ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00775

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 582 del 07/02/2012
Abbinamenti
Atto 7/00758 abbinato in data 15/02/2012
Atto 7/00772 abbinato in data 15/02/2012
Approvazione risoluzione conclusiva
Atto numero: 8/00170
Firmatari
Primo firmatario: GARAGNANI FABIO
Gruppo: POPOLO DELLA LIBERTA'
Data firma: 07/02/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PILI MAURO POPOLO DELLA LIBERTA' 07/02/2012
GIBIINO VINCENZO POPOLO DELLA LIBERTA' 07/02/2012
NIZZI SETTIMO POPOLO DELLA LIBERTA' 07/02/2012
MAZZOCCHI ANTONIO POPOLO DELLA LIBERTA' 07/02/2012
DE CORATO RICCARDO POPOLO DELLA LIBERTA' 07/02/2012


Commissione assegnataria
Commissione: X COMMISSIONE (ATTIVITA' PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)
Stato iter:
11/04/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 15/02/2012
FADDA PAOLO PARTITO DEMOCRATICO
DAL LAGO MANUELA LEGA NORD PADANIA
SAGLIA STEFANO POPOLO DELLA LIBERTA'
CICU SALVATORE POPOLO DELLA LIBERTA'
 
RINUNCIA ILLUSTRAZIONE 15/02/2012
PILI MAURO POPOLO DELLA LIBERTA'
 
INTERVENTO GOVERNO 28/03/2012
DE VINCENTI CLAUDIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 28/03/2012
FADDA PAOLO PARTITO DEMOCRATICO
CICU SALVATORE POPOLO DELLA LIBERTA'
PILI MAURO POPOLO DELLA LIBERTA'
MEREU ANTONIO UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO
 
ILLUSTRAZIONE 11/04/2012
FADDA PAOLO PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 11/04/2012
TORAZZI ALBERTO LEGA NORD PADANIA
CICU SALVATORE POPOLO DELLA LIBERTA'
FORMISANO ANNA TERESA UNIONE DI CENTRO PER IL TERZO POLO
 
INTERVENTO GOVERNO 11/04/2012
DE VINCENTI CLAUDIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 11/04/2012
SAGLIA STEFANO POPOLO DELLA LIBERTA'
FADDA PAOLO PARTITO DEMOCRATICO
 
DICHIARAZIONE VOTO 11/04/2012
TORAZZI ALBERTO LEGA NORD PADANIA
 
DICHIARAZIONE GOVERNO 11/04/2012
DE VINCENTI CLAUDIO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 11/04/2012
VIGNALI RAFFAELLO POPOLO DELLA LIBERTA'
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 15/02/2012

DISCUSSIONE IL 15/02/2012

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 15/02/2012

DISCUSSIONE IL 28/03/2012

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 28/03/2012

DISCUSSIONE IL 11/04/2012

APPROVATO (RISOLUZIONE CONCLUSIVA) IL 11/04/2012

CONCLUSO IL 11/04/2012

Atto Camera

Risoluzione in Commissione 7-00775
presentata da
FABIO GARAGNANI
martedì 7 febbraio 2012, seduta n.582

La X Commissione,


premesso che:


la società Alcoa con un comunicato ufficiale ha annunciato il 9 gennaio 2012 che intende fermare le proprie produzioni in tre stabilimenti di alluminio primario in Europa nel quadro di una ristrutturazione già annunciata nella globale attività primaria;


la ristrutturazione ridurrà - secondo il comunicato ufficiale - la capacità globale di fusione della Società del 12 per cento pari a 531.000 tonnellate;


gli stabilimenti interessati da questa fermata sono quello di Portovesme in Italia, La Coruña e Avilés, in Spagna;


la fermata - secondo quanto riporta il comunicato ufficiale - dovrebbe essere completata nella prima metà del 2012;


nel comunicato ufficiale si legge: le strutture hanno tra i più alti costi dei produttori nel sistema Alcoa;


a Portovesme, Alcoa avvierà - è scritto nel comunicato - il processo di consultazione per chiudere definitivamente l'impianto. Per gli stabilimenti di La Coruña e Avilés sono previste riduzioni parziali e temporanee;


nel comunicato ufficiale si sostiene: un costo energetico non competitivo, combinato con l'aumento dei costi delle materie prime e la caduta dei di alluminio; ha portato alla fermata delle strutture;


