ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00780

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 584 del 09/02/2012
Firmatari
Primo firmatario: BRAGA CHIARA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 09/02/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MORASSUT ROBERTO PARTITO DEMOCRATICO 09/02/2012
MARIANI RAFFAELLA PARTITO DEMOCRATICO 09/02/2012
MOTTA CARMEN PARTITO DEMOCRATICO 09/02/2012
BENAMATI GIANLUCA PARTITO DEMOCRATICO 09/02/2012
BOCCI GIANPIERO PARTITO DEMOCRATICO 09/02/2012
BRATTI ALESSANDRO PARTITO DEMOCRATICO 09/02/2012
ESPOSITO STEFANO PARTITO DEMOCRATICO 09/02/2012
GINOBLE TOMMASO PARTITO DEMOCRATICO 09/02/2012
IANNUZZI TINO PARTITO DEMOCRATICO 09/02/2012
MARANTELLI DANIELE PARTITO DEMOCRATICO 09/02/2012
MARGIOTTA SALVATORE PARTITO DEMOCRATICO 09/02/2012
REALACCI ERMETE PARTITO DEMOCRATICO 09/02/2012
VIOLA RODOLFO GIULIANO PARTITO DEMOCRATICO 09/02/2012


Commissione assegnataria
Commissione: VIII COMMISSIONE (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)
Stato iter:
29/02/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 29/02/2012
BRAGA CHIARA PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 29/02/2012
BRAGA CHIARA PARTITO DEMOCRATICO
ALESSANDRI ANGELO LEGA NORD PADANIA
 
PARERE GOVERNO 29/02/2012
FANELLI TULLIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE IL 29/02/2012

ACCOLTO IL 29/02/2012

PARERE GOVERNO IL 29/02/2012

APPROVATO IL 29/02/2012

CONCLUSO IL 29/02/2012

Atto Camera

Risoluzione in Commissione 7-00780
presentata da
CHIARA BRAGA
giovedì 9 febbraio 2012, seduta n.584

La VIII Commissione,

premesso che:

nel nostro Paese si sta allargando sempre di più l'area sociale della povertà. In particolare quella delle famiglie che vivono in locazione e che nel precedente ciclo immobiliare espansivo non erano riuscite ad acquistare l'alloggio a causa delle già precarie condizioni economiche. L'impietosa analisi della Banca d'Italia nell'affermare il preoccupante aumento della povertà sottolinea che la stessa ormai colpisce oltre il 14 per cento dei cittadini del nostro Paese. Fattori determinanti sono la diminuzione del reddito e l'aumento del debito, con una percentuale di quasi il 30 per cento di famiglie che hanno richiesto denaro. In particolare, la Banca d'Italia aggiorna il quadro delle abitazioni, con dati che in parte dissentono con l'assioma che in Italia la locazione è residuale: se è vero che il 68,4 per cento dei nuclei vive in alloggi di proprietà, il 21,1 per cento è regolarmente in affitto, mentre una quota comunque significativa pari al 10,5 per cento delle famiglie vive in alloggi ad uso gratuito, usufrutto, comodato e riscatto, ambito nel quale possono annidarsi locazioni «simulate», che fingono un uso senza pagamento di un corrispettivo che in realtà viene riconosciuto;


un altro indicatore non generalista ma selettivamente scientifico di un grave disagio abitativo in Italia arriva dal Ministero dell'interno con la pubblicazione statistica sugli sfratti. Emergono chiaramente oltre 120mila richieste di sloggio, 70mila provvedimenti esecutivi, di cui 65mila per morosità e 35mila famiglie costrette a lasciare l'alloggio per finita locazione. Un bollettino di guerra che segna una crescita a livello nazionale del 7 per cento in un anno. E si tratta di dati non completi, mancando all'appello diverse città. Al Nord si risente della profonda crisi che colpisce l'industria: 3.000 sfratti per morosità a Torino, con richieste di esecuzione salite del 150 per cento. Situazione simile a Milano con 6.500 provvedimenti emessi e 21 mila richieste di esecuzione. Dati preoccupanti in Veneto, con 1.200 richieste di esecuzione a Verona, 1.500 a Vicenza e in Liguria, che aggiunge quota 2.500 sfratti a Genova. In Toscana, a Pisa, record delle esecuzioni con un +223 per cento. Allarme anche in Lazio, dove Roma segna oltre 8.000 richieste di sfratto, un dato di gran lunga provvisorio, mancando ancora i numeri di alcuni mesi. Per la capitale, è possibile stimarne un numero superiore del 60 per cento (13.000). Al sud: Napoli con quasi 5.000 e Caserta con una crescita a due cifre. Come Bari e Foggia con dati elevati e in Sicilia dove il maggior disagio colpisce Catania con quasi 3.000 richieste di esecuzione e Palermo e Siracusa in forte crescita;


