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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 12 dicembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il persistere della crisi economica, trasformatasi in recessione con fenomeni di stagnazione, sta compromettendo in modo irreversibile il sistema economico e produttivo italiano, ed, in particolare, ha reso insostenibili i livelli di disoccupazione e di deindustrializzazione e mancato sviluppo nel Mezzogiorno d'Italia;
    a maggior ragione è più sentita l'esigenza di una prioritaria attenzione per risollevare l'economia meridionale, caratterizzata da anni da un gap infrastrutturale, in termini di trasporti, logistica, ricerca e innovazione, rispetto al resto del Paese;
    le conseguenze della persistenza delle associazioni mafiose nel Mezzogiorno si intrecciano in modo complesso con l'economia del Sud, stravolgendo le regole del «fare impresa» e scoraggiando gli investimenti stranieri, oltre che creando un grave e indiscusso disagio sociale;
    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'attuale politica governativa non sta assumendo misure per sostenere la debole economia del Sud, in un grave contesto economico e sociale di disagio e disoccupazione diffusa;
    a fronte di questa situazione disastrosa, l'impegno del Governo per il Mezzogiorno sembrerebbe consistere solo in una migliore e più razionale utilizzo dei fondi strutturali, misura indispensabile e dovuta ma non sufficiente;
    nonostante l'enorme ammontare di risorse, che negli anni sono state destinate al Mezzogiorno, il Sud permane arretrato e caratterizzato da una evidente carenza di infrastrutture, mai realizzate, ancorché grazie alla posizione geografica ed alla dotazione di porti e aeroporti, potrebbe svolgere un ruolo di cerniera negli scambi commerciali tra Europa, Mediterraneo e Paesi del far east e raccogliere le nuove opportunità del contesto competitivo internazionale;
    all'inefficienza e spreco, ovvero il mancato utilizzo delle risorse europee per le regioni del Sud, lo sviluppo dell'economia locale è da sempre ostacolato dalla presenza delle associazioni mafiose nel Mezzogiorno, che stravolgono le regole del «fare impresa» e scoraggiano gli investimenti stranieri, che le politiche del Governo Renzi vorrebbero attrarre con le misure adottate soprattutto in materia di diritto del lavoro, il cosiddetto «Jobs Act» e che rischiano di non approdare mai nelle regioni meridionali per la diffusa criminalità;
    è fondamentale che lo Stato rafforzi la propria presenza in tali territori, consolidando i tribunali, presidio di legalità e freno alla criminalità, che permane uno dei principali fattori di ostacolo e disincentivo all'esercizio della libera imprenditorialità;
    indispensabile, inoltre, sarebbe un maggior impegno da parte del Governo a porre in essere misure più incisive per sconfiggere la criminalità organizzata e tutti quei fenomeni di illegalità da essa generati, che rallentano e ostacolano la crescita e lo sviluppo, come il già citato racket, nonché tutte le condotte tipiche della microcriminalità ed il fenomeno illegale diffuso del lavoro sommerso;
    occorre un intervento capace di promuovere sviluppo ed occupazione nel Mezzogiorno, al fine di favorire la ripresa dell'economia meridionale, come base per la crescita e lo sviluppo dell'intero Paese anche favorendo, sin dall'età scolare, percorsi educativi volti a stimolare un cambio culturale che determini già in età giovanile l'educazione all'impresa;
    la gravità della crisi economica induce molte imprese a chiudere, in quanto non rientrano nei parametri degli studi di settore e il complesso scenario economico italiano, aggravato dalle conseguenze della crisi finanziaria, pone ancora una volta in primo piano la questione di un Paese con due differenti velocità di sviluppo, infatti nel Mezzogiorno si produce solo un quarto del prodotto interno e si genera soltanto un decimo delle esportazioni italiane;
    oltre alla già citata distorsione delle risorse destinate al Sud, si aggiungono i critici tagli operati sulla dotazione del fondo per aree sottoutilizzate, per finanziare interventi di diversa natura o fatti oggetto di corruttela o non sempre corrispondenti a finalità di sviluppo e quasi sempre non localizzati nel Mezzogiorno;
    la politica statale si dovrebbe coordinare con le politiche delle regioni meridionali con il precipuo obiettivo di dare impulso e proseguire lo sviluppo del sistema industriale meridionale, ancora in larga misura sottodimensionato: lo Stato dovrebbe farsi promotore di una politica attiva di sviluppo e di investimento nell'ambito di un disegno in cui lo Stato divenga responsabile di una politica di sostegno all'industria come elemento catalizzatore della crescita, consolidando e adeguando l'attuale sistema produttivo e riqualificandone il modello di specializzazione, abbracciando settori che possano creare nuove opportunità di lavoro e fette di mercato anche per le PMI;
    per quanto riguarda le problematiche connesse alla formazione delle nuove generazioni, si consideri che oltre un terzo dei laureati del Mezzogiorno under 34 è inattivo e la differenza con le regioni settentrionali diventa enorme, se si considera il tasso di inattività dei diplomati under 34; i tassi di scolarizzazione in Italia presentano divari sfavorevoli al Meridione e sono accompagnati da un parallelo aumento del tasso di abbandono, dovuto alle condizioni di degrado sociale e familiare. Negative sono anche le evidenze in termini di «qualità» della formazione, dal momento che gli studenti meridionali, che terminano la loro carriera accademica, hanno maggiori difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro. Si genera così un ampio fenomeno migratorio dei «cervelli» che lasciano le regioni del Sud, provocando un depauperamento del capitale umano disponibile, fenomeno che, non solo interessa l'area del Sud Italia, bensì tutto il territorio nazionale e incide fortemente e in modo negativo sul livello della qualità della ricerca effettuata nel nostro Paese, fattore necessario per la ripresa economica. Basti pensare alla ricerca nel Know How e all'impiego dello stesso nelle imprese;
    il settore della ricerca e dell'innovazione risulta in questi ultimi anni incisivamente compromesso da interventi sulla spesa pubblica con tagli lineari che hanno agito sul sistema universitario nazionale e quindi sulla ricerca. Il Sistema nazionale universitario è stato oggetto di recente riforma con legge n. 240 del 2010, che seppur presenti dei punti di forza quali il buon posizionamento della ricerca italiana a livello internazionale e la crescita della percentuale dei laureati tra i giovani, registra significative carenze strutturali e di organico nei confronti dei Paesi europei, come:
    il forte e crescente sottodimensionamento del personale universitario e in particolare del corpo docente, che aggrava il già basso numero di ricercatori rispetto agli altri paesi europei e il rapporto ancora molto basso tra docenti e studenti;
    un'eccezionale lunghezza del percorso pre-ruolo con conseguente innalzamento dell'età di ingresso di ruolo;
    un livello insufficiente dei finanziamenti pubblici e privati dell'università;
    un diritto allo studio privo di adeguate garanzie;
    un disallineamento tra formazione universitaria e lavoro;
    in base al comma 13-bis dell'articolo 66 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni della legge 6 agosto 2008, n. 133, le università statali possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al 50 per cento di quella, relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente e che la predetta facoltà è fissata nella misura del 50 per cento per gli anni 2014 e 2015, del 60 per cento per l'anno 2016, dell'80 per cento per l'anno 2017 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2018;
    auspicabile, quindi, sarebbe mettere al centro dell'agenda politica l'istruzione e la ricerca potenziando il sistema universitario in termini di risorse umane, finanziamenti e di infrastrutture agendo sul Fondo per il Finanziamento ordinario delle università;
    per quanto riguarda le opportunità di sviluppo, il Sud avrebbe modo di risollevare le sorti occupazionali già solo attraverso l'industria del turismo, tuttavia i dati relativi al turismo nel meridione sono paradossali: su 100 stranieri che visitano l'Italia, meno di 1 va in Calabria (0,9 per cento per chi ama l'esattezza), ancora meno in Molise. In Basilicata si raggiunge lo 0,1 per cento e in Abruzzo lo 0,6 per cento. Sommando le otto regioni meridionali, includendo Sicilia e Sardegna, si arriva al 13,2 per cento. Fa di più il solo Trentino Alto Adige, con il 14,2 per cento. Le politiche del turismo sono pertanto fallimentari;
    vari studi hanno tentato di quantificare, in termini di ritorno economico e occupazionale, lo sviluppo turistico del Sud anche per sollecitare un cambiamento culturale in tal senso, ma senza rilevanti risultati e la causa non è la mancanza di fondi (le recenti difficoltà del Programma operativo interregionale «Attrattori culturali, naturali e turismo» confermano che le criticità sono spesso politiche): i contributi europei arrivati al Sud non hanno generato virtuose sinergie tra destinazioni, operatori e investitori esterni, né hanno dato vita a poli di eccellenza che potessero «contaminare» positivamente i territori;
    è necessario promuovere lo sviluppo sostenibile del territorio con particolare attenzione alle opportunità che offre la richiesta turistica per le località meridionali, che richiedono una implementazione di prodotti, servizi e infrastrutture in grado di far fronte alla domanda. Opportuno sarebbe selezionare le strutture, i siti, i beni di più grande interesse siti nel Meridione e abbandonati per valorizzarli, nonché rafforzare a livello regionale la convergenza della governance territoriale in materia di politiche culturali e turistiche, la conoscenza dell'eredità storica e archivistica degli interventi per lo sviluppo del territorio, la partecipazione alle scelte amministrative in materia di gestione e fruizione dei beni culturali e la capacità di tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico;
    in materia ambientale, da oltre un decennio permane insoluto il problema di una efficiente gestione delle acque nel Distretto Idrografico dell'Appennino Meridionale con particolare riguardo al sistema di depurazione delle acque, che nella Regione Puglia rappresenta una vera emergenza nel settore della tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione;
    l'emergenza ambientale che ne consegue, oltre ad essere incompatibile con la normativa europea in materia ambientale, di cui alla direttiva comunitaria 2000/60, ripresa ed integrata nel decreto legislativo n. 152 del 2006, nel decreto legislativo 30 del 2009, nella legge n. 13 del 2009 e nel decreto legislativo n. 194 del 2009, rende improcrastinabili investimenti urgenti per la risoluzione definitiva della gestione e depurazione delle acque, interventi che contribuirebbero sia all'incremento occupazionale, sia al sostegno di piani di sviluppo delle attività agricole nei territori meridionali interessati;
    peraltro, l'efficiente gestione del sistema di depurazione è un importante obiettivo per garantire la massima tutela dell'ambiente e per la tutela della salute dei cittadini, e sia per questione etiche sia come contributo per lo sviluppo delle attività turistiche, compromesse dai casi di inquinamento dei tratti di mare, interessati dallo sversamento di liquidi non sufficientemente depurati e ricchi di sostanze prodotte da impianti industriali;
    il rilancio dell'economia del Mezzogiorno non può prescindere da interventi di sostegno al settore agricolo, finalizzati a migliorare la commercializzazione, adeguare la produzione alla domanda, ottimizzare i costi di produzione e stabilizzare i prezzi alla produzione, incentivare l'utilizzo di strumenti di gestione del rischio e contribuire al rafforzamento della posizione dei produttori, nonché di facilitare il dialogo tra i soggetti della filiera, è indispensabile promuovere forme di organizzazioni di produttori ed organizzazioni interprofessionali,

impegna il Governo:

   ad utilizzare le risorse finanziarie dell'Unione europea, anche mediante il cofinanziamento nazionale, per interventi di adeguamento e messa a norma, nonché di incremento dei depuratori in tutte le regioni del Meridione, con particolare priorità per la regione Puglia, assolutamente insufficienti ed inadeguati;
   ad adottare provvedimenti necessari ad aumentare il reclutamento dei ricercatori e garantire la stabilizzazione del personale di ricerca nel sistema universitario, con particolare riguardo alle regioni del Mezzogiorno, anche al fine di valorizzare la ricerca propedeutica allo sviluppo di nuove tecnologie e progetti industriali innovativi per lo sviluppo dell'economia meridionale, nonché a valutare l'opportunità di un intervento volto ad aumentare le capacità assunzionali fortemente limitate dall'articolo 66, comma 13-bis, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 13.2, convertito con modificazioni della legge 6 agosto 2008, n. 133;
   nell'ambito della riorganizzazione e razionalizzazione dei corpi di polizia e dei corpi armati, di garantire un maggior presidio delle medesime nelle zone del Mezzogiorno maggiormente interessate da fenomeni di criminalità organizzata, al fine di eliminare gli ostacoli e i disincentivi alle attività imprenditoriali;
   nel settore agricolo, a promuovere forme di organizzazioni di produttori ed organizzazioni interprofessionali nel Mezzogiorno come disposto dal Regolamento (UE) 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli.
(1-00688) «Cariello, Baldassarre, Currò, Rostellato, Barbanti, Tripiedi, Bechis, Chimienti, Ciprini, Cominardi, Rizzetto».