Alcoa ha chiuso il quarto trimestre del 2011 con ricavi pari a 6 miliardi di dollari, in calo del 7 per cento rispetto ai 6,4 miliardi del trimestre precedente ma in rialzo del 6 per cento rispetto ad un anno fa quando si erano attestati a 5,7 miliardi;


la perdita netta è stata di 193 milioni di dollari, ossia 0,18 dollari per azione, rispetto ai 172 milioni, ossia 0,15 dollari per azione, del terzo trimestre e i 258 milioni (0,24 dollari per azione) dello stesso periodo dell'anno scorso. L'Ebitda rettificato trimestrale si è attestato a 445 milioni di dollari;


per quanto riguarda l'intero 2011, la società ha riportato ricavi pari a 25 miliardi di dollari contro i 21 miliardi del 2010, mentre l'utile netto è stato di 611 milioni di dollari (0,55 dollari per azione) rispetto ai 254 milioni (0,24 dollari per azione) di un anno fa;


l'alluminio è un materiale cruciale per qualsiasi sistema economico che si prefigga una crescita compatibile con il rispetto dell'ambiente;


il tasso di crescita della domanda di alluminio è attualmente superiore a quello di ogni altro metallo, oltre che del prodotto interno lordo delle diverse economie mondiali;


l'alluminio è una «commodity»: il prezzo internazionale si forma nelle negoziazioni di borsa al London Metal Exchange e le variazioni locali dei costi di produzione della materia prima non sono trasferibili sul prezzo finale del metallo;


l'andamento di detto prezzo è caratterizzato da una discreta volatilità e, in termini reali, risulta decrescente, con un tasso di riduzione annuo prossimo al 2 per cento, conseguenza anche del miglioramento dell'efficienza dei processi produttivi;


un'industria di trasformazione tecnologicamente all'avanguardia e alla capacità di innovazione e sviluppo delle applicazioni fa dell'Europa il secondo mercato mondiale dell'alluminio, con ulteriori e significativi margini di crescita;


la produzione europea di metallo primario non è stata in alcun modo in grado di contribuire allo sviluppo di detta domanda, ed il tasso di copertura sul mercato attuata con metallo autoprodotto è sceso dal 60 per cento del 1980 al 27 per cento del 2003;


l'import di alluminio primario dai Paesi extra - Unione europea è costantemente cresciuto oltre il 36,5 per cento del fabbisogno totale di alluminio ed il 56 per cento del fabbisogno di alluminio primario;


il mercato interno europeo è fortemente deficitario di alluminio e il tasso di import, è a livelli mai prima raggiunti;


l'industria europea non è in grado di coprire il deficit di metallo con una crescita delle produzioni primarie da lungo tempo a livelli stazionari;


le produzioni secondarie sono state sviluppate sino al limite massimo della disponibilità di rottame, utilizzando pienamente la generazione interna e trovando difficoltà crescenti al reperimento di rottame dall'esterno;


l'industria dell'alluminio primario è ad alta intensità di capitale con investimenti ad elevata durata di vita economica;


l'industria dell'alluminio primario è, per sua natura, un'industria energy intensive; l'energia elettrica è la vera materia prima del processo produttivo incidendo per oltre il 30 per cento sui costi operativi;


la disponibilità energetica a prezzi sostenibili è, quindi, il principale fattore di sopravvivenza economica degli impianti esistenti, ed è elemento chiave per la localizzazione dei nuovi impianti di produzione primaria (i cosiddetti smelters);


negli ultimi anni alla posizione competitiva degli impianti italiani, e di quello sardo in particolar modo, anche per le condizioni insulari della Sardegna, si è aggiunto l'aumento del costo dell'energia elettrica, indotto non solo da fattori congiunturali attinenti alle oscillazioni dei costi delle materie prime energetiche (olio e carbone), ma anche dall'attuazione delle politiche dell'Unione europea in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia;


il processo di liberalizzazione del mercato dell'energia in Europa è lontano dall'avere realizzato gli obiettivi di ampliamento della base produttiva, di competitività e di riduzione di prezzo attesi;


il mercato al momento non è equilibrato, funziona ancora in un regime di oligopolio, non è affatto trasparente e, conseguentemente, non è competitivo per i clienti energy intensive, quali i produttori di alluminio;


la carenza di riserva di generazione elettrica ed i vincoli di varia natura alla trasmissione dell'energia pongono un evidente limite strutturale ad uno sviluppo equilibrato dello stesso;


le attuali regole di funzionamento del mercato, che opera ancora in difetto di reale concorrenza, soprattutto in Sardegna, e di negoziazione dei prezzi, e che vedono una posizione di forza preponderante dei fornitori, non sono adeguate per negoziare acquisti di energia a lungo termine;


la formulazione del prezzo di borsa è svincolata dai fondamentali elementi di costo, o è volta a remunerare il costo marginale del produttore meno competitivo;


l'industria dell'alluminio primario, data l'intensità del consumo energetico, è di gran lunga la più esposta all'imperfetto funzionamento del mercato energetico ed ai conseguenti aumenti dei costi;


