'assemblea regionale siciliana hanno evidenziato la discordanza dei pareri dati dai tecnici che hanno stilato la prima relazione, Patrizia Livreri e Luigi Zanforlin, che ha portato ad autorizzare i lavori nel 2011, e quella dei docenti del Politecnico di Torino, Massimo Coraddu e Massimo Zucchetti, chiamati ad esprimersi dal Comune di Niscemi, rilevando altresì la lacunosità del parere dei due studiosi dell'università di Palermo, come già evidenziato dagli stessi Zucchetti e Coraddu nel loro studio;
   i due tecnici che hanno redatto la prima relazione affermano di aver proceduto sulla base dei dati forniti allora dalle forze armate statunitensi, che, forse perché lacunosi o incompleti, non evidenziavano rischi per la salute ed il territorio;
   nel mese di gennaio 2013, a due dei manifestanti «No MUOS» è stato notificato un foglio di via per l'allontanamento dal comune di Niscemi;
   il governo nazionale, successivamente all'incontro col Governo regionale, si era impegnato a sospendere i lavori in attesa che si pronunciasse l'Istituto superiore della Sanità e ad oggi non risulta che i lavori siano stati interrotti –:
   quali iniziative si intendano assumere per rendere effettiva la sospensione dei lavori per la realizzazione del MUOS, in attesa di una complessiva valutazione dell'impatto ambientale dell'installazione, adottando il principio di precauzione;
   come si intenda agevolare il lavoro della commissione incaricata dal Governo e dalla Regione per la verifica dell'impatto ambientale e sulla salute dell'opera in corso;
   se non si intenda fornire alla commissione tutti i dati sul MUOS, comprese le caratteristiche tecniche degli impianti;
   se non si intendano assumere le iniziative di competenza al fine di rendere noti all'ARPA, alle autorità locali ed agli studiosi incaricati, i dati dell'indagine «Sicily radhaz radio and radar radiation hazard model» effettuata dalla A.G.I. Pennsylvania e dalla Maxym System, che hanno portato al trasferimento dell'installazione da Sigonella a Niscemi, in quanto fondamentali per una reale valutazione dell'impatto della stazione, ed anche i dati della URS Corporation sull'impatto ambientale, che solo in parte sono stati forniti all'ARPA. (4-00122)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIONDELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, così come sostituito dall'articolo 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), ha previsto – al comma 1 – l'istituzione dall'anno 2013 del fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario;
   il comma 6 del predetto articolo 16-bis prevede che per l'anno 2013 è ripartito a titolo di anticipazione il 60 per cento dello stanziamento del fondo di cui al comma 1;
   diversi organi di stampa (tra gli altri: La Stampa.it – Torino del 27 marzo 2013) riporta la notizia che da giugno ci saranno «...un autobus in meno su due, un treno in meno ogni tre. Salvo miracoli, ovvero un'integrazione delle risorse da parte del Governo...»;
   la regione Piemonte ha dichiarato che mancano 120 milioni di euro per garantire la copertura del fabbisogno del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, per l'anno 2013 a cui si aggiungono i 340 milioni di euro di debiti pregressi della regione nei confronti delle aziende del settore;
   pertanto, risultano a rischio sia il mantenimento di alcune tratte ferroviarie che oggi garantiscono i collegamenti soprattutto dalle valli verso i capoluoghi (ad esempio: Varallo-Novara, Biella-Milano, Cuneo-Ventimiglia e altro) sia la garanzia del trasporto su gomma oggi utilizzato da migliaia di studenti che si recano a scuola;
   la gravità della situazione è stata, ed è, oggetto di interventi da parte dei consiglieri regionali del Piemonte, sia di minoranza sia di maggioranza, senza che la giunta Cota intervenga in maniera chiara, puntuale e precisa per risolvere il problema ma solo addossando le colpe a soggetti esterni all'amministrazione regionale –:
   a che punto sia l’iter per il riparto dell'anticipazione dello stanziamento del fondo per il trasporto pubblico locale e quali siano le iniziative di propria competenza che il Ministero intende adottare per promuovere il trasporto pubblico locale, compreso quello ferroviario.
