Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 21 marzo 2013

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il patto di stabilità interno è stato introdotto dalla legge 23 dicembre 1998, n. 448, al fine di coinvolgere gli enti territoriali nel processo di risanamento della finanza pubblicata nel contesto dei vincoli europei del patto di stabilità e crescita;
    l'obbligo di partecipazione delle regioni e degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica ha assunto, di recente, valenza costituzionale con la nuova formulazione dell'articolo 119 della Costituzione – operata dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 volta ad introdurre il principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale – il quale, oltre a specificare che l'autonomia finanziaria degli enti territoriali (comuni, province, città metropolitane e regioni), è assicurata nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, prevede al contempo che tali enti siano tenuti a concorrere ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea;
    nonostante le successive riscritture della disciplina applicativa, l'impostazione del patto di stabilità interno ha fatto progressivamente emergere con evidenza gravi inefficienze nel funzionamento delle regole di contenimento finanziario in termini di riduzione degli investimenti locali e di acclarata insostenibilità degli obiettivi che si sommano alla drastica riduzione delle risorse trasferite ai comuni;
    a peggiorare la situazione, è intervenuta, a partire dal 2013, l'inclusione nel patto di stabilità dei comuni con popolazione compresa tra i 1.000 e i 5.000 abitanti;
    si registra una corale e unanime dichiarazione di impossibilità da parte dei rappresentanti dei comuni rientranti nella fascia fra 1.000 e 5.000 abitanti a rispettare le nuove regole in considerazione della diversa gestione contabile;
    i comuni sino a 5.000 abitanti sono impegnati in un processo storico di trasformazione istituzionale che prevede la gestione obbligatoria associata di tutte le funzioni fondamentali e pertanto, in prospettiva, sono impegnati a realizzare forme associative stabili quali l'Unione di comuni: appare, quindi, ancor più irragionevole sottoporre i singoli comuni a nuove regole che peraltro sono apertamente e con determinazione messe in discussione per i comuni sopra i 5.000 abitanti;
    è, comunque, l'intero comparto a dare segnali di profonda sofferenza finanziaria: le assegnazioni statali destinate ai comuni sono diminuite negli ultimi 3 anni di 6 miliardi e 450 milioni, mentre il contributo finanziario richiesto si è progressivamente accresciuto nonostante il comparto sia in avanzo e presenti risultati positivi determinando una situazione finanziaria di assoluta insostenibilità;
    il sistema dei comuni è indubbiamente il livello istituzionale più esposto sia sul versante dell'impoverimento dei nuclei familiari e delle relative richieste di sostegno ed intervento sociale, sia sul versante del sistema produttivo ed in particolare in relazione alla drastica riduzione degli investimenti pubblici e della difficoltà di effettuare i pagamenti conseguenti ad obbligazioni contrattuali assunte;
    il contributo annuale fornito dai comuni in termini di risorse proprie non spendibili ammonta a 4 miliardi e 500 milioni di euro, risorse che potrebbero essere impiegate per fornire servizi ai cittadini e per realizzare gli investimenti: negli ultimi cinque anni la spesa per investimenti dei comuni è diminuita del 23 per cento e si è creato un accumulo nelle casse dei comuni di circa 13 miliardi di euro;
    molti comuni, per rispettare i vincoli sempre più stringenti imposti dal patto di stabilità interno, sono costretti a non ottemperare alle obbligazioni già validamente assunte con soggetti esterni, con grave pregiudizio per l'ente, per il sistema delle imprese, per l'economia locale del territorio e per il sistema occupazionale;
    la dimensione dei residui, ovvero quelli per cui il comune dispone di risorse in cassa ma che non può onorare per il rispetto del patto, ha raggiunto negli anni un ammontare molto ingente che sta destando forte attenzione poiché strettamente legata alla crisi di un settore particolarmente esposto ai ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione, quello dei lavori pubblici;
    gli effetti del ritardo dei pagamenti si estendono a tutta la filiera, creando i presupposti per l'insolvenza di migliaia di imprese;
    la dimensione finanziaria dei ritardi di pagamento della pubblica amministrazione nel settore dei lavori pubblici ha raggiunto ormai i 19 miliardi di euro ed è in costante crescita, così come i tempi di pagamento: in media, le imprese che realizzano lavori pubblici sono pagate dopo 8 mesi e le punte di ritardo superano ampiamente i 2 anni;
    a fronte di una disponibilità di fondo di cassa del comparto dei comuni di 13,2 miliardi di euro si rilevano residui passivi in conto capitale per oltre 45 miliardi di euro, di cui 12,5 miliardi avrebbero copertura attraverso il fondo di cassa;
    a prescindere dalla fonte di finanziamento che alimenta il fondo di cassa, tali risorse possono essere impiegate dai comuni per effettuare il pagamento di qualunque residuo passivo in conto capitale, quindi per le opere pubbliche i cui pagamenti sono oggi bloccati dall'entità della manovra a carico del comparto e dalle regole del patto di stabilità interno;
    lo sblocco dei pagamenti può generare un aumento del PIL dell'1 per cento circa, e potrebbe corrispondere alla salvaguardia di circa 200.000 unità di lavoro: tale misura comporterebbe il peggioramento del deficit per un solo anno, senza effetti negativi permanenti sulla finanza pubblica e senza alterare il livello di deficit e debito strutturali;
    le misure sin qui adottate per sbloccare i pagamenti attraverso i meccanismi della certificazione sono risultati di complessa attuazione e allo stato inefficaci e necessiterebbero pertanto di correzioni;
    il 18 marzo 2013, in una dichiarazione congiunta del Commissario agli affari economici e monetari e del Commissario all'industria e all'imprenditoria è stata fatta una apertura relativamente alla possibilità di estinguere i debiti commerciali, acconsentendo alla realizzazione di un piano di «smaltimento» dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese senza che i predetti pagamenti siano pienamente considerati ai fini del raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità interno;
    è indispensabile mettere da subito in atto misure concrete e di effetto immediato e rilanciare la crescita e sostenere l'occupazione, a partire dallo sblocco dei pagamenti dovuti dalle pubbliche amministrazioni;
    tali misure sono divenute ormai improcrastinabili, poiché il contesto economico, produttivo, occupazionale e sociale del nostro Paese presenta indici di costante e allarmante peggioramento che evidenziano uno stato di recessione che colpisce gravemente famiglie e sistema produttivo,

impegna il Governo:

   ad adottare in via d'urgenza iniziative utili volte a:
    a) consentire di utilizzare le risorse a disposizione dei comuni per procedere immediatamente al pagamento dei debiti pregressi nei confronti delle imprese, attualmente bloccati dalle regole imposte dal patto di stabilità interno;
    b) applicare la regola stabile – golden rule – che comporta equilibrio di parte corrente e limite all'indebitamento, in modo da consentire una equilibrata politica di investimenti, rendendo così più flessibile il patto di stabilità interno e consentendo un allentamento sul versante della spesa per investimenti;
    c) escludere l'applicazione delle regole del patto di stabilità interno per i comuni ricompresi nella fascia demografica fra i mille e i cinquemila abitanti.
(1-00003) «Speranza, Guerra, Legnini, Baretta, Bonifazi, Borghi, Boschi, De Menech, Famiglietti, Fragomeli, Lorenzo Guerini, Lotti, Magorno, Mariani, Nardella, Pastorino, Richetti, Rughetti, Giuseppe Guerini».