nelle condizioni attuali del mercato dell'energia, senza adeguati interventi strategici e contingenti, si prefigura il seguente scenario:


a) sarà impossibile la rinegoziazione dei contratti a condizioni e prezzi internazionalmente competitivi;


b) l'incremento del prezzo dell'energia risulterà incompatibile con la sopravvivenza economica degli impianti che conseguentemente non saranno più in condizioni di operare;


c) la produzione verrà delocalizzata in Paesi che adottano politiche energetiche compatibili con le loro ambizioni di sviluppo industriale;


d) per la natura di «capital intensive» dell'industria del primario la delocalizzazione sarà per lungo tempo irreversibile;


e) il metallo prodotto in tali aree, spesso a condizioni agevolate ed incentivate da risorse pubbliche, sarà importato nei Paesi della Comunità;


f) l'Europa pagherà i costi sociali ed economici connessi con la delocalizzazione;


g) l'Europa perderà la corrispondente occupazione diretta ed indotta;


la competitività europea sarà penalizzata in quanto:


a) l'industria di trasformazione perderà il supporto che deriva dalla disponibilità in loco di metallo primario;



b) l'industria manufatturiera perderà le ricadute tecnologiche apportate dalle attività primarie;


c) il sistema europeo si troverà a dipendere completamente da importazioni extra Unione europea con ricadute negative, nel lungo periodo, anche sui consumatori;


è indispensabile che le attuali distorsioni del mercato dell'energia vengano corrette al fine di ristabilire un bilanciamento tra fornitori e consumatori energy intensive creando un mercato competitivo che renda attraente per i produttori negoziare contratti competitivi a lungo termine con utenti «baseload»;


l'Italia, con un consumo di alluminio di oltre 1.600.000 tonnellate/annue è il secondo Paese consumatore del metallo leggero in Europa, e dispone di una industria di trasformazione (laminazione ed estrusi) ancora importante e relativamente competitiva; la produzione nazionale di primario è pari a circa 190.000 tonnellate/annue, e copre quindi solo il 12 per cento del fabbisogno interno, il valore più basso tra i Paesi industrializzati;


la produzione di alluminio secondario, derivante dal riciclo dell'alluminio, assomma a 700.000 tonnellate/annue, pari al 43 per cento dell'intera domanda;


l'import assomma a circa 764.000 tonnellate/annue, pari al 47 per cento del fabbisogno;


la produzione di alluminio primario in Italia è effettuata in due stabilimenti, entrambi appartenenti alla multinazionale Alcoa, che li ha acquistati in seguito alla privatizzazione dell'industria nazionale dell'alluminio:


a) Portovesme, nel Sulcis Iglesiente (Sardegna) con capacità di 150.000 tonnellate/annue;


b) Fusina, nel Veneto, con capacità di 45.000 tonnellate/annue;


nel caso italiano, la produzione di alluminio primario risulta particolarmente strategica per le motivazioni seguenti:


a) è integrata all'industria di trasformazione a monte e a valle della filiera produttiva, e ne costituisce una importante salvaguardia;


b) costituisce un indiretto sostegno dell'industria del secondario, la più evoluta in Europa, che incontra difficoltà crescenti nell'approvvigionamento dall'estero del rottame;


in Sardegna la produzione del primario costituisce l'attività principale del nucleo industriale del Sulcis Iglesiente, e fornisce un contributo insostituibile al tessuto socio-economico della regione;


il comparto dell'alluminio primario italiano è stato privatizzato nel 1996 con l'acquisizione degli stabilimenti da parte della multinazionale Alcoa, leader mondiale del settore;


condizione essenziale per il perfezionamento di tale privatizzazione fu la fornitura ai suddetti stabilimenti di energia elettrica ad un prezzo allineato a quello medio applicato nel resto dell'Europa per un periodo di almeno dieci anni, ossia sino al 31 dicembre 2005;


alle intese sottoscritte all'atto della privatizzazione si diede attuazione tramite il decreto del Ministero dell'industria del commercio e dell'artigianato del 19 dicembre 1995, in forza del quale i due smelter italiani usufruirono di un regime tariffario speciale restato in vigore sino a tutto il 2005;


l'accordo sul prezzo dell'elettricità fu approvato dalla Unione europea, riconoscendo i termini dell'intesa finalizzata a garantire il prezzo medio dell'energia a livello europeo senza configurare un ricorso ad «aiuti di Stato»; nel definire una durata decennale del provvedimento si era ipotizzato che il mercato dell'elettricità si sarebbe evoluto in maniera da poter offrire, trascorso tale periodo, prezzi sostenibili da uno smelter in competizione sul mercato mondiale;