l'unico ammortizzatore sociale per le famiglie sottoposte allo sfratto veniva dal fondo di sostegno all'affitto destinato proprio all'emergenza morosità. Dalla data della sua istituzione si è assistito negli ultimi anni ad un progressivo impoverimento, che ha pesato oltre che sugli inquilini anche sugli enti locali chiamati a fronteggiare in prima linea l'emergenza abitativa. Dai 360 milioni del 2001 si è passati alla simbolica cifra di 9 milioni di euro, chiaramente insufficienti per le oltre 350mila richieste di accesso al fondo degli inquilini, ai quali potrebbe spettare l'irrisoria cifra di poco meno di 25 euro ciascuno;



sul piano nazionale di edilizia abitativa di cui all'articolo 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, e convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, oltre a non essersi reso ancora disponibile nessun alloggio, è da evidenziare lo scostamento tra la forte domanda di case in affitto sociale e l'esigua offerta abitativa nel Paese, in particolare con quella che si sta delineando con il piano approvato dal CIPE il 5 maggio 2011. Sui 15mila alloggi previsti, solo 3.745 saranno destinati all'affitto permanente, ma i canoni saranno quasi di mercato, tagliando fuori così, da questa opportunità, le fasce sociali in maggiore difficoltà, a fronte di una domanda di case popolari che raggiunge la quota di oltre 650.000. Anche la Corte dei Conti con la delibera n. 20/2011 si è espressa sul programma, segnalando: «viste le carenze o la lentezza dei risultati, si è inteso esprimere un giudizio comunque non positivo sull'efficacia, efficienza ed economicità della spesa pubblica che è stata destinata al Programma straordinario ed al Piano casa», con l'auspicio che tale monitoraggio possa «far accelerare la realizzazione dei progetti di edilizia residenziale oggetto dell'indagine»;

la legge 16 luglio 2011, n. 111, di conversione del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, interviene anche sulla materia abitativa proponendo alle regioni la vendita generalizzata degli alloggi di edilizia residenziale pubblica che oggi sono circa 800mila e la privatizzazione del patrimonio degli gestori attraverso il conferimento degli alloggi popolari in fondi immobiliari. Tutto questo in un settore della domanda sociale in forte crescita e in assenza d'offerta;


il provvedimento sulla cedolare secca sugli affitti, contenuto nel decreto legislativo sul federalismo fiscale, ovvero la possibilità per i proprietari degli immobili affittati di pagare le tasse sui canoni percepiti con aliquota fissa invece che sommarli agli altri redditi, dopo quasi un anno dalla sua richiederebbe un primo bilancio. Non avendo ancora dati ufficiali è necessario basarsi su stime che provengono dalla stampa specializzata e dai sindacati degli inquilini. Due le certezze rilevate: la convenienza è limitata ai pluriproprietari con redditi elevati e dalle nuove norme sanzionatorie, tributarie e civilistiche, rispetto alla mancata registrazione, non sembra stiano arrivando numeri significativi di regolarizzazioni. Inoltre, se la cedolare secca potrebbe in linea teorica favorire l'emersione del sommerso ed avvantaggiare il settore delle locazioni, la mancanza di una differenziazione significativa tra le aliquote applicate al canone libero e quelle applicate al canone concordato e l'assenza di un reale contrasto di interessi che avvantaggi anche gli inquilini, rischia di determinare un risultato non in equilibrio, con maggiori costi per l'erario e nessun concreto beneficio rispetto al contrasto del disagio abitativo;


per quanto riguarda il sistema delle locazioni private è da segnalare un ulteriore elemento di criticità al già difficile problema delle diffuse difficoltà di accesso al libero mercato. La nuova imposta municipale sulle abitazioni nella norma sperimentale dal 2012 prevede per gli alloggi in affitto, oltre all'aumento dei coefficienti moltiplicativi delle rendite del 60 per cento una aliquota di base del 7,6 per cento riducibile sino al 4 per cento dal comune. Questa articolazione oltre ad innalzare la pressione fiscale sulle locazioni discrimina quelle concordate, con canoni più bassi di quelli di mercato, parificandole a quelle libere. Il risultato è: nessuna differenziazione tra i due regimi contrattuali e spostamento dei contratti sul mercato libero con conseguente crescita degli affitti. L'IMU porterà difficoltà anche all'edilizia pubblica, assoggettando al pagamento di questa nuova imposta anche gli enti gestori (ex IACP), i quali, dopo l'esenzione dall'ICI, subiranno un trattamento discriminato rispetto agli enti locali proprietari di alloggi sociali, esenti dal pagamento dell'IMU. Anche nel decreto liberalizzazioni emergono alcuni punti delicati rispetto al sistema delle locazioni; con il decreto infatti ritorna l'iva sulle locazioni, cancellata nel 2006, allargandola anche ai canoni di edilizia pubblica ai quali sarà applicata l'imposta del 10 per cento. Quindi un aumento degli affitti per gli inquilini con redditi bassi, che ricadrà soprattutto su anziani pensionati, famiglie monoreddito, immigrati, persone già in difficoltà economica per effetto della crisi;