   La Camera,
   premesso che:
    i dati trimestrali diffusi lo scorso mese di novembre dall'Istituto nazionale di statistica – ISTAT, relativi al terzo trimestre sull'andamento dell'economia italiana, confermano una situazione di estrema debolezza, in particolare con riferimento al tasso di disoccupazione pari all'11,8 per cento (in crescita di 0,5 punti percentuali su base annua), i cui livelli da record, restano i più alti dall'inizio delle serie storiche introdotte dal 1977;
    nel Mezzogiorno l'incremento rilevato, a fronte della media nazionale del 39,3 per cento, risulta essere al 19,6 per cento e raggiunge nel complesso valori estremamente preoccuparti sul piano sociale ed economico fra le fasce giovanili, pari 51,3 per cento, intensificando pertanto i divari territoriali tra le aree del Nord, (con l'indicatore pari al 7,8 per cento) con quelle meridionali (il cui differenziale risulta essere pari al 19,6 per cento);
    la ripartizione regionale pubblicata dal suindicato istituto, evidenzia inoltre che la regione siciliana, risulta secondo l'ultimo trimestre, quella con il numero più elevato di disoccupati a livello nazionale, con il tasso di disoccupazione salito al 21,2 per cento e (+1,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2013) un differenziale di 10 punti percentuali in più rispetto alla media nazionale (11,8 per cento) ovvero il più alto della media del Mezzogiorno (19,6 per cento);
    alle citate rilevazioni statistiche, si affiancano ulteriori analisi più approfondite e significative, provenienti dall'Associazione per lo sviluppo dell'industria e il Mezzogiorno – SVIMEZ, connesse alle condizioni di profonda sofferenza e disagio, sociale ed economica che persiste nel sesto anno di crisi italiana per l'economia meridionale, che evidenzia, come il fenomeno si stia radicalizzando nelle aree sottoutilizzate ad alta densità di disoccupati, in cui ad un'emergenza economica, contrassegnata da forti rischi di desertificazione industriale, s'intreccia in modo sempre più stringente, l'esigenza di una mancata crescita e un potenziale sviluppo produttivo;
    alla persistente crescita tendenziale del numero dei disoccupati nelle regioni del Mezzogiorno, (pari a oltre 3,5 milioni di individui, con quella giovanile giunta al 43,3 per cento e sempre più fuori controllo), si collegano i dati sulla mancata capacità competitiva delle imprese localizzate nelle aree territoriali del Sud Italia, che risentono della maggiore fragilità strutturale di «fare sistema», rispetto alle altre del Paese, ed il cui valore aggiunto in termini di produttività si attesta soltanto al 16,9 per cento, a differenza delle regioni del Nord Italia, che contribuiscono invece per il 61,7 per cento e quelle del Centro che si attestano al 21,4 per cento;
    l'evidente assenza, di significativi interventi da parte del Governo Renzi, diretti al superamento dei divari di crescita esistenti tra il Centro-Nord ed il Mezzogiorno, volti alla promozione dello sviluppo territoriale nelle aree sottoutilizzate, manifestatisi sin dall'inizio del suo insediamento, hanno accresciuto le dinamiche negative delle regioni meridionali, ed in particolare riferite al sistema imprenditoriale, che per dimensione caratteristiche settoriali e capacità competitiva è meno attrezzato a resistere ad una dinamica negativa di un ciclo recessivo così lungo e pervasivo;
    la debolezza delle aree sottosviluppate, emerge in maniera rilevante, anche dal confronto con altre realtà territoriali europee, caratterizzate da un livello di sviluppo economico simile, a causa dell'inefficienza (emersa in particolare nell'ultimo anno), nell'accelerazione dei programmi di spesa, in ragione dei consistenti
ritardi europei, già destinate agli interventi del Piano di azione e coesione, ed in particolare dal fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie;
    il dimezzamento delle risorse nazionali previsto da recenti interventi del Governo nell'ambito della politica di coesione relativo al periodo 2014 - 2020, per la definizione del nuovo Quadro strategico nazionale, nei confronti della Campania, la Calabria e la Sicilia, a cui si aggiunge il concreto rischio di aggiungere 30 miliardi di euro relativi ai fondi strutturali relativi al periodo 2007-2013 che stanno per essere persi definitivamente, non riconosciuti dalla Unione europea o perfino restituiti dalle regioni ritardatarie, (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) confermano a tal fine, come lo svolgimento delle competenze attribuite all'Agenzia per la coesione territoriale (istituita ai sensi dell'articolo 10 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125), finalizzate ad imprimere una svolta decisiva nella capacità di spesa dei fondi europei e sostenere pertanto lo sviluppo produttivo del Mezzogiorno, risulta essere inadeguato rispetto alle finalità per le quali l'Agenzia era stata istituita;
    a tal fine, il quadro previsionale decisamente sconfortante che rileva la Svimez, per il biennio 2014-2015, nell'ambito delle politiche di coesione a fronte della crisi economica e sociale del Mezzogiorno, evidenzia che nel periodo 2007-2013, a conclusione del ciclo di programmazione dei fondi, (nel caso si fosse raggiunto l'obiettivo di spesa, delle regioni rientranti all'interno del piano convergenza), si sarebbero potute attivare importanti leve per gli interventi di riequilibrio territoriale;
    la manifesta lentezza della nuova governance della citata Agenzia, le cui evidenti difficoltà nell'imprimere una svolta decisiva nella capacità di spesa dei fondi europei, hanno contribuito a determinare il ridimensionamento della quota di cofinanziamento dei fondi strutturali comunitari, (con evidenti ripercussioni sullo sviluppo territoriale nelle aree sottoutilizzate del Mezzogiorno), rende realmente incompatibili i tempi di operatività e gli obiettivi predeterminati a livello comunitario, concordati nell'ambito della Strategia Europa 2020;
    la mancanza di significative misure di rilievo adottate dal Governo Renzi, in favore del Mezzogiorno, che confermano secondo i firmatari del presente atto un'azione di disimpegno generale per le aree sottoutilizzate e di scarsa attenzione relativa alla questione meridionale, accresce inoltre e soprattutto in prospettiva, i ritardi delle regioni meridionali, in particolare nei termini di fragilità del sistema produttivo e industriale (in particolare il comparto manifatturiero già poco presente nell'economia del Sud), provocando il crollo dei consumi delle famiglie meridionali e di debolezza in senso strutturale, che si riflette nella maggiore difficoltà di accesso al credito e un più elevato costo dei finanziamenti;
    di fronte al suesposto quadro macroeconomico, che configura una condizione di costante e progressiva divaricazione del sentiero di sviluppo dell'industria del Mezzogiorno, in termini di produttività e competitività con il resto del Paese, necessitano interventi decisionali in tempi rapidi, anche a livello europeo, in netta controtendenza rispetto alla cornice normativa attualmente prevista, in grado di mettere in campo una strategia di sviluppo nazionale, che ponga al centro dell'azione del Governo il rilancio del Mezzogiorno, attraverso la riduzione degli squilibri economico e sociali intensificati nell'attuale periodo di crisi;
    l'emergenza sociale determinata dal crollo occupazionale e quella produttiva, esige a tal fine, una strategia di sviluppo nazionale centrata sul Mezzogiorno con una «logica di sistema» e un'azione strutturale di medio-lungo periodo fondata su quattro drivers di sviluppo tra loro strettamente connessi in un piano di «primo intervento»: rigenerazione urbana, rilancio delle aree interne, creazione di una rete logistica in un'ottica mediterranea e valorizzazione del patrimonio culturale;
    i ritardi nell'utilizzo delle risorse della politica di coesione, in particolare nelle regioni dell'obiettivo convergenza, anche dovuti alle difficoltà organizzative e operative dell'Agenzia per la coesione territoriale, impongono a tal proposito, una decisa rivisitazione delle politiche del Governo a sostegno della crescita meridionale;
    il rispetto del vincolo di territorialità necessita a tal fine, di essere adeguatamente rafforzato, in coerenza peraltro con quanto disposto dal Ministro per gli affari regionali e la coesione territoriale, pro tempore Raffaele Fitto e proseguito dal Ministro pro tempore Fabrizio Barca, all'interno del quale sono state indicate le priorità d'intervento che ha rappresentato una linea di continuazione indispensabile per l'impatto che l'utilizzo che i fondi strutturali avranno sull'economia del Mezzogiorno e che il Governo Renzi, invece intende erroneamente rivedere;
    il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, a tal fine, ha confermato una scarsa efficacia del Governo Renzi, in ambito comunitario, anche sull'azione di intraprendere misure favorevoli per il nostro Paese, in grado di migliorare l'utilizzo dei fondi strutturali e rendere immediatamente cantierabili un insieme di progetti, per esplicare da subito i loro effetti sull'economia e il lavoro nelle regioni del Mezzogiorno;
    la dimensione macroeconomica dell'area, dove risiede un terzo della popolazione in cui si produce circa un quarto del prodotto interno, richiede pertanto, in considerazione degli articolati rilievi in precedenza indicati, politiche di correzione e di riequilibrio per le aree meridionali, la cui crescita dell'economia italiana appare indissolubilmente legata al miglioramento dell'utilizzo delle risorse produttive del Sud,

impegna il Governo:

   a prevedere iniziative in tempi rapidi, volte a potenziare l'attività istituzionale dell'Agenzia per la coesione territoriale, le cui evidenti incapacità nell'imprimere una svolta decisiva nella capacità di spesa dei fondi europei, hanno contribuito a determinare il ridimensionamento della quota di cofinanziamento dei fondi strutturali comunitari, (con evidenti ripercussioni sullo sviluppo territoriale nelle aree sottoutilizzate del Mezzogiorno), nonché l'introduzione di misure penalizzanti come quelle recanti misure previste cosa che potrebbe determinare ulteriori effetti depressivi sullo sviluppo dell'economia del Mezzogiorno a partire dal prossimo anno;
    a prevedere altresì attraverso iniziative normative ad hoc, interventi in favore dello sviluppo economico in aree svantaggiate, destinate a sostenere le zone franche urbane in particolare delle regioni meridionali, per le quali le misure di carattere finanziario recentemente stabilite hanno previsto per il prossimo triennio 2015-2017 una rilevante riduzione o addirittura un azzeramento dei rifinanziamenti;
    ad intervenire in sede europea, attraverso un'azione politica più convincente, in grado di consentire nei confronti delle regioni del Mezzogiorno, in ritardo nella nuova programmazione dei fondi strutturali europei, 2014-2020, i cui programmi operativi non saranno approvati entro fine 2014 o l'inizio del prossimo anno, interventi in deroga, connessi al nuovo regolamento comunitario, che prevede una sospensione dell'approvazione dei programmi finché non sarò approvato il bilancio dell'Unione europea e il suo assestamento;
    a intervenire per compensare il ridimensionato delle quote di cofinanziamento dei fondi strutturali nell'ambito dei programmi operativi regionali del Mezzogiorno e prevedere adeguate risorse comunitarie e nazionali in favore delle aree territoriali che rientrano nel «piano di convergenza», al fine di sostenere l'economia meridionale in considerazione dei dati statistici e della analisi socioeconomiche riportate in premessa, che evidenziano una condizione complessiva per dimensione macroeconomica dell'area, di estrema gravità;
    a confermare infine l'osservanza dei principi stabiliti, nell'Accordo tra il Governo e le regioni del Mezzogiorno siglato il 3 novembre 2011, secondo i quali, le risorse destinate al Piano di azione e coesione siano vincolati al principio di territorialità.
(1-00689) «Palese, Russo, Occhiuto».


   La Camera,
   premesso che:
    le micotossine, eterogeneo gruppo di composti chimici così denominati per le due caratteristiche fondamentali di essere prodotte da funghi e possedere un'attività tossica a carico degli organismi superiori, sono responsabili dei fenomeni di avvelenamento causati dal consumo di alcune specie fungine, sia nell'ambito dei macromiceti, o funghi nell'accezione comune del termine, sia nell'ambito di contaminazione, da muffe e specie microscopiche;
    studi effettuati dalla FAO stimano che circa un quarto della produzione mondiale di derrate alimentari destinate all'utilizzo sia umano che animale, è contaminato da micotossine;
    riguardo all'alimentazione umana, le micotossine possono essere ritrovate sia nei prodotti vegetali che animali, ove possono permanere come residui nei tessuti e nei prodotti edibili degli animali che hanno assunto alimenti contaminati;
    il Regolamento (CE) N. 1881/2006 della commissione del 19 dicembre 2006 che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari stabilisce, tra le altre sostanze, i valori massimi di alcune micotossine; tali valori, visualizzabili nella parte 2 dell'allegato, indicano quale sia il valore massimo di micotossine negli alimenti destinati ai bambini da 0 a 3 anni;
    negli ultimi mesi del 2011 una pubblicità comparativa pubblicata dal gruppo Heinz (multinazionale tedesca che possiede il marchio Plasmon) denotava come nei prodotti a marchio Barilla della serie «Piccolini» i livelli di micotossine fosse superiore al limite di legge stabilito per i bambini;
    in conseguenza di ciò, a partire dal mese di dicembre 2011, la Barilla decideva di apportare un'avvertenza posta sulle confezioni dei «Piccolini» dove si indicava che il prodotto era destinato al consumo da parte di adulti e bambini sopra i 3 anni;
    a causa dell'utilizzo di cereali provenienti dall'estero e in particolare del grano dei Paesi nord americani che presenta criticità elevate circa la presenza di micotossine, vari studi hanno messo in evidenza di come molta parte dei prodotti amidacei destinati all'alimentazione umana, presentino traccia di inquinamento da micotossine in dosi superiori ai limiti stabiliti dal Regolamento (CE) N. 1881/2006;
    secondo l'articolo 6 «contenuto minimo delle informazioni» del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 i prodotti o le confezioni dei prodotti destinati al consumatore devono riportare chiaramente visibili e leggibili le indicazioni relative all'eventuale presenza di materiali o sostanze che possono arrecare danno all'uomo, nonché le indicazioni alle eventuali precauzioni e alla destinazione d'uso;
    in Italia il consumo dei prodotti a base cereale non è differenziato tra alimentazioni per adulti e alimentazione per neonati e bambini, per i quali tra l'altro andrebbe definita l'età, come peraltro richiesto dal Regolamento (CE) n. 1881/2006 del 19 dicembre 2006 dove viene specificato che il tenore massimo di micotossine contenuto negli alimenti per bambini deve essere di gran lunga inferiore ai tenore massimo contenuto negli alimenti per adulti, esponendo i bambini e i neonati ad un elevato rischio di contaminazione,

impegna il Governo:

   a promuovere ogni azione volta ad avviare una differenziazione chiara tra prodotti alimentari destinati al consumo degli adulti e quelli dedicati a neonati e bambini, distribuiti e commercializzati sul territorio nazionale, in base al contenuto di micotossine, così come previsto dal Regolamento (CE) 1881/2006, al fine di tutelare la salute dei minori e rendere più trasparente l'informazione sui prodotti alimentari consumati nel nostro Paese;
   ad avviare ogni possibile azione affinché sulle confezioni dei prodotti destinati all'alimentazione umana sia indicata in maniera visibile e leggibile l'eventuale presenza di micotossine e quindi le precauzioni e le destinazioni d'uso, così come da articolo 6 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
(1-00690) «Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Gallinella, Benedetti, Lupo, Parentela, Rostellato, Rizzetto, Mantero, Brescia, Scagliusi».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    la decisione del Governo di rinviare il pagamento dell'imposta municipale unica — IMU, sui terreni agricoli montani, a seguito della rivolta corale delle associazioni agricole e degli operatori del settore, rileva, nel complesso, l'acuirsi di uno stato confusionale particolarmente evidente da parte del Governo Renzi, nell'ambito delle politiche fiscali per gli locali, che conferma anche le contraddizioni riferite all'orientamento di semplificare l'ordinamento tributario e l'accorpamento del numero complessivo delle imposte che gravano sui contribuenti;
    l'annuncio interlocutorio del Sottosegretario per l'economia e le finanze Baretta, reso noto la scorsa settimana, relativo alle intenzioni di sospendere il pagamento previsto il prossimo 16 dicembre dal decreto interministeriale del 28 novembre 2014, (come stabilito dalle disposizioni di cui all'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, che individua i comuni nei confronti dei quali, si applica il regime di esenzione dell'IMU per i terreni agricoli), denota infatti il disordine con il quale l'Esecutivo in carica disciplina le misure di carattere fiscale, alimentando la distanza di collaborazione tra l'amministrazione finanziaria e il contribuente;
    se il termine di pagamento dell'IMU sui terreni montani non più esenti, inizialmente previsto per il 16 dicembre 2014, sembrava in un primo momento dovesse essere differito al giugno 2015, come riportato dal Sole 24 Ore (il 4 dicembre 2014), con un articolo pubblicato il 5 dicembre il medesimo quotidiano, nel confermare il rinvio del pagamento dell'IMU sui terreni montani, evidenzia tuttavia come il differimento non potrà protrarsi fino al prossimo giugno, a causa delle regole di contabilità europea, che non permettono di accertare nell'anno in corso un'entrata destinata a diventare effettiva così tardi, ipotizzando pertanto il differimento del termine al prossimo 26 gennaio 2015, data del resto confermata dalle dichiarazioni rese dal Sottosegretario per l'economia e le finanze Zanetti nella seduta della Commissione finanze del 10 dicembre 2014;
    la scadenza dei termini di pagamento dell'IMU sui terreni montani non più esenti dovrebbe dunque essere fissata al 26 gennaio 2015 (senza spostare tuttavia la scadenza del saldo IMU sui terreni agricoli che già pagavano l'imposta secondo le regole precedenti);
    tale scadenza ravvicinata, evidenziata anche dalla Ragioneria generale dello Stato, stabilita per rivedere l'intera disciplina fiscale in materia e distinguere con criteri più razionali i terreni agricoli paganti da quelli esenti (il cui riordino potrebbe essere retroattivo), avrebbe la conseguenza che i pagamenti di gennaio potrebbero tuttavia essere considerati «provvisori» o che successivamente si potrebbe procedere con i rimborsi (o conguagli) una volta decisi i criteri definitivi;
    la richiamata decisione di rinvio, intrapresa per evitare una serie di evidenti difficoltà che si sarebbero manifestate per una vasta platea di soggetti contribuenti agricoli proprietari terrieri, non sembra tuttavia essere in grado di portare a una conclusione definitiva dell'annosa questione, ancor più a seguito delle intenzioni iniziali del Governo, che si sono tuttavia scontrate con le regole contabili, di stabilire una proroga finora a giugno;
    la riscrittura dei parametri di esenzione IMU per i terreni agricoli montani, che causerebbe la perdita dell'esenzione totale per i terreni ubicati in oltre 2.000 comuni, risulta infatti necessaria per recuperare una cifra pari a 350 milioni di euro, che lo Stato ha già utilizzato a coperture del cosiddetto «bonus-IRPEF» disposto dal citato decreto legge n. 66 del 2014;
    il nuovo obbligo di pagamento, pertanto, si trasformerebbe in una riduzione del trasferimento del medesimo importo per gli stessi enti locali, impegnati a recuperare le risorse dai nuovi soggetti agricoli contribuenti ai fini IMU;
    a tal fine, la proroga potrebbe rinviare il pagamento ma non il taglio dei trasferimenti operato sui comuni, che altrimenti determinerebbe uno squilibrio nei conti pubblici; conseguentemente, le amministrazioni comunali dovrebbero poter iscrivere nel bilancio in modo «convenzionale» un'entrata che si manifesterebbe solo successivamente;
    come riporta il citato articolo di stampa, il suesposto meccanismo contabile prevederebbe che i comuni imputino al loro bilancio 2014 il maggior gettito, derivante dal nuovo regime di esenzione IMU dei terreni agricoli montani, incassato entro il prossimo mese di gennaio, per consentire che il gettito derivante da tale entrata fiscale sia considerato nel bilancio consolidato che l'Italia presenterà in sede europea;
    tale procedura risulta peraltro analoga a un precedente, avvenuto di recente, riconducibile alla cosiddetta «mini-IMU» e alla maggiorazione TARES, i cui pagamenti furono richiesti ai contribuenti nel gennaio del 2014, in quanto la relativa entrata era stata contabilizzata nell'anno precedente;
    tale vicenda conferma, anche in questa occasione, la confusione procedurale e le contraddizioni, complessità e ambiguità del sistema tributario e degli adempimenti fiscali, riconducibile sia alla continua introduzione di nuovi tributi, sia, in particolare, al fatto che il decreto interministeriale contenente i criteri impositivi e la scadenza per il pagamento da parte dei contribuenti soggetti all'IMU sui terreni montani è stato pubblicato in tempi talmente ravvicinati alla scadenza stessa da disorientare in modo inaccettabile gli stessi soggetti su cui grava l'imposta;
    si pone inoltre il problema di quale sia dell'aliquota applicabile ai terreni agricoli montani non più esenti, nei tanti comuni che non l'hanno mai fissata in precedenza (in quanto i terreni agricoli montani rientranti nel perimetro geografico di loro pertinenza erano esenti), e se in questi casi sia applicabile l'aliquota standard del 7,6 per mille;
    il quadro d'incertezza complessivamente esposto rileva pertanto l'esigenza di procedere in tempi rapidi e certi a una complessiva rivisitazione della normativa fiscale sui terreni agricoli precedentemente esentati dall'IMU, evitando di procedere in merito solo sulla base dell'esigenza di «fare cassa», colpendo un settore, l'agricoltura, particolarmente rilevante per la crescita del prodotto interno lordo;
    appaiono a tal fine quanto mai urgenti e necessarie correzioni normative in materia, sia nei riguardi dell'ampia platea di proprietari terrieri e agricoltori direttamente interessati dal pagamento dell'IMU (i quali dopo circa un ventennio di esenzione dovranno versare l'imposta alle amministrazioni locali coinvolte), sia nei confronti dei 3.524 comuni, fino ad oggi considerati «montani», i cui terreni agricoli sono esenti dall'IMU, sia nei riguardi di alcune aree dei 652 comuni ritenuti invece, «parzialmente montani»;
    nell'attuale congiuntura negativa, caratterizzata dalla persistente crisi economica e finanziaria nel Paese, dalla crescita irrilevante, dalla domanda interna estremamente debole, l'introduzione di un'ulteriore imposta nei confronti del settore agricolo, già interessato negativamente da decisioni normative penalizzanti introdotte nel 2014, risulta pertanto iniqua oltre che irragionevole, considerato che violerebbe ancora una volta il principio stabilito dallo «Statuto del contribuente» in base al quale le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti, la cui scadenza sia fissata prima del sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore o dell'adozione dei provvedimenti di attuazione in esse previsti;
    a tal fine occorre rivedere l'intero impianto normativo introdotto dall'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, che individua i comuni nei confronti dei quali, si applica il regime di esenzione dell'IMU per i terreni agricoli montani, prevedendo misure compensative in favore dei comuni, nonché sopprimendo in via definitiva il medesimo tributo nei confronti di tali aree agricole, che determinerebbe riflessi economici e produttivi particolarmente dannosi,