(4-00119)


   ROSATO e BLAZINA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'ufficio doganale di Prosecco, a Trieste, è ospitato in un edificio (ex scalo ferroviario) ancora oggi di proprietà di Ferrovie dello Stato;
   presso la dogana sono anche operative alcune società di import/export e logistica quali la Interland Srl e la Fratelli Prioglio Spa che occupano circa 70 posti di lavoro;
   nel maggio 2012, Ferrovie dello Stato, all'interno di un piano di revisione della spesa interno, ha rivisto le modalità di affitto del locale all'Agenzia delle dogane, imponendo il pagamento di un canone di affitto del valore di 40 mila euro annui a partire da maggio 2013;
   la direzione interregionale delle Dogane ha, però, escluso la possibilità di far fronte ad una tale spesa predisponendo piuttosto la chiusura della dogana;
   quella di Prosecco è una dogana importante nel quadro logistico triestino, in quanto è frequentata settimanalmente da centinaia di camion ed è predisposta ad effettuare altrettante operazioni di import/export: garantisce la possibilità agli operatori di poter depositare le merci nei magazzini e sono presenti otto stalle per l'accoglienza del bestiame;
   nonostante la crisi economica, il trend di operazioni indica un aumento dei traffici presso il valico, in linea con un flusso positivo nelle movimentazioni nel porto di Trieste;
   la chiusura dello scalo doganale di Prosecco comporterebbe, quindi, direttamente la chiusura delle sedi delle società lì stanziate (Interland Srl e Fratelli Prioglio Spa) e indirettamente danneggerebbe gli sviluppi economici dell'intera area triestina e del porto;
   si fa presente che le società sopra richiamate hanno avanzato all'Agenzia delle dogane una proposta di trasferimento in un prefabbricato che era stato messo a norma di legge a spese delle stesse, ma la direzione ha negato, dopo il compimento dei lavori, la possibilità di trasferire in quella sede i funzionari –:
   se il Governo intenda intervenire presso Ferrovie dello Stato per verificare la possibilità di raggiungere un accordo tra la società e l'Agenzia delle dogane circa il valore annuo del canone d'affitto dell'ufficio doganale di Prosecco, così da evitare che si debba ricorrere alla chiusura dello scalo;
   in alternativa, quali altre misure i Ministri interrogati intendano promuovere al fine di evitare la chiusura della dogana di Prosecco. (4-00124)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA, RICCIATTI, DI SALVO, MIGLIORE, LAVAGNO, BOCCADUTRI, LACQUANITI, MARCON, FRANCO BORDO, PANNARALE, COSTANTINO, SCOTTO, MELILLA, CLAUDIO FAVA, DANIELE FARINA, KRONBICHLER, PIAZZONI e NARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   durante la notte del 25 settembre 2005, nei pressi di viale Ippodromo a Ferrara, in uno scontro con quattro poliziotti (Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri), perdeva la vita il giovane diciottenne Federico Aldrovandi;
   il decesso del giovane avvenne in seguito ad una colluttazione violenta nel corso della quale vennero anche spezzati due manganelli; la morte sopraggiunse per «asfissia da posizione» (con il torace schiacciato sull'asfalto dalle ginocchia dei poliziotti), e conseguente arresto cardio-respiratorio;
   con sentenza emessa in data 21 giugno 2012, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio colposo nei riguardi dei quattro poliziotti;
   in data 27 marzo 2013, a Ferrara, sotto gli uffici comunali di piazza Savonarola, una delegazione del sindacato di polizia COISP (Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia) ha manifestato in difesa dei poliziotti condannati per l'uccisione del giovane Federico Aldrovandi;
   negli uffici comunali della sede di piazza Savonarola lavora la madre di Federico Aldrovandi, Patrizia Moretti;
   il sindaco di Ferrara, Tiziano Tagliani, ha chiesto immediatamente ai manifestanti di spostarsi da quel luogo, giudicando inopportuna tale manifestazione, tuttavia la delegazione sostenuta dall'europarlamentare di Futuro e Libertà, Potito Salatto, ha proseguito nel sit in, chiedendo al sindaco di andarsene e continuando ad esporre un manifesto/striscione con scritto: «La legge non è uguale per tutti. I poliziotti in carcere, i criminali a casa. Solidarietà, amicizia, speranza, affetto per Luca, Paolo, Monica, Enzo»;
   il Coisp ha messo fine al sit-in solo dopo che la madre di Federico Aldrovandi, Patrizia Moretti, è scesa nella piazza con alcune amiche, esponendo una foto del giovane ucciso dalla polizia;
   una completa descrizione dei fatti e della dinamica di quanto accaduto è rilevabile anche dai documenti audiovideo trasmessi dai principali media italiani e da una cronaca puntuale presente sul sito dell'associazione Articolo 21 (www.articolo21.info) realizzata dal giornalista e regista Filippo Vendemmiati, autore del docu-film «È stato morto un ragazzo», che parla appunto dell'omicidio Aldrovandi –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire con provvedimenti urgenti nei confronti del questore di Ferrara, non ultimo rimuovendolo dall'incarico, in assenza di una sua netta ed immediata presa di posizione rispetto alla manifestazione organizzata dal Coisp (Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia);
   se intenda intervenire, e con quali iniziative, affinché, a seguito di condanne definitive, episodi, quali quello esposto in premessa, non si verifichino più, né a Ferrara, né in altre parti del Paese, posto che tali manifestazioni, oltre a costituire un'offesa per il dolore dei familiari di Federico Aldrovandi, non possono che minare l'essenza di uno dei pilastri della democrazia, come il sistema giudiziario, che ha da tempo già definito le responsabilità in relazione alla drammatica vicenda;
   se non ritenga doveroso condannare la manifestazione esposta in premessa, in quanto, in caso contrario, forte sarebbe anche il rischio di mettere in cattiva luce la polizia di Stato, che, proprio rispetto alla morte del giovane, per il tramite dell'allora capo della Polizia, Antonio Manganelli, si era scusata con la famiglia Aldrovandi, anche in considerazione del fatto che quale gesto simbolico, prima che venisse emanata la sentenza definitiva, si era provveduto alla concessione di un risarcimento da parte dello Stato in favore dei familiari. (4-00127)


   COLLETTI, BASILIO, DADONE, D'INCÀ, NESCI, NUTI, SPADONI, DELL'ORCO, PAOLO BERNINI e FERRARESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 6 luglio 2009, per l'omicidio di Federico Aldrovandi, il tribunale di Ferrara, in persona del giudice Francesco Maria Caruso, ha condannato alla pena della reclusione di 3 anni e 6 mesi i poliziotti Monica Segatto, Paolo Forlani, Enzo Pontani e Luca Pollastri per «eccesso colposo in omicidio colposo»;