   La Camera,
   premesso che:
    l'ultima ondata di maltempo che ha interessato il versante tirrenico, ha causato enormi danni alle regioni Toscana e Liguria, per un ammontare non inferiore a 30 milioni di euro;
    il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha avviato l'iter per la dichiarazione di stato di emergenza a livello regionale e ha formalmente chiesto al Governo di stanziare le necessarie risorse e di riconoscere lo stato di emergenza ai sensi della legge n. 225 del 1992;
    per quanto riguarda la Toscana, si sono verificate numerose frane in Versilia, a Vicchio in Mugello e nella provincia di Arezzo, allagamenti nei pistoiese e nelle Provincie di Prato, Massa, Lucca e Livorno;
    sono necessari investimenti ed è necessario provvedere allo sblocco delle risorse del patto di stabilità al fine di garantire la realizzazione degli interventi;
    anche il sindaco della Spezia, Massimo Federici, ha presentato, alla regione Liguria, richiesta di riconoscimento dello stato di emergenza per il territorio del Comune della Spezia in seguito agli eccezionali eventi meteorologici dei giorni scorsi;
    il territorio della città ligure, reso fragile e vulnerabile dalle intense precipitazioni che si sono verificate nella prima metà del mese di marzo 2013, ha subito ulteriori danni, per riparare i quali sono necessari tempestivi interventi di sistemazione e messa in sicurezza;
    le precipitazioni hanno provocato ingenti danni a strutture e infrastrutture di interesse pubblico e privato e notevoli problemi si sono verificati sulla viabilità stradale per frane ed allagamenti;
    per la messa in sicurezza degli ultimi movimenti franosi, la regione Liguria ha chiesto al governo circa 10 milioni di euro, oltre al ripristino di un fondo nazionale, finalizzato anche alla prevenzione; le situazioni più critiche riguardano la provincia della Spezia, in particolare i comuni Borghetto Vara, Marinella, Corniglia e Vernazza, ma gravi problemi sono stati segnalati in tutte le altre province, con danni di varia entità a Uscio, Lavagna, Rialto, Vezzi, Calice, Millesimo, Testico, Finale e Villa Faraldi;
    frane e smottamenti hanno interessato tutte le province liguri e le risorse a disposizione sono insufficienti per effettuare gli interventi di ripristino e messa in sicurezza,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative finalizzate ad escludere dal patto di stabilità interno relativo all'anno 2013 le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese di parte corrente e in conto capitale sostenute dalle province e dai comuni nonché le risorse proprie di tali enti impiegate per far fronte all'emergenza alluvionale;
   ad avviare immediatamente la procedura per il riconoscimento, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, come modificata dalla legge n. 100 del 2012, dello stato di emergenza per i territori colpiti dagli intensi eventi meteorologici che si sono verificati in Liguria e Toscana il 17 e 18 marzo 2013, garantendo, in ogni caso, il reperimento di almeno 40 milioni di euro necessari per gli interventi di maggiore urgenza.
(1-00004) «Mariani, Giacomelli, Basso, Giacobbe, Carocci, Bini, Tullo, Manciulli, Fontanelli, Vazio, Pastorino, Sani, Cenni, Velo, Orlando, Marco Meloni, Rocchi, Biffoni, Rigoni».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI, GENTILONI SILVERI, GIACHETTI e BONACCORSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   la «Via Giulia» è una delle strade più belle ed eleganti del centro di Roma Capitale, patrimonio già tutelato dall'Unesco. Essa è lunga circa un chilometro e conta sul suo rettilineo tra i più bei palazzi rinascimentali della città;
   la via fu progettata e realizzata solo in parte da papa Giulio II – dal quale prese il nome – allo scopo di aprire un nuovo percorso nel cuore di Roma. Corre da Ponte Sisto alla chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, parallela al corso del Tevere. Ponte Sisto, costruito per ordine di papa Sisto IV ed aperto nel 1475, è stato l'unico ponte sul Tevere ad essere costruito tra la caduta dell'Impero ed il XIX secolo. Divenne la via più alla moda con i nuovi edifici dei mercanti e banchieri e con la presenza della comunità fiorentina, con le sue case, le sue chiese, le sue confraternite. La sua storia inizia nel 1508, come uno dei punti del programma di Giulio II per il rinnovamento di Roma. Il progetto dettagliato della strada fu fatto da Donato Bramante, che stava lavorando alla nuova Basilica di San Pietro, sull'altra sponda del fiume di Roma. Il Palazzo dei Tribunali, ivi presente, commissionato al Bramante nel 1508, rimase incompiuto per una generazione. L'elemento fondamentale di Giulio II andò perso. Morto Giulio II, via Giulia divenne una strada di case con giardini interni, costruiti per proprietari privati o per confraternite, intervallati da palazzi patrizi. Questo è il contesto urbano delle cosiddette «case di Raffaello», con i loro negozi sul fronte strada. Nel 1540 Michelangelo fece il progetto per i giardini di Palazzo Farnese che dovevano essere collegati con un ponte alla villa dei Farnese, sull'altra sponda del fiume, la Villa Farnesina. L'elegante arco che sovrasta via Giulia appartiene a questo ulteriore progetto non realizzato. Nel 2008 è stato poi ricordato con diverse manifestazioni il V Centenario della fondazione di Via Giulia;
   l'assetto urbanistico di via Giulia, come conferma l'indagine archeologica preventiva all'autorizzazione del P.U.P. n. 138 da parte della Sopraintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, non ha subito sostanziali modifiche fino all'età contemporanea, quando, a partire dai primi piani regolatori della Roma Umbertina, si diede vita a un progetto di riqualificazione urbanistica della zona (portato avanti fino agli anni Trenta del secolo scorso) che ha comportato lo sventramento del tessuto compreso tra le Carceri nuove e via di S. Egidio, mutando così l'aspetto di questa parte del quartiere rinascimentale;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 agosto 2006, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 9 agosto 2006, n. 184, è stato dichiarato, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, lo stato di emergenza per la situazione determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nella città di Roma. Con ordinanza n. 3543 del 26 settembre 2006, il Presidente del Consiglio dei ministri ha nominato il Sindaco di Roma, ora Roma Capitale, commissario delegato per l'attuazione degli interventi volti a fronteggiare l'emergenza dichiarata nei territori della Capitale;
   tra le zone scelte nel territorio comunale per l'emergenza mobilità di Roma Capitale per la costruzione di un parcheggio pubblico di circa 400 posti vi è l'area demaniale compresa tra largo Lorenzo Perosi e via Giulia, nel rione VII «Regola» con il legittimo intento, non solo di creare posti auto, ma di riqualificare lo sventramento di largo Perosi, compiuto come predetto in epoca fascista;
   il preliminare progetto di recupero è stato perciò sottoposto a preventive e necessarie procedure di tutela dell'assetto artistico e paesaggisti della strada e delle dovute indagini archeologiche;
   è utile altresì ricordare che l'area di via Giulia, via Bravaria, largo Perosi, essendo collocata a ridosso del fiume Tevere e di fronte al colle Gianicolo, risulta essere a medio rischio idrogeologico, classificato R2, in cui tuttora vige il seguente obbligo di Legge, ex legge 267 del 2008: «Nelle aree ricadenti in questa classe è vietata qualsiasi nuova utilizzazione urbanistica ed edilizia nonché agricola ove si aumenti l'instabilità del terreno, fino a quando non siano realizzate opere atte a rimuovere o mitigare il rischio»;
   da articoli di stampa locale, da dossier promossi da Legambiente Lazio, e da quanto rilevato da un appello presentato da associazioni ambientaliste e di liberi cittadini ivi residenti si è appreso che il rinvenimento di un prezioso e vasto sito archeologico rende necessaria una completa modifica del progetto iniziale;
   si appende poi sempre da articoli di stampa e appelli di liberi comitati che Roma Capitale, insieme con la Soprintendenza per beni architettonici e paesaggistici per il comune di Roma e la direzione regionale beni culturali del Lazio esprimerebbero un preliminare parere favorevole al piano di recupero da eseguirsi in via Giulia, largo Perosi e via Bravaria con un progetto che modifica il paesaggio urbano esistente privandolo di qualsiasi contenuto storico-culturale mediante l'inserimento di nuove edificazioni di natura privata in project financing;
   secondo quanto si evince dall'ampia rassegna stampa sul tema, il progetto presentato dalla ditta CAM S.r.l. prevede, nell'area già individuata dal comune di Roma in forza di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e destinata a risolvere un'emergenza pubblica, quella del traffico, di edificare un albergo con ristorante, appartamenti di lusso e un cosiddetto urban center. Non si ha al contrario notizia di uno studio o progetto che giustifichi la pubblica utilità dell'operazione che se così rimanesse, a giudizio dell'interrogante, andrebbe a svilire i preziosi ritrovamenti archeologici, affiorati nel corso degli scavi preventivi, con la inevitabile compressione delle strutture archeologiche tra i pilastri per le fondazioni dell'hotel e dei previsti appartamenti di lusso e box auto che non avranno alcuna finalità di utilizzo pubblico;
   si legge testualmente infatti da un articolo di Laura Serloni, pubblicato su Repubblica ed. Roma del 5 ottobre 2011: «lo scavo del parcheggio di via Giulia (angolo via della Moretta) ha portato alla luce, la prima struttura (archeologica) di notevoli dimensioni. Il complesso costituisce una “scoperta importantissima per la topografia di Roma”, come scrive la Soprintendenza speciale per i beni archeologi di Roma in una relazione. Tutto è cominciato nel 2009 con l'indagine archeologica necessaria al rilascio dell'autorizzazione per la costruzione del posteggio interrato da 366 box, di cui 336 pertinenziali e 30 a rotazione. La Soprintendenza ora non ha alcuna intenzione di ricoprire lo scavo. Il via libera al parking sarà dunque concesso ma ad una condizione: la Cam S.r.L, la ditta che realizza l'opera, deve presentare una proposta di “musealizzazione” dell'area archeologica rinvenuta. L'unica soluzione, dunque, è quella di modificare il progetto per valorizzare i complessi ritrovati»;
   infine è poi utile sottolineare che ad oggi, come si evince da un articolo del Corriere della sera di Roma del 13 marzo 2013, manca, in attesa della conclusione di tutto il lavoro di indagine archeologica, il parere definitivo sul progetto anche sui volumi esterni da parte della Soprintendenza speciali per beni archeologici di Roma –:
   se siano a conoscenza della vicenda e ritengano il progetto presentato dalla Cam S.r.l. compatibile con tutti i criteri di tutela del codice dei beni culturali e del paesaggio in vista, come detto, della obbligatoria e successiva valutazione del progetto esecutivo per tramite degli uffici territoriali competenti del ministero per i beni e le attività culturali;
   se le volumetrie esterne e le distanze indicate nel progetto siano compatibili con i vincoli di tutela paesaggistica e conservativi della quasi totalità dei palazzi adiacenti e costituenti il rettilineo di Via Giulia, già ai sensi della legge n. 1089 del 1939;
   se si ritenga possibile proseguire con la progettazione degli spazi nell'area di via Giulia stante il fatto che non risulta all'interrogante che vi sia stata una proroga, successiva al 31 dicembre 2012, del decreto già scaduto del Presidente del Consiglio sull'emergenza mobilità nella città di Roma, atto da cui trae legittimità il sopradescritto progetto di via Giulia.
(4-00064)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   in Abruzzo a 6 miglia dal tratto di costa incluso nel Parco nzionale della costa teatina, la multinazionale inglese MEDOIL sta portando avanti il progetto «OMBRINA 2» per l'estrazione di petrolio e la conseguente desolforazione su una grande nave – raffineria che stazionerà stabilmente in quel tratto di mare;
   le multinazionali che estraggono petrolio e gas nel mare Adriatico pagano royalties ridicole e godono di agevolazioni fiscali a giudizio dell'interpellante scandalose e stanno compromettendo il delicato equilibrio ecologico di un mare fragile e «chiuso» come il mare Adriatico;
   questo progetto di trivellazione petrolifera, al pari di tutti gli altri in attesa di autorizzazione, stravolge l'ambiente marino in uno dei tratti più suggestivi di tutta la costa adriatica al punto di essere un Parco nazionale istituito con legge nazionale tanti anni fa, e colpisce al cuore il progetto di sviluppo ecosostenibile scelto dalla regione, dagli enti locali e centrato sul turismo, sulla pesca, sull'artigianato, sull'agricoltura di qualità (la provincia di Chieti è la seconda provincia vitivinicola d'Italia), sulla tutela e valorizzazione del territorio;
   è fondata la preoccupazione sull'ambiente e sulla salute dei cittadini abruzzesi per l'inquinamento che ne deriva e per possibili incidenti, come la cronaca di questi anni purtroppo testimonia;
   tutti i comuni, le province e la regione Abruzzo nonché tante associazioni professionali, economiche, ambientaliste hanno manifestato netta contrarietà a questo progetto petrolifero che insieme a tanti altri in itinere potrebbe dar vita ad un vero e proprio distretto petrolifero abruzzese incompatibile con i progetti di valorizzazione turistica, agricola e ambientale del territorio della costa teatina;
   vari comuni abruzzesi hanno già preannunciato il ricorso al TAR contro il decreto autorizzativo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel decreto di autorizzazione della piattaforma «Ombrina 2», sostiene che «...preso atto che, seppure sollecitato in data 11 luglio 2012, la regione Abruzzo non ha fatto pervenire il proprio parere di competenza», mentre il presidente della regione sostiene di non aver ricevuto nessuna richiesta di parere e di sollecito di parere dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e quindi siamo in presenza di un «giallo» in cui è certo però che uno dei 2 soggetti fa affermazioni non corrispondenti al vero;
   le modifiche introdotte al decreto-legge 29 giugno 2010, n. 128, convertito, con modificazioni, dalla legge 134 del 2012 (cosiddetto decreto sviluppo) hanno dimezzato il limite delle miglia per le trivellazioni petrolifere marine con una logica inaccettabile dal punto di vista ambientale, economico e sanitario, ignorando il fatto che le 12 miglia erano state introdotte dal legislatore italiano dopo il terribile incidente della piattaforma DEEP HORIZON nel Golfo del Messico –:
   quali siano i motivi che hanno spinto il Governo, tramite i Ministeri competenti a non contrastare il progetto Ombrina 2, ritenuto invece inaccettabile da tutte le istituzioni abruzzesi, dai comuni alla regione;
   quale sia l’iter amministrativo della richiesta autorizzativa del progetto Ombrina 2;
   quale sia il quadro complessivo di tutte le richieste di sfruttamento degli idrocarburi nel tratto abruzzese del Mar Adriatico e quali siano invece tutti i progetti già in produzione;
   se corrisponda al vero che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha inviato alla regione Abruzzo le richieste di parere sul progetto Ombrina 2;
   se non si intenda convocare a breve una riunione tra i Ministeri competenti, la regione Abruzzo e gli enti locali interessati nonché le organizzazioni economiche e ambientaliste per definire una posizione comune su questo progetto;
   se non si intendano assumere iniziative volte a rivedere il regime fiscale e delle royalties particolarmente favorevoli alle multinazionali del settore degli idrocarburi.
(2-00006) «Melilla».

Interrogazioni a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nella crisi economica grave e prolungata che si sta vivendo gli investimenti in edilizia di qualità, in risparmio energetico, fonti rinnovabili, innovazione, ricerca e in generale nella green economy rappresentano un importante volano per la ripresa dell'economia e rendono al tempo stesso l'Italia più rispettosa dell'ambiente, più competitiva e più vicina alle esigenze delle persone, delle comunità, dei territori;
   il contenimento delle emissioni di anidride carbonica per ridurre il rischio di mutamenti climatici fa parte di uno degli importanti impegni che l'Italia ha già assunto in sede internazionale e, in particolare, a livello comunitario; si tratta di vincolanti impegni di riduzione delle emissioni di CO2 nell'ambito del programma detto «20-20-20»;
   il sistema di agevolazione fiscale del 55 per cento ha fino ad oggi certamente riscosso un enorme successo; secondo l'ultima indagine del Cresme-Enea il volume complessivo di interventi consta, ad oggi, di più di 1.400.000 interventi, 17 miliardi di euro complessivi di investimento, ed ha interessato soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto. Ha inoltre attivato ogni anno oltre 50 mila posti di lavoro nei settori coinvolti, soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto: dalle fonti rinnovabili alla domotica, dagli infissi ai materiali avanzati. Si è così favorita un'importante innovazione e una spinta di tutto il comparto verso la qualità;
   appare altresì opportuno redigere un bilancio degli interventi di incentivazione ed in particolare individuare, anche per tramite del supporto tecnico dell'ENEA, validi criteri di ampliamento dei tipi di intervento di efficientamento energetico e della platea dei beneficiari come, ad esempio, i beni strumentali che, sempre secondo stime del Cresme, potrebbero produrre un incremento del 40-50 per cento di tali investimenti con conseguente riflesso positivo in termini di riduzione di costi energetici ed ambientali;
   il credito d'imposta del 55 per cento è uno dei successi più significativi della green economy, nel nostro Paese ed ha al tempo stesso garantito importanti risparmi nelle emissioni di CO2, contribuendo ad alleggerire la bolletta energetica delle famiglie, tenuto conto della vetustà e dell'arretratezza in termini di prestazioni energetiche di larga parte del nostro patrimonio edilizio;
   si tratta pertanto di una delle misure anticicliche di gran lunga più importanti che sono state attivate negli ultimi anni. Secondo la sopraccitata indagine Cresme-Enea gli effetti complessivi sul bilancio del nostro Paese sono stati positivi;
   come è stato più volte ribadito dai massimi esperti in materia, inclusi i tecnici del dipartimento della protezione civile, gran parte del patrimonio edilizio italiano è di qualità scadente e lontano dagli standard antisismici indispensabili nel nostro Paese;
   avviando immediatamente un piano straordinario di consolidamento e miglioramento sismico degli edifici pubblici e privati, non solo si potrebbe mettere in sicurezza gran parte della popolazione, ma si potrebbe rilanciare un'economia legata all'edilizia di qualità, attivare il sistema delle piccole e medie imprese e produrre anche un rilevante effetto sul terreno occupazionale;
   la Commissione VIII sia nella XV che nella XVI legislatura si è occupata del tema, con pareri e atti, da ultimo con l'approvazione, nella seduta del 29 luglio 2010, del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul mercato immobiliare in cui si ribadisce la bontà e l'importanza dello sgravio fiscale in efficienza energetica e nella seduta del 18 gennaio 2012 il Governo ha accolto ed è stata conseguentemente approvate una risoluzione in merito alla stabilizzazione del credito d'imposta del 55 per cento per le misure di efficienza energetica degli edifici;
   nel cosiddetto «Allegato Kyoto» al documento di economia e finanza (allegato VI — «Documento sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e sui relativi indirizzi» — ) si legge testualmente che «al fine di porre il Paese su un giusto percorso emissivo rispetto agli obiettivi annuali di (riduzione delle emissioni di gas a effetto serra) per il periodo 2013-2020 si evidenzia la necessità di riconfermare e rifinanziare le azioni di cui all'allegato 1», fra le quali figura espressamente anche «l'incentivazione del risparmio energetico negli edifici esistenti attraverso la detrazione fiscale del 55 per cento»;
   l'interrogante ha più volte sollecitato il Governo attraverso decine di atti di sindacato ispettivo e di indirizzo, presentati nella XVI legislatura: interrogazione scritte e in commissione, risoluzioni in commissione, e ordini del giorno, tutti approvati in Assemblea, per ottenere la stabilizzazione del credito di imposta del 55 per cento sull'efficienza energetica degli edifici e l'estensione della misura al consolidamento antisismico degli edifici, partendo da scuole e ospedali –:
   quali iniziative urgenti intendano mettere in campo i Ministri interrogati per rafforzare le politiche ambientali e per favorire l'edilizia di qualità ed energicamente efficiente, attraverso interventi diretti alla riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare; se intendano assumere iniziative per dare effettiva stabilità al credito d'imposta del 55 per cento previsto per il miglioramento energetico degli edifici, per sostenere inoltre un importante settore della nostra economia, e per estendere le agevolazioni fiscali già previste per gli interventi di efficientamento energetico degli edifici anche agli interventi di consolidamento antisismico del patrimonio edilizio esistente. (4-00062)