impegna il Governo:

   a prevedere in tempi rapidi iniziative dirette alla sospensione, del versamento dell'imposta municipale propria per l'anno 2014, prevista per il 16 dicembre 2014, per i soggetti individuati sulla base delle disposizioni previste dal decreto interministeriale del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro dell'interno, del 28 novembre 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 dicembre 2014;
   ad assumere iniziative per abrogare l'articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014, introducendo di conseguenza misure di compensazione volte ad attribuire il minor gettito complessivo derivante dall'entrata tributaria pari a 350 milioni di euro, in favore dei 3.524 comuni considerati montani i cui terreni a destinazione agro-silvo-pastorale rientrano nell'elenco predisposto dall'ISTAT, e sono attualmente esentati dal pagamento dell'IMU, nonché per i 652 comuni considerati invece come «parzialmente montani»;
   ad assumere iniziative per prevedere, in caso contrario, una revisione dei criteri di applicazione dell'esenzione dall'IMU per le aree agricole montane e collinari interessate, rendendoli più equi ed equilibrati, attraverso l'eliminazione della scelta dell'altimetria della casa comunale quale unico criterio di distinzione, che penalizza gravemente i terreni, ed in particolare quelli collinari e montani, caratterizzati da rilevanti dislivelli.
(7-00544) «Sandra Savino, Faenzi, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Russo, Alberto Giorgetti, Laffranco, Francesco Saverio Romano».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    l'evoluzione della normativa su l'etichettatura dei prodotti alimentari ha visto il passaggio graduale, a partire da un iniziale interesse per le finalità igienico sanitarie, verso finalità di informazione atte a far acquisire al soggetto consumatore la consapevolezza dei propri diritti e a formare la sua capacità di orientamento e di scelta; scelta quindi non solo indirizzata alla salvaguardia della propria salute;
    le scelte dei consumatori infatti possono essere influenzate da considerazioni di natura sanitaria, economica, ambientale, sociale ed etica; il consumatore informato sulle modalità di produzione e distribuzione del prodotto o sulle condizioni di lavoro dei dipendenti, sarà in grado, per esempio, di effettuare scelte di carattere sociale ed etico;
    le norme in tema di etichettatura dei prodotti alimentari devono, non solo proteggere la salute pubblica ma anche assicurare l'informazione dei consumatori, la lealtà e la trasparenza nelle relazioni commerciali;
    il diritto all'informazione trova totale compimento quando il consumatore è informato su tutte le fasi di lavorazione del prodotto, in tutti i passaggi di filiera, consentendogli quindi di effettuare scelte consapevoli che considerino i vari aspetti (sanitario, economico, ambientale, sociale, etico) legati alla vita del prodotto; non può esserci reale e completa protezione del consumatore se non è garantita la reale e completa informazione sulla vita del prodotto;
    è parere dei presentatori che tra queste informazioni essenziali rientrano anche quelle relative all'alimentazione animale, da esplicitare nell'etichetta dei prodotti alimentari di origine animale e loro derivati;
    il 14 dicembre entrerà in vigore il regolamento (UE) N. 1169/2011 del Parlamento europeo e del consiglio, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori; detto regolamento all'articolo 38 stabilisce che «gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali concernenti materie non specificamente armonizzate dal presente regolamento purché non vietino, ostacolino o limitino la libera circolazione delle merci conformi al presente regolamento»;
    l'articolo 39 stabilisce che «gli Stati membri possono adottare (...) disposizioni che richiedono ulteriori indicazioni obbligatorie per tipi o categorie specifici di alimenti per almeno uno dei seguenti motivi: protezione della salute pubblica, protezione dei consumatori, prevenzione delle frodi, protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale, delle indicazioni di provenienza delle denominazioni d'origine controllata e repressione della concorrenza sleale»;
    l'articolo 45 stabilisce che «gli stati membri che ritengano necessario adottare nuova normativa in materia di informazioni sugli alimenti notificano previamente alla Commissione e agli altri Stati membri le disposizioni previste precisando i motivi che le giustificano»,

impegna il Governo

ad assumere tutte le iniziative, anche nelle opportune sedi comunitarie, atte a rendere obbligatoria nei prodotti alimentari di origine animale e derivati, l'indicazione relativa agli ingredienti dell'alimentazione animale, specificando l'eventuale presenza di ingredienti geneticamente modificati.
(7-00545) «Benedetti, Artini, Baldassarre, Bechis, Massimiliano Bernini, Ciprini, Daga, Gallinella, Parentela, Rostellato».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPADONI, LOREFICE, GRILLO, DALL'OSSO, BARONI, MANTERO, DI VITA, SILVIA GIORDANO, MUCCI, ROSTELLATO, BUSINAROLO, DEL GROSSO, SCAGLIUSI, TRIPIEDI, PAOLO BERNINI, CASTELLI, SORIAL e CARINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 1o agosto 2014 è entrata in vigore la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ovvero la convenzione di Istanbul;
   la suddetta convenzione ha l'obiettivo di: proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l'autonomia e l'autodeterminazione delle donne; predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica; promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell'applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l'eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica;
   ai sensi dell'articolo 66 della convenzione, viene prevista la creazione del gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (GREVIO), incaricato di vigilare sull'attuazione della presente convenzione da parte delle parti contraenti;
   il GREVIO sarà composto da un minimo di 10 membri a un massimo di 15 membri, nel rispetto del criterio dell'equilibrio tra i sessi e di un'equa ripartizione geografica e dell'esigenza di competenze multidisciplinari;
   i suoi membri saranno eletti dal comitato delle parti tra i candidati designati dalle parti con un mandato di quattro anni, rinnovabile una volta, e sono scelti tra i cittadini delle parti;
   gli stessi devono essere selezionati mediante una procedura trasparente tra personalità di elevata moralità, note per la loro competenza in materia di diritti umani, uguaglianza tra i sessi, contrasto alla violenza sulle donne e alla violenza domestica o assistenza e protezione alle vittime, o devono essere in possesso di una riconosciuta esperienza professionale nei settori oggetto della presente convenzione;
   il GREVIO non può comprendere più di un cittadino del medesimo Stato;
   i suoi membri devono rappresentare i principali sistemi giuridici e gli organi e i soggetti competenti nel campo della violenza contro le donne e la violenza domestica;
   gli stessi devono partecipare a titolo individuale e devono essere indipendenti e imparziali nell'esercizio delle loro funzioni, e devono rendersi disponibili ad adempiere ai loro compiti in maniera efficace;
   il Comitato delle parti che dovrà eleggere i membri del GREVIO è composto dai rappresentanti delle parti alla convenzione;
   il 30 settembre 2014 si è riunito a Strasburgo, presso il Consiglio d'Europa, il Parliamentary Network women free from violence insieme al Committee on Equality and Non-Discrimination, durante i quali è stato anticipato che il GREVIO verrà formato nella primavera del 2015 per riunirsi il prima possibile;
   il 19 novembre 2014 stata approvata la risoluzione CM/Res(2014)43, Resolution on rules on the election procedure of the members of the Group of Experts on Action against Violence against Women and Domestic Violence (GREVIO), in cui si sostiene che «ciascuno Stato assicura che la procedura di selezione nazionale che porta alla nomina dei candidati per GREVIO sia trasparente e aperta alla concorrenza, al fine di portare alla nomina dei candidati più qualificati» (regola 10) –:
   quale sarà dettagliatamente l’iter di selezione dei membri del GREVIO nel rispetto dei criteri di trasparenza e meritocrazia, in particolare in che modo il Governo italiano concretamente darà attuazione alla regola 10 della risoluzione citata, 19 novembre 2014 – CM/Res(2014)43. (4-07265)


   LABRIOLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con legge n. 388 del 2000 e stato costituito il CNAO – Centro nazionale di adroterapia oncologica – di Pavia, tra i centri più avanzati al mondo per la cura dei tumori non operabili e resistenti alla radioterapia tradizionale. Esso opera mediante l'impiego di protoni e di ioni carbonio, particelle appartenenti alla categoria degli adroni, i quali hanno una forza d'impatto maggiore e si possono concentrare meglio sul bersaglio da colpire, evitando danni ai tessuti circostanti;
   la fondazione CNAO è anche un centro di ricerca e sviluppo le cui attività spaziano dalla ricerca clinica alla ricerca radiologica, con l'obiettivo di fornire un continuo miglioramento nella capacità di cura ed è uno dei centri di fisica nucleare più evoluti a livello internazionale, dopo il Cern di Ginevra;
   il Centro è convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale e all'inizio di quest'anno ha ottenuto dall'Istituto Superiore la marcatura europea CE. Oggi, però il CNAO, a causa dei tagli ai finanziamenti, così come evidenziato anche da «Il sole 24 ore», si trova in grande difficoltà e rischia di chiudere con grave danno per le diverse migliaia di pazienti oncologici che hanno bisogno del trattamento di adroterapia;
   alcuni tra i più importanti scienziati italiani hanno firmato un appello per salvare il CNAO, sottolineandone l'eccellenza e l'innovazione tecnologica a livello internazionale;
   la vicenda CNAO, come afferma Umberto Veronesi con un appello pubblicato sul Corriere della Sera, non è soltanto una questione di eccellenza scientifica per la Lombardia e per l'Italia, ma è soprattutto una speranza per le centinaia e in futuro migliaia di malati che potrebbero ricevere a Pavia cure salvavita –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto in premessa e quali siano le loro valutazioni di merito;
   quali iniziative urgenti, ognuno per propria competenza, intendano adottare al fine di prevedere stanziamenti necessari alla prosecuzione dell'attività del CNAO. (4-07271)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PETRAROLI e DE LORENZIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   oramai da diversi anni sono in corso diverse indagini sull'inquinamento dello Stabilimento ex Italsider, oggi Ilva spa di Taranto;
   così come si evince dal sito del Corriere di Taranto in data 10 dicembre 2014, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico hanno trovato oli, catrame ed altri materiali inquinanti in una zona dell'Ilva «protetta» così come definito dalla valutazione dell'Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale), in cui dovrebbe sorgere il nuovo impianto di aspirazione dell'acciaieria 1;
   la prima verifica, già nell'anno 2011, dopo una segnalazione dei lavoratori del sindacato Usb, che avevano segnalato odori nauseabondi e macchie d'olio;
   sempre dal sito del Corriere di Taranto del 10 dicembre 2014, si legge che, successivamente viene emanato il decreto di ispezione emesso dalla procura ionica che ha portato al ritrovamento di catrame anche in profondità. Agli scavi hanno partecipato gli esperti dell'Arpa che hanno eseguito i campionamenti, successivamente la zona è stata posta sotto sequestro;
   i successivi sequestri disposti dal giudice per le indagini preliminari di Taranto nel luglio del 2012 hanno riguardato l'area a caldo, nonché i parchi minerari a causa dell'inquinamento proveniente dalla suddetta area sono stati effettuati controlli ed interventi sul sottosuolo in aree esterne a quella occupata dallo stabilimento. Occorre sottolineare quanto affermato dal giudice per le indagini preliminari di Taranto, sulla base della perizia epidemiologica utilizzata nella fase dell'incidente probatorio come tale inquinamento sia la causa di svariate patologie con un'incidenza superiore al valore medio nazionale;
   lo stesso «Protocollo di Intesa per interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto» sottoscritto il giorno 26 luglio 2012 fra la regione Puglia, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero della coesione territoriale, la provincia di Taranto, il comune di Taranto ed il commissario straordinario del porto di Taranto fra le diverse intese prevede che gli interventi di bonifica e messa in sicurezza del sottosuolo e della falda riguardino anche delle aree esterne allo stabilimento, ovvero: comune di Taranto – «Scuola De Carolis, Scuola Deledda, ex Scuola D'Aquino»; comune di Taranto – Bonifica del quartiere Tamburi; comune di Taranto – «Cimitero di San Brunone»; Mar Piccolo di Taranto – con particolare riferimento al I seno; comune di Statte – Messa in sicurezza terreni e falda aree industriali (ex Cava);
   appare importante capire lo stato di salute del sottosuolo interessato dall'area occupata dallo stabilimento Ilva di Taranto –:
   di quali informazioni disponga il Governo in merito alle differenti tipologie di inquinamento presenti nel sottosuolo e in particolare nella falda all'interno dell'Ilva;
   se il Ministro interrogato intenda avviare un'azione di monitoraggio sulle aree e scomparti sopra elencati;
   se siano in corso di effettuazione ovvero se già condotte dai carabinieri del Comando carabinieri tutela ambientale (già NOE) e consegnate alla procura di Taranto già nell'anno 2011, ovvero dall'ARPA o da qualsiasi altro soggetto;
   quali azioni si intendano promuovere per assicurare la tutela della salute pubblica e dell'ambiente all'interno e all'esterno dello stabilimento Ilva di Taranto. (4-07266)


   VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministero dello sviluppo economico n. 239/EL-189/148/2011 è stata autorizzata la realizzazione la porzione ricadente in territorio italiano di un elettrodotto in corrente continua di lunghezza superiore a 400 chilometri e in larga parte sottomarino, che attraversa il mare Adriatico;
   tale opera interessa i comuni abruzzesi di Pescara, Cepagatti, Spoltore e San Giovanni Teatino;
   dal decreto si evince che, su considerazioni del rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare espressa in sede di conferenza servizi, non si è ritenuto necessario sottoporre il progetto né valutazione di impatto ambientale né alla procedura di valutazione di incidenza ambientale in quanto le opere non ricadrebbero all'interno di siti di interesse comunitario;
   l'articolo 6 della direttiva 43/92/CE stabilisce che la procedura di valutazione di incidenza ambientale deve essere svolta anche per progetti realizzati esternamente a siti zone speciali di conservazione, e quindi siti di interesse comunitario, qualora possano avere incidenze significative sulla naturalità dei siti;
   è noto che la messa in posa del cavo sottomarino nel mare Adriatico che costituisce gran parte collegamento HDVC 500kV Italia-Montenegro (Villanova-Tivat) presupponga la prospezione dei fondali anche attraverso tecniche che possano avere un effetto deleterio, anche a lunga distanza, sulla fauna acquatica e in particolare sui cetacei;
   l'8 settembre 2014 sette individui di Capodoglio Physeter macrocephalus si sono spiaggiati all'interno del sito di interesse comunitario «Punta Aderci – Punta della Penna» IT 7140108 in Abruzzo, Italia, e tre di loro sono morti, dimostrando il fragile equilibrio del mare Adriatico;
   pur non potendo collegare ad oggi la presenza delle navi che si occupano delle prospezioni dei fondali del mare Adriatico a tale spiaggiamento, è del tutto evidente che era ed è necessario prevenire in maniera consapevole qualsiasi forma di disturbo che possa portare, direttamente o indirettamente, a tali gravi conseguenze per la biodiversità, provvedendo ad operare secondo le procedure previste dalle normative comunitarie, oltre a quelle nazionali –:
   quali siano le considerazioni e le valutazioni tecniche che non hanno fatto ritenere l'assoggettamento dell'opera alla preventiva valutazione di incidenza ambientale, anche preliminare, della posa in opera del cavo sottomarino alla luce della direttiva 43/92/CEE;
   se, considerando che l'opera non è stata ancora realizzata, l'Italia debba sottoporre l'intervento a valutazione di incidenza ambientale, anche se alcune attività connesse e potenzialmente dannose per le finalità della direttiva 43/92/CEE sono state già realizzate. (4-07267)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   DI LELLO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, organo periferico del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha la sua sede ufficiale nello stesso edificio che ospita il Museo archeologico nazionale di Napoli e ha il compito di garantire la tutela di un vasto territorio, che comprende oltre cento comuni;
   questo territorio rappresenta, per quanto concerne il mondo antico, uno tra i più ricchi di insediamenti umani, città, monumenti ed antichità di rilevante valore storico-archeologico. Nell'ambito di esso varie culture e popolazioni convissero e si succedettero nel tempo, dalla preistoria all'epoca classica greco-romana, dalla tarda antichità all'età medioevale;
   le attività istituzionali della Soprintendenza sono condotte attraverso un capillare sistema di uffici periferici di Napoli e Pompei distribuiti sul territorio, che controllano aree, parchi e singoli monumenti archeologici, collegati con antiquaria e musei territoriali, alcuni di antica istituzione, altri più recentemente aperti al pubblico o in corso di allestimento;
   in base ai tagli operati nel 2012-2013, ogni Ministero era tenuto a dotarsi di un nuovo regolamento di organizzazione che recepisse le riduzioni di pianta organica. Il Mibact adempie, con un decreto del 18 novembre 2014 a tale obbligo, in linea con le misure già adottate con il decreto-legge n. 83 del 2014, convertito dalla legge n. 106 del 2014;
   la riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MIBACT) che trae origine, come è noto, dalle politiche di spending review attuate da ultimo con il decreto-legge n. 66 del 2014, convertito dalla legge n. 89 del 2014, prevede la soppressione della succitata Soprintendenza e la creazione di un'unica Soprintendenza regionale con sede a Salerno a partire dal prossimo 1o gennaio 2015;
   una decisione questa che cancella di fatto un'istituzione, la Soprintendenza archeologica napoletana, che ha ben duecento anni di vita e che è stata sempre il punto di riferimento di studiosi e scienziati provenienti da tutto il mondo;
   la riforma in oggetto non tocca solo le Soprintendenze; nello specifico, per quanto riguarda la Campania, anche gli Archivi di Stato di Avellino, Benevento, Caserta e Salerno dovrebbero sparire. Resterebbe solo quello di Napoli. Così come resterebbero il polo museale con sede a Napoli, il museo di Capodimonte e la Reggia di Caserta, oltre alla Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III;
   come spesso accade ultimamente in nome della spending review la riforma viene contestata anche dagli stessi lavoratori che, riuniti in assemblea, hanno stilato un documento in cui sottolineano non solo i danni che il provvedimento porterà all'archeologia campana ma anche i disagi «nell'espletamento degli atti di competenza e difficoltà nella tutela del territorio, nel quale – sottolineano – sono presenti eccellenze quali il centro antico di Napoli, i Campi Flegrei e l'area Nolana»;
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di porre in essere al fine di rivedere i criteri che ridefiniscono il funzionamento del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con particolare riferimento alla Soprintendenza di Napoli che nei suoi duecento anni di attività ha creato una fitta rete di rapporti interistituzionali con comuni, province, università e facoltà di architettura, che saranno a giudizio dell'interrogante negativamente condizionati da questo accorpamento. (4-07264)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   NARDI e MARIANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del 20 ottobre 2014 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 246 del 22 ottobre 2014) venivano indicati i comuni delle zone colpite dall'alluvione verificatasi tra il 10 e il 14 ottobre 2014 per i quali sono sospesi i versamenti e gli adempimenti tributari;
   tale numero è stato ampliato con un decreto firmato dal Ministro dell'economia e delle finanze che prevede la sospensione per un ulteriore elenco di comuni localizzati nelle regioni Toscana e Veneto;
   alla nuova lista di Comuni si applicano le stesse disposizioni definite nel decreto del 20 ottobre 2014 citato: sospensione dei versamenti e degli adempimenti tributari per tutti i contribuenti, persone fisiche e non, anche in qualità di sostituti di imposta, che alla data del 10 ottobre 2014 avevano residenza, o sede legale o operativa nei comuni colpiti dal maltempo sospensione anche dei pagamenti derivanti da cartelle esattoriali o accertamenti esecutivi;
   come riportato nel comunicato del Ministro dell'economia e delle finanze del 12 novembre 2014: devono invece essere operate e versate le ritenute, in caso di ritardo nel versamento delle ritenute, l'Agenzia delle entrate, valutando caso per caso, può decidere di non applicare le sanzioni al sostituto d'imposta;
   la regione Toscana e in grande misura la città di Carrara sono state colpite dall'alluvione che ha flagellato l'Italia tra il 5 e il 6 novembre 2014. I danni nella sola città di Carrara ammontano a oltre cento milioni di euro da un primissimo bilancio fornito dal sindaco di Carrara, Angelo Zubbani;
   a Carrara l'esondazione dei torrenti Carrione e Parmignola ha trascinato via tutto; l'alluvione che ha colpito il territorio di Carrara nella giornata di giovedì novembre 2014 ha fatto registrare oltre 160 millimetri di pioggia caduta (per fare una stima si tratta di quantità pari a quanto solitamente cade in un intero mese autunnale) e la conseguente esondazione dei fiumi Carrione e Parmignola che sono stati gli eventi scatenanti dell'alluvione di Carrara;
   il bilancio dell'alluvione Carrara è molto critico: gravi danni ad abitazioni e strade (un'emittente locale è stata anche costretta a interrompere le riprese) con circa 1600 case danneggiate e oltre 450 sfollati –:
   se il Ministro interrogato intenda intervenire per estendere anche al comune di Carrara quanto deliberato per i comuni alluvionati del 10 e 14 ottobre 2014 così da prevedere anche per i cittadini di Carrara la sospensione dei versamenti e degli adempimenti tributari. (4-07263)


   GUIDESI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Poste Italiane, società a capitale interamente pubblico partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, con 143 mila dipendenti ed una rete di strutture su tutto il territorio nazionale, non offre solo servizi logistico-postali, ma ha una crescente attività in materia di risparmio e sistemi di pagamento, assicurativi e di comunicazione digitale;
   dai dati forniti dalla stessa società, la crescita nei settori finanziario ed assicurativo ha posizionato il ramo «Poste Vita» al secondo posto tra le compagnie di assicurazione attive in Italia. L'attività della società pubblica è dunque, contrariamente a quanto si possa immaginare, solo marginalmente collegata ai servizi postali, infatti, dei 21,6 miliardi di euro di ricavi solo 5,1 derivano dai servizi postali, 5 dai servizi finanziari e 11,2 miliardi dall'attività assicurativa;
   è stato reso noto all'inizio di dicembre 2014 il procedimento 20638/14 della divisione intermediari della Consob, l'autorità di vigilanza sulla Borsa e la gestione del risparmio, relativo alle attività finanziarie gestite da Poste Italiane;
   in base alla direttiva europea del 2007, la cosiddetta «Mifid», la Consob accerta l'esistenza di un rapporto corretto tra i prodotti finanziari venduti e le competenze e la propensione al rischio della clientela;
   l'analisi dell'Autorità relativa a Poste, durata alcuni mesi, è stata approfondita e ha riguardato persino la posta elettronica interna all'azienda;
   il giudizio contenuto nel dossier dell'autorità di vigilanza non è positivo. Vi si legge infatti, stando alle notizie di stampa, che «Le verifiche condotte hanno evidenziato che la società si avvale, nello svolgimento dei servizi di investimento, di meccanismi di pianificazione commerciale e di incentivazione del personale fondati sul perseguimento di specifici interessi “di business” (prevalentemente declinati in termini di redditività) che, affiancati da rilevanti pressioni gerarchiche a tutti i livelli della struttura organizzativa, hanno determinato, a valle del processo distributivo significative distorsioni nella relazione con la clientela»;
   inoltre, secondo Consob, «il sistematico ricorso a forme di pianificazione commerciale «per prodotto» costituiscono le componenti di un impianto focalizzato verso la realizzazione di obiettivi aziendali senza tenere adeguatamente conto delle esigenze della clientela;
   Consob evidenzia criticità nel rapporto con i risparmiatori: solo 330 mila clienti su 900 mila sono stati profilati secondo i criteri Mifid. Ma il 74,5 per cento dei clienti del BancoPosta si classifica sui tre livelli più elevati di «esperienza e conoscenza», mentre soltanto al 5 per cento sono state attribuite conoscenze minime. Una profilazione molto alta permette di vendere prodotti ad alta complessità e ad alto rischio. Addirittura, l'80 per cento dei clienti sopra i 70 anni che hanno comprato una polizza index-linked (una forma di investimento che garantisce il capitale e ha un rendimento legato all'andamento di un indice) hanno un orizzonte di investimento superiore ai 7 anni;
   la società «a fronte di una specifica richiesta del team ispettivo, non è stata in grado di estrapolare i dati», relativi alla situazione finanziaria effettiva del cliente. E non considera l'età anagrafica per garantire un periodo di investimento adeguato;
   per misurare la rischiosità delle polizze vita emesse da Poste Italiane viene considerato il rating fornito dalle agenzie specializzate in titoli di Stato, quando invece allo sportello si offrono prodotti emessi da altri soggetti, come i credit default swap. Obbligazioni emesse da Enel e Atlantia, che hanno un rating superiore a quello dello Stato italiano, risultavano riservate soltanto alla clientela più sofisticata;
   la Consob stigmatizza anche il caso della vendita di polizze e l'apertura di libretti postali a studenti stranieri che andavano a chiedere il permesso di soggiorno;
   la stessa autorità nota la tendenza delle Poste a proporre alla clientela disinvestimenti anticipati nei periodi in cui ci sono emissioni di prodotti delle Poste stesse, «senza che tali proposte fossero precedute da analisi sulle reali esigenze della clientela»;
   in azienda è stato verificato un sistema di incentivazione del personale di rete imperniato su «obiettivi quantitativi di breve periodo (trimestre) che non considera, se non in via del tutto residuale, fattori di carattere qualitativo che premino condotte conformi alla disciplina di settore»;
   l'azienda Poste ha deliberato le prime azioni correttive chieste dalla vigilanza, come profilare la clientela e rimodulare gli incentivi commerciali alla rete –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei profili critici sollevati da Consob e quali azioni intenda intraprendere, nella sua veste di azionista di controllo della società, a tutela dei clienti-cittadini;
   come i fatti esposti in premessa incidano sulla scelta da parte dell'azionista di procedere alla privatizzazione di Poste (annunciata anche nel corso di una audizione presso la Commissione trasporti della Camera), operazione che presuppone criteri di efficienza e appetibilità di mercato ma che non può ledere i principi di tutela dei risparmiatori. (4-07276)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AMODDIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   mercoledì 19 novembre 2014 il carcere di Cavadonna a Siracusa è stato teatro di una gigantesca rissa tra oltre cento detenuti stranieri ed italiani. Una rissa, sedata a fatica dagli agenti della polizia penitenziaria, che lascia un bilancio di trenta feriti. A prescindere dalle cause che hanno potuto accendere la scintilla, ancora una volta assistiamo a gravi episodi che evidenziano la mancanza di sicurezza nelle carceri italiane, dovuta alla carenza di organico. Sono 462 i detenuti del carcere di Cavadonna, una popolazione molto superiore rispetto a quella che la struttura potrebbe, gestire. Di questi, il 35 per cento sono detenuti stranieri e il 23,5 per cento tossicodipendenti. Gli agenti di polizia sono sottodimensionati e devono affrontare ogni giorno enormi difficoltà. Il personale degli agenti di polizia penitenziaria in pianta organica ammonta a 220 unità – mentre dovrebbero essere almeno 330 – ma, se si escludono gli amministrativi e gli addetti ad altre mansioni il numero di coloro che svolgono l'effettivo servizio all'interno della struttura detentiva scende a 150 unità. L'entrata in vigore della «sorveglianza dinamica» che dispone l'apertura delle celle dalla mattina al pomeriggio permettendo ai detenuti di potersi muovere liberamente negli spazi comuni, ha in parte ovviato alle gravi carenze di organico del personale di polizia penitenziaria perché permette un controllo esterno, ma dall'altro, in caso di lite tra detenuti l'intervento della polizia penitenziaria diventa più faticoso per il grande numero di detenuti da gestire in emergenza. Nel caso specifico nel carcere di Siracusa il rapporto è di due poliziotti per centoventi detenuti. Numeri impietosi che giustificano le lamentele dei sindacati di polizia penitenziaria costretti a fronteggiare da soli disagi e pericoli. A questa situazione si sommano i provvedimenti disciplinari che sarebbero stati avviati nei confronti di alcuni appartenenti al corpo di polizia penitenziaria. Con l'entrata in vigore della sorveglianza dinamica non si è però modificata la responsabilità soggettiva che rimane attribuita alle guardie, per qualsiasi inconveniente capiti all'interno delle sezioni aperte. A pagare sarebbero quindi gli agenti che hanno rischiato in prima persona per sedare la rissa. Risulta evidente che in una situazione di sottodimensionamento è inaccettabile che venga ritenuta responsabile solamente la polizia penitenziaria che invece ha mostrato capacità di organizzarsi in pochi minuti e sedare la feroce lite. Il numero dei detenuti nelle carceri italiane rimane ancora altissimo rispetto al personale penitenziario in organico e questa sproporzione incide negativamente sul perseguimento dei fini istituzionali, di sicurezza e di trattamento rieducativo, che sono demandati all'amministrazione penitenziaria, mettendo a rischio i delicati equilibri del sistema penitenziario e indebolendo significativamente il generale sistema della sicurezza dello Stato, a discapito dei cittadini. Nella provincia di Siracusa, i due principali istituti penitenziari risultano largamente sovrappopolati, come risulta dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria – Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto dipartimentale – Sezione statistica aggiornamento 31 ottobre 2014. Il carcere di Augusta conta 497 detenuti a fronte dei 372 posti di capienza regolamentare. Il carcere di Siracusa 462 detenuti per 333 posti. Dati impietosi che rispecchiano purtroppo il trend nazionale –:
   se il Ministro della giustizia si a conoscenza di tale episodio;
   se il Ministro della giustizia, alla luce di quanto illustrato in premessa, non ritenga di aumentare l'organico della polizia penitenziaria all'interno del carcere Cavadonna di Siracusa. (5-04276)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARIANI, FANUCCI, PARRINI, ALBINI, BECATTINI, BENI, BINI, CARROZZA, CENNI, DALLAI, DONATI, ERMINI, FONTANELLI, FOSSATI, GELLI, NARDI, RIGONI, SANI, SIMONI, ROCCHI e MANCIULLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le linee, ferroviarie regionali della Toscana servono complessivamente 234mila passeggeri al giorno (di cui quasi 55mila abbonati), che ricorrono al servizio per recarsi al lavoro e a scuola sulle diverse direttrici. Tali linee ferroviarie si sviluppano per più di 1500 chilometri e rappresentano una infrastruttura essenziale per la mobilità della regione, per lo sviluppo e per la sostenibilità degli spostamenti sul territorio toscano;
   gli stessi passeggeri si sono trovati quotidianamente ad affrontare problemi che hanno reso la fruizione del servizio di trasporto pubblico difficoltosa: ai ritardi registrati su alcune linee (spesso superiori ai 30 minuti) si sono aggiunte cancellazioni dovute a malfunzionamenti. Tali disguidi hanno gravato ancora di più sul servizio in caso di maltempo, che non di rado ha reso inagibili le linee meno moderne, determinando gravi disagi per gli utenti che non riescono a raggiungere i luoghi di lavoro o di studio;
   nell'ultimo anno il confronto continuo tra regione Toscana, RFI e Trenitalia ha prodotto importanti occasioni di verifica e controllo del contratto di servizio con il supporto e la partecipazione dei rappresentanti dei pendolari ad indicare le maggiori criticità e le possibili migliorie nell'ambito delle risorse date e dell'organizzazione degli orari e dei convogli;
   ai problemi strutturali si erano infatti aggiunti, come documentato dagli stessi pendolari, l'inadeguatezza e il degrado del materiale rotabile rispetto al quale molti investimenti sono stati messi in atto con impegni verificati di acquisto di nuovo materiale sulle linee più marginali;
   nelle ultime settimane si è verificato un incremento preoccupante degli episodi di vandalismo sui treni e nelle stazioni a danno del patrimonio pubblico in dotazione delle comunità ma soprattutto sono stati perpetrati gravissimi atti di violenza indirizzati verso il personale FS viaggiante sulle linee regionali come denunciato anche dalle organizzazioni sindacali di riferimento e testimoniato da ampia stampa locale;
   in particolare, dal mese di ottobre 2014 si sono registrati veri e propri episodi di aggressione nei confronti dei capitreno;
   il 20 ottobre 2014 nella tratta Firenze – Pisa il capotreno veniva minacciato e aggredito durante regolare verifica dei biglietti;
   il 12 novembre la capo treno del regionale Livorno-Firenze presso Pontedera veniva aggredita, colpita e quindi accompagnata al pronto soccorso;
   il 2 dicembre, linea Lucca-Aulla, sul regionale 6952 nei pressi di Piazza al Serchio, un capotreno è stato derubato della borsa e minacciato dalla persona che gliela aveva sottratta; l'episodio ha reso necessario l'intervento delle forze dell'ordine e causato la cancellazione di due corse;
   il 3 dicembre, linea Firenze-Arezzo, due persone hanno terrorizzato i passeggeri distruggendo finestrini con un martello e derubando il capotreno di un tablet prima di essere arrestati;
   il 4 dicembre, linea Firenze-Viareggio, nei pressi di Montecatini, si registra l'aggressione al capotreno del convoglio 3057 ad opera di un gruppo di giovani; l'uomo, colpito al viso, deve essere portato in ospedale;
   il 5 dicembre, stessa linea e treno, fra Pescia e Montecatini è ancora un gruppo di ragazzi ad aggredire la capotreno, impossessarsi del sistema degli altoparlanti e trasformare addirittura le carrozze in una sorta di discoteca; la capotreno richiederà cure ospedaliere seguite allo stress;
   l'8 dicembre, infine, a Lucca, il capotreno del convoglio 3027 in partenza dalla stazione del capoluogo, viene aggredito da una persona che dormiva in un vagone e che aveva svegliato per chiederle di mostrare il biglietto. L'uomo è dovuto ricorrere a cure ospedaliere a causa di fratture che richiedono un mese di ingessatura, cui dovrà seguire una lunga riabilitazione;
   a seguito di una così preoccupante serie di episodi si è compromesso l'ordinario e sereno svolgimento delle attività del personale viaggiante e la percezione dei pendolari circa la sicurezza di alcune tratte come sottolineato dalle istituzioni locali interessate e dalla regione Toscana;
   il Governo e l'amministrazione regionale Toscana hanno concretamente stabilito di investire nel potenziamento del servizio di trasporto pubblico regionale su rotaia recependo la complessità e le difficoltà registrate negli ultimi anni. Il decreto «Sblocca Italia» ha infatti destinato 220 milioni di euro al raddoppio della linea Firenze-Viareggio, in articolare nel tratto critico Lucca-Pistoia cui si aggiunge il contributo determinante della regione Toscana con ulteriori 200 milioni;
   risulta importante e molto significativo anche il finanziamento per l'acquisto di nuovo materiale rotabile, per un rinnovamento consistente del parco mezzi destinato al trasporto regionale toscano come previsto dal contratto di servizio fra Trenitalia e regione Toscana;
   risulterebbe inspiegabile vanificare lo sforzo comune delle istituzioni tutto indirizzato a potenziare e riqualificare il trasporto ferroviario locale toscano trascurando il supporto al personale sottoposto in questa fase ad un incremento di rischio e compromettendo la quotidiana fruibilità del servizio –:
   quali di competenza il Governo intenda mettere in atto per ripristinare le regolari condizioni di sicurezza di alcune tratte regionali Toscane e presso le stazioni ferroviarie al fine di garantire l'incolumità del personale delle Ferrovie dello Stato Italiane e del personale viaggiante nonché, la regolare attività e la puntualità dei treni pendolari che nelle ultime settimane sono state compromesse da episodi di vandalismo e violenza. (5-04274)