   il 10 giugno 2011 la corte di appello di Bologna ha confermato in toto la pena inflitta in primo grado dal Tribunale di Ferrara accogliendo pertanto le richieste della procura generale;
   il 21 giugno 2012 la Corte di Cassazione ha reso definitive le condanne a 3 anni e 6 mesi nei confronti dei quattro poliziotti succitati;
   gli stessi condannati hanno beneficiato del cosiddetto indulto, il quale ha scontato 36 dei 43 mesi di pena detentiva;
   il 29 gennaio ed il 1o marzo 2013 il tribunale di sorveglianza di Bologna ha decretato la pena detentiva per i 6 mesi rimanenti a carico dei quattro poliziotti;
   il giorno 27 marzo 2013 il Coisp – Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia ha organizzato un sit-in, benché autorizzato, davanti alla sede lavorativa della Signora Patrizia Moretti in piazza Savonarola, ovvero davanti la sede del comune di Ferrara;
   tale sit-in ha inteso dare solidarietà, da parte di poliziotti, ovvero dipendenti pubblici, ai loro colleghi condannati per l'omicidio di Federico Aldrovandi, con condanna oramai passata in giudicato;
   a parere degli interroganti appare gravissimo, in primis che poliziotti diano solidarietà a condannati per reati gravissimi come quelli in questione, benché colleghi. Forse non è mai accaduto prima, almeno pubblicamente, che dei poliziotti manifestassero a favore di pregiudicati;
   ma soprattutto il fatto gravissimo è che tali appartenenti alle forze dell'ordine abbiano manifestato proprio davanti la sede lavorativa della madre di Federico Aldrovandi, con ciò dando una connotazione di avversione pesantissima verso una persona che, a causa di un comportamento criminoso da parte dei poliziotti, ha perso il proprio figlio;
   inoltre, dalle prime indiscrezioni stampa sembra che il Ministro dell'interno, abbia affermato, come da lancio di Repubblica.it, che non intende irrogare sanzioni attraverso il vice-capo della polizia;
   risulta però che, nelle ultime agenzie di stampa del 28 e 29 marzo 2013, il Ministro abbia invece dato mandato allo stesso vice-capo della polizia di verificare se vi fossero gli estremi per aprire un procedimento disciplinare interno –:
   quali azioni intenda compiere il Ministro stesso, ovvero il vice-capo della polizia, al fine di tutelare il buon nome della polizia di Stato, violentemente calpestato da detta manifestazione, e se davvero si intendano irrogare sanzioni disciplinari;
   quali iniziative intenda assumere il Ministro stesso, ovvero il vice-capo della polizia, nei confronti dei quattro poliziotti condannati, e quindi se si intenda infliggere una sanzione disciplinare, in specie, ove ne sussistano i presupposti, il licenziamento. (4-00128)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni accademici, a fronte dell'accesso alle facoltà di medicina e chirurgia di oltre 10.000 studenti, lo Stato ha garantito alle scuole di specializzazione il finanziamento di una dotazione di contratti ministeriali pari a n. 5.000, meno della metà del fabbisogno;
   a causa dell'attivazione degli anni aggiuntivi di corso introdotti dal decreto ministeriale del 2005 sul «Riassetto delle Scuole di Specializzazione di area sanitaria», non accompagnata da un adeguamento dello specifico capitolo di spesa del Fondo di finanziamento ordinario, nel migliore dei casi, la previsione di finanziamento non consentirebbe una copertura di un numero di contratti ministeriali superiore a 4.500;
   entro il mese di aprile 2013 dovranno essere espletati tutti gli adempimenti necessari a procedere alla pubblicazione dei bandi di concorso per l'accesso alle scuole di specializzazione per il corrente anno accademico 2012/2013, ivi inclusa la formalizzazione dell'impegno da parte delle regioni a finanziare contratti aggiuntivi regionali nei limiti del fabbisogno di professionalità medico-specialistiche documentato;
   sono note le difficoltà delle regioni, dovute in gran parte al patto di stabilità, di garantire il necessario finanziamento dei predetti contratti aggiuntivi, che si rivelerebbero strategici per il processo di riorganizzazione delle regioni in piano di rientro e di riqualificazione della spesa sanitaria, anche alla luce del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012 (cosiddetta legge Balduzzi);
   per la prima volta quest'anno ci sarà l'attivazione del decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 1o agosto 2005 che estende a 5 anni la durata dei corsi di specializzazione in area medica. L'impatto economico di tale evento è stimabile in una spesa addizionale di circa 80 milioni di euro. Ove tale onere venisse coperto con la decurtazione dei nuovi contratti, si creerebbe un danno ancora maggiore, ancorché non immediatamente apprezzabile, in quanto, a fronte dei 10.000 iscritti alla facoltà di medicina e chirurgia, secondo le stime più recenti, si andrebbe ulteriormente a contrarre la percentuale dei giovani laureati in medicina che potrebbero realmente conseguire un alto grado di professionalità mediante la specializzazione;
   in modo particolare una eventuale riduzione dei contratti di specializzazione in geriatria, già insufficienti a coprire il fabbisogno di geriatri nelle numerose e continuamente crescenti strutture intermedie, RSA in particolare, e nei servizi territoriali, avrebbe gravi ripercussioni sui pazienti in cura sia nel sistema medico-ospedaliero che in quello medico-territoriale, in costante espansione a scapito di quello ospedaliero;
   i contratti di specializzazione per le professioni mediche e sanitarie costituiscono la porta di accesso qualificante al mercato del lavoro nella sanità pubblica e privata per i giovani laureati delle università e dunque pienamente coerenti con le finalità del Fondo sociale europeo –:
   quali urgenti iniziative di propria competenza intendano adottare per garantire l'efficienza generale del sistema formativo del sistema sanitario e, in particolare modo, per preservare e, auspicabilmente, potenziare, la formazione geriatrica, con un aumento dei contratti ministeriali dedicati, basilare per adeguare il servizio sanitario nazionale alla struttura demografica della popolazione italiana e ai relativi fabbisogni;
   se non ritengano necessario, inoltre, destinare una quota aggiuntiva dei finanziamenti del Fondo sociale europeo alla copertura degli oneri relativi all'assegnazione di borse di studio, sia per i medici iscritti al corso di formazione specifica di medicina generale, sia per gli specializzandi non medici iscritti alle scuole di specializzazione di area sanitaria.
