Atto Camera
Risoluzione in Commissione 7-00769
presentata da
AUGUSTO DI STANISLAO
mercoledì 1 febbraio 2012, seduta n.580
La IV Commissione,
premesso che:
l'Anavafaf, l'Associazione nazionale italiana assistenza vittime arruolate nelle forze armate e famiglie dei caduti, da molti anni ormai si occupa del tema relativo alla tutela dei diritti delle forze armate e in questo ambito ha dedicato estrema attenzione alla problematica relativa ai gravi danni alla salute subìti dal personale militare che in diversi contesti operativi, in Italia e all'estero, è venuta a contatto con uranio impoverito. Secondo dati forniti dalla citata associazione i malati sono oltre duemila, più di 200 quelli deceduti negli ultimi anni. La medesima Associazione ha altresì segnalato l'estrema difficoltà con la quale viene concessa una tutela risarcitoria al personale militare che ha contratto gravi patologie in conseguenze dell'esposizione all'uranio impoverito, sebbene apposite commissioni di verifica abbiano accertato con congrua probabilità il nesso di causalità tra la malattia contratta e l'esposizione ad agenti chimici e fisici potenzialmente nocivi;
il fenomeno non riguarda solamente l'Italia, che si è occupata del fenomeno successivamente al primo caso verificatosi in Bosnia nel 1999, ma anche gli Stati Uniti e altri Paesi, soprattutto anglosassoni;
alcuni militari italiani impegnati nella missione Ibis in Somalia hanno fatto presente di aver visto militari Usa che adottavano tute e maschere ed altri ancora hanno riferito in merito alla presenza di carri armati Abrams dotati di armamento e armature all'uranio impoverito. Tale circostanza è riscontrabile anche nella sentenza del tribunale civile di Firenze del 17 dicembre 2008 dove si legge che «al di là delle raccomandazioni che erano e dovevano essere note al Ministero della difesa, il fatto che ai militari americani fosse imposta l'adozione di particolari protezioni, anche in mancanza di ulteriori conoscenze, doveva allertare le autorità italiane. Deve concludersi che, nel caso in discorso, vi sia stato un atteggiamento non commendevole e non ispirato ai princìpi di cautela e di responsabilità da parte del Ministero della difesa, consistito nell'aver ignorato le informazioni in suo possesso, già da lungo tempo, circa la presenza di uranio impoverito nelle aree interessate dalla missione e i pericoli per la salute dei soldati collegati all'utilizzo di tale metallo, nel non aver impiegato tutte le misure necessarie per tutelare la salute dei propri militari e nell'aver ignorato le cautele adottate da altri paesi impegnati nella stessa missione, nonostante l'adozione di tali misure di prevenzione fosse stata più volte segnalata dai militari italiani»;
da un punto di vista normativo sulla materia in esame l'Italia è intervenuta tardi ed in maniera poco efficace ed efficiente. Le prime norme di protezione giunte ai nostre reparti furono quelle emanate dalla Kfor (la forza multilaterale nei Balcani) il 22 novembre 1999 in Bosnia. Per quanto riguarda, poi, il tema dei risarcimenti da riconoscere al personale militare colpito da gravi patologie conseguenti all'esposizione ad uranio impoverito, suscita perplessità il fatto che in sede di recepimento della legge n. 308 del 1981 nel codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 non si sia provveduto ad includere il personale militare in servizio permanente tra i beneficiari della speciale indennità di cui all'articolo 6 della richiamata legge n. 308 del 1981;
a livello scientifico, nel 2000, è stata istituita la commissione Mandelli con il compito di condurre un'analisi osservazionale retrospettiva di tipo caso-controllo sui reduci del teatro operativo balcanico. Lo stesso Professor Mandelli, in un articolo pubblicato a firma congiunta con il Professor Mele sulla rivista «Epidemiologia» dell'ottobre 2001, ha scritto che non si può escludere che l'uranio impoverito sia stato la causa dei linfomi di Hodgkin e il Professor Grandolfo della Commissione stessa in un'intervista resa ad un quotidiano ha affermato che non si può escludere che l'uranio sia letale;
sempre a livello scientifico è stato, inoltre, evidenziato come i vaccini somministrati ai soldati italiani non possono essere considerati l'unica causa delle malattie e che le nanoparticelle di metalli pesanti sebbene nocive per la salute non sarebbero letali. Ulteriori informazioni sui possibili danni provocati dall'uranio impoverito sono contenuti in uno studio di due scienziati americani, di fama internazionale, Marion Fulk e Leuren Moret, i quali precisano che il rischio dell'uranio impoverito riguarda tre diverse componenti così tipizzate: a) agente chimico; b) agente radiologico; c) agente di particolato (cioè di particelle);
non si conoscono ancora ed andrebbero, invece, quanto prima resi noti, i risultati del progetto SIGNUM, recentemente trasmessi dal relativo Comitato scientifico al Ministero della difesa. Il progetto SIGNUM si è proposto di svolgere una valutazione prospettica circa l'effettiva esposizione a uranio e ad altri genotossici ambientali noti e la stima del rischio di tumore in base alla variazione della frequenza di marcatori di esposizione e di effetto biologico precoce;