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   gli annosi problemi che caratterizzano la linea ferroviaria nazionale, specie per quel che riguarda il settore dei treni sovraregionali, sono noti e sono stati più volte sottolineati dagli interroganti attraverso diversi atti di sindacato ispettivo, finora rimasti senza risposta;
   nonostante le numerose denunce dei pendolari umbri, la tratta Roma-Orte continua ad essere caratterizzata da forti disagi e da problemi di sovraffollamento dei convogli diretti verso l'Umbria, le Marche e la Toscana;
   la soppressione della fermata presso la stazione di Orte dei treni regionali veloci 2481 e 2488, ideata per risolvere i problemi di sovraffollamento in direzione Umbria-Marche-Toscana, ha tuttavia, in assenza di alternative per i pendolari laziali, generato forti contestazioni da parte dei viaggiatori in partenza da Orte, tanto che il 3 novembre 2014 si è provveduto a ripristinare tale fermata modificando la composizione dei treni e aggiungendo una carrozza;
   suddetta soluzione ha di fatto aggravato la situazione, posto che i treni così composti, vincolati a circolare su turno materiale bloccato a 9 vetture, richiedono maggiori impegni di personale di scorta e, risultando difficilmente sostituibili in caso di guasti, vengono spesso sostituiti con gli originali convogli a otto carrozze;
   la linea è inoltre caratterizzata da una elevata acclività che costringe i treni in composizione a 9 vetture a viaggiare ad una velocità di marcia ridotta, con conseguente allungamento della tabella oraria, così come testimoniato anche dalla rimodulazione degli orari di due treni che incrociano i due regionali;
   la lunghezza maggiorata dei treni causa inoltre problemi di sicurezza relativamente alle fasi di salita e discesa dei passeggeri dai convogli visto i mancato adeguamento dei marciapiedi, così come segnalato dal Coordinamento dei comitati pendolari umbri all'ANSF, Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria in data 28 ottobre 2014;
   per quanto sopra è opportuno approfondire con urgenza gli aspetti tecnici e gestionali caratterizzanti la presente interrogazione al fine di risolvere in modo efficace ed economico i problemi che si sono evidenziati, attivando soluzioni equidistanti dai campanilismi istituzionali e degli utenti stessi, ripartendo funzionalmente l'offerta di trasporto in relazione ai costi sostenuti dalla committenza e ai volumi di utenza –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se, nell'ambito delle proprie competenze, intenda assumere iniziative, affinché il diritto dei cittadini ad un trasporto pubblico efficiente e sicuro sia garantito e riequilibrato anche in funzione dei costi sostenuti dalla committenza e dei disagi subiti dell'utenza del bacino umbro;
   se l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria abbia preso in carico la segnalazione pervenuta da parte del Coordinamento dei comitati pendolari umbri in queste settimane in merito all'inadeguatezza della soluzione trovata per il ripristino della fermata di Orte dei treni RV2481 e 2488;
   se non ritenga opportuno, ove necessitasse, come sollecitato dal Coordinamento dei comitati pendolari umbri, di assumere ogni iniziativa di competenza affinché si proceda con urgenza ad adeguamenti infrastrutturali dei marciapiedi delle stazioni della tratta Orte-Foligno-Perugia/Falconara al fine di incrementare la sicurezza dei viaggiatori, anche diversamente abili. (5-04277)


   COVELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a quanto si apprende sarebbe imminente da parte di Trenitalia la soppressione della fermata delle 6.30 presso la stazione di Mirto – Crosia in provincia di Cosenza del treno regionale 3721;
   si tratta di un treno molto importante per l'utenza del comprensorio della Valle del Trionto che riguarda complessivamente circa 20 mila abitanti;
   il treno regionale 3721 Sibari – Catanzaro è quello che consente ai pendolari che per motivo di studio e di lavoro si devono recare a Crotone e Catanzaro;
   la soppressione di questa fermata costringerebbe gli utenti della locale stazione a recarsi a Cariati cosa molto complicata considerata la conformazione del territorio per gli abitanti di paesi dell'entroterra come Longobucco, Bocchigliero, Caloveto per citare i più importanti;
   le amministrazioni comunali e le istituzioni regionali hanno già manifestato la propria contrarietà rispetto a tale decisione ove fosse confermata da parte di Trenitalia –:
   se il ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire presso Trenitalia al fine di evitare la soppressione della suddetta fermata, che penalizzerebbe eccessivamente l'utenza di questo comprensorio. (5-04279)


   GELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come riportato in un articolo de La Repubblica del giorno 11 dicembre 2014, a firma del giornalista Gerardo Adinolfi, sono ben 309 i casi di dipendenti delle Ferrovie dello stato aggrediti nello svolgimento del proprio lavoro a bordo dei convogli ferroviari o nelle stazioni;
   il fenomeno purtroppo registra un significativo aumento in considerazione del fatto che nel 2013 i casi segnalati sono stati 227;
   a guidare la triste classifica delle aggressioni è il Lazio con 51 operatori FS aggrediti, seguita da Emilia Romagna con 34, Piemonte con 31 e Toscana con 26;
   proprio in Toscana a Lucca lunedì 8 dicembre si è registrata un ulteriore aggressione ad un capotreno ferito da una persona priva di biglietto che dormiva in una carrozza;
   nell'ultimo mese, proprio in Toscana le denunce sono in aumento soprattutto lungo la tratta Lucca-Pistoia-Firenze, sulla quale la scorsa settimana due capotreni sono stati aggrediti in due giorni da un gruppo di ragazzi, studenti adolescenti che terrorizzano viaggiatori e controllori;
   come denunciano le organizzazioni sindacali di categoria ci si trova di fronte ad un problema di ordine pubblico e per quanto l'azienda fornisca ai suoi addetti corsi antiaggressione e di assistenza legale e psicologica questo non risolve i problemi;
   l'aumento dei controlli antievasione corrisponde ad un aumento del rischio aggressioni e spesso si fa fatica anche a trovare persone disposte a testimoniare nonostante gli episodi di violenza avvengano davanti a molti utenti in quanto subentra la paura di ritorsioni;
   la bozza di documento predisposta dalla direzione generale della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno e inviata alle organizzazioni sindacali della Polizia prevede una riorganizzazione delle specialità, tra cui anche la Polfer, con una serie di razionalizzazioni che rischiano di lasciare incustodite alcune importanti stazioni;
   occorre altresì fronteggiare adeguatamente il problema al fine di scongiurare che alcune tratte, soprattutto quelle con un numero elevato di pendolari vengano considerate una sorta di «terra di nessuno» –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale problema e quali misure intenda adottare al fine di assicurare agli operatori ferroviari di poter svolgere in sicurezza il proprio lavoro rafforzando la vigilanza presso le stazioni e sui convogli nonché potenziando i presidi e l'attività della Polfer. (5-04280)


   IMPEGNO e CARLONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la tratta Aversa Centro — Capodichino/Di Vittorio della ferrovia regionale ex Metrocampania NordEst (MCNE), società oggi confluita nell'Ente autonomo volturno (EAV), rappresenta un importantissimo collegamento nell'ambito del complessivo sistema di metropolitana regionale della Campania;
   la stessa costituisce, verso sud, il primo passo verso l'integrazione della ferrovia ex MCNE con la Linea 1 della metropolitana di Napoli (stazione di interscambio di Piscinola), mentre, in direzione nord, creerà la possibilità di un ulteriore collegamento con il tronco superiore della stessa ferrovia ex-MCNE fino a Santa Maria Capua Vetere;
   il progetto complessivo ha l'obiettivo di connettere gli importanti comuni di Aversa, Giugliano, Melito e Mugnano con la principale linea di trasporto pubblico locale del capoluogo di Regione (la stazione di Piscinola è un luogo di interscambio con la linea 1, gestita dalla società ANM) e si colloca in un continuum con un ulteriore tratto tra Piscinola e l'aeroporto di Napoli Capodichino. L'inserimento dell'ultimo tratto della ferrovia ex-MCNE (sub-tratta Piscinola-Capodichino/Di Vittorio) nell'anello della Linea 1 della metropolitana di Napoli (con la congiunzione delle gallerie delle due ferrovie nella stazione di Capodichino/Di Vittorio) comporterà quindi l'integrazione impiantistica del tronco inferiore della Ferrovia ex-MCNE con la Linea 1;
   nel 2009 è stata aperta la prima sub-tratta tra Piscinola ed Aversa Centro, per un percorso di circa 10 chilometri, integralmente in galleria artificiale, attraversando le stazioni di Mugnano, Giugliano, Aversa Ippodromo, ed infine Aversa Centro ed è stata integralmente aperta all'esercizio, con la sola eccezione della stazione di Melito;
   la sub-tratta Aversa Centro-Piscinola ha un costo complessivo pari ad euro 522.182.395,26, di cui 460.763.417,96 euro già disponibili (con impegno contabile) e 61.418.977,30 euro programmati (intervento n. 51 del DGR Campania n. 39 del 24 febbraio 2014, pubblicato sul BURC n. 10 del 17 marzo 14);
   la quota di 460.763.417,96 euro disponibili, di cui sono stati già erogati – ad oggi – circa 370 milioni, si compone di:
    a) 155.868.126,37 euro di rinvenienze POR Campania 2000-2006 Mis. 6.1 – Cap.2214;
    b) 58.080.930,29 euro a valere sui fondi FAS (APQ Viabilità 2007);
    c) 120.187.267,27 euro assicurati dal decreto legislativo 19 novembre 1997 n. 422 e definiti con l'accordo di programma Stato – regione del 17 dicembre 2002;
    d) 126.627.094,03 euro di altri fondi (fondo infrastrutture Del. CIPE 75/2009, legge obiettivo, residui legge n. 219 del 1981);
   nell'ambito delle opere coperte dai finanziamenti disponibili è compresa la sistemazione del nodo di interscambio di Piscinola-Scampia, ad oggi non ancora completato e che versa in condizioni di abbandono;
   i 61.418.977,30 euro anzidetti dovrebbero essere destinati, in base alle informazioni di cui si dispone, alla 7 realizzazione degli interventi relativi al completamento del collettore fognario a servizio delle stazioni di Giugliano in Campania e Melito e al completamento e apertura all'esercizio della stazione stessa di Melito, la quale presenta un elevato grado di avanzamento dei lavori. Gli interni sono rifiniti e dotati di tutta la necessaria impiantistica, il cui abbandono ne sta danneggiando la funzionalità con grave spreco di risorse pubbliche;
   per la quota di 61.418.977,30 euro, programmata sulle rinvenienze POR (ultimo atto di riferimento: DGR Campania n. 377 del 13 settembre 2013 – BURC n. 53 del 3 ottobre 2013), ma ancora priva di impegno contabile, con la DGR n. 39 del 24 febbraio 2014 la regione Campania ha proposto lo swap con le risorse FSC del piano nazionale per il sud (delibera CIPE n. 62/11), per sostituire opere a rischio definanziamento in quanto non in grado di conseguire le OGV (obbligazioni giuridicamente vincolanti) entro il 30 giugno 2014;
   la riprogrammazione delle suddette risorse dovrebbe essere confermata con l'approvazione, da parte del CIPE, della proposta di swap avanzata dalla regione Campania e le risorse FSC verrebbero quindi assegnate con la stipula di un conseguente accordo di programma quadro tra Governo e regione;
   per quanto concerne la realizzazione della sub-tratta Piscinola-Capodichino/Di Vittorio, l'opera presenta un percorso di circa 4 chilometri, integralmente in galleria artificiale, e attraversa le stazioni di Miano, Regina Margherita, Secondigliano e Capodichino/Di Vittorio. L'intervento ha un costo complessivo pari a 353.504.783,34 euro, e si articola in tre lotti affidati in regime d'appalto;
   opere civili da Piscinola a Secondigliano (stazione esclusa) – (intervento n. 53 del DGR 39 del 24 febbraio 2014, pubblicato sul BURC n. 10 del 17 marzo 2014); opere civili da Secondigliano a Capodichino Di Vittorio (intervento n. 54 del DGR 39 del 24 febbraio 2014, pubblicato sul BURC n. 10 del 17 marzo 2014);
   opere di finitura ed attrezzaggio da Piscinola a Capodichino (stazione esclusa) (intervento n. 55 del DGR 39 del 24 febbraio 2014, pubblicato sul BURC n. 10 del 17 marzo 2014);
   la quota dei 353.504.783,34 euro programmati si compone di:
    28.135.298,03 euro di rinvenienze POR Campania 2000-2006;
    171.857.064,99 euro a valere sul POR Campania 2007-2013;
    58.150.000,00 euro a valere sul PAC (DGR Campania n. 756 del 2012 e n. 495 del 2013);
    86.494.443,27 euro a valere sull'accordo di programma Stato – regione del 17 dicembre 2002;
    8.867.977,05 euro di altri fondi (fra i quali residui legge 219 del 1981);
   sui tre lotti previsti, sono cominciati le sole opere civili del primo lotto, con una copertura dei lavori pari a circa il 60 per cento. Tuttavia, i lavori sono fermi dal 2010 a seguito dell'approvazione da parte della giunta regionale della Campania del DGR n. 534 del 02 luglio 2010;
   sulla tratta in essere Piscinola-Aversa Centro, vi sono due forti criticità:
    a) ricostruzione e l'allargamento della stazione Piscinola-Scampia, ad oggi non ancora completato e che versa in condizioni di abbandono;
    b) il completamento della stazione di Melito, finita per quanto riguarda il piano banchine, ma pesantemente incompleta in superficie in quanto manca ancora l'accesso alla stazione e la riqualificazione della degradata area circostante;
   sulla tratta in costruzione Piscinola-Capodichino/Di Vittorio il blocco delle attività sta comportando il rischio di definanziamento delle risorse comunitarie, e sta arrecando un pesante danno economico alle imprese e ai lavoratori coinvolti nella realizzazione dell'opera. Inoltre, l'abbandono delle strutture in parte complete del primo lotto ne sta danneggiando la funzionalità, con grave spreco di risorse pubbliche –:
   come il Governo, per quanto di competenza e considerato l'impegno dei fondi previsti per questi progetti, intenda procedere su quest'opera – tratta Aversa Centro-Capodichino/Di Vittorio –, al fine di favorire l’iter dei lavori attualmente fermi, evitando il rischio di definanziamento di fondi europei nonché lo spreco di risorse pubbliche, e completare al più presto la costruzione di infrastrutture importanti per lo sviluppo dell'area metropolitana di Napoli. (5-04281)

Interrogazione a risposta scritta:


   LAFFRANCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i treni veloci Frecciabianca 9852 e 9851 di Trenitalia viaggiano sulla tratta Roma-Ravenna senza fermare a Spoleto, città d'arte a forte vocazione turistica e collegamento con la Valnerina;
   tale situazione penalizza le potenzialità di sviluppo e la qualità della vita nell'ampio comprensorio Spoleto-Valnerina, abitato da oltre 60.000 abitanti; l'esclusione della città di Spoleto, della valle spoletina, e con essa della Valnerina, dalle linee veloci di Trenitalia, determina un isolamento di questi territori che penalizza l'intera Umbria nelle sue politiche di sviluppo riguardanti anche il turismo, lo spettacolo, l'enogastronomia e la green economy;
   un servizio di trasporto ferroviario deve essere fruibile da parte dei cittadini e dei turisti anche secondo standard moderni e di qualità e deve essere adeguato alle esigenze di competitività e di sviluppo delle categorie economiche;
   la decisione di Trenitalia di sostituire i treni Frecciabianca con gli Intercity non rappresenta la soluzione ottimale, in quanto, pur garantendo fermate alla stazione di Spoleto, penalizza seriamente i pendolari ed il turismo considerati i sistematici ritardi che gli Intercity accumulano e che compromettono spesso le coincidenze con i treni regionali veloci;
   la richiesta di ripristino della fermata alla stazione di Spoleto dei treni Frecciabianca 9852 e 9851 è stata più volte sollecitata sin dal 2010, anche con approvazione di ordini del giorno da parte del Consiglio provinciale di Perugia, in considerazione delle gravi ripercussioni sui cittadini, sui turisti e quindi sulle opportunità di sviluppo del territorio;
   la città di Spoleto non è una realtà qualsiasi, ma è la città dei Due Mondi, del Teatro lirico sperimentale, del Centro studi sull'alto medioevo, di monumenti di altissimo pregio di ogni epoca storica e soprattutto è città patrimonio dell'UNESCO, con una visibilità internazionale che ha ricadute benefiche sull'intera Umbria;
   nella prospettiva della riuscita di questi eventi è quindi opportuno garantire il servizio dei treni Frecciabianca da parte di Trenitalia, poiché ridurre il problema al pendolarismo è limitativo e contraddittorio rispetto ai ripetuti annunci della regione di voler puntare sui grandi eventi per rilanciare il ruolo e l'immagine dell'Umbria;
   l'assessore, regionale della regione Umbria, in data 24 ottobre 2014, aveva rinnovato al sindaco di Spoleto e ad alcuni rappresentanti istituzionali del territorio della Valnerina, la disponibilità ad inserire questo tema nella trattativa con Trenitalia, sottolineando però che se anche la regione avesse voluto treni veloci che fermassero in tutte le stazioni, «poi bisogna vedere quante persone salgono e scendono», facendo intendere che il problema è economico e dipende da Trenitalia –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per quanto di competenza e come azionista di Trenitalia affinché si inserisca la città di Spoleto fra le fermate dei treni Frecciabianca di cui in premessa, al fine di poter pienamente coniugare la vocazione turistico culturale della città con la necessità di collegamento ferroviario veloce con la capitale. (4-07273)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 dicembre 2014, la testata Il Corriere Adriatico, al pari di altre testate locali, ha riportato la notizia dell'ennesima operazione delle forze dell'ordine, nel caso di specie i Ros dei carabinieri, volta contrastare le infiltrazioni di stampo mafioso nel tessuto economico delle Marche;
   nell'articolo si fa riferimento ad una «mini filiale del clan Cirò e Cirò marina» intenta ad assoldare uomini per organizzare raid in cantieri e capannoni edili;
   l'operazione dei Ros denominata «Quarto passo» riguarda principalmente il territorio Umbro, ma alcuni esponenti operavano anche nel territorio marchigiano;
   i furti, per un valore di 40-50 mila euro ognuno, riguardavano in particolare mezzi e macchinari che finivano nei cantieri gestiti dalla ‘ndrangheta o venivano rivenduti;
   secondo quanto affermato dalla procura antimafia, l'organizzazione smantellata «era una vera e propria holding criminale collegata alla cosca Farao-Marincola»;
   il gruppo umbro operava, come detto, anche nelle Marche, in modo così attivo da aver costretto alcuni imprenditori locali a cedere le proprie attività ad alcuni esponenti del clan, oggi indagati, o a prestanome. In altri casi invece, restavano formalmente titolari della propria impresa che veniva, però, gestita dal gruppo criminale. Secondo il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti «gli imprenditori venivano depredati ed impoveriti», attraverso la privazione delle aziende delle linee di credito provocandone la bancarotta fraudolenta e lasciando agli imprenditori, formalmente ancora titolari, le conseguenze giudiziarie dei fallimenti;
   i fatti riportati in premessa si inscrivono in una serie di eventi del medesimo carattere, più volte segnalati dall'interrogante al Ministro dell'interno, che colpiscono duramente l'economia del territorio, già provata dalla crisi economica;
   il fenomeno delle infiltrazioni criminali in diverse attività economiche del territorio marchigiano, riconducibili a clan della camorra e della ‘ndrangheta, da quanto si apprende dagli organi di stampa e da confronti con i vertici territoriali delle forze di polizia, è un fenomeno preoccupante, nonostante l'attività di contrasto posta in essere da magistratura e forze dell'ordine stesse, in quanto viene minato strutturalmente il sistema imprenditoriale anche sul fronte della concorrenza –:
   considerata la frequenza con la quale si apprende di situazioni legate alle infiltrazioni criminali nel tessuto economico marchigiano, quali misure di competenza il Ministro interrogato abbia intrapreso o intenda attuare sul piano della prevenzione, per contrastare tale fenomeno. (4-07272)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   con delibera di G.M. n. 872 del 2009 il comune di Napoli ha approvato il piano del fabbisogno del personale 2009-2011 ed il piano operativo delle assunzioni per l'anno 2009, individuando le procedure di reclutamento del personale ed i contingenti di personale da ricoprire;
   con delibera n. 2028 del 2009, l'amministrazione comunale ha indetto il concorso RIPAM per la selezione di n. 534 unità lavorative, mentre con delibera di G.M. n. 2147 del 2009, ha autorizzato l'indizione delle progressioni verticali, per la copertura di altri 531 posti, poi formalizzando tali procedure di reclutamento con bandi, date e nomine di commissioni;
   successivamente il comune di Napoli ha sospeso le sole progressioni verticali per chiedere parere al Dipartimento della funzione pubblica in ordine alla loro compatibilità con la sopravvenuta riforma «Brunetta», che a far data dal 1o gennaio 2010 prevede che le progressioni fra aree avvengono tramite concorso pubblico, «ferma restando la possibilità per l'amministrazione comunale di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso»;
   con nota n. 46845, in data 17 ottobre 2013, il Dipartimento della funzione pubblica ha trasmesso il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 ottobre 2009, registrato alla Corte dei Conti il 14 dicembre 2009 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 3 del 5 gennaio 2010, chiarendo che non vi sono limiti normativi all'espletamento delle predette procedure selettive bandite prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2009, precisando che l'unico limite che incontrano le citate progressioni verticali consiste nel blocco triennale degli effetti economici;
   successivamente, dopo che il giudice del lavoro di Milano ha accolto il ricorso di CGIL, CISL e UIL sulla nuova organizzazione del personale INPS regione Lombardia, anche la Corte dei Conti della Lombardia con parere n. 375 del 2010 del 18 marzo 2010 ha ribadito: «(...) mentre l'articolo 24, primo comma del decreto legislativo n. 150 del 2009 stabilisce che “a decorrere dal 1o gennaio 2010 le pubbliche amministrazioni coprono i posti disponibili nella dotazione organica attraverso concorsi pubblici con riserva non superiore al 50 per cento a favore del personale interno”, l'articolo 31, comma 1 e impone alle regioni e agli enti locali di adeguare entro il 31 dicembre 2010 i propri ordinamenti ai principi di valorizzazioni del merito contenuti nello stesso decreto. Nelle more di tale adeguamento si applicano le disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2009»;
   inoltre «risulta ancora in vigore l'articolo 91, terzo comma del testo unico degli enti locali in quanto occorre ricordare che opera in materia la clausola di salvaguardia di cui all'articolo 1, comma 4 del testo unico degli enti locali che stabilisce che le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni. Gli enti locali sono quindi tenuti a recepire entro il 31 dicembre 2010 nei propri ordinamenti i principi introdotti dal decreto legislativo n. 150 del 2009», significando con ciò la possibilità di espletare anche le progressioni verticali bandite nel 2010;
   in questi anni il comune di Napoli ha rischiato il dissesto, e nel ricorrere alla procedura di riequilibrio finanziario, ha accettato, tra le altre cose, che dotazioni organiche e assunzioni di personale fossero sottoposte al controllo del Ministero dell'interno (articolo 243-bis del TUEL) da parte della «Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali» sotto il profilo della compatibilità finanziaria;
   nonostante tutte le incertezze, il comune di Napoli ha dato luogo al concorso esterno RIPAM a quanto consta all'interrogante senza prevedere la riserva del 50 per cento per i dipendenti interni contando sulle progressioni verticali che avrebbero dovuto aver luogo nel frattempo e che invece non furono più espletate;
   recentemente il comune di Napoli con delibera di G.M. n. 1034 del 2013 ha fatto la scelta di coprire i posti vacanti in pianta organica mediante lo scorrimento della graduatoria del concorso Formez, ma ha anche dato atto della volontà di portare a compimento le progressioni verticali;
   con delibera di G.C. n. 205 del 4 aprile 2014 è stata approvata la nuova dotazione organica dell'ente che, ai sensi dell'articolo 259, comma 6, del decreto legislativo n. 267 del 2000, ed in adesione al piano di riequilibrio finanziario pluriennale, previsto dal decreto-legge n. 174 del 2012, è stata inviata all'esame della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali per la relativa approvazione; la medesima approvazione è stata richiesta per la deliberazione G.C. n. 670 del 18 settembre 2014 concernente la programmazione triennale del fabbisogno di personale 2014 – 2016 con la quale l'Ente: ha previsto la copertura dei posti destinati alle progressioni verticali di cui alla deliberazione G.C. n. 1034 del 2013, con decorrenza dall'anno 2015; ha modificato la deliberazione G.C. n. 205 del 2014, stabilendo che: «lo svolgimento delle selezioni per le progressioni verticali avvenga nelle more dell'approvazione, da parte della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali della modifica della dotazione organica dell'ente, fermo restando che la concreta assunzione rimane subordinata all'esito positivo della suddetta approvazione»;
   con nota n. 0014602 del 1° ottobre 2014, la Commissione per la stabilità finanziaria per gli enti locali ha trasmesso al comune di Napoli la propria determinazione del 23 settembre 2014, nella quale, tra l'altro, rimanda la decisione circa le progressioni verticali, la cui spesa complessiva nel triennio è pari a euro 1.628.049,06 alla seduta successiva;
   con nota n. 18481 del 2 dicembre 2014 la Commissione di stabilità finanziaria per gli enti locali ha trasmesso al comune di Napoli la propria determinazione del 19 novembre 2014, in ordine alle seguenti delibere n. 1034 del 23 dicembre 2013, n. 205 del 04 aprile 2014, n. 670 del 18 settembre 2014, con la quale, inopinatamente, rinvia l'esame della compatibilità finanziaria delle progressioni verticali sine die –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quale sia il suo orientamento in merito;
   se non ritenga di doversi attivare presso la Commissione per la stabilità degli enti locali affinché si esprima con un parere definitivo di compatibilità economico-finanziaria in merito alla dotazione organica dell'ente comune ai sensi del decreto-legge n. 174 del 2012;
   se, a seguito della mancata espressione del parere della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, sulla base degli esposti presentati da meri «idonei non vincitori», sia o meno opportuno un nuovo parere del dipartimento della funzione pubblica in merito ovvero se debba intendersi pacifico ed assodato quanto riportato nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 marzo 2011, ovvero che «le richieste relative a progressioni verticali si considerano legittime solo se riguardanti assunzioni di vincitori di procedure bandite anteriormente al 31 dicembre 2009, in conformità a quanto previsto dall'articolo 24 del citato decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, ferme restando le autorizzazioni a bandire concesse entro la medesima data del 31 dicembre 2009, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel limite numerico autorizzato». (4-07277)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GHIZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230, stabilisce, tra l'altro, che le università possono procedere alla copertura di posti di ricercatore mediante chiamata diretta di studiosi, stabilmente impegnati all'estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario da almeno un triennio, che ricoprono una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie o di ricerca estere;
   l'articolo 6 del decreto ministeriale 3 novembre 2011, n. 439, destinava una quota di un milione di euro del fondo di finanziamento ordinario 2011 delle università statali al cofinanziamento ministeriale di chiamate di professori e ricercatori a tempo determinato effettuate dalle università ai sensi del citato articolo 1, comma 9, della legge 230/2005;
   analogamente l'articolo 5 del decreto ministeriale 16 aprile 2012, n. 71, destinava una quota di un milione e mezzo di euro del fondo di finanziamento ordinario 2012 al medesimo obiettivo;
   invece, l'articolo 4 del decreto ministeriale 8 agosto 2013, n. 700, nel riproporre Io stesso tipo di intervento in sede di ripartizione del fondo di finanziamento ordinario 2013, destinava tre milioni e mezzo di euro al cofinanziamento ministeriale, ma lo limitava alle chiamate di professori, con esclusione dei ricercatori a tempo determinato;
   la medesima scelta è stata ripetuta in sede di ripartizione del fondo di finanziamento ordinario 2014;
   un grande numero di giovani ricercatori italiani è emigrato all'estero negli ultimi anni, trovando posto e lavorando con successo in università e centri di ricerca stranieri, ma ambisce a ritornare in Italia anche con una posizione di ricercatore a tempo determinato, in particolare nella tipologia, cosiddetta «tenure-track», prevista dall'articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 novembre 2010, n. 240;
   la carenza di finanziamento delle università porta spesso alla necessità di accedere a cofinanziamenti ministeriali per poter procedere a chiamate dirette di personale proveniente dall'esterno dell'ateneo e, in particolare, dall'estero –:
   quali siano le ragioni che, negli ultimi due anni, hanno portato a escludere dal cofinanziamento ministeriale le chiamate dirette dall'estero su posti di ricercatore a tempo determinato;
   se il Ministro ritenga di rivedere questa scelta per adeguarsi al dettato della legge e per favorire il rientro in Italia di personale di ricerca molto qualificato. (5-04273)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RUSSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 22 settembre del 2009 l'università degli studi dell'Aquila, attraverso un decreto del rettore, ha bandito un concorso per il trasferimento, agli anni successivi al primo, di studenti iscritti ai corsi di laurea della facoltà di medicina e chirurgia, provenienti da altre sedi universitarie italiane e dei Paesi comunitari;
   il 10 ottobre dello stesso anno la stessa università ha inviato una lettera raccomandata comunicando agli studenti l'accettazione della domanda di trasferimento invitandoli a perfezionare l'iscrizione;
   il 6 novembre l'ateneo ha annullato il decreto del rettore per via di una nota ministeriale intervenuta per chiedere di ritirare il dr. 1044/2009 nella parte in cui consentiva anche agli studenti iscritti in università di Paesi comunitari di proseguire gli studi in Italia senza avere preventivamente superato il test d'ingresso nazionale previsto dalla legge n. 264 del 1999;
   la decisione ha determinato l'impossibilità, per gli studenti coinvolti, non solo di proseguire il percorso di studi presso la facoltà dell'Aquila, ma anche di tornare presso le università di provenienza avendo formalizzato nel frattempo la richiesta di nulla osta necessario per formalizzare l'iscrizione presso l'ateneo abruzzese;
   della vicenda sono stati investiti anche i tribunali amministrativi regionali pronunciatisi a favore del ricorso presentato dagli studenti che, così, hanno potuto continuare a frequentare l'università dell'Aquila sostenendo anche gli esami. Poi sono intervenute le pronunce del Consiglio di Stato al quale i vari Ministri che si sono succeduti al dicastero all'istruzione dell'università e della ricerca si sono rivolti e che hanno inficiato l'attività universitaria degli studenti, alcuni dei quali nel frattempo si sono anche laureati. Gli unici al riparo dalla scure della giustizia amministrativa sono gli iscritti che hanno fatto espresso ricorso al Presidente della Repubblica e che si sono visti riconoscere le proprie «inappellabili» ragioni. A rendere ancora più confuso il quadro è, ad avviso dell'interrogante, anche una recentissima decisione del Consiglio di Stato: la stessa sezione, la sesta, che ha «bocciato» gli studenti provenienti dalla Romania ha accolto, così come riporta il quotidiano «Il Mattino» in un articolo dal titolo «No all'Aquila, sì a Tirana, follie dei test di medicina» pubblicato il 9 dicembre a pagina 12 e firmato dal giornalista Marco Esposito «l'iscrizione a Tor Vergata di 200 studenti italiani provenienti dalla facoltà di medicina dell'università Nostra Signora del Buon Consiglio dell'Albania» –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire equità di trattamento agli studenti coinvolti nella situazione. (4-07270)