(3-00013)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   POLVERINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 27 marzo 1992, n. 257, contiene norme per la cessazione dell'impiego dell'amianto;
   il decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, è relativo all'accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, a norma dell'articolo 1 della legge 4 novembre 2010, n. 183;
   il decreto ministeriale – Ministero del lavoro e della previdenza sociale – 19 maggio 1999 detta i criteri per l'individuazione delle mansioni usuranti, indicando in particolare all'articolo 2 i seguenti settori di attività economica: lavori in galleria, cava o miniera: mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuità; lavori nelle cave: mansioni svolte dagli addetti alle cave di materiale di pietra e ornamentale; lavori nelle gallerie: mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento con carattere di prevalenza e continuità; lavori in cassoni ad aria compressa; lavori svolti dai palombari; lavori ad alte temperature: mansioni che espongono ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali, a titolo esemplificativo, quelle degli addetti alle fonderie di fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti ad operazioni di colata manuale; lavorazione del vetro cavo: mansioni dei soffiatori nell'industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio; lavori espletati in spazi ristretti, con carattere di prevalenza e continuità ed in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuativamente all'interno di spazi ristretti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture; lavori di asportazione dell'amianto: mansioni svolte con carattere di prevalenza e continuità;
   il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, contenente disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici prevede, all'articolo 24, comma 1, lettera a), l'ipotesi di clausole derogative per le categorie più deboli;
   il medesimo decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, all'articolo 24, comma 17, modifica le regole di accesso al pensionamento dei lavoratori addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti; in particolare detto decreto prevede: la riduzione del periodo transitorio, inizialmente previsto fino al 31 dicembre 2012, al 31 dicembre 2011; l'applicazione delle quote, derivanti dalla somma di età anagrafica ed anzianità contributiva, previste dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247, per la totalità di lavoratori;
   il numero della malattie professionali manifestatesi è in costante crescita, cosa confermata dal volume delle denunce presentate all'Inail nel periodo 2007-2011, durante il quale si è registrato un aumento percentuale del 61,3 per cento, essendo passati da 28.943 denunce (anno 2007) a 46.489 denunce (anno 2011);
   negli ultimi dieci anni sono state diagnosticate circa 10.000 malattie asbesto correlate con il 97 per cento dei malati che ha un'età superiore a 50 anni e, per tale ragione, l'Anmil, le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl, Ugl, Uil, l'Associazione familiari vittime amianto e l'Associazione italiana esposti amianto hanno dato vita ad una Fondazione con lo scopo di promuovere la ricerca sulle malattie asbesto correlate e l'eliminazione dell'amianto dai luoghi di lavoro;
   il citato decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, non riconosce specifici benefìci ai lavoratori addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, in quanto ad essi si applica la disciplina precedentemente applicata alla totalità dei lavoratori e, quindi, appare in contrasto con il criterio indicato alla lettera a) dell'articolo 24, comma 1;
   il medesimo decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, prevede all'articolo 24, comma 12, l'applicazione a tutti i requisiti anagrafici degli adeguamenti alla speranza di vita di cui all'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni ed integrazioni –:
   se sia intenzione del Ministro procedere alla convocazione delle parti sociali al fine di favorire la revisione della norma relativa all'accesso al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti nonché ai lavoratori esposti all'amianto e che hanno contratto o che potranno contrarre malattie asbesto correlate, in maniera tale da assicurare dei benefìci in termini di riduzione dell'età anagrafica minima e della anzianità contributiva. (4-00118)


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Micron di Avezzano (Aquila) è una delle più importanti aziende dell'Abruzzo ed è la prima per livelli occupazionali nella provincia dell'Aquila con 1.623 dipendenti;
   la crisi che vive è grave, sia nell'aspetto quantitativo (circa 500 esuberi) che in quello qualitativo colpendo una delle aziende più importanti d'Italia in un settore strategico dell'industria manifatturiera. Non a caso la regione Abruzzo ha dato, a suo tempo, alla Micron il ruolo di capofila nel progetto del polo di innovazione sulle tecnologie dell'informazione e comunicazione. Nell'ultimo incontro svolto tra le parti al Ministero dello sviluppo economico, la Micron ha annunciato che entro il 4 maggio 2013 ci sarà la cessione ad una nuova società con la rilevante presenza del Gruppo tedesco LFoundry;
   i sindacati e gli enti locali presenti all'incontro hanno chiesto alla proprietà di conoscere tempi e progetto industriale del nuovo soggetto che subentra alla multinazionale americana. Desta grande preoccupazione la conferma di un alto numero di esuberi, pari al 30 per cento dell'attuale manodopera, l'incertezza sugli ammortizzatori sociali da definire nel processo di riconversione industriale, la continuità delle commesse esistenti e le nuove produzioni;
   il sindacato da tempo ha avanzato la proposta di un consorzio tra più soggetti industriali che vogliano investire sul sito marsicano;