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il prosecco di Conegliano-Valdobbiadene è un vino DOCG prodotto nel nord della provincia di Treviso, precisamente nella fascia collinare compresa tra Vittorio Veneto e Valdobbiadene. Il distretto DOCG comprende 15 comuni, tra i maggiori: Conegliano, San Vendemiano, Colle Umberto, Vittorio Veneto, Refrontolo, Farra di Soligo, Vidor e Valdobbiadene. Esso rappresenta una delle più famose e migliori produzioni enologiche nazionali: vanto dell'agroalimentare italiano nel mondo;
   da tempo per prevenire le più comuni fitopatologie dei vigneti nel territorio compreso tra Conegliano e Valdobbiadene, viene utilizzato da alcune aziende locali un elicottero per l'irrorazione aerea degli agrofarmaci;
   secondo quanto riportato da numerosi articoli apparsi su La Tribuna di Treviso, il Gazzettino di Treviso e molti blog nel recente passato non pochi sarebbero i problemi correlati all'impiego di mezzi aerei per i trattamenti per mantenere le viti in salute. La stessa questione è stata posta anche da spontanei gruppi di cittadini, da importanti associazioni ambientaliste locali e nazionali e da un'interrogazione che fu presentata nel 2012 al sindaco di Farra di Soligo dai consiglieri comunali Franco Dozza e Mattia Perencin, che su richiesta di numerosi cittadini si sono fatti portavoce delle loro preoccupazioni e richieste sull'uso di questo mezzo;
   già nel 2012 il comune di Pederobba (Treviso) adottando il regolamento comunale «sull'uso dei prodotti fitosanitari nelle coltivazioni agricole» ha vietato l'uso dell'elicottero per i trattamenti dei vigneti;
   l'irrorazione in cielo sebbene permetta un efficace ed omogeneo trattamento dei vigneti causa alcuni disagi agli abitanti delle zone di produzione del vino Prosecco sia dal punto di vista del rumore – spesso l'irroramento viene compiuto di buon mattino o nel primo pomeriggio – sia per il volo troppo radente sopra i centri abitati, soprattutto in fase di rifornimento di fitofarmaci; nel 2011 poi due elicotteri utilizzati per i trattamenti aerei sono precipitati e in un caso il pilota è morto; vi sono disagi anche da un punto di vista olfattivo trattandosi di una sorta di aerosol che non si propaga solo sulle aree agricole ma pare raggiunga anche i centri abitati;
   secondo la direttiva 2009/128/CE del Parlamento europeo, l'irrorazione aerea dei vigneti è vietata, a meno che non esistano alternative o questa presenti «evidenti vantaggi in termini di impatto ridotto sulla salute umana e sull'ambiente rispetto all'applicazione dei pesticidi a terra»: elementi che non sono compatibili con le caratteristiche orografiche e di accesso ai vigneti delle colline trevigiane in questione. Tra le zone irrorate con l'impiego dell'elicottero vi sono infatti anche alcuni vitigni facilmente accessibili con mezzi agricoli adatti all'irrorazione tramite atomizzatore e/o a lancia;
   già nel dossier «Suolo 2011» redatto dall'assessorato ambiente della provincia di Treviso, su dati ARPAV – Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto, risulta come la qualità dell'aria e dei suoli delle zone sopracitate sia compromessa da un pesante inquinamento di rame, precisamente si legge: «sussistono superamenti [dei limiti, ndr] nell'unità del Piave (P), delle colline su conglomerati (CCG) e su marne e arenarie (CMA) a causa della notevole diffusione della coltivazione a vigneto»;
   il rame è tra i metalli pesanti universalmente riconosciuti come genotossici, ovvero tra quelli che causano mutazioni nella conformazione a doppia elica del DNA: mutazioni che favoriscono l'insorgenza di tumori;
   il 19 marzo 2013, il quotidiano online Oggi Treviso rende nota un'elaborazione condotta dal WWF «Altamarca», che attraverso i dati della competente unità socio-sanitaria locale 7 di Pieve di Soligo, dimostra: «un incremento costante nel numero dei soggetti affetti da neoplasie maligne, all'interno dei Comuni dell'Usl7». Se nel 2007 la media era di un ammalato ogni 24 abitanti, oggi quella stessa media è salita a 1 ogni 18,5 con un incremento del 6,9 per cento. Il dato pone perciò un grosso interrogativo, peraltro sollevato da tempo, in merito alla correlazione tra la diffusione dei pesticidi irrorati in aerosol sui vigneti, coltivazione eletta nel territorio sopraddetto, e l'insorgenza di neoplasie nei cittadini del Quartier del Piave e del Vittoriese;
   l'interrogante aveva già presentato nella XVI legislatura un atto di sindacato ispettivo ponendo la medesima questione, senza però ottenere alcuna risposta –:
   se i Ministri interrogati, per le rispettive competenze, siano a conoscenza della sopraccitata questione;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche per il tramite degli istituti specializzati del Ministero, non intenda verificare se l'attività di repressione delle fitopatologie della vite con l'uso di mezzi aerei sia compatibile con le direttive comunitarie in materia;
   se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda verificare le necessarie autorizzazioni al sorvolo di elicotteri a bassa quota sulle colline comprese tra Valdobbiadene e Conegliano e se esse, stanti gli incidenti verificatisi lo scorso anno, siano compatibili con la pubblica sicurezza;
   se il Ministro della salute non intenda monitorare gli effetti dei pesticidi attraverso un'apposita indagine epidemiologica per la tutela della salute pubblica della sopraccitata area. (4-00073)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:


   FUCCI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
   nel luglio del 2011 l'interrogante si rivolse al Governo pro tempore con l'interrogazione n. 4-12639 per avere indicazioni sui tempi previsti per i lavori di restauro, che erano stati oggetto di incontri e accordi tra la locale soprintendenza e il comune di Andria, della cripta di Santa Croce, cripta di notevole importanza storica presente nella città;
   nel gennaio 2012 il nuovo Ministro per i beni e le attività culturali in carica rispose all'interrogazione affermando che, in base a una serie di accordi pervenuti nel frattempo, i lavori di restauro avrebbero avuto luogo in tempi brevi viste anche le precarie condizioni in cui si trovava, in termini di conservazione, la cripta di Santa Croce;
   nei giorni scorsi, però, la locale Pro Loco ha preso l'iniziativa per denunciare con la massima evidenza il fatto che nel frattempo niente si sarebbe concretamente mosso lasciando così fermi i lavori di restauro, peraltro sempre più necessari a causa del degrado conservativo della cripta di Santa Croce che cresce con il passare del tempo –:
   quali informazioni in merito a quanto esposto in premessa possa fornire il Ministro interrogato e quali siano le tempistiche e le modalità per il concreto avvio degli auspicati e ormai indifferibili lavori di restauro e conservazione della cripta di Santa Croce in Andria. (4-00071)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   i ritardati pagamenti da parte della pubblica amministrazione rappresentano un elemento di estrema criticità per il sistema economico delle imprese e delle aziende che lavorano per lo Stato, che ne mette a rischio la sopravvivenza soprattutto con particolare riferimento a quelle operanti nel mercato dei lavori pubblici e della sanità. È una patologia che si protrae da lungo tempo e che estende i suoi effetti devastanti su tutta la filiera, creando i presupposti per l'insolvenza di migliaia di imprese ed aziende e la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro;
   in particolare la dimensione finanziaria dei ritardi di pagamento della pubblica amministrazione alle imprese che realizzano lavori pubblici è in costante crescita ed ammonta oggi a 19 miliardi di euro;
   i tempi di pagamento aumentano, determinando una situazione di estrema sofferenza nei pagamenti dei lavori pubblici;
   ad aggravare la situazione contribuisce la generale difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese e delle aziende;
   il patto di stabilità interno limita fortemente la capacità di investimento degli enti locali e rappresenta, assieme alle difficoltà finanziarie degli enti ed alle lungaggini procedurali della pubblica amministrazione, la principale causa di ritardo nei pagamenti;
   il patto di stabilità interno blocca i pagamenti per spese in conto capitale anche in presenza di risorse di cassa disponibili; i comuni dispongono già di 12,5 miliardi di euro di risorse di cassa (fondo di cassa) per pagare lavori pubblici già realizzati; le province dispongono già di circa 2 miliardi di euro di risorse di cassa da destinare al pagamento di investimenti già realizzati;
   le soluzioni adottate fino ad oggi sul tema dei ritardi di pagamento non sono state adeguate alla drammaticità della situazione venutasi a determinare, perché hanno continuato ad alimentare una finzione contabile che di fatto occulta il debito, pur in presenza di crediti vantati dalle imprese;
   il pagamento di tutti i debiti pregressi della pubblica amministrazione rappresenta un primo elemento indispensabile di risposta alla situazione di emergenza nel quale versano il settore dell'edilizia, delle forniture sanitarie e dell'economia in generale;
   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica fissati a livello europeo, con particolare al Patto di stabilità e crescita e al Fiscal compact, la Commissione europea, in una dichiarazione congiunta dei Commissari per l'industria e l'imprenditoria e per gli affari economici e monetari del 18 marzo 2013, si è dichiarata disponibile a prendere in considerazione la liquidazione di debiti commerciali come fattore attenuante, in sede di valutazione della conformità del bilancio italiano con i criteri di deficit e di debito del Patto stesso;
   l'Italia ha già fornito garanzie in termini di sostenibilità dal punto di vista strutturale delle finanze pubbliche a seguito della recente introduzione della legge sul pareggio di bilancio strutturale e delle misure di risanamento dei conti pubblici adottate negli ultimi anni;
   la situazione di numerosi altri Paesi europei in merito al rispetto della stabilità dei propri conti pubblici crea, tra l'altro, un contesto favorevole allo sblocco dei debiti pregressi ed in particolare di quelli già coperti con disponibilità di cassa;
   occorre tenere in considerazione l'opportunità offerta dalla Commissione europea per la liquidazione dei debiti commerciali che se colta in tempi brevissimi consentirebbe di evitare nuovi fallimenti e salvaguardare migliaia di posti di lavoro –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo al fine di:
    a) autorizzare, in via straordinaria, gli enti locali a superare i vincoli del patto di stabilità interno, sbloccando immediatamente 11 miliardi di euro – di cui 9 miliardi dei comuni e 2 miliardi delle province – di risorse già disponibili in termini di cassa per pagare lavori realizzati ma oggi bloccati dal Patto di stabilità interno;
    b) assicurare, con apposita iniziativa, il passaggio immediato dall'avanzo al pareggio di bilancio per gli enti locali, adottando la regola stabile che comporti equilibrio di parte corrente e limite all'indebitamento, in modo da consentire una equilibrata politica di investimenti da parte degli enti locali.
(2-00009) «Matarrese, Causin, Piepoli, D'Agostino, Antimo Cesaro, Monchiero, Sottanelli, Zanetti, Rabino, Vargiu».

Interrogazione a risposta orale:


   GIAMPAOLO GALLI, TARANTO, FASSINA, CAUSI e BARETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la problematica del ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni nelle transazioni commerciali relative a contratti di fornitura di beni e servizi e, soprattutto, dell'ammontare dei debiti pregressi costituisce, specie nella fase attuale, un peso insopportabile per la tenuta finanziaria del sistema produttivo, già sottoposto al credit crunch;
   l'importo dei crediti che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione è particolarmente elevato: secondo Eurostat (Note on stock of liabilities of trade credits and avances, ottobre 2012) esso ammontava, nel 2011, a oltre 67 miliardi di euro, mentre la Banca d'Italia lo ha stimato pari a circa 70 miliardi di euro;
   la questione dei ritardi dei pagamenti è stata affrontata nel corso della precedente legislatura con una serie di interventi normativi finalizzati a dare attuazione alla direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 giugno 2000 e alla successiva direttiva 2011/7/UE del 16 febbraio 2011, sostitutiva della prima, mentre il problema dello smaltimento dei debiti pregressi è stato affrontato attraverso una pluralità di strumenti;
   in particolare, l'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, e successive modificazioni, ha introdotto una disciplina specifica che prevede la certificazione, da parte degli enti debitori (enti territoriali, enti del Servizio sanitario nazionale, amministrazioni statali ed enti pubblici nazionali), dei crediti nei confronti dei soggetti interessati anche ai fini della cessione pro-soluto o pro-solvendo dei medesimi crediti nei confronti di banche o intermediari finanziari. Il termine per la certificazione è stato fissato in 30 giorni dalla data di ricezione dell'istanza, scaduto il quale, su nuova istanza del creditore, viene nominato un commissario ad acta con oneri a carico dell'ente debitore;
   sebbene il quadro regolamentare risulti ormai completato (alla normativa relativa alla certificazione dei crediti è stata data, infatti, attuazione con i decreti del Ministro dell'economia e delle finanze 22 maggio 2012, come modificato dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 settembre 2012, concernente la certificazione dei crediti da parte delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici nazionali, e il decreto ministeriale 25 giugno 2012, relativamente alla certificazione da parte delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, integrato dal successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 ottobre 2012) e il procedimento di certificazione sia disponibile anche su piattaforma elettronica, realizzata dalla Ragioneria Generale dello Stato e gestita da Consip Spa, il processo sembra svolgersi con estrema lentezza: secondo quanto affermato dal Ministro dello sviluppo economico Passera, al febbraio 2013 risultavano rilasciate soltanto 71 certificazioni, per un importo di 3 milioni di euro, mentre le amministrazioni pubbliche abilitate all'utilizzo della piattaforma sono solo 1.227 (di cui oltre 900 comuni del Centro Nord, e con solo 70 sono enti del servizio sanitario) e 289 le imprese;
   sono, inoltre, intervenuti alcuni accordi (6 marzo 2012 tra la Cassa depositi e prestiti e l'ABI con cui la prima ha messo a disposizione 2 miliardi di euro destinati alle banche per le operazioni di acquisto dei crediti certificati vantati dalle pubbliche amministrazioni; 22 maggio 2012 tra l'ABI e le Associazioni delle imprese, attraverso il quale l'ABI si impegna a mettere a disposizione delle imprese un ammontare non inferiore a 10 miliardi di euro per lo smobilizzo dei crediti pubblica amministrazione, utilizzando la provvista acquisita dalla Cassa depositi e prestiti, ovvero dalla BCE, ovvero attraverso altri canali di finanziamento) e l'articolo 35 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, che ha reso disponibili 2 miliardi di euro per l'estinzione dei debiti pregressi mediante assegnazione di titoli di Stato, su richiesta dei soggetti creditori;
   pertanto, l'ammontare finanziario sinora messo a disposizione delle imprese per lo smobilizzo dei crediti verso la pubblica amministrazione ammonterebbe complessivamente a 14 miliardi, – 2 miliardi dalla Cassa depositi e prestiti Spa, 10 miliardi dall'ABI, 2 miliardi per il pagamento dei crediti con titoli di Stato –, una cifra assolutamente insufficiente rispetto alle citate stime dello stock dei debiti della pubblica amministrazione;
   consapevole della gravità e dell'urgenza di affrontare la questione, pena la sopravvivenza stessa del tessuto produttivo, il Partito democratico ha inserito questo tema tra gli otto punti del programma di Governo che sono stati sottoposti all'attenzione di tutte le forze politiche;
   nelle conclusioni del Consiglio europeo del 14 e 15 marzo, sono state individuate, tra le priorità, «un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita» e «il ripristino della normale erogazione di prestiti all'economia», ricordando nel contempo «le possibilità offerte dalle norme di bilancio vigenti del patto di stabilità e crescita e del trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance»;
   il 18 marzo 2013, in una dichiarazione congiunta dei Commissari agli affari economici e monetari Olli Rehn, e all'industria e imprenditoria Antonio Tajani è stata fatta una apertura relativamente alla possibilità di estinguere i debiti commerciali: in sostanza, l'Unione europea invita il Governo italiano a proporre un piano di pagamento, nell'orizzonte di due anni, senza rischiare che ciò comporti la violazione del patto, poiché la liquidazione dei debiti commerciali potrebbe rientrare tra i fattori attenuanti in sede di valutazione della conformità del bilancio di uno Stato membro con i criteri di deficit e di debito del Patto stesso;
   sempre dalla dichiarazione si evince che la Commissione è disponibile a cooperare con le autorità italiane per aiutare l'attuazione tecnica del piano di estinzione del debito commerciale pregresso e accoglierebbe con favore la disponibilità di informazioni più dettagliate e aggiornate sull'attuale ammontare di tale debito da parte di ogni livello di amministrazione pubblica;
   da notizie di stampa si apprende che il Ministero dell'economia e delle finanze sarebbe pronto ad attuare tali misure anche mediante un provvedimento d'urgenza, si ipotizza, in particolare, (proprio a seguito delle dichiarazioni dei commissari Olli Rehn e Antonio Tajani) lo sblocco di circa 10 miliardi per le spese di investimento dei comuni, risorse già presenti nelle casse degli enti locali ma vincolate dal rispetto delle norme sul patto di stabilità e la successiva emissione ad hoc di titoli di Stato;
   in questo modo si favorirebbe una importante immissione di liquidità nel sistema, utile a garantire la sopravvivenza di molte aziende, soprattutto medio-piccole, e il rilancio dell'economia –:
   quale iniziativa intenda intraprendere il Governo e quale strumento intenda adottare al fine di sbloccare il pagamento dei debiti pregressi della pubblica amministrazione, anche a seguito della disponibilità manifestata nelle conclusioni del Consiglio europeo del 14 e 15 marzo e nella Dichiarazione congiunta dei Commissari europei;
   quali siano le ragioni del ritardo nel processo di certificazione dei debiti;
   a quanto effettivamente ammonti il numero delle certificazioni sinora effettuate. (3-00005)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   ogni anno circa 10 mila giovani si iscrivono alla facoltà di medicina; per avere diritto all'accesso ai ruoli del Servizio sanitario nazionale sono indispensabili per i medici la titolarità di un contratto di formazione specialistica o la partecipazione al corso triennale di formazione specifica in medicina generale;
   ogni anno soltanto 5.000 giovani accedono alle borse stanziate dal Ministero per la formazione medica specialistica e soltanto 800 ai corsi di formazione specialistica in medicina generale, determinando già oggi una situazione molto ridotta e limitata di inserimento lavorativo nel servizio sanitario;
   il decreto legislativo n. 368 del 1999 ha recepito la direttiva 93/16/CE, che, per agevolare la libera circolazione dei medici, ha introdotto alcune disposizioni in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi; a tal riguardo sono stati così definiti i criteri minimi concernenti l'accesso alla formazione specializzata, la sua durata minima, le modalità attraverso cui essa deve essere effettuata, nonché i relativi sistemi di controllo;
   la normativa comunitaria prevede, altresì, che al medico in formazione specialistica sia corrisposto un trattamento annuo, fissato ogni tre anni nei limiti dei fondi stanziati e delle quote del Fondo sanitario nazionale ad esso destinate;
   il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sul riassetto delle scuole di specializzazione di area sanitaria del 1o agosto 2005 ha innalzato a 5 anni la durata legale delle scuole di specializzazione, che precedentemente era, invece, fissata in 4 anni, con conseguente incremento dei costi;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 marzo 2007 ha, poi, definito il trattamento economico dei medici in formazione specialistica in circa 26.000 euro lordi annui per gli iscritti agli ultimi tre anni di corso ed in circa 25.000 euro annui per gli iscritti agli anni antecedenti agli ultimi tre;
   nell'anno accademico 2012/2013, e, quindi, proprio in queste settimane sarà attivato per la prima volta il quinto anno delle scuole di specializzazione, conseguentemente con l'aumento di circa 3.000 unità di contratti in formazione specialistica e la maggiorazione della spesa complessiva;
   pertanto è assolutamente necessario scongiurare ogni ipotesi di contrazione e di riduzione del numero di borse attualmente in essere, già estremamente ridotte ed insufficienti –:
   se sia stata fatta dal Ministero competente la previsione della precisa copertura finanziaria, necessaria per sostenere l'incremento, a partire dai prossimi mesi, della durata del corso di specializzazione, con l'attivazione del quinto anno per diverse scuole, nell'ambito del capitolo di spesa relativo alle scuole di specializzazione mediche posto che questa verifica è indispensabile per assicurare la regolarità nella corresponsione degli emolumenti spettanti ai medici in formazione specialistica, nonché per incrementare la ulteriore e necessaria assegnazione di nuove borse in quelle discipline mediche, maggiormente richieste per soddisfare i nuovi bisogni sanitari e, come tali, carenti attualmente di medici specialisti. (5-00050)


   GRILLO, CURRÒ, D'UVA e VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   stando alle notizie pervenute attraverso la lettura de Il Fatto Quotidiano dell'edizione del 19 marzo 2013 e, in precedenza dalle pagine on-line de Il Sole 24Ore del 25 febbraio 2013, le agenzie fiscali, istituite con legge Bassanini del 1999, sono entrate in funzione il 1o gennaio del 2001 e vengono definite dalla legge enti pubblici non economici, che come tali devono seguire le regole del pubblico impiego ivi compressa l'assunzione del personale attraverso procedure concorsuali;
   dal 2001 invece, l'Agenzia delle entrate non ha più svolto concorsi per i propri dirigenti, scegliendoli dalla provvista dei funzionari all'interno della stessa Agenzia;
   ciò, da una parte, si è verificato senza che alcun intervento pervenisse da parte del Ministero competente. Dall'altro, nessun seguito c’è stato in conseguenza di una sentenza del TAR Lazio. Si tratta della pronuncia n. 6884 del 1° agosto 2011 nella quale il Tar ha dichiarato illegittimo l'articolo 24 del regolamento dell'amministrazione dell'Agenzia che risultava essere stato modificato proprio per consentire le nomine annullate, introducendo un testo che consentiva di coprire i posti vacanti dell'organico dirigenziale con incarichi ai funzionari;
   la sentenza determinava la totale nullità di questi incarichi. Il giudice amministrativo censurava la suddetta prassi, imponendo pertanto che l'Agenzia delle entrate provvedesse alle assunzioni attraverso procedure concorsuali;
   il TAR del Lazio dichiarava illegittime quelle nomine; precisamente si trattava di 1.143 posti, dei quali però soltanto 376 attribuiti a vincitori di concorso;
   di seguito il Governo di Mario Monti, con Vittorio Grilli al Ministero dell'economia e delle finanze, con il decreto-legge n. 16 del 2012, convertito con modificazioni, dalla legge n. 44 del maggio del 2012 autorizzava l'Agenzia ad indire concorsi pubblici, fatti salvi, però, gli incarichi già affidati ed eventuali nuove nomine solo a tempo determinato;
   le pretese dell'Agenzia delle entrate di ricondurre la fattispecie all'articolo 24 del Regolamento di amministrazione dello stesso ente erano state censurate, in quanto non coerenti con incarichi di temporanea reggenza, implicando piuttosto il conferimento di veri e propri incarichi dirigenziali a soggetti privi della relativa qualifica, così collocandosi in rotta di collisione con i principi di cui agli articoli 19 e 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   la difesa erariale, nelle memorie difensive presentate in vista dell'udienza di discussione del ricorso, evidenziava in maniera analitica le ragioni per le quali, nel tempo, l'Agenzia delle entrate non fosse stata in grado di provvedere alla copertura di un numero così rilevante di posizioni dirigenziali mediante l'indizione di pubblici concorsi, essendo quindi costretta a ricorrere all'impiego di funzionari non dirigenti;
   il giudice amministrativo concludeva sancendo «il dato indiscutibile del contrasto della scelta organizzativa del conferimento di incarichi dirigenziali, senza concorso, a funzionari privi della qualifica dirigenziale, con la puntuale disciplina di cui agli articoli 19 e 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001»;
   ai risvolti giuridico-amministrativi conseguiti al caso giudiziario testé evidenziato si aggiunga quanto è avvenuto presso la Commissione tributaria provinciale di Messina nel mese di febbraio 2013;
   il nodo delle modalità di nomina dei dirigenti e della validità degli atti da essi controfirmati è venuto a galla a partire dal 2010 presso la Ctp messinese. Ivi, per una ricorrente che chiedeva l'annullamento di una cartella di pagamento a suo carico emessa dalla Serit (l'ente di riscossione titolato operante nell'isola), è stata pronunciata una sentenza lo scorso febbraio in cui il giudice dei tributi ha accolto la richiesta di annullamento della cartella. Per il semplice motivo in base al quale l'iscrizione a ruolo era stata firmata dalla dirigente provinciale della sede dell'Agenzia di Messina, la cui nomina era stata però annullata dal Tribunale, Sezione Lavoro, di Messina con un'ordinanza dell'aprile del 2011. Esattamente il giudice del lavoro dello stretto ha emesso tre ordinanze dello stesso tenore, giudicando la nomina calata dall'alto come «inesistente», in quanto emessa «da organo apicale preposto alla Direzione provinciale dell'Agenzia delle Entrate di Messina, che non opera per l'ente stesso, ma è l'ente stesso, e il cui provvedimento di investitura è stato dichiarato privo di effetti»;
   ancora un altro contributo alla problematica così esposta è fornito dal presidente della «Federazione indipendente di associazione e di sindacati operanti nel pubblico impiego dei dirigenti», Dirstat. «La Pubblica amministrazione ha sì il diritto-dovere di tutelare il proprio interesse primario – che è il buon andamento dell'azione amministrativa – ma lo deve fare nel massimo rispetto della trasparenza», ora, al contrario, indebitamente sostituita «dall'assoluta opacità dell’iter procedimentale il cui esito deve però sempre risultare da idonea motivazione»;
   insomma, da ciò, argomenta il giudice tributario, si evince che, essendo illegittima la nomina, sono da ritenersi nulli anche tutti gli atti firmati dalla dirigente. Secondo le informazioni analizzate dalle fonti giornalistiche su citate, ciò costituirebbe «un precedente pericolosissimo (...) che sta producendo i suoi effetti»;
   tale giudizio della giudice tributario ha innescato, almeno nella città di Messina, un deciso aumento dei ricorsi contro le cartelle iscritte a ruolo durante la reggenza del funzionario individuato senza procedura concorsuale, e che, nonostante ciò, starebbe continuando a presiedere lo stesso posto e continua a firmare gli atti amministrativi «come se nulla fosse»;
   a stigmatizzare questa condotta è intervenuta la Dirstat, secondo la quale non si può ignorare quello che stabilisce un magistrato e invece l'Agenzia non si decide a correggere il proprio modus operandi. Dalla ricostruzione infine operata dal magazine on line «la legge è uguale per tutti», si conclude che anche la Cassazione, in precedenza, aveva stabilito che l'esistenza dell'atto dell'amministrazione non dipende dall'apposizione del sigillo o del timbro o da una sottoscrizione leggibile, ma piuttosto dal fatto che, al di là di questi elementi formali, esso sia riferibile, in modo inequivoco, all'organo amministrativo titolare del potere di emetterlo: cioè, nel caso di specie, all'Agenzia delle entrate;
   gli atti emanati da «falsi dirigenti» vanno dichiarati dunque inesistenti fin dal giorno della loro emanazione e, insieme a loro, tutti gli atti di riscossione (di Equitalia e degli altri agenti di riscossione) –:
   se non ritenga possibile nullità di centinaia o migliaia di cartelle esattoriali già emesse e persino già passate in mano ad Equitalia per la riscossione, e se non ritenga necessario prendere adeguati provvedimenti in relazione all'attivazione delle dovute procedure concorsuali;
   se non ritenga che tutto quanto oggetto della presente interrogazione possa condurre a vanificare la strategia di perseguire a tutti i costi gli incassi della lotta all'evasione;
   se sia allo studio una strategia alternativa per evitare la totale perdita dei tributi «non indebiti», ma ormai dichiarati illegittimamente. (5-00052)

Interrogazione a risposta scritta:


   FUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 14 novembre 2012 la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato la delibera CIPE del 3 agosto 2012 («Fondo per lo sviluppo e la coesione regione Puglia. Programmazione delle residue risorse 2000-2006 e 2007-2013 e modifica della delibera n. 62 del 2011»);
   nell'allegato alla citata delibera che riporta l'elenco degli interventi finanziabili in vari settori, spicca l'assenza dei fondi da destinare, come alla vigilia sembrava dovesse invece essere in base alle trattative avvenute tra enti locali e Governo, alla costruzione del nuovo ospedale di Andria;
   in tal modo la città di Andria, che ha una popolazione di circa 100 mila abitanti, e il territorio circostante (con riferimento a una provincia densamente abitata come quella di Barletta-Andria-Trani) vengono fortemente penalizzati anche considerato che la stessa delibera CIPE stanzia invece i fondi necessari per la costruzione e la ristrutturazione di strutture sanitarie in altri territori della Puglia;
   a parere dell'interrogante si tratta di una logica negativa anche perché, in tal modo, oltre a danneggiare uno specifico territorio (in questo caso quello di Andria e della provincia BAT), si crea anche una spiacevole e inutile forma di competizione tra aree della medesima regione che, invece, avrebbero tutto l'interesse a lavorare in armonia tra loro in una materia delicata come quella della sanità –:
   quali siano state le ragioni che hanno portato all'esclusione del nuovo ospedale di Andria dall'elenco degli interventi finanziati dal CIPE;
   quali iniziative di competenza sia ritenuto utile assumere, nel contesto dei livelli essenziali di assistenza costituzionalmente garantiti a tutti i cittadini italiani, per contribuire all'avvio concreto di un'opera essenziale per la salute e il benessere dei cittadini di Andria e della provincia circostante. (4-00074)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   POLVERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il piano carceri intende determinare l'implementazione del numero di posti letto, attraverso la costruzione di nuovi padiglioni all'interno di strutture già esistenti, ovvero di nuovi istituti, al fine di contrastare l'endemico fenomeno del sovraffollamento carcerario;
   le condizioni di vivibilità di un istituto penitenziario, dal punto di vista degli operatori che vi prestano servizio, sono connesse non solo all'indice di sovraffollamento detentivo, ma anche ad altri parametri, quali ad esempio la carenza d'organico ed il disagio relativo alla particolare collocazione geografica della sede lavorativa;
   con riferimento a tale ultimo profilo, giova segnalare la peculiare condizione che contraddistingue la casa di reclusione di Sant'Angelo dei Lombardi, oggettivamente «sede disagiata in ambito nazionale», ma formalmente priva di tale qualifica, come evidenziato più volte dall'UGL-polizia penitenziaria in occasione del verificarsi di eventi climatici che hanno messo a dura prova il personale di polizia penitenziaria colà in servizio (http://www.tusinatinitaly.it);
   ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 2006, n. 314 (in Gazzetta Ufficiale, 14 febbraio, n. 37), recante «Regolamento per la disciplina dell'assegnazione e della gestione degli alloggi di servizio per il personale dell'Amministrazione penitenziaria», il riconoscimento di sede disagiata viene effettuato mediante decreto del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ed il personale che vi presta servizio «ha diritto all'alloggio gratuito», fermo restando il pagamento a carico degli occupanti degli oneri di cui all'articolo 8, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 314 del 2006;
   allo stato attuale, gli istituti penitenziari riconosciuti come sedi disagiate sono Favignana, Mamone, Gorgona, Porto Azzurro, Istituti di Venezia, San Gimignano, Volterra;
   ai sensi dell'articolo 9 del provvedimento del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del 29 ottobre 2012, recante nuovi criteri per la mobilità ordinaria del personale di polizia penitenziaria, il servizio prestato presso sedi disagiate prevede l'attribuzione di punteggi ulteriori nell'ambito della determinazione della graduatoria annuale della mobilità ordinaria del citato personale, secondo le seguenti misure:
    a) Venezia Giudecca e Santa Maria Maggiore: ulteriori punti 1,00 per ogni anno di servizio prestato;
    b) Favignana e Porto Azzurro: ulteriori punti 2,00 per ogni anno di servizio prestato;
    c) Gorgona: ulteriori punti 4,00 per ogni anno di servizio prestato;
   ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera A4), dell'accordo per il pagamento del F.E.S.I. 2012 (fondo per l'efficienza dei servizi istituzionali) al personale che presta servizio nelle sedi disagiate di Favignana, Mamone, Gorgona, Porto Azzurro, Istituti di Venezia, San Gimignano, Volterra è attribuito il compenso giornaliero per ogni giornata di presenza effettiva;
   a quanto consta, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ad oggi non ha adottato determinazioni oggettive che consentano di individuare in modo agevole le sedi disagiate, nonostante l'apertura di nuovi istituti penitenziari in territori logisticamente difficilmente raggiungibili;
   altre amministrazioni del comparto sicurezza hanno già regolamentato la procedura ed i criteri in forza dei quali giungere alla individuazione delle sedi disagiate;
   ai sensi e per gli effetti dell'articolo 55, del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n 335, il dipartimento della pubblica sicurezza (polizia di Stato) emette annualmente il decreto con il quale sono individuate le sedi da considerare sulla base delle risultanze istruttorie effettuate dalle direzioni interregionali, ma avviate e coordinate dalla direzione generale per gli affari generali della polizia di Stato;
   con circolare n. 557/RS/01/53/65/74 dell'11 gennaio 2008 il dipartimento della pubblica sicurezza ha riconosciuto il commissariato di Sant'Angelo dei Lombardi quale sede disagiata;
   i criteri utilizzati dalla circolare n. 557/RS/01/53/65/74 dell'11 gennaio 2008 del dipartimento della pubblica sicurezza sono:
    a) distanza dal capoluogo;
    b) tempo di percorrenza dal capoluogo in relazione alla situazione planoaltimetrica delle vie di comunicazione stradali;
    c) assenza di mezzi pubblici adeguati in relazione ai cambi turno;
    d) difficoltà oggettive di raggiungimento della sede in relazione all'esistenza di avverse condizioni climatiche;
   a sua volta il dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile, ufficio pianificazione e programmazione nell'anno 2011 ha riconosciuto quattro sedi disagiate nella provincia di Avellino (Bisaccia, Grottaminarda, Lioni e Montella);
   con riferimento alla casa di reclusione di Sant'Angelo dei Lombardi, sita in provincia di Avellino, giova evidenziarne le seguenti caratteristiche:
    a) ubicazione: Sant'Angelo dei Lombardi dista circa 60 chilometri dal proprio capoluogo (Avellino) e da Benevento, provincia di provenienza di buona parte del personale impiegato nella struttura carceraria;
    b) cenni geografici: il territorio del comune ha un'escursione altimetrica pari a 870 metri circa;
    c) analisi climatica: al pari di altri comuni montani, anche a Sant'Angelo dei Lombardi si assiste al fenomeno dell'inversione termica dovuta ad aria fredda che scende dai versanti e dalle valli laterali. Le precipitazioni nevose, accentuate dalle masse d'aria fredda che arrivano da nord, sono copiose ed imponenti ogni anno, raggiungendo picchi straordinari in alcuni anni, tanto da aver costretto il personale impiegato presso la struttura penitenziaria a rimanere in servizio per diversi giorni in modo ininterrotto (gennaio-febbraio 2012), e dotando le proprie autovetture di pneumatici da neve e quant'altro necessario per una sicura percorrenza delle strade rese impervie dalla neve. La temperatura nella stagione invernale si aggira intorno allo zero, con la conseguenza che, pur in assenza di neve, comunque il manto stradale può presentarsi ghiacciato, obbligando il personale ad una guida prudente, con tempi di raggiungimento della sede di lavoro esorbitanti rispetto alla distanza tra la sede di servizio e quella di residenza (e viceversa);
    d) condizioni logistiche: risulta inesistente qualsiasi servizio di trasporto collettivo che possa permettere il raggiungimento della casa di reclusione di Sant'Angelo dei Lombardi da parte del personale che vi presta servizio –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare affinché il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria emani:
    a) provvedimenti analoghi a quelli già previsti per la polizia di Stato in materia di sedi disagiate;
    b) al pari di quanto già avvenuto per le sedi disagiate penitenziarie sopra elencate, il decreto di riconoscimento della casa reclusione di Sant'Angelo dei Lombardi quale sede disagiata. (4-00067)


   MELILLA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero della giustizia deve rimborsare il comune di Pescara per le spese sostenute per l'ordinaria manutenzione del palazzo di giustizia nel 2010 e nel 2011, mentre per il 2012 è in corso di definizione la rendicontazione delle spese;
   il credito del comune di Pescara nei confronti dello Stato è di 1.975.000 euro per il 2010 e di 3.985.000 euro per il 2011; si tratta di una cifra vitale per il comune di Pescara anche in considerazione della grave condizione della finanza locale con ripercussioni pesanti sui servizi erogati ai cittadini –:
   se il Ministro intenda procedere con urgenza al pagamento dei rimborsi anticipati dal comune di Pescara nel 2010-2011 per la manutenzione ordinaria del palazzo di giustizia di Pescara. (4-00072)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   in data 2 febbraio 2013 è crollato il ponte sul fiume Verdura che insiste sulla strada statale 115 tale evento ha tagliato in due l'intera provincia di Agrigento ed ha reso estremamente difficili i collegamenti della intera Sicilia occidentale; ciò ha creato disagi enormi alla circolazione delle persone e delle merci recando pregiudizio all'economia di una vasta zona, in particolare nel settore dell'agricoltura, del pescato e del turismo considerando anche che, a pochi chilometri dall'evento calamitoso, insiste un complesso alberghiero di notevole rilevanza con uno dei più grandi campi da golf del mediterraneo;
   l'ANAS ha manifestato, ad avviso dell'interrogante, incomprensibili e colpevoli ritardi nel fare fronte alla situazione che si è determinata e nel predisporre idonei rimedi anche temporanei; i percorsi alternativi risultano assolutamente inadeguati;
   in data 12 febbraio 2013 la protezione civile regionale sulla base di una relazione, ha ritenuto la situazione, per l'estensione del territorio interessato e delle problematicità connesse, qualificabile come un'emergenza di tipo B ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 225 del 1992 ed ha chiesto al governo regionale la dichiarazione dello stato di calamità naturale –:
   quali iniziative si intendano assumere, nell'ambito del tavolo tecnico, per risolvere con urgenza la suddetta emergenza, anche sollecitando l'ANAS a far rapidamente fronte alla medesima.
(2-00007) «Iacono, Moscatt».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale 21 gennaio 2013 adottato dal Vice Ministro del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dottor Ciaccia, pubblicato sulla GURI 32 del 7 febbraio 2013, è stata decisa la modifica delle condizioni dell'appalto attualmente in corso di esperimento da parte della regione autonoma della Sardegna, per l'affidamento del servizio pubblico di trasporto aereo da e per la Sardegna;
   il regime degli oneri di servizio pubblico (OSP) in materia di trasporto aereo è previsto e disciplinato dal Regolamento comunitario n. 1008/2008 del 24 settembre 2008, recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nell'Unione. Il suddetto regolamento ha abrogato e sostituito il precedente in materia, n. 2408/92;
   l'articolo 16 del Regolamento 1008/2008 stabilisce infatti che: uno Stato membro può imporre oneri di servizio pubblico riguardo ai servizi aerei di linea effettuati tra un aeroporto comunitario e un aeroporto che serve una regione periferica o in via di sviluppo all'interno del suo territorio o una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto nel suo territorio, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico e sociale della regione servita dall'aeroporto stesso. Tale onere è imposto esclusivamente nella misura necessaria a garantire che su tale rotta siano prestati servizi aerei di linea minimi rispondenti a determinati criteri di continuità, regolarità, tariffazione o capacità minima, cui i vettori aerei non si atterrebbero se tenessero conto unicamente del loro interesse commerciale;
   con la decisione 2007/332/CE la Commissione europea ha approvato il regime di oneri di servizio pubblico sulle rotte che collegano la Sardegna con le principali destinazioni nazionali;
   la disciplina degli oneri di servizio pubblico suddetti è oggi dettata dal decreto ministeriale n. 103 del 5 agosto 2008 relativamente alle rotte che collegano Roma e Milano con i tre principali aeroporti sardi, e dal decreto ministeriale n. 36 del 29 dicembre 2005 relativamente alle rotte minori;
   con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 376 del 25 ottobre 2012, sono stati prorogati gli oneri di servizio pubblico di cui al suddetto decreto ministeriale n. 103 del 2008;
   tale ultimo decreto prevede, tra l'altro, che qualora il fattore di riempimento dell'aeromobile sia inferiore al 50 per cento, il vettore possa utilizzare aeromobili di capienza inferiore senza mai però diminuire il numero delle frequenze minime imposte;
   la proroga ha previsto il mantenimento delle stesse condizioni di cui al decreto ministeriale n. 103 del 2008, fatte salve esclusivamente le variazioni già intercorse in applicazione al medesimo decreto di imposizione, fino alla stagione winter 2013 (ossia fino ad ottobre 2013);
   attualmente, pertanto, le rotte onerate sono effettuate in regime di prorogatio da alcuni vettori (Air One, Meridiana e Alitalia) che hanno aderito agli oneri di servizio pubblico e hanno stipulato con l'ENAC le relative convenzioni nel 2008. I vettori, da un lato, devono garantire un numero minimo di collegamenti al giorno e l'applicazione di tariffe fisse per i nativi e per i residenti in Sardegna, dall'altro, però, beneficiano di un regime di esclusiva, ossia non devono operare in regime di concorrenza sulle rotte loro assegnate e riservate;
   ai sensi della legge n. 296 del 2006, articolo 1 commi 837 e 840, le funzioni in materia di continuità territoriale sono state trasferite alla regione autonoma della Sardegna;
   a norma dell'articolo 17 del suddetto Regolamento il diritto di effettuare i servizi... è concesso tramite gara pubblica. In particolare, l'articolo 16 e l'articolo 17 citati prevedono un procedimento amministrativo di affidamento delle rotte ai vettori aerei distinto in due fasi: nella prima lo Stato membro impone oneri di servizio pubblico su una o più rotte accessibili a tutti i vettori comunitari, a condizione che essi rispettino i suddetti oneri. Se uno o più vettori aderiscono agli oneri di servizio pubblico, tutti potranno operare le rotte onerate. Se, invece, nessun vettore si presenta per gestire le rotte onerate, lo Stato membro può passare ad una seconda fase che consiste nel limitare l'accesso ad un solo vettore per un periodo determinato. Detto vettore è selezionato sulla base di una gara di appalto comunitaria. Il vettore selezione sulla base di una pubblica gara (seconda fase) può ricevere una compensazione finanziaria per la gestione della rotta conformemente agli oneri di servizio pubblico (articolo 17 paragrafo 8). L'articolo 16, paragrafo 9, Regolamento (Ce) 1008/08 dispone infatti che l'accesso ai servizi aerei di linea su una rotta sulla quale nessun vettore aereo comunitario abbia istituito o possa dimostrare di apprestarsi a istituire servizi aerei di linea sostenibili conformemente all'onere di servizio pubblico imposto su tale rotta, può essere limitato dallo Stato membro interessato ad un unico vettore aereo comunitario per un periodo non superiore a quattro anni, al termine del quale si procederà ad un riesame della situazione;
   la regione, autonoma della Sardegna, oggi competente in materia, ha quindi pubblicato, in data 26 ottobre 2012, avvisi rivolti ai vettori aerei comunitari che intendano accettare gli oneri di servizio pubblico di cui al decreto ministeriale n. 103 del 2008 sulle rotte aeree da e per la Sardegna;
   il termine per la presentazione delle adesioni non è stato fissato;
   tuttavia, ad oggi, non è pervenuta alcuna adesione e la procedura risulta ancora in corso di esperimento;
   a distanza di oltre tre mesi, nessuna compagnia ha presentato la suddetta adesione, la regione autonoma della Sardegna dovrà indire una procedura ad evidenza pubblica al fine di affidare il servizio ad unico vettore aereo, così come previsto dal succitato articolo 17, Regolamento (CE) 1008/08;
   tuttavia, nel corso dell'esperimento della suddetta procedura ad evidenza pubblica, il Governo italiano (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) – pur non avendo più alcuna competenza in materia a seguito del trasferimento di funzioni disposto con la citata legge n. 296 del 2006 in favore della regione Sardegna – ha adottato il decreto ministeriale 21 gennaio 2013 di Modifica al decreto 5 agosto 2008, concernente l'imposizione di oneri di servizio pubblico sulle rotte Alghero-Roma Fiumicino e viceversa, Alghero-Milano Linate e viceversa, Cagliari-Roma Fiumicino e viceversa, Cagliari-Milano Linate e viceversa, Olbia-Roma Fiumicino e viceversa, Olbia-Milano Linate e viceversa, pubblicato sulla GURI n. 32, serie generale, in data 7 febbraio 2013, con il quale sono state radicalmente mutate le condizioni del servizio da appaltare, ossia gli oneri di servizio pubblico stessi;
   il decreto ministeriale 21 gennaio 2013, in deroga a quanto stabilito dal decreto ministeriale n. 103 del 2008 – posto a base della gara d'appalto attualmente in corso e bandita dalla regione autonoma della Sardegna – ha immotivatamente concesso ai vettori che operano in regime di prorogatio sulle rotte onerate, la possibilità di diminuire il numero delle frequenze, qualora il fattore di riempimento dell'aeromobile sia inferiore al 50 per cento;
   il decreto ministeriale n. 103 del 2008 già prevedeva l'ipotesi in cui il fattore di riempimento fosse inferiore al 50 per cento, disponendo che in tal caso le compagnie aeree avrebbero potuto utilizzare aeromobili di capienza inferiore senza mai però diminuire il numero delle frequenze;
   con il decreto ministeriale 21 gennaio 2013 i vettori sono autorizzati a non effettuare più i voli con fattore di riempimento non idoneo a garantire loro un congruo profitto e possono, con le modalità che riterranno più opportune, procedere alla cancellazione dei relativi voli. Il decreto ministeriale non precisa sulla base di quali dati dovranno essere individuati i collegamenti da sopprimere, così che resta nella assoluta disponibilità del vettore decidere se abolire un collegamento che abbia avuto, per esempio, un alto fattore di riempimento negli ultimi anni e sia sceso al di sotto della soglia del 50 per cento solo negli ultimi mesi o, addirittura, nelle ultime settimane;
   i fatti sopra descritti, ed in particolare l'adozione del decreto ministeriale 21 gennaio 2013 che consente alle compagnie di abolire senza preavviso i voli non economicamente convenienti, secondo l'interrogante integrano gli estremi di fattispecie penalmente rilevanti tenuto conto in particolare di quanto segue:
   il decreto ministeriale 21 gennaio 2013, poiché consente alle compagnie di eliminare i collegamenti economicamente non convenienti, abolisce, di fatto, il regime di continuità aerea da e per la Sardegna, di cui al Regolamento (CE) 1008/2008 e decisione Commissione (CE) del 23 aprile 2007;
   il provvedimento in parola contraddice palesemente il fine specifico perseguito dalla normativa in materia di continuità territoriale arrecando, da un lato, un danno ingiusto alla sfera della personalità dei cittadini (sardi e non) così come tutelata dall'Unione europea e dalla Costituzione, e, dall'altro, un ingiusto vantaggio per i vettori;
   il decreto ministeriale citato interviene – modificandolo – sul decreto ministeriale n. 103 del 2008, in spregio alla ratio stessa degli oneri di servizio pubblico, che, così come concepiti dal legislatore comunitario, mirano ad assicurare il collegamento delle regioni ultraperiferiche anche ove non vi sia convenienza economica per il vettore al fine di garantire che su tale rotta siano prestati servizi aerei di linea minimi rispondenti a determinati criteri di continuità, regolarità, tariffazione o capacità minima, cui i vettori aerei non si atterrebbero se tenessero conto unicamente del loro interesse commerciale;
   la possibilità per il vettore di cancellare i voli con fattore di riempimento inferiore al 50 per cento esclude che il servizio di collegamento abbia il carattere di continuità e regolarità che solo distingue un servizio gravato da oneri di servizio pubblico rispetto ad un servizio prestato in regime di libero mercato;
   consentendo di non effettuare i voli meno convenienti, il decreto ministeriale 21 gennaio 2013 svuota sostanzialmente di ogni senso la complessiva disciplina della continuità aerea da e per la Sardegna. Il decreto ministeriale in parola si pone perciò in netto contrasto con il diritto fondamentale dell'individuo alla mobilità e con il principio di non discriminazione (tra cittadini sardi e non, nel caso di specie) sanciti dal Trattato sull'Unione europea, e finora tutelati dalla disciplina della continuità aerea suddetta. La stessa Commissione europea nella decisione 27 aprile 2007, aveva riconosciuto che Le rotte esistenti tra lo Sardegna e l'Italia continentale risultano in effetti discontinue, a seconda delle stagioni, mentre il principio di mobilità dovrebbe offrire ai residenti sardi collegamenti sufficienti e continui durante tutto l'anno. La Repubblica italiana insiste inoltre sulle notevoli distanze in chilometri e in tempi di spostamento tra i vari aeroporti della Sardegna, regione che presenta infrastrutture insufficienti. Secondo la Commissione, la Sardegna può essere considerata zona periferica per la sua insularità e l'assenza di effettivi mezzi di trasporto alternativi. Il ritardo di sviluppo della Sardegna, rispetto ad altre regioni italiane, è inoltre ampiamente documentato: l'isolamento della Sardegna e la bassa densità demografica, aggravata da una forte emigrazione, spiegano il ritardo economico dell'isola, che la rende molto simile alle regioni del Mezzogiorno. Sulla base degli elementi in suo possesso, la Commissione non può rimettere in causa, nella sua analisi, il carattere vitale delle rotte in questione, sostenuto dalle autorità italiane;
   il decreto 21 gennaio 2013 non persegue secondo l'interrogante in alcun modo l'interesse pubblico ed in particolare il diritto alla mobilità tutelato dalla Comunità europea con i succitati provvedimenti;
   né pare diretto a individuare una disciplina idonea a garantire i suddetti diritti e, contemporaneamente, non pregiudicare oltre modo gli interessi dei vettori aerei. Un tale compromesso era già efficacemente individuato dal decreto ministeriale n. 13 del 2008, nella parte in cui disponeva che i vettori potessero utilizzare aeromobili di portata inferiore qualora il fattore di riempimento fosse inferiore al 50 per cento;
   il decreto in parola pare perseguire un interesse estraneo a quello della pubblica amministrazione e proprio invece dei vettori aerei che, come ovvio, preferiscono effettuare esclusivamente i voli con coefficiente di riempimento sufficiente ad assicurare loro un congruo profitto;
   tale aspirazione, se del tutto legittima e comprensibile in un regime di libero mercato, non è in alcun modo ammissibile in un regime di oneri di servizio pubblico nel quale, le compagnie hanno il dovere di effettuare le tratte a prescindere dalla convenienza economica delle stesse, in quanto, proprio in questa garanzia sta il proprium del regie della continuità territoriale. I vettori hanno infatti avendo accettato gli oneri di servizio pubblico di cui al decreto ministeriale n. 103 del 2008, beneficiando, corrispondentemente, del regime di assegnazione delle rotte in loro favore. Su tali rotte infatti non vi è concorrenza, perché nessun altro operatore può chiedere di effettuare i relativi collegamenti. La possibilità per il vettore assegnatario di cancellare i voli con fattore di riempimento inferiore al 50 per cento compromette quindi gravemente il diritto alla mobilità dei sardi che non possono rivolgersi ad altri vettori;
   il decreto ministeriale si pone ad avviso dell'interrogante altresì in contrasto con quanto disposto dall'articolo 17 del Regolamento (CE) 1008/2008 che disciplina la procedura di affidamento del servizio pubblico in due fasi. Nella prima fase tutti i vettori che aderiscono possono effettuare i collegamenti. A tale prima fase si è fermata l'ultima procedura ad evidenza pubblica esperita nel 2008. Qualora questa prima fase vada «deserta» – ossia qualora nessun vettore accetti gli oneri di servizio pubblico – l'articolo 16 e l'articolo 17 del Regolamento (CE) citato prevedono che lo Stato membro debba necessariamente procedere ad una selezione pubblica volta ad individuare un unico vettore cui affidare le rotte – sostanzialmente in regime di esclusiva –. Con il decreto ministeriale 21 gennaio 2013 è stata palesemente violata la suddetta norma comunitaria, perché sono state modificate le condizioni degli oneri di servizio pubblico nel corso della procedura di affidamento, che, sebbene articolata in due fasi, resta pur sempre unica dalla pubblicazione del primo bando fino alla stipula della convenzione di affidamento del servizio. Lo Stato membro, lungi dal modificare le regole degli oneri di servizio pubblico dopo la prima fase, avrebbe dovuto procedere alla seconda fase e, solo nel caso in cui anche questa fosse andata deserta, avrebbe potuto prevedere nuove e diverse condizioni di oneri di servizio pubblico;
   il decreto ministeriale è stato adottato ad avviso dell'interrogante in violazione di legge e, in particolare, della delega di funzioni di cui alla legge 296/2006, articolo 1, comma 837-840 e, quindi, da un soggetto incompetente; si ritiene dunque che il decreto ministeriale febbraio 2013 sia stato adottato da un soggetto incompetente, nel perseguimento di un interesse in conflitto con quello della Sardegna e dei sardi, in violazione della disciplina comunitaria sul procedimento amministrativo pubblico di affidamento delle rotte, nonché in palese violazione della ratio stessa di tutta la disciplina che regola la continuità territoriale da e per la Sardegna complessivamente considerata, arrecando, immotivatamente e quale conseguenza immediata e diretta, un ingiusto danno ai sardi e un ingiusto vantaggio ai vettori in spregio ai principi di buon andamento imparzialità e trasparenza dell'azione della pubblica amministrazione;
   il decreto ministeriale 21 gennaio 2013 consente un'interruzione del servizio pubblico di trasporto aereo a discrezione dei vettori e sulla base di canoni legati esclusivamente al ritorno economico dei vettori stessi, senza tener conto del fatto che i vettori non operano in regime di concorrenza in quanto le rotte sono loro affidate e riservate –:
   se non ritenga di dover con urgenza revocare in via di autotutela tali decreti per tutte le violazioni richiamate in premessa dato che all'interrogante appare evidente l'illegittimità sostanziale e formale degli atti adottati in funzione di interessi diversi da quelli di espletamento di un servizio di continuità territoriale.
(4-00070)