   MOLEA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale 11 agosto 1998, n. 357, concernente «Programmi e prove di esame per le classi di concorso a cattedre e a posti di insegnante tecnico pratico e di arte applicata nelle scuole e istituti di istruzione secondaria e artistica» regola programmi e modalità di verifica per l'immissione nell'insegnamento;
   per l'insegnamento del latino, che riguarda specificamente le classi concorsuali A051 e A052, il decreto prescrive come programma per la prova orale: le Bucoliche, le Georgiche, sei libri dell'Eneide di Virgilio e dieci opere a scelta;
   per l'insegnamento del greco, che interessa la classe concorsuale A052, i testi obbligatori ai fini del concorso sono: cinque libri dell'Iliade, cinque libri dell'Odissea e altre dieci opere a scelta;
   viene inoltre stabilito che la durata della prova scritta, per entrambe le classi di concorso, deve essere di otto ore;
   il bando di selezione per l'accesso al tirocinio formativo attivo, TFA, del 7 maggio 2014 si rifà al testo del decreto sopracitato (articolo 6. Prove selettive di accesso);
   tuttavia, nel novembre 2014, presso l'università di Roma «La Sapienza», le prove orali si sarebbero svolte su programmi molti ridotti rispetto a quelli previsti dal decreto ministeriale 11 agosto 1998, n. 357, come si evince dalla tabella indicante gli argomenti delle prove reperibile sul sito dell'ateneo (http://www.lettere.uniroma1.it). Per la classe di concorso A051: «La prova orale verterà sulla discussione dell'elaborato scritto e sugli argomenti scelti dal candidato. Ogni candidato indicherà il giorno dell'orale una scelta di 5 argomenti desunti dai programmi ministeriali per ciascuna delle seguenti materie: Italiano, Latino. Per Latino gli argomenti devono necessariamente prevedere la lettura e la traduzione di un testo (opera o libro); i candidati dovranno inoltre indicare 2 libri dell'Eneide, sui quali intendono sostenere la prova». Per la classe di concorso A052: «La prova orale verterà sulla discussione dell'elaborato scritto e sugli argomenti scelti dal candidato. Ogni candidato indicherà il giorno dell'orale una scelta di 5 argomenti desunti dai programmi ministeriali per ciascuna delle seguenti materie: Italiano, Latino, Greco. Per Latino e Greco gli argomenti devono necessariamente prevedere la lettura e la traduzione di un testo (opera o libro); i candidati dovranno inoltre indicare 2 libri dell'Eneide e due libri di Omero, sui quali intendono sostenere la prova»;
   inoltre, la durata della prova scritta sarebbe stata di cinque ore e non di otto come previsto da decreto –:
   se sia a conoscenza dei fatti suesposti, se le irregolarità di cui in premessa siano state riscontrate anche in altri atenei e in caso di conferma non sia il caso di assumere iniziative per annullare le prove riferite alle classi di concorso A051 e A052. (4-07275)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in Sardegna oltre 15.300 lavoratori sardi in indennità di mobilità in deroga hanno atteso oltre 22 mesi per aver ragione del saldo delle indennità di mobilità in deroga spettanti per l'annualità 2013;
   all'atto della messa a saldo delle spettanze si sono visti applicare alle somme erogate l'IRPEF al 23 per cento;
   le somme sono state erogate oltre l'anno di competenza, quindi 2013, esattamente nel mese di ottobre 2014;
   allo stato attuale i 15.300 lavoratori in indennità di mobilità in deroga non risultano aver percepito le indennità relative all'anno in corso 2014 e in particolare, come previsto dal decreto interministeriale del 1o agosto, nelle modalità di cui all'articolo 3 lettere A – B dello stesso;
   quindi 5 mesi + 3 per coloro che alla data di decorrenza del trattamento abbiano già beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per almeno tre anni anche non continuativi;
   7 mesi + 3 per coloro che alla data di decorrenza del trattamento abbiano già beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per un periodo inferiore ai tre anni;
   nelle condizioni di cui alla lettera A dell'articolo 3 del decreto risultano esser oltre 4 mila dei 15 mila lavoratori, lasciando gli stessi privi di ogni forma di sostegno del reddito;
   il consistente rischio che le nuove disposizioni determinino un aggravio della già grave crisi occupazionale per la Sardegna, territorio che registra tassi di disoccupazione superiore a quelli medi nazionali ed allarmanti per la tenuta economica e sociale;
   nel mese di luglio 2014, la regione Sardegna, annuncia lo sblocco di 17 milioni e 300 mila euro per consentire il pagamento di almeno una mensilità per tutti i 15300 aventi diritto;
   somme che ad oggi risultano non esser state erogate;
   nei giorni scorsi, la RAS ha annunciato un piano Flexsecurity di 26 milioni di euro destinato ai 4 mila lavoratori, ad oggi nulla ancora si sa dell'avvio dello stesso –:
   se il Governo e in particolare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali intendano intervenire per quanto di propria competenza sulla questione e quali procedure tecniche intendano adottare per risolvere la drammatica situazione in cui versano i 15.300 lavoratori della Sardegna che aspettano da 11 mesi di incassare quanto loro dovuto e, soprattutto, entro quali termini, con certezza, saranno disponibili tali fondi;
   se e come intendano intervenire, in raccordo con le istituzioni locali, nei confronti della regione Sardegna che ha raggiunto, nel 2014, il traguardo negativo del 18 per cento di senza lavoro e che, in mancanza di un piano di rilancio economico complessivo dell'isola, a partire dalle risorse naturali della stessa, rischia di precipitare in una profonda crisi sociale;
   se e quali azioni si intendano adottare per scongiurare l'applicazione della tassazione IRPEF al 23 per cento anche sulle mensilità del 2014 che allo stato attuale non è dato sapere quando verranno erogate e non certo per cause attribuibili ai lavoratori aventi diritto. (5-04275)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PLACIDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha avanzato un atto di sindacato ispettivo (4-01763) al Ministro interrogato da più di un anno ed esso non ha ricevuto alcuna risposta;
   inopportunamente, a parere di chi interroga, l'attuale delegato a rispondere è il Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione;
   l'interrogazione 4-01763, molto articolata, descrive prevalentemente una arbitraria e impropria applicazione della legge n. 68 del 1999 e del decreto del Presidente della Repubblica 333 del 2000, con particolare riferimento alla Basilicata;
   in modo particolare, viene disapplicata la legge ordinaria dello Stato quanto: al requisito ivi previsto della anzianità di iscrizione; al presupposto della iscrizione (rendita INAIL); alla trasmissione dei dati per la relazione al Parlamento; al difetto di pubblicità delle graduatorie, specie in relazione alla fruibilità on line delle medesime; alla mancanza di sistematicità, contraddittorietà e ineffettività della prevista equiparazione degli orfani di caduti sul lavoro alle vittime del terrorismo;
   l'articolo 21 della legge 12 marzo 1999, n. 68, prevede: «1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale ogni due anni, entro il 30 giugno, presenta al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, sulla base dei dati che le regioni annualmente, entro il mese di marzo, sono tenute ad inviare al Ministro stesso»;
   al momento della presentazione della interrogazione (4-01763) del sottoscritto, dalla Basilicata non erano stati inviati (con riferimento in particolare all'anno 2011) al Ministero i dati relativi allo stato di attuazione della legge (e, in verità, quelli relativi agli altri anni apparivano incoerenti e contraddittori se non fantasiosi); successivamente, con grande stupore e disapprovazione, l'interrogante ha dovuto apprendere che nell'ultima relazione (Doc. CLXXVIII, n. 1, trasmessa alla Presidenza il 4 agosto 2014, Anni 2012 e 2013 presentata dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali POLETTI) non sono, ancora una volta, presenti i dati relativi alla Basilicata, perché evidentemente non trasmessi;
   il Ministro (in risposta ad una istanza di interpello della provincia di Pesaro Urbino del 4 agosto 2006 nonché in una interpretazione del 20 marzo 2009 richiesta dalla Unione delle Province d'Italia) aveva avuto parzialmente modo di precisare alcune delle questioni poste con l'interrogazione dello scrivente (4-01763);
   come è possibile evincere più articolatamente dalla interrogazione (4-01763) presentata dal sottoscritto, quanto precisato al punto che precede viene puntualmente disapplicato negli avvisi pubblici relativi alla specifica occasione di lavoro predisposti dagli uffici competenti in Basilicata in cui non vi è sostanziale certezza del diritto per le ragioni ivi meglio precisate –:
   quali iniziative, anche di natura conoscitiva, normativa o di controllo, per quanto di competenza nazionale, il Governo intenda assumere per contrastare la situazione denunciata in premessa e per assicurare una corretta ed uniforme applicazione delle norme sull'intero territorio nazionale. (4-07268)


