BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. -
Al Ministro della giustizia.
- Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa il 13 settembre 2012, un detenuto ha tentato di togliersi la vita impiccandosi alle grate della cella del carcere di Monza;
l'uomo, approfittando dell'assenza dei compagni di cella che stavano rientrando dopo l'ora d'aria in cortile, ha preso la cintura dell'accappatoio e ha deciso di porre fine nella maniera più tragica al suo disagio. Si è legato la corda intorno al collo e si è appeso alle grate in ferro della finestra. Solo un caso ha evitato che il gesto dell'uomo si compisse. Appena entrati in cella, infatti, sia l'agente di polizia sia i due detenuti hanno immediatamente soccorso l'uomo liberandolo dal cappio;
attualmente il giovane si trova in una cella del reparto di isolamento priva di alcun oggetto che potrebbe nuocergli, come da prassi, in attesa che si chiariscano i motivi del suo gesto -:
se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
se intenda avviare un'indagine amministrativa interna, al fine di appurare se nei confronti del detenuto che ha tentato il suicidio fossero state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie;
se e quali misure precauzionali e di vigilanza siano state adottate dall'amministrazione penitenziaria nei confronti del detenuto dopo questo episodio;
se non si intenda adottare o implementare, per quanto di competenza, le opportune misure di supporto psicologico ai detenuti, al fine di ridurre sensibilmente gli episodi di suicidio, tentato suicidio e di autolesionismo;
più in particolare quali iniziative, anche normative, si intendano prendere per rafforzare l'assistenza psicologica e medico-psichiatrica ai detenuti, sia attraverso un'attenta valutazione preventiva che consenta di identificare le persone a rischio, sia per sostenere adeguatamente sotto il profilo psicologico le persone che tentano il suicidio, senza riuscirci la prima volta, ma spesso ben decisi a tentare ancora;
più in generale, come si intenda intervenire in tempi rapidi e con quali provvedimenti per superare questa grave situazione creatasi nelle carceri italiane per arginare l'escalation dell'autolesionismo, dei tentati suicidi e dei suicidi e, soprattutto, come si intendano tutelare i soggetti meno tutelati, «i senza niente», che, per paura del dopo carcere, ricorrono sempre più frequentemente al suicidio;
quali misure si intendano attuare per limitare il sovraffollamento carcerario e affinché si creino situazioni più consone alla salute, anche mentale, del detenuto e quali percorsi, alternativi alla detenzione, di reinserimento nel tessuto lavorativo e sociale si intendano intraprendere, già dall'interno, per arginare tali fenomeni degenerativi e di disagio. (5-08316)