   IACONO e CAPODICASA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 2 febbraio 2013 è crollato il ponte sul fiume Verdura che insiste sulla strada statale 115 e tale evento ha tagliato in due l'intera provincia di Agrigento ed ha reso estremamente difficile i collegamenti della intera Sicilia occidentale; ciò ha creato disagi enormi alla circolazione delle persone e delle merci recando pregiudizio all'economia di una vasta zona, in particolare nel settore dell'agricoltura, del pescato e del turismo considerando anche che a pochi chilometri dall'evento calamitoso insiste un complesso alberghiero di notevole rilevanza con uno dei più grandi campi da golf del Mediterraneo;
   l'ANAS ha manifestato, ad avviso degli interroganti, incomprensibili e colpevoli ritardi nel fare fronte alla situazione che si è determinata e nel predisporre idonei rimedi anche temporanei, e i percorsi alternativi risultano assolutamente inadeguati;
   al fine di costruire un passaggio temporaneo a senso unico alternato a fianco della campata del ponte crollato è stato necessario alzare degli argini per deviare il flusso delle acque e l'ANAS a questo fine ha conferito incarico ad una azienda con una spesa di 40 mila euro circa;
   per due volte gli argini stessi sono stati travolti dalle acque configurando così quello che agli interroganti appare un errore tecnico con un cattivo utilizzo del denaro investito;
   successivamente su forte sollecitazione dei sindaci e di diversi comitati spontanei e dei cittadini, è ricorsa all'acquisto di grossi blocchi di cemento sempre con l'obiettivo di costruire degli argini;
   si è scoperto che un notevole quantitativo di questi blocchi (circa 130) conterrebbe rifiuti speciali e perciò è stato sottoposto a sequestro da parte dell'autorità giudiziaria –:
   quale sia l'impresa che ha fornito i blocchi;
   se la stessa impresa abbia partecipato o partecipi ad altri lavori e in tal caso se non si ritenga di estendere la verifica anche ad altri manufatti;
   se il Ministro, dopo i risultati negativi nella gestione dell'emergenza, non ritenga di dover esercitare i propri poteri di controllo sull'operato dell'ANAS per verificare l'appropriatezza delle azioni da essa intraprese. (4-00079)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AMICI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dal primo gennaio 2013 il distaccamento stagionale dei vigili del fuoco di Castelforte non è più operativo, a seguito del mancato rinnovo della convenzione AIB con la regione Lazio e dai tagli previsti dalla spending review;
   l'area territoriale che veniva servita dai vigili del fuoco di Castelforte comprende i comuni di Castelforte, Santi Cosma e Damiano, Minturno e Spigno Saturnia, con una popolazione residente di circa 40.000 abitanti che in estate aumenta fino a toccare punte tra gli 80.000 e i 100.000 abitanti;
   in ragione della sua posizione strategica, il distaccamento di Castelforte ha permesso di ridurre i tempi di intervento e di far fronte a particolari situazioni di emergenza in tutto il territorio del sud Pontino;
   la definitiva chiusura di questo presidio della sicurezza ha aggravato i disagi derivanti dalla già non piena funzionalità della struttura, che operava nelle sole ore diurne (8.00-20.00), nonostante il decreto ministeriale del 18 dicembre 1995 prevedesse l'istituzione di un distaccamento permanente h24;
   in questa situazione infatti, il distaccamento più vicino risulta essere quello di Gaeta, il quale dista più di 35 chilometri dalle aree interessate e la cui tempestività di intervento è resa vana da una viabilità disagiata;
   è di qualche giorno fa la notizia della morte di una anziana donna, a Castelforte, a causa delle esalazioni provocate da un incendio, nonostante l'intervento dei vigili del fuoco di Gaeta;
   le organizzazioni sindacali di categoria hanno ufficialmente chiesto l'apertura di un tavolo istituzionale di confronto presso la prefettura di Latina al fine di riproporre la riapertura della sede dei vigili del fuoco a Castelforte;
   anche i sindaci dei comuni interessati hanno inoltrato una lettera alle istituzioni competenti, tra cui lo stesso Ministro dell'interno, per chiedere l'immediata riattivazione del distaccamento di Castelforte;
   la stessa provincia di Latina ha offerto al Ministro dell'interno la propria collaborazione per la definizione di un programma teso a migliorare nell'immediato la situazione strutturale dell'attuale sede, facendosi carico della ristrutturazione e della manutenzione della stessa, e, nel tempo, dell'ampliamento o della costruzione di una nuova caserma –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per l'immediata riattivazione del distaccamento dei vigili del fuoco di Castelforte, a tutela della sicurezza del territorio e della popolazione del sud Pontino. (5-00049)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 10 febbraio 2013, con inizio ore 15.00, era prevista la gara del campionato di serie A TIM, Cagliari-Milan presso lo stadio comunale Is Arenas di Quartu Sant'Elena;
   lo stadio comunale suddetto con determinazione dell'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive n. 42 del 9 novembre 2012 è stato dichiarato «a norma»;
   la commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo ha autorizzato con verbale n. 43/2012 del 21 novembre 2012 la capienza del suddetto stadio per un totale di n. 16.261 spettatori;
   riguardo allo stadio in questione, sono in corso di ultimazione alcuni adempimenti per l'ottenimento dell'agibilità di carattere generale di cui al decreto ministeriale 18 marzo 1996. A tal proposito, proprio recentemente – così come risulta dalla comunicazione inviata dalla società in data 31 gennaio 2013 al comune di Quartu Sant'Elena – sono stati portati a compimento pressoché tutte le prescrizioni e gli interventi prescritti dalla commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo di cui al verbale n. 02/2013;
   in relazione a quanto sopra, per la disputa delle gare casalinghe della squadra, la Società ha richiesto ed ottenuto il rilascio, da parte del sindaco di Quartu, delle licenze d'uso ex articolo 68 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Ciò è accaduto per le gare Cagliari-Pescara, Cagliari-Genoa, Cagliari-Napoli e Cagliari-Palermo, nel pieno rispetto delle condizioni dell'ordine e della sicurezza pubblica, tanto è vero che non si è verificato, in quelle occasioni, alcun episodio di disordine. Grazie alla collaborazione delle forze dell'ordine del gruppo operativo sicurezza (GOS), del servizio d'ordine e delle misure e interventi approntati dalla società, quella che era considerata tra le più a rischio tra le partite in calendario (Cagliari-Napoli) si è svolta nel più assoluto rispetto dell'ordine e della sicurezza pubblica;
   si evince da quanto sopra che lo stadio, pur in pendenza della definizione del procedimento di cui al decreto ministeriale 18 marzo 1996, non ha fatto emergere in quelle occasioni e, tanto più ora che quasi tutti gli interventi prescritti dalle autorità competenti sono stati realizzati, carenze e/o incompletezze strutturali tali da mettere a repentaglio o rendere impossibile la gestione dell'ordine e della sicurezza pubblica;
   il Cagliari Calcio, vista l'imminenza della gara del campionato di serie A TIM Cagliari-Milan, sin dal 28 gennaio 2013, aveva inoltrato al comune di Quartu Sant'Elena apposita istanza per ottenere la licenza ex articolo 68 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, nella convinzione che, stanti gli interventi eseguiti dopo l'ultima gara casalinga e anche alla luce dei precedenti citati, non avrebbe avuto alcuna difficoltà ad ottenerla con congruo anticipo per consentire una efficiente organizzazione dell'evento sportivo;
   inspiegabilmente, a soli tre giorni dalla gara, la società Cagliari Calcio non aveva ottenuto ancora la licenza d'uso richiesta dal 28 gennaio 2013. Anzi, è venuta a conoscenza del fatto che, nonostante gli interventi di miglioria eseguiti con particolare riferimento all'approntamento delle misure di sicurezza richieste, prima il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica (COSP) e poi la prefettura hanno sostenuto che lo Stadio non sarebbe stato idoneo ad accogliere l'evento, nonostante non risultasse che gli organismi competenti avessero effettuato una verifica e/o sopralluogo dell'impianto che prendesse atto di tutti gli ulteriori interventi eseguiti;
   lo scarno comunicato diffuso dalla prefettura in data 4 febbraio 2012, secondo cui il COSP si sarebbe determinato in senso negativo dopo aver «preso atto del prevedibile afflusso molto elevato di sostenitori dello squadra locale e della squadra ospite, anche in virtù degli ultimi risultati positivi ottenuti dalle due squadre...»; si basa su elementi, per quanto concerne il primo, non supportato da alcun riscontro concreto, e, per quanto concerne il secondo, invece, irrilevanti come tali ed, anzi, meritevoli di valutazione di segno opposto. Come pure, la conclusione secondo cui permarrebbero «carenze strutturali dello stadio tuttora incompleto per quanto concerne rilevanti profili attinenti alla gestione dell'ordine e della sicurezza pubblica...» non trova alcun fondamento. In buona sostanza, si tratta di determinazione assai singolare, in quanto in precedenza, nonostante si siano tenute partite considerate anche più a rischio di Cagliari-Milan (id est: Cagliari-Napoli), non si sono mai registrate affermazioni del genere da parte del COSP. Affermazioni che destano meraviglia anche laddove si consideri che il COSP – nonostante i singoli membri che lo compongono ne siano stati informati da parte della Società – sembra ignorare gli interventi che sono stati realizzati che, come visto, le Autorità competenti ben si sono guardate dal fare oggetto di sopralluogo nonostante l'esplicita richiesta in tal senso della società ricorrente del 4 febbraio 2013;
   la prefettura, senza tener minimamente conto del fatto che fossero stati realizzati gli interventi e che la Società avesse chiesto un sopralluogo, comunicava all'Osservatorio, al Questore e alla Lega Nazionale di Serie A, le proprie decisioni negative precludendo qualsiasi possibilità di rilascio della licenza d'uso per lo svolgimento della partita Cagliari-Milan;
   tutti questi atti e comportamenti si configurano, secondo l'interrogante come eccesso di potere per straripamento – violazione e falsa applicazione dell'articolo 1-octies del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2003, n. 88, – violazione e falsa applicazione del decreto ministeriale 1o dicembre 2005; eccesso di potere per straripamento – eccesso di potere per difetto di istruttoria – travisamento dei presupposti di fatto e di diritto e sviamento. Eccesso di potere per contraddittorietà. Violazione del principio di leale cooperazione;
   tale comportamento della prefettura ha reiteratamente rischiato di non garantire l'ordine e la sicurezza la cui tutela tutte le Autorità sono chiamate a garantire;
   tale comportamento ha provocato una reazione unanime dell'intera popolazione sarda alla notizia che, ancora una volta, come in passato, l'unica squadra di serie A della propria regione, per ragioni incomprensibili, sarà costretta, per l'intero campionato, a disputare le partite casalinghe non nel proprio territorio –:
   se non ritenga necessario adottare tutti gii atti necessari per l'allontanamento con effetto immediato del prefetto di Cagliari per manifesta incompatibilità ambientale e per aver ripetutamente messo in discussione l'ordine pubblico con atteggiamenti e atti in totale contrasto con il principio di leale collaborazione con le istituzioni locali e la stessa comunità sarda. (4-00063)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie riportate da organi di stampa locali e nazionali, nel corso della serata di sabato 16 marzo 2013 alcuni giovani avrebbero aggredito propri coetanei nei pressi di piazza della Concordia, nel pieno centro di Salerno;
   come descrivono le cronache, la violenta lite sarebbe sorta a seguito di alcuni apprezzamenti che gli aggressori avrebbero rivolto alle fidanzate dei tre giovani aggrediti, tutti originari di Nocera Inferiore;
   dopo una serie di insulti, si sarebbe verificato un violento pestaggio dei tre malcapitati e sfociato nell'accoltellamento di un ventitreenne nocerino, prontamente soccorso e condotto con gravi ferite al polmone presso l'ospedale «Ruggi d'Aragona» di Salerno;
   la banda, composta da giovanissimi salernitani poco più che maggiorenni e con piccoli precedenti penali, si sarebbe subito dopo la rissa dileguata nel traffico cittadino, per poi essere individuata il giorno successivo dalle locali forze di polizia;
   nel corso della stessa serata, all'interno di una discoteca poco distante dal luogo dell'aggressione, sarebbe avvenuto un altro ferimento di un giovane a seguito di un vivace alterco sorto per qualche sguardo di troppo;
   la città di Salerno sta facendo registrare negli ultimi mesi una escalation di violenza e criminalità molto preoccupante, che mette a rischio l'incolumità dei cittadini, riduce il livello della qualità della vita dei salernitani e danneggia oltremodo l'immagine della città;
   in più di una circostanza l'interrogante ha evidenziato in diversi atti di sindacato ispettivo il notevole incremento della delinquenza in città e nei centri di provincia, descrivendo episodi che sempre più spesso vedono come protagonisti giovanissimi, talvolta già noti alle forze dell'ordine –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se ritenga opportuno, considerando il costante incremento della criminalità in provincia di Salerno, prevedere un piano di controllo del territorio più capillare da parte delle forze dell'ordine, con particolare riferimento alle ore notturne, alle aree periferiche ed alle zone maggiormente frequentate dai giovani salernitani. (4-00068)


   MATTIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso ha bisogno di una vasta e profonda alleanza tra cittadini ed istituzione, basata su fiducia e rispetto reciproci;
   la scelta della testimonianza rappresenta uno dei momenti apicali di questa alleanza: cittadini che decidono di fare nomi e cognomi, consapevoli di cosa questo significhi, perché si possa fare giustizia. Cittadini che per questo motivo non soltanto si fidano, ma si affidano allo Stato;
   la normativa attualmente vigente impegna lo Stato a garantire ai testimoni di giustizia sicurezza e pieno riscatto sociale ed economico;
   contrariamente a quanto la normativa prevede, spesso le condizioni di vita dei testimoni di giustizia restano precarie sia sul piano della sicurezza, che su quello sociale ed economico;
   nello specifico sono state recentemente e improvvisamente modificate le caratteristiche della protezione garantita alla testimone Piera Aiello, che in data 16 marzo 2013 riceveva comunicazione scritta dall'ufficio scorte della località protetta, dove vive in regime di cambio di generalità, in forza della quale avrebbe da quel momento dovuto provvedere in autonomia ai propri spostamenti, comunicando agli organismi preposti modalità di viaggio e destinazione degli stessi;
   perplime un tale cambiamento di trattamento, soprattutto se considerato alla luce del regime di cambio di generalità;
   attualmente la testimone Piera Aiello si trova in Sicilia, senza scorta, accompagnata da un altro testimone di giustizia Giuseppe Carini, anch'egli senza scorta –:
   se il Ministro sia a conoscenza di questa situazione e cosa intenda fare.
(4-00069)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   ogni anno più di 10.000 studenti si iscrivono al corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia e per avere diritto all'accesso ai ruoli del Servizio sanitario nazionale è indispensabile essere in possesso di un titolo di specialista in area medica, chirurgica, dei servizi clinici ovvero in medicina generale;
   nel corso dell'anno solare 2011 hanno conseguito la laurea magistrale in medicina e chirurgia oltre 6.400 studenti e tale numero è destinato ad innalzarsi significativamente nei prossimi anni in virtù dell'aumento del numero di nuovi accessi al corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia;
   per il corrente anno il fabbisogno di nuovi specialisti espressi dalle regioni italiane eccede le 8.600 unità;
   in virtù delle risorse stanziate annualmente dal Ministero, solamente 5.000 giovani medici accedono alle borse per la formazione medica specialistica e soltanto 980 ai corsi di formazione specialistica in medicina generale, numero gravemente inferiore alle necessità del Servizio sanitario nazionale;
   il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 ha recepito la direttiva 93/16/CE, la quale al fine di agevolare la libera circolazione dei medici, ha introdotto alcune disposizioni in materia di libera circolazione e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, definendo a tal riguardo i criteri minimi concernenti l'accesso alla formazione specialistica, la sua durata minima, il modo e il luogo in cui quest'ultima deve essere effettuata, nonché il controllo di cui deve formare oggetto;
   la normativa comunitaria prevede altresì che al medico in formazione specialistica sia corrisposto un trattamento annuo, fissato ogni tre anni nei limiti dei fondi previsti e delle quote del Fondo sanitario nazionale ad esso destinate;
   il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sul riassetto delle scuole di specializzazione di area sanitaria del 1o agosto 2005 ha innalzato a 5 anni la durata legale delle scuole di specializzazione, precedentemente fissata a 4 anni;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 marzo 2007 ha definito il trattamento economico dei medici in formazione specialistica in circa 26.000 euro lordi annui per gli iscritti agli ultimi tre anni di corso e circa 25.000 euro annui per gli iscritti agli anni antecedenti gli ultimi tre;
   nell'anno accademico 2012/2013 sarà attivato per la prima volta il quinto anno delle scuole di specializzazione, comportando un incremento di circa 3.000 unità di contratti in formazione specialistica e un onere aggiuntivo di circa 80 milioni di euro;
   al fine di garantire continuità e costanza nei concorsi e di conseguenza nella formazione di medici specialisti, il relativo bando per le borse di studio dovrebbe essere emanato entro la prima metà di aprile;
   si ravvisa la necessità di scongiurare l'ipotesi di una contrazione del numero di borse già attualmente in numero ampiamente insufficiente;
   gli interpellanti, consci delle gravi ripercussioni che tale contrazione del numero delle borse di studio avrebbe nella programmazione sanitaria, ritengono necessario che:
    a) si provveda, nell'immediato, alla copertura delle 5.000 nuove borse di studio, sostenendo quindi l'incremento della durata del corso di specializzazione in seno al capitolo di spesa relativo alle scuole di specializzazione mediche;
    b) in prospettiva, si individuino soluzioni volte a rendere sostenibile il percorso di formazione post-laurea dei giovani medici quali la revisione della durata legale degli anni di specializzazione in linea con quanto disposto in materia di durata minima stabilito a livello comunitario con la direttiva 2005/36/CE, allegato V, punto 5.1.3, anche al fine di aumentare il numero di borse di studio erogabili a parità di disponibilità finanziarie –:
   se non si ritenga di dover intervenire al fine di scongiurare che l'applicazione del citato decreto ministeriale in materia di ampliamento della durata delle scuole di specializzazione medica si traduca in un'ulteriore penalizzazione per i laureati in medicina e chirurgia, nonché in un aggravio per la sostenibilità della gestione del Servizio sanitario nazionale.
(2-00008) «Crimì, Miotto, Baretta, De Menech, Richetti, Rughetti, Lotti, Zardini, Moretti, Lorenzo Guerini, Braga, Rotta, Narduolo, Cominelli, Kyenge, Carbone, Boschi, Fregolent, Donati, Realacci, Magorno, Senaldi, Carrescia, Venittelli, Madia, Ginefra, Faraone, Coppola, Dallai, Carrozza, Marco Meloni, Ascani, Bonaccorsi, Bonomo, Tentori, Quartapelle Procopio, Laforgia, Gadda, Martella, Crivellari, Marco Di Maio».

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   BIONDELLI, ANTEZZA e LENZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   i recenti fatti di cronaca relativi alla produzione e all'impiego di cellule staminali a fini curativi ha generato preoccupazione ed incertezza tra gli oltre 500 pazienti affette da gravi malattie neurodegenerative che attendono di essere curate ed i loro familiari;
   è inaccettabile per i pazienti e per i loro familiari che non ci sia chiarezza giuridica sulle cure a base di cellule staminali e che, ogni volta, la possibilità o meno di essere curati sia affidata alla sentenza di un tribunale;
   il Ministro della salute attualmente in carica, intervenuto sulla questione, ha annunciato un decreto che modifica le regole sull'uso di medicinali personalizzati, non ancora autorizzati, prescritti caso per caso –:
   quando e quali misure urgenti il Ministro intenda adottare, pur nel rispetto delle competenze regionali in materia sanitaria, per fare finalmente chiarezza sull'uso di medicinali personalizzati, non ancora autorizzati, ed in particolar modo sulla produzione e sull'utilizzo curativo delle cellule staminali per dare finalmente risposte concrete a tutte quelle persone che oggi si possono avvalere di tali terapie solo dopo lunghi e faticosi iter giuridici.
(3-00006)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 15, comma 13, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, riporta, tra le molte misure previste nell'ambito della spending review in campo sanitario, quella relativa alla diminuzione dei posti-letto su tutto il territorio nazionale;
   tale misure prevede 3,7 posti letti, al massimo, ogni mille abitanti, come peraltro confermato anche dal Ministero della salute nel suo comunicato stampa n. 234 dell'8 novembre 2012 (disponibile sul sito internet del Ministero) che annuncia l'invio alla Conferenza Stato-regioni della bozza di regolamento per la relativa attuazione;
   a fronte di questa previsione vi sono territori nei quali tale nuovo livello in termini di posti-letto appare, pur essendo basso e volto ad ottenere risparmi, davvero di difficile raggiungimento, come dimostra il caso della provincia di Barletta-Andria-Trani (BAT), dove ogni mille abitanti vi sono in media 1,86 posti letto;
   si tratta, come evidenziato anche dal presidente della provincia, del livello più basso della Puglia, senza considerare inoltre l'obsolescenza e l'inadeguatezza (destinate a peggiorare vista l'assenza di finanziamenti del CIPE per la costruzione del nuovo auspicato ospedale di Andria) delle strutture ospedaliere e sanitarie presenti nella BAT –:
   quali iniziative, nel rispetto delle competenze degli enti locali in materia di gestione della sanità ma al tempo stesso nell'ottica di garantire una omogenea applicazione della norma sulla spending review varata dal Governo e il rispetto dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio nazionale, reputi opportuno attuare in merito a quanto esposto in premessa. (4-00075)


   FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di dicembre 2012 si è svolto a Roma il VII convegno internazionale di neonatologia e terapia intensiva neonatale nel quale è emerso il dato secondo cui in Italia ci sarebbe un numero di unità di terapia intensiva neonatale assai ridotto rispetto alle reali necessità;
   tale fenomeno riguarda soprattutto il Centro-Sud, dove si è ben lontani dal rispettare gli standard internazionali in materia che prevedono un posto di terapia intensiva neonatale ogni 750 nati –:
   di quali dati disponga in materia e quali eventuali iniziative di competenza ritenga di assumere alla luce dell'importanza del tema. (4-00076)


   FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la stampa pugliese ha evidenziato la denuncia dell'Associazione dei fornitori ospedalieri della regione Puglia in merito ai tempi sempre più lunghi e insostenibili (tanto da mettere a rischio il pagamento effettivo delle tredicesime ai loro dipendenti) con i quali le ASL pugliesi pagano le forniture ricevute;
   si tratta di un tema molto delicato già oggetto, nel corso della XVI legislatura, di altri atti di sindacato ispettivo dell'interrogante e che, ferme restando le competenze primarie di livello regionale, certamente coinvolgono anche il Ministro interrogato considerando anche le ancora recenti normative di carattere nazionale entrate in vigore a proposito dei tempi limite per il pagamento alle imprese da parte delle pubbliche amministrazioni –:
   quali iniziative, nell'ambito delle sue specifiche competenze nei rapporti con le regioni sottoposte a piani di rientro sui deficit sanitari, ritenga di poter assumere in merito a quanto esposto in premessa. (4-00077)


   FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   un gruppo di genitori, con il supporto dell'associazione civica «Andria Città Sana», ha pubblicamente annunciato (cfr. «Gazzetta del Mezzogiorno – Cronaca del Nord Barese», pagina 3, del 17 novembre 2012) quella che pare essere una incidenza fuori dalla norma di casi di leucemie e di altre forme di tumore tra i bambini, in età compresa tra 3 e 13 anni, di Andria;
   i genitori in questione, in una missiva indirizzata al sindaco di Andria, invocano forme di controllo e monitoraggio e lamentano le condizioni, in termini di stato di salute della terra e dell'ambiente in cui vivono i bambini del territorio, in cui potrebbero esserci elementi favorevoli all'insorgere delle malattie –:
   se il Ministro interrogato disponga, con riferimento ad Andria e al territorio circostante, di dati ed evenienze in merito alla grave situazione denunciata dai genitori;
   quali eventuali iniziative di competenza, nell'ottica di tutelare i livelli essenziali di assistenza e di rispettare i campi di azione spettanti agli enti locali in base alla ripartizione prevista dal Titolo V della Costituzione, ritenga di assumere per promuovere misure utili soprattutto dal punto di vista della prevenzione. (4-00078)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MENECH, BARETTA e BRESSA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel 2003, Electrolux ha ceduto a una nuova società, ACC Group, la divisione motori di Pordenone e la divisione compressori di Mel e di Rovigo, oltre ad altri stabilimenti europei ed asiatici, il Gruppo ACC – Appliances components companies, è diventato in tal modo leader internazionale nel settore della refrigerazione per uso domestico e industriale;
   ACC Compressors spa di Mel, già Elettromeccanica spa, assieme ad ACC-Austria localizzata a Fürstenfeld a circa 60 chilometri da Graz, costituisce la parte produttiva della Business unit household europe di ACC;
   nello stabilimento di Mel sono oggi impiegate circa 620 persone, delle quali circa 200 zumellesi, mentre le altre provengono principalmente dai comuni limitrofi di Feltre, Lentiai, Trichina, Lamon, Santa Giustina, Pedavena, Cesiomaggiore, Belluno, Fonzaso, Sedico, Seren del Grappa, Limana, Arsiè, Sospirolo, Sovramonte, San Gregorio nelle Alpi e altri;
   ACC, soffre ed ha sofferto della formidabile frenata nel settore del «bianco» conseguente alla crisi internazionale, i principali clienti del gruppo sono i big player negli elettrodomestici, come Electrolux, Whirlpool, Indesit, Bosch, i quali hanno risentito del calo dei consumi sui maggiori mercati del mondo con inevitabile riduzione delle commesse ai fornitori;
   il gruppo ACC è controllato da un pool di private equities guidato da Goldman Sachs affiancata, anche in tempi diversi, da Aletti, Efibanca, Palladio finanziaria ed altre;
   nel corso del 2012 la dirigenza ha dato mandato a due banche d'affari di mettere in vendita l'intero gruppo, al quale hanno fatto seguito svariate manifestazioni d'interesse da parte di soggetti che, mentre le trattative procedevano, abbandonavano il campo;
   viste le prospettive incerte, l'amministratore delegato del gruppo ha prospettato ai quattro principali creditori/fornitori di trasformare il loro credito in un pacchetto azionario, ottenendo manifestazioni d'interesse e la condivisione di tale soluzione da parte dei principali clienti, Electrolux, Whirlpool, Indesit, Bosch, Merloni ed altri;
   il 5 dicembre 2012, ACC Group ha annunciato di aver ottenuto dal tribunale di Pordenone l'autorizzazione all'utilizzo di un nuovo strumento normativo in materia di diritto fallimentare, previsto dall'articolo 33 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che permette di congelare le possibili azioni di rivalsa dei creditori nei confronti delle posizioni debitorie evitando così pignoramenti o la messa in liquidazione dell'azienda;
   si tratta di una procedura limitata nel tempo che concede alla società dai 2 ai 4 mesi di tempo, nel corso dei quali strutturare intese di rientro dell'esposizione e piani di rilancio, e viene concessa solo alle aziende che dispongono di reali possibilità di rilancio economico-produttivo;
   nel caso di ACC Compressors queste possibilità sono chiare e reali, i nuovi acquirenti sono infatti interessati all'integrità del gruppo e ad una sua possibile espansione anche su mercati affini alle produzioni che attualmente rappresentano il core business di ACC;
   analoga procedura è stata avviata poco dopo in Austria con la differenza che in quel percorso è previsto un tempo di novanta giorni al termine del quale si procede alla votazione del piano di risanamento;
   purtroppo nel sito di Fürstenfeld si profila una cordata formata da un pacchetto di investitori che puntano al fallimento dello stabilimento per rilevarlo dalle sue ceneri a costi estremamente vantaggiosi e ripulito da situazioni di sofferenza;
   allo stabilimento di Mel viene chiesto di rinunciare ad una parte fondamentale degli accordi ministeriali in cui si prevede il bilanciamento delle produzioni, per mantenere in autosostentamento finanziario lo stabilimento austriaco, questa è una delle quattro condizioni necessarie affinché il giudice non proceda alla messa in liquidazione dello stabilimento in Stiria;
   negli altri tre punti si chiede di presentare un piano di risanamento, il deposito cauzionale di garanzia di 6 milioni di euro e un piano di rientro di almeno il 30 per cento in 24 mesi, dell'esposizione verso terzi;
   i quattro fornitori inizialmente interessati all'operazione d'acquisizione, non hanno ancora dato una formale adesione né hanno raggiunto un'intesa da sottoporre al giudice del Tribunale di Graz e manca altresì la componente industriale dell'operazione, in quanto nessuno tra i fornitori sembra essere disponibile alla gestione del gruppo;
   nei prossimi giorni andranno a compimento le procedure concorsuali in atto nei tribunali di Graz, competente per il sito industriale austriaco di Fürstenfeld di ACC, e di Pordenone, competente per la sede direzionale di Comina e per il sito industriale bellunese;
   se non sarà predisposto piano finanziario e produttivo credibile da parte dell'attuale proprietà, la quale fa capo a un fondo speculativo Goldman Sachs e ad altri partner finanziari italiani quali Palladio, il rischio concreto è la separazione dei due insediamenti, con il salvataggio di quello carinziano e la desertificazione di quello veneto;
   si tratterebbe di una lesione gravissima ed irrimediabile, non solo del tessuto produttivo ed occupazionale del comune di Mel, della provincia di Belluno e della regione Veneto, ma dell'intero Paese, che perderebbe una parte rilevantissina della piattaforma tecnologica per il settore dell'elettrodomestico, il cui ruolo cruciale nella mappa industriale è noto ed evidenziato dalle crisi recenti di Indesit ed Electrolux;
   è necessario superare le opacità e le reticenze della proprietà, per verificare la praticabilità e le condizioni di un intervento di salvataggio industriale dell'ACC di Mel che faccia capo ad un progetto strategico efficace le cui soluzioni, sostenute da un intervento ponte di carattere finanziario, potrebbero essere individuare sia in una integrazione orizzontale da parte di primari player internazionali della componentistica, sia in una prospettiva di integrazione verticale del processo in funzione dei produttori nazionali di elettrodomestici;
   l'Italia non si può permettere di perdere un altro pezzo del tessuto produttivo d'eccellenza, a rischio c’è un modello industriale, ma soprattutto un possibile polo del freddo che potrebbe vedere nello stabilimento zumellese il perno per concentrare la ricerca e l'innovazione su un settore che proprio nella Valbelluna vede concentrate aziende leader nella climatizzazione e nella refrigerazione;
   nello stabilimento ACC Compressors si sono attuati tutti i regimi d'orario e da diversi anni si sta utilizzando – con motivazioni diverse – la cassa integrazione, i lavoratori e i sindacati si sono sempre assunti le proprie responsabilità non trovando parimenti riscontro negli impegni aziendali;
   le organizzazioni sindacali hanno sempre segnalato la sotterranea intenzione di depauperare lentamente le lavorazioni di Mel in favore dello stabilimento austriaco di Fürstenfeld, ed è dunque necessario trovare soluzioni per salvaguardare l'integrità industriale del gruppo e l'occupazione, diversamente in Italia rimarrebbero solo i costi sociali ed economici –:
   quali misure urgenti intendano assumere per indurre la proprietà a predisporre un piano finanziario e produttivo credibile, tale da evitare il rischio della separazione dei due insediamenti, con il salvataggio di quello carinziano e la desertificazione della realtà produttiva di Mel;
   se il Governo intenda impegnarsi in un finanziamento ponte nella prospettiva di un intervento di salvataggio industriale dello stabilimento ACC Compressors spa di Mel. (5-00051)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI GIOIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la scelta di «Poste Italiane» di sopprimere numerosi uffici postali in Sardegna rischia di creare un forte disagio, soprattutto nelle aree più periferiche, in una realtà già fortemente penalizzata in quanto a servizi;
   tale decisione, presa in assenza di un qualsiasi confronto con la comunità e le istituzioni locali, si è basata esclusivamente su un piano di razionalizzazione dei costi senza tenere, in alcuna considerazione, il ruolo di servizio che «Poste Italiane» dovrebbero svolgere;
   tra la popolazione, chi sarà fortemente colpito saranno gli anziani che, spesso, ritirano la pensione presso il proprio paese di residenza e che, adesso, si troveranno costretti a lunghi spostamenti, in una realtà caratterizzata da una scarsa presenza di collegamenti;
   tale operazione, che fa il paio con quella che ha portato alla chiusura di molte scuole in centri periferici, non farà altro che determinare un ulteriore allontanamento dai piccoli centri, con gravi conseguenze per quanto riguarda la possibilità di uno sviluppo equilibrato dell'intera isola –:
   se non si ritenga urgente e necessario, per quanto di competenza, intervenire, anche attraverso la costituzione di un tavolo di confronto con «Poste Italiane», aperto alle amministrazioni locali e regionali e alle organizzazioni sindacali, affinché sia rivisto e quantomeno limitato il piano di riorganizzazione previsto dall'azienda sull'isola, al fine di evitare nuovi disservizi e difficoltà a una popolazione già privata di altri importanti servizi pubblici. (4-00065)


   DI GIOIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le organizzazioni sindacali e i lavoratori della centrale termoelettrica di Fiume Santo (Sassari) sono in stato di agitazione, con varie forme di lotta, da molti mesi;
   dopo aver dato vita a varie forme di protesta, ultima della quale è stata l'invasione pacifica del palazzetto dello sport Palaserradimigni, dove si stava disputando una partita di pallacanestro, adesso i lavoratori hanno deciso l'occupazione del parco fotovoltaico;
   le forme di protesta sono dovute al fatto che l'Azienda E.On, multinazionale tedesca che gestisce il sito, ha deciso, nonostante il fatto che abbia registrato nel 2012, 78 milioni di euro di utili, di attuare una drastica riduzione degli appalti, cosa che comporterebbe il taglio di decine di posti di lavoro tra le imprese che operano, quotidianamente, all'interno della centrale in oggetto;
   a ciò si aggiunge la decisione, da parte dell'azienda, di non costruire il nuovo impianto a carbone, già autorizzato dal Governo, impedendo, di fatto, il risanamento ambientale di un territorio, già fortemente penalizzato dalla presenza di due obsoleti gruppi ad olio combustibile che dovrebbero contemporaneamente essere demoliti;
   nel 2011 occorse, a dimostrazione di ciò, un incidente presso l'impianto portuale della società E.On, che provocò la fuoriuscita di una grossa quantità di olio combustibile destinato alla centrale termoelettrica di Fiume Santo, che produsse un gravissimo inquinamento del golfo dell'Asinara;
   sino ad adesso, stante il mancato avvio dei lavori della nuova centrale elettrica, si è proceduto in deroga, attraverso decreti prefettizi, alle norme vigenti in materia di inquinamento, al fine di evitare un black-out in Sardegna;
   appare del tutto evidente che tale situazione, in una delle aree più belle dell'isola, non può essere più accettata;
   tale assurda situazione non può essere ulteriormente sopportata ed è necessario attivarsi, a tutti i livelli, al fine di non smobilitare un'esperienza produttiva nell'isola che può rappresentare un elemento centrale in termini di ripresa dello sviluppo economico, ambientale e sociale, nell'intero territorio di Porto Torres e della provincia di Sassari –:
   se s'intenda arrivare ad una rapida convocazione degli attuali proprietari della centrale di Fiume Santo, attraverso un tavolo di consultazione che veda anche la presenza delle organizzazioni sindacali e degli enti locali, affinché siano rispettati gli impegni, sino ad adesso assunti con la regione e le istituzioni locali, sull'avvio dei lavori di costruzione del nuovo gruppo di produzione di energia elettrica ambientalmente compatibile;
   come s'intenda agire, in caso di ulteriori ritardi dal parte di E.On, affinché sia garantita la realizzazione della nuova centrale elettrica che porterebbe al mantenimento degli attuali livelli occupazionali. (4-00066)