   lo stabilimento di Avezzano potrebbe essere una foundry di servizio per tutte quelle aziende che necessitano di produrre componenti di supporto a 200mm e che non hanno la capacità di sostenere investimenti enormi. La Micron dovrebbe completare il processo dei sensori di immagine CFA con la garanzia di un battente produttivo per garantire un'alimentazione degli impianti sufficiente al mantenimento delle produzioni. Attraverso questo impegno nuovi soggetti industriali potrebbero calibrare gli investimenti necessari per consentire la diversificazione dei prodotti da realizzare. È essenziale garantire la costituzione ad Avezzano di un laboratorio di ricerca e sviluppo collegato alle attività produttive del nuovo soggetto industriale;
   la promozione del consorzio industriale della Nuova Micron, per la sua evidente importanza strategica nazionale, deve impegnare il Governo tramite il Ministero allo sviluppo economico per i naturali riflessi sulla politica industriale italiana –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere per il monitoraggio della cessione della Micron da parte della multinazionale americana al nuovo gruppo tedesco, per la tutela dell'occupazione e la previsione di ammortizzatori sociali certi che garantiscano il reddito dei lavoratori, per la serietà del progetto industriale che viene proposto dalla nuova proprietà e per la salvaguardia del sito industriale marsicano, strategico per l'economia italiana. (4-00120)


   BORGHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il territorio del Verbano Cusio Ossola data la sua vicinanza alla Svizzera, presenta un numero molto significativo di lavoratori transfrontalieri;
   il regolamento (CE) n. 883 del 2004, all'articolo 65, stabilisce che le indennità di disoccupazione a beneficio dei lavoratori residenti in uno Stato, ma che hanno lavorato in un altro, sono a totale carico dello Stato di provenienza;
   tale regolamento è stato sottoscritto anche dalla Svizzera ed è entrato in vigore il 1° aprile 2012 con la conseguenza che il fondo con contabilità separata non viene più alimentato;
   la giacenza effettiva di tale fondo è di circa 280 milioni di euro, sufficienti per retribuire le indennità dei lavoratori disoccupati per almeno 8/10 anni, come parte integrante del trattamento speciale di disoccupazione previsto dalla legge n. 147 del 1997;
   la posizione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è che, dal gennaio 2013, anche ai lavoratori frontalieri disoccupati si applicherà l'ASPI, l'assicurazione sociale per l'impiego prevista dalla «riforma Fornero» in sostituzione dell'indennità di disoccupazione ciò ha colto di sorpresa il mondo del lavoro delle aree di confine –:
   se non ritenga di fornire chiarimenti in merito all'applicazione della legge n. 147 del 1997 ed alle modalità di utilizzo delle risorse ancora disponibili, e se non intenda assumere iniziative per integrare l'ASPI nel vecchio trattamento con effetto retroattivo attingendo al fondo disponibile (circa 280 milioni di euro) gestito fuori bilancio dall'INPS ed alimentato, fin dal 1997, con la retrocessione da parte della Svizzera delle trattenute applicate sui salari dei lavoratori frontalieri che hanno contribuito al benessere del Verbano Cusio Ossola e di tutti gli altri territori di confine, promuovendo altresì modifiche alla normativa che prevede l'ASPI affinché sia precisato che sono fatte salve le ipotesi in cui l'ammontare dell'indennità di disoccupazione sia stabilita da accordi bilaterali con Stati esteri e sia di maggior favore per l'assicurato. (4-00125)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BIONDELLI e ARGENTIN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il CEM, centro di educazione motoria, di Roma è gestito dalla Croce rossa italiana in convenzione con la regione Lazio;
   il centro è un'eccellenza nel campo dell'assistenza alle persone con gravi e gravissimi problemi di disabilità psicomotoria;
   attualmente, la struttura ospita 63 degenti, di cui 47 residenziali e 16 diurni, e svolge servizio ambulatoriale di riabilitazione dell'età evolutiva e di ambulatorio per l'età adulta per le malattie neurologiche;
   tra gli ospiti si è stretto un importante legame amicale e di condivisione che assume la massima rilevanza per il loro benessere e per le loro famiglie;
   da tempo la Croce rossa lamenta l'impossibilità di gestire in attivo le attività del Centro, in quanto i ricavi della convenzione non remunerano l'insieme delle attività svolte;
   il processo di riordino della Croce rossa non fornisce risposte utili a far fronte al disavanzo finanziario del CEM;
   con lettera del 5 novembre 2012, il Commissario del comitato provinciale di Roma della Croce rossa ha comunicato al presidente dell'AGECEM (Associazione genitori centro di educazione motoria) che non si riesce ad intraprendere un percorso di condivisione, con la regione Lazio e la Asl RMD, degli oneri finanziari per superare le criticità esistenti;
   dal 6 novembre le famiglie degli assistiti, con il sostegno e la solidarietà delle organizzazioni sindacali, hanno occupato fisicamente il CEM allo scopo di impedirne la chiusura e il conseguente trasferimento coattivo dei degenti gravissimi;
   le attività sanitarie e sociosanitarie, svolte dalla Croce rossa in convenzione, dovrebbero essere svolte dal Servizio sanitario nazionale;
   ben due manifestazioni di protesta erano state promosse, il 16 e 25 gennaio 2013, alla prima delle quali avevano partecipato anche alcuni rappresentanti istituzionali, promettendo in particolare un tavolo di lavoro, con il coinvolgimento di ASL, regione, forze sindacali e famiglie, per cercare di risolvere al meglio la situazione, scongiurando la chiusura dell'ambulatorio;
   dopo le manifestazioni del 16 e del 25 gennaio tenutesi a Roma presso la sede della Croce rossa provinciale è stato avviato il tavolo tecnico che dovrebbe portare a soluzione i problemi degli ambulatori per l'età evolutiva e per i malati di Parkinson ed arrivare ad un protocollo d'intesa tra tutte le parti coinvolte –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non ritenga, pur nella salvaguardia delle responsabilità e delle prerogative di tutte le parti coinvolte, di assumere urgentemente ogni iniziativa di competenza, anche alla luce delle funzioni di indirizzo e vigilanza esercitate nei confronti della Croce rossa italiana, al fine di salvaguardare il diritto alla salute, come previsto dall'articolo 32 della Costituzione, e il diritto all'assistenza delle persone disabili, così come avviene per ogni cittadino. (5-00064)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il diritto al lavoro e il diritto alla tutela della salute sono beni assoluti e inviolabili garantiti dalla Carta Costituzionale (articolo 1, articolo 4 e articolo 32), puntualmente recepiti dal legislatore con la legge istitutiva dei Sistema sanitario nazionale (legge n. 833 del 1978) nella quale, ribadito il fondamentale diritto alla tutela, della salute, vengono indicate le modalità di attuazione con il coinvolgimento delle strutture private, nei casi di impedimento di quelle pubbliche al soddisfacimento della richiesta (articolo 25 della legge n. 833 del 1978);