oggi si deve, invece, prendere atto del fatto che il lento e difficile processo di liberalizzazione del mercato dell'energia, (liberalizzazione ad oggi solo parziale e in Sardegna assolutamente inesistente) è ancora ben lontano dal realizzare gli effetti di riduzione dei prezzi e aumento dell'offerta giustamente auspicati;


non si intravede alcuna ragionevole possibilità di negoziare in Italia (e, più in genere, all'interno del mercato europeo) una fornitura di energia, sul cosiddetto «libero mercato», in quantitativi ed a prezzi che consentano l'esercizio economicamente sostenibile di uno smelter di alluminio;


le distorsioni al funzionamento del mercato, la sua natura essenzialmente oligopolistica, (e, spesso, di fatto ancora monopolistica, specie per quantitativi di energia particolarmente significativi) i vincoli tecnici alla produzione e distribuzione dell'energia e le inefficienze del sistema determinano una effettiva carenza di offerta, e un conseguente aumento dei costi, non giustificabile in base a quelle che sarebbero le logiche di un mercato effettivamente sviluppato;


in tutti i Paesi dell'Unione europea la produzione di alluminio, sia primario che secondario, come detto, risulta fortemente deficitaria rispetto al fabbisogno interno generando un deficit strutturale, sia in relazione sia allo sviluppo della domanda, sia per la struttura del costo dei fattori produttivi in Europa, con particolare riferimento alla disponibilità ed al costo dell'energia, fattori a loro volta negativamente influenzati dall'imperfetto e distorto funzionamento del «libero mercato» dell'energia;


il mantenimento in produzione della ridotta capacità di primario in Italia (12 per cento della domanda nel Paese) non può quindi togliere quote di mercato a nessun concorrente europeo, né può ostacolare l'ingresso di nuovi operatori sul mercato;


il mantenimento per la produzione italiana di alluminio di un prezzo dell'energia equiparato alla media della concorrenza non può influenzare in alcun modo il corso del prezzo del metallo;


il mantenimento di tale prezzo dell'energia non può danneggiare alcun concorrente europeo sotto il profilo del prezzo praticabile negli scambi intracomunitari;


il mantenimento di condizioni di fornitura dell'energia elettrica a condizioni competitive, apporta dei concreti benefici al mercato ed al sistema socio economico non solo della Sardegna ma dell'intera nazione;


il mantenimento della produzione dell'alluminio primario in Italia riduce il rischio di delocalizzazione delle produzioni (gli annunci della Hydro in Germania evidenziano quanto questa eventualità sia reale) a vantaggio di produzioni effettuate in Paesi dove l'energia è fornita sottocosto, e dove le tutele legali sociali ed ambientali sono a livelli infinitamente più bassi rispetto agli standard comunitari, e tali da consentire spesso l'importazione in dumping all'interno del mercato comunitario di metallo prodotto al di fuori dell'Unione;


il mantenimento della produzione evita la conseguente distruzione e/o depauperamento sia di risorse private (per sostenere i costi di chiusura degli impianti e la loro delocalizzazione) che pubbliche (per la riconversione del personale, gli ammortizzatori sociale ed il sostegno alle economie dei territori interessati alle chiusure), a danno del mercato europeo ed a vantaggio di produzioni extra-Unione europea;


il mantenimento delle produzioni evita la perdita di competitività del sistema industriale nel suo complesso sul mercato globale, perdita che conseguirebbe inevitabilmente alle ricadute di varia natura connesse con la rinuncia ad una forma di approvvigionamento interna di metallo, con la conseguente totale dipendenza economica da importazioni extra-Unione europea, e con la crescente carenza di materia prima, sempre più destinata ai consumi interni, che scaturisce dallo sviluppo dei Paesi tradizionalmente esportatori (tra cui la Cina, la Russia, ed il Sud-est asiatico);


la Commissione europea in data 19 novembre 2009 ha adottato la decisione relativa agli aiuti di Stato n. C 38/A/2004 (ex NN 58/2004) e n. C 36/B/2006 (ex NN 38/2006) cui l'Italia ha dato esecuzione a favore di Alcoa Trasformazioni;


all'inizio degli anni novanta, nel quadro della liquidazione del conglomerato statale EFIM, il produttore italiano di alluminio Alumix era stato ristrutturato, privatizzato e venduto ad Alcoa. Alumix operava due smelter di alluminio primario, uno a Portovesme (Sardegna) e uno a Fusina (Veneto);


l'acquisizione di Alumix da parte di Alcoa era stata subordinata alla concessione da parte di ENEL, ente statale fornitore dell'energia elettrica, di una tariffa agevolata per le forniture di energia elettrica ai due smelter;