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO, RIZZETTO, ROSTELLATO, MUCCI, TRIPIEDI, COMINARDI, CHIMIENTI, PAOLO BERNINI, SORIAL, CASTELLI, DALL'OSSO, BARONI, CARINELLI e NESCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Saipem spa acronimo di «Società Anonima Italiana Perforazioni E Montaggi», è una società per azioni facente parte del gruppo ENI, costituita nel 1956 ed operante nel settore della prestazione di servizi per il settore petrolifero;
   il ruolo «direzionale» è della SAIPEM di San Donato Milanese che regola le attività della Saipem di Cortemaggiore (Pc);
   numerose sono le denunce da parte dei lavoratori italiani in merito al fatto che da due anni a questa parte sono stati avviati tagli sui trasfertisti italiani e al contempo sono stati assunti stranieri, rumeni e croati a cui viene fornito vitto e alloggio in case e alberghi; ai lavoratori italiani vengono invece proposti contratti sempre più brevi, fino al mancato rinnovo;
   dai quotidiani nazionali si apprende come gli operai vengano assunti tramite la Gps (Global petroproject services) sempre facente parte del gruppo Eni, ma con sede in Svizzera;
   secondo gli operai l'obiettivo dei vertici è far lievitare i costi, per esempio costruendo un magazzino con una spesa di 400 mila euro per poi smantellarlo una volta finito, affinché ci sia un motivo per de-localizzare e spostare il centro in Romania o in Croazia dove Saipem si è insediata dal 2002 e ha firmato un accordo con l'università di Rijeka di collaborazione e di sviluppo di attività di ricerca scientifica nel campo delle tecnologie energetiche –:
   quali iniziative intenda adottare per tutelare i diritti dei lavoratori italiani che si ritrovano in una situazione lavorativa sempre più precaria;
   se non intenda, per quanto di competenza, ottenere trasparenza e fare chiarezza sulle intenzioni di questa società facente parte del gruppo Eni. (4-07274)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   DI VITA, BARONI, CECCONI, GRILLO, DALL'OSSO, SILVIA GIORDANO, MANTERO e LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il mese di luglio ha visto l'approvazione da parte della Conferenza Stato-regioni del patto della salute. Si tratta di un documento programmatico finalizzato sulla carta a garantire equità e universalità nello sviluppo dei servizi sanitari in Italia, delineando la strada da percorrere per realizzare una sanità sostenibile ed efficiente;
   interessa evidenziare in questa sede come tra i documenti programmatici collegati al Patto della salute vi sia per la prima volta un Patto per la sanità digitale. L'atto programmatico si fonda sulla considerazione che «l'innovazione digitale può svolgere un ruolo chiave sia nell'evoluzione contemporanea dei modelli assistenziali, sia in quelli organizzativi, come fattore abilitante e in taluni casi determinante per la loro realizzazione»;
   nello scenario della sanità digitale si colloca, ancor più di recente, l'iniziativa per la realizzazione di un Ecosistema per la sanità digitale, il cui perno, in particolare, sarebbe costituito dall'introduzione del fascicolo sanitario elettronico;
   promotrice dell'iniziativa è l'associazione Nova, associazione legata in particolare ai temi della sanità, della ricerca e della semplificazione, presieduta da Federico Gelli, medico, componente PD della XII Commissione affari sociali e della Commissione per la semplificazione della Camera dei deputati. Tra le numerose cariche ricoperte da Federico Gelli, si registrano altresì quella di presidente del Cesvot (Centro Servizi Volontariato Toscana), e di presidente di Enaip Toscana formazione e lavoro;
   vicepresidente di Nova è invece Carlo Sismondi, da tempo presidente del Forum della Pubblica amministrazione;
   Associazione Nova, ente non profit, annovera tuttavia all'interno del proprio consiglio direttivo i manager di alcune importanti aziende hi-tech: Stefano Cinquini (Telecom); Stefano Orselli (Philips Healthcare); Umberto Bessi (Axiom); Patrizio Donnini (Dotmedia). Ulteriormente, a schierarsi a sostegno del progetto vi sarebbe poi un nutrito gruppo di società, tra cui Poste italiane, Engineering, Dedalus, Exprivia, Insiel Mercato e NoemaLife;
   il progetto «Ecosistema digitale», di cui si è parlato a Viareggio, in occasione del recente Festival della Salute, è stato avanzato, già lo scorso maggio, al Ministro della salute, onorevole Beatrice Lorenzin, con la presentazione di un position paper da parte dell'asse sopracitato disegnato da Associazione Nova e dalle maggiori aziende ICT in sanità italiane, sebbene – come sottolineato dallo stesso onorevole Gelli a margine dell'evento – «il gruppo si stia ulteriormente allargando»;
   il Ministro della salute, a quanto risulta, avrebbe accolto con molto interesse l'iniziativa, in quanto coerente e a sostegno della sua linea politica, tracciata attraverso il patto per la salute che delinea in particolare negli obiettivi di digitalizzazione un nuovo rapporto pubblico privato quale acceleratore dei processi di innovazione e cambiamento;
   a tal proposito si riportano le dichiarazioni rilasciate lo scorso 25 settembre 2014, proprio in occasione del Festival della Salute di Viareggio, dal Ministro della salute: «l'innovazione tecnologica è lo strumento con cui possiamo raggiungere il nostro fine, efficienza, misurabilità della quantità dei soldi spesi, come sono spesi e la qualità della prestazione che viene data e l'efficacia della prestazione. Abbiamo approvato anche il patto per la salute digitale: grazie all'anagrafe nazionale degli assistiti, abbiamo un unico binario in cui correranno e corrono i dati di tutti e 60 milioni di cittadini italiani, i dati anagrafici e i dati sanitari, fascicolo elettronico, cartella elettronica, le farmacie di servizio messe in rete, ma anche i dati che noi vogliamo vengano caricati. Con i nuovi software possiamo sapere in tempo reale prestazioni e costi di ogni ospedale e struttura sanitaria»;
   lo stesso Ministro aggiungeva che in questo quadro «bisogna ripensare a un nuovo rapporto tra pubblico e privato, perché abbiamo bisogno di questa sinergia dove lo Stato non perde la propria leadership, che poi è al servizio del paziente in un sistema universalistico, e far entrare dentro anche nuove energie non è un peccato, non è un tabù, è la scommessa per rendere il nostro futuro attuale. Il progetto di ecosistema digitale che mi ha proposto l'Associazione Nova, grazie all'impegno di 8 imprese è un primo passo importante in questa direzione e i nostri uffici stanno lavorando per implementare questo progetto»;
   le dichiarazioni di intenti del Ministro Lorenzin, ribadite altresì in un video intervista pubblicata sul canale youtube di Federico Gelli, e da questi condotta, sembrerebbero confermare la notizia che proprio in questi giorni il Ministero della salute stia studiando nel dettaglio il suddetto progetto di digitalizzazione dei processi amministrativi «Ecosistema digitale» proposto dalla cordata di imprenditori facenti capo all'Associazione Nova;
   stupisce in tal senso dover registrare negativamente la mancata pubblicazione attraverso i canali istituzionali del Ministero della salute dei dati relativi al progetto «Ecosistema digitale», il cui contenuto risulta invero ancora incognito, poiché irreperibile, agli interroganti;
   ulteriore riscontro della intensa campagna intrapresa da Associazione Nova e di Federico Gelli si annovera altresì nell'attività di promozione dello stesso progetto altresì per la destinazione mirata alle regioni e alle aree metropolitane. Lo scorso 1o dicembre, ad esempio, lo stesso Presidente dell'Associazione Nova ha annunciato presso l'Università di Firenze il lancio di M.A,D.E. (Metropolitan Area Digital Ecosystem), l'ecosistema digitale per l'area metropolitana fiorentina. Tale progetto, si apprende, verrà realizzato entro aprile 2015 dopo un percorso partecipativo fra istituzioni, imprenditori e cittadini, con l'obiettivo finale di creare la digitalizzazione integrale dell'area metropolitana;
   a margine della presentazione del progetto M.A.D.E il presidente Gelli dichiarava che «M.A.D.E dovrà essere la piattaforma su cui creare un nuovo rapporto fra pubblico e privato ma anche favorire le collaborazioni fra i privati, a tutto vantaggio di servizi integrati per i cittadini dell'area metropolitana vissuta come un'unica comunità con una identità plurale e rafforzata» –:
   quali siano i motivi per cui il citato progetto «Ecosistema digitale» risulti ancor oggi irreperibile, se e quando verrà reso pubblico o se intenda rendere noto il contenuto degli interroganti;
   se non ritenga doveroso illustrare con esattezza la qualifica e la natura del progetto «Ecosistema digitale» sopracitato, con quali modalità lo stesso eventualmente interagisca col NSIS, sulla carta già a regime da anni, e quali future attività, anche di carattere normativo preveda di intraprendere a riguardo;
   cosa intenda con esattezza il Ministro allorché dichiari di essersi impegnata ad implementare il progetto «Ecosistema digitale» nel suo patto per la salute;
   in base a quali criteri e con quali modalità selettiva ad evidenza pubblica (bando, concorso e altro) sia stata compiuta la scelta delle aziende promotrici un nuovo progetto di sanità digitale, quale «Ecosistema digitale», e che tipo di investimento si preveda di disporre in relazione al medesimo; se non ritenga doveroso e opportuno fornire una relazione dettagliata del progetto «Ecosistema digitale»;
   se non ritenga che l'eventuale affidamento del citato progetto alla associazione di cui in premessa possa risultare gravemente inopportuno, alla luce delle considerazioni sopra riportate. (4-07278)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TARANTO e BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 10 novembre 2014, si svolgeva, presso il Ministero dello sviluppo economico, un incontro avente a oggetto le prospettive di rilancio del polo produttivo degli ex stabilimenti Fiat di Termini Imerese;
   secondo le dichiarazioni rese al termine dell'incontro dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali e secondo quanto riportato dagli organi di informazione, venivano rese rassicurazioni, nella circostanza, circa la solidità finanziaria della società Grifa, presentatrice del progetto per l'avvio della produzione, nel sito di Termini Imerese, di una linea di citycar, progetto in corso di valutazione da parte di Invitalia;
   al riguardo, il Ministero avrebbe infatti informato della comunicazione pervenuta dal Banco di Rio de Janeiro circa l'impegno di ricapitalizzazione della Grifa per 75 milioni di euro, mentre l'amministratore delegato della società, Augusto Forenza, avrebbe confermato, per parte sua, l'impegno dei soci ad investimenti per 25 milioni di euro, raggiungendosi così la dotazione di 100 milioni di euro richiesta, in sede di valutazione del progetto, da parte di Invitalia;
   quanto ai tempi per il riavvio della produzione, sarebbe altresì emerso che — dopo un periodo di cassa integrazione fino a giugno 2016 — tutti i dipendenti ex Fiat avrebbero dovuto rientrare in servizio per l'attivazione di due piattaforme produttive: una piattaforma legata a Fca per lo sviluppo di tre versioni di un'autovettura con motore elettrico, di segmento A, su pianale Panda, i cui primi prototipi avrebbero dovuti essere pronti a marzo 2016 e la cui produzione si sarebbe dovuta avviare nel secondo semestre dello stesso anno; l'altra piattaforma legata a Grifa per lo sviluppo di una citycar quattro posti e di una sportiva ibrida integrale;
   entro la fine del mese di novembre 2014, si sarebbe dovuto infine firmare il patto di servizio tra Invitalia e Grifa per la riqualificazione del polo industriale di Termini Imerese;
   non risultavano, invece, avanzamenti per i progetti Biogen e Mossi e Ghisolfi per la produzione di biodiesel di seconda generazione;
   in data 3 dicembre 2014, la FIOM-CGIL dichiarava però la propria indisponibilità all'incontro per l'esame congiunto del trasferimento di ramo d'azienda da Fiat Group Automobiles Spa e Magneti Marelli PCMA Spa a Grifa Spa, poiché «la società GRIFA — così si leggeva nella nota diffusa dall'organizzazione sindacale — non risulta avere la necessaria capitalizzazione per sostenere il piano di reindustrializzazione e rioccupazione di tutte le maestranze...», e contestualmente la stessa FIOM-CGIL richiedeva «un intervento urgente del Governo che, attraverso Invitalia, certifichi la solidità del nuovo soggetto imprenditoriale»;
   in data 11 dicembre 2014, si svolgeva un ulteriore incontro presso il Ministero dello sviluppo economico, da cui — secondo fonti sindacali riportate dagli organi di informazione — sarebbe emersa la possibilità dell'ingresso nell'azionariato della società Grifa di un nuovo socio di maggioranza;
   il 31 dicembre 2014, giungerà a scadenza la cassa integrazione e la definizione della questione del trasferimento del ramo d'azienda è essenziale per il suo rinnovo –:
   se il Ministro interrogato, alla luce di quanto fin qui emerso, ritenga di potere fornire rassicurazioni sulle prospettive e sulla tempistica prevista per i progetti di riqualificazione e riavvio dell'attività produttiva nel sito di Termini Imerese. (5-04278)

Interrogazione a risposta scritta:


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha previsto una serie di misure legate all'attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale considerate, secondo quanto disposto dalle norme, d'interesse strategico, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili;
   a tal fine, il medesimo provvedimento interviene in particolare, modificando la disciplina per quanto attiene l'inserimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi effettuate sulla terraferma tra i progetti di competenza statale, sottoposti a procedimento di valutazione di impatto ambientale stabilendo nuovi principi per il rilascio dei titoli abilitativi per la ricerca e la produzione di idrocarburi, attraverso il rilascio di un titolo concessorio unico;
   ulteriori misure che s'inseriscono all'interno della suindicata materia, prevedono l'estensione dell'applicazione del programma provvisorio per i giacimenti che richiedono l'impiego di nuove tecnologie, ad alcune zone per le quali, attualmente vige un divieto per la prospezione, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi, nonché per rendere possibili progetti sperimentali di coltivazione, di giacimenti nel caso di risorse nazionali di idrocarburi in mare, localizzate in ambiti posti in prossimità delle aree di altri Paesi rivieraschi oggetto di attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi;
   le suindicate disposizioni, a giudizio dell'interrogante, risultano oltre che di elevata pericolosità in considerazione dei rischi derivanti dalle conseguenze delle prospezioni e perforazioni in mare, che intaccherebbero l'integrità dei siti, marini e terrestri e l'immagine ad alto valore naturalistico che sempre più si va imponendo all'attenzione del turismo internazionale in Sicilia, anche altamente rischiose in considerazione delle attività di esplorazione e di estrazione con episodi di inquinamento difficili da controllare, che sortirebbero effetti deleteri sulle attività economiche realizzate in mare e sulle coste siciliane;
   la necessità di valutare l'opportunità di proseguire o autorizzare nuove trivellazioni, appare a tal fine, a giudizio dell'interrogante, urgente e necessaria, anche con riferimento agli eventi sismici che hanno interessato il territorio nazionale negli ultimi anni, che attestano l'imprevedibilità dell'attività tellurica e vulcanica sotto la crosta terrestre, in mare e sulla terraferma, rimanendo sempre sospesa la minaccia che un terremoto in mare, possa danneggiare le piattaforme petrolifere, con prevedibili conseguenze sull'intero sistema ecomarino siciliano;
   la deregulation incontrollata, delle attività di ricerca ed estrazione, che si configura, a parere dell'interrogante, manifestamente dalle misure previste dal suesposto decreto-legge, rischia di provocare per il mare e l'intera costa siciliana, gravissimi danni al fragilissimo contesto isolano, in particolare, se si valuta che alcune piattaforme in base alle nuove norme autorizzative, riducono a sole 11-12 miglia nautiche dalla costa le attività esplorative;
   a fronte di tali rilievi, l'interrogante ritiene che occorra rivedere l'intero impianto normativo nonché le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale che risultano tutt'altro che legate alle attività di interesse strategico, di pubblica utilità, in quanto mirano a favorire le compagnie petrolifere nazionali ed internazionali, le quali peraltro sono soggette al pagamento delle royaltiy, le cui aliquote risultano fra le più basse a livello mondiale –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se in considerazione delle criticità in precedenza riportate, non ritenga opportuno, prevedere opportune iniziative, volte a sospendere le attività concessorie legate, di ricerca ed estrazione, nella regione Sicilia, considerato che le norme previste dal decreto-legge n. 133 del 2014 che seguono quelle in precedenza stabilite dal decreto-legge n. 83 del 2012 risultano a giudizio dell'interrogante, nocive e deleterie, per l'ambiente e l'intero ecosistema marino siciliano, che rischiano di provocare un impatto altamente negativo per le attività centrali dell'economia siciliana quali la pesca e il turismo. (4-07269)

Apposizione di firme ad interpellanze.

  L'interpellanza urgente Artini e Pisicchio n. 2-00781, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 dicembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Basilio.

  L'interpellanza urgente Cominardi e altri n. 2-00782, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 dicembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Baroni.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Spadoni e altri n. 4-07185, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 dicembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Manlio Di Stefano, Sorial, L'Abbate, Tripiedi, Paolo Bernini, Dall'Osso, Baroni e Carinelli.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta dei presentatori: interrogazione a risposta scritta Impegno e Carloni n. 4-04987 del 30 maggio 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04281.