   l'istituzione pubblica non è in grado di soddisfare pienamente le legittime richieste della collettività, visto il ricorso al criterio della partecipazione da parte del legislatore, mediante il sistema di convenzionamento e accreditamento delle strutture private (legge n. 833 del 1978 e decreto legislativo n. 502 del 1992, recepito dalla regione Veneto dalla legge regionale n. 22 del 16 agosto 2002);
   il sistema di convenzionamento da parte di alcune regioni, fra cui il Veneto, è riconosciuto un sistema non solo utile ma anche necessario e non foriero di aggravio di spesa, bensì produttivo di risparmio, se non addirittura di guadagno per la regione nella complessiva gestione del sistema;
   la riduzione della spesa pubblica (spending review) imposta dal Governo Monti – anche a livello di servizi sanitari della regione del Veneto nella misura dello 0,5 per cento per il 2012, 1 per cento per il 2013 e 2 per cento per il 2014, sebbene legittima e necessaria, non prevede variazioni in termini di qualità e di quantità dei servizi («a servizi invariati») atti al soddisfacimento di diritti inviolabili del cittadino in quanto relativi a beni costituzionalmente garantiti e protetti;
   il Piano socio-sanitario regionale 2012-2016 (legge regionale del Veneto n. 23 del 2012 e legge regionale n. 46 del 3 dicembre 2012), già impugnato dinanzi alla Corte costituzionale per aspetti specifici, che comunque non riguardano la programmazione, è il documento programmatico di riferimento della delibera della giunta regionale del Veneto 2621/2012, oggetto della presente interrogazione;
   la suddetta delibera della giunta regionale 2621/2012 definisce, in applicazione della spending review (decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012), le riduzioni della spesa sanitaria per l'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale, prevedendo una riduzione del 10 per cento anziché dell'1 per cento del budget previsto dalla spending review per l'anno 2013, in una valutazione che comprende anche il ticket incassato, causando un taglio complessivo del 30 per cento;
   la medesima delibera 2621/2012 affida ai direttori generali delle ULSS la competenza sulla ripartizione tra le singole strutture private accreditate del budget complessivo, senza definire criteri specifici e omogenei di assegnazione, determinando una diversità di approccio che varia tra ULSS, con variazioni nelle riduzioni di budget che, ad oggi, in alcuni casi sono arrivate al 70 per cento;
   il piano socio-sanitario della regione Veneto 2012-2016 prevede di potenziare l'assistenza territoriale, consolidando il ruolo del distretto socio-sanitario, ridisegnando la rete territoriale sulla scorta di una filiera dell'assistenza in grado di garantire un sistema di cure graduali, nonché di sottrarre gli elevati costi ospedalieri di gestione dell'assistenza sanitaria post-acuta e cronica;
   indipendentemente dal piano sanitario regionale, la suddetta delibera 2621/12 fa riferimento alla delibera della giunta regionale n. 2088 del 2011, in cui si indica che «il fabbisogno di prestazioni di specialistica ambulatoriale è fissato, come da DGR 3140/2010 (Allegato A), nel numero di 4 prestazioni per abitante (escluse la diagnostica di laboratorio e le attività di prevenzione)»; tale dato si riferisce in realtà all'indicatore di performance per l'obiettivo di «ottimizzazione del numero di prestazioni specialistiche per abitante» (DGR 3140/2010 – Allegato A), attribuendo erroneamente così un significato di bisogno di prestazioni da parte della popolazione, ad un dato che era stato indicato dalla stessa giunta regionale come obiettivo da raggiungere;
   l'indicatore di performance di 4 prestazioni all'anno pro capite a cui fa riferimento la delibera n. 2088 del 2011 e richiamato dalla delibera della giunta regionale 2621/2012, rappresenta per alcune aree del Veneto la metà delle prestazioni attuali; l'applicazione della delibera quindi è destinata a tagliare, attraverso il taglio ai budget delle strutture private convenzionate, bisogni di salute già espressi, attraverso medici dello stesso sistema sanitario;
   il taglio del budget e quindi del numero di prestazioni erogabili non da garanzie che le aziende sanitarie pubbliche statali siano in grado di fornire tutti i servizi e con la rapidità di risposta alle richieste della collettività voluta dalla legge;
   l'attuazione della delibera regionale determina un inevitabile allungamento delle liste di attesa a causa dell'aumento del numero di prestazioni che l'istituzione pubblica dovrà corrispondere senza possibilità di fare ricorso alle strutture private convenzionate;
   inoltre, l'attuazione della delibera regionale comporta il rischio di mettere i cittadini nelle condizioni di pagare in proprio le prestazioni sanitarie privandosi così della possibilità di rimborso oppure, per i meno abbienti e non solo, di rinunciare alla prestazione. Tutto questo è estremamente grave, poiché, sebbene rappresenti una decisione volontaria, non può essere motivo di limitazione di responsabilità non solo etica ma anche giuridica da parte di chi era dovuto a fornirla;
