ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/01080

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 736 del 19/12/2012
Firmatari
Primo firmatario: BARBATO FRANCESCO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 19/12/2012


Commissione assegnataria
Commissione: VI COMMISSIONE (FINANZE)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Risoluzione in Commissione 7-01080
presentata da
FRANCESCO BARBATO
mercoledì 19 dicembre 2012, seduta n.736

La VI Commissione,

premesso che:

la gestione del patrimonio pubblico, in particolare per quanto riguarda i beni immobili, rappresenta uno snodo essenziale per la politica economica del Paese;

nell'attuale condizione di criticità della finanza pubblica, un'azione di corretta ed equilibrata valorizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli enti locali, rappresenterebbe infatti uno strumento fondamentale per reperire nuove risorse da destinare ai prioritari obiettivi di riduzione del carico tributario e di rilancio dell'economia;

in tale contesto, da tempo è in corso un dibattito su quali siano le modalità e gli strumenti più adatti per fare in modo che l'ingentissimo patrimonio immobiliare dello Stato, cui si aggiunge quello degli enti locali, possa diventare una fonte cui attingere per abbattere il debito pubblico, riequilibrare il carico tributario, nonché individuare risorse da destinare al sostegno dei consumi delle famiglie e al rilancio degli investimenti produttivi;

nonostante l'amplissima produzione normativa che ha interessato, almeno nelle ultime tre legislature, tale settore, nessuno dei Governi succedutisi in tale periodo di tempo è riuscito a realizzare risultati concreti in merito;

al contrario, si sono evidenziate diverse problematiche negli interventi di valorizzazione del patrimonio immobiliare finora posti in essere;

da un lato, tali misure hanno assunto, per lo più, carattere finanziario, ad esempio in occasione delle operazioni di cartolarizzazione denominate SCIP 1 e SCIP 2; dall'altro, si sono verificati veri e propri fenomeni di depauperamento del patrimonio pubblico, a vantaggio, come nel caso della creazione del fondo immobili pubblici, degli investitori privati che hanno acquisito le quote del predetto fondo avvantaggiandosi del regime di sostanziale esenzione fiscale dall'ICI e dall'IMU impropriamente riconosciuta sugli immobili conferiti al fondo stesso;

in altri casi è emerso come le operazioni di dismissione degli immobili realizzate attraverso il meccanismo del «sale and lease back» siano spesso non vantaggiose per lo Stato, in quanto l'introito derivante dalla cessione degli immobili risulta sovente, come testimoniato da alcune inchieste giornalistiche svolte in materia, inferiore al flusso attualizzato dei canoni di locazione che le amministrazioni pubbliche dovranno pagare ai nuovi proprietari a titolo di locazione sugli immobili ceduti, i quali continuano ad essere utilizzati per finalità pubbliche;

inoltre, occorre rilevare come la gestione, spesso assai carente, di molti immobili, nonché gli intrecci, spesso inestricabili, di competenze tra diverse amministrazioni e livelli di governo in relazione ai singoli cespiti, renda poco appetibili sul mercato numerosi beni, il cui valore sarebbe potenzialmente molto elevato, ma che sovente versano in condizioni di manutenzione disastrose e per i quali, assai spesso, mancano addirittura gli atti di accatastamento: in tale contesto sussiste il rischio che le operazioni di dismissione si concentrino solo su quei beni di maggior pregio e di più facile collocamento sul mercato, rimanendo invece invenduta un'ampia fetta di beni che presentano maggiori problematiche;

sotto un altro profilo, in molti casi lo Stato e gli enti locali non hanno nemmeno una compiuta conoscenza del proprio patrimonio immobiliare, né degli spazi immobiliari che essi utilizzano: a tale riguardo appare significativa l'esperienza, non certo incoraggiante, rappresentata dall'applicazione delle norme in materia di monitoraggio degli impieghi del patrimonio immobiliare pubblico di cui all'articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009, in merito alla quale, secondo i dati acquisiti dalla Commissione Finanze nel corso di un'ampia attività conoscitiva svolta in materia, emerge come il numero delle amministrazioni pubbliche che hanno adempiuto agli obblighi di comunicazione in merito, risulta complessivamente insoddisfacente (53 per cento), raggiungendo, in alcune aree del Paese, livelli del tutto inaccettabili (ad esempio, del 22 per cento in Calabria, del 23 per cento in Sicilia, del 25 per cento in Campania, del 26 per cento in Basilicata, del 27 per cento nel Lazio, del 35 per cento in Molise, del 40 per cento in Trentino-Alto Adige);

più in generale, si pone il problema di come ogni operazione di dismissione e valorizzazione del predetto patrimonio immobiliare debba fare i conti con le dimensioni, storicamente piuttosto ristrette, del mercato immobiliare nazionale relativo a tale tipologia di immobili, nonché con il fattore congiunturale rappresentato dall'attuale crisi economica, che ha contribuito a rarefare ulteriormente i volumi degli scambi su tale mercato, con evidenti conseguenze negative sul livello dei prezzi;

sullo sfondo si pone inoltre l'ulteriore tema del rapporto tra tale processo di dismissione e valorizzazione e l'ormai fantomatico «federalismo demaniale» previsto dal decreto legislativo n. 85 del 2010, il quale avrebbe dovuto comportare il trasferimento agli enti territoriali di una fetta potenzialmente amplissima del demanio statale, ma la cui attuazione risulta completamente bloccata, anche a seguito del parere negativo espresso il 18 maggio 2011 dalla Conferenza Unificata sul decreto che deve individuare i beni esclusi dal predetto trasferimento;

in tale intricatissimo contesto c'è dunque il forte rischio che il processo di valorizzazione e dismissione del patrimonio non prenda effettivamente avvio, ovvero che iniziative non meditate in materia possano, nell'attuale fase recessiva, tramutarsi in una vera e propria svendita del patrimonio pubblico, magari a vantaggio dei poteri forti e di soggetti appartenenti al solito «salotto buono» del mondo finanziario italiano, generando un vero e proprio danno erariale che suonerebbe come un ulteriore beffa ai danni dei cittadini onesti, i quali, oltre a venire colpiti dal continuo incremento del prelievo fiscale, sarebbero sostanzialmente privati di beni che appartengono alla collettività;

finora le misure messe in campo in questa materia dall'attuale Governo non sono apparse al firmatario del presente atto certo rassicuranti, in quanto ricalcano le iniziative, inefficaci, adottate dai precedenli Esecutivi, essendo basate su un'articolata architettura finanziaria che prevede la creazione di società di gestione del risparmio alle quali devolvere i cespiti immobiliari conferiti ad uno o più fondi, le cui quote di partecipazione dovrebbero essere, prima o poi, collocate sul mercato;

la logica sottesa a tale tipo di strategia dovrebbe determinare effetti di riduzione del debito pubblico nella misura in cui le quote di tali società di gestione del risparmio siano collocate sul mercato presso gli investitori, i quali, tuttavia, per essere attratti ad acquistare tali quote, dovranno essere rassicurati circa l'effettiva redditività di tali fondi;

tali flussi di reddito non potranno, evidentemente, essere ottenuti esclusivamente attraverso la vendita dei beni conferiti, la quale, anche per le condizioni del mercato appena richiamate, potrà avvenire solo in un arco temporale ampio, onde evitare «svendite» dei beni, ma saranno principalmente realizzati attraverso operazioni di sale and lease back, cioè mediante i flussi dei canoni di locazione che la pubblica amministrazione pagherà sui beni medesimi;

non a caso, l'articolo 7, comma 2, del disegno di legge di stabilità 2013, istituisce nello Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, a decorrere dal 2013, un Fondo per il pagamento dei canoni di locazione degli immobili conferiti dallo Stato ad uno o più fondi immobiliari, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2013, di 900 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015 e di 950 milioni a decorrere dal 2016;

pertanto, al momento, l'unica misura concreta adottata dal Governo in tale settore è lo stanziamento di circa 2,3 miliardi di euro nel solo triennio 2013-sostanzialmente in favore dei soggetti che acquisiranno le quote delle società di gestione del risparmio, mentre ancora una volta l'unico soggetto pubblico che dispone delle risorse necessarie per fornire un concreto apporto finanziario a tale operazione, la Cassa depositi e prestiti, sarà chiamata ad utilizzare i risparmi degli italiani anche per anticipare agli enti conferenti (Stato ed enti locali) il valore dei beni trasferiti a tali veicoli finanziari;

in tale contesto, appare fondamentale che il Governo faccia, nelle sedi istituzionali proprie, chiarezza su tale quadro, al fine di dare concretezza agli annunci più volte lanciati,
impegna il Governo:
ad adottare tutte le necessarie misure per assicurare la piena trasparenza di tali operazioni, sia sotto il profilo della tutela della legalità, sia per quanto attiene alla salvaguardia di un patrimonio che appartiene a tutti i cittadini;

a fornire una compiuta informativa circa la strategia complessiva ed il programma pluriennale di completamento del processo di valorizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, lo stato di avanzamento di tale processo, i risultati finora raggiunti, in termini di beni ceduti ed incassi realizzati, gli effetti, realizzati ed attesi, di tali misure sullo stock di debito pubblico esistente, nonché in merito al ruolo svolto in tale ambito dalla Cassa depositi e prestiti;

a chiarire quale sia l'effettivo impatto finanziario netto delle operazioni di sale and lease back sui beni immobiliari pubblici, in particolare specificando quale sia il rapporto tra le maggiori entrate determinate dalla cessione dei beni ceduti o che si intende vendere e le maggiori spese correnti determinate dai canoni di locazione che la pubblica amministrazione dovrà pagare per l'utilizzo dei medesimi immobili ceduti;

a concludere in tempi rapidi il procedimento di censimento e rilevazione del patrimonio immobiliare pubblico previsto dall'articolo 2, comma 222 della legge n. 191 del 2009, rafforzando a tal fine il coordinamento e la collaborazione tra le amministrazione statali interessate, nonché tra queste e gli enti locali.

(7-01080) «Barbato».