la tariffa agevolata a favore di Alcoa era stata istituita con decreto ministeriale del 19 dicembre 1995 (in prosieguo: «il decreto del 1995»). Tale decreto stabiliva che Alcoa avrebbe beneficiato del trattamento agevolato di cui alla delibera CIP 13/1992 fino alla fine del 2005. Successivamente a tale data, il trattamento applicato ad Alcoa sarebbe stato allineato a quello applicato agli altri utenti di energia elettrica;


la tariffa ridotta era stata valutata in base alle norme sugli aiuti di Stato nel contesto del caso C 38/1992;


nella decisione adottata il 4 dicembre 1996 (in prosieguo: «la decisione Alumix»), la Commissione aveva concluso che non costituiva aiuto di Stato sulla base delle considerazioni riassunte di seguito:


nel quadro del regime in oggetto, lo Stato fissava la tariffa da applicare ad Alcoa, ed ENEL, l'unico fornitore di energia elettrica esistente all'epoca in Italia, forniva ad Alcoa l'energia elettrica alla tariffa stabilita. I prezzi per entrambi gli smelter erano stati fissati per dieci anni. Per la Sardegna, era stata fissata a 36,3 ITL/kWh nel 1996 e sarebbe stata gradualmente aumentata fino a raggiungere 39,6 ITL/kWh nel 2005. Per il Veneto la tariffa doveva raggiungere 39,90 ITL/kWh nel 2005. Convertiti in euro, questi prezzi oscillano tra 18 e 20 euro/MWh;


all'epoca ENEL era un ente pubblico che erogava energia elettrica in regime di monopolio. Pertanto la Commissione aveva valutato se ENEL agisse come un operatore di mercato razionale nell'applicare ad Alcoa il prezzo stabilito;


la Commissione aveva valutato la situazione dell'offerta di energia elettrica nelle due regioni interessate nell'arco dei dieci anni di applicazione della tariffa agevolata. Aveva osservato che in Sardegna e Veneto il mercato dell'energia elettrica era caratterizzato da una sovraccapacità di produzione di energia che non era verosimile sparisse nei successivi dieci anni. Aveva inoltre osservato che era impossibile per i produttori esportare energia elettrica da queste regioni, a causa dell'insufficiente interconnessione con l'Italia continentale nel caso della Sardegna e per mancanza di domanda da parte di regioni limitrofe nel caso del Veneto;


in tale situazione, la Commissione aveva ritenuto che un grande cliente industriale come Alcoa avesse un notevole potere di negoziazione rispetto ad ENEL dal momento che la chiusura dei due smelter, che erano tra i migliori clienti di ENEL in Italia, avrebbe comportato una sovraccapacità ancora più elevata ed avrebbe peggiorato la struttura dei costi dell'ENEL. Pertanto, era nell'interesse economico di ENEL fornire energia elettrica ad un prezzo particolarmente contenuto agli smelter di Portovesme e Fusina;


la Commissione aveva ritenuto che un fornitore razionale di energia elettrica sarebbe stato disposto a vendere ad un prezzo che copriva i suoi costi marginali medi di produzione, calcolati sulla base dell'effettivo mix di combustibili utilizzato dalle centrali elettriche nelle regioni interessate, più un modesto contributo verso i costi fissi. Risultava che il prezzo stabilito per Alcoa (18/20 euro MW/h) rispondeva a tali criteri. Per quanto riguarda i modesti incrementi annui del prezzo di Alcoa previsti per i dieci anni successivi, la Commissione li aveva considerati giustificati in base alla previsione che il costo di produzione marginale di ENEL sarebbe diminuito nel corso degli anni grazie a miglioramenti nel mix di combustibili e nelle tecnologie di produzione;


la Commissione aveva pertanto concluso che nel concedere la tariffa (18/20 euro MW/h) ENEL si comportava come un operatore di mercato razionale e aveva quindi dichiarato che la misura non costituiva aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE;


nel 1999, quando l'Italia ha recepito la prima direttiva di liberalizzazione UE, l'ENEL ha cessato di essere il fornitore di energia elettrica monopolista in Italia ed è stata divisa in vari soggetti;


nel 2000 l'Italia ha deciso di includere la tariffa Alumix tra gli «oneri generali del sistema elettrico». Questo nuovo status ha portato al primo significativo cambiamento nel meccanismo di finanziamento della tariffa Alumix. Mentre ENEL in precedenza aveva venduto l'energia elettrica direttamente al prezzo agevolato ad Alcoa, in base al nuovo meccanismo, ENEL, riceveva il prezzo pieno ordinario applicato a grandi clienti industriali, e gli altri consumatori di energia elettrica fornivano i fondi necessari a garantire che Alcoa continuasse a pagare il prezzo Alumix (18/20 euro MW/h). In pratica, ad Alcoa veniva nominalmente applicato il prezzo pieno, ma l'impresa fruiva di uno sconto diretto in bolletta. ENEL finanziava tale sconto grazie ai ricavi di un nuovo onere parafiscale prelevato mediante la componente A4 della tariffa elettrica e pagato dalla generalità dell'utenza. Nel 2002 Alcoa ha stipulato un contratto bilaterale con ENEL ad un prezzo nominale corrispondente all'incirca alla tariffa standard applicata da ENEL per le forniture in alta tensione;