   più in generale sarebbe opportuno acquisire un quadro aggiornato, riferito all'intero territorio nazionale, delle conseguenze derivanti dalle operazioni di contenimento della spesa sul piano del rispetto dei livelli essenziali di assistenza e, in particolare, dei tempi di attesa per le prestazioni sanitarie –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa e se non ritenga di assumere così ogni iniziativa di competenza per monitorare gli effetti, sull'intero territorio nazionale e con particolare riguardo alla situazione veneta, degli interventi di razionalizzazione e contenimento della spesa in termini di salvaguardia dei livelli essenziali di assistenza e di governo delle liste di attesa. (4-00126)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   l'articolo 3 della legge n. 248 del 2006 («legge Bersani») consente alle attività commerciali site nei comuni inseriti negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte, di estendere, in via sperimentale, gli orari di apertura anche per 24 ore giornaliere ed estende tale possibilità (tra l'altro già prevista nella legge n. 114 del 1998 – «legge Bersani») a località non espressamente definite «turistiche»;
   la manovra finanziaria dell'ultimo Governo Berlusconi, varata con il decreto-legge n. 98 del 6 luglio 2011, seguita dalla circolare esplicativa ministeriale (Ministero dello sviluppo economico) 28 ottobre 2011, n. 3644/C, ha previsto la liberalizzazione degli esercizi commerciali, con effetto a partire dal 2 gennaio 2012 e novanta giorni di tempo per i relativi adeguamenti; in tal modo, la liberalizzazione degli orari di apertura, anche se in via sperimentale, è stata estesa agli esercizi commerciali di tutti i comuni d'Italia turistici e non;
   il Governo Monti ha sostanzialmente confermato la suddetta disciplina normativa all'interno della «manovra SalvaItalia» varata con il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201;
   la norma succitata azzera completamente ogni competenza delle regioni e dei comuni in materia di orari;
   nel 1995 è stato promosso un referendum in merito agli orari degli esercizi commerciali e il 62,5 per cento dei votanti si è espresso contro l'abrogazione della norma che impedisce la liberalizzazione degli orari dei negozi;
   da diversi mesi si sono susseguite critiche al decreto-legge e conseguenti liberalizzazioni delle aperture domenicali da parte di associazioni di categoria e comitati locali; infatti, Confesercenti ha confermato la contrarietà al provvedimento, soprattutto per ciò che riguarda le aperture durante le domeniche e i giorni festivi. Una posizione più volte ribadita dall'associazione e ora rafforzata dalla campagna «Libera la Domenica»;
   l'iniziativa è sostenuta anche a Taranto da comitati popolari come «Domenica no grazie», e punta a far pervenire in Parlamento una proposta di legge di iniziativa popolare; gli obiettivi della petizione sono il ritorno alla vecchia calendarizzazione delle aperture domenicali, nonché l'abolizione in toto dell'apertura degli esercizi commerciali durante i giorni festivi; altre critiche analoghe sono giunte dal comitato CALS (comitato anti liberalizzazioni selvagge) emiliano-romagnolo, che ha già raccolto oltre 50.000 firme;
   sono giunte proposte alternative dall'Emilia Romagna, come la creazione di un meccanismo di rotazione delle aperture domenicali (numero massimo di festività lavorative, in un anno, equivalente a 12 o 13) rivolto alle piccole, medie e grandi distribuzioni, lasciando comunque la possibilità al consumatore di fare la spesa alimentare tutte le domeniche («modello Modena»);
   è auspicabile che la volontà popolare espressa tramite il referendum del 1995, in merito agli orari degli esercizi commerciali, sia rispettata;
   la liberalizzazione delle aperture ha messo in difficoltà i piccoli commercianti, per quanto riguarda la copertura degli orari, e in alcuni casi gli stessi dipendenti che si vedono oberati di straordinari e turnazioni;
   a seguito delle aperture domenicali non ci sono stati significativi aumenti delle vendite;
   i turni domenicali possono mettere in difficoltà anche le famiglie dei dipendenti vista la chiusura domenicale di alcune strutture/servizi come le scuole/asili –:
   quali iniziative il Ministro interpellato intenda assumere al fine di:
    a) riconoscere nuovamente il ruolo centrale delle regioni e degli enti locali nella programmazione commerciale e nella organizzazione degli orari;
    b) tutelare i piccoli commercianti che non riescono a reggere il confronto con le grandi distribuzioni;
    c) creare un meccanismo di rotazione delle aperture domenicali (numero massimo di festività lavorative, in un anno, equivalente a 12 o 13) rivolto alle piccole, medie e grandi distribuzioni, lasciando comunque la possibilità al consumatore di fare la spesa alimentare tutte le domeniche.
(2-00014) «Dell'Orco, Manlio Di Stefano, Castelli, Gagnarli, Silvia Giordano, Bechis, Tofalo, Baldassarre, De Rosa, Spadoni, Crippa, Della Valle, Prodani, Mucci».

Interrogazione a risposta orale:


   OTTOBRE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Fuji Heavy Industries di Tokyo ha annunciato che la sede della Subaru Italia il 30 giugno 2013 sarà trasferita dalla città di Ala in Trentino Alto-Adige a Milano ed ha comunicato la chiusura dello stabilimento di Ala a tutte le concessionarie Subaru in Italia;
   il presidente della filiale italiana della Subaru, Tashiko Kageyama, ha comunicato a 40 dipendenti dell'azienda, ad eccezione dei 3 magazzinieri, l'obbligo di trasferirsi presso la nuova sede di Milano o in alternativa di presentare le loro dimissioni;
   la procedura unilaterale di trasferimento equivale ad un sostanziale licenziamento dei dipendenti dell'azienda, senza neppure che sia possibile attivare gli ammortizzatori sociali;
   Ala è la sede della multinazionale Subaru per l'Italia, per l'Austria, la Slovacchia, la Slovenia e la Croazia, ha un fatturato annuo di 200 milioni di euro ed ha visto, cinque anni fa, l'investimento di 7,5 milioni di euro per ampliare lo stabilimento, nel contempo sostenuto da investimenti a carico della provincia autonoma di Trento per opere infrastrutturali necessari allo sviluppo dello stabilimento di Ala;
   la decisione della Fuji Heavy Industries di trasferire la sede italiana a Milano è giustamente ritenuta immotivata sia sotto il profilo industriale, sia in ordine ai costi, da parte di tutte le forze sociali, dalle organizzazioni imprenditoriali e sindacali e dalle istituzioni, che hanno contestato le motivazioni addotte dalla multinazionale giapponese, in particolare che il trasferimento di sede sia dovuto ad una perdita di bilancio della Subaru Italia nel 2012;