un ulteriore problema sulle locazioni private è legato all'articolo 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, rispetto alla convenzione nazionale per i canoni concordati. La norma richiamata prevede che al fine di favorire la realizzazione degli accordi per la definizione delle locazioni con canoni calmierati rispetto al libero mercato, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti convoca le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale ogni tre anni. Questo con l'obiettivo di promuovere una convenzione nazionale, che individui i criteri generali per la definizione dei canoni, anche in relazione alla durata dei contratti, alla rendita catastale dell'immobile e ad altri parametri oggettivi, nonché delle modalità per garantire particolari esigenze delle parti. I criteri generali definiti costituiscono la base per la realizzazione degli accordi locali e il loro rispetto, unitamente all'utilizzazione dei tipi di contratto, costituisce condizione per l'applicazione dei benefici fiscali;


su tale rilevante adempimento normativo è da registrare che l'ultimo atto è il decreto interministeriale 30 dicembre 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'11 aprile 2003, n. 85, che andava a recepire gli accordi sindacali definiti dalle parti;


come previsto dalla norma, dopo tre anni correva l'obbligo del Ministero di riconvocare i soggetti interessati, al fine di rinnovare l'accordo per la nuova convenzione. Inspiegabilmente nonostante innumerevoli sollecitazioni delle organizzazioni sindacali dei conduttori e dei proprietari non vi è stato nessun atto da parte dell'amministrazione interessata;


l'esigenza del rinnovo deriva, oltre che da un obbligo di legge, anche dalla oggettiva esigenza di verificare l'applicazione concreta della legge sulle locazioni richiamata, dopo 14 anni dalla sua approvazione. Così come occorre predisporre una nuova convenzione nazionale che tenga conto dell'evoluzione del mercato dell'affitto, e nello stesso tempo introduca criteri rinnovati e certi per la stipula degli accordi territoriali, promuovendo un rilancio di tale modalità contrattuale come strumento decisivo per il governo del sistema abitativo;


accanto a queste sintetiche considerazioni è necessario sottolineare i mutamenti anche normativi del comparto delle locazioni che rendono necessaria una nuova convenzione. Basta citare il «piano nazionale di edilizia abitativa» che individua genericamente il canone previsto negli accordi territoriali come quello di riferimento. Una previsione assente all'epoca della prima ed unica convenzione. Mentre sul versante fiscale l'introduzione della cosiddetta «cedolare secca» ai redditi da locazione e la recentissima anticipazione dell'Imu al 2012 modificano in maniera sostanziale il quadro delle agevolazioni a sostegno del canone previsto dagli accordi territoriali, vanificando la fiscalità di vantaggio, con il risultato di marginalizzare ulteriormente il regime contrattuale concordato rispetto a quello libero;


una adeguata politica abitativa deve costituire una componente fondamentale del quadro di risposte alle esigenze di sviluppo e coesione sociale del nostro Paese, anche attraverso la ricerca di soluzioni più rispondenti ad un mutato quadro sociale e alla necessità di garantire una qualità diffusa dell'abitare, a partire dal recupero del patrimonio edilizio esistente, intercettando in questo senso le potenzialità di crescita di un settore, come quello edile, essenziale per l'economia italiana,

impegna il Governo:


ad avviare un confronto con Parlamento, regioni, comuni, enti gestori di edilizia pubblica e parti sociali, che consenta di mettere urgentemente in atto delle misure normative ed economiche di contrasto al disagio abitativo, attraverso un quadro di interventi che dia risposte adeguate al problema pressante della morosità e della domanda sociale di edilizia abitativa pubblica, e che, contestualmente rafforzi il mercato delle locazioni, a partire dal canale concordato, riattivando, a tale scopo, il tavolo di confronto e di concertazione sulle politiche abitative istituito dall'articolo 4 della legge 8 febbraio 2007, n. 9;


a procedere celermente alla convocazione delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale, al fine di promuovere il rinnovo della convenzione nazionale per la definizione canoni per la realizzazione degli accordi locali di cui al comma 3 dell'articolo 2 della legge n. 431 del 1998.



(7-00780)
«Braga, Morassut, Mariani, Motta, Benamati, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Realacci, Viola».