per quanto riguarda il caso specifico di Alcoa, la Commissione ha sottolineato che la nuova tariffa sembrava diversa dalla tariffa Alumix in quanto quest'ultima era stata concessa da ENEL, l'operatore italiano di energia elettrica in regime di monopolio, mentre la nuova tariffa comportava l'intervento selettivo dello Stato per compensare


la differenza tra il prezzo di mercato concordato con un produttore di elettricità e il prezzo agevolato fissato nel 1996;


i Governi di vari Stati membri incoraggiano la conclusione di contratti di fornitura a lungo termine orientati ai costi tra i consumatori industriali elettro-intensivi e i produttori di energia elettrica, tenuto conto del fatto che i mercati elettrici non funzionano adeguatamente. Tali soluzioni sono considerate necessarie quali misure provvisorie per garantire prezzi equi e per impedire chiusure di industrie;


in gran parte dei Paesi europei i contratti bilaterali costituiscono la soluzione adottata per affrontare il problema ed in particolare le misure adottate nei vari paesi sono così sinteticamente individuate: Finlandia (consorzi che investono in un nuovo reattore nucleare, con diritti di prelievo ad un prezzo basato sui costi di produzione), Germania (sconto del 35-50 per cento sui costi di trasmissione, più una riduzione degli oneri connessi alle energie rinnovabili per i grandi utenti industriali), Spagna (tariffe regolamentate), Francia (consorzi di grandi utenti che investono in nuove centrali nucleari, tariffe regolamentate «di ritorno»), Svezia (consorzi per investimenti in nuove centrali), Belgio (consorzio di acquisto);


nel rispondere alle osservazioni della Commissione europea lo Stato italiano ha reiteratamente richiamato «la sovraccapacità di generazione di elettricità prevalente in Sardegna» e sottolinea che in siffatta situazione Alcoa normalmente avrebbe un notevole potere di negoziazione e otterrebbe un prezzo concorrenziale soltanto leggermente superiore al costo di produzione marginale del produttore. Il fatto che ciò non sia possibile in Sardegna è da imputarsi, - secondo le dichiarazioni riportate dalla Commissione europea - al comportamento dell'operatore dominante, che può fissare il prezzo in Sardegna e non ha alcun interesse commerciale a vendere a un prezzo inferiore, sapendo che Alcoa non può acquistare altrove l'elettricità di cui ha bisogno. Inoltre, in situazione di duopolio (ENEL e ENDESA-oggi E.ON) entrambi gli operatori possono avere interesse ad applicare un prezzo superiore al prezzo economicamente ottimale, onde evitare di creare «un cattivo precedente» nel resto d'Italia. Considerato il notevole potere di mercato conservato dall'ex monopolista ENEL, l'Italia conclude che non vi è alcuna differenza sostanziale fra il prezzo (18/20 euro MW/h) accordato ad Alcoa in una situazione di monopolio (approvato dalla Commissione nella decisione Alumix) e la tariffa applicabile nelle attuali, alquanto imperfette, condizioni di mercato;


la Commissione, nella decisione ultima fa presente che il metodo utilizzato nel caso Alumix riguardava una situazione molto specifica. In Alumix, la tariffa era accordata da ENEL, che all'epoca era l'ente pubblico che erogava elettricità in regime di monopolio, in un mercato dell'elettricità che non era ancora stato liberalizzato. Data la situazione, la Commissione aveva dovuto appurare se ENEL praticasse un prezzo artificiosamente basso, oppure se si comportasse come un operatore di mercato razionale. Considerato il monopolio detenuto da ENEL per la generazione e la distribuzione di elettricità, non vi era alcun prezzo di mercato cui la Commissione potesse fare riferimento per valutare la presenza di un vantaggio. Pertanto, la Commissione aveva messo a punto un metodo per individuare il prezzo di mercato teorico più basso al quale un fornitore razionale sarebbe stato disposto a vendere al suo «miglior cliente» (il maggiore consumatore con un profilo di consumo piatto) nelle circostanze specifiche del mercato sardo e veneto. In effetti, un fornitore razionale avrebbe cercato di coprire quanto meno i suoi costi marginali di produzione, più una frazione dei costi fissi;


un esame dei fatti dimostra che il meccanismo tariffario che la Commissione aveva autorizzato nel caso Alumix ha subito un fondamentale cambiamento, ossia il passaggio da una tariffa praticata da un fornitore di elettricità a condizioni di mercato ad una tariffa che di tale ha solo il nome e che è il risultato di una sovvenzione statale;