   secondo le organizzazioni sindacali la realtà è che «le quote di mercato di Subaru Italia sono costantemente cresciute», mentre sono diminuite negli altri stabilimenti europei, in Svizzera e Germania, della multinazionale giapponese e che un trasferimento della sede a Milano, non necessario sotto il profilo strategico, comporterebbe un forte aumento dei costi aziendali;
   dagli inizi del mese di marzo 2013 i lavoratori della Subaru Italia di Ala hanno intrapreso ogni iniziativa possibile a sostegno della loro occupazione, con scioperi ad oltranza, sostenendo come sia indispensabile e possibile rafforzare lo stabilimento di Ala acquisendo la gestione dei mercati del Sud Europa;
   la Fiom Cgil del Trentino ha chiesto in modo formale al presidente della Subaru Italia di recedere dalla decisione assunta in ordine al trasferimento e di valutare, di concerto con le organizzazioni imprenditoriali e sindacali presenti sul territorio, una ulteriore valorizzazione dello stabilimento di Ala, con particolare attenzione alle attività di commercializzazione dei veicoli della multinazionale;
   la provincia autonoma di Trento ha condiviso e promosso le iniziative dei lavoratori dell'azienda a difesa del proprio posto di lavoro e delle ragioni, industriali ed economiche, contrarie ad uno spostamento della sede italiana della Subaru e tali semmai da rafforzare il carattere strategico dello stabilimento di Ala;
   il presidente della Subaru Italia e i dirigenti della multinazionale giapponese hanno sempre rifiutato, a quanto consta all'interrogante, senza alcuna motivazione, il confronto richiesto dalle organizzazioni sindacali ed economiche e dalle istituzioni provinciali e comunali –:
   quali siano i dati a conoscenza del Ministro in merito al caso della Subaru Italia e quali iniziative urgenti intenda intraprendere nei confronti della azienda giapponese, di concerto con le organizzazioni sociali e le istituzioni locali, al fine di difendere i diritti ed il lavoro dei 40 impiegati e delle loro famiglie;
   in particolare, se il Ministro, per quanto di competenza, intenda convocare, con assoluta priorità, il presidente della Subaru Italia, le parti sociali, la provincia autonoma di Trento e le istituzioni locali, presso il Ministero dello sviluppo economico, con l'obiettivo di pervenire a un riesame delle decisioni assunte dalla multinazionale giapponese e di difendere una realtà produttiva ed aziendale di assoluto rilievo come quella della Subaru Italia di Ala. (3-00014)

Interrogazione a risposta scritta:


   DELL'ORCO e LIUZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il trasporto pubblico locale e i treni per i pendolari sono stati pesantemente danneggiati dalle manovre ultimi anni. I tagli nei trasferimenti alle regioni e agli ente locali che nel 2012 sono stati pari a 4,2 miliardi di euro infatti, hanno influenzato decisamente alcuni settori chiave, tra cui trasporti, difesa del suolo ed edilizia, politiche di sviluppo (energia, formazione e altro), sommandosi anche ai tagli già decisi gli scorsi anni;
   nel 2012 in molte regioni sono stati effettuati tagli nei collegamenti ed è aumentato il costo di biglietti e abbonamenti;
   la BredaMenarinibus (uno dei primi produttori italiani di autobus), attualmente di proprietà di Finmeccanica spa, rappresenta una realtà produttiva importante del territorio bolognese che attualmente impiega circa 290 persone e che ne ha coinvolte fino a un migliaio negli anni 90;
   la proprietà ha dichiarato nel 2011 la volontà di alienare la BredaMenariniBus. A seguito della notizia l'azienda ha registrato un drastico calo delle quote di mercato nazionale;
   da gennaio 2011 è attivata la cassa integrazione (prima ordinaria, poi straordinaria) per i lavoratori della Breda Menarini;
   l'attuale situazione di BredaMenarinibus è critica ed è a serio rischio l'esistenza stessa di una realtà che opera ininterrottamente da oltre 90 anni nel territorio bolognese;
   la BredaMenarinibus rappresenta una realtà d'eccellenza i cui automezzi sono attualmente in circolazione in molte città d'Europa con una filiera di progettazione e produzione completamente italiana;
   la BredaMenarinibus è l'ultima azienda italiana che opera e presidia un settore produttivo e progettuale strategico per il futuro del trasporto pubblico e per le politiche ambientali legate al trasporto sia locali che nazionali;
   è di fondamentale importanza l'offerta occupazionale offerta dalla BredaMenariniBus in un momento di eccezionale crisi che colpisce il nostro territorio;
   l'importanza strategica del prezioso know how costruito in tanti anni di ricerca e sviluppo a cui BredaMenarinibus sta dando continuità rischia di andare dispersa;
   va tenuto conto dell'importanza delle politiche del trasporto pubblico locale in relazione alle politiche europee in campo energetico/ambientale e della mobilità sostenibile;
   l'età media dei mezzi di trasporto pubblico in circolazione in Italia è nettamente superiore a quella di Francia e Germania ed è molto minore il tasso di sostituzione dei mezzi in circolazione –:
   cosa il Ministro interrogato intenda fare affinché venga garantita continuità ed operatività ad una azienda che da oltre 90 anni rappresenta un'eccellenza in un settore strategico;
   se il Governo non ritenga di doversi adoperare per l'apertura di un tavolo nazionale di confronto con le organizzazioni sindacali e l'azienda al fine di ricercare soluzioni che garantiscano lo sviluppo e il rilancio nel mercato italiano della BredaMenariniBus e la salvaguardia delle centinaia di posti di lavoro dell'unica realtà italiana rimasta nella costruzione di autobus. (4-00121)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Baretta e altri n. 1-00006, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 marzo 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carrescia.

  La mozione Pellegrino e altri n. 1-00012, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 marzo 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Duranti, Placido, Claudio Fava.

Ritiro di una firma da una mozione.

  Mozione Pellegrino e altri n. 1-00012, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 marzo 2013: è stata ritirata la firma del deputato Barbanti.