a livello parlamentare la tematica in esame ha formato oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo. Inoltre, al Senato, è stata costituita anche nella corrente legislatura una apposita Commissione d'inchiesta che, tra l'altro, deve indagare sull'adeguatezza degli istituti di indennizzo, attualmente previsti dall'ordinamento in favore dei soggetti colpiti da patologie correlate a talune situazioni di rischio. Si tratta di un profilo di indagine estremamente importante anche in considerazione del fatto che a fronte di talune sentenze di condanne al risarcimento dei danni pronunciate nei confronti del Ministero della difesa, ci sono, altresì, decine di casi in cui tali risarcimenti sono stati negati, anche a causa d una errata interpretazione del nesso di causalità;
una ulteriore problematica che deve essere approfondita è quella relativa ai possibili effetti dannosi derivanti dalle attività militari che si svolgono nei poligoni militari siti in zone carsiche, con particolare riferimento al poligono di Quirra dove i contaminanti potrebbero essersi annidati nel vasto sistema di grotte sottostanti l'area militare. Il semplice prelevamento di campioni di acque dalle sorgenti potrebbe fornire valori falsamente confortanti se non si procederà all'analisi dei sedimenti depositatisi all'interno delle grotte. Anche il poligono di Teulada insiste, in parte, su una zona carsica;
analoghe problematiche riguardano il poligono di Capo Frasca utilizzato per esercitazioni militari, sia italiane che straniere. Alcune ricerche dimostrerebbero che nelle comunità limitrofe all'area del poligono sarebbero in crescita i tumori e linfomi della tiroide, a Capo Frasca risulta esserci un pozzo artesiano e pare che anche i militari segnalino da anni tale problematica;
sempre con riferimento a Capo Frasca la stampa locale ha dato risalto al caso di Giovanni Madeddu, maresciallo, che tra il 1968 al 1987 ha lavorato presso quel poligono con l'incarico di armiere nelle guerre simulate che in quegli anni venivano ospitate nel poligono. Madeddu ha un linfoma diffuso a grandi cellule. Altre persone che hanno operato nell'area di Quirra sono state colpite da un simile tumore;
secondo quanto denunciato da Anavafaf e riportato dalla stampa, alcuni capi di bestiame, che si trovavano nella zona dei mitragliamenti nel poligono di Capo Frasca, sarebbero stati colpiti dai proiettili realizzati con metalli pesanti e quindi dalle nanoparticelle degli stessi. Il bestiame sarebbe stato poi macellato e cucinato. La medesima associazione ha, poi, denunciato la presenza di residui delle esercitazioni militari svolte nei poligoni e l'impiego di personale non specializzato nei compiti di «sgombra-bossoli»;
di recente anche il comune di Arbus ha chiesto all'assessorato regionale della sanità un nuovo impegno per accelerare al massimo l'avvio delle indagini epidemiologiche sui residenti in aree militari della Sardegna,
impegna il Governo:
ad assumere ogni iniziativa di propria competenza affinché venga colmato il vuoto normativo creatosi a seguito della mancata previsione nel codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 della speciale elargizione di cui già all'articolo 1 della legge n. 308 del 1981 in favore del personale militare che a causa di servizio o durante il periodo di servizio avesse subito un evento dannoso che ne avesse determinato una menomazione dell'integrità fisica;
a verificare il motivo per il quale, come accertato dal tribunale civile di Firenze nella sentenza del gennaio del 2009, non sono state adottate le necessarie misure per tutelare la salute dei militari italiani impegnati nella missione Ibis in Somalia e sono state ignorate le cautele adottate da altri Paesi impegnati nella stessa missione, nonostante l'adozione di tali misure di prevenzione fosse stata più volte segnalata dai militari italiani;
a fornire elementi in merito alle precauzioni messe in atto dai competenti organi della difesa per tutelare il personale civile e militare che si trova impiegato o risiede in zone a rischio contaminazione, anche con riferimento ai possibili effetti dannosi derivanti dalle attività militari che si svolgono nei poligoni militari;
a rendere note, le conclusioni dello studio Signum, recentemente consegnate al Ministero della difesa dal comitato scientifico del progetto;
a fornire i dati relativi al numero di pareri espressi negli ultimi dieci anni dal comitato di verifica per le cause di servizio della direzione generale della previdenza militare, del collocamento al lavoro dei volontari congedati e della leva (PREVMIL) e riguardanti la dipendenza da causa di servizio di una determinata infermità o della morte del personale militare, specificando il numero dei pareri contrari ed i criteri adottati;
ad avviare nel più breve tempo possibile ogni possibile ricerca ed indagine di competenza atta verificare lo stato di inquinamento nel territorio dei poligoni di Quirra. Capo Frasca e di Teulada, nonché i possibili danni già arrecati all'ambiente, ai cittadini e al personale militare e civile coinvolti, tenendo in particolare considerazione le vicende del bestiame mitragliato e cucinato a Capo Frasca e dell'acqua contaminata a Quirra.
(7-00769) «Di Stanislao».