nel caso Alumix la valutazione verteva sul comportamento del fornitore di elettricità ENEL. Il prezzo agevolato non recava un vantaggio ad Alcoa in quanto, sulla base del test dell'operatore in economia di mercato la Commissione riteneva che fosse razionale per ENEL vendere elettricità al prezzo in questione (18/20 euro MW/h). Tuttavia, il test dell'operatore in economia di mercato perde di significato in una situazione in cui la tariffa non è più offerta volontariamente da ENEL (che percepisce il prezzo ordinario), ma è il risultato di un pagamento compensativo da parte dello Stato. Nel nuovo sistema il comportamento del fornitore di energia elettrica non ha più alcuna rilevanza;


il mercato italiano dell'energia elettrica è generalmente altamente concentrato, anche se meno nella zona nord. L'operatore dominante in tutte le zone è l'ex monopolista ENEL, eccetto in Sardegna dove detiene un duopolio con E.ON. ENEL detiene un notevole potere di mercato di cui l'autorità italiana garante della concorrenza ha constatato che ha abusato nel 2004-2005. I prezzi dell'energia elettrica in Italia sono generalmente elevati, per effetto di un mix produttivo in gran parte basato sui combustibili fossili (essenzialmente gas), l'assenza di capacità nucleare e la congestione nei collegamenti verso il resto d'Europa;


in Sardegna, che rappresenta il 4,1 per cento della potenza installata in Italia l'elettricità è prodotta prevalentemente in centrali termoelettriche utilizzando combustibili fossili (carbone, olio combustibile, tar di raffineria). L'isola non ha un'infrastruttura di distribuzione del gas naturale;


la Sardegna risente di una situazione di sovraccapacità di produzione, soprattutto nel segmento ad alto costo (centrali alimentate a olio combustibile) imputabile ai piani del governo, mai realizzatisi, di concentrare nell'isola l'industria pesante italiana. Ciò aveva portato a sovrainvestimenti da parte di ENEL nelle centrali di produzione elettrica. Oltre ad essere strutturalmente più costose, siffatte centrali stanno rapidamente diventando obsolete sotto il profilo tecnico. Le esportazioni di energia elettrica sarda verso la penisola sono anche limitate dalla modesta capacità dell'interconnettore, che è soggetto a congestione;


due società elettriche, ENEL e E.ON, detengono congiuntamente una quota di mercato pari al 95 per cento delle forniture di energia elettrica in Sardegna (circa il 58 per cento per E.ON e il 42 per cento per ENEL). Secondo l'indagine sullo stato di concorrenza nel settore elettrico, in termini concorrenziali la Sardegna può essere classificata come un duopolio a dominanza collettiva;


la concentrazione di mercato è elevata, benché non sia la più elevata in Italia. Dato il loro controllo su praticamente tutti gli impianti mid-merit e di punta, E.ON e ENEL determinano il prezzo praticamente per tutte le ore;


secondo i dati riportati dalla Commissione europea emerge il seguente quadro: «i prezzi all'ingrosso dell'elettricità in Italia sono fra i più elevati in Europa, e i prezzi in Sardegna sono fra i più elevati in Italia. Nel 2007 il prezzo medio nazionale (PUN) è stato di 70,99 euro al MW/h mentre il prezzo zonale sardo medio è stato di 75 euro al MW/h, rispetto agli 80 euro al MW/h del 2006. Nel 2008 e 2009 è continuata la tendenza al rialzo del prezzo medio zonale sardo. Nella prima metà del 2009 la Sardegna si è attestata costantemente al di sopra della media nazionale (con un prezzo medio di 106,60 euro al MW/h rispetto a un PUN di 60,50 al MW/h). Non sono disponibili i prezzi relativi ai contratti bilaterali in Sardegna, in quanto tali dati non sono di pubblico dominio e l'Italia non ha inteso fornirli»;


secondo la Commissione europea «il mercato dell'energia elettrica in Sardegna presenta una serie di problemi (alcuni dei quali, tuttavia, sono comuni al resto d'Italia) che possono essere riassunti come segue: prezzi elevati, forte grado di concentrazione del mercato, potere di mercato degli operatori dominanti, capacità di produzione eccedentaria nel segmento ad alto costo, relativa inefficienza delle centrali di produzione che stanno diventando obsolete, assenza di accesso all'infrastruttura del gas naturale, carenza di interconnessione»;



la Commissione europea per quanto riguarda la natura del problema di concorrenza in Sardegna rileva quanto segue: «I prezzi elevati in Sardegna sono il frutto di una combinazione di fattori: l'insufficiente interconnessione, la struttura dei costi dei portafoglio di generazione e il potere di mercato dei due principali generatori»;


la relazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas sullo stato del mercato dell'energia elettrica e del gas naturale e sullo stato di utilizzo ed integrazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili del 29 gennaio 2010 riscontra un livello di competizione piuttosto scarso, dovuto principalmente ad insufficienze di tipo infrastrutturale. Le situazioni più critiche si registrano nelle zone Sicilia e Sardegna (isole), dovute principalmente alla inadeguatezza delle interconnessioni tra il sistema elettrico delle Isole e quello dell'Italia peninsulare (continente);


l'andamento dei prezzi zonali di vendita nel mercato del giorno prima (MGP) dal 2005 al 2009 testimonia tali differenze strutturali. Il 2009 registra un brusco calo dei prezzi ma in misura nettamente inferiore in Sardegna rispetto alle altre zone (-11 per cento Sardegna rispetto ad una diminuzione compresa fra il 26 per cento e il 32 per cento nelle altre zone). L'andamento degli ultimi anni sembra così consolidare il divario fra i prezzi nelle isole e nel continente. Assumendo a riferimento i livelli dei prezzi del 2005, nel 2009 i prezzi nel continente sono aumentati - a seconda della zona - fra lo zero e il 5 per cento mentre i prezzi in Sardegna sono aumentati del 36 per cento;


le situazioni di Sicilia e Sardegna - secondo l'autorità - destano particolare preoccupazione in quanto caratterizzate dalla compresenza di due operatori (o raggruppamenti di operatori nel caso della Sicilia) entrambi dotati di un notevole potere di mercato unilaterale. Esso è misurato dalla indispensabilità della capacità produttiva riferibile ad un medesimo operatore (o raggruppamento di operatori) ai fini del soddisfacimento del fabbisogno di energia e di riserva di potenza (necessaria a Terna per garantire la sicurezza del sistema);


le isole, del resto, come già evidenziato, ribadisce la relazione, sono strutturalmente caratterizzate da livelli di prezzo sensibilmente superiori a quelli delle altre aree del Paese. Dette differenze nei livelli dei prezzi - secondo l'autorità - non sono riconducibili interamente a differenze nella struttura di costo del rispettivo parco produttivo quanto, piuttosto, al potere di mercato unilaterale di cui godono i produttori in Sardegna,



impegna il Governo:

a superare, con tutte le iniziative persuasive o istituzionali che riterrà opportune, la situazione che lo Stato Italiano rileva nelle dichiarazioni riportate nella decisione della Commissione Europea del 29 novembre 2009, dove si sostiene che: «con la sovraccapacità di generazione di elettricità prevalente in Sardegna Alcoa normalmente avrebbe un notevole potere di negoziazione e otterrebbe un prezzo concorrenziale soltanto leggermente superiore al costo di produzione marginale del produttore. Il fatto che ciò non sia possibile in Sardegna è da imputarsi, al comportamento dell'operatore dominante, che può fissare il prezzo in Sardegna e non ha alcun interesse commerciale a vendere a un prezzo inferiore, sapendo che Alcoa non può acquistare altrove l'elettricità di cui ha bisogno. Inoltre, in situazione di duopolio (ENEL e ENDESA-oggi E.ON) entrambi gli operatori possono avere interesse ad applicare un prezzo superiore al prezzo economicamente ottimale, onde evitare di creare "un cattivo precedente" nel resto d'Italia»;


a porre in essere tutte le autorevoli ed urgenti iniziative necessarie a scongiurare la decisione annunciata dalla società Alcoa;


ad attivare urgentemente un tavolo di confronto con la multinazionale e con la stessa amministrazione americana per affrontare senza riserve e con urgenza la vertenza Alcoa Italia;


al fine di definire un piano strategico di rilancio dell'industria dell'alluminio primario in Italia, a proporre alla Commissione europea un vertice dei Ministri competenti per definire con sollecitudine una strategia che scongiuri la delocalizzazione dall'Europa dell'industria primaria di alluminio, non solo attivando quelle azioni indispensabili per favorire il mantenimento degli asset produttivi in Europa;


a promuovere attraverso le opportune e persuasive iniziative la definizione di accordi bilaterali decennali con le società di produzione elettrica al fine di riequilibrare il mercato che risulta distorto da posizioni dominanti e monopoliste;


a promuovere un apposito contratto di programma per la filiera dell'alluminio primario con una dotazione minima di 300 milioni di euro che consenta la razionalizzazione del processo produttivo sia per quanto riguarda la produzione elettrica che la ripresa produttiva dello stabilimento Eurallumina.

(7-00775)
«Garagnani, Pili, Gibiino, Nizzi, Mazzocchi, De Corato».