ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/01028

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 717 del 13/11/2012
Firmatari
Primo firmatario: LULLI ANDREA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 13/11/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
COLANINNO MATTEO PARTITO DEMOCRATICO 13/11/2012
FADDA PAOLO PARTITO DEMOCRATICO 13/11/2012
FRONER LAURA PARTITO DEMOCRATICO 13/11/2012
MARCHIONI ELISA PARTITO DEMOCRATICO 13/11/2012
MARTELLA ANDREA PARTITO DEMOCRATICO 13/11/2012
MASTROMAURO MARGHERITA ANGELA PARTITO DEMOCRATICO 13/11/2012
PELUFFO VINICIO GIUSEPPE GUIDO PARTITO DEMOCRATICO 13/11/2012
PORTAS GIACOMO ANTONIO PARTITO DEMOCRATICO 13/11/2012
QUARTIANI ERMINIO ANGELO PARTITO DEMOCRATICO 13/11/2012
SANGA GIOVANNI PARTITO DEMOCRATICO 13/11/2012
SCARPETTI LIDO PARTITO DEMOCRATICO 13/11/2012
TESTA FEDERICO PARTITO DEMOCRATICO 13/11/2012
VICO LUDOVICO PARTITO DEMOCRATICO 13/11/2012
ZUNINO MASSIMO PARTITO DEMOCRATICO 13/11/2012


Commissione assegnataria
Commissione: X COMMISSIONE (ATTIVITA' PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Risoluzione in Commissione 7-01028
presentata da
ANDREA LULLI
martedì 13 novembre 2012, seduta n.717

La X Commissione,

premesso che:

il 23 ottobre 2012 la Commissione europea ha deciso di ritirare la proposta di regolamento sul «made in», un testo il cui esame era stato avviato sin dal 2002 e che nel 2010 aveva ricevuto il «via libera» dal Parlamento europeo, tramite l'approvazione di uno specifico rapporto, curato, per l'occasione, da tre relatori italiani;


la richiesta di ritiro è stata avanzata del responsabile europeo per il commercio, il liberale belga Karel De Gucht ed approvata dal collegio dei commissari;


il regolamento ritirato prevedeva l'obbligo per i produttori extracomunitari dei settori del tessile, dell'abbigliamento, del legno, delle ceramiche, del valvolame e dell'oreficeria di specificare il luogo di produzione, in modo da fornire al consumatore una chiara indicazione sull'origine del prodotto;


il testo conclusivamente elaborato aveva il sostegno oltre che dell'Italia, di Francia, Polonia e Spagna ma dopo l'approvazione da parte del Parlamento europeo si è bloccato nel Consiglio europeo per l'opposizione, tra gli altri, di Germania, Gran Bretagna e dei Paesi del nord Europa;


con il citato regolamento, gli Stati dell'Unione avrebbero avuto a disposizione uno strumento decisivo contro le false etichettature e la falsificazione di prodotto, premiando i produttori europei che hanno deciso di non delocalizzare e di continuare la produzione sul territorio comunitario;


giova anche considerare che per talune categorie di beni di consumo, la competitività può consistere nel fatto che la loro produzione nell'Unione europea è sinonimo di qualità e di rigorose norme di produzione;


l'urgenza di introdurre strumenti di tutela per il made in Italy è tale che nel 2010 il Parlamento ha approvato la legge 8 aprile 2010, n. 55, cosiddetta «Legge Reguzzoni-Versace-Calearo», con la quale si introduceva l'etichettatura obbligatoria e la tracciabilità in 11 settori merceologici - dai prodotti tessili, al calzaturiero e alla pelletteria che in complesso occupano circa 1 milione di persone - dettando nuove norme e regole circa le caratteristiche che i prodotti debbono avere e prevedendo sanzioni per le aziende che producono false dichiarazioni circa la tracciabilità delle fasi di lavorazione;


il provvedimento di tutela del made in Italy è stato accompagnato da un sostegno unanime per tutto l'iter parlamentare, segnando alla Camera un'altissima percentuale di voti favorevoli (546 voti a favore); com'è noto la legge n. 55 è stata bloccata dall'Unione europea, con la duplice motivazione della sua non piena aderenza alle norme comunitarie e della introduzione di un made in comunitario;


l'Italia è uno dei Paesi che ha più da perdere nello sviluppo del mercato del falso, ambito in cui grande rilevanza assume la falsa indicazione di origine; sia perché ha una struttura produttiva composta per la grande maggioranza di micro, piccole e medio-piccole imprese, che hanno difficoltà ad attrezzarsi adeguatamente per contrastare il fenomeno, sia perché ha una significativa quota di produzione in beni di lusso, che sono quelli maggiormente esposti alla concorrenza dei prodotti contraffatti;


il falso non danneggia solo i prodotti copiati, ma anche l'intero comparto produttivo di riferimento a causa dell'ingenerarsi di una concorrenza economica scorretta; più in generale danneggia le imprese che operano in maniera trasparente e rispettosa delle regole;


i dati forniti da INDICAM, WTO e OCSE, stimano il peso delle vendite di merci contraffatte tra il 7 ed il 20 per cento dell'intero commercio mondiale; il 20 per cento del mercato illegale mondiale riguarda tessile, moda e abbigliamento. L'Icc (Camera commercio internazionale) stima che entro l'anno 2015, il settore del falso costerà agli Stati circa 1.700 miliardi di dollari; stima inoltre che il fenomeno dilagherà, mettendo a rischio ogni anno circa 2,5 milioni di posti di lavoro regolari;


la recentissima ricerca in materia effettuata dal Censis per conto del Ministero dello sviluppo economico, stima in 7,1 miliardi di euro l'impatto del mercato del falso sull'economia nazionale, con una perdita di 130.000 posti di lavoro; considerando la domanda complessivamente generata, il Censis ha calcolato una perdita di gettito per le casse dello Stato, tra imposte dirette e indirette, di 5.281,50 milioni di euro, pari al 2,5 per cento del totale delle entrate tributarie per le imposte considerate;


l'Unione europea non dispone per il momento di disposizioni armonizzate sul marchio di origine nell'Unione europea è le disparità fra le regolamentazioni in vigore negli Stati membri nonché l'assenza di regole chiare in materia a livello comunitario comportano una frammentazione del quadro giuridico;


alcuni dei maggiori partner commerciali dell'Unione europea, come gli Stati Uniti, la Cina, il Giappone e il Canada, hanno introdotto il marchio d'origine obbligatorio; la situazione attuale pone l'Unione europea in condizioni di svantaggio rispetto ai suoi partner commerciali;


tale situazione pone l'Italia in svantaggio ancora maggiore rispetto ai partner europei; nella consapevolezza di tale situazione, immediate sono state le reazioni dei parlamentari italiani presso l'Unione europea, nonché delle organizzazioni imprenditoriali quali Confindustria, Sistema Moda Italia, Federlegno, CNA, che hanno sottolineato come le analisi secondo cui la ripresa economica debba necessariamente basarsi sul rilancio del comparto manifatturiero, non siano state tenute in alcuna considerazione dal Consiglio europeo;


il sistema imprenditoriale ed industriale del nostro Paese sta maturando sempre più la convinzione:


a) che l'Unione europea è distante dagli interessi dei cittadini e delle imprese;

b) che la lobby della grande distribuzione sostenuta dai Paesi del nord Europea sta avendo il sopravvento sui Paesi manifatturieri;

c) che l'Esecutivo comunitario ha preferito mettersi in rotta di collisione con il Parlamento, unico organo democraticamente eletto, piuttosto che con i Paesi nel nord Europa;


tali convinzioni sono rafforzate, oltre che dalla decisione in esame, anche dalla inopinata approvazione nel settembre 2012 di un regolamento comunitario che prevede una fortissima riduzione dei dazi doganali sull'importazione di prodotti, tessili, d'abbigliamento e calzaturieri;


conclusivamente, si osserva che questa impostazione di pensiero, purtroppo suffragata da ormai innumerevoli prove e indizi, costituisce la base culturale di forze politiche emergenti; essa è rafforzata ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo dalla perniciosa idea, ormai dilagante tra i cittadini, che questa sia l'Europa delle banche e che i Paesi dell'Europa del Nord stiano adoperandosi per impoverire e «depredare» i Paesi dell'Europa del sud per il tramite delle istituzioni comunitarie,
impegna il Governo:

ad intervenire in sede di Unione europea:


a) per scongiurare il ritiro della proposta di regolamento sul «made in» e per difendere gli interessi delle nostro Paese di fronte agli altri Paesi europei;


b) per comunicare, nelle sedi opportune, l'enorme disagio delle imprese e dei cittadini italiani rispetto a una decisione che rischia di allontanarli ulteriormente dall'Europa;


c) per far sì che la Commissione europea riprenda in mano il dossier «made in», inducendo il Consiglio a riaprire il confronto e la discussione sul relativo regolamento;


ad assumere iniziative, anche normative, in ambito nazionale:


a) per rafforzare gli strumenti per la lotta alla contraffazione di prodotto, con particolare riferimento alle produzioni di punta del made in Italy;


b) per semplificare le procedure di sequestro delle merci contraffatte;


c) per favorire, nei comparti produttivi nazionali maggiormente afflitti da fenomeni di contraffazione, la massima tracciabilità possibile dell'origine delle produzioni, nel quadro della normativa nazionale e comunitaria vigente, mediante l'adozione volontaria di metodi di tracciatura da parte delle aziende o dei comparti;


a valutare, in tale quadro, di assumere iniziative sia per l'introduzione di forme di semplificazione amministrativa, sia per l'adozione di strumenti di incentivazione, anche mediante ampliamento di strumenti incentivanti a legislazione vigente.

(7-01028)
«Lulli, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino».